EMILY: PRIMO LIBRO

di sonounostegosauro
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Casa. ***
Capitolo 2: *** L'arrivo. ***
Capitolo 3: *** Primo giorno. ***
Capitolo 4: *** Il club segreto. ***



Capitolo 1
*** Casa. ***


Capitolo 1: Casa.



 
Prima di abbandonare quella che era stata la sua casa fin da quando era piccina, Emily volle passare quell'ultima mattinata con sua nonna, che era non solo una seconda madre, ma anche l'unica figura materna alla quale sentiva di potersi affidare. Mentre scendeva le scale, si ritrovò a pensare al 3 settembre di tre anni prima, quando sua nonna le raccontò la storia della sua famiglia per la prima volta. Ricordò immediatamente quando nonna Isabel la chiamò in cucina e, dopo aver preparato due tazze di tè, si sedettero entrambe a tavola. Rammentava ancora il volto inquieto di sua nonna che prendendo un grande sospiro iniziò quel racconto assai sconvolgente per la vita della ragazzina. Le raccontò di sua madre, Rose Wilson, che da piccola viveva insieme ai suoi genitori, a sua zia Molly e suo cugino Edward.
Lз due cuginз erano come inseparabili: giocavano sempre insieme e quando Edward non si sentiva particolarmente bene, Rose era sempre pronta a consolarlo. Avevano un rapporto meraviglioso sin da quando erano piccolinз e nulla al mondo avrebbe potuto rovinarlo.
Entrambз frequentarono la Scuola di Magia di Kingston e, durante il suo terzo anno, Rose conobbe Colin Smith, ovvero il padre di Emily. Dopo alcuni battibecchi al di fuori delle lezioni e pettegolezzi che passavano da studente a studente su una sicurissima cotta di Colin per Rose, lз due giovani ragazzз realizzarono di essere effettivamente innamorati l'uno dell'altra, ma decisero di tenere la loro relazione segreta. Passò almeno un anno quando, nel primo giorno che seguiva l'inizio delle loro ultime vacanze estive, Rose decise di parlare finalmente con suo cugino Edward della propria relazione, speranzosa nel ricevere una buona notizia.
Quest'ultimo si infuriò a morte, sentendosi abbandonato, distrutto e soprattutto tradito da Rose, quella che considerava la persona più importante di tutta la sua vita e, alla quale, si era affezionato così tanto da arrivare ad esserne dipendente, arrivando a sentirsi ancora più solo di prima, una volta sentita la notizia.
Da quel momento in poi, il rapporto tra lз due cuginз si incrinò sempre di più, tanto che Rose andò a vivere a casa di Colin, dove Emily abitava. Nel dicembre del 1995, dopo aver lavorato per qualche anno all'interno del negozio di nonno Elijah, Colin decise chiedere la mano della propria amata Rose e, il 23 febbraio 1997, Emily Elizabeth Smith venne al mondo.
Nell'ottobre dello stesso anno, Edward (che aveva deciso di farsi chiamare Fenrir) tornò a Manchester, in preda alla rabbia e pronto a vendicarsi sul Mondo dei Maghi per come era stato trattato. Rose e Colin fuggirono via terrorizzatз dall'idea che Fenrir potesse fare loro del male o ancor peggio che potesse in qualche modo ferire la piccola Emily. Per precauzione, perciò, la bambina venne lasciata tra le braccia di sua nonna Isabel, quando Emily aveva ancora solo otto mesi. Dopo quella notte, però, i genitori non tornarono più, e la piccola venne cresciuta dai suoi nonni.
Fin da bambina, però, ad Emily la magia non venne mai vietata e quei momenti, in cui suo nonno riusciva a mostrarle qualche incantesimo o qualche creatura magica, riuscivano a far nascere in lei non solo l'interesse, ma anche l'amore per un mondo che le era sconosciuto.
Quello stesso giorno, alla porta di casa Smith bussò qualcuno, ovvero Klaus Bouchard, il preside della Kingston, che voleva accertarsi della sicurezza di Emily e di come stessero i nonni, aggiungendo anche qualche informazione utile sulle ricerche che si stavano tenendo su Fenrir in modo che non potesse ferire nessuno. Dopo una bella chiacchierata con i nonni di Emily, in particolare con nonna Isabel, discussero della Kingston e dell'iscrizione di Emily, poiché, nonostante fosse felice per sua nipote rimaneva al contempo parecchio preoccupata per quest'ultima, tanto che non aveva per niente l'intenzione di mandarla.
Dopo averne parlato anche con Emily stessa, che era entusiasta anche al solo pensiero di poter finalmente praticare la magia e conoscere quel mondo che tanto amava, decise di far studiare la piccolina in una scuola media fino ai 14 anni, età in cui avrebbe poi iniziato a frequentare la Kingston come tutti i suoi coetanei.
Quando Emily venne a sapere di ciò, non poté contenere l'immensa gioia e, con la bacchetta che suo nonno le aveva regalato per il suo undicesimo compleanno, lanciò un piccolo incantesimo, rompendo uno dei vasi dell'adorata nonna.
La settimana seguente, dopo che la ragazzina e suo nonno ebbero abitualmente passato la mattinata nel negozio, davanti a casa Smith, si presentarono Russell Wright e Juliet Darcy, due maghi che Bouchard aveva voluto far conoscere alla piccola ragazzina, poiché entrambi grandi amici dei suoi genitori. In quell'occasione, perciò, Emily approfittava volentieri per approfondire le proprie conoscenze nella magia, facendosi raccontare persino qualche aneddoto sui suoi genitori, sentendo sempre di più la loro mancanza, sentendoli quasi vicini a sé.
Nei tre anni successivi, la ragazzina frequentò una piccola scuola media non tanto lontano da casa, dove finii per eccellere in tutte le materie data l'immensa bravura che stupì sia i professori che i compagni. Dopo aver finito il suo ultimo anno, sua nonna, felice e finalmente convinta, decise che Emily era pronta e che, a settembre, avrebbe potuto finalmente recarsi alla Kingston per cominciare gli studi di magia. Perciò la ragazzina, dopo aver passato un'estate nell'eccitante attesa delle vacanze, si ritrovò pronta ad iniziare quella nuova avventura. E, a sua detta, non stava più nella pelle. La voglia era tanta e l'attesa aveva fatto in modo che il tutto fosse anche un po' più bello.
I suoi pensieri vennero interrotti da sua nonna, che la chiamava sonoramente dalla cucina. Nonostante fossero le sette di mattina, nonna Isabel era, come d'abitudine, attivissima e, proprio nel momento in cui Emily era entrata in cucina, li posò la colazione a tavola, con un caldo e luminoso sorriso e gioioso sul volto.
«E pensare che, fino ad un anno fa, non ne volevi assolutamente sapere di mandarmi alla Kingston.»
La ragazza si sedette a tavola ridendo e cominciò a mangiare mentre anche sua nonna si accomodava a tavola.
«Vederti studiare così faticosamente, durante questi anni, mi ha ricordato tuo padre e ho realizzato che sei davvero fatta per diventare come lui.». Nonna Isabel si sedette a tavola, e rivolse a sua nipote un dolce e soffice sorriso, pieno di fierezza e gioia. Emily, a sua volta, ricambiò con un altro sorriso. Nonostante qualche alto o basso durante gli anni in cui Emily abitò lì, nonna Isabel l'aveva sempre trattata come una figlia, e la ragazzina si era ripromessa che, un giorno, le avrebbe assolutamente ricambiato tutto il bene che, in tredici anni, sua nonna era riuscita a darle senza mai chieder troppo.
«Il nonno è già uscito?» Chiese Emily, addentando lo spicchio di mela che l'aveva chiamata da sopra il tavolo ben addobbato.
«Sì, circa un'ora fa. Aveva detto che sarebbe dovuto andare a prendere un'ultima cosa per te.» Rispose nonna con tono pacato Isabel.
«Non è una novità.» Disse la ragazza ridacchiando. Suo nonno si destava sempre ad orari improponibili, anche se, di solito, si rimetteva in piedi alle cinque di mattina, solo per osservare l'alba dal Mondo dei Maghi e per portare qualche regalo, pensierino a sua nipote Emily. Proprio in quel momento, il campanello strillò il suo solito suono assordante, e nonna Isabel andò subito ad aprire. Un piccolo labrador entrò in men che non si dica all'interno della casa, spaventando leggermente nonna Isabel, e senza pensarci nemmeno un secondo scorrazzò immediatamente in cucina, sprizzante di gioia con una tale energia che quasi la si poteva vedere uscire dal proprio corpo e propagarsi nell'aria, pur se non era davvero così come descritto. S'intendeva un senso metaforico. Strizzo gli occhi dalla gioia e sedendosi immediatamente davanti ad Emily si lasciò in un tentativo di darle la zampa.
«Questa è semplicemente...» La ragazzina si interruppe per un secondo «...la creatura più adorabile che io abbia mai visto». Nonno Elijah entrò in cucina, più felice che mai, seguito da Russell e Juliet che, altrettanto allegri, avevano con loro pile di libri e tutto il materiale che sarebbe servito ad Emily durante l'anno scolastico.
«Ti piace?» Chiese il nonno alla nipote, dandole un bacio sulla fronte «Il proprietario del negozio ha detto che questa piccola cagnolina era arrivata da poco e dato che ci tenevi tanto ad avere un cane, ho pensato di portarla qui da te.». Aveva in volto un sorriso sincero.
«Quindi puoi decidere il suo nome.» Disse Juliet, posando le pile di libri sul tavolo in cucina «Anche se, purtroppo, dovrà rimanere qui perché alla Kingston non sono ammessi gli animali». Emily ci pensò per qualche secondo, e poi un nome riuscì a fuggire dalle sue labbra:
"Evelyn."
Quella scelta non aveva una vera e propria motivazione, la parola per l'appunto aveva deciso di scappare e lanciarsi fuori dalle labbra della ragazzina, che a sua volta vedendo i grandi occhi castani dell'animale non aveva avuto altra scelta, s'innamorò e diede vita a quel nome. Dopo aver finito di mangiare, la ragazzina, con l'aiuto di Russell, posò tutto il necessario nella propria camera, che un tempo era stata anche la stanza da letto del padre. Riguardò tutti i disegni che aveva fatto quando era bambina, erano appesi alla parete. Poi passò lo sguardo su tutte le "brutte copie" dei propri compiti sulla vecchia scrivania. Nonostante sapesse perfettamente che sarebbe tornata in quella casa per Natale, si sentiva di già nostalgica a doverla abbandonare.
