Little White Lies - Piccole bugie innocenti

di Arkytior
(/viewuser.php?uid=913464)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - Venerdì ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - Sabato ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 - Domenica ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 - Lunedì ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 - Martedì ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 - Mercoledì ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 - Giovedì ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 - Venerdì ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 - Sabato ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 - Domenica ***
Capitolo 11: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 - Venerdì ***


Little White Lies - Piccole bugie innocenti


Un ringraziamento speciale a Chiara, Rebecca, Edoardo e Laura per il loro prezioso lavoro di Beta reading.

Disclaimer: Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti non è puramente casuale.



Alla mia famiglia.
Vi voglio bene.
Siete troppo forti!



Venerdì


L’appartamento era un completo disastro. Il pavimento si vedeva a stento, sotto pile di vestiti e immondizia. Sembrava quasi che un uragano fosse passato di là pochi istanti prima.
Donna accese un’altra sigaretta e aprì un’altra finestra, nel tentativo di eliminare la puzza di fumo, ma non servì a molto. Guardò la grande valigia rossa aperta sul letto e il caos che regnava nel resto dell’appartamento, come se cercasse una soluzione a un problema che non poteva risolvere.
Qualcuno bussò alla porta e la ragazza si precipitò ad aprire: era una giovane hostess con i capelli rossi, ancora in uniforme.
«Qual è l’emergenza?» chiese la hostess.
«Karen, finalmente sei arrivata!» esclamò Donna. «Ci hai messo un secolo!»
Donna afferrò l’amica per una spalla e la fece entrare nell’appartamento, dopodiché chiuse la porta dietro di lei. Karen si guardò intorno per capire dove mettere i piedi senza calpestare qualcosa.
«Cos’è successo qui?» chiese Karen.
«È un disastro!» disse Donna.
«Lo vedo benissimo che è un disastro… Non si riesce a vedere più nemmeno il pavimento…»
«No, non sto parlando dell’appartamento!»
Donna prese il suo cellulare, che aveva appoggiato su un tavolo, e lo porse a Karen.
«”Spero che sia tutto pronto per il viaggio! Ci vediamo a casa, per poi andare dai nonni tutti insieme. Un bacio. Mamma,”» lesse Karen. «Non capisco quale sia il problema…»
«Mio nonno vuole festeggiare i suoi settant’anni, e ha organizzato una mega festa con tutta la famiglia,» spiegò Donna.
«Beh, è una bella occasione per rivedere tutti quanti, no?»
«Non torno in Inghilterra da cinque anni! Un bel po’ di cose sono cambiate durante tutto questo tempo…»
«Beh, ma magari ai tuoi parenti farebbe piacere rivederti…»
«Certo che sarebbero felici di rivedermi, ma non così!»
Ci volle un po’, ma finalmente Karen capì cosa intendeva l’amica.
«I tuoi parenti non sanno che sei stata licenziata, non è vero?» disse Karen.
Donna scosse la testa e aspirò un’altra boccata di fumo.
«E non sanno nemmeno che poi ti sei messa a fare la spogliarellista con il nome di Britney?» chiese Karen.
«Niente di niente,» confermò Donna.
«Donna, ma è successo tre anni fa! Come fanno i tuoi a non saperlo? Nemmeno tuo padre?»
«Metà della mia famiglia è in Inghilterra, l’altra metà in New Jersey. Ho cercato di incontrarli il meno possibile, evitare qualsiasi contatto e omettere qualche verità piuttosto scomoda…»
«Ma tuo padre non si segna tutti i tuoi orari, per sapere sempre in che parte del mondo ti trovi?»
«Da quando sono stata licenziata, ho iniziato a mandargli i tuoi.»
«E quindi i tuoi parenti non sanno che più o meno ogni tre settimane ti ritrovi con un nuovo lavoro sottopagato e non hai la più pallida idea di come pagare l’affitto?»
«Non ci avevo pensato… Credevo che sarei riuscita a risolvere il problema prima di arrivare a una situazione del genere, ma le cose sono andate diversamente…»
«Beh, tanto per cominciare avresti potuto evitare di trovarti in una situazione del genere raccontando la verità fin dal principio.»
«Sì, e come? Confermando che sono la buona a nulla della famiglia? Erano tutti così contenti quando ero stata assunta… Come avrei potuto deludere tutti quanti ancora una volta? Specie con mio fratello in giro…»
«Perché? Che ha tuo fratello?»
«Thomas è sempre stato il genio della famiglia: ha sempre preso il massimo dei voti in tutte le materie e adesso sta per andare a Oxford, non come me, che non ho neanche finito le superiori… Lui è sempre stato il figlio perfetto, e io non voglio essere da meno.»
«Se fossi stata onesta tre anni fa, ora non saresti in questa situazione… Quante sigarette hai fumato, piuttosto?»
«Credo di aver appena finito il secondo pacchetto di oggi…»
«Visto? Ti sta stressando talmente tanto che hai ricominciato a fumare!»
«Cosa posso fare, allora? Questa situazione è un completo disastro, e non posso tornare in Inghilterra e rovinare la festa a tutti soltanto perché non so tenermi un lavoro!»
«Cosa intendi fare, continuare a mentire a tutti?»
«Perché no? Ha funzionato fino ad ora…»
«E se prima o poi ti scoprissero? Che succederebbe allora?»
«Entrerai in gioco tu e confermerai la mia storia! Siamo state colleghe, fino a tre anni fa, no?»
Fu una decisione difficile per Karen. Voleva incoraggiare la sua amica ad essere onesta con la sua famiglia, ma sapeva quanto Donna teneva all’apparire perfetta agli occhi dei suoi parenti.
«D’accordo,» disse Karen. «Tu sei mia amica e io ti appoggerò sempre, ma sappi che prima o poi la verità viene a galla comunque.»
«Oh, grazie, Karen!» disse Donna, abbracciando l’amica.

***

Non appena suonò la campanella, Thomas uscì dall’aula in fretta e tentò di sistemare rapidamente il foglio incriminato tra i libri che aveva nello zaino, mentre si avviava verso l’uscita. Lo mimetizzò per bene tra le pagine di un libro con la copertina rigida per impedire che si rovinasse, ma proprio mentre stava riponendo il libro nel suo zaino uno spintone improvviso lo mandò a sbattere contro un muro. Il suo zaino era ancora aperto e tutto il suo contenuto finì sparpagliato a terra, mentre Thomas cercava di capire cosa fosse appena successo. Sentì le risate sguaiate di tre ragazzi che si stavano allontanando, e purtroppo le riconobbe all’istante. Scuotendo la testa, si chinò a raccogliere le sue cose, e si sorprese nel vedere un altro paio di mani che lo aiutavano.
«Stanno davvero esagerando!»
Luke era nella stessa classe di Thomas. Erano sempre stati buoni amici, ma durante gli ultimi mesi non erano riusciti a passare molto tempo insieme a causa delle continue verifiche.
«Non puoi continuare a subire e basta,» continuò Luke. «Dovrai pur reagire in qualche modo, prima o poi!»
«A che servirebbe? La scuola è quasi finita ormai.»
«Ma perché ce l’hanno così tanto con te?»
Luke porse a Thomas l’ultimo libro e i due ragazzi si alzarono da terra. Thomas afferrò il libro e lo infilò nello zaino, ma il foglio che ci aveva nascosto dentro scivolò fuori dalle pagine.
«Attento,» disse Luke, afferrandolo prontamente.
«Grazie.»
Thomas non voleva che Luke vedesse il contenuto del foglio, ma quando notò lo sguardo dell’amico abbassarsi involontariamente sul documento che gli aveva raccolto, capì che ormai era troppo tardi. Mise di nuovo il foglio al sicuro nel libro con la copertina rigida, mentre si ritrovò a fare i conti con l’espressione interrogativa di Luke.
«Thomas, va tutto bene?»
«Sì, sto bene. Perché me lo chiedi?»
«Perché tentavi di nascondere la tua pagella?»
Thomas si guardò intorno, alla ricerca di una via di fuga da quella situazione. Alla fine decise che sarebbe stato meglio affrontare la discussione.
«Quei voti… non sono da me,» disse, abbassando lo sguardo.
«È tutto l’anno che prendi voti mediocri… Non credevo che la tua situazione fosse così grave! Che ti è successo?»
Thomas alzò le spalle. «Non lo so nemmeno io. Credevo che se avessi iniziato a prendere voti più bassi avrei cominciato a stare più simpatico alla gente…»
«Ma che stai dicendo? Cosa c’entrano i voti con l’essere simpatici?»
«Pensavo che se avessi cominciato ad andare male a scuola come gli altri, avrebbero smesso di vedermi soltanto come un secchione rompiscatole.»
«Nessuno ha mai pensato questo di te, Thomas.»
«Quel cretino di Alexander e i suoi amici non sono della stessa opinione.»
«Lasciali perdere! Si credono chissà chi soltanto perché sono pieni di soldi!»
«Forse, se quella volta, all’inizio dell’anno, non gli avessi detto di stare zitti durante la lezione, non mi avrebbero preso così di mira.»
«Ma dai, non è mica colpa tua se hanno iniziato a comportarsi così con te…»
«Credevo che avrebbero smesso, se gli avessi dimostrato di non essere il ragazzo perfetto, il primo della classe! E invece la situazione mi è solo sfuggita di mano…»
«E hai preso voti così bassi in tutti gli esami finali?»
«Alcune materie non le ho proprio passate… Mi toccherà ripeterli.»
«Che dirà tua madre?»
«Niente, come al solito! Modificherò i miei voti al computer, come ho sempre fatto quest’anno, e continuerò a intercettare le lettere che manda la scuola per impedire che lei le legga prima di me.»
«Ma dovrai pur dirle che forse non riuscirai ad andare a Oxford il prossimo autunno…»
«Lo so, dovrò inventarmi qualcosa… E anche in fretta, dato che molto probabilmente se ne vanterà con tutti i parenti durante la festa di compleanno di mio nonno!»
«Non potresti raccontarle semplicemente la verità? Magari lei potrebbe aiutarti in qualche modo…»
«No, posso risolvere la situazione anche senza il suo aiuto! Certo, però sarà difficile mentire a tutti quanti… E a mia sorella anche…»
«Anche lei è stata invitata alla festa?»
Thomas annuì. «Sì, aveva dei giorni liberi dal lavoro. Donna è una hostess per la American SkyLines e vive a New York. Sono anni che non ci vediamo, e non voglio che lei pensi che non sono più il fratello geniale che lei ricorda. È sempre stata così fiera di me.»
«Capisco, non vuoi deludere le aspettative della tua famiglia. Spero davvero che tu riesca a risolvere la tua situazione prima che i tuoi parenti scoprano la verità.»
«Ci riuscirò. In fondo, si tratta solo di fingere che vada tutto bene per qualche giorno…»










L'angolo dell'autrice:
Ho avuto la prima idea per questo romanzo nel 2016, mentre ero ancora in pieno blocco dello scrittore. Stavo tornando a casa in treno dal lavoro (facevo ancora la guida turistica) e per caso mi è venuta in mente quest'immagine di una hostess che accorreva ad aiutare un'amica in difficoltà. Piano piano ho iniziato a buttare giù qualche scenetta abbozzata, ci ho lavorato durante diverse edizioni del NaNoWriMo, finché non sono riuscita a completare questa storia. Sono partita da un presupposto: e se tutti i personaggi stessero mentendo su qualcosa? E da questo ho cominciato a sviluppare una storia piena di elementi che non avrei mai avuto il coraggio di inserire prima del blocco, quando mi preoccupavo sempre di far piacere le mie storie a mia zia (che non ci ha mai capito niente di romanzi e letteratura) che le leggeva sempre.
Spero che questa storia vi piaccia! Non esitate a farmi sapere la vostra opinione lasciandomi una recensione, contattandomi con un messaggio privato, oppure venite a trovarmi sui miei profili social!
A presto!
~Arkytior

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2 - Sabato ***


Sabato


Le sembrava strano tornare in quel quartiere. Erano anni che non ci metteva piede, e si chiese che effetto avrebbe fatto tornare nella sua vecchia casa di Londra. Il taxi accostò vicino al marciapiede, Donna pagò l’autista, dopodiché l’uomo scese per aiutare la ragazza con il suo bagaglio. Dopo aver preso la sua valigia rossa, Donna si incamminò verso le scalette che portavano alla casa in cui abitavano sua madre e suo fratello. Chiuse gli occhi per raccogliere tutto il suo coraggio e bussò.
Non appena ebbe bussato, la sua mente fu invasa da ogni tipo di pensieri orribili. Forse non avrebbe mai funzionato, forse l’avrebbero scoperta subito e cacciata di casa, forse nessuno sarebbe stato felice di vederla.
Dopo alcuni secondi, che a Donna parvero infiniti, la porta si aprì.
Eliza Rakes era sempre stata una donna molto elegante, anche quando restava in casa tutto il giorno senza uscire. Aveva gli occhi grandi e castani, molto somiglianti a quelli della figlia, che però li aveva azzurri, come il padre. I capelli castani e ondulati erano lasciati sciolti sulle spalle, e contribuivano a dare l’impressione che Eliza fosse in realtà una dama dell’Ottocento, nata nell’epoca sbagliata. Lavorava in un’agenzia di viaggi, e i suoi colleghi la ammiravano per la sua precisione e le capacità organizzative.
«Donna,» disse Eliza. La sua voce aveva sempre un tono molto dolce e calmo.
«Ciao, mamma!» salutò Donna, un po’ insicura. Dopotutto, non si vedevano da cinque anni.
«Su, coraggio, entra!» la incitò sua madre.
Donna prese la valigia ed entrò in casa. Era esattamente come la ricordava, anche se non ci aveva più messo piede da tempo: pareti bianchissime, centrotavola con fiori freschi, molta luce, e non un filo di polvere. Donna inspirò e chiuse gli occhi, assaporando l’inconfondibile profumo del deodorante per ambienti che Eliza era solita comprare, e che contraddistingueva il suo ricordo della casa in cui era cresciuta, prima di andare in America con suo padre.
«Com’è andato il viaggio?» chiese Eliza.
«Bene,» rispose Donna. «Un po’ lungo, ma, del resto, sono abituata!»
«E come va con il lavoro?»
«Alla grande!» Donna cercò di tagliare corto. «E Thomas come sta?»
Eliza guardò verso le scale dietro le spalle di Donna, che conducevano al piano superiore. Donna si voltò, e vide che sulle scale c’era un ragazzo: doveva avere sui diciott’anni, aveva gli occhi scuri e i capelli castani, un po’ lunghi e spettinati. Donna lo riconobbe all’istante.
«Thomas?» chiese Donna.
Il ragazzo finì di scendere le scale, e si avvicinò a Donna: ormai era poco più alto di lei.
«Wow, sei… cresciuto!» continuò la ragazza.
«Anche tu…» disse Thomas, quasi imbarazzato. Non sapeva davvero cosa dire ad una persona che non vedeva da anni, e conosceva a malapena.

***

A cena non si parlò molto, dato che Eliza era troppo impegnata nei preparativi per il viaggio dell’indomani. Sia Donna che Thomas, poi, non sapevano bene come comportarsi, dato che non si erano visti per anni.
Quella sera, dopo cena, dopo aver finito di fare le valigie, Thomas decise finalmente di provare a parlare con sua sorella. Andò nella stanza che era stata di Donna anni prima che venisse riarredata a stanza degli ospiti. Non trovando la ragazza, notò che la grande finestra che dava sul balcone era aperta. Thomas uscì sul balcone, e trovò sua sorella, che fumava una sigaretta.
«Ciao,» azzardò Thomas.
«Ehi,» rispose Donna.
«Tutto bene?»
«Non c’è male. Vuoi?» Donna offrì una sigaretta a Thomas.
«No, grazie, non fumo.»
«Bravo ragazzo!»
Donna sorrise, aspirando un’altra boccata di fumo.
«Perché tu fumi, allora?» chiese Thomas.
«Avevo smesso, ma poi ho ricominciato... Le vecchie abitudini sono dure a morire…»
I due stettero in silenzio per un po’.
«Com’è New York?» chiese Thomas.
«Enorme! Tutto è gigantesco: i palazzi, le strade, le macchine, le persone… Nulla da invidiare a Londra!»
«E ti piace stare lì?»
«Beh, lì ci sono le mie amiche, il mio lavoro, la mia vita… E papà…»
Thomas abbassò lo sguardo, al ricordo di suo padre. Non lo vedeva da quando aveva divorziato da sua madre e si era trasferito negli Stati Uniti insieme a Donna.
«Ti manca, vero?» chiese Donna.
«Un po’… Ma non lo conoscevo così bene…»
«Anche tu gli manchi tanto.»
«E come sta? Voglio dire, so che ora sta con…»
«Oh, Eve è carina… L’ho vista poche volte, ma mi ha dato l’impressione di essere una persona molto dolce… Anche se papà ha lasciato mamma per Eve, almeno lui ora è felice!»
«Pensi che verrà comunque alla festa di nonno?»
«No, mamma gli ha detto esplicitamente che lui non è gradito… Non credo che verrà.»











