The lost foreigner di Little_GirlMoon005 (/viewuser.php?uid=569326)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I. Senza catene ***
Capitolo 2: *** II. Tumulo delle Cascate Tristi ***
Capitolo 3: *** III. Avvistamenti di Draghi ***
Capitolo 4: *** IV. Un inizio ***
Capitolo 5: *** V. Decisione ***
Capitolo 6: *** VI. La Gola del Mondo ***
Capitolo 1 *** I. Senza catene ***
The lost rogue
Whiterun
14. Stella del Mattino, 4E 201
Hai sentito del Drago ad Helgen!?
questa era la notizia che stava correndo fra gli abitanti della bella
cittadella, tra i quartieri bassi e quelli alti.
Certe voci si
diffondono molto velocemente, e possono alimentare multeplici emozioni.
Stupore, orrore, paura, ma anche incredulità,
scetticismo. Soprattutto quest'ultima. Insomma, si stava parlando di un
Drago, ma a detta di alcuni erano solo baggianate, poichè di
queste creature
non se ne vedevano da moltissimo tempo.
Gli abitanti si sarebbero aspettati un paio di ali imponenti volare
sopra le loro teste, e lingue di fuoco bruciare le loro case,
ma
di questo fantomatico drago non se ne vedeva ancora alcuna traccia. E
la gente, non tutti ma la maggior parte, si era convinta che fosse solo
una cosa di poco conto e quindi non ha più dato peso alla
cosa.
Lo stesso non si poteva dire del giovane incappucciato che aveva appena
varcato il portone della bella città, con lo sguardo di
qualcuno che aveva visto l'Oblivion e
ne era uscito vivo. Aveva appena
messo piede a Skyrim e il benvenuto non era stato uno dei
migliori. Di certo non si aspettava di finire in mezzo ad una disputa
tra un gruppo di ribelli e l'esercito imperiale, e di conseguenza
finire
sul ceppo del boia quando la sua unica colpa era essere arrivato nel
posto giusto ma al momento sbagliato.
Aveva quasi sfiorato la morte, poi era apparso il fantomatico
Drago, portando fiamme,
distruzione e tanta paura.
Forse era stato toccato dagli Dei, perchè fu uno dei
pochi che riuscì a salvarsi. Lo stesso non si poteva dire di
tutti quelli che aveva visto morire tra le fiamme. Un giovane
guerriero, spavaldo e intrepido, lo aveva aiutato a fuggire fino al
villaggio più vicino e offrendogli poi un tetto sulla testa
per un
po' di tempo, quanto bastava che lo aiutasse a riprendersi. Aveva perso
quel poco che aveva; l'arco, la borsa di monete, alcuni
libri e tomi magici, e il cavallo.
Aveva ringraziato quel giovane, Ralof, e sua sorella per
l'ospitalità, dirigendosi nella città
più vicina
in cerca di fortuna, e un paio di septim che gli sarebbero serviti per
ricominciare. Devi
dirgli del Drago, gli avevano detto prima di lasciarlo
andare, Vai a Whiterun,
comunica la notizia allo Jarl, deve saperlo! Ed ora si trovava
nei pressi di una città a lui
sconosciuta, le immagini di quell'orrore nella sua mente, e lo
stomaco che brontolava dalla fame.
Diede un'occhiata al piccolo sacchetto di monete che Ralof gli aveva
donato. ''Cazzo...'' si rese conto che era vuoto, siccome quei septim
li aveva spesi per un'armatura leggera, un arco da caccia,
e pelli di animali per creare un mantello che lo
riparasse dal freddo pungente di quella landa gelida.
Adocchiò
una delle bancarelle presente al mercato che vendeva della frutta
fresca, e lo stomaco brontolò rumorosamente alla vista di
quella
polpa gustosa. Dannazione,
aveva una fame da lupi, ora come ora avrebbe ammazzato per una zuppa di
patate. Non letteralmente.
''Vilkas,
cosa stiamo cercando?''
''Carne
di hoker.''
''Mm,
mi piace la carne di hoker.''
''Lo
so, Farkas...''
Alle
sue
orecchie arrivò una conversazione poco distante, da due
persone
che erano davanti al chiosco delle carni. A prima vista gli
sembravano parenti, forse erano fratelli, ed entrambi
indossavano
un'armatura pesante. Gli davano le spalle, e lo sguardo del giovane
cadde su una piccola borsa che uno dei due teneva attaccata alla
cintura e, dal tintinnio che emetteva, constatò che era
piena di
septim. Bingo!
Gli occhi gli brillarono leggermente mentre un idea gli sfiorava la
mente. Era davvero il caso di prenderela in prestito?
Non che non l'avesse mai fatto, ma finire dietro
una cella subito dopo essere scampati alla morte non sembrava un idea
allettante.
Ma il suo stomaco rispose per lui, più forte di prima, quasi
pregandolo di sazziare la sua fame. O la va, o la spacca,
si disse mentre si avvicinava, silenzioso e calmo, con lo sguardo
attento a tutto ciò intorno a lui, verso le due ignare
figure...
''Ah, povero coniglio...'' uno dei due fratelli, Farkas, si
lasciò andare a quel commento osservando quasi tristemente
la
carcassa morta dell'animale. ''Vilkas, credi che avesse una famiglia,
nei boschi?'' l'altro fece le spalluccie. ''Non preoccuparti,
probabilmente sarano morti anche loro.'' rispose mentre davanti a lui
veniva tagliata della carne di hoker in pezzi più piccoli.
Per
un attimo Vilkas percepì come un leggero fruscio dietro le
proprie spalle, come se qualcuno gli fosse appena passato
accanto...
Si voltò di scatto, ma non vide nessuno. ''Mm? Vilkas?'' lo
chiamò suo fratello, vedendolo come guizzava lo sguardo alla
ricerca di qualcosa, o qualcuno. ''Tutto bene?''
''Mm, si... tutto bene.'' gli rispose riportando l'attenzione sul
chiosco delle carni. ''La mente mi gioca brutti scherzi.''
borbottò quasi a se stesso, per poi prendere la propria
borsa di
septim. ''Che diamine-'' ma, andando a toccarsi i fianchi, si accorse
di non averla più attaccata alla cintura. ''Dove cazzo
é!?' guardò anche a terra sperando che gli fosse
semplicemente caduta, ma non la vide. Farkas provò a
constatare
che forse li aveva dimenticati a Jorvask, ma Vilkas era sicuro di
averli portati con se. Poi realizzò.
''Giuro sugli Dei che se becco quella canaglia, lo faccio a pezzi!''
quasi ringhiò come un animale mentre si allontanava dal
mercato
parecchio incazzato, attirando sguardi preoccupati e lievemente
spaventati di alcune persone, e seguito dal fratello che cercava
inutilmente di calmarlo. Nessuno notò che la canaglia in
questione si era rifugiata nella locanda lì presente.
''Per un pelo...'' il giovane cacciò tutta l'aria che
inconsapevolmente aveva trattenuto, dopo
essersi chiuso la porta alle spalle e lasciandosi investire dal calore
che il fuoco della locanda emanava. Non ricordava l'ultima volta che
aveva provato a rubare da qualcuno, forse quando era ancora un
ragazzino ma lì si limitava a saccheggiare qualche barile
pieno
di patate, e quando veniva beccato era inseguito da qualcuno che
brandiva una scopa minacciandolo di sparire dalla vista. Certo, sua
madre poi le aveva insegnato qualche trucchetto e, a quanto pare, aveva
dato i suoi frutti.
''Mm? Oh benvenuto, accomodati pure vicino al fuoco, l'ho appena
ravvivato!'' quella che doveva essere la locandiera gli rivolse un
sorriso cordiale, mentre disponeva della legna per alimentare le fiamme
del focolare. ''Abbiamo cibo caldo, bevande, e letti caldi!''
Il giovane
rispose con un altrettanto sorriso liberandosi del cappuccio che gli
celava il capo, mostrando una chioma di capelli biondo grano un po'
mossi, non perfettamente pettinati, con ai lati della testa due sottili
trecce, e un viso coperto da una leggera peluria.
Non
c'era quasi nessuno dentro la locanda, se non un bardo che stava
suonando il liuto, e una giovane redguard. Il
giovane si sedette al bancone, sfilandosi poi l'arco e poggiandoselo di
fianco. Chiese dell'idromele, una zuppa di cavoli accompagnata
da due
tozzi di pane e una fetta di carne di cervo. E nell'attesa,
prestò attenzione ad una conversazione
tra il bardo e la redguard.
Ehi,
hai sentito anche tu del... drago ad Helgen?
Cosa?
Allora è vero!? Per gli Dei, non voglio casa mia
completamente distrutta! Il tetto l'ho riparato solo ieri.
Sono
sicura che lo jarl ci proteggerà.
Si,
ma... lui sa? Del drago, s'intende.
Beh,
immagino di si... altrimenti perché non...
"Tieni
tesoro." venne distratto dalla giovane locandiera che gli pose davanti
una ciotola colma di zuppa, una bottiglia di idromele, del
pane e della carne. Lui
la ringraziò, gustandosi poi il pasto con grandi cucchiaiate. "Mm,
questa storia del drago mi mette a disagio..." borbottò la
locandiera
poggiandosi con le braccia sul bancone. Il giovane non capì
se stesse
parlando con lui o semplicemente pensando ad alta voce, ma non disse
nulla continuando a consumare il proprio pasto.
Dopo un po' di
tempo rimasta in silenzio, lei si rivolse direttamente a lui. "E
tu? Hai... sentito della notizia? È da un po' che va in
circolazione,
ma questo drago sembra sparito siccome non ci sono più stati
avvistamenti oltre ad Helgen. E gli unici che l'avrebbero visto
sarebbero... be, morti."
"...
Non tutti." sospirò lui, guardandola dritta negli occhi e
ricevendo uno
sguardo perplesso, che sparì poco dopo quando lei
realizzò.
"Tu...
eri lì?"
Rispose
alla sua domanda con un lieve cenno del capo, giurò di
vedere nei suoi
occhi un bagliore di terrore che svanì così
com'era apparso lasciando
spazio ad uno sguardo più mite. "E... oh cielo, sei ferito?
Niente di
rotto? Al tempio di Kynareth potresti trovare un po' di ristoro-"
"Io...
no, sto bene, ma grazie, l'apprezzo molto." sussurrò il
giovane sorridendo lievemente, per poi pagare e alzarsi. "Ah, una cosa,
se possibile... uhm-"
"Hulda,
mi chiamo Hulda, ragazzo."
"Il
palazzo dello Jarl... dove si trova?"
Arrivato
a Dragonsreach venne accolto dalla piu grande sala del trono che avesse
mai visto. Colonne di legno tanto spesse da sembrare tronchi d'albero,
soffitto a colta con balconate su ogni lato, un lampadario in ferro
battuto su cui brillavano almeno trenta candele e un finissimo tappeto
rosso disteso sul pavimento in legno. "Uhm,
ehilà?" esclamò ben poco convito il giovane
mentre
avanzava, con lo sguardo meravigliato che vagava per tutta la sala. Non ottenne
una risposta, ma udì quello che sembrava un discorso tra due
uomini.
