BACI SOTTO IL VISCHIO

di Fafanella
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 21 DICEMBRE ***
Capitolo 2: *** 23 DICEMBRE ***
Capitolo 3: *** 26 DICEMBRE ***
Capitolo 4: *** 29 DICEMBRE ***
Capitolo 5: *** 1 GENNAIO ***
Capitolo 6: *** 13 GENNAIO ***
Capitolo 7: *** 14 FEBBRAIO O 14 MARZO? ***



Capitolo 1
*** 21 DICEMBRE ***


21 DICEMBRE
 
 
Prendo l'ennesima maglia e l'appallottolo buttandola sul letto con rabbia. Mi siedo e mi maledico, perché mai mi sono andato ad impelagare in questo genere di cose? Non sono un tipo da appuntamento io, le ragazze mi terrorizzano. Eppure con Akamine è stato sempre tutto facile, perché adesso mi sento così nervoso? Sono stato io a proporle di vederci dato che era da una sua parente qui in città, e l'ho fatto perché ho il desiderio di rivederla, solo che non mi ero reso conto che... quando con schiettezza mi ha domandato "Mi stai chiedendo di uscire con te? Si tratta del nostro primo appuntamento?" mi sono pietrificato. Non riuscivo più a respirare, per poco non svenivo, ho iniziato a sudare freddo, credo di aver emesso un suono che voleva essere un sì, e come sempre è stata lei a togliermi da ogni impiccio decidendo giorno e ora. Quel giorno è oggi e io sto nuovamente avendo un attacco di panico. Mi siedo sul letto sconfitto portandomi le mani nei capelli e sto per maledirmi ancora quando mia madre entra nella stanza e con fare sereno si avvicina a me con una camicia blu "Dovresti indossare questa!"
Ora mi sento ancora più imbarazzato.
"A tuo padre stava molto bene. Indossava sempre una camicia quando voleva fare colpo su di me."
Divento rosso all'istante e inizio a camminare in circolo cercando di trovare qualcosa di sensato da dire.
Mia madre non si scompone, toglie la camicia dalla cruccia e mi invita ad indossarla. Con calma me l'abbottona, mi arrotola di poco le maniche sugli avambracci, mi sistema il colletto e lisciando il tessuto sui miei pettorali "Sei quello che gli somiglia di più, sia come aspetto che come temperamento e..." mi sorride con dolcezza "Sei bello come lo era lui, vedrai che le piacerai molto."
Avvampo nuovamente facendola ridere e portandola a dire "Sei come tuo padre anche in questo, era molto timido!"
"Io, io... non sono... è solo che..."
"In verità è un bel contrasto, a noi ragazze piace!" poi mi fa un'occhiataccia e prosegue "E non azzardarti a dirmi che non sono più una ragazza, altrimenti ti faccio vedere chi è la vera tigre fra noi?!"
La fisso sbalordito mentre ride ancora, poi mi prende per mano, mi conduce alla porta, mi fa infilare il piumino, la sciarpa e le scarpe, mi guarda un'ultima volta e asserisce felice "Ho fatto proprio un bel ragazzo, sono stata molto brava."
"Mamma ma che..."
"Shhhh non mi contraddire e adesso va, che la tua ragazza ti aspetta."
Mi traumatizza così, mentre mi spinge fuori.
L'aria gelida di questo primo giorno d'inverno mi aiuta a tornare ad una temperatura corporea accettabile. Nel tragitto ripenso a mio padre, ai miei occhi è sempre stato un uomo sicuro e caparbio, un gran lavoratore e anche una sorta di eroe. Ogni sera appena rientrava, la prima cosa che faceva era baciare mia madre. Controllava fossimo tutti impegnati in altro e le accarezzava la schiena con il palmo aperto per farla voltare verso di lui, solo per avere un accesso più rapido alle sue labbra e il bacio che le dava, era casto e carico di devozione. Poi si lavava le mani in cucina e ci chiamava, ci abbracciava tutti contemporaneamente e cercava di sollevarci insieme. Io tentavo sempre di divincolarmi, ero il maggiore, non volevo far capire che quelle smancerie erano la mia debolezza, ma lui mi sussurrava sempre "Amare, amare la propria famiglia non è mai una vergogna" e mi accarezzava la testa con comprensione. Chiedeva ai più piccoli se avevano fatto i compiti e poi si rivolgeva a me "Andiamo a fare due tiri in strada campione?!"
Era capace di dare attenzioni a tutti. Un uomo semplice, timido ma presente.
Una voce a me cara mi distoglie da quei ricordi "Stai pensando a qualcosa di bello a giudicare dal tuo sorriso!" 
Fermo il mio incedere e la guardo, forse ho un'espressione un po' smarrita perché si affretta a dire "Non intendevo che stavi pensando a me, non mi fraintendere" abbassa per un istante gli occhi fingendo di aggiustarsi la tracolla della borsa.
"A mio padre, stavo pensando a mio padre" le rispondo ancor prima di salutarla.
Si apre in un sorriso dolce e vorrebbe forse dire altro, io inclino un po’ la testa verso destra e le sorrido di rimando sapendo che avrei avuto la stessa espressione pensandola.
Anche lei è un bel pensiero per me!
Improvvisamente arrossisce e per la prima volta, credo sia senza parole, vorrebbe esprimersi ma non emette suoni, non so perché la cosa mi fa ridere "Non eri tu la chiacchierona? Ora cosa ti prende?"
"E’ solo che tu... tu mi stai... mi stai guardando in un modo che... e comunque non mi hai neanche... neanche salutata."
"E' bello rivederti Akamine!" replico con tranquillità, improvvisamente le mie insicurezze sono svanite, perché con lei mi sento a mio agio.
"Offrimi una tazza di tè sto diventando un cubetto di ghiaccio!" mi impone spingendomi per farmi camminare.
Entriamo in un locale nelle vicinanze, nell’aprire la porta veniamo quasi soffocati dal caldo eccessivo, tolgo il giaccone ancora sull’uscio e, quando mi srotolo via anche la sciarpa, finalmente torno a respirare “Perché diamine mettono l’aria calda così forte?” e la cerco per poter continuare a lamentarmi, ma mi fissa in un modo strano “Che c’è?”
Sbatte le palpebre mentre i suoi occhi percorrono il mio corpo più volte.
“Cosa c’è?” le chiedo ancora.
“Eri così anche l’ultima volta che ci siamo visti?”  
Alzo un sopracciglio e indago “Cosa intendi?”
Mi indica gesticolando molto, troppo, la cosa inizia a imbarazzarmi così le prendo la mano e mi dirigo verso un tavolo vuoto costringendola a sedersi, mentre io prendo posto di fronte a lei.
Si morde il labbro più volte e scuotendo la testa “Sono certa che non eri così… o sì? E’ come sei vestito forse…”
“Perché cos’ho che non va?”
“CHE NON VA?” sbatte le mani sulla tavola e si sporge verso di me alzandosi, di contro indietreggio sulla sedia e cerco di rabbonirla “Per-Perché stai facendo… così? Non possiamo fare come al solito che tu parli, parli e parli, mentre io ti ascolto?”
“E’ la seconda volta che mi dai della chiacchierona e comunque, credi sia facile mantenere una conoscenza telefonica se dall’altra parte c’è quasi sempre il silenzio?”
La cameriera mi salva “Cosa vi porto?” ci domanda mordicchiando la penna senza togliermi gli occhi di dosso, cosa che mi mette ancora più nei guai.
“PRENDIAMO DUE TAZZE DI TE’!” ruggisce Maki facendomi sobbalzare.
La poveretta corre via e lei si siede con fare sconcertato e infuriato, poi mi punta e insiste “Lo vedi che sei diverso? Quando ci siamo conosciuti nessuna faceva la svenevole con te. Sicuramente incutevi un certo timore mentre cercavi di abbattere un albero a suon di calci, ma…” inizia a togliersi i guanti, la sciarpa e si sbottona il cappotto. Solo adesso mi rendo conto che indossa una gonna e quando si libera definitivamente capisco che anche lei è cambiata; è una donna.
Deglutisco e cerco di non farle comprendere che sto memorizzando ogni dettaglio: i capelli leggermente più lunghi la rendono molto femminile, sarà anche merito di quella treccia sul lato destro che sembra quasi una rasatura. Credo si sia truccata, ha le labbra lucide e rosse, come se fossero fatte di gelatina, gli occhi profondi con una sfumatura tutto intorno che li rende espressivi e intensi. La camicia color porpora di un tessuto leggero con un nodo al collo e il cardigan blu con i bottoni che le partono proprio sotto il seno. Un seno abbondante e sodo che si alza ritmicamente ad ogni suo respiro.
La cameriera torna e nel porgerci il tè “Posso portarvi anche qualcosa da mangiare?” usa il plurale nonostante si rivolga solo a me, rispondo senza smettere di fissare la bocca di Maki “Gelatina, vorrei della gelatina di fragole!”
“Io un mochi con confettura di fagioli rossi!” non viene ascoltata e così tamburella sul vassoio della tipa per attirare la sua attenzione, facendola spaventare. Le ripete ciò che vuole e poi la guarda male fino a che non scompare.
Sospira e si lamenta “Era necessario vestirsi così? Perché diamine con le camicie siete tutti degli stra-fighi?! Fortuna che sei seduto altrimenti non farebbero altro che guardarti il c…” si morde ancora le labbra e si rimprovera “Hai ragione tu, uffa, sono una chiacchierona, non so tenere a freno la lingua.”
La trovo bellissima in questo momento, mentre si tortura le mani ed evita di incrociare i miei occhi, poi entra nuovamente in assetto da guerra e capisco che sta tornando la cameriera che, questa volta, lascia tutto sul tavolo rapidamente e si dilegua.
Bevo un po’ del mio tè e gioco con lei “Perché indossi i colori del Barcellona, io andrò a giocare in un’altra squadra.”
“Lo ricordo perfettamente, ma questi colori mi stanno bene e volevo…”
“Concordo!” la interrompo facendola arrossire ancora, poggio la mia tazza di tè e le rubo il mochi dal piatto.
“Ehi quello è il mio!” si alza con fare minaccioso e cerca di riprenderselo, ma riesco comunque a rubarne un morso.
“Non è giusto, avresti dovuto ordinarne uno an…” non termina la frase, con le dita mi toglie una rimanenza di zucchero a velo poco sotto il naso.
I suoi polpastrelli sono gelati, istintivamente le afferro quella mano e dopo aver ingoiato il mio boccone, avvicino le labbra alle mie che hanno creato una capanna intorno alla sua per riscaldargliela.
Dopo qualche istante sussurro “Era vero che stavi diventando un ghiacciolo. Forse avresti dovuto indossare qualcosa di più pesante.”
“Io… io volevo… volevo essere più… femminile e ...” ma non termina la frase, si limita a guardarmi negli occhi nel frattempo che proseguo a riscaldarla. Poi si fa spazio fra le mie con l’altra mano e afferma “Anche questa è… ancora fredda… potresti…”
Annuisco e proseguo ciò che stavo facendo.
"Il blu ti sta molto bene" mi dice con tono pacato.
"Non mi sembravi entusiasta del mio abbigliamento pochi minuti fa."
"Sei un cretino!" esclama imbronciata, facendomi sorridere, cosa che la fa agitare e si divincola affermando "Sono calde adesso, grazie!"
"Allora come prosegue con la tua squadra, capitano?" le chiedo per scegliere un argomento che la faccia sentire sicura, e infatti, diventa un fiume in piena, mi racconta di una nuova compagna di squadra con la quale non riesce ad instaurare un rapporto. Una tipa caparbia e cocciuta, così le suggerisco "Sfidala! Tu contro di lei."
"Cosa? Dovrei quindi fomentare quest'astio?"
"No, le darai un motivo per rispettarti, indipendentemente da chi sarà la vincitrice."
"E' per questo che sfidi sempre tutti?"
Mi affogo con il tè e mi lamento "Non sfido costantemente le persone, io!"
"Devo farti l'elenco? Il primo fra tutti è..."
"Ok, non me lo nominare, ho capito. Forse hai ragione tu."
"Forse? Salto il primo, il secondo è Ozora, poi c'è stato Misugi, poi quello che viene dal nord, non ricordo il nome..."
"In verità a loro non li sfido, mi confronto."
"Adesso, ma inizialmente non è stato così."
"Perché sfidandoli sono stato rispettato e li ho rispettati a mia volta, ma stavamo parlando di te e della tua nuova compagna di squadra."
"Sì, ma mi piace ascoltarti, quindi possiamo anche parlare di te e dei tuoi compagni e... prometto che eviterò l'innominabile."
Le faccio un'occhiata contrariata e lei scoppia a ridere affermando "Non è che in realtà è quello che ti sta più simpatico fra tutti perché ti somiglia?"
"Non diciamo sciocchezze, non abbiamo nulla in comune noi due."
"Sarà, ma è l'unico che ti sprona a fare sempre meglio."
"Solo perché non sono ancora riuscito a segnargli da fuori area."
Poggia i gomiti sul tavolo e il viso nelle sue mani, è radiosa e dolcissima mentre puntualizza "Però basta parlare di lui per farti scorrere l'adrenalina nel corpo."
"E' un degno avversario" ribatto girando il viso verso destra, ma me lo volta e mi coregge "Il tuo più grande avversario!"
"Avevi detto che non avremmo parlato di lui" accigliato e contrariato.
Mi scruta attentamente e mi imbarazza dicendo "Sei bello anche quando ti arrabbi!" appena termina la frase si rende conto e anche lei si imbarazza, si alza affermando di dover andare in bagno ed io resto impalato come un idiota.
Ho il viso che con ogni probabilità sarà un semaforo rosso e il caldo mi toglie nuovamente il respiro, tanto da dovermi sbottonare un po' la camicia e tirare ulteriormente su le maniche.
Quando torna, sembra ancora molto imbarazzata, in silenzio beve il suo tè e mangia il dolce. La cosa inizia a rendermi nervoso, non so cosa dire per smorzare questo momento, in genere è lei a cavarmi dagli impicci. 
Mangio la mia gelatina alla fragola, che in realtà non mi piace affatto, perché cavolo l'avrò ordinata è un mistero.
Respiro profondamente e mi arrovello il cervello per trovare qualcosa da dire, ma più ci penso e più brancolo nel buio. Fa nuovamente troppo caldo, così cerco di far salire ancora un po’ le maniche della mia camicia.
Senza guardarmi afferma "La strapperai così, non le puoi arrotolare oltre."
Quando posa la sua tazza mi rendo conto che è vuota e ne approfitto "Ti andrebbe di fare una passeggiata? Fa troppo caldo qui dentro."
"Certo, possiamo andare."
Nel frattempo che si mette il cappotto vado a pagare e quando torno la trovo con una faccia accigliata e irritata.
"Cosa c'è?" le domando.
"Come fai a non rendertene conto? Non ti senti osservato?"
"Rendermi conto di cosa?"
Mi indica qualcosa alle mie spalle, mi volto e diverse ragazze mi stanno fissando, ma non mi interessano anzi, in realtà mi infastidiscono "Non è una cosa che noto!" replico asciutto.
"Come si fa a non notare delle cretine che ti sbavano dietro?"
Indosso il cappotto e con sincerità "Perché è avanti che guardo" e incrocio i suoi occhi furenti che si rabboniscono rapidamente "Inoltre le ragazze mi terrorizzano, in genere."
Si trattiene dal ridere e curiosa "Che significa che ti terrorizzano?"
"Che mi fanno paura."
"La tigre che ha paura di semplici ragazze indifese?"
"Sì!" 
Scoppia a ridere e io mi avvio all'uscita, sto soffocando.
Fuori dal locale finalmente torno a respirare normalmente, stringo la sciarpa nella mano destra ed evito di abbottonare il mio piumino, non mi dispiace quest'aria pungente.
Con la coda dell'occhio la vedo rabbrividire ad una folata di vento, istintivamente mi fermo e le avvolgo anche la mia sciarpa al collo affermando "Sei freddolosa."
"Ci sono 2 gradi e non sono neanche le 16.30, sei tu ad essere troppo focoso!" sentenzia senza riflettere, poi sgrana gli occhi e si morde il labbro lamentandosi "Ma perché non sto mai zitta?!" sprofonda la testa nelle spalle e cerca di nascondersi completamente. 
Resto con le mani vicino al suo corpo mentre stringo ancora la lana e scoppio a ridere.
Si nasconde di più e mi dà un pugno sul petto "Smettila di ridere, è imbarazzante!"
"Hai ragione, scusami... ma devo ammettere che sei pazza e buffa."
"Dovrebbero essere dei complimenti?"
"No!" e rido più forte.
"Non eri terrorizzato dalle ragazze tu? Non mi sembra di farti particolarmente paura."
"Non... Non tu. Tu sei la mia chiacchierona" ribatto ridendo ancora.
"Oh e dai però, smettila, io...io... mi sento a disagio..." si imbroncia a si allontana ma non si rende conto che sta arrivando un tipo in bici a tutta velocità, così l'afferro e la stringo a me facendo qualche passo verso un portone nelle vicinanze.
"Stai bene?"
Non mi risponde, ma sento le sue mani farsi strada sulla mia schiena da sotto il cappotto e nonostante abbia i guanti sono gelate. Un brivido mi attraversa il corpo e il cuore inizia a battere in maniera strana, soprattutto quando arriva a stringermi completamente.
Non è la prima volta che ci abbracciamo, era già successo quando la sua squadra aveva perso, ma ora è diverso, ora c'è qualcosa che mi lega a lei.
"Maki" sussurro, è la prima volta che la chiamo per nome, ha un sussulto che mi porta a scostarmi leggermente con il busto per poterla guardare negli occhi.
Trema quando cerco di alzarle il viso e le domando ancora "Stai bene?"
Scuote la testa in un no e mi allarmo "Ti ho fatto male? Quando ti ho afferrata ti ho fatto male? Maki!"
"No, solo vorrei essere diversa e invece... sono impulsiva, chiacchierona, pazza e buffa."
Faccio un paio di passi ruotando verso sinistra per portarla spalle al portone e proteggerla da sguardi indiscreti, il mio corpo le fa da scudo e la invito "Potresti guardarmi per favore?"
Nega ancora con la testa, ma le sue mani stringono maggiormente il tessuto della mia camicia.
Mi faccio strada nei vari strati di sciarpa e le sollevo il viso, un viso arrossato con degli occhi liquidi che cercano di non incrociare i miei, spaziano oltre me, verso l'alto e incappa in qualcosa che la agita così anche io guardo sopra la mia testa e noto un ramoscello di vischio.
Mentre torno a lei il mio cuore pompa poderoso, cerca di divincolarsi, di allontanarsi mentre si giustifica "Non ho... non ho pensato a niente, davvero! Riprendiamo la passeggiata, vuoi?" 
La tengo bloccata ma annuisco, la cosa sembra tranquillizzarla perché sospira e argomenta ancora "Scusami e che certe volte non vorrei dire le cose che dico, non vorrei fare le cose che faccio e invece faccio e dico sempre tutto e hai ragione tu, sono pazza e buffa, quando invece dovrei essere una donna ormai, ma mi impegnerò, perché voglio migliorare e voglio piacerti perché tu mi piaci tanto e..." sgrana ancora gli occhi e assume un'espressione avvilita, colpevole fa un passo indietro e sbatte contro il portone, torna ad alzare il viso ma lo riabbassa subito arrossendo di più e tremando.
Si fa coraggio e mi affronta "Lo so, non avrei dovuto dirlo ma ormai l'ho fatto e..."
La faccio tacere poggiando le mie labbra alle sue, sono fredde ma morbide ed effettivamente sanno di fragola. Le accarezzo con calma, le assaporo e inizio a conoscerle. Mi interrompo per dirle qualcosa che deve sapere "Mi piaci già e mi piaci così, pazza e buffa."
Torno su quella bocca dolce e sensuale e questa volta gliela schiudo per avere un bacio vero. Inizialmente le nostre lingue si muovono con un po' di incertezza, poi trovano il loro ritmo, i nostri respiri si fondono e così anche i nostri gusti. La stringo di più e la sento completamente arresa a me, come fosse mia e mia soltanto.
Ci allontaniamo e la vedo liberarsi di tutti quei giri di lana intorno al collo, scoppio a ridere e mi rimprovera "Non ridere, fa caldissimo adesso!"
Mi allontano e la vedo respirare a pieni polmoni, infilo le mani in tasca e la esorto "Camminiamo?"
"Ok, ok!" si sfila il guanto destro, si mette sottobraccio e mi prende la mano che è nella mia tasca facendomi rabbrividire.
"Non avevi detto di sentire caldo?" le domando.
"No, sì, ho anche detto che sei tu quello focoso fra noi..." poggia la testa sul mio braccio e si lamenta "Maledizione, le ripeto anche certe cose che non dovrei proprio dire."
Scoppio a ridere nuovamente mentre lei si lamenta ancora.
 

