I NUOVI DRAGONI

di Dragonero
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I DRAGONI ***
Capitolo 2: *** BALE ***
Capitolo 3: *** FAUST ***



Capitolo 1
*** I DRAGONI ***


-CAPITOLO I-

-CAPITOLO I-
I DRAGONI


"L'unione dei Dragoni,
La forza della natura.
Quando il destino li cerca essi non lo sfuggono,
lo abbracciano,
completando il cammino della loro vita.
Il tempo si piegherà al loro potere
e quando anche il più forte dei nemici guarderà nei loro occhi
egli si piegherà al loro volere
poiché l'uno non può contro i molti."



15 luglio
Cara Madre
Oggi ho parlato con Mei del suo futuro. Ho fissato come ipnotizzata i suoi capelli corvini, bellissimi, mentre mi parlava. Non volevo crederci. I suoi occhi neri profondi, quasi di pietra, hanno comunicato a me e al mio amato marito una decisione irrevocabile e non sono riuscita a rimanere calma. Sono scoppiata a piangere come una bambina di fronte a mia figlia e al mio consorte. Lui mi ha rimproverata, dicendo che dovevo essere felice per la nostra unica figlia e del suo futuro... ma come? Potrebbe morire...
Mei ha deciso di unirsi ai cavalieri della corte della Regina Lisa e di Re Timothy.
Sai quanto suo padre l'ha allenata in questi 12 anni. Ma ho sempre pensato che per loro, che per LEI, fosse un gioco. Non era così. Gaber pensa addirittura che possa diventare un Cavaliere di Drago. Ma io non credo... è così gracile, pallida... ha solo 15 anni! E poi continua ad avere quei sogni...
Non lo so...
Mentre ti scrivo è buio e non stupirti se oltre alle mie lacrime troverai anche le macchie di cera della candela. Quando riceverai questa lettera Mei sarà già a corte... ho paura Madre. Ora ti lascio poiché Gaber mi sta chiamando per andare a dormire.
Sempre Tua Affezionata
Madeline

11 anni più tardi

-Fruttaaaaa! Frutta fresca!-
-Il miglior pesce di tutta Endiness Signori! Guardate che squame!-
Il mercato di Fletz. Chiassoso come al solito.
Profumi e odori, voci e movimenti si mischiavano in un caotico e colorato assembramento di persone che compravano o vendevano, curiosavano semplicemente e... rubacchiavano.
-Preso! Ti ho beccato eh?!-
-Che vuoi? Lasciami subito!-
Alcune persone sogghignarono, alcune se ne sbatterono, altre esultarono. Un soldato della corte di Fletz teneva per il colletto di una sgualcita maglietta bianca un ragazzino biondo di circa 15 anni che aveva in mano un paio di mele.
Da alcune segnalazioni dei mercanti era venuto fuori che il moccioso si divertiva a rubare quando il mercato era affollato e dopo qualche ora di appostamento, nemmeno giorni, Therence lo aveva beccato.
-Sei sempre un grande Thenny.- Una giovane ragazza attrente, dai capelli castani e gli occhi chiari, ammiccò in direzione del soldato facendolo arrossire.
-Ooooh "Thenny", perché non mi molli?-
Frase sbagliata.
Il ragazzo fu condotto a corte, nei sotterranei del castello, dove c'erano le prigioni. Fu sbattuto in cella per "detenzione preventiva" e gli fu comunicato che a giorni avrebbe avuto un regolare processo. Questo sbuffò e si svaccò sulla dura panca il pietra della cella, con i piedi in alto, appoggiati sul nero muro in mattoni,e la testa su un cuscino di tela scolorita e consumata.
Girandosi per studiare meglio il posto e per vedere se c'era una via di fuga il biondino.notò l'"inquilino della cella attigua: un uomo un pò stralunato. Fissava il soffitto, sospirando e con un'aria da ebete: sembrava innamorato cotto.
Tanto per fare conversazione il ragazzino chiese all'uomo che cosa avesse e come mai fosse finito in cella. Per tutta risposta quello sussurrò:
-Mei...-
-Mei?... Intendi... Mei Rose, il Cavaliere?
-Proprio lei... due giorni fa mi sono avvicinato a lei per offrirle un fiore. Lo ha accettato e quando mi ha ringraziato non sono riuscito a trattenermi... ho tentato di baciarla...-
Il ragazzino non sapeva se ridere o piangere. Ma era idiota? Cercare di baciare un Cavaliere di Drago? E tra l'altro il più bellicoso del gruppo? Sicuramente quel tizio sarebbe stato condannato a morte... e se non lo fosse stato in via formale sicuramente lo sarebbe stato non appena uscito da lì.
La sopracitata Mei si sentì fischiare le orecchie. Rimediò autoprovocandosi uno sbadiglio, a volte funzionava.
Difatti le orecchie si azzittirono... il problema era zittire il tizio che stava parlando da più di un'ora su come si faceva a combattere un Trent, il nemico più debole di tutta Endiness.
Che pizza.
Essere un Cavaliere di Drago le dava tutta l'autonomia possibile perché si sapeva bene che i Cavalieri Dragoni erano i più saggi cavalieri del mondo. Non avevano bisogno di controllo, non avevano bisogno di regole. Si controllavano e si regolavano da soli.
Allora che ci faceva lì se non voleva? Eh... perdere una scommessa è brutta.
Quell'idiota di John gliel'avrebbe pagata cara!
La sera prima se ne esce fuori esclamando:
-Dai Ragazzi! Scommetto una settimana di lezioni con le reclute che non ce la farete mai a trattenere il fiato più a lungo di me!-
Molti si erano già tirati indietro perché la stazza di John era notevole e sapevano anche che aveva polmoni eccezionali: le sue evoluzioni Aeree in qualità di Dragone Verde erano notevoli e alcune di esse lo costringevano a tenere il fiato per parecchio tempo, tanto erano azzardate.
L'unica che poteva batterlo era lei... Mei.
Così ci aveva provato.
Ma a un certo punto quel bastardo, che sembrava stesse per esplodere da un minuto all'altro, si era alzato e l'aveva raggiunta, mollandogli una manata nello stomaco che l'aveva costretta a buttare fuori aria e a riprendere fiato.
-MA SEI CRETINO?! Maledetto baro!!- l'aveva aggredito lei.
-Ehi, io non ho mai detto che non si poteva fare, giusto ragazzi?-
Quei microcefali ovviamente lo avevano appoggiato e quindi eccola là, a sorbirsi lezioni basilari che ormai sapeva fin nelle ossa. Non venne nessuno a toglierla da quel limbo e così finì per addormentarsi lì nell'arena, mentre il maestro di spada liberava alcuni Trent, gli alberi aggressivi, nel terreno di lotta e dove quella marmaglia di mammolette cominciò a scappare da tutte le parti.
Qualche ora più tardi si sentì scuotere e si alzò, con i lunghi capelli lisci sparpagliati davanti al volto. Si trovò davanti Cedric Maars, suo ex mentore, che la guardava ridendo.
-Che diavolo ci facevi alle lezioni delle reclute?-
Mei sospirò: -È una storia lunga, sappi solo che ho perso una scommessa.-
-Tu che perdi in qualcosa? Difficile da credere!-
-Ma è così.- La mora si alzò, gli occhi fissi nell'arena che adesso era vuota e insolitamente calma.
Maars la imitò.
-Sono venuto a cercarti per un motivo preciso. Ho ricevuto una lettera di Re Albert nella quale esprime il suo profondo rispetto per me... bla, bla, bla e invita te e John a passare una settimana alla sua corte, avendo saputo della settimana di permesso che ho dato a cinque dei miei migliori cavalieri come paga per l'impegno e la devozione che dimostrano per l'impero Tiberiano eccetera eccetera...-
Mei fece tanto d'occhi: -E come sa della settimana di permesso?-
Maars fece lo gnorri: -Eh.. gliel'ha detto un uccellino...-
-Uccellino? Se tanto mi da tanto non era un passerotto ma un Albatros!- e a passo svelto, senza nemmeno salutarlo, il Cavaliere del Drago Oscuro raggiunse il suo alloggio, nella torre Nord della Rocca Gemella, a palazzo reale.
Odiava andare da Re Albert e sua moglie Emille. Non per loro, ma per i figli.
Li aveva incontrati due sole volte e per due volte gli erano bastati pochi secondi per odiarli.
La prima volta che li aveva visti lei aveva solo 16 anni. Era solo un anno che si allenava per diventare cavaliere e l'avevano mandata ad allenarsi a Bale, per fargli conoscere meglio il continente. Il mondo non era Fletz, ma Endiness con tutte le sue città e i suoi regni.
Proprio a Bale, la capitale reale di Serdi Unita, aveva conosciuto i due "angioletti" di casa Bazil: Lavitz e Doel.
Doel a dir la verità era un ragazzino serio ma lo era troppo: non rideva mai, nemmeno a fargli il solletico. Mei lo detestava perché era uguale a lei.
Lavitz era il classico scemo che pensa di essere divertente ma in realtà non lo è affatto. Due mesi di scherzi e frecciatine sul fatto che lei volesse diventare una donna cavaliere l'avevano fatta temere veramente per la vita di quel deficiente. Se fosse rimasta a Bale un giorno di più l'avrebbe sgozzato.
La seconda volta che li vide, all'età di 20 anni, fu anche peggio. Sperò che fossero cresciuti ma invano.
Doel era peggiorato (anche lei) e continuava a detestarlo cordialmente.
Lavitz non era peggiorato, era diventato una catastrofe.
Assalita da ricordi terribili di scherzi che lo erano ancora di più non si accorse di John che stava sulla porta e ghignava. Le arrivò alle spalle e urlò con quanto fiato aveva in gola:
-MUOVITI CHE SI VA!!!-
Un secondo più tardi dalla porta della camera di Rose volò un vaso di ceramica che si schiantò al suolo sulla scala a chiocciola della torre, mentre John correva giù per la suddetta scala gridandole di fare presto che i cavalli erano già sellati per poter partire.

