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di La_Birba
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1- parte Bulma ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 parte Vegeta ***
Capitolo 3: *** capitolo 2 parte Bulma ***
Capitolo 4: *** capitolo 2 parte Vegeta ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO 3 PARTE BULMA ***
Capitolo 6: *** Capitolo 3 parte Vegeta ***
Capitolo 7: *** capitolo 4 parte Bulma ***
Capitolo 8: *** capitolo 4 parte Vegeta ***
Capitolo 9: *** Capitolo 5 parte Bulma ***
Capitolo 10: *** Capitolo 5 parte Vegeta ***
Capitolo 11: *** Capitolo 6 parte Bulma ***
Capitolo 12: *** capitolo 6 parte Vegeta ***
Capitolo 13: *** Capitolo 7 Parte Bulma ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1- parte Bulma ***


 

Capitolo 1 - Parte Bulma




Era una calda giornata di fine estate, quel giorno era un nuovo inizio. Trunks avrebbe iniziato le elementari. Era un bambino energico e solare aspettava da molto quella giornata, voleva imparare a leggere e scrivere meglio di come gli avevo insegnato io. Cresceva davvero in fretta, mi sembrava ieri il giorno della sua nascita e invece erano già passati sei anni. Venni svegliata alle 7 del mattino da una voce già bella strillante che urlava:
“Mamma! Mamma! Oggi è il grande giorno! Svegliati! DAI!”.

Riuscii a borbottare che era ancora presto e mi rigirai dall'altra parte mettendo la testa sotto al cuscino. Non ero ancora pronta ad abbandonare il mio amato letto, la sveglia sarebbe dovuta squillare mezz'ora più tardi. Trunks suppongo mise il broncio come era solito fare e poi salì sul letto iniziando a saltellare sul materasso. Continuava ininterrottamente a gridare “Dai mamma! Dai mamma”. Capii che era davvero venuto il momento di alzarmi, sospirai;

“Ho capito, ho capito, ora mi alzo.”.

Lui con l'ultimo saltello si mise seduto a fissare me che ormai mi ero tirata su. Avevo tutti i miei capelli azzurri scompigliati e per metà davanti agli occhi. Erano lunghi fino alle spalle eppure mi davano davvero fastidio. Ogni giorno mi ripetevo che dovevo tagliarli ed ogni volta cambiavo idea. Ero riuscita a farli arrivare fino a metà schiena solo quando ero alle superiori. Quando ero più piccola mi piaceva farmi mille e più acconciature, ora tra il lavoro meccanico e il figlio a cui badare preferivo tenerli classici, anzi più corti erano e meglio sarebbe stato.

Io e Trunks andammo al piano di sotto in cucina, dove mia mamma ci aspettava con una crostata appena sfornata. Mi domandai a che ore si fosse svegliata, scrollai poi la testa, i miei genitori erano piuttosto particolari. Lei era la classica casalinga, o la trovavi in cucina oppure in giardino a badare ai fiori. Io avevo preso da mio padre, lui era quello che si potrebbe definire “uno scienziato pazzo” così pazzo che aveva inventato tutta la tecnologia delle capsule. Semplicemente aveva trovato il modo di far stare ogni singolo oggetto all'interno di una capsula di 20 grammi e grande 3 centimetri. Io ero rimasta a vivere in quella mega casa che i miei si erano potuti permettere con i soldi dell'invenzione. Già mentre frequentavo le scuole davo un grande aiuto a mio padre.

Non nego che faccia strano una madre single che vive con i genitori, ogni volta che avevo portato Trunks al parco giochi tutte le attenzioni erano state per me. Dato che nessuno sapeva nulla sul padre del bambino giravano strane voci, chi diceva fosse morto, altri che fosse un carcerato. Tutte queste storie non mi avevano mai infastidito più tanto, anzi mi facevo sorridere. Ovviamente nulla poteva essere più distante dalla realtà. La verità è che ero rimasta incinta quando andavo ancora a scuola e suo padre era semplicemente sparito.

Trunks era sempre stato un bambino curioso, mi aveva riempito di domande sul suo fantomatico “papà”, ero sempre stata vaga, non mi andava di dirgli la verità. Avevo paura si sentisse un errore.

Ogni tanto anch'io pensavo a suo padre, spesso mi chiedevo dove fosse e sopratutto con chi. Era stato il mio grande amore naufragato tristemente fin troppo velocemente per me.

Pensandoci bene la prima volta che lo vidi ero poco più di una bambina, avevo precisamente dodici anni, ero in giardino a studiare i trucchi trovati dentro una stupida rivista. Lui si era presentato con una t-shirt bianca con lo scollo a V e un paio di jeans strappati. Capelli pieni di gel, altissimi. Emanava un buon odore di dopobarba, ero come attratta da quel profumo. Quella fu la mia primissima cotta. Lo fissai mentre camminava verso la porta d'entrata. Mi guardò un attimo, aveva le iridi scurissime. Quegli occhi neri mi avevano colpito nel profondo. Non mi disse nulla, non fece nulla. Notò la mia presenza e continuò dritto davanti a sé. Lui entrò dicendo di voler parlare con mio padre, “il professor Brief” così nominato da quel estraneo. Lo avevo seguito all'interno. Ero curiosa.

Si presentò a mio padre, il mio più grande rimpianto dei tempi fu di non aver capito ne il nome e neppure il cognome. Ero nascosta dietro un angolo a spiarli, ma non riuscivo a captare nessuna parola di quella discussione. Rimasi solo li a fissare la schiena dritta e muscolosa di quel ragazzo. Ero rossa in viso e il cuore mi batteva fortissimo. Ah erano sensazioni mai provate e del tutto nuove, per questo ero così sconvolta. Ero proprio una sciocca e frivola ragazzina ai tempi. Mi ricordai che riempii di mille domande mio padre appena quel ragazzo se ne andò.

Era stato lì per un preventivo per una possibile invenzione, un oggetto che mio padre definì “Un'assoluta follia dei giovani d'oggi”. Desiderava una palestra dotata di ogni attrezzo (il che era abbastanza fattibile), con anche un'impostazione di gravità. Una camera gravitazionale, l'aveva chiamata, per mio papà non poteva esistere un simile oggetto.

Dopo qualche anno poi l'avrei inventato io contro ogni previsione.

Comunque la persona che aveva l'onore di essere la mia prima cotta sparì nel giro di un'oretta. Io ci pensai per un paio di giorni fantasticando di trovarlo in giro da qualche parte, cosa che non avvenne, e poi me ne dimenticai.

Un gridolino allegro mi risvegliò dai miei pensieri. Trunks voleva assolutamente vestirsi, era elettrizzato all'idea della scuola e del pulmino. Avrebbe potuto farsi chissà quanti amici. Lo lavai e vestii e poi andammo in giardino, percorrendo il passaggio di mattonelle rosse fino al cancello. Lo aprii ed ci trovammo direttamente sulla strada. Eravamo al centro della capitale. Il pulmino sarebbe arrivato a minuti. Il tempo era volato quella mattina, volava sempre quando ripensavo al passato. Quel piccolo trabiccolo giallo arrivò, diedi un bacio al mio bambino e lo salutai. Mi aspettava una pensante giornata di lavoro.

Appena mi sedetti sulla mia poltrona sospirai, bevvi un sorso del caffè bollente lasciato poco fa da mia madre e provai a immergermi nel lavoro. Il nostro prodotto aveva sfondato sul mercato, non c'era una persona al mondo che non avesse almeno una capsula. Chi l'auto, chi il frigo o qualunque altra cosa, fatto sta che eravamo continuamente sommersi di lavoro. Ci chiamavano da tutto il mondo. Non avevamo filiali, c'era un unico grande laboratorio all'interno della casa in cui ci potevamo entrare solo noi della famiglia. Non potevamo permetterci di avere collaboratori, spesso avevano cercato di rubare il nostro progetto. Quella mattinata fu sfiancante, bevvi l'ennesima tazza di caffè, misi la testa all'indietro chiudendo gli occhi e sospirai prendendo un attimo di tranquillità. Neanche passarono tre secondi che il telefono sulla mia scrivania squillò facendomi cadere all'indietro dalla sedia per il risalto. Era mia madre che mi informava che era arrivato qualcuno per me. Massaggiandomi il didietro salii le scale (il laboratorio era sotterraneo) ed arrivai nel mio salotto. Corsi a salvare il mio caro amico Goku dalle grinfie di mia madre. Lei aveva sempre avuto una cotta per lui, ogni volta che lo vedeva lo riempiva di domande. Goku era uno dei miei più grandi amici dai tempi delle scuole. Ci eravamo conosciuti alle elementari e non ci eravamo più separati. Lui si era fidanzato e poi sposato, un anno fa, con Chichi. Una donna la cui qualità non era di certo essere paziente o pacata, eppure Goku ci si trovava molto bene. Aveva una pazienza infinita.

Passava dalle mie parti ed aveva deciso di fare un salto a salutare. Lui era davvero la persona migliore che io conoscessi, non sapevo proprio che fine avrei mai potuto fare se lui non ci fosse stato. Grattandosi il naso come era solito fare mi disse con un sorriso tranquillo che stava per diventare papà. Fu una notizia bellissima! Ero davvero contenta per lui. Si meritava solo la più grande felicità. Sarebbe nato in primavera. Rimanemmo per svariati minuti a parlare, mi chiese consiglio. Non l'avevo mai visto così, sembrava un misto tra emozionato e insicuro.

Quando se ne andò ero ancora entusiasta per la notizia. Ripensai a quando avevo scoperto io di essere incinta, le terribili sensazioni...pianti, paura, negazione di ogni cosa. Tornai a pensare a lui, a lui che nonostante gli anni non ero riuscita a dimenticare. Ci avevo provato, ci avevo davvero provato con tutte le mie forze eppure non ce l'avevo fatta. Mi ero spesso domandata perchè non riuscivo ad essere come le altre, perchè non riuscivo ad andare oltre. Non ero mai riuscita a darmi una risposta. Sospirai e venni portata indietro di qualche anno, prima di Trunks, all'anno della mia quarta superiore.

 

Era una giornata grigia, nuvole cariche di pioggia minacciavano la Città dell'ovest. Io mi ero svegliata stranamente un paio di minuti prima della sveglia. Ero già davanti la mia specchiera intenta a truccarmi e pettinarmi. I miei lunghi capelli azzurri li avevo raccolti in una coda sulla testa con un bel fiocco rosso, e poi li avevo intrecciati. Indossai la mia perfetta uniforme. Era formata da una gonna rossa con delle strisce bianche, camicia bianca e fiocco rosso. Mi piacevo davvero, rimasi un po a guardarmi allo specchio. Mi interruppe poi mi madre che aveva preparato le brioche. Ne presi una, era davvero brava nei dolci. Presto sarebbe passato quello che era il mio ragazzo del tempo, Yamcha. Era un anno più grande di me ed era uno dei ragazzi più popolari. Eppure un anno prima aveva deciso di dichiararsi a me, senza pensarci due volte avevo accettato di essere la sua ragazza. Ebbene sì, ero piuttosto frivola e superficiale ai tempi, con il senno del poi si sa che è tutto più semplice, ma ai tempi se uno come lui ti si dichiarava solo una folle lo avrebbe rifiutato. Lo avevo conosciuto tramire Goku, che era amico di tutti. Comunque era già da un anno che ci frequentavamo ed ogni giorno mi passava a prendere per portarmi a scuola che era a cinque minuti da casa mia. Arrivò in perfetto orario, salutai i miei genitori e salì su quella semplice macchina due posti. Lo baciai e partimmo. Ammetto che parlavamo poco di tutto, non avevamo grandi interessi in comune. Probabilmente eravamo due persone superficiali che si erano scelti solo per l'aspetto fisico. Non gli do nessuna colpa, perchè ne avevo anch'io, davvero troppe. Mi ci trovavo comunque molto bene insieme, eppure l'amore era tutt'altra cosa. Era da qualche mese ormai che avevo delle incertezze sulla nostra storia, mi sentivo come vuota, era una sensazione orribile.

Lui era un caro ragazzo di origini modeste, i suoi genitori avevano un lavoro ordinario e quella macchina se l'era potuta permettere lavorando part-time ogni giorno. Lo ammiravo e per questo anch'io ero quasi intenzionata a lavorare qualche ora per potermi guadagnare i miei soldi. Dovevo ragionarci ancora un po' sopra. Parcheggiò nel cortile della scuola e ci dirigemmo mano nella mano dal mega cartellone per vedere in quali classi eravamo stati messi e chi avremmo avuto come compagno. Vi era una calca pazzesca. Mi sentii toccare la schiena ed un odore che avevo di certo già sentito mi pervase le narici. Era un profumo strano, odore di sigarette ma con un sottofondo dolce. Mi voltai per vedere da chi provenisse, c'erano solo quelli che sarebbero divenuti miei kohai, quel profumo era come sparito.

Una volta salutato Yamcha mi diressi alla mia classe, era al terzo piano, la 4E. Ero in mezzo a persone che conoscevo solo di vista. Sospirai. I banchi erano stati presi quasi tutti, scelsi il primo banco vicino la finestra. In genere ero molto socievole ma quel giorno mi sedetti e guardai le nuvole in cielo. La mia testa era altrove. Dopo poco accadde tutto come un deja-vu.

Entrò quello che sarebbe dovuto essere il nostro professore, aveva una maglia bianca con lo scollo a V e un paio di jeans strappati, capelli altissimi pieni di gel. Di nuovo quel profumo e poi quegli occhi neri. Sentii un brivido, non so perchè ma quegli occhi mi trasmettevano sensazioni tutte strane.

“Piacere di conoscervi, io sono il vostro coordinatore e professore di matematica, Sayan Vegeta”.

Io sapevo di averlo già visto, ma dove? Mi crogiolai tutta la mattina senza sentire una parola di quel che gli insegnati dissero. Rimasi a fissarlo continuamente, le linee del suo corpo, i muscoli che si vedevano sotto la maglia, il suo profilo. Non gli staccai gli occhi di dosso neppure un secondo. Cercai di recepire qualche indizio che mi portasse a ricordarmi di lui. Nulla, nella mia testa c'era il vuoto. Sul mio quaderno scrissi solo il suo nome.

Quella mattinata fu eterna, Yamcha aveva degli allenamenti di baseball quel pomeriggio e giorni prima mi aveva chiesto se andavo ad assisterlo. Avevo accettato tutta contenta, invece in quel momento me n'ero dimenticata. Me ne andai semplicemente verso casa, quando iniziai la vedere, venne giù un'acquazzone pazzesco. L'acqua gelida sulla schiena mi risvegliò da tutti i pensieri. Iniziai a correre ed arrivai a casa bagnata come un pulcino. Aspettai sulla soglia di casa mia madre con un asciugamano. Fu lì che rincontrai Vegeta Sayan intento a parlare con mio padre. Quando udii le parole “Camera gravitazionale” mi tornò tutto alla mente.





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spazio La_Birba
intanto Grazie infinite di aver letto questo capitolo,spero di riuscire ad aggiornare con regolarità ma tra lavoro e tutto non garantisco nulla. :/ chiedo venia nel caso. 
come sempre critiche, consigli sono ben accette. sono sempre pronta a migliorare e imparare.
Grazie a tutti :D ;) alla prossima

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 parte Vegeta ***


 



CAPITOLO 1 - PARTE VEGETA





Aspirai profondamente dalla sigaretta e sputai fuori il fumo. Erano le cinque di mattina e per qualche motivo a me ignoto ero già sveglio. Mi ero appena bevuto un'enorme tazza di caffè prima di accendermi la sigaretta mattutina. Avevo capito che non sarei più riuscito ad addormentarmi. Mi buttai sulla mia poltrona blu scuro a rilassarmi e ad assaporare il fumo. Sarebbe stato il primo giorno di scuola non solo per centinaia di studenti ma anche per me, professore di matematica da vari anni ormai. Avevo deciso di diventare insegnante perchè avevo un cervello brillante e dotato di ottima memoria. Ero sempre stato il classico ragazzo che stando appena poco attento a lezione, ero diventato il migliore dell'istituto. Inoltre lo stipendio era ottimo, avevo potuto togliermi vari sfizi durante quegli anni. Principalmente avevo un giardino privato dove avevo messo la mia camera gravitazionale. Quanti sacrifici fatti per potermela permettere. Me l'ero fatta costruire appositamente per me dalla Capsule Corporation. Mi era semplicemente venuto in mente di avere una palestra personale, e se avesse potuto modificare la gravità avrei avuto risultati ancora migliori dagli allenamenti. Non ero un malato di dieta e palestra, anzi mi abbuffavo ogni volta che ce n'era l'occasione. Semplicemente mi piaceva tenermi in forma con gli allenamenti. L'unica cosa che ancora non ero riuscito a permettermi era una casa tutta mia. Dovevo condividerla con Radish, un amico dei tempi del liceo. Avevamo preso strade diverse dopo le scuole, io l'università e vari concorsi, lui aveva subito cercato lavoro. Nonostante non fossi mai stato molto socievole lui mi era sempre stato vicino. Avevamo un rapporto strano, era effettivamente l'unica persona che potevo reputare mio amico. Infatti non mi turbava condividerci la casa. Non era molto grande come dimora ma andava bene per noi due. Appena entravi vi era la sala con tavolo da pranzo, a sinistra una minuscola cucina, in fondo e a sinistra le due camere con in centro un bagno esageratamente piccolo. Più di una persona insieme non ci poteva entrare. Avevamo scelto quella casa ognuno per un motivo ben diverso. Io perchè era al primo piano con giardino privato e lui perchè conveniente e vicino al cantiere dove lavorava.