«Tipica nostalgia pre-partenza?» Chiese Russell, appoggiato alla porta della camera e intento a scrutare ogni singolo angolo di quella piccola stanza che, nonostante il correre degli anni, non era per nulla cambiata. Emily, girandosi e sorridendo annuì in silenzio per un poco.
«Anche se, però, sono abbastanza ottimista e sono sicura che andrà tutto bene.» Il mago entrò nella stanza e si sedette sul letto.
«Sai, quando ho conosciuto tuo padre era anche lui come te prima di partire. Sempre triste di lasciare la propria casa, ma era contento di poter finalmente coltivare la sua grande passione per la magia.»
La giovane maga sorrise: in quel preciso istante, non aveva idea di dove fossero i suoi genitori, ma era contenta che, persone come i suoi nonni o Russell o Juliet, che erano riusciti a vederli e conoscerli per bene, potessero raccontarle di loro, che non erano solo fuggiti via ma avevano fatto grandi cose ancor prima che lei nascesse. «Lo sai, loro sarebbero fieri di te se ti vedessero ora.» Disse Russell, poggiandole la mano sulla spalla. «Felici come non mai.»
Emily annuì e sorrise. «Lo so benissimo.»
Durante il resto della mattinata, Emily sistemò le ultime cose che erano rimaste all'interno della sua camera e aiutò sua nonna con il pranzo. Di pomeriggio, invece, prese il primo autobus ed andò a fare un ultimo giro per Manchester. Era la prima, e probabilmente ultima, volta che nonna Isabel le concedeva un giro da sola in giro per la città, ma comprendeva quanto importante fosse per la nipote rivedere i suoi posti preferiti per l'ultima volta. La ragazzina scese alla fermata più vicina e cominciò a girare in lungo e in largo nei propri luoghi preferiti. Passò davanti al parco dove, quando era piccola, lei e sua nonna andavano a passeggiare, mentre nonno Elijah era a lavorare nel proprio negozio di antiquariato e rimase a guardare i grandi alberi, verdi e altissimi, che stavano diventando pian piano di un arancione vivace e parecchio autunnale. Passò davanti ai vari ristoranti che vedeva sull'autobus quando andava a scuola e nei quali andava, insieme a Russell e Juliet o insieme ai suoi nonni. Passò davanti alla sua scuola media, dove aveva vissuto i tre anni più stressanti ma, allo stesso tempo, interessanti della sua vita.
Tutto aveva un odore e un sapore diverso, più nostalgico.
Ad Emily era sempre piaciuto apprendere nuovi argomenti, imparare nuove storie, e apprendere nuove tecniche. Tanto che era stata sempre la più brava della classe, soprattutto nella sua materia preferita: Letteratura. Dopo aver camminato per ancora qualche chilometro. la ragazzina notò che si era fatto leggermente tardi e, in fretta e furia, tornò subito alla fermata dell'autobus che senza troppe pretese arrivò e la riportò a casa.
Fin da quando aveva iniziato a frequentare la scuola media, Emily era riuscita a memorizzare buona parte degli orari di partenza degli autobus, riuscendo così a non perderne mai uno.
Arrivata a casa, il senso di nostalgia la pervase di nuovo e si sedette sul comodo divano del grande soggiorno. Guardò tutte le sue foto incorniciate sulle mensole, quelle di suo padre e sua madre sopra il camino, ma, ancora più importante, la sua preferita: i suoi genitori con lei ancora neonata in braccio, probabilmente scattata qualche mese dopo la sua nascita. Aveva da sempre amato quella foto e, quando sua nonna non la vedeva, la portava in camera e la posizionava sul proprio comodino, per addormentarsi più facilmente e per avere i suoi genitori affianco durante il sonno, anche se...in realtà...vicini non lo erano affatto. La giovane maga accennò un sorriso, si alzò dal divano e andò in cucina per cenare, cena di cui apprezzò ogni singolo morso, dato l'amore e l'impegno con la quale sua nonna l'aveva preparata. Dopo aver finito diede la buonanotte ai suoi nonni e andò subito in bagno a fare l'ultimo step giornaliero: lavarsi. Entrata in bagno, adocchiò subito la sua immagine riflessa nello specchio: in quegli ultimi due anni, Emily era cresciuta sempre di più, i suoi capelli avevano cominciato a crescere, il suo viso era cambiato molto rispetto a quando aveva undici anni e s'era alzata anche di qualche centimetro, tanto che quasi non si riconosceva. Questi pensieri lasciarono in un batter d'occhio la sua mente, sia perché facilmente distraibile, sia perché l'aspetto esteriore, essendo una sua grande insicurezza da tempo, la lasciava infastidita.
Si lavò i denti in un battibaleno e dopo essersi messa il pigiama si tuffò sotto le coperte morbide, per poi addormentarsi nel giro di pochi minuti. E mentre dormiva non aveva altro che un dolce sorriso in volto.
Il giorno dopo, Emily, venne svegliata dalla voce di sua nonna che le annunciava l'orario di quel momento, anche se non molto preciso: le sette del mattino passate e lei, sapendo che il suo treno si sarebbe fatto trovare in stazione alle nove meno un quarto, come d'abitudine d'un treno che si rispetti, decise di fare con tranquillità. Alzandosi dal letto cominciò a spostare fuori dalla sua camera tutti i suoi bagagli, e dopo essere balzata in camera fece per cambiarsi.
Appena ebbe finito, sistemò il proprio letto e posò sopra di esso una delle sue felpe preferite, sperando di ritrovarla al suo posto quando sarebbe tornata per le vacanze di Natale, raccattò le ultime cose e, prima di uscire dalla stanza, la osservò per un'ultima volta, salutandola con uno sguardo.
«Emily!!»la voce di suo nonno risuonò in tutta la casa come un trombone, quasi le venne da ridere. «È arrivato il momento di andare!»
«Scendo subito!» Rispose Emily dal lato opposto dell'abitazione, trascinando il suo baule fuori da camera sua e chiudendo la porta alle spalle. Accompagnò il tutto con un lungo sospiro. Dopo aver dato i bagagli a Russell e Juliet arrivò il momento di salutare gli amati nonni. Nonna Isabel, che già era in lacrime, l'abbracciò e le disse un semplice "Ti voglio bene." che al contempo era carico d'amore. «Anche io nonna, anche io te ne voglio, tantissimo.» Rispose Emily, ricambiando l'abbraccio e stringendola forte a sé. «Starò attenta, te lo prometto.»
«I tuoi genitori sarebbero fieri di te, lo sai?» Disse la donna all'orecchio della nipote e mentre quest'ultima sorrideva le rispose.
«Lo so eccome.» Dopo le solite raccomandazioni che ormai aveva imparato a memoria, salutò suo nonno, con un ennesimo forte abbraccio, ma che paradossalmente non stonava e non annoiava mai.
«Sono così fiero di te, comportati bene, mi raccomando» Disse il vecchio mago, cercando di trattenere, forse per far bella figura, forse per non far sentire in colpa la nipote, di non versare lacrima ed emozionarsi. Anche se fosse abbastanza palese si stesse sforzando.
«Lo farò, tranquillo. Vi voglio bene, grazie.»
Finiti i saluti, che avevano fatto emozionare anche Russell e Juliet, Emily uscì finalmente da casa ed entrò subito nella piccola Chevrolet azzurra di Russell.
La stazione dei treni di Manchester distava circa dieci minuti da casa sua; perciò, la giovane maga si mise ad osservare le persone fuori dal finestrino, cominciando dalle mamme che portavano i loro bambini a scuola fino agli uomini in giacca e cravatta che andavano verso i loro uffici.
Il viaggio durò meno di dieci minuti, e in un batter d'occhio, si ritrovò subito nella mastodontica stazione di Manchester, dove la gente correva per non perdere il treno, o anche dove giovani maghi, come Emily, erano seguiti dai loro genitori e cercavano disperatamente il Binario 11. Quasi le tremavano le falangi delle dita dall'eccitazione che stava provando in quel momento.
«Allora, sei pronta?» Le chiese Russell, poggiandole una mano sulla spalla. Con un sorriso terribilmente ingigantito dall'allegria, annuì come risposta. I due maghi e la ragazzina, dopo aver visto il grande orologio della stazione (E quello segnava già le 08:45), decisero di andare subito alla ricerca del famoso binario tanto ricercato. Camminando, Emily osservò attentamente i treni che le giungevano da quasi ogni direzione, le persone che scendevano da essi e che, correndo, cercavano l'uscita della stazione. Immersa nei suoi pensieri, la ragazzina non si era accorta che era finalmente arrivata al Binario 11, e che era arrivato il momento di salutare anche Juliet e Russell.
«È arrivato il momento dei saluti anche per voi.» Disse la ragazzina, girandosi verso la coppia di maghi e cercando di non emozionarsi «Grazie per tutto quello che avete fatto in questi anni, sentirò davvero tanto la vostra mancanza e...» I due maghi si guardarono e non riuscendo proprio ad aspettare si piombarono entrambi per abbracciarla, senza farle completare il discorso. Durante quei tre anni, la coppia si era affezionata davvero tanto ad Emily, tanto che potevano considerarla come la figlia che non avevano mai avuto.
«Sappiamo già quello che ci devi dire...» Cominciò Juliet, con tono premuroso «...e sappi che, entrambi, ti vogliamo tanto bene e che, come i tuoi nonni, siamo molto fieri di te e del tuo percorso.»
«Ora, però, ti consiglio di non perder altro tempo.» Disse Russell indicandole l'orologio, che ora segnava le "08:50". «Ricorda di fare attenzione e, per qualsiasi cosa, mandaci una lettera via gufo.»
«Lo farò, state tranquilli.» Rispose Emily, staccandosi dall'abbraccio e prendendo i suoi bagagli. Guardò per un po' il grande treno bianco, che aveva sulla parte frontale una grande scritta ("Kingston"), entrò al suo interno, dove si ritrovò subito in mezzo ad un sacco di ragazzinз come lei che stavano cercando un posto dove accomodarsi. Dopo aver camminato per buona parte del corridoio, Emily trovò una cabina vuota e, prima di chiunque altro, si infilò dentro di essa, sedendosi e sistemando tutti i propri bagagli, uno ad uno, pensando già sia alla scuola che a casa.
«Casa eh...» Rifletté sussurrando. «Questa sì che è casa.»