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Capitolo 2
*** 23 DICEMBRE ***


23 DICEMBRE
 
 
E’ quasi Natale, da noi non si festeggia come nelle altre parti del mondo, qui le ragazze regalano cioccolata all’individuo di sesso maschile del quale sono innamorate.
Io per arrotondare e per continuare a mantenermi agli studi, ho accettato di fare questo lavoro al limite del ridicolo, ma molto ben pagato.
Ed eccomi qui, fuori dal centro commerciale a fare il cuore di cioccolata.
Che vergogna!
Ma vediamo il lato positivo, il costume che indosso è caldo e sono difficilmente riconoscibile.
Qualcosa di gelido si posa sul mio naso, alzo gli occhi al cielo e tanti piccoli fiocchi di neve scendono gioiosi.
Quando da ragazzina volevo nevicasse per saltare la scuola, non ne cadeva uno e adesso… Mi guardo intorno e sembra già posarsi… Che rabbia!
E’ inutile innervosirsi e soprattutto, questo lavoro mi consentirà di non toccare il fondo che mi ha aperto Kojiro.
Lui ce l’ha fatta da solo e ci riuscirò anche io!
Ancora sento la sua risata fragorosa mentre gli dicevo che avrei dovuto indossare questo costume. Fortuna che rientrerà in Giappone domani e per allora, questo lavoro sarà già diventato un ricordo.
Sbircio, attraverso le vetrine, l'ora sul grande orologio nel centro commerciale, ne mancano ancora due e avrò terminato.
Sorrido all’ennesimo passante, gli regalo un cioccolatino e anche il coupon con il buono sconto, poso un attimo il cestino e infilo i guanti, in genere mi danno fastidio, ma ora fa decisamente freddo.
Nel giro di poco intorno a me è diventato tutto bianco, sarà un problema anche tornare a casa.
Ok, pensa positivo Naoko, non lasciarti abbattere, pensa alla faccia di Kojiro quando si renderà conto che non hai toccato un centesimo dei suoi soldi e all’orgoglio che leggerai negli occhi di tua madre.
Faccio qualche passo e non bado alla piccola rampa per le carrozzine, che essendosi ghiacciata, è diventata scivolosa e… finisco di sedere a terra!
“AHI, CHE BOTTA!” urlo senza accorgermene.
Faccio un respiro profondo colmo di rassegnazione e cerco di alzarmi, ma con questo costume è una vera impresa.
Ok Naoko, sta calma, respira e cerca una soluzione.
Provo a darmi una spinta con un colpo di reni, ma l’imbottitura della punta del cuore rende vano qualsiasi mio tentativo.
Va bene dovrò chiedere la cortesia a qualche passante, poco distante da me parcheggia una moto, chi diavolo va in giro in moto con questa aria gelida?! Scende un tipo molto ben vestito, mi faccio coraggio e prima di alzare la voce per attirare la sua attenzione, mi rincuoro “Naoko Hyuga peggio di così non può andare, quindi metti da parte l’orgoglio e chiedi aiuto” stringo i pugni e quando riapro la bocca non ho il tempo di far uscire nessun suono, perché quel tipo togliendosi il casco afferma “In verità non c’è mai fine al peggio, tipo: sono quasi certo che tu sia la sorellina pestifera e maleducata di un mio compagno di nazionale che… in una partita di una vita fa, mi sbraitava contro, senza neanche conoscermi.”
Mi passo una mano sul viso mentre lui si piega sulle ginocchia e mi fissa, lo faccio anche io con fare assassino e aggiunge “Bene, bene, non mi sono sbagliato, sei la sorella di Hyuga, avete lo stesso sguardo accigliato.”
Incrocio le braccia, o meglio ci provo visto il costume che ancora sto indossando stesa su un marciapiede, ai piedi di Genzo Wakabayashi.
So che userà questa cosa contro mio fratello.
Hanno imparato a non pestarsi, ma non sono propriamente amici.
“Mi sembri in difficoltà, ti posso aiutare in qualche modo?”
“No, amo guardare la neve scendere dal cielo e tu sei un folle ad andare in giro in moto” alzo gli occhi al grande orologio, sono ancora in servizio e così aggiungo “Stavo facendo una pausa.”
“Mi era sembrato non riuscissi ad alzarti, ma avrò frainteso! Forse stavi solo cercando di mantenere in circolo il sangue. Per la moto hai ragione solo che me l’hanno appena consegnata e volevo provarla, però non mi aspettavo iniziasse a nevicare, vuol dire che la lascerò qui e andrò via in auto.”
Si solleva e mi sorride, non quel suo solito sorrisetto sornione, un bel sorriso a bocca piena.
Improvvisamente mi sento accaldata e senza che possa frenarmi in nessun modo “Ho finito la mia pausa, mi aiuteresti ad alzarmi?”
Si piega nuovamente e con quel sorrisetto sghembo “Non ho capito, cosa hai detto?”
“Ecco perché mio fratello ti ha preso spesso a pugni, sei irritante” e cerco di alzarmi da sola, ma più che un grande dolore agli addominali non ottengo, sotto il suo sguardo vigile e quella faccia da schiaffi compiaciuta “Ok, ok, aiutami cortesemente!” sbraito.
“Mi stai ordinando qualcosa?”
Respiro profondamente e cerco di migliorare la mia richiesta “Mi potresti aiutare a mettermi in piedi, per favore?”
Mi afferra la mano tornando retto e finalmente anche io riprendo a guardare il mondo nella giusta prospettiva.
Ruba un cioccolatino dal mio cestino e afferma “Preferisco le praline, ma non è male!” fa un passo, mi gira di forza e poi mi riporta di fronte a lui “Mi sembri tutta intera, quindi posso andare.”
Ho l’orgoglio sotto le scarpe, però il costume ha attutito il colpo ed effettivamente non mi sono fatta niente.
Mi toglie una po' di neve dai capelli, mi aggiusta il cerchietto con una freccia d’orata sopra, che avevo completamente dimenticato e mi fa vergognare ancora di più, mi sorride e mi saluta “E’ stato un piacere incontrarti sorella di Hyuga.”
“Non ne dubito affatto” e scompare oltre le porte scorrevoli.
Dopo un quarto d’ora dal bar del centro commerciale ci viene offerto del tè caldo, il ragazzo vestito da mochi al cioccolato domanda se è abituale o se dobbiamo ringraziare qualcuno, scopriamo che è stato Wakabayashi.
Non so cosa pensare, poi gli altri mi informano che questo centro commerciale fa parte delle loro proprietà e che hanno l’abitudine di cenare qui, all’interno del ristorante dello chef stellato Kiu Katenaka, ogni 23 dicembre.
Ora si spiega tutto.
Nel frattempo il mio turno è terminato e mentre mi dirigo verso gli spogliatoi, mi imbatto nuovamente in lui.
“Non dirmi che vuoi il mio autografo?” mi domanda con grande sicurezza.
“E cosa me ne dovrei fare?” replico spavalda.
Scoppia a ridere e afferma “Tuo fratello dice sempre che il tuo più grande pregio è anche il tuo più grande difetto.”
“E sarebbe? E poi da quando parli con Kojiro?”
“Che dici sempre ciò che pensi! E’ un chiacchierone negli spogliatoi e tu sei fra i suoi argomenti cardine.”
“E’ vero, dico sempre quel che penso!” e mi tolgo il frontino.
“Proviamo, ti va?”
“Cosa?”
“Io ti faccio una domanda e tu mi dici quel che pensi veramente.”
“Ok, ci sto!” affermo con arroganza, cosa mai potrebbe chiedermi? Nulla a cui non vorrei rispondere, non mi conosce e non può domandarmi niente di imbarazzante. Lo fisso in attesa e tolgo i guanti, qui dentro fa più caldo.
Solleva lo sguardo un solo secondo, poco oltre la mia figura, sorride e mi trascina qualche passo più a destra rispetto a dove stavamo.
“Cos’è, qualche fan troppo esuberante? O non vuoi farti vedere con un mega cuore con le gambe?”
“Eravamo d’intralcio” sostiene, ma ha un’aria furba che mi mette in allerta, meglio velocizzare i tempi “Allora, questa domanda?”
Si avvicina e con fare sicuro “Ti comporti così con tutti i ragazzi o sono io a farti sfoderare gli artigli?”
“Sei tu!” asciutta e senza esitazioni, la sua reazione però mi fa tremare le gambe; perché sorride compiaciuto? Meglio se gli puntualizzo “Non è una cosa di cui essere fieri, Wakabayashi.”
“Perché non dovrei? Se lo fai solo con me, indipendentemente da quale sia il motivo, è qualcosa che resterà mio per sempre” mi ruba un altro cioccolatino e mi domanda ancora “Ho forse torto? E’ pur sempre un primato.”
“Ma che dici? E cosa te ne faresti di un primato del genere? Sei proprio un tipo strano, ha ragione Kojiro” lo supero per andarmi a cambiare, ma mi afferra per un braccio e nel girarmi lo trucido, cosa che sembra compiacerlo anziché disturbarlo.
“Se proprio mi vuoi regalare il tuo sguardo truce, la posta in gioco dovrebbe essere più alta” mi indica qualcosa sopra le nostre teste ed è del vischio.
Scoppio a ridere e gli domando “Oddio, allora è vero che fai il Casanova per hobby!”
“Non era questa la reazione che mi aspettavo” dice imbronciato, facendomi ridere di più.
Fa spallucce e mi chiede “Come mai una Hyuga fa il cioccolatino umano?”
“Per iniziare la mia scalata alla conquista del mondo.”
“Progetto impegnativo.”
“Ambizioso.”
“Tuo fratello dice che studi marketing o qualcosa di simile.”
“E’ giusto, ora però devo andare, altrimenti perdo l’ultimo treno.”
Mi ferma ancora, mi rimette il cerchietto, mi libera i capelli dall’imbottitura lasciandomeli ricadere sul lato destro e mi dà un casto bacio… sulla fronte.
Si allontana stringendo un occhio e aspettandosi, con ogni probabilità, una mia reazione violenta, ma la verità è che mi ha spiazzata, così argomento “Sei salvo, solo perché siamo ancora sotto il vischio e…  tranquillo non lo riferirò a mio fratello, non voglio far perdere alla nazionale uno dei suoi giocatori.”
“E’ stato… è stato bello incontrarti” replica.
Sorrido e inizio a camminare all’indietro, mi volto e proseguo spedita verso gli spogliatoi, con una strana sensazione allo stomaco.
 