Il viaggio tutto sommato fu piacevole: John dormì per quasi tutto il tempo, mentre i mostri che abitavano i percorsi battuti dai due non si fecero mai vedere. Approfittando di così tanto tempo libero Mei si mise a pensare.
Sapeva che alla corte di Albert sarebbero arrivati sicuramente gli altri sette colleghi Dragoni da tutta Endiness.
I Cavalieri di Drago o Dragoni erano persone comuni con poteri immensi. Ognuno di essi sfruttava un elemento per combattere i nemici e se l'occasione lo richiedeva potevano trasformarsi e diventare ancora più forti; gli elementi erano: Oscurità e Luce, Acqua/Ghiaccio e Fuoco, Natura/Vento e Terra, Fulmine/Forza Fisica e NonElemento, il più forte.
Mei era portatrice dell'Oscurità, Il Dragone Oscuro... Quell'idiota che si portava appresso invece, John Samuelle, era il Cavaliere del Drago Verde, portatore della Natura e del Vento.
Per equilibrare meglio i controlli su tutto il continente i Dragoni erano stati separati e mandati nelle quattro regioni che dividevano il territorio Endinessiano: Serdio Unita, Tiberoa, Mille Seseau e l'Ex Confine Letale, ora Regno Alato di Flyworld.
A lei e John era stata assegnata la regione di Tiberoa, essendo nati al suo interno.
Le fronde degli alberi si fecero più rade e poco più a valle si cominciarono a intravedere le mura di Kazas, la città dove la famiglia reale di Serdio aveva la sua residenza estiva.
Mei ricordava con affetto re Albert Bazil di Bale. Era sempre molto gentile con lei e la prima volta che lo incontrò le offrì degli squisiti biscotti al cioccolato. Le disse che gli ricordava un'amica scomparsa molti anni prima e per questo ci teneva a trattarla con riguardo. Anche la moglie di Albert era gentilissima: una donna buona. Non si poteva trovare descrizione migliore per la Regina di Serdio.
I suoi ricordi a un certo punto però furono interrotti da un grazioso uccellino che le lasciò un regalo.
-Disgraziato!- gli urlò dietro, facendolo volare via velocemente.
John sobbalzò sulla sella: -Che c'è?-
-Guarda!- Mei indicò il gambale destro. C'era una macchia bianca di escremento proprio sopra il gambale blu scuro, sul ginocchio.
Sbadigliando John commentò: -Sei stata fortunata che non ha centrato la gamba sinistra.-
Era vero. Mei portava due gambali ma erano diversi: il destro partiva da sopra lo stivaletto corto e finiva a metà coscia, il sinistro invece partiva anche lui da sopra lo stivaletto ma finiva si e no a metà polpaccio. Fermò il cavallo e scese a terra, decisa a trovare un ruscello dove prendere un pò d'acqua per lavare i suoi preziosi gambali.
-Scema, tra meno di un'ora saremo a Kazas. Una volta laggiù ci svaccheremo in albergo, la lavanderia ti pulirà i gambali e domattina ripartiremo sazi e riposati!-
Ma stava parlando al vento: Mei era già sparita.
Imprecando scese anche lui da cavallo, legò con una fune il suo destriero allo stesso albero dove l'amica aveva legato il suo e si inoltrò nel bosco seguendo il rumore dei passi del Cavaliere che sfracellava le foglie secche cadute a terra.
Quando finalmente la raggiunse si era già levata i gambali e gli stivaletti e stava immersa in un ruscello fino alle ginocchia.
-Se l'acqua è fredda ti beccherai un malanno!-
-Non importa... tanto c'è Rin che mi guarisce...-
-Sfruttatrice di poteri altrui... Mi spieghi perché non vuoi aspettare di raggiungere Kazas?-
-Perché per allora il gambale si sarà già imbevuto di cacca e la macchia non andrà più via! Piantala di seccarmi!!-
Scimmiottandola, senza che lei lo vedesse, John si sdraiò poi sull'erba, ben deciso a continuare il sonnellino bruscamente interrotto pochi minuti fa. Ci stava quasi riuscendo quando improvvisamente qualcosa lo fece scattare a sedere, gli occhi fissi nella macchia boschiva.
Anche la sua amica era ferma. Era in piedi accanto a lui con gli stivaletti indosso e il gambale lavato in mano. Immobile.
-Cos'è?-
-Una truppa?- Azzardò il Dragone Verde.
-Non credo, sembra più il rumore di qualcosa che... striscia?-
All'improvviso capirono. John si alzò in piedi di scatto ed entrambi scapparono in direzione dei cavalli. Un secondo più tardi, nel punto esatto in cui si trovavano loro, tutto fu trascinato via da un branco di Trent felici e contenti: migravano.
-Ma non avevi detto che stamani uno dei maestri di spada insegnava qualcosa sui Trent??- John correva come un forsennato. Generalmente quegli alberi color sterpaglia dotati di vita propria non erano pericolosi ma quando migravano in cerca di luoghi più ameni si riunivano in branchi di anche 300 unità e poteva essere fatale per un comune mortale trovarsi in mezzo a quella bolgia. Inoltre non volevano ucciderli: non li stavano attaccando volontariamente, quindi non c'era motivo di distruggerli.
-Embé??-
-Non c'è un modo per fermarli??-
La risposta fu lapidaria: -No.-
Riuscirono a raggiungere i cavalli appena in tempo, li spronarono e scapparono via da quella massa di alberi pericolosi. Di buono ci fu che raggiunsero velocemente Kazas e arrivarono prima del tramonto.
Non appena arrivarono in città si fiondarono nel primo albergo libero.
Cenarono in trattoria e poi ognuno per i fatti suoi. Ma durante la cena non erano mancati i punzecchiamenti di John.
-Scommetto che non vedi l'ora di raggiungere i nostri amici principini!- il coscio di pollo che aveva in mano sparì in quattro e quattr'otto.
-Eh come no. Scusa se non salto dalla gioia ma il soffitto qui è troppo basso.-
-Divertente. Ma io so una cosa che tu non sai!-
Bastardo... godeva nel mordere la sua curiosità.
-Cioè?- chiese lei mentre il cameriere portava l'arrosto.
-Sono cambiati. Parecchio. Ti stupirai nel vederli.-
Mei fece una smorfia: solo John aveva continuato ad andare da Albert per le licenze. Lei se l'era sempre scansata per non dover sopportare le pesti ma non poteva evitare a lungo. Solo per quello aveva accettato di partire per Bale quella volta; -Se parli esteticamente non me ne frega più di tanto. La cosa importante è che abbiano maturato un pò di cervello... ma non credo l'abbiano mai avuto.- sibilò infine.
-Uh che aria lugubre: dovresti sorridere di più. Non per farmi i fatti tuoi ma... da quando i tuoi genitori sono morti non ti sei più ripresa. -
Con malavoglia Mei addentò una patata arrosto.
-Io non sono come te John, sempre allegro anche sul campo di battaglia. Ho reagito al dolore chiudendomi a riccio sempre di più e non sto nemmeno a preoccuparmi di questo se lo vuoi sapere. Tanto non mi serve ridere e scherzare come una cretina...-
Il calice di vino si svuotò nella bocca del Dragone Verde: -Dovresti sfogarti in qualche modo... magari con me...- e dallo sguardo seducente che le lanciò l'allusione fu evidente.
-Ma schianta.- e fu evidente anche come Mei la pensava.
Si alzò dal tavolo, pagò la sua parte e se ne andò di filata a letto.
In realtà non le aveva dato fastidio quello che John le aveva detto: era un caro amico e a volte con lei ci provava ma ogni tanto bisognava fermare i suoi bassi istinti da maschio affamato. Perché si trattava solo di quello in fondo. Sprofondò nel letto e si addormentò subito, pensando a sua madre Madeline e con la morte nel cuore.

Arrivarono a Bale il pomeriggio seguente con un diavolo per capello.
Alcuni Galli Assassini e Pipistrelli Urlanti li avevano accompagnati dall’uscita di Kazas fino a metà percorso, esasperando John talmente tanto da indurlo a spazzarli via con una delle sue magie del vento.
All’arrivo però si tranquillizzarono notevolmente quando furono accolti da alcune persone che cominciarono a tessere le loro lodi e li riempirono di doni.
John aveva un sorriso gentile e una buona parola per tutti. Ritirò i doni e ringraziò anche a nome della collega quando si accorse che se n’era andata senza accettare regali o tanto meno salutare qualcuno.
Quando la raggiunse erano praticamente quasi sotto il castello. La aggredì subito: -Se non la pianti di avere un atteggiamento così asociale finirai per tirarti dietro l’odio di tutti. Ti salva solo il fatto si essere un Dragone: per questo ti rispettano, lo sai?-
-Lo so.- rispose Mei in un soffio. Imboccò le scuderie e si staccò dal compare.
Il biondo Cavaliere scosse la testa: ma perché faceva così? Eppure un cuore ce l’aveva; a volte, anche se raramente, lo aveva dimostrato.
La raggiunse di nuovo e insieme cambiarono discorso, tanto per evitare di ammazzarsi di botte proprio nella piazza del castello reale, la Rocca di Indels. Quindi cominciarono a discutere sull’atteggiamento dei mostri che popolavano la zona: non erano mai stati molto ospitali ma nemmeno così tanto incazzosi da buttarsi sul primo che passava. Sicuramente qualcosa li disturbava, ma cosa?
Il cavallo nero di Mei entrò nel box che gli era stato riservato e si fiondò subito sulla biada e sull’acqua, voltando le spalle alla sua proprietaria.
John, dopo aver sistemato anche lui il suo destriero si guardò attorno: erano già arrivati tutti. Conosceva bene tutti quei cavalli che si rifocillavano alla penombra dei giacigli.
-Mei, i nostri colleghi sono arrivati di già. Andiamo da Albert così poi li salutiamo…-
La mora annuì e seguì l’amico.
Si avviarono su per le scale interne, quelle che dalla scuderia raggiungevano l’interno vero e proprio del palazzo e si accorsero presto che raggiungere Albert prima di aver incontrato gli altri Dragoni sarebbe stato impossibile davvero.
Non appena entrati nella sontuosa sala da pranzo infatti vi trovarono l’intero Ordine dei Dragoni. Un’allegra confusione nella quale c’era chi era intento a leggere, chi a chiacchierare, chi a bere.
I due Dragoni della regione di Tiberoa furono annunciati immediatamente:
-Il Cavaliere del Drago Verde, Sir John Samuelle di Donau e il Cavaliere del Drago Oscuro, Sir Mei Rose di Fletz!-
Tutti li salutarono a gran voce e sorridendo. I primi che si fecero loro incontro furono Shana Lizabel, ex Dragone d’Argento Bianco e suo marito Dart Feld, ex Dragone dagli Occhi di Fuoco e attuale Cavaliere del Drago Divino. Il più forte fra i Dragoni: fortissimo fra i forti, bellissimo fra i belli… idiota fra gli scemi, come avrebbe detto sua figlia Claire.
-Ragazzi! Fatto buon viaggio?-
John e Mei strinsero loro la mano, uno alla volta, raccontando nel frattempo dei due branchi di mostriciattoli che li avevano attaccati.
Il biondissimo quasi-cinquantenne e la sua dolce metà ascoltarono con attenzione. Annuivano di tanto in tanto con aria pensierosa, infine Dart raccontò che una cosa analoga era successa a lui e la sua famiglia nella Cava Calcarea, a pochi chilometri da lì, mentre viaggiavano per raggiungere Bale. Poi aggiunse:
-Sono convinto che è questo il motivo per cui Albert ha convocato tutti. Non può averci chiamato a raccolta solo perché vuole compagnia…-
John annuì: -Infatti. La cosa puzza.-
Una risata schietta e gioviale li raggiunse: -Non guardare me!- Era la figlia di Dart e Shana, Claire, il Cavaliere del Drago Viola, portatrice dell’elemento del Tuono e della Forza Fisica. Si avvicinò a John, suo eterno rivale e lo abbracciò. Dart allora si allontanò con Shana e prendendo Mei a braccetto, cominciando a parlare con loro del più e del meno.
Quando Claire si staccò da John gli dette il benvenuto alla loro maniera: -Allora John come vanno le cose a Tiberoa? Hai imparato a impugnare bene la tua lancia o ti scappa ancora di mano?-
-E tu hai imparato a non fartela addosso per la paura tutte le volte che ti trovi un Trent davanti?- fece lui di rimando.
Entrambi ghignarono, guardandosi nelle palle degli occhi. La prima a riprendersi fu Claire: -Ok, basta così. Dai, davvero, come vanno le cose a casa vostra?-
Ritornando serio il biondino rispose: -Bene, ma dovresti chiedere nel dettaglio a Mei, è lei fra i due quella che si da più da fare.- rise il ragazzo. –Voi invece?-
-Oh lo sai, io e mio padre ci siamo messi d’accordo: io e Marika pattugliamo a nord di Serdio e lui a sud. In questo modo non litighiamo sugli interventi da fare…- e abbassando la voce aggiunse: -…ma soprattutto non ho il suo fiato sul collo!-
Il Dragone Verde rise di gusto: -Cerca di capirlo, è preoccupato per te!-
Ma la ragazza non voleva sentire ragioni: genitore o no, detestava che fosse così apprensivo. Scosse la testa, facendo dondolare la sua coda di capelli color prugna e scorse Mei poco più in là che si era staccata dai suoi genitori e ora parlava con i due Dragoni Dorati.
Per uno strano caso del destino lo Spirito del Drago Dorato si era scisso in due: non era mai successo prima che due persone contemporaneamente fossero possedute da un solo spirito di Dragone. Le eccezioni si chiamavano Dennis e Michael Cruz, due fratelli gemelli di 30 anni, castani dagli occhi dorati… e quindi in tinta con l’armatura. Tanto topo di biblioteca e irritante l’uno quanto scapestrato e simpaticissimo l’altro. Per questa loro diversità cercavano di eliminarsi a vicenda ogni tre per due… Il territorio a loro assegnato era il Regno di Flyworld.
-Insomma,- stava raccontando Michael al Dragone Oscuro –si può dire che il territorio è calmo. Non succede mai nulla di eclatante.-
-Dimentichi l’esplosione del laboratorio dell’Alchimista due settimane fa.- si intromise Dennis.
-Eh vabbé. Ma non è stato un attacco! Solo la sua scemenza. Come si fa a lasciare un composto altamente infiammabile accanto a un falò!?-
-Il solito esagerato. Era una fiammella…-
-Era un falò! Quell’idiota aveva acceso un fuoco di proporzioni impensabili per un misero laboratorio!-
Mei lasciò che i due si accapigliassero e andò a sedersi su una comoda poltrona. Cominciò a guardarsi intorno e poco più in là, appoggiati alle grandi vetrate del salone, scorse gli altri tre Dragoni del gruppo.
La prima da sinistra era la bruna Rin Desia, il Cavaliere d’Argento Bianco, colei che portava il potere della Luce. Accanto a lei il suo fidanzato, il Cavaliere del Drago dagli Occhi di Fuoco, Squall Rembrandt: un ragazzo dai capelli rossi e tanto coraggio. Ai due era assegnata la regione di Mille Seseau. A completare il terzetto c’era la più giovane di tutti, la ragazzina dai capelli di platino Marika Farizel, il Cavaliere del Drago Blu, portatrice dell’elemento Acqua e dell’elemento Ghiaccio.
Mei era ancora persa in alcune delle sue riflessioni quando l’ultracentenario ministro Noish fece la sua comparsa e tutti si voltarono nella sua direzione.
Il Primo Ministro della Corte di Serdio, dopo averli salutati, li invitò quindi ad accomodarsi nella sala del trono e fece strada.
Quando arrivarono davanti a Re Albert e alla sua bellissima consorte, la regina Emille Fresia, nessuno però si inchinò: la volta prima si erano beccati un cazziatone enorme per aver solo accennato il movimento verso terra e stavolta esaudirono il loro desiderio, facendo scandalizzare servitù e guardie. Ma quel gran bell’uomo di Albert rise e li salutò felice, precipitandosi subito dal suo vecchio amico di scorribande, Dart.
-Ti vedo bene Dart!-
-Meglio, c’era da preoccuparsi se non mi vedevi affatto!-
Dopo questa terribile battuta Albert puntò il suo sguardo su Mei, per dimenticare, e restò basito: era ancora più bella dell’ultima volta e assomigliava terribilmente alla sua vecchia amica Rose… anche nei vestiti. Si accostò all’orecchio di Dart e Shana e sussurrò: -L’avete vista?- Sia Shana che Dart annuirono.
Si.
Uguale.
Che fosse la reincarnazione? Perché no?
Riscuotendosi un poco Albert invitò tutti quanti a seguirlo nella sala del Consiglio di Guerra mentre sua moglie si dirigeva con Shana ai giardini reali.
-Devo parlarvi di questioni urgenti. I miei figli sono già là.-
A Mei sfuggì un gemito a cui però nessuno sembrò fare caso.
Ma quando entrò nella sala e li vide ebbe un sussulto: quei due uomini… erano davvero i figli di Albert?

