I quattro amori di Rukia Kuchiki

di Nao Yoshikawa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Renji - il primo amore ***
Capitolo 2: *** Kaien - L'amore doloroso ***
Capitolo 3: *** Byakuya - L'amore proibito ***
Capitolo 4: *** Ichigo - L'amore consapevole ***



Capitolo 1
*** Renji - il primo amore ***


Il primo amore
 

“Mi chiamo Rukia Kuchiki e questi sono i quattro amori che hanno cambiato la mia vita. Il primo amore, quello tenero e rassicurante. Il dolore della perdita, di quell’amore, che mi ha disilluso. L’amore proibito, che mi ha confusa e fatto passare notti insonni. E l’amore consapevole, a cui non sarei mai arrivata senza le mie esperienze precedenti”.
 
In tanti dicono che quando si è troppo giovani è impossibile amare per davvero.
Questo è ovviamente falso. Ho amato Renji davvero, in modo tenero e sincero.
E anche lui mi ha amata, di questo ne sono sicura, anche se non me l’ha mai detto.
Anche se nemmeno io gliel’ho mai detto, fin troppo impaurita dalla portata di quei sentimenti che mi ritrovavo a provare per la prima volta.
Io e Renji siamo sempre state due anime simili, sotto alcuni punti di vista: siamo cresciuti nel Rukongai, tra gli stenti e le difficoltà. Questo ci ha permesso di sviluppare una certa tempra e resistenza alle difficoltà. Noi eravamo quelli riusciti ad emergere, coloro che erano riusciti a frequentare l’Accademia per diventare Shinigami. Sono stati anni felici, quelli. Spensierati, a dispetto di ciò che pensavano tutti. Anche dopo tanti anni, mi ritrovo a pensare a quel periodo della mia vita con tenerezza e malinconia, com’è normale e giusto che sia. Renji per me c’era sempre, passavamo quasi tutto il nostro tempo insieme. Quando eravamo bambini, era una continua lotta alla sopravvivenza. Una continua ricerca di cibo, riparo, un continuo cercare di stare lontano dai guai, per poi finirci sempre e comunque. E poi tutto era cambiato.
Renji, diventiamo Shinigami.
Avevamo deciso che la nostra vita doveva subire un cambiamento ed ecco perché ci eravamo iscritti all’accademia. Dopotutto, cos’avevamo se non l’un l’altra e nulla più?
Ho sentito dire che lì si sta bene. Se ce la faremo, potremo vivere nella Seiretei.
Volevamo provare ad avere una vita migliore e volevamo farlo insieme, come d’altronde avevamo sempre fatto per dieci anni.
Ricordo quanto ci impegnavamo, quanto era stancante soprattutto all’inizio. Soprattutto ricordo le occhiate giudicanti dei nostri compagni di corso. La maggior parte di loro erano di buona famiglia, mentre noi eravamo quelli del Rukongai, appunto. Ma non era terribile. Io e Renji avevamo trovato il nostro posto del mondo. Noi volevamo costruirci una famiglia e dei legami. Spesso mi soffermavo a guardarlo e sentivo lo stomaco sottosopra. Sentivo le vertigini e le gambe molli. E il cuore battere forte. Erano tutte sensazioni che avevo imparato a provare crescendo. Da bambini era diverso. Da bambina lo stuzzicavo, lui si arrabbiava e io ridevo. Questo non era mai cambiato negli anni, ma era cambiato il modo in cui ci guardavamo. Alle volte lo scorgevo ad osservarmi in un modo che mi faceva arrossire. Quante volte ero stata sul punto di dire qualcosa al riguardo. Quante volte ero stata sul punto di baciarlo? Magari in primavera, sotto un albero di ciliegi in fiori. E sono sicura che per lui doveva essere lo stesso, perché il nostro era un rapporto fatto di non detti e di sensazioni forti. Renji mi toccava raramente. Alle volte poggiava la sua mano grande e calda sulla mia testa e mi sentivo bene. Eravamo entrambi così timidi, così inesperti davanti all’amore, il primo amore.