…5 anni dopo… sempre il 23 dicembre…
 
Scendo rapidamente al piano terra, le decorazioni delle scale mobili vanno sistemate, potrebbero bloccare il meccanismo e soprattutto qualcuno potrebbe farsi male.
Mi avvicino a passo spedito a Katai, il tuttofare, lo trovo a sorseggiare una tazza di tè bollente, un ricordo mi attraversa la mente e mi volto a guardare oltre le vetrate del centro commerciale, anche i ragazzi travestiti da dolciumi giganti ne stanno bevendo. Do le mie direttive e puntualizzo “Te la reggo io la tazza, ma mi occorre che quei festoni vengano sistemati rapidamente!”
Annuisce e ci avviamo, risolviamo il tutto rapidamente ed esco fuori.
Fa freddo esattamente come quella sera.
Inspiro profondamente e alzo gli occhi al cielo, non mi dispiacerebbe se qualche fiocco di neve venisse giù adesso.
“Signora la cerca il Signor Wakabayashi!” mi informa Katai, distogliendomi dal mio ricordo.
“Certo, lo raggiungo subito nel suo ufficio!”
“Non il Direttore generale, il Signor Wakabayashi Genzo.”
Improvvisamente mi tremano le gambe, cerco di mantenere le apparenze, sono il vice direttore del Marketing, non posso mica avere reazioni puerili?!
“Certo, dove lo posso trovare?”
“E’ nel suo ufficio, Signora.”
“Mi farebbe la cortesia di farlo scendere e di dirgli di aspettarmi nei pressi delle porte degli spogliatoi del personale?”
“Sì, Signora!”
Cerco con lo sguardo fra i cioccolatini giganti e in lontananza la vedo, la povera ragazza che indossa il mio mega cuore.
Mi avvicino, le chiedo in prestito il cerchietto con la freccia dorata e le rubo qualche cioccolatino dal cesto, che successivamente dispongo come le briciole per pollicino e mi nascondo dietro una colonna.
Lo vedo arrivare, so per certo che non si occupa affatto degli affari di famiglia, non sa neanche che lavoro per lui, o meglio per suo padre, quindi mi incuriosisce molto che voglia parlarmi. E’ probabile che gli sia stato imposto di salutare lo staff o per lo meno i direttori e i vice.
Il primo cioccolatino non lo vede affatto, ma il secondo attira la sua attenzione, si china e sorride incuriosito.
Alza gli occhi e vede il terzo, è sempre più colpito e un gran bel sorriso gli si dipinge sul viso, l’ultimo è proprio sotto un’immensa palla di vischio.
Gli arrivo alle spalle, indosso il cerchietto e schiarendomi la voce “Cosa posso fare per lei Signor Wakabayashi?”
Si volta con un’espressione che andrebbe immortalata, fra l’incredulo e il piacevolmente colpito.
“Mio… mio padre mi ha… mi ha chiesto…”
“Di salutare lo staff, tuo padre ci tiene a certe formalità.”
“Io… io… non mi aspettavo… sì, io…”
“Se proprio mi vuoi regalare il tuo balbettare, la posta in gioco dovrebbe essere più alta!” e lo induco ad alzare la testa.
Nel frattempo mi avvicino a lui e quando la riabbassa lo bacio delicatamente sulle labbra, è sempre più incredulo, così affermo “Avresti dovuto farlo tu cinque anni fa. Non dovresti dirle certe cose, se poi non passi all’azione!”
Sorride e replica “Giusto! Tu dici sempre quel che pensi. Ma vedi, cinque anni fa avevi piani di conquista mondiale e… mi hai molto impressionato e…”
“Spaventato. Sì, faccio questo effetto!”
“Sì, fai questo effetto!” ripete avvicinandosi e domandandomi “Come va con i tuoi piani di conquista?”
“Non lo so, dimmelo tu.”
Ride e mi bacia appassionatamente, si allontana e con una faccia furba “Questa freccia che hai nei capelli, non mi dispiace affatto, possiamo rubarla?”
Rido a mia volta e nego con la testa.
“Neanche se facessi pressioni…” e mi stringe di più “Sulla vice-direttrice del Marketing?”
Gli faccio il mio sguardo truce e lui precisa “Non ho pensato a nulla di perverso, giuro. Era per aver un cimelio!”
“Certo, ti sto credendo Genzo.”
“Dov’è finito Signor Wakabayashi?”
“Non ho idea di dove sia tuo padre adesso” assottiglio lo sguardo e gli tamburello il petto con le unghie, trattenendomi dal ridere.
“Continuo ad avere il mio primato… mi piacciono gli artigli… ora sì che ho pensato a qualcosa di perverso.”
“Kojiro ti aspettavo solo fra un paio d’ore” dico con voce squillante.
Genzo si irrigidisce all’istante e sussurra “Non tutti gli artigli mi piacciano. Dopo che mi avrà pestato ricordati che dovrai essere molto, molto carina con me.”
 
 
 
 
 
 
NOTE: DEVO FARE I MIEI PIU’ SINCERI AUGURI A UNA DELLE MIE LETTRICI PIU’ AFFEZIONATE, LA QUALE E’ DIVENTATA ANCHE UNA MIA CARISSIMA AMICA. BUON COMPLEANNO STERNBOZZOLA. IL GIORNO DEL MIO GENZO/BENJI IN GENERE E’ IL GIOVEDì, MA PER FARTI UN PICCOLO REGALO L’HO ANTICIPATO DI UN GIORNO.
AUGURIIIIIIIIIII KISS KISS!
P.S. DATO CHE LA GIOVENTU’ TI STA ABBANDONANDO VOLEVO SEGNALARTI IL BONUS OCCHIALI, NON VOGLIO PERDERE UNA LETTRICE PER MANCANZA DI DIOTTRIE… AHAHAHAHAHAHA. LO SAI CHE TI VOGLIO BENE! KISS KISS KISS!

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Capitolo 3
*** 26 DICEMBRE ***


26 DICEMBRE
 
 
Lui pensa a questi piani assurdi e io devo eseguirli, ne approfitta solo perché… Perché mi incute ancora timore, nonostante siamo diventati amici… Maledetto Wakabayashi! Mi ha fatto andare a casa sua a recuperare questo sacco pieno di vischio e mi ha detto, o meglio ordinato di appenderlo ovunque se vogliamo svegliare quel tonto di Tsubasa. Ed ecco perché sto trascinando questo peso enorme fino al campo. Qualche altro passo e sarà arrivato.
Forse sto per avere un infarto, ho la saliva pastosa, le gambe non mi reggono più, la schiena a pezzi e mi fa male il braccio sinistro. Con un ultimo sforzo entro nel cancello e facendo appello alla mia forza di volontà scaravento a terra il sacco. Mi lascio cadere di ginocchia a terra e riprendo fiato.
“Non pensavo fossi tu Babbo Natale” una voce che mai avrei pensato di sentire, non oggi e non ora.
“Ni-Nishimoto cosa ci fai qui?” chiedo cercando di mantenere una certa normalità.
“Ieri con Sanae non abbiamo terminato di sistemare alcune cose…”
Mi sollevo e l’afferro per le braccia mentre le domando nel panico “Non verrà anche lei, vero?”
“Ishizaki toglimi subito le mani di dosso se non vuoi che, oltre le pallonate in faccia, ti arrivi anche una mia cinquina.”
Mi allontano rapidamente e inciampo nel sacco che così si apre e il suo contenuto diventa visibilissimo.
In pochi istanti il piede di Yukari batte a terra con un ritmo sostenuto, incrocia le braccia e comincia a contare, quindi ho del tempo limitato per spiegarle tutto prima che mi faccia correre per tutto il campo nel tentativo di uccidermi.
“Non è stata una mia idea, è per Sanae…”
“CHE COSA?” mi urla con una faccia che non le ho mai visto, sembra triste più che arrabbiata.
“No aspetta, Wakabayashi…”
“Wakabayashi è ancora in fissa con Sanae?”
“Che significa ancora?” le domando stranito.
“Chi ha detto ancora?”
“Tu!” mi alzo e ora sono io ad incrociare le braccia.
“Non dire sciocchezze, hai sentito male e comunque, mi devi ancora una spiegazione” fa roteare le caviglie e solleva di poco le maniche facendomi vedere bene le mani e soprattutto le unghie.
Deglutisco intimorito e riprendo il mio discorso “Sono preoccupato per Sanae, cioè Tsubasa a breve partirà per il Brasile e non sembra volersi dare una mossa e… Sanae è come una sorella per me, è la mia più cara amica e non voglio vederla soffrire.”
Yukari rilassa le braccia, mi fissa con occhi dolci e viso sereno esortandomi “Vai avanti Ishizaki.”
“Ne ho parlato con Wakabayashi e lui ha detto –PROVA CON IL VISCHIO- così ho pensato che tentare non mi sarebbe costato nulla e lui ha aggiunto- A CASA MIA CE N’E’ SICURAMENTE, I MIEI ADDOBBANO SEMPRE LA CASA ALL’OCCIDENTALE PER VIA DELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI LAVORATIVE. TE NE FARO’ TROVARE UNA BUSTA PRONTA-” giro i pollici con fare nervoso e continuo il racconto “Mi ha detto di metterlo ovunque, negli spogliatoi, in campo, sopra la panchina…”
“Dovresti metterlo anche sotto il loro albero. Lo sai che hanno un loro albero, vero?”
“Certo che lo so, Sanae racconta tutto anche a me” affermo imbronciato.
“In due faremo prima.”
Resto imbambolato mentre mi sorride con tenerezza e mi esorta “Muoviti scemo e prendi quel sacco.”
“Potresti anche aiutarmi, è pesante…”
“Scherzi, io sono una signora.”
“Certo, certo” rimetto quel peso sulla mia spalla e la seguo.
Arriviamo negli spogliatoi e mi fa notare che serve una scala “E dovrei andare a prenderla io?” le domando contrariato.
“Se io non ci fossi, dovresti fare tutto tu comunque.”
“Ecco… Effettivamente, ma che aiuto è il tuo allora?”
“Io ti dirò dove posizionarlo.”
“Quindi mi comanderai?”
“Perché in genere cosa faccio?”
“Tu non mi comandi affatto, è solo che ho paura di te e faccio quello che mi chiedi.”
Si avvicina a me e sorridendomi con malizia afferma “E fai molto bene a temermi!”
Deglutisco mentre sento che le gambe stanno per cedermi, perché mi fa questo effetto?
“Vado… vado a prendere… la… la scala” balbetto e mi dileguo.
Quando torno ha due ramoscelli di vischio in mano e con una strana euforia mi fa notare “Devi metterne due proprio sopra quella panca, essendo quella più esterna è praticamente il punto oltre il quale non ci avventuriamo mai, potremmo incappare in vedute imbarazzanti.”
“Cioè?”
“Tu sei più tonto del capitano. In genere qui dentro vi cambiate e vi fate la doccia, non credo facciate attenzione a come ve ne andate in giro…” riflette su qualcosa e poi mi domanda “Wakabayashi dovrebbe arrivare nei prossimi giorni, vero?”
“Sì!” rispondo senza riflettere, ma me ne pento subito quando aggiunge “Dovrò portarvi qualche asciugamano e telo in più, dovrò entrare qui dentro più spesso.”
Le tolgo quei due ramoscelli dalle mani e le faccio notare con una certa cattiveria “Non ti illudere, potrebbe avere la bella sorella del Kaiser, perché mai dovrebbe guardare te?”
“Non ti rispondo neanche, ma ricordo che è a te che ha dato della scimmia, con me è sempre molto gentile.”
“Non è gentile, non lo è con nessuno!” sentenzio salendo i gradini della scala.
“Con me sì, puoi domandarlo anche a Sanae” rafforza il concetto, procurandomi un notevole fastidio.
“A me non interessa affatto” e cerco di appendere quel fastidioso ramoscello che inizia a darmi sui nervi.
“Quindi sei stato a casa sua?”
“Di chi?” chiedo con noncuranza.
“Del nostro portiere… ”
“Perché sarei dovuto andare a casa di Yuzo?”
“Cosa c’entra lui adesso?”
“Lo chiedi a me? Tu l’hai messo in mezzo!”
“No, scemo, parlavo ancora di Wakabayashi.”
“Ti faccio notare che non è più il nostro portiere da anni e se Yuzo sapesse se lo considerate ancora tale, ci resterebbe malissimo” mi gioco la carta del senso di colpa, perché questo suo interesse per Genzo mi innervosisce.
“Non fraintendere, ho molta ammirazione per…”
“Wakabayashi, l’ho capito” borbotto sempre più infastidito.
“Volevo dire per Morisaki, ma Wakabayashi si allena con voi quando torna, molti della sua vecchia squadra lo chiamano ancora capitano ed è come se facesse sempre parte della nostra…”
“Wakabayashi è un professionista, si allena con noi solo per sfidare Tsubasa, non di certo per fare il carino con te.”
Non replica nulla, non è da lei, abbasso la testa per guardarla in faccia, ed è come imbarazzata.
“Che cos’hai?” cerco di capire cosa le prende.
“Sembri… sembri geloso Ishizaki!”
“COSA DICI? GELOSO DI CHI? DI GENZO? NON FARMI RIDERE!”
Non di Wakabayashi, di… di me” sussurra fra il gongolante e l’intimidita.
Cerco di darmi un tono e le faccio presente “Sarò anche una scimmia per quel pallone gonfiato, ma sai quante ragazze mi hanno regalato del cioccolato? Quindi non vedo perché dovrei essere geloso di te?!”
“Semplice, perché io non te ne ho regalato.
“Non ha nessuna importanza” scendo dalla scala e la esorto “Andiamo a mettere altri di questi, invece di fare discorsi assurdi.”
Lei sorride compiaciuta afferrando altri ramoscelli di vischio ed io borbotto ancora.
Perché mi dà così fastidio? Perché le interessa Genzo? Ma dai, davvero mi chiedo perché le interessa? Sono proprio un idiota. Perché non dovrebbe piacergli? E perché lui fa il carino con lei? Non è affatto una ragazza docile, anzi è sempre arrabbiata e non è mai gentile, è capricciosa e prepotente.
Arresto il mio incedere e tremo al pensiero che effettivamente potrebbe proprio piacere a quell’arrogante di Genzo.
“Che fai? Perché ti sei fermato?”
“Non mi sono fermato!”
Si avvicina a me contando “Ho dovuto fare ben 10 passi per arrivare a te, credo proprio tu ti sia fermato, perché neghi sempre l’evidenza?”
“L’evidenza sarebbe che ti piace Wakabayashi?”
Scoppia a ridere facendomi inquietare maggiormente “Non è necessario che rispondi, l’hai appena fatto!”
“Se lo dici tu!”
Riprendo la scala e la supero a passo spedito, arrivo vicino la panchina e sistemo un altro ramoscello sulla capanna in plastica. Gliene prendo altri dalle mani li metto tutto intorno continuando a borbottare.
La guardo e senza più parlare mi dirigo all’albero di Sanae e Tsubasa, è un ciliegio, ma adesso i suoi rami sono spogli ed è un po’ triste.
Mi fermo e cerco di capire come appenderli qui, non voglio usare dei chiodini, ma lo scotch non resisterebbe. Sistemo la scala e continuo a fissare il ramo sotto il quale in genere si siedono a parlare.
Yukari mi posa una mano sulla spalla, mi sorride e mi domanda “Non vuoi ferire questo povero albero?”
“No, cioè non mi sembra giusto, però come facciamo a…” si scioglie i codini e sale sulla scala, avvolge il vischio con i suoi nastri e mi domanda “Va bene?” voltandosi al contrario, dando le spalle ai gradini
“Sì, ora scendi prima di cadere da quella…” non termino la frase, scivola e la sua caduta viene frenata dalle sue labbra sulle mie.
Immagino già il ceffone che riceverò.
Ehi è stata lei a baciarmi e… non ci siamo ancora allontanati.
Quando prova a farlo però la blocco abbracciandola, consapevole che sarà l’ultima cosa che faccio, perché mi ucciderà.
Invece sento le sue gambe stringersi intorno alla mia vita.
Una strana adrenalina mi attraversa il corpo, divento audace e cerco un varco per approfondire quel bacio che per me è il primo e spero sia così anche per lei.
Schiude la bocca e con un po’ di titubanza inizio a scivolare sulla sua lingua con la mia, porto una mano nei suoi capelli, che le vedo sciolti per la prima volta da quando ci conosciamo. Mi accarezza il collo e io la faccio poggiare di schiena all’albero.
Mi allontano e le dico con sincerità “Sono geloso perché mi piaci Yukari, dimmi che a te non piace Wakabayashi, dimmelo ti prego!”
“Sei serio? Sono praticamente avvinghiata a te, credi davvero che potrebbe essere qualcun altro il ragazzo che mi piace?
La bacio ancora per avere la mia conferma, per perdere completamente il mio cuore.
Le mie mani scendono sotto i suoi glutei e lei “Se non le togli subito giuro che non le potrai usare mai più.
Scoppio a ridere e cerco di giustificarmi “Era per sorreggerti.”
“Dovresti mettermi giù, inoltre siamo dei pessimi amici.”
“E perché mai?”
“Gli abbiamo rubato l’albero.”
La bacio ancora, le faccio posare i piedi a terra e serio “Togliamo il vischio che è sopra le nostre teste, non voglio si bacino anche loro qui sotto.”
Hai ragione, meglio toglierlo” si allontana da me ma la fermo afferrandola per un braccio dicendole “Yukari sei… sei bellissima con i capelli sciolti.”
“Lo so, è per questo che Wakabayashi è carino con me, mi ha vista senza codini!”
“CHE COSA? DOVE? QUANDO? PERCHE’?”
Mi accarezza una guancia e bacia lentamente alzandosi sulle punte, poi si allontana “Non lo saprai mai!”
 