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Capitolo 2
*** L'arrivo. ***


CAPITOLO 2: L'arrivo

Il sole di quel cocente pomeriggio di settembre trapassava dalla finestra della piccola cabina del treno in cui Emily aveva deciso di sedersi e il paesaggio, composto tra piccole e quieti campagne e colline verdi e rigogliose, diventava man mano sempre più bello. Nonostante, però, il viaggio sembrasse abbastanza noioso e soprattutto non avesse qualcuno vicino con cui poter parlare, la giovane maga non stava più nella pelle per il suo arrivo alla Scuola di Magia di Kingston, che si trovava in quel di Glasgow.
Si chiedeva con chi sarebbe stata in camera e se avrebbe fatto nuove amicizie, siccome l'unica amica che aveva mai avuto era stata una sua compagna di classe di nome Carol, con cui aveva legato solamente durante il secondo anno di medie e che purtroppo, nel giugno di quello stesso anno, a causa del lavoro del padre, dovette trasferirsi nei lontani Stati Uniti. Si era anche decisa a tenere nascosto il suo passato e tutto quello che riguardasse la sua famiglia a chiunque avrebbe incontrato alla Kingston., in modo da non mettere in pericolo nessuno e per non iniziare a far girare voci sul suo conto. Questi pensieri vennero interrotti dal rumore della porta della cabina che si apriva piano piano, da cui fece capolino un ragazzo di media altezza coi capelli ricci e mori, che probabilmente cercava disperatamente posto.
«Ciao» disse, in modo particolarmente goffo «sei per caso sola qui? Mio fratello mi ha gentilmente cacciato dalla sua cabina per stare coi suoi amici, e sono dieci minuti che vago disperatamente per tutte le cabine cercando posto.»
«Certo che sì, accomodati pure qui vicino a me» rispose la giovane maga sorridendo e facendo cenno al ragazzo di sedersi vicino a lei. Il ragazzo, felice come una Pasqua, posò delicatamente i suoi bagagli sotto i due sedili di fronte e, dopo essersi finalmente accomodato, si presentò gentilmente.
«Comunque piacere, mi chiamo Caleb Carter. E tu sei?»
«Emily Smith, il piacere è tutto mio»
Caleb restò a guardarla per un po', squadrandola attentamente. Emily guardò attentamente la felpa e i jeans che stava indossando che non erano sicuramente degli abiti particolarmente consoni per una scuola prestigiosa come la Kingston e che erano completamente diversi dall'eleganza e dalla compostezza che lui stesso riusciva a dimostrare o che, almeno, era riuscito a far intendere in quei pochi secondi. Entrambi notarono il contatto visivo che andava a prolungarsi in una maniera quasi imbarazzante, perciò distogliendo lo sguardo smisero immediatamente, voltandosi da un'altra parte per non far vedere il rossore che era improvvisamente apparso sulle loro guance. «Sei emozionato allora?» rispose la ragazza, sorridendo imbarazzatamente. «Voglio dire...stiamo entrambi per iniziare una nuova avventura»
«Moltissimo» rispose Caleb, con gli occhi che cominciarono ad illuminarsi all'improvviso «mio fratello e i miei genitori mi hanno sempre parlato bene di questa scuola, di tutte le attività aggiuntive, i corsi che propone e son sempre stato, come tutt'ora, davvero curioso di sapere cosa mi aspetterà. Anzi, cosa ci aspetterà». La ragazza sorrise, voltandosi nuovamente per squadrare Caleb più attentamene, ritrovandosi davanti un ragazzo della sua età, probabilmente più alto di lei, con una grande massa di capelli ricci castani, decisamente incontrollabili. Indossava una camicia bianca con sopra un gilet nero, pantaloni ben stirati che gli calzavano a pennello e delle semplici scarpe da ginnastica. In aggiunta, notò qualche braccialetto sui suoi polsi che rendevano il suo look ancora più elegante di quanto già non lo fosse.
Il suo sguardo viaggiò poi sull'intera cabina, osservando ogni dettaglio di quella piccola specie di stanzetta, a partire del brillante giallo ocra delle tende che coprivano i paesaggi fino ai sedili di colore bordeaux, che erano completamente coperti dalle valigie dei due ragazzi. In particolare da quella di Caleb che occupava quasi metà del sedile e dal quale fuoriusciva già qualche foglio.
«La tua valigia sembra pesante» disse Emily, indicandola e ridendo «cosa hai lì dentro?»
Fece quella domanda presa da una grande curiosità: aveva sempre parlato di magia o con i suoi nonni o con Russell e Juliet, ma non aveva mai parlato con un suo coetaneo, escludendo i suoi compagni di classe con cui, però, non aveva mai avuto molto in comune.
«Eccome se lo è» rispose Caleb, imbarazzato «Sai...coltivo un amore per l'Astrologia e, dato che volevo prepararmi al meglio, ho preparato schede su schede di pianeti e costellazioni per tutta l'estate»
Emily annuì, incuriosita «Astrologia? Interessante. Io sono più per la letteratura».
«Letteratura? Allora ti aspetta la meravigliosa biblioteca della Kingston.» Caleb continuò poi, voltandosi per guardare il panorama al suo fianco. «Mio fratello mi ha raccontato che è davvero grande ed è pienissima di libri, che vanno dai più antichi classici fino a libri sulla Magia Moderna, età contemporanea e...insomma...i giorni nostri.». La conservazione tra i due ragazzi continuò per tutto il viaggio, mentre intanto le colline dell'Inghilterra portavano pian piano verso Glasgow.
Qualche oretta dopo, quando il sole era completamente tramontato, il treno si fermò, segno che, finalmente, era arrivato a destinazione. Emily si alzò di scatto, prese le sue cose e uscì subito dalla cabina, seguito da Caleb, che cercava di stare al passo con la ragazza. Appena uscita dal treno, la ragazza si ritrovò davanti ad un immenso antico monastero, molto simile ad un castello, situato su una grande collina, con una gigantesca scritta sul davanti che diceva "Scuola di Magia di Kingston". Guardandosi intorno, si rese conto di cosa aveva si era persa durante quegli anni: quella era, sul serio, casa sua. La gioia che potevano avere vissuto tutti quei maghi e quelle maghe lì, in quel momento, era finalmente sulla sua pelle e riusciva a percepirla anche lei. Nonostante la leggera brezza fredda che si prova nei giorni di settembre, la giovane maga si ritrovò a sorridere, accaldata da questa sua felicità.
«Allora, ti piace?» Aveva chiesto Caleb, per poi rammentare alla ragazza che «Conviene andare su un carrozza, non credi?»
«Certo, hai ragione». Emily si risvegliò dal suo sogno ad occhi aperti, prese le proprie cose. Di colpo venne l'attenzione della ragazza venne travolta da un'immensa carrozza argentata, da dove vi uscì il preside Bouchard. E subito l'aria sembrava avere già un sapore diverso. «Tu comincia ad andare, io ti raggiungo direttamente sopra, okay?» Disse a Caleb. E dopo che il ragazzo annuì si diresse subito verso la prima carrozza libera. La giovane maga, intanto, aveva cominciato ad avvicinarsi alla grande vettura del preside.
«Signorina Smith, finalmente ci rivediamo».
«Buongiorno signor preside, è un piacere rivederla dopo questi tre anni.» La giovane maga prima stava per dedicarsi in uno spontaneo e naturale inchino che non aveva per nulla previsto. Si avvicinò poi al preside e sorridendo gli strinse la mano, notando con piacere che quest'ultimo lo aveva calorosamente ricambiato. La sua voce calda si fece poi spazio nella conversazione.
«Allora, è pronta per questo anno? Deve essere stata una novità per lei tutto questo spostarsi.» Si poteva notare, da queste piccole frasi, la grande educazione e cordialità dell'uomo che aveva di fronte a sé.
«Senza dubbio, ero davvero emozionata di venire qui e non nego che questo sentimento sia ancora rimasto dentro di me.» Il labbro quasi le tremava dalla felicità e la gioia che stava provando in quel momento.
«Allora entri nella carrozza. Ho deciso che sarò io personalmente a farle da guida della scuola.» Emily si lasciò in un sorriso genuino e senza alcuna cerimonia salì subito nella carrozza, mentre tutti i suoi bagagli venivano riposti nel retro. In men che non si dica, i cavalli cominciarono a galoppare. «Signorina Smith, volevo presentarle la professoressa Godefroy...» Annunciò il preside, che era seduto vicino ad una donna esile, con i capelli raccolti e degli occhiali parecchio datati che le ricadevano sulla punta del naso «...lei sarà la sua professoressa di Incantesimi.» Quest'ultima si preparò all'imminente conversazione.
«Piacere di conoscerla» disse Emily, allungando la mano.
«Il piacere è tutto mio, signorina Smith.» rispose la donna, sorridendo e ricambiando la stretta di mano. «Sono sicura che qui, con noi, si troverà bene e sono anche certa che l'emozione dentro di lei è davvero molto forte.»
«Sono veramente molto grata di essere qui.» rispose Emily, sorridendo allegramente e con una tale genuinità. Ed era davvero così: dopo tutti quei racconti di Russell e Juliet, dopo aver letto tanti di quei libri sulla magia ed essersi appassionata a quel grande mondo era davvero felicissima di poter finalmente fare ciò che aveva sempre sognato.
«Allora mi lasci spiegare come funzionano le lezioni...» Si sistemò sul posto, in un fare tanto elegante e affascinante, che solo quel movimento l'aveva quasi ipnotizzata. «...Avrete almeno sei ore di lezione alla settimana per ogni materia e, alla fine dell'anno, avrete un esame per le materie più importanti che vi permetterà di passare all'anno successivo o meno, ma questo...» Lo sottolineò riferendosi al non passare. «...sicuramente non sarà il suo caso. I professori di ogni specifica materia vi spiegheranno più nel dettaglio come funzionano i loro esami, Ora, dato che siamo arrivati, le mostriamo la struttura dell'accademia» Finì poi la professoressa Godefroy, aprendo lo sportello della carrozza ad Emily e facendole segno di scendere. La giovane maga si ritrovò subito fuori dalla carrozza e alzando lo sguardo non poteva fare a meno che ammirare la grande e maestosa facciata della scuola, che, dal basso, sembrava veramente più piccola. Seguì subito il preside che si fece strada in mezzo alla folla di ragazzini e ragazzine della sua stessa età, ma anche ragazzi e ragazze più grandi di lei, che stavano entrando all'interno di quel grande edificio. La sala d'ingresso era dipinta di blu e bianco, i colori principali della scuola, ed erano stati appesi un sacco di quadri raffiguranti eroi ed eroine del Mondo dei Maghi che avevano fatto la storia.
«L'aria che c'è durante il primo giorno è un'aria ineguagliabile». Commentò Bouchard parlando con Emily. Quest'ultima si domandò che cosa avrebbero visto le persone senza poteri se fossero entrate in questo gigantesco monastero e se la lora vista era simile alla sua oppure un semplice monastero abbandonato pieno di ragnatele e vecchie scartoffie bruciate.
La sala dove, invece, si sarebbero tenuti i pasti era la stanza più grande che Emily avesse mai visto in vita sua. Tre grandi tavoli erano, se visti dall'alto, disposti in verticale, mentre il tavolo dei professori era disposto in orizzontale, così da poter essere visibile a tutti gli studenti. Da lontano, Emily poté vedere come dei maghi e delle maghe erano intenti a sistemare posate e piatti, cercando di non fare il minimo rumore. "Tutta questione di presentabilità, educazione e quiete" pensò.
«Ora può andare a riposare, signorina Smith.» Fu la professoressa Godefroy a parlare, avvicinandosi alla ragazza con passo calmo. «La cena comincerà tra due ore massimo. La accompagno nella sua camera, mi segua pure.» Emily annuì di nuovo e, dopo aver salutato il preside con un'ennesima stretta di mano, seguì la professoressa che, in un secondo, si trovava già all'inizio delle grandi scale.
«Non sono abituata a così tante esperienze.» Pensò Emily dentro di sé, mentre cercava di rincorrere la professoressa. In mezzo alla folla di ragazzi, ci impiegarono un bel po' a raggiungere la camera della giovane maga, la 221 per l'esattezza, la quale si trovava al terzo piano del grande monastero. Notò, con grande sorpresa, che, sotto il numero in ferro, sulla porta era stato scritto, probabilmente con un pennarello indelebile e anche da molto poco, "CARLBRENNER". La professoressa Godefroy bussò tre colpetti decisi. La sua mano sembrava essere un chicco d'uvetta, molto raggrinzita dalle rughe e altri segni dell'età, eppure quei colpi erano così forti che non se li si sarebbe affatto aspettati. In men che non si dica, la porta venne aperta da una ragazzina leggermente più alta di Emily. Assunse uno sguardo che era un misto tra stanchezza e stupore.
 
