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“Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura
ché la diritta via era smarrita.”
Dante Alighieri, La Divina Commedia, Inferno, Canto I
Quando la ragazza entrò nel locale,
il Mulo era già arrivato alla sesta grappa della serata e, se non proprio
brillo, era comunque su di giri. Era anche inquieto, di un’inquietudine
sottopelle che gli infastidiva i sensi e lo metteva all’erta. Al Mulo non
piaceva stare all’erta: diventava ancora più difficile controllare la sua
intrinseca irascibilità… e il puzzo. Perché il Mulo era un Demone, e i demoni,
si sa, puzzano invariabilmente di zolfo. I Mortali non lo sentivano,
ovviamente, come non sentivano il profumo paradisiaco degli Angeli, ma tra di
loro, tra creature ultraterrene, l’odore era come aver stampata la propria
natura sulla fronte. Questa però non era sempre cosa buona e giusta; visto i
rapporti, come dire, incerti tra Sopra e Sotto, il più delle volte era meglio
mimetizzarsi tra i Mortali e non spandere in giro nessun umore sospetto. Ecco
perché i più furbetti non emettevano odore. Come lui, il Mulo: era così bravo a
spacciarsi per Mortale da fare fessi tutti i Mezzi Angeli che incontrava. Stava
giusto lavorando immusonito sul controllo puzze, scrutando il fondo lattiginoso
del proprio bicchiere dove ancora si intuiva la scritta Duralex, quando si
accorse con la coda dell’occhio della ragazza che entrava.
*
* *
La notò subito. Primo perché il
bar piccolo e fumoso era frequentato quasi esclusivamente da uomini e una
ragazza da sola di notte attirava l’attenzione come se avesse avuto un lampione
sulla testa, secondo perché una tizia come quella si sarebbe fatta notare anche
nel bel mezzo di una sfilata di moda.
“Che gnocca.” mormorò infatti
querulo il vicino del Mulo prima di finire in un fiato il suo bicchiere.
Il Mulo aguzzò la vista e studiò
con aria golosa la giovane appena entrata: era piuttosto alta e sottile, anche
se il lungo impermeabile che indossava nascondeva le sue forme; aveva una bella
faccia seria con due occhi neri e una bocca rossa che sembravano estratti
direttamente da un sogno erotico. I capelli, ricciuti, neri e lucidi come se li
avesse appena lavati, erano bellissimi anche se il taglio corto sotto
l’orecchio non rendeva loro giustizia. Sì, era un gran pezzo di ragazza, decise
il Mulo, concordando probabilmente con l’opinione di tutti gli avventori che
avevano girato la testa nella direzione dell’ingresso radiografando la nuova venuta
come se fosse un alieno appena sbarcato dalla sua navicella spaziale. Lei,
però, non ci face caso, o forse era abituata: si guardò intorno con calma, mani
ficcate in tasca e schiena rilassata, e quando si mosse lo fece con un passo
fluido e deciso, poco femminile, forse, ma lo stesso maledettamente intrigante.
Si avvicinò al bancone e si sedette su un alto sgabello, proprio di fianco al
Mulo che la fissava con spudorato interesse.
“Che ti offro, bellezza?” chiese
Mario il barista, strofinando uno straccio bisunto sul bancone scheggiato.
“Se non hai un milione di dollari
da regalarmi, mi accontento di una vodka.” disse la ragazza, e la sua voce era
esattamente come ci si aspettava che fosse, ruvida e morbida insieme come fili
d’argento intessuti nel velluto.
Mario il barista rise garrulo.
“Vada per la vodka, bellezza.”
esclamò aprendo lo sportello frigo sotto il bancone per tirare fuori una
bottiglia mezza vuota di Keglevich.
La ragazza sorrise mentre il
barista le versava la vodka e il Mulo frugava con lo sguardo sotto
l’impermeabile, seguendo la linea slanciata delle sue gambe accavallate: bevve
d’un sorso la vodka come se fosse stata acqua e ne chiese un’altra, molto
educatamente. Il barista gliela versò religiosamente, come se accendesse un
cero in chiesa.
“Che ci fa uno schianto come te
qui dentro?” chiese poi, contravvenendo alla solida regola di farsi gli affari
suoi che ogni barista che si rispetti applica con la clientela. La ragazza
sospirò, cogitabonda.
“Affari” disse poi con voce
piatta “Quindi versami l’ultima vodka e poi dimenticati di me, che devo
lavorare. Sempre se non hai quel milione di dollari, si intende.”
Il barista rise di nuovo,
deliziato.
“Eh, vorrei averlo solo per te”
gorgogliò ammirando apertamente la bella faccia della ragazza “Comunque, ti
conviene sbrigarli in fretta i tuoi affari: con quel faccino che ti ritrovi,
tra due secondi avrai addosso ogni puzzolente maschio nel raggio di un
chilometro e credimi, nessuno di loro ce l’ha il milione di dollari.”
La ragazza sorrise di nuovo e il
barista, che ne aveva viste di tutti i colori e che ormai aveva una scorza più
dura di un carapace, arrossì.
“Grazie per il consiglio” mormorò
la ragazza con quella voce ruvida da brivido “Ma l’uomo che cercavo l’ho già
trovato.”
Poi, a sorpresa, si girò verso il
Mulo e gli piantò addosso quei due occhi neri da paura.
“Ciao.” disse sbattendo le ciglia
e il Mulo sentì una sottile vertigine attraversargli la schiena.
“Ciao.” gracchiò di riflesso e la
ragazza sorrise.
Era vicina e il suo profumo,
aleggiando faticosamente tra il fumo e la puzza di sudore, arrivò alle narici
del Mulo, dolce e delicato come uno sbuffo di Paradiso. Immediatamente,
nonostante le sei grappe, il malumore e la stanchezza diffusa, il Mulo ebbe una
folgorazione e rizzò la schiena come se qualcuno gli avesse dato una pacca sul
sedere. Cazzo e stracazzo! La ragazza era un Mezzo!, meditò con brama repentina
e vorace.
“Ehi” le sorrise con occhi
luccicanti mostrando i denti guasti “Che ci fa una bella figliola come te in
questo postaccio?”
La ragazza sbatté le ciglia e il
Mulo si trattenne a stento dal passarsi la lingua sulle labbra, già affamato e
sessualmente eccitato come un adolescente in crisi ormonale: da vero Demone
pervertito adorava i Mezzi Angeli! Quel profumino dolce di Paradiso che
emanavano lo faceva letteralmente sbavare… questo bocconcino, poi…
La ragazza inclinò leggermente la
testa di lato senza smettere di fissarlo con quei suoi meravigliosi occhi neri.
“Se devo essere sincera, ti
cercavo” confessò senza ombra di timidezza “Tu sei il Mulo, vero?”
Lui non annuì ma nemmeno negò:
dunque, il bocconcino sapeva. Il fatto che fosse lì con quegli occhioni
spalancati senza scappare a gambe levate cambiava parecchio la faccenda, ma non
smorzava minimamente il fuoco che si era acceso nei lombi lussuriosi del Mulo,
il quale continuò a guardare la ragazza con un mezzo sorriso sulle labbra e il
sangue che iniziava a scorrergli impetuoso nelle vene.
“O-oh, giochiamo duro!” gorgogliò
poi portandosi la grappa alle labbra, gli occhi scintillanti di feroce lussuria
“Non mi dire ti ha mandato a cercarmi Giacinta.”
Quella gran zoccola di Giacinta,
pensò con meno buonumore il Mulo: l’Angelo coordinatore delle forze del bene in
istanza a Modena, la sua acerrima nemica numero uno, la perenne rompiballe
convinta di poterlo redimere… Lui, il Mulo! Sorrise con aria malvagia mentre la
ragazza faceva spallucce socchiudendo languidamente gli occhi.
“Se conosci Giacinta, sai già
cosa sto per chiederti.” sospirò con voce da fata.
Il Mulo annuì, agitandosi sulla
sedia. Forse quella poveretta era stata mandata da Giacinta con l’incarico di
redimerlo. Il Mulo si lasciò scappare un sorrisetto indulgente: redimere lui!
La ragazza non poteva saperlo, ma era il terzo Mezzo con cui aveva avuto a che
fare quel mese; il primo, un ometto basso e calvo con un compito vestito da
ragioniere, se l’era portato in un vicolo, gli aveva strappato gli occhi e si
era mangiato il suo fegato crudo mentre il poveretto si contorceva straziato in
mezzo al pattume. La seconda, una florida quarantenne dall’aria gioviale, se
l’era scopata fino a farla crepare. Ma quella era un’altra storia… con loro era
stato lavoro. Con questa qui poteva essere piacere! La lingua del Mulo guizzò rapida
tra le labbra secche mentre sognava freneticamente cosa avrebbe potuto farle.
Gli venne persino l’acquolina in bocca.
“Gioia” gorgogliò
sporgendosi verso di lei “Se sei qui per redimermi, sappi che sono un osso
duro. Ma tu sei così carina…” lo sguardo scivolò giù, sotto all’impermeabile
della ragazza, a cercare il suo seno così intensamente che fu come se ci avesse
messo le mani sopra “Potremmo trattare.”
La ragazza, imperturbabile, annuì
e bevve un altro sorso di vodka.
“Non vedo l’ora” mormorò, atona
“Vieni fuori che trattiamo all’aria aperta? Questo posto puzza.”
Poi, buttò sul banco una
banconota da venti euro mormorando “tieni il resto” al barista e si avviò verso
l’uscita senza nemmeno girarsi a guardare se lui la stava seguendo. Sembrava un
tipo tosto, meditò ammirato il Mulo pagando in fretta e seguendola fuori dal
locale: magari Giacinta si era giocata del tutto quel grammo di cervello che
aveva pensando di aver fatto una cosa furba mandandogli un Mezzo così carino.
Forse pensava che si sarebbe fatto intenerire da quel faccino e da quegli
occhi… invece gli era solo venuto duro come il marmo, ghignò esilarato. Aveva
voglia di far fare a questo Mezzo la stessa fine di quello precedente, ma più
lentamente, molto più lentamente… Pensando a questo, seguì la ragazza in un
vicolo buio ingombro di cartacce con appena un lampione asmatico a dare una
debole luce alla scena; lì la ragazza si fermò e con gesti calmi e ponderati si
mise le mani in tasca. Il Mulo si guardò rapidamente intorno, vide che non c’era
nessuno e con una rapida mossa e un ringhio feroce afferrò la ragazza e la
sbatté contro il muro: le si spalmò addosso stringendole dolorosamente gli
avambracci, strusciando eccitato il bacino contro di lei.
“E che cazzo” grugnì la ragazza,
appena appena alterata “Dammi almeno due secondi per respirare, che diamine…”
A quelle parole il Mulo avrebbe
dovuto allarmarsi, o spaventarsi o, per lo meno, insospettirsi; non si sentiva
spesso un Mezzo Angelo che diceva “cazzo” con tanta familiarità. Ma era troppo
violentemente eccitato per pensare a piccolezze come quelle e continuò a
strusciarsi freneticamente.
“Vieni qui” gorgogliò poi
infilandole le mani sotto l’impermeabile e palpandola pesantemente dappertutto
“Vieni qui bellezza…”
La ragazza lo lasciò fare: aveva
una strana aria impersonale e disinteressata e lo guardava quasi con curiosità,
da sopra a sotto visto che era più alta di lui di almeno dieci centimetri.
“C’è una cosa che proprio non
riesco a capire, Mulo” esordì graziosamente mentre lui le grufolava addosso
“Com’è che hai deciso di violare gli accordi?”
Il Mulo sollevò gli occhi
incattivito.
“Chiudi quel forno, troia” sibilò
strizzandole dolorosamente una natica “Io non ho violato un bel niente. Anzi,
sono stato piuttosto bravo a fare quello che dovevo! Ma non ho voglia di
parlare, ho solo voglia di sbatterti.”
“Come dire, tutti lo sanno”
proseguì invece la ragazza imperterrita come se lui nemmeno avesse parlato “I
Mezzi, gli Angeli e anche voi Demoni puri: le regole sono chiare e semplici,
niente contatti tra Angeli e Demoni se non espressamente autorizzati. Punto.
Non è difficile nemmeno per un cervellino atrofico come il tuo. Se si violano
le regole, son cazzi. E allora, perché lo fai?”
Il Mulo tentò di mollarle una
sberla per farla tacere, ma la ragazza lo scartò con grazia, facendolo
infuriare.
“Non costringermi a farti del
male, cocca, non adesso che…”
Si interruppe, di colpo: qualcosa
di piccolo e freddo gli si era posato con discrezione sullo sterno e il Mulo,
stupefatto, abbassò lo sguardo per guardare cosa fosse.
“Una pistola?” domandò con voce
acuta più sorpreso che spaventato.
“Non hai risposto alla mia
domanda” lo informò la ragazza imperturbabile “Allora, mi vuoi dire come mai
voi Demoni siete così irrimediabilmente stronzi da tirarvi la zappa sui piedi?
Succede continuamente, persino con soggetti relativamente intelligenti.
Spiegamelo, per favore, perché non capisco.”
Il Mulo non rispose: fissava la
pistola con gli occhi fuori dalle orbite.
“Una… pistola?” esalò di nuovo,
come per convincere se stesso della realtà.
“Una signora pistola” rispose la
ragazza imperturbabile “Una Five-seveN 20 colpi di fabbricazione belga,
caricata con proiettili in lega d’argento di 5.7mm. Oh, il tutto benedetto e
bagnato nell’Acqua Santa, ovviamente. Ma non penso che ti ucciderò con questa:
troppo rumore. E troppo poco sangue. Perché sì, te lo devo confessare: ho
proprio voglia di farti sanguinare.”
Gli sorrise di nuovo sbattendo le
ciglia con il più abbagliante dei sorrisi angelici. Il Mulo, ancora tramortito
dalla sorpresa, indietreggiò di un passo.
“Ma… ma… non può essere…” mormorò
sbalestrato.
I Mezzi Angeli non potevano
sparare. Diamine, i Mezzi Angeli non potevano nemmeno avvicinarsi a una
pistola! Questa tizia, invece, maneggiava quel ferro come se ci fosse nata
attaccata. Un dubbio atroce attraversò la mente del Mulo che indietreggiò di un
altro passo.
“Tu sei un Mezzo, vero?” pigolò
di colpo insospettito.
La ragazza inarcò le
sopracciglia, gli occhi luccicanti e bellissimi.
“Beh… quasi.” disse inclinando
modestamente la testa.
Il Mulo pensò freneticamente alle sue parole mentre il sospetto veniva
lentamente sostituito dall’orrore.
“Non
puoi essere un Mezzo Angelo” borbottò indietreggiando di nuovo “La pistola… non
…”
“Ci
vuole un sacco di allenamento perché un Angelo possa stringere un’arma senza
bruciarsi la pelle” spiegò imperterrita la ragazza “Lo stesso che ci vuole
perché un Demone sopporti il contatto con le croci o l’Acqua Santa.
Allenamento, duro lavoro, tempo e bravi insegnanti. E io, modestamente, ho
avuto il pacchetto completo.”
Il Mulo
cominciò a intuire la verità, ma la paura prese il sopravvento e offuscò tutto.
“Cosa…?”
balbettò incerto.
“Simpatizzavo
molto con Paolo e Sandra” lo interruppe la ragazza con voce fredda “I Mezzi che
hai fatto fuori, volevo dire. Lei era un po’ troppo chioccia e lui era un
emerito imbecille, ma sai come sono i Mezzi… si fanno voler bene nonostante
tutto, vero?”
Il
sorriso della ragazza divenne di colpo tagliente e freddo come una lama
d’acciaio.
“Cosa
stai dicendo?” mormorò il Mulo spaventato.
“Proprio
per questa… chiamiamola conoscenza indiretta, ho accettato un onorario davvero
ridicolo per farti fuori” continuò la ragazza, ignorandolo “E vuoi sapere una
cosa buffa? Non è stata Giacinta a pagarmi. Sai, lei e le sue idee di
redenzione…”
Fece
spallucce e roteò gli occhi come se stesse parlando a un amico di una vicina di
casa bigotta e fastidiosa. Il gelo si impossessò delle ossa del Mulo che
indietreggiò di un altro passo sbiancando in viso.
“Chi è
stato?” strepitò con gli occhi fuori dalle orbite “Voglio parlare con Cornelia!
Lei lo sa che io ho fatto solo il mio dovere…”
“Oh,
guarda, mi ha pagata proprio Cornelia” continuò la ragazza confidenzialmente
“Il tuo capo in persona. Diamine, la capisco, eh? Non farebbe affatto una bella
figura con il suo superiore di grado se lasciasse che il più stronzo dei suoi
Demoni trasgredisse impunito le regole. Non lo pensi anche tu?”
Non si
era mossa di un millimetro, ma il Mulo era sempre più terrorizzato.
“Che
cosa vuoi?” piagnucolò facendo guizzare lo sguardo a destra e a sinistra
cercando una via di fuga “Chi sei e che cosa vuoi?”
La
ragazza si mosse all’improvviso, così veloce che il Mulo nemmeno se ne accorse:
la mano che reggeva la pistola si alzò e si abbatté sul suo cranio,
spaccandoglielo come se fosse un frutto troppo maturo; contemporaneamente,
nell’altra mano comparve come per magia una lunga lama scintillante con la
quale la ragazza tagliò di netto la gola del Mulo, in un gesto così ampio ed
elegante da sembrare una mossa di danza.
“Voglio
la mia ricompensa” si decise a rispondere con voce piatta mentre il Mulo si
accasciava ai suoi piedi, la gola inondata di sangue e gli occhi strabuzzanti e
vitrei “E visto quanto ti sei dimostrato stupido e coglione, direi che me la
sono meritata tutta. Potevo fare di meglio, visto che conoscevo le vittime e
visto il modo in cui le hai fatte fuori…” per un attimo i suoi occhi
scintillarono di rosso come rubini immersi nel sangue “Ma dopotutto, penso che quando
tornerai a casina bella, ci penseranno i tuoi cari a rimetterti in riga. Mi
basterà sapere che non potrai più rimettere piede su questo Piano per essere
contenta.”
Il Mulo
strisciò a terra, agonizzante, con la faccia violacea e le mani artigliate intorno
a quella che una volta era al sua gola. La ragazza si chinò su di lui per
continuare a parlargli confidenzialmente.
“Per
quanto riguarda l’altra tua domanda, chi e che cosa sono… io sono Eva. Eva e
basta, che tristezza, eh? Né Mezzo Angelo né Mezzo Demone, ma, udite udite, un
po’ tutti e due. Un fottuto Sanguemisto, così mi chiamano i tuoi amichetti.
Secondo i trattati internazionali nemmeno dovrei esistere, sarà per questo che
mi hanno dato un nome così corto?”
Lo
guardò negli occhi come aspettandosi una risposta; il Mulo però era già morto.
Fisicamente morto, per la precisione: le spoglie mortali del Mulo erano solo un
inutile ammasso di carne mentre la sua essenza di Demone, liberata, stava quasi
sicuramente facendo ritorno negli Inferi. La ragazza si rizzò in piedi con un
sospiro deluso.
“Tutti
così, voialtri Demoni infernali” si imbronciò “Mai che abbiate una risposta.”
*
* *
Sempre
con quell’espressione vagamente scocciata sul viso, Eva rimise la pistola nella
tasca: nel frattempo, il corpo del Mulo ai suoi piedi iniziò a decomporsi
rapidamente, spandendo intorno una orribile puzza di morte e in un liquido
giallastro che venne assorbito dalla terra secca.
“Hai
ucciso di nuovo” mormorò una voce lontana e dolente dentro di lei “Ucciso…
come puoi rimanere tranquilla con una colpa così sulla coscienza?”
Eva
ignorò la voce familiare con consumata abilità: sapeva che, qualsiasi cosa
facesse, le due parti di sé che contrastavano, Angelo e Demone, sarebbero state
perennemente in conflitto. Aveva passato anni e anni a imparare a convivere con la propria duplicità e a cercare
il più possibile di mantenere l’equilibrio.
“Il
Mulo meritava di morire” si rispose infatti immediatamente “E comunque,
quella dei Demoni non è una morte vera e propria, no? E’ tornato semplicemente
a casa, dove dovrebbero stare tutti gli stronzi come lui.”
Rimase
per un pezzo cogitabonda a guardare le scarpe e i vestiti del Mulo ormai vuoti
e scomposti come un mucchietto di stracci. Pensò a Paolo, il Mezzo ucciso barbaramente
dal Mulo che era stato uno dei suoi insegnanti quando era bambina e ricordò con
dolorosa chiarezza il suo sorriso vagamente ebete; ricordò che trovava sempre
il modo per allungarle un Chupa Chups anche quando lei era in crisi demoniaca e
vomitava dovunque bile giallastra e bestemmie fumanti. Pensò a Sandra, grassa e
profumata di pane appena sfornato, che tentava di insegnare a una ragazzina che alternava crisi demoniache a
immobilità catatoniche la difficile arte dell’uncinetto. Rimase in piedi
immobile, come scolpita nella pietra: poi, scrollandosi, girò i tacchi e si
allontanò, facendo ondeggiare il lungo impermeabile a ogni passo. Una vecchia
Due Cavalli bicolore, parcheggiata poco lontano, si avvicinò sferragliando e la
portiera si aprì davanti a Eva.
“Finito?” domandò la voce del
guidatore, un energumeno che sembrava l’incrocio tra un gorilla e un
rinoceronte: invece, era un essere umano in tutto e per tutto, uno dei pochi al
mondo di cui Eva tollerasse la continua presenza.
“Tutto ok, Gino” rispose lei con
voce monocorde salendo in macchina “Adesso vai che questo posto puzza come un
cimitero.”
Gino fece filare la Due Cavalli a una velocità incredibile per quel trabiccolo traballante.
“Tutto bene?” chiese dopo qualche
chilometro quando si avvide dell’ostinato mutismo della ragazza.
“Da favola.” rispose lei, il viso
cupo come un temporale estivo.
“Ha chiamato Cornelia” la avvisò
Gino guardando la strada “Come al solito tu il cellulare non te lo porti mai
dietro, eh? Disgraziata. Comunque, visto che stavi sgozzando quel tizio come un
maiale, non me la sono sentita di disturbarti e le ho confermato che il
lavoretto era concluso. Lasciatelo dire, ti sei accontentata delle briciole,
stavolta. Ti sei per caso intenerita?”
Eva grugnì qualcosa di
indefinibile, ma non spostò lo sguardo dal finestrino.
“Comunque, Cornelia ti vuole
vedere” proseguì Gino incurante “Domani, nel suo covo. Dice che è importante e
di andare sola, ma senza Acqua Santa.”
Di nuovo Eva reagì solo con un
grugnito. Gino le lanciò un’occhiata in tralice, il corpaccione enorme
accartocciato sul volante come in un improbabile numero di contorsionismo.
“Eva… posso chiederti una cosa?”
La ragazza sentì qualcosa di
incerto nella sua voce e girò di scatto gli occhi su di lui, neri e inquieti.
“Che devi chiedermi, umano?”
scattò seccamente “Vuoi chiedermi cosa si prova a uccidere qualcuno? O cosa si
prova a essere un Mezzo Angelo che violenta la sua stessa natura per uccidere
qualcuno? O cose si prova ad essere un Mezzo Demone che uccide un suo simile? O
come cazzo faccio io a essere entrambe le cose?”
Gino sbuffò e le lanciò un nuovo
sguardo noncurante.
“A dire la verità volevo sapere
perché quel tizio lo chiamavano il Mulo” rispose con aria vagamente offesa
“Però se vuoi piangiucchiarti ancora addosso o prendermi a sassate perché sono
umano e a te stasera gira così, fai pure, sai che sono sempre disponibile.”
Eva
tacque mentre la sua fronte corrucciata si spianava lentamente. Fissò Gino che
guidava tranquillamente, un monolite di incrollabile imperturbabilità, simile a
solida terraferma per una banderuola bistrattata come lei. L’unico in grado di
sopportare la sua instabilità e i suoi ritmi di vita, l’unico che non facesse
una piega nel vederla uccidere e subito dopo pregare Dio come il più fervente
dei fedeli. La sua spalla, il suo confessore, il suo carnefice. Il suo amico.
Spesso
si chiedeva come facesse un umano a credere nonostante non potesse Vedere… e si
domandava anche quale santo proteggesse la vita di Gino, permettendogli di
essere ancora vivo pur restando accanto a lei, un Sanguemisto sommerso dai guai
giorno e notte. Quando Gino si girò verso di lei incontrò i suoi occhi materni
e divertiti, spendenti di luce come un cielo stellato.
“Sei
proprio un pazzo suicida, Gino” gorgogliò Eva accomodandosi sul sedile “A volte
mi chiedo perché mi ostino a sopportarti e non mi decido a porre fine alla tua
sciocca e inutile esistenza.”
Gino le
lanciò uno sguardo di traverso, a metà fra l’affettuoso e il feroce.
“Già. Ma,
come al solito, vigliacca se hai risposto alla mia domanda.”
NOTE DELL’AUTRICE:
Buondì
a tutti voi, fedeli pellegrini! Iniziamo la pubblicazione di una nuova,
mirabolante storia: ci auguriamo che sia di Vostro gradimento e che Vi diverta,
come ha divertito noi lo scriverla. Per noi non intendo me e la mia inquietante
doppia personalità: parlo di me, Autrice, e della mia Adorata Metà, la mia
costola, la mia coscienza; Romina, la mia Meravigliosa Beta!!!
Ringrazio
d’anticipo tutti lettori, coloro che sono di passaggio, coloro che torneranno;
una menzione particolare a tutti gli Amici del Forum e alla flautaire d’eccezion,
che prima o poi contribuirà all’Opera con una copertina degna delle sue incredibili
qualità.
Ovviamente,
ci sono gli in utilissimi disclaimer: questa storia è unicamente frutto delle
mie meningi, personaggi e situazioni necessitano della mia previa
autorizzazione prima di essere utilizzati in altre opere che non siano le mie e
cose così.
“Ma io, perché venirvi? o chi 'l concede?
Io non Enëa, io non Paulo sono;
me degno a ciò né io né altri 'l crede”
Dante Alighieri, La Divina Commedia, Inferno, Canto II
“L’autobus è in ritardo.” gorgogliò
la voce del vecchio sotto la pensilina quando Eva si fermò davanti alla fermata
facendo ondeggiare incurante il suo lungo impermeabile sotto la pioggia.
“Magnifico.” ringhiò, pensando
fuggevolmente che sarebbe stato inutile cercare un riparo, con quella cazzo di
pioggia ormai era già bagnata fradicia.
*
* *
Che palle, meditò Eva cupamente.
In piedi davanti alla fermata, con la sola silenziosa compagnia di un vecchio
incartapecorito e tremebondo rannicchiato sotto la pensilina e di un gatto
randagio che sembrava sul punto di tirare le cuoia da un momento all’altro, Eva
non era esattamente di umore gioioso e il tempo infame non la aiutava di certo.
La sera avanzava grigia mentre la pioggia si abbatteva con deprimente costanza
sul selciato, portando via il giorno nei rivoletti marroncini che si infilavano
nelle fogne. Gran cosa le fogne, meditò Eva con sguardo aggrottato mentre gocce
di pioggia le rigavano il viso apparentemente indifferente al clima impietoso.
Le sarebbero tornate buone se quel cavolo di autobus non fosse arrivato alla
svelta: Cornelia non amava i ritardatari e se Cornelia era irritata era davvero
meglio avere una buona via di fuga, un piano B da tirar fuori dal cilindro nel
momento in cui si cominciava a sentire odore di zolfo. Gli Angeli non avevano
ancora capito che l’odore di zolfo portava guai: doveva essere proprio qualcosa
a livello organico, qualche sensore mancante, qualche gene difettoso. D’altra
parte, anche escludendo quella deficienza congenita, difficilmente gli Angeli
scorgevano quei segni piccoli ma fondamentali che segnalavano l’arrivo di una
bella crisi demoniaca. Eva aveva imparato a riconoscerli piuttosto alla svelta,
invece, ed era in grado di capire se Cornelia stava per dar fuori di matto con
sufficiente anticipo da potersela dare a gambe. Farla fuori, nemmeno a
parlarne: Cornelia era un pezzo grosso e nessuno, tantomeno quella mozzarella
di Giacinta, si azzardava a stuzzicarla. Sotto sotto, Eva non era convinta che
Giacinta e Cornelia fossero i personaggi più indicati per coordinare la lotta
fra bene e male in una città difficile come Modena; Cornelia era un Demone
arguto e spietato, sì, ma aveva l’incazzatura troppo facile e siccome ogni
incazzatura di Cornelia comportava la dipartita di una decina di anime, non era
facile far digerire i suoi colpi di testa al Comitato di Sorveglianza. Più di
una volta Cornelia era stata ufficialmente ripresa dalle alte sfere (o basse
sfere, nel suo caso, ha ha) e ricevere una strapazzata da un emissario infernale
non era esattamente paragonabile a bere un tè al Country Club. In un paio di
occasioni, Cornelia ci aveva quasi rimesso gli artigli, ma poi si era sempre
ripresa, dando la prova del vecchio detto che l’erba cattiva non muore mai.
D’altra parte, nemmeno Giacinta, l’Angelo della fazione opposta, si era
dimostrata all’altezza dell’incarico; era giovane, mancava d’esperienza e più
di una volta Eva aveva sospettato che Cornelia non l’avesse ancora fatta fuori
solo perché le faceva comodo la sua abissale ignoranza. Beh, in fondo era
sempre stato così: gli Angeli erano più forti, ma anche più tonti ed era grazie
a questa precaria alchimia che si manteneva l’Equilibrio.
*
* *
“Tempo da lupi, eh?” gorgheggiò
il vecchio con voce tremante.
Eva aveva voglia di fare
conversazione come di rimanere sotto la pioggia al freddo bagnandosi anche le
mutande, e cioè meno di zero. Rimase ostinatamente girata dall’altra parte,
maledicendo Cornelia e i suoi perfidi mezzi di trasporto.
*
* *
Già, l’Equilibrio. Eva sogghignò
tra sé e sé ricordando quello che aveva detto Alfredo, il suo maestro di
Mortalità, a proposito dell’Equilibrio a Modena, e cioè che era stabile come il
culo di un ippopotamo in bilico su uno stuzzicadenti. Gli unici che ci tenevano
davvero all’Equilibrio erano gli Angeli; Cornelia, se ne avesse avuto la forza,
di sicuro avrebbe preso volentieri l’Equilibrio e l’avrebbe usato per
sodomizzare Giacinta fino a spiumarle le sue belle ali bianche e ordinate. Il
che poteva essere quello che era successo a Gioele, il predecessore di
Giacinta, un Angelo anziano e svaporato che si era affidato alla pace e
all’amore una volta di troppo. Eva aveva il fondato sospetto che il sorriso
birichino che spuntava sul viso di Cornelia ogni volta che parlava di Gioele
fosse parecchio sospetto, ma nella vita aveva imparato a tenere la bocca ben
chiusa su quello che poteva vedere. Un’infanzia passata sballottata da un
istituto psichiatrico all’altro le aveva insegnato il preziosissimo valore del
silenzio. D’altronde, arrivata a venticinque anni, ne aveva imparate talmente
tante di cose da poterci scrivere un’intera biblioteca di libri.
*
* *
“L’autobus è tremendamente in
ritardo.” borbottò il vecchio tra sé e sé.
Eva gli lanciò una breve occhiata
scocciata, registrando a malapena una gobba rivestita da un pullover celestino
senza maniche, un cranio bitorzoluto coperto da tenera peluria bianca e
occhialoni di corno modello “se ci vedo è per miracolo”.
“Arriverà” rispose anche se il
commento del vecchio non sembrava volere una risposta “Abbia fede, nonnetto,
sarà qui tra poco.”
*
* *
Fede, meditò intanto con amara
consapevolezza: una parola che non aveva nessun senso per lei e per quelli
(pochi) come lei. La fede significa credere senza prove materiali, credere
senza vedere: ma tutti i Mezzi, Eva e i Sanguemisto come lei vedevano, eccome.
La questione fede, per loro, non era mai stata presa in considerazione perché
non avevano nessun bisogno di credere: loro sapevano. Loro vedevano.
Vedevano ogni giorno, ogni
minuto, ogni schifoso secondo della loro vita, che di solito risultava essere
breve e infelice. Vedevano ogni sorta di orrore, dai Demoni Antropomorfi, quelli
un pochino più digeribili, agli Striscianti, quelli decisamente da vomito;
vedevano la bellezza abbagliante dei Serafini in transito e rimanevano
devastati dalla magnificenza del Canto Divino che ogni tanto filtrava dalle
Porte; vedevano Sussurratori, Custodi, Dannatori e Salvatori, Viziosi e Beati e
chi più ne ha più ne metta.
Vedevano di tutto specialmente lì
a Modena, cacofonica cittadina emiliana per gli Umani all’ascolto, ma
ufficiosamente anche sede di un importante Nodo Ultraterreno. A Modena una come
Eva non poteva fare dieci passi senza incappare in una qualche manifestazione
Demoniaca o Divina. Era una bella rottura, anche perché la sua presenza non
veniva accolta con favore né da una parte né dall’altra. Agli Ultraterreni non
piaceva essere Visti. Al massimo capitava loro di essere intuiti, dai bambini,
dagli anziani con un piede nella fossa o dalle persone baciate
dall’Incomparabile Dono del Sesto Senso; ma essere visti, Visti davvero al di
là delle spoglie mortali dentro cui si nascondevano come se fossero una
qualunque mezza sega umana, quello non capitava quasi mai. Eva riusciva sempre
a leggere lo sconcerto nelle loro pupille, che fossero quelle tonde e celesti
degli angeli o quelle gialle e verticali dei Demoni. Lei, che d’aspetto sembrava
in tutto e per tutto umana, riusciva a suscitare qualche secondo buono di
immobile incredulità nel soggetto che si metteva a fissare, e quella era cosa
tremendamente buona e giusta visto il mestiere che faceva.
*
* *
“Le sette e un quarto” sospirò
all’improvviso la vocetta querula e tremebonda del vecchietto sotto la
pensilina “Ormai non passa più.”
Eva non rispose, ma pensò con
rimpianto ai bei vecchi tempi, quando i vecchi non rivolgevano la parola alle
giovani estranee dall’aria poco raccomandabile ferme sotto la pioggia.
*
* *
Lavoro, lavoro, lavoro. Non c’era
molta scelta per i Sanguemisto, meditò amaramente aggrottando di nuovo le
sopracciglia sotto la pioggia: non erano come i Mezzi. I Mezzi erano creature
nate dalle rarissime unioni tra Umani e Ultraterreni ed erano state impiegate
sul quel Piano col preciso incarico di vigilare sui mortali, vivendo al loro
livello. I Sanguemisto erano i figli di Mezzi di natura diversa che ereditavano
la parte Ultraterrena da entrambi i genitori, caso che per volontà divina non
accadeva quasi mai. Se i Sanguemisto sopravvivevano alla contaminazione nei
primi anni di vita, rimanevano così, né carne né pesce, né Angeli né Demoni,
destinati per la loro stessa promiscua natura a non riuscire mai a stare da una
parte o dall’altra. Erano un po’ di tutto e non erano nessuno: potevano
interagire indifferentemente con Angeli, Demoni, Mezzi e Umani. Per questi e
altri motivi, erano le figure ideali per svolgere la difficile ma strapagata
attività di Recupero dei Perduti, coordinati dal famigerato Comitato di
Sorveglianza. Ovviamente, i Sanguemisto non erano contemplati nei Trattati di
Divisione delle Competenze. Non esistevano ufficialmente, e quella forse era
l’unica cosa che metteva d’accordo tutti. Ufficiosamente, invece, esistevano
eccome: sì, era raro che un Ultraterreno si accoppiasse con un Umano dando vita
a un Mezzo e sì, era raro anche che due Mezzi si accoppiassero tra loro, dando
vita una volta su un milione a un Sanguemisto, ma succedeva lo stesso. A
Modena, per esempio, erano in tre Sanguemisto a lavorare a tempo pieno. Un
record, considerando che nel Nodo Primo, il più importante di tutta la Terra, erano solo in quattro. Gli Ultraterreni, ovviamente, odiavano i Sanguemisto; forse li
vedevano come una evoluzione aberrante della loro natura… o forse, più
prosaicamente, sapevano che era con loro che avevano a che fare se si
Perdevano.
*
* *
“Io devo andare a casa” pigolò la
voce del vecchio, esausta “Non posso più aspettare.”
Eva sbuffò senza nemmeno provare a
nascondersi, ma non rispose.
*
* *
Perdersi. Avesse potuto lei
Perdersi, meditò con sotterraneo livore, ma a lei mancava la parte umana in
tutto e per tutto e forse era proprio questo a preservarla dal fare cazzate
come i normali Mezzi. A loro capitava spesso, invece: dopotutto, erano
ultraterreni solo per metà, e la metà umana portava inevitabilmente tutto il
suo carico di meschinità e incertezza. Eva, in soli dieci anni di onorata
carriera, aveva dovuto occuparsi di almeno un migliaio di casi di Perduti.
All’inizio si era occupata principalmente di recuperare Mezzi Angeli. Le era
sembrato più facile, che illusa!! Quei Perduti nella maggioranza dei casi erano
stati traviati da qualche Demone o da qualche Mezzo in vena di seminare zizzania.
Avendo avuto personalmente a che fare con alcuni di loro, Eva capiva
perfettamente quanto fosse facile cadere nelle loro reti: un solo Mezzo
Lussurioso, se particolarmente dotato, era capace di fiaccare le resistenze di
un intero esercito di Mezzi Angeli visto e risaputo che, ahimè, la lussuria e
l’amore percorrevano strade così vicine. Per lo stesso motivo, però, poteva
succedere che qualche Mezzo Demone sbagliasse rotta e si trovasse suo malgrado
perdutamente innamorato di qualche Umano o di qualche Mezzo Angelo che aveva
tentato di traviare. Ma se i Mezzi Angeli recuperati potevano sempre contare
nel Perdono Divino, i Mezzi Demoni non potevano dire la stessa cosa; la
politica degli Inferi sul perdono era un tantino intransigente… i trasgressori,
semplicemente, venivano rispediti al mittente e sbattuti nell’ultimo girone,
quello dei Dimenticati, senza nemmeno passare dal via.
Da cui, ecco perché i rari
Sanguemisto bazzicavano spesso nei luoghi terrestri prossimi ai Nodi; più Mezzi
in giro, più lavoro, più lavoro, più privilegi. Ed ecco perché Eva, che col suo
lavoro si era fatta parecchi nemici a Modena, girava sempre con un impermeabile
lungo fino alle caviglie sotto il quale nascondeva una pistola sempre carica
(per i malintenzionati Umani), una boccetta d’Acqua Santa (per i
malintenzionati demoniaci) e una discreta serie di lame di svariate forme e
dimensioni (per tutti gli altri salomonicamente, malintenzionati e non).
*
* *
“Dovrei prendere un taxi”
continuò il vecchio querulo “Se solo avessi abbastanza soldi da pagarlo! Sono
così stanco.”
“Piantala, nonno” ringhiò Eva con
il suo peggior tono da ragazzaccia “Adesso arriva, ti ho detto.”
*
* *
A Eva non piacevano un granché
gli Umani. Benché ne avesse l’aspetto, fondamentalmente la natura instabile
degli Umani la inquietava. Persino i Sanguemisto, trattati come paria dagli
Ultraterreni, erano più comprensibili degli Umani, almeno agli occhi
disincantati di Eva: nel suo personale schifometro, gli Umani erano saldamente
piazzati al quarto posto, subito dopo la puzza di putrefazione, il cavolfiore
bollito e la terribile accoppiata mammina e papino. Quei due disgraziati, pensò
Eva con rabbia improvvisa: nonostante sapessero benissimo come funzionavano le
cose, si erano Persi o, come dicevano loro, innamorati. Secondo lo scettico
parere di Eva, avevano scambiato per qualcosa di più elevato e spirituale un
improvviso prurito di natura prettamente fisica, ma la sua opinione postuma non
aveva nessun peso, a conti fatti. Mammina era un Mezzo Demone della categoria
Lussuriosi, bella da prendersi a schiaffi e cattiva come un esercito di
formiche rosse infilate nelle mutande; papino era un Mezzo Angelo belloccio e
svaporato, tutto peace & love come un cannarolo figlio dei fiori. Cosa ci
avessero trovato l’uno nell’altra, non lo sapeva nemmeno Dio. Fatto sta che si
erano Perduti, si erano accoppiati, avevano messo al mondo uno scherzo di
natura sfidando qualsiasi calcolo delle probabilità e l’unica cosa che avevano
fatto di comune accordo, a parte fornicare, era stato di dare al nascituro un
nome che non fosse né sacro né profano. Così, con un erculeo sforzo di
fantasia, l’avevano chiamata Eva, come il primo essere umano della Terra.
Avevano vissuto insieme per un po’, l’allegra e bizzarra famiglia ultraterrena:
poi, li avevano trovati. Mammina era stata fatta fuori da un Recuperante che
l’aveva trasformata in un mucchietto di briciole sanguinolente e papino era
stato mandato a spurgare i suoi peccati suonando l’arpa in mezzo ai Cori Angelici.
Fine dell’allegra e bizzarra famiglia e voilà, riassunto in due parole il
perché del terzo posto di mammina e papino nello schifometro. La diffidenza per
i mortali era nata da lì: non era stato d’aiuto il fatto che l’infanzia di Eva
passata fra gli Umani, prima di essere addestrata dagli Ultraterreni, fosse
stata costellata da incomprensione, ottusità e bugie. Ma d’altronde, nessun
Umano poteva capire la Vista. I dottori che l’avevano avuta in cura, gli
psicologi che avevano tentato di plasmarla, le suore che l’avevano creduta
indemoniata, le maestre che avevano scambiato la sua prodigiosa intelligenza
con genio da sfruttare a loro favore… il segno umano che le era rimasto addosso
non era buono e a volte ancora le doleva. L’unico essere umano di cui Eva si
fidava ciecamente e totalmente era Gino: l’aveva conosciuto nell’ultima clinica
psichiatrica dove era stata rinchiusa prima di essere presa in addestramento,
quando avevano lei dieci e lui dodici anni e da allora non si erano mai
separati. Gino, ufficialmente, era un pericoloso psicopatico e schizofrenico
che aveva tentato di uccidere i suoi nonni a colpi di accetta, credendoli
invasati dagli alieni. Per Eva, invece, Gino era il più fedele e il più
meraviglioso degli amici: bizzarro, a volte, e propenso all’omicidio
involontario, ma con lei e per lei non avrebbe esitato a rimetterci la vita,
mai. Il resto dell’umanità, però, non era altrettanto amato: Eva preferiva
trovarsi da sola con un Demone che sputava fiamme dalle narici piuttosto che
con un apparentemente innocuo e disarmato Umano. Almeno, da un Demone sapeva
cosa aspettarsi e non aveva problemi a conficcargli una croce in fronte. Invece
gli Umani avevano la bruttissima abitudine di essere imprevedibili; erano
ottusi, limitati, lenti di comprendonio, incapaci di mantenere un’idea più a
lungo di dieci secondi. Non era convinta che il fatto di non Vedere fosse la
risposta a tutte le loro manchevolezze.
*
* *
“Se solo ci fosse in giro una
persona di buon cuore disposta a sacrificare qualche soldo per un vecchio
stanco e infreddolito.” mormorò la voce accorata del vecchietto sotto la
pensilina e Eva decise finalmente di averne abbastanza.
Con una rapida occhiata in giro,
si accertò che nessun Umano stesse osservando la scena, poi, ruotando su se
stessa con la grazia leggiadra di una ballerina classica, si girò verso il
vecchio sfoderando nello stesso tempo la corta e pratica Five-seveN 20 colpi e
la puntò dritta dritta verso la fronte al vecchio.
“Adesso basta rompere i coglioni”
sentenziò voce quasi annoiata “Non ho testimoni e nessuno sentirà la mancanza
di un piccolo Mezzo che si diverte a fare il deficiente, chiaro?”
Il vecchio, che non aveva nemmeno
avuto tempo di muoversi prima di trovarsi sotto tiro, era rimasto perfettamente
immobile e curvo e fissava la bocca nera della postola puntata contro la sua
faccia con una comica espressione di sorpresa. Per un attimo, Eva ventilò
l’ipotesi di essersi sbagliata e di stare puntando una pistola carica in fronte
a un innocuo vecchietto mortale; poi, un sogghigno mefistofelico arricciò le
labbra rinsecchite del vecchio, scoprendo le gengive di una dentiera rosea.
“Cazzo” gorgogliò garrulo
rizzando con noncuranza la schiena “Ormai non si può più nemmeno scherzare con
te, dannata Sanguemisto. Stai diventando noiosissimamente noiosa!”
*
* *
Nascondendo un sospiro di
sollievo, Eva abbassò appena la pistola senza che una sola emozione trasparisse
dalla sua faccia corrucciata: quel “noiosissimamente noiosa” la diceva lunga su
chi si nascondesse dietro le spoglie rattrappite del vecchietto.
“Oreste” sospirò quasi contenta
“Non ti avevano trasformato in letame di ovino l’ultima volta che hai Mutato
forma senza permesso?”
Il vecchietto sogghignò
avvicinandosi con la saltellante scioltezza di un bambino di sei anni:
l’effetto visivo era inquietante, come vedere una marionetta agitata da fili
invisibili.
“Sei sempre la solita zitella
acida e frustrata” cantilenò il Mezzo ammiccando mentre scrutava attentamente
Eva da capo a piedi “Vedo che stai di merda, gioia. Problemi sul lavoro?”
Eva si strinse nelle spalle,
ricambiando l’attenta analisi: sforzando la Vista, le era possibile mettere fuori fuoco l’innocua immagine del vecchietto col gilè di lana e concentrarsi
sulle sfuggenti e liquide fattezze del Mezzo che lo animava, fin quasi a
coglierne lo sguardo delle serafiche pupille verticali.
“Non più del solito. E tu?”
rispose infine con noncuranza: mai, per nessun motivo, si doveva dare a un
Mezzo la possibilità di sapere qualcosa di sé stessi, lo avrebbe
invariabilmente usato per i propri scopi.
“Questa città non mi piace”
sentenziò Oreste imbronciato riprendendo il tono lamentoso del vecchio “Tanta
acqua, tantissimissima noia. Meno male che ti ho incontrata.”
Eva si ficcò le mani in tasca
senza smettere di guardare il Mezzo negli occhi mentre le sorrideva con aria
innocente.
“Che cazzo di fai qui?” chiese
infine con voce secca, sollevando altera il mento.
Oreste sembrò vagamente offeso e
divertito insieme.
“Uff, sei sempre così sospettosa!
Acidissimamente acida, peggio di una vecchia striminzita che ha ingoiato un
limone! Come se uno non potesse fare due passi in questa merdosa città senza
che tu possa pensare che lo stia facendo solo per pestare i piedi a te!”
Eva mantenne lo sguardo fisso con
tranquillità e dopo un’occhiata in tralice dalla quale dedusse che fingere non
avrebbe portato niente di buono, il Mezzo tornò di colpo tutto cinguettii e
sorrisi.
“Mi ha mandato Cornelia” capitolò
con leggerezza saltellandole introno “Per essere sicura che ti ricordassi della
convocazione. Ti ha fatto solo un favore, eh: con la gentaglia che c’è in giro,
una giovane e bella ragazza come te tutta sola, di sera…”
Rise estasiato dalla sua stessa ironia
mentre le sopracciglia di Eva si corrugavano appena: Cornelia che mandava un
suo scagnozzo ad accertarsi che lei arrivasse sana e salva? Assurdo. Le sue
antenne fremettero allarmate proprio mentre un autobus lento e ondeggiante
sbucava dalla curva e si avvicinava alla fermata.
“Ecco qua!” esclamò Oreste
felice, anzi, quasi… sì, quasi sollevato.
Nemmeno il tempo di respirare e
il vecchietto si ritrovò afferrato per il bavero della camicia e sbattuto senza
tante cerimonie contro la pensilina traballante.
“Che c’è sotto?” domandò calma
Eva con la bocca a un centimetro dal suo orecchio e la canna della Five-seveN
ficcata tra le costole del Mezzo.
“Merda, Eva!” rispose Oreste, più
irritato che spaventato “Toglimi quel piombo di dosso, sai che non lo sopporto!”
Per tutta risposta, Eva lo
sbatacchiò ancora contro la pensilina.
“Oreste.” ringhiò a voce bassa e
il Mezzo capitolò.
“Uffa, uffa, uffa! Stronzi
Sanguemisto! Che ne so io di cosa c’è sotto? So solo che Cornelia mi ha detto
di cercarti e di essere sicuro che prendessi l’autobus. Punto e basta!”
Altra sbatacchiata contro la
pensilina, proprio mentre l’autobus di fermava soffiando e gemendo alle spalle
di Eva.
“Che intenzioni ha?”
“E che cazzo ne so io!” sbuffò
Oreste ormai allarmato “Non mi ha chiesto di farti fuori, se è quello che
pensi. Anzi, voleva davvero che tu arrivassi viva da lei…”
Eva cogitò per qualche secondo
con gli occhi ben fermi in quelli sfuggenti di Oreste. L’autista dell’autobus
fece una breve strombazzata col clacson sfiatato e la donna si lasciò
convincere dall’istinto.
“Fammi strada, socio.” disse
mollando il Mezzo all’improvviso e facendolo quasi planare in mezzo alla strada
bagnata.
Oreste le lanciò uno sguardo
furibondo poi si avviò verso l’autobus massaggiandosi il collo e mormorando
sottovoce qualcosa di irripetibile. Eva lo seguì tranquillamente, le mani in
tasca e l’espressione innocente. Pagò il biglietto e sorrise con aria di scuse
al conducente, il quale rimase doverosamente abbagliato e ci mise un po’ a
riprendersi.
“Sei proprio una stronza, fottuta
Sanguemisto.” berciò Oreste sedendosi di schianto su un sedile, imbronciato.
Eva rimase in piedi al centro del
corridoio mentre l’autobus ripartiva tra uno scossone e l’altro e fissò il
Mezzo con aria quasi materna.
“Grazie, Oreste” tubò con un
sogghigno “Anche tu mi piaci.”
NOTE DELL’AUTRICE:
Primi capitoli di presentazione: abbiate pazienza, abbiate
pazienza…
Ed eccoci di nuovo qui, nel famigerato angolo dove
l’autrice, sotto stretto controllo farmacologico, tenterà di dare risposte,
ringrazierà chi se lo merita e ascolterà proposte, lamentele, critiche e
quant’altro. Vista la splendida, meravigliosa, commovente, emozionante valanga
di recensioni che sono piovute sul Prologo, sarò volutamente breve… ma sappiate
che tutto ciò che non è scritto è comunque pensato, prima di
tutto una gratitudine gonfia e sincera per tutti voi che, stando ancora qui,
rinnovate un’amicizia che sarà anche virtuale, sarà superficiale, sarà puramente
limitata e informatica, ma mi fa stare bene come l’abbraccio di un vero amico.
Quindi, siorre e siorri, grazie infinite, col cuore.
Ed ora…
Kyaelys: Sono tornataaaa!! Gesù, che fifa di
deludervi che ho addosso. Nonostante la storia sia finita, betata, impacchettata
e approvata dalla mia fedele ammora Romina, ho paura di perdervi. Se dovesse
prendere una piega vomitosa, prima di staccare la spima avvisami, ok? Mil besi
Lely1441: Piccola!! Ebbene sì sono tornata e anche io
sono commossa… tutta questa bella jente adorabile, di nuovo intorno… sono
davvero contenta. Sì, ammetto che pensare a Emule leggendo il Mulo è da
sciroccati, mas essere un po’ pazzi non fa mai male…a presto, e grazie, tesoro
mio…
Levsky: Buondì a voi, meravigliosa nuova lettrice!!
Nuova per modo di dire, ho letto le tue recensioni e sono impazzita dalla joia
e dalla contentanza! Spero anche io di risentirti alla prossima… vuol dire che
la storia piace! Incrociamo le dita e… bacioni!
Killer: Tesoro!! La mia assassina preferita, come
stai? Anche io ero emozionata al pensiero di risentirti, e sono davvero
felicissima che la storia che ho scritto sia nelle tue corde sanguinarie. Mi
piace questo lato del tuo carattere, così affine al mio… Questa storia non è
allegra come Geometrie, in alcune parti sarà difficile da digerire… ma spero
davvero che piaccia, perché mi è piaciuto un sacco scriverla. Non andare via,
per favore, eh? Alla prossima!
Missribellina92: Ma ciao anche a te, o mia
giovanissima lettrice!! Sto notando adesso che forse quel 92 del tuo nick è
l’anno di nascita… un brivido mi percorre la schiena: potresti essere mia
figlia!! Aiutoooooo, sono vecchia, sono un dinosauro, un pezzo di modernariato,
un residuato bellico!!Ok, dopo lo sfogo… no, i Demoni non sono tutti come il
Mulo. Vedrai, vedrai… he he he
Fante: Caro carissimo!! Tu, Rik e lo Skifizzero siete
gli unici uomini rimasti in circolazione e mi mancava un po’ di maschilità in
giro. Bentornato, anche voi mi siete mancati… e per quanto riguarda la tua
supposizione sulle mie eroine romantiche… fosse vero!! Più che una parte di me,
sono una parte di come vorrei essere. Soprattutto fisicamente, ehm…
White shadow: Dolcezza!! Entriamo subito in
confidenza, tanto è come se ci conoscessimo già, no? Sono felice di averti qui,
in questo covo dei pirati (o, per meglio dire, questo reparto
psichiatrico…)Lusingata di essere un’autrice apprezzata e spero fervidamente
che questa storia non deluda nessuno. Se il tempo tiranno me lo permette,
passerò senz’altro a sbirciare le tue storie, ma meglio non parlarne qui, si
rischia l’Okkio Vigile del Comitato… eh eh eh!! Besos
Lauraroberta87: Qualsiasi cosa tu pensi di me,
qualsiasi sostanza stupefacente e stupefatta circoli nel mio apparato
sanguigno, non potrei mai scordarmi di te. E di Sahid, il panettiere: quanti
bei panini, eh, quanti ricordi… Anche io lovvo iù, stellina: aspetto solo la
tua definitiva conversione per instaurare un love affaire. Come sto? Dunque…
figliame sta bene, la gatta si è riprodotta (la zoccola!) Osvaldo non lo vedo
da secoli und seculorum…e tu? Ho sentito che hai sedotto a destra e a manca
neanche fossi fatta di feromoni concentrati… il segreto, presto!!!!
Ellemyr: Non ci credo… ma ciao!! Anche tu qui!!! Che joia
e che gaudio sentire che non sei ancora emigrata in Cile… sempre se ne avevi
l’intenzione… se invece sei propensa per la Finlandia, fammi un fischio, sai che per i biondi, ehm… Baci ricambiatissimi!!
Krisma: Tesoro mio!! Quando ho aperto le recensioni
mi è saltato agli occhi il tuo “bocciolo!” e tra un po’ scoppio a piangere
dalla commozione. Che donna smidollata e di bassa tempra morale che sono: ma
ritrovare la tua amicizia e il tuo entusiasmo intatti dopo tanto tempo mi ha
sinceramente commosso. A presto, un bacione!!
Tartis: Saruzza bella di mamma tua!! Meno male che il
genere A&D riuscite a digerirlo tutti… e sono davvero commossa e felice di
ritrovarti qui, scoppiettante, in forma e sciroccata come non mai!! Mi siete
mancati tantissimo, quasi quasi scrivevo e pubblicavo la lista della spesa pur
di risentirvi. Beh, più o meno… ma no, vedrai, questa storia ha persino una
trama!!! Eh, miglioro a ogni storia, jente… besones, alla proxima!
MarzyPappy: Sweetey!! Dov’eri finita? Ti davo ancora
dispersa in quei di Lido di Spina… è da una mezza vita che non ti sento. Come
stai? Studio, amore, capelli… tutto ok? Lusingatissima che tu sia qui solo per
me… mi fa sentire orgogliosissima e anche un po’ in ansia: spero di essere
all’altezza, joia, l’ultima cosa che voglio è deluderti.
ReaderNotViewer: Amore mio. Luce dei miei occhi.
Donna d’un pezzo fatto di mille pezzi diversi e meravigliosi. Non so perché, ma
le tue parole hanno il dono di essere penetranti come lame e dolci come
balsamo… sono un balsamo laminato, in poche parole. Mica da poco! Mi auguro con
tutto il cuore che questa storia ti piaccia: non sarà poetica, sarà dura,
volgare e a volte sin scriverla mi è pesato. Ma spero che tu, come solo tu sai
fare, vedrai oltre… perché se c’è vera poesia, è nel modo in cui tu leggi. Ti
bacio e ti ringrazio profondamente.
“ché questa bestia, per la qual tu gride,
non lascia altrui passar per la sua via,
ma tanto lo 'mpedisce che l'uccide;
e ha natura sì malvagia e ria,
che mai non empie la bramosa voglia,
e dopo 'l pasto ha più fame che pria.”
Dante Alighieri, La Divina Commedia, Inferno, Canto I
Il primo nome che veniva in mente
per definire Cornelia era “zietta”. Tutto di lei ricordava un vago e
rassicurante sentore di borotalco e orli fatti all’uncinetto; l’innocua faccia
dal sorriso mite e dallo sguardo azzurro di porcellana, la vocetta querula, gli
abiti con stampe a fiori, il girocollo di perle, gli occhiali col pince-nez…
veniva più che naturale rilassarsi e sorridere davanti a un tale concentrato di
materna comprensione. Era così che Cornelia era diventata il Demone numero uno
di Modena: cogliendo alla sprovvista, mascherando una ferocia ineguagliabile
con biscottini al burro e teiere panciute. Eva, sotto sotto, ammirava Cornelia
per il suo sforzo di fantasia: Giacinta, invece, aveva installato il suo centro
operativo in un convento e si presentava in forma umana come una suora.
Vomitevolmente banale, ma gli Angeli erano tutti così, assolutamente privi di
fantasia.
“Eva!” esclamò Cornelia quando la
vide ferma sulla soglia di casa (una bomboniera rosa collocata nel centro di un
grazioso parco dai civettuoli viali fioriti): si alzò addirittura in piedi
congiungendo compita le mani in grembo e sorridendo con aria magnanima.
“Cornelia!” rispose a tono la
ragazza stando ben attenta a non abbassare la guardia di un millimetro.
Aveva visto di cosa era capace Cornelia
se lasciava cadere la maschera, e non era un gran bello spettacolo. No,
decisamente non lo era.
“Vieni, mia cara, siediti” la
invitò Cornelia con un ampio gesto della mano indicando il grazioso tavolino
rotondo davanti a lei apparecchiato con un delicato servizio di porcellane
“Stavo giusto prendendo il tè.”
Eva non si mosse di un
millimetro, ma le rivolse un sorriso affabile.
“Cornelia, dolcezza, a parte il
fatto che il tuo tè mi fa vomitare, gradirei che mi togliessi dal culo quel
piccolo Mezzo nascosto che non vede l’ora di piantarmi qualcosa in mezzo alle
scapole.”
Cornelia sbatté appena le ciglia
sui suoi miti occhi azzurri, allargando affabile il sorriso: dopo qualche
secondo di silenzio in cui capì che Eva non si sarebbe mossa di un millimetro
dalla soglia, fece un vago cenno con la mano e, con un fruscio discreto,
qualcuno scivolò fuori dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle.
“Non te la sarai mica presa,
vero?” tubò Cornelia accennandole di avvicinarsi.
Eva scrollò le spalle, andando a
sedersi con precauzione davanti a Cornelia.
“Per così poco” rispose ironica
“Anche io tento sempre di far fuori i miei ospiti prima che entrino dalla
porta.”
Cornelia versò il tè con delicata
maestria sempre sorridendo.
“Con te è mio dovere provarci”
specificò con un sospiro che le sollevò il considerevole petto “Hai Recuperato
talmente tanti miei Mezzi che, dopo Madre Teresa di Calcutta, sei la persona
più odiata di tutto il nostro universo.”
“Credevo di essere al terzo posto
dopo Giacinta.” commentò Eva asciutta e Cornelia ridacchiò, chioccia.
“Chi, la suorina?” cicalò garrula
“Ma fammi il piacere.”
“Allora, Cornelia, che vuoi da
me?”
Cornelia sospirò intingendo un
biscottino nella tazza col mignolo alzato.
“Sempre così deliziosamente
brusca” commentò con aria di rimprovero “Perché non ti rilassi e mangi i
biscottini? Sono olandesi, direttamente importati solo per me.”
Eva alzò un sopracciglio, tolse
con scioltezza la pistola dalla tasca e se la posò in grembo, quasi
amorevolmente.
“No, grazie” rispose garbatamente
ironica “Vado di fretta. E poi non amo tutto quest’odio che mi aleggia introno.
Oscura la mia aura.”
Cornelia strizzò le labbra
infastidita e posò la tazza sul tavolino.
“Ho un altro soggetto che ha
perso il controllo” sospirò con voce piatta “Ha ucciso due Mezzi Angeli e
anche… ehm… un tuo collega.”
Eva rimase muta e immobile e Cornelia
le fece un sorrisetto di scuse.
“Un Sanguemisto come te” spiegò
con sottile sadismo nella voce “Avrà dovuto sudare sette camicie, voi
Sanguemisto siete terribilmente bravi a salvarvi la pelle. Ma non sempre, a
quanto pare, non sempre…”
“Chi era?” chiese Eva cercando di
mantenere la voce neutra: il suo cuore, intanto, batteva lento e tetro come il
rombo di un temporale.
“Alfredo” rispose Cornelia
facendo scintillare gli occhi azzurri dietro le lenti degli occhiali “Era morto
da un pezzo, ma era stato ridotto a pezzi così piccoli che l’hanno identificato
solo in questi giorni. Lo conoscevi?”
Nessuna emozione trasparì dalla
bella faccia di Eva: non un fremito di ciglia, non un muscolo irrigidito. Era
stato proprio Alfredo a insegnarle l’imperturbabilità: glielo aveva insegnato
lasciandole in ricordo un sorriso da sogno e una cicatrice sulla spalla, dove
l’aveva frustata. Eh, i Sanguemisto… razza davvero imprevedibile. Capaci di
amare come il più puro degli Angeli, di odiare come il più violento dei Demoni…
o di controllare entrambe le emozioni, rimanendo imperturbabili. Ci voleva
allenamento e disciplina, ma dava i suoi frutti: la faccia delusa di Cornelia,
per esempio, poteva essere un ottimo risultato. Alfredo sarebbe stato fiero di
lei.
“Cosa mi offri?” buttò lì Eva
sempre fissando Cornelia negli occhi “Contanti o crediti?”
“Duecento crediti.” rispose
asciutta Cornelia aggiustandosi gli occhiali sul naso.
“Cinquecento.”
Già irritata per non essere
riuscita a smuovere Eva, Cornelia si accigliò ancora di più e i suoi miti occhi
celesti divennero rossi come rubini.
“Sei parecchio esosa,
considerando il fatto che ti presento su un piatto d’argento il tizio che ha
ucciso il tuo maestro.” sibilò dalle labbra pressate, come un bollitore sul
punto di esplodere.
“Ooooh, Cornelia si sta arrabbiando!”
la canzonò Eva con un sorriso angelico: una piccola, puerile vendetta per la
stilettata appena ricevuta.
Il viso di Cornelia diventò rosso
come il collo di un tacchino: i bei capelli acconciati in onde morbide si
arruffarono mentre le labbra si arricciavano sulle gengive, ferine.
“Stronza.” gracidò artigliando i
braccioli della bella poltrona di cinz con le unghie che stavano diventando
spesse e brunite come quelle di un cadavere.
Contenendo la sua perfidia, Eva
decise di non infierire ulteriormente e attese che Cornelia, che respirava
rumorosamente come un mantice a pieno regime, sbollisse un po’ della sua rabbia
traboccante. Quando il colorito rosso degli occhi si stemperò un poco in un
grigio fangoso, si decise a parlare con voce calma e tranquilla.
“Voglio essere buona con te Cornelia,
visto che ultimamente mi procuri tanto lavoro: mi accontento di quattrocento
crediti.”
Cornelia si arrabbiò di nuovo,
ringhiò e sbavò così simile a un cane idrofobo da risultare quasi comica. Eva,
però, non cedette di un millimetro: rimase in attesa, guardinga e accigliata,
mentre Cornelia inveiva sottovoce contro di lei.
“E va bene” capitolò alla fine il
Demone, infuriato “Quattrocento merdosi crediti per la signorina di ghiaccio.
Sperando che ne valga la pena… o che trovi finalmente qualcuno più bastardo di
te che ti stacchi la pelle di dosso centimetro dopo centimetro.”
Eva sorrise ma non raccolse la
provocazione: per quel giorno aveva fatto arrabbiare abbastanza Cornelia e non
aveva voglia di vederla in azione. Aspettò rispettosa come una educanda che Cornelia
smettesse di ansimare, prendesse una biro e un foglietto da sopra il tavolino e
scrivesse un nome e un indirizzo con la sua larga scrittura svolazzante.
“Toh” grugnì il Demone porgendo a
Eva il foglio con un gesto plateale e definitivo “E adesso vai, Sanguemisto: mi
stai appestando l’aria con quel tuo rivoltante odore di verdura fresca.”
Eva, con gesti fluidi e
armoniosi, si alzò dalla poltrona, prese il foglio e sorrise a Cornelia con il
più luminoso dei suoi sorrisi angelici (cosa che fece dolorosamente socchiudere
le palpebre al Demone).
“Consideralo già fatto.” disse
allontanandosi con grazia senza mai smettere di stringere la pistola dentro la
tasca dell’impermeabile.
* * *
Mattino: un orario relativamente
innocuo per un Recuperante in cerca di riposo. Eva e Gino si guardarono alle
spalle un’ultima volta prima di aprire svelti la porta di casa e sgusciare
prontamente all’interno. L’appartamento di Eva era un buco polveroso e buio da
sempre, eppure Gino non rinunciava mai al suo commento di rito, quando era
costretto a passare di lì.
“Questo posto sembra il buco del
culo di un vecchio morto stecchito.” borbottò con il suo vocione d’oltretomba
guardandosi intorno accigliato ancora fermo sulla porta.
“Casa mia casa mia, per piccina
che tu sia…” motteggiò Eva guardandosi intorno soddisfatta.
Il suo appartamento era piccolo,
scuro, brutto, polveroso: tutto vero. Ma era suo ed era sicuro. Uno dei pochi
posti al mondo dove Eva si sentisse in grado di abbassare la guardia. Gino,
invece, si sentiva in trappola e lo dimostrò rimanendo rasente la porta
d’ingresso, il naso per aria come una lady oltraggiata. Eva lo ignorò
sorpassandolo e togliendosi contemporaneamente l’impermeabile di dosso: sotto,
indossava un paio di comodi pantaloni cargo, un dolcevita nero e un paio di
pesanti anfibi che slacciò prontamente scalciando contro il divano.
“Devo farmi una doccia” annunciò
sfilandosi il maglioncino di dosso senza nessun pudore “Quando esco dal covo di
Cornelia puzzo sempre come una latrina a cielo aperto. Tu intanto, comincia a
cercare informazioni sul nuovo lavoro.”
Gino prese il foglio che Cornelia
aveva dato ad Eva e lo studiò con espressione greve, assolutamente incurante
della ragazza seminuda davanti a lui; a qualsiasi altro Umano un’occhiatina
sarebbe scappata, e conoscendo Eva sarebbe anche stata l’ultima cosa che
avrebbe fatto, ma non Gino. Per lui, quella ragazza era un prolungamento di sé,
come un suo braccio o una gamba; un arto con funzioni a sé stanti, un cervello
che pensava anche per lui.
“Silvia Nirani” lesse scandendo
bene le parole mentre Eva si liberava anche dei pantaloni e si avviava verso il
bagno con solo un paio di slip addosso “Questo nome non mi è nuovo. E per te?”
La voce di Eva giunse inframmezzata
dall’acqua scrosciante.
“Forse. Mi prepari un panino? Sto
morendo di fame.”
Sbuffando Gino si guardò intorno.
“Non sono il tuo chef personale,
cocca” brontolò corrucciato veleggiando verso la cucina “E poi con cosa lo
faccio il panino? Con la suola delle tue scarpe?”
“Permesso… c’è nessuno?”
Una testa ricciuta e irrequieta
sbucò dalla porta aperta e si trovò faccia a faccia con la canna di una pistola
puntata dritta alla fronte: appena la riconobbe, Gino abbassò l’arma, ancora
più corrucciato.
“Merda, Lorella, la pianti di
sbucare fuori come un fungo? Uno di questi giorni mi scappa il dito e ti
ritrovi con una presa d’aria supplementare nelle parti alte!”
La testa ricciuta, per niente
impressionata, continuò a tentennare metà dentro e metà fuori.
“Se busso non mi fate mai
entrare” spiegò sorridendo “Adesso posso?”
“No.” ringhiò Gino ma la testa
entrò lo stesso, seguita da uno snello corpicino efebico rivestito di jeans.
“Eva è in casa?” domandò
allegramente saltellando incontro a Gino che mugugnando ferocemente riprese la
sua ricerca di qualcosa di commestibile.
“Doccia” rispose telegrafico “E
ti conviene sparire prima che torni: sai che non ti vuole tra i piedi.”
Lorella fece spallucce
noncurante: era una ragazza giovane e magrissima, con il corpo allampanato di
bambina cresciuta troppo in fretta e due radiosi occhioni sporgenti che non
riuscivano mai a fermarsi per più di qualche secondo. Il suo appartamentino da
single confinava con quello di Eva e da quasi un anno la ragazza tentava in
tutti i modi di diventare amica della sua misteriosa e misogina vicina, senza
risultati apprezzabili, a dire il vero. Ma non desisteva, scodinzolando festosa
intorno a Eva come un cucciolo di Labrador ogni volta che le capitava a tiro.
Dando prova di indubbia insanità mentale, non aveva fatto una piega quando si era
accorta dell’impressionante mole di armi di tutti i tipi che circolava per
l’appartamento di Eva, ma era letteralmente inorridita davanti alla macilenta
giacca a vento che Gino indossava in inverno, comprata ai grandi magazzini.
Gliene aveva regalata una nuova di zecca, sprizzando sorrisi fieri da tutti i
pori e spiegando che nelle tasche interne si poteva tranquillamente nascondere
un bazooka coi suoi caricatori. Pazza come un cavallo pazzo, avevano
diagnosticato all’unanimità. Ma mentre Gino la trovava adorabile, Eva per poco
non le tirava un colpo della Five-seveN nei denti.
“Figurati” cinguettò Lorella
sprezzante “Eva mi vuole bene, le fa piacere che io passi di qui.”
“Ti vuole bene” sghignazzò Gino
aprendo il frigo con cautela “Come no. La conosci proprio bene la tua amica,
eh?”
Lorella annuì convinta aprendo a
colpo sicuro uno sportello e tirando fuori un a confezione aperta di pan carré.
“Non so se posso definirla mia
amica” annunciò cogitabonda aprendo un altro sportello e trovando una
scatoletta di tonno sott’olio “La conosco da solo un anno…”
“E credimi, è davvero un record
per una caccola fastidiosa come te.” precisò Gino, ignorato bellamente.
“… e ho sempre pensato che Eva
non piacesse a nessuno. A me piace molto, invece, sia chiaro. E’ il mio idolo e
vorrei essere come lei: strana… solitaria… cazzuta… bellissima. Ma, beh, mi
sembra anche sempre infelice e quindi alla fine preferisco essere me stessa,
con le mie pippe mentali e le mie ginocchia ossute… forse lei non è amica mia,
ma di sicuro io sono amica sua. E tu?”
Gino chiuse il frigo vuoto,
disgustato.
“Io cosa?”
“Perché sei amico di Eva?”
“Perché si fa i cazzi suoi”
rispose secca la voce di Eva alle loro spalle “Cosa che a te non riesce bene
per niente, caccola.”
Lorella con un gridolino
estasiato le saltò incontro ed Eva fece appena in tempo a stringersi
l’accappatoio di spugna addosso prima che la giovane le piombasse sopra
abbracciandola.
“Dio, Eva, quanto sei bella!”
sospirò la ragazzina con occhi adoranti “Hai mai pensato a una carriera nel
mondo della moda?”
“Giusto, Eva” soffocò una
risatina Gino memorizzando esilarato la faccia cinerea di Eva alle effusioni
della ragazzina “Non ti andrebbe di sculettare mezza nuda su una passerella con
tutte quelle persone che ti sbavano addosso?”
“Zitto, stronzo” sentenziò Eva
levandosi bruscamente di dosso Lorella “E tu, ragazzina, piantala di saltarmi
addosso e sbaciucchiarmi. Non lo sopporto e mi innervosisce, e se mi
innervosisco va a finire che ti ritrovi…”
“…con una presa d’aria
supplementare nelle parti alte, lo so” terminò sorridendo Lorella “E’ che non
ci riesco, sai. Sono fatta così, se qualcuno mi piace io devo esprimergli il
mio affetto fisicamente.”
“I tuoi genitori ne saranno
entusiasti.” borbottò Eva e Lorella sorrise maternamente.
“Oh, i miei sono molto impegnati
con le loro rispettive carriere accademiche per prestarmi attenzione. Mi hanno
pagato l’affitto dell’appartamento e mi hanno detto: studia! Capisci allora
quanto possa essere frustrato il mio bisogno d’affetto?”
“E non hai proprio nessun altro
su cui affogare la tua imbarazzante simpatia?” si disgustò Eva allontanandosi
prudentemente “Che so, un ragazzo… un cucciolo di foca… un peluche di puro
sintetico?”
“Tu sei molto meglio di un
peluche” cinguettò Lorella saltellandole intorno “Faccio la scuola d’arte, io
vivo per la bellezza. E tu sei così bella! I tuoi capelli sono così neri e la
tua pelle così liscia… sembri una principessa delle fiabe!”
“Sì, e deve stare attenta a non
pungersi il dito su un arcolaio.” sghignazzò Gino.
Eva lo fulminò con lo sguardo
andando a buttarsi sul divano macilento.
“Vedi dove te li metto, sia il
dito che l’arcolaio.” ringhiò offesa: Gino le porse sogghignando un panino
grondante olio di oliva.
“Toh il nutrimento, baronessa.”
gorgogliò mentre Lorella, bella come il sole e incurante dello sguardo omicida
di Eva, si appollaiava sul divano con le gambe rannicchiate sotto il mento.
“Ciccia, devi andare a casa.” le
ordinò Eva impaziente, addentando il panino stantio.
“Dopo” rispose la ragazza
sorridendo “Voglio prima chiacchierare un po’ con voi e sapere cosa avete fatto
di bello in questi giorni!”
Eva e Gino si scambiarono uno
sguardo esasperato.
“Io ieri notte ho ucciso un
Demone e ho preso l’ordinazione per farne fuori un altro” sospirò infine Eva
con voce annoiata “Gino, invece, ha guidato la macchina.”
Lorella fece una risatina poco
convinta, girando da uno all’altra lo sguardo inquieto ma fiducioso come quello
di un cucciolo.
“Ha ha, che sagoma che sei Eva! I
Demoni non esistono e anche se esistessero non potrei credere che te ne
andresti in giro a ucciderli su una Due Cavalli! Dai, è assurdo. Antiestetico
al massimo. Ci vorrebbe almeno un Mercedes…”
Di nuovo Eva e Gino si
scambiarono uno sguardo esasperato.
“Tu gli parli di omicidio e lei
pensa all’estetica” gorgogliò Gino con affettuoso divertimento “E poi crede di
essere più sana di noi.”
“Il look non è mai da trascurare”
si scaldò Lorella animandosi “E’ il tuo biglietto da visita, quello che ti dà
credibilità. Per esempio, se fosse davvero una killer di Demoni, Eva dovrebbe
andare in giro indossando qualcosa di più appropriato di un accappatoio:
qualcosa stile Aeon Flux o Blade o Cat Woman. Una tuta aderente in similpelle,
per esempio…”
“Troppo sadomaso” commentò Eva
seria, ma aveva il riso nella voce “E poi la similpelle mi fa sudare come un
maiale. Ce lo vedi un killer di Demoni con l’ascella pezzata?”
“Ok, niente similpelle” cedette
Lorella, cogitabonda “Lurex? No, pizzica da morire e poi prende fuoco solo a
guardarlo. A proposito, i Demoni sputano fuoco?”
“Come draghi incazzati” approvò
lezioso Gino con gli occhi increspati di rughette divertite “Per un mestiere
del genere ci vuole del materiale ignifugo.”
“E c’è da tenere conto anche
delle emanazioni gassose di zolfo” aggiunse Eva saccente “Fanno miracoli per la
forfora, ma diciamocelo, ammazzano i rapporti sociali.”
“Se non li ammazzi prima tu.”
mormorò sottovoce Gino, perfidamente.
“Che ne dici di una lega propano
e amianto?” suggerì Eva ignorandolo candidamente “Magari mi viene un cancro al
cervello o mi spunta un terzo braccio dietro la schiena dopo una settimana che
lo indosso, ma almeno sono al sicuro dalle fiammate.”
Lorella sembrò intuire l’ironia
nella voce di Eva solo in quel momento.
“Mi stai pigliando per il culo?”
domandò aggrottandosi dispiaciuta ed Eva scrollò le spalle.
“No di certo” rispose con gli
occhi ancora scintillanti “La similpelle mi fa davvero sudare come un maiale.”
“Credo che alla fine opterei per
il Gore Tex” continuò allora Lorella, rinfrancata “E’ sicuramente ignifugo e
anche resistente. Non so come si comporti con lo zolfo, ma non credo che
rischieresti di più che con l’amianto.”
“Mai dire mai, coi Demoni.”
mormorò sottovoce Eva, e non si capiva bene se stesse ancora scherzando o no.
Lorella le lanciò uno sguardo acuto.
“Non ho ancora capito che lavoro
fai” continuò poi coraggiosamente agitando nervosa le mani “Credo qualcosa come
l’agente segreto, visto che avete sempre in giro delle armi… Ma di sicuro non
sei un killer. Tu sei buona. Ti ho vista in parrocchia, ad aiutare i barboni… E
Don Guido ha un’autentica venerazione per te!”
Don Guido era un Mezzo Angelo,
ovviamente: uno dei pochi che possedesse un vago barlume di umorismo. L’animo
più buono e puro del circondario, ma tenace come una cozza attaccata allo
scoglio. Era convinto che Eva potesse liberarsi della sua parte demoniaca e
comportarsi da Angelo a tutti gli effetti. Ingenuo!
“Don Guido non fa testo” tagliò
corto Eva finendo di divorare il panino “E per quanto riguarda il…”
Si interruppe di colpo e il suo
viso cambiò così velocemente espressione che sembrò azionato da un telecomando:
Lorella si cristallizzò sul posto sorpresa, Gino invece scattò in piedi con la
pistola alzata.
“Cosa?” domandò con la voce
ridotta a un ringhio bassissimo.
Ci fu un attimo, solo un
millisecondo, di assoluto silenzio: Eva incrociò gli occhi di Lorella,
spalancati e confusi, senza nemmeno vederli e Lorella rabbrividì tanto il suo
sguardo era gelido e insondabile.
Eva scattò in piedi, incurante di
essere coperta solo da un accappatoio umido: i suoi occhi obliqui presero una
strana sfumatura amaranto mentre ogni nervo del corpo si tendeva, come quello
di un felino pronto ad azzannare la preda.
“C’è odore.” mormorò sottovoce e
immediatamente Gino le lanciò la pistola.
* * *
“Lorella, vattene via.” ordinò
poi l’omone con una voce così decisa che Lorella si alzò in piedi e si diresse
verso la porta senza quasi rendersene conto. Ma arrivata lì si voltò a
guardarli con una strana espressione sul viso. Eva, incurante
dell’abbigliamento poco ortodosso, aveva impugnato le fedele Five-seveN e se ne
stava appoggiata al muro in una posa guardinga perfettamente felina; Gino
invece aveva imbracciato in una mano una mitraglietta leggera estratta dal
cassetto delle posate e nell’altra mano, paradossalmente, teneva una pistola ad
acqua di un improbabile color giallo paglierino. L’attenzione di Lorella si
catalizzò su quella pistola, indecisa se credere ai propri occhi o pensare a
uno scherzo.
“Lorella, sparisci.” sibilò la
voce di Eva, così determinata e sprezzante che Lorella fece un altro passo
incerto prima di bloccarsi di nuovo.
“Non è che voi due mi state
facendo uno scherzo per farmi andare fuori dai piedi?” mormorò poi incerta
ritornando indietro di un passo. Eva la fulminò letteralmente con lo sguardo,
ma la giovane non si fermò.
“Lorella, se ci tieni alla tua
vita, fila via immediatamente.” scandì con brutale chiarezza ma Lorella indicò
la pistola ad acqua di Gino con un dito accusatorio.
“E’ così, il vostro è uno scherzo
per sbarazzarvi di me” si imbronciò “Secondo voi sono davvero così scema? Che
razza di nemici si affrontano con una pistola ad acqua?”
Le narici di Eva fremettero
impazzite e un lampo di preoccupazione attraversò le sue pupille nere.
“Lorella, sparisci!” ruggì
inferocita ma prima ancora che la ragazza aprisse la bocca per protestare, la
porta alle sue spalle si sbriciolò con un potente boato, riempiendo l’aria di
schegge di legno.
“Merda!” fece appena in tempo a
sibilare Gino che la pistola di Eva aveva già cominciato a sparare.
Lorella si buttò a terra di
riflesso, tappandosi le orecchie e urlando con quanto fiato aveva in gola
mentre qualche scheggia vagante e distratta le sfiorava la schiena. Alzò gli
occhi strabuzzati e captò una serie inquietante di ombre che le volteggiavano
sopra, rapide e sibilanti come enormi rettili. Gridò terrorizzata ed Eva, con
un pesante tuffo al cuore, capì che aveva Visto i Demoni che stavano riempiendo
la stanza. Brutto segno, bruttissimo: i Demoni si materializzavano solo in casi
molto particolari e solo dopo una serie di autorizzazioni da parte del Comitato
di Sorveglianza lunga dal Po all’Adige. La situazione era grave, valutò
remotamente sparando con determinata precisione a tutto ciò che si muoveva e la
piccola stanzetta buia e polverosa si trasformò in un secondo in una fucina
piena di lampi infuocati, fumo denso e urla agghiaccianti.
“Gino, la finestra!” urlò Eva
senza smettere di sparare, riparandosi con un balzo dietro al divano. Gino si
girò appena in tempo verso la finestra mentre qualcosa di grosso e ricurvo
frantumava il vetro ed entrava ululando selvaggiamente. La pistola ad acqua
sparò il suo getto con un fesso “sprizz!” che investì la monumentale figura
appena atterrata sul pavimento la quale immediatamente iniziò a strillare
impazzita e a fumare come se avesse preso fuoco.
“Eva, alle spalle!” ringhiò Gino
abbassandosi su un ginocchio e cominciando a mitragliare tutto quello che si
muoveva. Eva piroettò su se stessa e centrò con due colpi precisi due figure
intente ad assalirla.
“Gino, sono troppi!” gridò
calcolando che le rimanevano solo pochi colpi. Anche Gino aveva finito il
caricatore, ma le figure scure e grufolanti continuavano a moltiplicarsi nella
piccola stanzetta.
“Filiamo!” ordinò Eva saltando fuori
da dietro il divano e schivando con sorprendente abilità alcuni corpi vaganti.
Mentre lei guadagnava la porta, Gino si lanciò al centro della stanza con un
ruggito poderoso, afferrò Lorella per un braccio, sollevandola come se fosse
fatta di pezza, e con due lunghi passi raggiunse Eva sulla soglia che lo
copriva con i colpi rimasti nella sua pistola. Si erano mossi in perfetta
sincronia, senza nemmeno scambiarsi uno sguardo, efficienti e affiatati come se
fossero stati una persona sola; Lorella, invece, buttata sulla spalla di Gino
come un pietoso sacco di patate, continuava a strillare come una sirena.
“Via!” gridò Gino e insieme lui
ed Eva scattarono nel corridoio, pompando sulle gambe come centometristi
olimpici. Infilarono la tromba delle scale, travolgendo quasi una vecchietta
che saliva con la borsa della spesa.
“Delinquenti!” gridò la vecchia
sull’orlo dell’infarto agitando quello che le rimaneva di una sporta di
plastica.
“Merda, è la vedova Pozzetti!”
grugnì Eva scaricando frustrata il caricatore ormai vuoto dalla pistola “Sai
che testa mi fa alla prossima riunione di condominio?”
A Gino scappò una risatina nasale
mentre, finita la terza rampa di scale, si catapultavano in strada in pieno
giorno. Alcuni passanti si girarono a guardare l’improbabile terzetto appena
apparso: un gigante inferocito con in spalla una ragazza urlante e uno schianto
di ragazza vestita solo con un accappatoio e una pistola in mano.
“Ci stanno seguendo!” ringhiò Eva
incredula arrischiando un’occhiata alle spalle “Di qua!”
Corse a piedi nudi sul
marciapiede tenendo stretto l’accappatoio sul petto, schivando con eleganza
passanti, cassonetti, sterco di cane e lattine sparse: sentiva alle spalle
l’ansimare regolare di Gino e, dietro ancora, i rantoli furibondi degli
inseguitori. La sua mente, impegnata a pensare a come sopravvivere, si chiese
remotamente come fosse possibile che una manica di Demoni inferociti si
esponesse così alla visione dei mortali, contravvenendo a chissà quante regole
dei trattati Ultraterreni, ma fu solo una meteora: si infilò in un vicolo
stretto, seguita a ruota da Gino e si trovò di fronte un muro di mattoni
scrostati.
“Merda secca!” abbaiò infuriata
andando quasi a sbatterci contro.
“Il fatidico muro” commentò
imperturbabile Gino buttando senza tante cerimonie Lorella per terra “Chissà
perché ce n’è sempre di mezzo uno, negli inseguimenti. Come te la cavi nel
corpo a corpo, signorina Sanguemisto?”
Eva non si prese nemmeno la briga
di rispondere: attese che il primo inseguitore sbucasse dal vicolo per assestargli
un sinistro che lo mandò a strisciare per terra due metri più in là.
“Million dollar baby!” strepitò
Gino piazzando nello stomaco del secondo inseguitore un calcio così poderoso
che avrebbe spezzato in due un tronco di pino. I successivi tre inseguitori
arrivarono tutti insieme e per quanto ansimassero, menassero e sgusciassero in
tondo, Eva e Gino si trovarono schiena contro schiena, coperti di sangue e
zoppicanti.
Un assalitore le balzò alla gola
mordendole il collo ed Eva strillò di dolore prima che Gino lo facesse volare
via con una manata.
“Cazzo!” ululò poi l’uomo,
soccombendo al peso di tre figure che gli si aggrapparono alla schiena,
sommergendolo.
“Gino!” strillò Eva, preoccupata
per la prima volta dall’inizio delle ostilità.
Qualcuno le agguantò un braccio,
conficcandole qualcosa di appuntito e umido nell’avambraccio. Eva se ne liberò
con uno strattone, ma qualcosa la avvinse per la vita, strizzandole fuori il
respiro e sollevandola da terra. Tentò di dare una testata all’indietro ma
riuscì solo a farsi bloccare le gambe da una presa ferrea e dolorosa.
“Gino!” strillò di nuovo,
semisoffocata.
Per un attimo, rapido e lucente
come una stella cadente, le attraversò l’idea di poter morire in quel momento.
L’idea non le sembrò poi così male: le dispiaceva per Gino e Lorella che si
erano trovati in mezzo a qualcosa più grande di loro a causa sua, ma per sé
stessa non le sembrava poi tutta quella gran tragedia.
“Dormire… sognare…” gorgogliò
qualcosa nella sua testa.
Un colpo feroce le scorticò lo
zigomo e per un attimo vide le stelle.
Gridò di dolore, cercò di
divincolarsi: un altro pugno e un nuovo lampo di luce la abbagliò a lungo
costringendola a serrare le palpebre.
“Stavolta ci ha mollato il
nervo ottico” pensò con una punta di fastidio subito prima che la forte
pressione al plesso solare si interrompesse di colpo, permettendole di
respirare rumorosamente. Anche la stretta ferrea alle gambe si sbloccò
improvvisamente ed Eva cadde col seder per terra, emettendo appena un gridolino
sfiatato. La luce era ancora abbagliante, la sentiva persino scaldarle la
pelle: ora però era libera di muoversi, anche se era tutta indolenzita.
Vagamente sentì i rumori allontanarsi attutiti; con cautela, alzò un braccio
davanti al viso, trovandolo gocciolante di sangue senza troppa sorpresa.
Socchiuse le palpebre e sbirciò tra le dita indolenzite cercando di mettere a
fuoco ciò che si muoveva in mezzo a quella luce abbagliante (…il sole?)
mentre un profumo intenso e bellissimo le arrivava alle narici, dolce e
inebriante come quello del più delicato dei fiori.
“Eva?” sospirò una voce
celestiale, vicina e preoccupata.
La riconobbe subito con un balzo
al cuore così forte che pensò le fosse uscito dalla bocca: una voce dolcissima,
paradisiaca, magica come quella del canto delle sirene. Una voce che conosceva
bene e che anche in quel momento, dopo dodici anni che non la risentiva, riuscì
a bruciarle il sangue e a rivoltarle lo stomaco come un calzino. Spalancò gli
occhi incurante della luce fortissima e mise a fuoco un viso che si sporgeva
verso di lei.
“Raf…?” mormorò incerta.
La luce si attenuò appena
permettendole di vedere un caro viso sorridente vicino al suo.
“Ciao, piccola” mormorò la voce
celestiale “Si può sapere cosa succede qui?”
* * *
Eva sbatté le palpebre un paio di
volte mentre una mano gentile e tiepida prendeva la sua e la stringeva
delicatamente.
“Raf?” gracidò sfiatata “Sei
davvero tu?”
La figura davanti a sé andò del
tutto a fuoco: si trattava di un ragazzo biondo bello come una statua di
Apollo, con occhi azzurri come il cielo lucenti e mansueti e la pelle così
chiara da sembrare rilucente. Per un attimo, qualcosa si agitò alle spalle del
giovane, qualcosa di bianco ed etereo... qualcosa che potevano sembrare ali.
Poi, la luce sparì del tutto ed Eva si trovò stesa sul selciato duro e umido
con il giovane biondo chinato su di lei, i bei capelli lunari scintillanti
anche alla penombra del vicolo scuro.
“Accidenti, piccola” sorrise
radioso il giovane, e sembrò di nuovo che emettesse luce “Ti lascio sola per un
po’ di tempo e tu che mi combini?”
Eva non rispose subito: un groppo
le serrava la gola e non aveva niente a che fare con il tentativo di
strangolamento appena subito.
“E tu dodici anni li chiami un
po’ di tempo?” gorgogliò alla fine sfiatata dopo aver deglutito a vuoto un paio
di volte.
Il giovane rise, con una risata
così bella che sembrò una cascata di acqua sorgiva; poi, l’aiutò ad alzarsi con
gentile cautela mentre Eva si teneva stretti sul petto i lembi sfilacciati
dell’accappatoio. Mentre lei ondeggiava incerta, scricchiolando di dolore, il
giovane andò ad aiutare anche Gino che si stava alzando in piedi da solo poco
più in là, bestemmiando come uno scaricatore di porto calabrese.
“Lascia, lascia, faccio da me”
grugnì burbero scrollandosi di dosso il giovane biondo e lanciandogli un
sospettoso sguardo di traverso. Il ragazzo ubbidì e andò ad aiutare Lorella che
tremava come una foglia, emettendo appena qualche verso rauco e sfiatato dalla
gola scorticata. Gino si avvicinò a Eva zoppicando, la faccia coperta da una
maschera di sangue dovuta a un brutto taglio sul sopracciglio e lo sguardo
feroce di preoccupazione.
“Sei ferita?” ringhiò
radiografandola rapidamente: Eva scosse il capo in un gesto di diniego.
“Io sto bene. E tu, gorilla? Ti
hanno cavato un occhio o è solo un graffio?”
“Solo un graffio” mugugnò Gino
tornando a concentrare lo sguardo sospettoso sul giovane biondo che stava
parlando a Lorella con voce tranquilla e incoraggiante “Dì un po’, ma quello
chi è? Da dove è sbucato?”
Eva si girò verso il giovane
biondo che intercettò il suo sguardo e le sorrise radioso: un milione di
farfalle prese a svolazzare impazzito nello stomaco di Eva che ci mise qualche
secondo prima di poter rispondere a tono.
“E’ l’Arcangelo Raffaele” disse
con una strana dolcezza riottosa nella voce “E viene direttamente dal Settimo
Cielo del Paradiso.”
Il giovane si alzò con un gesto
fluidamente divino e salutò Gino, abbagliandolo col suo luminoso sguardo.
“Ma gli amici di Eva possono
chiamarmi Raf.” concluse sorridendo.
NOTE DELL’AUTRICE:
E qui comincia l’avventura del signor Bonaventura… speriamo
che questa trama “pure action” non vi faccia troppo vomitare! Io aspetto
commenti, bastonate, suggerimenti e tutto il resto, nonché ricchi regali e
cotillons, se volete. Grazie di essere arrivati così numerosi e pieni di
calore, forse non sembra ma sono davvero onorata e commossa!! Baci e grazie ancora
di cuore a tutti voi!
Kabubi: Ecco, vedi che ho azzeccato i tempi alla
perfezione? Effettivamente avevo anche io pensato al nome di Lilith, ma poi
siccome la storia è ambientata in Italia mi sembrava più consono Eva… e da
scrivere vuoi mettere la comodità? J
Baci bacioni, a presto!!
Missribellina92: Dolcezza!! Sono felice che Eva non
venga vista come il mostro a tre teste che in realtà è… no, scherzo, in fondo
in fondo la sua parte angelica è forte e salda. In fondo. Ora che la storia inizia
a srotolarsi per davvero, aspetto con ansia i vostri commenti! Bacionissimi
MurderSix: Ma grazie per i complimenti, carissima!!! Spero
davvero di risentirti, se capiti di qui fammi un fischio, sarai sempre la
benvenuta!!
Tartis: Mia carissima, capisco quando i mezzi
tecnologici si mangiano mail o sms o testi senza nessuna spiegazione logica, se
non quella che quelle carcasse metalliche hanno un’anima e che quell’anima è
crudele e perversa. Quindi, niente lista della spesa, ma una storia che mi ha
preso moltissimo e che spero prenda anche voi. Se ti sono piaciuti mammina e
papino aspetta e vedrai di molto meglio…
Ellemyr: Bene, bene, aspetto con ansia il tour in
terra di savusilakke… sarebbe fantastico farle insieme, che ne dici? Per quanto
riguarda la storia, che brava che sei, hai centrato subito il nocciuolo…
vediamo se prosegui con questa perspicacia anche dopo l’arrivo di… ehm, ok
taccio, nessun spoiler!!!
Killer: Amore, come pensi che si possano “subire”
recensioni come le tue? Si aspettano con ansia, altro che!! Effettivamente sono
felice anche io della mia scelta di rimanere in Italia, in posti che conosco e
che fanno parte di me: mi permettono di concentrarmi sulla storia e non sui
dettagli di contorno. Poveri vecchietti sotto le pensiline… non guardarli male,
potrebbero sempre essere Mezzi Angeli!! A presto, dolcezza!!
Rik Bisini: Ed ecco qui, il Sommo!!! (rullo di
tamburi in sottofondo…) Mio caro, come va? Tutto bene? Che aria tira in
capitale? Qui siamo tutti pronti alle “bordate metafisiche” dei tuoi
graditissimi commenti… Effettivamente, mi ha sempre intrigato e solleticato la
fantasia, questo mondo ultraterreno. Il sacro da sporcare e il profano da
riabilitare… una sfida immane per uno scrittore! Speriamo che di abuoni frutti!
Capisco la perplessità sulla spiegazione fin troppo dettagliata, ma la storia
necessita di chiarezza in questo senso in quanto è con questo capitolo che tutto
ha inizio…fin’ora è stata mera preparazione. Sperando sempre di ammirare gli
spunti del tuo “occhio di falco”, ti aspetto alla prossima, o Sommo! Besos
Roby: Mio carissimo, che hai contro gli uomini con
gli occhiali? Anche il Sommo Rik porta le lenti e personalmente trovo gli
uomini occhialuti più interessanti di quelli con gli occhi sani. Hanno un’aria
più intelligente, opinione che ovviamente condividerai con me! Per il peso
invece direi che ci devi lavorare un po’ su… prossima lasagnata sei invitato,
promesso!! A presto, baci baci
Marika: Tesoroooo! Coem faccioa spiegarti come si
usa l’html se nemmeno io so farlo? Io salvo tutto da word in formato pagina
web(filtrata) e poi apro il file con notepad e faccio copia/incolla nello
spazio apposito intitolato “testo”. Chissà se ti sono stata utile…
Levsky: Non ti preoccupare per la mail, già ci metto
ore e ore a rispondere a tutte le recensioni, figurati!! Dovrò affittare una
segretaria, he he he… anche tu hai notato la somiglianza Eva/Jude. Chissà che
le due non siano imparentate, alla lontana… in fondo Cardinale è un cognome
italiano, no? Potrei farci un pensierino per una roundrobin… grazie x l’idea!!!
Lauraroberta87: Che bello abitare sopra una
panetterie… il profumo di pane appena sfornato la mattina alle 4, i moccoli del
panettiere alle 4 e un quarto quando il garzone non arriva… le secchiate d’acqua
del vicino che fa il metronotte sulla testa del panettiere che urla davanti
alla panetteria e che chiede un’ora merdosa di sacrosanto silenzio… eh, che
bello, ti invidio proprio!!!!! Manda un po’ di estrogeni anche qui, il piatto
piange un pochino…
MarzyPappy: Effettivamente, mia adorata moracciona, Eva
e Cardinale paion sorelle di sangue. Ma davvero arrivi a Verona?!?! Che bello,
così possiamo vederci spesso!!! E poi quella città e bellissima, magica…
abitata da biondi che ehm, uhm, ohm… ok, mi censuro facendoti un milione di
auguri per tutto quello che ti concerne, salute carriera capelli amori verruche
e cose così! A presto, ma belle
Kyaelys: Tesoro mio, sono davvero lusingata e
gratificata dalle tue parole, ma la paura di deludere c’è sempre e sempre di
più man mano che crescono le recensioni… prima o poi quello che mi dirà che la
mia produzione è escrementizia lo trovo, ma spero solo che non sia uno di voi “amici
recensori abituali”. Un besotto!!
Krisma: Mio carissimo fiorellino… questa volta
manterrò il massimo riserbo sulla storia, anche se l’idea dell’esemplare umano
superfigo è piuttosto interessante! Giusto per non spoiler are, verrà fuore
pane per i nostri denti, almeno queste erano le mie intenzioni. Chissà se ci
becco!! Intanto, mille e mille baci, tessora!!
Chamelion: Oddio, sei tu!! Che onore, che joia, che
contentanza!! Le tue recensioni sono sempre state motivo di grande orgoglio per
me: il tuo modo di esporre la tua opinione è assolutamente convincente, chiaro,
gratificante… grazie di essere qui!! Alla prossima, mi raccomando!
Londonlilyt: Mia caVissima londinese!! Come butta da
qVelle paVti? La mia caVa amica Elizabeth è sempVe sulla cVesta dell’onda?
BVava, bVava, ci vuole il backgVound… magaVi condito con olio d’oliva e aceto
balsamico. Ok, sono fulminata. Mi manchi taaaanto!!! Baci baci
Lely1441: Wow, il pensiero di essere scovata da te
tra le pagine del Sommo Poeta, magari al cospetto della tua prof. di italiano,
mi riempie di sacra meraviglia!! A che ti serve il Gino personale? A farmi
fuori?!? Basta un piatto di spaghetti avvelenato, non so resistere a nessun
cibo… J Grazie per i complimenti,
sei sempre un tesoro tesorissimo!!
“Prima delle domande e risposte
di rito, direi che sarebbe meglio se ci togliessimo di qui e trovassimo un
posto sicuro dove rifugiarci.” suggerì Raf con suprema cortesia proprio nel
momento in cui Eva apriva la bocca per mitragliare fuori un milione di domante
e Gino ascoltava preoccupato il suono delle sirene della polizia in
avvicinamento.
“Ok” rispose Eva in fretta “Hai
una macchina per portarci via? Il bestione qui grondante sangue non è certo un
bello spettacolo da portare in giro.”
“Parla per te, Lady Godiva”
ribatté Gino sprezzante “Chi ti deve vedere passeggiare in pieno giorno per
Modena con solo un accappatoio addosso?”
“Ho una macchina proprio qui
davanti” rispose Raf zittendo entrambi: con delicatezza, prese in braccio
Lorella che ancora tremava in evidente stato di shock e si diresse rapidamente
all’imboccatura del vicolo da cui cominciavano a spuntare le prime teste di
curiosi.
“Filiamocela.” approvò Gino
raccogliendo le armi cadute a terra e claudicando dietro a Raf che stava
tenendo aperta la portiera di un’anonima berlina grigia. Dopo nemmeno dieci
secondi, Raf era alla guida, Gino scrutava pensoso lo specchietto retrovisore e
Lorella, sul sedile posteriore, crollava singhiozzante addosso a Eva,
inondandola di tiepide lacrime e bava.
“Ehi!” protestò Eva burbera ma
Lorella, al suono della sua voce, si avvinghiò ancora di più al suo collo; Eva
non poté far altro che batterle qualche colpetto discreto sulla spalla,
sbuffando esasperata.
“Co-co-cos’è successo?” balbettò
la giovane in mezzo ai singhiozzi “Cosa… è stato… quello?”
“Dio mi fulmini se lo so”
borbottò Eva attirandosi un rapido sguardo di rimprovero da parte di Raf “Dei
Demoni ci hanno attaccati. In pieno giorno, nel mio appartamento, davanti a un
milione di Umani. Roba da matti!”
Il respiro di Lorella si fece
ancora più discontinuo e rapido.
“No, quelli erano di poliuretano
espanso” ironizzò Eva rabbuiata “Certo che erano Demoni veri! Le vedi le
ferite? Il sangue?”
“Saaaangueeee…” singhiozzò
Lorella come se si fosse accorta di quel particolare solo in quel momento: il
suo viso divenne cinereo ed Eva temette che la giovane stesse per rigurgitarle
addosso la colazione.
“Ehi…” iniziò allarmata ma
Lorella scoppiò di nuovo a piangere, affondando il viso nella sua spalla ed Eva
meditò che delle due le lacrime erano sicuramente il male minore.
“Te lo avevo detto di andartene a
casa tua” borbottò comunque esasperata continuando a menare colpetti impazienti
sulla spalla della ragazza “Ma tu no, voi state solo scherzando e bla bla bla!”
“Eva” sospirò la voce bellissima
e vagamente dolente di Raf “Quella povera ragazzina ha appena vissuto
un’esperienza scioccante: ha bisogno del tuo conforto e della tua comprensione,
non dei tuoi rimproveri.”
“Ma se non le hanno fatto nemmeno
un graffio!” protestò Eva di colpo corrucciata “Guarda qua, tra un po’ mi
staccano un braccio a morsi e guarda il gorilla, sembra che abbiano tentato di
sbucciargli la faccia come una banana! E io dovrei avere comprensione per lei?”
Il viso di Raf si girò per un
attimo facendo balenare il suo sorriso meraviglioso e i suoi occhi celesti.
“Eva, Eva…” la rimproverò con
dolcezza, e il cuore di Eva tornò a incastrarsi in gola con entusiasmo “Sempre
la solita brontolona.”
“E tu sempre il solito facilone.”
borbottò evitando il suo sguardo turchino: le faceva troppo male al cuore, non
c’era più abituata.
“Mi mancavi.” soffiò pianissimo
la voce di Raf dopo qualche secondo, così piano che Eva temette di esserselo
sognato: girò bruscamente il viso verso di lui, ma Raf era già concentrato
sulla guida e Gino, al suo fianco, imprecava moccoli fumanti mentre tentava di
tamponarsi la ferita sull’occhio con un cencioso fazzolettino di carta
raccattato sotto il sedile.
Per un po’ nessuno parlò: Raf
guidò la macchina per stradine secondarie fino a un anonimo palazzone di
periferia, parcheggiò e insieme agli altri sgusciò in un appartamento al piano
terra, piccolo e malmesso. Lì Raf con incredibile perizia medicò le ferite di
Gino, fornì dei vestiti a Eva dopo aver medicato anche lei, preparò una tisana
a Lorella e parlottò misteriosamente al telefono con qualcuno prima di
raggiungerli al tavolo della cucina dove sedevano tutti rifocillati e in vena
di spiegazioni.
“Immagino che vogliate sapere
perché sono venuto a salvarvi.” sorrise con tranquillità Raf sotto lo sguardo
diffidente di Gino che evidentemente ancora non aveva digerito la sua presenza.
“Sei l’Arcangelo Raffaele” buttò
lì Eva con falsa leggerezza “Se la mia solida istruzione cattolica non fa
difetto, ricordo che sei l’angelo custode per eccellenza. Magari quando
qualcuno sta per essere massacrato da una selva inferocita di Demoni tu
intervieni d’ufficio.”
“Arc… Arcangelo?” singhiozzò
Lorella di nuovo pallida “Tu sei… davvero un arcangelo?”
Lo fissò a occhi sgranati mentre
Raf annuiva mestamente, aggrappata alla sua tazza di tisana alla malva come un
naufrago alla zattera.
“Certo che è un Arcangelo” sbottò
impaziente Eva “Hai mai visto un essere umano così schifosamente bello e nello
stesso tempo così schifosamente buono?”
“Io non lo trovo così
travolgente” precisò Gino aggressivo “Sarà che sono solo un Umano
eterosessuale. Comunque forse Eva dovresti spiegare alla bimba quando tu e il
biondo siete diventati tanto culo e camicia.”
Eva e Raf si lanciarono uno
sguardo complice, sotterraneo.
“Lo conoscevo da bambina” si
limitò a spiegare Eva distogliendo pudicamente lo sguardo “Tanto tempo fa.”
“Troppo.” confermò Raf con un
sorriso segreto.
“Merdissima” gorgogliò Lorella
angosciata “Ma allora la storia della cacciatrice di Demoni era vera.”
“Eva non è una cacciatrice di
Demoni” si affrettò a giustificarla Raf con enfasi “E’ una Recuperante. E’
autorizzata dal Comitato di Sorveglianza a rispedire le anime di Angeli, Demoni
e Mezzi che abbiano in qualche modo trasgredito le regole.”
“Regole” sospirò Lorella
attonita, come se fosse l’unica parola che avesse senso nel discorso “Certo. Ho
capito. Eva è una Recuperosa e tu sei un Angelo. Magnifico.”
“Recuperante” rettificò Eva,
punta sul vivo “E Raf è un Arcangelo, gioia: c’è un bel cazzo di differenza,
sai?”
“Eva…” sospirò Raf affranto ma
Lorella annuiva lo stesso con convinzione.
“Certo, certo. Angeli e Demoni,
come no. E tu, Gino, cosa sei? Il Bianconiglio di Alice o uno hobbit della
Terra di Mezzo?”
“Francamente, non me ne frega un
fico che tu creda o no alle nostre parole” sbottò Eva rabbuiandosi “Io ho fatto
di tutto per tenerti fuori, ma tu sei ostinata e dura come un blocco di pietra
lavica, e adesso ti becchi le conseguenze delle tue azioni. Quello che mi preme
sapere invece è chi erano quei Demoni e chi li ha mandati.”
“Io invece voglio sapere cosa ci
fa qui Biancaneve” grugnì Gino indicando Raf col mento “Scommetto che non
c’entra un cacchio il mandato d’ufficio.”
“Io sono qui sotto richiesta
specifica di Giacinta” sospirò Raf scandalizzato dal linguaggio scurrile usato
intorno al lui “Quella poveretta ha smosso mari e monti per saltare qualche
intoppo burocratico e farmi arrivare qui in tempo: naturalmente, quando ha
fatto il tuo nome e ha detto che eri in pericolo, ho saltato anche io qualche
passaggino…”
Sorrise a Eva, così
scandalosamente radioso che tutti socchiusero gli occhi come davanti a una
forte fonte di luce: Eva fu a un pelo dall’arrossire, ma ripiegò su un leggero
raschio di gola.
“E di grazia, sapresti dirci chi
erano quei simpatici tagliagole che ci hanno attaccato?” ringhiò Gino, sempre
più sospettoso.
“Non ne ho idea” rispose Raf con
dolcezza “Non sono stato tanto a cavillare con Giacinta. Lei era comunque
agitatissima e piuttosto sicura che ti sarebbe successo qualcosa di male.”
“Che stella” mugugnò Eva
imbronciata “Non poteva fare anche a me una telefonatina per avvertirmi?”
“A dire la verità no, non avrebbe
potuto” spiegò Raf paziente “Giacinta è l’Angelo coordinatore qui a Modena, e
non è autorizzata a diffondere notizie del genere. Soprattutto se non sa chi
gliele manda.”
“Non sa chi gliele manda?”
trasecolò Eva “Non mi dire che Giacinta ha delle talpe in casa di Cornelia!”
“Chi diavolo sono Giacinta e
Cornelia?” sbottò Lorella confusa.
In poche parole Gino glielo
spiegò e la faccia di Lorella tornò cinerea.
“Nodi ultraterreni” mormorò
incerta “Gerarchie infernali e celesti… uhm…”
L’occhio le cadde sulla sua
tisana, poi alzò lo sguardo supplichevole su Raf.
“Senti, mi sa che la malva non
funziona un granché in questi casi. Hai mica una grappa?”
“L’uso di alcolici non è
approvato nel Mondo Divino.” spiegò Raf con un sorriso di scuse mentre Gino,
sospirando, si tolse una fiaschetta argentata dalla tasca interna della giacca
e la porse a Lorella con un gesto impaziente.
“Toh” borbottò burbero “Non
affogarti, però, ok?”
Lorella annuì grata e
naturalmente rischiò di strozzarsi mandando giù un lungo sorso che però le
riportò il colore sulle guance.
“Pensi che sia stata Cornelia a
farti il servizio?” domandò poi Gino a Eva che aveva incrociato le braccia
cogitabonda.
“Ne dubito” rispose lei dopo una
breve meditazione “Se avesse voluto farmi fuori, l’avrebbe fatto quando mi ha
convocato da lei, nel suo covo. Ero sola e se mi avesse sguinzagliato dietro
quel pò pò di esercito che ci ha attaccati, non avrei avuto scampo.”
“Ma si sarebbe scoperta troppo”
puntualizzò Gino “Lo sai anche tu che nemmeno di Sotto sarebbero stati troppo
contenti di sapere che un Coordinatore stava tentando di far fuori un
Sanguemisto come te.”
“E poi che motivi avrebbe avuto
Cornelia di ucciderti?” aggiunse Raf “Ultimamente non lavoravi per lei?”
“Sì” rispose Eva imbronciata “Ma
ricordati chi e che cos’è Cornelia: la mano sul fuoco non ce la metto di
sicuro.”
“Però adesso che si fa?” domandò
Gino pragmatico “Insomma, mica possiamo far finta di niente e tornarcene belli
come il sole a casa!”
“Anche perché non ho più una
casa” puntualizzò Eva corrucciata “Merda secca… casa mia era l’unico posto dove
mi sentissi al sicuro…”
Raf immediatamente, si sporse
verso di lei, premuroso.
“Non preoccuparti, Eva. Finché ci
sono io non devi temere alcun male.”
Gino sbuffò sottovoce mentre
Lorella lanciava all’Arcangelo uno sguardo ispirato: si stava prontamente
riprendendo dallo shock e a Eva sembrò quasi di sentire il rumore di ingranaggi
del suo cervellino che elaborava improbabili romanticherie sul bellissimo ragazzo
biondo.
“Ok” tagliò corto bruscamente
prima che qualcuno si facesse troppe idee sbagliate “Direi che allora possiamo
andare subito.”
“Andare dove?” domandò Lorella,
allarmata.
“Da qualcuno che, a quanto pare
ne sa più di noi di questa storia” rispose Eva paziente alzandosi in piedi con
decisione “Da Giacinta.”
* * *
Il convento da dove Giacinta
arbitrava la lotta contro il male odorava sempre di incenso e sapone. Era un
profumo che Eva conosceva bene e che le ricordava invariabilmente la sua
difficile adolescenza, passata tra preghiere e insulti, attimi di estasi
mistica e crisi infernali. Orribile, eppure anche stranamente malinconico. La
suora all’ingresso, un Mezzo dall’aria particolarmente ebete, non prestò la
minima attenzione alla faccia incerottata di Gino né alla figura oscillante e
instabile di Lorella, ma scivolò incerta su Eva prima di fissarsi su Raf,
bloccandosi lì con un’esplosione di meraviglia.
“Cieli Beati!” strillò mollando
la presa sulla pesante porta di legno e piombando a terra in ginocchio davanti
all’Arcangelo.
Eva inarcò un sopracciglio mentre
Gino ghignava e Raf girava introno uno sguardo colpevole e imbarazzato.
“Salve, ehm…”
“Ed Egli Arrivò Sulla Terra In
Spoglie Mortali!” ululò la suora sollevando appena il naso da terra “Sia Lode a
Dio Nell’Alto Dei Cieli!”
“Sempre sia lodato” tagliò corto
Raf palesemente sulle spine “Senta, vorremmo poter…”
“Al Suo Seguito Le Masse
Insorsero Invocando Il Suo Nome!” lo ignorò la suora, in piena estasi mistica.
“Certamente, ehm” balbettò Raf in
seria difficoltà “Non è che noi…”
“Dio Ha Inviato Il Suo Segno!”
strillò la suora con una voce talmente acuta da spaccare i bicchieri.
“Eeee, quanto la fai lunga.”
grugnì Gino, la cui pazienza era proverbialmente pari alla capocchia di uno
spillo.
La suora sollevò il viso e
strabuzzò gli occhi scandalizzatissima.
“Eresia E Blasfemia!” sputò quasi
fuori e Gino sollevò esasperato gli occhi al cielo.
“Cocca, è solo un Arcangelo”
sbuffò senza fare una piega “E’ inutile farsi venire una sincope.”
“Siamo qui per parlare con Giacinta”
si intromise in fretta Eva prima che la suora iniziasse a scagliare anatemi
contro il suo eretico e corpulento compagno “Presto, prima che qualcuno si
accorga di noi.”
Lorella, con sorprendente
presenza di spirito, aggirò la suora semidistesa a terra e sgusciò dietro il
portone socchiuso, seguita a ruota da Eva e da Gino. La suora si alzò
affannosamente in piedi e li tallonò, affiancata da Raf che sembrava molto
sollevato di non essere più al centro dell’attenzione.
“Ehi, che fate?” strepitò la
suora rincorrendo Eva che si era subito diretta verso il chiostro.
“Dobbiamo parlare con Giacinta,
le ho detto.” rispose Eva con sottile impazienza senza rallentare la sua
marcia.
“Ma non potete!” pigolò la suora
già in affanno “Ci vuole un appuntamento…”
Eva le lanciò un curioso sguardo
storto.
“Due secondi fa sembravi decisa a
lasciarti sodomizzare per il nostro Arcangelo e adesso dici che ci vuole un
appuntamento?” buttò lì vagamente perfida “Deciditi, cocca.”
“Eva..!” la rimproverò Raf debolmente
alle sue spalle.
Gino ridacchiò quando vide la
suora farsi cianotica; la costernazione le rallentò il passo e quando il
gruppetto comparve davanti a Giacinta l’avevano distanziata di parecchie
lunghezze. Con uno sprint degno di un mezzofondista, però, la suora agguantò
Eva per un lembo dell’impermeabile e cercò di frenarla strattonando
l’indumento.
Giacinta era nel chiostro, come
giustamente Eva aveva pronosticato: dopotutto, era un Angelo e la cosa che le
dava più piacere di tutte era ammirare il cielo. Quella particolare mattina era
grigio e uggioso, ma era pur sempre meglio di un soffitto intonacato. Come
sentendoli arrivare, Giacinta rizzò la schiena e sollevò il viso dal libro di Salmi
che stava leggendo, ma non si alzò in piedi. Il suo aspetto esteriore era
quello di una donna quarantenne, dal viso cavallino e gli occhi azzurri slavati
come per aver preso troppo sole. Il velo grigio, la camicetta grigia, le calze
grigie, le scarpe grigie: seduta su quella panchina di pietra, sembrava una
nuvola gravida di pioggia anche lei.
“Giacinta” la salutò Eva ancora
in marcia verso di lei “Puoi gentilmente togliere di mezzo questa zecca
isterica che mi sta azzannando le caviglie? Dobbiamo parlare.”
Giacinta, naturalmente, non si
scandalizzò: sorrise mestamente a Raf, accennò un vago saluto condiscendente a
Lorella e Gino e si rivolse alla suora con aria da martire.
“Lasciateci soli, suor Bianca”
sospirò con una voce querula e stranamente spiacevole “Non c’è da temere nessun
male.”
Suor Bianca ubbidì, recitando
contro Eva un’Ave Maria come se fosse un insulto particolarmente virulento.
Rimasti soli, Raf si avvicinò a Giacinta, sfiorandole appena una manica: i due
sembrarono emettere brevemente un’intensa luce mentre i loro sguardi si
incontravano, così simili da sembrare gemelli. Eva non poté fare a meno di
provare una disgustosa fitta di gelosia: lei era Angelo solo per metà, quindi
non poteva condividere appieno la complicità celeste che quei due dimostravano.
Non che fosse niente di cui essere gelosi: semplicemente, Giacinta e Raffaele
condividevano la stessa essenza, per quanto l’idea che quella zitella
rinsecchita e quel bronzo di Riace fossero un tutt’uno lasciasse Eva parecchio
perplessa.
“Così, siete riusciti a
scamparla” gorgogliò Giacinta sorridendo sempre con quell’aria a metà tra il
dolente e l’esausto “Ne sono felice. Ho pregato tanto per le vostre vite.”
“Sì.” tagliò corto Eva, cercando
di non sembrare troppo brusca senza riuscirci.
“Voi siete Umani” constatò Giacinta
avvicinandosi a Lorella e Gino con fare materno “Sono davvero dispiaciuta per
voi. Immagino che Eva abbia fatto di tutto per tenervi fuori da questa faccenda
ma che purtroppo non ci sia riuscita…”
Lanciò un’occhiata dolce verso
Eva che sentì la rabbia ribollire sotto la superficie del suo sguardo
adamantino.
“E’ stato tutto così improvviso”
pigolò Lorella di nuovo sull’orlo delle lacrime “Eva mi aveva detto di andare a
casa, ma io… oh, è stato terribile!”
Raf, premuroso, la abbracciò di
nuovo ed Eva sospettò che Lorella cominciasse a provare un po’ troppo gusto nel
farsi consolare dal bel Arcangelo biondo. Il suo bel Arcangelo biondo,
per la precisione.
“Povera cara.” mormorò Giacinta
comprensiva, dirigendo incoraggiante il suo sguardo slavato su Gino come a
sollecitare la sua partecipazione.
“Personalmente non è stato così
male” sentenziò questi con un’incredibile faccia di pietra “Cioè, un clistere
di lava bollente che partiva dagli orifizi nasali sarebbe stato molto peggio,
no?”
Giacinta lo fissò allibita mentre
Raf tossicchiava per nascondere un improvviso scintillio di buonumore.
“Ho dovuto dire a Eva che eri
stata tu a richiedere il mio intervento” intervenne poi con ammirevole
diplomazia “So che non ne avevo il diritto…”
“Raffaele, via!” mormorò Giacinta
quasi imbarazzata “Hai fatto certamente la cosa più giusta. Dopotutto, Eva è un
Sanguemisto e con lei le regole non funzionano mai.”
