Miraculous U-AU di leti_0907 (/viewuser.php?uid=876589)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Non ho bisogno di una maschera per essere ciò che sono già ***
Capitolo 2: *** Kwagatama- Parte I ***
Capitolo 3: *** Kwagatama- Parte II ***
Capitolo 4: *** I'l be waiting- Marinette ***
Capitolo 1 *** Non ho bisogno di una maschera per essere ciò che sono già ***
«Non
vincerete mai, Ladybug, Chat
Noir!» la voce imperiosa e malefica di Monarch risuonava per
le strade di
Parigi come una minaccia fatta d’ombre. Sembrava di
percepirla da ogni mattone,
da ogni piastrella, da ogni fessura. «Non importa che tu
abbia recuperato i
Miraculous, sarai sempre e solo una ragazzina spaventata che si
nasconde dietro
una maschera!»
L’aria
era carica di disperazione, di
angoscia, di rassegnazione, e dopo quella frase avrebbe dovuto sentirsi
demoralizzata.
In passato sarebbe successo.
Ma ora non
più.
Lei che portava
con sé, addosso e nel
cuore, tutto ciò che era la fortuna, la creazione, la
speranza per la sua città
natale. Anche se
Chat Noir era al suo
fianco, ferito e stanco, sapeva che insieme non si sarebbero mai
arresi,
neanche davanti alla più insormontabile delle
difficoltà.
Erano
più forti, insieme.
Alzò
lo sguardo, cercando con i suoi
occhi blu il volto di akuma del loro nemico giurato. Non riusciva a non
guardarlo con disprezzo: a causa sua, Parigi era per metà
distrutta. Cadaveri di
case si reggevano per chissà quale legge della fisica, ed il
suo cuore si
strinse nel notare le macerie che affollavano le strade come persone
entusiaste
di assistere ad uno scontro mortale. Quello contro Monarch lo era.
Si
alzò in piedi, eretta davanti a
quel mostro senza un cuore. Lo yo-yo girava furioso grazie agli scatti
del
polso, e la giovane prese un bel respiro prima di dargli la risposta
che non
solo l’eroina che era ma anche la Marinette fragile e persa
che era stata stava
cercando per se stessa.
Avrebbe compiuto
un salto nel vuoto,
il più grande dei rischi -se le sue previsioni fossero state
corrette-, ma
doveva farlo.
Per guadagnare
la fiducia di chi la
sosteneva.
Per salvare
tutti.
Per vedere negli
occhi di chi l’amava
l’orgoglio.
«Non
ti sbagli, Monarch.» la voce
limpida di Ladybug quietò ogni rumore, anche quello
più indistinguibile all’orecchio
umano. Il caos ed il fuoco regnavano, ma lei non se ne curò.
Sentiva su di sé gli
occhi felini del suo partner, ma andò avanti a parlare,
anche se avvertiva già
un groppo in gola. «Sono una ragazzina, ed ho paura. Sono
tremendamente
spaventata, ed ho paura di non riuscire a salvare nessuno. Ma se la
vecchia me
avrebbe chinato la testa ed accettato la sconfitta, io non lo
farò, non più. Ho
smesso di sottostare a chi sa usare il potere solo per fare del male, e
se
sconfiggerti significa dare tutta me stessa nell’ultima
battaglia… beh, e così
sia.» lanciò il suo Miraculous Ladybug, e tutta la
sua amata città -quella che
lei aveva giurato di proteggere- tornò quella di sempre.
I suoi occhi blu
poi si concentrarono
su Chat Noir, il quale la osservava con un leggero sorriso sul volto.
Era fiero
di lei, lo vedeva e lo capiva persino lei, e quello le diede la forza
di continuare.
«Una volta qualcuno mi disse che, senza di me, Ladybug non
potrebbe esistere. E
finchè nel mio cuore ci sarà più amore
che paura, non ho bisogno di una
maschera per essere chi sono già.»