L'angolo dell'autrice:
Nel breve capitolo di oggi, i nostri protagonisti si incontrano per la prima volta dopo anni e ci danno qualche cenno sulla situazione della loro famiglia. Questo è un breve momento di tranquillità che li prepara alla grande riunione famigliare a cui andranno incontro dal prossimo capitolo.
Non esitate a farmi sapere la vostra opinione su questo capitolo lasciandomi una recensione, contattandomi con un messaggio privato, oppure venite a trovarmi sui miei profili social!
A presto!
~Arkytior

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3 - Domenica ***


Domenica


La chiamavano Villa Mo, ma in realtà era tutto fuorché una villa. Si trovava in campagna, a cinque minuti da Juliet Springs. Doveva il suo nome a Maureen, o nonna Mo, come la chiamavano i suoi nipoti, e all’iscrizione Mo Chridhe, “Cuore mio”, posta sopra la porta d’ingresso, che suo marito aveva apposto quando aveva costruito la casa per lei, cinquant’anni prima.
Eliza fermò la macchina proprio davanti al grande cancello della proprietà, scese dal veicolo e andò a suonare il citofono, per avvertire i suoi genitori che lei e i suoi figli erano arrivati. Da dentro la macchina, Donna e Thomas guardarono il cancello automatico aprirsi, mentre la loro madre tornava da loro. Eliza parcheggiò il veicolo appena passato il cancello, a lato del vialetto che portava alla casa principale. Insieme ai suoi figli scese dalla macchina, mentre Black, il vivace cane nero dei suoi genitori, saltellava intorno a loro, eccitato all’idea di avere in casa gente nuova.
Donna guardò l’enorme casa di campagna in cui avrebbe dovuto stare per tutta la settimana. Erano passati anni da quando andava lì per stare con i suoi nonni tutta l’estate. Aiutò sua madre a prendere le valigie dal portabagagli, e, insieme a suo fratello, la seguì mentre si avvicinava all’entrata della casa.
Davanti all’entrata c’erano tre gradini, che portavano ad una veranda spaziosa in cui ricordava di aver giocato da bambina, durante i giorni in cui faceva troppo caldo per giocare al sole. C’erano alcune sedie impagliate, un divanetto di vimini con dei cuscini sopra e una panchina di plastica, sotto cui Black amava rifugiarsi per ripararsi dal caldo. Donna aveva un vago ricordo di come doveva essere stata la veranda quando lei era bambina, ma aveva la sensazione che non fosse cambiato poi molto. Sulla veranda si affacciavano due entrate: un portone di legno e una porta-finestra che dava sul soggiorno. Nonna Mo andò ad accogliere i suoi ospiti aprendo per loro il portone.
Nonna Mo era sorprendentemente arzilla per la sua età: era piccoletta di statura, portava occhiali da vista rettangolari, con una sottile montatura rossa, aveva capelli corti e grigi che le stavano ritti in testa come gli aculei di un porcospino ed era perennemente indaffarata. In quel momento indossava un grembiule da cucina e aveva in mano un cucchiaio di legno, chiaro indizio che stava cucinando qualcosa.
«Eliza, finalmente!» disse Mo, salutando sua figlia. Eliza si abbassò per salutare sua madre con un bacio.
«E questi devono essere Donna e Thomas!» continuò la nonna, guardando i suoi nipoti. «Come siete cresciuti! Specialmente tu, Thomas!»
Il ragazzo sorrise timidamente, arrossendo. Nel giro di qualche settimana avrebbe compiuto diciotto anni, ed era già più alto di sua sorella maggiore.
«E tu, Donna, perché ti sei tinta i capelli? Non ti piacevano i capelli castani?» disse Mo a sua nipote.
Anche Donna fece un sorrisetto timido, mentre si attorcigliava una ciocca di capelli biondi attorno a un dito, un po’ imbarazzata.
«Oh, entrate, entrate, non state lì fermi sulla porta!» li esortò l’anziana donna. «Venite, vi faccio sistemare le vostre cose!»
Ognuno prese la sua valigia, e la portò in casa. Nonna Mo andò in cucina a posare il cucchiaio di legno, dopodiché tornò da sua figlia e dai suoi nipoti e fece loro segno di seguirla. I tre seguirono Mo in soggiorno, dove si trovava la scala che portava al piano superiore.
Al primo piano della casa c’era un corridoio con varie stanze. Donna sapeva che alcune di esse venivano usate per gli ospiti, ma non c’era mai entrata.
«Eliza, cara, tu starai in quella stanza in fondo,» le disse sua madre, indicando la stanza in questione.
Eliza annuì e si diresse verso la stanza. La conosceva bene, dato che era lì che aveva sempre dormito, ogni volta che aveva passato lì le vacanze insieme alla sua famiglia.
«Ragazzi, voi venite con me!» disse Mo ai suoi nipoti, facendo loro cenno di seguirla dall’altro lato del corridoio.
Nell’altra metà del corridoio non c’erano porte che conducevano ad altre stanze, ma soltanto un’enorme stanza completa di divano, televisione, scrivania, computer, ampie finestre, macchine fotografiche costose, e qualsiasi congegno elettronico esistente al mondo. Donna ricordava di essersi sempre tenuta alla larga dalla stanza di suo zio Dom, perché aveva il terrore di rompere qualcosa di valore.
«Non vi preoccupate, ragazzi,» disse loro la nonna. «Zio Dom sa che siete qui, e non vi farà problemi se passate per camera sua! Solo, non toccate le sue cose: è molto geloso dei suoi giocattoli!»
I due fratelli risero, e seguirono la nonna all’interno della stanza dello zio. Nonna Mo girò intorno alla scrivania e guidò i suoi nipoti su per una scala nascosta, che portava all’ultimo piano della casa.
Si trattava di una soffitta, ma era molto più spaziosa di quanto Donna potesse pensare, nonostante il tetto spiovente: c’erano due camere e un bagno, ed erano state preparate apposta dai nonni per il loro arrivo.
«Thomas, tu starai nella camera a destra, mentre Donna starà in quella a sinistra,» disse loro la nonna. «Vi do il tempo di sistemare le vostre cose. Quando siete pronti, scendete: il nonno vuole salutarvi!»
Nonna Mo scese le scale e tornò a lavorare in cucina, mentre Donna e Thomas sistemavano le valigie nelle loro camere.
La camera di Donna era quella in cui ricordava di aver dormito da bambina. Allora le sembrava immensa, ma ora le sembrava una camera di dimensioni normali. In un angolo, in cui il tetto era troppo basso perché una persona potesse stare in piedi sotto di esso, erano ammucchiati i suoi vecchi giocattoli: poteva vedere un tavolino di legno, una sedia abbinata al tavolino, e numerose scatole piene di bambole di pezza, con cui aveva giocato più di dieci anni prima. Proprio davanti a lei, una grande finestra le permetteva di ammirare la campagna circostante, e il resto della fattoria dei nonni. Proprio al centro della stanza, con la testiera attaccata al muro di destra, c’era il letto, che la nonna aveva rifatto, utilizzando le lenzuola e coperte multicolori ricamate da lei stessa. Appoggiato ai cuscini del letto c’era un piccolo panda di peluche, che Donna riconobbe immediatamente. Donna lasciò la sua valigia appoggiata sulla porta, si avvicinò al letto e prese in mano il panda. Ricordava di averci giocato da piccola, ma allora le era sembrato molto più grande. Ora, invece, si rese conto che le stava comodamente nelle due mani unite.
La visione di quel pupazzo le riportò alla mente i suoi ricordi felici. Avrà avuto quattro o cinque anni quando suo nonno le aveva regalato quel panda. Le aveva raccontato che era stato uno dei suoi giocattoli preferiti quando lui era stato bambino, e che ora aveva deciso di regalarlo a lei. Donna aveva sempre avuto un rapporto speciale con suo nonno. La ragazza ricordò i pomeriggi estivi in cui non si separava mai da quel giocattolo speciale, e passava ore e ore a giocare con il suo peluche preferito, a prendere il tè, a guardare le nuvole in cielo, o a esplorare la campagna. Era tutto molto più semplice allora, quando non doveva mentire per salvare le apparenze, quando poteva semplicemente essere se stessa, senza preoccuparsi costantemente di non deludere le aspettative dei suoi familiari. Ora come avrebbe fatto a sopravvivere per una settimana, circondata dai suoi parenti, che non la vedevano da anni, a cui aveva paura di raccontare la verità? Tutti avevano un’idea ben precisa di lei, e non poteva certo distruggerla per sempre. Per tutti, lei era una hostess della American SkyLines, una prestigiosissima compagnia aerea: come avrebbero reagito se avessero saputo che, quando era stata licenziata, si era dapprima guadagnata da vivere facendo la spogliarellista in locali poco raccomandabili, in cui era conosciuta con il nome di Britney, e ora si accontentava di tirare avanti passando da un lavoro sottopagato all’altro? Tutti i parenti si sarebbero riuniti per festeggiare i settant’anni di nonno Pete, e Donna non avrebbe di certo rovinato i festeggiamenti deludendo le aspettative di tutti su di lei! Soprattutto, non avrebbe mai voluto che suo nonno, con cui aveva sempre avuto un buon rapporto, venisse a conoscenza di quel suo segreto.
«Donna?» la chiamò una voce.
Donna alzò gli occhi, come se si fosse appena risvegliata da una trance. La voce di Thomas l’aveva appena riportata alla realtà.
«Tutto bene?» le chiese il ragazzo, avvicinandosi a lei, e sedendosi accanto a lei sul letto.
«Sì, sì, sto bene…» rispose Donna. «Stavo solo… ricordando…»
«Quello cos’è?» chiese Thomas, riferendosi al panda di peluche.
Donna guardò il giocattolo che ancora aveva in mano. «Oh, questo... è Squishy! Era il mio preferito, da piccola... Me lo regalò nonno, sai?»
«Squishy? Che nome è per un panda di peluche?»
«Non lo so! Ma mi piaceva come suonava…» Donna sorrise al ricordo.
«Che dici, scendiamo?»
Donna annuì. Insieme al fratello si alzò, rimise il piccolo panda di peluche sul letto, dove l’aveva trovato, e seguì Thomas.
Al piano terra, nonna Mo li aspettava. Li condusse in soggiorno, in cui il nonno stava guardando la televisione, seduto sul divano. Non appena vide la moglie e i nipoti, l’uomo spense subito l’apparecchio, per dedicarsi completamente ai suoi ospiti.
Nonno Pete era un po’ più anziano di quanto Donna ricordasse. Era alto, aveva i capelli bianchi e portava occhiali squadrati dalla montatura trasparente. Quando vide Donna, il suo viso si illuminò, e le sorrise: non la vedeva da anni, ma ricordava ancora perfettamente tutte le estati trascorse insieme, i pomeriggi passati a giocare e a correre per la campagna. Tra loro c’era sempre stato un rapporto speciale, anche se ormai non si vedevano più tanto spesso.
Il nonno si alzò dal divano e andò a salutare prima Thomas. Lo abbracciò e gli scompigliò i capelli.
«Ehi, giovanotto!» lo salutò il nonno. «Ti sei fatto proprio alto, sai?»
Nonno Pete si voltò quindi verso Donna, e l’abbracciò.
«Ciao anche a te, signorina!» la salutò affettuosamente. «Ogni giorno che passa, somigli sempre più a tua madre… Anche se gli occhi sono di tuo padre!»
Donna sorrise al complimento. Suo nonno era orgoglioso di lei, ma la ragazza non sapeva se lo sarebbe stato, se avesse saputo la verità su di lei. No, nessuno doveva scoprire il suo segreto: per tutti sarebbe stata esattamente come se l’aspettavano. Anche se questo significava mentire a tutti, perfino a suo nonno.

***

Quella sera, né Donna né Thomas avevano voglia di andare a dormire. Anche se il viaggio era stato lungo, non erano per niente stanchi. Piuttosto, era il fatto di trovarsi in quella particolare situazione a impedire loro di dormire tranquilli.
I due fratelli si sedettero sul letto nella stanza di Donna, per parlare. Del resto, avevano ripreso i contatti soltanto il giorno precedente.
«Dev’essere strano per te tornare qui, dopo tutti questi anni,» disse Thomas.
«Già,» rispose Donna, tenendo Squishy tra le mani. «Mi sembra tutto così diverso, eppure così familiare…»
«Beh, credo che sia normale per te, che vivi in America da anni…»
«Già, tu sei stato più a contatto con la parte inglese della famiglia... Credi che verranno tutti quanti alla festa di nonno?»
«Non ne ho idea… Noi staremo qui per tutta la settimana, mentre gli altri arriveranno man mano… Abitano tutti nel Regno Unito, quindi sarà più facile per loro venire qui. Zio Dom oggi era fuori per lavoro e ha detto che sarebbe tornato stanotte, molto tardi, mentre domani dovrebbe arrivare zia Audrey.»
«E tu li hai visti molto più recentemente di me, giusto?»
«Sicuramente, ma siamo sempre molto lontani… Zio Dom abita qui, ma spesso è via per lavoro, e zia Audrey abita a Cardiff.»
«Oh… E che tipi sono? Io non li vedo da anni: ho solo vaghi ricordi di loro.»
«Zio Dom è appassionato di tecnologia e gli piace stare in compagnia di altre persone. Zia Audrey è fortissima, è un vulcano di energia: ti piacerà!»
«Ne sono convinta… E oltre a loro, chi verrà? Ne sai qualcosa?»
«Non lo so… Forse qualche cugino lontano? I fratelli di nonna Mo? Qualche vicino di casa? Qualche vecchio amico di Shilling o Rosehill?»
«Quindi ci aspettano giornate piene di sconosciuti che ci dicono cose tipo “Oh, quanto sei cresciuto! Ti ricordi di me?” e cose del genere?»
«Oh, sì, e anche “Come va la scuola? E la fidanzatina?”»
Entrambi risero all’idea delle domande stupide fatte da parenti sconosciuti durante ogni festa in famiglia.
«Seriamente, però,» disse Donna, accendendosi una sigaretta e avvicinandosi alla finestra aperta per cercare di far uscire quanto più fumo possibile. «La fidanzatina?»
Thomas arrossì visibilmente. «Oh, no, non c’è nessuna.»
«Fidanzatino, nemmeno?» chiese Donna, abbassando leggermente il volume della voce.
«Cosa? No, io… Cosa ti fa pensare che io sia…»
«No, tranquillo, era solo per sapere… Voglio dire, non ci vediamo da anni, e un sacco di cose potrebbero essere cambiate in questo tempo… Non che ci sia niente di male, sia chiaro…»
«Oh, no, tra la scuola, i compiti e gli esami non ho avuto per niente tempo… E tu, invece? Esci con qualcuno?»
«No, tutte storielle da niente… L’ultima storia importante che ho avuto è finita in tragedia tre anni fa, e adesso mi sto godendo la mia ritrovata libertà.»
La ragazza fece vagare lo sguardo attraverso la campagna immersa nella notte, mentre si abbandonava ai ricordi abbozzando un sorriso.

Il volo di ritorno da Parigi sembrava non finire mai. Dai finestrini non si vedeva altro che l’Oceano Atlantico, e Donna non aveva la minima idea di quanto tempo mancasse all’atterraggio. Non vedeva l’ora di arrivare a New York per poi passare il resto della serata insieme a Frank, il suo ragazzo, che in quel momento stava pilotando l’aereo.
La ragazza si stava annoiando terribilmente, ma per fortuna il capocabina la chiamò attraverso l’interfono di bordo:
«Donna, i piloti hanno chiesto di poter usare il bagno. Ti andrebbe di venire davanti?»
Senza farselo ripetere due volte, Donna si alzò dalla sua postazione e si diresse verso la parte anteriore dell’aereo, dove il suo collega la aspettava davanti alla porta della cabina di pilotaggio. Dopo essersi assicurato che tutti i passeggeri fossero seduti con le cinture allacciate, il capocabina prese di nuovo l’interfono per comunicare ai piloti che avevano il permesso di uscire. Donna sperava che sarebbe uscito il comandante, e di conseguenza lei avrebbe potuto passare qualche minuto da sola con Frank, ma invece, con sua grande sorpresa, la porta della cabina di pilotaggio si aprì e fu il primo ufficiale ad uscire. I loro sguardi si incontrarono brevemente, e il volto di Donna si illuminò quando si ritrovò davanti gli occhi azzurri, i capelli biondi scompigliati e il sorriso ammaliante del suo ragazzo.
«Ehi,» la salutò Frank, facendole l’occhiolino.
Donna gli sorrise, dopodiché entrò nella cabina di pilotaggio e si chiuse la porta alle spalle.
Non aveva mai lavorato con quel comandante, ma le aveva dato l’impressione di non essere un tipo molto loquace. Lei lo salutò educatamente, ma lui non le rispose affatto. Emise una specie di grugnito, mentre continuava imperterrito a toccare leve e bottoni, per darle la falsa impressione di essere molto impegnato a pilotare l’aereo. Donna non aveva la minima idea di cosa stesse facendo, ma era piuttosto sicura che stesse soltanto fingendo di fare qualcosa di estremamente importante. Non c’era alcuna traccia di terra all’orizzonte, ma solo altro oceano, perciò Donna iniziò a guardarsi intorno per cercare di tenere la mente occupata nell’attesa. La cabina di pilotaggio era stretta, ma era piena di leve, bottoni e comandi di cui Donna ignorava la funzione nella maniera più assoluta. Pensò che non sarebbe assolutamente stata in grado di pilotare un aereo e ricordarsi la funzione esatta di ogni comando, per di più ascoltando ininterrottamente le comunicazioni della torre di controllo e degli altri aerei vicini.
Nonostante i continui incomprensibili messaggi che continuavano a risuonare all’interno della cabina di pilotaggio, però, Donna riusciva a sentire ciò che stava accadendo dall’altra parte della porta alle sue spalle. Riconobbe immediatamente la voce di Frank, che conversava amabilmente con il capocabina. Una terza voce si aggiunse però alla conversazione, e Donna dovette concentrarsi bene per capire a chi appartenesse.
«Alla fine non mi hai più fatto sapere com’è andata,» disse la voce misteriosa.
Dopo qualche istante, Donna capì che doveva trattarsi di Spencer, suo collega e coinquilino di Frank. Tese l’orecchio per capire di cosa stessero parlando.
«Come vuoi che sia andata?» stava dicendo Frank. «Alla fine avevi ragione!»
«Visto? Io ho sempre ragione!» si vantò Spencer. «Lei non ne sa niente vero?»
«Abbassa la voce!» lo ammonì Frank. «Donna può sentirti!»
Donna si fece ancora più sospettosa. Di cosa stavano parlando? Cos’è che non doveva sapere?
«Certo che comunque ce ne hai messo di tempo per accorgertene,» riprese Spencer. «Non ti insospettiva nemmeno un po’ il fatto che Georgia Black avesse cominciato a passare tutto quel tempo insieme a Donna?»
«Beh, credevo che fosse normale, dato che sono molto amiche…» disse Frank.
«Te l’ho dovuto dire io che quella stava sempre così appiccicata a Donna soltanto per passare del tempo con te! Non avevi mai notato come si vestiva da mignotta ogni volta che vi incontravate? O che ti guardava sempre come se stesse immaginando di spogliarti?»
Donna aveva sempre pensato che Georgia fosse una sua collega un po’ eccentrica. Anche a lei in fondo piaceva indossare camicette con scollature vertiginose, minigonne e vestiti attillati, ma non avrebbe mai pensato che un’amica di cui si fidava così tanto la stesse usando come scusa per rubarle il ragazzo!
«Dai, lo ammetterai anche tu che Georgia è molto meglio,» incalzò Spencer. «Sì, Donna è carina, una bottarella gliela darei anch’io, ma Georgia Black è su un altro livello!»
«Non è decisamente il mio tipo, ma anche io devo ammettere che è proprio una bella ragazza,» disse il capocabina.
«Sì, è veramente fantastica!» concordò Frank. «Se non mi avessi fatto notare che ci stava spudoratamente provando con me, non ci sarei mai uscito!»
«A che servono gli amici, sennò?»
«Domani mi ha invitato a casa sua, dato che abbiamo tutti e due un giorno libero.»
«Così si fa! Divertiti anche per me!»
Donna sentì finalmente il suo collega allontanarsi. Durante quei pochi istanti di completo silenzio tentò di processare ciò che aveva appena sentito. Davvero Frank era stato capace di tradirla con Georgia Black? E come aveva potuto Georgia fingere di esserle amica per tutto quel tempo?
Attraverso l’interfono, Frank comunicò al comandante la password per aprire la porta della cabina di pilotaggio. Senza nemmeno voltarsi per guardarla, il comandante autorizzò Donna ad aprire la porta per far rientrare il primo ufficiale e tornare in cabina. Ancora sconvolta dalla conversazione che aveva origliato, la ragazza aprì la porta lentamente, con sguardo truce. I suoi occhi si incrociarono per qualche istante con quelli di Frank, e Donna giurò di aver scorto un briciolo di colpa nello sguardo del ragazzo. Senza dire una parola, Frank tornò al suo posto nella cabina di pilotaggio e chiuse la porta alle sue spalle. Quell’attimo di evidente imbarazzo non fece che confermare che tutto ciò che Donna aveva sentito nella conversazione appena origliata era successo davvero. Decise che Frank l’avrebbe pagata cara per ciò che le aveva fatto.
Donna chiese al capocabina se avesse ancora bisogno di lei, ma il suo collega la rassicurò dicendole che per il momento poteva andare a rilassarsi. La ragazza tornò quindi nel retro dell’aereo, dove si trovava la sua postazione, e tirò la tendina che separava l’area in cui si trovavano tutti i carrelli e le scatole metalliche con il cibo dalla cabina con i passeggeri. Divideva quello spazio con Leo, un ragazzetto arrivato da pochi mesi che in quel momento stava ingannando la noia giocando a un videogioco sul suo cellulare. Come se fosse la cosa più naturale del mondo, Donna aprì il cassetto di un carrello, ne estrasse una piccola bottiglia di vodka, la aprì e ne bevve un lungo sorso.
«Puoi farmi un favore?» chiese poi a Leo, mentre si sbarazzava della bottiglietta ancora mezza piena. «Verresti un secondo con me in bagno?»