...E
cosa vorresti che facessi, Proventus? Niente?
Mio
signore, ti prego. Questo non è il momento di prendere
decisione
affrettate, credo che abbiamo bisogno di maggiori informazioni prima di
agire.
Superò
il falo che spiccava al centro della sala e si fermò poco
lontano dal
trono dove siedeva colui che doveva essere lo Jarl di Whiterun, la
faccia tirata e le rughe di preoccupazione che gli solcavano la fronte. Non
si accorse della sua presenza, ma la dunmer che gli era affianco si,
perché scattò verso di lui bloccandogli la
strada, la mano bene in
vista sul pomolo della spada.
"Cosa significa
questa interruzione? Lo Jarl non riceve nessuno."
"Un
momento, Proventus. Ireleth, questo chi è?"
Il
giovane si schiarì un poco la voce prima di rispondere;
"Vengo da...
Riverwood, signore. La gente lì ha bisogno del vostro aiuto.
E... so
del drago."
"Dunque
eri a Helgen? Hai visto con i tuoi occhi questo drago." disse, la
preoccupazione sul suo volto e le occhiaie parvero intensificarsi alla
nomina di quella bestia. "Si, signore. E l'ultima volta si è
visto
volare fino qui."
Lo Jarl
scambiò uno sguardo ad Irelith rivolgendosi poi all'uomo
accanto a lui. "Cosa dici
ora, Proventus? Dobbiamo continuare ad affidarci alla
solidità delle nostre mura? Contro un Drago?"
''Mio signore,'' intervenne Irelith. ''Dovremmo mandare subito delle
truppe a Riverwood. E' in grave pericolo e se quel drago si aggirasse
tra le montagne-''
''Lo Jarl di Falkreath la vedrà come una provocazione!''
Proventus la interruppe. ''Penserà che siamo dalla parte di
Ulfric e che ci stiamo preparando ad attaccarlo. Non possiamo
rischiare.''
''Possiamo invece.'' ribattè la dunmer. ''Basta
così!''
tagliò corto lo Jarl. ''Non me ne starò fermo
mentre un
drago brucia il mio feudo e massacra la mia gente! Irelith, invia
subito un distaccamento a Riverwood e ordina lo stato d'allerta per la
città. E ordina di riaprire i cancelli Proventus, ma
cominciate
subito a deviare l'acqua del canale per formare delle cisterne. Offri
un compenso per chiunque voglia aiutare. Dobbiamo essere pronti.''
Entrambi si inchinarono e presero congedo per le loro mansioni, e lo
jarl rimase solo col giovane davanti a lui. Si alzò
finalmente
dal trono avvicinandosi a lui. ''Grazie per il tuo contributo,
ragazzo, non lo dimenticherò facilmente.''
''Nessun ringraziamento, davvero. Era il minimo che potessi fare per la
gente di Riverwood.'' Nello sguardo dello jarl si potè
vedere un
leggero barlume di rispetto. ''Mi piaci, giovane. Dimmi,
qual'è
il tuo nome?''
''... Damien, signore.''
''Bene, Damien. Ho una proposta che forse potrebbe essere al caso tuo.
Te la senti?''
''Di cosa si tratta?''
Lo jarl fece cenno di seguirlo, per poi camminare con passo calmo verso
le stanze adiacenti. ''Il nostro mago di corte, Farengar, stava
investigando su una questione collegata a questi draghi e alle... voci
su di loro. Credo che tu postresti dargli una mano.'' arrivarono alla
camera del mago, sommersa dalle carte. Libri e pergamene erano aperte
su ogni ripiano, e gemme dell'anima erano sparse qua e là.
Un
globo di luce galeggiava sopra al tavolo, sostituendo le candele. Un
uomo avvolto da ampie vesti da mago era chino sui fogli. ''Farengar,''
si annunciò lo jarl. ''Penso di aver trovato qualcuno che
possa
aiutarti col tuo progetto sul drago. Questo giovanotto è
Damien,
nonchè testimone di Helgen. Prego, forniscigli tutti i
dettagli.'' poi si rivolse al giovane. ''Buona fortuna.''
Non appena lo jarl prese congedo per tornare ai suoi compiti, Damien
rimase solo con l'apprendista, e lo scherno che gli adombrava gli occhi
lo fece sentire parecchio a disagio. Cercò di sfoggiare il
migliore dei suoi sorrisi, ''Uhm, ciao.'' disse. L'altro
sembrò accigliarsi ancor di più, nemmeno
ricambiò il saluto. ''Mm, quindi lo jarl pensa che tu
possa essermi utile.'' disse mentre tornava a lavorare come se non si
fosse mai interrotto. ''Il fatto che tu sia stato ad Helgen
è
effettivamente una motivazione convincente. Ma non sarà
un'impresa facile, devi addentrarti in una rovina pericolosa in cerca
di un'antica tavoletta di pietra che potrebbe persino non essere
là. Sei comunque interessato?''
Aveva appena iniziato a parlare e Damien già capì
che
questo Farengar era una di quelle persone non proprio amichevoli,
dalla lingua abbastanza affilata e dal carattere, più o
meno,
scontroso. Ma aveva abbastanza pazienza da tenergli testa. O almeno
sperava. ''Si, m'interessa.'' rispose. ''Ma... puoi dirmi cos'ha a che
fare la tavoletta coi i draghi? Che tipo di collegamento hanno?''
''Ah, allora non abbiamo un rude mercenario, ma un pensatore. Uno
studioso, magari?''
fece il mago, e Damien poteva percepire l'ironia nelle sue parole.
''Beh, si, mi interessa scoprire quanto più possibile su
ogni cosa che innesca la mia curiosità.'' rispose con tono
calmo. ''Per quanto mi riguarda, va
bene se non vuoi il mio aiuto, lo comprendo... ma credo dovrai
aspettare qualcun'altro per recuperare quella tavola. E immagino che la
responsabilità non sia mia, ma solamente... tua.''
Ci fu inaspettatamente dello stupore sul volto del mago, forse anche
del lieve fastidio. Forse non era abituato a qualcuno che rispondesse
alle sue provocazioni. Sollevò le mani dal libro dove stava
scrivendo degli appunti veloci e cercò una pergamena tra
quelle
distese sul tavolo.
La spianò sopra tutte le altre e, quando Damien si
avvicinò per osservarla meglio, vide che raffigurava tutta
Skyrim. ''Vedi, quando le storie sui draghi hanno iniziato a circolare,
molti le hanno liquidate come fantasie.'' parlò il mago,
ogni
accenno di derisione ormai sparito dalla sua voce. ''Credevano fosse
impossibile, ma solo gli stolti considerano impossibile tutto
ciò che non rientra nella loro esperienza. Io
però ho
sempre cercato informazioni sui draghi; dov'erano scomparsi, moltissimi
anni fa? E da dove provenivano? E' stato allora che ho sentito parlare
di una certa tavoletta di pietra che dovrebbe trovarsi... qui.''
Indicò col dito un punto poco a sud di Whiterun, tra le
montagne. ''Al tumolo delle Cascate Tristi. Si tratta della Pietra del
Drago, e dovrebbe riportare una mappa dei siti di sepoltura dei
draghi.''
''E' quella rovina che si trova vicino Riverwood?''
''Esattamente.'' rispose Farengard. ''Appena puoi, vai al tumolo, trova
la pietra e portamela. Ci stai?''
''Ci sto.'' i due si strinsero la mano. ''E... per farmi perdonare dal
modo in cui mi sono comportato, puoi... addocchiare qualche mio libro e
i
miei appunti, ma non rovinare nulla, per favore.''
Damien, curioso com'era, diede uno sguardo alle varie carte che
Farengar aveva steso sul tavolo. Appunti, note personali, piene di
parole e simbole che prima d'ora non aveva mai visto. Prese con
delicatezza quello che lo aveva colpito maggiormente; una carta che
sembrava raffigurare un drago che subito gli sembrò
familiare.
La figura era colorata di nero, e ruggiva contro il cielo mentre era
avvolto da alte lingue di fuoco. ''E questo!'' esclamò.
Farengar gli lanciò un occhiata interrogativa. ''Il drago
che
ho visto ad Helgen, è questo.'' gli porse la pagina per
mostrarglielo. ''Mi prendi in giro? Impossibile.'' Farengar glie la
strappò dalle mani con ben poca gentilezza.
''Non sto scherzando. Il drago di Helgen era... uguale a questo qui, ne
sono sicuro!'' ribattè con voce sicura Damien. ''Mi aveva...
cioè, aveva parlato! Una cosa del tipo... dovah... dovah..?
Ah,
non ricordo, ma giuro che-'' s'interruppe quando vide lo sguardo di
Farengar incupirsi improvvisamente mentre continuava a guardare
l'immagine del drago. Il fatto che quel mago non gli stesse
più
rispondendo subito lo fece quasi allarmare.
''Ascoltami,'' disse infine Farengar, voltandosi verso di lui con il
viso contratto in un espressione seria. ''Ti
conviene andare subito al Tumolo delle Cascate Triste.''
''Ma... puoi spiegarmi perchè-''
''No, non c'e tempo!'' lo interruppe spingendolo quasi con forza fuori
dalla sala. ''Vai al Tumulo, ora. Adesso!''
Nonostante fosse molto confuso, Damien percepì chiaramente
la
preoccupazione nella sua voce e annuì lasciando
immediatamente
la sala del mago che continuò a fissare il disegno di quella
bestia nera, le dita leggermente tremanti che scorrevano lentamente su
una scritta.
ALDUIN
-angolo autrice;
siccome vorrei uscire da questa quarantena il meno esaurita possibile,
ho deciso di impiegare il mio tempo riprendendo a scrivere una long fic
su skyrim... e a rigiocarci ancor di più. Liberi di lasciare
recensioni positive e non, consigli e suggerimenti. E se notate errori
di qualsiasi tipo, ben venga. Purtroppo ho il vizio di non notarli,
anche se rileggo più volte il capitolo :'')
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Capitolo 2 *** II. Tumulo delle Cascate Tristi ***
The lost rogue 2
Tumulo delle Cascate Tristi
14. Stella del Mattino, 4E 201
Era
quasi pomeriggio quando arrivò nei pressi del Tumulo, ma il
bosco era ancora animato dagli uccelli che cantavano e dalle cascate
che rombavano rumorosamente. Cercando di orientarsi come poteva grazie
alla mappa cartacea, proseguì verso una stradina innevata,
salendo fino alla vetta del monte dove finalmente si mostrava il Tumulo.
Il
vento gelido gli graffiava il viso e si avvolse di più nel
suo
mantello. A quanto pare non aveva errato sui banditi che avevano fatto
irruzione nell'emporio di Riverwood, perchè avevano
preso
possesso della prima sala per ripararsi dal freddo.
Damien
si
appiattì contro le rocce per osservarli meglio, avevano
allestito un piccolo accampamento con un fuoco da campo e una tenda di
pelli di lupo. I due stavano parlando e il giovane tese l'orecchio.
