Memories

di Novelist Nemesi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** New Jersey ***
Capitolo 2: *** Risarcimento ***
Capitolo 3: *** Rivalità ***
Capitolo 4: *** Pausa ***
Capitolo 5: *** Assenza ***
Capitolo 6: *** Viaggio ***
Capitolo 7: *** Aiuto ***
Capitolo 8: *** Nuovo ***
Capitolo 9: *** Libertà ***
Capitolo 10: *** Metà ***
Capitolo 11: *** Ritrovo ***
Capitolo 12: *** Back To Home ***



Capitolo 1
*** New Jersey ***


Fratellone, quando sono nato eri contento?
Che domande! Assolutamente no!
Anch’io ti voglio bene, fratellone!

All’ennesimo richiamo del professore, e alle ennesime risate dei compagni, non poté che rifugiarsi dietro il suo libro e fare finta di nulla, come faceva sempre. Era sempre abituato a mettersi in secondo piano, e sentirsi tutti quegli occhi puntati addosso era snervante, per lui. Con falsa naturalezza si pulì gli occhiali e cercò di ascoltare le noiosissime parole del professore sulle conquiste di Napoleone.
Contò secondo per secondo il tempo rimanente al suono della campana. Non vedeva l’ora di andarsene.
La cosa che preferiva della scuola era senza dubbio la campana che segnava la fine delle lezioni. Almeno per quel giorno.
-Ehi, Mikey!-
Mikey, 15 anni, fisico snello, alto e con gli occhiali, con aria svogliata rispose al saluto del suo amico fin troppo allegro e socievole.
-Oggi sei un po’ fiacco. Ti ha scaricato una ragazza?-
-Tu, piuttosto? Oggi non te la spassi con Jamia?-
-Questo lo dici tu!- rispose il suo amico con aria risoluta –Il sottoscritto ha organizzato una mega cena solo per la coppia più bella del mondo!-
-Non sapevo che fossi un fan di Topolino e Minnie-
-Aaaaaah, questo è il Mikey che conosco! Non è che tu e quello scemo di tuo fratello riuscite a…-
Il ragazzo ricevette una botta in testa, abbastanza pesante, da parte di uno zaino abbastanza pesante.
-No, Frank, mi spiace- rispose il ragazzo che lanciò lo zaino –Oggi lo scemo e suo fratello non hanno tempo per le tue sciocchezze-
-Sempre il solito!- sbuffò Frank.
Anche se si erano trasferiti da poco in quella località tranquilla che era Belleville, i due fratelli Way ancora non si abituavano. Non digerivano granchè il cambio d’aria, soprattutto il maggiore, Gerard, 18 anni, un fisico cicciottello e trasandato, all’apparenza per niente socievole. Rispetto al fratello, all’apparenza più calmo e posato, sembravano un’accoppiata decisamente strana. E l’unico a cui davano più confidenza era quel concentrato di follia di Frank, 14 anni, col sorriso perennemente sulle labbra, che non stava mai fermo un momento, e non passava certo inosservato.
Insomma, nonostante tutto, le cose scorrevano bene.
-Siete degli asociali!- sbottò Frank –Io vi propongo un giretto nella meraviglia che è Belleville, e voi mi liquidate con un “abbiamo da fare”! ma chi me lo fa fare di starvi appresso?-
-Infatti, Frank- disse con calma Mikey –Non dovevi organizzare una bellissima cenetta romantica col tuo amore?-
-Ops, vero- disse Frank cadendo dalle nuvole –Ma non credere. Tornerò…-
Vederlo saltellare dappertutto, sparire allegramente all’orizzonte, fece scappare un sorriso intenerito a Gerard –In fondo è un bravo ragazzino- disse sospirando.
Mikey non lo ascoltava granchè, anche perché suo fratello prese a canticchiare. Era un hobby che aveva da sempre, una cosa che faceva sin da piccolo con la nonna, la sua migliore amica senza dubbio.
Ciò che, comunque, catturava l’attenzione di Mikey era un cartellone pubblicitario. Se ne accorse anche Gerard.
-Mikey? Tutto okay? Cosa guardi?-
-Uh? No, niente, solo un’occhiata…-
Ma quando il fratello voleva sapere una cosa niente lo fermava –Oh, il concerto degli Smashing Pumpkins a New York… Ci andrai?-
-Non ho raggranellato abbastanza soldi… E poi lo sai che la mamma non vuole… Uffa, vorrei tanto andare a New York, così andrei a tutti i concerti che voglio senza dovermi guadagnare i soldi da solo per il biglietto…-
-Ah, sì? Vorresti andare a New York solo per questo?-
-Anche. New York apre la porta a mille e più possibilità, e poi mi piace come città. Sempre meglio di questo buco del New Jersey, chissà che ci trova Frank di tanto bello…-
-Ho capito- rispose Gerard sorridendo in modo furbo –Vorrà dire che ci trasferiremo a New York quando avrò sfondato come fumettista- fece un occhiolino al fratello, e non poté che ottenere un sorriso. Anche se non lo davano molto a vedere si adoravano. Mikey, soprattutto, adorava suo fratello. Lui diceva spesso che per lui era una disgrazia averlo come fratellino, ma in realtà se ne volevano di bene, eccome. E poi suo fratello a volte sembrava così sfuggente… Spesso se ne stava per conto suo a disegnare oppure passava gran parte del tempo con la nonna.
Tornarono a casa con una gran fame, pranzo pronto sul tavolo, TV accesa e i volti sorridenti dei loro genitori e di sua nonna.
-Bentornati! Com’è andata oggi?-
-Uhm, non male… Tutto come sempre…- rispose subito Gerard. Sì, era abbastanza scontroso alle volte. Forse era solo la pubertà. E poi anche Mikey spesso rispondeva così.
Per gran parte del tempo non fecero che mangiare, ascoltando le notizie dei telegiornali. Si sentivano anche i primi lampi: avrebbe piovuto anche quella giornata, ormai l’inverno era arrivato e presto avrebbero visto anche i primi fiocchi di neve.
-Ah, domenica prossima io e la mamma non ci siamo-
-Ah ah- risposero i due fratelli in coro mentre mangiavano-
-E anche la nonna non ci sarà-
-Ah ah-
Il padre li guardò maliziosamente e diede una pacca sulla spalla del maggiore –E allora, non siete contenti?! Alla vostra età se i miei non erano a casa organizzavo festini!- ma la faccia di Gerard fece dimenticare presto quella battuta. Anzi, gli scappò anche una lamentela.
-Ehm, tutto okay, sono solo stanco… Vado a riposare…-
Mikey però aveva captato qualcosa di più. Finì il pranzo velocemente e se ne andò con la scusa di studiare. Invece, cercando di non far rumore, senza nessuna ragione, andò nella camera del fratello. Una stanza piccola, strapiena di oggetti strani o legati ai vampiri, che tanto adorava suo fratello, o di fumetti. Per non parlare del tavolo su cui si metteva a disegnare: nel perenne caos. Come facesse a trovare tutto ciò che gli occorreva lì sopra era un mistero.
-Fratellone…-
-Che c’è…?- rispose svogliato Gerard
-Tutto okay?-
-Mh mh…-
-Non è vero…-
-Mikey…-
-Dai, a me lo puoi dire-
-Ma non è niente. le solite cose-
-Solite cose? Quindi…-
Gerard non gli lasciò il tempo di finire e si tolse la maglietta, sdraiandosi poi a pancia in giù, lasciando in mostra il motivo per cui si lamentava della pacca: un livido non indifferente si era formato sulla spalla.
-Chi te l’ha fatto?-
-Uno della quarta sezione…- affondò la testa nel cuscino –Non vedo l’ora di diplomarmi… Ah, Mikey, non dirlo a mamma e papà, né tantomeno alla nonna. Intesi?-
-Intesi-
Sorrise, gerard, per ringraziarlo –Grazie…-
-Sbrighiamoci ad andare a New York, okay?- disse con un sorriso Mikey
-Sì, sì… Però non cominciare ad assillarmi, eh?- rispose gerard ridendo
-Però, se andassimo quanto prima a New York, noi…- lo squillo di un telefono interruppe la conversazione. Quello di Mikey. Vide di chi era la chiamata: Frank. E che voleva adesso?
-Sì?-
-Ehilà, Mikey! Come butta?-
Che tipo strano… -A dire il vero, ho appena finito di mangiare. Come mai mi hai chiamato?-
-Oh, bè, io non mi scordo mai degli amici…-
-Frank…- lo canzonò Mikey –Non chiami mai a quest’ora senza ragione. Che è successo?-
-Ah, ma la sai l’ultima? Indovina dove sono?-
Ma perché era così… Ingenuo, alle volte?
-Non lo so, Frank… Dove sei adesso?-
-Non c’è proprio gusto con te…- Mikey poteva giurare che in quel momento Frank stesse facendo il broncio –Comunque sono all’ospedale- disse poi con tranquillità
-E perché?-
-Io sto bene, ho solo quasi rotto la testa a uno!-
-Quasi rotto?! Ma sei cretino?!-
-Il punto è che mi sa che questo vuole che gli pago i danni. Visto che non ho un soldo, mi chiedevo se da buoni amici potevate aiutarmi…-
-Ma Frank…-
-Dai, vi aspetto qui! Tanto a quello lo stanno ancora visitando!- riattaccò senza lasciare il tempo di replicare. Ovviamente Mikey aveva una pessima espressione in viso, e Gerard si fece spiegare tutto.
A quel punto, c’era poco da fare: di corsa all’ospedale a vedere che cavolo aveva combinato per l’ennesima volta chel pazzo di Frank.

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Capitolo 2
*** Risarcimento ***