Riuscii ad appisolarmi sulla mia poltrona. Sognai un paio di occhi azzurri. Non ricordo cosa accadeva, ma sapevo benissimo a chi appartenevano. Erano anni ormai che non li incrociavo più. Quand'era stata l'ultima volta? Non lo ricordavo proprio. Ogni tanto mi capitava di pensarci, avevo quasi paura nell'entrare in classe e sentirmi continuamente osservato. Sorridevo sempre a tale idea. Non era stata la classica scappatella, o un qualche sfizio. Era stata qualcosa di più, ma non ero mai riuscito a spiegare cosa. Il mio orgoglio non mi aveva mai fatto ragionare a mente lucida. La mia mente nel dormi veglia viaggiò anni addietro.

 

In una grigia giornata di settembre... Le nuvole lasciavano presagire un temporale in tempi brevi. Radish aveva fatto tardi quella sera e stava dormendo mezzo nudo sulla sua poltrona rossa. Russava terribilmente forte. Ci eravamo trasferiti da pochi giorni, qualche mobile c'era stato lasciato dalla vecchia proprietaria, come i letti. Noi ci eravamo comprati solo una poltrona ognuno del proprio colore e modello desiderata, un piccolo frigobar e un forno a microonde. Il mio armadio era ancora la mia valigia. Mi svegliai poco prima della sveglia, il mio coinquilino sembrava essere un treno in corsa. Dopo aver represso l'istinto di ucciderlo strangolandolo, mi alzai. Dovevo ancora abituarmi a quel bagno minuscolo, mi lavai e preparai per bene. Diedi colpi ovunque, appena mi muovevo toccavo qualcosa, mi stupii che il bello addormentato non sentisse tutto quel baccano.

Non trovando il mio ombrello presi quello di Radish e uscii. Andai a far colazione in un bar vicino casa. Avevo bisogno della mia dose di caffeina mattutina, se no non mi sarei mai riuscito a svegliare per bene. Quello sarebbe stato il primo giorno di insegnamento della mia carriera. I miei voti erano stati così alti che ci avevo messo ben poco a trovarmi lavoro. Ogni tanto la meritocrazia premiava davvero. Uscito dal bar mi accesi la mia prima sigaretta della giornata.

Con calma mi diressi dalla macchina e andai verso la scuola. Vi era già una calca pazzesca difronte alle porte d'entrata. Pieno di ragazzi che guardavano i cartelloni delle classi. Entrai spintonando qualcuno per poter passare e andai dal preside. Mi fece un discorso lunghissimo e noiosissimo. Dopo i soliti bla bla bla ci stringemmo la mano e mi diressi nella mia prima classe, la 4E. Appena entrai, ognuno si mise a sedere al suo posto e calò il silenzio. Mi era sempre piaciuto mettere in soggezione le altre persone. Mi sentivo superiore. Incrociai per un attimo gli occhi con una ragazza del primo banco, occhi azzurri davvero belli. I capelli erano della stessa strana tonalità, mi fissò come se mi dovesse trapassare con lo sguardo. Era strano, durò un istante brevissimo ma provai un certo senso di disagio. Mi vergogno ad ammetterlo. Distolsi poi lo sguardo altrove, arrivato dietro la cattedra feci l'appello e scoprii che la fissatrice si chiamava Bulma Brief. Era figlia di quel genio che aveva inventato le capsule. Avevo preso appuntamento per progettare la camera gravitazionale per quello stesso pomeriggio. Erano anni che avevo quel desiderio e quel folle scienziato era l'unico che poteva crearla. Anni prima ero andato a chiedere informazioni e un possibile preventivo, ma costava davvero troppo per le mie tasche. Dopo anni di studi e vari lavori avevo deciso che era giunto il momento di riprovare a farmela costruire. Avevo risparmiato un bel gruzzolo da quel giorno. La prima ora sembrò durare più di tutte le altre quella mattina. non credo di essermi mai sentito così osservato. Era diverso dallo sguardo attento degli altri ragazzi, non capivo. Anche mentre spiegavo mi sentivo sempre fissato. Non guardai più verso di lei, ma sempre dritto davanti a me. Quando suonò la campanella tirai un sospiro di sollievo. Non era ancora iniziato a piovere, mi parve strano. Avevo un'ora di vuoto ed ero andato a fumare una sigaretta sul terrazzo del tetto della scuola. Ne avevo bisogno, Brief mi aveva esaurito. Era stressante essere fissato per un'ora intera. Mi aveva anche rovinato l'umore e mi aveva provocato una terribile emicrania. Non sembrava un'ottima partenza come anno scolastico.

Il resto della mattinata passò molto velocemente. Una volta finita, presi la macchina e mi diressi alla Capsule Corporation. Venni accolto dal professore in persona, dopo le solite inutili chiacchiere discutemmo del motivo per cui ero lì. Non era un gran proprietario di casa, eravamo poco più avanti della porta a parlare. Poco dopo arrivò quella che avevo intuito essere la moglie, per portare qualcosa ad una persona alle mie spalle.

“Andiamo nello studio a parlare meglio di questa camera gravitazionale signor Sayan. Bentornata Bulma!”

Mi voltai, la signora Brief aveva portato un asciugamano alla figlia che dalle condizioni in cui era si poteva dedurre l'essere iniziato a piovere. Mi guardava con stupore, era uno sguardo diverso da quello che mi aveva riservato per tutta la mattina. Mi soffermai a guardarla anch'io, tutta bagnata, i capelli zuppi attaccati al viso tutti scompigliati, la camicia bianca appiccicata alla pelle lasciava poco spazio all'immaginazione di cosa c'era sotto, anzi si intravedeva del pizzo rosa. Mi resi conto solo dopo che stavo trovando eccitante una mia studentessa. Voltai poi lo sguardo altrove. Diedi la colpa all'astinenza. La cosa negativa dell'essere professore era proprio quella, se lei non fosse stata una mia allieva ci avrei di certo provato. Seguii poi lo scienziato in un piccolo ufficio. Mi spiegò varie cose, avrebbe dovuto progettare il marchingegno della gravità, che ancora non esisteva. Gli sarebbe servito tempo, sicuramente dei mesi, voleva un acconto e avrei poi pagato il tutto a fine lavori. Se non fosse riuscito a crearla mi avrebbe restituito l'acconto entro due anni con qualche trattenuta. Mi sembrava molto onesto, prese varie scartoffie che erano il contratto, mi disse di leggerlo bene e con attenzione e che ci saremmo visti tra una settimana. Acconsentii. Ci stringemmo le mani e mi accompagnò all'uscio. Brief si era cambiata, notai che fosse davvero un peccato. La gonna le donava molto più di quell'orribile tuta. Aveva davvero capelli lunghi e lisci. Avevo sempre preferito le ricce, eppure lei mi attirava più di quanto volessi. Lei mi fece un semplice cenno con la mano e un sorriso. Io la ignorai e andai dalla porta.

“Bulma cara, perchè non lo accompagni fino alla macchina?” parlò la signora guardandomi con gli occhi a cuoricino. Vidi Brief guardare con furia omicida la madre. Si scambiarono qualche sguardo e magicamente mi ritrovai sotto un enorme ombrello fucsia con accanto una mia studentessa che mi accompagnava alla mia macchina per non farmi bagnare. C'era qualcosa di anormale in tutto quello ma non opposi resistenza alcuna. La ragazza sembrava perplessa, se quella mattinata mi aveva fatto una bruttissima impressione, così accanto a me sembrava minuscola. Odorava di vaniglia, mi piaceva quel profumo. Anche se andava a mischiarsi con l'odore della pioggia.

“Ti ringrazio Brief. Ci vediamo domani”.

“Arrivederci”.

Salii in macchina e appena uscito dal parcheggio clienti mi accesi una sigaretta. A casa mi aspettava Radish tutto nervoso per avergli rubato l'ombrello senza neppure usarlo. Lui era uscito a fare la spesa e si era completamente inzuppato. La fantomatica spesa era formata da due panini, un pezzo di formaggio, dei biscotti e delle birre. Inarcai un sopracciglio. Sicuramente dovevamo migliorare e dovevamo trovare un equilibrio nostro. Quella sera ordinai qualcosa da asporto e Radish mi imitò. Brindammo per l'inizio di entrambi del nuovo lavoro. Dopo aver detto una stronzata dietro l'altra andammo a dormire fin troppo tardi. Prima di addormentarmi dovetti assolutamente masturbarmi, pensando a dei lunghi capelli azzurri con un fantastico pizzo rosa. Mi addormentai poco dopo l'orgasmo.




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TA TA TA TADANNNNNN
ecco il secondo capitolo....ammetto che man mano che scrivo i capitoli li sto facendo sempre più corti...mannaggia  a me! xD comunque intanto grazie  a tutti davvero per aver letto/recensito il primo capitolo e un altro grazie gigante per aver letto anche questo :D
la sto rileggendo mille e mille volte... ma se ci fossero errori vi prego di dirmelo :D grazie a tutti e alla prossima :D

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Capitolo 3
*** capitolo 2 parte Bulma ***


 

CAPITOLO 2 - PARTE BULMA





Rimasi lì per interi minuti, in giardino guardando il cancello dal quale era appena uscito il professore. Ero intontita. Non perchè avevo scoperto che lui era stato il mio sogno d'amore da bambina, ma perchè anche in quel momento mi sentivo come attratta da lui. Non ho mai creduto e mai ci crederò all'amore a prima vista, però ero un po' lasciva. Era probabilmente una semplice attrazione fisica. Era innegabile che il professore fosse un bel ragazzo. Inoltre aveva quell'aria triste e malinconica, e anche un po' cupa. Con il senno del poi pensai che ne ero così attratta perchè era stato la prima cotta ed era qualcosa di mai iniziato oppure era la classica sindrome da crocerossina. Eppure bisogna davvero motivare un sentimento o attrazione?

A quei tempi mi dicevo che erano tutti i vari ormoni. Era ovvio provare attrazione fisica per uno così, soprattutto in un periodo così instabile quale era l'adolescenza. Inoltre ero piuttosto attiva sessualmente, per quanto Yamcha fosse stato il mio primo e solo ragazzo, non mi sentivo pienamente soddisfatta. Certi argomenti non li trattavo con i miei genitori, per quanto fossi socievole e conoscessi davvero molte persone non avevo un'amica con cui confidarmi e chiedere consiglio. Goku sicuramente non sarebbe stato di aiuto. Avevo cercato davvero molto online e ad avevo trovato di tutto, non avevo mai avuto però il coraggio di toccarmi. Ogni tanto mi immaginavo da vecchia, sposata con Yamcha e ancora insoddisfatta della mia vita sessuale.

Comunque rientrai in casa, posai l'ombrello. Rubai un biscotto in cucina e mi intrufolai in ufficio di mio padre. Tra tutte le varie scartoffie li sopra c'erano le fotocopie dei documenti del professore. Non sembrava avere molti più anni di me e mi era venuta questa immensa curiosità.

Bingo! Aveva solo nove anni più di me, ne aveva 26. Una serie di bip mi fece trasalire mentre leggevo i vari progetti e documenti. Era una chiamata, Yamcha. La partita! Me n'ero completamente scordata.

“Ehi dimmi” risposi con nonchalance.

“Che fine hai fatto? Pensavo di vederti tra le tribune e invece,,”

“Scusami mi ero dimenticata che dovevo aiutare mio padre e non ho avuto il tempo di avvisarti. Se ti va ci vediamo stasera”.

Sembrò bersi quella scusa inventata sul momento. Non ero brava a dire le bugie, ma al telefono non poteva scoprirmi. Ci demmo appuntamento per dopo cena.

Passò a prendermi in perfetto orario. Andammo in un piccolo bar poco lontano, quella sera facevano musica dal vivo. Era una band di quartiere, probabilmente parenti del proprietario. Parlammo un po', mi raccontò degli allenamenti, del primo giorno di scuola, dei compagni. Mi ubriacai di parole. Non mi chiese nulla della mia giornata, pensai che fosse sicuramente meglio così, non avrei potuto raccontare poi chissà cosa. Tra i suoi tanti discorsi, i miei occhi vagarono in giro e notai un piccolo cartello con su scritto “Cercasi barista part-time”. Era a 5minuti da scuola. Quindi ci avrei messo circa una decina di minuti per arrivarci, poteva essere molto positivo lavorarci qualche sera o pomeriggio. Lo feci notare a Yamcha.

“Bulma vuoi davvero lavorare? In un bar poi? Sei colei a cui apparteranno le Capsule Corporation e vuoi davvero lavorare qui?”.

Mi guardava con faccia perplessa. Sul momento ci rimasi un po' stizzita, con il tempo avevo poi compreso che non mi stava giudicando. Era semplicemente stupore il suo. Io feci spallucce. Ci dirigemmo all'uscita e salimmo in macchina. Mi baciò con passione, posò la sua mano sulla mia coscia. Poco dopo partì per andare nel nostro solito posto isolato. Sperai di poter usare il sesso come una valvola di sfogo, volevo rilassarmi e godermi semplicemente il mio ragazzo senza pensare ad altro. Durò quello che penso furono tre minuti, probabilmente erano stati molto intensi per lui, ma erano pur sempre stati pochi minuti. Rimase poi li mezzo nudo sul sedile del guidatore ad ansimare. Io iniziai a rivestirmi, lui era spesso dolce ed io quella sera sicuramente ero stata troppo fredda. Eppure lui non era sembrato farsi domande. Mi aveva baciato, sussurrato le classiche parole dolci e una volta accompagnata a casa mi aveva abbracciato teneramente. Ci salutammo e appena arrivai in casa mi buttai sul letto. Mi sentivo in parte in colpa, perchè lui ci teneva davvero a me ed io ero distante e insoddisfatta. Mi sentivo quasi egoista, perchè mi stavo rendendo sempre più conto di ciò che davvero provavo. Non era amore, non che lo avessi mai pensato, era una storia fine a se stessa. Senza futuro.

Non era per quel professore, ma era davvero da tanto tempo che mi si era insinuato questo dubbio in testa. Più tempo passavo con lui, più me ne rendevo conto. Quando si è giovani si vogliono provare emozioni forti, lui per me non era che una brezza fresca, io volevo un tifone. Mi addormentai con mille pensieri in testa e feci un sonno senza sogni.

Mi sveglia la mattina distrutta, non mi ero riposata per nulla. Feci tutti i vari passaggi come se fossi uno zombie. Guardandomi allo specchio notai che avevo delle occhiaie che facevano paura. Sembravo malata. In macchina con Yamcha non feci altro che sbadigliare. Avrei voluto fare un ulteriore pisolino ma essendo in prima fila a scuola mai avrei potuto. Le lezioni erano tutte soporifere. Andai in infermieria con una scusa e mi addormentai. Mi svegliai alla fine della mattinata. Fu praticamente un tocca sana per me. Mi ero davvero ripresa. Al pomeriggio andai nel baretto della sera prima e mi chiese se avessi potuto andarci quella sera stessa per una prova. Accettai volentieri ed entusiasta. In genere quasi ogni cosa che volevo mi era stato regalato dai miei genitori. Volevo essere come ogni altro adolescente.



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tadannnn :D rieccomi :) non ho nulla da dire tranne che i capitoli sono sempre più corti mannaggia!!
alla prossima fanciulli ;)
grazie a tutti :D

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Capitolo 4
*** capitolo 2 parte Vegeta ***


 


Capitolo 1 Parte Vegeta





Arrivai a casa e mi sedetti sulla mia poltrona a leggere il malloppo di fogli e documenti che mi erano stati consegnati poco prima dal signor Brief. Condizioni, diritti, doveri, una miriade di stronzate assurde. Dopo un quantità di tempo che mi parve semi infinita, mi staccai da quei fogli, ero poco più di un terzo e mi massaggiai le tempie. Arrivò poi Radish bestemmiando e imprecando contro di me, era bagnato fradicio. Stava ancora piovendo a dirotto ed io gli avevo casualmente rubato l'ombrello quel giorno. Insultandomi mi tirò le scarpe zuppe davanti a me, puzzavano terribilmente. Con un piede le allontanai da sotto il mio naso. Andò in bagno spogliandosi lasciando per terra i vari indumenti completamente fradici. Mi adirai, quella convivenza sarebbe stata un inferno. Non ero la donna delle pulizie e non lo sarei mai stato, eppure mi infastidiva il suo atteggiamento, quegli indumenti puzzavano davvero troppo e non avevamo ancora una lavatrice. Mi segnai mentalmente che sarebbe stato il prossimo acquisto inevitabile. Mi alzai con poca voglia raccolsi i vestiti da terra li infilai in una borsa per poi buttarli dentro la sua camera. Ormai era sera, Radish aveva fatto la “spesa” più triste di sempre. Avevo poi deciso mentre lui era ancora sotto la doccia di ordinare da asporto.