A quanto
pare uno di
loro era andato giù, nelle profondità del tumolo,
insieme
a quello che chiamavano Artiglio d'oro. Probabilmente il manufatto che
avevano rubato.
Nonostante fosse da solo, era abbastanza sicuro di cavarsela contro di
loro. Non si erano ancora accorti della loro presenza, e poteva giocare
d'astuzia.
Raccolse
un sasso dal
pavimento polveroso e, dopo aver preso la mira, lo lanciò
lontano in un punto impreciso. Uno dei due banditi si
allarmò
nell'udire in rumore sospetto, sfoderando l'arma avanzò
lentamente verso la sua fonte ma allontanandosi così dal
secondo
bandito.
In
quel momento
Damien imbracciò l'arco e con una gran velocità
incoccò la prima freccia che andò a trafiggere la
gola di
uno. L'altro bandito non ebbe il tempo di reagire che si
ritrovò
una freccia dritto sulla tempia.
Allora
Damien uscì da dietro le rocce affrettandosi a
scendere nei piani bassi, l'aria che diveniva più umida e
malsana. Per quanto gli riguardava non aveva assolutamente idea di cosa
il tumulo gli avrebbe riservato. Per ora aveva visto mura rovinate,
ossa sparse qua e là, e i resti ammuffiti di qualche
poveretto
che si era addentrato prima di lui.
Ma
poi
cominciò ad udire qualcuno che gridava aiuto, e la strada si
riempiva sempre di più di ragnatele. E poi lo vide, un
dunmer
rimasto incastrato in uno spesso muro di ragnatele che, oltre a fare da
trappola, aveva anche bloccato la strada.
"Oh, oh
dei, siano
benedetti! È arrivato qualcuno!" esclamò
con fin
troppo entusiasmo mentre Damien gli faceva cenno di fare un poco
più silenzio. "Ok, ok, senti... aiutami ad uscire, ti prego!"
"Si,
ma prima dimmi
dov'è l'artiglio." lo vide ammutonirsi qualche
secondo.
''L'artiglio che hai rubato al mercante di Riverwood!''
precisò
il giovane.
''Ah, si! Si, l'artiglio, va bene, però... aiutami ad
uscire.''
Non glie la raccontava affatto giusta, ma decise comunque di
assecondarlo. ''Va bene... vediamo se riesco a liberarti.'' gli disse,
osservando attentamente le spesse ragnatele che lo tenevano.
Scartò l'idea di strapparle a mani nude, non ci teneva a
toccare
quella roba viscida, quindi cacciò il pugnale
d'acciaio
passando la lama dura e lucida su quei fili spessi, stando attento a
non colpire per sbaglio il dunmer. Dall'altra parte l'elfo scuro
cominciò ad avere più libertà di
movimento e,
strattonandosi un po', si ritrovò finalmente libero, con i
piedi
per terra... e una lama puntata sotto il mento.
''Beh, ora...'' fece il giovane. ''Dovresti proprio darmi
quell'artiglio.''
I due si scambiarono una lunga occhiata silenziosa, il dunmer
guardò la lama, poi nuovamente il giovane davanti a
se'... e
infine corse via, scappando come una volpe. ''Ehy! Dammi quel maledetto
artiglio!'' Dovrei
migliorare le minacce,
pensò Damien mentre gli correva dietro, e dannazione se quel
dunmer sapeva correre veloce, lanciandogli allo stesso tempo qualsiasi
cosa che rallentasse il suo inseguitore, tra qui ossa marcie, e vecchi
vasi arrugginiti. E ci riuscì nel suo intento, siccome
Damien si
ritrovò ad inciampare su di essi cadendo rovinosamente sul
pavimento dando altro tempo al dunmer di scappare.
Cercò di rimettersi in piedi velocemente e riprese a correre
ma,
dopo qualche istante, udì i rumori di un... combattimento?
Rimanendo
accovacciato contro il muro, sporse leggermente il capo
assistendo al dunmer combattere contro quello che sembrava un...
cadavere non proprio morto-morto, che aveva appena assestato un colpo
mortale al povero elfo la cui testa rotolò via dal suo
corpo.
Dopo di che' il non morto si allontanò con passo lento e
quasi
strisciante, brandendo l'ascia dalla fattura nordica ora imbrattata di
sangue.
Il giovane uscì allo scoperto solo quando si
assicurò che quella cosa fosse il più lontano
possibile
da lui, e silenziosamente si avvicinò al corpo dell'elfo
privandogli dell'artiglio d'oro che teneva ancora stretto tra le dita.
''Lucan dovrà pagarmi un bel po' per questo lavoraccio.
Sempre
se... ne uscirò intero.'' pensò il ragazzo,
frustato
all'idea di essere
circondato da altri
cadaveri che potevano tornare in vita da un momento all'altro. Si diede
coraggio e, determinato più che mai, si addentrò
sempre più in basso.
Superare
quel tumolo fu lungo ma non difficile. L'oscurità era
intensa e quei
non morti erano in gran numero, ma la maggior parte giaceva sdraiata
nelle proprie conche lungo la pareti. In silenzio, senza svegliare
nessuno Damien, si aprì la strada tra cunicoli e corridoi.
Ma
anche quando li sentiva svegliarsi però, distrarli era
semplice. Damien
scoccava una freccia nel vuoto e la maggior parte di loro si muoveva si
voltava verso quel rumore, in ascolto, dandogli il tempo di superarli e
avanzare.
Fu
molto attento a perlustrare ogni stanza, assicurarsi con un colpo di
pugnale che ogni cadavere rimanesse tale, e fece anche incetta di
frecce. In tutto questo il buio lo avvolgeva, opprimendolo e mettendo a
dura prova il suo sangue freddo. Era quasi un miracolo che quelle cose
non si fossero ancora svegliati.
Arrivò infine in profondità davanti a delle porte
chiuse.
Le ultime, probabilmente, dal loro spiraglio soffiava un vento gelido.
Ripose
l'arco in spalla concentrandosi sulla porta davanti a sé;
due draghi
erano scolpiti ai lati di essa con accurata precisione, mentre i
battenti erano rafforzati con acciaio nord e vi erano incise rune e
bassorilievi.
Al
centro spiccava la figura di un drago, sotto di esso un uomo dal
mantello lungo che tendeva un braccio verso la bestia. Damien
cacciò
dal borsone di pelliccia un foglio giallastro e del carboncino,
iniziando a fare uno schizzo veloce di quella figura.
Scrisse pochi appunti disordinati, prima di riporre il foglio dentro la
borsa. Infine allungò le mani verso la porta
e, con grande sforzo, la aprì lasciandosi investire da una
folata gelida.
Silenzio. Nulla si mosse, ma c'era ancora tensione
nell'aria.
La
camera, se si poteva chiamare così, era diversa da tutte
quelle che
aveva visto fin'ora. Proseguiva in ogni direzione, era ampia e sembrava
non avere fondo.
C'era
un rivolo d'acqua che cadeva a cascata in uno specchio argenteo,
circodato da fiori e muschio, e un unico altare sopra di un basso
rialzo. Nessun pavimento se non la nuda roccia, ne' muri scolpiti, e
l'aria non era stantia come nei cunicoli. Era più una grotta
che una
stanza.
Avanzò
cautamente verso l'altare, godendo della luce che irradiava quasi ogni
cosa e dallo scrosciare dell'acqua. Salì poi il breve pendio
con i
sensi tesi, le dita tremanti per la presa sull'arco e si
preparò a
scoccare una freccia.
Ma...
il cadavere disteso sopra all'altare rimase fortunatamente solo un
cadavere, per nulla influenzato da una qualche magia che lo tenesse
ancora in vita.
Tranquillizatosi
un poco, adocchiò la lunga e larga parete alle sua spalle,
scavata
nella roccia... e con incise rune che non aveva mai visto.
Passò il
palmo sulla pietra liscia, le dita che andavano ad accarezzare quelle
parole che non riusciva a comprendere. Forse una lingua particolare...
All'improvviso
una delle rune che aveva appena sfiorato iniziò a brillare
d'azzurro.
Istintivamente arretrò di qualche passo, ma un rombo
scoppiò attraverso
la stanza cogliendolo di sorpresa.
Venne
travolto da vento e tempesta che lo spinsero all'indietro come una
foglia d'autunno, incapace di opporsi alla forza dell'aria. E vi fu
luce, poi buio, e dolore nelle tempie. La testa che si svuotava e si
riempiva al tempo stesso, e prima che potesse rendersene conto le forze
lo abbandonarono e perse i sensi senza capire nemmeno perché.
Quando
riaprì finalmente gli occhi si trovava ancora in quella
grotta,
disteso di schiena sul pavimento, lo sguardo che cominciò a
correre intorno con
crescente agitazione, e la magika che scorreva dentro di lui come un
fiume in pieno.
Si
tirò a sedere provando un leggero senso di nausea e un
giramento di
capo, per cui si rimise in piedi senza fretta. Non aveva idea di quanto
tempo fosse trascorso da quando aveva perso i sensi, ma la stanza era
ancora illuminata, quindi il sole era ancora alto nel cielo.
L'incisione,
quella che lo aveva... colpito, brillava ancora di blu allo stesso
ritmo di un cuore che pulsava, rispetto alle altre che erano spente.
Gli
venne in mente l'idea di riscrivere quella parola su un foglio, e lo
fece. Forse Farengard ne sapeva qualcosa e gli avrebbe detto di
più.
Si
trascinò verso l'altare poggiandoci le mani sopra, ancora
destabilizzato da quella sensazione, e sentiva riverberare ogni muscolo
del suo corpo.
"Non
t'azzardare a svegliarti..." borbottò contro il non morto
sull'altare,
mentre esalva un lungo sospiro. Lo sguardo si allungò verso
qualcosa
che si trovava sotto il cadavere.
Non senza un minimo di disgusto, lo
sollevò piano... e quello che vide gli fece allungare gli
angoli della
bocca fino alle orecchie ed esultare come un ragazzino; la lastra che
era venuto a cercare.
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Capitolo 3 *** III. Avvistamenti di Draghi ***
The lost rogue 3
Tumulo delle Cascate
Tristi
14. Stella del Mattino, 4E 201
Damien
lasciò il tumolo con lo zaino colmo di tutto quello che era
riuscito a sgraffiniare, molta polvere d'ossa per le pozioni, e
ovviamente la lastra di pietra per Farengard.
Il ritorno l'avrebbe fatto a piedi ma non voleva tornare subito a
Whiterun, perciò andò verso est in direzione di
Riverwood.
Doveva pur riportare l'artiglio a Lucan, il
proprietario dell'emporio, e magari si sarebbe forgiato un nuovo arco.
Dopo
tutta la morte che aveva appena visto, rivedere l'erba che tornava a
coprire i fianchi delle montagne, gli abeti, gli stambecchi, le capre
che correvano tra i sassi, fu come un toccasana per lui.
Arrivò
in città poco dopo il tramonto. Ci era già stato
e
l'unica cosa differente era che le guardie erano raddoppiate. Ma era
rimasto lo stesso paesino pieno di vita che aveva visto la prima volta
insieme a Ralof.