Chiuse il cielo
delle sue iridi, e
sussurrò: «Tikki, ritrasformarmi.»
Ladybug
scomparve, ma lei avvertì la trasformazione
come a rallentatore. Ogni centimetro di tessuto rosso e nero
svelò il volto di
chi si celava sotto la maschera rossa a pois, ma senza la tuta ed il
suo yo-yo,
Marinette si sentì Ladybug più che mai.
Perché
lei era Ladybug, e lo sarebbe
stata anche dopo la fine di quella battaglia.
«Non
saremo noi a perdere, Monarch. E sai
perché?» la giovane eroina si rivolse nuovamente
contro di lui. «Perché non
possiedi l’amore, ne lo provi per qualcuno al di fuori di te
stesso. Per questo
non vincerai mai contro me e Chat Noir: perchè anche se ci
lanciassi addosso
tutte le tue akuma, dalla nostra parte ci sarà
l’amore di chi amiamo e ci
ricambia a sostenerci.»
Sentiva le
guance rosse, e che fosse per lo sforzo di urlare o per la sensazione
degli
occhi dell’eroe vestito di latex nero, non ne aveva idea. Ma
quando tornò a
ricambiare le attenzioni, lo trovò a bocca aperta, le gote
deliziosamente
arrossate. Avvertì il fruscio delle ali delle farfalle, e,
quando il sole tornò
a splendere su di loro capì che, per un po’,
Monarch sarebbe stato fuori dal
loro radar. Comprensibile: avrebbe dovuto rivedere i suoi piani, avendo
perduto
i quindici Miraculous che le aveva sottratto tempo prima.
Ed anche
loro.
Marinette
fece per parlare, non sapendo bene cosa dire, ma Chat Noir la
bloccò. «Forse
è meglio che per ora tu non mi dica
niente.» sbottò, provocandole un battito mancato.
«Permettimi di riflettere da
solo, milady.»
«Ma
certo.» e in piedi sul
tetto Marinette lo
guardò andarsene.
۞
Quello che
era stato il resto della giornata, lei lo aveva vissuto caoticamente.
Quando era
tornata a casa, i suoi genitori l’avevano tartassata di
domande, preoccupati
che lei avesse rischiato la vita così tanto spesso ed allo
stesso tempo
emozionati ed orgogliosi di lei. Dopo di che, aveva dovuto nascondersi
in camera
sua a causa dei giornalisti e le migliaia di persone che erano entrate
in
negozio per vedere lei. Sin dall’inizio aveva preso coscienza
di ogni rischio
che avrebbe corso rivelando la sua identità, ma sperava che
le avrebbero
lasciato il tempo per respirare.
Poi, i messaggi
dei suoi amici che le avevano quasi fatto esplodere il telefono. Per
non
parlare dei telegiornali: non c’era notiziario che
tappezzasse ogni pixel dello
schermo con le sue foto, da Marinette e da Ladybug.
Sospirò,
stanca, mentre si lasciava andare contro lo schienale della sedia.
«Sei
stata davvero coraggiosa a fare
una cosa del genere, Marinette.» la consolò Tikki,
facendola sorridere. «Anche
se estremamente imprudente e pericolosa.»
«Lo
so, ma è stato giusto così, Tikki.»
le sorrise, anche se debolmente. «Io e Chat Noir abbiamo
sempre detto che
chiunque avrebbe potuto lottare. Quella di oggi è stata per
tutti la
dimostrazione che la Ladybug che amano tanto è una ragazza
normale con una vita
normale come tutti. Serviva per dare speranza.»
«E
cosa c’è che ti preoccupa?» il
kwami della creazione si preoccupò quando lei
lanciò un’occhiata angosciata al
telefono. «L’attacco mediatico e psicologico che
hai subito fino ad adesso non
sembrava toccarti minimamente, adesso hai un’espressione
così addolorata.»
