Bravi a cadere

di RaElle
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'informatore ***
Capitolo 2: *** Dolcetto o scherzetto? ***



Capitolo 1
*** L'informatore ***


17 ottobre
01.39
 
Bokuto si tirò la sciarpa fin quasi sul naso, al di sopra della mascherina, meravigliandosi del freddo che già imperversava agli inizi di ottobre.
Si era concesso qualche sguardo di sfuggita mentre camminava, ma la città buia gli aveva rimandato solo le deboli luci dei pochi locali, e ogni tanto erano i fari di qualche macchina di passaggio a illuminarlo.
Il cappotto scuro lo faceva sparire nella sera, nell'inquietudine e nell'oscurità di quel posto fatiscente.
Girò l'angolo, abbandonando la via principale della città, e si infilò in una stradina secondaria.
Conosceva quel posto a memoria, e anche se non poteva vedere tutto bene, sapeva che alla sua destra c'era un terreno abbandonato da tempo, con erbacce incolte e bottiglie di alcolici, mozziconi di sigaretta e qualche cartone sudicio, che fungeva da letto improvvisato di qualche senzatetto.
Alla sua sinistra, c'era quel che rimaneva di una vecchia fabbrica ormai in disuso, dimora non dichiarata dei tossici e spaccini che pullulavano nella zona.
Bokuto conosceva più che bene quel posto, avrebbe quasi osato dire di essere un cliente abituale..
Il muro esterno era stato imbrattato per la prima volta non si sa quanto tempo addietro: una grossa conchiglia scura capeggiava sulla parete e sulle finestre fino a raggiungere il tetto della struttura. 
A Bokuto non dispiaceva quel graffito, gli si era quasi affezionato. 
L'aveva fatto sparire la prima volta, e anche quel muro dimenticato dal mondo intero era tornato bianco e intonso, così come doveva essere in principio. 
Tempo una settimana, e la conchiglia era lì, fresca di pittura. 
Bokuto non aveva potuto fare a meno di congratularsi mentalmente con l'autore di quell'arte ancora così poco compresa, ma non poteva voltare le spalle al proprio dovere. 
Fece ridipingere la facciata, una volta, due, tre, e la quarta beccò in flagranza di reato il colpevole, con tanto di borsone di bombolette spray aperto lì accanto a lui.
L'imbrattatore non portava la mascherina. 
"Non c'è nessuno", fu l'unica cosa che disse Keiji Akaashi quando Bokuto glielo fece notare. 
Bokuto aveva estratto dalla propria tasca una mascherina inutilizzata, e l'aveva allungata al ragazzo mantenendosi distante. E solo allora tirò fuori anche il suo distintivo, sorprendendo non poco il giovane. "Dovrei farti la multa, peccato che io sia qui solo di passaggio e non sono in servizio. Altrimenti dovrei fartene un'altra salatissima per questa roba. Ti conviene interrompere subito la tua opera d'arte", gli aveva detto indicando la conchiglia in fase d'opera. 
 
