Love Stories

di Yuphie_96
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Girasole ***
Capitolo 2: *** Portafortuna ***
Capitolo 3: *** Undici ***
Capitolo 4: *** Sogno ***



Capitolo 1
*** Girasole ***


Angolino della Robh: Buonasera! ♥
Credevate di esservela scampata quando non mi avete vista pubblicare niente l'1 vero? Ed invece no! La Robh colpisce a sorpresa! u.u
Scherzi a parte, dopo l'anno scorso ero fermamente convinta di non partecipare più a questa iniziativa, provare di nuovo tutta quell'ansia di riuscire a scrivere ogni giorno per un mese intero? No grazie, ho già dato riuscendoci per puro miracolo... ma, c'è un ma... grazie a questa iniziativa ho ritrovato la passione per la scrittura, e quando sono uscite le liste mi è salita una certa malinconia per quei giorni passati a dannarmi per riuscire a scrivere qualcosa (sì, lo so, prima vi dico che ho avuto la peggiore ansia e adesso vi parlo di malinconia, sono fatta strana, ormai lo sapete u.u''''), quindi ho deciso di non partecipare all'intera iniziativa, ma almeno di proporre qualcosa per le mie coppie principali preferite di questo fandom ^^ ♥.
Fatto alquanto comico, non volendo, la cronologia della coppie parte da quella che ho 'scoperto' per ultima e finisce con quella che ho 'scoperto' per prima... a me fa abbastanza ridere sinceramente xD.
Comunque! Adesso vi dico l'unico avvertimento su questo prompt e poi vi lascio alla lettura, sarà l'unico della lista pumpNIGHT, gli altri saranno tutti della lista pumpINK ^^.
Buona lettura e al prossimo prompt! ♥



Ps: Ma quanto mi sono divertita a scrivere di Gentile, non avete idea! xD




 

“Che vuoi Hernandez?”
Rispose così alla chiamata dell’amico, il libero Salvatore Gentile, mentre si fermava davanti alla porta di casa sua per poter cercare le chiavi dentro le tasche.
Perché ogni volta era convinto di trovarle in una determinata tasca, e quelle puntualmente non c’erano mai?
Già quello era abbastanza irritante, figurarsi poi quando Gino gli svelò il motivo di quella chiamata improvvisa…
“Tra una settimana è il 12 marzo”
“Sì, e quindi? C’è qualche partita che mi devo segnare, per caso?”
“Il 12 marzo è il compleanno di Shingo”
Salvatore si bloccò con la mano che ancora frugava dentro al giubbotto e con il borsone che, pian piano, iniziò a scivolargli giù dalla spalla.
Immaginava già cosa gli avrebbe detto dopo il biondo, quindi, prima che potesse riprendere il discorso, gli disse un delicato, pacato, gentile come lo era il suo cognome…
“Scordatelo”
“Ma non ho ancora detto nulla!”
Rise il portiere, aumentando il nervoso del libero.
“Non ce n’è bisogno, ti conosco e ti dico di già di no”
“Andiamo, che festa a sorpresa per Shingo Aoi sarebbe senza il suo migliore amico Salvatore Gentile?”
“… Hernandez”
“Sì, Salvo?”
“Spero ti possa arrivare una pallonata in faccia”


No.
Non ci sarebbe andato a quella dannata festa, e non aveva nessunissima intenzione di cambiare idea, fosse stata l’ultima cosa che faceva lui non ci avrebbe mai messo piede.
Non gli importava che Hernandez gli avesse dato dell’asociale.
Non gli importava nemmeno che Aoi ci sarebbe rimasto male… ma perché avrebbe dovuto, poi? Era risaputo che si stavano antipatici! Certo, non come un tempo, ma da lì a dire che erano migliori amici ce ne passava di acqua sotto i ponti…
Quindi non ci sarebbe andato.
E non avrebbe nemmeno avuto sensi di colpa a riguardo, ma proprio per niente!
… E, comunque, non avrebbe saputo cosa regalargli, ecco.
Che senso aveva presentarsi ad una festa a sorpresa senza un regalo adatto per il festeggiato?
Non lo aveva, questa era la verità.
Quindi sarebbe rimasto a casa sua.
Ecco.
… Sì.
… …
Sbuffò, affondando il viso per metà nella vaporosa sciarpa bianca che gli fasciava il collo, proteggendolo dal freddo che imperversava a Torino.
Anche volendo, non sarebbe riuscito a pensare a un regalo giusto per Shingo, perché non appena gli veniva in mente il volto sorridente del giapponese iniziava a sentire una stretta malinconica al cuore… si erano detti che la loro sfida sarebbe continuata, ed invece Aoi era andato all’Albese, mettendo così fine ai loro scontri sul campo, maledetta scimmia bugiarda!
Dire che l’aveva lasciato con l’amaro in bocca, era dire poco.
… Dire che moriva dalla voglia di rivederlo e giocare contro di lui, era dire poco…
Ma cosa poteva mai regalargli? Cosa si sarebbe aspettato Shingo Aoi da Salvatore Gentile?
Una sfida? Magari sarebbe stata apprezzata, anzi lo sarebbe stata sicuramente… però era il giorno del suo compleanno, ci sarebbe voluto qualcosa di più speciale… ma cosa?