La rabbia gli era passata, mangiammo seduti sulle nostre poltrone. L'indomani decidemmo che saremmo andati a vedere dei mobili usati per un giusto vivere. Mi raccontò la sua giornata al lavoro, era un semplice operaio. Bla bla bla, stavo sorseggiando la mia amata birra e la sua voce era un semplice sottofondo. Fumai ancora una sigaretta, l'ultima del pacchetto. Il mio coinquilino ogni tanto faceva la donnetta, brontolava che non dovevo fumare negli spazi comuni e altre stronzate sulla puzza. Non mi ricordo bene cosa disse, ma nulla di davvero importante. Mi alzai mentre stava ancora parlando e gli dissi:

“Buonanotte!”

Chiusi la porta, continuò a lamentarsi per troppo tempo, mi spogliai, misi la testa sotto al cuscino. Dopo un tempo infinitamente lungo calò il silenzio. Ripensai a tutta la giornata appena trascorsa, la fissatrice Brief, le sue forme sotto a quell'uniforme. Quell'immagine bastò a far risvegliare i miei ormoni. Non ero più un ragazzino eppure... avevo un'erezione solo a pensare a una ragazzina. Era sicuramente molto carina, per quanto fuori dai miei canoni. Mi masturbai pensando a lei, ai suoi capelli azzurri e ai suoi occhi. Mi addormentai poco dopo l'orgasmo.

Il giorno dopo era una giornata sempre nuvolosa ma non sembrava minacciasse pioggia. La mattina era sta molto tranquilla. In mia presenza nessuno tra gli studenti si provava a distrarre. Incutevo timore e rispetto con il solo sguardo. Questo rendeva tutto più facile, non dovevo riprendere nessuno e non rischiavo di innervosirmi inutilmente. Al pomeriggio io e Radish andammo, ovviamente con la mia macchina, in un mega centro commerciale. Lì c'era un negozio di mobili usati e a basso costo che poteva certamente tornarci utile. Comprammo due comò almeno entrambi avremmo potuto metterci la roba da vestire, erano uguali, color legno scuro da 4 cassetti. Prendemmo anche un tavolo con due sedie, non ne sarebbero servite di più, non avevamo intenzione di avere ospiti. Anche quelle dello stesso colore dei comò. Gli elettrodomestici preferimmo prenderli in un negozio vero e proprio, quelli usati sembravano in pessime condizioni. Un frigo, una lavatrice e un forno con fornelli potevano bastare per la sopravvivenza generale. Ci avrebbero portato tutto a casa nel giro di pochi giorni fortunatamente. Penso che in entrambi i negozi ci avessero scambiato per una coppia omosessuale. Troppi fattori potevano far pensare quella teoria. I capelli lunghi suoi, il fatto che ogni tanto mi prendesse a braccetto e mi strizzasse l'occhio. Io gli davo spesso dei scrolloni e lo spingevo via. Gli piaceva vedere le facce sconvolte dei tipi davanti a noi. La prima volta che lo aveva fatto mi ero adirato terribilmente, rischiò anche di prendersi un pugno in pieno viso. Faceva spesso quella specie di stupido gioco, gli piaceva prendere in giro me in primis per il mio esagerato imbarazzo in quei momenti, e anche i commessi. Eravamo tutti vittime di un idiota.

“Ehi Vegeta, stasera ho sentito che c'è serata al bar sotto casa, perchè non facciamo l'apericena lì?”

Alzai un sopracciglio, lo avevo già sopportato abbastanza tutto il pomeriggio, però pensai che poteva essere una buona idea mangiare fuori. Senza aprir bocca feci un sospiro e alzai le spalle, era un tacito consenso. Ci andammo a lavare e a cambiare. Potevamo pure ubriacarci tanto non dovevamo guidare. Camicia bianca, jeans e si poteva andare.

Il cibo era buono e abbondante. Inoltre c'era un tavolo poco più avanti con varie ragazze. Era un gruppetto numeroso ma c'era una che mi aveva colpito. Era da un po' che mi guardava con fare lascivo, spesso ci guardavamo e lei morsicchiava sempre la cannuccia sorridendomi. Era sfrontata. Contraccambiai un paio di sorrisi. Non era proprio niente male, lunghi e mossi capelli castani, curve al posto giusto e un vestito giallino così aderente che lasciava davvero poco all'immaginazione. Era davvero troppo facile. C'era una piccola band, effettivamente c'era spesso la musica dal vivo in quel locale. Il figlio del proprietario aveva formato un gruppo rock e il paparino usava il suo bar per farli suonare. Radish si buttò in pista, come tutti i ragazzi insieme a quella ragazza che avevo puntato. Mi avvicinai a lei, non ricordo bene cosa ci dicemmo, non era una tipa interessante o degna di nota. Era la solita gatta morta. Nulla che stuzzicasse il mio interesse mentale ma solo quello fisico. In pista si strusciò più e più volte su di me, ero eccitato e alticcio. Ci baciammo con passione, senza sentire la musica e il resto. Lei dovette andare in bagno con le amiche ed io andai al bancone.

“Ehi Vegeta, fatto colpo su una gran bella tipa! Complimenti! Ehi ragazza due cocktail”.

Mi si era avvicinato Radish e aveva messo un braccio intorno al mio collo. Quando la ragazza dietro al bancone si voltò per chiedere qualcosa strabuzzai gli occhi. Io l'avevo già vista, anzi non era una qualunque, era la Brief. Non mi ero sentito fissato molto, magari non mi aveva notato prima o vai a sapere che altro. La sentii sussurrare un “Salve”. Sembrava impacciata e in imbarazzo, un'altra ragazza le fece vedere come fare ciò che avevamo appena ordinato e lei li porse a noi.

Sorseggiai il mio drink.

“Certo che sei proprio una bella ragazza! Sei fidanzata?”.

Quasi sputai ciò che stavo bevendo, il mio amico mezzo ubriaco ci stava provando con una mia studentessa. Strabuzzai gli occhi, che diavolo stava facendo?! Lei la vidi inarcare il sopracciglio un po' come ho sempre fatto anch'io e rispose

“Sì!” secco, non ammetteva repliche. Andò poi a servire altre persone.

“ Pfiuu, che caratterino!” scoppiò poi a ridere. Lo pensai anch'io. Mi voltai e mi ritrovai la tipa di prima addosso. Mi poggiò la mano sui pantaloni senza neppure dire una parola. Mi baciò e lasciai fare.

“Ti va di uscire?” mi sussurrò all'orecchio mordendomi il lobo.

In davvero breve tempo abbandonai Radish ed uscii con lei. Una volta a casa potemmo sfamare i nostri desideri di lussuria.



****tadannn
come dicevo capitoli sempre più corti..mi scuso per possibili errori effettivamente questo capitolo l'ho  riletto solo una volta. speriamo bene XD
comunque alla prossima ;)

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Capitolo 5
*** CAPITOLO 3 PARTE BULMA ***


 




CAPITOLO 3 PARTE BULMA





Ero entusiasta ed agitata, entro poche ore avrei iniziato il mio primo lavoretto part-time. Avevo accennato qualcosa a mia madre, i miei sono sempre stati molto permissivi, potevo fare sempre tutto ciò che volevo. Sicuramente ero divenuta più viziata di molte altre ragazze eppure non andavo in giro a sfoggiare nulla, anzi! Nel tempo libero, ero solita rilassarmi nel laboratorio di mio padre, andai a dargli una mano sui piccoli lavoretti. Spesso mi elogiava dicendo che il mio aiuto era essenziale, ed effettivamente in alcuni lo era davvero stato. Il progetto della camera gravitazionale non era ancora stato iniziato, il professore doveva ancora tornare con il tutto firmato. Era davvero un progetto bizzarro. Aveva di per sé un fisico asciutto per il poco che avevo potuto notare, per mantenerlo sarebbe bastato una normale palestra ma lui voleva strafare. Era davvero un tipo strano. In genere non faticavo a inquadrare le persone, eppure lui aveva troppe sfaccettature. Sentii vibrarmi la tasca della tuta mentre stavo avvitando un bullone in una posizione inumana, ero in un equilibrio piuttosto precario su una scala. Mi chiamavano sempre nei momenti meno opportuni. Lasciai vibrare a vuoto per davvero troppo tempo. Una volta finito scesi la scaletta presi in manco il cellulare. 3 Chiamate perse, Yamcha. Sbuffai e lo chiamai. Voleva semplicemente sentirmi senza dirmi nulla di davvero importante. spesso non faceva che tirarmi battute a sfondo sessuale. Se solo avesse davvero saputo cosa pensavo sessualmente di lui. Chiacchierammo per qualche minuto del più e del meno, omettendogli ovviamente del lavoro. Anche lui intanto quella sera avrebbe lavorato quindi non avrei dovuto neppure inventarmi una qualche scusa.

Arrivai con diversi minuti di anticipo al bar, venni affiancata da una ragazza molto gentile che mi spiegò per bene tutto. Era molto disponibile e la ringraziai più volte. Mi spiegò essere la figlia del proprietario e quella sera suo fratello avrebbe suonato al bar. Erano soliti fare feste, era un locale frequentato soprattutto da ragazzi poco più grandi di me. Sembrava essere un bell'ambiente. Il bancone era a un paio di metri dall'entrata. A sinistra si estendeva una stanza con tutti i vari tavolini rotondi, sembrano esser di marmo e le sedie era abbinate. A destra c'era il palchetto. Entro breve tempo si era riempito più di quello che pensassi. Le macchine erano la mia specialità, quindi presi subito confidenza con quella del caffè e tutto il resto. Sono sempre stato una specie di genio in ogni campo. Mentre servivo prevalentemente cocktail a ultra ventenni, sempre seguita dall'altra ragazza, scorsi tra le persone una fisionomia conosciuta. Lunghi capelli neri dritti, spalle dritte e muscolose e un profilo fiero. Era incredibile! Sembrava una specie di persecuzione, me lo ritrovavo ovunque adesso?! Il professore Sayan era seduto a un tavolino, tra tutte quelle persone il mio occhio aveva riconosciuto lui. Aveva un viso più rilassato rispetto a scuola, sorrideva pure. Se già di suo non era un brutto ragazzo, in quel frangente la sua bellezza spiccava ancora di più, con un semplice sorriso! Notai che fissava spesso un punto fisso davanti a lui, scoprii poi essere una specie di ochetta vestita di giallo. Sicuramente non voleva essere appariscente! Alzai lo sguardo al cielo. Alla fine è proprio vero che tutti gli uomini sono uguali. Non riuscivo a ricordarmi quante volte avevo visto Yamcha sbavare dietro ad altre. Il professore alla fine era anch'egli un uomo. Per quanto fossi davvero occupata a servire i vari ragazzi e ragazze, il mio sguardo senza volerlo, ogni volta che alzavo la testa cercava i lineamenti di quel maledetto professore. Probabilmente era qualcosa di inconscio eppure ogni qualvolta mi giravo da qualche parte, lui era lì. Lo vidi ballare, vidi quell'altra strusciarsi su di lui, vidi ogni singolo spostamento. Lo persi di vista per un attimo e magicamente me lo ritrovai faccia a faccia. Era al bancone con un tizio che sembrava essere un suo amico, gli aveva messo un braccio intorno al collo. A quel gesto Sayan aveva alzato gli occhi al cielo. Ritrovarmelo li mi fece sentire un attimo a disagio, lo avevo visto comportarsi da idiota tutta la sera, per non so qualche motivo ero rimasta interdetta dal suo comportamento. Voglio dire quante persone nella loro vita vedono il loro prof flirtare come un ragazzino? Salutai con un “Salve” doveroso. Mi si avvicinò la mia collega che fece i cocktail ordinati da quel tipo, meno male perchè non mi ero manco resa conto avessero ordinato.

“Certo che sei proprio una bella ragazza! Sei fidanzata?”.

Quel tizio ci stava provando con me?! Era vistosamente alticcio, alzai un sopracciglio e con schifo mal celato gli risposi un “Sì” che non ammetteva repliche. Andai altrove per togliermi da quell'assurda situazione.

“ Pfiuu, che caratterino!” lo sentii ancora dire ridendo. Sospirai.

Venni poi richiamata dietro di me dall'altra ragazza, giusto in tempo per vedere la tipa in giallo che senza pudore si era messa a baciarsi il professore e a palpeggiare. In pochi secondi uscirono dal locale. Io li guardai perplessa. Poco dopo finii il mio turno, siccome ero una studentessa non volevano che andassi a casa troppo tardi. Erano stati gentili si erano complimentati con me e mi avevano detto di ritornarci per un piccolo contratto. Quella sera era fresca ma si stava davvero bene, guardai il telefono, avevo un messaggio di Yamcha di inizio serata, lo avrei visto l'indomani mattina così non gli risposti. Se mi avesse chiesto qualcosa gli avrei detto che mi ero addormentata. Semplice.

 

Il giorno dopo mi era venuta a svegliare mia madre.

“Tesoro capisco la tua voglia di indipendenza ma non strafare”

Avevo annuito ancora addormentata, mi aveva posato la colazione sul comodino e poi andando verso la porta aveva aggiunto la frase “Comunque c'è Yamcha che ti aspetta giù”. La sua calma e serenità erano davvero invidiabili.

“COSA!?” mi ero tirata giù dal letto, messa l'uniforme ad una velocità ultrasonica, afferrato la brioche al volo ed ero scesa. Lei era dalla porta con la mia borsa ad aspettarmi. La afferrai e uscii con un balzo. Per poco non persi l'equilibrio. Lui era lì ad aspettarmi, perfettamente pettinato, tutto in ordine. Io come un tornado salii in macchina.

“ È da tanto che aspetti?”

Si allungò per baciarmi e fece no con la tesa con il suo solito sorriso. Senza neppure legarmi mi misi in bocca l'ultimo pezzo di brioche, che avevo divorato mentre scendevo le scale, cercai nella borsa la mia piccola trousse. Mi feci una coda per aver un aspetto più umano. Arrivammo a scuola chiacchierando come al solito. In classe non ero ancora stata in grado ad instaurare un rapporto con nessuno. Non c'era nessuno che mi ispirasse così tanta simpatia, mi accontentavo degli amici in altre classi. Dopo le prime varie lezioni arrivò matematica. Sayan entrò sbadigliando. Le ore piccole si facevano sentire. Mi scappò un sorriso al pensiero. Ci guardammo per un attimo. Nulla di rilevante tutto sommato. Quel giorno era palesemente sottotono. La lezione era più lenta. Eppure tutti stavano attenti, sembravano tanti piccoli suricati e lui era la iena che alla prima distrazione li avrebbe sbranati. Sorrisi a tal pensiero.

La mattinata andò a gonfie vele, veloce e senza strani intoppi. Yamcha aveva allenamento così indisturbata passai al locale per le pratiche da sistemare. Dovevo andarci fissa tre sere a settimana e in più mi avrebbero chiesto loro a seconda del bisogno. Era perfetto. Tornai a casa e lì mi ritrovai in salotto il professore. Era davvero una persecuzione! Stava firmando il contratto con mio padre. Sarebbe dunque partito il progetto “Camera gravitazionale”. Salutai tutti educatamente. Salii le scale per andare in camera mia, pensai che fosse una qualche assurda punizione divina ritrovarmi Sayan sempre tra i piedi. Sbuffai e mi preparai per la serata che avrei trascorso con Yamcha.



 

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Capitolo 6
*** Capitolo 3 parte Vegeta ***





CAPITOLO 3 PARTE VEGETA

 

 

Mi svegliai sudato e accaldato. Il letto era piccolo, e avendolo condiviso con quella tipa era pure scomodo. Era ancora tarda notte, lei mi dormiva proprio addosso. Si era addormentata nuda, il suo seno abbondante mi premeva contro ad ogni respiro. Non era una sensazione spiacevole, però mi teneva fin troppo caldo. Sospirai e mi alzai. Lei, ancora addormentata, si accasciò su quello che poco fa era il mio posto, cercai per terra i miei boxer e mi alzai. Radish aveva una specie di super potere, poteva anche cadergli la casa sulla testa ma lui non si sarebbe svegliato se non con l'arrivo del sole. Russava come un treno in corsa, entrai in camera sua e rovistando trovai una coperta. Non fui per nulla delicato ma tanto era impossibile svegliarlo. Andai poi ad accomodarmi sulla mia poltrona e cercai di dormire. Non ho mai capito cose fosse peggio; se la scomodità di dormire su una maledetta poltrona o in angolo del mio letto mentre venivo usato come materasso. Era davvero una bella sfida. Riuscii ad appisolarmi e mi svegliai per la luce che c'era in quel maledetto salottino. Compresi il perchè le donne usassero le tende. Imprecai ogni singolo dio di ogni singola religione. Non solo ero più stanco di quando mi ero addormentato ma avevo un dolore unico su tutto il corpo. Andai in bagno a lavarmi, ero stravolto. Sperai di riprendermi un po'. L'acqua calda mi diede un po' di sollievo per i miei dolori. Andai in camera mia ancora nudo, guardai la ragazza che se la dormiva beata nel mio letto. Era nuda, era davvero una gran bella ragazza. Un fisico niente male, poteva essere una modella. Nonostante il trucco un po' impiastricciato aveva comunque il suo fascino.

