Deal With My Devil

di BeautifulMessInside
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** "Eden Spencer" ***
Capitolo 2: *** Sarai Finalmente Libera ***
Capitolo 3: *** La Risposta alle Mie Domande ***
Capitolo 4: *** Non So Se Ce La Faccio ***
Capitolo 5: *** Dall'inizio ***
Capitolo 6: *** Le Cose sono Cambiate ***
Capitolo 7: *** Tyler Matthews è ancora qui... ***
Capitolo 8: *** Daniel Dair ***
Capitolo 9: *** Davis & André / André & Davis ***
Capitolo 10: *** Dilemma ***
Capitolo 11: *** Adesso Ho Capito ***
Capitolo 12: *** Azione, Istinto e/o Ragione ***
Capitolo 13: *** Tyler Matthews è DI NUOVO qui ***
Capitolo 14: *** A che Gioco Giochiamo Oggi? ***
Capitolo 15: *** Love is What is All About I ***
Capitolo 16: *** Love is What is All About II ***
Capitolo 17: *** La Beffa, L'Assassino e La Bambina ***
Capitolo 18: *** La Terza Via ***
Capitolo 19: *** Ciò che (non) Dovrebbe Essere ***
Capitolo 20: *** Chiunque tu Sia ***
Capitolo 21: *** Lascialo Andare ***
Capitolo 22: *** Un Patto o Una Punizione ***
Capitolo 23: *** Dancing on Our Own ***
Capitolo 24: *** "Io ti amo... E io ti prego" ***
Capitolo 25: *** I Dare You... ***
Capitolo 26: *** ...Sarà tutto finito ***
Capitolo 27: *** They'll never know ***



Capitolo 1
*** "Eden Spencer" ***


dealwithmydevil1

INTRODUZIONE


EDEN SPENCER”


Eden Spencer rapinava banche. E non solo. O almeno è quello che faceva prima di essere presa.


Credeva di morire quel giorno, con quattro proiettili in corpo.


L'ultima immagine che aveva visto erano i suoi che scappavano. L'ultimo suono che aveva sentito era quello dei loro passi pesanti mischiati agli spari.


Poi aveva chiuso gli occhi.


Perché tanto non l'avrebbero salvata.


-----


Eppure il suo destino era stato vivere.


Oggi Eden Spencer collabora con l'FBI. Il tenente Daniel Dair le ha promesso protezione e lei gli ha giurato di aiutarli ad arrestare gli altri. Il resto del suo gruppo. La sua vecchia famiglia.


-----


Eden Spencer non è sempre stata una ladra. C'è stato un tempo in cui era solo una ragazzina di buona famiglia, unica figlia di una ricca imprenditrice dell'upper west side di Manhattan.


Poi un giorno si era innamorata.


Della persona sbagliata.


Che era anche la persona giusta.


Lui le aveva insegnato che niente è come sembra. E che quel vuoto che sentiva dentro poteva essere facilmente riempito. Con l'adrenalina. Col rischio. Con i soldi. Con gli amici. E con l'amore.


Non pensava davvero che un giorno lui l'avrebbe abbandonata.


-----


Adesso Eden non lo ama più.


Adesso lo odia.


E tutto ciò che aspetta è di saperlo dietro le sbarre.




Ma un patto stretto col proprio diavolo non si spezza così facilmente...


Questa storia è liberamente tratta da uno dei miei sogni... Vi è mai successo di sognare una sequenza di eventi vera e propria come se steste semplicemente guardando un film??

Io ho sognato Blair (Leighton Meester) nei panni di questa donna e ho deciso di farne la protagonista, trovando poi un volto adatto anche a tutti gli altri personaggi della storia.

Spero che l'idea vi possa piacere, così continuerò a scrivere...

Altrimenti "Deal with my devil" resterà solo un altro dei miei strani "sogni filmici"

-Martina-

--- How can You Stay Outside?? There's a Beautiful Mess Inside... ---


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Capitolo 2
*** Sarai Finalmente Libera ***


capitolo1

DEAL WITH MY DEVIL


CAPITOLO 1


SARAI FINALMENTE LIBERA”



I tacchi alti di Eden sbattevano contro il parquet creando un ritmo veloce ed agitato. Il corridoio sembrava più lungo del solito in quella giornata, iniziata molto peggio di tante altre. Mentre avanzava, decisa e leggera allo stesso tempo, rimpiangeva di non aver lasciato squillare il suo cellulare. Sperava di avere più tempo prima di tuffarsi di nuovo nella sua bizzarra realtà.


La porta iniziò a cigolare non appena fece pressione sulla maniglia, stuzzicando oltremodo i suoi nervi già tesi. Un leggero aroma di patchouli le riempì il naso. Capì all'istante chi si sarebbe trovata davanti.


Buongiorno!”


Che diavolo vuoi?”


Alla faccia delle buone maniere, eh?”


Eden inspirò profondamente ad occhi chiusi mentre il tenente dell'FBI Daniel Dair le si parava davanti. Quando riaprì gli occhi si ritrovò a poco più di dieci centimetri da quelli verdi di lui.


Sei scappata piuttosto in fretta l'ultima volta.”


Il suo tono, a metà tra il rimprovero e il rammarico, non la scalfì minimamente. Fece un passo indietro e lo guardò ancora più seriamente.


Perché mi avete chiamata? Spero davvero che sia per una buona ragione.”


Ho paura che lo sia davvero stavolta.”


Dair le voltò le spalle e raggiunse la sua scrivania passandosi una mano sulla nuca. Eden alzò un sopracciglio seguendo i suoi movimenti lenti.


Che succede Dair?”


Lui iniziò a sfogliare il fascicolo che aveva sotto gli occhi e riprese a parlare senza guardarla


Scusa se te lo chiedo...” Fece una piccola pausa “...Sei davvero fuori da tutto quanto vero?”


Eden aggrottò la fronte passando la borsa da un braccio all'altro


Voglio dire... Non hai avuto contatti con...”


No!”


Eden lo interruppe alzando di colpo la voce prima che potesse finire la frase. Deglutì e si ricompose


Assolutamente no.”


Dair annuì riportando gli occhi sui fogli di carta


Ok.”


Perché ne stiamo parlando?”


Eden incalzò di colpo preda dell'agitazione. Dair sospirò.


L'abbiamo trovato.”


Eden sembrò pietrificarsi in quell'istante. I suoi occhi si spalancarono mentre fissavano un punto invisibile al di là di Dair. La sua mano strinse forte la borsa mentre le unghie laccate di fresco graffiavano la pelle.

Dair sospirò di nuovo. Sapeva perfettamente cosa aveva detto. Ancor più sapeva cosa significava per lei. Fissò il pavimento per qualche istante poi decise di avvicinarsi.


Puoi stare tranquilla.”


Eden schivò il suo tentativo di toccarla e sembrò riattivarsi di colpo


Dove?”


New York.”


Eden lo guardò stupita


New York?!”


Dair annuì mentre lei cercava inutilmente di formare qualche pensiero di senso compiuto. Nel suo petto il cuore sembrava essere sul punto di esplodere. E la testa sembrava girarle, anche se tutto intorno a lei era ancora fermo.

Lui tentò di avvicinarsi di nuovo, sfiorandole appena il braccio


Non sappiamo ancora perché sia tornato. E non sappiamo nemmeno se sia ancora nello stato di New York..”


E cosa sapete allora?!”


Eden lo scansò di nuovo scagliandosi sul fascicolo che poco prima era tra le mani di Dair. Lo sfogliò nervosamente alla ricerca di qualcosa che non riuscì a trovare. Lo sbatté con forza sulla scrivania lucida.


Devo andarmene. Più in fretta che posso.”


Non finì nemmeno di parlare che già era sulla porta, bloccata all'ultimo istante dalla presa di Dair.


Lasciami!”


Aspetta.”


Cosa? Che riesca a trovarmi?”


Dair continuò a stringere la presa intorno alla sua vita sottile, finché non la sentì rilassarsi appena contro il suo braccio.


Non è tornato per te. Lo sai.”


Eden chiuse gli occhi. Nonostante il panico che l'aveva attraversata, sapeva che Dair aveva ragione. Inspirò ed annuì allo stesso tempo, ridando un ordine logico alla realtà.


Per lui sono morta quel giorno.”


Disse a bassa voce rivolta ad un interlocutore immaginario. Dair lasciò la presa e spostò la mano verso il viso di Eden, spostando una ciocca dei suoi capelli color caramello. Lei poggiò la mano su quella di lui per spostarla, ma per qualche istante lasciò che si toccassero e basta. In quel momento l'avrebbe abbracciato, solo per spegnere la paura che le stava nascendo dentro.


Perché me lo stai dicendo?”


Dair ritrasse la mano e si allontanò facendosi freddo di colpo. Si avvicinò di nuovo alla sua scrivania poi, poggiandosi contro il legno, rivolse gli occhi ad Eden.


E' vero, lui crede che tu sia morta...”


Prese fiato con un'espressione di ghiaccio dipinta in faccia. Eden capì che in quel momento non era più Dair a parlare, bensì Daniel Dair, tenente dell'FBI, vicecomandante della sezione criminalità organizzata.


...Forse è ora che sappia che non lo sei affatto.”


Eden spalancò la bocca di fronte a tanta fermezza. Per lei Dair aveva appena detto una frase assurda. Non riusciva a dargli un senso. Non dopo aver passato gli ultimi cinque anni a nascondersi.


Che cosa!?”


Mentre cercava di razionalizzare, anche il suo sguardo divenne di ghiaccio. Nessuno l'avrebbe forzata a fare qualcosa che non voleva. Infondo, sotto la cenere, c'era ancora la vecchia Eden Cecilia Spencer.


Lui si passò le mani addosso lisciando il completo blu. La luce dalla finestra si rifletté sul suo tesserino, appuntato all'altezza del cuore.


E' la prima volta in tutto questo tempo che Davis Miller rimette piede sul suolo americano. Non sappiamo ancora perché sia qui, ma sappiamo di per certo che non ci resterà a lungo...”


A sentire quel nome un brivido le attraversò le ossa. Erano anni che non osava nominarlo, impedendo anche alla sua mente di pronunciare quel nome.


...Tentare qualsiasi attacco sarebbe inutile. Per quanto odi ammetterlo è più furbo di noi, come se avesse occhi e orecchie dappertutto...”


Per una frazione di secondo l'angolo della bocca di Eden si sollevò


...quindi dobbiamo fornirgli una buona ragione per prolungare il suo soggiorno.”


Eden risollevò gli occhi scuri guardandolo con aria di sfida, come se avesse già capito ogni cosa.


Tu saresti la ragione perfetta.”


Dair concluse il discorso senza staccare lo sguardo dal suo.


No.”


Quella sillaba uscì dalle labbra di Eden ancor più definitiva di quanto volesse. Di nuovo si voltò verso la porta.


Eden.”


La richiamò lui con tono solenne. Lei si bloccò maledicendo il suo stesso nome. Non poteva uscire da quella stanza. Lo guardò di nuovo.


Sei parecchio in debito con l'FBI ricordi?”


Non ho mai detto che vi avrei aiutato in questo.”


Non credo che tu abbia molta scelta.”


Eden lasciò cadere la testa indietro fissando il soffitto. Non stava succedendo davvero.


Perché mi stai facendo questo?”


La sua voce suonò spaventata. Come del resto era. Il tenente sentì un pugno nello stomaco. Non sentiva più quel tono da anni, dalla prima volta che l'aveva vista, stretta nelle sue stesse braccia nella stanza degli interrogatori. Spaventata e persa. Si trattenne dal raggiungerla facendo appiglio a tutto il suo senso del dovere.


Mi dispiace.”


Eden scosse il capo mordendosi le labbra. Dair decise di prendere a calci il suo senso del dovere e consumò in due passi la distanza fra loro. Le prese il viso tra le mani costringendola a guardarlo in faccia.


Non dipende da me, lo sai. Non ti avrei mai fatto questo.”


Lei rimase impassibile tra le sue mani. Ma Dair riusciva a sentire che a stento si tratteneva dal tremare. Le sollevò il viso perché potessero guardarsi dritto negli occhi.


Mai.”


Insistette. Eden sollevò piano le mani e raggiunse le sue delicatamente.


Eppure lo stai facendo proprio adesso.”


Rispose brutale stringendo la presa affinché lui smettesse di toccarla. Era arrabbiata. In pochi minuti era passata dal panico alla rabbia più accesa.


Eden io...”


In quel momento la porta cigolò ancora, lasciando entrare un altro agente in completo blu. Dair si tirò indietro bruscamente dipingendosi una nuova freddezza in faccia. Eden non mosse un muscolo.


Buongiorno bambolina! Finalmente è arrivato il momento di ripagare la giustizia, contenta?”


Eden strinse i pugni sentendo che avrebbe potuto saltargli alla gola in meno di un secondo. Odiava quella voce acuta e quel tono saccente. Odiava quell'odore di sigari toscani. Odiava l'agente McPhee. E più di tutto odiava il fatto che proprio lui fosse il dirigente della sezione operativa.


E se non volessi farlo?”


McPhee abbozzò un sorriso arrogante


Diciamo solo che qualcuno potrebbe sentire la tua mancanza.”


Eden sembrò scattare dritta verso di lui, ma Dair si mise in mezzo.


Le stavo ancora spiegando il piano.”


McPhee guardò il suo collega dall'alto in basso. Non sopportava il fatto che fosse sempre disposto a difendere quella donna. Ai suoi occhi non era altro che una criminale come tutti gli altri. Molto più bella forse, ma colpevole come tutti gli altri.


Allora vedi di farle capire che non ha alcuna voce in proposito.”


Ribatté acido guardando Eden che ribolliva alle spalle dell'agente Dair. Un nuovo sorriso gli si dipinse in faccia.


A presto bambolina.”


Concluse sfilando via, non prima di avere depositato un paio di documenti sulla scrivania di Dair.


Se devo andare in galera a vita, tanto vale che lo uccida prima.”


Dair le si avvicinò di nuovo ignorando il suo tentativo di fare sarcasmo. Le poggiò le mani sulle spalle.


Senti, tutto questo fa schifo a me quanto a te, ma ho paura che McPhee abbia ragione.”


Lei tirò su col naso e lo guardò in viso


Non ho scelta vero?”


Lui scosse il capo muovendo le mani per accarezzarle le braccia nude.


Farò in modo che non ti succeda niente. Né a te né a..”


Cosa volete che faccia?”


Lo interruppe lei alzando la voce di un paio di ottave come ogni volta che doveva interromperlo.


Devi solo fare in modo che lui si distragga, che abbassi la guardia per un momento. Devi crearci l'occasione per intervenire.”


Credi che presentarmi da lui non sia già abbastanza?”


Non lo so.”


Eden abbassò gli occhi e li rialzò qualche istante dopo


Se lo faccio riuscirete a prenderlo? Voglio dire, starà dietro le sbarre per sempre giusto?”


Getterò via la chiave io stesso...”


Dair le afferrò il mento e di nuovo buttò gli occhi in quelli marroni di lei


...E tu sarai finalmente libera.”


Per qualche secondo lo fissò e basta. Nel chiaro di quegli occhi verdi riusciva a veder scorrere tutti i suoi pensieri. Quelle ultime parole risuonarono nella sua testa. Strinse i pugni.


Ok”


Sussurrò appena costringendo Dair ad aggrottare le sopracciglia


Come?”


Eden lo fissò dritto negli occhi senza una vera espressione


Ok... Arrestiamo quel figlio di puttana di mio marito.”




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Capitolo 3
*** La Risposta alle Mie Domande ***


capitolo2

CAPITOLO 2


LA RISPOSTA ALLE MIA DOMANDE”




4 ANNI e MEZZO PRIMA



Eden si strinse nelle braccia. Sentiva freddo. Non aveva idea che giorno fosse e non riusciva ancora a capire dove si trovasse. L'avevano presa, di questo era sicura. E adesso l'avrebbero interrogata. Le avrebbero fatto delle domande. Domande a cui non avrebbe saputo rispondere.


Guardò alla sua destra verso lo specchio. Sapeva che qualcuno dall'altra parte la stava guardando. Cercò di sembrare minacciosa, ma non ci riuscì. Aveva paura. Per la prima volta in vita sua aveva davvero paura.


-----


Dall'altra parte del vetro l'agente Daniel Dair, da poco nominato vicecomandante della sezione, cercava di non fissare la criminale di fronte a lui. Lunghi capelli scuri disordinati. Grandi occhi marroni. Pelle chiarissima e cerchi viola intorno agli occhi. Eppure era bellissima. Di certo non poteva biasimare Davis Miller per averla scelta come moglie. Ma possibile che lei fosse altrettanto pericolosa? Vista così sembrava solo terrorizzata.


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Un agente in completo blu entrò sbattendo la porta. Portava con sé un intenso odore di sigaro appena fumato.


Finalmente ci incontriamo signora Miller!”


Eden lo seguì con lo sguardo mentre prendeva posto davanti a lei. Si strinse ancor più nelle braccia.


Sono l'agente Todd McPhee e sono alquanto impaziente di fare una bella chiacchierata con te.”


L'agente poggiò i gomiti sul tavolo


Il medico dice che potresti essere ancora confusa. Ma io sono sicuro che puoi già dirci parecchie cose interessanti.”


Eden deglutì alzando lo sguardo


Non so.. Non so neanche cosa mi è successo.”


Lui sfoggiò un sorriso falso e tamburellò con le dita sul metallo.


C'è tempo per quello. Adesso voglio sapere dov'è il tuo adorabile marito.”


Un flash attraversò la mente di Eden. Un ricordo improvviso. E doloroso.


Io..Io non... Non lo so.”


Rispose scuotendo la testa nervosamente. Sentiva che iniziava a mancarle l'aria.


Non fare scherzi bambolina. Dove si nasconde?”


Eden aggrottò la fronte fissando il vuoto. Iniziò a gesticolare ma niente le uscì dalla bocca. Non aveva idea di cosa stesse succedendo.


L'agente di fronte a lei si alzò in piedi e le girò intorno. Sentì le sue dita umidicce toccarle il collo. Rabbrividì.


Io non lo so... Non me lo ricordo... Non lo so!”


Il tocco dell'agente divenne una presa leggera intorno al suo collo sottile.


Dov'è?”


Chiese di nuovo con tono brutale. Eden sentì che stava per soffocare. O forse per vomitare. Iniziò a scuotere la testa senza proferire sillaba.


Adesso basta.”


L'agente strinse la presa mentre avvicinava il viso al suo orecchio


Guarda che potrei anche farti male.”


Gli occhi di Eden si riempirono di lacrime. Se avesse avuto una risposta, una qualsiasi, l'avrebbe sputata fuori al volo. Ma non ne aveva. Tutto ciò che poteva fare era stringere le mani intorno al braccio dell'agente sperando che mollasse la presa.


In quel momento la porta si spalancò sbattendo poi ancor più rumorosamente.


Basta McPhee!”


Riluttante l'agente mollò la presa e si voltò verso il nuovo arrivato.


Andiamo Dair! Non può non saperlo!”


E' la prima volta che mette piedi fuori dall'ospedale. E' ancora confusa.”


E tu ci credi?”


Non ci vuole certo un genio per capire che non sta mentendo!...”


L'agente Dair avanzò verso il collega


...Continuo io qui.”


Ma gli interrogatori sono compito mio.”


Sono un tuo superiore adesso. C'è bisogno che te lo ricordi?”


Gli occhi dell'agente McPhee divennero due strette fessure.


Spero che tu sappia cosa fai ragazzino.”


Concluse acido prima di lasciare la stanza.


L'agente Dair rivolse lo sguardo alla ragazza davanti a lui. Stava tremando. Inspirò profondamente e prese posto all'altro lato del tavolo. Cercò di guardarla ma Eden aveva la testa bassa e si stringeva in sé stessa.


Eden Spencer, giusto?”


Esordì chiamandola col suo nome di battesimo, cercando di sembrare il più gentile possibile.


Io sono l'agente Daniel Dair.”


Non ottenne risposta


Come ti senti?”


La testa di Eden si sollevò piano. La gentilezza che lesse sul viso dell'agente le sembrò autentica.


Io non lo so.”


Dair annuì, cercando di mantenere l'aplomb che ci si aspettava da lui.


Sei rimasta in coma. Per dieci mesi.”


Eden aggrottò le sopracciglia mentre lui continuava


...Ti sei risvegliata solo una settimana fa. E' normale se ancora non ricordi tutto.”


Eden si guardò le mani. Un'immagine inaspettata si sovrappose a quella presente. Le sue mani erano coperte di sangue. Il suo sangue.


Cosa mi farete adesso?”


Dair sollevò le spalle


E' presto per dirlo. Ma se deciderai di collaborare sono sicuro che le cose andranno meglio per te.”


Lei lo guardò come se non riuscisse a capire.


Cosa ti ricordi esattamente?”


Eden si guardò intorno. I muscoli del suo viso si contrassero impercettibilmente. Non sapeva da che parte cominciare.


Ci hanno preso...”


Iniziò cercando di dare un filo logico alla sua confusione.


...Avevamo organizzato tutto. Sarebbe stato un grande colpo. L'ultimo...”


Per una frazione di secondo sorrise


...Ma ci avevano intercettato. C'era una talpa e ci hanno preso...”


Il suo sguardo si fece drammatico


...C'è stata una sparatoria e io... E io...”


Rivide quei secondi nella sua mente. Tony aveva estratto di colpo la pistola e lei era diventata di pietra. Accanto a lei Davis contraeva la mandibola ed ogni altro muscolo. E in un attimo tutto era cambiato. Nessun camion portavalori da derubare. Solo i passi di quelli che sembravano mille agenti, pronti a scaricare su di loro i caricatori. Lei, David, Payne e gli altri si erano stretti schiena contro schiena. Avevano impugnato le armi. Ma sapevano di essere del tutto fregati.


I suoi occhi inorridirono mentre si alzavano verso quelli dell'agente.


...Io sono morta.”


Sentenziò infine ricordando la sensazione che aveva provato. Un freddo insopportabile. Un bisogno irresistibile di chiudere gli occhi. Un peso enorme che ti tira giù per le gambe. Intorno a lei c'era un rumore infernale. Spari. Urla. Sirene della polizia. Eppure lei non sentiva niente. Nemmeno le ferite bruciavano più. Voleva solo dormire. E così aveva chiuso gli occhi, senza troppo preoccuparsi. Era sicura che Davis l'avrebbe salvata. Ancora una volta.


Eden?”


Chiamarla per nome gli venne naturale. Quella ragazza era anni luce lontana da ogni altra criminale che avesse mai incontrato. Non riusciva a credere che fosse il mostro che dipingevano.


Di colpo Eden balzò in piedi facendolo saltare sulla sedia.


Si poggiò le mani sul ventre.


Oddio!”


Improvvisamente iniziò a piangere. Lì, in piedi. Davanti a lui.


Dair rimase impietrito. Non sopportava la vista delle donne che piangono. E quel pianto era talmente disperato che lo faceva stare ancora più male. Si alzò e la raggiunse


Non piangere, ti prego.”


Lei sembrò non sentirlo nemmeno. Si accasciò in ginocchio proprio davanti a lui.


Dair guardò al di là dello specchio. Sapeva di essere osservato. E sapeva che stava per giocarsi la sua credibilità. Ma se ne infischiò. Inginocchiandosi piano cercò di toccarla.


Eden?”


Lei lo scansò


Eden?”


Chiese di nuovo e lei si decise a sollevare gli occhi.


Dair sospirò


Non preoccuparti. Lei sta bene.”


Quel pianto cessò in un secondo. Al suo posto comparve la sorpresa. L'incredulità.


L..lei?”


Dair annuì.


Il cuore di Eden riprese a battere.


Ora era di nuovo viva. Davvero.


*****




A/N Questo è il primo salto nel passato, il primo interrogatorio di Eden dopo l'arresto. Eden è rimasta in coma per parecchio tempo dopo la sparatoria e quando si è finalmente svegliata ha trovato una realtà decisamente diversa.


Ricorrerò spesso al flashback in questa storia per cercare di dare un filo logico alla linea narrativa presente. Spero che anche a voi, come a me, piacciano gli sbalzi temporali! Sono fermamente convinta che non si possa capire un personaggio se non se ne conosce il passato e allo stesso tempo credo che seguire l'ordine cronologico “standard” rischierebbe di rendere la storia piatta e noiosa. Per questo, quando scrivo, preferisco saltare da un momento all'altro nella vita dei personaggi, ovviamente cercando di rimanere il più possibile ancorata al presente.


Se siete d'accordo con me o se invece pensate che sia solo fonte di confusione, lasciatemi pure un commento!


E grazie di aver letto la mia storia.




X MEREDITH91: grazie mille x aver letto e lasciato una recensione! Scrivere è la mia passione ma non sempre ho il tempo, l'energia e l'ispirazione per farlo. Spero per questa storia di trovare tutte e tre le cose e portarla a conclusione! E sarò contentissima se continuerai a seguirmi! Per quanto riguarda il wallpaper ti ho mandato una mail o messaggio privato stamattina tramite il sito, non so come altro contattarti! Comunque l'ho fatto col photoshop! Basta avere uno sfondo, delle foto e dei brushes (in questo caso le polaroid, le banconote e il distintivo dell'fbi) Prima ho creato i vari pezzi e poi li ho incollati sullo sfondo. Se non sai cosa sono i brushes, sono semplicementi pennelli per il photoshop a forma di qualsiasi cosa ti serva! Li puoi scaricare da siti appositi (io uso deviantart) e poi li carici sul programma. Se hai bisogno lasciami la mail o un contatto e ti spiego meglio! Ancora grazie!

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Capitolo 4
*** Non So Se Ce La Faccio ***


capitolo3


CAPITOLO 3


NON SO SE CE LA FACCIO”



L'agente Dair preferiva gli abiti borghesi alla divisa. Un paio di jeans. Una T-shirt qualsiasi. Ma nonostante questo, ogni volta che si toglieva l'abito da federale non poteva fare a meno di sentirsi come se gli mancasse qualcosa.


Eppure non voleva essere quel tipo di agente. Non lo era e meno che mai voleva diventarlo. Il suo lavoro e la sua vita privata sarebbero state sempre due entità separate per lui.


Indossava una maglietta blu cobalto quella sera, mentre cercava Eden.


L'appartamento non era troppo grande. Le pareti color crema e un divano a due posti di finta pelle rossa. Sorrise guardando il disordine di quella stanza quasi con ammirazione. Seppure nel caos, ogni cosa sembrava avere un posto ben preciso. Le persone creative non riescono proprio a vivere fuori dal loro mondo incasinato.


Eden??”


Chiamò cercandola con gli occhi


Dove ti sei cacciata?”


Doveva essere lì. Le aveva telefonato appena venti minuti prima.


Quando entrò nella stanza si accorse che Eden era proprio sotto il suo naso. Seduta a terra in un angolo stringeva le sue stesse ginocchia.


Hey!”


Abbozzando un sorriso scivolò contro il muro proprio accanto a lei.


Tutto bene?”


Lei sollevò le spalle


Non so se ce la faccio...”


Dair si morse un labbro guardando il muro davanti a lui


...Non voglio rivederlo. Non voglio.”


Dair poggiò la testa al muro


Sono sicuro che ce la farai invece.”


Eden voltò la testa verso di lui alzando un sopracciglio


Un po' banale come incoraggiamento, non credi?”


Dair si lasciò scappare un sorriso. Rispose al suo sguardo.

Cosa vuoi che ti dica allora?”


La verità.”


Dair annuì continuando a guardarla negli occhi. Non era bravo a dire la verità. In nessun campo. In nessuna situazione. Forse anche per questo aveva scelto un lavoro dove le verità dovevano sempre essere nascoste e mai svelate. Forse non poteva essere onesto, ma di certo poteva essere razionale, chiaro e coinciso.


Ok...”


Iniziò riportando lo sguardo in avanti


...L'FBI ti fornirà una copertura completa. Secondo la versione ufficiale ti abbiamo catturata quel giorno, ti abbiamo curata e poi ti abbiamo sbattuta in cella. Volevamo che collaborassi con noi, ma tu non hai mai accettato...”


Anche Eden portò lo sguardo al muro spoglio di fronte a lei


...Circa un mese fa, durante un'operazione di riconversione, non so come ma sei riuscita a scappare, probabilmente con l'aiuto di una talpa interna. Sai, nessuno scappa mai dal quartier generale, ma io sono sicuro che tu ci riusciresti.”


Già. Avrei dovuto provarci qualche anno fa.”


Dair ignorò il sarcasmo


Da domani sarai libera, e dovrai comportarti esattamente come facevi cinque anni fa.”


Eden strinse le labbra sembrando confusa


Volete che ricominci con le rapine?”


Ti darebbe credibilità in effetti... Ad ogni modo dovrai riprendere contatti con i vecchi amici, tornare ai vecchi luoghi d'incontro. Dovrai fare in modo che si fidino di nuovo di te insomma.”


Eden tornò completamente seria rivolgendogli un nuovo sguardo.


Volete che vada da lui?”


Dair scosse la testa


No. Sarà lui a trovare te, e sono certo che non gli ci vorrà molto.”


Che vuoi dire?”


Abbiamo già sganciato un paio di informatori che stanno mettendo in giro la voce del tuo ritorno. Non appena arriverà alle sue orecchie sono sicuro che smuoverà mari e monti per trovarti. O almeno è quello che farei io al posto suo.”


Il silenzio improvviso cadde come un macigno. Eden sentì lo stomaco chiudersi. Non riuscì a dire niente. Sorrise appena e basta.


Dair abbassò gli occhi per primo


Un paio di agenti infiltrati monitoreranno la situazione per tutto il tempo finché Miller non entrerà in gioco.”


Che vuol dire?”


Eden si sentì d'un tratto molto più agitata


Se lui ti riprenderà con sé, così come speriamo, a quel punto non potremo più monitorarti. Sai che quell'uomo tiene sotto controllo ogni cosa e io non voglio rischiare che ti scopra. Non sappiamo come potrebbe reagire.”


Eden riaprì bocca solo dopo una lunga pausa


Mi lascerete da sola quindi.”


Dovrai fare la tua parte Eden. Farai in modo che lui si fidi di te. E solo quando verrà il momento giusto dovrai contattarci di nuovo. Solo quando sarai certa di poterci fornire delle coordinate esatte. Mai prima di allora.”


Eden inspirò profondamente


Ho sistemato ogni cosa... Ora, se dovesse succedermi qualcosa..”


Non ti succederà nulla.”


La interruppe lui


Ma se dovesse succedermi qualcosa...”


Premette il palmo della mano sulla sua bocca di Dair prima che potesse parlare


...Promettimi che ti occuperai tu di tutto. Solo tu. Nessun altro.”


Dair le prese delicatamente la mano e la strinse nella sua portandola giù


Sei l'unica persona a cui affiderei ciò che ho di più prezioso.”


Gli brillarono gli occhi


Te lo prometto.”


Dopo qualche secondo di esitazione Eden contrasse i muscoli e fece forza sulle gambe per alzarsi.


Ok. Visto che mi aspetta una giornata impegnativa forse è meglio che vada a dormire.”


Eden.”


C'era una sorta di esasperazione nella voce del tenente. Anche lui si alzò.


Aspetta.”


Eden chiuse gli occhi per un paio di secondi


Non voglio parlarne.”


Ma non credi che dovremmo farlo lo stesso?”


Eden si passò una mano tra i capelli sospirando. Lui le si avvicinò


Non dovevi andartene in quel modo.”


Lei abbassò gli occhi


Stavi dormendo, non volevo svegliarti.”


Non prendermi in giro.”


Il suo sguardo si rialzò fermo e deciso


Ok. La verità è che ho pensato che sarebbe stato meno sgradevole andarmene mentre dormivi, piuttosto che aspettare che ti svegliassi.”


Cavolate.”


E' la verità invece. Non volevo farlo davvero, è successo e basta.”


Dair corrugò la fronte


Non volevi farlo?”


No... Sì... Cioè no, no. Non avrei dovuto farlo.”


Lui le si fece ancora più vicino, mettendo i suoi occhi all'altezza di quelli di Eden


Non avresti dovuto farlo o non volevi farlo? Sono due cose diverse.”


Eden deglutì trovandolo così vicino a lei. Non poteva negare di esserne attratta. E nemmeno che provasse una certa forma di affetto per lui dopo tutto quello che aveva fatto per lei. Ma non era abbastanza.


Qualunque risposta io possa darti non cambierà niente.”


Dair annuì abbassando gli occhi per un secondo.


Nel momento in cui li rialzò, senza che Eden se ne accorgesse nemmeno, le labbra di Dair si scagliarono contro le sue, bloccandola in un bacio deciso. Rubato forse, ma non estorto.


Eden barcollò appena, ma il braccio di Dair fu pronto a sostenerla, approfittando di quella debolezza per bloccarla. Una parte di lei avrebbe voluto rispondere a quel bacio, ma era troppo impaurita, troppo ansiosa, forse troppo confusa, e le sue labbra non si schiusero. Ma senza che potesse controllarle le sue mani raggiunsero il torace di Dair e lì si fermarono. Dapprima volevano respingerlo e poi, rinunciando al tentativo, restarono lì ad ascoltare il suo cuore che batteva forte.


Lui sembrò non essere deluso quando si allontanò. Conosceva abbastanza la donna tra le sue braccia da sapere cosa poter chiedere e cosa no.


Non posso credere che ti sto rimandando da lui.”


Sussurrò appoggiando la fronte a quella di Eden.


Lei non riuscì a sorridere. E non riuscì a dare un senso a ciò che stava provando. Avrebbe rivisto suo marito. L'uomo che aveva sposato quando aveva solo 19 anni. L'uomo di cui si era innamorata quando ne aveva solamente 16. L'uomo che le aveva fatto conoscere la vera vita. Lo stesso uomo che poi l'aveva lasciata morire.


Quale futuro avrebbe potuto essere paragonato a tutto questo?


Accarezzò dolcemente il viso di Dair


Ci rivedremo presto.”


Tentando di essere convincente si dipinse un sorriso in faccia e nello stesso tempo indietreggiò allontanandosi da lui.


Promettimi che starai attenta.”


Te lo prometto.”


E che seguirai le procedure.”


Te lo prometto.”


E che non ti farai coinvolgere.”


Eden sospirò


L'hai detto tu. Andrà tutto bene no?”


Dair annuì contraendo la mandibola.


Ci vediamo domattina.”


Ci vediamo domattina.”


Ripeté lei indietreggiando ancora per lasciar libero lo specchio della porta. Dair non si voltò una seconda volta. Stringendo i pugni si avviò a grandi passi verso l'uscita.






A/N Secondo capitolo ambientato nel presente di Eden, il giorno prima che abbia inizio la sua missione. Ne ho approfittato per lasciar intravedere la natura del rapporto tra Eden e Dair che, eventualmente, verrà approfondito nei capitoli successivi.

Riguardo Davis Miller invece, per ora solo accennato, dal prossimo capitolo inserirò dei nuovi flashback, su lui e su Eden, per raccontare gli avvenimenti salienti del loro passato. In questo modo, tra passato e presente, cercherò di dipingere un po' anche lui.




X Meredith91: innanzitutto grazie!! Sono troppo contenta che ti piaccia! Come ho detto questa storia è venuta fuori così dal mio inconscio, non credevo che potesse prendere una forma, per di più anche piacevole! Vuoi sapere se Eden ha una figlia o se Davis Miller prenderà bene il suo ritorno? Tra qualche capitolo lo saprai! Per quanto riguarda il wallpaper ti ho scritto una mail tramite il sito, ma non so se ti arriverà mai! Altrimenti ho riscritto tutto alla fine del secondo capitolo. Se dovessero servirti ulteriori spiegazioni chiedi pure! Sono una novizia del photoshop, ma ci sto lavorando!


X Emily Doyle: non ci vuole un genio forse, ma non tutti sanno leggere tra le righe! Se si tratti di sua figlia o meno, spero che per scoprirlo continuerai a leggere! Sono contenta che la storia ti piaccia, anche se lo so, è scritta molto di getto quindi ne perde sicuramente in profondità. A tal punto cerco di rimediare scrivendo solo periodi semplici, ma saturi di significato. O almeno ci proverò!


X Cinzia818: grazie di avermi letto! Ho postato una storia strana in una sezione strana, quindi avevo già rinunciato all'idea che qualcuno la leggesse, figuriamoci che l'apprezzasse!! Per quanto riguarda Davis Miller bé, credo che ci metterà ancora un po' prima di comparire. Non che voglia tirarla per le lunghe, è solo che sono passati cinque anni anche per lui e devo “preparargli il terreno” diciamo! Spero che continuerai a leggere comunque, così scoprirai tutto da sola!










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Capitolo 5
*** Dall'inizio ***


capitolo 4

CAPITOLO 4


DALL'INIZIO”




New York. Casa sua.


Eden non metteva piede in quel posto da quasi cinque anni eppure sembrava che nulla fosse cambiato. Forse perché New York non ha mai la stessa faccia. Qui ogni cosa è in continuo movimento.


L'agente Derrick l'aveva scaricata alla stazione di Chicago quella mattina. E prima ancora aveva ricevuto gli ultimi ordini da McPhee e da Dair.


Fa anche solo un passo falso bambolina e posso assicurarti che non avrai trattamenti di favore stavolta!”


Sta attenta.”


Dair. L'ultima volta che l'aveva guardato aveva i muscoli del viso tesi. A lui non piaceva questo piano. E tutto sommato non piaceva nemmeno a lei. Ma c'era dentro. E se non altro, finalmente girava di nuovo per le vie della metropoli come una donna libera.


Si bloccò sui suoi passi per rimproverarsi da sola.


Sono un'evasa!


Pensò tirando su il cappuccio perché le coprisse il viso. Come se stesse iniziando a recitare. Come se stesse tentando di entrare nella parte.


Sono un'evasa che cerca un posto dove andare.


Nella testa le apparvero parecchi luoghi all'unisono. Ville, appartamenti, locali, club esclusivi, caffè di periferia...


Ma c'era un solo posto dove volesse davvero andare in quel momento.


Si voltò per vedere se la stavano seguendo. Aveva chiesto esplicitamente che nessuno la seguisse. Almeno finché non ce n'era bisogno. E a quanto pare, almeno apparentemente, era stata ascoltata.


Sapeva che gli agenti erano comunque lì da qualche parte, ma non riuscire a vederli la faceva sentire meglio. Aveva bisogno di un po' di tempo con sé stessa.


Girò l'angolo e si affacciò al di là della siepe.



Dwight high school. Upper west side.



Il suo vecchio liceo.


Proprio lì, dove tutto era iniziato.



------



10 ANNI CIRCA PRIMA



Eden odiava quel liceo. Perché mai avrebbe dovuto essere brava a giocare a pallavolo? Perché mai avrebbe dovuto giocarci innanzitutto? Di certo non le sarebbe servito nella vita. Quale tipo di problema nella vita si risolve con una partita a pallavolo? Nemmeno i suoi figli ci avrebbero mai giocato, di questo era più che sicura.


Giocheremo tutti a ping pong. In quello sono abbastanza brava infondo.


Appena voltato l'angolo della scuola tirò fuori la sigaretta dalla borsa. Aveva proprio bisogno di fumare. Quella giornata stava andando anche peggio di tutte le altre.


Accese la sigaretta e tirò a pieni polmoni. Non aveva molto tempo, ma se la sarebbe goduta lo stesso. Sputò fuori il fumo in una lunga scia.


Ne hai una per me?”


Eden chiuse gli occhi pronta ad imprecare. Se qualche professore l'avesse beccata a fumare avrebbe dovuto sopportare l'autocommiserazione di sua madre per almeno un mese.


Hey?”


Si voltò con un gesto deciso e rimase impalata. Se non altro non era un professore.


Ce l'hai una sigaretta si o no?”


Eden frugò veloce nella borsa e tirò fuori un'altra bionda porgendola al ragazzo di fronte a lei.


Grazie.”


Lui la afferrò e se la portò di fretta alla bocca tirando prontamente fuori l'accendino.


Eden rimase a guardarlo.


Era Davis Miller.


Ultimo anno. Uno degli studenti con la peggior reputazione. Non solo non era ricco. A quanto dicevano era anche un ladro. O uno spacciatore. O entrambe le cose. Lei lo conosceva solo per sentito dire. Non gli era mai stata così vicina e non si era mai soffermata a guardarlo. Ora capiva perché, nonostante le voci, tutte le ragazze del liceo sbavassero all'idea di uscire con lui.


Lineamenti insoliti ma perfettamente armoniosi. Espressione da duro. Occhi scuri dal taglio quasi orientale. Barba appena un po' incolta e capelli ribelli.


Lui alzò gli occhi dai suoi pensieri. Eden si sentì una stupida e a stento si trattenne dall'arrossire.


Sei nuova?”


Chiese lui senza guardarla davvero. Eden tornò alla realtà.


No.”


Rispose alzando gli occhi al cielo per un momento


Strano. Non ti avevo mai vista prima.”


Lei alzò le spalle


E' normale. Credo di avere il dono dell'invisibilità.”


Lui non si lasciò sfuggire il sarcasmo delle sue parole


Non dovresti lamentarti. E' un'abilità parecchio utile.”


Eden sospirò come se avesse appena tentato di offenderla. Di certo lui non aveva di questi problemi. Prese una boccata ancora più profonda di fumo. Se non fosse stata la sua unica occasione di fumare se ne sarebbe già andata di corsa.


Certo, come no.”


Davis abbozzò un sorriso senza rivolgerle lo sguardo. Protrasse appena le labbra per sputare una sottile scia di fumo grigiastro.


Dimenticavo. In fin dei conti siete tutte uguali.”


Eden aggrottò le sopracciglia passando una ciocca di capelli scuri dietro l'orecchio


E questo che vorrebbe dire?”


Lui continuò a fissare un punto immaginario davanti a lui


Le ragazze dell'alta società. Quando vi guardano vi lamentate perché vi guardano e quando non lo fanno vi lamentate perché non lo fanno.”


Eden si fece perplessa e nervosa allo stesso tempo


E cosa c'entra questo adesso?”


Lui le rivolse lo sguardo con un movimento fluido della testa


Ti stavi lamentando no?”


No!”


A me pareva di sì.”


Rispose lui sollevando le spalle e facendo dondolare la sigaretta che teneva tra le labbra. Eden strinse i pugni cercando una risposta arguta. Non la trovò.


Non mi conosci nemmeno!”


Lui alzò un sopracciglio


Non ci vuole certo una laurea.”


Eden sentì i nervi contrarsi


Non mi avevi nemmeno mai vista prima di oggi. Tu non sai niente di me!”


Davis fece ciondolare la testa come se ci stesse pensando su, poi prese la sigaretta tra le dita e dopo aver sputato l'ultima boccata di fumo la guardò


Magari invece so molte più cose di te di quanto pensi.”


Eden aggrottò le sopracciglia. Non sarebbe rimasta lì a farsi prendere in giro dal primo arrivato. Specialmente se si trattava di uno con una reputazione da schifo. Buttò il mozzicone a terra e lo calpestò perché smettesse subito di ardere.


Ho lezione adesso.”


Proferì secca e decisa iniziando subito ad allontanarsi.


Ci vediamo!”


Le urlò dietro lui.



------



Eden interruppe il flusso di memoria. Non era quello il genere di ricordo di cui aveva bisogno.


Pensa a cosa ti ha fatto.

In cosa ti ha trasformata.


Sbuffò abbassando lo sguardo. C'era un altro posto in cui doveva andare ora.


E c'erano tanti posti dove sarebbe voluta andare. Ma non poteva.


Chissà se sua madre stava ancora nel loro vecchio attico sulla nona.


E chissà se almeno dopo la morte l'aveva perdonata.


Eden sorrise. Impossibile.


Scese le scale della metropolitana. Brooklyn aspettava il suo ritorno. Da quasi cinque anni.







A/N La missione di Eden comincia. Ma siamo solo all'inizio e prima di passare alla parte dei “confronti diretti”, ho pensato di fare una prima panoramica del passato. Attraverso questo flash back, per esempio, ho descritto il primo incontro tra Eden e Davis e andando avanti cercherò anche di descrivere come sono arrivati a questo punto. Oltre a loro due comunque presenterò anche gli altri personaggi, un po' alla volta. Il tutto sperando di non fare troppa confusione. In proposito conto su di voi per le critiche costruttive!



Per Emily Doyle: eh sì, di certo c'è qualcosa in sospeso tra Eden e Dair, ma la natura del loro rapporto non è molto chiara... Nemmeno a me! ;) Ad ogni modo nei prossimi capitoli cercherò di farvi capire meglio. Adesso che mi dici di Davis invece? Grazie della recensione!!


Per Cinzia818: credo tu abbia ragione, le storie originali sono sempre in secondo piano rispetto alle fanfiction vere e proprie. Comunque preferisco sempre metterci del mio quando scrivo, anche se non disdegno affatto le fanfiction anzi! Anche tu scrivi vero?? Prometto che appena ho tempo (sono sotto esami...) mi leggo le tue storie! Grazie della recensione!!!


Per Meredith91: dopo Eden e Dair, adesso darò un po' di spazio ad Eden e Davis, sperando che possiate apprezzare anche lui! Sarà un personaggio certamente diverso, ma ho già in mente parecchie cose per lui. E d'altra parte ci sarà ancora spazio anche per Dair. Grazie per le recensioni sempre carinissime e spero che tu abbia risolto i tuoi problemi col photoshop!

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Capitolo 6
*** Le Cose sono Cambiate ***


capitolo5

CAPITOLO 5


LE COSE SONO CAMBIATE”



Café Des Artistes.


Quale posto migliore? Un tempo letterati, artisti e filosofi si incontravano nei caffè per scambiare teorie ed opinioni. Oggi non è poi così diverso. Cambiano solo gli argomenti di conversazione.


Era quasi mezzanotte.


Eden spinse la porta di vetro e sentì con piacere il suono del campanello.


Fu come fare un tuffo nel passato.


In quel posto aveva passato intere giornate. Era in quel piccolo locale di Brooklyn, nel quartiere bohemien di Dumbo, che lei e gli altri si incontravano. Era lì che scambiavano opinioni con gli altri del mestiere. Era in quel minuscolo caffè che fumavano sigarette e bevevano birra.


Tutti tranne lei almeno.


Eden non beveva mai.


Fece qualche passo con la testa bassa quasi avesse paura di scoprire che quel posto non era più lo stesso.


Con un movimento lento tirò su il viso e lasciò scivolare il cappuccio sulle spalle.


Si guardò intorno.


Le pareti avevano ancora lo stesso colore rosso mattone scuro. I quadri appesi invece forse erano cambiati. Lì per lì non riusciva a ricordare. I tavoli avevano delle tovaglie diverse, mentre la pelle consumata delle poltrone era sempre la stessa.


Sorrise accarezzando il vecchio juke box con lo sguardo.


D12. I love rock 'n roll. Joan Jett and the blackhearts.


Chissà se ho un quarto di dollaro in tasca.


Un rumore improvviso di vetri infranti la fece sussultare. Si voltò di scatto.


Non posso crederci!”


Grace aveva lasciato cadere a terra la caraffa del caffè e se ne stava impalata con gli occhi spalancati e le mani sulla bocca.


Eden allargò il suo sorriso.


Allora è vero quello che si dice in giro... Non è possibile che tu sia davvero qui!”


Prima ancora di finire la frase Grace le si era buttata addosso stringendola in un abbraccio incredulo.


Una bella sensazione.


Eden si fermò a guardarla. Grace Kennedy, lunghi capelli neri e una liscissima pelle ambrata che lei le aveva sempre invidiato in segreto. Tutto merito della madre indonesiana. Non credeva che servisse ancora caffè in quel posto.


Non ci posso credere!”


E invece eccomi qui.”


E' vero quello che dicono? Sei scappata dai federali?”


Eden sollevò le spalle


Ci ho messo un po', ma alla fine ce l'ho fatta.”


Grace si illuminò


Sono così felice!”


Eden abbassò gli occhi. Lei non sapeva come sentirsi.


Tutto bene?”


Grace le fece cenno di avvicinarsi al bancone.


Le porse una tazza del suo famoso caffè alla cannella.


Sì. E' solo che... Devo ancora abituarmi all'idea di essere tornata.”


E non sei l'unica! Hai idea di quale putiferio si scatenerà appena tutti sapranno che è vero?”


Eden avvertì una fitta allo stomaco. Non riusciva a non sperare che la notizia trapelasse il più lenta possibile.


Non lo so... In realtà non ho ancora idea di cosa farò.”


Grace annuì


Se hai bisogno di nasconderti posso aiutarti io.”


Non voglio metterti nei guai.”


Non preoccuparti per me.”


Eden girò il cucchiaino nella bevanda fumante. Il piano era iniziato e già le sembrava di non riuscire a starci dentro. Nella sua testa aveva pronte mille domande da sparare a raffica, ma il suo cuore non era ancora pronto a sapere.


Grace balzò in piedi


Bevi quel caffè. Sarò da te appena avrò cacciato gli ultimi clienti. Immagino che avrai bisogno di parecchi aggiornamenti.”


Grace sfilò via verso i tavoli mentre Eden la seguiva con gli occhi. Non riusciva a non guardarla. Non era cambiata affatto. E lei ricordava ancora perfettamente la sera in cui l'aveva vista la prima volta. Anche se Grace non era il reale motivo per cui quella serata le era rimasta tanto impressa nella memoria.




10 ANNI PRIMA



Quella sera Eden aveva indossato il suo nuovo top, i tacchi alti e l'ultima borsa di Prada. Eppure non si sentiva a suo agio. Quando le sue amiche l'avevano supplicata di andare alla festa a casa di Sam Martins (quaterback della scuola) non aveva potuto rifiutare. Adesso girovagava tra gente ubriaca ed ipereccitata.


Girando tra le mille stanze della villa di Sam miracolosamente le sembrò di aver trovato un'oasi di pace. Da quella stanza infondo al corridoio non arrivava nessuna musica assordante. Si avvicinò sperando di non trovare l'ennesima coppia intenta a fare sesso selvaggio sulla prima superficie utile.


Eden!”


La voce cinguettante di Lauren attraversò il corridoio e la bloccò sui suoi passi


Dove stai andando?”


In men che non si dica l'aveva raggiunta. Eden indicò distrattamente la stanza davanti a lei


Cercavo solo un posto tranquillo. Questa musica mi sta facendo venire il mal di testa.”


Lauren la ammonì con lo sguardo


Dovresti farti una birra!”


Eden scosse la testa e si avvicinò alla porta socchiusa. Quella stanza non era vuota come sperava. C'era un intero gruppo di ragazzi e ragazze intenti a conversare animatamente.


Eden aggrottò le sopracciglia.


Lauren sbirciò da dietro di lei e sfoderò un'espressione di disgusto


Branco di falliti.”


Come? Li conosci?”


Lauren alzò un sopracciglio


Certo che no!”


Hai detto che sono un branco di falliti!”


Lauren indicò dentro la stanza


Vedi quella ragazza con i capelli neri?”


Quella che sembra indiana?”


Lauren annuì


Quella è Grace Kennedy. E' di Brooklyn. So chi è perché qualche mese fa ha fatto un colloquio di lavoro come cameriera nell'hotel di papà. Dicono che sia fuori di testa.”


Fuori di testa?”


Di certo ha degli strani interessi. Stregoneria, esoterismo, roba così. Io le starei lontana se fossi in te...”


Eden smise di ascoltarla allungando lo sguardo verso la sconosciuta fuori di testa. Quelle poche parole l'avevano resa improvvisamente interessante.


...Non capisco nemmeno che ci faccia qui con i suoi amici! Dovrebbero restarsene a Brooklyn!”


Lauren si ravvivò i capelli color rame con le mani


Torniamo di là?”


Eden guardò di nuovo la sua amica


Va pure. Io faccio un salto alla toilette e ti raggiungo.”


Allora ci vediamo tra un'ora. La fila per il bagno è infinita!”


Eden sorrise ma non si mosse mentre Lauren ancheggiava lontano da lei. Lentamente rivolse di nuovo gli occhi dentro quella stanza. Stregoneria? Esoterismo? Chissà se era vero.


In quel momento Grace alzò gli occhi ed incrociò i suoi.


Si guardarono per un solo secondo prima che Eden indietreggiasse bruscamente.


Voglio andare a casa.


Eden decise che avrebbe preso un taxi e poi avrebbe mandato un messaggio a Lauren per avvertirla. Si avviò scansando gente verso la stanza dei genitori di Sam al piano di sopra, dove sperava di ritrovare in fretta nel mucchio il suo giubbetto. Possibilmente senza vomito o altre sostanza organiche spalmate sopra.


Aprì la porta con naturalezza ma dovette bloccarsi sulla soglia.


Si morse il labbro per l'insolita situazione.


Davanti a quella faccia lui sembrò quasi divertito.


Chi si rivede! La ragazza invisibile.”


Eden sollevò un sopracciglio facendo cenno al suo braccio, infilato fino al gomito nella borsa gucci di Polly Trice, la capo cheerleader.


Davis ne tirò fuori dei contanti e se li infilò in tasca con disinvoltura.


Mollò la borsa e dedicò tutta la sua attenzione ad Eden.


Scorrendola con lo sguardo non trattenne un'espressione di chiaro apprezzamento.


Eden sentì il cuore arrivarle in gola in un momento. Sentì che un sorriso a dir poco inopportuno si stava impossessando di lei.


Stai pensando a un modo per comprare il mio silenzio?”


Davis la fulminò con uno sguardo sicuro e dannatamente sensuale.


Dovrei?”


Il sangue di Eden sembrò iniziare a scorrere controcorrente, abbandonando tutte le sue parti del suo corpo per poi farle esplodere la testa. Si appoggiò allo stipite della porta.


Visto che quella borsa era di Polly, e visto che la odio profondamente, puoi stare tranquillo. Non dirò niente.”


Lui sfoderò un sorriso a metà dei suoi. Eden si trattenne dal guardare. Si avvicinò alla pila di cappotti.


Frugando appena un po' tirò fuori il suo giubbetto di pelle. Apparentemente intatto. Lo infilò e cercò di rimboccare la porta.


Aspetta.”


Lui la pietrificò sulla soglia con quello che era stato solo una specie di sussurro.


Le si avvicinò


Andiamo fuori.”


Eden sentì che stava arrossendo.


Venire fuori con te?”


Come fosse un gioco di prestigio Davis tirò fuori una sigaretta dal nulla e gliela sventolò davanti.


Ti devo una sigaretta no?”


------



Nel giardino la situazione era decisamente più calma. Davis raggiunse una panchina in un angolo semibuio e si sedette tirando fuori l'accendino. Eden prese posto lasciando più spazio possibile tra loro.


Non credevo fossi il tipo che va a queste feste.”


Esordì lui dopo aver respirato un po' di fumo


Potrei dire lo stesso.”


Davis di nuovo sfoderò un mezzo sorriso.


Credo di aver già sciolto il tuo dubbio.”


Rispose riferendosi a come l'aveva colto in flagrante. Eden sentì che si stava innervosendo. Quel ragazzo sembrava divertirsi costantemente alle sue spalle.


Anch'io ho risolto il tuo allora. Come ti ho già detto qualche giorno fa tu non sai niente di me.”


Eden respirò il fumo amaro di quella sigaretta mentre Davis sembrò esitare per qualche secondo


Non per essere ripetitivo, ma come ti ho già detto anch'io, so molte più cose di te di quanto pensi.”


Stavolta fu Eden a sorridere


Davvero?”


Mm mm.”


Convinta di coglierlo in fallo Eden si sollevò sulla panchina e lo guardò


Per esempio?”


Davis sputò un cerchio di fumo mentre guardando nel vuoto sembrava pensare. Come se dovesse inventare al volo qualcosa da dire.


Per esempio... So che frequenti il club del libro e che il tuo preferito è “Cime tempestose” di Emily Bronte... So che tutti i venerdì salti l'ora di educazione fisica con un certificato medico falso per una tendinite che non hai... E so che tua madre guida una mercedes e che probabilmente è una stronza. O almeno ha la faccia da stronza.”


Eden spalancò la bocca non sapendo se essere lusingata o spaventata


Mi hai spiata?!”


Lui sollevò le spalle con un'espressione innocente in faccia


Ti ho solo guardata.”


Il cuore di Eden iniziò a pompare a vuoto tanto andava veloce. Non riusciva a capire. E soprattutto non poteva accettare che quel ragazzo le smuovesse le interiora.


Scosse la testa riportando gli occhi in avanti.


C'è solo un'ultima cosa che voglio sapere.”


Continuò lui


Il tuo nome.”


Eden rimase stupita


Sai tutte queste cose e non sai il mio nome?”


Lui sorrise


Più che altro mi piacerebbe sentirlo da te.”


Deglutendo il sapore di fumo Eden prese coraggio ed allungò una mano cercando di farla tremare il meno possibile


Eden Spencer.”


Lui le strinse la mano, dolce e deciso allo stesso tempo. Una strana scossa elettrica attraversò Eden dal bassoventre fino alla punta dei capelli.


Lo so, è un nome stupido.”


Ribatté senza che lui avesse proferito parola. Cercava disperatamente un modo per smorzare la tensione.


Io credo che ti addica.”


Il paradiso terrestre?”


Il peccato originale.”


Il tono di voce basso che accompagnava quella leggera allusione fu l'ennesimo colpo al suo autocontrollo.


Posso farti una domanda?”


Chiese immediatamente Eden cambiando argomento


Spara. Non ho niente da nascondere!”


Di nuovo lo guardò


Perché vieni alla Dwight?”


Lui sollevò le sopracciglia


Voglio dire...”


Riprese lei, ma Davis la interruppe


Ho capito cosa vuoi dire. Perché frequento una scuola per ricchi e figli di papà se non sono né ricco né figlio di papà?”


Non è proprio quello che avrei detto io.”


Davis continuò a fissare il vuoto


E' ok, tranquilla, capisco il tuo dubbio... Il fatto è che mia madre era una di buona famiglia, una coi soldi intendo. Solo che poi è morta. E così adesso i miei nonni materni, che tra parentesi non vedo da quasi dieci anni, cercano di lavarsi la coscienza pagandomi la retta della Dwight.”


Mi dispiace.”


Eden si sentì obbligata a dirlo. Non sapeva nemmeno se credere o no a quello che lui stava dicendo.


E che mi dici di te?”


Eden ci ripensò un attimo


Perché vado alla Dwight?”


Davis buttò via il mozzicone spento e cercò una posizione più comoda su quella panchina gelida


Non proprio. Quello che vorrei sapere è come fa una come te, con i soldi e con un cognome, ad essere fuori posto in una scuola fatta apposta per la gente coi soldi e col cognome altisonante. Insomma, io ho la scusante del ceto sociale, ma tu?”


Non lo so.”


Non lo sai?”


Eden si chiese se poteva ricambiare con la stessa moneta quella che le era sembrata sincerità


Non lo so... Forse è colpa mia. O forse è colpa di mio padre. Mia madre dice che era una specie di artista alcolizzato e sociopatico. Magari sono doti che si ereditano col dna.”


Non l'aveva mai detto a nessuno prima.


Né di suo padre, né delle sua paura di essere come lui.


Stavolta Davis non sorrise.


Secondo me sei solo finita nel posto sbagliato. Ogni tanto succede nel grande caos universale.”


Eden aggrottò la fronte come se lui avesse detto una frase senza senso


Dici?”


Davis la sorprese con uno sguardo diverso. Quasi dolce. Che lasciava intravedere tutto un mondo al di là dei suoi occhi.


Non preoccuparti, è una cosa a cui possiamo rimediare.”

*****



Hey!”


Grace la riportò alla realtà. Non si era resa conto che aveva chiuso il locale. E nemmeno che le si era seduta accanto.


Scusa. Stavo solo... pensando.”


Ci sono parecchi ricordi qui, vero?”


Eden annuì e basta. Ne aveva appena rivissuto uno.


Grace si fece seria di colpo.


Stai cercando lui?”


Eden si svegliò completamente dai suoi pensieri.


Il piano. L'FBI. Dair.


Scosse la testa e sussurrò


No.”


Grace sospirò graffiando via una macchia dal bancone


Non avrei potuto aiutarti comunque. Non vedo da Davis da tantissimo tempo, più o meno da quando tu...”


Grace si interruppe ed Eden riprese fiato


Non sono più venuti qui?”


Grace scosse piano la testa


Nemmeno una volta. Non puoi neanche immaginare come le cose siano cambiate. Niente è più stato uguale.”


Eden cercò di ficcare le unghie nel legno del bancone


Solo Tyler...”


Riprese Grace riattivando la sua attenzione


...Lui passa ancora da queste parti qualche volta.”


Come? Non sta più con Davis e con gli altri?”


Grace sospirò di nuovo e le rivolse uno sguardo amaro


Te l'ho detto Eden. Le cose sono cambiate.”


------

A/N Anche questo capitolo è stato più che altro incentrato sul passato. Dal prossimo però mi concentrerò sul presente e sui personaggi. Per primo Tyler Matthews, che potrà spiegare ad Eden come sono cambiate le cose e la riporterà nel suo vecchio mondo. Così spero di dare inizio alla storia vera e propria. Spero che avrete un po' di pazienza con me, anche perchè il 2 ottobre ho un esame tostissimo e benché non ne abbia la minima voglia, devo concentrarmi pure su quello! A presto comunque!!


X Meredith91:  come sempre grazie mille per la recensione!! Mi aiutate davvero tanto a mantenere viva l'ispirazione!! Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto e sai, anch'io per il personaggio di Davis ho preso ispirazione dal mio ex e dalla nostra storia... Non che fosse un rapinatore di banche, ma decisamente non era un santo! Ho già letto il primo capitolo della tua storia, ma non ho ancora recensito perchè andavo di fretta e vorrei rileggere la storia per bene, però non mancherò!

X cinzia818 : grazie della recensione e grazie dell'apprezzamento! Io ho scritto tante storie (anche se non le ho pubblicate qui) ma stavolta sto cercando di scrivere in maniera diversa dal mio solito, più semplice e diretta, quindi non sono sempre sicura di quello che faccio. Sono contentissima che questa storia ti piaccia!! Come ho già detto sono sotto esami in questo periodo, ma appena avrò un po' più tempo ho intenzione di leggere sia le tue storie che quelle di Meredith91... Sarò molto felice di contraccambiare!! 
 











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Capitolo 7
*** Tyler Matthews è ancora qui... ***


capitolo6
CAPITOLO 6



TYLER MATTHEWS E' ANCORA QUI”



Grace l'aveva aiutata davvero. Specialmente offrendole un posto per dormire nel seminterrato del locale. Non era il massimo, ma poteva andare, soprattutto perché aveva l'assoluto bisogno di restare in quel posto.



Solo Tyler. Lui passa ancora da queste parti qualche volta.”



Tyler Matthews. Uno di loro.


Tyler era quello intellettuale, il letterato. Lui ed Eden avevano la stessa passione per i romanzi, ma quella di Tyler sconfinava in un'audace aspirazione.


Avevano una ragione per rubare. Non che fossero giustificazioni valide, ma ognuno di loro rubava per una buona ragione. Tyler voleva fare lo scrittore.


Questa era la sua buona ragione. Avrebbe messo da parte tutti i soldi necessari e poi un giorno si sarebbe ritirato su un'isola della Polinesia francese o magari nel quartiere bohemien di Londra e lì, avrebbe scritto il romanzo del secolo.


Eden gli voleva bene. Davvero.


E avrebbe aspettato anche mesi interi in quel posto se fosse stato necessario.


Appoggiata al bancone beveva caffè, sperava che Davis non la trovasse mai

e scorreva tra i suoi mille ricordi.


Il tutto aspettando che Tyler si facesse finalmente vedere.


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9 ANNI e MEZZO PRIMA



Ehy ragazza invisibile!”


Eden chiuse gli occhi e sospirò bloccandosi sui tacchi alti nel bel mezzo della quinta strada. Come diavolo faceva Davis Miller a comparire dal nulla in tutti i momenti meno opportuni?


Dove te ne vai?”


Eden si passò istintivamente la mano tra i capelli ed indicò il palazzo pochi più in là


Mia madre mi aspetta.”


Lui sorrise come un bambino davanti ai biscotti al cioccolato


Vieni con me in un posto allora.”


Ovviamente usò il suo tono “non puoi rifiutare”. Quello più basso, avvolgente come il velluto.


Perché mai dovrei venire con te in un posto?”


Rispose lei virgolettando le ultime tre parole


Davis bypassò un paio di ignari passanti e le arrivò vicino


Innanzitutto perché sarà più interessante di qualsiasi cosa tu possa fare con tua madre e poi...”


Divenne il solito diavolo tentatore


...Perché muori dalla voglia di venire con me.”


Eden si guardò i piedi.

Aveva dannatamente ragione.


Rialzò gli occhi e gli puntò il dito contro


Solo perché l'alternativa è mia madre, sia ben chiaro!”


Ed eccolo di nuovo lì. Il suo sorriso a metà.



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Cafè des Artistes? Un po' abusato come nome, no?”


Davanti all'insegna del piccolo caffè Eden continuava ad esitare.

Davis fumava un'altra sigaretta.


Non sei mai stata in un posto così credimi.”


Eden non stentò a credergli. D'altronde lei aveva cenato al “Four Seasons” e dormito nella miglior suite del Palace Hotel. Come avrebbe potuto competere un piccolo caffè di Dumbo con tutto questo?


Quando aprirono la porta il suono di un campanello li accolse. Era un tocco quasi kitsch, ma ad Eden piacque. Così come il juke box in fondo alla stanza. Ne aveva sempre desiderato uno.


Davis si mosse con disinvoltura, mentre lei rimase qualche passo indietro.


Alla sua destra, seduto da solo, un ragazzo dai capelli scuri e corti sembrava tutto preso dal libro che stava leggendo.


Eden si curvò appena per sbirciarne la copertina.


Il ritratto di Dorian Grey”


Non riuscì a non sorridere. Uno dei suoi preferiti.


Poco più in là una ragazza dai lunghi capelli biondi cinguettava con un tizio vestito di flanella.


Lei era bellissima. Lui un affronto allo stile.


Alzando gli occhi dovette stupirsi. Con addosso un grembiule verde scuro Grace Kennedy strofinava il bancone. Proprio quella Grace Kennedy. La “strega di Brooklyn”.


Piccolo il mondo.


Bevi qualcosa?”


La voce di Davis la fece sussultare


Perché siamo qui?”


Lui scrollò le spalle


Volevo presentarti qualche amico.”


Eden aggrottò le sopracciglia. Perché mai Davis Miller voleva presentarle i suoi amici? Praticamente non conosceva nemmeno lui.


Davis si avvicinò al tavolo


Cominciamo da Tyler, sono sicuro che lui ti piacerà.”


Il ragazzo preso da Oscar Wilde sollevò gli occhi castani. Eden aveva ancora in faccia l'espressione da ebete di pochi istanti prima.


Ciao, io sono Tyler!”


Si presentò senza troppo scomodarsi, ma con un sorriso genuino


E lei è Eden...”


Davis rispose per lei


Tyler è come te. Gli piacciono i libri.”


Eden continuava a non capire, ma sorrise lo stesso e salutò con un cenno della mano.


Davis indicò la bionda col tizio in flanella


Quella è Payne.”


Eden si limitò ad annuire. Ma adorava i suoi stivali.


E quella laggiù è Blake. Mia sorella.”


La ragazza coi capelli scuri se ne stava in disparte, presa da non so quali pensieri.


Tua sorella?”


Non bastavano gli amici. Adesso anche i parenti.


Per la prima volta se lo chiese seriamente


Che diavolo vuole Davis Miller da me?



------



PRESENTE



Quando il campanello della porta tintinnò per l'ennesima volta Eden non ci fece nemmeno caso. Almeno fino a che non fu sommersa dall'ombra di Grace. La ragazza si schiarì la voce facendo cenno verso la porta.


Eden si voltò appena e le bastò un secondo per balzare in piedi.


Tyler!”


Lui alzò lo sguardo mentre si sfilava il giubbotto, ma i suoi gesti rimasero a mezz'aria.


Cristo santo!”


Non gli uscirono altre parole dalla bocca.


Eden coprì la distanza in pochi istanti e gli lanciò le braccia al collo. Tyler era stato il suo miglior amico. Le era mancato da morire.


Lui le prese il viso tra le mani


Sei davvero tu? Non posso crederci!”


Eden non riusciva a non sorridere


Mi sei mancato!”


Tyler sembrava ancora incerto. I suoi occhi brillavano e non riusciva a smettere di toccarla


Non sei morta!”


Esclamò


Non sei morta!”


Ripeté


Tu non sei morta!”


Si convinse infine prendendola di nuovo tra le braccia e facendola girare sotto gli occhi pensierosi dei clienti. Erano quasi tutti del giro, ma in pochi conoscevano la vera storia di Eden Miller.


D'altra parte conoscevano Tyler e non lo avevano mai visto sorridere in quel modo.



------



L'umidità del seminterrato si faceva sentire nelle ossa. Si erano chiusi lì dentro per poter parlare un po'. Eden era scivolata contro il muro e stringeva le sue ginocchia. Tyler camminava ancora su e giù per la stanza.


Non hai idea di come mi sento adesso...”


Continuava a gesticolare


...Credevamo che fossi morta. Io ti ho vista lì ed eri...”


Si interruppe a metà stanza


...Ci stavano addosso, avrei voluto fare qualcosa ma dovevo anche scappare, io...”


Tyler?”


Eden parlò tranquillamente. Parlare di quel giorno risvegliava in lei una rabbia profonda, ma quella rabbia non l'aveva conservata per Tyler. Non lo incolpava di quello che le era capitato.


Tyler la guardò


Vieni qui.”


Lui sospirò e poi, a sua volta, scivolò giù appoggiando la schiena al muro.


Non è stata colpa tua.”


Tyler fissò il soffitto per un po'


Mi dispiace.”


Disse infine


Lo so.”


Seguì una pausa di profondo silenzio. A tutti e due serviva.


Per Tyler non era facile accettare che Eden fosse ancora viva.


Per Eden non era semplice trovarsi lì con lui, su un sottile confine tra presente e passato.


Non voglio parlare di quel giorno. Voglio sapere cosa è successo dopo.”


Finalmente Eden parlò. Lui non la guardò ma continuò a tenere gli occhi puntati in avanti.


E' stato tutto un casino...”


Tyler sembrò scivolare lentamente nel suo stesso flashback


...Io e Blake eravamo feriti. Davis era... Bé, lui era...”


Eden contrasse la mandibola e strinse i pugni. Era difficile ascoltare. Tutto ciò che aveva solo potuto immaginare in quegli anni stava lentamente prendendo forma.


Tyler non stentò a capirlo e passò alla frase successiva senza finire.


Siamo rimasti nascosti per un po', non so dirti se siano stati giorni o settimane. Tutto era come sospeso. Ma appena il polverone è passato, Joe ci ha procurato un volo sicuro per l'Europa.”


Europa?”


Parigi. André aveva ancora dei contatti lì e ci hanno offerto una buona copertura.”


Eden aggrottò le sopracciglia


Se eri andato con loro, perché sei tornato?”


Tyler abbassò lo sguardo e tutt'intorno a lui sembrò farsi buio


Le cose non erano più come prima Eden. Nulla era come prima...”


Strinse i pugni


...La tua morte aveva rotto ogni equilibrio tra di noi. Payne non riusciva a riprendersi. Ho cercato di aiutarla ma non ci sono riuscito. Blake è diventata ancora più silenziosa del solito e Davis... Bé lui...”


Eden respirò a fondo


Lui?”


Tyler cercò un modo giusto per dirlo


Non è più stato Davis. Non il Davis che conoscevamo.”


Che vuoi dire?”


Tyler la guardò scuotendo appena la testa


Non so se sia il caso di parlarne.”


Eden deglutì e restò ferma


Devo saperlo Tyler.”


Sentenziò decisa.


Lui abbassò di nuovo lo sguardo


Non lo so... Mi aspettavo che piangesse, che andasse in pezzi o almeno che desse di matto come noi e invece...E' come se fosse diventato un altro. Freddo, senza scrupoli, avventato. Mentre noi ci chiedevamo ancora che cosa avremmo dovuto fare, lui era già... Andato avanti.”


Eden sentì la bocca dello stomaco chiudersi. Una sensazione intensa di bruciore la colpì allo sterno.


Te lo ricordi Eden? Lo facevamo per un motivo, avevamo un motivo per rubare quei soldi...”


Eden annuì in silenzio, mentre Tyler continuava


...E invece sembrava che Davis non ne avesse più uno, che non provasse più niente, lui...”


Si fermò a prendere fiato


...Lui ha infranto la regola.”


Eden spalancò gli occhi cercando quelli di Tyler


Ha fatto del male a qualcuno?”


Tyler guardò al soffitto


Eden aggrottò le sopracciglia


Ha.. Ha ucciso qualcuno?!”


Tyler sbuffò dopo qualche istante di silenzio


E' successo una volta sola, almeno finché c'ero io, ma è bastato per cambiare tutto.”


Eden si coprì la bocca con la mano mentre con gli occhi sconcertati fissava il vuoto


Un assassino?!


Davis è diventato un assassino?!


Tyler sospirò ancora e poi balzò in piedi


Sai che ti dico? Dovresti uscire da qui.”


Disse provando a sdrammatizzare, sapeva che Eden ne aveva bisogno.


Lei sollevò le spalle


Sono un'evasa ricercata senza una casa, dove vuoi che vada?”


Lui ci pensò un secondo poi allungò una mano verso di lei


Potresti venire con me per esempio.”


Eden stentava ancora a riprendere contatto con la realtà, ma afferrò la sua mano e si lasciò tirare su.


Ho un lavoretto da fare stasera, una cosa semplice, ma sarei contento se mi dessi una mano.”


Eden alzò un sopracciglio


Un lavoretto?”


Sì. C'è questo tizio di Manhattan, nei week end gli piace divertirsi nelle bische clandestine, ma a quanto pare alcuni dei suoi l'hanno fregato. E così vuole che riprenda i suoi soldi.”


Stasera?”


Esatto, sarà una cosa semplice. Arriviamo, facciamo un po' i duri, prendiamo i soldi e scompariamo. Ci stai?”


Eden sentì una fitta allo stomaco. Tornare a rubare? Di certo non era quello che Dair si aspettava da lei.


Non lo so Tyler, sono un po', come dire, arrugginita. Non so se sia il caso.”


Lui sorrise


Tu arrugginita? Non ci credo! E poi ti farà bene tornare alle vecchie abitudini. Sei stata rinchiusa per cinque anni, hai bisogno di un po' d'adrenalina!”


Eden sospirò. Adrenalina. Quasi non ricordava più cosa significa sentirsela scorrere nelle vene. Tutto quello che lei riusciva a sentire era rabbia. Confusione. Incredulità.


Quello che Tyler le aveva appena raccontato cambiava ogni cosa. Se Davis aveva ucciso qualcuno, davvero non era la persona che lei credeva di conoscere. Non lo era più. O forse non lo era mai stato.


L'omicidio lo rendeva colpevole. Senza possibilità alcuna di appello.


Avanti...”


Tyler si tolse la maschera


...Non restare qui dentro a rimuginare su quello che ti ho detto. Vieni con me.”


Aveva ragione. Se fosse rimasta lì dentro quel pensiero non l'avrebbe abbandonata nemmeno per un secondo.


Ve bene.”



--------


Appena fuori dal locale Eden tirò su il cappuccio e si guardò intorno. Non aveva pensato al fatto di essere costantemente controllata. Sicuramente tra i passanti o nelle auto qualche agente era pronto a seguirli.


Tutto ok?”


chiese Tyler vedendola ferma sulla strada.


Eden annuì. Era contro le regole, ma non avrebbe messo Tyler nei guai.


Sì. Mi stavo solo chiedendo... Potrei guidare io?”


Tyler sorrise


Ma certo! La mia mustang è tutta tua!”


Eden prese al volo le chiavi e scivolò sul sedile di pelle. Anche lei adorava le auto anni 70.


Girò la chiave nel quadro. Lanciò un'occhiata nello specchietto.


Dobbiamo andare verso...”


Tyler non riuscì a finire la frase colto in fallo dalla partenza decisa di Eden. Si aggrappò al sedile. Lei spinse sull'acceleratore e cercò di sparire il più in fretta possibile zigzagando tra le traverse di Brooklyn.


Hey! Guida sportiva eh?”


Eden finse una punta di imbarazzo


Scusami. Non guidavo da un bel po'.”


Buttò di nuovo gli occhi nello specchietto. Nessun'auto li stava seguendo. Rilassò il respiro e sollevò il piede dal pedale.


Dove si va?”



------



Tyler le porse una pistola fuori dal capannone apparentemente abbandonato. Eden la prese lentamente tra le mani. All'FBI non aveva il permesso di usare armi, ma ricordava ancora bene come si punta una pistola alla testa di qualcuno. Fin troppo bene.


Non preoccuparti, sarà una cosa facile.”


Eden guardò lui e strinse forte la pistola. Non era preoccupata. Non aveva paura. Quella che sentiva era un'inaspettata eccitazione. Il cuore accelerò. Il respiro anche.


Si sentiva esattamente come la prima volta.



------


9 ANNI e MEZZO PRIMA



Davvero ti piace stare qui dentro?”


Davis si guardò intorno. I centri commerciali non gli erano mai piaciuti.


Eden continuava a sfilare tra gli espositori del reparto profumeria.


Quella strana amicizia tra lei e Davis Miller sembrava continuare. Non che fosse una vera amicizia. Semplicemente, dopo che lui l'aveva portata al Cafè des Artistes e le aveva presentato i suoi amici, Eden aveva deciso di ricambiare la cortesia e presentarle i suoi.


Libri, scarpe e make up.


E così dopo 2 ore in libreria e una davanti alla vetrina di Louboutin, un salto in profumeria era stato d'obbligo.


Eden sorrise tra sé e sé scorrendo i rossetti uno per uno. In un certo senso stava solo cercando di testare la sua resistenza.


Inizi a pensare che forse sono solo un'oca superficiale per caso?”


Lui le si avvicinò


Inizio a credere che stai cercando di farmi impazzire. Ma è una sfida che non vincerai.”


Colpita. E affondata.


Non preoccuparti, credo di aver trovato il colore perfetto.”


Disse fissando alla luce quel rosa intenso.


Bene. Infilalo nella borsa e andiamo.”


Eden aggrottò le sopracciglia


Cosa?”


Hai capito bene.”


Eden si sentì divertita e sconcertata allo stesso tempo


Vuoi che lo rubi?”


Davis abbassò la voce


Così la fai sembrare una cosa brutta.”


Eden fissò il rossetto tra le sue mani


Perché mai dovrei rubare una cosa che posso pagare?”


Mmm... Vuoi che te lo spieghi?”


Davis le si avvicinò da dietro, fino a che il suo torace si appoggiò alla schiena di Eden. Lei si irrigidì di colpo. Il cuore le balzò alla gola.


Lui avvicinò lentamente la bocca all'orecchio di Eden.


Prendi quel rossetto.”


Sussurrò appena. Il suo respiro le accarezzò il viso.


Eden respirò a fatica. Era così vicino. Sarebbe bastato un piccolo movimento. Un solo piccolo movimento.


Strinse il rossetto nella mano.


Davis poggiò delicatamente le mani sui suoi fianchi.


Eden sentì le guance infiammarsi.


Quella era senza dubbio l'esperienza più erotica che avesse mai vissuto.


Muoviti lentamente adesso...”


Davis allungò una mano verso la borsa di Eden. Delicatamente aprì la cerniera.


...E infilalo nella borsa.”


Eden cercò di muoversi, ma si accorse di essere completamente nella sua morsa


Ma se qualcuno ci vede?”


Correremo il rischio.”


Sussurrò ancora lui.


Eden chiuse gli occhi e si lasciò guidare dalla sua vicinanza.

Era qualcosa che non aveva mai provato. Il sangue che scorreva veloce. Il cuore a mille. La paura mischiata all'eccitazione. Così intensa da essere quasi insopportabile.


Lentamente infilò quel rossetto nella borsa.


Riaprì gli occhi e riprese a respirare.


Lui si leccò le labbra e sussurrò ancora


Adesso ce ne andremo da questo posto come se nulla fosse...”


Mollò la presa dai suoi fianchi


...E posso assicurarti che nel momento in cui passeremo quella porta, ti sentirai viva come mai nella tua vita.”


Eden abbassò gli occhi. Lui si allontanò.


Andiamo.”


Disse.


Eden iniziò a seguire i suoi passi. La porta sembrava improvvisamente lontanissima. Ora che lui non le stava addosso sentiva solo una tremenda paura di essere scoperta.


E' solo un rossetto. Solo un rossetto.


Continuava a ripetere nella sua testa. Ma sapeva bene che quella voce cercava di coprire ben altri pensieri. Non erano le guardie del centro commerciale a spaventarla davvero.


Strinse i pugni attraversando la porta del negozio.


L'ultimo timore che qualche allarme suonasse le tolse il respiro per un paio di secondi.


Il cuore si fermò finché non fu dall'altra parte.


Era salva.


Riuscì di nuovo a respirare. Sorrise senza nemmeno accorgersene.


Davis era fermo a guardarla con uno sguardo compiaciuto in faccia


Te l'avevo detto.”



-------


PRESENTE




Pronta?”


Eden annuì stringendo quella pistola. L'adrenalina iniziò a pompare.


Tyler spalancò la porta della bisca con un calcio deciso.


Tutti si voltarono di scatto balzando in piedi.


Buonasera a tutti!”


Eden seguì i suoi passi nella stanza tenendo la pistola ben puntata davanti a lei.


Che cosa volete?”


Chiese un tizio sulla cinquantina. Probabilmente il gestore del “centro ricreativo”.


Tyler indicò il tavolo da poker con un cenno del viso. Un mucchio confuso di banconote lo riempiva quasi per intero.


Volete i miei soldi?”


Tyler alzò un sopracciglio


Quelli non sono affatto i suoi soldi.”


Il tizio cercò di muoversi, ma Tyler lo tenne buono


Hey. Ti consiglio di stare calmo amico.”


Eden sentì le sue gambe muoversi quasi da sole. Era come se non avesse mai smesso. Sapeva esattamente cosa fare.


Si mosse sinuosa nella stanza senza mai abbassare la sua arma. Raggiunse il tavolino ed iniziò ad infilare soldi nella borsa. Erano tanti. Sicuramente sarebbero bastati.


Tyler rimase concentrato sugli uomini davanti a lui.


Dopo l'ultima banconota Eden sorrise. Si voltò per tornare da Tyler ma dovette bloccarsi sui suoi passi.


Quello che aveva sentito era sicuramente lo scatto della sicura di una pistola.


E non era la sua.


Ferma lì.”


Eden guardò al cielo. Aveva abbassato la guardia troppo presto.


E ora aveva una pistola puntata alla schiena.


Tyler si irrigidì spostando la mira verso l'uomo che aveva estratto la pistola. Imprecò tra le labbra. Mai sottovalutare degli stupidi giocatori di poker.


Molla subito quei soldi.”


Le intimò lui. L'altro tizio sorrise compiaciuto.


Eden deglutì. Tyler la guardò preoccupato per un secondo.


Lei gli sorrise.


Ok.”


Rispose. Si curvò appena fingendo di voler poggiare a terra la sua borsa, ma non lo fece affatto. Con un'agilità del tutto inaspettata si voltò e sferrò un perfetto calcio a mezz'aria. La pistola del tizio volò dall'altra parte del capannone. E prima che potesse fare qualsiasi cosa si ritrovò l'arma di Eden a dieci centimetri dalla fronte.


Dicevi?”


Quello nascose a stento la rabbia. Facendo un passo indietro alzò le mani.


Eden camminò all'indietro fino a Tyler che ora appariva rilassato e perfino divertito.


Bene. E' stato davvero un piacere!”


Concluse quest'ultimo prendendo la porta seguito da Eden.


Iniziarono a correre appena fuori.


Più veloce che potevano.


Eden stringeva forte la borsa e non sentiva la fatica. Quella sensazione nello stomaco se la ricordava bene.


Il potere.


La vita.


Tyler mise in moto l'auto e partì sgommando a tutta velocità.


Cavolo! Dove l'hai imparato quello?”


Eden tornò con i piedi per terra.


Non poteva certo dirgli che aveva seguito un corso di addestramento all'FBI.


Ho fatto parecchia aerobica mentre ero in galera.”


Lui la guardò estasiato, ancora inebriato dall'adrenalina


Dovrei farla anch'io allora!”


Eden si rilassò contro la pelle del sedile.


Fissò la sua immagine nello specchietto.


Quella era vita.


Quella era lei.


Li hai contati?”


Chiese Tyler poco più tardi


Eden fece scorrere qualche altra banconota tra le dita. Il profumo dei soldi aveva riempito l'auto. O forse era solo una piacevole illusione.


Saranno almeno ventimila.”


Bene. Ho contrattato il venti percento quindi duemila sono tuoi.”


Eden contò i suoi soldi e quelli di Tyler.


Lui la guardò alzando un sopracciglio


Sai già cosa farci?”


Eden annuì rilassando i muscoli contro il sedile. Non riusciva a togliersi quel sorriso dalla faccia.


Scarpe!”


Esclamò. E Tyler non aveva alcun dubbio che quella sarebbe stata la prima risposta.


E magari anche un paio di jeans nuovi.”


Aggiunse.


Tyler prese la parola


A proposito di scarpe e vestiti, dovremmo andare a prendere le tue cose al locale adesso.”


Eden sembrò confusa


Perché? Sto traslocando forse?”


Esattamente amica mia. Vieni a stare da me!”


In quel momento non esisteva più nient'altro. Nessuna scomoda realtà. Nessuna responsabilità.


C'erano solo Tyler Matthews ed Eden Spencer.


Ladri.


Amici.





A/N Capitolo più lungo del previsto e anche più difficile da scrivere. Non so Perché ma non voleva proprio venir fuori! Per cui mi scuso se non è un granché!! Stavolta ho presentato Tyler, anche se non ho potuto ancora dire tutto di lui. Per adesso diciamo solo che è servito a far riscoprire ad Eden le emozioni della vecchia vita. Invece nel prossimo capitolo vi dirò che sta facendo Dair in tutto questo. Poi sarà la volta di Davis e degli altri.



Per Cinzia818: questo capitolo non è granché ma spero che tu possa apprezzarlo lo stesso! Ho cercato di presentare un po' Tyler e tramite lui di dire che cosa è successo negli ultimi 5 anni mentre Eden non c'era, ma ovviamente è solo l'inizio! Grazie mille per le recensioni, mi dai sempre motivazione per continuare a scrivere!! (L'esame ce l'ho il 2...CREPI!!)


Per Meredith91: innanzitutto grazie delle tue recensioni! Non so come farei a scrivere senza!! Come avrai visto ho fatto un wallpaper per il capitolo, e ci ho messo qualche foto di Grace... Che ne dici della scelta? Grace è un personaggio secondario, ma volevo comunque che avesse un volto. Per quanto riguarda Davis, ho cercato di dipingerlo ancora un po' tramite degli altri flashback, ma presto arriverà anche nel presente. E speriamo di non deluderti! (CREPI IL LUPO!!)











































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Capitolo 8
*** Daniel Dair ***


capitolo7

CAPITOLO 7

DANIEL DAIR



Daniel Dair era stato promosso a vice comandante della sezione criminalità organizzata nella sede di Chicago dell'FBI. Una cosa insolita per un trentaduenne. Non che non fosse bravo nel suo lavoro, ma molti si chiedevano se non fosse anche merito di suo padre, a sua volta tenente in pensione dell'FBI.


Per fortuna a Daniel non pesavano i giudizi degli altri. Non sempre per lo meno.


Aveva costantemente fatto il suo lavoro in maniera impeccabile. Totalmente dedito all'addestramento e alle regole, aveva rinunciato a tutto il resto pur di essere l'agente che aveva sempre sognato di essere.


Adesso iniziava a chiedersi se fosse il caso di cambiare ideali.


Seduto alla sua poltrona, nel suo ufficio dalle pareti bianche, non riusciva a concentrarsi sui documenti che aveva davanti agli occhi da quasi due ore.


Era teso. Arrabbiato. E soprattutto confuso.


Non era possibile che avesse sbagliato tutto. Il suo istinto non mentiva mai e poi...


Non era passato così tanto tempo da quella sera.



------



CIRCA UN MESE PRIMA



Prego.”


Con un gesto del braccio accolse Eden nel suo appartamento. Era la prima volta che entrava a casa sua.


Lei si guardò intorno. Era curiosa, ma quella casa sembrava esattamente come l'aveva immaginata. Pulita. Ordinata. Impeccabile.


Eden si tolse la giacca e la poggiò sul divano.


Vuoi bere qualcosa?”


Eden scosse la testa


Non dovresti riportarmi a casa? Gli agenti del controllo penseranno che sono scappata.”


Lui sollevò le spalle


Finché sei con un agente è tutto legale.”


Davvero? Anche cenare al Bouley?”


Mm mm.”


Eden sorrise


Anche fare shopping da Bloomingdale's?”


Dair sorrise


Credo di sì.”


Eden si illuminò


Dovrei portarti in giro più spesso.”


Lui si lasciò sfuggire una risata.


Eden smise di girovagare per la stanza e si appoggiò al tavolo


Grazie Dair, davvero.”


E' stata solo una cena.”


Lei sorrise


Forse, ma tu sai quanto sia difficile per me fare qualcosa di 'normale'.”


Spero che almeno sia stata bene con me stasera.”


Insinuò lui mimando un eccesso di cavalleria.


Eden sorrise ancora. Aveva addosso un vestito da sera di Mark Bouwer e portava i tacchi alti. Non le capitava spesso. Con quegli abiti addosso in qualche modo si sentiva meglio, come se potesse essere ancora la ricca innocente ragazza di Manhattan.


Benissimo. Se fosse stato un vero appuntamento avresti già guadagnato il massimo dei punti.”


Davvero?”


Davvero.”


Confermò lei, ma qualche secondo dopo sembrò ripensarci


Ma ciò non vuol dire che sarei qui adesso. Non sarei mai salita a casa tua la sera del nostro primo appuntamento.”


Dair iniziò ad avvicinarsi a lei


Dici che non ti avrei convinta?”


Eden esitò un attimo. Era una vera tentazione quando ci si metteva. Specialmente quando sembrava volerle passare attraverso con quegli occhi verde smeraldo.


Scosse piano la testa.


Certo che no. Avresti dovuto soffrire un po' prima di vedermi entrare da quella porta.”


Lui le si avvicinò ancora, finché non fu a poco più di dieci centimetri da lei


E dimmi, quanto avrei dovuto aspettare?”


Eden sollevò le spalle


Due settimane almeno. Forse anche tre.”


Dair abbassò gli occhi. Eden spense il suo sorriso e si rese conto di non poter indietreggiare. Non questa volta.


Eden?”


Lui pronunciò il suo nome riportando gli occhi alla sua altezza.


Inspirò profondamente


Sono quasi cinque anni che aspetto.”


Eden rimase immobile. Una morsa le strinse lo stomaco. Il cuore iniziò a batterle veloce tra le costole.


Non trovò nulla con cui ribattere.


Dair la baciò, deciso ma delicato allo stesso tempo, e lei rispose da subito. Non era la prima volta che si baciavano, ma per la prima volta non c'era il pericolo che un agente entrasse nella stanza e li scoprisse, o che qualche telecamera di sorveglianza li riprendesse.


Era eccitante e terrorizzante allo stesso tempo.


Il bacio divenne più profondo. Lui la strinse alla vita e la sollevò sul tavolo. Lentamente le sue labbra raggiunsero il collo di Eden. Lei sospirò. Era bello. Sbagliato forse, spaventoso sicuramente, ma sorprendentemente bello.


La mano di Dair raggiunse la zip del vestito e lentamente la fece scorrere verso il basso. La seta scivolò leggera sulle spalle di Eden e ricadde sul legno lucido del tavolo. Adesso la sua pelle era scoperta e sentire le sue mani addosso le fece scorrere brividi sconosciuti per tutto il corpo.


Eden si irrigidì di colpo. Non stava con un uomo da anni. E l'ultimo era stato suo marito. Il suo disperso, bastardo, ma ancora attuale marito.


C'era qualcosa di tremendamente sbagliato in quello che stava facendo.


Dair la sentì contrarsi tra le sue mani. Sapeva esattamente cosa stava per succedere, ma non l'avrebbe sopportato ancora una volta.


Rallentò anche lui avvicinando le labbra all'orecchio di Eden


Non chiedermi di fermarmi...”


Sospirò


...Non chiedermelo.”


Daniel Dair non era di certo un uomo che aveva bisogno di pregare.


Ma quella donna per lui valeva l'eccezione.


Eden fissò il vuoto davanti a lei, poi chiuse gli occhi. Non poteva ignorare quello che il suo istinto le stava chiedendo disperatamente di fare.


Voltò la testa verso di lui e lo baciò delicatamente.


Poi con passione.


Lo strinse a sé. Dair la sollevò di nuovo lasciando che il vestito restasse lì sul pavimento. Attraversò la stanza con lei addosso e dolcemente la rilasciò sul suo letto.


Mentre lui si sbottonava la camicia continuando a guardarla, Eden si sentì come una sedicenne. Terrorizzata ed incapace. Dair la guardava come se fosse la cosa più desiderabile del pianeta. E lei sentiva di non meritarlo.


Lui la baciò ancora. Le baciò il collo. Le baciò la pancia.


Esitò qualche secondo sulle sue cicatrici.


A distanza di anni ne restava solo qualche traccia, lì dove la pelle diventava più liscia e lucente.


Eden incurvò la schiena sotto di lui. Difficile da ammettere, ma lo voleva quasi quanto lui.


Dair la prese dolcemente. Senza fretta né foga, come se volesse vivere ogni istante di lei. Come se non volesse vederla finire.



Dopo l'ultimo sospiro, dopo l'ultima contrazione, lui le si accasciò addosso. Eden gli accarezzò i capelli mentre tornava lentamente alla realtà. Era stato bello. Perfetto quasi, ma le aveva comunque lasciato un vuoto dentro. Quel vuoto che neanche Dair era riuscito a colmare.


Delicatamente scivolò da un lato del letto e gli diede le spalle stringendosi in sé stessa. Perché non riusciva ad andare avanti? Inaspettatamente le tornarono in mente le parole di Davis di tanti anni prima .


Nel grande ordine universale sentiva di nuovo di essere capitata nel posto sbagliato.


Ringraziò il cielo che Daniel Dair fosse quell'uomo meraviglioso che era. Non una parola uscì dalla sua bocca. Non pretese nulla da lei. Se ne stette in silenzio vicino a lei e basta.


Eden attese in silenzio di sentire il suo respiro diventare leggero e regolare. Aspettò finché non fu sicura che dormisse. Non avrebbe mai potuto dirgli come si sentiva davvero, lui meritava molto più dei suoi complessi e delle sue paranoie.