Incredibile… più li guardava più a stento credeva a quello che vedeva. Ma che fine avevano fato i due mocciosi che l’avevano infastidita sei anni prima?
Erano cresciuti davvero bene…
Lavitz, dai capelli cortissimi e biondissimi con due occhi azzurri da favola, era diventato più “massiccio” rispetto al fratello, ma in termini di muscolatura. Portava l’armatura da Comandante delle Guardie Imperiali, quella bianca dai fregi verdi, e sorrideva a tutti.
Doel invece, il figlio adottivo dei due sovrani, stava serio come al suo solito, scrutando con i suoi occhi neri gli ospiti. Anche lui era diventato muscoloso e ciò si notava anche attraverso l’armatura delle Guardie Personali della Famiglia Reale che portava in quel momento, bianca dai fregi azzurri. I capelli neri, ribelli e morbidi, completavano l’insieme di bellezza asciutta e cristallina che aveva quel ragazzo.
Entrambi si alzarono quando i Dragoni furono entrati tutti e Mei notò che non c’era differenza d’altezza: erano due palazzi da tre piani ciascuno.
A turno i Dragoni si avvicinarono ai principi per salutarli, stringendo loro la mano e quando fu il suo turno Mei rimase basita: Lavitz si portò la sua mano guantata alle labbra e facendole il baciamano le disse:
-Voglio chiederti scusa per gli scherzi crudeli che ti ho fatto nelle poche volte che ci siamo visti. Purtroppo ero un tipo piuttosto scapestrato e me ne scuso sinceramente. Spero mi perdonerai.- concluse con un sorriso dolcissimo.
Mei spalancò gli occhi fino a farli diventare grandi come due uova al tegamino e borbottò un debole “ma certo…” e poi, dopo che quello l’ebbe ringraziata con un abbraccio stritola ossa e le ebbe mollato la mano, si diresse lentamente al suo posto, pensando che le aveva viste tutte.
Ma si sbagliava.
Quando raggiunse la sedia Doel era già là pronto a farla accomodare.
Una volta fatto il suo dovere il moro principino si sedette alla sua destra. Quello biondo alla sinistra.
-“Mi hanno intrappolato!”- Mei non era abituata a così tante attenzioni.
Gli altri non sembrarono notare minimamente quel darsi da fare e questo angosciò un pelino il Dragone Oscuro. Ma poi Re Albert cominciò a parlare e allora si fece attenta.
-Come avete tutti capito in realtà vi ho convocato qui per un motivo preciso e… preoccupante: ognuno di voi sa che i mostri che abitano il nostro continente sono sempre più aggressivi e il motivo è sconosciuto. Con il fondamentale apporto della Regina Theresa di Mille Seseau e dei due dragoni che abitano con lei- e indicò Rin e Squall -ho scoperto che c’è una fonte di magia anomala che ha origine nella torre di Flanvel, a nord del Nevaio kashua.- Nella grande mappa alle sue spalle Albert indicò con una bacchetta una torre disegnata alla bell’e meglio sopra un grande nevaio.
Dart si agitò sulla sedia: -Dobbiamo andare lassù a controllare?-
Rin prese la parola: -Ci siamo già stati io e Squall e quello che abbiamo… anzi, che non abbiamo scoperto ci preoccupa: c’è un campo di forza che impedisce a chiunque di avanzare in direzione della torre ed è attivo giorno e notte. Pensiamo a magia Alata, è l’unica che può essere così forte, a parte la nostra, da generare una barriera così grande e distante dal punto di partenza.-
Re Albert si rivolse a Marika: -Pensi che uno di voi Alati possa avere così tanto potere?-
Quella sembrò pensarci un po’ su poi rispose: -Difficile dirlo. Però penso sia abbastanza improbabile che qualche Alato abbia ancora così tanto potere da mantenere attiva una barriera così grande giorno e notte. Il più bravo dei nostri deve riposare dopo qualche ora per ricaricarsi. Uno che la tiene attiva giorno e notte è qualcuno che non ha bisogno di riposo o qualcuno che riesce a mantenerla anche mentre dorme. Sarebbe impensabile ora come ora che qualche Alato possa farlo. Il nostro potere è debole in quest’epoca.-
La debolezza della razza Alata, un tempo gloriosa, è da ricercare nel passato, all’epoca della Guerra dei Draghi. Oltre undicimila anni prima infatti la razza Alata aveva costretto alla schiavitù gli esseri umani, scatenando così una guerra che vide trionfare quest’ultimi grazie al potere dei Draghi, mentre gli Alati, decimati, furono costretti a nascondersi in luoghi inospitali e irraggiungibili per evitare altre stragi. Il loro numero esiguo e la necessità di non farsi vedere dagli uomini aveva fatto sì che il loro potere venisse esercitato pochissimo e quindi avevano finito con l’indebolirsi nel passare dei secoli.
Avevano ricominciato a farsi vedere solo 28 anni prima, dopo un avvenimento storico di proporzioni epocali che vide protagonista anche re Albert, ex Dragone Verde, Dart, Shana e la mamma di Marika stessa: Meru, l’ex Dragone Blu.
Esteticamente gli Alati erano come un normale essere umano, ma avevano alcune caratteristiche che li evidenziavano: i capelli erano rigorosamente color platino, avevano ali (da qui il nome della razza) che potevano scomparire come se non esistessero nemmeno e soprattutto avevano potere magico.
Pochi esseri umani nascevano con poteri magici mentre negli Alati nessuno nasceva senza potere. Anche Marika quindi era magica, ma lo era in un modo speciale, tanto speciale che aveva finito col diventare non solo degna di essere un Cavaliere di Drago ma anche una specie di mascotte dell’Ordine.
Pensieroso Albert dispose quindi un controllo approfondito. –Partirete dopodomani per Fletz. Lì prenderete una nave per raggiungere la regina Theresa a Mille Seseau e quindi partirete per la torre di Flanvel. Vi raccomando di fare scorta di armi e strumenti: non sapete cosa vi troverete davanti.-
Furono rotte le righe e ognuno se ne andò per i fatti suoi.
Mei era decisa a chiudersi in camera almeno fino a cena… ma prima che riuscisse a muovere un solo passo Lavitz le si avvicinò e attaccò bottone. Un bottone piacevole però, avrebbe ammesso più tardi la stessa Mei.
-L’ultima volta che sei venuta qui ti sei chiusa in camera tutto il giorno… per colpa mia lo ammetto.- sorrise il principe –Vorrei farti visitare il castello in maniera approfondita se permetti.- si avvicinò alla porta opposta a quella dove erano usciti tutti e le fece cenno di uscire. –Direi di cominciare dai giardini. Siamo in autunno e quindi i fiori sono quasi tutti appassiti ma le statue sono comunque un bello spettacolo…- vedendo la ritrosia di Mei a passare avanti il biondo cominciò a ridere: -Capisco. Temi uno scherzo. Tranquilla, l’epoca dei giochi è finita!- e terminando così la spinse fuori dalla porta, trascinandosi dietro anche il fratello.
Per tutto il “tour” Doel li seguì pacatamente, intervenendo solo se esplicitamente interpellato, ma quando si accorse che era quasi ora di cena costrinse il fratello al silenzio e consigliò a entrambi di recarsi nelle proprie stanze per darsi una rinfrescata. Il Dragone Oscuro convenne che aveva ragione e li salutò, dirigendosi alla sua stanza.
Quando furono soli Doel e Lavitz si scambiarono uno sguardo.
-Allora Doel? John ha detto la verità.-
-Si. È…-
-…stupenda… si. Troppo tardi tesoro, l’ho vista prima io!- ridendo e con aria sognante il biondino corse velocemente al suo appartamento privato. Doel rimase in piedi per un po’ , pensando: -“Chissà come finirà questa storia…”- e lentamente anche lui raggiunse i suoi alloggi.
Una volta entrato fu accolto dalla sua ancella personale, Miria. Una ventenne tutta pepe.
-Bentornato dal Consiglio di Guerra, signore! Ho spolverato la Sua stanza, pulito i pavimenti e mi sono anche permessa di aggiungere fiori freschi al vaso sul suo scrittoio.- poi lo scrutò curiosa -Posso fare qualcos’altro per Lei? La vedo un po’ giù di corda…-
Doel rise dentro di se e disse alla ragazza di preparargli un bagno caldo. Ne aveva proprio bisogno.

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Capitolo 2
*** BALE ***


-CAPITOLO II-

 

*PICCOLO AVVISO: Rileggete in fondo al capitolo 1 perché ho aggiunto un pezzo che prima avevo dimenticato di mettere! Lo trovate subito perché il capitolo è diviso in 4 parti: quella che dovete leggere è la 4! Semplice no? ^^

 

 

-CAPITOLO II-

BALE

La mattina seguente Dart, Albert e Shana si alzarono di buon’ora per raggiungere il cimitero della città. Ma prima passarono a prendere una donna anziana, sugli ottant’anni, che quando li vide fece loro un debole sorriso e li seguì con aria triste e sconsolata.

Arrivarono a una collina battuta dal vento dove le lapidi conservavano i corpi di persone care ormai scomparse. Non c’erano mura di protezione: l’intera collina era il cimitero.

Nessun confine alla morte.

Il trio raggiunse una tomba di marmo verdognolo, perfettamente conservata, e tutti e quattro vi depositarono sopra una rosa bianca ciascuno. La scritta sulla lapide recitava così:

 

“Qui giace Lavitz Slambert

Cavaliere della Fanteria di Basil

Cavaliere del Drago Verde

Fedele servitore della patria e di sua maestà Albert Bazil

Nonché suo mentore e grande amico

Il suo ricordo per sempre sarà nei cuori di coloro che ha protetto e amato

 

La madre Hesia

Gli amici Shana, Dart, Rose, Haschel & Albert

 

A Hesia cadde una lacrima. –Mi manca.-

Shana la abbracciò forte e rimase in silenzio: quali parole potevano confortare una madre che aveva perso il suo unico figlio?

Erano passati 28 anni ormai. Ma il dolore per la perdita di una persona cara era impossibile da superare. Un amico, un figlio. Lavitz era stato questo e molto altro.

Albert aveva ritenuto giusto dare il nome del suo mentore e amico al suo primo e unico figlio, per onorare la sua memoria.

Rimasero a pregare lassù, con il vento che scompigliava loro i capelli. Ma nessuno ci fece caso.

A fondovalle invece il vento non c’era e la temperatura quel giorno era piuttosto mite nonostante si stesse per avvicinare l’inverno.

Marika, l’esperta di Shopping, aveva letteralmente sequestrato Mei e Claire per gli acquisti necessari prima della partenza. In quel momento saltellava come un coniglietto davanti a un negozio di abiti da cerimonia: -Ooooh che carino!! Lo voglio!!- Si era sparaflesciata su un abitino di taffettà azzurro esposto all’esterno.

Claire afferrò la compagna per il colletto e la deviò verso il negozio di Armi. –Non distrarti tesoro! Mei piuttosto… ho sentito che la tua spada, nell’ultimo scontro, si è spezzata vero?-

Il Dragone, che in quel momento stava contando i soldi che aveva con se, sbuffò: -Già! Oltretutto sono a secco di denaro. Ho speso un sacco di soldi per il funerale dei miei genitori, per saldare i loro debiti e adesso sono praticamente quasi al verde!-

Entrarono nell’armeria e mentre Mei sbirciava i prezzi di alcuni pugnali, unici utensili offensivi che poteva permettersi, Marika affidò il suo fido Martello all’armaiolo per una rivista della struttura.

Le armi dei Dragoni erano speciali in molti sensi. Innanzitutto erano “a scomparsa magica”: se non servivano potevano scomparire magicamente per poi riapparire con un semplice gesto delle mani. Alcune di loro poi erano magiche offensivamente: avevano intrinseche nella struttura la magia elementale del Dragone che lo possedeva.

Ma quelle costavano un occhio della testa e per quel momento… nisba.

I ragazzi invece si erano sparpagliati per la città per comprare pozioni, erbe curative e monili magici contro gli incantesimi. Ovviamente non tutti erano d’accordo su cosa comprare…

-Dennis, che te ne fai del Depietrificatore adesso? I mostri che pietrificano sono solo nella regione di Mille Seseau! Puoi comprare la le boccette…-

Il fratello non si voltò nemmeno ma rispose comunque: -Si chiama prevenzione questa, amore mio bello.-

-Stizzoso d’un fratello!- Michael, non visto, gli fece la linguaccia e se ne andò fuori dal negozio per i fatti suoi.

Passeggiando per le vie della città finì davanti alla biblioteca pubblica. Entrò dentro con il preciso scopo di trovare qualcosa di leggero da leggere e lì sentì qualcosa di strano.

Si guardò attorno stranito e si accorse di essere solo davanti a scaffali e cumuli di libri. Era fermo sulla porta d’ingresso, che si trovava rialzata rispetto al piano vero e proprio della biblioteca, fissando con insistenza gli scaffali pieni. Sarebbe stato uno scherzo andarsene… ma decise di entrare lo stesso.

