La Chiave del Tempo

di Moony3
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo Primo - Casa Lupin. ***
Capitolo 3: *** Capitolo Secondo - Hogsmeade. ***
Capitolo 4: *** Capitolo Terzo - Hogwarts: la battaglia. ***
Capitolo 5: *** Capitolo Quarto - Hogwarts: l'attesa. ***
Capitolo 6: *** Capitolo Quinto - La Fine e l'Inizio. ***
Capitolo 7: *** Epilogo. ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Una premessa: non sono esattamente un'autrice.
Questa è la mia prima (e unica, al momento) creazione.

E' stato un atto dovuto; nel senso che non ho potuto fare a meno di scriverla.
Una specie di terapia, suppongo, per esorcizzare la sola scelta di J.K. Rowling che non mi è piaciuta granché (eufemisticamente parlando): ossia la morte di Remus (il personaggio che preferisco in assoluto) e di Tonks (che divide amichevolmente l'affollato terzo gradino del mio podio personale con: il suo affascinante consanguineo evaso e Grifondoro, il Bambino che è Sopravvissuto ed Hermione).

Così ho tentato di porvi rimedio a modo mio, vale a dire tentando di non fare troppo male al Canon. Del resto J.K. è stata così gentile da offrirmi su un vassoio d'argento: movente (quelle due morti così defilate e misteriose... non poteva andarmi meglio), alibi (in fondo non offendo molto il Canon tentando di salvare i due. Nella prima versione della storia sopravvivevano... quindi...) e arma (Teddy Remus Lupin. Metamorfomagus, figlio di un licantropo, figlioccio del Prescelto e cresciuto da una Black. Assolutamente perfetto!)
Io mi sono divertita molto a scriverla... e ora riesco persino a leggere il capitolo 33 di "Harry Potter e i Doni della Morte" senza rischiare vivaci crisi isteriche; perché tanto so che vent'anni dopo la Battaglia di Hogwarts...
Anche alle mie lettrici "cavia" la storia non è troppo dispiaciuta (a proposito, grazie per la pazienza certosina e il coraggio Grifondoro, ragazze!) e una di loro ha insistito perché la pubblicassi qui.  
Dedicandola a tutti quelli che, come me, non hanno proprio digerito "quella" scelta di J.K. Rowling, ma sono troppo fissati con il Canon per riuscire a ignorarla allegramente. Be', eccola qui.

Come avvertimento ho messo What if? Anche se non sono davvero sicura che lo sia... visto e considerato che il tutto avviene dopo l'Epilogo raccontato dalla Rowling e che al momento in cui inizia la mia storia tutti i fatti da lei narrati sono regolarmente accaduti.  Ma, non avendo nessuna esperienza in questo campo, ho ritenuto meglio essere prudente.

Oh, naturalmente la storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro e i personaggi non sono miei ma di J.K. Rowling (con l'eccezione di tre licantropi ispirati, un Mangiamorte disperato, un Babbano pasticcere e un cagnetto pasticcione. Loro - che J.K. mi perdoni - sono una mia colpevole invenzione. Come la Chiave del Tempo che dà il titolo alla storia).
 



LA CHIAVE DEL TEMPO


Prologo




«Teddy? Tu quanti anni avevi quando lo hai fatto per la prima volta?»
Il giovane mago si riscosse dai suoi pensieri, scrutando allibito la ragazzina dai capelli ramati che gli sedeva accanto.
«Io... temo di essermi perso qualcosa, Lily, di cosa stiamo parlando, esattamente?» indagò, giocherellando distratto con la grossa fetta di crostata al rabarbaro che aveva nel piatto e sperando ardentemente che la prima volta in questione non riguardasse in nessun modo Victoire Weasley.
«La prima volta che hai volato su una vera scopa, naturalmente» precisò la piccola, scoccando un’occhiata infuocata alla madre.
Sollevato, Teddy posò la forchetta e corrugò la fronte. «Oh... sì... otto anni, credo. Più o meno».
«Sette anni, per la precisione» corresse subito Andromeda. «Fu il giorno della nascita di James. Eravamo tutti riuniti alla Tana quando Harry, abbandonata la scopa in giardino, irruppe in casa per darci la bella notizia. Il tempo di calmarlo e di capire cosa stava dicendo che tu già sfrecciavi sulle nostre teste! Se non sono morta quel giorno, penso proprio che non morirò più» concluse la strega con inconfondibile platealità Black.
«Miseriaccia!» esclamò ammirato il ragazzino dai crespi capelli castani seduto vicino a Lily. «Sette anni? E hai volato sulla Firebolt di zio Harry! Mica su una Scopalinda qualsiasi! Ma come hai fatto a salirci? Io ci ho provato milioni di volte... ma quella si mette a strillare come una Banshee e scappa via».
«Oh, questo succede perché tua madre ha incantato tutte le nostre scope, figliolo. E proprio a causa di Teddy e del suo imprevisto giretto sulla Firebolt» spiegò Ron, tra un boccone di crostata e l’altro. «Ci siamo divertiti molto quella volta. Io e George abbiamo subito afferrato le nostre scope per raggiungere il fuggitivo e...»
«Subito afferrato le vostre scope?» chiese ironica Hermione. «Racconta le cose come stanno, Ronald. Tu e George non siete stati esattamente due fulmini. Nel tempo che avete impiegato a staccarvi da terra Teddy avrebbe potuto tranquillamente raggiungere la Scozia» sorrise divertita al figlioletto. «Fortunatamente nonno Arthur ha avuto il buon senso di appellare la scopa fuggiasca. E, a giudicare dalla disinvolta sicurezza che ha mostrato, credo che non fosse una cosa nuova per lui».
Ron fu colto da un improvviso interesse per l'elaborato arabesco che decorava la tovaglia di Ginny, le orecchie di un’affascinante tonalità ciclamino. «Er, sì. Potrebbe anche essere raccontata così. Ma ora è tardi, figliolo. Meglio se ce ne torniamo a casa».
Hermione ridacchiò, sfiorando la mano del marito. «Sì, è meglio. Io ho promesso a Ginny che mi occuperò del suo Cespuglio Farfallino, ma voi cominciate ad andare. Domani sarà una lunga giornata» mormorò seria, prendendo la sua minuscola borsetta e uscendo in giardino con Harry.
Hugo scattò in piedi con entusiasmo, un sorriso gigantesco gli illuminava il visetto lentigginoso. «Sì! Non vedo l’ora di essere al Castello. Adoro la Commemorazione dei Cinquantasette Caduti della Battaglia di Hogwarts! Ough... Lily perché mi hai appena dato un calcio?» chiese, scrutando ad occhi sgranati la cuginetta e sfregandosi vigorosamente lo stinco offeso.
«Perché hai la sensibilità di uno Schiopodo, Hugo!» affermò furente la ragazzina, abbracciando Teddy e schioccandogli un bacio sulla fronte. Il giovane ricambiò l’abbraccio e sorrise conciliante allo sbigottito Hugo che, mortificato, si avvicinò zoppicante al caminetto, afferrò una manciata di polvere volante e scomparve tra vivaci fiamme smeraldine. Immediatamente seguito dal padre.
Lily si sciolse dall'abbraccio, si avvicinò ad Andromeda che guardava pensosa il nipote e la prese affettuosamente per mano. «Voi due vi fermate qui per la notte, vero nonna Andromeda? Hai promesso che mi avresti raccontato tutta la storia di Teddy e del portaombrelli».
La donna sorrise alla ragazzina. «Certo, Lily. E’ una storia interessante, sai? Teddy e la sua passione per i grossi libri pieni di astrusi incantesimi e di mostruose creature. E quel portaombrelli era così elegante e raffinato...»
«Oh, ancora con questa storia. Avevo sei anni, nonna. Avevo da poco imparato a leggere e...»
«E le storie di Beda il Bardo non erano affascinanti quanto quel libro, vero, tesoro? Un libro di incantesimi senza bacchetta. Niente meno» sospirò melodrammatica la strega.
Teddy tentò debolmente di protestare ma la nonna lo azzittì con una delle sue famose occhiate Black e si allontanò con l’interessata ragazzina.
Era assurdo che dopo quattordici anni ancora riuscisse a farlo sentire in colpa per quella faccenda. Era solo un portaombrelli, in fondo. Di ceramica. Decorato con puttini e ghirlande di frutta. Non era stata una gran perdita, a suo modesto parere.

Sospirando rassegnato per il fatto che la nonna avrebbe raccontato quella storia ancora per decenni, Teddy uscì alla ricerca del padrino. Doveva assolutamente parlargli prima di fare quello a cui aveva pensato per tutta la serata.
Si fermò un istante a godersi l’aria tiepida e profumata di quella limpida sera di maggio e ad ammirare la sottile falce di luna che illuminava il cielo stellato. Poi, guidato dalla voce di Hermione che diceva qualcosa a proposito di infestazioni di fate, scorse Harry. Era accanto a un grosso cespuglio, intento a osservare la strega spargere una misteriosa polverina iridescente. Sopra alle loro teste fluttuava una vecchia lanterna che irradiava una calda luce ambrata.
Teddy si avvicinò ai due e tossicchiò titubante.
«Scusa, Harry, potrei parlarti un momento?»
Il mago annuì, sorridendo al nuovo venuto, mentre Hermione fece per andarsene.
«No, resta pure, Hermione. Puoi ascoltare anche tu» mormorò il giovane. «Harry, volevo solo chiederti se quella notte... vent'anni fa... pensi che avresti fatto quello che hai fatto anche se mio padre non fosse uscito dalla... Pietra?» chiese poi, scrutando con apprensione gli occhi del padrino.