Un cane abbaiò al suo arrivo e altri quattro o cinque del
villaggio si unirono a lui in un coro di bentornato.
"Sei tornato, dunque. Ti trovo bene! Hai qualcosa da fare prima di
tornare a Whiterun?" la prima ad approcciarsi a lui fu la sorella di
Ralof, sorridendogli sincera.
"Grazie,
anche tu. Devo liberarmi di un paio di cianfrusaglie e... restitutire
una cosa al vostro emporio. Ah, dov'è tuo fratello?"
Poté
leggere la risposta nel suo viso prima ancora che rispondesse.
"È partito un giorno fa verso Windhelm per riunirsi ai Manto
della Tempesta. Sai, ha detto che metterà una buona parola
su di
te."
"Oh..."
realizzò Damien. Ralof gli aveva parlato di quello che stava
succedendo, di come Skyrim fosse divisa dalla rivolta dei Manto contro
la Legione. "Non hai ancora deciso?" chiese lei.
"So
veramente poco di quello che sta succedendo. Mi sento molto... lontano,
come un pesce fuor d'acqua. Non vorrei nemmeno schierarmi, a dirla
tutta. Non è... la mia guerra."
"So
cosa intendi, però... credo che tutti noi dovremmo scegliere
da
che parte stare. Ma non oggi. Ad ogni modo, ti andrebbe di unirti a noi
a tavola? E quasi ora di cena, e abbiamo zuppa di pomodori e cipolle, e
idromele fresco."
Damien
la interruppe con un gentile gesto della mano. "Ti ringrazio per
l'invito, ma non rimarrò molto qui. Giusto il tempo di
liberarmi
di qualche peso."
Lei comunque gli rivolse un sorriso e, prima di
lasciarlo andare, disse.
"Allora buona fortuna. Sappi che, per qualunque
cosa, non devi far altro che chiedere."
Con
quello che si era riuscito a procurare dentro il tumolo aveva
guadagnato abbastanza septim da comprare materiali per forgiarsi un
arco elfico, decisamente migliore e più resistente di un
semplice arco di lengo, e le apposite frecce.
Ovviamente
Lucan era molto entusiata di aver nuovamente tra le mani quel piccolo
manufatto. Certo, per un attimo Damien ebbe la tentazione di tenerselo
tutto per sé, ma non ci avrebbe fatto molto poi.
Era
quasi sera quando riprese il cammino verso Whiterun, con lo zaino
più leggero e una lanterna attaccata alla cintura che
illuminava
le strade buie. Aveva questa lastra e sperava che, una volta cosegnata
a Farengard, la storia fosse finita lì.
Ma era solamente l'inizio.
Whiterun
14. Stella del Mattino, 4E 201
"Gli
dei siano lodati. Hai trovato la pietra?"
"Beh,
buonasera anche a te, Farengar." rispose Damien una volta entrato
nella stanza del mago che in quel momento non era solo. Era affiancato
da una donna con indosso una corazza di pelle, e il volto quasi
nascosto da un cappuccio.
Sfilandosi
lo zaino dalle spalle, cacciò infine la pietra avvolta
accuratamente in un pezzo di stoffa poggiandola sul tavolo mostrandola
al diretto interessato.
"Le
tue informazioni erano accurate, quindi." disse il mago rivolgendosi
alla donna. "E dobbiamo ringraziare il nostro amico che l'ha recuperata
per noi."
"Vero,"
rispose lei, la sua voce era dura e pronfonda. "Ti sei avventurato in
una rovina pericolosa, non dev'essere stato facile. Ti ringrazio."
Lui si limitò a sorridere con un lieve
cenno del capo. "Voi sareste...?"
"Un
amica," rispose Farengar. "È stata lei a scoprire dove si
trovasse la pietra, in un modo che non vuole condividere con me."
"Ho i
miei... metodi. Vi basta questo." ribatté lei. "Ai miei
riferirò ciò che mi hai detto. Ora devo lasciarvi
soli,
signori."
La donna prese infine congedo uscendo dalla stanza, a quel punto Damien
si affiancò al mago. "Ora... che si fa?"
"Ora il tuo lavoro è concluso, e inizia
il mio."
"Va
bene, ma a cosa ti serve?"
"Guarda
bene," il mago
indicò vari punti della pietra. "Indica le posizioni delle
tombe
dei draghi morti. Bisogna capire il motivo del ritorno di queste
creature, questo è il mio lavoro."
"Ah,
a proposito..." Damien si tastò le tasce e infine
cacciò
un piccolo foglio piegato. "Posso farti vedere una cosa?"
"Dipende. Cosa vuoi mostrarmi?"
Il ragazzo gli porse il pezzo di carta e Farengar lo aprì
rivelandone il contenuto. "Al tumulo c'era questa grande pietra liscia,
con incisa delle parole che io non conosco." spiegò. "Una di
queste... brillava. Era come se fosse... beh, viva. Insomma, ti
è familiare?"
Il
volto di Farengar si distese come un lenzuolo stirato, e si
portò due dita sul mento, pensieroso. "Riconosco la lingua,
è draconica..." con l'altra mano aprì uno dei
tanti libri
sfogliandolo di fretta, arrivando ad una pagina dove vi erano parole
simili a quelle che Damien aveva trovato nel tumulo. "Dovrebbero...
essere appena poche lettere. Suf... Fus... O Feys? Non rammento il loro
significato però."
"Ed
è normale che colpiscano?"
"Prego?" gli rivolse un occhiata confusa.
"Una
di queste mi ha colpito, cioè... non ti so spiegare, era
come se
avesse avuto energia propria, e... questa energia mi ha investito in
pieno. L'ho sentita dentro di me, capisci? E' stato... beh, strano."
Vide gli occhi e la mascella del mago spalancarsi dello stupore, e
questa volta fu Damien a osservarlo confuso quando lo sentì
esclamare;
"Impossibile, sei tu."
"Come?"
"Sei tu! Prima hai visto il Drago di Helgen, poi la
parola draconica... non può essere una coincidenza!"
"Coincidenza? Q-quale coincidenza?"
Una
terza voce, femminile e allarmata, fece voltare entrambi verso la
dunmer, Irileth, che irruppe nella stanza con passo veloce.
"Farengar! È stato avvistato in Drago! Devi venire, e anche
tu, giovane!''
"Cosa? Per gli Dei, troppe cose tutte insieme!"
Abbandonò immediatamente quello che stava facendo seguendo
l'elfa verso i piani
alti dell'edificio, a sua volta seguito da un Damien più
confuso
di prima.
Ad
aspettarli c'era lo Jarl Balgruff, insieme ad un soldato dallo sguardo
spossato e dal fiato corto, segno di una corsa lunga e veloce. Tra
grandi boccate d'aria, egli riuscì a dire, ''Lo abbiamo
visto...
arrivare da sud e... era veloce, volava sopra la mia testa quando...
quando sono fuggito. Dei, credevo mi avrebbe seguito!''
''Va bene, ora vai alla caserma e riposati, figliolo.'' gli diede una
leggere pacca sulla spalla. ''Ora ci pensiamo noi. Irileth...!'' lei lo
guardò. ''Raduna delle guardie e andate alla Torre di
osservazione.''
''Ho già ordinato ai miei uomini di riunirsi vicino al
cancello
principale.'' lo Jarl annuì soddisfatto, per poi riportare
la
sua completa attenzione su Damien.
''Ragazzo, ascolta, non c'è tempo per i convenevoli. Ho
bisogno
di nuovo del tuo aiuto. Vai con Irileth e i suoi uomini, e aiutali a
combattere contro questo drago. Sei sopravvisuto ad Helgen, tra noi sei
quello con maggior esperienza con i draghi.''
''Cosa- no, no, no, aspettate...'' esclamò il giovane non
riuscendo a celare il panico che lo stava assalendo. ''Io... sono
fuggito da un drago, non ci ho combattuto. Non ho nessuna esperienza,
non ce la posso mai fare!''
''Credo che nessuno di noi è pronto ad affrontare una
creatura
del genere, però siamo pronti a difendere tutto
ciò che
per noi è caro. So che quello che ti sto chiedendo
è
rischioso, ma ti prego, aiutaci. Non sarai solo questa volta.''
Rifiuta,
gli stava gridando la parte più razionale della sua
coscenza, non
sei venuto a Skyrim per combattere i Draghi. Hai altro a cui pensare.
Rifiuta, pensa a te stesso, mandalo all'Oblivion e tanti cari saluti-
''...Va bene.'' rispose infine Damien dopo un lungo sospiro. ''Grazie,
giovanotto. Irileth, non deludermi... e stati attenti.''
La torre d'osservazione non era lontana. Si trattava di un avamposto di
controllo, poco più che una torre e una stalla dismessa per
tenere i cavalli, ma nella terra pianeggante che era la via occidentale
svettava come una lancia su un tumulo, catturava subito la vista.
L'attacco del drago non l'aveva devastata del tutto, ma alcune macerie
si trovavano sul terreno, e lingue di fuoco si innalzavano dall'erba
bruciata illuminando tutto ciò che aveva intorno.
Irileth e i suoi uomini si dispersero alla ricerca di un possibile
superstite. Si concentrarono intorno alla torre, mentre Damien
arrancò su quelle che dovevano essere le scale che portavano
all'interno.
Fu allora che vide qualcuno uscire, rimanendo abbassato. ''Indietro! E'
ancora qui, da qualche parte.'' era un altra guardia di Whiterun,
ferita al braccio ma era ancora in vita, lo stesso non si
poteva
dire dei due cadaveri che Irileth e i suoi avevano trovato. ''Stai
bene? Sei ferito!''
''Nulla di grave, giovane. Posso cavarmela.''
''Soldato, dov'è il drago?'' alla domanda della dunmer,
l'uomo esitò per
qualche secondo. ''Non lo so... volava in cerchio sopra di noi e poi...
''
In
quel momento udì qualcosa che lo fece congelare sul posto.
Un
ruggito, profondo e mostruoso, proveniente da una bestia di grandi
dimensioni. Lo stesso che udì ad Helgen.
Si voltò giusto in tempo per vedere un drago che scendeva in
picchiata verso di loro. Si buttò insieme a tutti gli altri
immediatamente al riparo evitando l'ardente soffio di fuoco del drago.
Irileth
gridò all'attacco e gli arcieri cominciarono a scoccare
frecce
verso la bestia, mentre i guerrieri si tenevano pronti nell'imminente
momento in cui il drago sarebbe sceso a terra. Damien, con
cuore
che galoppava forte nel petto, diede fondo alla sua faretra,
cercando di mirare con la massima precisione, e riuscì a
conficcare un paio di frecce nella dura scorza del drago.
Ogni
qualvolta questi atterrava, Irileth e i guerrieri si avventavano su di
lui, ma cercando di evitare le sue fauci. Due soldati vennero spazzati
via da un colpo della sua coda, morendo all'istante. Irileth e i suoi
furono scacciati con una zampata, rimanendo intontiti ma ancora vivi.
Damien smise di scoccare frecce lasciando via l'arco, la mano sinistra
venne avvolta da un fascio di luce bluastra che scagliò
contro
il drago, impedendogli di sferrare un altra zampata contro Irileth e i
suoi.
