Our special summer

di Funlove96
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo uno: The beginning of a special summer ***
Capitolo 2: *** Capitolo due: On the road ***
Capitolo 3: *** Capitolo tre: Drunk ***
Capitolo 4: *** Capitolo quattro: With you ***



Capitolo 1
*** Capitolo uno: The beginning of a special summer ***


Questa raccolta partecipa alla Our sammer, if we're together feel like summer, indetta dal forum Torre di Carta.



Capitolo uno: The beginning of a special summer.
Promt: 27. Anguria/37. Un trasloco improvviso, una fetta di anguria.




"Ehi Lu, sei pronta o no?" il vocione del giovane riecheggiò all'interno dell'ampio salone dai colori che andavano dal beige dei tre divanetti a tre posti ciascuno che dominavano il centro della sala, al bordeaux delle pareti e della tovaglia messa a coprire il tavolino tondo di vetro, passando per più il tenue color crema delle tende, dalle quali filtrava il caldo sole di metà Giugno. Era lì che il ragazzo dai capelli color pece, ormai esasperato per il caldo che non rendeva certo più piacevole la sua agonìa, stava aspettando l'amica, che per grazia divina si apprestò a scendere le scale di casa Heartphilia per raggiungerlo. "Finalmente, mi stavo squagliando qui!" prese il trolley azzurro, il borsone nero che giovane aveva con sé e, da bravo galantuomo, si fece precedere da lei nell'uscire dalla porta e attraversare il vialetto baciato dal sole, per poi mettere i bagagli nella Chevrolet nera e scintillante parcheggiata davanti al marciapiede. "Ti sei portata dietro tutta casa o cosa principessa?" scherzò -neanche tanto in verità, quelle valige erano davvero pesanti- e si diresse verso il lato passeggero, dove la ragazza lo aspettava seduta al posto del guidatore con la cintura già indossata e le chiavi pronte a fare il loro lavoro. "Allora andiamo, Hargeon stiamo arrivando!" esclamò mettendo la cintura nello stesso istante in cui il motore iniziò a ruggire, per poi far partire l'auto nella direzione che conoscevano fin troppo bene entrambi. Nella piccola cittadina di Norma era facile perdersi se non si conoscevano le infime stradine. Ma non era quello il caso di Lucy e Shiki, che la loro adorata casa la conoscevano come le loro tasche se non di più. E proprio come sempre era successo intravidero la facciata dell'abitazione dei Bluegarden, laddove l'auto non perse tempo a parcheggiare, permettendo ai due di scendere e andare ad avvertire l'amico che erano arrivati...

"Hai messo il timer stavolta sì?" esordì alle loro orecchie proprio la voce della causa di quella visita, rivolta a qualcuno che, quando si fece sentire, fece ridacchiare i due ragazzi. "Ma sì ti dico! Dai sbrighiamoci prima che arrivino quei due rompiscatole! Sai come fanno po-" "I due rompiscatole sono già qui Becky!" la interruppe la voce ridente di Lucy, che aveva raggiunto il retro, dove sapeva di trovare quei due ad armeggiare. "E come al solito voi non vi siete accorti del nostro arrivo perché stavate facendo una delle vostre stupide gare..." finì rassegnato il moro, che si palesò subito dopo di lei nel giardino ben curato, dove era stato allestito il materiale che ormai conoscevano tutti troppo bene.
"Fammi indovinare..." posò un dito sul mento con fare pensieroso la Heartphilia, scrutando per bene il tavolo su cui giaceva un'anguria divisa in due parti, e che entrava perfettamente nell'inquadratura del cellulare, riportante l'interfaccia di un famoso social network, posato sul treppiedi proprio di fronte a loro. "Hashtag waterlemon challenge o qualcosa del genere è in tendenza, giusto?" anche se non aveva un profilo sulla piattaforma -Tik Tok le pareva si chiamasse- sapeva che, per una ragazza come Rebecca Bluegarden, ardentemente desiderosa di divenire una famosa influencer, quella era una delle tante occasioni da non lasciarsi sfuggire. Un'occasione che nemmeno quel viaggio, programmato da settimane, poteva farle perdere.
"E tu ti sei fatto di nuovo coinvolgere..." finì rassegnata spalmandosi una mano sulla fronte, mentre il ragazzo dalla capigliatura dal particolare colore dei sakura in fiore ridacchiava imbarazzato. "In realtà è stata lei che mi ha sfidato!" fece indicando la ragazza dai capelli biondo cenere, che in risposta gli fece una linguaccia come una bimba indispettita. "Lo sai che le sfide mi rendono tutto un fuoco Luce ghihahaha!" ignorò Rebecca, guardando Lucy, bellissima nel suo vestito azzurrognolo lungo fino a poco sotto il ginocchio, e le si avvicinò con un pezzo d'anguria appena tagliato, porgendoglielo con la solita faccia da schiaffi che faceva sin da piccolo, quando veniva beccato a fare una qualsiasi marachella. "Natsu Dragneel che offre del cibo? Domani finirà il mondo!" la battutina di Shiki passò quasi del tutto inosservata poiché, seppure fosse vero che sia lui che Rebecca non facevano sconti a nessuno in fatto di cibarie, tanto da guadagnarsi l'appellativo bonario di 'pozzi senza fondo', dai vari componenti della loro combriccola, era pur vero che Natsu più di una volta era pronto a fare qualche eccezione se si trattava dei suoi amici. Se poi quei suoi amici avevano le sembianze e il nome di Lucy Heartphilia beh, non ci pensava su nemmeno mezza volta...
"Shiki..." l'altra ragazza intanto gli si avvicinò sorridente e con un pezzo d'anguria che, da quello che gli pareva, sembrava gli volesse offrire. "Sembra che oggi sia una giornata da segnare sul calendario!" esclamò e neanche per scherzo. Se Natsu faceva qualche eccezione sul fattore cibo, Rebecca era irremovibile, tanto da arrivare, quando azzardava il furto di una patatina dal suo piatto, a fulminarlo con gli occhioni azzurri. Gli stessi che a Shiki, ogni volta che li guardava, ricordavano tanto il cielo e la sensazione di libertà che gli pervadeva il cuore nel rendersi conto che la cotta che si era preso per l'amica in quarta liceo non lo aveva mai abbandonato, trasformandosi in qualcosa di decisamente più forte, ma allo stesso tempo anche più doloroso...
Aprì la bocca per accettare il boccone, ma non assaporò mai il sapore dolce del frutto, perché Rebecca l'aveva portato alle proprie labbra, gustandosi sia esso che la faccia sorpresa dell'amico. "E comunque le nostre gare non sono stupide!" gli fece la linguaccia per poi iniziare a smontare tutto ciò che avevano messo su, mugugnando un: "Il tempo di mettere a posto e partiamo..." indispettito, mentre gli altri due se la ridevano per la scena.

Quella scena, così usuale ormai agli occhi di tutti loro, scatenò in Lucy i dolci ricordi di un'infanzia divenuta bellissima proprio quando aveva pensato di averla perduta per sempre. Un'estate che sembrava essere la fine di tutto, ma che poi si rivelò l'inizio di qualcosa di bellissimo...

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Se ne stava accovacciata a gambe incrociate sul marciapiede, i gomiti posati sulle ginocchia e i palmi a reggere il mento, su cui era dipinto un broncio innaturale per una bambina di sette anni. Poco distante da lei, il camion dei traslochi stava fermo ad attendere che i ragazzi, vestiti con le salopette blu e il cartellino bianco con il nome scritto sopra, finissero di svuotarlo degli averi degli Heartphilia per portarli nella casa appena acquistata da Jude, al telefono con un collega per aggiornarsi sugli incarichi che avrebbe avuto nella succursale della Love and Lucky appena aperta a Norma. La bimba ripensava a quello che era accaduto nelle ultime settimane, a quel trasloco che le aveva portato via la sua vita e le sue amicizie, e a quel senso di vuoto e d'incertezza che aveva sentito solo una volta prima di allora: Quando sua madre era morta, qualche anno prima, dopo mesi di lotta a quella spietata malattia.
Quei pensieri non avrebbero dovuto turbare l'animo della sua giovane età, ma non riusciva ad impedirlo, nonostante la giornata soleggiata e l'aria di spensieratezza che si respirava a pochi metri da lì, dove il sole illuminava l'abitazione di fronte alla sua, dalla quale uscì un gruppo di bambini pronti a giocare in giardino, ma che non ci mise molto tempo a perdere l'interesse dopo aver notato tutte quelle persone a lavoro.
Natsu era intenzionato a far vedere a tutti il pallone nuovo che suo padre gli aveva regalato per il compleanno, e quale occasione migliore della festa che si sarebbe tenuta tra poco?
Ma l'interesse per il gioco svanì in fretta, a lui per primo, nel notare che avrebbero avuto dei nuovi vicini. Ad incuriosirlo maggiormente era la bimba, accovacciata a gambe incrociate sul marciapiede e l'aria pensierosa, alla quale si avvicinò, dimentico degli amichetti che però lo segurono, curiosi anche loro di conoscere la nuova vicina...