Poi, un giorno, la mia vira cambiò ancora. Ma questa volta, ahimè, le nostre strade si sarebbero state separate.
Renji, hanno detto di volermi adottare nel casato Kuchiki. Mi faranno anche diplomare subito. E sbrigheranno le pratiche per l’ingresso nel Gotei 13. Renji, io…
Quella per me poteva essere l’occasione della vita. Ma allora perché sentivo come se ci fosse qualcosa di sbagliato? Perché anche nei momenti più felici c’era sempre del dolore e viceversa?
Avrei voluto dirgli tante cose. “Renji, se mi dirai di rimanere, io rimarrò. Perché non riesco a immaginarmi di andare avanti senza di te. Credo di essermi innamorata di te già quando ero bambina, ma me ne rendo conto solo adesso. Ti basta solo una parola.”
Ci speravo davvero, in parte. Ma dopotutto lo conoscevo e sapevo che non era così egoista da chiedermi di rimanere. E infatti non lo fece.
Ma è grandioso! Il casato Kuchiki è un casato super nobile! Che fortuna, ehi! Se ti fai adottare da loro, potrai vivere nel lusso più sfrenato!
Mi aveva detto quanto mi invidiasse. Sembrava felice, eppure c’era qualcosa nel suo tono che lo ingannava. Renji, anche tu non avresti voluto allontanarti da me?
Avrei voluto dirgli quanto lo amavo e quanto per me era estraniante immaginarmi senza di lui. Ma avrebbe fatto così male.
Grazie, mi ero limitata a dire. Poi gli ero passata accanto e mi ero ripromessa che dopo ci saremmo ritrovati. Lì gli avrei confessato i miei sentimenti, lì saremmo stati pari. Ma questo non è mai successo. Non so esattamente perché, forse perché il tempo, la distanza e gli eventi cambiano le cose, la percezione, cambiano le persone. Io divenni Rukia Kuchiki, su di me c’erano certe aspettative. Lui riuscì a diventare Shinigami e poi, in seguito, perfino il luogotenente di mio fratello Byakuya Kuchiki. Le mie parole, i miei intenti erano dunque rimasti lì, sulle mie labbra. Ero cambiata io ed erano cambiate le mie sensazioni. Anche dopo che ci eravamo ritrovati, non avevamo perso la nostra complicità, ma qualcosa era cambiato senza dubbio. Non so, ancora oggi mi chiedo cosa sarebbe successo se gli avessi detto tutto quella volta. Saremmo finiti insieme? Avremmo costruito una relazione diversa? Avremmo resistito e saremmo stati per sempre insieme o ci saremmo lasciati e tutto si sarebbe rovinato?
Non lo so, a questo punto non lo saprò mai, forse. Siamo diversi da ciò che eravamo anche solo qualche tempo prima. Spesso penso che mi dispiace, penso che sarà uno dei miei piccoli e grandi rimpianti. Da un lato penso che forse le cose dovevano andare così. Dicono che il primo amore non si scorda mai e questo è vero. Io dei miei sentimenti non mi dimenticherò mai, perché Renji mi ha insegnato cosa vuol dire pensare sempre ad una persona, sentirsi leggera, mi ha insegnato ad essere felice in un modo diverso. Quindi grazie, mio primo, tenero e indimenticabile amore. Per le risate, i bei momenti, i momenti di confusione, di crisi e felicità.
Ai tempi non sapevo ancora quante volte avrei ancora incontrato l’amore sul mio cammino. Ma dopotutto, chi mai può saperlo?




Le frasi in corsivo sono prese direttamente dal manga.