Le sorrise di nuovo ed Eva si
chiese per l’ennesima volta come diavolo facesse quel ronzino malvestito a
farla sempre passare dalla parte del torto senza mai emettere un’accusa
formale.
“Ma vi prego, sedetevi” suggerì Giacinta
indicando la panchina su cui potevano stare a malapena due sederi rinsecchiti
come il suo: Lorella le si sedette accanto, sempre ben avvinghiata a Raf che fu
costretto a seguirla sulla panchina mentre lanciava uno sguardo colpevole verso
Eva. Lei e Gino, di tacito accordo, si sedettero sul prato umido come se niente
fosse, anche se l’ennesima muta scortesia di Giacinta buttò altra legna sul
fuoco già vivace dell’ira nascosta di Eva.
“Forse dovrei spiegarvi che…”
iniziò Giacinta, ma Eva, con somma soddisfazione, la interruppe bruscamente.
“Senti, carissima, non mi
interessa se hai infiltrato in casa di Cornelia una cimice o una talpa o uno
stormo di cormorani. Non voglio sapere come hai ottenuto le informazioni, ma
solo sapere chi vuole farmi fuori e perché.”
Giacinta rimase per un attimo
muta, con le labbra doverosamente strizzate come se avesse succhiato un limone.
Raf tratteneva il fiato, ma non
disse nulla, lo sguardo turchino puntato coraggiosamente su Eva.
“Non sono autorizzata a divulgare
certe informazioni” mormorò infine Giacinta lugubre “Ma… per te, Eva, farò
un’eccezione.”
Poi si alzò di scatto, come se
con quella frase avesse buttato giù l’asso di briscola.
Eva si guardò intorno ma non capì
se Giacinta si aspettava di sentirla esclamare “Regina Coeli!” o di vederla
mettersi in ginocchio sui chiodi; vedendo che anche gli altri, compreso Raf,
erano incerti sul da farsi, si astenne da entrambe le prospettive.
“Avanti, spara.” la incoraggiò
seccamente.
Giacinta annuì solennemente,
sempre con le spalle girate.
“La notizia arriva dal Nodo”
mormorò a voce bassa “Non so come, ma a quanto pare hai pestato i piedi a
qualche pezzo grosso, laggiù. Senza autorizzazione, ma con un bel po’ di mezzi
propri, cercherà di farti fuori a tutti i costi.”
“Senza autorizzazione?” trasecolò
Gino aggrottando i formidabili sopracciglioni “Impossibile. I Demoni non
possono nemmeno scoreggiare se non li autorizza un superiore.”
Giacinta annuì di nuovo, comprensiva.
“Esattamente. Ecco perché ho
intuito che il nuovo nemico di Eva dovesse essere un Demone molto altolocato.
Ho fatto qualche ricerca, supplicato e pregato molto… e infine, è saltato fuori
un nome.”
Tacque e nessuno osò la benché
minima contrazione facciale, tutti in apnea come a un corso di sub.
“Beh?” sbuffò infine Gino
impaziente “Ce lo dici ‘sto nome o lo dobbiamo indovinare unendo i puntini?”
Giacinta ebbe uno spasmo
inconsulto e si girò di scatto, gli occhi slavati accesi dall’emozione.
“Il tuo nemico, Eva, è Vlad.”
sentenziò infine quasi con velata soddisfazione.
* * *
Raf si irrigidì sul posto mentre
Gino ed Eva rimanevano apparentemente imperturbabili. Lorella si concesse uno
spaesato sguardo circolare.
“Chi è Vlad?” domandò con un filo
di voce.
“Non è Vlad” sentenziò Eva con
voce pacificamente sicura “Ti hanno rifilato una bufala, Giacinta.”
L’Angelo la fissò con sguardo
quasi compassionevole.
“Rifletti” mormorò querula “Chi
avrebbe mai la forza e la possibilità di scatenare una decina di Demoni in
pieno giorno e sotto gli occhi di chissà quanti mortali?”
“Nemmeno Cornelia potrebbe tanto”
mormorò Raf con tono piatto “Anzi, Cornelia non potrebbe nemmeno pensarlo senza
finire nei guai.”
“Ti dico che non può essere
Vlad.” continuò Eva pazientemente e Lorella pigolò di nuovo lamentosamente:
“Chi è Vlad?” rimanendo di nuovo completamente ignorata.
“Ascolta, Eva” incalzò Giacinta
suadente “Le mie fonti sono certe e tu sei in grave pericolo. Devi correre
immediatamente ai ripari e salvaguardare te e gli Umani che ti stanno intorno.
Prima che sia troppo tardi, devi aprire una Condanna. Solo tu lo puoi fare e
non hai altro modo di salvarti la vita.”
“Co… condanna?” borbottò Lorella
girando uno sguardo confuso su Raf che, paziente come al solito, le parlò
sottovoce.
“La vittima di un abuso
ultraterreno può richiedere al Comitato di Sorveglianza di aprire una Condanna
verso un sospettato… una specie di querela, per dirla in termini umani. Il
sospettato è obbligato a presentarsi davanti alla Corte del Comitato per
difendersi dalle accuse.”
“Non aprirò MAI una Condanna
verso Vlad” sentenziò Eva con incrollabile fiducia “Preferirei cent’anni di
matrimonio con il chihuahua di Paris Hilton piuttosto che rivederlo.”
“Mai dire mai, stellina mia”
sospirò Raf etereo “Proprio tu, dovresti saperlo…”
“Io non ne so un cazzo delle
vostre faccende ultraterrene” si intromise Gino salottiero “Ma Vlad che motivo
avrebbe di avercela con Eva? Se avesse voluto farla fuori, l’avrebbe fatto un
bel po’ di tempo fa, quando ce l’aveva sottomano.”
“Non avrebbe potuto” borbottò
Raf, ancora pallido e stranamente corrucciato “Eva era protetta dal Triumviro.
E lo è ancora: Vlad non può ucciderla direttamente.”
“Sentite, non mi va di ripetermi”
ringhiò sottovoce “Non è Vlad che vuole uccidermi e io non aprirò nessuna cazzo
di Condanna. Punto. Ora, visto che le cose stanno così, vediamo di capire chi e
perché ci vuole rifilare questa stronzata.”
“Eva…” sospirò Raf, rassegnato.
“Non c’è nessun altro dietro”
sospirò Giacinta implacabile “Nessuno… solo Vlad.”
“Io voglio sapere chi è questo
Vlad!” piagnucolò Lorella ma nessuno si prese la briga di rispondere: Eva si
alzò bruscamente in piedi e, sovrastando Giacinta di tutta la testa, la
sottopose all’implacabile disprezzo dei suoi occhi nero notte. Per un attimo
sembrò sul punto di prenderla a sberle, e sicuramente il desiderio di farlo
trasparì dai suoi occhi, ma alla fine si allontanò di un passo, come a voler
resistere alla tentazione.
“Le tue fonti non sono
aggiornate, Giacinta” disse semplicemente con somma alterigia “Vlad non può
volere la mia morte, e questo è quanto. So che le tue possibilità arrivano fino
a lì, e ti ringrazio per l’aiuto. Ma non ho intenzione di aprire una Condanna
verso un innocente.”
“Vlad un innocente!” mormorò Giacinta
allargando scandalizzata gli occhi “Questa è peggio di una bestemmia!”
Eva alzò le spalle, ficcandosi
noncurante le mani in tasca.
“Prendila come vuoi” borbottò
velenosa “Comunque, grazie per l’aiuto. Cioè, per il tentativo di aiuto. Sì,
insomma, hai capito, no?”
Giacinta pressò di nuovo le
labbra acidamente con occhi inquieti.
“Sai che non posso aiutarti se
non apri una Condanna.” quasi minacciò ed Eva ebbe un guizzò divertito nello
sguardo insondabile.
“Ti ringrazio per il pensiero”
rispose sorridendo magnanima “So che l’impossibilità di aiutarmi ti fa soffrire
orribilmente. Ma non ti preoccupare, credo che me la caverò anche senza l’aiuto
di un gregge di Mezzi Angeli armati del solo libro dei Salmi.”
La faccia di Giacinta diventò
rosa e gialla come quella di un mango maturo e Gino pensò bene di alzarsi in
piedi con zelo, seguito a ruota da Raf che ancora teneva appesa alla spalla
Lorella.
“Beh, signora Angelo, è stato un
piacere” tuonò l’Umano afferrando la mano inerte di Giacinta per pomparla su e
giù quasi disarticolandole l’arto “Tanti auguri e figli maschi! Ehm, no, cioè…
lo so che voi Angeli non fate sesso, quindi per forza niente figli… comunque,
non ti preoccupare, cocca, Eva è cazzuta e ha una pellaccia di ferro. Ci
seppellirà tutti e ballerà sulle nostre tombe, beh, te essendo un Angelo magari
non ti seppelliscono neanche… comunque, stammi manza! Io e Biancaneve siamo più
che sufficienti, e che cazzo! Ce la siamo cavata bene finora, no?”
“Gino.” lo interruppe Eva
sottovoce quando il colorito di Giacinta diventò cianotico e lui, bello come il
sole, mollò la mano dell’Angelo e si avviò fischiettando verso l’uscita.
Eva sogghignò gustandosi
l’espressione attonita di Giacinta, poi si girò verso Raf e lo guardò negli
occhi apertamente.
“Tu vieni con noi o hai bisogno
di una autorizzazione plenaria in carta da bollo?” domandò provocatoria, ma
sotto sotto c’era una vena di supplica che l’Arcangelo non poté fare a meno di
cogliere.
“Vengo con te” rispose sorridendo
radioso e allargando il cuore di chiunque avesse la fortuna di guardarlo in
quel momento “Ho giusto preso qualche giorno di ferie per l’occasione.”
Anche Lorella avrebbe fissato Raf
spaesata se non fosse rimasta abbagliata dalla visione di Eva che, per la prima
volta da che la conosceva, sorrideva con la luce negli occhi, esattamente come
sorridono gli Angeli.
NOTE DELL’AUTRICE:
Ogni tanto lo dico, per
ricordarvi chi c’è sotto a questo po’ po’ di storiellina, a parte la
sottoscritta: UN BACIONE E UN GRAZIE DI CUORE ALLA MIA AMMORA ADORATA, LA MIA BETA ROMINA!!!!!
Allora…? Avevate intuito che
mancava ancora qualche protagonista? A risentirvi presto, non mi abbandonate!!!
Moonwhisper: E finalmente rilasci una recensione!! *Balla il valzer
viennese… sai, l’età che incalza* Dolcezza!!! Sono davvero felice e sollevata
che questa storia, pur essendo decisamente atipica, riscuota abbastanza approvazione.
Credo però che il bello debba ancora venire, quindi tieni duro e sappimi dire
più avanti se avevo ragione o se sta povera storia si affloscia come un soufflé
malcotto. Per Raf, biondo bonazzo e pure Arcangelo… che ti devo dire, sono
perversa. Punto. Perdonami!!!
Killer: Sul ruolo di Lorella non mi esprimo: alla fine “spina
nel fianco” è forse quello che davvero ci azzecca di più!! Vista lunga, eh? Eva
ha un vero e proprio debole per il biondino. D’altronde, è lo specchio della
scrittrice e alla scrittrice piacciono parecchio i biondi, ormai lo sanno anche
i sassi!! Ma non solo, non solo… vedrai più avanti! Sai di chi sto parlando…?
Chamelion: Perché Gino non è un nome da gorilla? Da noi c’è un
Gino che fa ombra agli alberi, forse da lui ho preso l’ispirazione…Il mio Gino
lo volevo tipicamente italiano, proprio… nostrano, ecco il termine. Ti
ringrazio come sempre dei complimenti, il mondo di Eva è così saldamente e
chiaramente radicato nel mio cervello che a volte è difficile rendersi conto
che non esiste… ma davvero non esiste, poi?
Fante: Ma no che non sei esaurito: chi non delira di cibo e
donne seminude girando in tondo per la stanza e sbatacchiando le braccia a mò
di ali di quaglia? Almeno una volta nella vita l’abbiamo fatto tutti. L’importante
è non ripeterlo…Così ora starai sciando sulle bianche piste innevate, che
invidia!! Beccati tutta la nostra imperitura invidia, fortunello!!
Londonlilyt: Noooooo, dai!! La Celsi? Erri ha lasciato la Celsi? Non era quella sudafricana candeggiata dalla coscia lunga come la Modena Brennero? Organizza, organizza… mi piacciono i rossi… Però aspetta a sbavettare,
rischi di disidratarti ad andare alla fine!! Se non sbarchi a febbraio, quando?
Ho bisogno di una dose delle tue risate!!!!
Krisma: Fiorellino di loto!! Quando mai potrà mancare un
biondo da urlo nelle mie storie? Ma anche le perversioni più recondite evolvono
e tra un paio di capitoli capirai di cosa parlo… forse ho involontariamente
espresso una sottile preferenza, vero? Anche io preferisco i Demoni agli
Angeli. Sono meno…. Noiosi. J
MarzyPappy: Tesoro, aspetta… abbi pazienza, lo sai che zia Elfie
ha sempre in serbo qualche sorpresa ormonale!! Come se potessi fermarmi al
biondino lattemiele… com’è andato l’esame? Bene di sicuro, lo so! Un passo in
più verso la bella Verona, dove due famiglie di pari nobiltà… ma questa è un’altra
storia…
Levsky: Che bello, tessora, ormai sei diventata un
appuntamento fisso, una socia onoraria del club delle zie! Anche se dovresti come
minimo avere la maggiore età per questo…altrimenti entri nel club delle nipoti,
in pessima compagnia di MarzyPappy, Lauraroberta l’uomo e tante altre… dacci
qualche dato anagrafico, dai! In barba alla privacy!!
Cicha : Tesoro!!! Ma ciao! Siccome hai un marito che è quasi
un parente (noi emiliano siamo un tutt’uno col prosciutto, l’aceto balsamico e
la riva del Secchia…) quindi praticamente parenti!! Davvero non sapevi di aver
sposato un Mezzo? Azz… speriamo che almeno hai beccato un Lussurioso…. At the
next time, Darling!
Ed elli a me: «Ritorna a tua scïenza,
che vuol, quanto la cosa è più perfetta,
più senta il bene, e così la doglienza.
Tutto che questa gente maladetta
in vera perfezion già mai non vada,
di là più che di qua essere aspetta».
Dante Alighieri, La Divina Commedia Inferno, Canto VI
“E adesso che si fa?” borbottò
Gino camminando di buona lena appena fuori dal convento. La porta alle sue
spalle si era richiusa con un tonfo secco, definitivo, come a dire: lasciate
ogni speranza, o voi che uscite… Lorella sembrava di nuovo sul punto di
scoppiare a piangere ed Eva la guardò storto.
“Tu, pulce, potresti anche
tornare dentro e rimanere con Giacinta” grugnì burbera guardando da un’altra
parte “Non sei obbligata a rischiare la vita con noi, visto che sei capitata in
mezzo a questo casino senza avere colpa. Oddio, personalmente l’idiozia
congenita per me è una colpa gravissima, ma visto che Raf ha già aperto la
bocca per enumerarmi le trecentododici beatitudini, taglio corto. Puoi andare.
Anzi, ti conviene andare, e correre anche prima che buttino via la chiave.”
Lorella socchiuse la bocca e
guardò un attimo verso la porta chiusa con aria vagamente speranzosa: poi, lo
sguardo le cadde su Raf che le sorrise radioso e bellissimo e di colpo sembrò
molto meno fragile e indecisa.
“Io resto con te.” sentenziò
coraggiosamente e mentre Gino sogghignava perversamente Eva aggrottò le
sopracciglia irritata.
Agitando imperiosa la mano,
allontanò Raf dalla ragazza e la trascinò in avanti afferrandola rudemente per
il braccio.
“Ascolta, gioia” le ruggì sottovoce
all’orecchio senza nemmeno guardarla in faccia “Lasciatelo dire prima che ti
cacci nei guai: Raf è zona vietata. Chiaro? Puoi anche piagnucolare tutto il
tempo e strusciarti addosso a lui o sezionare ed esibire tutto il tuo ben di
Dio su un vassoio d’argento come una porzione di sushi, ma quello non lo
smuovi. E’ un Arcangelo: ormoni zero, capito? Il massimo che può offrire è
deliziarti con un Coro angelico: lasciatelo dire, una noia mortale. Quindi, se
lo fai per il biondo, lascia perdere e fila dalla zitella rinsecchita, è molto
meglio così.”
Lorella fissò i grandi occhi
sporgenti e stupefatti su Eva con un accenno di meraviglia.
“Piace anche a te!” constatò con
evidente meraviglia ed Eva fu lì lì per mollarle un cazzotto tra gli incisivi
superiori: desistette per un pelo e solo perché Raf sarebbe di sicuro accorso
in salvataggio della donzella in pericolo, coccolandola con tanta dolcezza da
far venire il diabete.
“Che stronzata!” si limitò a
grugnire lanciando quasi fumo dalle narici “Avanti, caccola, sbrigati a tornare
indietro.”
Lorella tentennò un attimo,
guardò di nuovo la porta e di nuovo Raf sempre con quella luce incerta negli
occhi. Gli ingranaggi del suo cervellino ronzarono con palese attività mettendo
a confronto, soppesando e valutando. Quando tornò a girarsi verso Eva, il viso
tirato e gli occhioni che quasi cadevano di sotto, sembrava più spaventata che
mai.
“Io rimango con te.” miagolò con
pochissima convinzione e subito sembrò pentita delle sue stesse parole.
Eva la fulminò con lo sguardo e
Raf, prontamente, corse in soccorso di Lorella, passandole protettivo un
braccio sulle spalle.
“Hai finito di strapazzare questa
poveretta?” chiese con seria aria di rimprovero a Eva che si trattenne a stento
dal mollare a lui il pungo destinato prima a Lorella.
“Questa demente non vuole tornare
da Giacinta” bofonchiò inferocita “Convincila tu.”
Raf le lanciò un delicato sguardo
di sfida prima di chinarsi su Lorella con radiosa aria materna.
“Non ti preoccupare, piccola,
penserò io a te.” disse marciando davanti a Eva che venne prontamente
affiancata da un garrulo e ridanciano Gino.
“La piccoletta punta in alto,
eh?” gracidò l’Umano ridacchiando segretamente nel vedere la faccia di Eva
verdastra di bile “Nientemeno che un Arcangelo… d’altra parte, è così tenera,
così bisognosa di aiuto: un cuccioletto. Un batuffolo d’ovatta. Non fa
tenerezza anche a te?”
“Come no” grugnì Eva fissando
malevola la ragazza davanti a lei abbarbicata addosso all’Arcangelo “Visto che
non posso ridurla in poltiglia di materiale organico senza scatenare le ire
dell’Arcangelo, se le offrissi un caffè e ci sputassi dentro mi sentirei
meglio, secondo te?”
* * *
“Io ho un’idea.” sentenziò Gino
con solennità e tutti, persino Lorella, lo fissarono guardinghi.
Le idee di Gino, in genere, non
riscuotevano un gran successo: o simulavano il genocidio di massa o
contemplavano l’uso di materiale radioattivo ed Eva era spesso incline a non
prenderle in considerazione.
“Illuminaci” disse però in quel
momento buttandosi a sedere su un divano bitorzoluto dall’orribile color vomito
“In fondo, siamo in casa tua e qui hai tutti i diritti di parlare.”
Gino, prima di rispondere, si
guardò intorno soddisfatto: aveva proposto il suo appartamento come rifugio
momentaneo, dichiarandolo assolutamente sicuro, e Raf e Lorella avevano
accettato entusiasti la proposta. Eva un po’ meno e quando erano arrivati a
casa di Gino, l’Arcangelo e l’Umana avevano anche capito perché. L’appartamento
stava in un fatiscente palazzone di periferia, sommerso dai panni stesi tra
corde precarie e paraboliche appese dove capitava. Le persiane erano tutte
chiuse, anzi, più che chiuse: erano inchiodate con metodica cura con regolari
assi di legno. Sulla porta d’ingresso c’era la prima trappola, ovvero un
secchio pieno di Acqua Santa pronto a rovesciarsi su un eventuale e incauto
visitatore indesiderato. L’aveva scoperto bene Raf che se l’era beccato in
testa mettendo un piede in fallo entrando per primo nell’appartamento. Il resto
delle stanze era un surreale inno alla paranoia misto a inquietante sete di
sangue: in camera da letto, tanto per dire, c’era una specie di tagliola
rudimentale, e anche il bagno pullulava di inquietanti fili tesi, pronti a
scatenare chissà quale orrore. Lorella nel vedere com’era conciata la stanza
aveva smesso immediatamente di sentire lo stimolo della diuresi.
“Sentiamo l’idea.” approvò Raf
che si stava ancora asciugando dopo l’imprevista doccia con Acqua Santa con un
telo di spugna morbido come una fresatrice al titanio.
Gino si alzò dalla sedia traballante
e passeggiò impaziente intorno al tavolo (su cui stava una montagna precaria di
pallottole e uno spruzzino pieno di Acqua Santa).
“Ecco” sentenziò ispirato “Se
davvero sei sicura che non sia stato Vlad a tentare di ucciderti, allora
dovresti chiedere il suo aiuto.”
Le parole di Gino caddero fra
loro pesanti come un macigno: persino Raf sembrò incurvarsi sotto il loro peso.
“No.” rispose immediatamente Eva
con un tono che non ammetteva repliche sprofondando nel divano. Raf e Gino si
guardarono in silenzio, valutando la risposta di Eva: con comprensione il
primo, con scaltro scetticismo il secondo.
“Eva” mormorò infine Raf, gli
occhi celesti liquidi di pazienza e di comprensione “Non credo che ci siano
alternative all’idea di Gino, e tu lo sai bene. Sei ancora in pericolo e non
abbiamo nemmeno più la protezione di Giacinta. Nessuno può aiutarci. Devi
riunire il Triumviro. Devi contattare Vlad.”
“Cazzo, no.” ribadì Eva,
cocciuta.
Lorella fece saettare lo sguardo
da uno all’altra, preoccupata.
“Triumviro? Vlad?” domandò con
una vocetta accorata “Vi decidete a dirmi chi o cosa sono?”
Eva e Raf si sfidavano con gli
occhi, scintillanti e cattivi quelli di lei, miti e buoni quelli di lui.
“Rispondile, Eva” sbottò a
sorpresa la vociona cupa di Gino spezzando un silenzio duro e freddo come
acciaio “La ragazzina ha il diritto di sapere.”
“Chiudi il becco, Gino” ordinò la
voce gelida di Eva “Non esporre Lorella più di così.”
“Non esporre?” quasi singhiozzò
Lorella con occhi lucidi “Eva, e secondo te non sono già esposta?”
Eva le lanciò uno sguardo scuro e
insondabile.
“Credimi” mormorò con voce atona
ma convincente “Tutto quello che ti è successo sono fiorellini e stelline a
confronto di quello che ci aspetta se ti parlo di Vlad.”
“Ma non abbiamo scelta” le
ricordò Raf con tranquilla determinazione prima di dirigere il suo dolce
sguardo azzurro su Lorella “Te lo dirò io. Vlad è un Demone.”
“Raf!” sibilò minacciosa Eva, ma
Raf la ignorò con un sorriso di scuse.
“Anzi, dovremmo dire forse il
Demone… come Dio ha i suoi Arcangeli, i consiglieri e più stretti
collaboratori, così Satana ha i suoi Demoni di fiducia. Vlad è uno di loro.”
“Un Demone” meditò Lorella
cercando di non cadere nell’isteria “Dobbiamo chiedere aiuto a un Demone.”
“Il Demone.” rettificò
Gino con enfasi.
“Perché dobbiamo chiamare proprio
lui?” chiese Lorella con voce tremula.
Ci fu un breve silenzio che alla
fine fu Eva a spezzare: sembrava stanca mentre distoglieva gli occhi da quelli
di Raf.
“Perché Vlad non mi può uccidere”
spiegò con voce monocorde “E’ il mio Tutore.”
* * *
“Tu… tutore?” balbettò Lorella
incerta.
“E’ una storia lunga” spiegò Raf
sospirando “Lunga e dolorosa. Eva non ama ricordala.”
“Ci puoi scommettere il culo che
non amo ricordarla.” ringhiò Eva con aria feroce.
Lorella si guardò intorno
spaesata e Gino ebbe pietà della sua confusione.
“Vedi, Lorella, Eva è un
Sanguemisto” disse con voce tranquilla “I Sanguemisto, l’avrai capito, sono
esseri strani. Nascono, rarissimamente, dall’unione di due Mezzi opposti e se
sopravvivono all’infanzia se li contendono sia gli Angeli che i Demoni perché
il fatto che riescano a stare sia da una parte che dall’altra li rende molto
utili qui sulla Terra. Ma ufficialmente i Sanguemisto non esistono e non ci
sono regole che governino la loro esistenza perché di fatto nessuno sa dove
collocarli.”
“Qualcuno del Comitato di
Sorveglianza ebbe la brillante idea di far decidere a loro stessi” mormorò Eva
“Dopotutto, se hanno il libero arbitrio delle bestie ingrate come gli esseri
umani, perché non i Sanguemisto?”
“Si decise di provare
l’esperimento con un Sanguemisto bambino” aggiunse Gino “Affiancato da due
Tutori, un Angelo e un Demone.”
“Perché due tutori?” domandò
Lorella sbalestrata “Non capisco…”
“Perché il Sanguemisto bambino venisse
equamente informato e potesse scegliere con il libero arbitrio da che parte
stare” continuò Eva accademica senza voltarsi “Una cazzata madornale, adesso lo
sappiamo, ma si vede che a qualcuno era sembrata un’ottima idea.”
“Una Sanguemisto in particolare
sembrava perfetta per l’esperimento” mormorò Raf “Una bambina sopravvissuta
all’età della contaminazione. Era sveglia. Bella, molto bella… intelligente…”
“Un po’ stronza no?” gorgogliò
Gino ed Eva, involontariamente, sorrise.
“Venne scelta. Aveva dieci anni,
gli occhi più grandi che avessi mai visto e un sacco di indisciplinati capelli
neri.”
“Eva.” gorgogliò Lorella, come se
la cosa non fosse già più che palese.
“La scelta per l’Angelo e il
Demone fu un pelino più difficile” glissò Eva “Ma alla fine scelsero coloro che
rappresentavano il meglio e il peggio di ogni rispettiva fazione.”
“Vlad e Raf, se non lo avessi
ancora capito” commentò Gino di ottimo umore “Il compito di ogni tutore era
quello di infondere nel Sanguemisto bambino le conoscenze che potessero farlo
diventare un alleato Divino o Infernale, a sua scelta. Sempre che qualcuno dei
due non cominciasse a giocare sporco.”
“Altra illuminazione mistica”
sospirò Eva “E’ stato per prevenire e limitare possibili imbrogli che nacque il
Triumviro.”
“L’hai nominato prima!” esclamò
Lorella partecipe.
“Il Triumviro è un Patto
vincolante e indissolubile” proseguì imperterrita Eva “L’Angelo, il Demone e il
Sanguemisto vengono uniti da un legame di reciproca parità che li mette tutti
sullo stesso piano di forza. Nessuno può prevalere sull’altro: gli effetti dei
rispettivi poteri si elidono. Sembrava perfetto per chi ha studiato questa
soluzione, ma avevano tenuto conto solo del fatto che Angeli e Demoni non
potevano andare d’accordo. In realtà, il Triumviro potrebbe risultare pericoloso.”
“Molto pericoloso.” sospirò Raf.
“Non devastante?” propose Gino
garrulo.
“Non c’è proprio niente di cui
ridere” si rabbuiò Eva “Il Triumviro lega tre entità che appartengono a tre
universi opposti e si basa sulla certezza che non possono avere lo stesso
obbiettivo. Ma se, sfidando qualsiasi legge fisica, Infernale e Divina, Angelo,
Demone e Sanguemisto si trovassero in perfetta sintonia su qualcosa…”
“… il potere del Triumviro
sarebbe inestimabile e li renderebbe più forti del Paradiso e dell’Inferno.”
“Wow.” mormorò Lorella
impressionata fissando Eva quasi con venerazione.
“Ovviamente, il Comitato di
Sorveglianza che studiò l’applicazione del Triumviro capì di aver fatto un
errore madornale” concluse Eva quasi con tristezza “Quindi, dopo l’esperimento
malriuscito con me, Raf e Vlad, scrisse nelle Leggi che poteva esistere uno e
un solo Triumviro e la sua applicazione crollò.”
“Esperimento malriuscito…?”
domandò Lorella, ma la faccia di Eva fu una risposta più che sufficiente.
“Meglio non chiedere, bimba”
suggerì Gino sottovoce “Prendi atto e basta.”
“Ok” sospirò Lorella, per niente
tranquillizzata “Ma questo legame, questo Triumviro… è ancora valido o no?”
Eva scambiò un rapido sguardo con
Raf che sembrò quasi evitarlo.
“E’ valido.” disse l’Angelo dopo un
lungo silenzio, ma sembrava quasi dispiaciuto.
“Quindi, questo Vlad…?” mormorò
Lorella cambiando prontamente direzione.
“E’ il mio Demone Tutore”
concluse Eva senza guardare nessuno “Come Raf è il mio Angelo Tutore.”
“E ora non abbiamo altra scelta
che chiamarlo per riunire il Triumviro.” sospirò Raf.
* * *
“Ma non era dai Demoni che
stavamo scappando?” mormorò confusa la ragazza e Raf, con pochi passi leggeri,
le si avvicinò e la abbracciò delicatamente.
“Nessun Angelo può sapere
qualcosa di ciò che complottano negli Inferi” spiegò con voce musicale “Ammettiamolo,
chi vuole Eva morta è potente, così potente che nessuno nel regno dei Cieli vi
può proteggere. Non posso farlo nemmeno io che sono un Arcangelo, il
consigliere di Dio, la sua più diretta e pura emanazione. Dobbiamo chiedere
aiuto a qualcuno che sa cosa sta succedendo, per cercare di capire come
muoverci.”
Dopo un attimo di sbalordito
silenzio, Lorella scattò in piedi come se fosse stata caricata a molla.
“Beh, allora che aspettiamo?”
cinguettò di colpo ottimista “Chiamiamo questo Vlad subito!!”
Tutti le lanciarono uno sguardo
cupo, rimanendo in silenzio.
“Non è così semplice” sbottò alla
fine Eva incrociando le braccia sul petto “Prima di tutto, Vlad non è più sulla
Terra.”
“Oh” si smontò Lorella
afflosciandosi di nuovo sul divano “E dov’è andato?”
“All’Inferno” spiegò brevemente
Gino a una sempre più confusa Lorella “Al calduccio e al sicuro nel suo nido
adorato. Ora che è un pezzo grosso non può permettersi di rimanere sulla Terra.
Ha troppi nemici qui e in forma umana rischierebbe troppo la sua posizione.”
“Po… posizione?” balbettò
Lorella, incerta “Vuoi dire che sulla Terra potrebbe morire?”
“In un certo senso sì” rispose
Raf sospirando “Se venisse ucciso sulla Terra perderebbe i suoi privilegi di
Demone e finirebbe nel girone dei Dimenticati.”
“Vlad ha troppo da perdere per
rischiare una cosa del genere” terminò lugubremente Eva “Non tornerà mai e poi
mai sulla Terra.”
“Ma per te potrebbe farlo” si
infervorò Lorella speranzosa “In fondo voi siete uniti da quella cosa, il
potere del trio o qualsiasi cosa sia il Trigono…”
Eva le lanciò uno sguardo strano,
quasi imbarazzato.
“A dire il vero, da quando il
Triumviro si è sciolto Vlad e io non siamo rimasti esattamente in buoni
rapporti.”
“Tu hai violato le regole” le
ricordò Raf sottovoce, senza acrimonia “Hai cercato di far uccidere Vlad.”
Gino sollevò la faccia, sorpreso:
questo pezzo non lo conosceva nemmeno lui.
“Avevo le mie ragioni” rispose
Eva monocorde fissandosi le unghie con concentrazione “E credimi, Raf, se
potessi ci proverei ancora.”
“A questo punto, però, sarà
meglio che mimetizzi i tuoi istinti omicidi” buttò lì Gino con leggerezza “Io
ovviamente non ne so un cazzo di Triumviri e di diplomazia, ma ho sentito
parlare spesso di questo Vlad e so che non è affatto un bene averlo come
nemico. Anzi, a quanto mi risulta, nessuno si è mai permesso anche solo di
respirare in senso contrario, quando lui è nei paraggi.”
“Sì, Vlad è pericoloso” meditò
Raf aggrottato “Se Eva non fosse protetta dal potere del Triumviro, non le
proporrei mai e poi mai di avvicinarsi a lui.”
“Perché?” pigolò Lorella, di
nuovo spaventata “Cos’è…? C-cosa fa questo Demone?”
Eva e Raf si scambiarono uno
sguardo di tacito accordo, ma Gino saltò su prima che i due potessero zittirlo.
“E’ il direttore del Nodo,
adesso” esclamò allegramente “Ma lo dirige dal basso… direttamente dal girone
dei Lussuriosi. Praticamente, è il capo di Cornelia.”
“E abitano insieme?” domandò
Lorella ma l’occhiataccia cupa di Eva fu una risposta più che sufficiente.
“Te l’ho detto che Vlad non è nel
nostro Piano” continuò Gino imperterrito “Attualmente, è ben chiuso all’Inferno
come un baco nel suo bozzolo, e fino a ieri pensavo fosse meglio così. Sai, Eva
è molto debole con la sua categoria di Demoni.”
“Lussuriosi” spiegò Raf
sottovoce, come se fosse una parolaccia troppo forte per essere detta a voce
alta “Come sua madre.”
“Se non imparate a tenere il
becco chiuso vi taglio la lingua e la do in pasto al cane, cazzoni.” ringhiò
immediatamente Eva, le guance pallide e fredde come marmo.
“Non arrabbiarti, Eva” sorrise
Raf allungando premuroso una mano verso di lei “Tutti hanno qualche debolezza:
è per questo che ci sono sette peccati capitali e non uno solo. Tu sei in gamba
e sei forte, ma sei anche giovane ed è normale che…”
“Io non sono affatto debole nei
confronti di Vlad” tagliò corto Eva con occhi scintillanti “E questo è tutto,
chiaro?”
Lorella annuì in silenzio,
spaventata; Raf si limitò a sospirare, i begli occhi azzurri miti e pazienti
fissi su quelli febbricitanti di Eva; Gino si alzò in piedi facendo scroccare
le dita tra di loro.
“Allora, compagni, ricapitoliamo”
esordì con voce tonante “Dobbiamo trovare un Demone, anzi, il Demone;
questo simpatico figuro è un po’ il pappa supremo dell’Inferno, è inaccessibile
come i gioielli della Corona, pericoloso come un mamba incazzato e, oltretutto,
ce l’ha a morte con Eva perché lei ha tentato di farlo uccidere. Qualcuno di
voi ha un’idea su come contattarlo?”
* * *
Lorella trottava con il naso
all’insù, ben aggrappata al braccio di Raf che le camminava accanto con la sua
splendida camminata sciolta. La strada notturna era stranamente affollata di
gente dall’aria inquietante: uomini a un passo dalla vecchiaia con l’aria
guardinga, extracomunitari dagli sguardi folli, ragazze di tutte le taglie e le
colorazioni di pelle… Un curioso melting pot metropolitano catapultato ai bordi
della campagna. La Bruciata, per i residenti, era da secoli la zona a luci
rosse del distretto di Modena. Aveva passato indenne l’avvento delle nigeriane,
delle slave e infine delle russe. I papponi, riconoscibili a colpo d’occhio,
avevano tutti occhi feroci e nasi spaccati, come se avessero voluto portare in
faccia i segni della loro vita nella jungla. Per Lorella, quel paesaggio decadente
era del tutto nuovo, spaventoso… quasi esaltante. I suoi occhioni sporgenti
registravano tutto, facce soffocate di trucco, capelli ossigenati, tanfo di
sudore e urla sguaiate. Nonostante fosse nel bel mezzo della strada e tutti li
guardassero incuriositi, si sentiva al sicuro al braccio di Raf. Quest’ultimo,
poi, teneva il capo chino dall’imbarazzo tanti erano i fischi e gli inviti poco
ortodossi che riceveva da chiunque lo incrociasse, uomini e donne
indifferentemente. Eva marciava davanti a loro, truce in viso con
l’impermeabile svolazzante; Gino invece stava dietro, placido e sorridente come
un putto preraffaelita. Insieme formavano un ben strano corteo: certo, però,
non più strano del travestito di colore grande e grosso come un carro armato
che fece veleggiare la sua enorme parrucca bionda e il suo gonnellino di
lustrini argentati verso di loro, caracollando su due tacchi vertiginosi.
“Eva!” strillò in un falsetto
agghiacciante piombando sulla ragazza: la afferrò e la sollevò da terra con
sincero entusiasmo sbaciucchiandole rumorosamente le guance come se fosse una
bambola di pezza.
“Piccola!” ruggì poi di nuovo
sorridendo raggiante “Quant’era che non ti facevi vedere? Sei diventata… uno
schianto!!”
La posò a terra radiografandola
con tanta intensità che riuscì a metterla a disagio.
“Ciao Heidi” salutò sorridendo
“Tu invece non sei cambiata di una virgola: sempre la stessa parrucca pulciosa…
oh, aspetta! Ma quello non è un paio di tette nuove di zecca?”
L’enorme travestito gonfiò fiero
il petto, rischiando di provocare un incidente diplomatico facendo rigurgitare
il seno prosperoso e solido dalla scollatura abissale.
“L’hai detto, cocca” cinguettò
sorridendo “Mi ci sono voluti due anni di marchette, ma adesso… oh!”
L’interruzione di rigore avvenne quando
lo sguardo vivace del tizio piombò su Raf, il quale immediatamente arrossì
fissandosi imbarazzato i piedi. Gli occhi di Heidi si allargarono così tanto
che a guardarli ci si poteva cadere dentro.
“Gesù!” strillò poi con evidente
estasi tutt’altro che mistica.
“Beh, quasi” sorrise Eva per
niente scossa mentre Raf arrossiva ulteriormente e diventava se possibile
ancora più deliziosamente bello e angelico “Lui è Raf. E gli altri sono Gino e
Lorella.”
Heidi non guardò i due Umani
nemmeno di striscio: i suoi occhi famelici erano fissi su Raf e la sua bocca
gonfia e rossa era socchiusa in un’espressione di estatica lussuria.
“Ehm… ciao.” mormorò Raf
azzardando uno sguardo rapido tra le ciglia e Heidi sembrò sul punto si
mettersi a ululare sbavando come un San Bernardo.
“Ciaaaaaaooo…” sospirò con golosa
voce gutturale “Gioia, lasciatelo dire, sei il più bel pezzo di…”
“Heidi” lo interruppe Eva
precipitosamente frapponendosi fra lui e Raf “Lascia stare il mio amico, ok?
Abbiamo bisogno del tuo aiuto e della tua lucidità e quando metti in moto gli
ormoni sei molto poco lucido.”
“Lucida” rettificò Heidi
distrattamente aggrottando due sopracciglioni così folti da sembrare una
succursale del Gran Paradiso “Cocca, se quel pasticcino allo zucchero è merce
tua tengo giù le zampe, ma lasciatelo dire, un gioiellino così fai male a
portartelo in giro! Quegli occhioni e quei fianchi stretti da ragazzina… solo a
guardarlo vien voglia di…”
“Heidi” sospirò di nuovo Eva,
impaziente ma ancora sottilmente divertita “Stai a cuccia. Non vedi che lo
metti in imbarazzo? Senti, dobbiamo parlarti. In privato. Hai mica un posto
sicuro dove appartarci?”
Heidi annuì senza nemmeno
guardarla: con evidente disgusto da parte di Lorella e altrettanto evidente
divertimento da parte di Gino, mandò un umido bacio a Raf grondante promesse di
tutti i tipi e segnò col pollice alle sue spalle.
“Dì là” gorgogliò senza staccare
un attimo gli occhi dall’Arcangelo “Nel mio ufficio. Però viene anche il
bambolotto, che mentre tu parli io mi rifaccio gli occhi.”
… e se riesco qualcos’altro,
pensò con tanta evidenza che quelle parole parvero stamparsi sulla sua fronte.
Raf per poco non affogò nel suo
stesso imbarazzo, Gino ridacchiò e Lorella sbuffò oltraggiata.
“Heidi.” mormorò ancora Eva, ma
stavolta era già rassegnata.
* * *
L’ufficio di Heidi era un furgone
Fiat con i sedili girati al contrario per simulare un confortevole salottino e
una discreta tenda di perline a separare la zona conversazione dal “reparto
notte”. Mentre Lorella, Gino ed Eva si stipavano sul sedile posteriore e Raf si
incantucciava in un angolino il più possibile lontano da Heidi, il travestito
di colore di accartocciò non senza sforzo su uno dei sedili liberi,
schiacciando la parrucca bionda contro il tettuccio bisunto.
“Allora, cocca” cinguettò poi
ammiccando verso Raf con un sorrisone da squalo “Qual buon vento ti porta qui
alla Bruciata?”
“Ho bisogno del tuo aiuto.”
mormorò Eva tornando seria dopo un attimo di riflessione.
Heidi annuì strizzando l’occhio
ricoperto di mascara a Raf.
“Certo, certo” cinguettò poi con
voce cavernosa “Sai che sono sempre felice di aiutarti!”
Lorella fissò Eva speranzosa, ma
la ragazza rimase seria e corrucciata mentre Gino grugniva qualcosa dall’aria
molto scettica.
“Si tratta di qualcosa di molto
particolare” continuò Eva lentamente “E anche potenzialmente pericoloso.”
“Io ci sguazzo nei potenzialmente”
sussurrò Heidi sbattendo le ciglia in faccia a Raf “Che ti è successo, cocca?
Hai fatto arrabbiare mammina?”
Eva si rabbuiò con aria
decisamente irritata: Raf se ne accorse, allungò una timida mano a sfiorarle il
polso e cercò i suoi occhi con le terse iridi celesti.
“Tranquilla, Eva” disse con voce
musicale “Non è il momento di arrabbiarsi.”
Eva annuì, distratta dal tepore
della mano di Raf sul braccio: com’era che bastava che lui la toccasse per
rendere tutto il resto insignificante e privo di valore?
“Dunque!” scattò Heidi
imbronciandosi vistosamente davanti alla complicità dei due “Di che hai
bisogno, cocca?”
“Ho bisogno di un morto.”
dichiarò Eva con estrema serietà.
Lorella si girò attonita a
guardarla, ma rimase in silenzio: Eva non aveva voluto scucire una sola parola
su quello che aveva definito “l’unico cazzo di piano che le fosse venuto in
mente”.
“E come lo vuoi?” domandò invece
Heidi con aria estremamente professionale “Maschio, femmina, fresco,
putrefatto, intero, a pezzi…”
“Mi serve vivo.” rispose Eva e a
questo punto Lorella smise di ascoltare, chiudendo gli occhi e iniziando a
zappare con convinzione il suo personalissimo giardino Zen mentale.
“Capisco” meditò Heidi con gli
occhi brillanti “Beh, questo ti costerà un po’ caro…”
“Andiamo, Rodolfo!” sbuffò Gino
con voce tonante “A te non costa niente segnalarcene uno! Sei diventato tirchio
tutto d’un colpo o stai mettendo via i soldi per tagliuzzarti via il pisello?”
Heidi lanciò uno sguardo
terribile verso Gino e si gonfiò come un gallo in un pollaio.
“Io mi chiamo Heidi!” sibilò
offeso con un vocione da camionista che fece rimbombare le portiere del furgone
“Capito, ciccione psicopatico? Heidi! Una donna! E tu sei solo uno… stronzo
maleducato!”
Si girò bruscamente, le spalle
scosse da silenziosi singhiozzi oltraggiati. Eva fulminò Gino con lo sguardo,
ma lui si limitò a fare spallucce e a limarsi l’unghia del pollice con la punta
di un coltellaccio da caccia che si era tolto con nonchalance dalla tasca.
“Scusaci, Heidi” sospirò Eva con
malcelata impazienza “Gino non voleva offenderti. E’ che è fatto così, ciccione
psicopatico e anche coglione. Lo frusterò ben bene quando torniamo a casa, ma
adesso mi serve davvero il tuo aiuto: puoi per favore, in nome dei bei tempi
andati, trovarmi un morto vivo?”
Heidi cogitò in silenzio per un
pezzo, tirando su col naso; poi si girò di mezzo profilo con aria sostenuta.
“Posso farlo” dichiarò con voce
querula “E non ti chiederò niente, alla faccia del ciccione che mi dà della
tirchia.”
“Grazie, Heidi” mormorò Eva
nascondendo un sorriso quando Gino le strizzò l’occhio, soddisfatto “Te ne sono
davvero grata. Mi ricorderò che mi hai aiutato nel momento del bisogno senza
chiedere niente in cambio.”
“Ecco, brava” approvò Heidi
ammansita “Magari per ringraziarmi mi lasci dieci minuti sola col bambolotto
biondo, qui…”
Raf sobbalzò penosamente ed Eva
trattenne a stento uno sbuffo impaziente.
“Ma dico, siete impazziti?!?” sbottò
Lorella improvvisamente, stufa di zappare inutilmente il suo giardino Zen
mentale “State qui a parlare di morti vivi come se… come se esistessero
veramente! Non ci sono i morti vivi, non nella vita reale! Ma ormai, chi lo sa
più dove sono finita?! Prima gli Angeli, poi gli zombie, sembra di essere in un
film di Dario Argento!!”
Quasi nessuno le prestò
attenzione, tranne Gino che la fissava con interesse quasi accademico.
“Calmati, pulce” sentenziò Eva
annoiata “I morti vivi esistono eccome, senza scomodare gli zombie. Tutti i
mortali sono vivi in attesa di morire: chi prima e chi dopo, tocca a tutti.”
“Heidi ha un dono” spiegò Gino
sogghignando “Riesce a vedere se un vivo tirerà le cuoia entro breve. Un
cadavere che ancora non sa di esserlo, per intenderci: un morto ancora vivo.”
“Oh, adesso si che è chiaro.”
ringhiò Lorella allucinata tornando ad accasciarsi sul sedile.
“Credo di aver intuito il tuo
piano, Eva” continuò Gino sorridendo “Oddio, secondo me fa abbastanza schifo,
ma nel suo piccolo è davvero geniale. Da mentecatta che si è bevuta il
cervello, ma geniale.”
“Ti ringrazio, Gino” sibilò acida
Eva “Non so davvero cosa farei senza il tuo costante sostegno. Allora, Heidi,
mi serve un morto vivo adesso, qualcuno in mezzo ai tuoi clienti.”
“Un lussurioso!” saltò
improvvisamente su Raf, illuminandosi come una lampadina “Ho capito! Stai
cercando un peccatore che muoia andando dritto all’Inferno!”
“Nel girone dei lussuriosi, per
la precisione” sogghignò Gino raggiante “Dove si troverà al cospetto nientemeno
che del capo del Nodo…”
“Vlad!” mormorò Lorella intuendo
in un lampo la situazione.
* * *
Ermanno Severi arrancò verso la
sua automobile armeggiando impacciato con la cintura dei pantaloni. Diamine,
pensò ansimando come una locomotiva a vapore, oramai non aveva più l’età per
andare a puttane. Ogni volta di più il cuore gli partiva a razzo, saltellando
nel suo petto come una maledetta cavalletta dispettosa, costringendolo ad
ansimare e a sudare come un maiale sulla puttana di turno. Alla Bruciata lo evitavano
tutte, ormai: un po’ per lo schifo dei suoi grufolamenti, un po’ perché gli
piaceva menare le mani, ma per quello Ermanno pagava profumatamente, no? E che
cazzo, se fosse andato in cerca di una scopata e basta avrebbe chiuso gli occhi
e usato quella prugna rinsecchita della moglie, no? In fondo, aveva pur diritto
anche lui al suo fiasco di lambrusco e al suo divertimento quotidiano, no?
Arrivato alla sua auto, si
appoggiò al cofano, chiudendo gli occhi per riprendere fiato: sentiva le guance
febbricitanti, la schiena completamente zuppa di sudore e il cuore che faceva
un rumore assurdo nel petto (Ta-Ta-PUM!-Ta-Ta-Ta…PUM!). Neanche stesse suonando
la samba! Quelquel rumore caraibico lo inquietava un pò.
“Ehi, tu.”
Una voce di donna, vicinissima,
lo fece girare di colpo (Ta- PUUUM!): poco distante da lui, Ermanno vide una
ragazza con addosso un impermeabile, molto bella e molto seria, che lo guardava
con due incredibili occhi neri.
“Non stasera” ragliò Ermanno
valutando che avrebbe tenuto a mente quei due occhioni da letto “Ma se rimani
nei paraggi…”
La ragazza gli fu addosso così
rapidamente e con tanta grazia che Ermanno nemmeno se ne accorse: si trovò solo
premuto contro la sua auto, con forza ma non dolorosamente.
“Ascoltami bene, ciccio” mormorò
la ragazza contro la sua faccia alitandogli contro un delizioso profumo di
fiori “Stampati in testa questa cosa: dì a Vlad che lo voglio incontrare.
Domani, all’anticamera dell’Inferno, a mezzogiorno.”
“Ma che cazzo stai dicendo?!”
borbottò Ermanno francamente meravigliato.
La ragazza lo scosse leggermente,
senza fargli male ma con decisione.
“Te lo ripeto, e tu stampati bene
queste parole nel cervelletto: potrebbero aiutarti a trovare un posto migliore,
là dove stai andando. O forse no. Comunque, devi dire a Vlad che Eva vuole
incontrarlo. Domani, a mezzogiorno. Capito?”
Lo scrollò ancora ed Ermanno
sentì distintamente il suo cuore cedere un colpo (Ta-… PUMMMM!).
“Ok, ok” gorgogliò allarmato
mentre il viso gli diventava paonazzo: il fatto di trovarsi a pochi millimetri
da una pazza completa passò immediatamente in secondo piano di fronte alla
prospettiva di avere un serio attacco di cuore.
“Capito, coglione?” si imbronciò
Eva strattonandolo.
“Capito, capito!” grugnì Ermanno
(Ta- PUM- Ta- PUM- TaRATTATAPUM!) “Lasciami, sto male… non respiro…”
Eva lo mollò di colpo ed Ermanno
rantolò accasciandosi sul cofano della macchina.
“Ricordati del messaggio” disse
la ragazza allontanandosi “Per Vlad. Da Eva. Domani. Mezzogiorno. Anticamera
dell’Inferno.”
Ermanno (PUM!!) allungò una mano,
ma Eva gli aveva già voltato le spalle.
* * *
“Che schifata” borbottò Gino
camminando svelto con le mani in tasca “Nemmeno un Demone piccolo così che si
sia azzardato a seguirci… roba da matti.”
Si stavano allontanando
rapidamente dalla Bruciata, in mezzo al fuggi fuggi generale della gente che
scappava al grido “c’è un morto, qui!” lanciato dal vocione tonante di Heidi
pochi minuti prima. Ermanno Severi, o ciò che rimaneva di lui, era schiattato
molto poco elegantemente davanti agli occhi attoniti di Lorella e quelli
indifferenti di Gino, mentre Heidi tentava subdolamente di offrire uno spinello
a Raf.
“E’ per la protezione Divina
dell’Arcangelo?” mormorò dubbiosa Lorella incrociando lo sguardo di Raf che le
sorrise radioso.
“O per quella o per le tre
tonnellate di Acqua Santa che il ciccione ha addosso.” specificò Eva distratta.
“Heidi è stata molto carina”
continuò Lorella arrancandole dietro incerta “E anche La Rossa… mi ha offerto un cioccolatino, pensa te…”
“Carine, sì” borbottò Eva rabbuiandosi
“Dei veri agnellini, quelle lì. L’importante è non girare loro le spalle.
Soprattutto tu, Raf: la prossima volta però ti lascio a casa, basta sventolare
in giro il tuo faccino e questa plebaglia non capisce più niente.”
“Io… mi dispiace” balbettò Raf
sinceramente costernato “Proprio non capisco cosa succede…”
“Buon per te che ti manchino gli
ormoni per capire” rispose Gino garrulo “Comunque finché siamo in vista della
Bruciata, cammina rasente i muri, che è meglio. Tra un po’ qui sarà pieno di
Carabinieri come un cane è pieno di pulci.”
Lorella guardò incuriosita Eva e
questa sospirò tra sé e sé rassegnata.
Ci siamo, pensò, adesso
questa parte con le domande: come hai fatto a trattare così un cristiano che
stava morendo, com’è possibile che tu sia un Mezzo Angelo se non provi nemmeno
un briciolo di carità o di pena… e bla bla bla.
“Eva?”
“Sì?”
“Cosa diavolo è l’Anticamera
dell’Inferno?”
Raf e Gino sorrisero sotto i
baffi, scrutando l’espressione perplessa sul viso di Eva e dicendosi che a
quella cinica e tormentata Sanguemisto un po’ di sana sorpresa non poteva poi
fare tanto male.
NOTE DELL’AUTRICE:
Fante: Vorrei dirti che mi dispiace per la settimana
bianca pessima… ma l’invidia è una brutta bestia davvero! Piccola
anticipazione: no, Vlad non c’entra coi vampiri, ma va tenuto comunque d’occhio….
Beccati adesso i miei mille baci e mi raccomando, fatti risentire!
Chamelion: Ti confesso un segreto, adoro quando nelle
recensioni citano le mie frasi!! Forse perché riesco a focalizzarmi su quello
che ha davvero colpito, insomma, mi sembra più chiaro… quindi non ti crucciare
e cita, cita pure!! (no tarzan, però…). Anche l’annosa diatriba su dove sia il
confine tra ironia e blasfemia continua a perplimermi. Vi prego di tenermi
aggiornata sempre sul vostro pensiero, affinché io possa eventualmente “correggere
il tiro”… Ringrazio onorata e commossa per tutto il resto. Grazie davvero, di
cuore!!
Londonlilyt: Ma no, tesoro mio adorato, lascia che l’Ormone
Fido corra libero per i campi, si rotoli nell’erica (lì in Inghilterra non ne
avete a bizzeffe?), a recuperare legnetti e tronchi di pino (per chi ha
orecchie per intendere… he he he!!). Infingarda che bel nome, somiglia un po’ a
Cunegonda, mia bisnonna paterna…. Quanta neve è rimasta per fare a pallate?
Lauraroberta87: Mia piccola palombella prussiana,
prima di tutto mi associo al tuoWIWA SAHID!, che se qualche musulmano passa di
qua magari ci faccio anche bella figura… e poi grazie perchè ogni tuo
intervento è spassosissimo, ci andrebbe fatto un libro a parte!! Ovviamente hai
beccato in pieno l’Elfie-pensiero… non avevo valutato la possibilità di
inserire un terzo bonazzo super nella storia sottoforma umana, questo a riprova
che sei sempre un gradino avanti a me! Ti voglio come consulente!!!
Levsky: Credo che ormai il
biondo-occhi-blu-sorriso-che-ammazza sia un po’ un mio marchio di fabbrica…
forse perché la mia massima aspirazione nella vita sarebbe incontrarne uno!! O
due, tre, insomma, mi accontento del minimo sindacale, ma se si potesse
strafare… e qui si ritorna al pullman destinazione Finlandia: ti vuoi aggregare
anche tu? Ma forse è meglio che finisci gli studi prima di traviarti, nipotina
adorata… pensaci e fammi sapere!!
Arianrhod: Sono davvero, davvero lusingata e felice
che anche questa storia, così “atipica” rispetto alle mie solite commedie
romantiche, sia comunque in grado di solleticare le tue corde!!! Grazie, dal
profondo del cuore: baci baci, alla prossima!!
Ellemyr: Mia tesora, le recensioni non sono d’obbligo,
sia chiaro, anche se cado in estasi mistica se mi arriva qualche vostra parole…
sapete quanto sono drogata di commenti, che siano anche battute o critiche
(anzi, aiutano a migliorare!!). Il pulmann pro savusilakka posso anche
affittarlo io, il problema è pagarlo… ah, se solo ci fossero davvero Teo e
Dieci come animatori, si raggranellerebbe sicuramente qualcosa, dici?
Krisma: Amore mio, non è che io preferisca i Demoni,
intendiamoci… se Raf è biondo ci sarà un motivo!! E’ che i demoni sono più
interessanti da caratterizzare, è quasi liberatorio fargli dire tutto quello
che passa per la testa (a te, ma con la loro bocca!!). Aspetto con ansia il tuo
ponderato giudizio, fiorellino…
Cicha: Mia cara, carissima guapa! Non posso
anticipare niente su Vlad: ogni cosa a suo tempo, e ormai manca davvero
pochissimo, quindi pazientate e sappiatemi dire cosa ne pensate del mio
demoniuccio… he he he! Il tuo Mezzo dovrebbe sapere parecchie cose a riguardo,
lo sai che mangiare borlenghi è un chiaro sintomo di infernalità, vero? Anche
se io sono più propensa all’Erbazzone… la mia morte cerebrale, haimè! E tu? La
salamina da sugo mi ha depistato… avrei detto Mantova, ma così potrebbe anche
essere pieno Piemonte… mah, illuminami!!!!!
ReaderNotViewer: Effettivamente, Giacinta ha proprio la
faccia da principe Carlo… come sei brava ad azzeccare le mie sfumature!! Mi
sorprendo sempre di come sia acuto il tuo occhio e di quanto tu riesca a
leggere, più di quanto io abbia scritto… non so se mi spiego! Sono sempre più
onorata e felice di sentirti qui, mia musa. A presto!!
MarzyPappy: Bene, bene, l’esame è passato, sei una
grande!! Su Vlad non commento, ormai manca pochissimo prima che possiate farvi
una vostra opinione e preferisco aspettarvi al varco… he he he!! Gino e nonna
Pat hanno sicuramente parecchi tratti in comune… ma non sono la stessa
persona!! Dovevo pur differenziarli in qualche modo. Perché non mi dici
qualcosa sulla tua tesi? Oppure metti su una testata giornalistica dell’Altro
Mondo, per vociferare di Raf e Vlad in pieno spetteguless? A presto!!
Tartis: Amore mio, datti pace… sono davvero felice di sapere che ci
tieni a commentare, anche io ci tengo a sapere che continui a leggere la
storia, perché mi piace pensare di essere un po’ parte della vita dei miei
lettori
Poi fummo dentro al soglio de la
porta
che 'l mal amor de l'anime disusa,
perché fa parer dritta la via torta,
sonando la senti' esser richiusa;
e s'io avesse li occhi vòlti ad essa,
qual fora stata al fallo degna scusa?
Dante Alighieri, La Divina Commedia Purgatorio, Canto X
Mezzogiorno meno dieci, piazza del Duomo a Modena. L’antica
costruzione in pietra del Duomo risplendeva gloriosa con a fianco la svettante torre
civica mentre Eva, Raf, Gino e Lorella raggiungevano cautamente un angolo della
piazza, ben attenti a non scoprirsi troppo e contemporaneamente a evitare gli
inopportuni e inevitabili piccioni. Incuneata tra due maestosi palazzi d’epoca,
una porticina marrone e scrostata, preceduta da tre scalini sbeccati, passava
del tutto inosservata agli ignari mortali. Lorella e Gino la guardavano
incuriositi mentre Eva evitava accuratamente di posarvi sopra lo sguardo. Chi
aveva un minimo di Vista, infatti, vedeva quella porta come una minacciosa
voragine spalancata intenta a risucchiare tutto ciò che la circondava: aria,
luce, suoni… un terrificante buco nero, una ridacchiante bocca sdentata aperta
sul nulla assoluto, l’inizio di ogni possibile orrore. L’Anticamera
dell’Inferno.
Nessun Demone li aveva seguiti ed Eva era un pochino più
tranquilla, anche se l’istinto le diceva che il pericolo era sempre lì, ai
margini della sua percezione e che quindi non poteva abbassare la guardia. Come
se ne avesse mai avuta l’intenzione, con quello che stava per succedere!
Eppure, Eva era lo stesso tranquilla, quasi… sì, quasi ottimista. Merito di un
certo Arcangelo biondo dagli occhi blu, pensò con una punta di vergognosa
debolezza.
Gino e Lorella avevano dormito fin quasi alle undici mentre
Eva e Raf avevano parlottato per tutta la notte seduti al tavolo sgangherato
della cucina di Gino: superfluità del sonno, piccolo effetto collaterale
dell’essere Ultraterreno. Strano che così tante ore fossero volate via in un
lampo, ma con Raf, meditò Eva estraniandosi per un attimo dalla situazione,
andava sempre così. La sua anima pura catturava, invaghiva, avvolgeva il cuore
in un bozzolo protetto di luce e di amore. Per lei quella dolcezza ritrovata
era stata quasi dolorosa: era passato così tanto tempo… in un attimo era
tornata ai suoi dodici anni e al suo amore, inutile e totale, per il
bell’Arcangelo biondo che tanto la amava e lo stesso tanto la ignorava. Tra Eva
e Raffaele c’era un’alchimia potente, era impossibile negarlo. Qualcosa che
andava al di là della comprensione umana e che non aveva niente a che fare col
Triumviro. Raf, Eva lo sapeva, provava per lei un bene incommensurabile, da
Angelo. Un bene completamente inutile per una creatura così diametralmente
diversa, pur essendo così simile. Perché loro due erano davvero diversi e
simili, come lo sono le parole amore e desiderio. Sbirciando l’Arcangelo di
sottecchi, Eva ammise che anche lei amava Raf; ma il suo era come lei stessa,
un amore spurio, intriso di terrena violenza. E per quanto Eva si sforzasse di
non sporcare il sentimento puro che provava per Raf, sentiva lo stesso sempre
addosso una brama feroce, un desiderio di lui che pesava in ogni suo gesto, in
ogni respiro. Inevitabile, devastante, lacerante. Impossibile pensare a un modo
per evitare tutto quello. Ma non voleva pensarci: non lì, non in quel momento,
non con le vite di Lorella e Gino sul palmo della mano...
Non a pochi metri da Vlad.
Raf, ignaro e innocente come sempre, stava spiegando
dov’erano a Lorella con la sua meravigliosa voce.
“L’Anticamera dell’Inferno è esattamente quello che dice di
essere, e cioè l’Anticamera dell’Inferno. Esiste a Modena un’identica
Anticamera del Paradiso, ma questa è un’altra storia… dall’Anticamera,
comunque, si accede al Nodo.”
“Diciamo che questo è un posto di ritrovo a mezza via”
terminò Gino rapidamente “Per scendere non c’è problema, si è accolti con
calore tra le fiamme infernali. Risalire, invece, è un pelino più difficoltoso;
decisamente impossibile per le anime bischere degli umani. I pezzi grossi,
invece, possono farlo: ci vogliono le autorizzazioni giuste, richiesta in carta
da bollo eccetera eccetera… ma si può fare.”
“E Vlad verrà qui?” domandò Lorella incerta: sbirciò
guardinga la porta, come se si aspettasse da un momento all’altro di vederla
esplodere sotto un’orda infuocata di Demoni.
“Se il morto di ieri sera gli ha riferito il messaggio…”
sospirò Raf.
“Se ha fatto il suo lavoro e non era in giro a cazzeggiare…”
mugugnò Gino serafico.
“Se ha voglia di farsi due risate alle mie spalle.” borbottò
Eva lugubremente.
“E non c’era altro modo?” pigolò Lorella.
Nessuno rispose perché un altro modo non c’era: rivolgersi a
Cornelia nemmeno a parlarne e Cornelia era l’unico contatto autorizzato. Altri
contatti non autorizzati erano spariti come neve al sole. Come dire, la ferrea
regola terrestre che più sei nei guai più te ne capitano addosso era
chiaramente valida anche nel mondo Ultraterreno.
“Ma secondo voi verrà?” continuò Lorella impaziente “E’ già
mezzogiorno…”
Si girò a guardare l’orologio della torre civica in Piazza
Grande che batteva inesorabile l’ora.
“Vlad non si cura molto di essere puntuale.” tentò Raf
incoraggiante.
“Non si cura nemmeno di fare lo stronzo e non venire.”
precisò Gino pessimista.
“Insomma, non verrà.” concluse Lorella scoraggiata.
Silenzio: nessuno osava dire la verità, e cioè che era
impensabile fare affidamento su un Demone del calibro di Vlad.
“Non è detto” buttò lì Gino alla fine “I Demoni sono curiosi
e Vlad non vede Eva da un sacco di tempo. Anche solo per curiosità, io dico che
una capatina ai Piani Alti potrebbe farla.”
“E a quel punto, Eva non deve far altro che convincerlo ad
aiutarci.” sorrise radioso Raf, come se prospettasse la cosa più semplice del
mondo.
“Facile!” sbuffò Eva corrucciandosi; era quasi sollevata al
pensiero di non dover avere a che fare con Vlad.
E poi, senza nessun preavviso, la sentì: una corrente,
delicata e fredda come uno sbuffo di aria artica in pieno Equatore.
“Eva.” le alitò una voce nella testa e la ragazza sobbalzò.
Fu come uno schiaffo, anzi, come una scudisciata: un misto
di rabbia, panico e dolore che attanagliò le viscere e che spazzò via il fiacco
buonumore infusole da Raf.
Vlad, pensò immediatamente Eva con lo stomaco in subbuglio.
Era venuto e la stava chiamando. Come accorgendosi del suo cambio di umore, Raf
le fu immediatamente vicino.
“Eva?” domandò premuroso “C’è qualcosa che non va?”
Eva deglutì a secco, irritata dal fatto di essere agitata
molto più di quanto si sarebbe mai concessa normalmente.
“Vlad” rispose infine in tono monocorde “E’ lì dentro.”
Gino emise un fischio basso e greve e Lorella scoppiò in un
singhiozzo a metà tra il sollevato e il terrorizzato; Raf invece non smise
nemmeno per un secondo di fissare i suoi placidi occhi azzurri su Eva,
sorridendo sereno.
“Bene” disse infine con un radioso sorriso “Molto bene. Ora,
devi solo entrare e convincerlo ad aiutarci.”
Eva annuì, ben conscia del suo cuore che pulsava come un
martello di carne nel petto.
“Certo” gracidò con la bocca secchissima “Un giochetto da
ragazzi.”
Bastò la rigidità delle sue spalle per far capire a Raf la
sua tensione: premuroso come al solito, l’abbracciò delicatamente, infondendole
insieme tanto consolante refrigerio quanto feroce fuoco di desiderio.
“Andrà tutto bene, piccola” le mormorò all’orecchio
alitandole addosso il suo profumo paradisiaco “Ricordati del Triumviro. E
comunque finché sono qui io, non ti capiterà niente di male.”
Eva chiuse per un attimo gli occhi, abbandonandosi tra le sue
braccia: come avrebbe voluto, Dio, come avrebbe voluto poter stare lì per
sempre, contro quel petto solido, con i capelli biondi di Raf a solleticarle la
fronte e il suo profumo tutto intorno, sul viso, nelle narici, addosso…
addosso.
Fu un secondo, ma Raf intuì lo stesso il cambio di atmosfera
e le sue mani furono sulle spalle di Eva per allontanarla prima ancora che lei
potesse rendersene conto. Defraudata dal suo tiepido rifugio, Eva riaprì gli
occhi, sbattendo incerta le palpebre. Raf la fissava, dolente e bellissimo
tanto da spezzare il cuore. Si guardarono a lungo, senza barriere, quasi
indifesi.
“Raf, oh, Raf” dicevano le pupille nere e arrabbiate
di Eva “Perché non puoi amarmi?”
“Eva, oh, Eva” rispondevano quelle terse e placide
dell’Angelo “Io ti amo con tutto me stesso… ma non come vorresti tu.”
“Allora?” spezzò l’incanto la voce impaziente di Gino “Ti
muovi o devo prepararmi la branda per la notte?”
Raf distolse lo sguardo ed Eva rizzò le spalle. Lorella,
ancora immobile, aveva gli occhi più lucidi e angosciati che mai.
“Ok” sentenziò Eva senza pensarci troppo su: il cuore le
faceva ancora male dopo l’abbraccio di Raf e la prospettiva di finire arrostita
da un Demone dell’Inferno non le sembrava poi così terribile, a confronto.
“Sicura che non possiamo venire con te?” pigolò Lorella con
gli occhi brillanti di lacrime.
“Nein” sbuffò Gino “Accesso negato per Umani, Angeli, Mezzi
Angeli, animali, vegetali, insomma, qualsiasi cosa che non sia infernale. La
bambolina deve andare sola.”
Ammiccò all’indirizzo di Eva, come a darle conforto, poi si
scostò dalla sbeccata porta marrone lasciando campo libero.
“Buona fortuna.” pigolò Lorella prima di scoppiare in
accorati singhiozzi.
Piagnona isterica, pensò Eva alzando gli occhi al cielo
quasi con indulgenza. Per lo meno non tentò di abbracciarla, e questo fu un bel
sollievo. Annuì a Lorella e si girò a guardare Gino con aria interrogativa.
“Muoviti e riporta il culo qua fuori alla svelta.” sbuffò
lui, imperturbabile e finalmente Eva si sentì meglio.
“Se ci lascio le penne, la mia collezione di stuzzicadenti è
tua.” dichiarò solennemente.
Gino le mostrò il dito medio e le sorrise, ricambiato: poi
Eva, non osando guardare di nuovo Raf, si avvicinò di un passo alla porta,
inspirando a fondo. Iniziò un complicato rito di preparazione psicologica,
frutto di anni e anni di doloroso apprendimento: escluse dal suo campo visivo
tutti, focalizzando l’attenzione su ciò che doveva fare.
“Eva” la chiamò ancora una voce nella sua testa,
insistente “Vieni.”
Irritata, Eva interruppe la meditazione per accorgersi che
il suo cuore aveva accelerato i battiti. Che cosa stupida e ridicola: così si
rendeva solo più vulnerabile e Vlad se ne sarebbe accorto prima ancora di
guardarla. Il che equivaleva a sventolare un drappo rosso davanti a un toro
infuriato: qualsiasi Demone, e Vlad più di tutti, se stuzzicato dalla sua
debolezza, non avrebbe mancato di scatenare tutto il suo potere contro di lei.
Remotamente, Eva pregò davvero che la protezione del Triumviro fosse più forte
di lei: di tutti i maledetti Demoni dell’Inferno, i Lussuriosi erano quelli
verso cui si sentiva più debole e, di tutti i Lussuriosi, Vlad era certamente
il più dotato.
“Eva” sentì di nuovo dietro le orecchie, come a
confermare i suoi sospetti “Vieni da me.”
La voce era velluto che scendeva come una scandalosa carezza
dalle orecchie ai lombi. Eva ebbe finalmente paura: inspirò ed espirò,
liberando la mente, concentrandosi su se stessa, cercando il più possibile di
escludere il battito del suo cuore dalla coscienza. Infine aprì la porta con
una spinta secca, entrando con passo elastico e deciso.
*
* *
L’Anticamera dell’Inferno: un orribile miasma di cattiveria,
orrore e decadenza quasi permeava con una patina untuosa le pareti di
quell’anonimo corridoio buio e fumoso. Era come se qualcosa di maligno
assorbisse l’anima a ogni passo, succhiando via la speranza e lasciando solo
cupa e dilagante angoscia. Un paio di persone, Demoni nemmeno troppo camuffati
da Umani, passarono rasenti a Eva fingendo di ignorarla. La ragazza rimase
ferma all’inizio del corridoio che sembrava angosciosamente corto: troppo
angosciosamente corto per lei che aveva bisogno di tempo e spazio per adeguarsi
all’idea di essere lì. Dopo i primi due passi all’interno dell’Anticamera, il
petto si era stretto in una morsa infuocata e il respiro era schizzato fuori
dai polmoni dolorosamente mentre la sua parte angelica gridava tormentata da
quell’odore, quel sapore di putrefazione e dall’odio che aleggiava tutto
intorno, come gli effluvi di un veleno mefitico. Era una sensazione terribile,
come essere violentati a fuoco: Eva chiuse gli occhi e si concentrò per
relegare l’Angelo in lei nei recessi più profondi del suo inconscio. Era
un’operazione dolorosa e difficilissima che richiedeva uno sforzo quasi
impossibile. E nonostante fosse la migliore Sanguemisto in circolazione, anni
di allenamento non bastavano mai per sopportare quel peso, quella nausea,
quello schifo: dopo lunghi attimi di lotta furiosa, l’oppressione al petto si
placò un poco ed Eva poté finalmente riprendere a respirare. Incerta, fece
pochi passi ignorando un Demone che le sussurrava oscenità passandole vicino:
si incamminò nel buio lasciandosi alle spalle il corridoio e addentrandosi
nelle viscere del Nodo. La testa le batteva furiosamente, come se un martello
imbottito tentasse a ogni passo di fracassarle il cranio; il sudore le
imperlava il labbro superiore e ondate di freddo diaccio si susseguivano a
vampate di calore indescrivibile. Su tutto, una voce carezzevole e contemporaneamente
malvagia, gelida e nota, terrificante e quasi dimenticata. La voce di Vlad.
“Eva, vieni da me”
Così vicina. Trionfante. Sicura. Minacciosa.
Quasi all’improvviso, Eva si trovò davanti a una porta
piccola e sgangherata come quella dell’ingresso. E, come quella dell’ingresso,
sembrava pulsare di vita propria, come un tumore maligno annidato nel muro. Al
di là della porta c’era l’essenza stessa del male. Eva lo sentiva respirare,
dietro la nuca e sulla faccia. Era dappertutto. Era sopra, sotto, dentro di
lei; era Vlad.
“Eva. Entra.”
Senza pensare, senza sentire più niente, lottando contro le
grida assordanti dell’Angelo in lei che la supplicava di fuggire e di liberarla
da quella tortura demoniaca, Eva prese un tremulo respiro e con un gesto secco
spinse la porta per entrare all’Inferno.
*
* *
Eva aveva passato anni interi gomito a gomito col suo tutore
infernale; l’aveva odiato, amato, subito, vissuto sottopelle. Ma benché
custodisse nell’inconscio centinaia di immagini di loro due insieme, Eva si
rese conto di non ricordare affatto com’era Vlad. Probabilmente aveva rimosso
il suo ricordo per poter sopravvivere senza di lui: nonostante tutto, Vlad era
una parte di lei stessa, e per quanto odiasse quella sensazione, lui era le era
necessario tanto quanto Raf. Eppure, non pensava di essere ancora così
vulnerabile nei suoi confronti. Per disgrazia o per fortuna, Vlad aveva deciso
di manifestarsi sotto le spoglie mortali che lei conosceva bene e non le fu
difficile identificarlo immediatamente; e lo stesso l’essenza di Vlad le arrivò
addosso con la potenza di un treno merci, facendola quasi vacillare. Rimanere
dritta e con lo sguardo fermo le costò lo sforzo più pesante di tutta la sua
vita… miracolosamente, ci riuscì mentre lente spire di calore le avviluppavano
le caviglie, il collo, i polsi: sentì lo sguardo di Vlad scivolarle addosso e
immediatamente il cuore cominciò a battere impazzito, come trafitto da una
puntura di adrenalina.
“Eva.” sospirò una voce dalla penombra; era dolce ma al
contempo beffarda, morbida e intrigante come uno schiaffo dato con un guanto di
velluto.
“Ciao, Vlad.” disse quando fu certa di poter parlare senza
far tremare la voce.
Arrischiò un’occhiata: una figura alta e slanciata era
semisdraiata su un divanetto in mezzo a due ragazze di una bellezza
incredibile, una bionda e una bruna. Indossava vistosi pantaloni di pitone
sotto a una camicia di seta nera negligentemente aperta sul petto e teneva le
braccia mollemente adagiate sulle spalle delle due ragazze che lo accarezzavano
lascive dovunque arrivassero con le mani. I suoi capelli, rossi e ondulati, si
arricciavano sul collo in morbidi riccioli, in perfetta sintonia con la pelle
abbronzata in una calda tonalità dorata. Il suo viso aguzzo, nitido, seducente,
era un ammaliante abbozzo di angoli acuti e malizia. Era un Demonio in tutto e
per tutto, pensò Eva fuggevolmente, così esageratamente sensuale da togliere il
fiato: e la guardava, la guardava fisso con due incredibili occhi color topazio
che le bruciavano addosso come fuoco sacro.
“Che scena” commentò Eva asciutta tenendo gli occhi ben
lontani dai suoi “Sembri il conduttore di un talk show tra le sue vallette.”
Vlad sogghignò, perfettamente a suo agio in quella posizione
vagamente scandalosa.
“Sempre la battuta pronta, eh?” disse poi facendo un
leggerissimo cenno della mano: con la coda dell’occhio, Eva vide delle ombre
tentennare e allontanarsi guardinghe. Demoni a guardia del corpo mortale nuovo
di zecca del loro capo, pensò fuggevolmente, e l’ironia della cosa per poco non
la fece scoppiare a ridere.
“Che meravigliosa sorpresa” continuò Vlad sempre con quel
tono salottiero e beffardo “Avevo perso così tragicamente le tue tracce che
credevo non ci saremmo mai più rivisti.”
“Davvero non ti sono arrivate le mie cartoline?”
Una risatina chioccia e morbida le arrivò quasi di spalle,
rotolando dietro le orecchie come una carezza di vento.
“Non sei cambiata di una virgola, scimmietta.” sospirò la
voce affettuosamente e Eva sentì distintamente rizzarsi tutti i peli del corpo.
Le stava rovesciando addosso il suo potere, intuì con rabbia
mentre il cuore le balzava in gola pulsando come un pistone impazzito; sentire
i suoi occhi addosso era come immergersi in una vasca di miele tiepido e
contemporaneamente ricevere uno schiaffo in faccia. Si costrinse a non
guardarlo alzando ostinatamente il mento: sapeva bene cos’era capace di fare un
Lussurioso se gli si dava libero accesso alla mente.
“Vlad” rispose in tono monocorde puntando gli occhi sul
colletto della camicia aperta sul petto “Capisco che ti sto chiedendo molto, ma
saresti così gentile da piantarla di vomitarmi addosso la tua deliziosa essenza
demoniaca? Ti devo parlare.”
Il Demone non si scompose di un millimetro: con uno sghembo
sorrisetto ammirato, levò delicatamente le braccia dalle spalle delle ragazze
che si defilarono così velocemente da sembrare ologrammi bruscamente spenti da
un interruttore; poi, accavallò le gambe scivolando appena più giù dal divano e
le sorrise in una maniera che le tolse il respiro.
“E perché dovrei farlo?” domandò poi allegramente “Sono un
Lussurioso, è mio dovere cercare di far cadere tutti in tentazione. E tu sei
diventata… davvero tentabile, scimmietta mia.”
I suoi occhi addosso erano una vera e propria tortura cinese.
Eva strinse i pugni fino a conficcarsi le unghie nei palmi.
“Non sono la tua scimmietta” ringhiò sbattendo forte le
ciglia per snebbiare la mente “E non sono qui per ucciderti, tanto meno per
farmi uccidere. Devo parlarti: ho bisogno di aiuto.”
Ci fu un attimo di attonito silenzio in cui quasi sembrò che
lo avesse colto di sorpresa; poi Vlad rovesciò la testa all’indietro e scoppiò
in una allegra risata cristallina. Eva arrischiò un’occhiata e venne quasi
abbagliata dallo scintillio di un diamante incastonato nell’incisivo della sua
dentatura perfetta.
“Oh, cielo!” esclamò Vlad garrulo dopo essersi asciugato gli
occhi lacrimanti divertimento “La mia piccola scimmietta che torna all’ovile a
chiedere aiuto! Questa scena ti giuro, l’avevo sognata ma mai e poi mai avrei
pensato di vederla succedere sul serio.”
Eva tenne gli occhi bassi mentre un cocente senso di
vergogna e frustrazione le invadeva le viscere.
“Beh, invece è successo” sentenziò infine con voce piatta
“Ora, puoi piantarla di tentare di mandarmi a fuoco e ascoltarmi?”
“Ogni tuo desiderio è un ordine.” mormorò vellutato Vlad
inarcando elegantemente un sopracciglio, ma Eva sentì solo intensificarsi la
potenza del suo assalto e aggrottò le sopracciglia irritata quando le mani
cominciarono a sudarle copiosamente.
“Sei sempre il solito stronzo.” ringhiò tra i denti e Vlad
ridacchiò di nuovo con aria assolutamente golosa e provocante.
“E tu sei sempre la più adorabile delle vergini” rispose
sornione come un gatto che fa le fusa, poi fece un cenno ironico verso una
poltroncina di fronte a lui “Vieni a sederti qui e non aver paura: sento che
hai sempre la protezione del Triumviro dalla tua, quindi non devi temere niente
da me, giusto?”
Come no, pensò affannata Eva, trattenendo a stento
l’impulso di allacciarsi l’impermeabile fin sotto il mento; dignitosamente andò
a sedersi, sentendosi sempre peggio a ogni maledetto centimetro che si
avvicinava a lui.
“Coraggio, racconta tutto a papà Vlad, amore mio” sospirò
Vlad con voce chioccia quando lei si fu seduta sul bordo della sedia “Prima
però posso dirti quanto sono felice di rivederti?”
“No” rispose immediatamente Eva, annaspando per recuperare
il proprio sangue freddo.
“Dopo così tanto tempo” proseguì Vlad imperterrito sempre
con quel tono di voce dolceamaro “Non sai che sorpresa ricevere il tuo
messaggio. Ovviamente, sapevi che sarei venuto subito, vero? Ma mi hai dato
poco preavviso, avrei potuto prepararmi meglio.”
“Con un bazooka?” ironizzò Eva e Vlad sorrise, ammiccando
allegramente.
“Via, sciocchina” chiocciò sbattendo le ciglia “Non sono
così vendicativo. Non con te, almeno. La mia adorata pupilla! Dovevo
assolutamente vedere coi miei occhi quanto sei… cresciuta.”
Il suo sguardo la percorse tutta con un’intensità così
fisica che Eva dovette far violenza a se stessa per non rabbrividire.
“Ieri una decina di Demoni hanno cercato di farmi fuori.”
disse velocemente in tono piatto cercando di distrarlo.
Vlad non fece una piega.
“A quanto pare non ci sono riusciti, visto che ci siamo incontrati
qui e non nel mio ufficio al piano di Sotto.” commentò solo amabilmente.
“Fonti certe affermano che qualcuno mi vuole male, giù dalle
tue parti. Qualcuno di molto, molto altolocato.”
“Davvero?” domandò Vlad inarcando le sopracciglia con
indolenza “A chi hai pestato i piedi, scimmietta?”
Eva aspettò di avere la sua completa (e arrogante)
attenzione prima di rispondere.
“Pare che l’ordine sia arrivato direttamente da te.”
Vlad non sprecò nemmeno un gesto di sorpresa.
“Davvero.” disse di nuovo, con voce appena più
fredda.
“Così si dice in giro.” confermò brevemente Eva, e lo
sguardo le scappò negli occhi cangianti e luminosi di Vlad.
Fu un errore: il suo cuore riprese a percuoterle
scioccamente il petto come una farfalla impazzita chiusa in un barattolo;
allora spostò velocemente lo sguardo più giù, sul torace mirabilmente delineato
dell’uomo. Ancora peggio. Merda, pensò Eva irritata, chissà quanti
feromoni sto spandendo in giro! Quel disgraziato si starà sbellicando dalle
risate…
“Niente risate” mormorò Vlad come se lei avesse parlato a
voce alta “Sentirti eccitata non è divertente. E’ un sacco di cose
interessanti, ma divertente no, non direi.”
“Perché vuoi uccidermi?” sferzò Eva facendo violenza su se
stessa: non poteva permettere a Vlad di condurre quel suo maledetto gioco della
seduzione.
Vlad non fece una piega, dondolando pigramente il piede
calzato in ottime scarpe di pelle.
“Scimmietta mia, tu mi ferisci” sogghignò sbattendo le
ciglia “Io non ho nessuna intenzione di ucciderti.”
“Sì, e Madre Teresa di Calcutta ti fa da vicecuoca nel
girone dei Lussuriosi.” berciò Eva scettica.
Vlad ammiccò mentre un lento sorriso sornione gli stirava le
labbra.
“E va bene” cedette di buon umore “Diciamo che è un pezzo
che medito di ucciderti. Ma per mano mia, lentamente e dolorosamente. E da
vicino… così vicino da poterti baciare mentre muori.”
Ammiccò ed Eva si sentì gelare il sangue nelle vene.
“Cosa che il Triumviro non ti permette di fare.” gli ricordò
poi rapidamente e per la prima volta il sorriso di Vlad si spense. Eva
rabbrividì, come se si fosse di colpo spento il sole.
“Pensi davvero che il Triumviro basti a tenermi lontano da
te?” domandò Vlad con voce molto gentile.
Era agghiacciante: Eva si sforzò di non rabbrividire ma la
pelle della schiena le si era accapponata dal terrore.
“Io non credo che sia stato tu a sguinzagliarmi dietro i
Demoni” glissò fissando con attenzione un punto indefinito dietro a Vlad “Ma
qualcuno è stato di sicuro, e quel qualcuno è potente, molto potente.”
Vlad non smise un attimo di fissarla ma tornò a sorridere
affabile e malizioso.
“Quindi che ci facciamo qui?” domandò con sublime leggerezza
“Se non hai un valido motivo per avermi chiamato dall’Inferno, potrei anche
pensare che avevi voglia di vedermi.”
Le strizzò l’occhio irriverente e a Eva vennero le
vertigini.
“Tu puoi scoprire chi mi vuole morta” sferzò bruscamente
“Devi dirmi chi è.”
Vlad si limitò a inarcare un sopracciglio: congiunse le mani
davanti alla faccia con aria leziosa e gli occhi di Eva caddero sulle sue lunghe
dita eleganti. Remotamente, si chiese come riuscissero a essere anche quelle
scandalosamente sensuali pur rimanendo pressoché immobili.
“Se non ho capito male” mormorò lui con aria semiseria “Tu
vuoi che io ti aiuti.”
Eva arrossì.
“Sì.”
“Insomma… stai proprio chiedendo il mio aiuto, non è così?”
“Sì.”
“Dopo aver cercato di uccidermi… uccidere me, Vlad!”
“Che sei, sordo? Ho detto di sì. Non mi posso umiliare più
di così, va bene?”
Vlad rimase in silenzio e a Eva ci volle tutto il suo coraggio
per rimanere a capo ritto davanti a lui, come in attesa della sua sentenza di
morte.
“Sai, sono davvero orgoglioso della tua faccia tosta.”
commentò poi Vlad con voce ammirata.
“Mi aiuterai?”
“E’ davvero notevole come tu riesca a mantenere intatta quella
deliziosa faccetta arrogante, nonostante tutto. Nessuno osa parlare così a un
Demone Capitale come me senza venire immediatamente incenerito.”
“Vlad.”
“Sai che se non ci fosse il Triumviro ti avrei già strappato
il cuore dal petto?” proseguì imperterrito Vlad con voce quasi dolce “Sai che
adesso me lo starei mangiando, ancora tiepido e pulsante, mentre tu urleresti
di dolore rotolando ai miei piedi… adesso e per sempre?”
Eva riuscì chissà come a non muovere un muscolo: con la sua
bella faccia impassibile, alzò lentamente gli occhi sul Demone e incontrò due
brucianti pietre oblique agitate di furia rabbiosa. Si conficcò dolorosamente
le unghie nei palmi e sostenne il suo sguardo, ingaggiando con se stessa una
lotta senza precedenti ma riuscendo comunque a non cedere.
“Mi aiuterai?” domandò ancora e la sua voce era appena
appena roca.
Vlad la guardò a lungo, massacrandole l’anima con tutta la
sua potenza infernale: poi bruscamente, quasi a malincuore, si alzò in piedi
con un movimento fluido e leggiadro, girandole misericordiosamente le spalle.
“No” rispose con voce stranamente piatta “Ora sparisci, che
ho da fare.”
Sgravata improvvisamente dal fuoco del suo sguardo, Eva
iniziò ad ansimare rapidamente, incredula: si sentiva come se di colpo fosse
uscita da un forno crematorio e la sua pelle febbricitante ringraziava l’aria
che ne leniva il bruciore residuo, ma non le sfuggì il senso della risposta del
Demone.
“Vlad” gracidò con voce malferma “Te lo chiedo per favore.”
Il Demone si girò di mezzo profilo ed Eva poté scorgere il
sorriso beffardo che gli piegava l’angolo della bocca.
“Oh, beh, se me lo chiedi per favore, allora cambia tutto!
Fammi pensare, come posso dirtelo… Uhm, no?”
“Vlad.”
Il Demone si girò di nuovo a braccia incrociate e con un
sorriso birichino a fargli scintillare il diamante sull’incisivo.
“Potresti provare a convincermi” la blandì malizioso “Ho
visto che hai sviluppato delle… ottime argomentazioni.”
Le guardò il seno così intensamente che mancò un pelo che
Eva incrociasse pudicamente le braccia sul petto.
“Devo supplicarti e strisciare?” chiese invece con voce
atona “Lo faccio, se è necessario.”
Vlad inarcò un sopracciglio invitandola con una mano a
proseguire ed Eva, con un enorme sforzo di volontà, si mise in ginocchio
davanti a lui.
“Ti prego” mormorò con la gola riarsa da una secchezza amara
“Aiutami, Vlad.”
Vlad le si avvicinò di un passo ondeggiando provocante il
bacino, così vicino che volendo poteva sfiorarla: il viso di Eva era
all’altezza del suo inguine e la ragazza si ficcò di nuovo le unghie nei palmi
per trovare la forza di rimanere con lo sguardo alzato fisso sul suo viso.
“Oh, che posizione promettente” mormorò il Demone con gli
occhi scintillanti “Lascia che te lo dica, scimmietta, sono ufficialmente
eccitato.”
Eva non batté ciglio anche se i pantaloni pitonati di Vlad a
pochi centimetri dal suo naso contenevano a malapena il chiaro segno del suo
apprezzamento. La cosa la inorridiva e la riempiva contemporaneamente di una
violenta e involontaria eccitazione.
“Sono in ginocchio davanti a te e ti sto chiedendo per
favore di aiutarmi” scandì lentamente e a fatica “Mai avrei pensato di riuscire
a farlo… ma sono qui. Per favore, Vlad, aiutami.”
Il sorriso di Vlad rimaneva saldamente beffardo mentre i
suoi occhi scintillavano di gialla perfidia.
“E cos’altro sei disposta a fare per ottenere il mio aiuto?”
gorgogliò provocante “Coraggio, proponi: lo sappiamo entrambi che cosa voglio.”
Eva lo sapeva. Oh, se lo sapeva. D’un tratto si sentì male,
come se qualcuno le avesse dato un calcio alla bocca dello stomaco.
“Vlad, non posso, e tu lo sai.”
sentenziò subito con decisione.
“Davvero” sorrise Vlad
perfidamente “Beh, sei stata tu a dire che eri disposta a tutto…”
Le lanciò uno sguardo traverso
che Eva sostenne muta con rabbia repressa.
“Il fatto è che riesco a sentire
la tua vera risposta” la informò allora Vlad, con voce quasi piatta e
impersonale “Sento l’odore della tua pelle e sento che se concedessi a te
stessa l’idea di pensarci…”
Lasciò la frase in sospeso,
limitandosi a guardarla con esplicito desiderio, squassandola così con un
milione di brividi lungo la schiena.
“Sei un bastardo pervertito e
stronzo.” non riuscì a trattenersi Eva, con rabbia.
“Sembro quasi un diavolo
tentatore” sogghignò Vlad di ottimo umore “Dai, Eva, rifletti: non sei stanca
di portare quel peso? Sempre in mezzo, né di qua né di là… non sei stufa di non
essere né carne né pesce? Non avere nessuno, ma proprio nessuno che ti possa
accettare per quello che sei?”
“Nessuno, proprio nessuno…”
Eva pensò a Raf e ai suoi occhi
turchini.
“Non posso.” ribadì con
convinzione.
Per un attimo lo sguardo di Vlad
divenne incandescente ed Eva intuì che aveva capito a chi stava pensando.
Valutò che il Demone forse l’avrebbe uccisa davvero, Triumviro o no, o che avrebbe
sputato fiamme dal naso. Invece Vlad si contenne e le girò nuovamente le spalle
con somma alterigia.
“Come vuoi tu. Ciao ciao,
scimmietta, stammi bene. E salutami quella checca del tuo amichetto alato.”
Era un no definitivo: la potente
alchimia tra lei e Vlad registrava anche le minime sfumature ed Eva era in
grado di riconoscere una battaglia persa in partenza. Le sembrava di avere un
peso incandescente sulle spalle: si era umiliata come mai avrebbe permesso a se
stessa di fare, Vlad lo sapeva bene e se nemmeno così aveva ceduto, allora non
lo avrebbe fatto mai. A meno che…
“E va bene” rispose spiccia Eva
alzandosi in piedi: non voleva nemmeno prendere in considerazione l’idea
“Addio, stronzo.”
“Non addio ma arrivederci”
sospirò Vlad con sommo disinteresse, sempre a spalle girate “Lo sai che quando
ti ammazzeranno ci rivedremo di Sotto, no?”
“Un giorno sarai tu a strisciare
ai miei piedi per chiedere il mio aiuto” ribatté Eva con livore “Inutile dire
che saprai già la risposta.”
Vlad si girò a sorriderle,
scintillante malizia.
“Non sei mai stata una brava
profeta” le ricordò indolente “Avevi anche giurato e spergiurato che non ci
saremmo mai più rivisti, e invece eccoci qua.”
Eva rinunciò al diritto di
replica: si girò di scatto e fece per marciare via, ma così facendo abbassò
involontariamente la guardia e prima che potesse rendersene conto si trovò Vlad
vicino.
Troppo pericolosamente vicino.
Eva smise di respirare e Vlad fece un gesto rapido, quasi delicato: il dorso
liscio della sua mano le carezzò la guancia, incendiandola con mille aghi
roventi.
“Ci vediamo, scimmietta.” le
mormorò nell’orecchio con lasciva dolcezza.
C’era qualcosa nella sua voce:
una sorta di malinconico rimpianto che la sconvolse anche di più
dell’esplicita, elementare sensualità che lo accompagnava. Non si permise
un’ultima occhiata: temeva troppo quello che avrebbe visto. Scappò via
letteralmente, lungo il corridoio e verso la luce, lontano dalla tenebra e
lontano da Vlad, come da sempre faceva e sempre avrebbe fatto… nei secoli dei
secoli, amen.
NOTE DELL’AUTRICE:
Tartis: Amore mio, datti pace… sono davvero felice di
sapere che ci tieni a commentare, anche io ci tengo a sapere che continui a
leggere la storia, perché mi piace pensare di essere un po’ parte della vita
dei miei lettori. Basta un salutino ogni tanto e io sono già a posto!! Bacioni
appassionati anche a te, dolcezza, a presto!!
Chamelion: Buongiorno, splendore!! Ma che bello
leggere le tue recensioni… sono inebrianti, ecco la parola giusta. Così scritte
bene, così ponderate, così maledettamente “giuste” nella forma e nel contenuto.
Che braFa che sei!! L’unica che ha colto il riferimento a “Streghe”… il potere
del trio, certo che l’ho scopiazzato da lì, da dove sennò? Per quanto riguarda
le battute… non le sogno di notte, le faccio durante il giorno. Sì, ho detto
faccio: mi escono così, spontanei come brufoli purulenti, non è incredibile?
Ebbene sì, mi rendo conto che lo stile di questa storia è “visivo”. Anche per
“The Runners” è stato lo stesso… forse perché sono storie d’azione e in quel
caso “vedo” quindi scrivo più che in altri frangenti. Non è che lo faccio
apposta, è proprio che mi viene così… è grave? Mi ami lo stesso?
Beneduc: Mia carissima nuova lettrice!! Immagino che
tu sia una lei dal commento su Raf… oddio, non che sia matematico, ma insomma…
beh, che dire, sono davvero lusingata e felice di sapere che le mie storie ti
sono piaciute… continua a scrivere, voglio sapere cosa ne pensi di Vlad!!! Baci
baci baci
Fante: Carissimo!!! Oddio, arrivata a Chuck Norris
tra un po’ mi affogo mentre sghignazzo e ingurgito contemporaneamente il mio
yogurt mattutino… ma come ti vengono certe battute?!?! Devo ammettere che
l’idea di fare da Virgilio mi intriga molto… adoro i travestimenti! Anche se
Caronte non lo batte nessuno, ha anche il remo in mano… non so se sono più
carina di Virgilio: penso di andare a momenti. Con la giusta angolatura di
ripresa, qualità di luce, make up e strizzata in una guaina 800 denari credo
che sarei meglio, sì, lo credo davvero… Concludo con una genuflessione di
ringraziamento, accorata e sincera: genio… sadismo… che belle parole!! Sei
troppo buono…
Ellemyr: Mia dolcezza!! Non dire che in questo
periodo sei svampita… io è un po’ che ti vedo distratta e sognante, direi da
quando ti conosco e sinceramente pensavo che tu fossi proprio così. Ti amavo
tanto lo stesso, come se fossi normale, sai? Quindi sono rimasta un po’
sorpresa nell’intuire che a volte sei più presente (he he he)… spero comunque
che tu qui con me continui a essere quella di sempre, altrimenti non ti
capisco… amour, il tour in terra di savusilakke, quando lo organizziamo!?!? Teo
e Dieci sono impegnati, lo sai, ma ci sono tanti biondi a questo mondo, alcuni
anche reali in carne e ossa. Riusciamo a racimolarne un paio per il pullman?
Datti da fare, cerca, indaga….
Levsky: Tessora!! Direi che i biondi li ho finiti,
ora comincio con gli altri (sperando di mantenere alto il livello di figaggine…
tu sappimi dire, fammi da controllore dei tassi d’ormone pubblico!!). Mi
raccomando coi compiti, non barare e non glissare: e se hai bisogno di una
mano… no, scherzavo, odio decisamente i compiti!! Bacioni entusiasti da me e da
Gino
Altair76: Ma che dooolce che sei… mi hai davvero
commosso con la tua logica spiegazione… così però sono ancora più sulle spine!!
E se poi deludo le tue aspettative? Non me ne volere, per favore, sono piccola
e nera e ho tanto bisogno di approvazione perché da piccola ho avuto dei
problemi. Chiedilo al mio psichiatra… beh, li ho avuto anche da grande, i
problemi, ma questa è un’altra storia (va chiesta al mio carceriere, ehm…).
Effettivamente, Constantine mi ha molto ispirato e certi termini (come Piano)
li ho decisamente rubazzati! Allora… che ne pensi di Vlad?
Krisma: Mia piccola orchidea domestica!! Ma perché
sei sempre così carina con me? Perché sorrido sempre leggendo le tue
recensioni? Sei dolcissima, grazie davvero… per quantro riguarda Raf, devo
ammettere che mi intriga da impazzire l’idea di tentare il biondo fig… ehm,
angioletto. Si vede che è vero che una parte di serpente è rimasta in tutte
noi, subdole figlie di Eva! Spero proprio che la descrizione di Vlad ti
soddisfi… Sono curiosissima di sapere cosa ne pensi!!! Scrivimi subito, mi raccomando!!
Firmato, Il bocciolo
MarzyPappy: Ammmore!! Joia!! Dai cieli ai gironi il
gossip si espande… che peccato per il tempo!! Aspetteremo pazientemente che tu
abbia un po’ più tempo per leggere le tue notizie golose. Qui gli spunti si
sprecano, nevvero? Ti mando mille baci, bella mora ricciolona, a presto!!
Arianrhod: Mia dolcezza!! Che carra che sei… sapessi
quanto mi impegno per scrivere qualcosa che non solo soddisfi me e la mia
necessità viscerale di scrivere, ma anche che soddisfi Voi, Fedeli Lettori.
Voi, senza i quali avrei smesso anni orsono di scrivere, perché l’incentivo di
essere apprezzati non ha prezzo, lo dice anche Mastercard! Anche Gino ti adora,
e non so se questa è una cosa di cui essere felici… guardati le spalle, donna!!
Basci basci
Lauraroberta87: Demone gnocco che pastrocchio…
carina… tesò, dammi retta, mangia un po’ meno panini per il momento. Giusto un
mesetto per disintossicarti… parlo io con Sahid, visto che ormai siamo intimi.
Anche se sai che io preferisco i biondi… non potevi trovare Olaf o Kimi
Raikkonen come panettiere di fiducia? Uhm… sia che ci avevo pensato a mandarti
tutto il malloppozzo della storia completa? Ma poi ho pensato: nooooo… dopo
come faccio senza le sue esilaranti recensioni? Quindi ho deciso che ti tengo inchiodata
qui, se non ti spiace: se eri meno simpatica, forse…
Londonlilyt: Eh eh he, la tanto declamata efficienza
britannica!! Anche a loro la neve fa male, mica solo qui su italici suoli! Meno
male… amore, ti spiego: il putto preraffaellita è quell’angioletto paffuto
dall’aria svagata che abonda nei dipinti rinascimentali, pre-Raffaello,
appunto. E hai ragione, mea culpa, i giardini zen si rastrellano, non si
zappano… le mie radici contadine, sai… rastrellerò per tre ore in mio giardino
zen mentale per punizione! Eva al CEPU, no!!!!!! Ma come ti vengono, joia? Sei
un mitooooo!!!
Cicha: Ma no, dai… non dirmi adesso che sono un
genio, altrimenti quando arriviamo agli ultimi capitoli cosa ti tocca tirare
fuori? Il tuo Mezzo mi sta sempre più simpatico, come dire… affine!! E non solo
per l’emilianità. Ah, ordunque, una damigella della corte Estense che dive a
me, a Me!, che son crudele! Peccatrice!! Io non sono crudele. Sono sottilmente
sadica e dura, ma fondamentalmente nascondo un cuore tenero. Come il prosciutto
di Parma!! Scherzi a parte, adoro Ferrara. Dammi qualche dritta per visitarla
al meglio quando vengono i miei ospiti olandesi!!!
Nostro peccato fu ermafrodito;
ma perché non servammo umana legge,
seguendo come bestie l'appetito,
in obbrobrio di noi, per noi si legge,
quando partinci, il nome di colei
che s'imbestiò ne le 'mbestiate schegge.
Or sai nostri atti e di che fummo rei:
se forse a nome vuo' saper chi semo,
tempo non è di dire, e non saprei.
Dante Alighieri, La Divina Commedia Purgatorio, Canto XXVI
“Allora niente?” ripeté per la
millesima volta Gino con aria delusa.
Lorella sbuffò impaziente al
posto di Eva che rimase con la faccia impassibile e pallida velata dalle lunghe
ciglia mentre con una mano pigra continuava a giocherellare con la cannuccia
dentro il bicchiere di acqua tonica.
“Eva ce l’ha già spiegato perché
allora niente” ringhiò la giovane con aria sostenuta “Vlad ha detto di no,
punto e basta. Non credo che ci sia molto da aggiungere a questo, testa di
rapa.”
Gino sporse il labbro in fuori
come un inquietante neonato di centocinquanta chili.
“Eppure…”
“Raf, ti prego, diglielo anche
tu.” sbuffò Lorella esasperata.
Raf non disse niente, continuando
anche lui come Eva a rimanere immobile e cogitabondo: erano seduti in un
anonimo bar in periferia, dietro a un separé in posizione strategica per
controllare attacco e fuga; Gino aveva insistito per una vigile semilibertà
piuttosto che chiudersi dentro nel rifugio di Raf a meditare.
“Il fatto è che un Demone non
dice mai di no” si imbronciò Gino a titolo di spiegazione “Un Demone, per sua
natura, cerca sempre di trattare. Barattare. Comprare. Ricattare. Dire di no è
più una cosa da Angelo: no, non posso, Dio non vuole, amen e fine. Quando mai è
finita con un Demone?”
“Avrà avuto i suoi motivi.”
ribatté debolmente Lorella, ma il ragionamento di Gino non faceva una piega.
Eva alzò appena lo sguardo e
trovò gli occhi celesti di Raf dolcemente posati su di lei.
“Che c’è?” si agitò
involontariamente con una smorfia buffa sul viso.
“Cosa ti ha chiesto Vlad in
cambio della sua collaborazione?” domandò l’Arcangelo con grazia.
Eva, aggrottata, meditò se
mentire o no mentre Gino gorgogliava vittorioso.
“Vlad voleva solo farsi due
risate” glissò alla fine “Ho praticamente strisciato davanti a lui, implorando
il suo aiuto… mi faccio ancora schifo per questo, mi viene voglia di lavarmi
con la soda caustica per togliermi di dosso la sensazione unta di umiliazione
che quello stronzo mi ha spalmato addosso…”
“Eva, che cosa ti ha chiesto?”
Eva si ruminò l’interno delle
guance, gli occhi luccicanti di frustrazione.
“E va bene” sospirò infine “Il
bastardo vuole la mia verginità.”
A quelle parole, Lorella sobbalzò
penosamente, arrossendo come un gambero di fiume, mentre Gino si limitò a inarcare
un sopracciglio.
“Lo sapevo” sospirò accorato Raf,
senza scalfire di un baffo la sua aria divinamente pacifica “Era da dire che
puntava alto.”
Gino ridacchiò composto mentre
Eva mandava scintille fiammanti dagli occhi e Raf si girava verso Lorella per
spiegare con pazienza.
“Certo che Eva è vergine”
commentò come se fosse la cosa più ovvia del mondo “E’ questo che le permette
di accumulare crediti per il Paradiso. Altrimenti, essendo mezzo Demone, non
potrebbe mai e poi mai mettere piede in suolo divino.”
“I Demoni non possono essere
redenti” puntualizzò Gino “Anche se sinceramente pentito, non è mai successo
che un Demone sia stato accolto nella Grazia del Signore. A dire la verità non
è mai nemmeno successo che un Sanguemisto venisse accolto in Paradiso, ma la
nostra combattiva eroina è alla ricerca del primato mondiale…”
Strizzò complice l’occhio a Eva
che lo fissò a muso duro.
“Sei davvero un pilastro di
fiducia e comprensione per me, caccola umana.”
“Il fatto è che non ha ancora
accumulato crediti sufficienti perché la sua proposta venga valutata dal
Comitato di Sorveglianza, quindi non può permettersi di dipartire… meno che
meno di cedere al peccato. Siccome Eva è particolarmente debole con la
lussuria…”
“Anche con l’ira ho mio bel
daffare” lo interruppe Eva furente “Non passa giorno che mi debba trattenere
per non farti scoppiare quella inutile zucca piena di liquido grigiastro che
hai per culo. Oh, scusa! Volevo dire per cervello.”
“Vedi, è suscettibile anche solo
a parlarne” motteggiò piacevolmente Gino “Sai, dopo aver incontrato Vlad… deve
averle sconvolto mica poco gli ormoni.”
“E adesso a te sconvolgo la
faccia, stronzo.” sibilò Eva scansando minacciosamente la sedia dal tavolo.
“Eva, basta” sospirò Raf con
quella sua voce meravigliosa “E anche tu, Gino… perché la devi provocare così
se sai che ci soffre?”
“Chi, soffrire quella?” sbuffò
Gino scaltramente “Nemmeno se le passasse sopra un Caterpillar motocingolato
soffrirebbe.”
“Parla l’anima di Lord Byron.”
grugnì Eva ammansita.
“I vostri battibecchi sono
stupidi e puerili e costeranno crediti, se continuate così. E comunque, non
risolvono la situazione perché siamo ancora qui a pensare a una soluzione.”
“Chiedere aiuto a qualcuno che
non sia un Demone?” provò Lorella titubante.
“Esseri umani?” domandò Gino
canzonatorio “Quanto pensi che ci metterebbero a imbottirci di Torazina e a
sbatterci in una cella imbottita? No perché io e Eva abbiamo già passato questa
fase e no, grazie, Paganini non ripete.”
“Io pensavo più a… ehm…
Sanguemisto come Eva.”
“Ce ne saranno dieci in croce in
tutto il mondo” rispose Gino “E non è che abbiano proprio un loro comitato di
accoglienza. Sono gente piuttosto incazzosa, i Sanguemisto. Però, forse… il tuo
sensei, quello con la faccia da bulldog e l’alito di carogna putrefatta… a lui
sei piuttosto affezionata.”
Eva mantenne una dura faccia
impassibile.
“Alfredo è dipartito già da un
pezzo” rispose poi in tono piatto “Mi ha dato la lieta novella Cornelia giusto nel
nostro ultimo incontro.”
“Oh, Eva mi dispiace tanto”
mormorò Raf immediatamente posandole una mano tiepida sulla spalla “So che
Alfredo è stato molto importante per te.”
“Già.” Rispose Eva asciutta: non
aveva ancora avuto il tempo di metabolizzare il fatto che Alfredo non c’era
più.
Non avrebbe dovuto essere così
doloroso: non per una Recuperante come lei, almeno. E invece qualcosa a livello
dello sterno le doleva debolmente ma con costanza. Quando aveva visto Alfredo l’ultima
volta? Cosa avevano fatto, cosa si erano detti… gli aveva mai fatto capire cosa
rappresentava per lei? O almeno, l’aveva salutato come si deve? Certo che no:
non si riesce mai a salutare bene la gente, quando serve. Beh, addio, Alfredo,
vecchio figlio di puttana. Chissà in che girone sei finito, alla fine.
“Alternative?” chiese poi con
voce secca per chiudere definitivamente l’argomento.
“Senza Vlad la vedo grigia.”
meditò Gino crudelmente; Raf invece fissò Eva con gli occhi brillanti di
ottimismo.
“E tu, mia cara? Nessuna idea?”
“A volte il tuo ottimismo è
snervante, sai?”
“Però hai un’idea: lo sento.”
Ce l’aveva, infatti: non le
piaceva per niente, ma dopo aver passato mezzora con Vlad, anche la prospettiva
di finire nel tubo digerente di uno squalo le sembrava una prospettiva migliore
che rivederlo.
“L’unica cosa che mi viene in
mente è di usare il terreno e umanissimo metodo scientifico” sospirò infine
quasi riottosa “Sì, insomma… ricominciare da capo.”
“Guarda che non siamo mai
partiti.” puntualizzò Gino, beccandosi una gomitata nello sterno da Lorella.
“L’inizio è che qualcuno ti vuole
uccidere.” disse poi la ragazza con titubanza.
“Esatto. Escludendo dall’elenco
dei possibili assassini Angeli e affini per ovvi motivi, rimangono tutti i
Demoni, i Mezzi Demoni e circa sei miliardi di essere umani. Senza contare
animali feroci, cani e pecore.”
“Pecore?” domandò Lorella
confusa.
“Agnelli, in verità” sorrise Raf
con indulgenza “Eva è allergica agli ovini in generale… sarà un retaggio della
sua parte demoniaca. L’agnello è sacro al Signore.”
“Comunque, se c’è una pecora
nelle vicinanze che sente l’odore di Eva, impazzisce e cerca invariabilmente di
incornarla” ridacchiò Gino esilarato “Devi vedere, uno spettacolo impagabile…”
“Gente, torniamo a noi, grazie”
sbuffò Eva impaziente “Intendevo partire dall’inizio, da quando i Demoni ci
hanno attaccato a casa mia. Come hanno fatto a sapere che eravamo lì?”
Raf, Gino e Lorella si
scambiarono un lungo sguardo perplesso.
“Ci hanno seguiti?” propose
infine Gino sospettoso.
“Possibile” meditò Eva “E chi
aveva la possibilità di farci seguire, visto che ci aveva convocati per un
incarico giusto un’oretta prima dell’attacco?”
Lo sguardo di Gino si animò di
entusiasmo.
“Cornelia…?”
“A quanto mi risulta non era la
prima volta che andavi da lei.” fece notare Raf.
“No, infatti. Anzi, ultimamente
Cornelia mi ha riempito di lavoro. Però… l’avevo quasi scordato… c’era un suo
tirapiedi alla fermata dell’autobus ad aspettarmi. Quel coglione di Oreste,
ricordi Raf?”
“Continua.” glissò l’Arcangelo
con un sorriso.
“Sembra che Cornelia l’avesse
mandato per accertarsi che arrivassi sana e salva al suo covo. Forse però…”
Si alzò bruscamente dalla sedia,
gli occhi accesi e le guance rosee.
“Gino, hai ancora le notizie
sull’incarico?”
Gino razzolò per un poco con le
mani dentro il giubbotto, cogitabondo: poi, estrasse un foglio tutto
stropicciato che spianò con cura sul tavolo bisunto.
“Silvia Nirani” gongolò esultante
“Me l’ero quasi scordato. Perché mi sembra di avere già sentito questo nome?”
“Non lo so” ripose Eva
telegrafica infilando svelta le mani in tasca ed estraendo disinvolta la sua
Five-seveN “Ma adesso andiamo a conoscere questa signora, così la vedi; magari
l’hai conosciuta al tuo circolo di cucito.”
“Eva, metti via quel ferro, siamo
in mezzo alla gente.” sospirò Raf, evidentemente pallido: le armi da fuoco
avevano sugli Angeli l’effetto che la kriptonite ha su Superman.
“Scusa.” mormorò in fretta Eva
intascando l’arma.
“Cosa pensi di trovare?” chiese
Lorella seguendola fiduciosa mentre Eva e Gino marciavano sicuri verso
l’uscita.
“Qualche risposta” rispose Eva
piatta “Se questa Silvia non è il Mezzo impazzito che Cornelia ci ha disegnato,
allora forse l’incarico di recuperarla era davvero solo una trappola. A quel
punto sapremo da chi andare.”
“Cornelia?” domandò Gino
interessato “E perché non ci andiamo subito?”
Eva pensò fuggevolmente ad
Alfredo, testa pelata e sorriso da schiaffi: se quella Silvia Nirani era
davvero l’assassina di Alfredo, allora Eva aveva un motivo più che ottimo per
farle visita. Giusto perché te lo devo, Alfredo.
“Prima pareggiamo i conti.”
rispose lapidaria e Raf pensò che fosse molto meglio non indagare.
* * *
“Te la senti di venire a un
recupero?”
“Sono un Arcangelo, non una
donzella vittoriana: posso resistere all’orribile visione.”
“Guarda che non si suona l’arpa
mentre si uccide un Demone.”
“Il recupero è un’attività
autorizzata dal Comitato di Sorveglianza di cui, vorrei ricordarti, sono il
coordinatore celeste insieme a Michele, Gabriele e Uriele.”
“Ma scommetto che non hai mai
visto un recupero da vicino.”
“Scommettere è peccato. E
comunque c’è sempre una prima volta anche per noi Arcangeli.”
“Dovrò tirare fuori la pistola e
non mi sarai di nessun aiuto se inizierai a sudare e mi sverrai davanti come un
sacco di patate.”
“Eva, se non vuoi che venga con
te, perché non me lo dici chiaro e tondo?”
Eva frenò bruscamente la sua
marcia prussiana, lasciando che Lorella e Gino distanziassero lei e Raf di
qualche passo.
“Ok” disse senza guardare in
faccia l’Arcangelo “Non mi va che tu venga con me.”
“Perché?”
Eva sbuffò: sapeva che lo avrebbe
chiesto esattamente con quell’aria da cucciolo smarrito che la mandava in
depressione.
“Perché potrebbe essere
pericoloso.” grugnì irritata.
“Eva, mentire è peccato.”
“Lo so, dannazione.”
“Anche imprecare è peccato.
Perché non vuoi che venga con te?”
Niente, era come rimbalzare
contro un muro di gomma con quel dannato biondino.
“Non voglio che tu mi veda usare
la pistola.” cedette infine riottosa.
Raf tacque: anche un Arcangelo
era in grado di capire tutto ciò che nascondevano quelle poche parole, dalla
vergogna alla vanità a… tutto il resto.
“Eva, Eva…”
Dolce e dolente, come la sua mano
tiepida sulla guancia.
“Rimarrò qui fuori” sospirò poi
Raf lasciando cadere il braccio quasi a malincuore “Con Lorella.”
“Va bene.” rispose Eva a testa
bassa, perché lui non vedesse quanto ogni sua carezza, anche la più fraterna e
casuale, la lasciasse scossa… in tutti i sensi.
“Tu però starai attenta, vero?”
A una cinquantina di metri da
loro, Gino e Lorella si erano fermati e Gino si era girato verso di lei a
indicarle col pollice l’anonimo portone di un condominio che dava sulla strada.
“Sì, certo.” rispose Eva ma era
già distratta e la sua mano, infilata a forza dentro la tasca, si strinse
involontariamente attorno alla pistola come a trarne forza.
Con pochi passi decisi raggiunse
Gino che aspettava indolente fischiettando con le mani in tasca.
“A che piano?”
“Quarto. Senza ascensore, che Dio
li benedica.”
“Andiamo io e te, Gino” dichiarò
Eva sottovoce, mantenendo la faccia di pietra “Lorella e Raf ci aspettano giù.
Non abbiamo tempo per i soliti convenevoli, quindi entriamo e prendiamo quella
tizia. Possibilmente viva o ancora moribonda, che devo farle qualche
domandina.”
“Buona idea.” commentò Gino tranquillamente
come se Eva gli avesse proposto di mangiare un panino.
“Come fate a essere sicuri che
quella tizia sia qui?” domandò Lorella dubbiosa, ma né Gino né Eva si presero
la briga di rispondere: con consumata disinvoltura, Gino macchinò con un coltellino
svizzero nella serratura del portone che si aprì docilmente, gemendo oltraggiato
sui cardini.
“Hai capito questi svizzeri?”
mormorò Lorella impressionata ma Eva e Gino erano già dentro: salirono le rampe
di scale silenziosi come gatti e si appostarono ai lati della porta che Gino
aveva indicato col mento. Poi, dopo che Gino ebbe caricato una poderosa pedata
alla porta che si aprì come se fosse fatta di cartone, entrarono
nell’appartamento. Schiena contro schiena, armi puntate, Eva con la sua Five-seveN
e Gino col suo ridicolo fucile di plastica colorata per fare i gavettoni di
Acqua Santa, estratto magicamente dai meandri del suo voluminoso giubbotto.
Erano entrati direttamente nel
salotto di un appartamento dall’aria normalissima, con pareti intonacate e
divani di alcantara color salmone; lo sguardo saettante di Eva registrò
rapidamente i particolari con precise istantanee mentali: i quadri alle pareti,
il lampadario in vetro di Murano, il cassettone in arte povera, la televisione
LCD, un bicchiere vuoto sul tavolino… Con la coda dell’occhio intuì un
movimento rapidissimo. Dalla cucina era arrivata di corsa una donna che Eva
radiografò in un secondo: sulla trentina, bruna, anonima quasi come il suo
appartamento. Cosa un po’ meno anonima, aveva in mano un signor mitragliatore
che iniziò a vomitare fuoco prima ancora che Eva lo inquadrasse del tutto.
“Gino!” urlò saltando di lato con
un balzo: nelle catture, l’agilità demoniaca ereditata da mammina le era sempre
maledettamente utile, ammise fuggevolmente. Gino, troppo lento e pesante per
saltare, ripiegò buttandosi a terra mentre Eva era già partita al contrattacco:
la Five-seveN sparò con precisione dove, secondo i calcoli accurati della
padrona, doveva esserci la spalla della donna; invece, a sorpresa, il
proiettile trovò il bianco intonaco del muro.
“La stronza è veloce.”
pensò Eva mentre già il suo corpo roteava e schivava una seconda selva di
fuoco, proveniente dalla sua destra.
Sparò di nuovo, mancando ancora
una volta il bersaglio.
“Gino, che cazzo stai
aspettando?” pensò Eva schivando nuovi colpi, ma Gino, povero mortale, si
stava a malapena alzando in piedi dopo il primo scontro a fuoco.
“Quel bisonte diventa ogni
giorno più lento.” meditò Eva sparando tre colpi in successione: il terzo
andò a segno, colpendo la donna in fuga al polpaccio.