Vagando fra mensole polverose e libri antichi alla fine però dovette ricredersi. Si era sbagliato, lì non c’era nulla di strano, a parte quell’aria stantia e un po’ pesante che sapeva di muffa e chiuso…

-Mi scusi…-

Quasi urlò quando alle sue spalle comparve una figura vestita unicamente con un saio nero e un cappuccio sul capo del medesimo colore. Non si riusciva a intravedere il viso ma la voce sembrava di donna…

-…Dica.- Michael deglutì. Si sentiva un pelino in ansia…

La figura non rispose ma si limitò ad alzare una mano verso di lui… una mano terribilmente deforme e piena di piaghe putrescenti…

Balzando indietro Michael l’aggredì verbalmente:- Chi diavolo sei?? Che vuoi da me?!-

Ma quello, o quella, scoppiò in una risata sinistra ed esclamò: -I Dragoni dovrebbero essere estinti da un pezzo. Non preoccuparti, il nostro padrone riuscirà a far si che il vostro destino si compia!- e giù a ridere di nuovo.

Peccato che il senso dell’humor di Michael, che pure era ottimo, in quelle occasioni scendesse sotto zero. Alzando una mano al cielo fece apparire la sua arma: un bastone alle cui estremità c’erano due lame affilate. Un’ascia bifronte in pratica.

La fece roteare sulla testa e poi l’abbassò sull’avversario, puntandolo al petto: -Chi è il vostro padrone? Parla!-

Dondolando un po’ egli rispose: -Conosci già il suo nome ma presto te lo ricorderemo, non temere! Egli è tornato, forte come mai e tutti voi morirete, Dragoni della malora!-

C’era ira in quella voce e questo fece vedere nero a Michael che scattò subito in avanti per tagliare a metà quell’idiota. Ma questi, velocemente, saltò in avanti, passando sopra la testa del Dragone e guadagnando l’uscita velocemente.

Michael gli corse dietro ma quando riuscì a uscire, saltando i libri sparsi per terra, il tizio dal saio nero si era volatilizzato. Rabbrividì pensando a quella mano…

-Nuovo padrone?...- pensò a voce alta.

-Padrone? Vuoi venderti? Spiacente io non ho intenzione di pagare per averti. Piuttosto pagherei per allontanare da me quella tua brutta faccia!-

Era John che con il suo tatto micidiale si era avvicinato al collega. -Che hai? Mi sembri pallido ragazzo…- accanto a lui Squall e Rin che si tenevano per mano.

Michael squadrò il dragone verde e poi disse: -Ragazzo a chi? Io, posso dirti ragazzo! Tu sei più giovane di me!-

L’altro sbuffò: -E capirai! Io ho 27 anni e tu ne hai solo 3 più di me! Non mi sembra il caso di stare a sottilizzare.-

Rin si avvicinò al Dragone Dorato. –Michael, sul serio… cos’è quella faccia pallida? Sembra che tu abbia visto un fantasma…-

Abbassando gli occhi sugli stivali di pelle marrone il dragone rispose a voce bassa: -Io.. preferisco parlarne con tutti. Andiamo a cercarli e poi cerchiamo un posto tranquillo dove parlare.-

Così dicendo si sparpagliarono per riunire l’Ordine dei Dragoni.

 

Seduto ai tavoli esterni e sbilenchi della sua locanda preferita, la Leaf Dragon, l’intero Ordine dei Cavalieri di Drago, più re Albert, ascoltava il racconto del moro Michael.

Alle parole che il Cavaliere descrisse come quelle pronunciate dalla figura incappucciata Dart, Shana e il re si guardarono.

-Padrone… un padrone ritornato...- Albert abbassò lo sguardo sulla sua brioche -Potrebbe essere... Melbu Frahma?- ma Dart scosse la testa energicamente.

-Lo escludo. Sua sorella Charle è sempre stata collegata empaticamente a lui. Se fosse ancora vivo ce l'avrebbe detto.-

Dennis scrutò il fratello: -Non hai notato niente di particolare che potrebbe aiutarci?-

-No. A parte il saio nero, il cappuccio in testa... e quell'orribile mano marcia non ho visto altro...- rabbrividì mentre puntò lo sguardo vacuo su un vicolo poco illuminato.

John si passò la mano fra i radi capelli biondi: -Bella roba...-

Arrivò la cameriera con i caffé e quasi non la notarono, preoccupati com'erano. Poi, a passo giulivo,  li raggiunse anche Lavitz, il quale si offrì di pagare la colazione a tutti.

Marika face un sorrisetto furbo: -È bello avere amici ricchi!- ma Albert sbuffò -Si può dire che ve l'ho offerta io dato che quei soldi sono quelli che gli do come paghetta!-

In molti sogghignarono e per placare gli animi fu illustrata anche al principe la situazione, ma non ne vennero a capo di nulla. Guardandosi intorno Mei notò l'assenza di Doel... strano, lui e il fratello erano sempre insieme...

Lavitz notò il suo vagare con gli occhi e fece un sorrisetto malizioso: -Se cerchi mio fratello è al castello. A lui non piace mischiarsi con il popolo.-

Mei arrossì vagamente, per la vergogna di essersi fatta beccare in una situazione equivoca, ma poi scosse la testa confusa: -Perché no? Cosa lo tiene lontano dalla sua gente?-

Ma né Albert né Lavitz ebbero modo di rispondere. Emille, che si era recata in visita a Hesia, passò di lì in quel momento e deviò l'argomento su altre cose non molto interessanti.

Marika si distrasse così e si buttò su una delle brioche, cominciando a divorarla come se fosse digiuna da mesi.

A quel punto il Dragone Oscuro e l'amica Claire si alzarono e si allontanarono, girando per la capitale, per vedere se riuscivano a trovare qualcosa, qualche indizio sul nuovo misterioso nemico che era spuntato dal nulla.

Passeggiando per le strade, quali strette e buie e quali larghe e luminose, Claire sospirò tranquilla.

Bale, la città del tramonto.

La città a cui lei e la sua famiglia erano più legati dopo Seles e Neet, il paese natale di suo padre.

La capitale reale di Serdio Unita non era una città grande come si poteva sentire dai racconti dei viandanti. Loro la descrivevano così per intimorire le persone. In realtà era solo un grande paese, posto sull'ansa di un fiume, dedito all'agricoltura e alla pesca. Situata in una zona pianeggiante era una cittadina perennemente baciata dal sole e dai colori dell'autunno: i tetti in paglia e legno e le strutture di castagno conferivano all'insieme l'idea di non essere affatto entrati in un centro abitato, ma in una sorta di savana "civilizzata",

Calma, pacifica e assonnata.

Un paradiso di tranquillità.

-Porca vacca!-

Le dragonesse si voltarono entrambe di scatto alla loro destra e videro accovacciato, sotto l'arcata di un ponticello, un tizio con un turbante giallo che si teneva la testa fra le mani.

Mei mosse un passo verso di lui: -Ehi, tutto bene?-

Quello sussultò e si voltò a guardarle con occhi spiritati: -Cosa? Cosa?! Che volete da me? Dal Grande Cavaliere di Drago di Bale, eh??!-

Claire e Mei rimasero un tantino sbigottite, senza sapere se ridere o piangere, mentre quello continuava la sua filippica sul fatto di aver disturbato il Dragone mentre meditava sul senso della vita...

Claire, che già sentiva l'ilarità crescere, gli chiese gentilmente se era riuscito a trovare un senso alla vita. Il tizio la fissò, facendo capire alle due donne che era completamente brillo, dondolando la testa avanti e indietro ritmicamente.

-Ovvio! Io, Saymosagerilad Honkinanace De Entaitherasy, l'ho scoperto!-

-Eh?- Mei cominciava a trovare seccante quella conversazione.

-Ho detto: io...-

-No, idiota! Il nome! Come hai detto che ti chiami?- Ora lo strozzava.

-Saymosagerilad Honkinanace De Entaitherasy.-

Claire ci pensò un su e gli chiese se non potesse abbreviare.

-Oh, bastava dirlo. Le persone comuni mi chiamano Shed! Ma voi chi siete, belle ragazze?-

Il Dragone Viola si presentò e a sentire il suo cognome il tizio sbronzo diventò minuscolo come un topolino.

-Mi dispiace, mi dispiace! Non lo faccio più! Non mi spaccerò più per un Dragone lo giuro!!!-

Mei si frugò in tasca e dopo aver trovato ciò che cercava lo gettò ai piedi di Shed.

-Con quella- e indicò la moneta d'oro -pagati una bottiglia di quello che vuoi. Ma basta che non ti spacci più per dragone...- e così dicendo Mei prese Claire per un braccio e la trascinò via.

Quando furono a debita distanza la figlia di Dart si rivolse all'amica chiedendole il perché di quel gesto. il Dragone Oscuro fece spallucce.

-Non sia mai detto che non do una mano ai disgraziati.-

-Se volevi dargli una mano dovevi pagargli la permanenza in un centro per disintossicarsi dall'alcool! Ho sentito dire che a Ulara fanno miracoli...-

Mei sorrise angelicamente: -Guarda che anche facendolo bere posso accorciargli la sofferenza..-

Claire ghignò: -Allora potevi direttamente accopparlo, avresti fatto prima...-

Improvvisamente qualcosa attirò l'attenzione della ragazza. Un movimento rapido e strano alle spalle di Mei.

Un sibilo...

-ARTIGLIO DI THOR!- Dagli artigli metallici che Claire teneva legati fra le dita e usava come armi partì una forte folgore viola che disintegrò la freccia che era stata scagliata neanche un secondo prima.

Si gettarono entrambe a terra, rotolando dietro ad alcuni barili di vino. Il Dragone Viola fu il primo a rialzarsi, correndo dietro a quella misteriosa figura dal saio nero. Doveva essere la stessa che aveva incontrato Michael.

Usò di nuovo l'Artiglio di Thor ma ottenne solo di far esplodere una balla di fieno posta vicino all'entrata di una piccola stalla.

Correndo per vicoli e viuzze alla fine il tizio svoltò in un angolo buio e Claire lo perse di vista.

Era salva, pensava, quella stupida non vedeva bene come lei al buio... Fece un paio di passi indietro nel buio del vicolo e si voltò per allontanarsi ulteriormente quando si sentì prendere per il collo e stringere forte. Per poco non gridò quando si vide la faccia del Dragone Oscuro davanti al naso.

Mei l'aveva raggiunta saltando di tetto in tetto. Il cavaliere rabbrividì al contatto delle sue dita con il collo del saio. Sembrava di stringere qualcosa di molliccio e malato, dietro di esso. Ma non un'espressione si dipinse sul suo volto mentre teneva l'avversaria ben stretta.

-Chi è il tuo padrone?- fu la semplice domanda.

Claire spuntò in quel momento alla fine dell'angusta viuzza.

La donna misteriosa alzò le mani sfigurate e tentò di toccare volto di Mei, unica parte scoperta della sua divisa raggiungibile in quel momento.

La ragazza indietreggiò schifata, mollando la presa e quando Claire provò a placcare la rognosa da dietro quella saltò in alto su un tetto e se ne andò, gridando come una pazza, facendo in modo che tutto il paese la sentisse:

-Morte ai dragoni, ai nemici del mio signore! Lui è tornato e non c'è più scampo per voi! Presto tutta Endiness gli apparterrà!!!!!- e terminò con una risata sadica che fece accapponare la pelle a molti quella mattina.

 

All'ora di pranzo preferirono andarsene tutti al castello, così da aggiornare anche quell'orso di Doel sulla situazione.

Il principe parve preoccupato della situazione, a dimostrazione che comunque sia teneva al suo popolo.

Oltre ai problemi riguardanti i mostri di Endiness, quindi, si aggiungeva quella tizia scatenata che andava cantando il ritorno di questo fantomatico padrone...

-Ho mandato delle truppe a battere la città. Se è ancora in giro loro la troveranno.- Albert si tolse i guanti in pelle marrone e li posò con mala grazia sulla scrivania del suo studio, dove si trovavano tutti in quel momento, dopo un lauto pasto. Si sedette quindi sulla sedia imbottita e finemente lavorata, inclinando la testa quasi a novanta gradi, con la lunga coda di capelli castani dalle striature argentate che quasi toccava terra.

-Idee?-

Dennis, il genio del gruppo, prese la parola: -Per adesso facciamo una ricerca di gruppo. Facciamo perlustrare la zona a gruppi di almeno tre soldati, in modo che abbiano più possibilità di metterla spalle al muro.-

John annuì: -Si, è l'unica cosa da fare. Io propongo di andare anche noi a cercarla. Magari sorvolando la città ci sarà più facile vederla.- e tutti furono d'accordo.

Sciolsero le righe e salirono tutti sulla torre ovest della Rocca di Indels, tranne Lavitz e Doel che uscirono dal portone principale. In un bagliore di colori i cavalieri si trasformarono immediatamente nei Cavalieri Dragoni. Le loro armature brillavano alla luce del giorno e le scie che lasciavano al loro passaggio nel cielo avvertirono la popolazione che loro c'erano. Che li avrebbero protetti.

Tutti al lavoro. Tutti a cercare quella maledetta donna malaticcia e pericolosa.