La prima cosa che vide quando alzò la testa -un paio di scarpe da ginnastica bianche e rosse entrarono nella sua visuale, costringendola a guardare chi le si era messo davanti- fu una cascata di capelli nerissimi e un cerotto bianco sulla guancia sinistra di quel bimbo che si presentò porgendole la mano e dicendole il suo nome, Shiki, sorridente come lo erano gli altri della piccola combriccola: Una bambina dai capelli biondi come i suoi, solo di una sfumatura un po' più scura, e raccolti in due codini, la scrutava curiosa con gli occhioni azzurri, mentre una zazzera insolitamente rosa le passò velocemente davanti per sedersi accanto a lei. "C-Che fai?" domandò ingenuamente, per poi arrossire quando due pietre grandi e sorridenti, del colore della pece, ma con una sfumatura dello stesso verde del prato di quel vialetto baciato dal sole, s'incastrarono coi suoi occhi, che prontamente si rivolsero sul grigio asfalto sotto i loro piedi. "Voglio sapere che ci trovi di così divertente nello stare qui seduta!" e detto questo il bimbo esibì un'espressione pensierosa guardando un punto non ben definito del giardino di casa sua, dalla quale nel frattempo uscì una donna dai capelli lunghi e neri legati in una lunga treccia che scendeva lungo la schiena, con in mano un vassoio sul quale svettavano delle fette d'anguria appena tagliate. "Ragazzi venite a rinfrescarvi!" esordì intanto il vocione roco dell'uomo -un po' più alto di lei e dai capelli rosa come quelli del bimbo- che l'aveva seguita, con in mano un altro vassoio su cui erano adagiate una pila di bicchieri e un'invitante caraffa di limonata. Il bimbo però non si fece ingannare dall'invitante banchetto allestito per il suo compleanno -una generosa quantità di dolci a circondare la torta a tre strati al cioccolato, bibite varie e un po' di frutta per alleviare la calura e far contenti i genitori dei compagni che sarebbero arrivati a breve per la festa, facevano bella mostra di sé- che si mostrava sul tavolo ricoperto dalla tovaglia a quadri bianchi e rossi, restando lì seduto e costringendo i due adulti ad attraversare la strada per vedere cosa stessero combinando quei tre monelli. Nel farlo notarono l'uomo al telefono, decidendo di raggiungerlo per presentarsi a dovere, mentre Natsu si alzò, correndo dall'altra parte della strada -quasi del tutto deserta a causa delle partenze per le vacanze, e del fatto che comunque in quella cittadina il traffico fosse pressoché inesistente- sotto lo sguardo allibito degli altri tre, mentre si arrampicava sulla sedia per recuperare il vassoio che sua madre aveva posato lì poco prima e tornare con esso. "Sai, è ottima per il caldo!" disse rivolto alla bambina, e prendendone una fetta, gliela porse. "Poi quelle di qui sono buonissime ghihahaha!" propose con una risata che la fece di nuovo arrossire. La manina sembrava vivere di vita propria, e se anche la sua piccola padrona era imbarazzata dal modo in cui stava interagendo con quei bimbi, afferrò la fetta e la portò in grembo mentre Lucy ringraziava timida. Gli altri presero anch'essi una fetta e si sedettero in fila sul marciapiede gustandosi il frutto. "E comunque io mi chiamo Natsu!" le sorrise ancora il piccolo, seduto col vassoio poggiato sulle ginocchia. "L-Lucy, mi chiamo Lucy!" "È un piacere Lucy, io mi chiamo Rebecca!" sorrise l'altra biondina e i quattro rimasero lì a gustarsi l'anguria -che sì, Natsu aveva ragione, era davvero buonissima- non curanti o quasi degli adulti che si stavano conoscendo anche loro, solo con più formalità a differenza dei quattro...

Era così che era iniziata la loro forte amicizia: Con un trasloco improvviso e una fetta d'anguria gustata in una calda giornata di Luglio di diciannove anni prima...

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"Luce... Luce ti sei incantata? Luce!" Natsu la strattonò appena per farsi rispondere, e così fece la ragazza, sorridendogli imbarazzata. "Sì... sì Natsu, ero sovrappensiero... sai, per Elsa e Jellal..." ridacchiò rossa, cercando di non farsi scoprire -non sapeva neanche il perché- a rimuginare su quello che era stato decisamente il giorno più bello della sua vita.
"Anch'io ci stavo pensando sai?" la sorprese il rosato. "Promettimi che noi non faremo mai così!" la bionda sussultò e un forte rossore si diffuse sul suo volto partendo dalle gote. " C-Che dici N-Natsu?" si coprì il volto con le mani mentre la risata cristallina di lui le arrivava alle orecchie. "Intendo, quando ognuno di noi si sposerà, che non osi organizzare il matrimonio in estate! Ghihahaha sei troppo buffa Luce!" rise parando appena in tempo il cazzotto di lei destinato al suo bicibite che, ben scoperto e con l'abbronzatura in bella vista, era sembrato un ottimo bersaglio all'amica.

"La smettete di flirtare voi due così possiamo partire?" "N-Noi non stiamo flirtando Becky!" raggiunse l'amica stizzita, mentre Natsu si dirigeva dentro casa per aiutare Shiki, che era entrato per prendere bagagli suoi e dell'amica e... "Finalmente! Già Lucy ha caricato per bene l'auto, poi anche Rebecca che si porta dietro l'intera casa con tanto di giardino a momenti! Che diamine avranno quelle due?" chiese l'amico, carico di bagagli, appena lo vide in suo soccorso. "Che ti devo dire amico mio, probabilmente avranno pensato che era il caso di trasferircisi ad Hargeon anziché passarci le vacanze..." rispose guardando sconsolato le valigie e i borsoni che avrebbe dovuto prendere, ma per un attimo non riuscì a non sorridere nel pensare che era esattamente così che era cambiata la sua vita diciannove anni prima. Con un trasloco improvviso e una fetta d'anguria...

"Vi sbrigate o no?" Rebecca era già al posto di guida e Lucy accanto al bagagliaio aperto, in attesa che i ragazzi si sbrigassero, e risero nel vederli arrivare, impacciati a causa di numerose valigie e borsoni, borbottanti perché nessuna delle due sembrava voler dar loro una mano.
"Dai su, che vi risparmiamo il primo turno di guida!" disse tra una risata e l'altra Lucy, scansandosi per far posare ai due i bagagli e indicando Rebecca con già la cintura di sicurezza allacciata. "C'è un matrimonio che ci aspetta!" ribadì l'altra come se già non lo sapessero, dato che se si stavano ammazzando per caricare l'auto era proprio perché Elsa e Jellal si sposavano -come due pazzi a detta di Natsu, e in quel momento anche di Shiki- in piena estate...

"Dovrebbe essere illegale sposarsi ad Agosto accidenti!" borbottò il ragazzo dalla capigliatura rosa, trovando man forte nell'amico che annuì convinto. "Dai smettetela e vediamo di sbrigarci!"

Li rimproverò l'amica, e dopo poco, non senza lamentele, i ragazzi salirono -Shiki soffiò il posto a Lucy sul sedile davanti, accanto al guidatore, guidatrice in quel caso, e Natsu si mise dietro accanto a una Lucy molto risentita- e la bionda partì impostando sul navigatore la rotta per Hargeon...