Passando accanto ad un determinato negozio, tornando a casa dagli allenamenti, trovò senza doverci pensare troppo il regalo perfetto.


“Ehi, ma perché non si accende la luce?! Le lampadine bruciate le ho cambiate ieri!”
Borbottò il piccolo Aoi, continuando a schiacciare l’interruttore.
Che fosse saltata mentre lui era ancora agli allenamenti?
Prima che potesse andare a controllare il contatore, il suo sguardo fu attirato da un flebile bagliore che si stava man mano avvicinando a lui.
Tale bagliore proveniva da delle candeline.
La luce tornò proprio quando si stava girando a guardarle sorpreso, rivelando così tanti volti famigliari – c’erano persino Hyuga e Tomeya! – sorridenti che gli lanciarono addosso coriandoli, intonando allegri ‘tanti auguri a te’.
“Ragazzi…”
Bisbigliò commosso Aoi, guardandoli tutti uno per uno, fermandosi sul biondo portiere che teneva in mano il vassoio con sopra una grossa torta con le famose candeline.
“Buon compleanno Shingo!”
Gli augurò Hernandez e al piccolo giapponese vennero le lacrime agli occhi.
“Gino!”
Prima che potesse saltargli addosso per abbracciarlo stretto – e al diavolo la torta -, gli comparve davanti al volto qualcosa.
Un girasole, per la precisione.
Alzò lo sguardo stupito su chi glielo stava porgendo.
“Che fiore scegliere per il principe del sole, se non uno che segue il sole costantemente?”
Domando retoricamente, Salvatore, con un mezzo sorriso in volto.
Eccolo il suo famoso regalo.
Un girasole che portava allegria, proprio come la portava Shingo in qualunque luogo andasse.
Un girasole che simboleggiava la solarità, caratteristica principale di Aoi.
Un girasole che trasmetteva vivacità, così come la trasmetteva il sorriso del principe del sole.
Un girasole che era semplicemente perfetto per il piccolo giapponese.
Shingo accettò il fiore ricambiando il sorriso, con le gote che iniziarono ad imporporarsi leggermente mentre il libero veniva preso in giro dal portiere.

Chissà se lo sapeva, Gentile, che il girasole aveva anche un altro significato… il desiderio di voler trascorrere con la persona amata un certo periodo di tempo.




 

*
L'ultimo significato del girasole l'ho scoperto anch'io proprio oggi, mi è capitato letteralmente a fagiuolo ♥

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Capitolo 2
*** Portafortuna ***


Angolino della Robh: Buonasera a tutti! ♥
Sono riuscita anche oggi a scrivere il prompt per il writober, avevo dimenticato quanto fosse soddisfacente riuscire a scrivere entro il termine :3 ... se non vogliamo contare l'ansia, s'intende, ma oggi stranamente sono stata graziata da essa e ho scritto tranquilla, forse grazie anche ai personaggi O.o .
Vi è mai capitato di trovare quel personaggio con cui non avete problemi e su cui riuscite a scrivere all'istante? Ecco, per me quel personaggio è Hikaru, casco sempre nell'OOC anche con lui eh, ma mi viene di un facile mettere giù le parole quando scrivo su o di lui che mi lascia sempre una sensazione di tranquillità, non so perchè xD.
Comunque, in questo caso, grazie aquilotto ♥.
Buona lettura! ♥


Ps: Ma non trovate che Hikaru e Jun siano perfetti per i ruoli di papà e mamma della nazionale giapponese? *-*  *chiede una Robh abituata male da Haikyuu*