Arrivati in ospedale videro subito il loro amico Frank, che batteva il piede sul pavimento spazientito. Si avvicinarono, quasi con cautela, ma frank li notò lo stesso e li saluto a braccia aperte.
-Niente convenevoli, Frank. Cos’hai combinato?- disse mikey tagliando corto.
-Bè, niente… Ero tornato a scuola perché avevo scordato Pansy in classe-
-Chi?-
-Pansy-
-E chi è?-
-La mia chitarra, nonché mia amante. Tranquillo, Jamia se n’è fatta una ragione-
Gerard e Mikey guardarono in maniera molto strana il loro amico. Ma dopotutto si erano arresi all’evidenza che quella ormai era la quotidianità.
-Comunque, ero tornato in classe per riprendere Pansy, ma sulla porta ho colpito in testa per sbaglio uno dell’ultimo anno. E li non è successo niente, capita. Però l’ho beccato anche all’uscita, ho cercato di stargli alla larga, giuro- disse mettendo una mano sul petto –Ma sono inciampato alle scale e la botta stavolta è stata tremenda. Comunque ora gli mettono un punto ed è finita-
Gerard si sedette accanto alla chitarra di Frank, oggetto del disastro –Tu sei completamento scemo-
-Non l’ho fatto apposta…-
-E sei proprio sicuro che ora ti chieda i danni?-
-Penso di sì. Mentre si teneva la testa dolorante ha confabulato un qualcosa tipo che io lo perseguitavo-
Ai due fratelli vennero i brividi.
-Bè, io vado a prendermi una coca cola. Ne ho proprio bisogno. Se quello là esce, parlateci voi-
Ci fu un silenzio insolito tra i due fratelli. Con tutto quello a cui dovevano pensare, ci mancava solo di dover pagare un danno a uno sconosciuto.
Gerard in particolare sembrava quasi estraneo a tutto. Aveva lo sguardo assente e non degnava di un minimo sguardo il fratello.
-Fratellone…-
-Mh?- rispose gerard senza guardarlo
-Che ne pensi?-
-Penso che sia una gran seccatura-
-… Non intendevo questo-
-Ah, no? E cosa, allora?-
-Che se noi…-
Non fece in tempo a finire la frase, purtroppo. Vide che Gerard si alzava quasi di scatto dalle sedia, e che guardava incuriosito e, a essere sinceri, anche un po’ scocciato, le persone che erano appena uscite da una sala. Uno era il medico. L’altro era un ragazzo riccissimo e dalle labbra carnose, il look un po’ afro, che si teneva del ghiaccio sulla fronte.
Il medico notò i due ragazzi e si diresse verso di loro col ragazzo
-Siete amici del ragazzo o…-
-No, non sono loro- rispose subito il ragazzo vittima del disastro di Frank. Si guardò intorno un po’ furente –Dov’è quell’idiota?-
-Ehm ehm… disse a quel punto Gerard, stringendo la mano del medico –Sono Gerard Way… Sono un conoscente del responsabile dell’incidente di…-
-Ray Toro- rispose scocciato lui
-Ecco, di Ray Toro. Siamo qui per risolvere la faccenda… Ah, lui è mio fratello Michael- disse indicandolo.
Tutta quella presentazione, resa gentile il più possibile da Gerard, sembrava perdere di significato, in quanto Ray, ancora più furente e col ghiaccio in testa che si scioglieva, indicava un ragazzino che tranquillissimo beveva una coca cola.
-Tuuuuuuuuuu! Allora non eri scappato!-
-Oh- disse Frank notando la scenetta –Ci siamo tutti, allora!- fece un sorriso… Ingenuo, se così si potrebbe definire
-Non cadere dalle nuvole! Mi devi risarcire!-
-Ehi! È stata solo una botta! Se ti hanno messo solo del ghiaccio tanto male non ti sei fatto! E poi quel casco che chiami capelli avranno attutito il colpo!-
-Come osi, moccioso?!-
-Se la metti in questi termini scordati persino i centesimi!- erano faccia a faccia, frank, piccolino, davanti a quel ragazzo afro. Ma a lui non sembrava importare rischiare di fare a botte. Per essere precisi: aveva già avuto esperienze simili con ragazzi grandi e grossi.
-Calmatevi- disse Mikey mettendosi in mezzo –Non è il caso di fare casini proprio qui…-
-Un momento!- Gerard indicò Ray –Aspetta, aspetta… Ray Toro? Il portoricano?-
-Che?- rispose Ray sistemandosi il ghiaccio in testa
-Siamo insieme nel corso di storia! Ecco perché mi sembrava di averti già visto!-
Ray si avvicinò ulteriormente a gerard, cercando di focalizzare. Poi spalancò la bocca a esclamò –Gerard way! Quello del secondo banco in ultima fila a partire da sinistra?-
-Sì-
-Aaaaah, ora ho capito…- guardò Mikey –E così questo qui è tuo fratello… Mi pare di ricordare di averlo incrociato… E sei amico di questo idiota?-
-Brutto…- disse Frank alzandosi le maniche, ma Mikey lo fermò
-Scusalo- rispose Gerard –Ogni tanto non è consapevole delle sue azioni. Non è che potresti metterci una sopra?-
Ray ci pensò su per un po’ –Mmh… Non saprei… Francamente vorrei averci a che fare il meno possibile… Potrei anche starci, ma a una condizione-
-Sarebbe?-
Ray sorrise –Da questo momento fino al diploma dovrai farmi i compiti e passarmi le verifiche. Ah, ovviamente può darsi che dovrai aiutarmi anche nell’esame di diploma-
-Praticamente tutto l’anno scolastico?- erano a ottobre, infatti
-E non è finita- disse ray indicando l’occhio destro di Gerard –Alle foto dell’annuario di quest’anno, che si terranno a novembre, dovrete farvi fotografare con un occhio nero. Tutti e tre-
-E noi cosa c’entriamo?!- replicò Mikey
-Suvvia, in fondo un occhio nero e qualche compito in più sono sempre meglio di… Vediamo… 30.000 dollari di risarcimento-
-Mi prendi in giro?- Frank stava perdendo le staffe –Del ghiaccio sulla testa varrebbe 30.000 dollari?-
-Allora mettiamola così: meglio un occhio nero che un consulto dall’avvocato che farà una bella chiacchierata coi tuoi genitori-
Non sembrava esserci molta scelta. Frank sbuffò –Tsk… E va bene-
Ray sorrise, ringraziò il medico e fece per andarsene, quando si ricordò di un’altra cosa –Ah, la tua chitarra… Faresti meglio a curarla di più. E ricordati che serve per suonare, non per attentare alle persone-
Veder sparire quella figura riccia diede un enorme fastidio a Frank –Ma guarda tu questo… Alla fine c’abbiamo rimesso noi-
-Infatti- rispose Mikey –Per colpa tua dovremo farci una foto oscena-
-E soprattutto occuparmi degli studi di quello là. grazie mille, Frank- Gerard, con passo svelto, se ne andò dall’ospedale. Era scocciato, meglio non infastidirlo ulteriormente, pensò Mikey. Alla fine, forse, era proprio Gerard quello che c’aveva rimesso di più: occuparsi dei bei voti di ray, farsi una foto con l’occhio nero, e magari stare anche attento a come si comportava nelle lezioni di storia, d’ora in avanti.
In Mikey il desiderio di andare a New York si faceva sempre più pungente.

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Capitolo 3
*** Rivalità ***


-Bentornati, ragazzi! Gerard… Non ceni?-
-Devo finire di studiare storia, scendo dopo-
-Ma…-
-Adopociaociao!-
I genitori guardarono la porta del figlio maggiore chiudersi a una velocità insolita, quasi sorpresi. Forse trovavano strano che improvvisamente Gerard volesse a tutti i costi finire di studiare saltando la cena? Bè, si consolarono in fretta, in ogni caso.
-Vorrà che Mikey mangerà anche la porzione di Gerard-
-Veramente io…-
Lo guardarono tutti male, soprattutto la nonna. Mikey non aveva scelta.
-Ehm… Okay…- si sedette, pulendosi gli occhiali.
Frank invece non era tornato a casa subito dopo quell’incidente all’ospedale. In parte non ne aveva nessuna voglia, e in parte aveva un po’ paura della reazione di sua madre. Spero con tutto il cuore che non gli facesse domande. E poi, la cena con la sua ragazza… Non voleva che si rovinasse tutto per uno stupido incidente. Cercò di tranquillizzarsi mentre oltrepassava il cancelletto di casa sua
-Ciao, mamma…- disse facendo finta di nulla
-Ciao… Dove sei stato?- sua madre era in cucina e stava preparando una zuppa
-In giro… Ah, io non mi fermo a cena. Sono passato per farmi una doccia-
Sua madre lo fermò prima che arrivasse al bagno –Evidentemente non hai saputo-
-Cosa?- a Frank si raggelò il sangue
-Che il preside mi ha chiamata stamattina-
Non poteva esserci di mezzo Ray, visto che era successo dopo le lezioni. Cercò di ricordarsi cosa aveva combinato almeno nelle ultime due settimane.
-Frank, che devo fare con te? È la terza volta che fai a botte con qualcuno nelle ultime due settimane-
-Ma non è successo niente, mamma…-
-A uno di loro gli hai rotto il naso-
-Mi hanno provocato, e uno ha pure offeso Jamia- sbuffò. Meno male che non sapeva ancora di Ray –Senti, possiamo parlarne quando torno? Anzi, domani- fece di nuovo per voltarsi, ma venne di nuovo fermato
-Già che c’ero ho chiamato anche Jamia. Oggi dovevi uscire con lei, no? Le ho detto che non potevi-
Frank si voltò di scatto, occhi spalancati, visibilmente contrariato –Cosachecosa? Tu… Tu avresti disdetto l’appuntamento che avevo con lei… Cioè…-
-Sei in punizione-
-Come ti sei permessa?!- si avvicinò al tavolo della cucina, sbattendo un pugno –Mamma, erano mesi che stavo organizzando tutto! E adesso per uno stupido naso rotto di chicchessia devo…-
-Hai anche il coraggio di rispondermi? È già tanto se non ti hanno sospeso da scuola!- posò con rumore il piatto per Frank –E ora mangia-
-Ti ho detto che non sarei rimasto per cena- si voltò, stavolta senza l’intenzione di tornare indietro qualunque cosa gli avesse detto –E sai che detesto la carne, non cercare più di rifilarmela-
-E dove andresti?-
-Da papà- prese l’asciugamano e i vestiti di ricambio –Almeno lui è più discreto- chiuse la porta, quasi sbattendola, e a chiave. Una doccia era proprio ciò di cui aveva bisogno.
Poche ore erano passate e Gerard era rimasto tutto il tempo in camera sua a finire le relazioni di storia. Si sarebbe risparmiato un sacco di tempo se non fosse che stava facendo una relazione anche per Ray. uffa, lo conosceva appena e doveva fargli da sottospecie di schiavo per i cavoli di Frank. Si sarebbe vendicato, altroché.
Sentì bussare alla porta. Sbuffò. Non era proprio giornata, quella.
-Non rompete le palle-
Eppure aprirono lo stesso –Gentile da parte tua. Non c’è più rispetto per gli anziani-
Gerard restò stupito. Non succedeva spesso che sua nonna entrasse come se niente fosse in camera sua.
-Nonna, scusa, io… Sono un po’ stressato…-
-Non l’avevo notato- ridacchiò. A Gerard scappò un sorrisetto.
-Tieni- la nonna posò sulla scrivania un piatto di carne e contorni assortiti –Tuo fratello non è riuscito a mangiarlo tutto. Ha lo stomaco un po’ piccino, eh?-
-Grazie…-
-E questi?- prese dalla scrivania una cartelletta in forato A3, e sapeva che significava
-No!- Gerard la fermò prontamente –No… Li devo… Li devo finire… Non si guardano i lavori incompleti… Porta sfortuna…-
Sua nonna rise, tenendosi la pancia –Facevi prima a dire che ti vergogni di farli vedere!-
-Ma io…-
-Bè, io vado… E anche tu vai a dormire fra poco…-
-Certo, certo…- Tanto passava un’altra notte in bianco
-Buonanotte…-
-Buonanotte, nonna- sorrise, una volta certo di essere solo, e si rimise a studiare.
In una stanza ben arredata, dalle pareti color pastello, una Tv accesa a bassissimo volume, una ragazza guardava una foto. Ritraeva lei, sorridente, felice, in abito da sera, con un ragazzo dal sorriso sgargiante e ingenuo, abbracciati. Sospirò, cambiando canale. Doveva essere una serata perfetta e invece niente. però non è che ce l’avesse con lui. Sapeva com’era fatto.
O forse non aveva imparato a conoscerlo ancora a fondo, benché fosse un anno ormai che stavano insieme, perché quel ragazzo si era arrampicato su un albero e si era messo a bussare alla sua finestra.
Lei lo guardò sorpresa, correndo ad aprirgli.
-Ma che cosa…-
-Ciaaaaaaao…- rispose lui sorridente
-Non eri in punizione?-
-In teoria. Stanotte mi fermo da papà-
-Però resti sempre in punizione-
-Ma mio padre non mi ha messo in punizione-
Lei lo guardò rassegnata. In fondo doveva aspettarselo da lui.
-Hai da fare ora?- sporse un po’ la testa verso la sua camera, notando la TV accesa –Noto con piacere di no. Allora vediamo di rimediare al guaio di stasera…-
-Ma io…-
-Se ti sbrighi facciamo in tempo per andare al ristorante-
-Però…-
-Parlo io con i tuoi. Tanto mi conoscono-
-Va bene… Allora faccio più in fretta che posso!- sorrise, e si avvicinò a Frank, dandogli un bacio –Grazie…-
-Mi dispiace per la fretta che ti metto, Jamia…-
-Sì, sì… Ora scendi dall’albero, che potresti farti male…-
-Jamia, cosa…?- sua madre non fece in tempo a terminare la frase –Frank?-
-Salve, signora! Jamia può uscire, sì?- disse lui col sorriso sulle labbra.