Quella mattina partiva davvero male. Presi le prime cose dentro la valigia e andai nella stanza accanto. Mi vestii con calma, avevo bisogno di caffè e il bar sotto casa era chiuso. Presi una sigaretta, avevo necessità anche di rilassarmi. Avrei tanto voluto godermela nel silenzio più totale ma tra quell'altro che russava e macchine varie che passavano in strada mi adirai ancora di più.

Una volta finita mi stiracchiai ancora un po' sulla poltrona, poi presi i fogli del contratto della Capsule Corporation. Lessi le ultime cose, spesso con la testa ciondolante e con gli occhi che mi si chiudevano. Non ricordo bene, forse ogni tanto per alcuni minuti riuscivo ad addormentarmi per poi svegliarmi continuamente di soprassalto. Aspettai un'ora decente e poi uscii di casa.

Andai al mio bar a prendere la mia dose di caffeina. Chiamai poi il professore Brief per fissare un appuntamento quel giorno. Prima mi toglievo il pensiero e meglio sarebbe stato. La mattinata fu davvero lenta. Il caffè non era davvero servito a nulla. Quando entrai nella 4E incrociai per un attimo lo sguardo della Brief. Erano occhi indagatori sembravano dicessero “io so dov'eri ieri sera, hai fatto il figo facendo le ore piccole eh?!”. Non c'era niente di più vero, mi sembrò pure di intravedere un sorriso sul suo volto. Sospirai e iniziai con l'appello.

Non vedevo l'ora di sdraiarmi. L'ultima ora non avendo lezioni uscii e mi diressi alle Capsule Corporation. Discutei a lungo sul contratto, il professore Brief diventava veramente logorroico a volte, tanto che un paio di volte dovetti sforzarmi per tenere gli occhi aperti. Firmai una quantità indefinita di fogli. Una volta finito la signora mi invitò a bere il the. Sembrava una persona a cui era difficile dire di no. Quindi annuii, mi ubriacai di parole. Erano davvero una coppia ben assortita. Poco dopo arrivò la Brief, salutò con molta educazione e si diresse al piano superiore. Quella casa sembrava enorme, il salone era grande almeno tre volte casa mia. Maestosa era dir poco. Salutai dopo poco inventandomi qualcosa da fare e salutai i signori Brief. Appena arrivai a casa mi accasciai sul letto. Ero morto. Mi addormentai quasi subito, accompagnato da un nauseabondo profumo di vaniglia.

 

 

Mi svegliai di soprassalto dalla poltrona. Mi sembrava di aver fatto un sogno lunghissimo. Di aver sognato il passato. Era davvero una strana sensazione. Fortunatamente mi ero svegliato giusto in tempo per non far tardi al lavoro. La mattina andò perfettamente come ogni primo giorno. Presentazione, incutere timore e soggezione, ottenuta la giusta paura fare lezione tranquillo per il resto dell'anno. Appena finito tornai a casa per cambiarmi, non so perchè ma avevo voglia di correre. Avevo troppi pensieri quel giorno. Il sogno mi aveva condizionato, ma ancor prima mi ero svegliato pensando a Lei. Era davvero tanto tempo che non mi capitava. Non la vedevo più da anni. Avevo visto ogni tanto foto di lei sul giornale di qualche scoperta tecnologica. È sempre stata una studentessa brillante e non si era mai smentita. Andai al parco, lì mi fermai un attimo a riprendere fiato. Poco distante c'era un parco giochi, si sentivano da lontano gli schiamazzi dei bambini. L'ultima volta che l'avevo vista mi aveva sussurrato “Sono incinta”. Non sapevo se lo avesse tenuto, non sapevo se avessi una prole o meno. Me n'ero semplicemente andato. Non per vigliaccheria, non volevo un inutile fastidio tra i piedi. Non sono mai stato pronto per essere padre, mai ho pensato a tale evenienza. I bambini non mi erano mai piaciuti, in caso contrario avrei insegnato in una scuola per l'infanzia.

Non so per qualche assurdo scherzo del destino il mio orecchio udì un suono, una voce, una risata. Mi avvicinai, seguendo un qualche strano istinto, fu lì che la rividi. Seduta a ridere insieme ad altre mamme più vecchie di lei. La sua voce non era cambiata, i suoi occhi erano quelli di una donna. Ora portava i capelli corti, eppure aveva sempre lo stesso fascino. Rimasi lì forse un paio di secondi in più a guardarla e in un attimo lei si voltò dalla mia parte e smise di sorridere e mi guardò seria. Occhi negli occhi.





TADANNNN
ok sono piuttosto soddisfatta di questo capitolo...soprattutto del finale :) spero vi sia piaciuto anche voi ;) alla prossima fanciulli e fanciulle ;)

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Capitolo 7
*** capitolo 4 parte Bulma ***





 

CAPITOLO 4 - PARTE BULMA

 

 

I giorni a venire furono monotoni e tutti uguali. Nulla di rilevante, casa-scuola-lavoro-Yamcha. Non tutti i giorni ma in fin dei conti avevo una piccola routine. Quando non lavoravo uscivo con Yamcha e viceversa. Lui non si era accorto di nulla, effettivamente lui non si accorgeva mai di nulla. Senza volerlo spesso ero fredda con lui eppure non sembrava toccarlo più di tanto. Era tutto preso dallo sport, dagli amici e ecc. La mia routine veniva spezzata ogni tanto dal mio caro amico Goku. A volte facevamo i compiti e studiavamo insieme. Lui non era mai stato molto bravo a scuola ed io avevo sempre avuto una buona pazienza per stargli dietro. Con lui mi sentivo sicura e tranquilla. Magari a volte si stava in silenzio, ma non era mai imbarazzante. Riuscivo a calmarmi, riuscivo ad avere quella serenità che mi mancava in presenza di Yamcha. Effettivamente di certi argomenti non riuscivo a parlarne con Goku, ma era solo perchè sapevo che lui non avrebbe potuto aiutarmi. Sapevo perfettamente che c'era e che ci sarebbe stato in ogni caso per me, ma su certe cose non me la sentivo di aprirmi. Parlavamo spesso del più o del meno, ci volevamo davvero bene eravamo praticamente fratello e sorella. Trascorsi giorni e settimane tranquille, Vegeta iniziò a frequentarsi con quell'assurda ragazza o almeno pensai così. Spesso al bar li avevo visti, lei sempre avvinghiata a lui e lui sempre con le mani addosso a lei. Era irritante un comportamento simile, non potevano starsene semplicemente in camera? Mi ritrovavo spesso ad alzare gli occhi al cielo rassegnata. Non mi sarei davvero stupita se lei fosse stata una di quelle ragazze a pagamento.

“Bulma non essere così acida!” mi ritrovavo spesso a sgridarmi per la mia severità.

Il professore al di fuori del lavoro e dell'ambiente scolastico era tutt'altra persona. Era strafottente, maleducato e ogni volta che si rivolgeva a me per qualche ordinazione metteva sempre una nota di sarcasmo. Non lo potevo sopportare. Aveva il coltello dalla parte del manico sia a scuola come professore, e anche al bar come cliente. Maledizione a chi aveva inventato il motto “il cliente ha sempre ragione” mai ci fu cosa più invera.

Arrivò poi il freddo. La divisa invernale, le mani gelate, la cioccolata calda, la neve e.....il natale. In tutti quei mesi il mio grande pensiero fisso era stato trovare un modo per lasciare Yamcha. Non aveva senso continuare quella relazione per me. Gli volevo bene ma a 17anni volevo qualcosa di più. Natale è la festa da passare con gli innamorati e per quanto ci pensassi io non riuscivo a vedermi con lui come prima. Ai tempi pensavo che fosse anche per la mia cotta per Vegeta. Un bel ragazzo che è anche il tuo professore, bello, tenebroso, stronzo e dannato, suvvia qualunque ragazza ne sarebbe stata attratta. Infatti aveva un bel seguito a scuola, aveva un fan club tutto dedicato a lui. Era un uomo che attraeva anche se non lo volevi. Durante quei mesi mi ero ormai rassegnata e avevo anche ammesso a me stessa che lui non mi era così indifferente, purtroppo. Mi colpevolizzavo per essere attratta fisicamente da un soggetto simile. Eppure più penso a quel periodo e più penso che quell'innocente attrazione era solo la goccia che aveva fatto traboccare il vaso, la mia relazione era morta da tempo. Ciononostante ogni volta che avevo anche solo pensato a un discorso di rottura, Yamcha mi abbracciava, mi diceva che mi amava e cose così e i sensi di colpa mi divoravano da dentro. Il periodo che stava iniziando era dunque il peggiore per lasciarlo. Si vedevano solo coppiette in giro e solo cuori su cuori. Mi nauseavano a volte.

Durante un fine settimana in cui Yamcha era a fare qualche torneo uscii in solitaria per far compre. Nonostante tutto, mi era sempre piaciuto il periodo invernale, le vetrine addobbate, i regali, il profumo di cioccolata calda che si spande nelle vie. Da bambina adoravo la neve, riempivo il mio giardino con famiglie di pupazzi di neve dal più piccolo al più grande. Durante questo giro in centro trovai una bella sciarpa e un paio di guanti abbinati, neri. Erano perfetti. Yamcha era un tipo freddoloso che non si copriva mai abbastanza, quindi era un regalo giustissimo e anche utile. Poteva sembrare incoerenza il mio comprargli un regalo però in fondo gli volevo bene. Appena uscii dal negozio, guarda il caso, mi passò davanti quella che pensavo fosse la fidanzata del professor Sayan a braccetto con altro uomo. Rimasi stupita e la seguii con lo sguardo. “Lo dicevo che era a pagamento” fu il pensiero che mi lampò in testa. Per una qualche coincidenza andavano esattamente nella stessa direzione di casa mia. La vidi civettare e flirtare con quell'altro tipo a cui non avevo prestato attenzione. Lo teneva a braccetto, rideva e scherzava a gran voce. Nonostante le temperature sotto zero di quei giorni, lei andava lo stesso in giro con una minigonna inguinale. Mi domandai se andasse in giro così anche in casa. Quando svoltarono in una via laterale si scambiarono anche un bacio passionale con annessa pacca sul sedere. Rise civettuola. Non ho mai accettato i tradimenti e quella scena mi disgustò. Mi diressi poi velocemente a casa.

Il giorno dopo avevo lezione e ovviamente la prima ora era puntualmente matematica. Mentre Sayan spiegava io ripensavo continuamente alla scena del giorno prima. Era così fiero, eppure nonostante il suo palese ed esagerato ego, veniva tradito alle spalle come un povero idiota qualunque. Mi resi conto di guardarlo quasi con pietà. Quella sera sarei dovuta andare al bar mi chiesi se l'avrei visto con lei. La risposta non tardò ad arrivare, alle 21 precise varcò la soglia del bar, solo. Fiero con la sigaretta perennemente tra le labbra, arrivò al bancone e mi soffiò in faccia il fumo che aveva in bocca. Io tossicchiai e lo fulminai con lo sguardo. Odiavo l'odore di fumo e odiavo ancora di più che i miei vestiti puzzassero in quel modo.

“Brief, vorrei un gin-tonic. Alla veloce possibilmente”.

Sbruffone. Lo odiavo quando faceva così. Era il peggior cafone sulla faccia della terra. Spesso mi domandavo cosa mi intrigasse di lui. A volte proprio non riuscivo a spiegarmelo. Alzai un sopracciglio senza dare alcuna risposta e mi misi a preparare. Gli posai il bicchiere davanti, lo prese, bevve tutto d'un sorso e poi spense la sigaretta sul fondo del bicchiere lasciando il mozzicone dentro. Sorrise in modo sfacciato e poi muovendo solo le labbra mimò

“Un altro.” con il sorriso stampato in faccia.

Con schifo mal celato tolsi il bicchiere e lo misi nel lavello, ne preparai un altro. Bevve anche questo tutto d'un sorso. Lo posò rumorosamente sul bancone insieme a dei soldi e si alzò per andare a sedersi su un divanetto. Non si avvicinò più a me ed io ne fui sollevata. Mi piaceva a volte guardarlo da distante. Il suo profilo ormai lo conoscevo a memoria. Gli zigomi spigolosi, un piccolo neo quasi invisibile in mezzo alla guancia destra, il pomo d'Adamo ben in vista. Mi ritrovavo spesso a guardarlo anche controvoglia o sovrappensiero.

La serata per me era ormai giunta al termine, appena uscita sentii un profumo davvero famigliare. Era un miscuglio tra alcool, fumo e dopobarba. Mi voltai già sapendo chi avrei visto. Sayan era lì fuori che fumava probabilmente l'ennesima sigaretta della giornata. Ci guardammo per un attimo negli occhi poi mi voltai dall'altra parte.

“Arrivederci”

“Vai già a casa Brief?” lo sentii ridacchiare alle mie spalle. Era sicuramente alticcio. Mi voltai per guardarlo. Mi stava fissando, poi espirò il fumo dalla bocca. Mi sentii nuda davanti a quegli occhi neri. Si alzò un lieve vento gelido che mi fece avere un brivido. Lui fece qualche passo nella mia direzione.

“Non sei di certo il mio tipo, eppure se volessi...” lasciò la frase sospesa, mi posò una due dita sulla guancia come se fosse una carezza e sorrise malizioso. Inarcai un sopracciglio, feci un passo indietro e mi voltai stizzita senza dargli risposta e poi alzai gli occhi al cielo sospirando. Quanto potevano essere idioti certi uomini?! Fu un attimo, mi prese per un polso mi fece voltare verso di lui e mi strinse a sé. Espirò il fumo praticamente nella mia bocca, sorrise. Io ero paralizzata. L'altra sua mano era dietro la mia schiena, praticamente sull'osso sacro. Ci volle meno di un secondo ma appena mi ripresi, lo spinsi via da me. Lui fortunatamente non oppose resistenza ed io mi allontanai indignata.

“ è impazzito o cosa?!”

Mi avviai a passo svelto verso casa mia, rossa in viso e con il cuore che mi scoppiava nel petto. Appena arrivai a casa mi lasciai cadere sul letto. Era stato un contatto troppo vicino per me.. Quella notte feci un sonno davvero movimentato. .

Il giorno dopo Vegeta aveva giorno di riposo, andai a scuola confusa. Uscii prima di casa non pensando al fatto che Yamcha mi sarebbe venuto a prendere come sempre. Anzi non ricordavo neppure di avere un fidanzato. Quando arrivai quasi a scuola un suono mi fece trasalire.

“Ehi tesoro perchè non mi hai aspettato?”.

“Vai a parcheggiare che ti aspetto davanti all'entrata”

Decisi di non rispondere alla domanda cambiando completamente discorso. Non avrei saputo che scusa inventarmi. Non c'era davvero un motivo in fondo. Mi sentivo pazza.

All'uscita da scuola andai a casa di Yamcha. Due minuti ed era già tutto finito, non me ne resi neanche conto. Merda. Pensavo troppo a Vegeta. Quella stupida frase. Rimasi meno di un'ora a casa sua, mi diressi dall'uscita dicendo che mio padre aveva bisogno di me.

“Bulma che succede?”

Mi fermò sulla porta. Mi guardò nel modo più ingenuo possibile. Con quel solo sguardo mi aveva fatto sentire in colpa. È vero io non avevo fatto niente, ma la mia testa e il mio inconscio volevano davvero fare troppe cose. Abbassai lo sguardo colpevole, sospirai. Era forse giunto il momento di dire la verità? Non potevo continuare così. Mentivo non solo a lui, ma soprattutto a me stessa.

“Mi dispiace, ma non penso che possa più funzionare tra noi”. Fu un sussurro la mia voce, ma lo guardai dritto negli occhi. Vidi il suo sguardo mutare, sorpresa, tristezza e infine odio.

“Ma che stai dicendo? La nostra relazione va a gonfie vele!”

“Non per me. Mi dispiace. Non ha senso continuare oltre. Non trovavo ne il modo ne il momento giusto per dirtelo”.

“Bulma..io..” allungò la sua mano per prendere la mia. La ritrai.