Scivolò silenziosamente fuori dal letto raccogliendo scarpe e biancheria nella semioscurità. Una volta in salotto infilò al volo il vestito e riprese la giacca lasciata sul divano. Erano solo le due di notte, con un po' di fortuna avrebbe trovato ancora qualche taxi in giro.


Sospirando per il senso di colpa che già sentiva, sgattaiolò fuori dall'appartamento di Dair più veloce che poteva.



-------



McPhee spinse la porta con decisione e la richiuse con la stessa indole subito dopo essere entrato nell'ufficio di Dair.


Lui si risvegliò bruscamente dai suoi pensieri. E vedendo il suo collega l'esasperazione gli si dipinse in faccia.


So già perché sei qui, ma non voglio sentire una sola parola da te.”


Esordì.


McPhee si leccò le labbra trattenendo un sorriso sarcastico


In realtà ero qui per un altro motivo, ma da quanto ho capito sei già stato avvertito.”


Dair lo fulminò con gli occhi


Te l'ho già detto, non ho niente da dire in proposito.”


McPhee allargò le braccia


La tua amichetta elude gli agenti per sparire nel nulla e tu non hai niente da dire?”


Dair si limitò a sospirare


Andiamo Dair, c'era da aspettarselo! Anche se devo ammettere che la sua rapidità ha stupito anche me.”


Sono solo insinuazioni McPhee. Io sono sicuro che Eden ha avuto le sue buone ragioni e in fin dei conti è proprio quello che le abbiamo chiesto.”


Quella donna ha deliberatamente seminato i nostri agenti ed è sparita col suo compagno di rapine! Scommetto che a quest'ora starà già festeggiando col maritino e tutto il resto della compagnia!”


Dair balzò in piedi facendo stridere la sedia sul pavimento.


In una manciata di secondi sembrò ricomporsi.


Hai detto di essere venuto qui per un motivo. Dimmi che cosa vuoi e poi vattene per favore.”


McPhee annuì col rispetto che si deve ad un superiore


E' per il caso Martin. La dottoressa Steward sta venendo qui per la prima perizia. Immagino voglia assistere anche tu.”


Dair guardò l'orologio


Dovrai pensarci tu. Io vado via prima.”


Disse velocemente tornando alla scrivania per raccogliere tutti i fogli lasciati sparsi.


Di nuovo McPhee si fece sarcastico e tagliente


Già... Dimenticavo che adesso fai il doppio lavoro. Agente di giorno e babysitter di sera.”


Non c'era alcun dubbio che quella nella sua voce fosse acidità. Tendente alla provocazione per di più.


Dair alzò gli occhi verso di lui


Vuoi davvero che ti mandi al diavolo?”


McPhee si passò la mano sul viso e poi decise di agire. Facendo due passi avanti sbatté i palmi con forza sulla scrivania.


No Dair, voglio solo che tu mi stia a sentire!”


Riprese fiato per calmarsi


Adesso ti parlerò da uomo a uomo ok?”


Dair non disse nulla


Dimmi. Vuoi davvero rischiare la carriera per quella donna?”


Lui guardò altrove esasperato mentre il suo collega proseguiva


Posso capire che ti piaccia, ma credo che tu stia perdendo il controllo della situazione.”


Davvero?”


Sembra che tu abbia dimenticato completamente chi sia Eden Miller. Poco importa cosa ha fatto in questi anni con noi, quella donna era e rimane una criminale!”


Dair scosse la testa


Non voglio nemmeno starti a sentire.”


McPhee insistette sbattendo il pugno sulla scrivania


Non lo capisci Daniel? Se qualcosa va storto non sarà solo la tua testa a saltare!”


Bene, se qualcosa andrà storta interverremo.”


Ma è già successo!”


Il vice comandante prese la sua cartella e tentò di bypassare McPhee senza successo.


Mi spieghi perché lo fai?”


Incalzò McPhee bloccandolo davanti alla porta dell'ufficio


Perché lo faccio?”


Esatto. Che cos'è Dair? Una specie di strategia? Vuoi arrivare alla madre passando per la bambina?”


Dair si piantò dritto sulle sue gambe


Non mi aspetto che tu lo capisca, ma quella donna mi ha affidato sua figlia!”


Esatto tenente. SUA figlia...”


Ribatté l'agente McPhee


...Ed è proprio questo che non capisco, cosa ci guadagni tu?”


Dair si lasciò possedere dalla foga del momento


Quando tutto questo sarà finito...”


Rendendosi improvvisamente conto di cosa stava per dire si morse la lingua facendosi quasi di pietra. Non l'aveva mai ammesso nemmeno a sé stesso.


McPhee non ci mise troppo a capire. Lo guardò incredulo e sconcertato.


Oh mio Dio. Tu speri che un giorno sarete un'allegra famigliola felice, non è vero?”


Dair strinse i pugni, ma non poté fare a meno di abbassare lo sguardo. McPhee l'aveva colpito nel pieno delle sue fantasie, ancora prima che prendessero del tutto forma fuori dal suo inconscio.


Non riesco a crederci.”


Dair abbandonò la speranza di riuscire ad uscire da quella stanza in fretta. Si massaggiò le tempie cercando di contenere quel vortice di pensieri. Era già troppo così, al diavolo tutto ciò che McPhee avrebbe potuto dire.


Non succederà mai Dair, te ne rendi conto?”


Dair sollevò le spalle


Eden ha già fatto parecchio per riscattarsi in questi anni. Se adesso ci aiuta ad arrestare anche Miller sono sicuro che al processo...”


McPhee lo interruppe


Non sarà mai libera Dair. Non importa cosa farà.”


Non mi aspetto che venga assolta, ok? Ma con una buona riduzione della pena, con la condizionale e magari i domiciliari, credo che in qualche anno sarà tutto finito. Finalmente.”


McPhee scosse la testa guardando a terra. Per qualche secondo sembrò quasi in difficoltà. Nonostante fosse quello con la risposta sempre pronta.


Sei davvero a questo punto?”


Chiese. Dair sospirò.


Stiamo ancora parlando da uomo a uomo?”


McPhee annuì.


E anche Dair.


Credo di sì...”


Riprese fiato


...Io la amo.”


McPhee lo guardò sollevando le sopracciglia. Si strofinò la fronte visibilmente in difficoltà.


Così mi metti in una posizione difficile, lo sai vero?”


Dair riacquistò la sua integrità.


Quello che ti ho appena detto non influisce sulla mia obiettività. Né sulla mia lealtà verso l'FBI. Se dovrò intervenire in questa missione lo farò.”


Ne sei sicuro?”


Dair lo guardò senza fare una piega. La sua lealtà non era in dubbio. Per quanto sperasse di non doverla mettere alla prova.


Ne sono certo.”


McPhee sembrò indeciso ancora per un po'. Secondo il regolamento sarebbe dovuto correre a fare rapporto al capitano e fino a qualche minuto prima non sperava in nulla di meglio. Ma adesso non era più certo che fosse la cosa giusta da fare.


Ok. Ti darò il beneficio del dubbio...”


Dair si rilassò appena.


Ma non illuderti, ti starò col fiato sul collo. Questa missione non fallirà per colpa di quella donna. Se dovrò falciarti lo farò senza rimorsi.”


Dair si limitò ad annuire.


McPhee si lisciò il vestito e poi prese la porta.


Ma prima di uscire si voltò un'ultima volta.



E ricordati Dair, quella bambina ce l'ha già un padre. Per quanto faccia schifo.”


Finì prima di sparire dalla sua vista.







A/N Eccomi qua. Non so spiegarmi perché, ma quando sono sotto esame vengo inspiegabilmente colpita da attacchi di ispirazione improvvisa. E finisce che aggiorno più spesso di quanto non faccia in vacanza! Ad ogni modo, spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento!


Come avrete capito ho svelato il mistero, Eden ha davvero una figlia! Se adesso vi state chiedendo da dove sia venuta fuori, ovviamente troverete risposta nei prossimi capitoli. Questo capitolo è stato dedicato tutto a Dair perché volevo chiarire la sua posizione in previsione di quello che succederà.


A proposito, direi che manca poco all'incontro tra Eden e Davis... Io me lo sono già immaginata, ma avete qualche suggerimento in merito per caso? Ad ogni modo grazie di seguire questa storia, per me vuol dire tanto.


Un ringraziamento a tutti quelli che mi leggono (più di quanti mi aspettassi) e anche a leonedifuoco e momica che hanno la mia storia tra i preferiti.


A presto!!



Per Cinzia818: grazie grazie grazie!! Il tuo entusiasmo è contagioso, quasi quasi ci credo! Speriamo di continuare così, mi dispiacerebbe deluderti! Ad ogni modo spero che continuerai a leggere me ;) ma anche a scrivere la tua fanfiction. A presto!! XoXo


Per Meredith91: come è andato il compito su Kant?? Spero bene! Io domani ho l'esame e non vedo l'ora che passi che non ce la faccio più! Mi sto specializzando in psicologia clinica e dinamica dopo la laurea triennale, ma ho sempre amato scrivere e continuo a farlo. Anche se non posso impegnarmi nella scrittura quanto vorrei, almeno per adesso! Grazie mille delle tue recensioni, sono troppo contenta di riuscire a coinvolgerti nella mia storia.. Del resto è il motivo per cui si scrive, no?? Grazie davvero! A presto! XoXo

































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Capitolo 9
*** Davis & André / André & Davis ***


capitolo8

CAPITOLO 8


DAVIS & ANDRE' / ANDRE' & DAVIS




Eden accavallò le gambe sul tavolino, rimirando ancora un po' il suo nuovo paio di Steve Madden. Se non altro c'era di buono che aveva di nuovo un guardaroba. E che per averlo era bastato affiancare Tyler in qualcuno dei suoi “lavoretti”. Niente di troppo difficile.


Si sentiva uno schifo.


Non solo aveva di nuovo infranto la legge, ma si era impegnata a sparire dai radar dell'FBI per non mettere Tyler nei casini.


Riusciva benissimo ad immaginare la faccia di McPhee.


Come minimo starà sputando fumo dalle orecchie.


Un sorriso spontaneo le si dipinse in faccia.


Tyler arrivò dalla cucina con un sandwich al pollo in bocca.


La guardò e mandò giù il boccone.


Non è male vero?”


Eden tornò alla realtà


Cosa?”


Tutto quanto. E' piuttosto piacevole vivere così, no?”


Lei sorrise di nuovo


Già, non è affatto male!”


Tyler si buttò sul divano accanto a lei, mandò giù un altro morso e poi la guardò serio.


E... Della galera che mi dici invece?”


Eden rispose al suo sguardo sollevando un sopracciglio


Della galera?”


Sì... Lo so che molto probabilmente non vuoi parlarne, però ammetto che me lo sono chiesto. Com'è? Insomma, com'è stato?”


Eden sospirò sistemandosi sul cuscino.


Non poteva glissare ancora una volta.


Ma forse poteva riuscire a rimanere sul vago senza dover per forza mentire.


Si bagnò le labbra


Non è stato tanto male. All'inizio specialmente. Quando mi sono svegliata dal coma non ricordavo quasi niente, ma gli agenti sono stati pazienti con me, mi hanno dato tutte le cure di cui ho avuto bisogno.”


Tyler corrugò la fronte


Coma?”


Eden annuì


Avevo perso parecchio sangue quel giorno. Sono rimasta incosciente per quasi un anno.”


Lo sguardo di Tyler si scurì di colpo, Eden respirò e riprese il suo racconto


Ma fortunatamente mi sono ripresa completamente. E' stato allora che sono iniziati gli interrogatori. Volevano a tutti i costi sapere dove foste, ma io non lo sapevo davvero...”


Eden si passò una mano tra i capelli


...Hanno smesso di tormentarmi quando sono stati certi che avevate lasciato il paese.”


Tyler continuò a guardarla con gli stessi occhi colpevoli


Volevano che collaborassi, che rivelassi tutte le informazioni che avevo, ma ovviamente ho cercato di fare il possibile per non mettervi nei guai...”


Tyler sorrise appena


...E poi la mia vita è diventata una specie di routine, tra gli avvocati d'ufficio e i miei agenti di controllo.”


Agenti di controllo?”


Sì. Essendo considerata una detenuta a rischio, avevo due agenti costantemente col fiato sul collo.”


I soliti federali stronzi e presuntuosi immagino.”


Eden sollevò le spalle


Uno sì, era decisamente uno stronzo!”


Sorrise pensando di nuovo a McPhee e a quanto dovesse essere furioso con lei, poi divenne seria di nuovo


Mentre l'altro bhe... Lui era... Gentile.”


Il viso di Dair le apparve di nuovo davanti agli occhi, accompagnato da una fitta di mal di stomaco ed un bel po' di senso di colpa.


Scosse la testa cercando di levarsi il pensiero


Se non altro ho avuto il tempo di leggere parecchio!”


Disse cambiando totalmente l'intonazione del discorso.

Bel tentativo, ma non aveva funzionato.


Tyler si passò la mano sulla nuca, diventando di colpo ancora più accigliato


A proposito di leggere...”


Esordì alzandosi in piedi e raggiungendo uno dei cassetti del mobile in soggiorno. Ne tirò fuori un grosso pacco di fogli e lo porse ad Eden.


Round Trip” di Tyler Matthews


Lo sguardo di Eden si illuminò. Spostò gli occhi verso Tyler


Lo hai scritto! Il tuo romanzo, lo hai scritto!”


Strinse tra le mani quei fogli e si sentì sollevata come non si sarebbe mai aspettata. Non era come aveva immaginato. Tyler non aveva rinunciato al suo sogno.


Tyler annuì tornando a sedersi accanto a lei


E' meraviglioso che tu lo abbia fatto! Sono sicura che hai scritto un romanzo stupendo!”


Eden sfogliò le prime pagine senza leggere davvero. Quel libro, in quel momento, per lei rappresentava moltissimo.


Per l'ennesima volta contemplò la prima pagina.


Ma visto che lo hai scritto...”


Iniziò a voce bassa, quasi imbarazzata


...Perché poi non hai smesso questa vita? Credevo fosse quello il piano.”


Tyler affondò i denti nel labbro inferiore.


Annuì guardando il pavimento


La verità?”


Allargò le braccia


Ho paura. Ho una paura fottuta.”


Lo sguardo di Eden si addolcì, mentre gli poggiava una mano sulla schiena


Non l'ho fatto leggere a nessuno. Prima di adesso almeno.”


Eden sorrise sentendosi fiera di lui e di sé stessa allo stesso tempo


Sono sicura che è un libro bellissimo.”


Lui rispose al sorriso


Lo leggerai allora?”


Ci puoi scommettere!”


Mentre Eden guardava di nuovo quella copertina, una nuova fitta allo stomaco la colpì.


Quel senso di colpa non voleva proprio tacere.


C'era un solo modo per ucciderlo.


Balzò in piedi


Certo! Sarò la prima cosa che farò appena torno.”


Lui sembrò del tutto spiazzato


E dove vai scusa?”


Eden annaspò per qualche istante


A.. A.. A comprare le sigarette! C'è un tabaccaio proprio dall'altra parte della strada, ci metterò un attimo!”


Tyler aggrottò le sopracciglia


Ok!”


Eden afferrò il giubbetto di pelle e la borsa


Vuoi che ti porti qualcosa per caso?”


Tyler scosse la testa


Bene! Allora torno subito!”


Concluse uscendo di corsa dall'appartamento.



------



Non aveva scelta. Doveva parlare con Dair.


Il suo buon senso glielo imponeva.


Il suo stomaco glielo chiedeva.


Il suo cuore ne aveva bisogno.


Si strinse nel giubbotto attraversando la strada a lunghi passi.


Non si sarebbe arrabbiato troppo.


Una volta ascoltate le sue ragioni non si sarebbe arrabbiato troppo.


Raggiunse la cabina telefonica poco più in là e si guardò intorno.


Era fuori dalla visuale delle finestre di Tyler.


Si rilassò appena cercando qualche spicciolo nelle tasche.


Infilò un paio di monete da cinquanta cents nella fessura metallica ed esitò davanti alla tastierina.


Sapeva benissimo il numero, ma non aveva il coraggio di comporlo.


Sospirò facendo appello al suo coraggio.


Iniziò a digitare i numeri e nel contempo a pregare che per qualche assurda ragione, Dair non rispondesse.


Primo squillo.


Lo stomaco le si torse completamente.


Secondo squillo.


Iniziò a fremere sul posto. Possibile che le sue preghiere fossero state esaudite?


Terzo squillo.


Era un segno del destino. Eden si decise a mettere giù.


Proprio mentre staccava la cornetta dell'orecchio sentì d'improvviso un'ombra addosso.


Fece per voltarsi, ma non ci riuscì.


Una mano le coprì la bocca con una morsa gelida e ferma.


Tentò di dimenarsi, ma non riuscì nemmeno a muoversi.


Il cuore le esplose nel petto, mentre tutti i suoi potenziali d'azione muovevano verso la fuga.


Non riusciva a muoversi.


Decise di rilassarsi appena per dare al suo aggressore l'idea che si fosse arresa. Chi diavolo poteva essere? Un rapinatore? Uno stupratore forse?


In entrambi i casi se avesse avuto abbastanza spazio, avrebbe potuto liberarsi in pochi secondi.


Purtroppo per lei quel tizio sembrava conoscere le regole del corpo e corpo. Non mollò la presa nemmeno di un millimetro.


Sollevandola da terra iniziò a trascinarla via.


La trascinò fuori dalla cabina sulla strada.


Un'auto nera, un SUV coi vetri oscurati, si fermò immediatamente davanti a loro.


Uno sportello si aprì.


Con una forza impossibile da respingere Eden venne scaraventata dentro.


Lo sportello si richiuse immediatamente e l'auto sfrecciò via.


Senza che nessuno notasse la cornetta staccata del telefono.


Senza che nessuno sentisse la voce all'altro capo.


Pronto?”


Pronto?!”


Eden sei tu?”



-------



Con la faccia schiacciata contro il sedile di pelle, Eden cercava di respirare. Quasi non aveva il coraggio di voltarsi.



Quanto tempo!”



Esordì l'altro passeggero dell'auto.


Eden riconobbe in un secondo quella voce ed immediatamente si rilassò. Giusto il tempo di riportare il cuore ad un ritmo normale e poté tirarsi su, cercando di sistemarsi anche i capelli.


Guardò dritto davanti a lei.



André.”



Non c'era alcun dubbio. Era proprio lui.


Stessa pelle chiarissima. Stessi occhi color ghiaccio. Stessi capelli scuri, ribelli e scomposti, lasciati andare dove volevano.


Lui tirò su un angolo della bocca in un sorriso enigmatico. Le diede un'occhiata più approfondita.


Stai bene per essere, come dire... Morta.”


Eden lasciò cadere la testa da un lato


Sarai anche un genio, ma la perspicacia non è proprio il tuo forte.”


Esatto. André Duval era un genio. Almeno nel suo campo.


Nato a Parigi ventotto anni prima, aveva mostrato sin da bambino un innato talento con i computer. Per lui quegli aggeggi non avevano segreti.


Bastava che avesse una connessione a banda larga e poteva arrivare dovunque.


Quando aveva quindici anni era stato contattato dal famoso MIT di Cambridge, Massachusetts, con la possibilità di ottenere un posto nel CSAIL, laboratorio di scienze informatiche ed intelligenza artificiale.


E così era arrivato negli Stati Uniti.


Come ogni nerd che si rispetti, anche André nascondeva dietro il talento un animo totalmente scombinato e ribelle.


E così, dopo un'estate passata ai computer della prestigiosa università, aveva d'un tratto realizzato che quelli del MIT non stavano cercando di potenziare il suo talento, bensì di tenerlo sotto controllo.


Se avesse servito il governo americano, di certo non gli sarebbe andato contro.


Aveva lasciato il corso una settimana prima della fine.


Ma non prima di aver rubato tutti i codici d'accesso al database del MIT e crackato la loro connessione coi server del ministero.


Con in mano il visto di soggiorno rilasciato dallo stesso ministero dell'istruzione, aveva così deciso di restare comunque in America.


Già che c'era, avrebbe di certo imparato qualcosa.


Con Davis si erano incontrati in un locale di Brooklyn qualche mese più tardi e tra loro era stato “amore a prima vista”.


Da allora erano migliori amici.


Eden si strofinò la bocca.


Era necessario essere prelevata da quella specie di gorilla come se fossimo in un film horror di serie b?”


André sollevò le spalle


Volevo essere sicuro che non scappassi.”


E perché mai sarei dovuta scappare?”


Lui ripeté lo stesso gesto


Magari perché non sei affatto contenta di vedermi.”


Eden inclinò il viso


Poco ma sicuro.”


Sul viso di André si aprì lentamente un sorriso. Non era sarcastico, ma sincero.


Eden rispose al sorriso con la stessa genuinità.


Non si odiavano affatto come poteva sembrare. Quello scambio di battute era una specie di repertorio per loro.


Era in realtà l'unico modo con cui si potesse comunicare con André.


Lungi dall'essere un ragazzo “normale”, con lui ogni cosa andava fatta alla sua maniera.


André prese una bottiglia e gliela porse.


Tieni. Bevici su.”


Eden corrugò la fronte


Non preoccuparti, è analcolica.”


Precisò lui ed Eden prese la bottiglietta.


Buttando giù un paio di sorsi di birra analcolica gelata si rilassò contro il sedile e guardò il suo vecchio amico con più attenzione.


Non era cambiato quasi per niente.


Nonostante la sua natura intellettualoide, aveva l'aspetto di un modello.


Alto e sottile, l'eccentricità che traspirava dai suoi abiti e dal suo taglio di capelli, attirava le ragazze come api sul miele. Ma lui sembrava immune al fascino femminile.


Certo, spesso lo aveva visto cedere all'istinto della sessualità, ma nessuna ragazza durava più di una sera.


Chissà se in questi anni qualcosa era cambiato.


Eden guardò fuori dal finestrino e capì che si stavano allontanando dalla città.


Buttò gli occhi di nuovo su André e vide che stava scrivendo veloce alla tastiera del suo cellulare.


Stava scrivendo a qualcuno.


Probabilmente del loro arrivo.


L'illuminazione la colse.


Stiamo andando da lui, vero?”


André sollevò gli occhi dal telefono


Non fare domande di cui conosci già la risposta.”


Eden affondò le unghie nel sedile. Ogni muscolo del suo corpo si tese come una corda di violino.


E se ti dicessi che non voglio vederlo?”


André ripose il cellulare in tasca e la guardò sollevando la spalle


Sarebbe comprensibile.”


Lei si tirò su sul sedile e lo guardò dritto negli occhi


Te lo sto dicendo adesso André. Non voglio vederlo.”


Lui sospirò


Spiacente, ma non posso accontentarti.”


Eden sentì l'agitazione risalirle dentro.


Deglutì e passò al contrattacco


Allora è così adesso...”


Esordì con tono cinico


...Lui comanda e tu esegui.”


André non fece una piega. Eden decise di insistere.


Aveva ragione Tyler a dire che le cose sono cambiate. Non avrei mai pensato che saresti finito ad essere solo uno scagnozzo di Davis.”


André si leccò il labbro superiore e con uno scatto improvviso si parò davanti ad Eden fulminandola con uno sguardo di ghiaccio.


Te lo dico io come stanno le cose...”


Eden tremò appena


...Il mio migliore amico mi ha chiesto di portargli una cosa a cui tiene molto ed io gliela porterò. Non c'è niente che tu possa dire o fare.”


Concluse tornando poi alla posizione di partenza.


Eden sospirò nervosamente guardando a terra


Mi auguro solo che il gioco valga la candela...”


Aggiunse lui senza spostare gli occhi dal finestrino.


Eden lo guardò


Che vuoi dire?”


Che spero tu stia dalla parte giusta.”


Eden respirò profondamente. Non sarebbe stato affatto semplice.


Stavolta non avrebbe sfondato un portone aperto.


Stavolta rischiava di sbatterci forte contro.


Ho bisogno di fumare!”


Esclamò tirando fuori una sigaretta dalla borsa.


La accese e tirò.


Decise di restare in silenzio per il resto della corsa.


------



Quando l'auto si fermò qualcuno bussò immediatamente sul finestrino.


Erano arrivati.


André si allungò per aprire lo sportello ed immediatamente l'auto si riempì di densa aria salmastra.


Anche se era buio Eden capì subito di avere alle spalle l'oceano.


Erano negli Hamptons.


Voltandosi dall'altro lato notò l'enorme villa che li attendeva, ma nonostante l'imponenza solo poche luci erano accese e tutto il resto restava avvolto nell'oscurità.


E così è qui che state adesso.”


Disse.


André le si fermò accanto.


Almeno per ora, finché il Signor Owen non torna.”


Chi è il signor Owen?”


Il proprietario. Andiamo.”


André iniziò a percorrere il vialetto, mentre Eden rimase impalata dietro di lui.


I suoi piedi sembravano piantati nel cemento armato.


André si fermò e voltò la testa verso di lei.


Guarda che anche Payne ti sta aspettando dentro.”


Payne.


Un po' di coraggio in più le arrivò ai muscoli ed iniziò a camminare verso la villa.


Sperare che Davis non la trovasse mai era stato davvero troppo, troppo ingenuo.



Anche dentro la casa regnava la semioscurità, ma almeno c'era un buon profumo.


Due tizi sconosciuti la squadrarono da capo a piedi.


André si bloccò al centro della stanza e le si avvicinò.


Mi perdonerai...”


Iniziò allungando le mani verso di lei


...Ma devo perquisirti.”


Eden annuì leggermente seccata,ma tanto non nascondeva né armi né microfoni.


Lasciò che lui la tastasse un po' dovunque.


Non c'era mai stato niente di malizioso tra lei e André, ma dovette ammettere che c'era un alone di perversione nell'essere perquisita in quel modo davanti a due perfetti sconosciuti.


E' pulita.”


Sentenziò infine e quelli si allontanarono con un cenno della testa.


André rovistò anche nella sua borsa e tirò fuori il cellulare.


Questo lo prendo in prestito.”


Disse infilandoselo in tasca. Eden lo lasciò fare.


Era tesa, arrabbiata, terrorizzata ed eccitata, tutto allo stesso tempo.


Seguendo André lungo il corridoio, credette che il cervello le sarebbe esploso.


Continuava ad immaginare quel momento in mille modi diversi.


Milioni di scene diverse le si alternavano davanti agli occhi come flash psichedelici.


Cosa doveva aspettarsi?


Respirò a fatica.


Davis era dietro quella porta. Lo sentiva, anche se André non l'aveva ancora detto.


Era come avere un macigno enorme sul petto.



------



9 ANNI PRIMA


Erano mesi che frequentava Davis Miller ed i suoi amici. E ormai da parecchio si era data anche lei ai piccoli furti e al taccheggio. Ma non si sentiva in colpa. In realtà le piaceva. Si sentiva viva e forte, come se fosse una delle “occhi di gatto”.


E dopo ogni “missione” c'erano i festeggiamenti al Café des Artistes.


Aveva scoperto in Payne una ragazza dolce e solare. Erano opposte, ma complementari. E per la prima volta sentiva di poter avere un'amica.


Lo stesso valeva per Tyler. Trovava stupendo poter conversare di libri e film per intere serate.


In qualche modo valeva anche per tutti gli altri. O quasi.



E poi c'era Davis, il solito mistero, diventato ormai la sua questione di principio.


Ancora non sapeva esattamente perché fosse finita lì, né come mai Davis l'aveva coinvolta nel suo giro.


Una paio di volte aveva creduto di averlo capito, ma poi si era dovuta ricredere. C'erano giorni in cui lui sembrava flirtare spudoratamente e altri in cui non la guardava nemmeno.


Quanto a lei bhe, doveva ammettere di averci pensato. Più e più volte.

Ma Davis Miller non era certo il ragazzo per lei.

No, non lo era affatto.


Quella sera proprio Davis l'aveva chiamata dicendo che sarebbe passato a prenderla. Aveva una cosa speciale da mostrarle.


Il pensiero l'aveva sfiorata, non poteva negarlo. Ma ogni illusione si era infranta quando, salendo in macchina, ci aveva trovato dentro anche tutti gli altri.


Aveva detto solo un paio di parole per tutto il viaggio. Ma non era stata l'unica. Dall'atmosfera che regnava in auto sembrava stessero andando ad un funerale.


Erano arrivati ad una stazione di servizio, sulla statale 76, appena fuori New York. Un posto piuttosto isolato per passare una serata tra amici.


Payne e Blake erano scese subito. Ad Eden era venuto il sospetto che si fossero solo fermati a comprare qualcosa, ma non osò chiedere.


Vicino a lei Davis sembrava una statua di marmo.


Poco più in là lo stesso valeva per André.


Quanto a Tyler teneva le mani sul volante. Il motore dell'auto era ancora acceso.


Qualcosa divenne più chiaro quando Blake uscì dalla stazione di servizio e tutto nell'auto si animò.


André tirò fuori dal giubbotto qualcosa di metallico.


Eden spalancò gli occhi.


Era una pistola.


Che diavolo sta succedendo?”


Riuscì finalmente a parlare. Davis alzò una mano affinché non parlasse ancora.


Te l'avevo detto che sarebbe stata una serata particolare.”


Detto ciò scese di fretta dall'auto insieme al suo amico.


Eden era sconcertata. Si sporse verso Tyler.


Che hanno intenzione di fare? Perché André ha una pistola?”


Tyler sospirò teso come un filo.


Hai presente quello che facciamo di solito?”


Eden non rispose.


Stasera alziamo la posta.”


Concluse Tyler tornando concentrato sul volante.


Eden rimase a fissarlo per un po' poi riportò gli occhi al finestrino.


Poco dopo vide Davis e gli altri correre dritti verso l'auto.


Tyler spinse sull'acceleratore.


Tutti si precipitarono dentro e prima ancora che gli sportelli fossero chiusi, stavano già sfrecciando via a tutta velocità coi fari spenti.


Payne sorrise con gli occhi chiusi.


Credo che mi verrà un infarto!”


Questo ti calmerà!”


Le rispose André lanciandole addosso una manciata di banconote.


Ok. Avevano rapinato la stazione di servizio. Era più che chiaro.


Ed era inaccettabile.


Eden balzò sul sedile.


Avete rapinato quel posto vero?”


Nessuno rispose, ma non ce n'era bisogno.


E' rapina a mano armata, ve ne rendete conto?”


Blake la fulminò con lo sguardo. Sicuramente la stava odiando più del solito.


Tutti gli altri guardarono Davis invece che lei.


Lui fu il primo a rivolgerle la parola.


Calmati ok? Non è successo niente.”


Non è successo niente?! Avete una pistola! Volevate sparare a qualcuno?”


Non abbiamo sparato a nessuno, non ce n'è stato bisogno.”


Le rispose André facendola sentire ancora più fuori posto.


Ok. Questo per me è troppo!”


Eden si rivolse direttamente a Tyler


Accosta e fammi scendere!”


Lui continuò a guidare lanciando un'occhiata veloce nello specchietto.


Fammi scendere!”


Nessuno sembrava darle ascolto. Eden stava per avere una crisi di panico.


Si attaccò alla maniglia dello sportello.


Voglio scendere da questa maledetta macchina!”


Tyler guardò Davis dallo specchietto. Non sarebbe stato un bastardo completo.


Inchiodò in mezzo alla carreggiata e bastò un secondo perché Eden saltasse fuori.


Iniziò a camminare nella luce dei lampioni.


Te l'avevo detto di non portarla.”


Blake ammonì suo fratello.


Te l'avevo detto anch'io.”


Insistette André.


Davis guardò tutti i suoi amici e poi scosse la testa scendendo a sua volta dall'auto.


Ci vediamo al solito posto.”


Disse prima di iniziare a rincorrere Eden.


Tyler ripartì immediatamente.


Eden si guardò dietro sentendo l'auto partire e vide Davis.


Iniziò a camminare più veloce.


Lasciami in pace!”


Gli urlò


Aspetta un attimo!”


Anche lui accelerò il passo.


Vattene Davis!”


In quel momento le sembrava tutto chiarissimo.

Aveva fatto una gran cavolata.


Davis non ci mise troppo a raggiungerla. La afferrò per il braccio e la costrinse a voltarsi.


Aspetta!”


Che cosa?”


Mi dispiace ok? Credevo che fossi pronta.”


Pronta per cosa? Per uccidere qualcuno?”


Lui alzò gli occhi al cielo


Non abbiamo ucciso nessuno e non abbiamo intenzione di farlo.”


Eden non riusciva a guardarlo in nessun altro modo.

Adesso Davis per lei era solo qualcuno di cui avere paura.


Per quel che mi importa puoi uccidere tutte le persone che vuoi. Ma io sono fuori!”


Sentenziò decisa puntando i piedi per terra e stringendo i pugni.


Lui si passò la mano sulla bocca. Sembrava in difficoltà.


Aspetta. Lascia che ti spieghi...”


Eden lo interruppe al volo


No, lascia che mi spieghi io...”


Iniziò continuando a tremare per il nervoso.


...Cercherò di essere molto chiara...”


Lui si morse le labbra distogliendo lo sguardo da lei


Ho fatto una cavolata. Ho fatto un'enorme cavolata ad immischiarmi con voi! Ma adesso questa cosa è finita ok? Adesso andrò a casa mia e mi dimenticherò di te, di voi e di tutto questo!”


Sputò a raffica pronta poi a voltarsi e fuggire via, maledicendo i suoi tacchi alti.


Davis guardò di nuovo al cielo. Sembrava quasi più in soggezione di lei.


Eden aspetta!”


Lei non si voltò nemmeno, alzò una mano al cielo


No Davis! Stavolta non c'è niente che tu possa dire o fare per farmi cambiare idea!”


Lui la raggiunse con solo un paio di passi e la bloccò afferrandole il braccio.


Prima che Eden potesse anche solo respirare la attirò a sé e la baciò.


Ci volle più di un po' perché Eden si rendesse conto di cosa stava succedendo.


Il loro primo bacio.


Surreale.


Ma quando riaprì gli occhi lui era ancora lì, reale quanto stupendo.


Eden non riusciva a respirare, ma ne voleva ancora.


Stavolta fu lei a sollevarsi sulle punte e baciarlo.


Il loro primo vero bacio.


Scorrendo le dita tra i suoi capelli, intrecciando la lingua con la sua, Eden si sentì in pena per tutti gli altri.


Per tutti quelli che baciando qualcuno avevano sentito le campane suonare.


O magari i violini.


Cosa stava sentendo lei?


Bhé. Quella era un'esplosione nucleare.


Un'esplosione che aveva appena distrutto tutto il resto.



-------


PRESENTE



André si fermò davanti alla porta chiusa. Bussò tre volte, come se stesse usando un codice prestabilito poi aprì.


Eden attraversò quella soglia come fosse stata la porta dell'inferno, senza staccare gli occhi dal pavimento.


Siamo qui.”


Disse lui.


Eden alzò il viso d'istinto, senza che l'azione passasse prima al vaglio del suo cervello.


Si trovava in uno studio. Ed il signor Owen doveva essere parecchio ricco ed eccentrico a giudicare dall'arredamento barocco.


Davanti a lei una grossa poltrona di pelle. Di schiena.


Non era difficile intuire che Davis fosse seduto lì.


Ma non disse nulla. Fece solo un cenno con la mano.


Maledetto lui e la sua passione per il melodramma.


André guardò di nuovo Eden.


Vi lascio soli.”


Concluse salutandola con una leggera pacca sulla spalla.


La porta si chiuse dietro di lui.


Adesso erano solo loro due.


Tutto ciò che Eden riusciva a sentire era il suo cuore.


Tum Tum.


Tum Tum.


Tum Tum.


Vide la poltrona muoversi.


Tum tum. Tum tum. Tum tum. Tum tum. Tum tum.


Il respirò le si spezzò in gola.


Strinse i pugni.


Eccolo qui.


Davis Miller.


Suo marito.


Finalmente.


Fu come se il suo corpo si spezzasse in due.


Una fitta pungente la colpì al bassoventre.


Era bello. Possibilmente più di quanto ricordasse.


L'uomo che aveva amato e desiderato come nient'altro al mondo.


Nello stesso tempo una rabbia cocente le riempì il petto.


Lui l'aveva abbandonata.


Lei si era presa quattro colpi per salvargli la vita e lui l'aveva abbandonata.


Non poteva non odiarlo.


Gli occhi scuri di Davis la trafissero come lampi, senza che Eden potesse leggerci dentro qualcosa.


Fu come specchiarsi nel ghiaccio.


Lui si bagnò le labbra


Hai cambiato i capelli.”


Esordì.


Dopo cinque anni ecco cosa aveva da dire.


Eden pensò che le parole non le sarebbero uscite di bocca, ma tentò lo stesso.


Anche tu hai cambiato parecchie cose a quanto ho visto.”


Lui si alzò dalla poltrona con un movimento fluido e iniziò ad avvicinarsi.


Eden desiderò fuggire, ma i suoi piedi non si mossero di un millimetro.


Davis si avvicinò abbastanza da permetterle di respirare il suo profumo.


Forse era un'illusione, ma sembrava sempre lo stesso.


Più curato di qualche anno prima, aveva il viso perfettamente rasato ed i capelli sistemati.


E la giacca che indossava lo faceva quasi sembrare un vero uomo d'affari.


Lui allungò la mano nel tentativo di toccarla, ma Eden si scansò immediatamente.


Sarebbe stato davvero troppo da sopportare.


Lui ritrasse la mano, ma non sembrò troppo seccato.


Cinque anni eh? Ci hai messo parecchio.”


Non è che sia tanto semplice scappare da una prigione federale.”


Lui sorrise appena. Qualcosa le esplose dentro.


Diciamo pure che è quasi impossibile.”


Precisò lui.


Eden tenne lo sguardo su per pochi istanti poi dovette abbassarlo.


Lui si mosse ancora. Le girò intorno. Vicino abbastanza da farle venire i brividi.


Di nuovo le si parò davanti.


Allungò la mano senza che Eden riuscisse a scansarlo di nuovo.


Delicatamente le sfiorò il mento per farle alzare il viso.


Lei chiuse gli occhi godendosi quel calore per un secondo.


Quando li riaprì erano puntati dritti in quelli di lui.


Sai, se non ti conoscessi bene dovrei sospettare di te.”


Disse Davis quasi sussurrando.


L'ironia nella sua frase non sarebbe potuta passare inosservata.


Eden deglutì cercando di rispandere i polmoni.


Quell'espressione non riusciva a decifrarla.


Sospirò.


Se non ti conoscessi bene potrei pensare che sei contento di vedermi.”


Gli rispose con la stessa ironia.


Lui le regalò uno di quei sorrisi a metà che tanto aveva amato.


Di nuovo si sentì come se potesse sciogliersi da un momento all'altro.


Davis la guardava così intensamente che forse avrebbe anche potuto andare in fiamme.


Doveva uscire da lì.


Sforzandosi di guardare altrove fece due passi indietro.


Dov'è Payne?”


Lui non si scompose


Nella sua stanza immagino.”


Voglio vederla.”


Lui sollevò le spalle allungando la mano ad indicare la porta


Non sei mia prigioniera.”


Eden annuì nervosamente cercando la maniglia della porta.


Bene.”


La spinse giù


Hey?”


Davis richiamò la sua attenzione. Eden si voltò di nuovo col cuore in gola.


Lui sorrise appena


Sei ancora più bella di quanto ricordassi ragazza invisibile.”


Il colpo di grazia.


Eden filò via senza riuscire a parlare, pensare o respirare.







A/N Eccomi qua! Che dire? Non riesco a smettere di scrivere!! Sarà che passati gli ultimi due esami sono molto più rilassata, ma davvero non riesco quasi a smettere! A questo punto ho bisogno del vostro aiuto.. Se non vi faccio perdere troppo tempo, perché non mi lasciate un commentino?? Più che altro solo per sapere se sto scrivendo un sacco di cavolate che non coinvolgono nessuno... A volte mi viene il dubbio O_ò


Ad ogni modo ho scritto un capitolo abbastanza lungo, ma credo di esserne soddisfatta! Finalmente Eden e Davis si sono incontrati! E' stata solo una breve scena, ma spero vi sia piaciuta! (In compenso ho inserito un altro flash-back...)


Dal prossimo capitolo vediamo di dare un po' più di “azione” alla storia.

Grazie di leggere (Perché so che leggete ;)) e spero che continuiate a farlo!


Un abbraccio.



Xmeredith91: come sempre grazie grazie grazie! Inizio ad adorare te e le tue recensioni! E se hai da chiedere sulla facoltà di psicologia fa pure! Ho cominciato a leggere (o meglio rileggere) la tua storia e ti ho lasciato una piccola recensione che spero tu possa apprezzare! Così come questo capitolo... Che ne dici? Grazie ancora e a presto! Un abbraccio!


























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Capitolo 10
*** Dilemma ***


capitolo9

CAPITOLO 9

DILEMMA


Eden si era fatta strada fino alla stanza di Payne accompagnata da uno strano tizio silenzioso. Non è che si sentisse proprio la benvenuta.


D'altra parte il disagio che sentiva ad ogni passo non era di certo dovuto a quella presenza.


Payne era seduta al suo vanity davanti allo specchio e aveva gli occhi rossi. Aveva pianto fino a pochi minuti prima.


Hey.”


Eden fece un passo nella stanza e la sua amica balzò in piedi.


Le lacrime iniziarono a piovere di nuovo dai suoi occhi azzurri.


Payne le corse incontro e la abbracciò forte.


Eden rispose all'abbraccio con tutte le sue forze.


Mi dispiace! Mi dispiace!”


Continuava a ripetere Payne tra i singhiozzi ed Eden la stette a sentire continuando ad accarezzare i suoi lunghi capelli biondi.


Sulla sua sincerità non c'erano dubbi.


Payne le voleva bene. Ed i racconti di Tyler non avevano certo fatto mistero che proprio Payne fosse stata la più colpita dalla sua scomparsa.


Dispiaceva a lei quanto ad Eden.


Se avesse potuto avrebbe di certo risparmiato alla sua amica cinque anni di inutili sensi di colpa. Ma ormai era troppo tardi.


Più tardi, quando Payne aveva finito di piangere le sue ultime lacrime, Eden le porse un fazzoletto.


Molto probabilmente era lei l'unica di cui potesse fidarsi.


Che è successo?”


Iniziò Eden lasciando Payne piuttosto spaesata.


Voglio dire...”


Aggiunse


...Ho già sentito la versione di Tyler, ma ho bisogno di sentirlo anche da te.”


Payne corrugò la fronte ed annuì lentamente


Uccidete le persone adesso?”


La freddezza con cui Eden chiese una cosa del genere lasciò Payne senza risposte.


La ragazza respirò profondamente un paio di volte e si sistemò meglio sul letto per poter guardare Eden negli occhi.


Mentre cercava le parole i suoi occhi scivolarono nel passato, facendosi più scuri del solito.


E' successo fuori Montreuil, vicino a Parigi, più o meno un anno dopo la nostra partenza.”


Sospirò.


Dovevamo attaccare un furgone portavalori. L'avevamo già fatto prima, sapevamo cosa aspettarci. Ma quella notte non è bastato agitare le pistole. Uno dei gendarmi ha cercato di reagire, reagire davvero intendo...”


Eden contrasse appena i muscoli del volto. Non voleva immaginarsi quella scena.


Forse avremmo potuto gestire la situazione diversamente, ma Davis ha puntato la pistola e ha fatto fuoco. E sfortunatamente l'ha ucciso.”


Eden chiuse gli occhi per un istante. Non voleva seguire l'immagine che scorreva davanti ai suoi occhi.


Era doloroso, ma necessario. Doveva sapere come erano andate le cose.


Non è stata l'unica volta vero?”


Payne abbassò lo sguardo, incapace di dare quella semplice risposta.


Eden sentì solo un brivido correrle lungo la schiena. Si sarebbe aspettata un attacco di nausea o magari di disgusto, ma non successe niente.


Anzi, una specie di ghigno le si aprì in faccia.


E' strano sai, se mai avessi dovuto scommettere su chi di noi sarebbe diventato un assassino, avrei puntato tutto su André. Senza alcun dubbio.”


Payne accennò un sorriso a sua volta.


Già. Anch'io. Non che poi non sia successo.”


Eden guardò il pavimento colpita di nuovo dalla realtà.


Non erano più fantasie. Erano vere persone morte.


E che mi dici di te? Anche tu hai provato il brivido?”


Payne scosse subito la testa


No. Non lo farei mai, lo sai.”


Eden annuì. Lo sapeva, ma aveva avuto bisogno di sentirlo da lei.

Rialzò gli occhi


Allora perché sei ancora qui?”


Chiese a bruciapelo. Conosceva Payne e non poteva non chiedersi come aveva potuto resistere a tutto ciò.


Lei sollevò le spalle con una specie di rassegnazione in viso


Nonostante tutto sono ancora la mia famiglia. Non ho nessun altro al mondo.”


E che mi dici di Tyler?”


Payne si morse le labbra. Era chiaramente un tasto dolente.


Lei e Tyler stavano insieme, almeno fin quando Eden potesse ricordare.

Ed erano una bella coppia, stranamente assortita ma funzionante.


Lui riusciva a tenere lei coi piedi per terra.

E lei riusciva a farlo essere superficiale quando poteva permetterselo.


Tyler la amava.


Non lo so.”


Sospirò.


Prima io e lui riuscivamo a vedere il mondo con gli stessi occhi. Poi la vita reale si è messa in mezzo, e all'improvviso vedevamo le cose totalmente opposte.”


Eden si morse il labbro inferiore. In qualche modo era colpa sua.


Lui non è riuscito a capire.”


Ne seguì una pausa di silenzio. Payne sembrava fremere dentro sé stessa.


Come sta ora?”


Riuscì finalmente a chiedere a bassa voce.


Bene. Alla grande direi. Fa solo piccoli furti su commissione ed ha anche scritto il suo primo libro.”


Gli occhi di Payne brillarono


Davvero? Sono sicura che avrà scritto un romanzo stupendo.”


Già, anch'io.”


Rispose di getto Eden ripensando a come l'aveva lasciato.

Chissà se aveva capito dove era finita.


Non l'hai letto?”


Eden si alzò in piedi e si guardò intorno nella stanza.

Sollevò le spalle allargando le braccia.


Stavo per farlo. Prima di vincere un biglietto gratis per... qui.”


Eden girovagò un po' per la stanza. Le cose di Payne erano in disordine dappertutto. Sul comodino e sui mobili c'erano sparsi foto e ritagli di giornale. I suoi occhi caddero proprio lì in mezzo.


Non farci caso. Stanotte ho avuto un attacco di nostalgia.”


Precisò Payne.


Una foto in particolare tra quelle sparse sul vanity di Payne attirò l'attenzione di Eden.


Loro quattro. Sarà stato almeno 7 anni prima. Forse 8.


Insieme su un divano. Sorridenti come poche volte.


Eden sorrise tra sé e sé. Ricordava ancora la bella sensazione di quelle giornate.


Payne si alzò sospirando e le si avvicinò con un'espressione seria dipinta in viso.


Guardò la foto che anche Eden stava guardando.


Non credo che dovrei dirtelo visto che hai appena rivisto tuo marito dopo quasi cinque anni.”


Esordì Payne. Il suo tono si era fatto serio e freddo di colpo.


Eden aggrottò le sopracciglia spostando lo sguardo dalla foto a lei.


Davis non è più l'uomo che conoscevi.”


Eden mantenne il suo sguardo incerto. Payne la guardò dritta negli occhi unendo le mani in una specie di preghiera.


Il giorno in cui ha perso te, ha perso anche l'anima.”


Fece di nuovo una pausa.


Sta attenta ok?”


Eden posò la foto sul vanity in un brusco risveglio dai ricordi.


Annuì appena poi inclinò la testa da un lato.


Adesso anche il suo tono si era fatto serio.


Perché siete tornati a New York?”



-------



André sbatté il fascicolo sulla scrivania di Davis con una certa esasperazione.


Sono due mesi che rivolto i database dell'FBI e questo è tutto quello che ho tirato fuori.”


Prese un foglio tra i tanti ed iniziò a parlare come se stesse ripetendo una cantilena per la centesima volta.


Eden Cecilia Spencer Miller, arrestata il 18 settembre 2005. Ricoverata nell'ospedale federale per quasi un anno e poi rinchiusa nella cella 24b del carcere federale di Chicago sotto sorveglianza degli agenti Daniel Dair e Todd McPhee. Evasa durante una riconversione dei locali dell'FBI, si sospetta la partecipazione di una talpa interna...”


Davis lo interruppe con un cenno nervoso della mano.


Ok basta. Ho già sentito questa storia decine di volte.”


André sollevò le spalle


Non c'è nient'altro, a parte i fascicoli delle udienze e le trascrizioni degli interrogatori.”


Davis sospirò tamburellando sul legno della scrivania.


Se vuoi la mia opinione amico, credo che se avesse voluto fregarci l'avrebbe già fatto. Aveva abbastanza informazioni da mandarci tutti in galera per un bel po'.”


Aggiunse André. Davis si morse le labbra scuotendo la testa


Conosco quella donna. Meglio di chiunque altro. Sta nascondendo qualcosa.”


André guardò più attentamente il suo amico.


Ha passato gli ultimi cinque anni con i federali e noi sappiamo bene che razza di persone siano. Non abbiamo idea di cosa abbia passato o di cosa le abbiano fatto. Forse è questo che ci nasconde.”


Sul viso di Davis apparve la linea tesa della mandibola.


André parlò di nuovo.


Non ti ha nemmeno sfiorato l'idea che sia pulita, vero?”


Davis continuò a fissare un punto invisibile davanti a lui.


Tu continua a cercare per favore.”


Rispose senza spostare lo sguardo.


Ok.”


Fu l'unica risposta concessa ad André.


Da quando la notizia del ritorno di Eden era arrivata all'orecchio di Davis non aveva fatto altro che cercare. Non sapeva più nemmeno dove andare a guardare.


E c'era qualcosa nel suo amico che proprio non riusciva a capire. Tutta quell'ostinazione nel rifiutare che Eden fosse viva e di nuovo con loro. Quanto poteva essere difficile da accettare per lui?


Quasi sulla soglia André tornò sui suoi passi.


Se proprio ne hai bisogno perché non la metti alla prova e basta?”


Davis alzò un sopracciglio.


Metterla alla prova?”


Non lo so. Chiedile di rubare qualcosa. Dalle qualche informazione. Se davvero si è convertita come credi tu, non farà nulla di illegale, giusto?”


Davis sembrò pensarci su.


I suoi occhi caddero sull'invito che l'ignaro Signor Owen aveva ricevuto la mattina precedente e che fino a quel momento non aveva avuto alcuna importanza per nessuno.


Passò il pollice sulla carta patinata.


Mi è venuta un'idea.”



-------



Era la prima mattina che Eden si svegliava in quella casa. Aveva dormito tra lenzuola di seta e profumo di vaniglia, ma non aveva riposato nemmeno per un secondo. Fece pressione sulle sue stesse tempie sperando che l'emicrania restasse solo un rumore di fondo.


Non si accorse che qualcuno era entrato nella sua stanza.


Buongiorno.”


Al suono di quella voce Eden saltò in piedi.


Davis era sulla soglia della sua porta con una rosa rossa tra le mani.

La sua emicrania si mise ad urlare.


Lui fece qualche passo avanti verso di lei


Spero che la stanza sia di tuo gradimento.”


Iniziò porgendole la rosa.


Eden la prese delicatamente dalla sua mano e resistette al primo istinto di annusarla.


Vista la situazione...”


Riprese lui accarezzandola con lo sguardo


...Ho pensato che forse sarebbe stato un po' troppo azzardato invitarti nel mio letto.”


La sua voce bassa e quegli occhi costrinsero Eden ad abbassare lo sguardo. Incredibile che una semplice allusione la facesse arrossire come una dodicenne.


Questa stanza va benissimo.”


Rispose col tono più neutrale possibile mentre, voltatasi verso il vanity, cercava di sembrare indifferente.


Lui tirò fuori una busta dalla giacca.


Avrei voluto farti un regalo per augurarti il bentornato, ma non ero molto sicuro su cosa prenderti.”


Non disturbarti.”


Le rispose secca lei sedendosi sullo sgabello.


Davis le si avvicinò di nuovo lasciando cadere la busta davanti ai suoi occhi.


In realtà stavo pensando che potresti sceglierlo da sola il tuo regalo.”


Eden alzò un sopracciglio guardando Davis attraverso lo specchio. Si lasciò tentare dalla carta patinata ed aprì la busta.


McKanzie's Annual Benefit Auction”

New York


Eden aggrottò le sopracciglia voltandosi verso di lui


Vuoi che mi compri qualcosa ad un'asta?”


Lui sfoderò una specie di ghigno ironico


E quando mai noi 'compriamo' qualcosa?”


Eden alzò gli occhi al cielo poggiando l'invito sul legno


Vuoi che rubi qualcosa ad un'asta di beneficenza?”


Lui aguzzò lo sguardo. Le stava lanciando una sfida.


Che c'è, non credi di poterlo fare?”


Eden tornò a guardarsi nello specchio.


L'ennesimo dilemma.


Accettare la sfida per dimostrare qualcosa a Davis?

Rifiutare per dimostrare qualcosa a sé stessa?

Seguire l'istinto?


Sospirò un'ultima volta poi guardò il riflesso di Davis nello specchio.

Alzò un angolo della bocca cercando di non farsi prendere da fin troppo facili entusiasmi.


E' un evento importante, ci sarà tutta l'alta società di New York. E suppongo che ci saranno parecchie teche sorvegliate, molti agenti di controllo e telecamere a circuito chiuso in tutti gli angoli.”


Di nuovo si voltò per guardarlo dritto in faccia.


Avrò bisogno di André.”


Davis sollevò le spalle inclinando appena il volto.


E' tutto tuo.”


Continuando a fissare i suoi occhi Eden sorrise di gusto.


Se Davis sperava di fregarla così, stava seriamente peccando di ingenuità.


Lui la scrutò ancora un po'.


E' alle sette.”


Ok. Mi vestirò per l'occasione. Ora se vuoi scusarmi...”


Eden iniziò a giocherellare col nodo alla cintura della sua vestaglia.


Davis seguì attentamente i suoi movimenti.


...Dovrei vestirmi.”


Lui rialzò gli occhi bagnandosi le labbra


Sei davvero sicura questa stanza ti vada bene?”


Lei sorrise di nuovo. Quel gioco non le dispiaceva troppo.


Sicurissima. A più tardi Davis.”


Lui annuì passandosi una mano sulla bocca, come se stesse cercando di trattenersi dall'aggiungere altro.


O forse stava solo evitando di “sbavare”.


Dopo un'ultima occhiata lasciò la stanza.


Eden lo seguì e chiuse la porta dietro di lui.


Ci poggiò la fronte contro.


Aveva il cuore in gola.


E non solo per la sfida che aveva accettato.


Quella poteva vincerla.


Ma poteva davvero vincere contro Davis Miller?



-------



Odio questa roba.”


André tentò di nuovo di sistemarsi la cravatta.


Probabilmente era la seconda volta in tutta la vita che ne indossava una.


Mi dispiace Signor Owen, ma per stasera dovrai sopportare di essere elegante.”


Me la pagherai.”


Ribatté serio.


Davis sorrise scuotendo la testa.


Payne venne giù dalle scale con un'aria meno imbronciata del solito.


Sembrava quasi essere contenta.


Avverti pure l'autista. Eden è pronta.”


Dietro di lei Eden scese incerta i primi gradini. Non aveva avuto il tempo di prendere confidenza con le Jimmy Choo che Payne le aveva prestato per l'occasione.


Fasciata da un lungo e morbido abito di seta viola che le lasciava le spalle scoperte, aveva i capelli raccolti e un'espressione indecifrabile in viso.


Davis spalancò gli occhi seguendola con lo sguardo.

Forse perché non se la ricordava così bella.


Lei sorrise appena. Non voleva peccare di presunzione.


Si rivolse direttamente ad André.


Che ne dici Signor Owen?”


Lui la squadrò da capo a piedi.


Superi le mie aspettative, signora Owen.”


Anche tu non sei niente male.”


Davis si schiarì la voce mettendosi in mezzo


L'auto vi aspetta.”


André guardò la faccia di Davis, sollevò le mani per proclamarsi innocente e tirò dritto verso la porta d'ingresso.


Davis si rivolse ad Eden


Non divertirti troppo.”


Lei sorrise.


E' stata una tua idea.”


Rispose tra i denti. Lui annuì.


A più tardi.”


Anche Eden sfilò via leggiadra.


Payne si avvicinò a Davis.


Le sta bene il mio vestito, non trovi?”


Davis la fulminò con gli occhi.


Non un'altra parola.”


Scandì le parole avviandosi verso il mobile bar. Afferrò una bottiglia di scotch e puntò dritto alle scale.


Payne seguì i suoi movimenti per un po'.


Sospirò.


Fa male vero?”


Gli chiese.


Lui si fermò sui suoi passi. Le rivolse uno sguardo atono.


Che cosa?”


Payne lo guardò negli occhi. Nonostante il suo tono fosse leggero e quasi compassionevole, i suoi occhi puntarono dritto al cuore di Davis.


Vederla. Averla qui. Sai che dovresti essere felice ma quello che provi è lontano anni luce dalla felicità. Non è così?”


Davis chiuse gli occhi per un istante.


Il suo viso non fece una piega.


Buona serata anche a te Payne.”


Concluse riavviandosi verso il piano superiore.



-------


Eludere la sorveglianza all'entrata dell'asta era stato semplicissimo. Evidentemente questo fantomatico signor Owen non era poi tanto conosciuto dalla créme della créme della grande mela.


Eden guardò il quartetto di violini ed i lampadari di cristallo.


Infinitamente banale.


André tentò di allargare il nodo della cravatta.


Il più giovane lì dentro aveva almeno 60 anni.


Magnifico.”


Sussurrò sarcastico.


Eden si appoggiò al suo braccio ed iniziarono a girare per la stanza.


Sai già cosa fare giusto?”


Chiese lui. Eden sorrise fingendo di apprezzare la conversazione.


Immagino che tutte le teche siano collegate ad un sistema d'allarme centralizzato.”


André si guardò intorno.


Già. Centralizzato ed informatizzato. Tutto quello che dobbiamo fare è inserirci sulla linea e far saltare la memoria breve del server di raccolta dati.”


Eden sospirò.


Faccio finta di aver capito. Ad ogni modo fa' saltare anche la corrente, al resto ci penso io.”


André buttò giù una flûte di champagne zigzagando tra uomini d'affari e signore in completi chanel.


Perché girovaghiamo ancora tra queste mummie allora?”


Eden scosse la testa.


Innanzitutto perché l'asta non è ancora iniziata e seconda cosa, devo ancora decidere cosa prendere.”


Lui alzò gli occhi al cielo.


Vedi di fare in fretta.”


Continuarono a camminare tra oggetti preziosi e sorrisi di circostanza.


Eden iniziò a parlare senza guardarlo.


Visto che siamo soli e che abbiamo già saltato i convenevoli, direi che adesso puoi parlare.”


Che vuoi dire?”


Sappiamo entrambi che questa serata è una ridicola messinscena.”


Lui sospirò. Lei continuò.


Di che si tratta allora? Mi state sottoponendo ad una specie di rito di iniziazione o forse volete solo controllare che sia ancora in grado di fare il mio lavoro?”


André le lanciò un'occhiata stringendo le labbra in una linea sottile.


Non guardare me. Per quel che mi riguarda come ladra facevi schifo anche prima. Un ulteriore controllo sarebbe stato inutile.”


Se avesse potuto gli avrebbe piantato una taccata negli stinchi.


Ma respirò e continuò a sorridere alla folla.


Quindi è solo un'idea di Davis. Mi chiedo per quale assurdo motivo...”


Che ne dici di quello?”


La interruppe André indicando la teca davanti a loro. Conteneva una parure di gioielli antichi, ma solo l'anello di diamanti rosa taglio marquise era davvero degno di nota.


A voi donne piacciono questi aggeggi luccicanti giusto?”


Eden guardò il gioiello più attentamente.


Sì, direi che può andare.”


Si sistemò una ciocca di capelli ribelli dietro l'orecchio e guardò di nuovo André.


Ma visto che non vuoi rispondere alla mia prima domanda, magari risponderai a questa.”


André arricciò le labbra diventando perplesso.


Come mai dopo cinque anni in Europa, avete deciso di tornare qui a New York? Non è certo stata una mossa molto furba.”


Lui si bagnò le labbra. Guardò all'altro capo della stanza.


L'asta sta per cominciare. Non abbiamo tempo per inutili chiacchiere.”


Rispose secco trascinandola tra gli invitati, ora accalcati sulla strada verso i posti a sedere.


Iniziò a guardarsi intorno.


Per inserirmi sulla loro linea ho bisogno di trovare un accesso.”


Per accesso intendi un telefono?”


Lui sollevò le spalle.


Un telefono, un modem, un computer, un buco nel muro, ma dubito che riusciremmo a non dare nell'occhio. Mi serve un secondo per pensare.”


Eden sorrise con sé stessa come se fosse stata colta da un insight inaspettato.


Che ne dici di un allarme direttamente collegato alla caserma dei pompieri sulla 12a e al pronto soccorso del Lenoxhill Hospital?”


André aggrottò le sopracciglia


Pardon?”


Eden si avvicinò per bisbigliare al suo orecchio


C'è uno di quei cosi nel bagno delle donne. Se scoppia un incendio o se qualcuno si sente male basta premere un pulsante e puoi parlare direttamente col centralino del pronto soccorso. Non sono un genio in materia ma immagino che sia collegato alla linea telefonica.”


André la fissò con la stessa faccia perplessa.


Ok. Andiamo a vedere.”


Sentenziò infine mentre attraversavano la folla verso la toilette delle signore.


Eden entrò tranquillamente, mentre André si gettò dentro non appena ebbe la via libera.


Chiuse la porta a chiave dietro di sé.


Ecco.”


Eden indicò l'aggeggio sul muro ed André cominciò a maneggiarlo.


Come facevi a sapere di questo affare. Non sei mai andata in bagno.”


Eden ne approfittò per guardarsi allo specchio e ritoccare il trucco.


Non stasera perlomeno. Questa asta si tiene in questo stesso posto ogni anno. Mia madre riuscì a trascinarmi con sé nell'edizione del '97, voleva a tutti i costi aggiudicarsi un Harry Winston passato per le mani di Marylin Monroe. Ricordo che passai quasi tutta la serata in questo bagno.”


Mentre lei parlava André aveva già messo mano ai suoi arnesi.


Dopo aver armeggiato col cacciavite, tirò fuori il suo inseparabile palmare ed un paio di cavetti.


E allora ringraziamo la tua ricca e spocchiosa madre.”


Ehy!”


Lo ammonì Eden, ma lui non si scompose.


Riuscirò a far saltare tutto per non più di un minuto e mezzo. Pensi di potercela fare?”


Eden finì di sistemarsi il rossetto.


Mi troverai già fuori a fumare una sigaretta.”


Lui sembrò perplesso ma non rispose.


Improvvisamente qualcuno bussò alla porta.


Tutti e due si irrigidirono immediatamente.


Occupato!”


Urlò subito Eden.


Lo so signora...”


Le rispose subito la voce maschile da fuori


...Credo che lì dentro sia fin troppo occupato! Aprite la porta per favore!”


Eden fulminò André con lo sguardo.


Ti sei fatto beccare mentre entravi qui dentro?!”


Lui sollevò le spalle.


Mi sarà sfuggita una telecamera.”


Eden roteò gli occhi sospirando.


Uscirò appena avrò finito!”


Di nuovo bussarono contro la porta.


Signora, gli agenti hanno visto lei e il suo amico entrare nel bagno. Questa è un'importante e seria manifestazione, certe cose non sono ammesse. Uscite immediatamente o dovrò aprire io.”


Merde.”


Bofonchiò André. Quando era nervoso tornava sempre alla sua lingua madre.


Eden decise di intervenire.


Togliti la giacca.”


Ordinò mentre si scioglieva i capelli.


Cosa?”


Togliti la giacca!”


Seppur perplesso André ubbidì.


E lascia fare a me.”


Concluse Eden avvicinandosi al suo amico.


In tutta fretta gli sciolse il nodo alla cravatta e gli scompigliò i capelli.


Ma che..”


Signori sto entrando vi avverto!”


Di nuovo parlò la guardia fuori dalla porta e quasi immediatamente si sentì che stava armeggiando con la maniglia.


Non era certo una porta blindata. Anche se l'avevano chiusa da dentro, non sarebbe stato affatto difficile scardinare la serratura.


Eden sbatté André contro il muro con una certa violenza, di modo che col suo corpo coprisse l'accesso che si erano aperti smontando l'allarme.


Recita bene la parte.”


Lo avvertì Eden.


Si sentì il crack decisivo della porta.


Ok!”


Le rispose André con un sorrisetto compiaciuto in faccia.


Le spalmò le mani sul fondo schiena.


Eden non fece nemmeno in tempo a tentare di protestare.


Signori!”


La guardia li guardò con gli occhi sconcertati.


S.. Salve!”

Boccheggiò Eden. Si staccò dalla presa di André. Lui rimase attaccato al muro.


Ci scusi, ci scusi veramente tanto!”


Quello si grattò la testa perplesso.


Vi rendete conto di essere ad un evento dell'alta società vero?”


Entrambi annuirono. Eden riprese la parola.


Lo sappiamo certo, è solo che...”


Guardò André. Lui sorrise goffamente.


...Io e mio marito siamo sposati da appena un mese... Spero che riuscirà a capire... E' sposato anche lei?”


La guardia aggrottò le sopracciglia


Sì, ma...”


Allora si ricorderà di certo come sono i primi mesi di matrimonio! Non è colpa nostra, è che... Non riusciamo proprio a controllarci!”


Eden sfoderò lo sguardo da cerbiatta ingenua.

Una delle sue armi segrete.


Quello indietreggiò di un paio di passi grattandosi di nuovo la testa.


Sembrò quasi divertito dalla strana situazione.


Ok ragazzi, facciamo così. Vi do due minuti per ricomporvi e uscire da questo bagno. Per stavolta chiuderò un occhio, ma che non succeda mai più!”


André ed Eden annuirono di nuovo all'unisono.


Grazie! E ci scusi ancora!”


Due minuti.”


Precisò l'agente andando verso la porta.


Si voltò un'ultima volta.


E non per fare il guastafeste, ma questa fase qui, la luna di miele intendo, durerà poco. Tra qualche anno se vi getterete le braccia al collo, sarà solo per strangolarvi.”


Concluse uscendo dalla toilette.


Sbang!


La prima cosa che Eden fece fu mollare un ceffone in testa ad André.


Ahi!”


Maledetti nerd, siete tutti uguali!”


André si massaggiò la testa per un secondo poi si rimise all'opera sulla linea telefonica.


Sai, tecnicamente sarei un geek, non un nerd.”


Eden si sistemò al volo i capelli.


Geek, nerd, non fa differenza. Siete tutti dei pervertiti.”


André sorrise e basta.


Infondo infondo le piaceva proprio giocare con lei.


Ne hai ancora per molto? Tra 30 secondi ci cacceranno da questo posto.”


André fece un ultimo delicato movimento.


Voilà!”


Di colpo si fece buio. Si sentì il vociare immediato di tutti i presenti.


Hai un minuto e mezzo, forse meno.”


Eden prese la borsetta che conteneva i suoi strumenti del mestiere e gli passò affianco.


Ci vediamo fuori.”


Rubare nella confusione di un posto affollato è molto più semplice che farlo in silenzio in una villa deserta.


Un minuti e ventisette secondi dopo, Eden salì al volo nell'auto che l'aspettava fuori dal McKanzie Palace.


Appena in tempo.”


Precisò André mentre l'autista sfrecciava via.


Eden gli sorrise.


Scusa. Mi sono fermata a prendere anche una cosetta per Davis.”


Tirò fuori dalla borsetta il suo anello ed una penna d'oro dall'aria piuttosto antica.


Sei riuscita a prendere anche quella?”


Eden infilò il gioiello all'anulare sinistro.


Allungò il braccio per guardarlo meglio.


Forse come ladra non faccio poi così schifo, mio caro amico nerd.”


André sospirò guardando fuori dal finestrino.


Prétentieuse salope américaine.”


Bofonchiò.


Eden sorrise di gusto.


Era ancora eccitata per il furto appena commesso.


E capiva il francese.


Cercò di godersi il più possibile quella sensazione. Alla villa l'aspettava una prova ben più difficile.



-------



Rientrando nella villa, André si tolse al volo giacca e cravatta e si scompigliò i capelli.


Fossi in te farei subito le valigie. Dovremo essere già lontani quando domani verranno ad interrogare i signori Owen.”


Eden annuì.


Ok. Ma prima ho bisogno di parlare con Davis.”


Si rivolse ad uno dei muti ed inquietanti tizi sparsi per la casa.


Sai se è ancora in piedi?”


E' nello studio.”


Ok.”


Di nuovo guardò André.


Buonanotte. E grazie. E' stato divertente.”


Lui sorrise.


Anche per me.”



-------



Entrando nella studio la prima cosa che saltò agli occhi di Eden fu l'abito succinto dentro cui quella donna sembrava non poter respirare.


Sollevò le sopracciglia.


Bastò guardarla in faccia per non avere più dubbi.


Era sicuramente una prostituta.


Scansò lo sguardo verso Davis.


Dall'espressione era chiaro che aveva bevuto.


E che la stava aspettando.


Alcool e sesso a buon mercato. Quale miglior modo per accoglierla?


Eden represse un attacco di rabbia.


Voleva solo umiliarla?

O forse chiarire che ormai non aveva più alcun rispetto per lei?


Magari nessuna delle due.


Ma di una cosa Eden era certa.


Odiava quell'uomo.


Quella specie di insopportabile miscuglio che ribolliva dentro di lei non poteva essere altro che odio.


Potrei parlarti per un attimo?”


Guardò l'altra donna fulminandola con una buona dose di disgusto.


Da sola.”


Precisò.


Davis si ricompose restando però seduto sulla sua poltrona.


Va' pure Amanda.”


Quella raccattò la sua borsa ed il suo soprabito poi uscì dalla stanza ricambiando l'occhiataccia di Eden.


Davis sollevò le mani.


Non è come pensi.”


Eden cercò di riprendere il controllo di sé stessa.


Già. Sono sicura che è anche peggio.”


Lui accennò un sorriso. Eden avanzò con lo sguardo torvo verso di lui.


Ecco...”


Iniziò parando la mano sinistra davanti ai suoi occhi.


...Ho preso questo.”


Davis aggrottò le sopracciglia.


Un anello?”


Un anello di diamanti. E non uno qualsiasi. Proviene direttamente dalla collezione privata della regina di Spagna. La base d'asta era 45mila.”


Lui sembrò più deluso del dovuto.


Se non ricordo male ce l'avevi già un anello di diamanti.”


Eden sorrise appena. Aveva segnato un punto a suo favore.


Già, è vero. Ma quell'anello non lo porto più da parecchio tempo.”


Rispose cercando di non lasciar trasparire le sue vere intenzioni.


Era comunque chiaro a tutti e due che si stavano riferendo all'anello di fidanzamento che Davis le aveva regalato anni prima. E che ora lei non indossava più.


Del resto, quando il nemico è furbo, si cerca sempre la maniera più subdola per colpire.


Eden abbassò la mano.


Non essere troppo deluso comunque. Ho preso qualcosa anche per te.”


Si avvicinò a lui.


Sollevò una gamba con un movimento lento e sensuale. Appoggiò la sua elegante scarpa tacco dodici sul bracciolo della poltrona contro cui Davis era ancora spalmato.


Iniziò delicatamente a tirar su il vestito.


Lui si sollevò. Seguì con gli occhi le sue mani mentre cercava di capire quali fossero le sue intenzioni.


Eden continuò la sua piccola tortura fino a scoprire la balza delle calze.


Sfilò dall'elastico il piccolo oggetto luccicante che aveva rubato per lui e glielo porse.


Davis si vide costretto a spegnere i bollenti spiriti.


Una penna?”


Eden si ricompose tornando dritta e seria di fronte a lui.


E' una penna d'oro, appartenuta al colonnello Marshall in persona.”


Lui la prese dalla sua mano con una certa riluttanza.


Eden sospirò riprendendo la parola.


Ho pensato che per mettere una firma speciale ci volesse una penna speciale.”


Lui sembrò di nuovo non riuscire a seguirla.


E cos'è che dovrei firmare?”


Chiese sollevando un sopracciglio.


Eden lo guardò dritto negli occhi. Sfoderò l'espressione più dura che lui avesse mai visto.


I documenti del divorzio.”


Il viso di Davis cambiò tratti in un solo secondo.

Ogni residuo di malizia sparì lasciando spazio all'oscurità.


A proposito...”


Riprese lei altrettanto seria e spigolosa.


...Cercherò di essere chiara. Questa è l'ultima volta che rubo o che faccio qualsiasi altra cosa solo perché me lo chiedi tu.”


Gli occhi di Davis divennero due fessure.


Non devo dimostrarti nulla. Non sono venuta a cercarti io, sei stato tu a trovarmi e portarmi qui. Ora, se vuoi che ci resti, non provare mai più a darmi ordini. Capito?”


Davis si alzò lentamente con la stessa faccia di ghiaccio.


Si ritrovò faccia a faccia con lei.


Eden iniziò a tremare. Quanta rabbia poteva trattenere prima di esplodere?


Rimasero a guardarsi per un tempo che sembrò infinito.

Una specie di gara a chi riusciva a sembrare più forte.


Lui si chinò fermando il viso a pochi centimetri dal suo.


In tal caso, spero che tu ti goda la permanenza.”


Sussurrò.


Era così vicino che per un attimo Eden temette il peggio.


D'istinto si leccò le labbra.


Davis lasciò cadere gli occhi sulla sua bocca. Eden aveva il respiro accelerato e ciò poteva solo voler dire che nonostante tanta apparente freddezza, non aveva affatto il controllo della situazione.


Per una sola sera aveva già ottenuto abbastanza.


Si allontanò uscendo subito dalla stanza.


Eden chiuse gli occhi.


Ora ne era sicura.


Non avrebbe mai vinto.


Non senza ricorrere all'artiglieria pesante.


-------



CHICAGO



McPhee, come suo solito, entrò nell'ufficio di Dair senza bussare.


Ormai lui non ci faceva nemmeno più caso.


Che cosa vuoi adesso?”


McPhee non riuscì a non sorridere.


Comincio dalla notizia buona o da quella cattiva?”


Dair sbuffò esasperato.


Fa' come diavolo ti pare.”


Ok, lo ammetto. In realtà la notizia è una sola.”


Disse McPhee iniziando a sfogliare la cartellina che aveva in mano.


Ieri sera a New York c'è stato un furto durante l'asta annuale di beneficenza della famiglia McKanzie.”


Dair sollevò le sopracciglia


E allora?”


Mezz'ora fa quelli del dipartimento ci hanno mandato un po' di foto.”


McPhee fece una pausa tirando fuori l'immagina in bianco e nero


Sono tratte dalle riprese della telecamera all'ingresso della villa.”


La porse a Dair.


Stavo controllando la lista degli invitati quando ho notato una cosa piuttosto strana. Dimmi Dair, non trovi che i signori Owen abbiano un'aria familiare?”


Dair aggrottò le sopracciglia davanti a quella foto.


Non c'erano dubbi.


Era lei.


Eden.”


Disse a bassa voce.


McPhee sorrise fiero come un pavone nella stagione degli amori.


Esatto. Al braccio del signor Duval per di più.”


Dair esaminò di nuovo la foto senza riuscire a togliersi quell'aria incredula e delusa.


La moglie e il braccio destro del marito. Non esattamente di classe, ma di certo un classico.”


Dair mise via la foto.


La sua espressione iniziò a mutare.


Hai bisogno di qualcos'altro capo?”


Domandò McPhee concludendo il suo discorso trionfale.


Dair respirò allargando il nodo alla cravatta.


Era un vicecomandante dell'FBI.


Ed era anche piuttosto arrabbiato.


Rivolse gli occhi al suo collega.


Avverti quelli del dipartimento. Andiamo a New York.”





A/N Eccomi di nuovo! E' stato un weekend decisamente impegnativo, ma diciamo che, seppur con un paio di chili un più ed un amico in meno, sono riuscita a sopravvivere! E veniamo al capitolo...

Ho cercato di fare un po' il quadro della situazione, prima che le cose diventino più complicate (soprattutto nella mia testa) e poi mi sono fatta un po' prendere dalla dinamica Eden/André. Non so ancora perché, ma mi affascina! Spero non vi dispiaccia...

Allora, Eden è tornata ad apprezzare l'arte del furto, ma ovviamente non ha dimenticato qual è il suo scopo. E Davis cerca di farsi una ragione del fatto che sua moglie non sia proprio morta, ma non è semplice.

Tra loro due è in atto una specie di sfida perenne. Non si fidano l'uno dell'altra, ma sono inevitabilmente attratti. Cosa succederà tra loro? Aspettate e lo vedrete ^_^

Per quanto riguarda Dair è arrivato il momento di farlo partecipare, per cui dal prossimo capitolo credo che ci sarà anche lui.

Come ultima cosa, devo ancora inserire il personaggio di Blake. E' l'ultima che manca, ma ho già ben in mente anche il suo ruolo.


Detto ciò grazie ancora di leggere e, come sempre, a presto!!



XMEREDITH91: Ciao! Al solito ti ringrazio tantissimo per i complimenti... Non mi aspettavo recensioni in più, ma ci ho provato lo stesso! Mi accontento che la storia venga letta diciamo... Ad ogni modo spero che il capitolo ti sia piaciuto! Gli incontri tra Eden e Davis sono ancora un po' incerti, ma ti assicuro che ho in mente ben altre cose per loro! Mi hai chiesto se Davis sa di avere una figlia... Non vorrei risponderti in maniera troppo diretta perché sarebbe uno “spoiler” a tutti gli effetti, ma immagino che se me l'hai chiesto è perché hai già una tua idea in merito... E credo che sia l'idea giusta... Comunque tra qualche capitolo capirai com'è andata tutta la storia. Grazie ancora e a presto! XoXo


XCINZIA818: ciao!! Non preoccuparti se salti qualche capitolo o se non recensisci, non sei mica obbligata! Capisco Perché anch'io ho 2000 impegni, quindi non me la prendo assolutamente! Comunque grazie per gli apprezzamenti, mi fa troppo piacere :D!! Spero che l'interazione Eden/Davis continui a piacerti e se avessi qualche suggerimento dì pure! In fin dei conti scrivo per voi oltre che per me stessa, no? Anzi, mi piacerebbe scambiare qualche opinione con chi, come me, ama scrivere! Ancora grazie mille! A presto!! XoXo




































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Capitolo 11
*** Adesso Ho Capito ***


capitolo10

CAPITOLO 10


ADESSO HO CAPITO”





7 ANNI e 2 MESI PRIMA



La sua risata cristallina riempì la piccola stanza del motel.


Eden si buttò sul letto cercando di respirare.


Di nuovo una rapina.


Di nuovo un micidiale mix di adrenalina e vita nelle vene.


Davis le lanciò una manciata di contanti addosso.


E poi un'altra.


E poi le si sdraiò vicino.


Credo che non ci si possa sentire più vivi di così.”


Disse.


Eden arricciò appena il naso.


Penso proprio di poterti dimostrare il contrario.”


Lui la guardò curioso.


E come?”


Eden si tirò su il vestito salendo a cavalcioni sul suo uomo.


Lo guardò dritto negli occhi.


Fa' l'amore con me.”


Davis sorrise a metà mentre le sue mani risalivano le cosce di Eden.


Lei si chinò per baciarlo.


I suoi lunghi capelli gli accarezzarono il viso.


Strusciò il naso contro il suo.


Le sue labbra sfiorarono quelle di lui.


Io ho un'altra idea.”


Sussurrò Davis sulla sua bocca.


Eden si tirò su di colpo.


Un'altra idea?”


Mm mm.”


Dovrei sentirmi offesa lo sai?”


Davis sollevò dolcemente una delle sue gambe ed uscì dalla presa di Eden.


Aspetta a dirlo.”


Sembrò cercare qualcosa nella giacca, ma non ne tirò fuori niente.


Sospirò guardando Eden stesa sul letto.


Lei ricambiò quello sguardo incerta.


Sai...”


Iniziò lui diventando serio.


...Dalla prima volta che ti ho visto già lo sapevo.”


Eden si sollevò, pronta a smorzare la tensione di quel momento incerto.


Cosa? Che ti avrei chiesto di fare l'amore con me?”


Lui sorrise appena abbassando gli occhi.


Che per te avrei infranto tutte le mie regole.”


Eden sentì il cuore arrivarle in gola.


Era uno di quei discorsi.


Davis si bagnò le labbra e riprese


Prima di te non avrei mai pensato di coinvolgere qualcun altro in questa vita...”


Sospirò. La sua voce tremava appena.


...non avrei mai pensato di coinvolgere qualcuno nella mia vita.”


Eden si mosse sul letto cercando di avvicinarsi a lui il più possibile.


Stai cercando di dirmi che per colpa mia hai fatto cose che non avresti mai fatto?”


Domandò ironica.


Credo di sì.”


Eden aggrottò le sopracciglia


Non sono sicura che sia un complimento.”


Lui la guardò di nuovo serio.

Le fece quasi paura.


Infatti non stavo cercando di farti un complimento...”


Riprese


...Stavo cercando di chiederti una cosa.”


Eden piegò la testa da un lato.

Ormai non ci stava capendo più nulla.


Che cosa?”


Sussurrò.


Qualche secondo più tardi lo vide inginocchiarsi davanti a lei.

Inarcò le sopracciglia.


Davis, che stai facendo?”


Lui accennò un sorriso.


Infrango l'ennesima regola.”


Dalla tasca della giacca tirò fuori una scatolina blu.


La aprì e gliela porse.


Prese un respiro profondo.


Sposami.”


Eden spalancò occhi e bocca davanti al luccichio di quell'anello.

Dovevano essere diamanti.


Lui si schiarì la voce.

Per un secondo sembrò quasi imbarazzato.


Sposami Eden. E per tutta la vita continua a farmi fare cose che senza di te non avrei mai fatto.”


Eden sorrise. Avrebbe voluto restare seria, ma le fu impossibile.


Allo stesso tempo sentì i suoi occhi farsi lucidi.


Non sapeva cosa dire.


Davis sollevò un sopracciglio.


Guarda che questo non l'ho rubato, l'ho comprato. Payne può testimoniare a mio favore.”


Lei sospirò.


...Allora, vuoi sposarmi oppure no?”


Eden si tirò dritta sulla schiena. Lo guardò arricciando le labbra in una specie di smorfia.


Sciolse la smorfia in un sorriso.


Credevo che Davis Miller non facesse mai domande di cui conosce già la risposta.”


Anche le labbra di Davis si aprirono in un sorriso.

Il più spontaneo che Eden avesse mai visto.


Allungò la mano verso di lui.


Tremando appena Davis infilò quel piccolo gioiello al suo anulare sinistro.


Eden gli buttò le braccia al collo.


Sì...”


Lo baciò una volta


Sì...Sì! Mille volte sì!”


Lo baciò di nuovo.


Lui la sollevò prendendola per la vita.


Adesso sì che farò l'amore con te, signora Miller..”



----------------



Eden sobbalzò sul sedile.


D'istinto si portò le mani alla faccia.


Devo essermi addormentata.”


Bofonchiò con la voce impastata dal sonno.


Alla sua destra Payne. Alla sua sinistra Davis.


Scusatemi.”


Aggiunse tirandosi su.


Dove stiamo andando comunque?”


Davis si inumidì le labbra


Blake ci ha trovato un attico a Murray Hill.”


Eden strinse il ponte del naso tra indice e pollice.


Blake?”


Sì. Ti avevo detto che era in giro a fare delle commissioni.”


Eden si sistemò meglio sul sedile. Le faceva male il collo.


Si lasciò sfuggire un mugolio.


Davis sollevò un sopracciglio.


Cosa c'è, non sei contenta di rivederla?”


Chiese ironico.


Eden ricambiò lo sguardo.


No, anzi, sono sollevata. E' la prima volta che rincontro qualcuno con l'assoluta certezza che non sarà contento di vedermi.”


Payne e André non trattennero un sorriso sotto i baffi.


Non era ironia. Eden era davvero sicura.


Blake non sarebbe stata affatto contenta di rivederla.


Davis non osò ribattere, ma a riempire quel silenzio ci pensò il suo cellulare.


Sì?”


Sorrise fissando il nulla.


Ciao Sebastian. Benissimo.”


Sebastian? Questo nome non mi dice niente.


Pensò Eden continuando a seguire la conversazione.


Un colpo a Berkley? Spiacente amico, ma è un po' troppo fuori mano per me.”


Davis lanciò un'occhiata ad Eden. Lei distolse lo sguardo facendo finta di non essere interessata.


Sì, starò ancora a New York per un po'. Devo sistemare delle cose. Ma se vuoi ti mando qualcuno dei miei.”


Quali cose devi sistemare?


Davis sorrise di nuovo di gusto.


Ok Sebastian. Alla prossima.”


Concluse rimettendo il telefono nella tasca interna della giacca.


Eden tornò a guardarlo.


Lui rimase impassibile.



----------------



L'attico a Murray Hill era esattamente come Eden se lo aspettava.


Una casa da ricchi in un palazzo da ricchi.


Chissà a chi apparteneva. E chissà cosa avrebbe detto il signor Owen tornando a casa.


Lasciò che gli altri entrassero prima di lei.


Aveva già sentito la voce roca di Blake e stava pensando, sulla soglia, al modo giusto per salutarla.


Hey?”


Payne la richiamò e sbuffando Eden dovette entrare per forza, prima che l'ascensore le si richiudesse in faccia.


I suoi tacchi sbatterono contro il parquet.


Amava quel rumore. Avrebbe camminato avanti e indietro per ore solo per sentirlo.


Quando alzò il viso gli occhi di Blake erano pronti lì per fulminarla.


Eden.”


Disse solo il suo nome con un cenno del capo.

Quasi le venne di rabbrividire.


Ricambiò il cenno con un sorriso fasullo e la guardò mentre abbracciava il fratello.


C'era sempre stato uno strano rapporto tra lei e Davis.

Non erano di certo il tipo di fratelli che giocano tutto il tempo alla lotta. E nemmeno il tipo che passa le serate a confidarsi segreti.


Non c'era uno stereotipo che li descrivesse.


Diversi per mille ragioni, erano tutti e due un mistero vivente.


E di Blake Miller non sapeva quasi nulla.


Maggiore di un anno di suo fratello, aveva in comune con lui la carnagione chiara ed i capelli scuri, ma poteva vantare un eccezionale paio di occhi verdi.


Eden adorava gli occhi verdi. Perfino i suoi.


Blake era un tipo da poche parole. Anche Eden non amava parlare, ma in questo caso non c'era confronto. Blake non parlava mai, a meno che non avesse davvero qualcosa da dire.


E qualcosa aveva detto nel corso degli anni.


Per esempio, aveva sempre fatto chiaro che non voleva Eden nella loro vita. E che Davis aveva fatto un grosso sbaglio.


Perché la pensasse così? Non si era mai capito.


Per tutto il tempo Eden aveva cercato di comprendere. Quella di Blake non era stata una vita semplice. Quando la loro madre era morta aveva solo dieci anni e su di lei si era riversato il dolore di tutta la famiglia.


Era stata proprio lei, qualche anno più tardi, stanca di passare le giornate a spronare un padre depresso ed alcolizzato, ad accostarsi per prima all'arte del furto.


E poi l'aveva insegnata a suo fratello.


Questo li aveva resi inseparabili. L'aver trovato da soli il modo per andare avanti senza dover mai chiedere aiuto a nessuno. Soprattutto a quei nonni materni che sembravano odiarli con tutte le loro forze.


Era colpa di Blake se la loro figlia era morta.

Questo credevano loro.


E solo perché la signora Miller stava andando a vedere il saggio di danza della sua bambina, quando un camion era piombato addosso alla sua utilitaria.


Certo, se non avesse mai lasciato la vita agiata di Manhattan e non avesse rinunciato a tutti i suoi soldi per sposare un ragazzo di Brooklyn, forse non sarebbe morta così.


Ma non era comunque colpa di Blake.



Vieni. Ti mostro la tua stanza.”



Fu proprio Blake a risvegliarla dai suoi pensieri.


Eden si passò una mano tra i capelli e la seguì senza discutere.


Era una stanza non troppo grande, con un letto a baldacchino nel mezzo e lunghe tende damascate.


Non era male.


Eden poggiò sulla coperta la borsa con le sue poche cose.


Blake si schiarì la voce.


Dovresti andartene.”


Quella frase la colpì alla spalle come una pugnalata.


Si voltò incerta.


Come?”


Hai capito. Dovresti andare via da qui, subito.”


Eden sospirò allargando le braccia.


Non era di certo un consiglio il suo. Era un'intimidazione. Bella e buona.


Perché?”


Blake guardò dietro di sé per assicurarsi che la porta fosse chiusa, poi le si avvicinò.


Hai già rovinato una volta la vita di mio fratello. Non te lo lascerò fare di nuovo.”


Eden aggrottò le sopracciglia.


Guarda che è stato lui a trovarmi e portarmi qui. Non è stata una mia iniziativa.”


Ma puoi comunque andartene con le tue gambe.”


Eden non trattenne una mezza risata sarcastica


Sapevo che non saresti stata contenta di vedermi, ma questo supera ogni mia più rosea aspettativa!”


Blake la guardò con occhi scuri.


Non mi fido di te.”


Sai che novità.”


Dico sul serio. Non ti voglio qui. Prendi le tue cose e vattene.”


Eden sospirò di nuovo.


Si sedette sul letto.


Ho paura che non sia tu a decidere.”


Blake tentò di calmarsi scuotendo piano la testa.


Sapevo che avresti scombinato le nostre vite. Davis non ha mai voluto ascoltarmi, ma lo farà adesso. Per fortuna non è più la stessa persona che ha sposato te.”


Già. Adesso è un assassino. Bel salto di qualità no?”


Blake non amava il sarcasmo. E odiava il sarcasmo inopportuno.


Le si avvicinò di scatto. Trattenne a stento l'istinto di prenderla per i capelli.


Eden indietreggiò appena.


Non era più questione di antipatia. Blake era più che seria.


Tu non hai idea di quello che...”


Inspirò profondamente guardando il pavimento.

Tornò in sé stessa.


Le cose per noi si sistemeranno.”


Riprese


Ho solo bisogno che tu non ti metta più in mezzo.”


Eden si tirò su


Dici che si sistemeranno? E come?”


Blake la scrutò strizzando gli occhi. Eden rimase impassibile.


Se fossi in te me ne andrei e basta. E stavolta per sempre.”


Concluse facendo per uscire.


Eden deglutì.


Scusa se te lo dico, ma speravo che fossi cambiata in questi anni.”


Disse.


Blake si fermò sui suoi passi. Si voltò lentamente.


La guardò con una faccia senza espressione.


Scusa se te lo dico, ma speravo che fossi morta.”


Disse prima di uscire.


Eden spalancò gli occhi. Sentì lo stomaco contorcersi.


Chiuse gli occhi prendendosi la faccia tra le mani.


In un certo senso, in una piccola ed oscura parte della sua mente, sperava anche lei di essere morta.


Che diavolo stava facendo in quel posto?


Come si stava comportando?


Chi era?


Eden non sapeva più chi era. Non sapeva più niente.


E se solo fosse morta quel giorno, almeno se ne sarebbe andata con qualche certezza.



-----------



QUASI 5 ANNI PRIMA

18 settembre 2005



Giù le armi!”


Mani in alto!”


Erano fregati. Stavolta per davvero.


Ed era improvvisamente chiaro come il sole che quel Tony non era affatto un amico. E che la sua proposta, troppo vantaggiosa per essere reale, effettivamente non era reale.


Eden si accostò a Payne, mentre le gambe sembravano voler cedere.


Un passo avanti a lei Davis e André sembravano statue di ghiaccio.

Le armi strette tra le dita.


Buttate quelle armi!”


Insisteva la voce degli agenti.


Tyler si era guardato intorno, e aveva deciso di ascoltarle.


Lasciò cadere la pistola ai suoi piedi.


Blake continuava a tremare stringendo la sua.


Eden pensò davvero di essere arrivata al capolinea della sua carriera.

Ma non era una sensazione del tutto orribile.


Si strinse nelle braccia sperando che la situazione non degenerasse.


Qualche secondo più tardi, al rumore delle armi caricate dagli agenti, anche Blake lasciò cadere la sua colt.


Indietreggiò di un passo, tra suo fratello e gli altri.


André e Davis erano ancora lì. E non sembravano voler mollare.


Vi avverto che se non mollate le armi saremo costretti a fare fuoco!”


Eden chiuse gli occhi pregando che suo marito lasciasse quella maledetta pistola.


Ma Davis non lo fece.


Lanciò uno sguardo al suo amico e quella pistola la puntò ancora più dritta davanti a lui.


E' l'ultimo avvertimento!”


Eden cercò di avanzare verso Davis, ma non arrivò in tempo.


Lui tolse la sicura all'arma.


Nessuno capì se voleva davvero sparare. Nessuno ne ebbe il tempo.


Passò una frazione di secondo prima che il dubbio venisse risolto da una raffica di proiettili.


Precauzione” l'avrebbero chiamata.


In un solo istante il silenzio divenne caos.


No!”


Urlò Eden correndo. Il suo primo ed unico istinto fu quello di mettere il proprio corpo davanti a quello del marito.


Quattro colpi.


Bang. Bang. Bang. Bang.


Uno dopo l'altro.


Eden scoprì con suo rammarico che i proiettili non facevano male. Non li sentì nemmeno entrare nella carne.


Ma solo qualche secondo dopo iniziarono a bruciare così tanto che credette di prendere fuoco.


Si lasciò cadere a terra in un tonfo sordo.


Le sue fiamme si spensero in fretta e lasciarono il posto al freddo.


Un freddo che non aveva mai sentito prima.


Lentamente i rumori degli spari iniziarono ad arrivarle attutiti.


Al loro posto rimbombavano forte nelle sue orecchie i passi dei suoi amici sulla terra.


Li sentiva più forte del suo cuore.


L'avrebbero salvata. Certamente la stavano già portando via.


In un rigurgito di lucidità Eden aprì gli occhi cercando di farsi forza.


Era lì.


Davis era davvero lì. In piedi. Vicino a lei.


Allungò la mano tremolante nella speranza che lui potesse tirarla fuori dall'abisso in cui stava precipitando.


Non poteva morire.


Doveva ancora visitare Londra.


Doveva ancora finire di leggere “Jules et Jim”.


Doveva ancora dire a suo marito che sarebbe diventato padre.


Ma quando riaprì gli occhi una seconda volta lui non c'era più.