«Piacere di conoscerti» disse Emily, cercando di essere il più gentile possibile e mostrando subito la mano. La ragazza davanti a lei la squadrò da testa a piedi per un secondo e ricambiò la stretta di mano, invitandola ad entrare. La professoressa sorrise e, dopo aver ricordato della cena alle due ragazze, si voltò e scese in fretta e furia le scale per tornare al piano terra.
Non appena entrò nella sua stanza, Emily notò quanto essa fosse nettamente più grande di quanto si immaginava. Due letti a baldacchino, sotto i quali erano già riposti i bagagli di entrambe le ragazze, erano ben attaccati alle pareti bianco panna e due scrivanie in mogano erano poste davanti ai letti. Sopra di esse, invece, si trovavano non solo i libri di testo già sistemati ma anche due fogli sui quali era scritto l'intero programma scolastico. Dopo aver osservato per bene l'intera stanza, guardò la sua compagna che era intenta a leggere un libro.
«Comunque non ci siamo ancora presentate con i nostri nomi.» Disse gentilmente Emily, per rompere un po' il ghiaccio e sperando di non disturbare la ragazza continuò presentandosi. «Io sono Emily.» L'altra ragazza tolse lo sguardo dal libro e fissò per un secondo la sua nuova compagna di stanza.
«Io sono Melissa. Prima regola, dato che sarai la mia compagna di stanza per tanto: non disturbarmi quando leggo.» L'aveva detto con un un tono freddo e secco. Emily guardò l'altra ragazza spaventata. Non era certo sua intenzione farsi odiare dalla sua compagna di stanza proprio durante la prima serata in cui arrivata alla Kingston ma, in men che non si dica, l'espressione sul volto di Melissa cambiò. «Scherzavo, in questa stanza non ci sono regole» Ridacchiò e alzandosi dal proprio letto, fece per posare il libro sulla sua scrivania. In quel momento la poté guardare finalmente bene: indossava già la divisa della scuola, che aveva già qualche piccola piega, e i suoi capelli, mossi, lunghi e neri, le ricadevano sulle spalle mettendo il suo viso e mostrando una bellezza magnifica e che probabilmente non aveva mai visto in vita sua. Emily si risvegliò da quel suo pensiero e colse subito l'ironia nella voce della sua compagna e ci passò sopra, ridendo pure lei. Melissa aveva l'aria di essere una ragazza molto simpatica e sperava tanto di poter diventare sua amica. Distratta dai suoi pensieri, si dimenticò della divisa che doveva indossare e che, per fortuna, si trovava sopra i suoi bagagli, già ben piegata. La ragazza si alzò dal letto e si recò subito in bagno per cambiarsi da quei vestiti che non la rendevano una studentessa di una scuola di magia.
In men che non si dica, indossò la camicia bianca, la giacca con cucito lo stemma della scuola, la gonna di stoffa nera, i collant e i mocassini dello stesso colore. Uscì poi dal bagno guardandosi immediatamente allo specchio: parecchie volte aveva sognato di indossare quella divisa, di vedere quello stemma cucito sulla giacca ed ora che quel suo desiderio si era avverato non poteva che essere la persona più felice del mondo. E inoltre, riusciva a vedersi in modo assai carino.
«Non stai male, sai?» disse Melissa dal suo letto «Quella gonna ti dona parecchio.» Emily mormorò un "grazie", arrossendo leggermente con il capo chino. Non aveva mai ricevuto complimenti del genere, e di certo non se lo aspettava da una ragazza della sua età. La sua compagna di stanza, che nel frattempo aveva ripreso a leggere ormai qualche minuto, posò il libro e invitò la nuova compagna a sedersi nel suo letto e insieme finirono per parlare di tutto e di più. Emily scoprì che Melissa veniva da una famiglia di tutti maghi, i suoi genitori avevano divorziato quando lei era ancora una bambina e aveva un piccolo fratellino a cui teneva davvero tanto. Scoprì anche che era davvero ferrata in Incantesimi, che adorava lo sport, la letteratura e che aveva passato l'estate a prepararsi insieme ai suoi zii per questo primo anno scolastico. La loro conversazione venne interrotta, due ore dopo, da una voce, probabilmente un membro del corpo docenti, che ricordava a tutti gli studenti della fantomatica cena. «Direi di sbrigarci, prima che vengano a ricordarcelo di nuovo» disse Melissa, alzandosi dal letto.
In un baleno, le due ragazze uscirono dalla loro camera e, scendendo velocemente le scale, arrivarono nella grande sala pranzo, la quale era quasi piena di studenti che, man mano, si accomodavano ai tavoli. In mezzo alla folla, Emily riconobbe facilmente gli scombinati ricci di Caleb che, proprio in quel momento, alzò la mano per salutarla. Saluto che non solo venne immediatamente ricambiato, ma che fu anche raggiunto dalle due ragazze.
«Ciao!» Disse il ragazzo sorridendo «Come sono andate queste due ore di dolce far niente?» Sembrava essere tranquillo e rilassato.
«Assolutamente le ore più belle della mia vita...» Rispose Emily ridendo e guardando la sua nuova amica. «...mi sto già trovando veramente tanto bene. Visto che ci sono, questa è Melissa, la mia compagna di stanza.»
«Piacere Melissa, io sono Caleb Carter» disse il ragazzo, porgendogli la mano. La ragazza davanti a lui ricambiò la stretta di mano sorridendo e, guardandolo attentamente, assunse uno sguardo stupito.
«Tu sei il fratello di William!»
«In carne ed ossa...» Disse Caleb, con tono leggermente infastidito «Purtroppo lo devo sopportare pure qui, oltre che a casa». Emily li guardò, sembrava essere parecchio stranita, era però anche curiosa di vedere com'era fatto il fratello di Caleb, e cominciò a sedersi mentre intanto il preside richiamava il silenzio.
«Miei cari studenti, eccoci qui tornati ad un nuovo anno. Come sempre, vorrei rammentare a tutti voi che le lezioni inizieranno domani mattina alle ore 8:20, i vostri orari personali sono già stati distribuiti e si trovano all'interno delle vostre camere...» Mentre il preside parlava, Emily si perse a guardare i lunghi tavoli con tutti gli studenti seduti, alcuni concentrati ed altri distratti e persi a guardare il vuoto, probabilmente impazienti di mangiare. «Fatte le solite raccomandazioni, non mi dilungo oltre, vedo la fame nei vostri occhi e sicuramente sarete ancora parecchio stanchi. Perciò ceniamo e inauguriamo questo nuovo anno scolastico. Che sia di buon auspicio per tutti noi".
Un grande applauso rimbombò in tutta la sala mentre i camerieri uscirono dalle cucine e, in un batter d'occhio, i tavoli furono pieni di cibo. Tutta quell'aria gioiosa fece sentire Emily sempre più a casa e, guardando Melissa e Caleb vicino a sé, afferrò due cosce di pollo che finirono in poco tempo nel suo stomaco.
Dopo quella meravigliosa cena e dopo che i tre ragazzi si erano accordati per un appuntamento il giorno dopo in cui sarebbero andati insieme a lezione di Incantesimi, Emily e Melissa tornarono nella loro camera e si prepararono per la notte. Mentre la prima entrò in bagno, si chiese se dire a Melissa tutta la storia di suo zio e dei propri genitori, nonostante si fosse ripromessa di non rivelare a nessuna quella storia. Anche se la conosceva da poco, le era subito sembrata una ragazza di cui poteva fidarsi e senza cattive intenzioni. Nonostante ciò, si convinse che avrebbe aspettato del tempo per rivelare questo grande segreto e ritornò subito in camera, dove Melissa era intenta a leggere il suo libro. «Senti Melissa...» Disse Emily, voltandosi verso il letto della sua compagna «...so che ci conosciamo da meno di ventiquattro ore, però sento di potermi fidare di te
«Ma certo Emily, dimmi tutto quello che vuoi.» Rispose l'altra ragazza, con tono che era a sua volta leggermente preoccupato.
«Se ipoteticamente qualcuno dovesse rivelarti un segreto molto importante, tu come reagiresti?» Chiese Emily, cercando di essere il più impercettibile possibile. Melissa guardò la sua compagna con uno sguardo molto confuso, cercando di capire invano il motivo di quel dubbio. «Lo so, è una domanda strana. Ma è come una piccola pulce che mi sta tartassando, perciò ci tenevo a chiedertelo».
«Ascolterei attentamente e cercherei di capire la loro situazione. E, siccome è un segreto, non lo direi a nessuno» Improvvisamente calò il silenzio e l'unica cosa che si poté sentire furono i corvi fuori che gracchiavano da lontano. La luce della luna trapassava dalla finestra e illuminava i letti delle due ragazze, che si stavano guardando intensamente. «C'è qualche motivo per il quale mi hai fatto questa domanda?»
«Era solo un dubbio che mi percorreva nella mente e, siccome sembri una persona davvero affidabile, volevo assicurarmi che...» Melissa sorrise genuinamente, quasi addolcita dalla tenerezza della ragazza.
«Sei un tesoro, davvero. Se mai dovessi rivelare un qualsiasi segreto, stai tranquilla che rimarrà tra noi»
«Quindi ora posso considerarti mia amica?» chiese Emily.
«Ma certamente. Ora però andiamo a dormire, non vorrai mica subirti le prediche della professoressa Godefroy?» Entrambe risero e quando Melissa si alzò dal letto di Emily, spense la luce, augurò la buonanotte alla sua amica e insieme si addormentarono, dopo che Emily aveva ricambiato anche lei l'augurio di buonanotte. Poi per l'appunto s'infilò sotto le coperte e si addormentò in un batter d'occhio. 

 

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Capitolo 3
*** Primo giorno. ***


Capitolo 3: Il primo giorno



Nonostante il sole del giorno prima e nonostante fossero i primi di settembre, il tempo a Glasgow sembrava essere tutto tranne che mite o soleggiato. Dopo essersi alzate di controvoglia, Emily e Melissa si prepararono per andare a fare colazione e, nel mentre, la giovane maga sentì una terribile pelle d'oca, rimpiangendo la piccola stufetta che nonna Isabel usciva sempre non appena arrivava il freddo. Dopo essersi entrambe preparate per bene, le due ragazze scesero velocemente verso la sala in cui avevano cenato la sera prima, dove avrebbero fatto colazione prima di iniziare ufficialmente le loro prime lezioni.

«Magia Antica, Latino e studio e analisi degli Incantesimi» disse Emily, scorrendo il dito sull'orario che aveva ricevuto ieri sera: «pensavo che questo primo giorno sarebbe stato molto più pesante.»

«Infatti il peggio viene questo pomeriggio con Tedesco e studio delle profezie». Disse Melissa, indicando la parte del foglio dove vi era il programma del pomeriggio. Emily fece una faccia stupita, e sbuffando, si sedette a tavola: le lezioni non erano nemmeno iniziate e già voleva tornare nella sua camera a dormire. La prima notte era passata in un batter d'occhio, e il letto a baldacchino in cui la giovane maga aveva riposato era decisamente più comodo del vecchio letto della sua cameretta. In più, le coperte stamattina erano così calde che era servita Melissa per farla scendere giù dal letto.

Mentre la sala si riempiva man mano di studenti, Emily intravide la chioma riccia di Caleb entrare dalla grande porta, seguita però da un altro ragazzo leggermente più alto, con una chioma molto più ordinata rispetto al ragazzo davanti a lui e con un'espressione molto più allegra e serena, in contrasto con quella di Caleb che sembrava non aver dormito nemmeno un secondo. Quest'ultimo cambiò direzione, salutando l'altro ragazzo con un veloce abbraccio, e si sedette vicino a Melissa ed Emily.

«Buongiorno Caleb» disse Melissa, passando al ragazzo un bicchiere d'acqua con un pieno sorriso sulle labbra «hai dormito bene stanotte?»

Caleb fulminò la ragazza accanto a lui con uno sguardo a dir poco penetrante e non proferì parola, cominciando subito a mangiare. Dopo aver addentato un pezzo di pane con marmellata ed averlo ingoiato, si decise di parlare.

«L'unica cosa negativa dell'essere qui alla Kingston è dover aiutare costantemente mio fratello con i suoi compiti, che stanotte ha deciso di fare le ore lunghe perché non riusciva a capire la consegna del suo tema di Magia Antica. Perciò io, da buon fratello che sono, ho dovuto spiegargli come funzionava la magia nel Medioevo, fino alle tre di notte aiutandolo e aspettando che scrivesse ben quattro pagine di tema. Quindi, per rispondere alla tua domanda, no, non ho dormito bene. Anzi, ho dormito abbastanza male».

«Mi spiace un sacco, Caleb» disse Emily, con tono preoccupato «guarda il lato positivo, però: ora potrai concentrarti sullo studio per tutta la giornata e non dovrai pensare a tuo fratello.»

«Potrebbe, se solo il diretto interessato non stesse venendo nella nostra direzione» avvertì Melissa, indicando con lo sguardo il ragazzo che Emily aveva visto prima che si stava effettivamente dirigendo verso di loro.

In men che non si dica, Emily si ritrovò davanti il ragazzo di cui avevano parlato i suoi amici, ovvero il fratello di Caleb, e poté in questo modo vederlo da più vicino: aveva i lineamenti molto simili a quelli di suo fratello minore, in particolare il naso e il taglio degli occhi che erano un misto tra verde e marrone, ma i capelli erano più scuri, ma comunque castani, e molto più ordinati. D'altro canto, la sua divisa aveva qualche piccola macchia e qualche piega, segno che era davvero già stata utilizzata molte più volte, al contrario di quella perfettamente stirata e pulita del fratello minore che era chiaramente nuova. Era inoltre più robusto e muscoloso rispetto a Caleb che era invece più gracile e minuto. Ed era probabilmente questo che li rendeva diversi ma allo stesso così uguali.

«Fratellino mio, so che forse sei impegnato ma avrei davvero bisogno di un ultimo e piccolissimo aiuto... ». William cominciò a proferire parola, ma venne immediatamente bloccato da Melissa prima che potesse finire la frase.

«Perché non lasci stare il tuo fratellino e cominci a studiare da solo una volta ogni tanto, Will? Son sicurissima che Natasha possa darti una mano dato che, da quello che so, è considerevolmente brava». Il tono di Melissa sembrava esageratamente severo, ma Emily riuscì comunque a cogliere l'ironia nella sua voce e nel modo in cui gesticolava mentre parlava con lui.

«Prima di tutto: hai una faccia molto familiare» disse William, con sguardo dubbioso «e secondo: come sai che la mia fidanzata è così brava in Storia della Magia Antica?»

Melissa, con il sorriso sotto i baffi, si alzò e si presentò al ragazzo davanti a lui. «Sono Melissa Carlbrenner, qualche anno fa ho incontrato te e tuo fratello Caleb ad un campo di preparazione per futuri maghi. E secondo, ho le mie fonti». Finì quella frase con un piccolo sorrisetto e un occhiolino velocissimo ad Emily, che ricambiò con una veloce risatina.

William la guardò dritta negli occhi e fu come se si fosse accesa una lampadina nel cervello. «Mi ricordo di te: sei quella ragazzina che è riuscita a prendere il massimo dei punti in quella gara di Incantesimi. Ricordo che il tuo fratellino più piccolo era così felice per te che, mentre ti abbracciava, fece cadere te e quel gigantesco trofeo».

Melissa sorrise e sembrava quasi commossa. «Hai probabilmente riportato a galla uno dei momenti più dolci che io abbia mai vissuto in vita mia». William le diede una leggera pacca sulla spalla e immediatamente posò il suo sguardo su Emily, che era intenta a finire il suo pane tostato con marmellata.

«Tu, d'altro canto, hai un volto completamente nuovo» disse il ragazzo, sedendosi davanti a lei e spostando bruscamente il fratello che stava tranquillamente finendo di mangiare «Io sono William Greg Carter, ma puoi chiamarmi Will, e tu sei?»

«Io sono Emily Elizabeth Smith, è un grandissimo piacere conoscerti». La ragazzina si alzò e rispose con un tono pacato e gentile e con un'eleganza degna di nota, tipici del suo carattere. Tante furono le volte in cui i suoi professori la descrissero come una ragazzina cordiale, sempre propensa allo studio e costantemente attenta in classe. Una volta la sua professoressa di Letteratura, mentre parlava con Russell e Juliet che si erano finti i suoi genitori per quella occasione, utilizzò un termine che le rimase impresso nella mente: prodigio.

Era un sostantivo completamente nuovo per lei e quella stessa sera, presa dalla curiosità, recuperò un vecchio dizionario di nonno Elijah e andò a cercare il significato di quella parola. Si focalizzò sul terzo significato che quel libro impolverato offriva: che dimostra una straordinaria precocità intellettuale. Gli occhi della ragazzina si illuminarono e fu in quel preciso momento che realizzò tutto il potenziale che aveva, tutta quella intelligenza, emotiva e non, che la rendeva vera e pura davanti alle persone. Da quel giorno in poi, si ripromise che sarebbe sempre stata la versione migliore di se stessa. E lo diventò, ogni giorno di più.

