Miraculous U-AU

di leti_0907
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Non ho bisogno di una maschera per essere ciò che sono già ***
Capitolo 2: *** Kwagatama- Parte I ***
Capitolo 3: *** Kwagatama- Parte II ***
Capitolo 4: *** I'l be waiting- Marinette ***



Capitolo 1
*** Non ho bisogno di una maschera per essere ciò che sono già ***


«Non vincerete mai, Ladybug, Chat Noir!» la voce imperiosa e malefica di Monarch risuonava per le strade di Parigi come una minaccia fatta d’ombre. Sembrava di percepirla da ogni mattone, da ogni piastrella, da ogni fessura. «Non importa che tu abbia recuperato i Miraculous, sarai sempre e solo una ragazzina spaventata che si nasconde dietro una maschera!»

L’aria era carica di disperazione, di angoscia, di rassegnazione, e dopo quella frase avrebbe dovuto sentirsi demoralizzata. In passato sarebbe successo.

Ma ora non più.

Lei che portava con sé, addosso e nel cuore, tutto ciò che era la fortuna, la creazione, la speranza per la sua città natale.  Anche se Chat Noir era al suo fianco, ferito e stanco, sapeva che insieme non si sarebbero mai arresi, neanche davanti alla più insormontabile delle difficoltà.

Erano più forti, insieme.

Alzò lo sguardo, cercando con i suoi occhi blu il volto di akuma del loro nemico giurato. Non riusciva a non guardarlo con disprezzo: a causa sua, Parigi era per metà distrutta. Cadaveri di case si reggevano per chissà quale legge della fisica, ed il suo cuore si strinse nel notare le macerie che affollavano le strade come persone entusiaste di assistere ad uno scontro mortale. Quello contro Monarch lo era.

Si alzò in piedi, eretta davanti a quel mostro senza un cuore. Lo yo-yo girava furioso grazie agli scatti del polso, e la giovane prese un bel respiro prima di dargli la risposta che non solo l’eroina che era ma anche la Marinette fragile e persa che era stata stava cercando per se stessa.

Avrebbe compiuto un salto nel vuoto, il più grande dei rischi -se le sue previsioni fossero state corrette-, ma doveva farlo.

Per guadagnare la fiducia di chi la sosteneva.

Per salvare tutti.

Per vedere negli occhi di chi l’amava l’orgoglio.

«Non ti sbagli, Monarch.» la voce limpida di Ladybug quietò ogni rumore, anche quello più indistinguibile all’orecchio umano. Il caos ed il fuoco regnavano, ma lei non se ne curò. Sentiva su di sé gli occhi felini del suo partner, ma andò avanti a parlare, anche se avvertiva già un groppo in gola. «Sono una ragazzina, ed ho paura. Sono tremendamente spaventata, ed ho paura di non riuscire a salvare nessuno. Ma se la vecchia me avrebbe chinato la testa ed accettato la sconfitta, io non lo farò, non più. Ho smesso di sottostare a chi sa usare il potere solo per fare del male, e se sconfiggerti significa dare tutta me stessa nell’ultima battaglia… beh, e così sia.» lanciò il suo Miraculous Ladybug, e tutta la sua amata città -quella che lei aveva giurato di proteggere- tornò quella di sempre.

I suoi occhi blu poi si concentrarono su Chat Noir, il quale la osservava con un leggero sorriso sul volto. Era fiero di lei, lo vedeva e lo capiva persino lei, e quello le diede la forza di continuare. «Una volta qualcuno mi disse che, senza di me, Ladybug non potrebbe esistere. E finchè nel mio cuore ci sarà più amore che paura, non ho bisogno di una maschera per essere chi sono già.»

Chiuse il cielo delle sue iridi, e sussurrò: «Tikki, ritrasformarmi.»

Ladybug scomparve, ma lei avvertì la trasformazione come a rallentatore. Ogni centimetro di tessuto rosso e nero svelò il volto di chi si celava sotto la maschera rossa a pois, ma senza la tuta ed il suo yo-yo, Marinette si sentì Ladybug più che mai.

Perché lei era Ladybug, e lo sarebbe stata anche dopo la fine di quella battaglia.