@ Princesschen: Grazie per la recensione! ^^ Mi auguro che continuerai a seguirmi!

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Capitolo 4
*** Pausa ***


Un’altra mattina era appena iniziata, così come un’altra giornata di scuola. Se Gerard di solito la mattina era di cattivo umore, quel giorno era proprio di pessimo umore. Perché? Il motivo risiedeva in quella casco di capelli afroamericani.
-Buongiorno, Way. Hai portato…?-
Gerard, senza dire nulla, porse dei fogli a Ray
-Wow, l’hai fatto davvero… Bravo, Way…-
Non ebbero modo di parlare per il resto della mattina, a parte quelle due ore di storia poi incontrarsi era praticamente impossibile. Giusto all’ora di pranzo, ma da parte di tutti e due non era mai venuta voglia di cercarsi o cercare di fare conversazione.
Quel giorno però era diverso, Gerard notò quasi subito Ray in quanto era seduto su una panchina, da solo, con al fianco la custodia di una chitarra.
Con la scusa di cercarsi un posto vuoto, gli passò vicino, e vide anche che aveva una cicatrice sulla testa. A quanto pare il danno di frank sarebbe stato permanente.
-Brutta cicatrice- disse Gerard come se nulla fosse.
Ray si girò di scatto, sorpreso da quella constatazione. Si ricompose e tornò sul suo panino –Non sapevo che l’avessi notato-
-Posso sedermi?-
-Sì, fai pure, ma attento alla chitarra-
-Frequenti anche il corso di musica?-
-Tu no?-
-Ce l’ho già un insegnante privato-
-Allora sei ricco-
-Macchè, è solo mia nonna-
Ray lo guardò un po’ strano, ma tornò comunque ad addentare il suo panino tranquillo.
Rimasero in silenzio, intenti ad occuparsi del proprio pranzo, finchè Ray non si accorse di una cosa.
-Ti accontenti di un succo di frutto e una mela?-
-Devo perdere peso-
-Ma va…-
-Che c’è?-
-Niente, niente… Tuo fratello non c’è?-
-Oggi no. E a casa col mal di pancia-
-E il tuo amico?-
-Nemmeno lui c’è oggi. Non so che dirti. Ma poi che te ne frega?-
-Ehi, calma, non ti ho chiesto nulla- sospirò –Senti, mi dispiace averti coinvolto-
-Non è vero-
-Un po’ sì, dai. È che ero arrabbiato e poi le lezioni di chitarra mi rubano molto tempo-
-Così hai pensato di rendere la vita, non dico impossibile, ma molto difficile, a un perfetto sconosciuto?-
-Compagno di corso, il che è ben diverso-
-Mah…- Gerard rimase a guardare un attimo la bottiglietta, ormai vuota, del suo succo di frutta –In fondo va bene così-
-Uhm?-
-Non fraintendermi, farti i compiti e passarti i test è l’ultima cosa che voglio, ma… Devo ammettere che se non fosse per questo, noi ora non staremmo qui a conversare in maniera comunque civile-
-Punto di vista interessante. Poi, a quanto ho capito, te ne intendi di musica. Cosa ascolti?-
-Iron maiden, Bowie…-
-Maddai! I Maiden piacciono un casino anche a me! Sei stato al loro concerto il mese scorso a New York?-
Incredibile, una cosa in comune ce l’avevano. Gerard sorrise, seppur in maniera un po’ amara –Non sono mai stato a New York-
-Ah, no? Eppure è a due passi da qua-
-Lascia perdere, Mikey non vede l’ora di andarci…-
-Allora digli che non si aspettasse chissà cosa quando ci andrà. È solo una grande città. Anche se, bisogna ammetterlo, vedere i Maiden lì è tutt’altra cosa che da qualche altra parte-
-E’ per questo che hai deciso di suonare la chitarra?-
-La suono da due anni. quando avevo deciso ero convintissimo a voler diventare come loro. Sai che spettacolo…-
-Capisco… E’ bello avere dei sogni grandi come i tuoi, Toro…-
-Non chiamarmi Toro, por favor- rispose subito lui –Non mi va a genio, è equivoco. Immagino tu sappia come mi chiamano per questo cognome-
-No, non lo so- Ray lo guardò di sottecchi. Gerard sospirò –D’accordo. Torosaurus-
-Capisci che per me è umiliante?-
-Però è il tuo nome-
-A dire il vero il mio nome completo è Raymond Manuel Toro Ortiz. Ma ray è più che sufficiente-
-Capisco. Allora tu chiamami solo Gerard. anche Way è piuttosto equivoco come nome-
-Lo terrò a mente-
Gerard sorrise. In fondo non era malvagio come sembrava. Guardò l’orologio Devo andare, tra poco ho il corso di letteratura italiana- si alzò dalla sedia lasciando bottiglietta e vassoio –Ci… vediamo, allora…-
-Aha- Ray fece un piccolo cenno con la mano –Salutami tuo fratello- prima che gerard si voltasse lo fermò –Senti! Per… Per storia… Ecco… magari è sufficiente solo un piccolo aiuto nelle verifiche-
Gerard era sorpreso. Quella conversazione aveva preso una strana ma piacevole piega. Rise un po’ malignamente e si voltò con aria risoluta –E invece credo proprio che d’ora in poi ti sorbirai i miei aiuti e compiti… Magari con qualche errore di distrazione…-
Ray spalancò gli occhi. Forse non aveva capito la battuta.
Mentre Gerard andava in classe, notava che Frank non c’era davvero quella mattina. Non lo aveva più sentito dopo l’incontro all’ospedale. Doveva uscire con jamia quella sera, forse lei sapeva qualcosa.

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Capitolo 5
*** Assenza ***


Da quello che era riuscito a sentire da Jamia, Frank quel giorno a scuola non si era presentato per un’influenza. Diceva che aveva preso freddo durante un’improvvisata a casa sua, contravvenendo come al solito alla “punizione” della madre.
Nemmeno Mikey era venuto a scuola. Diceva che aveva tosse e mal di pancia. Anche se la tosse la simulava nel peggiore dei modi. Ma Gerard non fece domande, di prima mattina, pensava di avere tutto il tempo per chiedere spiegazioni a suo fratello, mentre non sapeva quando avrebbe rincontrato Frank.
Sarebbe andato a casa sua il giorno stesso, decise.
Il suono del pugno verso la porta era molto lieve, e Gerard non riusciva mai a spiegarsi come in quella casa riuscissero a distinguerlo, dato che Frank molto spesso strimpellava con la chitarra a tutte le ore e a volume alto.
-Oh, ciao, Gerard!- rispose Linda, la madre di Frank –Accomodati, Frank è in camera sua-
Nonostante avesse l’influenza, continuava a suonare la chitarra a volume alto, altissimo. Nemmeno il rumore della porta si sentiva, nemmeno i passi di Gerard. e dovette dirglielo a gesti di abbassare o quantomeno smettere di suonare.
-Cosa vuoi?- chiese Frank apparentemente tranquillo
-E’ diventato reato fare visita a un amico malato?-
-Ma tu lo sai benissimo che non sono malato-
-E allora perché a scuola non c’eri?-
-Non mi andava di andarci. Allora? Cosa c’è?-
-Sono stato sciolto dall’impegno di fare i compiti a Ray-
-Ah, congratulazioni- disse con tono piatto. Ma poi gli venne un dubbio –E di me non ha detto nulla?-
-Se pensi che ti abbia perdonato… Bè, credo di no-
Frank imprecò tra i denti. Poi chiese –E Mikey?-
-A casa con un presunto mal di pancia-
-Io e Mikey a volte siamo proprio in sintonia!- rispose Frank con occhi quasi sognanti –Andiamo a trovarlo? Immagino che subito dopo la scuola sei venuto qua, vero?-
-Anche tu dovresti essere malato-
-Ma mica posso stare male tutto il giorno. Dai, andiamo!-
E inevitabilmente vi fu la grande domanda della signora Iero –Frank, dove vai? Non stavi male?-
-Sono guarito, vado a trovare Mikey che sta il doppio del male, torno per cena, ciao ciao!-
-Ci vediamo, signora Iero- disse Gerard un po’ imbarazzato e salutando con un lieve cenno della mano.
Nessuno dei due si immaginava quello che sarebbe successo una volta arrivati a casa Way. Nessuno poteva aspettarsi cosa ne sarebbe seguito, trovando la stanza di Mikey vuota. La madre disse che era andato a comprare qualche medicina, e non era ancora tornato.
Aspettarono, tutti quanti, 5, 10, 30 minuti. Un’ora, e ancora un’altra. Fino al tramonto.
Cazzo, forse era il caso di andare a cercarlo.
-Potrebbe essersi sentito male, potrebbe essere svenuto per strada…- disse Gerard –Mamma, vado, riprendo e torno-
-Ma…-
-Ci sarò anch’io, signora- disse Frank seguendo Gerard alla porta –Non si preoccupi, riporteremo suo figlio a casa e, già che ci siamo, gli daremo anche qualche sculacciata-
In farmacia non c’era, anche perché era chiusa. Non era al parco, non era a scuola, non era a casa di qualche conoscente o amico, non era seduto su qualche sperduta panchina, niente di niente. merda, dov’era finito?
-Non sarà scappato di casa?- chiese Frank, tanto per rompere il silenzio snervante.
-Anche se fosse, dove potrebbe essere andato? Merda, che cazzo gli prende d’un tratto a quello là?!-
-Non parlare così, anche se sei preoccupato…-
-Cosa cazzo vuoi capirne tu, che sei figlio unico? Lasciami pensare ora…-
Ma Frank non diede molto peso a quelle parole. Anzi, lo guardo con un sorriso intenerito.
E Gerard, disperato, andò dall’ultima persona che poteva vederlo.
Un campanello precedette uno scatto alla porta e la figura di un ragazzo alto, molto simile alla persona che cercavano, che li guardava incuriositi.
-Hola ... ¿Puedo ayudarle?-

-Ehm… Salve… Ray… Ray?-
-Oh, sí, Ray ... Espero que llamar ...- con passo sveltò e avoce squillante, chiamò Ray –Ray! Ray! Tenemos amigos aquì!-

E poco dopo apparve Ray, in pantofole, e incuriosito da quella visita inaspettata. Dopo la conferma che Mikey non era a casa sua, incredibilmente decise di aiutare Gerard e Frank a cercarlo, cercando di ignorare il più possibile Frank.
-Aspettate solo due secondi che mi cambio le scarpe… Hermano! Repollo donde poner mis zapatos?!-

-Non sapevo parlassi spagnolo- disse Frank una volta fuori casa, a cercare Mikey
-Sono portoricano, avresti dovuto capirlo dalla mia fisionomia, amigo-
Frank lo guardò un po’ male.
Gerard era ormai nervoso a livelli stratosferici.
-Dove cazzo si è cacciato, porca di quella puttana?!-
-Calmati, e cerchiamo di ragionare… Ormai è chiaro che il signorino sia scappato di casa- disse Ray meditabondo –Bisogna capire dove… Dove potrebbe scappare una persona?-
Frank rispose con insolita disinvoltura –Se io dovessi scappare di casa andrei da Jamia. Mi sentirei al sicuro-
-Non credo che Mikey sia andato da qualche amore- rispose Ray
-Allora sarà in un posto che a noi non verrebbe mai in mente- concluse Frank
-E invece sì…- disse Gerard, come illuminato da qualche idea geniale –Anch’io, se dovessi scappare di casa, andrei in un posto dove mi sento al sicuro… Il più possibile al luogo dei miei sogni…-
-Cioè?-
-Cioè che Mikey è andato a New York, e non ho idea se sia ancora in viaggio o sia già arrivato. E dobbiamo andarci anche noi. Domani alle 7 ci troviamo davanti a casa di Frank, okay? Ray, fatti spiegare la strada. Buonanotte- e se ne andò, senza dare il tempo di rispondere. Anche perché, dalle facce che facevano i due, sembrava non esserci nessuna obiezione, specie da Frank.