«Adrien.»
sospirò Marinette, la voce
spezzata. «Ho aspettato così tanto a lungo per
poter stare con lui, per saperlo
finalmente innamorato di me. Ed ora non vorrà avere niente a
che fare con me.»
«E
perché mai? Lui ti ama!»
«Gli
ho mentito, Tikki. E lui odia i
bugiardi.»
«Anche
se fosse, penso che ti capirebbe.
Adrien è molto comprensivo, di sicuro non te ne farebbe una
colpa. Secondo me
ti stai facendo annebbiare dalle tue paure da non riuscire a prendere
la
situazione per come è: il tuo ragazzo starà
assimilando la verità e vorrà
aspettare il momento giusto per parlartene.»
«Si,
ma-»
Un ticchettio
insistente attirò la loro attenzione. Marinette
alzò la testa verso la finestra
che dava sul suo balcone, e vide una mano guantata di nero ferma in
aria.
Chat Noir.
Cavolo!
«Tikki,
nasconditi.»sussurrò al suo
kwami, prima di raggiungere il partner.
Nel momento
esatto in cui accostò la
finestra, tra di loro calò un silenzio raggelante. Di Chat
Noir vedeva solo la
schiena muscolosa e la coda afflosciata che gli correva lungo le gambe
snelle
ma possenti. Le dava le spalle, e ciò la gettava in uno
stato di confusione e
di orrore.
Come avrebbe
reagito? Si sarebbe
sentito deluso, o tradito? Lei si sarebbe sentita così.
Oppure… cosa gli
avrebbe dovuto dire? “Mi dispiace di essere io
Ladybug”? Le avrebbe consegnato
il Miraculous perché non voleva più lavorare con
una bugiarda?
«Ladybug…»
la voce del compagno era
seria come mai lo era stata. Si voltò verso di lei, gli
occhi verdi brillanti. «O
dovrei chiamarti Marinette?»
«Preferirei
milady, lo trovo un
soprannome purr-fetto.» tentò di scherzare, ma non
ebbe l’effetto che sperava. Sconsolata,
abbassò la testa. «Senti, Chat Noir, so che non
sono chi ti aspettavi che
fossi, e mi dispiace che tu l’abbia scoperto
così…»
«No,
Marinette, non è così.»
«Ed
allora, come è?»
«Il
problema sono io, Milady. Mi sento
così stupido a non aver notato le somiglianze, a non esserci
arrivato prima. Era
così evidente, eppure sono stato cieco per non arrivarci
prima.» le sorrise,
avvicinandosi. «Ti ho definita “la Ladybug di tutti
i giorni”, e non poteva
esserci definizione migliore per l’eroina che sei sempre
stata.»
«Ma
quella frase non me l’hai detta
tu, Chat Noir.» gli fece notare l’eroina della
creazione, le sopracciglia
aggrottate. I dubbi vennero a galla, ma lei si sforzò di
zittirli.
«Ma il
vero me, sì.»
La
realizzazione, la coscienza e la
verità gravò sul suo petto fino a schiacciarle il
cuore, mentre lo guardava
ritrasformarsi e dare a Plagg un pezzetto di camembert.
Il suo ragazzo,
Adrien, era Chat Noir.
«Adesso
sei tu quella delusa.» l’affermazione
di lui le diede la scossa, e lei si sbrigò a negare le sue
parole.
«No,
non lo sono e non lo sarei mai di
te. Ma siamo due stupidi, quello sì.» Marinette
gli sorrise e lo abbracciò,
venendo subito ricambiata dalle sue braccia forti e decise.
«Lo sai che sapere
entrambe le identità ci metterà anche
più nei guai?»
«Si,
ma noi siamo sempre stati molto
bravi a uscirne.»
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Capitolo 2 *** Kwagatama- Parte I ***
Kwagatama- parte
I
Adrien si
sarebbe aspettato di tutto, al suo rientro a casa. Persino
l’appartamento
distrutto per la fame insaziabile di un certo kwami della distruzione
che
metteva le sue zampine ovunque lasciandosi dietro una catastrofe dietro
l’altra.