«Non saremo noi a perdere, Monarch. E sai perché?» la giovane eroina si rivolse nuovamente contro di lui. «Perché non possiedi l’amore, ne lo provi per qualcuno al di fuori di te stesso. Per questo non vincerai mai contro me e Chat Noir: perchè anche se ci lanciassi addosso tutte le tue akuma, dalla nostra parte ci sarà l’amore di chi amiamo e ci ricambia a sostenerci.»

Sentiva le guance rosse, e che fosse per lo sforzo di urlare o per la sensazione degli occhi dell’eroe vestito di latex nero, non ne aveva idea. Ma quando tornò a ricambiare le attenzioni, lo trovò a bocca aperta, le gote deliziosamente arrossate. Avvertì il fruscio delle ali delle farfalle, e, quando il sole tornò a splendere su di loro capì che, per un po’, Monarch sarebbe stato fuori dal loro radar. Comprensibile: avrebbe dovuto rivedere i suoi piani, avendo perduto i quindici Miraculous che le aveva sottratto tempo prima.

Ed anche loro.

Marinette fece per parlare, non sapendo bene cosa dire, ma Chat Noir la bloccò. «Forse è meglio che per ora tu non mi dica niente.» sbottò, provocandole un battito mancato. «Permettimi di riflettere da solo, milady.»

«Ma certo.» e in piedi sul tetto Marinette lo guardò andarsene.

۞

 

Quello che era stato il resto della giornata, lei lo aveva vissuto caoticamente.

Quando era tornata a casa, i suoi genitori l’avevano tartassata di domande, preoccupati che lei avesse rischiato la vita così tanto spesso ed allo stesso tempo emozionati ed orgogliosi di lei. Dopo di che, aveva dovuto nascondersi in camera sua a causa dei giornalisti e le migliaia di persone che erano entrate in negozio per vedere lei. Sin dall’inizio aveva preso coscienza di ogni rischio che avrebbe corso rivelando la sua identità, ma sperava che le avrebbero lasciato il tempo per respirare.

Poi, i messaggi dei suoi amici che le avevano quasi fatto esplodere il telefono. Per non parlare dei telegiornali: non c’era notiziario che tappezzasse ogni pixel dello schermo con le sue foto, da Marinette e da Ladybug.

Sospirò, stanca, mentre si lasciava andare contro lo schienale della sedia.

«Sei stata davvero coraggiosa a fare una cosa del genere, Marinette.» la consolò Tikki, facendola sorridere. «Anche se estremamente imprudente e pericolosa.»

«Lo so, ma è stato giusto così, Tikki.» le sorrise, anche se debolmente. «Io e Chat Noir abbiamo sempre detto che chiunque avrebbe potuto lottare. Quella di oggi è stata per tutti la dimostrazione che la Ladybug che amano tanto è una ragazza normale con una vita normale come tutti. Serviva per dare speranza.»

«E cosa c’è che ti preoccupa?» il kwami della creazione si preoccupò quando lei lanciò un’occhiata angosciata al telefono. «L’attacco mediatico e psicologico che hai subito fino ad adesso non sembrava toccarti minimamente, adesso hai un’espressione così addolorata.»

«Adrien.» sospirò Marinette, la voce spezzata. «Ho aspettato così tanto a lungo per poter stare con lui, per saperlo finalmente innamorato di me. Ed ora non vorrà avere niente a che fare con me.»

«E perché mai? Lui ti ama!»

«Gli ho mentito, Tikki. E lui odia i bugiardi.»

«Anche se fosse, penso che ti capirebbe. Adrien è molto comprensivo, di sicuro non te ne farebbe una colpa. Secondo me ti stai facendo annebbiare dalle tue paure da non riuscire a prendere la situazione per come è: il tuo ragazzo starà assimilando la verità e vorrà aspettare il momento giusto per parlartene.»

«Si, ma-»

Un ticchettio insistente attirò la loro attenzione. Marinette alzò la testa verso la finestra che dava sul suo balcone, e vide una mano guantata di nero ferma in aria.

Chat Noir. Cavolo!

«Tikki, nasconditi.»sussurrò al suo kwami, prima di raggiungere il partner.

Nel momento esatto in cui accostò la finestra, tra di loro calò un silenzio raggelante. Di Chat Noir vedeva solo la schiena muscolosa e la coda afflosciata che gli correva lungo le gambe snelle ma possenti. Le dava le spalle, e ciò la gettava in uno stato di confusione e di orrore.