Harry sospirò ma, con grande sorpresa del ragazzo, non parve stupito dalla domanda. Teddy sapeva che non era facile per lui parlare di quell’episodio. Ma sapeva anche che lo avrebbe fatto. Harry non evitava mai di condividere i suoi ricordi con il figlioccio. Mai. Neppure quelli più dolorosi. Era sempre disponibile a parlarne. A discuterne. A condurre Teddy nel prodigioso Pensatoio che troneggiava sulla scrivania dello studio.
C'erano solo due ricordi riguardanti Remus e Tonks che Harry non aveva mostrato a Teddy. E solo perché Teddy non aveva voluto: uno era quello della “resurrezione” di Lily e dei Malandrini.
«La presenza di tuo padre, quella notte, è stata molto importante per me, Teddy. Mi ha aiutato averlo accanto con tutto il suo amore ma... mi ha fatto un male immenso vederlo uscire dalla Pietra» si fermò, massaggiandosi assorto la vecchia cicatrice che gli segnava la fronte, poi riprese, la voce insolitamente roca. «Perché era la prova tangibile della sua morte. Oh, era sereno, sai? Mi ha detto parole bellissime. Il suo unico rammarico era che non ti avrebbe visto crescere. Mi è stato utile, sì. Ancora una volta mi ha aiutato ad allontanare le mie paure. Ma avrei davvero voluto che non fosse lì, che fosse al sicuro al Castello. E sì, certo che avrei fatto comunque quello che ho fatto. Come avrei potuto fare altrimenti?»
Teddy annuì, sollevato. «Grazie, Harry. Ora so cosa devo fare. So che posso farlo. E che devo farlo questa notte. Non dormirò qui».
Harry lo osservò pensoso. Teddy si sentì come trapassato da quei brillanti occhi verdi. Il suo padrino aveva l’inquietante capacità di farlo sentire trasparente. Non era esattamente piacevole.
«Non insisterò, Ted. Te lo chiederò solo una volta: puoi dirmi cosa devi fare, di preciso? Se non vuoi rispondere lo capisco, so che alcune cose vanno fatte senza pubblicità ma... confidare negli amici è molto importante».
«Penso tu lo abbia già capito, Harry. Ne abbiamo parlato diverse volte, sai cosa ho sempre desiderato fare. Ora so come farlo».
L'uomo scrutò per un istante il ragazzo, poi annuì e chiese con dolcezza: «Vuoi che ti dica dove ho lasciato cadere la Pietra, Teddy?»
«Cosa?» Hermione si riscosse all'improvviso, fissando l'amico a occhi sgranati. «La Pietra della Resurrezione? E' di questo che state parlando? Gli permetteresti di usarla? Di richiamare Remus e Tonks? Lo sai che è sbagliato: i morti non vogliono tornare!»
Harry la guardò, sorridendo triste. «Lo so, Hermione. E anche Ted lo sa. Ma sì, se me lo chiedesse gli direi dove mi è caduta la Pietra. Lo farei perché so cosa potrebbe significare per lui, Hermione. Io lo so».
Teddy fissò stupito i due maghi più anziani, profondamente toccato da quello che Harry era disposto a fare per lui. Poi sorrise tranquillizzante.
«No, non sono interessato alla Pietra, Harry. So che loro non gradirebbero. Non potrei mai farlo. O meglio, potrei farlo solo se mi trovassi nella situazione in cui ti sei trovato tu. No, è un'altra la cosa che voglio fare» concluse, frugandosi nella tasca ed estraendo una vecchia pergamena fittamente ornata da strani simboli.
Harry la prese, fissandola perplesso. «Molto decorativa, Ted, ma cosa...»
Hermione sbuffò spazientita, impossessandosi della pergamena. La scrutò con estremo interesse per qualche istante.
«Non è decorativa, Harry. E’ istruttiva. Sono rune. Parla di una Chiave del Tempo e spiega come azionarla ma...» guardò Teddy con comprensiva simpatia. «E’ solo una leggenda, tesoro. Lo sai, vero? Non esistono davvero le Chiavi del Tempo».
Teddy sorrise malandrino. «Pensavo che la storia dei “Doni della Morte” ti avesse insegnato che le leggende nascondono sempre una verità, Hermione».
Harry tentò di mascherare una risata con un colpo di tosse, ma il tentativo non ebbe molto successo ed Hermione sbuffò sdegnata.
«Sì, Teddy... ma anche se fosse, questa è solo una pergamena che spiega come usare una Chiave del Tempo. Ma non dove trovarla... oh».
Si azzittì quando il ragazzo le mise in mano uno strano oggetto dorato, in apparenza molto antico. Sembrava un incrocio tra un grosso medaglione e un antiquato orologio da taschino. Un sinuoso serpente nero correva su tutto il bordo del coperchio, la testa che mordeva la coda. Al centro una fenice di un rosso brillante sorgeva maestosa da fiamme argentate. Hermione lo scrutò meravigliata, sfiorando cautamente la piccola fenice. «Ma dove...»
«Zio Alphard la donò alla nonna il giorno del suo matrimonio - insieme alla pergamena, naturalmente - dicendole che, se mai si fosse pentita di avere sposato un figlio di Babbani e di essere stata rinnegata dai Black per questo, non avrebbe dovuto fare altro che seguire le istruzioni della pergamena. Non sapendo, probabilmente, che nonna non è molto ferrata in Rune Antiche» concluse ironico. «Del resto non si è mai pentita di avere sposato nonno Ted, così si era anche dimenticata del curioso regalo dell’originale zio Alphard».
Hermione osservò affascinata l’oggetto. «Quindi tu vorresti... è pericoloso giocare con il tempo!»
Teddy fissò serio gli occhi della strega, nessun dubbio nello sguardo. «Lo so Hermione. Ma non è poi così diverso da quello che tu e Harry avete fatto per Sirius e Fierobecco, in fondo».
Un sorriso furbo gli stirò le labbra rispecchiando quello, identico, che illuminava il volto del padrino.
«Te lo avevo detto, Hermione, di non raccontargli quella storia...»
Hermione scoccò un’occhiata inceneritrice a Harry e riportò l’attenzione sul giovane.
«Questo è molto più rischioso di una Giratempo, Teddy. La pergamena dice che se qualcosa non dovesse funzionare potresti perderti nel flusso del tempo».
Il giovane abbassò gli occhi, tormentandosi il cinturino dell’orologio. «Io... devo provarci, Hermione. Ho la possibilità di salvarli, non posso non farlo. Loro avrebbero rischiato per me. Loro hanno rischiato per me» alzò lo sguardo e abbozzò un sorriso mesto. «Voi non avrete ripercussioni. Domani andrete a Hogwarts per la Commemorazione, come previsto. Se il mio piano riesce avrete semplicemente due caduti in meno da onorare. Se fallisce... be’, sarà come se io non fossi mai nato. Non potrete certo sentire la mancanza di chi non è mai esistito, vi pare?»
Hermione trattenne il respiro, gli occhi lucidi. «Non dirlo neppure, Teddy. Non ti rendi conto di quanto tu sia stato importante per tutti noi... senza di te tutto sarebbe stato diverso...»
«Certo, non avresti incantato tutte le scope di casa, per esempio» osservò il giovane Lupin con dolce ironia, strappando un sorriso alla strega.
«Per esempio. Ma non era a quello che pensavo. La tua nascita, Teddy, è stata importantissima per tutti noi. Una vera iniezione di speranza. Una luce nel momento più buio. Tu eri l’incarnazione di tutto ciò per cui combattevamo. Per cui loro hanno combattuto» si fermò un istante, come folgorata da una rivelazione improvvisa. «Ed è per questo che andrai, vero?»
Il ragazzo annuì con decisione. Subito imitato da Harry che si schierò al suo fianco cingendogli le spalle con un braccio.
«E’ per questo che andremo» si aggiustò gli occhiali sul naso guardando l’allibito figlioccio. «Io verrò con te, naturalmente».
Teddy sorrise al padrino, poi si scostò scuotendo il capo.
«No, rischieresti di incontrare te stesso, Harry. Cose terribili accadono a chi lo fa. E poi, una volta, un uomo molto giovane ma molto saggio disse a mio padre che i genitori devono stare con i figli finché possono... lo credo anch’io, sai?»
Harry lo fissò serio. «Ho sempre pensato a te in questi termini, Ted».
Il giovane annuì convinto. «Lo so, Harry. Anche mio padre pensava a te in questi termini, suppongo» poi riprese la pergamena e la Chiave dalle mani di Hermione e fece per allontanarsi. Ma fu bloccato dal vigoroso abbraccio della strega.
«Oh, Teddy, sono così fiera di te! Come il giorno in cui fondasti il C.A.L.D.O.».
Teddy rise al ricordo del Comitato Amici dei Licantropi Discriminati Ottusamente e, baciando con dolcezza una guancia di Hermione, si sciolse dall’abbraccio, fissando stupito la strega frugare furiosamente nella borsetta che portava a tracolla e porgergli una piccola spilla blu decorata con una testa di lupo d'argento su cui spiccava, in un rosso vivace, la scritta C.A.L.D.O.
Hermione era stata la prima a iscriversi al comitato da lui fondato il quarto anno di Hogwarts, rammentò Teddy serrando distratto la spilla in una mano, quindi rimise in tasca la pergamena e si chinò a raccogliere una vecchia foto caduta dalla borsetta, mentre Hermione estraeva quattro ampolline colme di un denso liquido color fango. Il ragazzo sgranò gli occhi, non capendo come potessero starci in quella borsa minuscola, e Harry ridacchiò alle sue spalle.
«Un incantesimo che ha imparato anni fa, Teddy. Molto utile, devo ammettere».
Hermione sorrise all'uomo e offrì le ampolline al ragazzo.
«Ecco, Pozione Polisucco, ti sarà utile... ora dobbiamo solo trovare dei capelli da aggiungere».
«Hermione, non è necessario...»
«Taci, Harry. Guardalo, è identico a suo padre. Ne resteremmo tutti sconvolti».
«Hermione...»
«Insomma, Harry, sto pensando. Dobbiamo subito trovare quei capelli. Abbiamo poco tempo. Non sarà facile a quest’ora. Devono essere di uno sconosciuto».
Teddy ammiccò al padrino, diede un’occhiata alla vecchia foto che ancora stringeva tra le mani e socchiuse gli occhi, concentrandosi. I suoi capelli si accorciarono e divennero nerissimi, mentre il naso si fece più grosso e aquilino, poi, davanti agli occhi sgranati di Hermione, scoppiò a ridere allegramente.
«Sai, Hermione, somiglierò pure a papà... ma ho preso molto anche da mamma. Sono un Metamorfomagus. Non mi serve la Pozione Polisucco».
«Io non ci pensavo... non cambi mai il tuo aspetto, Teddy, così...» Hermione arrossì, scoccando l'ennesima occhiataccia a Harry che fissava stralunato il figlioccio, e riprese la vecchia foto.
Il ragazzo sorrise comprensivo. «Non uso quasi mai i miei poteri perché non ne ho bisogno, Hermione. Non ci tengo ad avere capelli rosa cicca, io. Non mi donano. Ma questo non cambia il fatto che possa farlo. Bene, se ti sei rassicurata me ne vado».
Baciò Hermione, un po' sorpreso dall’ulteriore rossore che le colorò il viso, abbracciò il padrino e, con un leggero schiocco, si Smaterializzò.

Harry ed Hermione restarono per un istante a osservare il punto dove era scomparso il giovane.
«Ci riuscirà?» chiese preoccupata la strega.
«Certamente. Ho una fiducia assoluta in lui!» affermò sicuro il mago.
Hermione sbirciò la vecchia foto e guardò Harry, mormorando imbarazzata: «Non so come sia finita nella borsa... davvero, io non...»
Harry sorrise complice, stringendosi nelle spalle.
«Krum, eh? Va bene, non parliamone più. Però ora mi spieghi che ci fai con quattro ampolline di Polisucco nella borsa, Hermione?»
La strega lo guardò seria. Un lampo malizioso negli occhi color caffè.
«Vigilanza Costante, Potter. Vigilanza Costante!»
Poi, ridendo divertiti, i due maghi si avviarono verso casa. Seguiti da una luminosa lanterna fluttuante.


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Capitolo 2
*** Capitolo Primo - Casa Lupin. ***


LA CHIAVE DEL TEMPO


Capitolo Primo

Casa Lupin


Teddy si guardò attorno sollevato: la Materializzazione non aveva avuto testimoni inopportuni. Quella piccola radura si era rivelata un'ottima scelta. I suoi genitori sapevano decisamente il fatto loro.
Inspirando a pieni polmoni l'aria profumata di pino e di salmastro sbirciò nervoso l'orologio: bene, era ancora presto, poteva preparare tutto con calma.
Si strinse nel giubbetto di jeans e si avviò sul viottolo di terra battuta, lasciandosi guidare dal ritmico rumore del mare.
Sì, avevano trovato un posto davvero perfetto i suoi genitori, approvò Teddy, ammirando la piccola casa a due piani apparsagli improvvisamente davanti agli occhi.
Avevano dovuto optare per una zona abitata esclusivamente da Babbani. Nessun mago avrebbe accettato un licantropo come vicino di casa, a quei tempi, pensò il ragazzo scalciando rabbioso un grosso sasso. Oh, ora le cose andavano meglio. Kingsley aveva fatto molto per abbattere simili assurde prevenzioni e i licantropi potevano sperare in una vita normale. In teoria. Perché i pregiudizi erano duri a morire e c'erano ancora moltissimi maghi che non avrebbero gradito un licantropo nell'appartamento accanto: Kyle Addams, Serpeverde da generazioni, nonché indiscusso ispiratore del C.A.L.D.O., ne era la prova vivente.   
Quella casetta isolata, però, circondata dai boschi e protetta dall'alta scogliera, era perfetta per gli stravaganti pleniluni di suo padre.
 
«Bella casetta non trovi, giovanotto? Sarebbe davvero ora che qualcuno ci tornasse ad abitare».
 