L'angolo dell'autrice:
Avevo già pubblicato una parte di questo capitolo come short story partecipante a un contest, con il titolo di "Quando tutto era più semplice". Quella è stata la prima scena che ho scritto, in cui volevo riassumere a grandi linee la storia che volevo raccontare in seguito, in maniera più approfondita. Potete ancora trovare quella storia sul mio profilo, ma quando l'ho inserita nella storia completa l'ho modificata e revisionata varie volte.
In questo capitolo arriviamo al setting principale della storia, la casa dei nonni, immersa nella campagna inglese... o quasi. Più scrivevo questa storia, più i personaggi andavano modificandosi e adattandosi, prendendo sempre più ispirazione da membri della mia vera famiglia. E siccome ho iniziato a scrivere questo romanzo pensando che la mia vera famiglia non lo avrebbe mai letto, mi sono sentita libera di fare riferimenti e toccare argomenti che non avrei mai nemmeno accennato prima di diventare anonima. Solamente il fatto che Donna sia una fumatrice accanita e che si ubriachi mentre è al lavoro mi sarebbe costato mesi e mesi di predicozzi via email e preoccupazioni inutili di parenti che mi parlano alle spalle.
La scena del flashback ambientata in aereo è stata ispirata dalla mia reale esperienza come assistente di volo, tuttavia ci tengo a precisare che, come sa chi mi conosce, non sono solita bere alcolici in servizio, né chiedere "favori" a ignari colleghi maschi (ma i personaggi nominati in quella scena hanno tutti quanti un corrispettivo nella realtà... Interpretate quest'informazione come volete...).
Non esitate a farmi sapere la vostra opinione su questo capitolo lasciandomi una recensione, contattandomi con un messaggio privato, oppure venite a trovarmi sui miei profili social!
A presto!
~Arkytior

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 4 - Lunedì ***


Lunedì


La mattina seguente, Donna fu svegliata dal canto di un gallo. Il sole era già sorto da un pezzo, perché erano già le dieci di mattina, ma evidentemente al gallo non importava. La ragazza si vestì in fretta, cercando di fumare una sigaretta nel frattempo, e scese al piano terra per fare colazione. In cucina, trovò Thomas e sua madre seduti al tavolo, il nonno che leggeva il giornale sulla poltrona e la nonna già intenta a preparare il pranzo.
«Buongiorno, Donna!» la salutò la nonna. «Dormito bene?»
«Sì, grazie,» rispose Donna, andando a sedersi a tavola.
Per la colazione, nonna Mo aveva preparato letteralmente di tutto: uova, salsicce, bacon, porridge, panini, fette biscottate, burro, marmellata, biscotti, latte e vari succhi di frutta.
«Avrei voluto farvi una torta, ma poi quando ho visto scendere Eliza ho deciso che era meglio cominciare a preparare il pranzo… Spero che quello che vi ho messo sul tavolo vi piaccia!»
«Sì, nonna, è tutto buonissimo!» disse Thomas.
Nonostante la quantità di cibo presente sul tavolo in quel momento fosse abbastanza da sfamare un esercito per almeno un mese, Donna riuscì timidamente a mettere sul suo piatto una porzione di uova e bacon. Assaggiandoli, pensò che davvero sua nonna era in grado di prendere un piatto banale come quello e renderlo strepitoso.
Finita la colazione, mentre Donna, Thomas ed Eliza stavano sparecchiando e mettendo la cucina in ordine, il citofono suonò. Immediatamente, Black iniziò ad abbaiare precipitandosi al cancello per vedere chi fosse arrivato. Nonno Pete mise da parte il giornale e si alzò dalla poltrona per andare a rispondere al citofono, ma Eliza, più veloce di lui, lo precedette.
«Ciao! Ben arrivata!» disse Eliza, al citofono, mentre apriva il cancello delle macchine.
Eliza riagganciò il citofono, aprì il portone e uscì in giardino, seguita da Donna e Thomas. Black continuava ad abbaiare e ad agitarsi vicino al cancello automatico che si stava aprendo lentamente. Un’elegante Chevrolet blu scuro entrò dal cancello e si fermò a metà del vialetto, ancor prima di raggiungere il garage. La portiera si aprì e uscì un vivace cagnolino dal pelo lungo, che iniziò ad abbaiare e a saltellare in direzione di Black. Successivamente, una donna scese dall’auto: era alta e magra, e aveva lunghi capelli castani e ondulati; si tolse gli occhiali da sole, rivelando i suoi enormi occhi verdi e vivaci; indossava una T-shirt e dei jeans scoloriti.
«Eliza, come stai?» salutò la donna, felicissima di vederla.
«Ciao, Audrey,» rispose Eliza, soffocata dall’abbraccio della sorella.
«Cavolo, è proprio vero che Londra è una città fredda!» riprese zia Audrey. «Tesoro, dovresti scioglierti ogni tanto: ti farebbe proprio bene! Meno male che adesso ci sono io, che ti porterò un po’ al mare, questi giorni…»
«Volentieri, ma non ho messo il costume in valigia…»
«E che problema c’è? Te ne presto uno dei miei!»
«Ecco, era questo quello che volevo evitare…»
Zia Audrey non sembrò sentire l’ultima frase, e la sua attenzione passò ai suoi nipoti.
«Oh, che bello, mi hai riportato i miei bambini!» disse zia Audrey, abbracciando sia Donna che Thomas. «Anche se siete praticamente degli adulti, per me sarete sempre i miei bambini!»
«Ciao, zia Audrey!» disse Donna, una volta ripresa dall’abbraccio della zia.
«Donna, quasi non ti riconoscevo con quel colore di capelli!» le disse zia Audrey. «Che ti è successo, non ti piacevano più i capelli scuri? O magari pensavi di assomigliare troppo a quella noiosa di tua madre?»
«Audrey!» la ammonì Eliza.
«Stavo solo scherzando!» si difese zia Audrey. «Tua madre dovrebbe imparare a lasciarsi andare, ogni tanto, non le fa bene essere sempre così seria,» aggiunse poi, attenta a non farsi sentire da Eliza.
Donna sorrise, imbarazzata, non sapendo bene cosa pensare.
«E tu, guardati!» disse zia Audrey a Thomas. «Sei diventato proprio un figo! Scommetto che a scuola stai facendo strage di cuori, eh?»
«Beh, veramente…» provò a dire Thomas, visibilmente in imbarazzo.
«Dove sono mamma e papà?» chiese poi zia Audrey, rivolta a Eliza. «E Dom, non è ancora rientrato? O è rientrato e poi è andato via di nuovo?»
«Non lo so, non l’ho visto proprio…» rispose Eliza.
«Mah, spero che ieri sera sia rientrato talmente tardi che è ancora su a dormire fino all’ora di pranzo…» disse zia Audrey. «O almeno spero non sia con quell’affare che si porta dietro…»
I quattro andarono in cucina, così zia Audrey poté salutare i suoi genitori prima di mettere la macchina in garage. Nonno Pete fu felicissimo di vederla, e i due si abbracciarono a lungo; zia Audrey volle però evitare di disturbare nonna Mo quanto più possibile, dato che era ancora indaffarata con il pranzo.
«Allora, come va la scuola, Audrey?» chiese nonno Pete.
«Un disastro!» rispose zia Audrey. «I bambini li fanno sempre più stupidi! Adesso ci devo mettere due mesi a spiegare le addizioni! Bei tempi quelli in cui ci mettevo solo un paio di giorni…»
«Zia Audrey insegna matematica in una scuola elementare,» spiegò Thomas a Donna.
Mentre parlavano, un uomo scese dal piano superiore e si fermò davanti alla porta aperta della cucina. Aveva i capelli castani, indossava una maglietta con delle scritte incomprensibili e dei pantaloni corti color verde militare. Era intento a guardare lo schermo del cellulare e non sembrava essersi accorto minimamente degli ospiti nella sua stessa casa.
«Guarda guarda chi si è svegliato…» gli disse zia Audrey. «Non si saluta, Bell’Addormentato nel Bosco?»
L’uomo alzò gli occhi dal cellulare e sembrò sorpreso di vedere tutte quelle persone in cucina. Gli ci volle qualche secondo per mettere a fuoco, dopodiché entrò in cucina e iniziò a salutare.
«Ciao, ma’, ciao, pa’!» disse ai suoi genitori. «Ciao, Eliza!»
«Dom, sei sempre il solito!» Eliza ricambiò il bacio sulla guancia del fratello minore.
«Audrey…» Zio Dom salutò l’altra sorella con un semplice gesto della mano.
«Oh, dai, non fare lo scemo!» gli disse zia Audrey, andando ad abbracciarlo. «Ci vediamo almeno una volta al mese, ma resti sempre il mio fratellino preferito!»
«Grazie, ma vedi di non uccidermi, se vuoi avere ancora un fratello!»
Lo zio Dom era molto più alto di zia Audrey, ma i suoi abbracci riuscivano a soffocarlo comunque.
«Ehi, e qui chi abbiamo?» disse zio Dom, una volta liberato dalla stretta di zia Audrey. «Ehi, Tommy! Il mio genietto!»
«Ciao, zio!» Thomas salutò lo zio con il pugno, come era abituato a fare tutte le volte che si vedevano.
«E tu devi essere Donna,» disse zio Dom. «Sei più alta di come ricordavo… Ma, d’altronde, io ricordo che eri poco più che una ragazzina, mentre ora sicuramente hai qualche anno in più…»
«Già, proprio così…» disse Donna, con un sorriso abbozzato.
«Stai uscendo, Dom?» chiese nonna Mo. «Ci sei a pranzo?»
«Non lo so quando torno,» rispose zio Dom. «Ti mando un messaggio… Non so se poi viene anche Griselda…»
«Non sarebbe un grande cambiamento…» disse nonna Mo non appena zio Dom non fu più a portata d’orecchi. «Quella non mangia niente!»
«Io vado a mettere la macchina in garage!» annunciò zia Audrey. «Avevo portato anche Brat, ma appena sono arrivata è saltata fuori dalla macchina per andare a giocare con Black, quindi sarà fuori in giardino da qualche parte…»

***

Quel pomeriggio, nonna Mo portò Donna e Thomas con sé per mostrare loro l’immenso giardino della casa. La cucina aveva una porta che conduceva al retro della casa: scendendo una rampa di scale si poteva accedere all’orto, in cui la nonna coltivava pomodori, insalata, zucche e carote.
«L’anno scorso nonna ci ha fatto avere una zucca che pesava più di venti chili!» disse Thomas a Donna. «Avresti dovuto vedere quanto era grande!»
«Wow, e poi che ci avete fatto?» chiese Donna. «L’avete decorata per Halloween?»
«L’abbiamo tagliata, mamma l’ha congelata, e poi ha trovato varie ricette per cucinare la zucca in un sacco di modi diversi: ci ha fatto le polpette, le torte, il risotto…»
«Wow, mi piacerebbe saper cucinare come lei!» disse Donna.
«Sì, a Eliza è sempre piaciuto cucinare!» disse nonna Mo. «Poverina, quando si è sposata non si era mai avvicinata ai fornelli prima, ma poi ha imparato velocemente!»
Nonna Mo entrò nel piccolo capanno ai piedi delle scale sotto la cucina, soltanto per uscirne pochi secondi dopo con un sacco di iuta tra le braccia.
«Quello cos’è?» chiese Thomas.
«Venite con me,» rispose la nonna.
I due ragazzi la seguirono fino al pollaio. Era una piccola casetta di legno posta all’interno di un recinto fatto con una rete metallica. Un gallo passeggiava tranquillo nel recinto, mentre due galline, sedute, lo guardavano. Nonna Mo aprì il sacco, rivelando che era pieno di mangime, e subito il gallo e le galline cominciarono ad agitare le ali e a emettere schiamazzi nella sua direzione. Anche altre due galline, che erano rimaste all’interno della casetta di legno fino a quel momento, uscirono e cominciarono a schiamazzare. La nonna aprì il recinto quel tanto che bastava per poterci infilare una mano e cominciò a lanciare del mangime al suo interno. Il gallo e le galline smisero di agitarsi e fare rumore per beccare il mangime lanciato dalla nonna.
«Forse voi ve ne ricordate di più,» disse nonna Mo. «Ma queste qui ce le ho da quando voi eravate piccolini... Sono le ultime rimaste. Mi sono già messa d’accordo con una signora di Shilling per prenderne altre tre o quattro: dovrebbe portarmele il mese prossimo. Harlequin sarà contento di avere altra compagnia,» aggiunse poi, facendo un cenno col mento verso il gallo.
Una volta finito con il mangime, la nonna condusse Donna e Thomas ad un’altra struttura di legno in giardino. Sembrava una casetta più grande, e aveva come degli scaffali al suo interno. Sullo scaffale più in alto c’era qualcosa che si muoveva, e i due ragazzi cercarono di capire cosa fosse.
«Ma… sono adorabili!» disse Donna.
Quello che all’apparenza sembrava un cuscino di pelliccia nera era in realtà un coniglio, che dormiva adagiato su un giaciglio di paglia. I due ragazzi si avvicinarono per guardare meglio, e videro altri cinque coniglietti più piccoli che dormivano accanto alla madre.
«Sì, ma fate attenzione a non toccarli,» li avvertì la nonna, «o la mamma non darà più loro il latte.»
«Ho sempre voluto un coniglio, da piccola,» disse Donna.
«Davvero?» chiese Thomas. «Papà non te l’ha mai comprato?»
«No, continuava a prendermi in giro dicendo che se me l’avesse comprato poi l’avremmo cucinato e mangiato…»
«Che cosa cattiva da dire!»
Donna alzò le spalle. «Ehi, è il suo umorismo… Ormai ci sono abituata…»









L'angolo dell'autrice:
Oggi un capitolo un po' slice of life. Conosciamo altri personaggi secondari, gli zii Dom e Audrey, e facciamo una passeggiata tra gli animali della fattoria dei nonni. Qui, oltre che a ispirarmi ad alcuni miei parenti, mi sono ispirata a piccoli aneddoti della mia vita reale (ce l'ho ancora con mio padre per aver voluto mangiare il coniglio che non sono mai riuscita a vincere alla festa del paese).
Non esitate a farmi sapere la vostra opinione su questo capitolo lasciandomi una recensione, contattandomi con un messaggio privato, oppure venite a trovarmi sui miei profili social!
A presto!
~Arkytior

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 5 - Martedì ***


Martedì


Il giorno successivo, zia Audrey propose una gita al mare. Eliza rifiutò immediatamente la proposta, dato che non aveva un costume da bagno, e non cambiò idea neppure quando zia Audrey rinnovò l’offerta di prestarle uno dei suoi. Piuttosto, le suggerì di prestarlo a Donna, dato che la ragazza aveva dimenticato di metterne uno in valigia. Eliza decise di restare ad aiutare i suoi genitori in casa, e affidò i suoi figli a zia Audrey.
Thomas era stato previdente e aveva messo in valigia tutto l’occorrente per una eventuale gita al mare, mentre Donna non aveva assolutamente preso in considerazione l’idea. Si guardò allo specchio e vide che il costume che le aveva prestato zia Audrey – pieno di perline e lustrini, che non la copriva poi molto – non le stava affatto male. Si infilò una maglietta e dei pantaloncini, prese la borsa e scese le scale. Una volta scesa la prima rampa, quando fu entrata nella stanza di zio Dom, qualcosa attirò la sua attenzione.
La stanza era sempre stata vuota, ma quella volta sul grande divano di pelle c’era una persona che Donna non aveva mai visto prima. Sembrava una donna, ma era talmente sovrappeso da risultare sproporzionata: sembrava che indossasse i vestiti della taglia sbagliata, troppo stretti per vestirla comodamente, che le provocavano bozzi e rigonfiamenti in tutto il corpo. Indossava una maglietta con una fantasia decisamente troppo appariscente e dei leggings strettissimi che sembravano sul punto di esplodere. Stava guardando il suo cellulare e aveva le gambe accavallate, e l’attenzione di Donna venne catturata dalla gamba che ondeggiava e sembrava volerle indicare la scarpa da ginnastica consumata e non allacciata sul piede della donna misteriosa. Il volto era un insieme di tratti somatici privi di armonia, macchie sulla pelle, brufoli e peli sul labbro superiore, il tutto incorniciato da una cascata di capelli scuri e oleosi che sembravano non essere mai stati pettinati. Donna rimase come pietrificata davanti a quello spettacolo, finché un lieve tocco sulla spalla non la riportò alla realtà. La ragazza si voltò e vide zia Audrey di fianco a sé, che le faceva cenno di scendere con lei al piano di sotto.
«Griselda, la ragazza di Dom,» spiegò zia Audrey a Donna. «Non guardarla troppo a lungo: ti sanguinerebbero gli occhi.»
«Ma… Che fa lì?»
«Non lo sappiamo… Appare, scompare, non mangia e ci toglie l’appetito a tutti. Non sappiamo nemmeno perché piaccia così tanto a Dom…»
«Beh, sicuramente avrà dei lati positivi… No?»
«Dici così solo perché è la prima volta che la vedi, Donna… Aspetta di conoscerla un po’ meglio…»

***

Zia Audrey portò i nipoti in spiaggia. Aveva riservato un posto in uno stabilimento per tutta l’estate, perciò si diresse, seguita da Donna e Thomas, verso l’ombrellone in prima fila che aveva prenotato. I tre si spogliarono e andarono a fare il bagno. L’acqua era fredda e non proprio pulitissima, ma a Donna andava bene così. A New York non era mai andata al mare, dato che non poteva permetterselo, ma lei avrebbe comunque preferito una spiaggia in cui aveva passato le estati più belle della sua infanzia a una qualunque spiaggia americana.
«Ti ricordi di quando venivi qui da piccola, Donna?» le chiese zia Audrey.
La ragazza si ricordò degli album di fotografie nella sua casa in Inghilterra, pieni di foto di lei in spiaggia con i cugini di sua madre, gli unici più vicini alla sua età.
«Oh, sì, quando venivamo al mare con i figli di… zio Marius, giusto?»
«Sì, esatto! C’era anche Thomas, giusto?»
«No, non c’ero,» rispose il ragazzo. «Non compaio in nessuna delle foto.»
«Oh, allora mi sto confondendo con i figli di zio…» disse zia Audrey. «Piuttosto, siete rimasti in contatto? Che fanno adesso? Dovrebbero avere più o meno la tua età, Donna…»
«Franny si è sposata e ha una figlia, Stephen passa tutto il suo tempo libero in palestra, e Ivan è a Rosehill a fare il contadino e a professare il suo amore incontrastato per i trattori,» rispose Donna. «O almeno è quello che ho letto su Facebook…»
«Wow, siete proprio cresciuti tutti quanti…» disse zia Audrey. «E ora tu sei una hostess per la American SkyLines, una delle più famose compagnie aeree americane e Thomas sta per andare a studiare a Oxford…»
Nessuno dei due osò contraddirla. Sapevano entrambi che zia Audrey stava solo credendo a una verità che non le era stata negata per salvare le apparenze, ma nessuno dei due poté fare a meno di pensare che prima o poi il fatto di nascondere la verità avrebbe fatto soffrire qualcuno.
«Loro verranno alla festa di nonno?» chiese Thomas.
«No, non credo,» rispose zia Audrey. «Nonna Mo e zio Marius si sono allontanati, quindi non credo che verrà lui, o zia Jean, o i loro figli…»

***

«Mo, stamattina sono arrivati gli scatoloni che devo portare a Villa Richard,» annunciò il nonno dopo pranzo.
«Vuoi una mano a portarli?» chiese zia Audrey.
«No, ho già chiesto aiuto a Thomas e Dom,» rispose il nonno. «Così facciamo vedere a Thomas l’altra casa che ho costruito.»
Nonno Pete e zio Dom caricarono gli scatoloni in questione nel portabagagli della macchina dello zio. Quando Thomas salì in macchina, fu molto sorpreso di trovare Griselda sul sedile posteriore. La donna guardava il cellulare e non sembrava accorgersi di ciò che accadeva intorno a lei.
Zio Dom salì al posto di guida e il nonno si sedette accanto a lui. Thomas notò che soltanto lui e il nonno si erano allacciati la cintura di sicurezza prima di partire: lo zio sembrò essersene dimenticato totalmente, facendo risuonare l’allarme della macchina per tutta la durata del viaggio, mentre l’attenzione di Griselda era totalmente catturata dal suo cellulare.
Il viaggio fino a Villa Richard durò soltanto pochi minuti, ma a Thomas sembrò durare un tempo infinito. Non ricordava che lo zio fosse in grado di guidare così male, prestando più attenzione al navigatore che alla strada, superando i limiti di velocità e cercando una canzone da riprodurre sul lettore mp3 durante il breve viaggio.
Villa Richard era una casa che il nonno aveva costruito da solo qualche anno prima, e l’aveva intitolata a Richard, il figlio di zia Audrey. Era una grande casa di mattoni bianchi circondata da un grande giardino proprio come Villa Mo.
Zio Dom parcheggiò sul vialetto che conduceva all’ingresso, dopodiché scese insieme a Thomas e a nonno Pete. Griselda rimase in macchina.
«Che fai, non vieni?» le chiese zio Dom.
«No, mi devo riposare,» rispose Griselda. «E poi devo fare una telefonata.»
Zio Dom alzò gli occhi al cielo, poi andò ad aprire il portabagagli e tirò fuori gli scatoloni da portare dentro. Diede il più leggero a Thomas e lui e il nonno portarono i due più pesanti dentro casa.
«Ma a chi deve telefonare?» chiese il nonno a zio Dom.
«Alla madre,» rispose lo zio. «A chi, se no?»
Villa Richard non era ancora finita, perciò nessuno avrebbe potuto ancora abitarci. Prima di entrare dal portone principale, Thomas notò una fila verticale di mattoni messi in modo che un angolo sporgesse dalla parete. Ricordò che anche a Villa Mo c’erano file di mattoni disposti alla stessa maniera: era il modo che aveva il nonno di “firmare” le case che costruiva.
I tre entrarono in casa. Passato l’ingresso, si ritrovarono nell’ampio soggiorno. C’era un grande divano da una parte e un mobile di legno sulla parete opposta, che lasciava spazio per un televisore che ancora non era arrivato, evidentemente. Il nonno guidò il figlio e il nipote in cucina, dove lasciarono i due scatoloni più pesanti. Anche Thomas posò il suo sul pavimento e aiutò il nonno e lo zio a riporre piatti e posate nella credenza e nei cassetti della cucina.
Successivamente, salirono al piano di sopra portando lo scatolone più leggero. C’erano due camere da letto e un bagno. Il nonno entrò in una e posò lo scatolone di Thomas sul letto. Lo aprì, rivelando che era pieno di lenzuola e coperte.
«Queste mettile di là,» disse il nonno a zio Dom, dandogli alcune coperte.
Lo zio ubbidì e andò a sistemare il letto dell’altra stanza, mentre nonno Pete e Thomas fecero lo stesso nella stanza in cui si trovavano.
Uscendo dalla casa, i tre recuperarono gli scatoloni vuoti e li ripiegarono senza romperli, in modo che potessero utilizzarli di nuovo. Tornarono alla macchina, dove trovarono Griselda che aveva appena finito di telefonare. Lo zio si rimise alla guida e tornarono a Villa Mo pregando che la guida spericolata dello zio non causasse incidenti gravi.