Come avrebbe reagito? Si sarebbe sentito deluso, o tradito? Lei si sarebbe sentita così. Oppure… cosa gli avrebbe dovuto dire? “Mi dispiace di essere io Ladybug”? Le avrebbe consegnato il Miraculous perché non voleva più lavorare con una bugiarda?

«Ladybug…» la voce del compagno era seria come mai lo era stata. Si voltò verso di lei, gli occhi verdi brillanti. «O dovrei chiamarti Marinette?»

«Preferirei milady, lo trovo un soprannome purr-fetto.» tentò di scherzare, ma non ebbe l’effetto che sperava. Sconsolata, abbassò la testa. «Senti, Chat Noir, so che non sono chi ti aspettavi che fossi, e mi dispiace che tu l’abbia scoperto così…»

«No, Marinette, non è così.»

«Ed allora, come è?»

«Il problema sono io, Milady. Mi sento così stupido a non aver notato le somiglianze, a non esserci arrivato prima. Era così evidente, eppure sono stato cieco per non arrivarci prima.» le sorrise, avvicinandosi. «Ti ho definita “la Ladybug di tutti i giorni”, e non poteva esserci definizione migliore per l’eroina che sei sempre stata.»

«Ma quella frase non me l’hai detta tu, Chat Noir.» gli fece notare l’eroina della creazione, le sopracciglia aggrottate. I dubbi vennero a galla, ma lei si sforzò di zittirli.

«Ma il vero me, sì.»

La realizzazione, la coscienza e la verità gravò sul suo petto fino a schiacciarle il cuore, mentre lo guardava ritrasformarsi e dare a Plagg un pezzetto di camembert.

Il suo ragazzo, Adrien, era Chat Noir.

«Adesso sei tu quella delusa.» l’affermazione di lui le diede la scossa, e lei si sbrigò a negare le sue parole.

«No, non lo sono e non lo sarei mai di te. Ma siamo due stupidi, quello sì.» Marinette gli sorrise e lo abbracciò, venendo subito ricambiata dalle sue braccia forti e decise. «Lo sai che sapere entrambe le identità ci metterà anche più nei guai?»

«Si, ma noi siamo sempre stati molto bravi a uscirne.»

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Capitolo 2
*** Kwagatama- Parte I ***


Kwagatama- parte I

Adrien si sarebbe aspettato di tutto, al suo rientro a casa. Persino l’appartamento distrutto per la fame insaziabile di un certo kwami della distruzione che metteva le sue zampine ovunque lasciandosi dietro una catastrofe dietro l’altra.

Ma quello proprio no. Non la figura esile della sua ragazza sdraiata sul suo lato, i capelli neri sparsi sul cuscino. Adrien era così sorpreso che per un attimo si era chiesto se fosse una visione data dalla stanchezza mista alla mancanza che sentiva ogni giorno nei suoi confronti.

Sapeva quanto Marinette fosse impegnata in quei giorni. La sua università avrebbe indetto una sfilata di beneficienza di lì a poche settimane, e lei gli aveva confessato di essere leggermente indietro con i bozzetti dei suoi vestiti. Si stava dando da fare, e purtroppo le occhiaie erano la prova più che evidente che non stesse dormendo, quindi in parte era contento di averle dato le chiavi di casa sua. Vederla riposare dopo l’inferno delle sue giornate come futura stilista lo rendeva più tranquillo.

Senza neanche cambiarsi i vestiti ma togliendosi solo la maglia, l’ex modello del marchio Agreste si adagiò accanto a lei, per poi accarezzarle il profilo del volto con la punta delle dita per non svegliarla. La vide sorridere, come se avesse riconosciuto il suo tocco anche nel sonno, ed il suo cuore si compresse per la dolcezza del momento.

Dio, se l’amava. A volte si domandava perché aveva passato così tanto tempo a sognare un amore impossibile per Ladybug, quando la donna della sua vita era sempre stata al suo fianco. Si sentiva fortunato, ad averla come compagna.