Erano già passate quasi sette ore, Shiki aveva dato il cambio a Rebecca alla prima stazione di servizio che avevano incontrato e in cui avevano mangiato e avevano fatto il pieno, dimentichi di Natsu e della sua chinetosi, in cui era ripiombato da un paio d'ore poiché l'effetto della Xamamina era passato e il ragazzo aveva dimenticato la medicina a casa. "Dovrebbe esserci una farmacia più avanti, secondo il navigatore ci vorranno ancora dieci minuti per arrivarci a questa velocità..." disse Rebecca, voltatasi verso i sedili posteriori, nel tentativo di tranquillizzare il ragazzo che, disteso sulle gambe di Lucy, chiedeva pietà per il suo povero stomaco martoriato. "Natsu sto andando più piano che posso... siamo fortunati che questa strada non sia trafficata come l'autostrada principale... ringrazia Lucy che ci ha costretti a prenderla a proposito..." la ragazza infatti, anche se credeva che avesse la medicina con sé, aveva programmato la rotta di quel viaggio per evitare al ragazzo di stare male nel caso le pillole non fossero bastate per coprire l'intero viaggio. Ma quelle pillole non lo avevano neanche cominciato il viaggio, e ora si ritrovava a cercare di calmarlo carezzandogli i capelli con una mano lo stomaco con l'altra nella vana speranza di dargli sollievo. "Natsu fatti forza, siamo quasi arriva-" ma Lucy non finì la frase, perché il ragazzo alla guida sterzò all'improvviso frenando poco prima di finire tra i cespugli...

"Che cavolo Shiki!" Rebecca era furiosa e spaventata, non comprendeva perché il ragazzo avesse fatto quella mossa così improvvisa e pericolosa, ma prima che potesse chiederglielo lo vide scendere dall'auto e recarsi per strada -dove per fortuna non passavano molte auto e in quel momento era totalmente deserta-, nel punto esatto in cui aveva sterzato così bruscamente. Lei e Lucy fecero lo stesso, incuranti del povero Natsu che si stava rialzando dal tappetino della vettura con una mano sul naso dolorante per la botta presa nell'impatto, e fu lì che lo videro...



Angolo autrice.
Ebbene inizia così una nuova avventura per i nostri NaLu e Shicca! Una piccola raccolta che racconta di un viaggio estivo, e chissà come si evolveranno le cose per i nostri beniamini👀
Beh, lo scopriremo solo vivendolo, quindi grazie per aver letto questo primo capitolo e grazie al forum Torre di Carta per questo evento fantastico!
Alla prossima❤️

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Capitolo 2
*** Capitolo due: On the road ***


Capitolo due: On the road.

Prompt: 11. “You had me hooked again from the minute you sat down | The way you bite your lip, got my head spinnin' around | After a drink or two I was putty in your hands | I don't know if I have the strength to stand.” (Troublemaker - Olly Murs)
12. “Parla, la gente purtroppo parla | Non sa di che cosa parla | Tu portami dove sto a galla | Che qui mi manca l'aria.” (Zitti e buoni - Måneskin)
15. “But someday, I will find my way back | To where your name Is written in the sand | 'Cause I remember every sunset | I remember every word you said | And we were never gonna say goodbye.” (Summer Paradise - Simple Plan)




"You had me hooked again from the minute you sat down... the way you bite your lip, got my head spinnin' around... after a drink or two I was putty in your hands... I don't know if I have the strength to stand..." risuonavano nell'abitacolo le note della famosa canzone di Olly Murs, mentre Rebecca la canticchiava e Shiki batteva l'indice di una mano sul volente a tempo col ritmo della musica, che dalla radio si spandeva per il mezzo, vagando libera per i sedili dove tre di loro si godevano la leggera brezza del condizionatore...
Tre, perché il rosato proprio non riusciva a non soffrire anche il più piccolo dosso che l'amico, nonostante guidasse a una velocità moderata per quelle stradine a ridosso delle campagne, dove erano poche le auto che vi passavano di tanto in tanto, prendeva senza molta scelta a causa del dislivello del terreno asfaltato. E ora, con l'espressione di chi avrebbe rimesso l'intera colazione a momenti e la testa posata sulle ginocchia di Lucy, Natsu aveva la stessa aria che aveva avuto fino a pochi attimi prima il cucciolone di Samoiedo, dal pelo bianco un po' sporco qua e là, che se ne stava ora accovacciato alla sua destra sul sedile posteriore, decisamente un posto più comodo dei cespugli che a malapena lo riparavano dal caldo sole, e da cui era uscito per attraversare la strada, rischiando di farsi investire dalla loro auto nemmeno mezz'ora prima...

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Aveva sterzato d'improvviso, Shiki, col risultato di far spaventare Rebecca e Lucy, e far cadere dal sedile Natsu, che si era ritrovato, oltre alla nausea, un naso dolorante a causa della botta presa contro il tappetino. Certo, non poteva lamentarsi del tutto, dato che per qualche secondo nel suo campo visivo si ritrovò Lucy, ma da un'angolazione molto diversa da prima, in cui il massimo che riusciva a vedere tra una fitta alla pancia e l'altra era il suo volto, per metà coperto dal prosperoso décolleté. Ora vedeva le gambe slanciate della ragazza spuntare dalla stoffa dell'abito. Una vista decisamente invitante anch'essa, che però gli era proibita, e non solo dal fatto che lei avesse le gambe serrate, ma anche dal doloroso pensiero che quella era la sua migliore amica, l'essere più prezioso che aveva accanto, e mai avrebbe rovinato quello che c'era tra loro solo perché, da bravo idiota, si era scoperto innamorato di lei un anno prima, quando, per un'intera estate che Lucy aveva deciso di passare in un altro paese per un viaggio, gli era mancata come l'aria, ritrovandosi a provare un sentimento del tutto nuovo nei suoi confronti. Un sentimento ben lontano dalla forte amicizia che li aveva legati per diciotto anni...
Il ragazzo dovette subito ridestarsi, per il naso dolorante e il fatto che letteralmente nessuno se lo stesse filando di striscio, per alzarsi e vedere anche lui cosa gli altri tre stessero guardando con così tanto interesse da dimenticarsi di lui.

Di fronte a loro un cagnolino bianco dall'aria spaventata se ne stava lì a tremare, impaurito da ciò che era appena successo, ci volle un po' prima che si potesse fidare abbastanza di loro da accettare il tramezzino al prosciutto che Shiki aveva recuperato dal proprio marsupio, al sicuro da un'ingorda Rebecca, che se un solo sguardo avesse potuto uccidere, lui sarebbe stato già lì stramazzato al suolo per come lo guardava male. "Povero piccolo..." Lucy si accovacciò di fronte all'animale, ora un po' più calmo sebbene i guaiti e il tremore non cessassero, tanto da farsi carezzare la testa dolcemente. "Non possiamo lasciarlo per strada..." finì trovandosi d'accordo con gli altri, e dopo un po' di tentativi -andati a vuoto a causa del piccolo che si dimenava e indietreggiava ancora impaurito- lo prese in braccio portandolo in auto. Alla fine il piccolo, dopo un po' di smarrimento, si acciambellò sul sedile posteriore dell'auto che, dopo qualche altro minuto ferma per permettere a Natsu di riprendersi, tornò a macinare i chilometri, e la chinetosi non tardò più di qualche secondo a farsi risentire...

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"Siamo quasi arrivati dai Natsu..." vederlo così le aveva sempre fatto un brutto effetto, le stringeva il cuore in una morsa troppo dolorosa per lei, che aveva capito di provare, per quel ragazzo dal carattere un po' bambinesco nascosto dietro il corpo di un uomo, dei sentimenti assai lontani dalla semplice amicizia, talmente tanto che se avesse avuto delle parole per descrivere la sensazione che provava accanto a lui ogni volta, sarebbero di certo state quelle che la voce del cantante stava pronunciando in quello stesso momento a tempo di musica...
"Why does it feel so good but hurt so bad? ... Whoa ... My mind keeps saying 'run as fast as you can' ..."
Perché aveva finito per provare quelle cose, tra sette miliardi di persone, proprio per quello che era il suo migliore amico non ne aveva idea, sapeva solo che da quando era tornata, un anno prima, dal viaggio che l'aveva portata a scoprire i posti più belli d'Italia, aveva portato con sé non solo il senso di colpa verso Natsu, ma anche quel qualcosa che, da quando lo aveva rivisto all'aeroporto venirla a prendere col sorriso chiedendole se si fosse divertita, era cresciuto a dismisura, divenendo ancora più forte e difficile da dissimulare man mano che passavano i mesi...
"Eccoci!" annunciò Shiki, indicando la stazione di servizio e fermando l'auto proprio lì davanti. "Io resto qui a fare rifornimento con Shiki e Lucy accompagna Natsu alla farmacia e poi al negozio di animali ok?" domandò Rebecca, ripetendo l'accordo che avevano raggiunto poco prima. Avevano dovuto fare una deviazione, ed erano ora diretti in una piccola località dove, secondo il navigatore, si trovava anche un negozio di animali, per acquistare il necessario per il cucciolo, ormai addormentato sui sedili posteriori.
Così i due ragazzi -Natsu un po' barcollante- scesero dalla macchina per raggiungere la propria destinazione, sotto il sole che non ne voleva sapere di lasciarli andare, torturandoli con la calura estiva che gli pizzicava la pelle...