Ma quello
proprio no. Non la figura esile della sua ragazza sdraiata sul suo
lato, i
capelli neri sparsi sul cuscino. Adrien era così sorpreso
che per un attimo si
era chiesto se fosse una visione data dalla stanchezza mista alla
mancanza che
sentiva ogni giorno nei suoi confronti.
Sapeva quanto
Marinette fosse impegnata in quei giorni. La sua università
avrebbe indetto una
sfilata di beneficienza di lì a poche settimane, e lei gli
aveva confessato di
essere leggermente indietro con i bozzetti dei suoi vestiti. Si stava
dando da
fare, e purtroppo le occhiaie erano la prova più che
evidente che non stesse
dormendo, quindi in parte era contento di averle dato le chiavi di casa
sua. Vederla
riposare dopo l’inferno delle sue giornate come futura
stilista lo rendeva più
tranquillo.
Senza neanche
cambiarsi i vestiti ma togliendosi solo la maglia, l’ex
modello del marchio
Agreste si adagiò accanto a lei, per poi accarezzarle il
profilo del volto con
la punta delle dita per non svegliarla. La vide sorridere, come se
avesse
riconosciuto il suo tocco anche nel sonno, ed il suo cuore si compresse
per la
dolcezza del momento.
Dio, se
l’amava.
A volte si domandava perché aveva passato così
tanto tempo a sognare un amore
impossibile per Ladybug, quando la donna della sua vita era sempre
stata al suo
fianco. Si sentiva fortunato, ad averla come compagna.
Ad Adrien
non sfuggì la pelle d’oca sulle braccia della sua
ragazza. Si era tolta la
giacca, probabilmente a
causa dell’afa
del pomeriggio estivo, ma a notte fonda la temperatura era un
po’ calata e lei
lo avvertiva più di lui. Si fece più vicino a
lei, per riscaldarla in un
abbraccio e per riuscire a dormire con lei, quando si accorse di una
collana a
lui sconosciuta attorno al suo collo. Con il buio non riusciva bene a
distinguere il ciondolo che era uscito dalla scollatura della
maglietta, e per
questo decise di osare.
Con un dito
ne accarezzò i lineamenti, e li disegnò nella sua
mente per avere una visione
chiara dell’oggetto. E per poco non ci rimise i polmoni
quando capì che quel
ciondolo aveva la stesse forme e dimensioni del kwagatama che portava
anche lui
al collo.
Il kwagatama
che Plagg aveva creato per lui.
I sospetti
non ci misero poi molto a venire a galla, tanto che lo spinsero a
scostare i
capelli Marinette per vederne gli orecchini. Per un attimo la bellezza
della
ragazza lo trasse in inganno, facendogli quasi perdere la questione e
convincendosi
che fosse solo una coincidenza. Ma quando il pensiero che lei non aveva
mai
osato cambiare quegli orecchini e che erano molto simili a quelli di
Ladybug gli
passò per la testa, dormire abbracciato a Marinette era
l’ultimo dei suoi
desideri.
Il biondo si
mise seduto, coprendo la ragazza con una coperta. Si mise accanto alla
finestra, la visione dell’insieme oramai più che
chiara di sempre negli occhi
verdi illuminati dalla debole luce lunare.
Gli orecchini,
la collana, il box dei fili di cui lei era tanto invidiosa…
l’impressione che
le aveva sempre dato sul fatto che tenesse una parte di sé
nascosta. Era ovvio
che gli tenesse segreto qualcosa d’importante, ma sarebbe
stato ipocrita da
parte sua incolparla di ciò. Diamine, lui era Chat Noir, il
partner di Ladybug
e guardiano di Parigi. Doveva mantenere la sua identità
segreta.