Teddy si voltò di scatto, sorpreso.
Un uomo anziano, basso e rotondetto, lo guardava sorridente, mentre un grasso cagnetto di razza indefinita cercava di strangolarsi col guinzaglio, nell'infruttuoso tentativo di approfondire la conoscenza con un riccio alquanto riottoso.
Teddy sorrise allo sconosciuto e benedì il buon senso che lo aveva spinto a indossare abiti Babbani.
«Eh, sono vent'anni che non ci vive nessuno, sai?» proseguì dispiaciuto il vecchio. «Era di una simpatica coppietta. Due ragazzi davvero deliziosi, gentili, disponibili. Avevano anche avuto un bambino. Ma una sera se ne sono andati in tutta fretta... e non sono più tornati».
L'omino si tolse il berretto scozzese, grattandosi pensoso il cranio pelato. «Qualche giorno più tardi venne una donna molto bella e molto triste, accompagnata da un uomo di colore. Portarono via alcune cose... e poi più nulla. Ormai solo io e Bilberry passiamo ogni tanto di qua, vero, vecchio mio?» chiese sorridendo al cagnetto, Bilberry, che scodinzolò entusiasta prima di lanciarsi in un intrepido assalto a un cespuglio rigoglioso.
Il vecchio si rimise il berretto e si sfregò meditabondo il particolarissimo naso a patata. «E' un vero miracolo che si sia conservata così bene, però».
Teddy annuì cauto, non poteva certo svelare all'ometto che quel miracoloso stato di conservazione era dovuto ai potenti incantesimi di Andromeda Black!
«Oh, io sono Adam Peabody, da più di sessant'anni pasticciere del paese» si presentò gioviale il vecchio, indicando una manciata di luci che punteggiava la parte bassa della scogliera. «Specializzato in torte alla cannella. La ragazza che abitava qui le adorava. Veniva a trovarmi spessissimo... o ci spediva il consorte che, generalmente, sedotto dalle torte al cioccolato ignorava quelle alla cannella. E io gli reggevo il gioco, assicurando che no, quel giorno non c'erano torte alla cannella. Non avrei dovuto, lo so, ma quel ragazzo era così magro... non poteva che fargli bene una bella torta al cioccolato».
Allentò un po' il guinzaglio del cagnetto e scrutò Teddy con sguardo esperto.
«Era magro come te, in effetti. Passa a trovarmi, giovanotto, potrebbero piacerti le mie rinomate torte alla cannella».
«Ne sono certo, signor Peabody. Ma sarei... sedotto... anche da quelle al cioccolato, penso» rispose Teddy gentilmente, cercando di auto-convincersi che no, non gli dava affatto fastidio che persino Peabody il pasticciere conoscesse i suoi genitori meglio di lui.

Guardò la stramba coppia allontanarsi lungo la scogliera e si avvicinò al cancelletto di ferro battuto. Estrasse la bacchetta magica e cominciò a rimuovere gli incantesimi protettivi messi dalla nonna, poi attraversò il minuscolo giardino e, con un Alohomora ben assestato, aprì il portone di legno laccato.  
Entrò nel soggiorno, mormorò un Lumos e si guardò attorno incuriosito.
Sì, gli piaceva lo stile di quella stanza. Era così diverso dal ricercato soggiorno di casa Tonks! I mobili erano moderni, essenziali, di semplice legno chiaro. Un divano dall'aria sorprendentemente comoda fronteggiava un invitante camino.
La parete opposta era interamente occupata da una libreria malinconicamente vuota: tutti i libri di suo padre si trovavano infatti nella biblioteca di casa Tonks.
Macchie di colore irrompevano qua e là... e non si scorgeva nessun assurdo – per quanto raffinato - portaombrelli di ceramica decorato con puttini e ghirlande di frutta.
Teddy fu assalito da un curioso miscuglio di sensazioni. Non se lo aspettava. Non pensava che vedere la casa dei suoi genitori potesse essere così dolce e così amaro allo stesso tempo.
Sospirando salì la scala che portava al piano superiore. Avrebbe anche potuto fermarsi in soggiorno, in realtà, ma doveva salire. Doveva vedere quella stanza.
Aprì la porta con mano un po' tremante ed entrò, osservando affascinato la sua vecchia cameretta.
Un lettino di legno dipinto di turchese; una cassettiera bianca sormontata da un grosso specchio; una sedia a dondolo di vimini posta accanto a una finestra schermata da tende ricamate con minuscoli boccini d'oro; era tutto come nei ricordi della nonna solo... molto più spoglio.
Ma eccolo! Il ragazzo sorrise notando il dipinto incantato che fronteggiava il lettino: una ninfa sbarazzina inseguiva un elegante lupo d'argento in una radura illuminata da una placida luna. Teddy si avvicinò, sfiorando con dolcezza i capelli rosa della ninfa che si voltò, sorrise gioiosa e riprese l'inseguimento. Il ragazzo la fissò deliziato, non sapeva neppure più quante volte aveva chiesto alla nonna di raccontargli quella storia. In un caldo pomeriggio di luglio l'aveva persino trascinata nello studio di Harry, costringendola a mostrargli quel ricordo nel Pensatoio. Lo aveva ancora stampato in mente. Sua madre che, sfoggiando fiera un vistoso pancione, dipingeva canticchiando assorta quella scenetta; la nonna che decantava orgogliosa le doti artistiche della figlia, ereditate da una talentuosa prozia di Ted; suo padre che osservava scettico la scena, assottigliando contrariato gli occhi davanti a una luna tonda e piena e, con un furtivo colpo di bacchetta, la trasformava in una appena calante, affermando sdegnato che si rifiutava categoricamente di trovarsi davanti il proprio Molliccio ogni volta che metteva piede nella stanza del figlio. Poi, improvvisa, la risata di sua madre. Quella risata allegra che tutti gli avevano sempre descritto come irresistibile, ma che Teddy non conosceva. E l'abbraccio affettuoso che ne era seguito, e il meraviglioso stupore che aveva riempito gli occhi di suo padre quando lui si era energicamente mosso nel pancione della mamma.

Da qualche parte una pendola suonò le ore.

Teddy si riscosse, accorgendosi con sorpresa di avere gli occhi umidi. Guardò l'orologio e se lo tolse a malincuore. Era molto affezionato a quell'oggetto. Harry glielo aveva donato il giorno del suo diciassettesimo compleanno. Non era granché, se ne rendeva conto. Era un semplice orologio d'acciaio; sul quadrante blu notte spiccavano i numeri argentati e le fasi lunari perfettamente sincronizzate. Ma per Teddy non esisteva al mondo orologio più bello. Non poteva tenerlo al polso, però: era l'orologio di suo padre... quella notte lo avrebbe indossato lui.
Si avvicinò alla cassettiera bianca, fissando allibito lo sconosciuto bruno che lo osservava dallo specchio. Poi si ricordò della vecchia foto di Hermione e sorrise. Era strano, per lui. Non cambiava mai il suo aspetto. Ora. Perché c'era stato un tempo in cui lo aveva cambiato eccome, invece, nel tentativo disperato di conquistare Victoire Weasley. E solo per scoprire che lei trovava irresistibile il suo aspetto originale.
Ah, Victoire... Teddy appoggiò la fronte alla superficie fresca e liscia dello specchio, venendo riafferrato dall'ormai abituale senso di colpa. Era davvero giusto andare a salvare i suoi genitori? Solo i suoi genitori? E tutti gli altri? E Fred? Sarebbe ancora riuscito a guardare Molly negli occhi?
Victoire diceva di sì. Sosteneva che due vite salvate valevano moltissimo e che nonna Molly avrebbe capito. Di più, ne sarebbe stata felice.
Teddy si fidava di Victoire e quella era la sua ultima possibilità. Vent'anni. La Chiave del Tempo non poteva portarlo indietro più di vent'anni.
Raddrizzò la schiena con decisione e si passò una mano tra i capelli, sorpreso dall'inusuale sensazione datagli dalle ciocche cortissime; quel ragazzo forse si trovava a Hogwarts a combattere, non poteva mantenere quell'aspetto.
Socchiuse gli occhi e i suoi capelli virarono a una calda tonalità ramata, mentre il naso assunse la forma particolare di quello del pasticciere Peabody. Riaprì gli occhi e si studiò scettico, rese più paffute le guance e cambiò leggermente il taglio degli occhi. Purtroppo per il colore non poté fare nulla: non era mai riuscito a cambiarlo. Sospirò, scrutando quelle iridi ambrate; fossero state almeno di un colore più comune... Oh, ma chi si sarebbe soffermato a osservargli gli occhi nel bel mezzo di una battaglia, in fondo!

La pendola batté nuovamente le ore.

Teddy respirò profondamente, estrasse la Chiave del Tempo dalla tasca del giubbetto e, colpendola con la bacchetta, pronunciò il complesso incantesimo rivelato dalla pergamena.
Il corpo scuro e sinuoso del serpente si sollevò e la fenice cominciò a pulsare ritmicamente. Veloce, Teddy ruotò il serpente in senso antiorario per venti volte, una per ogni anno che voleva attraversare e sfiorò la fenice. Subito sentì un violento strappo, come se qualcosa lo stesse risucchiando. Lampi policromi cominciarono a danzare psichedelici davanti ai suoi occhi e un inconfondibile odore di ozono gli invase le narici mentre un fastidioso ronzio si amplificava tutto attorno. Poi, improvvisamente, la calma.

Teddy si trovò disteso su un lucido pavimento di legno. Sotto di lui, racchiusa in un cerchio, l'immagine di una grossa fenice color corallo.
Il ragazzo si mise carponi, ancora piuttosto scosso dall'esperienza e alzò lo sguardo: la ninfa dai capelli rosa gli sorrideva radiosa dal muro, stringendo il povero lupo che pareva sul punto di morire soffocato. Sempre ammesso che un lupo dipinto potesse soffocare, ovviamente, pensò confuso Teddy alzandosi in piedi.
Per un istante ebbe la terribile sensazione che la Chiave del Tempo non avesse funzionato: era ancora nella sua cameretta. Ma poi si rese conto che le cose erano diverse. Sopra alla cassettiera bianca troneggiava una grossa fenice di peluche, nel lettino una trapunta gialla ricamata con puffole pigmee era aggrovigliata alle lenzuola, come se qualcuno avesse afferrato il bimbo che vi dormiva per andarsene in tutta fretta. Un carillon con allegri gufi che si rincorrevano era appeso sopra al lettino e suonava una dolce ninnananna. Teddy si avvicinò e lo spense - conosceva quel carillon, lo aveva costruito nonno Ted e la nonna lo conservava ancora - poi si riscosse e, guardando la Chiave, notò che la fenice sul coperchio era scomparsa; Teddy sapeva che era fondamentale tornare lì prima che, scomparendo dal pavimento, la fenice ricomparisse sulla Chiave chiudendo il Portale per sempre.
Aveva solo sette ore a disposizione, ma gli sarebbero bastate: ai suoi genitori ne restavano di meno.
Si mise l'oggetto al collo e si Smaterializzò.
O meglio, tentò di Smaterializzarsi senza successo, prima di realizzare che i  genitori avevano di certo protetto la casa con un incantesimo Anti-Materializzazione.
Si precipitò in corridoio, notando un letto matrimoniale intatto oltre la porta spalancata che fronteggiava quella della sua cameretta ed evitando per un soffio di travolgere una panciuta lampada di ceramica. Scese di corsa le scale e si fiondò in soggiorno. La libreria era stracolma di libri, ora, infilati in tutti gli spazi disponibili. Una coperta di un rosa acceso giaceva abbandonata sul divano, accanto a un grosso tomo aperto, mentre su un basso tavolino di bambù c'erano due tazze di cioccolata semipiene e un lavoro a maglia, qualcosa di indecifrabile, minuscolo e azzurro: evidentemente sua madre non era brava come Molly con la lana e i ferri.
Teddy osservò commosso quelle tracce della vita quotidiana della sua famiglia, ogni senso di colpa dimenticato. Avrebbe riportato lì quei due, a bersi la loro cioccolata. Suo padre avrebbe finito quel libro e sua madre il suo... be' qualunque cosa fosse. E lui lo avrebbe indossato con orgoglio. Forse.

Corse all'esterno e, dopo un breve tentennamento, rimosse l'incantesimo Anti-Materializzazione: ai Mangiamorte non interessava più violare quella casetta - erano tutti diretti a Hogwarts, ormai - ma a lui sarebbe stato molto utile potersi Materializzare direttamente in camera sua.
Scoccò un'ultima occhiata alla casa dei genitori - alla sua casa - e si Smaterializzò.



Ed ecco il primo capitolo.
Scritto a mio uso e consumo, devo ammettere: mi serviva per conoscere un po' meglio il mio protagonista, prima di tutto; e poi desideravo ardentemente dare una sbirciatina alla "vita quotidiana" della famiglia Lupin. La Rowling ci ha detto talmente poco, in proposito...
Parlando di capitoli, la volta scorsa -  travolta dall'emozione della mia prima volta su un sito di ff - ho dimenticato allegramente di avvisare che la mia storia è già completa (devo solo ricontrollarla) ed è composta da: un Prologo, cinque capitoli (i primi due piuttosto brevi, gli altri lunghetti anziché no) e da un Epilogo. Sette capitoli in tutto. Evocativo, vero?
Desidererei poi assicurare a tutti i fortunati possessori di raffinati portaombrelli di ceramica decorati con puttini e ghirlande di frutta che, personalmente, non ho particolari idiosincrasie nei confronti di detti simpatici oggetti. Pare che Teddy sia piuttosto prevenuto nei loro confronti, però...