Bokuto provò a fare mente locale, ma non ricordava quante volte avevano fatto ridipingere quel pezzo di muro. Lo trovava inutile, passavano i mesi ma la conchiglia tornava a capeggiare in tutta la sua maestosità su quel vecchio fabbricato. 
Strano ma vero, Bokuto non aveva mai venduto l'identità del ragazzo in distretto.
Si limitava ogni tanto a fare un salto senza impegno, irrompeva nell'azienda abbandonata come un corvo che scendeva in picchiata su una preda, e assisteva alle peggio fughe: gli spacciatori si riconoscevano subito, avevano un agilità incredibile e guadagnavano le uscite in pochi secondi; chi invece usufruiva dei loro servigi faceva più fatica anche solo a camminare. 
Ogni serata un arresto, Bokuto aveva preso a noia tutta quella situazione così ripetitiva.
L'unica prospettiva piacevole era la chiacchierata con Akaashi.
Poteva quasi dire che fossero ormai in confidenza, ma quel tipo era così sfuggente, solitario... viveva alla giornata, se trovava un lavoretto lo portava a termine, e poi di nuovo nel fabbricato a pensare a cosa avrebbe fatto il giorno dopo. 
"Smettila di entrare in casa mia, non sei il benvenuto" sbiascicava sempre Akaashi quando se lo vedeva piombare vicino. 
Anche quella sera l'aveva guardato male, ma non disse nulla a riguardo. "Sei fuori servizio" aveva detto soltanto, buttandosi sul letto e sprimacciando il cuscino, prima di tuffarcisi sopra. 
Akaashi dormiva su un letto di fortuna, forse l'unico materasso presente in tutto l'edificio.
Era l'unico a usare quel posto come una casa, gli altri erano soliti occuparlo solo per le loro compravendite, consapevoli che quel luogo era diventato inaffidabile dal momento in cui quel particolare poliziotto aveva iniziato a frequentarlo. 
"Sì, sono fuori servizio" confermò Bokuto, guardandosi attorno. "Senti Akaashi, posso chiederti se hai notato qualcosa di strano, negli ultimi giorni?" 
Il ragazzo riemerse da sotto le coperte, vagamente curioso. "Tipo?" 
"Non so, qualcosa di diverso. Qualcosa di fuori dal normale". 
"Se parli dei nuovi spacciatori della zona, spiacente. Non parlerò-"
"Per carità, quali spacciatori!" lo interruppe subito Bokuto, scuotendo la mano con un gesto annoiato, prima di ricordarsi... "Anzi, in effetti è da un po' di tempo che volevo chiederti, non è che tu ti servi dei loro, ehm, prodotti?"
Akaashi avvertì le guance tendersi in quello che doveva essere un principio di sorriso, nel vedere Bokuto così ansioso, ma si diede un contegno. "Mi avvalgo della facoltà di non rispondere", replicò atono. "Comunque di cosa parlavi? È qualcosa che ha per caso a che vedere con i Negazionisti della mascherina?" 
Bokuto saltò sul posto, gli occhi che brillavano. "Esatto! Proprio loro! Allora, cosa sai?! Dimmi, dai!" fece, ignorando la non risposta alla domanda così delicata che gli aveva posto poco prima. 
Akaashi si lasciò travolgere dal fiume in piena, chiedendosi come facesse quel ragazzo a passare dall'essere un tipo così volubile ad una furia scatenata nel giro di mezzo secondo. 
Scosse la testa: "Ne ho solo sentito parlare al telegiornale, non pensavo che fosse il tuo distretto ad occuparsene". 
Bokuto, così come si era emozionato all'idea di avere un indizio, sentì il proprio entusiasmo scemare, fino a sparire del tutto. "Ah".
"Già". 