 
 
 

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Capitolo 4
*** 29 DICEMBRE ***


29 DICEMBRE
 
 
 
Sono emozionata e spaesata, Jun mi ha chiesto di accompagnarlo alla festa che i suoi hanno organizzato per non so quale avvenimento benefico. Ho bisogno di aiuto per scegliere l’abito, Sanae e … mi occorre anche un’opinione maschile, di chi non pensa assolutamente a questo tipo di cose e pertanto sarebbe estremamene spontaneo e sincero. Inoltre sarebbe anche una buona scusa per… meglio chiamare Sanae e capire gli impegni.
“Ciao, ho bisogno di te!”
“Perché queste parole non me le dice qualcun altro?!” risponde facendomi sorridere.
“Ma se non sa allacciarsi neanche gli scarpini senza di te!”
“Sì, il problema è che essendo un ragazzo non se ne rende conto, è convinto di essere lui il fulcro di tutto.”
“Beata illusione!” e scoppiamo a ridere.
“Hai bisogno di me per cosa?”
“Te lo dirò quando ci vedremo, sono troppo euforica, voglio vedere la tua faccia.”
“Oggi pomeriggio non abbiamo allenamenti, cioè la squadra è a riposo, potremmo fare per le 15.”
“Bene, ho poco tempo allora… ci vediamo dopo…”
“Sì, ma cosa dobbiamo fare, come mi devo vestire?”
“Metti qualcosa di caldo, staremo un po’ in giro.”
Ci salutiamo e corro a prepararmi, il prossimo treno è fra un’ora, dovrò arrivare prima che… altrimenti dovremo cercarlo per tutta la città.
 
Sono riuscita a fare tutto per tempo e con largo anticipo sono arrivata a casa Ozora, suono e mi apre proprio lui “Ciao Tsubasa, cercavo te!”
“Cia-ciao Yayoi, cosa ci fai qui? E’ successo qualcosa a Misugi?”
“No, sta benissimo, come ti ha detto lui stesso l’operazione è andata bene e… Ne parliamo per strada, ho bisogno che tu venga con me. So che non hai allenamenti oggi, quindi non inventare scuse” faccio un sospiro e aggiungo “Ti concedo di portarti dietro il tuo migliore amico.”
“Ok, ma dove dobbiamo andare?” e si infila il piumino e le scarpe, poi urla “Mamma esco, ci vediamo più tardi” con un tocco leggero fa rotolare il pallone oltre la porta e mi fissa in attesa di una mia risposta.
Ci incamminiamo e gli spiego “Non ti dirò dove stiamo andando, altrimenti ti defileresti e invece mi servi, sei il mio migliore amico maschio, quindi sei costretto ad aiutarmi.”
“Va bene, ma mi devo preoccupare?”
“No, però promettimi che sarai sincero e schietto come sempre, anche se ti sentirai un pesce fuor d’acqua?”
“Ok, vuol dire che devo preoccuparmi” argomenta con quel velo di timidezza e consapevolezza.
“Dai, prometto che non ci vorrà molto, in genere sono abbastanza decisa…”
Non mi lascia finire, si guarda intorno e chiede “Stiamo andando da Sanae?”
“E bravo, tutti credono che pensi solo al calcio, invece sai anche dove abita la tua capo manager.”
Porta una mano dietro la nuca e cerca di trovare qualcosa di sensato da dire “Rientriamo spesso a casa insieme dopo… dopo gli allenamenti” gli sorrido e si imbarazza di più, tanto da affrettarsi ad aggiungere “C’è anche Ryo con noi, lui… lui abita un po’ prima.”
“Capisco, quindi Ishizaki è un guastafeste, non se ne sa tornare a casa da solo, lui?”
Mi fissa con occhi sbarrati facendomi ridere, mentre palleggiando mi dà le spalle per non farmi vedere che è arrossito.
“Ho capito, busso io, tu aspettami qui” mi avvicino all’abitazione e quell’uragano di Sanae mi travolge “Si può sapere cosa dobbiamo fare? Hai detto che volevi vedere la mia faccia mentre mi dicevi tutto, al momento la mia faccia è al quanto irritata. Non mi piace la suspense, non mi piace non sapere le cose e non mi piacciono le sorprese.”
“Ciao manager” la voce di Tsubasa la pietrifica e prima di voltarsi mi minaccia sussurrando “Non mi piacciono neanche le imboscate, me la pagherai” poi con voce squillante “Capitano ci sei anche tu, come mai?”
“Ne so quanto te!”
“Andiamo, vi spiegherò tutto” li prendo entrambi sotto braccio e li trascino con me.
Mentre Tsubasa riprende a palleggiare argomento “Jun…” si fermano a guardarmi, mi imbarazzo e spiego “Sì, ci chiamiamo per nome, ma anche voi se non erro, quindi smettetela di fissarmi.”
Arrossiscono e Sanae precisa “Noi non… non ci chiamiamo per nome, ma per titolo” ma Tsubasa replica “Quasi sempre, quando ti arrabbi con me mi chiami per nome però.”
“Cosa dici? Non è affatto vero” adirata, lui incredibilmente sorride e inizia a palleggiare con le ginocchia girandole intorno.
“Capitano lo sai che non mi fa piacere quando fai così, mi fai girare gli occhi.”
“Davvero?!”
“Cos’è mi stai prendendo in giro? Unica regola quando camminiamo insieme, niente cerchi intorno a me”
“Non ricordo affatto questa regola” e continua imperterrito.
“TSUBASA LA VUOI SMETTERE!” urla contrariata, si ferma e le sorride ancora affermando “Visto? Mi chiami per nome quando ti arrabbi.”
“Era necessario farmi innervosire per dimostrarlo?”
“Sì, perché sei cocciuta e non ammetti l’evidenza!” all’unisono io e il mio amico d’infanzia.
“Non siamo qui per farvi coalizzare contro di me, è disonesto” dice imbronciata.
Io spintono Tsubasa che prontamente “A me piace quando lo fai.”
Arrossiscono e io spezzo il momento “Ok, siamo arrivati. Stavo dicendo: Jun mi ha invitato a fargli da dama per un ricevimento benefico, devo acquistare un abito e mi occorre l’opinione dei miei amici più sinceri…”
“CHE COSA? IO NON NE CAPISCO NIENTE DI ABITI!” dicono contemporaneamente e poi si fissano, Sanae argomenta “Il capitano può dirti tutto su tattiche di gioco e effetti da dare alla palla, ma cosa vuoi che ne capisca di abiti?”
“EHI!” si lamenta lui e lei aggiunge “E’ la verità, inoltre io sono Anego, sono un maschiaccio con un brutto carattere cosa credi che potremmo mai concludere noi due insieme?!”
“Mi aspetto solo dei giudizi sinceri su come mi stanno gli abiti che sceglierò io stessa” e gli faccio gli occhi da gatto con gli stivali.
“OK!” si arrendono sospirando ed entriamo nel primo negozio, quello di una conoscente di mia zia.
Scelgo rapidamente diversi capi, mentre loro si guardano intorno e sembrano sempre più spaesati.
Sono uguali.
“Vado in camerino, non dileguatevi” e gli faccio il segno che li tengo d’occhio.
Dopo che mi hanno bocciato una decina di abiti, senza nessuna pietà, finalmente entrambi alzano il pollice in su, poi Anego si rivela molto più femminile di quanto dice di essere, con una frase che pietrifica sia me che Tsubasa “Dovrai scegliere l’intimo giusto, questo vestito ha bisogno di un bustino, non avendo le spalline devi essere sicura che resti tutto al posto giusto.”
“SANAE!” la rimprovero bonariamente.
“Che c’è? Non vorrai che sfugga qualcosa al tuo controllo durante un casquè?”
Tsubasa scoppia a ridere sorprendo entrambe, poi argomenta “Ti prego evita, non vorrai fargli venire tu un infarto a Misugi?”
“Giusto capitano, già ha rischiato quando ha saputo che era guarito e le si è fiondato addosso” precisa sempre Sanae.
“Mi ha solo preso le mani, era felice perché finalmente era guarito e…”
“Sì, ma vi chiamate per nome e…”
“E sarai la sua dama alla festa…” conclude Tsubasa, questi due sono fin troppo in sintonia.
“Va bene, spero succeda qualcosa di più fra noi per quello volevo… volevo essere impeccabile…”
“Sei bellissima con quest’abito” mi dice Sanae abbracciandomi.
“Concordo, dovrò accertarmi di avere ancora un libero per la mia nazionale dopo che ti avrà vista” aggiunge Tsubasa un po’ imbarazzato.
“E’ il massimo del complimento che riceverai dal capitano, quindi credo proprio che non ci siano dubbi, hai trovato l’abito giusto.”
Annuisco e vado a cambiarmi, nel frattempo che pago loro mi aspettano fuori e sono bellissimi insieme.
Tsubasa palleggia e di tanto in tanto finge di perdere il controllo della palla, Sanae interviene senza neanche rendersene conto, ma sta giocando anche lei.
Esco con irruenza “Grazie mille del vostro aiuto, ora devo proprio scappare” vado via senza neanche aspettare una loro risposta.
Giro l’angolo e li spio, Sanae fa spallucce e gli ruba il pallone invitandolo a tornare a casa, poi glielo ripassa e così proseguono.
SONO DUE TONTI!
 