Nota dell'autrice
Questa è una raccolta che sarà composta da quattro OS piuttosto brevi, perché mi interessava scrivere qualcosa che fosse più che altro introspettivo. Avevo iniziato a scrivere in terza persona, ma poi ho optato per la prima, in effetti la preferisco per questo tipo di storie. Ogni capitolo sarà dedicato, appunto, ad ognuna delle persone che Rukia ha amato (che poi sarebbero i quattro personaggi maschili con cui la shippo, of course). E ho cominciato con Renji, che tecnicamente è quello che sposa, ma qui appunto ci sono what if  di mezzo e la mia OTP per Rukia è un'altra. Ciò non toglie che secondo me davvero Renji e Rukia sono stati il primo amore l'uno dell'altra, a me almeno hanno dato sempre questa impressione (da parte di Renji poi era palese proprio). Il primo amore di solito è tenero, quasi magico. Anche se finisce non si scorda.
Spero che vi sia piaciuta, a presto (:

 

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Capitolo 2
*** Kaien - L'amore doloroso ***


  L’amore doloroso
 
Sono il luogotenente Kaien Shiba, piacere.
Fu un incontro molto banale.
Un banale saluto, una banale sgridata, un banale rapporto tra ufficiale e sottoposto. Però questa banalità era senza dubbio ciò che cercavo.
Spesso non sapevo come approcciarmi al nobile Kaien. Sapeva essere scherzoso e allegro, ma anche severo e deciso quando ce n’era bisogno. Penso di non essermi mai sentita a disagio o fuori posto, quando era in vita.
Perché questa storia non ha un lieto fine.
Ma quelli invece erano stati giorni felici e non avrei pensato che mi sarei ritrovava in quella che era (come avrei scoperto molto tempo dopo) la storia più vecchia del mondo. La sottoposta che s’innamorava del superiore. Non me ne accorsi subito, mi rendo conto che all’epoca ero un po’ lenta a intuire certe cose. O forse le ignoravo volutamente. Per il nobile Kaien provavo rispetto e ammirazione innanzitutto, sapevo che poteva guidarmi e insegnarmi. E poi era sposato, sua moglie era bella, forte e coraggiosa ed era il mio modello di perfezione a cui aspirare. Anche tutto ciò, molto banale. Se le cose fossero andate diversamente, penso proprio che sarebbe stato banale anche l’esito di quella storia. Lo avrei amato in silenzio com’era giusto che fosse. Dopotutto il nobile Kaien non avrebbe mai fatto nulla di sconveniente, aveva troppo onore per farlo e io lo sapevo. Quand’è che l’ammirazione si era lentamente trasformata in fascinazione, attrazione, poi infine anche amore? C’ero già passata, ma sapevo che questa volta era diverso.
Seguivo il nobile Kaien ovunque, quando era possibile. Ma stavo anche ben attenta a non farmi sfuggire nulla. Non volevo mettere in una situazione di disagio né me né lui. Però alle volte mi chiedevo come avrebbe reagito, in caso. Forse avrebbe pensato ad uno scherzo. Comunque non lo avrei mai saputo, non avevo intenzione di rovinare nulla.
Ma le cose cambiarono drasticamente senza che potessi fermarle. Io e il nobile Kaien spesso ci allenavamo insieme. Era stancante, lui era uno di quelli che pretendeva il massimo e che non accettava compromessi. E io pendevo comunque dalle sue labbra.
«D’accordo, Kuchiki. Fermiamoci pure un attimo, altrimenti dovrò raccoglierti con un cucchiaino.»
Io ero arrossita. Aveva sempre un modo di fare così diretto, al contrario mio che ai tempi ero così timida. Lui se ne accorgeva e cercava di spronarmi e mettermi a mio agio. Sembrava che da un po’ di tempo si fosse accorto che qualcosa era diverso in me, malgrado cercassi in tutti i modi di nasconderlo.