 

Il Brasile era una terra lontana chilometri e chilometri ma grazie alle parole e ai racconti di Tsubasa sembrava essere molto più vicino.
Mentre aspettavano – ancora dentro lo spogliatoio - di poter entrare in campo per iniziare ufficialmente quella nuova avventura del mondiale, Hikaru stava ascoltando molto volentieri l’amico insieme a tutti gli altri rapito dagli scenari, dalle esperienze vissute e dagli allenamenti che Ozora stava descrivendo, dando intanto delle veloci occhiate all’unico di tutta la squadra che non lo stava facendo.
Era da quando si erano svegliati in stanza che l’aquila del nord aveva notato delle stranezze nel principe del campo, sembrava avesse perennemente la testa tra le nuvole, sussultava quando veniva richiamato, non prestava attenzione a quello che gli succedeva intorno.
Cose non da Jun Misugi.
Così come non lo era nemmeno tremare – anche se impercettibilmente -, eppure così lo trovò quando il suo sguardo si spostò di nuovo su di lui che se ne stava in un angolino, seduto su una panchina.
Preoccupato, si staccò dal gruppo e gli andò vicino, chinandosi sui talloni per potergli vedere il volto nascosto dai capelli.
“Jun, ehi… Jun”
Lo chiamò cercando di far incontrare i loro sguardi, ma niente, Misugi era rinchiuso nei suoi pensieri e per farsi spazio tra di essi Matsuyama ricorse al tatto, passandogli una mano tra i fili castano chiaro.
Il principe sussultò e finalmente portò gli occhi nei suoi.
“Alla buon’ora”
Scherzò Hikaru, sorridendogli.
“S-Scusa, volevi dirmi qualcosa?”
“Va tutto bene Jun?”
“Sì… certo che sì, perché?”
“Beh, perché a vederti da fuori proprio non sembra”
Il contatto visivo s’interruppe sempre per volontà del giocatore dal cuore di cristallo, che preferì spostare lo sguardo sul pavimento piuttosto che sostenere ancora quello preoccupato dell’amico, portando nello stesso momento una mano a stringere la maglia sul lato sinistro del petto.
Forse l’aveva fatto senza pensarci, forse l’aveva fatto per abitudine, Matsuyama però si chiese se non gli facesse male, visto che compiva quel gesto sempre quando una nuova fitta colpiva il suo fragile cuore…
All’improvviso, Hikaru capì.
“Non c’è nulla di male a preoccuparsi, sai?”
“Uhm?”
“Tutti sarebbero preoccupati al posto tuo”
Con un cenno del capo gli indicò la mano sul petto, che strinse la presa sulla maglia quasi per riflesso.
Per dar tregua al suo cuore di cristallo dopo l’intervento fatto, Jun aveva dovuto stare fuori dal suo amato campo verde per del tempo, limitandosi ad osservare gli altri dalla panchina accanto all’allenatore, dando consigli e suggerimenti quando venivano richiesti.
Per poter giocare nella nazionale aveva dovuto fare degli esami, aveva dovuto aspettare il giudizio del medico, e quando finalmente era arrivato il via libera tanto atteso per lui era stata quasi come una festa.
Aveva potuto riunirsi a loro, aveva potuto riprendere gli allenamenti… ma una partita ufficiale – la prima, poi – non era un allenamento.
Era normale che si sentisse agitato, insicuro, che provasse anche un poco di paura che il suo cuore potesse fargli qualche scherzo di cattivo gusto dopo tanto tempo che se ne stava tranquillo.
“Vuoi parlarne un po’? Abbiamo ancora tempo”
Gli propose Hikaru con un sorriso incoraggiante, ma Jun scosse piano la testa.
“Sono solo pensieri e ansie stupide… passeranno non appena sarò in campo”
“Parlare potrebbe aiutare a farle passare prima”
Al nuovo diniego da parte di Misugi, Matsuyama sospirò, rimettendosi in piedi.
“Va bene, se vuoi continuare a fare il serio e composto principe del campo che non ha bisogno di aiuto io non sono nessuno per impedirtelo, ma lasciami fare almeno questo”
All’occhiata interrogativa del principe, l’aquila rispose tirando fuori dalla tasca dei pantaloncini la sua fidata amica di tante partite, la sua hachimaki.
Si sedette di fianco a lui, e prima che l’altro potesse chiedergli cos’avesse in mente, gli prese il braccio libero e ci legò la fascia bianca.
“Hikaru!”
“Se te la togli mi offendo”
“Ma… è la tua hachimaki…”
“In questa partita sarà il tuo portafortuna”
Il campione del nord gli sorrise ancora, facendogli l’occhiolino.
“Vedrai, con questa al braccio andrà tutto per il meglio”
Misugi avrebbe voluto protestare, ridandogli indietro quello che ormai era anche diventato il simbolo dell’aquila selvaggia del nord, ma davanti a quel sorriso dolce ed incoraggiante cedette, accennando ad un sorriso di rimando.
Matsuyama gli passò nuovamente una mano tra i capelli per scompigliarglieli un poco, poi si rialzò e Jun lo seguì, dato che era arrivato il momento di raggiungere il tunnel, e dopo di esso il campo da gioco.
Un portafortuna… non ne aveva mai avuto bisogno, non lui, non il principe del campo, pensò gettando un’occhiata all’hachimaki stretta al braccio… in quel momento, però, la presenza di quel portafortuna che richiamava la forza e la sicurezza dell’aquila selvaggia riuscì a calmare il battito del suo cuore di cristallo.