“Misugi è la terza chiamata che mi fai e poi non parli!” si lamenta Hikaru e ha ragione, così mi appello al mio coraggio e gli spiego “L’ho praticamente incastrata.”
“A chi?”
“A tua sorella.”
“Tutte quelle medicine e l’anestesia ti hanno mandato in pappa il cervello, io non ho una sorella” replica ironico.
“Non sei affatto divertente Matsuyama, sei convinto di esserlo, ma non è così” sentenzio adirato.
“Oh mi scusi principe se non sono abbastanza per i suoi standard. Ti ho mai detto di andare a …”
“Sei proprio un montanaro, ha ragione Wakabayashi.”
“E tu un coglione visto che hai deciso di incastrare, in non so cosa, la ragazza di cui sei innamorato anziché dichiararti.”
“Perché se le cose le capisci al volo mi devi mettere sempre in difficoltà con mille spiegazioni?”
“Ma che domande, perché è divertente!”
“Sei un… Un…”
“Infame, stronzo, estremamente intelligente?”
“Un bastardo.”
“Ehilà che parolona detta da te, non sarà troppo sprezzante?”
“Ma perché ti chiamo se devo essere trattato così?”
“Cosa vuoi che ne sappia, magari è masochismo, dovrò parlarne con Aoba di queste tue perversioni.”
“Idiota, mi stai agitando ancora di più.”
“Idiota io? Mi vuoi dire cosa hai combinato?”
“Le ho chiesto di farmi da dama per un galà di beneficenza, ma è solo una scusa per presentarla come mia fidanzata, solo che fra una cosa e l’altra non sono riuscito a parlarle prima di…”
“Un principe vigliacco, mi hai molto deluso!”
“Smettila sono serio, ogni volta che ho provato a spiegarle cosa… Cosa provo per lei, siamo stati interrotti e ora siamo arrivati al giorno del galà e… Sì, sono un vigliacco” ammetto avvilito.
Hikaru scoppia a ridere e poi mi dici esattamente ciò che mi serve “Basterà che tu lo faccia prima di esternarlo a degli sconosciuti. Credo proprio non verrai rifiutato, Aoba ti ha supportato e sopportato nel momento più brutto della tua vita. Quando, diciamoci la verità, non eri proprio il massimo né caratterialmente e né fisicamente, eppure non ti ha mai lasciato solo.”
Quelle parole mi tranquillizzano così lo saluto e vado a prepararmi.
 
Purtroppo sono stato costretto a mandarle l’autista, come membro della famiglia Misugi, non ho potuto allontanarmi, però la sto aspettando sopra la scalinata d’ingresso alla villa. L’auto arriva e quando scende è così bella da abbagliarmi. Come un automa la raggiungo, le bacio la mano e le sussurro “Sei bellissima!”
Sorride intimidita e mi fa notare “Ho ancora il cappotto, come fai a dirlo?”
Le scosto una ciocca di capelli e le sorrido, tanto basta per farle imporporare le gote.
La invito a salire le scale con me, portando quella mano che ho baciato e che non ho mai lasciato, a posarsi sul mio braccio per poterla sorreggere.
Quasi in cima perde una scarpa, senza farla agitare mi piego sulle ginocchia e l’aiuto a indossarla nuovamente. Con i polpastrelli le accarezzo la caviglia sottile e poi, con una sicurezza che non credevo di avere, sollevandomi e avvicinandomi al suo orecchio sinistro, le sussurro “Sei la mia principessa da sempre, non hai bisogno di perdere la scarpetta.”
Entrati dentro, l’aiuto a togliere il cappotto, lo porgo all’addetto al guardaroba e resto senza fiato.
Lei è in attesa di un mio commento, ma proprio non riesco a organizzare i pensieri, così mi rimprovera con ironia e titubanza “Do-dovresti dirmelo adesso… che sono bellissima?! Spero di… di aver scelto bene, di essere vestita in modo appropriato.”
“Io non credo di volerti mostrare al mondo, io vorrei tenerti solo per me” ammetto senza giri di parole.
Arrossisce e si tortura le mani, poi mi stupisce affermando “Dipende da come mi mostri, potresti comunque tenermi solo per te.”
I suoi occhi sono due smeraldi, i capelli fili di oro rosato, le labbra nettare degli dei, senza rendermene conto poggio una mano sul cuore e la sua espressioni cambia immediatamente. Si avvicina a me e mettendo una sua mano sulla mia mi domanda “Va tutto bene? Stai bene? Jun non mi piace questo gesto, mi fa spaventare.”
Le accarezzo una guancia e poggio la fronte alla sua mentre mi dichiaro “Ti amo, vorrei presentarti come la mia fidanzata.”
Trema fra le mie braccia e si emoziona fino a riempire gli occhi di lacrime, mi accarezza il collo e sorridendo mi risponde “Ottimo modo per tenermi solo per te.”
Le stringo la mano e la porto nuovamente alle labbra, non posso fare di più, in tutto questo mi sono completamente dimenticato dei giornalisti e dei paparazzi.
La serata, nonostante sia stata impegnativa è passata abbastanza rapidamente, ora dobbiamo fare solo l’ultimo ballo. Mentre ci avviciniamo alla sala le domando “Sei sicura di… di poter ballare con questo vestito?”
“Tsubasa e Sanae avevano preventivato questo tuo timore” mi sorride maliziosa e avvicinandosi al mio orecchio mi informa “Indosso un bustino che serve ad evitare spiacevoli inconvenienti, stai tranquillo mio principe.”
Deglutisco e per tutto il ballo non faccio che pensare al suo intimo, tanto da tenerla stretta a me con una possessività che non sapevo di poter provare.
Terminiamo e la trascino in terrazza, ho bisogno di aria.
“Va tutto bene?” mi domanda mentre allento la cravatta e cammino avanti e indietro, aggiunge “Ho fatto qualcosa di sbagliato? Ti ho imbarazzato?”
Fermo il mio incedere, sono incredulo e disorientato, così mi affretto a spiegarle “Tu sei perfetta Yayoi, sempre, e stasera sei stata l’attrazione di questa noiosa festa. Tu non potresti mai imbarazzarmi, sono io che… Che potrei farlo. Sono io che non so fino a quando continuerò a mantenere il controllo, tu… Tu…” mi avvicino e le sfioro le labbra con il pollice “Tu sei una Middlemist’s Red” mi fissa stranita e le spiego “Un fiore raro, il mio fiore raro e sto impazzendo di desiderio.”
Una leggera brezza fa tintinnare qualcosa posto proprio sopra le nostre teste, alziamo lo sguardo e fa bella mostra di sé un lussureggiante ramoscello di vischio, adornato di campanelli festosi. Riporto la mia attenzione su di lei e la stringo con prepotenza, mentre con un po’ di irruenza mi impadronisco di quelle labbra carnose e meravigliosamente invitanti.
Sono calde, morbide e soprattutto mie.
Le assaporo con calma e dedizione, ne comprendo i movimenti e la consistenza, prima di pretendere di più.
Le mani di Yayoi mi accarezzano il collo e poi scendono ai miei pettorali, lentamente schiude le labbra e mi permette di approfondire quel bacio tanto desiderato. La avvolgo maggiormente con il mio corpo come se avessi paura che possa sparire da un momento all’altro. Le nostre lingue si intrecciano in una danza sensuale dettata da quel desiderio crescente, la mia mano segue la curva della sua schiena, arrivo ad accarezzarle la natica destra e proseguo sulla coscia. Lì le mie dita cercano di sollevare quel tessuto leggiadro per avere un contatto diretto con la sua pelle, ma vengo fermato.
“Jun, amore non… non… non qui.”
Poggio la fronte alla sua mentre respiro con impeto e mi perdo nei suoi occhi languidi, a fatica replico “Hai… hai ragione… scusami… io…”
“Shhh” mi zittisce poggiando l’indice sulle mie labbra e accarezzandomi la nuca con l’altra mano “Speravo proprio di vedere la parte più vera di te e non quella sempre controllata.”
Le mordo quel dito delicatamente e le dico “Forse un giorno ti pentirai di questa affermazione, ora sto bene, non ho limiti di tempo.”
Sorride maliziosa e replica “Vuol dire che butterò il cronometro!”
 
 
 
 

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Capitolo 5
*** 1 GENNAIO ***


1 GENNAIO
 
 
 
“Pronto”
“Ciao Matsuyama, sono Aoba.”
“Ciao, come mai questa telefonata, è successo qualcosa a Misugi?”
“Oddio no, siete tutti uguali, credi a me Jun sta benissimo, fin troppo…” si schiarisce la voce e prosegue “Ti chiamavo per chiederti se hai un vestito elegante e qualora non lo avessi dovresti proprio procurartelo.”
“Cos’è vuoi un sostituto per il tuo principe? Mi lusinga ma…” faccio lo spiritoso.
“Ma non era Wakabayashi il Casanova megalomane?” ma è come se non lo stesse chiedendo a me.
“Chiedo scusa, posso sapere perché dovrei crocifiggermi in un completo?”
Sento un’altra voce femminile affermare “Ha ragione, se si mette in ghingheri attirerà l’attenzione…”
“Attirerà l’attenzione comunque, l’avete visto?” un’altra voce ancora.
“Signore vi sento!”
Sanae tossisce un paio di volte e mi saluta “Scusaci Matsuyama, ma Akamine è molto, molto schietta.”
“Posso sapere cosa volete da me?”
“Dovresti vestirti bene e andare in aeroporto la sera di capodanno.”
“Che cosa? Perché mai dovrei passare il primo dell’anno in Aeroporto?”
Si sente un trambusto e un ragazzo dice “Non è così che lo convincerete, ma insomma non dovreste essere più subdolamente diaboliche? Fatemici parlare” diverse esclamazioni di disappunto e poi “Matsuyama vedi di alzare il culo e andare in aeroporto domani sera, perché non avrai un'altra occasione.”
“Wakabayashi?!”
“In persona. Mi hai sentito? Vedi di fare quel che ti hanno detto…”
“Non mi conosci se credi di potermi minacciare, ma forse con qualche spiegazione potrei accontentarvi.”
Sbuffa e passa il telefono a Misugi “Non fare sempre il rompicoglioni Matsuyama.”
Scende il silenzio e immagino già gli altri fissarlo increduli, scoppio a ridere e affermo “Non mostrare il tuo lato poveraccio, sono abituati a vederti come un principe, così me li sconvolgi.”
“EFFETTIVAMENTE!” replicano in coro.
“Tu fai uscire il peggio di me…”
“Non sei affatto male più umano Misugi” la voce di Kojiro tuona come fosse un ruggito.
“Attento la tigre ti ha puntato” mi affretto a punzecchiarlo.
Poi nuovamente il silenzio, la cosa mi stupisce un po’, poi “Ciao Hikaru, come stai?”
“Ciao capitano, sto bene grazie.”
“Godi di ottima salute?”
“Sì, grazie!”
“Bene, allora non c’è niente che ti impedisca di andare domani in aeroporto, quindi mi aspetto che dopo tutta la fatica fatta, tu non ci deluda.”
“Che? Ma… io… veramente…” cazzo mi ha fregato “Va bene capitano, per che ora devo essere lì.”
“21:30!” il coro è unanime.
“Posso sapere…” cerco di chiedere.
“Non puoi sapere niente, e comunque fai tanto il perspicace, ma sei un idiota” sentenzia Kojiro.
“Sai che hai proprio ragione, punzecchia sempre tutti, poi non capisce l’ovvio” aggiunge Genzo.
“La ruota gira, è una bella sensazione” gongola Jun.
“SONO ANCORA IN LINEA” urlo.
“LO SAPPIAMO!”
Poi il capitano aggiunge “Non è necessario il completo, lascia perdere Yayoi…”
Qualcuno urla “Una camicia con dei jeans andranno benissimo, i ragazzi in camicia sono tutti stra-fighi.”
Silenzio, scoppio a ridere e chiedo “Siete tutti in camicia vero? Capitano respira, è solo un complimento.”
“Ok, quel che dovevamo dirti te lo abbiamo detto, non arrivare tardi!” sentenzia Sanae e poi chiudiamo la conversazione.
 
Sono le 20 del 1 primo giorno di questo nuovo anno, sono già pronto, così come aveva suggerito Akamine, ho indossato jeans e camicia, visto che siamo tutti stra-fighi. Sorrido perché quella ragazza non è affatto la tipica giapponese, ma d’altronde è di Okinawa, lì sono tutti un po’ sopra le righe.
Mi squilla il cellulare “Taro!”
“Ciao Hikaru buon anno, sei già pronto immagino, mi hanno raccontato della telefonata di ieri…”
“Della trappola di ieri, immagino che anche tu non mi dirai nulla! E comunque buon anno anche a te.”
“Credo abbia ragione Kojiro, sei un idiota, proprio non ci arrivi?”
“Tu sai di essere l’unico a chiamare Hyuga per nome e essere ancora vivo?”
“Sì, privilegi acquisiti in anni e anni.”
“Scemo, non è che avete una tresca?” mi fermo per riflettere e giocando “Forse Akamine apprezzerebbe!”
“Akamine è una forza, ma mi spaventa non poco…” e scoppia a ridere.
“Ora è meglio se mi avvio, potrei trovare neve per strada e pare che io abbia un appuntamento importante!”
“Buona serata.”
“Non so se ringraziare o essere terrorizzato.”
“Direi entrambe le cose.”
 