«Il piacere è tutto mio, Emily. Prima di andarmene,però, vi lascio un invito che non potrete mai rifiutare». William assunse improvvisamente un tono serio e iniziò a cercare nelle sue tasche qualcosa, ma Melissa lo interruppe prima che potesse finire di parlare. «Fammi indovinare: ci vediamo dopo le lezioni pomeridiane al terzo piano della parte ad Est della scuola. Giusto?»

William la guardò incredulo. Come faceva una studentessa del primo anno a sapere quelle particolari informazioni? «Ne sai veramente una più del diavolo, Carlbrenner. Vi aspetto tutti e tre dopo le lezioni pomeridiane». Lasciò un pezzo di carta molto stropicciato sul tavolo e si diresse, in men che non si dica, verso un gruppo di persone dall'altra parte della Sala.

   «Di cosa stava parlando?» chiese Emily ai suoi due amici con tono estremamente confuso. Melissa e Caleb si guardarono, sorrisero e si alzarono contemporaneamente. «Te ne parliamo dopo» disse Melissa, sistemandosi l'uniforme e guardando un'ennesima volta Caleb, con un piccolo sorriso sotto i baffi e recuperando il foglio che Will aveva lasciato sul tavolo. La ragazzina non fece altre domande: non per perché si sentisse esclusa, ma principalmente perché sentiva che sarebbe stata una grande sorpresa. E non aveva alcuna intenzione di rovinarla.

Dopo aver finito di fare colazione, le due maghe si diressero velocemente in camera per lavarsi i denti e recuperare i libri che avevano lasciato sulle loro scrivanie. In men che non si dica, si ritrovarono nell'aula 36, al secondo piano, pronte per la primissima lezione di Incantesimi con la professoressa Godefroy, che arrivò super puntale e che mostrò subito a tutti gli studenti presenti il programma dell'anno per quanto riguardava la sua materia, la quale consisteva principalmente nella teoria di semplici incantesimi e nella pratica e, senza che nemmeno gli studenti potessero un attimo riposare la mente, la professoressa iniziò immediatamente a spiegare, senza perdersi in ulteriori chiacchiere.

Emily cominciò quindi a prendere appunti a destra e a manca, proprio come faceva quando era alle medie, mentre Melissa ascoltava e segnava solo i concetti più importanti e, non appena notò la sua amica scrivere così velocemente, si sorprese e si domandò come quella ragazza potesse scrivere così rapidamente, seguendo anche il ritmo della spiegazione della professoressa, il quale risultava velocissimo alle sue orecchie e non alle orecchie, e soprattutto alle mani, di Emily che intanto aveva già riempito una pagina e mezzo del suo quaderno.

«Perché scrivi come se fossi a corto di tempo?» chiese Melissa, con un piccolo sorriso sulle labbra ma anche un tono più preoccupato che scherzoso. «Anzi, da quello che mi hanno raccontato, sta andando molto più lentamente rispetto a come fa con i ragazzi degli altri anni».

«Ci sono abituata, lo faccio sempre quando trovo una materia estremamente interessante». Emily non aveva intenzione di staccare lo sguardo dal suo quaderno, dove ormai quelle lunghe e dettagliate parole che stavano uscendo dalla bocca della professoressa venivano trascritte quasi alla velocità della luce e, non appena la professoressa completò la spiegazione su come nacquero gli Incantesimi, la giovane smise immediatamente di scrivere e si rese conto di aver scritto quasi tre pagine.

«Tu mi stupirai ogni giorno di più» disse Melissa, accennando un grande sorriso. E quella sua risata suonò così genuina e delicata alle orecchie di Emily perché Melissa stava proprio dicendo la verità: non aveva mai avuto una vera e propria amica e vedere per la prima volta Emily e la sua personalità così tenera, solare e brillante la fece sentire confortata, un conforto che non aveva mai provato nella sua vita ma che voleva provare per sempre, e soprattutto con lei. 

Il suo flusso di pensiero venne fermato dalla professoressa Godefroy, che aveva interrotto la sua spiegazione e stava cominciando a suddividere gli studenti presenti in coppie, probabilmente per farli conoscere meglio e per far sperimentare una nuova tecnica di insegnamento. Nonostante Emily volesse tanto esercitarsi con Melissa, sia perché sapeva della sua eccelsa bravura nella materia e sia perché era la sua unica amica insieme a Caleb, accettò comunque la scelta della professoressa e, in men che non si dica, si ritrovò vicino ad un altro ragazzo, il cui volto mostrava un'espressione che diceva tutto tranne che eccitazione. La ragazza lo guardò interdetta e si sedette accanto al posto vuoto che il ragazzo aveva vicino.

«Ciao». Emily salutò cordialmente, ma il ragazzo accanto a lei non rispose, segno che o la stava ignorando volontariamente o che non aveva proprio sentito il suo saluto. Decise perciò di riprovare a salutarlo, e questa volta si decise finalmente a girarsi. Emily rimase particolarmente ammaliata dal volto del ragazzo: aveva dei folti capelli biondi, molto simili a quelli di Will, e dei bellissimi occhi azzurri, quasi dello stesso colore del mare. Aveva inoltre dei lineamenti molto delicati, così delicati che sembrava di star guardando un dipinto e non una persona reale. Era così persa nei suoi pensieri che non si accorse nemmeno di aver ricevuto una risposta.

«Ciao anche a te». Il biondo rispose guardandola dritta negli occhi, facendola arrossire ancora di più e facendole quasi dimenticare che avevano un incantesimo da svolgere insieme.

«Scusami, non ho avuto nemmeno la briga di presentarmi. Io sono Philip Lancaster, ma puoi chiamarmi Lip. E tu sei?». Il ragazzo propose una stretta di mano che Emily ricambiò.

«Emily Smith, il piacere è tutto mio. Ora che abbiamo fatto le presentazioni, possiamo iniziare con questo Incantesimo?». Facendoci immediatamente caso, la ragazza si accorse che aveva utilizzato un tono piuttosto sgarbato, o almeno così le sembrava. «Scusami, non era mia intenzione sembrare così scortese».

«Non ti preoccupare, mi sei sembrata tutto tranne che scortese» disse Lip, sorridendo e facendo arrossire Emily ancora di più. Perché si sentiva così imbarazzata davanti a quel ragazzo? Si erano conosciuti da soli cinque minuti e si sentiva particolarmente debole di fronte a lui, come se si sciogliesse ogni volta che la guardava.

Per non pensare a come stava sentendo, prese la bacchetta che aveva davanti e cominciò ad agitarla prudentemente, seguendo gli stessi movimenti che la professoressa Godefroy aveva mostrato precedentemente, mentre Lip la osservava e cercava di seguirla. L'incantesimo su cui dovevano esercitarsi era uno dei più semplici, che consisteva semplicemente nel trasformare ciò che avevano davanti, ovvero una parte di un oggetto qualunque, nell'oggetto d'origine. Per esempio, ad Emily venne data la pagina di un libro, in cui le parole erano ormai sbiadite da molto tempo, mentre a Lip venne dato il manico di un ombrello, probabilmente recuperato all'ufficio degli oggetti smarriti.

«Evocatio». Quell'incantesimo fu quasi un sussurro ma, in men che non si dica, la pagina che si trovava davanti a lei si trasformò in un grande libro, con una copertina marrone ancora distrutta e tutte le pagine rovinate.

«Ottimo lavoro, signorina Smith!» esclamò la professoressa, che stava intanto girando per la classe aiutando chi avesse bisogno di aiuto «sapevo che da lei mi sarei aspettata il meglio». Emily sorrise a quella lode e ringraziò la professoressa, tirando poi un sospiro di sollievo. Non aveva mai lanciato un incantesimo da sola in vita sua, se non aiutata da Russell o da Juliet, ma non aveva mai provato a farlo da sola, senza alcun aiuto da parte di nessuno e, proprio per questo, ne rimase piacevolmente stupita. Lasciandosi andare alla curiosità, si girò per vedere se anche Lip era riuscito a lanciare l'incantesimo sull'oggetto e, girandosi, si accorse che il ragazzo aveva già completato il lavoro e la stava guardando, forse aspettando proprio lei lo notasse.

«Complimenti pure a te». Emily rimase ancora più sorpresa, dato che non se ne era nemmeno accorta. «Non avevo neanche notato che avessi lanciato l'incantesimo, sei stato velocissimo»

.

«Merito di tutto l'esercizio svolto durante l'estate» rispose Lip, cercando chiaramente di vantarsi «tu, d'altro canto, sei stata pure velocissima e, al contrario della tua amica, non ti ho mai visto a nessun campo di preparazione».

«E come glielo spiego che non avevo la minima idea che esistessero campi del genere? Come glielo spiego che le estati le passavo in giro per Manchester con mio nonno e una coppia di maghi a cercare di capire come funzionasse questo mondo intrinseco che è quello della magia?». Erano questi i momenti in cui Emily si pentiva di non aver mai avuto la possibilità di partecipare a cose del genere, in modo di conoscere più ragazzini e ragazzine come lei e imparare da loro, confrontarsi con loro e poter dire anche lei di essere stata ad uno di quei campi di preparazione per maghi che sentiva ormai nominare da tutta la mattinata.

«Purtroppo non ho mai avuto l'occasione di partecipare a nessun campo di preparazione» disse la ragazzina, cercando di nascondere tutto il rancore che provava «ma comunque ho sempre avuto aiuti esterni, quindi anche riuscire a farlo da sola è un grande traguardo».

Lip annuì e sorrise. «Mi piace la tua determinazione Emily. Rende i tuoi occhi più brillanti e il sorriso millemila volte più fragoroso».

Emily arrossì leggermente e lo ringraziò: non aveva mai ricevuto un complimento del genere nella sua vita e non sapeva come reagire. Doveva sorridere? Doveva fare pure lei qualche complimento? Doveva solamente annuire? Non ne sapeva assolutamente nulla e cercò di non mostrarsi confusa agli occhi di Lip.

Era talmente concentrata a pensare che non si accorse nemmeno che la professoressa aveva richiamato l'ordine in classe e stava iniziando a spiegare cosa avrebbero fatto il giorno dopo e, in men che non si dica, la lezione finì. Emily si rincontrò velocemente con Melissa, che intanto stava parlando con una ragazza bionda in fondo alla classe. Quando arrivò, purtroppo, le due ragazze avevano già finito la conversazione.

«Allora, signorina Smith, come ci si sente ad essere diventata l'alunna preferita della professoressa Godefroy?». Melissa le mise un braccio attorno alla spalla e la strinse vicino a sè, proprio per mostrare che stava scherzando.

Emily, che si era intanto messa a ridere per la battuta dell'amica, ricambiò il gesto. «Non ero mai riuscita a lanciare un incantesimo da sola, perciò avrei avuto la sua stessa identica reazione».

«Se devo essere sincera, l'avrei avuta pure io» disse la ragazza bionda, che si alzò immediatamente e le porse la mano. «Giselle Berrycloth, piacere di conoscerti».

La ragazza, sorpresa dalla cordialità e dalla gentilezza di Giselle, ricambiò calorosamente la stretta di mano. «Emily Smith, il piacere è tutto mio».

«Sei stata formidabile oggi, è davvero strano che non tu sia mai riuscita a lanciare un incantesimo da sola. Dove hai imparato?».

Emily sbiancò: non poteva ovviamente rispondere dicendo che tutto quello che sapeva sulla magia l'aveva imparato tramite suo nonno o facendosi costantemente aiutare da Juliet e da Russell, e non attraverso i famosissimi campi di preparazioni a cui, come aveva capito lei, son riusciti ad andare tutti i suoi compagni.

«Un vero mago non rivela mai i suoi segreti» disse Emily, facendo l'occhio ad entrambe le ragazze e cominciando a raggiungere la porta dell'aula. Tirò un sospiro di sollievo e sperò vivamente che le due ragazze non facessero ulteriori domande. Le due ragazze si guardarono a vicenda e risero, raggiungendo Emily fuori dalla porta.

«L'ho detto prima e te lo ripeto anche adesso: tu mi stupirai ogni giorno di più». Melissa ridacchiò, seguendo sia Emily che Giselle e dirigendosi verso l'aula in cui si sarebbe svolta la loro prima lezione di Latino, una delle poche materie che ad Emily non stava per nulla simpatica. Non che non ci capisse nulla, per carità: Juliet era riuscire a spiegarle le cinque declinazioni, ma le sembrava comunque tutto così difficile, ma purtroppo studiare queste lingue antiche serviva a capire meglio i testi che avrebbero studiato in altre materie, ma anche a tradurre gli incantesimi e riconoscerli.