Ma se il
segreto riguardasse una doppia identità? Se la donna che
amava fosse la stessa
supereroina che tante volte lo aveva rifiutato? Che rischiava la vita
ogni
giorno per salvaguardare la sicurezza della loro città?
La
guardò,
dormiente e tranquilla. Se fosse stata davvero Ladybug, sarebbe
cambiato
qualcosa?
Forse tutto,
forse niente. Non poteva saperlo, non finchè sarebbe tutto
rimasto un “se”.
In quel
momento un telefono vibrò. Lo schermo si
illuminò, ed Adrien si accorse che a
segnalare l’arrivo di un messaggio era niente meno che il
cellulare di
Marinette. Si avvicinò al comodino su cui era poggiato, il
senso di colpa nel
violare la privacy di Marinette che gli mangiava lo stomaco, e lesse il
nome
del destinatario.
Lo fece,
anche se avrebbe mai voluto trovarsi in una situazione del genere.
Lo fece,
perché
voleva sapere.
Ed il nome
che campeggiava sullo schermo diede credito ancora di più ai
suoi dubbi.
Il Maestro
Fu.
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Capitolo 3 *** Kwagatama- Parte II ***
Kwagatama- parte
II
Adrien era
strano in quei giorni. Si comportava come sempre, eppure Marinette
avvertiva
qualcosa che non andava in lui, e tutto era cominciato sette giorni
prima, quando
si era svegliata in un letto non suo e due braccia che la avvolgevano
nel più
dolce degli abbracci.
Quella sera
non riusciva a dormire, anche se il suo orgoglio non glielo permetteva
non
avrebbe mai confessato al suo ragazzo che senza di lui faceva fatica ad
addormentarsi. Per questo aveva approfittato delle chiavi che lui le
aveva
regalato per dormire nel suo letto, lasciandosi andare a quel profumo
che le
era familiare ma che amava ogni giorno di più.
E la mattina
dopo, ad accoglierla al risveglio non c’era un sorriso
raggiante più del sole
ed un bacio delicato sulle labbra. C’era invece il volto
dubbioso e preoccupato
del biondo, un volto che lei non gli aveva mai visto addosso rivolto a
lei.
Da quella
mattina nel suo verde vedeva sempre una scintilla di sospetto, come se
lei
avesse fatto qualcosa di sbagliato, e non le andava giù che
la osservasse in
quella maniera senza avere idea del motivo.
Ed avrebbe
approfittato del loro solito appuntamento durante l’ora di
pranzo per chiarire,
una volta e per tutte.
Marinette
aveva raggiunto il suo ufficio come amministratore delegato in cui
Adrien si
chiudeva per gestire la casa di moda che suo padre gli aveva lasciato
in
eredità. Tante volte aveva cercato di convincerla a lavorare
per lui dopo
l’università, e sebbene fosse onorata dal fatto
che il suo ragazzo vedesse in
lei un talento ineguagliabile, preferiva non doversi adagiare
sull’alloro per
cercare lavoro. Avrebbe prima valutato tutte le possibilità,
e poi scelto.
Entrò
nella
maison Agreste. Passando per la hall principale, come sempre affollata
di
personale e stilisti che correvano da una parte all’altra
come mosche sul
formaggio, si fermò a salutare Nathalie ed Émilie prima di
bussare alla porta accanto.
«Pranzo
espresso per lei, signor
Agreste!» lo salutò così spalancando la
porta, prima di sentirgli dire
“avanti”. «Una quiche e dei croissants
firmati Dupain-Chen!»
«I
miei preferiti.» da dietro la
scrivania, un elegantissimo Adrien le lanciò
un’occhiata divertita, mentre lei
si avvicinava per appoggiare le borse con cui trasportava il cibo sulle
poltrone. «Ma questo lo sai già.»
«Impossibile
non saperlo, con te che
mi mormori ogni mattina che vuoi sempre qualcosa di sfornato da mio
padre.»