“Merda!” sibilò questa buttandosi
dietro al divano.
“Quello era da parte di Alfredo!”
l’avvisò Eva saltando rapidamente il tavolo per inseguirla “Adesso sei
fottuta!”
Vide la donna accucciata dietro
il divano, una mano premuta contro una leggera ferita alla gamba; vide il suo
volto arricciato in una smorfia di dolore misto a irritazione, frustrazione e
paura; fece anche in tempo a registrare il movimento della sua testa che si
girava di scatto verso di lei, e l’espressione del suo viso che cambiava,
disegnato di genuina sorpresa.
“Co…?” la sentì gorgogliare: poi
qualcosa la colpì alle spalle con la potenza di un cannone, sparandola verso la
parete contro cui sbatté dolorosamente.
“Ouch!” ragliò senza fiato e già
il suo corpo cadeva giù, rovinando sul tappeto.
“Eva!” strillò Gino
raggiungendola e iniziando a sparare acqua sul pavimento intorno a loro.
Eva, intontita, con una spalla
che mandava fulmini di dolore, si chiese vagamente se non fosse impazzito a
sprecare così l’Acqua Santa: poi intuì il perché della mossa di Gino e il
sangue le defluì completamente dal viso.
* * *
Demoni. Ce n’erano dappertutto:
Gino aveva praticamente disegnato un cerchio di Acqua Santa intorno a loro due,
e i Demoni strisciavano rapidi seguendone il perimetro, ruggendo oscenamente,
occhi gialli da rettile puntati su di loro e lingue forcute saettanti.
“Gino!” sfiatò Eva cercando di
balzare in piedi: la spalla le mandava fitte di dolore indescrivibile, ma la
sua tempra ultraterrena le permise di sopportarlo.
“Quanti cazzo sono?” grugnì lui
appena appena scalfito di irritazione “C’è venuto addosso tutto il merdoso
gruppo di lettura?”
Eva sparò tutto il restante
caricatore, demolendo un bel po’ di Demoni sibilanti, poi ricaricò con perizia
la sua arma: con la coda dell’occhio intuì un movimento dietro al divano e
sparò in quella direzione.
“Piantala, maledizione!” sentì
strillare dalla donna: la vide sbucare col mitragliatore puntato, l’aria
disorientata ma determinata, i capelli arruffati e un baffo di sangue a rigarle
la guancia.
“Tu, fermati!” gridò Eva
puntandole la pistola contro: la donna scartò rapida e aggraziata, frapponendo
un quartetto di Demoni tra lei ed Eva.
“Cazzi tuoi!” berciò la donna
mentre Eva sparava al quartetto frantumandolo in mille pezzi fumanti; poi sparì
nel corridoio ed Eva fece un lungo verso di frustrata impotenza.
“Merda, l’abbiamo persa!”
“Eva, ti spiace concentrarti
sulla situazione?” la riprese Gino severamente “Tutti questi tizi giallognoli
non vogliono invitarci a un rave party, ma vogliono sbranarci. Che ne dici di
chiamare il tuo amichetto biondo?”
Eva sparò tutto intorno
tracimando le fila di Demoni senza tuttavia scalfirne la pericolosità.
“Uff, va bene!” cedette irritata
“Raf!”
Niente: e i Demoni premevano, sempre
più vicini. Un artiglio arrivò a sfiorarle il braccio, prima che Eva lo
trasformasse in frattaglie con un colpo di pistola ben piazzato al gomito.
“Eva? Puoi riprovarci, per
favore?” si spazientì Gino spruzzando Acqua Santa a un Demone che stava per
afferrargli una gamba.
“RAF!” ululò Eva dopo aver preso
fiato.
“Cazzo!” berciò Gino quando un
artiglio volante gli strappò il cappello da baseball dalla testa (e con lui,
anche quasi un orecchio).
“RAF! Per favore, Arcangelo Tutore,
puoi muovere il tuo divino didietro e VENIRE A DARCI UNA MANO?!?”
D’un tratto, mentre ancora
sparava, Eva sentì allentarsi l’oppressione che le pesava sul petto; la luce
nella stanza divenne bianca, abbagliante e i Demoni schizzarono via alla
velocità della luce, squittendo oltraggiati come tanti piccoli roditori.
“Eva!”
La voce di Raf era balsamo
divino: prima ancora che abbassasse l’arma puntata, Raf le era più o meno
piombato addosso e la abbracciava stretta.
“Stai bene? Che è successo?”
I suoi ansiosi occhi azzurri la
percorsero tutta, apprensivi: era così dolce che Eva sentì un groppo ostruirle
la gola di incertezza. Non era più abituata ad avere intorno qualcuno che si
preoccupasse per lei: non più, da quando Raf se ne era andato, anni prima.
Ritrovare quel senso di protezione era come ritrovare una parte di se stessa
che credeva perduta. Un po’ le doleva il cuore e un po’ la portava in alto,
verso la sua bistrattata essenza di Angelo.
“Sto bene, Raf” borbottò con voce
roca quando lui la allontanò da sé “Solo un po’ la spalla…”
Raf le mise la mano sulla spalla
ferita e il dolore sparì all’istante.
“Meglio?”
“Sì” sospirò lei accennando un
sorriso “Grazie, Raf.”
Ringraziare qualcuno le faceva
venire sempre l’allergia: con Raf no, invece, le veniva naturale, spontaneo.
Lui sorrise radioso, il viso bellissimo appena vagamente stanco. Dopotutto,
nemmeno gli Arcangeli erano esenti da fatica nell’usare il loro potere divino.
“Allora” ruggì Gino che, sulla
scia di Raf, era stato soccorso da Lorella, la quale sembrava più piccola e tremolante
di un ramoscello autunnale “La presenza del comitato d’accoglienza parla
chiaro, mi pare. Era una trappola.”
“La tizia però non lo sapeva”
rettificò Eva convinta “Non ho sentito odore di zolfo, ma sono certa che sia un
Mezzo o addirittura un Demone ben camuffato… maledettamente esperto e veloce.
Un professionista. Non sapeva che saremmo arrivati, né noi né le cheerleaders
che avevamo intorno prima.”
“Quindi?” chiese Raf confuso.
“Quindi non lo so: alla fine,
forse l’unica soluzione è andare da Cornelia.”
“Se è davvero Cornelia quella che
ti vuole morta, tanto vale che vai là con già il pugnale piantato nel cuore.”
commentò Gino lapidario.
Lorella impallidì, ma Eva si
limitò a fare spallucce.
“Oh, beh” commentò infilandosi la Five-seveN in tasca “Di qualcosa bisognerà pur morire, no?”
* * *
Raf si sorprese non poco quando,
arrivati al covo di Cornelia, li fecero subito entrare. Eva invece, conoscendo
scaltramente l’incontenibile essenza demoniaca di Cornelia, sapeva che non
avrebbe resistito alla tentazione di sghignazzare un po’ alle loro spalle. Il
Demone infatti li accolse in pompa magna, sfoggiando il suo miglior vestito a
fiori e esibendo le sue porcellane più fini. Entrarono solo Eva e Raf, mentre i
due Umani aspettavano fuori in macchina: Lorella con gli occhioni spalancati e
le unghie rosicchiate, Gino a sbuffare frustrato come una ciminiera.
“Eva!” salutò Cornelia sorridendo
fino a scoprire le gengive, le mani leziosamente giunte davanti al poderoso
petto “E l’Arcangelo Raffaele! Accidenti, una vera e propria delegazione divina
nel mio covo. Sono davvero onoratissima, prego accomodatevi!”
Eva e Raf ubbidirono guardinghi: il
Demone, gli occhi scintillanti dietro le lenti degli occhialini da lettura, si
mangiò golosamente con gli occhi Raf che si sedeva rigido rigido sul bordo di
una poltroncina di vimini rivestita di tessuto rosa e spumoso.
“Allora miei cari, gradite un po’
di tè? E’ ottimo, garantisco, lo faccio arrivare direttamente dall’India…”
“Cornelia, dobbiamo parlare.”
“Certo, certo. Un biscottino?
Sono deliziosi, mi arrivano dall’Olanda…”
“Piantala, dannazione” sferzò Eva
seriamente “Siamo venuti a farti vedere che siamo ancora vivi.”
“Vedo.” constatò Cornelia con
leziosa condiscendenza.
“Nonostante due attacchi massivi
da parte di Demoni infernali.”
“Ho sentito in giro qualcosa del
genere” commentò Cornelia sbattendo innocente le ciglia “Che disgrazia! Ma
d'altronde, mia cara, ti sei fatta un bel po’ di nemici in giro…”
“Pochi che sappiano scatenare
un’orda infernale in pieno giorno.” specificò Eva pungente.
“Eva e io siamo persuasi che lei
ne possa sapere qualcosa.” disse Raf pacatamente e gli occhi di Cornelia
scintillarono divertiti.
“Mio caro! Quant’era che un
gentiluomo non mi dava del lei… sei adorabile. E così biondo. Mi verrebbe
voglia di sbatterti su un tavolo e stuprarti fino all’alba.”
Raf sussultò mentre Cornelia si
passava oscenamente la lingua sulle labbra; Eva dovette far forza su se stessa
per non mollarle un pugno in faccia da ribaltarle la testa.
“Allora, Cornelia, cosa sai di
questa storia?”
Cornelia si appoggiò allo
schienale della sua poltrona senza staccare gli occhi da Raf.
“Tesorino caro, sai che io non ho
l’autorità per scatenare orde infernali.”
“Ma puoi richiederlo a un Demone
superiore.”
Cornelia agitò e mani piene di
anelli e di braccialetti tintinnanti.
“Oh, sapessi quante scartoffie
bisogna compilare! L’autorizzazione del Comitato di Sorveglianza, la richiesta
al Demone superiore, le motivazione della richiesta in triplice copia, la
certificazione autenticata della effettiva necessità della richiesta… e bla bla
bla. Una noia mortale. E tu sai quanto sia insofferente al tedio, vero mia
cara?”
“Raf, può essere che il codazzo
di stronzi che vuole farci fuori risalga a una richiesta ufficiale?” domandò
Eva girando il viso verso l’Arcangelo.
“Direi di no” sospirò Raf tenendo
lo sguardo basso e ben lontano da Cornelia “Le Leggi sono rigide sulle
richieste di autorizzazione, ma sono nebulose sull’applicazione della richiesta
e naturalmente i Demoni ne approfittano per fare quello che pare loro. Le orde
autorizzate sono tenute a identificarsi prima di agire e se la tua fosse stata
un’orda autorizzata, io non avrei mai potuto intervenire in tuo aiuto. Ma sono
secoli che non vedo una vera e propria richiesta di autorizzazione per un’orda
infernale: al Piano inferiore scatenano orde quando e come pare loro e si
limitano a fare la richiesta al diretto superiore… è una delle questioni su cui
siamo sempre in conflitto.”
“Che peccato, tesorino!” chiocciò
Cornelia trionfante “Sicura che non vuoi del tè?”
Frustrata, Eva tentò un’altra
strada.
“Come responsabile
dell’Equilibrio, hai concesso qualche autorizzazione di passaggio?”
Cornelio la fissò con aria
commossa.
“E perché mai dovrei dirtelo,
cuccioletta?”
“Sappiamo che non era tenuta a
informare il Comitato di Sorveglianza” intervenne Raf alzando gli occhi blu sul
Demone “Ma le saremmo molto grati se potesse dirci se ha autorizzato un
passaggio.”
Di nuovo Cornelia lo guardò
ammiccante e lasciva.
“Sei così carino che ti mangerei
infilato in un panino” gorgogliò sottovoce “E alla fine ti piacerebbe anche,
sono piuttosto brava a…”
“Cornelia” mormorò Eva con voce
morbida e pericolosissima “Rispondi.”
Cornelia si lasciò distrarre dal
tono di comando di Eva.
“Tesorino, non dovresti parlarmi
così in casa mia, non sei cortese.” commentò vagamente irritata.
“Nemmeno tu sei cortese nel dire
di voler mangiare un Arcangelo dentro un panino” rispose Eva lapidaria “L’hai
rilasciata?”
“Che cosa?” chiese Cornelia
ingenuamente.
Eva contò fino a dieci per non
farsi scoppiare la testa dalla rabbia.
“L’autorizzazione al passaggio di
un’orda infernale ” rispose infine lentamente “L’hai rilasciata o no?”
“Dovresti chiederlo al
responsabile del Nodo” rispose Cornelia con un sorriso perfido “Se come tu dici
dei Demoni sono venuti sul nostro piano a cercarti, devono per forza essere
passati da lì. Sono certa che Vlad sarà onorato di poter rispondere alle tue
domande.”
Eva e Raf si scambiarono uno
sguardo esasperato.
“Vlad non c’entra in questa
storia.” disse infine Eva, ma la sua voce trasmise una sotterranea vena di
incertezza: Cornelia la colse al volo e sogghignò strafottente.
“Se lo dici tu. Allora, per quel
tè?”
Eva decise che ne aveva
abbastanza: fulmineamente, sorprendendo tutti, persino se stessa, saettò dalla
sua poltrona verso Cornelia, premendole addosso con tutto il corpo e
bloccandole la gola con una salda presa soffocante. Immediatamente, una decina
di Demoni guardiani sbucarono da ogni angolo sibilando oltraggiati, ma nello
stesso tempo anche Raf si era alzato in piedi e, con un delicato frullare di
ali, si era illuminato di potente luce divina, obbligando i Demoni a restare a
debita distanza.
“Lasciami!” strillò Cornelia,
cianotica e furente: la vicinanza di Raf le scottava la pelle, facendola quasi
fumare in esalazioni verdastre.
“Ora rispondi alle mie domande.”
sibilò Eva premendo sulla gola del Demone con tutta la sua forza mentre Raf se
ne stava immobile senza guardarla, di mezzo profilo.
“Che cazzo vuoi da me, non ti
dico un cazzo, stronza Sanguemisto!” strepitò Cornelia iniziando a sbavare
colla verdastra, gli occhi accesi di rosso e la leziosa messa in piega tutta
franata.
“Sei tu che mi hai scatenato
contro l’orda infernale! Ammettilo!”
Cornelia sputacchiò, bestemmiò,
divenne gonfia e color mattone.
“No!” ragliò alla fine “Ma non
vedo l’ora che ti becchino, troia!”
Eva non si diede per vinta:
strapazzò ancora un po’ il Demone, conscia che così facendo non avrebbe mai più
potuto avvicinare Cornelia né il suo dannato covo; il Demone era un filino
vendicativo, nonostante le porcellane e il cinz. I Demoni guardiani intanto
ululavano come lupi impazziti e Raf sembrava sempre più sulle spine, nonostante
la luce che emetteva fosse splendente ed efficace.
“Eva…” mormorò infatti allarmato.
“Sai chi è stato? Avanti,
Cornelia, chi è che mi vuole morta?”
Gli occhi di Cornelia si accesero
di selvaggia esultanza, nonostante la mancanza d’aria avesse reso la sua faccia
una grottesca maschera cianotica.
“Scoprilo da sola!” esalò con
voce strozzata “Sola, come sei sempre stata!”
Eva le mollò una ginocchiata
nello stomaco e Cornelia squittì furiosa.
“Sei, morta!” gracidò con gli
ultimi residui di cattiveria “Ti spezzerà come un ramo secco! Ti strapperà quei
fottuti occhi dalla fottuta faccia e ti fotterà fino a farti uscire le budella
dal naso!”
“Chi?” sputò Eva, la faccia a un
millimetro dalla fornace puzzolente che era la bocca di Cornelia “Chi,
maledizione!”
Cornelia chiuse gli occhi
boccheggiando: non avrebbe risposto, a costo di soffocare definitivamente.
“Eva” la chiamò Raf, decisamene
preoccupato “Basta, Eva. Così la ammazzi.”
E uccidere Cornelia, Eva lo
sapeva bene, significava tirarsi addosso l’intero Comitato di Sorveglianza, il
ritiro di tutti i crediti e un biglietto di sola andata per l’Inferno. Un’eternità
da passare con Vlad.
Bruscamente, mollò la gola di
Cornelia che crollò sul pavimento tenendosi debolmente le mani sul collo,
riprendendo a respirare con lunghi ragli spezzati. I Demoni guardiani
continuavano a ululare facendo un baccano d’inferno e Raf si girò a guardare
Eva che invece si fissava le mani con aria disgustata.
“Eva?” mormorò premuroso e
delicato come sempre.
“Andiamocene via” rispose Eva
bruscamente “Cornelia non parlerà: è troppo dannatamente divertente per lei il
pensiero che qualcuno stia cercando di uccidermi.”
Lanciò uno sguardo freddo al
Demone che rantolava sul pavimento, l’abito a fiori tutto stazzonato e alzato a
mostrare le cosce flaccide piene di vene varicose.
“Sei morta!” gorgogliò Cornelia,
così trasudante odio che sembrava spruzzarlo tutto attorno “E quando sarai da
questa parte… oh, quando sarai di qua, vedrai quanti tè ci faremo insieme!
Tanti, tanti tè…”
Sghignazzò perversamente e Raf
dovette girare il viso disgustato per non guardarla: persino a Eva venne la
nausea.
“Andiamo via.” ripeté
allontanandosi alla svelta, occhi bassi e passo risoluto.
“Tanti tè insieme!” li seguì la
voce esultante e isterica di Cornelia “Berremo tè fino a scoppiare!”
NOTE DELL’AUTORE:
Ellemyr: Troppo buona, joia, troppo buona… non so se
effere felice che Vlad ti piaccia: non era nato con questo scopo! Deve essere
chiaro che Vlad è uno stronzo, ma stronzo per davvero! E tu sei trooooppo buona…
vorrei anche io poter scrivere di professione e guadagnare palate di milioni
facendo quello che farei gratis perché mi piace, ma haimè, non ebbi culo nella
vita… allora, visto che ci amiamo entrambe, continua a indagare e quando trovi
due biondi (uno per te e uno per me, non confondiamoci!!) dimmelo che piombo lì
come un falco. Solo… lì dove?
Fante: Chuck come la lasagna… certe tue uscite
surreali mi fanno scompisciare!!!! Io ovviamente propendo per la lasagna, ma
non faccio testo in quanto emiliana doc verace. Vlad Luxuria ringrazia per il
soprannome, ma si dissocia dall’italico personaggio vincitore dell’isola, in
quanto si ritiene decisamente superiore… come dargli torto? Dai, senza mettere
in mezzo gironi vari… fatti biondo e vieni a trovarmi a prescindere, no? Besos!!
Rik Bisini: Carissimo Sommo! Inchinata in devota
genuflessione, sono con la presente a ringraziarti sentitamente per questa
tripletta di recensioni che ha suscitato tutta la mia doverosa ammirazione. Ho
ovviamente subito corretto il “Regina Coeli” da te citato e ho provveduto
personalmente alle dieci frustate sulla schiena per l’immonda dimostrazione di
ignoranza. Come tu hai brillantemente intuito, la Bruciata essite davvero ed è davvero un luogo di perdizione, per i modenesi autoctoni…viene
oltretutto citato in svariate varianti durante risse verbali, di solito
abbinato ad uno specifico mestiere materno… ma questo è un altro argomento,
nevvero? Ovviamente, quando scrivo una storia ambientata in un contesto reale,
cerco sempre di dare riferimenti veri, per entrare meglio e vivere la storia il
più possibile, anche se ovviamente l’esistenza dei MIEI personali Angeli e
Demoni è del tutto aleatoria. Un consiglio: non arzigogolare troppo su Lorella,
è davvero un innocente paio di occhi Umani che ho ritenuto utile piazzare nella
storia, come hai intuito tu, per scatenare opportune domande e risposte senza
uscire dal dialogo. Mirabile e impressionante la tua analisi del Triumviro: mi
ha fatto chiaramente capire quanto sia riuscita bene nell’intento di
sottolinearne la complicatezza e la forza intrinseca… e dopo questo, rinnovo i
ringraziamenti sentitissimi e sinceri, mando mille ossequi e baci vari, sia al
Sommo che al mio amico Rik… per tutto, lui sa cosa. Ciao!
Londonlilyt: Tesorooooo! Se le mie storie a te
suscitano fesserie, figurati a me mentre le scrivo… ma tanto qui in casa di
cura lo sanno tutti che sono patologica. Ma come, Simona, tu avresti ceduto
così facilmente alle lusinghe di un Demone!?!? Sono sconvolta e scandalizzata:
la tua tempra morale è davvero più sottile di quanto pensassi, ehm… a presto
anche a te, ammora mia!!
White Shadow: Amore mio!! Ma chissà che bellezza che
sei… non è che hai il culo antigravitazionale e l’accenji brasiliano di
Doralis, vero? Perché se così fosse ti vorrei sposare. In senso metaforico,
ovviamenji… per la protagonista, chissà i futuro? Adesso soffro di una
terribiel mancanza d’ispirazione, ma sono ottimista, la mia vena scribacchina è
sempre tornata fuori anche dopo lunghi periodi di morte cerebrale. Ed ora, le
rispostE: Million dollar baby è per via del cazzotto, poiché nel film omonimo
si parlava di donne nel mondo della box; Regina Coeli avrebbe dovuto essere
un’esclamazione divina, in contrapposizione all’altra azione che di divino
aveva ben poco… Storiella in Finlandia? Sbaverei tutto il tempo pensando a
tutti quei biondi intenti a fare la sauna, ma perchè no, dopotutto? Nessun
stress, mia meraviglia, solo tanto affetto… sei dolcissima!! Besos
Chamelion: Aaaaah, così sei una giovane
diciassettenne ormonalmente disturbata!! E chi se lo immaginava, con quel po’
po’ di testolina intelligente che ti ritrovi… Bene, bene, allora Vlad aveva
ragione a dire che potevi essere un anello debole… lui adora gli anelli deboli,
ma occhio, gli piace lavorarseli! E come lui ce n’è parecchi in giro. Capisco
il fascino del bad boy, ma alza la guardia, dolcezza; una meraviglia della
natura come te, con sensibilità, creatività e non poco raziocinio, andrebbero
preservate dal WWF, come il panda gigante! Effettivamente, ho visto che io
Anastasia, magari nel mio subconscio sono rimasta lesa… infatti inizialmente
avevo pensato a Gino come un pipistrello bianco, ma poi ho cambiato idea!
Comunque sono davvero lusingata del paragone tra me e Dante: anche io
preferisco la mia visione, perchè di fighi nel mondo del Sommo non ce n’è
nemmeno uno, mentre da me ce ne sono almeno due, Raf e Vlad…. Ok, dopo questa
stronzata che ha quasi del blasfemo, ti saluto con tutti i miei più calorosi e
sentiti ringraziamenti. A presto!!
Beneduc: Toglimi una curiosità: il tuo nick viene dal
tuo nome proprio, da “beneducata” o da “bene, Duccio, porta fuori il cane” o
cose così? Ma come, Vlad sfigato e un po’ nerd?!?!? Peccato e apostasia!! Vlad
è il Signore Oscuro dei Fighi. Inchinati e non pensare ai secchioni, credimi…
Lauraroberta87: Eh, meno male che io e te non siamo
protagoniste di una storia… saremmo troppo prevedibili! Anche io non avrei
resistito a Vlad. Sarà per questo che faccio resistere gli altri? Tra
parentesi, anche io ho un debole per i rossi… come al solito ci litighiamo i
maschi, dobbiamo smetterla di farci la guerra così… ma come, anche senza
stupefacenti in circolo io ti trovo simpaticissima e meravigliosa! Quindi
niente stoira, ma opere di bene: ti mando un kit di disintossicazione da
pagnotte, vedrai che andrà meglio.
Levsky: Eh eh eh… avanti, spiegami quel F***********o
S*****o, che io sono una signora anziana e non so tradurre il vostro slang
giovanile… Poi scusa, perch+ Lucifero è da escludere? Sai che io punto sempre
alto… Tranquilla, non ho finito i biondini sorridenti: accanto a me e stipati
nella mia mente perversa ce n’è un camion rimorchio… li ho finiti per questa
storia, che mi sembra avere personaggi a sufficienza per tirare fuori
abbastanza casini, che ne dici? Senti, ma… chi diavolo è o cosa diavolo è
Chicco d’oliva?!?!
Krisma: Ma ciao, mio bellissimo fiorellino!! Sono
felice che Vlad abbia riscosso tante perplessità… era esattamente il mio
intento!! Attenta a lui, però: è figo da morire proprio perché è un Demone
pericolosissimo. Eva sa il fatto suo, non abbassando mai la guardia… cosa che noi,
dall’esterno, possimao esimerci dal fare e personalmente pensando a lui sbavo
che è una bellezza. Che devo dirti, adoro i biondi, ma il fascino del bad boy,
eh….Grazie di cuore per tutto, fiorellino, sei dolcissima!
Cicha: Ave, bellezza!Effettivamente, la
figura di Xavier mi ha ispirato molto… c’è questo genere di personaggio,
cattivo e “dirty” che sai essere negativo e non ti piace, però alla fine
intriga da morire… ecco, Vlad e Xavier sono di questa pasta. Difficile dire se
è meglio il buono o il cattivo, in questo caso, perché non sai più quali sono i
ruoli… adoro confondere in questa maniera il lettore!! Adesso però spiega bene
lo spiazzamento, non ho capito se è cosa buona e giusta o se la storia ti ha
schifato! Manda un canestrello di bacetti al tuo Mezzo: se riuscirò a piazzare
The Runners al cinema, vi manderò i biglietti gratis e una fornitura annua di
pop corn…
Flori: Grazie infinite, un bacione!!
Erda: WOW a te, piccola! Grazie infinite per
l’entusiasmo… io, Eva, Raf e Vlad speriamo di rimanere sempre convincenti in
questo modo!!
ReaderNotViewer: E’ con un profondo sospiro di
sollievo che leggo questa tua meravigliosa recensione… perché hai reagito
esattamente come volevo che la gente reagisse a Vlad. Lui non deve piacere: o
meglio, deve piacere anche se non piace. Contortissima questa reazione, e
proprio per questo difficile da suscitare! Più avanti ci saranno altri passaggi
delicati in questo senso, sempre sul filo del rasoio… confido che tu sappia
indicarmi dove scivolo, perché quando me lo dici tu è sempre, indiscutibilmente
vero. Mille baci
MarzyPappy: Ooooo, finiti gli esami e in odore di
tesi? Allora, piccola mia, ormai sei diventata grande!! Davvero non ti
piacciono i pantaloni pitonati? Io li adoro: sono così in character con Vlad,
volgari e chiassosi, strafottenti e menefreghisti… dai, il prossimo paio lo
metto di pelle, solo per te!!
E io a lui: «Poeta, io ti richeggio
per quello Dio che tu non conoscesti,
a ciò ch'io fugga questo male e peggio,
che tu mi meni là dov' or dicesti,
sì ch'io veggia la porta di san Pietro
e color cui tu fai cotanto mesti».
Allor si mosse, e io li tenni dietro
Dante Alighieri, La Divina Commedia, Inferno, Canto I
“Credevamo che là dentro ci fosse
la rivoluzione d’ottobre” mormorò con voce tremante Lorella mentre Gino
strattonava la piccola Due Cavalli per le vie del centro, farcendo la sua guida
pirata con moccoli diretti a chiunque stesse guidando nel raggio di un
chilometro da lui “Il bisonte qui voleva entrare a tutti i costi; ho dovuto
fingere di svenire per trattenerlo, poi nel frattempo voi siete usciti…”
“… senza uno straccio di
informazione in mano” specificò Gino aggrottato “Se ci fossi stato io là dentro
state pur certi che la vecchiaccia avrebbe parlato. Non ti ho proprio insegnato
niente, maledizione?”
“Oh, Cornelia si è solo un po’
alterata” rispose Eva con leggerezza “Ma mi sa che per un po’ sarà meglio non
bazzicarle intorno. E’ un po’ suscettibile …”
Raf alzò gli occhi al cielo, ma
non commentò.
“E adesso che si fa?” chiese
titubante Lorella, esprimendo il pensiero di tutti.
“Tu intanto potresti andartene a
casa.” sbuffò Gino che, da noto lupo solitario, si era ampiamente stufato di
averla sempre tra i piedi.
“Non se ne parla nemmeno” rispose
Raf lapidario “I Demoni sanno di lei e se la lasciassimo sola tenterebbero
immediatamente di usarla contro di noi. No, grazie, Lorella ci starà attaccata
come un francobollo finché questa storia non finisce.”
Eva avrebbe voluto replicare, ma
il sorriso radioso di Lorella e la faccia stanca di Raf la convinsero che a
quel punto era meglio cambiare argomento.
“Devo avere una dispensa divina
per andare al Nodo” dichiarò con voce incolore “Devo cercare di sapere se
l’orda infernale è passata di lì e su autorizzazione di chi. Non ci rimane
altro da fare, al momento.”
“Non otterrai niente, e tu lo
sai” replicò Gino con durezza “Vlad ti farà sommergere di merda e scartoffie e
alla fine otterrai esattamente quello che hai ottenuto da Cornelia, e cioè un
bel calcio nel culo.”
“Vedi alternative?” sbuffò Eva
aggressiva “Magari riuscirò a corrompere qualcuno… a far parlare i muti, come
si suol dire. Sono brava a far parlare i riottosi, di solito.”
“S’è visto con Cornelia.”
sussurrò Gino acido.
“Mi serve il benestare del
Comitato di Sorveglianza.”
“Ti ricordo che Giacinta non
muoverà un dito per te.”
“E chi se ne frega? Ho qui con me
niente po’ po’ di meno che uno dei coordinatori celesti del Comitato. Ci
penserà Raf a farmi avere la dispensa.”
“Temo che non sia così semplice”
si intromise Raf con aria contrita “La burocrazia del Comitato di Sorveglianza
è piuttosto lenta…”
Eva gli lanciò un breve sguardo
di sufficienza.
“E tu dalle una pacchetta sul
culo per farla muovere, no?”
“Eva, non tutti usano i tuoi
metodi poco ortodossi per ottenere ciò che vogliono” si spazientì Raf “Meno che
meno un Arcangelo.”
“Ma le leggi le hai fatte tu!”
“Proprio per questo devo essere
il primo a farle rispettare.”
“Se non ci muoviamo, è facile che
arrivi un altro gruppetto di Demoni solforosi a fare un torneo a freccette, e
se tu ti indebolisci troppo o se ti distrai un attimo o se sei perso a guardare
il cielo in quel momento, potremmo non avere una seconda occasione per
rispettare la burocrazia celeste!”
“Così sei ingiusta.” mormorò Raf
dispiaciuto.
“Io sono ingiusta? E il fatto che
sia qui da sola a difendermi da un milione di lingue biforcute la chiami
giustizia?”
“Non sei sola: ci sono io.”
“Che stai qui a cavillare per un
merdoso pezzo di carta! Allora, a chi devo fare un pompino per avere quella
dannata dispensa?”
“Eva!”
Raf non sembrava arrabbiato: solo
ferito. Eva sentì immediatamente rimorso sotto quello sguardo infelicemente
pacifico.
“Ok, scusa” mormorò mentre
Lorella e Gino fingevano di guardare da un’altra parte, insolitamente magnanimi
“So che stai già facendo del tuo meglio…”
“Sì” rispose Raf semplicemente,
tornando a sorridere “Ci tengo io per primo alla tua vita. Ma mi devo assentare
per un po’ di tempo, se vogliamo quella dispensa al più presto, e il pensiero
di lasciarti sola…”
Di nuovo la sua mano le accarezzo
la guancia, leggera e tenera, delicata e affettuosa… ogni volta era una tortura
non poterla afferrare e riempire di baci.
Era preoccupato per lei, come
sempre. Era adorabilmente, fraternamente, inutilmente preoccupato per lei.
“Alla gallina isterica ci penso
io, Raf” assicurò Gino mentre Eva deglutiva segretamente a vuoto “Starà buona
buona al sicuro mentre tu sei via. A costo di legarla come una pancetta coppata
e di appenderla a una trave a stagionare. Mmmm, a proposito: a chi va un bel
paninazzo con i ciccioli? Sto svenendo dalla fame.”
Eva e Raf si scambiarono uno
sguardo divertito mentre Gino inchiodava davanti a una salumeria e usciva
svelto dall’automobile, tallonato da una Lorella sempre più muta e basita.
“Ok, ti lascio in buone mani”
sorrise Raf con il viso increspato di tenerezza “Tu però…”
“Lo so, lo so: starò attenta,
papino.” sospirò Eva burbera, ma in fondo in fondo sorrideva.
* * *
“Non è giusto!” pensò Eva
frustrata: era stata davvero attenta. E anche Gino e Lorella erano stati
attenti, per quanto possano essere attenti gli Umani.
Attenti, sì. E lo stesso erano
riusciti a farsi sorprendere, come tre idioti qualunque. Raf se n’era andato da
meno di cinque minuti dopo averli accompagnati al sicuro nel suo covo e già Eva
si trovava stesa a terra, con il freddo pavimento sbeccato contro la guancia.
Non sapeva come era successo: un attimo prima era seduta sulla sedia con
Lorella che mescolava un mazzo di carte e Gino che replicava di aver fame,
diretto verso la cucina; un attimo dopo la stanza pullulava di Demoni. Subito
dopo, il pavimento contro la guancia. Da non crederci, dannazione!! Forse era
davvero stanca e coi riflessi allentati: tutti quei Demoni, Raf, Vlad,
Cornelia… Magari non era vigile come avrebbe dovuto. Magari ne aveva strapiene
le scatole di galleggiare in quella situazione escrementizia senza nemmeno
sapere il perché.
“Dannazione!” ruggì esasperata e
rabbiosa.
Lorella strillava con quanto
fiato aveva in gola, rannicchiata dietro la porta: era così piccola e
insignificante che i Demoni non si erano nemmeno presi la briga di accorgersi
di lei. Gino era una montagnola intontita nel mezzo della stanza, e l’unica
cosa che l’aveva salvato da morte certa era che gli fosse involontariamente
scoppiato un gavettone d’Acqua Santa sul petto e quindi i Demoni non osavano
ancora avvicinarlo. Eva aveva sparato qualche colpo con la Five-seveN prima che un Demone particolarmente infido la cogliesse alle spalle, sbattendola
per terra e facendole perdere la presa sulla pistola. In quel momento ce li
aveva avuti addosso tutti, uno che mordeva un braccio, uno che le scudisciava
la coscia con una coda squamosa e uncinata… uno che le mollava un manrovescio
che le fece vedere le stelle.
“Merda secca” pensò
remotamente Eva, riuscendo miracolosamente a mettersi supina e, lottando come
una furia, ad allontanare qualche Demone “Quando Raf scopre questo casino,
mi dà una bella strigliata.”
Ma no, sapeva invece che Raf non
l’avrebbe mai sgridata: si sarebbe limitato a guardarla con i suoi occhioni
dolenti, a farle quel sorriso stanco e buono e a dirle, “Eva, Eva…” con
quel tono amorevole e paterno che odiava.
“Oh, Raf” pensò allora,
arrabbiata con se stessa “Se solo una santa volta riuscissi a scuoterti…”
Un Demone le arrivò addosso con
un cazzotto rabbioso sul mento e la testa di Eva scattò di nuovo contro il
pavimento con un rumore sordo di zucca matura che sta per scoppiare.
“Gino!” gorgogliò debolmente: ma
Gino era ancora KO, Lorella strillava dimenticata, Raf era lontano anni luce a
sbattere le sue belle ali bianche e lei era sola.
“Sola come sei sempre stata”
le rimbombò in testa la voce esultante di Cornelia. Dannazione: quel maledetto Demone
aveva proprio ragione.
Eva riuscì a liberare un braccio,
ad afferrare il naso (o qualche simile protuberanza sporgente dal viso) del
Demone sopra di lei e tirò forte fino a strappare. Il Demone le ululò dritto
nel padiglione auricolare e le spruzzò addosso un liquido tiepido dal fetore
indescrivibile. Qualcosa le urtò lo stomaco con la potenza di una palla di
cannone, strizzandole fuori il fiato: la forza delle braccia che lottavano
furiosamente si indebolì nel mentre che la vista le si annebbiava.
“Se mollo adesso, sono morta”
pensò con chiarezza Eva mentre un secondo pugno le spaccava lo zigomo che
diventava prima insensibile e poi rovente come fuoco; era cosciente di non
essere mai stata così vicina a morire prima di allora.
“Gino” sospirò senza voce “Raf.”
Riuscì chissà come a liberare una
gamba e a scalciare via qualcosa di fradicio e spugnoso: ma l’aria le mancava
dai polmoni e la vista annebbiata già era piena di puntini luminosi.
“Sola. Sola come sei sempre
stata.”.
“Fanculo, vecchia bagascia.”
“Raf.”
“Sola.”
“Qualcuno mi aiuti!”
“Gino. Raf.”
“Sola”
“Vlad.”
Buio cieco. Quasi un sollievo,
dopotutto.
* * *
L’aria le riempì i polmoni con
dolorosa violenza. Eva sollevò di scatto le palpebre come tapparelle impazzite,
ma ancora vedeva tutto nebuloso e venato di nero; le richiuse, sperando segretamente
di sprofondare nell’oblio perché quello era certamente il peggiore dei suoi
incubi.
“Respira, maledizione” disse una
voce nota che la svegliò del tutto con un doloroso tuffo al cuore “Stai fresca
se pensi che ti faccia la respirazione bocca a bocca senza metterci la lingua.”
Mani non troppo delicate la
girarono sul fianco, concedendole di respirare meglio, poi le palparono
decisamente il seno.
“Accidenti, scimmietta, che
carrozzeria degna di una Ferrari!” gorgogliò la voce ammirata.
Senza forze, Eva gemette cercando
di rotolare lontano da quella voce, lontano dal calore fastidioso che emanavano
quelle mani esperte. Non poteva crederci: sapeva perfettamente chi era il suo
salvatore e una parte di lei, una parte che rigettava con tutta se stessa, stava
esultando clandestinamente. Ma le era anche impossibile raccapezzarsi, si
sentiva incredula come un umano che avesse visto la statua di Buddha animarsi e
gironzolare intorno fischiettando.
“Vlad….?” sfiatò sperando fino
all’ultimo di avere un’allucinazione.
“Scimmietta?”
Eva aprì un occhio e vide
qualcosa di rosso dai contorni sfumati; vide poi definirsi un naso aguzzo, una
coppia gemella di pietre giallastre e oblique, un sardonico scintillio
brillante sull’incisivo. Era lui, decisamente.
“Cazzo fai qui?” si lagnò Eva
senza voce, nascondendo il viso contro il pavimento.
Vlad rise irriverente, a suo agio
come se stesse sorseggiando caffè freddo in veranda.
“Anch’io sono contento di
vederti, scimmietta mia!”
* * *
Dura la vita dei Recuperanti
Sanguemisto attaccati da orde infernali; una volta tornata in posizione
semiverticale, Eva fece un breve inventario di se stessa e scoprì che:
1)non riusciva a respirare completamente a causa di una contusione al
plesso solare
2)aveva l’impronta di un morso sul braccio molto simile a quella di uno
squalo
3)aveva misteriosamente perso una scarpa che, per quanto la si cercò in
lungo e in largo, non fu mai ritrovata
4)non aveva un solo bottone attaccato sul davanti della camicia
5)la ferita sullo zigomo avrebbe avuto certamente bisogno di punti, se
Vlad non l’avesse cauterizzata con una mossa svelta del dito, facendola gridare
di sorpresa e dolore.
“Di che ti lamenti?” aveva
ribattuto perfido mentre gli occhi di Eva mandavano scintille “Volevi farti
cucire da un sarto umano, spiegandogli anche chi e perché ti ha lasciato quel
souvenir?”
“Le rimarrà una cicatrice grossa
come un’autostrada.” commentò Gino senza vero interesse.
Eva lo fissò corrucciata: ce
l’aveva ancora con lui per la scioltezza con cui aveva accettato la presenza di
Vlad nel loro covo segreto che più segreto non si può, come se fosse stata una
cosa naturale. Quando quel residuo umanoide era riuscito ad alzarsi in piedi,
ansimando e imprecando come un invasato, aveva squadrato il Demone da capo a
piedi, limitandosi a fissare con interesse la cintura che reggeva i suoi
pantaloni di pelle nera.
“Coccodrillo?” aveva chiesto con
voce neutra.
Vlad aveva ricambiato l’analisi
con sublime disinteresse (Gino era troppo umano e troppo antiestetico per i
suoi gusti).
“No, Demone.” aveva risposto poi
compunto.
“Io intendevo la cintura.”
“Infatti.”
“Oh. Io comunque sono Gino.”
“Ti aspetti una medaglia?”
Il dialogo era terminato così,
senza senso com’era iniziato: Gino aveva ricominciato a smoccolare cercando
Lorella ancora rintanata dietro la porta e Vlad aveva cauterizzato la faccia di
Eva.
“Mi fa male.” mentì lei
toccandosi la cicatrice che, effettivamente, le prendeva mezza faccia.
“Quando tornerà la tua checca
alata ti farai aggiustare la faccia” rispose Vlad tediato “Allora, finito di
spazzare via Demoni, che si fa di divertente qui?”
“Volevamo fare una partita a
rubamazzo, ma non so se il tuo cuore reggerà lo choc.” rispose lei acida.
Vlad le fece una pernacchia e
girellò un po’ intorno coi pollici infilati nei passanti dei pantaloni; si
soffermò schifato a guardare un crocifisso alla parete, prese e annusò una
bottiglia mollandola con disgusto quando capì che era Coca Cola, si stiracchiò
e si girò di nuovo verso Eva con un mezzo sorriso sulla faccia.
“E va bene” ammise notando il suo
sopracciglio sardonicamente alzato “Essere di nuovo in forma umana e bazzicare
in questo Piano è davvero divertente.”
“Che ci fai qui Vlad?” sbottò Eva
incrociando le braccia sul petto.
Vlad allargò le braccia e
spalancò gli occhi simulando innocenza.
“Mi hai chiamato tu in punto di
morte!”
“Balle.”
“Giuro su mia madre, mi hai
chiamato.”
“Tu non hai una madre, e io non
ti ho chiamato.”
“Hai fatto il mio nome. Ho le
registrazioni.”
“Ho detto il tuo nome perché
volevo mandarti a fanculo prima di morire.”
“Che tenera la mia scimmietta che
pensa a me in punto di morte” cinguettò Vlad allegramente “Scommetto che non
vedevi l’ora di rivedermi.”
“Avrei preferito farmi infilzare
i bulbi oculari con aghi roventi.” ammise Eva accorata.
Vlad non rispose, distratto dalla
testa di Lorella che sbucava tentennante dalla porta, semisorretta da un Gino
ancora in pieno rosario di moccoli.
“Un altro Umano?” domandò
blandamente sorpreso “Cos’è, fai la collezione?”
“Lei è Lorella” rispose Eva
stancamente: altre cose era meglio non spiegarle a Vlad “E per favore, tieni
giù le mani e tutto il resto da…”
Non finì nemmeno la frase:
Lorella si era alzata in piedi e, come attirata da fili invisibili, era andata
a schiantarsi addosso a Vlad aggrappandosi alla sua vita in maniera decisamente
esplicita.
“Fai di me quello che vuoi”
mormorò roca, lo sguardo completamente annebbiato sollevato sul Demone
“Prendimi, strappami i vestiti…”
“Ok” rispose Vlad condiscendente
“Qui o per strada?”
“Che schifo.” commentò Gino
aggrottato puntando il naso per aria come una zitella puritana.
Eva, in due passi claudicanti,
raggiunse Lorella e senza tanta grazia la strappò di dosso a Vlad che ridacchiò
esilarato senza muovere un muscolo.
“Vlad, piantala” berciò Eva
mentre Lorella crollava imbambolata sul divano “Giuro che ti taglio il pisello
e lo butto al cane se provi anche solo a toccare la piccola!”
“Scimmietta mia, giuro che non ho
fatto niente. E’ che sono troppo dannatamente sexy per queste frattaglie umane.
Comunque visto che sei così gelosa, se tu riesci a tenerla a bada, io posso
provare a non accontentarla.”
Ammiccò e sorrise verso Lorella
che fece per rialzarsi, incantata: Eva la spinse di nuovo a sedere sul divano e
puntò l’indice accusatorio contro Gino.
“Tu, dannazione, renditi utile e
lega questa deficiente al divano! Dalle anche qualcosa per svegliarla, un
cognac o un manrovescio, quello che vuoi! E tu, Vlad… due secondi che sei qui e
sono già più che stufa marcia di vederti! Ancora una parola e vado a tirare
fuori il badile!”
Vlad si appoggiò allo stipite
della porta scuotendo via i capelli rossi dalle spalle.
“Dimentichi che ti ho salvato la
vita” ripose poi malizioso “Non c’è qualche regoluccia divina che ti obbliga a
essere un pochino più accomodante nei miei confronti?”
C’era, infatti: una stronza
regola per Angeli e Mezzi Angeli che la obbligava a essere in debito col suo
peggiore nemico fino a che non avesse potuto ricambiare.
“Fottiti, Vlad.” grugnì Eva con
livore e Vlad le soffiò contro un bacio.
“Sempre pronto per questo,
scimmietta mia.”
La sua voce, nonostante la rabbia
e la frustrazione che la attanagliavano, riuscì lo stesso a farle venire i
brividi; Lorella addirittura gemette, come se fosse prossima all’estasi ed Eva
provò l’impulso fortissimo di spaccare qualcosa in testa a qualcuno: qualsiasi
cosa in testa a chiunque.
“Sei un maiale stronzo bastardo e
pervertito!” berciò esasperata.
Gli occhi di Vlad, luminosi e
caldi come miele colato, le scivolarono addosso, tangibili e sensuali come una
carezza di seta.
“Hai la camicia slacciata.” si
limitò a commentare apparentemente a sproposito; lo disse come se la stesse
spogliando con le sue stesse mani.
Lorella gemette di nuovo ed Eva,
stranamente presa in contropiede, si strinse i lembi della camicia addosso e se
la sarebbe data a gambe morendo di vergogna se non avesse sentito un aiuto
esterno alleggerirle il carico.
“Raf” sospirò sollevata, intuendo
la sua presenza alle spalle “Ti ricordi di quello stronzo di Vlad, vero? Ha
pensato bene di venire a farci una visitina.”
* * *
Come se avesse sentito la sua
debolezza, Raf si fece avanti e le si affiancò. Non la sfiorò nemmeno, ma la
sua tiepida presenza fu sufficiente perché Eva si sentisse di colpo protetta e
sicura. Vlad, intanto, aveva inarcato le sopracciglia ampliando il suo serafico
sorriso in un ghigno malefico.
“Finalmente sei tornato” sospirò con
aria di rimprovero “Sei stato via un’eternità! Abbiamo fatto in tempo a scucire
tutti i bottoni della camicia di Eva, a respingere un’orda infernale, a
sverginare la ragazzina mentalmente e anche a berci un caffè.”
“Ciao Vlad” disse Raf asciutto
“Quanto tempo. Eva non ci credeva, ma io sapevo che saresti venuto.”
“Vengo sempre, io. E
modestamente, faccio anche venire in abbondanza. Mi sa che siete voi Arcangeli
ad avere qualche problema in merito.”
Raf non si scompose, anzi, riuscì
a sorridere nel più innocente dei modi.
“Visto che sei qui puoi
sicuramente dare una mano” propose con entusiasmo “Ho ottenuto la dispensa, ma
visto che sei qui non è più necessaria per avere notizie fresche dal piano di
Sotto!”
“Giusto” raccolse la palla al
balzo Eva sorvolando sul fatto piuttosto irritante che l’idea di sfruttare Vlad
fosse venuta a Raf e non a lei stessa “Tu sei il responsabile del Nodo! Allora
saprai di sicuro chi ha autorizzato il passaggio dell’orda infernale che vuole
farmi fuori!”
Vlad si tolse un’invisibile
pagliuzza dalla spalla, simulando una perfetta indifferenza.
“Beh, miei cari, lo saprei se
l’orda infernale fosse passata dal mio Nodo.”
“E non è così?” chiese Gino
incuriosito.
“No, non è così.”
Ci fu un breve attimo di silenzio
dubbioso.
“Visto che avete quella
utilissima dispensa divina, potete verificare” aggiunse Vlad beffardo “O ancora
meglio, potete usarla per soffiarvi il naso. O pulirvi il culo, a scelta.”
“Merda” commentò infine Eva
corrucciata “La faccenda si fa sempre più ingarbugliata.”
“Ma se non viene dal Nodo,
quell’orda da dove arriva?” domandò Gino spaesato.
“Da un altro Nodo.” rispose Vlad
con una certa sicurezza.
“Ci sono altri Nodi?” domandò
Lorella con un filo di voce: sembrava più presente e finché riusciva a non
guardare verso Vlad anche più umana.
“Oh, ti sei ripresa? Bene, Gino
tienila legata lì.”
“Sediamoci” propose Raf sempre
premuroso “E’ inutile stare qui in piedi.”
“Brava Biancaneve” approvò Vlad
prendendo una sedia “Anche io preferisco sempre le posizioni comode.”
Eva non commentò: si assentò un
attimo per infilarsi una maglietta al posto della camicia strappata e quando
tornò Raf e Vlad si guardavano guardinghi seduti uno di fronte all’altro, il
primo compostamente, il secondo stravaccato con le caviglie incrociate e le
mani dietro la nuca.
“E’ un po’ che non ripasso le
gerarchie infernali” esordì Eva sedendosi con precauzione sull’orlo di una
sedia, di fronte a Vlad ma di fianco a Raf “Immagino che qualche testa sia
caduta, ai piani alti.”
“Qualcuno va e qualcuno viene”
rispose Vlad con leggerezza “Linus ha preso il posto di suo padre Tazio a capo
degli accidiosi… mi chiedo ancora come abbia fatto a generarlo, quel figlio,
non ho mai visto Tazio muovere il culo una volta.”
“Pantagruel?” si informò Raf
educatamente.
“E’ schiattato. Letteralmente
scoppiato. Ora c’è Alana, ma è lì lì anche lei per fare il botto, ha un debole
per i pasticcini alla crema…”
“Scusate” si intromise Gino con
un vocione stizzito “Immagino che la nostra presenza sia più che fastidiosa per
voi Ultraterreni, ma se poteste spiegare anche a noi di cosa state parlando,
forse potremmo dare un contributo.”
“Tsè” sbuffò Vlad irriverente
“L’unica cosa che sapete fare bene voi Umani è trasformare ossigeno in anidride
carbonica.”
“No, hanno ragione” si intromise
Raf comprensivo “Loro possono essere utili. E poi, devono sapere di cosa
parliamo. Stiamo ripassando le gerarchie infernali e chi è a capo dei vari
settori in questo momento.”
“C’entra qualcosa la Divina Commedia di Dante?” domandò Gino burbero “No, perché non ci ho mai capito un cazzo nei
deliri di quel nasone toscano, quindi se aveva ragione lui, tra Bolge, Gironi,
Anelli di Saturno e palle varie, sono fritto.”
“Oh, no” lo tranquillizzò Raf “La
vera struttura dell’Inferno è molto più semplice di come l’ha disegnata Dante.”
“Che comunque ha tutto il mio rispetto per l’impressionante
lavoro di fantasia” ghignò Vlad “Persino Lucy è rimasta doverosamente colpita
leggendo la Comedia, e aveva addirittura pensato di adottare il sistema delle
Bolge, che ha trovato molto efficace. Poi si è persa a cercare il significato
di Simoniaco e la faccenda è morta lì… ”
“Lucy…?” sfiatò Lorella sbattendo gli occhi.
“Lucy, ovviamente, è il capo, Lucifero. O Satana, Pazuzu,
Vanna Marchi… comunque tu la voglia chiamare.”
“Femmina?” si stupì Lorella.
“Ermafrodito.” rettificò Vlad.
“’ndo cojo, cojo.” commentò prosaicamente Gino, attirandosi
uno sguardo di approvazione da parte di Vlad.
“Ma è vero che era un Arcangelo anche lei?” chiese Lorella
incuriosita “E’ vero che venne scagliata giù dal Paradiso e che fece un
cratere…”
“Lorella, concentriamoci sulle cose utili” tagliò corto Eva
“Sennò qui facciamo notte e la notte, vorrei ricordarti, è appannaggio dei
Demoni. Nostri cacciatori, ricordi…?”
“Concedimi una breve disgressione sull’Angelo Caduto” si
intromise Vlad accademico “A differenza di come scrisse il Sommo poeta, il suo
regno non è un lago ghiacciato e lei non indossa regolarmente enormi ali
membranose con effetto frigo incorporato; anzi, ha un castello magnifico, pieno
di ori e velluti. Dal gusto un tantino gotico, magari, un po’ pacchiano… ma
tutto sommato molto comodo. E caldo: Lucy detesta letteralmente il freddo.”
“Vlad, l’arredamento della dimora infernale non è la cosa
che ci preme ricordare adesso, ma la gerarchia.”
“Come lei comanda, padrona. Gerarchicamente, in ordine di
importanza, dopo Lucy ci sono i suoi figli: Caius, Ellena e Sisar.”
“Figli?” si basì Lorella.
“Beh, sì: Lucy si dà piuttosto da fare, nel suo bel castello
sotterraneo. Tutta roba promiscua, piena di peccato. Sisar, infatti, mi sa che
è anche figlio di Caius, vero Cenerentola?”
“Perché me lo chiedi?” domandò l’Arcangelo candidamente
sbattendo le ciglia sugli occhioni celesti.
“Perché di certe cose ne sapete più voi spioni alati che
noi.”
“Con chi e per quanto tempo abbia copulato Lucy procreando,
non ci interessa” tagliò corto Eva “Caius, il maggiore, è il luogotenente
preferito di Lucy e si occupa personalmente del Peccato Primo: l’assassinio.”
“Oh, scusa, Raperonzolo, dimentico sempre le tue virginee
orecchie. Dunque, Ellena, la grandissima troia, si occupa del Peccato Secondo,
il tradimento.”
“E Sisar, da ultimo nato, si occupa del Peccato Terzo,
l’incontinenza.”
“Eh?” lo interruppe Lorella arrossendo.
“Rilassati, gioia, non si parla della pipì che scappa al
reparto geriatrico: significa non riuscire a trattenersi dal peccare.”
“Infatti, i Demoni Capitali del Peccato Terzo, tra cui il
nostro Vlad, sono sotto a Sisar.”
“Sotto, ma più spesso sopra” rettificò Vlad ammiccando “A
Sisar piace così.”
“Vlad, piantala” si incupì Eva e Vlad ridacchiò irriverente
“I Demoni Capitali sono sette uno per ogni peccato capitale: Linus per
l’accidia, Demetrio per l’avarizia, Alana per la gola, Bersaba per l’invidia,
Morgana per l’ira, Vlad per la lussuria e Amelia per la superbia.”
“E poi c’è Morfeo che è il responsabile del girone più
temuto dai Demoni: il famigerato girone dei Dimenticati.”
“Ci vanno a finire i Demoni in punizione, quelli che vengono
Recuperati, e ci rimangono… per sempre sempre sempre.”
“Wow.” mormorò Lorella impressionata.
“Vorrei far notare quanto la par condicio tra i sessi venga
rigorosamente rispettata nelle cariche di potere infernali” dichiarò lezioso
Vlad “Cosa che invece in Paradiso… Insomma, l’unico Arcangelo femmina è stato
sbattuto fuori a pedate…”
“Vlad basta.”
“Però, effettivamente…”
“Gino, non ti ci mettere anche tu. Comunque, ogni Demone
Capitale, a parte Morfeo, è a capo di un Nodo: Vlad a Modena, Morgana a Lusambo
in Congo, Linus a Kyzyl in Russia, Demetrio a Bismarck in North Dakota, Alana a
Porto Alegre in Brasile, Amelia ad Alice Springs in Australia e Bersaba a Plzen
in Repubblica Ceca.”
“Due Nodi in Europa” specificò Vlad malizioso “Nel caro
vecchio continente c’è molto più traffico che in America: chi lo avrebbe mai
detto?”
“Se è vero che c’è tanto traffico, mentre tu sei qui a
elargirci le tue meravigliose perle di umorismo chi si occupa della gestione
del Nodo?” lo punzecchiò Eva maligna.
“Le stesse figure che stanno sopperendo alla dolorosa
mancanza della nostro amato Arcangelo in quel del Paradiso, scimmietta” rispose
Vlad per niente scosso “Sia Sopra che Sotto pullulano di impiegati volenterosi
che non vedono l’ora di mettersi in mostra coi superiori. Personaggi davvero
laboriosi e solerti: io li premio con un orgasmo a testa, e tu, Bottondoro?”
“Il potere di scatenare un’orda infernale in pieno giorno è
appannaggio esclusivo dei Demoni Capitali?” chiese dolcemente Raf con sublime
indifferenza.
“Sì e no” rispose Vlad tornando semiserio “Diciamocelo,
l’elenco delle autorizzazioni infernali è un colabrodo di postille e note a
fondo pagina: un po’ come la Bibbia, non so se mi spiego.”
“Divertente. Allora, Cornelia avrebbe potuto scatenare
un’orda infernale come quella che ci ha attaccati?”
“Decisamente no.”
“Lo supponevo.”
Eva e Raf si scambiarono uno sguardo depresso che venne
colto prontamente da Vlad.
“Coraggio!” li apostrofò garrulo “Non c’è qui zio Vlad
apposta per darvi una mano? Scopriremo insieme chi è il cattivone che ha
scatenato l’orda dietro a Eva, anche se scommetto che il 99% del girone dei
Dimenticati gli erigerebbe un monumento.”
“Com’è che adesso sei disposto ad aiutarmi?” sbottò Eva
ignorando i chiari segnali di Raf per farla desistere “Quando sono venuta a
chiedertelo hai rifiutato di muovere un dito. E mi sono umiliata in tutti i
modi, ti ho anche supplicato in ginocchio.”
“Ho ben presente quel momento” sospirò Vlad malizioso “Tu prostrata
davanti a me… uhm, mi eccito di nuovo solo a pensarci…”
Lorella cominciò ad ansimare come una locomotiva e a Eva ci
volle una buona dose di autocontrollo per rimanere impassibile.
“Se non sbaglio, tu volevi qualcosa in cambio che io mi sono
rifiutata categoricamente di darti.”
“Beh, scimmietta, con la tua deliziosa bocca ad altezza
fianchi, a me non sei sembrata così categorica.” gorgogliò Vlad lascivo,
scatenando una nuova ondata di ansiti da parte di Lorella.
Eva contò fino a cento per non mollargli una sberla.
“Invece lo ero.”
“Ad altezza fianchi?”
“Categorica.”
“Ah. Beh, ho pensato che magari stando insieme ci saranno un
sacco di occasioni per riparlarne, no?”
Le fece l’occhiolino ed Eva dovette contare fino a duecento
per non spaccarli quella bella faccia insolente.
“Cosa proponi di fare adesso?” chiese Raf intuendo il
disagio di Eva.
Gli occhi di Vlad si accesero di interesse.
“Io pensavo di andare a fare qualche domanda a Bersaba, ma
se tu hai qualcos’altro in mente, Rosaspina, a me sta bene, sai quanto ti trovi
carino…”
“Perché Bersaba?” domandò Eva (dopo aver contato fino a
trecento per non scoperchiare il cranio di Vlad con una mannaia).
“Per vari motivi” rispose Vlad semiserio “Primo, il suo Nodo
è il più vicino a noi, e siccome ho la vaga impressione che tu ti voglia tirare
dietro quelle due zavorre umane, mi sa che logisticamente sia la scelta
migliore. Secondo, Bersaba ti ha vista e, perfettamente in character col suo
ruolo, è invidiosa da morire di te.”
“Invidiosa di me?” domandò Eva presa in contropiede
“Perché?”
“Perché hai me.” rispose Vlad come se fosse la cosa più
logica del mondo.
“Preferirei avere un eczema facciale.”
“Ti ho appena regalato una fantastica cicatrice, che vuoi di
più?”
“Fammi vedere” borbottò Raf allungandosi premuroso verso
Eva: le prese delicatamente il viso tra le mani e studiò serio la cicatrice sul
suo viso. Era così vicino, pensò Eva rapita, dimentica momentaneamente di Vlad
che la fissava a due metri di distanza; i suoi occhi erano così chiari, così
limpidi. Guardare Raf era come bere un sorso d’acqua fresca quando si aveva
sete. E le sue mani, Dio, quanto amava quelle mani e il loro tepore…
“Allora, Michelangelo, hai finito di impastarle la faccia?”
sbuffò Vlad irritato.
Aveva finito. Quasi a malincuore, le mani di Raf lasciarono
il viso di Eva che si trovò con la cicatrice facciale perfettamente sparita e
con quella al cuore dolorante. Spostò lo sguardo da Raf a Vlad, sperando di
sembrare impassibile, ma gli occhi d’ambra di Vlad riuscirono a leggerle dentro
come un libro aperto. Stranamente, il Demone le sorrise con intenzione.
“Scimmietta” sospirò poi quasi dispiaciuto “Allora non ti è
ancora passata la cotta per Biancaneve?”
Raf sussultò e Gino si schiarì la voce, incupendosi.
“Se dobbiamo partire per il Nodo in Repubblica Ceca forse è
meglio prepararsi.” glissò Eva abilmente, ma Vlad non aveva nessuna intenzione
di mollare l’osso.
“Perché lo sai, vero, che non potrà mai ricambiarti? Non è,
come dire, accessoriato con gli strumenti adatti. Almeno per quello che ne so
io: ai miei tempi, i corpi mortali degli Arcangeli li disegnavano senza
corredo, ma magari adesso si sono svecchiati anche i designers celesti e sotto
quei jeans da checca la nostra Sirenetta nasconde un arnese degno dei tuoi
sogni più segreti…”
Eva si alzò di scatto in piedi, fremente di rabbia.
“Piantala con queste stronzate, Vlad!”
“Eva…” sospirò Raf.
“Se così fosse magari ci farei un pensierino anche io: il
biondino è davvero appetitoso e devo ammettere che il pensiero di dargli una
rosicchiata mi solletica da un po’. O di farmi dare una rosicchiata da lui, se
preferisce: io sono piuttosto versatile…”
Strizzò l’occhio a Raf mentre Eva arrivava a contare fino a
un milione senza riuscire a contenere la sua rabbia.
“Sei un porco pervertito!” sibilò stringendo il pugno
minacciosa e il Demone la guardò da sotto in su, le mani dietro la nuca e un
sorriso canzonatorio sul viso.
“Quando ti scaldi diventi sexy da morire” mormorò con voce
vellutata “E’ stata la parola arnese a eccitarti così?”
Eva fece per mollargli una sberla in faccia, ma Vlad la
precedette: con grazia felina, le afferrò il polso alzato e la tirò verso di
sé, costringendola a crollargli addosso.
“A proposito di arnesi…” le sussurrò invitante nell’orecchio
spingendosi contro di lei, esplicito e provocante.
Eva, con un ruggito rabbioso, si liberò dalla presa al polso
e saltò all’indietro, subito sorretta per il gomito dalla mano tiepida di Raf.
“Lascia perdere, Eva” le mormorò l’Arcangelo con voce pacata
mentre il Demone sogghignava esilarato, dondolandosi sulla sedia con indolenza
“Lo fa solo per provocarti.”
“E ci riesco anche bene” puntualizzò Vlad con un sorriso
scintillante “Ah, sarà davvero uno spasso passare un po’ di tempo con voi: mi
ero dimenticato di quanto siate divertenti! Voi due Umani dovreste pagare il
biglietto.”
Lorella e Gino erano rimasti in silenzio: mentre Lorella
sembrava più di là che di qua, con l’espressione attonita che ormai sembrava
averle cementato il viso, Gino esibiva una convincente espressione tediata che
risultò stranamente simpatica al Demone.
“Quando avete finito di fare il gioco della bottiglia avrei
una domandina” buttò lì l’umano annoiato “Dove cazzo è la Repubblica Cieca?”
* * *
Alla fine, decisero di andare a Plzen in macchina: Vlad, con
somma pigrizia, dichiarò che non avrebbe nemmeno toccato il volante e che alla
guida avrebbero dovuto pensarci Eva, Biancaneve e i due schiavi umani. Eva
ordinò a Gino di affittare un pullman a due piani possibilmente diviso a metà
da un muro di cemento dietro cui relegare il simpatico Demone Tutore, invece
Gino tornò dall’autonoleggio con un camper. Un signor camper, a dire il vero,
grande come un appartamento e superaccessoriato, ma senza muri di cemento di
nessuna sorta. Aveva però tre comodi sedili nella cabina di guida separata dal
retro da un pannello scorrevole in vetro satinato; identici pannelli separavano
il bagno con tanto di doccia e bidet e la camera da letto, sontuosa e grande
come una stanza normale.
“C’è una cucina completa!” gorgogliò Lorella sfiorando i
ripiani d’acciaio con reverenza nella zona living, che comprendeva due
divanetti in pelle formato sette nani “E’ più grande di quella del mio
appartamento!”
“Raf, non ti piace?” chiese Eva sedendosi sul divanetto di
pelle: non lo avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura, ma doveva ammettere che
quel camper era una favola. Magari la moquette leopardata era un tantino sopra
le righe, ma il divano con vibrazione massaggiante l’aveva conquistata al primo
sguardo.
“Non so” rispose Raf sostenuto “Non è un tantino… vistoso?”
“Dal di fuori è solo un po’ più grosso del normale e
guardate che bel lettone comodo” declamò Vlad stendendosi sull’ampio materasso circolare
della stanza da letto “Vieni qui a riposarti un po’, scimmietta?”
“Gino ti sei fatto corrompere da quello stronzo di Vlad?”
ruggì Eva per risposta.
“No” spiegò Gino alla compagna “Voi Ultraterreni potete
anche usare i letti solo per folklore locale, ma noi Umani dobbiamo anche
dormire. In più ho comprato dei vestiti, roba da mangiare e un bagnoschiuma per
lavarsi perché puzzare non è esclusivo appannaggio terrestre, di questo sono
sicuro.”
Guardò Vlad con intenzione e il Demone si annusò l’ascella
con aria offesa.
“Non posso lavarmi” spiegò lezioso “Biancaneve va pazzo per
il mio odore di maschione in calore.”
“Vlad, per favore.” sospirò Eva con l’emicrania da stress ad
attanagliarle le tempie.
“E va bene. Ma solo se tu vieni a lavarmi la schiena,
scimmietta.”
“Tutti dobbiamo impegnarci a fare del nostro meglio per
favorire gli altri” decise Eva ignorandolo “Tutti, a parte mister Demone
puzzone, che dovremo tenere sotto controllo ventiquattrore su ventiquattro.”
“Sei ingiusta nei miei confronti” si lamentò Vlad “Anche io
sono qui per collaborare. E per portarti a letto e scopare due giorni interi.”
“Du… Gino, nell’elenco delle cose
che hai comprato non c’è per caso anche una fiala di narcotico?”
“Come tuo Demone Tutore sono
quasi il tuo paparino… non è eccitante questa promiscuità incestuosa?”
“O veleno per topi, che forse è meglio.”
“Potremmo fare una cosa di famiglia” rettificò Vlad
pensieroso “Io, te e mamma Biancaneve. Il tuo monolite umano no, grazie, non mi
piace per niente. La ragazzina va beh, solo se non c’è nient’altro in giro di
disponibile…”
“Se non abbiamo altre cose da fare qui, direi che possiamo
partire.” annunciò Raf ignorandolo.
“Il primo turno alla guida lo faccio io” continuò Eva
imperterrita “Forse se sto qualche ora senza quella faccia da culo davanti
riesco a non suicidarmi.”
“Allora non mi vuoi come navigatore?” si imbronciò Vlad
“Guarda che ho un ottimo senso dell’orientamento.”
Eva chiuse un attimo gli occhi: sognò di riempire il
serbatoio d’acqua del camper con Acqua Santa e di tenere la testa di Vlad sotto
il getto della doccia per ore e ore e ore. Dopo qualche minuto di quella
meravigliosa visione, riaprì gli occhi e si girò verso Raf che le sorrise
comprensivo.
“Brava!” le sussurrò con aria complice “Stai imparando a
perdonare Vlad per il suo ignobile comportamento. Sono davvero fiero di te.”
Eva ricambiò il sorriso con aria incerta.
“Partiamo, che è meglio.” disse infine piazzandosi al posto
di guida.
NOTE DELL’AUTRICE:
…beh? Dite cosa ne pensate, no?
Fante: Lasciando perdere gli intermezzi calcistici…
devo dirtelo, giovinotto, mi sembri sempre più fulminato. Il che è un bene, ti
stai acclimatando! Prossima volta ti voglio vedere in infradito mentre ti sbafi
un panino al prosciutto di Parma (sorry, I’m emiliana doc). Ora ti saluto: e coraggio,
abbiamo ancora la cempions…
Amie: Sbaglio o qui abbiamo una niu entri? Benvenga,
entri pure, siorrina!! Non le chiedo se vuole un tè per ovvi motivi… preferisce
un caffettino? Una brioscina calda? Prego, si segga, racconti: chi è lei di
bello? Cosa fa nella vita? Come è approdata in questo giron… ehm, in questo
lieto luogo? Racconti, a zia Corny, racconti…
Tartis: Mia piccola lovely Sara! Non c’era una
canzoncina…? Ma no, meglio non esumare certi orrori dell’infanzia. Ti ringrazio
sentitamente per i complimenti, spero di poter continuare su questo tono, se
aggrada Voi lettori!! Ricambio bacioni e affini, alla prossima!
Chamelion: Ooooh, meno male! Era proprio il mio
intento, presentando Cornelia a quel modo, nauseare. Perché i Demoni per me
sono proprio così, nauseanti: che mi stiano lo stesso simpatici sarebbe una
questione da approfondire, ma forse è meglio sorvolare… Parlando di cose serie
(più o meno), le tue motivazioni sono le stesse che spingono me a scrivere storie
fantasy.. la possibilità (con rimpianto finale, se la storia è scritta davvero
bene) di non poter mai vivere veramente in quel mondo, pur vivendoci
intensamente per il breve tempo della storia. Eeeeh, Eva e Raf, Raf ed Eva… io
amo l’amore, ma più di tutto amo il preludio, l’agognare un inizio che forse
non potrà mai venire, o forse chissà, se lo scrittore è buono e poco sadico…
anche se non sarebbe giusto… anche se andrebbe contro ogni logica… queste così
incerte sono le mie storie d’amore preferite. Dopo, che la storia continui con
“e vissero felici e contenti” o che finisca bruscamente, non ha importanza
perché il pathos è tutto lì, in quegli sguardi rubati prima di confessare a se
stessi l’inconfessabile… e dopo questa ammissione di colpa, una domandina: ma
sarò malata!?!?
MarzyPappy: Davvero hai la fobia dei serpenti? Ma se
sono così carini… ok, forse carini no…comunque un bel paio di pantaloni Just
Cavalli sono adattissimi al culetto di Vlad, credimi! Almeno, lo sono
all’interno della mia mente malata. Felice di averti skifata con Cornelia, era
esattamente il mio intento! Grazie, cocca, un bacione per ogni tuo ricciolo!!
Lauraroberta87: Amore, davvero avevi fatto l’acida?
Non me ne ero accorta… sei sempre così dolce, carina, joyful and friendly (che
minchia sto a dì, bo…). Mmmm, che immagine interessante la nebulosa stagnante
che avvolge i miei piani! Meno male che non hai detto organica e puzzolente, o
mi sarei offesa… Rosseau guarda che non aveva ragione del tutto… e poi mangiava
le rane fritte, quindi occorre necessariamente diffidare di lui. Ti ho
immaginata inginocchiata nel mio orto a urlare contro il cielo le tue domande
cosmiche: ho immaginato con potenza e forza, e alla fine, spinto dai meandri
del mio subconscio, mi è sorto spontaneo un grido… NON MI ROVINARE IL CAVOLO
VERZA, DEFICIENTE!!!
Levsky: Questo losco figuro chi Diavolo è? Sarà anceh
una scememza, ma mi ha stesa dalle risate! E che Diavolo! Ah ah ah!! Ok, sono
ufficialmente da internare… Chiccò d’Oliva… certo che lo conosco… ogni sabato
sera ci troviamo a cena a casa mia… ehm… ok, ma è così grave non sapere chi è?
Mi documento subito!!
Cicha: Ci sono cose di me che emergono dai meandri
bui della mia psiche e che nemmeno si di aver messo nero su bianco, quando vado
a rileggere… questa cosa dell’intolleranza di Eva agli ovini è un tipico
esempio di queste lacune spazio/temporali! Non so se sono io a essere
schizofrenica o se esiste davvero il mio Fornit, ovvero il piccolo gnomo che
secondo leggende kingiane ispira gli scrittori… Amore, la mia vena vampiresca è
sempre pulsante sangue denso e rovente, il problema è far scorrere questo
sangue su carta… è un po’ che non scrivo, ormai direi che sono matura per una
nuova storia, ma dubito che sarà di vampiri. Però, chissà? Magari con la giusta
dose di corruzione mi faccio convincere… eh eh eh, che kattiva e sadika, Vlad è
proprio contagioso!!
Krisma: Mio splendido fiore di loto!! Spero bene che
l’impressione che avete avuto di Cornelia sia quanto meno inquietante!
L’intento era quello, altrimenti la descrivevo a raccogliere viole e chi s’è
visto s’è visto! Il piccolo Raf, eh… per i biondi ho questa insana passione, è
vero (peraltro non corrisposta, sob!!), ma Raf è fin troppo biondo. Un po’ come
Marilyn, ha un candore fin troppo abbagliante. Non so perché mi è venuto così…
forse perché è un angelo? Ai posteri l’ardua sentenza… alla prossima, mio
fiorellino, e grazie come sempre per la bellissima recensione!!
Beneduc: Oh, che bellezza, di nuovo qui la Beneduccia beneducata… prego si segga, vuole una tazza di tè? Ehi, dove scappi…? Guarda che
non sono Cornelia!! E’ che di fianco al beneducato io immagino sempre una tazza
di tè. Forse è per questo che Cornelia mi sembra così blasfema… Uhm, su Vlad
soprassiedo, voglio sapere cosa ne pensi tu!! At the nex time, ssee ya!
Londonlilyt: La mia fedele pseudo-inglese… che farei
senza di te e i tuoi commenti da fulminata? Visto che a Londra ci siamo
capitate quasi tutte, la tua teoria che le non –vergini finiscano lì è
abbastanza probatoria… Spaccatimpani all’acqua santa? Ah ah ah, ma gente, i
vostri neuroni dove sono finiti?!?!?! Tanti bacioni, bellezza, quando vieni in
Italiaaaaaa?!?!?!
“Noi eravam tutti fissi e attenti
a le sue note; ed ecco il veglio onesto
gridando: "Che è ciò, spiriti lenti?
qual negligenza, quale stare è questo?
Correte al monte a spogliarvi lo scoglio
ch'esser non lascia a voi Dio manifesto".
Dante Alighieri, La Divina Commedia, Purgatorio, Canto II
“Qui gira a destra. Mi spieghi
perché sei uscita dall’autostrada?” domandò Gino stravaccato sull’ampio sedile
di fianco a Eva che guidava il camper con l’espressione truce di un camionista
turco.
“Perché mister Tedio voleva
vedere un paesaggio diverso e quando io ho detto di no lui ha cominciato a
fischiettare “Alla fiera dell’Est” di Branduardi, finché al settimo bue che
bevve l’acqua non ho più resistito e l’ho accontentato.”
“Capisco” sospirò Gino con le
rughette intorno agli occhi increspate di divertimento “Che soggetto, quello.”
“Odioso” ruminò Eva strattonando
il volante “E stronzo.”
“Però è simpatico.”
“Oh, certo. Come un palo nello
sfintere.”
“Io credo che in qualche maniera
sia davvero affezionato a te.”
Eva lanciò un breve sguardo di
commiserazione a Gino.
“Non ci credere” disse poi con
insolita amarezza “Vlad è un Demone. Uno di quelli veri, autentici. Sa solo
raggirare, mentire, seminare zizzania: non credere mai, per nessun motivo, che
possa fare qualcosa di buono per qualcuno che non sia se stesso.”
“A me sembra che tu sia un filino
prevenuta nei suoi confronti.” replicò Gino con leggerezza ed Eva sbuffò,
pestando selvaggiamente sul clacson per far spostare un innocente ciclista
austriaco sulla pista ciclabile.
“Eva?” la chiamò Raf con voce
soave, sbucando dal pannello scorrevole “Ti spiace se ti do il cambio?”
Raf era stato incaricato di fare
la guardia a Vlad, ma nemmeno un Arcangelo celeste poteva resistere molto con
lui. Sacramentando internamente, Eva accostò e lasciò che Raf si sedesse al
volante con evidente sollievo: poi, raggiunse Vlad e Lorella nel retro del
camper. I due erano semidistesi sul lettone circolare dal quale il Demone si
rifiutava categoricamente di scendere e Vlad stava parlottando fitto fitto
nell’orecchio di Lorella; lei sembrava quasi in trance e quando Eva sbatté
intenzionalmente la porta scorrevole scattò a sedere come se si fosse svegliata
di soprassalto.
“Eva!” strillò con aria
colpevole.
“Perché non ti vai a fare una
doccia?” le propose amabilmente Eva con voce secca.
“L’ho fatta prima.” protestò
debolmente Lorella senza guardarla.
“Farne un’altra non ti farà
male.”
Lorella sgusciò via a capo chino
ed Eva rimase sola con Vlad, indolentemente disteso sul letto con una mano a
sorreggergli la testa, la camicia aperta sul petto e l’aria falsamente innocua
di una pantera a riposo.
“Gelosia pussa via?” chiocciò
sorridendole sfacciatamente, così provocante da togliere il respiro.
“Ti ho detto di non toccarla.”
“E io, scimmietta, ti ho detto di
tenere a freno lei: sarà anche una bambina insignificante, ma ha comunque le
sue belle pulsioni sessuali e io sono troppo generoso per scacciarla, se è lei
a cercarmi. Ma ora basta parlare dell’Umana: siamo soli, io e te. Perché non ti
siedi qui vicino a zio Vlad? Ti faccio un massaggio alla schiena, sei così rigida…”
Eva si appiccicò contro la parete
a braccia conserte.
“Sono obbligata a intrattenerti e
ti intratterrò, ma non pensare di mettermi un solo dito addosso.”
Vlad si stese del tutto sul
letto, stiracchiandosi voluttuosamente come un gatto.
“Non ne avrei bisogno” mormorò
seducente “A volte basta il pensiero.”
La camicia si aprì del tutto
scoprendogli il petto dorato e liscio; Vlad ci passò sopra le dita
delicatamente, dalla gola all’ombelico, puntandole fisso addosso il suo sguardo
d’agata. Eva suo malgrado si sentì violentemente eccitata e girò di scatto la
testa verso il finestrino mordendosi il labbro a sangue. Vlad rise, con una
risata di gola assolutamente irresistibile.
“La mia scimmietta! Guarda che
scherzavo. Dai siediti, giuro che non ti faccio niente.”
“Eh già.”
Scetticismo allo stato puro.
“Niente che tu non voglia.”
rettificò Vlad accomodante.
“Hai guardato il tuo tanto
sospirato cambio di paesaggio?” tergiversò Eva “C’è parecchio verde, qui in
Austria.”
“Detesto il verde. Avanti,
siediti. Lì sull’orlo del letto e io starò buono qui, senza sfiorarti.”
Eva arrischiò un’occhiata di
traverso: Vlad era sdraiato compostamente, le mani dietro la nuca e l’aria
innocente come quella di un cherubino. Guardinga, Eva scivolò verso il letto e
si sedette su un centimetro quadrato nel punto più lontano dal Demone.
“Allora, questo paesaggio?”
domandò poi col cuore che chissà perché le batteva come un tamburo.
“Te l’ho già detto che odio il
verde?” rispose Vlad amabilmente “Tutta quella verdura, poi: puzza di Angelo
lontano un chilometro.”
“In gergo si chiama profumo.”
confidò Eva.
“Ma và. Il profumo vero l’ho
sentito solo una volta nella mia vita.”
“Avevano concimato un prato
infernale con sterco di stercorario?”
“No. E’ stato parecchi anni fa,
qui sul questo Piano: vuoi che ti racconti la storia?”
“Piuttosto che vederti fare una
lap dance…”
“Vedi, a quei tempi ero il tutore
di una scimmietta pestifera.”
Sfarfallò le ciglia allusivo: Eva
nascose un sorriso dietro un’aria truce.
“Lavoravi allo zoo?”
“Quasi. La mia pupilla, una
insolente spilungona Sanguemisto, aveva avuto una brutta crisi demoniaca e si
era addormentata sfinita tra le mie braccia.”
Eva rimase muta lottando con
tutte le sue forze per non abbassare la guardia. Eppure, la voce neutra di Vlad
sembrava così sincera…
“Ero stanco e incazzato e lei mi
stava addosso semimorta come un sacco di patate. I suoi capelli mi
solleticavano la faccia ed erano fastidiosi come la loro proprietaria, sudati e
arruffati… ma mandavano un odore meraviglioso. Il famoso profumo di cui sopra,
per la cronaca.”
Eva si girò a guardarlo, indifesa
e titubante, con gli occhi grandissimi. Vlad si guardava le mani e il suo
profilo arrogante sembrava lontano anni luce.
“Nessuna verdura fiorita, né
terrestre né paradisiaca è mai riuscita a eguagliarlo.”
“Oh.”
Eva non sapeva cosa dire: sapeva
solo che non era stata mai in tutta la sua vita così consapevole di avere un
cuore che martellava nel petto.
“Quindi, mi annoio più di prima”
sbuffò Vlad riprendendo al volo la sua aria strafottente e annoiata “Era meglio
il grigio dell’autostrada e l’odore del carburante e della gomma bruciata. Ah,
però prima ho visto passare un capriolo. E’ stato un momento romanticamente
poetico.”
“Davvero?” domandò Eva girando il
viso verso il finestrino.
“Davvero, proprio là.”
In un battito di ciglia, Vlad si
materializzò di fianco a lei, così vicino che Eva ne percepì il calore: non la
guardava e indicava innocentemente fuori dal finestrino con l’indice puntato,
ma il suo odore maschio le invase le narici, il suo respiro le sfiorò la spalla
e se non si fosse sembrata oltremodo ridicola, Eva sarebbe scattata lontano
come una molla.
“Oh” ripeté invece con la gola
secchissima: Vlad non aveva fatto ancora niente di male e lei non voleva
sembrare troppo prevenuta come aveva detto Gino, quindi rimase immobile “Un
capriolo.”
“Un giovane maschio con due belle
corna ramificate e il pelo scintillante. E’ corso di là…” e indicò col dito
un’altra zona, finendo col viso a un soffio da quello di Eva; lei sentì la
pelle accapponarsi bruscamente mentre il respiro di Vlad le sfiorava la
guancia, tiepido e lento come una carezza. Dovette fare violenza a se stessa
per non ansimare e lo fece con tanta intensità che le venne il mal di testa.
“… e poi è andato di là…”
Indicò un altro punto fuori dal
finestrino, portando il braccio a un centimetro dal petto di Eva. Non l’aveva
nemmeno sfiorata e già lei si sentiva dolere dappertutto, così tormentosamente
eccitata in ogni millimetro di pelle che le sembrava di bruciare viva.
“Vlad.” iniziò a dire, ma fece
l’errore di guardarlo negli occhi: era troppo vicino, il suo potere la
schiacciò con la forza di un tornado, paralizzandole il respiro nel petto.
Rimasero per un lungo momento immobili e quando Vlad capì che Eva non si
sarebbe mossa, si lasciò sfuggire uno scintillio vittorioso.
“Oh, scimmietta, finalmente…”
sussurrò con la bocca così vicina al suo collo che Eva percepì il labiale sulla
pelle. Tentò di respirare, ma il braccio di Vlad le scivolò in vita, subdolo e
sinuoso come un serpente, la sua lingua umida e calda le sfiorò la clavicola e
la mente di Eva si annebbiò di una rossa cortina di desiderio. Socchiuse gli
occhi inclinando la testa all’indietro, lasciando che la bocca di Vlad le
incidesse un lento solco umido lungo la gola mentre la sua mano le accarezzava
il costato e il suo pollice seguiva il profilo del seno con dolorosa lentezza.
“Che buon sapore…” sospirò Vlad
premendo le labbra roventi sulla sua gola pulsante “Lasciati assaggiare,
scimmietta. Lasciati mangiare.”
Le mordicchiò il mento, la linea
della mascella: Eva gemette quando le succhiò il lobo dell’orecchio con voluta
pigrizia, e quando sentì la sua mano chiudersi a coppa sul seno, qualcosa di
definitivo si incrinò in lei.
Poi, misericordiosamente, il
rumore di una porta scorrevole che si chiudeva la risvegliò bruscamente dal
trance.
“Eva? Ho rifatto la doccia come
hai detto tu, adesso sono pulita, profumata e morbida come il culetto di un
neonato…”
Lorella non fece in tempo a
entrare che Eva era già in piedi, dritta come un fuso ma l’espressione della
sua faccia era esplicita come un’insegna al neon e la risata beffarda di Vlad
fu come uno schiaffo in pieno viso per entrambe.
“Cosa stavate facendo?” sibilò
Lorella, incredula e ferita come un cucciolo percosso senza motivo.
“Niente.” rispose
precipitosamente Eva, ma sentiva le guance scottarle di vergogna e umiliazione.
“Quasi niente” specificò Vlad
garrulo, distendendosi indolente sul letto come se niente fosse “Insomma, si
parlava di caprioli e di fauna austriaca e a un certo punto il seno di Eva mi è
finito in mano. Giuro che non capisco come sia successo. E tu scimmietta, hai
qualche idea?”
Eva non si prese nemmeno la briga
di rispondere: girò sui tacchi, mandò mentalmente a quel paese Vlad, Lorella,
tutti i Demoni dell’Inferno e l’intera progenie umana e marciò risoluta verso
la cabina di guida.
* * *
Plzen, la capitale ceca della
birra, era una cittadina ordinata, con bei palazzi color pastello e tetti rossi
tipicamente boemi. Quando Gino parcheggiò il camper al Zentrum, vicino alla
piazza principale, Lorella era da ore appiccicata al finestrino con la bocca
aperta e il naso in su, piena di meraviglia come un bambino al luna park. Lei,
Gino e Raf decisero di rimanere a bighellonare nella piazza, mentre Eva e Vlad
si dirigevano verso la cattedrale gotica di San Bartolomeo, di fianco alla
quale, mimetizzato da un’anonima casa color pastello, stava l’ingresso del Nodo
infernale di Bersaba.
“Mi spieghi perché fate sempre i
Nodi vicino a chiese cattoliche?” domandò Eva scorbutica mentre turisti e
passanti si giravano tutti a guardare lei e Vlad con espressioni incantate
sulla faccia: Eva cercava di passare inosservata ma era impossibile non notare
Vlad, con quegli sfacciati pantaloni neri, i capelli rossi che rilucevano al
sole e lo sguardo che accarezzava lascivo qualsiasi cosa gli passasse davanti.
“Il senso dell’umorismo di Lucy.”
spiegò Vlad fissando una ragazza incrociata sulle scale che, di colpo, arrossì
e cominciò ad ansimare pesantemente.
“Capisco. Ora però potresti piantarla
di cercare di concupire chiunque abbia la sfortuna di incontrarti per strada?
Siamo qui in missione, vorrei ricordarti.”
“E io vorrei ricordare a te che
sono in astinenza da ben dodici ore” rispose Vlad spogliando con gli occhi un
distinto signore in giacca e cravatta che letteralmente scappò via a gambe
levate “Un record che speravo di non raggiungere mai. Speriamo che Bersaba sia
in vena di rimettere le cose a posto.”
Glissando giudiziosamente
sull’ultimo commento di Vlad, Eva si massaggiò le tempie mentre la testa
cominciava a martellarle furiosamente: erano vicini alla porta del Nodo e gli
effluvi infernali che contaminavano l’aria tutto intorno le avvelenavano lo
spirito. Rimase un attimo indietro rispetto a Vlad e in quel breve lasso di
tempo represse il suo essere Angelo in profondità, trovando l’operazione di
solito dolorosa stranamente facile. La vicinanza di Vlad le procurava effetti
collaterali decisamente preoccupanti, pensò depressa.
Entrare nel Nodo e sbrigare le
formalità burocratiche fu un processo sorprendentemente rapido: Eva sospettò
che Vlad avesse imbrogliato in qualche passaggio, ma era così occupata a tenere
a bada la tempesta infernale che la agitava che non ci fece caso. Il Nodo di
Bersaba, come tutti i Nodi, iniziava con un corridoio buio, fumoso e
deprimente. Le figure che andavano e venivano, alcune deformi, altre
antropomorfe, quasi si inchinavano al passaggio di Vlad il quale, con i pollici
in tasca e l’aria serafica, sembrava il ritratto della tranquillità. Mentre
camminavano lungo il corridoio fianco a fianco, Eva vide una figura
avvicinarsi. Era sicuramente una femmina, ma qualcosa in lei risultava
decisamente inquietante, se non addirittura grottesco. La sua faccia il suo
corpo, la sua postura… tutto di lei sembrava un collage malriuscito di elementi
incompatibili tra di loro. La faccia, per esempio, aveva la conturbante fissità
della plastica, come il viso di una vecchia ottuagenaria dopo venti lifting. La
bocca era troppo gonfia, il naso troppo piccolo, il seno troppo alto e grande,
le gambe troppo magre e lunghe, i capelli troppo biondi…
“Ciao Bersaba” tubò Vlad
prendendo tra le braccia quel grottesco puzzle di membra umane come se fosse la
più bella donna del mondo “Che bello rivederti!”
“Vlad!” pigolò Bersaba toccandolo
dappertutto con una foga che risultò decisamente imbarazzante “Sei proprio tu!
Qui nel mio Nodo! Non hai idea di quanto…”
Si interruppe di colpo: aveva
posato gli occhi su Eva che era rimasta in disparte, incerta sul da farsi e
quindi più immobile e guardinga che mai.
“E lei?” ringhiò il Demone
socchiudendo gli occhi dalle ciglia lunghe e falsissime fino a ridurli a due
fessure feline: era chiaro come il sole che l’avrebbe odiata, fosse stata anche
Lucifero in persona.
“Ti ricordi di Eva” rispose Vlad
con una nota quasi affettuosa nella voce “L’hai vista una volta, tanto tempo
fa… era la mia pupilla, al tempo.”
“Salve.” disse Eva tenendo lo
sguardo basso e la voce piatta.
Rimanere immobile davanti a un
Demone Capitale non era affatto una cosa semplice, meditò affannata Eva
cercando di crearsi uno scudo sufficiente: da Vlad la proteggeva il Triumviro,
ma da Bersaba non la proteggeva niente se non il proprio istinto di
sopravvivenza. Avere a che fare con un Demone della sua caratura era a dir poco
devastante: quasi Eva non respirava tanto le scariche di invidia feroce che
partivano da Bersaba erano potenti. E quel bastardo di Vlad che, bello come il
sole, smise di abbracciare Bersaba per posare a Eva un braccio sulle spalle,
protettivo e complice! La classica ciliegina sulla torta.
“Perché l’hai portata qui?”
sibilò Bersaba arricciando le labbra come un cane rabbioso mentre la schiena di
Eva di trasformava in una rigida colonna di ghiaccio.
“Abbiamo bisogno di parlarti”
rispose Vlad mestamente “In privato.”
Bersaba rimase per lunghi minuti
a fissare Eva e ogni secondo che passava sembrava odiarla sempre di più: alla
fine, fece cenno di seguirla e si infilò in una stanza dalle pareti e il
pavimento di velluto rosso, claustrofobica, scura, piena di cuscini, statue,
ciarpame d’oro e tendaggi soffocanti; anche la stanza, come la padrona,
sembrava un collage di cose messe insieme per sbaglio, senza il minimo senso
del gusto. Bersaba andò a sdraiarsi su un divano trapuntato e posò una mano a
fianco a lei, per invitare Vlad a imitarla. Lui invece le sorrise e si sedette
vicino a Eva, posandole anche confidenzialmente un braccio intorno alla vita
che la fece sussultare penosamente.
“Toglimi gli artigli di dosso.”
sibilò pianissimo per non essere sentita, ma Bersaba aveva di sicuro l’udito
fino perché impallidì e arricciò di nuovo le labbra in quella smorfia felina.
“Che cattiva che sei” chiocciò
Vlad che sembrava di ottimo umore “Non vuoi vicino lo zio Vlad a proteggerti?”
“Allora?” sferzò la voce di
Bersaba, impaziente “Parla, mio caro: sono impaziente di sapere cos’ha da dire
la tua… pupilla.”
Avrebbe voluto dire tutt’altro
nome, le si leggeva in faccia lontano un miglio.
“Vedi, Bersaba” iniziò Vlad
compunto “Eva ha chiesto il mio aiuto quando si è accorta che c’è qualcuno
all’Inferno che, come dire… ce l’ha un po’ con lei. Qualcuno che le ha
scatenato contro un’orda infernale.”
Gli occhi di Bersaba, appuntiti
come spilli, non abbandonarono per un secondo la faccia di Eva che si sforzava
duramente di rimanere perfettamente neutra e immobile.
“E allora?”
“L’orda che ha tentato di farla
fuori non è uscita dal mio Nodo, quindi ci chiedevamo se tu potessi dirci se è
passata da qui, che è il Nodo più vicino.”
Bersaba, finalmente, girò lo
sguardo su Vlad, uno sguardo carico di rabbia e sprezzo.
“E tu credi che io possa
infrangere una regola infernale, e magari attirarmi l’ira di Lucy… per aiutare
te e la tua puttana?”
“Pupilla” specificò Vlad con un
leggero sorriso malizioso “Beh, sì.”
“E di grazia, perché dovrei
abbassarmi a fare una simile stronzata?”
Vlad, rapido come un serpente e
altrettanto insinuante, strinse Eva in un abbraccio voluttuoso, passandole
contemporaneamente la punta delle dita sulla guancia e sul collo.
“Per lei.” sorrise malizioso
mentre Eva, colta di sorpresa, si dibatteva inutilmente cercando di liberarsi.
“Lasciami stronzo!”
“Sono sicuro che anche tu, mia
carissima Bersaba, non vuoi che venga fatto scempio di questa meraviglia.”
continuò Vlad imperterrito.
La faccia di Bersaba da pallida
diventò rossa e furibonda come la cresta di un gallo.
“Cosa cazzo pensi, che me ne
freghi qualcosa di questa troia?” gracidò fremente di sdegno.
“Oh, no!” sorrise Vlad con la più
dolce delle espressioni materne “Io intendevo qualcosa di più interessante; per
la tua collezione.”
Eva smise di agitarsi, sorpresa
suo malgrado: anche Bersaba sembrava interessata alle parole di Vlad.
“Di cosa parli?” domandò il
Demone guardingo.
“Ma come!” si stupì Vlad
serafico, accarezzando di nuovo il collo di Eva che gli sibilò addosso una
inutile sequela di improperi “Pensavo che te ne fossi già accorta, amore mio.
Proprio a te, che non sfugge mai niente di quello che gli altri possiedono di
bello!”
La faccia di Bersaba divenne
quasi verdastra: Eva si trovò a pensare fuggevolmente che il famoso detto
“verde d’invidia” aveva la sua ragione di esistere, poi cercò ancora di
liberarsi dalla presa di Vlad senza successo.
“Non ti sei accorta” continuò
infatti il Demone in un sussurro “Di quanto sia meravigliosamente liscia,
morbida e bianca la pelle di Eva?”
Le sue dita, abili e leggere,
scivolarono sul viso di Eva, accarezzando la linea della mascella: gli occhi di
Bersaba ne seguirono la traiettoria, sempre più ipnotizzati e interessati.
“Lo vedi com’è serica e pura?”
mormorò Vlad con voce suadente, come quella di un incantatore di serpenti “Lo
vedi com’è tiepida, giovane… non trovi che sia davvero invidiabile?”
Le dita leggere di Vlad
scivolarono sulla maglietta di Eva che si alzava e si abbassava freneticamente
al ritmo del suo respiro: seguirono pigre la linea snella della coscia e poi,
con facilità come se fosse carta, strapparono un lembo dei pantaloni e
scoprendo la gamba dalla caviglia al polpaccio.
“Che vuoi fare?” berciò Eva
divincolandosi inutilmente “Lasciami, pezzo di merda!”
“Sì” mormorò invece Bersaba con
la voce gutturale di chi ha una fame incontenibile “Ha proprio una bella
pelle.”
Il Demone si passò la lingua
sulle labbra, sbavando leggermente: a Eva si accapponò la pelle dal disgusto e
tentò ancora di divincolarsi, bloccata dalla presa ferma di Vlad.
“E non ti piacerebbe
assaggiarla?” domandò il Demone con voce ancora più bassa “Averne un pezzetto
tutto per te… per la tua collezione?”
“NO!” ruggì Eva sgroppando con
decisione, ma Bersaba non l’ascoltava: gli occhi cangianti, l’espressione
affamata, strisciò verso di loro con le movenze furtive di un rettile.
“Rilassati, scimmietta” le
sussurrò Vlad nell’orecchio, tenendola bloccata come se non gli costasse il
minimo sforzo “Ti farà appena un po’ di male e dopo a casina bella Biancaneve
ti ricucirà a dovere.”
“Che vuole fare?” singhiozzò Eva
mentre Bersaba le afferrava una caviglia e le accarezzava il polpaccio come se
fosse una santa reliquia “Lasciami, andare, ti ho detto!”
“Pelle, bella pelle.” gorgogliò
Bersaba grufolando sulla sua gamba: le lasciò una scia di bava collosa lungo lo
stinco ed Eva gemette disgustata cercando di liberarsi, ma la presa del Demone
era impossibile da forzare.
“Vlad! Che schifo, falla
smettere!”
“Buona ti ho detto” sorrise Vlad
baciandole il collo e bloccandole il viso perché non si scostasse bruscamente
“Bersaba ne prenderà solo un pezzetto. E in cambio ci dirà quello che vogliamo
sapere, vero Bersaba?”
“Vero, vero… pelle, bella pelle.”
sospirò il Demone, sfiorando la gamba di Eva in adorazione.
“E’ passata di qui l’orda
infernale?” domandò Vlad in tono leggermente più perentorio “Sai chi l’ha
autorizzata?”
“No” gorgogliò Bersaba, premendo
i denti aguzzi contro la gamba di Eva in una smorfia di pura estasi “No, l’orda
non è passata di qua. Sapevo che sareste venuti a chiedere…”
“Chi te lo ha detto?” pretese
Vlad, l’ombra di sensualità completamente scomparsa dalla sua voce “Chi è che
ha organizzato tutto questo?”
“Qualcuno” rispose Bersaba in un
sussurro “Non posso dire altro.”
Poi, incapace di resistere oltre,
addentò la gamba di Eva: affondò i denti nella sua carne in un morso goloso,
affamato ed Eva si inarcò spasmodicamente, urlando di dolore. Incurante,
Bersaba le strappò un brano di carne come se fosse una morbida bistecca: rimase
per un attimo col viso alzato, gli occhi accesi di lucido piacere, la bocca
lorda di sangue. Era così oscena che Eva urlò di nuovo: anche se la ferita che
Bersaba le aveva lasciato era relativamente piccola, il disgusto che provava
era così raccapricciante che, appena Vlad si decise a lasciarla andare, rotolò
via, incespicando, e gemendo, indecisa se vomitare o scappare. Bersaba era
scivolata di nuovo al suo posto e si girò di spalle, baloccandosi tra le mani
il suo pezzo di carne, incurvata a proteggerlo come temendo che qualcuno glielo
volesse rubare.
“Beh, Bersaba, grazie di tutto”
esclamò Vlad balzando in piedi con la gioviale benevolenza di un ospite ben
accontentato “Eva e io ora andiamo via. Ti siamo molto grati dell’ospitalità.
Naturalmente, questa piccola conversazione rimarrà tra di noi, vero…?”
Bersaba, concentrata sul suo
nuovo gingillo, nemmeno di degnò di guardarlo.
“Sì sì” disse distrattamente
“Andate andate. Ci si vede, Vlad. Addio puttana.”
Eva girò le spalle nauseata,
subendo lo sguardo divertito di Vlad: in quel momento, potendo, avrebbe ucciso
sia quella specie di Barbie rappezzata che quello stronzo di Demone Tutore.
“Addio anche a te” borbottò con
puro odio “Spero che la mia carne ti vada tutta di traverso.”
* * *
“Mi spieghi perché l’hai fatto?”
berciò Eva claudicando a passo di marcia lontano dal Nodo.
“Fatto cosa?” chiese
innocentemente Vlad.
“Quello schifo! Quel… cazzo,
Vlad, mi hai fatto quasi mangiare da quella zombie… che orrore, se ancora penso
alla sua saliva mi viene da vomitare!”
“A me è sembrato un ben misero
scotto da pagare per avere le informazioni che cercavamo.”
“E cosa abbiamo saputo? Quello
che sapevamo prima! E io ho un pezzo di gamba in meno!”
“Cenerella ti ricucirà in un
attimo. E noi almeno sappiamo che l’orda non è passata di qui, no?”
“Questa si che è una notizia!
Vuoi un pezzo di coscia per ringraziamento?”
“Bersaba è il Demone Capitale
dell’invidia: se volevo che parlasse dovevo distrarla usando le sue debolezze.
La sua collezione di pelle è famosa in tutto l’Inferno e tu, scimmietta…
diamine, una pelle come la tua equivale a una Gioconda per un collezionista di
opere d’arte! Poterne avere un pezzo ha fatto abbassare la guardia di Bersaba e
ha cantato quello che sapeva.”
“Ammettilo, tu ti sei divertito a
vedere quella pervertita che mi masticava la gamba!”
“In effetti è stato uno
spettacolo piuttosto interessante.” mormorò Vlad con un sorriso leonardesco.
“Tu sei… fai schifo più di lei!”
strillò Eva furiosa “E le hai fatto anche credere che tra me e te…”
Si bloccò troppo tardi.
“Tra me e te?” chiese Vlad con un
sorriso segreto “Continua, scimmietta, non aver paura.”
“Le hai fatto credere che tra noi
ci sia qualcosa.” grugnì Eva, esternando il vero motivo del suo malumore.
Vlad le si parò davanti
aggraziato ed Eva si fermò bruscamente per non sbattergli contro.
“Ma qualcosa tra di noi c’è,
scimmietta” le ricordò con intenzione “Il Triumviro, ricordi?”
“Non dire stronzate! Tu mi hai usata
per farla ingelosire…”
A sorpresa, Vlad alzò una mano e
quasi con indifferenza le carezzò il braccio con un dito: colta in contropiede
Eva non lo scostò, ma la sua pelle reagì bruciandole il sangue come se fosse
fuoco liquido.
“E secondo te non c’è davvero
niente tra me e te?” le domandò a bruciapelo, sottovoce, in tono morbido
“Secondo te quel mostriciattolo di Bersaba non ha visto qualcosa che è palese
per tutti?”
Eva sbiancò e poi arrossì di
nuovo.
“Non pensare nemmeno per un
secondo che ci sia qualcosa di diverso da puro, esclusivo odio tra me e il
degno compare di quella stronza Demone vampira!”
Vlad si fece serio di botto,
afferrandole il braccio con una presa ferma e attirandola verso di sé.
“E’ vero” confessò a sorpresa
“Capisco molto bene la voglia di morderti di Bersaba: dopotutto, hai un sapore
che mette davvero l’acquolina…”
Avere premuto addosso il suo
corpo snello e asciutto era una vera tortura per i sensi sfiniti di Eva; molto
più lentamente di quanto avrebbe voluto, si scostò da lui, tenendo gli occhi
bassi per la segreta paura di cadere di nuovo nella sua rete di incantatore.
“Lasciami.” disse, anzi supplicò.
Vlad sorrise irriverente.
“Come vuoi, scimmietta, come
vuoi. Il camper è là e tu sei quasi in salvo, aggrappata alle gonne della tua
checca alata e del tuo gingillone umano. Ma dove ti nasconderai per essere in
salvo da te stessa e da quello che senti per me?”
Eva decise che era molto meglio
non rispondergli: strappò il braccio dalla sua presa e quasi scappò via,
girandogli le spalle.
* * *
“Che succede?” domandò Raf
vedendola arrivare con gli occhi che mandavano scintille e una smorfia feroce a
deturparle la bella faccia: era seduto nella cabina di guida di fianco a Gino
che, comprensivo, accese subito il motore e portò il camper fuori dal
parcheggio.
“Quel pervertito stronzo
bastardo…”
“Oh, Vlad.” commentò Gino
agitando le dita in direzione del Demone che entrava nel camper, salutava con
un beffardo cenno del mento e si dirigeva verso il suo fido lettone nell’altra
stanza, mani in tasca e faccia da schiaffi.
“Che ha fatto stavolta? Ti ha
fischiettato tutto il repertorio di Mino Reitano?”
Eva sbuffò, le braccia incrociate
sul petto, dritta e rigida come un pilone di cemento.
Raccontò tutta la storia mentre
Raf le medicava la ferita sulla gamba fissandola con i suoi pacati occhi
celesti.
“Mi ha usata” ammise infine Eva
con bruciante vergogna “Mi sono distratta un millisecondo… merda! Mi ha
intortato come se fossi una novellina qualunque, quel bastardo di un Demone!”
“Eva, Eva…” mormorò Raf con
snervante dolcezza.
“E la protezione del Triumviro?”
domandò Gino per nulla scosso.
“Era vicino” si difese Eva
corrucciata “E quella Bersaba era così agghiacciante che mi ero distratta.”
“Eva, tesoro, non ti
colpevolizzare troppo” la consolò Raf illuminandola col suo radioso sorriso “Lo
sapevi che Vlad avrebbe usato metodi poco ortodossi. Anche se adesso sappiamo
che l’orda infernale non è partita da qui, Vlad rimane comunque un elemento
pericoloso e dover stare a così stretto contatto per così tanto tempo gioca
solo a suo favore.”
“Già” si ammansì Eva, sentendosi
un filino meno arrabbiata “E non mi aiuta nemmeno il fatto di essere sempre più
incazzata con lui. La rabbia mi destabilizza, purtroppo. Ma che devo fare? Se
solo guardo di striscio quel suo sorrisino da stronzo mi viene voglia di
tirargli il collo.”
“Potresti pregare” suggerì Raf
con dolcezza “A me aiuta moltissimo.”
“A me invece aiuta farmi un
goccetto” aggiunse Gino con sicurezza “Vuoi provare?”
Eva trattenne a stento un
sorriso: provò a chiudere gli occhi e a liberare la sua essenza di Angelo dalla
ridda melmosa di sentimenti che la presenza di Vlad le suscitava.
“Padre nostro che sei nei cieli…”
Prima via la vergogna: inutile,
tutti siamo peccatori e figli agli occhi dell’Altissimo.
“…sia santificato il Tuo nome…”
Secondo, via la rabbia: impedisce
di vedere le cose con chiarezza.
“… venga il Tuo regno…”
Terzo, via la lussuria: uhm… lo
sguardo obliquo di Vlad sempre puntato addosso… non facile questa….
“… sia fatta la Tua volontà. Non quella di Vlad, non la mia, ma la Tua…”
Quando riaprì gli occhi, dopo
alcuni lunghi minuti di meditazione, Eva si sentì meglio.
“Tutto bene?” domandò Raf.
“Sì” sorrise Eva a Gino che la
guardava interrogativo “Ora ci sta quel goccetto.”
Gino, ignorando doverosamente la
guida del camper, rovistò nelle tasche dell’immancabile giacca, tirò fuori una
fiaschetta di metallo tutta acciaccata e la porse alla compagna senza fare
commenti: Eva bevve un lungo sorso, lasciando che il liquore le invadesse di
fuoco la gola e lo stomaco.
“Ok” sospirò restituendo la
fiaschetta a Gino “Così va decisamente meglio.”
“Preghiere e grappa, questa sì
che è una panacea” gorgogliò Gino “Proponile anche allo stronzo, magari si
converte.”
“Si, Vlad convertito” sbuffò Eva
“Quello è troppo contento di quello che è per pensare di cambiare. Gli piace
proprio il suo infido e subdolo mestiere, se solo fai tanto di lasciarlo solo
con…”
Interruppe la frase a metà,
sbiancando di colpo.
“Eva?”
Si girò verso Raf che le puntò
addosso due enormi fanali azzurri e allarmati.
“Lorella!”
* * *
La porta scorrevole era chiusa.
“Vlad!” sibilò Eva volando verso
la porta, la faccia grigiastra e la nausea che le pesava sullo stomaco.
“Eva, stai calma.” la blandì Raf
con voce stranamente preoccupata, ma Eva era troppo furiosa per sentire più di
un lontano ronzio insignificante; aprì l’anta scorrevole così forte che il
rumore sembrò uno sparo.
Il suo sguardo immortalò la scena
come una fotografia in bianco e nero: Vlad era in piedi, camicia slacciata sul
petto e sorriso malefico stampato sul viso, e Lorella, inginocchiata davanti a
lui, armeggiava con la cintura dei suoi pantaloni.
“Vlad!” ruggì di nuovo Eva e al
suono della sua voce Lorella sobbalzò così penosamente che perse la presa sulla
cintura di Vlad.
“Lorella!” esclamò Raf quasi
scandalizzato arrivando alle spalle di Eva e Lorella si girò di mezzo profilo,
sbattendo le palpebre come se si svegliasse da un sonno profondo.
“Raf?” pigolò incerta: sembrava
un pulcino abbandonato. Vlad sbuffò con indolenza, appoggiandosi al muro senza
curarsi minimamente di riallacciarsi i pantaloni e Raf allargò le braccia
finché Lorella, come animata da una forza invisibile, si alzò in piedi e corse
ad abbracciarlo, nascondendo la faccia nel maglioncino azzurro che indossava.
“Lorella, piccola.” le disse
l’Arcangelo con voce paradisiaca.
“Mi dispiace” balbettò Lorella
sottovoce “Io non so… Io cosa…?”
“Niente. Non è successo niente,
stai tranquilla.”
“Per un pelo” gorgogliò Gino
arrivando al trotto dopo aver precipitosamente parcheggiato il camper in mezzo
alla strada e fissando Vlad con una sorta di riottosa ammirazione “Accidenti,
Eva, avevi proprio ragione: Vlad è uno stronzo.”
Raf uscì dalla stanza mormorando
parole dolci a Lorella e Vlad, per niente scomposto, abbozzò una specie di
inchino irriverente verso Gino.
“Lo prendo come un complimento”
gorgheggiò poi con sublime indifferenza “Comunque ci tengo a precisare che io
le ho chiesto solo di aggiustarmi la fibbia della cintura: era lei che
insisteva per farmi un pompino.”
Eva diventò rossa in viso come se
stesse andando a fuoco.
“Te l’ho già detto” sibilò
minacciosa aprendo e chiudendo spasmodicamente i pugni “Stai lontano da lei o,
Triumviro o no, ti ammazzo con le mie stesse mani!”
Vlad scrollò i riccioli rossi
dalle spalle, sorridendo poi con estrema scioltezza.
“Che ti aspetti che faccia?”
domandò poi con dura arroganza “Che mi metta a farle le trecce e il
cavalluccio? Sono un Demone, sono un Lussurioso e la ragazzina vuole essere
scopata. Io mi stavo limitando a darle un contentino.”
Aveva una tale espressione di
malvagia esultanza dipinta sul viso, una tale compiacenza di sé che Eva sentì
la rabbia e la frustrazione saltare alle stelle e rivestire tutto di una rossa
cortina di fuoco. Prima che Gino potesse bloccarla, aveva scavalcato il letto, aveva
afferrato Vlad per i lembi della camicia aperta e lo aveva sbattuto con quanta
forza aveva contro la parete del camper.
“Maledetto bastardo!” gli ululò
contro sbattendolo di nuovo “Maledetto…”
Non terminò la frase: con un deciso
colpo di reni, Vlad la spinse indietro facendola incespicare: crollarono sul
letto, lei sotto a dibattersi inutilmente e lui sopra, a bloccarla in una morsa
d’acciaio.
“Sapessi come mi ecciti quando
sei arrabbiata.” le sussurrò con la bocca a un centimetro dalla sua faccia
rossa e congestionata: Eva sgroppò inutilmente, il cuore impazzito in gola e
ogni centimetro di pelle dolorante per il conturbante contatto con Vlad.
“Lasciami bastardo! Gino, aiuto!”
“Ehi, che dovrei fare?” si difese
Gino alzando impotente i palmi delle mani “Io sono solo un Umano, quello mi
spalma contro al muro come una carta da parati!”
Incurante dei suoi strepiti, Vlad
le tenne i polsi bloccati sopra la testa e ruotò il bacino contro i suoi
fianchi, in un segnale inequivocabilmente sensuale.
“Lasciami!” strillò Eva ma non
poté fare a meno di sentirsi violentemente eccitata e la cosa la fece infuriare
ancora di più.
“Ammetti che piacerebbe anche a
te, scimmietta” le mormorò Vlad nell’orecchio mentre Eva si dibatteva
freneticamente “Tutto questo odio, tutta questa rabbia… sei gelosa di Bersaba e
di Lorella perché in verità anche tu vuoi la stessa cosa che vogliono loro…”
“Non è vero! Lasciami, ho detto!”
“Ti si legge in faccia, amore
mio: vuoi che io ti strappi i vestiti… vuoi che io ti morda, che ti prenda con
la forza per potermi odiare ancora di più…”
“Ti odio già troppo, stronzo!”
“Perché alla fine, al di là di
tutto, odiare è nella tua natura. Tu sei un Demone esattamente come me,
scimmietta.”
Vlad la mollò di colpo, scattando
in piedi con indolenza e sorridendole serafico: Eva rimase ad ansimare sul
letto, consapevole come non mai di gridare segretamente di desiderio frustrato
in ogni cellula del corpo.
“Ti odio.” ripeté sottovoce,
caricando di verità ogni singola lettera di quelle due parole.
“Anche io, scimmietta” rispose
Vlad facendole l’occhiolino “Ma questo tra Demoni non equivale a dichiararsi
amore eterno?”
“Rettifico: sei decisamente
stronzo.” borbottò Gino e stavolta era quasi nauseato.
“Vai via” sibilò Eva alzandosi a
fatica a sedere sul letto “Vai via. Mi fai venire il vomito.”
Vlad, una volta tanto, ubbidì:
con un sorrisetto sghembo e i pollici infilati in tasca, trotterellò fuori,
soffiando verso Gino un bacio a fior di labbra. L’uomo rimase ritto ai piedi
del letto fissando corrucciato la schiena rigida e un po’ curva di Eva,
indeciso se parlare o rimanere zitto.
“Ehm, Eva…” tentennò infine, ma
la ragazza alzò una mano e Gino capì al volo: uscì anche lui in silenzio,
pronto a fare il cane da guardia al Demone e lasciò sola Eva con la sua collera
e la sua frustrazione.
La lasciò a guardare fisso fuori
dal finestrino, arrabbiata, muta e delusa in un modo che nemmeno poteva
ammettere con se stessa di essere.
Cercando senza saperlo un
capriolo per poter ritrovare il sogno di un po’ di poesia.
NOTE DELL’AUTRICE:
Scusate, sono costretta a saltare i saluti “ad personam”
causa problemi lavorativi. Non me ne vogliate, anzi, inviatemi mentalmente
tanto amore e ottimismo, qui la situazione è tristissima!! So che è crisi
dappertutto, ma ragazzi, non ci dormo la notte… quindi, per favore, tanti baci
e tanta fortuna!
Amor, ch'a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m'abbandona.
Amor condusse noi ad una morte:
Caina attende chi a vita ci spense.
Dante Alighieri, La Divina Commedia, Inferno, Canto V
Raf entrò in punta di piedi nella
stanza e trovò Eva nella stessa identica posizione in cui l’aveva lasciata
Gino. Con la differenza che in quel momento era immersa nel buio e la sua
schiena sembrava ancora più esausta e curva.
“Dovresti riposare” mormorò
l’Arcangelo sedendosi di fianco a lei “La stanchezza non porta che cattivi
consigli.”
Eva gli fece un mesto sorriso al
quale Raf rispose con un radioso balenio di denti bianchi e luce divina.
“Non riesco a fare a meno di
odiarlo” sospirò sottovoce Eva, come se proseguisse un discorso già iniziato
“Vlad, intendo.”
“Avevo capito.” mormorò Raf e
c’era il sorriso anche nella sua voce.
“So che faccio solo il suo gioco…
so che quello stronzo sta cercando in tutti i modi di tirare fuori ciò che c’è
di demoniaco in me. E pur sapendolo, non riesco a fare a meno di odiarlo con
tutto il cuore.”
Raf posò una mano leggera sulla
sua spalla.
“Capisco quanto sia difficile per
te” mormorò così pieno di amore e comprensione che Eva si sentì immediatamente
più leggera e pulita nell’anima “La tua parte di Demone è molto suscettibile e
affine a Vlad e se non ci fosse il Triumviro probabilmente ti perderesti.”
Così impietosamente sincero:
l’avesse detto Gino, Eva si sarebbe anche infuriata, ma detto da Raf, con quel
sorriso disarmante, come poteva non concordare semplicemente con lui? Perdersi
per Vlad… La prospettiva la fece semplicemente rabbrividire.
“Con Vlad” meditò cupamente “Per
sempre.”
Girò il viso verso Raf,
angosciato e colpevole, e l’Arcangelo fortificò la presa sulla sua spalla.
“Non avere paura” le disse con
dolcezza “Sappiamo entrambi che una parte di te lo vuole e lotterà per
ottenerlo. Ma tu non sei solo Inferno, Eva: hai anche un Angelo dentro di te.
Puoi scegliere cosa vuoi essere e io sarò sempre qui per aiutarti.”
Eva sospirando posò la guancia
sul dorso della mano di Raf, fissandolo con occhi scuri d’incertezza.
“Mi fa paura la violenza di
quello che sento quando lui è vicino” confessò con malcelata angoscia “Mi
scombina tutti gli equilibri che già fatico a mantenere: mi riempie di rabbia,
avventatezza, impazienza. E’ così difficile capire… è quasi impossibile pensare
coerentemente.”
Raf sorrise e le accarezzò la
guancia con la mano libera. L’impulso fu più forte di Eva, quasi involontario:
le sue labbra umide catturarono il pollice vagante di Raf e lo succhiarono con
debole, struggente abbandono. L’Arcangelo rimase immobile, colto di sorpresa:
si guardarono per un attimo infinito, scorgendosi a malapena nella penombra
della stanza ed era come se si guardassero per la prima volta.
Com’erano belli gli occhi di Raf
quando la guardavano così, pensò Eva stordita: inviavano lente ondate di
tepore, luminosi abbracci dell’amore più puro. Quanto anelava scaldarsi di
quella luce divina, quasi balsamica… ma durò poco, troppo poco.
Gli occhi celesti di Raf, così
innocenti e indifesi, erano già vagamente confusi e tristi quando tolse
lentamente il dito dalla bocca di Eva e lasciò cadere la mano in grembo.
“Eva, Eva…” mormorò e lei chiuse
gli occhi strizzandoli forte: la tiepida luce si era spenta e lei aveva già
freddo.
“Non c’è bisogno” ordinò con un
filo di voce “So già che sto sbagliando. Ma ti prego, se lo sai, dimmi come
posso fare a strapparmi il cuore di dosso e a non provare niente per te quando
mi tocchi.”
Raf tacque. Con delicatezza
scostò l’altra mano dalla guancia di Eva e si alzò in piedi lentamente, come se
gli pesasse molto farlo.
“Preghiamo.” disse con voce
soave, ma anche un pochino incrinata.
Eva rimase col capo chino,
disgustata, piena di vergogna e anche decisamente esausta.
“Non ti offendere, Raf, ma
preferisco la fiaschetta di Gino.” rispose con voce amara: si alzò in piedi
anche lei, gli passò accanto stando ben attenta a non sfiorarlo e sgusciò fuori
dalla porta scorrevole.