E non aveva preso la sua mano.


Era scappato. Lasciandola lì. A morire da sola.



-------------



PRESENTE



Quando lo stomaco le si torse di nuovo e più forte, Eden capì che sarebbe impazzita se non avesse fatto subito qualcosa.


Spalancando la porta della stanza piombò davanti a Davis.


Voglio andarmene!”


Lui sollevò gli occhi dai documenti che stava leggendo.


Perché?”


Rispose con una calma fastidiosa.


Perché non voglio stare qui!”


Lui si alzò dopo aver deposto i fogli.


Questa non è una ragione.”


Eden si guardò nervosamente intorno.


Perché odio Murray Hill!”


Lui si avvicinò.


Credimi, puoi fare di meglio.”


Eden strinse forte i pugni.


Perché odio te!”


Dicendolo ad alta voce fu come se tutta la sua realtà le crollasse addosso.


In quelle settimane aveva vissuto solamente dell'entusiasmo per la libertà riacquistata.


Non si era resa conto di dove si trovasse davvero.


Né di cosa stesse facendo.


Spero che tu abbia una buona ragione almeno per questo.”


Rispose lui scrutando i suoi occhi.


Dalla faccia sembrava che quelle parole non l'avessero minimamente scalfito.


Vuoi sapere perché?”


Iniziò lei tremando per i nervi


Vediamo. Perché sei un ladro forse? Un criminale? Un egoista per cui nulla al di fuori del suo piccolo mondo ha la minima importanza?”


Davis sollevò le spalle.


Ero questo anche dieci fa, ma non sembrava dispiacerti così tanto.”


Eden lo guardò con una sorta di reale disprezzo.


Almeno non eri un assassino.”


Quell'avversione non veniva da quell'idea. Non riusciva nemmeno a immaginarlo mentre sparava a qualcuno.


Ma non di meno si stava rivelando un'arma utile, quasi quanto il disprezzo di Blake. Era stato proprio quest'ultimo a riportarla alla realtà.


Sembrò funzionare anche con Davis.


Per la prima volta sul suo viso apparve un'espressione vera.


E' successo. E' vero. Ma almeno io ce l'ho una buona ragione.”


E quale sarebbe?”


Un'ombra attraversò i suoi occhi.


Avevo appena visto mia moglie morire.”


Eden serrò i denti. E contrasse i muscoli.


Poteva essere una buona scusa, ma lei sapeva che non lo era.


Lei ricordava meglio di tutti gli altri cosa era successo.


O almeno credeva.


Fece un passo avanti verso di lui guardandolo dritto negli occhi.


C'è solo un piccolo errore nella tua frase...”


Due piccole rughe si formarono sulla fronte di Davis


...Tu non mi hai vista morire. Tu mi hai guardata morire.”


Le due piccole rughe divennero profonde a sottolineare la sua confusione


Di che cosa stai parlando?”


Eccolo. Il momento.


Quello che Eden aspettava.


Poco importa se fosse pronta o no ad affrontarlo.


Come avrai capito non sono morta. E non lo ero nemmeno cinque anni fa, con quattro proiettili in corpo.”


Continuò a fissarlo negli occhi con tutta la sua rabbia.


Ti ho visto. Eri lì, vicino a me. Pensavo che avresti fatto qualcosa, ma invece sei solo scappato... Mi hai lasciata lì, in mezzo alla strada, a morire da sola.”


L'espressione di Davis tremò appena.


Ci sparavano addosso. Cosa ti aspettavi?”


Sussurrò.


Eden strinse le labbra, mentre gli occhi le si facevano lucidi.


Sollevò le spalle.


Non lo so. Che mi portassi via. O magari che restassi lì...”


Una prima lacrima le rigò il viso.


Lui guardò un punto inesistente al di là di lei.


Eden cercò di trattenere il pianto mentre parlava


...Pensavo che avresti preferito farti arrestare piuttosto che lasciarmi lì.”


Davis chiuse gli occhi sospirando.


Si passò una mano sulla bocca fissando il pavimento.


Hai mai pensato che forse non eri abbastanza lucida per capire cosa stava succedendo davvero?”


No.”


Rispose Eden fermamente.


Lui annuì e basta.


Lei sollevò le sopracciglia


Niente più risposte argute? Niente giustificazioni? Nessuna buona dose di sarcasmo?”


Lui risollevò lo sguardo.


Aveva quel viso da bambino triste che cerca di nascondere il suo stato d'animo.


Che stesse davvero provando qualcosa?


Riuscirei forse a farti cambiare idea?”


Eden ci pensò un secondo.


Scosse piano la testa.


No.”


Ti sei risposta da sola.”


Concluse lui voltandole le spalle diretto verso la sua personale fonte di superalcolici.


Eden inspirò profondamente


No, ma almeno potresti dimostrarmi che riesci ancora a provare qualcosa!”


Disse ad alta voce. Quelle parole erano venute fuori da sole.


Davis si voltò di nuovo verso di lei.


Eden incalzò


Da che sono tornata non ho visto altro che questa faccia! Sempre la stessa espressione, come se fossi fatto di cera o di ghiaccio o... Non la sopporto!”


Il suo tono era di qualche ottava sopra il suo solito.


Lui aggrottò le sopracciglia


Che cosa vuoi da me?”


Lei si avvicinò di nuovo


Vorrei che dicessi qualcosa!”


Di nuovo sembrava voler piangere mentre urlava


Che facessi qualcosa!”


Insistette colpendolo al torace con i pugni.


Lui non si mosse nemmeno.


Che sentissi qualcosa almeno, dio santo!”


Eden iniziò a piangere per davvero.


Lui rimase immobile, cercando di riempirsi i polmoni d'aria.


Sono io.”


Aggiunse Eden.


Tra i singhiozzi la sua voce uscì come un lamento acuto e sottile.


Sono io.”


Sussurrò di nuovo, prima di abbassare gli occhi.


Non ce la faceva più a guardarlo.


Davis sembrò voler cedere per un attimo.


Le sue braccia si mossero verso di lei, ma presto tornarono indietro.


Si bagnò le labbra.


Fece un passo indietro.


Sei libera di andartene se vuoi.”


Disse infine. Solenne come una condanna.


Eden lo guardò di nuovo. Tirò su col naso mentre annuiva nervosamente.


Grazie.”


Concluse correndo fuori dalla stanza.


Afferrò al volo borsa e giubbotto ed attraversò il salotto come una furia.


Payne e André, impegnati sul divano in una serissima partita a “Indovina chi?”, sollevarono gli occhi e seguirono la scena in silenzio.


Eden sparì immediatamente dietro le porte dell'ascensore.


Davis apparì poco dopo nella stanza con in mano il suo immancabile bicchiere di scotch.


André fece un cenno verso le porta.


Vuoi che...?”


Davis scosse la testa.


Non disturbarti. Sono sicuro che tornerà.”



----------------



Eden aveva girovagato per un paio d'ore prima di arrivare a quella porta. Giusto il tempo di farsi passare la crisi di pianto, per non rischiare di sembrare una patetica disillusa ragazzina.


Il cartello “closed” era appeso alla porta.


Era tardi, ma non troppo tardi.


Bussò comunque contro la vetrina.


Un minuto dopo Grace aprì la porta.


Ciao!”


Esclamò guardandola in viso.


Evidentemente non era servito aspettare.

Gli occhi ancora gonfi parlarono per lei.


Che è successo?”


Eden sollevò le spalle.


Non sapeva da che parte iniziare.


Grace sospirò sorridendo.


Vieni...”


Iniziò lasciando ad Eden lo spazio per entrare


...So esattamente di cosa hai bisogno.”


Qualche minuto dopo Grace venne fuori dalla cucina con un vassoio in mano.


Eden era già seduta al bancone.


Ecco la soluzione a tutti i problemi!”


Sorrise Grace poggiando il vassoio.


E in che consiste?”


Grace le mise sotto il naso una tazza fumante di cioccolata calda.


In questo...”


Spruzzò sulla cioccolata una quantità decisamente eccessiva di panna montata


...Questo...”


Tirò poi fuori il suo mazzo di carte preferite


...E questo.”


Eden sollevò un sopracciglio


Vuoi leggermi i tarocchi?”


Grace si sistemò sullo sgabello accanto al suo


La situazione si sta facendo fin troppo complicata. Credo sia tempo di chiedere consiglio alle forze ancestrali.”


Già, le forze ancestrali.


Grace sosteneva da sempre che ci fossero forze più grandi di noi a dettare il destino. Aveva fatto della dottrina esoterica la sua filosofia di vita.


Per questo, fin da adolescente, si dedicava a pratiche di divinazione e, ovviamente, alla cartomanzia.


Non che avesse la velleità di leggere il futuro, ma era fermamente convinta di poter ricevere buoni consigli dagli spiriti.


Eden si era rivolta a lei parecchie volte. E così anche gli altri. Specialmente prima di un colpo.


Se Leonida aveva l'oracolo di Delfi, loro avevano Grace.


Grace poggiò il mazzo di carte sul bancone.


Ti ricordi cosa fare, giusto?”


Eden annuì e allungò la mano sinistra per smezzare il mazzo.


Grace compì i suoi rituali finendo per spandere sette degli arcani maggiori davanti a lei.


Ovviamente coperti.


Eden l'avrebbe ascoltata mandando giù la sua cioccolata.


Non sapeva più se credere o meno a certe cose.


Grace si schiarì la voce girando la prima carta.


La ruota...”


Iniziò


Bé, non lo trovo affatto strano. Le cose per te stanno cambiando, o potrebbero cambiare da un momento all'altro. Se non approfitti del momento per influenzare la situazione poi potrebbe essere troppo tardi.”


Accanto alla ruota venne fuori la torre, simbolo di confusione, ma anche di solidità.


E poi altre carte permisero a Grace di prevedere che qualcosa stava per succedere nella vita di Eden.


Specialmente quando girò “L'innamorato”.


Eden sorrise sotto i baffi scuotendo la testa.


Grace non sorrise affatto.


Ti aspetta una scelta, una difficile scelta. Sarai ad un bivio ed ognuna delle due strade sembrerà offrirti vantaggi ed ostacoli, ma solo una è quella giusta. Da questa scelta dipenderà il resto della tua esistenza.”


Eden leccò il bordo della tazza.


Non puoi già dirmi quale delle due sceglierò?”


Grace disse di no con la testa.


Se fosse stato capovolto allora sì, avrebbe voluto dire che avresti sicuramente sbagliato. Ma così non posso dirlo.”


Potresti almeno cercare di essere un po' più specifica?”


Ok...”


Mentre la sua amica leggeva Eden si accese una sigaretta.


Come per Ercole e le sue donne*, è probabile che anche la tua scelta sia di quel tipo. Tra due uomini, intendo.”


Eden sputò fuori il fumo.


Si era quasi convinta che fossero solo chiacchiere senza senso.


Ma Grace cambiò espressione di colpo.


A proposito, me ne stavo dimenticando. E' venuto un tizio a cercarti ieri.”


Chi?”


Non lo so, non ha detto il suo nome e nessuno qui l'aveva mai visto. Immagino non sia del giro... Avevi preso contatti con qualcuno?”


Eden corrugò la fronte.


Potresti descrivermelo?”


Grace annuì


Abbastanza alto, capelli corti castani, grandi occhi verdi. Di certo troppo carino per essere uno sbirro! Avevo chiesto a Jim di seguirlo, ma era sparito ancora prima che lui alzasse il sedere dallo sgabello!”


Eden capì in un istante.


Le sue orecchie non avevano sentito più nulla dopo “grandi occhi verdi”.


Quando hai detto che è venuto?”


Ieri. Tutto ok?”


Eden balzò in piedi.


Sì, è solo che devo andare adesso. Ma grazie di tutto!”


Riprese le sue cose e corse via.


Aspetta! C'è ancora una carta!”


Ma Eden era già sparita dalla visuale.


Grace la voltò lo stesso.


La giustizia.”



---------



Eden si strinse nel giubbotto e tirò su il cappuccio appena fuori dal locale.


Si guardò intorno.


Non aveva dubbi. Dair era in città.


E di certo era ancora lì in giro a cercarla.


Era l'unico a sapere del Café des Artistes.


Esaminò le facce dei pochi passanti. Non ne conosceva nessuna.


Ma era certa che fosse ancora lì, da qualche parte.


Iniziò a camminare lungo il marciapiede.


Aspettò continuando a fumare.



Hey.”



Non passò nemmeno troppo tempo.


Eden si voltò.


Stavo aspettando che finissi il tuo caffè.”


Eccolo lì. Venuto fuori dal nulla.


Abiti borghesi. Sguardo piuttosto arrabbiato.


Era cioccolata.”


Precisò Eden buttando via il mozzicone.


Iniziò ad indietreggiare, mentre lui le si avvicinava.


Eden svoltò nel vicolo accanto al locale.


Lui la raggiunse.


Letteralmente.


Con uno scatto di forza la sbatté contro il muro, senza la sua solita delicatezza.


Le bloccò i polsi.


Che diavolo stai facendo?”


Protestò lei.


Quello che avrei dovuto fare parecchio tempo fa. Arrestarti.”


Eden riuscì comunque a voltarsi verso di lui.


Perché?”


Per le cose che hai rubato all'asta McKenzie, per esempio.”


Eden sospirò.


Lui mollò la presa, ma non sembrava meno arrabbiato.


Si può sapere che stai facendo?”


Quello che mi hai chiesto!”


Quello che ti ho chiesto?! Eludere gli agenti e rimetterti a rubare?”


Eden guardò i suoi piedi per qualche secondo.


Volevi che mi riprendessero con loro, no? Ho fatto solo quello che è stato necessario.”


Il suo tono era quasi offeso.


Incredibile che nemmeno Dair avesse alcuna fiducia in lei.


Dair sfoggiò una strana smorfia


Così stai con lui adesso.”


Eden scosse la testa


Non dirlo in quel modo.”


Quale modo?”


Come se mi facesse piacere!”


La sua voce si alzò di un'ottava.


Lui incalzò


Non è così?”


Eden sentì la rabbia impossessarsi di lei.


Spalancò gli occhi


Che cosa?!”


Lo guardò dritto negli occhi iniziando anche a gesticolare nervosamente


Io mi ritrovo in una casa con persone che non riconosco nemmeno! Che non hanno alcuna fiducia in me! Vivo con un uomo che disprezzo e tu credi che mi faccia piacere?!”


Eden chiuse gli occhi tentando di ricomporsi.


Respirò.


L'unico motivo per cui sto facendo tutto questo è perché tu possa vantare l'ennesima impresa della tua valorosa carriera.”


Disse seria, acida al punto giusto.


Quindi smettila di dire cavolate e dimmi il vero motivo per cui sei qui.”


Dair si grattò un sopracciglio guardando la strada.


Eden l'aveva zittito.


E la sua rabbia era scemata in qualcos'altro.


Si avvicinò a lei tirando fuori qualcosa dalla giacca.


Sono venuto a portarti questo.”


Disse a voce bassa.


Eden guardò incerta quel foglio piegato, poi lo prese tra le mani.


Lo aprì ed i suoi occhi si fecero di nuovo lucidi in un attimo.


Era un disegno.


Un castello con le bandierine rosa sulle torri.


Un grande sole con un grande sorriso.


Un disegno della sua bambina.


Le si spezzò il cuore nel petto.


Come sta?”


Chiese guardando di nuovo Dair.


Sophia sta bene. Benissimo. Controllo ogni giorno.”


Eden trattenne a stento un nuovo pianto.


Le ho detto che sarei venuto a New York a controllare come stava andando il tuo lavoro. Ha insistito perché te lo portassi.”


Eden scosse la testa con decisione.


Dovrei essere con lei adesso, non qui.”


Dair rimase serio


Concludi questo lavoro e poi starai con lei.”


Quelle parole arrivarono alla mente di Eden come un'illuminazione inaspettata.


Quel disegno non era un regalo da parte di Dair.


Era una specie di minaccia.


Le lacrime smisero di bagnarle gli occhi.


Guardò Dair con espressione seria e onestamente un po' delusa.


Ok. Adesso ho capito perché sei qui.”


Lui aguzzò lo sguardo per tentare di seguirla.


Per dirmi che non ho scelta.”


Riprese


...Che se voglio rivedere mia figlia devo per forza consegnarvi Davis e gli altri su un piatto d'argento.”


Dair sembrò deluso a sua volta.


Tentò di avvicinarsi


Mi dispiace.”


Eden lo scansò


No. Non è vero.”


Sì invece.”


Eden scosse la testa ripiegando il disegno. Glielo restituì.


Sai cosa? Per me non ha nessuna importanza.”


Rispose secca.


Lui tentò di raggiungerla.


Eden lo scansò di nuovo.


Tenne le mani alzate ad intimargli di non provare ancora.


Farò quello che vuoi. Te li consegnerò. Ma sia ben chiaro che non lo faccio per te. Non più.”


Si allontanò tornando verso la strada principale.


Ti telefono appena scopro il piano di Davis.”


Concluse allontanandosi.


Lasciando Dair lì da solo a maledirsi.



--------------



A/N Eccomi tornata! Scusate il ritardo, ma ho deciso all'improvviso di fare un terzo esame e quindi ho dovuto abbandonare la storia per un po'!

Comunque ecco il nuovo capitolo, sperando che vi sia piaciuto.


Primo confronto tra Eden e Davis, anche se è solo l'inizio.

E primo confronto anche tra Eden e Dair.


Credo che fosse il momento giusto per Eden di ritornare con i piedi per terra, e di scoprire anche nuove sfaccettature della sua realtà: ricorda davvero quello che è successo quel 18 settembre? Davis è davvero un'altra persona, peggiore di quella che era? E Dair, si fida di lei o vuole solo raggiungere i suoi scopi?


Oltre a ciò ho presentato anche Blake, come avrete capito non proprio un personaggio positivo. Ma magari non è tutto come sembra! ;)


A presto! E come sempre, grazie!!


*Nei tarocchi l'innamorato richiama la storia mitologica di Ercole e della sua scelta tra 2 donne e 2 destini. Per questo Grace lo nomina in quel modo.



Per Meredith91: ciao! Scusa se ci ho messo un po' ma lo spirito della “brava studentessa” si è impossessato di me! Che ne dici di questo capitolo? Anche se tra Davis ed Eden c'è di certo ancora qualcosa non sono sicura che torneranno insieme... E comunque non sarebbe cosa facile! Devo dirti che ho già un'idea, ma comunque scrivo come viene, seguendo l'ispirazione, quindi non so ancora come finirà!! Grazie delle tue recensioni, sei gentilissima come sempre! E non sai quanto mi fa piacere! A presto!


Per Cinzia818: grazie mille per la recensione!! Ci ho messo un po', ma finalmente ecco il nuovo capitolo! Che ne dici? Davis o Dair? Dair o Davis? Ora come ora non so più scegliere nemmeno io! ;) Spero che ti sia piaciuto comunque... A presto!


Per Kiravf: ciao! Non hai idea di quanto mi ha fatto piacere la tua recensione! Sia per l'apprezzamento che per le tue opinioni! Sai, anch'io ho una certa età (25 anni!) e anch'io ho avuto la mia buona dose di “belli e dannati” quindi ti capisco perfettamente! Probabilmente se avessi scritto il genere di storie che scrivo di solito non avrei avuto dubbi tra due personaggi come Davis e Dair. Ma stavolta ho deciso di scrivere una storia, come dire, leggera, senza troppe pretese, dove si possa ancora dare il beneficio del dubbio ad uno come Davis. Con questo non dico che alla fine Eden sceglierà lui, perché non ho ancora deciso, ma se non altro non lo escludo a priori. In fin dei conti, se ripenso anche al mio passato, chi di noi non ha sognato di riuscire a cambiare un uomo? ;) Facendo la psicologa poi, vedo quasi ogni giorno storie finite male e forse anche per questo, ogni tanto mi concedo ancora di pensare al lieto fine! Grazie delle recensione e spero davvero che continuerai a leggere i prossimi capitoli e a darmi le tue opinioni!!
PS. Anch'io devo confessare un debole per André. Non so perché, che io scriva, legga o guardi un film, finisco sempre per avere un debole per i personaggi secondari! In questo caso devo ammettere però che c'entra Robert Pattinson ;) Ancora grazie e a presto spero!!









































































































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Capitolo 12
*** Azione, Istinto e/o Ragione ***


capitolo11

CAPITOLO 11



RAGIONE, ISTINTO e/o AZIONE



Erano passati quasi due giorni dalla sua discussione con Dair. Non erano bastati per chiarirsi le idee, ma erano di certo un tempo sufficiente per escogitare una soluzione razionale.


Eden non era tornata da Grace.


Aveva suonato alla porta di Tyler, ma lui non c'era.


Giusto il tempo di infilare un biglietto sotto la porta e poi era andata via.


Almeno ora, in caso di emergenza, Tyler sapeva dove trovarla.


E che stava bene.


Col calare della sera aveva finalmente deciso di tornare all'attico di Murray Hill.


Nessun'altra scelta poteva essere contemplata.


E così Eden aveva preso la metropolitana e poi aveva deciso di camminare dalla fermata al palazzo.


Non si era preoccupata quando le prime gocce le avevano colpito la fronte.


Amava la pioggia. Il suo rumore. Il suo profumo.


Peccato che pochi minuti più tardi si fosse scatenata una vera tempesta.


Fu quasi sollevata, con gli stivali pieni d'acqua ed i vestiti fradici, di essere alla porta del suo palazzo.


Quando l'ascensore arrivò all'attico Eden sperò che il suo inevitabile “ding” non svegliasse nessuno.


Per fortuna le luci erano spente.


Fece un primo passo nel salotto, ma si accorse subito che non stavano tutti dormendo.


Era la voce di Blake.


Proveniva dalla stanza accanto.


E' questione di giorni ormai! Devi smetterla di crearti problemi!”


Il primo istinto di Eden fu tornare indietro, ma alla fine decise di ascoltare.


Anche Davis sembrava piuttosto nervoso.


No Blake! Comincio davvero a pensare che non saremmo mai dovuti tornare.”


Ma dovevamo! Le cose non potevano essere risolte a distanza!”


Lo so, ma...”


Qualche giorno Davis. Qualche giorno e poi sarà tutto finito!”


Tu credi?”


A quel punto il tono di Blake si fece più dolce


Saremo liberi. Finalmente liberi. E' quello che abbiamo sempre voluto, no?”


Finalmente liberi? Da cosa? E come?


Eden fece un passo avanti cercando di capire meglio.


E se non bastasse?”


Davis sembrava di certo il più insicuro in quella conversazione.


Basterà. Ci lasceremo dietro tutto. Dimenticheremo ogni cosa.”


Eden sentì dei passi dalla stanza.


Cercò di riavvicinarsi all'ascensore il più in fretta possibile.


Ho bisogno di bere.”


Disse Davis uscendo dalla stanza.


Accendendo la lampada non poté non notare la figura tremolante di Eden all'altro capo della stanza.


Lei finse di venir fuori dall'ascensore.


Non le servì fingere anche un certo disagio.


Ciao...”


Eden sollevò le spalle ignorando i rivoli d'acqua che colavano dai suoi capelli e dai suoi vestiti.


Usò un tono incerto.


...Sono tornata.”


Davis la squadrò dall'altro in basso


Sei bagnata.”


Eden gesticolò come una bambina imbarazzata


Già. Piove parecchio là fuori.”


Abbassò lo sguardo.


Dovresti asciugarti prima che...”


Eden lo interruppe rialzando lo sguardo


Mi dispiace...”


Esordì.


Il suo tono tornò ben presto sommesso.


...Per la nostra ultima conversazione, intendo...”


Gli lanciò un'occhiata insicura


...Potrei aver esagerato un po'.”


Davis non disse nulla.

Dalla sua espressione era chiaro che si aspettava qualche parola in più.


Eden deglutì giocherellando con le sue stesse dita.


Non è semplice per me...”


Di nuovo sollevò le spalle


...Ma immagino che non lo sia nemmeno per te.”


Inspirando profondamente fece qualche passo verso di lui.


Le gocce continuavano a colpire il parquet creando un sottofondo insolito, ma piacevole.


Non potremmo...”


Eden esitò di nuovo per un paio di secondi.


Lo guardò accennando un sorriso.


Lui sembrò incerto, ma curioso.


...Fare una tregua?”


Eden tentò di nuovo di sorridere.


I vestiti appiccicati addosso iniziarono a farla rabbrividire, ma rimase impalata e speranzosa davanti a lui.


Davis strinse le labbra guardando altrove per un istante.


Tirò fuori il pacchetto dalla tasca dei jeans.


Sigaretta?”


Propose.


Eden sorrise mentre annuiva.


Era il suo modo di dire sì.


Lo seguì in silenzio fino alla piccola terrazza.

Davis aprì la finestra e la lasciò uscire per prima.


Riparata sotto il porticato del palazzo la pioggia le sembrò di nuovo bella e piacevole.


Piove parecchio, effettivamente.”


Disse Davis allungandole una sigaretta.


Eden se la infilò tra le labbra leggermente tremolanti ed aspettò che Davis tirasse fuori l'accendino.


Da buon gentleman la accese con la sua fiamma.


Eden sputò fuori la prima boccata guardando il panorama di una stupenda New York in tempesta.


Stavolta fu lui a parlare per primo.


Quindi vuoi il divorzio.”


Eden non capì se fosse un'affermazione o una domanda.


Continuò a guardare avanti a lei


A quale scopo restare sposati?”


Inspirò poi riprese


Troppe cose sono cambiate in questi anni. Io sono diversa. Tu sei diverso... Perfino New York è diversa vista da quassù.”


Ed era vero. Almeno per i suoi occhi.


Davis non rispose.


Eden sentì qualcosa muoversi dentro di lei.


Lo guardò per la prima volta da che erano fuori


Di' qualcosa.”


Quasi sussurrò.


Lui ricambiò lo sguardo, Eden insistette


Qualsiasi cosa... Parlavamo così tanto prima. In questi giorni ho a malapena sentito la tua voce.”


Qualcosa nella sua voce la faceva suonare come se stesse per piangere di nuovo.


Come stai?”


Chiese Eden. Lui sospirò


Bene.”


Com'era la Francia?”


Davis guardò al cielo per un secondo


Bellissima.”


Eden annuì sorridendo


Sei stato in cima alla Tour Eiffel?”


Sì, una volta.”


Eden sospirò tornando ad un'espressione corrucciata


Sembra proprio che mi sia persa parecchie cose in questi anni.”


Lui la guardò negli occhi. Brutale, ma onesto.


Sì, è vero.”


Eden dubitò di aver davvero capito a cosa si stesse riferendo.


Sperò che stesse parlando solo della Francia.


Lasciò cadere la sigaretta al di là del balcone.


Iniziò di nuovo a sentire i brividi.


E' meglio che vada ad asciugarmi adesso.”


Sentenziò avviandosi verso la finestra.


E grazie per la sigaretta.”


Sorrise un'ultima volta prima di filare.


Eden chiuse di fretta la porta del bagno, aprì l'acqua della doccia e venne fuori dai suoi vestiti bagnati.


Era tornata. Ed era stato più semplice di quanto sperasse.


Forse i vestiti bagnati avevano fatto la loro parte.


Lasciò che l'acqua quasi bollente lavasse via la salsedine e parte della sua ansia.


Adesso aveva ancora due cose da fare.


Riconquistare un po' della fiducia di Davis.


E capire finalmente quale affare risolutivo stesse per concludere.


Qualcosa di così grosso da poterli rendere liberi.


Avevano già abbastanza soldi da vivere come rockstar. Liberi da cosa?


Non aveva senso per lei.


Ma di qualsiasi cosa si trattasse, non sarebbe stato affatto facile. Doveva pensare, ed anche in fretta.


Se solo avesse avuto il disegno di sua figlia con lei, non sarebbe servita ulteriore motivazione.


Ma non aveva potuto tenerlo, sarebbe stato troppo rischioso.


Eden chiuse gli occhi col viso sotto il getto caldo.


Non aveva davvero bisogno di quel disegno per pensare a sua figlia.


Le bastava guardare Davis.


Ogni volta che lui sorrideva le si spezzava il cuore.


Maledetta genetica.


------------



Era già pomeriggio da un po' quando Eden venne fuori dalla sua stanza, apparendo in salotto in un vestito scuro di georgette.


Nonostante le tante ore di sonno sentiva ancora addosso i postumi della serata precedente.


Hey! Qualcuno è tornato tra noi...”


Payne l'accolse con un sorriso.


...Di nuovo.”


Completò André.


Lui e Payne se ne stavano seduti sul divano fissando lo schermo di un pc.


Che fate?”


Eden si avvicinò. Payne sorrise di nuovo.


Carte di credito clonate. Sono ottime per lo shopping on line! Vuoi comprare qualcosa?”


Eden si sedette dall'altro lato di André e sbirciò lo schermo.


Non lo so. Voi che comprate?”


Payne sembrava sempre immensamente solare alla luce del giorno.


Ho ordinato una ceretta organica a base di alghe del Guatemala. La proviamo insieme?”


Certo!”


André, nel mezzo di tanto entusiasmo per una ceretta, non riuscì a trattenere una smorfia.


Improvvisamente una porta si aprì e Davis, Blake e un altro tizio dall'aria distinta ne vennero fuori.


Blake si fermò nel mezzo della stanza pronta a lanciare ad Eden una delle sue occhiatacce.


Non apprezzava di certo il suo ritorno.


Davis accompagnò l'altro signore fino alla porta.


Chi è quello?”


Chiese Eden a bassa voce.


Il nostro avvocato di fiducia.”


Eden aggrottò le sopracciglia.


Avvocato di fiducia?”


Payne sollevò le spalle


La burocrazia non risparmia nemmeno i criminali!”


Eden guardò il tizio con più attenzione.


Forse sarebbe servito anche a lei.


Quando Davis tornò dalle loro parti il discorso si interruppe.


André lasciò il computer a Payne e si alzò.


Ha chiamato Sebastian mezz'ora fa.”


Esordì avvicinando Davis


Il suo colpo non è più a Berkeley. Ha deciso di colpire fuori Bridgeport, per questo ha richiamato.”


Bridgeport?”


André annuì.


Già. E' stata una vera tortura dover rifiutare.”


Nel cervello di Eden si accese una lampadina.


L'occasione che stava aspettando.


Facciamolo.”


Disse senza pensarci troppo.


Tutti la guardarono sorpresi.


Il Connecticut è molto più vicino di Berkeley. Possiamo andare, fare il colpo e tornare. Tutto in una notte.”


Eden tentò brevemente di spiegarsi. Le facce intorno a lei non cambiarono.


Ok. Forse non è una buona idea. E' solo che, in tutta onestà, comincio ad annoiarmi un po'.”


Già.”


Payne fu l'unica a rispondere.

Ma poco dopo anche André si rivolse direttamente a Davis.


Effettivamente amico, lo shopping on line non è esattamente la mia attività preferita. Non ti nascondo che la mia virilità inizia a risentirne.”


Davis ricambiò con una smorfia. Blake incalzò.


No. Eravamo d'accordo di non fare niente.”


Disse raggiungendo il fianco del fratello.


E' vero.”


Ribatté quest'ultimo, ma gli altri sembravano già essersi convinti.


Eden decise di approfittarne.


Magari è una cosa semplice.”


Disse cercando di insinuare ulteriore dubbio in Davis.


Blake prese di nuovo la parola


Sarebbe comunque troppo rischioso per noi!”


Esclamò. Se avesse potuto l'avrebbe incenerita seduta stante.


Eden prese quello sguardo come una sfida. L'ennesima.


Guardò al di là di Blake verso Davis.


Affilò lo sguardo ed alzò un angolo della bocca.


E non è proprio il rischio che rende le cose eccitanti?”


Non era impazzita. Anche se l'incoerenza sembrava essere diventata la costante dei suoi giorni.


Sapeva di non poter riconquistare la fiducia di Davis. Di certo non con una chiacchierata a cuore aperto.


Ma poteva destare la sua curiosità. Stimolare il suo desiderio di capire.


Poteva provare a toccare le corde giuste.


Ecco perché si ritrovava a fargli gli occhi dolci di fronte ad una proposta piuttosto inopportuna.


Lui mangiò la foglia.


Chiamo Sebastian. Vedo di che si tratta.”


Disse allontanandosi mentre tirava fuori il cellulare dalla tasca.


André si permise di esultare sommessamente.


Eden rimase impalata a fissare l'espressione in fiamme di Blake.


Alla fine fu lei a cedere e tornò a sedersi sul divano.


Davis riapparì qualche minuto più tardi.


André lo intercettò immediatamente.


Allora cos'è? Banca? Poste? Portavalori?”


Un club.”


Un club? Rapiniamo un club?!”


Davis lo bypassò ritrovandosi al centro della stanza, alla vista di tutti.


Il Cherry Pie. Appena fuori Bridgeport. Un night club con una specie di bisca clandestina nel retro.”


André aggrottò le sopracciglia


Continuo a non trovarci niente di interessante.”


Davis si sistemò la camicia


Sebastian ha un conto in sospeso col proprietario. Un conto con parecchi zeri a quanto pare. I suoi informatori hanno scoperto che si è costruito un caveau nel retro del suo club. E dev'essere lì che nascondono i suoi soldi.”


Sembra una cosa semplice.”


Davis sollevò le spalle.


Almeno apparentemente. Sebastian ha di certo bisogno del nostro aiuto. Sarebbe morto prima di varcare la soglia se provasse a entrare nel club. E ci sarebbe molto grato se recuperassimo i suoi due milioni.”


Eden e Payne si lanciarono un'occhiata.


Erano davvero parecchi soldi. Soprattutto per un night club.


Eden si permise di intervenire.


Come dovremmo agire? Non sappiamo niente di questo tizio e di quello che...”


Ovviamente Blake intervenne


Infatti non dobbiamo farlo! E' un lavoro che nemmeno ci interessa!”


Duecentocinquantamila.”


Disse Davis. Il suo tono basso riuscì comunque a zittirli tutti.


Avremo una provvigione di cinquantamila dollari a testa se facciamo il lavoro sporco. Sebastian e i suoi ci daranno tutte le informazioni necessarie.”


André si sfregò le mani


Cinquantamila dollari per rapinare un paradiso di pervertiti e lapdancers? Io ci sto!”


Anch'io.”


Si unì Eden immediatamente. Di nuovo puntò i suoi occhi su Davis.


Payne li guardò e sollevò una mano.


Contate su di me!”


Io non lo farò! E dovreste ripensarci anche voi!”


Urlò di nuovo Blake, ma l'attenzione di Davis era ormai tutta per Eden.


Lei le si era parata davanti mostrando un'insolita sicurezza.


E tu che vuoi fare Davis? Ci stai o no?”


Lui si limitò a ricambiare quello sguardo.


La stava analizzando. Non riusciva a capire.


Payne guardò la scena con attenzione. Diede un colpo di gomito ad André.


Credo che stia diventando una specie di sfida personale.”


Sussurrò. Lui allargò le braccia dopo una rapida occhiata.


Qualsiasi cosa sia non importa. Ho bisogno di rapinare quel posto.”


Lei si limitò a sorridere, ma vedeva davvero qualcosa di più dietro quella scena.


Ok. Lo faremo.”


Sentenziò infine Davis.


Blake tentò di dissuaderlo in tutti i modi ma non ci riuscì. Eden era del tutto sicura che quella sera avrebbe tentato di strangolarla o qualcosa del genere.


Poco male. Davis aveva accettato la sua sfida.



--------------



Sebastian era un tizio dai capelli biondi che non faceva nessuna paura.


Più Eden lo guardava e più se ne convinceva.


Neanche lei avrebbe mai spaventato nessuno, ma per una donna sembravano valere regole differenti.


Se solo ripensava allo sguardo di ghiaccio di André... O all'espressione più cattiva di Davis... A volte avevano spaventato anche lei.


Più cercava di concentrarsi e meno sembrava riuscirci.


Erano tutti stipati in un furgoncino poco lontano dal Cherry Pie. Sebastian aveva mappe e informazioni di ogni cosa. Se non altro sembrava un tipo davvero preparato in materia.


Donovan non è di certo un problema. E' talmente vigliacco che non mi sorprenderebbe nemmeno vederlo piangere e supplicare...”


Donovan era il proprietario del club. Il tizio con cui Sebastian aveva un grosso debito.


...E' dei suoi due scagnozzi preferiti che dovrete preoccuparvi. Vlad e Roger.”


Vlad?”


André era già così eccitato all'idea che non riusciva a stare fermo.


Vladimir Jusupov. Viene da Mosca e se la sua fama ha ragion d'essere, è anche parecchio cattivo.”


Chiarì Sebastian.


André sorrise all'idea. Eden iniziò a riconoscerlo, mentre la sua vera natura veniva fuori.


Non aveva paura di nulla. O quasi.


Sebastian riprese la parola


Sono tizi dalla pistola facile. Vi conviene assicurarvi che siano fuori dalla scena prima di agire.”


Davis fissava la pianta del locale. Non gli interessava davvero, ma aveva bisogno di un'immagine su cui concentrarsi. Era teso e si vedeva.


Tutti lo erano, compresa Blake.


Era stata costretta volente o nolente a seguirli, poiché non avrebbe mai abbandonato il fratello. Ora se ne stava in un angolo a braccia incrociate ed ovviamente in silenzio.


Eden le lanciò un'occhiata. Anche lei incuteva un certo timore.


Se riuscite a liberarvi di loro, avrete la via libera per il retro.”


Concludendo la frase Sebastian tirò fuori due foto.


Vlad, una specie di gigante dai capelli rossicci.


E Roger, più minuto, ma decisamente inquietante.


Davis sospirò.


Eden guardò Payne. Anche lei stava cercando la concentrazione necessaria tra i suoi pensieri.


Sebastian si rivolse a Davis.


Credi di poterlo fare?”


Lui lo guardò senza espressione. Era probabilmente l'unica persona al mondo capace di non far trasparire nemmeno un'emozione.


Davis guardò tutti gli altri. Nessuno diede segno di cedimento.


Lo faremo.”


Sentenziò.


Bene. Avrete tutta la mia gratitudine ed il mio rispetto.”


Sebastian ed il tizio anonimo che era con lui distribuirono le armi.


Gli ultimi attimi vennero consumati in silenzio.


Eden chiuse gli occhi infilando la pistola nel retro dei jeans.


Riusciva perfettamente a dare un'immagine al rischio che stava correndo. Non poté non ripensare all'ultima volta.


Ci volle tutta la sua forza per non tirarsi indietro.


Quando riaprì le palpebre gli occhi di Davis erano puntati nei suoi.



Andrà tutto bene Eden.”


Lo so. Non ho paura.”


Nemmeno un po'?”


Nemmeno un po'.”


Buona fortuna amore.”


Anche a te.”



Ma ora tutto era diverso. Anche guardandolo non riusciva più a sentire che sarebbe andato tutto bene. Adesso aveva paura.


La mano di Payne afferrò la sua. Eden la guardò.


Cercò di sorridere.


Anche Payne sorrise.


Siamo i migliori ladri del mondo Bonnie!”


Disse mimando una voce grossa.


Eden sollevò un angolo della bocca. Come ai vecchi tempi.


Facciamolo vedere anche a loro Clyde!”


Completò la vecchia formula propiziatoria e scese dal furgoncino insieme alla sua amica.



--------------



Musica lounge. Luci soffuse. Profumo di patchouli e testosterone.


Entrarono tutti e cinque insieme.


Vestiti come persone di classe, potevano sembrare clienti perfetti per un posto di quel genere.


Giovani newyorchesi ricchi ed annoiati tentati dall'idea della trasgressione.


Una ragazza in abiti succinti li accompagnò ad un tavolo.


André non riuscì a resistere dal provarci. Incredibile quanto i suoi sensi fossero stimolati dalla prospettiva del crimine.


Ordinarono champagne.


Davis individuò i due scagnozzi di Donovan mimetizzati tra i clienti.


Li indicò con un cenno del capo.


Vlad e Roger si godevano una lap-dance, ma non sembravano troppo soddisfatti.


Eden si accese una sigaretta. André la seguì.


Direi che distrarli non sembra difficile.”


Ironizzò quest'ultimo.


Davis buttò giù il suo champagne.


Dobbiamo assicurarci che siano davvero distratti.”


Disse sottolineando l'avverbio opinativo.


Payne rivolse di nuovo lo sguardo ai due tizi.


Poi fissò per un po' i movimenti forzati della ragazza sul palco.


Di certo non faceva quel mestiere per vocazione.


Io ho un'idea.”


Disse a voce bassa all'orecchio di Eden.


Lei si voltò per capire a cosa si riferisse.


Non le ci volle molto per comprendere quale “insana” idea stava partorendo la mente di Payne.


Pensi quello che penso io?”


Chiese quest'ultima. Eden inspirò.


E' rischioso.”


Rispose. Payne prese in prestito le sue parole.


E non è proprio il rischio che rende le cose eccitanti?”


Eden protrasse le labbra facendosi tentare. Per la prima volta sentì il piacevole brivido dell'adrenalina.


Sorrise di gusto. Annuì.


Payne si rivolse allora a tutti gli altri.


A quei due ci pensiamo noi.”


Davis aggrottò le sopracciglia.


E come?”


Di questo non devi preoccuparti, io e Eden abbiamo il nostro piano.”


Vorrei sapere di che si tratta.”


Eden si inserì


Ti basti sapere che non dovrai preoccuparti di loro. Al nostro segnale andate pure nel retro.”


Lui scosse la testa.


Non possiamo rischiare. Ditemi di che si tratta.”


Payne tracannò quanto più champagne possibile. Eden spense la sigaretta dopo un ultimo tiro.


Fidati di me.”


Fu l'unica risposta che concesse a Davis.


La sua fiducia era l'unica vera ricompensa che si aspettava da quei gesti avventati.


Lei e Payne si alzarono.


Al nostro segnale.”


Precisò Payne prima di sfilare via con Eden.


Davis balzò in piedi cercando di fermarle ma non ci riuscì.


Fu costretto a risedersi in silenzio per non dare nell'occhio.


Dovremmo andarcene e lasciarle qui. Non voglio beccarmi una pallottola per colpa di quelle due.”


Finalmente Blake disse la sua.


André fece spallucce.


Io mi fido. Vediamo cosa hanno in mente prima.”


Davis scrutò la folla per vedere dove fossero. Non riuscì a trovarle.


Si decise quasi a mandare tutto a monte.



Ma bastarono cinque minuti perché tutto il locale si riempisse di una musica più che conosciuta.


André alzò un sopracciglio mentre riconosceva l'intro.


Davis buttò immediatamente gli occhi sul palco.



I love rock 'n roll. La preferita di Eden.



E infatti eccole lì. Al centro del palco al ritmo di Joan Jett.


Payne sfoderò lo sguardo da gatta. La sua arma più pericolosa.


Accanto a lei Eden lasciava già intravedere le gambe sollevando il vestito.


Il tutto condito da movimenti sinuosi e strusciamenti strategici.



Colpita dall'intrusione inaspettata la gente che riempiva il locale si alzò per raggiungere il palco.


Un'ondata di commenti sottolineò l'apprezzamento dei clienti.


Tra loro anche Vlad e Roger.



Anche Davis, André e Blake lasciarono il tavolo e si avvicinarono.


Davis non proferì sillaba mentre “sua moglie” dava spettacolo.


André spalancò la bocca quando Payne ed Eden offrirono alla folla un assaggio di bacio saffico.


Si rivolse al suo amico senza spostare lo sguardo.


Senza offesa amico, ma da oggi in poi credo che vedrò questa scena ogni volta che chiuderò gli occhi.”


Davis non rispose nemmeno.


André rivolse uno sguardo anche a Blake. La colpì col gomito.


Dovresti raggiungerle... Si sfiorerebbe la perfezione.”


Blake non cambiò nemmeno espressione.


Prova anche solo ad immaginare la scena e ti cavo gli occhi a mani nude.”


L'entusiasmo di André svanì per un istante.



Mentre lo spettacolo continuava Payne si accertò di dare un segnale facendo un cenno verso i suoi amici.


Ecco il segnale.”


Disse Davis.


Andiamo.”


Mentre loro attraversavano la folla diretti sul retro, Payne ed Eden scesero dal palco unendosi ai clienti.


Continuando il loro spettacolo gratuito raggiunsero Vlad e Roger, fingendo di aver scelto proprio loro tra tutti come oggetto di attenzione.


I due sembrarono gradire.


Si strusciarono contro il russo e poi contro l'altro.


Le ragazze continuarono a seguire la musica per un tempo necessario ad assicurarsi che gli altri avessere raggiunto il retro.



E mentre Payne ed Eden agitavano i fianchi, Davis e André puntavano le pistole ai clienti di Donovan, alle sue guardie e poi direttamente a lui.


Le pistole dotate di silenziatore erano un'ulteriore garanzia di riuscita.


Eden era contenta di non poter sapere se lì dentro stessero effettivamente sparando a qualcuno.


Ci volle un tempo relativamente breve perché Blake, Davis e André ne venissero fuori.


Lo stesso tempo che era servito alle ragazze per passare alla fase b del piano.


A cavalcioni su Vlad e Roger portarono la loro distrazione al livello due.


Ma non bastò perché non notassero tre sconosciuti venire fuori di corsa dal retro, zona off limits per quelli fuori dal giro.


Vlad tentò di liberarsi del peso del Payne, ma si fermò quando sentì un'escrescenza spuntare dall'abito della bionda e puntare dritta contro il suo stomaco.


Payne sorrise sollevando un sopracciglio. Si avvicinò all'orecchio del tizio.


Non pensare male, è solo una pistola. Fai anche solo un movimento e sei morto.”


Sussurrò. Il russo fremeva, ma rimase immobile.


Anche Eden, lì accanto, fece la sua parte immobilizzando Roger allo stesso modo.


Davis, Blake e Andrè si erano sistemati ad angoli diversi del locale.


Quel posto era pieno di ignari civili. Di certo non era interesse di Donovan far scoppiare una sparatoria.


Adesso noi ce ne andiamo...”


Sussurrò Eden


...Anche solo un passo falso e spariamo sulla folla.”


Roger la guardò digrignando i denti. Eden sorrise di gusto mentre si alzava lentamente.


L'applauso dei clienti riempì il club quando fu chiaro a tutti che la performance era finita.


Senza nemmeno badarci Eden e Payne furono le prime a venir fuori dal locale.


Un furgone col motore acceso li attendeva.


Blake le seguì a pochi secondi di distanza.


Poi anche André.


Eden si ritrovò contro la sua volontà a sperare di vedere anche Davis.


E fortunatamente anche lui risalì mentre sfrecciavano via.


Dietro di loro gli spari avventati di Roger e Vlad.


André scaricò la tensione con un urlo.


Davis si era sistemato davanti con Sebastian, mentre Blake aveva ripreso posto nel suo angolo.


Eden guardò al cielo respirando affannosamente. Le formicolavano le mani mentre il sangue tornava a scorrere ad una pressione normale.


Siamo le migliori Bonnie!”


Esclamò Payne. Sembrava davvero contenta.


Ad Eden non restò che gustarsi il sapore di quella scena tanto simile ad un flashback. Mancava solo un pezzo per completarlo.


Vorrei che anche Tyler fosse qui.”


Disse di getto.


Payne spense il sorriso solo per un'istante


Già.”


Eden si immaginò la scena completa


Lui sì che avrebbe apprezzato la tua performance!”


Payne prese la palla al balzo


Non quanto Davis ha apprezzato la tua.”


Eden tornò ad essere seria. Qualcosa di strano nel tono di Payne aveva bloccato il suo entusiasmo.


Che vuoi dire?”


Payne sollevò le spalle ed abbassò il tono.


Dimmelo tu. Ho visto come vi guardate.”


Eden sembrò cadere dalle nuvole.


Payne prese fiato.


Credevo che non volessi avere niente a che fare con lui.”


Infatti.”


Allora cos'è questa specie di sfida continua che avete messo in piedi?”


Eden inspirò profondamente


Non è una sfida. E' solo che... le cose non sono semplici.”


Solo questo?”


Eden abbassò gli occhi. Magari fosse stato solo quello.


Payne addolcì il tono.


A volte ho paura che questa qui sia solo un'illusione.”


Disse indicando tutto intorno a lei


Eden si morse il labbro inferiore.


Guardò di nuovo l'amica


Credo proprio che lo sia.”



--------------




Una volta tornati, svanito l'effetto, la sua stanza sembrava vuota e fredda come tutte le altre volte.


Perlomeno poteva spuntare il primo punto al suo ordine del giorno.


Non sapeva se poteva già sperare nella fiducia, ma sulla curiosità di Davis non c'erano dubbi.


Aveva toccato le corde giuste.


Anche Payne l'aveva notato.


Eden cercò di allentare la lampo del vestito.


Dopo il contatto diretto col sudore di Vlad avvertiva la necessità fisica di una doccia.


Serve una mano?”


Eden saltò sul posto. Incredibile che Davis comparisse dal nulla sempre quando meno se l'aspettava.


E possibile che la sua porta non avesse una chiave?


Lo guardò solo per un secondo


No, grazie. Ce la faccio da sola.”


Lui si fece strada comunque


Ti ho portato i tuoi soldi.”


Disse con tono secco lasciando cadere una busta gialla sul letto.


Eden lasciò perdere l'idea del vestito e gli concesse la sua attenzione.


Grazie.”


Lui aveva uno sguardo strano. Impossibile da leggere anche per lei.


Che c'è?”


Gli chiese.


Lui si avvicinò ancora a lei.


Credevo volessi una tregua.”


Rispose con lo stesso tono.


Eden sollevò le sopracciglia


E' quello che stiamo facendo...”


Iniziò gesticolando


...Ci comportiamo civilmente e...”


Davis le bloccò le parole ed i gesti afferrandola per il polso.


Strinse più del dovuto.


Hai cercato di mettermi contro gli altri.”


Iniziò. E adesso era più facile capire. Era arrabbiato.


Eden scosse la testa


No. Ho solo proposto di fare un colpo.”


Ribatté cercando di liberarsi dalla sua presa. La mano iniziava a farle male.


Ma lui non mollò.


Cosa stai cercando di fare?”


Le chiese.


Eden era stata una stupida a pensare che una rapina risolvesse le cose.


E una grandissima ingenua anche solo a sperare nella fiducia.


Riuscì a liberarsi con un gesto forzato.


Non lo so!”


Gli urlò contro massaggiandosi il polso con l'altra mano.


Un cerchio rossastro era già apparso sulla sua carnagione chiarissima.


Davvero?...”


Lui sembrava più calmo, ma solo in apparenza.


Quello sguardo bastava per spaventarla.


...Io invece credo che tu stia cercando qualcosa.”


Incalzò costringendola ad indietreggiare.


Eden sollevò la testa


E cosa?”


Dimmelo tu. E non dire che non vuoi stare qui perché ci sei tornata di tua spontanea volontà.”


Eden inspirò profondamente, ma non rispose nulla.


Davis sembrò volerla toccare di nuovo, ma si trattenne


Stai cercando un modo per fregarmi?”


No.”


Eden strinse i pugni, determinata a non cedere in alcun modo.


Davis si passò una mano tra i capelli, bagnandosi le labbra


Allora vuoi farmi uscire di testa, è questo?”


Insistette. Era forse più nervoso di lei.


Eden aggrottò le sopracciglia


Io non voglio niente...”


Iniziò cercando di allontanarlo, ma lui non si mosse


...Sto solo cercando di tornare alla normalità!”


Rischiando la vita di tutti esibendoti in uno schifoso club?!”


Primo campanello di allarme.


Eden cercò di approfittarne.


Stavo solo cercando di dimostrarti che puoi fidarti di me!”


Lui sollevò nervosamente le spalle


E come? Strusciandoti contro quel tizio come una puttana qualunque?”


Siamo riusciti a riprendere i soldi, è questo che conta!”


Ribatté cercando di sfuggire dalla sua morsa.


Davis la bloccò di nuovo con un braccio alla vita.


Non così in fretta.”


La costrinse di nuovo davanti a lui.


Dimmi perché sei tornata.”


Eden scosse la testa e basta.


Mi avevi pregato di lasciarti andare.”


Ancora nessuna risposta.


Ce l'avrai una ragione!”


Insistette lui spingendola al muro.


Alzare la voce non era necessario. Gli bastava guardarla in quel modo.


Eden si sentì la parete dietro. E le mancarono le idee.


Perché non avevo altro posto dove andare!”


Urlò. Forse era una bugia, ma venne fuori come la più semplice delle verità.


Perché ho bisogno di te, ho bisogno che tu mi tenga qui!”


Continuò a sputargli addosso le parole


Ecco perché! Sei contento adesso? E' questo che vuoi? Sentirmelo dire?!”


Lui scosse piano la testa


Non è questo che voglio.”


Disse con un tono che Eden riconobbe in un attimo.


Non era più rabbia.


Davis premette le labbra contro le sue, spingendola di nuovo contro la parete fredda.


Eden si paralizzò contro il peso del suo corpo.


Il suo cervello era in totale black-out.


Spinse le unghie contro il muro, cercando di trattenersi dal toccare lui.


Si sentì obbligata a protestare, prima di non riuscire più ad ignorare l'effetto di quel bacio indesiderato sul suo corpo.


No!”


Protestò contro le sue labbra, ma Davis sembrò non ascoltarla.


No Davis!”


Cercò di nuovo. Stavolta spinse le mani contro il suo torace per allontanarlo.


Una fitta al bassoventre la colpì come una coltellata.


Non poteva combattere la chimica.


Ma riuscì a spingerlo via abbastanza da poter respirare.


Avevano tutti e due il fiato corto.


E più Eden lo guardava negli occhi, più sentiva l'istinto prendere il sopravvento.


Non disse nulla per mandarlo via.


Stavolta lui si avvicinò più lentamente, poggiandole le mani sui fianchi.


Eden aveva un solo secondo per riuscire a sfuggire, ma non ne approfittò.


In quello stesso secondo si autoconvinse che il sesso potesse essere la miglior soluzione al suo problema.


In quell'attimo si alzò sulle punte e gli lasciò libero accesso alla sua bocca.


Eden si aggrappò a lui mentre Davis la spingeva al muro.


Le sue mani sembravano essere già dovunque.


Le sue labbra avevano lo stesso sapore.


Ed anche lo stesso effetto.


Ragione annebbiata ed istinto animale.


Nulla di romantico, mentre Davis le sollevava il vestito cercando accesso anche al di là della sua biancheria.


Nulla di romantico mentre Eden affondava le unghie nella sua pelle, pregustando quello che l'aspettava.


Ben presto l'avrebbe avuto dentro di lei. Di nuovo.


Ed era l'unico solo pensiero nella sua mente.



Un colpo alla porta la costrinse a pensare qualcosa di diverso.


Di nuovo bussarono forte.


Eden?”


Eden cercò di fermare Davis.


Eden, Davis è lì con te?”


La voce seria di André stavolta riuscì a fermare anche lui.


Eden passò le mani sul vestito cercando di ricomporsi.


Lanciò una rapida occhiata a Davis e gli lasciò il tempo di riabbottonare i pantaloni prima di avvicinarsi alla porta.


La aprì sperando che la sua espressione e le guance arrossate non la tradissero.


Che succede?”


André guardò oltre lei verso Davis.


Non sarebbe servito un genio per capire in cosa era incappato.


Rimase ugualmente serio.


Credo che dovreste venire. Abbiamo visite.”


Eden alzò un sopracciglio cercando di figurarsi chi potesse essere.


Davis reagì prima di lei passandole accanto per uscire.


Lei lo seguì fino al salotto.


Anche Payne e Blake erano nella stanza, in piedi e con le facce sorprese.


Eden seguì il loro sguardo verso la porta.


Spalancò gli occhi.


Tyler!”



----------------



A/N Ciao!!! Scusate il ritardissimo, ma questi giorni sono stati un tormento! Speravo che finiti gli esami mi sarei rilassata un po' e invece non ho avuto pace!

E poi sto cercando di organizzare il mio viaggio per Roma.. Avete sentito della convention di supernatural - “Jus in bello” - a Fiumicino dal 1 al 4 aprile 2010?? Ovviamente non posso mancare!


Tornando alla storia.. Questo è stato un capitolo un po' difficile da decidere, ma alla fine credo che non sia venuto troppo male. Volevo rimettere un po' di azione nella storia e volevo finalmente dare una svolta allo stallo tra Eden e Davis... Che ne dite? Ovviamente non vuol dire ancora nulla ai fini della storia!

E poi ho riportato Tyler sulla scena, ma per sapere il motivo della sua ricomparsa dovrete aspettare il prossimo capitolo ^_^ ! Stessa cosa per sapere dov'è Dair e come ha preso l'ultima conversazione con Eden!


Grazie di leggere!! Commentate se vi va e a presto (speriamo) per il prossimo chapter!!


PS. Stavolta niente wallpaper.. Non avrei aggiornato mai più se mettevo anche mano al photoshop!! Se ci sono eventuali errori di battitura scusate, ma non ho il coraggio di rileggere di nuovo!!



Per CINZIA818: Ciao! Grazie mille per la recensione... Credo che tu abbia capito benissimo che c'è qualcosa dietro tutte le vicende di Davis &co... Forse non è cattivo come sembra, o forse sì, non ho ancora deciso nemmeno io!! ^_^ Blake è un personaggio un po' strano, ma piace anche a me e posso già dirti che avrà un ruolo ben più fondamentale di questo in futuro! Grazie ancora e a presto! Spero che apprezzerai anche questo ed i prossimi capitoli! (tanto non credo che ce ne saranno ancora moltissimi..)


Per MEREDITH91: Ciao! Grazie mille per i complimenti, quasi arrossisco ;)! Sai, la scrittura è la mia passione segreta ed il mio sogno nel cassetto, anche se non credo di essere così brava! L'ultimo capitolo è stato piuttosto sentimentale, invece stavolta ho optato per un po' più di “azione”.. Spero ti sia piaciuto uguale! Grazie ancora, un bacio, alla prossima!































































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Capitolo 13
*** Tyler Matthews è DI NUOVO qui ***


capitolo12

CAPITOLO 12



TYLER MATTHEWS E' DI NUOVO QUI




Credo che dovreste venire. Abbiamo visite.”


Eden alzò un sopracciglio cercando di figurarsi chi potesse essere.


Davis reagì prima di lei passandole accanto per uscire.


Lei lo seguì fino al salotto.


Anche Payne e Blake erano nella stanza, in piedi e con le facce sorprese.


Eden seguì il loro sguardo verso la porta.


Spalancò gli occhi.



Tyler!”


Era proprio lui.


Eden avrebbe voluto andare ad abbracciarlo, ma l'atmosfera nella stanza non era esattamente quella di una rimpatriata.


Ciao Eden... Davis.”


Tyler era immobile poco più avanti della soglia.


André si schiarì la voce


Tu guarda, la banda di nuovo al completo. Mi si spezza il cuore.”


Ma l'ironia non servì a sdrammatizzare.


Davis avanzò per primo verso la porta.


Come sei arrivato qui?”


Ho preso la metro.”


Dalla faccia di Davis si capiva che non era in vena di ulteriore sarcasmo.


Come facevi a sapere che eravamo qui?”


Insistette avvicinandosi ancora con aria minacciosa.


Eden decise di intervenire immediatamente


Gliel'ho detto io.”


Gli sguardi si rivolsero tutti a lei. E non erano esattamente sguardi di approvazione.


Sono stata io.”


Precisò di nuovo con tono deciso.


Davis spostò lentamente gli occhi da lei a Tyler. E alla sua borsa.


Non puoi stare qui.”


Sentenziò.


Tyler sollevò un sopracciglio


Inutile dire che speravo in un'accoglienza decisamente migliore.”


Vattene.”


Ribatté Davis.


Da dietro di lui Payne partì come una furia.


E perché dovrebbe andarsene?”


Perché non è il benvenuto qui. E non abbiamo bisogno di altre persone di cui non possiamo fidarci.”


Payne corrugò la fronte


Persone come Eden ad esempio?”


Davis guardò al cielo visibilmente esasperato.


Eden decise di rimanere in disparte. Capiva perfettamente il punto di vista di Payne. Senza contare che la visita di Tyler era inaspettata per lei tanto quanto per gli altri.


Payne continuò


L'hai rivoluta qui e noi non abbiamo protestato, anche se nessuno si fida di lei...”


Ecco. Un'altra svolta inaspettata. Nessuno si fida di lei. Nemmeno Payne.


...E adesso per Tyler c'è un trattamento diverso!? Lui è uno di noi!”


Lui se n'è andato, di sua spontanea volontà.”


Ma adesso è qui!”


Payne continuava a parlare come se Tyler non fosse davvero lì.


Non riusciva nemmeno a guardarlo.


E dal canto suo Tyler non sembrava più reattivo.


Fissava il nulla mentre gli altri decidevano per lui.


Eden avrebbe voluto incrociare il suo sguardo, ma non ci riuscì.


Il tono di Payne continuava a salire


Non comportarti come se fossi il capo qui! Tu non ci comandi affatto!”


Ce l'aveva con Davis. O forse se la stava solo prendendo con lui.


Strano che nessuno volesse intervenire.


Davis alzò le mani in segno di resa verso la rabbia di Payne.


Ok! Ok! E' la democrazia che vuoi? La avrai!”


Payne si zittì di colpo


Votiamo.”


Precisò Davis. La bionda si guardò intorno. Erano in cinque ed era una sfida persa in partenza.


Lo guardò nervosa.


Bene!”


Lo fulminò un'ultima volta prima di prendere il turno di parola.


Su Blake non c'erano dubbi. Ma André, poteva ancora sperare di convincerlo.


Andiamo. Credo che anche Tyler si meriti il beneficio del dubbio.”


Sfoderò il suo sguardo migliore proprio per André.


Ma lui rimase impassibile.


Ok...”


Riprese


...Facciamola finita. Sì, Tyler resta. No, Tyler se ne va... Blake?”


Blake lanciò un'occhiata all'oggetto della questione poi sollevò le spalle.


No. Niente di personale Tyler, non volevo neanche Eden qui.”


Scontato.


André?”


Lui fulminò Tyler


No. Ricordo ancora perché te ne sei andato amico.”


Payne chiuse gli occhi per un'istante


Eden?”


Nemmeno lei sembrava troppo a suo agio


Sì. E grazie per aver precisato che non vi fidate di me.”


Rispose secca.


Payne la guardò sospirando. Poi c'avrebbe messo una pezza.


Anche il mio è un sì ovviamente.”


Disse.


André sorrise ironico


E non abbiamo nemmeno bisogno della tua ragione.”


Restava solo il turno di Davis.


Eden aveva visto passare il suo viso da un'espressione arrabbiata ad un altro tipo di sentimento.


Blake fece un passo avanti


Avanti Davis, di' il tuo no e facciamola finita.”


Davis inspirò riportando gli occhi all'altezza di Tyler


Io voto sì.”


Disse, provocando l'incredulità generale.


Cosa?!”


Fu la parola che riempì la stanza.


Davis diede una rapida occhiata a tutti poi si grattò un sopracciglio


In fin dei conti è un bene che siate tutti qui. Ho qualcosa da dirvi.”


Iniziò per poi dirigersi verso il mobile bar.


Blake lo intercettò


Non devi dire niente a nessuno. Manda via Tyler e già che c'è, che si porti via anche la sua amica! O tutte e due!”


Con un gesto indicò Payne ed Eden, le uniche due piacevolmente sorprese.


Davis scosse la testa


No. Devo dire due parole a tutti ed è meglio che lo faccia subito.”


Ma..”


Davis la interruppe ficcandole in mano il bicchiere di scotch. Poi ne versò un po' per sé.


Si riportò al centro della stanza.


Si schiarì la voce con l'alcool


Alcuni di noi sanno perché siamo qui. Altri no. Ma la cosa importante è che fra qualche giorno ce ne potremo andare tutti...”


Blake buttò giù il suo scotch e si sedette sul divano.


Ormai il discorso era iniziato.


...Abbiamo fatto questa vita per tanto tempo, ma non ho mai dimenticato perché abbiamo cominciato... Ognuno di noi aveva almeno una buona ragione.”


Sembra quasi di essere da Oprah...”


Lo interruppe André, ma Davis lo fermò con un cenno della mano.


Tutto quello che voglio dire è che...”


Si interruppe come se fosse improvvisamente in imbarazzo


...Quando quest'affare sarà concluso, io avrò risolto tutti i miei casini. O almeno spero.”


Vuoi smettere? Stai dicendo questo?”


André si impose di nuovo, stavolta senza sarcasmo.


Davis si passò una mano sulla faccia.


Eden non riusciva a capire. Sembrava davvero serio.


Sto dicendo che sarete liberi di smettere se volete. Di fare tutto quello che volete. Una volta fuori da New York non saremo più una banda, tutto qui.”


Payne si fece avanti


Tutto qui?”


Blake sospirò.


Davis guardò Eden per la prima volta tra tutte quelle parole


Qualsiasi cosa vogliate fare, dovunque vogliate andare, insieme o da soli, siete liberi. Come ha precisato Payne io non sono il capo qui. Nessuno di noi lo è.”


Tyler si avvicinò agli altri


Io voglio stare qui.”


Davis annuì mordendosi le labbra


Spero davvero tu non abbia qualche piano contro di noi.”


Tyler rimase serio


No. E non vedo perché dovrei.”


Questo strano tempismo non gioca certo a tuo favore.”


Tyler annuì guardando a terra.


Infilò le mani in tasca


Ok. Lo ammetto. C'è una ragione per cui sono qui adesso.”


L'attenzione del gruppo si concentrò su di lui


...Dovevo fare un lavoro per un tizio. Non è andata esattamente come speravo.”


Hai bisogno di nasconderti?”


Ho paura di sì.”


André si inserì di nuovo


Non ti sei portato dietro gli sbirri vero?”


Tyler scosse la testa


No. Gli sbirri non c'entrano niente. E vi assicuro che Wang è molto più pericoloso di qualsiasi poliziotto. Potete controllare.”


Davis annuì


Ci penserà André... Un solo passo falso e sei fuori. Letteralmente.”


Tyler alzò le mani.


Eden si sentì finalmente autorizzata a raggiungerlo.


Sono contenta che sei qui.”


Disse alzandosi sulle punte per abbracciarlo.


Lui rispose appena.


I suoi occhi erano puntati su Payne.


Che cosa era successo davvero tra loro?


Tyler prese la sua borsa da terra.


Dove mi sistemo?”


Blake tornò presente


Ultima porta a destra.”


Disse indicando il corridoio.


Mentre Tyler si allontanava Eden riportò gli occhi su Davis e quello che aveva detto risuonò nelle sue orecchie.


Così come il calore che aveva sentito standogli addosso.


Si sentì tirare da due spinte opposte. Scappare il più lontano possibile da lui? O approfittare della sua apparente debolezza per cercare di capire quali fossero le sue reali intenzioni?


Davis risolse i suoi dubbi.


Prese e si allontanò da solo verso la sua stanza.


Sbatté forte la porta.


Di che stava parlando?”


André raggiunse immediatamente Blake.


...Io so perché siamo qui, ma parecchie cose mi suonano nuove.”


Lei inspirò profondamente.


Non adesso André.”


Rispose.


Eden aggrottò le sopracciglia e si avvicinò agli altri


Volete spiegare qualcosa anche a me?”


Si ritrovò circondata da sguardi incerti. O cattivi. O indifferenti.


Bene!”


Concluse filando anche lei verso le stanze da letto.


Sarebbe volentieri andata a chiedere spiegazioni a Davis, ma non se ne sentiva ancora in grado.


Ed era anche arrabbiata.


Che Davis volesse davvero smettere?

Un ultimo colpo e via?


Ogni singolo avvenimento sembrava peggiorare ulteriormente la sua posizione.


Ma almeno adesso aveva Tyler dalla sua parte.



-------------



Payne bussò delicatamente alla porta.


Posso?”


Fu un sussurro appena udibile.


Tyler sollevò gli occhi, la guardò e non disse nulla.


Lei entrò lo stesso.


Come stai?”


Disse quasi tremando.


Lui rimase impassibile


Di colpo ti interessa?”


Chiese visibilmente nervoso mentre riprendeva a frugare nel suo borsone.


Lei guardò a terra.


Sembrava un deja vu.


Mi dispiace. E lo sai.”


Lui scosse la testa


Credi forse che averli convinti a farmi restare qui sistemi le cose?”


No.”


Bene.”


Il suo tono deciso provocò in lei un'inaspettata voglia di piangere.


Il pianto non era nella natura di Payne.


Quindi non mi hai perdonata?”


Osò chiedere Payne.


Lui buttò un maglione sul letto e guardò altrove per qualche secondo.


Buttò i suoi occhi scuri nell'azzurro di quelli di Payne.


Non l'ho fatto. E non lo farò.”


Payne chiuse le palpebre trattenendo il pianto con una piccola smorfia.


Speravo che...”


Le parole le morirono in bocca.


Se avesse continuato avrebbe iniziato a singhiozzare.


Tyler si leccò le labbra. Forse non era mai stato tanto arrabbiato prima.


Aveva degli ottimi motivi per esserlo.


E Payne era uno di questi.


Cercherò di essere chiaro...”


Iniziò


...Non sono qui per te.”


Sentenziò deciso e brutale.


Neanche Payne riconobbe quel tono. Ma poteva riconoscere le sue colpe.


Annuì con le labbra serrate per non rischiare di finire in lacrime.


Prese la porta.


Tyler si concesse di imprecare.


Stava per esplodergli la testa.


Ed era solo l'inizio.



----------



QUASI QUATTRO ANNI PRIMA



Cosa stai facendo?”


Payne entrò nella camera come un fulmine.


Tyler se la ritrovò quasi addosso.


Secondo te?”


Non la guardò nemmeno mentre stipava a forza le sue poche cose in una borsa di pelle marrone.


Non te ne andare.”


Lui non si fermò


Io non so un assassino!”


Esclamò.


Payne iniziò nervosamente a tirar fuori le cose che Tyler aveva già riposto


Lui la afferrò con una presa decisa.


Fermati! Non riuscirai a fermarmi!”


Payne iniziò a piangere.


Non aveva quasi mai pianto per tutta la vita e adesso, dal giorno in cui Eden era morta, non sembrava saper fare altro.


Non puoi lasciarmi anche tu.”


Disse tra i singhiozzi.


Tyler scosse la testa.


Sei tu che hai già lasciato me. Parecchio tempo fa.”


Rispose freddo e deciso.


Nel momento io cui aveva visto Davis sparare a quel gendarme, qualcosa in lui si era spezzato.


A nulla erano valse le discussioni con lui e gli altri.


Non riusciva a tollerare di vivere con degli omicidi.


E non riusciva neanche più a sopportare la sua ragazza e le sue lacrime.


Io ti amo.”


Ribatté Payne.


Avrebbe voluto dire qualcosa in più, ma aveva perso tutte le parole.


Ormai continuava a forza a trascinarsi avanti.


Non aveva più la sua amica.


Tyler fece cenno di no con la testa.


Anche le parole più importanti del mondo ormai suonavano vuote dette da lei.


Si sforzò di guardarla.


Smetti di dirlo. Dimostramelo.”


Lei sgranò gli occhi


Come?”


Tyler le prese il viso tra le mani.


Smetti di piangere.”


Lei trattenne il fiato cercando di fermare le lacrime.


Lui strinse appena la presa


Io ho bisogno di te...”


Payne cercò invano di evitare il suo sguardo


...Ho bisogno della mia Payne!”


Lei chiuse gli occhi e di nuovo il suo viso fu rigato dal pianto.


Non ce la faccio.”


Si sforzò di dire.


Lui inspirò profondamente


Vieni con me.”


Lei riaprì gli occhi. Sembrava non capire.


Prendi le tue cose e andiamo via da qui... Non sei stanca di questa vita?”


Payne si morse le labbra


Andiamo via...”


Insistette lui


...Dimentichiamo tutto questo e ricominciamo. Insieme.”


Lei poggiò le mani su quelle di Tyler


Vuoi dimenticare anche Eden?”


Lo costrinse a mollare la presa.


Tyler era il ritratto dell'esasperazione


Certo che no! Voglio solo andare avanti.”


Payne indietreggiò di un passo.


Il suo sguardo sembrò velarsi


Tu non capisci.”


Lui sospirò


Certo che capisco!”


No invece.”


Tyler rimase impalato a guardarla.


Ormai lui e Payne sembravano parlare due lingue diverse.


E non sapeva quanta altra forza per provare gli fosse rimasta.


Io ti amo. E voglio passare la mia vita con te...”


Iniziò con l'ultimo brandello di autocontrollo


... Se anche tu mi ami come dici, prendi le tue cose e vieni via con me.”


Questa era l'ultima possibilità che poteva offrirle.


Payne deglutì continuando a guardarlo.


Il suo viso pallido come un lenzuolo.


Indietreggiò ancora.


Tyler chiuse gli occhi per un istante.


Riusciva ancora a leggere le sue espressioni.


Sapeva cosa lo aspettava.


Non posso.”


Rispose Payne in un sussurro.


Tyler sentì il suo stomaco rivoltarsi.


Non posso più aspettare Payne. Devi scegliere. O loro o me.”


Si avvicinò di nuovo alle sue cose.


Infilò l'ultima maglia nella borsa e tirò la zip.


Respirò profondamente prima di guardarla di nuovo.


Payne era immobile.


Non piangeva nemmeno più.


Aveva già preso la sua decisione.


Allora addio.”


Tagliò corto Tyler prima di sparire.


Per sempre.



-------------


PRESENTE



Pochi minuti dopo un'altra mano bussò alla porta di Tyler.


Lui sospirò sperando non dover affrontare di nuovo Payne.


Eden entrò nella stanza.


Non credevo che saresti mai venuto qui.”


Il suo tono era sollevato. Credeva di essere nella stanza del suo unico amico.


Credeva.


Nemmeno io.”


Rispose secco Tyler.


Aveva una faccia che Eden non aveva mai visto.


Che cosa ti è successo? Sembri sconvolto.”


Tyler strinse i pugni tirando su col naso


Lo sono.”


Lei aggrottò le sopracciglia


Sei davvero nei guai?”


Eden lo vide fremere vistosamente, come se stesse per esplodere da un momento all'altro.


Chiudi la porta.”


Le ordinò.


Eden rimase impalata


Cosa?”


Chiudi quella maledetta porta!”


Ripeté alzando la voce.


Le si avvicinò minaccioso. Sembrava proprio avercela con lei.


Eden indietreggiò di un passo.


Ok Tyler. Mi stai spaventando!”


Disse alzando le mani come istintiva difesa.


Chiuse la porta.


Lui inspirò profondamente


Che stai combinando Eden?”


Lei lo guardò incerta


Sei tu quello che si comporta in maniera strana.”


Lui scosse nervosamente la testa


Sarò anche strano, ma almeno sono pulito.”


Eden sentì una fitta allo stomaco.


Di cosa stai parlando?”


Chiese a mezza voce.


Lui abbassò a sua volta il tono, ma non era meno nervoso


Sto parlando del tizio dell'FBI che ieri si è presentato a casa mia solo per dirmi che la donna che credevo mia amica, in realtà lavora per loro.”


Eden sgranò gli occhi


Oh mio dio.”


Quindi è vero.”


Eden si mosse nella stanza, continuando a fissare il pavimento


Non riesco a credere che Dair abbia fatto una cosa del genere. Non ha senso!”


Disse più a sé stessa che a Tyler.


Lui alzò un sopracciglio


Dair? Chi è Dair?”


Eden rialzò lo sguardo


L'agente dell'FBI di cui stai parlando.”


Non è così che si chiama. Credimi, ho visto chiaramente il suo distintivo. Il nome era McPhee.”


Il cervello di Eden non impiegò più di un paio di secondi per capire cosa stava succedendo.


Oddio. Devo chiamarlo!”


Iniziò ad agitarsi


Ma chi?”


Dair! Sono sicura che McPhee sta facendo il doppio gioco contro di lui!”


Tyler riuscì a fermarla afferrandola all'altezza delle spalle


Frena Eden! Tutto quello che devi fare adesso è dirmi cosa sta succedendo!”


Lei si portò una mano alla fronte.


Aveva bisogno di respirare


Non è come pensi.”


Quasi sentiva di voler piangere.


Lui sembrò rilassarsi appena.


Sputa il rospo.”


Eden si riempì i polmoni.


Cosa ti ha detto McPhee?”


Che se non voglio finire in galera per vent'anni devo assicurarmi che tu faccia il tuo lavoro.”


Eden guardò di nuovo a terra.


Mi dispiace. Non volevo che fossi coinvolto.”


Non avevo molta scelta.”


Le parole di Tyler sfumarono nel silenzio.


Un silenzio pesante da cui Eden non sapeva come uscire.


Tyler riprese la parola.


La guardò come se non l'avesse mai vista prima.


Cosa ti è successo Eden? Chi sei diventata?”


Lei abbassò la testa


Non volevo farlo.”


Sussurrò scuotendo la testa.


Lui la costrinse a rialzare gli occhi


Che cosa? Vendere la nostra anima al diavolo per salvare la tua?!”


Che tu ci creda o no ho una buona ragione.”


Dimmela allora!”


Non posso!”


Tyler si allontanò da lei con un gesto improvviso.


Si strinse la testa tra le mani.


Per favore Eden. Convincimi a non dire immediatamente tutto a Davis.”


Eden sentì una scossa elettrica attraversarle il corpo


No! Ti prego no!”


Allora parla!”


Eden inspirò profondamente e si avvicinò al letto di Tyler.


Si sedette lentamente.


Non aveva altra scelta. Doveva rivelare il suo segreto.


Non avevo scelta.”


Iniziò. Tyler sembrò esasperato dall'ennesima risposta evasiva.


Perché?”


Eden sentì le lacrime iniziare a bagnarle gli occhi


Io... Io non...”


Tyler alzò le mani


Ti prego. Fa' che sia una buona ragione.”


Eden annuì guardandolo. Le lacrime rigavano già il suo viso.


Ho una figlia.”


Riuscì a dire.


Tyler sollevò le sopracciglia


Cosa?”


Lei tirò su col naso


Hai capito bene. Ho una figlia... Ha quattro anni e mezzo ed è bellissima.”


Mentre lo diceva si sentì meglio.


Fu come liberarsi di un enorme invisibile peso che per anni aveva tenuto sulle spalle.


Tyler scosse la testa


No. E' impossibile.”


Eden non ribatté.


Lui la guardò


Voglio dire... Quattro anni e mezzo? Non è possibile... Vorrebbe dire che lei è...”


Eden rimase ancora in silenzio. Ma l'espressione sul suo viso valeva più di mille sì.


Tyler spalancò gli occhi


Oh mio dio. Dici davvero... Ma ti hanno sparato! E sei stata in coma. L'hai detto tu stessa!”


Eden si pulì gli occhi con la mano.


Accennò un sorriso


Lo so. E' per questo che la considero 'il mio piccolo miracolo'”


Tyler cercò di mettere a posto i suoi pensieri.


Girovagò nella stanza e finì accanto ad Eden.


Hai una figlia.”


Disse. Per la prima volta usò la forma affermativa.


Lei annuì e basta.


Davis non ne ha idea vero?”


Stavolta Eden fece cenno di no


Non gli avevo nemmeno detto di essere incinta.”


Tyler sospirò.


Il suo tono si era fatto più sereno.


Ed anche il suo viso.


Adesso dimmi cosa c'entra questa storia con l'FBI.”


Eden smise di piangere.


Prese fiato.


Ero ancora in coma quando Sophia è nata. Quelli dell'FBI si sono presi cura di lei fin quando non mi sono svegliata... Poi mi hanno detto che avrei potuto tenerla. Tutto quello che dovevo fare in cambio era collaborare.”


E tu l'hai fatto.”


Puoi biasimarmi?”


Tyler disse di no.


Eden si sentì leggera come mai nella sua vita.


Finalmente qualcun altro sapeva.


Adesso sono nella stessa situazione...”


Riprese


...Se voglio avere un futuro con mia figlia, devo consegnare Davis e gli altri ai federali.”


Lui guardò al cielo


E' incredibile. Una trama degna di un romanzo d'azione.”


Non volevo che ci finissi in mezzo.”


Ormai è troppo tardi.”


Tutti e due fissarono il vuoto in silenzio.


Perché la polizia non è già venuta qui ad arrestarli?”


Chiese Tyler.


Nessuno dei due spostò lo sguardo


Sono stati fuori dal paese per tanto tempo. Davis ha mille agganci, avvocati di fiducia, amici ai piani alti... L'unico modo per fermarli è coglierli con le mani nel sacco. Ecco perché aspetto il loro ultimo colpo.”


Quello di cui stava parlando Davis prima?”


Già.”


E di che si tratta?”


Eden sollevò le spalle.


Non lo so.”


Non lo sai?”


Lei scosse la testa


No. Nessuno qui si fida abbastanza di me da spiegarmi cosa sta succedendo.”


Tyler si concesse un sorriso ironico e nervoso


Apparentemente nemmeno quelli dell'FBI si fidano poi tanto. Hanno mandato me per controllarti!”


Eden si morse il labbro rivolgendo gli occhi a Tyler


L'unica fiducia che mi interessa avere è la tua.”


Lui non ricambiò lo sguardo


Ci dev'essere un'altra soluzione.”


E quale?... O tradisco loro, o perdo mia figlia.”


Tyler affondò la testa tra le mani.


Eden si sollevò.


Era il momento del giudizio per lei.


Si parò davanti a lui.


Che cosa farai adesso?”


Lui si sollevò


Questa è la situazione più merdosa in cui mi sia mai trovato.”


Disse con un'onestà disarmante


Già...”


Eden cercò i suoi occhi


...E se devo essere davvero onesta...


Riprese


...Non credo che ne verremo fuori se tu ora non mi aiuti.”


Lui strizzò gli occhi.


Si passò le mani sulle gambe poi si alzò in piedi.


Era combattuto. E si vedeva.


Cosa dovrei fare?”


Chiese.


Aiutami a scoprire cosa sta organizzando Davis...”


Eden allungò le mani verso le sue


...Poi ti prometto che cercheremo una soluzione.”




A/N Nuovo Capitolo! In realtà avevo scritto parecchio di più, ma per evitare di pubblicare un capitolo di 50 pagine, ho preferito fermarmi qui e, magari, lasciarvi anche con qualche dubbio ^_^ (o almeno lo spero..)


Questa volta mi sono dedicata per lo più a Tyler e un po' anche a Payne. Lo so che i personaggi principali sono altri e che magari di questi non vi frega niente, ma vorrei comunque che ogni personaggio avesse il suo spazio. E quindi ecco cosa ne è uscito:


Un Flashback della fine tra Tyler e Payne. Ho preferito, come sempre, iniziare dalla fine... Mia piccola mania personale.


Una discussione piuttosto prolissa tra Tyler ed Eden. In questo caso mi è sembrata necessaria, se non altro per fare il punto della situazione. Finalmente infatti Eden ha raccontato la verità a qualcuno! Era ora no??


E poi questo strano gioco o doppio gioco tra Dair e McPhee... Stanno davvero lavorando l'uno contro l'altro come pensa Eden o forse no??


Ultimo quesito... Tyler aiuterà Eden??


PS Per la prima volta Davis ha mostrato un lato un po' più “apprensivo” diciamo. Non disperate... Per tutto c'è una spiegazione!!


Grazie a tutti voi che leggete! Un commentino sarebbe gradito, ma mi accontento così!!


E un ringraziamento particolare a Gallina Isterica, Jazz211 e Luine che hanno aggiunto la storia alle seguite.



X CINZIA818: volevi sapere perché é tornato Tyler? Spero di aver reso l'idea... Come sempre grazie davvero per le recensioni! Lo so che costano tempo e a volte anche fatica, ma per me valgono sempre tanto!!

Purtroppo in questo capitolo c'è poco di Davis, ma nei prossimi recupererò ;)! Al posto suo e di Eden, ho dato un po' di spazio alla coppia Tyler/Payne.. Spero che anche loro non ti/vi dispiacciano troppo!!

Un bacione e a presto!!


X MEREDITH91: ciao! Sempre troppo gentile, anche con poche parole! Sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto...E spero che ti piaccia anche questo, nonostante ci sia poco di Davis ed Eden! Nei prossimi capitoli recupererò, sia per quanto riguarda loro che Dair! Intanto spero che Tyler e Payne non ti siano dispiaciuti troppo!

Un bacio e a presto!!




































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Capitolo 14
*** A che Gioco Giochiamo Oggi? ***


capitolo13

CAPITOLO 13




A CHE GIOCO GIOCHIAMO OGGI?



Dair aprì un bottone della camicia.


Non sopportava l'umidità di New York.


Preferiva di gran lunga l'inverno glaciale di Chicago.


E quel telefono continuava a non squillare.


Non poteva credere di aver davvero minacciato Eden. Non intendeva farlo.


Ma qualcosa l'aveva spinto ad agire in quel modo.


Cominciava a non sopportare l'idea che lei fosse con quelle persone.


Più tempo passava con loro e più correva il rischio di perderla.


Forse lei e Davis avevano già chiarito.


Forse Eden aveva capito di amarlo ancora.


Forse stavano facendo l'amore. Proprio in quel momento.


Con un gesto di stizza fece volare a mezz'aria tutti i suoi fogli.


Carta. Carta. Non vedeva altro che carta.


Non era questo il lavoro che aveva sognato.


Stavolta McPhee ebbe l'accortezza di bussare.


Ma non aspettò di sentire “avanti” per entrare.


Notizie?”


Dair ammucchiò alla bene e meglio le sue cose


No.”


McPhee annuì.


Si grattò un sopracciglio


Sei sempre convinto che sia meglio non intervenire?”


Dair ci pensò su.


Quell'aria densa non lo faceva respirare.


Solo un paio di giorni.”


Sentenziò.


McPhee protrasse le labbra.


Stava caricando la sua ennesima risposta al vetriolo.


Il telefono gli impedì di parlare.


Lo tirò fuori dalla tasca e buttò un'occhiata allo schermo


Scusa. A questa devo rispondere.”


Sorrise appena uscendo dalla porta dell'ufficio.


Se la chiuse alle spalle e controllò che non ci fossero altre persone in giro.


McPhee.”


Rispose.


Una sorta di delusione gli si dipinse in viso


In realtà speravo di parlare col comandante in persona...”


Si ritirò in un angolo


...Bene. Puoi comunque dirgli che ho dato il via al piano B...”


...


...Lo so che avrei dovuto aspettare l'autorizzazione ufficiale, ma sono convinto che non ci sia altro tempo da perdere...”


Guardò verso l'ufficio di Dair come per controllare che la porta fosse ancora chiusa.


...E' come vi ho detto. Credo che il tenente Dair non sia più in grado di gestire l'operazione. E' troppo coinvolto personalmente nella faccenda...”


McPhee ascoltò con attenzione la persona all'altro capo del telefono.


Allargò lentamente un sorriso.


Dì pure al comandante che quando deciderà di passare ai provvedimenti, sarò onorato di prendere il posto del tenente a capo di questa operazione...E poi chi lo sa...”


Si passò la lingua sulle labbra.


Non si sentiva troppo in colpa.


La prospettiva di rubare il posto di Dair lo eccitava più di quanto avrebbe fatto una qualsiasi bionda in latex.


Aspetto notizie dal dipartimento.”


Chiuse il cellulare e lo ripose in tasca.


Sbuffò appena tornando verso l'ufficio di Dair.



-------------



Tyler continuava a curiosare tra i pochi volumi di Eden.


Fingeva di dare poca importanza alle sue parole.


Stava sulle spine se mai qualcuno fosse piombato nella stanza.


E parlava a voce bassa.


Quindi è questo il tuo piano?”


Eden stava sdraiata sul letto a pancia in giù.


Si reggeva il viso tra le mani.


Anche lei come se stesse conversando di un argomento qualsiasi.


Non si era nemmeno vestita.


Nascondeva ancora la sottoveste sotto una vestaglia color champagne.


C'è un motivo se quell'avvocato è sempre qui. Sono convinta che ci sia qualcosa di utile tra tutti quei documenti.”


Tyler iniziò a sfogliare uno dei libri.


Walt Whitman. Il poeta preferito da Eden.


Allora non ti resta che andare a cercare.”


Rispose.


Eden si tirò su. Incrociò le gambe.


Non posso certo entrare nello studio come se niente fosse. Senza contare che i documenti sono tutti sotto chiave.”


Tyler fece spallucce


E tu entraci di nascosto.”


Eden sollevò un sopracciglio.


Ma mi stai ascoltando almeno?”


Lui chiuse immediatamente il volumetto.


Sì. Certo.”


Eden cercò di scrutare nei suoi occhi.


Era di nuovo presente.


Ho bisogno del tuo aiuto.”


Tyler annuì.


Sono qui per questo no?”


Eden si mosse di nuovo sul letto.


Non era in grado di stare ferma.


Dobbiamo entrare in quello studio di notte...”


Tyler la interruppe subito


Dobbiamo?”


Lei sfoderò gli occhi da cucciolo


Sai che non sono brava con le serrature. Ma tu sì.”


Tyler roteò gli occhi


Vuoi che sia io a fare il lavoro sporco?”


Eden si alzò e lo raggiunse


No. Lo faremo insieme.”


Insieme?”


Esatto. Entreremo insieme in quello studio. Tu ti occuperai di aprire i cassetti ed io sarò il palo. Mi accerterò che nessuno si accorga di noi. Soprattutto Davis.”


Lui aggrottò le sopracciglia


E come?”


Lei sorrise appena


Lascia fare a me.”


Lui non insistette.


Ripose “Foglie d'erba” tra gli altri libri.


Quando?”


Eden tornò seria.


Stanotte.”


Stanotte?!”


Lei annuì nervosamente


Non ho più tempo. Mi dispiace.”


Lui sembrò irrigidirsi.


Non riusciva più a fingere che fosse una conversazione senza importanza.


Eden gli poggiò una mano sul braccio.


Te la senti?”


Lui annuì guardando il nulla dietro Eden come se fosse trasparente.


Allora trovati in cucina stanotte alle 3.”


Stavolta fu lui a muoversi


Sei sicura?”


Eden sospirò.


Non lo era. Nemmeno un po'.


Ma poteva fingere. Doveva fingere.


Sì.”


Bene.”


Concluse Tyler.


Riportò l'attenzione altrove.


Eden si voltò di nuovo verso il letto.


Si bloccò davanti alla sua immagine riflessa nello specchio.


Sistemò la vestaglia.


Ravvivò i capelli.


Forse farei meglio a vestirmi.”


Sbuffò infine.


Come vuoi.”


Rispose distrattamente Tyler.


Lei girò la testa per guardarlo.


Dovresti uscire.”


Lui sollevò le sopracciglia.


Annaspò. Sembrava in difficoltà.


Eden lasciò cadere la testa da una parte.


Non dirmi che stai ancora evitando Payne!”


Lui tentò di dire di no, ma non ci riuscì.


Non biasimarmi ok? Anche tu stai evitando Davis mi sembra.”


Eden rimase in silenzio.


Colpita e affondata.


Negli ultimi due giorni aveva accuratamente evitato di uscire dalla sua stanza negli “orari di punta”.


Non voleva correre il rischio di trovarsi di nuovo sola con Davis.


Il suo corpo non era più un alleato affidabile.


La mia situazione è ben diversa.”


Bofonchiò infine.


Io non credo.”


Ah no?”


No. Siamo tutti e due sulla stessa barca...”


Si portò le mani ai fianchi


...Tutti e due sul punto di incastrare qualcuno che amiamo.”


Eden non trattenne una smorfia di stupore e disappunto


Cosa?! Io non amo Davis! Nemmeno un po'!”


Tyler la guardò agitarsi più del dovuto.


La guardò come se gli facesse tenerezza.


E allo stesso tempo serio con la sua sentenza


E' inutile negare. Tu sarai sempre innamorata di quel bastardo. Come io lo sarò sempre di Payne.”

Eden spalancò le labbra arricciando il naso


Parla per te!”


Andiamo, non saresti così in paranoia se non fosse vero! Noi saremmo già tutti in galera e tu ti staresti godendo una virgin colada sulle spiagge di Mumbai!”


Non è affatto vero!”


Ribatté Eden battendo i piedi come una bimba arrabbiata.


Lui incrociò le braccia sul petto.


Sei una smidollata.”


Lei sgranò gli occhi


E tu sei un vigliacco.”


Ribatté.


Smidollata.”


Insistette lui.


Codardo.”


Tyler inspirò.


E tirò fuori il colpo segreto.


Venduta.”


Eden spalancò anche la bocca.


Stupido gioco degli insulti.


Sei ufficialmente invitato ad uscire dalla mia stanza.”


Concluse.


Lui allargò le braccia


Bene! Non ho nessun problema ad uscire da qui...”


Si avvicinò alla porta.


...Ma scommetto il mio regno che tu non ne hai il coraggio!”


Gli occhi di Eden divennero due fessure.


Da quando aveva rivelato il suo segreto a Tyler sembrava che il mondo girasse in maniera diversa.


Poteva fermarsi a respirare di tanto in tanto.


E poteva anche concedersi un gioco infantile con il suo migliore amico.


Almeno finché il sole non avesse finito di tramontare.


Sistemò la vestaglia stringendo il nodo.


Di nuovo cercò di dare un senso ai suoi capelli.


Vuoi che ti dimostri che ti sbagli?”


Lui alzò un sopracciglio mentre Eden correva ad afferrare il suo cellulare.


Agitò sotto il suo naso in biglietto di visita dell'avvocato di Davis che era riuscita a sottrarre di nascosto.


Compose di fretta il numero.


L'impulsività si era impadronita di lei.


Amare Davis?!


Lei odiava Davis.


Avvocato Carter?”


Eden sorrise attraverso il telefono.


...Salve. Sono Eden Spencer, ma forse lei mi conosce meglio come Signora Miller...”


Il suo sorriso di spense


Sì. Quella che era morta...”


Tyler non trattenne un sorriso.


...Senta, avrei bisogno anch'io di uno dei suoi servizi...”


Annuì come se lui potesse vederla


...Vorrei che preparasse tutti i documenti necessari al mio divorzio da Davis. Il più presto possibile.”


Tyler tornò serio. Si scambiarono uno sguardo denso mentre l'avvocato parlava da sé.


Certo. La prego di mandarmeli qui il prima possibile... E, per favore, conto sulla sua discrezione.”


Eden salutò con un tono fin troppo cortese.


Spinse il bottone rosso e buttò il cellulare sul letto.


Contento?”


Chiese.


Tyler scosse appena la testa


Dovresti esserlo tu. Non io.”


Eden avrebbe dovuto ridere. Sorridere almeno. Dimostrare la sua gioia.


Le uscì una specie di ghigno.


Sperò che potesse ingannare Tyler.


Vado a fumare una sigaretta.”


Si strinse nella vestaglia ed uscì finalmente dalla stanza.



-------------



Ho controllato tutti i database. Nessun arresto negli ultimi mesi. Tyler è pulito.”