Grazie mille per le recensioni, ci vediamo al prossimo capitolo! ^^

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Capitolo 6
*** Viaggio ***


Stava succedendo un casino a casa. La polizia era stata avvertita, la foto di Mikey era sparsa dappertutto, a scuola le voci giravano, ma Gerard non disse mai che era a New York, con ogni probabilità. Voleva essere lui a trovarlo e riportarlo a casa, ma non aveva scusa adatta per la sua partenza. Così disse che sarebbe partito verso una meta ignota per pensare. Scusa patetica, ma forse i genitori, troppo preoccupati per Mikey, non fecero domande. Mentre la nonna lo guardava di sottecchi. Forse aveva sospettato che stava andando a cercare il fratello, e lo volle lasciar fare.
Come poteva aspettarsi, Gerard trovò davanti casa di Frank lui con Ray, ancora pieno di sonno.
-Bene, ci siamo- disse Gerard prendendo un bel respiro –Soldi?-
Frank e Ray tirarono fuori diverse banconote di dollari.
-Cibo?-
Aprirono gli zaini, ricolmi di schifezze varie
-Ok, ci siamo-
-Un momento!- disse Frank risoluto –La Coca Cola! Fortuna che l’ho portata io!-
Ray sbuffò –Muoviamoci… Non vorrei rovinarmi la giornata-
Arrivati alla stazione ferroviaria però si accorsero che dovevano sbrigarsi. Avevano letto qualcosa come una partenza imminente per New York, e sentivano diversi fischi di treni pronti a partire.
-Frank, corri a farci il biglietto!- dissero in coro Ray e Gerard mollandogli i soldi. Frank ci mise in effetti poco, allegro portò i soldi ai suoi compagni, corsero a timbrarloe salirono sul treno che stava per partire.
-Fiuuuuu… Per un pelo…-
-Ed è anche vuoto questo treno! Possiamo riposarci finchè non arriviamo-
Ci fu un po’ di silenzio, sguardi che si incrociavano, teste rivolte verso il finestrino che mostrava un treno in corsa, sfrecciare lungo il paesaggio del New Jersey.
-Però… Però se ci sbagliassimo? Magari non è a New York…-
-E’ per forza a New York… E se non è a New York è la volta buona che lo ammazzo- rispose immediatamente Gerard.
frank non ascoltava, impegnato com’era ad ascoltare la musica. Teneva il tempo battendo impeccertibilmente un piede per terra, e con un lieve gesto della mano simulava di suonare una chitarra. E quando si immedesimò nelle note non poté fare a meno di cantare.
-I was a young boy that had big plans… Now I’m just another shitty old man… I don’t have fun and I hate everything the world owes me, so fuck you…*-
Non si accorse nemmeno che era arrivato il controllore che richiedeva ripetutamente il biglietto. svogliato si tolse le cuffie e porse il biglietto.
Perché il controllore controllava male quei biglietti? La risposta fu la peggiore che potessero sentire tutti e tre, soprattutto Gerard. ora sì che si infuriava.
-Questi biglietti sono per New York- disse il controllore
-Sì- risposero tutti e tre. Ovvio, no?
-Ma vi siete accorti che questo treno va a Chicago?-
Co… Come?
-CHEEEEEEEEEE? CHICAGO?!- Frank si fece sentire da tutti i pochi passeggeri, e si affacciò al finestrino disperato.
-Ma… Ma… Andavamo di fretta e… Abbiamo preso il primo treno che stava per partire… Senza leggere dove andava…- Gerard si portò le mani sulla testa, sull’orlo di un pianto isterico –Abbiamo sbagliato treno…- la voce si fece leggermente più stridula –Non ci posso credere…-
-Mierda, que eran deficientes, ahora que sabe dónde vamos a acabar, yo sabía, yo sabía, yo sabía ... Mierda, yo sabía…-

Ma il controllore non poté che mostrarsi magnanimo con loro. Poverini, avevano sbagliato treno, e si vedeva che non era loro intenzione –Aspettate di arrivare a Chicago, da lì potrete prendere un treno per New York con più calma…-
Gerard cercava di ritrovare la calma, ma niente –Devo andare al bagno… Adesso, subito…-
Tremava, ansimava, si accendeva la sigaretta a fatica. Non ce la fece più: le lacrime uscirono da sole. Si guardava allo specchio e si diceva che era un orrore. Portò la mano sulla faccia –Dove cazzo sei, Mikey? Cazzo…-
Non poteva stare ad ascoltare musica per tutto il viaggio, diamine. Questo si diceva Ray, sperando con tutto il cuore che quell’orrendo lettore di cassette si guastasse o quantomeno si scaricasse la batteria. E invece niente. Frank continuava imperterrito a canticchiare ogni canzone…
-It’s control! Control of what we do and say… But you’ll never gain control-control-control…*-
-Ehi…- esordì Ray
-Is to value life, to move a factory now…-
-Iero… Spegni quella cazzo di roba…-
-Tha place that you can most easily fuck those…-
Spazientito, Ray stacco le cuffie da Frank, spense il lettore e sequestrò le cassette.
-Ehi! Ridammelo!-
-Possibile che in una situazione simile tu pensi a cantare?! Dannazione, prendi le cose più seriamente!-
-Cosa vuoi che faccia, che mi metta a piagnucolare?! Ormai siao su un treno per Chicago, e che ci piaccia o no, dobbiamo scendere a Chicago, visto che questo è diretto! Ora ridammi quelle cassette e non scassarmi le palle!-
-Tu e la tua presunzione del cavolo! Potresti anche dare qualche parola di conforto a Gerard che…-
-Stammi bene a sentire: conosco Gerard da più tempo di te. Tu all’inizio lo stavi costringendo a fargli i compiti… E ora mi vieni a fare la predica?!-
-Aaah, faresti meglio a tornatene dal tuo paparino, poppante…-
Frank stava alzando il pugno, quando la mano di Gerard, uscito dal bagno, lo fermò. Aveva lo sguardo vuoto, ma sembrava stare meglio.
-Calmati, Frankie. Non è il caso di rompere il naso al nostro compagno di viaggio. Senza contare che gli hai rotto la testa. Cercate di andare d’accordo, non ho nessuna voglia di sentirvi bisticciare per tutto il tempo- guardò Ray –Ridagli quelle cassette. Almeno se ne starà buono senza fiatare fino a Chicago-
Ray, riluttante, gli restituì le cassette –Non canticchiare e sbattere i piedi per terra…-
-Posso respirare, Hitler?- disse Frank in tutta risposta
Gerard sbuffò. Sperò almeno che non accadesse qualcosa di peggio.

  • The Grouch – Green Day
  • No Apologo – Anti Flag
@ Purple: Anch'io ho un'immaginazione abbastanza triste e macabra, ma non voglio ancora lasciarvi immaginare cosa succederà a Mikey ;) Nel frattempo mi auguro tu abbia apprezzato questo capitolo pieno di litigate xD