Quell'ora di lezione fu tenuta dal professor Godart, un uomo con folti capelli bianchi, un paio di occhiali neri che gli risaltavano i suoi grandi occhi marroni e uno stile che sembrava uscito direttamente da un film noir degli anni 60. In più aveva un marcato accento francese, che rendeva molto divertente la prima declinazione, dove la r forte e decisa di rosa, rosae si trasformava improvvisamente in una sottile e simpatica v, tanto che Emily e Melissa erano tentate di scrivere v al posto di r nei loro appunti, cercando di non ridere a crepapelle. Talmente si divertirono durante quella lezione che non si accorsero nemmeno che l'ora era finita e che dovevano recarsi in un'altra aula per l'ultima lezione della mattinata, ovvero Magia Antica.

La lezione iniziò dieci minuti in ritardo e quando la professoressa, tale sig.rina Alwyn, si presentò in classe, sembrava essere appena passata attraverso una tromba ma, per risolvere quel tremendo problema, tirò fuori la bacchetta e lanciò un incantesimo su se stessa, sistemandosi in un batter d'occhio e tirando un sospiro di sollievo. Aveva dei lunghi capelli neri, legati in un piccolo chignon e lasciandosi due ciocche di capelli che le ricadevano sul viso, un gran paio di occhiali marroni che le ingrandivano gli occhi verdi e un look che sembrava uscita direttamente da un romanzo giallo. Melissa la stava praticamente guardando con gli occhi a cuoricino e si aspettava che anche Emily stesse facendo la stessa cosa, ma quest'ultima era più concentrata a cercare con gli occhi, qualche banco più avanti, un certo ragazzo biondo.

Il dubbio assaliva Melissa, perciò, per non disturbare la professoressa che si stava intanto presentando alla classe, prese un pezzo di carta dal suo quaderno, scrisse quello che voleva dire all'amica e glielo passò furtivamente sotto il braccio. Emily, che intanto stava ascoltando intensamente la lezione come faceva sempre ma, non appena sentii qualcosa sotto il braccio, si girò di scatto verso la sua amica che le indicò il bigliettino.

«Ti ho vista guardare intensamente verso i primi banchi, chi stavi cercando?». Recitava il messaggio scritto su quel piccolo pezzo di carta. Emily guardò Melissa e i suoi occhi chiedevano disperatamente una risposta o, ancora meglio, un nome. Cercando di non farsi vedere dalla professoressa, che intanto aveva finito di parlare della sua vita e aveva iniziato a cercare il libro di testo all'interno della sua borsa, la ragazzina scrisse velocemente una risposta e passò il bigliettino all'amica che, elettrizzata, lo prese immediatamente.

«Appena finisce la lezione, ti racconto. E ho anche bisogno di consigli perché non so cosa fare in situazioni del genere». Melissa, che leggendo aveva già capito in che situazione fosse l'amica, le mostrò un pollice in su e mise il bigliettino in tasca. Emily sorrise in risposta: nonostante si conoscessero da non meno di ventiquattro ore, aveva già capito che con Melissa avrebbe sicuramente avuto una bellissima amicizia e che entrambe ci sarebbero sempre state l'una per l'altra, a qualunque costo.

La lezione sembrava non finire mai, ma Emily trovò la materia molto interessante: forse perché aveva sempre amato la storia e qualsiasi cosa antica, o forse perché già nonno Elijah le aveva raccontato tutto ciò che c'era da sapere sulle streghe e su come utilizzassero la Magia nel lontano 1600. Non appena la lezione finì, Melissa guardò l'amica dritta negli occhi, le prese il polso ed entrambe si precipitarono verso la loro camera, in poi da potersi sistemare prima di recarsi a pranzare.

«Raccontami qualsiasi cosa. Ogni singolo dettaglio, cosa è accaduto, chi è il fortunato o la fortunata. Sputa il rospo, signorina Smith!». Non appena entrarono in camera, Melissa rivelò tutta la sua eccitazione e curiosità, addirittura saltando dalla gioia e buttandosi sul letto di Emily. Quest'ultima cominciò a ridere a crepapelle e, appoggiandosi al muro, cominciò a raccontare la storia all'amica: le raccontò di Lip, di come ci avesse spudoratamente provato con lei e di come Emily non avesse la minima idea di come reagire, proprio perché non aveva mai avuto esperienze del genere con nessuna persona. Melissa ascoltò ogni singolo dettaglio della storia e, non appena Emily finì di raccontare, si alzò in piedi e cominciò a vagare per la stanza, cercando di pensare ad una soluzione.

«Cosa stai facendo?» chiese Emily, con tono dubbioso e molto confuso, osservando Melissa che faceva avanti ed indietro per tutta la loro piccola camera.

«Sto riflettendo». Melissa stava ancora facendo avanti ed indietro, fermandosi ad osservare i poster che aveva appeso il giorno prima e pensando ad un modo per aiutare la sua amica. All'improvviso, le venne un lampo di genio e si precipitò verso Emily. «Possiamo invitarlo stasera da William, che ne dici?»

«Mel, è un'idea brillante. C'è solo un problema, però: non so se abbiamo le stesse lezioni questo pomeriggio. E non so nemmeno in che stanza si trova o se lo ritroverò a pranzo». Melissa la zittì subito, posandole un dito sulla bocca.

«Non ti preoccupare, posso chiedere alla mia ragazza se lo conosce e magari può proporglielo lei al posto tuo, in modo che tu non debba fare nulla. Va bene?».

«Hai una ragazza?». Emily quasi lo urlò. Non perché fosse omofoba, anche perché sapeva che la cosa più importante all'interno di una relazione era amarsi per davvero, indipendentemente dalla propria identità di genere o dalla propria sessualità.

«Sì, sono bisessuale» disse Melissa, abbassando il tono del voce, come se fosse quasi preoccupata della reazione dell'amica «non ti cambia nulla, vero? Non smetti di essere amica?». Aveva davvero tanta paura che Emily, la sua prima vera amica lì alla Kingston, avesse potuto dire qualcosa, come fece suo padre che, non appena si sentii abbastanza sicura di dirlo ai suoi genitori, ebbe proprio la reazione che si aspettava: sbraitò e non parlo con sua figlia per una settimana, prima che sua madre lo cacciasse via di casa. Proprio quel giorno, quest'ultima e la figlia ebbero una chiacchierata a cuore aperto, e la madre mostrò alla figlia che l'avrebbe sempre accettata e che l'avrebbe sempre voluta bene qualsiasi cosa accadesse.

Emily sentii il bisogno di abbracciarla, e lo fece, stringendola forte forte. «Stai scherzando? Certo che non mi cambia nulla, Anzi, sono super felice che tu ti stia sentita così a tuo agio arrivando a dirlo perfino a me, ero solo gasata perché sono troppo curiosa di conoscerla e di vedere se il tuo carattere combacia col tuo».

Melissa ricambiò l'abbraccio, mentre le sfuggì qualche lacrima. «Grazie mille, Em. Sei forse la prima persona in assoluto che mi dice una cosa del genere ed è così felice per me. Nessuno mi aveva mai detto parole così dolci».

«Ma certo, Mel. Le penso sul serio queste cose e non mi permetterei mai di dirti cose brutte o false. Lo dico davvero, e ti accetterò sempre. Qualsiasi cosa accada».

Melissa pianse ancora di più e strinse Emily forte a sé, come se non si volesse mai separare da lei, il che era vero. Si conoscevamo da veramente poco, ma condividere un momento così delicato. in cui si fece vedere così vulnerabile e così vera davanti a qualcuno che non fosse sua madre, e vedere che quella ragazzina, che aveva incontrato non meno di un giorno prima, le stesse dando tutto il conforto di cui aveva avuto bisogno in quegli anni le scaldò il cuore e rafforzò ancora di più quell'amicizia appena nata.

Dopo essersi entrambe riprese e sistemate dalle mille lacrime versate in quei venti minuti, le due ragazze scesero nella grande sala da pranzo e si sedettero vicino a Caleb, che intanto era intento a posare un grandissimo libro nella sua borsa marrone che Emily aveva intravisto in treno il giorno prima. Non appena vide le due ragazze dirigersi nella sua direzione e salutare da lontano, ricambiò il saluto e gli sorrise in risposta. Per tutta la durata del pranzo, i tre ragazzi non fecero altro che parlare di come erano andate le lezioni della mattinata: Emily e Melissa raccontarono quanto si divertirono durante la lezione di Latino e Caleb raccontò loro la sua prima lezione di Francese, menzionando come gli fosse venuto semplice capire la lingua dato che sua nonna materna era in parte francese, precisamente di Marsiglia.

Parlarono talmente tanto che non si accorsero nemmeno che si stava facendo tardi e che dovevano tutti e tre andare alle lezioni pomeridiane. Si diedero, perciò, appuntamento davanti alla biblioteca della Kingston, che si trovava nella stessa zona dove si sarebbe tenuto la cosiddetta "sorpresa" di cui aveva parlato William quella stessa mattina. Uscirono dalla sala pranzo e si salutarono in fretta, correndo verso l'aula dove si sarebbe tenuta la lezione di Francese. Per fortuna, quando misero piede in classe, la professoressa non era ancora arrivata, perciò poterono entrambe tirare un sospiro di sollievo.

All'interno della piccola aula, vi erano pochissimi studenti ancora, ma Emily riconobbe immediatamente Giselle e vicino a lei c'era una ragazza un po' più bassa di lei. Aveva dei bellissimi capelli corvini corti, occhi color nocciola e un paio di occhiali molto simili a quelli della professoressa Alwyn. Non appena Melissa vide quella ragazza, un sorriso a trentadue denti si formò sul suo volto e si fondò immediatamente su di lei, abbracciandola. La ragazza ricambiò l'abbraccio, stringendola fortissimo a sé e ridendo.

«Mi sei mancata tantissimo». Fu l'unica cosa che Emily riuscì a sentire da Melissa e capii alla perfezione chi fosse quella ragazza. Non appena le due ragazze si staccarono, tenendosi comunque per mano, Melissa fece le presentazioni.

«Emily, lei è Eliza Bouchard, la mia ragazza. El, lei è Emily, la mia compagna di stanza e migliore amica». Emily la guardò sorridendo, ancora più di quanto stesse sorridendo lei: era la prima volta che qualcuno la chiamava 'migliore amica' e non una semplice amica. Era così felice che quasi si commosse, ma si ricompose immediatamente e porse la mano ad Eliza, facendo caso subito dopo al suo cognome.

«Bouchard...Bouchard come...»

«Bouchard come il preside, esattamente». Eliza sembrava un po' imbarazzata, probabilmente perché Emily era l'ennesima persona che aveva fatto caso alla loro parentela «il preside è mio nonno paterno».

Emily annuì. «Sono comunque felice di fare la tua conoscenza, Eliza. Mi piace un sacco il tuo taglio di capelli, l'hai fatto da poco?».

Eliza arrossì: era stato lo stesso complimento che le aveva fatto Melissa qualche settimana prima dell'inizio della scuola proprio lo stesso giorno in cui decise di fare quel taglio drastico ai suoi lunghi capelli corvini. «Grazie mille, li ho fatti due settimane fa proprio per cambiare. E perché c'era fin troppo caldo per tenere una chioma lunga come la mia».

«Hai fatto la scelta giusta, El. Ora sei ancora più bella di prima» disse Emily, lasciandole un piccolo bacio sulla fronte e andandosene a sedere in uno dei banchi vuoti dell'aula. Emily rise ed invitò Giselle ed Eliza a sedersi davanti a loro due e, non appena si sedettero, la professoressa di Francese entrò in aula, facendosi spazio tra i banchi e raggiungendo la cattedra in men che non si dica. Guardò la classe, squadrando ogni singolo alunno dal basso verso l'alto e cominciò subito a presentarsi velocemente come professoressa Saint-Germain. Aveva dei lunghi capelli grigi che le arrivavano a metà schiena, un grande maglione color verde salvia, un paio di pantaloni marroni e delle Dr.Martens bordeaux leggermente rovinate.

«Io sono la professoressa Saint-Germain e vi insegnerò quella lingua meravigliosa che è il tedesco», La professoressa cominciò a parlare delle origini del tedesco, di come fosse simile all'inglese proprio perché entrambe sono due lingue anglosassoni, del suo sviluppo nella letteratura e nel suo uso contemporaneo. Mentre spiegava, Emily cercò di stare al passo e segnarsi tutti i concetti chiave, proprio come faceva Melissa, la quale stava cercando di non addormentarsi sul libro e di seguire il più possibile la lezione, ma con tentativi invani. Le due ore passarono molto lentamente e, rimanendo nella stessa aula, aspettarono la professoressa di Studio delle Profezie, ovvero l'ultima materia della giornata. Mentre aspettavano, Emily e le altre tre ragazze si misero a chiacchierare e poté anche sentire Melissa che chiedeva ad Eliza se conoscesse Lip, contenendo tutta l'eccitazione in corpo, pronta a liberarla non appena finita la giornata.