"My heart is sinking as I'm lifting ... up above the clouds away from you ... and I can't believe I'm leaving ... oh, I don't know, know, know what I'm gonna do ..." cantavano i Simple Plan a tempo di musica, la stessa su cui Rebecca ancheggiava mentre il serbatoio si riempiva, buttando un occhio all'interno del veicolo, dove il cucciolo sonnecchiava tranquillo e Shiki muoveva il capo al suo stesso ritmo, facendo sì che le ciocche corvine danzassero a tempo di musica. Non si era mai soffermata troppo su di lui, è solo in quel momento realizzò quanto davvero le piacesse passare del tempo con lui.
Era un suo amico e che fosse bello non era un mistero per nessuno, ma soltanto in quegli istanti, mentre il sole batteva sui sedili dell'auto passando per i finestrini aperti, colpendo il petto coperto dalla candida camicia con le maniche tirate fino ai gomiti e aperta per i primi tre bottoni del ragazzo, si rese conto di quanto anche quel momento fosse prezioso per lei. Arrossì nel vederlo sorriderle attraverso lo specchietto, cercando di concentrarsi su ciò che stava facendo per non pensare all'imbarazzo di essere stata beccata, a fare cosa di preciso non lo sapeva nemmeno lei, e si voltò concentrandosi sulla musica, inconsapevole della vista che aveva appena offerto all'altro, rimasto a guardare i capelli biondo cenere muoversi a tempo di musica e della leggera brezza che si era alzata e risplendere al sole che, fortunatamente, era divenuto meno cattivo, nascondendosi di tanto in tanto dietro qualche nuvola di passaggio, offrendo finalmente sollievo dal caldo estivo...

Per fortuna le nuvole avevano deciso di dargli una mano, donando loro un bel pezzo di strada senza il sole cocente a troneggiargli sulla testa. "Quanto manca ancora?" continuava a brontolare Natsu, pochi passi dietro di lei che invece, a differenza sua che sentiva le sneakers bianche come due trappole a racchiudergli i piedi doloranti, sembrava quasi non avere ai piedi quelle torture chiamate tacchi, e continuava imperterrita seguendo le indicazioni del cellulare. "Siamo quasi arrivati..." gli rispose, troppo concentrata a guardare lo schermo per accorgersi dell'arrivo di quel ragazzo -poco più alto di lei, moro, con una camicia bianca, aperta per i primi tre bottoni, e dei jeans scuri- che stava girando l'angolo nello stesso istante in cui lo stava facendo anche lei, finendo inevitabilmente per urtarlo. Con un 'Mi scusi' appena accennato continuò a camminare finché... "Eccoci!" aveva detto fermandosi di fronte all'entrata su cui troneggiava l'enorme croce illuminata di verde, all'interno della quale erano riportati data, ora e gradi di temperatura, e nel farlo urtò appena il rosato, che non ricordava esserle così vicino fino a poco prima, un attimo brevissimo che però fu sufficiente per farle sentire il petto muscoloso posato sulla schiena e un brivido lungo di essa...
Entrò cercando di non pensarci e gli disse in tutta fretta di aspettarla fuori e che ci avrebbe messo poco...

"Loro non sanno di che parlo... voi siete sporchi, fra', di fango... giallo di siga fra le dita... io con la siga camminando... scusami, ma ci credo tanto che posso fare questo salto... e anche se la strada è in salita... per questo ora mi sto allenando e buonasera, signore e signori..."
Le parole di quella canzone attraversavano le cuffie e giungevano alle sue orecchie mentre, riparato dall'ombra della grande croce verde della farmacia, Natsu aspettava che la ragazza uscisse, e senza un motivo apparente, tra una nota e l'altra su cui il cantante di quella band -i Måneskin, a cui si era appassionato grazie a Lucy, che al ritorno dalle sue vacanze non aveva fatto altro che parlare di quella band scoperta per caso, sentendone decantare i vari riconoscimenti e vittorie avuti nemmeno pochi mesi prima. Strano per lei, che non era un tipo rock musicalmente parlando, ma era forse anche per questo che si era innamorato di lei, per la sua capacità di sorprenderlo ogni volta nonostante la conoscesse da anni- cantava quelle parole, ripensò a ciò che era accaduto poco prima...
"Mi scusi..." aveva detto a malapena Lucy al tizio che aveva appena urtato, troppo presa a guardare lo schermo del telefono per accorgersi di come l'aveva guardata lui invece. Ma a Natsu non sfuggì l'occhiata che quello le aveva riservato, e tantomeno l'espressione ebete che aveva fatto quando i suoi occhi si erano posati sui fianchi della ragazza, la quale spesso non si rendeva conto -lui sì, e purtroppo non era l'unico- che quando accelerava il passo questi prendevano ad ancheggiare di più accentuando le forme prosperose. Si parò subito dietro di lei, impedendo a quel tipo di continuare a spogliarla con gli occhi, che avrebbe reso neri entrambi, e molto volentieri, se solo lei non lo avesse distratto dai suoi pensieri omicidi...
"Eccoci!" aveva detto fermandosi, e così lui l'aveva urtata, facendo sì che un brivido scendesse lungo la spina dorsale nel sentire il proprio petto a contatto con la schiena di lei, per metà scoperta a causa del vestito. Pochi attimi che gli avevano scatenato qualcosa dentro, una sensazione ben conosciuta per lui, il cui pensiero, era certo, lo avrebbe accompagnato per molto tempo, forse per sempre...

Perché si era innamorato, tra tante persone, proprio della sua migliore amica, non lo sapeva, ma sapeva che mai avrebbe smesso di provare quel sentimento speciale, ed era pronto anche a soffrire quando lei gli avrebbe presentato, come già successo, un fidanzato. Era un masochista del cavolo e se lo ripeteva ogni volta, ma il suo cuore mai avrebbe smesso di battere in modo diverso per Lucy, solo per lei, e questa era una condanna che non si sarebbe tolto neanche se avesse potuto, perché di fatto non voleva smettere di soffrire. Mai avrebbe voluto smettere di provare quell'amore silenzioso, dolce e amaro al tempo stesso, in grado di dargli vita anche solo nel vedere il sorriso di quella creatura quasi eterea. La stessa che, tra la vice del cantante che continuava a ripetere l'orecchiabile ritornello ora gli stava davanti cercando di risvegliarlo dai suoi pensieri.
"Parla la gente purtroppo parla... non sa di che cosa parla... tu portami dove sto a galla... che qui mi manca l'aria..." e lo aveva appena riportato lei a galla, ma in una realtà troppo dolorosa. Quella sì, gli faceva mancare l'aria nei polmoni e il terreno sotto i piedi ogni singola volta che doveva farci i conti...
Ma non era quello il momento, si disse, perché l'espressione preoccupata di lei lo aveva messo in allerta e tutti i sensi erano scattati per farlo tornare al presente. Che fosse successo qualcosa dentro la farmacia?

"Natsu! Natsu ci sei?" gli agitò una mano davanti al volto, facendolo sussultare e stoppare la musica, sorridendo appena la vide. Un sorriso spontaneo, nato dalla voglia di farle passare quel broncio, adorabile sì, ma che non avrebbe dovuto scalfire il volto di una venticinquenne bella e solare come lei.
"Smettila di ridere e guarda la chat..." girò il cellulare che aveva in mano e su cui era aperta la schermata della loro chat di gruppo, dove Jellal aveva scritto qualcosa che lo spiazzò quando lo lesse...
"Il matrimonio è annullato, mi spiace ragazzi." era la semplice scritta che fece preoccupare entrambi, ed erano certi, anche gli altri due che ancora li aspettavano in auto...

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Capitolo 3
*** Capitolo tre: Drunk ***


Capitolo tre: Drunk.
Prompt: 2. “Sei troppo ubriac* per parlare - figuriamoci per fare una nuotata!”




Come ci fossero finiti a correre come pazzi sulla spiaggia a mezzanotte passata non lo sapevano.
Natsu, Shiki e Jellal sapevano solo che, affacciandosi alla finestra della camera dei ragazzi, avevano intravisto tre chiome molto conosciute intente a urlare frasi sconnesse sulla spiaggia proprio di fronte allo Spriggan, e si erano precipitati subito lì prima che la situazione potesse peggiorare.