Marinette lo prese in giro, e lanciò un’occhiata
ai bozzetti che lui aveva in
mano. «Problemi con dei modelli?»
«Si,
c’è qualcosa che non quadra. I
tagli sembrano tutto tranne che armonici, e non mi convince il
materiale
usato.» Adrien le rivolse un’occhiata disperata.
«Ti dispiacerebbe aiutarmi? In
queste cose sei molto migliore di me, Mari.»
«Sai
che non posso resistere al tuo
sguardo supplicante. Passa qui, li controllo appena finiamo di
mangiare.» la
ragazza prese in mano il plico per poi appoggiarlo sulla sedia accanto
a sé. «È
successo qualcosa ultimamente?» gli domandò
esitante, passandogli il pranzo,
mentre gli si formava una palla di disagio nel petto.
Aveva deciso di
non tentennare una
volta entrata nella maison, avendo raccolto tutto il suo coraggio
mentre
camminava. Si era messa a parlare a se stessa, imponendosi di stare
calma e di
non agitarsi, ma aveva finito con strillare talmente forte che una
mamma aveva
portato via il proprio bambino dal parco giochi… al di
là della strada.
Ma mettere le
sue paure a tacere era
stato semplice. Ora rimaneva la paura di come Adrien avrebbe potuto
rispondere
a quella domanda.
E se non
l’amasse più? E… se fosse
innamorato di un’altra?
Iniziava a
girarle la testa
violentemente.
E la faccia del
suo ragazzo divenne
inespressiva. «Intendi tra di noi, non è
vero?» sospirò, davanti
all’espressione stupita di Marinette. «Ti conosco
come le mie tasche,
Marinette. Se mi avessi posto la domanda riferita alla maison, lo avrei
capito.
E, per la cronaca, qui va tutto bene.»
«E
quindi immagino sia successo
qualcosa tra di noi per essere arrivato a questa conclusione.»
«Si,
è successo qualcosa.»
Marinette
incominciava a sudare
freddo. «Ti… sei innamorato di
un’altra?»
Si aspettava
qualsiasi reazione, quando glielo chiese così direttamente.
Ma non
Adrien che scoppiava a ridere.
Lo vedeva
sbellicarsi come mai aveva fatto, e si era dovuto reggere alla
scrivania per
non collassare a terra, nonostante fosse seduto. E lei era rimasta in
piedi,
sentendosi una scolaretta idiota.
«Oh
mio dio, Mari. Non penso che tu
possa mai più eguagliare questa battuta con le tue
figuracce, davvero.» Adrien
si asciugò una lacrima, ma ritornò serio quando
notò come Marinette era
sconvolta dalla sua reazione. «Aspetta, eri seria?»
«Ti
sembra che sto scherzando?»
«Beh,
visto la grande idiozia che hai
detto, speravo fosse una delle tue battute.» gli occhi
smeraldo di lui si
riempirono di amore, tanto da farli brillare come pietre preziose.
«Non potrei
mai innamorarmi di un’altra ragazza che non sia tu,
Mari.»
«Ed
allora cosa c’è che ti preoccupa? È
da una settimana che mi guardi con aria sospetta, e sinceramente mi
sono
stufata di questa situazione.» Marinette perse le staffe, e
sbattè i palmi
delle mani sul vetro della scrivania. «Io e te ci siamo
sempre detti tutto, detesto
che ci sia qualcosa di non detto tra noi.»
«Ed
hai ragione, per questo ora ne
parleremo.» il ragazzo si lasciò andare contro lo
schienale della sedia. «In
verità, avevo già deciso di affrontare la
questione oggi.»
La giovane e
futura stilista si
sedette, impaziente. «Perciò parla.»
«Te lo
chiederò senza fare troppi giri
di parole.» Adrien la fissò intensamente, la
suspense che vibrava nell’aria. «Sei
Ladybug?»
«Adesso
sei tu a fare battute idiote.»
eppure non rideva.