Davis si limitò ad annuire.


Per lui non aveva davvero molta importanza.


André si morse un labbro.


Smetterai davvero?”


Davis sembrò esasperato dalla domanda.


Buttò un altro cubetto di ghiaccio nel martini.


Non voglio parlarne.”


André serrò la mascella.


A volte non sopportava nemmeno lui quell'atteggiamento criptico.


Credo che dovresti dircelo invece.”


Vi ho già detto che potete fare come volete.”


Davis mandò giù il suo aperitivo.


André sospirò


Incroyable.”


Davis non lo guardò nemmeno.


Sembrò gettarsi a capofitto nell'oscurità della sua mente


Sono stanco.”


Disse. Appena udibile.


André abbassò gli occhi. Le conversazioni intime non erano il suo forte.


Quando la porta si aprì entrambi girarono immediatamente lo sguardo.


Eden si sentì trafitta.


Si paralizzò sulla soglia.


Scusatemi.”


Riuscì a dire, incapace di avanzare o di uscire.


André scosse la testa.


Non importa. Me ne stavo andando.”


Poggiò il bicchiere e si mosse verso l'uscita.


Eden lo intercettò


No! Non preoccuparti... Me ne vado io.”


Non osava alzare lo sguardo.


Sentiva addosso quello di Davis.


André inspirò per poter rispondere, ma non ne ebbe il tempo.


Eden scomparì così come era venuta.


Ok.”


Rispose a sé stesso tornando a guardare il suo amico.


Era ancora immobile mentre il ghiaccio si scioglieva lentamente nel suo bicchiere.


André sollevò un sopracciglio


E' per lei vero?”


Davis ingoiò il martini annacquato senza rispondere.


Rovinerai tutto per lei?”


Insistette.


Davis si riempì i polmoni.


Decise di uscire da quella stanza.


Ho già rovinato tutto.”


Concluse.



-------------



Flunitrazepam.


Il sonnifero più potente in commercio.


Questa la sua arma. Questo il suo piano.


Fissando la bustina tra le sue dita mentre il buio avvolgeva New York, Eden ascoltava il suo cuore battere forte.


Avrebbe messo Davis Ko per un bel po'.


Si sarebbe assicurata di non vederlo comparire nel suo studio nel pieno della notte.


In quanto agli altri, nessuno sembrava avere il permesso di entrarci.


E con la dovuta fortuna, sarebbero stati abbastanza silenziosi da non svegliare nessuno.


Finalmente il momento che attendeva da mesi.


La svolta.


La possibilità di tornare da sua figlia.


Questo l'unico pensiero in grado di muoverla.


Uscì dalla sua stanza in punta di piedi.


Le luci dello studio accese. La porta chiusa.


La voce squillante di Payne dal salotto.


Torneo casalingo di Guitar Hero.


Avrebbe volentieri partecipato se non fosse stata “impegnata”.


Scivolò fino alla stanza di Davis.


Entrò chiudendosi la porta alle spalle.


Si concesse di guardare i suoi vestiti sparsi per la stanza.


Il letto disfatto.


Le stampe pop-art appese alle pareti.


Finalmente individuò la sua riserva personale di scotch.


Si concedeva sempre un ultimo sorso prima di dormire.


E quella sera, di certo, gli avrebbe conciliato il sonno.


Si avvicinò piano.


Sollevò il tappo con la dovuta cautela e si preparò a svuotare il piccolo involucro di plastica.


La polvere bianca scese così lieve da disciogliersi all'istante.


Eden esitò un istante di troppo.


Sentì la maniglia muoversi e ritrasse di corsa le braccia.


Davis sembrò genuinamente sorpreso.


Credevo non bevessi.”


Commentò vedendola accanto alla bottiglia.


Eden infilò la bustina nella tasca con un movimento impercettibile.


Meditavo di cominciare.”


Bofonchiò allontanandosi.


Lui la seguì con gli occhi


Potrei sapere che stai facendo in camera mia?”


Lei sollevò le spalle come se fosse la risposta più ovvia


Ti stavo cercando.”


Lui aguzzò lo sguardo


Mi hai trovato.”


Ribatté.


Lei sospirò.


Le serviva un'idea. Immediata.


Voglio sapere che sta succedendo.”


Sputò fuori.


Decisamente troppo generico, ma pur sempre un inizio.


Credo di averlo già sentito altre dieci volte oggi.”


Gli angoli della sua bocca si sollevarono appena.


Significa che non lo dirai neanche a me?”


Cosa vuoi sapere?”


Eden corrugò la fronte


E' come dice André? Smetterai dopo quest'ultimo colpo?”


Lui sembrò divertito dalla sua domanda.


Dovrebbe farti piacere.”


Allora è vero.”


Eden sentì un colpo allo stomaco.


Non ho detto questo.”


Rimase impalata aspettando una spiegazione.


Dì qualcosa allora.”


Lui fissò la sua bottiglia di scotch.


Bevi. Bevi. Bevi.


Riportò gli occhi su di lei


Hai già sentito. Non importa cosa farò io. Sarete tutti liberi di fare quello che volete.”


Eden rimase in silenzio cercando di controllare il ritmo delle sue sinapsi.


Lui sollevò un sopracciglio


Non sei contenta? E' quello che volevi...”


Eden abbassò istintivamente il viso.


Lo sentì muoversi verso di lei


...Stare lontano da me.”


Lei infilò le unghie nella sua stessa pelle.


Era in trappola nella tana del diavolo.


Senza alcuna risposta arguta pronta all'uso.


Davis era in piedi davanti a lei. Riusciva a sentire il calore che emanava.


Dimmi che mi odi.”


La stupì lui.


Lei rialzò il viso


Cosa?”


L'hai già detto una volta. Dillo di nuovo. Adesso.”


Eden corrugò la fronte.


Avrebbe dovuto sputarglielo in faccia. Senza la minima esitazione.


Ma davanti a quegli occhi non ci riuscì.


Era uno sguardo così intenso che avrebbe potuto passarle attraverso.


Come se riuscisse a leggerle dentro.


Dritto tra i suoi organi in subbuglio.


E tu smetti di guardarmi in quel modo.”


Ribatté.


Lui chiuse lentamente le palpebre e le riaprì.


Quale modo?”


Sussurrò.


Lei deglutì. Reggere quello sguardo era diventato difficile.


Come se volessi passarmi attraverso...”


Indietreggiò di un passo


...Come se volessi uccidere anche me.”


Lui distolse finalmente gli occhi.


Non che il pensiero non l'avesse mai sfiorato.


Era una buona alternativa alla follia.


Si leccò le labbra.


Non è questo che vorrei farti.”


Sussurrò ancora con un'ombra di sadismo nella voce.


Ed eccolo di nuovo.


Quel piacere doloroso crearsi in fondo al suo ventre.


Per poi scivolare giù.


Insieme a tutto il suo sangue.


Eden contrasse i muscoli.


No.”


Le uscì della labbra senza alcun senso.


Lui la guardò di nuovo.


Dillo allora.”


Diglielo Eden. Digli che lo odi.


Le sue dita sciolsero il nodo della sua vestaglia con estrema facilità.


Si infilarono sotto il tessuto.


Accarezzarono la seta della sua lingerie.


Lei chiuse gli occhi.


Digli che lo detesti. Che ti ha rovinato la vita.


Sentì la sua mano tra i capelli.


Sentì il suo viso sfiorarla.


Il suo respiro sul collo.


Il suo sussurro nell'orecchio.


Dimmelo.”


Le sue dita scesero più giù.


Si insinuarono sotto la seta.


Toccarono finalmente la sua pelle.


Risalendo lente.


Eden chiuse di nuovo gli occhi.


Diglielo adesso. Digli che grazie a te finirà in galera per tutta la vita.


Socchiuse le labbra, ma ne venne fuori solo un sospiro.


Il modo in cui la toccava.


C'era qualcosa in quel tocco che annullava tutto il resto.


Lo sentì giocare con l'elastico della sua biancheria.


Trattenne l'istinto di lasciargli libero accesso.


Sollevò finalmente le mani.


Sfiorò delicatamente il suo petto.


Dillo.”


Bisbigliò Davis un'ultima volta mentre le sue labbra le sfioravano il collo.


Le dita di Eden raggiunsero il suo viso.


Lo sfiorarono appena.


Lo costrinsero a guardarla negli occhi.


Io...”


Iniziò cercando ossigeno nei suoi polmoni.


Lui fermò i suoi movimenti.


Io...”


Null'altro uscì dalla sua bocca.


Niente di più.


E fu come arrendersi.


E dare il via all'esecuzione.


La bocca di Davis si schiantò sulla sua.


E stavolta nessuno sarebbe entrato da quella porta.


La vestaglia finì a terra.


Insieme alla sua camicia.


Nella frazione di un secondo era già tra le sue lenzuola.


Col suo peso addosso.


Senza alcuna possibilità di fuggire.


Senza alcuna voglia di farlo.


Lo baciò. Di nuovo e ancora.


Lasciò che le sue mani raggiungessero ogni punto del suo corpo.


Gli graffiò piano la pelle mentre tratteneva un gemito.


Inarcò la schiena aspettando di sentirlo finalmente dentro di lei.


Chiuse gli occhi mentre la prendeva.


Finalmente...


Trattenne il respiro.


Mentre lui si muoveva, lei godeva i frutti della sua debolezza.


Non era riuscita a dire l'unica cosa che lui voleva sentire.


L'unica che l'avrebbe salvata.


Eden sentì ogni singolo muscolo del suo corpo contrarsi.


Lui aveva il pieno controllo.


Lei non poteva resistere.


Ma fortunatamente non sarebbe durato per sempre.


Sentì Davis sospirare nell'incavo del suo collo.


Lo strinse a sé mentre i suoi movimenti rallentavano.


Era finita.


...Finalmente.


Lui scivolò piano al suo fianco.


Lei si sollevò quasi immediatamente cercando di rimettere a posto l'unico indumento che ancora indossava.


Non sapeva cosa dire.


Ammesso che ci fosse qualcosa da dire.


Lo guardò di sfuggita.


Lui fissava il vuoto con le braccia incrociate sotto la testa.


Eden aveva un piano da compiere.


Quella debolezza non cambiava certo le cose.


Devo andare adesso.”


Disse seduta sul letto con la schiena rivolta a Davis.


Non riusciva a far altro che fissare i suoi stessi piedi.


Per qualche assurda ragione si aspettava che lui dicesse qualcosa.


Si voltò a guardarlo un'ultima volta.


Non pretendo di vederti restare.”


Disse infine.


Eden scrutò il suo volto.


Non era soddisfatto. Né vincente.


Era... Lei non aveva tempo per pensarci adesso.


Annuì alzandosi in piedi.


Raccolse la vestaglia da terra e la strinse a sé senza indossarla.


Fissò ancora una volta quel maledetto di scotch.


Buonanotte.”


Disse.


Se prima era sicura che ne avrebbe bevuto un sorso, adesso era certa che avrebbe scolato tutta la bottiglia.



------------



Quando Tyler si ritrovò in cucina l'unica, luce della casa proveniva dalla vita fuori di lì.


La grande mela non dorme mai.


Si sfregò le mani pensando di nuovo a cosa stava facendo.


Voleva bene ad Eden, credeva alla sua storia.


Ma lei non era l'unica persona coinvolta.


Sobbalzò sentendo un'altra presenza accanto a lui.


Ehy.”


Sussurrò Eden. Erano le 3 e 15.


Ci aveva messo un po' per tornare alla realtà.


Un po' per decidere di farsi una doccia.


E ancora un po' per decidersi ad entrare in quella cucina.


Ehy.”


Sei pronto?”


Lui annuì sentendo sotto la mano il piccolo kit dello scassinatore che teneva in tasca.


Che mi dici di Davis?”


Se non fossero stati al buio Tyler avrebbe di certo notato la sua espressione.


Ci ho pensato io...”


Rispose il più atona possibile


...Non verrà di sicuro.”


Tyler preferì non indagare oltre.


Facciamo in fretta.”


Concluse muovendovi verso lo studio.


La porta era chiusa.


Riuscì ad aprirla senza troppa difficoltà.


Quando furono finalmente dentro Eden si concesse di accendere la lampada da tavolo.


Cercò di aprire tutti i cassetti.


Il primo si aprì.


Ma dentro non c'era altro che inutile corrispondenza.


Il secondo era chiuso.


Guardò Tyler.


Lui si avvicinò senza bisogno di ulteriori ordini.


Si inginocchiò infilando un primo ferretto nella serratura.


Eden intanto guardò tra i fogli sparsi in giro.


Tra gli altri un atto di proprietà di una casa a Parigi.


Che volesse tornare in Francia?


Un rumore sordo di una frazione di secondo la costrinse a voltarsi.


Chiamami Houdini!”


Sorrise Tyler facendo scivolare il cassetto.


Eden lo raggiunse.


Iniziarono a frugare tra tutti quei documenti.


Ma niente sembrava davvero essere importante.


Tyler trovò infine una busta gialla.


Ne tirò fuori un fascicolo.


Forse ci siamo...”


Iniziò stringendo gli occhi per mettere meglio a fuoco nella semioscurità.


Eden sospirò.


Se fosse stato davvero qualcosa di utile avrebbe messo fine alle sue peripezie.


Prima di doverne affrontare le conseguenze.


Tyler aggrottò le sopracciglia


E' una convocazione per la lettura di un testamento...”


Guardò l'altro foglio


...E questo è un certificato di morte.”


Eden scosse la testa.


Si inginocchiò accanto a lui


Stai dicendo che ha in programma di fingere la sua morte?!”


Lui fece cenno di no


Non è suo...”


Si fermò un secondo


...Anthony Van Der Wiel.”


Eden prese il foglio dalle sue mani.


Lo guardò con i suoi occhi.


Il signor Van der Wiel era suo nonno.


Guardò anche l'altro documento


Sono convocati per la lettura ufficiale del testamento dopodomani.”


Qualcosa si accese nella sua testa.


Guardò Tyler


Non c'è nessun colpo in programma.”


Rimise in ordine i fogli e li poggiò sulla scrivania tirandosi su.


Lui continuava a seguire i suoi movimenti


Non sono tornati per rubare qualcosa...”


Eden rispose al suo sguardo


...Sono qui per l'eredità di famiglia.”


Ecco svelato il mistero.


Soldi. Come sempre soldi.


E stavolta tanti soldi.


Eden fissò confusa il vuoto mentre Tyler rimetteva a posto.


Davis e Blake odiavano così tanto i loro nonni materni.


E ancor di più i loro soldi.


Avevano preferito rubare piuttosto.


Possibile che adesso volessero amministrare l'intero patrimonio dei Van der Wiel?



.........



A/N Eccomi qua! Allora..In realtà questo capitolo è un po' la continuazione naturale di quello precedente, ma finendo di scrivere è venuto fuori qualcosa in più.


Come avrete capito McPhee sta cercando di fregare Dair, per questo ha ricattato Tyler o lo ha spedito dagli altri.. Diciamo che ha il suo piano personale per risolvere le cose.. Quale? Lo scoprirete!


Quanto ad Eden anche lei ha finalmente scoperto il piano di Davis, o almeno crede! Pensavate che fosse tornato per chissà cosa? Bé, in realtà è tutto molto più soft, ma di certo non semplice come sembra! Aspettate e vedrete ;)


Forse non vi avrà fatto piacere, ma ho permesso ad Eden e Davis di “combinare”!! C'era decisamente abbastanza tensione sessuale tra di loro ed ho pensato che fosse ora di metterla in pratica.. Forse la cosa vi sarà sembrata un po' troppo sbrigativa sul finale, ma non è ancora tempo di indagare il piano dei sentimenti.. Come avrete capito sono tutti e due abbastanza confusi e sull'orlo dell'esaurimento! ;)


So che in questo capitolo ho fatto parecchi riferimenti all'amore (specialmente al loro) ma non date per scontato cosa sta per succedere! In realtà è dal prossimo capitolo che si incasineranno davvero le cose e soprattutto vedremo riapparire il caro Dair! Speriamo di riuscire a scrivere come penso...


Spero che il capitolo vi sia piaciuto, che non vi deluderò in futuro e che continuiate a leggere!


PS. Avendo tra le mie passioni anche il vidding sto preparando un trailer video per la mia storia. Che ne dite??


Un ringraziamento a hana_chan che ha aggiunto la mia storia alle seguite ^_^



PerCINZIA818: Ciao!!Ovviamente grazie! Come avevi ben supposto Tyler ha finito per aiutare Eden, almeno in questa fase... Anche se non è molto convinto di aiutarla fino alla fine! E spero di aver risolto anche il tuo dubbio su Dair e McPhee.. Ovviamente è solo quest'ultimo lo str...o ;) Dal prossimo capitolo inizierò a svelare le reali intenzioni di tutti, anche perché non vorrei continuare a scrivere all'infinito ^_^ Però il bello deve ancora venire, almeno spero! A presto!!


PerMEREDITH91: Che recensione!! Grazie mille, non eri obbligata.. Io sono contenta anche con un semplice “bel capitolo” ^_^ Sono d'accordo con te su Blake, non la sopporto nemmeno io!;) Ma ti assicuro che sarà più utile di quello che sembra... E posso dirti che ben presto verrà finalmente fuori anche Sophia! Ma non ho ancora ben deciso sulle doti paterne di Davis.. Comunque dai prossimi capitoli si sveleranno un po' tutti i misteri quindi ce ne sarà per tutti i personaggi! Compreso Dair, che finora mi è rimasto un po' in secondo piano... Speriamo di riuscire a concludere questa storia al meglio!

Ho letto il nuovo capitolo della tua storia, ma non ho ancora recensito.. Vado un po' a rilento sti giorni, ma provvederò al più presto! Grazie ancora e a presto!!











































































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Capitolo 15
*** Love is What is All About I ***


capitolo14

CAPITOLO 14


LOVE IS WHAT IS ALL ABOUT

parte I



Tra tante cose che i nostri genitori tentano di ficcarci in testa, è incredibile come si ricordino sempre le più inutili.


Ricordati Eden...”


Le aveva detto una volta sua madre mentre, davanti allo specchio, picchiettava il correttore sotto gli occhi


...Un bagno è l'unico posto al mondo dove una donna possa davvero riflettere.”


Eden aveva sei anni o giù di lì.


Le piaceva guardare sua madre mentre si truccava.


E attendeva con ansia il momento in cui avrebbe potuto farlo anche lei.


Quel giorno, distrattamente, aveva captato le parole di sua madre.


E se le era fissate bene in mente.


Non aveva tutti i torti.


Ecco perché quella notte Eden, dopo aver scoperto del testamento, si era chiusa a chiave in bagno.


E non aveva intenzione di uscirne.


Seduta dentro la Jacuzzi vuota continuava a far roteare il suo telefono tra le mani.


Aveva già inserito la nuova sim.


Quella che aveva tenuto ben nascosta.


Quella che André e gli altri non potevano intercettare.


Ma ora non riusciva a comporre il numero.


Le dieci cifre che si ripetevano continuamente nella sua testa.


Non aveva senso.


Ed era anche piuttosto deludente.


Davis era tornato per i soldi. Per altri soldi.


Per gli stessi soldi che in passato aveva maledetto.


Se fosse possibile, questo lo faceva apparire ancora più meschino.


Eden sospirò.


Davis era un incoerente bastardo.


Uno spregevole vigliacco accecato dai soldi.


E lei c'aveva fatto l'amore.


Eden si portò una mano alla fronte.


Aveva mal di testa. E si sentiva uno schifo.


Ma non era solo per colpa di Davis.


C'era qualcos'altro che la faceva stare sulle spine.


Qualcosa che rendeva il pensiero di lei e Davis ancora più insopportabile.


Eden continuò a fissare quel telefono.


Non era possibile che si sentisse così.


Come se avesse tradito qualcuno.


Dair.


Lui aspettava la sua chiamata.


E lei non riusciva a chiamarlo.


Toc.Toc.


Eden?”


La voce di Payne. Di nuovo.


Stai bene? Sei lì dentro da ore!”


Eden non rispose.


Non voleva distrarsi dai suoi pensieri.


Eden? Ti prego, almeno dimmi che stai bene!”


Eden sbuffò.


Afferrò dal bordo della vasca una stupida saponetta a forma di cuore.


La lanciò contro la porta.


Era il suo modo di dire che era viva.


Vuoi dirmi perché sei lì dentro?”


Di nuovo non disse nulla.


Non voleva proprio parlare.


Voleva solo continuare a fissare quel telefono.



----------------



Tyler si avvicinò lentamente alla porta.


Lui solo aveva un'idea di cosa passasse per la mente ad Eden.


Avrebbe voluto parlarle, ma la presenza di Payne rendeva le cose piuttosto difficili.


Non vuole ancora uscire?”


Chiese.


Payne scosse la testa arricciando le labbra.


Non risponde nemmeno più.”


Tyler sospirò.


Bussò piano.


Tutto ok?”


Anche per lui nessuna risposta.


Payne sollevò le spalle.


Te l'avevo detto.”


Si morse piano il labbro


Hai qualche idea di cosa le sia successo?”


Tyler scosse la testa.


Ok...”


Riprese Payne


...In questo caso non ci resta che aspettare.”


Concluse scivolando giù contro la porta.


Lui rimase ad osservarla.


Era diversa dall'ultima volta che l'aveva vista.


I cerchi scuri intorno agli occhi erano spariti.


I tratti del suo viso più rilassati.


L'azzurro delle sue iridi più trasparente.


Era bella. Come lo era sempre stata.


Come quando erano bambini e lui, il piccolo secchione della scuola, rimaneva a guardarla da lontano.


La più bella bambina che avesse mai visto.


Nulla di sorprendente che qualche anno più tardi fosse diventata una splendida ragazza.


Una cheerleader.


E la stella del gruppo di teatro.


In pochi sapevano cosa si nascondeva dietro quella maschera scintillante.


I suoi erano poveri. Suo padre un violento.


Il destino era stato gentile con Tyler, perché gli aveva concesso di vedere al di là di quella maschera.


Già...”


Riprese a parlare


...Non ci resta che aspettare.”


Tyler ripeté le parole di Payne scivolando giù accanto a lei.


Un sorriso brillante le si aprì in viso.


Insomma, prima o poi le verrà fame... O sete.”


Tentò di sdrammatizzare Tyler.


Già.”


Sospirò Payne.


Non aveva più voglia di parlare.


Voleva solo restare lì in silenzio. Vicino a lui.


E a Tyler non dispiaceva.


Anche lui non voleva più dire nulla.


Voleva solo ripensare a quando tutto era semplice.


Se la ricordava bene, sin dal primo giorno delle elementari.


Lui, Payne, Blake e Davis avevano frequentato la stessa piccola scuola di Brooklyn. E lì si erano conosciuti, complici le loro madri.


Poi Davis era andato alla Dwight, Blake alla Marymount e loro erano rimasti lì, in periferia.


Payne giocava a fare la popolare, ma non si era mai dimenticata di lui.


E Tyler andava a vedere tutti i suoi spettacoli.


Voleva fare l'attrice Payne, questo era il suo sogno e la sua ragione.


Rubava per pagare i vestiti firmati.


E rubava per pagarsi gli studi alla scuola di arte drammatica di NY.


Solo che poi non ci era mai andata.


Il suo sogno era svanito poco a poco.


E adesso sembravano passato secoli dall'ultima volta che aveva sognato di sfilare sul tappeto rosso.


André arrivò dal salotto con passo pesante.


E' ancora lì dentro?”


Tyler e Payne si limitarono ad annuire.


Lui sbuffò nervosamente.


Puoi sempre usare l'altro bagno.”


Precisò Tyler.


André lo fulminò


E se volessi usare questo?”


Sbatté forte il pugno contro la porta.


Nulla anche per lui.


Ti decidi a uscire??”


Di nuovo bussò.


Siamo sicuri che sia ancora viva?”


Chiese con una certa ironia indirizzando lo sguardo in basso.


Payne sollevò un sopracciglio.


Non era il caso di scherzarci su.



-----------



Sorgi e splendi!”


Blake scostò le tende con una certa irruenza.


Il sole riempì la stanza in un solo secondo.


Davis emise uno strano lamento cercando riparo sotto il cuscino.


E' già passato mezzogiorno. Pensi di dormire per sempre?”


Chiese sua sorella.


Davis era l'unica persona per cui si prendesse la pena di sprecare più di due parole.


Lui si portò le mani alla testa.


Mi sta esplodendo il cervello.”


Si lamentò.


Blake lasciò cadere la testa da una parte guardando il bicchiere sul comodino.


Non mi sorprende. Ti sei ubriacato. Di nuovo.”


Lo ammonì.


Lui scosse la testa tenendo ancora gli occhi chiusi.


No, non mi sono ubriacato...”


Tentò di sollevarsi, ma la testa pesava come un macigno


...Dev'essere qualcos'altro.”


E cosa?”


Davis emise un altro lamento.


Portami un'aspirina.”


Certo. Lo farei se potessi.”


Cosa?”


A quanto pare Eden si è barricata in bagno. E visto che tutte le medicine sono in quel bagno, dovrai accontentarti di un bicchiere d'acqua.”


Che?”


Davis iniziò a chiedersi se fossero le sue orecchie a distorcere le parole di sua sorella.


O se effettivamente stesse dicendo cose strane.


Blake raggiunse il tavolino per prendergli un bicchiere d'acqua.


Quando si voltò i suoi occhi notarono una macchia scura sul pavimento.


Mettendo a fuoco capì di cosa si trattava.


Scuotendo la testa si abbassò e raccolse il piccolo pezzo di stoffa tra l'indice e il pollice.


Lo tirò su tenendolo lontano come se fosse radioattivo.


Mutandine di seta.


Adesso capisco.”


Iniziò acida avvicinandosi a suo fratello.


Lui aprì finalmente gli occhi, ma desiderò di non averlo fatto.


Blake sollevò le sopracciglia


Dev'essere stata una gran performance per ridurti così.”


Lui buttò di nuovo la testa sul cuscino.


Non cominciare. Non ho nessuna voglia di starti a sentire.”


Lei buttò via la biancheria.


Non c'era stato alcun bisogno di chiedere a chi appartenesse.


Invece dovresti ascoltarmi.”


Ti ho già detto che ho mal di testa.”


Vuoi farlo di nuovo?”


Cominciò


Ricominciare daccapo?”


Davis fece una smorfia portandosi una mano alla fronte.


Il suo cervello sembrava proprio non volersi accendere.


Non si sentiva così da quella volta che si era calato un acido al concerto dei Sonic Youth.


Ma di che cavolo stai parlando?”


Di Eden ovviamente.”


Vuoi parlare di Eden??”


Blake si avvicinò e lo costrinse a guardare in faccia la luce del sole.


No che non voglio parlare di lei.”


Lui sospirò


Allora perché continui a tormentarmi?”


Il viso di Blake si fece serio. Meno arrabbiato e più serio.


Perché ti conosco, meglio di chiunque altro...”


Volente o nolente, era vero.


...E so già quali pensieri iniziano a strisciare nella tua testa.”


Lo colpì sulla fronte mentre parlava.


Ahi!”


Pensieri?


Davis non riusciva a produrre pensieri.


Non in quel momento almeno.


Ma Blake sembrava comunque poter scavare nel suo subconscio.


Ancor prima di lui, sapeva già che suo fratello si sarebbe lasciato tentare.


Dalla sua non più morta moglie.


Dall'idea di una vita diversa.


Forse perfino dall'utopia della redenzione.


Lascia che ti dica una cosa fratellino...”


Riprese. Il suo tono brutale, ma dalla sfumatura quasi materna.


....Ti è sempre piaciuto pensare che le persone siano come le particelle subatomiche. Che si generano in un punto a caso e poi sono libere di vagare per l'universo alla ricerca del loro posto...”


Era vero, non poteva negarlo.


Questa sorta di “romantica metafora” aveva condizionato tutta la sua vita.


Davis sospirò.


Non c'era modo per evitare di ascoltare.


Blake scosse appena la testa


Non è così che funziona Davis. Le persone nascono dove i loro genitori le mettono al mondo. Alcuni sono fortunati, altri meno. Ma è il posto dove nasciamo che ci rende ciò che siamo...”


Lo guardò negli occhi.


Ci girava intorno, ma sapeva benissimo cosa stava dicendo.


...Quindi non importa quanto a lungo possano vagare per il mondo. Una principessa resterà sempre una principessa e un bastardo resterà sempre un bastardo.”


Davis chiuse le palpebre più lentamente.


Aveva capito a cosa si riferiva sua sorella.


Quel discorso era arrivato alle sue orecchie già altre mille volte.


Non voleva sentirlo più.


Alzati adesso.”


Blake si voltò velocemente.


Aprì la finestra e poi uscì dalla stanza.


Le tempie di Davis continuavano a pulsare.


Una doccia. Gli serviva una doccia.



-------------



Ti avverto! Se non esci entro trenta secondi butto giù la porta!”


Per André era diventata questione di principio.


Anche se avessero avuto diciotto bagni, lui voleva entrare in quello lì.


Eden sbuffò.


Dietro la pressione delle minacce di André era riuscita a comporre un messaggio.


Tra Bedford e l'ottava.

Lì tra mezz'ora.


Telefonare non sarebbe stato sicuro.


E vederlo era un'alternativa più che desiderabile.


Ok, adesso entro!!”


Urlò lui un'ultima volta.


Eden non ebbe altra scelta che premere il tasto di invio e balzare in piedi.


Si infilò il telefono in tasca e corse alla porta.


Girò la chiave ed aprì velocemente, prima che André potesse schiantarsi su di lei.


Ed eccolo lì, di fianco, col colpo caricato.


Vedendola si rilassò appena


E ci voleva tanto!”


Accanto a lui le facce incerte di Payne e Tyler.


Stai bene?”


Si avvicinò lei.


Eden annuì e basta avviandosi verso la sua stanza.


Doveva uscire ed anche in fretta.


Di nuovo si scontrò con la sua immagine nello specchio.


E di nuovo le tornò in mente sua madre.


Picchiettò velocemente del correttore sotto gli occhi.


Non voleva che Dair la vedesse così.


Ma non aveva abbastanza tempo per cambiarsi.


Raccolse i capelli.


Infilò la giacca di pelle sopra i jeans e la maglietta.


Indossò di fretta gli stivali ed afferrò la borsa.


Dove stai andando adesso?”


Di nuovo la voce di Payne.


Eden abbozzò un sorriso


Ho solo bisogno di un po' d'aria.”


Vuoi che venga con te?”


Dietro di lei spuntava il viso preoccupato di Tyler.


Le bastò guardarlo perché lui capisse.


No, grazie. Preferisco stare un po' da sola.”


La sua risposta a Payne fu un'inutile conferma.



-----------



Dair afferrò immediatamente il cellulare.


Prima ancora che il beep terminasse.


In cuor suo pregava che fosse la notizia che aspettava.


O qualsiasi altra.


Purché ricevesse un segno.


Il suo cuore prese a battere più forte leggendo quel breve sms.


Sentì i muscoli reagire immediatamente.


D'istinto buttò gli occhi all'orologio.


Dall'altra parte della stanza McPhee notò immediatamente la sua reazione.


Qualche novità?”


Dair annaspò per un solo secondo.


Poi scosse la testa.


No. Niente di importante.”


Eden gli aveva dato un appuntamento.


Al diavolo le indagini. Non l'avrebbe diviso con nessuno.


Si passò una mano sulla faccia.


Aggiustò il colletto della camicia.


Non resistette un secondo di più.


Senti, io vado a prendermi qualcosa da mangiare...”


La miglior scusa che il suo cervello fosse riuscito ad elaborare


...Vuoi che ti porti niente?”


Ti prego. Non chiedermi di venire con me.


No,grazie. Ho già mangiato.”


Dair tirò un sospiro di sollievo senza darlo a vedere.


Ok.”


Concluse col cuore in gola.


Ci vediamo più tardi allora.”


Uscì della stanza stringendo le chiavi dell'auto tra le dita.


McPhee lo seguì con gli occhi.


Non era un ingenuo. Niente affatto.


Tirò fuori dalla tasca il cellulare.


Compose il numero a memoria.


Il tenente Dair è appena uscito. Seguitelo dovunque stia andando.”


Impartì l'ordine con tono autorevole.


Alzandosi in piedi, pregustò la vittoria.


Mise via il telefono e raggiunse la postazione di Dair.


Vicecomandante McPhee.”


Sussurrò a mezza voce.


Si sedette lentamente sulla sua poltrona.


Doveva ammetterlo,


era la più comoda sulla quale si fosse mai seduto.



-----------



Quando Eden svoltò l'angolo lui non c'era.


Fu un sollievo ed una delusione.


Si strinse nelle braccia.


Aveva scelto Manhattan per quell'incontro, forse perché un po' le mancava davvero.


Le luci. La fretta. Il lusso.


Non ricordava che la Royal Blue Tearoom fosse proprio lì.


Scosse la testa.


Aveva dimenticato tutto o quasi della persona che era stata.


Sentì dei passi avvicinarsi.


Si tese contro il muro.


Lo vide arrivare a passo a svelto.


Dair si bloccò appena riuscì a scorgere la sua silhouette.


Eden si sforzò di sorridere.


Lui ricambiò il sorriso avvicinandosi.


Stai bene?”


Lei annuì, mentre Dair le scrutava il viso.


A vederla così probabilmente poteva pensare che stesse mentendo.


Sto bene.”


Precisò.


Lui inspirò profondamente


Mi dispiace per l'ultima volta, io...”


Eden lo interruppe con un cenno della mano


Avevi ragione...”


Stavolta però non sorrise


...Hai il tuo lavoro da fare. Ed io ho il mio.”


Ma non dovevo attaccarti in quel modo.”


Eden scosse il capo


Mi hai rimesso coi piedi per terra. E avevi ragione.”


Sollevò le spalle.


La sua mano si mosse lentamente.


Gli porgeva un foglietto bianco piegato in quattro.


Ecco... Qui c'è tutto quello che ti serve.”


Dair afferrò piano il pezzetto di carta.


Lo spiegò.


Un indirizzo. Un orario.


La guardò incerto.


Non è quello che ti aspettavi, ma li troverai lì...”


Eden spezzò la voce per un secondo


...O Davis almeno.”


Inspirando elaborò una spiegazione veloce.


Domani erediteranno il patrimonio di famiglia. E' per questo che sono tornati. Immagino sia abbastanza illegale visto che sono ricercati.”


Immagino di sì.”


Dair guardò le sue gambe tremare appena.


Seguì la sua sagoma fino al viso tenuto ancora basso.


Qualcosa nella sua espressione non lo convinceva.


Era più pallida del solito, aveva i capelli legati – cosa inusuale per lei – e soprattutto sembrava evitare i suoi occhi.


Eden...”


Dair cercò delicatamente di afferrarle il viso.


La “costrinse” a guardarlo.


Sei sicura di stare bene?”


Eden deglutì.


Non stava male. Era solo persa nella più completa confusione.


Mi manca mia figlia.”


Sussurrò.


Lui le accarezzò una guancia col pollice.


Lo so...”


Sorrise appena


...Ma presto sarai di nuovo da lei.”


Eden riuscì a stento ad annuire.


Voglio andare a casa.”


Disse, di nuovo con un tono appena udibile.


Era una strana frase detta da lei.


Eden non ce l'aveva una casa, non ne aveva più una da quando era fuggita con Davis.


L'unico posto dove tornare, per lei, era quel piccolo appartamento di proprietà dei federali.


Alla cui porta, ogni sera ed ogni mattina, bussavano due agenti di controllo.


Quella era la cosa più vicina ad una casa che avesse.


Ma non era lì che stava desiderando di tornare.


Quel posto non esisteva nemmeno.


Gli occhi di Eden si riempirono di lacrime.


Davanti a Dair era come se le sue difese fossero crollate di colpo.


Aveva fatto il suo dovere, ma non ne era fiera.


E non voleva piangere. Non poteva.


Dair sembrò spiazzato per un secondo.


Poi prese l'iniziativa e la strinse a sé in un abbraccio.


Eden respirò forte il suo profumo.


Patchouli, miele, retrogusto di sigari...


Era odore di protezione.


Ricambiò il suo abbraccio stringendolo forte.


Ne aveva bisogno per sopravvivere a quei momenti.


Aveva bisogno di lui per uccidere la colpa.



-------------



Hai capito il tenente?”


Esclamò l'agente Salinger.


Accanto a lui nell'auto, l'agente Kline sorseggiava cappuccino.


Erano abbastanza lontani da non essere notati.


Ma l'obiettivo della loro Canon riusciva benissimo a violare l'intimità di quell'abbraccio.


Quindi McPhee aveva visto giusto.”


Rispose Kline distrattamente.


Salinger sorrise di gusto mentre la canon immortalava quel momento.


Era solo un abbraccio, ma era abbastanza.


Un vicecomandante non stringe così un'infiltrata.


Devo dire che sono quasi deluso.”


Biascicò Salinger mentre scattava le ultime inquadrature portando lo zoom al massimo.


Io no...”


Kline cercò una posizione più comoda sul sedile.


...Insomma, l'hai guardata bene?”


Salinger non rispose nemmeno.


Per un secondo si rese conto di cosa stava facendo.


Quegli scatti avrebbero messo Dair nei guai.


E non poteva esattamente dire che se lo meritasse.


Spero che quel bastardo di McPhee ci ripaghi bene come ha promesso.”


Disse infine, più a sé stesso che al suo collega.



--------------



Eden appoggiò la fronte a quella di Dair.


Non riusciva a smettere di tremare.


Il suo stomaco si agitava.


Mi dispiace.”


Sussurrò.


E di cosa?”


Di non essere forte abbastanza.”


Un inatteso senso di vergogna le scaldò il viso.


Odiava sentirsi così.


Dipendente della forza di qualcun altro.


Lui quasi sorrise.


Tu sei la persona più forte che abbia mai conosciuto...”


Lei indietreggiò abbassando lo sguardo.


... La più coraggiosa...”


Continuò lui.


Stringeva tra le mani tutta la sua carriera.


Gli restava solo un'altra cosa da conquistare.


...E la più bella.”


Lei scosse la testa continuando a fissare l'asfalto.


Non funzionava.


Quelle parole non riuscivano a farla sentire meglio.


Dair inspirò profondamente.


La sua voce si abbassò di mezzo tono.


E se Eden l'avesse guardato in faccia, avrebbe visto le sue labbra tremare mentre prendeva fiato.

...Ma non è solamente per questo che io ti amo.”


Eden sollevò la testa di scatto.


Sgranò gli occhi davanti alla sua espressione.


L'aveva detto. L'aveva detto davvero.


E nonostante l'imbarazzo non c'era ombra di dubbio sul suo viso.


Le mancò il respiro.


No.


Se le avesse dato una coltellata le avrebbe di certo fatto meno male.


Non adesso.


Non era quello il momento giusto.


Eden serrò le labbra.


Lui sospirò abbassando lo sguardo per primo.


Di' qualcosa.”


Ho fatto l'amore con Davis.


Quelle parole gridarono così forte nella sua testa che per un attimo temette di averle dette davvero.


Continuavano a ripetersi come un mantra.


Le stavano dicendo di dirlo.


Di confessare.


Di dimostrare a Dair che lei non era una persona da amare.


Che lei non meritava il suo amore.


Nemmeno un po'.


Le labbra di Eden rimasero serrate.


Avrebbe tanto voluto meritarlo.


Avrebbe voluto poter sorridere e dire


Ti amo anch'io


Ma nulla uscì dalla sua bocca.


Iniziò ad indietreggiare senza nemmeno rendersene conto.


Io...”


Finalmente una voce sottile come un lamento venne fuori dalla sua gola


...Io devo andare adesso.”


Dair la guardò con una strana smorfia in viso.


Non tentò nemmeno di fermarla mentre spariva dietro l'angolo.


Chiuse gli occhi per un secondo prima di ricordarsi del biglietto tra le sue dita.


Eden gli aveva consegnato suo marito.


Doveva pur voler dire qualcosa.



--------------



Eden si era persa per le strade di Manhattan.


Continuava a camminare, senza riuscire a smettere.


Svoltava gli angoli senza nemmeno chiedersi dove portassero.


Io ti amo.


Adesso erano quelle le parole che il suo dannato cervello continuava a ripetere.


Lui mi ama.


Era un pensiero talmente inaccettabile da non poter essere interiorizzato in alcun modo.


Questo cambia tutto. Cambia tutto.


Non avrebbe più potuto fare finta di niente.


Dair avrebbe preteso una risposta.


Sincera e sensata.


E quella risposta, qualsiasi fosse stata, avrebbe cambiato ogni cosa.


Io non lo amo...


Disse a sé stessa.


Perché non amarlo sarebbe stata la soluzione più semplice.


...O forse sì.


Riuscì finalmente a bloccare i suoi passi.


E se invece fosse stato amore?


Quel mix di gratitudine, sicurezza, fiducia...


Non aveva mai sperimentato nulla di simile prima di Daniel Dair.


Non sapeva cosa fosse.


Per lei l'amore era sempre stato passione.


Desiderio.


Istinto.


Tutto quello che Davis Miller era stato per anni.


E che sfortunatamente era ancora.


Costrinse sé stessa in quel pensiero.


Lo amo ancora.


Si morse le labbra scuotendo la testa.


No. Non era un'opzione.


Non si può amare un simile bastardo.


Non si può amare un assassino.


L'amore non è questo.


Già... Ma allora cos'è?


Eden si specchiò contro una vetrina.


Un paio di ignari passanti le sfilarono accanto smuovendo appena l'aria pesante di New York.


C'era una sola risposta alla sua domanda.


Sophia.


Sua figlia.


Lei era l'unico vero amore della sua vita.


L'unica cosa giusta che avesse mai fatto.


Sospirò al pensiero che non la sentiva da più di un mese.


Chissà quante cose si era persa.


Guardò la sua stessa immagine con disapprovazione.


Con sdegno quasi.


Al diavolo Davis.


Al diavolo Dair.


Aveva già fatto ciò che le era stato chiesto.


Tutto quello che doveva fare adesso era tornare da sua figlia.


Immediatamente.


Riprese a camminare verso la strada cercando di scorgere un taxi libero nel traffico di Manhattan.


I suoi pensieri continuavano ad intrecciarsi.


Contemplò l'idea di prendere il primo treno alla Grand Central.


Dair avrebbe di certo capito.


Ma Davis?


Insospettirlo adesso avrebbe significato mandare a monte il lavoro di mesi.


E non poteva certo dire che se ne tornava a casa da sua figlia.


Valutò l'idea di restare all'attico e far finta di nulla ancora per un po'.


Al solo pensiero le balzò il cuore in gola.


Sorridere a Payne sapendo bene che l'aveva tradita.


Gustarsi la vittoria mentre Davis e gli altri finivano in manette.


Nonostante tutto non ci sarebbe riuscita.


No. Non poteva continuare quella recita.


Sospirò facendo appello alla sua creatività.


Le restava solo un'ultima soluzione disponibile.


Lei la odiava di già.


Non aspettava altro che vederla sparire.


E non avrebbe mai e poi mai tentato di fermarla.


Scendendo dal taxi si fermò dall'altra parte della strada.


Fissò le luci del palazzo per un po'.


Doveva rischiare.


Eden usò la corsa in ascensore per stamparsi in faccia un'espressione convincente.


Nel salotto Payne sedeva davanti alla tv. Sembrava quasi in apprensione.


Balzò in piedi appena la vide


Hey!”


Eden sollevò le mani


Sto bene.”


Davvero?”


Eden annuì


Sì. E' stata solo una crisi momentanea.”


Payne sollevò un sopracciglio


Qualcosa di cui vuoi parlarmi?”


La sua espressione preoccupata era una nuova coltellata nello stomaco.


Non adesso.”


Rispose Eden in un sussurro.


Ok.”


Payne non insistette.


La seguì con gli occhi mentre raggiungeva la sua stanza.


Chiudendosi la porta alle spalle Eden buttò fuori un sospiro.


Afferrò la prima borsa disponibile valutando cosa prendere e cosa no.


Saper di dover chiedere aiuto le rendeva ogni cosa più difficile.


Ma non aveva altre opzioni.


Ammesso che quest'ultima funzionasse.


Meglio togliersi subito il dubbio.


Uscì di nuovo dalla camera puntando dritta verso la porta in fondo a destra.


Bussò.


Blake aprì quasi subito.


I suoi occhi divennero due piccole fessure.


Che vuoi?”


Eden si fece strada nella stanza senza chiedere permesso.


Blake sollevò le sopracciglia mentre chiudeva.


Si voltò verso di lei.


Allora?”


Eden la guardò negli occhi.


Non c'era altro modo per chiederlo.


Ho bisogno del tuo aiuto.”


Gli occhi verdi di Blake si spalancarono appena.


Suona surreale.”


Rispose con un certo sarcasmo.


Eden non cambiò espressione.


Fredda e seria.


Per cosa?”


Chiese Blake aguzzando di nuovo lo sguardo.


Eden piantò i piedi bene a terra.


Voglio andarmene. Adesso. Per sempre.”


Scandì i tre concetti uno alla volta.


Con la giusta pausa tra l'uno e l'altro perché le fossero perfettamente comprensibili.


Sembrò non essere riuscita nel suo intento.


Blake aggrottò le sopracciglia.


Sembrava genuinamente sorpresa.


Eden sollevò le spalle.


E' quello che volevi, no?”


Lei protrasse le labbra.


E' solo che non capisco. Perché? E perché adesso?”


Ecco la parte difficile.


Eden inspirò profondamente


Sono successe delle cose...”


Biascicò cercando di non far vacillare la sua sicurezza.


Blake sorrise sarcastica


Cose tipo andare a letto con mio fratello?”


Per un secondo pensò di arrossire.


Ma non doveva dargli troppa importanza.


Anzi, doveva volgere la cosa in suo favore.


E' stato un errore...”


Iniziò


...Io non voglio tornare con lui.”


Blake sollevò un sopracciglio.


Sembrava spiazzata dalla dichiarazione.


E' una delle ragioni per cui voglio andarmene.”


Precisò Eden.


E quali sarebbero le altre?”


Sarò onesta...”


Onestà. Ottimo preambolo.


... Quando sono fuggita di prigione tornare da voi era l'ultimo dei miei pensieri.”


Di nuovo Blake affilò lo sguardo.


Nella sua testa suonava come una candid camera.


Troppo bello per essere vero.


Avevo ben altri progetti. Solo che poi mi avete trascinata qui e io...”


Ti hanno.”


La corresse Blake.


Ci teneva a sottolineare continuamente la sua opinione in merito.


Quello che voglio dire...”


Riprese Eden


...E' che non mi interessa continuare questa vita. Voglio chiamarmi fuori. Per sempre.”


Blake le girò intorno come se volesse studiarla.


Non sembrava.”


Eden la seguì con la coda dell'occhio finché non le fu di nuovo davanti.


Lo so. Credevo di volerlo fare, ma non è così.”


Ancora non capisco.”


Blake scosse appena la testa.


Eden sospirò


Pensavo che mi volessi fuori di qui. Sono davvero così importanti le mie ragioni?”


Blake rimase impassibile.


Non ti basta sapere che non mi vedrai mai più?”


Insistette Eden.


Stavolta lei sembrò soddisfatta.


Incredibile come le cose si fossero rivoltate in pochi minuti.


Credeva di doversi guardare proprio da Eden.


E invece veniva fuori che era suo fratello quello con le aspirazioni romantiche.


Era quasi delusa.


Quando?”


Domandò.


Adesso.”


Rispose Eden.


Ottima risposta.


Perché chiedi aiuto a me?”


L'ultima cosa che voleva sapere.


Ho bisogno di qualcuno che mi copra la fuga e che domani spieghi agli altri perché non mi vedranno più.”


Eden sorrise appena


E poi tu sei l'unica che di certo non mi avrebbe mai chiesto di restare.”


Vero.”


Finalmente Eden si mosse.


Tutte e due sembravano più rilassate.


Un'ultima cosa...”


Eden sollevò l'indice


...Ti dispiacerebbe darmi un passaggio fino alla Grand Central?”


Per la prima volta Blake Miller le sorrise.


Proprio a lei.


Lo farò più che volentieri.”



*********


A/N Anche stavolta ce l'ho fatta! Avrei voluto aggiornare prima, ma sono stata davvero tanto tanto impegnata! Alla fine però ho scritto anche più del dovuto, quindi ho deciso di dividere questo capitolo in due parti. Quella che avete appena letto è la prima. La seconda la posterò presto. O almeno spero!


Allora, prima di tutto cercherò di spiegare l'evidente cambio di tono. A prima vista si potrebbe pensare che Eden sia bipolare e che oscilli continuamente tra eccessi di sicurezza e tuffi nella paranoia. Ok, probabilmente è vero. ;) Eden è di certo un personaggio nevrotico, ma spero di riuscire a spiegarvi bene, di volta in volta, i motivi della sua nevrosi.


Nel caso specifico abbiamo da una parte Davis e dall'altra Dair. E' come se questi due personaggi fossero la metafora vivente della simmetria continua su cui poggia tutta la storia:


buono/cattivo, giusto/sbagliato, verità/apparenza, attacco/fuga, peccato/assoluzione, amore/odio, rischio/certezza, passione/stabilità, luce/ombra


Di fronte a questa serie di esempi, chi di noi può dire di non aver mai oscillato tra una parte e l'altra? Per quel che mi riguarda credo di vivere oscillando!^_^


In questo capitolo Eden ha visto sparire tutta la sua sicurezza. Ha scoperto che Davis è tornato per incassare i soldi dei nonni che tanto odiava e questo per lei rappresenta una forte destabilizzazione. Non solo Davis è un bastardo, ma è anche pronto a rinnegare tutti i suoi valori per qualche soldo e qualche immobile in più (Davis e Blake hanno iniziato a rubare proprio per non dover mai dipendere dai soldi dei nonni). E' una persona ancora peggiore di quello che pensava, ma nonostante tutto lei non riesce a smettere di esserne attratta. Ciò non rende forse anche lei una bastarda?


Davanti a questi dubbi riappare Dair. Sorprendentemente, per i suoi occhi, Eden è una creatura ancora bella e pulita. Lei non riesce a capirlo, ma è una sensazione che le piace. Lui è qualcosa di cui Eden ha bisogno. Peccato che Dair si spinga troppo in là dicendo che la ama. Un concetto che per molti versi le è ancora del tutto sconosciuto.


In tutto questo, e molti ne saranno stati contenti, Eden ha finalmente ricordato di essere una madre e che quindi il suo primo pensiero dovrebbe essere sua figlia. Nient'altro. Su questo tipo di amore non ha alcun dubbio. Ecco perché ora si affretta a tornare a Chicago.


Vi preannuncio che però non sarà così semplice ;)


Un'ultima nota per quanto riguarda il personaggio di Blake. Finalmente è arrivato il suo momento! Finora potete aver pensato che sia solamente una stronza iperprotettiva, ma vi assicuro che ha i suoi buoni motivi. E se non si è capito dal suo discorso con Davis (lo so che non si è capito ahimè ù_ù), si capirà nella seconda parte quando lei ed Eden avranno finalmente occasione di confrontarsi.


Mamma mia quanto ho parlato! Scusatemi. Voglio solo concludere dicendo grazie a tutti, in particolare a Kicici e Mividam che hanno aggiunto questa storia alle seguite!



Per CINZIA818: devo innanzitutto dire che ogni volta mi sorprendo della tua rapidità! E poi, come sempre, grazie! Il fatto che tu perda cinque minuti del tuo tempo per recensire significa davvero tanto per me! Siete la mia motivazione! Vuoi sapere se c'è qualcos altro dietro la storia del testamento? Posso dirti che effettivamente non è tutto come sembra, ma non aspettarti grandissimi colpi di scena ;) Nel prossimo capitolo capirai.

Per quanto riguarda McPhee, credo che effettivamente sia lui l'unico vero personaggio negativo della storia. Ma non posso dirti ancora se raggiungerà il suo scopo! A presto e grazie ancora!!


Per MEREDITH91: ciao! Grazie mille della solita gentilezza. Troppi complimenti che non credo di meritare! Comunque ti ringrazio davvero tanto! Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto anche se lasciato un po' in sospeso. Anche per me Davis è uno dei preferiti, ma stavolta ho lasciato la scena a Dair. Era ora che tornasse in pista anche lui! Non posso dirti se Eden ami ancora Davis o meno (direi che a questo punto non lo so nemmeno io! O_O), ma come avrai capito da questo capitolo, per Eden l'amore non è un concetto molto chiaro. E questo è il suo più grande problema.

Riguardo a McPhee sono più sicura, certamente lui è il cattivo della situazione! E adesso ha anche un'arma contro il povero Dair... Che succederà? Continua a leggere e lo saprai! ;) Scherzi a parte, grazie di nuovo e a presto, sperando di non deluderti mai!


p.s. Ho creato un trailer video, ma non è ancora finito. Lo posterò da qualche parte appena fatto!


Per MIVIDAM: ciao! Ho letto il tuo profilo ed ho capito subito che sei una che se ne intende ;) Quando ho visto che hai aggiunto la mia storia alle seguite mi sentivo già onorata, ma dopo la tua recensione, sono stata veramente felice! Prima di tutto grazie di aver letto e, soprattutto, di aver trovato il tempo di recensire.

Credo che tu abbia davvero capito quello che sto cercando di scrivere tra le righe. E' solo un tentativo, ma ogni personaggio dovrebbe avere la sua caratterizzazione e pertanto, giocare un ruolo del tutto personale nella vicenda. Non è facile, ma sto cercando di dare ad ognuno di loro zone di luce e zone d'ombra, affinché nessuno risulti scontato e soprattutto perché siano il più umani possibile. Come ho scritto sopra, il concetto base della storia è proprio la simmetria. L'esistenza è un continuo oscillare tra opposti, ma credo che la realtà sia che preferiamo tutti restare nel mezzo.

Sono contenta che hai apprezzato i flash back. Oltre ad essere la mia figura retorica preferita, credo che spiegare gli avvenimenti del passato (o almeno qualche momento saliente) sia fondamentale per comprendere il personaggio e le sue vicende attuali. E credo che ne userò altri nei prossimi capitoli.

Per quanto riguarda lo stile sono d'accordo con te e ti spiego anche il motivo. Scrivere mi è sempre piaciuto e l'ho sempre fatto, ma spesso sono stata ripresa proprio per la mia prolissità!^_^ Per questo stavolta ho deciso di provare a mantenermi al minimo, anche se non mi è facile! Qualche volta mi capita di non saper racchiudere un concetto in poche parole e allora finisce che lo esprimo con una sola parola, anche se chiaramente non è abbastanza!

Vorrei che chi mi legge potesse immaginare i dettagli delle scene seguendo la propria immaginazione, ma mi rendo conto che senza qualche indicazione diventa difficile!

Ultima cosa, grazie per la dritta sull'ortografia! Non mi fiderò mai più del dizionario di word!! Per quanto io scriva e legga, a volte mi lascio ancora prendere da certe incertezze banali e le trasformo in dubbi amletici... In fondo o infondo? Pergiunta o per giunta? Sarò contentissima se avrai la pazienza di riprendermi! Sia per quanto riguarda l'ortografia che la consecutio temporum, se non ti dispiace.

Consigliare la mia storia nel tuo sito? Sarebbe un onore! Spero davvero che andando avanti non ti deluderò. E se troverai il tempo e la voglia di recensire ancora, sarò contentissima! Grazie di nuovo di cuore. Alla prossima! -Martina-


p.s. Sì, ci sono delle immagini all'inizio dei capitoli, ma non in tutti. Quando ho tempo mi diverto a creare delle “locandine” (chiamiamole così ^^) per la storia col photoshop. Visto che ho dato ad ogni personaggio il volto di un attore famoso, uso un po' di foto e ricreo un'immagine adatta al capitolo. Mi dispiace che non riesci a vederle!


























































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Capitolo 16
*** Love is What is All About II ***


capitolo15

CAPITOLO 15


LOVE IS WHAT IS ALL ABOUT

parte II



Hold me when I'm here

Right me when I'm wrong

Hold me when I'm scared

And Love me when I'm gone...”

When I'm gone – 3 doors down




Sono quasi certa che quello che sto facendo

mi rende a tutti gli effetti una vigliacca.

Sto scappando. Non c'è altro modo per dirlo.

Spero solo che tu riesca a capire.”


Eden sospirò continuando a rileggere quelle specie di lettera


Quando Davis e gli altri domani usciranno di casa,

tu vattene, più lontano e veloce che puoi.

Se credi, porta Payne con te.

Spiegale tutto, sono sicura che capirà.

O almeno lo spero tanto.”


Ti chiedo solo di stare molto attento.

E di essere sicuro che siano lontani da qui

prima di fare qualsiasi cosa.”


La sua sicurezza sembrò vacillare per un secondo


Immagino sia un addio.

Grazie di tutto.

Ricordati sempre che ti voglio bene e, se puoi,

perdonami.”


Eden


Piegò in tutta fretta il foglio per non avere ripensamenti.


Era il suo ultimo messaggio per Tyler.


Prima di andare via doveva essere certa che lui avesse modo di scappare.


Non meritava la galera.


Non lui. E probabilmente nemmeno Payne.


In quanto agli altri, nonostante le fitte continue allo stomaco tentassero di suggerirle il contrario, non c'era dubbio che avessero colpe da scontare.


Strinse il messaggio tra le mani un'ultima volta.


Blake attendeva il suo segnale.


Non aveva troppo tempo.


Per fortuna.


Scivolò silenziosa nella stanza di Tyler ed infilò la busta sotto il suo cuscino.


Di lì a qualche ora l'avrebbe letto.


Non restava altro da fare, almeno in teoria.


Eden chiuse la porta delicatamente e, cercando di essere il più leggera possibile, attraversò il corridoio.


La porta dello studio di Davis era socchiusa.


Cosa molto insolita.


Il suo primo istinto fu di passarci davanti come un fulmine, ma i suoi passi rallentarono senza controllo.


Si ritrovò a guardare dritta in quello spiraglio.


Davis era seduto al suo tavolo.


Gli occhi immersi nello schermo del pc.


The Silent Man in sottofondo.


La colonna sonora piuttosto triste strideva con la bottiglia di Dom Perignon accanto a lui.


Che volesse già festeggiare?


Eden avrebbe voluto sorridere al pensiero di cosa stava per succedere, ma nessun muscolo del suo viso si contrasse.


C'era un uomo così diverso davanti a lei.


Così assorto nei suoi pensieri da sembrare totalmente indifeso.


Eden si chiese se fosse il caso di dirgli qualcosa.


Di mascherare il suo addio ed entrare per l'ultima volta in quella stanza.


Un brivido le percorse la schiena.


Non aveva più parlato con lui.


Né lui con lei.


Si rese improvvisamente conto di non avere niente da dire.


Non poteva dirgli addio.


Non poteva scusarsi.


Non poteva dirgli che l'amava.


E mai gli avrebbe detto che avevano una figlia.


Ogni volta che quel pensiero le attraversava la mente si sentiva una persona peggiore.


Ma non poteva farne a meno.


Davis era pericoloso, viveva una vita allo sbando, non avrebbe mai potuto offrire amore e sicurezza alla sua bambina.


Non poteva offrirne a nessuno probabilmente. Non davvero.


Ironia del destino.


Cinque anni prima, se avesse saputo di dover dire addio a suo marito, avrebbe parlato per ore.


Oggi, pur sapendo che non l'avrebbe mai più visto, non riusciva a schiudere le labbra.


Ma non era contenta.


Non lo era affatto.


Ancora una volta accarezzò i suoi lineamenti con lo sguardo.


C'era così tanto di lui in sua figlia.


Il sorriso. L'aria imbronciata e pensierosa.


Quella sorta di irresistibile fascino naturale.


Chissà se un giorno Sophia l'avrebbe odiata per quello che stava facendo.


Così come Eden aveva odiato sua madre per non averle fatto conoscere suo padre.


Un errore di gioventù, un sociopatico alcolizzato. Questo le aveva detto.


Guardando meglio si chiese se un giorno sarebbe stata come lei.


Forse lo era già.


Eden scosse la testa senza nemmeno rendersene conto.


Combatteva contro i suoi stessi pensieri.


Sophia avrebbe saputo chi era suo padre. Non nei dettagli forse, ma di certo le avrebbe raccontato di come si erano conosciuti e innamorati.


Sì. Sophia avrebbe saputo che loro si amavano.


Davis non era stato solo un errore.


Forse Eden pensò troppo forte, così forte che i suoi pensieri arrivarono fino a Davis.


Lui alzò gli occhi all'improvviso.


Incrociò i suoi.


Non si mosse.


Rimase a fissarla in silenzio, per un tempo che sembrò infinito.


Eden sentì arrivarle il cuore in gola.


Realizzò improvvisamente che era l'ultima volta.


E non solo l'ultima volta che lo guardava.


Era già certa che mai, mai e poi mai in vita sua, si sarebbe di nuovo sentita così.


Strinse i pugni.


Inchiodò le sue emozioni a quella porta.


Avrebbe ricordato solo quel momento.


Quegli occhi scuri che brillavano contro i suoi.


Tutto il resto l'avrebbe rinchiuso in una scatola e sotterrato nelle profondità della sua anima.


Davis si mosse appena.

Eden decise immediatamente di andare verso il salotto.


Sei pronta?”


La intercettò Blake con una certa ansia in viso.


André è fuori e i due piccioncini li ho mandati in cucina. Dobbiamo muoverci.”


Non aveva paura che gli altri le scoprissero.


Aveva paura che Eden ci ripensasse.


Ma non era nei suoi piani.


Ok. Andiamo.”


Rispose Eden con un filo di voce.


La borsa ben stretta tra le mani e tutta la sua determinazione nelle gambe.


In ascensore Blake non disse una parola.


E nemmeno lei.


Attraversarono la hall a grandi falcate.


Signora Miller!”


Fu come se una lama le si conficcasse nelle orecchie.


Signora Miller!”


Il portiere, stretto nella sua stupida uniforme blu, sembrava rincorrerla goffamente.


Dovette fermarsi.


Lui arrivò col fiato corto.


Stringeva tra le mani una busta gialla.


Hanno appena consegnato questa per lei. Stavo per venire a portargliela.”


Eden aggrottò le sopracciglia. Posta per lei?


Afferrò l'involucro con un movimento incerto.


Non era sigillata.


Sollevò il lembo di carta ed infilò le dita nella carta.


Scorrendo con gli occhi la prima riga non poté non stupirsi di quanto fosse rapida la burocrazia criminale.


Istanza di divorzio


Era passato appena un giorno.


E lei se ne era già dimenticata.


Tutto ok?”


Di nuovo la voce di Blake la riportò alla realtà.


Era un bene che Blake la volesse fuori di lì più di quanto non volesse lei stessa.


Eden richiuse di fretta la busta e la infilò nella borsa.


Sì, sì. Andiamo.”


Ripresero i passi veloci sul pavimento lucido della hall.


Blake le stava davanti.


Aveva già richiesto che le portassero la sua auto.


Eden seguiva la sua ombra cercando di non pensare ad altro che al ritmo dei loro tacchi.


Doveva resistere ancora per un po', giusto il tempo di arrivare alla stazione.


Era sicura che una volta scesa dall'auto di Blake, tutte le sue incertezze sarebbero sparite.


Avrebbe preso l'autobus fino al JFK.


E due ore dopo avrebbe rivisto sua figlia.


Allora sì che sarebbe stato di nuovo tutto a posto.


Salì sulla BMW di Blake senza dire una parola.


Fu lei a parlare appena voltato l'angolo.


Cosa vuoi che dica?”


Come?”


Quando si accorgeranno che te ne sei andata. Cosa vuoi che dica?”


Eden sospirò.


Dì che è stata una mia idea. Che non volevo più vivere così e soprattutto che non voglio più essere cercata.”


Blake annuì mentre si immetteva nel traffico della via principale.


Le luci di New York si riflettevano sul parabrezza.


La città era più viva che mai, anche se il sole era calato.


Eden seguì i profili dei palazzi e le sagome indistinte dei tanti passanti.


Non c'era motivo di dire addio anche alla sua città.


Eppure sentiva che non l'avrebbe mai più guardata con gli stessi occhi.


Adesso era solo una bugiarda, una spia dell'FBI.


Tra qualche ora sarebbe stata una donna quasi libera.


Una traditrice.


Adesso siamo solo io e te...”


Iniziò Blake senza distogliere gli occhi dalla strada


...Puoi dirmi la verità.”


Eden si voltò verso di lei con espressione incerta


Quale verità?”


La vera ragione per cui stai scappando. E non dirmi che è quello che hai sempre voluto perché non me la bevo.”


Un brivido freddo le attraversò le gambe.


Aveva fatto troppo affidamento sul suo risentimento.


Non sapeva cos'altro dire.


Non aveva scusa migliore della verità.


Eden riportò gli occhi fuori dal finestrino prima di parlare.


So del testamento.”


Disse. Con lo stesso tono con cui avrebbe potuto dire qualsiasi altra cosa.


Blake aggrottò le sopracciglia


Cosa?”


Eden continuò a fissare la città che scorreva veloce.


Ho origliato le vostre conversazioni.”


Mentì.


Era diventata una maestra nel manipolare le sue stesse menzogne.


Quindi ora sei anche una spia.”


Il tono di Blake lasciava intendere una certa rabbia.


Ma non quella che Eden si aspettava.


Volevo solo sapere cosa stava succedendo.”


Tentò di giustificarsi.


La calma apparente che ancora regnava nell'auto era più inquietante dei loro segreti celati.


Blake non rispose.


Accelerò e basta.


Eden voleva sapere.


Sentiva il bisogno di finire quella conversazione.


Forse Blake poteva darle una spiegazione, per quello che valeva.


Domani erediterete il patrimonio di famiglia quindi.”


Di nuovo Eden usò quel tono neutro.


Riusciva ancora a nascondere bene il suo vero stato d'animo.


Sul viso di Blake apparve una piccola smorfia.


Vi ho ascoltato maledire quel denaro per anni...”


Continuò Eden, mentre la calma iniziava a vacillare


...Non ti nascondo che sono delusa.”


Ancora nessuna risposta.


Siete cambiati così tanto... Non sarei mai potuta restare.”


Concluse.


A quel punto sentì Blake ridere.


Non era una risata ironica.


Suonava sorprendentemente sincera.


Non è divertente.”


La ammonì Eden.


Quella reazione era quasi offensiva.


Sì che lo è.”


Perché?”


L'auto rallentò appena.


Blake distolse gli occhi dalla strada.


Noi non vogliamo quei soldi.”


Rispose con una naturalezza disarmante.


Eden sembrò totalmente spiazzata.


Non capisco. Ho visto l'avvocato, so che avete appuntamento col notaio.”


Di nuovo Blake sorrise.


E di nuovo la guardò


Sei sicura che te ne stai andando?”


Eden annuì


Per sempre?”


Annuì di nuovo.


La ragazza dai lunghi capelli scuri sembrò rilassarsi contro il sedile.


Tanto vale che te lo dica allora.”


Eden rimase in silenzio ad aspettare.


Blake prese fiato


So bene che non sei un genio della finanza, per cui cercherò di spiegartelo in maniera semplice...”


Iniziò.


Le mani ben ferme sul volante.


Domani tutti i capitali dell'impero Van der Wiel verranno ceduti alla V corporation, una società informatica fittizia con sede legale in California fondata da alcuni amici...”


Eden non riusciva a seguirla


...Quando domani il loro patrimonio verrà quintuplicato, le azioni saliranno alle stelle. E' quasi un peccato che la società sia destinata alla bancarotta.”


Eden cercò inutilmente di rimettere insieme le sue conoscenze in campo finanziario.


Ancora non capisco.”


Dovette ammettere.


Blake sospirò


Mai sentito parlare di trasferimento fraudolento di beni? Insider Trading? Truffa societaria?”


Stavolta Eden tentò alcuna risposta.


Era chiaramente una domanda retorica.


Ok. Te lo spiego in parole povere. Tutti i soldi di mio nonno finiscono nelle casse della V e dei suoi ignari azionisti. Tra un paio di mesi la società dichiara la bancarotta. E poco conta che sia fraudolenta, visto che in realtà la società non sarà mai esistita...”


Blake sorrise di nuovo.


Stavolta di gusto.


...Tutto il suo denaro andrà magicamente in fumo e gli immobili diventeranno proprietà della contea, probabilmente. Quello che conta, comunque, è che nel giro di un paio di mesi il nome di Anthony Van der Wiel sarà completamente distrutto... E noi saremo finalmente liberi.”


Ok. Adesso forse è più chiaro.


Eden scosse la testa.


Io credevo che...”


Era quasi imbarazzata a dirlo.


Blake la sollevò dal problema.


Cosa? Che avremmo preso i soldi del vecchio e ballato sulla tomba di nostra madre?”


Non esattamente la scena che Eden aveva immaginato, ma ci andava vicino.


Sì sentì una stupida.


Una perfetta idiota.


Blake scosse la testa


E' così tipico di te.”


Stavolta il suo tono era sdegnante.


Eden chiuse le palpebre per un paio di secondi.


Che vuoi dire?”


Lei sollevò appena le spalle


Ti perdi nelle apparenze. E' questo il tuo problema. Lo è sempre stato.”


Quattro parole per definire il suo problema. La sua nevrosi.


Quattro semplici parole.


Per questo non ho mai pensato che fossi adatta a Davis.”


Eden cercò di assimilare quella sentenza.


Blake non aveva tutti i torti.


Di certo era saltata alle conclusioni troppo in fretta.


E non era la prima volta.


Che intendi dire?”


Chiese timidamente con un filo di voce.


Non era sicura di voler ascoltare la sua spiegazione.


Non è davvero colpa tua. E' la tipica educazione da quartieri alti.”


Voleva essere una rassicurazione?


Una giustificazione forse?


Eden rimase in attesa.


Guarda in faccia la realtà per una volta in vita tua...”


Iniziò Blake.


Aveva tutta l'aria di uno di quei momenti.


Quei momenti in cui finalmente qualcuno ti apre gli occhi.


E distrugge tutti i tuoi castelli di sabbia.


Ti sei innamorata del ragazzo ribelle, quello con cui tutte le ragazze del liceo volevano uscire... Ti sei innamorata del rischio, della trasgressione, dell'idea di fare qualcosa che tua madre non avrebbe mai approvato.”


Blake fece una pausa mentre svoltava a sinistra.


Non era suo solito parlare così a lungo.


E anche alle orecchie di Eden quella voce arrivava come qualcosa di insolito.


E le sue parole come qualcosa di incomprensibile.


Era come se Blake stesse finalmente svelando il suo vero ruolo.


L'osservatore muto che per anni ha letto tra le righe.


Vedendo quello che tutti gli altri preferivano ignorare.


Le luci della Grand Central brillarono in fondo alla strada.


La mia domanda è questa Eden...”


Rallentando il ritmo di marcia Blake si concesse di guardarla


...Ti sei mai innamorata davvero di mio fratello?”


Lei ricambiò lo sguardo.


Le sue labbra si schiusero.


Hai mai amato l'uomo che si nasconde dietro la bottiglia di scotch e lo sguardo da duro? L'hai mai neanche conosciuto quell'uomo?”


Sì.


La risposta esatta da dare era sì.


Eden spinse aria nei polmoni, ma nulla venne fuori, come se le sue corde vocali fossero paralizzate.


Abbassò il viso.


Cercò ti tornare in possesso delle sue capacità fonatorie.


Blake, dall'altro lato, rimase rilassata.


Quella reazione non aveva nulla di sorprendente per lei.


Non affannarti a cercare la risposta giusta. Sappiamo tutte e due che se fosse sì non avresti già crocifisso mio fratello sulla base delle tue supposizioni.”


Il silenzio fu interrotto dal ticchettio dell'indicatore di direzione.


Erano arrivate.


Blake le rivolse finalmente un vero sguardo.


Ora il suo risentimento era chiaro.


Stampato a caratteri cubitali sul suo viso.


Accompagnato da quell'espressione esasperata.


Il momento delle confessioni era finito.


Ora doveva scendere e sparire.


Eden però sapeva di dover dire qualcosa.


Non poteva andarsene senza ribattere a quelle accuse.


Accuse insensate per di più.


Dio sapeva quanto aveva amato Davis.


Tanto da lasciare tutto. Da rinnegare ogni cosa.


Tanto da dare la sua vita per lui.


Non aveva valore tutto questo?


Di nuovo prese aria per poter finalmente rispondere.


Andartene è la cosa migliore che tu possa fare. Per lui e per tutti.”


Blake l'anticipò sputando la sua ultima sentenza.


Distruggendo una volta per tutte ogni sua intenzione di ribattere.


Eden mandò giù le parole che non aveva detto.


Strinse la maniglia dello sportello e venne fuori dall'auto più veloce che poteva.


Addio.”


Disse in un sussurro mentre sbatteva la portiera.


L'unica risposta di Blake fu il rombo del motore mentre sfrecciava via.


Eden guardò la sua auto scura sparire tra le altre.


In un attimo fu sommersa dal rumore dei taxi e dal chiacchiericcio dei viaggiatori.


Era sola.


Prese più aria che poteva, mentre una strana sensazione le riempiva il petto.


Era finalmente sola.



---------------


La stanza era insolitamente piena di agenti.


A Dair non piaceva essere il centro dell'attenzione.


Ma la situazione imponeva il massimo della professionalità.


Era lui a guidare le danze.


Guardò i suoi schemi disegnati alla bene e meglio sulla lavagna bianca.


Scorse uno ad uno i volti che lo avevano seguito con attenzione.


Aveva spiegato ogni cosa nei minimi particolari.


Il piano era chiaro.


Errori non erano ammessi.


Potete andare adesso.”


Le sedie stridettero contro il pavimento.


Agenti e federali sparirono l'uno dietro l'altro.


Solo McPhee rimase impalato nel suo angolo mentre Dair continuava a fissare la lavagna.


Devo ammetterlo...”


Esordì


...La bambolina mi ha sorpreso. Non credevo davvero che sarebbe arrivata fino in fondo. Buon per te.”


Il suo tono suonava gioviale.


Il suo viso lasciava intravedere tutta la rabbia malcelata.


Dair aveva ormai imparato a lasciarsi scivolare addosso i suoi commenti.


Rimase di spalle.


Cerca di concentrarti solo sull'operazione per favore.”


Rispose secco.


McPhee si leccò le labbra


Sembra che i tuoi piani romantici potranno realizzarsi dopo tutto.”


Dair sentì un pugno nello stomaco.


...Non è solo per questo che io ti amo.”


Quelle parole risuonarono di nuovo nella sua testa.


Accompagnate dallo stesso imbarazzo.


Se non fosse stato un uomo adulto in compagnia di un collega, si sarebbe concesso di arrossire.


Lasciami in pace McPhee.”


Gli chiese.


Avrebbe voluto essere un ordine, ma suonò come una richiesta disperata.


Quell'uomo riusciva sempre a toccare i suoi nervi scoperti.


Stavo solo cercando di essere gentile.”


Precisò lui alzando le mani.


Si stava rodendo il fegato, ma non poteva di certo darlo a vedere.


Sperava ancora in un passo falso di qualcuno.


Avrebbe ottenuto quello che voleva, in un modo o nell'altro.


Vado a vedere cosa combinano questi stupidi agenti di New York. Ci vediamo più tardi.”


McPhee fece un cenno con la mano anche se Dair non poteva vederlo.


Lasciò la stanza senza ulteriori commenti.


Dair si rilassò appena.


Doveva restare concentrato su quegli schemi d'azione, ma nella sua testa l'unica immagine chiara era quella di Eden.


E la sua espressione ferita.


Stupido. Stupido Dair.


Scosse la testa con forza.


Il piano era più importante.


Di nuovo ripassò a mente tutte le sue fasi.


Immaginò il momento in cui avrebbe stretto le manette intorno ai polsi di Davis Miller.


Non rappresentava più il momento più importante della sua carriera.


Quell'attimo valeva la sua vittoria.


Eden sarebbe stata sua. Sua e basta.


Si massaggiò le tempie per qualche istante.


La sua professionalità stava andando a puttane.


E mai prima di quel momento qualcosa era valsa più del suo lavoro.


Forse McPhee aveva ragione dopo tutto.


Tolto Davis dal quadro le cose sarebbero tornate a posto.


Eden avrebbe patteggiato la libertà vigilata per il resto della pena.


E lui le sarebbe stato vicino.


Ecco. Lo stava facendo di nuovo.


La vibrazione del telefono in tasca arrivò come un allarme a segnalare che stava nuovamente divagando dalla realtà.


Afferrò il cellulare aspettandosi l'ennesimo comando di servizio, ma trovò un messaggio che non si aspettava di certo.


Sto tornando a Chicago.

Spero tu possa capire.

PS fa' attenzione a McPhee,

non credo che dovresti

fidarti troppo di lui.

Eden


Mise meglio a fuoco sperando di aver letto male.


Non era una visione, quel messaggio c'era davvero.


Tornare a Chicago?


Non era nei piani.


Eden doveva restare lì, fare la sua parte, aspettare che l'operazione venisse conclusa.


Dair afferrò con più decisione il telefono e spinse il tasto di chiamata.


Poteva capire. Voleva capire.


Ma quel gesto avventato non avrebbe portato nulla di buono.



-------------



Eden sgranò gli occhi mentre il numero le lampeggiava davanti agli occhi.


Non si aspettava quella telefonata.


Si era appena seduta sull'autobus che l'avrebbe portata al JFK e già non sopportava più quel denso odore di polvere e profumo da uomo.


Dair si sarebbe arrabbiato.


Avrebbe cercato in tutti i modi di fermarla.


E probabilmente l'avrebbe anche convinta.


Non poteva rispondere.


Eden ignorò la chiamata.


Due volte.


Decise allora di spegnere definitivamente quel maledetto cellulare e ficcarlo in fondo alla sua borsa.


Quando infilò la mano nella sua chanel ricordò di colpo cosa ci aveva già nascosto.


Il giallo della busta le sembrò improvvisamente così insopportabile da ferirle gli occhi.


La tirò fuori lentamente.


La aprì e sfilò piano i documenti.


Nella penombra dell'autobus non era facile leggere, ma quei piccoli caratteri spiccavano con forza sulla carta candida.


Istanza di divorzio


Matrimonio di


Coniuge Richiedente: Eden Spencer Miller

Coniuge Convenuto: Davis Miller


Non c'era bisogno di andare oltre.


Non era difficile da capire.


Due semplici firme ed un matrimonio finisce.


Poco importa aver giurato davanti a Dio di restare insieme fino alla morte.


In fin dei conti era già parecchio in credito con Dio, uno sgarro in più non avrebbe peggiorato troppo la situazione.


Eppure qualcosa le faceva tremare le mani.


Quella scelta era profondamente sbagliata.


Fallimentare, forse.


Lei ci aveva creduto. Davvero.


Si era sposata a diciannove anni convinta che sarebbe durata fino alla fine.


Finché morte non ci separi.



******



Una grande chiesa gremita di gente in abito elegante.


Gigli bianchi e spighe dorate ad adornare la grande navata.


Il suono vagamente triste dei violini ad accoglierla.


Un abito lungo con lo strascico e le lacrime di sua madre.


Così Eden aveva sempre immaginato il suo matrimonio da bambina.


Mentre cercava di ascoltare le parole dell'anziano prete provava ad immaginarlo di nuovo, ma non aveva più lo stesso fascino.


Quel giorno per lei c'era solo una piccola chiesetta sperduta nel Connecticut.


Una cerimonia veloce.


La musica stridente dell'organo suonato da una vecchia signora.


Un bouquet di rose ed un semplice abito bianco senza strascico.


Sua madre l'aveva cacciata da casa e c'erano solo quattro invitati.


Eppure si sentiva in cima al mondo.


L'unica persona che contava per lei era quella che aveva vicino.


Davis le teneva la mano.


E ogni tanto le lanciava un'occhiata.


Gli brillavano gli occhi.


Il prete si schiarì la voce richiamando la loro attenzione


Davis Miller...”


Iniziò con tono solenne


...Vuoi tu prendere la qui presente Eden Spencer come tua legittima sposa per esserle fedele sempre, nella gioia e nel dolore, in salute ed in malattia, in ricchezza e in povertà, finché morte non vi separi?”


Quell'attimo di silenzio durò un'eternità.


Davis strinse la presa intorno alla sua mano.


Riuscì a guardarla dritto negli occhi.


Lo voglio.”


Rispose.


La sua voce profonda tremò appena.


Un timido sorriso si aprì sul suo viso.


E tu Eden Spencer...”


Eden rispose a quel sorriso.


Il cuore le esplodeva nel petto e non riusciva quasi più a credere che lo stavano facendo davvero.


...vuoi prendere il qui presente Davis Miller come tuo legittimo sposo per essergli fedele sempre, nella gioia e nel dolore, in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà, finché morte non vi separi?”


Lo voglio.”


Rispose.


Ma non riusciva a crederci.


Non aveva mai provato un'emozione così intensa.


Payne si affacciò timidamente alle loro spalle stringendo le fedi nella mano.


Piangeva così tanto che il mascara le era colato su tutto il viso.


Aveva un debole per i matrimoni.


Davis infilò l'anello al suo dito.


Eden ricambiò il gesto.


Tremava per l'emozione, non certo per paura.


Nell'avventatezza di quel gesto, nella loro giovane età e nell'incertezza del loro futuro non c'era nulla di spaventoso.


Sarebbero rimasti insieme per sempre.


Contro tutto e contro tutti.


Col potere conferitomi dalla chiesa di Dio vi dichiaro marito e moglie. Non osi separare l'uomo ciò che Dio unisce.”


Eden non riuscì a trattenere quel sorriso dall'esplodere.


Il più spontaneo della sua intera vita.


Davis la strinse a sé poggiando la bocca sulla sua.


Il loro primo bacio da marito e moglie.


Lui sorrise contro la sua bocca.


Ti amo signora Miller.”


Eccole. Le due parole più belle del mondo.



Signora Miller.



Ti amo anch'io.”



--------------------



Gli altri attendevano fuori già pronti a lanciare il riso, come da tradizione.


Perfino André aveva il sorriso stampato in faccia mentre ricopriva il suo migliore amico di chicchi bianchi.


Payne rideva tra le lacrime.


Tyler la abbracciò tanto forte da toglierle il respiro.


Aveva definito l'accompagnarla all'altare come il più grande onore della sua vita.


E lui era stato il miglior sostituto di padre possibile.


Eden non avrebbe voluto nessun altro.


Blake corse ad abbracciare suo fratello.


Non era d'accordo col matrimonio, ma non riuscì a resistere.


Quel giorno aveva di certo qualcosa di magico.


La magia di due persone che si uniscono per sempre.


La magia di una promessa solenne.


Finché morte non ci separi.



******



Finché morte non ci separi.


Eden riuscì a sentire quell'emozione riecheggiare dentro di lei.


Riuscì ad assaporarla di nuovo per un secondo.


Non era mai stata più felice.


Né più innamorata.


Blake si sbagliava a credere il contrario.


Lei conosceva bene l'uomo che aveva sposato.


E lo amava.


Aveva ascoltato tutti i racconti del suo passato.


E tutti i progetti del suo futuro.


Aveva riso con lui davanti ad uno stupido film.


E l'aveva stretto forte a sé quando aveva bisogno di piangere.


Era rimasta in silenzio ad ascoltare per ore.


E notti intere sveglia a guardarlo dormire.


L'unico momento in cui smetteva davvero di combattere coi suoi fantasmi.


Il momento in cui i suoi tratti si rilassavano e poteva finalmente vederlo sereno.


Aveva sopportato le sue urla e le sue critiche, anche se ingiuste.


E gliele aveva perdonate tutte.


Eden sospirò sentendosi costretta a trattenere le lacrime.


Peccato essere già lontana da tutti.


Peccato non poter più ribattere alle accuse di Blake.


Fissò il suo riflesso nel finestrino.


La sua espressione diametralmente opposta a quella che aveva visto nei suoi ricordi.


Quelle sensazioni lontane anni luce.


Da anni cercava vendetta.


Da mesi sosteneva di star facendo la cosa giusta.


E per tutto quel tempo, mai un secondo, si era sentita bene.


Mai felice.


Mai appagata.


Mai pulita.


Inspirò profondamente.


Poteva davvero fare quello che stava facendo?


Poteva davvero andare fino in fondo e distruggere l'esistenza all'unico uomo che avesse mai amato?


Era giusto ripagare tutto quell'amore col tradimento?


Ancora una volta sentì su di sé quei maledetti quattro colpi.


D'istinto portò la mano lì dove l'avevano colpita.


Non facevano più alcun male.


Tutto il dolore era passato.


Un pensiero del tutto nuovo le attraversò la mente.


Per anni aveva accusato Davis di averla abbandonata, ma non si era mai fermata a guardare oltre quei ricordi confusi.


Oltre il terrore della morte.


Lo amava.


Non avrebbe mai voluto vederlo morire con lei.


Se avesse potuto guardare quella scena dal di fuori sarebbe stata lei stata ad urlargli di scappare.


Di salvarsi.


Di ricominciare.


Le parole di Blake risuonarono ancora.


E' questo il tuo problema... Ti perdi nelle apparenze.”


Aveva ragione.


Si era persa allora.


E si stava perdendo adesso.


Davis non voleva i soldi di suo nonno.


Voleva solo liberarsi dei suoi fantasmi.


Dimenticare tutte le volte in cui si era sentito abbandonato ed insignificante.


Un colpo allo stomaco fermò il respiro di Eden.


Tutto il suo mondo si bloccò per un istante.


La realtà la colpì dritta in faccia.


Aveva solamente due scelte possibili davanti a lei.


Zittire quelle emozioni, volare da sua figlia e far finta di niente per tutto il resto della sua esistenza.


Oppure sotterrare il passato, tornare indietro e, per una volta, sputare tutta la verità in faccia a Davis.


La risata di un bambino la risvegliò da quel dilemma.


Era seduto due sedili più in là, accanto a sua madre.


Insieme ridevano chissà per quale storia.


I suoi piccoli occhi chiari luccicavano nell'oscurità.


D'improvviso Eden non ebbe più alcun dubbio.


Tra le due vie possibili, scelse la terza.


Frugando di fretta nella borsa tirò fuori il telefono.


Lo accese e compose il numero.


Quella calma improvvisa la sorprese.


Finalmente aveva la soluzione.


La sua unica soluzione.



Pronto?”


Quella voce, bassa e sicura, tradiva appena l'incertezza provata davanti ad un numero che non aveva potuto riconoscere.


Eden chiuse gli occhi prendendo aria.


Pronto??”


Sono io.”


Riuscì finalmente a rispondere.


Non si era data il tempo di trovare le parole adatte.


Eden?”


Stavolta Davis suonò sinceramente sorpreso.


Forse credeva ancora che lei fosse solo due stanze più in là.


Sì.”


Dove sei?”


Eden rimase di nuovo in silenzio.


Il suo vocabolario sembrava d'improvviso non avere abbastanza parole.


Devo dirti una cosa e te la dirò una volta soltanto per cui ascoltami bene ok?”


Le sembrò di vedere chiaramente l'espressione di Davis diventare scura.


Lui non rispose nulla.


Rimase in ascolto come lei le aveva chiesto.


Eden buttò fuori tutta l'aria.


Domani non andare alla lettura del testamento.”


Lui rimase zitto ancora per qualche istante


Come fai a sapere che...”


Tu non andarci ok?”


Lo interruppe Eden.


Voleva sbrigarsi. Quella convinzione non sarebbe durata troppo a lungo.


Perché?”


Domandò Davis.


Adesso il suo tono si era fatto gelido.


Forse aveva già capito.


Perché troveresti tutta l'FBI ad aspettarti.”


Solo una breve pausa


Tu come lo sai?”


Stavolta Eden non ebbe dubbi.


Quella di Davis suonava come una domanda del tutto superflua.


Conosceva già la risposta.


Perché li ho avvertiti io.”


Eden si morse forte le labbra dopo l'ultima confessione.


Non si aspettava di sentirlo urlare.


Ma era terrorizzata dall'idea di cosa avrebbe potuto dirle.


Nulla.


Davis non disse nulla.


Aeroporto internazionale JFK. I signori passeggeri sono pregati di scendere.


La voce gracchiante dell'altoparlante riempì quell'insopportabile vuoto.


Eden coprì istintivamente il telefono con la mano.


Ma forse lui aveva già sentito.


La linea cadde un paio di secondi più tardi.



Prego signorina.”


Un signore dal viso gentile le fece cenno di passare per prima.


Eden si sforzò di sorridere per pure educazione.


Afferrò le sue cose e percorse a grandi passi la breve lunghezza dell'autobus.


Aveva un aereo da prendere.


Il più in fretta possibile.



^^^^^^^




Eccomi!! Stavolta ci ho messo tanto, lo so, e mi dispiace! Ho dovuto preparare un lavoro per l'università e mi sono rimessa a dare ripetizioni, per cui tutto il mio tempo è volato via!! Spero che abbiate avuto pazienza ^_^


Questo è il vero capitolo in cui le cose iniziano “finalmente” a complicarsi... Che ne dite della reazione di Eden? Vi aspettavate di meglio?? Posso solo dirvi che il mio tentativo in questo capitolo è stato quello di ribaltare i due fronti opposti.


Davis e Blake li ho sempre dipinti come i cattivi della situazione, ma in questo capitolo ho deciso di mostrare la loro “parte di luce”. Blake non evita Eden per pura antipatia o per gelosia, ha i suoi buoni motivi e spero che li abbia efficacemente svelati durante il loro discorso. Tutto quello che ha sempre voluto fare è proteggere Davis, suo fratello.

In quanto a Davis si era già capito che aveva buone intenzioni, ma se avevate dubitato per via del testamento, adesso sapete che non è poi così avido come sembra. Per lui quei soldi hanno un valore del tutto simbolico ed è profondamente convinto che liberandosene, potrà liberarsi anche dei brutti ricordi della sua infanzia. La sua però, è solo un'illusione.


Per Eden e Dair vale lo stesso discorso. Dair si è sempre sentito come un onesto paladino della legge, ma in questa situazione inizia a fare i conti col proprio egoismo e la propria ambizione. Non è per fare giustizia che vuole arrestare Davis, ciò che vuole davvero è toglierlo dalla propria strada per poter arrivare ad Eden.


In quanto a lei, i suoi pensieri negli ultimi capitoli hanno seguito passo passo questo processo di capovolgimento di punti di vista. Dall'essere una vittima di Davis e del destino è passata ad essere una bugiarda ed una traditrice. Il discorso di Blake fa scattare il lei qualcosa, le fa finalmente realizzare che non si è mai fermata a guardare al di là delle semplici apparenze. E così può finalmente valutare ogni cosa con occhi diversi: la storia del testamento, l'idea del divorzio, il suo rapporto con Davis, la sparatoria di cinque anni prima, la vendetta...


Paradossalmente, di fronte a tutti questi fatti, si ritrova proprio lei dalla parte del torto. O almeno è come l'ho vista io... Potete benissimo non essere d'accordo con i miei monologhi!! ;)


Detto ciò, non voglio darvi anticipazioni sul prossimo capitolo, anche perché spero di aggiornare prima la prossima volta!


Un grazie a tutti come sempre!! E uno speciale a Supermimmina e karlettasckr che hanno aggiunto la storia alle seguite!



XCINZIA818: finalmente risolto il mistero del testamento! O almeno in parte.. Che dici? Delusa? Se non altro il povero Davis ne guadagna in umanità ed onestà! Credevi davvero che Eden potesse andarsene così fregandosene di tutto e tutti? Ovviamente no! ;) Data la forte tendenza alla paranoia, era normale che avesse all'incirca 850mila ripensamenti diversi. Alla fine ha scelto l'unica opzione possibile, anche se non ho ancora spiegato del tutto di cosa si tratta. Comunque lo saprai presto!

Ahimè Blake non ha ancora scoperto di Sophia, ma credimi, qualcun altro lo scoprirà presto! A parte questo spero di aver reso l'idea nel mostrare i veri pensieri di Blake, ma del resto avevi già capito dal capitolo precedente!^_^ Grazie mille di nuovo e come sempre! A presto! Un bacio, Martina.


XMEREDITH91: grazie davvero per i complimenti! Purtroppo scrivere un romanzo è cosa ben diversa di questa.. Ammetto che mi piacerebbe, ma mi rendo conto di non essere ancora pronta. Ho mille idee per il cervello e Deal With My Devil è ancora una di queste.. E' una specie di tentativo in attesa di scrivere qualcosa di diverso, diciamo. Spero di riuscire a finirla presto, così potrò iniziare anche le altre storie! Conoscendomi non scrivo due cose contemporaneamente, finirei per non concludere nessuna delle due! Ad ogni modo, per il momento, spero che questa storia rimanga fino alla fine all'altezza del vostro apprezzamento e delle vostre aspettative! Grazie davvero di cuore e non ringraziarmi per la locandina, non ce n'è bisogno.. Quando posso essere utile, sono sempre disponibile! A presto, un bacio, Martina.


XMIVIDAM: innanzitutto grazie. Devo ringraziarti di cuore sia per le recensioni che per la fiducia che hai mostrato nei confronti di questa storia. Ammetto che, forse per la prima volta, ho scoperto un'altra lettrice/scrittrice sulla mia stessa lunghezza d'onda. E credimi, vale molto! Ennesima conferma in questa tua ultima recensione. Anche tu appassionata di Georgie e fan sfegatata di Abel? Io pure! Da piccola sottovalutavo molto il significato di questo cartone animato, ma fortunatamente l'età adulta mi ha portato giudizio ;) E' tutto esattamente come dici tu. E credo di averne inevitabilmente preso esempio, ma del resto l'amore in tutte le sue forme è il sentimento più naturale del mondo e, qualunque storia si racconti, finisce sempre per spuntare da qualche parte. Deal With My Davil altro non è che una storia d'amore nel contesto di una storia d'azione (o che ha la pretesa di essere considerata tale). In questo capitolo ho di nuovo mischiato le carte, ma ti assicuro che nella mia testa (almeno nella mia testa) tutto ha un senso, anche quella giustizia di cui ti stavi domandando. Vorrei che i personaggi compissero un vero e proprio processo di crescita per arrivare poi alla conclusione più giusta per l'appunto. Speriamo di riuscirci! Ho visto che hai aggiornato la tua storia, ho una voglia matta di leggere, ma purtroppo non ho avuto tempo! In mia difesa però, ho già deciso che parte di questo week end sarà dedicata alla lettura e alle recensioni! Quindi a presto e di nuovo grazie mille! Leggere l'introduzione alla mia storia sul tuo sito è stato a dir poco emozionante! A presto! Martina






































































































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Capitolo 17
*** La Beffa, L'Assassino e La Bambina ***


capitolo17

CAPITOLO 17


LA BEFFA, L'ASSISSINO e LA BAMBINA”



Is it ever gonna not be so hard

to see you around?

Am I really really really really gonna have

to really gonna have to

really have to leave town again?”