***

Donna era rimasta sola in casa. Thomas era uscito con il nonno e lo zio, mentre sua madre era andata a fare la spesa con zia Audrey. Colse l’occasione per esplorare la casa e rivivere i ricordi che ne aveva. Una volta arrivata al piano terra, la sua attenzione venne attirata da una porta a vetri: Donna non aveva mai visto quella porta aperta. Sapeva che c’erano delle stanze al piano inferiore, ma non c’era mai stata. Dato che non c’era nessuno in vista, spinta dalla curiosità scese le scale per scoprire quali segreti nascondeva il seminterrato.
C’erano due stanze con la porta chiusa, sicuramente stanze riservate agli ospiti, una porta che conduceva al garage e un’altra stanza con la porta socchiusa. La luce della stanza era accesa, ma nessuno era all’interno. Lentamente, Donna aprì la porta ed entrò nella stanza.
C’erano quadri di ogni tipo, sia appesi alle pareti che appoggiati a terra. Non c’era più un angolo che fosse libero dai quadri. Erano paesaggi, ritratti, e persino figure astratte. Donna non aveva mai visto quei quadri in giro per la casa, e si chiese per quale motivo fossero tenuti ammassati in quella stanza in cui non entrava mai nessuno.
All’improvviso, la sua attenzione venne catturata da un volto familiare, ritratto in un quadro. Lunghi capelli castani, grandi occhi scuri, un sorriso dolcissimo e un abito da sposa: sua madre.
«Hai il suo stesso sorriso,» disse una voce alle spalle di Donna.
La ragazza si voltò, e fu sorpresa di trovare sua nonna, con indosso un grembiule sporco di pittura, intenta a pulire un pennello con un canovaccio.
«Era il giorno più bello della sua vita,» continuò la nonna. «Non l’ho mai vista così felice. Sono state fatte tante foto quel giorno, ma ho voluto comunque catturare la sua felicità su una tela. Era così bella, quel giorno.»
«L’hai dipinto tu questo?»
«Ho dipinto tutti i quadri in questa stanza. Qualcuno più discreto l’abbiamo appeso nelle varie stanze e per i corridoi, ma tuo nonno ha voluto dedicare questa stanza ai miei quadri.»
«Sono bellissimi… Non sapevo che dipingessi.»
«Ho frequentato un istituto d’arte, da ragazza. Ho imparato a dipingere con varie tecniche, a modellare vasi e anche a fare i ricami.»
«Mamma l’ha visto questo?»
«No, ma è meglio che non lo veda… È stato un giorno felice, ma è anche l’inizio di un matrimonio finito… Non credo che le farebbe piacere vedere quel ricordo immortalato per sempre in un dipinto.»
Donna tornò a guardare il quadro e immaginò come avrebbe potuto sentirsi sua madre se l’avesse visto.
«Non deprimerti, piccola,» la rassicurò la nonna. «Alcuni matrimoni finiscono, altri durano per sempre. Tua madre non è stata altrettanto fortunata, ma guarda me e tuo nonno: quasi cinquant’anni insieme e ancora si diverte a criticare la mia cucina!»
Entrambe risero. Donna si rassicurò, pensando che non tutte le storie d’amore sarebbero finite come quella dei suoi genitori. E, nonostante tutto, suo padre era riuscito a trovare la felicità con una nuova compagna, quindi non sarebbe stato del tutto impossibile essere felici con qualcuno accanto, pensò Donna.












L'angolo dell'autrice:
Siamo ancora all'inizio, ma già i parenti cominciano a fare riferimenti alle vite perfette che Thomas e Donna fingono di avere. Riusciranno a mantenere i loro segreti prima che vengano scoperti inavvertitamente?
Nel frattempo, anche altri parenti stanno mantenendo segreti a loro volta: nessuno sembra sapere della stanza segreta dei dipinti della nonna. Chissà quali altri segreti stanno mantenendo gli altri personaggi...
Nota a margine: che ci crediate o no, Griselda è ispirata a una persona reale. È un personaggio troppo particolare per non inserirlo in un romanzo, troppo assurda per credere che non se la sia inventata qualche folle scrittore durante un trip... E invece...
Non esitate a farmi sapere la vostra opinione su questo capitolo lasciandomi una recensione, contattandomi con un messaggio privato, oppure venite a trovarmi sui miei profili social!
A presto!
~Arkytior

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 6 - Mercoledì ***


Mercoledì


Quando quella mattina Donna scese in cucina per la colazione, nonna Mo stava già cominciando a preparare per il pranzo. Stava armeggiando con diverse teglie vuote e sui fornelli c’erano almeno un paio di pentoloni pieni di sugo. Eliza era accanto a lei e cercava di darle una mano, ma la nonna non la lasciava avvicinarsi ai fornelli.
«Ma non poteva farsi accompagnare?» stava chiedendo la nonna al nonno. «Ha due figli, non poteva almeno chiedere ad uno di loro?»
«Danny è chissà dove con la compagna a studiare russo e a interessarsi di politica russa e complotti internazionali, Fran è impegnata a credere negli alieni e riscoprire le sue inesistenti radici di nativa americana,» spiegò zia Audrey, con un velo di ironia.
«Siamo davvero discendenti dei nativi americani?» chiese Thomas.
«Ma certo che no!» gli rispose sua madre. «Almeno la mia famiglia non lo è… Forse però c’è qualche primate nell’albero genealogico di quella sgualdrina…»
«Credevo che Eve ti stesse simpatica…» intervenne Donna.
«Infatti, io mi stavo riferendo a tuo padre,» rispose Eliza.
«Buongiorno, Donna!» la salutò il nonno.
«Vuoi una fetta di torta?» le chiese la nonna, offrendole un intero quarto di torta di mele.
«No, grazie, nonna,» rifiutò gentilmente la ragazza. «Vado a prendermi un po’ di uova. Che sta succedendo qui?»
«Oggi arriva zio Charlie, il fratello del nonno,» spiegò zia Audrey.
«Oh, non credo di conoscerlo,» disse Donna.
«È simpatico,» disse Thomas. «Forse un po’ particolare…»
«Non sa assolutamente guidare,» disse nonna Mo. «Adora portare la macchina, ma è quasi cieco e guida malissimo!»
«Gliel’ho detto tante volte, ma non vuole darmi ascolto,» disse il nonno.
«Te lo dico io, quello ci distrugge il cancello!» riprese la nonna.
Pochi minuti dopo, suonò il citofono. Eliza, che aveva già finito di mangiare, andò ad aprire.
«Elizabeth, bella!» si sentì gridare dall’altra parte.
«Ciao, zio!» rispose Eliza, sempre composta. «Ti apro subito!»
Eliza premette il pulsante per far aprire il cancello automatico. Insieme a nonno Pete e zia Audrey si diresse in giardino per accogliere lo zio. Donna e Thomas, incuriositi, li seguirono.
Il cancello si aprì lentamente. Fuori, una vecchia Fiat scassata stava cercando di fare manovra per entrare dal cancello. Dalla porta della casa, si potevano udire chiaramente i rumori dei freni e della frizione, che indicavano che molto probabilmente lo zio non era stato dal meccanico di recente. La macchina arrancò ancora per un po’, dopodiché, in retromarcia, si fece strada sul vialetto di Villa Mo. Zio Charlie non sembrava molto attento a ciò che lo circondava, e un rumore metallico fece intendere che aveva colpito il cancello con la fiancata della macchina. Seguì un rumore fastidioso come di unghie sulla lavagna: il nonno scosse la testa sconsolato, dato che zio Charlie stava entrando troppo vicino al cancello, che gli stava rigando interamente lo sportello della macchina. Una volta passato il cancello, lo zio percorse il vialetto in retromarcia, andando leggermente a zig-zag, e parcheggiò la macchina di fronte a quella di zia Audrey, lasciando soltanto pochi millimetri tra i due veicoli. Zio Charlie tirò rumorosamente il freno a mano e scese dalla macchina per salutare i suoi parenti.
«Ciao, Pete!» disse, allegro. «Quanta bella gente che hai a casa!»
Zio Charlie era un ometto basso e grassoccio. Aveva la testa grossa e squadrata, e in testa aveva ancora parecchi capelli ricci e neri, dato che era di qualche anno più giovane di nonno Pete. Indossava una camicia e un completo di giacca e pantaloni, e camminava verso l’entrata della casa con un’andatura lenta tipica degli anziani.
«Ciao, Charlie,» lo salutò il nonno. «Quante volte ti ho detto di avvisare prima di arrivare?»
«Eh, ho avuto da fare,» rispose lo zio.
«Ma non potevi farti accompagnare da qualcuno, o prendere un taxi?»
«Perché dovrei chiedere un passaggio a qualcun altro se la mia macchina ancora funziona?»
Lo zio indicò la sua vecchia Fiat, che sembrava quasi cadere a pezzi da quanto la guida maldestra dello zio l’aveva provata.
«Quando dovevi fare la revisione dal meccanico?» chiese nonno Pete.
«Non mi ricordo…» rispose zio Charlie. «Forse la settimana scorsa, o a dicembre, oppure un paio di anni fa… Sai, il tempo passa…»
Lo zio sembrò notare soltanto allora gli altri parenti.
«Elizabeth, come stai?» la salutò zio Charlie, con un volume della voce più alto del normale.
«Bene, zio,» rispose Eliza, sempre composta. «Ti trovo bene.»
«Audrey, bellissima!» salutò allegramente lo zio, passando alla nipote successiva.
«Ciao, zio!» rispose zia Audrey, con un tono altrettanto allegro.
«E qui chi abbiamo?» chiese lo zio, avvicinandosi a Donna e Thomas. Zio Charlie non vedeva più tanto bene, perciò aggrottò la fronte per vederci meglio.
«Zio, non ti ricordi di Thomas e Donna, i miei figli?» disse Eliza.
«Ah, sì, dove sono i tuoi bambini?» chiese lo zio.
«Siamo noi, zio,» disse Thomas. «Siamo cresciuti.»
«Ah, è vero!» disse zio Charlie, come stupito dalla notizia. «Come siete diventati grandi!»
«Ciao, zio!» lo salutò Donna.
«Donna, tu ormai sei proprio una bella signorina!» le disse zio Charlie. «E il fidanzatino, l’hai trovato?»
«In questo momento non c’è nessun fidanzatino, zio,» rispose Donna.
«Ah, che peccato! Una bella ragazza come te…» disse lo zio. «E tu Thomas, la fidanzatina ce l’hai?»
«No, zio,» rispose Thomas.
«Ah, questi giovani di oggi…» disse zio Charlie.
«Dai, Charlie, vieni dentro, così saluti Mo,» lo invitò nonno Pete.
Tutti quanti rientrarono in casa e raggiunsero la nonna in cucina.
«Maureen, bella, come stai?» esordì zio Charlie, gridando talmente forte che la nonna quasi fece cadere un’intera teglia di lasagne che stava per infilare in forno. Anche Black, che sonnecchiava sotto il tavolo, si spaventò e cominciò ad abbaiare.
«Charlie, sei sempre il solito!» disse la nonna, ricomponendosi e infilando la teglia in forno. «Spero che tu non abbia divelto il cancello, stavolta!»
«No, si è solo rigato una fiancata della macchina!» rispose nonno Pete, entrando in cucina.
«Pete, vai a controllare che il cancello non abbia subito altri danni, per favore!» gli ordinò nonna Mo.
Il nonno uscì, e lo zio rimase con la nonna e i vari nipoti e pronipoti.
«Ho preparato la tua stanza nel seminterrato,» disse nonna Mo allo zio. «È la stanza che usi di solito, dovresti sapere la strada.»
«Sì, sì, vado a prendere la valigia e poi vado in camera!» disse zio Charlie, prima di uscire dalla stanza.
«Vado a controllare che non mi distrugga la macchina aprendo il portabagagli!» disse zia Audrey, uscendo a sua volta.

***

Quella sera, a cena, nonna Mo cucinò un delizioso arrosto di anatra, con contorno di patate fritte e al forno, insalata e carote bollite. La sala da pranzo era piena di gente, una situazione a cui i nonni non erano abituati, ma a loro faceva piacere avere la casa piena di ospiti. Di solito le grandi riunioni famigliari erano molto rumorose perché tutti erano sempre impegnati a parlare tra di loro, ma in quell’occasione nessuno stava parlando molto: era un buon segno, che indicava che la cucina della nonna era talmente buona che non c’era tempo di parlare tra un boccone e l’altro.
«Zio Dom è uscito con Griselda,» disse Thomas a Donna, che si stava guardando intorno cercando di capire dove fosse lo zio.
«Seriamente, non so come facciano a uscire a cena insieme,» disse zia Audrey. «Lei non mangia niente! Prima o poi Dom ingrasserà come un porcellino a forza di uscire a cena con quella!»
«Che strano…» disse Donna. «Di solito in tutti i pranzi di famiglia c’è sempre casino perché tutti quanti parlano…»
«È perché sei abituata alla famiglia di tuo padre, Donna,» rispose Eliza. «Sono loro quelli che fanno più casino di tutti: Edith, Lucy, Xander…»
«È risaputo che i britannici sono più tranquilli degli americani,» disse Thomas.
«Anche questo è vero,» concordò Donna.
Dopo la cena, mentre tutti si stavano rilassando dopo la deliziosa crostata di nonna Mo, suonò il citofono. Il nonno, che era il più vicino all’apparecchio, andò ad aprire il cancello.
«Chi è?» chiese zia Audrey al nonno.
«È Ian, ha portato il gelato!» disse il nonno, andando ad accogliere il nuovo ospite.
«Chi?» chiese Donna a Thomas, sottovoce per evitare di fare una brutta figura.
«Non ho idea di chi sia,» rispose Thomas. «Credo sia una specie di cugino di nonna, un prozio lontano…»
Pochi istanti dopo, il nonno rientrò, accompagnato dallo sconosciuto che doveva essere Ian. Era un uomo anziano, con lunghi capelli bianchi che portava legati in un codino unticcio. Aveva una camicia a quadri con un paio di bottoni lasciati aperti sul petto, che lasciavano intravvedere un cespuglio di peli grigi. Indossava jeans logori e scarponcini marroni, e in mano aveva una busta bianca con il gelato che aveva portato.
«Non ci sarò alla festa di domenica, perciò ho portato il gelato stasera!» disse Ian.
Andò in cucina con la nonna e il nonno, per dividere il gelato in porzioni per tutti. Dopo qualche minuto, i tre tornarono in sala da pranzo e iniziarono a distribuire le coppette a tutti.
«In realtà nemmeno io ho idea di con chi sia imparentato Ian,» confessò zia Audrey. «Da quello che ho capito, è un cugino della nonna che abita a Rosehill, e nella vita fa il camionista.»
«Fantastico,» disse Thomas. «A ogni riunione di famiglia appare qualche parente dal nulla!»
«Puoi dirlo forte,» disse Donna. «Io non torno qui da quando avevo dodici anni: non conosco più nessuno!»
Finito il gelato, Donna e Thomas uscirono sulla veranda per rilassarsi e prendere un po’ d’aria fresca.
«Che ne dici se andiamo in paese?» propose Donna. «Prendiamo in prestito la macchina di mamma: è l’unica che non è bloccata dal parcheggio speciale di zio Charlie!»
Thomas rise alla battuta della sorella e andò ad aspettarla vicino alla macchina, mentre lei rientrava brevemente per chiedere il permesso alla madre e prendere le chiavi.
Dopo solamente cinque minuti, i due arrivarono al lungomare di Juliet Springs. Donna fu abbastanza fortunata da trovare un parcheggio gratuito vicino alla spiaggia, perciò i due scesero e dopo averla chiusa a chiave iniziarono a camminare. Si stava bene, la sera era calda e c’era una leggera brezza che rinfrescava l’aria. La camminata li avrebbe anche aiutati a digerire la cena abbondante che aveva cucinato nonna Mo e il gelato portato da Ian.
«Papà vuole sapere se va tutto bene,» disse Donna, leggendo il messaggio che le era appena arrivato sul cellulare.
«Sì, va tutto alla grande!» disse Thomas.
Donna rispose al messaggio del padre, per rassicurarlo.
«È iperprotettivo con te?» chiese Thomas.
«Qualche volta,» rispose la ragazza. «Specie quando sa che sono troppo distante da lui… Se sono a New York non è un problema, ma adesso sono in un altro continente!»
«E si preoccuperebbe così anche per me?»
«No, tu sei un ragazzo, per te è diverso… Io sono la sua piccola figlioletta adorata, e lui deve proteggermi dai pericoli del mondo!»
«E questo non ti fa piacere?»
«A volte è stressante, a dire la verità. Con te mamma non si comporta nello stesso modo?»
«Sì, ogni tanto. È protettiva quanto basta.»
«Perché sa che sei un bravo ragazzo. Con me sarebbe molto diversa…»
«Come mai?»
«Perché tu sei un genio e io sono un’incapace. Tu hai il massimo dei voti in tutte le materie e io non ho nemmeno finito le superiori.»
Thomas ripensò al fatto che sapeva che avrebbe dovuto ripetere gli esami finali. Avrebbe tanto voluto dirlo a Donna, in quel momento, ma non voleva demolire l’idea che lei aveva di lui.
«Beh, ma anche tu hai dei meriti,» disse a Donna. «Hai un buon lavoro, vivi nella città più figa del mondo, sei completamente indipendente! Mamma dovrebbe essere orgogliosa di te!»
Anche Donna avrebbe voluto rivelare a Thomas che aveva perso quel lavoro tre anni prima, e ora faticava a trovare i soldi per pagare l’affitto del suo appartamento, ma non poteva. Era troppo bello vedere che suo fratello aveva una così alta stima di lei, e non voleva deluderlo. Tirò fuori una sigaretta dal pacchetto che teneva in tasca e se l’accese.
«Scusa per il fumo, Tommy,» disse Donna.
«Tranquilla, per me non è un problema.»
«Invece è un problema perché avevo smesso e poi ho ricominciato.»
«Perché?»
«Stress… Non so perché, ma sono sempre stressata, ultimamente…»
Thomas non osò chiedere altro sull’argomento. Non voleva invadere troppo la privacy della sorella che aveva appena ritrovato dopo anni di separazione. Donna ne fu felice: non avrebbe dovuto inventare altre scuse per nascondere il fatto che tra le ragioni che l’avevano spinta a ricominciare a fumare c’era proprio quella riunione famigliare.
I due continuarono a camminare, finché non arrivarono ad un belvedere che dava sulla spiaggia. Era una piazzetta semicircolare piena di panchine su cui ci si poteva sedere per contemplare il mare. Donna e Thomas scelsero una panchina libera e si sedettero. Davanti a loro la spiaggia era totalmente vuota, il mare era calmo ma ogni tanto si potevano vedere alcune piccole onde infrangersi sulla riva, e l’orizzonte era praticamente inesistente, dato che il colore del cielo notturno si confondeva con quello del mare. Dopo qualche minuto passato a guardare quel panorama, Donna prese Thomas per mano e lo condusse verso la spiaggia.
«Vieni, ti faccio vedere una cosa!» gli disse.
Scesero dei gradini al lato della piazzetta, che conducevano direttamente sulla spiaggia. Thomas indossava delle scarpe di tela, che si riempirono immediatamente di sabbia, mentre Donna aveva dei sandali. La ragazza condusse il fratello verso il mare, il più lontano possibile dalle luci dei lampioni della strada. Una volta trovato un punto sufficientemente al buio, si fermò.
«Cosa vuoi farmi vedere?» chiese Thomas.
«Guarda in alto!» gli disse Donna.
Il ragazzo obbedì, e si sorprese di quante stelle riuscisse a vedere in quel punto. Si ricordò di quando, da piccoli, i loro genitori li portavano al mare, d’estate, e il loro padre cercava di insegnare alla loro madre a riconoscere le stelle.
«Quello là dovrebbe essere il Grande Carro,» disse Donna, indicando un gruppo di stelle. «Prendi la distanza tra le ultime due stelle del carro, ripetila per cinque volte e troverai la Stella Polare e il Piccolo Carro.»
Thomas fece come gli aveva indicato la sorella, e fu sorpreso di constatare che alcune cose le ricordava ancora, nonostante lui fosse stato molto piccolo, e fossero passati parecchi anni da allora.
«Lassù c’è la croce del Cigno, invece,» continuò Donna, indicando un gruppo di stelle quasi perpendicolare a loro. «E Deneb è la stella principale, quella più brillante.»
Thomas guardò in quella direzione, e gli fu facile individuare la costellazione, caratterizzata dal gruppo di stelle disposte a formare una croce.
«E quella stella più luminosa proprio sopra di noi è Vega, nella costellazione della Lira,» continuò a spiegare Donna, indicando Vega.
«È la stella verso cui il sistema solare sta viaggiando,» ricordò Thomas.
«Esatto. E, se fai attenzione, proprio sopra di noi puoi vedere una fascia di cielo più chiara rispetto al resto.»
«La Via Lattea!»
Donna annuì. «E quella costellazione lì, a forma di W? Te la ricordi?» chiese, indicando una costellazione abbastanza alta sull’orizzonte.
«Lo Scorpione?»
«No, quella è Cassiopea. Credo sia ancora troppo presto per vedere lo Scorpione, la costellazione di Antares.»
«E quella stella grande lì, invece?»
«Se non ricordo male, quello dovrebbe essere Giove: brilla di luce riflessa dal Sole, non di luce propria come le altre stelle.»
«Come fai a ricordarti tutte queste cose?»
«Vedo papà molto più spesso di te, e quando ha perso definitivamente le speranze di insegnare queste cose a mamma, ha cominciato a insegnarle a me e Eve.»
«Andate in vacanza insieme, quindi? Tu, papà e Eve?»
«Sì, a volte, se capita l’occasione. E Eve non è come mamma la dipinge: è molto carina e affettuosa.»
«Oh, ma mamma ce l’ha con papà, mica con Eve. Lo sa che Eve è una brava ragazza. Il suo unico difetto è stato quello di innamorarsi di papà, almeno secondo ciò che dice sempre mamma…»
Donna rise. «Questa famiglia è un teatrino continuo, Tommy…»
I due tornarono sulla strada, si scrollarono la sabbia dalle scarpe e andarono a riprendere la macchina, diretti a casa.