L'ultima lezione, tenuta dal professore Saint-Clair, finii in un batter d'occhio, anche perché si rivelò più facile del previsto poiché il professore non diede nessun compito per il giorno seguente e poiché erano cose che era riuscita a capire insieme a Juliet, che di lavoro faceva proprio la profeta. Dopo aver salutato Eliza e Giselle, che le avrebbe raggiunte dopo essersi preparate, Emily e Melissa corsero immediatamente in biblioteca, dove trovarono già Caleb, intento a leggere un immenso libro di Astrologia.

«Da quanto tempo sei qui?» chiese Melissa, col fiatone per aver corso. «pensavo fossi ancora a lezione».

«Da circa mezz'ora» rispose Caleb, che intanto aveva alzato gli occhi dal suo «mi era rimasto un po' di tempo libero, quindi ho deciso di anticipare voi due ritardatarie»

I tre risero all'unisono, zittendosi immediatamente per non far troppo rumore, e, per la prima volta in tutta la sua vita, Emily sentì una sensazione strana, come se avesse trovato degli amici, dei veri amici.

 

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Capitolo 4
*** Il club segreto. ***


Il sole, che si era sostituito alla pioggia di quella mattina e che aveva portato un caldo per tutto il resto della giornata, cominciò pian piano a calare, lasciando spazio ad un cielo color arancio, talmente confortante per gli occhi che sembrava un dipinto di Monet, di quelli fatti in non meno di dieci pennellate, che venivano esposti nelle gallerie d’arte più prestigiose mai esistite e che ad Emily piacevano davvero tanto.

La giovane maga si era fermata a guardare il sole tramontare per passare il tempo, dopo aver finito i compiti in men che non si dica, mentre Melissa e Caleb erano concentrati a leggere dei libri silenziosamente, rispettivamente un libro sugli Incantesimi e uno sull’Astrologia. Tutti e tre attendevano quasi impazienti le diciannove, per dirigersi in una delle aule accanto alla biblioteca, che si trovava al terzo piano della Zona Est della Kingston, proprio come aveva detto Melissa quella mattina. La biblioteca era molto silenziosa in quel preciso istante, l’unico suono che si sentiva erano i corvi che gracchiavano girando intorno alla scuola e il ticchettio del grande orologio di legno, visibile a tutti poiché era posto sulla parete che si trovava proprio sopra la porta d’ingresso della biblioteca e, grazie al quale, tutti quanti gli studenti potevano vedere l’orario, che al momento segnava le diciotto e ventitré.

Emily sbuffò sonoramente: i suoi due amici erano ancora intenti a leggere i loro libri e non aveva alcuna intenzione di disturbarli. Tuttavia, la noia stava cominciando a farsi sentire, finché un’idea brillante le venne in mente: esplorare la biblioteca per il più tempo possibile. Si alzò dal tavolo, cercando di non fare rumore per non recare disturbo a Melissa e a Caleb e cominciò ad inoltrarsi nel suo piccolo viaggio. Iniziò ad osservare ogni sezione e il suo rispettivo nome, passando per Storia della Magia Antica per poi giungere a quella più moderna. Vi erano un sacco di libri in lingue europee, sia di Letteratura che proprio di Magia, ed Emily cominciò a sfogliarne qualcuno, in particolare un grande libro chiamata “Letteratura Inglese: dal ‘900 fino ai giorni nostri”. Trovò tutti gli autori che più le interessavano, in particolare Virginia Woolf, per poi dare un’occhiata a quelli che erano i romanzi più famosi della sua epoca, che passavano dal rosa al fantasy e a cui Emily dava sempre un’occhiata quando andava in libreria. Riposò quell’enorme libro e riprese la sua esplorazione, addentrandosi ancora più all’interno della biblioteca.

Dopo aver proseguito un po’ più in là, si ritrovò davanti ad una sezione chiamata Mitologia, piena zeppa di libri su tutte le mitologie, partendo da quella greca per arrivare addirittura a quella orientale, e che ad Emily interessava parecchio. Si inoltrò in quella piccola parte della biblioteca e le saltò all’occhio un libro sulla mitologia norrena, ovvero una delle sue mitologie preferite, con una copertina verde acqua e con dei disegni ben dettagliati che raffiguravano Thor, Loki e Odino in bella vista. Gli occhi della ragazzina brillavano dalla gioia e, per leggerlo ancora più comodamente, si sedette sul pavimento a gambe incrociate. Lo sfogliò piano piano, cercando di focalizzarsi sia sulle parole che sulle immagini, ma lesse così velocemente che non si accorse di essere arrivata al capitolo che parlava del mito di Fenrir. Il sangue di Emily si raggelò all’improvviso: conosceva fin troppo bene quella storia tanto che, non appena la lesse la prima volta per capire il perché suo zio si facesse chiamare in quel modo, ebbe incubi per una notte intera e dovette per forza dormire con nonna Isabel. Nonostante ciò, continuò a leggere il capitolo ma, all’ultima pagina, trovò qualcosa che non si sarebbe mai aspettata di trovare. Un piccolo bigliettino, molto ingiallito e rovinato probabilmente a causa del tempo, si trovava tra l’ultima pagina del capitolo e la pagina che introduceva il capitolo successivo.

«Chi avrà mai messo questo bigliettino in mezzo al libro? E poi perché proprio in questo preciso capitolo?». Emily era presa dalla confusione e quasi dalla paura, anche perché quel bigliettino sembrava tutto fuorché nuovo e qualcuno doveva averlo messo lì o per sbaglio o per farlo leggere proprio a lei. Era talmente persa nei suoi pensieri che non si accorse nemmeno che Melissa aveva incominciato a chiamarla, rompendo il silenzio che c’era stato fino a quel momento in biblioteca, segno che si era fatto quasi l’orario di raggiungere William.

Curiosa e spaventata allo stesso tempo, prese il bigliettino e se lo mise nella tasca della giacca della divisa, posò il libro al suo posto e tornò dai suoi amici, cercando di sembrare il più tranquilla possibile. Nonostante si fidasse già di Caleb e Melissa, ancora non poteva parlare loro del suo passato e di suo zio, per non metterli in pericolo. Sapeva le intenzioni di Fenrir e non aveva alcuna intenzione di mettere in mezzo a questa situazione nessuno dei suoi amici. E soprattutto non durante la sua prima settimana alla Kingston.

«Eccoti, stavamo iniziando a preoccuparci». Caleb tirò un grande sospirò di sollievo e le passò la borsa che si trovava nel posto accanto al suo. «Dove eri finita?».

«Mi sono messa ad esplorare la biblioteca in preda alla noia, e non avevo alcuna intenzione di disturbare la vostra lettura, perciò sono stata il più silenziosa possibile».

«Io sarei venuta volentieri, è Junior quello che non devi assolutamente disturbare durante la sua ora di lettura. Non avevo mai visto nessuno leggere così in silenzio come lui, avevo anche io paura di disturbarlo o chiedergli qualcosa». Melissa indossò la giacca e riposò il libro che aveva letto al suo posto, vicino a quello che Emily riconobbe come il loro libro di testo di Incantesimi.

«Questo è quello che io chiamo pace, Melissa. Se avessi iniziato a chiedermi come funzionavano gli Incantesimi all’albore dei tempi, soprattutto mentre stavo leggendo dell’importanza dello zodiaco nella Magia Moderna, ti avrei lanciato uno sguardo di disprezzo e non ti avrei nemmeno risposto».

«Beh, per fortuna IO sono bravissima in Incantesimi e non ho mai avuto bisogno dell’aiuto di nessuno». Il trio stava finalmente abbandonando la biblioteca alle diciotto e quarantanove, per dirigersi nell’aula 4 dove avrebbe incontrato William in dieci minuti.

«Dici queste cose come se non avessi sussurrato in continuazione “Come farebbe Eliza questo incantesimo?” o “Cosa farebbe Emily in questa situazione?”». Melissa arrossì e, fingendo di essere offesa, superò i suoi due amici e raggiunse l’aula per prima, lasciando da soli Caleb e Emily. Quest’ultima era ancora un po’ su di giri a causa della sua scoperta in biblioteca e, purtroppo, non stava riuscendo a smascherarlo molto bene. E Caleb l’aveva notato benissimo.

«Em, stai bene?». Caleb la fermò, poggiandole delicatamente una mano sulla spalla «Hai un’aria strana da quando sei tornata da me e Melissa, è successo qualcosa?».

Emily si girò, voltandosi verso il ragazzo. «No Caleb, stai tranquillo, sarà che sono solo molto stanca dopo la giornata pesante che abbiamo avuto. Non ero abituata a fare tutte queste materie in un giorno». Piccola bugia bianca perché era più che abituata a fare tutte quelle materie e a volte, con Russell e Juliet, ne faceva anche di più.

«Ne sei sicura? Se vuoi puoi anche non trattenerti troppo all’incontro, tanto penso che ci saranno solo mio fratello, la sua ragazza e dei ragazzi più grandi a presentare cosa faremo e un semplice giro di presentazioni, quindi se non te la senti puoi anche andare via prima.»

«Va tutto bene, Caleb, davvero. Anzi, sono super curiosa di sapere cosa mi aspetta» disse Emily, guardando Caleb dritto negli occhi e mostrandogli il suo sguardo elettrizzato. Il ragazzo non poté far altro che sorridere in risposta a quello sguardo, che la rendeva particolarmente adorabile ai suoi occhi.

«D’accordo, mi fido di te, ma per qualsiasi cosa non esitare a chiamarmi, va bene?».  

Emily si ritrovò a sorridere: non aveva mai sentito nessuno, o almeno nessuno della sua stessa età, esordire con quelle parole e le sentiva così confortanti, così vere che in qualche modo le levarono qualsiasi pensiero dal cervello. Mormorò un sottile grazie ed entrambi raggiunsero la loro amica, che intanto stava parlando con Eliza, Giselle e un’altra ragazza. L’orologio che si trovava in corridoio segnava esattamente le diciannove, e di William non c’era la minima traccia.

«Non vi preoccupate, è tipico suo» disse Caleb, appoggiando le spalle al muro «non so da chi abbia preso perché né mia madre né mio padre sono ritardatari, tantomeno io. Ma lui riesce ad esserlo. In qualsiasi occasione».

Nell’attesa che William arrivasse, i tre ragazzi si presentarono alla ragazza nuova, scoprendo che si chiamava Isobel O’Clary, ed era la compagna di stanza di Giselle. A primo impatto, sembrava una ragazza molto simpatica: era più bassa di Giselle, aveva dei bellissimi capelli ricci biondo ramato, che le arrivavano a metà schiena, occhi verdi e un gran paio di occhiali, simili a quelli che portava Eliza. Notò inoltre che aveva sostituito gli scomodi mocassini della divisa con un paio di stivaletti neri con un tacchetto che la facevano sembrare più alta.

«Che sono belli…» pensò Emily tra sé e sé «dovrei aver visto un paio di stivaletti molto simili ai suoi al mercato che si tiene vicino l’appartamento di Juliet e Russell. A Natale dovrei ripassarci per vedere se ci sono ancora».

Erano passati circa dieci minuti, fino a quando il gruppetto non sentì dei passi arrivare da lontano. Alzando lo sguardo, Emily vide William camminare verso di loro, seguito da un altro gruppetto di ragazzi e ragazze, probabilmente anche loro del primo anno, che lo seguiva insieme ad un’altra ragazza a cui William stava tenendo saldamente la mano. In mezzo a quel piccolo gruppetto, Emily non si rese nemmeno conto che c’era anche Lip e, non appena intravide quella folta chioma bionda, le venne quasi un capostorno. Melissa, che aveva già capito, si girò verso la sua amica e le diede la mano, spostandola per darle una, citando ciò che avrebbe detto lei, visuale migliore. Emily arrossì prepotentemente e cercò di nascondersi dal ragazzo, che intanto stava parlando con William e due altri ragazzi.

«Allora, ci siamo tutti?». William si era spostato e si era messo davanti alla porta dell’aula, guardando tutto il gruppetto che si era formato e cercando di individuare le facce che conosceva. O anzi, che aveva conosciuto solo quel giorno.