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Capitolo 7
*** Aiuto ***


Ora che erano arrivati, più che ragazzi alla ricerca di un loro amico sembravano turisti. O almeno, Frank lo sembrava. Non faceva altro che ammirare e urlare a destra e a manca “quanto è bello questo, quanto è bello quello”. Ray cercava di mostrare pazienza, mentre Gerard era intento a pensare a tutt’altre cose.
-Mancano ancora tre ore al prossimo treno…-
-Non c’è molto da fare, Gerard- rispose Ray –A meno che tu non voglia fartela a piedi, ci tocca aspettare. E sarà meglio per noi scegliere la seconda opzione-
-Per una volta il capellone ha ragione- disse Frank –E poi possiamo approfittarne per ammirare Chicago! Non mi aspettavo che fosse così bella! Certo, niente batterà il New Jersey, ma anche questo posto non è male. Insomma, Mikey ci sta regalando un’esperienza in più! gli darò una sculacciata in meno per questo!-
Ma Gerard non ne era convinto. Per forza di cose: come fai a rilassarti quando tuo fratello è scomparso e tu hai sbagliato treno?
Un caffè era quello che ci voleva. O una birra. Anzi, no, meglio il caffè: non era proprio il caso di buttarsi in qualche alcolico, altrimenti erano capaci di arrivare in Alaska. E poi il caffè era la bevanda preferita di Mikey; un po’ per gioco un po’ per convincersi che non era poi così lontano, chiese una pausa caffè. Urgente.
Entrarono in un bar piuttosto appartato, in periferia, un locale old fashion, dallo stile molto ricercato, e con una musica jazz di sottofondo. Luci soffuse, tavoli rotondi circondati da divanetti e lampadine. C’era anche un piccolo palco, ma era vuoto, se non per un pianoforte e per un paio di uomini che maneggiavano con qualche amplificatore.
Un posto rilassante, quello che ci voleva, senza contare che sembrava un posto dove la gente si faceva gli affari propri.
-Ora che ci siamo un po’ rifocillati…- esordì Ray, una volta finito il pacchetto di patatine –Vi andrebbe di fare un piccolo e veloce punto della situazione?-
Frank ingoiò velocemente la Coca Cola –Mikey è a New York, noi siamo finiti per sbaglio a Chicago, abbiamo un treno tra un’ora e 35 minuti, il mio lettore di è scaricato, Gerard non si calma e tu vuoi mostrarti brillante. Fine- tornò a scolarsi di Coca Cola
-Un momento- disse Gerard prima che potesse scoppiare una litigata –Ogni minuto che passa è uno svantaggio per noi-
-Credi che Mikey possa andarsene?-
-Dopotutto, com’è andato può tornare…-
-Magari in questo momento ha preso un treno per il New Jersey e la sua è voluta essere solo una scampagnata nella Grande Mela-
-No, Mikey non è il tipo. Non se ne va di casa senza dire nulla a nessuno, tantomeno a me, per una scampagnata. Può darsi che voglia andare da qualche altra parte, ma non riesco a pensare dove-
-Scusate, non la state facendo troppo facile?- chiese Frank –E’ vero, è molto possibile che se ne sia andato da solo, ma se ora che è a New York avesse incontrato qualche malintenzionato? New York è grande, rispetto a Belleville è praticamente il mondo, e Mikey non c’è mai stato, non sa niente di niente di lì. E nemmeno noi sappiamo come muoverci da quelle parti…-
-Per fortuna abbiamo Ray- disse Gerard –Lui è già stato a New York-
Ray fece un sorriso compiaciuto.
Purtroppo, anche scervellandosi, non trovavano una soluzione, ma in compenso la preoccupazione cresceva. Frank cercò comunque di risollevare il morale.
-Oh, stanno per iniziare un concertino. Hanno appena portato degli strumenti. Magari fanno qualche cover…-
-Se anche la fanno, non credo della musica che ascolti tu- rispose Ray, osservando attentamente gli strumenti e chi li portava –Però, si mantengono bene… Ho sempre desiderato una Epiphone, peccato che costano…-
-Davvero? Anch’io!- disse Frank
-Però tu sembri così piccolino… Avresti la forza di portare una Epiphone? Scommetto che suoni una Fender-
-E che ci vuole? Basta un po’ di allenamento. Sarò basso per la mia età, ma non un pappamolle. E la Fender rimane comunque una delle chitarre più apprezzate. Ed economiche-
Ray fischiò –Ti avevo sottovalutato… Quanti anni sono che suoni?-
-Da quando avevo 11 anni, per essere precisi a fine mese saranno 4 anni che la suono-
-Però da come parli sai il fatto tuo-
-Il merito è del cantante dei Green Day, Billie Joe Armostrong. Mi è bastato vederlo in tv una sola volta e bam! Illuminazione!-
E mentre loro chiacchieravano sulla musica, lasciando finalmente da parte i loro dissapori, Gerard osservava i musicisti del palco, tanto per buttare l’occhio. Non riusciva a togliersi dalla testa Mikey.
Qualcosa però catturò la sua attenzione, anzi, l’attenzione di tutti. Un signore mezzo pelato, maglietta nera dei Metallica e con la barba, sgridava a voce non molto bassa un ragazzo biondo, che guardava i fili per terra con rabbia.
-Ti ho detto mille volte di stare attento! Per poco non ammazzavi tutti con quei fili! Possibile che non hai imparato nulla?! Vuoi essere licenziato, moccioso?-
-Mi perdoni, non succederà più- rispose semplicemente il ragazzo.
-Fila di là a sistemare le ultime cose! Tsk… Questi ragazzini…-
Gerard a quel punto si alzò –Vado in bagno… Torno subito-
Camminava quasi strisciando i piedi per terra. Fu forse questa la causa che lo fece ritrovare col mento per terra. O forse c’era dell’altro.
-Oh, cielo, mi dispiace! Ti sei fatto male?-
-No, no… Cioè, sì, però non fa niente…-
Il ragazzo biondo di prima gli tese la mano –Scusa, scusa, scusa…-
-Ma no, ma no… Piuttosto… Non ti separi da quei fili?-
-Se succedesse qualcosa a questi fili la qualità del suono ne risentirebbe. Stai andando in bagno? Anche io-
-Lavori qui?- chiese Gerard senza nemmeno fare le presentazioni. Aveva bisogno di tenere la mente occupata con qualcos’altro. parlare con quel ragazzo forse faceva bene.
-Sì, a casa ho un po’ di problemi e cerco di contribuire. Poi mi piace lavorare in mezzo agli strumenti musicali. E credo di riuscirci piuttosto bene, è quello stronzo del signor Thomas che ha sempre da ridire. Non capisce che i fili non vanno calpestati troppo, e soprattutto non cura gli strumenti come si devono. Prima stava prendendo a calci le casse di una batteria, e per poco non lo mandavo a quel paese, ma poi penso sempre che alla fine mi paga bene, e quindi meglio non farlo incazzare…-
Gerard ascoltava, passivo. Quel ragazzo chiacchierava molto. Chissà se tutti quelli di Chicago, o i cittadini in generale, erano così. Inoltre, sembrava che lavorare non gli pesasse affatto, nonostante fosse un ragazzo.
-A proposito, tu come mai da queste parti? Non sembri di Chicago. Anzi, non sembri proprio di città-
-Vengo dal New Jersey-
-Eeeeeh?! E che ci sei venuto a fare qui?! La band che si esibisce oggi non è mica così famosa!-
-Un errore di navigazione-
-Stai cercando un’altra India passando per ovest?*-disse ridendo
-Più che India, direi un evaso- sospirò –Mio fratello è andato a New York di nascosto e per sbaglio sono finito qui con i miei amici. Aspettiamo un altro treno e ripartiamo-
-Cavoli. In bocca al lupo, allora-
-Crepi..-
-Non sembri un tipo a cui piace viaggiare-
-Al contrario… Gerard frugò nella tasche, senza trovare nulla –Merda…-
-Ne vuoi una?- disse il ragazzo offrendogli una sigaretta
-Grazie… Comunque, il problema è che non sono mai stato a New York-
-Davvero? Eppure il New Jersey è vicino! Io ci vado praticamente sempre, per lavoro. Il signor Thomas è abbastanza richiesto come tecnico, anche al di fuori dell’Illinois-
Continuarono a chiacchierare, cioè, quel ragazzo parlò e Gerard ascoltava. Finchè non si fece davvero tardi.
-Non voglio rischiare di sbagliare ancora treno…-
-Sei sicuro di farcela? Voglio dire, a New York…-
-Certo… Bè, mi tocca…-
-A proposito, non so come ti chiami-
-Gerard… Gerard Way-
-Robert. Anzi, Bob Bryar- disse il biondino sorridendo –E’ stato un piacere conoscerti-
-Sì, anche per me… A presto- anche se non si sarebbero visti più
-Uaaaaaaah, che bel riposino! Ci voleva una pausa! Ora possiamo andare… Verso New Yooooooork!- disse Frank esuberante.
-Bene, la stazione è da questa parte…-
Si sentirono altre urla, dal locale. Gerard pensò che evidentemente Bob ne aveva combinata un’altra, ma non ci diede molta importanza.
Avevano ormai attraversato la strada, quando vennero fermati da una voce.
-Io conosco una scorciatoia per arrivare prima alla stazione-
Gerard lo guardò di stucco –Bob? Che fai qui?-
-Eh eh eh… Mi hanno licenziato!- disse ridendo –E, visto che non ho niente da fare, e voi dovete andare a New York senza supporto, perché non imbucarmi? Sempre che per voi non è un problema-
-No, ci fa comodo un aiuto in più- disse sbrigativo Ray. gerard lo guardò, capendo al volo le sue intenzioni, in effetti faceva comodo.
-D’accordo. Benvenuto a bordo, Robert-
-Vi prego, chiamatemi Bob- rispose lui sorridendo.

* Cristoforo Colombo voleva scoprire le Indie viaggiando verso ovest e non verso est. Arrivò in America nel 1492, precisamente nelle isole centrali, e chiamò la sua prima isola San Salvador. Vi trovarono anche molto oro, e i francesi e gli inglesi, spinti dal desiderio di colonizzare e arricchirsi, iniziarono a viaggiare verso le Americhe. I francesi verso il Canada e gli inglesi negli States. Ecco perchè in Canada parlano sia inglese che francese, mentre nel sud portoghese e spagnolo. Bob scherza sul fatto che Gerard abbia sbagliato metà, in quanto l'America, in fin dei conti, non è altro che il frutto di un errore di navigazione Grazie infinite per le recensioni!

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Capitolo 8
*** Nuovo ***


Il viaggio sembrò meno lungo del previsto, con Bob che chiacchierava su tutto ciò che gli passava per la testa e Frank che lo seguiva a ruota. Parlavano di musica, ed era saltato fuori che Bob suonava la batteria nel tempo libero, sebbene lavorasse come tecnico del suono. Almeno, fino a quel momento. Sembrava non importargli nulla del lavoro perso, dei soldi mancati. E i suoi genitori? non dicevano niente? gerard non poteva viaggiare con uno sprovveduto del genere, ma Bob disse ripetutamente che a casa non si preoccupavano, e comunque li aveva avvertiti giustificando quell’imminente partenza come un viaggio-studio. Quanto al lavoro, diceva nella maniera più tranquilla e naturale possibile, che l’avrebbe trovato immediatamente, non appena questa storia sarebbe finita.

-A proposito di soldi, noi come stiamo messi?- chiese Ray.

Gerard frugò nelle tasche, prese il portafogli, tirò fuori tutti gli spiccioli che aveva –Io ho 26 dollari e 55 centesimi-

-Io 20 dollari e 35- disse Frank

-Io 24 e 12-

Guardarono tutti Bob, che fece un sorriso smagliante e mostrò la sua monetina –Una quarto di dollaro!-

Avevano fatto davvero bene, a portarselo in giro? Tuttavia, era l’unico a conoscere New York come le sue tasche. Sperarono solo di non ritrovarsi a dover scappare da qualche negozietto derubato dal biondino in assenza di soldi.

Notarono poi che il treno andava a una velocità minore, sbuffava più del solito e fischiava. Forse erano arrivati?

A dare la conferma fu Bob –Bene, gentili passeggeri, benvenuti a New York. Restate seduti ai vostri posti e non scendete finchè il treno non sarà del tutto fermo. Ricordiamo che è assolutamente vietato fumare, bere, dormire, leggere riviste porno, provarci con le belle signorine a bordo, e andare in bagno di nascosto per sfuggire al controllo del biglietto-

-Cavoli!- disse Frank –Già da qui sembra tutto un altro pianeta!-

-Siamo arrivati, finalmente-

-Già… Siamo finalmente a New York-

Uscirono più in fretta che poterono dalla stazione, ritrovandosi spaesati, eccetto Bob, di fronte a quei grattacieli immensi. Alti , altissimi. E loro che prendevano in giro Frank per la bassa statura… In mezzo a quella caotica città si sentirono delle nullità, senza possibilità di cavarsela da soli. Se loro si sentivano così, figuriamoci Mikey.

-Ray, sembri impressionato anche tu. Non avevi detto di esserci già stato?-

-Sì, ma quella volta ero tutto impegnato a pensare ai Maiden, che a fare il turista-

-Bene, gentili signori- disse Bob imitando una voce femminile –Benvenuti a New York, la Grande Mela, il fulcro dell’America, l’insieme delle culture eccetera eccetera. Alla vostra destra potrete trovare dei tipici cittadini newyorkesi camminare per le strade-

-Ooooooh…- esclamò Frank

-Non è il momento di fare i turisti, abbiamo già perso fin troppo tempo. Andiamo-

Fermarono chiunque, anche stranieri, descrivendo in modo dettagliatissimo Mikey. Ma nessuno sembrava averlo visto. Stavano per perdere le speranze, mentre si riposavano davanti alla statua della libertà. Normalmente l’avrebbero ammirata e scattato qualche foto, ma non era proprio l’umore giusto quello.

-Almeno possiamo dirgli che non gli è successo niente, ancora. Anche se questa è una grande città, se per caso ci fosse un incidente o cosa ne sarebbero tutti informati- disse Ray

-Non voglio nemmeno pensarci- Gerard prese un binocolo, tra i tanti che venivano usati per vedere meglio la statua, e ci giocherellò un po’.

-Certo che quella statua è enorme anche vista da questa distanza- disse Frank –Fa un certo effetto vedere una cosa simile e poi il mare…-

-E’ davvero enorme- spiegò Bob –Senza il piedistallo è alta 46m, da terra fino alla fiaccola 93. E’ stata costruita dai francesi Bartholdi e Eiffel, come ideale di benvenuto a chiunque sarebbe venuto a New York. Rappresenta una donna con una corona e vestita come gli antichi romani con in alto la fiaccola della libertà, mentre nell’altra mano ha il libro con segnata la data del 4 luglio 1776, quando abbiamo ottenuto l’indipendenza. Le sette punte della corona rappresentano i continenti e i mari. Ai piedi vi sono delle catene spezzate che simboleggiano la liberazione-

-Come diavolo fai a sapere tutte queste cose?-

-Le ho studiate a scuola. Voi no?-

-Ehm…- erano proprio di un altro livello, loro.

Gerard, senza un interesse particolare, cominciò a fare innocue domande da turista –Quindi è possibile vederla da vicino?- si mise il binocolo –E’ su un’isola…-

-Certo che si può. l’isola, insieme alla statua, è considerata monumento nazionale-

-Vedo del movimento verso la statua…-

-Dentro c’è un ascensore che porta fino alle corone, dove ci sono delle finestre da cui è possibile vedere New York-

-Significa che è possibile… Entrare nella statua?-

-Certo. Però non ho idea se si paghi e quanto-

-Cavolo… E’ bestiale…-

Gerard ebbe un’idea –Vi va di farvi un giro nella statua?-

-Come?-

-Aspetta, ho capito…- disse Ray –Mikey potrebbe essere lì-

-E se siamo fortunati lo becchiamo. Andiamo- disse Gerard, ritrovando la speranza.