Ad Adrien non sfuggì la pelle d’oca sulle braccia della sua ragazza. Si era tolta la giacca, probabilmente  a causa dell’afa del pomeriggio estivo, ma a notte fonda la temperatura era un po’ calata e lei lo avvertiva più di lui. Si fece più vicino a lei, per riscaldarla in un abbraccio e per riuscire a dormire con lei, quando si accorse di una collana a lui sconosciuta attorno al suo collo. Con il buio non riusciva bene a distinguere il ciondolo che era uscito dalla scollatura della maglietta, e per questo decise di osare.

Con un dito ne accarezzò i lineamenti, e li disegnò nella sua mente per avere una visione chiara dell’oggetto. E per poco non ci rimise i polmoni quando capì che quel ciondolo aveva la stesse forme e dimensioni del kwagatama che portava anche lui al collo.

Il kwagatama che Plagg aveva creato per lui.

I sospetti non ci misero poi molto a venire a galla, tanto che lo spinsero a scostare i capelli Marinette per vederne gli orecchini. Per un attimo la bellezza della ragazza lo trasse in inganno, facendogli quasi perdere la questione e convincendosi che fosse solo una coincidenza. Ma quando il pensiero che lei non aveva mai osato cambiare quegli orecchini e che erano molto simili a quelli di Ladybug gli passò per la testa, dormire abbracciato a Marinette era l’ultimo dei suoi desideri.

Il biondo si mise seduto, coprendo la ragazza con una coperta. Si mise accanto alla finestra, la visione dell’insieme oramai più che chiara di sempre negli occhi verdi illuminati dalla debole luce lunare.

Gli orecchini, la collana, il box dei fili di cui lei era tanto invidiosa… l’impressione che le aveva sempre dato sul fatto che tenesse una parte di sé nascosta. Era ovvio che gli tenesse segreto qualcosa d’importante, ma sarebbe stato ipocrita da parte sua incolparla di ciò. Diamine, lui era Chat Noir, il partner di Ladybug e guardiano di Parigi. Doveva mantenere la sua identità segreta.

Ma se il segreto riguardasse una doppia identità? Se la donna che amava fosse la stessa supereroina che tante volte lo aveva rifiutato? Che rischiava la vita ogni giorno per salvaguardare la sicurezza della loro città?

La guardò, dormiente e tranquilla. Se fosse stata davvero Ladybug, sarebbe cambiato qualcosa?

Forse tutto, forse niente. Non poteva saperlo, non finchè sarebbe tutto rimasto un “se”.

In quel momento un telefono vibrò. Lo schermo si illuminò, ed Adrien si accorse che a segnalare l’arrivo di un messaggio era niente meno che il cellulare di Marinette. Si avvicinò al comodino su cui era poggiato, il senso di colpa nel violare la privacy di Marinette che gli mangiava lo stomaco, e lesse il nome del destinatario.

Lo fece, anche se avrebbe mai voluto trovarsi in una situazione del genere.

Lo fece, perché voleva sapere.

Ed il nome che campeggiava sullo schermo diede credito ancora di più ai suoi dubbi.

Il Maestro Fu.

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Capitolo 3
*** Kwagatama- Parte II ***


Kwagatama- parte II

Adrien era strano in quei giorni. Si comportava come sempre, eppure Marinette avvertiva qualcosa che non andava in lui, e tutto era cominciato sette giorni prima, quando si era svegliata in un letto non suo e due braccia che la avvolgevano nel più dolce degli abbracci.

Quella sera non riusciva a dormire, anche se il suo orgoglio non glielo permetteva non avrebbe mai confessato al suo ragazzo che senza di lui faceva fatica ad addormentarsi. Per questo aveva approfittato delle chiavi che lui le aveva regalato per dormire nel suo letto, lasciandosi andare a quel profumo che le era familiare ma che amava ogni giorno di più.

E la mattina dopo, ad accoglierla al risveglio non c’era un sorriso raggiante più del sole ed un bacio delicato sulle labbra. C’era invece il volto dubbioso e preoccupato del biondo, un volto che lei non gli aveva mai visto addosso rivolto a lei.

Da quella mattina nel suo verde vedeva sempre una scintilla di sospetto, come se lei avesse fatto qualcosa di sbagliato, e non le andava giù che la osservasse in quella maniera senza avere idea del motivo.