* * *
“Che si fa adesso?” chiese Gino,
seduto alla guida e quasi di buonumore.
Lorella sonnecchiava nel
salottino del camper, sorvegliata amorevolmente da Raf: si era rifiutata di
rientrare in camera e sembrava intenzionata a rimanere tutto il tempo attaccata
alle gonne dell’Arcangelo. Aveva un terrore folle di Vlad, era chiaro come il
sole: e lui, invece di tranquillizzarla, le lanciava un promettente sorrisetto
da squalo ogni volta che lei si azzardava a guardarlo. Infuriata, Eva aveva
suggerito a Vlad di chiudersi dentro la stanzetta e impiccarsi, ma il Demone
aveva dichiarato che impiccarsi da soli, come fare sesso da soli, alla lunga
sarebbe stato stancante, così erano ore che tediava lei e Gino, seduto tra loro
nella cabina di guida.
“Mi pare che Madame Buonumore qui
non abbia molte idee in proposito.” gorgogliò a quel punto garrulo fissando Eva
con intenzione.
“Se hai qualche idea migliore,
proponi tu.” buttò lì Eva corrucciata.
Vlad inarcò le sopracciglia scure
dal taglio luciferino.
“Fare sesso?” propose
garbatamente.
“Ho detto intelligente.”
“No, hai detto migliore.”
“Intendevo intelligente.”
“Ma hai detto migliore. Il
rottweiler umano qui può di sicuro confermare.”
“Ma io… ah, perché diavolo sto a
perdere tempo con te?”
“Perché in fondo sai anche tu che
la mia è l’idea migliore. Pardon, intelligente.”
“Dobbiamo parlare con qualcuno
che sappia qualcosa di più” meditò Eva ignorandolo finalmente “Qualcuno del
calibro tuo. Ma che sia meno stronzo, possibilmente.”
“Non è che l’Inferno pulluli di
Demoni Capitali allegri e amabili” puntualizzò Vlad per niente scomposto “Sai
anche tu cosa passa il convento.”
“Non si potrebbero incontrare
‘sti Demoni tutti in una volta?” propose Gino con leggerezza “Se dobbiamo
rincorrerli uno per uno per tutto il globo, facciamo in tempo a diventare
nonni.”
Ci fu un attimo di silenzio
sorpreso e meditabondo.
“Bell’idea, genio” ribatté Eva
subito dopo “Sono sopravvissuta a malapena a quella iena idrofoba di Bersaba
lasciandole per regalo un brano di carne… dovessi incontrare Alana, Amelia,
Linus, Demetrio e Morgana tutti insieme, non mi rimarrebbe addosso un solo
centimetro di pelle!”
“Ci sarebbe Vlad a proteggerti.”
specificò Gino neutro: Eva si girò a guardare il Demone che face guizzare per
un attimo la lingua rosea tra le labbra umide, facendo scintillare il diamante
sull’incisivo.
“Oh, certo” mugugnò distogliendo
in fretta lo sguardo “Posso sostituire la protezione di Vlad con ali di
pipistrello e radici di mandragola? Sono certa che risulterebbero più efficaci,
alla fin fine.”
“Non essere così scettica” tubò
Vlad serafico “L’idea del rottweiler non è male.”
“Nemmeno lo sterminio di massa
era male, secondo Stalin.” borbottò Eva tra sé e sé pur di non dare ragione a
Vlad.
Ma ce l’aveva, anche se le
bruciava ammetterlo: l’idea di scorrazzare per il mondo guidando il camper, con
un’orda infernale alle calcagna, non era affatto allettante; incontrare i
Demoni Capitali tutti insieme a quel punto sembrava quasi la soluzione migliore
per davvero.
“E’ un bel po’ di tempo che non
capita di incontrarci tutti insieme” gorgogliava intanto Vlad, salottiero
“L’ultima volta è finita con un’ammucchiata con Amelia e Morgana insieme… e
Demetrio faceva certi lavoretti di bocca che…”
“Vlad, risparmiaci” tagliò corto
Eva “Potrebbe davvero esserci una possibilità?”
Vlad inarcò un sopracciglio con
le labbra che tremavano di sorriso represso.
“Lo sapevo che l’idea
dell’ammucchiata avrebbe attirato anche te.” sospirò allusivo allungando
pigramente un dito per farglielo scivolare lungo il braccio: Eva lo scansò
incollerita.
“Dico sul serio. Vi incontrate
davvero tutti insieme voi Demoni Capitali?”
“Sì, succede.” rispose Vlad dopo
una breve pausa: gli occhi iniziarono a brillargli, instillando in Eva una
sgradevole sensazione di pericolo.
“Quando?”
“A volte.”
“Dove?”
“Di sicuro non in chiesa, tu che
dici?”
“Stai glissando: evidentemente
quella nocciolina atrofica che hai per cervello sta architettando qualcosa che
sono certa non mi piacerà affatto!”
“Potremmo davvero organizzare un
incontro.” buttò lì Vlad, ignorandola.
Eva si zittì e lo fissò,
guardinga: l’idea era così titanica e assurda che solo a pensarci le veniva
freddo, ma Gino aveva ragione, non avevano il tempo di attraversare quel Piano
in lungo e in largo inseguiti da un’orda infernale.
“Potremmo…?” suggerì allora,
titubante.
“Sarà quasi impossibile farli
venire tutti” avvisò Vlad sempre con quella luce malandrina negli occhi “Con
così poco preavviso… ma si potrebbe fare, sì.”
La sensazione di pericolo lungo
la schiena divenne un fiume in piena di inquietudine.
“Posto che questa non sia
un’altra delle tue cazzate ormonali, dimmi solo una cosa: se partecipassi, ne
uscirei viva?”
Il viso di Vlad si allargò in un
ampio sorriso angelico.
“Mah, scimmietta mia, chi può
dirlo… Linus è un mortimpiedi, ma Morgana e Amelia sono due caratterini mica
facili. L’unica cosa che ti posso garantire io personalmente è un orgasmo di
sedici minuti netti.”
“Balle.” grugnì Gino in
sottofondo ed Eva gli lanciò un’occhiataccia furiosa.
“Tu non dargli corda e tu, signor
Demone, piantala con queste stronzate!”
“Per te arriverei a diciotto
minuti” mormorò imperterrito Vlad con voce vellutata “Saprei essere molto
bravo, se solo potessi vedere la tua pelle fremere mentre ti accarezzo tutta…”
La sua lingua guizzò di nuovo,
rapida e allusiva: Eva si sentì bruciare. Fissò lo sguardo sul cruscotto
piantandosi le unghie nei palmi e riuscì chissà come a rimanere esteriormente
impassibile.
“Sii serio. Come facciamo a
organizzare un incontro?”
Vlad sogghignò e si accomodò
meglio sul sedile allargando sfacciatamente le gambe.
“Se te lo dico tu cosa mi dai in
cambio?”
“Ti risparmio una sberla. Allora?
Dove vi trovate per l’happy hour infernale?”
“Slacciati la camicia e te lo
dico.” sussurrò Vlad con voce carica di malizia.
Gino alzò gli occhi al cielo, Eva
arrossì suo malgrado e si trattenne per un pelo dal chiudersi anche l’ultimo
bottone della camicia, come una pudica eroina vittoriana.
“Piantala con queste stronzate.
Abbiamo un’orda infernale che ci aspetta da qualche parte e tanti di quei guai
e domande non risolte che potremmo farci una collana…”
“A me risulta che sia tu ad avere
guai e domande” rispose Vlad accomodante “Io sono qui solo per il diletto di
vederti slacciare i bottoni della camicia, uno a uno. Avanti, scimmietta:
stavolta costo poco.”
Gino alzò di nuovo gli occhi al
cielo, ma sorrideva suo malgrado, con le rughette che increspavano la pelle
intorno agli occhi. Il respiro di Eva, invece, si era fatto denso di rabbia e
di vergogna.
“Sei un porco bastardo, lo sai?”
“Bottone, scimmietta. E sappi che
potrei peggiorare e chiederti le mutandine; scommetto che per una perla in meno
nella tua collana di domande me le daresti.”
Eva grugnì e fece per alzarsi e
(scappare, inutile negarlo) andare via, ma lo sguardo di Vlad la incatenò al
sedile come una corda di velluto di acciaio.
“Schifoso.” mugugnò allora,
inviperita e spaventata.
“Bottone.”
“Ogni secondo con te è una
tortura: sempre con la baionetta puntata, sempre a odiare ogni parola che esce
da quella tua boccaccia.”
“Bottone, scimmietta.”
Eva, disperata, lanciò una specie
di accorato SOS mentale: in un rapido e leggero frusciare armonico, Raf si
materializzò sulla soglia della cabina di guida spalancando la porta
scorrevole.
“Che succede?” chiese con
angelico buonumore, i pacati occhi celesti radiosamente fissi in quelli di Eva.
“Il signorino sta facendo un po’
lo stronzo” informò Gino con voce piatta “Ricatta, concupisce, sparge letame…
insomma, fa il suo lavoro di Demone con una dedizione commovente. Adesso
capisco perché l’hanno messo nei quartieri alti: Rosso, ma te li pagano gli
straordinari là sotto?”
“Ho solo proposto un piccolo quid
pro quo” annunciò Vlad con voce tranquilla senza perdere quella luce maliziosa
negli occhi “Una cosuccia da niente. Ma adesso che sei qui tu, mio caro,
potremmo rendere il gioco ancora più interessante!”
Eva si sentì gelare le ossa e suo
malgrado si irrigidì tutta: sgusciò lesta giù dal sedile ben attenta a non
sfiorare il Demone e rifugiandosi quasi alle spalle di Raf.
“Vlad, non…”
“Ho proposto a Eva un incontro con
i Demoni Capitali miei colleghi” la interruppe Vlad “L’idea è del primate
umano, ma non è affatto male, risparmierebbe un sacco di seccature a tutti
quanti. E se qualcuno all’Inferno sa qualcosa di questa storia, loro lo sanno
di sicuro.”
“Non è pericoloso per Eva?”
chiese Raf dubbioso.
“Mio caro gallo cedrone! Lo
sarebbe, ma Eva ha dalla sua il suo Demone Tutore, ovvero moi-même.
Naturalmente, io la proteggerei a spada tratta.”
Ammiccò ed Eva pensò a quanto
fosse spudoratamente falso il suo sorriso angelico.
“Mi sembra una buona idea.”
rispose pacato Raf dopo averci pensato un po’ su.
“Lo è, Biancaneve, lo è. Ma Eva
tentenna e fa un po’, come dire, la preziosa…”
“No, sei tu che fai lo stronzo,
sporco ricattatore.”
“Le ho solo chiesto di slacciarsi
la camicia. A te, Cenerella, sembra una cosa così grave?”
“Beh, no.” rispose Raf corrugando
la fronte ed Eva alzò gli occhi al cielo; cosa poteva saperne un Angelo della
intrigante malizia che accompagnava lo sbottonarsi davanti a un uomo? Per lui
era un gesto sensuale come togliersi un calzino.
“Raf è un Angelo” grugnì
rabbiosamente all’indirizzo di Vlad “Non può capire. Non ha la tua mentalità da
porco patentato.”
“Ma tu sì, scimmietta.” mormorò
lui trionfante.
“Che roba” borbottò Gino ancora
bellamente concentrato nella guida “Normalmente troverei tutto questo lavorio
ormonale anche divertente, ma con questo maxiparabrezza sembra di stare in
Cinemascope, siamo già in quattro in cabina di guida e c’è un posto di blocco
ogni tre per due, quindi se non vogliamo finire tutti quanti al fresco, direi
che dovreste spostare gli spogliarelli sul retro.”
“Tu Gino chiudi il becco e tu
Vlad non credere minimamente di poter scuotere i miei ormoni!”
“Oooooh, che aperta provocazione!
Allora, per far contenti tutti, ho avuto un’idea ancora più favolosa!
Pollicina, visto che non ci trovi niente di male, perché non sbottoni tu la
camicia di Eva?”
“No!” ruggì immediatamente Eva,
stringendosi la camicia al petto come se gliela volessero strappare.
“Io?” domandò Raf incerto sbattendo
le palpebre: Vlad agitò una mano con noncuranza, ma gli occhi gli scintillavano
di luce maligna.
“Andiamo, che vuoi che sia? Tre
bottoni ed è fatta: appuntamento combinato e orda infernale schivata. Che vuoi
di più dalla vita? Una cetra d’oro zecchino per cantare i Salmi?”
“Sei così stronzo che mi viene la
nausea a guardarti.” berciò Eva, ma non guardava Vlad negli occhi.
Non poteva farlo perché lui
avrebbe capito, oh, certo che lo avrebbe intuito al volo… nonostante la
vergogna, l’umiliazione e la rabbia, lui avrebbe capito subito quanto le
sarebbe piaciuto farsi spogliare da Raf.
“Perché fai così?” si informò Raf
con voce tranquilla; Vlad sogghignò con aria rapace.
“Perché sono un Demone” rispose
arrogante “Per natura io sono crudele e tu checca. E poi è divertente. A te non
viene mai voglia di divertirti?”
“No, se il divertimento comporta
quell’angoscia negli occhi di Eva” rispose Raf riflessivo “Mai, per niente al
mondo le farei del male volontariamente.”
Era così innocente e disarmante
che persino Gino dovette tacere: Eva, dal canto suo, stava furiosamente
cercando di non arrossire troppo.
“Un vero angioletto di pan di
zucchero” ringhiò tra i denti Vlad, ma una parte del suo sadico buonumore
sembrava scomparsa “Comunque i termini dell’accordo sono questi: tre bottoni,
un appuntamento. Prendere o lasciare. Adesso.”
Raf, con calma, si girò verso Eva
e la fissò con i suoi franchi occhi di cielo.
“Non so cosa dire.” si difese Eva
che, chissà perché, si sentiva colpevole.
“E’ davvero importante quell’incontro?”
“Sì” rispose Eva dopo essersi
morsa brevemente il labbro “Ma è importante anche non cedere a ogni capriccio
di quel crotalo cornuto.”
“Ma stavolta è più importante
l’appuntamento, vero?”
Avere la verità che camuffava i
bassi istinti di Eva non rendeva di certo le cose più facili. O forse sì?
“Sì.”
Dolce, dolorosa verità…
“E non c’è altra via che
accontentare Vlad nelle sue puerili richieste?”
“Storicamente parlando, no.”
rispose Eva senza nemmeno bisogno di pensarci su.
Gli occhi di Raf erano un tormento
dolceamaro mentre il cuore le batteva come un tamburo contro il petto.
“Tu sei disposta a farti
slacciare quei tre bottoni da me?” chiese Raf con dolcezza.
Vlad sbuffò irriverente ma
miracolosamente non infierì.
“Sì.” rispose Eva sottovoce.
Ma dovette mettercela davvero
tutta per non tremare.
“Ok, allora.”
Rapido e leggero come un battito
d’ali di farfalla, Raf si girò verso di lei e le posò con delicatezza le mani
sulle spalle: Eva suo malgrado sobbalzò e Vlad sogghignò sommessamente
nell’ombra.
“Buona, scimmietta… lo spettacolo
è appena all’inizio!”
Eva non osò fulminarlo con lo
sguardo: rimase contro lo stipite della porta scorrevole a occhi bassi e viso
immobile, le braccia mollemente distese lungo i fianchi e il cuore che batteva
così forte che sembrava voler schizzare fuori dal petto.
Raf, sorridendole incoraggiante,
fece scivolare le dita leggere sul colletto della camicia e armeggiò con
delicatezza al primo bottone: probabilmente voleva solo essere riguardoso, ma
per Eva il tiepido tocco delle due dita era una vera e propria tortura
infernale.
“Ahi ahi ahi” gorgogliò Vlad
garrulo “Che respiro pesante che abbiamo, signorina Sanguemisto! Un po’ di
bronchite o ormoni selvaggi in libertà?”
Eva e Raf lo ignorarono, ma le
guance di Eva erano rosa e calde come per la febbre: Raf aprì il primo bottone
e scese sul secondo, che occhieggiava proprio sull’attaccatura dei seni,
continuando a guardarla in viso con tranquilla dolcezza.
“Posso?” domandò sottovoce: Vlad
sogghignò di nuovo mentre Eva annuiva appena.
“Sì.” rispose con la gola secca:
le dita di Raf aprirono il bottone e le ciglia di Eva sfarfallarono, incerte.
“Che tornado ormonale” commentò
Vlad malefico “Principessa sul pisello, ma proprio non senti niente? La
donzella qui sta spandendo tanti di quei feromoni che abbatterebbe una mandria
di tori! E tu niente? Nemmeno un alito, nemmeno un sussulto…?”
Raf non rispose: arrivò al terzo
bottone e lo aprì. Le sue dita sfiorarono il seno di Eva e qualcosa di torbido
e irresistibile invase le viscere della ragazza che smise di respirare dalla
paura di cedere di colpo a quella marea di emozioni.
“Fatto.” disse Raf con voce
neutra, indietreggiando di un passo: per un attimo i suoi occhi incrociarono
quelli di Eva e forse per la confusione che la agitava, forse perché un po’ lo
desiderava davvero, vide qualcosa in quelle iridi celesti, qualcosa che sarebbe
stato molto meglio per tutti se non fosse mai esistito. Ma non fece in tempo a
constatare altro perché Vlad, rapido come un serpente, era scattato in piedi e
aveva bloccato le spalle di Raf con una salda presa da rapace.
“Allora?” gli alitò
nell’orecchio, sensuale, provocante e vicino come non lo era mai stato.
“Lasciami.” pigolò Raf e il suo
respiro era denso e liquido come melassa.
“Ho visto le tue dita toccarle la
pelle… quella pelle bella e bianca, morbida come velluto… hai sentito com’era
calda e pulsante? Hai sentito come voleva solo che tu la toccassi ancora… e
ancora e ancora…?”
Gli parlava con la bocca quasi a
contatto di pelle, alitandogli sul collo dove una vena pulsava impazzita. Raf
aprì la bocca per rispondere e in quel momento Gino inchiodò il camper, facendo
barcollare l’Angelo e il Demone fino a dividerli.
“Qui non si respira” bofonchiò
l’umano slacciandosi la cintura e aprendo deciso la portiera “Ne ho decisamente
piene le balle dei vostri giochetti erotici. Faccio un giro e torno.”
Eva, un po’ sollevata e un po’
irritata, si precipitò a inseguirlo.
“Gino, non è prudente andare
soli…” iniziò a dire.
Poi, si scatenò l’inferno.
* * *
“Cazzo.” mormorò Vlad irritato.
Nessuno gridò: non ne ebbero il
tempo. Dalla portiera spalancata sciamarono dentro il camper tante piccole
figure nere e membranose che stridevano come rami spezzati. Prima ancora di
rendersi conto di farlo, Eva aveva estratto la sua pistola e aveva sparato in
rapida successione a tre Demoni alati inquadrati dalla portiera spalancata;
colpiti dalle pallottole d’argento benedetto, i corpi dei Demoni esplosero
letteralmente spiaccicando sulle pareti del camper e sul parabrezza una densa
melma verdastra e maleodorante. Nel frattempo, Raf si riparava il volto con le
braccia alzate e un Demone, tentando di aggredirlo, lo sfiorò e prese fuoco
come fosse carta; Vlad, dal canto suo, agitò appena una mano irritata e i
Demoni si sparpagliarono attorno a lui come foglie secche mosse dal vento.
“Eva!” grugnì appena appena di
malumore “Vuoi chiudere quella fottuta portiera?”
“Raf, pensa a Lorella!” strillò
Eva di rimando, colpendo con un calcio piazzato un Demone che cercava di
strisciarle addosso dal sedile di guida “Gino! Dove sei, Gino!”
Dalla strada nessuno rispose:
Raf, emettendo luce inaccessibile, sparì sul retro del camper, Vlad sbuffò e
tranciò la testa di un Demone con una pedata scocciata, spargendo altro liquame
brunastro sulla moquette del vano guida ed Eva trattenne a stento un verso
disgustato quando il suo massiccio stivale sfondò il cranio bitorzoluto di un
Demone, imbrattandola fino al ginocchio di roba grigiastra e fumante.
“Gino!” ragliò infuriata e stava
quasi per gettarsi in strada dalla cabina di guida, nel bel mezzo della massa
pressante di Demoni, quando Vlad la strattonò rudemente all’indietro,
mandandola a sbattere contro il sedile del passeggero.
“Che cazzo fai?” la rimproverò
spingendo poi fuori dalla portiera aperta la testa di un Demone, infilando il
pollice in una molliccia orbita oculare “Dobbiamo chiudere la portiera e
filare!”
Eva scattò in piedi alla velocità
della luce.
“C’è Gino lì fuori!” spiegò
facendo di nuovo per uscire e di nuovo Vlad la spintonò indietro chiudendo la
portiera.
“Sveglia, scimmietta! Ci sono un
milione di Demoni che presto spaccheranno in quattro questo trabiccolo e ti
smembreranno come tanti piranha! Dobbiamo tagliare la corda, capito?”
Cocciuta, Eva fece per scansarlo
e Vlad le immobilizzò i polsi, bloccandole poi il passaggio con tutto il suo
peso; Eva gli piantò in faccia due furibondi occhi neri, il naso a un
millimetro dalla sua bocca.
“Io non me ne vado senza Gino”
scandì con cupa determinazione “Tu fai quello che vuoi, stronzo. Di te posso
fare a meno, di lui no.”
Poi, con un deciso colpo di reni,
riuscì a rotolare addosso a Vlad e a liberarsi dalla sua presa.
“Stupida Sanguemisto!” le gridò
dietro Vlad con voce tonante e furiosa, ma Eva non si prese nemmeno la briga di
rispondergli: spalancò di nuovo la portiera e si gettò a testa china tra i
Demoni, beccandosi un colpo subito sotto lo sterno che la lasciò letteralmente
senza fiato. Qualcosa le ferì una spalla, tagliente come un rasoio;
qualcos’altro le atterrò dolorosamente su uno stinco, azzoppandola. Erano
davvero troppi: Eva scudisciava con le braccia, sparava, ansimava senza nemmeno
vedere dove andava. I Demoni puzzavano in maniera indicibile e le loro ali
membranose le vorticavano intorno, rendendo tutto buio e grigio.
“Gino!” ragliò e qualcosa le
colpì la testa con violenza: vide tutto bianco, poi tutto nero e una nausea
improvvisa le attanagliò le viscere.
“Gino!”
Un Demone le addentò il braccio,
subito sopra al gomito: Eva strillò e gli sparò in mezzo alla fronte, facendo
schizzare via i suoi furiosi occhietti rossi. Ma un altro le morse un fianco,
un altro la coscia; un altro le strappò i capelli.
“Gino!” ansimò Eva e qualcosa le
afferrò il braccio, strattonandoglielo con insistenza.
Spaventata Eva si accorse di non
poterselo scrollare di dosso.
“Razza di imbecille!” grugnì una
voce rauca e arrabbiata. Era la voce di Vlad.
Mai, nemmeno in un milione di
anni Eva avrebbe ammesso di essere contenta di sentirla: ma lo fu e per un
attimo si abbandonò alla sua presa salda e solida. Subito sentì Vlad
trascinarla verso il camper e puntò debolmente i piedi.
“Gino…” gorgogliò sbattendo le
palpebre.
Vlad si girò e lei vide i suoi
occhi accesi in mezzo alla polvere scura sollevata dai Demoni: brillavano come
topazi ed erano bellissimi e furibondi.
“E’ già dentro!” ruggì Vlad
strattonandola con ben poca delicatezza “Adesso entra anche tu alla svelta, se
non vuoi vedere un Demone Tutore completamente incazzato!”
Eva si lasciò trascinare dentro
al camper: Vlad quasi la catapultò dentro e un tremulo respiro di sollievo uscì
dal petto di Eva quando per poco non finì addosso a un Gino gemente e
sanguinante, disteso sul sedile del passeggero.
“Che diavolo aspetti, maledetto
piccione?” strepitò Vlad all’indirizzo di Raf che era più o meno seduto al
posto di guida, con la faccia attonita e spaesata “Fila!”
Raf ubbidì di riflesso: accese il
motore e ingranò la marcia, facendo schizzare il camper in mezzo alla strada
sparato come un proiettile. Dopo un paio di sbandate il veicolo marciò veloce
in linea retta, disturbato da alcuni Demoni che erano rimasti aggrappati alle
maniglie delle portiere e ai tergicristalli.
“Fateli andare via!” pigolò
Lorella ed Eva si accorse di lei solo in quel momento, rannicchiata in un
angolo con le mani sopra alla testa come una bambina in mezzo a un uragano. Raf
strattonò un po’ il volante e riuscì a liberarsi degli ultimi Demoni: solo
allora si girò a lanciare un rapido sguardo ansioso a Eva.
“Stai bene?” le chiese con voce
rauca “Eva, parlami!”
“Sto bene.” gorgogliò Eva rauca,
ma era una bugia bella e buona: le faceva male dappertutto, dai capelli agli
stivali imbrattati di gelatina tiepida e puzzolente. Qualcosa di denso e
scivoloso le colava sul viso e con sorpresa Eva si accorse che era sangue suo.
“Fa vedere.” bofonchiò Vlad
avvicinandosi: aveva un graffio sulla guancia, i capelli rossi vagamente
spettinati e un piccolo strappo alla camicia, ma a parte quello sembrava
perfettamente a posto, non fosse stato che sprizzava furore da tutti i pori.
Rudemente, tastò la testa di Eva e le controllò la ferita.
“Bel buco” commentò freddamente
“Ancora un po’ e si facevano una frittata con il tuo cervello. Deficiente
patentata.”
Le tamponò la ferita con uno
straccio che Lorella, mani tremanti e sguardo allucinato, gli aveva allungato
dal suo angolino protetto. Eva si perse sorpresa a fissare le labbra pressate
di Vlad e le sue curate sopracciglia aggrottate. Per un attimo assurdo, pensò a
come sarebbe stato disegnarne il contorno con un dito e suo malgrado arrossì
furiosamente.
“Scu… ehm, gra… ehm, come sta
Gino?” balbettò scostandosi.
“Spalmato sul sedile” grugnì Vlad
“Biancaneve l’ha rimesso in sesto, ma stava quasi per tirare le cuoia, era un
colabrodo.”
“L’hai salvato tu.”
Risultò quasi un mormorio a metà
tra la domanda e la constatazione. Vlad pressò le labbra in una linea
corrucciata.
“Colpa tua” borbottò “Quando ti
ci metti sei testarda e irritante esattamente come una scimmia.”
“Ho avuto un buon maestro.”
ribatté Eva, con un debole scintillio negli occhi che si rifletté rapido in
quelli di Vlad.
“Bell’impresa da mettere sul
curriculum” borbottò poi questi infastidito “Se Lucy viene a sapere che ho
salvato la vita a un Umano, mi dimezza lo stipendio.”
Le dita di Eva si mossero prima
che lei potesse ordinare coscientemente il contrario: si allungarono e
sfiorarono il dorso della mano di Vlad, leggere e timide.
“Grazie.” mormorò guardandolo
coraggiosamente in faccia. Si aspettava che Vlad facesse qualcosa di
tipicamente vladesco, come riderle in faccia o proporle un rapporto anale;
invece rimase immobile, con le sue dita a sfiorargli il dorso della mano e nei
suoi occhi tempestosi c’era qualcosa che si agitava sul fondo… qualcosa che la
fece tremare come se un terremoto interno le squassasse le viscere.
“Vlad…” mormorò sottovoce.
Il dorso della mano di Vlad
fremette leggermente sotto le sue dita: lo sguardo sorpreso di Eva catturò il
breve attimo in cui la sua mano si girò, sfiorandola in una incerta carezza.
Poi il Demone scattò in piedi, fissandola sprezzante dall’alto in basso, di
nuovo così completamente sé stesso che Eva dubitò di avere avuto
un’allucinazione.
“Ora hai un bel debito di
riconoscenza, mi pare” dichiarò Vlad con la solita voce strafottente
spazzolandosi la camicia con la punta delle dita come a togliere della polvere
invisibile “Vediamo, con cosa si possono barattare due salvataggi? Tre rapporti
orali o quattro classici rapporti senza preservativo? Dimmi tu cosa preferisci,
scimmietta, per me va bene tutto.”
“Ancora con questi discorsi?”
gracidò la voce di Gino, come proveniente dall’oltretomba “Speravo in qualcosa
di diverso, dopo essere stato sbattuto come un uovo da maionese.”
“Oh, guarda, il rottweiler è
ancora tra di noi” commentò Vlad con voce appena divertita “A cuccia, Fido, per
colpa tua abbiamo tutta la moquette del camper che puzza di vomito solforoso.
Personalmente lo trovo gradevole, ma scommetto che un bell’incenso all’oppio
aprirebbe meglio i chakra della scimmietta, e siccome appena si lava via il
sangue di dosso devo riscuotere il mio debito…”
Sospirò rassegnato e Eva agitò
debolmente la mano, distogliendo lo sguardo.
“Fottiti.” disse, ma senza
convinzione.
“Lo sai che aspetto te.” rispose
Vlad sottovoce: Eva non trovò proprio nessuna espressione adeguata per
controbattere.
* * *
Gino e Lorella dormivano. Chissà se
gli umani si rendevano conto di quanto fosse prezioso il dono del sonno: beata
incoscienza, almeno per poco… gli Ultraterreni erano costretti a vegliare
sempre. A pensare sempre. E durante la notte, quando il buio addolciva i
contorni spietati della realtà, tanti, troppi pensieri erano inutili.
Eva pensava alle mani.
Le mani di Raf, tiepide, bianche,
innocenti. Quelle mani ferme che le sfioravano il seno, senza malizia, senza
peccato. Così agognate e pure, così impossibili e lo stesso così desiderate…
Le mani di Vlad, dure, sporche,
implacabili. Quelle stesse mani che avevano avuto un fremito, una carezza
rubata, così impossibile e lo stesso così desiderata…
Eva si chiese angosciata dove
sarebbe finita a furia di pensieri così assurdi: più pensava a Raf e Vlad e più
i contorni delle cose sfumavano, più i confini dell’impossibile si facevano
tenui, vaghi… pericolosamente accessibili.
Spaventata, amareggiata e
tuttavia piena di assurda speranza, Eva chiuse gli occhi e provò a pregare: il
suo mesto surrogato di sonno umano.
Pregò a lungo, senza pensare,
perdendosi nella confortante litania di parole note, cullata dalla guida
monotona di Raf. Vlad se ne stava seduto di fianco a Raf, le lunghe gambe
indolentemente accavallate e lo sguardo annoiato fisso fuori dal finestrino.
Muto, miracolosamente: ma non per questo meno pericoloso.
“Dove andiamo?” sentì chiedere
dalla voce bassa di Raf.
“Cazzo ne so” rispose scorbutica
e arrogante la voce di Vlad “A fanculo, se preferisci.”
“Sei tu che mi devi dire da che
parte” insistette la voce di Raf, pacata e paziente “Ti ricordi, vero,
dell’incontro con gli altri Demoni Capitali?”
“Si mi ricordo.” sbuffò Vlad
imbronciato.
“Allora?”
“Allora cosa?”
“Da che parte devo andare?”
“Dritto.”
Raf gli rivolse un rapido sguardo
pietoso.
“A volte sei davvero pesante.”
mormorò sottovoce.
“Ha parlato il menhir alato.”
“Non ti stanchi mai di fare
sempre il cattivo?”
“E tu, vuoi farmi un pompino?”
Raf sospirò e tacque per un lungo
momento.
“Allora, da che parte?”
“Uffa, Bambi, che palle! Dritto
ti ho detto.”
“Dritto dove?”
“Dritto e basta.”
Eva suo malgrado sorrise, mentre
il dotto scambio di botta e risposta tra Vlad e Raf continuava imperterrito
fino alle prime luci dell’alba. Solo allora si accorse che non aveva più avuto
bisogno di pregare.
NOTE DELL’AUTRICE
Mi scuso davvero col cuore del ritardo e della
discontinuità, ma per cause indipendenti dalla mia volontà mi è impossibile
agire diversamente.
Sappiate che siete comunque e sempre nel mio cuore e che
ringrazio uno per uno per i consigli, le critiche, l’entusiasmo, la simpatia…
per tutto, insomma!
Poi caramente mi prese per mano
e disse: "Pria che noi siam più avanti,
acciò che 'l fatto men ti paia strano,
sappi che non son torri, ma giganti,
e son nel pozzo intorno da la ripa
da l'umbilico in giuso tutti quanti".
Dante Alighieri, La Divina Commedia, Inferno, Canto XXXI
“Qui?” chiese Gino dubbioso: si
girò a guardare Eva che si stava ammirando le unghie della mano con aria
tediata.
“Sì, qui” rispose lei con voce
piatta “E non mi chiedere perché o per come: il solo fatto di esserci liberati
di Vlad per dieci minuti vale pure una rispettosa e silenziosa ignoranza.”
“Ok, ma qui?”
Gino girò di nuovo lo sguardo sul
tetto sbilenco della graziosa villetta in puro stile tirolese incorniciata
dalle fronde pesanti dei pini: fissò con aria incerta gli scuri di legno con
inciso un cuore panciuto, le tendine a quadretti bianche e rosse che si
intravedevano dietro i vetri, i cespugli fioriti e ordinati di narcisi e
lavanda, le pietre gialle del lindo vialetto di ingresso.
“Sembra la casa della nonna di
Cappuccetto Rosso” sospirò Lorella tristemente “Non è giusto.”
“Che cosa non è giusto?” chiese
Gino comprensivo.
“Che i Demoni usino le immagini
umane più belle per camuffare le loro schifezze” rispose Lorella stancamente “Guarda
questa casa, com’è bella, pulita, rassicurante. E invece dentro ci sono…
loro.”
Eva comprendeva perfettamente il
pensiero di Lorella: ma era proprio quello il gioco dei Demoni, inquinare
tutto, forzare a pensare sempre male, non lasciare niente di puro e intonso.
Per quanto bazzicasse quell’ambiente da una vita, nemmeno lei riusciva ancora
ad accettare quel sopruso, e forse la sua parte angelica non l’avrebbe mai
fatto.
“Niente nonnina ma un branco di
lupi” commentò sempre concentrata sulle sue unghie “Tipico dei Demoni. A loro
piace da impazzire deturpare le cose belle.”
“Quello che non piace a me è il
fatto che siamo qui soli nel bel mezzo del bosco” borbottò Gino “Se i tuoi
simpatici amici puzzolenti di zolfo decidessero di saltare fuori tutti insieme
e di farsi collane con le nostre budella, nessuno verrebbe a saperlo;
semplicemente, ci ritroverebbero a valle al prossimo disgelo.”
Erano infatti dispersi in una
viuzza di montagna sulle alpi austriache, verso il confine con la Svizzera: le indicazioni di Vlad erano state vaghe e contraddittorie e fino all’ultimo erano
tutti convinti che si fosse perso. Quando aveva fatto fermare il camper
malconcio davanti al piccolo cottage ed era sceso con indolenza, senza degnare
gli altri di una sola spiegazione, Gino e Lorella erano rimasti doverosamente
ammutoliti.
“E pensare che è un posto così
bello” mormorò ancora Lorella con rimpianto “C’è una pace, qui…”
“Non penseresti così se potessi
Vedere.” commentò laconica Eva.
“Vedere cosa?”
“Vedere come vedono gli Ultraterreni.
Non ti sembrerebbe così carino, fidati.”
Continuava a guardarsi le unghie
per non guardare fuori: già l’odore di Inferno che arrivava dalla casetta e
aleggiava denso e oleoso le aveva completamente chiuso lo stomaco, figurarsi
guardare. Quel posto era un vero e proprio buco infernale: una specie di
nebbiolina violacea imbruniva i contorni, ruotando angoli impossibili, creando
ombre minacciose e vuoti angoscianti. Persino Raf in quel miasma claustrofobico
era impallidito e respirava rapido come un uccellino malato, le palpebre
saldamente chiuse sui begli occhi celesti.
“Allora mi spiegate cos’è questo
posto?” insistette Lorella.
“Di sicuro non un centro
benessere” sbuffò Eva impaziente “Per me ha tutta l’aria di essere un Nodo non
autorizzato.”
“Nodo?” si spaventò Lorella
spalancando di scatto gli occhi “Ma il Nodo non è quel posto dove i Demoni
vengono su?”
“Non è che la fuoriuscita di
Demoni dall’Inferno sia proprio tipo un’eruzione vulcanica, sennò staremmo
freschi!”
“Come fa un Nodo a non essere
autorizzato?” continuò Lorella “Non dovrebbero esistere, vero?”
Eva le lanciò un lungo sguardo di
sufficienza.
“No, non dovrebbero. Ma i Demoni,
chissà perché, sono notoriamente insofferenti alle regole e cercano sempre di
aggirarle. Comunque, non è che uno stronzo infernale qualsiasi possa farsi il
suo personale Nodo ultraterreno e venire su questo Piano a cazzeggiare: ci
vuole un certo potere per poter stare qui…”
“Roba d’elite” sogghignò Gino
esilarato “Il Country Club dei Demoni! Non è da scompisciarsi?”
In quel momento la porticina
ovale con il battente di ottone a forma di cuore si aprì facendo sbucare la
testa di Vlad: con un cenno secco della mano, fece segno a Eva di entrare, poi
sparì di nuovo dentro, lasciando la porta socchiusa. Il cuore di Eva diede un
balzo doloroso mentre Gino, tornato serio, si girava a guardarla aggrottato.
“Tocca a te.” mormorò serio.
“Eh, già.”
Il presagio che le bloccava il
respiro non era affatto dei più buoni: le ondate di potere demoniaco che
uscivano da quella leziosa casetta facevano impallidire di vergogna quelle del
Nodo di Bersaba, e già là Eva aveva rischiato di morire…
“Stai all’erta, piccola, ho idea
che là dentro non si stiano facendo una sessione di yoga.” meditò Gino come
intuendo i suoi pensieri.
“Sì, Eva, stai attenta” si scaldò
anche Raf, socchiudendo gli occhi e afferrandole con delicatezza un polso “Devo
dirti la verità, non so quanto potrò aiutarti da qui. Il potere che si
sprigiona lì dentro è… davvero fortissimo. Troppo forte persino per me che sono
un Arcangelo. Questo è molto, molto pericoloso: fortuna che c’è Vlad dalla tua.
Ti prego, fai del tuo meglio per resistere.”
“Grazie tante, Raf” pensò
Eva annuendo rigidamente “Avevo proprio bisogno di un po’ di
incoraggiamento!”
“Buona fortuna.” mormorò Lorella
con le lacrime agli occhi mentre Eva apriva la portiera.
“Riporta il culo a casa.”
borbottò invece Gino quando già Eva camminava spedita sul vialetto giallo, come
Dorothy nel mondo di Oz… peccato non avere un bel paio di scarpette rosse per
tornare a casa, meditò lei in uno sprazzo di umorismo nero. Come se lei ce
l’avesse ancora, una casa!
“Dio sia con te” aggiunse Raf
accorato “E stai vicino a Vlad! Solo lui può proteggerti!”
Eva evitò accuratamente di
riferire all’Arcangelo quello che pensava della sua proposta. Arrivò davanti
alla porta a passo di marcia e prese un lungo respiro a occhi chiusi; relegò la
sua essenza di Angelo più a fondo che poteva, riaprì gli occhi, spinse la porta
risoluta ed entrò.
* * *
Eva catalogò la mezzora
successiva come la più orribile della sua vita… e di schifezze ne aveva viste
abbastanza perché quello risultasse un primato di tutto rispetto.
Era buio, dentro la casa. Un buio
violaceo e marrone, angosciante, umido. La porta si chiuse sbattendo alle
spalle di Eva e immediatamente potenti spire di denso e acre fumo bruno le
avvilupparono le caviglie, attirandola verso il basso. L’odore intorno era
nauseante, un misto di costosa Eau de Toilette e marciume, ma ancora peggio
erano i rumori… suoni folli, sottili, fruscianti. Qualcosa di viscido e umido
si strinse intorno a una caviglia di Eva che dovette fare forza su se stessa
per non scalciare e gemere dal disgusto: rimase immobile a gambe divaricate,
guardinga, scrutando nel buio i movimenti lenti delle ombre.
“Eva.” la chiamò Vlad facendola
sobbalzare: era vicinissimo dietro di lei, ne poté sentire l’alito caldo sulla
nuca: poi, di colpo, era davanti a lei a petto nudo, il buio opprimente che
riempiva le cavità del suo corpo di ombre inquietanti.
“Dove siamo?” chiese Eva
seccamente e fu sorpresa dal suono afono della propria voce.
“Un piccolo posticino segreto per
noi Demoni capitali” rispose Vlad “A volte veniamo qui quando abbiamo voglia di
trastullarci un po’. Ma non dirlo a Lucy, è un nostro piccolo segreto.”
Il suo tono strafottente era
forzato, se ne accorse persino Eva nonostante il buio e i rumori e la paura.
“E gli altri?” si sforzò di
chiedere con calma.
“Qui.” rispose Vlad con
noncuranza: Eva poté allora vedere una specie di lungo tentacolo membranoso
avvilupparsi alla vita di Vlad, circondargli il petto lasciandogli addosso una
scia collosa e giallastra.
“Chi c’è.” gorgogliò una voce
liquida, così irreale da far accapponare la pelle.
Attaccata a quella specie di
tentacolo antropomorfo, dietro la spalla di Vlad sbucò una testa fornita di
piccoli occhi lattiginosi e una bocca sorprendentemente larga, dalla quale uscì
una lunga lingua rosea e umida che prese a lambire il collo di Vlad.
“Alana” sospirò Vlad senza
scomporsi, benché Eva avesse notato una leggera contrazione delle sue spalle
armoniose “Vorrei ricordarti che non sono un pasticcino alla crema.”
“Ma sei buono.” farfugliò la voce
e la lingua continuò a lambirlo golosamente.
Eva distolse lo sguardo nauseata,
mentre all’altro fianco di Vlad compariva un’altra figura di chiara
impostazione femminile: due lucidi occhi di giaietto nero spiccavano in una
faccia bianca e aguzza come quella di un topo, due occhi che sembravano la
quintessenza della furia che si propagava involontariamente in tutto il corpo,
squassato da piccoli tic nervosi.
“E’ questa la tua pupilla, Vlad?”
domandò la donna con una voce isterica da pazza che gelò il sangue nelle vene
di Eva.
“E’ lei” rispose Vlad mentre la
lingua rosea della sua vicina continuava a leccargli il collo con voluttuosa
costanza “Eva, questa è Morgana.”
Eva arrischiò uno sguardo e
Morgana fremette come un animale devastato dalla scabbia: lunghe braccia
cianotiche sbucarono dal buio e fecero per ghermirla, ma con un gesto imperioso
Vlad le blocco a mezza strada.
“Lei non si tocca.” disse in tono
neutro mentre le dita di Morgana, feroci e dotate di violacee unghie
frastagliate, si conficcavano nella pelle dorata del suo braccio.
Eva trasalì ma Vlad sembrava
immune al dolore: girò con calma il viso verso Morgana e le baciò una guancia
con la bocca sensualmente aperta, trovandosi subito dopo con la lingua di
Morgana a dardeggiarli in bocca. Nauseata da quella sfacciata esibizione, Eva
abbassò lo sguardo e con orrore si accorse di una terza figura strisciante che
si stava arrampicando laboriosamente lungo le gambe di Vlad.
“Questo è Linus.” spiegò Vlad
interrompendo per un attimo le turpi effusioni con Morgana, forse intuendo che
Eva stava per gridare dallo schifo: la ragazza si morse l’interno delle guance,
sforzandosi con tutta se stessa di sopportare il raccapriccio per quelle figure
disumane.
“Che meraviglia incontrare tutti
voi.” gracidò mentre con orrore crescente si accorgeva che la testa piccola e
bitorzoluta di Linus, ignorando bellamente tutto e tutti, stava armeggiando con
la patta dei pantaloni di Vlad con chiare intenzioni carnali. Il cuore di Eva
batteva doloroso nel petto e quasi le veniva da svenire con tutto quella
pestilenza infernale che le premeva intorno: la presenza di tanti Demoni aveva
reso l’aria densa e pulsante, calda e malata come una ferita purulenta.
“Facciamo fuori la puttana”
strepitò d’un tratto la voce di Morgana, gli occhi pieni di luce folle che la
trapassavano quasi con dolore “Uccidiamola, tagliamola in pezzi…”
“Mangiamola.” gorgogliò liquida
la voce gutturale di Alana, così ripugnante che Eva suo malgrado sentì la pelle
accapponarsi su tutto il corpo.
“Veramente non siamo qui per uno
spuntino” gracchiò Eva cercando di controllare il panico “Volevo solo fare
qualche domanda…”
“Tesoro, non ti basto io?” la
interruppe Vlad con voce ammaliante rivolto a Morgana “Dicevi che era troppo
tempo che non facevamo qualche giochetto. Ora sono qua. Non hai niente da farmi
fare?”
Morgana rise, un’agghiacciante
ululato di pura follia, e si ficcò la mano di Vlad sotto al vestito nero,
cominciando a strusciare con violenza: non staccava gli occhi furiosi da Eva
che dovette distogliere lo sguardo per non vomitare dalla nausea e dall’orrore.
Rapidamente, incrociò lo sguardo di Vlad: i suoi occhi angosciati sondarono il
duro topazio del Demone, che era incredibilmente freddo e distante, come se
niente fosse di suo interesse: e tuttavia, la piega feroce della sua bocca,
l’impassibile linea delle sue sopracciglia fecero intuire con struggente
malinconia che in qualche modo lui era lì, che la stava davvero proteggendo.
“Di solito non siamo così
infoiati, ma era un po’ che Vlad non veniva a trovarci.” sibilò una voce alle
sue spalle, così vicina che Eva registrò l’alito tiepido e marcescente quasi
sulla guancia. Sobbalzò e per un pelo non strillò di raccapriccio quando scorse
una figura rattrappita, con due braccine orrendamente corte e due occhi piccoli
e malvagi che la scrutavano affamati nel buio.
“Tu devi essere Demetrio.” disse
Eva, constatando che parlare le risultava piuttosto difficile visto che aveva
la bocca secca come il deserto del Sahara e il cuore pesante come un macigno.
“E tu sei la puttana di Vlad.”
Eva non osò girarsi a guardare
verso il Demone Tutore: il corpo tentacolare di Alana l’aveva quasi fagocitato
e la testa di Linus ondeggiava su e giù, con la mano di Vlad che lo dirigeva
imperiosa: Morgana emetteva squittii e suoni orribili, sempre con l’altra mano
di Vlad sotto al vestito. Tutti insieme erano un quadro così osceno che era
impossibile non rimanerne disgustati.
“Posso farti una domanda?”
balbettò Eva, cercando di aggrapparsi disperatamente al vero motivo per cui era
lì a massacrarsi l’anima in quel lembo d’Inferno.
“No” rispose subito Demetrio,
stringendo le orribili braccine al corpo “Non ti do niente di mio, mio, mio!”
Maledetto spilorcio, pensò Eva
freneticamente: però dopotutto Demetrio era il Demone Capitale dell’avarizia.
Come poteva aggirarlo e sapere qualcosa nello stesso tempo?
“Scusa” disse facendo spallucce
“Pensavo che uno scambio di informazioni sarebbe stato utile anche per te… per
recuperare qualcosa che ti appartiene.”
Demetrio tentennò, gli occhi
piccoli e porcini improvvisamente attenti.
“Qualcosa che mi appartiene?”
pigolò con voce acuta e furiosa “Qualcuno ha preso qualcosa di mio?”
“Non so” buttò lì Eva, giocando
le sue carte a casaccio e sudando freddo copiosamente “Ma se un’orda infernale
passasse dal tuo Nodo, allora sarebbe anche un po’ tua, no?”
“Non credo” ansimò Demetrio
dubbioso “Non è passata nessuna orda infernale dal mio Nodo.”
Altro buco nell’acqua, pensò Eva
amareggiata.
“Morgana ha avuto un’orda
infernale” commentò Demetrio fra sé e sé “Ma solo perché l’ha fatta passare non
significa che fosse sua.”
Il cuore di Eva fece un balzo nel
petto e prese a battere forte come un tamburo.
“Davvero?” disse cercando di
mantenere un tono neutro “E chi l’ha autorizzata?”
Demetrio agitò appena le piccole
mani deformi.
“Qualcuno da sotto” borbottò
riottoso “Ma l’aveva chiesto qualcuno da sopra. Non so. Non ricordo. E
comunque, che importanza ha? Ehi, ora è il mio turno!”
Eva arrischiò un’occhiata, ma
distolse subito lo sguardo schifata. Linus aveva evidentemente esaurito le
forze ed era più o meno crollato a terra senza aver mai davvero alzato al
testa: in quel momento sembrava un inutile ammasso di carne molliccia disossata
buttata ai piedi di Vlad che aveva ancora la patta aperta e umida dopo
l’intervento del Demone. Alana aveva allacciato il corpo di Vlad con lunghi
tentacoli e la sua instancabile lingua rosata lo lambiva dovunque potesse
arrivare, assaporandolo e accompagnando ogni leccata con un mugugno
soddisfatto. Morgana invece stava mordendo con ferocia il braccio di Vlad,
facendolo sanguinare e spalmandosi il sangue addosso con voluttà. Guardarli era
una cosa disgustosa. Come attirato da quelle oscenità, con piccoli passi rapidi
Demetrio raggiunse gli altri Demoni, rattrappito e disgustoso come uno gnomo
deforme.
“Aspetta!” soffiò fuori Eva, ma
Demetrio era arrivato a ridosso di Vlad e le sue orribili braccine lo stavano già
toccando dappertutto con vorace lussuria.
“Ora è il mio turno”
scricchiolava la sua vocetta “Alana, Morgana, toglietevi dai piedi! Ora sei
mio, Vlad… Solo mio, mio, mio…”
Vlad lo lasciò fare: la sua
faccia era di pietra quando si chinò per farsi ghermire dal piccolo Demone che
lo spinse nel buio, misericordiosamente lontano dagli occhi agghiacciati di
Eva.
“Sei fortunata, Sanguemisto, a
non essere già morta” gorgogliò una voce flebile flebile che Eva intuì arrivare
dal corpo molliccio di Linus “Ma era tanto che Vlad non veniva da noi… ci
mancava.”
“Sì, me lo ha detto Demetrio.”
rispose Eva, così disgustata che persino quell’ammasso di carne informe le
risultò piacevole, piuttosto che vedere Vlad nelle mani degli altri Demoni.
“L’ha trattato bene, lui” confidò
ancora Linus, la voce impastata come se il proprietario parlasse con una patata
in bocca “Ha promesso a Demetrio che sarebbe stato solo suo, se avesse parlato
con te.”
Eva deglutì e represse qualcosa
di appuntito e doloroso che le stava per trapassare il cuore, prima di rendersi
conto che era pietà.
“Oh” mormorò sottovoce “Davvero.”
“A me ha lasciato le briciole”
continuò la vocetta querula di Linus “Come sempre. Mi sottovaluta, Vlad, e mi
disprezza. Ma ha fatto male, stavolta. Anche io sono un Demone Capitale. Doveva
trattare bene anche me. In fondo, l’ho fatta passare io la seconda.”
Un diffuso senso di gelo sostituì
l’umido calore dell’aria putrida intorno a Eva: sbattendo le palpebre, cercando
di mettere a fuoco l’ammasso informe di membra che era il corpo di Linus, si
chinò leggermente verso di lui.
“La seconda cosa?” chiese, ma in
un lampo intuì da sola la risposta e il gelo le attraversò le ossa.
“La seconda orda infernale.”
rispose infatti Linus, ed Eva meditò che in fondo lo sapeva già: le era sembrato
che gli attacchi fossero troppo ravvicinati, che fosse impossibile per un’orda
sola scovarla così in fretta.
Due orde infernali. Due nemici? O
solo uno, più determinato che mai a distruggerla con tutti i mezzi? Chi poteva
saperlo, se non quei mostri rivoltanti che aveva davanti?
“Tu sai chi l’ha scatenata?”
domandò a bruciapelo e per un attimo, in mezzo alla carne molliccia e
raggrinzita, Eva intuì il guizzo malvagio di un occhio cisposo.
“Non essere sciocca, ragazza: tu
lo sai già chi è stato.” rispose il Demone in un gorgoglio.
In quel momento un lungo lamento
uscì dal buio inquieto dove si trovavano gli altri Demoni; un miagolio così
raccapricciante e atroce che i nervi di Eva si congelarono offesi
nell’assorbirlo. Non aveva idea di chi l’avesse emesso e sapeva che non doveva
guardare, se voleva mantenere intatta la propria essenza di Angelo… ma lo
stesso le scappò un’occhiata, rapida e involontaria. C’era il corpo nudo e
indifeso di Vlad in mezzo a un groviglio fremente di arti, tentacoli, buio e
sangue: c’erano lingue, c’erano denti, c’erano organi sessuali e c’era terrore
che permeava tutto come una patina gelatinosa e opprimente da film dell’orrore.
Quello che Eva vide fu così orrido, così blasfemo che la sua mente si rifiutò
di accettarlo. Sentì lo stomaco, il suo povero stomaco mortale, ribellarsi
dolorosamente a quello scempio e dovette rizzarsi in piedi quasi contro la sua
volontà. Scattò verso la porta, una mano premuta sulla bocca e il sudore freddo
che le imperlava la fronte, incespicando nei propri piedi con la vista
annebbiata e la testa che roteava impazzita. Crollò contro la porta, armeggiò
con la serratura e dopo un attimo di violento panico riuscì ad aprirla. Si
gettò fuori e le sue ginocchia si schiantarono sul vialetto di mattoni gialli
mentre le narici le si riempivano di aria e gli occhi di cielo. Non riuscì
nemmeno a fare un respiro: vomitò carponi, con violenza e dolore, la testa che
vorticava come una trottola impazzita. Vomitò ancora e ancora, lunghi conati
che la spezzavano in due, finché qualcosa di tiepido non le si posò sulla
fronte e il dolore alle membra e all’anima scemò rapidamente come dopo
un’iniezione massiccia di morfina. Eva respirò rumorosamente dal naso, gli
occhi chiusi, il corpo tremante, mentre le braccia di Raf la cingevano tiepide
e accoglienti e la sua voce la consolava con parole rotte e balsamiche.
“Coraggio… è tutto è posto… sono
qui…”
Eva si lasciò andare contro di
lui, stremata e grata di poter scappare via da quel male, da quell’orrore.
“Oh, Raf” gracidò nascondendo la
faccia contro la sua camicia “Che schifo, che schifo, che schifo…”
Raf la cullò a lungo, poi la
prese in braccio senza sforzo e la portò dentro al camper. Eva intuì le voci
allarmate e note di Gino e Lorella ma non riusciva a staccare il viso dal petto
di Raf: il suo nido sicuro, la sua medicina. L’Angelo in lei stava ancora
strillando di raccapriccio ed Eva non era affatto sicura di poter controllare i
suoi centri nervosi e non scoppiare a piangere come una bambina davanti a
tutti.
“Che le è successo?”
“Sembra sconvolta!”
“E ti credo, ci pensi là dentro
con un’intera delegazione di stronzi come Vlad!”
“Senti da che pulpito!”
“Perché mi guardi con quella
faccia? Non ce l’ho mica mandata io là dentro!”
“Ah, no? L’idea del summit non
era stata tua, genio?”
Il ronzio indistinto di voci
seguitò a lungo ed Eva lo assorbì, grata dell’effetto normalizzante che aveva
sulla sua povera anima bistrattata.
“Chissà cosa ha visto là dentro.”
“Eh, già.”
“Povera Eva…”
“Adesso non esageriamo.”
“Deve avere proprio avuto una
brutta visione dell’Inferno.”
E invece no, pensò Eva
amareggiata: la cosa che le faceva più male era proprio quella.
Sapeva purtroppo che ancora
dell’Inferno non aveva visto niente.
* * *
Quando Vlad tornò era notte
fonda: Gino e Lorella dormivano, dopo aver mitragliato Eva di domande per ore.
Lei aveva risposto laconicamente, come meglio poteva: poi si era stufata, li
aveva mandati al Diavolo e aveva fatto una doccia eterna, senza tuttavia
riuscire a sentirsi meno sporca e contaminata. Alla fine i due umani erano
andati a letto, vagamente perplessi e insoddisfatti. Eva d’altronde non aveva
nessuna voglia di spiegare loro perché non voleva renderli partecipi
dell’orrore che aveva vissuto nella baita montana: era il suo modo personale
per proteggerli, senza ovviamente farglielo sapere. Lei e Raf rimasero a
vegliare, in attesa del ritorno di Vlad, scambiandosi a malapena qualche frase
smozzicata. Quando sentirono i passi di Vlad nel viale, scattarono in piedi
senza sapere bene che fare. Il Demone entrò nel camper, fece un fiacco e
arrogante saluto senza dire una parola e si stravaccò con indolenza sul
divanetto, coprendosi la faccia con una mano. Eva e Raf si scambiarono uno
sguardo e di tacito accordo Raf si mise alla guida del camper. Partì guidando
dolcemente lungo la stretta strada di montagna mentre Eva, titubante, si
avvicinava a Vlad e si inginocchiava davanti a lui.
“Hai il braccio ferito.” disse
cercando di mantenere una voce neutra ma non poté risparmiarsi un singhiozzo
ben mascherato alla vista del braccio martoriato di Vlad.
“Passerà” disse il Demone in tono
piatto e impersonale fissando la ferita come se non fosse sua “Sono di tempra
Ultraterrena, ricordi? Domattina non avrò più niente.”
“La ferita è profonda” insistette
Eva tamponando con un panno umido lo squarcio sul braccio “Quella Morgana è
davvero… è…”
“Un Demone?”
Vlad si tolse la mano dalla
faccia e ridacchiò senza allegria.
“Sono tutti Demoni. Cosa pensavi
che avrebbero fatto, centrini all’uncinetto?”
“Non lo so” ammise Eva
francamente “Pensavo che avrebbero fatto come te. Che sarebbero stati stronzi,
insopportabili, crudeli… ma non pensavo che sarebbe stato così atroce. So solo
che quello che ho visto, quello che ti hanno fatto, è stato… orribile.”
Vlad vece un gesto fiacco con la
mano.
“Non è poi così male” ribatté
acidamente “Sono il Demone della Lussuria ed è normale che gli altri mi
vogliano strapazzare un po’, sessualmente parlando. Certo, Alana è un po’
antiestetica, e Morgana si fa sempre prendere la mano dalle sue novità
sadomaso… con Linus non si riesce mai a fare qualcosa di serio, schiatta sempre
prima! E Demetrio… beh, l’hai visto anche tu: pretende un bel po’ di cose, e
non sempre sono piacevoli. Ma tutto sommato sono bravi ragazzi. Fortuna che
mancava Amelia, all’appello: quella sì che è un osso duro.”
Le fece un sorriso strafottente
che Eva non ricambiò. Suo malgrado, apparentemente senza motivo, sentiva gli
occhi stanchi che le si riempivano di lacrime. Lo guardò da sotto in su,
sostenendo la durezza di quei due topazi insondabili, sentendo qualcosa di
innominabile che le riempiva il cuore. Non sapeva se era pietà o rimorso o
gratitudine… sapeva solo che era qualcosa che non avrebbe mai associato a Vlad
prima di quel giorno. Prima di sapere che lui l’aveva protetta, a modo suo,
dall’orrore dell’Inferno.
“Vlad, io…”
“Hai i capelli umidi.” la
interruppe lui con voce stanca: la fissava cogitabondo ed Eva non si era mai
sentita vulnerabile come in quel momento.
“Io ho… fatto la doccia.”
“Hai delle gocce d’acqua tra i
riccioli” continuò lui quasi accademico “E la tua pelle sa di sapone. Sei senza
reggiseno e un po’ ti dà fastidio perché il maglione che hai addosso non è tuo,
è ruvido, ti sta largo e odora di naftalina. E prima hai pianto, ma solo quando
eri certa di essere sola.”
Era tutto così vero. Vlad fece
una pausa, come se si aspettasse che lei dicesse qualcosa.
“Sei bellissima.” concluse
infine, quasi con rimpianto; Eva non riusciva a respirare.
“Mi dispiace.” sussurrò a
sproposito: ma sarebbe morta se non l’avesse detto.
Lentamente, come se si aspettasse
di essere respinto, Vlad si chinò verso di lei; la guardava fisso negli occhi
con quello sguardo serio, ruvido e indifeso insieme. Il cuore di Eva schizzò
impazzito per incastrarsi in gola e lei pensò vagamente che non poteva
assolutamente permettere che Vlad la baciasse… benché in quel momento lo
volesse, lo volesse con ogni cellula del suo corpo mortale.
Ma Vlad non la baciò: la sua
schiena si curvò e la sua testa si posò sul petto di Eva, pesante e stanca, accompagnata
da un lungo sospiro.
“Quanto vorrei poter dormire.”
mormorò il Demone quasi con rabbia.
Inopportuna e incontenibile, una
dolcezza struggente invase il cuore di Eva che batteva già a un ritmo tutto
suo, pesante e leggero insieme: quasi con titubanza, alzò le mani e le posò fra
i riccioli scomposti di Vlad che mugugnò appena di apprezzamento. Vergognandosi
e esaltandosi insieme, Eva cominciò a carezzare lentamente i suoi capelli
rossi: erano serici, tiepidi, bellissimi da toccare. La testa di Vlad si agitò
ed Eva sentì il suo naso premerle contro l’attaccatura dei seni: intuì che lui
la stava annusando e lo lasciò fare, invasa da una sorta di timida meraviglia.
“Profumi.” le mormorò Vlad con le
labbra a sfiorarle la pelle; poi si mosse ancora ed Eva sentì il tocco leggero
e umido della sua lingua sfiorarle lo sterno timidamente. Le sue mani tra i
riccioli di Vlad ebbero una leggera contrazione mentre le sfuggiva un piccolo
gemito a metà tra la sorpresa e qualcos’altro che non volle identificare… ma
non si scostò. Non si sarebbe scostata per niente e nessuno al mondo, in quel
momento. Sentì le braccia di Vlad che le circondavano la vita, delicate e quasi
titubanti: le sue labbra calde mormorarono qualcosa di indefinito premute sulla
sua gola poi le lasciarono una breve e umida scia sul petto prima di tuffarsi
oltre il bordo slabbrato del maglione, andando a cercare la morbidezza del suo
seno. Di nuovo Eva gemette quando sentì la sua bocca arrivare a destinazione e
iniziare a lambirla con lenta sensualità, incendiandole il sangue di fuoco
improvviso e violento.
“Vlad…” gorgogliò allarmata e
confusa, ma lui non la lasciò parlare: la sollevò per la vita con rude facilità
e se la caricò cavalcioni, facendola sussultare penosamente quando i loro
indumenti strusciarono gli uni contro gli altri.
“Vlad…” lo chiamò di nuovo, ma
non riusciva a pensare coerentemente perché quella bocca, oh, quella bocca
esperta e calda… quella bocca sapeva esattamente come farla tacere.
“Eva?”
La voce di Raf, proveniente
dall’abitacolo di guida, penetrò come una rovente lama affilata nel burro.
Stranamente, fu Vlad a recepirla per primo: si staccò da Eva sollevando il viso
che aveva un’aria strana, confusa e arrabbiata.
Eva si alzò di scatto e incespicò
all’indietro, il maglione sbilenco sulla spalla, le guance in fiamme e il
respiro zoppo.
“Tutto bene?” continuò la voce di
Raf, vagamente preoccupata: forse aveva captato qualcosa, forse la captava
ancora, pensò Eva vergognandosi a morte: sentiva delle incontenibili onde
anomale partire dal suo corpo e spargersi tutte intorno, infrangersi contro le
pareti del camper, contro Vlad…
“Eva, va tutto…?”
“Tutto ok, Raf.” si affrettò a
interromperlo Eva, e si sorprese di come riuscì a essere convincente. Eppure,
era quasi una bugia. La prima che avesse mai detto a Raf.
Vlad, al suono della sua voce,
sembrò recuperare il suo sangue freddo: si accomodò sul divanetto riprendendo
la sua solita indolente posizione e atteggiò le belle labbra morbide a un
sorriso sprezzante.
“Stavolta ci siamo andati vicini,
eh, scimmietta?” buttò lì con arroganza stiracchiandosi come un gatto.
Eva non si lasciò ingannare dal
suo tono strafottente.
“Grazie per avermi risparmiato,
oggi” buttò fuori tutto d’un fiato “Io non avrei sopportato… quello che ti
hanno fatto è stato orribile… se solo Morgana… o Alana… io non avrei mai…
insomma, volevo dirtelo. G-grazie.”
Vlad inarcò un sopracciglio e la
guardò canzonatorio.
“Grazie a me?”
“Ehm, sì.”
“Insomma, un grazie vero e
proprio, coi fiocchi e i controfiocchi?”
“Ti aspetti il certificato in
carta da bollo? E’ un puro e semplice grazie, non un trattato di pace.”
“E’ o non è la prima volta che mi
ringrazi in tutta la tua vita, scimmietta?”
“Sai bene che lo è.”
“Quindi sei qui, contrita e
profumata di sapone, per dirmi grazie nel migliore dei modi?”
Eva arrossì appena appena.
“Sì.” rispose, ed era quasi
sincera.
Vlad accavallò le gambe
continuando a sorridere con aria saputa.
“Ti dirò, scimmietta… sarebbe
davvero caritatevole da parte tua fingere di cedere alle mie avances solo per
gratitudine. Sono quasi sicuro che è di questo che ti stai convincendo. Ma il
fatto è, vedi, che io non ci credo, e in fondo nemmeno tu. Ti nascondi dietro
questa scusa perché è più facile per te credere di essere animata da nobili
intenzioni, ma in realtà se ti sei lasciata baciare è perché tu mi vuoi…”
Eva arrossì e tutto d’un tratto
riscoprì intatta la montagna di odio che aveva accumulato e poi accantonato per
Vlad.
“Io non ti voglio affatto!”
ragliò con aria ben poco convincente.
“E invece sì” rispose Vlad con
pacata convinzione “Due minuti fa ne abbiamo avuto la prova lampante. Se
Biancaneve non ti avesse distratto, a quest’ora saremmo di là sul letto a
conoscerci biblicamente, una volta per tutte.”
“Stronzate!” sibilò Eva, ma solo
perché sapeva bene quanto Vlad avesse ragione.
“Tu mi vuoi almeno quanto io
voglio te” infierì Vlad con sadica convinzione “La tua pelle non mente, Eva: mi
chiama, profuma di desiderio solo per me. E’ davvero puerile continuare a
negarlo.”
“Io… tu…” balbettò Eva iniziando
a tremare di rabbia repressa.
“Appunto. Io e te, scimmietta.”
Eva capì d’un tratto che non
poteva lasciargli condurre quel gioco pericoloso: non aveva idea di dove
sarebbe finito, ma di sicuro non dove voleva lei.
“Ci sono due orde infernali che
ci inseguono.” buttò allora fuori precipitosamente.
L’espressione di Vlad si incupì
sensibilmente.
“Due?” domandò piatto, cambiando
discorso come Eva aveva ardentemente agognato “E chi te lo ha detto?”
“Linus. Demetrio ha detto che la
prima orda è passata dal Nodo di Morgana… ha vaneggiato di qualcuno dall’alto e
qualcuno dal basso… non ho capito bene. Comunque, Linus ha detto che c’è una
seconda orda infernale che è passata dal suo Nodo.”
“Immagino che non ti abbia detto
chi l’ha richiesta.” commentò Vlad fissandosi cupo le unghie della mano destra.
“No” sospirò Eva vergognandosi
“Ha detto che lo so già. Il fatto è che invece non so un cazzo. E’ chiaro che
ho più di un nemico, all’Inferno, ma due orde infernali in una volta…
dev’essere per forza un complotto a questo punto.”
“Chissà” rispose Vlad noncurante
“Quindi che hai intenzione di fare adesso?”
Eva meditò a lungo mentre un’idea
si faceva largo nella sua mente.
“Non è che abbiamo molte opzioni”
sospirò “Con due orde infernali alle calcagna… c’è solo una cosa da fare.”
“Una?” la canzonò Vlad sorridendo
“Accidenti, che ottimismo. Sarebbe?”
“Trovare Silvia Nirani.” rispose
Eva decisa.
“Oh. Bene. Una femmina,
interessante. Chi è?”
“Il mio ultimo incarico. O una
trappola. O, forse, un prezioso indizio.”
“Insomma, non lo sai nemmeno tu.”
“Il mio istinto mi dice di
partire da lì.”
“Il tuo istinto ti ha portata a
gettarti in mezzo a un’orda infernale per salvare il tuo rottweiler umano: no,
grazie ma non mi fido un granché del tuo cosiddetto istinto!”
“Quella era un’altra cosa.” si
difese Eva scaldandosi.
Vlad alzò i palmi delle mani in
segno di resa.
“Come vuoi, scimmietta, come
vuoi… personalmente ho solo una domanda in proposito.”
“Quale.” chiese Eva incrociando
le braccia sul petto mentre Vlad, cogitabondo, si sporgeva verso di lei. La
guardò in faccia, gli occhi lucenti di malizia.
“Questa Silvia Nirani… Ha due
belle tette?”
NOTE DELL’AUTRICE:
Incredibile ma vero, riesco a essere puntuale anche questa
volta. Pubblico il capitolo di straforo dal server, con i refrigeratori che
creano strane stalattiti sotto il mio naso, di nascosto come i carbonari…
Apprezzate lo sforzo, come io apprezzo i meravigliosi
commenti di tutti voi!!
Levsky, Flori, quel tesoro di Roby, cicha, il mio bocciolo
Krisma, Marika, la Beneducata, he he, le evergreen Londonlilyt e MarzyPappy, e soprattutto
i gioielli di riflessione e alto contenuto artistico di White Shadow, Killer, moonwhisper
e Chamelion, che mi fanno sempre immensamente piacere con le loro osservazioni
azzeccatissime.
Grazie infinite a tutti, per favore, non smettete mai di
venire qui a lasciarmi un abbraccio virtuale, ne ho troppo bisogno!!!
Or drizza il viso a quel ch'or si
ragiona:
questa natura al suo fattore unita,
qual fu creata, fu sincera e buona
ma per sé stessa pur fu ella sbandita
di paradiso, però che si torse
da via di verità e da sua vita.
Dante Alighieri, La Divina Commedia, Paradiso, Canto VII
Silvia fissò l’ennesimo autobus
che partiva sferragliando, mani in tasca e sguardo cupo come il cielo plumbeo
sopra la sua testa. La sua faccia esprimeva esattamente quello che provava in
quel momento: un misto di irritazione, inquietudine, noia, paura, malinconia…
una dannata mistura di incertezza che alla fine le inchiodava sempre i piedi
all’asfalto. Un atavico istinto che aveva sempre la meglio su di lei: lei, che
odiava gli spazi troppo aperti e che si trovava sotto il cielo da ore, sperando
senza speranza che alla fine i suoi maledetti piedi si sarebbero mossi finalmente
portandola su uno di quegli autobus, uno qualsiasi, per qualsiasi direzione…
dovunque, lontano da Modena.
La città era diventata una bomba
a orologeria per lei: scappare il più lontano possibile era l’unica cosa
vagamente sensata da fare. Scappare e nascondersi: e invece se ne stava lì,
sotto il cielo gravido di pioggia, a guardare gli altri andar via senza trovare
la spinta necessaria per seguirli. Colpa del suo mezzo demoniaco: suo padre, Mezzo
Demone in istanza a Modena, le aveva lasciato in eredità oltre a una discreta
agilità fisica anche una snervante tendenza a non riuscire a prendere
decisioni. Silvia non l’aveva mai conosciuto, suo padre: era stato Recuperato e
rispedito all’Inferno prima ancora che lei nascesse. Ma sua madre, un Mezzo Angelo
di discreta caratura, le aveva raccontato tante cose di lui. Come sua madre
fosse riuscita a Perdersi, a innamorarsi di un Mezzo Demone mediocre come suo
padre (perché di mezza sega si trattava, Silvia l’aveva capito prima ancora
dell’età della contaminazione) e a continuare ad amarlo, rimaneva un mistero
insondabile per Silvia: ma aveva amato con tutta se stessa sua madre, che
l’aveva cresciuta, protetta e adorata ogni singolo istante della sua vita,
battendo qualsiasi record di permanenza clandestina sul quel Piano… un Mezzo in
gamba, un esempio e un sostegno che le mancava come e più dell’aria.
Oh, Silvia sapeva bene di essere
un Sanguemisto: saggiamente, mamma le aveva spiegato con cura il suo posto
incerto nel complesso mondo degli Ultraterreni e benché le crisi demoniache
l’avessero quasi uccisa, nell’età della contaminazione, aveva passato
un’infanzia tutto sommato gradevole. Sua madre aveva funto da filtro tra lei e
il mondo esterno: gli Umani la credevano epilettica, gli Ultraterreni non
sapevano della sua esistenza perché la prima cosa che Silvia aveva imparato,
prima anche di camminare, era stato nascondersi. Poi mamma se n’era andata,
recuperata da uno stronzo qualunque mentre andava a fare la spesa. E Silvia si
era trovata sola, in balia di un mondo ostile che non le apparteneva. In men
che non si dica, era stata catturata, valutata, studiata, soppesata: Angeli e
Demoni avevano un po’ bisticciato su chi dovesse avere diritti su di lei…
diritti!! Lei che era sempre stata libera di fare e agire come più le pareva!
Ma nemmeno questo era vero: mamma glielo aveva lasciato credere… in realtà era
una pura illusione. In realtà Silvia era solo una Sanguemisto e il suo destino
era già segnato: doveva diventare una Recuperante, anche se la sua età terrena
era già verso i trent’anni, non proprio una fanciulla in boccio, come si suol
dire. Era stata addestrata da Sanguemisto come lei, persone che avevano vissuto
una vita intera nell’occhio del ciclone, additati e disprezzati per il solo
fatto di essere se stessi: Silvia aveva imparato a essere come loro, a
reprimere e controllare qualsiasi istinto. Era quasi pronta a mettersi sul
mercato e diventare una Recuperante a tutti gli effetti: il suo precettore,
Alfredo, le aveva confessato riottoso che se la cavava piuttosto bene, per
essere quasi una vecchia ciabatta per quel mestiere.
Alfredo. Un altro che se n’era
andato.
In piedi, ferma con le mani in
tasca, grigia come i gas di scarico degli autobus intorno a lei, Silvia si
sentì improvvisamente sola e disperata. L’angoscia le pressò il cuore,
rallentandole il respiro e facendole appannare gli occhi. Perché era successo?
Che cosa aveva fatto di male per meritare tutto quello? Perché l’amarezza
pesava come un macigno sulle sue ginocchia stanche?
“Stai sempre all’erta,
Silvia.” le disse all’improvviso la voce di mamma nell’orecchio.
Glielo disse con una tale secca
convinzione che Silvia rizzò bruscamente la schiena e girò in fretta il viso,
come aspettandosi di vederla al suo fianco. Ma non c’era mamma, e nemmeno il suo
maestro, Alfredo: c’era invece una ragazza alta e snella che indossava un
impermeabile gualcito e che la fissava con due profondi occhi roventi come
tizzoni. Silvia la riconobbe all’istante, come riconobbe e decifrò come segnale
di pericolo la sottile angoscia che le pesava sul cuore… ma ormai era troppo
tardi. La ragazza che aveva tentato di farla fuori era alle sue spalle e le
puntava alle reni quella che era evidentemente una canna di pistola, nascosta
nella tasca dell’impermeabile.
“Ehilà” le disse quasi
giovialmente “Ci si rivede prima del previsto, non è vero?”
* * *
In verità, Eva non credeva che
trovare la sua preda sarebbe stato così facile: arrivati a Modena e sostituito
il camper malconcio con una jeep capiente e corazzata, i compagni l’avevano guardata
interrogativi, aspettando che lei decidesse il da farsi. Eva aveva aperto la
bocca per chiedere loro di non aspettarsi che lei sapesse dove andare, o forse
per mandarli al diavolo tutti quanti… e invece aveva detto “Stazione degli
autobus”.
Era stata ragionevolmente certa
che avrebbero fatto un buco nell’acqua, dando così l’opportunità a Vlad di
tediarla per ore con le sue punzecchiature: e invece Silvia Nirani era proprio
là. La riconobbe da lontano, di spalle, ritta a guardare gli autobus che arrivavano
e andavano via con una sorta di remota malinconia.
“Complimenti, scimmietta” le
aveva borbottato laconico Vlad stravaccato sul sedile anteriore della jeep “Ora
da brava, ce la fai a prenderla da sola, senza che io o Raperonzolo ti pariamo
il culo da qualche orda infernale di passaggio?”
“Certo che ce la faccio” aveva
ringhiato Eva di rimando “Ed è proprio il caso che tu stia qui… la tua puzza di
stronzo la farebbe scappare via prima ancora di poterla vedere in faccia.”
Vlad sorrise e le soffiò un bacio:
Raf si sedette al posto di guida e la fissò affettuosamente.
“Sicura di non aver bisogno di
aiuto?” le chiese soave.
“No” rispose Eva ammansita “Ho
idea che la ragazza abbia qualche componente Ultraterrena e tu e la faina col
sasso nel dente spandete troppa aura intorno… si insospettirebbe.”
“Io e la ragazzina andiamo a
farci un caffè.” decise Gino che aveva una faccia non proprio raccomandabile,
con la barba lunga e le occhiaie segnate: Eva ebbe un guizzo di preoccupazione
improvvisa.
“Tutto bene, capitano?” gli
chiese guardinga.
“Certo” rispose Gino scontroso
“Spero solo che questa nuova combriccola di amici che ci siamo fatti torni
presto da dove è venuta perché mi sta talmente stracciando le pelotas che prima
o poi faccio una strage.”
“Andiamo, rottweiler” sghignazzò
Vlad “Non sei contento di aver riempito la tua desolante solitudine con una
tale vulcanica compagnia?”
“Direi di no. Non dopo che la
nuova amichetta mortale…” e segnò Lorella come se non l’avesse mai vista prima
“…mi si è attaccata al collo come una cozza allo scoglio, per paura di te,
nuovo amichetto irlandese…” e segnò Vlad che sogghignò compiaciuto “… così che
mi è sembrato di dormire con un mucchietto d’ossa supplementare appeso alla
gola. E non mi ha aiutato il fatto che il nuovo amichetto alato…” e segnò Raf
che sbatté le ciglia con aria colpevole “… abbia deciso di intonare un bel
canto di gioia al Signore stamattina alle cinque.”
“E’ l’ora dei vespri mattutini.”
spiegò Raf e Gino si limitò a un gesto secco per esternare la sua opinione in
proposito.
“Comprati anche una merendina.”
gorgogliò magnanima Eva sbattendogli in mano un banconota da dieci euro.
“E tu stai attenta” le rispose
Gino, improvvisamente serio “L’ultima volta questa tizia ti ha colto di
sorpresa… non la sottovalutare.”
“Non lo farò.” promise Eva, lo
sguardo già rivolto alla sua ignara preda.
* * *
Silvia scattò a destra con una
tale agilità che per poco non le sfuggì: ma stavolta Eva era preparata e con un
guizzo indubbiamente demoniaco le sbarrò la strada, puntandole con decisione la
pistola al fianco.
“Non ti conviene, gioia” le
sibilò all’orecchio afferrandole il braccio con la mano libera “Stai buona. Non
ti voglio uccidere, almeno per il momento.”
“E allora che cazzo vuoi?”
ringhiò Silvia, e prima che Eva rispondesse tentò un’altra fuga scartando a
sinistra: Eva l’agguantò per un pelo e si decise ad arrabbiarsi.
“Ho detto di stare ferma, vuoi
che ti spari qui in mezzo a un milione di persone?”
Silvia accantonò per un attimo
l’idea di scappare: evidentemente la ragazza con l’impermeabile non era umana,
a giudicare dalla rapidità con cui si muoveva. Si girò a guardarla, sfidandola
con lo sguardo: sembrava nello stesso tempo più giovane e più vecchia di lei,
nella sua faccia incredibilmente bella gli occhi luccicavano senza tempo di
cupa determinazione. Doveva essere un Mezzo Demone, concluse Silvia
rapidamente.
“Ok. Che cosa vuoi?” chiese a
bruciapelo.
“Parlarti.” rispose Eva e Silvia,
all’improvviso, le spiaccicò una specie di capsula piena d’acqua sulla guancia,
accompagnata da una sberla ben piazzata. Silvia si era aspettata che il Mezzo
Demone cominciasse a fumare e a disintegrarsi, a contatto con l’Acqua Santa: la
ragazza invece accentuò la presa sul suo braccio e si girò a guardarla con la
guancia arrossata e bagnata e gli occhi sprizzanti di furia.
“Si può sapere cosa cazzo credi
di fare?” le ruggì nell’orecchio, cominciando a strattonarla e spingerla finché
Silvia non fu costretta ad assecondarla, ringhiando sottovoce.
“Dovevi fumare” rispose Silvia,
segretamente sorpresa “I Mezzi Demoni non sopportano il contatto con l’Acqua
Santa!”
“Buon per te che non sono un
Mezzo Demone, allora.” rispose Eva costringendola a dirigersi verso la jeep
accostata al marciapiede.
“E allora cosa cazzo sei?”
“Le domande le faccio io, bella.
Sali in macchina.”
Silvia lanciò un rapido sguardo
all’interno della jeep: inquadrò in un lampo un tizio dai capelli rossi, bello
da morire e altrettanto pericoloso; una ragazzina dall’aria disfatta che alzò
la mano in un fiacco gesto di saluto; un armadio umano brutto come il peccato
intento a ingozzarsi di croissant alla crema. Prima ancora che Eva finisse la
frase, Silvia si era bruscamente chinata, sfuggendo alla sua presa e
approfittando del suo sbilanciamento, l’aveva spinta facendola finire malamente
contro la portiera della jeep. Eva fece un verso strozzato, a metà fra il
frustrato e il sorpreso: si rialzò subito, ma Silvia stava già correndo via,
veloce come il vento. Eva, incredula, incontrò lo sguardo canzonatorio di Vlad
mentre girava su se stessa pronta al tallonamento.
“Certo che ce la faccio” le
gorgogliò dietro il Demone in una imitazione sorprendentemente calzante “Sono
troppo figa e cazzuta, figurati se quella mezza cozza mi può resistere!”
“Coglione!” ringhiò Eva, partendo
più furiosa che mai all’inseguimento di Silvia “Datemi una mano, presto!”
Silvia correva veloce e scartava
i passanti con la grazia di un cerbiatto, ma Eva non la mollò: ce la mise
proprio tutta, alimentata dalla bruciante umiliazione di essere stata gabbata
davanti ai suoi compagni, e quasi la raggiunse.
“Fermati, maledizione!” le urlò
dietro prima di agguantarla, ma Silvia virò improvvisamente ed Eva per poco non
andò a sbattere contro un palo.
“Stupida troia!” ululò furibonda.
Silvia si girò appena di profilo e
le sparò contro tre rapidi colpi con una pistola spuntata all’improvviso nella
sua mano destra.
“Ma allora vuoi morire!” berciò
Eva schivando i colpi e ruggendo di sorpresa e frustrazione: quella tizia si
stava dimostrando un osso incredibilmente duro, oltre al fatto che tra
l’inseguimento, le grida e gli spari stavano decisamente mettendosi in mostra…
cosa non affatto buona, quando si hanno alle calcagna due orde infernali pronte
a ridurti in poltiglia.
“Fermati!” strillò ancora Eva:
impugnò la pistola in corsa, prese la mira e sparò con precisione schivando un
cassonetto che Silvia aveva strattonato, tentando di frapporlo fra lei e Eva.
Il colpo giunse a destinazione: Silvia urlò di dolore, colpita di striscio a
una gamba e rallentò sensibilmente la sua corsa.
“Così impari!” sibilò vittoriosa
Eva arrivandole addosso: la spinse con decisione e Silvia crollò a terra,
sbucciandosi un ginocchio.
“Ahia!” grugnì Silvia, ma già
stava cercando di rialzarsi in piedi: Eva le sferrò un calcio a casaccio,
beccandola sul fianco.
“Via la pistola!” le intimò
tenendola sotto tiro e Silvia sollevò su di lei due furibondi occhi
lampeggianti.
“Regola uno: non mollare mai la
propria pistola!” strillò di rimando puntandole decisamente addosso la sua
arma.
Eva si bloccò sul posto, il viso
improvvisamente atteggiato a una comica espressione di sorpresa.
Regola uno… conosceva bene la
regola uno: il suo maestro di Recupero gliela aveva inculcata sottopelle, a
forza di calci e sangue.
“Alfredo…?” sfiatò, quasi
incerta.
L’effetto che quel nome ebbe su
Silvia fu altrettanto paralizzante: le due donne rimasero a fissarsi con gli
occhi spalancati, le armi puntate con precisione, i respiri ansimanti. Per un
lungo momento nessuno disse niente: Silvia valutò la possibilità di tentare una
nuova fuga, ma la tizia con l’impermeabile sembrava un po’ troppo tosta per una
Sanguemisto non ancora Recuperante ferita alla gamba…
“Cosa ne sai tu di Alfredo?”
sibilò alla fine senza abbassare la guardia.
“Cosa ne sai tu, puttana.”
rispose Eva sottovoce, ma a un tratto le parve tutto chiaro come il sole.
Un lampo, una reminescenza, le
fecero vorticare il nome di Silvia Nirani nei meandri della memoria. Anche a
Gino non era risultato un nome nuovo: e questo perché perché perché…
Era un nome che aveva già sentito.
Da Alfredo. Nella sua casa-scuola.
“Sei un Sanguemisto.” sentenziò
Eva con decisione.
Silvia non dovette nemmeno
annuire: un lampo di comprensione passò nelle pupille scure della donna.
“E tu devi essere Eva.” rispose
nello stesso tono.
Eva prese una decisione repentina
e abbassò l’arma, lentamente. Dopo un attimo di esitazione, Silvia la imitò:
nel frattempo una grossa Jeep si fermò stridendo sul marciapiede, che si era
vuotato magicamente alla vista di due donne che si sparavano allegramente nel
bel mezzo della strada.
“Salite” ordinò Gino aprendo la
portiera “Per oggi avete già giocato abbastanza ai cow boys.”
Silvia guardò Gino, poi Eva: si
alzò con leggera fatica.
“Ok, salgo” decise con fierezza
“Ma sia chiaro, la pistola rimane incollata alla mia mano, qualsiasi cosa
succeda.”
Eva annuì brevemente e seguì la
donna che saliva in auto con l’espressione corrucciata di chi non è affatto
sicuro di star facendo la cosa giusta. Ma le cose erano molto più chiare, per
lei: Cornelia le aveva fatto credere che Silvia avesse ammazzato Alfredo e due
Mezzi Angeli… ma aveva mentito.
Silvia non era l’assassino di
Alfredo: Silvia era stata la sua ultima allieva.
* * *
Silvia sedeva incuneata tra
l’armadio umano, che ruminava ancora croissant come se niente fosse, e la Sanguemisto con l’impermeabile: nel sedile davanti, al posto del guidatore, sfavillò un
attimo un bianco sorriso d’Angelo seguito dalla voce più soave che avesse mai
ascoltato.
“Benvenuta, Silvia: io sono
l’Arcangelo Raffaele. La pace sia con te.”
Silvia stava per rispondere,
rapita e sollevata, quando il tizio dai capelli rossi seduto al fianco
dell’Arcangelo si girò a guardarla, e tutto il sollievo di Silvia sparì come
neve al sole.
“Ciao, dolcezza” sogghignò il
tizio con una voce che la riempì di brividi incontrollati, schiacciandola
contro il sedile con un incredibile sguardo d’agata rovente e sensuale “Io
invece sono quello che vuoi… appena riusciamo a rimanere soli un attimino.”
“Vlad” lo sgridò con impazienza
Eva “Silvia ignoralo, per favore. E stai alla larga da lui: è pericoloso e
stronzo come mai potresti immaginarti. Al tuo fianco c’è Gino e questa qui
dietro è Lorella, invece.”
Accovacciata nel baule, la faccia
niente affatto allegra, Lorella alzò due umidi e umanissimi occhi su Silvia.
“Questa macchina è troppo piccola
per tutti” commentò sottovoce “So che sto dicendo quasi un’eresia, ma preferivo
il camper.”
“Anche io” si accodò subito Vlad
con quella sua voce di velluto che metteva il fuoco addosso “C’era quel bel
lettone comodo comodo…”
“Quello è un Demone.” sentenziò
Silvia con voce piatta indicando Vlad col mento.
“Accidenti, che acume” sbadigliò
Vlad agitando vezzosamente le dita verso di lei “Piacere, dolcezza, io sono
Vlad, Demone Capitale della Lussuria. Vuoi scopare?”
Silvia lo ignorò e si girò verso
Eva che provò una esultante e segreta ammirazione per la freddezza con cui
riusciva a trattare il Demone.
“Fammi capire” sferzò dura la
voce di Silvia “Un Arcangelo, un Demone Capitale, due Umani e una Sanguemisto.
Cos’è, una specie di comitato di accoglienza per alieni?”
“Chi siamo e cosa facciamo non ti
riguarda” rispose Eva con lo stesso identico tono di voce “Le domande le
facciamo noi. Per prima cosa, visto che mi preme abbastanza saperlo: hai ucciso
tu Alfredo?”
Gino, finalmente, degnò Silvia di
una breve occhiata curiosa mentre lei rispondeva, con estrema freddezza e
dignità: “No.”
“Lo supponevo. Hai ucciso due
Mezzi Angeli?”
“No. Senti, ti risparmio l’elenco
di quelli che potrei o non potrei avere ucciso, così facciamo prima: non avevo
mai ucciso nessuno, fino all’altro giorno quando tu hai tentato di uccidere me,
per inciso. Non ero ancora una Recuperante. Ero… ero in prova.”
“Conosci una certa Cornelia?”
Silvia fece spallucce,
impassibile.
“Per fama. Cornelia e Giacinta
sono i coordinatori dei Nodi sul nostro Piano qui a Modena.”
“E io e Rosaspina siamo i
coordinatori dei Nodi dall’altra parte” informò Vlad con noncuranza “Siamo
pezzi grossi, come vedi. Eppure, siamo qui stipati dentro una Jeep che gira
senza meta con alla guida una specie di Nonna Papera con la cataratta.
Piccione, non puoi andare più veloce? Esistono altre tre marce dopo la seconda,
sfruttale.”
“Devo rispettare i limiti.” si
difese Raf per niente scosso.
“Esatto. Ma se fosse qui una
tartaruga delle Galapagos ci supererebbe mettendo fuori la freccia.”
“Piantatela” si stizzì Eva “Vi
state comportando come dei maledetti neonati. Allora, Silvia, non hai mai avuto
contatti diretti con Cornelia?”
“No, mai.” rispose Silvia decisa:
suo malgrado, stava cominciando a rilassarsi in mezzo a quella bizzarra
accozzaglia di creature Ultraterrene e non.
Eva e Gino si scambiarono uno
sguardo a metà tra il deluso e il perplesso.
“Una Recuperante in prova che non
ha ancora Recuperato nessuno” mormorò Eva scoraggiata “Perché diavolo Cornelia
ti voleva morta?”
Silvia, suo malgrado, fece un
sobbalzo.
“Morta? Cornelia vuole morta…
me?”
“Tu eri il mio ultimo incarico”
spiegò Eva accademica “Ma da te in poi è andato tutto a rotoli.”
“Io ho una teoria” buttò lì Gino
compiaciuto “Chi ti vuole far fuori è Cornelia. Ti ha attirato nel suo covo con
la scusa di uccidere questa qui e ti ha scatenato contro l’orda infernale.
Semplice, no?”
“Non proprio” ribatté Eva
stizzita “Primo, che motivo avrebbe Cornelia di uccidermi? Lavoro per lei, e
lavoro anche bene. Secondo, come avrebbe fatto a scatenarmi contro un’orda
infernale, se il suo capo diretto che abbiamo l’onore di ospitare sul sedile
davanti a noi, non ne sa niente?”
“Esatto” approvò Vlad con un
sorriso leonardesco “Cornelia non dovrebbe alzare nemmeno il mignolo mentre
beve il tè senza la mia l’approvazione. Anche se la mano sul fuoco, come si
suol dire…”
“Terzo: chi e perché ha scatenato
la seconda orda infernale?”
“Fammi capire” la interruppe
Silvia allarmata “Tu hai due orde infernali alle calcagna?”
“Già” mormorò Lorella dal suo
angolino nel baule “E credimi, non è affatto divertente. Certo, con Raf e Vlad
siamo abbastanza al sicuro… ma Gino ci ha quasi lasciato le penne, l’ultima
volta che ne abbiamo incontrata una. E poi i Demoni puzzano come la morte.”
“Hai due orde infernali alle
calcagna… e non hai la più pallida idea di chi te le abbia scatenate contro?”
“Dovresti avere già capito che
Eva non è molto, come dire, socievole” gorgogliò Vlad di ottimo umore “L’elenco
di chi la vorrebbe morta è lungo come la Bibbia. E stiamo parlando di un mattone discreto, se non ricordo male gli studi di teologia.”
“E io che c’entro?” domandò
Silvia perplessa.
“Niente” rispose Eva scoraggiata
“E’ proprio questo il guaio. Tu non c’entri niente. Anche se continuo a non
capire perché Cornelia mi abbia dato il tuo nome: se avessi portato fino in
fondo il tuo incarico, che guadagno avrebbe avuto Cornelia con la tua morte?
Che se ne fa una come lei di un Recuperante che non ha mai avuto contatti con
un Demone?”
“Beh, ehm, questo non è del tutto
vero” tossicchiò Silvia imbarazzata “Un contatto l’ho avuto.”
Lorella, Gino, Eva e Vlad si
girarono tutti a guardarla, chi speranzoso, chi guardingo e chi semplicemente
curioso.
“Racconta.” la incalzò Eva, ma
Silvia la fissò con aria palesemente ostile.
“E perché dovrei raccontarlo a
te?” rispose infine con freddezza “Hai cercato di farmi fuori, e dalle mie
parti questo non è un buon presupposto per uno scambio di confidenze.”
Eva le ricambiò lo sguardo con
altrettanta freddezza.
“Allora forse ti conviene
scendere da questa macchina e aspettare che qualche altro zelante Recuperante
ti venga a far fuori… perché diciamocelo, come apprendista sei in gamba e mi
sei sfuggita di mano per ben due volte, ma se avessi deciso di fare sul serio
saresti già davanti al Comitato di Sorveglianza per sapere a che Girone saresti
stata assegnata.”
Vlad emise un basso fischio di
approvazione mentre Eva e Silvia si sfidavano con lo sguardo: avevano deciso di
non piacersi e quando intuirono che la cosa era reciproca, riuscirono persino a
rilassarsi.
“E va bene” cedette Silvia con
dignità “Vi dirò quello che so, che a dire il vero non è poi molto. Aveva
combinato tutto Alfredo e fino all’ultimo è stato fin troppo reticente su tutta
la faccenda. Comunque, mentre ero in addestramento mi ha confessato che aveva
per le mani un affare. Un grosso affare. Qualcuno gli aveva richiesto un
Sanguemisto ben addestrato. Per fare cosa non lo so… di sicuro non per un
Recupero, però. Alfredo aveva lasciato perdere le tecniche di Recupero con le
armi convenzionali e aveva passato gli ultimi tempi ad addestrarmi duramente
sul Potenziamento.”
“Cioè?” chiese Lorella incerta.
“Rafforzamento della personalità”
spiegò Eva telegrafica “Anche un Sanguemisto può avere dei poteri angelici o
demoniaci. Ad esempio, può avere un tocco taumaturgico, come Raf… o riuscire a
concupire con la voce, come Vlad. Dunque, questo Potenziamento…?”
“Ce la mettevo proprio tutta, ma
per Alfredo non era mai abbastanza. Alla fine, quando mi ha detto che avevamo
un appuntamento, non mi sembrava affatto sicuro di me. Ma nemmeno di se
stesso.”
Silvia sembrò assorta in cupi
pensieri.
“Era spaventato” ammise infine
riottosa “E Alfredo non si spaventava mai, per niente al mondo.”
“Lo so.” rispose Eva a bassa
voce.
“Eppure, mentre andavamo a
quell’appuntamento aveva paura, gliene sentivo l’odore addosso.”
“Chi dovevate incontrare?” chiese
Eva a bruciapelo.
“Non lo so” rispose Silvia con
sincerità “So solo che era un Demone. Un Demone con le contro palle, vorrei
specificare: avevamo appuntamento in una bettola in periferia e fino a un
soffio dalla porta non se ne sentiva minimamente la presenza. Pensavo che
magari non fosse ancora arrivato, o lo avrei captato. Ma non avevo nemmeno
messo piede dentro alla stanza che il Demone mi aveva lanciato addosso il suo
Potere… la sua aura… insomma, comunque lo vogliate chiamare, qualcosa mi ha
attaccato con la potenza di un treno merci. Quel Demone… non l’ho nemmeno visto
in faccia. Ho solo sentito una gran botta al petto e un attimo dopo ero stesa a
tappeto, incapace di respirare, la nausea che mi rivoltava lo stomaco come un
guanto e tanto di quel dolore addosso, tanta di quella cattiveria e angoscia
che avrei solo voluto morire.”
Eva lanciò un breve sguardo
circospetto verso Vlad, che le sorrise candidamente facendo scintillare il suo
diamante.
“Paura che fossi io, scimmietta?”
chiese divertito.
“Hai sentito qualcosa in
particolare?” domandò Eva a Silvia, ignorando bellamente il Demone.
“In che senso, scusa?”
“Qualche sensazione particolare…
qualcosa che possa farci capire che tipo di Demone era.”
Silvia sembrò vagamente
perplessa.
“Continuo a non capirti.”
“Sentivi rabbia particolare? O un
senso di assoluta inutilità? Manie di onnipotenza, invidia?”
“Voglia irrefrenabile di fare
sesso?” aggiunse Vlad amabilmente.
Eva sentì che scaldarsi la punta
delle orecchie, ma non si girò a guardare il Demone sogghignante.
“L’intento è quello di capire se
avevi a che fare con un Demone Capitale” spiegò poi a Silvia che sembrava ancora
confusa “Questi Demoni hanno la peculiarità di suscitare in particolar modo il
peccato che rappresentano. A parte il nostro carissimo Vlad, che riesce a
essere semplicemente e completamente stronzo e basta.”
“Perché tu mi hai chiesto di non
infierire, scimmietta” spiegò Vlad con una voce che era puro miele colato “Ma
se vuoi posso organizzare qualcosa di simpatico, qui dentro…”
Bastò un attimo e lo stretto
abitacolo si riempì di colpo di elettricità: con rabbia crescente e impotenza,
Eva sentì il cuore cominciare a battere sempre più veloce mentre una lenta
eccitazione diffusa le scaldava le viscere; Lorella già ansimava, occhi lucidi
e guance in fiamme, e anche la freddezza di Silvia sembrò incrinarsi in una
sorta di confusa vergogna.
“Che succede…?” balbettò infatti
in un ansito tremulo.
“Vlad, piantala” berciò Eva con
durezza “Ti sembra il momento?”
“Certo che sì” rispose il Demone
sorridendo “Siamo in sei e come sai il sei è un numero che va alla grande dalle
mie parti…”
“Vlad, basta.” ordinò Eva che cominciava
a sentire un calore mostruoso svilupparsi nello stomaco.
“Ne riparliamo dopo?” propose lui
strizzandole l’occhio: Eva girò lo sguardo determinato verso Silvia.
“Allora? Ricordi di aver sentito
qualcosa in particolare?”
Silvia aspettò qualche secondo
che l’imbarazzante e improvvisa eccitazione scemasse appena al di sotto del
livello di guardia.
“Un po’ di tutto, ma niente in
particolare.” commentò Gino deluso.
“Era terribile” ricordò Silvia
con un brivido “Io stavo per morire di orrore e quel Demone borbottava contro
Alfredo come se nemmeno si sforzasse di farmi tanto male.”
“Che diceva?”
“Diceva che non andavo bene”
rispose Silvia con voce piatta “Che Alfredo era stato un coglione a pensare che
io fossi quello che cercava. Ha ruggito che non avevo abbastanza potere nemmeno
per allacciargli le scarpe: aveva una voce stranissima, sembravano tante voci
messe insieme…”
“E Alfredo?”
“Alfredo ha ribattuto che io ero
il meglio che offriva il mercato.”
Fece una pausa e alzò gli occhi
verso Eva.
“A parte te.” aggiunse poi quasi
a malincuore.
“Me?” chiese Eva genuinamente
sorpresa.
“Te. Eva sei tu, no? E’ così che
ha detto Alfredo: Silvia è quanto di meglio offre il mercato, a parte Eva. Al
tempo non sapevo ancora che avresti tentato di farmi fuori: se avessi saputo
chi eri da subito, magari le cose sarebbero andate diversamente.”
“Poi che è successo?”
“Il Demone ha urlato qualcos’altro,
ma nel frattempo ero svenuta.”
“E dopo?”
“Non lo so: mi sono svegliata che
era notte e buio. Ero sola nella bettola vuota. Sono tornata a casa a piedi e
dopo qualche giorno ho saputo che Alfredo era morto.”
“Non l’hai più rivisto?”
“No. Non sapevo bene che fare, a
quel punto: il mio istinto mi diceva di andare, ma nello stesso tempo...”
balbettò e deglutì e per un attimo Eva la trovò quasi simpatica.
Eva non poté fare a meno di
cercare lo sguardo di Raf che aveva ascoltato tutto in silenzio e che si stava
girando verso di loro in quel momento, dopo aver doverosamente parcheggiato la Jeep.
“Che ne pensi, Raf?”
“Sembra che qui abbiamo un mistero”
commentò lui con la sua bella voce musicale e Silvia gli sorrise quasi senza
volere “Qualcuno sta cercando un Sanguemisto, giù all’Inferno. Vlad, ne sai
niente tu?”
“Io!” si scandalizzò il Demone,
irriverente “Certo che no! Te ne avrei sicuramente parlato prima, Pollicina
mia.”
“E adesso? Pensi che potresti
provare a indagare?”
La strafottenza di Vlad si
cementò appena appena.
“Senza offesa, piccione, ma non
ho nessuna intenzione di barattare di nuovo favori sessuali per informazioni
con i miei cari colleghi; l’esperienza di ieri mi è bastata per un po’.”
“Sei un bello spilorcio” commentò
Gino quasi piacevolmente “Non ti va di offrire in sacrificio il tuo corpo per
la tua adorata pupilla?”
“La mia adorata pupilla sa bene
che non faccio niente per niente” rispose Vlad con prontezza “Sono disposto a
tutto e anche di più se…”
Lasciò la frase in sospeso, ma lo
sguardo che calò su Eva era così pesante e carico di significato che la ragazza
fu a un pelo dall’arrossire. Tutti sentirono la densità di quello che non era
stato detto: persino Silvia abbassò pudicamente gli occhi, di fronte a quel
silenzio che urlato non sarebbe stato più esplicito.
“Non ci sono se che tengano,
Vlad” rispose Eva dopo un po’ e la sua stessa voce le sembrò pericolosamente
flebile “Sai bene quali sono i nostri limiti.”
Non le piacque la sua stessa
risposta: non sembrava affatto un no definitivo come doveva essere.
Stranamente, Vlad se lo fece bastare: accavallò le lunghe gambe, puntando i
piedi contro il cruscotto e le rivolse un irresistibile sorriso.
“Come vuoi, scimmietta” chiocciò
con leggerezza “Posso aspettare. E’ quasi divertente, ti dirò.”
“Che ne dite di andare a meditare
sul da farsi in un luogo più comodo?” sentenziò Gino in quel momento con
decisione “Qui dentro siamo pressati come tonno in scatola e mi si spaccano le
chiappe su questo sedile.”
“Ma come, rottweiler, avrei
giurato che ti piacesse.” tubò Vlad con un sogghigno.
“Di solito sì, ma a forza di
parlare di Demoni mi è passata la voglia. Allora, dove andiamo? Albergo?”
“A casa?” propose Lorella
speranzosa.
“Né l’uno né l’altro” dichiarò
Eva con freddezza “A casa ci troverebbero dopo due secondi e in albergo, non
potendo dividerci, dovremmo stare tutti uniti e ho paura che alla reception non
capirebbero le nostre necessità. Inoltre, con due orde alle calcagna, non
possiamo abbassare a guardia mai e dobbiamo stare sempre in movimento.”
“Ma io voglio andare a casa.”
mormorò Lorella con una vocetta così accorata che spezzava il cuore.
Eva le lanciò un lungo sguardo
insondabile.
“Mi spiace, per il momento non se
ne parla” rispose alla fine seccamente: capiva fin troppo bene lo smarrimento
di Lorella, ma a che pro piagnucolarci sopra? “Mi sa che la soluzione migliore
sia affittare un bunker antiatomico. Gino, come siamo messi a finanze?”
“Vorrei dirti malissimo e cavare
con le tenaglie il molare col diamante dalla bocca di Vlad per venderlo al
mercato nero, ma la verità è che sei schifosamente ricca, secondo gli standard
Umani; Cornelia paga bene per i suoi lavoretti.”
“Ehm, scusate ma ehm, io cosa
faccio adesso?” chiese Silvia: non guardava verso Eva ma teneva la testa alta
con una dignità naturale che suo malgrado Eva invidiò.
“Quello che ti pare, gioia”
rispose Gino intuendo il suo pensiero “Se riesci a sopportare il tiro incrociato
di scazzo sanguemisto e stronzaggine demoniaca allora resta con noi. Ma ti
avverto, dopo due ore in compagnia del famoso duo Eva/Vlad è statisticamente
provato che il gene dell’omicidio diventa dominante.”
“Se sei abbastanza sicura da
bastare a te stessa, invece, fila via più lontano possibile” aggiunse Eva con
improvvisa piattezza “Qui abbiamo due orde infernali che ci danno la caccia:
non vorrei averti sulla coscienza se ci lasciassi le penne per sbaglio.”
Silvia rimase zitta, fissando a
lungo Raf dallo specchietto retrovisore che le sorrideva incoraggiante
emettendo tiepida luce divina. Eva era ragionevolmente sicura della risposta
che Silvia avrebbe dato: rimase quindi di sasso quando la donna si voltò verso
di lei e le rivolse un freddo cenno di saluto.
“Allora addio” disse poi questa
con voce piatta “Puoi scaricarmi qui.”
Eva pressò perplessa le labbra.
“Non rimani?” chiese riottosa.
“No. Ci siamo dette quello che
dovevamo dirci e, come ha giustamente detto la ragazzina, siamo in troppi qui dentro.”
“Molta brigata, vita beata.”
chiocciò Gino convincente.
“Non ti piaccio, vero?” mormorò
Eva a voce molto bassa.
“Non mi piace il tuo Demone”
confidò Silvia con improvvisa sincerità “Mi sento debole nei suoi confronti e
non mi fido di lui. Non dovresti farlo nemmeno tu.”
L’ultima frase la aggiunse in un
soffio, solo per lei.
“Lo sapevo che alla fine avreste
dato la colpa a me” si imbronciò Vlad “E’ una congiura!”
“Resta” sospirò Eva controvoglia
“Potresti tornarci utile.”
“No, ma grazie per l’offerta. Se
dovessi scoprire per caso qualcosa che può interessarti, ti troverò io.”
Gino aprì la portiera e scese,
lasciando libero il passaggio per Silvia.
“Allora hai deciso.” tagliò corto
Eva.
“Sì. Però è stato… istruttivo
conoscerti. Alfredo aveva un’altissima opinione di te.”
“Oh. Beh, ciao.”
Silvia sgusciò fuori con agilità
seguita dai saluti sommessi di Raf e Lorella, poi Gino salì di nuovo, chiudendo
la portiera: Silvia fece due passi indietro, sempre fissando Eva negli occhi.
“Fai attenzione.” le disse Eva
sottovoce, anche se dietro il finestrino chiuso Silvia non poteva sentirla.
“Anche tu.” rispose Silvia nello
stesso modo ed Eva ne intuì il labiale mentre Raf si rimetteva in strada e si
allontanava senza fretta. Eva si girò a guardare la figura di Silvia che
rimpiccioliva mentre si infilava le mani in tasca e spariva lungo una viuzza
secondaria.
“Che peccato” sospirò Raf “Non mi
sembra abbastanza forte da farcela da sola. Spero proprio che Iddio la
protegga.”
“A me era quasi simpatica”
sentenziò Gino di buonumore “Senza offesa, ma era chiaro che non le andava giù
l’aria da night del nostro amico rosso. Comunque per noi è meglio così, se
qualcuno le dava la caccia avremmo avuto alle calcagna nuova compagnia e mi sa
che siamo già in troppi anche così.”
“Anche a me dispiace” mormorò
Lorella con tristezza “Ho paura per lei.”
Eva non disse niente. Guardando
Silvia aveva sentito come una sensazione di distacco che non poteva spiegare:
semplicemente, sapeva che Silvia doveva seguire la sua strada. Un’altra vita,
un’altra storia.
“Ma stai attenta davvero,
Sanguemisto” pensò con calore “Stanno arrivando tempi duri… per
entrambe, mi sa.”
“Allora, questi bunker
antiatomici?” interruppe con impazienza la voce di Vlad “Ne esistono di quelli
con dentro la Jacuzzi?”
NOTE DELL’AUTRICE:
Devo essere essenziale e per una afflitta da diarrea verbale
come me è come andare contro natura.
Ma mi tocca:
Krisma, bocciolo mio, una parola solo per te, che sei dolce
e carinissima come la primavera (che non si decide ad arrivare!!) : grazie!!!!
Chamelion, mia adorata, mia riflessologia, mio occhio
interiore: queste definizioni per te non avranno senso, ma continua a essere
come sei, ti prego. Oltre che adorata mi sei utilissima x l’analisi postuma del
mio operato!!
Killer, dannazione, come faccio a condensare in una parola
tutta la debordante gratitudine per la tua magnifica recensione? Non ce la fo,
quindi grazie grazie grazie…
Lauraroberta87, che dirti, mio unico Uomo… ormai non mi
rimani che tu, sbrigati con quell’operazione che cominciamo col sesso x davvero…
o mandami una pagnottona così potente da stordirmi x un mese, grazie!
ReaderNotViewer, eh, ormai che ci rimane da fare? Avere una
tua parola è sempre il conforto/piacere più grande, quindi non smettere, dai…
Lon, mio piccolo loto londinese, grazie x il regalino che mi
inviasti via mail, lo usuro golosamente in queste giornate buie!!
White Shadow, dolcezza!! Ti prego ti prego, continua con
queste parole balsamiche, non hai idea dell’effetto ricostituente che hanno si
di me (e su Vlad, di conseguenza… he he he).
Moonwhisper, amore mio… basta, sposiamoci e mettiamo fine a
questo doloroso distacco. Ho capito che sei tu la donna della mia vita, anche
se poi ci serve almeno un maschio x le questioni fisiche…. Se hai qualche
candidato sottoponimelo, vedremo di accordarci.
Flori, un bacione anche a te…
E a tutti tutti tutti, grazie infinite, continuate così, non
abbandonatemi!!!!
"O frati,"
dissi, "che per cento milia
perigli siete giunti a l'occidente,
a questa tanto picciola vigilia(…) Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza".
Dante Alighieri, La Divina Commedia, Inferno, Canto XXVI
“Sei sicuro?”
“L’ho già spiegato, Rottweiler, ma se vuoi te lo ridico con
parole semplici così puoi capire anche tu: questo. è. un. posto. sicuro.”
“Lo dici tu.” ribatté Gino sostenuto.
“Non ti fidi di me?”
“Rosso, sei un Demone.”
“E allora?”
“Come posso dirtelo senza offenderti? Vediamo… no, non mi
fido di te.”
Vlad incrociò la braccia, divertito suo malgrado.
“Se tu vuoi andartene fai pure: io in quella Jeep a sorbirmi
i tuoi gas intestinali con le piume del piccione a farmi il solletico non ci
torno.”
“Sembra sicuro.” azzardò Eva guardandosi intorno.
Il posto le andava. Erano arrivati all’Eremo di Ronzano,
vicino Bologna, sul far della sera, col sole che pennellava di rosa la basilica
di San Luca sul colle vicino. Il fitto bosco di abeti, cipressi e querce
riempiva l’aria di profumi balsamici e l’atmosfera dell’eremo era insolitamente
priva di echi ultraterreni, demoniaci o angelici che fossero. Erano entrati
nell’Eremo in gruppo compatto, con Vlad che faceva risuonare arrogante i tacchi
sulle antiche pietre del sagrato.
“Ridimmi perché non ti riduci in polvere calpestando questo
sacro suolo benedetto.” ordinò Eva fissando corrucciata lo sguardo su Vlad.
“Motivi storici. Fortuna per voi che mi sono applicato alle
lezioni di teologia.” informò Vlad con aria di superiorità.
“Che bambino.” sospirò Raf, quasi con affetto.
“Tu non c’eri, quindi sei solo invidioso. Il fatto è che
questo Eremo è stato la sede di un famoso concilio intorno al 1400 quando qui
vivevano i frati Gaudenti.”
“Gaudenti?” domandò scettica Eva “Non oso chiedere l’origine
di questo nome.”
“Sempre la solita maliziosa. I frati appartenevano a un
ordine cavalleresco… ma che importanza hanno le amenità umane? Qui si parla di
roba seria per noi Ultraterreni, un concilio urbi et orbi di quel genere è più
raro del passaggio di una cometa, ma visto che venne istituito, fu concesso
l’accesso ai Demoni autorizzati.”
“Non mi dire: i sette Demoni Capitali, Lucy, Caius, Ellena e
Sisar?” enumerò Eva depressa.
“Quasi: Lucy non si sprecò a venire” ricordò Vlad con aria
sognante “Si stava sbattendo un minorenne cubano su una spiaggia... la capisco
molto bene, anche se ai cubani preferisco decisamente i bahamensi. Fatto sta
che in questo piccolo angolo di mondo avvenne il concilio che portò alla
creazione dell’Anticamera al Nodo di Modena e da allora qui possono convivere
Demoni strafighi e biondi Angeli pennuti senza che fastidiose orde infernali ne
disturbino la concentrazione.”
“Quindi, se ho ben capito questo è suolo benedetto, quindi
inaccessibile per le orde infernali… ma accessibile per te?” chiese Gino
dubbioso.
“E per un’altra decina di Demoni non proprio insignificanti”
aggiunse lugubremente Eva “Ma ho idea che dovremo accontentarci. Giusto?”
“Giusto!” canticchiò allegro Gino guardandosi intorno
soddisfatto “Eva ammettilo: il rosso sarà anche un perfetto esempio di stronzo,
ma non si può dire che non abbia ingegno!”
“L’hai detto, fratello” gorgogliò Vlad da quella che doveva
essere la versione monastica di un divano, ovvero una severa panca di legno con
gli angoli smussati dal tempo e dalle tarme “Eva, che fai ancora lì impalata?
Vieni qui da zio Vlad a fare due chiacchiere…”
“Che soggetto” mormorò Lorella con una risatina tremula “Se
non mi avesse terrorizzato a morte lo troverei quasi simpatico.”
Dopo quella pericolosa dichiarazione trottò alle spalle di
Raf, come un fido cagnolino da compagnia: l’Arcangelo si guardava intorno con
aria seria.
“Tutto ok?” chiese Eva titubante e Raf si affrettò a
risponderle con un sorriso.
“Certamente. Voglio solo andare a ringraziare il
responsabile dell’ordine dei servi di Maria…”
“Chi?” domandò Vlad arrogante.
“I proprietari attuali di questo posto” rispose l’Arcangelo
paziente “Solo perché ti è concesso entrare non significa che la tua presenza
sia automaticamente ben accetta.”
“Perché, la tua lo è?” chiese di rimando il Demone con aria
strafottente.
“Vado io” si offrì Gino con gli occhi che luccicavano “Tra
l’altro ho sentito di una collezione di armi dei preti giocosi…”
“Frati Gaudenti” lo corresse Raf “Non sono armi, ma spade
benedette.”
“E io che ho detto?” si informò Gino trottando poi con
decisione fuori dalla porta.
“Che bambino” gorgogliò Lorella materna “E’ meglio che vada
a vedere cosa combina… quello è capace di voler giocare a fare Obi-Wan Kenobi
con il priore.”
Raf annuì e Vlad approfittò della sua distrazione per
tirargli in grembo una specie di sacchettino di pelle che l’Arcangelo placcò al
volo.
“Cos’è?” chiese soppesandolo.
“Per il priore” gorgogliò il Demone facendo l’occhiolino “Ci
ho già parlato anche io, in verità. Gli ho chiesto di procurarci un po’ di roba
da mangiare e qualcosina da bere. In più magari ha bisogno di un incentivo per
ospitarci.”
Raf arrossì violentemente tenendo il sacchettino lontano
come se puzzasse.
“Non credo che l’ospitalità del priore sia in vendita.”
dichiarò sferzante.
“Ma certo che lo è” ribatté Vlad appoggiandosi
indolentemente alla panca: aveva la camicia slacciata fuori dai pantaloni, i
capelli arruffati e l’aria così mortalmente sexy che Eva dovette girarsi
dall’altra parte per non avere un capogiro “Non te l’hanno spiegato al corso di
arpa celtica? Su questo Piano si compra di tutto, perché tutto ha un prezzo.
Tutto, niente e nessuno esclusi.”
“Questo non è affatto vero.” reagì Raf con passione e Vlad
lo canzonò con una grassa risata.
“Ti prego, Biancaneve, niente disquisizioni sui fondamenti
teologici!” chiocciò infine dirigendosi verso il tavolo su cui i frati avevano
fatto trovare borsine di plastica contenenti libagioni varie “Lasciami alle mie
amene convinzioni… e al mio ottimo rhum giamaicano.”
“Al cosa?” chiese Eva sorpresa.
Vlad si girò verso di lei ostentando una bottiglia di Rhum
con allegra perfidia.
“Rhum. Il caro priore, dicevamo… Ti preparo un mojito,
Biancaneve? Sono piuttosto bravo come barman.”
“No grazie” rispose seccamente Raf sedendosi sulla panca lasciata
libera da Vlad “Non mi sento a mio agio qui dentro. C’è… c’è odore di qualcosa
di sbagliato.”
“Magari il rottweiler ha fatto un bisognino quando si è
eccitato per le spade” suggerì Vlad riempiendo abilmente tre bicchieri di carta
compresi nell’assortimento “Hai guardato di non avere qualcosa di molliccio
ancorato sotto le suole?”
“Vlad” lo rimproverò debolmente Eva sedendosi accanto a Raf
ma si interruppe quando lui le camminò incontro, sorrisetto mefistofelico e
petto nudo in bella vista. Roba da provocare una paresi cerebrale, pensò Eva
distogliendo rapidamente lo sguardo.
“Toh, Cenerella, bevi” suggerì Vlad magnanimo porgendo un
bicchiere a Raf “Ci ho messo solo un goccio di rhum e tre quarti di Acqua
Santa… dovrebbe piacerti.”
Raf era troppo buono per rifiutare: in silenzio, Vlad offrì
il secondo bicchiere a Eva e poi si sedette con indolenza tra di loro,
costringendo Eva a migrare sulla sedia di fronte per non toccarlo.
“Tranquilla, scimmietta” sorrise Vlad con gli occhi
scintillanti “Stranamente non ho intenzioni serie, al momento.”
“Eh, già.” ringhiò Eva, la quintessenza dello scetticismo.
“Davvero” si difese Vlad posando un braccio sulle spalle di
Raf con palese cameratismo “Diglielo anche tu, Gretel: non è che Eva sia poi
così tragicamente sexy da scatenare ogni santo secondo il desiderio carnale,
vero?”