L'angolo dell'autrice:
Assieme a zia Audrey, zio Charlie è un personaggio che i miei Beta Readers hanno adorato alla follia. Se pensate che sia ispirato a Mr. Magoo, mi spiace deludervi, ma è in realtà ispirato al vero fratello di mio nonno, quasi cieco ma adora guidare la macchina (anche se è un pericolo per la strada). Spero che anche a voi sia piaciuto!
La scena in spiaggia sotto le stelle è il risultato di tutte le estati che mio padre ha passato a insegnare a mia madre (e anche a me e alle mie sorelle) la posizione delle stelle più importanti. Ciao, papà, anche se non stai leggendo sappi che ho preso appunti!
Non esitate a farmi sapere la vostra opinione su questo capitolo lasciandomi una recensione, contattandomi con un messaggio privato, oppure venite a trovarmi sui miei profili social!
A presto!
~Arkytior

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 7 - Giovedì ***


Giovedì


Il giorno successivo, zio Dom propose a Thomas e Donna di andare a fare una passeggiata a Shilling. I due accettarono, dato che era da parecchio che Thomas non ci andava e Donna non ricordava di esserci mai stata.
Anche Griselda, la ragazza di zio Dom, decise di unirsi alla gita. Quel giorno indossava pantaloni neri che si allargavano sulle caviglie, scarpe da ginnastica slacciate e un’altra maglia larga dalle fantasie sgargianti. Portava anche una borsetta decorata con ghirigori colorati, da cui non si separava mai. Donna e Thomas la trovarono fuori dalla macchina di zio Dom, che guardava il cellulare come al solito.
«Salite in macchina, ragazzi!» li invitò lo zio.
Griselda fece per aprire lo sportello posteriore, ma Thomas la precedette. Con un certo disappunto, Griselda si vide costretta ad occupare il sedile anteriore. Thomas e Donna occupavano il sedile posteriore, e lo zio guidava.
Thomas era già stato in macchina con zio Dom, ma Donna no. Era abituata alla guida precisa e cauta di Eliza, che anche lei cercava di imitare per quanto possibile, perciò fu presa alla sprovvista quando constatò che lo stile di guida di zio Dom era molto simile allo stile di zio Charlie: guidava completamente senza cintura di sicurezza, e l’allarme che suonava sia a causa sua che a causa di Griselda veniva coperto dalla musica della radio sparata a tutto volume nell’abitacolo; zio Dom non sembrava rispettare affatto i limiti di velocità, e Donna poté udire chiaramente diverse volte il rumore della frizione che grattava tra una marcia e l’altra.
Dopo qualche chilometro in cui sia Donna che Thomas poterono giurare di aver visto tutta la loro vita scorrere davanti ai loro occhi, zio Dom parcheggiò, e tutti scesero dalla macchina, tranne Griselda.
«No, io non vengo,» disse Griselda. «C’è troppo da camminare.»
«Ma che ci sei venuta a fare qui, allora?» le chiese zio Dom.
«Non lo so, mi andava di uscire, ma adesso sono stanca,» riprese Griselda.
Zio Dom scosse la testa, mentre riaccese brevemente la macchina per abbassare i finestrini. Chiuse di nuovo la macchina e si allontanò con i nipoti verso il centro del paese.
I tre andarono verso un punto panoramico da cui si poteva vedere il piccolo lago che bagnava le rive di Shilling.
«Siamo mai venuti qui da piccoli?» chiese Donna.
«Sì, mi sa che vi ci ho portato io,» disse zio Dom. «O magari erano i figli di zio Marius? Avete la stessa età, credo…»
«Non so, credo di essere già stato qui…» disse Thomas.
«Quella è la vecchia casa di vostra nonna, comunque,» disse zio Dom, indicando un edificio grigio che dava sulla piazza alle loro spalle. «È cresciuta lì da piccola, con tutti i suoi fratelli e sorelle, e durante l’estate andavano tutti a Juliet Springs. Pensa, era la nonna a fare da babysitter a tutti i suoi fratelli e sorelle, quando sua madre era impegnata.»
Thomas e Donna si scambiarono uno sguardo d’intesa. Ricordarono di quando, da piccoli, era Donna a passare la maggior parte del tempo con Thomas, mentre i loro genitori non facevano altro che litigare. Donna ripensò all’idea di nonna Mo che faceva tutto ciò che aveva fatto lei, ma con i suoi fratelli minori, Lizzie, Francis, Esther e Marius, e un ricordo vivido le tornò in mente.

La mamma e il papà stavano litigando di nuovo. Le loro urla avevano svegliato Thomas, che iniziò subito a piangere, spaventato da quei rumori forti. Sua sorella, che dormiva nella stanza di fronte, lo sentì piangere. Donna uscì dalla sua stanza ed entrò in quella del fratellino, chiudendo la porta alle sue spalle per smorzare le urla almeno un po’. La stanza era completamente al buio, fatta eccezione per la luce del corridoio che filtrava dalla porta chiusa. Si avvicinò al letto di suo fratello, che aveva poco più di sei mesi, e lo osservò: piangeva e si dimenava, perché non sopportava le urla dei suoi genitori. Donna allungò un braccio e lo accarezzò dolcemente, nel tentativo di calmarlo, ma Thomas continuò ad urlare. Donna, allora, abbassò la sbarra del lettino, come aveva visto fare a sua madre un sacco di volte, e si sedette nel lettino accanto a suo fratello. Lo prese in braccio delicatamente, facendo attenzione a tenergli la testa sollevata, e iniziò a cullarlo lentamente. Pensò che una ninna nanna sarebbe stata l’ideale per farlo addormentare, perciò decise di cantargli una canzone che aveva sentito in un cartone animato qualche giorno prima:
    
Come stop your crying
It will be alright
Just take my hand
And hold it tight
I will protect you
From all around you
I will be here
Don’t you cry

Mentre lei cantava e lo cullava, Thomas sembrò calmarsi. Lo accarezzò teneramente e osservò attentamente tutti i dettagli del suo corpicino: i capelli scuri, le orecchie minuscole, i due piccoli incisivi bianchi che spuntavano a malapena dalla gengiva inferiore, le braccia e le gambe esili, le manine strette a pugno, e i grandi occhi scuri che ora erano pieni di lacrime. Con una mano, Thomas strinse forte una ciocca dei capelli della sorella e la tirò. A Donna sembrò incredibile che un bambino così piccolo e apparentemente indifeso potesse essere in realtà così forte.

For one so small,
You seem so strong
My arms will hold you,
Keep you safe and warm
This bond between us
Can’t be broken
I will be here
Don’t you cry

Alla nascita di suo fratello, Donna non si era affatto sentita usurpata, come tanti fratelli maggiori: anzi, si era sentita importante, perché sapeva che avrebbe dovuto essere un esempio da imitare. Era un compito impegnativo, che richiedeva una grande responsabilità.
Purtroppo, però, a causa dei continui litigi dei suoi genitori, le responsabilità erano aumentate: non era più soltanto un esempio da seguire per Thomas, ma ora ricopriva anche il ruolo di protezione e conforto in una situazione difficile. Lei era sempre lì per lui ogni volta che sentiva i suoi genitori litigare e urlarsi insulti a vicenda, a calmarlo e consolarlo ogni volta che piangeva. Non sapeva quanto ancora sarebbe durata quella situazione: sapeva soltanto che ci sarebbe sempre stata per il suo fratellino.

Don’t listen to them
‘Cause what do they know
We need each other, to have, to hold
They’ll see in time, I know
When destiny calls you, you must be strong
I may not be with you
But you got to hold on
They’ll see in time, I know
We’ll show them together

«Non ascoltare le loro urla,» sussurrò a Thomas. «Solo perché loro non si amano più a vicenda, non vuol dire che non amano più nemmeno noi. Sappi che io ti vorrò sempre bene. Ci sarò sempre per te, anche se a volte saremo lontani. Devi essere forte. Tu sei forte, più forte di quanto immagini.»
Le sue parole sembravano avere un effetto calmante su Thomas. Aveva smesso di piangere e di agitarsi, e ora la guardava con i suoi grandi occhi scuri spalancati e concentrati sul viso di sua sorella maggiore. Donna gli sorrise, e lui ricambiò il sorriso, mostrandole i due minuscoli incisivi inferiori. Donna riprese a cantare:

‘Cause you’ll be in my heart
Yes, you’ll be in my heart
From this day on
Now and forever more
You’ll be in my heart
No matter what they say
You’ll be here in my heart
Always
Always I’ll be with you
I’ll be there for you always
Always and always
Just look over your shoulder
I’ll be there
Always

Non era una ninna nanna, era solamente la prima canzone che le era venuta in mente, eppure riuscì a far addormentare Thomas. Il volume delle urla dei loro genitori era diminuito, e la discussione sembrava ormai volgere al termine. Donna, continuando a cullare il fratellino, lo adagiò delicatamente sul materasso, gli posò la testa sul cuscino, gli mise accanto il suo orsacchiotto preferito e lo coprì con la copertina. Lo baciò sulla fronte, facendo attenzione a non svegliarlo di nuovo, e scese dal lettino. Rimise a posto la sbarra del letto, cercando di fare meno rumore possibile, e si allontanò in punta di piedi verso la porta. Prima di uscire e tornare nella sua stanza, guardò il suo fratellino addormentato e ripensò alla canzone che gli aveva appena cantato. Donna decise che quella sarebbe stata la loro canzone: sarebbe stata la ninna nanna che gli avrebbe cantato ogni volta che non fosse riuscito a dormire, per tranquillizzarlo, oppure per ricordargli che gli voleva un mondo di bene.

Donna sorrise, ripensando a quel ricordo particolare. Thomas lo notò.
«A cosa stai pensando?» chiese Thomas.
«Alla nostra canzone,» rispose Donna, continuando a sorridere teneramente. «Te la ricordi?»
Thomas aveva un ricordo parecchio confuso di quella prima volta in cui Donna gli aveva cantato per farlo addormentare, ma ricordava benissimo tutte le altre volte successive in cui avevano cantato insieme prima di andare a dormire.
«You’ll Be In My Heart,» ricordò il ragazzo.
«Mi manca cantartela ogni sera,» disse Donna.
I due si avvicinarono, e Donna posò la testa sulla spalla di Thomas.
«Ok ragazzi, chi vuole un gelato?» propose zio Dom, riportando i due fratelli alla realtà. «Lo porterei anche a Griselda, ma a lei non piacciono i gusti che ha questa gelateria.»

***

Quella sera Donna e Thomas non si fermarono per la cena. Erano diretti ad una festa in spiaggia, in cui avrebbero potuto passare il tempo con gente della loro età e avrebbero potuto prendersi una pausa da quella immensa riunione di famiglia.
Ripresero la macchina di Eliza e scesero in paese. Donna trovò un parcheggio un po’ lontano dalla spiaggia, ma non fu un problema per lei e per Thomas camminare un po’ di più per raggiungere la festa.
La musica si sentiva già in lontananza, ma non era troppo forte per non disturbare eccessivamente gli abitanti delle case che davano sulla spiaggia. C’erano anche luci colorate, festoni, un DJ e tanti tavoli pieni di cibo e bevande gratis. L’entrata era libera, perciò i due non ebbero problemi ad unirsi ai festeggiamenti.
Sia Donna che Thomas presero una bevanda analcolica da un tavolo vicino all’entrata e si fecero largo tra la gente che ballava.
«Tu conosci qualcuno qui?» chiese Donna a Thomas.
«Non lo so, sono sempre venuto qui d’estate.»
Eppure, due ragazze poco distanti sembrarono riconoscere Donna, e si avvicinarono a lei.
«Non è possibile,» disse una di loro. «Tu sei Donna Warren?»
«Sì, perché?» rispose timidamente la ragazza.
«Non ti ricordi?» continuò la sconosciuta. «Andavamo a scuola insieme, alle elementari!»
«Vicki?» chiese Donna, cercando di ricordare. «E Mel?»
Le due ragazze annuirono contemporaneamente.
«Che fine hai fatto?» chiese Mel. «Non ti abbiamo più vista qui intorno…»
«Sono andata a vivere negli Stati Uniti,» spiegò Donna.
«Wow, che figata!» disse Vicki. «E com’è là?»
«Bello,» disse Donna. «Tutto molto più costoso…»
Vicki e Mel risero.
«E adesso cosa fai?» le chiese Mel. «Non ci vediamo dai tempi della scuola, dobbiamo aggiornarci.»
«Faccio la hostess,» mentì Donna, cercando di sembrare il più convincente possibile. «Lavoro per la American SkyLines, una delle più importanti compagnie del mondo.»
«Wow, sono felice per te!» disse Mel.
«Dev’essere proprio bello viaggiare in continuazione!» disse Vicki. «E qual è la tua destinazione preferita?»
«Beh, proprio non saprei…» disse Donna. «Non ho mai tantissimo tempo per visitare i luoghi in cui vado, ma quando posso riesco a fare una visita veloce. Sono stata parecchie volte in vari paesi europei, e persino in Australia!»
«Davvero?» disse Mel. «E com’è l’Australia?»
«Beh, più o meno come la immaginate… Piena di canguri, di koala… L’unica pecca e che a noi tocca fare controlli extra, ci sono procedure speciali per i viaggi in Australia, un sacco di documenti in più…»
«Oh, capisco…» disse Vicki. «Fa parte del lavoro.»
«E voi, invece, che fate, ragazze?» chiese Donna.
«Sto studiando per diventare dentista,» disse Vicki.
«E io sono appena stata assunta da un’agenzia di modelle,» aggiunse Mel.
«Wow, sono felice per voi!» disse Donna.
«Anche noi siamo felici per te,» disse Vicki. «Chi l’avrebbe mai detto che Donna Warren sarebbe finita a lavorare per una delle compagnie aeree più prestigiose del mondo?»
«Già, a dire la verità non me lo sarei aspettato neanche io…» Donna abbassò lo sguardo, portandosi una mano dietro la nuca.
«E il tuo amico chi è?» chiese Mel.
«Mio fratello Thomas,» lo presentò Donna. «Thomas, loro sono Vicki e Mel, andavo con loro alle elementari.»
«Piacere di conoscervi, ragazze!» disse Thomas.
«Quindi tu hai sempre i biglietti aerei scontati,» disse Vicki a Donna.
«Beh, sì, in qualche modo…» Donna provò a improvvisare una risposta convincente.
«Sarebbe bello avere a disposizione biglietti scontati per andare a Parigi…» disse Mel. «Immagina, andare a fare shopping nei migliori negozi di moda francesi…»
«Oppure andare a fare lunghe passeggiate sulle alpi austriache,» aggiunse Vicki. «Sicuramente non perderai occasione di vedere un posto nuovo ogni volta che hai del tempo libero!»
«Dipende, se ho tempo posso andare a fare un breve viaggio da qualche parte…» disse Donna. «Adesso avevo qualche giorno libero e sono venuta qui per stare con i miei parenti.»
«Ehi, se mai dovessi avere dei biglietti in più e avessi bisogno di una compagna di viaggio, non esitare a chiamarmi!» disse Vicki.
«Vale anche per me,» aggiunse Mel.
«Potete contarci!» Donna abbozzò un sorriso, ben sapendo che, avendo ormai perso il privilegio di quei biglietti scontati da tre anni, non sarebbe mai accaduto.
La festa andò avanti senza particolari avvenimenti. Donna ballò con le amiche che aveva appena ritrovato, mentre Thomas preferì restare in disparte e guardare la sorella divertirsi. Thomas era sempre stato un po’ timido, mentre Donna era più estroversa e intraprendente. Per lui era sempre stato difficile conoscere gente e farsi degli amici, e aveva sempre ammirato la straordinaria capacità della sorella di sentirsi a suo agio circondata da così tanti sconosciuti.
Verso mezzanotte, poi, la festa finì e tutti tornarono a casa. Quando Donna e Thomas tornarono a Villa Mo, furono sorpresi di trovare alcune luci ancora accese in casa. Non erano sicuri di chi fosse ancora sveglio, ma appena rientrati poterono udire chiaramente la voce di zia Audrey al telefono.
«Come sarebbe a dire che non vieni?» stava dicendo. «È anche il compleanno di tuo nonno, lui ti vorrebbe tanto alla sua festa… Non costringermi a tornare a Cardiff per prenderti di peso e portarti qui, Dickie! Avrai anche diciott’anni, ma finché vivrai sotto il mio tetto obbedirai alle mie regole, signorino!»
Facendo più silenzio possibile per non disturbarla, i due salirono le scale fino al piano di sopra e alla stanza dello zio Dom. La luce era spenta e non si sentiva alcun rumore, chiaro indicatore che lo zio non doveva essere in casa. Tuttavia, Donna accese la torcia del cellulare per farsi luce e guidò suo fratello fino alle loro camere.
Una volta indossato il pigiama, Donna andò in camera di Thomas.
«Con chi ce l’ha zia Audrey?» chiese Donna.
«Con il figlio, Richard detto Dick, o Dickie, come lo chiama lei. Ha la mia età ed è ancora in fase di ribellione adolescenziale. È da mesi che litigano ininterrottamente, almeno da quanto dice mamma.»
«Perché? Qual è il problema?»
«Beh, sei stata adolescente anche tu. Sai, quel periodo in cui odi i tuoi genitori, vuoi che ti diano più indipendenza, ma poi litigate in continuazione perché non avete le stesse opinioni…»
«Ma poi quel periodo è finito! Non dovrebbe finire verso i diciott’anni, o qualcosa del genere?»
«Sì, ma non so esattamente cosa stia succedendo con Dick… Zia Audrey chiama mamma quasi ogni giorno per chiederle consigli su come comportarsi con lui, ma non sembra che la situazione stia migliorando.»
«Tu hai mai incontrato Dick?»
«Sì, ci siamo visti un paio di volte, sempre d’estate. Era un po’ come me: il genio della classe, aveva sempre le risposte a qualsiasi domanda, si interessava di politica e attualità… A volte mi faceva spavento!»
«E poi è diventato un cretino?»
«Tu ci scherzi, ma è esattamente così che è andata. Ci scrivevamo spesso, ma a un certo punto ha smesso ed è scomparso. Ha cominciato a litigare con zia Audrey, a passare sempre più tempo con suo padre, a frequentare gente strana… Non so davvero se i nonni sarebbero felici di averlo di nuovo qui!»
«Zia Audrey vuole che venga alla festa, però…»
«Zia Audrey è ottimista, vede sempre il buono nelle persone, e non vuole vedere il suo unico figlio lasciarsi andare in questo modo. Ci tiene a lui, anche se ultimamente ha preso a comportarsi in questo modo.»
«Mi piacerebbe averlo conosciuto prima che diventasse un cretino, allora. Sembra una persona interessante, da come lo descrivi.»
«Sì, ti sarebbe piaciuto molto… Anche se molto probabilmente non avresti capito niente di ciò che diceva!»
«Già, ho anche io quest’impressione!»