Furono molti i cittadini che dissero di averla incontrata e quasi tutti tra questi ammisero di essere stati toccati dalla donna...

Lavitz ascoltava preoccupato e quando realizzò cosa aveva fatto la maledetta sgranò i suoi chiari occhi azzurri, uguali a quelli della madre. Corse a perdifiato a palazzo, chiamando a gran voce il re.

-Padre! Padre! Dove sei??-

Questi spuntò dal suo studio con occhi sgranati.

-Qui! Che è successo??-

Con il fiato corto il principe si piegò sulle ginocchia e disse: -Presto... dobbiamo radunare tutti i medici di Bale, anche gli studenti di medicina, i più bravi! La nostra donna ha probabilmente seminato un morbo pestilenziale nella città! Dobbiamo intervenire subito su tutti quelli che sono stati toccati!-

Impallidendo il re corse immediatamente a dare ordine a dieci messi di spargersi per la città a cercare chi di dovere e altrettanti messi furono mandati ad avvisare la popolazione su come dovevano comportarsi se erano venuti in contatto con quella donna.

Lavitz impallidì: -Mei...-

Albert si girò, più pallido di lui: -Cosa...? L'ha toccata?-

-Me l'ha raccontato Claire prima ma... Mei porta i guanti e poi l'ha stretta attraverso il saio... solo che... i loro visi erano molto vicini.-

Il re parve pensare un secondo, sconvolto: -Richiama Rin e Mei. Fai in modo che quest'ultima si sottoponga alla luce lenitiva dello Spirito del Drago d'Argento Bianco. Ma cosa più importante convinci Rin ad aiutare i medici della città. Il lavoro sarà più veloce.-

Lavitz annuì: -Non sarà necessario convincerla. Sono sicuro che sa già cosa deve fare...- ed uscì di corsa dal castello per cercare le due dragonesse.

Ma i Dragoni adesso avevano altro a cui pensare: sorvolando la zona si erano accorti che, poco fuori dai confini della città, c'era qualcosa che non andava.

I contadini scappavano, seguendo il loro bestiame che, impazzito, correva alla rinfusa senza un tracciato preciso, travolgendo tutto quello che avevano davanti. John, il primo che atterrò, fermò un contadino impaurito e quello, con mano tremante, gli indicò un punto poco lontano.

-C'è il demonio là! Voglio andarmene, lasciami!-

Divincolandosi ce la fece a scappare, lasciando attonito il Dragone Verde.

Mei nel frattempo si stava avvicinando circospetta a ciò che aveva spaventato quelle persone e i loro capi di bestiame.

Teneva saldo il pugnale che aveva acquistato quella mattina e più si avvicinava più si faceva lenta. Aveva riconosciuto in quel corpo sdraiato a terra la donna che aveva seminato il panico in città. L'esperienza le suggeriva di essere molto cauta nell'avvicinarsi a un nemico e quindi lo aggirò, avvicinandosi quindi dalla parte della testa. Quando fu vicina abbastanza afferrò un bastone e si sporse per toglierle il cappuccio del saio e vederla così in volto, evitando un contatto troppo diretto. Gli altri dragoni stavano a guardare, pronti a intervenire in caso stesse fingendo.

Ma non stava affatto fingendo. Quando Mei toccò con il bastone il cappuccio di tela si avvide di un particolare che non aveva notato: il corpo, sdraiato supino, era messo in una posizione ben precisa, con le gambe unite e le braccia aperte. Le mani poi, quelle mani bianchicce e malate che poco prima avevano appestato mezza città... erano nere. Bruciate.

Ecco cos'era quell'odore strano... carne bruciata...

Di scatto Mei tirò giù il cappuccio e dopo una prima breve occhiata, voltò la testa da una parte, infastidita dalla vista di un volto ormai carbonizzato. 

-Dennis, che ne facciamo?- Chiese la dragonessa, dopo essersi ripresa un poco.

L'uomo si passò una mano fra i folti capelli castani e sbuffò: -Chiamo qualcuno per prenderla e seppellirla. Ormai non c'è nulla da fare... Però prima è meglio se la perquisiamo, magari ha qualcosa di utile addosso...-

-Si, il tuo cervello perso!- esclamò Marika schifata -Sei matto? Io le mani addosso a quella non ce le metto!-

Michael intanto fissava stranito il corpo bruciacchiato della nemica.

-"Strano..."- pensò -"...come ha fatto a bruciare e rimanere in quella posizione? E poi in così poco tempo... nessuno ha visto del fumo..."-

Fu interrotto da Claire che, da dietro, lo spingeva verso la donna.

-Oh, oh che fai??-

-Ti porto a fare il lavoro sporco.-

-Ma siete scemi?!- immediatamente si liberò della presa di Claire e tornò fra le file dei sui amici.

-Uffa...- il dragone Viola si portò le mani sui fianchi e guardò la salma per un paio di secondi prima di esclamare: -LO FACCIO IO!-

La guardarono tutti come se le fossero spuntate corna e coda, dopodiché fecero dietrofront a occhi sbarrati, allontanandosi, come se nemmeno la conoscessero.

-Ehi!- la ragazza lasciò perdere i suoi macabri propositi, inseguendo i suoi amici e lasciando il lavoro ai medici e ai soldati che stavano arrivando in quel momento.

Quando furono rientrati in città si videro correre incontro Lavitz, che era riuscito a rintracciarli, e Doel, che era stato "raccattato" dal fratello e costretto a viva forza ad uscire dalla Rocca di Indels. Sembrava molto seccato dalla situazione.

Lavitz si fermò a un palmo da Mei e l'afferrò per un braccio.

-Ehi, che fai?- la ragazza puntò i piedi e provò a strattonare per liberarsi ma il principe non mollò la presa.

-Devi subito farti vedere da un medico! Tu e anche Claire e Michael. Siete stati vicini a quella tizia, è probabile che abbiate contratto il morbo pestilenziale! Vi porto subito da un medico!- così dicendo si voltò anche verso il Dragone Dorato e il Dragone Viola, facendo segno con la testa di seguirlo.

-Non ce n'è bisogno...- Rin si staccò dal braccio di Squall e si avvicinò ai tre amici, bloccando i propositi di Lavitz.

-Il mio spirito di Dragone ha poteri curativi sia a livello fisico che a livello spirituale. Basta la sua luce per curare all'istante qualsiasi male: se nel corpo dei tre Dragoni c'è traccia di pestilenza la debellerà in men che non si dica.- Si avvicinò allora ai ragazzi, alzando le mani verso di loro. Lo spirito del Drago d'Argento Bianco risuonò, investendo con la sua luce bianca e pura i Cavalieri interessati.

-Ecco.- Rin abbassò le mani e la luce scomparve, lasciando quasi un senso di abbandono nei tre sventurati sospetti moribondi.

Doel, che si era limitato ad osservare in silenzio la scena, intervenne chiedendo cosa avevano scoperto.

-Un accidente di niente!- sbottò Squall. Si sedette sul gradino di un'abitazione spiegando che l'avevano trovata morta carbonizzata, senza avere quindi il tempo di sapere chi fosse il padrone per cui lavorava...

Michael però ci pensava, e più ci pensava più si convinceva che c'era qualcosa che non andava nel modo in cui era morta quella tipa.

 

-Fratello, cosa c'è?- gli chiese Dennis.

L'altro dragone dorato passò gli occhi su ogni membro del gruppo e alla fine, sedendosi accanto a Squall esternò i propri dubbi:

-Davvero non c'avete fatto caso? Cioè, siete davvero convinti che una persona possa morire in quella posizione mentre brucia?-

Lampadine luminose sembrarono accendersi sulla testa di quella massa di gente sveglia. Michael, incurante delle loro espressioni alla "ho scoperto l'acqua calda" proseguì: -Se fosse stata legata al suolo allora sarebbe andata più che bene... ma non era costretta da funi da catene. Com'è possibile che sia rimasta ferma mentre bruciava, o che sia morta in quel modo rimanendo in quell'assurda posizione?-

-Quindi...- il cervello semi-arrugginito di John si mise in moto -...potrebbe essere stata accoppata prima e fatta bruciare poi, dopo che è stata sistemata a terra in modo da formare una "T"...-

Dart annuì: -Può darsi... oppure... naah.- scosse la testa, pensieroso. Rin però lo spronò a parlare: -Cosa, Dart?-

L'uomo alzò gli occhi celesti sulla sua amica ma era come se non la vedesse: pensava a quello che gli era venuto in mente... -Un calore talmente intenso da far bruciare all'istante qualsiasi cosa... in una fiammata così breve da non emettere nemmeno un rivolo di fumo.-

Marika rabbrividì: -Dart... una cosa simile possono farla solo gli Alati. Cos'hai in mente? Non vorrai accusare la mia razza di voler di nuovo provocare una guerra?!- adesso il tono della diciassettenne si era alzato un : il Dragone Blu era una vera e propria pasta di ragazza ma mai accusare gli Alati di aver combinato qualcosa. Era molto suscettibile su questo punto.

Dart si affrettò a scuotere la testa.

-Non mi permetterei mai, lo sai. Ma devo prendere in considerazione ogni ipotesi!-

Marika si rilassò e mormorando "scusa" a Dart si sedette anche lei su un gradino, di un'altra casa, prendendosi le ginocchia con le braccia e sorridendo imbarazzata.

Un sospiro annoiato di Dennis e la sua proposta di ripensarci più tardi, a mente fresca, misero definitivamente fine a quella discussione, per il momento.

Stava ormai calando la sera e il sole si gettava pigro fra le montagne, alle spalle del palazzo reale.

Decisero di comune accordo di ritornare a palazzo per la cena e per riposare dopo una giornata più che stressante. Prima però si accertarono che il morbo fosse isolato, recandosi in ogni studio medico che sapevano essere aperto per la cura delle persone sospette di infezione: per fortuna ricevettero buone notizie e più tranquilli tornarono alla Rocca.

Marika però, prima, passò dal negozio di armi per ritirare il suo fido Martello...

-CHE COSAAAAAA??-

L'urlo si sentì fin nei sotterranei delle case. L'uomo dell'armeria si fece così piccolo che avrebbe potuto tranquillamente cavalcare una formica. Con voce flebile si scusò milel volte con Marika per quello che aveva combinato: troppo lucido e liquido impermeabile avevano corroso il legno dell'impugnatura e tutto quello che rimaneva adesso era la testa del martello e un pezzo di legno patetico che spuntava da quest'utimo.

La ragazza mandava fuoco e fiamme dagli occhi, già rossi per conto loro: -ESIGO un risarcimento! O un'arma valida in cambio! Ma soprattutto MI RESTITUISCA CIO' CHE RIMANE DEL MIO MARTELLO! Lo farò riparare da qualcuno più competente di lei!- con quella botta enorme per l'amor proprio dell'armiere e con un gesto deciso afferrò i residui della sua arma, dirigendosi spedita all'uscita. Prima di uscire però l'occhio le cadde su un mazzafrusto a tre teste, stupendo, in bella mostra su un ripiano. L'impugnatura in legno di noce, lucida, le teste perfette con le punte in acciaio e la catena troppo lunga troppo corta. Dopo un sorriso furbesco lo afferrò senza tante storie e se lo portò via, ignorando i lamenti del proprietario che la supplicava di prendere tutto ma non quello.

Figurarsi. Il suo Martello vale(va) ben più di un semplice mazzafrusto!

Al castello, la notizia di quello che era successo, si diffuse in un baleno e a cena era diventato l'argomento principale, sorpassando persino la morte di quella bieca figura di cui non si era venuto a sapere assolutamente nulla. Alcuni Dragoni, tra cui Dart, sospettavano che fosse semplicemente impazzita dalla malattia che aveva.

John era piegato in due sulla tavola e mancò poco che rovesciasse il vino del calice che teneva fra le mani: -Succedono solo a te, nanerottola!-

Marika lo guardò torva: -Non chiamarmi nanerottola, ciccione!-

-Ehi, solo io posso chiamarlo ciccione, tu devi trovarti un altro epiteto!- sindacò Claire. Lavitz invece ribadì, per l'ennesima volta, che non era ciccione ma "massiccio". Difatti la massa muscolare del ragazzo era notevole ma non era esattamente ciccione come dicevano quelle due!

Squall e Rin scossero la testa, divertiti, per poi ributtarsi sull'arrosto.

Insomma la cena proseguiva su questi toni, anche da parte degli altri commensali che invece parlavano dell'imminente nuovo torneo a Lohan. Torneo che avrebbe decretato il "più forte del mondo", ovvero il guerriero più forte di tutta Endiness. Dart, 28 anni prima, era arrivato secondo. Non fosse stato per...

-...quella canaglia di Lloyd! Eh... ma era dannatamente forte, cavolo.-

Albert sorrise: -Avrei tanto voluto vederti. Scommetto che Lavitz faceva un tifo sfegatato!-

A quel ricordo Dart rise di gusto: -Puoi scommetterci! Lo sentivo dall'arena!-

Anche Shana rise, spiegando che era diventata mezza sorda quella volta: lei era seduta accanto a Lavitz durante il torneo.

Dall'altro capo della tavola invece la situazione era molto più silenziosa: Mei, Doel, Lavitz e i due Dragoni Dorati, mangiavano in silenzio, sorridendo ogni tanto alle parolaccie che volavano fra John, Marika e Claire.