Ora una cosa un po' strana per me. Non so bene come farlo, in effetti... ma credo che ringraziare coloro che mi hanno recensita sia un piacevolissimo dovere, soprattutto perché mi hanno colta alla sprovvista!  Davvero, non me lo aspettavo essendo nuova e sconosciuta in questi lidi
... quindi:
FunnyPink: Grazie per avermi donato la mia prima recensione in assoluto! Sono lusingata di avere - parole tue - "scatenato la tua curiosità", be', eccoti l'inizio della storia. Una cosa, ho adorato descrivere il fare paterno di Harry con Ted, perché sono convinta che il loro rapporto sia davvero speciale. Harry, in fondo, può rivedere se stesso nel figlioccio, quindi lo comprenderà come nessun altro. Perché lui sa perfettamente cosa può provare Teddy. Lui lo sa.
Piccola Vero: Grazie anche a te! Credi sia l'inizio di un'ottima fan fiction, dici? Speriamo! Mi auguro solo che questo breve capitolo non ti abbia già fatto ricredere, però... ^^
Kamen: Grazie per la fiducia! Mi fa piacere che tu abbia apprezzato il modo in cui ho trattato i personaggi di J.K. Sono stata attenta ad evitare le insidie dell'OOC, ma sai com'è, a volte si scivola ugualmente, ahimé. E sì, il mio intento è proprio quello di cercare di mantenere vivi Remus e Tonks partendo dal Canon. Sono lusingata che l'idea ti piaccia, e sono ancora più lusingata dal fatto che, secondo te, la trovata della Chiave del Tempo regga. Spero tu abbia gradito anche il modo in cui funziona.
Trick: Be', cosa dire... che sono rimasta ammaliata dalla tua recensione? Davvero, mi ha fatto molto piacere sapere che il "mio" Teddy ti è piaciuto; il mio timore era proprio che risultasse troppo diverso da quello normalmente presentato dalle fan fiction... ma, purtroppo, io non riesco a vedermelo con i capelli turchesi (se non in alcune sporadiche e motivate occasioni) donnaiolo (forse perché lo vedo innamorato) e, soprattutto, buffone (secondo me Teddy, per la sua particolare storia, è proprio quello meno credibile come buffone) credo, insomma, di immaginarlo proprio come un "modesto ragazzo con il talento del padre". Oh, e soprattutto, nessuno aveva mai definito i miei dialoghi disinvolti prima di te, davvero... e la cosa mi piace moltissimo!
Kloe2004: Grazie! Addirittura favolosa? Be', sai che ti dico? Non siamo le uniche due a pensarla così: pare che anche Teddy sia rimasto piuttosto deluso dal fatto di non avere potuto conoscere e vivere con i suoi genitori... ;)

E grazie anche a tutti quelli che hanno inserito la storia tra le seguite e, incoscientemente, tra le preferite... e, perché no, grazie anche ai membri del mio personale E.S. (vale a dire Esercito dei Silenti).




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Capitolo 3
*** Capitolo Secondo - Hogsmeade. ***



LA CHIAVE DEL TEMPO


Capitolo Secondo

Hogsmeade



Irriconoscibile.

Teddy non riusciva a pensare a niente altro, mentre si aggirava furtivo tra le vie deserte di Hogsmeade. 
Non era facile per lui ravvisare in quel cupo luogo desolato il brioso, pittoresco, vibrante Villaggio di Hogsmeade che aveva conosciuto durante la sua permanenza a Hogwarts. Era quasi impossibile, in realtà. Per un folle istante aveva persino creduto di essersi Materializzato nel posto sbagliato.
Certo, Harry aveva accennato a quel cambiamento... ma vederlo – e viverlo - di persona era tutta un'altra cosa.
C'era solo silenzio. E buio. La cittadina era illuminata soltanto dalla luce morbida e argentata della luna appena calante.
Teddy guardò con tristezza l'insegna rovinata di Zonko e le assi di legno inchiodate che coprivano le vetrine del negozio.
Sospirò e socchiuse gli occhi, improvvisamente allarmato da qualcosa di luminoso che si muoveva in lontananza.

Torce.
 
Teddy si appiattì contro il muro, nascondendosi nella densa ombra proiettata dalla tettoia del negozio, il cuore che batteva furioso e la bacchetta spasmodicamente serrata nella mano destra.
Harry gli aveva raccontato di un sistema di allarme che segnalava ogni infrazione del coprifuoco a ronde di zelanti Mangiamorte e di un cervo d'argento impudentemente spacciato per una capra da Aberforth Silente. Da ragazzino aveva trovato esaltante quel racconto. Ora no. Neppure un po'.

Un gruppetto di persone si avvicinava velocemente parlando ad alta voce.

«Ah... finalmente è giunto il momento!» proclamò entusiasta un uomo che trascinava per la mano una ragazzina assonnata e confusa, avvolta in una coperta scura con ricami d'argento che scintillavano sotto i raggi della luna. «Questa notte il Signore Oscuro trionferà!»
La donna che lo seguiva annuì estasiata. «Già. E finalmente tutti noi vivremo in un mondo migliore». 
Un mormorio d'assenso si levò dal gruppo e un ragazzo che indossava l'uniforme di Hogwarts esclamò beffardo: «E pensate: quella megera Babbanofila della McGranitt ha detto che chiunque di noi maggiorenni avesse voluto fermarsi a combattere il Signore Oscuro sarebbe stato il benvenuto. Molti lo hanno fatto» sogghignò sprezzante. «Suppongo che la comunità magica non sentirà troppo la loro mancanza...»
 
Teddy li guardò allontanarsi, incredulo e disgustato: simpatizzanti di Voldemort venuti a prendere i figli evacuati dal Castello, già pronti a festeggiare l'imminente trionfo del loro paladino. Be', avrebbero avuto una grossa, spiacevole sorpresa.
Improvvisamente la bambina avvolta nella coperta ricamata strillò atterrita indicando il cielo limpido, e i suoi accompagnatori proruppero in grida di giubilo.

Alto sull'orizzonte, a sud del villaggio, il simulacro di un teschio si stagliava nitido, oscurando le stelle con la sua fredda luce verde.

Teddy lo guardò inorridito: Il Marchio Nero, il macabro simbolo di Voldemort.
Ne aveva sentito parlare dagli amici dei suoi genitori e ne aveva letto nei libri di storia, ovviamente, ma nulla lo aveva preparato a trovarselo davanti.
Si riscosse, sforzandosi di ignorare i brividi che gli percorrevano la spina dorsale. I Mangiamorte dovevano già essere nei pressi di Hogwarts. Questo spiegava la mancanza di loro pattuglie tra le strade di Hogsmeade.
Teddy pensò di raggiungere la “Testa di Porco”, ma si rese conto di non sapere nulla del funzionamento del ritratto di Aberforth. Così optò per qualcosa di più conosciuto e sicuro.
Percorrendo le vie desolate del villaggio raggiunse velocemente Mielandia, si portò sul retro del negozio e, dopo essersi assicurato che nessuno fosse nei paraggi, colpì con le nocche un mattone sbrecciato: nel muro si aprì immediatamente un varco rotondeggiante. Teddy lo guardò orgoglioso. Oh, sì, non vedeva l'ora di raccontare a suo padre dell'esistenza di quel passaggio segreto. Remus John Lupin non lo conosceva, probabilmente. Non c'era nulla sulla Mappa del Malandrino che indicasse quella seconda entrata di Mielandia, neppure il minimo accenno. No, quel passaggio segreto lo aveva scoperto lui, Ted Remus Lupin, degno figlio di Lunastorta: suo padre ne sarebbe stato fiero. Be', certo, non gli avrebbe raccontato proprio tutto. Ad esempio, non era strettamente necessario accennare alla sua non proprio epica – per quanto originale e coreografica - scivolata su un grasso Vermicolo seguita da una violenta quanto fortuita testata contro quel particolare mattone che, al momento, era decisamente meno sbrecciato di come lo ricordava. Anche con Harry era stato piuttosto vago in proposito, del resto...
Sorridendo divertito a quel ricordo, Teddy entrò rapido nel negozio, richiuse il passaggio raddrizzando il decrepito scaffale un po' sghembo alla sua sinistra e si guardò attorno costernato.
Il sorriso gli morì sulle labbra: se Zonko lo aveva rattristato, Mielandia lo sconvolse.
Niente scaffali ricolmi di dolci meravigliosi. Nessun paradisiaco profumo di cacao e di vaniglia. Nulla. Solo polvere e uno sgradevole odore di chiuso.
Inorridito Teddy scese veloce la scala ripida e sconnessa che portava in cantina e aprì la botola scricchiolante, inoltrandosi a passo sostenuto nel familiare corridoio stretto e tortuoso che portava al Castello di Hogwarts.

Quando uno strano grido lamentoso lacerò l'aria, il ragazzo cominciò a correre più veloce che poteva. Sapeva cosa significava quel suono inquietante: la Battaglia di Hogwarts era cominciata.



Ed ecco il secondo capitolo.
Lo so, è molto breve e piuttosto strano, anche.
Ma a me è stato utile.
E' il primo approccio di Teddy con il mondo dei suoi genitori, il suo primo approccio con la guerra.
Oh, Teddy è stato profondamente toccato dalla guerra, ma non può certo ricordare come fosse conviverci.
Teddy è come me - e come voi, suppongo - ha sempre vissuto in un mondo in pace, la guerra l'ha conosciuta solo leggendo i libri o ascoltando i racconti di chi l'ha vissuta. Credo che trovarcisi in mezzo sia piuttosto diverso, però... e gettarlo subito nella "fossa dei leoni" mi pareva un po' troppo crudele.
Senza contare che Teddy è uno studente diligente ed è cresciuto frequentando assiduamente Hermione, quindi avrà sicuramente letto "Storia di Hogwarts" e, di conseguenza, sarà uno dei pochi ad essere a conoscenza del fatto che a Hogwarts NON ci si può Materializzare, di solito.
E poi ne ho approfittato per "studiare" il peculiare punto di vista dei sostenitori di Voldemort. Interessante esperienza, tutto sommato.  Anche se credo di pensarla esattamente come Teddy.
Insomma, considerate questo capitolo come faccio io:  l'ultima boccata d'ossigeno prima dell'immersione a Hogwarts. E preparatevi a capitoli decisamente più lunghi.
Un'ultima cosa, lo strano grido lamentoso che spinge Teddy ad accelerare il passo non me lo sono inventato. Lo sente anche Harry nel libro. Non ho mai capito bene a chi (o a cosa) fosse attribuibile... ma ho deciso di inserirlo anch'io.