Non dovevano lasciar andare Lucy e Rebecca da sole con Erza ad andare a bere qualcosa. Era quasi sicuro che finissero per ubriacarsi, succedeva sempre così alla fine, nessuna delle tre che riuscisse a controllarsi -con la situazione che stavano affrontando poi, in cui bere poteva aiutare a dimenticarsi di tutto almeno momentaneamente, le cose si complicavano- e loro dovevano riportarle al sicuro, lontano da chiunque ci provasse con loro che non ragionavano e... rischiasse di prendersi un bicchiere -o qualunque cosa fosse stata a tiro- dritto in fronte da una Erza nervosa, e lontano da chiunque provasse ad approfittarsi di Lucy, che quando era sbronza non solo non ragionava, ma vedeva il rosato in chiunque le rivolgesse la parola, finendo per fidarsi ciecamente e senza farsi troppe domande. Per non parlare di Rebecca, alle cui telefonate a orari improponibili e colme di frasi insensate Shiki era ormai abituato e rassegnato, ma allo stesso tempo era forse anche sollevato che almeno, da ubriaca, Rebecca chiamasse lui dandogli la possibilità di intervenire prima che finisse nelle mani di qualche malintenzionato.
E adesso eccoli lì a macinare metri, affondando i piedi nella sabbia per raggiungere quelle tre faine che ancora una volta gliel'avevano fatta sotto il naso, ed ora perdevano pezzi di vestiario man mano per chissà quale idea pazza che era venuta loro in mente.
Nessuno si sarebbe aspettato, quel pomeriggio al loro arrivo, che sarebbe finita così...

Leggere quel messaggio aveva spiazzato tutti loro, e le spiegazioni che avevano chiesto non avevano ricevuto che un 'Poi vi racconto' che non li aveva tranquillizzati, tutt'altro...
Il resto del viaggio fu pregno di preoccupazione e domande a cui volevano dare risposta, ma dovevano aspettare di raggiungere i diretti interessati prima, e così tante ipotesi si affacciarono alle loro menti: Da un imprevisto durante i preparativi della cerimonia finanche ad un litigio per qualcosa d'importante...

Che Jellal ed Erza non si amassero non era da prendere in considerazione e questo lo sapevano per certo, c'erano stati vari alti e bassi durante gli anni, nessuno dei due all'inizio riusciva a parlare chiaro, e spesso e volentieri si erano create diverse incomprensioni, facendo pensare ad entrambi di non essere più di un semplice amico per l'altro. Ma per fortuna -o, per meglio dire, furbizia, quella di quei due diavoli biondi che stavano ora alla reception dello Spriggan, famoso albergo di Hargeon, che per loro fortuna non era lodato a caso. L'albergo rendeva disponibile agli ospiti la possibilità di portare animali, e il massimo dei problemi che avevano avuto al loro arrivo era un'assegnazione delle camere sbagliata, dovuta ad un malinteso durante la prenotazione- erano riusciti a chiarirsi una buona volta, iniziando finalmente una relazione, andata avanti fino al momento in cui Jellal aveva chiesto alla rossa di sposarlo. Era stata una sera come tante, aveva raccontato Erza alle amiche, condita di telefilm e pop-corn, in cui il ragazzo dai capelli blu e lo strano tatuaggio sull'occhio destro aveva semplicemente mugugnato un 'E se ci sposassimo anche noi due?' a commento di una scena che stavano vedendo. Strano e non molto romantico, avevano commentato Lucy e Rebecca, ma quando mai erano stati tipi da tali smancerie quei due?
Sempre in realtà, avrebbero detto i loro più cari amici, perché non se ne rendevano conto ma quelle smancerie le facevano eccome...

Non erano sfuggite agli amici tutte le piccole coccole quotidiane che finivano per farsi, attimi in cui esistevano solo loro due, e in cui non si accorgevano del resto del mondo. Momenti di dolcezza che si dedicavano a vicenda senza pensarci troppo -o forse senza pensarci affatto- sin da quando ad unirli era la semplice amicizia, nata tra i banchi di scuola, quando ancora erano un bimbo un po' taciturno e sempre sulle sue e una bambina dal carattere rissoso, che bastava una scintilla per farla esplodere, così come bastava un dolce per farla calmare. Persino i quattro anni di università che li avevano divisi -Jellal era dovuto partire alla volta di Giltena, dove una prestigiosa università gli aveva offerto una borsa di studio per la facoltà di astrologia- non avevano scalfito quel legame particolare, che invece sembrava essersi rafforzato dopo quel lasso di tempo.
E se non fossero intervenute quelle due furie che ora si erano appena chiuse in bagno per dare una bella pulita al cucciolone -Plue avevano deciso di chiamarlo, un nome strano, avevano concordato Natsu e Shiki, ma carino, avevano poi ammesso nel vedere il cucciolo scodinzolare appena sentito quel nome e le ragazze sorridere di rimando- mentre loro si spaparanzavano sul letto... matrimoniale...

Piccolo errore di Shiki, che non aveva capito, nel prenotare le stanze, che non si stesse parlando di letti singoli. E così ora avevano due camere e due letti, che avevano già stabilito avrebbero ospitato rispettivamente Lucy e Rebecca da una parte e Natsu e Shiki dall'altra. Tanto più che erano comunicanti -in quello almeno Shiki ci aveva azzeccato- e certamente non avrebbero avuto tempo per godersi l'albergo con quel problema appena insorto. E sulla scia di quel pensiero Natsu compose il numero, attendendo che il bluetto rispondesse, con l'intenzione di tempestarlo di domande appena ne avesse sentito la voce. Pochi squilli e quel 'Pronto' Jellal non fece neanche in tempo a dirlo che i due lo inondarono di domande e solo il suo 'Vi aspetto al bar, beviamo qualcosa e ne parliamo' li fece alzare e bussare alla porta del bagno. "Ragazze noi andiamo al bar dell'hotel con Jellal, vi informiamo se sappiamo qualcosa ok?" e dopo aver ricevuto un 'Va bene' in risposta dall'altra parte, i due uscirono per scendere al pian terreno, dove, dopo un po' di tempo passato a cercarla tra il via vai di gente, intravidero l'inconfondibile zazzera blu. Jellal era seduto al bancone, nel suo completo sportivo formato dalla maglia nera e i pantaloncini azzurri, che si rigirava il bicchiere di birra tra le mani, bevendolo a piccoli sorsi. Gli si avvicinarono, prendendo posto accanto a lui e ordinando da bere pronti ad ascoltare ciò che aveva loro da dire...