Da quando i suoi genitori si erano separati, Thomas aveva passato spesso le vacanze estive a Juliet Springs, con sua madre e i nonni. Era ancora strano per lui trascorrere l’estate senza sua sorella, ma sapeva che ora aveva trovato lavoro a New York ed era felice là.
Sua madre gli aveva detto che quell’anno zia Audrey era riuscita ad ottenere una settimana di vacanze in più, e che sarebbe venuta a stare anche lei a Juliet Springs insieme a suo figlio Richard. Sia Donna che Thomas sapevano della sua esistenza, ma non l’avevano mai incontrato di persona: Thomas sapeva soltanto che Richard aveva un paio di mesi più di lui, e che siccome zia Audrey condivideva la sua custodia con il marito da cui si era separata da qualche anno, di solito Richard rimaneva con suo padre durante il mese di vacanza che la zia trascorreva a Juliet Springs. Stavolta, in via del tutto eccezionale, Richard avrebbe trascorso una settimana di vacanza con la madre a casa dei nonni materni.
Eliza scese dalla macchina per andare a citofonare e subito Black, come se avesse percepito la sua presenza, corse verso il cancello abbaiando felice. Il cancello automatico si aprì, ed Eliza portò la macchina all’interno e parcheggiò al lato del vialetto. Black continuò ad abbaiare saltellando intorno alla macchina, mentre Eliza e Thomas scendevano. I nonni erano usciti sulla veranda per accoglierli, insieme a zia Audrey e a un ragazzo che Thomas non aveva mai visto prima. Era alto più o meno come lui, aveva i capelli neri molto corti e gli occhiali, e teneva un cagnolino al guinzaglio.
«Ciao, Eliza!» disse zia Audrey, esuberante come sempre. «Ciao, Tommy!»
«Ciao, mamma, ciao, papà, ciao, Audrey.» Eliza ricambiò il saluto, elegante e distaccata come sempre.
«Hai visto chi sono riuscita a portare quest’estate?» riprese la zia, mettendo una mano sulla spalla di suo figlio. Il ragazzo non sembrò gradire quel gesto, e si sistemò gli occhiali sul naso.
«Tu devi essere Richard,» disse Eliza, avvicinandosi a lui.
«Ciao, zia Eliza,» la salutò timidamente Richard. Il cagnolino che teneva al guinzaglio si avvicinò a lei e la annusò per qualche istante.
«E la mia bambina non me l’hai portata?» chiese zia Audrey.
«Donna lavora a New York adesso,» rispose Eliza. «L’hanno assunta come hostess alla American SkyLines.»
«E va bene, mi accontenterò!» riprese la zia. «Ti aiuto a sistemare le valigie, mentre i bambini fanno conoscenza?»
I nonni rientrarono in casa, mentre zia Audrey aiutava la sorella a portare dentro le valigie. Thomas e Richard si ritrovarono da soli sulla veranda, in evidente imbarazzo.
«Ciao,» abbozzò Thomas.
«Ciao,» rispose Richard, abbassando lo sguardo e fissando il suo cane che aveva iniziato a fare le feste al cugino.
«Il cane è tuo?»
«Sì, si chiama Brat, e me l’ha regalata mamma.»
«È piuttosto vivace.»
«Le ho messo il guinzaglio perché non sapevo se ti desse fastidio. Se vuoi la lascio libera.»
«Sì, tranquillo, per me non è un problema.»
Richard sganciò il guinzaglio dal collare di Brat e la cagnetta corse subito via verso il prato per andare a giocare con Black.
«Tu hai animali domestici?» chiese Richard.
«No, mai avuti.»
«Mamma mi ha regalato Brat per tenermi compagnia. Tu hai tua sorella almeno, ma io sono figlio unico.»
«Beh, effettivamente adesso è come se fossi anch’io figlio unico, dato che Donna vive a New York…»
«Sei mai andato a trovarla?» Richard andò a sedersi sul divanetto di vimini che si trovava sulla veranda, e Thomas occupò invece la sedia di plastica che si trovava di fronte.
«No, non ancora. Mamma ha detto che quando avrò diciotto anni potrò andarci. È già quasi un anno che non la vedo…»
«Ti piace la scuola?»
«Sì, mi è sempre piaciuto imparare cose nuove. Prendo sempre voti alti perché non ho grandi difficoltà nello studio.»
«Anche a me piace. Qual è la tua materia preferita?»
«Inglese. Da grande mi piacerebbe fare lo scrittore. E a te che materia piace?»
«Educazione civica.»
Era l’ultima risposta che Thomas si sarebbe mai aspettato. Non aveva mai conosciuto nessuno a cui piacesse davvero quella materia, e anche lui dovette ammettere che, nonostante i suoi ottimi voti, a volte faticava a capire gli argomenti che studiava.
«Lo so, non è una materia che piace a tutti,» disse Richard. «Ma da grande vorrei entrare in politica.»
«Wow, è una gran bella ambizione!»
«Già, è molto importante capire come funziona l’organizzazione del nostro Paese. Ed è interessante cercare di capire le differenze tra tutte le varie ideologie politiche, e studiare in che modo ognuna di loro ha contribuito a creare le leggi del mondo in cui viviamo.»
«Beh, sì, senza dubbio.»
«Sai, non vedo l’ora di compiere diciotto anni per poter votare. È dovere civico di ognuno esprimere le proprie opinioni politiche, e io non vedo l’ora di poter scegliere di essere governato da qualcuno che rappresenti davvero le mie idee. Penso che il partito conservatore farebbe un lavoro eccellente nella gestione dei rapporti internazionali…»
«Va bene, futuro Primo Ministro,» li interruppe improvvisamente zia Audrey. «C’è tuo padre al telefono. Perché non vai a salutarlo?»
Richard prese il cellulare che sua madre gli stava porgendo e si allontanò per parlare con suo padre. Thomas rimase solo per qualche istante e si ritrovò a riflettere sulle sue prime impressioni di quel cugino che aveva appena conosciuto. Come lui, Richard sembrava molto più maturo rispetto alla sua età anagrafica, e sembrava avere interessi totalmente diversi dai loro coetanei. Thomas dovette ammettere che anche lui faceva fatica a comprendere i discorsi di Richard, tuttavia pensava che presto avrebbe cominciato ad andare molto d’accordo con quel cugino appassionato di studio tanto quanto lui.









L'angolo dell'autrice:
Avevo già pubblicato una parte di questo capitolo come short story partecipante a un contest, con il titolo "Io ci sarò sempre, per te". In questa versione, l'ho integrata come flashback. Non trovate anche voi che sia una scena veramente adorabile?
Griselda continua ad essere un peso morto, altri personaggi secondari sembrano credere alle bugie sulla vita perfetta di Donna, e zia Audrey sembra piuttosto preoccupata per suo figlio. Arriverà presto qualche nuova complicazione che minaccia di rovinare irrimediabilmente la festa del nonno?
Non esitate a farmi sapere la vostra opinione su questo capitolo lasciandomi una recensione, contattandomi con un messaggio privato, oppure venite a trovarmi sui miei profili social!
A presto!
~Arkytior

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo 8 - Venerdì ***


Venerdì

Il giorno successivo, al risveglio, Donna e Thomas ricevettero una notizia che sconvolse completamente l’ambiente della casa: il cugino Dick sarebbe arrivato quel giorno.
«Ma perché deve venire soltanto per litigare ancora?» stava dicendo nonna Mo, tra sé e sé.
«E per che ora dovrebbe arrivare?» chiese Eliza a sua sorella.
«Non lo so, non mi ha fatto sapere niente!» rispose zia Audrey.
«Non promette bene,» disse Thomas a Donna.
«Già, speriamo non succeda niente di brutto…» concordò lei.
Qualche ora dopo, nel corso della mattinata, suonò il citofono. Zia Audrey andò ad aprire, già sapendo che si trattava di suo figlio. Thomas e Donna, incuriositi, cercarono di avvicinarsi il più possibile per vedere che tipo era questo loro misterioso cugino.
Zia Audrey aprì il portone e si precipitò fuori per verificare che suo figlio fosse abbastanza presentabile da poter incontrare i suoi nonni. Scese le scale della veranda, ma non appena il cancello entrò nel suo campo visivo, si bloccò improvvisamente.
Il cancello si era aperto e cinque persone erano entrate. Thomas riconobbe subito suo cugino Dick, perché era l’unico che portava gli occhiali. Aveva tagliato i capelli più corti e indossava pantaloni neri e una giacca di pelle. Insieme a lui c’era un altro ragazzo vestito di nero, con una cresta da punk, e un ragazzo in tuta, che aveva tutta l’aria di chi era stato buttato giù dal letto quella mattina. Infine, con loro c’era una ragazza con i capelli cortissimi, quasi rasati a zero, tutta vestita di pelle e borchie e truccata con pesanti linee di eyeliner nero e rossetto marrone scuro, che teneva per mano un bambino sui sette anni con la pelle scura e i tratti somatici vagamente arabi.
«Ciao, ma’!» salutò Dick, ignorando completamente la reazione della madre. «Ho portato anche i miei amici. Spero che ai nonni non dispiaccia.»
Zia Audrey squadrò da capo a piedi i bizzarri amici che Dick aveva portato. Senza dire una parola, rientrò in casa per parlare di quella situazione ai suoi genitori e prepararli allo shock che avrebbero potuto avere se avessero visto il loro nipote in quelle condizioni e accompagnato a quel tipo di gente. Thomas e Donna restarono qualche secondo in più per guardare da lontano le persone che erano appena entrate in giardino, per farsi un’idea del loro cugino e per capire bene cosa ci trovasse in quella gente.
Il pranzo non fu un problema, perché nonna Mo abbondava sempre con le quantità di cibo. Zio Dom era uscito e non c’era nemmeno Griselda, perciò in sala da pranzo erano rimasti dei posti liberi. Dick e i suoi amici si sedettero tutti vicini tra di loro, ma anche pericolosamente vicini ai nonni.
Zia Audrey continuava a lanciare delle occhiate di fuoco al figlio, come per farlo sentire in colpa di essere venuto lì, mentre il resto dei commensali cercava di fare conversazione con i nuovi arrivati.
«Allora, Dickie, te la sei fatta la fidanzatina?» chiese zio Charlie.
«No, zio,» rispose Dick, freddo.
«E allora, adesso che fai? Devi finire la scuola?» riprese lo zio.
«Esatto, sono all’ultimo anno,» rispose Dick.
«E questi sono i tuoi amici di scuola?»
«No, fanno parte di un centro sociale che frequento nel tempo libero.»
Le occhiate di tutti erano puntate sugli amici che Dick aveva portato. Era palese che il ragazzo con la cresta avesse una storia con la ragazza con i capelli rasati, ma chiaramente il bambino dalla pelle scura non era suo. Il ragazzo in tuta, invece, non faceva altro che ingurgitare cibo, come se fosse stato a digiuno per mesi.
«E tu, invece, di cosa ti occupi?» chiese nonno Pete al ragazzo in tuta.
«Costruzioni,» rispose il ragazzo, ancora con la bocca piena. «L’altro giorno ho costruito una scala.»
«Oh, davvero?» disse il nonno, sorpreso di aver trovato un argomento di conversazione con un ragazzo così tanto più giovane di lui. «Io da giovane facevo il muratore. Sai, esiste tutta una tecnica precisa per fare le scale. Non è semplice da imparare, ma una volta che ci prendi la mano…»
«Ma io ho solo buttato lì del cemento e poi l’ho colpito con un piede di porco…» riprese il ragazzo, interrompendo la spiegazione del nonno.
Avendo capito che tipo era il ragazzo che aveva di fronte, il nonno abbandonò la conversazione e riprese a mangiare in silenzio, scambiando qualche parola solo con i suoi parenti.
Dopo pranzo, Thomas aiutò la nonna e la madre a portare in cucina le stoviglie sporche e gli avanzi del pasto. Donna uscì sulla veranda a fumare una sigaretta, e poco lontano da lei poteva vedere Dick e i suoi amici parlare e ridere insieme, mentre fumavano ciò che solo da molto lontano poteva sembrare sigarette. Donna non conosceva Dick se non per ciò che le aveva raccontato Thomas. Se davvero era stato un ragazzo così brillante, quasi alla pari di suo fratello, come aveva fatto a ridursi in quel modo? Forse voleva mandare un messaggio al mondo, forse voleva attirare semplicemente l’attenzione su di sé, o forse in realtà era solo stupido. Donna provò pena per quel ragazzo: forse avrà avuto la sua buona dose di problemi personali, ma li stava risolvendo nella maniera più sbagliata. Chissà se prima o poi avrebbe ritrovato la ragione e sarebbe tornato sui suoi passi, pensò la ragazza.

***

Dick e i suoi amici non si fecero vedere per tutto il pomeriggio. Nemmeno zia Audrey ricevette notizie, ed era visibilmente preoccupata per il figlio. Ricomparvero brevemente verso l’ora di cena, quando Dick annunciò semplicemente alla madre:
«I miei amici ed io andiamo a casa mia.»
Si riferiva ovviamente a Villa Richard, che gli era stata costruita dal nonno, ma non pensò minimamente a chiedere il permesso alla madre o al nonno prima di portare sconosciuti in una casa che non era stata ancora nemmeno totalmente ammobiliata.
Zia Audrey rimase in pensiero tutta la serata, controllando ossessivamente il cellulare sperando in una qualche notizia da Dick, ma non ricevette nessun messaggio.
«Sembro Griselda, non è vero?» chiese zia Audrey a Donna e Thomas, che la guardavano.
«No, hai ragione a preoccuparti per Dick,» la rassicurò Thomas.
«Vedrai che sta benissimo,» le disse Eliza, cercando di sembrare il più ottimista possibile.
Zia Audrey cercò di pensare positivamente, ma non riusciva a togliersi dalla testa il brutto presentimento che qualcosa di brutto sarebbe accaduto a suo figlio.
«No, non ce la faccio,» disse, alzandosi da tavola. «Papà, andiamo a Villa Richard!»
Nonno Pete la seguì fuori dalla sala da pranzo e, insieme, presero la macchina di zia Audrey e andarono a Villa Richard.