LilyProngs: Grazie!  Per la recensione e per la preferenza. Mi fa piacere che il "mio" Teddy abbia tanti estimatori! Ma il merito va tutto a J.K. ha fatto un ottimo lavoro con lui. Più interessante non lo poteva davvero creare, penso. Ah, non ricordarmi quelle maledette righe, guarda; anch'io ricordo ancora il momento in cui le ho lette. E come dimenticarlo? Scrivendo questa storia, magari... ^^
Kloe2004: Speri ardentemente che Teddy riesca nella sua impresa? Anch'io! Tifiamo in coro per lui, che ne dici? Ho adorato scrivere la scena di Teddy nella sua cameretta. Non riuscivo più a smettere di aggiungere dettagli... qualcuno ho anche dovuto toglierlo, in effetti... appesantiva troppo il capitolo e spostava l'attenzione, ahimé.
Lynn_Moonlight: Ciao. Sono contenta che Teddy ti sembri credibile e la trovata della Chiave azzeccata. Davvero. Perché i protagonisti della storia sono loro due. Oh, dal prossimo capitolo irromperanno sulla scena anche Remus e Tonks, ma il punto di vista continuerà a essere quello di Teddy e la Chiave continuerà ad avere una certa importanza, quindi... Grazie, sono lusingata che Casa Lupin ti sia piaciuta. Ho amato descriverla come ho amato riempirla di dettagli riguardanti la loro vita quotidiana. Soprattutto ho adorato immaginarmi la genesi del dipinto della ninfa e del lupo, che mi serviva per alleggerire un po' l'atmosfera e per dare una sorta di "continuità" al tutto. Il signor Peabody e il suo cagnetto si sono allargati molto, alla fine. Soprattutto il cagnetto, ma pazienza. ^^
Piccola Vero: Uhm... sei testarda, vedo. Non ti ricredi facilmente, pare. Meglio così. Mi rendo conto che questo capitolo è un po' diverso, è corto e di "passaggio", letteralmente. Preparati, però, perché con il prossimo la storia entrerà nel vivo!
fennec: Grazie! Sì, è davvero la mia prima fanfiction. Pubblicarne altre? Dovrei scriverle, prima, suppongo, ma lavorando a questa mi sono venute parecchie idea, quindi... chissà. Sono contenta che trovi che i caratteri dei personaggi emergano bene. E' importante in una storia. E per quanto riguarda la Chiave regalata ad Andromeda... be', ancora una volta ha fatto tutto J.K. rendendo Teddy nipote della signora Black in Tonks e dotando la suddetta signora di parenti interessanti come zio Alphard... io ho solo "unito i puntini" tracciati da lei, in un certo senso. ^^
fri rapace: Uhm, potrei dire lo stesso di te, sai? Anch'io sono contenta di avere trovato qualcun altro che fa "resuscitare" Remus e Tonks nelle sue storie. E anche per me il fatto che questo qualcun altro scriva benissimo è fonte di ulteriore soddisfazione! Che dici, fondiamo il Club dei "resuscitatori" di Remus e Tonks? Magari qualcun altro si potrebbe aggregare... ^^ Per quanto riguarda le tue supposizioni posso dirti che hai azzeccato l'età di Teddy, sì, ha vent'anni, compiuti una manciata di giorni prima dell'inizio della mia storia, direi, per il resto... be', ovviamente non svelerò nulla ma... potresti avere qualche sorpresa, sai? ^^

Grazie anche ai membri dell'Esercito dei Silenti.  E ai temerari che insistono a mettere la storia tra le seguite/preferite, naturalmente. 

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Capitolo 4
*** Capitolo Terzo - Hogwarts: la battaglia. ***



LA CHIAVE DEL TEMPO


Capitolo Terzo

Hogwarts: la battaglia

 

Teddy sbucò dal passaggio nascosto nella statua della Strega Gobba, la bacchetta in pugno, pronto a ogni evenienza. Scivolò cauto nel corridoio e si trovò catapultato nel bel mezzo dell'inferno.
Non se lo aspettava.
Aveva sempre immaginato la guerra come qualcosa di marziale, di epico. Ma c'era solo caos, in quel corridoio.
Alte grida riecheggiavano ovunque. Bacchette agitate freneticamente spruzzavano lampi di luce dai colori più svariati in ogni direzione. Persone, oggetti e fantasmi combattevano senza risparmiarsi: la confusione regnava sovrana. 
Teddy, schivando con agilità un getto di luce violacea che colpì in pieno un'armatura alquanto bellicosa, aggirò un Mangiamorte atterrito.
Il ragazzo lo capiva. Non succedeva spesso di venire minacciati da un'orda di luccicanti mestoli inferociti... Harry non scherzava affatto quando raccontava che tutta Hogwarts aveva lottato strenuamente.
Superò un gruppetto di combattenti, ricordando a stento che non doveva Schiantare alcun Mangiamorte. Non poteva. Non era lì per quello. Non avrebbe neppure dovuto essere lì, per dirla tutta.
Doveva limitarsi a raggiungere la radura dove stava combattendo suo padre. Senza Schiantare niente e nessuno, possibilmente, o avrebbe rischiato di cambiare tragicamente il corso della storia.
Lanciò un'occhiata a un Mangiamorte impegnato in un aspro combattimento con uno stendardo di Tassorosso piuttosto agguerrito e affrettò il passo, terrorizzato dal pensiero che fosse già troppo tardi.
Nessuno conosceva la dinamica della morte dei suoi genitori, così Teddy non sapeva come e quando i due fossero morti. Sapeva dove, però.
Era stato Neville a mostrargli il posto esatto. Neville che, in un luminoso mattino di settembre, probabilmente esasperato dalle sue pressanti richieste, lo aveva preso per mano e condotto nella piccola radura, incuneata tra il lago e la foresta, dove circa undici anni prima si era imbattuto nei corpi senza vita di Remus Lupin e Ninfadora Tonks.
Ed era stato sempre Neville che, qualche settimana più tardi, in una limpida notte di plenilunio, lo aveva sorpreso mentre, rannicchiato ai piedi di un albero di quella piccola radura, piangeva disperato; deluso e rabbioso perché i suoi genitori non erano andati a ingrossare la folta schiera dei fantasmi di Hogwarts come aveva segretamente sperato.
Teddy ricordava ancora la dolcezza con cui Neville gli si era accovacciato accanto e, abbracciandolo stretto, gli aveva sussurrato che i suoi genitori erano troppo coraggiosi per diventare fantasmi; che erano sicuramente andati oltre; che ora erano in un posto più bello; che erano insieme e che, sicuramente, pensavano a lui in ogni istante. Poi, allentando un po' l'abbraccio, aveva aggiunto con voce esitante che c'erano destini molto peggiori della morte.
Teddy, non conoscendo ancora la storia dei Paciock, lo aveva guardato con sconcerto e Neville, sorridendo triste, gli aveva offerto una Cioccorana, distraendolo con la spassosa storia del suo vecchio Molliccio deprecabilmente attratto da astrusi cappelli e borsette rosse. Un Molliccio che Remus conosceva alla perfezione, avendo contribuito a neutralizzarlo. Poi, accertatosi che stesse bene, lo aveva riportato al Castello. Spiegando a uno scettico Mastro Gazza che il giovane Lupin si era offerto volontario per aiutarlo a controllare le piantine di aconito e che, quindi, era assolutamente fuori luogo punirlo per avere violato il coprifuoco.
Teddy sorrise intenerito al ricordo e, uscendo dal portone del Castello, si diresse senza esitare alla radura incriminata.

Correndo sotto una pioggia di incantesimi impazziti quasi inciampò in qualcosa che, si rese conto con raccapriccio, era il corpo esanime di un uomo. Anzi, di un ragazzo minuto, con folti capelli chiari. Poco più che un bambino, in realtà. Colin Canon, realizzò con orrore.
«Muoviti, ragazzo! Non c'è nulla che tu possa fare per lui, ora. Se non restare in vita. Non permettere che il suo sacrificio sia vano» gli urlò con voce burbera un vecchio che arrivava correndo dal folto del Parco. Teddy lo guardò confuso. Una faccia barbuta, illuminata da vividi occhi azzurri: Aberforth Silente venti anni più giovane, constatò sorpreso, mentre il vecchio spariva all'interno del Castello.
Bastò quello a riscuoterlo. Lanciò un ultimo sguardo al corpo del ragazzo e si inoltrò tra gli alberi. Per Colin era troppo tardi, ma per i suoi genitori no. Aberforth doveva avere appena visto suo padre. Vivo e vegeto. Impegnato in un duello con Dolohov che, probabilmente, si sarebbe rivelato fatale per il licantropo.
Teddy corse a perdifiato, mentre lampi colorati illuminavano a giorno il cielo limpido sopra Hogwarts: macabre parodie di fuochi artificiali.
Avrebbe potuto giurare che alcune torce incantate inseguissero i Mangiamorte, rivelando la loro presenza ai difensori del Castello. Ma non aveva il tempo di soffermarsi ad appurare la cosa. Accelerò ulteriormente il passo raggiungendo finalmente la radura dove Neville aveva trovato i corpi dei suoi genitori.
Si arrestò di botto sospirando di sollievo e, mantenendosi in disparte, nascosto dai folti alberi, osservò incantato il padre combattere.
Teddy era sempre stato molto orgoglioso del fatto che sua madre fosse un'Auror. Suo padre non lo era. Ma guardarlo combattere era uno spettacolo indubbiamente affascinante, pensò il ragazzo osservando la rapida eleganza di Remus e contemplando l'agilità inumana con cui schivava gli incantesimi lanciati dal Mangiamorte.
Anche l'avversario - Dolohov - non era male, ammise Teddy a malincuore, impugnando meglio la bacchetta. Ma pareva in svantaggio. Arretrava passo dopo passo, schiacciato dagli incantesimi sferrati da Remus.
Poi, improvviso, un boato giunse dal Castello. Una grossa esplosione. Teddy sentì i capelli rizzarglisi sulla nuca e riuscì a pensare a una sola cosa: Fred.
Prima che potesse riprendersi, un grosso gargoyle di quelli che ornavano i tetti del Castello piombò sul terreno, a pochi passi da Remus che, per schivarlo, distolse gli occhi dal Mangiamorte.
Dolohov ne approfittò per disarmarlo, quindi si avvicinò soddisfatto, un crudele sorriso trionfale sulle labbra, la bacchetta puntata verso l'avversario. Remus lo fissava tranquillo, indietreggiando piano. Teddy era pronto a colpire.
«Oh, vedo che non tenti neppure di riprenderti la bacchetta, ibrido. Sai che al primo movimento ti lancerei l'Anatema che Uccide, vero?» sibilò beffardo il Mangiamorte. «Ma credo che lo farò ugualmente, sai? Non ho problemi a uccidere un uomo disarmato, io. Figuriamoci una bestia. Non serve essere precipitosi, però. Potrei anche divertirmi un po', ti pare? Cru...»
Lo sguardo di Remus corse rapido al gargoyle che esplose in mille pezzi investendo Dolohov e mettendolo momentaneamente fuori combattimento.
Teddy sorrise divertito: ovviamente! Il famoso libro di incantesimi senza bacchetta di Caius Charmed che la nonna biasimava tanto. E quel particolare incantesimo gli era molto familiare, tra l'altro. Era lo stesso con cui a sei anni aveva distrutto il raffinato portaombrelli di casa Tonks! Certo, l'esplosione del gargoyle era stata molto più spettacolare. E suo padre non aveva neppure dovuto pronunciare l'incantesimo a voce alta. Il ragazzo lo guardò ammirato recuperare la sua arma e osservare i penosi tentativi fatti da Dolohov per riemergere dalle macerie.
La bacchetta del Mangiamorte giaceva a terra: evidentemente, non aveva mai letto il libro di Charmed, lui.