Così ad un tratto me lo ero ritrovata vicinissimo, con la fronte aggrottata, che mi studiava. Io trattenevo il respiro ogni volta che me lo ritrovavo così vicino.
«Tu sei strana, Kuchiki. Mi stai nascondendo qualcosa.»
«I-io? Non sto nascondendo niente» avevo mormorato, senza guardarlo.
«Non prendermi in giro. Lo vedo. Sei distratta, hai sempre la testa tra le nuvole. Solo perché sono il tuo superiore, non significa che tu non possa parlare con me. Avanti, sputa il rospo: qual è il problema?»
Si era seduto davanti a me, in attesa. Non ero mai stata una brava bugiarda. Soprattutto, come potergli mentire se si interessava a me in modo così sincero?
«Sono solo sciocchezze. Problemi d’amore. Ma come ho detto è una cosa stupida» mi ero schernita.
«Ah? Io non ho mica detto che ho una cosa stupida. Così ti sei innamorata, Kuchiki. Può capitare. E chi è costui? In quanto tuo superiore, sono autorizzato a sguainare la mia spada, nel caso in cui ti faccia del male. E-Ehi, non guardarmi così, stavo scherzando. Ovviamente terrei al suo posto la spada, questo non vuol dire che non mi preoccupo.»
Allora lo avevo guardato. Gli occhi comunicavano ciò che la bocca non era in grado di dire. C’erano stati attimi infiniti di silenzio e poi lui, ad una certa, aveva capito. E io avevo visto la sua espressione cambiare, farsi seria.
«Oh, Kuchiki. Non me lo dire. Questo è abbastanza imbarazzante, certo.»
«Faccia finta di niente, la prego. È una cosa stupida, passerà» avevo cercato di affrontare la cosa in modo maturo, ma dentro di me ero terrorizzata.
«Ancora? Non ho detto che è una cosa stupida, nemmeno lo penso!» aveva borbottato. Poi il suo sguardo si era fatto più dolce, addirittura. «Tu mi piaci, Kuchiki. Forse, in un’altra situazione, le cose sarebbero andate in modo diverso. Ma così…»
«Lo so. Ecco perché volevo tenerlo nascosto, però… non mi è riuscito molto bene. Sono spiacente.»
Mi ero sentita ferita, il che era assurdo. Era come se una parte di me ci avesse sperato. Che cosa infantile e sciocca.
«Non dire così. È una cosa bella amare qualcuno. È la situazione ad essere complicata. Sei la mia sottoposta e non dimentichiamo che sono sposato. Altrimenti io…»
Per la prima volta, il nobile Kaien era rimasto senza parole. Avevo immaginato che mi avrebbe detto “Altrimenti io e te saremmo stati insieme”. Ma in realtà non ho mai saputo cosa volesse dirmi.
«Amh, così non miglioro le cose. Tranquilla, è tutto a posto tra noi, niente imbarazzi.»
Io ne ero contenta, perché ciò che temevo di più era proprio perdere la sua stima e compagnia. Le cose rimasero in effetti per com’erano, mi sarei accontentata di vivere il mio sentimento in solitudine, ingoiando l’amarezza, ma anche vivendo la gioia che quel rapporto mi dava.
Ma la sanno tutti la fine della storia, che non è lieta né dolce. Io ho ucciso il nobile Kaien, sono stata costretta ad eliminare la persona che amavo. O quel che rimaneva di lui. Il dolore era stato così profondo che tante volte avevo pensato di non potermi più riprendere. E invece poi ero andata avanti, ma questo non vuol dire che mi fossi dimenticata di lui. Anche se non è stato un amore felice, anche se per noi non avrebbe mai potuto esserci futuro, provo sempre una sensazione dolceamara nel ripensarci.
Una volta il nobile Kaien mi disse che il cuore si trova dove sono i miei compagni. E aveva ragione. Ma per me il mio cuore era anche dove c’era lui. Ovunque si trovi, un po’ del mio cuore sarà sempre con lui.