“è meglio così per entrambi fidati”. Mi voltai e scesi le scale. Lui non disse più nulla. Probabilmente lo avevo ferito più di quanto immaginassi. Quando chiusi il portone mi appoggiai un attimo ad esso. Mi sentii più leggera, mi ero davvero tolta un peso dal cuore. C'era un vento gelido, passai nel parco per rilassarmi nonostante il freddo e come se una maledizione mi perseguitasse me lo vidi lì. Sayan intendo a correre completamente coperto che mi veniva incontro. Io mi fermai, lui mi notò e si fermò poco distante da me.

Fece un cenno con la testa per saluto e poi sentii il suo respiro pesante e irregolare dovuto alla corsa. Io feci il suo stesso cenno poi con tutto il mio autocontrollo andai oltre. Era davvero una persecuzione.

Quella sera quando scesi le scale per andar a far cena me lo ritrovai in casa mia, seduto a tavola. Mio padre lo aveva invitato per discutere di qualche assurdo dettaglio sulla palestra, tipo se mettere o meno la radio e poi gli aveva proposto di fermarsi a mangiar cena. Io non ne sapevo nulla perchè era rimasta in camera mia appena ero arrivata a casa. Avevo pianto, di liberazione, di frustrazione, per sfogo. Ma mi era davvero servito. Ero così stupita che appena l'avevo visto mi ero irrigidita così tanto da non riuscire ad andare oltre.

“Tesoro dai siediti vicino a Vegeta, che è un uomo così affascinante”.

Mia mamma avrebbe tranquillamente potuto vincere il primo premio nel concorso “Mettere gli altri in imbarazzo” ero certa che non avrebbe avuto rivali. Mi sedetti mio malgrado accanto a Sayan, quella sera prese il via il nostro assurdo rapporto.









*****tadan :) si ok a volte ritorno, chiedo venia ma tra il lavoro, amore, vita sociale, serie tv e anime è un pasticcio XD comunque basta non perdere mai la speranza.
grazie comunque per chi mi segue/commenta ecc :) siete davvero molto gentili <3 alla prossima ;)

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Capitolo 8
*** capitolo 4 parte Vegeta ***


 





CAPITOLO  4 PARTE VEGETA





 

 

Occhi negli occhi. Da quanti anni non la vedevo? Da quanti anni non vedevo quegli occhi così azzurri, l'assoluto opposto dei miei? Vidi varie emozioni in lei, eppure non riuscì a comprenderle tutte. Stupore, forse un velo di rabbia e tristezza non saprei proprio dirlo. Poco dopo la sua attenzione fu catturata da altro. Un bambino. Le si avvicinò tutto felice, saltellando e gli sorrise amorevolmente. Quel sorriso era quello di una donna, di una madre. Un pensiero mi balenò in mente, era MIO figlio? L'avevo lasciata incinta ormai sette anni fa e quel bambino sembrava avere tra i sei e sette anni. Aveva i capelli come i suoi, chiari, lisci sicuramente morbidi. Probabilmente usavano entrambi quell'assurdo balsamo alla vaniglia così dolce da nauseare, che però a detta di qualcuno “lascia i capelli così morbidi da sembrare seta”.

Dopo che Bulma ebbe soddisfatto la richiesta del bambino, andato da lei per la merenda supponevo. Si sedette e la vidi sorridere altrove. Un ragazzo della sua età circa le si avvicinò. Aveva lunghi capelli neri, la cinse in vita e la baciò la fronte. Sembravano una famiglia felice, quella che io avevo mandando al diavolo. Lei guardò ancora una volta verso di me ed io mi resi conto che ero rimasto fin troppo imbambolato lì a guardarla. Ripresi la mia corsa, ero di troppo quello stupido quadretto. Una volta giunto a casa mi allenai e allenai e allenai. Non so quanto tempo rimasi nella mia palestra gravitazionale ma avevo davvero una gran voglia di sfogarmi.

“Vegeta allora ci vuoi morire qui dentro?!”

Radish staccò la gravità da fuori e aprì il portellone. Fuori era buio. Mi buttò un asciugamano in faccia.

“Puzzi peggio di un maiale. Ma da quanto tempo sei qui dentro?!”

Ero senza fiato, la bocca era asciutta e non riuscii a rispondergli a dovere. Gli passai davanti e lui sventolò una mano sotto al naso. Gli alzai di risposta il dito medio. Rimasi sotto la doccia per davvero tanto tempo. Ero esausto e l'acqua era davvero un tocca sana. Quando uscii dalla doccia un dolce profumo mi portò di nuovo indietro nel tempo. Radish erano giorni che accendeva candele profumate per casa. Quella sera ne aveva scelta una alla cannella. La mamma di Brief usava quella profumazione ogni volta che ero entrato in quella casa. Soprattutto QUELLA volta.

C'erano piccole candeline sul tavolo a fare una tenue e dolce atmosfera, l'odore di cannella entrava nelle narici di prepotenza. Quella donna era davvero una brava cuoca l'arrosto si scioglieva in bocca , il budino aveva una consistenza magnifica e il vino sembrava essere invecchiato davvero bene. Peccato che tutto, ogni singola cosa, aveva per me un terribile retrogusto di cannella. Non mi gustai la cena e neppure la compagnia. I signori Brief sproloquiavano ogni volta di cose assurde. Mi ubriacai di parole e...di vino. Bevevo perchè ogni volta che il mio bicchiere era vuoto veniva riempito, bevevo perchè era più facile piuttosto che ascoltare quei discorsi tremendi. Bulma era seduta vicino a me, aveva gli occhi un pochino arrossati era stata in rigoroso silenzio da quando ci eravamo seduti. Effettivamente i suoi genitori parlavano per entrambi.

Fuori c'era il gelo, in quella casa sembrava esserci l'estate ancora. Mi ero presentato con camicia e maglioncino ma avevo terribilmente caldo, la ragazza aveva una semplice gonna lilla, che da seduta lasciava scoperta buona parte delle cosce, e una banale canottiera bianca. Semplice ma interessante combinazione. Sicuramente non sapeva che avrebbe ricevuto ospiti, tanto meno me. Inoltre entrambi lasciavano davvero poco all'immaginazione, ero già inebriato di vino e quella ragazza era davvero eccitante. Un professore certe cose di certo non dovrebbe pensarle riguardo ad una sua studentessa, eppure il sangue era scappato dalla testa per andare in un posto molto più in basso. Brief mi intrigava, le sue forme, il suo caratterino sotto quegli occhi azzurri da cerbiatta. Mi incuriosiva, spesso avevo sognato di sfiorarla, baciarla e andare anche molto oltre. A mezzanotte finita la cena, mi apprestai a salutare e a togliere il disturbo.

“Signor Sayan, suvvia perchè non resta a dormire qui? Ha bevuto davvero troppo per mettersi alla guida non crede?”

La signora Brief mi guardava con occhi languidi, il marito aveva annuito per tutto il tempo.

“Bulma cara, perchè non porti il tuo caro professore nella stanza degli ospiti al secondo piano”.

Non avevo potuto controbattere, mi prese a braccetto e mi accompagnò vicino le scale, in cui la dolce ragazza stava salendo. Strabuzzò gli occhi esterrefatta. Si scambiò vari sguardi con i genitori, poi perdendo mi fece strada. Quella casa era gigante sembrava un labirinto. Arrivammo davanti a una porta blu in mezzo a tante altre porte blu.

“Ecco. Può dormire qui”. Mi diede la schiena, io entrai. Era una stanza grande quasi quanto casa mia, vi era un letto matrimoniale, una mega televisione, un terrazzo, più grosso del mio salotto, che dava sul giardino, due comodini con le lampade e poi un bagno privato. Non ero mai stato in un hotel di lusso, ma quella camera andava molto vicino alla mia idea di come sarebbero state le stanze. Morendo di caldo mi tolsi la camicia e mi sdraiai sul letto. Avevo bevuto troppo non ero completamente andato ma neppure lucido e poi ero davvero accaldato. Quel materasso era il posto più morbido dove avessi mai poggiato il mio dolce didietro. Sentii poco dopo un leggero tocco sulla porta di legno. Bulma aveva in mano degli asciugamani e dei vestiti. Arrossì vedendomi a petto nudo.

“Pensavo che le potessero far comodo”. Rimase sulla soglia mi avvicinai e me li porse guardando altrove, come se alle mie spalle ci fosse qualcosa di estremamente interessante. Io sorrisi prendendo alla sprovvista, la afferrai per un polso e la portai dentro.

“Ma che fa?!” era arrabbiata e stupita.

Alzai le spalle

“ è divertente vederti arrabbiata e impacciata”

Mi fece il muso e poi aggiunse: “Lei è solo un cafone” si scrollò dalla mia presa.

Sapevo avesse un bel caratterino, lo sapeva nascondere bene ma a un occhio attento non sarebbe di certo sfuggito. Stava per andarsene.

“Brief ti turba così tanto stare troppo vicino a me?” sussurrai, andai poi a prendere il pacchetto di sigarette dalla tasca e me ne portai una alla bocca.

“Qui non si fuma! Comunque non mi turba affatto. Mi irritano i suoi atteggiamenti.”

prese la sigaretta dalla mia bocca e la buttò per terra calpestandola. Mi guardava fissa negli occhi con una smorfia di odio. Mi sedetti divertito. Stuzzicarla mi divertiva parecchio. Potevo dare la colpa all'alcool.

“Stai ancora con il giocatore di football....Aki..?”
“Akira Yamcha” mi interruppe “Comunque no, ci siamo lasciati oggi stesso”

La sua voce si fece più bassa, aveva abbassato lo sguardo.

“Ora capisco gli occhi arrossati di stasera. Cos'è ti ha tradito con la prima ochetta bionda che ha trovato? Poverina” il mio sarcasmo era palese. Lei si voltò verso di me come infuocata.

“Qui l'unico povero cornuto sei tu”. Mi ero stupito per il suo tono informale, mai mi aveva dato del tu.

“Cornuto?” domandai.

“L'ho vista..la sua fidanzata. Era con un altro!” era rossa in viso.

“Pensavi davvero che con quella la io avessi una storia? Suvvia ti reputavo più intelligente Brief. Ci siamo usati a vicenda, un semplice scambio di dare e avere”. Sorrisi alzando le spalle. Lei strabuzzò gli occhi. Era più ingenua di quel che pensassi. Mi alzai con calma e feci due passi mettendomi accanto a lei. Brief non sembrò neppure notarmi quasi. Ero poco più alto di lei. I suoi capelli avevano sempre un buon odore. Le misi una mano sulla guancia, facendola voltare verso di me e con un gesto rapido mi chinai a baciarla. Era un semplice tocco, un lieve bacio a stampo.

“Ma che cavolo crede di fare?” la sua voce risultò stridula, troppo alta. Era agitata, mi aveva allontanato con una mano sul petto e l'altra si parava la bocca.

“Si è bevuto il cervello o cosa?” era tornata a darmi del lei. Un vero peccato pensai.

“Magari ho preso un abbaglio ma è improbabile perchè sono bravo a interpretare le parole non dette. Sai che il linguaggio del corpo non ha nulla a che fare con la parola? Basta un semplice sguardo per capire che hai un dilemma interiore. Ti interesso ma non sai perchè, sono il tuo professore stronzo di matematica eppure..” lasciai interrotta la frase, non serviva completarla. Gli sorrisi beffardo sapendo di averci azzeccato. Lei divenne ancor più rossa. Avevo avuto a che fare con così tante persone false e ipocrite, che ero diventato quasi un maestro nel carpire le informazioni solo guardando i movimenti.

“Lei è solo un gran stronzo egocentrico, pensa davvero che tutto il mondo giri intorno a lei? Sa quanti ragazzi più belli ci sono fuori da quella porta?”. La sua voce era fuori controllo. Mi avvicinai e misi un dito sul naso e la bocca di lei.

“Shhh...non vorrai svegliare paparino e mammina mi auguro” si voltò altrove, il suo respiro era irregolare, aveva le guance arrossate, io risi mi stava salendo la sbronza. Lei era furiosa, ciò rendeva tutto più divertente, almeno per me. Con un gesto rapido la ricatturai e la baciai nuovamente. Stavolta fu più profondo, più passionale. Durò poco il contatto tra le nostre lingue. Lei si allontanò nuovamente. Faceva dei grossi respiri, sembrava non riuscire a riprendere fiato. Aveva le mani sul mio petto ben tese, la faccia rivolta in giù e i capelli che la coprivano.

“Non è normale questa cosa!” sussurrò appena. La rabbia le era passata, ora vi era il senso di colpa, per quella cotta così illecita.

“La normalità è qualcosa di astratto. Te sei una donna ed io sono un uomo, è normale provare attrazione.”. Ogni tanto avevo piccoli momenti di lucidità. Lei tirò su il viso e mi guardò, occhi negli occhi. Aveva le gote arrossate e respirava ancora a bocca aperta. Aveva un conflitto interiore. Aveva abbassato lo sguardo ed era tornata dritta, aveva tolto le mani dal mio petto. Rimanemmo così per qualche secondo. Le lasciai il tempo di pensare, ragionare. Sospirò più volte. Sembrava così piccola lì davanti a me. Ebbi quasi paura di romperla, le posai delicatamente una mano sulla guancia e accorciai le distanze tra di noi. Mi accostai al suo orecchio e le sussurrai.

“Goditi il momento Brief”. Iniziai poi a morderla e a baciarla sul collo. Lei sembrò un animale domato, piegò la testa e fece esattamente ciò che io le avevo consigliato. Dal suo collo mi spostai sulla bocca. Finalmente il bacio fu corrisposto. Le mie mani esplorarono quel corpo esile ma con delle forme da vera donna. Con due dita le slacciai il reggiseno, poi andai a posar le mani su quei bei glutei sodi e la presi in braccio. Lei mi cinse il collo continuando a baciarmi. La posai sul letto e mi misi sopra di lei. Una mia mano era partita ad esplorare sotto la gonna, ma lei mi fermò.

“No... ”. fu un sussurro la sua voce. Mi guardò un attimo, i suoi occhi, il suo corpo diceva tutto tranne che “NO”. Mi desiderava, ed io desideravo lei in quel momento.

“Ti giuro che non farò nulla che tu non vorrai, e nulla che ti possa arrecar dolore, ma solo piacere”.

Ripresi a baciarla e a morderla. Voleva andarci piano, probabilmente l'unico ragazzo che aveva avuto era stato proprio il giocatore di football. Pensai che allora era giusto andare per step. Con la mano andai a massaggiar un seno e l'altra entrò dentro di lei. Gemette appena accadde. Si aggrappò di più a me, sentii le sue unghie sulla mia schiena ogni volta che entravo di più in lei. Con la bocca mi spostai sul altro seno rimasto libero e giocai con il capezzolo. Il sinistro lo brandivo con le dita e l'altro con le labbra. L'altra mano giocava più in basso. Lei sospirava e gemeva, le sue mani vagavano tra i miei capelli scombinandoli completamente. Dopo un tempo fin troppo breve per essermi davvero divertito, la sentii ansimare sempre di più fino a raggiungere il culmine con tanto di invocazione del mio nome di battesimo, più e più volte, seguito da un buon numero di parolacce. Mi sdraiai divertito di fianco a lei ancora ansimante.

“Brief, andremo con calma come vuoi te, non temere”. Le toccai il naso con un dito, sorridendole. Avrei dovuto aspettare ma pensai che ne poteva valere la pena. Lei era di fianco a me, ansimante, non aveva più proferito parola. Era sfatta, per la prima volta la vedevo in disordine. Era proprio una bellezza naturale. Mi tirai su dal letto e andai in bagno, una volta tornato in camera la trovai addormentata. Decisi che forse solo per una volta avrei potuto essere anche dolce, ma solo per una volta. La misi sotto le coperte e per un motivo che non saprei spiegare, forse la forza di gravità mi ritrovai a darle un semplice bacio in fronte. Era notte fonda, decisi che potevo anche togliere il disturbo. Scrissi un piccolo bigliettino e me ne andai, conscio che l'avrei rivista in meno di 12 ore.