Joe Tex, These Taming Blues – Phosphorescent





Eden conosceva quello sguardo.


Nero. Deciso. Terrorizzante.


Non lo aveva mai rivolto a lei prima d'ora.



D'istinto indietreggiò di un passo.



Come hai fatto a trovarmi?”



L'angolo della sua bocca si sollevò in una specie di ghigno


Devo dire che non è stata una grande idea comprare il biglietto d'aereo con la tua carta di credito...”


Davis sorpassò la soglia con un solo passo


...Mi sono bastati cinque minuti per trovare qualcuno che ti seguisse dall'aeroporto a qui.”


Il suo tono gelido e tagliente.


Eden, se avesse potuto, avrebbe chiuso gli occhi ed imprecato.


Stupida.


Non mosse un muscolo, immobile in piedi di fronte a lui, cercando di essere un ostacolo impossibile da aggirare.


I suoi occhi si mossero istintivamente verso la porta di Sophia.


In meno di un secondo realizzò cosa sarebbe potuto succedere.


Doveva farlo uscire di lì. Immediatamente.


Eden strinse i pugni sforzandosi di guardarlo negli occhi


Vattene.”


Ordinò.


Lui scosse la testa, col ritmo di una minaccia silenziosa.


Cosa vuoi fare?”


Il suo fu quasi un sussurro, sapeva già che nulla di buono sarebbe successo.


Davis avanzò di prepotenza senza che lei potesse fermarlo.


La sua mole la costrinse ad indietreggiare ancora. Pericolosamente.


Lui si sbatté la porta dietro.


I suoi occhi si fecero due fessure


Hai mentito, tutto il tempo.”


Suonava come una mera introduzione, la prima di una lunga serie di colpe da scontare.


Eden rimase immobile, non poteva permettergli di avvicinarsi troppo.


Volevi vendermi alla polizia.”


Stavolta le parole di Davis furono piene di sdegno.


Le sue mani fremevano ed era come se si stesse sforzando terribilmente per tradurre in parole ciò che avrebbe ben più volentieri spiegato in gesti.


Eden si permise di scuotere appena la testa.


Non l'ho fatto.”


Bisbigliò.


Più lui tremava più lei sentiva crescere la paura.


Non aveva mai avuto timore di lui prima.


Era una sensazione del tutto nuova, difficile da gestire.


Gli occhi di Davis divennero neri di rabbia davanti a quel patetico tentativo di difesa.


Fa lo stesso.”


Sentenziò.


Sembrava un leone affamato sul punto di attaccare la preda.


Tutto quello che hai fatto... Tutto quello che hai detto...”


Davis accorciò la distanza tra loro


...Era una bugia.”


Eden scosse di nuovo la testa, stavolta con decisione


No, non è vero.”


Cinque anni di bugie.”


Non ho avuto scelta.”


Non ti credo!”


Davis alzò la voce per primo.


L'idea che per tutto quel tempo lei avesse finto gli aveva annebbiato il cervello.


Lui credeva fosse morta.


Lei collaborava tranquillamente con la polizia.


All'alzarsi dei toni Eden sentì il suo corpo riempirsi di adrenalina.


Doveva reagire. Sollevò il viso e contrasse la mandibola.


Bene.”


Respirò.


Se è la verità che vuoi, te la dirò.”


Davis non tentennò nemmeno per un istante.


Era un'ombra su di lei, pronto ad attaccare.


Eden fece appello al suo coraggio, doveva pur averne ancora un po' nascosto da qualche parte.


Volevo vederti finire in galera, è vero. Volevo che pagassi per tutto quello che mi hai fatto.”


Lui aggrottò le sopracciglia


Tutto quello che ti ho fatto?”


Fece un piccolo passo in avanti, Eden lo sentì incombere su di lei e non poté non indietreggiare ancora.


La sua voce iniziò a tremare di una paura appena percettibile


Ho perso ogni cosa per te. Sono quasi morta per colpa tua.”


Lui alzò le mani.


Eden ebbe l'istinto di ripararsi.


Davis strinse i pugni davanti al suo viso.


Tu non sei morta.”


Scandì le parole ad una ad una con decisione.


Voleva che lei se ne rendesse conto.


Che riconoscesse di essere viva.


Il pensiero di aver pianto la sua morte, l'eco di quelle sensazioni insopportabili, lo facevano sentire un idiota.


Nella sua testa non faceva che risuonare la risata di Eden.


Immaginava di sentirla ridere.


Di gusto. Di cuore. Di lui.



...Non ancora almeno.”


Aggiunse mentre quel suono acuto gli riempiva la testa.


Eden si fece seria di colpo.


Non poteva permettersi di indietreggiare ancora, il muro era già troppo vicino.


E così anche Davis.


Rimase dov'era


Vuoi uccidermi forse?”


Chiese, ostentando una spavalderia che non le apparteneva.


Lui le rivolse gli occhi, era così vicino che Eden poteva sentire il suo respiro.


Sapeva di single malt e sigarette.


Di certo non era stato un viaggio tranquillo il suo.


Ancora non disse nulla.


Certo. Perché è questo quello che fai. Tu ammazzi la gente.”


Incalzò lei.


Davis aveva ancora i pugni stretti, ma il suo sguardo aveva tentennato per un solo attimo di troppo.


Eden si sforzò di approfittarne.


Se sperava di disarmarlo, doveva colpire il suo punto debole.


Fortunatamente, sapeva benissimo quale fosse.


Se tua madre potesse vederti si rivolterebbe nella tomba.”


Riuscì a sputare in un solo respiro.


E si rese immediatamente conto di aver osato troppo.


Non ottenne la fuga, bensì l'attacco.


Eden sentì un dolore improvviso colpirle il viso, qualcosa che tentava chiaramente di spaccarle le ossa.


Non ebbe nemmeno il tempo di sentire il suo tocco sulla pelle.


Avvertì solamente il colpo che la spinse pesantemente contro la parete.


La stampa di Klimt cadde a terra.


Il vetro in mille pezzi.


La guancia iniziò a bruciarle immediatamente mentre la bocca si riempiva del sapore metallico del sangue.


Doveva venire dal suo labbro.


Rialzò gli occhi senza seguire l'esigenza di coprirsi il viso con le mani.


Davis teneva ancora il braccio a mezz'aria. Gli occhi sgranati per la collera e la consapevolezza di quello che aveva appena fatto.


Mai prima aveva desiderato di farle del male.


Mai quanto in quel momento.


Perdere il controllo era una sensazione che non sopportava, perché una volta dentro quella spirale, non riusciva più ad uscirne.


Eden percepiva il dolore, ma quasi non lo sentiva.


Quello di Davis era stato un affronto, una violazione... Eppure non riusciva ad odiarlo di più, come se quel pugno l'avesse meritato davvero.


Il senso di colpa iniziò ad urlarle nella testa.


Mischiato non più alla paura, bensì ad uno stato di estrema necessità.


Un bisogno che non era capace di identificare.


Lui si mosse di nuovo verso di lei.


Un brivido le corse lungo la schiena mentre Davis alzava di nuovo le mani.


Stavolta se lo aspettava, stavolta avrebbe sentito ogni più minima scheggia di quel dolore.


Avrebbe voluto essere ancora abbastanza forte da guardarlo negli occhi, ma non riuscì a trattenere lo sguardo.


Frenò invece il respiro.


Ma nessuno schiaffo le ferì il viso.


Contro ogni aspettativa, avvertì le dita di Davis toccarle il collo.


Erano calde, tanto da avvertire il loro calore nella gola.


Cosa voleva fare? Strangolarla forse?


Lui strinse la presa, abbastanza da farle avvertire un fastidio pungente fin nella trachea.


Eden poggiò le mani sui suoi polsi facendo forza.


Non gli avrebbe certo permesso di ucciderla.


Eppure quella presa non divenne mai più decisa, né più dolorosa.


Lei risollevò gli occhi.


Davis continuava a tenerla stretta contro la parete.


Senza parlare. Come se fosse immobilizzato da qualcosa, da qualche nuovo insano pensiero.


Eden cercò di leggere nelle sue iridi mentre rilasciava la presa intorno ai suoi polsi.


Qualsiasi pensiero fosse, era chiaro che non sarebbe riuscito a farle del male.


Non davvero.


Davis ingoiò un po' della sua confusione.


Si riempì i polmoni d'aria come se stesse finalmente per dire qualcosa.


Eden chiuse gli occhi ringraziando il cielo per un istante. Non sopportava più quel silenzio.



Mamma?”



Quella voce sottile ruppe la quiete con il fragore di un'esplosione.


Eden spalancò gli occhi.


Non era stato Davis a parlare.


Lui era ancora fermo lì, rimasto con le parole tra i denti.


Il suo viso si distorse in una smorfia di incertezza ed incredulità mentre trovava il coraggio di voltarsi.


Eden si sentì il cuore in gola.


Stava succedendo. Stava per succedere. Non poteva succedere.


Afferrò di nuovo il braccio di Davis con decisione, sperando che la liberasse. Lui, in tutta risposta, strinse la presa.


Gli occhi di Davis seguirono piano la parete fino in basso, fino a cogliere la piccola sagoma in pigiama che lo guardava storto.


Chiuse gli occhi.


Si trattava di un'allucinazione o qualcosa del genere.


Visto che stava impazzendo, non doveva certo sorprendersi troppo.


Quando li riaprì la bambina era ancora lì ed i suoi grandi occhi scuri lo fissavano con disappunto e curiosità.


Grandi occhi scuri. Proprio come quelli di...


Davis si girò di nuovo verso Eden.


Aveva il terrore dipinto in volto.


Spaventata come non l'aveva mai vista.


Lentamente smise di stringere ed allontanò le mani da lei.


Perché non poteva fare nient'altro.


Eden si pulì di fretta il viso, non voleva che Sophia la vedesse sanguinare.


Nonostante fosse terrorizzata, riuscì a sfoggiare un sorriso.


Amore, ti sei svegliata?”


La voce le tremava, la gola le prudeva e le gambe sembravano non reggere più il suo peso.


Sophia camminò a piedi nudi fino a loro.


Di nuovo i suoi grandi occhi si poggiarono su Davis.


Nel candore della sua tenera età non poteva nemmeno immaginare cosa stesse succedendo.


Era solo curiosa di sapere chi fosse quell'uomo.


Non capitava spesso che qualcuno venisse a trovarle.


Non capitava mai, in effetti.


Chi sei tu?”


Domandò con la sua vocina acuta.


Davis non riusciva a non fissarla come se fosse un mostro o un alieno.


Al suono della parola “mamma” le sue sinapsi avevano smesso di attivarsi.


Era completamente, totalmente perso.


Tutto ciò che riuscì a fare fu guardare di nuovo Eden, come se paradossalmente, cercasse il suo aiuto.


Eden ricambiò il suo sguardo per un attimo soltanto, poi si allontanò da lui e raggiunse Sophia.


Con lo stesso sorriso falso si inginocchiò alla sua altezza.


Lui è Davis. Un amico della mamma.”


Si sforzò di mentire.


Anche se i suoi castelli stavano crollando, neanche un granello di sabbia avrebbe turbato la serenità di sua figlia.


Sophia aggrottò le sue sopracciglia sottili.


Non l'ho mai visto.”


Obiettò.


Eden si sforzò di annuire.


Lo so. Vedi...”


Annaspò col fiato corto


...Io e Davis non ci siamo visti per tanto tempo.”


Avrebbe voluto spiegarsi meglio, ma nulla più le uscì dalle labbra.


Fortunatamente quelle poche parole tremolanti sembrarono bastare.


Sophia si mosse al di là di sua madre.


Di nuovo puntò lo sguardo su Davis.


Sei un poliziotto?”


Davis corrugò la fronte, ma la sua domanda era più che giustificabile.


Le poche persone che conosceva come amici di sua madre erano sempre e solo poliziotti.


Senza contare che l'unico uomo che avesse mai frequentato quella casa era Dair. Un poliziotto per l'appunto.


Se quella domanda fosse venuta da qualsiasi altra persona, molto probabilmente Davis avrebbe riso. O forse sarebbe addirittura rabbrividito.


Ma davanti a lei non riusciva nemmeno a pensare.


Nei suoi occhioni brillanti non c'era alcuna paura.


Né colpa. Né cattiveria.


Quegli occhi erano limpidi.


Per Davis quella purezza era una cosa del tutto nuova.


Difficile da guardare.


Non aveva mai visto nulla di simile.


No.”


Riuscì infine a rispondere in una specie di sussurro.


Eden intervenne prima che la conversazione potesse continuare.


Riuscì a trascinare la bambina un po' più in là.


E' ancora presto Sophia...”


Di nuovo si inginocchiò di fronte a lei


...Dovresti tornare a letto.”


La piccola protrasse appena le labbra


Non partiamo più?”


Chiese a metà tra sollievo e dispiacere.


Eden trattenne un brivido, sperando che Davis non avesse sentito.


Te l'ho detto, è ancora presto.”


Accarezzò delicatamente i suoi capelli


Torna a letto ora. Io arrivo subito...”


Spegnendo il sorriso si voltò all'indietro. Davis fissava la scena immobile.


...Appena Davis va via. Ok?”


Eden lanciò un messaggio subliminale.


Gli chiedeva disperatamente di andarsene.


Non aveva abbastanza forza da inventare nuove bugie.


Sophia annuì stropicciandosi gli occhi.


Era ancora curiosa, ma non riusciva a nascondere il sonno.


Di nuovo rivolse a Davis il suo sguardo.


Sollevò una manina per salutarlo.


Ciao.”


Disse.


Lui osservò quel semplice gesto.


Ogni piccolo tratto di quella bambina sembrava avere qualcosa di familiare.


Era come guardare una Eden in miniatura.


Con qualcosa in più, qualcosa che non riusciva ad identificare.


Davis rispose al saluto con un gesto della mano.


La seguì con gli occhi mentre sgambettava fino alla sua stanza.


Eden le andò dietro chiudendo immediatamente la porta.


Rimase a fissare il legno per una lunga manciata di secondi.


Non c'era nessuna via d'uscita.


Stavolta non aveva storie da inventare, né porte sul retro da cui fuggire.


Il suo incubo si stava materializzando, ma era meno spaventoso di quanto immaginasse.


Doveva ammetterlo a sé stessa. Per quanto avesse sperato di mantenere quel segreto a vita, milioni di volte si era scoperta ad immaginare quel momento.


E' tua figlia.


Dirlo nella sua testa sembrava così semplice.


Eccola. Di nuovo la morsa al cuore.


Respirò più a fondo che poteva.


Trovò il coraggio di voltarsi.


Si aspettava di vederlo ancora immobile, scioccato, incredulo.


E invece si trovò addosso il suo sguardo torvo.


Forse più astioso di prima.


Per un attimo non riuscì a capire.


Hai una figlia?”


Domandò lui con la voce nuovamente piena di sdegno.


Eden si mosse girandogli intorno.


Gli occhi di Davis le rimasero incollati addosso.


Annuì e basta, cercando di capire come comportarsi.


Lui sfoggiò una strana smorfia


Incredibile.”


Disse, di nuovo con quel tono.


Prese a muoversi verso di lei.


Era di nuovo il Davis furioso che aveva bussato alla sua porta.


Quindi non solo collabori con la polizia...”


Di nuovo gesticolava nervosamente


...Ma mentre noi piangevamo la tua morte hai anche trovato il tempo di mettere su famiglia.”


Adesso la sua voce era un mix di disprezzo, ironia e rabbia.


Eden chiuse gli occhi per un istante.


Non aveva capito.


Davis non aveva capito niente.


E benché dovesse essere un sollievo, si sentì inaspettatamente delusa.


Lui la fissava attendendo una risposta decente.


Lei non disse nulla.


Più provava ad inventare qualche storia, più si rendeva conto di non averne la forza.


Gli avrebbe lasciato credere quello che voleva.


Probabilmente era meglio di qualsiasi verità.


Davis si avvicinò ancora.


Non era certo il tipo di persona che può accontentarsi di qualche supposizione.


E con chi?”


Iniziò


Con chi è che te la fai? Con uno dell'FBI?”


Mano a mano che i suoi pensieri diventavano voce, la collera cresceva.


Ad ogni passo verso di lei Davis buttava benzina sul suo stesso fuoco.


Dimmelo.”


Ordinò ormai ad un passo da Eden.


Dimmelo!”


Urlò.


Lei scosse la testa.


Teneva la mandibola serrata, presa dal terrore che se avesse aperto bocca, la verità ne sarebbe venuta fuori senza alcun controllo.


Davis non riusciva a resistere.


L'immagine di Eden insieme ad un altro si era già fatta nitida nella sua mente.


Ed era insopportabile.


Non poteva visualizzare il suo viso, ma doveva a tutti i costi sapere il suo nome.


L'avrebbe ucciso.


Appena se lo fosse trovato davanti l'avrebbe ucciso.


Afferrò Eden per le spalle sbattendola di nuovo al muro.


Lei avvertì il colpo contro la spina dorsale.


Sopportò in silenzio anche quel dolore.


Le dita di Davis che ora la stringevano con un'insolita violenza facevano molto più male.


Tu sei mia moglie.”


Precisò sottolineando con la voce l'aggettivo possessivo.


Stressandolo. Straziandolo quasi.


Lei era sua.


L'idea che qualcun altro l'avesse sfiorata, che addirittura condividesse con lei un figlio...


Quell'uomo meritava di morire.


Di nuovo fece forza spingendola contro la parete.


Chi è il padre?!”


Era totalmente fuori controllo.


Chi è?!”


Eden si lasciò scuotere al ritmo del suo rancore, sentendo ogni volta il muro collidere con le sue ossa.


Sarebbe bastato dire un nome.


Uno qualsiasi.


Dì un nome.


Dì un nome.


Dì un nome.


Dì un nome.


Quella voce si ripeteva nella sua testa senza scampo.


Continuamente strattonata non riusciva a pensare.



Tu!”


Gli urlò in faccia, senza nemmeno rendersene conto.


Desiderava solo che quel dolore finisse.


Sei tu.”


Ripeté, con la voce già ammorbidita dal pianto.


Gli occhi si riempirono di lacrime in un momento.


Il loro calore le rigò il viso.


Il sapore salino si mischiò a quello del sangue.


Come se avesse abbattuto una diga, un fiume di sconforto e di sollievo la travolse.


Iniziò a singhiozzare senza più contegno né timore.


Davis smise di agitarsi.


Rilasciò la presa attorno alle sue spalle.


Il suo viso era un lenzuolo bianco spoglio di qualsiasi espressione.


Abbassò lo sguardo fissando un punto immaginario.


Cercava un senso. Una logica. Senza riuscire a trovarne.


Nessun pensiero.


Eden piangeva disperata di fronte a lui, ma era come se non ci fosse.


Era solo adesso, solo con l'eco delle sue parole.


Tu.


Sei tu.


Iniziò a scuotere nervosamente il capo.


No. E' impossibile.”


Disse a sé stesso.


Continuava a pensare al viso di quella bambina.


Ai tratti così familiari.


Al suo passato.


E' impossibile.”


Ribadì tornando a guardare Eden, sforzandosi di metterla a fuoco.


Tremava addosso alla parete.


Gli occhi già rossi per il pianto.


Le braccia giù lungo i fianchi, inerme.


Senza alcuna intenzione di difendersi.


Senza più alcun bisogno di farlo.


Una consapevolezza che non si aspettava lo fulminò.


E se fosse la verità?



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NEW YORK


4 ANNI e 13 MESI PRIMA



Chiusa nel bagno del motel Eden continuava a fissare lo specchio.


Non vedeva l'immagine riflessa. Tutta la sua attenzione era rivolta alle macchie di vapore che si formavano lì dove il suo respiro incontrava il freddo dello specchio.


Comparivano e sparivano.


Sparivano e ricomparivano.


Allo stesso ritmo dei suoi respiri affannosi.


Sarebbe rimasta a fissarle per sempre.


Tutto pur di non abbassare lo sguardo.


Tre minuti.


Bastano solo tre minuti per sapere se tutta la tua vita cambierà.


Erano passati da un pezzo, ma ancora non aveva il coraggio di guardare.


Troppo presto. Troppo inaspettato.


Davis non ne sarebbe stato affatto contento.


E probabilmente nemmeno lei.


Muovendo gli occhi incrociò il suo stesso sguardo.


Avanti.


Incitò sé stessa.


Avanti.


Cercando di fare il più in fretta possibile sollevò lo stick bianco dal lavandino.


Trattenne il fiato e se lo portò davanti agli occhi.


Rimase a fissarlo per quella che sembrò un'eternità.


Due linee.


Due piccole linee blu.


Espirò lentamente.


Sollevò piano le sopracciglia.


Ecco. Tre minuti sono bastati.


Tutto è cambiato.


Di nuovo guardò nello specchio.


Si portò la mano libera al viso.


Provò a sistemare i capelli.


Finì a fissare sé stessa come se non si fosse mai vista prima.


Sono incinta.


Riuscì a pensare, ma quell'idea sfumò più veloce di qualsiasi altra.


Trattenne una smorfia nell'incertezza tra il pianto ed il sorriso.


E adesso?



Eden?”


La voce arrivò seguita immediatamente da tre colpi leggeri contro la porta.


Tutto bene?”


Quanto tempo era passato da che si era chiusa in bagno?


Pochi minuti? Qualche ora?


Non avrebbe saputo dirlo.


La preoccupazione di Davis era lecita.


Ma la sua voce la gettò nel panico.


Sì...sì.”


Balbettò incerta mentre cercava di capire cosa doveva fare.


Adesso esco!”


Seguì l'istinto di infilare il test nella borsa, insieme alla scatola e a tutto il resto.


Respirò a pieni polmoni e girò la maniglia.


Davis l'attendeva appoggiato allo stipite della porta.


Stai bene?”


Forse la sua faccia diceva il contrario, ma Eden si sforzò di annuire.


Lui allungò una mano e scostò una coccia dei suoi capelli.


La vedeva più pallida del solito.


Iniziava a preoccuparsi sul serio.


Sicura?”


Eden sentiva le labbra come incollate.


Di nuovo fece cenno di sì con la testa.


Davis le accarezzò il viso.


Ti ho sentita vomitare anche stamattina. Forse dovrei portarti da un dottore.”


Ci aveva pensato già da sola.


Sì sì, certe cose una donna le capisce subito!”


Ancora aveva in testa la voce squillante della farmacista e tutto il suo fastidioso entusiasmo mentre le comunicava che sarebbero bastati 19 dollari e 99 per conoscere il suo futuro.


A pensarci quasi le tornava la nausea.


No. Sto bene.”


Stavolta si affrettò a rispondere, condendo il tutto con un sorriso incerto.


E poi abbiamo cose più importanti a cui pensare adesso, no?”


Davis si fece serio.


E' vero. Dovevano restare concentrati.


Stavano organizzando un colpo grosso. Uno scambio impegnativo, seppur conveniente.


Tony Jenkins li aveva contattati per quell'operazione.


Loro dovevano solo rubare un carico di merci per conto suo.


Lui li avrebbe ripagati più che generosamente.


Nulla è più importante di te.”


Eden si sforzò di sorridere mentre un magone le saliva in gola.


Davis non era troppo solito ad esprimere i suoi sentimenti.


Doveva essere davvero preoccupato.


Assecondò l'impulso naturale di abbracciarlo.


Stringendolo forte si rese conto che non poteva assolutamente dirgli la verità.


Non adesso.


Avrebbe significato scombinare tutti i suoi piani.


In quei momenti, respirando il suo profumo, Eden decise che avrebbe aspettato. Almeno fin dopo quel colpo.


Se tutto fosse andato come doveva, avrebbero potuto prendersi del tempo. Decidere con calma.


Forse avrebbero potuto anche smettere.


Cambiare vita.


Sentendosi stretta tra le braccia di Davis, Eden si sentì finalmente meglio.


L'unico posto dove riusciva a sentirsi al sicuro.


Non poteva ancora sapere che in realtà Tony Jenkins era una talpa della polizia.


Né che di lì ad una settimana la sua vita, così come la conosceva, sarebbe finita.



-----------




Eden non si era ancora mossa.


Le sue lacrime era finite da un po'.


Così come le sue parole.


Quella stanza era come immersa nel nulla.


Il tempo sembrava non scorrere più, nonostante il sole avesse iniziato a brillare tra le tapparelle.


Ognuno di loro immerso nel proprio mondo.


Davis aveva barcollato fino ad divano e lì si era seduto.


Con la testa tra le mani.


Eden non sapeva cosa fare. Non aveva idea di cosa stesse pensando.


Mosse i suoi primi passi incerti verso di lui.


Rimase a guardarlo in silenzio.


Poteva seguire il ritmo dei suoi respiri mentre la sua schiena si muoveva lentamente.


Erano respiri lenti, segno che la collera era passata.


Sentendo la sua ombra addosso anche Davis si decise a muoversi.


Sollevò la testa incontrando il viso di Eden.


Lei non aveva mai visto quell'espressione.


Diversa da quella che si aspettava.


Niente disprezzo. Niente odio.


La desolazione nei suoi occhi era sconcertante.


Eden sospirò.



Ecco l'uomo che aveva ridotto in pezzi.



Con tutte le sue bugie e i suoi segreti era riuscita nell'intento.


Ma non provava alcuna soddisfazione.


Sentiva solo ribrezzo per sé stessa.


Non resse quello sguardo un secondo di più. Si mosse a lunghi passi verso il tavolino dall'altra parte della stanza.


Muovendosi nervosamente cercò un po' di conforto nella sua borsa.


Tirò fuori il pacchetto, infilò nervosamente una sigaretta tra le la labbra ancora doloranti.


Accese e respirò in fretta, forse troppo.


Al posto del gusto del tabacco avvertì sapore acre di bruciato.


Rimase di spalle alla ricerca disperata di qualcosa da dire.


Un semplice “mi dispiace” sembrava davvero troppo poco.


Sentì dei passi dietro di lei e si pietrificò.


Se avesse parlato prima lui, era già certa che non avrebbe saputo cosa rispondergli.


Chiuse gli occhi.


Avrebbe accettato di buon grado qualsiasi insulto.



Ne hai una per me?”



Eden riaprì gli occhi.


Di nuovo, per lei, quella stanza scivolò in un vuoto temporale.



La prima cosa che lui le aveva detto.


Le esatte parole. Di nuovo.


Quanto avrebbe voluto poter davvero tornare a quel momento.


Ricominciare tutto da capo.


Fare ogni cosa in maniera diversa.


Non poteva.


Tutto ciò che le restava da fare era voltarsi.



Tirò fuori dal pacchetto un'altra bionda e gliela porse.


Lui la afferrò senza ringraziare.


La strinse tra le labbra sottili.


Sputò fuori una nuvola di denso fumo biancastro.


Ancora un altro tiro.


E' bellissima.”


Disse senza guardarla. Quasi un sussurro.


Eden, dal canto suo, continuò a fissare quei gesti lenti.


Già.”


Rispose.


Con la nicotina in corpo riuscì a rilassarsi un po'.


O forse non era merito della nicotina.


Si era appena tolta dal petto un macigno enorme.


E benché fosse tutto ancora incerto e difficile, era come se i pezzi del suo grande puzzle fossero finalmente al posto giusto.


Per il tempo di quella sigaretta si concesse di crederlo.


Davis infine la guardò.


Di nuovo quello sguardo spaesato.


Non era tristezza, notò lei.


Era lo sguardo della resa. Del rimpianto, forse.


Raccontami tutto.”



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NEW YORK



Il capitano entrò nell'auto avvolto in un lungo impermeabile beige.


Dair smise di tamburellare contro il sedile.


Non aveva chiuso occhio.


E' tutto pronto tenente?”


L'importanza della conversazione imponeva la serietà.


Dair si schiarì la voce.


Sì.”


Rispose prontamente anche se non era troppo convinto.


Quella non era un'operazione come tutte le altre.


Ogni cosa doveva funzionare perfettamente.


Stretto in una divisa a cui non era abituato, Dair si tirò su.


Gli agenti sono già nell'edificio. Abbiamo guardie ad ogni uscita e cecchini pronti ad agire se mai le cose dovessero complicarsi.”


Il capitano annuì facendo risplendere l'argento dei suoi capelli contro i raggi del sole.


Cielo limpido e temperatura mite.


Una giornata perfetta per arrestare qualcuno.


Allora non mi resta che augurarti buona fortuna tenente.”


Sorrise appena.


Dair inspirò profondamente.


La sua ricetrasmittente si mise a gracchiare proprio in quel momento.


Sì?”


La voce metallica riempì l'abitacolo.


E' arrivato anche il notaio signore. Siamo pronti a muoverci.”


Dair spinse il tasto grigio con decisione.


Bene. Sto arrivando.”


Mise via la trasmittente e controllò di avere tutte le armi a posto.


Era solo un modo come un altro per darsi sicurezza.


Capitano.”


Nascondendo ogni timore rivolse il suo saluto al superiore e scese dall'auto.


Attraversando un vicolo deserto entrò nell'edificio passando dal retro.


Un anonimo palazzo nel Queens.


Di certo più sicuro del City Hall.


Come sempre Davis Miller non lasciava nulla al caso.


McPhee l'attendeva in piedi nella piccola stanza improvvisata quartier generale.


Le braccia incrociate sul petto.


Ancora nessun segno di Miller.”


Tenne a precisare.


Dair guardò l'orologio.


10:10


Solo dieci minuti di ritardo.


Verrà.”


Ribatté sfilandogli davanti dritto versi i monitor.


Su ogni schermo si leggeva chiara l'agitazione degli agenti.


Deve venire.


Pensò, lasciando che la sua mente andasse ad Eden.


Non riusciva ancora a capire perché fosse fuggita in quel modo.


Era troppo difficile per lei?


Non era forse quello che voleva?


Altri dieci minuti trascorsero nella più silenziosa concentrazione.


McPhee sbuffò alle spalle di Dair.


Non osava sperare che qualcosa andasse storto.


Sarebbe stato un bene per lui, ma di certo un grosso problema per tutta la sezione.


Fortunatamente nascondeva un asso nella manica.


Sullo schermo in basso a destra finalmente si mosse qualcosa.


Un taxi frenò dolcemente davanti al palazzo.


Dair sentì la tensione colpirlo in pieno stomaco.


Spinse un tasto per poter parlare con i suoi uomini.


State pronti.”


McPhee lo raggiunse scrutando lo schermo con la sua stessa espressione.


Ansia, anticipazione, allerta.


Dall'auto venne fuori una figura vestita di scuro, difficile da definire a quella distanza.


A passi veloci raggiunse l'entrata dell'edificio.


E' venuto da solo.


Dair premette di nuovo il piccolo bottone bianco.


Lasciate che arrivi alla stanza.”


Vide i suoi agenti trattenere a stento i muscoli.


Dovevano avere l'adrenalina alle stelle.


Dair seguì la sagoma mentre si muoveva sicura tra i corridoi.


Il viso tenuto basso. Una busta tra le mani.


Era lui.


Doveva essere lui.


Andiamo.”


Lo invitò McPhee.


Dair annuì stringendo istintivamente il calcio della pistola d'ordinanza.


Il lavoro grosso toccava a loro.


Si incamminarono fianco a fianco senza più dire nulla.


I loro passi risuonavano cupi alternandosi nel silenzio del corridoio.


Ognuno con i suoi pensieri privati.


Raggiunsero la squadra al piano.


Pochi sguardi bastarono per capirsi.


Il criminale tanto atteso era entrato nella stanza col notaio e l'avvocato.


Non aveva più vie di fuga.


Dair contrasse i muscoli un'ultima volta.


Era giunto al punto d'arrivo.


Solo una porta di legno scadente tra lui ed il suo futuro.


McPhee lo guardò stringendo la pistola tra le mani.


Iniziò a contare muovendo solamente le labbra.


Uno...


Due...


Tre!


Dair si aprì l'accesso con un calcio deciso.


Puntò la pistola dritto davanti a lui.


Fermi tutti, FBI!”


Urlò mentre gli altri lo seguivano a ruota raggiungendo di fretta ogni angolo della stanza.


I tre uomini, del tutto colti di sorpresa, sgranarono gli occhi.


Uno dei tre, in completo principe di galles, balzò sulla sedia.


Dair scrutò immediatamente i loro volti.


Una volta.


Due volte.


Un'ondata di incredulità lo attraversò da capo a piedi.


Sentì la mandibola contrarsi.


Strinse più forte la pistola.


Non c'era.


Davis Miller non era lì.


Dair avrebbe potuto giurare di riuscire a vedere il suo mondo che crollava in pezzi.


Ch...Che...Che succede?”


Uno dei tre riuscì ad argomentare una domanda.


Teneva le mani goffamente alzate.


Il suo viso, segnato dalle rughe, era visibilmente sconvolto.


Come c'era da aspettarsi, McPhee non andò per il sottile.


Afferrato l'uomo di mezz'età per la cravatta, sfoderò il suo tono minaccioso


Dov'è Davis Miller?”


L'uomo tremò appena.


D..Davis Miller?”


Finse un'inutile stupore.


McPhee gli agitò la pistola di fronte al naso.


Vide l'uomo diventare paonazzo tra le sue mani.


Al suo posto rispose l'altro, quello sceso dal taxi.


Il signor Miller non verrà.”


Precisò con tono fastidiosamente sicuro.


Stavolta fu Dair a muoversi.


Che significa?”


Lo sconosciuto non si scompose troppo.


Sono venuto qui apposta per comunicare ai signori qui presenti che Davis ha cambiato i suoi piani. Non verrà qui oggi. Né mai probabilmente. Mi dispiace agenti.”


Quel finto sorriso fu il colpo di grazia.


Dair si sentì sul punto di esplodere.


Se non avesse voltato subito gli occhi, avrebbe finito per picchiare quel tizio.


Moriva dalla voglia di sfogare su di lui la rabbia che sentiva crescere.


Riprese il controllo di sé, quel tanto che bastava per potersi rivolgere ai suoi uomini.


Arrestateli.”


Ordinò senza troppa enfasi.


Immediatamente corse fuori dalla stanza alla ricerca di ossigeno.


Dopo un breve tumulto i tre vennero scortati fuori.


Dair se li vide sfilare davanti.


Ognuno di loro fu come una coltellata.


Dulcis in fundo” sentì su di sé lo sguardo pesante di McPhee.


Incrociò i suoi occhi.


Non c'era bisogno di parole.


Era la classica occhiata che dice “Te l'avevo detto”.


Insostenibile.


Il silenzio venne nuovamente rotto dai passi del capitano che arrivava in tutta fretta.


Li esortò con un cenno a tornare nella stanza.


Dietro di lui altri agenti, tra cui McPhee riconobbe con piacere Salinger e Kline.


Spiegatemi cosa diavolo è successo!”


Iniziò il capitano con tono scosso e voce profonda.


Dair scosse la testa


Non lo so capitano. Era tutto organizzato. Immagino che Miller abbia cambiato idea all'ultimo...”


Dov'è quella donna?”


L'anziano agente lo interruppe scrutando invano la stanza.


Dair deglutì.


E' tornata a Chicago.”


Lui aggrottò le sopracciglia.


Come? Non è possibile. Dovrebbe essere qui.”


Lo so signore, ma...”


Stavolta fu McPhee ad interromperlo.


Effettivamente è abbastanza sospetto che sia lei che Miller siano spariti nel nulla.”


Dair inspirò rivolgendosi al collega


Eden non è sparita nel nulla. E' tornata a Chicago.”


Precisò.


Ne sei certo?”


Ribatté McPhee.


Avrebbe voluto dire sì. Urlarglielo in faccia.


Ma avrebbe mentito.


Non l'aveva più sentita dopo quel messaggio.


Le tempie iniziarono a pulsargli, come se il suo cervello andasse in fiamme.


Ne sei sicuro tenente?”


Incalzò il suo superiore.


Dair si leccò le labbra.


Tentennò ancora per un istante.


Credo di sì.”


Il capitano rispose con una strana smorfia.


L'esperienza gli dava modo di guardare oltre le apparenze.


Afferrò il cellulare e se lo portò nervosamente all'orecchio.


Trovatemi Eden Spencer. Immediatamente.”


Ordinò senza ulteriori saluti.


Poi poggiò pesantemente le mani sul tavolo.


Non sarà facile spiegare questo fallimento alla direzione.”


Fallimento.


Quelle quattro sillabe colpirono Dair come proiettili.


Erano il riassunto perfetto della sua situazione.


Un incubo diventato realtà.


La missione in fumo.


Eden sparita.


Un'intera carriera in pericolo.


McPhee avanzò schiarendosi la voce.


Se permette signore, vorrei dire la mia.”


Dair lo guardò con la coda dell'occhio.


Era terribilmente difficile credere che volesse accorrere in suo aiuto.


Il capitano lo assecondò con un gesto della mano.


Tanto valeva ascoltare.


Sono davvero desolato per come sono andate le cose...”


Esordì.


...E mi dispiace ancora di più dover dire quello che sto per dire...”


Dair e il capitano sollevarono gli occhi all'unisono


...Ma credo che l'unico responsabile di questa faccenda sia il tenente Dair.”


Cosa?!”


Sbottò il diretto interessato


Che cosa vorresti dire adesso?”


Di certo McPhee aveva scelto il momento peggiore per provocarlo.


Al bando ogni diplomazia.


Si fecero pericolosamente vicini.


L'agente di maggior grado si frappose tra l'incredulità di Dair e la faccia di bronzo di McPhee.


Smettetela immediatamente!”


Li allontanò l'uno dall'altro stendendo le braccia.


Si rivolse alla sua destra.


Spiegati McPhee.”


Quest'ultimo si allontanò e si ricompose lisciando la divisa.


E' colpa sua se la missione è saltata. Si è fatto abbindolare da quella donna come uno stupido!”


Ti riferisci ad Eden?”


McPhee annuì


Esatto signore. Il tenente aveva una relazione con lei. Decisamente non professionale.”


Dair spalancò gli occhi.


Che gran bastardo doveva essere per comportarsi in quel modo?


Aveva finto di essergli amico fino al momento più opportuno.


Fino ad essere sicuro di poterlo affondare.


Sei sicuro di quello che dici?”


Il capitano apparve genuinamente incredulo.


Dair provò ad intervenire


Non è così signore.”


McPhee trattenne a stento il suo ghigno.


Era il momento di tirar fuori il suo asso nascosto.


Posso provarlo.”


Ribatté mantenendo un'insopportabile aplomb.


Con un gesto direttivo ordinò agli agenti Kline e Salinger di avvicinarsi.


Uno di loro tirò fuori una busta bianca dalla tasca interna.


McPhee la afferrò e la aprì.


Visto che non sono riuscito a contattarla prima, mi sono permesso di prendere qualche piccola precauzione.”


Così dicendo porse il contenuto della busta al capitano.


Fotografie.


Ritraevano il tenente Dair abbracciato ad Eden Spencer.


In un contesto decisamente non professionale.


La semioscurità in cui erano state scattate non permetteva ulteriori osservazioni, che comunque non sarebbero servite.


L'anziano agente non poté non prenderne atto.


Emise un verso indistinto.


Espirò pesantemente.


Risollevò il viso.


Incontrò gli occhi di Dair che riflettevano rabbia e vergogna.


Sembrò parlare a malincuore


Alla luce di tutto quello che è successo non credo di avere scelta...”


Si infilò le foto in tasca per non essere costretto a guardarle di nuovo.


Tenente Dair...”


La solennità del suo tono non lasciava adito a false speranze.


Il tenente abbassò il volto stringendo i pugni.


...La sospendo dal suo incarico fino alla fine delle indagini riguardo la sua condotta.”


Lui chiuse lentamente le palpebre.


Quale miglior finale per la peggiore giornata della sua vita?


Il capitano fece un ulteriore sforzo voltandosi verso McPhee.


Tutti sapevano quanta stima avesse per Daniel Dair.


Almeno quanta ne aveva avuta per suo padre.


Non era difficile immaginare che stesse agendo contro i propri sentimenti, in puro rispetto del regolamento.


Agente McPhee, affido a lei le operazioni fino a nuovo ordine.”


Lui chinò la testa per non mostrare il sorriso.


Era stato più semplice di quanto avesse sperato.


E se un giorno gli fosse capitato di rivedere Eden Spencer non avrebbe certo mancato dal ringraziarla.


L'incubo finì di materializzarsi nel momento in cui il capitano gli porse le mani.


Dair guardò quei palmi distesi verso di lui e sentì l'ultimo colpo dell'umiliazione.


Distintivo e pistola per favore.”


Li depose nelle mani del capitano più veloce che poté.


Spogliato dei suoi gradi si sentì improvvisamente diverso.


Disarmato. Leggero.


Inaspettatamente libero.


Fulminò McPhee con lo sguardo, ma senza parlare.


Non voleva perdere fiato né tempo lì dentro.


Aveva già perso abbastanza cose per una sola giornata.


Ed era appena mezzogiorno.


Senza saluti di cortesia corse fuori dall'edificio verso la città.


Non aveva più obblighi, né regole da seguire.


Poteva finalmente fare quello che voleva.


Ed appena l'umiliazione avesse smesso di bruciare, avrebbe di certo apprezzato quella nuova condizione.


Se McPhee credeva di fregarlo così, si sbagliava di grosso.


Ed Eden non aveva mentito.


Era sicuro che l'avrebbe trovata nel suo appartamento.


Dair distese i muscoli.


In fin dei conti, sospensione o non sospensione, era l'unico posto dove desiderasse andare.



---------------



CHICAGO


Eden si sentiva la bocca asciutta.


Aveva parlato per ore.


E raccontato ogni istante della vita di sua figlia.


Davis era rimasto in silenzio quasi tutto il tempo, ascoltando ogni sua parola cose se fosse la più preziosa mai detta.


Era stato una sorpresa.


La sua calma apparente riusciva quasi a coinvolgerla.


Eden fissò il vuoto davanti a lei prendendo nuova consapevolezza della situazione.


C'era qualcosa di eccezionale nel modo in cui se ne stavano seduti a terra l'uno accanto all'altra.


Senza mai guardarsi in faccia avevano parlato più a lungo che in ogni altra occasione.


Lui aveva detto poco e niente, scoppiando in piccoli sorrisi di tanto in tanto, come se avesse timore perfino ad immaginare i momenti della vita di sua figlia in cui non era stato presente.


Come biasimarlo del resto? Immaginarli tutti doveva essere piuttosto arduo.


Mi dispiace


Erano ore che Eden provava a dirlo senza riuscirci.


Nell'ultimo vano tentativo si voltò verso di lui.


I suoi occhi si posarono inavvertitamente sull'orologio al di là del suo profilo.


Erano le sette e venti.


Tardissimo.


Oh no!”


Esclamò contro sé stessa balzando in piedi.


Rimase al centro della stanza senza capire da che parte andare.


A quell'ora doveva già essere su un aereo per l'Europa.


Che succede?”


Davis si alzò inevitabilmente allarmato dai suoi gesti.


Devo andarmene!”


Esclamò.


Devi andartene!”


Si portò le mani alla fronte.


Di nuovo il panico.


Non poteva restare in quell'appartamento un minuto di più.


E non avrebbe voluto dire a Davis che stava scappando con sua figlia.


Devi andartene!”


Ribadì guardandolo in viso.


...Gli agenti di controllo arriveranno a momenti.”


E voi?”


Non preoccuparti di noi. Vattene e basta.”


Rispose distrattamente correndo verso la porta di Sophia.


Non andrò da nessuna parte.”


Rispose lui secco e deciso.


Eden rallentò il ritmo per un attimo soltanto.


Ok. Allora resta qui e fatti arrestare.”


La punta di sarcasmo nella sua voce non passò osservata.


Davis la guardò sparire dietro la soglia della stanza di sua figlia.


Sua figlia.


Era un concetto ancora del tutto estraneo alla sua mente.


Eden corse fino al letto cercando comunque di svegliarla il più delicatamente possibile.


Sophia? Tesoro?”


La piccola aprì gli occhi velati dal sonno.


Mamma.”


E' ora di partire amore mio.”


Odiava dover sconvolgere oltremodo i suoi equilibri, ma non aveva più un secondo da perdere.


Scostò piano le coperte.


Sophia rabbrividì per un istante stirando i muscoli.


Eden cercò i primi vestiti a portata di mano.


La aiutò ad infilarsi una felpa sopra il pigiama.


Che succede mamma?”


Chiese Sophia ancora scombussolata.


Niente...”


Eden si sforzò di sorridere.


...Si è solo fatto tardi. Dobbiamo correre un po' se non vogliamo perdere l'aereo.”


Mentre parlava le aveva già infilato i calzini e le scarpe.


Una volta fuori di lì avrebbe pensato a sistemarla per bene.


Eden la strinse tra le braccia e la portò di peso fino al salotto.


Davis era ancora lì.


Eden decise di ignorarlo.


Aiutò Sophia a scendere e si precipitò verso l'armadio a muro.


Tirò fuori le valigie che aveva precedentemente nascosto.


Davis aggrottò le sopracciglia


Che vuoi fare?”


Domandò bypassando la bambina per avvicinarsi a lei.


Eden si sforzò di bisbigliare.


Scappare. L'FBI verrà a cercarmi non appena scopriranno cosa ho fatto.”


E dove pensi di andare?”


Lei scosse la testa sollevando il peso di una delle due valigie


Non lo so ancora.”


Davis continuò a seguire i suoi gesti.


Non trovava ancora il coraggio di guardare un po' più in là.


Si passò una mano tra i capelli.


Vengo con voi.”


Era un dato di fatto, non una proposta.


Eden spalancò gli occhi


Cosa? No!”


Sì invece.”


No!”


Ribatté lei cercando di spostarsi da quella scomoda posizione.


Lui la bloccò afferrandole il braccio.


La trafisse con la sua fermezza.


Credo che tu non abbia capito...”


Cercò di controllare il tono della voce, senza sembrare meno deciso


...Non andrete da nessuna parte senza di me.”


Eden si perse in tutta quella determinazione.


Poteva forse opporsi?



Ok.”


Sospirò guardando a terra.


Davis prese allora la valigia dalle sue mani.


Sollevata da lui sembrava avere un peso specifico del tutto diverso.


La mia macchina è parcheggiata qui vicino.”


Usciamo dal retro.”


Fu la sola risposta di Eden.


Si mosse veloce verso sua figlia.


Inspirò trovando la forza di sfoggiare un sorriso sincero.


Quell'intera situazione era un paradosso.


Eppure sapere che, nel bene o nel male, non erano più sole era un sollievo.


Allungò la mano verso quella di Sophia.


Andiamo?”


Lei afferrò le dita di sua madre senza alcuna reticenza.


Strinse il suo orsacchiotto nell'altra mano.


Fece due piccoli passi poi si bloccò.


Avvolta dagli strascichi del sonno non aveva notato l'altra presenza nella stanza.


Davis era per lei un perfetto sconosciuto, ma non le faceva alcuna paura.


Sophia alzò il viso verso la madre


Viene anche lui?”


Eden guardò Davis con le valigie in mano.


C'era del surreale in tutta quella situazione.


Forse da un momento all'altro si sarebbe svegliata.


Sì tesoro. Davis viene con noi.”


Sophia spostò lo sguardo da sua madre a Davis.


Quell'uomo non poteva essere male...


Sua madre stava sorridendo, cosa che non faceva troppo spesso.


E per di più nessun altro prima di quel momento le aveva mai portate fuori da quella casa.


No. Non doveva essere male.


Pensò Sophia nella sua innocente testolina.


Decise di sorridergli, del tutto inconsapevole di cosa significasse per lui.


Davis sentì il cuore esplodergli nel petto.


Il primo sorriso di sua figlia.


Sua figlia.


Stavolta pensarlo fu meno difficile.


Andiamo.”






Come si dice meglio tardi che mai!! Mi scuso per il ritardo ma ho le mie buone ragioni. So che il Natale dovrebbe essere un periodo di pace e serenità.. Bé, a casa mia invece, vuol dire invasione di parenti per le feste e perdita totale del tempo libero e della privacy! Avevo già iniziato a scrivere questo capitolo, ma ho dovuto riprenderlo e rivederlo milioni di volte! Per questo mi scuso se non è il massimo :((


Davis ha finalmente scoperto di Sophia!! Per adesso è ancora sotto shock, ma nei prossimi capitoli vedrò di affrontare meglio la questione, sotto tutti i punti di vista. Invece il povero Dair ci ha rimesso la carriera... Non vi preoccupate, saprà come farsi valere! E anche tutti gli altri personaggi ricompariranno un po' alla volta.


Non mi dilungo oltre.


Un grazie enorme a tutti per le letture e per la pazienza.. Vi ringrazio con tutto il cuore e colgo l'occasione per augurarvi un BUONISSIMO NATALE!!


A presto!!




XMIVIDAM: come sempre grazie! Volevo precisare che non ho preso la tua ultima recensione come una critica, non una critica negativa per lo meno! Mi fa sempre piacere ascoltare i pareri altrui, specie se vengono da persone che scrivono meglio di me ^^ Anch'io vorrei migliorare quindi cerco di assorbire più che posso dagli altri.

Questo capitolo è stato scritto in condizioni piuttosto precarie (e mi è dispiaciuto visto che è uno dei capitoli più importanti) ma spero di non deluderti troppo! ;) BUON NATALE e a presto! Mi scuso per non aver ancora recensito il tuo ultimo capitolo.. Spero di riuscire a farlo il prima possibile!


XSUPREME: di nuovo grazie. Non sai quanto valore abbia per me il tuo apprezzamento, così come il fatto che tu perda tempo prezioso per lasciarmi una recensione. Hai notato tutti gli aspetti salienti della mia storia e questo, credimi, mi fa un piacere immenso!^^ Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto, anche se avrei voluto scriverlo forse un po' meglio. Ti auguro di passare un felice natale. A presto!


XCINZIA818: ciao! Grazie davvero per la costanza delle tue recensioni.. So che a volte può essere più un fastidio che un piacere, quindi le apprezzo ogni volta di più!^^ E così Davis le ha trovate.. Tutto è successo abbastanza velocemente in questo capitolo, ma credo che nei prossimi mi soffermerò meglio su tutta questa nuova “vicenda familiare”. BUON NATALE e a presto!! PS. Ho visto che hai aggiornato ed ho anche letto il nuovo capitolo, ma nella fretta non volevo lasciare una recensione improvvisata. Appena ho tempo provvedo!


XMEREDITH91: Ciao! E' stato un piacere davvero risentirti! Non per la recensione (cosa di cui ti ringrazio enormemente), ma soprattutto perché iniziavo quasi a preoccuparmi (lo so, sono troppo melodrammatica). Controllando le storie seguite ho notato che non c'è più la tua.. E' un problema mio o hai davvero cancellato la storia? Ad ogni modo non preoccuparti quando non hai tempo o voglia di recensire, capisco bene che siamo tutte persone impegnate! Spero che userai queste vacanze per riposarti un po'.. Io non ne avrò il tempo! @_@ BUON NATALE!! PS Youtube rifiuta il mio trailer per via dell'audio, quindi mi toccherà trovare un altro sito su cui caricarlo!






























































































































































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Capitolo 18
*** La Terza Via ***


capitolo16

CAPITOLO 16


LA TERZA VIA”



Try to leave a light on when I'm gone

something I rely on to get home..

One I can feel at night

A naked light, a fire to keep me warm..”

Light on – David Cook


Prova a lasciare una luce accesa quando me ne sarò andato,

qualcosa a cui possa affidarmi per tornare a casa..

Qualcosa che riesca a sentire nella notte,

una luce nuda, un fuoco che possa scaldarmi..”




Le due ore più lunghe della sua vita.


Avrebbe dovuto usare quel tempo per riscrivere il suo piano, ma l'altitudine le dava il mal di testa. E mentre cercava di convincersi che le orecchie non le sarebbero esplose, se ne stette in silenzio nel conforto della sua momentanea incapacità di pensare.


L'aereo rimbalzò un paio di volte sulla pista.


Il senso di nausea aumentò tanto da doversi stringere nelle braccia.


Eden sciolse immediatamente la cintura di sicurezza pregustando l'aria fresca e pulita che avrebbe finalmente respirato fuori di lì.


Chicago l'accoglieva ancora una volta a braccia aperte.


Come se quella città non tenesse conto delle sue colpe.


Il cielo era scuro, illuminato solo dalle luci della pista.


Il rumore acuto degli aerei in frenata e decollo si mischiava al movimento frenetico dei passeggeri e delle navette.


Il vento freddo, appena accennato, soffiò via parte della sua stanchezza.


La confusione dell'aeroporto la avvolse completamente.


Fretta. Addii. Abbracci. Progetti e ritorni.


Eden tagliò la folla con passi lunghi e decisi, diretta verso il primo taxi disponibile.


Ancora qualche chilometro e sarebbe stata finalmente la fine.


O l'inizio, a seconda dei punti di vista.


Tra le due vie possibili Eden aveva scelto la terza.


Perché quando ti trovi ad un bivio e non sai da quale parte andare, puoi sempre voltarti indietro e correre.


Eden allungò le banconote al tassista.


Lui la salutò con la dovuta cortesia prima di lasciarla sola davanti al vialetto di quel modesto palazzo.


Lei guardò l'orologio.


Erano le undici passate. Con un po' di fortuna non avrebbe incontrato nessun agente.


Facendo attenzione a non fare troppo rumore percorse gli ultimi metri.


La luce del salotto era accesa. O forse era solo la tv.


Eden guardò con più attenzione attraverso la finestra.


Dorothy sonnecchiava sul divano.


Dorothy Stone, la tata assunta dall'FBI per badare a sua figlia.


Una brava persona.


Eden decise di bussare.


Le gambe fremevano al pensiero di riabbracciare la sua bambina.


Dorothy aprì la porta trattenendo uno sbadiglio.


Non si aspettava di vederla.


Eden?”


Già.”


Lei non rimase sulla porta un secondo di più.


Casa sua profumava di biscotti e di vaniglia.


Respirò quell'odore e riuscì a sentirsi finalmente meglio.


Per un paio di secondi.


Che ci fai qui?”


Eden si sbatté in faccia un sorriso il più convincente possibile.


La missione è sistemata. Ho avuto il permesso di Dair di tornare prima del previsto.”


Dorothy aggrottò le sopracciglia.


L'agente Brown è appena stato qui e non mi ha detto nulla.”


La tata suonò piuttosto scettica.


In tanti anni di lavoro per l'FBI aveva imparato anche lei a non fidarsi di nessuno.


Eden trattenne a stento un sospiro di sollievo.


L'agente di controllo è già passato, almeno di lui non devo preoccuparmi.


Sbatté i suoi grandi occhi scuri.


Forse Dair non l'ha ancora avvertito, è così preso dall'operazione!”


Fece una pausa cercando di essere il più convincente possibile


In quanto a me, non vedevo l'ora di tornare da Sophia. A proposito, dov'è?”


Dorothy rimase incerta


Sta dormendo. Sei sicura di stare bene?”


Eden sorrise di nuovo


Sono solo un po' stanca.”


Si vede.”


Sottolineò la tata.


Già. Credo che andrò subito a dormire anch'io.”


L'ultimo sorriso fasullo.


Tu puoi andare adesso.”


Vattene. Vattene. Vattene.


Sei sicura?”


Eden annuì.


Sì, ma ti ringrazio di esserti occupata di mia figlia in queste settimane.”


Dorothy si rilassò appena.


Forse l'idea di tornarsene a casa sua non era poi così male.


E' una bambina stupenda, lo sai.”


Già.”


La tata si infilò lentamente il cappotto.


Sarà felicissima di rivederti. Non ha fatto altro che aspettarti.”


Eden sentì un brivido attraversarla.


Voleva abbracciare sua figlia.


Grazie di tutto Dorothy. Davvero.”


Dorothy finalmente prese la porta.


Di niente Eden. Ci vediamo domani.”


Lei annuì.


A domani.”


Eden la guardò raggiungere la sua auto.


Chiuse la porta un secondo dopo aver sentito sbattere la portiera.


Poggiò la schiena contro il legno laccato di rosso.


Guardò finalmente il suo appartamento.


Dall'ordine era chiaro che Eden era mancata per un po'.


Era quasi insopportabile.


Faceva sembrare sconosciuto anche quel posto.


Venne fuori dagli stivali e si avvicinò a piccoli passi alla stanza della sua bambina.


Aprì dolcemente la porta.


Lo spiraglio di luce mostrò subito il suo viso addormentato.


Eden trattenne il fiato davanti a tanta meraviglia.


Non poteva fare a meno di chiedersi ogni volta com'era riuscita a creare qualcosa di tanto bello.


Si avvicinò delicatamente.


Sophia respirava silenziosa.


I lunghi capelli mossi e scuri sparsi sul cuscino.


L'espressione serena.


Il suo orsacchiotto preferito stretto a sé.


Se non fosse stata troppo egoista l'avrebbe lasciata dormire.


Invece Eden non riuscì a resistere.


Ne aveva troppo bisogno.


Accese l'abat-jour riempiendo la stanza di una labile luce rosata.


La bambina si lamentò appena strizzando gli occhi.


Proprio come lei non riusciva a dormire se non era al buio.


Alla sua età avrebbe dovuto esserne spaventata, ma Sophia sembrava non aver paura di nulla.


Ed il coraggio era una dote che chiaramente non aveva ereditato da lei.


Il cuore in gola ed i muscoli tesi ne erano una chiara prova.


Amore mio.”


Sussurrò accarezzando quella pelle chiara e perfetta.


Non voleva assolutamente spaventarla.


Le lunghe ciglia di Sophia si mossero di nuovo.


Aprì gli occhi appena un po'.


Mamma...”


Mugugnò.


Eden sorrise nella semioscurità.


Quella parola aveva sempre lo stesso potere.


Il suono più dolce e rassicurante che potesse sentire.


...Sto sognando.”


Sussurrò Sophia chiudendo di nuovo le palpebre.


Eden la accarezzò di nuovo, seguendo col dito il suo profilo perfetto.


Non stai sognando amore. Sono qui, sono tornata.”


Stavolta i suoi grandi occhi scuri si spalancarono, seppur velati dal sonno.


In un attimo tutta l'energia dei suoi quattro anni e mezzo si impadronì di lei.


Balzò fuori dalle coperte e lanciò le braccia al collo di Eden.


Mamma!”


Dalla voce non si capì se volesse ridere o piangere.


Sophia poggiò la testa nell'incavo del collo di Eden.


Le piaceva sentire il suo profumo.


Sua madre la strinse talmente forte da dover temere di farle male.


Tutte le sue incertezze sparirono all'istante.


Non aveva bisogno di nient'altro.


Profumi di zucchero filato.”


Eden respirò forte l'odore dei capelli di Sophia.


Lei ruppe l'abbraccio per prima.


E' il nuovo shampoo che mi ha comprato Dorothy.”


Spiegò anche se non era necessario.


Mi sei mancata da morire tesoro mio.”


Anche tu mi sei mancata mamma.”


La strinse di nuovo.


Quel momento sarebbe potuto durare per sempre.


E' tornato anche Daniel?”


Come non detto.


Sophia era forse l'unica a chiamarlo col suo nome di battesimo.


Eden si sforzò di sorridere.


No, tesoro. Non ancora.”


La piccola sfoderò il suo tipico faccino imbronciato


Anche lui mi manca.”


Eden chiuse gli occhi per qualche istante.


Lo so. Ma lui deve ancora lavorare.”


Sophia trattenne il broncio


E tu mamma? Anche tu devi ancora lavorare?”


Eden buttò gli occhi in quelli di sua figlia.


Lo stesso intenso marrone scuro.


Scosse piano la testa


No. La mamma ha finito il suo lavoro.”


Sophia sorrise.


Quel sorriso le ferì il cuore.


La sua decisione era l'unica possibile.


Se non puoi amare qualcuno,


e se non puoi liberartene,


puoi sempre scappare e fingere che non sia mai esistito.


Allora non te ne andrai più?”


Eden sentì le sue labbra tremare.


Non senza di te.”


Sophia aggrottò appena le sopracciglia, troppo giovane per saper leggere tra le righe.


Sua madre respirò a fondo


Che ne dici di fare un bel viaggio, io e te da sole?”


Un viaggio?”


Eden annuì accarezzando di nuovo la sua bambina.


Una specie di vacanza, solo io e te.”


Al suono di quella parola il viso di Sophia si illuminò di nuovo.


Dove andiamo mamma?”


Il suo entusiasmo la colpì allo stomaco.


Non aveva avuto il tempo di scegliere una meta.


Annaspò per una manciata di secondi.


E' una sorpresa.”


Rispose infine.


Odiava dover mentire anche a sua figlia.


Lei ci pensò su un secondo solamente.


E quando partiamo?”


Eden si morse le labbra.


Adesso.”


Sophia aggrottò di nuovo le sopracciglia.


Imbronciò la sua piccola bocca perfetta rattristandosi appena.


Eden le si avvicinò


Che c'è tesoro?”


La piccola si strofinò gli occhi


Adesso ho tanto sonno.”


Confessò.


Eden sospirò sorridendole.


Aveva ragione.


Hai ragione tesoro, è tardi.”


Eden fissò un punto nel vuoto cercando di essere lucida.


Dair non aveva idea di cosa avesse in mente.


Aveva ancora un po' di tempo.


Torna pure a dormire. Io intanto preparo le valigie ok?”


Scusami mamma.”


Quelle scuse inutili le scaldarono il cuore.


La abbracciò di nuovo stampandole un bacio sulla fronte.


Non devi scusarti.”


La aiutò ad infilarsi di nuovo sotto le coperte.


Dormi adesso, ti sveglierò io quando sarà ora di andare.”


Le rimboccò le coperte.


Quel gesto così banale le era mancato da morire.


Ti voglio bene mamma.”


Da quanto tempo non sentiva quelle parole?


Sembrava passata un'eternità.


Sorrise trattenendo delle lacrime inattese.


Anch'io ti voglio bene amore mio.”


Sophia chiuse gli occhi.


Eden rimase a guardarla ancora per un po'.


Anche lei avrebbe tanto voluto poter chiudere gli occhi e dimenticare ogni cosa.


Ma non poteva ancora farlo.


Spense la piccola luce ed uscì chiudendo dolcemente la porta.


Di nuovo guardò il suo salotto.


Non resistette dal buttare all'aria quei cuscini, così insopportabilmente ordinati l'uno accanto all'altro con una perfetta alternanza di colori.


Non era tempo di farsi venire una crisi isterica.


Scivolò fuori dai suoi vestiti, impregnati di polvere e senso di colpa.


Appoggiò le mani alla parete della doccia mentre l'acqua calda l'avvolgeva poco a poco.


Rimase in silenzio con gli occhi chiusi a sperare che lavasse via anche il suo stato d'animo.


Non era riuscita ad andare fino in fondo.


Non era riuscita a tradire Davis.


Ma per salvare lui aveva tradito la fiducia di un'altra persona importante.


Già immaginava il viso di Dair davanti all'assenza di Davis e dei suoi.


Non avrebbe mai voluto affrontarlo di nuovo.


Stavolta lui non l'avrebbe perdonata.


E nemmeno Davis.


Per questo aveva scelto la fuga.


La via più vile, ma l'unica possibile.


Avrebbe impacchettato le sue cose e sarebbe sparita insieme a sua figlia.


Una città qualunque all'altro capo del mondo, un nome falso, un nuovo colore di capelli.


Aveva ancora un passaporto falso.


L'avrebbe usato un'ultima volta e poi l'avrebbe bruciato insieme al resto del suo passato.


Poteva riuscirci.


Doveva riuscirci.


Specie se l'alternativa era finire in galera e perdere Sophia, forse per sempre.


Tese il viso al getto d'acqua.


Doveva riuscirci.



--------



Dove diavolo è Davis?”


André era il ritratto dell'impazienza.


Blake sollevò gli occhi mentre continuava a ficcare vestiti nella sua valigia.


Non lo so.”


Rispose nervosamente.


André scosse la testa allargando le braccia.


E' praticamente sparito nel nulla!”


Tutto l'attico era in subbuglio.


Davis li aveva avvertiti che dovevano togliere le tende il prima possibile.


Non si era perso in particolari.


Qualcosa aveva mandato il piano all'aria. Tutto qui.


Qualche stanza più giù Tyler continuava a fissare il foglio tra le sue mani.


Eden era scappata.


Il messaggio era chiaro.


Tutta quella confusione un po' meno.


Davis aveva scoperto tutto?


E come?


E cosa avrebbe dovuto fare lui adesso?


Accartocciò la lettera tra le mani.


Aveva poco tempo per decidere e tante variabili da considerare.


Eden si augurava che lui riuscisse a fuggire.


Poteva ancora farlo?


Payne spalancò di colpo la porta della sua stanza.


Sei pronto?”


Tyler infilò in tutta fretta il foglio in tasca.


Guardò quel viso incerto quasi quanto il suo.


I suoi pensieri si riordinarono quasi per magia.


Sì. Sono pronto.”


Afferrò la sua borsa e raggiunse Payne accompagnandola fino al salotto.


Gli altri arrivarono quasi immediatamente.


Dove sono Eden e Davis?”


Chiese Payne notando inevitabilmente che mancavano all'appello.


Blake teneva le redini della situazione in mancanza di suo fratello.


Di lei non devi preoccuparti. Non è più un nostro problema.”


Payne non riuscì a comprendere


Cosa?”


Blake la guardò dritta negli occhi


Se n'è andata. L'ho accompagnata io stessa alla stazione. E' fuori.”


Tyler intervenne prima che Payne potesse controbattere.


E Davis?”


Non notare la concomitanza della loro sparizione era impossibile.


Blake sfoderò uno sguardo deciso e glaciale anche per lui.


Dev'essere già andato via.”


Tyler corrugò la fronte


Se n'è andato da solo?”


Blake sospirò di esasperazione.


Ci ha detto di andarcene il prima possibile e lo faremo. Tutto il resto non ha importanza.”


Stavolta Tyler non disse nulla.


Non riusciva a smettere di cercare una spiegazione che legasse tutti quegli eventi improvvisi.


André si fece avanti.


Leman può procurarci uno dei suoi aerei privati. Dobbiamo solo arrivare fino alla contea di Westchester.”


Blake annuì.


Ok. Andiamo allora. Davis ci raggiungerà lì.”


Tyler intervenne di nuovo


E come ci arriviamo fino a Westchester?”


Ho già fatto preparare la mia auto.”


Tyler sollevò un sopracciglio


Non sarebbe più prudente separarci?”


Per un secondo gli sembrò di star recitando in un film d'azione di serie b.


Blake aguzzò lo sguardo.


Dici?”


Quella domanda di circostanza aveva un non so che di sarcastico.


Tyler inspirò


Non usare quel tono con me Blake...”


Era piuttosto irritante, in effetti


...Io so solo che ce la stiamo dando a gambe. Non ho capito perché, ma a questo punto credo che sia comunque necessario prendere tutte le precauzioni del caso. Ti sembra un concetto tanto stupido?”


Se avesse potuto, lo avrebbe fulminato seduta stante.


La fretta e l'incertezza tiravano fuori il peggio di lei.


E cosa proponi esattamente?”


Tyler indicò distrattamente Payne e André.


Voi andate con la tua macchina. Io e Payne andremo con la mia. E credo sia anche opportuno prendere strade diverse.”


Di nuovo quella sensazione di essere in uno stupido telefilm.


Blake sollevò le sopracciglia.


Forse aveva avuto la stessa impressione.


André si inserì di nuovo.


Smettetela di perdere tempo!”


Porse a Blake la sua valigia con ben poca delicatezza, poi si rivolse direttamente a Tyler


Fa' come diavolo ti pare, ok?”


Lui non rispose.


Lo sguardo di André cadde su Payne


Tu vuoi andare con lui?”


Payne guardò Tyler per un solo secondo prima di annuire.


Bene. Allora ci vediamo da Leman. Tu sai dov'è giusto?”


Di nuovo Payne annuì.


André poggiò una mano sulla nuca di Blake spingendola verso la porta prima che potesse ribellarsi.


Au revoir mon amis.”


Attraversò la soglia al suono del suo stesso saluto.


Non lasciò il tempo a nessuno di aggiungere altro.


Nemmeno a Blake e al suo pessimo carattere.


Tyler rimase faccia a faccia col fantasma in carne del suo passato.


Lei sollevò appena le spalle.


Andiamo anche noi?”


Noi.


Payne aveva scelto lui senza alcuna esitazione.


Ignorando tutti i suoi segreti.


Che fosse il segno che aspettava?


Tyler?”


Lui tornò di colpo alla realtà.


Accennò un sorriso appena percettibile.


Andiamo.”



-------



Eden aveva chiuso gli occhi per un solo secondo e le forze l'avevano abbandonata.


Per più di tre ore aveva dormito senza nemmeno accorgersene.


Adesso cercava di recuperare il tempo perso mettendo sottosopra la casa.


Doveva essere sicura che Sophia avesse con sé tutto il necessario.


Per un attimo si fermò poggiando la schiena al muro.


Accese una sigaretta.


Non fumava mai in casa, ma quel momento valeva un'eccezione.


Una volta in aeroporto doveva ricordarsi di svuotare tutte le sue carte di credito.


Un altro appunto mentale ed un'altra boccata di fumo.


Pensava già all'Inghilterra.


Aveva sempre voluto andarci, e almeno la lingua non sarebbe stata un problema.


Londra.


Forse Manchester.


O magari un paesino sperduto della Cornovaglia.



-----------



Tyler tamburellò sul volante in attesa che il semaforo diventasse verde.


La musica degli Athlete in sottofondo.


Payne seguiva i suoi movimenti con la coda dell'occhio.


Era come vivere in un ricordo.


Quando ancora fingevano deliberatamente che tutto andasse bene.


Non ci capisco più niente.”


Bofonchiò lei guardando fuori dal finestrino.


Tyler captò appena le sue parole


Come?”


Payne gli rivolse gli occhi


Non importa.”


Disse di prima battuta, poi sembrò ripensarci


Che significa che Eden se n'è andata?”


Tyler non le rispose continuando a fissare la strada al di là del parabrezza.


E perché stiamo scappando in questo modo?”


Gesticolò lei guardando le sue stesse mani.


Lui strinse più forte il volante mordicchiandosi le labbra.


Non aveva le risposte che Payne stava cercando.


Non tutte, almeno.


Si limitò ad un sospiro profondo.


Payne rimase a fissarlo per qualche secondo.


Fantastico!”


Esclamò sarcastica davanti al suo silenzio.


Non mi sembra questo il momento più adatto per avercela di nuovo con me.”


Tyler le lanciò una rapida occhiata


Non è questo.”


E allora che c'è?”


Era impossibile non notare la sua espressione.


Payne se la ricordava bene.


Voleva dire che il suo corpo era fisicamente lì, ma la sua mente era decisamente da un'altra parte.


Lui scosse piano la testa.


Avrebbe voluto parlare, ma era come se la lingua gli si fosse appiccicata al palato.


Nonostante la pretesa di essere uno scrittore, in molte occasioni gli mancavano proprio le parole.


Payne rinunciò alzando le mani.


Ok. Capito.”


Sistemò i lunghi capelli dietro le spalle e poggiò la testa sul sedile concentrando l'attenzione sulla scena che scorreva veloce fuori dalla macchina.


Tyler contrasse la mandibola.


Ripensò a quello che Eden gli aveva scritto.


Sperava in cuor suo che avesse ragione.


Nel silenzio cercò di calibrare bene le parole che di lì a poco avrebbe pronunciato.


Dopo la svolta a sinistra sentì Payne balzare sul sedile.


Dovevi girare a destra per la statale 14!”


Tyler non si allarmò minimamente.


Lo so.”


Lei aggrottò le sopracciglia.


Un altro avvenimento stava per aggiungersi alle cose che non riusciva a spiegarsi.


La contea di Westchester è dall'altra parte.”


Precisò, ma il suo tono si era subito fatto più dolce.


Come se sapesse già che era inutile precisarlo.


Tyler si leccò le labbra rallentando la marcia per poterla guardare in faccia.


Noi non stiamo andando a Westchester.”


Disse serio.


Lei rimase a guardarlo schiudendo appena le labbra.


Era Tyler.


Qualunque cosa avesse in mente non c'era da avere paura.


Con lui era comunque al sicuro.


E dove andiamo allora?”


Chiese. Anche se la risposta non era davvero importante.


Tyler riportò gli occhi sulla carreggiata.


Aveva pensato in fretta, forse troppo in fretta.


Ma se doveva rischiare, tanto valeva rischiare tutto per tutto.


Chicago. Andiamo a Chicago.”


Payne abbassò lo sguardo provando a collegare quella città con tutto il resto.


Non le riuscì.


Perché?”


Tyler sospirò di nuovo.


E' una lunga storia Payne. Piena di cose che non sai.”


Lui annuì.


Ovvio.


Payne si trovava di nuovo nel mezzo di una scelta.


Davis, Blake, André e le vecchie certezze da una parte.


Tyler e tutto il resto dall'altra.


Stavolta non avrebbe fatto lo stesso errore.


Allungò la mano verso la radio per abbassare il volume della musica.


Ci aspetta un lungo viaggio...”


Provò a sorridergli.


...Hai tutto il tempo di raccontarmi.”



--------



Fuori iniziava ad albeggiare.


Le valigie erano già pronte vicino alla porta.


Eden sorseggiava caffè ripassando il suo piano.


Il suo folle piano.


Non le restava che svegliare Sophia.


Metterle qualcosa addosso.


E chiamare un taxi.


Dopo l'ultimo sorso dal retrogusto troppo amaro, poggiò la tazza sul tavolo e decise di alzarsi.


Era il momento.


Nel silenzio del primo mattino si avvicinò alla porta della stanza.


Un rumore improvviso la congelò mentre afferrava la maniglia.


No. Non era possibile.


E invece eccolo di nuovo.


Forti colpi contro il portone di casa sua.


Qualcuno bussava.


Senza alcuna delicatezza.


Eden buttò l'occhio all'orologio.


Quasi le cinque e venti.


Troppo presto per Dorothy e gli agenti di controllo.


A meno che...


Tutto il sangue le si gelò in corpo.


Aveva aspettato troppo.


Sicuramente Dorothy aveva avvertito Brown e gli altri.


O forse era stato Dair.


Forse proprio lui aveva ordinato di fermarla.


Eden vide il suo piano andare in fumo.


E così la sua speranza.


Di nuovo sobbalzò al suono di quei colpi che aumentavano di ritmo ed intensità.


Non aveva scelta.


Si mosse velocemente verso le valigie e le spostò il più in fretta possibile nascondendole nell'armadio a muro ormai vuoto.


Era la fine, ma doveva comunque sforzarsi di salvare le apparenze.


Inspirò profondamente non riuscendo a calmarsi.


Cercò di spettinarsi i capelli per dare l'impressione che fosse sveglia da poco.


Calciò via le scarpe mentre trovava il coraggio di avvicinarsi al portone.


Di nuovo senza scelta.


Tremando tirò giù la maniglia.


Posso improvvisare, posso farcela.


Devo solo fare in modo che non sospettino le mie intenzioni.


Con un gesto deciso aprì la porta.



Il suo cuore smise di battere.


I suoi occhi si spalancarono.


Non era possibile.



Eden conosceva quello sguardo.


Nero. Deciso. Terrorizzante.


Non lo aveva mai rivolto a lei prima d'ora.


D'istinto indietreggiò di un passo.



Come hai fatto a trovarmi?”



********


A/N Ciao a tutti! Ecco il mio nuovo capitolo.. Dovrei studiare in realtà, ma ancora non riesco a smettere di scrivere!


Stavolta non mi dilungherò in spiegazioni ulteriori.. Credo che il concetto sia abbastanza chiaro ;) E scommetto anche che avete già capito chi ha bussato alla porta di Eden..


Sto già scrivendo il capitolo successivo, quindi non ci sarà da aspettare troppo. Almeno spero!



XCINZIA818: ciao! Grazie come sempre ^^ In un certo senso sono contenta di essere riuscita a stupirti.. Comunque non pensare che sia tutto risolto! Potrei farlo di nuovo! Pensavo di avere solo pochi capitoli davanti a me, ma devo ammettere che le cose si stanno complicando anche nella mia testa.. Quella di Eden non è affatto una scelta semplice! Comunque nel prossimo capitolo saprai come reagirà Dair e che cosa gli succederà di conseguenza.. Anche per lui le cose si complicheranno!^^ E riguardo all'altra domanda, credo di aver già risposto con questo capitolo.. A presto!


XSUPREME: Ciao! E' stato davvero bello scoprire la tua recensione! Quindi voglio davvero ringraziarti.. Sono contenta che la mia storia ti abbia colpito e che forse riesco davvero a far trasparire qualche emozione dalle mie parole ^^ Amo scrivere, ma so anche che ho ancora tanto da imparare! Spero di non deluderti in futuro e sarò felice se sprecherai di nuovo un po' del tuo tempo per leggere e commentare! Grazie davvero! -Martina-


XMIVIDAM: Ciao! Davvero grazie mille per le tue recensioni, sempre così accurate e gentili.. Senza contare l'apprezzamento, non hai idea di quanto mi faccia piacere!
Effettivamente devo dire che non ero di buon umore quando ho scritto gli ultimi capitoli, quindi immagino che il mio malessere abbia finito per influenzare inevitabilmente le mie parole.. Anche per me il matrimonio è un argomento piuttosto significativo (non che anch'io stia per sposarmi ^^) e quando affronto la questione “finché morte non ci separi” finisco sempre per amareggiarmi un po'.. Comunque non volevo contagiarvi con la mia paranoia! Sono davvero convinta che l'amore per sempre sia possibile e che, con un po' di buona volontà e sacrosanti compromessi, si possa affrontare qualsiasi cosa! E con questo tanti auguri per il tuo matrimonio!
A dirti la verità non avevo capito che tifassi per Davis.. Scrivendo questa storia molto spesso mi sono trovata nel mezzo di pareri discordi. Molti fanno il tifo per lui, molti mi hanno detto che sarebbe del tutto irrealistico se Eden scegliesse lui alla fine.. Io la mia idea ce l'ho, ma in tutta onestà non sono ancora troppo sicura! Speriamo di non deludere nessuno, nemmeno te! Grazie ancora e a presto! PS Ti devo una recensione. Provvederò al più presto!


























































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Capitolo 19
*** Ciò che (non) Dovrebbe Essere ***


capitolo18

CAPITOLO 18


CIO' CHE (NON) DOVREBBE ESSERE



Now that It's all said and done,

I can't belive you were the one

To build me up then tear me down

like an old abandoned house...


Well, I never saw it coming

I should've started running a long long time ago...

And I never thought I'd doubt you

I'm better off without you

More than you, more than you know...”


Over you - Daughtry





Il silenzio era assordante.


Il motore dell'auto come unico sottofondo alla statale semi deserta.


Davis continuava a guardare la strada con le mani ben ferme sul volante.


Eden cercava invano un punto da fissare.


C'era del surreale in quella situazione.


Sophia dormiva sul sedile posteriore. Il giubbotto di Davis le faceva da cuscino.


Lei continuava a guardarlo con la coda dell'occhio sperando che non se ne accorgesse.


Aveva il viso stanco.


E benché tenesse gli occhi incollati all'asfalto, sembrava non saper resistere alla tentazione di guardare l'immagine di Sophia nello specchietto.


Continuava a farlo.


Lo sguardo si spostava lentamente sul riflesso della bambina e poi schizzava via tornando alla strada.


Come se avesse paura.


Come se fosse troppo.


Eden sentì il bisogno di muoversi.


Abbassò il parasole e guardò il suo viso nel piccolo specchio.


La guancia aveva assunto un colore viola bluastro, ma almeno non si era gonfiata.


Passò le dita sul livido poi distolse lo sguardo.


Ecco. Davis lo stava facendo di nuovo.


Si decise a rompere quella sorta di tregua silenziosa.


E' davvero così difficile?”


Domandò.


Lui non si mosse


Cosa?”


Si sforzò di rispondere.


Eden buttò gli occhi su sua figlia


Guardarla.”


Non quanto guardare te.”


Rispose freddo e tagliente.


Eden sentì addosso il gelo delle sue parole.


Istintivamente tornò alla posizione iniziale ed incrociò le braccia sul petto.


Almeno sai che non avevo scelta.”


Ce l'avevi invece...”


Ribatté di nuovo lui.


La calma apparente in perfetta antitesi al peso delle sue parole.


...Avevi un mucchio di scelte.”


Eden provò a guardarlo, ma non ci riuscì.


Aveva il terrore di incrociare i suoi occhi.


Forse la odiava di già.


Si sforzò di apparire comunque decisa.


Bene. Allora diciamo che siamo pari.”


Non lo siamo affatto.”


Eden buttò indietro la testa contro il sedile.


Non poteva vincere.


Sospirò.


Stava finendo le carte da giocare.


E non sapeva nemmeno più com'erano arrivati a quel punto.


Si concertò sulla vista al di là del finestrino.


Scorreva così veloce che non riusciva a tracciarne i contorni.


Proprio come la sua vita.


Ti prego non odiarmi.”


Sussurrò.


Piano.


Non abbastanza piano.


Finalmente Davis scollò gli occhi dalla strada.


Si voltò verso di lei.


Sul viso una smorfia di incertezza mista ad incredulità.


Lo aveva detto davvero?


Eden chiuse gli occhi senza muoversi.


Sentiva lo sguardo di Davis contro le sue spalle.


Non era abbastanza coraggiosa da ricambiare.


Mamma?”


La voce di Sophia arrivò alle sue orecchie più dolce del solito.


Evitando accuratamente di incrociare Davis, Eden si girò verso sua figlia.


Ti sei svegliata?”


La piccola si tirò su trovando d'ostacolo la cintura di sicurezza.


Siamo arrivati mamma?”


Domandò ritrovando immediatamente il suo entusiasmo per la gita fuori porta.


Non ancora tesoro.”


Sophia mise il broncio.


Incrociò le braccia.


Ho fame.”


Confessò.


Eden sospirò tornando a guardare la strada.


Sì, anch'io.”


Davis guardò l'espressione di Sophia per un solo secondo.


Che ne dite di un hamburger?”


Domandò.


Il broncio di Sophia si sciolse in un sorriso.


Si sforzò per tirare la cintura ed avvicinarsi a Davis.


Con le patatine?”


Lui sollevò le spalle


Certo.”


Il viso della bambina si illuminò ulteriormente.


Eden si sforzò di rivolgergli di nuovo la parola


Meglio di no. Non voglio che mangi tutte quelle schifezze industriali.”


Davis aggrottò le sopracciglia


Dici sul serio?”


Per la prima volta, senza nemmeno il bisogno di vedere la sua espressione, si sentì una madre isterica e petulante.


Il sorriso di Sophia aveva già ripreso le sembianze del suo caratteristico musetto imbronciato.


E' per la sua salute.”


Oddio. Sembrava di sentire sua madre.


Eden scosse la testa cercando di eliminare l'eco di quel suono.


Davis non la stette nemmeno a sentire.


Gli era bastato buttare gli occhi allo specchietto per decidere.


Si preparò a svoltare verso la stazione di servizio.


Eden aggrottò le sopracciglia.


Non aveva sentito le sue parole? O forse stava di nuovo andandogli contro per il puro piacere di farlo?


Rimase a fissarlo per tutto il tempo di parcheggiare.


Sembrava che nemmeno ci fosse.


Davis si slacciò la cintura voltandosi indietro verso Sophia.


Eden avrebbe potuto giurare che quello fosse un sorriso.


Incerto. Timoroso forse. Ma pur sempre un sorriso.


Stupefacente.


Andiamo a prenderci questo hamburger.”


Anche la sua voce aveva d'improvviso un che di singolare.


Sophia esplose in un sorriso di pura gioia.


Sì!”


Esclamò letteralmente saltando sul sedile nel vano tentativo di liberarsi della cintura.


Alla fine riuscì a scivolarne fuori.


Davis aprì lo sportello tornando a guardare Eden ed il suo sconcerto.


Vieni anche tu?”


Domandò con sufficienza.


Lei protrasse le labbra in una sorta di esasperazione.


Aveva forse altre possibilità?


Dai vieni mamma vieni!”


Incredibile.


Poche ore ed erano già coalizzati contro di lei.


Eden finì per sbuffare cercando di soffiare via quel pensiero.



In fondo un hamburger non ha mai ucciso nessuno.



-------




Tyler infilò le mani in tasca.


I suoi passi lenti accanto a quelli di Payne.


Sei stata bravissima.”


Lei sembrava non essere ancora scesa dal palco.


Il sorriso sulle labbra ed il basco scuro in testa.


Intorno a lei Brooklyn sembrava davvero tingersi della magia di Parigi.


Tyler aveva appena assistito al suo ennesimo spettacolo.


E lei era stata una perfetta Madame Bovary.


Come dopo ogni spettacolo, camminavano l'uno di fianco all'altra verso casa.


Grazie per essere venuto anche stasera, significa tanto per me.”


Tyler continuò a fissare l'orizzonte.


Non si direbbe.”


Lei aggrottò le sopracciglia


Che vuoi dire?”


Lui sbuffò


Non capisco perché continui a farlo. Tutte le mattine mi ignori come se nemmeno mi conoscessi e poi invece...”


Colto da un improvviso imbarazzo, la sua frase rimase a metà.


Payne abbassò lo sguardo come se davvero avesse accusato quelle parole.


I suoi passi rallentarono ulteriormente.


Tu non capisci...”


Esordì provocando in lui uno sguardo di esasperazione.


Payne ricercò i suoi occhi


Quelle persone distruggono tutto quello che toccano...”


Iniziò riferendosi al gruppo di studenti più snob e popolari di cui, ogni giorno, fingeva di essere parte.


Si strinse nelle braccia


...Ed io non voglio assolutamente che distruggano quello che abbiamo.”


Tyler sollevò le spalle


Quello che abbiamo?”


Già.”


Sarebbe a dire?”


Payne sollevò l'angolo della bocca in un sorriso incerto


Dimmelo tu.”


Entrambi si fermarono senza nemmeno accorgersene.


L'aria della notte muoveva appena i suoi capelli.


Tyler rimase a guardarla senza dire nulla.


La amava da sempre, ma non poteva ancora dirglielo.


Inspirò profondamente incollando gli occhi a quelli di Payne.


Lei mosse un timido passo avanti sfoggiando un sorriso meno timoroso


Vuoi baciarmi Tyler?”


Lui rimase immobile, preda dell'inaspettato calore che quella domanda aveva acceso in lui.


Payne si leccò appena le labbra.


Non essere spaventato.”


Disse facendosi ancora più vicina a lui.


Attese qualche istante.


Si riempì i polmoni d'aria.


Sai, se questa fosse una commedia adesso ti avvicineresti a me...”


Il tono della sua voce si addolcì lentamente.


Rimase in attesa di una sua mossa.


Tyler finalmente prese coraggio, passando delicatamente tra le dita una ciocca dei suoi lunghi capelli biondi.


...Mi diresti che sono bellissima...”


Lo sei.”


Finalmente la voce di Tyler rispose alla sua sussurrando.


...che sogni questo momento da sempre...”


Sai già che è così.”


Mosse lentamente le mani per accarezzarle il viso.


Payne socchiuse gli occhi godendo di quel contatto


...Poi mi prenderesti tra le braccia e poi...”


Payne?...”


Tyler si permise di interromperla pronunciando il suo nome a bassa voce.


Lei socchiuse le labbra, lui sorrise appena.


...Questa non è una commedia.”


Payne rispose al suo sorriso


Allora baciami e basta.”


L'incontro delle loro labbra concluse la conversazione.


Il primo bacio. Un perfetto primo bacio.


E comunque era solo questione di tempo.



---------------



Tutto ok?”


Payne balzò sul sedile tornando al presente.


Sì.”


Sembravi finita su un altro pianeta.”


C'ero davvero.


Lei sorrise.


Tyler guardava con attenzione la strada.


Eden gli aveva raccontato del suo appartamento, ma lui non era mai stato a Chicago prima.


In qualche modo quella città sembrava uguale a tutte le altre.


E cercare nella confusione del traffico non era semplice. Nemmeno lì.


Payne ripensò di nuovo a tutto quello che Tyler le aveva raccontato.


Il coma. L'FBI. Una bambina.


Non riusciva ancora a crederci.


Sembrava più la trama di uno dei suoi racconti che la realtà.


Tyler si schiarì la voce.


Grazie comunque.”


Payne si morse il labbro


Di cosa?”


Di essere venuta con me. Almeno stavolta.”


La precisazione finale riaccese il suo senso di colpa.


E tutti i suoi rimorsi.


Payne si sforzò di non drammatizzare.


Sai come si dice...”


Scrollò le spalle


...Chi sbaglia impara.”


Dietro quelle poche parole un mondo intero.


Rimpianto. Nostalgia. Colpa.


Speranza.


Credo che ci siamo.”


Tyler rallentò scrutando il nome della via all'altro lato della strada.


Decise di lasciare la sua Mustang e proseguire a piedi.


Con la dovuta cautela si avvicinarono al palazzo.


Il sole era già calato e tutto sembrava apparentemente calmo.


Percorso il breve vialetto Tyler bussò alla porta.


Payne teneva gli occhi aperti alle sue spalle.


Nessuno rispose.


Bussò di nuovo.


Non aveva corso come un matto per più di dieci ore solo per trovarsi di fronte ad una porta chiusa.


Aprire la serratura fu più piuttosto semplice.


Dentro furono accolti da semioscurità e disordine.


Troppo disordine. Perfino per Eden.


Sembrava come se qualcuno avesse rovistato tra le sue cose.


Payne si mosse lentamente nella stanza cercando di immaginare la sua amica.


Passò le mani sulla pelle fredda del divano.


Visualizzò la sua sagoma intenta tra i fornelli.


Buttò gli occhi nella stanza con la carta da parati rosa.


Doveva essere quella della bambina.


Mentre cercava di immaginare che viso potesse avere la figlia di Eden e Davis, intorno a lei Tyler si muoveva come una furia.


Aveva timore degli agenti ed iniziava a preoccuparsi davvero.


Sto scappando. Non c'è altro modo per dirlo.”


Probabilmente era stato uno stupido a sperare di poterla fermare in tempo.


Payne espirò cercando qualche parola giusta da dire.


La delusione di Tyler era evidente.


Per lei, invece, tutto era ancora troppo irreale.


Non sapeva come confortarlo.



Se n'è andata.”



Quella voce li colse alle spalle come una fucilata.


Tyler scattò immediatamente in cerca dello sconosciuto che aveva pronunciato quelle parole.


Sfoderò la pistola puntandola alla porta.


Col braccio spinse Payne dietro di lui.


Quell'uomo che non aveva mai visto, stava sulla soglia con le mani alzate. Apparentemente disarmato.


Sul viso il riflesso della sua stessa delusione.


L'istinto gli suggerì chi potesse essere.


Chi sei?”


Domandò.


Daniel Dair, ma chiamami pure Dair.”


Tyler spalancò gli occhi.


I suoi sensi non avevano mentito.


Avevano di fronte l'FBI.


Dov'è Eden?”


Incalzò facendosi minaccioso con la sua 9mm.


Speravo potessi dirmelo tu.”


Stavolta Tyler aggrottò le sopracciglia.


Io? Sei tu l'agente...”


Si mosse di nuovo


...Dove l'avete portata?”


Dair scrollò le spalle


Da nessuna parte. Se n'è andata di sua spontanea volontà. O almeno spero.”


Dair mosse con cautela il primo passo al di là della soglia.


Con le mani ancora alzate cercò di spiegarsi.


Puoi abbassare la pistola. Sono disarmato. Perquisiscimi pure se vuoi.”


Payne venne finalmente avanti.


Ci penso io.”


Mugugnò avvicinandosi a lui.


Davvero non sembrava minaccioso.


E' pulito.”


Sentenziò dopo aver tastato i suoi abiti.


Tyler deglutì abbassando l'arma con una certa resistenza.


Tyler Matthews giusto?”


Lui annuì e basta.


E tu devi essere Payne. So praticamente quasi tutto di voi.”


Allora dimmi dov'è Eden.”


Fu la risposta secca di Tyler.


Dair abbassò la testa.


Stavolta ha davvero combinato un bel casino.”


Che vuoi dire?”


Il tenente rialzò gli occhi.


Sollevò un sopracciglio.


Non lo sai?”


Tyler rimase incerto sulla sua risposta.


Il suo sguardo fu comunque abbastanza eloquente.


Ha mandato a monte l'intera operazione.”


Spiegò con palese amarezza.


Tyler corrugò la fronte


Non avete arrestato Davis?”


Decisamente no.”


Il respiro di sollievo di Payne spezzò la tensione.


Non aveva mai davvero creduto a quella parte della storia.


Che è successo?”


Dair inspirò profondamente


Davis non si è presentato alla firma del testamento. E io ci ho rimesso il posto.”


Tyler guardò i suoi movimenti.


La sua faccia stanca.


Il suo sconforto.


E' scappata davvero allora.”


Sbottò.


Dair alzò il viso


Dove?”


Non lo so. Sono corso qui sperando di trovarla, ma siamo arrivati tardi.”


Nello sguardo del tenente si riaccese una scintilla


E dov'è Davis invece?”


Tyler sollevò le spalle


A quest'ora immagino che sia già dall'altra parte del pianeta.”


Dair spostò lo sguardo imprecando tra i denti.


Maledetto bastardo.”


La suoneria del cellulare di Payne ruppe quell'attimo di silenzio.


Lei esitò prendendolo tra le mani.


E' ancora Blake.”


Disse infine.


Mentre Tyler fremeva d'incertezza Dair si rivolse direttamente a lei


Rispondi.”


No!”


Ribatté Tyler.


Payne li guardò entrambi mentre il display continuava ad illuminarsi con insistenza.


Forse sanno dov'è.”


Non è con loro.”


Non vuol dire che non sappiano dov'è.”


Tyler si portò le mani alle tempie.


Tra il suono acuto del telefono e la voce di Dair non riusciva più a pensare.


Rispondi!”


Sentì il tenente rivolgersi di nuovo a Payne.


Lei sembrò voler cedere.


Tyler intercettò le sue mosse togliendole il cellulare dalle mani.


Fulminò Dair con lo sguardo mentre si accingeva a rispondere.


Non doveva fiatare.


Pronto?”


Si può sapere dove cavolo siete??!”


L'urlo di Blake riempì la stanza.


Dovevano incontrarsi a Westchester ore ed ore prima e per tutto il tempo avevano ignorato le sue chiamate.


Abbiamo avuto un contrattempo.”


Rispose lui.


Un contrattempo?! Sei impazzito?! Guarda che qui sta andando tutto a puttane! Davis è sparito e Leman vuole che ce ne andiamo il più...”


Tyler ignorò la sua rabbia focalizzandosi sul dettaglio principale


Che vuol dire che Davis è sparito?”


A quella domanda vide Dair diventare di ghiaccio davanti ai suoi occhi.


I pugni stretti e lo sguardo affilato.


E' sparito ti dico! Non è mai arrivato qui e non risponde alle mie telefonate!”