A fine partita, di nuovo nello spogliatoio, Hikaru si riavvicinò a Jun prima che questi potesse andare a farsi la doccia.
“Allora? Avevo o non avevo ragione?”
Gli chiese allegro, facendolo ridacchiare.
“Avevi ragione”
“Vedi principino? Fidati sempre di me e vedrai che non te ne pen-“
La parola gli si bloccò in gola, non appena percepì le caldi labbra di Misugi posarsi leggere sopra la sua guancia.
“Grazie di tutto Hikaru”
Mormorò questi - dopo essersi staccato – con un grosso sorriso ad illuminargli il volto chiaro, ripetendo a voce quello che aveva voluto dirgli con il gesto d’affetto.
Matsuyama annuì solamente, non sicuro di come la sua voce sarebbe uscita fuori con l’imbarazzo che provava al momento, già con le guance rosse – le sentiva incandescenti – non doveva essere un bello spettacolo… ma il principe, per fortuna, non sembrò farci caso, andando a farsi la doccia tranquillo dopo avergli restituito la fascia bianca.
Il campione del nord si appoggiò di schiena agli armadietti, rilasciando il fiato che gli si era bloccato nel petto non appena aveva sentito quelle labbra su di sé e stringendo forte l’hachimaki nel pugno.
Sorrise.
Il suo portafortuna non lo deludeva mai.

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Capitolo 3
*** Undici ***


Angolino della Robh: Buonasera a voi! ♥
Dunque... io lo sapevo che sarebbe arrivato questo giorno, lo sapevo, con il primo prompt mi era andata abbastanza bene perchè mi sono divertita grazie a quel musone di Gentile, con il secondo Santo Hikaru mi ha graziata, il terzo ovviamente doveva andarmi male! xD A ben pensarci però dovevo aspettarmelo, vi spiego anche perchè, quando sono uscite le liste ci ho mezzo mezz'ora (e no, non scherzo) a trovare un prompt adatto al ghiacciolino e al macaron, le bestemmie che mi sono uscite fuori perchè nessuno mi convinceva del tutto... e poi, eccolo, sotto il mio naso a prendermi per il sederotto... quindi forse era destino che dovessi sputare sangue, ingiurie e rompere i palloni a Serè nel metterlo giù, è maledetto. O.o
Mah, almeno sono soddisfatta di quel che ne è uscito fuori, giusto quello e basta. xD
Spero piaccia anche a voi, buona lettura! ♥



Ps: E a proposito di maglie, mi sarebbe dovuta arrivare quella della nazionale con il numero di TsuTsu adorato per il compleanno... ebay me l'ha persa per strada... *va a fare cerchietti per terra in un angolino*



 