*******tadan xD ogni tanto riesco a fare capitoli anche un pochino più lunghi, rari casi XD ammetto che per scrivere questa storia me la sto prendendo con molta calma :) per adesso mi sta piacendo molto, e spero di continuare bene così. sto seriamente sperando di non aver fatto un scena un po' "forzata"...voi che dite? dovrei mettere il rating rosso? inoltre è la prima volta che scrivo qualcosa di un po' più spinto. che imbarazzo >.< non sono brava XD al di là di tutto vabbe spero che vi sia piaciuto se volete lasciare un commentino fa piacere :) alla prossima ;)

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Capitolo 9
*** Capitolo 5 parte Bulma ***












 

Capitolo 5 Parte Bulma










Mi svegliai di sopprassalto, avevo sognato od era successo davvero tutto ciò che avevo fatto con...

non riuscivo neppure a pensare il suo nome che mi imbarazzava. La mia testa mi doleva eppure pensava a una velocità sorprendente. Avevo perso il fidanzato e mi ero già fatta un altro nello stesso giorno. Dovevo assolutissimamente schiarirmi le idee. Ero una scienziata, di conseguenza usavo la logica e ponderavo ogni cosa, eppure quante probabilità c'erano che avrei fatto certe cose con un mio professore? Tendenti allo zero! Eppure era successo, ma la cosa ancora più sconcertante era che mi era piaciuto. Era bravo sotto tutti i punti di vista, ero stata catturata dal suo fascino, da quei maledetti sussurri dentro le orecchie, dai brividi che mi aveva provocato solo con un semplice bacetto a stampo. Bulma Brief non si fa mettere KO con così poco, eppure era andata così. Mi aveva fatto perdere la cognizione di tutto, ciò che era giusto o sbagliato, razione o irrazionale. Non ero più riuscita a ragionare. Per un solo attimo avevo deciso conscienziosamente di staccare la spina, spegnere il cervello e lasciarmi trascinare. Io ero semplicemente un miscuglio di strani pensieri e sentimenti tutti ingarbugliati tra di loro, eppure nel mio profondo, nel mio io più remoto non ero dispiaciuta, anzi. L'avevo di certo immaginata quella scena, se dovevo essere sincera anche molto di più. Con la testa ancora in subbuglio decisi poi di alzarmi dal letto. Quella non era di certo camera mia, me n'ero dimenticata. Ero crollata dentro la camera degli ospiti, ero stata travolta da un piacere e una sensazione mai provati prima. Sul comodino notai qualcosa,

"Brava Brief".

Era il più grande stronzo sulla terra quell'uomo. Che razza di messaggio era?! Se avessi anche solo potuto pensare che poteva essere un sogno, quello mi dava la certezza che non lo era. Mi alzai e andai a farmi una doccia. Non ricordo quanto tempo rimasi sotto il getto d'acqua bollente, ma fu un vero tocca sana. Mi ripulii di tutto, inclusi i pensieri negativi e sconnessi. Sul seno notai poi dei segni violacei, maledii il suo nome e chi lo avesse creato. Una volta finita, rimasi nuda a fissarmi allo specchio. Guardai meglio quei succhiotti, provai sentimenti contrastanti, disgusto, imbarazzo e piacere. Non avevo mai apprezzo certe cose, non mi piaceva aver dei segni sul mio corpo, l'imbarazzo c'era ancora perchè reputavo tutto molto illecito e, il piacere era perchè era stato tutto dannamente piacevole. Mi asciugai e andai in camera mia per mettermi l'uniforme scolastica. Mi legai i capelli in una bella treccia con un fiocco e scesi per colazione.

"Bulma cara, pensavo fossi già andata, sono venuta a chiamarti ma camera tua era vuota".

Non sapevo cosa rispondere, e per ovvi motivi la verità non potevo certo dirgliela. Fino a quel momento non avevo neppure guardato per un attimo l'ora. Semplicemente ignorai la domanda con un bel sorriso,

"Cos'hai preparato per colazione questa mattina?"

Era semplice ingannarla, lei era fin troppo sopra le nuvole e quindi bastava cambiare discorso. Mi diressi in cucina, mi sedetti molto lentamente e addentai la torta al limone che mia madre aveva premurosamente preparato quella mattina. Appena diedi il primo morso, alzai gli occhi sulla parete. Lassù era appeso un gigantesco orologio nero ricavato da un disco in vinile. Ci misi meno di un decimo di secondo per rendermi conto di quanto fosse tardi. Scattai dalla sedia, afferai lo zaino al volo dalle mani di mamma e saltai tutti i gradini di casa. Mancavano due minuti alla campanella di inizio lezioni. Non ce l'avrei mai fatta. Mi maledissi per essermela presa comoda per l'intera mattinata. Corsi a perdifiato, quando arrivai erano passati 7 minuti dall'inizio delle lezioni. Entrai in aula piuttosto velocemente, quando finalmente mi fermai al mio banco a riprender fiato notai che fortunatamente anche il prof della prima ora era in un perfetto ritardo.

 

Passò tutto tranquillo e veloce. L'ora di matematica mi obbligai a non incrociare mai lo sguardo di Sayan. Lavagna, quaderno, libro, a rotazione continua.

"Brief"

Sentendo il mio cognome alzai la testa in automatico e lì incontrai quei maledetti occhi neri e un sorriso beffardo, una bella camicia blu scuro con le maniche arrotolate e in mano un gessetto bianco che mi stava cortesemente porgendo.

"Vediamo se hai capito la lezione"

Davvero? Davvero mi stava prendendo così spudoratamente in giro? Lo maledissi mentalmente in tutte le lingue che sapevo. Mi stampai un gigantesco sorriso in volto e andai alla lavagna. Presi dalle sue mani quello stupido gessetto. Risolsi il problema in ben poco tempo.

"Come vede, ho capito bene. Grazie!" guardandolo in faccia con un sorriso così tirato che da ogni parte gridava insulti e me ne tornai a sedere. Chiamò poi un'altra ragazza, probabilmente era semplice scena. Fino a quel momento non avevo mai notato quanto fascino avesse su tutte le ragazze in generale. Mi voltai a guardare la prossima che sarebbe andata alla lavagna. Pan Satan era davvero una bellissima ragazza. Capelli neri liscissimi e occhi come la pece, proprio come sayan. Non era molto alta, ma aveva un fisico da vera modella. Prima di avvicinarsi alla lavagna si tirò su la gonna dell'uniforme, lasciando intravedere da mezza coscia in su. Mentre cercava di annaspare fuori dal mar nero che era per lei la matematica, usò più volte Sayan come boa di salvataggio. Senza volere notai, che ogni quattro o cinque numeri, la sua mano andava ad afferare il braccio di lui. Fu un attimo ma un pensiero balenò nella mia mente.

"E se ciò che ieri ha fatto con me, lo avesse già fatto con lei?" In quel preciso momento, appena pensai questa semplice frase, compresi quanto in realtà fossi già fregata. La gelosia e il dubbio erano sensazioni che non avrei mai potuto e dovuto far mie. Non ero una ragazza insicura, non lo ero mai stata. Eppure ogni tanto la mia mente vaccillava. Le mie certezze e sicurezze si crepavano appena, ma con la stessa facilità con cui certi pensieri arrivavano, la maggior parte delle volte riuscivo a scacciarli via. Non potevo permettermi simili pensieri, anche perchè con quel uomo non volevo più aver una simile intimità, lo pensavo davvero. Ne ero anche davvero convinta. Quelle convinzioni si dissolsero con un schiocco di dita semplicemente. Quando la moretta tornò a posto la vidi tutta allegra ricevere consensi dalle altre.

All'uscita vidi Yamcha, i nostri occhi si incrociarono ed ero sicura che lui steste quasi per venire da me, ma arrivò un amico del football a prenderlo sotto braccio per trascinarlo altrove.

"Bulma! Come va?" mi voltai conoscendo già la voce.

"Goku mia ancora di salvezza!"

Lui come di consueto di mise una mano dietro la testa quasi come segno di imbarazzo.

"Sai verso l'area sud hanno aperto un chioschetto del ramen e ne ho sentito parlare benissimo! Ti va di andarci?"

Appena finì la frase, dal suo stomaco giunse un latrato. Io scoppiai a ridere e annuii. Avevo proprio bisogno di lui. Era un toccasana far due chiacchiere con un buon amico. Mi raccontò di suo nonno, dei vari brutti voti, della palestra di arti marziali a cui si era da poco iscritto insieme a Crilin. Appena arrivati al chiosco, ci sedemmo e in breve tempo mi porsero una gigantesca ciotola di ramen bollente. Lui ne ordinò tre e nel tempo in cui io iniziai a mangiar la mia, lui le finì tutte.

"Sai io e Yamcha abbiamo rotto".

Non avevo mai visto prima Goku fermarsi nel mangiare, si fermò con le bacchette a penzoloni e gli cadderò tutti gli spaghetti di soba. Mi guardò stupito aspettando una spiegazione.

"Non ci stavo più bene. Non mi sentivo più innamorata, non so spiegarti.."

Lo vidi tirare un respiro di sollievo, era un tipo premuroso e si preoccupava sempre al peggio.

"Ieri...è successo qualcosa con il professor Sayan..." sussurrai appena la frase ma Goku sentì perfettamente e quasi non si strozzò con l'ultimo boccone. Gli diedi qualche colpetto dietro la schiena.

"CHE COSA?"

"Shhh! Che urli?!"

Vegeta non era il suo professore, ma lo conosceva perchè un paio di volte aveva fatto supplenza da lui. Quelle volte me ne aveva parlato bene, ma effettivamente non credo di aver mai sentito Goku parlare male di qualcuno. È sempre stato e sempre lo sarà, la persona più buona e gentile dell'universo intero. Era stato un attimo in silenzio a ragionare. Dopo poco mi chiese semplicemente:

"Stai bene Bulma?"

A quella semplice frase non seppi davvero rispondere. Tutto mi sarei aspettata tranne quella frase. Eppure era la cosa più facile e normale da chiedere. Sorrisi tra me e me, ero proprio una sciocca. Feci un bel respiro e gli spiegai dal principio. La camera gravitazionale, la cena e anche il dopo. Senza scendere in dettagli troppo articolati, lasciando però intendere. Sapevo che non mi avrebbe giudicata, ed era per questo che finalmente avevo deciso di confidarmi. Lui mi ascoltò in silenzio senza fare versi e i suoi occhi zampillavano dal guardare i miei a guardare la sua ciotola. Quandò finii alzai le mani al cielo e sospirai.

"Quindi hai una relazione con il tuo professore?"

"NO! No affatto! Non è certo il tipo da relazione!".

Questa era un'affermazione che dovevo stamparmi bene in mente! Goku mi diede un buffetto sulla testa e mi disse semplicemente: "Se tu sei felice, lo sono anchio!"

Gli sorrisi dal cuore.

"Grazie! Grazie davvero!"

Goku era una benedizione, non poteva capire tutto ciò che mi girava nella testa, non lo capivo neppure io, eppure sapeva come consolare e come starmi vicino. Passai tutto il pomeriggio con lui, non nominammo più Vegeta, non ne avevo più bisogno, il peso ormai me l'ero tolto. Arrivai in casa giusta in tempo per farmi una doccia e andar al bar.












******tadan :) sono vergognosa 3 storie in sospeso e aggiorno con una lentezza pazzesca, con la quarantena ho ripreso un pochino a scrivere. vi chiedo umilmente di perdonarmi. comunque mi auguro che sia di vostro gradimento e nel caso se volete fatemi sapere ;) le critiche son sempre ben accette! alla prossima ;)

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Capitolo 10
*** Capitolo 5 parte Vegeta ***






 

Capitolo 5 Parte Vegeta




 

Arrivai a casa a tarda notte, l'aria era fredda e pungente, parcheggiai e salii con calma i pochi gradini per arrivare al mio portone. Entrai senza fare il minimo rumore eppure c'era chi mi stava aspettando.

"Hai idea di che ore sono?! Dovresti avvisare sai!" disse sorridendomi mimando una voce bacchettona.

"Non sapevo che ti fossi trasformato in mia madre!", alzai gli occhi al cielo.

Radish era seduto sulla sua poltrona rossa con una birra in mano e i popcorn sulle ginocchia. Mi fece cenno se volevo una bottiglia anch'io ma la rifiutai. Avevo bevuto fin troppo quella sera, non mi avrebbe giovato bere ancora. Mi sedetti sulla mia poltrona blu e vi sprofondai con un immenso sospiro. Ero stanco e sfatto, per quanto non vedessi l'ora di andare a dormire, il mio corpo aveva deciso che un pip-stop in salotto con il mio coinquilino in piena notte era doveroso. Allungai una mano e agguantai una manciata di popcorn.

"Mi stavo per fermare dai Brief"

Sussurrai, non avevo forze ormai. Il mio amico si portò un dito al mento.

"Brief...Brief... quegli scienziati pazzi da cui ti vuoi far creare quella palestra assurda?"

Annuii mentre presi un'altra mangiata di schifezze da mangiare.

"E non c'è quella bella ragazza del bar? La fissatrice?"

Bingo! Radish a volte aveva la testa bacata, ma aveva un'ottima memoria le poche volte che ascoltava. Peccato che ascoltasse solo futilità. Lui era in genere, il più chiacchierone tra noi due, eppure quella sera, sarà stato l'alcool o il sonno, ma gli accennai anche ciò che c'era stato con Bulma.

Lui fece spallucce, alla fine non gli erano mai interessati i miei flirt. Dopo ancora qualche stupida battuta andammo a dormire. Quando finalmente mi sdraiai nel letto ero praticamente lucido, Brief mi stuzzicava, mi intrigava, non sapevo perchè mi attraeva in quel modo. Non sono mai stato tipo da storie serie e avere una famiglia non mi era mai importato, volevo semplicemente spassarmela con ciò che potevo e basta. Non ero per assurdi sentimentalismi, non ho mai rischiato di rimanerci male. Eppure forse, se tornassi indietro un paio di cose le cambierei, ma si sà con il senno del poi è tutto più facile, quindi mi godetti quell'irrazionale relazione che era iniziata quella notte senza mai dar peso a fatti o parole, godendomi solo le giornate e i momenti.

Quella mattina fu davvero dura alzarsi, avevo una terribile emicrania. Quando avevo mal di testa anche la cosa più sciocca aveva il potere di farmi andare fuori dalla rabbia. In salotto non c'era un centimetro in cui non ci fossero briciole. Mai sarei stato la donna delle pulizie di quell'idiota! Provai a pensare che sarebbe bastato ucciderlo e farlo sembrare un incidente. Sospirai, prima avrei voluto usare la sua testa come un'aspirapolve. Presi una pastiglia, bevvi il caffè seguito dalla consueta sigaretta e poi andai a scuola. Con il passare del tempo il farmaco cominciava a fare effetto. Non so chi regolasse il termostato ma era di certo un idiota. Se fuori c'erano 2 gradi, all'interno si moriva di caldo. Stavo letteralmente sudando, avevo messo un maglioncino bianco sopra alla camicia blu in quella mattinata invernale, ma dentro la scuola non serviva di certo, lo lasciai in aula professori sperando di ricordarmelo all'uscita. La terza ora entrai in 4E, Brief non incrociò neppure una volta il mio sguardo, così dopo aver spiegato qualcosa di molto veloce decisi che era giunto il momento di fare lo stronzo. Con nonchalance chiamai il suo cognome alla lavagna, dopo aver fatto finta di scegliere a caso uno studente qualsiasi. Lampi omicidi zampillavano dai suoi occhi che finalmente si incrociavano con i miei. Si alzò non con poca stizza, mi strappò il gesso dalle mani e iniziò far i giusti calcoli. Era davvero un'ottima studentessa, da professore non potevo che esserne orgoglioso. Una volta finito, chiamai un'altra ragazza, non potevo chiamare solo lei! Da un genio a una che di numeri sapeva ben poco. Sarei stato un idiota se non mi fossi accorto di quanto fosse lasciva la Satan. Cercava di stuzzicarmi in vari modi, e non solo lei, io lasciavo fare, non mi dispiaceva di certo, però Brief con il suo caratterino aveva di certo una marcia in più rispetto a quella moretta troppo "espansiva".

Quando poi uscii e arrivai a casa, la trovai ancora più incasinata di come l'avevo lasciata quella mattina. Mi tornò l'emicrania, sentivo una vena pulsarmi sulla tempia, non avrei mai immaginato che Radish fosse un incivile simile. Mi cambiai e senza far nulla in casa, uscii a correre. Mi serviva da sfogo. Sul tragitto del ritorno passavi in piccolo negozietto e comprai un'aspirapolvere a poco. Tornato a casa, feci un profondo respiro e la passai in ogni singolo angolo, tranne la camera di Radish. Se voleva vivere come un senzatetto nella sporcizia non era certo affar mio. Mi andai a fare una doccia per rilassare maggiormente i nervi. Presto ci sarebbero state le vacanze di natale, ne avevo un assoluto bisogno. Mentre mi rilassavo sotto il getto d'acqua bollente sentii il mio cellulare suonare.

Appena terminata la mia doccia senza fretta, dato che chiunque avesse chiamato poteva benissimo aspettare, andai in camera mia dove avevo lasciato il telefono e appena lo presi in mano riprese a suonare. Era un numero a me sconosciuto.

"Pronto?"

"Vegeta, tesoro, è da un po' che non ci sentiamo. Ti andrebbe di vederci questa sera?"

Era la tipa con cui Brief mi reputava fidanzato e per di più cornuto. La sua voce era assordante e troppo acuta da poter sentire da sobrio.