Fu
allora che
la bestia volse la propria su di lui.
"Dovahkiin!"
tuonò la sua voce -perché si, a quanto pare
Damien non se lo era immaginato, il drago gli aveva appena parlato. La
gola della bestia si gonfiò, e scagliò dalle sue
fauci
un'immensa palla di fuoco nella sua direzione colpendolo in pieno. Le
fiamme si dissolsero e, con grande stupore di tutti, il giovane era
totalmente illeso, grazie a una barriera magika evocata in tempo.
Il drago, più infuriato che mai, iniziò ad
avanzare
mentre il giovane correva tentando di aggirarlo e, al tempo stesso, di
tempestarlo di frecce.
La bestia fu più veloce e, con una delle sue zampe, lo
colpì. E lui
rotolò violentemente sul terreno, sbattè la
testa,
atterrò sull'erba fredda, mentre un inspiegabile dolore si
diffuse su tutto il corpo.
Una sensazione di svenimento lo colse improvvisamente, ma tentando di
resisterle riuscì ad aprire gli occhi. La vista era
leggermente
offuscata, tutto intorno a lui sembrava lontano, ovattato. La mano,
tremante, andò a tastare il proprio fianco scoprendolo
coperto di una strana sostanza densa e calda.
Con
un gemito
si accorse di uno squarcio causato dagli artigli della bestia. Come se
non bastasse, la terra sotto di lui tremava ad
ogni passo del drago che stava strisciando verso di lui, sempre
più vicino.
Digrignando i denti, e trattenendo le lacrime e i gemiti di dolore,
tentò di trascinarsi lontano aggrappandosi alla terra con le
dita tremanti. Ma più si muoveva, più si sentiva
svenire,
e la vista appannarsi violentemente.
L'ombra
della bestia
lo sovrastò, in tutta la sua tetra magnificenza, e
voltandosi si
ritrovò faccia a faccia con essa. Se avesse avuto la forza
di
urlare l'avrebbe fatto, non che gli sarebbe stato utile però.
Dei,
davvero
era arrivata la sua ora? No, non voleva morire. Non così.
Aveva
appena messo piede in questa terra, scampato alla morte già
una
volta, non voleva andare via. Strinse gli occhi non avendo il
coraggio di affrontare la
morte in faccia, ma non arrivò. Non sentì le
fauci della
bestia che lacerava le sue carni, e sollevò lentamente le
palpebre incontrando il muso del drago che si abbassava verso di lui.
"Ful, losei Dovahkiin?
Zu'u koraav nid nol dov do hi."
gli ruggì contro il drago in una lingua che non conosceva,
eppure gli sembrava... familiare. Forse perchè era la stessa
delle incisioni che aveva visto nel Tumulo delle Cascate tristi, ma
c'era qualcos'altro...
Irileth approfittò di quel momento di distrazione del drago
e
gli balzò agilmente sopra, arrivando a conficcargli la spada
dentro la testa. Iniziò a dimenarsi dal dolore muovendo la
testa
a destra e manca, Irileth rischiò più volte di
perdere
l'equilibrio, ma si tenne con tutta la forza rimasta usando
l'arma
come sostegno, continuando a spingere la lama più
in
profondita.
Spinto da una forza che non comprese, Damien si trascinò
verso
l'arco che gli era caduto poco lontano, e una delle tante frecce che
erano sparse a terra. Avvertiva delle dolorose fitte al fianco, la
vista che vacillava, le braccia gli tremarono mentre tendeva la corda e
mirava, aspettando il momento giusto per colpire.
Con un grido Irileth mosse la lama costringendo il drago a spalancare
completamente le fauci, e Damien scoccò la freccia colpendo
il palato della bestia. In un grido quasi disperato
il drago parlò nuovamente, rivolto sempre verso di lui... ''Dovahkiin... no!''
...prima accasciarsi a terra, con un ultimo ruggito che gli si spense
tra i polmoni mentre la vita lo abbandonava. Damien crollò
definitivamente a terra sentendosi privo di forze, mentre un tetro
freddo iniziava ad avvolgerlo. E il silenzio colmò la piana.
Sentì delle braccia sollevarlo da terra, riconobbe
alcuni
soldati superstiti intorno a lui, e il viso di Irileth che lo guardava
con evidente preoccupazione mentre con la mano gli schiaffeggiava una
guancia per tenerlo sveglio. Un rumore simile a quella della brace che
arde catturò l'attenzione di tutti, e nonostante lo sguardo
leggermente sfocato Damien osservò come la pelle del drago
cominciava a
fumare, dissolvendosi fino a lasciare l'intero scheletro scoperto. Un
vento magico cominciò a spirare da e intorno a lui,
riportandogli la stessa sensazione che l'avevano travolto al Tumulo.
E il mondo vorticò di nuovo, minacciando di strappargli quel
poco di lucidità che aveva. Ma invece quando il vento
cessò, fu come se aria calda e vigore gli fossero
stati
soffiati nei polmini e un fuoco intenso gli divampò nel
petto e
nei muscoli.
''Non posso crederci... è il Sangue di Drago...''
udì qualcuno vicino a lui sussurrare questo appellativo. Poi
vide nero.
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Capitolo 4 *** IV. Un inizio ***
The lost rogue 4
Lontano,
tra la neve e il ghiacciaio perenne...
(Giorno
indefinito.) (Mese indefinito.)
Una
volta aveva sognato di essere su una montagna.
Era
altissima e pareva imponente, irraggiungibile, e non sentiva freddo.
Non sapeva come ci fosse arrivato.
Semplicemente si trovava lì.
Era un bambino quando lo fece
e fu forse il sogno più bello che avesse mai fatto.
Aveva
giocato con la neve, correndo e rotolando per terra, lasciando che si
insinuasse tra i suoi capelli biondi e macchiasse le sue vesti scure.
La sognò di nuovo.
Era sempre altissima, imponente, irraggiungibile, e non sentiva freddo.
Si chiese perchè si trovava lì, di nuovo. Questa
volta non era da solo.
C'era un drago, grande e grigio, ma non era minaccioso. Emanava un aura
pacifica.
Egli pose lo sguardo calmo e saggio, per nulla innodato d'odio e
sangue, verso di lui sussurrando tre parole.
''Drem Yol Lok''
Whiterun - Tempio di Kynareth
28.
Stella del Mattino, 4E 201
Si
svegliò di soprassalto ritrovandosi seduto senza sapere
come,
lasciando ricadere le coperte sulle gambe. Respirò con
profonde
boccate d'aria, il petto che si muoveva al ritmo dei suo polmoni. Si
portò una mano sulla fronte scoprendosela umida e fresca,
guardando in basso si accorse di una pezza bianca che probabilmente
aveva proprio sulla fronte, di avere delle bende che gli
fasciavano la
ferita al fianco, e la chioma bionda che gli cadeva sulle spalle.
La stanza in cui si trovava era piccola, ma confortevole. Il pavimento
era lucido e liscio, la luce del sole filtrava dalla finestra presente,
e l'aria profumava di lavanda e pulito. La ispirò
profondamente,
e percepì dei leggeri passi che si avvicinavano a lui. Una
donna
nord entrò nella stanza, una monaca di quel tempio a
giudicare dalle vesti che portava, e tra
le mani reggeva una caraffa piena d'acqua e delle bende che
posò
su un como' presente nella stanza.
''Sei sveglio, finalmente!'' ella sospirò sollevata,
accarezzandogli poi la fronte con le dita per sentirne la temperatura.
''Mm, bene... la febbre sembra sia scena. Le notti precedenti eri un
fuoco ardente.''
Si chinò con un ginocchio a terra per scrutare attentamente
le
bende. ''Sembra stia guarendo. Dimmi, ti fa ancora male
se...'' premette pianissimo due dita contro il fianco, e lui
sussultò involotariamente a quel contatto. ''Scusami,
ragazzo.''
si affrettò a dire la monaca. ''No, no, tranquilla... fa
meno
male adesso.'' la rassicurò con un lieve sorriso che la
donna
ricambiò. ''Bene, ce la fai ad alzarti? Voglio cambiare le
bende
e disinfettare la ferita.''
Lui si issò piano dal giaciglio e percepì le mani
esperte
della monaca sfilargli le bende macchiate leggermente di sangue. Le
buttò dentro un secchio di legno e, dopo aver indossato dei
guanti, cominciò a pulire delicatamente la ferita con un
pezzo
di stoffa bagnato con acqua fresca. ''Dove sono...?'' chiese lui mentre
la donna iniziava a tamponare una sostanza gelatinosa, fredda e
dall'odore forte, sul suo fianco. ''Sei al Tempio di Kynareth, ragazzo.
Il mio nome è Danica. Irileth e i suoi ti hanno portato qui
dopo
lo scontro col drago.''
Si tolse i guanti sporchi e, sfregando un po' le mani, le
avvicinò alla ferita ma senza toccarla. Danica chiuse gli
occhi,
ispirò intensamente e concentrò la sua magika in
un
incatesimo di cura, e lui percepì un calore confortante e
piacevole fluire dentro di lui. ''Da quanto ho dormito?''
''Da quasi tre settimane. Il tuo non è nemmeno stato un...
sonno
prolugato. Tranquillo, diciamo.'' rispose lei mentre si occupava anche
delle ferite più piccole. ''A volte... ti agitavi nel sonno,
ti
svegliavi e ti riaddormentavi in un battito di ciglia, a volte in
silenzio, a volte cianciando parole che non capivo.''
''Non ne ho... ricordo.'' ammise lui perplesso. ''Che tipo di parole?''
''Non ne sono sicura... '' rispose la donna dopo qualche istante.
''All'inizio credevo fosse elfico, ma invece... era qualcos'altro.
Qualcosa di molto più antico.''
Finì poi di fasciargli i fianchi con delle bende nuove e
pulite.
''Ecco fatto, un altro mese e dovrebbe guarire del tutto. Niente lavori
pesanti, devi stare al riposo. In quel baule c'è un
cambio
pulito, i tuoi oggetti, e l'unguento che dovrai mettere una
volta
al giorno. Se hai bisogno di una boccata d'aria, puoi uscire dal
Tempio.''
''Credo che lo farò. Grazie mille, Danica.'' le disse. La
donna
fece per andarsene, ma si voltò per dirgli, ''Un ultima
cosa,
molto più personale... grazie. Hai aiutato Whiterun,
sconfiggendo quel drago. Stammi bene, ragazzo.''
Fuori spiccava un sole alto nel cielo, accompagnato da una leggera
brezza fresca. Lasciò che le porte del Tempio si chiusero
alle
spalle, mentre davanti a lui si stagliava una piccola piazzetta con
qualche pachina di legno, e al centro un grande e maestoso albero, dai
rami lunghi e spessi decorati da piccoli fiori di ciliegio. Dei
bambini ci giravano intorno, correndo e ridacchiando tra loro,
rischiando di andare a sbattere contro qualche guardia a servizio. Si
sedette su una delle panche abbandonandosi contro lo
schienale, e
lì da solo fece resoconto di tutto quello che gli era
successo
in così poco tempo.