Nota dell'autrice
C'è poco da dire su Rukia e Kaien: amo il trope mentore/allieva e simili. Mi è sempre piaciuto immaginare che Rukia provasse qualcosa di più della semplice ammirazione nei suoi confronti e che magari la cosa fosse ricambiata. Certo, secondo me sarebbe una rimasta una cosa platonica (come del resto è anche in questa storia), perchè dubito che Kaien avrebbe mai tradito la moglie (in realtà non so nemmeno se avrebbe mai iniziato una relazione con una sua sottoposta, ma magari sì). E sicuramente non ci vedo Rukia a fare l'amante. E poi sappiamo come finisce, quindi che sofferenza (: 
Spero vi sia piaciuta. A presto.
Nao

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Capitolo 3
*** Byakuya - L'amore proibito ***


L’amore proibito
 
Ho sempre cercato di compiacere e rendere orgoglioso il mio nobile fratello, che mi aveva accolto nella sua famiglia. Chissà perché proprio io poi, mi domandava spesso. Non potevo sprecare un’occasione del genere, ecco perché sin dal principio mi impegnai per diventare una persona – una Shinigami – di cui essere fieri. Ero uno Kuchiki adesso, su di me c’erano delle aspettative. Ma in verità, devo ammettere che l’unica persona che volevo fosse fiero di me, era proprio Byakuya.
Byakuya che sembrava sempre inarrivabile per chiunque, soprattutto per me. Non mi parlava molto e quando lo faceva era sempre distaccato e freddo. Al punto che per un periodo pensai che mi odiasse, ma poi mi dicevo che non poteva essere questo. Perché odiarmi, se mi aveva voluto con sé, nella sua famiglia? Tutto quello che potevo fare era portare onore e lustro al nobile casato Kuchiki. Io e Byakuya vivevamo insieme, la nostra dimora era grande e lussuosa, ma ci incontravamo raramente. Lui era sempre impegnato e io non volevo disturbare. Tuttavia ero io stessa a desiderare un contatto più profondo. Eravamo una famiglia, dopotutto, no?
Avrei voluto liberarmi di quella sensazione, del sentirmi in soggezione ogni volta che me lo trovavo accanto. Lo ammetto, volevo anche il suo affetto, volevo conoscerlo. Perché, ahimè, non lo conoscevo affatto. Eravamo diventati due familiari, due conviventi, che condividevano il cognome, ma nient’altro.
Io lo ammiravo. Emanava potere, eppure rimaneva umile, tranquillo. Sempre con quell’espressione seria e imperturbabile. Non ricordavo di averlo mai visto sorridere. Però mi piaceva. Mi piaceva guardarlo. Mi piaceva immaginare che volesse parlare con me, per ore. Poi iniziai a desiderare che mi sfiorasse e questi non erano pensieri che una sorella avrebbe dovuto avere verso il proprio fratello. Ma io li avevo e non riuscivo a privarmene. Ma non riuscivo ad allontanarli, né volevo rinunciare ad avere un rapporto più profondo con lui. Mi sarei accontentata di così poco…
Una sera non riuscivo a prendere sonno. Capitava fin troppo spesso ultimamente. Così, con indosso il semplice kimono che usavo per dormire, uscii dalla mia camera. La casa era immersa nel silenzio, eccezion fatta per le cicale lì fuori. Allora andai verso l’ingresso. Fuori c’era spazio per sedersi, per ammirare il rigoglioso giardino attorno alla nostra casa. Mi accorsi ben presto di non essere da sola. Byakuya se ne stava lì seduto e per un attimo ebbi la tentazione di tornare indietro. Ma lui si accorse di me prima che potessi formulare il pensiero.
«Non riesci a dormire?» mi domandò.
«Eh? Ecco… no, infatti.»
«Capisco. Vieni qui.»
Ebbi un brivido, ma cercai di contenermi mentre mi avvicinavo a lui. Sembrava diverso, sotto la luce della luna. Aveva una malinconia nello sguardo che ancora non comprendevo, ma che avrei compreso molti anni dopo.