Arrivo all’aeroporto giusto in tempo, c’era una tormenta in piena regola ad attendermi.
L’ingresso è quasi deserto, non so cosa fare, non so se devo restare qui o addentrarmi, viene annunciato l’arrivo del volo da New York, mi assale una strana emozione. Non può essere, mi sto illudendo, ma come spinto da una forza sconosciuta mi avvio all’uscita dei passeggeri.
Il cuore mi scoppia nel petto mentre volti che non conoscono mi superano e poi, il fiato rimane sospeso quando una figura algida e delicata mi sorride con timidezza. Yoshiko si avvicina a me avvolta da un cappotto color crema e un cappellino, ha solo un bagaglio a mano con sé, mi sembra quasi un’apparizione.
“Ciao capitano, i nostri amici ti hanno convinto a quanto pare.”
L’emozione mi ha talmente stordito da non riuscire a proferir parola, così lei aggiunge “Non posso restare, devo raggiungere i miei, ma quando ho detto alle ragazze che avrei fatto scalo qui, e ci sarei rimasta fino a poco dopo la mezzanotte… Bhé non volevo passare il primo giorno dell’anno da sola e la loro soluzione…”
Mi avvicino e l’abbraccio, in silenzio, ho bisogno di sentirla vicino a me, come quell’ultima volta sempre in aeroporto.
Lentamente le tolgo il cappello e lascio che i suoi capelli mi coprano la mano, sono più lunghi ed è anche molto più bella.
La stringo ancora e finalmente ricambia, lasciando fluire l’imbarazzo e lasciando spazio solo al sentimento che proviamo l’uno per l’altra.
Le sue mani arpionano il mio piumino e si nasconde nel mio collo iniziando a singhiozzare.
“Vorrei tenerti fra le mie braccia per sempre.”
“Vorrei poter restare fra le tue braccia per sempre.”
Il suo profumo, il suo calore, il suo corpo avvolto dal mio, fermate il tempo vi prego, lasciate che possa vivere questo momento in eterno.
Si scosta leggermente e mi sussurra “I ragazzi, loro ci hanno prenotato…”
Non so in che modo la sto guardando ma mi dà un pugno leggero sul torace e balbetta “Cosa… cosa stai pensando? … Hanno prenotato per una cena al ristorante.”
Sorrido colpevole, avrei preferito un altro tipo di prenotazione, per stare solo con lei… ok, sto mentendo, ma siamo ragazzi, non riusciamo mai a vederci ed è bellissima. Quella prima volta in aeroporto ci facemmo una promessa, quella di aspettarci, eravamo poco più che bambini ora siamo cresciuti, così com’è cresciuto il nostro sentimento, nonostante la distanza e le difficoltà.
“Certo, una cena, non ho pensato ad altro” ma non sono credibile.
“Hikaru!” mi rimprovera nascondendo il suo rossore stringendosi nuovamente a me.
Le scosto un po’ i capelli e le sussurro con sincerità “Non posso negare che ti desidero, sei così bella, ogni volta sei sempre più bella e non posso credere che tu sia mia.”
Si volta per guardarmi negli occhi ed io proseguo “Non abbiamo ancora vissuto nulla di quello che avremmo dovuto, ma conosco ogni tuo intercalare, ogni inclinazione della tua voce in base all’emozione che vivi. Ogni frase detta nasconde un mondo, ogni parola che usi esprime ciò che provi. Però mi manca poterti tenere per mano, stringerti a me come sto facendo adesso, accarezzarti” e le sfioro le gote cercando di essere delicato “Perdonami se non riesco a reprimere certi pensieri, ma è solo perché sono attratto da te e da te soltanto.”
“Hikaru!” il suo non è più un rimprovero, sembra una supplica.
Ci fissiamo le labbra e quando iniziamo ad avvicinarci, il pianto disperato di un bambino ci fa sobbalzare e allontanare.
“La ce-cena, abbiamo una prenotazione” cerco di ricompormi.
Sorride e prendendomi per mano mi invita a seguirla.
La sua è delicata, setata e a contatto con la mia ruvida e callosa, per tutte le volte che ho dovuto spalare la neve per liberare il campo, mi sembra quasi di profanarla.
“Come stanno tutti?”
“Bene.”
Si apre un po’ il cappotto, mi prende il cappello che ho ancora nell’altra mano e lo mette in borsa, poi riprende a parlare. Mi racconta delle ultime giornate con i suoi, che ha lasciato senza troppe spiegazioni, ma a quanto pare Genzo è intervenuto con tutta una serie di opzioni lussuose, che pare abbiano molto gradito, non al punto di lasciarla restare con me per qualche giorno. Neanche l’intervento del capitano, del quale il padre è un fan sfegatato, è riuscito a strappare un assenso.
Mi dovrò accontentare!
Arrivati al ristorante veniamo condotti in una saletta riservata, dove c’è solo il nostro tavolo e le chiedo “E’ sempre opera di Wakabayashi?”
“No, questa è opera di Misugi.”
Mi guardo intorno ed effettivamente è tutto troppo perfetto, degno del principe del calcio.
Si avvicina un cameriere e ci informa “Per voi il nostro chef ha fatto un’eccezione, fra poco verrà a salutarvi, nel frattempo vogliate gradire questo flûte di champagne.”
Ok mi sento a disagio, non sono un tipo da convenevoli, ma questo senso di inadeguatezza scompare non appena si presenta lo chef.
“Mio fratello mi ha costretto a un doppio turno, ma mi ha detto che era importante!”
“Masaru Hyuga cosa… cosa… sei tu lo chef?”
“Già!”
Mi alzo gli do qualche pacca “E’ bello vederti, da quando lavori qui?”
“Da quando ho terminato la scuola di cucina.”
“Complimenti, tuo fratello e la tua famiglia saranno fieri di te.”
“Sì, cioè lo spero.”
Gli stringo una mano sulla spalla e replico “Lo sono, non potrebbe essere altrimenti.”
“Grazie Matsuyama!”
Saluta la mia Yoshiko con educazione e rispetto, ma meno imbalsamato rispetto al fratello.
Una volta rimasti soli, non riesco a non toccarla, tanto da spostare la sedia e fregarmene di tutte le rigide regole di comportamento.
Devo sentirla mia!
Parliamo, ridiamo, le bacio la mano più volte, le scosto i capelli e memorizzo ogni più piccolo dettaglio.
Terminiamo la cena, aiuto Yoshiko e rimettere il cappotto, le sfioro il collo portandole all’esterno i capelli, facendomeli scivolare fra le dita e inebriandomi del loro profumo.
Masaru torna a salutarci e quando stiamo per solcare la porta della sala in cui abbiamo cenato, proprio lui ci invita a guardare sopra le nostre teste.
Un addobbo fatto di vischio e agrifoglio scende fiero dal soffitto, con la coda dell’occhio vedo il giovane Hyuga andare via e chiudere la porta accompagnandola con entrambe le mani.
Guardo il viso dell’unica donna che mai amerò nella mia vita: ha le guance imporporate per l’emozione e per il vino, gli occhi languidi e le labbra umide, lentamente mi avvicino a lei, le sollevo il mento e con tutta la delicatezza di cui sono capace la bacio.
Le nostre bocche si sfiorano piano, si coccolano emozionate, si riconoscono e si cercano ancora.
La mia mano destra accarezzandole il collo si sposta dietro la sua nuca, mentre la sinistra dietro la sua schiena, la costringe ad avvicinarsi di più a me.
Quando le sue si intrecciano dietro la mia testa, teneramente le faccio schiudere le labbra per assaporarla veramente. Le nostre lingue si inseguono inizialmente con calma e poi con maggiore ardore.
Quando afferra il giubbino con forza sul mio addome, portandomi a stringerla di più vengo attraversato da un brivido feroce, la faccio aderire a me completamente, il mio respiro diventa affannato e un calore mi attraverso il corpo, mentre continuo a renderle rosse e gonfie le labbra e a pretendere l’impossibile.
Le sue mani mi avvolgono il viso, mentre le mie vorrebbero prenderla in braccio e portarla non so neanche io dove.
E non mi accorgo di averlo fatto fino a quando è lei a farmelo notare “Mettimi… mettimi giù, non è… non è il posto adatto, amore mettimi giù.”
Annuisco mentre continuo a respirare come un toro e ci allontaniamo un po’.
Non posso… Non posso… Non posso lasciarla andare.
La prendo per mano e la trascino via, mentre cammino, anzi quasi corro mi domanda “Cosa succede? Dove stiamo andando?”
“Ho quattro giorni di stop, quattro giorni capisci?”
“Sì lo so, me lo avevi detto.”
Nel frattempo mi squilla il telefono, lo prendo e rispondo “Non ho tempo adesso.”
“Davvero? E perché?”
“Devo fare una cosa, non posso perdere tempo al telefono Taro, ci sentiamo in un altro momento.”
“Dovresti essere appena uscito dal ristorante, così ci ha informato la nostra spia…”
“Ho detto che non ho tempo” vedo il mio obbiettivo, fortunatamente non c’è fila alla biglietteria.
“Credo che ne sprecheresti meno se controllassi la tua mail.”
“La mia mail? Di cosa parli!”
“Devi fare solo il check in scemo, il biglietto lo abbiamo già acquistato noi!”
“Come… come fai a sapere…”
“Perché ti conosco bene Hikaru, buona vacanza!”
Arresto i miei passi e cerco Yoshiko, apro la mail e insieme al biglietto c’è un messaggio – DOVRAI COMPRARTI QUALCHE VESTITO NUOVO, ABBIAMO PREFERITO EVITARE DI METTERE MANI NELLA TUA BIANCHERIA!-
Rido mentre continua a guardarmi confusa, mi limito a dirle “Ho un aereo da prendere, il tuo!”
 
 
 
 
 NOTA: UN BUON INIZIO ANNO A TUTTI, CHE IL 2021 CI REGALI LA TANTO AGOGNATA NORMALITA'.

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Capitolo 6
*** 13 GENNAIO ***


13 GENNAIO
 
 
Sono contrariata e furiosa, anche se sono più grande i turni di pulizia a scuola proprio non li tollero, fortuna che il prossimo sarà l’ultimo. Qualcuno alle mie spalle si schiarisce la voce e con gentilezza “Hai bisogno di una mano?”
“Misaki, cosa ci fai qui?”
Mi sto nascondendo da Ryo. Si è fissato con il francese, pretende che glielo insegni, dice di essere certo avrebbe lo stesso effetto di Gomez Addams, su Nishimoto.”
“Cosa?” chiedo non capendo.
“Non ricordi? Morticia dice qualche parola in francese e Gomez inizia a baciarla.”
Alzo gli occhi su di lui, mi sorride con dolcezza facendomi arrossire, ma replico “Solo Ryo può pensare a certe cose”.
“Già!”
Va nel lato opposto e comincia a sistemare i banchi anche se non è affatto tenuto. Restiamo in silenzio.
Dopo dieci minuti sono già stanca di questa calma, così gli domando “Come mai sei… sei tornato in Giappone, cioè dopo essere stato in Europa ti sentirai un po’ ingabbiato qui, no?”
Si poggia al davanzale della finestra e mi risponde con garbo “Hai resistito ben 10 minuti, è un record”, mi imbroncio e lui mi sorride ancora incrociando i piedi e serrando le mani al bordo di marmo prosegue “Per certi versi hai ragione, in realtà più perché qui tendiamo a nasconderci dietro rigidi schemi comportamentali, poi in casa possiamo essere pervertiti fino all’inverosimile.”
Lo fisso sbalordita non mi aspettavo tanta franchezza, abbasso gli occhi e lui mi rimprovera “Non dovresti fare certe domande se poi non riesci a sostenere lo sguardo del tuo interlocutore. Le ragazze Europee non si lasciamo spiazzare facilmente.”
“No… non mi hai… cioè non siamo molto in confidenza ed io…”
“Ci conosciamo da anni ormai, ma per i canoni di qui, non siamo in confidenza, se conosco qualcuno da tempo per me la confidenza è conseguenziale.”
“Certo, ma non credo che tu faccia certi discorsi con Nakazawa…”
Scoppia a ridere e si affretta a contraddirmi “Ti stupiresti dei discorsi che facciamo, è la mia migliore amica, non ho segreti o maschere con lei e non devo seguire nessun cliché prestabilito. Inoltre dovresti conoscerla bene, sai che è curiosa e sfacciata.”
“Certo, ma anche questo non è che lo capisca molto in verità.”
“Cosa? La sua curiosità?”
“No, la vostra amicizia… O meglio il fatto che siate così intimi senza… senza essere… bhé hai capito.”
“Scherzi! Proprio tu dovresti sapere che per lei non esiste nessuno al di fuori del capitano. Effettivamente credo che pensi a me come un asessuato, anzi credo proprio mi veda come una ragazza” ride divertito, mentre un raggio di sole gli illumina le labbra e ne accentua il colore. I capelli dalle tonalità della castagna rivelano quelle striature leggermente dorate che gli donano maggior fascino, gli occhi limpidi e genuini, il naso perfetto e un po’ all’insù. I lineamenti sono sì delicati, ma assolutamente mascolini e devo ammettere che è bellissimo.
Senza che me ne renda conto gli rispondo “Impossibile, sei troppo maschio perché ti possa pensare come una donna.”
Piega leggermente il viso verso destra e mi scruta in attesa che io prosegua.
“Io… io volevo dire che… che non ti si può scambiare… perché il taglio della tua mascella e… il pomo d’adamo evidente… i… i pettorali… tu… tu sei… un ragazzo in tutto… e che ragazzo, cioè sei… sei molto… molto” mi torturo le mani e non so cos’altro dire, mi mordo il labbro e vorrei poter scomparire.
“Sono molto?” mi domanda senza ironia.
Arrossisco in modo violento e mi giro dandogli le spalle, ritrovo un po’ di auto controllo e lo esorto “Sei in ritardo, devi andare agli allenamenti, io vi raggiungerò appena possibile.”
Sento i suoi passi dietro di me, fortunatamente però si dirigono verso la porta, così un po’ alla volta torno ad essere serena e posso concentrarmi sulle mie faccende.
 
La mia stanza stasera mi irrita, qualsiasi cosa mi fa innervosire, il peluche sopra la sedia vicino alla scrivania, il calendario appeso al muro, il puff vicino al mio letto. Nella mia mente si ripetono ad oltranza le scene vissute con Misaki, come fosse un loop infernale che devo vivere e rivivere.
Urlo nel cuscino e mi lascio cadere sul tappeto stringendolo al petto, ci poggio la faccia e guardandomi nello specchio che ho sull’anta dell’armadio “Come ho potuto dirgli quelle cose, cosa penserà di me?”
Urlo nuovamente nel cuscino a continuo a parlare con me stessa “Da quando è diventato così bello? Da quando non lo osservavo? E perché invece di avere una conversazione normale mi sono fatta trascinare in un discorso suicida? Dov’è finita tutta la mia intelligenza? Nelle mie vene c’è sangue di maga e io gli vado a dire che è molto? Voglio morire!”
Mia nonna arriva inaspettatamente nella mia stanza e si siede a terra vicino a me, come la vedo poggio la testa sulle sue gambe e mi lascio accarezzare i capelli.
“Perché ti affliggi così, bambina mia?”
“Non sei una maga? Non dovesti dirlo tu a me?”
“Siamo inquiete vedo!” mi scioglie i codini e lascia che i capelli mi ricadano morbidi “Sai certe volte quel che diciamo senza riflettere, è ciò che pensiamo veramente. Spesso capita che ci convinciamo di altro più per abitudine, soprattutto quando si tratta dei primi battiti del cuore, ma la maggior parte delle volte sono di rodaggio, tranne per quei pochi destinati a vivere un unico grande amore. In quel caso non c’è niente che possa dividere due anime nate per stare insieme, non ci sarà mai spazio per altri.”
Mi faccio piccola mettendomi in posizione fetale, chiudo gli occhi e l’immagine di Taro torna con prepotenza, sospiro pensando che non ho sbagliato, perché è molto tutto.
Molto gentile, molto intelligente, molto socievole, molto perspicace e… molto, molto…
“Affascinante” termina mia nonna leggendomi nella menta, allora è vero che è una maga.
Si alza con calma e accarezzandomi la testa un’ultima volta mi sorride con comprensione.
Mi guardo nuovamente allo specchio, riprendo gli elastici e prima di riattaccarmi i capelli non so perché, mi vedo diversa. Mi alzo e so perfettamente cosa fare. Scendo al piano di sotto e urlo “Mamma esco, devo cambiare!”
Mia madre si affaccia mentre sto indossando le scarpe e mi dice con naturalezza “Hai un bel viso figlia mia, tienilo presente.”
“Ma che… Come fai a sapere...” infilo il giubbino e sospirando “Mi arrendo, voi siete tutte un po’ magiche.”
“Lo sei anche tu e credo proprio che qualcuno lo abbia notato” si intromette mia nonna passando con noncuranza alle spalle di mia madre.
 