Bokuto alzò le spalle, prima di lasciarsi ricadere sul letto vicino al ragazzo, costringendolo a piegare le gambe per fargli spazio. "Comunque no, grazie al cielo non è il nostro distretto a occuparsene... è per un mio vecchio allievo, che sta da tutt'altra parte. Mi ha chiesto aiuto ma non so nemmeno da dove cominciare per dargli una mano". 
Si passò le mani sulla faccia, per schiarirsi le idee, ma non gli venne in mente nulla. Brancolava nel buio più totale.
"Che cosa sapete di questo caso?"
Bokuto sorrise, ma avrebbe tanto voluto piangere dalla disperazione. "Nulla di più di quanto dicono i telegiornali. C'è qualche esaltato che sta assaltando tutti i carichi di mascherine, l'unica cosa che posso dirti è che temiamo che si sia già fatto un seguito. Gente che vuole emularlo, altri Negazionisti insomma. Uno solo non può aver fatto tutto quel casino, coi negozi che scoprono le loro scorte distrutte, aziende messe sotto scacco, produttori disperati. Non sappiamo nulla di più", disse, sdraiandosi di traverso a sua volta. "Certo che un altro letto qui mi farebbe comodo!"
"Non hai una casa in cui dormire?"
"Certo che ho una casa! E pure un mutuo ventennale!" ribatté stizzito Bokuto, balzando in piedi e guardandolo storto. "Se scopri qualcosa, sei pregato di dirmelo".
Akaashi distese di nuovo le gambe sul letto nuovamente libero. "Per chi mi hai preso?"
Bokuto si limitò a guardarlo di sfuggita, prima di tirare fuori dal letto il borsone di bombolette spray, e prenderne una in mano. "Trovo affascinanti i graffiti, peccato che io non abbia la mano dell'artista. Non so perché continui a disegnare in giro per la città conchiglie, ma so che mi piacciono. Giro e mi dico toh, «Akaashi è stato qua», perché sarebbe impossibile non riconoscerti" e nel dire questo, gettò la bomboletta nella borsa, tornando a guardarlo. "Eppure mi stai simpatico, quindi mi limito a far ridipingere i muri, ignorando le richieste dei miei superiori di fare il nome di chi imbratta la città intera. Faccio finta di non saperlo. In cambio ti chiedo solo un aiuto, se vedi qualcuno, o qualsiasi cosa che ti sembri fuori dal normale... ecco, se noti qualcosa dimmelo".
Akaashi si nascose sotto le coperte, impassibile.
"Cosa sono, il tuo informatore?"
La voce giunse a Bokuto ovattata, lontana. Si avvicinò al letto e scostò le coperte, scoprendo di nuovo il ragazzo.
"Da oggi, sei ufficialmente un mio informatore. Beh, sei anche l'unico, ma sorvoliamo!" disse di nuovo col sorriso.
Akaashi sbuffò, guardandolo. "Un detective che ha bisogno di qualcuno che gli dia informazioni... non è un controsenso?"
"Magari fossi un detective! Sono solo un poliziotto, un semplice e banale poliziotto che non riesce nemmeno a tenere pulita una città, dannate conchiglie!"
Akaashi ignorò la frecciatina, e si coprì di nuovo fino al collo con le coperte di fortuna. "Certo, se mai vedrò qualcuno bruciare una mascherina, saprò a chi rivolgermi", disse con uno sbadiglio finale. 
Bokuto guardò l'ora sul suo cellulare, e si rese conto che era un orario indecente. "Ti ho trattenuto anche troppo, comunque non scherzo, se vedi anche una sola cosa che ti sembri strana, dimmelo". 
Akaashi non rispose, e sentì i passi leggeri di Bokuto allontanarsi piano dal suo letto. "Hei, detective," lo richiamò piano, gli occhi chiusi e il sonno che incombeva: "Sono un artista di strada, terrò gli occhi aperti. E no, non faccio alcun uso di droghe".
Akaashi non lo vide mai, ma Bokuto rilasciò un sospiro di sollievo dietro la mascherina che indossava. 
E a proposito di mascherine... 
Ora aveva qualcuno con cui dividere il lavoro. 
 