"Se vuoi sai dove trovarmi"

Chiusi la chiamata e ributtai il telefono sul letto. Mi vestiti e mi preparai qualcosa da mangiare. Non ero mai stato un buon cuoco, infatti dentro al nostro frigo avevamo solo roba pronta che bastava essere scaldata. Mangiai una bistecca che sembrava polistirolo. La trangugiai in pochi morsi. La cosa migliore era uscire a mettere sotto i denti qualcosa di davvero commestibile. Presi il cappotto e andai nel solito bar sotto casa. Era una giornata in settimana, un freddo tale che eravamo di certo sotto lo zero e quindi c'era ben poca gente. Mi sedetti dal bancone e aspettai. Una testa azzurra molto famigliare spuntava da sotto il banco, sembrava concentrata a trafficare vai a sapere che cosa.

"Brief!" la richiamai con un tono finto arrabbiato solo per vedere la sua reazione.

Lei presa di soprassalto diede una testata al mobile, perse l'equilibrio e caddè, alzò lo sguardo e mi vide. Io le sorrisi sarcastico, lei si teneva dove aveva preso la botta, mi fulminò con lo sguardo e con non poca stizza si alzò. Il suo imbarazzo era sparito, era tornata ad essere la ragazza imperturbabile di sempre.

"Non so se è sua consuetudine urlare il cognome per richiamare l'attenzione ma l'avviso che quel campanellino esiste per uno scopo". Disse indicando con la mano libera l'oggetto vicino al mio gomito, un classico campanellino da hotel per richiamare il facchino.

Sfrontata, senza peli sulla lingua, così mi piaceva. Feci spallucce.

"Vorrei mangiare qualcosa, consigli?"

Si allontanò di pochi passi per poi tornare con un foglio ripiegato arancione con una bella scritta "menu" scritta in stile gotico. Ordinai un paio di panini subito dopo. Lei mi porse la mia bevanda e mi lasciò solo portando i miei ordini in cucina sul retro. Tornò poco dopo con la mia ordinazione. Decisi di provar a mangiar piano per una volta.

"Brief perchè lavori in un posto come questo? Voglio dire il tuo destino sembra già chiaro e non mi sembra che tu abbia bisogno di soldi"

Stavolta fu lei a fare a spallucce, "Non c'è nulla di male nel voler essere come gli altri e voler guadagnare con i propri sforzi".

Mi stupii la risposta, forse mi intrigava anche la sua maturità. Smisi di disturbarla, mangiai e passai un po' il tempo ad ascoltare la musica che veniva trasmessa dal maxi televisore appeso sopra al palco. Uscii poi a fumare una sigaretta, con quel clima mi ripetevo spesso che avrei dovuto perdere il vizio eppure non ci ho mai neanche provato. Il fumo si mischiava al vapore del mio respiro, c'era poi ogni tanto un lieve vento gelido che entrava e ti scavava dentro le ossa. Quando finii l'ultimo tiro, buttai il mozzicone per terra e lo calpestai. In quel preciso momento Brief uscì dal locale. indossava un piumino blu con il logo della sua ditta su entrambe le spalle. Mi guardò. Mi fece un cenno con la testa e poi mi diede la schiena dirigendosi dietro casa.

"Vai già? Pensavo volessi continuare ciò che abbiamo interrotto ieri.."

Ero bravo a provocare. Lei non si fermò neppure per un attimo, continuava a camminare come se io non le avessi mai parlato. Non avevo nulla da fare e decisi che potevo anche andare con lei. Era un paio di metri davanti a me.

"Non mi sembrava esserti dispiaciuto".

"Si può sapere che diavolo vuoi da me"

Si era finalmente voltata e la sua voce era stata piuttosto stridula. Mi guardava dritto negli occhi. Io le feci spallucce.

"Mi sembra abbastanza palese che c'è della chimica tra di noi. Non vedo perchè negarla. In questo momento io sono un ragazzo e tu una ragazza, c'è davvero qualcosa di illecito?"

"è stato un errore. Un solo e stupido errore che non accadrà più". La sua voce ora era poco più di un sussurro. Accocciai la distanza tra noi, mi fermai dinanzi a lei

"Sei una ragazza abbastanza intelligente che sa cosa vuole. Se ne sei convinta, ti auguro buona serata allora.".

Mi chiani e la baciai a fior di labbra, lei non si scansò, rimase lì immobile.

"Buonanotte Brief" le sussurrai all'orecchio. Le sorrisi e poi mi voltai per tornarmene a casa.









****tadan :) in questo periodo di quarantena sono un po' più ispirata nello scrivere. spero che abbiato passato una buona pasqua e spero che tutti voi stiate bene.
parlando della storia, io mi reputo piuttosto soddisfatta fino ad ora perchè penso di star rispettando i caratteri di entrambi. comunque grazie per seguirmi e anche solo per leggerla ;) alla prossima :)

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Capitolo 11
*** Capitolo 6 parte Bulma ***







 

Capitolo 6 parte Bulma


 

 

 

Mi ero lasciata baciare, era un stato un bacio dolce, semplice, a fior di labbra. Era sicuramente sbagliato e lo sapevo benissimo, eppure, quella sera io ero conscia di averglielo permesso. Si era avvicinato lentamente, avrei potuto scansarlo in qualunque momento, eppure non lo avevo fatto. Ero lì imbambolata, lui mi aveva sorriso dopo avermi dato la buonanotte. Quel maledetto sorriso, perchè una faccia da schiaffi come la sua sapeva sorridere in modo così dolce, era inspiegabile. Ora mi dava la schiena, io non sapevo che fare, la scienziata, la donna logica e programmatrice che era dentro di me doveva far spazio alla ragazza adolescente che non vedeva l'ora di buttarsi all'avventura.

"Aspetti" gridai. Lui si voltò, teneva le mani in tasca. Aveva le guance e le orecchie rosse per il freddo, in quel breve lasso di tempo si era acceso un'altra sigaretta.

"Se come dice lei, non c'è nessun illecito tra di noi, usciamo per un appuntamento sabato".

Questo significava solo che ormai ero completamente impazzita. Lui strabuzzò gli occhi, non si aspettava di certo una simile proposta, neppure io me l'aspettavo!

"Un appuntamento?" chiese con una nota di sarcasmo. Io annuii convinta. Lui tornò vicino a me, occhi negli occhi. Alzò un po' un sopracigliò, fece un tiro lento dalla sigaretta, guardò un po' intorno a sè come se ci potesse essere la risposta alla mia proposta. Fece poi spallucce.

"D'accordo, vorrà dire che faremo una gita fuori porta Brief" disse sussurrando alitandomi contro il fumo.

Odiavo certi suoi atteggiamenti,eppure era innegabile la mia attrazione nei suoi confronti. Quel che c'era stato ormai era andato, dovevo vivere senza rimorsi, senza stupidi sensi di colpa per un ormai ex ragazzo verso la quale non provavo nulla. Sarebbe stato sciocco tirarsi indietro ormai, Bulma Brief di certo non era tipa da tirarsi indietro. Anzi avevo sempre voluto vivere al massimo ogni possibile esperienza. Annuii e gli dissi "Buonanotte, a domani a scuola allora". Mi voltai lasciandolo lì. Dopo qualche metro mi misi a correre, avevo troppa adrenalina in corpo e dovevo scaricarla in qualche modo. Quando arrivai a casa mi sdraiai sul letto, in parte mi maledissi per aver fatto prendere il sopravvento alla parte avventuriera di me, eppure sapevo che era la scelta giusta da fare. Il giorno successivo, dopo aver brillantemente superato un'interrogazione di storia, Sayan ebbe la brillante idea di farci una verifica a sorpresa. Era davvero cinico. Probabilmente era proprio quel lato ad attrarmi, perchè i cattivi ragazzi sono sempre più affascinanti. Non fu così difficile, riuscii a far tutto giusto e consegnai il compito prima di tutti gli altri. La scuola non era di certo un problema.

Mentre stavo andando a casa una macchina piuttosto famigliare mi si accostò.

"Bulma, io non so cosa ti sia preso ma merito una minima spiegazione"

Yamcha, aveva ragione. Senza dir nulla salii sulla sua macchina che si muoveva a passo d'uomo.

"D'accordo" lui annuì e in breve tempo arrivammo a casa mia. Sarà stata l'abitudine, sarà stata l'agitazione che non era riuscito a pensare ad andare in un posto più tranquillo. Parcheggiò e poi scese e respirò a pieni polmoni,

"Ragazzi che bello, siete arrivati in tempo per i biscotti appena sfornati" mia madre arrivava sempre nei momenti meno opportuni.

"Mamma, li assaggiamo, andiamo in camera mia che doppiamo scambiarci gli appunti"

Non eravamo neppure nella stessa classe, ma mia mamma non badava mai ai "dettagli", feci un cenno a Yamcha e lui mi seguì.

La mia stanza era molto spaziosa, vi erano un bel letto matrimoniale, i comodini e la scrivania in legno chiaro con ricami dorati. Avevo un mio terrazzo tondo dove mia madre accudiva i fiori che io avrei di certo fatto appassire, un bagno privato con vasca idromassaggio e una cabina armadio grande quanto il bagno. Quasi un'intera parete era occupata da una gigantesca libreria. Vi erano volumi di vario genere. Non ero riuscita a leggerli tutti ma un giorno di certo ce l'avrei fatta. Lui si sedette sul mio letto, alla fine era ormai di casa ed io mi sedetti sulla sedia dalla mia scrivania. Rimanemmo un momento in silezio. Gli dovevo una spiegazione, era più che giusto. Mentre ero lì in quella stanza con lui mi resi conto che la nostra storia mi aveva semplicemente soffocato, i primi mesi erano stati idilliaci ma solo perchè era la novità, con il passare del tempo la monotonia aveva preso il sopravvento. Le uscite, il sesso, era sempre tutto uguale, tutto ripetitivo, eravamo diventati due automi. Era per quello che mi ero sentita libera da un peso quando l'avevo lasciato, era per quello che mi ero lasciata andare con Vegeta il giorno stesso. Perchè ora non ero più un robot meccanico che faceva ogni volta la stessa cosa, ora avevo in mano le redini della mia vita. Ne ero sempre più conscia. Decisi allora di spezzare io quel silenzio pesante.

"Hai ragione, ti devo assolutamente delle scuse e delle spiegazioni. Era troppo tempo che non sentivo più dei sentimenti nei tuoi confronti, per me non aveva senso continuare quella relazione".

Lui aveva le mani congiunte e la testa vi era appoggiata. Io finita la frase trattenni per un attimo il fiato.

"C'è un altro?" la sua voce era un sussurro.

"No e anche se fosse non penso che te lo direi. Sappi comunque che mai ti ho tradito"

Lui alzò la testa e finalmente mi guardò negli occhi. Il suo sguardo mi spiazzò, non ero in grado di comprendere ciò che gli passava per la mente.

"Mi dispiace davvero, non volevo farti stare così. Un giorno potremmo essere amici, non ora, ma magari quando sarai pronto".

Lui si alzò senza aggiungere altro, non mi guardò più e uscì semplicemente dalla stanza. Non lo seguì, non avrebbe avuto senso. Lo guardai dal terrazzo, prendere la macchina e andarsene senza più voltarsi indietro. Avevo chiuso definitivamente quel capitolo della mia vita ed ora pronta ad iniziarne un altro. Il giorno dopo sarebbe stato venerdì e non avrei avuto matematica, e mi ricordai solo in quel momento che non avevamo deciso ne il posto ne un orario per sabato in cui incontrarci. Andai in laboratorio da mio padre, nel contratto c'era una pagina dove c'erano scritti i dati personali, tra questi anche la via in cui abitava. Mio padre era un maniaco dell'ordine e quindi trovai velocemente il fascicolo del prof. Mi annotai la via e andai ad aiutare mio padre che mi era parso d'averlo visto in difficoltà.

A cena dissi ai miei genitori che sabato sarei stata via con amici tutto il giorno, loro senza chiedermi nulla mi dissero i posti interessanti in cui sarei potuta andare. La mia famiglia era davvero strana.

Sabato mi svegliai presto per prepararmi. Dopo la consueta doccia, mi misi un paio di jeans aderenti, un maglioncino blu a collo alto e il cappotto rosso. Lasciai i capelli lisci e lunghi senza troppe acconciature strane, un velo di trucco, stivaletti rossi comodi e bassi e andai. Dopo 15 minuti arrivai ad un portone in alluminio dorato. Citofonai a Sayan/Kaharot. Pensai chi fosse il secondo cognome. Dovetti citofonare più volte a lungo.

"Chi diavolo è?"

"Si è dimenticato che oggi è sabato?" sorrisi felice di averlo disturbato, mi aprì il portone ed entrai. C'era una rampa di otto gradini e poi una porta spalancata con un Vegeta sfatto e assonato. Aveva una tuta nera e una maglietta uguali entrambe palesemente messe al contrario, si era vestito velocemente senza far caso a nulla.

"Che diavolo ti salta in mente? Hai idea di che ore sono?" gli sorrisi e feci spallucce.

"Non c'eravamo dati un orario e per fare una gita fuori porta partire alle 9.00 mi sembrava ottimale" nel frattempo ero salita le poche scale e mi ritrovai davanti a lui. Sospirò e mi fece entrare. Era davvero piccola come casa, due poltrone con davanti un piccolo tavolino con sopra due birre erano le prime cose che si potevano vedere appena si entrava. A sinistra vi era una cucina mezza vuota, con una porta che supposi desse sul piccolo giardino che si vedeva dalla strada. Poi vi erano altre tre porte, quindi considerai ovviamente due camere da letto e un bagno.

Vegeta si passò una mano tra i capelli sospirando e probabilmente maledicendomi, dato le varie occhiatacce che mi mandava.

"Siediti pure sulla poltrona blu e aspetta, dato che sei piombata qui senza avvisare" mi sibilò velenoso, io feci spallucce e mi sedetti. Sparì poi nel bagno. Io mi guardai meglio intorno, non c'erano tende, tappeti, nessuna foto o quadro. Non c'era personalità o senso di appartenenza. La cucina era spoglia, andai a curiosare dentro al frigo e pensai che sarebbe stato meglio tenermi la curiosità per me. Solo cose precotte e cose da asporto mezze ammuffite. Mentre stavo per tornare a sedermi, una porta si aprì, riconobbi l'amico di Sayan che ci aveva provato con me, ubriaco al bar. Era in jeans e tshirt, i capelli lunghi erano un cespuglio informe. Mi passò vicino senza neppure notarmi, si prese una bella tazza di caffè e la bevve tutto d'un sorso. Finalmente poi si rese conto di me. Strabuzzò gli occhi, io feci un cenno con la mano.

"Vegeta si è messo a dar ripetizioni a casa?" disse già ridendo. Non aspettò neppure una mia risposta ed entrò in bagno.

"Vegeta, cos'è ora ti porti il lavoro a casa il sabato mattina?" rise di gusto. Sembrava pazzo.

"Vai al diavolo e chiudi quella maledetta porta". Gli gridò l'altro.

"Ehi bellezza ti posso offrire qualcosa" mi fece l'occhiolino. Lo incenerii con lo sguardo e poi tornai a sedermi sulla poltrona.

"Sempre un bel caratterino!" disse ridacchiando.

Dopo venti minuti di assoluta noia e di occhiate da parte del suo assurdo coinquilino, Sayan era pronto, aveva una camicia blu scuro, con un maglioncino con lo scollo a V bianco con sui bordi lo stesso blu della camicia e un paio di jeans scuri. L'altro gli fischiò.

"Ma che bella principessa che sei diventato, non sapevo si usasse la camicia per dar lezioni a casa". Rise di gusto, Vegeta lo ignorò rivolgendosi poi a me,

"Dato che hai deciso di piombare a casa mia, hai anche deciso la meta?" disse con stizza.

"Su quello ha carta bianca" mostrai il sorriso più angelico che riuscii. Sospirò, andò in camera sua e prese il cappotto nero.

"Dove stai andando?"

"Potrei tardare stasera e non lasciare il solito porcile" l'amico rimase a bocca aperta. Vegeta aprì la porta e mi fece cenno sbadigliando di andare. Andammo dalla sua macchina e salimmo.

"Mi devi un paio di ore di sonno" così mezzo addormentato era docile, non sembrava manco lui. Attaccò la radio e il riscaldamento e partì.








****tadan :) no vabbè è un caso che io abbia pubblicato così velocemente. ero ispirata, meno male che a volte succede sigh XD
comunque ok volevo far l'uscita dal punto di vista di Bulma, lo volevo veramente, ma ehi scrivendo non amo i capitoli lunghissimi (cerco sempre di farli più o meno tutti la stessa lunghezza) e secondo un mezzo discorso con Yamcha era doveroso, cioè povero cristiano alla fine XD quindi bhe questo è ciò che ne è venuto fuori XD comunque ringrazio tutti voi povere persone che leggono la mia storia, grazie davvero :D alla prossima ;)

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Capitolo 12
*** capitolo 6 parte Vegeta ***



 

Capitolo 6 Parte Vegeta






Guidavo silenzioso verso una meta ancora ignota. Ero di cattivo umore, odiavo essere svegliato male e quello era stato il peggior modo in cui avrebbe potuto svegliarmi. Io e Radish avevamo mangiato schifezze da asporto e bevuto fino a tarda notte. Stavo sognando un qualcosa di bello che non riuscivo a ricordare quando un suono stridulo giunse alle mie orecchie. Ancora intontito per il sonno mi rigirai nel letto per potermi riaddormentare, pensando d'essermi immaginato quel rumore. Dopo poco una strillata più prolungata rispetto alla precedente mi rimbombò nelle orecchie, seguita da un'altra ancora. Mi alzai imprecando contro chiunque fosse, misi addosso le prime cose che trovai sulla sedia in camera e andai al citofono.