Le dita diafane a chiudere il fiocco e il collare con la targhetta, riportante una 'P' al centro, spiccava già al collo del Samoiedo dal pelo molto più candido di prima e ora profumato, facendolo scodinzolare per il suono prodotto dal piccolo sonaglio che vi era appeso, proprio accanto alla targhetta. "Cosa credi che sia successo? Insomma..." iniziò Rebecca, spezzando un silenzio che era diventato un poco imbarazzante. "Non è la prima volta che litigano..." ricordò Lucy, riportando alla mente di entrambe le piccole crisi -se così potevano essere definite- che avevano affrontato entrambi durante gli ultimi tre anni, che avevano visto la loro relazione a rischio più volte, per le insicurezze che nessuno dei due avrebbe mai ammesso, per orgoglio o semplice timore. Eppure i loro sentimenti reciproci avevano sempre avuto la meglio, fino ad arrivare a quel giorno che, tra non poche settimane, avrebbe sancito l'inizio di una nuova vita, una vita che avrebbero vissuto sempre insieme, e in una relazione ufficializzata anche sulla carta.
Erza non aveva ancora risposto al messaggio che le aveva inviato Lucy ormai quattro ore prima -intanto era già scesa la sera e i due ragazzi stavano rientrando proprio in quel momento- e le ragazze erano molto preoccupate. Sapevano che stava bene, perché aveva condiviso alcuni post nelle stories di Instagram, ma sapevano che quando non voleva parlare con nessuno non c'era verso di convincerla. Era lei che in genere faceva il primo passo, e lo fece proprio in quell'istante, quando il suo 'Venite a bere qualcosa con me?' fece trillare lo smartphone di Lucy, facendole accendere una luce di speranza negli occhi dopo che Natsu e Shiki avevano raccontato ciò che aveva detto loro Jellal.
Non aveva la più pallida idea di cosa fosse successo, sapeva solo che, dopo un piccolo incidente che li aveva costretti ad andare al pronto soccorso, lei gli aveva detto che non era più il caso di sposarsi. Erza era caduta storcendosi la caviglia, ed erano andati al pronto soccorso per assicurarsi che fosse solo una semplice storta e non qualcosa di più grave. Lì avevano fatto un esame per assicurarsi che non fosse incinta -per via dei raggi x delle radiografie aveva detto loro l'infermiera- ed era risultato negativo. Eppure, per un solo attimo, avevano preso in considerazione il fatto che nelle loro vite potesse esserci qualcun'altro, il frutto del loro amore consumato più volte con l'intensa passione che li aveva sempre contraddistinti, sia nel carattere che nella loro relazione. Ma mentre Jellal aveva iniziato a pensare con gioia a cosa avrebbero fatto alle prese con una nuova vita a cui lui sentiva già di voler bene, Erza aveva invece affrontato tutta una serie di pensieri non proprio rosei, quelli che dovrebbero animare l'animo di una donna innamorata e prossima a coronare il suo sogno d'amore. Eppure aveva iniziato a pensare di non farcela, di non essere abbastanza, e che non sarebbe potuta essere come sua madre Irene, che l'aveva cresciuta da sola dopo l'abbandono dell'uomo che tanto le aveva decantato amore. E alla risposta negativa, guardando la delusione negli occhi blu notte dalla sfumatura verdognola di Jellal aveva capito: Forse loro volevano cose diverse e lei non avrebbe potuto dargli ciò che anche lui stesso si era ritrovato a desiderare in quei pochi minuti.
E così gli aveva detto quelle parole, abili lame conficcatesi nel petto di lui, ed era tornata in albergo con l'intenzione probabile di fare le valigie. Aveva provato a parlarle ma lei, chiusa in un mutismo inspiegabile, aveva solo ribadito che non sarebbe stato il caso di sposarsi, e forse anche di stare insieme.

Aveva preso un'altra stanza dopo che lui le aveva fatto presente che, anche per annullare i preparativi, ci sarebbe voluta la sua presenza. Così si erano lasciati, con Erza intenta a chiudersi in camera e Jellal intenzionato a capire la situazione. Per prima cosa le aveva lasciato il tempo di calmarsi col pensiero che, forse, dopo qualche ora sarebbe riuscito a parlarle con più calma. Ed erano passati due giorni con lei che non accennava ad uscire e che quando lo faceva cercava di evitarlo. Aveva risposto a Lucy dopo qualche ora, quando aveva sentito il forte bisogno di parlare con qualcuno e non ne poteva proprio più di quei pensieri che le avevano attanagliato la mente nelle ultime ore. Così erano andate ad un locale lì vicino, finendo per farsi compagnìa a vicenda in mezzo alla musica alta e i drink che buttavano giù uno dopo l'altro. Senza accorgersene erano in strada, camminando verso una meta che si palesò sotto le sembianze di quella spiaggia dalla sabbia dorata, illuminata dai lampioni che squarciavano il buio della sera, giunta ormai alla mezzanotte.

Natsu se ne stava disteso sul letto a giocherellare con Plue mentre moro apriva la porta ad un Jellal che definire agitato era poco. Aveva bussato con molta foga, entrando come una furia con tanto di fiatone, facendo agitare il cucciolo di Samoiedo, che si era rifugiato tra le braccia del Dragneel, guadagnandosi qualche coccola atta a calmarlo, mentre Shiki domandava all'altro cosa stesse succedendo.

Jellal sapeva che Erza non era rientrata in camera, e di conseguenza le ragazze nemmeno, ma ciò che lo faceva preoccupare era il fatto che la rossa avesse spento il telefono, e pur sapendo che non era sola non era riuscito a non farsi prendere dal panico nel vedere le ore passare, finendo per cercare aiuto negli amici, che sperava sapessero almeno dove fossero andate.
Ma Natsu e Shiki non lo sapevano e iniziarono a farsi contagiare dall'agitazione del blu, fino a prendere il telefono, il cui schermo si illuminò proprio in quel momento, iniziando subito a suonare e mostrando il nome dell'amica. Shiki rispose e si ritrovò subito a fare i conti con una Rebecca assai lontana dalla lucidità, che farfugliava qualcosa su quanto caldo facesse e come fosse bello il mare -almeno così aveva capito- facendolo allarmare non poco. "Rebecca dove siete?" domandò attirando l'attenzione dei due e ricevendo solo delle urla sconclusionate in risposta. Le stesse urla che portarono Natsu ad affacciarsi nel sentirle, e non dal telefono, finendo col vedere quell'assurdo quanto preoccupante spettacolo di cui le protagoniste erano proprio le tre ragazze che tanto li stavano facendo penare.
Uscirono di corsa seguiti da Plue e un breve furono in grado di raggiungere la spiaggia, iniziando ad inseguire le tre che, ridenti e ubriache, avevano preso a correre per non farsi prendere.

Dopo essersi divisi, non fu troppo difficoltoso raggiungere le ragazze: Lucy inciampava nei suoi stessi piedi e presto cadde sulla sabbia non riuscendo a rialzarsi prima che Natsu potesse finalmente raggiungerla, mentre Rebecca si era fermata con l'intenzione di togliersi il vestito blu a fiori bianchi e buttarsi in acqua, bloccata però da Shiki che sussurrando un "Becky sei troppo ubriaca per parlare, figuriamoci per fare una nuotata!" la strinse a sé quanto bastava per farla stare ferma. Erza invece si fermò rimanendo a riva, con l'acqua che le bagnava i piedi, nudi a causa dell'assenza delle scarpe, lasciate pochi metri lontano, e guardando un punto non ben definito all'orizzonte, lasciando che gli occhi le si inumidissero, e quando Jellal si avvicinò la ragazza stava già piangendo...

Era stato difficile riportarle in albergo, non tanto per Lucy, che dopo essersi messa a fissare le stelle senza dire una parola, si era addormentata tra le braccia del rosato che ora stava aprendo la porta della camera delle ragazze con lei che sonnecchiava tranquilla, prima sulla sua schiena, e poi sul letto, che praticamente occupò solo lei, tenendo la maglia del ragazzo e impedendogli di allontanarsi. Quanto per Rebecca che inciampava ad ogni passo che faceva, canticchiando a mezza bocca e seguendo Shiki, che dal canto suo, non le lasciava la mano nemmeno quando la testa di Plue si metteva in mezzo, guadagnandosi una leggera carezza dalla bionda, che una volta distesa sul letto cadde quasi subito addormentata, non accennando però a voler lasciare la mano del ragazzo, che fu costretto a restare con lei -non che l'avrebbe lasciata comunque- nella camera che sarebbe dovuta essere sua e di Natsu.
Erza a malapena si reggeva in piedi, intenta a farsi trascinare da Jellal senza dire una parola e con lo sguardo perso, cosa che faceva stare ancora più in ansia il blu, che la portò nella camera che prima era di entrambi e la fece stendere sul letto sul quale rimase qualche minuto prima di cadere tra le braccia di Morfeo.
Per fortuna non avevano fatto troppo rumore e dato fastidio agli altri ospiti, fu il pensiero comune dei tre ragazzi nell'addomentrarsi a notte inoltrata...

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Capitolo 4
*** Capitolo quattro: With you ***


Capitolo quattro: With you.
Prompt: 55. Tema libero.