 
#Non riesco a fare a meno di scrivere di un Akaashi accostato alla droga e a Bokuto che di conseguenza si preoccupa per lui! 😂 
Comunque non è questo il tema di questa mini raccolta - e grazie tante! - ma la mascherina! O i negazionisti, chissà! 
Saranno tre capitoli leggeri, quindi tre coppie di personaggi. 
Il prossimo capitolo dovrebbe essere su Hinata e Kenma, e l'ultimo su Ushijima e Oikawa, tutti e tre come brotp. O almeno ci provano ad essere amici!
 

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Capitolo 2
*** Dolcetto o scherzetto? ***




31 ottobre 
20.09


Kenma appoggiò le gambe sul cruscotto della macchina, cercando di reprimere uno sbadiglio.
Era lì da quasi due ore, l'insistenza di Hinata li aveva fatti arrivare sul posto prefissato con ore di anticipo sulla tabella di marcia.
Si portò una mano sulla bocca e vi nascose dietro lo sbadiglio, incapace di trattenersi oltre. 
Quel giorno non era come gli anni precedenti.
Tutto quel periodo era una novità per lui, la pandemia, le mascherine, la vita che pian piano veniva dimezzata a suon di decreti e restrizioni. 
Kenma non era particolarmente amante della vita sociale, preferiva di gran lunga starsene chiuso in casa sua, quando il lavoro non lo richiedeva. E meno male che il suo era un lavoro d'ufficio, la vita estrema e movimentata di Hinata non faceva per lui. 
Per un asociale come lui, tutta quella situazione di clausura forzata era una manna dal cielo. 
Hinata non era dello stesso parere. 
Hinata era il suo opposto, godeva della vita e di ogni singola opportunità che gli veniva data, rigirando quando poteva a suo favore le avversità che la vita stessa gli riservava. 
Per questo si era messo un lenzuolo bianco addosso, aveva formato due buchi all'altezza degli occhi e... "sono un fantasma!"
Nonostante avesse quasi 28 anni e un distintivo che faceva di lui un agente di polizia degno di rispetto, la sua parte infantile prevaleva spesso e volentieri. 
Kenma ne era affascinato e sconvolto allo stesso tempo. Come faceva quel tipo a essere così allegro? Quel lavoro gli aveva fatto conoscere i lati meno belli della società, eppure Hinata non si lasciava abbattere troppo. 
Persino quella sera, in quello che doveva essere un controllo di routine, Hinata era stato capace di vedere oltre. 
Quello non era un semplice controllo, e soprattutto non era una giornata qualunque. 
Nella via che separava le villette di quella città, bambini travestiti a festa si erano riuniti per strada, scambiandosi opinioni e guardando ciascuno nel cesto dell'altro. 
Non potevano osare oltre. 
Kenma tornò a guardare dal finestrino il proprio partner, il lenzuolo bianco che strusciava per terra formando un bizzarro strascico al suo seguito. 
Qualche secondo prima Hinata aveva scambiato due parole con i bambini festanti del quartiere, mantenendosi a debita distanza, e solo poi si era deciso ad avviarsi verso quella che era la residenza del controllo che avrebbero dovuto eseguire.
Prima di suonare il campanello, Hinata si buttò sulle mani un abbondante colata di gel disinfettante, presente davanti al portone della villa in un comodo dispenser.
Anche i maniaci sono previdenti? si chiese Kenma, stupito da quella accortezza.
Quando la luce si accese oltre la porta, Kenma abbassò il finestrino dell'auto per sentire meglio ciò che avveniva, urla dei bambini permettendo.
Ma nessuno aprì la porta. 
Hinata non capiva, continuava a guardare verso la macchina e a chiedersi come procedere ora.
Perché non aprivano?
Se lo stava chiedendo anche Kenma, quando furono entrambi richiamati dal rumore delle tapparelle del primo piano che venivano alzate.
Hinata si spostò dalla porta fino a giungere davanti ad una mano guantata che spuntava da dietro la finestra.
L'uomo, che si era messo la mascherina pur sapendo di non poter uscire, teneva tra le dita un piccolo sacchetto pieno di dolciumi da dare ad eventuali dolcetto o scherzetto che gli fossero stati rivolti.
Kenma distolse lo sguardo, a disagio, tornando a guardare il gruppetto di ragazzini che andava disperdendosi in mezzo alla via. 
Quel bastardo era riuscito a trovare un modo ingegnoso per poter comunque interagire con i bambini.
Ripensandoci, non potevano recriminargli nulla.
Dopo aver scontato la sua lunga pena per aver abusato di un paio di bambini, decenni prima, era uscito di prigione giusto in tempo per essere rinchiuso in casa per il lockdown dato dalla pandemia che aveva colpito il mondo intero.
Quella sera lui e Hinata dovevano essere sicuri che l'uomo non approfittasse della festa e della calca di bambini per allungare le mani, ma per quel poco che Kenma aveva visto, non aveva trasgredito. Hinata aveva fatto le cose in grande, invece del solito controllo aveva preferito provare in prima persona quali potessero essere le sue azioni di fronte ad un bambino. 
L'uomo, invece, si era limitato a passare i dolci dalla finestra senza tentare alcun approccio. 