"Chi diavolo è?" scandii ogni singola parola, sputando un veleno tale che avrei potuto uccidere con un solo morso.

"Si è dimenticato che oggi è sabato?". Una voce femminile ed elettronica mi arrivò alle orecchie. Ci misi un paio di secondi per connettere. Maledissi me, maledissi lei e tutta la sua famiglia che l'aveva creata. Il sabato era sacro, il sabato mattina era dolce far niente, dormire fino a tardi per riprendersi dalla baldoria della sera prima. Le aprii la porta, mandandole delle occhiatacce. Ormai lei era lì, mi aveva svegliato e tanto valeva prepararmi per quell'assurda uscita.

 

Alla radio c'era una canzone terribile, alla Brief sembrava piacere da come muoveva le dita a ritmo sulle sue ginocchia. Mi portai una mano alla tasca dei pantaloni e imprecai battento la mano contro il volante. Quella giornata sarebbe stata un inferno. Bulma mi guardò incuriosita.

"Ho dimenticato le sigarette" dissi sospirando. Lei fece spallucce.

"Allora ha deciso dove vuole andare oggi?" disse con un sorriso gigante ignorando il mio malumore.

Non ci avevo davvero dato peso a quell' "appuntamento", non che io abbia mai dato peso a delle uscite con il gentil sesso, e anche se fosse di certo non mi sarei preso la briga di organizzare, non pensavo neppure che potesse piombare a casa mia di prima mattina. Rimurginai un po', non ero molto attento, seguivo semplicemente la strada, appena vidi un cartello stradale le risposi:

"Satan city. Come hai scoperto dove abito?"

Fece nuovamente spallucce. Sospirai, quella sarebbe stata una lunga giornata.

Guidai per una trentina di minuti poi arrivai a destinazione, il viaggio fu silenzioso e tranquillo. Le mie tempie ringraziarono. Parcheggiai e scendemmo dalla macchina. C'era un gran via vai di persone e mezzi.

"Prima tappa sigarette, seconda tappa caffè. Hai già fatto colazione?"

"Si prof"

Mi girai verso di lei che mi seguiva e inarcai un sopracciglio

"Hai davvero intendione di chiamarmi prof e darmi del lei tutto il giorno, Brief?". Allungò il passo e venne al mio fianco.

"Non ha...non hai organizzato nulla vero?" mi sorrise con occhi da cerbiatta.

"Sei perspicace ragazza!" dissi con un accenno di sarcasmo. "È una bella città, ci sono stato molti anni a studiare ed ogni fine settimana c'è qualcosa di nuovo"

Appena svoltammo l'angolo eravamo nel centro storico cittadino, c'erano bancarelle di ogni tipo a perdita d'occhio. La via era decorata con luci colorate e festoni natalizi. Era tutto molto suggestivo in quanto ogni casa era fatta di mattoni. Era molto vecchio stile, tutt'altro mondo rispetto alla Città dell'Ovest. A Bulma si illuminarono gli occhi, mi prese per il cappotto e mi tirò a vedere ogni cosa. Lei non vedeva l'ora di esplorare ogni cosa. Mangiai velocemente qualcosa in un piccolo bar in cui fortunatamente avevo trovato le sigarette e poi fummo immersi dal caos. Non ci volle molto per pentirmi di essere andato in quella città così popolare. Mi ero dimenticato di quanta calca potesse esserci soprattutto sotto natale. Vi ero nato e cresciuto e mai ero stato a quel genere di fiere. Nessuna persona era mai riuscita a trascinarmici, ed ecco che ero andato io stesso nella trappola che avevo evitato per così tanti anni. Ero proprio un idiota. Vi erano coppiette ovunque, nauseabonde a dir poco. Brief sembrava non aver mai visto nulla di tutto ciò, era curiosa ed entusiasta anche della più piccola banalità. Sembrava davvero una bambina, non l'avevo mai vista così. L'avevo vista una risoluta e seria studentessa, una lavoratrice impeccabile. Quel lato un po' infatile lo aveva celato sotto a tutto il resto, ne fui stupito e attratto da tale semplicità.

"Sayan, ha visto questo?" "Sayan, da questa parte ci sono degli amuleti!" il vizio di darmi del lei non riusciva proprio a perderlo. In una mano teneva il telefono indaffarata a far foto, con l'altra si era aggrappata al mio cappotto e non l'aveva più lasciato. Io mi facevo trascinare senza fiatare, alla fine io avevo accettato un appuntamento con lei. Dopo l'intera mattinata a girare come trottole per vedere ogni singolo oggetto, si sedette su una piccola panchina in pietra.

"Anche se non ha organizzato nulla, questo posto è davvero bello! Guardando certe creazioni d'artigianato mi è venuta qualche idea per qualche progetto!"

"Non sembra che tu abbia viaggiato molto"

"In realtà ho viaggiato molto ma sempre e solo all'estero. La città dell'Est, ad esempio, saprei disegnarle la cartina ad occhi chiusi". Mi accesi la mia seconda sigaretta della giornata e aspirai a pieni polmoni, poi mi sedetti accanto a lei. Lei volse il suo sguardo a me.

"Sa io proprio non riesco a capirla. Questo mi confonde ancora di più le idee"

Aspirai il fumo, mi voltai a guardarla, occhi negli occhi. Ero perplesso aspettai dunque che continuasse.

"Cosa dovresti capire di me? Tu mi hai proposto quest'uscita" intervenni, dopo un lungo silenzio. Lei interruppe il contatto visivo e si alzò dandomi la schiena.

"Io sono Bulma Brief e sono la scienziata più giovane di sempre, ho già un impero nelle mie mani. Se quella ragazza era un semplice passatempo, io non voglio e non posso esserlo."

"Se ti aspetti un anello o delle stupide promesse hai sbagliato persona" la interruppi avendo intuito dove volesse andare a parare il suo discorso. Lei proseguì come se io non avessi aperto bocca.

"Mi sono liberata recentemente da una relazione opprimente. Sono una ragazza abbastanza matura e intelligente da sapere ciò che voglio..." si voltò a guardarmi nuovamente, seria.

"Non ho le pretese che una persona come lei, non penso possa legarsi davvero a qualcuno, per il poco che ho capito non ne sarebbe in grado. Eppure... io voglio essere l'unica, se no le chiedo cortesemente di smetterla di illudermi". Era stata chiara in tutto il discorso. Io finalmente espirai il fumo.

"Non mi pare d'aver mai illuso nessuno, non sono solito usare le persone, come ti ho già detto con quella ragazza era un usarsi a vicenda. Con te non mi par d'aver fatto nulla che tu non volessi". Le sue guance si imporporarono appena, serrò i pugni.

"Lei è proprio un idiota!" mi gridò contro per poi andarsene. Io rimasi lì perplesso e in breve tempo quella testa azzurra sparì in mezzo alle altre persone. Fino a quel momento credevo d'aver avuto a che fare con ogni tipo di donna, ma il genere femminile continuava a stupirmi. Brief era una continua sorpresa per me, a cominciare proprio da quando mi aveva proposto l'appuntamento. Se ella non riusciva a capirmi, anche lei per molti versi era un bel mistero. Una continua contraddizione, mi alzai infreddolito. Era una bella giornata soleggiata ma l'aria era comunque gelida. Sospirai, come immaginavo, quella giornata si prospettava ancora molto lunga.













Tadan XD chi non muore si risente XD
questo capitolo l'avevo scritto in piena quarantena ma volevo preparare prima il prossimo (che deve essere ancora revisionato ) prima di pubblicarlo, poi vabbè ormai ho preso il vizio di rileggermelo a vari giorni di distanza per essere sicura sia di rispettare i caratteri, sia di fare una storia lineare e soprattutto senza errori XD mi rendo conto che i miei capitoli sono molto brevi, però non sono mai stata capace di fare capitoli troppo lunghi, inoltre questo è il dodicesimo capitolo, e a me sembra di essere ancora a inizio storia...sono basita da me stessa XD ma bando alle ciance, vi ringrazio per seguire/leggere/ commentare la mia pazzia XD io per la prima volta mi reputo soddisfatta di una mia opera, spero che lo siate anche voi ;) alla prossima XD 
PS: è quasi più lungo lo spazio autrice del capitolo ma ok XD DETTAGLI XD

 

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Capitolo 13
*** Capitolo 7 Parte Bulma ***






Capitolo 7 parte Bulma

 





 

Le parole stavano uscendo dalla mia bocca esattamente come mi ero preparata. Era un discorso coinciso e lineare. Ero soddisfatta, in cuor mio sapevo che non potevo aver una relazione con il mio professore, eppure volevo essere comunque legata a quel uomo in qualche modo. Anche se fosse stata un filo sottile mi sarebbe bastato, però, o tutto o niente. Non potevo avere un rapporto a metà, non volevo essere una delle tante, ma l'unica. Mi rendevo conto anche da sola che tutti i miei pensieri era una contraddizione. Non sapevo neppure io che aspettarmi da lui. Ero felice di essere lì. Eppure volevo sempre quel qualcosa di più, faceva parte di me. In parte sapevo che solo il fatto di essere in quel posto con lui era una dichiarazione, per lui non ero una qualunque, o comunque volevo assolutamente credere a questo. Non mi aspettavo dichiarazioni d'amore, sarei stata davvero la regina delle idiote in tal caso, non potevo aspettarmi nulla di simile. Volevo un segno, un gesto, una frase che davvero mi potesse dare una conferma a tutti i mei dubbi e pensieri. Mi ero arrabbiata, perchè l'unica frase che era uscita da lui era stata a sfondo sessuale, il mio orgoglio non poteva di certo accettarlo. Quindi presa dal momento di rabbia me ne ero semplicemente andata. Ero furiosa, perchè aveva deluso le mie aspettattive, che sapevo non sarebbero mai dovute esistere. In tutto quel trambusto, tra la mia testa e la marea di persone, iniziai ad esplorare quella città a me sconosciuta, cercando di focalizzare i miei pensieri su altro. Appena mi fossi calmata, sarei andata ad aspettarlo dalla macchina, davo per scontato che mi avrebbe aspettato. Quella città per me era davvero una sorpresa, era molto più piccola rispetto alla Citta dell'Ovest, eppure il fatto che fosse tutto così antico era per me sorprendente. Ero abituata alla tecnologia, vedere strade e case in pietra e mattoni mi incantò. Era una città universitaria e d'importanza storica.

Quando iniziai a sentire la fame, tornai indietro verso i banchetti. Mi comprai un'enorme ciambella ripiena di cioccolato e mi sedetti su una una piccola panca in pietra sotto i portici di una via laterale più tranquilla.

"Non hai paura di rovinarti la linea?" una voce arrivò alle mie spalle. Mi voltai già conoscendola. Mi schioccò le dita sulla fronte facendomi male e me ne lamentai.

"Immaginavo che la fame ti avrebbe riportato da quel banchetto che prima sembravi bramare" sorrise sedendosi vicino a me e si accese una sigaretta.

"Brief spero che tu ti sia calmata, spero soprattutto che tu abbia notato tutte le contradizioni del caso" mi voltai per rispondergli a tono ma lui mi mise un dito sulle labbra. "Dici di non aver pretese, ma vai a sapere che ti aspettavi da me. Ti ho detto solo la verità, se tu non mi usi non ho motivo per farlo anch'io". Aspirò il fumo della sigaretta. Io ero arrosita a quel semplice gesto. Il dito che prima era sulla mia bocca si spostò andando di nuovo a bacchettarmi la fronte.

"Sarebbe anche carino non fuggire a zonzo in una città che non conosci, da sola. Anche se hai il mio indirizzo non penso che tu sia in possesso del mio numero telefonico e lo stesso vale per me. Ora andiamo a mangiare qualcosa di decente su!". Si alzò e mi fece cenno con la testa. Lo guardai, si portò di nuovo la sigaretta alla bocca, inspirò. Mi poteva bastare ciò? Pensai di sì, una dimostrazione me la stava davvero dando. Diedi l'ultimo morso alla mia ciambella e poi mi alzai, scrollandomi dalle briciole. Alzai poi lo sguardo su di lui, appena in tempo per veder avvicinare il suo viso al mio, mise una mano sulla mia guancia e mi baciò. Fu un bacio passionale, la sua lingua mi colse di sorpresa. Quando si staccò mi sorrise, "Non era male quel dolce". Gli diedi uno spintone imbarazzata.

 

Fu davvero una bella gita, quella giornata sperai non finisse mai. Purtroppo il sole calò presto e venne l'ora di tornare a casa. Una volta giunti nel parcheggio di Sayan, lo seguii verso casa sua senza dir nulla.

"Pensi di seguirmi ancora per molto?" si fermò sul pianerottolo dandomi la schiena mentre inseriva le chiavi nella toppa.

"La disturbo forse?" feci spallucce ponendo una domanda retorica. Lui si voltò appena e mi guardò alzando un sopraciglio, abbassò la maniglia e spalancò la porta.

"Direi che siamo soli" sorrise malizioso. "Entra a tuo rischio e pericolo Brief". Mi diede poi le spalle, si stiracchiò sparendo in quella che avevo dedotto essere camera sua. Mi sentivo un po' spaesata. Erano strani i miei sentimenti erano in un continuo sobbuglio. Ero davvero felice, ero lì in casa sua e non avrei desiderato essere altrove, eppure qualcosa dentro di me si agitava. Eravamo noi due soli dentro quella casa così piccola, deglutii. La mia mente ritornò a ciò che era successo pochi giorni prima in quella camera degli ospiti. Yamcha mi aveva creato una routine che era divenuta anche mia, mai lo avevamo fatto in casa sua, o da me o in macchina. Ora avevo la consapevolezza ben chiara di cosa sarebbe potuto succedere, non sapevo come gestire tutto ciò che provavo. Assurdo per una maniaca del controllo come me. Mi sedetti su quella poltrona ancora con la giacca addosso, in allerta come un topo in presenza di un gatto.

"Vuoi stare con la giacca anche in casa? Mi par esagerato."

La sua voce mi fece trasalire e mi risvegliò da tutti i miei pensieri peccaminosi. Mi alzai senza rendermi conto che lui era poco vicino, mi prese da dietro e mi sussurrò all'orecchio

"Ti aiuto io.." mi sentivo morire, il mio cuore stava scoppiando nel petto. Mi voltai verso di lui , notai con non poco imbarazzo che era rimasto in boxer. Mi mise un dito sotto al mento per farmi alzare la testa e mi baciò. Fu dannatamente passionale, mi tolse il cappotto facendolo cadere per terra. Io mi avvinghiai al suo collo e lui Mi prese in braccio. Mi ritrovai sul suo letto, immersa nel suo profumo, un misto tra sigarette e dopobarba. Mi tolse il maglione, poi continuandomi a baciare, una mano scese più in basso ed io gemetti mordendogli appena il labbro. Mi baciò il collo, leccandolo e succhiandolo mentre la mano mi penetrava sempre con più foga. Poi sentii un brivido e mi scappò un urlo strozzato. Sentivo brividi ovunque, in tre minuti era riuscito, di nuovo, a darmi l'orgasmo che Yamcha per anni non era riuscito a farmi provare. Ansimavo cercando di riprendere un minimo di contegno, lo sentii sorridere soddisfatto.

Mi morse il lobo, "Allora Brief, siamo pronti allo step successivo?" si alzò a cavalcioni sopra di me, serio. Io ero sfatta, e anche se in quel momento ero appena venuta, non riuscii a pensare che sarebbe stato un peccato andare oltre. Gli misi semplicemente le mani sulle guance e mi alzai a baciarlo. Si sbarazzò velocemente dei miei pantaloni che fino a quel momento aveva solo abbassato.

Quella fu solo la prima delle numerose notti di passioni che passammo insieme.






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Tadan. me la sono menata un sacco per un capitolo brevissimo... sono vergognosa...potrei dire che effettivamente ho ripreso a lavorare, devo mandare avanti la mia isola su animal crossing e devo mantenere anche i vari rapporti reali...tutte queste cose riunite mi hanno fatto tardare un sacco nell'uscita del capitolo. 
comunque grazie davvero a tutti, per la pazienza e in generale per il fatto che dedicato un po' del vostro tempo a questa mia piccola opera, grazie di cuore <3 
alla prossima ;)

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