“Non saprei” rispose Raf bagnandosi appena le labbra dal
bicchiere “Io sono un Arcangelo.”
“Ma non sei mica cieco e il senso estetico ce l’hai anche
tu, grazie al cielo, o non avresti scelto come forma umana un viso e un corpo
tanto piacevoli da guardare.”
Raf involontariamente arrossì sotto lo sguardo di palese
ammirazione del Demone.
“Beh, ho scelto quello che ritenevo gli umani riconoscessero
come proveniente dal Paradiso…”
“Amore mio, mica ti devi giustificare con me” sorrise Vlad
con aria materna “Alcuni miei colleghi vengono su questo Piano prendendo forme
pazzesche, che più ripugnanti non si può. Personalmente posso solo dire che
condivido il tuo pensiero e cioè che se qualcuno ti deve per forza guardare,
allora perché non fargli vedere qualcosa di bello. Infatti anche la mia forma
umana non è male, no?”
Raf si trovò costretto a studiare la figura di Vlad
mollemente seduta sulla panca: i suoi occhi celesti risalirono incerti lungo le
gambe inguainate in jeans aderenti, scivolarono sul petto armonioso e glabro,
si incepparono sulle onde scomposte di capelli rossi che lambivano le spalle e
sfuggirono al sorriso saputo e malizioso che aveva incurvato le belle labbra
del Demone.
“No.” rispose infine con voce vagamente incrinata bevendo un
lungo sorso dal bicchiere.
Eva aveva assistito al brusco cambio di temperatura dello
sguardo di Raf con stupefatta costernazione: era la prima volta che vedeva Raf
anche solo vagamente confuso… e non era stata lei a confonderlo, ma Vlad. Senza
tra l’altro fare niente di niente! Qualcosa di bruciante e improvviso le agitò
lo stomaco e non ci volle molto a riconoscerlo come un misto di umiliazione e
invidia.
“Perché invece di parlare di estetica e nuovi tagli di capelli
non cerchiamo un modo per affrontare le due orde infernali che vogliono
uccidermi?” chiese con voce metallica puntando il naso per aria “So che così
facendo vi distraggo dal vostro intimo salotto, ma visto che siete i miei Tutori,
magari potreste sforzarvi di trovare una soluzione, tra un complimento e
l’altro.”
Raf assunse un’aria colpevole mentre Vlad si limitò a
sogghignare e con la mano posata sulle spalle di Raf pigramente iniziò ad arrotolare
una ciocca di fini capelli biondi sull’indice: l’Arcangelo sembrò indeciso se
alzarsi e fare l’ennesima figura da fesso o rimanere e subire quell’innocente
giochetto. Rimase, ma i suoi occhi azzurri sembrarono appannarsi leggermente.
“Oh, ma che puzza di invidia che avevano le tue parole!”
cinguettò irriverente Vlad come se non stesse facendo niente di male “Via, non
essere gelosa: sai bene quanto ti trovi gradevole, affascinante e bellissima.”
“Sto aspettando quel suggerimento.” avvisò seccamente Eva,
ma lo sguardo rapido e rovente di Vlad… non le era affatto indifferente,
constatò frustrata.
“Non mi viene in mente niente che non sia altamente
pericoloso” sospirò Raf che sembrava sempre più svaporato e mite del solito “Mi
dispiace, Eva.”
“La mia mente invece è una vera e propria fucina di idee.”
annunciò Vlad di ottimo umore, ma non sembrava affatto pensare alle orde
infernali… la sue dita eleganti giocherellavano con le ciocche ai lati delle
orecchie di Raf e il loro tocco leggero era una lenta e deliziosa tortura
persino per Eva che stava solo a guardare.
“Dovremmo valutare… sì, dovremmo valutare le cose più in
generale” sentenziò Eva guardando altrove con la voce vagamente rauca “Non
fermarci solo alle orde infernali. Alfredo è morto…”
“Non deve essere stato facile farlo fuori” ammise Vlad “Era
terribilmente in gamba.”
“Lo sai che sono morti anche Paolo e Sandra?”
Vlad inarcò le sopracciglia senza smettere di carezzare i
capelli di Raf.
“I Mezzi che ti insegnavano civilizzazione da piccola? Me li
ricordo: due emeriti coglioni, se mi permetti. Mi stupisce che fossero ancora
vivi.”
“Li ha uccisi un Demone tirapiedi di Cornelia, un certo
Mulo: lo conosci?”
“Lo conoscevo” rispose Vlad con un sorriso “Dopo che l’hai
mandato nel Girone dei dimenticati, però, non si fa più vedere molto in giro.
Perché li ha uccisi?”
“E che ne so? Dovresti dirlo tu a me. Non è forse vero che
sei tu, o supremo amministratore del Nodo, ad autorizzare omicidi e violenze
varie nel tuo distretto?”
“Figurati se leggo davvero tutte le scartoffie che mi fanno
firmare” sorrise Vlad affabile “Evidentemente Cornelia aveva i suoi buoni
motivi.”
“Cornelia? Non il Mulo?”
“Ma và. Quello nemmeno si trovava il culo con entrambe le
mani se non era Cornelia a dirgli che ce lo aveva dietro.”
Uno strano senso di freddo avvolse il cuore confuso di Eva.
“Raf? Paolo e Sandra sono saliti in cielo?”
“Come? Oh, sì” rispose l’Arcangelo, ancora distratto dalla
mano di Vlad amichevolmente sul collo “Non ancora nei Cori Angelici,
naturalmente, ma ci arriveranno. Hanno fatto una fine davvero da martiri.”
Un’idea balenò rapidamente nella mente di Eva.
“Non potremmo parlare con loro per chiedere come sono andate
le cose?” propose d’un fiato.
“Temo di no” rispose Raf dispiaciuto “La memoria terrena
viene pulita, quando si sale in cielo: sennò, sai che marea di richieste di
intercessione per i parenti?”
“Merda” mugugnò Eva imbronciata “Eppure, adesso che mi viene
in mente… quel coglione del Mulo ha detto qualcosa, prima di schiattare.”
“Che cosa?”
Eva si sforzò di ricordare, massaggiandosi le tempie.
“Quando gli ho nominato Paolo e Sandra… non sembrava un
Demone impazzito. Ne ho visti parecchi di quella risma e sono quasi ridicoli
tanto sono sciroccati. Ma il Mulo no: lui ha detto… ha detto che voleva parlare
con Cornelia perché lui aveva solo fatto il suo
dovere.”
“Quindi stai dicendo che Cornelia ha
fatto uccidere Paolo e Sandra?” chiese Vlad incuriosito “E di grazia, perché lo
avrebbe fatto?”
“E perché poi avrebbe chiesto a te
di uccidere il Mulo?” aggiunse Raf perplesso.
Eva scosse la testa scoraggiata:
più cercavano di sbrogliare la faccenda e più quella si ingarbugliava. L’unica
cosa certa era che un sacco di persone intorno a lei ci stava rimettendo la
pelle e quella considerazione la spaventava, nonostante la protezione di Raf e
Vlad.
“Raf” mormorò odiandosi per il tono
mellifluo della sua stessa voce “Non c’è proprio nessun modo di sapere qualcosa
da Paolo o Sandra?”
Raf le rivolse un umido sguardo di
scuse.
“Eva, io…”
“Sarebbe importante. Molto, molto
importante.”
Raf la fissò a lungo, gli occhi
celesti turbati mentre Vlad non diceva niente, rimanendo con un sorrisetto da
Monna Lisa stampato sulle labbra.
“Potrei sentire dagli addetti alla
pulizia della memoria terrena” cedette infine l’Arcangelo distogliendo lo
sguardo e alzandosi in piedi “A volte le anime da pulire dicono qualcosa che
ritengono importante… magari…”
Senza pensarci due volte, Eva volò
ad abbracciarlo.
“Grazie, Raf.” gli mormorò
nell’orecchio con sincera gratitudine; sentì il corpo asciutto e tiepido di Raf
tremare leggermente quando lei, non del tutto involontariamente, gli premette
il seno contro il petto. Ma fu un attimo e poi l’Arcangelo la scostò da sé con
un sorriso di scuse.
“E’ meglio che vada” disse, e nei
suoi occhi c’era quasi sollievo “Almeno questa volta c’è Vlad a proteggerti…
non farti ritrovare tutta da ricucire come l’altra volta, capito?”
Eva annuì tenendo le mani dietro
la schiena come una scolaretta: lasciò che Vlad la fissasse con aria derisoria
mentre Raf frusciava via, emettendo sempre più luce fino a sparire in uno
scintillio splendente.
“Beh?” chiese poi stizzita quando
vide che Vlad sogghignava “Che hai da fare quella faccia?”
“Sarebbe importante” la scimmiottò
lui sbattendo lezioso le ciglia “E scusa se mi struscio tutta come una gatta,
ma sai, vorrei che il concetto fosse chiaro…”
Era così irresistibilmente
somigliante che Eva non poté trattenere un sorriso: nonostante questo
gli mollò una fiacca sberla che Vlad restituì
ridendo, gli occhi scintillanti di malizia.
“Non ho fatto niente di male.” si
difese Eva alzando il mento.
“Amore mio, so che non lo fai
apposta” replicò Vlad “Ma sono lo stesso ammirato da come lavora il Demone che
c’è in te: con discrezione, ma con assoluta efficacia. D’altronde può solo
venirti facile circuire qualcuno, con quegli occhi… ”
Eva deglutì in piena confusione
quando sentì il cuore accelerare e riempirsi di metallo rovente.
“Comunque io non faccio affatto la
gatta.” borbottò senza molta convinzione.
“Miao.”
“Dico sul serio, Vlad: smettila di prendermi in giro.”
“Ffffttt.”
Eva fece per dargli un’altra sberla, ma Vlad le bloccò la
mano a mezz’aria: era un contatto del tutto innocente, stavano quasi ridendo e
non erano mai stati meno guardinghi l’uno in presenza dell’altro… o forse
successe proprio per quello, valutò Eva in un lampo di scaltra comprensione.
Comunque fosse, d’un tratto qualcosa di potente scattò tra loro, qualcosa di
così palese e inevitabile che fu come essere d’improvviso sommersi da una
frana.
“Lo voglio.” pensò Eva con determinazione elementare,
come se pensasse “respiro”: voleva Vlad, voleva essere toccata da lui,
avvinghiata, rapita… lo voleva con una tale intensità che rimase immobile in
quella consapevolezza. Intuendo in un lampo il suo smarrimento, Vlad l’attirò
verso di sé, con decisione ma non bruscamente.
“Lasciami.” disse automaticamente Eva quando lui le circondò
la vita con un braccio, ma aveva abbassato troppo la guardia e non aveva
nessuna voglia, in realtà, che lui la lasciasse andare.
“Stavolta no, scimmietta” rispose infatti Vlad e prima che
lei potesse pensare a una protesta l’aveva trascinata con sé sulla panca e le
aveva posato le labbra sulla tempia, la voce divenuta improvvisamente bassa e
rauca di desiderio “Questa volta non ce la posso proprio fare a lasciarti.”
Allarmata, Eva cercò di tirarsi su da quella posizione
compromettente, stesa sopra a Vlad, ma lui non glielo permise: le sue labbra
calde e asciutte le scivolarono lungo lo zigomo, la sua lingua guizzò umida
nell’orecchio e un milione di brividi incontrollati le scivolò lungo la schiena
quando il suo corpo snello le aderì addosso come una seconda pelle.
“Vlad…”
“Stai zitta.”
“E’ pericoloso… non posso, non devo…”
Non poteva. Non doveva. Una parte di sé sapeva che sarebbe
successo qualcosa di enormemente sbagliato. Ma lo stesso, lo stesso, lo stesso…
“Non dire niente” le intimò lui rudemente con un soffio di
voce, direttamente dentro l’orecchio “Non sarò stronzo e non scatenerò un
grammo del mio potere… non farò niente che tu non voglia, ma lasciati toccare…
lasciati assaggiare, o ti giuro che impazzisco del tutto…”
Eva boccheggiò, ma non riuscì in nessun modo a rispondere:
lui le mordicchiò il collo e la clavicola senza farle male ma con una passione
repressa che Eva sentì entrare nel sangue e contaminarla come un veleno. Gli
artigliò il petto facendolo gemere leggermente, assolutamente incapace di
alzarsi e di allontanarsi.
“Vlad” singhiozzò quasi contro la sua guancia che era
liscia, serica come quella di un bambino: il desiderio di baciarlo d’improvviso
era diventato insopportabile e rovente come la sete nel deserto “Ti prego,
Vlad, no.”
“Un bacio solo” sussurrò lui con le labbra a un niente dalla
sua bocca “Ho così voglia di te che mi strapperei via la pelle se solo… potessi
baciarti… una volta…”
Non finì nemmeno di dirlo che lo stava già facendo.
* * *
La bocca di Eva era già socchiusa perché alla fine
inconsciamente lo sapeva, lo aveva sempre saputo che sarebbe successo: quando
realizzò che Vlad la stava davvero baciando una scarica di potenza
incontrollata le attraversò il corpo da parte a parte, dal cervello ai talloni,
spaccandole quasi il cuore in due e lasciandole i nervi scoperti e tremanti.
Vlad la baciò con rozza brama e consumata perizia, con lentezza e impellenza,
la baciò già sapendo che nessuno mai l’aveva baciata così e che nessuno mai
avrebbe fatto altrettanto in futuro; perché Vlad era il Demone Capitale della
Lussuria e nessuno sapeva baciare come lui. Lui, che avendo avuto accesso alla
sua bocca sapeva bene di essere a un passo dal suo cuore. Anche Eva lo sapeva e
lo stesso non poté fare a meno di rispondere al bacio, sciogliendosi sotto il
tocco rude e imperioso delle sue labbra, delle sue dita che le bloccavano la
nuca e le premevano alla base della schiena. Si lasciò invadere dal suo
desiderio, per una volta in perfetta discesa, senza freni: lo accolse con un
abbandono feroce, assaporando e mordendo, sentendosi per un attimo libera da sé
stessa come non lo era mai stata.
Colse il rotto mormorio incomprensibile della bocca di Vlad
che le mordicchiava il mento, le succhiava il labbro: si arrese stupefatta al
proprio stesso istinto che la spinse a fare altrettanto, chiedendosi con vago
risentimento come facessero le labbra di un Demone a essere così saporite e
morbide.
Poi qualcosa, non seppe nemmeno lei cosa, la strappò dalle
braccia di Vlad e la riportò in piedi: la sua essenza di Angelo, forse, o
l’ultimo brandello di raziocinio… un miracolo divino. Qualcosa di esterno,
constatò con orrore, che non era più dentro di lei. Nel suo cuore, in realtà,
c’era solo un nodo pulsante di desiderio che strillava impazzito di tornare da
lui, di baciarlo ancora e per sempre. Un respiro tremulo le uscì dai polmoni
contratti e solo allora Eva si accorse di non aver mai respirato, di essere
rimasta in apnea per tutto il tempo di quel bacio devastante… quei pochi
secondi dove tutto era irrimediabilmente cambiato. Vlad era rimasto steso sulla
panca, lo sguardo torbido e rapace, così invitante che Eva dovette chiudere gli
occhi e strizzarli forte per non cadergli di nuovo addosso.
“Eva…” mormorò rauco e stranamente indifeso.
“No” gracidò lei, disgustata dalla debolezza del proprio
tono “Non è successo niente.”
Era la balla più colossale che avesse mai detto. Vlad nel
sentirla si rizzò a sedere e recuperò una parvenza della sua solita
strafottenza.
“Niente?” si limitò a domandare, grondante scherno.
Eva non rispose: era palese che invece era successo tutto.
Non aveva importanza che alla fine fosse stato solo un bacio, solo pochi secondi
di abbandono. Nessuno aveva protestato, nessuno era morto, a parte loro due nessuno
l’avrebbe mai addirittura saputo. Ma il precario equilibrio che reggeva il
rapporto tra Eva e Vlad si era irrimediabilmente compromesso, e questo lo
sapevano bene entrambi.
“Merda.” sibilò Eva rendendosi conto con orrore della
gravità della cosa.
Aveva ceduto: era bastato un bacio e Vlad aveva vinto,
dimostrandole che lui era semplicemente più forte di lei. Era bastato un bacio
e lui le era entrato dentro, l’aveva contaminata come una scoria radioattiva e
il bisogno di averlo ancora addosso stava diventando una sorta di malattia
cronica, se non mortale. Era bastato un solo, maledetto bacio e lui l’aveva
marchiata a fuoco come sua proprietà… forse per sempre. La portata di quello
che era successo quasi riuscì a togliere di nuovo il respiro a Eva.
Tutto quel doloroso tumulto di pensieri dovette trasparirle
dalla faccia perché le labbra umide di Vlad di stirarono in un piccolo sorriso che
fece splendere il diamante sull’incisivo di abbagliante vittoria.
“Merda.” ripeté Eva e, misericordiosamente, sentì la rabbia
sostituire gradatamente l’angoscia nel suo cuore.
Vlad, dal canto suo, si limitò ad accomodarsi meglio,
stiracchiandosi indolente come un felino a riposo con gli occhi scintillanti di
feroce esultanza.
“Sei mia.” disse solo a fior di labbra e per Eva fu come
sentire un nodo scorsoio stringerle la gola.
“Niente affatto” reagì con violenza “Credi che solo per un
bacio ti possa cadere ai piedi come una pera matura? Non ti sopravvalutare, per
favore; e non sottovalutare me!”
Il discorso era proprio venuto bene, quasi convincente, ma
non scalfì di un millimetro l’aria di serafica letizia di Vlad.
“Beh, scimmietta, era ora” le confidò invece sbattendo le
ciglia “Intendiamoci, l’ho sempre saputo che saresti stata mia…”
“Col cazzo!”
“… dalla prima volta che ti ho vista, bambina e pestifera.
Certo, c’era sempre di mezzo la checca alata che ti faceva sospirare coi suoi
boccoli biondi, ma sapevo che dentro di te, ben nascosta, c’era la vera Eva…”
“Balle!”
“… quella stessa Eva libera e un po’ selvatica che mi ha baciato
un minuto fa.”
Eva fece due passi indietro, incespicando.
“La vera Eva non ti ha baciato! La vera Eva… ti manda a
fanculo!”
Vlad fece una breve risatina chioccia, così morbida che Eva
dovette indietreggiare ancora per non farsene avvolgere.
“Non raccontiamoci balle” mormorò Vlad all’improvviso,
smettendo di colpo di ridere “E’ tutta la vita che ti tieni incatenata. Solo
mentre ti baciavo ti sei liberata… solo lì hai fatto davvero quello che volevi
fare. E ti è piaciuto, non puoi negarlo!”
“Lo nego invece! E lo negherò sempre!”
Come se a lui importasse qualcosa.
“Tu mi appartieni adesso.” Concluse infatti Vlad in tono
definitivo.
“No!”
“Mi appartieni e non c’entra il Triumviro o qualsiasi altra
panzana tu voglia mettere fra me e te. Ti sei ostinata a credere di volere la Fata Turchina perché era più facile e perché sapevi che non avresti mai potuto averlo
davvero. Ma adesso…”
Sollevò mollemente una mano e arcuò il dito indice,
chiamandola: come tesa da fili invisibili, Eva si sentì trascinare verso di lui
e ondeggiò disperatamente per resistere.
“No!”
Vlad rise di nuovo, facendo ricadere la mano sul petto e
lasciandola ansimante e bruciante di umiliazione.
“Oh, amore mio!” gorgogliò perfidamente fissandola negli
occhi “Sapessi quant’era che aspettavo questo momento! Quasi non mi sembra vero
che potrei averti qui, in questo momento…”
Mosse di nuovo il dito ed Eva sentì fisicamente qualcosa che
le accarezzava il braccio con lenta lussuria.
“… ma non voglio rovinare tutto, proprio adesso che sta
cominciando a diventare divertente.”
Si alzò agilmente in piedi, rispettando la distanza tra loro
due: Eva si odiò fulmineamente per la voglia dolorosa che aveva di allungare
una mano e toccarlo e lottò con tutte le forze per resisterle. Ci riuscì,
miracolosamente.
“Non è che tu sia davvero forte” le spiegò Vlad come
intuendo la sua silenziosa lotta interna “E’ che non ci sto nemmeno provando.
Aspetto che sia tu a chiedermi di toccarti. Perché lo sai che succederà, vero?
Non potrai resistere a lungo. Verrai da me e mi chiederai… mi supplicherai di
toccarti. Presto.”
Eva tremava, senza riuscire a fare nient’altro che fissarsi
la punta dei piedi: si sentiva umiliata e ferita come se sanguinasse per
davvero.
“Presto” ripeté Vlad con voce bassa e vellutata “Perché
nemmeno io resisterò a lungo. Mi hai obbligato a giocare pesante e a lasciarti
entrare molto più di quando avrei dovuto. Ma ne è valsa la pena.”
Le sfiorò una guancia con il pollice… o fu solo
un’allucinazione? Eva continuava a guardarsi stordita la punta delle scarpe,
ripetendo mentalmente le parole del Padre Nostro come un disco rotto. Parole
disperate che arrivavano da un punto più lontano della Luna. Quasi a
malincuore, Vlad si allontanò da lei con passo leggero, lasciandola
miracolosamente libera di respirare.
“Ti aspetto, amore mio.” le disse solo prima di lasciare la
stanza diretto verso le celle che i monaci avevano riservato per loro, ed Eva
pensò che doveva essere impazzita del tutto perché il tono della sua voce le
sembrò assurdamente sincero.
* * *
Eva passeggiava avanti e indietro nella stanza tutta sola
già da paio d’ore, al buio: Gino e Lorella erano andati a letto esausti e Vlad
misericordiosamente se ne stava buono buono nella sua cella. Quando una debole
luce illuminò un angolo della stanza Eva si bloccò sul posto: Raf stava
tornando, pensò con un improvviso balzo al cuore.
In realtà non aveva voglia di incontrare l’Arcangelo: aveva
il sacro terrore che lui potesse leggerle in faccia quello che era successo… o
peggio ancora, che la percepisse guasta e contaminata come si sentiva in
realtà. Quando lo vide comparire davanti alla panca, le belle ali bianche
ancora visibili e l’aura azzurrata e splendente che lo faceva brillare come una
gemma, quasi scoppiò in un pianto desolato.
“Eva.” la chiamò lui aprendo le braccia ed Eva si tuffò a
peso morto, lasciando che una parte di Paradiso entrasse in lei con insolito
abbandono.
“Ehi, tutto bene?” le chiese Raf premuroso, intuendo
nell’abbraccio l’inconsueta partecipazione.
Eva respirò il suo profumo puro, sentendosi ogni secondo
meno malata e più tranquilla.
“Sì… no… non lo so.” rispose infine posando la testa sul suo
petto.
“Vlad ti ha fatto arrabbiare?”
A sentire il suo nome, Eva quasi ebbe un sobbalzo: chiuse
gli occhi e strofinò ancora più pesantemente il viso sul petto di Raf.
“E’ cattivo” rispose con infantile convinzione “E’ tanto
cattivo e io… sono davvero felice di rivederti. Prometti che non mi lascerai
mai più.”
Erano le stesse cose che gli diceva quando aveva dodici
anni: Raf sorrise e le accarezzò la testa dolcemente.
“Lo sai che Vlad non può farti niente che tu non voglia” la
consolò materno “Per quanto possa sembrarti terribile e potente, se tu chiudi
gli occhi e dici di no, lui è obbligato a rispettare il tuo volere.”
“Già, il mio volere.” mormorò Eva amaramente: proprio lì
stava il problema, visto che il suo volere ultimamente contemplava il completo
e totale contatto fisico con Vlad.
“Non vuoi sapere cos’ho scoperto in Paradiso?” le chiese Raf
con premura: Eva si strinse a lui ancora più forte.
“No, se devo lasciarti.”
Raf sorrise di nuovo vagamente più debole ma non la scostò.
“Purtroppo non ho belle notizie: Paolo e Sandra sono stati
ripuliti a dovere e non si ricordano niente che non sia pace e luce divina.”
Eva sospirò delusa, ma non era affatto sorpresa: sapeva che
le procedure in Paradiso erano sempre rispettate e estremamente efficienti.
“Proprio niente, eh?”
“Niente. Ho parlato loro anche di te e ovviamente ti mandano
tutto il loro amore e la loro preghiera… anche se non hanno la più pallida idea
di chi tu sia.”
“Pulizia o lobotomia?” borbottò Eva con la bocca premuta
contro il petto di Raf.
“Come?”
“Niente. E dagli Angeli addetti alla pulizia della
memoria…?”
“Lì ho avuto più fortuna” si animò Raf sorridendo radioso
“Un paio di loro si ricordavano di Sandra. Poveretta, non era affatto un bello
spettacolo. Il suo assassino, quel Mulo… aveva infierito su di lei con una
cattiveria inaudita. Era tutta sconvolta, impazzita dall’orrore.”
Eva ricordò fuggevolmente la visione demoniaca di Vlad
attaccato dai suoi colleghi Demoni capitali e rabbrividì suo malgrado.
“So cosa vuoi dire” ammise sinceramente “E capisco anche che
a subire certe cose si può perdere la ragione. Ha detto qualcosa di importante
prima di essere ripulita?”
“Sì e no” sospirò Raf perplesso “Strillava continuamente di
lasciarla stare, di smetterla di torturarla… che lei non sapeva niente.”
Le orecchie di Eva si rizzarono guardinghe.
“Non sapeva niente di cosa?” domandò alzando il viso verso
Raf “Il Mulo la stava interrogando?”
“Pare di sì” rispose Raf decidendosi a scostarsi da lei con
un moto di incerto imbarazzo “Pare che sia proprio successo questo: il Mulo ha
interrogato e torturato i due Mezzi fino alla morte.”
La notizia era così seria che Eva dovette staccarsi dal
tiepido abbraccio di Raf per digerirla: un sospetto diaccio e molesto si fece
strada lentamente, avallato da tanti piccoli frammenti insignificanti che
trovavano così la loro giusta collocazione.
“Dimmi una cosa” mormorò con voce metallica “Gli Angeli sono
riusciti a capire su che cosa il Mulo il stava interrogando?”
Raf sembrò incerto se allungare le braccia per abbracciarla
ancora o rimanere immobile: propese per una via di mezzo e le prese la mano
tenendola dolcemente fra le sue.
“Sì” rispose con voce dolente “Il Mulo stava chiedendo
informazioni su di te.”
* * *
In fondo Eva lo sapeva già: troppe cose ronzavano intorno a
lei perché anche quello non fosse un tassello dello stesso mosaico. Chi stava
tessendo la sua tela di morte era partito da molto lontano e aveva smosso molte
più acque di quante Eva avesse immaginato; ovviamente, quella consapevolezza
non poté far altro che aumentare la sensazione di pericolo e di minaccia.
“Oh” sfiatò quindi, la faccia bianca e immobile come di
gesso “Sembra che così si torni al nostro comune amico… lo scatenatore folle di
orde infernali. O vogliamo chiamarlo il prode assassino di Mezzi innocenti? Non
so proprio quale dei due ritenere più calzante.”
La presa di Raf sulla sua mano divenne ancora più solida e
calda.
“Non pensare nemmeno per un secondo che Paolo e Sandra siano
morti per colpa tua” le disse con assoluta sicurezza anticipando i suoi cupi
pensieri di un soffio “Chi ha deciso di ucciderli in quella maniera barbara è
così malvagio che non può esserci nemmeno un accenno di responsabilità tua.
Voleva sapere di te. Voleva fare del male. Ha solo unito le due cose che
sarebbero successe comunque.”
“Già.” commentò Eva con la bocca secca, ma anche sapendolo,
anche ragionandoci sopra, lo stesso non poteva fare a meno di sentire il cuore dolere
e invocare perdono.
“Quello che mi chiedo è cosa possa aver saputo il Mulo di me
da Sandra e Paolo che non si sapesse già” meditò poi più pragmaticamente “Io
non ho segreti… non più di qualunque Sanguemisto in circolazione, almeno.”
Di nuovo la presa di Raf si fece più solida e partecipe.
“E invece qualche segreto lo hai” mormorò sottovoce, quasi
dispiaciuto “Ed è proprio quello che interessava il Mulo… e chi per lui,
naturalmente.”
“Cosa?” chiese Eva sulla difensiva.
Raf fece una lunga pausa prima di parlare.
“Il Triumviro.” rispose infine con un sospiro dolente.
Anche quella confessione per Eva fu dolorosa ma non
sorprendente: la consapevolezza della verità allignava infine sempre appena al
di sotto della superficie, come se indipendentemente da tutto le sarebbe
bastato un minimo sforzo per allungare una mano e coglierla.
“Il Triumviro” meditò pensierosa “Ma certo. Non se ne sente
parlare per anni e anni, si fa dare per morto e sepolto dopo tutto il male e la
merda che ha sparso in giro… e poi alla fine quello torna a galla come un
cadavere marcescente.”
“Non so bene se offendermi o no” commentò Raf con una buffa
smorfia sul viso “In fondo anche io faccio parte del Triumviro.”
“Tu sei l’unica parte che valeva la pena salvare.” rispose
Eva con tranquilla convinzione.
La mano di Raf, calda e buona, le carezzò la guancia con
affetto.
“No, non l’unica.” mormorò con altrettanta convinzione: Eva
sbatté le ciglia e d’un tratto si sentì troppo debole per sostenere l’affetto
fraterno che traspariva dagli occhi di Raf.
Distolse lo sguardo e fece per sedersi sulla panca: poi,
ricordando cos’era successo lì sopra l’ultima volta, cambiò rotta e andò verso
il tavolo fratino al centro della stanza.
“Mi sa che Sandra e Paolo non sapessero niente del
Triumviro” disse poi con decisione “Quindi non credo che il Mulo e il suo
datore di lavoro abbiano ricavato un granché dalla loro morte. A proposito,
vogliamo dare un nome a questo fantomatico datore di lavoro o dobbiamo
trovargli un soprannome un po’ più orecchiabile?”
“Perché no.”
“Avresti qualche nome in mente?”
Raf meditò a lungo.
“Sì” rispose infine freddamente “Cornelia.”
Eva annuì ma non sembrava così convinta.
“Diciamo che è un’ipotesi.”
“Non lo credi possibile?”
“Non lo so” ammise Eva scoraggiata, ingobbendo le spalle
“Devo… devo pensarci su.”
Raf annuì e le lanciò un sorriso solidale.
“Vado a pregare con il priore” annunciò poi con voce morbida
“E’ quasi l’ora dei vespri mattutini. Tu stai qui e riposati. Sempre che tu non
voglia unirti a noi…”
Eva trattenne a stento una risata amara, ma non poteva
mortificare Raf dopo l’impegno che ci aveva messo per trovare le ultime
informazioni: gli sorrise quindi facendo di no con la testa e Raf trottò verso
la vicina cappella; poco dopo Eva percepì il soporifero mormorio delle voci dei
monaci in preghiera. In giro non si sentiva la presenza di Lorella: si sarebbe
dovuto pensare che la ragazza stesse dormendo, ma chissà perché la cosa
inquietò Eva più del dovuto.
“Lorella?” chiamò verso le celle nel corridoio buio, ma non
troppo forte da farsi realmente sentire: non osava attirare l’attenzione di
Vlad nella cella accanto a quella di Lorella, anche se il silenzio al di là
della porta parlava chiaramente di solitudine.
Lorella molto probabilmente dormiva. E Vlad era solo. “Ti
aspetto, amore mio.”
Con una specie di scatto epilettico, Eva si girò bruscamente
verso un angolo buio del refettorio, immobile e in allerta come un predatore
notturno. Non un alito, non un rumore veniva da quel punto, ma Eva continuò a
fissarlo. Alla fine, dopo cinque minuti buoni di immobilità, uno sbuffò
impaziente fece tremare il buio perfetto e una mano uscì dall’ombra, agitandosi
elegantemente come una bandiera bianca di resa.
“Ok, ok, sono qui.” gorgogliò la voce di Lorella… quella
cioè che aveva la stessa tonalità di quella di Lorella e che usciva dalla bocca
di Lorella… ma che non era affatto la voce di Lorella.
“Esci.” intimò Eva con voce artica, la mano che già
impugnava la Five-seveN e nel petto il cuore che rombava di dolorosa allerta.
Lorella era nascosta dietro un vecchio armadio dall’aria
tarmata in un angolo buio: si avvicinò fluidamente, con una sorta di eleganza
così poco caratteristica di Lorella che provocò in Eva una specie di vertigine.
“E’ vero, stavo origliando” sospirò la ragazza sorridendo
magnanimamente “Vedere te e l’Arcangelo avvinghiati come Rossella O’Hara e
Rhett Butler è stato davvero emozionante… mancavano solo i pop corn!”
Sorrise di nuovo e per Eva, che con il cuore di pietra la
fissava senza muovere un muscolo, sembrò quasi di vedere un alieno con addosso
la maschera di Lorella.
“Certo, mai come il film hard di te e Vlad su quella panca”
aggiunse poi l’entità con la faccia di Lorella con aria complice “Solo un
bacio, certo, ma accidenti, che signor bacio! Lo ammetto, per due minuti sono
stata ufficialmente eccitata: ora capisco cosa voleva dire Vlad con i suoi
discorsi sul piacere del voyerismo.”
“Avvicinati ancora.” le intimò Eva con rudezza.
La ragazza sorrise di nuovo affabile uscendo completamente
dall’ombra: l’istinto di Eva per una volta lavorò egregiamente e in un lampo
comprese chi fosse la figura altezzosa e altera che si avvicinava con passo
elegante.
“Dal Nodo australiano a un eremo disperso nelle colline
bolognesi” disse quindi, congratulandosi con se stessa per la morbida
tranquillità della propria voce “Devo chiedere un autografo al Demone Capitale
della superbia o mi posso limitare a tenerlo sotto tiro?”
Lorella inarcò un arrogante sopracciglio e sorrise, un
sorriso che era un concentrato di esultante disprezzo.
“Intanto ti concedo il permesso di chiamarmi Amelia.”
rispose condiscendente e si sedette indolente sulla panca.
NOTE DELL’AUTRICE
Un po’ perché è Pasqua, un po’ perché mi avete lasciato
delle recensioni così meravigliose che mi sono commossa, un po’ perché sembra
che le cose si siano “stabilizzate” e molto perché ho finalmente trovato un po’
di tempo, aggiorno oggi il nuovo capitolo, sperando di farvi cosa gradita.
Un bacio pieno d’amore a:
Chamelion, sempre grazie infinite x i suggerimenti e l’attenzione,
anche a te un bacio con lo schiocco, anzi mille!!!
Krisma, mio bocciolo in fiore, ogni recensione ti amo sempre
di più, sposiamoci!!
White Shadow, accetto l’offerta di aggiustare la vita che
non va, se ci riesci ti faccio anche la fattura fiscale… se lo vuoi ti cedo
volentieri Etienne in cambio!!
Londonlilyt, mio stradorato fiorellino inglese, voglio anche
io i norvegesiiiiii!!!!
MarzyPappy: tesoro mio, sapessi come sono fiera di te… manco
fossi creatura mia, bella ricciolona!! Ti auguro che accada tutto di bello, te
lo meriti, splendore!
Killer, ci sono poche parole x esprimere la grandezza dell’emozione
che ha suscitato la tua recensione, ma grazie è davvero troppo poco… e se te ne
dico un milione…?
Levsky, carissima! Grazie per il sostegno, mi raccomando,
non mollarmi qui, eh!
Morti li
morti e i vivi parean vivi:
non vide mei di me chi vide il vero,
quant'io calcai, fin che chinato givi.
Or superbite, e via col viso altero, figliuoli d'Eva, e non chinate il volto sì che veggiate il vostro mal sentero!
Dante Alighieri, La Divina Commedia,
Purgatorio, Canto XII
Eva rimase a fissare Amelia con
intenso sospetto, ma dalla figura esile della ragazza non trasudava nessuna
sorta di malefico potere, come invece era successo per gli altri Demoni
Capitali che aveva incontrato. Valutò che evidentemente l’incursione del Demone
nel corpo di Lorella aveva smorzato non poco le sue facoltà. Ciononostante, la
personalità di Amelia traspariva da ogni singolo dettaglio: dagli occhi
socchiusi e calcolatori che avevano sostituito lo sguardo perennemente
stupefatto di Lorella, alla bocca dalla piega sardonica che aveva spazzato via
il solito timido sorriso, alle spalle dritte e arroganti, alle gambe
elegantemente accavallate… Non c’era più niente in quel corpo della Lorella originale ed Eva tremò di paura per lei.
“Allora?” domandò a bruciapelo “Visto che non sei stata invitata alla festa sei venuta a
minacciarmi di pungermi con un arcolaio?”
“Come l’hai capito che non ero la
tua amichetta mortale?” glissò Amelia con una punta di genuino interesse:
evidentemente non aveva previsto di essere subito riconosciuta, anche se forse
la cosa non mancava di lusingarla.
“Niente di trascendentale”
rispose allora Eva con modestia “Che non fossi Lorella era chiaro da come hai
camminato. Nel breve tragitto dall’angolo a qua la vera Lorella avrebbe fatto
cadere tre o quattro oggetti, oltre a se stessa. E’ una ragazza deliziosa, ma un tantino goffa. A proposito, dov’è di
preciso adesso?”
“Qui.” rispose Amelia con un
cenno vago ed elegante della mano.
“Qui. E avremo il piacere di
riaverla tra noi, quando questo colloquio sarà terminato?”
Amelia fece un sorriso ambiguo e
scaltro… terribile sulla faccia innocente di Lorella.
“Chissà” tergiversò “E una volta
appurato che non ero più Lorella, come sei giunta alla
conclusione che ero io?”
“Vlad
mi ha spiegato che solo i Demoni Capitali e i figli di Lucy hanno
l’autorizzazione per entrare in questo posto benedetto” rispose Eva con
altrettanta alterigia “Avendo già incontrato i tuoi esimi colleghi e sperando
vivamente di non aver niente a che fare con Caius,
Ellena e Sisar nei secoli dei secoli amen, l’unica alternativa possibile eri tu. Poi, naturalmente, la postura.
Sai, quella boria da scopa nel culo che hanno le
baronesse… E’ piuttosto tipica di voi superbi.”
Questo sembrò piacere un po’ meno
ad Amelia: strizzò le labbra e ingiallì come un limone, assumendo finalmente
un’aria oltremodo pericolosa.
“Vedo che Vlad
ti sta insegnando un sacco di cose” ringhiò quasi mandando scintille dagli
occhi “Certe uscite di cattivo gusto sono così talmente farina del suo sacco
che sembri tu quella posseduta.”
“Come ti è venuto in mente di
possedere Lorella?” ne approfittò Eva alla quale premeva sapere che fine aveva
fatto la povera ragazza.
“Oh, un semplice colpo di genio”
rispose Amelia ammansita e di nuovo tracotante come un tacchino “Volevo parlare con te, ma hai Vlad
e quell’altro pennuto biondo sempre attorno a ronzare come tafani… Sfruttare
qualcuno già dentro il tuo entourage mi è sembrata la scelta migliore. E lo è
stato anche per te, visto che le mie intenzioni sono
pacifiche… altrimenti il tuo sangue starebbe già imbrattando le pareti di
questo deplorevole buco benedetto.”
“Se avessi saputo che chiunque
poteva indossare i miei conoscenti come un maglioncino di lana sarei stata più guardinga.” ammise Eva sforzandosi di
mantenere il tono di voce leggero.
Amelia ridacchiò con aria
vagamente ammirata.
“Sei simpatica! Comunque
tranquillizzati, questo tipo di possessione silenziosa, chiamiamola così, è estremamente difficile da eseguire: certi poteri sottili non
sono patrimonio di tutti.”
“Ne sono oltremodo confortata. Ma
immagino che tu non abbia esattamente tutte le carte in regola per stare
legalmente su questo Piano, occupando il corpo di una mortale innocente e non
consenziente.”
Amelia si limitò a rispondere con
un sorriso leonardesco.
“A cosa devo l’onore di una tale
regale visita?” lasciò perdere Eva per arrivare al
sodo.
“Il mio buon cuore, naturalmente”
tubò Amelia esultante “E anche un leggero prurito che dovevo grattare.”
“Partiamo dal buon cuore” propose
Eva rimanendo ben piazzata davanti ad Amelia e
tenendola sempre sotto il tiro della sua pistola “Ho recentemente avuto una
visione dei cosiddetti pruriti di voi Demoni Capitali e non mi è piaciuta un
granché.”
“Ma
davvero” sogghignò Amelia con aria saputa “Tesoro, quello che tu credi di aver
visto non è nemmeno un quarto di quello che succede quando facciamo sul serio…
e comunque, nel tuo caso, era tutta una messa in scena, quindi non fa testo.”
Suo malgrado, Eva si incuriosì.
“Sua maestà sarebbe così gentile
da spiegare meglio?” chiese con estrema educazione.
“Sono qui per questo. Come hai
brillantemente intuito, c’è la faccenda dell’arcolaio…”
Si alzò in piedi e di riflesso Eva
indietreggiò di un passo, sulla difensiva.
“Sì, fai bene ad avere paura di
me” approvò Amelia “Sono qui per farti del male, anche se alla fine ti farò un
favore.”
Eva cominciò a spaventarsi sul
serio.
“Dimmi cosa cazzo vuoi, Amelia.”
ringhiò con convincente durezza.
“Voglio metterti in guardia”
rispose Amelia amabilmente “E nello stesso tempo voglio ripagare con la stessa moneta un certo Demone Capitale che mi ha un po’,
come dire, preso sottogamba… capisci, nessuno prende sottogamba me. Nemmeno un bocconcino appetitoso come Vlad.”
Lo sguardo di Eva corse
involontariamente al corridoio buio che portava alle celle dei monaci
provocando una risata chioccia da parte di Amelia.
“Per tutti i santi del Paradiso,
non mi dire che stai pensando di proteggerlo! In questo caso devo
ammetterlo, sono davvero ammirata da come sia riuscito a lavorarti per bene.”
Eva tornò a guardare il Demone
nel corpo di Lorella: capì improvvisamente che Amelia era davvero venuta per
farle del male… e che gliene avrebbe fatto, perché già cominciava a sentirne le
bucature sul cuore.
“In che modo Vlad
mi avrebbe lavorata?” chiese confidenzialmente.
“In un milione di modi” rispose
Amelia con un sorriso perfido “L’apoteosi è stata la sceneggiata al covo
austriaco, quando ti ha fatto credere di immolarsi per te… che genio! Solo una
sciocca, piccola Sanguemisto con gli ormoni in subbuglio come te poteva pensare
che un Demone come Vlad si sarebbe fatto fare quelle
cose senza che lui stesso non le avesse programmate e concesse.”
In un lampo, come in una foto in
bianco e nero, Eva rivide nella mente il corpo indifeso di Vlad,
le braccia aperte, Morgana, Demetrio e Alana che
grufolavano sopra di lui come suini, facendo scempio della
sue pelle dorata, del suo corpo armonioso…
“Di solito non siamo così
infoiati, ma era un po’ che Vlad non veniva a
trovarci.”
Rivide gli occhi chiusi di Vlad, l’espressione distante, quasi indifferente e ancora sentì schifo e tormento. Cominciò però
a pensare con amara rassegnazione che Vlad doveva
sapere piuttosto bene quale sarebbe stata la sua reazione. Dopotutto, il mezzo
Angelo che era in lei non era esente da compassione. E poi era da un pezzo che
non vedeva l’ora di avere un pretesto per riabilitare Vlad.
“Sciocca,
piccola Sanguemisto con gli ormoni in subbuglio.”
“Lo sanno tutti, sia Sopra che Sotto, che Demetrio e Morgana sono completamente schiavi
di Vlad” proseguiva intanto Amelia lapidaria “Nemmeno
respirano se lui non glielo concede. E in occasione dello show a tuo uso e
consumo Vlad ha concesso loro un bel po’… Morgana
chissà per quanto rimarrà ancora in estasi mistica!”
Rise con insolita acidità. Eva
fremette di impazienza.
“Quindi,
a parte l’estasi di Morgana, cosa avrei dovuto notare?”
“Che c’erano tutti a parte Bersaba e me. Non ti sei chiesta perché io non ci fossi?”
“A dire il vero no” ripose Eva
sinceramente “Forse semplicemente Vlad non ti aveva invitata?”
Amelia sorrise
con la bocca di Lorella, sembrando in tutto e per tutto uno squalo.
“Effettivamente no” ammise
dolcemente “Vlad sapeva che altrimenti sarei venuta…
ammetto di avere anche io un certo debole per le sue
indubbie doti.”
Ammiccò ed Eva d’un
tratto intuì cosa increspava la fredda superficie di quella regina di ghiaccio:
una cocente, devastante invidia e un puro, titanico risentimento.
“Gelosetta?”
si lasciò sfuggire freddamente ma non fece nemmeno in tempo a coglierne il
movimento che la mano di Lorella, piccola e morbida, le calò di piatto sulla
faccia, spedendola per terra con la guancia in fiamme.
“Attenta, piccola” mormorò con
voce secca il Demone sovrastandola con grazia “Per il momento ce l’ho abbastanza con Vlad da
volerti viva, giusto per vedere come reagirà quando tu manderai all’aria i suoi
piani… qualsiasi essi siano. Ma non provocarmi troppo, perché faccio presto a
schiacciarti come l’inutile insetto che sei in realtà.”
Eva la guardò da sotto in su con gli occhi appannati, un filo di sangue che le
usciva dal naso dolorante. Si sforzò di ricordare che gran parte del potere di
Amelia era dovuto al fatto che lei, Demone Capitale
della superbia, si riteneva più invincibile di quanto fosse in realtà, ma di
fatto questo non l’aiutò ad avere meno paura di lei.
“Quindi, perché Vlad non ti avrebbe invitata?”
domandò cercando di riportare il discorso su terreni più accessibili.
Amelia sembrò tornare più
tranquilla e si sedette sulla panca con indolenza.
“Perché io non sono facilmente
manipolabile come gli altri” spiegò con arrogante alterigia mentre Eva si
rialzava cautamente da terra “Io e Vlad siamo
piuttosto intimi…” ammiccò di nuovo allusiva facendo
chiaramente intendere di che natura fossero i suoi rapporti con Vlad “Ma lui sa che non mi sarei piegata al suo volere e
non sarei stata al suo gioco… così ha preferito tenermi fuori.”
Una brutta sensazione di dolore
diffuso cominciò ad arrampicarsi lungo la schiena di Eva che aveva quasi già
capito dove Amelia volesse andare a parare, ma ancora non era pronta per
affrontare quello che il Demone ventilava.
“Non sembrava proprio una recita
di Natale.” azzardò con ammirevole coraggio.
“Per favore” la schernì Amelia
accavallando di nuovo le gambe “Demetrio, si sa, è sessualmente passivo come un
merluzzo: in genere Vlad lo tratta peggio di uno
zerbino. E Morgana si fa squartare in due da lui, quando a Vlad
aggrada così. Quindi, tesoro, è ovvio che quello che
hai visto era qualcosa di preparato! Qualcosa che Vlad voleva che tu vedessi.”
“Perché?” chiese controvoglia Eva
e già il cuore sanguinava ferito: Amelia concentrò sul sopracciglio alzato
tutto il suo traboccante disprezzo.
“Per colpire il tuo tenero
cuoricino” rispose poi con dolcezza “Voi Sanguemisto solo che abbiate un grammo
di essenza d’Angelo in corpo diventate più prevedibili di un film già visto!
Persino io, senza conoscerti, sapevo che la sceneggiata del cavaliere senza
macchia avrebbe fatto presa sulla tua testolina romantica.”
Romantica. Lei, Eva! Eppure, a
conti fatti, sembrava avere più ragione Amelia di Eva stessa. Una cocente
umiliazione si decise a imporporarle le guance.
“Io sarei romantica?” chiese con
quanto più scetticismo riuscì a mettere nella voce e per tutta risposta Amelia
si tolse un immaginario cappello piumato dalla testa.
“E chi non lo sarebbe, con un
cavaliere sexy come Vlad” chiocciò con voce
strascicata “Guarda, piccola, cosa sto facendo per te. Guarda quanto conti per me… e guarda che bella armatura
scintillante che ho addosso!”
All’improvviso rise davanti
all’espressione ferita di Eva, buttando indietro la testa.
“Te la sei proprio bevuta! E dire
che tutti pensavamo saresti stata un osso duro: Vlad
deve averti messo più fregola addosso che una mandria di giovenche in calore
per confonderti così. Se fossi stata un minimo lucida
avresti dovuto accorgerti che non era da Vlad
atteggiarsi da eroe. Lui non è un eroe: è un Demone. Se credi che sia un
cavaliere è perché lui te la sta vendendo bene.”
“Ok, non è un cavaliere” concesse
Eva con una punta di forzata gaiezza “Continuo a non vedere il motivo per una
simile sceneggiata.”
“Beh, cocchina,
è chiaro che lui ti vuole…”
E qui Amelia fece di nuovo la
faccia a succo di limone, per un attimo.
“… ti vuole così
tanto che è disposto a tutto.”
Sorrise di nuovo, quasi materna.
“Disposto a tutto?” domandò Eva
che ormai sentiva male dappertutto, non solo al naso sanguinante.
“Tutto quello che può fare un
Demone, naturalmente” spiegò Amelia compunta “Mentire, raggirare, ingannare,
ferire. Ti ha fatto proprio il servizio completo, il nostro buon Vlad, cominciando con l’infarcirti di balle come il cappone
di Natale.”
Quali balle?,
pensò affannosamente Eva.
“A dire il vero sono stata io a
chiedere l’aiuto di Vlad” comunicò in tono neutro
“Prima di allora non mi aveva mai nemmeno cercata.”
“Dici?” rispose freddamente
Amelia così che Eva intuisse che non doveva essere del tutto vero: con gesti lenti e studiati Amelia infilò una mano in tasca e
tirò fuori un foglio stazzonato. Lo tenne davanti alla faccia sventolandolo
mentre un lento sorriso malvagio iniziava a stirarle le labbra.
“Cos’è?” chiese Eva ben sapendo
che Amelia non aspettava altro che le sue domande per proseguire.
“Un Permesso.” rispose Amelia con
intenzione.
Eva rimase talmente impassibile
che Amelia si decise a sbuffare di impazienza.
“Capisco che la trasposizione
grafica di un Permesso su questo Piano non sia delle migliori…” fissò indignata
il foglio come se potesse migliorarne l’aspetto con la forza del pensiero “… ma
persino una cimice come te dovrebbe riconoscerlo. Un Permesso, diavolo! Concesso e firmato niente popò di meno che da Sisar
in persona.”
Allungò il foglio verso Eva che
dovette far appello a tutta la forza che aveva per obbligare la sua mano a non
tremare mentre lo prendeva in consegna. Lentamente lo aprì, trattenendo
segretamente il fiato: il Permesso era scritto a mano con una bella ed elegante
calligrafia inclinata. Il richiedente chiedeva il permesso, nella dovuta forma
burocratica, di scatenare un’orda infernale di livello C (piuttosto buona, come
categoria) nei confronti di una certa Eva, entità Sanguemisto, professione
Recuperante, residenza Piano terrestre.
“L’orda è passata dal Nodo di
Linus” specificò Amelia salottiera “C’è scritto sotto, penultima riga.”
Un altro flash in bianco e nero
attraversò la mente di Eva, inchiodandola col foglio in mano come una stratua
di pietra: Linus con la testa ciondolante e la vocetta
querula da vecchio sdentato.
“Mi sottovaluta,Vlad, e mi disprezza. Ma ha
fatto male, stavolta. In fondo, l’ho fatta passare io la seconda.”
“La seconda cosa?”
“La seconda orda infernale.”
“Ricordi il motivo per il quale hai
chiesto il suo aiuto?” chiese Amelia togliendo delicatamente il Permesso dalle
mani di Eva.
“Sì.” rispose Eva neutra quando
già una voragine di buio le si apriva nello stomaco.
“Quindi
non sei sorpresa?” incalzò il Demone con voce esultante e melliflua.
La firma di Vlad
con un insolente inchiostro nero.
Eva chiuse gli occhi, sentendosi
di colpo fragile e dolorante come se Amelia l’avesse picchiata a sangue.
“Sai chi l’ha scatenata?”
“Non essere sciocca, ragazza:
tu lo sai già chi è stato.”
E lei che non ci voleva credere.
Lei che aveva sempre creduto con assoluta, granitica certezza che non fosse
stato Vlad a scatenarle contro l’orda infernale.
Ingenua.
Bugiardo.
Ingenua.
Traditore.
Ingenua.
Demonio!
Strizzò gli occhi forte come per
trattenere qualcosa dentro di sé… ma ormai era troppo
tardi.
“No” mormorò sottovoce riaprendo
gli occhi asciutti e vuoti “Nessuna sorpresa.”
**
*
Vlad le
aveva scatenato contro l’orda infernale. Vlad, il suo
tutore. Vlad che doveva proteggerla. Vlad che l’aveva baciata. Vlad
che le posava la testa sul petto e che diceva di voler dormire con quella voce
ruvida che le grattava il cuore. Vlad, a cui lei aveva creduto per la prima volta in vita sua. Vlad, che le aveva mentito. Alla luce di questo, era logico
pensare che Vlad fosse anche il mandante
dell’omicidio di Paolo e Sandra: le due cose dovevano essere collegate, Eva ne
era certa. MaVlad era
capace di fare una cosa così terribile? La risposta era semplice: sì. Eva lo
aveva sempre saputo e l’unica cosa che l’aveva trattenuta dall’odiarlo del
tutto era il fatto che lui non avesse ancora ucciso
nessuno vicino a lei. Ma adesso, oh, adesso…
Il vuoto che premeva dentro lo stomaco di Eva diventò più pesante di un
macigno. La sua faccia però rimase impassibile sotto lo sguardo curioso e anche
vagamente deluso di Amelia.
“Ok” sospirò infine il Demone
quando capì che Eva non sarebbe scoppiata in calde lacrime
seduta stante “Stai pensando che il Permesso sia falso?”
“Non dovrei?” chiese Eva con uno
strano sguardo fisso.
“Certo che no. I Permessi non si
possono falsificare, è un vincolo imprescindibile del Comitato di Sorveglianza.”
Eva concentrò la sua mente sulla
mano che impugnava la pistola: non tremare, pensava con determinazione, non ti
azzardare ad avere un solo microscopico fremito…
“Quello che non mi spiego è
perché Vlad l’abbia fatto.” disse poi con quanta più
indifferenza poteva.
“Non chiederlo a me” sospirò
Amelia “Vlad riesce a essere completamente subdolo e
malvagio, quando vuole, quindi immagino che ti voglia
semplicemente uccidere, magari divertendosi un po’. E visto gli ultimi sviluppi
sulla panca, se ti uccidesse adesso si saprebbe già
dove andresti a finire… nel suo girone. Accanto a lui. Cheek to cheek per l’eternità. Magari puntava
proprio a questo.”
Eva sbatté le palpebre
velocemente diventando se possibile ancora più pallida.
“Io e Vlad…
per sempre?”
“Ammetterai che come prospettiva
non è così malvagia… in seconda istanza, a quanto si
dice del tuo caratterino, poteva capitarti Morgana.”
La mano di Eva tremò ma Amelia
non se ne avvide: si era lasciata distrarre da un sospetto cigolio proveniente
dal corridoio, seguito da un cavernoso borbottio.
“Il tuo amichetto umano si è
svegliato” sospirò quindi rizzando la schiena “Che peccato che il nostro tempo
sia scaduto: contavo di farmi offrire un cognac e chiacchierare ancora della
tua completa mancanza di acume e di come ti sia fatta fregare da Vlad, ma mi sa che devo proprio scappare.”
Eva, di riflesso, alzò la pistola
puntando dritta alla fronte di Amelia che inarcò un sopracciglio con aria
tediata.
“Amore, che cosa vuoi fare? Non penserai di potermi uccidere, vero?”
“Ammetto che l’idea mi ha sfiorata.” ringhiò Eva sempre tenendola sotto tiro.
“E la tua amichetta mortale?
Vorrei ricordarti che il sangue e la materia cerebrale che schizzerebbero dovunque sarebbero i suoi.”
“Non credo che avrebbe comunque
qualche possibilità di sopravvivenza, dopo il tuo passaggio.”
Amelia sospirò alzando gli occhi
al cielo.
“Cosa mi tocca sentire! Visto che non sai niente di come funzionano queste cose te
lo dico io: la tua amichetta è salva. La mia emanazione in questo corpo ha
poteri molto limitati, lo ammetto: non posso fare niente di quello che farei di solito. D’altra parte, la morte improvvisa
e repentina del corpo che sto occupando non mi scuoterebbe nemmeno la
messa in piega. Quindi, dolcezza, metti giù quel ferro
e salutami come si deve. Sempre che tu non voglia che il tuo bisonte mortale
arrivi qui e partecipi alla discussione… non avrò
tutti i miei poteri, ma riuscirei lo stesso a combinare qualcosa di
interessante con questo corpicino secco.”
Sorrise con aria malvagia ed Eva
cedette il passo, abbassando la pistola.
“Eva?” borbottò la voce impastata
di Gino: si udì un rumore di passi pesanti interrompere l’ovattata quiete
notturna e nel corridoio comparve una lenta figura ondeggiante in
avvicinamento.
Eva e Amelia si fissarono negli
occhi a lungo, insondabili gli uni, scaltri e vittoriosi gli altri: poi Eva
alzò il mento seccamente e la bocca di Amelia si aprì il un
largo sorriso.
“Allora tanti saluti” mormorò
sottovoce alzandosi in piedi con grazia mentre Gino usciva dall’ombra entrando
nel refettorio e aggrottava le sopracciglia davanti alle due donne “Porta i
miei ossequi al nostro comune amico e digli che lo aspetto per un po’ di sano
divertimento, giù di sotto: dopo avervi visto all’opera sulla panca, devo
ammettere che mi è rimasto un budellino vuoto.”
“Non mancherò.” rispose Eva
trattenendo la rabbia.
“Che fate qui a quest’ora,
donne?” chiese Gino arrivando con un grosso sbadiglio “Parlate di
mestruazioni?”
Nessuno rispose e Gino lanciò un
breve sguardo interrogativo a Lorella, senza tuttavia accorgersi di nulla; Eva,
frustrata, rimase immobile e impotente aspettando una mossa del Demone.
Come intuendo i suoi pensieri,
Amelia sghignazzò a denti stretti: lo sguardo di Gino allora captò la presenza
della pistola nella mano abbassata di Eva e la sua faccia assonnata passò da
un’espressione perplessa a una maschera di meraviglia.
“Chi
cazzo è?” borbottò tramortito dalla sorpresa: Amelia gli lanciò uno sguardo
sprezzante, di quelli che una regina riserva a una larva di mosca incontrata
sul suo regale cammino: poi, abbassò la testa, chiuse gli occhi e di colpo
Lorella fu di nuovo Lorella.
**
*
La ragazza vacillò brevemente
fino a crollare sulla panca alle sue spalle: riaprì gli occhi sbattendoli
ripetutamente e sembrò avere serie difficoltà nel mettere a fuoco la vista.
“Chi
cazzo era?” rettificò la domanda Gino, continuando a fissare la ragazza con
curiosa sorpresa.
“Come?” domandò Lorella: aveva la
voce impastata e l’aria intontita come se avesse dormito per ore.
Eva scoprì di poter di nuovo
respirare liberamente: quando gli occhi vacui di Lorella si fermarono sulla
pistola nella sua mano e si spalancarono stupefatti, si decise a riporre l’arma
e a rilassare le spalle.
“Eva!” gracidò Lorella con voce
offesa “Che stavi facendo?”
“Io voglio sapere chi cazzo era.” ribadì invece Gino aggrottandosi.
“Nessuno.” rispose Eva
stancamente.
Non aveva una gran voglia di
rispondere alle domande dei due umani: doveva ancora metabolizzare quello che
Amelia le aveva riferito e pensava di non avere abbastanza risorse per tutto,
in quel momento.
“Chi era chi?” domandò Lorella spaesata:
probabilmente non aveva ancora capito bene di essere sveglia.
“Quella. Cioè,
tu.”
“Io?”
“No, quella! Una femmina di
sicuro, mi ha guardato come se fossi sterco di vacca…”
“Chi?”
“Tu! Cioè… Eva spiegaglielo o qui
facciamo notte. O giorno, visto che è passata mezzanotte.”
Eva non si spazientì e nemmeno
sorrise: sembrava particolarmente priva di vita mentre fissava Lorella con un
piatto sguardo alieno. Era indecisa se riferire o no a Lorella di quanto le era successo: forse in un altro momento sarebbe
stata anche più attenta alla sensibilità della ragazza, alla scelta delle
parole giuste. In quel preciso istante, invece, si sentiva
particolarmente arida e lapidaria.
“Sei stata posseduta.” le spiegò
seccamente: non aggiunse altro e lo sguardo fiducioso di Lorella divenne prima
perplesso, poi ferito, poi spaventato.
“Cosa?” ragliò indietreggiando
“Qualcuno mi ha violentata?”
“Macché violentata” la rimproverò
Gino con una parvenza di buonumore nella voce “Sei stata posseduta nel senso
che qualcuno ha usato il tuo corpo per parlare con Eva. Certo che anche tu,
miss Delicatezza, potevi trovare qualche termine migliore, no? E tu,
fiorellino, sei più a senso unico del rosso! Comunque, non hai subito nessuna
possessione fisica: sei ancora vergine, non ti
preoccupare.”
“Sono tornata vergine?” balbettò
Lorella confusa “Ma io ho avuto un fidanzato e noi, beh…”
“Ok, allora non sei più vergine”
rettificò Gino esasperato “Dio, parlare con questa è peggio che andare di
notte! Eva, ti decidi o no a dirmi chi cazzo ha
posseduto la cerebrolesa?”
Eva, sorprendentemente, non
reagì: aveva ben altro a cui pensare. Il suo cuore
sanguinava, ma la sua parte demoniaca aveva già pronta una bella corazza d’ira
da indossare sopra le ferite. Una corazza irrazionale, impulsiva e distruttiva
che non ragionava mai sulle conseguenze ma che agiva con puro istinto di
sopravvivenza. In quel momento, il distillato d’odio che le permeava il cuore
vedeva un’unica via d’uscita. L’unico problema era far ingoiare quella
decisione anche alla parte angelica che governava quella porzione ballerina di
cuore che continuava a gridare sottovoce Vlad no, Vlad no…
“Eva…?”
Lei abbassò lo sguardo e si passò
una mano sulla fronte, rapida e tuttavia pesante, come se ogni movimento le
costasse uno sforzo titanico.
“Devo parlare con Vlad.” disse in tono monocorde.
La faccia di Gino perse tutta la
sua allegria mentre Lorella, intuendo che non avrebbe avuto più risposte,
sprofondava sulla panca, perplessa e incredula.
“Uhm” commentò Gino “Guai in
vista?”
“E quando mai non ci sono guai in
vista se c’è di mezzo Vlad?” rispose Eva con una voce
che sembrava vagamente rotta suo malgrado.
“Devi farlo fuori?”
“Potendo… ma no, non devo farlo
fuori.”
“Hai bisogno di aiuto?”
“No.”
“Sei incazzata?”
Stranamente no; ma la fredda
calma piatta della vendetta per Gino sarebbe stata un’ammissione di debolezza.
“Sì.”
“Incazzata come una baronessa a cui hanno sbagliato la miscela di tè o come un gatto con
un ferro rovente nel culo?”
Eva fece un sorriso freddo.
“Siamo più sul gatto, ma non
disdegno la baronessa.”
Gino le posò una manona ruvida sull’avambraccio, tornando serio.
“Sicura di non aver bisogno
d’aiuto?”
Eva non osò guardarlo in faccia.
“Sì. Ma una cosa la puoi fare:
chiama Raf e digli… digli che deve fare una cosa importante.”
“Cosa?”
Eva deglutì.
“ContattareGiacinta.”
“Per cosa?”
Eva glielo disse e Gino non fece
più domande.
**
*
La cella di Vlad
era immersa in una fresca penombra: Eva sgusciò dentro silenziosamente,
chiudendosi la porta alle spalle e rimanendo poi con la schiena aderente allo
stipite. La vaga forma scura di Vlad era stesa sul
letto candido: si alzò senza fretta a sedere e accese una candela con gesti
lenti e misurati, rischiarando la stanza e il suo volto con una luce delicata.
Il cuore di Eva perse un battito, e poi due, e poi tre: era così bello, pensò
con una sorta di doloroso struggimento. E sembrava così innocuo, così
accessibile seduto su quel letto, con la camicia slacciata e i capelli rossi
che cadevano morbidamente sulle spalle, gli occhi cangianti pieni di fuoco.
“Ciao.” gracidò, incapace al
momento di fare nient’altro.
“Ce ne hai messo di tempo.”
rispose Vlad con voce calma ma vibrante: il suo viso
era di una bellezza così ammaliante che Eva dovette distogliere dolorosamente
lo sguardo per poter proseguire.
E comunque, non proseguì lo
stesso: sapeva cosa doveva fare, sapeva anche che lo
avrebbe fatto, ma una vocina conficcata nel suo cervello le urlava a
squarciagola di aspettare un momento solo, di non partire subito con la
distruzione totale. Giusto il tempo di un’ultima parola, un
ultimo sguardo… un ultimo bacio.
“Hai intenzione di rimanere
incollata lì?” chiese la voce di Vlad con educato
divertimento.
“Sì. E’ molto
più… è meglio, ecco.”
Che balbettio penoso: Eva si
sarebbe presa volentieri a schiaffi da sola per quanto si sentiva debole in
quel momento.
“Ok” sospirò Vlad
alzandosi elegantemente in piedi “Come al solito tocca
a me fare il lavoro pesante.”
Si avvicinò di un passo e il
cuore di Eva balzò in alto andando a ostruirle la gola: una parte
di lei diceva no, no! e un’altra diceva sì, si,
ti prego… tra le due vinse il silenzio finché Vlad
non fu davanti a lei e poté percepirne il calore della pelle. Lo guardò dal
basso verso l’alto, indifesa: era certa che nel silenzio tombale dell’eremo Vlad avrebbe potuto sentire il rombo del suo cuore
impazzito e probabilmente esultare, sapendo di averla in mano. Ma il suo viso
vicino e addolcito dalla luce soffusa non sembrava affatto
esultante: sembrava tante cose, tra cui vagamente sorpreso, ma non esultante.
“Vlad.”
disse Eva sicura di poter proseguire, ma quando Vlad
alzò una mano e le scorse la guancia con il dorso del dito indice sussultò
penosamente.
“Fifa?” mormorò lui con un mezzo
sorriso all’angolo della bocca.
Forse era il caso di mentire,
pensò Eva remotamente con lo sguardo inchiodato su quella bocca vicinissima.
“S-no.”
Il sorriso di Vlad
si accentò, sornione.
“Anch’io.” le confidò chinandosi
su di lei.
Le baciò una palpebra e il naso
con estrema delicatezza, poi le sfiorò la guancia febbricitante con la propria
liscia e fresca; respirò la sua stessa aria e posò le proprie labbra sulle sue
senza premere, senza forzarla. Come se ce ne fosse stato bisogno: Eva lo baciò
di sua spontanea e completa iniziativa, chiudendo gli occhi e circondandogli il
collo con le braccia, premendosi contro di lui con totale, esausto abbandono.
Ci fu un attimo di sospensione sorpresa da parte di Vlad
che probabilmente non si aspettava quella resa incondizionata: un attimo solo
in cui furono alla pari, né vincitori né vinti… un attimo di struggente
malinconia in cui Eva comprese che Vlad le
apparteneva almeno quanto lei apparteneva a lui. Poi, Vlad rispose al suo bacio con convinta passione,
strizzandole fuori il respiro con un abbraccio violento e invadendole la bocca
con rabbiosa urgenza. Ma il momento se n’era già
andato e con esso Eva intuì di aver detto addio a quel qualcosa che non era mai
nemmeno davvero nato. Lasciò ricadere le braccia e subì passivamente
il bacio di Vlad, lasciando che le sue mani le
vagassero sul corpo. Immediatamente, Vlad si accorse
della stonatura e si interruppe, scostandola da sé ma
tenendole saldamente la nuca con una mano e la vita con l’altra. Le piantò in
faccia i suoi occhi cangianti e le scrutò a fondo le iridi scure, sondandola
con durezza: Eva si lasciò guardare dentro, svuotata e tutto
sommato contenta di non aver più niente da nascondere e da offrire.
“Che succede?” chiese Vlad con piatta impazienza, ogni dolcezza completamente
scomparsa dalla sua voce.
Eva inspirò a fondo senza
tuttavia riuscire a riempire d’aria i polmoni, compressi da un doloroso e
inspiegabile peso.
“Ho avuto una visita.” rispose
infine con voce piana.
“Chi?”
“Una tua vecchia conoscenza, giù
nei quartieri caldi.”
Vlad le
scrollò leggermente la testa con impazienza.
“Chi?” ripeté duro.
“Amelia.” rispose Eva con calma.
Vlad
non batté ciglio.
“Cosa ti ha detto?”
“Credo che abbia una cotta per te”
rispose Eva con indifferenza “Certo, anche gli altri vostri degni compari hanno
dimostrato un certo apprezzamento per le tue, chiamiamole così, doti. Ma Amelia
deve proprio tenerci un sacco a te visto quanto se l’è presa per non essere
stata invitata al vostro ultimo festino.”
Vlad si
scostò bruscamente da lei, come se d’un colpo la sua
pelle scottasse.
“E quante balle ha tentato di
rifilarti la nostra cara Amelia, mossa dalla gelosia e dalla sua innata
stronzaggine?”
“Non molte. Mi ha deliziato con
qualche particolare piccante sul tuo rapporto con Demetrio e Morgana… a quanto
pare sono più le volte che tu ti gingilli con loro di quelle in cui loro si
gingillano con te. Anzi, sembra che l’exploit dell’altro giorno sia stato un
vero e proprio evento storico.”
Le sopracciglia di Vlad si aggrottarono appena.
“Mi sembrava abbastanza intuibile
che l’evento storico, se così lo vuoi chiamare, fosse stato necessario per
salvare il tuo prezioso culo Sanguemisto.”
“O forse è stata un’ottima mossa
per farmi credere che tu mi stessi proteggendo?”
La faccia di Vlad
era una maschera di pietra.
“Ma io ti stavo proteggendo”
scandì lentamente “Ti ho sempre protetta, scimmietta
mia.”
“Davvero?” rispose Eva con gli
occhi improvvisamente scintillanti “Allora a conti fatti deduco che le nostre
opinioni sul significato di protezione siano decisamente
discordanti.”
“Spiegati, tesoro, perché non ci sto capendo un cazzo.” sferzò Vlad
ficcandosi le mani in tasca con un gesto che a Eva sembrò vagamente difensivo…
come se fosse possibile che Vlad si sentisse davvero
minacciato. Lui. Da lei. Magari, pensò in un accesso di rabbiosa vendetta:
magari avesse potuto davvero fargli male.
“Veramente sei tu che dovresti
spiegare a me” rispose incrociando le braccia sul petto “Mi devi spiegare perché
dopo tutto questo tempo hai deciso che era ora di finire il lavoro che avevi
cominciato quando eri mio tutore e uccidermi una volta per
tutte.”
“Ucciderti?” domandò Vlad “Io non ho mai voluto ucciderti.”
Era una bugia così palese che Eva
azzardò un sorriso.
“Oh, scusami. Allora mi devi
spiegare una cosa, Vlad, mio diletto Demone Tutore,
perché davvero non capisco. Se non mi vuoi uccidere, perché di grazia mi hai
scatenato contro un’orda infernale?”
NOTE DELL’AUTRICE:
Scusate se non riesco ad essere
puntuale e a rispondervi ad personam…
Sappiate però che sempre, sempre spero che qualcuno di voi
si ricordi di me e mi lasci una traccia che ancora mi segue!!
Un saluto e una speranza per tutti, SMACK!
P.S.: Menzione unica e specialissima per MARZYPAPPY che
finalmente si è laureata!!!!! BRAVA!!!!!!!!!
Per correr miglior acque alza le vele
omai la navicella del mio ingegno,
che lascia dietro a sé mar sì crudele
e canterò di quel secondo regno
dove l'umano spirito si purga
e di salire al ciel diventa degno.
Dante Alighieri, La Divina Commedia, Purgatorio, Canto I
Ci fu un attimo di profondo,
pesantissimo silenzio: Vlad intuì al volo il perché di tutto, le conclusioni
ovvie a cui era giunta Eva e lasciò che un sorriso acido gli arricciasse le
labbra, così perfettamente caratteristico del Demone Capitale della lussuria
che a Eva sanguinò il cuore. Ma non tentò di negare: forse una parte di lui
intuiva che nuove menzogne non avrebbero portato niente di buono, a ragione.
“Cara Amelia.” ringhiò quindi
sottovoce, quasi divertito.
“Beh?” chiese Eva, impaziente
“Non hai nient’altro da dire?”
“Ne avrei a pacchi interi”
rispose Vlad con leggerezza “Ma non credo che tu al momento sia abbastanza
lucida per ascoltare.”
Eva allargò le braccia, come per
farsi guardare bene.
“Ti sembro isterica?” domandò con
freddezza “Furiosa, incontrollabile? No. Sono perfettamente in grado di
ascoltare le tue panzane ancora una volta. Forse, devo però ammetterlo, sono un
po’ meno incline a bermele come fossero acqua sorgiva.”
Vlad sbuffò con altezzosa
indifferenza.
“Lo vedi? Sei prevenuta. E
arrabbiata, dì la verità.”
“Non dovrei esserlo?”
“Certo che no! Almeno non con me.
Magari con quella subdola troia.”
“E quale delle tante del tuo
entourage? Alana, Morgana o Bersaba?”
“Amelia. Parliamoci chiaro, la
troia tra le troie è lei. Dopo Ellena e Lucy, naturalmente.”
“Forse sei tu a essere furioso.”
“Certo che lo sono” si stizzì
Vlad facendo fiammeggiare gli occhi per un attimo “Ti sei lasciata abbindolare
dalle mezze verità di quella stupida cagna… ”
Eva distese le braccia e rizzò la
schiena, stanca e vagamente disgustata.
“Perché, volevi avere
l’appannaggio esclusivo?” domandò seccamente “Solo tu sei autorizzato a
raccontarmi balle e a rigirarmi come un calzino?”
“Mamma mia, scimmietta, che
paragoni agghiaccianti! Comunque, io non ti ho affatto rigirata come un
calzino.”
“E per le balle, come la
mettiamo?”
Vlad alzò i palmi delle mani
ridacchiando col diamante sull’incisivo che ammiccava irriverente.
“Beh, sono un Demone… che
diamine, se non ti avessi detto nemmeno una balla sarei stato Rosaspina. Ma
erano tutte balle più o meno innocenti.”
Eva avanzò di un passo,
sfoderando la sua migliore espressione altera e sicura di sé.
“Adesso sei disposto a dirmi la
verità?”
Vlad le lanciò uno sguardo
sospettoso.
“Che cosa vuoi sapere?”
“Tu hai davvero scatenato un’orda
infernale contro di me?”
Vlad inarcò le belle sopracciglia
con aria sprezzante.
“Scimmietta, scimmietta, ti perdi
proprio in particolari di poco conto…”
“Vlad, rispondi alla mia domanda.
E’ molto semplice, non richiede particolari doti oratorie o dialettali. Basta
un sì o un no. Allora, hai davvero scatenato un’orda infernale contro di me?”
Di nuovo Vlad sbuffò di
impazienza.
“Ti dico che non è questo
l’importante!”
“Vlad. Sì o no?”
Vlad respirò a fondo, fissandola
con un broncio irritato che lo rendeva disgustosamente attraente.
“Sì.” rispose infine senza
nemmeno fingere dispiacere.
“Sì?”
“Sì, ho scatenato io l’orda
infernale. Ma sapevo perfettamente che non correvi alcun pericolo perché io…”
Eva perse completamente interesse
per quello che diceva dopo la seconda parola: si girò lentamente verso la porta
e la aprì senza fretta. Sorprendentemente, dritti sulla soglia c’erano Raf e
Gino: la loro presenza ammutolì Vlad di colpo.
“Ehi, che ci fate voi lì?” abbaiò
poi, più sorpreso che irritato “Non starete mica origliando! Il rottweiler
passi, ma tu, Cenerentola… non è da te!”
“Avete sentito?” chiese Eva
ignorandolo completamente.
“Sì.” rispose Raf, gli occhioni
azzurri pieni di comprensione e di amore.
“Le pareti sono sottili e le
porte ancora di più” annunciò Gino con una vociona assurdamente allegra
“Abbiamo sentito tutto, compreso un bel silenzio imbarazzante prima dei fuochi
d’artificio… il biondo stava per andare a fuoco, quando ho ventilato l’ipotesi
che potreste aver avuto bisogno di un certo lasso di tempo prima di iniziare.”
“Gli estremi ci sono?” chiese Eva
a Raf ignorando anche Gino con sublime indifferenza.
“Gli estremi per cosa?” chiese
Vlad perdendo di colpo tutto il suo buonumore.
“Sì, ci sono” rispose Raf con
gravità “Ma Eva, forse dovresti considerare…”
“Ho già considerato anche troppo”
tagliò corto Eva: era il momento della vendetta.
Dolce vendetta, tremenda
vendetta: la faccia di Vlad si cementò in un’espressione di feroce
comprensione.
“Procedi pure.” terminò Eva
lapidaria.
“Scimmietta” mormorò Vlad con la
voce improvvisamente così bassa e pericolosa che Gino indietreggiò di un passo
suo malgrado “Non oserai farlo.”
Eva finalmente si decise a
prenderlo in considerazione: si girò a guardarlo lasciando che tutto quello che
aveva represso fino a quel momento trasparisse dai suoi occhi.
Vlad allora sbatté le palpebre
come se Eva gli avesse dato uno schiaffo in faccia: non era preparato a
quell’ondata di odio, dolore, umiliazione, pena, rancore, pianto… tutto mescolato
insieme, tutto elevato all’ennesima potenza.
“Non oserò?” chiese Eva con voce
vibrante come un diapason “Ma certo che oserò. Prima ancora di entrare qui ho
fatto chiamare le responsabili dei Nodi che stanno arrivando di gran carriera
con le sottane al vento. Cornelia con i suoi occhialini tutti appannati
dall’agitazione e Giacinta con il libro dei Salmi spalancato sull’Ode agli
Arcangeli. Pronte a prendere in consegna l’illustrissimo Demone Capitale,
signore e padrone del Nodo di Modena, il Fantasmagorico Vlad in carne e ossa.”
“Non oserai.” sibilò di nuovo
Vlad gli occhi così incandescenti che mandavano letteralmente scintille.
“Fai bene attenzione all’uso
delle parole, o supremo signore della lussuria: ho detto in carne e ossa. La
tua forma umana non può scappare. Non puoi rintanarti in quel buco puzzolente
del tuo covo infernale, non puoi nemmeno chiedere aiuto ai tuoi amichetti
infoiati. Sarai catturato e processato…”
“Non oserai!”
“… perché si, Vlad, ho già
osato.”
Vlad, gli occhi come tizzoni ardenti,
ringhiò letteralmente, emettendo fumo dal naso: Gino indietreggiò di un altro
passo con Raf che si ergeva da scudo, mentre Eva non si prendeva neppure la
briga di scuotersi. Nemmeno l’ira incontrollata di un Demone Capitale era
paragonabile al dolore insopportabile che sentiva nel cuore.
“Tu… non … OSERAI!”
Eva sostenne con una sorta di
autolesionistica esultanza le potenti ondate di odio che Vlad rilasciava
intorno sé: il Demone fremeva tutto e aveva il respiro corto, il bel viso
arricciato in una smorfia ferina che lo rendeva un mostro di bruttezza e
cattiveria.
“TU!”
“Raf procedi.” lo ignorò Eva con
voce tranquilla scostandosi: in quel momento Vlad ringhiò con un verso
agghiacciante e spiccò un balzo. Quali fossero le sue intenzioni non fu dato di
sapere: Raf alzò un braccio e il Demone ricadde sul posto come se l’avessero
congelato all’improvviso.
“Gesù, che roba.” mormorò Gino
stranamente scosso.
La testa di Lorella sbucò alla
fine del corridoio giusto mentre Raf rizzava la schiena e alzava gli occhi al
cielo, venendo improvvisamente investito da una sorta di raggio luminoso
proveniente dall’alto.
“Vlad” disse poi l’Arcangelo con
voce stentorea e limpida del Messaggero Celeste, diventando sempre più etereo e
luminoso man mano che il potere divino lo avvolgeva “Per i poteri conferitemi
dal Comitato di Sorveglianza, in base alle Leggi Intoccabili sul mantenimento
dell’equilibrio sul Piano terreno, ti annuncio che è stata accettata la Condanna che la qui presente Sanguemisto Eva ha aperto nei tuoi confronti.”
* * *
“Quanto ci mettono ad arrivare?”
domandò Lorella per l’ennesima volta, fissando nervosamente il brutto orologio
a pendolo nel refettorio: l’alba stava cominciando a dipingere di rosa livido
le pareti e lei, Gino, Eva e Raf stavano aspettando l’arrivo di Cornelia e
Giacinta.
La fretta di Lorella era dovuta
allo spavento, naturalmente: Vlad, chiuso nella sua cella che era diventata il
suo carcere provvisorio a tutti gli effetti, stava sbollendo la rabbia… e la
rabbia di un Demone Capitale non era certo una cosa carina da vedere e
ascoltare. Quella di Vlad, poi, meno delle altre. C’erano stati rumori e tonfi
agghiaccianti, improvvise zaffate di aria rovente, odore di zolfo, buio
improvviso e denso come pece. La voce di Vlad era diventata una cacofonia di
suoni infernali e Lorella era arrivata a tapparsi le orecchie, nascondendosi
dietro le spalle protettive di Raf. Poi, d’un tratto, il silenzio. O meglio,
qualcosa di immobile interrotto da sporadici versi cavernosi che in un certo
senso erano ancora più agghiaccianti del rumore, perché presagivano un Vlad in
attesa. L’odio e la furia che si respiravano nell’aria intorno alla cella erano
densi come melassa e permeavano le pareti della gola di chi era costretto a
respirarla. Uno spettacolo, insomma, che Lorella sperava avesse termine al più
presto.
“Datti pace” sospirò Gino
corrucciato “Giacinta e Cornelia si staranno letteralmente cagando sotto al
pensiero di dover processare un Demone Capitale. Non è cosa che succede tutti i
giorni, nemmeno a Modena.”
Un feroce colpo alle pareti della
cella di Vlad fece tremare il refettorio e Lorella si avvicinò di riflesso a
Raf, occhi spalancati e respiro affannato.
“Rilassati” le consigliò
l’Arcangelo con voce dolce “E’ solo arrabbiato.”
Lorella annuì ma non sembrava un
granché convinta anche perché i rari suoni che provenivano dalla cella di Vlad
erano tutt’altro che rilassanti.
“Cosa succederà adesso?” domandò
poi giusto per riempire quella pesante atmosfera folle.
“Vlad verrà processato.” rispose
Raf con estrema calma.
“A Giacinta sarà venuto un
orgasmo quando ha scoperto di poter mettere le mani su Vlad.” commentò Gino tra
sé e sé.
“E verrà condannato?”
“Credo di sì” rispose Raf con
lentezza “Anche se Sisar ha firmato l’autorizzazione per scatenare l’orda infernale
contro Eva, la richiesta non è mai passata dal Comitato di Sorveglianza, che
ovviamente non l’avrebbe mai approvata.”
“Quindi verrà imprigionato?
Declassato? Come può essere punito un Demone?”
Alla domanda di Lorella Raf
lanciò uno sguardo verso Eva che era rimasta muta da quando era uscita dalla
cella di Vlad. Nessuno aveva avuto il coraggio o la voglia di parlare di quanto
era successo, ma la sensazione tangibile era che non tutti approvassero la sua
scelta. Lorella era più che altro spaventata, Raf stranamente assente e Gino
invece decisamente contrariato.
“Ammetto di non sapere con
certezza come funzionino queste cose negli Inferi” ammise infine Raf con voce
musicale “A volte un Demone viene passato da un girone a un altro e in genere
sono i responsabili dei Nodi a deciderne la pena. Ma per Vlad… non so cosa
possa succedere: il suo rango è molto alto, quindi è chiaro che ci penseranno
non una volta ma cinquecento prima di incriminarlo. D’altronde Vlad è anche il
Demone Tutore della propria vittima. Per quanto riguarda l’omicidio dei due
Mezzi Angeli, sembra che nessuna richiesta sia mai stata inoltrata al Comitato
di Sorveglianza ed è quindi logico pensare che Vlad abbia agito di sua
iniziativa. La pena in questi casi è parecchio pesante.”
“Quindi verrà declassato?”
“Peggio. Credo che Giacinta come
minimo chiederà l’annullamento.”
Lorella sbatté perplessa le
ciglia.
“Annullamento?” chiese dubbiosa.
“Vlad finirà nel girone dei
Dimenticati.” rispose Raf dolente.
Gino fece un basso fischio
sorpreso poi tutti si girarono verso Eva che era immobile davanti alla
finestra: se ne stava con le braccia incrociate e la schiena dritta ma fragile
come un ramoscello sul punto si spezzarsi. Nessuno osò interrompere il silenzio
ostile della ragazza a parte Raf: l’Arcangelo scivolò accanto a lei e le posò
le mani sulle spalle.
“Eva” la chiamò dolcemente “Come
ti senti?”
Come si sentiva?, meditò lei
senza muovere un muscolo.
Benissimo. Da Dio. Stava per
liberarsi definitivamente di Vlad, a quanto pareva… come doveva stare, quindi,
se non meravigliosamente?
“Bene” gracidò, falsa come una
moneta di carta “Quel porco di Vlad ha cercato di uccidermi, dopotutto. E ha
fatto uccidere Paolo e Sandra in quella maniera orribile. Finire nel girone dei
Dimenticati è esattamente quello che si merita. Giusto?”
Girò il volto verso Raf e
l’Arcangelo non fu sorpreso nel vedere gli occhi di Eva pieni di confusione.
“Eva, Eva…” sospirò dolcemente
abbracciandola.
“Non ho sbagliato” mormorò Eva
con la bocca premuta contro la soffice stoffa azzurra della sua camicia “Vlad è
uno stronzo bastardo e un malvagio manipolatore… lo sapeva che a forza di
pestare piedi prima o poi qualcuno gli avrebbe rotto i suoi. Era ora che
qualcuno gli desse quello che si merita.”
“Sì.”
“Non me ne importa un fico se è
il mio tutore. Lui di sicuro non si è fatto un problema che io fossi la sua
pupilla, prima di scatenarmi contro l’orda infernale, no?”
“Certo.”
“Quindi non ho nessun rimorso.”
“Va bene.”
“Sono perfettamente in pace con
me stessa. Anzi, sono fiera di me. Finalmente ho fatto quello che dovevo fare.”
Raf, con un sospiro paziente, la
scostò dal suo petto e la costrinse ad alzare gli occhi su di lui.
“Devi convincere me o te stessa?”
le domandò con un piccolo sorriso.
Eva aprì la bocca, poi la
richiuse senza rispondere. In quel momento la testa di un frate tentennò sulla
porta del refettorio: aveva l’aria infelice di chi avrebbe voluto essere
milioni di chilometri lontano da lì ed era ovviamente spaventato da quei
visitatori a dir poco bizzarri.
“Signori…” mormorò agitato.
Eva e Raf si divisero e si
avvicinarono al poveretto.
“Sì, frate Tommaso?” lo incalzò
affabile Raf.
“Dovete venire fuori. Abbiamo un
problema.”
* * *
“Un grosso, grossissimo
problema!” strepitò Cornelia agitando in aria il suo vezzoso ombrellino come se
fosse una scimitarra spaziale.
Era arrivata in pompa magna
circondata da un patetico gruppetto di Mezzi zelanti che lei insisteva per
chiamare “collaboratori”, il sorriso scintillante e l’aria radiosa di una
casalinga a cui hanno regalato un intero set di ciotole Tupperware. Indossava
un abito a fiori dal colletto di piquet e un cappellino di paglia adorno di
gerbere: gli occhiali col pince-nez scintillavano alla luce ancora timida del
sole e le numerose collane che le avvolgevano il triplice mento tintinnavano
come campane pasquali. All’insorgere del “grossissimo problema” però aveva
perso la sua aria matronale per sputare più scintille di un razzo pronto al
decollo.
“Datti una calmata” le sferzò
addosso Eva passeggiando nervosamente su e giù “Sto pensando.”
“Ma davvero!” strepitò Cornelia
con una voce particolarmente acuta e isterica “Fermi tutti, la Sanguemisto sta pensando! E chissà quale meravigliosa perla di saggezza partorirà! Solo una
grandissima pensatrice come lei poteva aprire una Condanna nei confronti di un
Demone Capitale… QUI!”
Tremò, oltraggiata e offesa oltre
ogni misura, sbavando leggermente saliva verdastra sul colletto di piquet.
“Dico io! Giusto per pasticciare
con forze e poteri di cui non sa un cazzo di niente, la Sanguemisto, che ahinoi sta ancora pensando, ha deciso di eleggere questo cazzo di
Eremo a prigione!”
“Non l’ho deciso” specificò Eva
mentre le guance le si coloravano tenuamente di rosa “E’ capitato così. Io… noi
non abbiamo valutato che poteva essere un problema.”
Cornelia rizzò la testa e
strabuzzò gli occhi, elevando tutta la sua notevole pappagorgia in una colonna
di sdegno fremente.
“Non hai valutato?” ringhiò
furiosa, con gli ordinati boccoli argentati che cominciavano a scomporsi “Apri
una cazzo di Condanna verso un Demone Capitale e la apri a caso, senza valutare
le conseguenze? Così, in mezzo a un campo di margherite?”
“Non era un campo di margherite”
intervenne Raf con la sua bella voce pacata “Effettivamente al momento ho
pensato anche io che questo Eremo fosse il posto migliore per noi… qui Eva era
protetta dall’assalto dei Demoni…”
“Già” ringhiò Cornelia acida
“Proprio lì sta il problema! I Demoni non possono entrare. Quindi nemmeno io
posso entrare! Io, che dovrei essere il Giudice per parte Infernale! Mi dici
come facciamo a istituire un processo se non posso nemmeno mettere piede dentro
la prigione? Lo facciamo qui, mezzo dentro e mezzo fuori dal frutteto, stando
ben attenti a non calpestare il concime e dando una potata ai meli fra un
interrogatorio e l’altro?”
“Ma non potete spostarlo?” si
intromise Gino, subito fissato da Angeli e Demoni come se fosse un insetto
particolarmente molliccio e peloso.
“E secondo te se avessimo potuto
farlo non l’avremmo già fatto, pustola virulenta?” lo apostrofò Cornelia
infuriata “Le regole del Comitato di Sorveglianza sono chiare, il processo si
fa dove è stata aperta la Condanna. E cioè, in quel cazzo di Eremo del cazzo!”
Eva sbirciò Raf che ricambiò
complice il suo sguardo esasperato: era la ventesima volta che Cornelia
ripeteva le sue rimostranze, come un disco rotto. E ogni volta Eva non riusciva
a capacitarsi di aver davvero commesso un errore così banale e madornale.
L’umiliazione le bruciava addosso come un marchio di fuoco.
“Il processo si potrebbe
spostare” spiegò per l’ennesima volta, impotente “Con autorizzazione del
Condannato. Il problema è che Vlad non la concede.”
“Il problema è che dovevi farla
prima la tua pensata geniale, non adesso!”
“Calmati, Cornelia” pigolò una
vocetta quasi triste “Sono certa che troveremo una soluzione.”
Giacinta, circondata dal suo
silenzioso entourage di grigie statuine, aveva preso possesso di una panca di
pietra e divideva il suo tempo tra preghiere silenziose e interventi incisivi
come quello che aveva appena dato, col solo risultato di far infuriare ancora
di più la già infuriatissima Cornelia.
“Troveremo una soluzione” la
scimmiottò infatti il Demone agitando in aria il suo ombrellino “Parli bene,
puttana! Tu puoi entrare quando e come ti pare! Sono certa che il Comitato di
Sorveglianza farà i salti di gioia sapendo che un Demone Capitale (dico io!) ha
a disposizione solo Angeli e cacche umane al suo processo!”
Continuò a strepitare camminando
avanti e indietro, arrivando sempre la limitare del frutteto senza mai poterlo
superare e aumentando ogni volta la sua rabbia. Eva sentiva la tensione
crescere man mano che cresceva la frustrazione di Cornelia e la rarefatta
accettazione Giacinta.
Giacinta, già. Il contegno
dell’Angelo era stato a dir poco deludente, almeno secondo il metro di Gino che
fissava la donna secca e grigia con un evidente sguardo corrucciato: non aveva
fatto salti di gioia, non aveva innalzato odi al Signore, non aveva nemmeno
sorriso. Si era limitata a prendere atto della situazione: solo quando aveva
intuito la portata del problema dell’Eremo inaccessibile ai Demoni aveva dato
segni di vita e si era agitata sulla sua panca di pietra, lo sguardo slavato
che scappava a rifugiarsi negli anfratti bui del frutteto.
“Dobbiamo trovare una soluzione”
insisteva con la sua voce svaporata “E’ molto importante che si trovi una
soluzione.”
“Secondo me si è fatta un cannone
prima di venire qui.” suppose Gino fissandola con aria offesa in un momento in
cui lui ed Eva si trovarono relativamente appartati.
“Gino, non essere blasfemo.”
sospirò sottovoce Eva esausta.
“Dai, non può essere così amorfa
naturalmente! Le presentiamo su un piatto d’argento un Demone Capitale
corredato da prove schiaccianti per la sua incriminazione e lei manco mostra
gli incisivi? Si è fatta di sicuro qualcosa di pesante.”
“Agli Angeli è proibito drogarsi
e tu stai facendo illazioni pericolose. Piuttosto, pensa a come fare per
risolvere questa merdosa situazione!”
“Io penso, ma non è che mi venga
in mente un granché! Cornelia ha ragione, dovevi pianificare meglio l’Apertura
della Condanna: ti sei fatta prendere dal nervoso come tuo solito e non hai
pensato che ti stavi per tuffare in una vasca di merda. Adesso, come si dice
usualmente al collezionista di peni, cazzi tuoi.”
Eva gli lanciò uno sguardo
offeso.
“Grazie per l’aiuto, amico mio.
Dì la verità, a te non va giù che io abbia aperto una Condanna contro Vlad.”
Invece di rispondere, Gino si
strinse nelle spalle senza smentire.
“Vedi?” gli abbaiò dietro Eva “Tu
stai dalla sua parte!”
“Che posso farci se mi era
simpatico” rispose Gino per nulla scosso “E poi non condivido tutta ‘sta tua
agitazione. Secondo me te la sei presa tanto per niente.”
Le vene sul collo di Eva si
gonfiarono in maniera preoccupante mentre il suo respiro si faceva rapido e
rovente.
“Presa per niente…? Cioè, quello
mi scatena contro un’orda infernale grazie a cui tu stesso, palla di ciccia,
stavi per lasciarci definitivamente le penne e sarei io quella che se la prende
per niente?”
“Ma per favore” sbuffò Gino con
granitica certezza “Vlad ti ha scatenato contro un’orda categoria C… roba da
fare il solletico a una Sanguemisto scafata come te. Quella che ci ha attaccato
per ultima e che stava per farsi un souvenir con le mie budella era minimo
minimo una categoria B. Tu non hai mai corso seriamente rischi perché c’era
Vlad a proteggerti. Anzi, non sai nemmeno se Vlad ha fatto ritirare o no la
sua.”
“La sua cosa…?”
“Orda infernale!” si spazientì
Gino “E che cazzo, Eva, ti ricordi che hai due orde alle calcagna, no? Invece
di fare la principessa oltraggiata qui nel frutteto di un Eremo dovresti essere
in giro a cercare chi ti ha scatenato contro l’orda infernale numero uno. La
prima, quella più pericolosa.”
Eva non trovò la forza di
ribattere: il ragionamento di Gino non faceva una piega. E come al solito,
epurato da tutto quello che avrebbe dovuto essere ma non era, alla fine era
esattamente quello che pensava anche lei. Eva pressò le labbra e girò lo
sguardo verso il gruppetto compatto di Angeli, in mezzo a cui Raf svettava
bello e lucente come una pietra preziosa. Lui intercettò il suo sguardo e le
sorrise: non aveva ancora aperto bocca in merito, ma Eva, nei recessi bui del
suo essere Ultraterreno, sapeva che anche Raf la pensava così. Non l’avrebbe
mai ammesso nemmeno con se stesso, perché era un Arcangelo, perché faceva parte
del Comitato di Sorveglianza e perché non gli era concesso in nessun modo di
avere una opinione propria. Ma i suoi occhi erano meno azzurri da quando Vlad
era imprigionato nell’Eremo ed Eva, sotto sotto, non si dava pace di esserne la
causa.
Come intuendo i suoi pensieri,
Raf all’improvviso marciò al centro del frutteto, giusto a metà strada tra la
delegazione di Giacinta e quella decisamente più vivace di Cornelia.
L’Arcangelo alzò le mani richiamando l’attenzione.
“Che c’è?” chiese brusca Cornelia
aggrottando le sopracciglia “Stai per cagare un uovo, pennuto?”
“Ho pensato a una soluzione.”
rispose Raf con voce pacata quando fu certo che tutti lo guardavano, infondendo
senza saperlo pace e amore tutto intorno.
Immediatamente il brusio che
circondava Cornelia si interruppe. Eva, Gino si avvicinarono, raggiunti da una
silenziosissima Lorella che si aggrappò immediatamente alla giacca di Gino, poi
tutti rimasero immobili in trepidante attesa delle parole di Raf: Cornelia
invece si agitò inquieta e in un attimo di distrazione Eva meditò che
assurdamente il Demone sembrava spaventato… ma la sensazione passò subito.
“Spara, caccola.” disse Cornelia
brutale facendo tintinnare i braccialetti con un gesto secco della mano.
Raf annuì e si portò le mani al
petto come se dovesse dire una preghiera.
“Sappiamo tutti che l’Eremo di
Ronzano è luogo sacro e quindi inaccessibile ai Demoni. Sappiamo anche che è
impensabile sconsacrare questo luogo che tanto faticosamente si è conquistato
la grazia divina. Ma sappiamo anche che Vlad è entrato qui, di sponte sua… e
Vlad è decisamente un Demone, ne converrete con me!”
“Già!” sospirò Giacinta
finalmente partecipe “Non ci avevo pensato!”
“Il concilio!” tuonò allora Eva,
ricordando d’un tratto le parole di Vlad “In questo Eremo è stato fatto un
concilio e ci sono Demoni autorizzati che possono entrare e uscire a
piacimento!”
“E allora?” chiese Cornelia che
ancora non aveva capito.
“Allora, se ci sono Demoni in
grado di varcare questa soglia, forse riusciremo a istituire un processo”
spiegò Eva paziente “Basta trovare uno di loro a cui delegare il tuo ruolo di
giudice e il gioco è fatto.”
La faccia del Demone divenne di
un cupo color mattone.
“Delegare il mio ruolo di
giudice?” sibilò con voce strozzata “Sei impazzita?”
“Chi sono i Demoni autorizzati?”
chiese invece Giacinta facendo così la prima domanda intelligente della
giornata.
“I Demoni Capitali e la regale
famiglia infernale” borbottò Gino con un po’ meno buonumore “Beh, sarà un
giochetto da ragazzi trovare libero qualcuno di loro. Già che ci siamo, perché
non invitiamo qui anche il Papa, il Dalai Lama e Steven Spielberg? Sono certo
che saranno altrettanto reperibili.”
“Non essere sempre così
pessimista” gorgogliò Raf illuminandosi “Conosco qualcuno che non si perderebbe
questo processo per niente al mondo e che è perfetto per il ruolo di giudice.”
“Chi? Il direttore di Novella
2000?”
“No. Sisar!”
* * *
Cornelia guardò Raf come se fosse
ricoperto di guano di pipistrello.
“Sisar? Dico, ti sei bevuto
l’aureola?”
“Riflettete” sorrise Raf
radiosamente “Sisar è perfetto per risolvere il nostro problema! Può accedere
indisturbato all’Eremo ed è il diretto superiore di Vlad. Chi meglio di lui lo
può giudicare?”
“Qualcuno che non si faccia
sbattere da Vlad ogni volta che schiocca le dita?” mormorò Cornelia con la
faccia più cupa che mai.
Gino le scivolò di spalle.
“Che fai, remi contro?” le
mormorò in un orecchio “Non ci sono più possibilità per Vlad di uscirne fuori
se un giudice è cerebroleso…” e indicò Giacinta col mento “… e l’altro è dalla
sua parte?”
Cornelia ci pensò su un attimo,
poi, sempre con quella faccia scura, annuì a labbra pressate. Chiamò con un
gesto imperioso un Demone e gli impartì una serie di brevi comandi, poi lo
mandò via agitando una mano.
“Sisar sarà qui tra poco”
profetizzò aggiustandosi involontariamente le gerbere sul cappellino “Quando si
tratta di Vlad, anche lui corre come il vento.”
“Scusate” si intromise Giacinta
con una vocetta querula e fastidiosa “Siamo sicuri che chiamare Sisar sia la
scelta migliore? Voglio dire, è il suo superiore di grado…”
“Proprio per questo è
adattissimo” rispose Raf lapidario “Sarà un’ottima occasione per dar prova di
polso e imparzialità.”
Lo sbuffò di scherno di Cornelia
fu abilmente mimetizzato da un colpo di tosse, ma Giacinta non voleva ancora
mollare l’osso.
“Beh, ecco, c’è anche da dire
che, beh, ecco… girano voci che Sisar abbia un, beh, ecco… debole per Vlad.”
Raf spalancò gli occhioni azzurri
in faccia all’Angelo, sfoderando la sua migliore espressione scandalizzata.
“Sorella Giacinta! Mi sorprende
che una come te dia importanza ai pettegolezzi e alle false illazioni
infernali. Noi Angeli, in quanto rappresentanti della volta celeste e delle
Sacre Leggi, dovremmo essere i primi a dimostrare di essere superiori a tali
meschinità.”
“Và Bottondoro come ti rigira la
frittata.” sghignazzò Gino sottovoce, attirandosi uno sguardo malevolo da parte
di Eva che non sapeva bene se dar ragione a Raf o no.
“Oh… certo.” arrossì Giacinta
rattrappendosi e nascondendosi dietro al libro dei Salmi “Hai perfettamente
ragione, Raffaele. Io… è meglio che mi rimetta a pregare.”
Raf approvò con un mezzo inchino
mentre Eva gli arrivava di fianco, scura d’incertezza.
“Che cazzo fai?” esordì con un
ringhio praticamente inudibile.
“Sto cercando di istituire un
processo” rispose candidamente Raf spalancando gli occhioni azzurri “Cos’altro
starei cercando di fare, secondo te?”
“Ho come la vaga impressione che
tu e Gino non me la raccontiate giusta” ammise Eva controvoglia “Ho aperto una
Condanna verso Vlad. Non pensavo che l’avrei mai fatto, ma l’ho fatto. Ora
voglio davvero giustizia.”
Raf le sorrise, radioso e
bellissimo, facendole battere il cuore a sproposito.
“Ed è esattamente quello che
voglio anche io” rispose pacato “Non solo per Vlad, ma anche per te.”
Eva non replicò: d’un tratto sia
le domande che le risposte le sembrarono stranamente inutili e prive di
importanza. Anzi, a dire il vero tutto le sembrò senza importanza: il processo,
la Condanna… Si guardò intorno lentamente: il brusio si era più o meno calmato
e sia Angeli che Demoni sembravano particolarmente imbronciati, se non apatici.
Era come se una cortina di nebbia fosse calata di colpo sul frutteto, spegnendo
i colori accesi delle foglie e del cielo. Persino l’aria sembrava polverosa,
pesante da inalare. Eva accolse quel diffuso senso di torpore quasi con
sollievo: stava portando un fardello di confusione così pesante e faticoso che
quel grigiore, invece di pesarle, sembrò alleggerirle il carico.
“Lasciati andare” mormorò
una vocetta convincente dentro di sé “Lascia che tutto scivoli via.”
Magari, sospirò Eva socchiudendo
gli occhi: non dover più pensare a Vlad, a Raf, ai sentimenti violenti e
confusi che provava per loro…
“Anche l’oblio ha le sue attrattive.”
approvò la vocetta.
“Raffaele?” pigolò la voce di
Giacinta con un subacqueo tono preoccupato.
“Angeli, adunatevi” impose Raf
con voce stanca, gli occhi celesti improvvisamente spenti e assenti
“Preghiamo.”
Gino, stranamente muto, nemmeno
chiese a Eva cosa stesse succedendo: si limitò a guardarla cupo, remoto,
ricambiato dalla stessa lontana indifferenza. Lorella iniziò a piangere senza
motivo, stringendosi forte i gomiti con le mani mentre dalla panchina di pietra
di Giacinta si levava una preghiera che sembrava un lamento funebre.
“Come se pregare servisse
davvero a qualcosa.”
Eva valutò se combattere o no
l’apatia che la stava avvolgendo, ma la possibilità di non pensare a niente
almeno per un momento era così allettante…
“Anche l’oblio a volte è una
necessità.”
Lorella singhiozzava
disparatamente, con singulti da bambina. Raf le fece un cenno stanco e lei gli
volò in braccio, aggrappandosi a lui come un naufrago alla zattera. Eva non
provò nemmeno la solita fitta di fastidio.
“Era gelosia. Ma che importanza
ha adesso?”
Alzò gli occhi al cielo:
l’azzurrò scintillante del mattino era stato coperto da una fitta coltre di
nubi filacciose, di un cupo grigio venato di viola.
“Viola, il colore della morte.”
Non c’era vento ma le foglie
frusciavano lo stesso come se non potessero fare a meno di mormorare che
qualcuno stava arrivando. Forse la morte. Forse il nulla.
“Anche l’oblio a volte uccide.”
“Eva.” la chiamò Gino con voce
afona, ma non proseguì. Tanto lei non lo stava guardando.
La sensazione di angoscia e
apatia sembrò diventare meno opprimente e sparì del tutto mentre lo sguardo di
Eva veniva rapito da una figura comparsa al limitare del frutteto.
Era un giovinetto smilzo con
l’aria un po’ incerta di chi è capitato lì per caso; un tizio così si poteva
trovare dovunque nei cortili delle scuole, ma in quel frutteto, in mezzo a
Demoni e Angeli, fra il cappellino con le gerbere di Cornelia e l’immancabile
giubbotto sdrucito di Gino, era talmente stonato da sembrare un alieno. Lui
però sembrava stranamente a suo agio, mentre Eva radiografava i jeans sdruciti,
la maglietta bianca che aderiva al petto smilzo e il viso pallido su cui
risaltavano gli occhi pesantemente bistrati . A Eva piacquero particolarmente i
suoi capelli corti sparati in tutte le direzioni che erano completamente
bianchi e inframmezzati da ciocche violette come il personaggio di un fumetto
giapponese.
“Ciao.” salutò tutti con voce
spigliata.
Alzò anche la mano, facendo
tintinnare un paio di catene avvolte al polso a mò di braccialetti.
“Ciao.” rispose Gino di riflesso,
vagamente inebetito mentre Angeli e Demoni rimanevano muti in religiosa
contemplazione. Lorella, invece, smise di piangere.
Il ragazzo ignorò tutti e si
diresse a passo svelto verso Eva. Quando le arrivò davanti, lei si accorse che
era più alto di quanto avesse valutato in un primo momento, e anche parecchio
più attraente. Aveva l’aria tra il curioso e il timido tipica di quell’età
effimera che sta tra l’infanzia e l’età adulta ed Eva lo trovò molto carino,
vergognandosi a morte subito dopo.
“Tu sei Eva?” le chiese lui
fissandola incuriosito con la testa inclinata da un lato come un cucciolo
perplesso.
Eva annuì, cercando
affannosamente di non sorridergli: preferì non chiedersi perché quel tizio
conoscesse il suo nome e si sforzò di tenere alta la guardia… senza gran
successo, a dire il vero. Il musetto appuntito del giovane era irresistibile
persino per una refrattaria come lei. E i suoi occhi chiari, dell’esatto colore
del ghiaccio artico, riuscivano a metterla in confusione.
“Ho sentito parlare di te” le
spiegò comunque il ragazzo sorridendo e facendo balenare una chiostra di denti
bianchi “Non sempre benissimo, devo dire la verità.”
“Tutta invidia.” buttò lì Eva
evitando il suo sguardo.
“Lo penso anche io” approvò lui,
sul viso una deliziosa espressione da monello “Ti immaginavo tutta diversa. E
invece sei uno schianto.”
La sua espressione di
apprezzamento era così genuina che Eva non poté fare a meno di arrossire.
“Grazie” rispose automaticamente
“Anche… voglio dire, tu devi essere Sisar.”
Il ragazzo accentuò sia il
sorriso che l’aria birichina: carino carino carino, pensò Eva con aria
colpevole.
“Mi dispiace davvero deluderti”
rispose questi a sorpresa con la sua bella voce giovane “Ma non sono Sisar.”
Eva, forse per la prima volta in
vita sua, si sentì davvero presa in contropiede: Cornelia le rivolse un verso
di scherno mentre il ragazzo continuava a sorridere con aria simpatica.
“Sisar non è potuto venire”
spiegò quasi scusandosi “Inderogabili impegni precedenti. Comunque so che
avrebbe preso davvero a cuore il problema di Vlad e mi avrebbe chiesto
sicuramente di venire a prendere il suo posto. Quindi, eccomi qui. Se la cosa
può star bene a tutti, naturalmente.”
Il brusio scandalizzato che si
levò dalla fazione demoniaca esprimeva chiaramente il pensiero che certo, per
carità!, la cosa stava più che bene a tutti. Dalla fazione angelica non si
levava un fiato: sembravano quasi in soggezione, meditò fuggevolmente Eva.
“Ma tu chi cazzo sei?” chiese
allora Gino, attirandosi lo sguardo scandalizzato di entrambe le delegazioni.
Il ragazzo non sembrò
prendersela: non smise di sorridere e alzò la mano in un nuovo gesto di saluto.
“Scusate, che maleducazione,
dovevo presentarmi subito. Anche se lo ammetto… pensavo che la mia fama mi avrebbe
preceduto.”
Di nuovo il brusio concitato
della fazione demoniaca disse che certo, per carità!, tutti sapevano chi era,
erano felici che fosse lì e riverivano la sua augusta persona. Gli Angeli,
invece, erano ancora cementati come statue da giardino.
Eva lanciò loro uno sguardo
smarrito, chiedendo mentalmente aiuto.
“Infatti è così” si riscosse
all’ultimo Raf staccandosi da gruppo degli Angeli “E’ che non ci aspettavamo
una tua visita. Come stai, Ellena?”
NOTE DELL’AUTRICE:
Scusate… ma ogni tanto devo rinnovare i ringraziamenti a
ROMINA, mio unico e insostituibile amore! I MISS YOU, BELLAMORA!!!!!!
Levsky: Spero che continuerai a farti sentire, dolcezza! Io
ti aspetto sempre , besos!
White Shadow: Figliola prodiga!! Non ho potuto ammazzare il
vitello grasso perché non ne ho, va bene lo stesso il bacarozzo grasso? Fatti
sentire, dai… mi mancano i tuoi scleri!!
Erronea2:Sono davvero onorata e felice di averti qui, in
questa allegra compagnia di recensioni pazze furiose!! Speriamod i riabilitare
presto Raf, poverino… tanti abbracci e ringraziamenti, torna presto!!
Chamelion: Sappi, mia Musa, che anche Gino adora te. O
meglio, siccome Gino rappresenta la parte sociopatica della mia psiche malata,
sono io stessa che ti adoro, che ti trovo deliziosamente obbiettiva, simpatica,
attenta, curiosa… insomma, quando ti decidi a sposarmi fammi un fischio, io
sono qui!
Flori: Ma grazie!!!!!!!!! Baci bacionissimi
Roby: Mio carissimo!!! Sei l’unico che ha fatto la considerazione
più giusta di tutte… quella per cui ero convinta che nessuno avrebbe dubitato
di Vlad… bravo!! In premio il solito orsetto in pelo sintetico rosa, quando
vuoi venire a ritirarlo ti offro anche un tè direttamente importato da casa di
Cornelia…
Amie: Cattiva ragazza, scrivere una volta sì e dieci no.,.. sai
che siete la mia droga, che fai, mi lasci in astinenza?!?! A presto, baci baci
Dozy: Lusingatissima e oltremodo felice di averti qui,
dolcezza. Grazie infinite di tutto e torna presto!! SMACK!
Krisma: Salve a te, o mio bocciolo… sperare che Vlad si
redima è come condannarlo a sparire dalla storia!! NOOOO!!! Vlad deve rimanere
com’è: bellissimo e stronzo. Non ti deluderà, vedrai…
Lauraroberta87: solo una pregunta: dove hai nascosto il pane
di Sahid!?!?! Non riesco più a creare nulla senza quelloooooooo!!!
Killer: Amora mia, le tue recensioni mi fanno sempre
skiattare dal ridere…eh, i baci di Vlad (tutti nella mia mente in technicolor,
figurati tu!!!!). Dice di mandartene qualcuno, il porco: apprezzi? Ciao ciao,
bella, a presto!!
Londonlilyt: Malvagia a me? Beh, ogni tanto, vorrei proprio
esserlo… tanto non ti anticipo niente, stavolta (mandami una mail, ti racconto
tutto in separata sede J)
Rik Bisini: Ma ciato tesoro mio, come vedi sono ancora qui…
sempre più rattoppata e sbilenca, a prendermi i tuoi taumaturgici auguri J. Sempre grazie infinite per l’indulgenza
con cui commenti le mie storielle… mille baci, ciao!
Cicha: Mai stancata di un commento, soprattutto se sono
carini come i tuoi!! Fanne pure finché ne hai in mente… besos!!
e disse: "Io
veggio ben come ti tira
uno e altro disio, sì che tua cura
sé stessa lega sì che fuor non spira.
Tu argomenti: "Se 'l buon voler dura,
la vïolenza altrui per qual ragione
di meritar mi scema la misura?".
Dante Alighieri, La Divina Commedia, Paradiso, Canto IV
Ellena.
Demone notoriamente sul podio del medagliere infernale.
La figlia di Lucy in persona.
Suo malgrado, Eva sentì il cuore balzarle in gola e i nervi
irrigidirsi dalla tensione. Eppure, per quanto si fosse messa d’impegno, non le
riuscì di temere Ellena, così su due piedi. Colpa dello shock, forse. O di
quell’aria ammiccante di adorabile malizia sulla faccia da elfo dispettoso
dell’androgina ragazza. Certo, Eva intuiva che l’aria innocua e accattivante dell’aspetto
terreno del Demone non era altro che una effimera maschera che mimetizzava il
suo potere, costringendo chi le stava intorno ad abbassare la guardia. Sapeva anche che in realtà era uno dei Demoni più potenti dell’intero Inferno:
eppure non le era nemmeno venuto istintivo prendere la Five-seveN, come le succedeva sempre con gli altri Demoni.
“Rilassati” le mormorò Ellena con una smorfia buffa come se
avesse letto nei suoi pensieri “Al momento non ho intenzione di essere
pericolosa.”
“Ti avevo presa per un maschio.” la informò Gino con blanda
sorpresa attirandosi un nuovo globale sguardo scandalizzato.
“Davvero?” ribatté Ellena con vago autocompiacimento.
“Non hai un cazzo di tette.” spiegò Gino sussiegoso.
“Gino vuole dire che la tua emanazione terrena non è
adeguata alla tua fama” rettificò Eva con voce piana “E anche io devo ammettere
di essere rimasta piuttosto sorpresa.”
“Vi aspettavate qualcosa di più imponente, immagino”
gorgogliò Ellena comprensiva “Il fatto è che non mi piace dare nell’occhio.”
Più che altro le piaceva sconcertare, intuì Eva leggendo il
compiacimento nei tersi occhioni obliqui della ragazza.
“Ellena cara” tubò Cornelia scandalizzata “Non sei certo
tenuta a dare spiegazioni a questi… come chiamarli… prodotti terricoli. A
proposito, posso dirti che trovo i tuoi capelli assolutamente deliziosi?”
Ellena si toccò i corti capelli color ghiaccio e annuì
magnanima.
“Grazie” rispose glissando regalmente sulla melliflua
adulazione del Demone “Anche il tuo cappellino è un amore.”
Il dialogo, visto il contesto, era così surreale che Eva
dovette mordersi l’interno delle guance per non scoppiare in una risata
isterica. Ma la voglia di ridere le passò subito quando Ellena, con un guizzo
sorprendentemente rapido e aggraziato, sgusciò di fronte a Raf, vicinissima.
“Ma che bello rivederti, caro Raf” mormorò con voce
gutturale, il magro, sdutto corpicino flessuosamente inarcato verso di lui
“Credimi, dopo l’ultima volta non vedevo l’ora.”
Dopo un attimo di smarrimento, Raf fece un educato passo indietro,
ma era evidente che Ellena l’aveva colto di sorpresa: e, ancora più evidente,
il rossore diffuso sulle sue guance che non era certo dovuto ai Salmi che aveva
recitato con Giacinta, constatò Eva con rancorosa sorpresa.
“Forse dovremmo entrare” propose Raf allontanandosi di un
altro passo da Ellena e indicando l’ingresso dell’Eremo “Sarai impaziente di
rivedere Vlad.”
Ellena sogghignò e gli si avvicinò ancora, sfiorandolo quasi
col petto impudentemente teso verso di lui.
“Che fretta c’è” mormorò con la seta nella voce “Vlad non
può mica scappare, no?”
Vlad, già. Eva sapeva che tra Ellena e Vlad non correva buon
sangue (ma questo non poteva essere altro che un punto a favore). Anzi, dal
modo in cui Vlad insultava Ellena il più spesso e pesantemente possibile, si
intuiva che Ellena era forse l’unico Demone oltre a Lucy di cui aveva timore. I
motivi non erano dati di sapere e di sicuro non erano intuibili guardando le
belle facce mortali che i due Demoni si erano scelti.
“Esatto” chiocciò Cornelia con piglio matronale
aggiustandosi le gerbere sul cappellino “Abbiamo un imputato rinchiuso in una
cella monastica, un collegio angelico capitanato dall’Arcangelo Raffaele e
abbiamo l’onore di avere la magnifica, incommensurabile Ellena come
rappresentante del collegio demoniaco. Se non fosse per il Comitato di
Sorveglianza, proporrei di festeggiare!”
“Puah” si schifò Gino in un borbottio a uso e consumo di Eva
“Occhio a dove mettiamo piedi, Cornelia è così viscida che si rischia di
scivolare sulla sua bava.”
Eva non recepì tutta la frase perché si era distratta
guardando Giacinta che, sorprendentemente, si era alzata in piedi.
“Scusate l’intromissione.” disse l’Angelo con voce pacata e
quasi timorosa.
Tutti si girarono a guardarla con vaga sorpresa, cosa che
precipitò la poveretta in una sorta di etereo imbarazzo.
“Capisco che l’errore sia scusabile… cioè, il calibro
dell’imputato… e nientemeno che la presenza di Ellena…”
Il balbettio si confuse ancora di più quando l’Angelo parve
rattrappirsi, sotto lo sguardo tra l’impaziente e il sospettoso dei presenti.
“Cosa vuoi dire, sorella?” la incalzò Raf con sublime pazienza.
“Che, ehm, ecco… a dire il vero la rappresentante del
collegio angelico qui a Modena sarei, ehm, io. Solo in caso di mia, ehm,
impossibilità di ottemperare ai miei doveri sarebbe necessaria una, ehm,
sostituzione.”