L'angolo dell'autrice:
Il cugino Dick entra in scena, ed è completamente diverso dal bravo ragazzo che compariva nel flashback dello scorso capitolo, tanto che ha pure cambiato il nome con cui si fa chiamare. Cosa starà succedendo a Villa Richard? Cosa troveranno il nonno e zia Audrey?
Non esitate a farmi sapere la vostra opinione su questo capitolo lasciandomi una recensione, contattandomi con un messaggio privato, oppure venite a trovarmi sui miei profili social!
A presto!
~Arkytior

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo 9 - Sabato ***


Sabato


Nonna Mo rimase sveglia fino a notte inoltrata, aspettando il ritorno del marito e della figlia. Sopraffatta dalla stanchezza, però, dato che ormai era molto tardi andò a dormire.
Nonno Pete e zia Audrey tornarono la mattina seguente, molto presto, e avevano tutta l’aria di chi non aveva chiuso occhio per tutta la notte. Zia Audrey in particolare aveva un’espressione terribilmente abbattuta: non sembrava allegra ed energica come al solito. Quando quella mattina scesero a fare colazione, Eliza, nonna Mo, Thomas e Donna accorsero da zia Audrey per capire cosa fosse successo di tanto terribile.
«Sono andati via,» disse zia Audrey. La sua voce era ridotta a un sussurro.
«Tutti quanti?» chiese Eliza. «Anche Dick?»
Zia Audrey annuì. «Dopo quello che è successo stanotte, sono tornati a Cardiff.»
«Cos’è successo, tesoro?» le chiese nonna Mo.
Nonno Pete lasciò la stanza, per dare spazio a zia Audrey di riprendersi.
«Si sono ubriacati,» spiegò zia Audrey. «Papà ed io abbiamo trovato tantissime bottiglie… Alcune erano piene, alcune mezze piene, alcune rotte… Crediamo che abbiano litigato.»
«Non sapete cos’è successo esattamente?» chiese Eliza.
Zia Audrey scosse la testa. «Abbiamo parcheggiato fuori da Villa Richard e dall’interno sentivamo ridere e gridare. Poi ad un certo punto le urla si sono fatte più forti, e abbiamo sentito rumori di vetri rotti e oggetti che cadevano. Pensavamo fosse successo qualcosa di grave, perciò papà è entrato e io sono rimasta in macchina. Li ho sentiti litigare e gridare per svariati minuti, finché poi non sono usciti inseguiti da papà che gli urlava di non farsi rivedere mai più. Dick mi ha mandato un messaggio stamattina dicendomi che hanno passato la notte in spiaggia e poi hanno preso il primo treno per Cardiff.»
«Ma è terribile,» disse Donna.
«Non so perché abbia cominciato a comportarsi così…» disse zia Audrey, che ormai non riusciva più a trattenere le lacrime. «Forse c’entra qualcosa il fatto che ha cominciato a passare più tempo con suo padre… Io non so più cosa gli passa per la testa a quel ragazzo!»
Eliza e la nonna rimasero a consolare zia Audrey. Thomas decise di andare in camera sua, mentre Donna uscì sulla veranda a fumare. Sul divanetto di vimini trovò il nonno, intento a fumare la pipa.
«Cosa combini, Donna?» le chiese il nonno, in tono volutamente scherzoso.
«Giuro che è tabacco!» si difese la ragazza.
«Tranquilla, lo so che tu sei una brava ragazza, in fondo.»
Il nonno invitò Donna a sedersi vicino a lui sul divanetto.
«Come sta zia Audrey?» chiese nonno Pete.
«Distrutta. Ancora non riesce a credere a quello che è successo ieri sera, e ora non sa più cosa fare per tenere sotto controllo suo figlio.»
Il nonno annuì, come se avesse già saputo la risposta alla sua stessa domanda.
«Va così da parecchi mesi, purtroppo,» spiegò il nonno. «Dickie ha cominciato a riallacciare i rapporti con suo padre, Robert, ed è diventato praticamente l’opposto di ciò che era prima. Audrey sapeva che Robert era una pessima influenza per il figlio, perciò ha tentato di tenerli quanto più lontani possibile, ma ora Dickie ha diciott’anni, è un uomo, come ha detto lui, e ora si sente in grado di fare le sue scelte. Peccato che ancora non sia in grado di capire quali scelte siano giuste e quali sbagliate, per lui!»
Il nonno aspirò una boccata di fumo dalla pipa e contemplò il giardino che aveva di fronte, nel tentativo di mettere ordine ai pensieri.
«Pensi che sarebbe potuta andare così anche a noi?» chiese Donna. «A me e Thomas?»
«Oh, no,» le disse il nonno, mettendole affettuosamente la mano sulla spalla. «Tu e Tommy siete diversi. Eliza ed Eric sono due bravi genitori, anche se la loro storia non era destinata a continuare. Vi hanno educati nel migliore dei modi, e vi hanno sempre insegnato ad essere onesti, con loro e tra di voi. So che non avreste mai intenzione di dare un dispiacere così grande ai vostri genitori, solo per farli sentire in colpa.»
Donna abbozzò un sorriso per le belle parole del nonno, tuttavia non riuscì ad apprezzarle totalmente dato che sapeva di star mentendo spudoratamente a tutta la sua famiglia. Non era totalmente onesta con i suoi parenti in quel momento, è vero, ma così facendo stava evitando loro un grande dispiacere.

***

Per far riprendere il nonno e zia Audrey dalla brutta nottata, nonna Mo decise di preparare una deliziosa cenetta per tutta la famiglia. Thomas e Donna volevano aiutare, ma la nonna disse che non c’era bisogno del loro aiuto, perciò decisero di andare a passare il pomeriggio in spiaggia. Donna prese in prestito la macchina della madre e andò col fratello a occupare l’ombrellone che zia Audrey aveva prenotato per tutta la stagione.
Era una bella giornata e l’acqua del mare era pulita, nonostante fosse pomeriggio, perciò decisero anche di andare a fare il bagno.
«Tu cosa pensi di tutta questa situazione?» chiese Thomas a Donna, entrando in acqua.
«Povera zia Audrey… Non si aspettava che suo figlio fosse capace di fare una cosa del genere. E soltanto due giorni prima della festa di nonno, poi!»
«Nessuno si aspettava una cosa del genere da Dick. Te l’ho detto: soltanto due anni fa era una persona completamente diversa!»
«Tu conosci zio Robert?»
«No, ma ne ho sentito parlare da mamma e da nonna: zia Audrey non ne parla mai tanto volentieri. Ho sentito che lui voleva avere il completo controllo della vita di zia Audrey, e non le lasciava mai fare ciò che voleva. Doveva anche essere un uomo violento, stando a quello che mi è stato raccontato.»
«Ma poi si sono separati e Dick è rimasto solo con zia Audrey, giusto?»
Thomas annuì. «Zia era finalmente al sicuro ed è stata capace di crescere suo figlio come voleva lei: Dick era bravo a scuola, con tantissimi amici e si interessava parecchio di politica e attualità. Zia Audrey ha detto che avrebbe tanto voluto vederlo diventare Primo Ministro, un giorno! E ci sarebbe anche riuscito, se non si fosse lasciato influenzare così tanto da suo padre negli ultimi tempi…»
«È stato zio Robert a ridurre Dick così?»
«Dick ha sempre avuto una personalità parecchio volubile: si lasciava influenzare facilmente da tutto ciò che lo circondava. A quanto pare, zio Robert è una persona molto carismatica, e ha fatto cambiare idea a Dick su parecchie cose: ora non ha più rispetto per sua madre o per la famiglia di sua madre. Hai visto anche tu che non ha rivolto mezza parola né a me né a te!»
«Si crede un uomo fatto e finito soltanto perché ora ha diciott’anni…»
«Credimi, non è così che funziona.»
Una volta usciti dall’acqua, Donna e Thomas tornarono alle sdraio dove avevano lasciato le loro cose, per asciugarsi. Vennero raggiunti da una ragazza con i capelli rossi, che correva verso di loro.
«Donna!» disse la ragazza. «Finalmente ti ho trovata!»
«Karen!» la riconobbe Donna. «Cosa ci fai qui?»
«Che domande! Sono venuta a trovarti!»
«Tommy, lei è Karen, una mia ex… una mia collega,» la presentò Donna al fratello.
«Piacere di conoscerti,» le disse Thomas.
«Avevo qualche giorno libero, così ho pensato di passare a salutarti,» spiegò Karen. «Come vanno le cose qui?»
«Tutto a meraviglia,» mentì Donna.
«Oh,» disse Karen. «La festa è domani, giusto?»
«Esatto,» confermò Thomas.
«Puoi venire anche tu, se vuoi,» le disse Donna.
«Oh, no, è una festa di famiglia,» disse Karen. «Io sarei solo d’intralcio…»
«Ma no, non credo che si faranno problemi se porto un’amica,» disse Donna. «E poi, mia nonna cucina sempre tanto…»
Karen non sapeva se accettare o meno. Stava aiutando Donna a mantenere il suo segreto, ma non sapeva se avrebbe peggiorato le cose accettando di partecipare alla grande riunione famigliare. Donna, però, pensava che la presenza di Karen sarebbe stata più d’aiuto, perché avrebbe reso la sua bugia molto più credibile.
«Va bene, verrò alla festa,» disse Karen alla fine. «Non vedo l’ora di scoprire se tutto ciò che mi hai raccontato sulla tua famiglia sia vero oppure no…»

***

Karen aveva prenotato una stanza in un albergo in riva al mare, perciò non andò a Villa Mo per la cena. Donna e Thomas tornarono in tempo per farsi una doccia e cambiarsi. Quando scesero per cenare, videro che zio Dom e il nonno sembravano essere appena tornati a casa.
«Siamo stati a sistemare Villa Richard,» spiegò lo zio. «Dick e i suoi amici avevano lasciato un casino…»
«Letti disfatti, cassetti della cucina buttati a terra, posate scomparse, pentole bruciate, piatti rotti…» cominciò a dire il nonno.
«Pavimenti sporchi, lampadine rotte, cocci di bottiglie ovunque…» continuò lo zio. «Meno male che ancora non era arrivato il televisore, o avrebbero rotto anche quello!»
«Accidenti!» disse Thomas. «Cos’è successo quella sera?»
«Non siamo sicuri di volerlo sapere,» rispose zio Dom. «Ci basta già aver ripulito tutto quel casino…»
Insieme andarono in sala da pranzo, dove la nonna aveva già cominciato a preparare i piatti.
«Cos’hai cucinato di buono, nonna?» chiese Donna.
«Coniglio,» rispose nonna Mo. «Con patate e carote al forno.»
«Coniglio?» chiese zio Dom. «Ma Griselda non mangia il coniglio.»
Nonna Mo guardò la teglia in cui aveva disposto con cura i pezzi di coniglio, adagiandoli su un letto di patate e carote.
«Dille che è pollo,» disse la nonna a zio Dom. «Tanto non la capisce la differenza.»
Donna e Thomas soffocarono una risata, quando videro con la coda dell’occhio Griselda scendere le scale guardando il suo cellulare come al solito.











L'angolo dell'autrice:
La vicenda del cugino Dick sembra essersi risolta per il meglio. Tuttavia, questo è stato uno spunto per Thomas e Donna per chiedersi se stessero facendo la cosa giusta, e se dopotutto non stessero anche loro causando in qualche modo un dispiacere alla loro famiglia.
Prima d'ora non avevo mai inserito personaggi fumatori in una delle mie storie. Men che meno personaggi che fumavano "qualcosa che soltanto da lontano poteva sembrare tabacco", come nello scorso capitolo.
Fun fact: mia nonna era solita cucinare coniglio e raccontare a "Griselda" che in realtà era pollo. Da lì il nostro inside joke di famiglia sul "coniglio con le ali".
Non esitate a farmi sapere la vostra opinione su questo capitolo lasciandomi una recensione, contattandomi con un messaggio privato, oppure venite a trovarmi sui miei profili social!
A presto!
~Arkytior

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo 10 - Domenica ***


Domenica


La grande festa stava per iniziare. Nonna Mo aveva passato tutta la mattinata a cucinare ininterrottamente i piatti preferiti del nonno, e adesso che era quasi ora di pranzo gli ospiti cominciavano ad arrivare. La sala da pranzo era stata sgombrata, erano state portate altre sedie dal garage ed erano stati disposti diversi tavoli lungo le pareti, apparecchiati con piatti e posate di plastica, in modo che ogni ospite potesse servirsi con le pietanze che preferiva.
Donna si guardò allo specchio. Aveva indossato un vestito con grandi fiori arancioni e orecchini a cerchio, ma non poteva fare a meno di notare che le radici dei suoi capelli stavano pian piano tornando scure. Forse non era stata una grande idea tingersi i capelli così male e di fretta, ma ormai era troppo tardi per cambiarli. Ora avrebbe dovuto affrontare la sfida finale, la festa che aveva tanto temuto, e mentire ai suoi parenti per l’ultima volta. Finita la festa, sarebbe tornata in America e avrebbe trovato un nuovo lavoro più dignitoso, e allora forse sarebbe stata in grado di dire la verità e ammettere che non era più una hostess. Guardò Squishy, adagiato sul letto, per darsi coraggio. Abbozzò un sorriso e uscì dalla sua stanza.
Anche Thomas si stava preparando per la festa. Aveva indossato una camicia azzurra e dei jeans scuri, ed era determinato a fare una bella impressione con tutti i parenti. Da sempre lui era il genio della famiglia, che aveva imparato a leggere a soli quattro anni, e a sei già era in grado di ripetere svariate fiabe a memoria. Aveva sempre avuto il massimo dei voti in tutte le materie, e nonna Mo gli aveva sempre dato soldi per ogni bel voto che portava a casa. Non poteva proprio deludere tutti quanti e rivelare che in realtà non aveva passato gli esami finali! Sua madre aveva già immaginato il suo futuro: lo vedeva già laureato a Oxford con il massimo dei voti, ma Thomas sapeva che non sarebbe mai successo. Si sforzò di sorridere per continuare la sua messinscena e scese in sala da pranzo con gli altri.
Villa Mo non era mai stata così piena di gente. C’erano anche parecchie persone che Donna e Thomas non avevano mai visto: da come interagivano con i nonni e gli zii, dedussero che si trattava di amici e vecchi vicini che abitavano al centro di Juliet Springs, a Rosehill o Shilling. Il citofono del cancello continuava a suonare e, a turno, Eliza, zia Audrey e zio Dom andavano ad aprire, accompagnati da Black e Brat che abbaiavano ai nuovi arrivati e cercavano di uscire dal giardino.
«Wow, nonna ha fatto le sue lasagne speciali!» disse Thomas, indicando una teglia.
«Perché? Che hanno di speciale?» chiese Donna.
«Dentro c’è qualsiasi cosa,» rispose Thomas, porgendo un piatto a Donna e prendendone un altro per sé. «Ogni volta che nonna prepara le lasagne, giochiamo sempre a indovinare cosa ci ha messo dentro.»
«Pasta, sugo di pomodoro, mozzarella…» disse Donna, assaggiandone un angolo.
«…prosciutto, salsiccia, uova, piselli, parmigiano…» continuò Thomas. «E credo che nemmeno lei sappia cosa ci ha messo davvero!»
Donna rise, continuando a mangiare le lasagne della nonna. Guardò gli altri tavoli, e vide che c’era abbastanza cibo da sfamare un intero esercito. Probabilmente gli avanzi sarebbero bastati per le due settimane successive.
«Oh, Donna, sei qui!» disse una voce alle sue spalle, che la ragazza riconobbe come quella di Karen.
«Che succede, Karen?» le chiese Donna.
«La situazione sembra ancora sotto controllo, se stai mangiando tranquillamente,» rispose Karen.
«Perché?» chiese Donna, preoccupata.
Karen si guardò intorno per assicurarsi di non aver inavvertitamente attirato l’attenzione di qualcuno. Tirò fuori il cellulare e aprì Facebook.
«Non credo che tu corra rischi perché qui l’età media è più o meno un’ottantina d’anni, ma questa la devi proprio vedere,» disse Karen, digitando qualcosa nella barra di ricerca.
«E questa com’è finita lì?» chiese Donna, smettendo di mangiare.
Sulla pagina Facebook del night club dove Donna aveva fatto la spogliarellista fino a qualche tempo prima, qualcuno aveva caricato una sua foto in alta definizione, in cui il suo viso si vedeva perfettamente. Non era eccessivamente volgare, ma si trattava lo stesso di Donna, con i capelli scuri e un bikini di paillettes, che ballava attaccata a un palo.
«Nascondila prima che qualcuno la veda!» disse Donna a Karen.
L’amica non se lo fece ripetere due volte: chiuse l’applicazione e fece scivolare di nuovo il telefono nella sua borsetta.
«Credi che qualcuno potrebbe trovarla?» chiese Donna, posando il piatto con l’avanzo di lasagna su un angolo di tavolo libero.
«Non credo,» disse Karen, incamminandosi con l’amica verso l’esterno della casa. «Dovrebbe conoscere il nome del night club, sapere che ha una pagina Facebook e capire che Britney sei tu. A meno che qualcuno non abbia reso quel post un’inserzione…»
«Una… cosa?»
«Ma sì, un’inserzione! Uno di quei post che vengono mostrati in automatico a tutti i potenziali utenti interessati a quel genere di cose! Ma qui mi sembra piuttosto un ospizio di campagna: nessun partecipante a questa festa sembra interessato a night club di qualche tipo… O anche solo ad avere un profilo Facebook…»
Lo sguardo di Donna prese a vagare per il giardino, mentre la ragazza si sforzava di metabolizzare quelle nuove informazioni. Una figura nei pressi del cancello attirò la sua attenzione, e le ci volle qualche istante prima di realizzare chi fosse.
«Oh, no…» disse Donna, guardando fisso verso il cancello.

***

Nel frattempo, Eliza stava elogiando Thomas di fronte a dei vecchi vicini dei nonni che abitavano in paese. Thomas li ricordava vagamente: tutto ciò che gli veniva in mente era che a volte la nonna gli faceva visitare la casa della signora Doris, che abitava di fronte alla casa di zio Marius, per vedere le sue tartarughe nuotare nell’acquario.
«E Thomas come va a scuola adesso?» stava chiedendo la signora Doris.
«È sempre il piccolo genio di casa,» si stava vantando Eliza. «Ha sempre il massimo dei voti in tutte le materie, e il prossimo anno andrà a Oxford!»
Sua madre sembrava così fiera di lui, e Thomas non voleva rovinarle tutto rivelandole che in realtà non sarebbe riuscito ad andarci. Forse glielo avrebbe detto con calma dopo la festa… Parecchio dopo… Forse sarebbe riuscito a trovare una soluzione ancor prima di essere costretto a dirglielo…
I suoi pensieri furono interrotti dal suono del citofono: altri ospiti erano arrivati. Eliza si scusò con la signora Doris e andò ad aprire il cancello. Dopo aver chiesto chi fosse al citofono, la sua espressione cambiò improvvisamente, e Thomas la vide precipitarsi fuori dalla casa di corsa. Non appena si voltò verso il cancello, Thomas vide sua madre assumere la stessa espressione di quando, due giorni prima, zia Audrey aveva visto Dick e i suoi amici. Thomas seguì sua madre e notò che anche Donna e la sua amica Karen erano rimaste impalate davanti al cancello, sorprese dall’arrivo del nuovo ospite. Thomas non lo vedeva da parecchi anni, ma il suo aspetto non era cambiato dall’ultima volta che l’aveva visto, se non per qualche leggera ruga in più: capelli marrone scuro che sembravano quasi neri, occhi azzurri e brillanti proprio come quelli di Donna, e una mascella squadrata che lo rendeva inconfondibilmente americano.
«Ciao, Eliza! Ciao, ragazzi!» salutò Eric Warren.