«Andiamo,
buginette. Ora giochiamo a
carte scoperte: la mia domanda era solo di cortesia, perché
il kwagatama che porti
al collo parla più di te.»
Lei si
portò la mano al collo di
riflesso, stupita, per poi capire che Adrien stava aspettando quella
reazione
per confermare ogni suo dubbio. Sospirò. «Immagino
che non sia stato solo il
kwagatama a fregarmi, Chaton.»
Oramai non erano
più Marinette ed
Adrien, non erano più i ragazzi innamorati follemente
l’uno dell’altro.
Ora erano i
supereroi di Parigi,
coloro che avevano appena scoperto la verità l’uno
sull’altra.
Ora sapevano.
«Affatto.
Mi è bastato leggere un
messaggio di maestro Fu una nota a lato del libro dei Miraculous e
ricollegare
tutte le volte in cui sei scomparsa per lasciare il posto al tuo alter
ego. Per
non parlare della somiglianza.» Adrien unì le mani
dietro la testa e stese le
gambe. «E tu che mi dici? Non sembri per niente sorpresa dal
fatto che io sia
Chat Noir.»
Marinette ebbe
un lampo in cui lo vide
vestito con la sua solita tuta nera, il campanellino, la maschera e la
coda. Per
il momento lasciò perdere il fatto che Adrien avesse violato
la sua privacy, ma
di quello ne avrebbero parlato più tardi. «Non
lo sono, non ora. Qualche giorno fa
invece ero sconvolta, quando ho notato un certo esserino nero di nome
Plagg
gironzolare per la tua camera alla ricerca di camembert.»
«Ed io
che pensavo di essere stato
discreto.» la vocina dell’interessato era ovattata,
ma poi la testolina del
kwami della distruzione sbucò fuori dal taschino della
giacca del biondo. «Immagino
sia un potere dei guardiani.»
«Semplicemente
Marinette non è
stupida.» intervenne Tikki, uscendo dalla borsa della
ragazza, sentendosi in
dovere di difenderla.
«Hai
ragione, Tikki. Marinette non è
stupida.» Adrien le osservò, sorridendo.
«E neanche io. Ma al di là del fatto
che tu sei Ladybug ed io l’abbia scoperto così,
adesso posso dirtelo in faccia.»
«Cosa?»
la sua ragazza divenne
curiosa.
«Di
quanto io sia fiero ed orgoglioso
di te. E che ti amo, sia la mia dolce ed imbranata Marinette, sia la
determinata e coraggiosa Ladybug.»
«Come
lo sono io di te. Ti amo, sia il
calmo e riflessivo Adrien, sia l’arrogante e divertente Chat
Noir.»
Si
sorrisero. Nonostante ci fossero molte altre cose da dire riguardo alle
loro
identità di eroi, per ora bastava che si mostrassero i
kwagatama e ridessero
dei loro se stessi più giovani che non ci erano arrivati
prima.
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Capitolo 4 *** I'l be waiting- Marinette ***
I'll be waiting
-Marinette Ft "I'll be waiting", Cian Ducrot-
Leave your keys if you're not coming home
You packed your bags full of letting go
You were moving in, now you're moving on
There's no getting used to you being gone
No, non si sarebbe mai abituata. La sua casa era così piena di lui, di loro, eppure quello che gli rimaneva di Adrien erano i suoi videogiochi abbandonati nel cassetto del comodino, e le chiavi dell'appartamento con il ciondolo a forma di coccinella.
Le stesse che lui aveva lasciato all'ingresso prima di chiudersi la porta alle spalle, senza mai voltarsi indietro, dopo averle urlato di uscire dalla sua vita.
Niente di più.
Non riusciva a ricordare oltre, neanche uno dei momenti più felici che avevano passato assieme.
Perchè il dolore di saperlo andare avanti senza di lei la stordiva come la peggior dose di morfina piantata nel cuore.