Raf sembrò curiosamente preso in contropiede.
“Ma, ecco… io pensavo che Ellena…”
Gli scappò uno sguardo verso il Demone, il quale, sorridendo
con aria magnanima, fece un cenno di regale accondiscendenza con la mano.
“Naturalmente, Giacinta ha ragione” tubò poi “Sono certa che
l’Arcangelo Raffaele non ha mai nemmeno lontanamente pensato di non rispettare
il protocollo. Vero, Raf?”
Le guance dell’Arcangelo si erano involontariamente colorate
di rosa.
“Certamente” rispose affabile “Non ho mai messo in dubbio la
capacità di Giacinta di sostenere il ruolo di pubblica accusa.”
Nessuno fiatò, anche se lo scetticismo generale era così
tangibile che si poteva tagliare col coltello.
“Se è vero che Ellena è così tosta e Giacinta così
gelatinosa, Vlad sarà libero prima ancora di poter dire tutta la verità e
nient’altro che la verità.” meditò Eva fuggevolmente, ma chissà perché
invece di farla infuriare quel pensiero le provocò un diffuso senso di sollievo.
Fu comunque un pensiero veloce distratto da Ellena che, di nuovo rapida e
guizzante come un pesciolino, era tornata di fronte a lei.
“Forse dovremmo rivedere i fatti in privato.” disse
sottovoce, guardandola dritto negli occhi con franco apprezzamento: le sue
iridi chiarissime e impietose avevano un curioso effetto destabilizzante su Eva
che indietreggiò di un passo proprio come aveva fatto Raf. E, come aveva fatto
Raf, arrossì, furiosa della propria debolezza.
“Va bene.” disse girando sui tacchi e quasi fuggendo dentro
l’Eremo, aspettando poi gli altri oltre la soglia.
Ellena si lasciò sfuggire una piccola risatina di scherno e
la seguì docilmente, facendo tintinnare i bracciali nel salutare i Demoni che
la guardavano con autentica adorazione; Raf la seguì immediatamente dopo, così
come Gino che sembrava solo ansioso di allontanarsi al più presto da Cornelia.
“Ve ne andate così presto?” chiese quest’ultima con
lamentoso affanno, evidentemente irritata per il fatto di non poterli seguire
“Potete rivedere i fatti anche qui fuori, così possiamo ascoltare anche noi!”
Ellena le lanciò un impietoso sguardo di sufficienza e rise
di nuovo come una ragazzina dispettosa; arrivata alla soglia d’ingresso
dell’Eremo, alzò un piede e lo fece tentennare avanti e indietro, fissando Raf
con malizia.
“Puoi entrare in tutta tranquillità” le confermò l’Arcangelo
cavallerescamente “Non corri nessun pericolo.”
“Tesoro, lo so perfettamente” rispose lei “Mi stavo solo
chiedendo se Giacinta sarebbe così gentile da farmi una concessione.”
Giacinta sentendosi nominata sobbalzò.
“Cosa?” chiese sbattendo le ciglia con aria idiota: faceva
venir voglia di darle una scrollata, pensò Eva esasperata.
“Prima dell’udienza preliminare potrei incontrare Vlad in
privato?”
“Privato… oh, certo, in privato! Naturalmente, è nel vostro
diritto.”
“Vorrei che entrassero con me anche Eva e Raf.” aggiunse
Ellena con un sorrisetto ferino: Eva notò per la prima volta quanto fossero
piccoli e appuntiti e suoi dentini e chissà perché la cosa la inquietò.
“Oh, ah…” balbettò Giacinta perplessa “Non sarebbe proprio
deontologicamente corretto…”
“Non è vietato dalle Leggi” la informò Ellena “Mi sono
informata.”
“Ma… non saprei…”
Giacinta guardò smarrita Raf, come se chiedesse aiuto… ma
Raf guardava Eva.
“Allora, Raf?” lo apostrofò impaziente Ellena.
“Non è scorretto e non è proibito” rispose l’Arcangelo
lentamente “Sicuramente è fuori dalla norma, quindi potenzialmente pericoloso,
ma in sostanza accettabile. In qualità di membro del Comitato di Sorveglianza,
per me non fa nessuna differenza. Ma accetto di entrare solo se Eva lo vuole.”
Ellena scrutò a lungo prima Raf poi Eva: i suoi occhi fissi
erano diventati enormi sul faccino appuntito. Enormi e voraci, pensò
fuggevolmente Eva senza però capire perché.
“Guarda che non ho paura di Vlad.” buttò lì con voce secca:
ma ne aveva invece, anche se non del tipo classico che era abituata a gestire.
“Non ti ho chiesto se hai paura.” specificò Raf. “Anche
se ne hai e si vede” aggiunsero le iridi azzurre e impietose.
“Ho fatto la cosa giusta e per la prima volta ho dalla mia
parte un intera delegazione angelica. Tutore o non tutore, Vlad non mi fa
paura.”
“Ma vuoi andare o no?”
“No che non voglio!”
“Uffa” sbuffò Eva distogliendo lo sguardo: gli occhi buoni e
taumaturgici di Raf riuscivano solo a mandarla ancora più in confusione “Certo
che mi va. Due Demoni di rango in un botto solo, e chi se lo perderebbe uno
spettacolo del genere? Sono solo indecisa se portarmi il libretto per gli
autografi o il mitra.”
“Che simpatica.” sospirò Gino materno mentre Giacinta la
guardava scandalizzata.
Ellena, impassibile, entrò quindi nell’Eremo con passo
elastico mentre alle sue spalle la congrega di Demoni tratteneva il fiato, tra
il preoccupato e l’invidioso: la seguirono subito Raf, Giacinta, Gino e per
ultima Lorella, la quale, realizzato che sarebbe rimasta fuori da sola in mezzo
a dozzine di Ultraterreni, si era affrettata ad attaccarsi alle gonne
(metaforiche) di Gino.
“Da questa parte.” indicò Raf verso le celle dei frati:
mentre Ellena si avviava fischiettando al seguito di Raf, Eva rallentò il
passo, lasciando che i due la precedessero. Non aveva una gran voglia di
rivedere Vlad: aveva già il suo daffare a respingere ogni santo secondo il suo
pensiero…
“Fifa, eh?” le gorgogliò addosso Gino con un ghigno complice
mentre lo sorpassava.
Eva pressò le labbra e non rispose. Che avrebbe dovuto
dirgli? Certo che aveva fifa. Forse non ne aveva mai avuta altrettanta in vita
sua.
* * *
Due frati dell’Eremo erano seduti nel corridoio e pregavano
in coro leggendo il libro dei Salmi; solo il Priore era a conoscenza della vera
identità della gente che aveva affollato quel tranquillo fazzoletto di mondo,
mentre quei poveracci umani non avevano capito niente se non che dovevano fare
la guardia a un tizio psicopatico che non poteva uscire mentre altri non
potevano entrare. La vista di Cornelia e del suo cappellino di gerbere li aveva
invero lasciati vagamente perplessi, ma avevano deciso di non farsi domande: i
misteri della psichiatria moderna…
Ellena passando elargì ai due frati un sorriso rassicurante,
e loro le risposero prontamente con aria vacua: quel fascino sottile e
apparentemente innocuo poteva essere doppiamente pericoloso per quei poveri
imbecilli umani, pensò Eva con amarezza.
“Dobbiamo parlare con Vlad.” disse Raf indicando la porta
della cella del Demone che era chiusa e da tempo minacciosamente silenziosa.
I frati schizzarono in piedi e trottarono via con tanto
evidente sollievo che Raf ed Eva non ebbero il coraggio di richiamarli
indietro, anche se così sarebbe rimasti da soli con due Demoni del calibro di
Ellena e Vlad e la cosa non faceva loro affatto piacere. Non che la presenza di
due frati umani avrebbe avuto la benché minima importanza… un Demone Capitale
sufficientemente alterato poteva ridurre in cenere un uomo in tre secondi,
volendo. Ellena in due. Vlad, se opportunamente incazzato, in uno, dopo averlo
sodomizzato.
Raf, incerto, bussò alla porta della cella.
“Vlad?” disse poi aprendo cautamente la porta “Stiamo
entrando.”
Vlad, naturalmente, li aspettava. Probabilmente non si era
perso una sillaba dei loro dialoghi: le urla di Cornelia erano udibili nel
raggio di chilometri e per il resto Vlad sapeva avere l’udito molto fino. La
sua snella figura era distesa sulla scomoda branda monastica, rilassata come se
fosse su un materasso di crine in attesa della cameriera con la colazione;
mancava però il solito sorrisetto da gatto e i suoi occhi color topazio
bucavano come spilli. Raf entrò per primo con un saluto educato, seguito da Eva
(che evitava accuratamente di girare gli occhi nella sua direzione) e per
ultima da Ellena, che entrò con una specie di saltello birichino e un sorriso
che sfavillava come un diamante.
“Vlad!” cinguettò sfarfallando le ciglia “Cucciolo mio! Ti
lascio solo un attimo e tu che mi combini?”
Vlad non diede segno di essere sorpreso: senza scomodarsi,
agitò appena le dita nella sua direzione mantenendo un contegno quasi snob.
Anche la carica del suo potere sembrava al minimo: Eva, tesa come una corda di
violino, lo sentì comunque pulsare subito al di là dello scudo che si era
creata: arrischiò un’occhiata e con enorme sollievo vide che lui non la stava
degnando di un solo sguardo. I suoi occhi socchiusi fissavano Ellena, pacati e
guardinghi come quelli di un lupo a riposo.
“Non volevo di sicuro scomodarti, zuccherino” rispose infine
Vlad con voce piana “D’altra parte, dovevo immaginarmi che saresti piombata qui
come un avvoltoio.”
Ellena sorrise magnanima e andò a sedersi con scioltezza sul
letto.
“Non sei contento di vedermi?” chiese con la buffa faccetta
da elfo dipinta di malizia.
“Certo. Sto avendo orgasmi multipli da quando sei entrata.
Che cosa vuoi, adesso?”
“Cattivo, cattivo Demone” si imbronciò Ellena vagando con la
punta delle dita prima sul ginocchio e poi sulla coscia di Vlad “Mi sono fatta
in quattro per venire a darti il mio aiuto e tu mi ringrazi così?”
“Scusami. Ho lasciato il mazzo di fiori e i cioccolatini al
mio Nodo.”
Ellena sogghignò: di sottecchi studiava le reazioni di Eva
che continuava a rimanere impassibile a fianco di Raf.
“E’ un tale simpaticone” spiegò il Demone mentre le sue dita
sulla coscia di Vlad si facevano sempre meno leggere e innocenti “Giù nel
nostro Piano lo adorano tutti. Persino mammina tiene qualche serata libera solo
per lui.”
“Ti dirò” mormorò Vlad con voce sommessa “Avrei preferito
vedere lei. Mi sarei rassegnato meglio a perdere.”
Ellena rise ancora, ma senza allegria: i suoi denti, pensò
vagamente perplessa Eva, ma quanti erano? Sembravano centinaia stipati in
quella bocca così carina.
“Ancora con quei vecchi rancori? Pensavo che ormai ti fosse
passata la rabbia, orsacchiotto.”
“Cipollina mia, sai quanto io sia permaloso. Sono ancora
nella fase che preferirei un branco di barracuda alla tua compagnia.”
Le dita sottili di Ellena, contornate da rotonde unghie a
mezzaluna, si conficcarono improvvisamente nella coscia di Vlad, che sussultò
dal dolore. Raf si lasciò sfuggire un singulto sorpreso mentre Eva dovette
mordersi l’interno delle guance per non strillare.
“Non sei carino.” sibilò la voce di Ellena, fattasi
improvvisamente rauca e sgradevole.
Bruscamente, si allungò verso di lui e lo costrinse a
rizzarsi a sedere tirandolo per i lembi della camicia: quando gli fu a tiro lo
baciò con la bocca volgarmente aperta, facendogli guizzare la lingua sulle
labbra pressate. Vlad girò il viso per sottrarsi mentre Raf sussultava ed Eva
distoglieva lo sguardo, nauseata.
“Piantala, Ellena.”
“Perché, tesorino? Fino a poco tempo fa non ti faceva così
schifo baciarmi.”
“Ma adesso sì.”
Repentinamente la faccia di Ellena diventò color ricotta e
il sorriso strafottente che le tirava le labbra si trasformò in una smorfia
feroce: il suo viso carino prese un colorito livido su cui spiccavano gli occhi
enormi, torbidi, così malvagi che non si riusciva a guardarli. Di riflesso, Eva
si sentì pungere dovunque sulla pelle, come sotto a una invisibile pioggia
acida: nella furia del momento, forse Ellena si era dimenticata di trattenere
la sua essenza demoniaca che si spandeva intorno gonfiandosi come una nuvola di
gas mefitico.
“Ti vergogni a baciarmi davanti a lei?” domandò Ellena
indicando con un breve cenno Eva che sobbalzò penosamente come se l’avessero
bruciata con un ferro rovente.
“Non guardarmi, Vlad” ammonì severamente. In realtà
era lei che non riusciva a smettere di guardarlo. Vlad comunque non parlò e il
suo sguardo non si spostò di un millimetro dalla faccia di Ellena.
“Noi, ehm, saremmo qui…” tentennò Raf con diplomazia, ma la
voce secca di Ellena, piena di comando, zittì anche lui.
“Fai vedere quanto apprezzi la tua cara zietta Ellena, Vlad.
Baciami.”
Le ciglia di Vlad batterono una volta sola. Poi, il suo viso
di pietra si chinò docilmente verso di lei e le sue labbra le si aprirono sulla
bocca in un bacio profondo, lento, sensuale. Eva avrebbe voluto distogliere lo
sguardo ma non ci riuscì: il suo cuore di legno e vetro scricchiolò ancora
dolorosamente ma la sua faccia rimase immobile, appena un po’ più pallida.
“Bene bene” gorgogliò Ellena quando Vlad si staccò da lei
“Il mio orsacchiotto sa ancora stare al suo posto, quando vuole.”
Gli afferrò una mano e se la posò sul petto girandosi a
guardare Eva, la quale dovette far ricorso a tutta la sua forza per rimanere
impassibile e non cedere all’impulso di spaccare a metà quel bel faccino da
elfo.
“Non ti dispiace se mi faccio coccolare un po’, vero?” le
chiese obbligando la mano di Vlad a massaggiarle il seno acerbo “Sai… mi è
parso di capire che tra di voi ci sia del tenero, se così vogliamo chiamarlo.”
Ridacchiò mentre Eva arrossiva e sentiva la rabbia montarle
dentro come un ciclone.
“Sei davvero simpatica, Ellena” borbottò piantando lo
sguardo a terra “Come ben sai Vlad è il mio tutore e io sono la sua pupilla;
questo spero non voglia dire che sono obbligata a sorbirmi le vostre
performance sessuali. Soffro di narcolessia già di mio.”
“La pupilla di Vlad!” esclamò Ellena con una risatina
divertita “Che cosa meravigliosa. Eva è anche la tua pupilla, Raffaele, vero?”
“Naturalmente.” rispose la voce dolce di Raf mentre la sua
mano, leggera e ammonitrice, si posava sulla spalla di Eva, come a dirle: stai
buona, adesso.
“E tu, Vlad, non guardarmi, capito?”
Ellena annuì: si accomodò meglio sulla branda, semidistesa
tra le gambe di Vlad con la sua mano a carezzarle i capezzoli che tendevano
impudenti il tessuto della maglietta. I suoi occhi magnetici si fissarono su
Raf e qualcosa di potente si scatenò intorno come una sorta di ovattata malia.
“Cosa significa di preciso essere un tutore?” chiese con
voce bassa e suadente: suo malgrado, Eva sentì che il sangue iniziava a
ribollirle nelle vene, sollecitato dall’incanto di Ellena.
“Significa insegnare e proteggere.” rispose Raf con sforzo
evidente: la sua aura celeste si era vagamente appannata ed Eva poté intuire il
suo sforzo per mantenerla intatta.
“E tu, dolcezza, la pupilla in persona, perché hai aperto
una Condanna verso il tuo tutore?” chiese Ellena, suadente.
“Perché lui mi ha scatenato contro un’orda infernale.”
rispose Eva dopo un po’ con lo sguardo ostinatamente ancorato a terra.
“Capisco. Poi?”
“Poi cosa?”
“Andiamo, dolcezza! Ci sarà un processo e dovremo sviscerare
tutta la verità, non è vero?”
Eva si passò la lingua sulle labbra trovandole aride e
bollenti. Forse si aspettava che Vlad dicesse qualcosa, ma persino lui si era
chiuso in un interessato silenzio.
“Ha fatto uccidere due Mezzi Angeli.” si decise a dire Eva.
Raf si girò a guardarla vagamente stupito e persino Ellena
inarcò scettica un sopracciglio.
“Non sono stato io.” rispose Vlad con calma.
Non alzò nemmeno la voce. Non fece nemmeno una smorfia.
Quattro semplici parole dette da un Demone bugiardo e manipolatore, quattro
parole che avrebbero dovuto essere ignorate e buttate via come inutile carta
straccia… ed Eva sentì che poteva anche essere la verità. O almeno, il suo
cuore lo sperò con tanta repentina forza che si sentì vacillare e per qualche
assurdo motivo cadde nel panico.
“Non hai ordinato tu al Mulo di uccidere Paolo e Sandra?”
ruggì infuriata.
“Rispondimi. Ma non guardarmi, per favore.”
Vlad si limitò a scuotere i bei riccioli rossi, le lunghe
ciglia abbassate sugli occhi.
“No.”
Raf si girò a guardare Vlad ed Eva intuì che gli credeva.
D’altronde, anche per lei quella era la verità. Con un tuffo al cuore, le
balenò un pensiero che tentava di paventare da ore e ore, senza successo: forse
aveva sbagliato ad aprire la Condanna. Non glielo avrebbe detto nessuno, né Raf
né Gino né tanto meno Lorella, ma così stavano le cose. Aveva ascoltato la sua
rabbia e la sua paura, aveva pensato a Paolo e Sandra senza ascoltare il suo
cuore, offuscata dalla sete di vendetta, e adesso aveva la nebulosa certezza
che fossero finiti in guai ancora più grandi di prima.
“Bugiardo.” berciò per reazione, pur sapendo di avere torto
marcio.
Ellena ridacchiò di nuovo esilarata.
“Tesoro! Non ti fidi del tuo tutore?”
“Mi fidavo.” sussurrò Eva ed era chiaro che non stava
rispondendo a Ellena: continuava a sentire una tremenda vertigine ogni volta
che pensava a quei due maledetti topazi insondabili che erano gli occhi di
Vlad.
“Hai paura di Vlad?” chiese Ellena incuriosita.
“Oh, no. Ho terrore di Vlad!”
“Non tanto quanto pensa lui.”
“E allora perché non lo guardi mai in faccia?”
Eva si trattenne a stento dal sussultare.
“Non c’è niente sulla sua faccia che non abbia già visto.”
rispose alla fine lentamente: Ellena sembrò non accontentarsi della risposta.
“E’ ridicolo” buttò lì con lo sguardo languido “E’ da quando
siamo entrati qui che fingete di non vedervi. Avete persino evitato di
salutarvi come due fidanzatini litigiosi che hanno paura di guardarsi in
faccia. ”
A quella provocazione lo sguardo di Eva cadde
inevitabilmente in quello di Vlad e quello di Vlad in quello di Eva, come
Ellena aveva calcolato: i due si guardarono a lungo, tra il tempo e lo spazio
che sembravano essersi fermati.
“Ti avevo detto di non guardarmi, bastardo.”
“Ciao, stronzo.” disse lei di riflesso.
“Ciao scimmietta.” rispose lui monocorde.
L’aria nella stanzetta era diventata così rovente che
sembrava di essere dentro un forno: Ellena sorrideva ancora con gli occhi di
nuovo enormi e famelici come quelli di un predatore che sta per azzannare la
sua preda.
“Bene” sogghignò soddisfatta “Ora sì che è tutto a posto e
abbiamo salvato anche i convenevoli: Giacinta sarebbe fiera di noi. Ora miei
cari potete lasciarci soli? Vlad e io abbiamo due cosette di cui discutere.”
Al suono della sua voce, Eva e Vlad avevano distolto lo
sguardo ed entrambi sembravano inespressivi e disinteressati come due estranei
capitati lì per caso.
“Ellena, fuori ci stanno aspettando…” tentò Raf.
“Dì che ci vorranno appena cinque minuti” gorgogliò il
Demone distrattamente “Vero orsacchiotto che ce la metterai tutta per fare
contenta zia Ellena in poco tempo?”
Fece scivolare con intenzione la mano di Vlad dalla
maglietta ai jeans, strusciandosi lasciva contro di lui. Vlad non si mosse
nemmeno quando Ellena si allungò a mordicchiargli il mento, passandogli le mani
sul petto per scostargli la camicia dalle spalle. Eva sarebbe rimasta guardare
ipnotizzata le mani piccole e irrequiete di Ellena sulla pelle di Vlad se Raf
non l’avesse scossa gentilmente facendola ruotare verso la porta.
“Andiamo” le disse dolcemente “Aspettiamo fuori.”
Eva ubbidì, seguita dai fruscii dei vestiti e dal gorgoglio
vittorioso di Ellena. Anche quando Raf chiuse la porta alle sue spalle continuò
a sentire quei rumori che le strizzavano il cuore peggio di una morsa.
“Tutto bene, Eva?” domandò Raf con voce gentile.
“Certo. Benissimo.”
“Più bugiarda di Giuda.” gorgogliò una vocetta
soddisfatta nella testa; quello che la spaventò fu che quella vocetta era maledettamente
simile a quella di Vlad.
* * *
Eva e Raf tornarono verso il refettorio, accolti da una
Giacinta con la faccia perplessa.
“Ellena?”
“Doveva, ehm… conferire con Vlad.” rispose Raf con voce
professionale.
Il silenzio seguente fu rotto da un inequivocabile gemito
proveniente dalla cella di Vlad e le guance di Giacinta si imporporarono come
un frutto maturo.
“Cieli beati!” mormorò stringendo al petto il libro dei
Salmi “Preghiamo.”
Ma i rumori inconfondibili continuarono, nonostante il
sommesso mormorio dell’Angelo.
A Eva sembrò che le strappassero un brano di pelle a ogni
suono che usciva da quella cella maledetta, ma rimase impassibile sotto lo
sguardo vergognoso di Raf, insieme con una Lorella chiaramente sulle spine e un
Gino imperturbabile.
“E’ normale?” azzardò a fior di labbra Lorella,
scandalizzata e tuttavia incuriosita come non mai.
“Demoni.” sussurrò Gino in un sospiro rassegnato, poi fece
un cenno a Eva perché lo seguisse lontano dagli Angeli.
“Che c’è, monolite?” domandò Eva coi nervi a fior di pelle
“Vuoi che ti procuri un biglietto in prima fila?”
“Così non va bene” esordì Gino deciso ignorandola “Dobbiamo
chiamare Sisar o come cavolo si chiama.”
“Come? Sei matto. Ci sono già anche troppi Demoni qui per i
miei gusti. Ce ne sarebbero troppi anche con solo una ciocca di capelli di
Vlad, figuriamoci…”
“Quella Ellena non mi piace per niente. Dico, l’hai sentita?
Succederà un casino.”
“Non pensavo che le tue orecchie fossero virginee come
quelle di Giacinta. Se ti dà fastidio sentirle Ellena mentre fornica, usa i
tappi cerati, mi han detto che fanno miracoli.”
“Non fare la stronza e dammi retta” reagì brutalmente Gino
“Quella ce l’ha a morte con Vlad; non è venuta di sicuro qui solo per scoparlo,
ma per distruggerlo.”
“Stupidate” grugnì Eva per niente convinta “E’ un Demone,
no? Sta dalla sua parte.”
“Ellena non sta dalla parte di Vlad: ci gioco quello che
vuoi. Me lo sento nelle ossa o nei reumatismi, come ti pare: sta per succedere
qualcosa di brutto. Se vuoi fare una cosa furba, fa chiamare Sisar.”
Eva aggrottò le sopracciglia e si decise a smettere di
protestare: anche lei aveva una brutta sensazione di malessere addosso.
L’immagine delle mani inquiete di Ellena sul petto liscio di Vlad la rincorreva
come una tigre affamata. Eva odiò quelle mani con quanta forza aveva. Certo,
Ellena era un Demone e Vlad era il più lussurioso dei lussuriosi; logico che ci
fosse di mezzo il sesso qualsiasi cosa facessero. Sapendolo avrebbe dovuto
odiare Vlad, Vlad che mentiva e raggirava e usava tutto e tutti per i suoi
subdoli scopi. “Ma quali erano questi scopi? A che pro tentare di
ucciderla?”
“Non ho l’autorità per chiamare Sisar” rispose infine
riottosa “E comunque lo sai anche tu, Sisar stravede per Vlad. Se arriva lui,
quello stronzo è fuori libero come l’aria in meno di sessanta secondi…”
Gino le afferrò un braccio con insolita forza ed Eva si
trovò sorpresa a fissargli da molto vicino le iridi marroni.
“E tu vuoi che Vlad finisca nel girone dei Dimenticati?” le
chiese serio come mai l’aveva visto “Sei davvero convinta al 100% che Vlad ti
volesse morta? Perché a me risulta che ti abbia salvato due volte. La prima
forse non aspettava altro, ma la seconda…”
E se davvero Vlad non avesse voluto ucciderla? E se avesse
scatenato sul serio l’orda infernale solo per costringerla a chiamarlo? Era
capacissimo di fare quel genere di sporchi giochetti… molto più di quanto lo
ritenesse capace di uccidere due Mezzi Angeli senza motivo. Perché quando lui
aveva detto che non aveva fatto uccidere Paolo e Sandra lei gli aveva creduto.
“Ha salvato anche te. Pensi di dovergli qualcosa?”
“E tu non gli devi niente? Vuoi davvero che sparisca dalla
tua vita?”
Era una domanda che le bruciava sempre di più addosso. Ma
più della domanda, le bruciava la risposta e le sue conseguenze. “Gli ho
creduto perché voglio credergli o perché è davvero innocente?” si domandò
angosciata una remota vocetta dentro di lei “Ho davvero sbagliato a
Condannarlo o è quello che si merita? Sono pronta per eliminarlo dalla mia
vita? Per sempre? Perché devo chiedermi, maledizione, come farò a vivere senza
quei suoi… maledetti… occhi…?”
“Io…”
“Fa chiamare Sisar” la interruppe Gino mollandole bruscamente il braccio “Dopo deciderai se continuare questa
sceneggiata da martire oltraggiata o no. Intanto, una chance gliela devi.”
“Io non devo proprio niente a nessuno.”
“Invece sì e tu lo sai.”
Eva riuscì di nuovo ad arrabbiarsi.
“Bugiardo.”
“Vigliacca.”
“Panzone lardoso.”
“Muovi quel culo secco e fai quello che devi fare,
Sanguemisto: qui fuori ci penso io.”
Eva rimase a fissarlo pensosa per un attimo mentre lui le
ammiccava irriverente: poi annuì con un gesto secco. Al diavolo!
“Una chance, solo una chance… in fondo gliela devi.”
“Ho bisogno di Raf.” borbottò tornando verso il gruppetto
nel refettorio.
Giacinta continuava a pregare in tono quasi isterico;
Lorella le sedeva vicino, spaesata; Raf era in piedi come se l’aspettasse e le
si avvicinò prima ancora che lei pensasse di chiamarlo. Gli fece cenno di
seguirla dentro una cella vuota mentre alle sue spalle, la voce allegra di Gino
esordiva piena di buonumore: “Allora, gente, chi è di mazzo?”
NOTE DELL’AUTRICE:
Che meravigliosa pioggia di recensioni!! Grazie a tutti,
davvero, col cuore!!
Amie, tesoro, sono davvero commossa dalla tua fedeltà… e
anche un po’ perplessa dalla inquietante vena di pazzia che colgo dalle tue
recensioni. D’altronde, se non fossi completamente pazza non saresti qui a
leggermi, vero? In ogni caso… vai di pon pon e gonnellino sexy, sei tutte noi!!
ReaderNotViewer, ma che joia risentirti! Ogni volta riesci a
mettermi a mio agio e a entusiasmarmi come se ci fossimo sentite solo ieri. Che
donna che sei, che donna! Meno male che rimani tu come ultimo baluardo del fan
club del povero Raf. Non erami intenzione sminuirlo, ma tenere in gioco tanti
personaggi è davvero faticoso e non sempre funzionale alla storia, quindi… ha
dovuto cedere il passo, povero. Ma chissà i prossimi capitoli…
Chamelion, mia adorata… mentre preparo il rinfresco di
nozze, mi diletto nel leggere le tue recensioni, che sono sempre sorprendenti e
spumeggianti, mai banali, in poche parole… deliziose!!!! Ma non trascurare lo
stusio per leggere di Demoni e Angeli, ormai manca poco… o c’è l’esame quest’anno?Bo,
mi sono persa la tua età… cielo, vuoi dire che rischio la galera
sposandoti?!?!? Fammi sapere che in caso preparo il passaporto.
MarzyPappy, la bella riccioluta che parla di figazzuoli con
tanta nonchalance… ma che meraviglioso neologismo che hai coniato!! Lo adoro,
posso usarlo per i prossimi deliri mentali?!?!
Krisma, il mio bocciolo in fiore! Questa è proprio la nostra
stagione, non trovi? Boccioli dovunque, e piumini di pioppi come se nevicasse…
quanti anatemi dagli allergici, ma così bello da vedere!! Ricambio baci und
abbrazzi, a presto!!
LauraRoberta87: a dieta di farinacei, nooooo! E con la
fornitura industriale di biada che Sahid aveva ordinato per le tue pagnotte,
come la mettiamo? Povero pakistano, poi è chiaro che diventano tutti
delinquenti…
Anthy: Una niuentri, wow, che enore e che emozione!! Benvenuta,
speriamo che tu rimanga qui un pezzo a sparare goliardate in compagnia…Ellena
peperina, eh già… cambiato opinione? Famme sapé, basci.
White Shadow, mia bellissima ombra bianca, che onore, che
gaudio, che commozione sentirti così entusiasta! Dunque, chiamasi bacarozzo lo scarafone
(napoletano), la panarassa (reggiano), il beatle (inglese) ovvero lo
scarafaggio. Chiaro così? Ho schiuso nuovi emozionanti orizzonti linguistici? Ah,
Ellena fimmina fusse… Un bacione!!!
Londonlilyt: Meno male che qualcuno memorizza gli indizi
etti che mollo qua e là… Ellena è la Gran Stronza, infatti, fortuna che te ne sei ricordata!! LE mie ricerche sul sito del
Vaticano, ma noooo, andiamo!! E’ tutto frutto della mia mente perversa e
malata, lo sai. Gli universi che si espandono dentro la mia scatola cranica
(vedi: le Orion, Paralleli…) prima o poi me la faranno saltare come un tappo di
sughero, tu che dici?
Rik Bisini: Vedo che mai invano preparo i miei piccoli
indizi… effettivamente il processo era evocativo del Purgatorio, che bello che
qualcuno se n’è accorto!! E anche la somiglianza di Ellena con Kaulitz…
inizialmente era più marcata, Romina mi suggerì di stemperarla per non cadere
nell’equivoco! Che sottile, acuta analisi, buonuomo… sempre più ammirata, mando
tanti cari abbracci, a presto!!
Flori, mia carissima, grazie!! Non sparire, eh?
Erronea2: Vedendo scritto nero su bianco “povero Vlad” ho
pensato: con questa le ho lette tutte. Meno male che l’hai scritto in chiave
ironica!! Accetto e ringrazio per i complimenti, mai sufficienti per chi ne è
affamato come me ma sempre graditissimi!!
Killer: Ma certo che mi sono arrivati i tuoi lamenti
disperati… in un primo momento pensavo fosse il cane del mio vicino, però. Ma
non ti preoccupare per Vlad, tesoro!!! Sa perfettamente cavarsela, quel
bastardo. E poi lo amo troppo per lasciarlo cuocere a lungo nella merda… abbi
fede, joia, e vedrai che andrà tutto bene!! Nel frattempo, beccati un vagone di
baci, a presto!!
Non per far, ma per non fare ho
perduto
a veder l'alto Sol che tu disiri
e che fu tardi per me conosciuto.
Luogo è là giù non tristo di martìri,
ma di tenebre solo, ove i lamenti
non suonan come guai, ma son sospiri.
Dante Alighieri, La Divina Commedia, Purgatorio, Canto VII
Eva e Raf entrarono nella prima
cella del corridoio quasi di soppiatto. La stanza era in penombra, fresca e
asettica: Raf si girò a guardare Eva con malcelato sollievo mentre lei si
appoggiava alla porta chiudendola, ancora incerta su come e cosa dire
all’Arcangelo.
“Era ora che ti decidessi a
parlarmi” la precedette Raf con un sorriso dolcissimo “La tua aura era così
confusa e angosciata che mi chiedevo quando finalmente avresti chiesto il mio
aiuto…”
Eva chiuse per un attimo gli
occhi, inspirando a fondo: come al solito Raf aveva il potere con la sua sola
presenza di lenirle l’animo in subbuglio. La sua costante attenzione, il suo
perpetuo interesse per lei non mancavano mai di riempirla di gioia vergognosa,
di insperata pace. “Se solo potessimo stare così per sempre” pensò Eva
con rimpianto.
“Lo so” disse bruscamente
abbassando lo sguardo “In effetti sono confusa. Tutto questo casino…”
“Possiamo chiamarla confusione?”
“Ma è un vero casino, Raf.
Cornelia là fuori che scalpita, Giacinta che prega e non si sa se è di qua o di
là… Ellena, che è venuta qui con intenzioni tutt’altro che chiare. Il Processo,
il Comitato…”
“E Vlad.” aggiunse Raf con
estrema calma.
Il cuore di Eva fece un balzo
doloroso nel petto.
“E Vlad.” ammise sforzandosi di
non abbassare lo sguardo.
Raf sospirò, gli occhi celesti
più grandi e buoni che mai.
“Avanti, parla.”
“Non sono più sicura che Vlad
abbia fatto uccidere Paolo e Sandra. Lui… credo che fosse sincero quando ha
confessato di non c’entrare niente in quella storia, poco fa.”
“Può darsi” rispose Raf
pensieroso “In effetti non ci sono prove né a carico né a favore. L’unico a
parte Vlad che potrebbe sapere qualcosa è l’esecutore dell’omicidio, il Mulo,
ma a quanto pare si trova nel Girone dei Dimenticati, eternamente
irraggiungibile.”
“Per colpa mia” borbottò Eva
amaramente “Se solo avessi saputo…”
“Non ti prendere la colpa di
tutto: col senno di poi qualsiasi errore sarebbe rimediabile.”
Eva, coraggiosamente, lo guardò
dritto in faccia.
“E se fossi ancora in tempo a
rimediare un mio errore?”
Il sorriso buono di Raf si smorzò
repentinamente.
“Una Condanna non si ritira.”
“Forse ci sono altri modi.”
“Stai pensando qualcosa di molto
pericoloso” la avvisò serio “Te lo leggo negli occhi. Forse Vlad ti ha messo in
testa qualche idea assurda…”
“Vlad non mi ha messo in testa
proprio niente.” reagì Eva punta sul vivo. “A parte un bel po’ di
sconcezze…”
Ma Raf era decisamente scettico.
Gentile, ma scettico.
“Sin da quando eri piccola,
l’alchimia tra te e Vlad è sempre stata molto potente. Forse perché la parte
demoniaca che hai ereditato da tua madre è lussuriosa…”
“L’unica cosa che lega me e Vlad
è il Triumviro.”
“Lasciami finire prima di
arrabbiarti. Tu e Vlad siete molto uniti. Io sento il tuo cuore, Eva. Sento che
odi Vlad con tutta te stessa. E sento che lo ami.”
“Sei una vera e propria stazione
radar” ironizzò Eva amaramente “Peccato che quello che sento per te non lo
capti mai.”
Normalmente, Raf a quel punto avrebbe
detto “Eva, Eva…” scuotendo il capo e irradiandola col suo sorriso paziente. Ma
non c’era nessun sorriso sul viso pallido di Raf e nemmeno pazienza. Il suo
viso era tirato, dolcemente tormentato. La sofferenza se possibile lo rendeva
ancora più angelicamente bello e nella debolezza della confusione che aveva in
mente, Eva si sentì pericolosamente vicina al cedere all’onnipresente istinto
di… di?
“Ho sempre pensato che il legame
tra noi due fosse più forte di quello che c’è tra te e Vlad” articolò con lenta
sofferenza Raf “Ma non lo penso più dopo aver visto come vi guardavate, nella
sua cella.”
Lo sforzo che fece Eva per
sostenere il suo sguardo le prosciugò dal cuore tutte le inutili parole che si
era frettolosamente preparata.
“Io non amo Vlad.” scandì con
voce chiara.
“Non mentire. Non puoi fare a
meno di amare: sei un Angelo anche tu, dopotutto. E non arriverai da nessuna
parte se
non obblighi te stessa alla
verità.”
“Io non lo amo” ripeté cocciuta
“E’ un Demone e nessuno meglio di me sa cosa voglia dire questo. Io non amo
Vlad. Non posso amarlo e non devo amarlo” chiuse gli occhi, cercando di fare
sue quelle sagge parole “Ma sento che devo dargli una possibilità per
salvarsi.”
Ammetterlo fu così faticoso che
subito dopo averlo detto si sentì spossata come se avesse corso per mille
chilometri. Raf, invece, sembrò semplicemente più triste.
“Oh Eva, Eva…” mormorò affranto
“Nessuno può salvare un Demone.”
“Non ho detto che voglio
salvarlo. Ho detto che devo dargli una possibilità.”
“E questo cosa significa?”
“Che devi chiamare Sisar.”
Raf sembrò genuinamente preso in
contropiede.
“Non posso farlo” rispose
automaticamente “E’ contro il regolamento.”
“Lo so. Ma te lo chiedo lo
stesso.”
“Dovrei infrangere il regolamento
per Vlad? Non se ne parla nemmeno.”
Sembrava imbronciato: era un
Arcangelo, era l’incarnazione stessa della bontà divina, eppure in quel momento
Eva avrebbe scommesso tutto quello che aveva che Raf era geloso…
“Non vuoi farlo in linea di
massima o non vuoi farlo per Vlad?”
“Non vedo nessuna differenza.”
“C’è, invece. Se ti chiedessi di
farlo per me?”
Lo guardava negli occhi,
indifesa, sapendo che lo stava costringendo a fare qualcosa che andava contro
la sua natura e odiandosi per quello.
“Eva…”
“Per favore.”
Gli andò vicino. Qualcosa passò
negli occhi di Raf, una sorta di dolore che trasmise a Eva una sotterranea
esaltazione.
“Perché lo vuoi salvare?” domandò
la voce dolente di Raf “Non riesco a capire perché mi disturba così tanto il
pensiero che sia disposta a rischiare tutto per Vlad. Non… non riesco a
sopportarlo. Il pensiero mi fa stare male.”
Non era abituato a soffrire in
quel modo, Eva glielo lesse sulla bellissima faccia smarrita. Come per sbaglio
si trovò ad allungare le braccia, aspettando le sue. Dopo un infinitesimale
attimo di tentennamento, Raf la abbracciò, delicato come se fosse fatta di
porcellana. Eva chiuse di nuovo gli occhi e si lasciò cullare con insolito
abbandono, la guancia posata sul tessuto fresco del suo maglione azzurro.
Sapeva che non era né il momento né il luogo, ma non poteva fare a meno di
sentire il proprio cuore sobbalzare e desiderare qualcosa di impossibile.
Perché in quel momento sospeso forse non era più così impossibile.
“Raf, stringimi.” sentì
sussurrare la propria voce.
Lui ubbidì e tremò.
“Tu mi ami, Raf?”
“Sai che voglio solo il tuo
bene.”
“Per favore, non rifilarmi queste
stronzate da Arcangelo. So tutto del bene superiore, della bontà divina e
dell’assoluta asessualità dell’amore fra Angeli. Ma io non sono un Angelo e tu
sai cosa voglio sapere.”
Il respiro di Raf divenne
discontinuo, sofferente.
“Eva” mormorò con la bocca sui
suoi capelli “Per favore non chiedermelo. Non qui, non adesso.”
“Non fare che l’amore che ho
per te sia più forte di me”, dicevano quelle poche parole. Ma il suo tono
di voce, quel leggero tremore tra una parola e l’altra, dicevano molto di più.
Quelle braccia più delicate del solito parlavano di debolezza e a Eva balzò il
cuore in gola dall’emozione improvvisa.
“Raf?”
“Perché?”
“Perché non è sicuro di
resistere” esultò una vocetta remota.
“Perché ho paura.” ammise Raf con
dolente innocenza.
Eva avrebbe voluto assecondarlo:
staccarsi da lui e provare con le parole a convincerlo a non comportarsi da
Arcangelo almeno in quell’occasione. Invece, si strinse a lui ancora più forte,
premendo interamente il proprio corpo contro il suo.
“Devo chiedertelo.” mormorò la
bocca di Eva, vicinissima al suo orecchio: aspirò esaltata il profumo intimo
dei capelli di Raf dietro le orecchie e percepì con meraviglia il battito
furioso del suo cuore contro il petto.
“Ti prego.”
Ma Eva non lo ascoltò perché in
fondo era una vita intera che voleva che succedesse proprio quello: con un
movimento impercettibile, sollevò la testa e il respiro paradisiaco di Raf le
accarezzò le palpebre pesanti e arrossate. Lo guardò a lungo, senza dire
niente: lasciò le porte della sua anima spalancate perché Raf vedesse e
capisse… e cedesse.
“Eva, Eva…” bisbigliò l’Arcangelo
con voce rotta, ma questa volta Eva sentì tangibile la sua resa.
Seguì il suo istinto: fece scivolare
le mani dietro la nuca di Raf, si sollevò sulle punte dei piedi e lo baciò.
* * *
“Eva.”
Vlad, steso sul letto, alzò
bruscamente la testa dal cuscino e si rizzò a sedere con tutti i nervi tesi e
in allerta. Quel dannato corpo mortale era incredibilmente difficile da domare,
meditò fuggevolmente mentre la strana sensazione che lo aveva invaso andava via
via scemando.
“Eva.”
Chissà cos’era stato. Per un
attimo gli era sembrato di avere addosso un milione di spilli. E ancora si
sentiva tutto scombussolato, ammise scacciando subito dopo quel pensiero.
Quello che non riuscì a scacciare era quel nome, piccolo e fastidioso come un
tarlo aggrappato a qualsiasi pensiero gli vagasse per la mente.
“Eva.”
* * *
La bocca di Raf era la cosa più
morbida su cui Eva avesse mai posato le labbra. Morbida, umida, profumata.
Innocente, fragile, delicata. Era come baciare un fiore, pensò rapita mentre
con dolcezza forzava la debole resistenza di Raf per essere accolta nella sua
bocca. “E’ meraviglioso”, volò un frammento di pensiero in quel completo
abbandono.
Con gli occhi socchiusi Eva
registrava tutto con famelica brama: ogni fruscio, ogni minimo gesto sembrò
disegnarsi nella memoria come avvolto da un pulviscolo di luce dorata,
abbagliante. Ogni cosa era di una bellezza abbacinante: le palpebre chiuse di
Raf, con le lunghe ciglia bionde frementi; la lucentezza lunare dei suoi
capelli sotto le dita; la solida consistenza del suo corpo premuto addosso,
leggero eppure presente come non lo era mai stato; e quel sapore, quel sapore
divino fatto di attesa e amore e promesse…
Durò poco più di un attimo, ma
Eva sapeva che le sarebbe bastato. O forse no, forse l’avrebbe cercato di
nuovo. Quando però le labbra di Raf lasciarono la sua bocca per premersi con
forza sulla sua fronte, capì che qualcosa era drasticamente cambiato tra loro,
per sempre.
“Eva, Eva…” ripeté Raf con una
voce che sembrava venire da un altro pianeta; sembrava fragile come un
uccellino ed Eva lo abbracciò per trasmettergli tutta la sua forza. Si sentiva
invincibile in quel momento. Anzi, si sentiva onnipotente, come se avesse
raggiunto in un battito d’ali la cima più alta del mondo e sapesse che era
tutto lì ai suoi piedi. L’amore le traboccava da ogni poro: amore per Raf, per
il mondo… persino per se stessa. Persino per Vlad.
“Raf” lo chiamò piano, la voce
intessuta di gioia pura “Io ti amo, Raf.”
E anche lui l’amava, esultò tra
sé e sé. Non c’era bisogno che lo dicesse, lei lo sapeva.
Raf l’aveva baciata. Sì,
tecnicamente era stata lei a baciare lui, ma lui aveva risposto al suo bacio.
Con timidezza e spavento, ma aveva risposto al suo bacio, inequivocabilmente.
Aveva ceduto.
Come lei aveva ceduto a Vlad (un
milione di anni prima?) ed era diventata sua, ora Raf aveva ceduto a lei e, Eva
in cuor suo lo sapeva con segreta esultanza, era diventato suo. Quali fossero
gli effetti di tutto quello Eva non lo sapeva. Non sapeva se così fossero così
tutti destinati all’Inferno o al Paradiso o al semplice oblio. Sapeva solo che
una sensazione così completamente bella non poteva portarle niente di male e
che meritava solo di essere degnamente vissuta.
“Eva, Eva…” ripeteva Raf e aveva
paura, si sentiva, ma era anche felice, ed Eva sentiva anche quello.
Sarebbe rimasta lì abbracciata
all’Arcangelo per sempre, ad assorbire ed emettere amore come un cuore
pulsante, non fosse stato per il vocione cupo di Gino che rimbombò nel
corridoio, attutito dalla porta chiusa.
“Eva? Raf? Dove cazzo vi siete
cacciati?”
Raf si staccò per primo
dall’abbraccio: la guardò negli occhi e sembrava confuso e quasi triste. Eva
gli sorrise, radiosa come un vero e proprio Angelo.
“Va tutto bene.” gli disse con
così tanta convinzione che il viso di Raf tornò sereno quasi come prima.
“Evaaaaa! C’è Perry Mason del
sottosuolo qui che dice di partire col processooooo!! Dove zufolo sei?”
Eva si girò verso la porta, poi
tornò a guardare Raf.
“Chiama Sisar” gli disse
sottovoce e nemmeno per un momento le passò per la testa il pensiero che Raf
potesse dire di no “Io guardo cosa si può fare di là.”
Poi, con un ultimo radioso
sorriso, sparì velocemente dietro la porta.
* * *
Il refettorio era stato
trasformato in una perfetta aula di tribunale. Per par condicio, era stato
negato l’accesso anche agli Angeli minori così che nella stanza c’erano solo
Giacinta e i due ospiti umani, Lorella e Gino; la prima più spaesata e infelice
che mai, il secondo, che si era procurato un cestino portavivande, era allegro
come se fosse al Luna Park. Il tavolo fratino era stato spostato al centro
della stanza e tutte le finestre erano state aperte per consentire ai Demoni e
agli Angeli all’esterno di seguire il processo, nonostante il divieto di
entrare: il cappello fiorito di Cornelia svettava al centro della finestra più
grande, particolarmente giallo e osceno. Due sedie traballanti erano state
poste ai lati del tavolo: una per la querelante, Eva, e una per il condannato,
Vlad.
“Ti ho già detto che il Comitato
di Sorveglianza non sarà fisicamente presente” stava dicendo Giacinta con voce
lamentosa a Gino “E’ inutile che fai portare qui altre sedie.”
“E chi cazzo se ne frega dei
sorveglianti?” rispose Gino con noncuranza “Le sedie sono per me, Lorella e per
i pop corn: mi sa che ce ne vorranno a barili prima che lo spettacolo sia
finito!”
“Il Comitato non sarà qui?”
domandò Eva avvicinandosi con nonchalance e cercando di non sembrare troppo
felice. La cosa le risultò particolarmente ardua, visto che doveva obbligare le
labbra a non arcuarsi in un sorriso scemo.
“Certo che no” rispose Giacinta,
distratta “Sarà qui in spirito. Hai idea di quanti Processi si stanno svolgendo
in tutto il Piano in questo momento? Solo alla fine del processo ne verrà
richiesto il Giudizio.”
“Fico!” esultò Gino con gli occhi
brillanti “Sembrerà di assistere a una nuova puntata di Law and Order. Sono
indeciso tra le brustoline e le Cipster. Tu cosa consigli, Lorella?”
La ragazza girò su di lui uno
sguardo doverosamente allucinato.
“Cipster” disse alla fine di una
lunga meditazione “Se fai abbastanza rumore ruminando quella roba magari mi
sveglio e scopro che è tutto un incubo post abbuffata di peperoni.”
“Tranquilla, piccola” le sorrise
Eva con una breve carezza alla spalla “Non ci saranno sputafuoco infernali a
disturbare lo spettacolo.”
Lorella ammutolì e si immobilizzò
come una statua di sale: Gino, che stava bevendo da una lattina di birra
comparsa come per magia dal suo cestino portavivande, per poco non si affogò
strozzandosi con un sorso.
“Che c’è?” chiese Eva allarmata.
“Hai sorriso?” chiese Lorella
guardandola come se le fosse spuntato un corno intarsiato in mezzo alla fronte
“No, dico… hai sorriso davvero? O era una paresi spastica?”
“Era di sicuro una paresi”
tossicchiò Gino con gli occhi rossi “Perché se non era una paresi potrebbe
sembrare quasi che fosse incomprensibilmente e assurdamente felice!”
Suo malgrado, Eva sentì le labbra
che si stiravano in un sorriso e dovette lottare per mantenere un broncio
neutrale.
“Guarda che io sono sempre
felice.” commentò, ma lo sguardo di Gino si era fatto d’improvviso duro e serio
e le scrutò dentro come se fosse fatta di vetro.
“Dimmi che non l’hai fatto.”
borbottò a metà tra l’aggressivo e il supplice, ed Eva si decise a perdere un
po’ di buonumore.
“Non ho fatto niente.” si difese
immediatamente distogliendo lo sguardo, ma Gino la afferrò per un braccio
impedendole di scappare via mentre Lorella pigolava affranta: “Fatto cosa?”
“Guai a te” grugnì Gino
strattonandole il braccio, per la prima volta in vita sua seriamente
preoccupato “Guai a te se gli fai del male.”
Eva non si azzardò a chiedere “a
chi?” perché Gino le avrebbe risposto e lei non voleva che la verità fosse
tradotta a parole: sarebbero state troppo grandi persino per lei, ammise
controvoglia.
“Che te ne importa.” rispose
invece imbronciata con un lungo sguardo di sfida.
“Mi importa di te” rispose Gino a
muso duro “Il pennuto non mi è particolarmente simpatico, lo ammetto; è
decorativo, utile e divertente come una statua equestre in granito. Ma so
capire bene il valore di quello che rappresenta e se fai tanto di sporcarlo,
giuro che ti prendo a ceffoni, quanto è vero che mi chiamo Gino.”
Eva riuscì a liberare il braccio
dalla presa di Gino: l’euforia che l’aveva sorretta fino a quel momento stava
lentamente scemando, abbattuta da tutti quei biechi se e ma che la soffocavano
da tutta una vita, e la sensazione era quella di chi ritorna lentamente a terra
dopo un eccitante volo in deltaplano.
“Ti ho già detto che non ho fatto
niente di male” ripeté con voce secca girandogli le spalle “Ho solo fatto in
modo che arrivi Sisar, come tu mi hai suggerito. Però grazie come sempre per la
fiducia.”
“Ognuno ha quella che si merita.”
bofonchiò Gino imperturbabile.
Eva non rispose: nel relativo
silenzio fra loro, il rumore di un martello che percuoteva il legno risuonò
come il rombo di un tuono.
“Se siamo tutti pronti, possiamo
iniziare il Processo.” declamò la voce allegra e musicale di Ellena.
* * *
Gino, Eva e Lorella di girarono
bruscamente verso il tavolo fratino al centro della stanza con identiche
espressioni di scandalizzata sorpresa. Ellena se ne stava dritta dietro il
tavolo, pimpante e sogghignante come una scimmietta dispettosa. Cercò lo
sguardo di Eva e, trovatolo, si passò la lingua sulle labbra con l’aria golosa
e soddisfatta di un gatto che si è appena ingollato una ciotola di panna. La
sua lingua era nera e forcuta, notò Eva con un brivido freddo dietro la
schiena.
“Il Processo?” balbettò Lorella
al suo fianco “Di già?”
“Tesoro” sospirò Ellena “Noi
Ultraterreni non sprechiamo il nostro tempo su questo insulso Piano. Benché,
essendo immortali, di tempo ne avremmo da vendere, non è vero?”
Rise, imitata subito da Cornelia
e dal suo codazzo di tirapiedi; Giacinta se ne stava buona buona da un lato,
silenziosa e rarefatta come se nemmeno fosse lì.
“Io e Giacinta abbiamo concordato
chi delle due dovrà fare da portavoce ufficiale del processo” informò Ellena
“Di solito questo ruolo è ricoperto dal rappresentante dell’accusa, ma la mia
voce è più squillante di quella di Giacinta, quindi la mia esimia collega ha
ceduto a me il suo ruolo. Quindi, procederemo allietati dalla mia voce!
Signorina Sanguemisto, prego, si accomodi accanto a sorella Giacinta.”
Eva ubbidì, camminando
nell’ostile silenzio generale a testa alta e seguita dall’indistinto mormorio
di incoraggiamento di Lorella. I Demoni fuori dalle finestre bisbigliavano
oscenità più o meno udibili al suo passaggio mentre Cornelia la fissava con gli
occhi resi enormi dai suoi vezzosi occhialini, l’espressione a metà tra
contenuta ferocia e vittoriosa aspettativa. Ma fu nel guardare Ellena che il
sangue le si gelò nelle vene: dietro la sottile, fragile maschera della
ragazzina efebica, Eva vide una fugace apparizione della vera essenza del
Demone e le tremò tutto, dal cuore al bassoventre. Era così malvagiamente
famelica che l’istinto fu per un attimo quello di correre via più lontano
possibile, gridando fino a scorticarsi al gola. Poi, Ellena risistemò la sua
maschera umana e il sorriso tornò allegro e pimpante mentre Eva si sedeva con
lenta precauzione al fianco di Giacinta. Sudava freddo.
“Tutto bene, sorella?” le chiese
Giacinta apprensiva.
“Io e te non siamo né sorelle né
cugine di ottavo grado” sibilò Eva in risposta senza guardarla “Tienilo bene a
mente.”
Giacinta sospirò e le girò
metaforicamente le spalle. Ma Eva era già distratta perché in quel momento
fecero entrare Vlad e tutto il resto perse importanza.
Tutti i presenti si girarono
verso di lui prima ancora che Ellena, con la sua voce squillante, strillasse:
“Entri l’imputato!”
Vlad era avvolto da una specie di
aura traslucida che Eva identificò come una specie di “scudo antifuga”
ultraterreno. Ma lo stesso la sua lussuriosa essenza demoniaca era densa e
palpabile e avvolse tutti con insidiosa facilità; persino qualche Angelo si
trovò a sospirare suo malgrado. I Demoni, invece, cominciarono a uggiolare come
un branco di cani nel sentire l’usta della preda.
“Patetico.” borbottò Giacinta
agitandosi appena sulla sedia e ficcando immediatamente il naso nel libro dei
Salmi. Vlad non se ne accorse: la sua attenzione era concentrata su Eva. I suoi
obliqui occhi color topazio scintillavano freddamente mettendola a disagio come
sotto un’improvvisa doccia scozzese di emozioni. Vlad era malvagiamente bello
con quei capelli infuocati e scomposti, la camicia negligentemente aperta, lo
sguardo penetrante… Eva guardò da un’altra parte, odiandosi per
quell’ammissione di debolezza.
“Silenzio!” intimò Ellena e
nell’improvviso silenzio generale, la voce di Vlad risuonò calda e ricca come
velluto di seta.
“Ciao, scimmietta.”
Chiaramente era rivolto a Eva che
continuò a forza a non guardarlo.
“Ciao, Vlad.”
“Siediti.” sentenziò Ellena.
Vlad accolse l’ordine come fosse
un’offerta e distese le sue lunghe gambe stiracchiandosi voluttuosamente sulla
sedia. Ci fu un’altra selva di ansiti zittita bruscamente da Ellena che, labbra
pressate ed espressione feroce, non sembrava affatto felice di venire messa in
ombra da un suo sottoposto.
“Allora Vlad” esordì con
telegrafica durezza “Sei stato accusato dalla qui presente Eva, Sanguemisto,
Recuperante autorizzata dal Comitato di Sorveglianza, di averle scatenato
contro un’orda infernale.”
Eva continuava a non riuscire a
guardare Vlad; lui si limitava a battere il piede a tempo di musica con sublime
indifferenza. La voce di Ellena risuonò vibrante di metallica indignazione.
“Cos’hai da dire in proposito?”
“Niente” sospirò Vlad con noia
evidente “Ho capito quello che ha fatto la qui presente Eva, Sanguemisto,
Recuperante autorizzata dal Comitato di Sorveglianza. E’ ovvio che non mi va di
darle una medaglia per il suo operato, quindi aspetto la sua deposizione.”
“Non hai nient’altro da dire?”
“No. Oh, aspetta, sì: volevo dire
che il cappello di Cornelia è veramente delizioso e che la faccia e il culo di
Giacinta sono identici.”
Giacinta e Cornelia diventarono
bianche e rosse contemporaneamente, anche se per motivi diametralmente diversi:
Gino invece tossicchiò nel pugno una risatina soffocata e tornò subito
leziosamente serio con lo sguardo fisso sull’imputato. Ellena sembrava ogni
secondo più infuriata e verdastra.
“Forse non hai capito la gravità
della cosa, Vlad” ringhiò con voce bassa minacciosa “Ma la tua aria da
baronessa oltraggiata non durerà molto. Forse dovremmo farti fare le domande
direttamente dall’accusatrice: sembri molto più propenso a rispondere a lei che
all’autorità competente.”
Eva arrossì immediatamente
sobbalzando ed Ellena fece un sorriso maligno, passandosi quella oscena lingua
nerastra sulle labbra. Lo sguardo di Vlad si girò lentamente verso Eva,
impietoso come un faro abbagliante.
“Sono tutt’orecchi.” mormorò a
voce bassa e quieta.
Eva avrebbe voluto essere lontano
mille miglia da lì; le sembrava di essere seduta su una sedia di spilli, aveva
i piedi ghiacciati, le guance roventi e un diffuso senso di malessere che le
faceva dolere le ossa. “Dove sei, Raf?” pensò angosciata: voleva che
Sisar arrivasse presto a distogliere l’attenzione da lei (a toglierle
finalmente di dosso quelle due agate ardenti degli occhi di Vlad, per la
precisione). E soprattutto voleva l’abbraccio rassicurante di Raf, il tiepido
nido sicuro delle sue braccia. Ma non le stava arrivando la minima vibrazione
della sua presenza, quindi al momento doveva pazientare e prendere tempo.
“E’ vero che hai scatenato
un’orda infernale contro di me?” chiese quindi con voce ferma: la risposta era
così ovvia che persino Vlad inarcò tediato le sopracciglia.
“Pensavo che questo fosse già
chiaro” pigolò la vocetta saccente di Giacinta, fiorendo quasi dal nulla “O non
si sarebbe potuta aprire la Condanna.”
“Non volevate chiarire per bene
le cose?” si difese Eva corrucciata “Evidenziare l’ovvio in questi casi è
doveroso. Mettiamo che il processo salti perché abbiamo dato per scontato di
avere una dichiarazione ufficiale che invece non avevamo…”
“Ok” sbuffò Ellena insofferente
“Vlad puoi graziosamente concederci l’onore della tua risposta?”
Vlad congiunse le punte delle
belle dita patrizie senza scollare un secondo gli occhi da Eva.
“Sì” rispose infine con voce
piatta “Ho scatenato un’orda infernale contro di te.”
Sentirglielo dire con quella voce
incolore e con quei suoi dannatissimi occhi che le bucavano la pelle fu
ovviamente un ottimo motivo per infuriarsi.
“E perché di grazia lo avresti
fatto? Avevi giusto giusto finito un puzzle e non sapevi come ammazzare il
tempo?”
Qualcosa increspò le labbra piene
e rosate di Vlad: Eva si perse un attimo in contemplazione prima di rendersi
conto che era un sorriso sardonico.
“Volevo attirare la tua
attenzione” disse con aria confidenziale “In verità detesto i puzzle.”
“Volevi attirare la mia
attenzione? E come, ammazzandomi? Sapevi che avevo un’altra orda alle calcagna:
ricordi che sono venuta a implorare il tuo aiuto?”
“Tranquilla, ho vivissima
l’immagine di te inginocchiata ai miei piedi.” mormorò Vlad con voce
bassissima, eppure lo sentirono tutti, dal primo Demone all’ultimo Angelo.
La faccia di Eva prese l’esatta
temperatura di fusione del piombo.
“Se ricordi bene sai anche che
potevo morire” rispose ingoiando il centinaio di improperi che le era salito
spontaneo alle labbra “Quindi è ovvio che il tuo intento era quello di
uccidermi. Anche perché ho il vago sospetto che persino la prima orda l’abbia
scatenata tu.”
Vlad fece un gesto vago con la
mano, come a scacciare una mosca fastidiosa.
“Che motivo avrei avuto di
scatenarti contro la prima orda?” domandò salottiero “La seconda era una mossa
tattica: ho scatenato una banale categoria C, roba che avresti potuto cavartela
benissimo anche da sola, non fosse stato che Biancaneve era momentaneamente
assente per una visita ai suoi nani. Non sei mai stata in pericolo di vita, la
mia era solo una provocazione. Tant’è che ho ritirato l’orda, subito dopo la
tua chiamata.”
L’ultima affermazione, detta con
il solito tono tra il malizioso e lo strafottente, si incise a fuoco nel
cervello di Eva.
“Come?” sibilò artigliando i
consunti braccioli della sua sedia di legno “Hai fatto ritirare l’orda?”
“Certamente” rispose Vlad
pacifico “Avevo già ottenuto il mio scopo, non mi serviva più.”
“E ci sono le prove di quanto
dici?” si intromise Ellena, la faccetta da elfo che sembrava un teschio
verdastro infilzato su un bastone di legno: Eva non l’aveva mai vista così
malvagiamente interessata.
“Ho paura di no” sospirò Vlad
fintamente affranto “La richiesta di ritirare l’orda l’ho passata a Sisar e mi
sa che a questo punto non verrà mai più recuperata. Sai, avevo passato a Sisar
anche la richiesta di invio dell’orda, ma quella è finita chissà come nelle
mani di Amelia… ho paura che il ritiro scritto e ufficiale, quello che magari
potrebbe scagionarmi, sia andato perduto. Vero, Ellena?”
Ellena arricciò le labbra in un
sogghigno ed Eva non poté fare a meno di nausearsi davanti all’irregolare fila
di dentini marroni e frastagliati che spuntavano dalla bocca del Demone come
sassi appuntiti dalla scogliera.
“Che peccato che Sisar non sia
potuto venire, vero?” tubò dolcemente Ellena sgranando addosso a Vlad due
enormi occhioni color ghiaccio “Lo dicevo anche prima quando sono arrivata. Una
vera sfortuna.”
Sul viso di Vlad si dipinse un
sorriso dolce.
“Ti ho mai detto, mia cara,
quanto ti trovi indiscutibilmente e irrimediabilmente troia?” chiese
teneramente.
Nessuno vide Ellena spostarsi: un
attimo prima il Demone era dietro il tavolo fratino, una attimo dopo era
davanti a Vlad e la sua manina con le unghie pallide a mezzaluna gli artigliava
selvaggiamente la guancia facendola scattare all’indietro. Eva sobbalzò e si
morse il labbro inferiore fino a farselo sanguinare.
“Cos’hai detto, porco?” strillò
Ellena con voce acuta e bassa insieme: era come se fossero due voci
sovrapposte, terribili. I suoi occhi erano diventati enormi e stranamente
malfermi, come se tremolassero sul visetto appuntito e fossero sul punto di
cadere giù da un momento all’altro. Vlad girò la testa verso di lei senza
scomporsi, nonostante dallo zigomo ferito fluisse sangue.
“Accidenti quanto sei permalosa
Ellie cara. Non sono di sicuro il primo a darti della troia… O è solo la coda
di paglia?”
Non finì la frase che Ellena lo
colpì ancora sull’altra guancia, gridando di frustrato furore con quella sua
agghiacciante voce doppia.
“Tu… bastardo, io ti ammazzo!!”
La terza volta che Ellena colpì
il viso di Vlad Eva scattò in piedi, i pugni così contratti che le unghie le si
erano conficcate nel palmo.
“Basta!” ruggì con un
inequivocabile tono di comando “Lascialo stare!”
Ellena si girò di scatto a
guardarla come stupita di trovarla lì; ansimava e fremeva, uno scheletro
ricoperto di pelle marcescente con osceni occhi lattiginosi e una selva
frastagliata di denti violacei che spuntavano dalla bocca. Lorella gridò
dall’orrore e per poco Eva non fece altrettanto: Angeli e Demoni tacevano in
religioso silenzio mentre Ellena recuperava rapidamente il controllo: il suo
viso tornò grazioso anche se serio e il suo respiro si placò. Eva continuava a
guardarla fissamente col mento alzato: era molto meglio fissare Ellena e rischiare
di essere ridotta in polvere da un suo ruggito piuttosto che guardare il
sogghigno vittorioso di Vlad.
“Ok” gorgogliò la voce ancora
tremante di Ellena “Risparmierò il bel faccino di Vlad, se lo vuoi guardare
un’ultima volta. Lascerò che sia Morfeo nel girone dei Dimenticati a occuparsi
di lui.”
Eva sbatté le ciglia mentre Vlad
smetteva di sogghignare.
“Non abbiamo ancora deciso la
condanna” pigolò Giacinta fastidiosa come una zanzara notturna “Quella andrebbe
concordata fra l’accusa e…”
“Vlad ha ammesso davanti a tutti
di aver scatenato un’orda infernale contro la sua pupilla, no?” tagliò corto
Ellena tornando a passi scattosi dietro il tavolo fratino “Non c’è molto da
concordare, mi sembra.”
Giacinta aprì la bocca, la
richiuse e annuì mestamente.
“Bene” esultò Ellena sorridendo
di nuovo solare e graziosa come una ragazzina “Sia tolto lo scudo all’imputato.
Siamo pronti per il Giudizio!”
Eva girò di scatto lo sguardo
allarmato su Vlad che aveva perso la sua aura traslucida e lo trovò a fissarla
pazientemente, senza curarsi del sangue che gli macchiava lo zigomo.
“Non fare quella faccia,
scimmietta” le disse in tono piatto “Cosa ti aspettavi che facessero? Che mi
dessero due sculacciate e poi a letto senza cena?”
“Io…”
Tacque di nuovo: era ancora in piedi
e aveva l’aria smarrita di chi ha un sacco di cose da dire ma si trova
all’improvviso senza lingua. “Raf! Dove sei, Raf!” pensò angosciata.
“Giacinta, puoi gentilmente
appropinquarti al tavolo? Dobbiamo chiamare il Giudizio.” sospirò Ellena, di
nuovo tutta sorrisi e gentilezze.
Giacinta si alzò dalla sedia,
veleggiò davanti a Eva che la lasciò sfilare via come un ectoplasma e si
affiancò ad Ellena dietro il tavolo, occhi bassi e aria mesta. Ellena alzò le
mani chiudendo gli occhi e di colpo l’aria si fece pesante e satura di uno
strano sentore metallico.
“Parla Ellena, portavoce del
processo! Ascoltate!”
La luce sembrò smorzarsi e
divenire più densa, quasi mobile: Angeli e Demoni erano muti e immobili come
statue.
“Eva…?” piagnucolò Lorella
aggrappandosi al braccio di Gino.
“Per il potere conferitoci dal
Comitato di Sorveglianza…”
“NO!” pensò freneticamente
Eva mentre una specie di leggera brezza primaverile le muoveva i riccioli
scomposti sulla fronte “No, non si può!”
“Eva?” disse anche Gino con una seria
espressione di rimprovero sul faccione rotondo.
“… in base a ciò che è scritto
nelle Leggi immortali che governano il passaggio in questo Piano…”
Vlad era pallido, ma tranquillo:
l’improbabile vento vorticante che si faceva sempre più consistente muoveva
anche i suoi capelli, agitandoli intorno al viso in una nuvola di fuoco ed
evidenziando i suoi occhi gialli e splendenti, stranamente privi di malizia.
“… alla presenza dell’accusatore,
Eva il Sanguemisto, e dell’accusato, Vlad Demone Capitale della Lussuria…”
Il vento era un vortice
fortissimo, in quel momento: alcuni Angeli protestarono debolmente mentre i
vestiti sbatacchiavano loro addosso. “Raf… Sisar! Dove diavolo siete?”
pensò Eva affannosamente.
“… col supporto del collegio
angelico nella persona dell’Angelo governatore del Nodo in istanza a Modena e,
in sostituzione del medesimo ruolo nel collegio demoniaco, di Ellena, figlia di
Lucifero…”
Il vortice di vento inghiottì il
soffitto: tutti rimasero col naso in su, abbacinati a guardare il caleidoscopico
vortice a pochi metri dalle loro teste. Tutti fuorché Vlad.
“No.” gorgogliò con voce roca
Eva.
“… avendo concordato le due parti
la giusta pena per il crimine commesso…”
Vlad si alzò in piedi fluidamente
come se venisse trascinato da mani gentili: fissava ancora Eva e il suo viso
affilato non aveva mai perso la sua naturale arroganza.
“Beh, scimmietta… non mi dici
nemmeno ciao?” domandò e le sorrise col sorriso più complice e sensuale che le
avesse mai rivolto. Le ginocchia di Eva diventarono di pura gelatina.
“Ci prova anche in punto di
morte… quello stronzo!” pensò furiosa facendo un passo minaccioso verso il
tavolo.
“No!” disse con voce più decisa.
“Una Condanna non si ritira.”
mormorò Giacinta in tono severo, tornando subito a concentrarsi sul vortice
sopra di loro.
“… chiediamo al Giudice Eletto il
ritiro immediato delle spoglie mortali dell’accusato da questo Piano…”
“RAAAAF!” strillò invano
la mente di Eva mentre quasi senza volere la ragazza estraeva dalla tasca la
sua Five-seveN.
“Ho detto basta!” gridò “Smettila
Ellena!”
Il Demone finalmente smise di
fingere di ignorarla per puntarle addosso uno sguardo di pura furia omicida.
“Non è un po’ tardino per farti
prendere dall’ormone, gioia?” gracidò con voce irosa mentre il vortice di vento
quasi faceva volare via il suo corpicino magro e delicato.
Eva non si prese nemmeno la briga
di insultarla: per tutta risposta pressò le labbra mormorando qualcosa di
indefinibile fra i denti, alzò la Five-seveN e gliela puntò contro con
decisione.
NOTE DELL’AUTRICE:
Non posso rispondere, con mio sommo rammarico, se non per un
saluto veloce e una dichiarazione di imperituro amore verso tutti voi, miei
adorati!!! Non me ne vogliate, non è colpa mia…
così la donna mïa stava eretta
e attenta, rivolta inver' la plaga
sotto la quale il sol mostra men fretta:
sì che, veggendola io sospesa e vaga,
fecimi qual è quei che disïando
altro vorria, e sperando s'appaga.
Dante Alighieri, La Divina Commedi a, Paradiso, Canto XXIII
“Scimmietta!” esultò Vlad,
giocondo come se fosse al cinema “Era ora che ti venisse un’idea intelligente!”
“Che stai facendo?” mormorò
Ellena sospettosa.
Il vortice sopra le loro teste
sembrò perdere potenza mentre l’attenzione di tutti si concentrava sul
Sanguemisto e sulla sua pistola puntata.
“Mi venga un herpes se lo so.”
bofonchiò Eva impugnando l’arma più saldamente.
“A me sembra che tu stia cercando
di salvarmi.” fece presente Vlad con garbo.
Eva si permise un brevissimo sguardo
iroso prima di tornare a concentrarsi su Ellena.
“Io non ti sto salvando”
rettificò inferocita “Sto solo prendendo tempo. Tra poco Sisar sarà qui e si
prenderà lui la briga di salvare o no quel tuo maledetto culo. Ora chiudete
tutti il becco oppure cantate un Salmo, se vi va.”
“Che cazzo stai facendo?” ripeté
Ellena con voce acutissima: era letteralmente tramortita dalla sorpresa.
La sua voce ebbe il potere di
rompere l’incantesimo di immobilità: il vortice sul soffitto sembrò collassare
su se stesso e sparì con un risucchio di protesta; Giacinta immediatamente si
mise a gridare scandalizzata; Demoni e Angeli frusciarono reverenti, dalle
finestre, guardando Eva come se avesse tirato fuori un unicorno magico da una
navicella spaziale; Lorella scattò in piedi gridando “Alleluia!” come se avesse
appena avuto un’apparizione mistica e Gino si limitò a grugnire, tirando fuori
dalla sua giacca delle meraviglie un corto fucile a pompa che imbracciò con
consumata noncuranza. Alla vista del fucile, Giacinta strillò ancora più forte.
“Gino, maledizione metti giù quel
ferro!” berciò Eva esasperata “Non voglio scatenare un casino o un
ammutinamento… voglio solo aspettare Sisar!”
“Peccatrice!” strillò Giacinta,
gli occhi fuori dalle orbite per il comportamento platealmente eretico di Eva
“Interrompere un Processo ultraterreno! Puntare un’arma mortale contro i
rappresentanti dei collegi… inaudito!”
“Dice che finirai nei guai.”
spiegò Vlad incrociando serenamente le braccia dietro la nuca.
“Grazie tante. Per la traduzione,
intendo.”
“Malfattrice!”
“Avevo proprio bisogno di un po’
di guai, la mia vita era così piatta.”
“Delinquente!”
“Tu piuttosto non sprecarti a
dire grazie.”
“L’imputato è senza scudo
protettivo! Fuggirà al Giudizio!”
“Non sono un ingrato. E’ che ho
intenzione di esprimere la mia gratitudine in un modo che apprezzerai ben più
delle parole…”
“Tu, Sanguemisto, finirai all’Inferno!”
“Smettetela!”
La voce di Ellena era tornata
cacofonica e trasudante cattiveria: il Demone tremava come un uccellino
spaventato, ma la sua faccia, la sua faccia… era talmente terribile da guardare
che Eva dovette concentrare l’attenzione sul suo petto, dove presumibilmente
batteva un cuore.
“Tu, schifosa puttana
Sanguemisto… non hai nessun diritto di interrompere un Processo… non hai
nessuna autorità, nessun potere!”
“Ti ho già spiegato che voglio
solo aspettare Sisar” scandì Eva “E tu non mi aiuti a comportarmi
giudiziosamente se mi chiami schifosa puttana.”
“Io faccio quello che mi pare,
schifosa puttana! E tu sappi che sei già morta, morta fra atroci sofferenze…”
“Non ti sembra di esagerare un
pochino?”
Ellena fece un passo verso di
lei, mostrando una selva di denti appuntiti come aghi e bruni come stalattiti
secolari.
“Ti farò vedere io cosa vuol dire
esagerare” ringhiò con la sua terribile doppia voce “Quando ti metterò le mani
addosso ti strapperò ogni centimetro di pelle con i denti!”
“Stai buona” intimò Eva con calma
“Altrimenti ti sparo.”
“Santi numi!” pigolò Giacinta,
completamente esterrefatta “Una Sanguemisto che minaccia la figlia di
Lucifero…!”
“La suora mi sta sul cazzo”
informò Gino mantenendo ben salda la presa sul fucile “E tu forse è meglio che
regoli la lingua: questa figlia di Lucifero mi sembra un tantino incazzosa.”
“Gino!” rimproverò debolmente
Lorella, che era ancora in piedi e sembrava stranamente pimpante “Eva, non so
se questa era o no la cosa giusta da fare, ma mi sa che se non arriva davvero
Sisar qui la situazione ci scapperà di mano… loro sono Demoni e Angeli, che
possiamo fare noi prima che ci riducano in polvere con una fulminata?”
“Tecnicamente potete ucciderci”
rispose Vlad accademico “Siamo sul vostro Piano e usiamo corpi mortali che
possono effettivamente morire. Qualsiasi Ultraterreno ci penserà bene prima di
beccarsi una pallottola umana in fronte.”
“Ti uccido!” urlò Ellena con un
altro passo ed Eva dovette far appello a tutto il proprio sangue freddo per non
indietreggiare.
“Te l’ho già detto, Ellena, stai
ferma! Non costringermi a spararti!”
“Non dovevi farla arrabbiare”
confidò Vlad a Eva ammiccando “Ellena non tiene bene il minimo quando si
incazza. Mi sa che quella ti strappa davvero la pelle coi denti. ”
“Dirmelo prima no, eh?”
“Se mi avessi detto che avevi
intenzione di salvarmi…”
“Io non ho nessunissima
intenzione di salvarti, capito? Io voglio solo aspettare Sisar!”
“Mi hai sentito, troia? Sai dove
te la ficcherò quella tua ridicola pistola? Sai cosa…”
BANG!
* * *
Ellena aveva fatto l’ennesimo
passo verso Eva e la ragazza aveva sparato. Di riflesso, senza pensarci,
colpendo esattamente dove aveva mirato, a un soffio dalla guancia verdastra del
Demone tanto da lasciare sullo zigomo una leggera abrasione.
“Ti avevo detto di star ferma.”
mormorò Eva con voce irreale.
Il silenzio che seguì era così
pesante che sembrava piombo fuso: Giacinta sembrava collassata nelle sue stesse
grida ed era rimasta con la bocca spalancata e gli occhi levati al cielo;
Demoni e Angeli stavano immobili sul posto, Cornelia in prima fila, con le
bocche aperte e cadenti, come un coro di sonnambuli. Vlad fece un leggero fischio
ammirato prima di rivolgerle uno di quegli sguardi mozzafiato che lei riusciva
a sentirsi addosso come se fossero fatti di ghiaccio e fuoco. Ellena invece…
era letteralmente congelata.
“Cazzo.” ringhiò Eva, consapevole
che il Demone, una volta sbrinatosi dal gelo della sorpresa, l’avrebbe uccisa.
Se ne rese conto anche Gino: con
uno sbuffo esasperato, si frappose rapidamente tra Eva e il tavolo dietro cui
Ellena stava impalata.
“Che nessuno si muova o sparo!”
intimò caricando il fucile, e dal tono della sua voce era chiaro che diceva sul
serio.
Il resto, accadde con una tale
velocità e un tale sincronismo che sembrava avessero ripetuto quella scena
milioni di volte: Gino fece un cenno imperioso col capo verso Vlad, che si alzò
fluidamente in piedi a ricevere l’arma che l’umano gli stava tirando al volo;
Lorella marciò dietro Gino, mormorando un sentito ”coraggio” a Eva
passandole accanto.
“Felice di rivedermi,
scimmietta?” chiocciò invece Vlad, raggiungendo flemmatico il gruppetto e
attirandosi un grugnito di riprovazione da parte di Gino. Poi, tutti insieme,
indietreggiarono verso la porta, compatti e letali. Era passata una manciata di
secondi dallo sparo quando Ellena sbatté finalmente le palpebre: Eva fece in
tempo ad accorgersi di un impercettibile movimento del suo viso prima di
recepire un’increspatura nell’aria, una specie di risucchio che era come il
ritiro della marea prima di un’onda anomala. “Puttana” alitò qualcosa
dentro a Eva che sussultò sorpresa.
“Filiamo.” suggerì Vlad
finalmente serio.
Lorella, in coda al gruppo,
spalancò la porta; uscì seguita da Vlad e Gino. Eva tentennò sulla soglia,
pistola puntata e occhio vigile. Fu quindi l’unica che vide realmente quello
che successe.
Ellena si era sbloccata. Ed era
furiosa. Diabolicamente furiosa. La sua figuretta esile tremò forte, squassata
dal respiro che stava inalando a pieni polmoni, come se avesse voluto
risucchiare tutta l’aria in circolazione; i Demoni, intuendo quanto stava per
succedere, sparirono zigzagando e squittendo come topolini terrorizzati; gli
Angeli fecero altrettanto, fuggendo storditi in tutte le direzioni e pregando
lamentosamente come in un delirio; Cornelia e Giacinta invece scelsero la
strada della codardia e si gettarono a terra quasi contemporaneamente, la prima
facendo volare via il cappellino di gerbere tanto declamato. Fu il caos in un
attimo, proprio mentre la temperatura dell’aria si incendiava precipitosamente
e la voce di Ellena, potente come una cannonata, faceva tremare i muri ed
esplodere i vetri delle finestre.
“PUTTANAAAAAA!!!!”
Era stato come un terremoto; Eva,
caduta in ginocchio, sentì il risucchio d’aria trascinarla dentro l’Eremo,
divenuto di colpo scricchiolante e malfermo come una casa di cartone mentre
quel qualcosa senza voce continuava a gridare dentro la sua testa, così forte
da fargliela scoppiare: “Puttana, puttana, puttana…”
“Eva!” ruggì Vlad: Lorella e Gino
avevano raggiunto la jeep ancora parcheggiata sul prato davanti all’ingresso e
Gino stava affannosamente tentando di mettere in moto. Eva fece per rialzarsi
in piedi, ma cadde di nuovo in terra: il risucchio d’aria non stava attirando
solo foglie secche e polvere, ma le stava prosciugando anche le forze. Aveva di
nuovo quella sensazione di ovattata pesantezza, come se il suo cervello fosse di
colpo finito sott’acqua.
“PUT-TA-NAAAAA!!!” gridò di nuovo
Ellena e le sue voci le rotolarono addosso come filo spinato, provenienti
direttamente dal centro dell’Inferno.
L’eco vibrò dentro Eva,
mandandole in frantumi la ragione; si accasciò, cercando di respirare senza
riuscirci, sentendo solo una pesante coltre di grigiore fiaccarle le membra.
“Eva, muoviti!” intimò Vlad con
un tono idi inequivocabile comando, ma Eva non aveva più voglia di muoversi. Aveva
gli occhi aperti ma lo sguardo era vitreo, aperto sull’orrore senza fine che
era la vita; tutto il corpo le doleva, anche l’anima era un grumo di dolore,
una ferita purulenta che spurgava angoscia, un buco nero di orrore, una
voragine di nulla…
“Eva! Cazzo, vieni via di lì!”
“PUTTANAAAA!!! TI UCCIDERO’!!”
Ellena era rimasta dentro,
momentaneamente bloccata dal tetto che era crollato nel refettorio. I suoi
ruggiti di rabbia si espansero come violenti cerchi nell’acqua, tramortendo
Demoni e Angeli che starnazzavano tutto introno. Un nuovo terremoto si aggiunse
a quella voce terrificante, distruttiva: Eva posò la guancia sul terreno
sussultante, chiudendo gli occhi per non vedere, l’anima piena di nausea,
disgusto e ribrezzo. Si accorse confusamente che Ellena stava arrivando a
prenderla, preceduta da quel tornado di dolore e panico insopportabile.
L’avrebbe presa, intuì disperatamente: l’avrebbe presa e le avrebbe staccato la
pelle a morsi, godendo di ogni suo grido, togliendole tutto un centimetro per
volta, lasciandole addosso solo il male e la voglia di morire.
“Anche l’oblio, ricordati…
anche l’oblio a volte è una necessità…”
Piangendo senza rendersene conto,
gemendo una litania senza voce, le sue mani si mossero autonomamente: con la
sinistra tremante accostò la canna della fedele Five-seveN alla tempia e
posizionò l’indice destro sul grilletto.
“Anche l’oblio, a volte, è una
soluzione…”
“Eva!”
Qualcuno le strappò dalle mani la
pistola ed Eva protestò debolmente.
“Andiamo, disgraziata!” ruggì una
voce impaziente: il proprietario le afferrò duramente le braccia e la trascinò
in piedi nonostante le sue proteste.
Quando le passò le braccia
intorno alla vita, Eva si accorse che quel qualcuno era Vlad.
“Lasciami…” mormorò pianissimo,
le lacrime che sgorgavano lente dalle palpebre contratte “Devo… devo…”
“Devi chiudere il becco e
filare!” le abbaiò addosso Vlad: con una bella scollata le fece ballonzolare la
testa avanti e indietro, senza ottenere nessun’altra reazione.
“Morire…” sfiatò Eva socchiudendo
appena gli occhi “Io… voglio…”
“Non se ne parla nemmeno” sentenziò
Vlad piantandole gli occhi addosso con una determinazione che le bucò le iridi
“Se c’è qualcuno che ti farà fuori quello sono io, ma non adesso. E non prima
di…”
Le fece scorrere bruscamente le
mani sulle braccia e sui fianchi, riattivandole la circolazione ghiacciata. Il
suo tocco svegliò Eva più di mille schiaffi; persino lì in mezzo a quel caos
apocalittico, persino con la ragione sul punto di disintegrarsi, sentiva Vlad
più di qualsiasi altra cosa… sentiva sempre Vlad più di sé stessa.
Debolmente sollevò le braccia e
si aggrappò al suo collo, sentendolo trasalire.
“Le hai tenute in freezer apposta
per l’occasione queste sante manine?” berciò il Demone prendendola in braccio
come se pesasse due etti.
“Sei il solito stronzo, Vlad”
mormorò Eva appoggiando la testa alla sua spalla “Non credere che ti sarò grata
solo perché mi stai salvando la vita…”
Vlad ridacchiò: poi, reso
instabile dal vortice di vento e dal terremoto provocato dalla voce di Ellena,
bestemmiò coloritamente e con la grazia consumata di uno stambecco, scartò i
detriti che crollavano tutto intorno a quella piccola apocalisse dirigendosi
verso la jeep che aveva fatto bruscamente manovra con gli sportelli aperti. Eva
fu quasi scaraventata dentro il veicolo proprio mentre Ellena compariva sulla
soglia: la nuova ondata di odio proveniente dal Demone la colpì con una forza
così inaudita che tentò di gridare senza riuscirci, un dolore addosso così
potente e scintillante che finalmente, misericordiosamente, perse coscienza.
“Fila!” gridò Vlad a Gino ed
Ellena dalla soglia si girò a guardarlo: la sua figura era resa vaga dal
vortice di potere che la conteneva e che sollevava foglie e polvere, ma era lo
stesso intuibile come l’esile figuretta da elfo si fosse trasformata in un
mostro di ossa e pelle, tutto bocca vorace e occhi infuriati.
“TORNATE INDIETRO!!” ululò
scatenando l’ennesimo terremoto: ormai l’Eremo era una barcollante stamberga di
coccio, tutti i frati erano usciti gridando e giravano intorno, sperduti come
pulcini senza chioccia.
Gino pigiò forte
sull’acceleratore e la jeep scattò in avanti, schivando per un pelo un frate
che correva a gambe levate; Lorella aiutò Vlad a chiudere la portiera mentre
l’automezzo si buttava giù per la stradina scoscesa, sbandando paurosamente.
Vlad si mise subito a scrutare la situazione dal lunotto posteriore; l’eremo
era avvolto nel buio e nella polvere, gli alberi erano divelti, il tetto
squarciato. La jeep schizzò via quasi volando lungo il sentierino sassoso: fu
più volte sul punto di uscire di strada, ma Gino riuscì sempre a riportarla in
carreggiata, puntando ostinatamente verso la luce come se uscisse da una
caverna senza fondo o da un’altra dimensione. All’Eremo erano rimasti Angeli
feriti, Demoni confusi, Umani attoniti che pregavano con fervore. L’aria si
riempì di preghiere e di voci che invocavano aiuto ed Ellena sentì che la luce
divina stava arrivando, indebolendola, spazzando via il suo potere. Urlò
ancora, frustrata: da chilometri di distanza si sentì il boato del suo odio,
della sua ira infinita e inutile… perché nel mezzo del caos che lei stessa
aveva creato, ormai era chiaro che aveva perso le tracce di Eva e Vlad.
* * *
“Santo Gesù” balbettò Lorella
girandosi dal sedile anteriore con gli occhi grandi e pieni di orrore “In due
secondi guarda cos’è diventato quel piccolo Paradiso…”
“Un piccolo Inferno?” propose
Gino strattonando il volante come se fossero le redini di un cavallo
imbizzarrito: entrambi gli Umani avevano sentito chiaramente la morsa del
potere demoniaco allentarsi ma sentivano ancora un retrogusto viscido e
paludoso in bocca, una sensazione di disgusto e di angoscia che sembrava non
volersene più andare via. La jeep comunque, trovata finalmente la strada
asfaltata, filava più veloce della luce radiosamente contro il sole.
“Ellena era proprio incazzata”
mormorò in tono perfido Vlad “Oh, come vorrei vedere la sua faccia adesso!”
“Io no, grazie” rabbrividì
Lorella “Eva sta bene?”
Vlad diresse la sua attenzione su
Eva al suo fianco: era tutta accartocciata in una posa innaturale, gli occhi
chiusi come quelli di una bambina addormentata. Vlad le passò un dito leggero
sulle labbra: sentì il suo respiro tiepido e fece un mezzo sorriso, stranamente
tenero.
“Si sta facendo un pisolino”
annunciò tranquillo “Sempre se non le si è spezzata la colonna vertebrale, nel
qual caso il pisolino durerà po’ più del previsto.”
Vlad sbuffò e fece scorrere le
dita sul mento e sul collo di Eva, poi più lentamente sul petto, sul fianco,
sulla coscia; giunte sulle natiche pizzicarono con forza, provocando un
sussulto e un belato di protesta dalla ragazza svenuta.
“Niente tetraplegia” annunciò
soddisfatto “Ma natiche sode e tonde proprio come piacciono a me.”
Gino alzò gli occhi al cielo
senza commentare mentre Eva riprendeva coscienza con la lentezza di una lumaca
ottuagenaria, alzando il capo e mettendosi a sedere.
“Eva! Stai bene?” domandò Lorella
apprensiva.
Eva si portò una mano alla
tempia, ritirandola insanguinata: era intontita e sentiva male dappertutto, ma
soprattutto aveva solo un ricordo fumoso degli ultimi secondi.
“Sto bene?” gracidò con la voce
rauca come se non parlasse da mesi “Direi di no. Come sono arrivata qui?”
“Vlad ti ha sbattuta dentro come
la palla di Ronardinho quando fa goal” la informò Gino “Ah, ti ha salvato anche
la vita. Di nuovo.”
Vlad, semisdraiato sul sedile,
sballottato a destra e a sinistra come il ghiaccio dentro uno shaker, le
sorrise malizioso: sembrava maledettamente a suo agio ed era così bello che Eva
gemette di nuovo, questa volta però non di dolore fisico.
“Cos’è che avresti fatto?” chiese
lamentosa.
“Ti ho salvato la vita” ripeté
Vlad perfidamente “E tu mi devi essere molto, molto grata. In posizione
orizzontale, naturalmente.”
“Ti ho salvato la vita anche io”
ribatté Eva con voce ancora impastata “Al massimo siamo pari.”
“E’ promettente il fatto che tu
abbia glissato sulla questione della posizione.”
“Sono ancora intontita, ma tanto
lo sai che l’unica maniera per vedermi orizzontale è dentro una bara. E comunque
il mio salvataggio vale doppio.”
“Balle. Hai detto talmente tante
volte che non volevi salvarmi ma che stavi solo aspettando Sisar che alla fine
ti ho creduto. Quindi, scimmietta mia, sei in debito.”
“Come no. Dammi un fazzoletto, mi
sanguina la testa.”
“Tranquilla, non c’è niente lì
dentro che valga la pena salvare.” borbottò Vlad, ma le diede un fazzoletto di
carta raccattato nei meandri del sedile posteriore: tamponandosi la ferita con
precauzione, Eva dovette combattere contro il piacere che le dava poter
battibeccare di nuovo con lui.
Demone Capitale della Lussuria o
no, con Vlad non si correva mai il pericolo di avere una conversazione noiosa…
sempre che si riuscisse a rimanere sulla conversazione e a non sfociare
nell’omicidio o nel sesso di massa, naturalmente.
“Dove siamo?” chiese sbirciando
senza interesse fuori dal finestrino polveroso.
“Da qualche parte in campagna”
rispose Gino con tranquillità “Non ho le coordinate precise perché il
navigatore satellitare è saltato quando la tua amichetta ti ha strillato
dietro.”
Ripensando a Ellena, Eva ebbe un
brivido inconsulto.
“Cara figliola” gorgogliò
azzardando uno sguardo verso Vlad “A dire il vero non immaginavo che si sarebbe
arrabbiata tanto.”
“Ellena è la figlia di Lucifero”
spiegò Vlad con sussiego “E tu le hai sparato. Tu, una Sanguemisto abitante di
questo Piano. Il Comitato di Sorveglianza sarà ancora annichilito!”
“Non ho sparato per ucciderla.
Volevo solo farla stare zitta.”
“Io ti credo incondizionatamente.
Ma diamine, sparare a Ellena… per farti un paragone calzante, è come se un
pidocchioso sanculotto avesse scaracchiato sulla parrucca del re Sole. Non si
fa, scimmietta, non si fa.”
“Avrei forse dovuto sparargliela
in fronte, quella pallottola?” domandò aggressiva Eva e Vlad ci pensò seriamente
su.
“Forse sì” ammise alla fine
“Certo, Lucy ti avrebbe trasformato in pastone per il suo cane a tre teste, ma
almeno non avresti sofferto. Ellena invece è molto più vendicativa.”
“Però lei ha scatenato un bel
casino all’Eremo” si difese Eva contrita “Mi chiedo ancora come abbia potuto
farlo. Non dovrebbe essere proibito esibire così il proprio potere durante un
Processo?”
“Dovrebbe. Ma Ellena è figlia di
Lucy e credimi, non c’è quasi niente che Lucy non possa fare. Questo Piano è
più suo che del Paradiso, lo sanno tutti, Comitato di Sorveglianza compreso.”
“Dopo questa sbrodolata di
ottimismo, qualcuno sa quello che ci aspetta nelle prossime ore?” si intromise
Gino.
Eva ebbe finalmente il buongusto
di sentirsi in colpa.
“E che ne so” mormorò risentita
“Vlad, tu che sei dell’ambiente, ci puoi illuminare?”
Vlad fece spallucce con un
sorriso leonardesco.
“Dunque, vediamo: ora come ora ci
saranno gli spazzini del Comitato di Sorveglianza affannati a mettere a posto
le cose a uso e consumo dei terricoli. Terremoto sulle colline bolognesi,
magnitudo quinto grado della scala Richter, qualche fraticello ferito… non sarà
facile pulire la memoria di quelli che hanno visto l’indimenticabile cappellino
di Cornelia…”
“Ellena?” domandò Eva senza
nascondere un brivido.
“Ellena starà subendo una
chemioterapia intensa da parte di mammina: ha scatenato il suo potere su questo
Piano, davanti a degli Umani, durante un Processo… nessuno oserà denunciarla,
ma potrebbe essere aperta una Condanna verso di lei, e entrambe lo sanno. Lucy
sarà furibonda. Mi sento in dovere di avvisarti, scimmietta, che hai
sicuramente le ore contate e che la tua morte sarà lenta, dolorosa e
inevitabile. Quindi, fossi in te procederei immediatamente con la fornicazione,
così almeno non morirai vergine.”
“Ti ringrazio per il pensiero”
ringhiò Eva incrociando prudentemente le braccia sul petto “Altri consigli?”
“Non saprei. Nascondersi, forse:
se Ellena ti trova non hai scampo.”
“Non è che potresti dirmi
qualcosa di meno terrificante?”
“Certamente. Posso dirti che i
tempi di cottura di Ellena sono variabili e che se trova un gingillo per
distrarsi magari le passa presto, in un millennio o due…”
Eva si sentì mancare.
“Nel frattempo cosa proponi? Un
torneo di freccette?”
La faccia di Vlad si aprì in un
tale sorriso che Eva suo malgrado arrossì come una scolaretta.
“Scimmietta! Non infierisco
perché sei ancora lesa dalla botta al neurone. Comunque la tua idea era buona e
la adotterei senz’altro.”
Eva lo fissò spaesata.
“Quale? Le freccette?”
“Chiamare Sisar, sciocchina.” la
rimproverò Vlad dolcemente.
“Giusto” approvò Lorella depressa
“Ci mancava un altro Demone per il poker.”
La jeep inchiodò bruscamente a un
bivio e Gino si girò verso Eva con una neutra espressione sul viso.
“Allora, Calamity Jane, che parte
devo andare?” chiese cortesemente.
Eva stava pensando a tutt’altro e
lo ignorò completamente.
“Scommetto che anche il
fratellino piccolo è una sagoma come la cara Ellena.” grugnì imbronciata: Raf
mancava da un pezzo e forse Sisar gli aveva fatto qualcosa…
“Sisar e Raf vanno molto
d’accordo” annunciò Vlad come se le avesse letto nel pensiero: Eva arrossì di
nuovo mentre Vlad le lanciava un allegro sguardo da sotto le lunghe ciglia
“Diciamo che Sisar ha un debole per i biondi bellocci dall’aria tonta.”
“Ora capisco perché sei il suo
preferito.”
“Invece il suo preferito è
l’Arcangelo Gabriele, gli fa una corte spietata da chissà quante ere
geologiche.”
“Tutto questo è davvero
interessante, e starei ore a parlare di biondi boccoluti, ma gradirei invero
sapere dove cacchio devo andare con questa cacchio di jeep: tra un po’ finisco
la benzina e non so ancora se devo andare a desta, a sinistra o spararmi nei
denti e risolvere il problema alla radice.”
Eva non aveva nessunissima idea:
fissò smarrita Vlad che le sorrise magnanimo.
“Gira di là, monolite, mi è
venuta un’idea.”
Indicò una sterrata che si
inoltrava placidamente nella campagna.
“Di là?” chiese Gino sospettoso
“Ma non si va da nessuna parte.”
“Lo so.” rispose Vlad pacifico.
“E perché allora dovrei andare di
là?”
Vlad inarcò appena un
sopracciglio con sublime impazienza.
“Perché te lo dico io, mio
panciuto amico terreno. Non c’è nessun posto da qui all’Antartide dove possiamo
andare senza che il naso aguzzo di Ellena ci annusi. L’unico è un luogo
consacrato dove però io, essendo Demone, non potrei mettere piede. C’è solo un
posto che fa al caso nostro e l’abbiamo appena lasciato.”
“Esattamente. Dopo una sosta
bucolica di cinque minuti per dare modo alle acque di calmarsi e alle vesciche
di svuotarsi.”
“Posso dire che mi sembra una
mossa alquanto bizzarra?” pigolò Lorella mentre Eva meditava seriamente sulla
proposta.
“Ormai non ci sarà nemmeno più
l’ombra di un Ultraterreno lassù. Solo frati intontiti, ambulanze, pompieri,
poliziotti, giornalisti, curiosi… terricoli senza importanza. Non vedo altro
posto più sicuro di quello.”
“E’ un’idea talmente bislacca che
potrebbe funzionare.” ammise Eva sottovoce.
Gino non se lo fece ripetere due
volte: fece spallucce, girò il corpaccione di nuovo verso il parabrezza e
strattonò il volante per infilare la jeep lungo la stradina sterrata. Dopo
qualche chilometro la strada finiva misteriosamente contro una collinetta bassa
invasa dalle sterpaglie. La jeep si fermò cigolando e i quattro passeggeri
scesero con precauzione, Gino per primo che si stiracchiò come se guidasse da
decenni.
“Vado a pisciare.” annunciò con
estrema semplicità e sparì dietro a un gruppetto di alberi.
Vlad, dopo essersi stiracchiato
come un gatto, si avviò di spalle lontano dal veicolo.
“Dove vai?” chiese Eva allarmata
mentre Lorella faceva cadere uno sguardo colpevole sull’armonioso fondoschiena
del Demone.
“Seguimi. Devo dirti due parole in privato, senza le caccole
umane a origliare come comari.”
Eva lanciò uno sguardo perplesso a Lorella che fece
spallucce e le indicò di seguirlo con un cenno del mento: Eva sospirò e
raggiunse Vlad che si era fermato a una ventina di metri di distanza.
“Che succede?” chiese arrivandogli di fianco.
Proprio non lo sentì arrivare: il pugno le colpì con tanta
forza lo zigomo che lo rese immediatamente insensibile mentre la testa le
schizzava all’indietro, spedendola lunga distesa sul duro terreno alle sue
spalle.
“Eva!” protestò debolmente Lorella, ma Vlad con un gesto
imperioso la tenne lontano: i suoi occhi erano di ghiaccio, implacabili e duri
come pietre.
Eva, sempre stesa a terra, si portò una mano alla guancia
lesa mentre gli occhi le si riempivano di lacrime e le orecchie di ronzii
sospetti.
“Ahio?” sfiatò dubbiosa.
Con una mossa fulminea, Vlad si chinò a ghermirle il collo
con una mano afferrandole dolorosamente i capelli con l’altra: la sollevò senza
fatica come se fosse fatta di piume, portandole il viso a un millimetro dal suo
naso, direttamente sotto l’influsso devastante dei suoi occhi gialli che non
avevano più niente di fatuo ma mostravano l’acciaio rovente della rabbia
repressa.
“Quello era per la Condanna” la informò incombendo su di lei, svettante e minaccioso “Non ti avevo ancora ringraziato a dovere.”
“Mi hai fatto un male cane.” gracidò Eva: lo zigomo stava
lentamente riprendendo sensibilità e iniziava a pulsare come se vivesse di vita
propria, ma stranamente non sentì montare né rabbia né risentimento… era troppo
occupata a contenere il battito del cuore. La vicinanza di Vlad era sempre una
tortura, meditò affranta. Si sentiva già debole e languida come se lui l’avesse
baciata solo due secondi prima invece che… quando era successo? Un millennio
prima?
“Non si picchiano le signore!” protestò Lorella da lontano,
stando ben attenta a non avvicinarsi.
Vlad per tutta risposta scrollò Eva con forza ma senza
cattiveria.
“Meriterebbe ben di peggio, ma il suo mastino finirebbe per
azzannarmi e ho sempre avuto rigetto per la saliva umana.” disse poi seccamente
mentre Eva fissava con aria solenne un punto imprecisato sul suo viso.
Un pensiero assurdo le si era impigliato tra le sopracciglia
altezzose e l’affilato naso patrizio, così assurdo che tentò di scacciarlo con
un po’ di sana rabbia.
“Lasciami andare.” borbottò divincolandosi ma Vlad mantenne
la presa ben salda.
“Perché hai aperto quella Condanna?” chiese sottovoce: la
sua faccia era dura, insondabile.
“Te l’ho già detto, per quella cacchio di orda…”
Vlad la sbatacchiò ancora, ma non le faceva male: anzi, la
sua mano sul collo era piacevolmente calda e asciutta.
“Non dire balle, scimmietta.”
“Ero arrabbiata con te.”
Il sopracciglio di Vlad si alzò altezzoso e consapevole.
“L’orda non c’entra niente, vero? Eri arrabbiata perché ti
ho baciato.”
“Non è vero.” negò immediatamente Eva. Era verissimo,
naturalmente.
Vlad non infierì: le sorrise allusivo alzando appena un
angolo della bocca e di nuovo Eva intuì quel meteorite di pensiero
attraversarle la mente, rapido e abbagliante come una cometa: caro. Care
sopracciglia, caro naso, care labbra da capogiro. Caro Vlad.
Caro Vlad? Maledetto Vlad!! E’ ufficiale, tutte quelle
botte alla testa ti hanno leso il cervello!
“Hai finito di pestarmi o ne hai ancora per un po’?”
borbottò arrossendo.
Vlad, per tutta risposta, allentò la presa sui suoi capelli,
accennando quella che, con molto ottimismo, poteva sembrare una carezza.
“Dovrei passare ore a rivoltarti come un calzino.” la
minacciò con aria distratta: anche lui sembrava incagliato in qualche nebuloso
pensiero, ma la vicinanza con i suoi occhi obliqui e insondabili continuava a
provocare in Eva un curioso effetto doppler. Caro, maledetto Vlad.
“E allora fallo” mormorò quasi pregandolo “Avanti, rivoltami
come un calzino, così la facciamo finita.”
“Dopo” mormorò lui con gli occhi fissi sulla sua bocca “Dopo
ti rivolto.”
L’attirò ancora più vicina e respirò il suo respiro: il
cuore di Eva si scatenò affannosamente nel petto, impedendole di respirare.
“Non baciarlo!” strillò scandalizzato l’ultimo
brandello di razionalità in lei “Hai appena baciato Raf! Ricorda la purezza,
la gioia, la luce…”
“Baciami e sei morto.” gorgogliò con le labbra che dolevano
dal desiderio di essere sfiorate dalle sue.
Per tutta risposta Vlad la costrinse a rovesciare la testa
all’indietro tirandole i capelli e facendo scivolare l’altra mano dietro la
nuca, poi le morse il collo, lentamente, voluttuosamente: Eva gemette mentre le
labbra di Vlad le bruciavano la linea della mascella, la tempia, l’orecchio;
quando tornarono sulla guancia, leggere e roventi, Eva le stava già aspettando,
bocca socchiusa e respiro spezzato.
“Ehm… Vlad? Eva?” pigolò la voce di Lorella, lontano anni
luce “Che… ehm, che succede?”
Si bloccarono: Eva rimase immobile mentre Vlad, dopo un
attimo di freddezza, l’allontanava bruscamente da sé facendola incespicare. Eva
si sentì stranamente defraudata ma cercò di mantenere un contegno dignitoso: si
toccò ancora lo zigomo dolorante evitando di guardare Vlad negli occhi.
“Se per il momento hai deciso di non picchiare ancora una
donna ferita e disarmata possiamo tornare all’Eremo.” disse con voce piana. Sperando
che Raf sia tornato per sentirmi finalmente al sicuro, pensò poi fra sé e
sé.
Vlad annuì con noncuranza proprio mentre Gino ritornava
dalla sua passeggiata dietro gli alberi, armeggiando ancora con la patta dei
pantaloni.
“Certamente” annunciò “E’ tornato anche l’autista.”
Gino salutò con la mano alzata ed Eva gli lanciò un lungo
sguardo di fuoco: dove sei sempre quando ho bisogno di te, bodyguard dei
miei stivali?
“Ricordati solo che devo finire di pestarti” aggiunse Vlad
ficcandosi le mani in tasca “E di fare anche altre cose.”
Le strizzò l’occhio ed Eva indietreggiò di un passo.
“Chiamerai Sisar dall’Eremo?” chiese giusto per distrarlo.
“Non avevi già ordinato a Cenerentola di chiamarlo?”
“Io non ho ordinato niente a nessuno!”
“Già, come no: te lo leggo negli occhi che ti sei lavorata
il pennuto come si deve. Sappi che sono molto fiero di te.”
Eva accolse la rabbia che le montò dentro con religiosa
gratitudine: strinse i pugni e marciò via, passandogli davanti. All’ultimo ci
ripensò e lo fronteggiò col mento alzato.
“Io non sono una subdola manipolatrice come te!” gli strillò
dietro attirandosi gli sguardi perplessi di Gino e Lorella.
Vlad inclinò la testa da un lato, fissandola malizioso.
“Adesso ce l’hai di nuovo con me” sospirò fintamente
affranto “Scommetto che è perché prima non ti ho baciato. Azzeccare i tempi con
te è un’impresa praticamente impossibile, lo sai, scimmietta?”
Eva valutò per un attimo la possibilità di uccidere il
Demone e le sembrò una soluzione ottima: poi si ricordò di aver lasciato al
Five-seveN sulla jeep. Rinunciò all’idea con rimpianto e gli girò le spalle
marciando via di nuovo, seguita dall’umiliante risatina di scherno di Vlad.
NOTE DELL’AUTRICE:
Killer: Ma dai… secondo te mando u n superfigo come Vlad nel
girone dei Dimenticati? Non esiste. E dire che un pochino dovresti conoscermi
ormai!! Piuttosto ci mando tutta la progenie umana, ma Vlad bello me lo tengo
ben stretto, eh eh eh… Dici che Eva dovrà scelgiere? Uhm… non sono d’accordo,
ma chissà…Anche io non vedo l’ora di sapere cosa ne pensi di ogni nuovo
capitolo, quindi… non farti aspettare, dolcezza!! A presto
White Shadow: Piccola!!! Che recensione, che joia goduriosa
leggerti.. il signorino piumato ha gli ormoni, povero… no, sono io ad averceli
anche per lui. Come l’ho snaturato, poraccio. Ma è così sexy tutto tormentato e
con quel pizzico di umanità…Ellena… eh, la volevo proprio dipingere così,
completamente schifosa. Spero di esserci riuscita. E sì, la tua recensione è
come balsamo sulle mie doloranti ferite dell’anima… tutti voi siete uno stimolo
incredibile ed esaltante ad andare avanti. In culo alla balena per lo
spettacolo… voglio sapere tutto!!!!!!!!!
Londonlilyt: Amore mio, una domanda personale: perché? Tu lo
sai… un po’ mi conosci, sai tutto della mia vita sfigata… quindi hai
sicuramente la risposta: perché cazzo mi innamoro sempre dell’uomo
sbagliato?!?!? Aspetto trepidante tua risposta per valutare quante frustate
sulla schiena mi devo dare da sola.
Amie: Brava, Brava il Bacio va scritto maiuscolo, vedi che
hai studiato e ti sei applicata? Eh, col Triumviro come la mettiamo? Un bel
casino. E, come giustamente fai notare tu, non è ancora arrivato Sisar!!! Penso
che sorprenderà un po’ tutti, perché forse è più Demone lui di tutti gli altri…
Sto divagando!! Ah, non ci sarà però nessun camerlengo ad allietare i prossimi
capitoli.. sorry!
Chamelion: Ma ciao!!!! Ti devo tanti di quei ringraziamenti
che non so da dove cominciare…perché hai colto esattamente il nocciolo della
storia, quel sentimento di frustrato desiderio che avvenga l’impossibile. Il
triangolo, eccome se l’avevo considerato: ci ho ricamato intorno una storia
intera… tu sei carina e gentile, sono io che posso pubblicare solo a singhiozzo…
mi odio da sola, scusami… ma lasciati baciare, dolcezza, sono troppo piena di
gratitudine per star ferma!!
Ako delle tenebre: Wow, che nick entusiasmante!! Beh, grazie
per il commento, piccolo ma significativo. A presto!!
Nikoletta89: Povero Raf… così bistrattato, anche dalle “nuove
leve”… innanzi tutto grazie, grazie per essere qui a commentare, secondo grazie
per aver espresso il tuo sincero parere, terzo… come si fa a non parteggiare
epr quel diavolo di Vlad? Ti capisco, joia…spero gli sviluppi della storia ti
soddisfino!!
Krisma: Bocciolo mio!! Mi dispiace davvero averti sconvolta
con il bacio tra Eva e Raf, ma a onor del vero mi conoscete e sapete che alla
fine il bacio proibito ci scappa sempre… e ancora non sai cos’ha da venire!! Ok,
mi autocensuro e ti mando tanti sbaciuzzi adorati, mio piccolo fiore in boccio,
sappi che non mi stanco mai di leggerti!!
_Princess_: Tesoro, esclusi impedimenti indipendenti dalla
mia volontà cerco di pubblicare con costanza tutti i lunedì… eh, anche tu a
chiedere un Triumviro amoroso… ma dai!! Non è possibile, Raf e Vlad dovrebbero…
beh… insomma, non è possibile, almeno per questo capitolo, eh eh eh!!! Grazie
infinite per le belle parole, un vero toccasana per un umore sotto le suole
come ho adesso!! P.S.: Gino across the universe
Cicha: Oh, mia cara, non dire così… mi lusinghi e menti allo
stesso tempo!! Era dall’inizio della storia che meditavo sul Bacio tra Eva e
Raf e ho sudato sette camicie per renderlo come si deve. Il buon Michele non ci
sarà in questa storia… in una prossima, chissà! L’argomento Angeli/Demoni mi
piglia assai, l’avrete capito! E io? Casini non risolti… uffa…
Lo duca e io per quel cammino ascoso
intrammo a ritornar nel chiaro mondo;
e sanza cura aver d'alcun riposo,
salimmo sù, el primo e io secondo,
tanto ch'i' vidi de le cose belle
che porta 'l ciel, per un pertugio tondo.
E quindi uscimmo a riveder le stelle
Dante Alighieri, La Divina Commedia, Inferno, Canto XXXIV
Riuscirono a rientrare nell’Eremo
solo a notte inoltrata. Fino a quell’ora il piccolo convento semidistrutto era
stato un formicaio di gente che andava e veniva: giornalisti, paramedici, pompieri,
forze dell’ordine, curiosi… quando la luna piena brillò finalmente nel cielo
nero e anche l’ultimo gruppo di Umani si decise a levare le tende, Eva e soci
entrarono di soppiatto in quello che rimaneva del tranquillo Eremo: una
costruzione curiosamente sbilenca dal tetto semidistrutto e dal giardino
desolatamente sconvolto. Il refettorio, parzialmente liberato dalle macerie,
presentava un soffice tappeto di foglie morte dall’odore aromatico e un bel
buco sul soffitto dal quale entrava la luce ingannevole della luna.
“Bella ciambella” dichiarò il
vocione cavernoso di Gino guardando su “Il posto è davvero perfetto per
nascondersi, se non comincia a piovere.”
“Io devo fare una doccia”
sentenziò Lorella rabbrividendo “Ho ancora addosso la voce di Ellena… è come
sentirsi la puzza di zolfo sottopelle.”
Eva e Gino controllarono gli
impianti, ma i pompieri avevano chiuso le tubature dell’acqua, del gas e della
luce. Bestemmiando e salmodiando, Gino trafficò qualche minuto presso i
contatori e quando tornò aveva un’aria soddisfatta.
“L’elettricità è andata” annunciò
monocorde “Sono saltati i cavi, probabilmente ci vorranno giorni prima che
riparta. Le tubature dell’acqua e del gas invece sono miracolosamente intatte,
le avevano chiuse solo per precauzione. Il problema è che è rimasta solo una
doccia funzionante. Fattela bastare, piccoletta.”
Lorella squittì di gioia e
saltellò via, seguita dal vocione di Gino: “Non sprecare tutta l’acqua per la
doccia, ricordati del risparmio idrico mondiale.”
Dopo un giro di perlustrazione,
Eva tornò indietro con qualcosa di commestibile: pacchetti di cracker,
fagiolini in scatola, un paio di bottiglie di vin santo, scatolette di tonno e,
per la gioia di Gino, una latta di trippa. Vlad aveva liberato il suo sadico
senso artistico accendendo centinaia di ceri votivi che diffondevano ovunque
una inquietante luce rossastra. Dopo essersi doverosamente lavati, mangiarono
seduti sul pavimento in un’atmosfera stranamente rilassata, come se fossero a
un picnic: riuscirono persino a ridere e a scherzare, grazie anche
all’intervento decisivo del vin santo. A un certo punto Lorella sbadigliò, posò
la testa sul petto di Gino che se ne stava beatamente sdraiato con le mani
dietro la nuca e in meno di due secondi si addormentò come un neonato.
“Ma guarda questa” gorgogliò Gino
con la voce impastata dalla boccia di vino ingollato “Ricaduta in piena fase
prescolare.”
Poi, si accomodò meglio come se
il duro pavimento ricoperto di foglie morte fosse un materasso di piume, chiuse
gli occhi e iniziò a russare con la concentrata gravità di un contrabbasso. Eva
e Vlad si scambiarono uno sguardo di puro compatimento.
“Terricoli” spiegò Vlad
stiracchiandosi con le braccia incrociate dietro la testa e appoggiandosi alla
poderosa coscia di Gino “Sarebbero anche divertenti se non sprecassero tutto
quel tempo in funzioni corporali.”
Eva non rispose: non le piaceva
affatto essere rimasta relativamente sola con Vlad. Accidenti ai mortali, pensò
con livore, loro e la loro mania di dover per forza dormire almeno qualche ora
al giorno! Che inutile spreco di tempo.
“Raf e Sisar staranno arrivando,
vero?” domandò aggrappandosi disperatamente a quella speranza.
“Naturalmente” rispose affabile
Vlad “Scommetto che saranno qui a minuti. Minuti che, sottolineo, potremmo sfruttare
con attività più piacevoli, volendo. E non sto parlando del poker.”
Eva si agitò sul posto
decisamente a disagio, facendo scricchiolare le foglie sotto di sé.
“Un’attività piacevole sarebbe
prenderti a bastonate, ma qualcosa mi dice che non prenderai in considerazione
l’idea.”
“Che intuito sopraffino. Ti vedo
agitata, scimmietta cara, c’è qualcosa che non va?”
“Assolutamente no.”
Vlad ridacchiò piano: era
perfettamente rilassato, disteso a terra con la coscia di Gino a fargli da
cuscino e i capelli ancora umidi dalla doccia precedente. La sua pelle era
quasi luminosa e i suoi occhi felini tra le palpebre socchiuse brillavano di
una luce stranamente innocua. “Sì, come quelli di un cobra.” meditò Eva
sforzandosi di rimanere sempre allerta.
“Perché Raf non arriva?”
“Avrà altro da fare. Hai paura di
rimanere sola con me?”
“Certo che sì!”
“Certo che no. E’ solo che… ho
voglia di vedere Raf. Mi… mi manca.”
Era vero, Raf le mancava come
l’aria.
“Cara, bianca, innocente
Rosaspina” sospirò Vlad con voce palesemente ironica “Mi fa quasi pena.
Dopotutto, era un ottimo antagonista.”
“Era?” domandò Eva sospettosa.
“Era. Prima che tu gli facessi
vedere le tette, intendo.”
“Io non gli ho affatto… ah, non
ha senso discutere con te, sei il solito porco!”
Il Demone annuì solennemente.
“Certo che sono sempre il solito.
Io. Chissà invece cosa sarà Raperonzolo dopo le tue lezioni di anatomia.”
Eva trovò molto più prudente
cambiare argomento.
“Che tipo è il tuo amichetto?”
“Chi?”
“Sisar.”
“Oh, Sisar. E’ un Demone davvero
adorabile, forse l’unico che ha ereditato da Lucy le sue radici più profonde e
paradisiache. E’ uno stronzo bastardo come tutti i Demoni, ovviamente, ma
chissà perché riesce a farsi voler bene.”
“Come te?” domandò una
vocetta sotterranea che Eva si affrettò a scacciare.
“Quindi tu… gli vuoi bene?”
Vlad inarcò un ironico
sopracciglio.
“Scimmietta, che blasfemia! Siamo
Demoni, non checche alate. Io e Sisar non ci vogliamo bene, ma ammetto che
scopiamo parecchio, e per noi Demoni è quasi un’ammissione di affetto
reciproco.”
“Vlad!”
Le scappava quasi da ridere, ma
riuscì a rimanere seria.
“Uff, scimmietta, da quando
frequenti Cenerentola sei diventata insopportabilmente prude. Ma ti
rispetto e non parlerò più dei miei rapporti intimi con Sisar. Rilassati e
riposati, non attenterò alla tua virtù. Mi metterò qui buono buono a osservare
la luna e a leggere due o tre libri della Bibbia.”
“Un po’ di uncinetto no?”
Vlad rise sommessamente facendo
balenare lo scintillio del diamante tra le labbra: Eva pensò che non aveva mai
sentito niente di così deliziosamente goloso come quella risata che la faceva
sentire inerme e fiacca, e mentre il silenzio li avvolgeva, per la prima volta
pensò che poteva davvero abbassare un pochino la guardia. La luna splendeva
esattamente sopra le loro teste, chiara e rotonda, ed Eva annusò l’odore
rassicurante della cera delle candele e quello greve e autunnale delle foglie
che ingombravano il pavimento. Ad occhi socchiusi, immersa in quel clima
piacevole da grembo materno, lasciò correre lo sguardo su Vlad che la ricambiò
con franchezza. I suoi occhi erano dannatamente belli, ammise Eva con dolorosa
sincerità, e la sua bocca piena e sensuale; le sue mani lunghe, arroganti… era
davvero difficile resistere alla tentazione di toccarle.“Vlad” pensò Eva,
odiandosi e non potendo lo stesso fare a meno di pensare il suo nome “Vlad.