All'improvviso una ragazza dai lunghi capelli chiari piombò gridando nella radura, inseguita dall'uomo più disgustoso che Teddy avesse mai visto; gli occhi innaturalmente brillanti, come quelli di un predatore notturno, risaltavano su un volto irsuto che di umano aveva molto poco.
La ragazza si coprì il viso, troppo spaventata per usare la bacchetta che stringeva in pugno. L'uomo, che l'aveva quasi raggiunta, rise, mostrando i denti in una specie di ringhio e le si lanciò addosso. Inciampando in una radice che, Teddy ne era sicuro, un attimo prima non era là.
«Scappa, Susan!» urlò Remus, la bacchetta puntata sulla radice misteriosa. «Vattene da qui, a lui ci penso io».
La ragazza guardò stupita l'uomo a terra, poi spostò lo sguardo seguendo la voce del suo soccorritore. «P-professor Lupin! Lui è comparso all'improvviso, era velocissimo... voleva... io non...»
Remus le si avvicinò, rassicurandola. «Sì, Susan, ho capito. Non preoccuparti. Torna al Castello».
La ragazza annuì riconoscente, sorrise tra le lacrime e lasciò di corsa la radura. Teddy sbirciò nervoso Dolohov che stava ancora combattendo con le macerie del gargoyle e spostò la sua attenzione sull'uomo a terra che guardava ironico suo padre.
«Radici semoventi, Remus? E' così che combatti? Sei un po' deludente, lo sai? Non è molto dignitoso per un lupo mannaro».
«Mi pare abbia funzionato, però, al contrario del tuo assalto dignitoso» la voce del padre trasudava sarcasmo, sottolineando quella parola. «La ragazza è in salvo, questo è l'importante. A volte l'intelligenza di un uomo può essere più utile della forza dignitosa ma brutale di una bestia».
L'uomo si alzò, sbuffando esasperato.
«Humf... quel vecchio mago rincitrullito ti ha riempito la testa di idiozie, Remus» fissò dispiaciuto il punto in cui era sparita la ragazza. «Quello sembrava un bocconcino delizioso. Avrei potuto lasciartene un po', sai?» suggerì l'uomo con irridente generosità. «E invece l'hai fatto scappare. Dovrò cercarmene un altro, ma non sarà difficile, qui».
Scrutò l'orizzonte, scorgendo un  ragazzo che fissava assorto la superficie del lago e sorrise. «Anzi, sai, Remus? Penso di averlo già trovato» mormorò con voce melliflua, slanciandosi rapido verso la sua nuova preda. Teddy sussultò sorpreso quando vide un profondo taglio comparire sulla guancia sinistra dell'uomo che, sfiorandosi la ferita, rise deliziato, dimenticò il ragazzo e spostò la sua attenzione su Remus e sulla sua bacchetta.
«Oh... finalmente cominci a mostrare le zanne, cucciolo mio! E senza neppure avvicinarti alla tua preda. Lo sapevo che eri speciale! Se solo Silente non ti avesse portato qui, rendendoti per me proibito... saresti stato il prediletto tra i miei figli, giovane Lupin».
Si deterse il sangue dalla guancia, leccandolo poi con voluttuosità. Teddy lo fissò inorridito. Aveva capito chi era quell'uomo: Fenrir Greyback. Colui che aveva reso un inferno la vita di suo padre.
«Ma posso ancora rimediare. Oh si, posso avere qualcuno di ancora più speciale di te, Remus» proseguì il licantropo, passandosi inebriato la lingua sulle labbra. «Già, se tu sei così speciale, quanto più speciale potrà essere tuo figlio? Lui sarà un mio prossimo bocconcino. Il figlio di un licantropo. Non ho mai assaggiato nulla di simile, sai?» proclamò bramoso prima di scoppiare in una risata oscena.
Teddy trattenne il respiro. Lui, quell'uomo orrendo stava minacciando lui!
Suo padre, immobile sotto la luce della luna quasi piena, aveva la mascella serrata, gli occhi socchiusi, Teddy avrebbe giurato di scorgere le fattezze del lupo sul viso pallido del mago. Ma fu questione di un istante. Tanto che si convinse di esserselo immaginato. Poi Remus aprì gli occhi, brillanti quanto quelli di Greybeck - realizzò all'improvviso Teddy - agitò rapido la bacchetta e la risata terrificante cessò, mentre il licantropo più anziano crollava a terra Pietrificato.
Remus si chinò sul suo avversario. I pugni serrati che tradivano una furia trattenuta a stento. 
«No! Mai! Non avrai mio figlio, Fenrir! Non riesco a uccidere un uomo disarmato, lo sai. Ma ti assicuro che lo farei se tu osassi anche solo avvicinarti a Teddy! Senza pensarci neppure un istante. Stanne certo!» sibilò gelido all'orecchio del licantropo Pietrificato.
Teddy ascoltò compiaciuto, stupendosi che parole appena sussurrate potessero risultare tanto minacciose.
Un gemito smorzato gli fece alzare lo sguardo e, poco distante, scorse un uomo con lunghi e arruffati capelli scuri, magrissimo e lacero, che osservava sorpreso la scena.
Un sorriso incredulo comparve improvvisamente sul volto scarno dello sconosciuto e un lampo di puro sollievo gli attraversò gli occhi innaturalmente luminosi. Poi l'uomo se ne andò, rapido e silenzioso come era arrivato.
Teddy lo guardò allontanarsi e riportò la sua attenzione su Dolohov che, dopo avere vinto l'eroica battaglia con il gargoyle frantumato, aveva recuperato la propria bacchetta e ora stava puntandola alla schiena di Remus, ancora chinato su Greyback. Ecco come aveva fatto Dolohov a uccidere suo padre. Ora sì che era tutto chiaro!
«Expelliarmus!» gridò indignato Teddy, disarmando il Mangiamorte quando una minacciosa luce verde era già comparsa sulla punta della sua bacchetta.
Scostandosi una ciocca di capelli dagli occhi, il ragazzo osservò allibito il mago crollare a terra. Raggiunto da uno Schiantesimo perfettamente eseguito.
Si voltò sorpreso verso il padre. Harry gli aveva detto che sapeva essere rapido ma... non aveva reso l'idea. Neppure lontanamente!
 
«Grazie!» gridò Remus avvicinandosi. «Pare proprio che tu mi abbia appena salvato la vita!». Gli sorrise e il cuore di Teddy perse un colpo. Suo padre! Vivo e sorridente! E si stava rivolgendo a lui!
Remus si scostò una ciocca di capelli dagli occhi, ripetendo lo stesso identico gesto che il ragazzo aveva fatto qualche istante prima, osservò Teddy per un po' e poi scosse la testa dispiaciuto. «Scusa. Hai un'aria familiare ma... non riesco proprio a ricordare il tuo nome. Ottimo tempismo, comunque, davvero!» affermò convinto, gratificando Teddy con un'occhiata di genuina approvazione che mandò il ragazzo al settimo cielo.
«I tuoi capelli hanno appena cambiato colore».
Teddy arretrò preoccupato, ritrovando finalmente la voce. «N-no... come sarebbe potuto succedere? No, sarà stato sicuramente un... effetto ottico dovuto al riverbero di qualche incantesimo. Sì. E' buio... non.. non si distinguono i colori» mormorò, maledicendo il fatto che quando era particolarmente felice o lusingato virava istintivamente i capelli al turchese. Sempre. Fin da quando era piccolissimo, secondo la nonna...
Remus lo fissò con i suoi occhi luminosi. «Oh, non è un problema, per me. Ho un'ottima visione notturna, mi basta un minimo di luce lunare per vedere come di giorno».
Teddy gemette, frustrato. Ma certo! Gli occhi dei licantropi e la loro capacità di riflettere la luce lunare. Persino lui aveva un'ottima visione notturna, realizzò, ricordando la sottile falce di luna che illuminava il giardino di Harry poche ore prima... cioè, tra vent'anni... e la facilità con cui si era orientato senza bisogno di lanterne fluttuanti.
Remus si avvicinò ulteriormente, alzò la bacchetta illuminandola con un incantesimo Lumos e sorrise trionfante.
«Alcune ciocche dei tuoi capelli sono decisamente turchesi» poi incontrò gli occhi del ragazzo e il sorriso gli si congelò sulle labbra. Teddy non se ne accorse, però. Troppo sconvolto dal vedersi riflesso in quegli occhi ambrati identici ai suoi. Occhi colmi di sorpresa e di dubbio. Occhi che scivolarono rapidi sul suo viso e poi sul suo petto, fermandosi, attoniti, sulla Chiave del Tempo. Occhi che tornarono a fissarsi nei suoi, colmi solo di incredula certezza.

«Teddy...»

Teddy, in preda al panico, guardò il padre, indeciso se continuare a negare l'evidenza o confessare tutto. Secondo l'antica pergamena di zio Alphard chi si imbatteva in se stesso o in persone conosciute venute dal futuro rischiava di impazzire...
Pensando alacremente il giovane sbirciò il Mangiamorte Schiantato. Non andava bene. Non andava bene affatto. Dolohov non poteva restare lì, doveva fare esattamente quello che aveva fatto dopo avere ucciso Remus...

«Sarei morto, vero? E' per questo che sei venuto. Dolohov mi avrebbe ucciso».

Teddy riportò l'attenzione sul padre, inutile continuare a negare, ormai. Non gli sembrava che il mago stesse impazzendo, del resto.

«Sì».

Remus puntò la bacchetta contro Dolohov, titubò un istante e mormorò incerto: «Harry?»
«Oh, Harry sta bene. Ha sconfitto Voldemort. Cioè... lo sconfiggerà».
Remus annuì sollevato, un lampo d'orgoglio negli occhi, poi, sottoponendo il Mangiamorte a un Incantesimo Innervante, afferrò Teddy e lo trascinò con decisione contro un'imponente siepe di agrifoglio.
Teddy chiuse gli occhi, aspettando il pungente impatto; forse suo padre stava impazzendo, dopo tutto.
L'impatto non ci fu, però, e dopo qualche istante il ragazzo aprì gli occhi guardandosi attorno meravigliato.
La luce della luna inondava un piccolo prato pianeggiante, contornato su tre lati dai rigogliosi alberi che delimitavano la Foresta Proibita; un lungo tronco era sistemato al centro, di fronte a un grosso sasso piatto e, cosa ben più importante, non c'era nessuna siepe di agrifoglio! Teddy poteva scorgere la radura dove il padre aveva appena combattuto e, in lontananza, un vasto scorcio di lago.
«Un Incanto di Illusione» la voce roca del padre lo fece sobbalzare. «Non so chi ne sia l'artefice, quando noi Malandrini lo scoprimmo questo posto era già così. Suppongo che Harry ti abbia parlato dei Malandrini».
Teddy annuì, lo sguardo fisso sulla radura.

Dolohov si alzò, scuotendo intontito il capo, si avvicinò un po' traballante a Greyback e, con malcelato ribrezzo, lo liberò dall'Incantesimo Pietrificante.
Il licantropo balzò in piedi con la rapidità che lo contraddistingueva guardando il Mangiamorte con sarcasmo, mostrò i denti in un ringhio che, probabilmente, voleva essere un sorriso e corse verso il Castello.
«Sporche bestie...» sibilò disgustato Dolohov scrutando con attenzione i dintorni, quindi si avvolse, visibilmente contrariato, nel mantello e lasciò a sua volta la radura.

Soddisfatto, Teddy si accostò a un grosso albero, sfiorandone incuriosito la corteccia segnata da profondi solchi irregolari.
«E' stato James» spiegò Remus malinconico. «Venivamo spesso qui, era un posto tranquillo, sicuro, noto solo a noi quattro e abbastanza vicino al Castello. Perfetto per tre novelli Animagi ansiosi di perfezionare la loro arte. Quando si trasformava in cervo James adorava prendere a cornate questo albero, nessuno di noi ha mai capito il perché» si avvicinò al tronco, accarezzando con dolcezza quegli strani segni. «James... chi avrebbe mai detto che avrei avuto il suo stesso destino. Che anch'io sarei morto nel tentativo disperato di dare un mondo migliore a mio figlio».
L'uomo si voltò a guardare il ragazzo, soffermandosi sul particolare naso a patata.
Teddy si schiarì la voce, inspirò profondamente e chiese rassegnato: «Stai per sgridarmi?»
Remus sgranò gli occhi, allibito. «Cosa?»
«Harry mi ha raccontato che quando lo hai sorpreso a vagare di notte per il Castello, il suo terzo anno a Hogwarts, gli hai fatto una notevole ramanzina sull'ingratitudine verso il sacrificio dei genitori».
Remus sorrise al ricordo. «Oh, sì. E' vero ma... no, non voglio sgridarti. I casi sono completamente diversi. Harry era un ragazzino, tu...» lo osservò meravigliato. «Tu sei un uomo, Ted» distolse gli occhi, sospirando mesto. «Senza contare che dovresti essere tu a sgridare me. Mi sono fatto uccidere come uno stupido. E proprio mentre stavo proclamando altisonante: Non avrai mai mio figlio finché avrò vita. Oh, sono davvero un padre fantastico! Dovresti essere tu quello arrabbiato con me, suppongo...»
Teddy si avvicinò ulteriormente al padre, cercandone incredulo lo sguardo: non stava scherzando, pensava davvero quello che aveva appena detto.
«Arrabbiato con te? E perché? Perché hai tentato in tutti i modi di creare per me un mondo migliore? Perché hai creato per me un mondo migliore? Perché lo hai fatto. Non me ne ero reso conto fino a questa sera, sai? Ma prima ho visto Hogsmeade... e l'ho riconosciuta a stento. E ho visto Hogwarts. Ho visto i Mangiamorte. Ho visto ragazzini massacrati. No, non potrei mai essere arrabbiato con te per avermi risparmiato tutto questo...»
Il licantropo sorrise, allungando titubante una mano verso di lui, ma si fermò, incerto, prima di toccarlo.
Teddy non resistette oltre e, in uno dei suoi slanci universalmente definiti Tonksiani, lo abbracciò con decisione. Remus si irrigidì a quel contatto, trattenendo il respiro e Teddy stava quasi per scostarsi, quando sentì le braccia del padre cingerlo con dolcezza. Il ragazzo sospirò deliziato, godendosi quella sensazione familiare e sconosciuta al tempo stesso, disinteressandosi delle urla che risuonavano ovunque e degli incantesimi che illuminavano il cielo sopra le loro teste. La sola cosa importante era quell'abbraccio, che somigliava così tanto a quelli di Harry ma che, al contempo, ne era tanto diverso.
Dopo un intervallo indefinibile di tempo Remus lo allontanò gentilmente da sé, osservandolo attonito, gli scostò i capelli dagli occhi e sorrise intenerito.
«E' questo il tuo vero aspetto?»
Teddy si passò sorpreso le mani sul viso, tastando lineamenti decisamente familiari. Strano, erano anni che non perdeva il controllo dei suoi poteri di Metamorfomagus. Da quel memorabile Capodanno in cui si era trovato sotto il vischio assieme a Victoire, per la precisione.
«Be', se ti assomiglio come una goccia d'acqua sì».
Remus annuì. «A quanto pare ha ragione Dora. E' a me che assomigli. Rimane un mistero come abbia fatto a capirlo...» sogghignò. «Sono sollevato, però. Mi avevi fatto preoccupare con quel naso. Era identico a quello del signor Peabody, il pasticciere del villaggio dove abitiamo. E tua madre ha sempre avuto un debole per le sue torte alla cannella...»
Teddy ridacchiò, intenzionato a svelare che era stato proprio il pasticciere l'ignaro ispiratore di quel naso ma, prima che potesse cominciare il racconto, vide il padre irrigidirsi e impugnare saldamente la bacchetta.