Prima era stato condannato a morte, poi era scampato dal ceppo del boia
per pura fortuna. Aveva profanato un Antica tomba nordica per trovare
una misteriosa tavola di pietra, e quasi rischiato la morte per via di
un altro drago. E quel drago gli aveva fatto... qualcosa. La stessa
cosa che era successa davanti al muro del Tumulo, un energia gli aveva
attraversato la pelle, intriso le sue carni ed unito alle sue ossa.
Aveva sentito ogni cellula del suo corpo riempirsi di quel potere
antico. Solo che era stato più forte. Molto più
forte.
Non si accorse che si stava rigirando i pollici, colto da un improvvisa
agitazione. Quella parola incisa nella parete non gli lasciava pace, era
ancora disegnata nella sua mente,
ma cosa significava? ''Ehi...!''
Alzò il capo verso la voce di chi aveva parlato; era Irileth
che
lo stava guardando con uno sguardo abbastanza enigmatico. Pareva
sorpresa di vederlo lì.
''Uhm, ehi...?'' farfugliò lui. Sembrava una di quelle
situazioni in cui non sapevi effettivamente cosa dire
perchè entrambi rimasero per un po' in silenzio, non fino a
quando lei gli si sedette accanto, ma pareva tesa e non completamente
rilassata.
''Senti... non voglio fare troppi giri di parole, quindi
sarò
diretta.'' parlò voltandosi verso di lui. ''Mi sei quasi
morto
tra le braccia, e mi sono sentita responsabile.
Non avrei dovuto portarti con me nello scontro col drago, non hai
nemmeno la stoffa del guerriero... senza offesa.''
''Oh...'' non sapeva se sentirsi offeso, oppure no. ''Beh, non che
io possa darti dorto... in effetti.''
''Sta di fatto che avrei dovuto insistere Balgruff a non lasciarti
coinvolgere.''
''Non mi avete costretto, sono stato io a scegliere di aiutarvi.''
''Solo perchè era stato Balgruuf a chiedertelo.'' insistette
lei
rimettendosi di colpo in piedi, come se stare seduta non l'aiutasse a
rilassarsi completamente.
''Ad ogni modo... non vorrei disturbarti ancora, ma c'è una
faccenda di cui dobbiamo parlare.''
''Oh, ti prego, non dirmi che si tratta di un'altro drago.''
''No, riguarda... te.
E' meglio se vieni con me.''
Quando arrivarono a Dragonsreach Damien seguì l'elfa fino al
piano superiore, dove lo jarl, il suo sovrintendente e un altro uomo
che non riconosceva stavano confabulando sommessamente. Il tutto pareva
molto misterioso. ''Avevate sentito anche voi la convocazione, no? Non
possono essere che loro...'' riuscì a sentire Damien, ma si
zittirono subito quando lo videro arrivare. ''Sono lieto di vederti in
piedi, ragazzo.'' gli disse lo jarl con fare sincero. ''Non potevo
sopportare l'idea di averti mandato incontro alla morte. Come ti
senti?''
''Meglio, credo. Uhm, so che avete chiesto di
me.''
''E vero.'' lo sguardo dello jarl si fece improvvisamente serio, e
parlò con altrettanto tono. ''Irileth mi ha raccontato tutto
ciò che è accaduto alla Torre d'osservazione e
che era
successo... qualcosa, dopo la morte del drago. Ha affermato che tu hai
''assorbito'' una specie di...''
''Potere...'' concluse Damien stesso, mentre gli riaffiorarono le
ultimi immagini di quel momento. Difficilmente le avrebbe scordate,
così come le sensazioni provate. ''Si... ecco, è
vero.''
Proventus e l'altro uomo sussultarono a quell'affermazione. ''Allora
sei un Sangue di Drago?'' gli chiese quest'ultimo, ricevendo
però come risposta uno sguardo interrogativo. ''Sangue di
Drago...'' ripetè l'uomo. ''Secondo le antiche leggende, che
risalgono quando ancora esistevano i draghi a Skyrim, il Sangue di
Drago li uccideva e ne rubava il potere e... e tu non hai idea di cosa
io stia parlando, vero?'' concluse notando lo sguardo del giovane farsi
sempre più confuso. Damien fece cenno di no col capo. ''Per
gli dei, fai sul serio?''
''Horgvar, non mettergli fretta.'' intervenne lo jarl voltandosi nella
sua direzione. ''Non sa nemmeno della convocazione.''
''Come? Cosa? Cioè, quale... convocazione?''
balbettò
Damien mentre il cuore gli batteva agitato nel petto stanco. Fu
Irileth, questa volta, a prendere la parola. ''Dopo lo scontro, io e i
miei uomini ci siamo subito affrettati a tornare in città e
portare te al Tempio. All'improvviso però udimmo qualcosa;
era
un suono assordante, un coro di voci tonanti che si era abbattuto su
tutta Whiterun. Tu non l'hai sentito perchè eri inconscente,
ma
tutti noi si.''
Fece una pausa, squadrandolo da capo a piedi. ''Quel coro era rivolto a
te.''
Tutti quanti lo guardarono come se si aspettassero una risposta da
parte sua, quando in realtà non sapeva nemmeno cosa pensare
davanti a tutte quelle rivelazioni. ''In cosa mi sono cacciato, questa
volta?''
''I Barbagrigia.'' rispose Balgruff. ''Vivono reclusi in cima alla Gola
del Mondo, la montagna più alta di tutto il continente di
Tamriel.''
''E... cosa vogliono da me?'' chiese Damien, temendo però la
risposta che sarebbe seguita.
''Si dice che un Sangue di Drago sia eccezionalmente dotato nel dono
della Voce, ossia la capacità di concentrare la propria
essenza
vitale in un Thu'um, o
Urlo
nella lingua corrente. I Barbagrigia sono i maestri della Voce
e
possono insegnarti ad utilizzare il tuo dono. Non ti abbiamo sentito
Urlare, ma quello che è successo con il Drago sia
più che
sufficente.''
''Un attimo,'' intervenne Proventus. ''Cosa c'entra tutto questo con
questo giovanotto? Non vedo in lui segni di quello che chiamano Sangue
di Drago. E poi... cosa vogliono da lui?''
''Questi sono affari dei Barbagrigia, non nostri.'' replicò
Balgruuf. ''Sta di fatto che quando hai ucciso quel drago, qualcosa si
è risvegliato in te... e i Barbagrigia l'hanno percepito. Se
pensano che tu sia il Sangue di Drago, noi non siamo nessuno per
metterlo in dubbio. Per lo più, essere convicati da loro a
Hrothgar Alto è un immenso onore.''
''...E voi vi aspettate che io accetti tutto questo?''
riuscì a
dire Damien dopo un momento di esitazione. ''Sono qui da poche
settimane e... e tutta la mia esistenza viene capovolta all'improvviso,
quando io non ho fatto niente per volere tutto questo! Non
sono un guerriero, e non credo nemmeno a queste sciocchezze nord...!''
Hrongar sembrò sussultare per lo sdegno, perchè
guardò il giovane come se avesse appena detto una blasfemia.
''Sciocchezze nord? Bada a come parli, giovane. Queste non sono
sciocchezze, sono le nostre tradizioni sacre, risalenti alla fondazione
del primo Impero.''
''Le vostre, ma non le mie. Non mi riguardano affatto.'' specificò
Damien, ''Anche se... volessi andare da questi eremiti non potrei. Non
ora, almeno. Sono ancora in via di guarigione, non posso... nemmeno
permettermi un posto dove stare.''
''Infatti, non è solo per questo che ti ho chiamato.''
intervenne lo jarl. ''Voglio ringraziarti, perchè hai reso
un
grande servigio a me e alla città, e per questo vorrei
nominarti
thane di Whiterun. Hai il permesso di avere una proprietà
qui, e
ti assegno Lydia come tuo Huscarlo.''
''Cosa?'' si ritrovò ad esclamare il giovane, non senza un
pizzico di sopresa. ''E'...uhm, beh, vi ringrazio ma... non ho il
denaro per compare una casa. Non ancora almeno.''
''Tutto a tempo debito, ragazzo.'' lo rassicurò lo jarl.
''Ma
sappi che sei bel accolto qui in citta, da me in primis. E' un onore
averti come thane della città, Sangue di Drago.''
Damien non riuscì nemmeno a definire ciò che
provava in
quel momento. No, non era gioia, o meglio... si, un pochino, ma c'era
anche molta accecante confusione. Come se non ci fossero abbastanza
novità nella sua vita, ora era divenuto thane di una
città, quando in realtà non credeva di meritare
tale
onore. Almeno aveva un tetto su cui dormire, era già
qualcosa. E
sebbene non fosse come lo avesse immaginato, e il tutto era accaduto
molto velocemente, era comunque l'inizio della sua nuova vita.
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Capitolo 5 *** V. Decisione ***
The lost rogue 5
Whiterun - Dragonsreach
20. Primo mese, 201 4E
"Potresti
passarmi quei rami di cardo?"
Farengard
teneva lo sguardo fisso e concentrato verso la miscela che stava
impastando e mischiando in una apposita ciotola di legno. La sua
domanda venne ignorata, e alzò la testa posando lo sguardo
alla sua
destra.
"Ehi...!"
"Mm?" Damien sbatté gli occhi prima di
voltarsi verso il mago.
"Mi hai
sentito?"
"Uhm... no?"
Un
sospiro lasciò le labbra del mago. "Passami quei rami di
cardo,
sono
lì." con un accenno del capo gli indicò una
ciotola di
legno poco
lontano. Damien segui' il suo sguardo e concentrò la propria
magika focalizzando attentamente i rami di
cardo. Dopo qualche secondo questi cominciarono a sollevarsi in aria
sotto il controllo del giovane, fluttuarono verso il mago che li
afferrò al volo. ''Grazie.'' borbottò
il mago.
''Non c'e di che.'' rispose il giovane, riprendendo la sua lettura su
quello che era un Catalogo di Incantamenti.
Era passato un mese dopo tutta quella faccenda dei draghi e di lui che
scopre di essere questo... Sangue di Drago. Si era ormai ambientato
nella bella città di Whiterun, ai suoi ritmi e al suo
popolo.
Era finito a lavorare alla Giumenta Barbata, più che altro
tagliava grandi quantita di legna per la proprietaria o suovana qualche
serenata, ed era anche ben
disposto a compiere piccoli favori per alcuni commercianti e per la
gente del posto. Insomma, faceva di tutto pur di guadagnare qualche
septim, anche perchè aveva una casa da pagare.
Gli capitava spesso di passare le mattinate fuori città, tra
le
pianure basse e verdi insieme a Anoriath, un elfo dei boschi che
gestiva il Cacciatore Ubriaco, con cui condivideva la passione per la
cacciagione e insieme andavano a procurarsi pelli e carni.
Il pomeriggio lo si passava a Dragonsreach siccome aveva persuaso
Farengard a prenderlo come assistente, compiendo varie commissioni per
conto suo, come
comprare vari ingredienti e gemme dell'anima.