Mi sedetti accanto a lui e sospirai. L’aria profumava di buono.
«Nemmeno tu riesci a dormire?» gli chiesi.
«Come mi capita spesso, del resto.»
Anche lui aveva pensieri che lo tormentavano la notte?
Avrei voluto stringere la sua mano, ma non avrei mai osato arrivare a tanto. Lui non doveva nemmeno sospettare di ciò che pensavo e sentivo. Avrebbe provato ribrezzo, e come dargli torto?
«Sei tesa» mi disse ad un tratto. «Noto che lo sei sempre, quando mi sei vicino.»
Questo era vero. Ero sempre nervosa, timorosa di dire la cosa sbagliata al momento sbagliata.
«Io… mi spiace…» sussurrai. E mi irrigidii di più.
«Hai così paura?» mi chiese ad un tratto.
Non seppi che rispondere. Più che avere paura di lui, avevo paura di me stessa. Di quello che provavo. Trovai il coraggio di guardare i suoi occhi scuri, che ora si puntavano su di me.
«Non ho paura, è solo che… pensavo di non piacerti.»
Questo non era quello che volevo dire, di fatto però era quello che era uscito dalle mie labbra. Byakuya sembrò un po’ sorpreso.
«Se non mi fossi piaciuta, non saresti qui. Immagino sia a causa del mio atteggiamento.»
Non avrei voluto offenderlo. Quindi mi agitai. E quando mi agitavo, perdevo il controllo.
«N-non è colpa tua, nobile fratello. Sono io che… beh…»
Che provavo qualcosa per lui. Forse era una cosa patetica, chissà.
«Non ti crucciare in quel modo, non c’è niente che non va in te» mi disse. E fu il complimento più bello che potessi ricevere. Ma si sbagliava, qualcosa che non andava in me c’era eccome. Adesso ci guardavamo negli occhi e io avevo meno paura. E sorridevo, senza rendermene conto.
«Grazie, nobile fratello. Sono molto contenta e grata di essere qui.»
Qualcosa era cambiato. Posso giurare ancora oggi di averlo visto arrossire, in quel momento. Per qualche istante, Byakuya aveva cambiato sguardo.
Temetti di aver detto qualcosa di sbagliato, ma poi lui mi poggiò una mano sulla testa.
«Ne sono contento anche io» mi disse, per poi avvicinarsi a me. Io non osai muovermi. Ma di certo non avrebbe fatto ciò che speravo. Ma mi chiesi perché si stesse avvicinando a me. Sembrava voler memorizzare il mio odore. Poi, quando le sue labbra si posarono sulle mie, ebbi un sussulto. Non so dire se quello potesse definirsi un vero e proprio bacio, ma di certo le nostre labbra si toccarono e la cosa non fu indifferente a nessuno dei due. Ma Byakuya, che era sempre controllato e presente a sé stesso, ritrovò subito la ragione.
«Perdonami. Questo non avrei dovuto farlo» mi disse. Io però non riuscivo a parlare. Riuscivo solo a pensare che ne volevo ancora, ma che non avevo il coraggio di chiedere.
«Non è… stai tranquillo… non è… niente di grave» balbettai. Byaluya sembrava affranto. Come se essere attratto da me gli pesasse in qualche modo e non immaginavo il perché.
«Si è fatto tardi» disse ad un tratto. Io non osai ribattere.
Quando mi ritrovai da sola nel mio futon, sentii il cuore scoppiarmi nel petto. Sapevo che era sbagliato, sapevo di non doverci sperare troppo, di dover essere razionale. Anche se i sentimenti non sono razionali mai. Avevo lasciato la mia porta aperta, come un invito per lui a venire da me, a confidarsi e a fare tutto ciò che non aveva il coraggio di fare alla luce, del sole o della luna che fosse.
Capii che l’idea di quel sentimento proibito mi scatenava qualcosa. Che partiva dalla testa e arrivava al ventre. Quella notte mi addormentai con la sensazione delle sue labbra ancora addosso e il mio invito fu accolto per molte notti a venire. Ma fu come un incendio improvviso: che consuma tutto e si estingue in fretta.