Il tono di Blake sfumò nella più genuina apprensione.


Di lì a poco avrebbe forse anche pianto.


Sono sicuro che si farà sentire.”


Dovete venire qui, immediatamente!”


Tyler sospirò notando l'assurdità della sua situazione.


Temo che ci vorrà un po' Blake.”


Un po' quanto?!”


Circa dodici ore.


Tyler is passò nervosamente una mano sulla fronte


Ho paura che dovrete aspettare almeno fino a domani.”


Domani?! Ma dove diavolo siete??”


Non importa Blake. Senti, se Leman non vuole nascondervi allora trovatevi un posto per dormire ok? Noi ci risentiamo.”


Chiuse la comunicazione ignorando l'ennesimo urlo di Blake.


Restituì il telefono a Payne.


Gli occhi di Dair erano ancora incollati su di lui.


I suoi muscoli erano sempre più tesi e lo sguardo più torvo.


Come ti avevo detto non è con loro.”


Dair si mosse nervosamente nella stanza


Chiamala.”


Ordinò infine.


Tyler scosse la testa


Credi che non ci abbia già provato?”


Allora provaci di nuovo!”


I toni della conversazione iniziarono a salire.


Dair aveva ormai rinunciato, ma forse Tyler aveva ancora qualche speranza.


Perché dovrei farlo eh?”


Tyler sollevò un sopracciglio


Perché mai dovrei aiutarti a trovarla? Tu sei un poliziotto!”


Non in questo momento.”


Davvero?”


Dair si morse le labbra.


Odiava esporre quel concetto ad alta voce.


Sono stato sospeso. Non potrei arrestarvi nemmeno se volessi.”


E allora che cosa vuoi?”


Il tenente si spinse a pochi centimetri da Tyler.


Lo guardò fisso negli occhi.


Devo trovare Eden.”


Scandì con voce ferma e decisa.


Tyler lesse nel suo sguardo qualcosa di strano.


C'era più dell'operazione di polizia in ballo. Era evidente.


Proverò a chiamarla. Soltanto una volta. Lei non risponderà e tu ci lascerai andare ok?”


Non era una richiesta. Erano i suoi termini.


Dair acconsentì con un cenno della testa.


Non erano le sue reali intenzioni, ma poco importava.


Tyler indietreggiò di un paio di passi e compose il numero a memoria.


Rimase a fissarlo mentre gli squilli si susseguivano.


Fu genuinamente sconvolto quando sentì la voce della sua amica all'altro capo.


Sperava davvero che non rispondesse.


Non in quel momento.


Tyler?”


La voce di Eden era chiaramente scossa, ma non sembrava spaventata.


Stai bene?”


Fu la prima domanda di Tyler.


Sì. Diciamo di sì.”


Dove sei?”


Ci fu una pausa quasi insostenibile.


Sono con Davis.”


Tyler sgranò gli occhi.


Ad ogni secondo tutto diventava più complicato.


Cosa?”


E' riuscito a trovarci.”


Eden teneva il tono basso, come se stesse parlando di nascosto.


Dove siete adesso?”


Da qualche parte vicino a Johnstown.”


In Pennsylvania?”


Stiamo venendo a Westchester.”


Tyler abbassò lo sguardo.


Probabilmente pensava che avrebbe trovato anche lui lì.


E lui è lì con te adesso?”


Alla parola “lui” Dair aveva di colpo affilato lo sguardo.


I suoi peggiori sospetti andavano prendendo forma.


E' andato a prendere qualcosa da bere. Ecco perché ho risposto solo ora.”


E'... E' tutto ok lì?”


Tyler non sapeva come altro chiederlo.


Vi siete già massacrati?


Tua figlia è lì con voi?


Gli hai detto la verità?


Siete ancora tutti vivi?


Eden sospirò all'altro capo del telefono.


Per ora sì.”


Bene... Ci vediamo lì allora.”


Lei prese un altro lungo respiro


Mi dispiace Tyler. Di tutto. Di averti messo in mezzo a questo casino e di non averti chiamato prima.”


Tyler avrebbe voluto sorridere, ma trattenne il suo istinto.


Non preoccuparti. Si risolverà tutto.”


Com'era difficile dirlo con addosso gli occhi furiosi di un poliziotto.


Si rimise il telefono in tasca e cercò di sfoggiare la più sicura e minacciosa espressione.


Lei sta bene.”


Di sicuro non era abbastanza.


Dair incalzò di nuovo contro di lui, afferrandolo per la maglietta.


Dov'è??”


Payne si mosse verso di loro.


Non aveva ancora proferito parola, ma non avrebbe indugiato oltre se ci fosse stato da intervenire.


Perché ci tieni tanto?”


Domandò spezzando la tensione col suo tono inopportunamente curioso.


Era rimasta ad osservare per tutto il tempo ed aveva capito che quell'uomo non agiva per senso del dovere.


Dair la guardò.


Ritrasse le mani di colpo consapevole di aver ceduto troppo rapidamente all'aggressività.


Indietreggiò riprendendo fiato.


Alzò le mani cercando goffamente di mostrare la calma ritrovata.


E' con Davis non è vero?”


L'esitazione di Tyler nel rispondere diede il colpo di grazia ai suoi intenti.


Nascose il viso tra le mani per un secondo.


Non poteva mostrare il suo reale stato d'animo.


Payne aggrottò le sopracciglia facendosi avanti.


Ogni gesto di Dair confermava i suoi sospetti.


Chi sei tu?”


Piegò la testa da un lato


Voglio dire... Non ti comporti affatto come un poliziotto...”


Lo vide stringere di nuovo i pugni


...Sembri piuttosto un fidanzato geloso. Preoccupato e geloso.”


Dair rivolse lo sguardo a Payne.


E poi a Tyler. E poi di nuovo a Payne.


La stessa sensazione che lo aveva colpito la prima volta che aveva visto Eden, lo colpì di nuovo.


Quelle non erano persone cattive.


Seguendo di nuovo l'istinto decise di giocarsi il tutto per tutto.


Hai ragione.”


Ammise spostando gli occhi verso il pavimento.


Non che sia il suo fidanzato, ma comunque noi...”


Le parole gli morirono in bocca.


Noi cosa?


Scosse la testa tornando a guardare Tyler.


Lui scrutò a fondo quel viso.


Era un uomo che chiedeva aiuto.


E' con lui?”


Payne e Tyler si scambiarono un'occhiata di intesa.


Erano entrambi incerti sul da farsi, ma mentire ulteriormente non avrebbe risolto le cose.


Sì. E' con lui.”


Nessuna imprecazione. Nessun gesto furioso. Nulla di nulla.


Dair rimase immobile con gli occhi in quelli di Tyler.


Sophia è con loro?”


Quel nome gli parve estraneo per un momento.


Eden non ne aveva parlato chiaramente, ma se la bambina non era più lì, inevitabilmente doveva essere con loro.


E' riuscito a trovarci” aveva detto.


Immagino di sì.”


Il labbro di Dair tremò per un istante.


Devi portarmi da lei.”


Il suo viso era rimasto impassibile ma dalla voce si capì che aveva chiaramente accusato il colpo.


Tyler scosse la testa.


No. Questo non posso farlo.”


Ma devi farlo!”


Dair alzò la voce rinunciando nuovamente al suo tentativo di mantenere la calma.


Eden non è in pericolo. Davis non farebbe mai...”


Senza volerlo, Tyler cedette all'istinto di rassicurarlo.


Come puoi dirlo? Davis è un assassino!”


Lo interruppe l'altro.


Quindi è questo. Vuoi che ti porti da lei così potrai finalmente arrestare Davis.”


Non mi importa niente di Davis adesso!”


Dair gli urlò in faccia. Fu sul punto di aggredirlo di nuovo, ma si trattenne.


Voglio solo trovare Eden e Sophia...”


Il tenente prese fiato tornando a guardare Tyler


...Sono certo che lo conosci meglio di me... Forse Davis non è così cattivo come dicono, ma credi davvero che siano al sicuro con lui? Che la bambina sia al sicuro con lui? Probabilmente è terrorizzata.”


A quel pensiero un brivido corse lungo la sua schiena.


Tyler rimase incerto sulla sua risposta.


Era sicuro che Davis non avrebbe fatto del male a nessuno, ma il pensiero della bambina... Davis non era certo un esperto di bambini... E la voce di Eden al telefono...


Payne si mosse di nuovo


Dici che non ti importa di arrestarlo, ma cosa vuoi fare allora?”


Dair si rivolse a lei


Voglio solo riportarle qui, al sicuro. Per quanto riguarda voi altri non mi interessa, vi lascerò andare tutti.”


Sollevò le spalle. Con lo sconcerto del suo stesso essere, era la verità.


Perché mai dovremmo fidarci di te?”


Dair gettò via anche l'ultimo brandello di dignità


Perché io la amo.”


Payne lesse la disperazione di quell'uomo.


Non lo conosceva, non lo aveva mai visto, ma non riusciva a non credergli.


Anche Tyler rimase a guardare in silenzio.


Nella sua testa l'immagine di Eden.


La sua espressione quando quel giorno le aveva raccontato tutta la verità.


Il suo viso si era illuminato per un attimo quando, parlando dei suoi agenti di controllo, aveva detto


Mentre l'altro bhé... Lui era... Gentile.”


Parlava proprio di lui.


Ed eccolo qui. Daniel Dair.


Anche i suoi occhi si erano illuminati ogni volta che aveva pronunciato il nome di Eden.


Ed era lì. Arreso davanti al nemico pur di ritrovarla.


Distolse lo sguardo.


Non poteva tradire Davis. Già... Davis.


Quanto lo aveva odiato il giorno in cui avevano creduto Eden morta.


E quanto lo aveva detestato il giorno in cui aveva ucciso quel gendarme.


Era colpa sua se tutto era diventato un casino.


Per lui aveva perso la sua amica e la sua donna.


E insieme a loro ogni speranza di tornare ad una vita normale.


Dentro di lui lo aveva sempre pensato.


E forse era lecito anche pensare che Eden meritasse qualcosa di meglio.


Che potesse ancora essere salvata.


Che proprio quel Daniel Dair potesse salvarla.


Payne gli si avvicinò. Il suo animo romantico si era facilmente lasciato scalfire.


Cosa facciamo?”


Gli sussurrò.


Tyler inspirò profondamente. La rabbia per il passato si era riaccesa prepotente dentro di lui.


Sfilò al fianco di Payne parandosi davanti a Dair.


Queste sono le mie condizioni...”


Iniziò serio e solenne col pollice alzato


Primo, non arresterai nessuno...”


Sollevò anche l'indice


Secondo, lascerai che sia Eden a decidere cosa vuole fare...”


Aguzzò lo sguardo facendosi minaccioso e terribilmente cupo


E terzo, fai anche solo un passo falso e sei finito, agente.”


L'appellativo finale servì a sottolineare l'entità dell'accordo.


Non era un favore fatto a lui.


Era un tentativo dovuto alla sua amica.


La sua migliore amica.


Dair annuì ritrovando un po' di vigore.


Posso accettarle.”


Bene...”


Tyler si mosse verso la porta assicurandosi di avere ancora l'arma a portata di mano.


Non avrebbe di certo abbassato la guardia.


...Muoviamoci allora.”


Aprì la porta facendo cenno a Dair di passare per primo.


Mai e poi mai dare le spalle a qualcuno di cui non ti fidi.


Payne attraverso la soglia con lui, sperando di aver preso la decisione più giusta per tutti.



---------------


Eden ripose il cellulare in tutta fretta uscendo dalla porta semichiusa del bagno.


Come sempre, la voce di Tyler aveva avuto il suo effetto ansiolitico.


Rivederlo sarebbe stato anche meglio.


Guarda mamma! Ci sono i Muppets!”


Sophia se ne stava sul letto con le gambe incrociate ed il telecomando in mano.


Eden la raggiunse sedendosi accanto a lei.


Era sorprendentemente tranquilla.


Forse sarebbe meglio dormire un po'.”


Non ho sonno!”


Protestò la bambina.


Eden sorrise accarezzandole i capelli.


Era stata una giornata movimentata, ma sembrava che l'unica davvero scombussolata fosse lei.


Davvero non sei stanca?”


Sophia scosse la testa velocemente poi si tirò su e si accoccolò tra le braccia di Eden.


Dov'è Davis?”


Domandò.


Eden passò di nuovo le dita tra i suoi capelli.


E' andato a prenderci qualcosa da bere.”


E' simpatico sai?”


Eden aggrottò le sopracciglia di riflesso


Simpatico?


Negli occhi di Sophia non c'era alcun timore di lui.


Come se qualcosa di realmente innato la facesse sentire al sicuro.


E gli hamburger sono strabuonissimi!”


Ecco svelato il trucco.


Eden si sentì davvero meglio di fronte a quel visino sereno.


Tutto il resto non aveva importanza.


O almeno quasi tutto.


Stampò un bacio sulla fronte di Sophia.


Guardò intorno a sé l'arredamento scarno di quella stanza di motel.


Nulla di rassicurante nelle macchie sulla carta da parati, ma data la condizione di fuggiaschi non potevano concedersi di meglio.


Il vento faceva sbattere le veneziane contro il vetro, creando un sottofondo piuttosto inquietante.


Eden si strinse nelle braccia guardando di nuovo la sua bambina.


Era davvero più coraggiosa di lei.


Lei che cercava di ignorare i suoi veri pensieri.


Davis era uscito dalla stanza ormai da parecchio e senza di lui...


Bhé... Inaspettatamente senza di lui non riusciva più a sentirsi al sicuro.


Lei che pensava davvero di potercela fare anche da sola.


D'un tratto non ne era più così certa.


Il suo pensiero volò dritto da un'altra parte.


Tutta colpa di Dair.


Sua e della sua strabiliante capacità di farla sentire al posto giusto.


Forte e protetta.


Chissà dov'era lui adesso?


Un'immagine prese vita spontanea nella sua mente.


L'idea di aver distrutto anche lui la investì come un treno in corsa.


Più insopportabile del previsto.


Quasi non riuscì a trattenere le lacrime.


Dair aveva tirato fuori il meglio di lei e lei l'aveva ripagato col peggio.


Per cosa poi? Per continuare a scappare nell'ombra delle sue bugie.


Per fuggire con un uomo che sembrava non conoscere più.


Tirò su col naso, finalmente conscia della sua nuova situazione.


In quel momento era solo un punto fermo nel moto caotico dell'universo.


Senza più un passato da salvare.


Né un futuro in cui sperare.


Solo un presente senza uscita.


Improvvisamente le mancò il respiro, sentì il panico iniziare a sommergerla poco a poco.


Come sono arrivata a questo punto??


Aria. Aveva bisogno d'aria.


Resta buona qui un attimo, ok?”


Annaspò trattenendo il pianto ancora per un po'.


Sophia annuì con lo sguardo perso nella tv.


E così corse fuori dalla porta pronta a versare in lacrime tutto quel dolore.


Eden scoppiò a piangere stringendo il viso tra le mani.


Si lasciò cadere contro la parete di legno.


Non c'era altro da fare.



Davis riuscì a scorgere la sua figura quasi subito.


Ma con la birra nella mano e una sigaretta nell'altra, gli ci volle un po' per capire che stesse piangendo.


Era la seconda volta in un solo giorno che la vedeva crollare.


E non si sentiva meglio di lei.


Salì piano i pochi gradini che lo separavano da lei.


Poggiò a terra la bottiglia.


Eden rialzò lo sguardo restando a guardarlo in silenzio.


Odiava essere vista in quelle condizioni.


Si strofinò il naso cercando di ingoiare il pianto.


Lui sputò l'ultima boccata di fumo prima di voltarsi verso l'orizzonte.


Io non ti odio.”


Disse continuando a guardare verso il cielo.


Eden rimase impietrita per qualche istante poi chiuse forte gli occhi sperando che bastasse per sentirsi meglio.


Per quanto vorrei, non ci riesco.”


Davis rimase di spalle sedendosi sulle scalette.


Lei respirò profondamente quelle parole.


Si lasciò scivolare lungo la parete distendendo le gambe sul legno.


Riusciva a seguire i suoi respiri dal movimento lento delle sue spalle.


E non riuscire vedere il suo viso era confortante.


Davis parlò di nuovo


Non so come si fa.”


Disse quasi sussurrando.


Eden sollevò un sopracciglio


Che cosa?”


Lui sollevò le spalle


Il padre...”


Disse con una naturalezza disarmante.


Non so cosa fare... Non so cosa dire...”


Stai andando bene invece...”


Davis scosse la testa


Ancora non riesco a crederci.”


Eden rimase a fissare le stelle in silenzio.


Lui mandò giù un altro sorso, ma sembrò non trovarci alcun conforto.


Eden inspirò profondamente


Nemmeno io ti odio...”


Si sentì di precisare


...Ho passato anni interi credendo che fosse così, ma in realtà non ha più alcuna importanza.”


Poggiò la testa al legno


Nulla di quello che è successo ha più importanza.”


Mentre parlava il discorso sembrava venir fuori dalle sue labbra di propria spontanea volontà.


Come se stesse parlando solo con sé stessa.


La verità è che la vecchia Eden è morta quel giorno... E con lei tutto quanto.”


Davis prese un respiro profondo


Quindi anche noi?”


Eden abbassò gli occhi mordendosi le labbra.


Avrebbe voluto dire di no.


Avrebbe davvero voluto dirlo.


Ma i sentimenti per lui non riuscivano a zittire la sensazione che qualcosa si fosse spezzato.


Irrimediabilmente.


Davis sorrise alla luna.


E' paradossale sai? Dal momento in cui mi hanno detto che eri ancora viva non ho fatto altro che pensarci...”


L'ironia forzata della sua voce si interruppe per un po'


Ho fatto cose terribili nella mia vita, ma pensavo davvero di poter ricominciare... Ne ero convinto.”


Eden chiuse gli occhi.


Quei pensieri erano un po' anche i suoi.


Una vita diversa... Io e te... Una famiglia.”


Ti prego non dirlo.”


Lo zittì lei prima che potesse continuare.


Era doloroso.


Quelli erano i sogni che avevano costruito insieme.


Gli stessi che non avrebbero mai realizzato.


Troppo tardi.


Quell'urlo continuava a riempire la testa di Eden.


La costrinse a portarsi le mani alle tempie.



Erano due punti fermi nel bel mezzo del caos universale.


Senza più un passato da salvare.


Né un futuro in cui sperare.





*******



Questa volta eviterò di scusarmi troppo per il tempo tra un aggiornamento all'altro... Mi dispiace da morire, ma ho capito che dovrò farlo per forza ogni 10/15 giorni :((

Non vorrei, ma tra gli esami e tutto il resto, non riesco a ritagliarmi troppo tempo! Spero che abbiate pazienza, anche perché la fine della storia si avvicina e sono più che decisa ad arrivarci!


Per quanto riguarda questo capitolo cosa posso dirvi? Forse starete pensando che la decisione di Tyler è piuttosto strana, ma immagino che abbiate capito che il suo rapporto personale con Davis è abbastanza controverso. Del resto aveva già acconsentito ad aiutare Eden a farlo arrestare, perché non restare coerente? Per lui la sua amica è più importante del resto (quasi al pari di Payne ovviamente^^). A proposito, mi è sembrato giusto dedicare un po' di spazio anche a loro, anche se l'ho fatto solamente attraverso un flashback. Non sono i veri protagonisti della storia, ma fanno comunque la loro parte.


E così Dair si ritroverà catapultato nel loro mondo e, soprattutto, finalmente faccia a faccia col suo nemico numero uno.. Che succederà? Non posso ancora dirvelo!


Dimenticavo... BUON ANNO A TUTTI!!!



Ringrazio da morire CINZIA818, MEREDITH91, SUPREME e MIVIDAM per le splendide recensioni! Stavolta taglio corto (ovviamente per mancanza di tempo O_o) ma tanto lo sapete già che vi adoro e che siete la motivazione che manda avanti questa storia!!


Per ringraziarvi ulteriormente vi dedico questo trailer, realizzato sempre da me, con gli ipotetici volti della storia.. Spero che non abbiate problemi con l'inglese e, tanto per, rifaccio la lista dei personaggi:


Eden – Leighton Meester

Davis – Ed Westwick

Dair – Jensen Ackles

Tyler – Penn Badgley

Payne – Blake Lively

Blake – Sophia Bush

André – Robert Pattinson

McPhee – Sean Bean

Grace – Kristin Kreuk


E Sophia?? Scommetto che capirete da dove l'ho rubata!!^_^


Seguite il link e se ci mette un po' a caricare è normale:


http://www.veoh.com/browse/videos/category/entertainment/watch/v196123085ATwPabM#




























































































































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Capitolo 20
*** Chiunque tu Sia ***


capitolo19

CAPITOLO 19


CHIUNQUE TU SIA”


And I lost who I am

And I can't understand

why my heart feels so broken

rejecting your love...

Who I am from the start

take me home to my heart

let me go and I will run...”

Shattered – Trading Yesterday




Dove diavolo eri finito?!!”


La furia di Blake riempì la stanza non appena Davis vi mise piede.


Sua sorella gli si scagliò contro pronta a scaricare tutta la tensione accumulata in quelle ore.


Davis schivò il suo arrivo restando in silenzio.


Ti rendi conto? Credevo ti avessero arrestato! Ho avuto paura che fossi morto o magari anche peggio!”


Cosa c'è di peggio Blake?”


Ribatté lui con una calma del tutto fuori luogo.


Lei strinse i pugni


Ci hai fatto rischiare tutti, lo sai? Nemmeno Leman vuole più aiutarci adesso e comunque...”


Blake rimase a bocca aperta spalancando gli occhi verso la porta.


Eden fece il suo silenzioso ingresso lanciandole una semplice occhiata.


Una parte di lei avrebbe voluto sfoggiare un bel sorriso sardonico, ma data la situazione, meglio evitare.


Nascosta dall'ombra di sua madre, Sophia rimase sulla soglia sbirciando l'assoluta novità con i suoi grandi occhi scuri.


Blake divenne bianca come un lenzuolo.


Riportò lentamente gli occhi su suo fratello e sulla sua totale mancanza di reazioni.


Gli scattò vicino trascinandolo il più lontano possibile.


Che cosa significa tutto questo!? Non solo continui a riprenderti quella strega, adesso ti sei messo anche a raccattare bambini?!”


E' la figlia di Eden.”


Rispose, lasciando ulteriori particolari ad un momento migliore.


Blake strabuzzò gli occhi.


Co.. Come?”


Balbettò guardando di nuovo Sophia.


La piccola sollevò lentamente la mano in un saluto.


Blake rabbrividì.


E' impossibile.”


Te lo spiego più tardi...”


Davis uscì dalla sua presa riavvicinandosi ad Eden e Sophia.


...Dove sono gli altri?”


Proprio come se avesse sentito il suo richiamo, André venne fuori dalla cucina con un'enorme ciotola di pop-corn.


Hey, ce l'avete fatta!”


Esordì biascicando con la bocca piena.


Il suo sorriso sparì due secondi più tardi.


Mandò giù con fatica puntando il dito verso la soglia.


Che... Che cos'è quella?”


Il suo indice puntò dritto verso Sophia.


Gli occhi della bambina si illuminarono.


Pop-corn!”


Esclamò venendo fuori dall'ombra di Eden per raggiungere André.


Lui indietreggiò vedendola venirgli incontro.


Di nuovo deglutì.


Avete.. Avete rapito una bambina?”


Eden non riuscì a trattenere un sorriso.


E' mia figlia.”


André guardò giù verso Sophia. Gli arrivava poco più su delle ginocchia, ma poteva facilmente riconoscere gli stessi occhi di Eden.


Pop-corn!”


Esclamò di nuovo lei allungando la mano.


Quel sorriso però non era il suo.


André mise la ciotola alla sua altezza e lasciò che ne prendesse una manciata.


Come ti chiami?”


Domandò la bambina.


André.”


Rispose ancora un po' intimorito.


Anche tu sei un amico della mamma?”


Credo di sì.”


Ribatté sollevando un sopracciglio.


Io sono Sophia Spencer.”


Precisò la bambina e lui non riuscì a fare altro che abbozzare un sorriso.


Davis si guardò intorno mentre quella scena accadeva poco più là.


Una bella casa in un quartiere residenziale. Aveva perfino il parquet ed il giardino.


Come avete trovato questo posto?”


Domandò riportando l'attenzione su di lui.


Blake inspirò profondamente approfittando del cambio di argomento per tranquillizzarsi.


Io volevo andare in un motel, ma André aveva bisogno delle sue comodità...”


Guardò l'amico in preda al sarcasmo


...Così ha convinto un'agente immobiliare del tutto idiota a farci usare questo posto per un po'. Non chiedetemi come.”


André sollevò l'angolo della bocca strofinandosi il pugno sul petto


Modestamente.”


Blake sfoggiò una smorfia disgustata.


Ma se pesava almeno cento chili!”


Non era così male! E poi devo ammettere che aveva delle doti nascoste..”


Davis sorrise per la prima volta dopo tanto.


Ci sono delle stanze anche per noi?”


Al piano di sopra.”


Davis guardò sua sorella sperando che avesse esaurito i bollenti spiriti


Ti dispiace accompagnarle?”


Chiese. Blake sollevò le sopracciglia mimando un “Come, prego?”, ma capì ben presto di dover seguire la sua richiesta.


Andiamo.”


Pronunciò tra i denti avviandosi verso le scale.


Eden lanciò un'ultima occhiata verso Davis, come se avesse improvvisamente paura di separarsi da lui. Scacciò via l'idea richiamando sua figlia.


Sophia sorrise guardando in su verso il viso del suo nuovo ed alto amico


Ciao André!”


Lui rispose goffamente al saluto ed attese di vederle sparire sulle scale.


Puoi farmi un riassunto per favore?”


Davis sembrò cambiare totalmente aspetto in un solo secondo. Tutta la calma apparente sparì e la stanchezza attaccò irrimediabilmente i suoi muscoli. Finalmente poteva rilassarsi. Finalmente poteva dirlo a qualcuno.


E' mia figlia.”


Sputò tutto d'un fiato.


André fece per parlare, ma rimase a bocca aperta. Non riuscì a proferire parola mentre il suo amico raggiungeva il divano crollando sfinito sui cuscini.


Davis buttò indietro la testa sbuffando verso il soffitto.


Non si sentiva affatto meglio.


Com'è possibile?”


Riuscì infine a domandare André.


Davis sollevò le spalle


Era già incinta quando noi...”


Non terminò la frase, ma del resto non era necessario. Era fin troppo facile tirare le somme.


Cavolo..”


André si grattò un sopracciglio ancora preda della sorpresa.


Inspirando raggiunse la più vicina fonte di alcool e versò un abbondante whisky doppio.


Tieni.”


Porse il bicchiere a Davis sedendosi accanto a lui.


Davis buttò giù un paio di sorsi mentre tutti e due guardavano in silenzio il nulla di fronte ai loro occhi.


E così sei diventato papà.”


Ribadì André tamburellando con le dita sulle sue stesse ginocchia.


Davis rispose con un semplice “Mm”.


L'altro sospirò ancora, probabilmente cercando qualcosa di giusto da dire. Le conversazioni intime non erano di certo il loro forte.


André cercò di sforzarsi. Conosceva bene Davis e in fin dei conti anche le parole di cui lui aveva bisogno.


Quindi adesso hai una famiglia.”


Davis sollevò una mano buttando giù altro whisky


Ti prego non dire quella parola.”


Rispose, forse senza accorgersi di aver citato proprio Eden.


Non è quello che volevi?”


Finalmente André gli rivolse lo sguardo.


Davis rispose sollevando un sopracciglio


Ti prego, non dirmi che stiamo per avere una conversazione a cuore aperto.”


André affilò lo sguardo


Credimi, non mi sono rammollito del tutto.”


Bene.”


Davis riportò lo sguardo avanti


Ma ci tengo comunque a precisare...”


Riprese André puntando l'indice verso l'amico


...che il fatto che io preferisca non parlarne, non vuol dire che non sappia perfettamente cosa mi succede intorno.”


Davis contrasse la mandibola in attesa.


André strinse uno dei cuscini


Hai la famiglia che volevi. Dovresti essere felice.”


Disse con tono sommesso quasi temesse la reazione di Davis.


Lui scosse la testa


Non è quello che volevo.”


Sì lo è.”


No invece.”


Sì.”


No.”


Perché diavolo l'hai sposata allora?”


Stavolta Davis non ribatté.


Sbuffò di nuovo guardando in su


Eden mi ha mentito...”


La solennità del suo tono svanì in una sorta di rassegnazione


...e mi odia.”


André sollevò appena le spalle


Crede che tu l'abbia lasciata a morire da sola.”


E' quello che ho fatto.”


Davis non riuscì ad ignorare la fitta allo stomaco.


L'altro scosse la testa


Sai che non è vero... Sono stato io a trascinarti via di peso. Se non l'avessi fatto saresti rimasto lì, ti saresti anche fatto arrestare.”


Di nuovo calò il silenzio. Ricordi e flash mischiati a colpa nella testa di entrambi.


Davis strinse il ponte del naso tra le dita.


Era abituato a tenere sotto controllo ogni emozione, ma stava diventando tutto troppo difficile.


Dal canto suo André cercava di ignorare la scomodità di quella situazione.


Era ora di fare l'amico.


A me non piacciono le persone. Questo lo sai, vero?”


Iniziò girando intorno alla meta del discorso.


Davis annuì in silenzio.


Quindi c'è una ragione se sono diventato tuo amico.”


Continuò gesticolando imbarazzato


Ed è che io ti ammiro.”


Stavolta Davis sollevò lo sguardo fissandolo quasi allibito.


André sollevò le mani in tutta risposta


Non fraintendermi, non è certo per il tuo sguardo da duro o perché hai sposato una donna con un gran fondoschiena...”


Davis si schiarì la voce.


Come non detto, scusa.”


André cercò di riprendere il filo del discorso.


Fece dondolare la mano davanti al proprio viso come se volesse sottolineare ciò che stava per dire.


Tu prendi sempre quello che vuoi.”


Finalmente riuscì a riassumere il concetto.


Da che ti conosco è sempre stato così. Se vuoi qualcosa tu vai e te la prendi. Non ti servono ragioni o giustificazioni, ti basta sapere che è qualcosa che vuoi.”


Davis abbassò lo sguardo. Non sentiva più di essere l'uomo che l'altro stava descrivendo. Ma avrebbe voluto esserlo ancora.


André tirò fuori una sigaretta per smorzare la tensione.


Ora lascia che te lo chieda...”


Iniziò ficcandosi la sigaretta tra le labbra.


La accese e sputò fuori il fumo.


Per la prima volta si rivolse direttamente a Davis


E' lei che vuoi?”


Lui inspirò il fumo che André aveva sputato fuori.


Si riempì i polmoni di quell'odore forte cercando di rallentare l'improvviso batticuore.


Non sarebbe riuscito a rispondere con le parole.


Non avrebbe saputo ammetterlo.


Rispose con un piccolissimo cenno della testa.


André soffiò fuori un'altra nuvola di fumo.


Allora va' di sopra e prenditela.”


Davis aggrottò le sopracciglia cercando di ribattere, ma dall'espressione di André era chiaro che non aveva più nulla da dire.


Si era sforzato fin troppo per dire quello che pensava.


Non gli aveva lasciato via d'uscita. Né le bugie di Eden, né i suoi segreti... E nemmeno il suo odio.


Davis Miller se ne sarebbe fregato. Avrebbe solo salito le scale e si sarebbe ripreso ciò che gli appartiene.


Sua moglie. La sua famiglia.




-----------




Eden si strinse nell'abito pulito tra le quattro mura della sua nuova stanza.


Non si sentiva a suo agio.


Quella appena passata era stata la cena a base di take-away più inquietante che avesse mai consumato.


Blake aveva fissato il piatto tutto il tempo, o almeno per i dieci minuti in cui era riuscita a rimanere seduta.


André aveva mangiato i suoi ravioli al vapore intrattenendo una bizzarra conversazione con Sophia su Hannah Montana.


E Davis l'aveva fissata tutto il tempo.


Con quegli occhi addosso non era riuscita a mandar giù più di un paio di bocconi.


E ancora aveva lo stomaco sottosopra.


Tutte le sue cene sarebbero state così d'ora in poi.


A meno che non avesse trovato un modo per cambiare le cose.


Tentò di sistemare i pochi vestiti sparsi sul letto.


Eden sospirò. Non le piaceva più stare da sola.


Sua figlia era rimasta al piano di sotto davanti alla tv.


Con lei André e Davis.


Di certo una buona madre non affida sua figlia a ladri ed assassini.


Eppure Sophia sembrava non avere alcun timore di loro.


Eden contemplò allora l'idea di tornare in salotto.


Il silenzio di quella stanza era ancora più insopportabile degli occhi di Davis e delle accuse di Blake.


Tutti i suoi pensieri urlavano e lei non aveva alcun modo per ignorarli.


Si passò le dita tra i capelli.


Con tutto quel rumore nella testa non riusciva nemmeno a pensare.


Quasi rimpiangeva la sensazione dei giorni passati.


Davis aveva preso il controllo della situazione ed aveva deciso per lei. E nonostante quel maledetto vortice di sentimenti contrastanti, si era sentita leggera. Protetta. Al sicuro quasi.


Adesso cosa avrebbe fatto invece?


Non poteva più scappare. E non poteva più tornare indietro.


Molto presto sarebbero arrivati anche Tyler e Payne e così la vecchia banda sarebbe stata al completo.


L'ultima fuga dagli Stati Uniti e poi?


Sarebbe riuscita a vivere un'intera vita sforzandosi di odiare Davis? O magari fingendo che il loro passato non esistesse?


Sarebbe riuscita a vivere con lui senza avvicinarsi mai troppo?


Eden non trattenne un lamento acuto prendendosi il viso tra le mani.


Non doveva dimenticare sua figlia.


Per quanto ancora avrebbe potuto negarle la presenza di suo padre?


Non per molto probabilmente.


Uscì dalla stanza spinta dall'esasperazione.


Meglio la tensione di dividere la stanza con Davis che quella solitudine assordante.


A metà della rampa di scale dovette però ricredersi.


Strinse il corrimano restando in silenzio a guardare quella scena.


Sophia era seduta al centro del divano, stretta tra Davis e André.


Dalla tv arrivava chiaro il chiacchiericcio tipico dei cartoni animati.


Una stupida musica allegra in sottofondo.


I suoi occhi erano puntati contro lo schermo.


E la sua testa poggiava tranquilla sul braccio di Davis.


Lui sembrava sorprendentemente essere altrettanto a suo agio.


Guardava quei cartoni come se fossero lo spettacolo più divertente del mondo.


Eden sentì il cuore spezzarlesi nel petto.


Ciò che sarebbe dovuto essere.


Per un istante le sembrò di essere piombata in una delle sue fantasie.


Milioni di volte aveva immaginato come sarebbe stato.


Se solo le cose non si fossero complicate fino a quel punto.


Davanti a lei prendeva vita la risposta.


Ogni cosa al proprio posto.


Ogni cosa tranne lei, incapace di lasciarsi il passato alle spalle ed andare avanti.


Se solo avesse messo da parte l'orgoglio per un attimo, se solo fosse stata meno egoista... Forse poteva farlo davvero.


Eden scese lentamente un altro gradino.


Era come se i suoi piedi pesassero di colpo una tonnellata.


La sua mano scivolava pesante sul legno lucido della balaustra.


La sua ombra si affacciava in salotto timorosa quanto lei.


Davis fu l'unico a cogliere la sua presenza tremolante.


Spostò rapidamente gli occhi dallo schermo alla sua figura.


Eden si bloccò.


Lui non disse niente, ma i suoi occhi parlavano da soli.


E le stavano chiedendo di scendere quei gradini.


Eden rimase immobile, terrorizzata dall'ennesima conferma di quanto fosse trasparente agli occhi di Davis.


Scendere avrebbe voluto dire arrendersi.


Anche a lui.


L'istinto di fuga prese il sopravvento sui suoi muscoli.


Eden voltò rapidamente direzione e corse indietro.


Appoggiata al letto tentò di calmarsi.


Aveva paura.


Non c'era altro modo per definirla. Paura.


Il rumore della maniglia la fece sobbalzare di nuovo.


Davis entrò in silenzio chiudendosi la porta alle spalle.


Stai bene?”


Domandò a bassa voce.


Eden scattò in piedi sistemandosi istintivamente il vestito.


Sì... Sì... Volevo solo controllare che fosse tutto a posto.”


Aggiunse tentando di giustificarsi.


Lo sguardo di Davis cambiò rapidamente di tono, mentre scorreva la sua sagoma, ancora vacillante.


Eden abbassò il viso.


Lui la guardò arrossire di imbarazzo o di timore e ne rimase stupito.


Come se il ghiaccio dei giorni passati avesse finalmente iniziato a sciogliersi.


Ed era sempre la donna più bella che avesse mai visto.


Dal primo giorno che l'aveva vista non aveva mai smesso di pensarlo.


Stupenda. Elegante. Intelligente. Del tutto fuori dalla sua portata.


Eppure era riuscito ad averla, proprio come aveva detto André.


Eden sentì quello sguardo intenso che le si scaldava addosso.


Che c'è?”


Domandò avvertendo i brividi lungo la schiena.


Era stata piuttosto dura con lui durante l'ultima conversazione.


Forse era arrivato il momento di essere ripagata con la stessa moneta.


Invece Davis si stampò in faccia un'espressione inattesa.


Sembrava sicuro di sé e di quello che stava per dire.


Strafottente quasi.


Le ciglia di Eden tremarono mentre un ricordo le affiorava alla mente.


Aveva visto Davis nelle peggiori condizioni. L'aveva distrutto pezzo per pezzo ed era rimasta a guardare mentre lui andava giù.


Arrabbiato. Deluso. Disperato.


Eppure era ancora quella l'espressione che più aveva effetto su di lei.


Era come avere di nuovo di fronte il ragazzo dell'ultimo anno di liceo. Quello che tutte le ragazze volevano, ma che solo lei aveva avuto.


C'ho pensato e non ti credo.”


Esordì.


Eden arricciò le labbra.


Che.. Che vuoi dire?”


In un secondo fu travolta dal terrore che si riferisse a Sophia.

Che non credesse più di essere suo padre. Che Blake fosse riuscita a convincerlo del contrario.


Tutto quello che hai detto l'altra sera. Al Motel. Io non ti credo.”


Eden scorse rapidamente la scena.


Aveva detto di non odiarlo. Aveva detto di essere diversa. Forse aveva detto anche altro.


Davis si mosse verso di lei


Hai detto che è tutto finito.”


Fece un altro passo


Che il passato non conta.”


E un altro ancora


Che ora sei un'altra persona.”


Eden mandò giù intravedendo il fine di quella conversazione.


Indietreggiò.


Mi ricordo cosa ho detto.”


Precisò decisa cercando un appoggio, ma quella stanza era tremendamente vuota.


Bene...”


Davis allargò le braccia


... allora dimmi chi sei adesso. Cosa sei diventata.”


Eden strinse i pugni.


Cercò rapidamente una risposta.


Sono una madre.


Sono un'infiltrata.


Una traditrice.


Sono una stupida.


Ecco... Una stupida.


Tutte cose che già sai.


Eden annaspò schiudendo le labbra per non dire nulla.


Lui sorrise sollevando un angolo della bocca.


Scosse piano la testa


E' proprio questo il punto Eden.”


Iniziò


Tu nemmeno non lo sai. E a me nemmeno interessa.”


Mentre parlava si avvicinò ancora un po'.


Eden rimase ferma sulle sue gambe.


Il respiro le si fermò in gola.


Chiuse gli occhi per qualche istante.


Cosa sarebbe successo se l'avesse lasciato avvicinarsi?


Sarebbe davvero stato così terribile?


Il sangue che scorreva veloce nelle sue vene era una chiara risposta.


Forse sarebbe bastato abbassare la guardia per cambiare le cose.


Lei non sarebbe stata più sola.


E così anche sua figlia.


Non avrebbe più dovuto scappare.


Né dall'FBI. Né dai suoi sentimenti.


Sentì Davis sfiorarle il viso.


Tremò mentre le sue dita le accarezzavano i capelli ed esitavano sulle sue labbra.


Il calore di quel tocco aveva il chiaro sapore della resa imminente.


Riaprì gli occhi in un ultimo stremante tentativo.


Lui era lì.


Vicino a lei.


Dove in fondo era sempre stato.


Io ti amo e basta. Chiunque tu sia.”


Gli occhi di Eden si spalancarono nei suoi.


Il suo cuore iniziò a battere all'impazzata.


Non mosse un muscolo mentre lui stringeva la presa.


La bocca di Davis sfiorò la sua pelle.


Lentamente. Indugiando sulla linea della mandibola.


Eden trattenne il fiato mentre tutto il mondo intorno a lei spariva.


Voleva arrendersi.


Lo voleva disperatamente.


Sfidando le sue resistenze mosse piano la mano.


Ancora ad occhi chiusi accarezzò il viso di Davis con le dita, come se dovesse riappropriarsi dei suoi lineamenti.


Le erano mancati per così tanto che quasi li aveva dimenticati.


Lui le cinse la vita con un braccio stringendola a sé.


Avvicinò le labbra al suo orecchio sfiorandole il collo col respiro.


Sei mia moglie...”


Sussurrò marcando l'aggettivo possessivo.


...Ecco chi sei.”


Eden trattenne a stento la voglia di piangere.


Non si era resa conto di quanto fosse vero finché lui non l'aveva detto ad alta voce.


Sembrava l'unica definizione possibile.


L'unica che non suonasse nemmeno un po' sbagliata.


Davis si mosse ancora.


Le sue labbra continuarono a lambirle la pelle percorrendo a ritroso il loro percorso.


In quel momento Eden non desiderò far altro che dimenticare tutto.


Sprofondare in quell'abbraccio e smettere finalmente di pensare.


Cosa importa che fosse un ladro o un assassino?


Che le avesse mentito? O che l'avesse abbandonata?


Lei non era certo migliore.


E non lo amava di meno.


Strinse i denti in un ultimo unico istante di dolore, appena prima di sentire la bocca di Davis sulla sua.


Anch'io ti amo


Rispose alla pressione lasciandogli libero accesso.


Raggiunse il suo viso anche con l'altra mano ed approfondì il bacio.


Perfetto quanto il primo. Diverso da ogni altro.


Senza la supremazia della passione, poteva sentire il sapore dei sentimenti negati che tornavano alla luce.


Ti amo anch'io


Continuava a pensare senza la forza di dirlo.


Ma sapeva bene che non ce n'era bisogno. Non più.


Perdonami.”


Il respiro di Davis di mischiò al suo in quell'ultima richiesta.


Non l'aveva forse appena fatto?


Eden accennò un sorriso contro le sua labbra.


Tutto stava tornando a posto.



Quasi tutto.



Mamma! Mamma!”


La voce di Sophia arrivò dal piano di sotto prima che Eden riuscisse a dirlo ad alta voce.


Tornando bruscamente alla realtà si staccò da Davis.


Mamma!”


Eccola di nuovo.


Guardò lui per un secondo.


Tutti e due in immediato stato di allarme.


Senza pensarci un secondo di più Eden corse fuori dalla stanza e giù per le scale.


Sua figlia era ancora la cosa più importante di tutte.


Dopo l'ultimo gradino i suoi passi si pietrificarono all'istante.


Per fortuna Sophia stava bene.


Anzi, sul suo viso splendeva un sorriso smagliante.


Espressione opposta per l'uomo accanto a lei sulla porta.


Eden sgranò gli occhi sentendosi sbiancare.


Davis apparve dietro di lei aggrottando le sopracciglia.


Non conosceva lo sconosciuto che se ne stava sulla soglia tra le facce preoccupate di Tyler e Payne.


E' arrivato Daniel!!”


La voce squillante di Sophia riempì la stanza gelandosi all'istante.


Era l'unico volto felice tra tanti.


Eden credette di essere diventata di pietra.


Lo sguardo di Dair su di lei era così furioso che forse si era davvero trasformata in una statua di marmo.


Davis le passò accanto avvicinandosi al centro della stanza.


Tyler abbassò lo sguardo sfuggendo i suoi occhi.


Payne invece li teneva incollati sulla bambina.


Chi sei tu?”


Chiese allora rivolgendosi direttamente a Dair con tono deciso.


Non rispose.


Dair ricambiò il suo sguardo per un solo secondo prima di tornare a fissare Eden.


Lei riuscì a sentire chiaramente il rumore dell'illusione che si infrangeva davanti ai suoi occhi.


Come un vetro che va in mille pezzi.


Davis seguì la linea di fuoco tra sua moglie e l'estraneo.


Evidentemente per lei non era affatto uno sconosciuto.


Gli si parò davanti preso da una rabbia improvvisa


Chi sei tu?”


Chiese di nuovo scandendo le parole come lame perché fosse chiaro che non avrebbe accettato di nuovo il silenzio come risposta.


Dair affilò lo sguardo puntando gli occhi in quelli del suo nemico.


Si leccò le labbra prolungando oltremodo la provocazione.


Quasi sperava di poter passare direttamente alle mani saltando tutte le presentazioni.


Davis strinse i pugni.


Voleva una risposta.


Risposta che purtroppo o per fortuna non tardò ad arrivare.


Sophia si avvicinò tagliando la tensione tra i due con la sua ingenuità.


Guardò Davis sfoggiando un nuovo sorriso inopportuno



Lui è Daniel. Il fidanzato di mamma!”



*******



Lasciatemi dire che sono mortificata!! Ci ho messo una vita e mi dispiace!! Purtroppo sono rimasta 2 settimane senza internet per problemi tecnici e nel frattempo sono stata risucchiata nella vita reale!! Attualmente ho 3 esami da preparare e tra libri e tesine tutto il mese sarà un inferno!! :((


Avevo già scritto questo capitolo, ma rileggendolo non mi convinceva più, quindi ho deciso di cambiare alcune parti.. Avrò fatto bene?? Spero che possiate dirmelo voi e che mi perdoniate per il lungo ritardo!!


Di nuovo mille volte scusa, scusa, scusa!!!


Ringrazio Mividam, Supreme, Meredith91 e Cinzia818, tutti voi che avete aspettato e tutti quelli che si sono avvicinati alla mia storia in questo periodo di stasi!! Purtroppo l'università mi toglie la vita, ma ciò non significa che smetterò di scrivere! Spero solo che possiate avere pazienza!!


PS. Una scusa particolare va a Mividam, a Lotiel (se mai leggerai) e a Meredith91... So che avete aggiornato le vostre storie e che non ho ancora recensito, ma cercherò di farlo il più presto possibile!!










































































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Capitolo 21
*** Lascialo Andare ***


Capitolo22

CAPITOLO 21

 

"LASCIALO ANDARE"

 

 

...and now All I Wanna See is a Sky Full of Lighters...

A Sky Full of Lighters...

 

 

La voce arrivò all'altro capo interrotta dalle interferenze.

Uno stridio metallico accompagnò quelle poche parole.

"Qui F21...Credo che abbiamo trovato la vostra donna."

L'agente che raccolse la comunicazione balzò in piedi alla ricerca del suo capo. Il suo nuovo capo.

 

McPhee se ne stava spalmato sulla poltrona di pelle, il fumo dolciastro del sigaro si attorcigliava in un filo immaginario al centro della stanza.

Non gli importava nulla di risolvere il caso.

Non gli importava del tenente Dair.

Non gli importava più di niente.

Al massimo, fra qualche tempo, avrebbe tentato una nuova scalata verso i piani alti.

Per ora il fatto di non essere più comandato da un "ragazzino" era già abbastanza.

 

Il giovane agente entrò senza bussare.

Lo sguardo torvo di McPhee lo trafisse.

"M... Mi scusi comandante... Ho appena ricevuto una comunicazione dai ricercatori speciali..."

Finalmente McPhee sembrò interessato.

Fece cigolare la poltrona rivolgendosi verso il messaggero.

"...Pare che abbiano trovato Eden."


McPhee spalancò gli occhi per un paio di secondi poi la sua grossa risata riempì la stanza.

Incredibile.

La sua fortuna si era proprio messa a girare.

E pronto il trampolino verso la carica di capitano.

L'agente rimase in attesa di nuove disposizioni, impalato sulla porta.

McPhee poggiò il sigaro nel posacenere senza smettere di sorridere

"Fatti dare tutte le coordinate, io preparo la squadra."

L'altro annuì precipitandosi fuori dalla stanza.

Il vicecomandante allungò i piedi sulla scrivania.

Le braccia incrociate dietro la testa mentre stirava i muscoli della schiena.

Eh sì.

La sua fortuna si era proprio messa a girare.

 

----------

 

Eden roteò la forcina tra le dita.

Scassinare una serratura nella sua stessa casa.

No, quella non era affatto casa sua.

Era sono una casa.

Si guardò intorno nervosamente nella penombra della notte sperando, seppur sapesse di non essere troppo brava in quelle manovre, di non fare almeno troppo rumore.

Infilò la forcina nella toppa come una lama nel burro.

Nessun contatto tra metallo e metallo.

Sospirò.

Adesso viene il difficile.

Incurvandosi contro la porta cercò il giusto punto della serratura.

Tyler gli aveva spiegato dove trovarlo, anche se a parole sembrava maledettamente più semplice.

Nella pratica invece non le riusciva mai al primo colpo.

Clak

L'eccezione che conferma la regola.

Un solo scatto interruppe il flusso di silenzio.

Null'altro sembrò muoversi.

D'altra parte, anche le menti più confuse in genere dormono alle quattro di notte.

Ma non la sua.

Non dopo tutto quell'arrovellarsi.

Mosse la maniglia senza alcun rumore aggiuntivo, scivolando dall'altra parte della soglia.

Anche la mente di Dair aveva ceduto al sonno.

E così il suo corpo.

Doveva essere davvero stanco se, nonostante la situazione, non aveva potuto fare a meno di addormentarsi.

E se ne stava lì, raggomitolato sul materasso, le braccia strette sul petto quasi volesse comunque proteggersi.

Gli occhi chiusi e le labbra serrate.

La fronte rilassata.

Il respiro regolare.

Eden sentì un colpo al cuore.

Dair non avrebbe dovuto trovarsi lì.

E lei non avrebbe dovuto tradirlo, non se lo meritava.

 

Cercando di ripassare le parole che sperava lo avrebbero convinto a fuggire, provò ad avvicinarsi.

Le sembrava un vero peccato svegliarlo.

Una parte di lei avrebbe desiderato sdraiarsi al suo fianco e rilassarsi.

Avrebbe voluto svegliarlo e dirgli che ogni cosa sarebbe tornata al suo posto.

 

Allungò la mano sfiorando il suo avanbraccio con le dita.

Insistette ancora un po' tenendo i denti stretti.

Odiava l'idea di interrompere quel breve apparente momento di calma.

Lui si mosse lentamente.

Aggrottò la fronte muovendo appena le palpebre.

Forse intravide il suo viso.

Spalancò gli occhi tirandosi su in meno di un secondo.

"Che succede?"

Eden gli fece immediatamente cenno di abbassare la voce.

Non potevano nemmeno tenerla bassa.

Troppo rischioso.

Avrebbero potuto solo bisbigliare.

 

Lei gli si fece vicino affinché potesse comunque sentirla

"Devi andare via."

Lui sospirò passandosi una mano sugli occhi

"No."

"Devi. Ho bisogno che tu te ne vada."

Lui sollevò le sopracciglia in quel buio quasi completo.

Si allontanò da lei.

Mentre il sonno lo abbandonava, un improvviso sconforto si stava impossessando di lui.

Tutto per niente.

Tutto per niente.

Poggiò i gomiti sulle ginocchia ed affondò il viso tra le mani per una manciata di secondi.

Tutto per niente.

 

Eden inspirò l'aria pesante di quella stanza chiusa.

Azzardò un altro passo per poi inginocchiarsi.

Dritta di fronte a lui.

Dair sollevò il viso trovandosi vicino a quello di lei.

Eden lo sfiorò con le dita fredde.

Lui chiuse gli occhi per afferrare quella sensazione.

 

"Non voglio che ti succeda niente."

 

Lui scosse lentamente la testa.

Il suo modo per dire "Non ti credo".

 

Se avesse davvero voluto tenerlo al sicuro non avrebbe mandato all'aria tutto.

E non avrebbe scelto Davis.

 

Continuò a scuotere il capo allontanando la mano di Eden.

 

"Non è vero."

 

Bisbigliò dando voce al proprio sguardo.

Eden mandò giù a fatica.

Abbassò gli occhi per un istante.

 

"Va' via ti prego."

 

Supplicò di nuovo.

Avrebbe voluto poter dire molto di più, ma se qualcuno si fosse accorto che era lì probabilmente sarebbe stata la fine.

Lui continuò a negare.

La mandibola tesa e lo sguardo deluso.

 

Eden sentì le lacrime affacciarsi non appena riprese fiato.

Non poteva piangere, non poteva urlare, non poteva fare nulla lì dentro che lo convincesse a fuggire.

E la sua preoccupazione era più che reale.

Desiderava con tutte le sue forze che Dair tornasse a casa.

Che riavesse il suo posto.

E magari che si dimenticasse di lei e di tutto quel casino.

No, questo no.

Questo non lo voleva affatto.

 

Chiuse gli occhi un attimo.

 

L'immagine di loro tre insieme a Central Park si fece nitida di colpo, per quanto non richiesta.

Così come l'aveva sognata tante volte.

Lei indossava un vestito a pois.

Dair senza divisa e coi capelli scompigliati.

Sua figlia col viso sporco di cioccolata.

 

La scansò più forte che poteva.

E si scagliò contro di lui.

Sperando che non la respingesse di nuovo lo strinse in un abbraccio.

Spinse il viso contro il suo collo.

Cercò il suo orecchio con le labbra.

 

Dair barcollò appena un attimo poi contrasse i muscoli.

Ce l'aveva addosso.

E avrebbe voluto non desiderarla tanto, nonostante la rabbia.

La mancanza di fiducia.

La delusione.

 

Eden inspirò profondamente.

Le era mancato quell'abbraccio.

Anche se lui non stava ricambiando riusciva a sentire il suo profumo e tanto bastava per riportarla a casa.

Casa sua.

Un misero appartamento a Chicago.

Due agenti che suonano alla sua porta ogni mattina e sera.

Un divano di finta pelle rossa.

 

"Mi sei mancato così tanto."

Bisbigliò.

Un sibilo appena ma lui non poté non sentirla.

Ed era sincera.

Maledettamente sincera.

Strinse ancora la presa.

Si sentiva divisa in due.

Come se due donne ben distinte abitassero il suo corpo.

Quella disposta a rivoltare di nuovo la sua vita per Davis Miller.

E quella innamorata di un poliziotto.

Non poteva non essere amore.

Un singolo abbraccio in grado di riportarla a casa, di teletrasportarla a Central Park, di farla sentire in pace con quella vita.

Non poteva non essere amore anche quello.

 

Respirò quel profumo fino a riempire ogni cellula del suo petto.

Sfiorò appena le labbra contro la sua pelle umida.

 

"Perdonami."

 

Non poteva lasciarlo andare senza quella certezza.

Dair finalmente si mosse, afferrando i suoi polsi.

Di nuovo la costrinse a mollare la presa.

I suoi occhi vacillavano, ma la sua espressione era rimasta dura come all'inizio.

Eden sentì un pugno nello stomaco.

Non l'avrebbe perdonata.

Ma poteva forse biasimarlo?

 

"Ti prego..."

Sussurrò disposta a provare comunque un'ultima volta

"...Vai via da qui."

 

Lui sollevò un angolo della bocca in un impeto d'ironia.

"Perché dovrei?"

 

Eden sembrò cercare nel vuoto la risposta più giusta.

Nulla l'avrebbe convinto.

Nulla eccetto forse...

Sentì lo stomaco chiudersi.

Poteva dirlo davvero?

Ed era giusto dirlo proprio in quel momento?

"Usare" quelle parole per farlo fuggire?

 

Mentre un forte calore le riempiva le guance decise che ci avrebbe provato lo stesso.

Forse era la sua ultima occasione per dirlo dopo tutto.

Ed era giusto che lui lo sentisse.

 

Si bagnò le labbra cercando i suoi occhi,

inspirò tutto l'ossigeno che poté

 

"Perché credo di amarti anch'io Daniel."

 

L'idea di usare il suo nome di battesimo non fu però premeditata.

Uscì da solo, anche se lei aveva sempre preferito chiamarlo Dair.

Come se in quel modo fosse riuscita a tenerlo lontano.

 

Dair sentì la terra crollargli sotto i piedi.

E si chiese se non avesse appena avuto un'allucinazione uditiva.

Non era possibile.

Non poteva averlo detto davvero.

Non in quel momento.

Non in quella stanza.

Non dopo tutto quanto.

 

Rimase a fissarla senza vederla davvero.

Per quanto tempo aveva desiderato sentirlo.

Ed ora ecco,

lei lo amava e lui avrebbe dovuto andarsene.

Lei lo amava e lui avrebbe dovuto rinunciarci.

Avrebbe dovuto alzarsi e lasciarla lì tra le conseguenze delle sue decisioni.

Avrebbe dovuto lasciarla lì.

Questo meritava.

Eppure il suo cuore stava battendo troppo forte.

 

Eden si sentì di pietra.

Avrebbe voluto rimangiarselo immediatamente.

Non perché non fosse vero,

forse proprio perché lo era.

Se solo fosse riuscita a dirlo prima,

prima che questo amore si scontrasse con quello che provava per Davis.

Con la passione,

con l'abbandono più completo,

con il passato.

 

"Vieni con me."

 

Eden riuscì a malapena a respirare di nuovo

 

"Venite con me."

 

Insistette Dair.

Lei arricciò le labbra nella tipica posizione pre-pianto.

Voleva andare via con lui.

Ma voleva anche restare.

 

"Vieni con me."

Ripeté abbandonando la vecchia dura espressione.

Ora non aveva più importanza.

 

Devi prendere una decisione.

 

Le parole di Payne risuonarono nella sua testa.

Aveva ragione.

Non poteva più permettersi di fare avanti e indietro.

Non poteva più comportarsi come una ragazzina indecisa.

Doveva scegliere una direzione.

E forse proprio quella era la più giusta.

Dair.

Davis.

Dair.

Davis.

 

Devi prendere una decisione.

 

La spirale di pensieri si interruppe all'improvviso.

Un suono acuto e fastidioso ferì le loro orecchie.

Una specie di lungo beep intermittente li costrinse a voltarsi d'istinto verso la porta.

La luce del corridoio al di là della soglia si accese.

La luce che filtrava dalle fessure mandò Eden in allarme.

Si sarebbero presto tutti accorti che lei era lì.

Gesticolando in preda all'agitazione guardò di nuovo Dair.

 

"Devi scappare Dair.. Devi andare via!"

 

Lui era ancora preso da quel tumulto improvviso.

I rumori provenienti dall'altra parte lasciavano ben capire che l'intera casa si era svegliata.

Che cavolo stava succedendo ora?

 

Eden tornò ben presto alla lucidità.

Sophia.

Qualsiasi cose stesse succedendo doveva subito tornare da sua figlia.

Con quel pensiero, senza troppo indugiare, rivolse gli occhi a Dair un'ultima volta e poi afferrò la maniglia per uscire.

Le lampade accese la costrinsero per qualche secondo a strizzare gli occhi.

Il tempo di accorgersi che Dair si era mosso immediatamente dietro di lei.

Decise di non fermarsi ancora.

Sfilò dritta verso la sua stanza.

Payne era già lì.

Sophia sveglia, seduta sul letto.

Il suo visetto imbronciato si rilassò appena alla vista della madre.

"Mamma!"

Esclamò.

Eden corse immediatamente da lei.

La strinse a sé per poi rivolgersi a Payne.

"Che succede?"

La ragazza dai capelli biondi le porse una felpa e dei calzini che aveva trovato tra i vestiti della bambina.

"Siamo in emergenza. Dobbiamo andarcene. Subito."

Eden stava per rispondere con un'altra domanda, ma l'apparizione di Dair alla porta interruppe la sua curiosità.

"Daniel!"

Esclamò Sophia divincolandosi velocemente da lei per correre a piedi scalzi verso l'unica altra figura familiare che potesse riconoscere.

"Hey piccola."

Rispose lui al richiamo inginocchiandosi per essere alla sua altezza.

Sophia lo strinse forte.

Era una bambina dopo tutto.

E non poteva capire.

Non sapeva che Davis fosse suo padre.

Non sapeva bene perché fossero lì.

E di certo non poteva capire i dubbi di sua madre.

Lei di dubbi non ne aveva affatto.

"Andiamo a casa?"

Chiese innocentemente.

E Dair avrebbe voluto sciogliersi in quel momento.

Avere la facoltà del teletrasporto.

Ed il potere di cambiare il DNA di quella creatura.

 

Eden, all'altro lato della stanza, si sentì la madre peggiore del mondo.

Mai più egoista, crudele ed indegna che in quel momento.

Mai peggio di così.

 

La porta si spalancò di nuovo.

 

Davis si pietrificò sulla soglia.

 

Quella scena gli bruciò gli occhi.

Gli contorse le viscere.

Gli ferì il cuore più di ogni altra.

Il cuore che non aveva.

O almeno che credeva di non avere più.

 

Eden si accorse del suo dolore.

Della sua gelosia.

Del suo rammarico.

Dei suoi rimpianti.

Quasi riuscì a sentire un altro pezzo di lui che si infrangeva.

Tanti piccoli pezzetti.

 

Quanti colpi da ko avrebbe ancora potuto sopportare suo marito?

Quello era forse peggio di qualsiasi punizione si era immaginata di infliggergli.

 

Payne fu mosse dal terribile desiderio di uscire di lì.

 

"Siamo pronte."

 

Disse muovendosi verso la porta e costringendo Davis ad indietreggiare.

Deliberatamente lo scosse un po' affinché i suoi occhi cambiassero meta.

Non era giusto.

Non era giusto.

 

Eden mandò giù a fatica.

Riprese a muoversi a capo chino.

Poggiò la felpa sulle spalle di Sophia.

"Andiamo tesoro mio."

 

Il suo piccolo labbro tremolante era il preludio di un pianto disperato.

Il suo cuore si strinse ancora un po'.

"Presto andremo a casa amore mio. Te lo prometto."

 

In quel momento Eden rinunciò ad un pezzo di sé.

Avrebbe rinunciato a tutto per sua figlia.

La prese in braccio e scese le scale affiancata da Dair.

Ancora non si erano detti una parola.

E lei non avrebbe saputo cosa dire.

 

Gli sguardi di tutti si puntarono proprio sul poliziotto.

Davis in un angolo con un triplo scotch tra le dita.

Il suo sguardo rivolto accuratamente altrove.

 

André mosse ancora qualche dito sulla tastiera.

"Ho posizionato questi rilevatori per precauzione..."

Fece una pausa facendo scivolare i polpastrelli su un altro touchscreen.

"...Avrebbero suonato nel caso in cui qualcuno tentasse di entrare nella nostra rete..."

Di nuovo una pausa di silenzio interrotta da un non ben celato sbadiglio di Tyler.

Payne accanto a lui.

Le loro sagome chiare in contrasto con le tende di tessuto marocchino dietro di loro.

"...Non riesco ancora a capire di chi si tratti, ma ci stanno provando..."

 

"...Cercano di intercettarci..."

 

"...Ci sono vicini..."

 

Un ultimo clic ed il suo sguardo si sollevò lento verso il federale e la traditrice

"...Mi gioco le palle che si tratti dell'FBI."

 

Blake scattò sul posto

"Lo sapevo! Tutta colpa tua! Tutta colpa tua!"

Additò Eden ancora ai piedi delle scale con la bambina tra le braccia.

Lei scosse la testa di risposta.

Non li aveva portati lei.

Non di proposito.

Non stavolta.

 

"Alla luce di quanto detto dobbiamo filare..."

Sentenziò André

"...Di corsa."

Nessuno sembrò sapere come muoversi.

 

"Davis?"

 

Lui inspirò profondamente tendendo la narici.

Buttò giù il liquore e si sforzò di spostare gli occhi per guardare André.

"La tenuta di Strawberry Plains. E' l'unico posto che mi viene in mente."

Blake gli si avvicinò

"Tennessee? Non sarebbe meglio cambiare continente?"

Lui tirò su le spalle

"Potete andare dove volete per me Blake."

 

Sua sorella indietreggiò di un passo guardandolo contrariata.

Il suo improvviso menefreghismo era fastidioso.

E lei non ci teneva a finire dietro le sbarre.

Ma in fin dei conti la colpa non era certo di Davis.

Si voltò di nuovo verso Eden.

Non riusciva a ricordare se in qualche altro momento della sua vita l'avesse odiata di più.

Poco importa che quella bambina fosse sua nipote.

Eden aveva rovinato le loro vite.

A quel punto avrebbero già dovuto trovarsi in un bel bungalow sulle spiagge della Croazia, sorseggiando Slivovitz mentre le azioni dell'amato nonno andavano in fumo.

Maledetta Eden Spencer.

 

André chiuse uno dei portatili staccando frettolosamente i fili.

"Al diavolo, io me ne vado! Non ho intenzione di finire in galera!"

Blake si rivolse a lui

"Dove?"

"Dove dice Davis.. Voi fate come diavolo vi pare!"

Afferrò qualche altra cosa dal tavolo

"Adieu!"

 

Blake afferrò suo fratello per il braccio

"Aspetta, veniamo anche noi!"

Davis però sembrò fare resistenza.

La camicia stropicciata fuori dai pantaloni.

La barba appena incolta.

I capelli scompigliati come ai tempi del liceo.

Rimase impalato mentre sua sorella cercava di trascinarlo via

"Andiamo Davis!"

Insistette

Lui la guardò sembrando sicuro di sé

"Vai Blake... Ci vediamo lì."

 

Non era un saluto.

Né una semplice richiesta.

Era un ordine.

Blake mugugnò qualcosa tra le labbra afferrando la borsa e nascondendo una pistola nei jeans.

"Se ti prendono per colpa sua giuro che..."

Si fermò avvertendo un'insospettabile soggezione nei confronti di quella bambina.

Decise di non proseguire.

Filò dritta fuori dalla stanza sperando che André non fosse già corso via da solo.

 

Nella stanza piombò di nuovo il silenzio.

Davis si mise allora a fissare Tyler e Payne.

Aspettava che si muovessero anche loro.

E dallo sguardo era chiaro il suo desiderio.

Dovevano volatilizzarsi.

Immediatamente.

 

Payne guardò il terzetto ai piedi delle scale.

E Davis all'altro capo della stanza.

Una volta spariti loro due chissà cosa sarebbe successo.

Chissà a cosa avrebbe assistito quella povera bambina.

 

No...

 

Davis è arrabbiato, ma in fondo non è un'idiota.

Non farà nulla davanti a sua figlia.

Non farà nulla che possa spaventarla.

 

Nuovamente si sentì incalzata dagli occhi di Davis.

Rivolse gli occhi ad Eden per l'ultima volta.

Se lei le avesse fatto cenno di restare non si sarebbe mossa.

Ma Eden sembrava non essere minimamente interessata.

Sophia tra le braccia e gli occhi su suo marito.

Anche lei stava aspettando.

Aspettava quel che stava per succedere.

 

Payne prese allora Tyler per la mano.

Nemmeno lui sembrava troppo convinto.

"Andiamo."

Disse. Delicata ma decisa.

Lui fece appena un po' di resistenza

"Eden?"

Invocò l'amica per essere più che certo di potersene andare.

Lei annuì nel mezzo di un lungo sospiro.

Non c'era modo di venirne fuori, non senza lo scontro che si sarebbe tenuto di lì a poco.

E meglio che non ci fossero spettatori.

 

Tyler prese le sue cose e seguì Payne.

Le chiavi della Mustang tra le dita.

Una sacca con poche cose sulla spalla.

Se Payne voleva andare in Tennessee ce l'avrebbe portata,

se invece avesse deciso di seguire lui.. beh.. tanto meglio.

C'erano ancora mille sospesi tra di loro e sembrava che non trovassero mai abbastanza tempo.

Non ne sarebbe servito molto in fin dei conti.

Cosa provasse per lei era chiaro.

Se avesse potuto fidarsi un po' meno.

 

Appena i loro passi sfumarono verso il garage fu la volta dei pochi rimasti.

Davis tremava ancora al pensiero di ciò che aveva visto.

I suoi nervi erano così tesi che non riusciva a tener ferme le mani.

In quella stanza c'era qualcuno di troppo.

Ed era sicuro,

nonostante i crampi allo stomaco e gli oscuri pensieri che cercava di frenare,

quel qualcuno non era lui.

 

Incredibile.

Eden era ferma.

Immobile.

In quella situazione troppo assurda non c'erano parole giuste da dire.

Non c'era nulla che avesse senso.

 

Dair mosse qualche passo verso il suo avversario.

"Lasciaci andare via."

 

Non era una richiesta la sua.

Non stava pregando Davis di avere compassione per lui.

Non aveva bisogno del suo permesso.

Voleva piuttosto che lui alzasse le mani e si togliesse dalla porta.

Avrebbe voluto vederlo rinunciare su due piedi.

Magari rendersi conto che era la cosa migliore per sua figlia.

E sparire per sempre.

 

Davis abbassò la testa mordendosi il labbro.

Una specie di sorriso nascosto tra i denti.

Dopo tutto quel poliziotto era forse più disperato di lui.

Per quanto avesse potuto desiderare ardentemente Eden,

anche se le sue mani l'avevano toccata,

lei restava SUA moglie.

Per quanto desiderasse far da padre a quella bambina,

lei restava SUA figlia.

 

L'ultimo pensiero vacillò appena un po'.

Su Eden non aveva dubbi.

Lei era un libro aperto.

Ed era facile capire che sarebbe sempre stata sua.

Non erano bastate quattro pallottole.

Non era bastata la morte,

né il disprezzo,

tanto meno cinque anni passati con un altro..

 

Ma Sophia,

per lei era solo un estraneo,

un estraneo che le aveva comprato un hamburger..

E se avesse dato retta a quel tizio non avrebbe mai potuto cambiare le cose.

Al diavolo Daniel Dair.

 

"Non puoi cambiare le cose..."

Esordì in risposta.

Tono basso ma affilato.

"...Lei è mia."

 

Una pausa per guardarlo dritto negli occhi.

 

"Sei tu che dovresti andartene."

 

Dair strinse i pugni sforzandosi di respirare.

Non l'avrebbe mai avuta vinta con facilità.

Nemmeno facendo appello al buonsenso di tutti i presenti.

 

Tra di loro le scintille.

L'apparente strafottenza di Davis da un lato.

Deciso a fargli saltare i nervi.

Finché non fosse esploso.

Dall'altro la tenacia di Dair.

La sua disperazione.

L'impresa impossibile di convincere Davis Miller.

 

Quest'ultimo staccò gli occhi per primo.

Stavolta verso sua moglie.

 

La battaglia valeva la pena,

ma stavano comunque sprecando troppo tempo.

 

E lui su Eden non aveva dubbi.

 

"Decidi tu..."

 

Sottolineò con un cenno della testa.

 

"...Io devo andarmene."

 

Ancora un paio di secondi occhi negli occhi e poi si mosse.

Era serio.

Serio e stranamente rilassato.

 

Eden si irrigidì di colpo.

Era quello il momento.

 

Devi prendere una decisione.

 

Era quello il momento.

 

Mentre nella sua testa ripeteva di lasciarlo andare, la presa intorno a sua figlia si stringeva.

Il cuore le batteva forte.

Il respiro si faceva sempre più corto.

 

Dair attendeva nel suo angolo di stanza.

 

Lascialo andare.

Lascialo andare.

Lascialo andare.

 

Davis si infilò il giubbotto di pelle.

La ventiquattrore che sarebbe stata il suo solo bagaglio era già lì pronta.

La afferrò senza indugi.

Si avviò verso la porta sul retro senza rivolgere nuovi sguardi a nessuno.

 

Lascialo andare.

Lascialo andare.

Lascialo andare.

 

Ben presto si trovò ad attraversare la soglia della stanza.

Un altro passo e sarebbe sparito.

Un altro passo e forse non l'avrebbe più visto.

 

Un altro passo e avrebbe dovuto convivere con le conseguenze del non aver scelto lui.

 

Un altro passo e sarebbe finalmente stata libera.

 

Come aveva tanto desiderato.

 

Il respiro si bloccò mentre l'ultimo frammento della sua sagoma spariva dietro lo stipite.

 

Il suo cuore mancò un battito.

 

Le sue labbra tra i denti.

 

Lo stomaco in gola.

 

Lascialo andare.

Lascialo andare.

Lascialo andare.

 

"Davis!"

 

Urlò.

Con tutta la voce che aveva.

Senza nemmeno aver dato il comando al cervello.





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CIAOOOOOOOOOO!!!

Scusatemi! L'ultima volta ho pubblicato alla meno peggio senza aggiungere nemmeno una parola... Sinceramente credevo che questa storia fosse stata irrimediabilmente dimenticata e che nessuno avrebbe notato l'aggiornamento.. E invece...

GRAZIE MILLEEEEEEEE!!

Devo innanzitutto chiedervi perdono perché ho smesso di scrivere sparendo da un giorno all'altro.. Non era nelle mie intenzioni, ma mi sono fermata un attimo e BAM! La vita reale mi ha investita in pieno!

Riassumendo senza troppo annoiarvi, cosa è successo in questi due anni??

- sono riuscita a laurearmi di nuovo, 

- ho iniziato il mio tirocinio post-lauream e sto giusto giusto decidendo cosa farò dopo l'esame di stato,

- mi sono innamorata e ufficialmente fidanzata,

- ho perso due persone importanti in famiglia :((

Quando succedono queste cose pensi solo che vorresti prendere in mano la tua vita e cambiare tutto, lasciando da parte ciò che sembra meno importante.. come appunto la scrittura..

Io però amo scrivere e questa storia interrotta è sempre rimasta attiva nella mia testa, in attesa del momento in cui avrei potuto di nuovo dedicarle il mio tempo.

Un paio di settimane fa ho ricominciato a leggerla dall'inizio,

una parte di me pensava che sarei finita col dirmi "Che stupida, ancora a pensare a queste cavolate!", ma in realtà mi sono accorta di essere ancora innamorata di questi personaggi e dell'idea di finale che balena nella mia mente da mesi e mesi... Tant'è vero che arrivata all'ultimo capitolo avrei voluto tantissimo continuare a leggere...

Mi sono detta "Ecco! E' arrivato il momento!"

E ho ricominciato a scrivere..

Sono arrugginita, lo ammetto... ma spero comunque di arrivare in fondo nel migliore dei modi.

POSSO SOLO RINGRAZIARVI CON TUTTO IL CUORE DI NON ESSERVI DIMENTICATE DI ME!

Martina

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 22
*** Un Patto o Una Punizione ***


Capitolo 21
CAPITOLO 20

“UN PATTO o UNA PUNIZIONE”



“...Close your eyes,
sometimes it helps
And then I get a scary thought,
that he's here means he's never lost.
You can see my heart beating,
you can see it through my chest...
And I'm terrified but I'm not leaving,
Know that I must pass this test...”





“Chi sei tu?”

Chiese di nuovo scandendo le parole come lame perché fosse chiaro che non avrebbe accettato di nuovo il silenzio come risposta.

Dair affilò lo sguardo puntando gli occhi in quelli del suo nemico.

Si leccò le labbra prolungando oltremodo la provocazione.

Quasi sperava di poter passare direttamente alle mani saltando tutte le presentazioni.

Davis strinse i pugni.

Voleva una risposta.

Risposta che purtroppo o per fortuna non tardò ad arrivare.

Sophia si avvicinò tagliando la tensione tra i due con la sua ingenuità.

Guardò Davis sfoggiando un nuovo sorriso inopportuno


“Lui è Daniel. Il fidanzato di mamma!”



Davis serrò le labbra spostando lentamente lo sguardo verso Eden.

Lei era immobile, pallida come un fantasma.

Aveva sperato di vederla negare in tutta fretta, ma il suo viso non lasciava possibilità ai dubbi.

Lui la guardò con una rabbia che non aveva ancora mai visto.

Eden provò a parlare, ma la sua lingua non si mosse di un millimetro.

Davis spostò lo sguardo con un rapido scatto come se d'improvviso non reggesse più la sua vista. I suoi occhi tornarono sullo sconosciuto.

Dair manteneva un'impeccabile aplomb.

“Daniel Dair.”

Finalmente rispose. Sembrava non avere alcuna paura benché si trovasse nella tana del nemico.

Davis schiuse le labbra passando lentamente la lingua sui denti. Tentava disperatamente di sedare il suo istinto, dato che la bambina era ancora nella stanza.

Il suo sguardo furente non risparmiò né Tyler né Payne.

Lei sembrava genuinamente preoccupata, lui non nascondeva una certa sicurezza, come se fosse effettivamente convinto di aver fatto la cosa giusta.

Davis mandò giù.

“Daniel Dair...”

Ripeté mentre quel nome gli graffiava la gola

“...E saresti...”

Si mosse appena verso di lui, ma fu bloccato dalla voce di André.

“Un poliziotto.”

Completò lui girando lo schermo del suo pc verso gli altri. Gli erano bastati pochi secondi per tirare fuori la scheda personale di Dair.

Si mossero tutti in un istante, di colpo in perfetto assetto da combattimento.

Davis strinse i pugni, adesso era davvero pronto a gettarsi su di lui.

André estrasse la pistola nascosta nel mobile bar.

Alla vista dell'arma Eden riuscì finalmente a muoversi.

Stando dritta in piedi davanti alla sua bambina, di modo che non vedesse le armi, alzò le mani.

“Fermatevi!”

André abbassò la pistola con un sospiro nervoso, ma Davis non la degnò nemmeno di uno sguardo.

“Portala via.”

Rispose senza guardarla, la sua voce dura e fredda come una lama.

Eden guardò il viso confuso di sua figlia. Chiaramente iniziava ad essere spaventata, ma se avesse lasciato quella stanza non riusciva nemmeno ad immaginare cosa sarebbe successo.

Payne si morse un labbro lasciando il suo angolo accanto alla porta.

Si avvicinò ad Eden e le poggiò una mano sul braccio, con una tale delicatezza che lei nemmeno la sentì.

Capiva perfettamente perché Eden non riuscisse a muoversi.

Dopotutto Daniel aveva detto loro la verità, ma lei già iniziava a pentirsi della sua scelta di portarlo lì.

“La porto di sopra.”

Disse rivolgendo gli occhi ad Eden. Il suo sguardo sembrava dire “Mi dispiace, ma era necessario.” o forse era solamente lei a voler sentire quelle parole.

Annuì abbassandosi al livello della sua bambina. Le accarezzò i capelli sforzandosi di sorridere

“Va tutto bene amore mio. Va' di sopra con la zia Payne, io arrivo subito.”

Era la prima volta che Sophia vedeva Payne, Eden sperò con tutto il cuore che definirla “zia” bastasse a conquistare la sua fiducia.

Payne sorrise a sua volta allungando una mano

“Andiamo.”

Eden sorrise di nuovo incoraggiando sua figlia finché non fu sicura che avesse salito l'ultimo gradino, poi chiuse gli occhi col cuore in gola.

Di nuovo sentì scattare la sicura delle pistole.

“Fermatevi!”

Urlò di nuovo mettendo tra Daniel e Davis, così che non potesse fargli del male senza farne anche a lei.

Lui arricciò le labbra come se fosse inorridito da quella visione.

André si fece avanti senza abbassare l'arma, ma si rivolse direttamente a Tyler.

“Hai portato qui un poliziotto?”

Non riusciva a capire. Tyler scosse il capo e basta.

“Ma fai sul serio?!”

André era davvero incredulo. Nella sua mente trovavano posto le peggiori e le migliori spiegazioni. Forse Tyler l'aveva fatto sotto minaccia. O forse sia lui che Eden stavano collaborando con l'FBI.

Ma allora perché la casa non era circondata? Perché c'era un solo poliziotto a far bella mostra di sé nel loro soggiorno?

“Non sono un poliziotto.”

Precisò Dair nonostante la sua scomoda posizione.

André gli rivolse la canna della pistola

“Già, scusami, federale giusto?”

L'altro sembrò per un'istante voler scoppiare a ridere.

Eden rabbrividì riuscendo già a sentire lo sparo.

Dair sembrava impazzito. Quello non era un comportamento da lui.

“Nemmeno.”

Ribatté sfoggiando solo un sorrisino sarcastico.

Sia Eden che Davis gli rivolsero uno sguardo confuso.

“Lo ero...”

Dair scosse le spalle

“...ma ho perso il mio lavoro grazie a voi.”

Spiegò poggiando un pesantissimo sguardo su Eden. Quel voi era in realtà un te.

Fu come ricevere un colpo allo stomaco. Sapeva che molto probabilmente sarebbe successo, ma avrebbe davvero preferito non vederlo con i suoi occhi.

Eden si sentì un mostro. Un'altra vittima della sua stupidità che cadeva a pezzi davanti ai suoi occhi.

Il viso di Dair non aveva più la sua costante calma, ma solo una maschera di rabbia e delusione. I suoi occhi erano stanchi, i suoi modi come quelli di un uomo disperato che non ha più nulla da perdere.

Eden si chiese se non fosse lì solo per farsi sparare, solo per morire davanti ai suoi occhi così che potesse sentirsi un'assassina per il resto della vita.

Dair allargò le braccia

“Non sono qui per arrestare nessuno. Sono innocuo e totalmente disarmato.”

Si udì finalmente la voce di Tyler

“E' pulito. Ho già controllato.”

André sembrò non fidarsi. Anzi, chiaramente non si fidava.

“Niente armi? Niente microfoni?”

Sventolò la pistola davanti a Dair senza troppo delicatezza.

“Niente.”

Rispose Tyler per lui.

“Allora che diavolo vuoi?”

La voce di Davis suonò come la più profonda e solenne.

Sorpassò Eden senza degnarla di uno sguardo e di nuovo tese i muscoli dritto davanti a Dair.

Lui abbassò le braccia.

“Credevo che Sophia avesse già chiarito il punto.”

Non so se fosse per le parole o per il tono ironico, ma gli occhi di Davis si iniettarono di sangue.

Afferrò Dair per il collo e lo sbatté dritto contro il muro.

Non importa chi fosse o cosa volesse. Voleva comunque ammazzarlo.

Daniel riuscì a schivare un colpo prima che gli arrivasse in piena faccia, ma un altro gli piombò dritto e pesante sulla bocca. Riuscì a sentire il labbro che si spaccava. E forse anche la mascella.

Approfittò del dolore per scagliarsi contro Davis senza pensare, ma ben presto sentì altre mani su di sé.

“Basta! Davis fermati!”

Eden cercava con tutte le sue forze di separarli, ma Davis sembrava non sentirla nemmeno. Aveva il viso arrossato dalla rabbia e ogni particella del suo corpo concentrata su Dair. L'avrebbe ammazzato, se non fosse riuscita a fermarlo l'avrebbe ammazzato.

Per fortuna Tyler si mosse in suo aiuto e riuscì con grande sforzo a trascinare Davis un metro più in là.

Dair sospirò sputando il sangue che continuava a versarglisi in bocca.

Davis continuava a contorcersi nella presa di Tyler.

Eden rimase incerta per un secondo poi si rivolse a Davis cercando di essere il più convincente possibile.

“Calmati! Lui non è il mio fidanzato ok? Non lo è!”

Riuscì ad incontrare i suoi occhi. Sembrò che le sue parole funzionassero. Davis smise di combattere la morsa di Tyler.

“E chi è allora?”

Ribatté costringendo Tyler a mollare del tutto la presa.

“Lui è...”

Tutta la sua determinazione sparì di colpo. Tabula rasa.

“Lui è...”

Dair si pulì di nuovo il viso con la manica della camicia.

“Già Eden... Chi sono io?”

In quel momento suonarono alla porta.

Il suono del campanello sembrò assordante.

Sembrò apparire chiara nella mente di tutti l'immagine dei federali schierati intorno alla casa e del capitano che si sarebbe affacciato alla porta dichiarando educatamente “Vi dichiaro tutti in arresto”.

André, ancora armato, si avvicinò alla porta senza far rumore.

Era già pronto a scaricare le sue pallottole.

Davis, dall'altro lato, giurava a sé stesso che in qualsiasi circostanza, prima di finire in cella, avrebbe ucciso Daniel Dair.

André appoggiò lentamente l'occhio destro allo spioncino. Ogni muscolo teso.

“Crétin.”

Mugugnò nella sua lingua madre prima di infilare l'arma nel retro dei jeans ed aprire la porta.

Il ragazzo sulla soglia sfoggiò un sorriso di circostanza

“Avete ordinato una pizza al formaggio e... ventiquattro bottiglie di birra?”

Domandò indicando incerto lo scatolone ai suoi piedi.

“Oui.”

Rispose velocemente allungandogli una banconota da cento dollari.

“Tieniti il resto...”

Concluse spingendo la birra dentro ed il ragazzo fuori.

“...E anche la pizza.”

Gli sbatté la porta in faccia restando impalato mentre si grattava un sopracciglio.


“Qualcuno vuole una birra?”


-----------



Eden mosse qualche passo incerto nella stanza.

L'acqua scorreva mentre Dair si sciacquava il viso.

Ci era voluto parecchio perché l'atmosfera si calmasse e chiaramente Dair non era il benvenuto, ma almeno aveva ottenuto il permesso di andare in bagno.

“Così alla fine l'hai fatto davvero, eh?”

Dair parlò cercando un asciugamano.

Eden si avvicinò velocemente. Aveva pochi secondi per parlare prima che André tornasse.

“Vattene da qui.”

Disse decisa.

Dair non poté non notare una certa apprensione.

“Sembri quasi davvero preoccupata. Devo dire che le tue doti di attrice migliorano ogni giorno.”

Quel sarcasmo non gli si addiceva affatto.

Eden gli piombò addosso con una spinta cercando di riportarlo in sé.

“Dico sul serio!”

Lui barcollò, ma non si tolse dalla faccia quell'insopportabile ghigno.

“Ma che ti è successo?!”

Eden cercò i suoi occhi e finalmente li trovò.

Fu certa in un istante che in fondo la sua era solo una maschera.

“E me lo chiedi anche?”

Dair rispose con un'altra domanda. Eden scosse la testa mordendosi le labbra.

“Devi andare via subito. Non voglio che ti facciano del male.”

Stavolta il suo mezzo sorriso fu solamente amaro.

“A quello hai già pensato tu.”

Eden avrebbe voluto ribattere, ma sentendo altri passi si tirò indietro.

“Muoviti.”

Davis fece un cenno a Dair senza alcuna delicatezza. Gli indicò una sedia perché vi prendesse posto. Per Eden non ci fu nemmeno la minima attenzione. Lei se ne stette in piedi accanto alla porta.

“Dammi una buona ragione per non ucciderti.”

Fu la prima frase.

Dair lanciò un'occhiata proprio ad Eden. Non era intimorito ma sembrava solamente voler dire “Incredibile che tu voglia davvero stare con quest'uomo”.

“A dire la verità ho una proposta da farti.”

Dair ribatté con un concetto del tutto inaspettato.

Davis sollevò le sopracciglia

“Una proposta?”

“Esatto...”

Dair affilò lo sguardo raddrizzando la schiena sulla sedia

“...Lascia libere Eden e Sophia ed io farò in modo che non vi arrestino.”

Concluse più serio che poteva.

Davis rispose con un sorriso.

“Spero davvero che tu stia scherzando.”

“Niente affatto.”

Il sorriso sparì. Davis si leccò le labbra.

“Ok...”

Fece una lunga pausa

“...Cosa c'è esattamente tra te e mia moglie?”

Davis cercò di restare razionale sottolineando l'ultimo concetto, ma una fitta gli squarciò comunque lo stomaco.

Dair sollevò le spalle

“Credo che dovresti chiederlo a lei. Sicuramente la sua versione sarà diversa.”

Eden tremò per un istante sperando di non dover davvero intervenire, ma Davis non si voltò verso di lei.

Ad ogni secondo cresceva la sua voglia di spaccare la faccia a Dair.

“Inutile dire che la tua proposta è ridicola.”

“Tu dici?”

Quell'uomo si stava davvero impegnando per fargli saltare i nervi.

Davis lo affrontò di nuovo mettendosi alla sua altezza affinché la minaccia fosse chiara.

“Sta lontano dalla mia famiglia.”

Eden decise finalmente di intervenire.

“Ok, ti dico io come stanno le cose.”

Davis si rialzò piano rivolto verso di lei

“Lui è uno dei miei agenti di controllo. Avrebbe dovuto arrestarti, ma io ho mandato all'aria tutto.”

Davis non sembrava soddisfatto da quelle poche parole.

Eden inspirò profondamente

“Siamo amici, Sophia lo conosce bene ed io... Io credo che... Tu  dovresti lasciarlo andare.”

Azzardò. Lui affilò lo sguardo cercando i suoi occhi. Sperava di poter leggere nelle sue iridi quello che le sue parole non stavano dicendo, ma Eden continuava a sfuggirgli.

Dair si inserì nella conversazione

“Non credo sia questo che vuole sapere Eden.”

Lei inspirò di nuovo cercando di reggere il contatto con gli occhi di Davis.

Era arrabbiato, ma non era per questo che trovava tanto difficile affrontare quello sguardo.

In quel momento sentì anche lei di odiare Dair. Sembrava che le cose stessero finalmente trovando un senso, perché voleva a tutti i costi far esplodere quella bomba?

Davis rimase immobile con gli occhi appiccicati addosso a lei. Talmente intenso che sembrava volerle passare attraverso.

“Ci vai a letto?”

La domanda uscì dalle sue labbra in un sussurro. La sua bocca rifiutava di pronunciare quelle parole. La sua mente rigettava il solo pensiero con tutta la sua forza.

Le ciglia di Eden tremarono. Non c'era una risposta a quella domanda che potesse essere allo stesso tempo sincera e giusta. Non c'era.

Gli occhi di tutti e due le scottavano addosso. Dair avrebbe smentito la sua bugia e Davis non avrebbe mai sopportato la verità.

Alla fine abbassò il viso.

Dire che era successo una sola volta o mille non avrebbe fatto alcuna differenza. Quel poco della sua vita che aveva riconquistato stava per andare di nuovo in cenere.

Davis spostò lo sguardo verso il muro chiudendo gli occhi per un momento.

Eden non dovette aggiungere altro. Trattenne le lacrime sicura che di lì a poco la sua furia si sarebbe scatenata, ma sorprendentemente non successe.

Per una volta il dolore fu più forte della rabbia.

Tutto ciò che Davis riuscì a fare fu fuggire da quella stanza.

Eden liberò le sue lacrime lasciandole scendere in silenzio.

Dair non si mosse dalla sua posizione, dopo tutto sembrava non voler gioire di quel momento. Veder piangere la donna che amava non gli dava alcuna soddisfazione.

“E' davvero questo quello che vuoi?”

Domandò rompendo quel pesante silenzio.

Eden tirò su col naso.

“E' il padre di mia figlia.”

Fu la sua più razionale spiegazione.

Dair si alzò finalmente in piedi e le si avvicinò cercando di guardarla in faccia.

“L'hai visto anche tu...”

Iniziò. Eden riconobbe il tono della sua voce, quello a cui era abituata. Il tono che riusciva sempre a tranquillizzarla. Ma non stavolta.

“...E' violento, fuori controllo... E' davvero lui il padre che vuoi dare a tua figlia?”

Eden contrasse la mandibola incontrando i suoi occhi verdi.

“Tu non lo conosci.”

“Mi basta quello che ho visto.”

Dair poggiò le mani sulle sue braccia e le accarezzò delicatamente.

“Non dovreste essere qui.”

Eden inspirò sentendo nuove lacrime affacciarsi ai suoi occhi.

Non voleva farlo di nuovo, non voleva ripiombare nella confusione più totale, non ora che si era quasi convinta.

Eppure una parte di sé, seppur piccola, sapeva che Dair non stava sbagliando.

Se lo era chiesto anche lei... Che tipo di vita avrebbe dato a sua figlia una volta fuggiti dagli Stati Uniti? L'avrebbe costretta a cambiare nome e nascondersi per sempre? Le avrebbe fatto cambiare una scuola ogni sei mesi? Le avrebbe mentito tutto il tempo su suo padre e sul suo passato?

“Non farlo ti prego.”

“Fare cosa?”

“Dire queste cose.”

Lui le sollevò il mento

“Sai che ho ragione.”

Eden chiuse gli occhi. Non voleva sentire, davvero non voleva sentire.

“Lasciami andare.”

Chiese a mezza voce cercando di fuggire quel contatto. Lui non le permise di allontanarsi.

“Davvero non capisci perché sono qui?”

Lui scosse la testa prendendole il viso tra le mani perché non potesse sfuggire i suoi occhi.

“Perché io ti amo.”

Eden cercò con decisione di liberarsi, ma lui non lasciò la presa.

“E non mi importa di cosa possono farmi i tuoi amici...”

Lei chiuse gli occhi per un momento

“...Io continuerò a combattere finché non l'avrai capito.”

Eden riaprì gli occhi sospirando. Cosa c'era da capire? Sapeva da tanto tempo che lui la amava, che provava per lui un sentimento puro, pulito e del tutto immeritato. Mille e più volte si era maledetta per la sua incapacità a ricambiare, per il terrore che la paralizzava, per la stupida sicurezza che provava vivendo nel passato. Non aveva mai avuto il coraggio di provarci davvero, di dare a Dair una vera possibilità. Le bastava che lui fosse lì, ogni giorno, a darle la sicurezza di cui aveva bisogno.

“Mi dispiace.”

Disse a voce bassa. Era l'unica risposta possibile a tutti quei pensieri. Dopo aver rovinato ogni cosa, cos'altro poteva dire?

 
Sfuggendo al suo tocco attraversò la porta a passi veloci.

André, che stava raggiungendo la stanza, si scostò per lasciarla passare poi si piantò sulla soglia.

Dair bloccò sul nascere il desiderio di seguirla.

André lo paralizzò con lo sguardo, chiuse lentamente la porta e girò la chiave nella serratura. Due volte.

Dair poggiò la fronte contro il freddo legno della porta. La rabbia lo aveva spinto fino a lì senza dargli tempo di pensare, ma chiuso tra quattro mura, iniziava finalmente a chiedersi come ne sarebbe uscito.

Forse lo attendeva il peggiore dei finali, ma era ancora certo che lottare per Eden fosse la cosa giusta. Avrebbe continuato a lottare per lei, finché lei non avesse capito.


----------------


Tyler aspettava seduto nel salotto. Tamburellando con le dita sul tavolo sapeva che ben presto sarebbe arrivato anche per lui il turno delle spiegazioni.

Vide Davis scendere le scale a denti stretti, da solo.

Lo seguì con lo sguardo finché non gli fu davanti. Attendeva la sua solita reazione fatta di pugni ed insulti, ma lui se ne stava lì, come preda di altri  e più pesanti pensieri.