Arrivò il dolce, per la gioia di Marika, portando con se un profumo di cioccolata da svenire.

Ci si fiondarono tutti sopra, Mei compresa, poi ognuno per conto proprio. Chi finì in biblioteca, chi direttamente a letto, chi a zonzo per il castello.

Chi invece cercò di raggiungere la sua stanza per riposare e invece finì per essere sequestrata per parlare del più e del meno.

Doveva ammetterlo: Lavitz era cambiato davvero. Non sapeva bene perché ma sentiva che poteva stare ad ascoltarlo per ore senza mai stancarsi.

Seduti su due comode poltrone, con dell'ottimo thè davanti, Mei e Lavitz stavano discutendo di roba ordinaria, vale a dire: armi e battaglie.

Lavitz posò la tazzina sul piccolo tavolo, accanto alla teiera: -Raccontami: come sei diventata Dragone?-

Mei inarcò la schiena, stiracchiandola: -Beh... un giorno all'età di 22 anni, quindi 4 anni fa, mi ritrovai in una brutta situazione nella Foresta Sempreverde a Mille Seseau: un branco di Elfi Oscuri mi circondarono ed ero da sola. Il mio cavallo si spaventò e scappò via lasciandomi lì. Tutto ciò che successe in seguito è molto vago: ricordo di essermi arrabbiata e di aver desiderato schiacciare tutti quegli esseri in un sol botto. Tutto a un tratto fui circondata dal buio assoluto. E poi la sensazione di potere... di controllo...-

Persa nei ricordi non si accorse del sorriso di Lavitz... Dio... stare con lei non sarebbe stato semplice. Per niente.

Ma la voleva.

Sarebbe stata sua prima o poi.

Un paio d'ore più tardi si dettero la buonanotte e di lì a poco il silenzio calò sul castello di Re Albert.

La mattina successiva si alzarono di buon'ora per partire alla volta di Fletz. Il viaggio sarebbe stato corto ma nemmeno troppo. Una breve tappa a Kanzas, una a Lohan, la città commerciale di Serdio Unita, e poi dritti filati alla capitale di Tiberoa per imbarcarsi alla volta di Mille Seseau: destinazione Torre di Flanvel.

Avrebbero potuto volare ma il potere dei dragoni, se usato spesso, portava ad un indebolimento fisico notevole. Dopotutto le armature pesavano...

Al gruppo si sarebbero uniti anche Doel e Lavitz, come supporto, diceva Albert, mentre Shana sarebbe rimasta al castello fino al ritorno del marito e della figlia.

Salirono sui cavalli e uscirono dalle scuderie, diretti alle porte della città quando un soldato corse loro incontro agitando le braccia. Si fermò da Squall, il primo Dragone che raggiunse e poi se ne tornò via dopo aver porto al ragazzo un involucro di tela e avergli detto qualcosa a bassa voce.

Il Dragone del Fuoco srotolò il malloppo e ne uscì fuori uno strano medaglione di metallo: un cerchio con al centro tue piccole tibie di rame incrociate, mezze affumicate dal fuoco, con al centro un pezzo di giada scolpito a forma di piccola stella.

Dart, che era vicino al ragazzo, sbiancò visibilmente. Aprì la bocca per parlare e ne uscì un suono flebile e quasi sussurrato: -Dove l'hanno trovato quello?-

-Il ragazzo ha detto che era addosso alla donna carbonizzata. Per questo è ridotto così male.- si rigirò quell'affare per le mani, incuriosito.

Il cavallo di Dart si impennò spaventato quando questi si trasformò sulla sua groppa e si levò in volo, in direzione del campo dove era stata tolta la salma della squilibrata. Tutto il gruppo lo seguì quasi subito, preoccupato da quella reazione.

Volando basso, il giorno prima non se n'erano accorti. Adesso, all'altezza in cui si trovavano, era ben visibile nel terreno un'ampia traccia di terreno brullo in cui spiccavano 4 tracce di bruciature che formavano altrettante lettere: F-A-U-S. Se si aggiungeva la T formata dalla misteriosa donna...

Tutto il gruppo tremò quando Dart pronunciò quella parola.. quel nome...

-Faust.-

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Capitolo 3
*** FAUST ***


-CAPITOLO III-

-CAPITOLO III-

FAUST

 

Il vento freddo del Nevaio Kashua ululava filtrando dai vetri delle finestre gigantesche, ma ormai distrutte, della Torre di Flanvel. Due persone camminavano in silenzio per i corridoi interni della torre, diretti alla grande sala principale dove era fissato l'incontro con il loro padrone. Tutto era avvolto nella semi oscurità e pochi raggi di sole filtravano dalle tende lacere e polverose.

Il rumore ritmico dei tacchi della donna fu sovrastato dalla voce dell'uomo che le stava a fianco.

-Inyx, pensi che l'abbiano visto?-

La donna dai lunghi capelli di platino, ghignò perfida e si passò le dita sulle labbra vermiglie: -Fratello mio, in questo momento i Dragoni sono sicuramente nella disperazione totale. Nonostante sia passato già un giorno posso avvertire a distanza la loro disperazione. Devo ammettere che usare il fuoco e il nostro giocattolino per comporre il nome del Nostro Signore è stato geniale!-

Zyst volse lo sguardo per qualche secondo sulla procace sorella, sorridendo: -Modesta come sempre vero?-

-Nh.- fu la semplice risposta.

Si fermarono quando raggiunsero un enorme portone di metallo, solcato da strani fregi verdi e luminosi. Entrambi alzarono la mano e il portone reagì aprendosi.

Entrarono nel gelido e ampio salone guardandosi attorno, mentre gli spifferi muovevano appena i loro mantelli neri: non era ancora arrivato. Alzarono la testa verso l'alto, per controllare che non si fosse messo a meditare sul soffitto come l'ultima volta, ma nei 50 metri e passa di distanza che li separava dal lampadario enorme, di cristallo, non c'era niente e nessuno.

-Certo che i nostri antenati ne facevano di cazzate...-

Inyx guardò il fratello con aria interrogativa: -Cioè?-

Negli occhi verdi dell'Alato passò un lampo di divertimento: -La torre è alta 300 metri circa... e loro ne hanno sprecato 50 per una sola stanza...-

Roteando gli occhi al cielo la donna si sedette su una della poltrone che adornavano il locale circolare e accavallò le gambe, fasciate da un paio di calze nere coprenti. Anche Zyst si sedette e la scrutò per un pò: -Quando la finirai di vestirti da battona?-

Ma rinunciò a chiedere altro perché il ruggito della sorella lo rimise al suo posto.

Passò una buona mezz'ora di cazzeggio totale, durante il quale Inyx si divertiva (si fa per dire) a togliere le doppie punte dalla sua lunghissima treccia argentata, quando improvvisamente un lampo di luce verde partì dalla punta di platino del lampadario e si fermò a forma di sfera sul pavimento di marmo, davanti a loro.

Fratello e sorella scattarono immediatamente in piedi e si andarono a inginocchiare davanti a Faust, proprio mentre questi compariva nella sua forma usuale.

Faust.

Lo stregone braccio destro di Melbu Frahma, il dittatore Alato che undicimila anni prima aveva scatenato la Guerra dei Draghi.

Mente e Braccio. Consigliere e Imperatore.

Devastazione e dittatura.

Ventotto anni prima Dart e compagni erano riusciti ad eliminare entrambi: prima Faust, proprio lì nella Torre di Flanvel e poi Frahma, nelle lande desolate del Confine Letale. Solo che il secondo era morto definitivamente. Ma lui no.

Faust era ancora vivo, nonostante gli anni, nonostante la sconfitta, lui resisteva ancora. Quando poggiò i piedi a terra, la tunica che indossava, svolazzò leggermente.

Si portò una mano al petto, dove l'enorme gorgiera azzurra spiccava sul bianco dell'abito. Inyx e Zyst sapevano che era quella la cosa che lo teneva in vita. Gli Alati erano estremamente longevi: uno di loro poteva vivere anche fino a 2.000 anni. Ma per sopravvivere come Faust fino all'età di 11.000 e passa anni avevano bisogno di magia, una grande magia.

Esistevano solo 4 gorgiere incantate come quella in tutta Endiness.

Una fu andata distrutta 28 anni prima quando, dopo aver sconfitto Melbu Frahma, l'ex Dragone Oscuro Rose, che la portava con se, morì nella distruzione del campo di battaglia. Un'altra l'aveva Charle Frahma, la sorella di Melbu, che in quel momento stava beata e viva a casa sua. La terza era nelle mani dell'anziano Blano, il capo della vecchia comunità di Alati risiedente nella Foresta Proibita di Mille Seseau.

La quarta ce l'aveva lui.

L'alato poggiò la punta del suo bastone magico a terra e ignorando i suoi scagnozzi si diresse verso le poltrone, sedendosi poi su quella più comoda.

-Prego ragazzi, sedetevi. Aggiornatemi...- lo stregone indicò le due poltrone vuote davanti a lui.

Un pò titubanti i gemelli si sedettero: Inyx in una poltrona, Zyst sul bracciolo accanto a lei. Un ghigno divertito piegò la bocca di Faust: -Siete troppo appiccicati. Questo vostro patetico sentimento di fratellanza vi porterà alla tomba....-

Si guardarono brevemente negli occhi, senza espressioni di sorta, poi cominciarono l'esposizione dei loro progetti, di come procedessero senza intoppi. La prima a spiegare fu Inyx: -Siamo riusciti a creare una magia che ci permetterà di controllare la mente umana. Solo che non funziona se prima non si inietta dell'estratto di Fiamma Viola nel corpo di colui che deve essere controllato. Per questo stiamo cercando un mezzo alternativo...-

Faust, che distrattamente faceva scorrere la punta del proprio bastone a terra, si bloccò e guardò dritto negli occhi rossi di Inyx. Quest'ultima li abbassò subito a terra, intimorita.

-Mia cara... mi sembra di capire che la cosa deve essere perfezionata. Innanzitutto sappiamo bene che la Fiamma Viola è un petrolio particolare che serve per muovere autonomamente determinati ingranaggi, quali quelli di un ponte levatoio per esempio, o di un elevatore per persone... Quali sono gli effetti collaterali della Fiamma Viola nel corpo di un essere umano? Riesce a sopravvivere?-

Zyst annuì: -Se usato in minime quantità il soggetto reagisce... ehm... abbastanza bene. Se si escludono piaghe e marcescenze varie sulla pelle...- e storse la bocca abbastanza schifato dal ricordo degli esperimenti fatti fino a quel momento.

L'Alata si alzò dal suo posto con un sorriso trionfante. -Inoltre abbiamo trovato anche il modo di impartire loro ordini a distanza.- ed estrasse dalla tasca esterna del bustino di pelle rossa che indossava un medaglione, grande quanto una mano. Due tibie incrociate con un sole di giada incastonato al centro.

-Abbiamo usato il suo simbolo per far capire a tutti con chi hanno a che fare...- e posò lo sguardo sullo stesso identico medaglione che aveva Faust al collo, poi passò a finire la spiegazione -Il sole di giada è la chiave per il controllo. Diciamo che è un amplificatore dei nostri poteri: telepaticamente possiamo collegarci a qualsiasi sole come questo e dare qualsiasi tipo di ordine o agire direttamente sui nostri burattini. Giusto due giorni fa abbiamo dato fuoco a una nostra cavia, quella spedita a Bale.-

Faust sorrise soddisfatto. -Bene, per ora sono soddisfatto del vostro operato. Ma potete smettere di cercare un mezzo di controllo alternativo. Questo va più che bene.-

I gemelli si guardarono negli occhi per la seconda volta. Anche Zyst si alzò: Signore, non pensa che sia rischioso? Non sappiamo quanto possano resistere in quelle condizioni le nostre cavie. La donna che abbiamo spedito a Bale, dai Dragoni, era un test e abbiamo appurato che possono resistere almeno 12 ore... ma poi? Se ne avessimo bisogno per una guerra...-

-Basta così!-

L'alato si zittì immediatamente. intimorito, mentre Faust si alzava a sua volta e si avvicinava al centro del salone.

-Non ne avremo bisogno per una guerra perché tutto finirà molto prima che quei patetici esseri umani possano dire "MA"! Moriranno come cani per mano nostra... uno dopo l'altro!- e così dicendo lo stregone sparì e rientrò nella base platinata del lampadario, proprio da dove era arrivato poco prima.

Perplessi Zyst e Inyx rimasero con il naso all'insù per un minuto o due prima di riprendersi e lasciare il salone.

l'Alata fu la prima a uscire. -Ci vediamo fratellino, vado a trovare nostra cugina. Ieri il marito mi ha invitato a pranzo.- e così dicendo gli strizzò l'occhio e attivò le sue ali per poi uscire da una delle vetrate rotte della sala.

L'uomo, rimasto solo, raggiunse quindi il laboratorio sotterraneo, per continuare gli esperimenti sulle cavie umane. Poveri contadini, avventurieri o soldati che avevano fatto l'errore di avventurarsi dalle parti della Torre negli ultimi anni.

Scese le umide scale del sottosuolo, scansando ogni tanto alcuni topi che cercavano di avventurarsi su per i suoi pantaloni. Arrivato davanti a una piccola porta in ferro battuto ripetè il gioco fatto con la porta del salone, alzando una mano guantata. La porticina si aprì con un "click" e lui entrò subito.