«Innanzitutto, grazie mille a tutti per essere venuti. Capisco la vostra stanchezza dopo questo primo giorno molto pesante, perciò non staremo molto. Spero davvero che questa idea vi piaccia, anche perché i ragazzi del terzo e del quarto anno stanno morendo dalla voglia di farvi vedere cosa hanno combinato questo anno. Nat, a te l’onore». William diede questo piccolo discorso con calma e serietà, completamente inusuali da parte sua. Fece un passo indietro, lasciando spazio alla ragazza a cui prima teneva la mano, che gli sorrise e si girò verso la porta. Tirò fuori la sua bacchetta e, sussurrando Aperio, spalancò la porta e lasciando entrare tutti i ragazzi all’interno dell’aula, che era già occupata da alcuni ragazzi, sicuramente i ragazzi del terzo e quarto anno di cui parlava William.

Emily si guardò intorno, incredula: i banchi di legno erano stati spostati e messi al muro, tranne due che erano stati posizionati in fondo all’aula, uno ordinato e pieno di libri, pezzi di carta e fotografie e l’altro pieno di cibo e bevande per i ragazzi. Le sedie erano state distribuite in cerchio, in modo che le persone potessero immediatamente sedersi ed iniziare l’incontro. Fuori dalla finestra, intanto, il sole era completamente calato e aveva lasciato spazio ad un cielo completamente stellato, illuminato solo dalla luna bianca. Nel giro di dieci minuti, dopo un po’ di chiacchere per conoscersi, tutte le persone all’interno dell’aula si sedettero e l’incontro poté ufficialmente iniziare.

«Buonasera ragazzi, io sono Ivy LeBlanc e sono la responsabile di questo piccolo club che abbiamo creato solamente l’anno scorso. Prima di spiegare nel dettaglio cosa vogliamo fare nei prossimi giorni e soprattutto come lo faremo, voglio ringraziarvi per essere qui e ringraziare il nostro William per aver radunato così tante persone. E soprattutto, per rompere un po’ il ghiaccio, vorrei che ognuno di voi si presentasse. So che per i più timidi sarà dura, ma sappiate che nessuno di noi ha intenzione di giudicarvi o di mettervi a disagio. Vogliamo solo conoscervi meglio». Ivy si sedette e diede la parola al ragazzo alla sua sinistra, che si alzò dalla sedia, cercando di non far cadere il cappotto che aveva poggiato su di essa e si presentò.

«Salve a tutti, sono Alexander Wilson, sono uno dei tre ragazzi del quarto anno qui alla Kingston e sono un ragazzo transgender. Sono molto felice di vedere così tante facce nuove e non vedo l’ora di farvi vedere che cosa abbiamo in servo per voi». Vi fu un piccolo applauso e Alexander si risedette. Emily, nel mentre, lo ammirava da lontano: fin da quando si erano seduti, non aveva fatto altro che guardare il suo stile e quanto elegante fosse, desiderando disperatamente di avere un giorno uno stile simile al suo. Intanto, si erano alzati due ragazzini, probabilmente della stessa età di Emily. Uno di loro aveva i capelli biondi ed ondulati, al contrario dell’altro ragazzo che invece aveva una chioma nera e riccia. L’unica cosa che li accomunava erano gli occhi: entrambi avevano un occhio verde e uno azzurro.

«Buonasera a tutti, io sono Gilbert Fitzroy... » disse il ragazzo corvino.

«…e io sono Hunter Fitzroy. E, anche se non sembra, siamo gemelli. Fidatevi di noi: siamo talmente uniti che finiamo…»

«…le frasi l’uno dell’altro. O panini, quando abbiamo fame». Quella battuta suscitò delle forti risate e un piccolo applauso, al quale i gemelli risposero con un goffo inchino. Mentre gli altri ragazzi continuavano il giro di presentazioni, Emily si guardava intorno e sorrideva: la felicità di essere finalmente circondata da persone sue coetanee, che la capivano e la comprendevano perché erano dei maghi come lei la pervase completamente, talmente tanto che non si rese nemmeno conto che era arrivato il suo turno di presentarsi.

«Perdonatemi, ero solamente immersa dei miei pensieri» disse la ragazzina, alzandosi e cercando di mantenere il contatto visivo con tutti i presenti «io sono Emily Elizabeth Smith, ma voi mi potete tranquillamente chiamare o con il mio nome o con Em. Non ho la minima idea di cosa faremmo in questo gruppo, ma sono comunque molto felice di poter finalmente conoscere persone come me…». Si fermò prima di continuare, prima di dire qualcosa che potesse dire qualcosa anche minimamente riconducibile a suo zio o al suo passato «…che possono praticare la magia, senza problemi. E che magari mi possono aiutare a migliorarmi». Anche per lei, vi fu un piccolo applauso per poi continuare il giro di presentazioni.

«Psst, sei stata grande» le sussurrò Melissa, sorridendole e indicandole la sua sinistra «e non penso di essere stata l’unica a pensarlo».

Emily si girò confusa per capire a chi si stesse riferendo Melissa,e  vide Lip che, con la coda dell’occhio, la stava guardando ammiccando un sorriso sotto i baffi, che fece diventare Emily completamente rossa, scena che suscitò in Melissa una piccola risata.

In men che non si dica, il giro di presentazioni finì e Ivy cominciò a parlare. «Come sono felice che la maggior parte di voi, nonostante sia passata solamente un’ora, si sentano così a loro agio. Anche perché era questo il mio intento, anche perché, per quello che dovremmo fare, servirà che andiate tutti d’accordo. Vuoi avere tu l’onore, Alex? »

«Lascio solo l’onore a te, Ivy. D’altronde hai avuto tu l’idea di questo club». Alex le mise una mano sulla spalla e la accarezzò, soprattutto perché sapevo quanto impegno la sua amica ci aveva messo e quanto volesse che tutto fosse perfetto.

«Come tutti voi sapete, saranno ormai quattordici anni che il Mondo dei Maghi è minacciato da un terribile cattivo, che agisce di nascosto e si fa raramente vedere, lasciando che i suoi seguaci, se così si possono chiamare, facciano tutti il lavoro sporco. Nessuno sa dove si trova e solo in pochi l’hanno visto di persona, scoprendo la sua vera identità. E il suo vero volto, che di solito copre con una maschera che ricorda un famoso mito della mitologia norrena, dal quale prende il nome…»

 «Fenrir». Non appena Ivy iniziò quell’accurata descrizione, Emily aveva già capito di chi stava parlando. Ovviamente, come si era ripromessa, non avrebbe detto a nessuno del suo passato e di come il cattivo che quei ragazzi tanto temevano era suo zio e che, probabilmente, stava cercando proprio lei. O i suoi genitori, nascosti chi sa dove. Anche al solo pensarci le venne la pelle d’oca, ma cercò di non darlo a vedere, in modo da non attirare alcun tipo di attenzione su di lei.

«E io che mi volevo tenere lontana da quel maledetto…» pensò tra sé e sé leggermente angosciata.

«Mio padre è stato attaccato cinque anni fa: stava tornando tranquillo a casa quando, all’improvviso, è stato attaccato da due dei suoi sostenitori. Per fortuna nulla di grave, è riuscito a difendersi e si è procurato solamente qualche graffio. Ma è inammissibile che delle persone innocenti debbano rischiare la loro vita o che, addirittura, debbano perdere la vita a causa sua. Ed è per questo che sono voluta venire qui alla Kingston e, soprattutto, creare questa sorta di club per esercitarci e trovare un modo per sconfiggerlo. O anche solo fermarlo».

Calò un profondo silenzio dopo il discorso di Ivy: ognuno di quei ragazzi sapeva che minaccia fosse quell’uomo. Probabilmente anche parenti loro avevano vissuto ciò che aveva vissuto il padre di Ivy e sapevano quanto fosse pericoloso anche solo provare a tentare di fermarlo o addirittura pensarci, considerando il potere che aveva. Ma volevano comunque di fare qualcosa. Migliorando le loro doti magiche, aiutandosi e confrontandosi a vicenda e creando un ambiente il più confortevole possibile, in modo da non causare situazioni che si sarebbero ripercosse.

«Non rattristiamoci, però. Faremo tutto nel modo più calmo possibile e, se volete lasciare il club, siete liberi di farlo in qualsiasi momento. Ma mi sembrate tutte persone abbastanza determinate e coraggiose e già sento di potermi fidare di voi». Ivy si alzò dalla sedia, alzò lo sguardo verso l’orologio che segnava le 20:46 e concluse questo primo incontro.

Emily, che era ancora un po’ sconvolta, si alzò e controllò se il biglietto fosse ancora nella tasca della giacca. E se fosse stato scritto da Fenrir stesso? E se fosse una minaccia per lei? E se fosse un indizio che poteva servire a lei e ai ragazzi? Recuperò la sua borsa ma, per pura coincidenza, colpì l’unica persona con cui non riusciva a parlare: Lip.

«Eccoti, ti stavo cercando». Il biondo si era piazzato davanti ad Emily, che intanto cercava da lontano lo sguardo di Melissa., senza però trovarla, sia perché voleva tornare nella loro camera sia perché non aveva la minima idea di come comportarsi.

«Stavi cercando me? E come mai?». Domanda leggermente idiota, lo riconosceva, ma nessuno l’aveva mai cercata ed era la prima cosa che aveva pensato, anche per fare conversazione.

«Volevo sapere come stavi e se ti era piaciuto questo incontro, tutto qui. Sai, mio padre e il padre di Ivy sono amici da molto tempo e posso solo immaginare quanta dedizione ci abbia messo per creare una cosa del genere».

Emily guardò Ivy, che in quel momento era circondata da persone che probabilmente si stavano congratulando con lei e sorrise, pensando a quanto forza quella ragazza deve avere. «Hai ragione, è proprio una ragazza fortissima».

«Sei stata forte anche tu, sai? Presentazione breve ma profonda, me l’aspettavo da te».

Emily arrossì e sorrise a Lip, contenta di aver fatto una buona impressione. «Ti ringrazio, anche la tua presentazione non era da meno. Ho cercato di ascoltare un po’ tutti così da imparare a conoscervi, penso già di aver memorizzato i vostri nomi».

Lip rise, domandosi che razza di memoria aveva per aver già imparato i nomi di tutte le persone nel giro di un’oretta. I due ragazzi parlarono per un po’, fino a quando Melissa ed Eliza spuntarono all’improvviso dietro ad Emily e si unirono alla conversazione.

«Eccovi qui, di che stavate parlando?» Melissa si piazzò in mezzo ai due ragazzi, e rivolse ad Emily uno sguardo incuriosito e pieno di speranza, come se le stesse chiedendo con gli occhi di raccontarle ogni singolo dettaglio di quella piccola conversazione.

«Ci stavamo solamente confortando su questo incontro, nulla di che». Disse Emily, che ringraziò mentalmente le due ragazze per essere arrivate e aver continuato la conversazione, nella speranza di poter finalmente andare in camera e raccontare a Melissa tutto quello che si erano raccontati. Melissa ed Eliza si guardarono e risero sotto i baffi e si unirono alla conversazione che durò poco, poiché Ivy, dopo aver finito di sistemare le sedie e i banchi, invitò cordialmente tutti ad uscire. Lip ed Emily si salutarono molto velocemente, dandosi appuntamento al giorno seguente, e seguì Melissa ed Eliza, ripensando al biglietto che aveva in tasca e quale poteva essere il suo contenuto.

Dopo la cena, squisita come quella della sera prima, Emily e Melissa tornarono in camera e si cambiarono in men che non si dica. Un po’ lentamente, anche perché la stanchezza le stava mangiando vive, e soprattutto perché entrambe avevano molto a cui pensare dopo quella riunione.

Mentre Melissa si stava lavando, Emily tirò fuori dalla tasca il biglietto e si sedette sul suo letto e, dopo aver controllato che la sua migliore amica non uscisse all’improvviso dal bagno, lo aprì. A causa del tempo, le parole risultavano leggermente sbiadite ma si leggeva comunque il contenuto:

 

Rimani dove sei, e non bloccare Gleipnir.

 

Emily guardò il biglietto, un po’ confusa e un po’ preoccupata: era a conoscenza di cosa fosse Gleipnir e dell’importante ruolo che essa aveva all’interno del mito, ma era quasi sicura che Gleipnir fosse il nome in codice per qualcuno, o addirittura per qualcosa che sarebbe accaduto quella notte. La ragazza rilesse per un’ultima volta il bigliettino e lo posò sotto il suo cuscino, cercando di nasconderlo nel miglior modo possibile, e aspettò che Melissa uscisse dal bagno, ancora un po’ sconvolta, preoccupata e un po’ impaurita, sperando con tutta sé stessa che nulla potesse accadere.  

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