Tyler si schiarì la voce

“Tutto qui? Niente risse, niente insulti? Non mi stai cacciando?”

Domandò rivolgendogli gli occhi ostentando una certa sicurezza. Il suo era un tradimento, di certo lo era, ma era anche la cosa più giusta da fare. Non aveva nulla a che fare con la polizia e con l'FBI, era solo per Eden. Solo per dare alla sua amica la possibilità di avere qualcosa di meglio di quella vita. Era certo che Davis non avrebbe mai capito, ma sperava che almeno Eden lo facesse.

Davis rimase in piedi a fissarlo.

“E' per questo che l'hai portato qui? Solo per vedere la mia reazione?”

Tyler contrasse la mandibola. Non era certo se si trattasse di una domanda.

“Non l'ho fatto per te.”

Davis si sbloccò di colpo, sembrando più confuso che arrabbiato.

“Credevo fossimo amici.”

Disse abbassando gli occhi. Una mossa piuttosto insolita per uno come lui.

“Lo siamo... Ma anche Eden è mia amica.”

Davis sembrava un po' troppo sconvolto per il poco tempo che aveva passato di sopra. C'era qualcosa nei suoi occhi che Tyler non si sarebbe mai aspettato.

“Io la amo.”

Ammise, ad alta voce, senza che Tyler l'avesse chiesto.

Tyler annuì guardando le sue stesse mani. Non l'aveva mai messo in dubbio, ecco perché combatteva il senso di colpa.

Davis se ne stava lì, immobile, spogliato del suo orgoglio e della sua freddezza.

“Lo so.”

Tyler rimase a fissare la superficie lucida del tavolo. Riusciva quasi a vedere il suo riflesso.

“Lei merita qualcosa di meglio di questo.”

Aggiunse. Dall'altra parte non arrivò risposta.

Davis non riusciva a pensare lucidamente, era ancora troppo annebbiato dall'immagine di sua moglie tra le braccia di quel tizio.

Era stato forse troppo presuntuoso nel credere che lei gli fosse rimasta fedele?

Troppo ingenuo. Troppo stupido.

Probabilmente Eden aveva ragione a dire che le cose era cambiate, lei non era morta dopo tutto e il tempo non si era fermato.

Cinque anni. Cinque anni e lei era andata avanti.

Si era rifatta una vita. Con un altro uomo.

Con sua figlia e un altro uomo.

L'ennesima fitta gli rivoltò lo stomaco. Perfino il pensiero dell'alcool era nauseante in quel momento.

"Lei merita qualcosa di meglio di questo."

Una sorta di eco delle parole di Tyler risuonò nelle sue orecchie.

Tu dici?  Pensò.

Lei ha ripreso in mano la sua vita, è passata all'altro lato, ha fatto di un altro uomo il padre di mia figlia e tu credi che meriti di meglio di questo?

Qualcosa meglio del mio disprezzo?

Qualcosa meglio di una punizione?

Tyler lo guardò nella sua immobilità

"Non l'avrei portato qui se non avessi avuto delle valide ragioni."

"Valide ragioni?!"

Finalmente il tono tagliente di Davis rispose alle sue parole.

Tyler prese a gesticolare

"Ascolta Davis..."

Una piccola pausa

"...Io non conosco l'uomo che avete rinchiuso al piano di sopra, non so se gli piaccia il sushi, se gioca a golf tutte le domeniche o se sia un emerito coglione come tutti i federali..."

Di nuovo una piccola pausa

"...Ma so di per certo che ha la fedina penale pulita, un lavoro onesto ed un conto in banca non criptato..."

Stavolta dovette fermarsi per più di un paio di secondi e prendere fiato

"...So che è innamorato di Eden, che si è preso cura di lei per tutto questo tempo e che è la cosa più vicina ad un padre che tua figlia abbia mai avuto."

Il vuoto sembrò piombare giù in un attimo.

Stava sfidando Davis Miller, cercando di andare contro tutti i suoi principi.

"Sono io il padre di mia figlia."

Sentenziò lui scandendo ogni sillaba.

Tyler annuì

"Lo so...  Ma cosa puoi dargli tu invece? Vuoi davvero che tua figlia viva come noi? Che si nasconda e che cominci a rubare?"

"No."

Lo interruppe quasi Davis

"Non succederà questo."

"Succederà invece..."

Tyler non sapeva ancora se stesse insistendo troppo, lui e Davis non erano quel tipo di amici, non lo erano mai stati ed era quasi completamente certo che Davis non lo avrebbe mai ascoltato.

Anzi, forse avrebbe rinchiuso anche lui al piano di sopra.

Tuttavia decise di non tacere

"...Succederà... La nostra vita è questa, per quanto ci sforziamo di pensare che dopo l'ultimo colpo tutto cambierà, la realtà è che resteremo sempre dei criminali...  Va bene per noi, ma... E' quello che vuoi per lei?"

Davis strinse forte le palpebre, delle rughe nervose gli riempirono la fronte

"Basta, non voglio più ascoltarti!"

Esclamò cercando di allontanarsi. Aveva la testa nel pallone. Completamente piena di pensieri.

Che cosa avrebbe dovuto fare?

Ascoltare Tyler?

Rinunciare alla sua famiglia? Alla prima reale possibilità di cambiare la sua esistenza?

Di nuovo i nervi si impossessarono di lui. Strinse i pugni.

Eden e quel tizio.

Eden a letto con quel tizio.

Eden felice con quel tizio.

Eden, quel tizio e la sua bambina.

Che ne avrebbe fatto di lui?

No. No.  Non gli avrebbe mai ceduto la sua famiglia.

Non gli avrebbe mai dato sua figlia.

Ma Eden? A lei poteva rinunciare invece?

Il pensiero di vederla rotolare tra le lenzuola insieme a lui, le sue mani su di lei, i suoi gemiti, i suoi sospiri...

Forse aveva goduto ancor più che con lui.

Le fiamme della gelosia gli infuocarono il petto.

Lei poteva tenersela se voleva.

Sì. Lei poteva tenersela.

Sì.

Blake comparve alla porta appena in tempo per salvarlo da quella spirale distruttiva.

"Che facciamo adesso?"


-----------


Eden si asciugò gli occhi col retro della mano prima di entrare nella sua stanza. Avrebbe più volentieri continuato a piangere, ma non voleva che Sophia vedesse qualche altra scena spiacevole.

Aprì piano la porta.

Sedute sul letto, Payne e Sophia ridacchiavano. Payne aveva la faccia impiastrata di rossetto rosso mentre le labbra della sua bambina luccicavano di lucidalabbra alla frutta. Anche Eden sorrise.

“Eccoti.”

Payne si tirò su perdendo all'istante quell'espressione serena.

“Tutto ok?”

Chiese a voce bassa facendosi vicina. Eden annuì, ma i suoi occhi rossi non davano giustizia al suo sorriso.

“Cosa state combinando qui?”

Era così abile a cambiare argomento quando voleva.

Raggiunse Sophia sul copriletto a quadri e le accarezzò il viso.

“Tu e Payne vi stavate facendo belle?”

Sophia annuì felice di mostrare l'improbabile impiastro di ombretti sulle sue palpebre.

“Payne mi ha fatto usare i suoi trucchi!”

“Spero non sia un problema.”

Si inserì l'amica, ma Eden scosse la testa.

“Grazie.”

Quella parola suonò paradossale. Payne era colpevole della situazione quasi quanto Tyler. Forse non conosceva la situazione nei dettagli come lui, ma avrebbe potuto fermarlo.

Se lei e Tyler non avessero preso quell'insana decisione forse, a questo punto, ogni cosa sarebbe già risolta.

Invece Davis, al piano di sotto, stava di certo meditando un piano per sbarazzarsi anche di lei.

E poco più in là, chiuso tra quattro mura, Dair era pronto a combattere per lei.

Combattere per lei.

Per la donna che gli aveva distrutto la carriera.

Per la donna che non aveva il coraggio di ricambiare il suo amore.

Non riusciva a pensarlo in quelle condizioni, spogliato della sua uniforme e delle sue convinzioni.

Aveva distrutto anche lui.

Il pensiero la strinse alla gola, in quel momento era molto più preoccupata per Dair che per Davis.

Certo, Davis l'avrebbe odiata davvero adesso, ma in fin dei conti il suo orgoglio passava in secondo piano se paragonato a quello che Dair sembrava pronto a fare.

Non se ne sarebbe andato.

Non senza di lei.

O non sulle sue gambe.

L'idea la pietrificò. E se Davis gli avesse fatto del male? Se fosse intenzionato ad ucciderlo? Se lui e André avessero preso una pistola e...

"No."

Le uscì dalle labbra senza controllo.

Payne e Sophia si voltarono dalla sua parte.

Eden scosse il capo

"Scusatemi."

Biascicò alzandosi dal letto e muovendosi di colpo come un leone in gabbia.

Era riuscita a calmare la situazione, ma come poteva esser certa che Davis non avrebbe optato per la scelta peggiore?

Poteva uccidere Dair.

Poteva liberarsi anche di lei.

E poi...

Poi avrebbe potuto prendersi Sophia.

Oh Dio. Perchè tutt'a un tratto questi orribili pensieri le affollavano la mente?

Payne la raggiunse tenendo la bimba distratta con l'ultima palette di Dior.

"Che succede?"

"Non dovevate portarlo qui... Non dovevate portarlo qui."

Sussurrò decisa

"E se lo uccidono?"

Payne corrugò appena le sopracciglia.  Per la prima volta fu sicura che tutto l'amore proclamato da quel coraggioso quanto disperato federale dopo tutto era ricambiato... In qualche modo era ricambiato.

"Sei innamorata di lui?"

Chiese a conferma. Una parte di lei ne sarebbe stata sollevata data la scelta che aveva compiuto, ma l'altra parte ne sarebbe stata profondamente delusa.  Eden e Davis si amavano.  Davis, nei suoi modi bruschi e nonostante l'oscurità in cui era piombato, la amava davvero.

Loro erano anime gemelle.

Una coppia indivisibile.

Eden abbassò gli occhi cercando di scuotere lentamente la testa.  Avrebbe voluto sputare un no deciso.

D'altra parte non sentiva le farfalle nello stomaco, non le sudavano le mani e non arrossiva come una bambina ogni volta che lo vedeva.

Con lui non si sentiva mai in imbarazzo o fuori posto, era sempre certa di poter essere come voleva essere.

Terrorizzata... Come al loro primo incontro.

Arrabbiata.

Indecisa.

Scostante.

Codarda... Come quando era scappata dal suo appartamento.

Si era perfino potuta permettere di essere una traditrice.

E nonostante tutto lui era lì a rischiare la vita.

Non sono innamorata di lui.

Sono innamorata di Davis.

Ancora tremo come una foglia quando lui mi sta vicino.

Lo stomaco borbotta e divento goffa.

Ma ho paura che uccida Dair.

Ho paura che si prenda mia figlia.

Ho paura.

Con lui ho paura.

Forse era proprio quella la differenza.

Di Davis era ancora innamorata.

Ma Dair?

Il bello, gentile, perfetto Dair?

Forse di lui non era innamorata.

Forse lui lo amava e basta.

Come amano le persone adulte.

Quelle che dividono un modesto appartamento in periferia.

E pagano la spesa in contanti.

Quelle che hanno figli,

e preparano per loro il migliore dei futuri.


Payne smise di aspettare una risposta, mentre Sophia era rapidamente passata dall'impiastricciarsi il viso al dipingere i muri.

"Forse ho fatto bene a portarlo qui..."

Sospirò.

"Non so niente di lui, ma ho visto i suoi occhi mentre parlava di te e tua figlia... Mi ha spezzato il cuore."

Eden riuscì solo ad annuire.

Payne invece riprese a parlare

"Non so cosa voglia fare Davis adesso, ma tu cerca di prendere una decisione."

"Non so che fare."

Payne sospirò

"Non sai quanto sia grata che tu non sia morta... Non sai quanto sia felice di averti qui... Te e Tyler... E' stato come tornare indietro nel tempo..."

Accompagnò la pausa con un gesto rivolto a Sophia

"Ma la verità è che le cose sono cambiate... E nemmeno poco."

I suoi occhi azzurri incontrarono quelli scuri di Eden

"Credimi, io ho sempre fatto il tifo per te e per Davis... L'ho visto diventare una persona diversa dopo la tua scomparsa e pensavo davvero che riaverti qui gli avrebbe ridato un po' di pace..."

Inspirò

"...Ma non sapevo di tua figlia... Non sapevo quanto la tua vita fosse cambiata..."

Buttò fuori l'aria

"So che ami Davis... Ma ho capito subito che anche tra te e quel poliziotto c'è qualcosa... Qualcosa di profondo, di profondamente diverso."

Eden immaginò di fretta qualche momento passato con lui.

"Devi prendere una decisione Eden... Prima che succeda davvero qualcosa di brutto."







 



 


 



 

 


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Capitolo 23
*** Dancing on Our Own ***


Capitolo22

CAPITOLO 22

“DANCING ON OUR OWN”

 

 

 

Il respiro si bloccò mentre l'ultimo frammento della sua sagoma spariva dietro lo stipite.

 

Il suo cuore mancò un battito.

 

Le sue labbra tra i denti.

 

Lo stomaco in gola.

 

Lascialo andare.

Lascialo andare.

Lascialo andare.

 

"Davis!"

 

Urlò.

Con tutta la voce che aveva.

Senza nemmeno aver dato il comando al cervello.

 

D'istinto mosse due passi lasciandosi la bambina alle spalle, voleva essere sicura che si fosse fermato.. perché non era così che doveva finire.. Se fosse mai arrivato nella sua vita il momento in cui avrebbe visto Davis Miller per l'ultima volta, non è così che l'avrebbe vissuto.

Dair sbuffò la sua rabbia con un gesto di stizza. Quante volte ancora sarebbe dovuta finire in quel modo? Lui era già stanco di fuggire, stanco di quel continuo andirivieni di parole e di occasioni sfumate. Indietreggiò verso Sophia mentre l'ombra di Davis tornava indietro poco a poco.. Non voleva più guardarlo in faccia.

Davis riapparve nella stanza con un'espressione vagamente simile ad un sorriso

"Ho forse dimenticato qualcosa?"

 

Eden tirò un sospiro di sollievo, ma non lo diede troppo a vedere. Nella sua mente cominciava ad affiorare la malsana idea che alla fine potessero andarsene tutti e quattro insieme verso un posto più sicuro, senza tutta quella necessità di decisioni definitive.

Scosse la testa. Non sarebbe andata in quel modo.

 

"Dacci un minuto."

 

Chiese voltandosi. Il tono dolce e tenuto basso affinché, dopo tutto, potesse sembrare una proposta accettabile.

 

Dair scrollò le braccia

"Cosa?"

 

Scosse la testa cercando di trattenere lo stupore per non spaventare la bambina attaccata alle sue gambe.

Eden si voltò verso di lui, nel suo sguardo e nelle sue movenze una grazia decisa

"Per favore... Porta Sophia di là, ci vorrà solo un minuto."

 

In realtà non sapeva se un minuto sarebbe bastato, ma doveva restare sola con Davis se voleva finalmente essere sincera.

Il sopriro di disapprovazione di Dair riempì la stanza, decise che avrebbe comunque avuto ancora un briciolo di rispetto per la situazione. Nella sua testa quella scena si sarebbe risolta in maniera del tutto diversa e benché la divisa non gli mancasse troppo, il desiderio di sbattere Davis in una cella era sempre forte e vivo.

Convinse una piccola, assonnata e confusa Sophia a seguirlo in cucina per latte e biscotti.  

 

Quando Eden e Davis incrociarono di nuovo gli occhi, senza nessuno intorno, lo sguardo di lui si scurì di botto. Le ferite dell'orgoglio erano più vive che mai e la mancanza di possibili testimoni esortava la sua parte oscura a venir fuori.

Eden deglutì

"Non possiamo più andare avanti così."

Davis non rispose. Lei riprese fiato

"Devo pensare a mia figlia."

Qui lui si mosse

"Nostra..."

Sottolineò

"...Nostra figlia."

Eden annuì abbassando gli occhi per un momento

"Non posso fare finta che gli ultimi cinque anni non siano passati..."

Di nuovo provò a guardarlo in viso, ma i suoi occhi erano scuri e vitrei.

"...Non posso fare finta che tu non sia quello che sei..."

"Sarebbe solo colpa mia quindi?"

La interruppe lui. Il suo sopracciglio destro tremolava, ma il resto del suo corpo era ancora immobile.

"Tu..."

Esordì in risposta

"Tu sei l'artefice di tutto questo."

Eden incassò il colpo e si mosse prima che lui potesse continuare

"Ti prego, non voglio l'ennesima inutile discussione."

Quella frase iniziò decisa come una richiesta, ma finì labile come una preghiera.

"Inutile??"

Davis si morse il labbro, abbastanza stretto da farsi male

"Io c'ho provato credimi, ci provo con tutte le mie forze, ma tu..."

Strinse i pugni

"...Tu avresti dovuto dirmi che cosa stava succedendo.."

"Cosa?"

Davis non rispose, lasciando all'immaginazione ogni riferimento.

Prese di nuovo fiato

"Tu hai fatto di un altro il padre di mia figlia."

 

Eden indietreggiò scuotendo la testa

"No Davis, questo no."

Dair non era il padre di Sophia e non lo sarebbe mai stato, indipendentemente da come le cose potessero mettersi tra loro.  Sophia avrebbe saputo la verità, almeno su quello, sui suoi genitori e sul loro amore.  Sua madre l'aveva cresciuta raccontando solo i difetti e gli errori di un padre che non aveva mai conosciuto e lei non avrebbe mai fatto la stessa cosa a sua figlia.

Di nuovo Davis la fissò in quel modo

"Ma non pensare che ci rinunci."

 

Eden si sentì per metà sollevata da quell'affermazione

"Ti capisco..."

Replicò cercando di arrivargli più vicino, le labbra socchiuse aspettando l'arrivo delle parole più giuste.

Lui non si mosse e non si lasciò distrarre dai segni della stanchezza sul viso di Eden. Le sue lunghe ciglia scure battevano comunque allo stesso ritmo, quasi tentassero di nascondere il timore nei suoi occhi, come ogni volta che stava per dire qualcosa di davvero onesto

"...Non avevo mai pensato prima d'ora che rinunciare fosse tanto difficile."

Conluse, con un sospiro che mosse l'aria tra lei e Davis. Era combattuta e lui poteva vederlo chiaramente... Così combattuta che stavolta forse avrebbe finito per scegliere una strada diversa.

Davis aggrottò le sopracciglia

"Vuoi davvero andare con lui?"

 

Eden abbassò il viso, sperando che senza guardarlo potesse mentire, ma fissare il pavimento non bastò

"No..."

Confessò cercando di muovere i suoi occhi il più possibile lontano dalla visuale di Davis

"...Ma devo."

 

Lui inspirò cercando il suo sguardo senza trovarlo, allungò la mano verso il suo viso, lo raggiunse e si mosse, delicato e deciso, finché Eden non sollevò il mento.

Gli occhi di lei brillavano di lacrime prossime e voglia di un bacio.

 

"Io non..."

 

Le parole di Davis si fermarono a metà, la sua espressione tornò scura ed estranea di colpo. I suoi occhi ora fissavano un punto che non era più il viso di Eden.

Lei si guardò intorno d'istinto senza capire.

La mano di Davis si allontanò definitivamente da lei così come il suo corpo, pochi passi lenti lo portarono al di là di sua moglie e del loro discorso in sospeso.

C'era improvvisamente qualcosa di molto più importante a cui pensare.

 

"Merda."

 

Imprecò tra le labbra mentre Eden individuava finalmente l'oggetto della sua preoccupazione.

Si erano distratti abbastanza da non notare cosa stava succedendo sul monitor di controllo lasciato acceso da André.

Auto. Auto intorno alla casa.

E persone.

Agenti per l'esattezza.

Agenti armati schierati intorno alla loro casa.

 

Mentre Eden stava per parlare due colpi decisi alla porta ne furono la conferma. Erano lì.

Davis sembrò pensare tutto in un secondo

"Andiamo!"

Eden rimase impalata

"Sophia."

 

Di nuovo colpi alla porta.

Dair si affacciò dalla cucina

"Che succede?"

"L'FBI."

Davis fu schematico. Nel contempo dalla sua valigetta tirò fuori una pistola. Fece scattare la sicura.

"Andiamo!"

Ed era l'ultima volta che lo diceva.

"Prendo Sophia!"

Eden fece per muoversi, ma rimase dov'era. 

La porta della casa venne spalancata con un solo colpo deciso, quattro agenti armati si buttarono dentro. Fuoco puntato e pronti a sparare.

Fortuna volle che Dair si trovasse lì, la sua presenza all'entrata di quella casa, con un bicchiere di latte in mano, distrasse i suoi ex agenti abbastanza a lungo da permettere a Davis di volatilizzarsi.

Eden invece non capì cosa le stesse succedendo.

Una stretta morsa alla vita e qualcosa, o qualcuno, che la trascinava via. Più provava a spingere verso la cucina e più se ne allontanava.

Si sentì sollevare e, solo dopo aver preso contatto con la pelle fredda, capì di trovarsi su un'auto che sfrecciava via a tutta velocità. Lo stomaco le arrivò in gola mentre provava a seguire le curve e dovette stringersi la testa tra le gambe per non sentire gli spari.

Venivano da fuori, ma anche da quella macchina.

Si sollevò prima di vomitare,  Davis stringeva il volante con una mano mentre con l'altra sparava colpi verso gli agenti. Per fortuna erano meno di quanti temesse.

"Fermati!"

Esclamò

"Fermati! C'è nostra figlia lì dentro!"

Lui sembrò non ascoltarla

"Reggiti."

Ordinò mentre afferrava il freno a mano. Un gesto deciso e l'auto si girò di novanta gradi in un secondo, senza minimamente rallentare.

Eden si ritrovò appiccicata alla portiera.

"Aspetta! Devo tornare lì!!"

Urlò, ma lui di nuovo non rispose.

E non disse nulla finché i rumori esterni furono zittiti. L'ultima manovra indelicata e la macchina si fermò dopo aver sceso il bordo della strada. In quell'angolo di campagna e desolazione che avevano raggiunto sembrava regnare un minimo di tranquillità.

"Scendi. Dobbiamo muoverci."

Davis abbandonò immediatamente l'abitacolo ed Eden si sentì costretta a seguirlo mentre correvano tra alberi e baracche fatiscenti.  Continuava a pensare di aver lasciato sua figlia da sola, ma le gambe si muovevano da sole mosse dalla paura e dall'urgenza.

Un'infinità di passi dopo Davis si fermò di fronte ad una piccola casupola di legna e rottami.  Ruppe la porta di assi marce con un calcio e spinse Eden dentro. Il sole era quasi completamente sorto e l'intero armamentario delle forze dell'ordine si stava muovendo per cercarli. Doveva pensare in fretta.

Senza nemmeno notare la polvere e la sporcizia del posto tirò fuori il cellulare dalla tasca del giubbotto.

Eden iniziò ad agitarsi

"Devo tornare indietro! Dobbiamo tornare!... Oh Dio, che cosa sarà successo??"

Lui la congelò con lo sguardo

"Devi stare zitta adesso."

Eden rimase di sasso

"Come fai ad essere così tranquillo?!"

Tranquillo?? Non c'era una sola cellula nel corpo di Davis che fosse tranquilla al momento.

Compose qualche numero prima di risponderle

"E' una bambina, non le faranno niente..."

Si interruppe in attesa di sentir squillare all'altro capo

"...E poi c'è il tuo amico con lei."

Era dura da ammettere, ma a giudicare da quel che aveva visto, per quanto doloroso, Dair avrebbe tenuto al sicuro sua figlia.

Eden non si rilassò, mentre Davis parlava al cellulare a malapena percepì le sue parole. Un certo McClair li avrebbe aiutati a venir fuori da quel casino.

Davis si infilò di nuovo il telefono in tasca e sospirò guardando fuori. Quei minuti sarebbero stati lunghissimi.

"Sei sicuro che starà bene?"

Chiese lei ancora piuttosto angosciata.  Davis la guardò con la coda dell'occhio

"Non le succederà niente. Mai."

Eden si sforzò di annuire. Era confusa e spaventata, ma nuovamente, anche davanti a questo timore, avrebbe lasciato le redini del comando a Davis.

Sorprendente e meraviglioso come nonostante tutto riuscisse sempre a fidarsi di lui.

Seguì un lungo silenzio.  Lui continuava a fissare il nulla da una fessura delle travi ed Eden lo guardava da lontano.

Era sempre lo stesso. Gli abiti sgualciti e poche gocce di sudore che brillavano la luce dell'alba sulla sua fronte. Le braccia incrociate e l'espressione imbronciata mentre vagliava ogni possibile soluzione.

Probabilmente erano gli ultimi momenti che passava con Davis e voleva farne tesoro, fotografando ogni millimetro della sua presenza.

Al di là delle legittime preoccupazioni l'avrebbe ringraziato di averla trascinata via con sé.  Le stava regalando non poco.

Davis si voltò trovandola immediatamente a portata di sguardo

"Andiamo."

Eden annuì senza parlare. Si strinse nella felpa sciogliendo i muscoli delle gambe poi lo seguì alla porta.

Fuori un anonimo furgone blu ed un conducente dai tratti stranieri. Mediorientali per l'esattezza.

Il tizio non disse nulla mentre gli indicava di salire dietro.

Davis aprì la portiera posteriore e lasciò che Eden salisse per prima offrendole una mano come appoggio.

Anche lì dentro era sporco e piuttosto buio.

Eden inspirò l'intenso odore di terra e prodotti chimici. Tossì cercando di risputarlo fuori.

"Sarà un viaggio breve."

Davis provò probabilmente a rassicurarla. Seduto su una cassa di legno fissava per terra.

Eden inspirò di nuovo, pian piano il suo naso stava abituandosi all'odore.

 

"Perché mi hai portata con te?"

 

Lui sollevò lo sguardo, così ardente che avrebbe potuto inchiodarla alla parete.

 

"Non avevo finito il mio discorso."

 

Non era quello che stava pensando davvero, era solo la prima risposta a portata di mano.

Eden arrossì appena respingendo i suoi pensieri più intimi.

Deviò gli occhi verso un'altra direzione senza insistere, rimase in silenzio finché il mezzo si fermò.

Davis balzò in piedi e portò d'istinto la mano alla pistola. Non poteva vedere cosa stesse succedendo fuori e sperò che fossero semplicemente arrivati.

L'autista improvvisato di nuovo non disse una parola mentre apriva le porte.

Stavolta Eden scese per seconda, guardando intorno a sé una fitta schiera di volti sconosciuti.

Davis si sforzò di sorridere mentre improvvisava una sorta di saluto da confraternita con quegli uomini. Lui e quello al centro si strinsero la mano avvicinandosi in un breve abbraccio virile. Era un uomo alto coi capelli chiari e le braccia tatuate.

"Grazie John."

Lui sorrise di nuovo

"Te lo dovevo amico. Non ho mai dimenticato come mi hai salvato il culo a Vegas."

Eden aggrottò le sopracciglia. L'ennesimo pezzo della sua vita che non conosceva.

McClair sorrise anche a lei

"Finalmente conosco la tua signora!"

Eden si sentì in imbarazzo, non per l'appellativo, ma per il disastro che doveva essere il suo viso. Sollevò un angolo della bocca senza troppo scomporsi mentre gli stringeva la mano.

"Potete usare il bungalow per darvi una sistemata. Vi procuro un aereo in un paio d'ore."

Eden guardò la casetta di legno alla sua destra, sembrava realmente accogliente.

"Grazie ancora."

Davis scambiò una nuova stretta di mano con McClair e si avviò verso la piccola abitazione. Eden lo seguì assaporando il momento in cui avrebbe potuto togliere gli stivali e godersi una doccia calda.

L'arredamento era povero, ma essenziale e pochi pezzi scelti lasciavano trasparire il reale potere d'acquisto del proprietario. Doveva essere solo una specie di rifugio usato di rado.

Eden venne immeditamente fuori dalle scarpe lasciandosi sfuggire un gemito di puro piacere.  Lui lo raccolse al volo fermandosi per qualche secondo a scorrere la sua figura sottile. I capelli finalmente sciolti. La maglietta macchiata di terra e la biancheria scura a contrasto con la pelle bianchissima della spalla.

"Vuoi fare una doccia?"

Lei annuì resistendo al primo istinto di togliere immediatamente i vestiti.

"Faccio in fretta."

Precisò prima di chiudersi nel piccolo bagno dalle piastrelle color lavanda.

Davis rimase nella stanza ad ascoltare il rumore dell'acqua calda che si infrangeva sulla ceramica e sul corpo di Eden.

Tolse le scarpe e sbottonò la camicia. Si passò le mani tra i capelli mentre aspettava il suo turno per la doccia.

Era stanco e visibilmente agitato.  L'adrenalina della fuga scorreva ancora nelle sue vene, ma non era solamente quella a turbarlo.  Aveva trascinato Eden con sé cedendo all'istinto.. fuggire da solo sarebbe stato infinitamente più semplice, ma lui l'aveva afferrata comunque, stretta a sé e portata in macchina.. Anche contro la sua volontà.

La sua volontà sarebbe stata quella di andarsene con un altro.

Eccola accendersi di nuovo.. L'agitazione gli faceva tremare le mani e bruciare lo stomaco. Non poteva sopportarlo.  Non ora, non in quel momento, non lontano da tutto e tutti... Senza distrazioni esterne quel pensiero gli riempiva la testa, chiedendo al vero Davis Miller di venire fuori.

 

Eden uscì dal bagno avvolta in un asciugamano bianco, la pelle ancora umida ed i capelli bagnati, già arricciati per via della nuvola di vapore che si portava dietro.  Mollò la presa sulla maniglia e cercò Davis con lo sguardo.

Era lì di fronte. La camicia sbottonata lasciava intravedere la linea dei pettorali ed il lungo tratto verticale che dal petto in giù delineava i suoi addominali, fino all'ombelico e all'orlo dei jeans.

Inspirò profondamente stringendosi nell'asciugamano

"Puoi andare se vuoi.. Ti ho lasciato l'acqua aperta."

 

Davis rimase a fissarla con le labbra socchiuse e le braccia tese lungo il corpo. Eden si mosse indietro senza nemmeno accorgersene, l'aria sembrava mancarle d'improvviso e quegli occhi le bruciavano addosso.. gli perforavano la pelle.. trafiggevano ossa e muscoli fino ad invadere ogni cellula.. fino a raggiungere i confini della sua anima.

 

"Che c'è?"

 

Riuscì infine a domandare in un sussurro. Davis le fu presto più vicino, senza mai staccare gli occhi da lei.  Eden si strinse ancor più stretta nell'asciugamano e lui scosse appena la testa. Inutile che cercasse di coprirsi, lui sapeva perfettamente cosa c'era sotto quel pezzo di tessuto bianco.

 

"Come puoi stare con un altro?"

 

Le chiese. La voce bassa e nervosa. Gli occhi che continuavano a rimestarle dentro. Il tono quasi dispregiativo.

 

"Io non... Non sto con qualcun altro."

Balbettò.

Lui scorreva lo sguardo sulla sua sagoma quasi nuda.

"Ma ci vai a letto."

Ribatté stizzito.

Eden nuovamente scosse la testa

"E' stata solo una volta."

Nemmeno capiva perché sentisse il bisogno di giustificarsi.

E intanto lui aumentava il ritmo del respiro. Ogni boccata d'aria era più breve, ma più piena. Stava di nuovo immaginando la scena... Una o cento volte non faceva differenza... Strinse i pugni mentre il sangue gli scorreva più veloce nelle vene, le mani iniziarono a pulsare mentre reprimeva ogni primo istinto.

Voleva punirla.

Punirla per averlo tradito.

Per aver concesso a qualcun altro qualcosa che era stato solo suo.

 

"Come hai potuto farti toccare da lui?"

 

Eden aggrottò le sopracciglia. Quello sguardo stava diventando troppo invadente e quell'espressione troppo pericolosa. Non aveva il diritto di chiederle delle giustificazioni.

Prese coraggio

 

"E tu? Con quante sei stato mentre ero morta ?"

Davis avanzò minaccioso

"Non cercare di cambiare discorso. Stiamo parlando di te..."

La afferrò all'altezza delle spalle. Strinse abbastanza da far diventare la pelle bianca sotto la presa dei suoi polpastrelli.

Avrebbe desiderato farle del male, tanto quanto gliene aveva fatto lei, ma allo stesso tempo altri pensieri si facevano strada nella sua mente.. pensieri carnali ed insidiosi prendevano forma mentre il suo sangue iniziava a scorrere al contrario.

Voleva ciò che era suo.

Eden colse quella nuova scintilla nelle sue iridi. Inspirò sentendo le gambe che iniziavano a tremare. La odiava e la voleva.

Lo odiava e lo voleva.

 

Lo schianto tra le loro labbra le fece quasi perdere l'equilibrio. Era un bacio profondo, intrusivo, soffocante.

Lui la sollevò da terra usando il suo corpo per spalancare la porta del bagno.  Le tolse l'asciugamano di dosso lanciandolo il più lontano possibile.  Il corpo di Eden fu avvolto da quell'intenso vapore caldo mentre cercava respiro fuori dalla sua morsa.

Davis la spinse sotto l'acqua quasi bollente,  il getto li colpì in pieno mentre la schiena di Eden sbatté contro la parete fredda della doccia. Continuava a baciarla mentre la camicia fradicia gli si appicicava addosso, le sua mani dappertutto fintanto che Eden continuava a cercar respiro. I suoi gemiti soffocati dal rumore dell'acqua addosso.

Davis era una furia senza controllo, in preda al solo desiderio di riprendersi ogni centimetro di quel corpo... Voleva cancellare dalla mente di Eden e dalla sua pelle ogni ricordo di quell'altro... Voleva che l'acqua lo portasse via, come se non fosse mai successo...

Eden era sua.

Di nuovo la sbatté contro il muro spingendo il viso nell'incavo del suo collo.

"Tu sei mia."

Specificò mentre sbottonava i pantaloni.

"Tu sei mia."

Ribadì sollevandola con una presa alla vita.

Eden si appoggiò alle sue spalle annaspando in quella breve attesa.

"Prendimi Davis."

Riuscì a dire guardandolo negli occhi. Era il desiderio più onesto che avesse.

Lui non attese un secondo di più prima di farla sua, spingendo e stringendo con tutta la rabbia che aveva dentro. Voleva sentirla urlare, sicuro che nessuno conoscesse meglio di lui come farla godere.

Voleva che si dimenticasse per sempre di Dair.

La sentì soffocare i gemiti mentre gli affondava le unghie nella pelle e non ne fu soddisfatto. Non era ancora abbastanza.

Stavolta la afferrò per i capelli, abbastanza deciso da costringerla ad alzare il viso senza farle male. Ora poteva guardarla dritto negli occhi mentre si muoveva. Adesso Eden non poteva più fingere... Sulle guance arrossate e nelle pupille dilatate poteva chiaramente leggere i suoi pensieri più intimi... Dentro quel corpo non c'era posto per altri se non per lui.

Spinse più forte e poi si fermò appoggiando la fronte sulla spalla di Eden.

Le contrazioni del suo corpo scemarono lentamente e poté finalmente mollare la presa.

Chiuse il rubinetto rimanendo lì a fissare sua moglie, stremata e bellissima.

Il suo respiro stantava a tornare regolare. Le aveva dato tutto, sfogando su di lei rabbia, gelosia e dolore. Era davvero esausto.

Eden inspirò a fatica e lo lasciò allontanarsi.

Lo guardò togliersi i vestiti bagnati senza dire una parola.

Lei raggiunse un nuovo asciugamano, ci si avvolse dentro e pensò a cosa dire.

 

"Davis?"

 

Lui le rivolse immediatamente il viso. Era stanchissimo, ma visibilmente più rilassato.

Eden rimase con le parole a mezza bocca, non più certa che ci fosse qualcosa di giusto da dire. Se ci fossero stati solo loro due non avrebbe avuto dubbi, ma mentre il suo corpo iniziava ad asciugarsi anche la realtà sembrava tornare nitida un poco alla volta.

Stavolta però fu lui a sorprenderla. Un mezzo sorriso si aprì sul suo volto, un sorriso che Eden non si aspettava... Un sorriso che non vedeva più da tantissimo tempo.

 

Quell'attimo di pace fu presto interrotto dalla suoneria del telefono di Davis. Il sorriso sparì e lui corse a rispondere. Dall'altra parte la voce allarmata di André. Troppo allarmata.

 

"Sono solo."

"Come?"

"Sono solo Davis, solo! Nessun altro sta venendo qui!"

"Blake non era con te??"

"No. Me ne sono andato da solo."

 

La sua espressione si pietrificò.

 

"Dove siete tutti?!"

 

Davis si leccò il labbro afferrando d'istinto la pistola. La sua mente aveva già focalizzato la situazione.

 

"Ci vediamo a New York. Tu sai dove."

 

Chiuse la comunicazione restando bloccato per una manciata di secondi. Tremava di nuovo.

Eden alzò il sopracciglio. Il terrore per la sorte di sua figlia tornò a farsi sentire come un pugno nello stomaco.

 

"Che succede?"

 

Davis si voltò lentamente verso di lei.

Il sorriso di poco prima dimenticato per sempre.

 

--------------------

 

 

NEW YORK - Dipartimento generale della Federal Bureau of Investigation.

 

"Andiamo! E' davvero necessario??"

Tyler stringeva tra le mani il cartellino mentre l'agente dietro la fotocamera lo guardava con sufficienza.  Le manette non gli permettavano di muovere le mani più di quei venti centimetri e la sua apparente calma iniziava a dare segni di cedimento.

Un flash improvviso gli ferì gli occhi. Ruotò il viso d'istinto notando che poco più là un altro agente stava strattonando Payne.

 

"Hey! Toglile le mani di dosso!"

 

Quello gli rivolse un sorriso compiaciuto

"Muoviti col servizio fotografico, vi aspettano in cella!"

Rispose spingendo Payne verso una grossa porta d'acciaio a chiusura elettronica.

Lei guardò Tyler scuotendo la testa. Sperava solo che non li separassero.

 

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Nella stanza accanto il vice-comandante McPhee spingeva un piatto di pasticcini alle mandorle accanto ad una tazza di caffé fumante. Poco più là un pacchetto di Marlboro.

 

"Serviti pure tesoro. Sarà una chiacchierata lunga."

"Va' al diavolo."

McPhee sorrise maligno ed aggiustò il collo della giacca blu lavata di fresco.

"Andiamo... Ho deciso di usare le buone maniere con te..."

Gli scivolò dietro sfiorandola appena

"...Non vorrai farmi cambiare idea."

Blake trattenne l'istinto di vomitare. Quell'uomo non le faceva paura, ma ribrezzo. Nel modo in cui la guardava c'era qualcosa di così perverso che metteva in soggezione perfino lei.

McPhee accarezzò i suoi lunghi capelli scuri.

 

"Dimmi dov'è tuo fratello. Adesso."

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 24
*** "Io ti amo... E io ti prego" ***


capitolo23

CAPITOLO 23

“IO TI AMO… E IO TI PREGO”

 

In quella stanza c’era uno strano odore, come se la cera fosse stata passata di fresco sul pavimento. Improbabile. Le luci artificiali rendevano lo spazio più stretto ed Eden dovette sforzarsi di non guardare quelle solide pareti prive di finestre o avrebbe avuto timore di soffocare.

Incredibile che qualche metro sopra di loro la vita della grande mela continuasse a scorrere come nulla fosse… Chissà se un giorno avrebbe potuto godersela di nuovo..

André sembrava senza dubbio quello più agitato, le sue dita battevano sulla tastiera così veloce che quasi non si riusciva a seguirle… I suoi occhi ormai arrossati riflettevano la continua alternanza di pagine sullo schermo.

Davis era attaccato al telefono, uno strano grosso telefono in grado di mantenere il segnale anche sotto terra.

Eden continuava a pensare alla sua bambina.  Ovviamente era preoccupata anche per gli altri, ma l’unico pensiero era Sophia, Sophia e la sua angoscia per essere stata di nuovo abbandonata dalla mamma.. Lei che le aveva promesso di riportarla a casa…

Decise di raggiungere Davis ed aspettò che la sua conversazione fosse finita

“Posso usarlo?”

A lui non servivano dettagli

“Vuoi chiamare il poliziotto vero?”

“Voglio sapere come sta Sophia.”

Davis arricciò le labbra guardando quel telefono che gli ciondolava tra le dita. Non era una buona idea, sicuramente Dair stava collaborando con la polizia.

D’altra parte era forse l’unico modo per avere notizie della sua bambina. Aveva già provato a rintracciarla in altri modi, ma nessuno dei suoi appoggi aveva voluto rischiare di dare troppo nell’occhio.

E nessun dubbio che Dair fosse con sua figlia. O che almeno l’avesse riportata al sicuro prima di affrontare le sue colpe.

Allungò la mano

“Trenta secondi. E se non risponde lascia stare.”

Eden annuì e compose il numero a memoria mentre lui la fissava.

Un insolito stridio precedette il primo squillo.

Ed il secondo.

Eden strinse il labbro tra i denti.

Ti prego rispondi.

Il cuore in gola con le pulsazioni a mille.

“Si?”

Era lui, senza dubbio, per fortuna, per grazia divina, era lui.

“Sophia sta bene?”

“Eden?”

“Sophia sta bene?”

Anche Davis accanto a lei si irrigidì.

“Sta bene??”

Una piccola interferenza e poi finalmente Dair rispose

“Sì. E’ a casa.”

I polmoni di Eden sembrarono liquefarsi e finalmente riuscì a riempirli fino in fondo.

“E tu?”

Aggiunse, ma Davis le fu improvvisamente addosso sfilando l’apparecchio dalla sua mano. Spinse il grosso bottone rosso.

“Troppo rischioso.”

Eden trattenne l’istinto di ribellarsi. Era davvero troppo rischioso o semplicemente Davis aveva voluto interrompere la sua conversazione? Era un nuovo modo per tenerla lontana da Dair?

Abbassò lo sguardo. Non era il momento per frivoli pensieri e vanità.

 

-------

 

“E tu?”

Dair si guardò intorno leccandosi le labbra. Aveva la gola secca, ma era sollevato di sentirla.

Mentre prendeva fiato la specie di fischio che faceva da sottofondo alla loro conversazione si interruppe, sostituito da un bip ed un lungo silenzio.

Sospirò mentre poggiava il cellulare sulla scrivania.

La confusione intorno a lui tornò attiva.

“Dove sono?”

Il sostituto capo dell’FBI si rivolse in tutta fretta agli esperti di fronte ai pc. Una serie di bande verdi si muoveva sullo sfondo nero degli schermi. Uno di loro si voltò sollevando le spalle

“Niente signore. Non abbiamo rintracciato nessun segnale.”

“Maledizione!”

Dair si sentì sollevato. Era stanco di quella situazione, odiava Davis Miller più di quanto non avesse mai fatto prima, ma non voleva comunque essere l’autore della disfatta di Eden. Non dopo quello che era successo tra loro.

Davis l’aveva trascinata via di peso, non erano fuggiti mano nella mano.. Questo gli bastava per credere che Eden non se ne sarebbe andata, non di sua spontanea volontà… Se solo quello stronzo bastardo avesse avuto il fegato e la dignità di lasciarla libera..

No.          

Il maledetto codardo l’ha portata con sé, rendendola una fuggitiva.

Dair si schiarì la voce

“E’ stato lui, ha interrotto la conversazione.”

L’altro agente lo guardò con sufficienza

“Credi ancora che la trattenga contro la sua volontà?”

“Ne sono sicuro.”

In realtà non lo era, non lo era affatto.

Anzi, lo stomaco bruciava al pensiero che Eden stesse più che bene con lui.

Forse l’unica cosa che ancora la teneva legata alla realtà era Sophia.

Forse, se avessero portato con loro anche la bambina, sarebbe già tutto finito.

Scosse la testa litigando con i propri pensieri.

Si schiarì la gola

“Ero lì. L’ha portata via con la forza.”

“Questo non cambia le cose…”

Grant, il sostituto capo, sorseggiò del caffè nero senza zucchero

“…La donna non ha rispettato le regole. E’ colpa sua se non abbiamo ancora arrestato Miller…”

Un altro sorso

“…E’ colpa sua se hai perso il posto...”

Dair sospirò. Se non altro non era in arresto.

“…Ed anche tu hai fatto i tuoi errori agente.”

Riprese l’altro… Dair non poté che annuire.

“Credevo di riuscire a sistemare la faccenda.”

Rispose

E la sistemerò.

“Fossi in te inizierei davvero a pregare che la faccenda si sistemi.”

Stavolta Dair non rispose, in attesa che Grant concludesse l’ipotesi

“Altrimenti dovrai cercarti un nuovo lavoro… E noi dovremo cercare una nuova famiglia per quella bambina… Di certo migliore della prima.”

Dair serrò i pugni.

Non sarebbe successo. Eden non avrebbe mai abbandonato sua figlia per stare con quel vile.

“Non succederà. Troveremo Miller.”

“Bene. Allora spera che quella donna ti richiami presto e stavolta vedi di tenerla al telefono abbastanza.”

Dair tentò di tenere a bada le contrazioni dello stomaco.

“Posso andare adesso?”

“Vai all’appartamento?”

“Si signore.”

Grant si sistemò il nodo alla cravatta

“Bene. Facci parlare la bambina, sarà un buon modo per tenerla in linea.”

Che cosa spregevole.

 

-----

 

Eden entrò nell’altra camera visibilmente provata, un po’ per la stanchezza, un po’ per la crescente preoccupazione. Anche da lì riusciva a sentire Davis e André che macchinavano cercando di costruire il miglior piano di fuga possibile.

Il programma prevedeva di recuperare Blake, Payne e Tyler prima di sparire. Stavolta per sempre.

Ciò che non era ancora chiaro era il suo ruolo in tutto questo. Davis non le aveva ancora parlato.

L’avrebbe trascinata con loro anche stavolta? Così come l’aveva portata via dalla polizia?

E Sophia?

Avrebbe preso anche lei?

Decise di accendere il condizionatore per recuperare un po’ di ossigeno. Starsene chiusi in un sotterraneo non era certo piacevole, ma era sicuro.

I vestiti le stavano appiccicati addosso, la tensione stava facendo evaporare tutti i liquidi del suo corpo.

La sua mente pensava senza sosta.

Ovviamente voleva anche lei liberare i suoi amici, ma non era tanto certa di volerli seguire.

Quel pensiero in qualche modo la faceva sentire in colpa, come se alla fine di tutto quanto seguirli potesse essere un dovere.

Scansò l’imbarazzo di un’ulteriore consapevolezza e si costrinse ad ammettere che non era affatto sicura di voler seguire Davis.

Lo amava ancora, forse troppo… Se avesse lasciato fare a lui di certo non avrebbe avuto la forza di fermarsi a pensare come doveva, come una donna matura e soprattutto come una madre.

Dopo il coma, dopo gli sforzi fatti per riprendersi, dopo il miracolo di aver avuto Sophia… Dopo tutto questo era suo preciso dovere pensare al modo più tranquillo ed onesto di vivere.

Era questo che doveva fare,  non fantasticare sulla famiglia e la vita che non avrebbe mai avuto… Non come una fuggitiva…

Respirò l’aria fredda che le soffiava in viso.

Respirò tanto forte da non sentire la porta che si apriva.

“Stai bene?”

La voce di Davis suonava dolce, come non la sentiva da parecchio.

Si voltò tenendo il viso basso.

“Sì.”

Lui si avvicinò

“Sicura?”

Stavolta Eden alzò gli occhi cercando i suoi e si strinse nelle braccia

“Dovresti lasciarmi andare. Le cose sarebbero più semplici per voi.”

Lui aggrottò le sopracciglia per un istante poi riprese un’espressione impassibile.

Non era la prima volta che glielo sentiva dire

“Tu vorresti andare?”

Eden strinse i denti. Perché stava rispondendo con una domanda? Non era il momento di aggiungere nuovi interrogativi.

“Non rispondermi con un’altra domanda Davis.”

Lui inspirò avvicinandosi ancora

“Ho bisogno di sapere se vuoi andare o restare.”

Eden di nuovo abbassò il volto

“In realtà vorrei solo dormire.”

Davis allungò la mano toccandola con dolcezza, spostandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

Si prese una pausa passando quel boccolo color caramello lentamente tra le dita.

“Non ci riesco...”

Mormorò.

“…Non riesco a lasciarti andare.”

 

Eden prese una grossa boccata d’aria mentre un fuoco le si accendeva dentro. Poggiò la mano su quella di Davis, immobile accanto al suo zigomo.

Mosse appena i polpastrelli contro quella pelle ruvida senza dire nulla, ad occhi chiusi.

Lui affondò la mano tra i suoi capelli.

“Se solo potessi tornare indietro…”

Le accarezzò la nuca

“…Non ti chiederei più quella sigaretta…”

L’accenno di un sorriso comparve sul viso di Eden mentre riviveva il loro primo momento.

“…Dal momento in cui ti sei voltata sono perso.”

Eden sollevò le palpebre incrociando i suoi occhi scuri, senza voler dire ancora nulla.

Lasciò scorrere la punta delle dita sul suo avambraccio.

Lo sentì fremere per un secondo.

“Non riuscirò mai a lasciarti andare.”

 

Ma dovrai farlo comunque.

 

La vocina nella testa di Eden rispose senza essere interpellata, come se la sua psiche avesse già deciso e fosse fermamente convinta di cosa fare.

Eden se ne sorprese, cercando di scacciarla via per godersi quel piccolo momento di intimità.

Strinse la presa intorno al braccio di Davis

“Mi dispiace.”

Lui scosse la testa

“Ne usciremo… Anche stavolta.”

Da quanto tempo Davis non era così dolce ed amorevole con lei? Tanto. Troppo. Come se in cuor suo sapesse che erano vicini alla fine di quell’avventura e avesse deciso di mettere da parte orgoglio e rancore.

Ma stava davvero tutto per finire?

“Faremo uscire gli altri, prenderemo Sophia e ce ne andremo per sempre.”

Quell’immagine la costrinse a sussultare.

Dolce e amara allo stesso tempo.

Cercò gli occhi di Davis per guardare quanto fossero sicuri.

Le sue pupille vibravano impercettibilmente, era spaventato da quell’idea quasi quanto lei.

Lui terrorizzato dall’eventualità di non riuscire a scappare, lei paralizzata dal sospetto che non fosse la cosa giusta da fare..

Prese a fare calcoli assurdi a mente. Quanti anni gli avrebbero dato se si fosse costituito? Avrebbe potuto chiedere qualche sconto della pena? E la condizionale?

Erano pensieri inutili.

Davis aveva ucciso delle persone.

Eden si strinse nelle braccia, consapevole ed amareggiata.

A meno che non avesse voluto far visita a suo marito una volta a settimana per tutta la vita, consumando un veloce diritto coniugale nelle stanze gelide della galera, mandando foto di tutti gli eventi a cui lui non avrebbe partecipato, la fuga era l’unica soluzione.

La sua almeno.

Davis la sentì farsi gelida e si tirò indietro

“Non è quello che vuoi?”

Nervosismo e diffidenza riapparvero tra le note della sua voce.

Eden scosse la testa

“Vorrei che ci fosse un altro modo.”

“Non c’è.”

Rispose netto.

“Ma vorrei che ci fosse.”

“Ma non c’è.”

La fermezza del suo tono la spaventò per un istante.

Sta forse dicendo che non ho altra scelta?

Che non mi lascerebbe andare?

Che non lascerebbe Sophia?

Davis le tornò vicino con due passi, prendendole il viso tra i palmi

“Io ti amo.”

Era agitato di colpo.

Eden inspirò

“Anch’io ti amo…”

E caricò il colpo

“…ma non so se possiamo farlo.”

Lui si bagnò le labbra nervosamente, la guardò dritta avvicinando la fronte alla sua

“Io ti amo.”

Ribadì

“Io. Ti. Amo.”

Scandì ogni parola senza mollare minimamente la presa

“Ti amo.”

Farfugliò ancora una volta mentre poggiava le labbra su quelle di lei, con decisione. Non approfondì il bacio, ma spinse contro la sua bocca cercando quasi di lasciarci un’impronta.

Eden barcollò per un attimo poi chiuse gli occhi.

Che strano, incomprensibile, dolce momento.

La morsa di Davis si ammorbidì ed Eden mosse le labbra ridando forma a quel bacio. Gli accarezzò piano il viso

“Lo so.”

Concluse, senza davvero aver restituito un filo logico a quella conversazione.

Poco male, non era pronta per decidere.

Si schiarì la voce tentando di interrompere l’atmosfera

“Avete deciso cosa fare?”

Lui sembrò ferito per un attimo, colpito dal repentino cambio di tono di Eden.

“Quasi… Il trasferimento degli altri è previsto per domani sera, dovremo agire lungo il tragitto.”

Eden annuì.

“Abbiamo gli appoggi necessari?”

“Sì… Ma avremo bisogno anche del tuo.”

Eden sollevò le sopracciglia sentendo un brivido improvviso

“Che dovrei fare?”

Lui inspirò profondamente

“Ancora non lo so.”

Eden si morse il labbro.

Qualsiasi cosa le avesse chiesto lei l’avrebbe fatta.

Avrebbe fatto tutto il possibile per tirarlo fuori da quel casino… Da quel turbinio di fughe, rischi e ripensamenti in cui proprio lei l’aveva trascinato… Troppo debole per prendere una decisione…

Come in quello stesso momento…

Avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui, per la sua sicurezza e per la libertà degli altri.

Si sarebbe esposta un’ultima volta senza preoccuparsi delle conseguenze e poi..

E poi..

Non sapeva cosa avrebbe fatto poi.

 

“Ok.”

 

Rispose semplicemente, scivolando di nuovo in una morbida atmosfera. Le braccia lasciate cadere lungo il corpo e le palpebre pesanti.

Davis inspirò profondamente tornando a toccarla, passando piano i pollici sui suoi zigomi, fino a toccare l’alone scuro che le circondava gli occhi.

“Dovresti dormire un po’.”

Eden annuì

“Sono così stanca.”

Confessò

“Anch’io.”

Davis aveva qualcosa di diverso e solo in quel momento Eden riuscì a notarlo sul serio. Una luce insolita illuminava le sue iridi scure e sembrava avesse lasciato cadere l’armatura, le spalle più rilassate ed il respiro regolare sotto la maglietta.

Lei gli poggiò i palmi contro il petto, avvertendo i battiti del suo cuore sulla pelle.

Per la prima volta sembravano comportarsi come marito e moglie. Senza alcun ombra di sospetto o di sfiducia.

Davis sorrise appena passando le dita tra i suoi capelli.

Si stava fidando di lei.

Possibile?

Lasciò correre la mano lungo la curva del collo, sulla spalla e giù, fino ad intrecciare le dita con quelle di Eden.

“Vieni.”

Sussurrò spingendola verso il divano di pelle nera.

Il tessuto gelido fu di immediato sollievo non appena vi poggiò la schiena. Le sue gambe si allungarono lasciando che ogni fibra dei muscoli si rilassasse ed il calore di Davis sopraggiunse prendendo il posto del freddo.

Sentire il suo corpo che le prendeva posto accanto, plasmandosi perfettamente contro il suo, la costrinse a tornare indietro nel tempo ancora una volta.

 

“E’ stata una lunga, lunga giornata…

E’ andato tutto bene con la consegna?

Fortunatamente sì.

Vuoi un caffè?

Voglio solo che tu venga qui vicino a me.”

 

Eden affondò la testa nell’incavo del collo di Davis e provò a chiudere gli occhi. Il suo profumo le accarezzava le narici mentre lui le teneva un braccio stretto intorno alle spalle, quasi avesse paura che fuggisse.

Davis la conosceva meglio di chiunque altro ed ogni singolo movimento ne era la conferma.

Quel braccio ancora teso che la cingeva con la più decisa delicatezza non era un caso… Mentre le loro teste se ne stavano vicine, finalmente a riposo su qualcosa di morbido, Davis scavava i suoi pensieri… contava le vibrazioni del suo corpo… cercava conferme nei suoi sospiri.

Davis sapeva fin troppo bene che sua moglie non era davvero lì con lui, non del tutto almeno…

 

“Non ti avrei mai lasciata morire…”

Esordì con la voce bassa, accarezzandole l’orecchio col respiro.

“…Avrei tanto voluto essere morto al posto tuo… O con te… Non sai quante volte ho desiderato che qualcuno mi uccidesse…”

Eden si tirò su appena un po’ cercando un contatto visivo, inspirò profondamente

“Avrei dovuto dirti che aspettavo un bambino.”

I loro occhi si incrociarono più intensamente per una manciata di secondi

“Sarei stato l’uomo più felice del mondo.”

Eden distolse lo sguardo per prima, tornando a poggiare il viso sulla spalla di lui. Chiuse gli occhi lasciando la stanchezza prendere il sopravvento.

Davis rimase sveglio a fissarla, scacciando a pugni il sonno ancora per un po’.

Era così vicino alla sua meta… A pochi passi dal suo desiderio… Ad un’ultima missione dalla pagina che avrebbe concluso quel capitolo della sua vita…

Stringeva tra le braccia sua moglie. L’unica donna che avesse mai amato sul serio e che credeva di aver perso. Stretta a lui perché non si smarrisse di nuovo. Così vicina eppure così tremendamente lontana…

Davis Miller è un ladro, un delinquente, un assassino.

Davis Miller è uno che non ha paura di niente.

Un uomo forte e deciso, senza compromessi.

 

Mentre guardava gli occhi chiusi di Eden e stringeva il suo braccio inerme tra le dita, una lunga immagine iniziò a farsi nitida, scorrendogli davanti quasi fosse un film…

Davis Miller è un idiota innamorato.

 

-----

 

Quella sera si sentiva nervoso, come se non sapesse più come muovere le mani… Come se gli tremassero ancora dopo averle usate per svuotare la cassa di quella stazione di servizio… Se ne stava sdraiato sul letto con l’ennesima sigaretta in bocca senza che la nicotina riuscisse a fermare il suo batticuore.

Eden comparve dal nulla alla sua finestra, come in una specie di allucinazione. Aggrottò le sopracciglia e strabuzzò gli occhi cercando di capire se fosse reale.

Lei scavalcò il davanzale attraverso il vetro aperto, il suo vestito si tirò su lasciandogli intravedere il rosa della biancheria.

Dopo il loro litigio non pensava certo di vederla, sicuramente non in quel modo, nella sua stanza ed in piena notte. Tuttavia quell’immagine aveva portato la sua tachicardia ad un livello ancora maggiore, svegliando i pensieri corporali che cercava di frenare da settimane.

“Che ci fai qui?”

Le aveva chiesto, sinceramente sorpreso.

Lei era arrossita di colpo

“Mi dispiace per prima.”

Nulla di nuovo. Ogni rapina equivaleva ad una litigata ed ormai lui si era abituato… Due giorni o tre di silenzio e poi le avrebbe fatto cambiare idea… Come al solito…

Strano invece che stavolta fosse stata lei a venire per prima… Nella sua stanza oltretutto.

“Sono un’idiota, lo so.”

Lui sorrise rilassandosi un po’

“No che non lo sei.”

Eden si era stretta nelle braccia ed in quel momento Davis aveva capito perché fosse lì. Forse prima ancora che lo avesse capito lei.

“Mi ci dovrò abituare ad un certo punto, giusto?”

Lui aveva già smesso di ascoltarla, le sue mani fremevano di nuovo e d’improvviso il silenzio della sua casa sembrava il sottofondo più invitante.

“Dovrò abituarmi se voglio stare con te…”

Le sue guance si erano infiammate

“…Perché io… Io… voglio stare con te.”

Lui aveva sorriso a metà, coprendo la breve distanza tra loro per poterla baciare. Finalmente le sue mani avevano trovato qualcosa da toccare… I suoi capelli che profumavano di pesca e mimosa… La pelle liscia inumidita dal caldo… Le sue forme, ancora nascoste dal tessuto leggero dell’abito a fiori.

Dopo poche settimane dal loro primo bacio quel corpo era una novità, pieno di confini che non aveva ancora varcato.

Eden rispondeva ai suoi baci tenendo i muscoli tesi. Le gambe le tremavano appena, ma non si fermarono mai lungo il percorso tra finestra e letto.

Vederla distesa sulle sue lenzuola, con i capelli sparsi sul cuscino e quel velo d’imbarazzo sulle guance, gli tolse il fiato… Non era certo la prima ragazza che portava a casa, e nemmeno la prima vergine che si fidava di lui, ma stavolta tutto sembrava diverso… Qualcosa in lui si stava muovendo e non solo nei jeans… Il cuore continuava a battergli forte e nel suo stomaco sembrava ci fosse una tempesta.

Tirando su il vestito le aveva sfilato le mutandine rosa, senza dire una parola, per poi togliersi i pantaloni... Si era sdraiato su di lei con dolcezza, restando a guardarla ancora per un po’.

Avrebbe dovuto chiederle se era sicura, ma sapeva che non ce n’era bisogno… Il suo corpo era pronto per lui, completamente abbandonato ai suoi movimenti.

Aveva iniziato a spingere piano, senza distogliere lo sguardo… Eden si era morsa il labbro tenendo gli occhi chiusi, le sue mani si erano mosse piano cercando appiglio sulla sua schiena… E lui aveva sentito il bisogno di fermarsi un secondo, consapevole di quel che stava succedendo…

Adesso sarebbe stata sua,

d’ora in poi sarebbe stata solo sua..

E anche se un giorno avesse deciso di fuggire da lui, comunque non avrebbe mai più potuto dimenticarlo.

Un misto di orgoglio ed eccitazione lo aveva riempito e con una spinta decisa fu dentro di lei, pronto a coprirle la bocca con un bacio perché nessuno sentisse il suo lamento. Il dolore acuto e pungente di un secondo e poi si era fermato di nuovo, aspettando che il corpo di lei si adattasse alla sua nuova presenza.

Un bacio ancora mentre notava come il suo viso fosse mutato in un solo attimo, senza timori o ombre di pentimento, solo uno sguardo intenso che lo pregava di non abbandonarla proprio adesso… E lui non l’avrebbe fatto…

Muovendosi piano aveva fatto l’amore con lei, prendendo possesso di ogni centimetro della sua pelle…

Adesso era solo sua…

 

-----

 

Quando Eden riaprì gli occhi aveva la gola secca, Davis si era addormentato dopo di lei ed il suo corpo le era scivolato addosso. Era piacevole, ma iniziava a toglierle il respiro. Si mosse il più lentamente possibile cercando di non svegliarlo, non aveva idea di che ora fosse, ma era chiaro che il suo organismo aveva bisogno d’acqua.

Lasciò Davis spalmato sul divano e girò pianissimo la maniglia, era abbastanza abile in quelle manovre da riuscire a farlo senza il minimo rumore.

L’assenza di André nell’altra stanza rese chiaro che doveva essere notte fonda. Eden raggiunse il frigo e ne tirò fuori una bottiglietta d’acqua fresca. Il primo sorso le ferì i denti, il secondo lo trattenne in bocca abbastanza a lungo da portarlo ad una temperatura accettabile.

Mentre si passava la bottiglietta sulla fronte, cercando sollievo anche per la sua leggera emicrania, i suoi occhi notarono l’apparecchio poggiato sul tavolo di legno. Una lucina verde intermittente colpì la sua attenzione.. Era il telefono, quel grosso telefono che Davis aveva sfilato dalle sue mani poco prima che riuscisse a parlare con Dair…

Dair…

Sophia…

Le fu impossibile resistere. Corse fino al tavolo e lo prese tra le mani sperando che non avrebbe emesso qualche sorta di fischio o suono stridente. Provò a premere piano un tasto per esserne sicura… Nessun rumore tranne il “cric” minimale della plastica sotto il peso del suo polpastrello.

Compose il numero alla velocità della luce e rimase in allerta sperando che Davis non si svegliasse. Non avrebbe capito.

 

-----

 

La suoneria del cellulare fece sobbalzare Dair, lasciandolo completamente spiazzato per un paio di secondi. Anche quella sera aveva finito per addormentarsi con la testa sul tavolo.

Si passò la mano sugli occhi e sul mento mentre il volume degli squilli aumentava lentamente. Afferrò il telefono premendo velocemente il tasto “mute” poi strinse le palpebre per mettere a fuoco la scritta sullo schermo. Sconosciuto.

Guardando l’orologio si rese conto che era tardissimo ed il suo pensiero arrivò subito ad Eden. A lei e al computer acceso sulla scrivania. Secondo patti avrebbe dovuto immediatamente collegare il cellulare all’apparecchio così che potesse registrare la conversazione ed eventualmente individuare la fonte della chiamata.

Si avvicinò a passi veloci pronto ad infilare il jack nell’apposita fessura, la scritta sullo schermo continuava a lampeggiare insistente.. Doveva essere lei..

Imprecando tra i denti gettò via il filo e spinse il tasto verde.

“Eden?”

Era sicuro che fosse lei.

“Sì, sono io.”

Rispose lei a voce bassa.

“Stai bene?”

Dall’altra parte lei indugiò per un paio di secondi

“Il tuo telefono è sotto controllo?”

“No. Non preoccuparti, sto infrangendo l’ennesima regola.”

Eden si sentì sollevata e “coccolata” da quel tono quasi ironico. Era meraviglioso scoprire ancora una volta che non ce l’aveva con lei.

“Tu come stai? Che ti hanno fatto?”

“Sto bene. E tu?”

“Anch’io ma… Come sta Sophia?”

“Bene.. E’ di là che dorme.”

“Sei con lei?”

“Certo.”

Eden rimase a corto di parole per un po’… La naturalezza della sua risposta le aveva acceso un sorriso involontario in viso. Se Dair era con sua figlia non doveva temere nulla.. Lui amava davvero quella bambina e Sophia ricambiava quell’amore incondizionato.

Nella sua testolina Dair era il fidanzato della mamma, senza nemmeno sapere cosa volesse dire davvero… Come nelle sue favole preferite dove tutto è facile e spontaneo, cavaliere e principessa avrebbero finito per sposarsi e vivere per sempre felici e contenti…

 

“Dove siete?”

“A New York.”

“New York?! Ma che volete fare?”

Eden inspirò incerta sulla risposta, tamburellò nervosamente con l’indice sul tavolo

“Davis vuole tirare fuori gli altri.”

Rispose infine mordendosi il labbro. Non era un vero tradimento, Dair non sarebbe corso dal suo capo per farli arrestare… O almeno è quello che doveva sperare… Che lui non fosse troppo esasperato.

“Lo sapevo.”

Dair parlò a denti stretti, quasi si stesse rivolgendo esclusivamente a sé stesso. Ne seguì un lungo silenzio durante il quale Eden iniziò a fremere… Forse era davvero troppo stanco di tutta quella storia..

Altri trenta secondi almeno e finalmente lui parlò di nuovo

“Lo aiuterò.”

Eden scosse la testa credendo di non aver capito

“Come?”

“Lo aiuterò.”

Ribadì deciso.

“Dici davvero?”

Stavolta Dair non le rispose, rimase ad ascoltarlo mentre respirava a fondo

“Ascoltami bene adesso Eden…”

Iniziò solenne. Il tono da conversazione di cortesia del tutto sparito. Lei non osò nemmeno fiatare.

“…La situazione è davvero arrivata al limite qui… Ancora uno sgarro e non riuscirò più a salvarti.”

“Che vuoi dire?”

La voce tremante e tutte e due le mani strette al telefono

“Voglio dire che ti arresteranno… E ti toglieranno Sophia.”

Il cuore di Eden le balzò dritto in gola

“No.”

“Lo faranno… Lo faranno se questa faccenda non si conclude il più presto possibile.”

Eden iniziò a tremare d’ansia e paura

“Che dovrei fare? Devo dirti dove siamo e farvi prendere anche Davis e André?”

Dair strinse forte i denti e strizzò gli occhi, profondamente colpito da ciò che stava per dire

“No Eden… So che non lo faresti mai e devo smettere di chiederti di farlo…”

Un profondo respiro

“…Li aiuterò a far uscire gli altri e farò in modo che possano sparire senza essere fermati dalla polizia.”

Eden aggrottò le sopracciglia

“Perché?”

“Perché so che non avresti pace senza sapere che Davis è al sicuro.”

Lei schiuse le labbra, a metà tra lo stupore e l’ammirazione per quell’uomo pronto a tutto

“E… E io?”

“Dovrai lasciarlo andare… Se vuoi restare con tua figlia dovrai lasciarlo andare… Per sempre Eden.”

Quelle ultime parole le attraversarono il petto come una coltellata

“Non seguirlo…”

Riprese lui

“…Ti prego non andare con lui. Non gettare tutto quello che hai costruito per quell’uomo… Ti prego ascoltami Eden… Farò in modo che se ne vada il più lontano possibile, ma tu… Tu devi promettermi che non lo seguirai… Devi giurarmi che stavolta lo lascerai andare.”

Eden tentò di elaborare tutti quei pensieri in pochi secondi… Quante volte aveva già provato a rinunciare a Davis? Non c’era mai riuscita… Nemmeno dopo averlo incolpato della sua morte… Nemmeno dopo averlo saputo un assassino…

Stavolta però era in ballo sua figlia… Sophia e tutto il suo futuro.

“Eden ti prego… Ti prego. Devi promettermelo adesso, prima che sia troppo tardi.”

“Troppo tardi?”

“Manderanno via Sophia. La affideranno ad un’altra famiglia.”

I suoi occhi si spalancarono mentre ogni cellula del suo corpo urlava “NO! NO! NO!”.. Non sarebbe mai successo.

“Eden ti prego!”

Alla fine il suo cuore si arrese… Se doveva davvero scegliere tra le due persone che più amava al mondo, non poteva che sacrificarsi e rinunciare a suo marito… Davis sarebbe riuscito a sopravvivere anche senza di lei… E lei avrebbe fatto l’abitudine al vuoto che avrebbe lasciato…

“Va bene!”

Dovette riprendere fiato per non crollare

“Va bene. Lo lascerò andare. Stavolta per sempre.”

Dair emise un lungo sospiro

“Mi dispiace. Davvero.”

Eden sentì la prima lacrima rigarle lo zigomo

“Lo so.”

Ne seguì un altro lungo silenzio. Dair sapeva che stava piangendo… Avrebbe voluto essere lì con lei, ma il pensiero che stesse piangendo per un altro lo rendeva felice di essere a chilometri di distanza e non doverla guardare.

Sospirò un’ultima volta

“Adesso dimmi esattamente dove siete e cosa pensate di fare. Al resto provvederò io.”

 

 

././././.

 

Ciao!! Scusate per la pausa estiva.. Impegni vari ed un po' di sano relax...

Avvicinandomi alla fine della storia ho deciso di concentrarmi ancora una volta su Eden e Davis... Un po' di sano fluff prima della conclusione...

Vi ringrazio infinitamente per le letture, le recensioni e soprattutto la pazienza!!

 

 

    

 

   

 

 

 

   

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 25
*** I Dare You... ***


capitolo244

CAPITOLO 24

I DARE YOU… 

TO LET ME BE YOUR ONE AND ONLY

 

“Fammi vedere.”

Payne si avvicinò lentamente, Blake se ne stava a faccia bassa, seduta e silenziosa come al solito.

“Non preoccuparti.” Rispose cercando di evitare le mani dell’altra ragazza, ma Payne le sollevò il viso comunque, dando una nuova occhiata a quel labbro gonfio.

“Almeno la ferita non sanguina più.”

Sospirò sfiorando appena il taglio per non farle male. Blake sollevò le spalle

“Sparirà tra un paio di giorni.”

Non dava segni di cedimento, ma le mani le tremavano ancora. Non riusciva a sopportare di non aver potuto difendersi. Se gli agenti fossero stati solamente due li avrebbe fatti pentire.. Se solo McPhee fosse stato da solo.. Lo avrebbe fatto a pezzi.

 

-----

 

“Dimmi dov’è. Adesso.”

Blake non lo guardò nemmeno. Aveva fatto il naso all’odore stucchevole dei sigari e quasi riusciva ad ignorare il rumore cadenzato dei passi di McPhee intorno a lei.

Non si era ancora stufato di farle la stessa richiesta?

Non gli avrebbe risposto. Mai. Nemmeno per dirgli che non ne aveva idea.

Lui sospirò schiarendosi la voce. Passò i palmi sulla giacca, all’altezza del petto, poi rivolse un cenno al secondino sulla porta. Nemmeno trenta secondi e altri due agenti si unirono alla compagnia.

“Allora Signorina Miller…”

Una lunga pausa per pregustare la vittoria

“…Visto che con lei le buone maniere non funzionano, faremo a modo suo.”

Un solo passo per immobilizzarle le spalle con una stretta decisa. Di nuovo le sue mani addosso. Blake deglutì resistendo al primo istinto di mordere con tutte le forze una di quelle mani.

“Ti decidi a parlare?”

Le aveva sussurrato all’orecchio col tono di un amante indesiderato. Lei si era voltata trovandoselo a pochi centimetri di distanza. Il suo respiro di fumo e caffè dritto nelle narici. Non riuscì più a contenersi e d’istinto gli sputò dritto in viso, con tutto lo sdegno di cui era capace.

McPhee chiuse gli occhi in risposta, stringendo le labbra in una linea sottile mentre si puliva col dorso della mano. Ciò che avvenne dopo durò un secondo esatto.

Con le mani che le teneva addosso la spinse forte in avanti, facendole sbattere il viso con violenza contro il tavolo della sala. Il dolore che la colpì fu talmente forte che Blake credette in un attimo di aver perso tutti i denti. In bocca il sapore ferruginoso del sangue e le sue mani che non riuscivano in alcun modo a coprire tutti i punti che facevano male.

Tentò di alzarsi per ricambiare, ma gli altri agenti le furono addosso immediatamente, bloccandole le braccia in una presa sicura. Blake continuò a scalciare, ma dovette ben presto capire che non ne sarebbe uscita vincitrice.

McPhee le afferrò il viso dolorante e la costrinse a guardarlo dritto in viso

“Parla puttana!”

Blake stette zitta di nuovo, mentre anche la mano del comandante si imbrattava del suo sangue scuro. Era davvero arrivato al limite. La presa stretta alla mandibola non si allentò di un millimetro, intanto l’altro braccio si sollevò pronto a scagliare un colpo deciso su quel che restava del suo zigomo sinistro.

Blake chiuse gli occhi tendendo tutti i muscoli, ma quel pugno non arrivò.

“Comandante?”

L’agente in completo blu appena entrato rimase con un piede sulla soglia

“Ma che diavolo…?”

McPhee mollò la presa sbuffando come un toro in un’arena. Cercò di riprendere immediatamente il suo contegno.

“Andate. Riportatela in cella.”

Ordinò con sdegno e gli altri due la trascinarono via di peso come fosse un sacco di biancheria sporca.

 

-----

 

“Sei sicura di stare bene?”

“Sì Payne. Sto bene.”

Il tono duro, al limite dell’infastidito, convinse l’altra a cambiare discorso. Sospirò e si avvicinò alle sbarre poggiando la fronte sul metallo gelido.

“Chissà dove hanno portato Tyler.”

Blake sbuffò

“Andiamo Payne, dove vuoi che sia? Chiuso in una cella, esattamente come noi.”

“E se gli avessero fatto del male?”

Lei scosse la testa

“Se avesse già parlato di certo non se la sarebbero presa con me.”

Payne arricciò le labbra rivolgendo lo sguardo alla compagna di prigione

“Vuoi sapere la verità? Nemmeno mi importa che l’FBI scopra tutto… Era ora che questa storia finisse.”

“Ma dici sul serio?!”

“Siamo dei criminali Blake. Questo ci spetta.”

Lei sorrise appena

“Sei un’ingenua Payne… Davis non ci lascerà mai marcire qui.”

“Cosa pensi che possa fare?”

“Non lo so ancora, ma conosco mio fratello. Ci tirerà fuori in un modo o nell’altro.”

Payne non rispose, riprese a guardare tra le sbarre. Non era sicura di quel che sarebbe successo, ma il pensiero che più le premeva è che forse non avrebbe rivisto Tyler.. Non prima di una ventina d’anni… E se poi fosse stato troppo tardi per loro?

La sua mente ottimista, frizzante e squillante anche dentro la galera, non respinse però un pensiero naif... Una volta uscita avrebbe di certo trovato un regista pronto ad ingaggiarla per interpretare un film sulla sua vita avventurosa… Anzi, meglio ancora, vent’anni sarebbero di certo bastati a Tyler per scriverci su un romanzo e poi da quello avrebbero tratto il copione per il suo film.

Blake la riportò alla realtà raggiungendola alla grata, guardò con la coda dell’occhio da un lato e dall’altro

“Davis ci tirerà fuori.”

 

-----

 

Sulla branda impolverata Tyler se ne stava a fissare il soffitto. Aveva sempre creduto che quelli del Federal Bureau of Investigation fossero raffinati e professionali. Aveva dovuto ricredersi.

Dopo l’ennesimo inutile interrogatorio era stato riportato in cella, solo e ricoperto dal silenzio.

Mentre la noia iniziava a chiudergli le palpebre sentì il fischio pesante della porta automatica e si tirò su. Un secondino in divisa nera avanzava lento trascinando con sé una specie di carrello. Quando fu vicino abbastanza riuscì a scorgere una pila di libri.

Però! Almeno pensano all’intrattenimento!

Il tizio arrivò da lui con l’aria scocciata di chi vorrebbe essere da tutt’altra parte.

“Vuoi qualcosa da leggere amico?”

Amico??

“Ehm…”

Tyler si sporse appena per intravedere qualche titolo

“…Dammi quello lì. Quello verde.”

Il secondino corrugò un sopracciglio

“Dostoevskij? Andiamo amico, non mi sembra il massimo per passare il tempo qui!”

Tyler lo guardò confuso, ma non aveva la minima voglia di mettersi a dibattere sulla piacevolezza di Delitto e Castigo.

“Ok, quello accanto allora.”

“Dan Brown? Non credi che sia un po’ troppo banale?”

Tyler lo guardò socchiudendo le palpebre. Avrebbe avuto voglia di rispondere, ma era davvero troppo sbigottito per farlo. Stava succedendo davvero? Consigli letterari da una guardia troppo socievole e con la divisa scolorita?  

Lo sconosciuto si chinò afferrando un volume nascosto tra gli altri

“Ecco amico. Questo è perfetto per te.”

Gli occhi di Tyler si spalancarono

“Danielle Steel?! Ma fai sul serio?”

L’altro riafferrò l’impugnatura del carrello cercando di nascondere un sorriso beffardo sotto il berretto

“Credimi amico. E’ proprio quello che ti serve!”

Tyler provò a protestare, ma il tizio si limitò a sparire nel nulla così come era arrivato. Sbuffò. Incredibile. Perfino l’ultimo sfigato nella scala sociale delle forze dell’ordine poteva prendersi gioco di lui.

Tirò quel libro che non avrebbe mai letto contro la parete, senza sprecarci nemmeno troppa forza. Dalle pagine sembrò che volasse qualcosa.

Fantastico.. Un libro inutile che cade anche a pezzi.

In un impeto di buona educazione si piegò per raccogliere la pagina, ma si accorse quasi immediatamente che aveva un colore diverso. Quello che aveva tra le mani era un pezzo di carta giallastra piegata in due. Lo sfregò tra le dita guardandosi istintivamente intorno e finalmente si decise ad aprirlo, pur consapevole che non avrebbe trovato altro che il numero di una prostituta o lo schizzo fatto da un condannato.

Però conosceva quella scrittura.

Stasera. State pronti.”

Tornò a guardarsi intorno, col terrore improvviso di essere spiato. Accartocciò immediatamente il foglietto e lo infilò in tasca, poi, pensando che non fosse abbastanza sicuro, se lo ficcò in un calzino.

Davis sta organizzando qualcosa.. Un piano per farci uscire… E dev’essersi fatta amica parecchia gente qui dentro.

Desiderò che quel secondino presuntuoso tornasse per spiegargli qualcosa in più, ma sapeva non sarebbe successo. Chissà se anche Payne e Blake avevano ricevuto un messaggio simile? O forse sarebbe toccato solamente a lui prepararsi psicologicamente per la fuga?

Il cuore iniziò a battergli più forte e la noia di colpo era completamente sparita. Immaginava come avrebbe potuto fuggire ammanettato, tirarsi fuori dai mezzi blindati dell’FBI, evitare le pallottole… Con la gola asciutta tornò a sedersi sulla branda. Doveva essere pronto a tutto.

 

-----

 

Davis si infilò la maglietta nera e prese a fissare la pistola sul tavolo. Caricatore pieno. Mira precisa. Presa ferrea intorno al calcio. Non voleva uccidere nessuno.

Raggiunse Eden nell’altra stanza. Lei se ne stava in piedi, jeans, felpa e stivali scuri, ripassando la sua parte a mente. Non sarebbe stato troppo difficile, solo molto doloroso… Davis non aveva idea di cosa sarebbe successo dopo.

“Tutto ok?”

Chiese, mentre infilava l’arma nel retro dei pantaloni.

“Dov’è André?” Rispose lei.

“Sta controllando le cariche.”

 

Passo numero 1. Far esplodere le cariche posizionate ai lati della strada cinque secondi prima del passaggio dei blindati.  Derrill Bride, capo-operaio della società stradale 12, nonché giovane di grandi speranze ai tempi del MIT, prima che un certo Professor Douglas definisse le sue piccole manie “tratti di personalità devianti”, era stato ben felice di posizionarle dopo l’ultimo sopralluogo delle autorità. Lui e André erano rimasti in buoni rapporti, soprattutto dopo che il francese aveva fatto “misteriosamente” sparire un paio di incidenti di percorso dalla sua fedina penale.

Questo avrebbe fermato i mezzi nel bel mezzo della statale 40, ben poco trafficata a quell’ora tarda. Non che non fossero già pronti a bloccare qualsiasi avventore fosse capitato di lì nel momento meno adatto.

 

“Sei spaventata?”

Eden inspirò profondamente.

“Ce la posso fare, non preoccuparti.”

Afferrò il telefono e compose il numero tirando fuori tutta l’aria dai polmoni.

Un paio di squilli filarono via in un secondo, poi sentì la sua voce

“Eden? Sei tu?”

 

All’altro capo del telefono Dair era balzato in piedi con la cornetta stretta tra le dita. Intorno a lui l’intera squadra intercettazioni.

“Sì.”

“Dove sei?”

“Non posso dirtelo.”

“Che vuol dire? Perché mi stai chiamando?”

Eden mandò giù a fatica

“Mi dispiace Daniel, mi dispiace tanto..”

La voce quasi spezzata da improvvise lacrime

“Che succede? Che vuoi dire?”

“Non volevo che finisse così.”

Dair inspirò mentre lo sguardo del sostituto capo sembrava volesse incenerirlo

“Dove siete?”

Domandò di nuovo. Eden sembrò esitare.

“Non posso dirtelo.”

“Perché? Vuoi di nuovo aiutare Davis?”

Strinse il pugno inconsapevolmente mentre attendeva risposta

“No io… Ormai sono nei casini Dair, non posso più tornare indietro.”

Grant lo incalzò con un gesto della mano

“Puoi ancora tornare indietro, puoi ancora risolvere tutto quanto.”

“Per finire in prigione? No, non posso farlo.”

“Non finirai in prigione. Dimmi dov’è Miller e si risolverà tutto.”

Eden fece una lunga pausa, su di lei lo sguardo altrettanto attento di Davis

“Ho bisogno di sapere che avrò mia figlia.”

“Certo. Tornerà tutto a posto. Come avevamo pattuito dall’inizio.”

Un sospiro angosciato

“Posso fidarmi di te Daniel?”

Dair guardò l’agente Grant col viso contratto. Stava per dire una bugia bella e buona e non si sentiva sereno. L’altro lo colpì con un’occhiata severa

“Sì. Puoi fidarti di me.”

Eden esitò di nuovo. Anche la sua era una recita.

“Non so cosa voglia fare adesso, ma…”

“Avanti, dimmi tutto.”

“Ha un aereo pronto nel Jearsy. Per l’Europa.”

Disse velocemente, quasi corresse il rischio di ripensarci. Dair corrugò la fronte

“Quindi è qui vicino, nel New Jearsy?”

“Non farmi dire altro Dair. Vuole partire stanotte.”

“E gli altri?”

“Non lo so.”

“Sicura? Sicura che non voglia farli scappare in qualche modo?”

“Non lo so Dair. Davvero.”

“Ok.”

Grant gli fece cenno di chiudere agitandosi la mano davanti al viso

“Quindi è all’aeroporto che dobbiamo andare. Giusto, Eden?”

“Al circolo di Volo Pepperton.”

Rispose in un sussurro

“Bene. Spero tu sia sincera.”

Un lungo sospiro

“Voglio solo tornare a casa.”

“Ok Eden. Ti ci porterò allora.”

La conversazione si interruppe bruscamente.

Davis si avvicinò a sua moglie massaggiandole piano le spalle

“Bene. Abbiamo cominciato.”

--

Nell’altra location invece regnava il tumulto. Dair si era lasciato cadere pesantemente sulla sedia da ufficio, mentre gli altri gli giravano intorno.

“Abbiamo il segnale signore!”

Trillò uno degli agenti dall’aria nerd posizionato agli schermi. Grant non trattenne una certa esultanza

“Bene! Dove sono?”

“Castle Hill signore. Un capannone vicino al fiume Hutchinson.”

Immediatamente la frenesia dell’ufficio sembrò crescere in maniera esponenziale. Grant si strofinò le mani nervosamente

“Bene. La ragazza non mentiva, sono qui vicino.”

Aggiunse un altro tizio con gli occhiali, ma il sostituto capo scosse la testa

“Non mi fido nemmeno un po’ di quella donna…”

Dair sollevò la testa con sorpresa

“…Dobbiamo controllare. Controlliamo immediatamente la pista di volo Pepperton e mandiamo una squadra nel Bronx.”

Iniziò ad armeggiare al telefono richiedendo due squadre. Dair gli si avvicinò

“Non credi a quello che mi ha detto?”

“Nemmeno un po’ tenente.”

Si rivolse poi ai topi di biblioteca telematici

“Iniziate a cercare! Qualsiasi movimento di denaro, qualsiasi mossa insolita nelle telecamere stradali, tutto!”

“Ma signore, avremmo bisogno di qualche coordinata per…”

“Cercate!”

---

André arricciò le labbra davanti allo schermo del pc

“Accidenti ragazzi..ci hanno beccato!”

Annunciò con tono sarcastico. Un puntino intermittente sul desktop indicava Caste Hill.

Davis arrivò a grandi passi poi si bloccò accanto a lui.

“Bene. Tutto come previsto.”

“Già.”

Concluse l’altro alzandosi da quella comoda posizione per infilare il giubbotto ed assicurarsi che la sua pistola avesse ancora la sicura inserita.

“Si comincia allora.”

---

Tyler era stato prelevato in malo modo dalla sua cella. All’esterno era quasi freddo, ma quegli stronzi dell’FBI non avevano lasciato che si riprendesse la giacca. Lo avevano semplicemente ammanettato e buttato fuori. Doveva solo salire sul furgone e stare zitto. Dentro di sé la tensione e la voglia di sorridere aspettando la mossa di Davis.

Poco dopo la portiera si aprì di nuovo e sia Blake che Payne vennero spinte dentro. Gli occhi della bionda si illuminarono

“Tyler!”

Avrebbe voluto abbracciarlo, ma anche le sue mani erano strette nel metallo, senza contare lo sguardo torvo delle due guardie armate che si erano posizionate ai due lati di quello spazio angusto.

Lui rispose facendo l’occhiolino, ma non disse nulla per non infastidire gli agenti. Aveva bisogno della calma più assoluta per riuscire a fare ciò che sperava di poter fare.

Nel silenzio, mentre il mezzo si muoveva, Payne gli stava seduta davanti continuando a guardarlo. Accanto a lei Blake, visibilmente più agitata continuava a contrarre i muscoli, era sicura che qualcosa stesse per succedere.

Tyler cercò lo sguardo di Payne con più decisione, usando gli occhi per indicare anche Blake. La prima decise allora di attirare l’attenzione della sorella di Davis con un tocco minimo della mano, così delicato da essere impercettibile per le guardie.

Di nuovo Tyler mosse gli occhi, stavolta verso il basso ad indicare i suoi piedi. Payne aggrottò il sopracciglio per un attimo, ma capì ben presto di dover far attenzione ai suoi piccoli movimenti. Era come se Tyler si fosse messo a tamburellare con la punta del piede destro, una specie di movimento cadenzato anti-stress o almeno è ciò che avrebbero pensato gli altri.

In realtà era molto di più. Il Codice Morse è la base di ogni buon delinquente e per loro, nati negli anni ottanta, quando il massimo della tecnologia comunicativa era rappresentato dai Walkie Talkie, impararlo era stato un passo inevitabile.

Anche Blake strizzò appena gli occhi per non perdere nemmeno un battito. Intanto nella sua testa il messaggio prendeva lentamente forma

D – A – V – I –S – E – Q – U – I 

S – T – A – T – E – P – R – O – N – T – E

Balzò sul posto senza riuscire a controllarsi

Davis sta arrivando. Lo sapevo!

“Hey tu, vedi di stare buona!”

La ammonì una delle guardie.

Blake abbassò la testa e sorrise tra sé e sé.

---  

“Guardi questo signore.”

Grant si avvicinò nervosamente

“Che hai trovato?”

“E’ l’esterno di un negozio di liquori qui a Manhattan. Guardi qui.”

Indicò col dito sul monitor, mentre una figura incappucciata veniva fuori dall’esercizio con un sacchetto di carta tra le mani. Il volto basso per tutto il tempo, tranne che per un secondo, un piccolo secondo che l’agente immortalò sulla schermo

“Non potrebbe essere…”

Sembrò timoroso, ma Grant si sporse fin quasi a poggiare il naso sull’immagine

“Duval. Quel bastardo.”

“E’ un video di due giorni fa signore.”

“Quindi non sono nel Jearsy, bensì a pochi passi da qui.”

Di nuovo corse all’interfono

“Voglio che una squadra controlli tutti i contatti di Miller qui a Manhattan. Chiunque abbia avuto a che fare con lui… E mandate qualcuno direttamente al Liquor Store sulla ventesima.”

Scosse la testa lasciando il bottone

“Stavolta non ci fregheranno… E’ già partito il trasferimento?”

“Affermativo signore. Sto seguendo il percorso del veicolo.”

“Bene.”

Dair si sollevò allora dalla sedia

“Se permette signore, io andrei a fare la mia parte.”

“Non sei ancora in servizio Dair.”

“Lo so. Ecco perché è inutile che stia qui.”

“E che vorresti fare?”

“Controllerò la bambina signore. Miller potrebbe mandare qualcuno anche lì.”

Grant sembrò rimuginarci su, ma alla fine cedette

“Va bene, ma vedi di stare molto attento a quello che fai.”

Dair improvvisò un saluto militare

“Signore.”

Si congedò con l’adrenalina già a mille.

Non appena fu fuori un altro ragazzotto robusto nella schiera degli informatici alzò la mano

“Signore. Ho rintracciato la carta clonata con cui Duval ha pagato…”

Qualche battuta sulla tastiera

“…E’ a nome di un certo Robert Mason, amministratore delegato della Seven Medicines. La carta preleva dal conto dell’azienda.”

Gli occhi di Grant si chiusero in due fessure mentre si calava nel pieno della concentrazione

“…Dall’estratto conto risulta un movimento di un milione di dollari, spostato ieri su un conto criptato in…”

L’agente riprese a battere, asciugandosi rapidamente il sudore della fronte col polsino della divisa

“…Praga signore. Repubblica ceca.”

L’altro sembrò incerto e colpito

“Nient’altro?”

“C’è un altro prelievo signore… Biglietti aerei.”

“Biglietti aerei?”

“Sì. Sette per l’esattezza.”

“Hanno comprato dei biglietti aerei?”

“Non loro. Sono a nome dell’azienda farmaceutica… Di alcuni impiegati… Gray, Lawson, Brenda Phillis… Forse i due eventi non sono…”

“Fesserie!”

Lo interruppe Grant

“Certo che sono loro! Quella donna ha tentato di fregarci di nuovo! Sono quasi sicuro che non ci sia nessun aereo a Caste Hill… Useranno la linea aerea nazionale, quello che mai ci aspetteremmo!”

Visibilmente contrariato, ed anche un po’ offeso, Grant rivolse l’ultima schiera di ordini

“Mandate immediatamente una squadra al JFK!”

Stavolta la voce all’altro capo gracchiò in risposta

“Signore.. Abbiamo già fatto uscire tre squadre e gli altri sono impegnati nel trasferimento..forse dovrebbe asp…”

Grant si impettì ed alzò la voce

“Mandi gli agenti rimasti all’aeroporto! Adesso!”

“Bene Signore.”

 

Passo numero 2. Sparpagliare gli agenti dell’FBI per la città. Con tutte le squadre impegnate in punti diversi di NY non sarebbe stato semplice per il grande vice-comandante McPhee richiamare immediatamente tutti gli agenti sulla statale 40. Avrebbero perso almeno cinque minuti, forse otto o dieci, di certo abbastanza perché quella fase del piano fosse conclusa.

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Davis aprì lo sportello del SUV con i vetri oscurati, gentilmente offerto dal “collega” Demon, pezzo grosso dello smercio locale di cocaina, poi stette sui suoi passi. Si voltò ancora una volta verso Eden

“Andrà tutto bene.”

Lei annuì stringendosi nelle braccia

“Potevo venire con voi.”

“No. Non voglio che tu venga coinvolta in altre sparatorie o roba del genere… E poi lo sai, ci servi altrove.”

Eden allora infilò la mano nella tasca dove teneva il cellulare che suo marito le aveva affidato.

“State attenti, ti prego.”

Lui trovò la forza di sorridere con sincerità.

“Te lo prometto.”

Poi si abbassò appena un po’ per lasciarle un bacio sulla fronte

“Ci vediamo dopo.”

Lei si alzò sulla punte e rispose a quel bacio pudico con un altro, ben più appassionato.

Lo strinse a sé cercando di restare sulle sue labbra il più a lungo possibile.

Davis riprese fiato

“Hey, ti ho detto che andrà tutto bene!”

Eden annuì di nuovo, rimanendo a fissare la grossa auto che si allontanava da lei.

Tirò fuori il telefono e compose il numero di Dair

“Pronto?”

“Sono io.”

“Tutto bene?”

“Sì…”

Sospirò

“…Sono appena partiti.”

“Ok.”

Seguì il silenzio per una manciata di secondi

“Siamo d’accordo?”

Riprese lui

“Sì. Ti aspetto lì.”