***

Controvoglia, Eliza aprì comunque il cancello. Era certa che la presenza del suo ex marito non fosse per niente gradita ai suoi genitori, e che sarebbe riuscito a rovinare la festa di suo padre. Tuttavia, non se la sentiva di sembrare inospitale proprio in un’occasione come quella. Si sforzò di sembrare gentile a tutti i costi, ma la sua espressione alterata e i movimenti bruschi la tradivano.
Donna e Thomas rimasero senza parole. Non si aspettavano che il loro padre sarebbe venuto alla festa, specialmente dopo che la loro madre aveva detto loro di averglielo esplicitamente vietato. Ora avrebbero dovuto mentire ad un’altra persona importante nelle loro vite. Donna si era trasferita in America con suo padre quando Eliza e Eric si erano separati, ma erano anni ormai che viveva a New York, mentre suo padre continuava a vivere in New Jersey. Non si vedevano molto spesso, perciò nemmeno suo padre sapeva che aveva perso il lavoro tre anni prima.
Black e Brat abbaiarono a Eric, dato che per loro era un completo sconosciuto, ma lui non sembrò curarsene. Percorse il vialetto con passo sicuro, sotto gli sguardi sbalorditi di Donna, Thomas e Karen, mentre Eliza chiudeva il cancello alle sue spalle, cercando un modo di mandarlo via prima che potesse rovinare la festa.
L’uomo entrò in casa, e tutti i presenti si voltarono a guardarlo. Anche zia Audrey e zio Dom lo videro, e rimasero senza parole. Eliza aveva detto che non sarebbe venuto, perciò la sua presenza era stata una sorpresa per tutti.
«Cosa sei venuto a fare qui?» chiese Eliza al suo ex marito, afferrandolo per un braccio per impedirgli di proseguire oltre.
«Sono venuto a fare gli auguri al mio ex suocero, mi pare ovvio,» rispose Eric, con naturalezza. «È pur sempre il nonno dei miei figli, e non ho mai avuto problemi con lui. Anzi, credo pure di essergli stato simpatico.»
«Ti avevo detto di non venire,» ribatté Eliza, cercando comunque di rimanere composta.
«Sì, me lo ricordo,» disse Eric. «Ma questo non vuol dire che io sia obbligato a darti ascolto.»
Eric si diresse verso la cucina, per andare a salutare gli ex suoceri, ma li incontrò nel corridoio tra la sala da pranzo e la cucina.
«Augurissimi, caro Peter!» disse Eric. «Maureen, ti trovo bene!»
«Grazie mille, Eric!» disse nonna Mo. «Vieni a mangiare qualcosa!»
«Grazie, Eric!» disse il nonno. «Eliza non ci ha detto che saresti venuto!»
«Ho pensato di farle una sorpresa,» disse Eric. «A proposito, Eliza, sono passato a casa tua e ho visto che era arrivata della posta, così te l’ho portata!»
Eric estrasse delle buste dalla tasca interna della giacca e le diede a Eliza, che le guardò senza dire una parola. Thomas cercò di sbirciare il mittente, sperando con tutto il cuore che non fossero lettere inviate dalla sua scuola, ma venne distratto.
«Maureen, questa pasta è veramente squisita!» disse Eric, assaggiando un piatto di fettuccine al sugo. «Sei l’unica persona che conosco che sa fare un sugo all’anatra così buono!»
«Sono felice che ti piaccia!» disse nonna Mo. «Pete ha detto che mancava il sale.»
«Ho solo detto che sarebbe stato migliore con un po’ di sale in più,» si difese il nonno.
Donna e Thomas continuavano a guardare ciò che succedeva incapaci di reagire o intervenire in qualche modo. Non si aspettavano che il loro padre avrebbe deciso di presentarsi comunque alla festa a cui non era stato invitato, e non sapevano come il resto dei parenti avrebbe reagito alla sua presenza. La loro madre era evidentemente arrabbiata, delusa e sconvolta, ma non poteva darlo a vedere: non voleva essere una causa di disagio per i propri genitori, specialmente durante una grande festa di famiglia.
«Oh mio Dio, cos’è quell’affare?» chiese Eric, facendo un cenno verso Dom e Griselda. «È vomitevole!»
«È Griselda, la ragazza di zio Dom,» spiegò Donna.
«Quella cosa ha un nome?» chiese Eric, visibilmente disgustato. «Sei sicura che non sia un esperimento di laboratorio riuscito male? Non so, tipo… Frankenstein?»
Donna alzò le spalle, incapace di rispondere. Sapeva bene che suo padre stava commentando l’aspetto di Griselda in modo volutamente sarcastico, ma era troppo preoccupata di mantenere il suo segreto per trovare una risposta soddisfacente alla battuta.
«Thomas Peter Warren!» chiamò Eliza.
Thomas si voltò verso sua madre, e vide con orrore che aveva aperto una delle lettere che le erano state portate da Eric. Anche da lontano, Thomas poté riconoscere il simbolo della sua scuola nell’intestazione. Cautamente, si avvicinò a sua madre.
«Mi spieghi cosa significa questo?» continuò Eliza, visibilmente alterata ma pur sempre composta. Gli stava parlando con un tono di voce abbastanza basso, per non farsi sentire troppo dagli altri parenti.
Thomas si avvicinò lentamente a sua madre, temendo ciò che gli avrebbe detto. Anche Donna si avvicinò, ma si tenne a debita distanza.
«Questa lettera viene dal preside della tua scuola,» continuò Eliza, serissima. «Dice che dovrai ripetere gli esami finali. Per quale motivo?»
«Forse…» provò a dire Thomas, timidamente. «Forse si sarà confuso con qualcun altro…»
Eliza mostrò a Thomas tutti i fogli che c’erano nella busta.
«Il preside mi ha inviato tutte le tue pagelle di quest’anno,» riprese Eliza. «Perché non mi hai mai parlato di questi voti?»
Thomas non sapeva davvero cosa rispondere. Sua madre, davanti a lui, sembrava veramente delusa dal suo comportamento. Alle sue spalle, con la coda dell’occhio, poteva vedere Donna, anche lei incredula, che origliava la conversazione. Era stato messo con le spalle al muro: la sua bugia era stata scoperta prima che fosse riuscito a trovare una soluzione.
«Io… io…» balbettò Thomas. «Non ho superato gli esami finali,» disse Thomas, abbassando lo sguardo per la vergogna.
«Perché non mi hai mai detto niente?» insistette Eliza.
«Perché non era da me prendere quei votacci,» rispose Thomas. Cercava con tutte le forze di trattenere le lacrime, ma era sempre più impossibile.
«Cosa sta succedendo?» chiese Eric, avvicinandosi a loro.
«Thomas è stato bocciato agli esami finali!» disse Eliza, sbalordita.
«Che cosa?» chiese Eric, voltandosi verso Thomas. «È vero?»
Thomas annuì, senza dire una parola.
«E tu…» continuò Eric, rivolgendosi a Donna. «Tu non dovevi operare la tratta New York-Londra Heathrow di ieri? Me lo avevi anche scritto per messaggio!»
Donna spalancò gli occhi, ricordandosi del messaggio che aveva inviato a suo padre, contenente gli orari di Karen, non i suoi. Karen, che aveva sentito quella frase e si era avvicinata a Donna per esserle di supporto, rimase in silenzio e fece il possibile per nascondere la sua espressione.
«Sì, io…» disse Donna, cercando di prendere tempo per pensare ad una scusa. «Gli orari che ti ho inviato sono cambiati, e mi sono dimenticata di dirtelo.»
«Allora aspetta, dimmi quelli nuovi, così me li segno,» disse Eric, prendendo il cellulare dalla tasca e sbloccando lo schermo. Stava facendo tutto con una mano sola perché nell’altra mano aveva un piatto pieno di cibo. Invece del calendario in cui segnava tutti gli orari che Donna gli comunicava, però, per sbaglio aprì Facebook.
«Ops, applicazione sbagliata!» disse, cercando di chiuderla. «Aspetta un attimo, questa cos’è?»
La ragazza ritratta nella foto che era apparsa sullo schermo gli sembrò vagamente familiare. Eric si avvicinò al cellulare per guardarla meglio, e Donna notò i suoi occhi spalancarsi nel momento in cui la riconosceva. Eric girò il telefono verso sua figlia, e la ragazza vide con orrore che aveva trovato proprio la foto che le aveva mostrato Karen poco prima.
«È un fotomontaggio,» si giustificò Donna.
«A me sembra piuttosto autentica,» disse suo padre, guardando di nuovo la foto incriminata.
«Donna!» la rimproverò Eliza.
«Posso spiegare!» disse Donna, arrossendo sempre più violentemente.
«Ecco, lo sapevo!» disse Eliza, rivolta a Eric. «Questa è tutta la tua influenza! Donna è sempre stata una brava ragazza. La lascio sola con te qualche anno e guarda cosa si mette a fare!»
«Nemmeno io lo sapevo!» disse Eric, cercando di difendersi. «E allora io cosa dovrei dire? Sapevo che mio figlio fosse un bambino prodigio, e adesso scopro che non è stato in grado di passare gli esami finali!»
«Ah, pensi sia colpa mia?» riprese Eliza, mostrando a Eric la pagella di Thomas. «Mi ha nascosto i suoi voti per tutto l’anno: non sapevo che avesse cominciato ad andare così male a scuola!»
Tutti gli ospiti della festa ora erano in silenzio, e guardavano il diverbio tra Eric e Eliza. I nonni cercarono invano di distrarre gli ospiti, ma ormai la nuova attrazione della festa era il litigio tra i due ex coniugi. Thomas e Donna si guardarono, incerti sul da farsi e troppo imbarazzati per parlarsi. I rispettivi segreti erano stati scoperti e la stima reciproca ora sembrava crollata.
«Donna aveva un lavoro sicuro e ben pagato, di tutto rispetto,» disse Eliza. «Come si è trovata a ballare mezza nuda in una bettola circondata da pervertiti che non fanno altro che infilarle banconote sudicie dentro quel costumino striminzito?»
«Non ne ho idea!» si difese Eric. «È la prima volta che vedo quella foto! Credevo che facesse ancora la hostess!»
«Questa è tutta colpa tua e della tua pessima influenza!» continuò Eliza, senza più preoccuparsi di alzare troppo la voce. «Come se non sapessi che hai ancora interi hard disk pieni di film porno…»
«Ti ho già detto che io non c’entro niente!» ripeté Eric. «Come se tu c’entrassi qualcosa con i votacci di Thomas… Non sto certo insinuando che ha cominciato ad andare male a scuola perché tu lo annoi a morte…»
«Oh, certo, perché tu lo faresti divertire così tanto che sarebbe più invogliato a studiare… Ma cresci un po’, Eric!»
I loro genitori stavano litigando di nuovo davanti a tutti, e loro erano la causa scatenante. Se non avessero scoperto i loro segreti, forse la situazione sarebbe rimasta sotto controllo. E invece no: le loro bugie avevano causato tutto quel casino. Non sapendo cosa fare, e troppo in imbarazzo per rimanere lì, Donna e Thomas corsero fuori, sulla veranda, trovando uno spazio solitario e silenzioso per sfogare le lacrime e allontanarsi dal litigio dei loro genitori.
I due si rifugiarono in due lati diversi della veranda. Nessuno dei due poteva credere al fatto che l’altro aveva mentito per tutto quel tempo. Non volevano deludere le aspettative reciproche, dopo essere stati lontani per tutti quegli anni, separati da un oceano, ma ora quella barriera di bugie era crollata. Silenziosamente, si chiesero su cos’altro avessero mentito per tutto quel tempo. Cinque anni erano un tempo lunghissimo alla loro età, un periodo in cui la personalità di qualcuno può cambiare completamente, proprio com’era successo al cugino Dick. Quando si erano incontrati di nuovo, una settimana prima, Thomas e Donna erano perfetti sconosciuti, e avevano cominciato a ritrovarsi durante quei giorni passati insieme. Ora, dopo aver scoperto i segreti reciproci, erano di nuovo sconosciuti. Non sapevano più cosa fosse vero e cosa no, della vita dell’altro. Si sentivano sempre più soli, senza nessuno dalla loro parte.
Entrambi stavano piangendo, e nessuno aveva il coraggio di fare il primo passo e affrontare ciò che era appena successo. Avevano bisogno del sostegno dell’altro, ma non sapevano come ottenerlo, dato che la fiducia reciproca sembrava essere appena crollata. Donna ripensò a ciò che davvero la legava al fratello, e, quasi inconsapevolmente, iniziò a cantare.

Come stop your crying
It will be alright
Just take my hand
And hold it tight
I will protect you
From all around you
I will be here
Don’t you cry

Era la canzone che aveva sempre cantato al fratellino per farlo calmare quando i genitori litigavano. In fondo, Donna sperava che avrebbe funzionato anche quella volta.

‘Cause you’ll be in my heart
Yes, you’ll be in my heart
From this day on
Now and forever more
You’ll be in my heart
No matter what they say
You’ll be here in my heart
Always

Suo fratello le aveva mentito come aveva fatto con tutti gli altri parenti, ma in fondo era ciò che aveva fatto anche lei. Immaginava che Thomas lo avesse fatto per le sue stesse ragioni: non voleva deludere le aspettative della sua famiglia. In quel momento voleva dimostrare a Thomas che lei ci sarebbe sempre stata per lui, in qualsiasi situazione. Lui le aveva mentito, ma lei lo aveva perdonato. Sperava che, capendo che lei lo sosteneva, anche Thomas avrebbe perdonato lei.
Thomas alzò lo sguardo verso Donna e riconobbe la canzone che lei gli stava cantando. Si ricordò della ninna nanna che condividevano, ogni volta che lui piangeva da piccolo, svegliato dai litigi dei genitori che si stavano separando. Comprese che Donna gli aveva mentito per non sfigurare davanti a lui, all’idea di fratello perfetto che ancora aveva, dopo essere stata lontana da lui per cinque anni, e la perdonò. Sorrise alla sorella, sperando che anche lei fosse riuscita a perdonarlo.

Don’t listen to them
‘Cause what do they know
We need each other, to have, to hold
They’ll see in time, I know
When destiny calls you, you must be strong
I may not be with you
But you got to hold on
They’ll see in time, I know
We’ll show them together

Donna continuò a cantare quella canzone così speciale per loro. La stava usando per dire al fratello che, anche se la verità era stata scoperta, i loro genitori li stavano giudicando senza sapere tutta la storia. Avevano avuto i loro buoni motivi per mentire, ma nessuno ne stava tenendo conto. Thomas si avvicinò a Donna e le mise un braccio intorno alle spalle.
«Mi dispiace di averti mentito,» le disse. «Ti avrei detto la verità, ma non volevo distruggere l’immagine che avevi di me.»
«Sarai sempre il mio fratellino geniale,» gli disse Donna, sorridendo. «Dispiace anche a me di averti mentito. Non volevo che tu pensassi che io sia ancora più una perdente.»
«Tu non sei una perdente!»
«Non ho mai finito le superiori, sono riuscita a trovare lavoro solo perché uscivo con uno che poi sarebbe diventato mio collega, e ho perso il lavoro perché uscivo con un altro mio collega. Quel bastardo ha pensato bene di raccontare una serie di cavolate al nostro superiore soltanto perché era convinto che io lo tradissi, ma in realtà era stato lui a tradirmi per primo!»
«E qual era la verità?»
«Beh, potrei essere andata a letto con un altro per ripicca, come potrei aver bevuto qualche alcolico di troppo mentre ero in servizio… Ma è stato lui a mettermi le corna per primo, con una collega che mi stava pure antipatica!»
«Cos’è che facevi al lavoro?» chiese Thomas, ridendo.
«A mia difesa, lo facevano tutti! Alcuni viaggi erano lunghi e noiosi, così con i colleghi ci dividevamo qualche boccetta di gin o whiskey…»
«Wow, ricordami di non volare mai più con la American SkyLines!»
«Lo fanno in tutte le compagnie, Tommy, io non sono di certo l’eccezione. Comunque, dopo essere stata licenziata, mi sono ritrovata a fare diversi lavori sottopagati perché non avevo i soldi per l’affitto…»
«E adesso lavori in un night club?»
«No, ho smesso mesi fa… Adesso faccio l’allenatrice di softball per una squadra di bambine, ma non sta andando benissimo… Credo che presto mi licenzieranno, così dovrò cercarmi un nuovo lavoro. Tu, invece, cosa ti è successo?»
Thomas abbassò lo sguardo. «Ad alcuni ragazzi non piaceva il fatto che io avessi sempre il massimo dei voti in tutte le materie… Hanno cominciato a inviarmi bigliettini anonimi, poi sono passati alle minacce, e poi sono arrivati alle mani. Mi hanno spinto contro gli armadietti, mi hanno fatto inciampare per i corridoi varie volte, buttato i libri nella spazzatura…»
«Ma è terribile!»
«Non dovrei dargliela vinta così… Ma ormai è troppo tardi per recuperare: ripeterò gli esami a settembre e poi non riuscirò a iscrivermi a Oxford!»
Nel frattempo, Eric e Eliza avevano ascoltato tutto perché avevano smesso di discutere e si erano avvicinati ai loro figli. I due ragazzi si voltarono e li videro, appena usciti dal portone.
«Ragazzi, perché ci avete mentito?» chiese Eliza. «Avremmo potuto aiutarvi a risolvere i vostri problemi: è questo il ruolo dei genitori.»
«Non volevamo farvi preoccupare,» disse Thomas.
«O pensare che siamo dei completi fallimenti,» aggiunse Donna.
«Non lo penseremmo mai,» disse Eric, rassicurandoli e avvicinandosi a loro con l’ex moglie.
«Anche se io e vostro padre non ci amiamo più, ci saremo sempre per voi, per aiutarvi a superare ogni difficoltà,» disse Eliza. «Thomas, ti aiuteremo a studiare per superare gli esami con il massimo dei voti, come hai sempre fatto.»
«E, Donna, inizialmente ti aiuteremo a pagare l’affitto, finché non troverai un lavoro più stabile,» le disse Eric.
«Grazie!» dissero Donna e Thomas all’unisono, con le lacrime agli occhi.
I quattro si abbracciarono. I nonni assistettero alla scena guardandoli dalla finestra della sala da pranzo che si affacciava sulla veranda.
«Bella festa, eh?» chiese nonna Mo al marito.
«Non ricordo di aver mai avuto una festa così piena di sorprese,» rispose nonno Pete. «Stai sicura che non la dimenticherò mai!»









L'angolo dell'autrice:
E finalmente siamo arrivati alla fatidica festa, in cui tutte le bugie crollano e tutta la verità viene a galla. È stata sicuramente una festa memorabile, tra riunioni di famiglia e confessioni a cuore aperto.
Spero che questa storia vi sia piaciuta!
È partita da un'idea vaga, un'immagine casuale, e si è sviluppata in un progetto molto più ampio di quello che avevo pensato inizialmente.
Qualche curiosità: non so se si sia notato, ma diversi nomi dei personaggi di questa storia fanno riferimento ai nomi di personaggi ricorrenti o attori che hanno recitato in Doctor Who, una delle mie serie preferite, complice anche l'ambientazione della storia nella campagna inglese. E, a proposito di campagna inglese, i nomi dei luoghi citati (Juliet Springs, Rosehill, Shilling) potrebbero sembrare inventati, ma sono in realtà un riferimento a paesi reali che non si trovano affatto in Inghilterra, bensì in Abruzzo, da dove viene il lato materno della mia famiglia.
Non esitate a farmi sapere la vostra opinione su questo capitolo lasciandomi una recensione, contattandomi con un messaggio privato, oppure venite a trovarmi sui miei profili social!
A presto!
~Arkytior

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Epilogo ***


Epilogo


Donna era felice di essere seduta accanto al finestrino. Le era sempre piaciuto guardare fuori mentre viaggiava, anche se in un volo intercontinentale non c’era poi molto da vedere.
Si voltò verso il corridoio, per dare un’occhiata agli altri passeggeri che salivano a bordo, e fu sollevata nel vedere un ragazzo, più o meno della sua età, che si stava sedendo accanto a lei. Era bello, con capelli castano chiaro e occhi azzurri.
«Salve,» la salutò educatamente il ragazzo.
«Salve,» rispose lei, timidamente.
«Vieni in America per una vacanza?»
«No, veramente ci abito da parecchi anni.»
«Ma come? Hai un accento britannico…»
«Già, ho cercato di non perderlo.»
«Oh… È carino… Mi piace.»
«E tu stai tornando a casa, a quanto pare…»
«Già, sono stato scaricato dopo un viaggio in giro per il mondo che sembrava non finire mai… Torno a casa per cercare di rifarmi una vita.»
«Lunga storia?»
Il ragazzo annuì. «Già… Una lunga e incredibile storia… Ma abbiamo parecchie ore davanti, quindi farò in tempo a raccontartela. Pensa, è cominciato tutto con mio nonno…»
«Ma dai! Anche per me è cominciato tutto con mio nonno!»
«Ti ha chiesto di accompagnarlo da qualche parte e poi le cose non sono andate come dovrebbero?»
«No, ha solo organizzato una festa con tutta la famiglia…»
«La tua storia sembra più tranquilla della mia… Sono Jason, comunque, non mi sono ancora presentato!» Il ragazzo porse la mano a Donna
«Donna,» disse lei, stringendo la mano a Jason. «Piacere di conoscerti.»


TO BE CONTINUED…










L'angolo dell'autrice:
Inizialmente non avevo pianificato di continuare questa storia. Doveva essere un romanzo autoconclusivo, un esperimento casuale. E invece mi sono ritrovata a pensare, "In questa storia abbiamo conosciuto il lato materno della famiglia di Donna e Thomas. Come sarà il lato paterno invece?" E da lì le idee hanno cominciato a frullarmi in testa.
Questo epilogo non serve a molto, di fatto non anticipa niente del secondo romanzo, ma serve a introdurre il personaggio di Jason, che tornerà nel sequel e sarà molto importante per Donna. E non posso dirvi niente su di lui, senza incappare in potenziali spoiler, perciò aspettate per conoscerlo meglio!
Spero che questa storia vi sia piaciuta! Ci vediamo presto con il secondo romanzo della serie, "Big Fat Lies - Bugie belle e buone". Non esitate a farmi sapere la vostra opinione su questa storia lasciandomi una recensione, contattandomi con un messaggio privato, oppure venite a trovarmi sui miei profili social!
A presto!
~Arkytior

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=4056076