L'Alato si guardò intorno soddisfatto... centinaia di persone, rinchiuse in capsule magiche di vetro, che aspettavano solo di essere sottoposte al trattamento psichico per diventare servi di Faust.

 

-No, no e per l'ennesima volta no! Non la voglio qui! Non pranzerò mai con lei!-

Meru Ata Farizel, moglie di Guaraha Farizel e madre di Marika, il Dragone Blu, in quel momento avrebbe tantissimo voluto appendere il proprio maritino per i piedi al campanile di Lohan.

-Lo sai, lo hai sempre saputo, la odio! Perché diavolo l'hai invitata a pranzo?-

Guaraha poggiò il gomito sul tavolo e si prese la testa con la mano mentre guardava sua moglie intenta a lavare i piatti sporchi usati per la loro prima colazione.

-Perché è già un pò che non la vediamo... è scortese nei suoi confronti.-

Gli occhi rossi di Meru si incendiarono e si posarono furenti sul marito: -Allora potevi invitare anche suo fratello! Perché hai invitato solo lei?-  con un gesto rabbioso gettò lo straccio sull'acquaio e se ne andò senza aspettare la risposta dal marito. Risposta che non arrivò.

Dal piano superiore intanto Marika osservava il soffitto della sua vecchia camera e sentiva le lacrime pungerle gli occhi.

Che amarezza.

Da quando era nata quei due non facevano altro che litigare. Diciassette anni di urla, pianti, litigi e recriminazioni.

Suo padre poi... già. Era chiaro che provava attrazione per la cugina della mamma.

Sospirando Marika si alzò, con rassegnazione. Si dette una veloce spazzolata ai capelli lisci, lasciandoli sciolti sulle spalle, come sempre e indossò la sua tenuta abituale: un paio di pantaloncini bianchi e azzurri lunghi fino al ginocchio, una casacca sbracciata dal lembo destro più lungo rispetto al sinistro, dallo stesso motivo dei calzoncini e gli stivaletti lunghi fino a metà polpaccio. Indossò infine i guanti in tinta con il resto e il suo immancabile ciondolo, dotato di un rubino intagliato a forma di mela, che riprendeva alla perfezione il colore dei suoi occhi.

Quando scese in cucina trovò la colazione per se già pronta e tenuta in caldo da un semplice uso di telepatia di suo padre.

-Buongiorno Mika.-

Mika. Un nomignolo affettuoso che solo suo padre poteva permettersi di dire. -'Giorno papà.- si guardò poi brevemente intorno -Mamma dov'è?-

L'Alato riabbassò velocemente lo sguardo sul giornale che stava leggendo e le indicò la porta sul retro. -A stendere il bucato.-

Il Dragone addentò una brioche e andò subito dalla madre. La osservò di spalle, mentre stendeva un paio di pantaloni al filo dello stendipanni, la lunga coda di capelli argentati al vento e il suo immancabile fiocco azzurro sul capo.

Le arrivò alle spalle e prima ancora che potesse spaventarla lei l'ammonì:

-Provaci e salti il pranzo!-

Marika si fermò e rise. -Arriverà il giorno in cui riuscirò a sorprenderti!-

Meru si voltò e la guardò con affetto: -Può darsi... sai forse farti saltare il pranzo oggi potrebbe essere una soluzione...- e sorrise talmente amaramente che Marika sentì di nuovo le lacrime risalirle agli occhi.

Scosse la testa tristemente e poi ammise di aver sentito tutto.

La madre sospirò, dopo di ché prese il catino, ormai vuoto e si rivolse alla figlia: -Non preoccuparti troppo. Se prenderemo una decisione drastica ti avvertiremo...- e rientrò in casa, seguita dalla ragazza.

Dopo che ebbe posato il catino di legno nello sgabuzzino le chiese che progetti avesse per la giornata, tanto per sdrammatizzare un pò e soprattutto per non far capire a Guaraha come si sentivano.

-Partiremo dopo pranzo. In serata arriveremo a Fletz. Non è lontana.- così dicendo afferrò un'altra brioche e uscì in strada, dopo aver specificato che sarebbe tornata puntuale per pranzo.

Corse fra gente intenta in acquisti, mercanti, cani e altri animali, fino a che raggiunse la locanda più "in" della città, la "Tana dei Troll", ed entrò a passo spedito. Si piazzò davanti al receptionist e chiese a chiare lettere dei suoi colleghi Dragoni e dei due principi di Bale. L'uomo le spiegò che erano tutti intenti a fare colazione nel salone principale.

Senza farsi guidare, dato che conosceva il posto, salutò il signore e raggiunse i suoi amici.

Appena la videro tutti la salutarono calorosamente, tranne Doel e Mei che, ovviamente, optarono per un saluto meno chiassoso e più "soft".

Si formò quindi una specie di riunione durante la quale, lo strano medaglione rinvenuto sulla donna morta due giorni prima, fu posto al centro dell'enorme tavolo.

Dart spiegò per bene chi fosse Faust, in quale circostanza lo sconfissero e di come furono sollevati della sua scomparsa.

-Proprio non mi aspettavo che potesse essere ancora vivo. Sono stato io a dargli il colpo di grazia e giuro che quando ho affondato la spada nel suo stomaco, quella specie di Mago Merlino, ha veramente sputato sangue!-

-Evidentemente non è bastato.- disse John, attaccato a un succo di frutta alla pesca -Con la fretta che avevate, per salvare il mondo, lo avete lasciato lì agonizzante, morente... ma poi non è morto ma anzi, si è ripreso!-

Dart si grattò la testa bionda. -Ehm... ammetto che c'era una certa fretta in quel momento. Dovevamo chiudere i conti con Melbu Frahma e il tempo stringeva... così abbiamo cercato di essere rapidi.-

-Ma la fretta è cattiva consigliera!- lo rimproverò Dennis -Così avete lasciato una piaga per Endiness!-

Michael guardò il fratello in tralice: -Oh, ma sta zitto, anche tu a letto hai sempre fretta.- e con la massima calma inzuppò un biscotto nel latte.

Mentre tutti, con le lacrime agli occhi, cercavano di non ridere, Dennis cominciò a balbettare rosso come un pomodoro: -M-ma che stai dicendo, idiota?-

Michael lasciò perdere la colazione ed annuì serio: -Me l'hanno detto in molte di quelle con cui ti sei sollazzato...- e si alzò, correndo via, mentre il fratello faceva altrettanto. -Brutto bastardo! Ti insegno io a sparare cazzate!-

Così, mentre i gemellini si divertivano allegramente, Lavitz requisiva Mei per una passeggiata in città, sotto lo sguardo serio e stranamente curioso del fratello. Claire se ne accorse e sogghignò: chissà che finalmente l'amica non avrebbe imparato ad aprirsi alle persone.

Dopo aver rischiato di esser dissanguati da mercanti succhia - soldi si ritrovarono davanti alle transenne che delimitavano la zona dell'arena dove sarebbe stato allestito il tendone per la gara di "più forte del mondo".

Mei si appoggiò a una delle transenne ed osservò gli operai al lavoro mentre piantavano i picchetti del tendone.

-Non capisco questo darsi da fare... mancano più di tre mesi!- esclamò il principe.

Mei si strinse nelle spalle: -Non credo sia solo questione di piantare i picchetti. So che hanno da sistemare vari giochi intorno al perimetro, organizzare gli spazi...- tacque, osservando un martello abbandonato sotto il sole.

-Parteciperai?- le chiese Lavitz a bruciapelo.

Lei sgranò gli occhi, guardandolo stupita: -Scherzi? Non sono all'altezza di una competizione simile. È vietato usare i poteri da Dragone, ergo ho più o meno il 10% di probabilità di vittoria...- e ritornò a fissare il campo di costruzione.

In quel momento, come lei stessa avrebbe ammesso negli anni a seguire, guardando indietro al passato con la mente, Lavitz le disse sicuramente la cosa più utile che nessuno le avesse mai detto fino ad allora.

-Avessi anche l'1% di probabilità di vittoria io tenterei. Qualsiasi esperienza forgia il nostro carattere, bella o brutta che sia. Nel tuo caso poi una sconfitta ti fortificherebbe di più di una vittoria. Tu sei un Dragone e sei abituato a vincere con qualsiasi mezzo. Ma quando e se quel potere verrà a mancarti dovrai fare affidamento sulle tue mere capacità fisiche. Quindi è meglio che tu sappia fin d'ora cosa sai e cosa non sai fare...- e le strizzò l'occhio, sorridendo.

Il Dragone Oscuro lo guardò stranita per un secondo o due, chiedendosi seriamente se doveva provare a misurarsi con energumeni tutti muscoli provenienti da tutta Endiness.

Stava ancora ragionando su quella filippica e su quello che doveva o poteva fare quando Lavitz le si avvicinò e la baciò delicatamente sulla guancia destra.

Un secondo più tardi il principe correva, inseguito da una Mei circondata da un'aura non proprio benigna e piuttosto incazzosa: quanto odiava certe cose stupide e sdolcinate!

Correndo come matti fra la popolazione si imbatterono presto in Marika, la quale tornava a casa con una faccia da funerale.

-Che t'è successo?- le chiese Lavitz, fermandosi e trovando una scusa per salvarsi dal Cavaliere Oscuro.

Marika sospirò a lungo e poi spiegò: -Oggi viene a trovarci la cugina della mamma. L'ha invitata mio padre ma per me e mia madre non è la benvenuta.-

Mei fece un cenno di assenso da dietro le spalle di Lavitz, aveva capito. In effetti non si poteva dire che Inyx fosse l'Alata più buona e simpatica del mondo.

 

Il pranzo a casa di Meru e Guaraha fu uno dei più disastrosi che Marika ricordasse. Ne avevano fatti altri ovviamente ma l'ultimo risaliva a quando lei aveva dodici anni e quindi cinque anni prima quando, in un impeto di rabbia e ira funesta, sua madre aveva scagliato il piatto del dolce (con il dolce ancora integro sopra) addosso alla cara cuginetta.

Tutto per via dell'ideologia di Inyx, una convinta sostenitrice dell'antico sport Alato "Ammazza-l'umano-che-è-meglio" e dell'ex imperatore Frahma.

Da quando aveva coscienza, Marika ricordava perfettamente anche un'altra linea di pensiero dell'Alata Tettona, come la chiamava lei: Alati di qua e Dragoni di là. Inyx disprezzava Meru in quanto da giovane era scappata dalla Foresta in cui viveva per scoprire il mondo e mescolarsi con gli esseri umani. Quando poi la cara parente aveva scoperto che era diventata anche un Dragone la terra si mise a tremare: un Alato Dragone! I Dragoni che avevano distrutto gli Alati! Come potevano mescolarsi così due poteri tanto opposti? Eppure era successo...

Marika non sapeva se anche lei fosse disprezzata dalla cugina ma sicuramente era così: del resto pure lei era un Dragone.

Il pranzo che si svolse quel giorno fu l'inizio della fine di una relazione durata oltre venti anni. Molto per un umano, briciole per un Alato.

All'inizio l'incontro tra le due Alate parenti di vecchia data fu abbastanza tranquillo e ipocrita. Se l'ipocrisia contenuta nelle "parole di benvenuto" di sua madre e nella "gioia di rivedere la cugina" di Inyx si fosse potuta misurare... beh sicuramente le due torri della Rocca Gemella di Fletz sarebbero risultate più basse.

-Prego accomodati! Tuo fratello Zyst non si unisce a noi?- con un sorriso, falso come Giuda, Meru fece accomodare Inyx nel modesto salotto mentre Marika le spiava dalla cucina.

La parente Alata si guardò attorno piuttosto schifata, mani sui fianchi: -No mio fratello si scusa ma ha da fare... - poi, arricciando il naso -Moda umana come sempre eh? Cuginetta, non ti capisco proprio. Non ti andava bene il nostro ambiente decisamente più sobrio ed elegante di questo?-

Meru trattenne un ringhio in fondo alla gola ribattendo con un "no" piuttosto secco.

L'altra ghignò appena e appiccicata al braccio di Guaraha, con il seno premuto contro lo stesso, passò nell'ampia sala da pranzo mentre la padrona di casa raggiungeva la figlia a passo di carica.

-Prestami il mazzafrusto!- ringhiò, artigliandosi al lavandino.

Marika puntò gli occhi rossi sull'ospite, attraverso una fessura del legno della porta.

-Non servirebbe con lei. Non puoi nemmeno avvelenarle il cibo, ci sgamerebbero subito.-

Con l'irritazione a mille Meru afferrò la zuppiera e si stampo per l'ennesima volta il sorriso falso sulle labbra ed entrò in sala da pranzo. La figlia si lavò le mani e poi si unì al resto della famiglia.

I commenti si sprecarono in quelle due ore di pranzo e a Marika era venuta la seria voglia di tuffare la testa nella purea di patate. Se non altro avrebbero parlato della sua cretinaggine invece che dell'inferiorità della razza umana. Ma soprattutto suo padre non avrebbe più lanciato occhiate libidinose al seno di quella cretina.

-Non sono esseri degni di camminare su questa terra. Sono così deboli e stupidi da risultare patetici.- la voce irritante di Inyx riempiva la sala.