"Non ha fiatato, e mi ha veramente scambiato per un bambino" disse Hinata rientrando in macchina e chiudendosi dietro la portiera, col pacchetto tra le mani. "Comunque penso che sia fuori gioco ora e per sempre. Non si reggeva quasi neanche in piedi" e nel dire questo, strappò di netto la busta di cartone per controllarne il contenuto. 
Erano almeno una decina di diversi dolciumi, dalle caramelle gommose ai chewing gum, dai lecca-lecca ai cioccolatini. "Dici che ha messo la testa a posto?" chiese Hinata, indicando con un gesto della testa la casa. 
L'uomo aveva riabbassato le tapparelle e aveva spento le luci, ma a Kenma non sfuggì un movimento dalla finestra del piano superiore. La tenda, visibile dalla sua posizione, si muoveva un po' troppo secondo i suoi gusti.
"Dico che l'età gli impedisce l'azione, ma non ha perso il vizio..."
Hinata si tolse di dosso il lenzuolo e lo buttò sui sedili posteriori, rimise alla meno peggio i dolci nel sacchetto e se lo mise vicino ai piedi. "Al primo bidone fermati, mi sento il disgusto addosso anche solo per averlo guardato negli occhi", disse, esortando così il collega a mettere in moto la macchina.
"Co-come ti senti, Kenma?" gli chiese Hinata dopo poco, schiarendosi la voce e fingendosi disinteressato. 
"Bene", fu la risposta di Kenma, che tutto voleva tranne iniziare un qualsiasi discorso, men che meno quello. Voleva solo finire il turno, andarsene a casa e farsi una doccia lunga tutta la notte. La nausea gli era presa nel momento in cui aveva saputo che toccava a lui fare quel controllo, ma Hinata, captando il suo stato d'animo, aveva preso le redini del gioco e aveva fatto tutto da solo senza mai chiedergli niente. "Grazie" si limitò a dirgli, racchiudendo in quella parola tutto l'affetto che poteva provare nei suoi confronti. 
Hinata sorrise, guardando fuori dalla finestra la città immersa nell'oscurità. "Per un amico, questo e alt-" 
Il suo cellulare vibrò qualche secondo interrompendolo, illuminando l'abitacolo. Hinata lo prese in mano e accettò la chiamata di Bokuto. 
"Hey hey hey, Hinata!" lo salutò la voce entusiasta di Bokuto, ora messo in vivavoce. 
Kenma strinse leggermente gli occhi, infastidito da tutta quella allegria. Ma cosa avevano, tutti quanti? 
"Ho una notizia per te!" stava dicendo intanto Bokuto dopo aver chiacchierato del più e del meno, e anche Kenma tornò all'ascolto, già più interessato di prima. 
"Il tipo che sta creando il panico con le mascherine dovrebbe colpire, non si sa quando, so solo che avrà a che fare con un albero di natale". 
Stava scherzando? Kenma fu sul punto di chiederlo, ma si zittì quando Bokuto riprese a parlare. 
"Un informatore mi ha detto che sono stati affittati vari capannoni destinati allo stoccaggio delle mascherine in arrivo da oltreoceano, il punto è che questi capannoni sono sparsi in tutto il Giappone. Non saprai mai dove sarà di preciso. Ma il vero problema è che-" e per un istante di troppo, la voce di Bokuto si fece confusa, come se ci fosse stata un'interferenza. 
"Cos'hai detto?" chiese allarmato Hinata, che fino ad allora aveva ascoltato il tutto con una concentrazione irreale. "Bokuto-san, ripeti, non abbiamo sentito!" 
"Ho detto che ci sarà un albero di natale, credono che-" ma ancora una volta, la voce oltre il telefono si fece distante. 
"No, questo l'abbiamo sentito! Cosa dicevi a proposito di un qualche problema coi capannoni!"
Hinata attese una risposta, finché non cadde la linea. 
Provò a richiamare, ma il telefono di Bokuto risultava spento. 
"Cosa vuol dire che ci sarà un albero di natale?" chiese Kenma, accostando vicino al distretto. "Noi neanche lo festeggiamo, il Natale". 
Hinata era sovrappensiero, non lo stava ascoltando. 
Tirò fuori la mascherina nuova dalla tasca della sua felpa e se la mise, uscendo dalla macchina. 
Kenma seguì a ruota i suoi movimenti, e una volta all'aperto, vide il giovane collega buttare via con palese soddisfazione il regalo di quel bastardo, insieme al lenzuolo che aveva usato per diventare un fantasma. 
"Non lo so Kenma, so solo che adesso possiamo lottare. E anche se ci possono prevedere... noi possiamo lottare! Quindi qualsiasi capannone, qualsiasi albero di natale sospetto o meno che sia, andrà controllato!" 
Kenma si ritrovò il pugno di Hinata piazzato in mezzo all'aria, e dopo un primo secondo di smarrimento, sorrise alzando a sua volta il proprio pugno avvicinandolo a quello del collega, senza però colpirgli la mano. 
"Distanziamento" disse solamente, incamminandosi verso il distretto. "Se non diamo noi il buon esempio..."



#In una puntata di Law e Order SVU i detective facevano visita a casa di un noto pedofilo nella serata di Halloween, dicevano la formuletta "dolcetto o scherzetto" e quando il tipo ha aperto la porta per (suppongo) consegnare i dolci, veniva arrestato, anche se solo per una notte. Anche solo per aver provato ad avere un rapporto con dei bambini... da lì parte l'idea di questa visita veloce che Hinata e Kenma fanno a questo tipo.
C'è una citazione di Hinata leggermente rivisitata, un dolcetto per chi la coglie 🍪

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