Un immenso blu, scuro quanto quello delle profondità marine, non quanto quello della notte buia, si avvicinava al colore degli occhi del Kaiser quando il tempo peggiorava.
Uno sgargiante bianco, accecante quanto quello della neve invernale, non quanto quello delle nuvole leggere, era lo stesso della prima maglia indossata dall’artista del campo.
Questi colori erano entrambi macchiati da altri, il primo da del bianco – abbastanza ironico, non è vero? – e il secondo da del nero, ed entrambe queste macchie avevano la stessa forma.
Un undici.
Taro stava guardando con la testa affondata per metà nel morbido cuscino le due maglie delle nazionali, la sua e quella di Karl, in quel momento abbandonate con noncuranza dai proprietari sulla sedia della scrivania – eppure Misaki si ricordava che le avevano gettate per terra, la sera prima, doveva averle raccolte il biondo quando si era svegliato -, erano così diverse ma allo stesso tempo così uguali grazie a quel numero.
Il loro numero, che indossavano ogni volta che scendevano sul campo verde, svestendo i ruoli di amanti per indossare quelli di avversari per quei lunghi novanta minuti.
“Perché?”
Mugugnò, con la bocca ancora mezza nascosta nel guanciale, all’attaccante appena ritornato dalla cucina con in mano le tazze piene di thé.
“Sai, è un po’ difficile capirti con il cuscino di mezzo”
Ridacchiò Schneider, sedendosi vicino a lui sul bordo del letto e porgendogli la sua tazza.
Taro si tirò su, mettendosi seduto composto per poterla prendere e bere, e gli occhi azzurri di Karl vagarono per qualche secondo sul corpo dell’amante coperto a malapena a metà solamente dal lenzuolo, sotto di esso era completamente nudo…
“Perché il numero undici?”
Chiese di nuovo specificando il castano, riuscendo a distrarre il biondo dai suoi pensieri – tutti riguardo il centrocampista e la notte prima, se qualcuno se lo stesse chiedendo -.
“In che senso?”
“Di solito i capitani delle nazionali indossano tutti il numero dieci, perché tu hai scelto il numero undici?”
Dopo quella domanda anche gli occhi del Kaiser si posarono sopra le loro maglie e lì rimasero per qualche minuto, mentre il proprietario rimaneva in silenzio, riflettendo sulla risposta da dargli.
Alla fine, dopo aver preso qualche sorso della bevanda calda, alzò le spalle.
“Forse proprio per distinguermi dagli altri capitani”
“Forse?”
“Non ci ho mai pensato troppo in realtà”
“Uhm”
Mormorò Misaki, fissandolo attentamente da sopra la sua tazza.
“Cosa?”
Chiese Schneider, accennando un sorriso.
“Niente, niente… solo che potevi scegliere un altro numero per poterti distinguere, ecco”
“E perché?”
“Perché sono stufo che pensano all’undici solo come al numero di maglia del Kaiser”
Se prima, quando aveva iniziato a capire dove volesse arrivare l’artista, il sorriso sul suo volto si era allargato, adesso, dopo quella risposta, Karl scoppiò definitivamente a ridere, e le risate aumentarono quando Taro – broncio nascosto dalla tazza – gli diede del ‘maledetto frega numero’, tanto da fargli venire anche delle piccole lacrime a bordo degli occhi.
Era molto raro vederlo in quel modo, e l’immagine di quel prezioso momento si piantò come un chiodo nel cuore del castano, dove supponeva che sarebbe rimasta per un bel po’.
Sorrise, continuando però la recita dell’offeso e prendendolo giocosamente a calci.

Infondo, avere lo stesso numero undici sulla maglia aveva un che di romantico.

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Capitolo 4
*** Sogno ***


Angolino della Robh: Buonasera! ♥
Oh, e anche quest'anno sono riuscita (stranamente O.o) a mantenere il mio intento e ho scritto tutte e quattro le shot che mi ero prefissata, ammetto che sono un po' fiera di me dai. u.u
Ma secondo voi, potevo mica non finire in bellezza con i miei pargoli prediletti, ovvero Winnie-Gen e TsuTsu? Eh?! U_U 
Scherzi a parte xD, come mi è capitato con il prompt per Hikaru e Jun, appena ho visto questo nella lista ho pensato subito che fosse per Genzo e Tsubasa, era il loro e non ho mai avuto dubbi su questo grazie a quella bellissima scena che mi ha offerto l'anime Forever dove Tsu sull'aereo si sogna questo momento (sì, lo so che nel manga lo sogna Sanae ma sssshhh, non rovinatemi il momento >.>''''), non potete capire da quanto desideravo scrivere su quella scena e grazie a questo prompt ne ho finalmente avuta l'occasione, le piccole gioie insomma. ♥
Forse perchè appunto volevo scriverci sopra da tanto, o forse perchè è l'ultimo e sono stata graziata, ma anche questo prompt mi è uscito fuori abbastanza velocemente e senza troppi problemi, era da un po' che non scrivevo su di loro quindi mi sono anche divertita perchè mi mancavano, che vi devo dire, ci sarà un motivo se sono i prediletti eh. xD
Spero possa piacervi anche quest'ultima piccola shot, nel complesso è stato davvero piacevole partecipare anche quest'anno a questa iniziativa (mi aspettavo di peggio visto come ero conciata alla fine l'anno scorso) e spero sia stato così anche per voi da leggere. ♥
Grazie per avermi seguita fino alla fine e buona lettura! ♥