La conversazione si interruppe senza saluti di cortesia. Eden ripose il cellulare e si guardò intorno. Era arrivato il suo momento di muoversi.

Compito di Eden (secondo Davis). Convincere Dair della sua buona fede, recuperare Sophia ed aspettare nel punto prestabilito. Nulla di troppo difficile, almeno in apparenza.

---

I due SUV sfrecciavano a grande velocità, in senso opposto, uno dietro ed uno verso il blindato della polizia. Secondo le ipotesi ci sarebbero state quattro auto di scorta, due davanti e due dietro. Le prime sarebbero state messe fuori uso dall’esplosione, alle altre avrebbero pensato loro.

André seguiva il percorso del nemico su un tablet, pronto a fare un cenno qualora fosse il momento. Accanto a lui, stretto in un giaccone nero quasi quanto la sua pelle, Quentin Pratt. Ladro anche lui, doveva a Davis parecchi favori, ma con questo soltanto avrebbe estinto il suo debito. Stringeva tra la mani il detonatore delle cariche.

Quel cenno arrivò piuttosto presto. Quentin spinse deciso con il pollice, mentre l’autista si arrestò di colpo facendo fischiare i freni. Il botto deciso del tritolo li fece vibrare, quasi sollevare dall’asfalto.

Davanti alle loro facce una grossa nuvola scura ed il rumore della ferraglia accartocciata.

André lasciò da parte la tecnologia ed afferrò un grosso fucile prima di scendere dall’auto e prendere a correre verso il fumo. Quentin lo seguì, mentre l’autista del SUV rimase in attesa.

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Il furgone che trasportava Tyler e gli altri sterzò all’improvviso, quasi perdendo il controllo. Il rumore fu assordante per un secondo e Payne perse l’equilibrio rischiando di rotolarsi in quello spazio angusto.

Immediatamente si rimise sull’attenti insieme agli altri. Una delle guardie era caduta battendo la testa. Non poteva andare meglio, perché l’altro si era subito prodigato in suo aiuto.

“Che cavolo succede qui?!”

Dal rumore degli sportelli era chiaro che i conducenti erano scesi, così Tyler ne approfittò per mettere fuori uso anche l’altro agente di guardia. Sollevando le braccia gli prese la gola nella morsa delle manette, col metallo premuto sulla trachea il tizio non poteva urlare, tantomeno respirare. Blake si mosse pronta a colpirlo con un calcio ben assestato qualora si fosse rifiutato di svenire, ma non servì. Ben presto l’agente crollò di peso vicino all’altro, già messo ko da una gradita commozione celebrale.

Si mossero tutti e tre verso il portellone, ma non c’era verso di aprirlo. Potevano solo aspettare.

---

 Davis, che era nell’auto davanti, scese correndo verso la nuvola di polvere. Le due auto di scorta erano saltate ai lati della strada e avrebbe potuto, con un po’ di fortuna, raggiungere direttamente il furgone.

Dall’altro lato André e Quentin avevano di fronte le due macchine ancora intere. Dentro una delle due McPhee si agitava senza tregua.

“Chiama rinforzi idiota!”

Si rivolse all’agente alla guida che, tremolante, afferrò la radio

“Abbiamo un’imboscata. Mandate rinforzi al chilometro 37!”

Il vice-comandante si guardò dietro, dal parabrezza poteva scorgere due grosse figure armate. Afferrò a sua volta la pistola e sporgendosi dal finestrino decise di sparare senza indugi.

Al fuoco rispose fuoco, André puntò subito alle ruote della vettura e poi al motore, sperando che prendesse fuoco e non rappresentasse più un problema.  Schivare le pallottole fu la cosa più impegnativa, ma erano preparati, indossavano giubbotti antiproiettile ed erano pronti a darsela a gambe non appena la loro missione da due minuti circa fosse conclusa.

Obiettivo: tenere impegnati McPhee e compagni.

---

“Abbiamo un’imboscata. Mandate rinforzi al chilometro 37!”

Urlava la voce metallica dalla radio, senza che nessuno potesse sentirla.

Dair, prima di uscire dalla centrale, aveva deciso di fare una piccola deviazione. Di certo gli sarebbe valsa la carriera, ma che cavolo, in quella confusione nessuno ci avrebbe fatto caso.

Gli era bastato passare davanti alla stazione di smistamento delle chiamate, attendere la pausa caffè dell’insignificante agente Oliver e spingere un paio di pulsanti. Tutte le comunicazioni deviate direttamente nell’ufficio di McPhee ai piani alti.. Lì, dove non c’era nessuno che potesse raccoglierle.

---  

Davis raggiunse ben presto lo sportello del furgone e con l’aiuto di un altro esponente della piccola malavita newyorkese, Giovanni Lopez, esperto in furti d’auto e portavalori, riuscì ad aprirlo.

Gli occhi di Blake si illuminarono letteralmente quando suo fratello apparve

“Sapevo che ci avresti tirati fuori!”

“Andiamo!”

Rispose lui e insieme corsero come il vento verso il SUV in attesa. Dopo un viaggio di un paio di chilometri appena nella campagna circostante, un altro mezzo li attendeva. Li avrebbe portati dritti all’aereo privato in attesa di decollo. Prima destinazione Messico.

Stesso identico discorso per André, scampato ai colpi maldestri degli agenti.

McPhee scese dall’auto in principio di incendio. Una lunga serie di imprecazioni uscì dalle sue labbra contratte in una smorfia. Avrebbe voluto scalciare come un bambino deluso, ma doveva correre, inseguire quei maledetti e sparare. Solo questo avrebbe potuto salvargli la brillante carriera ormai.

---

Eden raggiunse lo stabile che Dair le aveva indicato. In uno di quegli appartamenti c’era sua figlia. Finalmente.

Col cuore in gola, in mancanza di notizie riguardo Davis e gli altri, si infilò guardinga nella porta del garage. Il corridoio scuro, con l’odore di gas di scarico, la portò fino alle scale. Salendo un gradino alla volta coprì la distanza tra lei ed il terzo piano.

Al di là della porta per le scale di servizio c’era un agente in piedi. Indossava abiti borghesi, ma sapeva di per certo che si trattava di uno della polizia.  Attese da lì l’arrivo di Dair.

Pochi minuti o forse mezz’ora, un’ora dopo, il rumore di passi la fece ben sperare. Assistette alla scena sbirciando dal vetro. Quattro chiacchiere e l’agente con i jeans se n’era andato. Dair si schiarì la gola ed Eden colse il segnale per uscire.

Gli fu vicino in un attimo, abbracciandolo nel modo più istintivo. Lui rispose senza stringerla troppo, non voleva fare l’abitudine a qualcosa che forse non avrebbe mai avuto. Ormai sapeva di non poterci contare troppo. Anche se la teneva tra le braccia poteva sparire in un solo istante, questa era Eden Spencer.

“Mi dispiace.”

Disse lei spingendosi contro il colletto della camicia azzurra. Profumava di pulito.

“Anche a me.”

Rispose scostandosi dalla presa. Non era saggio restare lì sul pianerottolo.

La porta si aprì dopo tre giri della chiave nella serratura. Dair entrò per primo, si guardò intorno e scorse la figura della tata in cucina.

“Signora Kennedy?”

Quella si voltò di scatto. Presa dal fischio del bollitore non aveva nemmeno sentito la porta aprirsi.

“Agente Dair. La aspettavo più tardi.”

“Lo so, ma abbiamo avuto qualche problema in centrale.”

“Problema?”

“Già. I nostri ricercati sono riusciti a fuggire e sono quasi certo che siano diretti qui per prendere la bambina.”

La tata sobbalzò facendosi seria

“Qui?”

“Già. Altri agenti arriveranno immediatamente. Intanto le consiglio di andare subito via se non vuole incappare in una sparatoria o cose così…”

“Spa.. Sparatoria?”

“Sono criminali piuttosto pericolosi. Io sono venuto a prendere la bambina, la porto via immediatamente.”

La signora Kennedy si dimenticò completamente del bollitore e dell’earl grey che stava preparando

“Dovrei andare quindi?”

“Vada pure.”

Senza bisogno di ripeterlo ancora, la tata, che non era affatto felice dall’inizio di essere incappata in quell’incarico, afferrò borsa e cappotto.

“Mi saluti la piccola.”

Un breve saluto e sparì. Il rumore delle sue ciabatte veloce per le scale.

Dair tirò un sospiro di sollievo

“Vieni.”

Eden venne fuori dal suo nascondiglio e guardò intorno a sé in quell’appartamento sconosciuto, ben diverso dal suo a Chicago.

“Dov’è?”

Chiese impaziente e Dair le indicò una porta poco più là.

Seduta all’indiana su un divanetto a quadri, la piccola Sophia teneva gli occhi puntati sulla tv. Simba e i suoi amici cantavano Hakuna Matata.

Le si strinse il cuore. Dopotutto forse, stava facendo la cosa giusta.

“Tesoro mio.”

La bambina si voltò piano e spalancò la bocca in un sorriso

“Mammaaaaa!”

Le corse incontro saltandole al petto.

“Mamma sei tornata!”

Eden la strinse più forte che poté

“Sì amore… E non ti lascio più, stavolta non ti lascio più.”

Dair irruppe in quella scena perfetta

“Dobbiamo andare.”

---

Tutto era andato secondo il piano. Almeno fino a quel momento.

Davis cercò di chiamare Eden ancora una volta, ma come per le altre 27 chiamate, nessuno rispose. Iniziava ad essere preoccupato. Forse Dair non era stato così ingenuo da cadere in un nuovo tranello, forse non avrebbe permesso ad Eden di andarsene con sua figlia.

Eppure conosceva le doti di sua moglie, con o senza il consenso del poliziotto sarebbe riuscita a prendere Sophia. Non era un compito troppo difficile per lei. Doveva solo farsi dire dove fosse, prenderla e chiamare l’altro scagnozzo di Pratt. Quest’ultimo le avrebbe caricate sulla sua anonima berlina e portate a destinazione, pronte per volare in Messico.

“Ancora niente?”

Chiese Payne. Anche lei era ormai preoccupata.

Poco più in là André e Blake parlavano per conto loro. Lui era arrabbiato, vistosamente. Quel bastardo di McPhee l’aveva picchiata e lui si stava pentendo di non averlo ucciso con un colpo in fronte. Lei era tesa, voleva solo andarsene e in tutta onestà le importava ben poco che Eden li raggiungesse. Tantomeno sua figlia. Con tutto il rispetto per Davis era solo colpa loro che si erano ridotti in quel modo.

L’ennesima chiamata a vuoto.

Davis compose un altro numero.

“Eden ti ha chiamato?”

Il tizio arruolato come autista risposte con un certo timore. Con Davis Miller era sempre meglio non scherzare.

“In realtà sì. Sono dietro Central Park, mi ha mandato qui venti minuti fa, ma ancora non la vedo.”

Un campanello di allarme si accese. Chiuse la chiamata senza aggiungere altro. Si rivolse agli altri

“Andate.”

“Cosa?”

“Andate ho detto. L’aereo è già pronto. Io vi raggiungerò più tardi. Con Eden.”

Concluse sottolineando il nome di sua moglie. Qualcosa non quadrava, il Davis sospettoso e cattivo si stava rianimando.

“Più tardi? E come?”

Incalzò Blake

“Non preoccuparti. Andate. Adesso.”

Un cenno ad André perché prendesse le sue veci. Al francese non interessava interferire nelle sue decisioni, pertanto sarebbe salito su quell’aereo senza fiatare.

Payne gli si avvicinò

“Sei sicuro?”

Davis annuì senza sbloccare di un millimetro la faccia seria.

La bionda compagna si avvicinò per abbracciarlo. Erano così rari i momenti d’affetto nella loro “banda” che per un attimo Davis trasalì.

“Grazie.”

Disse lei sinceramente, ma non riuscì a strappargli un sorriso.

Si avviarono verso l’aereo mentre lui rimase lì, in piedi davanti all’auto, il cellulare in mano e un tremendo mix di paura e sospetto nello stomaco.

Poco dopo il suo telefono squillò, il nome di Eden si mise a lampeggiare come per incanto.

“Dove sei? Perché diavolo hai mandato l’autista a Central Park?!”

Non voleva esserlo, ma era arrabbiato.

Eden prese aria, ma la sua voce rimase calma e coincisa

“Vieni a questo indirizzo. Solo tu.”

“Cosa?! Ma che dici? Ti hanno presa? E’ forse questo? Eden?!”

Lei rimase impassibile, almeno all’apparenza. Dentro era come se un gruppo di cani famelici le stesse divorando anima e budella.

“Ti prego. Warrington Street 1244… Ti prego.”

La linea cadde e lui pensò per un attimo di aver sognato, ma la scritta “Chiamata terminata” era effettivamente lì.

Warrington Street… Non gli diceva niente, assolutamente niente.  Ne dedusse che dovevano averla presa. Dair o i federali erano riusciti a fermarla ed ora attendevano solo lui per l’atto finale di quella commedia.

Cazzo. Imprecò. Non era giusto, tutto era andato secondo i piani, tutto! Quello era il suo finale e nessuno gliel’avrebbe rovinato. Nessuno.

Strinse la sua pistola per cercare sicurezza e salì in macchina. Avrebbe fatto quello che doveva fare. Quel giorno la sua famiglia sarebbe tornata tutta insieme, a qualsiasi prezzo.

---

“Ecco.”

Dair le porse una cartellina, lasciandola scivolare sul legno della scrivania con delicatezza.

Lei si morse il labbro scorrendo la prima pagina con gli occhi. Dovette distogliere lo sguardo per non piangere.

“Mi dispiace.”

Aggiunse lui. Era sincero, ma forse non fino in fondo.

Eden annuì pensando a sua figlia. Era stata la cosa migliore lasciarla a Grace piuttosto che portarla lì. Non sarebbe riuscita a farlo con lei presente.

Forse non sarebbe riuscita a farlo nemmeno così.

Guardò Dair con la coda dell’occhio. Non stava esultando, non sembrava nemmeno felice e probabilmente davvero non lo era. Daniel Dair è un uomo troppo onesto per godere di una misera ,triste, ingiusta vittoria come questa.

Strinse i pugni.

“Non so se ce la faccio.”

Dair la raggiunse e la strinse di nuovo, stavolta con decisione.

Prendendole il viso tra le mani la guardò serio

“E’ l’unica cosa che puoi fare. Ed è la cosa più giusta per tutti.”

“Ne sei sicuro?”

Lui si ficcò dritto nelle iridi scure di Eden

“So che lo ami. So che forse non smetterai mai di amarlo… E so che non amerai me come ami lui…”

Eden lasciò sfuggire un sospiro d’angoscia

“…Non è per me che ti ho chiesto di farlo, lo sai vero?”

Lei annuì in silenzio.

Per quanto bene gli volesse non lo avrebbe mai fatto per lui. E non lo avrebbe mai fatto nemmeno per liberare sé stessa.

Era solo per Davis che era pronta a rinunciare.

Per la sua libertà, la sua redenzione, tutto quello che cercava da anni. Certo, gli sarebbe mancato un pezzo o due, ma col tempo anche quel dolore sarebbe passato.

Ed il vecchio Davis Miller non sarebbe stato che un ricordo.

Scoppiò a piangere senza riuscire a frenarsi in tempo. Lacrime e singhiozzi nella speranza che sfogarsi prima l’avrebbe resa coraggiosa abbastanza da andare fino in fondo.

Dair la strinse di nuovo.

Forse non avrebbe mai posseduto il suo cuore per intero, ma avrebbe fatto di tutto per conquistarne più spazio possibile.

L’avrebbe resa felice.

Eden non avrebbe rimpianto Davis.

 

Lo scatto metallico della sicura li riportò alla realtà.

Gli arti rigidi, lo sguardo torvo e l’arma puntata contro il poliziotto.

“Giù le mani da mia moglie!”

 

 

 

 

 

 

 

  

 

   

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Capitolo 26
*** ...Sarà tutto finito ***


Capitolo25

CAPITOLO 25

...SARA’ TUTTO FINITO

 

Davis attraversò lo strada tenendo gli occhi ben aperti, gli sembrava di non essere mai stato prima in quella zona periferica di NY eppure, tra palazzi fatiscenti ed anonimi chioschetti di hot-dog, si sentiva più a casa che a Times Square.

Passando raso ai muri, il colletto della giacca di pelle ben tirato su e gli occhiali scuri piantati sul naso, scorse i numeri ad uno ad uno. Il 1244 era un palazzo come tutti gli altri, al pianoterra ospitava un negozio di ferramenta e più in là doveva esserci un ristorante cinese. L’odore di fritto gli arrivava dritto nel naso, nonostante fosse appena mattina.

Continuava ad essere nervoso e a stringere la pistola nascosta sotto il giubbotto. Se si fosse trattato dell’FBI avrebbe notato qualcosa, volanti, agenti in borghese, un tizio in trench che lo pedinava maldestramente.. Invece niente, calma piatta da tutti i lati.

Le ipotesi più probabili erano due: o stavolta si erano fatti furbi ed un cecchino piazzato chissà su quale tetto lo avrebbe freddato al volo sulla soglia del 1422, o Eden si era fatta di nuovo prendere dai rimorsi. O magari peggio, si era fatta mettere strane idee in testa da quel Dair.

Avevano già un conto in sospeso, ma stavolta lo avrebbe ucciso sul serio.

Cercò di aguzzare la vista al massimo per scorgere un puntino nero in alto da qualche parte. Decise infine di entrare in fretta, qualsiasi cosa lo stesse attendendo al di là del grosso portone di legno inciso. Via il dente, via il dolore.

Di fronte a lui si apriva un lunga e scura rampa di scale.  A giudicare dalla polvere e dall’odore di muffa, quegli appartamenti dovevano essere vuoti da tempo. Sentiva già i nervi a fior di pelle, ogni muscolo del corpo disposto all’attacco e l’istinto di sopravvivenza pronto a scattare. Affacciò il viso notando una luce qualche pianerottolo più su, tese l’orecchio alla ricerca di segni di vita e gli parve di cogliere una voce di donna. Decise di salire un gradino alla volta.

Arrivato al quarto pianerottolo captò perfettamente la voce di Eden dietro la porta socchiusa. E quella di Dair. Senza il vaglio del cervello afferrò la pistola e la tirò fuori, completamente pronto ad usarla.

Ancora qualche passo e poté aprire la vista sulla stanza. L’immagine di fronte gli ferì gli occhi come se gli avessero tirato in faccia un vodka-lemon in fiamme. Quel bastardo stava abbracciando sua moglie, il suo corpo le era spalmato addosso ed una di quelle mani indegne accarezzava i suoi capelli.

No. Non sarebbe successo di nuovo.

Allungò le braccia e strinse forte intorno all’impugnatura fredda. La distanza era così minima che non avrebbe mai sbagliato. Col pollice fece scattare la sicura e lasciò scivolare l’indice sul grilletto, pronto a far fuoco.

“Giù le mani da mia moglie!”

Urlò cattivo. Cattivo ed arrabbiato.

Li vide saltare sul posto e separarsi immediatamente. Bene, così non avrebbe corso il rischio di prendere anche lei.

Eden smise di piangere all’istante e si paralizzò in mezzo alla stanza.

Dair inspirò profondamente fissando il nemico negli occhi.

Era la fine. Solo uno di loro sarebbe uscito vincente stavolta e benché Davis tenesse in mano una pistola, le armi mortali le avrebbe sfoderate lui.

Davis deglutì spostando la testa da un lato

“Stavolta ti ammazzo sul serio bastardo.”

Fece per riprendere la mira, ma Eden gli si parò davanti

“Davis no!”

Quel tono e quell’espressione lo costrinsero a contrarre il viso in una smorfia di fastidio ed incredulità.

“Togliti di mezzo Eden, è ora che questa storia finisca.”

“No, fermati!”

“Levati!”

“Metti giù la pistola!”

Incontrò gli occhi di sua moglie e li scoprì lucidi, arrossati, tremanti. Sollevò un sopracciglio senza abbassare l’arma

“No Eden, stavolta no…”

Ripassò lo sguardo sull’altro

“…Stavolta non lascerò che ti metta in testa strane idee…”

Un passo avanti verso di lui puntando dritto alla fronte

“Devi smetterla di toccarla capito?! Lei è mia moglie… MIA, non tua… Tua non lo sarà mai.”

Nonostante il proiettile che gli puntava contro Dair si mosse appena, nelle sue migliori intenzioni avrebbe detto non più di due parole, lasciando che Eden parlasse da sola.

“Abbassa quella pistola Davis! Abbassa quella cavolo di pistola, dobbiamo parlare!”

Urlò lei risvegliandolo dallo stato di trance criminale. Il cuore era a pezzi, ma guardarlo in quella maniera, ancora una volta sopraffatto dalla gelosia e dall’istinto omicida, aveva contratto qualche nervo di troppo anche in lei.

“Parlare?”

Si concesse di abbassare la mira di una manciata di centimetri

“Non dobbiamo parlare di niente! Dobbiamo prendere un cazzo di aereo, ecco che dobbiamo fare!”

Allo stesso tempo sembrò guardarsi intorno per la prima volta

“Dov’è mia figlia?”

Era contento che non fosse lì a guardarlo, ma la sua essenza era di certo un cattivo segno. Di nuovo tese l’arma tra gli occhi di Dair

“Dov’è mia figlia??”

L’altro non indietreggiò, ma per la prima volta lasciò intravedere un certo timore, forse nemmeno troppo dovuto all’idea di una pallottola nel cervello. Da una parte iniziava a temere che Eden crollasse, ma dall’altra… Se solo lei avesse mostrato il minimo segno di cedimento allora bhe.. non avrebbe atteso un secondo in più prima di fiondarsi addosso a quel maledetto, coprirlo di cazzotti e trascinarlo in galera, giusto dopo essersi accertato di avergli rotto la mascella e un paio di costole.

“Non è qui.”

Rispose Eden.

“Dov’è?”

“Al sicuro…Dove non ci sono pistole.”

Un accenno di sarcasmo, fuori luogo ma efficace, convinse finalmente Davis ad abbassare l’arma

“Che stai facendo Eden?”

Dal repentino cambio di tono si capì quanto iniziasse ad essere spaventato. Eden inspirò abbassando gli occhi che non riusciva più a tenere dritti nei suoi. Non voleva vederlo crollare un’altra volta.

“Devi ascoltarmi adesso. Te ne prego.”

Lui si bagnò le labbra lanciando una rapida occhiata al terzo ospite della stanza, chiedendosi perché dovesse assistere a qualcosa tra lui e la donna che aveva sposato. Quello gli dava le spalle e se ne stava a testa bassa, appoggiato al tavolo con i piedi incrociati.

Con la trachea annodata allo stomaco ed il respiro corto di un condannato a morte decise che avrebbe ascoltato.

Lei contrasse i muscoli del ventre in una specie di spasmo, quasi dovesse improvvisamente vomitare. Prese fiato lentamente un paio di volte e cercò di sfoderare il più convincente degli sguardi

“Devi andartene… Senza di me.”

Lui aggrottò le sopracciglia

“Cosa?” Bisbigliò

“Devi andare via, ma senza di me.”

Davis si morse il labbro cercando di far quadrare quelle poche parole.

“Che succede Eden?”

Lei guardò il pavimento cercando di ignorare l’insopportabile tremolio nella voce di Davis. Strinse i pugni per farsi forza.

“Non posso venire con te. Non posso scappare ancora.”

Lui scosse nervosamente la testa

“Non stiamo scappando, noi andre…”

“Scapperemmo Davis.. Lontano dove nessuno ci conosce, sempre nascosti, sempre in allerta… Non posso più farlo.”

“Ma che dici?” Bisbigliò ancora, contraendo i muscoli delle braccia fino a farli tremare

“E’ stato lui vero? E’ lui che ti ha messo in testa tutte queste stronzate…”

Dair sollevò gli occhi

“…E’ lui, è sempre stato lui.”

Riportando la voce al volume della rabbia raggiunse Dair in tre passi e lo afferrò per il collo della giacca

“Vedi di sparire subito se non vuoi che ti ammazzi.”

Lo minacciò, ma Dair raccolse la provocazione

“Non vado da nessuna parte io.”

Davis allentò la presa trovando il tempo per un sorriso quasi isterico, scosse di nuovo la testa a caricò un colpo micidiale in un solo secondo, fiondando il pugno chiuso dritto sullo zigomo di Dair.

Il tenente barcollò vistosamente portandosi la mano al viso. Tentò di muovere la mascella per controllare che non fosse saltata in una decina di pezzi. Mentre fissava il pavimento cercando di ignorare il dolore, arrivò alla rapida conclusione che non si sarebbe lasciato sfuggire l’occasione. Riprendendo forza dopo un lamento, rispose al pugno con un gancio altrettanto deciso.

Davis Miller era certo più abituato ai cazzotti e riuscì a contenere il dolore senza barcollare di un centimetro. La benzina sul fuoco che spinse Dair a colpire ancora.

Non poteva sopportare che la vita avesse benedetto un tale bastardo con una donna come Eden.

Non riusciva ad accettare che fosse toccata a Davis e non a lui.

Eden corse nel mezzo cercando di separarli, tirando a destra e a sinistra con tutta la forza che aveva.

“Fermatevi! Fermatevi!”

Alla fine urlò abbastanza forte che la rissa si interruppe. Dair si avvicinò alla finestra mentre Davis si mosse di appena due passi per restare a portata dei suoi occhi.

“Non vedi Davis? Non lo vedi?!”

Prese a gesticolare

“E’ sempre così! Scappare, nascondersi, fare a botte, uccidere qualcuno… Non è questo che voglio!”

Lui si pulì il viso col palmo della mano

“Invece è lui che vuoi? E’ questo che stai cercando di dire?”

Eden sbatté i piedi a terra e si mosse per colpirlo al petto

“Smetti di pensare a Dair, lui non c’entra niente!!”

A quelle parole l’interessato decise di intervenire

“Vi lascio soli, forse è meglio.”

Concluse con quello che sembrò uno sbuffo di nervi malcelato. Non appena ebbe lasciato la stanza l’atmosfera sembrò cambiare di colpo, Davis le prese il viso tra le mani e la guardò dritta negli occhi

“Non ascoltarlo ti prego. Dobbiamo andarcene da qui. Ti prometto che andrà tutto bene.”

Gli angoli della bocca di Eden si piegarono verso il basso mentre provava a contenere nuove lacrime. Avrebbe voluto crederci, avrebbe tanto voluto crederci perché sicuramente lui stava dicendo la verità, ma non poteva mollare. Avrebbe perso non solo suo marito, ma anche sua figlia se avesse mollato le redini al suo cuore.

“Ti prego Davis…”

Riprese poggiando le mani sulle sue e liberandosi piano

“…Devi ascoltarmi, io non posso farlo.”

“Ma che significa? Vuoi dire che per tutto questo tempo hai mentito? Che sei sempre stata d’accordo con loro?”

Eden scosse il capo

“No. Non ti ho mentito. Andarmene con te è quello che vorrei fare con tutto il cuore, ma non posso. Perdonami ti prego.”

Eccole. Altre lacrime.

“Perdonarti? Io non ti capisco Eden, credevo che mi amassi ancora.”

“Non c’entra niente l’amore Davis. E’ quello che devo fare.”

Ancora una volta sottolineò il verbo servile. Non era una passeggiata per lei, era una lenta tortura che avrebbe finito per ucciderla, ma si sarebbe sacrificata per le due persone più importanti.

“Devi andartene. Adesso.”

Lui insistette

“No, no.. Non me ne andrò senza di voi.”

“Devi farlo.”

“No, non lo farò…”

Ogni sicurezza iniziava a vacillare

“…Non lo farò Eden. Noi siamo una famiglia e abbiamo fatto tutto quanto per poter stare insieme, non ho intenzione di rinunciarci.”

Lei trattenne a malapena un singhiozzo, era difficile, ma non voleva piangere. Davis doveva convincersi che faceva sul serio o davvero non sarebbe mai andato via.

“Noi non siamo una famiglia, non lo siamo mai stati.”

“Ma che dici, siamo sposati, abbiamo una figlia..”

Lei chiuse i pugni tanto forte da conficcarsi le unghie nella carne

“Non siamo più sposati. Sono passati quasi sei anni da quando lo eravamo e Sophia… Lei non ti conosce nemmeno.”

Riuscì a sentire netto il cuore di Davis che mancava un paio di battiti.

“Cosa stai cercando di fare Eden?”

Inutile, per quanto ferito non riusciva a convincersi.

Lei ingoiò le lacrime e di nuovo fece appello a tutta la forza di madre che aveva

“Voglio che tu te ne vada.”

“No, non è questo che vuoi.”

“Va’ via Davis, ti prego.”

“No.”

“Va’ via.”

“No. No. No.”

Insistette tornando a toccarla, provando a stringerla e, se fosse servito, a scuoterla fintanto da farla rinsavire. Lei tentò di uscirne prima che potesse baciarla, ma non ci riuscì.

La bocca di Davis le tolse ogni facoltà di parola, calandola in un vortice improvviso di ricordi ed emozioni. Rivide la scuola, la Dwight High, Callie Robertson della classe di educazione fisica… Quel giorno era così stufa delle sue prestazioni pallavolistiche che aveva sentito l’immenso bisogno di uscire a fumare.. Davis Miller, il misterioso ragazzo che tutte volevano.. I suoi cerchi col fumo.. Il sangue della sua verginità sulle sue lenzuola.. Il disco di Springsteen rubato per il compleanno.. I litigi con la madre.. Un diamante al suo anulare sinistro.. Un vestito bianco da scegliere.. Fare l’amore nel retro di un pick-up.. Quel paio di Manolo Blahnik che desiderava da una vita comprate con i suoi soldi.. La musica in chiesa.. La sua voce.. La sua voce meravigliosa..

Si abbandonò al bacio valutando l’idea di restare per sempre in quel momento, senza alcun bisogno di scegliere.

La puzza di fumo al Café Des Artistes.. I tarocchi di Grace.. Il piano da rivedere.. Birra analcolica per festeggiare.. La nausea mattutina.. La nausea pomeridiana.. Suo marito che le teneva i capelli..

Il test di gravidanza che aveva cambiato tutte le sue prospettive.. Le dita incrociate perché andasse tutto bene.. La pistola puntata verso di loro.. La sensazione che tutto sarebbe finito.. Il freddo.. La paura.. Il buio..

Si staccò dal bacio cercando respiro.

“Ti prego va’ via adesso.”

“Perché dovrei? Tu mi ami, io lo so.”

Eden chiuse gli occhi. E’ vero, lo amava... Da morire. Così tanto che proprio in quella stanza avrebbe rinunciato a lui.

Inspirò

“Ascolta per favore perché non te lo dirò ancora…”

Prese a piangere senza nemmeno rendersene conto, il viso era serio, ma calde gocce scendevano di loro volontà

“…Non verrò con te. Né io né Sophia verremo con te…”

Lo vide tentennare

“Non possiamo più andare avanti così… Io non voglio più andare avanti così.”

Le sue labbra si schiusero in una smorfia incomprensibile mentre Eden concludeva quel breve monologo. Raccolse le lacrime con la punta della lingua e racimolò le forze per guardarlo negli occhi

“E’ finita Davis. Devi andartene.”

Si stupì di essere riuscita a dirlo davvero, come se per un attimo le sue corde vocali avessero vissuto di vita propria, senza tener conto del suo cuore a pezzi e della sua mente affollata.

Lui sollevò le sopracciglia visibilmente colpito

“Non ti credo.”

“Devi credermi…”

Ribatté avvicinandosi al tavolo e porgendogli con mano tremante la cartellina verde che attendeva lì da un po’. Davis la afferrò con cautela e si passò la lingua sulle labbra prima di sfogliare la sottile copertina semitrasparente.

 

ISTANZA DI ANNULLAMENTO

 

Sbarrò gli occhi senza leggere una parola in più. Sbatté la cartella sul legno

“Non esiste!”

Il tono ripiombato nella durezza e gli occhi di colpo scuri come la pece

“Non mi farai questo.”

Eden indietreggiò cercando respiro

“Devi farlo.”

“No Eden. Non mi farai questo.”

Ribadì di nuovo vicino, stavolta incombente. Le strinse le spalle in una presa ferrea a la guardò dritta negli occhi. Avrebbe tanto voluto trovarci qualcosa in più di quella confusione terribile.

“Vuoi davvero che firmi quelle carte?”

Le sue dita tremavano, fremevano, mosse da qualcosa che prima non aveva mai sentito.

Avrebbe dovuto andarsene? Mettere il suo nome su quel documento e sparire come se il loro matrimonio non fosse mai stato celebrato? Come se non si fossero mai incontrati?

Come se non avesse mai scoperto di essere padre?

Aveva già perso Eden, ma con la magra consolazione della morte ed il grande supporto dell’alcool, aveva facilmente trovato rifugio nella colpa e nella certezza che le cose non sarebbero mai potute andare diversamente.

Poi l’aveva ritrovata ed aveva concesso al suo cuore di aprirsi di nuovo, per la seconda volta nella vita, sempre con lei… Non l’avrebbe mai ammesso, ma si era convinto che il destino l’avesse premiato con una seconda possibilità, nonostante tutte le brutte cose che aveva fatto.

Davis Miller si era lasciato tentare dal pensiero della normalità. Un’aberrazione vera propria. Arrosto e patate per cena, un paio di marmocchi dai capelli scuri attaccati alle sue gambe e una moglie da abbracciare la sera.

Si sentì un completo idiota.

Forse la Eden che aveva ritrovato non era più la sua Eden.. Forse quei mesi erano stati una mera illusione…

Ci pensò ancora ed ancora, scorrendo le immagini alla velocità della luce.. Ogni attimo dal momento in cui l’aveva rivista, voltando lentamente la sedia di uno studio negli Hamptons.. I capelli più scuri, i boccoli più morbidi, la pelle più chiara ed un’insopportabile, incolmabile distanza tra loro.. Ne aveva riassaporato ogni più minuscolo tratto senza trovare la forza di toccarla, come se di fronte avesse avuto un’estranea.

Ritrovarla gli aveva fatto più male che perderla.

Sentì in gola il sapore bruciante ed aromatico dello scotch che aveva sorseggiato durante quelle notti insonni, perso nel tentativo di comprendere perché soffrisse tanto.. perché dentro di lui serpeggiasse il pensiero più meschino.. l’idea che forse sarebbe stato meglio continuando a saperla morta.

Eppure l’aveva rincorsa, giorno dopo giorno, cercando di ritrovare in lei quello che aveva lasciato, provando tutto il tempo a riconquistare una fiducia sua di diritto, punito per un crimine che non aveva commesso, tenuto all’oscuro della verità più importante.

Se Eden lo avesse davvero amato ancora non avrebbe fatto tanta fatica, sarebbe corsa da lui raccontandogli di sua figlia e chiedendo che le portasse via il più lontano possibile.

Nessuna scusa avrebbe retto.. Né l’FBI.. Né Dair.

Se quella fosse stata ancora la sua Eden sarebbe tornata da lui, come aveva sempre fatto dopo ogni lite o incomprensione.

La donna che aveva di fronte invece continuava a sfuggirgli tra le dita, con gli stessi occhi profondi e lo stesso sapore, ma con una luce diversa negli occhi, un caos che lui non riusciva più a decifrare.. non come una volta, quando gli era bastato osservarla col naso ficcato tra le pagine della Brontë per essere certo che proprio lei sarebbe stata la sua Catherine, il suo amore anche oltre la morte.

Inspirò un’ultima boccata di incertezza

“Vuoi davvero che stavolta sia io a sparire ragazza invisibile?”

Eden rimase a fissarlo senza dire una parola, consapevole di dover far tesoro dei brandelli di dolcezza che lui le stava regalando.

Lasciò scivolare piano la testa da un lato, provando a guardarlo da un’altra prospettiva, cercando qualcosa di lui che non avrebbe rimpianto… Cercando un solo attimo del loro passato che avrebbe potuto facilmente dimenticare…

 Tutto quello che poteva ancora fare era respirare, continuare a respirare.

 

“Ti amerò per sempre...”

 

Rispose infine

 

“…Amerò per sempre ogni secondo di ogni giorno che abbiamo passato insieme… E penserò a te ogni singola volta che vedrò nostra figlia sorridere…”

Indietreggiò di un passo

“...Devo a te ciò che di più bello ho avuto nella mia vita… Non passerà giorno senza che pensi a te, ma non posso vivere con te Davis… Potrò vivere solo sapendoti lontano, libero e al sicuro.”

 

Davis sorrise, dopo averla riconosciuta per un attimo, piccola e nascosta dietro l’oscurità del rimmel colato… La maniera più candida ed incerta con cui cercava sempre di fare la cosa giusta… Di convincerlo a smettere con le rapine alle stazioni di servizio… Di spingerlo a mettere da parte il rancore per la sua famiglia… Di finirla con quella vita dopo l’ultimo grande colpo…

Sorrise a metà come piaceva a lei

“Parli come se fossi convinta che me ne andrò davvero senza di te.”

Eden sbuffò fuori il respiro, di colpo in preda allo sconforto.. Indietreggiò ancora fino alla finestra.. Si affacciò tenendo gli occhi chiusi e finalmente poté sentirli arrivare.

Appena udibile il suono acuto e tagliente delle sirene della polizia.

Davis ci mise un po’ a capire, si guardò intorno e di colpo parve irrigidirsi

“Maledetto.”

 

La cantilena pungente delle voltanti iniziò a farsi vicina.

Dair piombò nella stanza visibilmente spaesato, ma Davis gli fu addosso prima ancora che potesse parlare

“Sei stato tu vero?! Sei solo un bastardo!”

Prese a strattonarlo, mentre Eden se ne stava ancora col viso rivolto al grigiume della via semideserta

 

“Sono stata io a chiamarli.”

 

Davis mollò lentamente la presa ed entrambi si voltarono verso di lei, Eden rimase di spalle

“Sapevo che non te ne saresti mai andato altrimenti.”

 

Lui aggrottò le sopracciglia, quella era una svolta del tutto inattesa.. Una mossa del tutto inaspettata da parte della sua Eden.

 

“Se non te ne vai subito avrai il carcere a vita.”

 

“E..Eden…”

Balbettò lui, schiacciato tra l’ansia e la delusione.

Finalmente sua moglie si voltò, gli occhi pieni di lacrime in contrasto con l’espressione seria

“Va’ via.”

 

Il loro ultimo breve incontro di occhi sembrò durare un’eternità.. Davis non aveva scelta.. Se fosse rimasto in quella stanza non avrebbe mai più passato un’ora da uomo libero.. Non sarebbe più passato a far visita alla tomba di sua madre.. Non avrebbe più rivisto le persone che amava.. Sua sorella.. André… Sua figlia.. Voleva rivedere sua figlia.

Strinse i pugni contraendo la mandibola, staccò gli occhi da Eden senza più indugiare e si precipitò al tavolo afferrando la penna con stizza.

Un’ultima volta le rivolse gli occhi poi spinse la punta sui fogli lasciandovi sopra un segno indelebile.

Quest’ultima volta decise di non voltarsi, troppo spaventato dal trovare un’anche minima espressione di sollievo sul viso di Eden.

Prese fiato, strinse la pistola nella mano e fuggì via al suono incombente delle sirene ormai vicine.

 

Eden scoppiò a piangere all’istante, mollando il peso delle gambe e cadendo in ginocchio sul pavimento polveroso. I singhiozzi si alternavano senza che potesse prender fiato tra l’uno e l’altro, le mani le formicolavano e la testa iniziò a girare.

Dair si precipitò da lei prendendole il viso tra le mani

“Respira!”

Le ordinò

“Respira Eden, respira.”

Il suo pianto divenne meno affannoso, ma più intenso.. Grosse lacrime cadevano a pioggia ed i suoi lamenti riempirono la stanza

“Starai bene..”

Aggiunse lui accarezzandole le spalle

“Starai bene, te lo prometto.”

 

Stringendola delicatamente attese l’arrivo dei poliziotti in cima alle scale, vedendo la stanza riempirsi lentamente di tute blu, giubbotti antiproiettile e mitragliatrici

“Dov’è Miller signore?”

Dair scosse la testa

“Andate via.”

“Ma signore, siamo stati chiamati perché Davis Miller era nell’edificio e…”

“ANDATE VIA HO DETTO!”

 

Dair li scacciò fino all’ultimo attendendo che sparissero dalla sua visuale, poi tornò a fissare il corpo tremante di Eden accovacciato nell’angolo.

Era quello che voleva, ma non poteva esserne felice.. Non se la donna che amava se ne stava in un cantone, priva di forze e di lacrime che non avesse già pianto per un altro uomo.

Sospirò avvicinandosi al tavolo, la cartellina se ne stava abbandonata lì sopra, maltrattata dall’ultimo gesto di rabbia di Davis. Allungò le dita per portarsela vicino e prese a sfogliarla in silenzio, cercando la firma che avrebbe reso ufficialmente fine a quell’avventura.

 

Scosse la testa incredulo e stupito, sbuffò e rivolse gli occhi al cielo

“Bastardo.”

 

Sulla carta campeggiava una scritta calcata a forza, ma quello scarabocchio lasciato di fretta non era il nome di Davis Miller, bensì un messaggio per lui, un chiaro e diretto monito per il “soddisfatto” tenente Daniel Dair

 

LEI E’ MIA

 

Così dicevano quelle tre piccole enormi parole,

“lei è mia”.

 

-------

 

Al suono delle chitarre spagnole Blake continuava a sventolare freneticamente una brochure che aveva trovato sul bancone della taverna, improvvisando un ventaglio che scacciasse l’ansia e la calura.  Erano ormai in territorio neutrale, lontano dalla giurisdizione americana, ma fintanto che non avesse visto Davis non avrebbe respirato.

Payne ondeggiava col corpo al ritmo della canzone suonata dal piccolo gruppo di miriachi, cercando di dimenticare le incertezze che si erano lasciati dietro. Aveva fiducia in Eden e sapeva che qualunque decisione presa sarebbe stata la migliore per tutti, soprattutto per la bambina.

Si scoprì a fissare Tyler, lui rispose allo sguardo e Payne si chiese come potesse essere avere un figlio, soprattutto con l’uomo che si ama e con cui si vorrebbe passare la vita.

Tyler abbandonò il piccolo volume scritto in spagnolo e la raggiunse nel mezzo di quella pista improvvisata, proprio al centro del piccolo locale scuro, colmo di facce sconosciute ed odore di tequila.

Sorrise trovandola immobile, spostando i lunghi capelli biondi dal lato del suo viso.

Lei sospirò e prese timidamente la mano di Tyler nella sua.

Lui le si avvicinò ancora, poggiando quella stessa mano sul suo fianco, cingendole la vita e portando la bocca accanto al suo orecchio.

Payne chiuse gli occhi riprendendo a muoversi lentamente, erano in un nuovo mondo ed in quel nuovo mondo il passato non aveva più alcuna importanza.

Sentì il respiro di Tyler sfiorarle la pelle e gli si strinse ancor più addosso. Lui la sfiorò con le labbra e si fece spazio tra i capelli di miele e vaniglia perché lei sentisse bene

“Te amo... Nunca dejé de amarte.”

Sussurrò e la vide subito dopo esplodere nel più sincero dei sorrisi.

 

Poco più là André buttava giù l’ennesimo bicchierino di tequila seguendo con gli occhi il movimento veloce delle carte tra le dita del messicano.

“¿Dónde está la reina de corazones ahora?”

Sbuffò indicando distrattamente la carta nel mezzo, l’altro scoprì la regina per l’ennesima volta

“El señor vuelve a ganar!”

Voci di ammirazione e sospetto si sollevarono di nuovo, André non capiva che quattro parole di spagnolo, ma quel gioco era uguale dovunque ed il suo QI era sempre più veloce di qualsiasi mano muovesse le carte. Questione di probabilità matematiche e prevedibilità umana.

Accese una sigaretta iniziando a contemplare tutti i possibili piani per tirar Davis fuori di galera.

 

 

 

 

 

Scusatemi!! Ci ho messo tantissimo lo so… Ma ci vediamo presto per l’epilogo! Qualsiasi feedback sarà apprezzato! Grazie a tutti!!

 

 

 

  

 

 

 

 

 

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Capitolo 27
*** They'll never know ***


epilogo

EPILOGO

They’ll Never Know..

 

Eden mosse le ciglia, ancora totalmente immersa in quel caldo, tranquillo dormiveglia. Era il suo momento preferito in tutta la giornata, quegli attimi di silenzio in cui il suo corpo sembrava aver trovato la più comoda delle posizioni e la sua mente riusciva a vagare in ogni più remoto angolo dello spazio-tempo.  Poteva sentire i rumori del traffico di New York ed il sole che le scaldava la fronte. Riusciva ad immaginarsi esattamente dove avrebbe voluto essere.. E poteva percepirlo perfino sulla pelle.

Corrugò la fronte colpita da un raggio di sole reale, riuscito a penetrare tra le tapparelle appena sollevate. Controvoglia sollevò le palpebre una prima volta, riuscendo a malapena a mettere a fuoco. Allungò ogni muscolo stirandosi tra le lenzuola di cotone bianco poi mosse il braccio verso il lato vuoto del letto, sforzandosi ancora una volta di aprire gli occhi. La sveglia segnava le 8e35, tempo di alzarsi e vivere un’altra giornata di realtà.

Venne fuori lentamente ed infilò la vestaglia color cipria prima di passare la soglia del bagno. Uno scroscio d’acqua fresca a poté finalmente cogliere un’immagine nitida di sé nello specchio. Le sue guance avevano un bel colorito roseo ed i cerchi intorno agli occhi si intuivano appena, segno che aveva passato un’altra nottata serena. Sospirò passando la crema idratante sul viso e la spazzola tra i capelli, adesso che era totalmente sveglia riusciva a percepire perfettamente i crampi allo stomaco. Se ne era quasi dimenticata.

Tornò in camera ancora una volta e decise di tentare la fortuna aprendo la finestra. Il sole di poco prima era ancora lì, timido tra le perenni nuvole grigie di Chicago, eppure caldo ed invitante. Sorrise ringraziando la città per quel dono che oggi sentiva essere solo per lei.

Seguendo la scia di zucchero e caffè arrivò in cucina e lì, poggiata allo stipite della porta, si concesse il secondo sorriso della giornata.

Sophia sollevò lo sguardo incontrando il suo, gli occhi le si spalancarono di gioia mentre correva ad abbracciarla.

“Mamma, mamma! E’ lunedì!”

Esclamò saltellando insieme ai suoi boccoli scuri. Era già cresciuta parecchio, ma il suo viso non era cambiato di una virgola, tantomeno il suo sorriso.

Eden si abbassò per poggiarle un bacio sulla fronte

“Buongiorno amore mio.”

Sophia rise ancora, senza fermare il suo moto continuo

“E’ lunedì!”

Ribadì ed Eden sospirò di sollievo

“E’ vero tesoro, è lunedì!”

Risollevando la schiena concesse finalmente attenzione all’altra persona nella stanza.

Dair era in piedi vicino ai fornelli, un grembiule a quadri proteggeva la sua camicia azzurra mentre la padella di fronte sfrigolava ancora. Si mosse per raggiungerlo e lo baciò sulla guancia inalando un piacevolissimo odore di pancake.

“Buongiorno.”

Lui sorrise in risposta

“Buongiorno a te.”

Eden inspirò ancora e per la prima volta passò gli occhi sul tavolo.

“Pancake al cioccolato, torta di mele, croissant e…” Si sporse riempiendosi il naso con i fumi della tazza “… caffellatte alla cannella.”  Guardò Dair sollevando un sopracciglio “Sarà mica natale?”

Lui tolse al volo il grembiule e si allungò al di là di lei rubando una rosa dal vaso sul davanzale. Gliela porse

“E’ comunque un giorno da festeggiare.”

Eden prese il fiore tra le mani e lo annusò sorridendo di nuovo. E’ vero, quello era un gran giorno per lei.

Trentuno mesi erano passati.

Due anni, sei mesi e diciotto giorni per la precisione.

Chiuse gli occhi per un istante, non avrebbe mai pensato sarebbero passati tanto in fretta.

Dopo l’esito fallimentare della sua missione aveva dovuto fare i conti con i vertici dell’FBI. Non solo il piano era fallito per colpa sua, ma l’innumerevole quantità di regole infrante avrebbe potuto costarle ben più degli arresti domiciliari.

Aveva temuto di finire in galera e perdere comunque sua figlia, ma con l’aiuto di Dair ed uno sforzo in più da parte del giudice era riuscita a patteggiare per la custodia domiciliare. Daniel aveva garantito per lei, accogliendola nel proprio appartamento insieme alla bambina. E lì aveva passato gli ultimi 929 giorni in attesa di questo lunedì.

“Grazie.”

Disse piano tornando alla realtà e lasciandosi scivolare nella sedia.

Sophia ridacchiava parlottando col personaggio nel suo piatto. Come ogni mattina Dair aveva perso cinque minuti buoni a disegnare occhi, bocca e capelli al suo pancake.

Eden sospirò di colpo persa nella malinconia riflessa sul suo caffè.

Dair le raggiunse al tavolo

“Allora, è il tuo primo giorno di libertà… Hai già deciso cosa fare?”

Lei guardò ancora più a fondo, sperando che la tazza le desse un’idea. Non aveva davvero pensato a come avrebbe vissuto la sua nuova vita da donna libera, finalmente lontana dai casini della malavita newyorkese e dalle pretese dell’FBI.

Sospirò. Non pensava quel giorno sarebbe arrivato tanto in fretta.

“Tu non vieni con noi?”

Rispose annullando furbamente la precedente domanda di Dair.

“No, purtroppo ho una lunga riunione oggi.. E poi c’è l’indagine Menphis da sistemare.. Dovrete fare a meno di me.”

Eden allungò il broncio per una manciata di secondi, la presenza di Dair avrebbe reso tutto più facile.

“Andiamo al parco mamma! Andiamo a giocare al parco!”

Rivolti gli occhi a sua figlia quell’attimo di malumore sparì. Sophia era un incanto con addosso quel leggero abito a pois, il rosso donava alla sua carnagione e le piccole maniche a sbuffo le davano un’adorabile aria alla Shirley Temple. Ben presto sarebbe ricominciata la scuola e lei avrebbe dovuto imparare a fare a meno di lei, venendo a patti con le sue prossime mattinate solitarie e pensierose.

Decise che l’avrebbe accontentata in tutto quel giorno.

“Certo tesoro. Andremo al parco e in qualsiasi altro posto tu voglia andare! Ma prima facciamo un salto in libreria.”

Sophia corse ad abbracciarla ed Eden si perse nel profumo fruttato dei suoi capelli.

Aveva mantenuto la promessa a sua figlia ed era fiera di averlo fatto.

“Ancora? Quel libro deve piacerti davvero da morire, ne hai già ordinate mille copie!”

Dair indicò la pila di libri poggiata sul tavolo del soggiorno. Ognuno di essi portava sulla copertina la stessa scritta.

“Round Trip”  by  Matt Mylers.

Eden sorrise una volta ancora al suono di quel nome fittizio.

“Voglio comprarne una copia di persona.”

Dair sollevò le spalle

“Tutto quello che vuoi!”

Scolando il suo caffè si alzò in piedi dopo aver buttato l’occhio all’orologio.

“…Allora vi auguro buon divertimento signore.  Ci vediamo stasera per cena.”

Eden annuì con un sorriso e lo guardò mentre infilava la giacca, sistemava la cravatta e lasciava un bacio sulla fronte della bambina prima di uscire dalla porta.

Daniel Dair era stato la sua salvezza, la sua ancora, il suo punto fermo. Chissà dove sarebbe finita senza il suo appoggio e le sue spalle su cui piangere.

Già, perché non avrebbe mai potuto quantificare il monte di lacrime che aveva versato. Notti intere passate a piangere prima di realizzare che cosa aveva fatto davvero, a cosa aveva rinunciato, cosa avrebbe dovuto affrontare.

Poi, un poco alla volta, il bisogno di piangere era sparito ed al suo posto era emersa l’ansia dell’attesa. I suoi giorni chiusa in un appartamento, dapprima tristi e ripetitivi, si erano riempiti di cose da fare e ben presto si era scoperta capace di cose che non avrebbe mai pensato. 

Eden Spencer era in grado di cucinare. Non più solo uova e pasta al sugo, ma anche soufflé e perfino un’ottima boeuf bourguignon. La sua prossima prova sarebbe stata costruire un alto e perfettamente simmetrico croquembouche.

Si strascinò in camera pensando a cosa avrebbe indossato quel giorno, era forse ingiusto nei suoi proprio confronti, ma continuava a cercare il pezzo più neutro del suo guardaroba, così sarebbe passata inosservata.

Alla fine scelse quell’abito morbido che non aveva mai indossato, il suo intenso verde bottiglia era abbastanza vivace eppure abbastanza sobrio da rispecchiare perfettamente il suo stato d’animo odierno. Infilò ai piedi le zeppe Jimmy Choo e si sedette al vanity.

Guardandosi più attentamente decise che avrebbe almeno sfoggiato il miglior make up, leggero, ma abbastanza luminoso da attirare tutta la luce di quell’insolita giornata a Chicago. La matita scura ed il mascara YSL le allargarono lo sguardo, cercando un equilibrio col blush rosa ed il tocco di lucido sulle labbra. Ravvivò i capelli color caramello scuro e sospirò un’ultima volta contro il proprio riflesso.

 

L’aria che l’accolse fuori dal portone del palazzo si scoprì più calda di quanto si aspettasse. Infilò gli occhiali da sole respingendo una luce fin troppo brillante e prese la mano di Sophia. Pochi isolati ed avrebbe varcato i confini del parco da donna libera, da madre orgogliosa e nulla più.

Sfilando tra la folla indifferente del lunedì mattina capì per la prima volta che tutto era davvero finito. La vita da ladra, da ribelle, da moglie di… Scacciò il pensiero… Il passato era ormai alle sue spalle e solo il futuro l’attendeva davanti. La vita che aveva sempre desiderato stava iniziando in quel preciso istante.

Lo squillo del cellulare la riportò alla realtà. Si fermò sui suoi passi assicurando la bambina accanto a lei, poi sbuffò un attimo prima di rispondere.

 

“Mamma?”

La voce all’altro lato sembrava sorridere, seppur mantenesse una perfetta aplomb.

“Eden cara, è oggi che finisce la tua condanna vero? Stavo andando da Jules per la manicure ed ho realizzato che fosse lunedì.”

Lei sospirò scuotendo appena la testa

“Sì mamma, è oggi.”

“Oh cara, sono così contenta per te! E dimmi, come sta la mia adorabile nipote?”

“Benissimo. Stavamo andando al parco giusto adesso.”

“Dalle un bacio da parte mia e Eden…”

Poteva immaginare la sua espressione anche a chilometri di distanza

“…Ho appena fatto emettere una carta platino a tuo nome, puoi ritirarla in banca dal Signor Baker quando vuoi.”

“Non era necessario mamma.”

“Oh sì invece. Il fatto che non sia lì non vuol dire che mi esimerò dal far avere a mia nipote tutto ciò che desidera.”

“Grazie mamma. Dobbiamo andare adesso.”

“Bene.. Eden?”

“Sì?”

“Richiamami stavolta.”

“Certo mamma.”

Eden chiuse la comunicazione ed inspirò a pieni polmoni. Sua madre, sua madre era tornata nella sua vita e contrariamente a quanto pensasse, non la odiava affatto.

Con l’inizio del processo vero e proprio anche la sua famiglia – sua madre – era stata convocata e lei non aveva potuto far nulla per impedirlo.  Nonostante lo sguardo avvilito e miserabile con cui l’aveva raggiunta nella stanza degli interrogatori, la conversazione seguente non era stata terribile. La Signora Spencer aveva un’idea perfetta di cosa significasse perdere la testa per il cattivo ragazzo e sposare un uomo che non sarebbe mai stato il perfetto stereotipo di padre di famiglia.

Aveva temuto per anni di non rivederla viva, pertanto era riuscita suo malgrado ad elaborare lo shock del matrimonio e delle rapine in banca.  Sophia poi aveva fatto il resto. Pochi sguardi rivolti alla bambina e sua madre aveva ritrovato una ragione per vivere, una nuova piccola donna in famiglia da istruire, viziare e spingere ai massimi livelli dello stile e della grazia. La nuova speranza di poter un giorno vedere le sue aspettative soddisfatte dalla nipote aveva sancito la rinascita del loro rapporto.

E dopo tutto, non era affatto male.

Il parco si aprì davanti ai loro occhi e Sophia lasciò la mano della madre per correre dritta verso l’altalena. Eden rimase a guardarla mentre con la coda dell’occhio cercava una panchina libera su cui sedersi. Da tanto tempo lo desiderava, sedersi su una panchina e sfogliare una rivista di moda, lanciando di tanto in tanto uno sguardo alla bambina, esattamente come fa ogni altra madre al mondo.

Inspirò l’odore dell’erba tagliata di fresco e scelse una seduta di spalle al sole, abbastanza lontano dalle altre donne, mamme, tate o babysitter. Era troppo presto per confrontarsi col resto del mondo.

Vide Sophia che la salutava correndo con gli altri bambini.

Sorrise di cuore, sua figlia avrebbe avuto una vita normale, il più possibile vicina alla perfezione.

Un brivido di tristezza le percorse la schiena al pensiero di quello che era successo qualche mese prima; al pomeriggio in cui Sophia era tornata da scuola col viso imbronciato e le braccia incrociate al petto. Dopo vari tentativi di carpire qualche notizia la piccola aveva confessato di essere arrabbiata. Tutti i bambini avrebbero dovuto portare una foto della loro mamma e del loro papà da mettere nella cornice di cartone e pasta che avevano costruito qualche giorno prima con l’insegnante.

Posso prendere la foto di Daniel?”

Le aveva chiesto timidamente, facendole sanguinare il cuore. Eden si era inginocchiata per accarezzare il viso della sua bambina

“Ma lui non è il tuo papà, lo sai vero?”

Sophia aveva allungato di nuovo il broncio, stavolta accompagnato da grossi lacrimoni agli angoli degli occhi. Eden era entrata in allarme e l’aveva stretta a sé. Quel giorno doveva arrivare, prima o poi.

Quella domanda.. Quella terribile domanda sarebbe arrivata prima o poi.

“Dov’è il mio papà?”

Eden aveva quasi perso l’equilibrio sentendola dal vivo. Aveva stretto ancor più la presa per qualche istante, profondamente indecisa su cosa rispondere.

“E’ lontano, ma ti vuole bene.”

Si era morsa il labbro.. Che stupida risposta da film di bassa lega.

Inspirò

“Tuo padre è dovuto partire, quando tu eri ancora molto molto piccola…”

Accompagnò le parole stringendo il pollice e l’indice fin quasi a farli toccare, cercando di distrarre l’attenzione della bambina dalla tensione del suo viso

“Come pollicina?”

Eden sorrise

“Esatto, forse anche più piccola…”

Respirò ancora

“…E’ dovuto andare lontano, così lontano che ora non riesce più a tornare.”

Sophia aggrottò le sopracciglia

“Il mio papà si è perso?”

“Qualcosa del genere… Ma ti vuole tanto bene e pensa a te ogni giorno.. Questo io lo so per certo.”

Sophia sembrò convincersi di quell’assurda spiegazione e sollevò un sopracciglio dondolando le spalle, quasi si vergognasse di ciò che stava per chiedere.

“Ce l’hai una foto del mio papà?”

Ecco. Questo non era previsto.

Si leccò le labbra guardando l’orologio, Dair non sarebbe tornato prima di un paio d’ore e probabilmente era tempo che quella conversazione venisse affrontata.

Annuì tornando in piedi ed allungando la mano

“Vieni con me tesoro.”

Nella sua stanza, nel suo armadio, da dietro una pila di maglioni e sciarpe smessi Eden tirò fuori una scatola, una piccola scatola blu chiusa da un nastro bianco.

La aprì di fretta mettendo da parte quelle poche foto di Davis e gli altri. Non voleva che Sophia scoprisse di aver già conosciuto suo padre senza saperlo.. Per raccontarle quella parte della storia avrebbe aspettato il momento giusto, la certezza che sua figlia avesse dimenticato i giorni passati fuggendo da una città all’altra, lontana da lei o accanto a persone che forse non avrebbe mai rivisto.

Si sedette sul letto e la aprì di nuovo con delicatezza, era tutto ciò che ancora conservava del suo passato. Almeno in termini materiali.

“Guarda…”

Esordì tirando fuori una piccola custodia color oro. La aprì e tirò su un rossetto mezzo consumato. Il suo colore rosa intenso era lo stesso anche dopo più di dieci anni.

“…questo rossetto me l’ha regalato tuo padre.”

Ovviamente non poteva dirle che l’avevano rubato insieme, ma di certo era stato un regalo. La prima volta che aveva rubato qualcosa, la prima volta che Davis le era stato vicino, la prima volta che si era sentita viva in quel modo.

Sophia spalancò gli occhi allungando la manina

“Lo posso prendere?”

Eden sospirò ed accennò un sorriso poggiandolo su quel piccolo palmo. La bimba lo prese e guardandolo come fosse fatto di cioccolato, se lo portò alle labbra. Un paio di secondi appena ed era tutto spalmato sulla sua bocca, sul mento e perfino sulla punta del naso.

Sophia aprì un enorme sorriso ed Eden non se la sentì di protestare.

Infilò di nuovo la mano nella scatola e tirò fuori un fiore secco, divenuto ormai di un languido color marroncino.

“Questo è uno dei fiori del mio bouquet, i fiori che avevo nel giorno in cui io e tuo padre ci siamo sposati. E’ stato un giorno bellissimo.”

Sua figlia sorrise di nuovo, totalmente estasiata all’idea di conoscere qualcosa in più della sua breve vita.

Infine afferrò l’ultimo segreto nascosto nella scatola. Una piccola custodia di velluto. La aprì lentamente trattenendo il fiato, non osava guardarlo ormai da tempo.

Il grosso diamante luccicò al centro della stanza, incastonato in una lucida fascetta d’oro bianco. Eden non trattenne un brivido di nostalgia e tristezza.

“Ecco…”

Porse la scatolina alla visione di Sophia

“…Questo è l’anello che mi ha dato tuo padre quando mi ha chiesto di sposarlo.”

La piccola spalancò la bocca ed allungò la mano

“Posso mamma?”

Stavolta Eden dovette restar ferma e decisa

“Non ora tesoro mio, ma un giorno sarà tuo.”

“Quando mamma? Quando?”

Inspirò

“Il giorno in cui ti innamorerai di un ragazzo perbene, un ragazzo fatto apposta per te e che ti amerà allo stesso modo.. Il giorno in cui deciderai di passare tutta la vita con lui.”

Sophia scosse la testa

“Io voglio stare sempre con te mamma.”

Eden sorrise chiudendo la scatola, poi strinse la bambina in un nuovo abbraccio

“Io ci sarò sempre per te. Tutta la vita.”

Sophia guardò di nuovo il rossetto pensando che lo avrebbe custodito come un tesoro

“Come si chiama il mio papà?”

Eden rimase spiazzata per un secondo.. Mentire o non mentire? Forse sua figlia non ricordava già più i particolari.. Forse le aveva già mentito abbastanza.

“Davis.”

Rispose a mezza bocca, sperando che la sua breve memoria di bambina mollasse il passo.

“E com’è mamma?”

Eden sospirò di sollievo, sorridendo nel nulla mentre accarezzava quell’immagine

“Bellissimo… Ha i capelli castani, gli occhi scuri ed il tuo stesso identico sorriso.”

A quelle parole Sophia corse allo specchio del vanity. Provò a sorridere, una, due, dieci volte. Sua madre rimase a guardarla in silenzio, lacerata dal rimpianto e dalla piacevole consapevolezza che sua figlia aveva il meglio di loro due.. Addosso e non solo.

“Tuo padre è coraggioso, è forte, non ha paura di niente.”

Sophia si voltò a guardarla

“E’ come un principe azzurro?”

Stavolta sorrise

“Sì, un principe azzurro.”

 

Tornata alla realtà vide Sophia ricomparire di corsa di fronte a lei

“Mamma mamma, c’è Amber!”

Amber. La sua piccola compagna con i capelli biondi e le lentiggini sul naso.

“Questa è la mia mamma!”

Esclamò Sophia facendosi tutta fiera in un istante. Eden sorrise di cuore

“Ciao Amber!”

L’altra bimba sollevò la mano in risposta mentre da lontano una donna con i capelli dello stesso colore avanzava verso di loro.

“Buongiorno…”

Si presentò

“…Sono Angelica Brown, la madre di Amber.”

Eden si alzò dalla panchina allungando la mano

“Salve, Eden Spencer.”

Si scambiarono una stretta decisa, poi la signora Brown indicò il piccolo locale al di là della strada.

“Le bambine vorrebbero un gelato. Le dispiace se le accompagno a prenderlo? Anzi, viene con noi?”

Eden ci pensò su un secondo, non era pronta ad una chiacchierata tra mamme. Cosa le avrebbe raccontato sul perché non si era mai vista a scuola? Cosa le avrebbe raccontato della sua vita da casalinga ai domiciliari?

“Mamma andiamo?”

Eden sorrise a sua figlia

“Va’ pure con Amber tesoro. Io devo fare un paio di telefonate poi vi raggiungo.”

Si rivolse poi ad Angelica

“Ne approfitto per fare un paio di telefonate, ma andate pure.”

“Se vuole la aspettiamo.”

“Non importa, non ci metterò molto comunque.”

“Ok, allora andiamo bambine!”

Eden sorrise di nuovo

“La ringrazio.”

L’altra prese per mano le due bimbe e si incamminò sugli alti tacchi che calzava alla perfezione.

Eden sospirò guardandoli entrare nella gelateria. Non sarebbe stato tutto così semplice come sperava.

Abbandonò la testa all’indietro sulla panchina e chiuse gli occhi per un istante, il tempo giusto perché il vento leggero portasse quel profumo fino alle sue narici.

Se ne riempì i polmoni senza il coraggio di aprire gli occhi. Forse si era addormentata e stava già sognando.

Respirò ancora mentre la sua ombra proiettata in avanti si infrangeva con quella di qualcun altro.

Rimase a fissare quell’intreccio di semioscurità.

Il cuore a mille dentro il petto.

 

“Come puoi essere qui?”

 

Chiese Eden a mezza voce.. Doveva essere un’allucinazione.

Chiuse di nuovo gli occhi tendendo e rilassando i muscoli allo stesso tempo.

Sospirò senza avere però il coraggio di voltarsi.

Ogni giorno di quei 929 si era chiesta se l’avrebbe mai rivisto.

Ripensò all’annullamento che lui non aveva firmato. Al divorzio che lei non aveva mai chiesto.

Era ancora suo marito.

 

“Non me ne sono mai andato.”

Rispose lui muovendo un passo più vicino sull’erba.

Eden poteva quasi sentire i suoi capelli sfiorargli il corpo, lo sentiva dietro di lei ed avrebbe voluto tanto voltarsi, ma non ne aveva il coraggio.

Dopo quel che aveva fatto, dopo le decisioni che aveva preso, Davis avrebbe avuto tutto il diritto di odiarla, ma lei non avrebbe sopportato di voltarsi e trovare nei suoi occhi null’altro che odio.

“Come puoi essere qui?”

Ripeté quasi in un sussurro, domandandolo più a sé stessa che a lui.

Davis si mosse ancora, aggirando la panchina e finendo finalmente davanti ai suoi occhi.

“Meno ti nascondi e più sei difficile da trovare… Non resterò a lungo comunque.”

Eden reagì istintivamente a quell’ultima frase e finalmente si concesse di guardarlo.

Abiti borghesi, un anonimo paio di jeans, occhiali da sole e barba incolta, almeno di una settimana o due.

Fece fatica a respirare. Mille cose avrebbe voluto dire, ma nulla venne fuori. Come sempre quello col sangue freddo era lui.

Davis prese posto accanto a lei. Eden trattenne a malapena la voglia di toccarlo per capire se fosse vero. Forse stava ancora dormendo, forse quella giornata non era mai iniziata.

“Sei bella.”

Le disse con una naturalezza disarmante che la costrinse ad arrossire. Guardarlo le veniva così difficile.

“Grazie…”

Rispose lei riprendendo fiato

“…Stai bene?”

Davis si passò la lingua sulle labbra mentre tirava fuori una sigaretta.

La accese inspirando lentamente.

“Sto bene.”

Non aggiunse altro, quasi non volesse correre il rischio di dire qualcosa di troppo.

Le rivolse gli occhi, lo sguardo nascosto dietro le lenti scure

“E tu? Sei felice?”

Eden scattò con la testa di fronte, non sapeva cosa rispondere e non voleva che lui le leggesse il viso. In fondo non poteva dire di star male, il suo mondo era quasi perfetto, quasi… Non avrebbe nemmeno potuto dirgli che era felice.

“Faccio quello che posso.”

Rispose infine il più vaga possibile.

Davis emise una specie mugugno, un suono incerto con cui forse annuiva alla sua inutile risposta.

“Guardami.”

Le ordinò. Lei tremò contro il legno della panchina.

“Guardami per favore.”

Lentamente gli rivolse lo sguardo, incerta ed impaurita come una ragazzina. Si era tolto gli occhiali ed ora i suoi occhi allungati e scuri la scrutavano senza protezioni.

Allungò le mani facendola trasalire, ma nessun contatto avvenne tra pelle e pelle. Davis afferrò con attenzione gli occhiali da sole e li sfilò dal viso di Eden.

Ora potevano guardarsi davvero.

Lui ripassò i contorni del suo volto curato, notando ogni particolare al di là del trucco. Niente occhiaie, segno che dormiva bene. Guardò più giù, lo smalto rosso alle unghie e l’assenza di anelli al suo dito sinistro. Rimase incerto tra l’essere sollevato oppure dispiaciuto.

Eden cercò i suoi occhi per capire se lui la odiasse. Aveva l’aria più rilassata di quel che aveva immaginato. Nessun livido o cicatrice recente. Nessun segno di abuso di alcool. Quasi se ne sentì ferita, forse lui stava bene da solo, forse anche meglio di lei.

“Vuoi chiedermi qualcosa di Sophia?”

Domandò Eden, bisognosa di interrompere quello scambio di sguardi.

Lui sorrise a metà dandole il colpo di grazia.

Sputò fuori un paio di cerchi di fumo.

“So tutto di lei.”

Eden sospirò

“Oh…”

Disse tra i denti. Era stata un’ingenua nel pensare anche solo per un istante che Davis sarebbe rimasto lontano da sua figlia. Da lei forse sì, ma mai da Sophia.

“Ho parecchi amici da queste parti.. Non mi sono perso un solo giorno della sua vita… E della tua.”

Eden sollevò di nuovo il viso, sorpresa, emozionata, lusingata, spaventata, tutto nello stesso momento.

“So che hai fatto pace con tua madre.”

Eden annuì senza voglia di affrontare l’argomento. C’erano mille altre cose che avrebbe voluto chiedere e sapere piuttosto, ma nuovamente non riuscì a proferire una sillaba.

Quell’attimo di pura illusione le aveva tolto ogni facoltà razionale.

Lui fumò ancora due boccate senza dire altro, poi lanciò il mozzicone un paio di metri più in là

“Torna qui stasera dopo le dieci.”

Ordinò continuando a guardare di fronte

“Ho alcune cose da dirti.”

Eden trasalì cogliendo quel repentino cambio di tono.. Era stato serio, conciso, non l’aveva nemmeno guardata.

Strinse i pugni guardandolo alzarsi, la bocca asciutta quasi avesse la lingua paralizzata.

 

“Davis..”

Riuscì infine a pronunciare quel nome, senza sapere se e con quali parole sarebbe mai riuscita a continuare la conversazione.

Lui calzò gli occhiali e le lanciò un’ultima occhiata

“A stasera.”

Concluse, sparendo a passi veloci tra gli ospiti di Grant Park, lasciandola completamente fuori dal mondo.

Cercò di calmarsi prendendo due lunghi respiri, si guardò ancora intorno.

Inutile… Doveva averlo immaginato.

 

“Mamma!”

Sophia corse verso di lei col viso ancora impiastricciato di cioccolata.

“Eccoti qua tesoro mio…”

Barcollò appena sulla panchina tornando alla realtà.

Angelica ed Amber poco più in là.

“…Gelato al cioccolato eh?”

Sophia aggrottò le sopracciglia

“Come lo sai?”

Eden sorrise prendendo una salviettina dalla borsa

“Scommetto che ne è finito più sul tuo vestito che nella tua pancia.”

Allungò la mano per pulire il viso della bambina.

“Scusami, ho cercato di non farle sporcare, ma è stata una missione impossibile!”

Angelica sorrise a sua volta, tenendo Amber per la mano

“Non preoccuparti, ne sono perfettamente consapevole!”

Il passaggio dal Lei al Tu era stato completamente naturale.

“Io e Amber dobbiamo andare adesso, ma spero di rivederti… Le nostre bambine vanno così d’accordo, spero che varrà lo stesso anche per noi.”

Eden si alzò in piedi

“Lo spero anch’io… E ti ringrazio ancora.”

“Di nulla. A presto!”

La signora Brown e la sua copia in miniatura si allontanarono lentamente. Eden si lasciò cadere di nuovo sulla panchina, stringendo Sophia accanto a sé.

Torna qui stasera dopo le dieci

Quella frase continuava a ripetersi nella sua testa.

“Mamma andiamo?”

Incalzò Sophia balzando giù e iniziando a dondolarsi sul posto.

“Dove vuoi andare tesoro?”

Lei sembrò doverci pensare mentre Eden rimirava le macchie marroni sul suo vestitino a pois.

“Sai cosa? Dovremmo passare in banca.. La nonna ha lasciato un regalo per noi.”

Sophia si illuminò

“Un regalo?”

“Esatto. Vuole che oggi ti compri tutto quello che desideri.”

La bambina prese a saltellare

“Tutto tutto??”

Eden annuì

“Già… E credo cominceremo con un bel vestito nuovo.”

 

----

 

Rientrando a casa col peso di almeno dieci buste da shopping Eden assaporò con piacere il profumo familiare di sandalo e vaniglia.

Sophia corse a sedersi sul divano. Doveva essere stanca. E lo era anche lei.

Poggiò tutto sulla porta e si tolse le scarpe prima di camminare fino alla cucina.

Un bicchiere d’acqua e tornò a sentire quella frase nella sua testa

Torna qui stasera dopo le dieci

Possibile che fosse stato solo un sogno?

Possibile che lui non fosse davvero lì?

Chiudendo gli occhi riuscì a percepire di nuovo il suo profumo e l’odore del fumo di sigaretta.

Ripensò ai suoi capelli scompigliati, alla sua barba incolta, alla sua t-shirt, alla sua voce.

Torna qui stasera dopo le dieci

Inspirò mentre lo stomaco iniziava a brontolare.

Cosa avrebbe detto a Dair? Come avrebbe potuto uscire di casa dopo cena? Cena.. Si avvicinò al frigo e notò con sollievo la presenza dell’arrosto che aveva preparato la sera precedente. Non sarebbe riuscita nemmeno a scaldare un pasto surgelato in quelle condizioni.

Sophia si era già addormentata.

Scivolò silenziosamente in camera e di nuovo tornò a guardarsi nello specchio.

Cosa voleva dirgli Davis? Che la odiava forse? Che la ringraziava di averlo lasciato libero? Che si sarebbe vendicato togliendole Sophia e tutto ciò che aveva di più caro?

Scosse la testa.

No. Davis non le avrebbe fatto questo… Ma come poteva esserne certa? Lei invece era riuscita benissimo a fargli del male.. A distruggere le sue speranze ed i suoi sogni.. A tenerlo lontano da sua figlia.. A lasciarlo..

Stavolta forse era il suo turno.

Il rumore della porta la fece sobbalzare, Dair fu vicino a lei poco dopo.

“Tutto bene?”

Eden si sforzò di sorridere

“Sono solo stanca.”

Lui poggiò un bacio tra i suoi capelli

“Troppo shopping?”

Eden abbassò lo sguardo e si voltò verso di lui

“Cosa avrei fatto senza di te?”

Dair sospirò inginocchiandosi fino alla sua altezza

“Io non ho fatto nulla… Ci sei riuscita da sola… E io sono orgoglioso della donna che sei diventata...”

Eden non rispose

“…Sei libera adesso.”

Non lo era affatto. Nemmeno un giorno e nuovamente si era persa nel suo passato.

Dair allungò due dita e le sollevò il mento

“Che c’è?”

Lei scosse la testa

“Niente.”

“Sicura?”

Eden prese la mano di Dair nella sua

“Ti devo tutto. Non voglio deluderti.”

Lui sorrise

“Non l’hai fatto.. E non succederà mai…”

Le accarezzò piano il viso

“…Io ti amo.”

Concluse.

Eden inspirò profondamente quelle parole. Per tutto il tempo della condanna erano state il suo mantra, la forza che l’aveva spinta a superare il dolore e l’incertezza. Anche se non lo meritava, anche se non avrebbe mai potuto ricambiare nello stesso modo, quell’uomo perfetto era suo.. L’uomo che sua madre aveva sempre desiderato sposasse.. Un compagno fedele ed un patrigno stupendo.

“Lo so… Me lo ricordi ogni singolo giorno.”

Dair si sporse e le sfiorò le labbra con le proprie. Eden ricambiò con la stessa delicatezza.

“Vuoi mangiare?”

Domandò, instillata di nuova forza. Lui si alzò e si passò la mano sullo stomaco.

“E’ stata una lunga noiosa giornata.”

Eden sorrise balzando in piedi

“Andiamo allora.”

 

Fu solo dopo l’arrosto e lo sformato di broccoli, solo dopo aver riposto gli ultimi piatti nel lavandino, che Eden si concesse di guardare l’orologio.

Le nove e trenta.

Ebbe un sussulto incontrollato e lasciò cadere la spugna.

Doveva andarci. Comunque doveva andarci.

Sfilò in camera bypassando il divano ed afferrò la borsa. Uno sguardo veloce al mascara ancora intatto e rientrò in soggiorno.

Dair sollevò un sopracciglio

“Dove vai?”

Eden sollevò maldestramente le spalle

“Stavo controllando la dispensa ed ho scoperto che manca… Manca… La salsa di soia.”

“Esci a quest’ora per la salsa di soia?”

Eden annuì

“Ne ho assoluto bisogno. Devo marinare la carne per domani.”

Dair aguzzò lo sguardo, quella nuova passione per la cucina stava diventando una vera ossessione.

“Sei sicura di non poterne fare a meno?”

Lei annuì di nuovo

“Un’altra cosa che posso fare da sola adesso… La spesa.”

Dair sembrò rilassarsi. Probabilmente era solo questo, bisogno di uscire di casa.

“Se davvero è indispensabile…”

Eden strinse la borsa sulla spalla

“Farò più in fretta che posso.”

Nella sua testa l’amara constatazione che la sua scusa non avrebbe retto. Il supermarket era solo pochi passi più in là del palazzo. Comunque scese le scale e si immerse tra le vie ancora popolate della città.

A piccoli passi continuava ad avanzare, la borsa stretta da una parte ed una sigaretta nell’altra. Solo un po’ di nicotina le avrebbe permesso di arrivare ancora in piedi fino al punto stabilito.

Mancavano due minuti alle dieci quando raggiunse la panchina. La zona dei giochi era deserta. Quasi tremò al pensiero di esser sola in quel posto.

 

“Stai davvero bene in verde.”

Un nuovo complimento.

Si voltò di scatto e lo trovò lì davanti, anche lui negli stessi vestiti della mattina. In mano una valigetta nera.

“Gra… Grazie.”

Si fece avanti a passi lenti, lui si avvicinò a sua volta.

Rimasero in piedi a guardarsi nella penombra della serata. Dire “mi dispiace” sembrava davvero troppo banale.

“Ecco…”

Iniziò lui poggiando la valigetta sulla panchina per tirarne fuori una pila di fogli.

Documenti del divorzio? Eden deglutì a fatica.

“Ricordi quando hai mandato a monte la lettura del testamento di mio nonno?”

Eden aggrottò la fronte senza rispondere a quella domanda retorica

“Beh.. Avrei voluto ucciderti allora, ma adesso credo che dovrei ringraziarti.”

Lei avanzò un passo esitante

“Cosa sono?”

Lui le porse il pacchetto di fogli scritti in piccolo

“E’ la mia eredità…”

Sospirò lasciando i documenti nelle mani di Eden e riempiendo la sua con una nuova sigaretta

“…Ho messo tutto in un fondo fiduciario a nome di Sophia Miller. Ovviamente non vi avrà accesso prima dei ventun anni, ma tu potrai gestirlo al suo posto.”

Eden buttò gli occhi ai documenti senza riuscire a mettere a fuoco nemmeno una parola

“Ma… Ma lei… Lei non…”

“Lo so.”

Interruppe Davis porgendole un ulteriore modulo

“E’ per questo che sono qui…”

Le porse anche una penna

“…Voglio che abbia il mio nome. Voglio che sia mia figlia, biologicamente e legalmente.”

Eden spalancò la bocca comprendendo cosa avrebbe dovuto firmare.

“Farai almeno questo per me?”

Incrociò gli occhi di Davis di fronte ai suoi, finalmente vide la sua profonda tristezza. Era solo colpa sua.

Annuì mordendosi il labbro inferiore.

Firmò senza pensarci due volte, anche se ciò significava dargli potere, rischiare che un giorno venisse a reclamare la sua progenie.

Almeno questo glielo doveva.

Davis sospirò

“I miei avvocati ti faranno avere il resto.”

Concluse. Buttò la cicca e sembrò volersi allontanare.

Eden si sentì morire.

“Aspetta!”

Lui si fermò sui suoi passi, lei lo raggiunse

“Ti prego non andartene.”

Davis sembrò frugare nella confusione del suo sguardo, accarezzandola con occhi indecifrabili.  Sputò fuori il suo ultimo respiro e prese posto sulla panchina poco distante.

“Ho capito perché l’hai fatto…”

Esordì guardando altrove

“…Ma non posso sopportare il pensiero che tu stia con lui… Non riesco nemmeno a guardarti.”

Eden accusò il colpo nello stomaco

“Io non… Non sto con lui.”

Davis tirò su col naso

“Tu vivi con lui.” Precisò  “Con lui e con mia figlia.”

Sentì le lacrime bagnarle gli occhi

“Non sto con lui… Potrei… Dovrei in realtà, ma non sto con lui…”

Davis alzò finalmente lo sguardo

“…Ho provato, ho provato a dargli quello che merita, ma non ci riesco.”

Lui si leccò le labbra

“Perché?”

Eden abbassò gli occhi, strinse i pugni, tremò appena

“Perché amo te…”

Confessò

“…Non ho mai smesso… Non smetterò mai.”

Lo guardò abbassare la testa, rifugiando il viso tra le mani.

Eden sentì l’urgente bisogno di piangere. Aveva sperato che quelle poche parole sarebbero bastate per sistemare tutto.

Stupida. L’amore non è una giustificazione.

 

“Tu mi odi vero?”

Osò chiedere con la voce già impastata dal pianto. Davis balzò in piedi e le fu presto vicino, cercando i suoi occhi tra le lacrime

“Non potrei mai odiarti…”

Si passò nervosamente una mano tra i capelli

“Qualsiasi cosa tu faccia… Qualsiasi cosa tu possa dire… Anche se hai fatto in mille pezzi il cuore che non pensavo di avere… Io non posso odiarti.”

Eden pianse di sollievo.

 

“Devo andare via adesso.”

Davis contrasse la mandibola dovendo per forza sputare fuori quelle parole. Era troppo pericoloso per lui girare indisturbato per le vie di Chicago.

Negli occhi di lei il terrore che fosse la fine tanto temuta

“Dove andrai?”

“Lontano. Molto lontano da qui.”

Eden dimenticò di respirare.

La testa prese a girarle.

“Ti vedrò ancora?”

Lui sorrise appena sollevando un angolo della bocca

“Chi lo sa ragazza invisibile… Nemmeno la morte ci ha tenuti lontani per molto in fondo.”

Si strinse nella giacca e prese un lungo respiro

“Abbi cura di Sophia… Abbi cura di te.”

Eden scosse la testa

“Non posso credere che stia succedendo.”

Lui si grattò un sopracciglio cercando di restare impassibile nonostante tutto

“Dovevi scegliere… E l’hai fatto.”

Eden si morse il labbro, quasi fino a farlo sanguinare. Era completamente dilaniata tra la consapevolezza di aver deciso per il bene di sua figlia ed il desiderio di seguire quell’uomo, di piangere, buttarsi in ginocchio, fare qualsiasi cosa purché restasse.

Non mosse un muscolo.

Davis le sorrise per l’ultima volta.

“A presto ragazza invisibile.”

Concluse ignorando che fosse un addio. Accese l’ultima sigaretta ed immerso nel suo stesso fumo si voltò verso l’uscita.

Eden rimase piantata a terra mentre lui si allontanava, affrontando nuovamente quella scena… Come due anni e mezzo prima.

Un’altra volta guardava la sua schiena, ancora una volta avrebbe rivissuto quell’orrore.  

Mollando la borsa e lasciando volare i documenti al vento, corse quei pochi passi chiamando il suo nome

 

“Davis!”

 

Lui inchiodò i passi prima di varcare il cancello, il tempo di voltarsi e già la sentì addosso, stretta a lui, aggrappata alle sue spalle come fosse l’ultimo punto d’appiglio in mezzo all’infinito dell’oceano.

Barcollò per il suo peso e per il dolore che provava dentro. Toccarla avrebbe reso ognuno di quei secondi invivibile… Toccarla avrebbe significato non trovare più la forza di andare via.

Chiuse gli occhi inspirando quel profumo, cercando di bloccare il fortissimo desiderio di ricambiare quell’abbraccio… Stringerla… Baciarla… Fare l’amore con lei in mezzo a quel parco… Sollevarla e portarla via con sé.

Respirò ancora, cedendo all’irrefrenabile voglia di passare le dita tra i suoi capelli ancora una volta.

Lo fece e non riuscì più a fermarsi, scorrendo le mani sulla sua nuca, sulla sua schiena.. Ricambiando finalmente quella stretta, trovando inevitabilmente la sua bocca su quella di lei… Il suo sapore… Non avrebbe mai dimenticato il suo sapore...

“Devo andare…”

Disse tra i sospiri. Prese il suo viso tra le mani e la guardò dritta negli occhi per l’ultima volta

“…Sii felice…”

Eden provò a divincolarsi scuotendo la testa, ma lui la bloccò

“Sii felice…”

Ribadì

“…E se non ci riesci, troverai il mio ultimo regalo in quella valigetta.”

 

Un secondo. Un secondo ed era sparito.

 

-----

 

Eden chiuse di fretta la porta e corse in camera buttando la valigetta sotto il letto, appena in tempo prima che Dair comparisse alle sue spalle.

“Niente salsa di soia?”

Il tono pesante, la domanda retorica, lo sguardo serio.

Eden sospirò

“Mi dispiace. Ti ho mentito… Avevo bisogno di schiarirmi le idee.”

Lui si avvicinò

“E ci sei riuscita?”

Eden annuì

“Mi dispiace.”

Stavolta non per scusarsi dell’uscita notturna.

Lui abbassò gli occhi

“Lo so.”

Era il loro continuo andirivieni di scuse e tentativi.

Dair sospirò facendosi avanti, tentando di raggiungerla e stringerla tra le braccia. Eden non riuscì a trattenere un sussulto.. Dopo essere stata nell’abbraccio di Davis, quello sembrava del tutto sbagliato.

Lui si tirò indietro, spiazzato e suo malgrado ferito.

Sospirò

“Ti lascio da sola.”

Lei cercò i suoi occhi

“Scusami, è solo che…”

Dair alzò il palmo per fermarla

“Non importa.”

Concluse uscendo di fretta dalla stanza. Eden avrebbe voluto seguirlo, ma il richiamo più forte era quello che proveniva da sotto il suo letto.

Tirò fuori la valigetta e la aprì, scostando lentamente i documenti. Sul fondo trovò una bustina quadrata ed al suo interno un DVD. Nemmeno il tempo di osservarlo che già era infilato nel computer.

Quasi pianse vedendo quel viso.

Ciao Eden… Spero tanto che tu stia bene.”

Sullo schermo il viso di Payne brillava sullo sfondo di una spiaggia assolata. I suoi lunghi capelli biondi mossi dal vento ed il più grande sorriso che avesse visto.

Vorrei tanto che tu fossi qui…Ho così tante cose da dirti.”

La Payne del video buttò gli occhi al cielo e si morse il labbro poco prima di esplodere in un nuovo sorriso. Sollevò la mano sinistra di fronte alla telecamera. Sul suo anulare brillava un’inconfondibile fede d’oro.

L’abbiamo fatto!”

La vide ridere di cuore mentre i suoi occhi si facevano lucidi.

E…”

Riprese alzandosi in piedi

“…Abbiamo fatto anche questo!”

Sorrise mostrando il profilo del suo pancione. Eden spalancò la bocca davanti a quell’immagine.

Si sentì di colpo così felice.

Sullo schermo Payne sorrise di nuovo

Ecco che arriva mio marito!”

Accanto a lei apparve Tyler, abbronzato e radioso. I suoi capelli mossi erano più lunghi del solito e la sua espressione non lasciava possibilità di dubbi.

Ciao Eden, spero tanto che tu stia bene!”

Lei si mosse impaziente, desiderando con tutto il cuore di poter rispondere ai suoi amici, di potersi congratulare, di confessare a Tyler che aveva già comprato venti copie del suo romanzo.

Ti ringrazio amica mia, ti ringrazio di tutto.”

Eden sorrise. Dopo tutto le sue scelte avevano portato anche a qualcosa di buono.

Payne aveva ripreso il controllo della camera, riempiendo l’inquadratura col suo sorriso

Mi manchi, mi manchi tanto!”

“Anche voi mi mancate..”

Sussurrò Eden mentre lo schermo diventava nero.

Erano felici. Payne e Tyler erano felici. Lei invece…

Si tirò su prima di finire il pensiero. Aveva tutto ciò di cui aveva bisogno.

Tirò giù lo schermo del laptop e tornò alla valigetta, sperando di riuscire a mettere tutto via prima del ritorno di Dair.

Nel momento in cui provò a riporre il DVD esattamente dove l’aveva trovato, notò un’altra busta nell’angolo, mimetizzata nella pila di documenti legali.

La aprì timorosa e ci guardò dentro.

All’interno due biglietti aerei, uno col suo nome e l’altro col nome di sua figlia.

Sophia Miller.

La loro figlia.

Li accarezzò con la punta delle dita.

Due biglietti aperti, senza data di partenza o ritorno… Destinazione Tokyo.

Li strinse istintivamente al petto.

Ecco dove sarebbe andato.

Ecco dove le avrebbe aspettate.

Un sorriso sincero e liberatorio si aprì sul suo viso. Non era finita, non sarebbe mai finita.

Solo in quell’istante poté apprezzare le ultime parole di Davis.

Quello era il suo regalo.

Un finale sempre aperto. Una porta sempre spalancata.

Ripose i biglietti e camminò fino alla stanza di Sophia.

Dormiva, tranquilla e beata, stringendo a sé il solito orsetto di pezza. Il suo piccolo mondo quasi perfetto.

La accarezzò sfiorandola appena perché non si svegliasse. Un giorno tutti i dubbi della sua bambina avrebbero trovato soluzione. Un giorno avrebbe potuto raccontarle il resto della storia.

Suo padre non poteva tornare, ma lei ora poteva raggiungerlo nel suo regno lontano.

Un giorno…

Un giorno avrebbe usato quei biglietti.

 

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PORT ELIZABETH – SUD AFRICA

 

André scacciò le mosche intorno al suo naso con un gesto automatico della mano.

Fece roteare la monetina tra le dita guardando la sua immagine riflessa nello schermo della slot machine elettronica. I capelli tirati indietro col gel non si erano mossi di un millimetro ed ormai era riuscito ad abituarsi a quel nuovo pizzetto dai riflessi rossastri.

Sbuffò di noia infilando la moneta nell’apposita fessura.

Spinse i tasti seguendo il giusto ritmo che ormai conosceva a memoria.

Ding. Ding. Ding.

L’immagine dei quattro assi di picche si ricompose rapidamente davanti ai suoi occhi. Una cascata di monetine fuoriuscì in pochi secondi.

Stupida tecnologia dozzinale. Fin troppo semplice da prevedere.

“Phinde!”

Esclamò in zulu il proprietario di quella baracca sita sulla costa sudafricana. Sorpassò il bancone e lo raggiunse con aria esasperata.

“Ancora! Tu vince ancora!”

André sembrò non notarlo nemmeno e si sollevò dallo sgabello senza prestare alcuna attenzione ai gesti increduli dell’uomo di colore al suo fianco.

Non raccolse nemmeno un centesimo della sua vincita, allontanandosi con un sorrisetto in faccia e gli occhi puntati all’orologio.

Raggiunse il telefono pubblico alla parete.

Compose il numero stampato nella sua memoria.

Tre lunghi squilli metallici e finalmente lei rispose.

“Sì?”

“Sono io…”

Ancora una volta André controllò l’orario

“…Accendi la tv..CNN.”

Dall’altra parte del globo, a quasi 15000 chilometri di distanza, Blake afferrò il telecomando.

Odiava la lingua giapponese. Dopo qualche sforzo riuscì a maneggiare i canali satellitari e trovò la CNN.

L’anchorman annunciava puntuale l’ultimo scoop.

 

“Uno scandalo inaspettato colpisce quest’oggi il Federal Bureau of Investigation. Uno dei suoi membri più conosciuti al pubblico americano è stato oggi sollevato dal suo incarico e messo immediatamente in detenzione preventiva… L’agente McPhee, vice-comandante della sezione criminalità organizzata di Chicago, è infatti accusato di istigazione alla prostituzione ed abuso di minore…”

Blake sollevò un sopracciglio cercando di capire

“…Proprio questa mattina, in condizioni ancora da chiarire, tutta la rete è stata invasa dalle immagini del vice-comandante in atteggiamenti lascivi con una prostituta coreana minorenne. Non sappiamo ancora se sia stata opera di un hacker o un attacco personale all’agente, ma queste foto hanno fatto in un solo secondo il giro del mondo, comparendo perfino sugli schermi pubblicitari di Times Square…”

Blake non trattenne un sorriso

“… Le autorità stanno ora cercando l’hacker in grado di provocare un simile trambusto nella rete e tra gli uomini che proteggono questo paese… Nel frattempo l’ex vice-comandante resta in cella, in attesa di processo.”

Blake distolse lo sguardo dalla tv e riportò la cornetta all’orecchio

“E’ opera tua?”

André sghignazzò come un bimbo fiero della sua ultima marachella

“Nessuno mette le mani addosso a Blake Miller per poi passarla liscia.”

Lei scosse la testa

“Sei un folle.”

All’altro capo André usò la mano libera per scompigliarsi i capelli

“Sono un genio.”

 

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