Purtroppo, per salire su quella statua, ci volevano soldi, e Bob non ne aveva.

-Non c’è problema, ragazzi. Andate voi, io aspetto qui-

-Scherzi, vero? Dobbiamo stare uniti qui-

-Dobbiamo trovarci i soldi, ma come?-

-Ah, questo non è un problema. Avete degli strumenti a portata di mano?-

-No-

-Sapete ballare?-

-No-

-Cantare?-

-Gerard sa cantare!- disse Frank come se avesse avuto un colpo di genio –E anche piuttosto bene-

Gerard arrossì –No, non credo che…-

-E invece sì sì sì sì…- gli fece il solletico sul collo –Ti fai insegnare da tua nonna! Non negare l’evidenza, io ti ho sentito-

-Non so se c’è da fidarsi molto dei tuoi gusti- disse Ray

-Però è pur sempre qualcosa. Venite con me- disse Bob

camminarono per un bel po’, si sentivano i piedi quasi stanchi e non avevano la minima idea di dove li stesse portando Bob. Quando finalmente entrarono in un negozio di musica.

-Bob! Che sorpresa vederti qui senza il signor Thomas! Cosa posso fare per te?-

-Come andiamo, Jackie?- disse Bob salutando calorosamente la ragazza tutta tatuata, proprietaria del negozio –Ho bisogno di un grandissimo favore. Mi servono degli strumenti-

-Certo, dimmi pure. Immagino una batteria-

-No, troppo ingombrante. Un tamburello è più che sufficiente. E due chitarre classiche, mi servono giusto per una mezz’oretta, te li riporto subito. Ti pago il noleggio-

-Uh, d’accordo. Ti farò un notevole sconto. Aspetta qui un secondo-

Mentre aspettavano l’arrivo degli strumenti, Ray e Frank tartassarono di domande Bob, il quale rispondeva sempre “Aspettate e vedrete”. Gerard era invece impegnato ad ascoltare la radio, la musica di quel negozio. Un brano di David Bowie. E, se prima teneva leggermente il ritmo, dopo non si controllò e cominciò a canticchiare, seppure a voce non troppo alta -He looked a lot like Che Guevara… Drove a diesel van… Kept his gun in quiet seclusion… Such a humble man… The only survivor… Of the national people's gang…-

Non immaginava che qualcun altro lo stava ascoltando –A quanto pare Frank ha gusto- disse Bob facendo un sorriso sghembo.

-Bene, ora che siamo fuori…- disse Frank con una chitarra classica in mano –Ci spieghi che dobbiamo fare con questi strumenti a noleggio e in mezzo a una strada?-

-E’ moooooolto semplice, Frank. Noi suoniamo, Gerard canta, la gente ci butta i soldi e poi andiamo alla statua-

Lo guardarono tutti sbalorditi. Che razza di piano. Assurdo.

-Ci potrebbero volere ore prima che troviamo i soldi necessari. Senza contare che dobbiamo pagare anche il noleggio di questi-

-Con Jackie me la risolvo io. Voi suonate e basta-

-No, non credo di poterlo fare…-

-E invece sì, Gerard! non devi aver paura! Anzi, cogli l’occasione per fare il tuo debutto in grande stile in una città come New York!-

-No, no. Stonerò. Oh, se stonerò! Rovinerei tutto e la gente non ci darebbe nemmeno un centesimo-

-Non ti preoccupare. Pensa che la gente al posto della testa abbia… Abbia… La faccia della statua della libertà. Ok?-

-Cosa?-

-Dai, tutti ai vostri posti!-

La statua della libertà sulle teste dei passanti? Gli sarebbe venuto da ridere e avrebbe peggiorato la situazione. Però ormai c’era, non poteva mollare tutto. Si sentì la responsabilità di tutti e tre sulle spalle. E Mikey. Doveva farlo per Mikey. Lui gli chiedeva sempre di cantargli qualcosa.

Qualcosa di Bowie, per esempio.

Gerard chiuse gli occhi. Non ce l’avrebbe fatta a reggere gli sguardi della gente.

Malgrado tutto, erano stati abbastanza bravi. La gente buttava soldi, molta più gente di quanto non si aspettavano.

-Mamma, è cieco quello che canta?-

-No, tesoro, non lo vedi che ha solo gli occhi chiusi?-

-Vai, Gerard, stai andando alla grande. Ci mancherebbe un balletto-

-Gerard un balletto? Questa sì che è bella!-

-Però, sai suonare, Iero…-

-Direi che ora puoi anche chiamarmi Frank, amigo-

C’era sintonia tra loro, contrariamente a quel che si pensava. In particolare, c’era una ragazzina che si era fermata ad ascoltarli. E anche compiaciuta. Gli lasciò ben 20 dollari. Bè, era ancora una ragazzina, non aveva molto senso del denaro. Ma ai ragazzi faceva comodo.

-Siete stati davvero bravi!-

-Eh?- Gerard aprì gli occhi, connettendo di nuovo con la realtà –Dici a noi?-

-No, al palo…-

-Ehm… Grazie…-

-Come si chiama la vostra band? È uno spreco suonare per strada, e senza nemmeno un basso-

-Non siamo una band-

-Davvero? Che peccato…- poi osservò attentamente Gerard –Tu mi ricordi qualcuno…-

-Ragazzina, non ho molto tempo da perdere…-

-Eppure mi ricordi qualcuno che ho incrociato per strada. Mi era venuto addosso, doveva aver inciampato da qualche parte. portava gli occhiali…-

Occhiali?

-Sei sicura? Quando l’hai visto?-

-Uhm… Mezz’ora fa… Poi mi ha chiesto come arrivare alla statua della libertà, ma io non sono di queste parti…-

Gerard sorrise in maniera esagerata –Grazie! Grazie, ragazzina!- prese zaino e soldi velocissimo –Andiamo, ragazzi! Mikey ci aspetta!-

@ LaSereRomancer: Siamo tutte preoccupate per Mikey, eh? xD Grazie per la recensione!

 

@ Wonderland: E’ un onore per me sapere che ti sei iscritta solo per recensire la mia storia! Grazie e continua a seguirmi!

 

@ Emanuela_Smile: Grazie infinite per la recensione, spero di non annoiarti nei seguenti capitoli!

 

@ Purple: Sei gentilissima, grazie!

 

@ Prinzesschen: Sei stata la prima a recensire, ti ringrazio!

* Panic In Detroit - David Bowie

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Capitolo 9
*** Libertà ***


-Quanto ci mette quest’ascensore a salire?!- esclamò Gerard
-Sono pur sempre 93m. Dagli tempo- rispose Bob.
Da quando quella ragazzina aveva detto di aver incrociato Mikey e quest’ultimo si stava recando alla statua della libertà, Gerard perse il sangue freddo, aveva fretta, e rispondeva quasi acidamente a tutto e tutti. In una situazione normale l’avrebbero tutti mandato a quel paese, ma in quel frangente non potevano che capirlo.
Il trillo segnò l’arrivo a destinazione. Finalmente Mikey non sembrò poi così lontano.
O forse sì. Che amara illusione ricevettero. Nessuna traccia di Mikey.
-Merda… Dev’essersene andato prima di noi!-
-Oppure potrebbe non esserci venuto proprio qui. Mai fidarsi dei ragazzini. Si sarà sbagliata-
In quello stesso istante la ragazzina che avevo dato indicazione ai ragazzi prima, era davanti a una caffetteria e aspettava impaziente che un ragazzo con gli occhiali, corpo alto e snello, visibilmente stanco, finisse di contare i soldi.
-28, 29 e 30. 30 dollari, ragazzina. Grazie ancora. Se ti fermano ancora quei ragazzi di prima, non mi hai visto, ok?-
-Ok… E’ stato un piacere fare affari con te! Ciao ciao!-
Mikey si rimise il cappuccio, dopo la sua pausa caffè, e si rimise in marcia. Per dove ancora non lo sapeva. L’importante era sparire dalla vista di Gerard, almeno in quel momento. Per poco non si faceva beccare, vicino alla stazione. Si aspettava che Gerard lo cercasse, ma non così in fretta. E quel biondino che girava con loro chi era?
-Gerard, rallenta il passo, cavolo…-
-Muovetevi!-
-Ho bisogno di 5 minuti di riposo…-
-E poi tra poco si farà buio. Non potremmo andare molto lontano. Almeno cerchiamoci qualche bed&breakfast-
Era da un po’ che si lamentavano. Bè, in effetti li stava facendo sgobbare più del dovuto. Non poteva che acconsentire.
-E va bene- disse Gerard sbuffando –Se la guida vuole indicarci qualcosa adatto al nostro portafogli…-
-Agli ordini, mon capitain!- disse Bob sorridente –Ce n’è uno non molto lontano da qui. Seguitemi, prego-
Mikey entrò nel piccolo hotel dall’arredamento moderno, spaesato, a disagio in quell’ambiente così pulito, mentre lui aveva degli abiti che lavava nelle lavanderie newyorkesi, e ormai si stavano consumando.
-Salve… Vorrei una stanza… Parto domattina presto, niente colazione…-
-Va bene… Firmate sul registro…-
-Devo pagare subito?-
-Se vi fa comodo sì-
Una volta pagato, si fece dare la chiave, e chiese espressamente di non essere disturbato. Finalmente poteva farsi una doccia come si deve, starsene tranquillo. Svuotò lo zaino, si svestì velocemente e corse al bagno, sicuro che avrebbe fatto presto amicizia con la vasca da bagno-
-Sicuro che possiamo permettercelo?- chiese Ray alla loro “guida turistica” improvvisata –Sembra così lussuoso…-
-Sì, non ti preoccupare. Non siamo nemmeno obbligati a fare colazione-
-Eh, no- disse Frank –Ho proprio bisogno di un pasto decente-
-Riposatevi finchè potete- disse Gerard, cupo in viso –Io vado a fare una telefonata-
La vecchie scale di legno scricchiolavano. Si erano trovati un edificio molto vecchio, ma in ottimo stato, dal gusto retrò. Sentiva odore di carne alla griglia, e lo stomaco diceva aiuto. Ma cercò di scacciare quel desiderio. Chiese invece di fare una telefonata.
-Mamma… Sì, tutto bene… Bè, nella norma… Non so quando tornerò a casa, ma va tutto bene… Vedrai che tornerà… No, mamma, non piangere…- sentì poi degli strani rumori, per poi udire una voce diversa –Nonna?-
-Non hai nulla da dire, Gerard?-
Aveva capito –Non dirlo a mamma, ti prego…-
-Ok, ma stai attento. Stai sicuro che ti sta pensando. È un bravo ragazzo, non darà colpi di testa-
-Sì, però…-
-E anche tu sei un bravo ragazzo, Gerard. sei sempre troppo in pena per tuo fratello-
-Ma io…-
-Sei proprio un bravo ragazzo, Gerard. sono orgogliosa di te. E anche Mikey lo sarà, non sentirti troppo in colpa- ridacchiò –Ora non metterti a piangere, sei un uomo!-
-Ma nonna…- Gerard singhiozzava –Io…- cercava di soffocare i singhiozzi –Grazie… Vedrai che te lo riporto…-
Restò a piangere davanti al telefono per diverso tempo. Si vergognava di mostrare queste emozioni davanti ad altre persone, tranne che con la nonna. Sentiva un peso strano, sulle spalle, un qualcosa di molto più grande di lui da affrontare. Sembrava che tutti pretendessero troppo da lui, aveva 18 anni, cazzo! Eppure bastava chiacchierare con lei per sentirsi meglio.
-Io però continuo a dire che non ce lo possiamo permettere…-
-Invece sì- disse Bob –Guarda fuori dalla finestra- aprì la tenda –Quello è lussuoso-
Davanti avevano un hotel dall’architettura molto più moderna, molto più bello, molto più lussuoso, senza dubbio.
Ma Bob rise –Ci sei cascato! In realtà costa poco più di questo! Voi provinciali sembrate venire davvero da un altro pianeta! Qui l’apparenza non è tutto-
Gerard era appena arrivato, e si stava togliendo la maglietta per farsi una doccia.
-Oh, Gee, sei tornato! Vai a farti una doccia?-
-Ne ho proprio bisogno-
-Ok…- poi fece una faccia strana –Fermo lì!-
Gerard si fermò, un po’ perplesso
-Sei dimagrito!-
-Eh?-
-Mettiti di profilo- Gerard, seppur controvoglia, si girò –Cavolo, sei dimagrito davvero! Però è perché stai mangiando molto meno, vero?-
-Bè, non ho mai fatto così tanto movimento in vita mia. e ora, se vuoi scusarmi…- si chiuse in bagno, sorridendo compiaciuto.