Nota dell'autrice
Su Byakuya e Rukia ho qualcosa da dire. Ovviamente la storia la sappiamo com'è. Però io mi sono sempre domandata una cosa: okay Byakuya è un uomo (shinigami, pardon) con un forte senso dell'onore, del rispetto, del dovere e via dicendo (e infatti questa storia è un what if totale visto quello che succede), ma dico io, a Byakuya non ha mai fatto strano il ritrovarsi con la sorella della sua defunta moglie, che è identica e SPIACCICATA A LEI? Non lo so, è strano pensare che non abbia MAI e dico nemmeno una volta formulato un pensiero del tipo romantico/sessuale, anche solo per pochissimo. Poi, che Rukia si possa innamorare di Byakuya secondo me non è nemmeno così assurdo. Già nel manga ha una forte ammirazione per lui (talvolta venerazione e a me sta cosa uccide ogni volta), quindi al di là della parentela, secondo me ci sta tutta. Però Kubo non poteva certo mettere l'incesto in un manga battle shonen, quindi SIGH. Spero abbiate apprezzato, alla prossima e ultima OS (:

Nao

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Capitolo 4
*** Ichigo - L'amore consapevole ***


 L’amore consapevole
 
Quando pensavo che la mia vita non potesse più cambiare, ecco che incontrai lui: Ichigo Kurosaki. Posso affermare con certezza che io e Ichigo ci siamo cambiati la vita a vicenda. Lui mi ha salvato, è diventato la mia certezza seppur, come al mio solito, ci ho impiegato un po’ troppo per ammetterlo. All’inizio mi dicevo che era assurdo da parte mia provare qualcosa del genere. Siamo diversi. Mi sono chiesta: come potremmo conciliare le nostre vite? Potrebbe funzionare? Ma tutti questi dubbi e domande sparivano tutte le volte che eravamo insieme. Che fosse per combattere, che fosse per parlare semplicemente, allora sparivano le incertezze. Non mi sono mai definita una romantica, non nel senso in cui lo intendono tutti, almeno. E d’altronde non definirei romantico nemmeno Ichigo. Insieme facciamo sempre troppo rumore. Stiamo sempre lì a stuzzicarci, spesso discutiamo. Noi rappresentiamo bene il caos, siamo simili e anche diversi nel nostro essere simili. Io, così piccola e minuta, ho sempre creduto di starci bene tra le sue braccia. Mi chiedo se le cose tra di noi potrebbero funzionare. Mi chiedo se magari come coppia non saremmo un disastro, perché come amici invece funzioniamo benissimo. Ma il passato mi ha insegnato, mi ha aiutato a crescere, a capire. Sempre meglio rimanere feriti dopo averci provato, che vivere con il rimpianto. Può sembrare una frase fatta, però è vera. Ecco perché un giorno decisi di giocarmi il tutto e per tutto. Senza più nemici da affrontare, il futuro mi sembra più roseo. Sarà la speranza, quella che sento.
Non avevo parole giuste per dire ciò che provavo. Forse le parole giuste non esistevano nemmeno. Tutte le altre volte ero guidata più dall’emotività che dalla ragione.
«Ichigo, ti devo parlare.»
Lo dissi con la voce che tremava, la mano poggiata sopra al cuore che batteva forte per l’emozione. Lui mi guardò, chinando la testa di lato.
«Cavolo, come sei seria. Che c’è, Rukia?»
Respirai profondamente.
Alla fine cos’avrei perso, se fosse andata male? Una persona che per me era un amico ma di cui ero anche profondamente innamorato. Questa volta però non avrei soffocato in nessun modo quello che sentivo. Mi sentii cresciuta, in effetti. E questo era strano, considerando quanto noi Shinigami cambiamo e cresciamo lentamente.