You were down now you're giving up
Just a false start if you're quitting on us
Another year, just another lie
Wish you'd call so I could say goodbye
Non sarebbe mai riuscita a dirgli addio. Anche solo evitare di pensarlo gli provocava un tumulto doloroso nel petto.
Gli aveva mentito su tutto -la morte di suo padre, il fatto che Gabriel Agreste fosse Monarch, sulla sua identità di Ladybug-, eppure non riusciva a lasciarlo andare, nonostante sapesse che era la cosa più giusta da fare.
Lo amava, più della sua stessa vita.
E l'unica cosa che la sua testa riusciva a formulare, come il ritornello di una canzone che ti entra sottopelle, come l'inchiosto di un tatuaggio indelebile, erano le parole di Maestro Fu che le erano state confidate da Wayzz quando era ancora una Guardiana inesperta.
"Quei due sono fatti l'uno per l'altra."
And let you know, i'll wait for you every night
Lo avrebbe aspettato, anche se gli aveva spezzato il cuore.
Lo avrebbe atteso, ogni notte, anche se non sapeva se Adrien l'avrebbe mai perdonata. Non si aspettava che cedesse all'istante- lui era Chat Noir, l'eroe di Parigi. Era riconosciuto per la sua determinazione, mentre lei era l'eroina a pois che credeva che ad ogni problema ci fosse una soluzione.
Ma forse per loro non c'era più soluzione?
If you ever wanna fall in love
If you ever wanna bet on us
If you ever wanna be my one
I'll be waiting
If you ever want one more night
If you ever wanna make things right
If you ever wanna change your mind
I'll be waiting
I'll be waiting
Ma lo avrebbe aspettato comunque, ogni notte.
Never thought that you'd be giving up
Guess with all the climbing, you're tired, and you fell out of love
Maybe if you don't crash the landing
You'll end up right back where I'm standing
Era vero, riuscire a stare insieme era stata una strada ad ostacoli, uno più alto di quello precedente. E di certo la loro relazione non era rose e fiori.
Forse era stanco di loro. Di lei.
Eppure, per quanto le facesse male quel pensiero, la speranza -l'arma più pericolosa per l'essere umano- che Adrien tornasse da lei, per ricominciare, per perdonarla, per stare di nuovo insieme, illuminava i suoi occhi spenti. Anche un secondo bastava, perchè tornasse a crederci.
Lo amava, lo aveva fatto dal primo istante, e non avrebbe mai smesso di farlo.
And then you'll know, i'll wait for you every night
Sì, lo avrebbe aspettato, ogni sera, mentre cenava sull'isola della cucina. Lo avrebbe aspettato, ogni notte, nel loro letto, in attesa che il lato del letto che lui non occupava tornasse al suo legittimo proprietario. Che tornasse ad abbraciarla, che tornasse ad essere il suo migliore amico, il suo partner, il suo ragazzo, l'amore della sua vita.
If you ever wanna fall in love
If you ever wanna bet on us
If you ever wanna be my one
I'll be waiting
Ma la sua vita non si sarebbe messa in pausa, gettandola in un limbo immobile.
If you ever want one more night
If you ever wanna make things right
If you ever wanna change your mind
I'll be waiting
If you ever wanna fall in love
If you ever wanna bet on us
If you ever wanna be my one
I'll be waiting
If you ever want one more night
If you ever wanna make things right
If you ever wanna change your mind
I'll be waiting
Marinette avrebbe fatto qualcosa, avrebbe agito.
Avrebbe scommesso su di loro, perchè la loro relazione non poteva che essere una vittoria. Lo voleva, perchè Adrien Agreste era il suo solo ed unico, perchè non si sarebbe mai potuta innamorare di qualcun altro al di fuori di lui.
Si sarebbe mossa, per fargli cambiare idea su di lei. Su di loro.
Sarebbe stato difficile, ma ce l'avrebbe fatta.
I'll be waiting |
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