Ed avrebbe approfittato del loro solito appuntamento durante l’ora di pranzo per chiarire, una volta e per tutte.

Marinette aveva raggiunto il suo ufficio come amministratore delegato in cui Adrien si chiudeva per gestire la casa di moda che suo padre gli aveva lasciato in eredità. Tante volte aveva cercato di convincerla a lavorare per lui dopo l’università, e sebbene fosse onorata dal fatto che il suo ragazzo vedesse in lei un talento ineguagliabile, preferiva non doversi adagiare sull’alloro per cercare lavoro. Avrebbe prima valutato tutte le possibilità, e poi scelto.

Entrò nella maison Agreste. Passando per la hall principale, come sempre affollata di personale e stilisti che correvano da una parte all’altra come mosche sul formaggio, si fermò a salutare Nathalie ed Émilie prima di bussare alla porta accanto.

«Pranzo espresso per lei, signor Agreste!» lo salutò così spalancando la porta, prima di sentirgli dire “avanti”. «Una quiche e dei croissants firmati Dupain-Chen!»

«I miei preferiti.» da dietro la scrivania, un elegantissimo Adrien le lanciò un’occhiata divertita, mentre lei si avvicinava per appoggiare le borse con cui trasportava il cibo sulle poltrone. «Ma questo lo sai già.»

«Impossibile non saperlo, con te che mi mormori ogni mattina che vuoi sempre qualcosa di sfornato da mio padre.» Marinette lo prese in giro, e lanciò un’occhiata ai bozzetti che lui aveva in mano. «Problemi con dei modelli?»

«Si, c’è qualcosa che non quadra. I tagli sembrano tutto tranne che armonici, e non mi convince il materiale usato.» Adrien le rivolse un’occhiata disperata. «Ti dispiacerebbe aiutarmi? In queste cose sei molto migliore di me, Mari.»

«Sai che non posso resistere al tuo sguardo supplicante. Passa qui, li controllo appena finiamo di mangiare.» la ragazza prese in mano il plico per poi appoggiarlo sulla sedia accanto a sé. «È successo qualcosa ultimamente?» gli domandò esitante, passandogli il pranzo, mentre gli si formava una palla di disagio nel petto.

Aveva deciso di non tentennare una volta entrata nella maison, avendo raccolto tutto il suo coraggio mentre camminava. Si era messa a parlare a se stessa, imponendosi di stare calma e di non agitarsi, ma aveva finito con strillare talmente forte che una mamma aveva portato via il proprio bambino dal parco giochi… al di là della strada.

Ma mettere le sue paure a tacere era stato semplice. Ora rimaneva la paura di come Adrien avrebbe potuto rispondere a quella domanda.

E se non l’amasse più? E… se fosse innamorato di un’altra?

Iniziava a girarle la testa violentemente.

E la faccia del suo ragazzo divenne inespressiva. «Intendi tra di noi, non è vero?» sospirò, davanti all’espressione stupita di Marinette. «Ti conosco come le mie tasche, Marinette. Se mi avessi posto la domanda riferita alla maison, lo avrei capito. E, per la cronaca, qui va tutto bene.»

«E quindi immagino sia successo qualcosa tra di noi per essere arrivato a questa conclusione.»

«Si, è successo qualcosa.»

Marinette incominciava a sudare freddo. «Ti… sei innamorato di un’altra?»

Si aspettava qualsiasi reazione, quando glielo chiese così direttamente.

Ma non Adrien che scoppiava a ridere.

Lo vedeva sbellicarsi come mai aveva fatto, e si era dovuto reggere alla scrivania per non collassare a terra, nonostante fosse seduto. E lei era rimasta in piedi, sentendosi una scolaretta idiota.

«Oh mio dio, Mari. Non penso che tu possa mai più eguagliare questa battuta con le tue figuracce, davvero.» Adrien si asciugò una lacrima, ma ritornò serio quando notò come Marinette era sconvolta dalla sua reazione. «Aspetta, eri seria?»

«Ti sembra che sto scherzando?»

«Beh, visto la grande idiozia che hai detto, speravo fosse una delle tue battute.» gli occhi smeraldo di lui si riempirono di amore, tanto da farli brillare come pietre preziose. «Non potrei mai innamorarmi di un’altra ragazza che non sia tu, Mari.»