«Ora ascoltami bene. E non interrompermi finché non ho finito. Dopo sarai libero di ridere di me o quel che ti pare…» abbassai lo sguardo e poi mi sforzo di guardarlo negli occhi. «Non so se c’è un modo giusto per dirtelo, quindi te lo dico e basta. Ichigo, io… io vorrei non dovermi più separare da te. Probabilmente è egoista da parte mia dire una cosa del genere. Il fatto è che quando sto con te… è tutto migliore. Quindi pensavo che mi piacerebbe continuare a stare con te. In tutti i sensi. Come ragazzo e ragazza, come…»
«Una coppia?» m’interruppe.
Aveva fatto proprio l’unica cosa che gli avevo chiesto di non fare! Come potevo riprendere il discorso senza svenire?
«I-io…ma insomma! Ti avevo detto di farmi finire!» arrossii «Comunque sì, il senso è quello. Ora… non ridere di me, ma sono innamorata. Di te. Non so com’è successo e perché, però è così. Forse sono stata prevedibile…?»
Non ebbi più il coraggio di guardarlo negli occhi. Ichigo non parlava, ma potevo sentire il suo sguardo su di me. Avrei tanto voluto che dicesse qualcosa, qualsiasi cosa, tutto sarebbe stato meglio del silenzio. Ad un tratto sentii la sua mano poggiarsi sulla mia testa, tra i mieii capelli.
«Sei scema? Pensi che riderei per una cosa del genere?» domandò.  La sua mano scese sul mio viso, sotto al mio mento ed ecco che lo guardavo di nuovo. Nei suoi occhi castani e caldi.
«F-forse sono stata un po’ sulla difensiva. Il mio è stato un atto di coraggio» mormorai con voce tremante. «Ma gradirei sapere cosa ne pensi, ecco!»
Perché doveva torturarmi in quel modo? Eppure non sembrava né a disagio, né infastidito. Sembrava quasi divertito. Quelle erano le volte in cui avrei voluto lanciargli un pugno, ma erano anche le volte in cui avrei voluto sciogliermi.
«Hai ragione, sei prevedibile. E lo sono anche io. Mi hai anche preceduto, che figura ci faccio ora?»
«… Eh…?»
Per un attimo credetti che mi stesse prendendo in giro. Poi per capii: Ichigo non scherzava mai su qualcosa di così serio. Nei suoi occhi vedevo me riflessa e allo stesso tempo vedeva tutto ciò che stava sentendo. I miei di occhi, invece, divennero lucidi.
«Avresti anche potuto evitare di farmi impazzire così. Non è stato per niente facile, sai?»
Poi piansi. Non di tristezza, certo. Ma di sollievo, di felicità. Ichigo mi accarezzò una guancia per asciugarmi una lacrima.
«E dai. Non piangere, non era mia intenzione.»
«Scusa…» sussurrai. Sentivo calore. Nelle sue mani, nel suo respiro, ora sul mio. Nelle sue labbra, ora sulle mie, che mi baciavano, con dolcezza. Io che chiudevo gli occhi e mi lasciavo baciare.
 
E così, questa è la storia delle quattro volte in cui mi sono innamorata. Ho capito, col tempo, che non esiste un amore che vale più dell’altro. A cambiare sono stata io e assieme a me è cambiata la percezione che ho dell’amore. E ho capito che a volte l’amore può essere bellissimo e tenero, altre volte può farti soffrire, altre può farti impazzire talmente tanto da mettere in discussione tutto il resto. E soprattutto ho capito che spesso l’amore guida le nostre scelte. Shinigami o umani, alla fine siamo fatti allo stesso modo.
 

 
Rukia Kuchiki
 
Nota dell'autrice
Non voglio dilungarmi troppo con queste note, altrimenti rischia di diventare un tributo scritto ad una delle mie coppie preferite. Per me Ichigo e Rukia sono l'esempio perfetto di anime gemelle, hanno un legame speciale, tenero, divertente e commovente. Questa Rukia è più cresciuta e forgiata dalle esperienze precedenti, e più si cresce e si fa esperienza, più si vive l'amore (e lo si percepisce) in modo diverso. È stato bello mettermi nei suoi panni e  scrivere in prima persona dei suoi sentimenti più profondi. Era una cosa che volevo fare da tempo.
A presto rileggerci.
Nao

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