Perché non riesco a non pensarti?”
Immediatamente si sentì colpevole
e furiosa. Quei pensieri non erano di sicuro farina del suo sacco: era
quell’impostore di Vlad che spandeva il suo potere… dannato Demone!
“Vlad.” ringhiò inviperita.
“Sì, scimmietta?” sospirò Vlad
rassegnato.
“Piantala.”
“Di fare che, mio piccolo
topolino paranoico?”
“Di fare… il Demone!”
“Potresti gentilmente
sottotitolarti? Non credo di aver capito. E comunque non sto facendo niente.”
“Mi stai guardando. Stai anche
respirando e stai sorridendo. Conoscendoti questo non è proprio far niente.”
Un lento, arrogante sorriso di
comprensione salì dalle labbra agli occhi di Vlad.
“Tu stai pensando a me” gorgogliò
con voce allegra “Senza bisogno che io scateni un grammo del mio potere!”
“Non è vero” mugugnò Eva
“Qualcosa stai di sicuro facendo. Quindi smettila subito.”
“Ok” rispose Vlad pacifico
“Smetterò di respirare, se è quello che vuoi.”
Non aggiunse altro: la guardò
semplicemente ed Eva ammutolì. Nel giro di un secondo si dimenticò
completamente di essere arrabbiata con lui e finì per desiderarlo con una
potenza che le spezzava le ossa. Un maledetto secondo che sembrava un’ora di
tortuosa attesa di qualcosa che non doveva succedere. Perché il suo sguardo
doveva essere così ammaliante?, si domandò accorata. Perché doveva sentire
quella tortura sottopelle ogni santa volta che lui la guardava? Perché doveva
desiderarlo così tanto da volersi strappare la pelle di dosso e lo stesso
riuscire a resistere sempre per un pelo, sempre più precariamente…?
“Non ce la faccio più”
pensò affranta con gli ultimi barlumi di resistenza che la tenevano in piedi “Raf,
oh, Raf, dove sei?”
Come se avesse ascoltato la sua
accorata preghiera, Raf arrivò: una luce bianca e schietta si accese nel mezzo
della stanza e immediatamente l’aria si fece più leggera, più pulita,
permettendo alla mente di schiarirsi.
“Raf!” esultò Eva balzando in
piedi quando la figura dell’Arcangelo si materializzò nel mezzo della luce.
Con due lunghi passi leggeri Eva
si butto tra le sue braccia prima ancora che smettesse di luccicare come una
stella; per qualche attimo anche lei venne avvolta dalla luce e dal profumo di
Paradiso e il suo cuore volò in alto, essenziale e puro come il volo di
un’aquila in alta montagna.
“Eva.” l’accolse la voce di Raf e
le sue braccia delicate la sollevarono e la strinsero con trasporto: per un
attimo sembrò persino che brillasse ancora di più.
“Finalmente sei tornato” mormorò
Eva con voce rotta contro il suo orecchio “Non ce la facevo più.”
“Già. Stava quasi per piangere
sulla mia spalla dalla prostrazione.”
La voce secca di Vlad li riportò
bruscamente la realtà: Raf lasciò andare Eva che fece due passi indietro,
incrociando per un attimo brevissimo gli occhi freddi del Demone. La faccia di
Raf era invece ancora radiosa e splendente.
“Scusate il ritardo” disse
pacatamente “Il Comitato di Sorveglianza mi ha richiamato d’urgenza per
discutere sul vostro ammutinamento… Mi dite cosa vi è saltato in mente?”
“Tu non arrivavi mai!” si
giustificò Eva con veemenza “Ellena era già partita con la Condanna, si era aperto un buco grosso così sul soffitto e se non avessi fatto qualcosa
Vlad…”
Si interruppe, per non dover
ammettere l’inammissibile.
“Eva, Eva…” la rimproverò Raf
radioso “Sparare addosso a Ellena non è stata di sicuro la soluzione per
aggiustare le cose, sai? Adesso il Comitato di Sorveglianza è stato costretto
ad aprire una Condanna anche nei tuoi confronti.”
“Una Condanna… ma non è possibile!”
“Hai sparato alla figlia di
Lucifero davanti a un milione di testimoni” le ricordò Vlad freddamente “Che ti
aspettavi? Una targa di bronzo?”
Anche lo sguardo di Raf era
dolente e rassegnato.
“Vlad ha ragione” ammise “Sei una
fuorilegge a tutti gli effetti, ora.”
Eva metabolizzò la notizia con
sorprendente sangue freddo: in fondo, aveva sempre viaggiato sul filo del
rasoio e qualcosa dentro di lei sapeva che prima o poi sarebbe scivolata dalla
parte sbagliata della barricata. Era solo questione di tempo.
“Sai che me ne frega” sbuffò
infatti con leggerezza “Non è il Comitato a spaventarmi. L’importante è
riuscire a stare fuori dal raggio di azione della cara Ellena.”
“Dovrebbe fregartene di più,
invece” ribatté Raf con voce stranamente fredda “Forse non ti importa di
esserti attirata le ire di tutta la famiglia infernale, del Comitato di
Sorveglianza e di tutti i Demoni e gli Angeli presenti nel Piano. Ma dovrebbe
importarti di quelli che hai portato con te nel bel mezzo dei guai: Gino,
Lorella, Vlad… e me.”
Eva ammutolì: solo in
quell’istante si rese conto delle ripercussioni di quello che era successo, non
per se stessa, ma per chi le stava intorno.
“Cazzo” sibilò tra i denti “Vuoi
dire che ho messo nei guai anche te?”
Raf fece spallucce, ma la risposta
era evidente: l’Arcangelo faceva parte del Comitato di Sorveglianza e la sua
sola presenza lì all’Eremo era una chiara violazione alle regole. Rendersene
conto improvvisamente gettò Eva nella confusione, in uno stato a metà tra
l’euforico e il rimorso.
“Oh no, Raf” mormorò tornando ad
abbracciarlo con trasporto “Dimmi che non sei nei guai per causa mia!”
“Non sono nei guai per causa tua”
recitò Raf abbracciandola teneramente “Non ancora, almeno. Nessuno sa che sono
qui con voi, adesso.”
“Ma hai dovuto mentire” articolò
a fatica Eva, bruciando dal senso di colpa “Per proteggermi hai dovuto fare
l’unica cosa che hai sempre rifiutato di fare…”
L’abbraccio di Raf si accentuò,
protettivo e tiepidamente amorevole.
“Non è stato proprio mentire”
sussurrò con le labbra fra i suoi capelli “Nessuno mi ha chiesto niente e io ho
semplicemente taciuto.”
Ma per lui era stato quasi peggio
che mentire: Eva conosceva troppo bene Raf per non sapere quanto aveva dovuto
fare violenza a se stesso per non essere onesto.
“Che gesto nobile” gorgogliò la
voce piena di scherno di Vlad, lontana eppure vicinissima “Certo, un po’
insolito per un purista come te. Sei sempre stato molto categorico in queste
faccende e non pensavo che per proteggere una Sanguemisto saresti arrivato a snaturare
la tua piumata natura. Ma tant’è, quante cose bizzarre ci fa fare l’amore…”
Eva si sentì sprofondare. Era
vero, Raf aveva snaturato se stesso e l’aveva fatto per lei. Lungi dall’esserne
lusingata, si sentì viscida e sporca come se si fosse ricoperta di sudiciume.
“Raf, io…” balbettò, ma non
sapeva cosa dire.
Aveva amato Raf dal primo momento
che l’aveva visto e il suo più grande desiderio era sempre stato quello di
essere ricambiata. Ma a quel punto, quando il suo desiderio sembrava quasi
realizzarsi, intuì che amarla avrebbe costretto Raf a non essere più se stesso…
a distruggersi. A Perdersi.
“Va tutto bene, Eva” le disse Raf
sorridendo “Non ti preoccupare, io… insomma, va tutto bene.”
Ma non andava affatto tutto bene.
Quasi senza volere, Eva incrociò lo sguardo di Vlad: il Demone le sorrise con
aria complice e sollevò il pollice. “Eccellente, scimmietta. Proprio come
avrei fatto io!”
“No, non è vero!”
Bruscamente, Eva si liberò
dall’abbraccio di Raf che la lasciò andare senza smettere di guardarla con i
franchi occhi azzurri pieni di amore.
“Non guardarmi così” pensò
allarmata Eva distogliendo lo sguardo“Non se questo significa essere la
causa della tua rovina!”
“Sei riuscito a trovare Sisar?”
domandò cercando disperatamente di cambiare discorso.
“Non direttamente: Sisar è un
Demone praticamente inaccessibile, e nemmeno l’Arcangelo Raffaele può accedere
alla sua presenza. Non nella nostra dimensione. Qui su questo Piano è diverso:
tutti siamo vulnerabili, sulla Terra. Ecco perché i Demoni e gli Arcangeli
vengono qui così di rado… comunque, ho tentato di contattare Sisar in altra
maniera. Gli ho mandato un messaggio spiegandogli tutto quello che era successo
e gli ho detto come e dove trovarvi.”
“Tu sei certo che Sisar abbia
ricevuto il tuo messaggio.” chiese Vlad garbatamente.
“Sì! Cioè… non lo so. Ve l’ho
detto, sono stato impegnato con il Comitato di Sorveglianza… ero certo che
fosse già qui…”
Un soffuso senso di smarrimento
avvolse l’Arcangelo. Eva allungò una mano per fargli una confortante carezza
sulla spalla.
“Forse dovresti provare tu a
chiamare il tuo amichetto” disse rivolta a Vlad ma senza guardarlo in faccia
“Non hai idea di dove possa essere?”
Non si aspettava una risposta: e
invece una voce arrivò, dal buio e dalla notte, da dentro e da fuori,
dappertutto e da nessuna parte.
“Sono qui.”
* * *
Eva si trovò in mano la Five-seveN senza nemmeno accorgersene. Non era stata una voce subdola come quella di Ellena
ma nemmeno carezzevole come quella di Vlad e nemmeno agghiacciante come quella
di Bersaba; era stata una voce normale, senza nessunissima inflessione
ultraterrena e proprio per quello le sembrò ancora più spaventosa. Eva si
guardò intorno freneticamente, sottilmente furiosa con se stessa per non
essersi accorta prima della presenza estranea che si nascondeva nell’ombra, ma
ancora continuava a non percepirla.
“Dov’è?” berciò aggressiva,
avvicinandosi inconsciamente ai suoi tutori.
La mano di Vlad le si posò sulla
spalla, deliziosamente rassicurante.
“Tranquilla scimmietta” mormorò
con voce vellutata “Sisar non ce l’ha con te.”
“Anzi” commentò la voce
allegramente “Visto il lavoretto che hai fatto alla mia adorata sorellina, hai
la mia eterna e incondizionata ammirazione.”
A furia di guardarsi
freneticamente intorno finalmente Eva inquadrò Sisar. Lo trovò nell’ultimo
posto dove lo avrebbe cercato: in piena luce, nel bel mezzo della stanza seduto
accanto a Lorella e Gino, con la mano della ragazza in grembo. Era un ometto
basso dagli anonimi capelli color topo, gli occhiali dalla montatura di corno,
la camicia col gilet di lana e i pantaloni con la piega ben stirata. Aveva
l’aspetto più placidamente umano che Eva avesse mai visto addosso a un Demone:
sembrava un impiegato delle poste. Non lo aveva notato prima perché sembrava
piazzato lì da una vita. Anzi, sembrava far parte integrante del quadretto
terrestre come se quel posto gli spettasse di diritto. Vederlo insieme ai suoi
vulnerabili amici Umani le gelò letteralmente il sangue nelle vene, ma Sisar
sembrò ignorare il pallore improvviso della sua faccia: posò delicatamente la
mano di Lorella, si alzò in piedi spazzolandosi con cura il retro dei calzoni
dai residui di foglie secche e camminò svelto verso Vlad.
“Vlad, tesoro!” sospirò con
evidente commozione.
“Ciao, sporco ragioniere.” sorrise
Vlad con tenerezza.
Sisar lo abbracciò con trasporto
e si alzò sulle punte dei piedi per baciarlo sulla bocca, ricambiato con
insolita benevolenza. Eva dovette distogliere bruscamente lo sguardo nauseata:
l’immagine anacronistica dei due uomini che si baciavano le faceva rivoltare lo
stomaco ancora più del ricordo di Ellena e Vlad prima del Processo. Raf,
ovviamente, guardava anche lui da un’altra parte, imbarazzato.
“Che sollievo vederti” sospirò
con tenerezza Sisar scostandosi da Vlad ma tenendolo saldamente per mano “Ho
ricevuto il messaggio di Raf… terribile, davvero terribile!”
“Non è stato così male” rispose
Vlad con un sogghigno complice “Anzi, è stato piacevolmente coreografico.
Ellena sa davvero dare spettacolo quando vuole.”
“Oh, tu, sempre a scherzare sulle
cose serie” brontolò Sisar con gli occhi accesi di indiscutibile affetto
“Avresti potuto farti del male… finire nei guai… addirittura nel Girone dei
Dimenticati! Sei stato davvero imprudente.”
“Scusa mammina.” gorgogliò Vlad
con una smorfia, ma Sisar era ancora serio.
“Potevi chiamarmi in qualsiasi
momento” ricordò con voce piana “Perché non l’hai fatto?”
“Ero Condannato.” rispose Vlad
come se quello spiegasse tutto, ma gli sfuggì uno sguardo verso Eva.
Sisar non poté fare a meno di
notarlo e immediatamente la sua espressione benevola si raffreddò. Finalmente,
il Demone concentrò la sua attenzione sulla ragazza: gli occhi castani
ingranditi dalle lenti spesse degli occhiali la vagliarono attentamente dai
piedi ai capelli neri ancora umidi. Era uno sguardo indagatore e curiosamente
asessuato, notò Eva forse per la prima volta in vita sua. In genere il suo
aspetto esotico, gli occhi profondamente scuri abbinati alla pelle candida e
l’opulento nero dei capelli, suscitavano ammirazione sia negli uomini che nelle
donne. Sisar, invece, la soppesava come se fosse un oggetto poco interessante.
“Ciao.” disse il Demone con cauta
cortesia: non le tese la mano che Eva vide stringersi in quella di Vlad, come
se avesse paura che glielo potesse portare via. Aveva curatissime unghie
smaltate di rosa confetto, notò fuggevolmente.
“Ciao.” rispose nello stesso
tono.
Si guardarono con ostilità senza
aggiungere altro. Per qualche arcano motivo Sisar gli era risultato
immediatamente antipatico. Stava ancora cercando un motivo dietro gli occhiali
spessi o nel colletto lindo della camicia, magari nella accurata scriminatura
dei capelli, ma in verità sapeva benissimo da dov’era scaturita l’antipatia:
era in quella mano curata che stringeva quella di Vlad con tanta intima confidenza.
“Finalmente incontro il famoso
Sisar” si sforzò di dire con naturalezza “Fino a qualche giorno fa a malapena
ricordavo l’esistenza della reale famiglia infernale e oggi mi capitano due
fratelli in un botto. Roba da rimanere impressionati.”
“L’impressione è tutta mia”
ribatté Sisar piacevolmente “Erano secoli che non tornavo su questo Piano.
L’aria qui è incredibilmente frizzante, non trovate?”
“Noi ci siamo abituati.”
“Capisco. Posso chiederti
gentilmente di abbassare la tua ridicola arma? Se non ricordo male non è usanza
accogliere così gli ospiti su questo Piano.”
Eva ubbidì intascando la Five-seveN senza smettere di fissare Sisar.
“Scusa, ma dopo il briefing con
tua sorella sono ancora sul chi vive. Posso sperare di essere esentata da
anatemi o emanazioni demoniache per qualche ora? Oggi è stata una giornata
pesantuccia di suo…”
Sisar rise educatamente.
“E’ simpatica” disse rivolgendosi
a Vlad “Caustica e ironica, sicura di sé e decisamente decorativa. Si nota
subito il tuo imprinting.”
“Col cazzo.” reagì immediatamente
Eva sottovoce.
“Dici?” la ignorò Vlad inarcando
un sopracciglio ironico “Non so se posso prenderlo come un complimento.”
“Certo che lo è.” rispose Sisar
con una furtiva carezza alla sua spalla.
Era stato un gesto fuggevole, ma
Eva lo aveva notato con incandescente repulsione. Pensò di nuovo alla spudorata
Ellena che baciava Vlad a bocca aperta e lo stesso le sembrò cento volte più
scandalosa la timida carezza di Sisar. Forse perché quel gesto era più reale,
più plausibile. “O forse perché Vlad era palesemente disgustato da Ellena ma
sembra invece apprezzare le attenzioni di Sisar” mormorò una vocetta
sotterranea “A casa mia sai come si chiama questa confusione nervosa…?”.
Certo che lo sapeva. Di riflesso, quasi per ripicca, Eva girò le spalle ai due
Demoni e si affiancò a Raf, fingendo noncuranza.
“Bene” disse poi seccamente
tornando a guardarli con il mento alzato “Immagino che ora che sei qui si
aggiusteranno le cose, no?”
“Infatti” scandì Sisar
chiaramente “Io sono qui per salvare la vittima di questo complotto. Anche se
non sarà facile con quello che è successo.”
“Cosa vuoi dire?” chiese Raf
preoccupato.
“Voglio dire che all’Inferno è
tutto un gran casino. Mammina è furibonda con Ellena e anche con te, Vlad,
ovviamente. Il Comitato di Sorveglianza starnazza come un branco di oche… senza
offesa, Raf, sai che tu mi sei simpatico. Insomma, sia sopra che sotto vogliono
le vostre teste e io non so davvero come fare per aiutarvi.”
Sospirò e si portò la mano di
Vlad al petto stringendola forte. Qualcosa di scintillante e doloroso trapassò
il petto di Eva che si sforzò di mantenere un’espressione neutra. Ma quanto le
dava fastidio quell’espressione sognante negli occhi di Sisar! E perché diavolo
Vlad se ne stava lì con quella faccia da Gioconda, come se… come se gli
piacesse?
“Sei gelosa!” canticchiò
la vocetta nella sua testa facendola infuriare immediatamente “Gelosa marcia
di questo mezzo ragioniere!”
“Tu devi tornare giù, tesoro”
proseguiva intanto Sisar accorato “Rischi troppo per restare su questo Piano.”
“A questo punto mi sa che rischio
anche a tornare di sotto.”
“Sciocchezze. Starai da me per un
po’: sai che mammina tornerà dalla tua, lavorandotela come sai fare tu. Con
Ellena vi odiavate già da prima, quindi non cambierà niente. Insomma, tornerà
tutto come prima, ci vorrà solo un po’ di tempo.”
“Ehm” tossicchiò Raf con celeste
imbarazzo “Non vorrei contraddirti, ma… se Vlad se ne va, cosa succederà a noi?
Eva… gli Umani… loro sono ancora in pericolo.”
“Già” intervenne Eva aggressiva:
al solo pensiero che Vlad potesse andarsene via lasciandola sola si sentiva
montare sottopelle una specie di fastidiosa orticaria “Prima di fare su armi e
bagagli sarebbe carino pensare anche a noi! Ricordati che ti ho salvato la
vita, maledetto ingrato.”
“E io l’ho salvata a te,
scimmietta” ribatté Vlad “Non dovevamo essere pari?”
Sisar si girò a guardare Eva e
Raf: era chiaro come il sole che non gliene fregava assolutamente niente di
loro, ma si sforzò di parlare con cortesia.
“Ho verificato attentamente: Eva
aveva due orde infernali alle calcagna. Una bella rogna, lo ammetto, ma ora
entrambe sono state ritirate, quindi non ha più nulla da temere.”
La notizia lasciò sia Eva che Raf
di sasso.
“Ritirate entrambe?” sfiatò la
ragazza incerta “Anche la prima? Quando?”
“Prima del Processo, ma essendo
chiusi qua dentro non potevate saperlo.”
“Da chi?”
“Che importanza ha?” sbottò Sisar
impaziente “Quello che conta è che ora sei libera di andare dove più ti
aggrada. Comitato di Sorveglianza permettendo, naturalmente.”
“Stai scherzando? Qualcuno vuole
la mia pelle! Prima l’orda, poi la Condanna… è ovvio che c’è qualcuno dietro
che sta macchinando perché io muoia al più presto!”
“Naturalmente” rispose Sisar
composto, spiazzandola “C’è qualcuno dietro. E mi meraviglio che con tutta la
tua intelligenza e il tuo intuito da Sanguemisto tu non abbia ancora capito
perché.”
“Capito cosa…?”
Sisar sospirò, lanciando
un’occhiata a Vlad della serie: “sarò paziente e buono, ma solo per te”.
“Eva cara” annunciò con condiscendenza
“E’ comprensibile visto che hai rischiato più volte di morire, ma in tutta
questa faccenda ti è sfuggito un punto fondamentale. Non per offenderti, ma ti
ricordo che sei solo una piccola, inutile Sanguemisto. Per noi Ultraterreni voi
che abitate su questo Piano non avete nessuna importanza. Pensi davvero che
qualcuno dall’Inferno si sia preso la briga di scatenare questo po’ po’ di
putiferio solo per la tua inutile pelle?”
Il tono di voce di Sisar era così
pacato che era quasi impossibile contraddirlo. Eva aprì la bocca per
controbattere ma, come Raf e Vlad ammutolì, pensando che quella di Sisar era
davvero un’ottima domanda. Si era tanto lambiccata il cervello nel tentativo di
capire chi e perché ce l’aveva con lei… la risposta era così semplice che le
era sempre sfuggita. Nessuno poteva avere interesse per lei, Sisar aveva
ovviamente ragione. D’un tratto si sentì particolarmente mediocre e stupida: “Piccola,
inutile Sanguemisto.”
“Spiegati.” sillabò a occhi
bassi.
“Non eri tu l’obbiettivo di
questi raggiri” proseguì Sisar piatto “In tutta questa faccenda sei solo una
ignara pedina. Qualcuno ti ha mosso solo per scatenare un’ovvia serie di
eventi. I Sanguemisto sono esseri appena più evoluti degli Umani e le vostre
azioni sono desolatamente prevedibili. Chiunque con un po’ di cervello avrebbe
saputo a chi ti saresti rivolta, se opportunamente minacciata. Ed è quel
qualcuno che doveva uscire allo scoperto. La vera vittima.”
“Raf…?” balbettò Eva guardando
dubbiosa l’Arcangelo.
Di nuovo Sisar alzò gli occhi al
cielo, impaziente.
“Vlad” corresse dolente alla fine
“E’ sempre stato Vlad la vittima designata.”
* * *
Eva si sedette a terra con
precauzione, imitata da Raf: le girava la testa e il respiro era diventato
pesante, quasi doloroso. Anche Vlad e Sisar la imitarono, raccogliendosi
intorno a un cerchio quasi amichevole. Sisar teneva sempre la mano di Vlad
nella sua ma guardava Eva con palese curiosità.
“Stai bene, ragazzina? Sembri
pallida.”
“Sto benissimo” sfiatò Eva con la
bocca secca “Dicevi di Vlad?”
“Non può essere.” mormorò Vlad
stesso.
Il Demone guardava un punto
imprecisato alle spalle di Sisar, l’espressione remota e cogitabonda.
“Rifletti Vlad: la tua posizione,
mio tesoro, è davvero invidiabile! Sei il Demone Capitale della Lussuria, sei a
capo del Nodo di Modena, sei il favorito del sottoscritto… Per come è popolato
l’Inferno, è ovvio che tu abbia un bel po’ di invidiosi nemici. Però finché eri
ben protetto nel tuo girone nessuno poteva avvicinarti. Solo su questo Piano un
Demone del tuo calibro diventa effettivamente vulnerabile: è ovvio che chi
vuole farti le scarpe abbia cercato il modo per attirarti qui, nel bel mezzo
del pericolo. Ma come avrebbe potuto senza la giusta esca?”
“Un’esca.” sfiatò Eva: non
sentiva niente, era come anestetizzata.
“Non è un mistero che tu sia il
Demone Tutore della piccola Sanguemisto. Certo, quella cosa di voi tre… non
ricordo come si chiamava quell’esperimento malriuscito del Comitato di
Sorveglianza che si sono tutti affrettati a insabbiare…”
“Il Triumviro?” suggerì Raf.
“Quello, sì. E’ grazie a quello
che sei diventato il Demone Tutore di Eva. Scavando bene a fondo tra i
pettegolezzi, non è nemmeno un mistero che lei abbia avuto e abbia tuttora un
certo ascendente su di te…”
Sisar guardò allusivo prima Vlad
e poi Eva e da un breve scintillio delle iridi castane scaturì un’intuizione
che penetrò il grigio torpore della ragazza: nemmeno lei piaceva a Sisar. Anzi,
giusto per essere dannatamente precisi, anche Sisar era geloso marcio di lei!
“Quindi la prima orda infernale
non è stata scatenata contro Eva per ucciderla?” domandò Raf con meraviglia.
“No. Eva è un Recuperante
autorizzato, è risaputo che abbia esperienza nel trattare con i Demoni. Persino
mammina ha sentito il suo nome e la tiene d’occhio.”
Eva non poté fare a meno di
rabbrividire.
“L’intento di chi ha scatenato
quell’orda era di spaventare Eva e di costringerla a chiedere aiuto al suo
unico contatto infernale: Vlad, appunto.”
Nel silenzio che seguì il pesante
e ignaro russare di Gino risultò quasi surreale.
“Senza offesa, Sisar” sospirò
infine Raf scettico “Ma non è facile condividere quello che pensi…”
“Non è che lo penso” rettificò
Sisar trionfante “Lo so.”
Con gesti leziosi, lasciò la mano
di Vlad e rovistò nella tasca posteriore dei pantaloni.
“Quando Raf mi ha fatto sapere
che tu, Vlad, eri in pericolo sono naturalmente andato nel panico… saperti qui
tutto solo, vulnerabile…” rabbrividì, ma si riscosse prontamente “Ho capito
subito che qualcosa di malsano bolliva in pentola, ma non contro la ragazzina… la Sanguemisto. Contro di te. Sei senz’altro tu quello che ha più da perdere, in tutta questa
faccenda. Quindi, ho fatto due indagini frettolose e quello che cercavo è
saltato fuori quasi subito.”
Dalla tasca aveva estratto un
foglio accuratamente ripiegato: lo aprì passandolo a Vlad con intenzione.
“Cos’è?” chiese Vlad leggendo:
aveva la faccia molto seria ma anche stranamente spenta.
“E’ una prova schiacciante”
spiegò Sisar infervorato “L’ho rubata dalle carte private di mammina. Quando
l’ho vista ho capito subito tutto!”
“Potresti illuminare anche noi?”
domandò Raf con insolita acidità.
Sisar continuò a rivolgersi a
Vlad come se ci fossero solo loro due.
“Se tu sparissi, Vlad, si
libererebbe un posto piuttosto ambito e importante. Sai che i Demoni di una
certa caratura possono candidarsi per eventuali ruoli vacanti… se mammina
decidesse di cambiare qualche cosa nell’organizzazione, intendo, o se qualche
Demone altolocato sparisse o facesse troppo il furbetto… insomma, l’ambizione
deve essere il motore di ogni buon diavolo che bazzichi all’Inferno, dico bene?
Ma sì che dico bene. E allora indovina chi si è ripetutamente e regolarmente
candidato per prendere il tuo posto di responsabile del Nodo di Modena?”
“Lo stesso che ha scatenato la
prima orda!” meditò Raf ispirato balzando in piedi.
“Lo stesso che vuole Vlad morto o
confinato nel Girone dei Dimenticati.” sussurrò Eva sottovoce: continuava a
sentirsi svuotata e piccola, come una conchiglia alla deriva.
“Chi?” domandò Vlad quasi
disinteressato.
“Leggi.”
Sisar guardò Vlad trionfante:
anche Raf fissò il Demone interrogativo. Eva invece trattenne il fiato,
guardandosi le mani che tremavano leggermente.
C’era odore di resa dei conti
nell’aria ed Eva si trovò quasi a rimpiangere le ultime ore… come se le avesse
sprecate quando invece avrebbe potuto fare qualcosa di più importante.
Importante come?, si domandò stancamente.
Magari baciando di nuovo Raf e
costringendolo a Perdersi? O baciando di nuovo Vlad e rendendolo vulnerabile ai
nemici? O c’era qualcun altro, Ultraterreno e non, per cui la sua presenza
poteva essere deleteria e distruttiva? Ormai, misericordiosamente, non aveva
più importanza.
“Avanti” incalzò arrendendosi
“Leggi quel dannato nome!”
Vlad lesse il nome sul foglio: le
sue nocche sbiancarono, ma il suo viso rimase di pietra, impassibile e pallido.
Nemmeno un rumore ruppe la solenne concentrazione delle sue iridi d’agata che
si alzarono e incontrarono quelle di Eva, dolorosamente in attesa. Anche Sisar
e Raf avevano smesso di respirare. Finalmente Vlad si decise a dire quel nome,
e la sua voce sembrò un colpo di fucile nel silenzio perfetto e immobile.
“Cornelia.”
NOTE DELL’AUTRICE:
Scusate il ritardo… saluti e tanta fortuna a tutti!!
Come noi fummo giù nel pozzo scuro
sotto i piè del gigante assai più bassi,
e io mirava ancora a l'alto muro,
dicere udi' mi: "Guarda come passi:
va sì, che tu non calchi con le piante
le teste de' fratei miseri lassi"
Dante Alighieri, La Divina Commedia, Inferno, Canto XXXII
Cornelia. Quel nome cadde
tra loro, pesante e inaspettato come un meteorite. Cornelia. La zietta
dagli occhiali col pince-nez e i cappellini con le gerbere. Cornelia.
“Non può essere.”
“Cazzate.”
“Ci deve essere un errore.”
Eva, Vlad e Raf avevano parlato
contemporaneamente con lo stesso identico tono pacato: si guardarono l’un
l’altro, sorpresi per primi dell’insolita sintonia. Sisar invece sembrò non
apprezzarla affatto.
“Vi posso garantire che le
richieste di Cornelia sono autentiche” scandì con voce ferma mentre le guance
gli si coloravano di rosa “Non è un mistero per nessuno che quella viscida
cicciona non veda l’ora di farti le scarpe, Vlad caro.”
“Appunto” rispose Vlad
pacatamente “Tutti sanno quanto Cornelia voglia il mio posto. Come un trilione
di altri Demoni, mi pare di ricordare. Il mare dell’Inferno è pieno di pesci…
piranha e squali, più precisamente, e Cornelia è solo uno di questi.”
“Con questo che vuoi dire?”
chiese Sisar aggrottandosi.
“Il concetto che Vlad caro vuole
esprimere è che Cornelia non è in grado di architettare qualcosa di così
titanico” spiegò Eva con sussiego “Comunque era carina la tua metafora
oceanica, Vlad caro.”
“Ho tante altre cose carine da
mostrarti” rispose Vlad con la faccia seria di un professore universitario
“Quando vuoi, scimmietta cara.”
“E comunque Cornelia non ha i
mezzi necessari per dichiarare guerra a Vlad” aggiunse Raf mentre Sisar si
inalberava vistosamente “Non è un Demone in grado di scatenare orde infernali.”
“Giusto” approvò Eva “Solo i
Demoni Capitali hanno l’autorità di farlo.”
“Passando tramite me” specificò
Sisar “E ti posso assicurare che ho visto passare una sola orda infernale nei
tuoi confronti.”
“Quella di categoria C di Vlad
caro?”
“Esattamente.”
“Il Comitato di Sorveglianza ne
ha vista qualcuna, Raf caro?”
“No, Eva cara. Nessuna.”
“Questo perché il Comitato di
Sorveglianza ha un emendamento con più buchi di un emmenthal svizzero. Per noi
Demoni è ridicolmente facile farvi perdere qualche scartoffia, Raf caro.
Troverete quelle dannate richieste, a tempo debito, e cioè quando non saranno
più necessarie.”
“Da come parli sembri piuttosto
esperto in questo tipo di insabbiamenti, Sisar caro.”
“Indubbiamente. Ma non è né il
luogo né il momento adatto per parlare di questo, Eva cara. Anzi, non è il
momento di parlare di niente. Vlad caro, su questo Piano non sei al sicuro. A
Cornelia penserò io a tempo debito: tu devi solo tornare con me all’Inferno.”
Sisar era stato piuttosto
categorico e convincente: persino Vlad stranamente tacque. Nella mente di Eva
passò di nuovo rapido e abbagliante il pensiero di rimanere sola senza Vlad.
Inconcepibilmente, quello che fino a pochi giorni prima era la quotidianità in
quel momento le sembrava inaccettabile, le toglieva la capacità di respirare.
Per reazione, divenne ancora più aggressiva.
“Naturalmente Sisar caro ha
ragione” disse con voce chiaramente acida “Devi andare all’Inferno, Vlad caro.
Quant’è che te lo dico anche io?”
“Ma Eva” mormorò Raf sottovoce “E
tu come farai?”
Come farò a fare cosa?
Respingere orde infernali? Me la posso cavare da sola. Sopravvivere? Anche qui
non ho bisogno di aiuto. Respirare? Ecco,questa magari…
“Raf caro, ti ricordo che sono
sopravvissuta senza la tua augusta presenza e quella di Vlad caro per ben
dodici anni. Anzi, vorrei precisare che ho rischiato la vita più per causa
vostra negli ultimi giorni che nel resto della mia piatta esistenza. Quindi,
non ho bisogno di voi: addio a tutti gli Ultraterreni presenti, salutate amici
e parenti e andate in pace.”
Vlad senza dire nulla le lanciò
uno sguardo scettico che Eva ricambiò a muso duro.
“Cos’è quella faccia?” lo apostrofò
aggressiva “Credi che non ce la possa fare? Sarebbe solo un sollievo non averti
più tra i piedi. Tu e i tuoi dannati diamanti nelle zanne.”
Raf sospirò paziente mentre Vlad
continuava a rimanere muto e curiosamente distaccato, quasi remoto.
“Non dire sciocchezze” la ammonì
Raf con dolcezza “Non puoi rimanere sola. Io, almeno, non ti lascio. Non prima
di aver risolto questa situazione.”
“Ben detto” approvò Sisar “Sei un
bravo Arcangelo Tutore, Raf caro. Ora, se volete scusarci, Vlad e io…”
“Cos’hai intenzione di fare
adesso?” lo interruppe Vlad rivolto a Eva come se Sisar non stesse nemmeno
parlando: la ragazza allargò le braccia sentendo quella cupa domanda
rimbalzarle dentro.
“Cercherò la verità” rispose
infine sinceramente “Questa storia è un gran casino e comunque vada non vedo
una soluzione senza spargimento di sangue. Sisar sbaglia pensando che sia
finita qui: io credo che non sia finita affatto e che fin’ora abbiamo visto
solo una minima parte di quella che è la verità. Personalmente ho capito solo
una cosa, tra orde infernali, scartoffie celesti e Demoni Capitali.”
“Che cosa?”
Eva inspirò a lungo continuando a
fissare Vlad con apparente durezza.
“Che Cornelia non può aver agito
da sola.”
* * *
Raf dei tre Ultraterreni sembrò
l’unico sorpreso dalla prospettiva di Eva.
“Un complotto?” domandò
spalancando gli occhi “Accidenti! Così sarebbe ancora più complicato e
pericoloso!”
“Ma è l’unica spiegazione
possibile.”
“Sciocchezze” sbuffò Sisar che
invece sembrava l’unico ad avere già valutato l’ipotesi “La tua fantasia è
davvero fervida, Sanguemisto.”
“Permettimi di dissentire, Sisar
caro: qui la fantasia non c’entra. Vlad tornerà a casina santa con te, ma se è
vero che ce l’hanno con lui, i suoi guai sono appena cominciati.”
“Hai una teoria, scimmietta?”
chiese Vlad interessato: Eva fece spallucce.
“Ne ho a pacchi: potremmo stare
qui a emettere postulati fino alla fine del millennio, ma credo che non
arriveremmo da nessuna parte. Hai troppi nemici, Vlad caro… o per dirla secondo
la tua calzante metafora, hai un bel po’ di barracuda alle calcagna.”
“Per esempio?”
“Chiunque potrebbe essere il tuo
nemico numero uno: io per prima, se solo avessi uno straccio di potere
demoniaco ti avrei già ridotto in polpette per cani.”
“Ci avrei scommesso. A parte te,
piccola scimmietta sanguinaria, chi hai candidato al ruolo di cattivone
universale?”
“Ci sarebbe la tua cara amichetta
Amelia… così sollecita nel portarmi la tua richiesta per l’orda infernale.
Chissà dove l’aveva presa.”
“Questo è ininfluente!” borbottò
Sisar aggrottato.
“E naturalmente c’è la povera
Bersaba con la sua collezione di pelli… non è che la tua le manca, Vlad caro?”
“Ma fammi il piacere.” sorrise
Vlad arricciando il naso.
“Il piccolo, annoiato Linus.
Demetrio dal braccino corto, l’ho visto come si dava da fare con te. Quella
simpaticona di Morgana, dopo che ha finito di limarsi quei gioielli di denti…
Alana forse no, ma chissà?”
“Secondo te tutti questi
sarebbero da sospettare?”
“Non solo loro, Vlad caro: questa
sarebbe solo la punta dell’iceberg. Ci sarebbero anche Lucy e la sua degna
figlia, da quanto ho capito. E lavorando un po’ di fantasia e un po’ no,
potremmo anche prendere in considerazione nemici più vicini… Sisar, per
esempio.”
“Io?” strillò Sisar,
evidentemente offeso “Ti ha dato di volta il cervello, puzzolente Sanguemisto?”
“Beh, ci sono molte prove a tuo
carico: le richieste delle orde passano tutte dalle tue mani…”
“Ti ho detto che la richiesta per
la prima orda non l’ho mai vista!”
“Potresti aver mentito. Ma
passiamo oltre, non voglio farti scoppiare una vena dalla disperazione. Il
complice potrebbe essere Raf.”
“Io?” singhiozzò Raf spalancando
gli occhi.
“In via del tutto teorica” spiegò
Vlad con un sorriso “Scimmietta, così mi spaventi la piccola fiammiferaia. Non
ti stai buttando un po’ sul fantascientifico?”
“Forse” approvò Eva “Tutto questo
era solo per dire che non possiamo sapere chi muove si muove dietro le fila.
Anche se io ho intenzione di scoprirlo.”
“Tu?” trasecolò Sisar dubbioso.
“Io.” rispose Eva fieramente
alzando il mento: li fissò negli occhi uno per uno prima di proseguire.
“Che scelta ho? C’è una Condanna
che mi pende sulla testa e l’unica cosa che posso fare se non voglio finire nel
Girone dei Dimenticati è far condannare qualcun altro. Magari il vero colpevole
di questo casino sarebbe l’ideale, ma mi va bene uno qualsiasi dei simpaticoni
che ho nominato. A parte me stessa e te, Raf caro.”
“Che intenzioni generose e
altruistiche.” sorrise Vlad con malcelata ironia.
“Tutto questo è molto
interessante” sbottò Sisar ancora corrucciato “Staremmo qui ore ad ascoltarvi.
Peccato che noi dobbiamo andare. Saluti e baci, mandateci una cartolina quando
avrete finito.”
“E come pensi di fare?” continuò
Vlad imperterrito senza muoversi di un millimetro.
“Andando direttamente alla fonte,
naturalmente: chiedendo a Cornelia.”
“E se la buona donna non volesse
collaborare?”
Una dura patina di determinazione
venò lo sguardo di Eva.
“Collaborerà.” disse
semplicemente.
Vlad scosse appena la testa quasi
con indifferenza.
“Sarà dura arrivare a Cornelia:
quando metterai il naso fuori di qui avrai alle calcagna l’intero Comitato di
Sorveglianza per quella Condanna.”
“Userò il mio mantello
dell’invisibilità.”
“Se Cornelia è davvero coinvolta
a questo punto avrà mangiato la foglia e ti aspetterà armata fino ai denti.”
“Vlad caro, lo so che non vedi
l’ora di vedere il mio povero corpo dondolare dalle mura del castello di
Cornelia, ma visto che non sarai presente al sanguinoso evento piantala di
gufare.”
“Sì, Vlad caro, basta così.
Andiamo.”
Ma gli occhi di topazio di Vlad
non mollarono Eva nemmeno per un secondo, e lei poté sentire quasi
dolorosamente quelle pietre incandescenti sulla pelle. Ricambiò lo sguardo con
franchezza, assorbendo affamata il calore di quello sguardo, la solita confusa
ridda di sentimenti contrastanti che le sballottavano il cuore, vicino e
lontano.
“Sei proprio una stupida testa
calda.” la informò Vlad con voce lenta e vellutata.
“Parla il fine ponderatore.”
“Le tue manie suicide uccideranno
chiunque ti stia intorno.”
“Terrò debitamente conto della
tua opinione, dottor Freud. Buon viaggio e figli maschi.”
“Ti farai ammazzare davvero.”
“Col cavolo. Ma non far finta che
ti dispiacerebbe.”
Vlad sospirò e accennò un
sorriso: lentamente alzò una mano e per un lungo secondo da capogiro Eva pensò
che volesse accarezzarle una guancia… così, davanti a Sisar e Raf, con quella
ruvida dolcezza negli occhi che le dava le vertigini. Invece si limitò a
toglierle una foglia secca impigliata nei riccioli con accademica indifferenza.
“Sei una maledetta spina nel
fianco” sospirò meditabondo “Se non fosse per quegli occhi…”
Il cuore di Eva fece una capriola
dolorosa nel petto.
“E va bene” sospirò infine Vlad
abbassando le lunghe ciglia sugli occhi “Andiamo.”
Forse fu il tono di voce, dolente
e quasi rassegnato… o forse fu perché quelle parole avevano tutta l’aria di un
addio. Eva sentì tanti inaspettati aghi che le pungevano gli occhi e dovette
deglutire ripetutamente per schiarire la vista.
“Oh, finalmente.” sospirò Sisar
rilassandosi: anche lui si era spaventato, intuì Eva fuggevolmente.
Per un secondo era sembrato… ma
no, figurarsi. Non Vlad l’opportunista, Vlad l’egocentrico, Vlad il signore
supremo dello sfruttamento altrui.
“Ehm” gracidò Eva con voce
incerta “Fai buon viaggio. Ciao.”
Caro, maledetto Vlad. Proprio
non ce la faccio a dirti addio.
Sisar si allontanò di un passo ma
Vlad non si mosse: rimase di fronte a Eva e girò appena il viso verso il Demone
con una calma espressione sul viso.
“Scusa, Sisar” disse
semplicemente “Stavo parlando con la scimmietta e il piccione. Non ho nessuna
intenzione di tornare all’Inferno con te.”
“Vlad!” gorgogliò Sisar querulo
mentre si udiva chiaramente il respiro di sollievo di Raf.
Eva non disse niente: era troppo
impegnata a ricacciare indietro le lacrime di incredulo sollievo.
Caro, maledetto Vlad. Grazie…
“Vlad, non essere assurdo! Vieni
con me!”
Ma la placida faccia di Vlad era
assolutamente irremovibile.
“Sisar caro, per quanto mi scocci
ammetterlo, la paranoica Sanguemisto ha ragione: devo scoprire chi c’è dietro a
questa faccenda perché chiunque sia, ha intenzione di arrivare fino in fondo e
io non voglio essere lì ad aspettarlo. Voglio arrivare al suo culo prima che
senta il mio fiato sul collo e senza di me queste due caccole peggiorerebbero
solo la situazione. No, devo andare con loro.”
“Dio sia lodato.” mormorò Raf
sottovoce attirandosi il lungo sguardo furibondo di Sisar.
“Sciocchezze! Questi merdosi
pasticcioni non hanno nessun bisogno di te!”
Vlad, per non infierire, lasciò
che a rispondere fosse il suo sguardo vagamente altezzoso: il viso di Sisar
arrossì come un pomodoro maturo e due piccole luccicanti lacrime di
frustrazione vennero ingigantite dalle spesse lenti degli occhiali.
“Ti prego, Vlad, vieni! O sarò
costretto a pensare che tu voglia rimanere… per lei!”
Indicò Eva con l’indice puntato e
la ragazza sobbalzò come se l’avesse punta con una spada. Di nuovo Vlad si
limitò a inarcare un sopracciglio che fu più che sufficiente per far sentire
Eva inutile e ignobile come un fazzoletto di carta usato.
“Oh, sì!” continuò Sisar
evidentemente alterato “Fai pure la sceneggiata del menefreghista snob… con me
non attacca! Il Vlad che conosco io se ne sbatte di sapere chi è il suo nemico
perché sono tutti nemici! Tu stai di nuovo ragionando con l’uccello e l’unica
cosa che davvero ti interessa è riuscire a infilarti nelle mutande di quella
piccola… sudicia… puttana!”
“Sudicia sarà tua sorella” sbottò
Eva stranamente imbarazzata “Io ho appena fatto la doccia.”
Vlad la guardò serio ma con gli
occhi che ridevano dispettosi.
“Sisar, non offendere la mia
pupilla, che non è né sudicia né piccola. Ammetto che un pensierino alle sue
mutande l’ho fatto…” lanciò un rapido e irresistibile sorriso a Eva che dovette
abbassare gli occhi, abbagliata “Ma a dire il vero è alle mutande di Biancaneve
che punto.”
Strizzò l’occhio a Raf che
arrossì come un gambero e fece una perplessa risatina.
Il colorito di Sisar aveva
assunto le cupe tonalità della terra bruciata: senza gli occhiali in quel
momento sarebbe stato sorprendentemente simile alla sorella, meditò
fuggevolmente Eva.
“Io ti ho chiesto di venire con
me” scandì lentamente con voce liquida “Io, Sisar, ti ho… supplicato di venire
con me. Non te l’ho ordinato, anche se avrei potuto: te l’ho chiesto per
salvare il tuo stramaledetto culo… e tu sei talmente in fregola per le tette di
questa puttana da rischiare la tua vita per lei?”
“E dalli con le offese.” borbottò
Eva sottovoce, ma la prudenza ebbe il sopravvento e non aggiunse altro.
Vlad sospirò pazientemente:
raggiunse Sisar e gli passò un braccio intorno alle spalle, protettivo. Sisar
tentò di scacciarlo senza tanta convinzione: le sue labbra tremavano già come
quelle di un bambino a cui hanno tolto il giocattolo preferito.
“Andiamo, Sisar” lo blandì
suadente “Ti raggiungerò all’Inferno nel giro di qualche giorno.”
“Tu mi stai trattando come se
fossi una delle tue inutili mostriciattole che vivono solo per farti pompini
giù all’Inferno” grugnì Sisar con voce vagamente minacciosa “Forse dovresti
ricordarti chi sono.”
“Ma io lo ricordo benissimo”
replicò Vlad stringendolo più forte “Il mio piccolo Sisar. So che mi
aspetterai, vero?”
Lo baciò sulla bocca, prevenendo
sul nascere nuove accorate proteste. Il Demone lo abbracciò aggrappandosi
disperatamente al suo collo e Raf girò pudicamente lo sguardo da un’altra
parte. Eva invece li guardava fisso, subendo come una lenta e dolorosa tortura
la visione delle lunghe mani di Vlad posate sul collo e sulla nuca di Sisar.
Masochisticamente non riusciva a bloccare il pensiero scandaloso dei due Demoni
insieme: immaginò le loro effusioni private, i loro corpi nudi e la pelle
dorata e liscia di Vlad alla mercé della bocca affamata di Sisar… le sembrò di
avere una sbarra di metallo incandescente infilzata nel petto tanto faticava a
respirare.
“Gelosia pussa via.”
gorgogliò sadicamente la vocetta interiore proprio mentre Sisar intercettava lo
sguardo di Eva e ricambiava con ardore il puro odio con cui lo stava
osservando.
“Stai lontano da lei” lo sentì
mormorare all’orecchio di Vlad “Scopatela, se vuoi, ma dopo buttala via… se le
stai vicino troppo a lungo, ti guasterà.”
“Non fare l’isterico, Sisar”
rispose Vlad con il sorriso nella voce “Eva mi serve lucida e se continui a
farla incazzare non mi sarà di nessun aiuto.”
“Rimarrete qui?” si informò Sisar
passando un dito sulla guancia di Vlad: sembrava di nuovo sull’orlo delle
lacrime.
“No” rispose Vlad meditabondo “Li
porto alla Casa Blu.”
Sisar smise di respirare con un
brusco singhiozzo.
“Co… alla Casa Blu?” strillò con
voce abbastanza acuta da destare la curiosa attenzione di Eva e Raf “Ma quella
è la mia casa…”
Vlad sorrise magnanimo,
accarezzando la testa di Sisar come se fosse un cucciolo che guaiva dal bisogno
di coccole.
“So che a te non dispiace
prestarmela” rispose poi con sicurezza “E quella caccola senza spina dorsale di
Cornelia non la conosce. Lì saremo al sicuro per un paio di giorni: i pennuti
del Comitato di Sorveglianza non potranno nemmeno avvicinarsi alla Casa Blu e
sono matematicamente sicuro che Cornelia si sarà chiusa dentro il suo covo
armata fino ai denti come una tartaruga nel guscio, troppo vigliacca per
mettere persino la punta del naso fuori di casa. Sarò al sicuro, dolcezza, stai
tranquillo.”
Sisar lo fissava con uno sguardo
così supplichevole da spezzare il cuore.
“Vlad, ti prego, ripensaci.”
Vlad lo fissò a lungo,
pensieroso: sembrò persino avere un tentennamento, un attimo di dubbio… poi il
suo sguardo venne inevitabilmente calamitato da Eva alla sua destra e il giallo
oro delle sue iridi tornò adamantino.
“Tornerò da te, dolcezza”
concluse risoluto “Tu preparami la vasca idromassaggio per quando torno. Ho in
mente…”
Finì la frase nell’orecchio di
Sisar, facendo quasi ammansire il Demone con qualcosa di palesemente sconcio.
Quando finalmente i due si
separarono, Eva aveva i nervi così tesi che le facevano quasi male.
“Ok, me ne vado” annunciò Sisar
con voce dolente “Ti aspetto di sotto, tesoro. Cercherò di appianarti la strada
con mammina per quando ritorni. Tu però devi promettermi che se capirai di
essere davvero in pericolo mollerai queste due patetiche zavorre e mi chiamerai
immediatamente.”
“Va bene.”
“Ciao ciao, Sisar caro” non
riuscì a trattenersi Eva “Tanti baci dalle due patetiche zavorre.”
Sisar ignorò l’acido commento. Ci
fu un’altra serie di plateali effusioni, ma questa volta Eva non poté
sopportarne la vista: si girò e dopo qualche secondo misericordiosamente sentì
solo il silenzio, senza gli asmatici sospiri di Sisar a inframmezzarlo.
“Grazie di essere rimasto” pigolò
Raf con evidente gratitudine “Eva ha davvero bisogno dell’aiuto di entrambi i
suoi tutori.”
Vlad si atteggiò a martire
malizioso poi camminò indolente fino al muro dove si appoggiò comodamente,
osservando Eva tra le ciglia.
“Allora, scimmietta?” chiese poi
placidamente “Qual è il tuo fantasmagorico piano per arrivare a Cornelia?”
“Ancora non ci ho pensato”
rispose con la voce vibrante di risentimento “Mi verrà sicuramente qualcosa in
mente mentre asciughiamo il pavimento dalla bava che ha lasciato il tuo
fidanzato.”
“Quando fai la gelosa sei sexy da
morire.” la informò Vlad con un sorriso irresistibile.
“Impiccati!”
“Non urlare, o sveglierai i
terricoli. A proposito, è notevole come gli Umani non si siano nemmeno mossi
nonostante i tuoi strilli isterici.”
“Io non sto affatto strillando!”
“Li ho schermati io” spiegò Raf
con voce dolce “Hanno bisogno di dormire, poveretti…”
“Che buon cuore che hai, Bambi”
gorgogliò Vlad con affetto “Sei sicuro dopo tutto questo trambusto di non dover
fare una doccia anche tu? Mi sento così generoso stasera che potrei venire a
lavarti la schiena, se vuoi.”
“Perché sei rimasto?” chiese di
punto in bianco Eva mentre Raf arrossiva penosamente: non aveva avuto
intenzione di fare quella domanda, la le era sfuggita quasi contro la sua
volontà. Vlad la fissò con gli occhi luminosi.
“Per svariati motivi, primo tra
cui l’intento di passare la saponetta alla piccola pollyanna bionda… sto
scherzando Raf, smettila di arrossire o andrai a fuoco! Un altro motivo è la
mia incommensurabile generosità: ho messo al vostro servizio le mie preziose
meningi per incastrare Cornelia. Voi due cervellini ipotrofici non partorireste
un piano attuabile nemmeno con una overdose di fosforo. E poi sono curioso di
sapere chi e perché ce l’ha tanto con me. Tu no?”
“La curiosità uccise il gatto.”
gli disse Eva per spaventarlo, ma era lei a essere spaventata.
“Il detto dice anche che la
soddisfazione lo resuscitò.”
“Io conosco solo la parte del
gatto morto.”
Vlad inarcò un sopracciglio e
fece brillare il diamante in un rapido sogghigno.
“Allora fortuna che io sono un
leone, vero scimmietta?”
Eva non rispose: era ancora
furiosa con Sisar e ancora di più con se stessa per essere furiosa con Sisar.
Raf scelse quel momento per tossicchiare sommessamente.
“Io devo tornare al Comitato di
Sorveglianza” disse con voce neutra “Si insospettiranno se sto via troppo a
lungo. E comunque non sarei di nessun aiuto per trovare una soluzione… non ho
nessun contatto con Cornelia e se tentassi di averne avrei addosso l’intero
Comitato.”
“Che prospettiva meravigliosa”
chiocciò Vlad con occhi sognanti “Un intero collegio di angeli biondi
aggrappati alle spalle… dopo un po’ si potrebbero invertire le posizioni?”
“Piantala, depravato.” gli ordinò
Eva mentre Vlad ridacchiava malignamente al rossore di Raf.
L’Arcangelo sospirò mestamente e
alzò gli occhi celesti su Eva che ci vide dentro tanta dolente confusione:
chissà come si sentiva male, pensò lei con profondo, improvviso rimorso. Da una
parte il suo dovere di membro del Comitato, dall’altro il suo insano amore per
lei… di slancio corse ad abbracciarlo con sincero trasporto.
“Torna presto” mormorò posando
castamente le labbra sulle sue “E stai attento. Non voglio che rischi tutto per
me…”
Raf ricambiò il suo bacio con
imbarazzata devozione prima di allontanarla dolcemente.
“Forse è un po’ troppo tardi per
questo.” mormorò infine mentre si illuminava tutto di luce divina.
Un attimo dopo era sparito,
lasciandola sola e infreddolita al cospetto di Vlad.
* * *
Soli, pensò Eva impietrita dal
terrore. Mai quattro innocenti lettere erano sembrate più pesanti e cariche di
greve significato. Vlad la fissava con gli occhi socchiusi e felini mentre lei,
radicata al suolo, cercava disperatamente di tenere a bada il proprio cuore
improvvisamente imbizzarrito.
“Bastano i suoi occhi addosso
e mi vanno in tilt tutti i ricettori” meditò rabbiosamente con i pugni
chiusi “Razza di stupida fifona!”
“Beh?” chiese bruscamente,
incapace di sostenere oltre il suo sguardo ammaliante “Che hai da guardare?”
“Sto cercando di capire quanto ci
sei e quanto ci fai nei confronti di Bambi” rispose Vlad con naturalezza “E’
chiaro come il sole che lui sta cedendo… mi è meno chiaro cosa otterrai tu
quando lui si Perderà a causa tua.”
“Raf non si Perderà affatto. Lui
mi ama e io amo lui in una maniera che tu non puoi nemmeno lontanamente
capire…”
Si interruppe di scatto quando
Vlad si staccò dal muro fluido e aggraziato e le si parò davanti incombendo su
di lei col suo scettico sguardo altezzoso.
“Ci sono un sacco di cose che
capisco” mormorò con voce improvvisamente rauca “Come per esempio il motivo per
cui stai tremando.”
Eva vide distintamente un vorace
fuoco agitarsi dentro le sue iridi gialle: veloce e spaventata come una lepre,
si allontanò da lui e si avvicinò ai due Umani profondamente addormentati, iniziando
a strattonare con vigore il poderoso bicipite di Gino.
“Ehi, cavernicolo, sveglia!”
strombazzò con sufficiente potenza da armare un reggimento.
Vlad proruppe in una tale
risatina di scherno che Eva arrossì di vergogna suo malgrado, continuando a
strattonare Gino per un braccio. Gino bofonchiò con un basso ringhio
minaccioso, agitò un poco il sedere tra le foglie e aprì un occhio cisposo con
chiare intenzioni omicide.
“…azzo vuoi?”
“Svegliati.” ordinò lei senza
tante spiegazioni.
“Devi farle da chaperon”
gorgogliò Vlad per niente di cattivo umore “La fanciulla ha paura di non
riuscire a resistermi.”
La leggera affermazione era così
desolatamente vera che Eva si sentì bruciare di umiliazione.
“Chiudi quella fogna” sibilò
senza però avere il coraggio di guardarlo in faccia “E piantala di soffocarmi
con le tue dannate emanazioni demoniache!”
Vlad si mosse rapido e fluido
come un soffio di vento: le fu sopra all’improvviso, incombendo su di lei come
una montagna, inchiodandola al suolo con quelle sue terribili iridi gialle.
“Non sto usando il mio potere” la
informò tranquillamente Vlad “Nemmeno un grammo. Ma tu tremi come una foglia e
non riesci a guardarmi negli occhi. E il tuo odore… il tuo odore parla di me,
scimmietta.”
“No.” sentenziò Eva aggrappandosi al braccio di Gino che,
ancora intontito, si liberò dalla sua presa e ripiombò a dormire.
Vlad non disse niente: allungò semplicemente una mano senza
nemmeno sfiorarla, una lunga, elegante, imperiosa mano verso di lei ed Eva si
sentì trascinare su come se un possente gancio le avesse ancorato le ascelle.
Prima ancora di potersi opporre, una forza mastodontica e invisibile l’aveva
spinta contro di lui, le mani posate sul suo petto armonioso in un ultimo
debole tentativo di resistenza. Vlad le afferrò i polsi rudemente ma senza
farle male.
“Visto?” chiocciò poi rivolgendole un perfido sorriso storto
“Ma non ti abbattere troppo, scimmietta: mi servi così per entrare nella Casa
Blu.”
Eva lottò furiosamente contro la pesantezza che le bloccava
le membra, gli occhi lucidi di frustrazione. Inutile, la vicinanza di quel
maledetto bastardo dagli occhi gialli le prosciugava completamente le forze.
“Col cazzo che vengo con te!” gracidò lottando per liberarsi
“Ci vai da solo nel merdoso nido della tua puttana!”
Vlad rise sottovoce facendola infuriare ancora di più.
“Oh, scimmietta, sei così spassosa! Eppure, ogni volta che
ti sfioro e tu tremi, ogni volta che quegli occhioni diventano languidi e mi
chiamano, mi chiedo perché ancora stiamo qui a parlare invece di strapparci i
vestiti di dosso.”
“Te lo dico io, perché non sono tutti pervertiti come te!”
“Ma a te toccherà esserlo” sospirò Vlad maligno “Nella Casa
Blu non potrai fare altro.”
Incuriosita suo malgrado, Eva lottò un po’ meno
furiosamente.
“Che diavolo è questa Casa Blu?” domandò infine cedendo alla
curiosità.
Vlad, che non aspettava altra domanda, allargò il suo
sorriso perverso.
“E’ uno dei tanti posticini che gli Ultraterreni si
ritagliano sul questo Piano per farsi gli affari loro” le confidò salottiero
“Tipo la baita in montagna… ricordi?”
“Sì.” tagliò corto Eva, evitando accuratamente di ricordare
quell’orrore.
“La Casa Blu appartiene a Sisar e se l’è costruita per le
sue… come vogliamo chiamarle? Scappatelle d’amore? Ma no, chiamiamole con il
loro nome: scopate selvagge.”
Eva riprese a strattonare i polsi, corrucciata.
“Chissà quante belle gite domenicali che ci avete fatto, tu
e il tuo fidanzato.” ringhiò poi di malumore.
“Effettivamente, ho qualche bel ricordo lì” ammise Vlad con
aria sognante “Anche perché Sisar sembra tanto timorato, ma a letto è un vero
maiale. La Casa Blu è un autentico gioiellino per i Lussuriosi. Ti piacerà.”
Ammiccò ed Eva pregò ardentemente che la Casa Blu venisse seduta stante rasa al suolo.
“Inoltre Sisar ha protetto molto bene la sua casetta”
proseguì Vlad imperterrito “Dentro può entrare solo chi è invitato da lui
personalmente… praticamente lo stesso trucchetto che ci tiene ben protetti qui
nell’Eremo, nevvero?”
“Quindi tu entri sicuramente. E noialtri?”
“Fammi finire, scimmietta. Ovviamente, Rosaspina non può
entrare: è un Arcangelo. Sisar si taglierebbe una mano e la darebbe in pasto ai
cani pur di avere il biondino nel suo letto, ma dubito che Raf sopravvivrebbe
all’atmosfera della Casa. E’ per questo motivo che non gliene ho parlato.”
Eva gli lanciò uno sguardo bieco.
“Sto cominciando a preoccuparmi” annunciò severa “Senza Raf,
che ne sarà di me e i terricoli?”
“I terricoli, in quanto inutili ammassi di carne, sono
immuni alle regole Ultraterrene, ma in verità non sarà necessario farli
entrare. Saranno molto più utili fuori. Tu, invece, sarai la mia special
guest.”
Il suo sguardo era pericolosamente insondabile.
“Spiega quali e quante stronzate dovrò subire là dentro.”
sibilò Eva minacciosa.
“Niente di che” rispose Vlad con un sorriso ambiguo “In
fondo, quando sei vicina a me la tua parte demoniaca diventa abbastanza forte
da sopportare qualche misera esalazione infernale.”
Sbatté le ciglia innocentemente ed Eva tremò.
“Scordati che io metta piede là dentro.”
“Sicura? Proprio non vieni nella Casa Blu con zio Vlad?”
Il suo tono era così soddisfatto che Eva abbandonò l’idea di
una negazione definitiva. Rimase muta a fissarlo mentre Vlad aggiungeva una
frase quasi con noncuranza.
“Neanche se è lì che incontreremo Cornelia?”
NOTE DELL’AUTRICE:
Un beso e un grazie a tutti quanti!! Evito accuratamente di
rispondere a qualsiasi vostra domanda, per paura di svelarvi qualcosa di troppo…
a fine storia se ne avrete ancora, avrete il nulla osta per sparare tutte le
cartucce che vorrete.
Nel frattempo, beccatevi i miei sempre sentiti e sinceri
ringraziamenti per essere ancora qui, nonostante la mia discontinuità e il
pochissimo tempo a disposizione.
Luogo è in inferno detto Malebolge,
tutto di pietra di color ferrigno,
come la cerchia che dintorno il volge.
Nel dritto mezzo del campo maligno
vaneggia un pozzo assai largo e profondo,
di cui suo loco dicerò l'ordigno
Dante Alighieri, La Divina Commedia, Inferno, Canto XVIII
Eva si immobilizzò di colpo e Vlad, continuando a tenerle
tranquillamente bloccati i polsi, le sorrise magnanimo.
“E’ così” spiegò sussiegoso “Ormai mancherà ancora poco
prima che venga informata. Dovremmo prepararci a riceverla adeguatamente… non
so se mi spiego.”
Le sue parole furono sufficientemente criptiche da sbloccare
Eva che si liberò della sua presa indietreggiando.
“Informata? Da chi?” chiese seccamente.
“Da Sisar” rispose Vlad studiandosi attentamente le unghie
delle mani “Se il mio piano ha funzionato, da qui a mezz’ora Cornelia dovrebbe
già essere informata della nostra prossima destinazione, ovvero la Casa Blu.”
“Balle” dichiarò Eva con sicurezza “Sisar non ti tradirà.”
Vlad le lanciò un lungo sguardo di scaltra sufficienza: i
suoi occhi erano così belli che Eva ci si perse per un attimo, intuendo anche
il fondo amaro che ne velava la brillantezza.
“Scimmietta, non ti dimenticare chi è Sisar” disse con voce
piana “E’ un Demone, e i Demoni sono cattivi. Ci sono molti modi di essere
cattivi… alcuni sono plateali come quelli di Ellena, altri sono sottili e
subdoli, ma non per questo meno pericolosi. Sisar è un Demone che lavora bene
nell’ombra. E’ capace di farti credere di essere al centro dell’universo, ma
quel posto è saldamente suo e chi se ne dimentica è perduto.”
Eva sbatté le palpebre, presa in contropiede dal tono cupo
della voce di Vlad. Eppure Sisar era il suo unico alleato, l’unico che aveva
dimostrato sincero interessamento per lui. Persino lei gli aveva creduto.
“Ma Vlad no” sussurrò tristemente la vocetta nella
sua testa “Vlad riconosce sempre chi è simile a lui…”
“Vlad…” iniziò, ma non seppe come continuare.
La certezza che era trasparita dal discorso di Vlad in
qualche modo l’aveva riempita di malinconia. Aveva quasi voglia di allungare
una mano, carezzare la sua guancia e dirgli che forse non era così, che forse
Sisar non lo avrebbe tradito… Le sue dita si mossero incerte e Vlad, intuendone
il movimento con la coda dell’occhio, si fece indietro di colpo,
improvvisamente freddo e ostile come una parete di ghiaccio.
“Scimmietta!” la rimproverò altezzoso “Fammi in santo
piacere di non compatirmi. E non mi sottovalutare. Non so che farmene di te se
diventi amorosa e compassionevole.”
Il suo tono era così duro che Eva dovette serrare la bocca
di scatto per non arricciare il viso in una smorfia di dolore.
“Come fai a essere sicuro che Sisar seguirà le tue subdole
direttive?” chiese poi brusca sviando l’argomento.
“Non hai visto che meravigliosa prova di recitazione ho
dato?” rispose Vlad sgarbato “Conosco bene i punti deboli del mio orsacchiotto
e sono matematicamente certo di averlo fatto incazzare come una iena. Ho
umiliato Sisar, mettendo te, mia piccola Sanguemisto, davanti a lui in ordine
di importanza. Ti ho guardata con ardore al momento giusto e tu, piccolina, sei
arrossita deliziosamente a tempo facendogli credere che tra noi ci sia qualcosa
che lui non può controllare. Questo l’avrà letteralmente mandato in bestia!
Sarà corso come un razzo a riferire a Cornelia quello che ho detto di lei.”
“E perché tu avresti fatto una cosa così imbecille?” chiese
Eva di rimando.
Vlad fece un gesto ampio della mano, come per dire:
possibile che non ci arrivi da sola?
“Dopo quello che è successo, non c’era modo di arrivare a
Cornelia” sentenziò deciso “Nemmeno con un intero esercito avremmo espugnato il
suo covo. E’ davvero una viscida vigliacca; lei normalmente si sarebbe limitata
ad aspettare che di noi si occupasse il Comitato di Sorveglianza, bevendo
damigiane di quel suo vomitevole tè nell’attesa. L’unica maniera per farla
uscire allo scoperto era fare leva sui suoi punti deboli: la superbia e l’ira.
Con le parole giuste alla persona giusta al momento giusto, non siamo più noi a
doverla cercare, ma sarà lei che verrà a cercare noi.”
“La montagna che va a Maometto?” chiese Eva incerta “Sei
sicuro.”
“Matematicamente” accertò Vlad con sicurezza “Ho un’ottima
visione di gioco, in questi frangenti. Cornelia è una vigliacca fifona, ma se
Sisar riferisce parola per parola quello che ho detto di lei, vorrà venire
personalmente a strangolare con le sue mani chi è stato tanto avventato e
stupido da darle della codarda. Perché fondamentalmente lo è.”
Eva meditò a lungo sulle parole di Vlad, arrotolandosi
pensosa un ricciolo intorno all’indice. Vlad era stato maledettamente rapido e
brillante nel trovare un modo per incontrare Cornelia: aveva sacrificato il suo
unico alleato infernale, ma aveva agito con tanta malvagia prontezza e sagacia
che Eva non poté fare a meno di esserne ammirata. Indispettita, anche,
spaventata, amareggiata… intristita. Ma anche ammirata, perché non ammetterlo?
“E’ una cazzo di idea diabolica” mormorò lentamente “Ma è
davvero buona.”
“Sbaglio o questo è un complimento?”
“No, è matematica. Dopo tutte le stronzate che hai fatto,
era statisticamente certo che ti sarebbe venuta un’idea passabile.”
“Dì la verità che sei orgogliosa di me.”
Le sorrideva sprizzando malizia da tutti i pori ed Eva dovette
distogliere lo sguardo per non rimanere abbagliata. Ogni secondo che passava
insieme a Vlad aveva sempre di più la certezza che fosse un Demone
maledettamente pericoloso. Ma aveva anche sempre di più la certezza di non
volersi più allontanare…
“Quindi, se non ho capito male, abbiamo un appuntamento?”
chiese con quanta più calma le riuscì di racimolare.
“Eh, già.”
“Sai quanto io ami Cornelia. Posso avere l’onore di essere
la prima disquisire con lei, quando sarà il momento?”
Vlad accentuò il suo sorriso sadico, facendo balenare il
diamante sull’incisivo.
“Non è meglio che prima avverti i tuoi amici terricoli di
quello che li aspetta? A questo punto, direi che hanno dormito più che a
sufficienza.”
*
* *
Come mise piede nella Casa Blu, Eva trovò finalmente la
motivazione del sorriso da gatto che aveva stirato le labbra di Vlad da quando
lei aveva accettato di entrarvi.
“Bastardo.” mormorò sottovoce.
Vlad mimò un silenzioso bacetto in aria.
*
* *
La Casa Blu era una costruzione quadrata piccola, intima,
dipinta di un bell’azzurro scuro brillante. Era comparsa contornata da un
delizioso giardinetto e alberi fronzuti dietro una curva poco distante
dall’Eremo.
“Questa casa prima non c’era.” aveva sentenziato Gino quando
l’aveva vista, placidamente incastonata nel paesaggio come se ci fosse nata
dentro.
Vlad aveva risposto con un sorrisetto ambiguo e aveva
annunciato laconico che poteva fermare la Jeep. Lorella aveva guardato tutti con gli occhi di una bambina davanti a una fabbrica di
mostri, incerta se sorprendersi o terrorizzarsi. Comunque non aveva fiatato
quando Vlad aveva spiegato il suo piano per incastrare Cornelia e sembrava
seriamente decisa a portare a termine il suo compito.
“Dalla mia posizione sul tetto mi sentirò al sicuro.” aveva
affermato convinta; Eva non aveva avuto il coraggio di ricordarle che certi
Demoni erano più che in grado di volare.
Comunque, Gino e Lorella erano rimasti fuori a prepararsi
mentre Eva e Vlad erano entrati nella Casa Blu. Dalla soglia, non era sembrata
niente più che un’anonima casetta qualunque: fatti due passi, però, il potere
della casa si era aggrappato alle viscere di Eva come un affamato a un piatto
di cibo. Lo stomaco le si era chiuso dolorosamente, la vista le si era
annebbiata di colpo e il respiro era divenuto greve e discontinuo: spire di
opulenta Lussuria si erano arrotolate alle gambe e alle braccia, incendiandole
i sensi di violenta brama. Allora aveva capito e aveva parlato, con sentita
partecipazione.
“Bastardo.”
*
* *
“Allora” sentenziò Eva con quanta più calma riuscì a
raccogliere “Puoi cortesemente far smettere questa roba, qualsiasi cosa essa
sia?”
Era in piedi al centro della stanza e non osava muoversi. I
pugni stretti premevano lungo le cosce e la risatina irriverente di Vlad le
sfiorò la schiena come una carezza, facendola rabbrividire.
“Non posso proprio” si scusò il Demone parandosi con
noncuranza davanti a lei “Non dipende da me. Ti senti strana?”
Eva osò alzare per un millisecondo lo sguardo, ma lo
riabbassò subito: non riusciva a respirare senza singhiozzare e i palmi delle
mani erano ghiacciati e umidi di sudore.
“Come se ci fosse bisogno di infierire!” meditò
rabbiosamente “Già è impossibile resistere a Vlad normalmente, figurarsi
così…”
“Sto una favola.” gracidò conficcando lo sguardo nel
pavimento.
Vlad, fermo davanti a lei, la fissava con occhi luminosi e
famelici: sentiva il desiderio di Eva lambirlo con lente ondate di calore e
persino il suo sorrisetto malefico si era incrinato.
“Sicura, scimmietta?”
“Ok, mi sento strana” ammise Eva indietreggiando di un passo
“Che cos’è?”
“La casa” rispose Vlad avvicinandosi a Eva di un passo quasi
casualmente “Ha il compito di amplificare il desiderio dell’ospite. A quanto
pare sta assolvendo brillantemente il suo dovere.”
Eva indietreggiò di nuovo: sapeva di non dover dimostrare la
propria debolezza, ma avere Vlad così vicino non le permetteva di pensare
chiaramente. Anzi, non le permetteva di pensare, punto.
“Ma io non sono un’ospite di Sisar.” ribatté con voce
stranamente acuta: aveva la bocca completamente prosciugata.
“Sei un’ospite lo stesso” rispose Vlad con voce pacata “Ti
ho invitata io.”
“Ma Sisar…”
“Sisar aveva concesso anche a me la possibilità di chiamare
un ospite. Uno e uno solo. Naturalmente era implicito che non avrei mai dovuto
usare questa opzione. Era solo uno dei suoi soliti subdoli modi per mettermi
alla prova. Poverino.”
Sorrise e anche senza vederlo Eva intuì il suo sorriso e lo
subì rabbrividendo.
“Quindi visto che mi hai ospitato tu… puoi farla
smettere?”
Il silenzio successivo di Vlad sorprese Eva: magari ci stava
davvero pensando su, meditò arrischiando un’altra occhiata. Errore gravissimo:
Vlad sogghignava di nuovo e i suoi occhi… i suoi occhi erano la cosa più
torbida e incandescente che avesse mai visto.
“Scimmietta! Non lo farei neanche se potessi.”
Si avvicinò di un altro passo ed Eva, indietreggiando, finì
contro il muro. Le mancò letteralmente il respiro.
“Tu… non puoi… approfittare…”
Vlad rise piano ed Eva intuì il fruscio discreto della
manica della sua camicia che le sfiorava la guancia mentre appoggiava una mano
contro il muro.
“Sono un Demone.” spiegò smettendo di sorridere di colpo: il
calore che sprigionava la sua pelle divenne così intenso e inebriante che Eva
dovette mordersi le labbra per non gemere. Annaspò alla ricerca di qualcosa da
dire, qualsiasi cosa…
“Cornelia sarà qui tra poco…” mormorò e Vlad posò anche
l’altra mano contro il muro, bloccandola tra le sue braccia: ancora non l’aveva
toccata, ma la vicinanza del suo corpo snello era talmente tangibile che era
come averlo spalmato addosso.
“Esatto” le sussurrò, così vicino che il suo respiro le
mosse i riccioli sulla fronte “Sai che quando ho pensato alla Casa Blu non è
stato per la trappola di Cornelia? E’ stato perché ho immaginato te così…”
La punta del suo naso arrogante sfiorò la guancia di Eva,
lasciandole una breve scia di fuoco mentre si spostava verso lo zigomo: Eva
smise di respirare, immobile e tesa, così dolorosamente eccitata che le
sembrava di avere un autentico incendio bruciarle sottopelle.
“Tu… ci hai portato qui… per questo?” riuscì ad articolare:
le labbra di Vlad erano a un niente dalla sua tempia ed Eva intuì che lui stava
respirando il profumo dei suoi capelli.
“Non solo” ammise Vlad avvicinandosi ancora: Eva sentì il
tessuto ricco dei suoi pantaloni entrare a contatto coi propri jeans mandandoli
letteralmente a fuoco “Il mio è stato un autentico colpo di genio: mi sono
liberato di quella carta moschicida di Sisar, ho teso una trappola a Cornelia e
ho te qui davanti, tutta per me: tre piccioni con una fava, si dice dalle mie
parti…”
Il suo respiro, vicinissimo, scivolò sulla gola di Eva che
inclinò suo malgrado la testa all’indietro: finalmente sentì il tessuto morbido
e umido delle labbra di Vlad sfiorarle la pelle sensibile alla base del collo e
dovette conficcarsi le unghie nei palmi per non reagire.
“Pi-piccioni…?” sfiatò con la voce flebile come quella di
una bambina.
“Un’autentica scorpacciata di piccioni…” mormorò Vlad con la
bocca sulla sua gola “Grassi, saporiti piccioni. Ma tu sei il piatto forte.”
Le passò una mano sui riccioli, fermandosi poi a premerle
sulla nuca per avvicinarla meglio. La sua bocca bruciava la linea del mento di
Eva, morbida, invitante, irresistibile. Un pollice si arrotolò ai suoi capelli,
sfiorandole la guancia mentre Eva socchiudeva le labbra aride, provando una
sete terribile per quella meraviglia infernale così vicina.
“Vlad…”
“Tu sei la torta con la panna e la ciliegina…viene solo
voglia di mangiarti. E anche tu vuoi mangiare me…”
“No, non…”
“Invece sì, scimmietta” mormorò Vlad mentre Eva lottava con
tutte le sue forze per non finirgli addosso come una bambola di pezza “Tu non
vuoi nient’altro che me.”
Le respirò addosso quelle parole che erano più vere del vero
implacabile mentre lei fremeva ondeggiando leggermente: sentì dentro di sé un
muro che crollava miseramente e decise di accettarlo quasi con sollievo.
“E’ inutile” sospirò un pensiero affranto nella sua
mente confusa “Vlad ha ragione, tu lo vuoi. E niente ti impedirà di bruciare
finché non lo avrai.”
Ammetterlo le diede il coraggio per alzare gli occhi e
incontrare quelli di Vlad. Lo sentì trattenere il respiro mentre le sue iridi
gialle si incupivano e si schiarivano contemporaneamente, come in un vortice
allo specchio. Sembrava così semplice ed elementare, in quel momento, sospirò
Eva tra sé e sé: perché resisteva tanto? Perché si dava così da fare per
rinnegare quel bisogno puro e semplice, primitivo e inevitabile? Perché tutto
si perdeva lì, dietro quelle ciglia lunghe, quella bocca arrogante, quelle dita
pallide che muovevano l’aria e il suo cuore come se ne possedesse i fili
invisibili che lo tenevano in vita?
“Lui ti avrà” profetizzò la voce della ragione
scivolando via inesorabilmente “E quando avrà ottenuto quello che vuole,
quando gli avrai dato l’unica cosa che ti tiene lontano dal suo mondo, se ne andrà da Sisar lasciandoti sola…”
Era l’unico pensiero razionale che la sua mente confusa riuscì
a formulare, ma chissà come si incagliò prima di finire spazzato via
dall’atavico richiamo di Vlad e la costrinse a rizzare la testa. Si arrese
combattendo, lasciando che il coraggio della verità le sostenesse alto il
mento.
“Sì” bisbigliò con totale sincerità “Sì, io non voglio
nient’altro che te.”
Il respiro caldo di Vlad le asciugò le labbra, ma lui non si
mosse, fermo a un niente dalla sua bocca. Sbatté solo le ciglia ed Eva continuò
a fissarlo apertamente, mostrando interamente la sua anima attraverso le iridi
scure. Si aspettava di tutto, che Vlad esultasse o che la umiliasse o anche
solo che ignorasse le sue parole e continuasse a infierire su di lei. Invece,
paradossalmente, lui fece ricadere le mani, arretrando lentamente di due passi
malfermi.
Rimasero per qualche secondi a guardarsi guardinghi: Vlad
era così mortalmente bello e desiderabile da farle tremare il grembo. Bello da
spezzare il cuore, pensò Eva affranta… e inaccessibile come una galassia
aliena. La sua bellezza demoniaca non finiva mai di colpirla, ma non era più
tutto lì, comprese Eva in un lampo. Quello che la spingeva contemporaneamente
vicino e lontano da lui, quello che la faceva bruciare se lui c’era e se lui
non c’era, non si limitava più a desiderio carnale.
Non solo. Non più.
Ne era la prova il fatto che più forte di tutto fosse stato
il pensiero di perderlo per sempre.
“Oddio no” pensò Eva
agghiacciata trattenendo il fiato “Fa che non sia vero!”
Tutto ma non quello. Tutto, anche
ammettere con Vlad di desiderarlo piuttosto che ammettere di provare qualcosa
per lui che non fosse puro odio…
“E’ così” continuò con voce
malferma ma coraggiosa: si impappinò e arrossì mentre il respiro di Vlad si
faceva profondo e il suo sguardo pensoso “E’ così, hai vinto. Ti voglio. E
adesso?”
Vlad sembrò preso in contropiede:
aprì la bocca per dire qualcosa ma Eva lo interruppe duramente.
“Questo ci aiuta in qualche modo?
Il fatto che io abbia ceduto al tuo merdoso fascino demoniaco ha qualche
importanza, in questo momento? Ci farà vincere su Cornelia, ci farà indovinare
chi è che ci vuole morti… farà tornare te all’Inferno tra le braccia ansiose di
Sisar? Dimmelo, perché se è così possiamo procedere subito.”
Vlad rimase immobile a fissarla,
trasudante potenza demoniaca come calore emanato da una stufa a pieno regime.
Volendo, avrebbe potuto spezzarla lì su due piedi tanto Eva si sentiva fragile
e vulnerabile; ma non lo fece. La guardò solo con un qualcosa di completamente
nuovo negli occhi, qualcosa che sembrava rimpianto e forse era solo sconcerto.
Per un attimo sembrò persino stufo e scocciato di essere lì… poi la sua voce
volutamente atona parlò, quasi sottovoce, quasi con discrezione.
“Cornelia è qui.”
*
* *
Il cancello che portava alla Casa Blu aveva al centro una vezzosa
targa di lucido ottone nel quale Cornelia si specchiò, soddisfatta. Il
cappellino con i mughetti le stava proprio bene. Non come quello con le
gerbere, naturalmente, ma anche i mughetti avevano un loro perché. Se li
sistemò pensando a quanto erano bianchi. Sarebbe stato carino spruzzarli di
rosso col sangue di quella checca snob di Vlad. Avrebbero dato un allegro tocco
di colore all’insieme. Finito di rimirarsi, girò lo sguardo a destra e a
sinistra: una decina di fidati Demoni la attorniavano, in attesa di suoi
ordini. Forse aveva esagerato a portarne così tanti, meditò dubbiosa. Raf era
inchiodato al suo posto dal Comitato di Sorveglianza e in fondo, erano rimaste
solo due caccole umane, una Sanguemisto dalle braccine gracili come due
stuzzicadenti e Vlad. Certo, Vlad era Vlad… da solo valeva cento Demoni
normali. Ma l’elemento sorpresa l’avrebbe inchiodato, aveva garantito Sisar:
l’ultima cosa che si aspettava era una loro visita.
“Starà sicuramente sbattendosi la sua puttana” aveva
pronosticato acidamente il Demone sistemandosi gli occhiali sul naso “Non farà
nemmeno in tempo ad accorgersi che siete arrivati.”
Povero Sisar. Era stato chiaro some il sole per tutti,
tranne che per lui stesso, che stava tradendo Vlad solo perché era geloso
marcio della piccola Sanguemisto. Si era sputtanato per bene con la sua scena
da checca isterica davanti ai tirapiedi di Cornelia. Peccato che, riferendo per
filo e per segno le ultime parole di Vlad, avesse involontariamente sputtanato
anche Cornelia stessa. Le aveva dato della caccola senza spina dorsale, ricordò
Cornelia fremendo internamente di sdegno: le aveva dato della vigliacca fifona…
davanti ai suoi sottoposti! Persino adesso, nonostante fosse in prima fila
davanti a loro, sentiva i loro sguardi sospettosi pesarle addosso. Ecco forse
perché ne aveva chiamati così tanti, intuì fuggevolmente: avrebbe dato una
lezione storica a Vlad e gliel’avrebbe data davanti a tutti loro. Gli avrebbe
aperto il culo da parte a parte, prima di consegnarlo al Comitato di Sorveglianza,
giusto per far vedere chi era davvero tosto. Poi, con Vlad finalmente fuori dai
piedi e il posto di Demone Capitale della Lussuria vacante… ma quello era un
altro film. Con un gesto secco del mento, ordinò ai suoi Demoni di muoversi:
uno di loro aprì il cancello, due sparirono sul retro e gli altri corsero ad
appiattirsi contro le pareti blu ai lati della porta d’ingresso. Quello
stronzetto di Sisar aveva concesso solo a lei il diritto a entrare nella Casa
Blu, meditò Cornelia strizzando le labbra. Questo voleva dire che avrebbe
dovuto uccidere Eva immediatamente, per poi dedicarsi completamente a Vlad.
Peccato, aveva un conto in sospeso con quella piccola serpe; le bruciava ancora
come il fuoco l’umiliazione di essere stata quasi uccisa… nel suo covo. Davanti
a tutti. Da una Sanguemisto! Rabbrividendo di sdegno, Cornelia si passò la
lingua sulle labbra aride, stringendo una piccola Beretta nella mano. Una
pistola umana, meditò corrucciata: lei, Cornelia, costretta a usare una banale
arma umana! Se solo fosse riuscita a spararle alle ginocchia, pensò allungando
l’altra mano verso la maniglia: se fosse riuscita a ferirla seriamente senza
ucciderla, avrebbe anche potuto dedicarsi a lei, finito con Vlad. Era da tanto,
tanto tempo che sognava di arrivare a tiro di quella bella pelle bianca e
quelle labbra rosse dalla piega altezzosa. Avendo un po’ di tempo e un po’ di
fortuna, lei…
“Ehi. Psss.”
Il suono era così familiare e innocuo che Cornelia non lo
registrò subito: girò la testa verso il Demone alle sue spalle, ma si trovò a
scambiare con questi uno sguardo interrogativo. Ci fu un “clic”, un rumorino
metallico e discreto proveniente dall’alto: fecero in tempo a sollevare appena
gli occhi che uno scroscio di acqua piombò su di loro, prendendo in pieno i Demoni
tirapiedi e schizzando leggermente Cornelia sulla schiena. Immediatamente, il
suo sobrio vestito blu col collettone di uncinetto bianco iniziò a fumare
intorno ai punti dove l’acqua aveva scavato piccoli crateri rotondi, come se
fosse acido. I Demoni intuirono cos’era quasi contemporaneamente, quando ormai
ne erano completamente zuppi.
“Acqua Santa!” strillò Cornelia con voce terrorizzata.
I Demoni iniziarono a gridare contemporaneamente, come un
piccolo coro dell’orrore: urla strazianti e terribili uscivano dai corpi
fumanti che si agitavano come tante oscene anguille prese in trappola. La
mandibola di Cornelia si aprì con un piccolo scatto sorpreso mentre dall’alto
crollava ai suoi piedi una grondaia di latta con un gran clangore oltraggiato.
“Beccatevi questo stronzi!” berciò esultante il vocione
cavernoso di un umano: Cornelia intuì dall’ombra che il tizio era in piedi sul
tetto e che imbracciava una grossa arma con entrambe le braccia. Quando vide
scendere nuovi spruzzi d’acqua sui corpi fumanti dei Demoni che erano
indietreggiati verso il piccolo giardino, capì che era un enorme fucile ad
acqua. Sbattendo le ciglia, ancora immobilizzata dalla sorpresa, Cornelia subì
l’agonia per fortuna breve dei corpi sussultanti dei suoi scagnozzi, resi
irriconoscibili palle di materia grigiastra e bavosa dai ripetuti spruzzi di
acqua. Una parte del suo cervello registrò pari urla furiose proveniente dal
retro della casa, dove probabilmente un agguato gemello stava distruggendo in
toto la sua armata. Erano passati si e no dieci secondi: la porta si spalancò
di colpo e prima ancora di poter girare la testa Cornelia fu afferrata per il
collo e per la vita da due potenti braccia d’acciaio e trascinata all’interno
della casa. La pistola le venne scalzata dalla mano da agili dita femminili e
venne gettata via come un inutile giocattolo.
“Lasciami!” riuscì a squittire Cornelia per reazione
“Aiuto!”
Ma nessuno poteva aiutarla: l’aria densa di rivoltante puzza
di zolfo la diceva lunga sulla fine ignobile che avevano fatto i suoi Demoni.
La porta si chiuse di colpo proprio mentre Cornelia veniva scaraventata a
terra, polverizzando un grazioso e fragile tavolino col poderoso deretano.
“Ahio!” sfiatò annaspando sulla schiena come una grossa
testuggine capovolta: di colpo, sgominato il gelo della sorpresa, le crollò
addosso una rabbia infinita, fulminante, incandescente, che le scaturì dalla
gola come un lungo latrato.
“VLAD! Figlio di un cane maledetto!”
Vlad in persona le si avvicinò squadrandola dall’alto: era
divinamente bello e regale come un principe, non aveva un capello fuori posto e
lo sguardo che la inchiodò a terra era un riuscitissimo mix di blando disprezzo
e altezzosa ironia.
“Cornelia!” sospirò la sua voce languida “Ma che delizioso
cappellino fiorito! Qual buon vento ti porta da queste parti?”
*
* *
“Sicuro che non possiamo cominciare?” chiese Eva per
l’ennesima volta e Vlad smise di controllarsi le unghie per lanciarle uno
sguardo impaziente.
“Piantala di tediare” grugnì irritato “Non la vedi? E’
ancora in piena crisi isterica. Non ne caveremmo un ragno dal buco se la
interrogassimo in queste condizioni.”
Eva lanciò uno sguardo offeso verso Cornelia: era legata a
una sedia che sembrava troppo piccola e fragile per contenere il corpaccione
del Demone ma che resisteva stoicamente ai suoi scatti furiosi, fatti di
violenti strattoni, grida, strepiti infernali e discrete colate di bava
verdastra e puzzolente che Vlad aveva accolto con indifferenza e Eva con palese
disgusto. Il cappellino con i mughetti era finito chissà dove, forse sotto
qualche mobile: al suo posto sul viso di Cornelia troneggiava un’evidente
ferita che sanguinava copiosamente, dono di Eva nei primi minuti di permanenza
nella Casa Blu.
“Non è che possiamo aspettare in eterno” puntualizzò Eva
impaziente “Tra poco nel suo covo cominceranno a chiedersi dove si sia
cacciata. Sempre che non abbia inviato qualche messaggio subliminale ai suoi
simili… non è che tra poco ci troveremo addosso tutta la cavalleria infernale
al completo?”
“Eva, rilassati.” sbuffò Vlad senza nemmeno alzare le ciglia
dal suo concentrato lavoro di controllo: non l’aveva quasi praticamente
guardata, da che era entrata Cornelia.
Eva ne era rimasta in qualche modo sconcertata: certo, la
compagnia di Cornelia non era né amichevole né rilassante, ma Vlad sembrava
aver eretto un muro improvviso, invalicabile, ostile. Magari si era offeso,
meditò Eva fuggevolmente: o magari ci aveva ripensato e si era stufato di lei.
“Hai Cornelia davanti al naso legata come un insaccato di
suino e l’unica cosa che pensi è perché Vlad non ti rivolge la parola?”
ruggì la propria coscienza dentro di sé “Che ti succede, Recuperante? Ti si
sta infeltrendo il cervello?”
Eva scattò in piedi come se l’avessero punta.
“Ok, è ora” sentenziò decisa “Se non ci muoviamo a
interrogarla la scortico viva e chi s’è visto s’è visto.”
Vlad sbuffò esasperato, scavallò le lunghe gambe e
finalmente le lanciò uno sguardo di rimprovero con le sue insondabili iridi
gialle.
“Certe volte sei davvero insopportabile, scimmietta.”
mormorò, ma la sua voce era così bassa e malinconica che non sembrava
un’offesa.
Di scatto, le girò le spalle e si avvicinò alla sedia di
Cornelia che smise di agitarsi furiosamente per fissare il Demone: aveva la
composta messa in piega tutta disfatta, le labbra stirate sulle gengive in una
smorfia ferina e gli occhi rossi come tizzoni ardenti. Quando le fu abbastanza
vicino, Vlad inclinò la testa per scrutarla amichevolmente, poi, con fluidità
ed eleganza, fece partire un manrovescio con cui la colpì in pieno viso.
“Vlad!” protestò debolmente Eva: il Demone che c’era in lei
esultava ridendo, ma la sua parte angelica sanguinava.
“E’ da quando l’ho conosciuta che avevo voglia di farlo.” si
scusò Vlad con un sorrisetto mesto mentre Cornelia tornava a fissarlo senza
aver emesso un suono, ancora più evidentemente infuriata di prima.
“Scusami, Cornelia cara” sospirò Vlad tornando a fissarla
amichevolmente “Ma ora che ho liberato i miei chakra sono molto più rilassato e
aperto all’ascolto. Ti va di fare due chiacchiere?”
Per tutta risposta, Cornelia gli sputò addosso. Lo centrò
sul colletto della bella camicia di seta con un grumo di bava collosa
dall’aspetto rivoltante.
“Tu!” ruggì Cornelia con una credibilissima voce infernale
“Bastardo! Rottinculo! Traditore!”
Vlad lanciò a Eva un rapido sguardo, come per dire: che ti
dicevo? Poi con un sospiro, si tolse un fazzoletto dalla tasca col quale ripulì
lo sputo sulla camicia.
“Allora” continuò poi con fatuo cameratismo “Cornelia cara.
Non credo che sia necessario tediarti con inutili giri di parole, mi sembra
abbastanza chiaro così che sei finita in un mare di cacca.”
Cornelia sogghignò, mostrando gengive e denti rossi di
sangue.
“Sei tu che sei nella merda, culattone traditore!” ringhiò
perfidamente “Tu e la tua puttana pompinara!”
Con la stessa silenziosa eleganza di Vlad, anche Eva si
avvicinò a Cornelia e prima che questa potesse apostrofarla in qualche maniera,
fece partire un manrovescio potente che era l’esatta copia di quello del
Demone.
“Scimmietta!” la rimproverò Vlad col riso nella voce.
“L’hai sentita” si difese Eva sostenuta “E poi cos’è, solo
tu puoi aprire i chakra?”
“Voi due siete già morti!” strillò Cornelia imbufalita,
strattonando i polsi legati fino a scorticarseli “Siete già sepolti nel Girone
dei Dimenticati e ancora non lo sapete!”
Vlad, disinvoltamente, si parò davanti a Cornelia e la
immobilizzò, conficcandole le dita nelle braccia legate ai braccioli della
sedia.
“Forse non ti è chiara la situazione, dolcezza” disse poi a
pochi centimetri dal suo naso con voce suadente “Io e la mia adorata pupilla
non abbiamo niente da perdere: se qualcuno qui è già morto, quello sei tu. Con
o senza cappellino fiorito.”
“Personalmente non vedo l’ora di ucciderti” aggiunse Eva con
voce pratica, estraendo la Five-seveN e carezzandola amorevolmente sotto gli
occhi furenti di Cornelia “Ma potrei anche cambiare idea, se ci dici tutto.”
“Tutto cosa?” ragliò Cornelia con un sogghigno “Voi due non sapete
nemmeno di cosa cazzo state parlando!”
“Sappiamo il tuo movente” replicò Eva con voce secca “Volevi
il posto di Vlad e hai cercato di usare me per far uscire allo scoperto lui.”
Un rapido lampo di sorpresa passò nelle iridi rossastre di
Cornelia.
“Come… voi non sapete un cazzo!”
“Abbiamo visto le tue richieste di successione” spiegò Vlad
quasi materno “Il tuo piano per diventare Demone Capitale della Lussuria non
era male. Volevo dire… il vostro piano. Perché il tuo cervellino ipotrofico non
avrebbe mai inscenato tutta questa commedia da solo, quindi è logico pensare
che ci sia qualcuno dietro che ti ha dato una mano. Chi?”
“Non vi dico un cazzo!”
Vlad le diede un altro schiaffo forte: il sangue schizzò dal
naso al bavero di uncinetto che ormai non era più candido.
“Cornelia, ti conviene parlare” sospirò il Demone quasi con
dolcezza “Chi è il tuo complice?”
“Vaffanculo!” strillò Cornelia, sprizzando sul bel viso
vicino di Vlad alcune goccioline rosa e schiumose di saliva.
Vlad la colpì di nuovo.
“Chi?”
“Crepa, frocio!”
Altro colpo duro: il viso di Cornelia cominciava a sembrare
una patata insanguinata.
“Chi?”
“Sei morto!”
Altro colpo. Altra domanda. Altra risposta oscena.
Continuarono così per un po’, mentre l’odore di sangue riempiva l’aria e gli
occhi di orrore. La voce di Cornelia diventava via via più gracidante, la sua
faccia sempre di più una maschera di pelle e grumi di sangue. Eva rimaneva
zitta e immobile alle spalle di Vlad. Dentro di sé esultava e moriva a ogni
colpo. Sapeva che Vlad avrebbe potuto fare di tutto, dal strappare a morsi la
pelle di Cornelia al tagliarle le dita una per una, tutto con la stessa placida
espressione complice sul bel viso: sotto sotto lo ringraziava per limitarsi a
qualcosa di non troppo demoniaco. Eppure ogni secondo che passava pregava che
Cornelia finalmente cedesse per mettere fine a quello massacro.
“Chi?”
“Perdi tempo, stronzo!”
Il colpo successivo fece volare via un dente dalla bocca di
Cornelia: il piccolo frammento insanguinato atterrò ai piedi di Eva che lo fissò
con la faccia di pietra.
“Ok.” disse sottovoce, quasi senza rendersene conto.
Scostò Vlad piuttosto rudemente, si mise a gambe divaricate
davanti a Cornelia e le puntò la Five-seveN sullo zigomo.
“Dicci chi è o ti ammazzo.” disse e stranamente lo pensava
davvero.
La faccia di Cornelia si arricciò in una smorfia di dolore e
malignità.
“Vaffanculo, troia.” fu la secca risposta.
Eva caricò il colpo in canna con calma e sparò:
fortunatamente, Vlad si rese conto che faceva sul serio mentre caricava e riuscì
chissà come a urtarle il braccio e deviare il colpo dalla guancia all’orecchio
di Cornelia. Il sangue sprizzò copioso dalla ferita dove rimaneva appena un
brandello sbilenco di cartilagine e Cornelia strillò, più di sorpresa che di
dolore.
“Che diavolo fai?” chiese Vlad burbero.
“L’ammazzo.” rispose logica Eva degnandolo appena di uno
sguardo.
“Sei impazzita?” gracidò Cornelia annichilita: cercava di
tamponare la fuoriuscita di sangue dall’orecchio premendolo contro la spalla e
sembrava in tutte e per tutto una di quelle buffe scimmiette dei saltimbanchi.
“Tanto non parlerai, no?” rispose Eva tornando a mirare alla
faccia di Cornelia con la pistola “Quindi a che pro perdere tempo? Sono stufa
marcia di aspettare: arriveremo comunque al tuo complice e romperemo il culo
anche a lui, con o senza il tuo aiuto. Quindi, siccome possiedo un cuore grande
e buono, porrò fine alle tue sofferenze adesso.”
“Mi hai maciullato un orecchio! Ora non ci sento più,
troia!!”
Eva indifferente caricò l’arma e Cornelia strillò di nuovo,
stavolta di terrore. Vlad fermò Eva posando la mano sulla canna della
Five-seveN.
“Aspetta.” la blandì con un sospiro ma Eva scrollò via la
sua mano dalla canna della pistola e lo fissò con un piatto sguardo assassino.
“No” rispose seccamente “Non c’è più tempo.”
Vlad rimase zitto e nel silenzio, interrotto solo dagli
ansiti gorgoglianti di Cornelia, entrambi lo sentirono: una specie di ronzio di
sottofondo come il rumore lontano di un’onda gigantesca in rapido avvicinamento
alla spiaggia. Un lampo passò per gli occhi gialli di Vlad: “stanno
arrivando?” domandarono i suoi occhi freddi.
Eva fece un brevissimo cenno di assenso: Cornelia gemeva
dondolando la testa, intontita e sanguinante come un maiale al mattatoio. Rizzò
la testa quando Eva le premette la canna della pistola sulla fronte, gli occhi
annebbiati che vagavano impazziti da Eva a Vlad e viceversa. Dalle loro
espressioni quasi dispiaciute capì che facevano sul serio e finalmente l’invase
un’ondata di puro, cristallino terrore.
“NO!”
“Addio, Cornelia.” rispose Eva con voce atona e il Demone
gridò con voce rauca e terrorizzata.
“Ferma! Ferma! Te lo dico, ma non sparare!”
Eva fissò lo sguardo implacabile negli occhi impazziti del
Demone.
“Allora?”
Cornelia annaspava con lo sguardo intorno in cerca di un
impossibile appiglio: il rumore di fondo diventava sempre più consistente, ma
ancora il Demone non poteva sentirlo.
“Sbrigati.” ringhiò Vlad sottovoce, trattenendosi per un
pelo dal guardare fuori dalla finestra.
“Io… io non…”
Eva sparò di nuovo, sfregiando anche l’altro orecchio mentre
Cornelia strillava come una sirena, gli occhi strizzati e i denti stretti in
una morsa.
“Chi?” ordinò Eva ricaricando la pistola e puntandola
nuovamente alla fronte di Cornelia.
Questa aprì un occhio, vide che era l’ultima possibilità e
gridò con quanto fiato aveva in gola.
“Giacinta! Il mio socio… è Giacinta!”
NOTE DELL’AUTRICE:
Allora, jente… sono riuscita a sorprendervi? Calma, calma,
non è finita qui…..
WillHole: Dopo i ringraziamenti privati, ecco quelli
pubblici: dovrei sperticarmi in pagine e pagine di ringraziamenti per renderti
doverosamente giustizia, ma siccome nei momenti topici la mia logorrea
geneticamente modificata si prosciuga come il deserto di Gobi, mi limiterò a un
umile, sentitissimo, lusingatissimo GRAZIE!, sperando che ti arrivi in tutta la
sua potenza e semplicità. A presto, spero… ciao!
P.S.: “Oh, cielo!” di Vlad era una specie di ossimoro con la sua personalità
demoniaca… una presa per il culo, in parole prosaiche. Si vede che non mi è
venuta bene… I apologize.
Lauraroberta87: Amore, breve e concisa come sei, spero tu
stia impastando pagnotte col buon Sahid… ti mando un milione di baci, a presto!
White Shadow: Dolcezza!! Ricevuta tua mail, graditissima!!
Allora, nella foto che mi hai mandato Vlad è lui, spiccicato come lo avevo
pensato io… che fiqo atomico!!!!! E la tua sceneggiatura, wow… me impressionata…
che meraviglia, almeno dalla trama. Ti saprò dire di più quando l’avrò letta.
Chissà se la troverò dilettevole come il tuo ventilato triumviro amoroso… Besos
anche a te, querida, a presto!
Nikoletta89: Ma mia cara, cosa dici mai!! Potrei mai far concludere
a Eva e Vlad escludendo il mio pennuto preferito?!?! Giammai! Comunque chissà,
tra qualche capitolo magari… he he he!!!
Princess: Ma che brava!! L’unica che ha intuito che
l’essenza di Sisar non poteva fermarsi lì… complimenti a te, quindi! Pure io
sono al lavoro, come ti capisco…
Londonlilyt: Darling!! Sapessi io quante volte mi sono
dovuta riguardare gli scritti precedenti per non perdermi nelle mie stesse idee
contorte… ma per fortuna mia ho Romina che tiene sempre d’occhio le cazzate che
scrivo, così ho un certo margine di libertà espressiva, he he he… Drummy più
che dormire mi fa bestemmiare modello Vlad e Corny, ma che devo dirti, le
voglio così bene che la mangerei… a resto, tesssora, ti adoro!!
Krisma: Mio piccolo fiore di loto!! Fortuna che tu, presenza
costante, sopporti stoicamente i miei discontinui aggiornamenti e mi chiami
sempre bocciolo come se fossi una persona normale… continua così, mi
raccomando!! Kiss
Chamelion: Allora, mia piccola vedetta prussiana, ho adorato
il soprannome Corny almeno quanto ho captato il tuo sotterraneo darmi della
vecchia befana col verbo “gufare” che conosciamo solo noi anziani… ti pendono
solo perché ti amo pazzamente. Mi spiace di non aver potuto aggiornare prima,
spero solo che in campeggio ti diverta un mondo e che, quando torni, non ti
dimentichi di me, che son qui ad aspettare la tua recensione!!
Anthy: Tessoro, ma non che non ti devi preoccupare! Sono
solo piccole considerazioni mie... sulle ship non mi sbilancio, vedrete fin
troppo presto dove andrò a parare. Spero di risentirti presto, bacioni pure a
tia!!
Chi poria mai pur con parole sciolte
dicer del sangue e de le piaghe a pieno
ch'i' ora vidi, per narrar più volte?
Ogne lingua per certo verria meno
per lo nostro sermone e per la mente
c' hanno a tanto comprender poco seno
Dante Alighieri, La Divina Commedia, Inferno, Canto XXVIII
Eva non ebbe nemmeno il tempo di metabolizzare la notizia:
prima ancora che Cornelia finisse di parlare, il rumore di fondo dei Demoni in
arrivo era diventato un leggero tremore a cui si aggiunsero alla porta i colpi
concitati di Lorella.
“Ehi, lì dentro!” arrivarono ansiose le grida della ragazza,
attutite dalla porta “Eva! Vlad! State… venite, presto!”
Eva affondò lo sguardo dentro le iridi rossastre di Cornelia
senza reagire, immobile. Chissà perché non riusciva a muoversi: si sentiva di
colpo stanca e spossata come se le fosse caduto il mondo addosso e
contemporaneamente come se niente avesse più senso. Cornelia captò la sua
immobilità e arricciò le labbra in una smorfia sadica.
“Non ci credi, eh?” gorgogliò quasi con esultanza “E invece
è così. E adesso crepa, Sanguemisto di merda.”
La mano di Vlad si posò sulla spalla di Eva con insolita
impersonalità, come temendo una reazione alle parole dure di Cornelia: ma Eva
era ancora immobile e curva come una vecchietta stanca.
“Perché hai fatto uccidere Sandra e Paolo?” domandò poi con
voce afona.
Cornelia sogghignò con le labbra insanguinate e gonfie.
“Perché loro sapevano qual’era il tuo punto debole” rispose
con feroce esultanza “Quindi, a conti fatti, li hai uccisi tu.”
“Come se non ci pensassi già abbastanza da sola”
meditò fuggevolmente Eva.
“E Alfredo?”
Cornelia sembrò per un attimo incerta mentre la mano di Vlad
diventava più pesante e imperiosa sulla spalla di Eva.
“Andiamo, scimmietta.” disse con voce seria mentre alla
porta si aggiungevano i colpi decisi di Gino a quelli delicati di Lorella. Eva
scosse le spalle senza riuscire a scrollarsi di dosso la mano di Vlad.
“Cornelia, perché hai ucciso Alfredo?”
Cornelia sembrò cercare una risposta frugando con lo sguardo
tutto intorno alla stanza.
“Non l’ho ucciso io.” ammise alla fine, quasi con stizza.
“E Silvia?”
“Chi?”
“Scimmietta, dobbiamo andare.” Si intromise Vlad con aria di
comando.
Di nuovo Eva lo ignorò.
“Silvia Nirani. La Sanguemisto che tu mi hai incaricato di uccidere. Perché la volevi morta?”
Lo sguardo di Cornelia vagò ancora in giro per la stanza ed
Eva intuì in un lampo che non sapeva la risposta.
“Allora?” la incalzò mentre Vlad cominciava a trascinarla
con decisione verso la porta.
“Non so un cazzo di questa Silvia” rispose Cornelia
imbufalita “E anche se lo sapessi non te lo direi, troia!”
“Andiamo.” ordinò Vlad, con un tono di voce da ultimo
appello.
Come un automa, Eva si lasciò guidare docilmente da Vlad
verso l’uscita, continuando a tenere la pistola in mano ma senza nessuna
intenzione evidente di usarla.
“Scappate, scappate!” ruggì Cornelia con quel poco di voce
gracidante che le era rimasta “Tanto vi beccherò! Non avete nessun posto dove
andare… nessuno che vi possa aiutare! Siete tagliati fuori, siete inutile
feccia, siete già morti!”
Eva fece per girarsi a guardarla, ma Vlad la spinse verso la
porta che aveva bruscamente aperto.
“Andiamo” la esortò sbrigativo “Non c’è tempo.”
“Avete fatto male a lasciarmi vivere! Tra poco mi
libereranno e allora verrò a cercarvi, anche in culo al mondo! Vi troverò… vi
prenderò come conigli e voi diventerete niente… meno che niente!”
Eva non si girò neanche: Vlad e Gino invece fecero rotolare
all’interno della Casa tre grosse bombole di gas dall’aspetto polveroso.
“Solo tre?” domandò Vlad corrucciato e Gino fece spallucce,
sollevandosi.
“Non c’era altro.” rispose telegrafico.
La voce strafottente di Cornelia si interruppe di colpo.
“Cos’è?” chiese ricominciando ad agitarsi sulla sedia. I
suoi occhi spalancati, bianche e rossi, erano l’unica cosa del suo viso che
aveva ancora una parvenza umana, sepolti dal sangue e dai brandelli di pelle.
Lorella non ebbe nemmeno il coraggio di guardarla; Gino si defilò velocemente
dopo averle lanciato un breve cenno di saluto; Eva nemmeno la guardò, uscendo a
passi strascicati.
“Eva? Eva! Dove vai? Torna qui, puttana!”
Vlad si preoccupò di aprire le valvole del gas che
protestarono cigolando.
“Vlad! Che stai facendo? Cosa sono questi barili? Non
penserai… Vlad!”
La voce balbettante di Cornelia era un sottofondo lamentoso
che Vlad ignorò bellamente mentre si muoveva con gesti rapidi e precisi: chiuse
le porte che davano sulle altre stanze poi, dalla soglia di casa, si tolse un
grosso accendino Zippo dalla tasca.
“Vlad! Vlad, ti prego!” strillò Cornelia terrorizzata.
Per Vlad era come se non ci fosse: aprì lo Zippo con uno
scatto, lo accese e quando la fiammella gialla si agitò lenta, posò con cura lo
Zippo sul pavimento e chiuse la porta.
“VLAD!”
Persino attraverso i muri la voce di Cornelia esprimeva
terrore. Vlad saltò svelto giù dagli scalini e salì sulla Jeep che aspettava.
Le facce di Gino, Eva e Lorella erano tre macchie bianche e tese contro il
fondo livido dell’orizzonte: il rumore di fondo di onde anomale in arrivo stava
diventando sempre più consistente e minaccioso.
“VLAAAAD! TORNA INDIETRO!!”
“Vai.” ordinò Vlad telegrafico, ma la Jeep era già partita a rotta di collo, diretta giù per la collina. Dalla prima curva ancora si sentivano flebili e lontane le urla supplichevoli di
Cornelia.
“VLAAAD! Maledetto rottinculo ciuccia cazzi!! TORNA
INDIETRO!!”
Eva scambiò uno sguardo fuggevole con Vlad che la ricambiò
con freddezza. Erano completamente sulla stessa lunghezza d’onda, constatò
dolorosamente Eva: non c’era ripensamento e compassione né nelle pupille
dell’uno né in quelle dell’altra. La jeep sobbalzò sulla strada sterrata
aggirando una curva a gomito.
“VLAAAD! V…”
Un boato interruppe a metà l’ultimo grido di Cornelia; una
luce accecante illuminò il cruscotto della Jeep prima che l’onda d’urto facesse
sbandare il veicolo come una macchinina telecomandata maldestramente guidata da
un bambino. Lorella gemette; Gino borbottò due bestemmie fumanti, strattonò il
volante come se fossero le briglie di un cavallo imbizzarrito e rimise la
macchina in carreggiata; Eva afferrò la mano di Vlad e la strinse forte, come
se volesse stritolargliela, poi la lasciò bruscamente come l’aveva presa,
guardando fisso lo spettacolo pirotecnico della Casa Blu che saltava in aria.
Si allontanarono sulla macchina che sgroppava e sbandava a
velocità folle; man mano, la luce accecante scemò e il rumore demoniaco si
affievolì con essa, lasciando il posto al rombo del motore e alla desolazione
della campagna. Lorella se ne stava rannicchiata sul sedile anteriore, la
manina sulla guancia e lo sguardo fisso e fiducioso su Eva. Quest’ultima non
aveva la forza di guardare nessuno: sapeva solo che l’unico conforto in quel
momento da vetri infranti era la vicinanza di Vlad. Avrebbe voluto allungare la
mano e toccare la sua di nuovo, ma lui non avrebbe apprezzato. Lei stessa si
sarebbe odiata per quell’ammissione di debolezza: ma lo stesso l’unico pensiero
coerente che aveva in quel momento era lo struggente bisogno fisico della sua
mano.
“Lontano” pensò Eva, stanca e demotivata come se
avesse corso per miglia e miglia senza meta “Lontano, via da tutto e da
tutti. Via dal cadavere di Cornelia, via dall’odore di sangue, via dal
tradimento di Giacinta. Via dal sorriso puro di Raf, via dalla possibilità di
ferirlo; via dalla mano di Vlad calda e vicina ma lo stesso irraggiungibile
come la luna. Via dal mio stesso cuore che è stanco morto di battere per i
motivi e le persone sbagliate. Via… lontano. Dovunque, ma non qui.”
Avrebbe voluto dirlo davvero: ma qualcosa di mastodontico
stava per succedere, lo sentiva nelle ossa e nei recessi più profondi delle sue
due contrastate nature. Non c’era tempo per le anime, meno che meno per la sua…
quindi inspirò profondamente e parlò con voce ferma.
“Da Giacinta.”
* * *
La sera era scesa presto, esausta e cupa come tutte le sere
di novembre. Suor Bianca si preparò a vegliare l’ingresso del convento con
devota determinazione, coadiuvata dal Libro dei Salmi, il suo fedele rosario
d’avorio e una confezione da sei di ciambelle glassate. Normalmente avrebbe
portato i cioccolatini assortiti: provava un infantile piacere nello spogliare i
dolciumi dalle loro carte colorate e leccarsi le dita dai residui burrosi del
cioccolato… ma erano tempi duri quelli, tempi che richiedevano un occhio
attento e vigile, non distratto da dolci tentazioni! Giacinta era stata molto
chiara in merito: nessuno doveva varcare la soglia del convento per quella
notte. Per nessun motivo, nessuno nessuno nessuno; né Umano né Divino, nemmeno
il papa in persona. Tutto sommato era un ordine facile, meditò Suor Bianca
sospirando sulle ciambelle glassate. Rispetto a quello che aveva dovuto passare
la povera Giacinta! Erano stati giorni davvero intensi quelli passati: il
processo, il Comitato di Sorveglianza, Demoni dovunque, orde infernali,
terremoti… la notizia terribile di quello che era successo a quella spregevole
creatura di Cornelia… Giacinta era distrutta. Suor Bianca sospirò di nuovo,
dubbiosa se iniziare il salmodiare serale o addentare una ciambella; era ancora
indecisa nella scelta quando qualcuno bussò al portone.
Il rumore discreto ma improvviso fece sobbalzare la suora
che lasciò cadere a terra la confezione di ciambelle.
“Chi va là?” strillò con voce acutissima, annaspando alla
ricerca del crocifisso che portava appeso alla cintura: quando lo trovò, lo
afferrò convulsamente con entrambe le mani, tenendolo davanti a sé come se
facesse luce.
“Suor Bianca?” domandò una voce bellissima attutita dallo
spesso strato di legno del portone.
Suor Bianca riconobbe la voce all’istante: era la
dolcissima, purissima voce dell’Arcangelo Raffaele.
“Mio Signore!” sospirò felice la suora, abbassando il
crocifisso e aprendo lo spioncino rettangolare: il bel viso dell’Arcangelo
l’abbagliò immediatamente con un sorriso dalla luminescenza divina e Suor
Bianca non poté fare a meno di sentire il suo vecchio cuore battere forte e
veloce come un tamburo.
“Ave, Suor Bianca.” salutò l’Arcangelo con un breve cenno
del capo biondo.
“I Cieli e La Terra Siano Pieni della Sua Gloria!”
“Naturalmente. Come state questa sera?”
“Oh, bene, bene!” chiocciò Suor Bianca arrossendo: che caro
quel giovane, attento e interessato alla salute di una vecchia ciabatta come
lei! “Certo, l’artrite si fa sentire in queste giornate umide…”
“Oh, mi dispiace.”
“E la schiena… al mattino mi toglie il fiato dal dolore…”
“Che disgrazia. Ehm. Potete aprirmi, per favore? Qua fuori
fa molto freddo.”
Sorrise ancora con aperta beatitudine e Suor Bianca arrossì
di colpo.
“Oh, io…” balbettò giocherellando involontariamente con il
crocifisso “A dire il vero, beh, mi è stato ordinato…”
“Sì?” la sollecitò Raf con l’ennesimo dolce sorriso.
“Ecco, ehm, gli ordini precisi che mi ha dato suor Giacinta
per stasera sono stati… precisi… ehm…”
“Dica, Suor Bianca, non abbia timore.”
“Ecco, gli ordini precisi…” e dalli, pensò affranta
la suora “Sono di non fare entrare nessuno, stasera.”
“Oh.” commentò Raf.
Il sorriso rimase, ma la luminosità si attenuò un poco, come
se una nuvola velasse il sole.
“Capite, Mio Signore, sono gli ordini.” terminò affranta la
suora.
“Ordini precisi, immagino.”
“Precisi, sì! Giacinta è stata molto fiscale, nessuno può
entrare, né Umano né Divino!”
“Capisco.”
“Sono davvero, davvero costernata.”
Lo era sul serio. Lasciare fuori dalla porta l’Arcangelo
Raffaele le sembrava sinceramente blasfemo.
“Non si dia troppo cruccio” disse Raf tornando luminoso come
una stella “Con tutto quello che è successo un po’ di prudenza era il minimo
che Giacinta potesse richiedere.”
“Vero, verissimo.” sospirò Suor Bianca sollevata: quanto era
comprensivo, quel giovane Arcangelo. E quanto era bello!
“Sono certo però che Giacinta non ha preso in considerazione
il fatto che qualcuno sarebbe venuto a bussare alla sua porta di notte.”
Suor Bianca tornò a irrigidirsi; a dire il vero, Giacinta
era stata straordinariamente intuitiva, perché aveva proprio previsto l’arrivo
di qualcuno.
“Chiunque venga a bussare alla porta stasera, tu non
aprire.” aveva ordinato lapidaria.
E non era uso per Giacinta essere così lapidari. Ma come
spiegare tutto questo all’Arcangelo Raffaele in persona?
“Mio Signore, gli ordini erano precisi.”
“Giacinta ti ha davvero espressamente ordinato di non fare
entrare un Arcangelo divino?”
“Oh, ehm… in effetti no…”
“Non vorrei doverlo ricordare, ma io sono il diretto
superiore di Giacinta.”
Suor Bianca annaspò in cerca di un appiglio: l’Arcangelo
aveva maledettamente ragione, ovviamente. Ma Giacinta era il diretto superiore
di Suor Bianca! Se l’Arcangelo le avesse ordinato di aprire, a chi avrebbe
dovuto dare retta? Suor Bianca non aveva fatto la scuola militare, non sapeva
proprio nulla di gerarchie di potere.