In riva al lago, una massiccia Mangiamorte stava combattendo con il ragazzo in precedenza notato da Greyback. Teddy si accorse solo in quel momento che il giovane indossava l'uniforme di Hogwarts, era uno studente, quindi, e sembrava in seria difficoltà. Improvvisamente una figura velocissima uscì dal folto della foresta scagliandosi contro la strega che cadde, assai poco elegantemente, nel lago. Teddy riconobbe il nuovo venuto: era l'uomo lacero dai lunghi capelli scuri misteriosamente apparso al suo fianco nella radura.
Un enorme tentacolo pallido sbucò fulmineo dalle acque, sollevando innumerevoli spruzzi, si librò a mezz'aria e si inabissò nuovamente, accompagnato dalle urla atterrite della Mangiamorte, ma l'uomo lacero, intento a osservare il ragazzo che si era lasciato cadere sul prato, parve non accorgersene neppure. Sistemandosi nervoso la veste logora si avvicinò un poco allo studente e disse qualcosa. Il ragazzo scosse il capo, sfiorandosi la caviglia destra e l'uomo annuì, lanciando un lungo fischio acuto.
Un secondo uomo, molto più giovane ma ugualmente scarno e stracciato, sbucò dalla foresta, si scostò i capelli arruffati dal viso, scoprendo gli occhi innaturalmente risplendenti, impugnò la bacchetta illuminandola e si accostò cauto allo studente che, fissandolo incredulo, sorrise e gli permise di inginocchiarglisi accanto.
Mentre Remus si rilassava visibilmente, continuando a osservare la scena con un'espressione di piacevole sorpresa dipinta sul volto, Teddy notò con raccapriccio che la Mangiamorte non c'era più: qualche creatura del lago aveva dato il suo inconsapevole contributo alla Battaglia di Hogwarts.

Teddy respirò profondamente e si rivolse con decisione al padre.
«Va bene. Devo schiantarti?»
«Come?» Remus lo scrutò allibito.
«Hai intenzione di gettarti nella mischia? Di tornare a combattere? Perché se la tua risposta è sì sarò costretto a farlo. Tu dovresti essere morto. Harry ha sconfitto Voldemort con te defunto. Quindi, per non rischiare di cambiare tragicamente il corso della storia, dovrai fare esattamente quello che avresti fatto se io non fossi venuto: dovrai comportarti da salma. E le salme non combattono, in genere!»
Remus guardò il figlio, decisamente divertito.
«Harry starà bene, hai detto...» Teddy annuì. «E vincerà. Con me morto» Teddy annuì ancora. «Allora no, non sarai costretto a schiantarmi. Me ne starò qui, immobile. Come ogni buona salma che si rispetti» sorrise ironico, lasciandosi cadere sul grosso sasso piatto e gettò una rapida occhiata verso il lago. Il ragazzo in uniforme stava allontanandosi, zoppicando vistosamente, con il giovane sbucato dalla foresta. «Del resto Michael è in ottime mani...»
Teddy assentì, troppo sollevato per chiedersi chi fosse Michael e perché fosse in ottime mani. «Bene. Così io potrò farò il bravo neonato» e, incrociando le braccia, si sedette sul lungo tronco.

Un gruppo di Mangiamorte uscì dalla foresta, dirigendosi a passo spedito verso il Castello. Teddy scoccò un'occhiata intimidatoria al padre che ricambiò con un sorriso innocente, più angelico di quello di un cherubino. Il ragazzo aggrottò le sopracciglia, insospettito dalla serafica tranquillità paterna e Remus indicò il lago.
Annunciata da un dolce sciabordio, una schiera di tritoni era emersa dalle acque scure e placide. Le lucenti lance d'argento puntate minacciose contro i Mangiamorte che si arrestarono attoniti.
Teddy osservò meravigliato la scena. Maridi? Anche loro avevano combattuto con i difensori di Hogwarts? Nessuno gli aveva mai raccontato niente in proposito. Certo, Hermione aveva detto che Silente era da loro molto benvoluto ma...

Una risatina roca lo distrasse dai suoi pensieri e dai tritoni in assetto di guerra.
Suo padre lo stava guardando pensoso. «Expelliarmus, eh? Mi hai salvato la vita con un Expelliarmus! Si vede che hai avuto a che fare con Harry, sai?» sorrise, sistemandosi più comodamente sul sasso. «Mi sarò anche fatto uccidere come uno stupido, ma ti ho trovato un buon padrino, se non altro».
Teddy scosse il capo contrariato. «Non ti sei fatto uccidere come uno stupido. Mi stavi difendendo. Quell'uomo disgustoso mi stava minacciando. Ho molto apprezzato il tuo comportamento».
Remus scrutò preoccupato gli occhi del figlio. «Lui non ti ha...»
«No. Non ho mai visto quell'uomo prima di questa sera. Però sì, devo ammettere che mi hai trovato un padrino meraviglioso. Credo che nessuno avrebbe potuto svolgere il compito meglio di lui».
Remus annuì. «Già. Hai avuto un buon modello da seguire».
Teddy lo guardò serio. «Il migliore. Ma non Harry. Non fraintendermi, stravedo per Harry. E' fantastico. Ma non è lui il mio idolo... sei tu».
Remus alzò la testa di scatto, rischiando di cadere dal sasso, e scrutò sbalordito il figlio. «Cosa?...Io? Ma... tu lo sai cosa sono, vero?»
Il ragazzo sbuffò, roteando gli occhi e ficcandosi esasperato le mani nelle tasche. Avrebbe dovuto lavorare parecchio sull'autostima del padre.
«Sì, so cosa sei. Ma, soprattutto, so chi sei. E questo mi pare più importante» sobbalzò quando qualcosa gli punse il polpastrello dell'indice sinistro e, borbottando parole incomprensibili, si portò il dito ferito alle labbra.
Remus non riuscì a trattenere un sorrisetto divertito. «Be', tutto sommato ho ragione anch'io... hai preso molto anche da tua madre».
Teddy sogghignò e rimise cauto la mano nella tasca. Quando capì cosa lo aveva punto sorrise ispirato e piazzò l'oggetto in mano a Remus che osservò incuriosito la piccola spilla con la testa di lupo stilizzata.
«C.A.L.D.O.? E cosa sarebbe esattamente il C.A.L.D.O.?»
«Il Comitato Amici dei Licantropi Discriminati Ottusamente. L'ho fondato io, il mio quarto anno di Hogwarts. In tuo onore... perché non mi è mai importato cosa tu fossi, neppure un po'. E volevo renderlo palese a tutti i Kyle Addams del mondo».
Notando lo sguardo confuso del padre il ragazzo raccontò delle sue vivaci divergenze d'opinione con Kyle, reo di andarsene in giro affermando che i licantropi erano bestie impure e pericolose, nonché notoriamente inferiori. Gli raccontò delle Fatture Orcovolanti insegnategli da Ginny, e della sua convocazione nello studio del Preside per averne lanciata una – particolarmente ben riuscita, tra l'altro - a Kyle, di come avesse riferito la dinamica dei fatti senza una punta di pentimento e di come il ritratto di un vecchio mago dagli occhi blu, che luccicavano ironici dietro vezzosi occhialetti a mezzaluna, avesse preso le sue difese. E raccontò anche che, quando il Preside lo aveva congedato, il mago del ritratto gli aveva strizzato un occhio e si era rimesso a dormire placidamente.
Remus rise divertito. «Sì, tipico di Silente, direi. Uhm il C.A.L.D.O... vedo che anche Hermione ha avuto una certa influenza su di te. E...» la voce gli divenne particolarmente dolce. «Anche tua madre. Anche a lei non è mai importato cosa io fossi. Temo ti abbia parlato un po' troppo entusiasticamente di me...»
Teddy lo guardò, sorpreso da quelle parole. Poi si rese conto che il padre non poteva conoscere la sorte della moglie. Che non poteva neppure immaginarla. Per lui era al sicuro a casa della madre.
«No. Lei non mi ha mai parlato di te. Non ha potuto farlo. Non l'ho mai conosciuta, lei è... è venuta con te. Ti ha seguito anche nella morte».
Remus lo fissò incredulo. «Ma... lei è con te a casa di sua madre. E' al sicuro... come...» un lampo di consapevole terrore gli attraversò gli occhi. «Lei è venuta qui, vero? A combattere...» si alzò di scatto, pronto a rigettarsi nella mischia. Teddy gli si aggrappò a peso morto, cercando di farlo risedere. «No, fermo... che fine hanno fatto i tuoi buoni propositi di comportarti da perfetta salma?»
Remus scoccò al figlio un'occhiata di fuoco. «Ho deciso che sarà qualcun altro a fare la perfetta salma, questa sera! Se hanno solo sfiorato Dora, io...» si divincolò dalla stretta di Teddy e si precipitò verso la radura.
Il ragazzo impugnò la bacchetta, indeciso se Schiantare o Pietrificare. «No, fermati...PAPÀ
Remus si fermò di colpo, mentre Teddy assaporava la dolcezza, e il potere, di quella parola per la prima volta in vita sua: più efficace di uno Schiantesimo. O di un Incantesimo Pietrificante.
Remus si voltò, scosso, e Teddy gli si avvicinò. «Neppure io permetterò che qualcuno le faccia del male, sai? Sono venuto anche per lei. Davvero pensi che me ne starei qui a parlare con te sapendola in pericolo? La verità è che sarà lei a trovare noi. E' morta lì. Accanto a te. Abbracciata a te, per la precisione. Così vi hanno trovato».
Remus sospirò mesto e guardò il figlio con aria colpevole. «Sì, scusa Ted. Io... ero fuori di me...» mise una mano sulla spalla del figlio e lo guardò con dolcezza. «Va bene, torniamo al nostro posto e aspettiamo che tua madre ci raggiunga» gli sorrise, un sorriso incerto, imbarazzato, un sorriso che lo ringiovanì di anni, facendolo sembrare uno scolaretto pentito. «Giuro solennemente che da ora in poi mi comporterò come la virtuosa salma che dovrei essere» così dicendo tornò a sedersi sul suo sasso, lanciando sguardi ansiosi verso il punto della radura in cui avrebbe dovuto trovarsi il suo cadavere.
Teddy sospirò, sollevato, e si lasciò cadere esausto sul tronco.

Dal lago giungevano i suoni di un'aspra battaglia. I Mangiamorte stavano combattendo su due fronti. Da una parte i tritoni che, ciclicamente, emergevano dalle acque scagliando le loro lance verso i nemici, dall'altra un gruppo di uomini laceri e dagli occhi luminosissimi che tormentava i maghi con attacchi rapidi e violenti.