"Natsu!" aveva fatto in tempo a sentire, ancora addormentato, prima di saggiare il freddo pavimento, su cui era caduto dopo uno spintone da parte di Lucy che, rossa in viso, lo aveva allontanato dall'abbraccio in cui erano chiusi i due.
"Ma sei impazzita Lu? Mi hai fatto male!" si lagnò massaggiandosi la testa dolorante. Non aveva idea di che ore fossero, il sole non era ancora alto e questo poteva significare che fosse abbastanza presto, si alzò e si mise seduto sul letto, le cui lenzuola colore crema erano tutte stropicciate dato che vi avevano dormito sopra. "Che ci fai nel mio letto? E dov'è Becky?" si agitò allarmata la ragazza. Non ricordava nulla di ciò era successo, solo che avevano bevuto molto, dopodiché il buio assoluto e il risveglio abbracciata a Natsu, col viso posato sul suo petto, e per qualche minuto di dormiveglia in cui si era beata del battito tranquillo del suo cuore e del braccio che le cingeva la schiena tenendola stretta al ragazzo, ancora placidamente addormentato col naso immerso fra i suoi capelli. Ma era durato poco, perché una volta completamente sveglia si era resa conto della situazione lo aveva spinto via d'istinto arrossendo violentemente in mezzo alle fitte che le sconquassavano la testa, coprendosi il corpo alla meno peggio con le braccia nonostante l'unica cosa che le mancasse fossero le scarpe, appollaiate a terra lì accanto. "Rebecca è di là con Shiki... non ci volevate mollare e vi eravate addormentate appena vi abbiamo posato sul letto!" disse l'ultima frase con le mani alzate in un gesto di arrendevolezza, pazzate di fronte al petto e con un'espressione dispiaciuta quando vide il suo viso livido di rabbia.
"Eravate ubriachissime, vi abbiamo fermato dal buttarvi al mare e ricevere una denuncia per schiamazzi..." le sorrise comprensivo vedendola abbassare lo sguardo e, beandosi dell'immagine di lei rossa e imbarazzata -aveva sempre adorato quella parte di lei e più di una volta l'aveva provocata per farla arrossire in quel modo-, e sorrise quando lei mugugnò un 'Grazie' pregno di vergogna, guardandosi la maglia rossa su cui vi era una chiazza scura, probabilmente Lucy gli aveva sbavato sul petto durante il sonno, quando si erano ritrovati abbracciati -si passò distrattamente una mano sull'avambraccio dove lei aveva tenuto posata la testa, beandosi del calore che ancora gli pervadeva le braccia e il petto- e un "Come ti senti?" gli uscì dalle labbra, sinceramente preoccupato.
"Ora meglio..." anche se vorrei dormire un altro po', lo tenne per sé, perché avrebbe voluto dormire sì dormire, ma non tanto per il sonno. Avrebbe voluto dormire abbracciata a Natsu ancora per qualche altro minuto, e quel pensiero le fece tornare il rossore sulle guance, facendo ghignare Natsu, che dal leggero sbadiglio che la bionda fece capì che aveva bisogno di dormire un altro po'. E anche lui di voglia di iniziare la giornata non è aveva. "Mh..." si stiracchiò. "Dai Lu, dormiamo ancora un po'. È troppo presto..." e così dicendo si distese aprendo le braccia, chiaro invito che la ragazza accettò senza fare troppe storie anche se un po' rossa. Posò la testa sul petto di Natsu e si fece stringere con la promessa che avrebbero risolto con Erza non appena fossero stati tutti svegli e pronti ad affrontare l'argomento. Quello vero, quello che Lucy sapeva, non nel dettaglio, che attanagliava la mente dell'amica con mille e più pensieri, e che era certa solo Jellal avrebbe potuto toglierle dalla testa...

La testa faceva un male cane e non riusciva a muoversi. Riusciva solo a capire di essere distesa supina su un qualcosa di non ben definito, -forse un cuscino-, caldo e confortevole, che le fece strofinare il naso assonnata, e con l'intenzione di non muoversi da lì ancora per molto tempo e godersi in totale comfort quella mattina...

Almeno fin quando non sentì il peso di Plue sulle gambe, che la costrinse ad aprire gli occhi e rendersi conto che quello che aveva creduto essere un cuscino era in realtà Shiki, che sonnecchiava pesantemente, disteso proprio sotto di lei. Provò ad allontanarsi ma il braccio dell'amico che la cingeva glielo impedì, facendole capire che non sarebbe stato possibile alzarsi senza rischiare di svegliarlo. Rossa in viso e col mal di testa ancora persistente, non poté fare a meno alzare lo sguardo per scrutargli il viso rilassato, sentendo il respiro pesante che faceva alzare e abbassare il petto scultoreo su cui aveva riposato chissà per quanto tempo.
Doveva ammetterlo, il suo amico non era carino, era davvero bello. Bello con tutte le lettere in maiuscolo.
Il viso contornato dalle ciocche scure che vi svolazzavano intorno, e quella piccola cicatrice sulla guancia sinistra, frutto di un piccolo incidente avuto da bambino, gli davano un'aria da dìo greco, di quelli di cui si legge nei racconti mitologici e che pensi non possano esistere. Eppure eccolo lì, con lei che non si era mai accorta di quanto fosse cresciuto davvero, abbandonando i panni del ragazzino di un tempo per vestire quelli di un uomo dal fascino indescrivibile. Arrossì ancora a scoprirsi a fantasticare sul suo migliore amico, agitandosi involontariamente tra le sue braccia, che la strinsero appena, facendola bloccare imbarazzata. Era una posa assai intima quella e, anche se erano molto legati, non si erano mai ritrovati così vicini, e lei non aveva mai pensato al ragazzo in quel modo.
Nel perdersi in quei pensieri, non si accorse delle due pozze scure che la scrutavano, a loro volta, dalle palpebre semi aperte in due mezzelune. "S-Shiki!" si agitò ancora e lui la lasciò andare giusto in tempo prima che gli tirasse un pugno in pieno viso o un calcio negli stinchi per la foga con cui si stava dimenando, lasciando che mettesse una certa distanza tra di loro, e quando la vide sedersi sul bordo del letto si alzò a sua volta stiracchiandosi. "Come ti senti?" "Uno schifo... però immagino di doverti dire grazie..." rispose lei massaggiandosi le tempie doloranti. Di cosa fosse accaduto ricordava ben poco, solo le paure dell'amica e i drink che continuavano ad ordinare. Il tutto attorniato dalla musica alta e, dopo essere uscire da un locale di cui non ricordava neanche il nome, la leggera brezza che spezzava la calura estiva.

Dovevano essere andate da qualche parte vicino al mare data la sensazione di avere la sabbia dappertutto che le faceva prudere ogni singola parte del corpo. "Sai che non ce ne è bisogno!" esclamò in risposta, e vedendola agitarsi d'improvviso rispose alla domanda che ella non fece in tempo a porgli. "Lucy è di là con Natsu. Vi siete addormentate praticamente appena abbiamo varcato la soglia e tu non volevi lasciarmi andare... non preoccuparti vi abbiamo evitato il peggio ieri sera!" al sospiro rassegnato e imbarazzato di Rebecca, che forse stava mettendo insieme i pezzi, si alzò richiamando il Samoiedo, il quale se ne era andato ad accoccolarsi più comodamente sul letto, ormai sgombro dagli altri due, e si fece seguire verso la porta. "Noi andiamo a mangiare qualcosa, tu vieni?" "Magari faccio prima una doccia... lasciatemi i cornetti alla crema eh!" gridò quasi l'ultima frase dato che il ragazzo e il cane erano già fuori dalla porta. Aveva una fame da lupi ma prima doveva assolutamente togliersi quella sabbia di dosso e quegli strani pensieri su Shiki dalla mente. Soprattutto quelli...

Aveva un torcicollo pazzesco e il fatto di aver dormito vestito, addirittura con tutte le scarpe, non aveva certo aiutato la sua schiena ormai dolorante. Eppure Shiki non riusciva a non sorridere nel sentire sul petto, ancora vivido, il calore di quell'abbraccio in cui avevano dormito stretti lui e Rebecca. Quella notte, nonostante tutto il resto, era stata una delle migliori della sua vita, e se fosse stato possibile per lui addormentarsi così sempre sarebbe stato l'uomo più felice del mondo. Ma così non era, e guardando Plue gli diede poi una carezza sulla testa. Solo in quel momento gli venne in mente che avrebbero dovuto cercare un veterinario al più presto per lui, per una visita approfondita e per accertarsi che non avesse nessun chip. Ma fino ad allora, erano i loro stomaci a dover essere soddisfatti per primi...

Una, due, tre smorfie a corrucciarle il viso e poi il leggero brontolìo allo stomaco le fecero aprire di scatto gli occhi, che dovette subito richiudere a causa della forte fitta alle tempie che l'aveva colpita. Prese a stiracchiarsi nel letto matrimoniale, riconoscendo nella camera dai toni beige delle pareti, spezzati dal crema delle tende e il colore scuro del mogano del mobilio, quella dell'albergo dove alloggiava. Nel ricordare vagamente gli ultimi giorni, ringraziò di essere nella sua camera e di non dover affrontare Jellal -che comunque, dopo le prime domande, non le aveva fatto pressioni, e gli era davvero grata per ciò-, tirò un sospiro di sollievo, che però le si bloccò nella gola nel ritrovarsi, disteso in una posizione che le diede il mal di schiena solo a guardarlo, proprio il frutto dei suoi primi pensieri di quella mattina.
Con la testa su uno dei braccioli e le gambe sull'altro, il blu se ne stava disteso sulla poltrona color crema, sonnecchiando placido, per quanto la posizione scomoda gli permettesse di dormire tranquillo.