@ Wonderland: Brava, brava, unisci l’utile al dilettevole xD

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Capitolo 10
*** Metà ***


Frank fu il primo ad alzarsi, colto dai primi raggi solari. Senza fare rumore andò a lavarsi la faccia e si vestì, col buonumore. Guardò gli altri, ancora addormentati. Prese un bel respiro e salendo su una sedia urlò con tono regal –BUONGIORNO, MIEI SUDDITI!-
I ragazzi si svegliarono spaventati, travolti, confusi e ancora pieni di sonno. Con occhi socchiusi guardarono la piccola figura di Frank che sorridendo continuava a gridare –COME STA OGGI IL MIO POPOLO? E’ PRONTO PER UNA NUOVA GIORNATA AL SERVIZIO DEL PROPRIO RE?!-
-Frank… Ma che ti saltà in testa?!- disse Ray scocciato
-MI DISPIACE, MA IO SONO IO… E VOI NON…*-
Ray lanciò il cuscino di Gerard sulla sedia di Frank, il quale perse l’equilibrio e cadde col sedere per terra
-Mi dispiace, ma oggi sua maestà si fa i cazzi suoi da solo- detto questo tornò a sonnecchiare ancora un po’
-Frank, ridammi il cuscino- disse Gerard mezzo addormentato.
E Bob? Dormiva.
-Come mai stamattina ve la prendete così comoda? Mikey potrebbe essere ovunque-
-Alle 6 di mattina sarà a dormire come tutti i cristiani-
-Ma è proprio questo il momento propizio! Lo sorprenderemo nel sonno!-
-Maestà, fatevi un’altra dormita e non rompete le palle-
Mikey addentava un cornetto, osservando le tv esposte in un negozio di elettronica. Soprattutto, rimase ad ascoltare attentamente un notiziario del New Jersey.
-Ancora non si trova traccia del giovane Michael James Way, residente a Belleville da qualche anno con la sua famiglia. La denuncia è stata fatta già da qualche giorno e la polizia sta cominciando a indagare al di fuori del New Jersey-
Merda. Non doveva assolutamente farsi trovare.
Anche i ragazzi si erano finalmente decisi a cercare Mikey. Di fronte all’insistenza di Frank non resistevano a lungo.
-Certo che tuo fratello non ha trovato niente di meglio da fare…-
-Raffredda i bollori, Ray…-
-Come mai così di cattivo umore oggi?- chiese Bob
-Chiedilo a sua maestà- rispose Ray guardando male Frank, ma quest’ultimo non gli diede retta.
-Vi dispiace se entriamo in questo negozio? Devo comprare delle batterie per il lettore!-
-Va bene, ma facciamo in fretta-
Senza un motivo valido, Gerard si mise a passeggiare attraverso i corridoi e i tostapane, i microonde, le tv e gli stereo. Ma poi lo colpì una presenza ambigua: un ragazzo incappucciato, e con uno zaino dannatamente simile a quello di Mikey. Accelerò il passo, cercando di non farsi vedere.
-Bene, ora possiamo… Ehi, ma dov’è Gerard?-
Quella voce… Frank! Poteva riconoscerla tra mille! E poi non c’erano molti Gerard.
Si guardò spaesato, il piccolo Mikey, attento a non dare nell’occhio. Ormai era diventato troppo pericoloso aggirarsi per New York. Si sbrigò a uscire, mescolandosi tra la gente e sgattaiolando verso l’uscita.
E Gerard non poté che trovare strani quei movimenti. Era lui. Ma merda, era scappato! Perché lo evitava così? In ogni caso, non era il momento adatto per farsi domande. Corse anche lui verso l’uscita.
-Gerard! Dove…-
-La prossima volta tappati la bocca, Frank!- e li liquidò così.
-Ma ce l’avete tutti con me stamattina?- rispose imbronciato Frank.
-Paga in fretta, piuttosto! Mi sa tanto che Gerard l’ha trovato!- e anche Ray si mise a correre –Sbrigati!-
Gerard correva, ma la folla impediva di distinguere bene quel ragazzo che correva. Forse si sbagliava, ma l’ansia non gli permetteva di ragionava a mente fredda, in quel momento.
-Mikey! Mikey, fermati!-
Il fatto che quel ragazzo aumentava la corsa non fece che confermargli che era lui
-Mikey, cazzo, fermati! Sono tuo fratello!-
Forse era proprio per questo che correva così forte.
Finchè… Non lo perse di nuovo di vista. Era bravo a fuggire, maledetto…
Anche i ragazzi lo raggiunsero, col fiatone –Gerard! Davvero hai trovato Mikey?!-
-E’ scappato…- disse lui col fiatone –Restiamo in zona… Non può essere andato lontano…- mordicchiò con forza le nocche, frustrato.
Mikey ormai era al sicuro, in una stradina di periferia. Ripreso il fiato, avvicinò un ragazzino.
-Ehi, ragazzo… Ti interesserebbe un film?-
-Un film?-
-Della disney. Te lo vedo a poco-
Il ragazzino ci pensò su –Mmmh… Ce l’hai Hercules?-
-Certo- prese dallo zaino una cassetta con scritto Hercules –Però devi farmi una promessa: se ti chiedono dove l’hai comprato, devi dire in un negozio e che hai perso lo scontrino, semmai te lo chiedono. Ok?-
-Ok… Quanto costa?-
E dopo poco ottenne i soldi per comprarsi almeno il pranzo. Lontano da Gerard.
Ma non immaginava quello che sarebbe accaduto dopo.
-Ma guarda guarda…- disse un ragazzetto dai vestiti larghi, accompagnato da alcuni suoi amichetti abbastanza robusti –Ci mettiamo a vendere video illegalmente, eh?-
Chi erano? E che volevano da lui?
-Ora dove andiamo, Gerard?-
-Cominciamo dalla periferia. Un fuggitivo di solito va lì per prima-

* Frank cita il famoso film “Il Marchese Del Grillo” con Alberto Sordi, in cui c’è la storica frase “Mi dispiace, ma io so io… E voi non siete un cazzo”

Grazie a tutte per le recensioni!

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Capitolo 11
*** Ritrovo ***


Mikey cercava con tutte le sue forze di non tremare, di non mostrare minimamente che aveva paura davanti a quegli sconosciuti che ridevano sinistramente. Ma forse non aveva ottenuto i risultati che sperava.
-Ma guardatelo come tiene stretto il suo zainetto…- si avvicinavano, lo scrutavano.
Mikey si appoggiò al muro dietro di sé, senza via d’uscita. Non poté che stringere il suo zaino.
-Ascoltaci bene, pivello… Se vendi questi film, immagino che ci fai dei soldini…-
-N… No…-
-Allora lascia fare a noi… Mettiamoci in società…-
-Non… No-non c-c-credo che sia… F-f-f-f-f-fattibile…-
I ragazzi risero di gusto, a quella debole replica. Mikey non ebbe il coraggio di ribattere.
-Non fare lo stronzo, moccioso. Dacci quei film-
-Non… Posso…- cercò di farsi forza. Il risultato fu di ritrovarsi sbattuto al muro, con una mano che gli stringeva convulsamente il colletto della maglietta.
-Sentimi bene, poppante- disse il più grosso dei ragazzi –Non ti conviene provocarci-
Gerard camminava da solo, per le periferie, da solo. Aveva deciso che era meglio dividersi, in modo das trovare più in fretta suo fratello. Ma perché si era arrivati a questo punto? Perché si comportava così? Perché faceva stare così in pena tutti quanti?
Di colpo quello non fu più un problema. Sentiva delle risate, in fondo alla stradina semibuia. Dei ragazzi che accerchiavano un altro ragazzino, che chiudeva gli occhi per la paura, con un labbro sanguinante.
Che cazzo stavano facendo a Mikey quelli là?
-Lo tiene stretto lo zaino, lo stronzetto…-
-Dagli qualche calcio in più-
-Proprio lì sotto, così si arrende!-
-CHE CAZZO STATE FACENDO, VOI?!-
I bulletti si voltarono svogliati, verso la figura stanca di Gerard, ma arrabbiata. Furente.
Ray, appostato nelle vicinanze a cercare Mikey, sentì delle voci strane, qualcosa che non andava. Dietro l’angolo, vide distintamente Gerard che cercava guai con dei ragazzi più grossi di lui, e… Mikey! L’aveva trovato!
Però doveva fare qualcosa, altrimenti c’era il rischio di finire all’ospedale, o in questura. Diede un colpo di telefono, appartandosi poco lontano, a Frank, dicendogli di spargere la voce a Bob, per poi intervenire. Improvvisando.
-
¡Oh, qué suerte! Alguna forma de vida inteligente! ¿Podría usted ayudarme?-
I ragazzi lo guardarono sbalorditi senza capire una parola. Gerard sorrise sotto i baffi, era un ottimo diversivo e Ray era arrivato al momento giusto. Il problema era Mikey.
-Ma R…-
Gerard, preso alla sprovvista, gli diede un calcio allo stomaco.
-Stai zitto e reggi il gioco- disse sottovoce.
-Yo estaba buscando una persona con una maleta con dinero en su interior. ¡Mi dinero! ¿Te imaginas? ¡Qué terrible! ¡Ayúdame!-
-Che diavolo sta dicendo…?-
-Ho capito solo dinero… Ci sono di mezzo i soldi…?-
Uno dei ragazzi si avvicinò a Ray –Soldi… Dinero…?-
-Sí, mi dinero! Me han robado! No puedo ir a casa sin que la maleta! Si alguna vez te ayudó a pagar!-
Pagar…?
-Che ne dite…?-
-Bè, dipende quanti soldi sono…-
-Quanto dinero?-
-Muy, mucho dinero! Llenos de dinero!- si sbracciò, cercando di rendere l’idea.
Quei bulli stavano seriamente pensando di offrirsi per scroccargli o rubargli loro stessi la valigia, togliendo l’attenzione da Mikey.
-Mikey… Ora ci alziamo piano piano e ce la diamo a gambe levate… Ce la fai…?-
-Mi hai fatto male, fratellino…-
-Così impari. Ora muoviti-
Però uno del gruppo se ne accorse. Troppo bello per essere vero.
-Dove credete di andare voi?-
-Mikey, vai via!- Gerard rimase lì fermo, non doveva assolutamente far in modo che Mikey venisse preso. A costo di prendersi i pugni come stava succedendo. Eppure, contrattaccava, senza nemmeno pensare a quello che stava succedendo.
-Quindi anche questo spagnolo sta con loro… Che fregatura…-
Ray era pronto per il peggio, ma dall’alto, letteralmente dall’alto, arrivò la salvezza.
Delle semplicissime, lattine di Coca Cola vuote.
-Qualche problema, amigo?-