''Ah, ma dove li ho messi...?''
Damien lo sentì farfugliare tra se' e se' mentre spostava
libri
e pergamene, come se non fossero già messi in disordine.
''Erano
qui, dannazione... dove possono-'' con le sopracciglia aggrottate, si
voltò verso il giovane e gli chiese. ''Damien,
dove sono i Denti di spettro del Ghiaccio?'' All'improvviso il bel viso
del
ragazzo si dipinse di un espressione colpevole. I suoi occhi puntarono
verso il basso mentre ribatteva a bassa voce;
''Li ho usati.''
''Come?''
''Li ho usati!'' ripete' con aria leggermente stizzita e anche
desolata. ''Volevo provare a fare... una cosa.''
''Ti avevo espressamente detto di non usarli!''
''...Scusa.'' riuscì a dire Damien mentre nascondeva il viso
tra
le pagine del libro. Il mago semplicemente sospirò, tra
l'esasperazione e l'irritato, mentre si passava una mano sulla
fronte. ''Lascia perdere, vai da Arcadia e prendine altri.
Ora.'' gli ordinò
gesticolando con la mano. ''E la prossima volta almeno abbi la decenza
di chiedere il permesso se proprio vuoi sperimentare con le pozioni!''
aggiunse mentre lo vedeva alzarsi e abbandonare la stanza.
Il Calderone di Arcadia era ormai l'Emporio che visitava spesso, ma la
cosa non gli dava mai noia. Era affascinato dall'Alchimia anche se non
era un grande esperto. In effetti faceva più guai che altro.
Aveva i ricordi di sua madre che maneggiava con cura e grande
abilità una grande varietà d'ingredienti, e di
lui che la
osservava in silenzio seduto su uno sgabello di legno. Era abituato a
certi odori e sapeva riconoscere quali prodotti fossero nocivi e quali
invece davano benefici. ''Ciao
Arcadia!'' la salutò una volta varcata la soglia d'ingresso.
''Ah, Damien! E' sempre un piacere vederti.'' lei lo accolse con un
sorriso da dietro il bancone, che offriva una vasta gamma di prodotti
alchemici, tra pozioni e ingredienti, alcuni libri di teoria e
piccole gemme dell'anima.
''Ti manda di nuovo Farengar?''
''Si, lui è impegnato... come sempre.'' sospirò.
''Mi
chiedo se prenda delle pause. Non si rilassa mai.'' La donna rise
leggermente. ''Capisco, ma è fatto così. Dagli
tempo e
magari si adolcirà di più. Piuttosto... cosa ti
porta
qui?''
''Oh, giusto. Hai dei Denti di spettro? Li abbiamo... anzì, io
li ho finiti.'' ammise Damien. Lei rimase un attimo in silenzio,
pensierosa. ''Mm, fammi controllare. Dovrei... averne ancora.'' rispose
mentre andava a controllare varie ceste presente nella stanza. Nel
mentre, Damien addocchiò il piccolo laboratorio d'alchimia
presente.
Arcadia annotava su dei piccoli fogli varie ricette per veleni e
pozioni, con la lista d'ingredienti da usare, e li fissava al muro.
Damien si accorse che le note erano aumentate; stava testando una
pozione per rigenerare la salute in modo più sbrigativo, una
che
permetteva di respirare sott'acqua ma che a giudicare dalla X segnata
sopra
non era andata a buon fine, e -questa gli fece storcere il naso- una
possibile pozione d'amore, il cui unico ingrediente erano, per ora, i
mucchi di sali. Forse era solo uno dei tanti esperimenti di Arcadia,
nulla di serio.
Le sue dita andarono a sfiorare uno dei fogli che riportava gli
ingredienti di una pozione per rigenerare la magika, e proprio leggendo
la ricetta si accorse di un dettaglio. ''Mmm, qui c'è un
errore.'' disse attirando l'attenzione della donna. ''Che intendi?''
''Beh, ecco... '' si schiarì la voce. ''con solo questi
ingredienti l'effetto non è molto efficace, risulterebbe
incompleta.'' staccò quindi la nota dal muro porgendola alla
donna. ''Prova a sostituire le ali di falena con dell'aglio, oltre ad
essere più economico otterrai un effetto migliore.''
Arcadia gli
rivolse uno sguardo sorpreso e con un misto d'ammirazione mentre
esclamava, ''Ahh, hai ragione! Non ti credevo
così abile, ragazzo.'' ammise
mentre riscriveva velocemente la ricetta. ''Grazie! Oh, buona giornata
tesoro, e salutami Farengar.''
Quando fece ritorno a Palazzo vide lo jarl Balgruuf discutere con
Farengar di qualcosa a cui non diede attenzione. Quando
entrò
nella stanza del mago fece un leggero inchino nel momento in cui lo
jarl si voltò verso di lui. ''Signore,'' si
limitò a
dire, in modo cortese. ''Bene Farengar, vi lascio al lavoro.'' si
congedò l'uomo lasciandoli soli. Il giovane
ritornò sui suoi tomi, e Farengar alla sua miscela
ora completa grazie all'ultimo ingrediente mancante.
''Balgruuf voleva sapere quando saresti partito per Ivarsted,
comunque.'' la voce del mago lo distrasse dalla sua lettura. ''E'
passato un po' dalla chiamata di quei vecchi eremiti. Non credi di
averli fatti aspettare troppo? In molti ti
invidierebbero. Anche Balgruuf, probabilmente. Altri sarebbero corsi
subito a Hoghar Alto.''
''Beh, io... non penso che... resterò a Skyrim per
molto.''
''Mm, stai scappando quindi.'' tagliò corto il mago
interrompendolo bruscamente. ''Non sto... scappando!''
esclamò
Damien con aria stizzata voltandosi verso di lui, chiudeno bruscamente
il libro. Con le gote
che arrossivano, forse un po' imbarazzato, disse, ''Va bene, senti...
non voglio avere a che fare con questa storia del sangue di drago. Non
ho niente di speciale, e non desidero che la gente mi guardi in modo...
diverso. Anzi, preferisco non avere gli occhi di nessuno addosso.'' E
mentre parlava, tra le dita si torturava una ciocca di capelli, un chiaro segno di agitazione.
''Davvero? Solo per questo motivo?''
''Beh, i miei motivi non ti riguardano. Senza offesa.''
''No, infatti.'' ribattè il mago. ''Non ho interesse in
futili e stupidi caprici.''
''La prossima volta potrei portarti dello zucchero lunare, per farti
addolcire un po'.''
Farengar alzò gli occhi al cielo, poi versò la
miscela in
varie fiaschette di colore verde aggiungendo una targa per indicare il
tipo di pozione che era. ''Oh, hai creato una miscela fortificante?''
chiese improvvisamente il giovane. ''...Si,'' rispose il mago dopo un
attimo di esitazione. ''Com'è che hai indovinato?''
Damien per risposta indicò il proprio naso. ''Dall'odore.''
''Ah, sai anche quali ingredienti ho usato? Oltre ai ramo di cardo e i
denti di spettro?'' quasi lo sfidò il mago mentre riponeva
le
fiaschette dentro una cassa di legno. ''Uhm, beh... se non vado errato,
un... fungo bianco, una squama di pesce macellaio e... un dente di
tigre.'' rispose Damien, mentre si metteva in piedi e riponeva i propri
libri in un piccolo zaino.
''Mmh, non male lo ammetto. Magari potresti darmi una mano per qualche
pozione curativa domani.''
''Solo se mi paghi il doppio.''
''Oh no, non ci pensare nemmeno! Ora sparisci, ci vediamo domani.''
Breezhome
20. Primo mese, 4E 201
Un
intrigante aroma di carne macinata lo investi in pieno quando
rientrò in casa. Il calderone posto davanti al piccolo
falò gorgogliava vivacemente, ripieno di sugo, carne e
verdure,
con qualche pizzico di spezzie picchanti. Damien ispirò col
naso
l'odore invitante. ''Mmm, per gli dei che fame...!''
Da lontano, precisamente dal piano di sopra, si udì una
seconda voce e colpi di martello su legno. ''Thane, sei tu?''
''Si Lydia, sono io!'' rispose il giovane scrolandosi la mantella e lo
zaino da dietro le spalle. ''Hai cucinato tu? Ah, Lydia, non dovevi
disturbarti!'' esclamò il giovane andando ad assaggiare il
sugo
con un mestolo. Si permise di aggiungere un pizzico di sale.
''Già mi sento in colpa ad averti lasciato costruire
metà
Breezhome da sola...'' sospirò. ''Non esserlo Thane, per me
non
è un disturbo!'' rispose la donna continuando a battere
ferro su
chiodo.
Breezhome era il nome della proprietà che aveva acquistato a
rate dallo jarl. Nonostante fosse una casa essenzialmente piccola, era
accogliente, ben strutturata e studiata. Il piano terra era quasi
completo, mancava qualche tappeto e alcuni barili. Il secondo, che
comprendeva la propria stanza e quella di Lydia, era ancora in via di
costruzione. Damien salì le scale per il piano superiore,
intravedendo la donna alle prese con un mobile di legno quasi ultimato.
Lasciò per un attimo martello e chiodi, predendosi un
momento di
pausa.
''Allora thane, com'è andata?''
''Ah, il solito, niente di nuovo. Farengar è dolce quanto un
limone.'' rispose lui aiutandola a sollevare il mobile e posizionarlo
nella camera di Lydia.
La donna si asciugò le mani sui pantaloni di stoffa che
indossava. ''Nah, secondo me gli piaci. Solo che non lo
ammetterà mai.'' ribattè scendendo al piano terra
seguito
dal giovane. ''E tu, invece... che mi dici di Ysolda? L'altra sera alla
locanda eravate...'' le
mise le mani sulle spalle,
''moolto vicine...! Se sai cosa intendo.''
''Ouw, thane! Non è... come credi.'' esclamò
Lydia
distogliendo subito lo sguardo, ma lui riuscì intravedere
delle
gote velate di rosso e un sorrisino sul viso di lei.
Quando conobbe per la prima volta Lydia rimase inebetito; vedeva
davanti a se' questa forte guerriera nord dalla chioma scura e gli
occhi fieri, lo sguardo di chi sa il fatto suo, e non riusciva a
credere che lei fosse al suo servizio. Non aveva idea di come
comportarsi nei riguardi di una guardia del corpo, ma sapeva come
comportarsi con un amica. L'ultima cosa che voleva era trattarla come
un mercenario.
Si sedettero su due sedie poste davanti al focolare,
iniziando a consumare la loro cena parlando del più e del
meno,
accompagnati dallo scoppiettio delle fiamme. E Damien aveva pensato, e
ripensato, all'idea di affrontare una volta
per tutte la questione dei barbagrigia. Il pensiero che si fosse
imbattuto in qualcosa più grande di lui gli incuteva un
certo
timore, l'alternativa era quella di prendere e scappare, e nascondersi
nella prossima terra che avrebbe incontrato... di nuovo. Allo stesso
tempo, era stanco di dover vivere nell'ombra, anche se la cosa gli dava
più benefici che altro.