Meru inforcò un pezzo di arrosto come fosse stato un nemico pericoloso e ribattè: -Quegli esseri che tu reputi deboli 11.000 anni fa ci hanno fatto un culo grosso come il Nevaio Kashua... e non dire che è stato merito unicamente dei Dragoni perché sai bene che alcuni nostri vecchi antenati sono stati uccisi da umani inermi e senza poteri!-

Gli occhi di Inyx balenarono di una collera profonda e mal repressa: -L'hai detto. Gli umani hanno ucciso i nostri antenati e tu ti ostini a dire che sono bravi? Che sono buoni? Non farmi ridere, sono solo ipocriti! Facilissimo scordare cose del genere quando si è dalla parte del boia!-

Le cugine si guardarono negli occhi per un lungo istante.

Nella famiglia Ata, quindi la famiglia di Inyx e Meru, era consuetudine che ogni membro avesse gli occhi rossi. Rubini di fuoco in grado di incendiare i cuori e spaventare gli animi.

Meru si alzò lentamente dal suo posto, senza perdere il contatto visivo con gli occhi di Inyx.

-Evidentemente hai dimenticato che Melbu Frahma, il nostro.... caro- e fece il segno delle virgolette con le dita -imperatore, sterminava interi gruppi di umani una volta alla settimana. Hai dimenticato i racconti terribili del nostro capo tribù, l'Anziano Blano, in cui narrava le orribili torture a cui erano sottoposti gli uomini, le donne e i bambini umani.-

Durante la discussione sia Guaraha che Marika erano rimasti in silenzio, osservando attentamente le due donne, sperando che non commettessero sciocchezze. Ma adesso la voce di Meru spaventava e padre e figlia avevano posato coltello e forchetta e osservavano con attenzione quello che stava succedendo.

L'ex Dragone Blu se ne tornò in cucina con alcune stoviglie sporche, senza aspettare che Inyx ribattesse a quello che aveva appena detto.

Marika riprese a mangiare lentamente ma ogni boccone era un mattone da mandare giù. Specie quando la cara cuginetta se ne uscì con un discorso che la fece bloccare con la forchetta a pochi centimetri dalla bocca.

-Allora, cuginetta? Come ci si sente a stare dalla parte dei traditori? Goditela finché puoi perché non durerà per sempre...-

Era forse una minaccia? O forse si riferiva al fatto che gli Spiriti di Dragone erano volubili e cambiavano possessore a loro piacimento?

Marika propendeva per la prima ipotesi. In tal caso... cosa stava macchinando la sua consanguinea?

Meru, che aveva sentito tutto, rientrò immediatamente in cucina come una furia, una mano alzata sulla quale spiccava una palla di fuoco che ardeva luminosa. Puntò subito la cugina con occhi ardenti di collera.

-Hai raggiunto il limite! Mia figlia non la devi nemmeno guardare...-

Guaraha si alzò e andò a calmare la moglie, ma invano.

-Tu stammi lontano! Sei come lei!- poi riposò lo sguardo su Inyx -Fuori da questa casa, non osare più rimetterci piede!- sbraitò l'Alata al limite della sopportazione.

Inyx ghignò sorniona e si alzò lentamente. Si avvicinò a Meru e le disse a bassa voce: -Va bene, me ne vado... ma lascia che ti ricordi una cosa: gli umani non sono migliori di noi. Ricordati del tuo caro amico Kongol, il gigante Dragone Dorato. Lui era l'ultimo della sua specie: indovina chi li ha massacrati?-

Meru serrò la mascella. Conosceva la risposta: umani.

Con un sorriso glaciale Inyx la salutò, poi si voltò verso il padrone di casa e salutò pure lui, inviandogli un bacio con la mano.

Quando la porta si richiuse con un tonfo sordo la palla di fuoco sparì nelle mani dell'ex Dragone Blu. Stancamente si sedette su una poltrona vicina, poi alzò gli occhi sulla figlia.

-Marika, vai a chiamare Dart e portalo qui. Prima che ve ne andiate lo voglio salutare come si deve.-

Chiaramente era anche una scusa per lasciare da soli lei e suo marito. Benissimo.

Uscendo di casa Marika cominciò a piangere come mai gli era successo prima di allora. Era esuberante e simpatica e raramente piangeva. Però... i genitori. Loro erano da sempre il suo punto debole.

La gente che la riconosceva la guardava stranita: un Dragone che piangeva era cosa rara a vedersi ma lei non se ne curava.

Le lacrime continuarono a scendere e non si fermarono nemmeno quando fu davanti a Dart. Gli si gettò al collo e continuò a singhiozzare per un bel pezzo mentre lui guardava Claire e si chiedeva cosa fosse successo.

Quando finalmente Marika riuscì a riprendersi e a spiegare tutto Dart si accasciò su una sedia: se lo era aspettato ma sapere che sarebbe successo per davvero era un'altra cosa...

Tuttavia c'era ancora una speranza, si disse. Marika non aveva detto che i suoi genitori avevano parlato di divorzio.

Si alzò, raddrizzandosi la schiena, e corse fuori mentre esortava la figlia a preparare i bagagli per la partenza.

 

-Quella stupida Alatucola! Stupida e patetica! Non ha un minimo di cervello, lei e la sua figliola idiota...-

Sulla linea di questi pensieri Inyx stava passeggiando per vie e viuzze poco illuminate, nonostante fossero a mala pena le due di pomeriggio, nella periferia di Lohan. Superò con un salto un accattone e spinse via alcuni ciarlatani insistenti ed entrò infine in un'angusta bettola di infimo ordine.

L'odore di polvere e fritto era così opprimente che l'Alata si portò subito la mano a coprire la bocca e il naso. Si guardò intorno ma non vide nessuno, salvo il locandiere, dietro al bancone da bar.

-Puah... ehi tu, coso!-

L'uomo alzò uno sguardo diffidente sulla nuova arrivata, smettendo di pulire un bicchiere con uno straccio nero come la fuliggine.

-"Coso" dillo a tuo fratello...- ribattè con foce roca e cavernosa.

Inyx, con aria angelica, gli si avvicinò quanto bastava per contargli i punti neri sulla faccia: -Oh, lo farei se solo mi dicessi dove sta, sgorbio! So che è venuto qui poco fa e voglio sapere dov'è!- e così dicendo posò alcune monete d'oro sul bancone lurido.

Il locandiere le afferrò subito e le esaminò per vedere se erano vere dopodichè, soddisfatto dell'esame, gli indicò la porta sul retro con lo stesso straccio nero di prima. -Con discrezione...-

Sarebbe stata inutile, visto che non c'era nessuno a parte loro due, ma la prudenza non è mai troppa e guardandosi attentamente intorno Inyx varcò la soglia.

Al di là della porta c'era quella che, a occhi umani e Alati, poteva essere considerata una banalissima e sporchissima cucina.

Ma bastava un pò di magia e puff! A metà stanza compariva un varco Alato che conduceva nei sotterranei del locale.

Il passaggio si richiuse non appena Inyx lo ebbe varcato e senza aspettare oltre cominciò a scendere le buie scale, illuminate a malapena da alcune piccole torcie. Raggiunse quindi un lungo corridoio, in cui non si poteva fare altro che procedere in fila indiana tanto era stretto. A un tratto si fermò a metà strada e si rigirò sui tacchi per poi tornare indietro: c'erano parecchie porte e lei non sapeva quale doveva aprire per raggiungere il fratello ma un particolare aveva attirato la sua attenzione. Un grido lacerante, sofferente. Evidentemente Zyst aveva trovato di che divertirsi...

Spalancò una delle porte blindate e trovò suo fratello in piedi davanti a un uomo anziano che era legato per i polsi e per le caviglie tramite grosse catene. Lo stava frustando con foga.

Al suo ingresso però si bloccò e le rivolse un sorriso trionfante.

-Sai chi è questo sorellina?-

La donna fece segno di si con la testa: -Se non sbaglio è Sanator, il miglior medico in circolazione nel continente...-

Zyst annuì.

Sua sorella si andò a sedere su una sedia sbilenca, in fondo alla stanza: -Perché lo stai fustigando?-

L'alato indietreggiò per contemplare un secondo il suo operato e poi spiegò: -Lui ha la chiave per ottenere il pieno controllo delle anime umane! Niente più fiamma viola. Hai visto come sono ridotte le nostre cavie. Grazie al suo metodo sembreranno persone normalissime, forti e sotto il nostro potere!-

-Scherzi?- l'espressione di pura sorpresa di Inyx lo fece sorridere.

-No. Basta solo che questo allocco ci riveli dove sta il suo vecchio diario con gli appunti giusti. Peccato che non voglia parlare!- con un ringhio rabbioso Zyst dette l'ennesima frustata al petto dell'uomo, strappandogli un altro grido di dolore.

-Vacci piano con lui. Essendo così vecchio non so se durerà abbastanza per...- improvvisamente la stanza prese a girare e una voce le rimbombò nella scatola cranica:

 

-Inyx! Ti voglio da me immediatamente!-

 

La voce imperiosa di Faust le trapassò la testa.

-Il capo chiama?- sorrise suo fratello.

-Già.- si teneva le mani sulle tempie e in contemporanea cercava di alzarsi senza cadere come una pera matura -Sarà meglio che vada. Tu vedi di farlo parlare...- così dicendo l'Alata si diresse barcollando a una sezione di pavimento illuminata di verde, dalla forma rotonda. Non appena vi posò i piedi sopra la donna sparì in una sfera, del solito colore del pavimento, che uscì saettando attraverso le spesse mura della stanza.

Teletrasporto Alato.

-Molto bene nonnino, ora siamo soli di nuovo...- gli occhi rossi di Zyst si riempirono di divertimento mentre afferrava i capelli bianchi di Sanator e tirava con forza -Mi vuoi dire dove sta quel diario o devo cavartelo con più forza?-

L'uomo respirava affannosamente e perdeva sangue dal labbro inferiore oltre che da una decina di altri punti. Imprecò sottovoce poi rispose: -Uccidimi se vuoi, da me non saprai mai niente! Non ti permetterò di rovinare la razza umana come hanno fatto i tuoi antenati molti anni fa!-

Rabbiosamente Zyst lo schiaffeggiò e poi lo afferrò per il collo con la mano destra, facendolo rantolare. -Parlerai. Ti posso giurare su tutto quello che ho che prima o poi mi dirai dove sta quel diario, vecchio! Tanto per dimostrarti che posso farti parlare... guarda cosa ho qui...- con la mano libera l'Alato tirò fuori dalla tasca dei suoi pantaloni di pelle un piccolo ciondolo d'oro: un cuore con al centro incastonato un piccolo smeraldo rotondo. A quella vista Sanator diventò più bianco di quanto non fosse in quel momento e cominciò a piagnucolare.

-Per l'amor di Soa, quello è della mia nipotina! Non le hai fatto del male vero? Dimmi che sta bene, dimmi che non le hai fatto nulla!- in un crescendo di disperazione Sanator cominciò ad agitarsi, strattonando le catene.

Zyst mollò la presa, facendo roteare bellamente il ciondolo con l'indice della mano sinistra. -Per adesso è ancora viva. La sua sopravvivenza dipende unicamente da te Sanator. Quindi, per l'ultima volta: dove sta il tuo diario?-

Con gli occhi lucidi e il cuore in gola il medico di Lohan abbassò il capo, sconfitto. Non poteva permettere che sua nipote fosse uccisa.

Che Soa avesse pietà della sua anima e che l'intera razza umana potesse perdonarlo.

-La baia di Illisa. Nella grotta marina, fra Lidiera e Fueno, c'è una specie di altare di corallo. Per prendere il diario devi scendere alcune scale nascoste dalla formazione corallina. Una volta in fondo ti troverai in una grotta umida. Non ci sono bivi, la strada è dritta. Quando arriverai al capolinea cerca sotto il primo sasso rotondo a destra.-

Soddisfatto, il suo carceriere, lo liberò dalle catene e lo spinse rudemente alla porta dove, poco prima, era comparso un omaccione tutto muscoli con la maschera da boia sul volto.

-Di te si prenderà cura questo bel signore... e non illuderti di poter scappare o di essere liberato. Innanzitutto devo assicurarmi che tu mi abbia detto la verità, dopodichè... beh potrei ancora aver bisogno di te. Buona permanenza vecchio!- e così dicendo anche lui sparì grazie al teletrasporto Alato mentre Sanator veniva spostato in una cella a un piano inferiore rispetto a quello dove si trovava mentre veniva frustato.

Rimasto da solo il medico cominciò a piangere, pregando per la propria nipote.

-L'ho fatto solo per te, gioia mia. L'ho fatto solo e unicamente per te!-

Nel frattempo Zyst aveva raggiunto la sorella al cospetto di Faust e stava informando il suo padrone di quello che aveva scoperto. Con quelle informazioni Faust si permise un sorriso di vittoria e congedò i gemelli.

-Manca poco perché la mia armata sia pronta. I mostri di Endiness stanno reagendo alla mia magia, molti alati hanno aderito alla mia causa e presto anche molti umani cadranno sotto il mio controllo. Melbu Frahma! Il tuo regno riprenderà più sfavillante di prima: grazie alla mia guida gli Alati prevarranno com'è giusto sulla razza umana!! Mentre quei poveri stolti dei Dragoni periranno uno a uno sotto la mia magia!-

Una sferzata di vento gelido si insinuò nel salone della torre di Flanvel, facendo oscillare il lampadario di cristallo, il quale cominciò ad emettere strani e sinistri cigolii.

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