“Mi sta ordinando di aprire, Mio Signore?” domandò con aria
supplichevole.
Raf le rivolse uno sguardo dolcissimo.
“Certo che no” rispose affabile “Spero bene che non ce ne
sia nessun bisogno.”
Suor Bianca ammutolì. Bella gatta da pelare le aveva
lasciato Giacinta, pensò con una vergognosa punta di risentimento; se sapeva
che sarebbe venuto nientemeno che un Arcangelo a bussare alla porta, perché non
era venuta lei a mandarlo via rischiando anatemi divini a più non posso? Per un
attimo pregò che toccasse a qualcun altro risolvere quell’impiccio.
“Io, ehm, io…”
Le preghiere di Suor Bianca sembrarono esaudirsi in maniera
del tutto inaspettata quando improvvisamente la terra iniziò a tremare.
* * *
Per un attimo, Suor Bianca fu tentata di rivolgere un
ringraziamento al Signore: poi realizzò che c’era un terremoto in atto e si
decise a cadere nel panico.
“Mio Signore!” strillò diventando rossa come un pomodoro da
sugo: si aggrappò alla porta mentre il pavimento sotto ai suoi piedi ondeggiava
come la tolda di una nave nella tempesta.
“Suor Bianca! Apra la porta!” ordinò la voce concitata
dell’Arcangelo.
Che doveva fare? Rimanere lì a piantonare una porta che
sembrava avere tutte le intenzioni di sgretolarsi sotto le sue mani?
All’ennesimo sobbalzo del pavimento, quando le antiche piastrelle di cotto si
sollevarono schioccando come dentiere impazzite, Suor Bianca prese una
repentina decisione: le sue dita volarono sui chiavistelli fino a spalancare la
porta sul buio della notte.
“Mio Signore!” chiamò subito, tra il sollevato e il terrorizzato.
Ma la prima figura che si materializzò davanti alla porta
non fu affatto l’Arcangelo Raffaele: fu un energumeno d’uomo grosso come un
armadio a sei ante con la faccia ferocemente incupita. Suor Bianca non sapeva
se protestare o intonare un Salmo: alla fine, visto che le pareti scosse dal
terremoto cominciavano scricchiolare e riempirsi di crepe minacciose, si decise
a strillare con quanto fiato aveva in gola. L’energumeno uscì dall’ombra e mise
un piede sulla soglia, il viso atteggiato a una smorfia di sofferenza.
“Chiudi quel forno, Callas” grugnì scostandola rudemente
dalla porta “Che cazzo succede qui?”
Una seconda figura si inquadrò nella porta e Suor Bianca
identificò sia quest’ultima che l’energumeno: Eva il Sanguemisto e il suo
tirapiedi umano!
“E che ne so io?” rispose Eva all’umano sbuffando scocciata
“Pensavo che fossi tu che ballavi il tip tap.”
“Voi!” strillò Suor Bianca, sinceramente oltraggiata: non
sapeva se fosse più sconvolta per il terremoto in atto o per il fatto che un
Arcangelo celeste le avesse mentito… oddio, non che le avesse davvero detto
delle bugie, ma non aveva affatto menzionato di essere in compagnia di quella
pericolosa ragazza che parlava così sboccato. Si sarebbe messa probabilmente a
chiedere spiegazioni se una nuova e potente scossa di terremoto non l’avesse
fatta cadere lunga distesa per terra, spedendole addosso calcinacci e polvere.
“Merda secca!” berciò Eva estraendo la Five-seveN dalla tasca: aveva un’espressione oltremodo infastidita e la piega pressata della
bocca esprimeva tutto il suo disappunto “Vlad, se sei tu a fare questo,
piantala immediatamente o ti faccio ingoiare una damigiana di Acqua Santa!”
La paura di Suor Bianca divenne puro e cristallino terrore
quando oltre la soglia comparve l’alta ed elegante figura vestita di nero di un
giovane dai capelli rossi e gli occhi luminosi: il suo sorriso strafottente era
rimasto perfettamente intatto e anacronisticamente a suo agio in mezzo a quella
baraonda.
“Figurati se non davi la colpa a me” sospirò con aria
paziente “Sono innocente, vostro onore.”
“Innocente, puah” mugugnò Eva facendo entrare una
giovanissima ragazza che si teneva le mani sopra la testa e gemeva di paura
“Raf?”
“Non lo so” rispose l’Arcangelo Raffaele entrando a sua
volta circondato da un alone di luce insolitamente debole “Niente di buono di
sicuro.”
“Dovremmo tirare in causa la tettonica a zolle” sospirò Vlad
estasiato “Ho sempre amato visceralmente questa teoria. Però sono d’accordo con
Bambi, se non è nessuno di noi a provocarlo c’è da farsi venire molta paura
con questo terremoto.”
Suor Bianca, ancora sdraiata a terra, faceva scorrere lo
sguardo allucinato sui presenti: l’unica normale sembrava la ragazzina
spaventata, gli altri rivolgevano appena un blando interesse per le pareti che
si stavano sgretolando e al tetto che faceva minacciosamente piovere su di loro
calcinacci e pezzi di intonaco.
“Dite che il Comitato di Sorveglianza ci abbia già trovati?”
domandò Gino evitando un grosso blocco di mattoni che stava per spiaccicargli
la testa.
“Impossibile” rispose automaticamente Raf “Sarei stato il
primo a saperlo.”
“E’ ovvio che qualcosa o qualcuno
ci ha preceduto” sospirò Vlad salottiero “E valutando il magnitudo di questo
ballo di San Vito mi sa che non siano esattamente Hansel e Gretel.”
“Allora cerchiamo Giacinta”
ordinò Eva col bel viso incupito “Magari se siamo fortunati tutto questo circo
equestre è solo opera sua. Vlad, che fai non entri?”
Il tizio dai capelli rossi,
ancora oltre la soglia, si spolverò la giacca dalla polvere che cadeva copiosa
rimanendo prudentemente fuori dal locale.
“Vorrei ricordarti che questo
suolo benedetto non è esattamente il mio habitat naturale.” rispose poi in tono
sostenuto e finalmente Suor Bianca capì che cos’era e perché guardarlo le
scatenava dentro tanta folle avversione.
“Un Demone!” strillò con quanto
fiato aveva in gola, agitandosi sulla schiena come una grossa tartaruga
capovolta “Un Demone in Questa Sacra e Intoccabile Dimora!”
Il Demone in questione le lanciò
uno sguardo tra il divertito e l’offeso.
“Che vocetta acuta” commentò
“Possiamo spegnerla o almeno metterla in modalità volume muto?”
“Crux sancta sit
mihi lux! Vade retro, Satana!”
“Si, si, come no” sospirò Gino
agitando annoiato una mano “Allora, come la mettiamo qui?”
Eva scambiò un breve sguardo con
Raf: entrambi sapevano bene che Vlad avrebbe perso qualsiasi potere, entrando
nel convento. Anzi, avrebbe perso anche le forze, soffrendo atrocemente. La
cosa non mancò di ispirare momentaneamente il Demone che c’era in Eva, ma
accantonò subito il sadico pensiero.
“Devi rimanere fuori, Vlad”
comunicò lapidaria Eva ignorandola “E’ troppo pericoloso e doloroso per te.”
Come a sottolineare la portata della
sua affermazione, la terra smise improvvisamente di tremare, immobilizzando la
scena nel pulviscolo della calce.
“Meno male.” sospirò Lorella dopo
un attimo di religioso silenzio.
“Che cara la mia scimmietta che
si preoccupa per il suo zietto.” gorgogliò Vlad divertito, appoggiandosi allo
stipite della porta con indolenza e rivolgendole un lungo sguardo malizioso.
“Sunt mala quae libas!” berciò
Suor Bianca, sinceramente esterrefatta per la piega decisamente anormale che
avevano preso gli avvenimenti.
Il Demone sulla soglia le lanciò
un terribile sguardo disgustato.
“Ma non si può far fuori questo
scaldabagno? Mi sta assassinando i coglioni!”
Raf pensò che fosse meglio agire:
si avvicinò leggiadro a Suor Bianca e la aiutò a sollevarsi con divina facilità.
“Non si preoccupi sorella” le
disse con un sorriso sincero “Veniamo in pace.”
“Più o meno.” aggiunse Gino
sottovoce accarezzandosi delle blasfeme armi umane che portava agganciate in
vita.
Per tutta risposta, Suor Bianca
arretrò incespicando verso il corridoio che portava al convento.
“Demoni nella Casa Del Signore!”
ululò decisamente oltraggiata e sconvolta “Che il Divino Veda e Provveda a
Questo Empio Atto che si Compie Verso la sua Dimora!”
“Amen, cocca, ma non farti venire
un colpo, ci mancano solo le pompe funebri e qui siamo pronti per un torneo di
canasta” le suggerì Gino garrulo “A proposito, sai dirci dove possiamo trovare
la cara Giacinta?”
Suor Bianca girò sui tacchi e
corse via: chissà perché, con lei volò via anche l’ultimo residuo di ottimistico
buonumore.
“Andiamo.” ordinò Raf con voce
stranamente cupa.
“Vlad, tu rimani?” chiese Lorella
piuttosto nervosamente: lo aveva sentito anche lei il cambio di atmosfera.
Vlad, che non sorrideva più, alzò
una spalla e fissò lo sguardo su Eva.
“La mia amata mi vuole preservare
vivo e funzionante.” rispose, ma la sua ironia sembrava forzata.
“Sì” decise Eva: il termine del
terremoto subito le era parso un sollievo, ma in quel momento stava sentendo
una sotterranea e umida sensazione di pericolo arrampicarsi sulla schiena come
un insetto. In quel momento avrebbe dato in cambio un braccio pur di avere Vlad
al suo fianco, ma avrebbe anche dato l’altro braccio pur di non ammetterlo.
“Aspettaci qui” disse in fretta
prima di far trasparire la sua incertezza “Non ci saresti di nessun aiuto con
Giacinta, accartocciato e moribondo in preda a una crisi demoniaca.”
“Ma sì” approvò Gino “In fondo
Giacinta è un Angelo. Non proverà nemmeno a farci del male. Tutt’al più ci
fracasserà i maroni con qualche canzoncina sacra… tu scendi dalle stelle o roba
così.”
“Tu stai attento, Vlad” mormorò
Raf sinceramente preoccupato “Qui l’unico in pericolo e vulnerabile sei tu.”
Per un attimo intensamente magico
Vlad sbatté le ciglia sorpreso: l’interessamento di Raf era autentico e lui non
era preparato ad affrontare la solidarietà dell’Arcangelo. Ma si riprese
subito.
“Ti piaccio di più così,
Cenerentola?” mugugnò allusivo posandosi una mano sul fianco e sporgendo le
labbra “Vulnerabile e indifeso? Vuoi che mi metta anche il grembiulino da
pastorella?”
Raf sorrise suo malgrado e
accennò un saluto.
“Stai attento, Demone.”
“Baciami il culo, Arcangelo.”
“Andiamo.” sentenziò Gino
tagliando corto.
Eva annuì ma non si mosse: Vlad
la guardava ancora, ma lei evitava di incontrare i suoi occhi. “Non voglio
che veda che ho bisogno di lui” pensò cocciutamente mentre Raf, Gino e
Lorella si avviavano rapidi lungo il corridoio. Eppure tentennava ancora, sfuggendo
all’idea di allontanarsi da lui. Finse di armeggiare col caricatore per
rimandare fino all’ultimo il momento cruciale.
“Ho come la vaga impressione che
tu stia prendendo tempo” le comunicò Vlad in tono colloquiale “Hai per caso
paura di affrontare Giacinta tutta sola soletta?”
“Non sarò sola” specificò Eva “Ci
saranno Raf e Gino.”
“E la palla al piede.”
“E Lorella, sì.”
“Ti è molto affezionata, quella
ragazza.”
“E’ scema e basta.”
“Ha parlato l’Arcangelo biondo
che è in te?”
La tenerezza nella sua voce era
una tortura incalcolabile che bloccava qualsiasi risposta.
“Ora devo andare.” scattò Eva
lugubre.
“Ok. Eva?”
Era forse la prima volta che Vlad
la chiamava per nome e il cuore di Eva volò così in alto che le sue ali
sbatterono dolorosamente contro la realtà. Era strano il suo nome detto da lui: prendeva un suono malinconico, come se fosse bagnato di pioggia. “Non vuole
dire niente” meditò una vocetta triste nella mente di Eva mentre deglutiva
senza trovare la forza di girarsi e guardarlo in faccia.
“Sì, Vlad?”
“Vieni qui.”
Lo chiese, non lo ordinò. Ma la
sua voce era così bella… miele caldo e velluto di seta.
“Non ti azzardare nemmeno a
pensare di ascoltarlo!” berciò la vocetta interna, ma i suoi piedi si erano
già mossi e la trascinavano quasi contro la sua volontà verso di lui. Si fermò
quando nel suo campo visivo saldamente ancorato a terra entrarono le eleganti
Paciotti del Demone.
“Uhm?”
“Puoi smetterla di trapanarmi le
tomaie? Guardami.”
“Uhm.”
Nel campo visivo entrarono le
ginocchia inguainate nei pantaloni di pelle nera.
“Scimmietta, è inutile tutta
questa diffidenza. Non potrei mangiarti nemmeno volendo, in questo posto
benedetto, quindi alza quei begli occhioni neri, da brava.”
Gli occhi di Eva risalirono
riottosi verso l’inguine: poi, rendendosi conto della zona altamente
compromettente, si alzarono bruscamente sul viso di Vlad e vennero incatenati
dalle sue scintillanti schegge d’agata.
“Ecco, brava” sorrise Vlad “Era
così difficile?”
Anche peggio, pensò Eva
affannata. Si sentì dolorosamente indifesa e nuda, quasi impudica; arrossì
vergognosamente ma non abbassò lo sguardo. Guardare Vlad era come trovarsi di
fronte a un’esplosione nucleare: pericoloso e doloroso, ma così affascinante da
rapirla completamente. Il Demone dal canto suo sembrava trovare qualche
difficoltà a proseguire. Non mosse un muscolo, rimanendo con le braccia conserte
e la posizione indolente contro lo stipite, ma sembrava sforzarsi di dimostrare
tanta naturalezza.
“Non sottovalutare Giacinta”
disse infine, ma non sembrava certo che fossero quelle le parole che voleva
dire “E’ anche causa sua se è successo tutto questo.”
“Lo so.”
“Bene.”
Ancora Eva non si muoveva:
sentiva l’assurdo e fastidioso impulso di volargli tra le braccia, a quel
dannato stronzo, e prima ancora che potesse darsi dell’idiota e reprimerlo si
trovò con la testa appoggiata al suo petto caldo rivestito di costosa seta
nera. Vlad trattenne bruscamente il fiato e Eva sotto l’orecchio sentì il suo
cuore battere con una brusca impennata. Quel suono segreto le riempì il cuore
di struggimento e gli occhi di lacrime. Così, per nascondergliele, si staccò bruscamente
da lui, gli girò le spalle e strizzò forte gli occhi.
“Vado.” disse facendo due passi
incerti.
“Ehi, un momento” la apostrofò
Vlad con il riso nella voce “Volevi salutarmi con un bacetto, scimmietta?
Perché terremoto o no, al contatto di mucose sono sempre disponibile, lo sai.”
“Crepa.” sibilò Eva scattando
lungo il corridoio a passo di marcia.
“Stai attenta” le sussurrò dietro
Vlad con una strana e morbida voce riflessiva “E se hai bisogno chiamami.
Rimarrò in ascolto.”
* * *
Il convento era uscito
decisamente malconcio dal terremoto improvviso. Suore bianche e grigie come
fantasmi veleggiavano schiamazzando a destra e a manca come tante povere
galline spaventate in un pollaio, ignorando miracolosamente il bizzarro
gruppetto appena arrivato. Raf che correva davanti agli altri, era bianco e
teso come Eva non lo aveva mai visto prima. Di colpo, il proprio personale
struggimento per Vlad passò in secondo piano dopo la bruciante preoccupazione
per l’Arcangelo.
“Raf?” lo raggiunse con uno
scatto “Hai idea di cosa fosse in realtà questo terremoto?”
“No.” rispose Raf rallentando
l’andatura: era difficile correre e orientarsi in mezzo al caos di gente ferita
e gemente, urla, mobili rovesciati, brani di muro staccati, macerie sul
pavimento…
Uscirono nel chiostro dove il bel
colonnato intorno al frutteto era crollato per tutta la sua lunghezza.
“Che disastro.” mormorò Lorella
impressionata.
“Dov’è Giacinta?” chiese
pragmatico Gino e Raf girò la testa a destra e sinistra, some un radar in cerca
di un segnale.
L’espressione del suo viso era
sempre più sofferente ogni secondo che passava.
“Di là.” disse infine scattando
verso una piccola cappella al limitare del frutteto.
Compatti e allerta, gli altri lo
seguirono. La cappella era uscita relativamente indenne dal terremoto: il tetto
era imbarcato come se fosse fatto di cartone, ma i muri sembravano ancora
solidamente al loro posto.
“Tu stai dietro.” ordinò Eva a
Lorella tenendo la Five-seveN con entrambe le mani.
Il pesante portone di legno venne
spinto da Gino e Raf mentre Eva entrava per prima con l’arma spianata.
L’interno della cappella era spoglio e buio. Gli inginocchiatoi rovesciati ai
lati della navata sembravano cataste di legna abbandonate nel bosco: al centro,
il pavimento di elaborati mosaici presentava una profonda frattura, come se si
fosse spezzato in due. Sull’altare un mastodontico crocifisso appeso sbilenco
resisteva alla forza di gravità trattenuto da un misero cavo e dondolava
debolmente alla luce incerta di una candela. Dietro esso, la vetrata colorata
era esplosa, disseminando intorno schegge di vetro come spruzzi involontari di
un allegro pittore. Ai piedi del crocifisso sbilenco, inginocchiata, c’era una
figura curva.
“Giacinta!” la chiamò con voce
secca Eva puntandole contro la pistola.
La figura non si mosse: rimase
inginocchiata davanti all’altare, il capo chino in una posa di dolente
abbandono. Avvicinandosi prudentemente, Eva constatò che era davvero Giacinta:
era a piedi nudi e indossava la semplice e ruvida camicia da notte grigia in dotazione
al convento. I capelli non coperti dal velo erano sciolti sulla schiena e
arruffati in ciocche scomposte e grigiastre. Giacinta guardava su, con lo
sguardo fisso al crocifisso e il suo viso sofferente era coperto di lacrime.
Girandole intorno guardinga, Eva le si parò davanti e suo malgrado sentì una
stretta di pena per quella figura così prostrata e così dolente che stava
pregando a fior di labbra, senza quasi emettere suoni.
“Giacinta” La chiamò con voce più
calma “Guardami.”
La figura della suora ondeggiò
appena mentre Gino arrivava da destra, puntandole anche lui la sua arma
addosso, e Raf da sinistra, cauto e pietoso. Non rispose al richiamo di Eva:
continuò a pregare e a piangere, come se non potesse fare altro che quello. Eva
e Raf si scambiarono un breve sguardo: negli occhi turchini dell’Arcangelo
c’era tanta compassione da riempirli di lacrime.
“Sorella” la chiamò con la sua
voce meravigliosamente divina “Sorella Giacinta, sono io.”
Il corpicino magro di Giacinta
ebbe un brivido: sbatté le ciglia sugli occhi vacui e girò la testa verso Raf
lentamente, come se quel semplice movimento le costasse fatica.
“Raffaele?” domandò sottovoce:
sembrava parlare attraverso strati e strati d’ovatta.
Raf fece un gesto a Eva come a
chiederle di abbassare l’arma, ma Eva scosse la testa tenendo l’Angelo
sottotiro.
“Giacinta” disse Eva
avvicinandosi ulteriormente “Siamo qui per…”
“Dio mi ha abbandonata.” la
interruppe Giacinta con una voce stranamente forte e coerente.
“Oh, no” ribatté subito Raf con
voce dolcissima “Tu lo sai, Dio non abbandona mai i suoi figli…”
La testa di Giacinta crollò giù
col mento sul petto in una posa così affranta che Eva provò di nuovo pena per
lei.
“Dio lo sa che ho peccato tanto”
mormorò Giacinta iniziando a piangere “Ma io non volevo farlo. Cercavo solo di
fare del mio meglio.”
“Alleandoti con Cornelia per
uccidere Vlad?” chiese Eva seccamente “Questo a me non sembra affatto il
meglio.”
Un brivido scosse il corpo
abbandonato di Giacinta.
“Vlad non ha mai concesso niente”
mormorò piano “E’ tanto tanto cattivo. Se solo ci fosse stato qualcuno disposto
a collaborare… se a capo dei Nodi ci fossero stati un Angelo e un Demone in
grado di parlare… quante cose si sarebbero potute fare? Quante questioni si
sarebbero potute risolvere? Quanto bene ne sarebbe venuto fuori?”
Di nuovo Eva e Raf si scambiarono
uno sguardo rapido, questa volta decisamente dubbioso.
“E quel qualcuno sarebbe stato
Cornelia?” chiese Eva sprezzante.
La testa di Giacinta ciondolò
nuovamente in avanti, inerme.
“Aveva promesso. Sì, avrebbe
collaborato. Senza Vlad, la pace avrebbe regnato sovrana: la pace e l’amore,
finalmente, sul questo Piano!”
Rialzò gli occhi illuminata dalla
prospettiva come se le si fosse accesa dentro una luce.
“Sarebbe stato per merito mio,
della povera piccola Giacinta! Dio sarebbe stato così fiero di me che avrebbe
perdonato… avrebbe perdonato, sì, il fatto che il mio cuore fosse colmo di
gioia al pensiero della morte di Vlad.”
Gino scosse silenziosamente il
capo mentre Raf si avvicinava a Giacinta d’un passo.
“Sorella…”
“Mentiva” lo interruppe Giacinta
con una voce così disperata da spezzare il cuore “Cornelia mentiva. Voleva solo
il mio aiuto per sapere come uccidere Vlad. Sono io che le ho detto di te, Eva.
Sono io che ho trovato il punto di contatto, che ho dato a Cornelia i nomi di
Paolo e Sandra…” La sua voce si fece più acuta, più angosciata “Sono morti per
causa mia! Io li ho uccisi!”
Si portò le mani al viso e
cominciò a singhiozzare disperatamente. Raf allungò una mano pietosa verso di
lei.
“Non la toccare” gli ordinò Eva
seccamente “Non ti avvicinare nemmeno!”
“Dio mi ha abbandonata!” strillò
improvvisamente Giacinta con autentica angoscia “Ha voltato le spalle a questa
sua figlia ingrata che ha peccato tanto!”
Il suo dolore era così palpabile
che Eva se lo sentì quasi addosso. Vide con la coda dell’occhio che Lorella si
stringeva i gomiti con le mani per resistere alla tentazione di commuoversi e
Raf… per Raf era un’autentica tortura non poter consolare l’Angelo disperato. I
suoi occhi turchini erano colmi di pena e lucidi di pianto.
“Sorella” mormorò allungando
impercettibilmente le dita tremanti verso di lei “Dio Padre non abbandona
nessun figlio, mai! Nemmeno chi sbaglia, nemmeno chi si copre di peccato!”
Ma Giacinta sembrava chiusa in un
bozzolo insondabile d’angoscia e di terrore: il suo sguardo sfuggiva, si
infilava terrorizzato negli angoli bui della chiesa, nascondendosi alla
vergogna e soccombendo ad essa.
“Sono perduta!” gridò rivolgendo
il viso verso il soffitto scuro, i nervi del collo tesi e lividi “Ho peccato di
Superbia di fronte al Signore… ho creduto alle bugie di un Demone e ho fatto
uccidere delle creature innocenti. Sono Perduta per sempre! Dio mi ha
abbandonata!”
Qualcosa come un fremito d’ali
turbò il battito del cuore di Eva: nonostante la tensione emotiva del momento,
nonostante il suo animo fosse stanco e duramente provato da quelle ultime
giornate di sconvolgimento totale, una parte di lei era ancora fredda e
percepiva una invisibile stonatura. Ancora non riusciva a capire cosa fosse
concretamente, ma la intuiva sottopelle, umida e inquietante. “Angoscia,
tanta angoscia” mormorò una voce remota nella sua testa “Tanta, troppa…”
“Sorella…”
“Raf, stalle lontano! E tu,
Giacinta, calmati e metti le mani sopra alla testa.”
Nessuno dei due Angeli ubbidì
agli ordini di Eva: un gemito lento e sofferto iniziò a uscire dalle labbra
contratte di Giacinta che col viso rivolto verso l’alto sembrava l’immagine
stessa del dolore mentre Raf si avvicinava, cauto e pietoso.
“Padre!” strillò Giacinta, ed era
un grido disperato, definitivo.
Così assolutamente privo di
speranza che Eva intuì le intenzioni dell’Angelo prima ancora che le intuisse
lui stesso. Strinse le mani intorno alla pistola, impotente e nello stesso
tempo spaventata. E ancora quella stonatura, quella sfasatura invisibile: “Tanta,
troppa angoscia…”
“Ferma!” ordinò, ma Giacinta
abbandonò le braccia lungo i fianchi e il mento contro il petto.
Sembrò un piccolo indifeso
uccellino con le ali sporche… e fu chiaro per tutti che voleva solo morire.
NOTE DELL’AUTRICE:
WillHole: Chissà se arriverai qui in tempo per leggere le mie
risposte alle tue deliziosi, corroboranti recensioni… in verità so di non
meritare tante splendenti e buone parole, ma lo stesso non posso fare a meno di
gradirle, di conservarle gelosamente e di tirarle fuori come dolce panacea
quando le cose vanno male… Grazie, carissimo e prode cavaliere, from the
deepest of my soul…
Chamelion: Temo e aspetto con ansia ogni tua recensione, mia
carissima: le bacchettate mi fanno bene, devo dire la verità, mi stimolano a on
smettere mai di cercare la soluzione migliore, quella che non solo segue la mia
trama mentale, ma che spera di avere l’approvazione dei lettori compresi quelli
più esigenti… considerando i miei pochi mezzi e comunque l’entusiasmo che ne
ricevo in ambio, posso solo sentirmi lusingata e felice!! Mil besos, querida
(oggi spagnoleggio, chissà perché…)
ReaderNotViewer: Mia cara, carissima! Come stai? E’ tanto
che non ti sento, ho sentito la tua mancanza, che tu ci creda o no! La tua
presenza, anche se saltuaria, è sempre graditissima, è bello ogni tanto avere
qualche “effluvio” della tua meravigliosa personalità… Come sempre, grazie
infinite per i complimenti immeritati. Ripensandoci forse questa storia fa
acqua da tutte le parti.. spero solo di aver scritto qualcosa di, se non troppo
coerente, almeno godibile! A presto, tesoro, fatti sentire per un the, magari…
eh eh eh!!
Londonlilyt: Amoreeeeee! What’s happen in
London? I miss you, joia, mi manca tantissimissimo la tua risataaaa… me
ne mandi un po’ via mail? Le mie sfighe con gli uomini hanno raggiunto vette
inenarrabili, ho bisogno di un po’ di conforto…
Rik Bisini: Ma quale onore, O Sommissimo!! Ovviamente
accetto tutte le critiche e i suggerimenti fatti con la massima attenzione e
rispetto per le tue opinioni: mi dispiace che la storia proceda con tante evidenti
“cadute” e lacune, ma sono contenta come sempre della cura con cui hai
analizzato i miei scritti: ne sono grata e onorata, non smettere mai!! Sperando
di risentirti presto, carissimo, ti mando tutti i miei più cari saluti
Lauraroberta87: Amoreeee… e che storia è senza morti,
stragi, rovine, terremoti e arti sanguinolenti dovunque? Insomma, proprio da te
queste domande retoriche proprio non me lo aspettavo… in culo alla balena per
gli esami, dacci dentro!!!!!
Nikoletta89: Ma grazie, grazie, grazie.. troppo buona,
figliola, così mi metti in imbarazzo! E poi dai, era quasi scontato che
l’alleata fosse lei: chi sennò? E qui ti lascio alle ultime domande… Saludos, a
presto!!
MarzyPappy: Porca l’oca indiavolata…? Ma in che fattoria
vivi, joia? E il gallo com’è? Agnelli, vacche… eh, anche a me Giacy non
piaceva, e tu sai cosa succede ai personaggi che non mi piacciono… poveri loro!
Baci enormi anche a te, bella mora ricciolona, che fai quest’anno per le ferie?
Krisma: Mio dolcissimo fiore di loto, ma certo che Giacinta
dovevo coinvolgerla, e che diamine! A parte che mi stava sui maroni, e s’è
visto, poraccia… l’intento era quello sin dall’inizio, ombra che contamina la
luce e viceversa, insomma, un po’ di studio dei simbolismi, jente!! Anche tu
sei il mio bocciolo, Darling, ti adoro tanto tanto!!
Amie: Dai dai, non far finta di essere stupita… lo so che
Giacinta ti stava sul gozzo e che non vedevi l’ora che la facessi fuori. Beh,
solo per i tuoi begli occhi, eccoti accontentata!! Effettivamente adoro Sin City
e quindi qualcosa mi deve essere rimasto sottopelle. Raf adesso arriva,
tranquilla! Bacio bacio pure a tia
Anthy: Ma ciao, dolcezza… ebbene sì, spero di aver in serbo
ancora abbastanza cartucce da stupirvi con effetti speciali, o almeno, morirò
cerebralmente nel vano tentativo. Tu però non smettere di scrivermi, right…?
Besos!!
White Shadow: Mia adorata!! Ma davvero riuscimmo a beccarci
in diversi lidi? Per la privacy che sono così brava a mantenere non dirò più
nulla, ma… quanto sei carina!! A propò, copione allucinante… coinvolgente…
geniale, oserei dire. Ohibò, e perché mai vorresti scorticarmi? E Naruto, chi
diavolo è? Ricordati che sono una vecchia ciabatta io… di ste cose da
giovinastri non ne so nulla. Oh, che bello essere stata livata alona… non mi
era ancora successo prima XD. Sei un mito, querida. Baci dovunque
Ma dimmi: voi che siete qui felici,
disiderate voi più alto loco
per più vedere e per più farvi amici?".
…
Frate, la nostra volontà quïeta
virtù di carità, che fa volerne
sol quel ch'avemo, e d'altro non ci asseta
Dante Alighieri, La Divina Commedia, Paradiso, Canto III
Giacinta non si mosse ed Eva si avvicinò di un passo,
puntandole la pistola quasi in fronte. Così non andava bene, intuì con evidente
inquietudine: così non andava affatto bene. La stonatura invisibile era sempre
più incisiva, palpabile… e nello stesso tempo sfuggente, misteriosa. Stava
ancora affannosamente pensando a un modo per scuotere l’Angelo e per farlo
uscire dal suo delirante mondo d’angoscia e di dolore quando il corpicino di
Giacinta fu scosso da un lungo brivido che le fece sollevare il mento e agitare
convulsamente le braccia.
“Sorella” tentò di nuovo Raf con la voce affannata dalla
compassione “Non perdere la fede in Dio Padre. Egli ti ama, non dimenticarlo
mai! Egli ti ama anche se hai sbagliato e ti perdonerà se solo…”
“Raf” lo zittì Eva con voce gelida “Basta così.”
Tanto era inutile, pensò tra sé e sé: Giacinta non stava
ascoltando. Giacinta, intuì con remoto dispiacere, era morta, in qualche modo.
Il suo corpo abbandonato sembrava stare in piedi solo perché qualcosa di
invisibile la teneva su, ma non c’era nessuna voglia di vivere in quelle membra
consumate. Eva era matematicamente certa che da un momento all’altro sarebbe
crollata a terra come un sacco vuoto… e invece Giacinta sollevò di scatto la
testa e rizzò le spalle.
Raf, Gino e Lorella rimasero immobili, anche loro sorpresi,
in una certa misura: la pistola di Eva era sempre fermissima e puntata contro
la testa dell’Angelo che iniziò a guardarsi intorno con gli occhi slavati di
nuovo vigili e presenti.
“Sorella?” mormorò Raf come per accertarsi che ascoltasse e
Giacinta lo guardò girando la testa di scatto.
“Sono… sono dispiaciuta” mormorò poi con voce rauca e
incerta “Io… io non volevo…”
Sembrava voler riprendere il filo di un discorso di cui non
ricordava una sola parola. La sensazione di dejà vu in Eva era fortissima e le
tendeva la schiena di legnoso sospetto.
“Non volevi cosa?” domandò sferzante stringendo le nocche
intorno alla pistola “Allearti con Cornelia? Far uccidere Paolo e Sandra?”
Giacinta spostò rapidamente gli occhi su di lei: erano molto
vigili, constatò Eva allarmata; molto reali, molto presenti… perché questa cosa
la spaventava?
“Gli occhi di Giacinta…”
“Tanta, troppa angoscia…”
“Povera suorina mediocre. Non ha retto il peso di così
tanta, troppa angoscia…”
“Dove l’ho già vissuta questa scena?”
“I nomi del Mulo, di Alfredo e Silvia non ti dicono niente?”
sibilò poi sottovoce, a bruciapelo.
In lampo indefinibile attraversò le pupille di Giacinta e
per un attimo infinitesimale la sicurezza di Eva vacillò, come se…
“Quei stramaledetti occhi!”
“Certi poteri sottili non sono patrimonio di tutti”,
la avvisò una voce perentoria nella testa.
“Non so niente di loro” mormorò Giacinta riabbassando lo
sguardo “Non so quali trame tessesse Cornelia alle mie spalle. Il Mulo era un
suo Demone e lei l’ha fatto uccidere. Gli altri… non so, non li conosco.”
“Che bugiarda. E questo terremoto, cos’è stato?”
“Terremoto? Io… non lo so.”
Mentiva. Eva ne ebbe la certezza matematica, ma l’istinto le
ordinò di non insistere.
“Il frutteto.” rispose invece la voce trionfante
nella testa, e finalmente, in un lampo accecante e imprevisto, Eva capì.
La consapevolezza le allargò gli occhi e le fece tremare la
pistola nella mano. Nessuno se ne accorse… nessuno a parte Giacinta. I suoi
occhi divennero stranamente voraci un millesimo di secondo prima che si muovesse,
così velocemente che sia Eva che Gino rimasero di sasso.
“Lo sapevo” fece in tempo a pensare Eva con un lampo
di rabbia “Mai sottovalutare il nemico… anche Vlad te lo aveva detto…”
Ma non lo aveva ascoltato e aveva sottovalutato il nemico.
Lo stesso nemico che, con una mossa rapida, aveva afferrato
improvvisamente Raf per la gola, l’aveva strattonato piazzandoselo davanti come
uno scudo fino a puntargli una lunga scheggia di vetro contro la pelle bianca e
indifesa della gola.
“State fermi” ordinò Giacinta con voce sorprendentemente
piana “O lo uccido.”
Diceva la verità. Eva glielo lesse nelle iridi slavate e per
reazione ebbe l’assoluta certezza che Giacinta non era più lì. Perché Giacinta,
per quanto potesse essere stupida, meschina, debole e insipida, era davvero un
Angelo e non avrebbe mai fatto del male a nessuno. Mai.
“Gino, Lorella, allontanatevi.” disse con voce sorprendentemente
fredda: i due Umani non si mossero, così congelati dalla sorpresa che
sembravano due statue gemelle di sale.
La stessa sorte sembrava essere toccata a Raf, che se ne
stava inerme tra le braccia di Giacinta con una buffa espressione stupefatta
sul bel viso.
“Cosa…?” belò sconvolto, ma un deciso strattone di Giacinta
lo zittì.
“Zitto” gli ringhiò nell’orecchio “Maledetto pennuto.”
Eva si sforzò di non reagire: rimase con l’arma puntata, la
faccia bianca e tesa, gli occhi determinati e fissi in quelli di Giacinta che
non era più Giacinta. La sua mente volava freneticamente alla ricerca delle
parole giuste da dire mentre contemporaneamente si affannava ad arginare il
panico che premeva con la forza di un fiume contro le proprie deboli difese.
Una voce le rombava dentro, dal petto al cuore: una voce inutilmente accorata,
sincera, vera: “Vlad, dove sei?”
“Butta giù quel ferro, Sanguemisto” ringhiò Giacinta
premendo il pezzo di vetro sulla gola di Raf che trattenne il fiato e spalancò
gli occhi turchini “Subito.”
Eva non si mosse e Giacinta si incupì: sulla faccia
dell’Angelo passarono irritazione e dubbio ed Eva si chiese se fosse più
vantaggioso giocare a carte scoperte o fingere di non sapere niente.
“Voi due” berciò Giacinta rivolta a Gino e Lorella che saltarono
sul posto come se si fossero svegliati in quel momento “Andate a prendere Vlad
immediatamente.”
“Non vi muovete” ordinò di riflesso Eva “Vlad non può venire
qui senza un Permesso di Giacinta… quella vera, intendo. Non si reggerebbe in
piedi. Morirebbe.”
Un sorriso ferino distese le labbra secche di Giacinta in
un’espressione malvagia.
“Già” gorgogliò perfidamente “Che peccato, vero? E’ per
questo che mando il tuo mastodonte umano a prenderlo. Sbrigati, stronzo: se non
sei qui con Vlad tra un minuto sgozzo il vostro Arcangelo come un maiale.
Chiaro?”
Eva non si permise di guardare Raf che si dibatteva
debolmente tra le braccia di Giacinta: sentì il grembo tremare e il cuore
rompersi in mille pezzi dalla paura e dal dolore. Gino, dopo pochi secondi di
silenzio, interpretò il suo mutismo come un assenso e indietreggiò di qualche
passo prima di filare via rapidamente, seguito a ruota da Lorella. Eva e il
Demone dentro Giacinta rimasero soli a fissarsi con odio.
“Eva, non permetterle di…” iniziò a dire Raf in un gorgoglio
accorato, ma Giacinta lo strattonò con insolita forza e Raf gemette. Eva era
indecisa se insultare il Demone o cercare di blandirlo: alla fine, prevalse la
rabbia.
“Possessione diabolica: che mossa audace” commentò con voce
ferma: avrebbe voluto essere anche appena velatamente ironica, ma era già un
successo che non tremasse “Un po’ scontata, dopotutto, ma a quanto pare sempre
efficace.”
Anche Giacinta sembrava ancora incerta, ma un’occhiata alla
pistola fermamente puntata su di lei sembrò darle una risposta: la maschera di
incertezza cadde e una ridda di cattiveria, malignità, furore e arguzia ne
deformò i miti lineamenti.
“Io lo trovo un colpo di genio.” commentò con un sogghigno:
per poco Eva non tremò vedendo la faccia ovina di Giacinta arricciarsi in
quella smorfia così dissimile da lei e per un attimo non poté fare a meno di
dispiacersi per l’Angelo perduto… perduto per sempre, chissà dove.
“Concentrati, Eva” l’ammonì la voce perentoria nella
testa: somigliava incredibilmente a quella di Vlad, notò con una stilettata
dolorosa al cuore “Sai chi hai davanti e sai quanto hai da temere. Non
vacillare, non cedere di un millimetro, o sei morta. Tu e tutti gli altri con
te.”
“Film già visto” replicò quindi con voce vagamente annoiata
“Voi Demoni alla fine usate sempre gli stessi trucchetti, come mediocri e
dozzinali prestigiatori. Dopo un po’ che si bazzica il vostro mondo, non c’è
più niente da imparare.”
Sapeva di aver usato una parola chiave: dozzinale era stato
esattamente il termine che aveva fatto passare la faccia di Giacinta da un
pallido colorito giallastro a un rosso mattone cupo e minaccioso. Il sogghigno
ferino si piegò in una smorfia di furore e gli occhi celesti si animarono di
odio, puro e incontaminato.
“Piccola puttana Sanguemisto” sibilò premendo per reazione
la lama sul collo di Raf che sfiatò un breve singulto di terrore “Dovevo
ucciderti quando ti avevo davanti la prima volta…”
“Già, avresti dovuto fare così” approvò Eva in confidenza
“Perché adesso ti farò fuori io.”
Un lampo passò negli occhi di Giacinta, rendendoli rossi
come tizzoni ardenti. Poteva essere trionfo: Eva sperò che fosse paura.
“Tu uccidere me?” gorgogliò Giacinta con una punta di
divertimento “Quanto ti sopravvaluti, puttana! Nemmeno sai chi sono io… e tu sei
solo un inutile insetto che schiaccerò con sommo divertimento, appena avrò
finito un paio di lavoretti in sospeso.”
Eva non permise a una sola cellula del suo corpo di
crederle: rimase immobile, senza nemmeno respirare, infondendo tutto il suo
coraggio nello sguardo che rimase fisso in quello del Demone davanti a lei. Non
sbatté nemmeno le ciglia. Si buttò mentre l’Angelo che era in lei pregava in
cuor suo come non aveva mai pregato.
“Ci sono insetti molto pericolosi in giro” mormorò con voce
piana e uniforme “E tu non sei poi così fichissima come ti credi. Ora, mettendo
da parte le stronzate, avrei un paio di domandine da farti prima di spargere il
tuo cervello sul pavimento: prima di tutto, Ellena, è ancora arrabbiata con te
la tua cara mammina?”
* * *
Nonostante tutto, Ellena non si aspettava di essere
riconosciuta: il furore e la frustrazione le alterarono i lineamenti, facendoli
tremolare come gelatina in decomposizione. Il corpo rachitico di Giacinta tremò
violentemente e una stilla di sangue colò dal collo di Raf dal punto dove il
vetro premeva sulla sua gola bianca, ma Eva si impose di non muovere un
muscolo. Aspettò, col cuore in gola che batteva greve e impazzito, che Ellena
contenesse la sua rabbia.
“Come hai fatto a capire?” chiese alla fine il Demone
recuperando una parvenza di calma.
“Banale logica umana” rispose Eva facendo impercettibilmente
spallucce “O forse semplice matematica. Il trucchetto della possessione l’aveva
già usato la tua cara amica Amelia, ma per entrare nel covo di un Angelo ci
vuole un Permesso accordato direttamente dall’Angelo stesso, e Amelia non aveva
nessun motivo per averne uno. Giacinta è… era… molto ligia al dovere.”
“Non così ligia, col senno di poi” rettificò Ellena con
leggerezza “Quella povera oca si beveva di tutto: Cornelia stava per farle
credere che si sarebbe convertita! Patetica.”
Un moto di rabbia incontenibile serpeggiò sottopelle e
contrasse un muscolo all’angolo della bocca di Eva che si costrinse a
dominarsi.
“Quella povera oca…” continuava a rimbombare nella
sua testa la voce di Ellena, trasudante disprezzo “Quella povera oca… quel
povero agnello lasciato solo con tutti quei lupi.”
Forse Giacinta non sarebbe stata una preda così facile se
qualcuno che conosceva bene i Demoni che le giravano intorno si fosse preso
cura di lei. Forse, non poté fare a meno di pensare Eva con acuto rimpianto, la
sua subdola parte demoniaca aveva avuto il sopravvento, lavorando sulla sottile
antipatia istintiva che Giacinta le aveva suscitato, velando la sua innocenza
con banalità, la sua semplicità con mancanza di fantasia, la sua purezza con
noia. Se solo fosse stata più attenta. Se solo fosse stata più buona. Se solo,
se solo, se solo…
“Povero Angelo. Addio, Giacinta. Scusami.”
“Eh, già; gli Angeli non sono né scaltri né divertenti”
proseguì con voce secca “L’unica che poteva avere un Permesso firmato e
controfirmato di Giacinta era il Demone capace di lavorarsela per bene per
ottenere i suoi scopi: tu, mia cara… tu, che hai macchinato nell’ombra perché
Cornelia e Giacinta si muovessero allo scoperto in vece tua. Tu, che eri
l’unica che poteva avermi scatenato contro un’orda infernale facendo perdere
tutte le tracce. Tu, che volevi per prima e sopra di tutto distruggere Vlad.”
Ellena respirava rumorosamente, lo sguardo fiammeggiante.
“Ma che brava” commentò infine con voce secca “Che fine
analisi, che arguzia. Certo, adesso, è perfettamente ininfluente. Come
quell’inutile ferro che mi punti addosso: perché non lo metti giù? Sto
possedendo il corpo di Giacinta: puoi anche crivellarlo di colpi, ma vorrei
ricordarti che a me, alla vera Ellena, non faresti nemmeno un graffio. Sempre
che il tuo vero scopo non sia infierire sul corpo di quella stupida oca per
motivi tuoi.”
Aveva ragione, naturalmente: la Five-seveN era perfettamente inutile in quel frangente. Eva non disse niente sperando di
prendere tempo mentre cercava affannosamente un’idea per uscire dai guai.
“Ammetterai che la mia mossa è stata maledettamente furba”
proseguì invece Ellena con voce stranamente forzata “Avevi ragione: è una vita
che voglio Vlad morto. Quel bastardo è solo un Demone Capitale, eppure gode di
un potere assurdo. Solo perché scopa bene! Io so scopare meglio di lui, se mi
ci metto. Lo sapevi che Sisar mi ha mollata per lui?”
“Sisar tuo fratello?” domandò Eva nascondendo il disgusto.
“Lui, sì. Me l’ha soffiato, facendosi anche sopra una grassa
risata. Sisar è corruttibile, lo sanno tutti, ma di Vlad è così cotto che si fa
trattare come uno zerbino. Persino mammina lascia sempre che Vlad faccia quello
che vuole.”
Pressò le labbra con gli occhi in tempesta, l’ira che le
incendiava le iridi come un rogo.
“Sei gelosa di lui.” commentò Eva con sicurezza ed Ellena
stranamente non reagì.
“All’inizio forse lo ero” ammise con un sorriso “All’inizio
c’è sempre qualcosa, no? Quel porco mi aveva sfidato sul mio stesso terreno. Mi
aveva rubato Sisar e per un po’… per un pò nel suo letto ci sono caduta anche
io.”
“Poi?”
Non che a Eva interessasse, ma ogni minuto guadagnato le
sembrava un minuto prezioso.
“Poi niente, mi sono svegliata. Sono arrivati altri motivi.
Vlad è mio nemico e lo devo eliminare. E’ la semplice logica dei Demoni, no? Se
qualcuno è una minaccia, lo devi schiacciare come un insetto. Ed è quello che
farò.”
“Non credo che sarà così facile” rispose Eva con una
sicurezza che non sentiva “Vlad non verrà. E’ un tuo collega, dopotutto, e tu
sai bene come sia deliziosamente stronzo, menefreghista ed egocentrico. Sapendo
che sei qui ad aspettarlo, si farà una grassa risata, si scoperà la prima cosa
che gli passerà davanti al naso e trotterà via fischiettando.”
Ellena, sorprendentemente, sorrise con aria materna ed Eva
sentì il sangue ghiacciarle le vene.
“No” sospirò il Demone “Vlad non scapperà.”
Era così sicura di sé che Eva per un attimo ebbe paura di
crederle.
“Sì che lo farà.”
“No. Una volta forse l’avrebbe fatto.”
La guardò dritto negli occhi con uno strano misto di
trionfo, invidia e furore e chissà perché Eva ne fu più terrorizzata che se le
avesse puntato contro un’arma.
“Ma adesso che si è perso per te non lo farà.”
Le nocche di Eva sbiancarono sulla Five-seveN.
“Vlad non si è perso per me.” scandì con decisione ed Ellena
ridacchiò.
“Oh sì, invece. Vlad verrà qui perché semplicemente ti ama.
E morirà davanti ai miei occhi, lentamente e dolorosamente mentre io non dovrò
nemmeno muovere un dito. Non è da scompisciarsi dal ridere?”
Rise, infatti, con forzata allegria: Eva intuì che c’era
qualcosa dietro… qualcosa a cui si aggrappò con tenacia e furibondo
accanimento, pur di non pensare a quelle parole più micidiali di un colpo al
cuore.
“Ha paura” meditò febbrilmente “Perché, perché ha
paura? Non dovrebbe averne se non è davvero qui.”
“Rifletti” le ordinò la voce severa di Vlad nella
testa: per un attimo Eva riuscì persino a ridere di se stessa, tanto le parve assurdo
che la voce della ragione avesse il tono strafottente e ironico di Vlad.
“Ragiona, scimmietta: Ellena è nel corpo di un Angelo.”
“Nessuno può possedere un Angelo vivo” commentò Eva a voce
alta “Nemmeno Lucifero in persona.”
Ellena, nonostante il brusco cambio di argomento di
conversazione, non sembrò scalfita dalla sua dichiarazione.
“Infatti” rispose con un sorriso cattivo “L’anima di
Giacinta è dipartita da queste spoglie mortali. Povera, piccola, inutile
suorina. Morta e dannata. Nessuno può perdonare qualcuno che non perdona se
stesso. La sapevi questa ridicola regola, Sanguemisto?”
“Sta cercando di distrarti” la avvisò la voce secca
di Vlad “Non ti perdere, concentrati: Giacinta è dipartita e ha lasciato il
suo corpo mortale nelle mani di Ellena. Com’è successo?”
“L’angoscia” si rispose Eva frettolosamente “Era
disperata. Ha perso la fede, la speranza… le si è spezzata l’anima.”
“Esatto. E come ha fatto a morire di angoscia?”
“E’ stata Ellena… Ellena ha scatenato contro Giacinta il
suo potere e l’ha uccisa.”
“Ma se non è qui, come ha fatto a scatenare il suo
potere?”
“Il terremoto? Una copertura, pura e semplice…”
La risposta cadde su Eva come un macigno, folgorante come
una stella: la sua mano vacillò mentre una voce disperata le spaccava in due la
testa.
“E’ qui! Ellena è qui!”
* * *
Eva non perse tempo a guardarsi intorno: prima ancora di
mettere in moto il cervello, sparò tutto il caricatore della Five-seveN. Raf
gridò di sorpresa mentre la faccia di Giacinta spariva rapidamente in uno
spettacolare spruzzo rosso e grigio. L’Arcangelo cadde a terra riparandosi il
viso con una mano e rimanendo comunque imbrattato di sangue e brandelli di
tessuto; il corpo di Giacinta continuò a sussultare mentre la camicia da notte
si apriva di fiori rossi e crateri bruni dovunque. Alla fine, il corpo inerte
cadde a terra come un sacco di patate con un disgustoso rumore flaccido e
umido. Nell’improvviso e fumoso silenzio, Raf, bocca spalancata e occhi vitrei,
girò lentamente la testa sul collo guardando prima il mucchietto informe delle
membra di Giacinta e poi Eva.
“Cosa hai fatto?” gracidò sinceramente sconvolto.
Eva stava già ricaricando febbrilmente la sua arma e faceva
saettare lo sguardo tutto introno.
“Vieni dietro di me!” ordinò puntando di nuovo l’arma carica
a braccia tese “Ellena è qui!”
“Come…?” mormorò Raf, ma le sue gambe, ubbidienti, si misero
in moto e un po’ carponi un po’ inciampando, si avvicinò a Eva.
“Dobbiamo andarcene!” ruggì Eva annusando il pericolo
nell’aria come se si fosse sprigionato un forte odore improvviso.
Cercò di sollevare Raf che era ancora carponi, rimanendo
contemporaneamente con l’arma puntata.
“Eva” balbettò Raf aggrappandosi a lei, gli occhi turchini
spalancati “Cosa sta succedendo? Perché?”
Era impotente e sconvolto; povero Arcangelo innocente, pensò
Eva con una stretta al cuore: per colpa sua le ali di Raf erano sporche di
dolore e paura… qualsiasi cosa fosse successa, non si sarebbe mai perdonata di
esserne stata la causa.
“Raf è qui solo perché ti ama” spiegò sussiegosa la
voce di Vlad nella sua testa “Con questo rimorso dovrai proprio fare i conti
prima o poi, scimmietta mia.”
Non adesso però, anche se in fondo in fondo Eva sapeva che
era troppo tardi per il rimpianto. Anzi, per qualsiasi cosa. Come richiamato da
quel senso di ineluttabilità, un rumore strisciante arrivò da dietro l’altare,
in crescendo come se si stesse avvicinando: era scricchiolante e insieme
paludoso, terribilmente agghiacciante nella sua impossibilità di essere
catalogato.
“Cos’è?” mormorò Raf con voce acuta e terrorizzata.
“Ellena.” pensò Eva e il pensiero fu seguito da una
stilettata fulminante di dolore e angoscia, così potente che le tolse il fiato.
Gridò cadendo sulle ginocchia, di fianco a Raf.
“Bene bene” gorgogliò una vocetta simpatica che non
proveniva da nessun posto e da tutti i posti: fece una risatina, seguita da
quel nuovo rumore terrificante sempre più vicino, accompagnato da sofferenza
sempre più cupa e opprimente “Bene bene.”
“Eva!” gridò la voce torturata di Raf, ma Eva non poteva aiutarlo:
le ossa le divennero deboli come gelatina, la Five-seveN tra le mani pesante come un macigno e la testa… la testa le scoppiò in una
disperazione mai sentita prima, senza confini, senza inizio né fine. Immensa e
dilagante, spazzò via tutti i suoi pensieri lasciando solo un lungo ululato
primordiale di dolore che le uscì dalla gola in un tremulo sfiato.
“Bene bene.” ripeté la vocetta simpatica ed Ellena uscì
dall’ombra.
Era piccola e spaventosa: era un insieme storto di
ramoscelli secchi, era pelle putrescente e cascante attaccata a ossicini bruni,
era occhi enormi da rana, era denti fitti e appuntiti come il guscio di una
castagna.
Era tormento e tristezza allo stato puro, era desiderio
unico ed elementare di morire.
Eva cadde carponi, trascinando Raf con sé mentre la pistola
le scivolava dalle dita cadendo sul pavimento con un secco rumore di protesta.
Ellena, quella terribile e agghiacciante forma mortale di Ellena, si avvicinò
portando con sé quel rumore raccapricciante, quel senso impossibile di tormento
e male dell’anima. Quando fu vicina, posò i suoi gelatinosi e malvagi bulbi
oculari su Eva che dovette mordersi la lingua per non urlare.
“Te ne do atto, sei tosta” gorgogliò Ellena con sincera
ammirazione nella vocetta simpatica “Fastidiosa e inutilmente sagace… ma
diamine, finalmente una puttana con le palle!”
“Basta” mormorò Eva squassata da tremori incontrollabili
“Fai… smettere…”
“Oh, non ancora” chiocciò Ellena “Abbiamo ancora un po’ di
tempo e visto che ti sei dimostrata tutto sommato un degno avversario, mi va di
strapazzarti un po’. Tu e il pennuto. E’ meglio se vi metto fuori combattimento
per un po’.”
Non voleva ascoltare Ellena: l’unica cosa che Eva voleva era
morire. Quella sofferenza era insopportabile, accecante, totale.
“Perché Silvia?” sentì la propria voce domandare, pescando
chissà dove l’argomento… forse nell’inesauribile serbatoio della speranza. O
forse perché era l’unica cosa che ancora non si spiegava, e quindi….
“… quindi l’unica cosa che potesse ancora essere una minaccia
per Ellena.”
Infatti il Demone pressò le labbra infastidito e il dolore
accecante scemò in qualcosa di meno terribile.
“Non so di cosa stai parlando.”
Eva arrischiò l’apertura di una fessura tra le palpebre:
Ellena era furiosa, arrabbiata… e anche qualcos’altro, dietro la patina
orribile delle sue spoglie putrescenti.
“Ellena ha ancora paura!”
“Sì che lo sai” mormorò Eva: battere, battere il ferro
finché è caldo “Silvia Nirani.”
Ellena agitò una mano brevemente e il dolore tornò,
accecante e fulgido come una stella. Di nuovo Eva volle solo morire, dileguarsi
da quelle spoglie mortali che dolevano tanto. Poi sentì le deboli urla di Raf
che si aggrappava a lei.
“Raf, oh, Raf…”
Non poteva lasciarlo solo. Lui era lì per lei. Lui l’amava.
“Eva, oh, Eva…”
“Cosa volevi da lei?” gracidò contratta dal dolore “Perché
la volevi morta?”
“E tu perché fai domande a pera?” abbaiò Ellena con voce
acuta.
“Ha paura! Battere, battere il ferro finché è caldo!!”
“Avanti… Ellena che… che ti costa?”
“Niente!” strillò Ellena allentando nuovamente la presa
“Cosa vuoi che me ne importi di una piccola, stupida Sanguemisto terrestre?
Oh!”
L’ultimo verso era pura esultanza mista a sollievo.
Sollievo. Perché?
“Perché ha paura? Di chi… di cosa?”
“Eccolo qui!” esultò Ellena “Che ti avevo detto, puttana?”
Le domande, le risposte, il dolore, la pena… tutto scivolò
via quando Eva capì il perché dell’esultanza di Ellena.
“Vlad.”
* * *
Un pensiero di puro sgomento. Una puntura dolorosa di
rimpianto nel suo cuore strapazzato. Il respiro si strizzò di nuovo in una
morsa di angoscia quando vide un’ombra avvicinarsi.
Era Gino. Aveva Vlad caricato sulla spalla.
“Vlad verrà qui perché semplicemente ti ama.”
“No, Vlad no!”
E invece era lì. Abbandonato sulla spalla di Gino, i bei
capelli rossi che gli coprivano il viso, l’armonioso corpo snello fiaccato e
sfinito. Lorella, al suo fianco, gli teneva al mano, come una bambina
giudiziosa e spaventata. Quando Ellena si voltò, i due Umani fecero un urlo
strozzato e crollarono a terra con un tonfo morbido, portando il corpo inerte
di Vlad con loro. Il dorso della mano di Vlad urtò il pavimento con un rumore
garbato, umano. Eva fissò quelle dita eleganti col cuore duro e freddo come
pietra.
“Fa che non sia morto” pensò con una intensità che
non avrebbe mai creduto di possedere “Dio mio, ti prego, ti scongiuro!”
Le dita di Vlad si contrassero; la sua testa si girò lenta e
finalmente Eva incontrò i suoi occhi di topazio. Erano annebbiati dalla
sofferenza, opachi dal dolore… ma erano gli arroganti, indimenticabili,
meravigliosi occhi di Vlad. Suo malgrado, nonostante tutto e tutti, il cuore
di Eva si scrollò di dosso tutto il dolore, la falsità, i dubbi, le bugie, e
rimase nudo e indifeso davanti a quegli occhi, vivo e pulsante di una sola,
elementare verità.
“Vlad.” mormorò pianissimo e gli angoli della bocca di Vlad
tremarono, perché era come se avesse detto molte più cose… tutte le cose che
voleva dirgli.
“Ehi, scimmietta.” sfiatò quindi il Demone con un filo di
voce.
Gli occhi di Eva si riempirono di lacrime. Vlad era lì. Per
lei. Con lei.
“Perché semplicemente ti ama.”
Vlad, oh Vlad…
Il suo viso si accartocciò in una smorfia e due lacrime
spuntarono dagli occhi, rotonde e grevi come pioggia. Vlad sbatté le ciglia e
qualcosa trapelò dietro la sofferenza e il dolore. Un barlume del vecchio Vlad,
un alito di essenza demoniaca arrogante e presuntuosa.
“Scimmietta, che fai! Piangi per me?”
Poi le lunghe ciglia tremarono e si chiusero lente sulle
iridi giallastre che si spegnevano piano piano.
Eva trattenne il fiato mentre qualcosa affiorava dentro e
fuori di lei: qualcosa che era acciaio puro, immacolato, adamantino.
“NO!”
Carponi, fregandosene altamente di Ellena che ridacchiava
scricchiolando come un albero accartocciato e trainandosi dietro un Raf più o
meno catatonico, Eva si trascinò verso il Demone con lenta determinazione.
“Che scena!” strillò Ellena esilarata “La Sanguemisto e il Demone! Che fai, puttana, vuoi stringergli la mano per l’ultima volta prima
che schiatti? Scordatelo!”
Un lampo di dolore la centrò sulla schiena costringendola a
inarcarsi fin quasi al limite, fin quasi a spezzarsi. Gridò o forse non disse
nulla, quasi dissolta nel tormentoso dolore che la sfiniva… Anche Raf gridò di
dolore puro, ancestrale.
“Oh, Raf, amore mio! Sapessi come mi dispiace di averti
trascinato qui… sapessi quanto vorrei non amarti…”
“Eva, Eva…” le avrebbe risposto lui sorridendo, se
solo avesse potuto. Ma non poteva. Stava soffrendo indescrivibilmente.
“Eva!”
Voleva solo morire. E ormai Ellena l’avrebbe anche accontentata.
In fondo, non aveva più nessuna ragione di mantenerla in vita.
“Uccidimi!” gridò con quanto fiato aveva in gola: risultò
essere appena un alito da neonato.
“No” rispose Ellena sottovoce, dopo aver meditato lungamente
“Tu mi servi viva.”
Eva gridò ancora, ma una rotellina impazzita girava ancora
freneticamente, chiudendola in un bozzolo di misericordiosa indifferenza.
“Cosa…?”
“Ellena non vuole ucciderti.”
“Cosa…?”
“Eva, Ellena ha paura di te!”
“Perché? Di cosa?”
“Ragiona, ragiona, ragiona…”
“Eccovi qui ai miei piedi.”
Ellena era sopra di lei: la intuì perché non poteva vederla.
Gli occhi le si erano riempiti di sangue.
“Ellena è la figlia di Lucifero! Siamo nelle sue mani!”
“Non voleva parlare di Silvia!”
“Di cosa può avere paura? Non c’è niente più forte di
lei!”
“Cosa vuoi che me ne importi di una piccola, stupida
Sanguemisto…”
“Non c’è niente più forte di lei!”
“Anche tu sei un Sanguemisto.”
“Non c’è niente…”
E invece c’era.
NOTE DELL’AUTRICE:
Krisma: E come avrei fatto io senza il tuo commentuccio
settimanale? Mi saresti così mancataaaaaa… meno male che sei tornata in tempo
dalle ferie, ora sì che sono felicceeeee! Anche un po’ fatta, devo dire il
vero, questo caldo mi droga pesantemente, bo. Mando un vagone di abbracci anche
a te, mio fiore di loto, un po’ triste perché ormai siamo alla fine… sob!
White Shadow: I love you too, honey! Così
tanto che Vlad mi sa che te lo mando per una sessione estiva… ormai non lo
sopporto più, tutte a dire quanto è diventato puccioso… me lo state snaturando,
jente!! Vlad è kattivo, lo capite o no?!?!? Sperando di aver fugato tutti i
dubbi sulla storia… aspettando tuoi augusti commenti, joia… ti mando un mondo
di baci! Ciao!!!
Nikoletta89: Quante domande, dolcezza!!! Rispsoto a tutte
con questo capitolo o ti è rimasto qualche dubbio? Se solo Vlad sapesse in
quante di voi hanno detto che è tenero… emetterebbe zolfo dal naso!!!
MarzyPappy: Sai che la camomilla corretta è un’idea niente
male? Dirmela prima mai, eh?!?!? Vabbè, segno nel taccuino e magari lo uso alla
prossima. Per quanto riguarda le tue ferie… cioè, ti rocirdo che abiti in un
posto che non fa proprio schifo schifo: lamentati e ti mando Suor Bianca a
sassarti per una settimana! Un bacione anche a te, mia adorata
Chamelion: Mia adorata!!!! Non so perché ma sullo Zippo di
Vlad non ci avevo proprio pensato che poteva essere un’americamata. In realtà
Vlad all’inizio fumava come un turco, ma poi la mia beta mi ha convinta a
togliere le sigarette dalla storia, ci incartavamo sempre su come e dove si
dovevano spegnere… Lo senti che siamo alla fine…? Spero che sia d’effetto come
l’ho “sentito” io mentre lo scrivevo. Sappimi dire, mi fido di te!! Bacioni
Lauraroberta87: Buondì a voi, bionda e alata signorina, come
sta di grazia il vostro augusto fratello Raf? Eva che prende Giacy a
tacchettate sulle gengive, umf…. Sai che mi piace? Che peccato che la storia è
già scritta: alla prossima ti prendo come consulente di combattimento a caldo,
voglio vedere cosa mi tiri fuori… un beso, e in culo alla balena con i prof!!
A l'alta fantasia qui mancò possa;
ma già volgeva il mio disio e 'l velle,
sì come rota ch'igualmente è mossa,
l'amor che move il sole e l'altre stelle.
Dante Alighieri, La Divina Commedia, Paradiso, Canto XXXIII
Nonostante il male dappertutto,
nonostante ogni cellula del suo corpo fosse impegnata a gridare di dolore, Eva
aveva capito e ogni cosa andò al suo posto: il perché di tutto svelò il suo
senso, finalmente chiaro e tutto sommato persino scontato. La morte di Alfredo,
Cornelia, Giacinta… perché avevano cercato lei… Eva, Raf e Vlad. Così a portata
di mano, sempre visibile, sempre sottovalutato e ignorato…
“Qualcuno sta cercando un
Sanguemisto, giù all’Inferno.” ricordò Eva con la voce di Raf.
“Ecco perché hai cercato Silvia.”
sfiatò Eva alla polvere.
Col senno di poi, quanto era
banale… la solita vecchia storia. Che cosa voleva un Demone? Il potere,
naturalmente. E che cosa poteva mai volere Ellena, la figlia di Lucifero, il
Demone tra i Demoni, se non un potere grande… più grande di qualsiasi altro
potere esistente?
“E cos’era questo se non il
Triumviro?”
“Il Triumviro.” bisbigliò a fior
di labbra, così piano che si sarebbe perso nel caos che li circondava.
Ma Ellena sentì: con un verso
disarticolato, un misto di rancore e paura, le rovesciò addosso ancora il suo
potere ed Eva gridò. Si perse, per un attimo, staccandosi dal suo stesso corpo:
precipitò all’indietro verso una specie di ovattato grembo materno fatto di
vigile incoscienza, un lungo tunnel della rimembranza sulle cui pareti vide
scorrere a ritroso la propria vita, gli orrori dei Demoni, la luce dei cori
angelici, la propria dolorosa giovinezza… la solitudine… Lorella, Gino… Sandra,
Paolo… Raf e Vlad… lei stessa bambina che…
* * *
… si pulisce il naso sulla manica
del maglione già lercio e immediatamente una mano compare dal nulla e le dà una
pacca sul braccio.
“Si usa il fazzoletto”
sussurra una voce gentile ma sofferente, come se fosse al limite della pazienza
“Quante volte te l’ho detto, Eva? Non la manica. Il fazzoletto.”
“Capito.” dice Eva, ma sta
mentendo.
A dire il vero non gliene
importa un fico di quello che dice Sandra. Sandra è pallosa. Sandra pensa
sempre e solo a tener pulita la camicia e a non far cadere le calze. In quel
momento sono ben altre le priorità di Eva: è una ragazzina irrequieta, curiosa
e un po’ selvatica che se ne frega altamente del maglione coi buchi e della
calze cascanti. E’ conturbante e bella in modo imbarazzante, la piccola
Sanguemisto, e ha imparato che la sua bellezza è un’arma potente: la usa,
sforzandosi di avere Presenza, come le ha insegnato zio Vlad.
“Guardami”, ordina con il
pensiero rizzando impercettibilmente la schiena e il mento “Guardami, zio Raf.”
Raf, in piedi davanti a lei,
sta parlando animatamente con Vlad e qualcun altro che Eva non sa chi sia.
Indossa una camicia bianca e i suoi capelli sono di un biondo platino che
risplende alla luce come se fosse filamento di stella. Come attirato dal muto
richiamo di Eva, l’Arcangelo si gira a guardarla coi suoi occhi buoni e le
sorride distrattamente. Eva ricambia raggiante, ma poi anche zio Vlad si gira a
guardarla e i suoi occhi gialli e severi la rimettono subito a posto.
“A cuccia, scimmietta.”
Eva sbuffa e fa una silenziosa
linguaccia alle spalle del Demone. Ha solo dodici anni, ma ha già deciso che un
giorno sposerà zio Raf e ucciderà zio Vlad. Forse prima lo bacerà, medita
dubbiosa mentre il suo sguardo acerbo fissa la snella e armoniosa schiena di
Vlad, cercando di capire quale dei due sentimenti prevale nei suoi confronti:
avversione o “ehm”?
Fino a poco tempo prima era
solo avversione. Ultimamente però Eva è piena di “ehm”. Ha vagamente intuito
che è proprio di quello che stanno parlando zio Raf e zio Vlad.
“La bambina sta crescendo” sta
dicendo infatti il tizio nuovo con voce greve “E la sua parte demoniaca è molto
forte. Sandra e Paolo mi dicono che ha crisi in continuazione…”
“E’ in piena età della
contaminazione” ribatte Vlad accomodante “E certi istinti sarebbero tipici
anche in una normalissima dodicenne Umana.”
“Non tutti” precisa Raf con la
sua voce come musica “Se non ci fossi tu la parte demoniaca di Eva sarebbe
molto meno invadente.”
“E se non ci fossi tu, Bambi,
Eva avrebbe smesso di soffrire, perché sarebbe già dove dovrebbe stare.”
“All’Inferno con voi? Ma fammi
il piacere.”
“Tutori” li interrompe il
tizio nuovo con voce pacata ma decisamente impaziente “Non siamo qui per
ascoltare le vostre eterne lamentele. Siamo qui perché dobbiamo prendere una
decisione fondamentale, importantissima, addirittura storica.”
Raf china il capo con
condiscendenza, Vlad sbuffa. Il tizio nuovo si schiarisce la voce e prosegue.
“Il Comitato di Sorveglianza
ha studiato attentamente il vostro caso e dopo anni di valutazioni siamo giunti
alla conclusione che questo esperimento sta diventando molto pericoloso. Troppo
pericoloso.”
“Ma ognuno di noi ha sempre un
terzo…”
“Zitto, Vlad: non sei nella
posizione per poter argomentare. Semplicemente, l’Equilibrio tra voi è troppo
precario. Voi due siete stati scelti perché le vostre forze sono paragonabili e
opposte in modo tale che si elidano quasi perfettamente. Ma la Sanguemisto no. E’ troppo instabile, facilmente corruttibile…”
“E’ solo una bambina” protesta
Raf debolmente “Ma il suo cuore è davvero puro.”
Il tizio nuovo osserva Raf con
qualcosa di strano negli occhi… sembra quasi compassione.
“Raf, la Sanguemisto sta crescendo” dice poi con semplicità “Tra poco sarà adulta. La sua natura
Lussuriosa sta già dando forti segnali di contaminazione…”
“Non è vero!”
“… e inoltre la ragazzina è
innamorata di te. Per il momento non ha ancora associato il sentimento con la
carne, ma quando accadrà, perché è inevitabile che accada data la sua natura…
sai cosa succederà? Cadrà l’Equilibrio. O ti amerà ancora, rimanendo tua
succube, o ti odierà, e Vlad avrà libero accesso al suo potere.”
“Andiamo, boss, questo non può
essere comunque un problema. Io e Rosaspina saremmo comunque agli opposti e due
terzi del potere non sono sufficienti a rompere l’Equilibrio.”
Il tizio nuovo improvvisamente
guarda Eva. La guarda fissamente, con chiari occhi slavati pieni di solenne
sospetto. Eva sbatte le ciglia, inconsapevole di essere così bella da spezzare
il cuore: il tizio non le piace perché la guarda come se lei fosse una minaccia
per chissà cosa e chissà chi.
“Due terzi del potere”
scandisce lentamente il tizio, quasi soprappensiero “E’ su questo che abbiamo
basato tutto. Sull’Equilibrio abbiamo costruito i nostri rapporti in questo
instabile Piano. Ma da un po’ di tempo mi tortura il pensiero che forse abbiamo
osato troppo…”
“Ancora con questa storia”
sbuffa Vlad irriverente “Insomma, decidetevi: prima create questo Triumviro
come la nuova frontiera di collaborazione tra Inferno e Paradiso in istanza su
questo Piano e poi vi cagate sotto ogni volta che se ne parla!”
Il Sommo guarda Vlad con
severa serenità.
“Vlad. So che tu non vedi
l’ora di creare caos e confusione. Ma a dire il vero dovresti essere
preoccupato anche tu. Perché potrebbe succedere anche quello che nessuno di noi
ha valutato.”
“E che cosa sarebbe?”
Il Sommo torna a guardare Eva
che ricambia imbronciata e solenne.
“I tre terzi” dice alla fine
con dolente gravità nella voce “E’ questo il disastro che tutti temiamo.”
* * *
“Eva? Eva!”
La voce di Raf.
Ansiosa, spaventata, piena di
orrore e di cuore. Una supplica allo stato puro: ti prego, resta con me…
Ed Eva, ubbidiente, rivolse
avanti i suoi occhi mentali e ripercorse il tunnel delle rimembranze a velocità
vertiginosa, ripiombando dentro il suo corpo e dentro la realtà con un tonfo
doloroso che la lasciò senza fiato, anche se ancora immobile. Per un attimo,
l’impatto con il dolore fisico che attanagliava le sue membra mortali la lasciò
senza fiato, desiderosa solo di tornare indietro e sfuggire a quel orrore. Poi
mosse un dito e Raf le prese la mano stringendola forte.
* * *
“Presto. Presto.”
Una voce nuova nella testa. “C’è
un vero e proprio convegno di presenze aliene, qui dentro” ridacchiò per un
attimo Eva, sull’orlo dell’isteria. A chi somigliava, questa? Forse un pochino
a Cornelia…
“Presto. Presto!”
“Presto cosa?”
“Ellena!”
La mano di Eva si mosse ancora,
con più decisione: si aprì e si chiuse, come a comunicare l’urgenza che
sovrastava addirittura il dolore fisico.
“Ellena” scandì lentamente Eva
con voce piana “Vuole. Vlad. Triumviro.”
* * *
Ellena voleva il Triumviro.
Intuibile, dopotutto. Addirittura
scontato. Il Potere supremo!! Per quello aveva messo in moto quel po’ po’ di
casino.
Per ottenerlo però doveva prima
distruggere il Triumviro già esistente perché uno dei limiti imposti dal
Comitato di Sorveglianza era che ne potesse esistere uno e uno solo.
Poi, doveva creare uno nuovo
Triumviro.
Distruggere Eva, Vlad e Raf.
Legare Silvia, Ellena e Giacinta.
Quello doveva essere stato il
piano originale. Ma poi Giacinta si era dimostrata inadeguata e Silvia troppo
debole, così Ellena, vedendo Eva all’opera, aveva cambiato idea: aveva deciso
che si sarebbe limitata a uccidere Vlad e a sostituirsi a lui nel Triumviro.
Semplice. Elementare, no?
Tutti quei diabolici raggiri
erano sfociati in un piano degno di Machiavelli. Eliminare Vlad senza sollevare
domande, in maniera pulita… quella sì che si era presentata come una sfida
degna dell’intelletto di Ellena! Se le cose fossero andate come dovevano,
avrebbe tolto di mezzo Vlad nel più indolore e legale dei modi. L’idea del
Processo era stata semplicemente geniale. Peccato che Eva le avesse rotto le
uova nel paniere con la sua idea di chiamare Sisar.
“E poi, chi se lo aspettava
che Raf avrebbe disobbedito al Comitato di Sorveglianza?” ammise una voce
nella testa di Eva che sembrava proprio quella di Ellena “Chi pensava
davvero alla possibilità che il tuo bel faccino facesse innamorare sia
l’Arcangelo che il Demone?”
Lei e Raf avevano soffiato Vlad
direttamente da sotto il naso di Ellena.
“Logico che si fosse incazzata
tanto.” meditò una voce come quella di Gino nella testa di Eva.
* * *
“Eri. Quasi. Riuscita” gracidò a
fatica Eva: il concetto che voleva esprimere era che Ellena era quasi riuscita
a fare fuori Vlad senza scoprirsi.
“Eri. Quasi…”
La lingua non le funzionava bene,
con la bocca piena di sangue.
Sangue. Aveva sangue dappertutto,
come se i suoi vasi sanguigni stessero pian piano cedendo alla pressione
insostenibile di quel dolore accecante. Ma doveva parlare, meditò con cocciuta
urgenza: doveva distrarre Ellena, mentre Vlad… “Mentre Vlad muore.”
“No” bisbigliò Eva a fior di
labbra “Non avrai il posto di Vlad.”
Ellena sentì. Girò la testa di
scatto e digrignò quel terribile surrogato di denti che le devastava la bocca,
un po’ strafottente e un po’ guardinga.
“Ma certo che lo avrò, bambina”
soffiò come un gatto “Io ottengo sempre quello che voglio. Ora infatti non c’è
altro da fare che aspettare che lo stronzo muoia, no?”
Si avvicinò al corpo disteso a
terra di Vlad: lo colpì con un piede e Vlad non si mosse, inerme e abbandonato
come un oggetto inanimato.
“Sei morto, bastardo?”
Una sensazione di freddo panico
serpeggiò lungo la schiena di Eva, facendola tornare del tutto in sé.
“Vlad, che diavolo fai, non
fare scherzi stupidi, Vlad, VLAD…”
* * *
Perché d’un tratto pensare al suo
nome le provocava un tale subbuglio di emozioni? Perché riusciva solo a
visualizzare, come un disco mentale difettoso, solo la testa di riccioli rossi
posata stancamente sul suo petto, insieme a quella voce, ruvida e morbida?
“Quanto vorrei poter
dormire.”
Vlad, oh, Vlad…
* * *
“E’ morto, finalmente!” esultò
Ellena trionfante: rialzò lo sguardo e incrociò lo sguardo di Eva.
Per poco non scoppiò a ridere
mentre la convinzione occupava gradatamente il posto lasciato libero dalla
paura.
Eva gemette, ottenebrata dal
dolore che si spandeva in ondate regolari, così potente da offuscare tutto… ma
non abbastanza da togliere la consapevolezza.
“Vlad!” urlò senza voce.
Ellena in un modo o nell’altro
aveva ottenuto quello che voleva. Ci aveva messo più tempo di quello che aveva
previsto e aveva dovuto rivoltare tutti i piani così ben congeniati… ma Vlad
alla fine era morto e lei avrebbe avuto il suo terzo.
* * *
Ellena rise, la testa rovesciata
all’indietro. Rise a più non posso assorbendo il male e il dolore che Eva e Raf
irradiavano, famelica come un vampiro di emozioni, esultante per la sua
imminente vittoria.
“Eva…”
La voce di Raf, rotta e delicata
come un fiore sperduto in una tempesta.
“Raf.”
Gli occhi di Eva, annebbiati e
iniettati di sangue, incontrarono quelli turchini e spalancati di Raf. Si
guardarono come attraverso una fitta cortina di nebbia, attraverso il tempo e
lo spazio.
* * *
Di nuovo fu come ripiombare
indietro nel tempo e avanti nel futuro, con l’anima e la mente che percorrevano
distanze siderali in direzioni opposte.
* * *
“Il suo inutile terzo”
borbottò affranta una voce nella testa di Eva: era ruvida e scorbutica come
quella di Gino “Ellena non avrà mai niente di più di quello. Nella sua presunzione,
non ha valutato che non avrebbe mai avuto accesso al vero potere del
Triumviro.”
“Potere? Quale Potere?”
* * *
“Corri, corri, piccola patetica
Sanguemisto! Che importanza ha, ormai? Il tuo bel stallone infernale è morto!”
* * *
“Che Potere?”
Quello che hai tu… quello che
userai per salvare tutti.”
“Cosa?”
“Vai!”
* * *
L’ultima voce era ancora di Vlad.
Dura, secca, imperativa. Eva fu
scossa da un brivido, come se l’avessero frustata.
“Andare dove?” si chiese
angosciata, la mente alla deriva: ma poi ricordò che c’era un solo posto dove
volesse stare, in quel momento e sempre.
“Andiamo. Da. Vlad.”
Raf le strinse forte la mano e
annuì.
* * *
Arrancarono, un millimetro alla
volta, gemendo senza sapere di gemere, così accartocciati da sembrare un comico
mucchietto di burattini legnosi. Ma erano vicini: Eva poteva vedere con
chiarezza il profilo di Vlad la sua mano abbandonata sul polveroso pavimento
sconnesso della chiesa.
“Presto” gracidò Eva sopra la
risata grassa di Ellena “Presto.”
* * *
“I tre terzi” sussurrò la
voce di Gino con logica sicurezza che le infuse un’assurda tranquillità “Tu
hai i tre terzi, Eva.”
“Di cosa? Di cosa?”
* * *
Eva allungò una mano. Ellena la
vide e corrugò la fronte, senza smettere di ridere. Immediatamente una
stilettata di dolore partì dalle dita protese e si irradiò in tutto il corpo,
lucente e immensa, incontenibile e straziante. Non gridò perché non ne aveva la
forza. Raf invece strillò tutto il suo dolore con la sua voce d’Angelo,
possente e disperata.
Ellena rise ancora di più.
“E’ finito!” esultò con selvaggia
esultanza “Vlad è morto e il vostro stupido Triumviro è finalmente finito!”
* * *
“Vlad non è morto!”
esclamò una nuova voce nella mente di Eva: era accorata e coraggiosa, sottile e
delicata come quella di Lorella. Vlad non poteva essere morto. L’acciaio
adamantino dentro Eva si rifiutava semplicemente di accettare quella
possibilità, perché che fosse odio o amore, che fosse bisogno o necessità o
niente di tutto quello, Eva voleva che Vlad fosse vivo. E se lei lo voleva…
“Così sarà. Perché tu hai i
tre terzi, Eva.”
“Di cosa? Di cosa?”
* * *
Eva allungò di nuovo una mano con
laboriosa lentezza: le sue dita tremavano dallo sforzo indescrivibile, le sue
vene scoppiavano in corpo come tubature difettose.
“Raf ti ama e vuole quello che
vuoi tu. Vlad ti ama e vuole quello che vuoi tu… I tre terzi, Eva, sono ciò che
vuoi tu.”
“I tre terzi allora sono… il
potere…?”
“… tu cos’è che vuoi?”
Ellena smise di ridere,
blandamente stupita dal fatto che Eva si muovesse ancora.
* * *
“Dì cosa vuoi!”
* * *
“Voglio, voglio….”
Non aveva la forza nemmeno per
pensarlo. Chiuse gli occhi e focalizzò il viso di Vlad. I suoi occhi gialli e
vividi, il suo sorriso storto. Poi si figurò Ellena sparire in una nuvola di
fumo, agonizzante e dolorante.
* * *
La mano di Eva toccò la mano di
Vlad. Immediatamente, l’altra mano di Eva venne strizzata dalla presa di Raf:
forte e improvviso, qualcosa si mosse scaturendo dalle loro mani unite.
Qualcosa che iniziò con un garbato silenzio, piccolo e definitivo come il
momento della creazione del mondo.
* * *
Ellena ruggì, rabbiosa ma ancora
inconsapevole.
“Ma allora…” disse pensando di
proseguire con svariati improperi, ma non ne ebbe il tempo.
* * *
Qualcosa di lucente e sottile
avvolse Raf, Eva e Vlad distesi sul pavimento: era come un bozzolo liquido e
perlescente. Emetteva un suono leggero, come un frusciare di foglie. Ellena,
col sorriso cattivo congelato sulle labbra frastagliate e oscene, spalancò gli
occhi e inspirò brevemente. Ignorava ancora di stare vedendo…
“… il vero Potere. Quello più
grande di tutto, più grande anche…”
… quei tre stupidi distesi sul
pavimento, quei tre patetici avanzi di fogna…
“… del Comitato di
Sorveglianza, di qualsiasi Angelo o Arcangelo…”
La luce. Che luce! Ellena alzò un
braccio per proteggersi dalla luminosità improvvisa che usciva da…
“… qualsiasi Demone… qualsiasi
male e qualsiasi bene…”
… Eva lo sentì fluire dentro di
lei, sentendosi come una brocca che viene riempita d’acqua fresca. Era freddo
ed era rovente, era leggero ed era pesante, era la luce più accecante ed era il
buio più profondo… era
“IL POTERE!!!”
… sentimento e mancanza di
sentimento, era gioia ed era apatia, era…
“POTERE!!!!”
… qualcosa di così enorme e
onnipotente che Eva non poté far altro che subirlo abbacinata, sentendolo
scorrere dentro e fuori di lei, riducendo ogni molecola, ogni atomo del suo
corpo ai minimi termini di energia e nello stesso tempo sincronizzandola in
perfetta sintonia con il resto del mondo. Era un tutt’uno con il Potere, era…
“… amore, ecco, solo amore,
perché io amo Raf e Vlad e la vita e il mondo e tutto, oh, tutto è puro amore,
solo amore…”
… nello stesso tempo anche
tenebra e nulla, un risucchio infinito e ovattato di niente…
“… oblio e fine, perché anche
questo è Potere, il potere della morte…”
… avvolse tutto con una tale
devastazione che niente fu più quello che era, semplicemente…
“…sei l’Universo intero, una
piccola particella dell’Universo e l’Universo è solo una piccola particella di
te…”
…una gioia così enorme da non
avere più voce e più sostanza, puro spirito, pura energia…
“PURO AMORE!!!”
… più forte dell’amore stesso,
più forte di tutto, così forte che per un attimo infinitesimale Eva…
“… ti senti al di sopra di
qualsiasi vetta, al di sopra del nulla e dell’infinito, per un attimo…”
… si sentì Dio.
* * *
Il Potere esplose e crepitò come
una bomba. La luce che si sprigionò era così abbagliante che tutto intorno le
cose si deformarono, disintegrandosi e sublimando come se fossero fatte d’aria.
Ellena non fece nemmeno in tempo ad aprire la bocca che la Luce la investì: non fu nemmeno ombra, semplicemente nel giro di un respiro Ellena non fu più
nulla. La Luce e il Potere si gonfiarono come una nuvola, rombando in un
delicato suono ultraterreno. La terra non tremò, ma fu peggio di un terremoto;
l’aria vibrò come se fosse un velo sul punto di spezzarsi.
* * *
“Mi preparo un tè.” decise Silvia
Nirani ben nascosta nel suo nuovo covo segreto.
Il suo animo era inquieto e
spaventato. Era così stufa di essere spaventata, pensava spesso con un filo di
autocommiserazione. Mentre apriva l’acqua del rubinetto per riempire il
bollitore pensava che sarebbe quasi stato…
Il bollitore le cadde di mano
mentre indietreggiava bruscamente, incespicando come se l’avessero spinta. Il
cuore ebbe un balzo così doloroso che sembrò incastrarsi in gola.
Per un attimo sentì come se
un’assurda catena mentale le stringesse il petto in una morsa, strizzandole
fuori il respiro.
“Eva” pensò senza nessuna
logica.
Quel piccolo nome per un tempo
infinitesimale le scatenò dentro al cuore un’esplosione di trionfo e potenza
inammissibile.
Fu solo per l’ombra di un attimo,
ma il suo cuore prese a battere forte e rapido come un tamburo mentre il
respiro si affannava a recuperare qualcosa di misteriosamente perduto.
“Eva” pensò ancora Silvia,
con la lucidità di un antico ricordo “Eva.”
E la catena invisibile che le
opprimeva il petto si spezzò.
* * *
L’Universo intero sussultò per un
breve attimo, solo un sussulto che però si propagò in lungo e in largo,
incurante di dimensioni spazio temporali, incurante di concetti come unità di
misura e limiti. Si propagò inesorabile nella sua consapevolezza di essere al
di sopra di tutto, dentro a tutto, oltre a tutto.
* * *
Il Sommo stava con la mano
premuta sulle palpebre, incurante del ronzio confuso degli Angeli del Comitato
che parlottavano tra di loro febbrilmente. Stava pensando che aveva proprio
bisogno di un piccolo soggiorno ristoratore in mezzo ai Cori Angelici quando
una stilettata improvvisa squarciò l’ovatta tranquilla in cui galleggiava il
suo spirito, rapida come un lampo, bruciante e possente come un fulmine a ciel
sereno.
“Eva” pensò quasi senza
sorpresa “Eva…”
* * *
Nessun Umano lo percepì, perché
nessun Umano era stato creato fornito di strumenti per percepire qualcosa di
così enorme e mastodontico.
* * *
Bersaba alzò di scatto gli occhi
verso il soffitto: un attimo prima era persa in golosa contemplazione della sua
collezione di pelli rare, un attimo dopo guardava su, gli occhi spalancati, la
bocca di plastica molle spalancata in un urlo muto, agghiacciante.
“Eva” pensò a sproposito.
Chi diavolo era? Quel nome non le
era nuovo. Forse un Demone o qualcuno che…
“Eva”
Fu come una trafittura di mille
punture. Bersaba gridò inarcandosi mentre un vento invisibile squassava e
riduceva in polvere la sua preziosa collezione.
* * *
Gli Ultraterreni presenti nel
Piano invece percepirono una scossa, una vertigine incandescente che durò solo
un attimo e lasciò tutti inermi e consapevoli di aver vissuto qualcosa di
irripetibile.
* * *
Amelia scattò in piedi, facendo
cadere lo specchio in cui stava rimirando la propria sublime immagine: senza
fiato, confusa e alla mercé di una forza che sembrava essere dovunque, spalancò
gli occhi verso l’alto, la mente invasa da un unico suono possente quanto
inconcepibile:
“Eva.”
* * *
I Piani di Sotto e di Sopra
subirono una vera e propria rivoluzione: l’Inferno tremò violentemente; i
Cancelli Celesti vibrarono e stridettero come lamiere contorte; i Cori Angelici
si spezzarono; i Gironi Infernali si ribaltarono. Il Comitato di Sorveglianza
schiantò nel caos, Sommi e Arcangeli inebetiti e doloranti come dopo una notte
di sbornie terrestri.
* * *
Alana aprì la bocca per
ingurgitare l’ennesimo bocconcino… in quel momento si trattava di carne cruda,
stillante sangue caldo. Appetitosa! Purtroppo era dovuta salire sul Piano
terrestre per poter assaporare una tale prelibatezza, ma d’altronde nessuno se
ne sarebbe avuto a male se un Demone Capitale avesse fatto una puntatina per un
innocente spuntino…
“Eva” pensò aprendo la
bocca.
Alana ebbe appena il tempo per
spalancare gli enormi occhi gelatinosi per la sorpresa che il suo enorme,
putrido corpo scoppiò col rumore flaccido di un frutto maturo che si schianta a
terra.
* * *
Angeli che ridevano, Demoni che
piangevano, anime che entravano e anime che uscivano.
* * *
Linus, Demetrio, Morgana… tutti
gridarono un unico nome, ignari e consapevoli di aver avuto una parte in
quell’esplosione di Potere inimmaginabile.
* * *
Durò un attimo e tutti i mondi
possibili rimasero toccati in maniera indelebile, definitiva. Un attimo dopo la
realtà di ogni singolo Piano aveva ripreso il sopravvento e le maglie del
controllo si erano di nuovo strinte nelle mani di chi di doveva vigilare.
* * *
Sisar stava piagnucolando dentro
un fazzoletto, seduto sul letto di Vlad. Stringeva al petto un cuscino che
tratteneva ancora l’odore maschio e arrogante del Demone e ogni volta che ne
assaporava l’effluvio Sisar si abbandonava a un breve scoppio di lacrime.
Che stupido che era stato a
tradire Vlad, pensava con cocente rimorso: quello stronzo figlio di puttana gli
mancava come l’aria, come se…
“Eva” lo attraversò
intensamente un pensiero, rapido e abbagliante come una cometa scesa davanti ai
suoi occhi.
Il cuore gli balzò in gola, incastrandosi
e ostruendogli il respiro “Eva.”
Non si diede nemmeno il tempo per
chiedersi cosa fosse stato: la prima cosa che riuscì a sfiatare quando ebbe
recuperato l’uso delle proprie funzioni fu: “Vlad…?”
* * *
Ma il Potere c’era stato e tutti
l’avevano toccato con mano. Tutti erano stati sfiorati da quella luce
trasversale, inaspettata. Nessuno sapeva da dove fosse venuta: non ancora, per
lo meno.
Ma nessuno, mai, l’avrebbe
dimenticata.
* * *
Lucy, seduta sul suo trono, alzò
gli occhi sul cupo velluto che limitava l’altezza del suo regno. Non c’era
rabbia né tempo in quegli occhi neri, solo un profondo, ineluttabile stupore.
“Eva…?” pensò un attimo
prima che il suo trono tremasse.
* * *
Era passata una vita. Anzi, erano
passate milioni di vite. Rapido come era arrivato, il Potere abbandonò le
figure sul pavimento della chiesa distrutta, lasciando dietro di sé una scia
crepitante di elettricità e un tiepido odore di bruciato. Dopo un tempo
indefinito, che poteva essere un secondo o parecchie ore, Eva sentì la
necessità di respirare e provò a esalare un tremulo respiro. Il petto le doleva
e bruciava come fuoco: ci fu un breve lasso di tempo in cui lottò contro la
nausea e la vertigine, poi contro il dolore allucinante che le pervase tutte le
membra; finché lentamente, misericordiosamente, il dolore scemò, rimanendo un
vago e pulsante sudario che ricopriva tutto il corpo. Solo allora tentò di
aprire una fessura d’occhi. Un mondo di nebbie grigie si presentò alle sue
pupille, vago eppure conosciuto, reale.
“Sono ancora viva” pensò
Eva, non senza una punta di genuina sorpresa.
Sbatté le ciglia e i contorni
presero definizione. Era buio, inframmezzato da fiamme libere: c’erano rumori
vaghi e lontani, attutiti dal ronzio persistente nelle orecchie che vibravano ancora
come stimolate da un concerto rock. Cautamente, Eva tentò di muovere una mano e
scoprì di averla occupata da una forma morbida e immota. Dopo un laborioso
tentativo di inclinare la testa, Eva riuscì ad abbassarla abbastanza da vedere
che era una mano.
Bianca, immobile, perfetta: la
mano di un Angelo.
“Raf.” gracidò con chissà quale
residuo di voce.
Incredibilmente, la mano d’Angelo
si mosse: tremò nella sua come le ali di una farfalla addormentata e ben presto
Eva sentì una voce dolce gemere di dolore. Raf: era ancora vivo. Dolorante e a
pezzi come lei, forse. Ma vivo.
“Dio grazie.” pensò Eva
con un tale sollievo che gli occhi le si riempirono di lacrime, annebbiandole
di nuovo la vista.
Subito dopo, lasciò ricadere la
testa in direzione opposta, ansiosa di vedere cosa c’era nell’altra sua mano.
Sbatté le ciglia più volte, ma il risultato fu sempre lo stesso: la sua mano
era vuota.
“Vlad…?” bisbigliò in un soffio.
Niente. Non un gemito, non una
bestemmia, non la sua voce strafottente che berciava “Che cazzo vuoi,
scimmietta?”
Niente. Dove prima c’era Vlad
rimaneva solo un’ombra vagamente più scura sul pavimento.
Eva rimase a guardarla immobile,
senza pensare a niente.
Con lentezza esasperante, la vita
rifluì intorno a lei: l’aria prese a circolare tra le macerie, le voci ad
alzarsi e lamentarsi, le luci a lampeggiare, la notte a premere sui fuochi
accesi. Ma i suoi occhi rimasero lì, su quell’ombra vaga, come a volerla
conservare il più a lungo possibile.
“Eva?”
La voce di Gino, intontita e
preoccupata, la raggiunse da una distanza abissale. I suoi passi si
avvicinarono, insieme a quelli leggeri e discontinui di Lorella. Le loro voci
parlarono, miste a quella musicale e tremante di Raf. Mani gentili la toccarono
e la rivoltarono delicatamente, chiamandola ancora.
“Eva! Eva!”
Solo quando il tocco leggero
delle dita di Raf le passò sulle guance realizzò che stava piangendo.
NOTE DELL’AUTRICE:
Wow, che pioggia di recensioni per questo capitolo!! Meno
male, pensavo che dei miei debosciati ultraterreni non leggesse più nessuno…
So che avete ancora un milione di domande: rimane da
pubblicare l’epilogo che ha qualche risposta, ma non tutte. Forse non vi
piaceranno nemmeno. Però, rimandate il terzo grado per la fine… quando scapperò
in Cambogia e non potrò leggere i VS legittimi insulti! XD
Ovviamente come al solito ho il cuore pieno di gratitudine,
per tutti voi in particolare:
CHAMELION, che con le sue note attente, insindacabili, mai
banali, correttissime, mi fa sempre valutare l’ipotesi di riscrivere tutto n
modo migliore… ma come disse il cuoco ormai la frittata è fatta!! Terrò buoni i
tuoi consigli per il futuro però, sappilo, perché mi sei stata davvero utile e
preziosa, nonché adorabile e corroborante nei tuoi deliri!!
LEVSKY, ritornata dalle vacanze, beata lei… spero che tu non
sia morta di autocombustione e ti prego, non morire nemmeno adesso… c’è ancora
da leggere l’epilogo. Che dirti Darling, grazie from the deepest of my soul …
in cambio, il segreto: la buona riuscita di una storia la fa il lettore, quindi
tu. Se non fossi qui a leggerla, non ci sarei nemmeno io ascriverla…
KRISMA: il mio dolce fiorellino di loto!! Dai, ti prego,
dimmi se ci avevi beccato… in fondo non era così difficile, vero? Scrivo questo
per tergiversare sul fatto che siamo alla fine e che la nostra stramba epistola
finirà… anche tu mi mancherai, fiorellino mio, molto più di quanto pensi. Sono
le vostre recensioni, in realtà, a essere una droga!!
AURORA: Hi love!!
Did you have a good trip? Warm weather in London? Lot of nice guys…? JMille
baci, e ancora di più perchè siamo alla fine e te ne voglio lasciare una scorta
fino alla prossima volta…
LAURAROBERTA87: Mia amatissima, se non ci fossi tu a coniare
tanti frizzanti aggettivi per la mia storia, chi lo farebbe? Te ne sono grata e
ti mando tatni bacetti umidi di lacrime, perché ormai siamo in fondo e tu sai
quanto divento liquida quando mi commuovo e arriva la malinconia. Uff. Tu però
mi vuoi sempre bene, vero?
WHITE SHADOW: Tesovooooo! Devi dirti una cosa che medito da
tempo, adoro i tuoi GOSH ficcati in mezzo al dialogo… mi ricordano Alan Ford e
l’infanzia passata con la maglietta della Vegé e la Girella Motta…che dirti, spero che non ci siamo troppi sorrow per il finale, anche se so di
meritarmi qualche mazzata per come ho concluso la storia… ma che dovevo fare, l’allegro
e ultraterreno triangolo felice? Dai… non era plausibile. Sappimi dire dopo l’epilogo
se mi vuoi ancora scuoiare a vivo o se posso sopravvivere!! Baci baci baci
NIKOLETTA 89: Hai avuto tutte le risposte, dolcezza…? Spero
di sì, con l’epilogo non miglioro un gran che la situazione, quindi… ciao anche
a te, alla prossima, l’ultima (sob!)
KILLER: Mia cara e dolcissima assassina, mi sei mancata
davvero tanto, ma in questi tempi estivi è normale assentarsi per attività
ludiche e vacanziere… almeno si spera siano tali!! Mi prostro a te in
ringraziamenti per i complimenti, spero che il finale non sia stato troppo “duro”
e ti aspetto il prossimo, ultimo lunedì di luce e d’ombra… che tristezza!!
MARZYPAPPY: Ma ciao mia ricciolona bella, scusa il sottotono
ma l’umore è sempre basso quando arrivo in fondo a una storia e so che per un po’
perdo il contatto con i miei amici… chiamarli lettori mi sembra limitativo,
soprattutto con personcine adorabili come te!! Appena riesco mi fiondo su face
book per vedere le prove, qui dal lavoro sai che mi bloccano tutto (bastardi…).
A presto, un abbraccione!!
WILLHOLE: Wow, gosh, ehm… l’unica cosa che riesce a
tamponare la mia logorrea a slavina è l’imbarazzo e le tue recensioni sono
davvero troppo piene di complimenti (immeritati!!) per non farmi imbarazzare. Non
che non mi faccia piacere… soprattutto quando capisco che hai colto quel sottile
filo d’Arianna lasciato in mezzo alla storia per ricondurmi indietro, a me
stessa, alla mia anima… pochissimi lo trovano, ma quando succede è
meraviglioso!! Quindi il grazie lo dico io a te: nel tuo caso sapere che leggi
le mie storie è qualcosa di più di semplice gratificazione, è magia. Sono io
che non mi stancherò mai di chiederti pareri, commenti, parole.. finché ne
avrai, sarà incantevole ascoltarti.
MARIKA: No, ti prego, non morire… non voglio uccidere
nessuno!! Soprattutto i miei adorabili lettori, così appassionati e cari, così
generosi e costanti… dove le ritrovo persone come voi?!?!? Ti adoro anche io, Darling!
PRINCESS: E meno male che sei viva!! Come si dice, ogni
tanto batti il classico colpo, così mi metto il cuore in pace e capisco che sei
ancora tra noi. Aspetto commenti su questo capitolo conclusivo… senza
linciaggio finale, grazie, che la pelle mi serve ancora… mil besos, chica querida!!
LONDONLILYT: Amore mio… tranquilla, con questo capitolo e l’epilogo
la storia finisce, abbondantemente prima della tua partenza per la Sardegna… dove sai che ti invidierò ogni secondo di permanenza!! E un passaggino a Milano,
quando lo rifai? Possiamo organizzare un miniraduno, quando sei nei paraggi, ne…
pensaci!!
ANTHY: Tesoro adorato, tempi duri per voi studenti… capisco
che sia dura, con questo caldo, arrivare in fondo agli esami, ma pensa a noi
poveri lavoratori!!!! Comunque, grazie come sempre di esserci, per me è già
tutto. Un abbraccio forte, a presto!
E io a lui: "Poeta, io ti
richeggio
per quello Dio che tu non conoscesti,
acciò ch'io fugga questo male e peggio,
che tu mi meni là dov'or dicesti,
sì ch'io veggia la porta di san Pietro
e color cui tu fai cotanto mesti".
Allor si mosse, e io li tenni dietro.
Dante Alighieri, La Divina Commedia, Inferno, Canto I
Il telefonino ronzò sommessamente, vibrando dentro la tasca
interna dell’impermeabile. Eva, che stava svogliatamente mescolando un
cappuccino dall’aria fangosa, lo ignorò bellamente, continuando a fissare truce
il cucchiaino che aveva fra le dita. Un’ombra si frappose fra lei e l’impietosa
lampada al neon del soffitto.
“E’ libero questo posto?” chiese una voce titubante.
Eva alzò gli occhi: era passato un mese dal Giorno del Triumviro
(così momentaneamente battezzato dal Comitato di Sorveglianza che, bisognava
ammetterlo, aveva una certa esperienza in altisonanti titoli biblici) e in quel
tempo il suo viso si era affilato e la sua pelle aveva preso la tesa e pallida
trama della pergamena antica. Quell’aria perennemente stanca e cupa la
rendevano se possibile ancora più bella, agli occhi degli Umani. Non poteva
sedersi sola a un tavolo senza che sciami di fastidiosi mosconi cercassero di
attaccare bottone a ogni piè sospinto.
“No” rispose seccamente al povero tizio col vassoio in mano
che sostava davanti a lei “Aspetto il mio fidanzato.”
Il tizio scivolò via mormorando qualche scusa smozzicata
mentre l’avventore alle spalle di Eva ridacchiava educatamente. Eva lo ignorò,
continuando a mescolare il suo cappuccino.
Il telefono continuava a ronzare lagnoso e il secondo tizio
che chiese se il posto era libero si permise di aggiungere:
“Dovrebbe rispondere, sa?”
Eva lo fulminò con lo sguardo prima di estrarre seccamente
il cellulare dalla tasca e portarselo all’orecchio.
“Che cazzo vuoi?” esordì con sublime arroganza.
“Anche io ti voglio tanto bene, Eva cara” cinguettò in
risposta la voce serafica di Gino “Ed è meraviglioso sentire tanto amore
trasparire dalle tue auliche parole.”
“Umpf.”
“Esatto!”
“Gino, ripeto: che cazzo vuoi?”
“Prima di tutto accertarmi che tu sia ancora viva. Non che
tu sia mai stata un fiore di compagnia ma ultimamente sei più musona e
solitaria di un lupo marsicano e ho sempre il timore che tu sparisca per
sempre, in uno dei tuoi giretti asociali. Dopodiché, volevo avvisarti che oggi
la tua presenza non è richiesta dal Comitato di Sorveglianza.”
Eva, suo malgrado, sollevò sorpresa un sopracciglio.
“Sul serio?”
“Quando mai non lo sono.”
“Devo ringraziare Raf, immagino.”
“Immagini bene. Ovviamente, l’Arcangelo ha di nuovo
supplicato e scongiurato di vederti da sola.”
Eva chiuse gli occhi e si passò una mano sulle palpebre
stanche: era più dura per lei che per Raf non vedersi se non davanti al
Comitato di Sorveglianza, ma sapeva di doverlo fare. La situazione tra loro era
rimasta troppo confusa, dopo quel maledetto giorno. Raf era stato a un pelo dal
mollare tutto quanto, Comitato e Cori Angelici in primis. Perché era stanco e
demotivato, diceva lui. Per lei, dicevano i suoi occhi. Se Eva non avesse
immediatamente iniziato quell’ostracismo passivo, probabilmente la situazione
sarebbe parecchio degenerata. Uno dei due doveva rendersi conto della
situazione e Raf era stato troppo pericolosamente vicino ad ammettere….
(“Di essersi perso per te, scimmietta?” chiocciò
allusiva la voce di Vlad nella sua testa)
… di essere troppo debole, nei suoi confronti. Anche lei
stessa era debole nei confronti di Raf, e tutta quella debolezza non giovava a
nessuno. La tentazione di aggrapparsi a lui era stata davvero forte… ma non
poteva permetterlo. Amava troppo Raf per fargli così subdolamente male. Pertanto,
preferiva evitarlo, sperando che finito il Processo e archiviato quello
stramaledetto Giorno del Triumviro, Raf tornasse per un po’ nei Cori Angelici,
dando tempo al tempo per ricucire le ferite. Tutte, di chiunque.
“Bene” sospirò quindi “E tu che gli hai detto?”
“Che stavi trasportando un carico di armi nucleari in
Cambogia e che quindi non potevi dargli udienza. Non credo che se la sia bevuta,
però. Pensavo di possedere una fantasia senza limiti, ma ormai non so più
nemmeno io che balle inventare per nascondere al biondo la tua reticenza.”
Eva si sfregò le palpebre sospirando in silenzio.
“Capirai che è la cosa migliore” pensò cercando di
convincersi “Perdonami, Raf.”
“Prendo il calzino, butto il calzino.” canticchiò
remota la voce di Vlad nel suo cervello, immediatamente zittita da quella di Eva
stessa.
“Oh, sta un po’ zitto. Raf non è mai stato un calzino. Ma
che ne puoi sapere tu? Sei un Demone, e per giunta sei morto! La mentecatta
sono io che parlo ancora con te come se fossi sempre qui a tediarmi…”
“Scusi, è occupato?” chiese l’ennesima ombra davanti al
neon.
“Sì, deve arrivare il mio psicanalista. Hai altro da
riferirmi, ingombrante palla di lardo, o posso bermi il mio cappuccino in
pace?”
“Dunque, vediamo… ha chiamato Lorella e ha detto che stasera
verrà a cena da noi.”
“Di nuovo” si lamentò Eva riaprendo gli occhi “Quella
ragazzina è peggio di una zecca!”
“Vuole solo accertarsi che tu mangi qualcosa… ultimamente ti
nutri peggio di un biafrano. La piccoletta ti è affezionata e tiene alla tua
salute molto più di te. E poi cucina decisamente meglio di entrambi.”
“Umpf.” grugnì di nuovo Eva: inutile mentire, avere Lorella
sempre tra i piedi era diventata una piacevole abitudine “E poi?”
“Scusi, è occupato?”
“Sì, deve venire il mio esorcista. Com’è che qui la gente
non si fa mai i cazzi suoi? Una non può bere uno straccio di cappuccino senza
avere un esercito di rompiballe a fracassarle i coglioni?”
“Se tu fossi un po’ meno carina, dolcezza…”
“Vaffanculo a te e a quella carina di tua nonna.”
“Che tesoro! Ti aspetto stasera a cena, micetta.”
Chiuse la comunicazione prima che Eva potesse scaricargli
addosso qualche altro centinaio di improperi. Di nuovo sola, Eva riprese a
mescolare il cappuccino, lo sguardo torvo affogato nella brodaglia marroncina.
Un’ombra le oscurò la visuale per l’ennesima volta.
“Scusi, è…”
“Sì, è occupato, cazzo!” strillò Eva alzando gli occhi
furibondi.
Per un attimo il respiro le si mozzò in gola: il tizio
davanti a lei era alto, elegante e aveva morbidi riccioli rossi che arrivavano
alle spalle. Prima ancora che potesse controllarlo, il suo cuore ebbe un balzo
nel petto così alto e doloroso che Eva ebbe timore che le scappasse via. Poi,
incrociò due sorpresi occhi verdi incastonati un una faccia anonima e
finalmente realizzò che il tizio davanti a lei era solo un Umano. Alto, magro e
coi capelli rossi, ma solo un altro tizio qualunque. Eva abbassò lo sguardo,
farfugliando qualche scusa mentre il tizio scappava via a gambe levate.
“Insomma, scimmietta” gorgogliò la voce di Vlad nella
sua testa “E’ davvero carino che tu abbia ancora le scalmane per me dopo
tutto questo tempo, ma non è ora che cominci ad adattarti all’idea che io non
ci sia più?”
Certo che era ora. Anzi, l’ora era già arrivata e passata da
un pezzo.
Il fatto era che non ci riusciva.
Non riusciva ad accettare l’idea che Vlad fosse morto più di
quanto riuscisse ad accettare l’idea di essere ancora viva. Naturalmente, il
sentire costantemente la sua voce in testa non le era affatto d’aiuto. Sempre
più spesso si sorprendeva a pensare a quando avrebbe rivisto quel suo snervante
sorrisetto storto e i suoi maliziosi occhi di topazio, senza riuscire a
inculcarsi nel cervello che non lo avrebbe rivisto più. Mai più.
“Mai più. Lo vuoi capire o no?”
No che non lo voleva capire. Quelle parole non le entravano
in testa, punto e basta.
“Inutile” sospirò la voce di Vlad “Mai più non è
un concetto che riesci ad associare a me. Vero scimmietta?”
Vero. Le poche volte che c’era andata vicino, le era mancato
il respiro.
“Scusi, è occupato?”
“Crepa.” sibilò Eva senza nemmeno alzare lo sguardo.
L’ombra scivolò via in silenzio e il vicino alle spalle di
Eva ridacchiò di nuovo esilarato.
“Che cazzo hai da ridere?” berciò Eva di pessimo umore:
pensare a Vlad le faceva sempre quell’effetto. Ecco perché era così arcigna
giorno e notte, da un mese o giù di lì.
“Mi piace il tuo stile aristocratico” rispose a sorpresa la
voce del vicino, bassa e ridanciana “Mi ricorda qualcuno che conoscevo.”
Eva rimase immobile, il cucchiaino stretto tra due dita, gli
occhi fissi sul cappuccino e il respiro fermo in gola. Non osò muovere un solo
muscolo: era così rigida e immobile che sembrava una perfetta statua di carne. Per
qualcosa come un (secolo? millennio?) minuto rimase in quella posizione: poi,
lentamente, lasciò il cucchiaino con le dita decisamente insensibili e riprese
a respirare con lentezza esasperante. Quando ebbe finalmente l’impressione di
poter controllare le proprie corde vocali, articolò qualche parola che le
sembrava sconnessa e senza senso.
“Ragazza simpatica, la tua conoscente?” chiese: la sua voce
tremava, ma solo un poco.
“Chi ti dice che fosse una ragazza?”
Eva deglutì mentre la pelle le si accapponava debolmente,
diventando sensibile come quella di un neonato.
“Beh, Vlad… dove ci sei tu è ovvio che ci sia una ragazza.”
Il vicino rise: una risata di gola, irresistibile,
inconfondibile, così cara e conosciuta che gli occhi di Eva si riempirono
immediatamente di lacrime incontenibili.
“Sante parole, scimmietta.” mormorò ammirato il vicino
quando smise di ridere.
Eva lo sentì muoversi e intuì che si era girato a guardarla:
lei non osava accennare un movimento per paura di rompere quell’improbabile
incantesimo, ma sentiva quasi fisicamente l’assurdo calore di due occhi gialli
e ammiccanti posati sulla sua nuca abbassata.
“Che ci fai su questo Piano?” domandò con quella sua nuova
vocetta tremante.
“Un giretto” rispose lui con la sua solita arroganza “Mi ero
un po’ stufato di stare nascosto.”
“Sisar?”
“E chi altri. Nessun altro mi avrebbe dato asilo, dopo
quello che era successo e con tutta la Sacra Inquisizione del Comitato di Sorveglianza infilata nel retto. Fortuna che il mio
cucciolotto ci tiene davvero alla mia compagnia. Mi sto distruggendo la bocca a
forza di fargli pompini, ma al momento è ancora mio alleato.”
Eva dovette trattenere un brivido e le costò molto più di
quanto pensasse.
“Il Comitato di Sorveglianza ti dà per morto” lo informò con
voce piana “E anche gli altri. Nessuno si spiega come abbia fatto tu a sparire
in quel modo, ma tutti pensano che tu sia dipartito per sempre e ne sono
felici.”
“Tutti, tranne me.” aggiunse col pensiero.
“Bene. Era esattamente quello che avevo programmato.”
Eva deglutì di nuovo: il desidero di girarsi a guardarlo era
diventato un bisogno fisiologico, incontrollabile.
“Come hai fatto a scappare?” chiese quindi per calmarsi.
Un leggero crepitio elettrico le fece intuire che lui si era
avvicinato e quando il suo alito le accarezzò i capelli sulla nuca sentì una
scarica di brividi lungo la schiena pari a una doccia rovente.
“Scimmietta… non penserai davvero che ti sveli tutti i miei
segreti?”
“Magari un segreto del genere potrà servirmi, quando finalmente
tornerò in servizio. Mi hanno sospesa dall’incarico di Recuperante autorizzata,
lo sapevi?”
“La versione ufficiale è che sei ancora sotto inchiesta.
Quella ufficiosa è che ti fai sbattere da Rosaspina, e questo ti rende un po’
troppo intima col Comitato di Sorveglianza per farti esercitare il tuo mestiere
liberamente.”
“Che cosa… Io non mi faccio sbattere da nessuno! E tu sei il
solito porco bugiardo!”
“Rilassati, scimmietta, lo sai quante malelingue ci siano
all’Inferno: la loro è solo invidia. Per Cenerella, ovviamente, dovresti sapere
quanto piacciano i biondini a quei pervertiti… quando si stuferanno di ricamare
sopra il vostro meraviglioso idillio, tutto tornerà come prima.”
No, non tutto, pensò Eva amaramente.
“E tu? Hai intenzione di tornare in circolazione o passerai
l’eternità a fare pompini a Sisar?”
“Per il momento è meglio se non mi esibisco troppo
all’esterno. Quindi, per favore, evita di strombazzare in giro la notizia che
mi hai visto vivo e vegeto.”
“E perché dovrei farlo? Sono stata la prima a cui hai fatto
credere di essere morto! Non una parola in un mese, non un segno mentre io… io
pensavo che…”
Un movimento impercettibile alle sue spalle ed Eva capì che
Vlad aveva sospirato sui suoi capelli.
“E’ per questo che sono qui, adesso.”
“E con questo che vorresti dire?”
“Un bel po’ di cose, se solo avessi voglia di capirle. Sei
proprio dura di comprendonio, scimmietta mia.”
La sua voce era ancora quello struggente mix di ruvidità e
tenerezza che riusciva a farla impazzire; l’effetto devastante che Vlad aveva
su di lei non era calato di una virgola, intuì Eva con fuggevole rimpianto.
“Perché quella notte sei entrato nel covo di Giacinta?” le
scappò chiesto prima di poter controllare la sua stessa bocca.
“Per beccare Ellena.” rispose lui con logica inoppugnabile.
Eva, assolutamente a sproposito, pensò bene di infuriarsi.
“E ti è sembrata una mossa intelligente?” ringhiò sottovoce
“Potevi… potevi morire!”
“Balle” rispose lui con snervante leggerezza “Sapevo che ti
sarebbe venuto in mente il Triumviro. Cosa che infatti hai usato, anche se un
filino in ritardo…”
“Ma potevo non farlo!” continuò Eva tremando di furia
repressa “Non avevamo mai parlato di poter usare il Triumviro! E se non mi
fossi ricordata? Fino all’ultimo io… io…”
La risata di Vlad, per un attimo, la scaldò come una
fiammata.
“Scimmietta” bisbigliò la sua voce maliziosa e meravigliata
“Davvero hai pensato che io fossi venuto da te senza avere un piano?”
Il silenzio furibondo di Eva fu una risposta sufficiente per
farlo di nuovo ridere sommessamente e con gusto.
“Oh, che spasso!” gorgogliò soffocando le risate “Chissà
quanti film romantici ti sei sparata in vena… io che mi immolavo per il tuo
amore!”
“Non è divertente.” sibilò Eva frustrata e umiliata: però
sentire di nuovo Vlad così indubbiamente e completamente se stesso, essenza
demoniaca e strafottenza congenita incluse, le riempiva il cuore di dolorosa
nostalgia.
“Sì che lo è” rispose perfidamente Vlad alla sua nuca
“Pensare a quanto hai sospirato sul tuo amore perduto e mai consumato...”
“Eh già. Senti che enfisema che mi è venuto a forza di
sospirare.”
“Se sono tornato è proprio per ricordarti di non desistere
che prima o poi lo faremo.”
“Cosa?”
“Scopare! Non penserai davvero di morire vergine?”
Suo malgrado Eva sussultò e arrossì come un gambero.
“Vlad, vai al diavolo!”
“Eh sì, adesso mi tocca proprio.”
Si alzò in piedi fluidamente. Nel movimento Eva intuì il suo
viso vicinissimo ai capelli e lo ascoltò inspirare delicatamente: con la coda
dell’occhio, rigida come un manico di scopa, sentì una mano furtiva carezzarle
i riccioli sulla nuca, con un movimento così rapido che poteva anche non
esserci mai stato.
“Di roba ne ho annusata parecchia in vita mia, ma i tuoi
capelli rimangono la più profumata di tutte” mormorò la voce di Vlad dritta
dietro l’orecchio, carezzevole ed eccitante come un distillato di seduzione “A
presto, scimmietta. Pensami ogni notte.”
“Crepa.” singhiozzò Eva girando il viso verso di lui.
Intuì per un attimo brevissimo il lampo giallo e felino dei
suoi occhi, il movimento arrogante della bella testa fiera, lo scintillio
irriverente del diamante incastonato sull’incisivo: poi la sua elegante figura
le voltò le spalle e si avviò verso l’uscita, indolente come quella di un
principe in esilio. Anche parecchi Umani si girarono a guardarlo, attirati
dalla sua aura seducente. Eva lo seguì con gli occhi finché non sparì
all’esterno in mezzo alla folla: il suo cuore ci mise molto più tempo a
rientrare nei ranghi e anche dopo continuò a danzare indisciplinato nel petto.
Come in trance, riprese a mescolare il cappuccino ormai imbevibile, lo sguardo
luminoso e non più cupo fisso in un punto imprecisato del tavolino.
“Scusi, è occupato?” chiese un’ombra remota lontano anni
luce.
“Sì” rispose Eva sottovoce senza nemmeno guardarla,
sorridendo radiosa suo malgrado “Che Dio mi fulmini, è proprio così.”
FINE
NOTE DELL’AUTRICE:
Pubblicazione anomala, questa di Luce Ombra… ma affetto
immutato per tutti voi che mi avete seguita, per le vostre graditissime
critiche, per i meravigliosi commenti, per l’incoraggiamento… per tutto,
insomma.
Un grazie come sempre specialissimo, condito da tutto il mio
cuore, alla insostituibile ROMINA, che ha sempre la metà di ogni merito e
nessun biasimo di quello che scrivo.