Forse era arrivato il momento di prendere seriamente la cosa. Infondo
erano solo dei vecchi eremiti reclusi in una montagna, lontano da tutto
e tutti. Poteva andare li, sentire cosa avevano da dirgli, e poi
andarsene senza mai ritornare. Semplice, no? Eppure aveva cominciato a
battere ininterrottamente il piede contro il pavimento, agitandosi sul
posto. ''Senti, Lydia...'' la chiamò dopo qualche minuto di
silenzio. La donna si voltò verso il giovane che, dopo un
attimo
di esitazione, gli chiese.
''Sai come... ci si arriva a Ivarsted?''
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Capitolo 6 *** VI. La Gola del Mondo ***
The lost rogue 6
Ivarstead
25. Primo mese, 4E 201
''Oh
cielo, è stata una pessima idea-''
''Thane,
invece è stata una buona idea.''
Il
sole era al suo picco quando Damien e Lydia, a bordo di un carro,
stavano raggiungendo Ivarstead. Il piccolo villaggio era situato nel
territorio del rift, completamente diverso da quello di Whiterun. Era
una terra composta da pianure decorate da magnifici alberi, le cui
foglie richiamavano tonalità calde come il giallo,
il
rosso, e l'arancio. Il tutto era come se fosse perennamente autunno, e
anche l'aria pareva leggermente più calda rispetto alle zone
più nord di Skyrim.
Ad un certo punto dovettero proseguire a piedi, siccome il carro non
poteva arrivare direttamente al villaggio ma solo a metà
strada.
Arrivarono lì in poco tempo, e decisero di consumare un
veloce
pasto prima di intraprendere il sentiero verso Hrogtar Alto. O
Pellegrinaggio, come teneva a precisare spesso Lydia; a quanto pare era
con tale spirito che i nord affrontavano la scalata alla Gola del Mondo.
Probabilmente per via di Talos, ovvero l'imperatore Tiber Septim che a
sua volta aveva scalato Hrogtar Alto per recarsi dai Barbagrigia e
apprendere i loro insegnamenti. Conosceva più o
meno la storia
di Talos, sapeva che era stato elevato a divinità dopo la
sua
morte, ma che fosse un sangue di drago... non ne aveva idea. Chiedendo
informazioni tra la gente, appresero che i Barbagrigia
non erano soliti a ricevere visite, e che la scalinata poteva risultare
più pericolosa di quanto sembrasse. Scalini scivolosi e
ricoperti di ghiaccio, e anche possibili lupi feroci che attaccavano i
pellegrini lungo il sentiero.
''Quindi, quanti scalini sono, esattamente?'' domandò il
giovane
mentre superavano il ponte che li separavano dalla scalinata.
''Settemila, thane.'' Lui si fermò di scatto, voltandosi
verso la donna con gli occhi strabuzzati. Aveva sentito bene? ''Settemila!?'' chiese
come da conferma. Lei sorrise,
''Si, thane.''
''E non me l'hai detto?''
''Non l'avevi chiesto, thane.''
''Oh... giusto. Giusto.''
Cominciarono a salire i primi gradini, e Lydia parlò ancora.
''Bisogna guadagnarsi l'accesso a Hrotgar Alto con devozione, e sudore
della fronte. Ma sono certa che tu ce la farai.'' esclamò
sicura
di se', mentre lui si lasciava scappare una risatina che trapelava
tutta la sua agitazione torturandosi le mani fasciate da guanti di
pelle. Beh, o la va'...
Passarono almeno dieci minuti o poco più quando
si
imbatterono in un uomo che se ne stava in piedi davanti a quella che
sembrava una tavoletta di pietra scolpita. Forse un cacciatore, o un
semplice pellegrino, sta di fatto che questi si accorse della loro
presenza, e gli si rivolse con un sorriso cordiale. ''Anche voi in
pellegrinaggio?'' chiese.
''Uhm, si.'' rispose Damien un po' esitante. ''Fate attenzione, ci sono
parecchi lupi più in alto.'' fece l'uomo rimettendosi lo
zaino
in spalla. L'attenzione di Damien venne catturata dalla tavola di
pietra, leggendone l'incisione che riportava.
'Prima
delll'avvento degli uomini, i draghi regnavano su tutto il Mundus
La
loro parola era la Voce, e parlavano solo per le Vere
Necessità
Perchè
la Voce poteva oscurare il cielo e inondare la terra'
''Non
ne avevi mai vista una?'' chiese l'uomo notando l'espressione di
Damien. ''No.'' egli rispose. ''Cosa sono questi emblemi?''
''Riportano
la storia di come la Dea Kyne, o Kynareth, abbia concesse il
potere della Voce agli uomini.'' rispose l'uomo. ''Leggili tutti, se
vuoi. Ne incontrai altri lungo la strada. Mi fermo a meditare davanti
ognuno di essi, mi fanno... sentire in sintonia col posto. Buona
giornata, e state attenti.''
Damien
e Lydia salutarono l'uomo, e proseguirono per la loro strada. Le parole
di quella pietra non gli diedero molto conforto. Insomma, sapere che
possedeva lo stesso potere, che poteva addirittura portare cataclismi,
gli ha dato un pochino di brividi.
'Gli
uomini apparvero e si diffusero su tutta la superficie del Mundus
I
draghi presiedevano alle masse
Gli
uomini erano deboli, e non avevano voce'
Il resto della salita, a dirla tutta, fu abbastanza noioso, ma davvero
estenuante. All'inizio pareva affascinante siccome si poteva, man mano
che si saliva, ammirare un bellissimo panorama dall'alto. Ma
più
salivano di quota, più faceva freddo, e la neve
inziò a
cadere con più insistenza, offuscandogli la vista.
'Nei tempi antichi
lo spirito primigenio degli uomini era forte
Non
temevano di affrontare i Draghi e le loro Voci
Ma i draghi, con
un semplice Urlo, li abbatterono nello spirito e nel corpo'
La
fatica iniziava a farsi sentire, e il freddo era pungente. Diversi lupi
li attaccarono, lupi dei ghiacci. Più resistenti, grossi e
difficili da
abbattare rispetto a dei lupi comuni. Lui e Lydia ci avevano impiegato
un po' più del solito per eliminarli.
'Kyne
invocò Paarthurnax, che ebbe compassione dell'uomo
Insieme insegnarono agli uomini
a usare la Voce
Allora scoppiò la
Guerra dei Draghi, drago contro lingua'
Non
furono i lupi il problema, quanto l'inaspettato troll delle nevi che si
trovava quasi in cima. Si scagliò contro i due con un
grugnito
rabbioso, e ci mancò poco che ferì entrambi con
una
zampata. Lydia sfoderò spada e scudo iniziando un
combattimento
ravvicinato contro l'essere, mentre Damien lo colpì da
lontano
con l'arco, prima le gambe e, infine, un ultima freccia dritta
in testa, uccidendolo definitivamente.
'Gli uomini
vinsero e cacciarono Alduin dal mondo,
dimostrando a tutti che la loro voce era forte
Ma in molti si sacrificarono'
I due non parlarono molto durante la salita, entrambi assorti nei
propri pensieri. Lydia pareva quasi emozionata, lui l'aveva notato
dallo strano luccichio che emanavano i suoi occhi scuri, e dal passo
determinato con cui stava affrontando la salita. Damien invece ancora
doveva abituarsi a tutto quello che era accaduto in poco tempo, la
testa piena di tante domande, le cui risposte sperava di
trovare
da questi Barbagrigia.
'Con
Lingue ruggenti, i figli del cielo conquisteranno tutto
fondando
il primo impero con la spada e con la Voce
mentre
i draghi sparivano da questo mondo'
''Lydia,
tu credi che io sia... davvero un sangue di drago?''
La donna volse lo sguardo al giovane, e lo squadrò per un
momento ''Si.'', rispose poi con un sorriso. ''Perchè lo
chiedi?''
''Beh... non credo di avere qualche tratto distintivo. Non sono,
esattamente, il guerriero valoroso che si aspettavano tutti.'' lui
rispose. Lei ridacchiò sotto i baffi. ''Non devi essere un
guerriero per essere un sangue di drago,'' rispose. ''Poteva essere
chiunque; un guerriero, un ladro... o anche un mago, chi
può dirlo. Invece il destino ha scelto te...''
'Le
Lingue andarono umilmente alla Montagna Rossa
Jurgen
Windcaller cominciò la sua meditazione dei Sette Anni
per
comprendere come le forti Voci potessero fallire'
''Mm...'' borbottò lui guardando verso terra. ''Non credi
nel
destino?'' chiese Lydia. ''Cerco di essere il più razionale
possibile.'' rispose lui. ''Non voglio credere
che la mia vita sia già stata scritta da qualcosa
più
grande di me, ancor
prima che nascessi. La vita dovrebbe essere
mia, e di nessun'altro. Eppure...''
''Cosa...?''
''...ora non ne sono più tanto sicuro.''
'Jurgen
Windcaller scelse il silenzio e ritornò
I
diciassette avversari non riuscirono ad abbatterlo urlando
Jurgen
il Calmo costruì la sua casa sulla Gola del Mondo'
''Io credo che alcuni sono nati per compiere scopi che noi,
gente
comune, non potremmo portare avanti con la giusta devozione e
forza.'' rispose Lydia. ''Gli Dei sanno che al mondo servono persone
coraggiose e altruiste che siano d'esempio a tutti noi. La gente li
aspetta, li acclama, grida i loro nomi! E anni dopo racconterrano di
come ammiravano colui che gli insegnò a tenere duro un
secondo
di più. Penso che ci sia un eroe in tutti noi, che ci
mantiene
onesti, ci da forza, ci rende nobili... e alla fine ci permette di
morire con dignità, anche se a volte dobbiamo mostrare
carattere
e rinunciare alle cose che vogliamo di più, anche ai nostri
sogni.''
'Dopo
anni di silenzio, i Barbagrigia pronunciarono un nome
Tiber
Septim, allora un fanciullo, fu convocato a Hrothgar Alto
Lo
benedirono, e lo chiamarono Dovahkiin'
Raggiunsero infine l'imponente struttura che si stagliava davanti a
loro. La dimora dei Barbagrigia si presentava come un grande tempio
antico, costruito con solida roccia che aveva resistito perfettamente
agli anni e alla corrosione atmosferica. Sembrava molto austero, come
posto, ma vista la sua funzionalità era perfettamente
appropriato.
''Bellissimo...'' esclamò sottovoce Damien, mentre
saliva i grandini che lo separavano dall'enorme portone d'entrata.
''Quindi... ci siamo.'' disse in poco più che un sussurro.
''Fatti coraggio, thane. Oltre quelle porte ti aspetta il tuo
destino.'' Il ragazzo si volse per guardarla, ''...Grazie,'' le disse.
''per... sai, il discorso di prima e... per avermi accompagnato. Credo
mi abbia fatto bene.'' la donna gli sorrise. ''Non devi, thane. Forza,
vai.''
Il giovane si volse nuovamente verso l'entrata e, dopo un lungo
sospiro, posò entrambe le mani su quel pesante portone.
''Va bene. Allora andiamo!''
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