Uscita dal parrucchiere mi sento più forte, ho tagliato i capelli e stranamente mi sento più adulta, più sicura. Corro agli allenamenti e vado direttamente negli spogliatoi delle ragazze, indosso la mia tuta e raggiungo le altre a bordo campo per avere le mie mansioni.
“Sugimoto sei radiosa oggi e quel taglio ti sta benissimo” mi fa emozionare così Yukari e Sanae non è da meno “Ha ragione, dovremo rendere ciechi tutti i ragazzi!”
“Ma cosa dite?!”
“Fortuna che il capitano vede solo il pallone altrimenti avrei dovuto seppellirti sotto l’albero di ciliegio” aggiunge la nostra capo manager.
Un po’ cruento come complimento Sanae, ma Sugimoto credo che tu sia salva, altrimenti non ti avrebbe rivelato i suoi piani di sepoltura.”
La voce di Taro è come sempre calibrata e sincera, mi volto a guardarlo e mi chino un po’ per salutarlo, ci raggiungono gli altri e Ryo non perde l’occasione per prendermi in giro “Chissà per chi ha fatto questo taglio netto!” e sornione incrocia le braccia dietro la nuca.
Taro non mi permette di replicare, facendolo al mio posto “La risposta ti potrebbe sorprendere, le donne tagliano i capelli quando sono pronte a un cambiamento. Inoltre c’è chi è MOLTO e chi potrebbe essere diventato un ricordo” mi sorride senza essere ironico, ma con uno sguardo speranzoso che mi emoziona tantissimo.
Arriva il capitano e Sanae gli domanda “Bene capitano, manca il tuo commento.”
Evita la mia persona, gli basta uno scambio di intensa con Taro e risponde “Cosa dovrei commentare?”
Gli toglie il pallone dai piedi e lo costringe a mettere a fuoco ognuno di noi “Cos’è Bruce ha preso un’altra pallonata?” aggiunge senza esitazioni.
“Ebbene sei salvo, ora tornate in campo, su muovetevi”
Taro lo raggiunge e gli sussurra “Ottima scelta avvalorare il pensiero che sei un tontolone.”
Sanae li ferma schiarendosi la voce “Capitano puoi fregare gli altri, ma non me, soprattutto se sei così attento nello sforzarti di non notare un qualcosa di specifico, tanto da dimenticare il tuo migliore amico” e con un palleggio gli passa la palla.
Porta una mano alla nuca colpevole e si imbarazza, ma la capo manager non ha finito “Taro?! Mi incuriosisce questo MOLTO, moltissimo!”
Lui si volta verso di me e afferma “Cosa ti dicevo? E’ curiosa e sfacciata!”
“Chi sarebbe sfacciata? Vuoi pulire tu gli spogliatoi dopo?”
“Dipende da chi mi aiuterà” e si trascina via Tsubasa rubandogli il pallone.
Lei mi fissa e come se avesse capito ogni cosa commenta “Certo, come ho fatto a non pensarci, è la sua metà. Sugimoto, anzi no, ora posso chiamarti Kumi, hai vinto la pulizia degli spogliatoi aiutata da Taro.”
“CHE COSA?” urlo con tutto il fiato che ho in corpo, tanto da far arrestare anche i ragazzi in campo.
Sento bisbigliare in lontananza e Misaki affermare “Credo che Sanae abbia appena stabilito con chi dovrò essere punito” l’ultima parola la scandisce in modo strano, oserei dire malizioso e anche sensuale.
Non ho il coraggio di guardarlo.
Sanae mi supera dicendo “Se con lui ti intimidisci, ma non lo eri quando ti sei dichiarata al capitano, qualcosa dovrà pure significare e poi… vorrò sapere della punizione.”
Credo di essere diventata bordeaux.
“SANAE?!” l’ammonisce proprio Taro.
“Ti manca l’armatura cava…” viene zittita da una voce che mi fa sentire doppiamente a disagio.
“Bene, bene, sono stato lontano per troppo tempo, la peste è diventata una donna e ha puntato niente meno che la metà della golden comby.”
Lui però è carta conosciuta per me e replico spavalda “Bene, bene, noi sappiamo che hai ricevuto picche dalla piccola tigre.”
Si allaccia bene gli scarpini e nel sollevarsi afferma “Meglio se vado a giocare.”
“Sì, meglio!”
Arriva a metà percorso e si volta urlando “SEI MOLTO SEXY CON QUESTO NUOVO TAGLIO, PESTE!”
Misaki gli fa arrivare un bolide mirando alla faccia, che ovviamente para e lo rimprovera “Te l’ha detto anche Sanae, ti manca l’armatura cavaliere!”
“Ne sei certo? Mi vuoi prestare un guanto per la sfida a singolar tenzone?” si avvicina a lui serio come non l’ho mai visto.
“Che… Sei serio?”
“Tu cosa dici?”
“Taro!” lo afferra per un braccio il capitano.
Lo trucida ed è una cosa che non gli ho mai visto fare.
Così perdo il controllo e arrivo lesta da loro, prendo dalle mani di Genzo uno dei guanti che si sta infilando e punto il mio obiettivo “MISAKI, TI HA DATO DI VOLTA IL CERVELLO? VOLEVI UN GUANTO, TE LO DO IO!” lo colpisco più volte sull’avambraccio e proseguo “L’OCCIDENTE TI HA FATTO UN BRUTTO EFFETTO.”
Indietreggia e mi fissa furente, io gli restituisco lo stesso.
“TU CREDI SIA STATO L’OCCIDENTE A FARMI UN BRUTTO EFFETTO?”
“Sì, LO CREDO.”
“Ragazzi vi prego, state dimenticando che siamo tutti amici e che fra noi queste cose non succedono?” si intromette Ryo.
“TACI ISHIZAKI” diciamo all’unisono.
Sosteniamo l’uno lo sguardo dell’altro e sempre insieme “VIENI CON ME.”
“No, tu vieni con me” affermo a denti stretti, puntandogli l’indice sul petto.
“Che differenza fa, vogliamo comunque chiarire.”
“FA MOLTA DIFFERENZA” puntualizzano le ragazze.
Lui alza le mani al cielo ed io lo afferro per un braccio, trascinandomelo dietro.
“COSA TI PRENDE?” esplodo nuovamente arrivando negli spogliatoi “DOV’E’ FINITO IL MISAKI PACATO E LUNGIMIRANTE, GENTILE E AMICO DI TUTTI? COS’ERA QUELLA PAGLIACCIATA?”
“La mia era una pagliaccita? O quell’apprezzamento senza nessun rispetto che ha fatto Wakabayashi?”
“LUI DICE SEMPRE QUELLE COSE, NON LO PENSA VERAMENTE!”
“Perché non dovrebbe pensarlo?” si avvina a me con irruenza, tanto da spiazzarmi per un solo istante “o ti ha dato fastidio che io abbia guardato male il tuo primo amore?”
“MA SEI IMPAZZITO? MI HA DATO FASTIDIO AVERE DAVANTI A ME QUALCUNO CHE NON CONOSCO, TU NON SEI COSI’.”
“Hai detto che sono molto, sono anche questo. Sono questo quando sono innamorato e la gelosia mi logora” mi porta spalle al muro e usa le sue braccia come barriera, per evitare che io possa scappare.
“BHE’ NON E’ COSì CHE MI PIACI!” incrocio le braccia contrariata con il cuore a mille.
La sua espressione si ammorbidisce subito e con incredulità “Ti piaccio?”
“Tu parli bene e razzoli malissimo, hai detto non più di dieci minuti fa che qualcuno poteva essere diventato un ricordo e qualcun altro era molto, molto di più di ciò che è sempre stato, molto di più di quanto avessi compreso, ma resta che scemo e geloso non mi piaci più.”
“Non è corretto, forse ti piaccio meno, non è possibile che non ti piaccia più.”
“Sai sono volubile e un po’ pazza, non proverei a scoprirlo.”
“Mi stai confondendo.”
“Dove finisce la vostra intelligenza in certe occasioni?”
“Io l’ho persa quando mi hai detto che ero MOLTO e ti sei agitata” lo spingo un po’ di lato facendogli urtare l’armadietto delle scope, dal quale cade un ramoscello di vischio, che finisce proprio sulla sua testa.
Lo prende e sorride in quel modo malizioso e dannatamente sexy, sta per dire qualcosa, ma lo precedo “Tu parli troppo” poggio una mano sul suo torace e mettendomi sulle punte gli sfioro le labbra e aggiungo “Forse ho trovato un modo per farti stare zitto.”
Annuisce e approfondisce quel bacio, con gentilezza si crea un varco e comincia a giocare con la mia lingua, rincorrendola, intrecciandosi ad essa e scivolandoci sopra con tocchi delicati e sensuali.
Si allontana lasciandomi senza fiato e afferma “Devo sapere una cosa, voglio sapere se…”
“Sì, è il mio primo bacio scemo. Tutti uguali, possessivi e con manie di esclusività.”
Sorride soddisfatto e le sue mani scivolano sul mio corpo costringendomi ad aderire a lui completamente.
Mi bacia ancora e ancora, ogni volta con maggiore passionalità e fra un bacio e l’altro mi informa “Bene, perché sarai solo mia.”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 7
*** 14 FEBBRAIO O 14 MARZO? ***


14 FEBBRAIO O 14 MARZO?
 
 
 
Guardo con ammirazione l'immagine di Aoba e Misugi in uno scatto che è comparso su alcune riviste del paese, la loro presenza insieme a quella serata di beneficenza ha scatenato il gossip. Nonostante lui abbia un fan club da quando era ragazzino, le sue sostenitrici hanno accolto la presenza di Yayoi al suo fianco, come la favola che si realizza. Alla fine lei è una ragazza come tante altre, la sua non è una famiglia d'élite, eppure sembrava veramente una principessa, impeccabile tanto quanto il suo cavaliere.
"Manager!" mi fa sobbalzare così Tsubasa, arrivandomi alle spalle.
"Capitano mi hai spaventata..."
"Cosa guardavi con tanta ammirazione?" mi domanda riponendo qualcosa nella tasca destra della giacca della tuta.
"La tua amica d'infanzia, ha fatto un figurone alla festa, sui giornali ripropongono ancora le sue foto nonostante sia passato più di un mese"
"Cosa sono tutte quelle buste d'immondizia?"
"Io ti parlo di una favola e tu di immondizia, che amarezza!"
Mi fissa sbattendo le palpebre più volte prima di mettersi a ridere e affermare "Funzioniamo per questo secondo me!"
Ora sono io a sbattere le palpebre incredula: ha usato un noi? Ha detto FUNZIONIAMO? 
Ok, prima di partire per il Brasile si è battuto per me e in un certo senso si è dichiarato, però il nostro rapporto non è cambiato, tranne forse per il fatto che mi chiama ogni giorno. E lo so che mi vuole bene, questo non è in discussione, ma è come se volesse evitare di farlo evolvere. Non mi ha mai toccata, neanche sfiorata per sbaglio, nessun primo bacio, neanche un prendersi per mano.
Si avvicina alla sacca dei palloni, ogni suo movimento è calibrato e tranquillo mentre la apre senza però estrarne nessuno, troppo tranquillo, non è da lui. Poi rialza i suoi occhi su di me come in attesa di qualcosa, ma sono troppo stordita persino per ricordarmi il mio nome.
"Non mi hai risposto" afferma.
"A... a cosa? Al funzioniamo? Noi, noi funzioniamo?"
"No, quello è un dato di fatto, è la realtà fra me e te, fra NOI. Volevo una risposta per le buste."
"Fra noi. C'è... C'è una... una realtà, fra me e te?"
"Siamo il capitano e la manager no? Anche se io sono in Brasile adesso, tranne per questi pochi giorni, tu sei come una mia prosecuzione ..."
Inizio a sbattere il piede ritmicamente, questo discorso mi sta snervando così lo interrompo "Io sono una tua prosecuzione? Certo sono una tua costola. Facciamo che TU lo sei di me..." assottiglio gli occhi ma non si lascia intimidire, fa un passo verso di me e afferma sicuro "So benissimo di esserlo."
"Che?" chiedo sbalordita.
"Io sono..."
"CAPITANO CREDEVO FOSSI GIA' PARTITO" urla Ryo da lontano, avvicinandosi aggiunge "VISTO CHE VAI VIA SEMPRE ALLA CHETICHELLA."
"Non urlare!" diciamo all'unisono io e Tsubasa.
"Vi preferisco separati" ammette avvilito.
Il capitano mi guarda e mi fa l'occhiolino facendomi arrossire, ma evito di mostrarlo troppo quel rossore.
Arriva Taro che sembra risplendere di luce propria, così mi porto le mani al viso come a volermi proteggere e lo punzecchio "Mi stai accecando con la tua gioia, potresti brillare di meno cortesemente?"
Lui mi fa una linguaccia mentre Kumi arriva incurante di ciò che ho appena detto e lo abbraccia alle spalle. Lo vedo sorridere di più e accarezzare delicatamente le braccia che lo cingono in vita. Voltandosi la induce a spostarsi di fianco, la guarda e la saluta "Ciao" poi incurante di tutti si china leggermente, ma lei si allontana arrossendo e lo ammonisce "Non davanti a tutti."
"Volevo baciarti sulla fronte in verità, sei tu ad essere maliziosa" le sorride in un modo tenerissimo e aggiunge "Cherie."
Kumi gli si fionda ancora fra le braccia e borbotta "Ha ragione Ishizaki, il francese fa effetto."
Scoppiamo tutti a ridere, mentre lei si nasconde passando in tutte le tonalità del rosso e Taro le accarezza i capelli con un’espressione beata che non gli avevo mai visto.
La voce di Yukari, non proprio tranquilla, spezza il momento "Cosa significa che aveva ragione Ryo, com'è uscito l'argomento francese con un asino come lui?"
"Volevo impararlo per farti piacere" spiega l'interessato camminando con noncuranza e con le braccia dietro la nuca prosegue "Ma Misaki è un pessimo insegnante."
"Sì, certo, immagino. E perché volevi fare questa cosa per farmi piacere?"
Si ferma e la passa ai raggi X facendola agitare e imbarazzare, capisce al volo e lo ammonisce "Volevi ti saltassi addosso? Pervertito!"
"Dovresti essere contenta che vorrei tenerti sempre avvinghiata a me, vuol dire che mi piaci tanto, parecchio, ma proprio..."
"Smettila, sei un maiale, non sono cose da dirsi queste..."
"Scusami, dovrei farti cadere da una scala più spesso allor..." non termina la frase gli arriva una pallonata in pieno viso, tanto da far dire a Tsubasa "Wow non è che vorresti entrare in squadra Nishimoto?"
"Ma perché ti sei arrabbiata, tanto le tue amiche lo sanno sicuramente e anche questi due di conseguenza" e indica Taro e il capitano.
"Sapere cosa?" chiede Genzo appena arrivato.
Io e Tsubasa gli facciamo segno di ammutolirsi, ma lui che ci prova gusto a torturare la gente "Del fatto che ti piace l'albero di ciliegio là giù, Nishimoto? Sei proprio una cattiva ragazza, rubi i posti del cuore delle tue amiche."
Yukari avvampa violentemente mentre sibila a Ryo "Sappi che non hai più il permesso di baciarmi, ranocchio dalla bocca larga" sta per allontanarsi ma indugia un attimo nei miei occhi, esprimendo tutto il suo rammarico come se mi avesse effettivamente privato di qualcosa.
La rassicuro "Non ti devi preoccupare... l'albero sta lì, chissà quanti bei momenti ha visto e custodito" poi portando le mani ai fianchi e allargando un po' le gambe affermo sconsolata "e comunque non credo proprio che il tontolone abbia abbinato quell'albero a qualcosa, quindi..." recupero un pallone dalla sacca e con un movimento fluido del piede lo faccio ribalzare sul ginocchio destro e con un altro rimbalzo mi finisce in mano.
"Ah, devo spezzare una lancia per il capitano, si è fatto pestare dal pugile" gioca Genzo spintonando Taro per infastidire anche Kumi, che è ancora avvinghiata a lui.
"Non è corretto, è stato Tsubasa a pestare Kanda e me lo ricordo benissimo, non ho bisogno di suggerimenti e soprattutto il capitano non ha bisogno di essere difeso" preciso e gli passo il pallone.
Lo stoppa di petto e lo lascia atterrare al suolo bloccandolo sotto il suo piede "Pensi veramente quello che hai detto?" mi domanda con voce ferma e dispiaciuta.
"Che hai pestato tu Kanda? Sì, ricordo perfettamente che lo hai fatto volare con un calcio poderoso, quindi sì."
"Non intendevo quello. Pensi veramente che io non ricordi i momenti che abbiamo passato insieme?" si imbarazza leggermente e abbassa un po' la voce, ma i suoi occhi sono fissi nei miei e non intendono spostarsi.
"Non è il momento adesso, i ragazzi non ti avranno più con loro a breve e avevate deciso di allenarvi insieme, state sprecando del tempo prezioso." 
"Certo" fa roteare il pallone e con lo stesso timbro "Ragazzi in campo, non dobbiamo sprecare del tempo prezioso... NOI!" toglie la giacca e la piega sulla panchina senza più guardarmi in volto.
Quel noi mi stordisce come uno schiaffo inaspettato, tanto da restare imbambolata mentre loro si incamminano.
Si è arrabbiato?
Cioè lui che non mi sfiora neanche per sbaglio, si è arrabbiato?
Lui che sa perfettamente di essere la mia ragione di vita, si è arrabbiato?
Lui che fra qualche giorno tornerà in Brasile e non rivedrò più per chissà quanto, si è arrabbiato?
NON HA CAPITO NIENTE.
Come una furia entro in campo e gli sbarro la strada, braccia incrociate sotto il seno e con atteggiamento ostile, anzi no, furioso "NON TE LO PUOI PROPRIO PERMETTERE, LO SAI?"
"Io dico di sì."
“Quindi hai capito di cosa parlo?”
“Di male in peggio. Anego sono arrabbiato al momento, non mi sembra opportuno che continui a sfidarmi.”
"Ferito nell’orgoglio? Ok hai fatto il romantico accettando la sfida di Kanda, ti sei battuto per me, solo che ti sei dimenticato cosa sarebbe dovuto venire dopo quel gesto..." inizio a battere il piede nervosamente "Ammetto però che lo sappiamo..."
"Sappiamo cosa?" risponde con stizza.
"Che io ti piaccio e tu mi piaci..."
"Sei in errore, tu non mi piaci..."
Nel mio petto il cuore va in mille pezzi e sento gli occhi riempirsi di lacrime, in un attimo la frase di prima acquista un senso diverso: io e lui funzioniamo nei nostri ruoli, non come coppia, non è mai esistita una coppia formata da noi. Il mio orgoglio mi impedisce di far scendere anche solo una lacrima e con distacco replico, impedendogli di terminare "Certo, hai agito da capitano anche in quel caso. Il pugile aveva minacciato un componente della tua squadra e... io sono la manager, una tua prosecuzione, hai detto così" mantengo un portamento fiero e concludo "Ho tratto le conclusioni sbagliate, quindi non ho altro da dire, chiedo scusa per l’invasione di campo" mando giù il magone e con calma mi volto per volatilizzarmi.