La rossa si alzò, con l'intenzione probabile di andarsene prima che lui si svegliasse. Lo stava facendo di nuovo, stava scappando anziché affrontare la situazione, esattamente come aveva fatto due giorni prima, e non sapeva da dove le venisse quella codardìa, ma d'altra parte non avrebbe neanche mai immaginato di reagire a quel modo do fronte ad una presunta gravidanza, e se non aveva risposto alle domande di Jellal perché avrebbe dovuto affrontare la situazione ora che lui se ne stava tranquillo lì senza neanche sapere che lei si era svegliata?

Almeno, così aveva creduto...

"È così che finisce?" la voce calda e profonda -e decisamente stanca, non solo fisicamente- la raggiunse nel momento in cui posò la mano sulla maniglia in ottone della porta, facendola bloccare sul posto. "Mi pareva di essere stata chiara... ed eri d'accordo anche tu che ci lascias-" "No!" la interruppe alzandosi dalla poltrona e fronteggiandola. Aveva uno sguardo che lei poche volte gli aveva visto. Uno sguardo deciso e arrabbiato. Lo sguardo di chi le aveva dato il tempo di calmarsi, aspettandola lì quando e come lei avesse voluto mettere fine a quella che era la loro sofferenza. Perché era sempre stato così, non potevano stare lontani l'uno dall'altra e la separazione faceva un male cane...

"Sappi una cosa Erza..." la guardò fissa negli occhi e un brivido le pervase le viscere, ricordandole ancora una volta perché lo amasse e lo volesse come compagno di vita. Almeno, fino a due giorni prima. "Sappi che se uscirai da quella porta io ti correrò dietro!" non avrebbe fatto lo stesso errore. Non dopo averla vista in quello stato poche ore prima ed averci rimuginato tutta la notte sopra. Avrebbe voluto afferrarla per le spalle e farsi dire tutto, ma volle provare ancora una volta con le parole a farsi dire cosa le fosse preso.
"Non è così semplice da risolvere Jellal..." disse stanca. Non ce la faceva più a ripensare a ciò che aveva provato pochi giorni prima, ma lui stavolta sembrava non essere d'accordo. "E com'è? No perché se non mi dici nulla non possiamo risolvere nulla!" "Magari non è destino che si risolva..." e magari non è destino che stiamo insieme, avrebbe voluto aggiungere. Lui sarebbe stato felicissimo di avere un figlio ma lei? Lei non aveva pensato per un secondo a niente di ciò a cui avrebbe dovuto pensare. Aveva rimuginato solo su mille domande e dubbi che non avevano risposta, rendendosi conto che l'instinto materno, lei, non sapeva neanche dove cercarlo. Semmai lo avesse avuto ovviamente...

"Noi due vogliamo cose diverse!" urlò quasi, avvicinandosi a lui e trovando finalmente il coraggio di affrontarlo. E Jellal l'aveva vista nei suoi occhi la Erza che tanto amava, non quella che lo aveva evitato per due giorni per un motivo che neanche gli aveva voluto dire. "Cosa vogliamo di così diverso? Tu vuoi le rose rosse io i tulipani per le decorazioni ai tavoli. Tu vuoi un menù di carne io un misto tra carne e pesce. Tu non vuoi che tua madre e mia cugina Ultear siedano allo stesso tavolo perché sono due pettegole che parlerebbero tutto il tempo di quanto ci abbiamo messo a fare il grande passo, mentre io penso che non ci sarebbero problemi..." si avvicinò di qualche passo, avrebbero potuto stringersi se solo avessero mosso ancora un solo passo...
"Sono queste le cose che non ci permettono di stare insieme? Perché in questo caso capisco il matrimonio ma non il fatto di lasciarci..." si fermò perché si rese conto che stava alzando la voce e non voleva. Non con lei. "E poi, ti conosco troppo bene..." continuò. "Tu non sei così superficiale e soprattutto sei una donna troppo intelligente per lasciarti andare a queste cose. Quindi te lo chiederò chiaro e tondo, e voglio che tu mi dica la verità Erza..." ressero l'uno lo sguardo dell'altra. Sembravano calmi, ma dentro ognuno era un vulcano pronto ad esplodere. Soprattutto Erza, che voleva andare via il prima possibile, prima che lui la vedesse piangere quelle lacrime che coraggiosamente -o fin troppo vigliaccamente- stava trattenendo. "Cosa è successo in quell'ospedale che ti ha portato a decidere che dovessimo lasciarci?" e fu lì che la ragazza non ce la fece più, lui le aveva posto una domanda sin troppo precisa. Aveva rimuginato tutta la notte su cosa potesse essere successo, non dormendo quasi per nulla, e aveva capito che doveva farselo dire perché la Erza che, da ubriaca, rischiava di fargli un occhio nero non esisteva in quel momento, sostituita da qualcuno che piangeva senza una ragione apparente, forse per una ragione che si ostinava a tenersi dentro. E allora doveva tirarla fuori, perché la sua Erza stava distruggendo loro due e, cosa peggiore, si stava distruggendo da sola per tenersi tutto dentro.

Gli occhi castani si inumidirono in fretta, facendo preoccupare il blu, ma facendogli anche capire che forse era davvero vicino allo scoprire la verità.

La stessa verità che una Erza piangente, prontamente sostenuta da lui, che l'aveva abbracciata e portata a sedersi sul letto senza mai lasciarla, gli aveva detto tra singhiozzi maltrattenuti di quanto non avrebbe mai potuto renderlo felice nel dargli un figlio, perché forse lei il senso materno non lo aveva e non lo avrebbe mai avuto. E lui era rimasto lì, ferito ad ogni parola che scorreva, come scorrevano le lacrime e il tempo...

Mezz'ora o forse di più era passata. Erza non lo sapeva dire, sapeva solo che, dopo aver pianto per chissà quanto, aveva trovato il coraggio di alzare il viso verso quello di Jellal, che le sorrideva comprensivo, tenendole le guance tra le mani mentre le scacciava le lacrime, e posandole la propria fronte sulla sua.
"Erza a me non importa se avremo dei figli o meno. Sarei al settimo cielo se ne avessimo solo perché tu ne saresti la madre..." la tranquillità disarmante, tipica di lui in alcune situazioni, le trasmise un senso di pace, che in breve prevalse -non totalmente- sul senso di colpa che sentiva pesarle nel petto. "E se un giorn-" l'indice posato sulle labbra la frenò dal finire la frase, che lui aveva già intuito quale potesse essere. "Non mi stancherò mai di te, figli o meno. È te che voglio sposare. È con te che voglio vivere. È con te che voglio amare per il resto della mia vita. Ti amo Erza, e se mi lasci perché non mi ami più va bene, me ne farò una ragione. Per quanto dolore mi possa dare rispetterò la tua decisione..." ed eccolo di nuovo quello sguardo di fuoco in grado di scioglierle le viscere. "Ma se mi lasci perché pensi che per me sia più importante che tu possa fare da madre ai miei figli e non il fatto che ti amo da impazzire allora non mi attenderò. Combatterò finché avrò fiato in corpo per farti capire quanto tu sia importante per me..." si allontanò di poco, ed entrambi sentirono un freddo inspiegabile pervaderli. "Scegli tu per cosa vuoi lasciarmi, scegli tu se vuoi che ti riporti da me o che ti lasci anda-" questa volta fu lei ad interromperlo, posando le labbra sulle sue e trascinandolo a stendersi sul letto non appena -quasi subito- lui la ricambiò, per perdersi poi in un turbine di passione e complicità che era mancata come l'aria in quelle ore. Le ultime, si giurarono tacitamente a vicenda, che avrebbero passato lontani.

Perché era così che finiva sempre, potevano stare bene solo se stavano insieme, nonostante tutti e nonostante tutto...



Angolo autrice.
E così finisce questa storia! Avevo detto accenni di Jerza ma mi sa che ce l'ho buttata dentro di prepotenza😅
Grazie al forum per l'iniziativa, e grazie di aver letto questa piccola follia estiva, uscita fuori in mezzo al caldo e uno dei miei soliti colpi di testa. Vi dò appuntamento alla prossima, che non ho idea di quando sarà.
Ciao❤️

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