«Ed allora cosa c’è che ti preoccupa? È da una settimana che mi guardi con aria sospetta, e sinceramente mi sono stufata di questa situazione.» Marinette perse le staffe, e sbattè i palmi delle mani sul vetro della scrivania. «Io e te ci siamo sempre detti tutto, detesto che ci sia qualcosa di non detto tra noi.»

«Ed hai ragione, per questo ora ne parleremo.» il ragazzo si lasciò andare contro lo schienale della sedia. «In verità, avevo già deciso di affrontare la questione oggi.»

La giovane e futura stilista si sedette, impaziente. «Perciò parla.»

«Te lo chiederò senza fare troppi giri di parole.» Adrien la fissò intensamente, la suspense che vibrava nell’aria. «Sei Ladybug?»

«Adesso sei tu a fare battute idiote.» eppure non rideva.

«Andiamo, buginette. Ora giochiamo a carte scoperte: la mia domanda era solo di cortesia, perché il kwagatama che porti al collo parla più di te.»

Lei si portò la mano al collo di riflesso, stupita, per poi capire che Adrien stava aspettando quella reazione per confermare ogni suo dubbio. Sospirò. «Immagino che non sia stato solo il kwagatama a fregarmi, Chaton.»

Oramai non erano più Marinette ed Adrien, non erano più i ragazzi innamorati follemente l’uno dell’altro.

Ora erano i supereroi di Parigi, coloro che avevano appena scoperto la verità l’uno sull’altra.

Ora sapevano.

«Affatto. Mi è bastato leggere un messaggio di maestro Fu una nota a lato del libro dei Miraculous e ricollegare tutte le volte in cui sei scomparsa per lasciare il posto al tuo alter ego. Per non parlare della somiglianza.» Adrien unì le mani dietro la testa e stese le gambe. «E tu che mi dici? Non sembri per niente sorpresa dal fatto che io sia Chat Noir.»

Marinette ebbe un lampo in cui lo vide vestito con la sua solita tuta nera, il campanellino, la maschera e la coda. Per il momento lasciò perdere il fatto che Adrien avesse violato la sua privacy, ma di quello ne avrebbero parlato più tardi.  «Non lo sono, non ora. Qualche giorno fa invece ero sconvolta, quando ho notato un certo esserino nero di nome Plagg gironzolare per la tua camera alla ricerca di camembert.»

«Ed io che pensavo di essere stato discreto.» la vocina dell’interessato era ovattata, ma poi la testolina del kwami della distruzione sbucò fuori dal taschino della giacca del biondo. «Immagino sia un potere dei guardiani.»

«Semplicemente Marinette non è stupida.» intervenne Tikki, uscendo dalla borsa della ragazza, sentendosi in dovere di difenderla.

«Hai ragione, Tikki. Marinette non è stupida.» Adrien le osservò, sorridendo. «E neanche io. Ma al di là del fatto che tu sei Ladybug ed io l’abbia scoperto così, adesso posso dirtelo in faccia.»

«Cosa?» la sua ragazza divenne curiosa.

«Di quanto io sia fiero ed orgoglioso di te. E che ti amo, sia la mia dolce ed imbranata Marinette, sia la determinata e coraggiosa Ladybug.»

«Come lo sono io di te. Ti amo, sia il calmo e riflessivo Adrien, sia l’arrogante e divertente Chat Noir.»

Si sorrisero. Nonostante ci fossero molte altre cose da dire riguardo alle loro identità di eroi, per ora bastava che si mostrassero i kwagatama e ridessero dei loro se stessi più giovani che non ci erano arrivati prima.

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Capitolo 4
*** I'l be waiting- Marinette ***


I'll be waiting
-Marinette Ft "I'll be waiting", Cian Ducrot-
 

Leave your keys if you're not coming home
You packed your bags full of letting go
You were moving in, now you're moving on
There's no getting used to you being gone

No, non si sarebbe mai abituata. La sua casa era così piena di lui, di loro, eppure quello che gli rimaneva di Adrien erano i suoi videogiochi abbandonati nel cassetto del comodino, e le chiavi dell'appartamento con il ciondolo a forma di coccinella.