Ps: sono in anticipo, ma visto che domani non pubblicherò nulla di nulla ne approfitto ora per augurare a tutti un buon Halloween ♥



 

Lo stadio gremito di gente pronta ad urlare tutto il suo tifo.
Il campo verde diventato sempre più famigliare nel corso degli anni che erano passati.
Il rivale della sua infanzia che era diventato amico prezioso, rimanendo sotto sotto comunque il suo rivale più grande.
Solo il numero sulla sua maglia rossa e blu era diverso, era un ventotto invece che il solito dieci ma non era così importante, almeno a Tsubasa non importava molto, visto che stava finalmente realizzando il suo sogno.
Aveva dovuto aspettare per farlo, aveva dovuto faticare com’era ovvio che succedesse, aveva avuto un cedimento che avrebbe potuto mandare all’aria tutto quello fatto fino a quel momento, ma era riuscito a superarlo, era andato avanti ed ora eccolo arrivato lì con la sua maglia del Barcellona, davanti a Wakabayashi che indossava la sua dell’Amburgo, a giocare finalmente il seguito della loro prima sfida dove tutto era cominciato, Nankatsu vs Shutetsu.
L’adrenalina pura gli scorreva nelle vene e gli avversari se ne accorsero tutti – così come era successo ai suoi compagni dentro lo spogliatoio – mentre si scambiarono i saluti iniziali, questa unita al sorriso talmente luminoso da poterlo scambiare per quello di un bambino la mattina di Natale portarono Genzo a ridacchiare, quando si scambiarono la stretta di mano.
“Mi sbaglio io o sei più entusiasta del solito?”
Gli domandò approfittando del momento, e tale domanda riuscì addirittura a far allargare ancora di più il sorriso sul volto dell’altro.
“Ho sognato questo momento da tanto tempo”
Il centrocampista non lo sapeva, ma con quella frase appena pronunciata aveva segnato il primo goal di quella partita.
Dritto al cuore del SGGK.
Il portiere sentì l’organo perdere un battito, prima di iniziare a battere tenendo un ritmo frenetico come se fossero già nel mezzo della sfida, e le gote iniziarono leggermente a colorarsi  di una prima tonalità di rosso, ma riuscì a mascherare entrambi abbastanza bene grazie al suo fidato amico cappellino che calò un poco sul volto, abbastanza da nascondere il rossore, non troppo per poter lasciar libero il sorrisino che indossò.
E così, il suo caro capitano di nazionale lo aveva sognato, aveva sognato loro due tornare a giocare insieme da rivali… interessante, chissà cos’avrebbe pensato, come avrebbe reagito se avesse saputo che anche Genzo aveva sognato su loro due insieme, ma in modo diverso.
Chissà se anche il suo sogno si sarebbe realizzato come quello di Ozora.
Chissà qua, chissà là… sempre quelle erano le domande, però non era il momento giusto per farsele, non con il centrocampista ancora davanti a lui.
“Credevo che nei tuoi sogni puntassi più in alto”
Lo stuzzicò, guardandolo da sotto il capellino.
“Quello sempre, ma questo era quello a cui tenevo di più”
Ed ecco che arrivava anche il secondo goal con tutta la genuina spontaneità e dolcezza di cui Tsubasa era sempre stato capace.
“Aaaah, meglio che raggiunga la mia porta prima che tu mi metta k.o. prima del fischio d’inizio”
“Di cosa stai parlando?”
“Niente, niente, tranquillo”
“Ma- Wakabayashi!”
Urlò dietro all’amico che gli aveva dato le spalle per raggiungere la sua postazione.
Quello alzò una mano per fargli un cenno rassicurante.

Tutto quello non faceva altro che alimentare sempre più il suo sogno.
Sarebbe riuscito a realizzarlo, alla fine?
Chissà perché, ma stranamente pensava di sì.


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