"TESTARDA E IMPULSIVA, QUESTO SEI. NON MI ASCOLTI MAI FINO IN FONDO, TRAI SEMPRE LE CONCLUSIONI" mi urla con rabbia.
Mi chiedo dove sia finito il ragazzo timido e dolce. Forse però lo avevo idealizzato e non l'ho mai conosciuto veramente, che cretina. Il nodo alla gola si fa sempre più serrato e sto quasi per cedere quando mi sento afferrare per un braccio e il mio corpo è costretto a girarsi contro la mia volontà, i suoi occhi sono furenti mentre i miei sono colmi di liquida tristezza.
La sua mano calda mi trasmette un brivido violento che mi irrita al punto da non riuscire a trattenermi “Adesso mi tocchi? Adesso che hai chiarito che non ti piaccio, non hai nessun diritto di toccarmi. Non ti è concessa questa confidenza. Lasciami immediatamente capitano.”
Apre la sua mano permettendomi di allontanarmi da lui.
“Come vuoi manager” afferma con tono autorevole.
Prendo quei sacchi pieni del vischio che quel cretino di Ryo aveva sparso ovunque e che ovviamente, non si era preso la briga di togliere e buttare. Quello scemo lo aveva fatto per spronare Tsubasa, ma a quanto pare anche lui, e tutti gli altri, hanno preso un abbaglio. Senza voltarmi e senza recuperare le mie cose, lascio la scuola, non ho voglia di restare qui.
 
Rientro in campo e mi fissano tutti, Ryo si avvicina e tenta di dirmi qualcosa “In difesa Ryo” tuono senza dargli modo di aprire bocca e invito gli altri “Riprendiamo con gli allenamenti.”
Taro mi fissa con apprensione e così mi ripeto “Ho detto riprendiamo.”
Fa cenno agli altri e finalmente torniamo a giocare.
Nella mia testa ci sono solo i suoi occhi colmi di lacrime e delusioni, quello smarrimento di non aver compreso veramente e di essersi illusa che potesse esserci qualcosa che secondo lei non c’è.
Le sue parole che mi rimbombano come un martello pneumatico “Adesso mi tocchi?”
Come può pensare che ci sia solo un semplice piacersi fra noi, come?
Come può credere che non brucio dalla voglia di poterla stringere a me in ogni momento, come?
Come può pensare che non ricordo ogni singolo istante passato insieme… Freno il mio incedere verso la porta di Genzo e esclamo “MALEDIZIONE, MI FARA’ IMPAZZIRE…” faccio dietro front più veloce della luce e, afferrando la giacca sulla panchina, corro da lei.
In lontananza il coro da stadio dei miei compagni, le urla di Genzo “NON FARMI DIVENTARE ZIO A QUEST’ETA’…” e Taro che lo ammonisce, mi fanno inciampare senza cadere, così procedo verso la mia meta.
 
Nel buttare i sacchi, uno si è aperto e non so perché, ho raccolto un ramoscello di vischio e ora lo sto facendo roteare fra le dita rimproverandolo “Con me non hai fatto il tuo dovere, non sei servito a niente, dovrei bruciarti” mentre cammino avanti e indietro nella mia stanza senza riuscire a smettere di piangere.
Nelle scale la voce di mia madre “Sanae noi andiamo, prepareresti tu la cena?”
Apro la porta, urlo un “Sì!”  e la richiudo.
 
Arrivato davanti casa sua poggio le mani sulle ginocchia e cerco di respirare, mi sollevo e faccio qualche passo… “Tsubasa non sapevo fossi qui?”
“Buongiorno Signora Nakazawa, riparto fra qualche giorno, sono venuto a sbrigare delle faccende burocratiche” mi inchino, poi sorrido al fratellino della manager e gli scompiglio i capelli.
“Sanae è in camera sua, ma è di pessimo umore” poi mi squadra e mi sorride affermando “Ma forse tu puoi rimediare, visto che sei corso da lei in pantaloncini e scarpini.”
Mi passo una mano dietro la testa e abbozzo un sorriso tirato, mi supera dandomi una pacca sulla spalla e mi invita ad entrare.
Salgo le scale a quattro alla volta, sono certo che dovrò combattere questa volta per farmi ascoltare, perché diavolo deve essere così cocciuta?
Io non ho il diritto di toccarla? Io??? Mi sale quella agitazione che solo lei è in grado di creare dentro di me e apro la porta della sua stanza, senza neanche bussare.
Si girà atterrita e quando mi mette a fuoco diventa la solita indomabile Anego, mani suoi fianchi, gambe divaricate e sguardo truce “Come ti permetti di entrare in casa mia in questo modo?”
“Tua madre” rispondo serio e con voce ferma.
“Bhè nella mia stanza non ci puoi più entrare. ESCI FUORI DI QUI!”
“NO!”
“Non abbiamo più niente da dirci. Sono stata una stupida, ho frainteso il tuo gesto, quante volte mi vuoi umiliare ancora?”
“NON HAI CAPITO NIENTE” sospiro “Tu sei la mia gioia e la mia sofferenza, e non mi piaci perché sarebbe riduttivo come definizione del sentimento che provo per te. Hai invaso e ingombrato la mia vita, sei il vuoto logorante dell’assenza che non so come, sei tu stessa a riempire della tua presenza. Io sento la tua mancanza anche solo se penso di starti lontano, e questo nonostante mi sia imposto di non sfiorarti neanche, perché sono sicuro che se solo toccassi la tua pelle, assaporassi il tuo sapore e respirassi il tuo profumo non avrei più la forza per perseguire quel sogno, che persino ai tuoi occhi è più importante di te. Mi sono arrabbiato perché pensi cose sbagliate, ricordo ogni singolo istante passato con te, sotto quel ciliegio, le nostre chiacchierate tornando a casa, le liti e i sorrisi spontanei se solo incappiamo l’uno nell’altra, l’adrenalina di saperti sempre al mio fianco in ogni nuova prova. Però non sei con me in Brasile, dove sarei dovuto tornare oggi, ma non riesco a lasciarti questa volta. Mi sento un cretino, perché nonostante tutte le limitazioni che mi sono imposto e che di riflesso ho imposto anche a te, non riesco a prendere quel dannato aereo”
 
La sua voce è calma e bassa, i suoi occhi limpidi e sinceri, con quella punta di imbarazzo, che lo riportano sul piedistallo da cui l’ho fatto precipitare.
Si avvicina a me e con la stessa mano che in campo mi ha afferrata con forza, adesso mi accarezza. Un brivido mi attraversa il corpo mentre le lacrime mi solcano le guance, eppure una rabbia incontenibile si fa spazio in quel mare di emozioni che sto provando. Senza pensarci inizio a picchiarlo con quel ramoscello di vischio e furiosa “Perché non me le hai dette prima queste cose? Decidi tutto tu, ma hai detto che funzioniamo, non è vero, non funzioniamo proprio se non mi rendi partecipe di quello che ti affligge. Poi…” stringo la giacca della sua felpa con la mano libera “Non hai pensato che forse, un abbraccio o una carezza potrebbero consolare entrambi e potrebbero essere proprio ciò che ci occorre per di affrontare tutta questa sofferenza, sapere che la volta successiva potrebbero esserci altri momenti di tenerezza, che potrebbero trasformarsi in ricordi consolatori?”
Con la mano che mi sta ancora accarezzando il braccio mi spinge verso il muro alle mie spalle e con l’altra, blocca il vischio sopra le nostre teste. Fa fondere i nostri corpi, si nasconde nell’incavo della mia spalla e mi respira. Lentamente lascio la presa della sua felpa e gli accarezzo la testa sussurrando “Non decidere da solo la prossima volta…” mi allontano di poco per poterlo guardare negli occhi e prendendogli il viso fra le mani termino “Perché prendi sempre la decisione sbagliata” e rido divertita.
“Te l’ho detto che funzioniamo: io sbaglio e tu mi rimproveri. Funzioniamo benissimo.”
Rido ancora e con una naturalezza disarmante mi bacia.
Un bacio tenero e dolce, fatto di sole labbra che si toccano appena, dura il tempo di un battito di ali ma è dirompente quanto una cascata che si schianta nella valle sottostante.
“Mi farai impazzire” sussurra sulle mie labbra prima di baciarmi ancora. La mano che reggeva insieme a me il vischio, scivola lungo il mio braccio, giù oltre l’ascella e scende lungo le costole per poi deviare sulla mia schiena per stringermi a lui con possesso. Le labbra assaporano con calma le mie, quando entrambi le schiudiamo un po’, gli sento fare un sospiro beato. Con gentilezza approfondisce quei tocchi fra le nostre lingue e quando le mie mani finiscono sul suo collo, per tenerlo attaccato a me, ci allontana dal muro per sedersi sul letto e porta me cavalcioni su di lui.
In quel momento sentiamo un boato provenire dalla strada, ci stacchiamo e ci guardiamo increduli, mentre lui poggia la testa sulla mia spalla e sconsolato “Non ci credo, mi hanno seguito…”
“Certo, cosa ti aspettavi, c’è la regina delle pettegole in Giappone, ma in Germania non ci sta mai?” poi mi ricordo un pettegolezzo “E lo sai che si è preso una sbandata per la piccola Hyuga?”
Alza la testa e con un po’ di imbarazzo “Non pensiamoci adesso, almeno fino a quando non rischierà di morire per mano del grande Hyuga, invece…”
“Invece Yoshiko mi ha detto che con Matsuyama…” mi zittisce con un dito sulle mie labbra senza riuscire a frenarmi "Non sai lo scoop? Hyuga ha conosciuto i genitori di Maki..." preme con più forza quel suo dito e prende qualcosa dalla tasca della giacca affermando “E’ per te, sono rimasto un giorno in più anche per questo. Non sarò qui il 14 marzo e volevo…”
E’ una scultura di cioccolato bianco, un fantomatico calciatore con un pallone sotto il piede e il numero 10 sulle spalle.
“Questo per dirmi che da ora in poi ti posso mangiare?”
Si porta una mano dietro la testa e con un leggero imbarazzo “Se vuoi.”
In strada quei cretini continuano ad urlare, scoppiamo a ridere e decidiamo che non abbiamo voglia di sentire le loro battutine, quindi li ignoriamo creando la nostra bolla d’amore.
 
 
 
 N.B. GRAZIE A CHI HA SEGUITO CON AFFETTO QUESTA PICCOLA RACCOLTA DI ONE.

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