Le stesse che lui aveva lasciato all'ingresso prima di chiudersi la porta alle spalle, senza mai voltarsi indietro, dopo averle urlato di uscire dalla sua vita.

Niente di più.

Non riusciva a ricordare oltre, neanche uno dei momenti più felici che avevano passato assieme.

Perchè il dolore di saperlo andare avanti senza di lei la stordiva come la peggior dose di morfina piantata nel cuore.

You were down now you're giving up
Just a false start if you're quitting on us
Another year, just another lie
Wish you'd call so I could say goodbye

Non sarebbe mai riuscita a dirgli addio. Anche solo evitare di pensarlo gli provocava un tumulto doloroso nel petto.

Gli aveva mentito su tutto -la morte di suo padre, il fatto che Gabriel Agreste fosse Monarch, sulla sua identità di Ladybug-, eppure non riusciva a lasciarlo andare, nonostante sapesse che era la cosa più giusta da fare.

Lo amava, più della sua stessa vita.

E l'unica cosa che la sua testa riusciva a formulare, come il ritornello di una canzone che ti entra sottopelle, come l'inchiosto di un tatuaggio indelebile, erano le parole di Maestro Fu che le erano state confidate da Wayzz quando era ancora una Guardiana inesperta.

"Quei due sono fatti l'uno per l'altra."

And let you know, i'll wait for you every night

Lo avrebbe aspettato, anche se gli aveva spezzato il cuore.

Lo avrebbe atteso, ogni notte, anche se non sapeva se Adrien l'avrebbe mai perdonata. Non si aspettava che cedesse all'istante- lui era Chat Noir, l'eroe di Parigi. Era riconosciuto per la sua determinazione, mentre lei era l'eroina a pois che credeva che ad ogni problema ci fosse una soluzione.

Ma forse per loro non c'era più soluzione?

If you ever wanna fall in love
If you ever wanna bet on us
If you ever wanna be my one
I'll be waiting

If you ever want one more night
If you ever wanna make things right
If you ever wanna change your mind
I'll be waiting

I'll be waiting

Ma lo avrebbe aspettato comunque, ogni notte.

Never thought that you'd be giving up
Guess with all the climbing, you're tired, and you fell out of love
Maybe if you don't crash the landing
You'll end up right back where I'm standing

Era vero, riuscire a stare insieme era stata una strada ad ostacoli, uno più alto di quello precedente. E di certo la loro relazione non era rose e fiori.

Forse era stanco di loro. Di lei.

Eppure, per quanto le facesse male quel pensiero, la speranza -l'arma più pericolosa per l'essere umano- che Adrien tornasse da lei, per ricominciare, per perdonarla, per stare di nuovo insieme, illuminava i suoi occhi spenti. Anche un secondo bastava, perchè tornasse a crederci.

Lo amava, lo aveva fatto dal primo istante, e non avrebbe mai smesso di farlo.

And then you'll know, i'll wait for you every night

Sì, lo avrebbe aspettato, ogni sera, mentre cenava sull'isola della cucina. Lo avrebbe aspettato, ogni notte, nel loro letto, in attesa che il lato del letto che lui non occupava tornasse al suo legittimo  proprietario. Che tornasse ad abbraciarla, che tornasse ad essere il suo migliore amico, il suo partner, il suo ragazzo, l'amore della sua vita.

If you ever wanna fall in love
If you ever wanna bet on us
If you ever wanna be my one
I'll be waiting

Ma la sua vita non si sarebbe messa in pausa, gettandola in un limbo immobile.

If you ever want one more night
If you ever wanna make things right
If you ever wanna change your mind
I'll be waiting

If you ever wanna fall in love
If you ever wanna bet on us
If you ever wanna be my one
I'll be waiting

If you ever want one more night
If you ever wanna make things right
If you ever wanna change your mind
I'll be waiting


Marinette avrebbe fatto qualcosa, avrebbe agito.

Avrebbe scommesso su di loro, perchè la loro relazione non poteva che essere una vittoria. Lo voleva, perchè Adrien Agreste era il suo solo ed unico, perchè non si sarebbe mai potuta innamorare di qualcun altro al di fuori di lui.

Si sarebbe mossa, per fargli cambiare idea su di lei. Su di loro.

Sarebbe stato difficile, ma ce l'avrebbe fatta.

I'll be waiting

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