Frank! E Bob! Proprio al momento giusto!
-Ma…-
-Non ve l’aspettavate un’entrata così teatrale, eh? Ma modestamente questa scena necessitava di personaggi strabilianti come noi!- disse Bob, facendosi passare sottomano un paio di lattine.
-Allora vai avanti tu, Bob. Io vi raggiungo subito- disse Frank, correndo via
-Con moooooooolto piacere, Frank!- scese dalla scala che era nei paraggi del palazzo, sicuro di sé.
-Cercano rogne, questi idioti?-
-Io dico che ti stai sbagliando-
Neanche il tempo di ribattere che una spruzzata di Coca Cola in faccia a uno dei ragazzini.
-Aaaaaah!-
-Ehi, funziona davvero!-
E in quel momento arrivò Frank, facendo rotolare velocemente delle lattine verso gerard e Ray
-Sicuro che funzionerà?- chiese Ray
Frank sorrise, agitando la lattina, aprendola in faccia a quello che gliene stava per dare.
Anche se era un piano di fuga assurdo, renderli momentaneamente ciechi con la Coca Cola si era rivelato perfetto. Loro se l’erano svignata, nascondendosi tra la folla, per poi riposarsi in un luogo sicuro. Con Mikey. Finalmente.
-Gerard…-
Gerard alzò una mano, e Mikey strinse gli occhi. Ma non ricevette nessuna botta. Nessuno schiaffo.
-Accidenti a te, Mikey… Sono troppo stanco per picchiarti…- ma per abbracciarlo non lo era. E nemmeno per piangere.

Ho voluto rendere un pò grottesco il salvataggio di Mikey! Spero vi sia piaciuto! Ci vediamo al prossimo capitolo!

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Capitolo 12
*** Back To Home ***


Mikey era appena uscito da una caffetteria con delle lattine di caffellatte per tutti quanti, provati da tutto quello che avevano passato. Ormai era certo che era ora di tornare a casa, e decise di spiegare il perché di quella scappatella.
Sentiva il bisogno impellente di cambiare qualcosa nella sua vita, vedere il posto che tanto sognava, senza supporto, provare la sensazione di cavarsela da soli. Dimostrare qualcosa a Gerard, ai suoi genitori, ma soprattutto a se stesso.
-Mi dispiace avervi fatto dannare così…-
-L’importante è che non dai più colpi di testa del genere-
-Ma sentitelo, il fratellone! Eri o non eri tu quello che voleva ammazzarlo di botte?!-
-D-davvero?- chiese Mikey col caffè vicino alla bocca
-Mettiti nei miei panni!- rispose di colpo Gerard.
Un fischio interruppe bruscamente quella conversazione, mentre sul volto di Bob si formava un sorriso amaro
-Il mio treno sta per partire… Bè, ragazzi… E’ stato un piacere-
Lo abbracciarono, tutti un po’ tristi, mentre Mikey provava solo tanta riconoscenza –Salutaci il signor Thomas-
-Ah ah ah ah, come no, contaci!-
-Speriamo che non sia il nostro ultimo saluto questo…-
-Invece mi sa tanto che di occasioni per rivederci ce ne saranno ben poche…- poi si voltò verso Mikey –E’ stato un piacere salvarti la pelle. In gamba, okay?-
E anche per loro era venuto il momento di tornare a casa.
Incredibile ma vero, quel viaggio era servito a tutti, non solo a Mikey: Frank e Ray erano finalmente riusciti ad andare d’accordo, Gerard era dimagrito (non era forse quello che voleva?), ma soprattutto era riuscito a trovare un qualcosa per essere più vicino a suo fratello.
L’unico problema che si prospettava, ora, era affrontare la famiglia una volta tornati.
Suonare il campanello non fu mai così difficile.
La vedevano, la loro mamma, stanca, che sembrava non chiudesse occhio da una vita, un fazzoletto in mano. Quando vide davanti ai suoi occhi non ci poteva credere.
-Ciao, mamma…- disse gerard
-Ma dove ti eri cacciato?!- sua madre abbracciò subito Mikey. Gerard sorrise, sospirando.
-Vieni dentro…-
Un caffè, qualche dolce, il calore di casa. Tutto questo non c’era a New York. Mikey dovette riconoscerlo.
C’era comunque qualcuno che mancava all’appello –La nonna?-
-L’ho chiamata poco fa, dormiva. Scenderà tra poco-
-Bene! Ci siamo finalmente tutti, vedo!-
Gerard fece un sorriso forse esagerato, ma per lui sembrava di non vederla da una vita.
-Nonna…-
-Ma guarda, ci sei anche tu, Gerard! E hai riportato Michael a casa…- gli accarezzò la guancia –Sei proprio un bravo ragazzo…-
Gerard arrossì, prendendo la mano della nonna e staccandola dalla guancia
-Infatti ti meriti un premio! Faremo una bella grigliata fuori e…-
-No, papà, ti prego.. Proprio ora che ho perso un po’ di peso…-
-Non essere sciocco, Gerard! la carne farà bene alla tua dieta! In effetti mi sembravi un po’ diverso… Ma non preoccuparti, ci penserò io a farti prendere un peso forma coi fiocchi!-
-Aiuto…- disse Gerard davanti alle parole di sua nonna.
 

Ne era passato di tempo da allora.
Ora vivevano a New York. Che strana ironia.
Mikey lavorava, Gerard lavorava, dopo essersi laureato in una scuola d’arte. Ognuno inseguiva le proprie passioni, mentre cercavano di rendersi indipendenti.
E Frank? Oh, lui per nulla al mondo avrebbe lasciato il New Jersey! Quando gli proposero di trovarsi un appartamento tutti insieme dopo il diploma, fu categorico.
-Vorrete scherzare, mi auguro! Io dal New Jersey non mi muovo. Mi dispiace, ma non saprei vivere senza la sua sporcizia. E poi, stavo pensando di trovare casa qui con Jamia- manco fossero sposati.
Anche ray era momentaneamente rimasto nel New Jersey, aspettando di trovarsi qualcosa di meglio.
E Bob, dopo quella volta, non l’avevano più visto né sentito.
Era passato davvero tanto tempo.
11 settembre 2001
Sappiamo tutti cosa successe.
Qualcosa in Gerard si era sbloccato. Come se sentiva il bisogno di fare qualcosa. Chiamò tutti a rapporto. Mikey, Frank, Ray e Matt, un loro amico.
Quando spiegò cosa aveva in mente per poco non gli davano del pazzo. Anzi, Frank era entusiasta.
-Una band? Davvero davvero? A me farebbe comodo! Sai com’è, con dei tatuaggi non riesco a trovare lavoro tanto facilmente…-
-Ma tu vivi ancora a Belleville… Poi come fai?-
-Se guadagniamo bene a ogni serata, non sarà un problema fare benzina-
-Tu la fai troppo semplice-
-E poi non avete un bassista- disse Mikey
-E’ qui che ti sbagli, fratellino-
Mikey all’inizio non ne voleva proprio sapere –Oh, no… No, no, no…-
-Ti prego… Te lo compro io un basso se necessario!-
-Ti pregooooo…- lo seguì Frank facendo gli occhi dolci
Bè, alla fine l’avevano convinto.
E il nome?
Mikey ebbe l’onore di sceglierlo.
My Chemical Romance.
Fu come l’inizio di una nuova vita.
Due album, concerti ovunque, interviste… Stavano facendo davvero molta strada.
Ma quando si raggiunge una certa tappa, le cose sembrano prendere una brutta piega.
Matt se n’era infatti andato. Non andava più d’accordo con l’opinione degli altri su certe cose. Venne mandato via senza troppi complimenti.
E adesso? Senza batterista, che si fa?
-Pronto?- disse Gerard davanti al cellulare. Capelli lunghi, trucco stravagante, pesante, vestito sul nero e il rosso. Guardava con malinconia alcune foto di sua nonna, scomparsa da tempo. Matt era andato via, sua nonna non c’era più… E anche Mikey cominciava ad avere crisi di nervi. Improvvisamente si trovò addosso un sacco di problemi da affrontare.
Ma per gli amici c’era sempre.
-Geeeeeee? Sono Bert!-
-Oh, ciao! Qual buon vento?-
-Ho saputo che avete dei problemi nella band, no? Una bevuta insieme è quello che ci vuole-
-No, niente, alcol. Quella roba non la tocco più- infatti mettiamoci tra i problemi della band la disintossicazione di gerard da droghe e alcol. Ne abusava in gran quantità, soprattutto quando era morta la nonna, ci aveva dato proprio dentro. Chissà se si poteva andare ancora più in basso.
-E’ un modo di dire, Gee. Ti aspetto con gli altri alla nostra sala prove-
-Va bene. Ci vediamo tra poco-
-Chi era, fratellino?-
-Bert-
-Il cantante dei The Used?-
-Ah ah. Ci invita a svagarci un po’. Chiama gli altri-
Gli amici facevano cose miracolose, davvero. O almeno, ti facevano momentaneamente dimenticare i problemi.
-A proposito, a qualche batterista c’avete pensato?-
-No… Qualcuno si è presentato, ma stare dietro a Matt non è cosa semplice…-
Una voce sconosciuta chiamava a gran voce Bert, chiedeva qualcosa su dei fili.
Quando videro spuntare la persona che lo aveva chiamato, non ci credevano: biondo, un piercing al labbro, occhi azzurri, sempre con quei fili addosso. E anche lui li riconobbe
-Noooooooooo! Gerard coi capelli lunghi! Ma ci siete proprio tutti!-
-Tu, piuttosto! Che fai qui?!-
-Non lo sapevi? Sono il tecnico del suono dei The Used! Ah, ovviamente ho comprato i vostri dischi! Molto buoni!-
-Vi conoscete?- chiese Bert
-E’ una lunga storia…- disse Frank
-Sì, ma ora abbiamo un po’ di problemi… Il nostro batterista non c’è più…-
-Cavolo, pace all’anima sua e condoglianze…-
-Non intendevo che è morto… E’ solo andato via-
-Oh- disse Bob cadendo dalle nuvole –Quindi ora non avete un batterista?-
-Già…-
-Posso aiutarvi se vi va. Io la suono, d’altronde-
-Ma…-
-Me lo concedete un provino?-
Bert aiutò la situazione –Ma sì, fateglielo fare. Non ve ne pentirete-
In fondo, che avevano da perdere?
Dopo l’esibizione di Bob… Bè, cavolo se era bravo! Mica se lo facevano scappare un talento simile! Tutt’altra cosa rispetto al tamburello a New York quella volta!
-Non c’è bisogno neanche di pensarci! Sei il benvenuto nella band! Non credo che troverai difficile imparare i nostri pezzi!-
Quanto tempo era passato da allora…
Forse quella volta, quel viaggio, era solo un piccolo filo, un collegamento che li portò dove stavano adesso.
Un qualcosa che ricordano ancora con nostalgia.
-Ehi, Mikey! Se scappassi da qualche altra parte? che ne diresti di Las Vegas?-
-Ma smettila, Frank!-

Ed eccoci arrivati alla conclusione... Francamente avrei voluto un qualcosa di meglio, ma non credevo fosse così difficile trovare un finale decente...
Dunque, spero davvero che vi sia piaciuto, e non posso che ringraziarvi di cuore per aver seguito questa storia!
Grazie mille!

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