Teddy si sistemò il giubbetto e guardò contrariato il padre. «Certo che sai essere irragionevole, quando vuoi. Ero sul punto di Pietrificarti!»
Remus sogghignò, senza staccare gli occhi dalla radura. «Oh, lo hai fatto, in realtà. Il sentirti urlare papà... ha avuto esattamente quell'effetto. Mi aspettavo qualcosa del genere... ricordo ancora la faccia di James quando Harry lo ha chiamato papà per la prima volta. Anche lui è rimasto Pietrificato. Però mi aspettavo una vocetta infantile che balbettava incerta qualcosa di vagamente somigliante a papà... il sentirmelo urlare da una voce virile ha amplificato l'effetto, credo...»
Teddy annuì mortificato. «Si, capisco quello che vuoi dire... mi dispiace di averti rovinato il momento...»
Remus sorrise, dandogli un colpetto affettuoso sul ginocchio. «A me no. Diciamo che godrò due volte di questa emozione... non è da tutti».
«Se la metti così» assentì poco convinto il ragazzo, poi chiese dubbioso: «Pensi sia meglio che mi trasfiguri prima che arrivi lei? Sulla pergamena che dà le istruzioni su come viaggiare nel tempo c'è scritto che imbattersi in se stessi o in persone conosciute provenienti dal futuro può portare alla pazzia».
Remus guardò pensoso il lago. «Sì, penso sia meglio che tu assuma un altro aspetto. La pazzia è una possibilità molto probabile».
«A te non è successo, però. Un momento. A te non è successo perché sapevi dell'esistenza della Chiave del Tempo...» Teddy sfiorò con cautela l'oggetto che portava al collo. «Tu mi hai riconosciuto quando hai visto questa
Remus riportò lo sguardo sul figlio. «Ti ho riconosciuto per i capelli turchesi. E per gli occhi, sono identici ai miei, Ted, solo che non brillano al buio, fortunatamente. Però è vero, è stata quella a togliermi ogni dubbio, sì, non sono impazzito perché sapevo che poteva succedere una cosa del genere. So come funziona una Chiave del Tempo e so che a casa Tonks ce n'è una. L'ho notata la prima volta che Dora mi ha portato a cena dai suoi. E...» si fermò un istante, imbarazzato. «E' stato anche merito di quella Chiave se ho avuto il coraggio di chiedere a tua madre di sposarmi...»
Teddy aggrottò le sopracciglia, confuso e Remus continuò: «Se tua madre si fosse resa conto che stare con me era troppo per lei... se l'avessi vista infelice o pentita... be', non avrei esitato a usare la Chiave del Tempo per rimediare».
Una scintilla di comprensione accese lo sguardo di Teddy. «Certo, lo stesso ragionamento che ha fatto zio Alphard con nonna!»
«Cosa?»
«Una lunga, affascinante storia, te la racconterò un'altra volta. O, magari, sarai tu a raccontarla a me. Ma mamma non sa nulla della Chiave?»
Remus sorrise scherzoso. «E' una vera frana in Rune Antiche»
«Come nonna... ma tu non gliene hai parlato?»
Remus sospirò, scrutando intensamente la radura. «Stavo per farlo. Dopo la festa per il diciassettesimo compleanno di Harry. Abbiamo dovuto andarcene di corsa, sai? Per l'arrivo del Ministro. Io... be', non sono molto benvisto. Diciamo che al Ministero ben pochi aderirebbero al C.A.L.D.O. E nemmeno tua madre è benvista da quando mi ha sposato ma, mentre mi accingevo a mostrarle la Chiave con l'intenzione di spiegarle come funzionava, lei mi ha annunciato che saresti arrivato tu...»
«Oh, capisco. Ti ha Pietrificato, insomma».
«Schiantato, più che altro. La sensazione che ho provato è stata quella».
«E... hai pensato di tornare nel passato a sua insaputa per... rimediare?» chiese Teddy, prima di riuscire a impedirselo.
Remus sussultò, distogliendo lo sguardo dalla radura e portando tutta la sua attenzione sul figlio. «Cosa? No! Teddy non... l'idea non mi ha neppure sfiorato!» scivolò dal sasso accovacciandosi davanti al ragazzo. «Non pensarlo neppure. In quel preciso momento ho smesso di considerare la Chiave del Tempo».
Teddy abbozzò un sorriso e Remus giocherellò nervoso con il cinturino dell'orologio. «Harry ti ha raccontato dell'amena scenetta svoltasi a Grimmauld Place, vero?»
Teddy annuì. «Me l'ha anche mostrata nel suo Pensatoio».
«Certo. Ha fatto bene. Però, Teddy, vorrei che capissi che non eri tu il problema. Non lo sei mai stato. Ti ho adorato dal momento stesso in cui ho saputo della tua esistenza. Il problema ero io. In questo mondo... non avresti avuto una vita facile. Non avresti avuto la vita che un padre sogna per il figlio. Non avresti incontrato solo Kyle Addams sulla tua strada. Pensavo, stupidamente, che saresti stato meglio senza di me. Non ringrazierò mai abbastanza Harry per avermi costretto a meditare sulle mie convinzioni. Me l'ha fatta lui, quella volta, la notevole ramanzina sui padri e sui figli!»
Teddy afferrò la mano del padre che continuava a tormentare il cinturino dell'orologio; di quell'orologio così familiare anche a lui. «Già. Ma sappi che questa sera... cioè tra vent'anni... quelle parole illuminate gli si ritorceranno contro. Sarò io a ricordargli i doveri di un padre verso i figli!»
«Eh, corsi e ricorsi storici... un momento...un padre? Harry ha dei figli? Harry? Il mio Harry? Merlino... James è nonno
Teddy rise, intenzionato a tranquillizzare il padre assicurandogli che la cosa non sarebbe successa tanto presto, ma Remus si alzò in piedi di scatto intimandogli il silenzio. Teddy lo guardò attonito, alzandosi a sua volta, pur non capendone il motivo.

In riva al lago tutto era tranquillo. Le acque erano placide e ferme, solo masse scure e lance argentate, abbandonate sul terreno, testimoniavano la furibonda battaglia imperversata fino a pochi minuti prima.
Improvvisamente un fruscio catturò l'attenzione del ragazzo che scrutò teso la radura.
Una giovane donna arrivò di corsa, guardandosi attorno ansiosa, alla disperata ricerca di qualcosa o di qualcuno. Si avvicinò alle macerie del gargoyle, le osservò scrupolosamente e proseguì rapida verso il punto dove avrebbe dovuto trovarsi il corpo di Remus. Inciampando nella radice incantata.
Teddy trattenne il respiro e il licantropo confermò con tenera ironia. «Sì, è tua madre. Avrei dovuto risistemare quella radice. Dora è la sola persona che conosco capace di scivolare su un Vermicolo, sai?»
Teddy si concentrò per evitare che i suoi capelli virassero verso un rosso acceso. Be', in fondo a lui era successo una volta sola, non faceva testo...
Poi, sotto lo sguardo incuriosito di Remus, riprese l'aspetto che aveva quando era arrivato al Castello.

Tonks era nel punto esatto in cui avrebbe dovuto trovarsi il corpo del marito, intenta a raccogliere qualcosa, quando una strega, che somigliava in modo impressionante a una giovane versione di nonna Andromeda, irruppe silenziosa nella radura.
Remus si irrigidì sibilando: «Bellatrix! Dunque è stata lei a uccidere Dora! Alla fine c'è riuscita. Dopo Sirius anche Dora, ma io...»
Teddy diede un colpetto con l'impugnatura della bacchetta al polso del padre. «Fermo! Fai la brava salma. E, a proposito di salme... come facciamo a impedire a mamma di uccidere quella deliziosa signora? Un Expelliarmus? O è meglio Schiantarla?»
«Sai, Teddy? Comincia a preoccuparmi questa tua disinvoltura nel volere affatturare tua madre e me».
«Non è colpa mia se come salme non siete granché».
Remus sbuffò sarcastico, scrutando con attenzione le due donne.
Bellatrix si guardò attorno e, scorgendo la strega più giovane, esplose in una risata estatica.
«Ma guarda un po', la mia nipotina amante delle emozioni forti. Sposare un animale e farci pure un figlio. E dimmi, piccola Ninfadora, cosa si prova a strusciarsi lascivamente con un mostro?»
Teddy, notando il dolore che offuscò gli occhi del padre, si disse, furente, che lanciare un Avada Kedavra a quella donna poteva essere solo giusto! Peccato che avrebbe potuto cambiare il corso della storia... poi, però, si consolò ricordando che qualcuno avrebbe effettivamente scagliato l'Anatema che Uccide a Bellatrix, quella notte. E la sua già considerevole stima per Molly Weasley aumentò a dismisura.
Tonks puntò la bacchetta contro la strega. Teddy e Remus si prepararono ad intervenire.
«Oh, vorrei tanto risponderti, zietta, ma non ne ho la più pallida idea. Sei tu l'esperta in questo campo, dimmelo tu cosa si prova. Io mi sono limitata a un uomo afflitto da un piccolo problema peloso. Ma tu ti sei scelta il Mostro per eccellenza»
Una furia un po' folle illuminò gli occhi della Mangiamorte.
«Come osi, piccola mezzosangue! Ava...»
«Stupeficium!»
La strega più anziana cadde a terra, un'espressione di assoluta incredulità sul volto, mentre Tonks la osservava con rabbiosa tristezza. «Per Sirius. Avrei voluto usare l'Anatema che Uccide ma... sei pur sempre la sorella di mia madre e io sono diversa da te, evidentemente».
Remus abbassò la bacchetta e Teddy lo guardò meravigliato. «Però! Meno male che mamma non ha deciso di uccidere Bellatrix, non avrei davvero saputo come impedirlo. Non ho neppure visto la sua bacchetta muoversi! Perché con voi due non vedo mai le bacchette muoversi?»
Remus sorrise orgoglioso, gli occhi fissi sulla moglie. «Tua madre è un'Auror, anche se la gente tende a dimenticarsene a volte e io...» aggiunse un po' imbarazzato. «Be', io sono afflitto da un piccolo problema peloso. Mi chiedevo, Teddy, sei in grado di eseguire un Incantesimo Innervante?»
Il ragazzo guardò sdegnato il padre. «Certo, perché?»
«Perché ora io andrò a recuperare mamma e, mentre la porterò qui, tu ne scaglierai uno a zia Bellatrix».

Zia Bellatrix... ecco spiegata la sua somiglianza con Andromeda. Teddy sapeva pochissimo di lei, la nonna non parlava mai delle sorelle... ora capiva il perché!
Osservò il padre scivolare cauto nella radura, chiamando dolcemente la moglie che si girò con la bacchetta puntata. Riconosciutolo, la strega, esibendosi in un perfetto slancio Tonksiano, gli saltò al collo e Remus la strinse convulsamente a sé, palesemente grato di poterlo ancora fare. Restarono così per qualche istante, persi in un abbraccio disperato e Teddy sorrise compiaciuto.
Uno schianto improvviso riportò alla realtà Remus che si sciolse dalla stretta, con molto poco entusiasmo notò Teddy divertito, e trascinò la moglie verso il loro nascondiglio. Veloce il ragazzo puntò la bacchetta verso Bellatrix ed eseguì un Incantesimo Innervante da manuale: Harry sarebbe stato fiero di lui.
La Mangiamorte si alzò, un po' intontita e lasciò furibonda la radura, urlando frasi irripetibili rivolte a ibridi e a traditori del loro sangue.
Teddy si voltò verso i genitori, osservando emozionato la madre che si guardava in giro un po' spaesata, la mano ancora avvinghiata a quella del marito. Era pallida e preoccupata ma Teddy la trovò molto carina. Quando la strega si accorse della sua presenza gli sorrise amichevolmente per poi rivolgersi a Remus con aria colpevole.
«Teddy sta bene» mormorò, mordicchiandosi nervosamente il labbro inferiore. «E' al sicuro da mia madre, con un po' di fortuna tornerò in tempo per allattarlo. In caso contrario ho lasciato a mamma tutto l'occorrente» sfiorò esitante una guancia al marito e abbassò gli occhi. «Non potevo non venire, Remus. Ci ho provato ma... l'idea di non fare nulla... non ho proprio potuto. Teddy non corre pericoli immediati. Tu si» prima che Remus potesse ribattere la strega alzò la testa con decisione, un lampo battagliero negli occhi scuri. «Ma ora sbrighiamoci. Dobbiamo tornare a combattere! I Mangiamorte sembrano sbucare da tutte le parti...»
Remus e Teddy si scambiarono un'occhiata atterrita, pensando freneticamente a come convincere l'Auror Tonks ad abbandonare la battaglia.

Fortunatamente, fu Voldemort in persona a risolvere la questione per loro...



Ed ecco il terzo capitolo. Siamo arrivati alla metà esatta della storia! 
E' molto lungo, lo so. Ed è stato quello più difficile da scrivere, quello che mi ha messo più dubbi. Perché ho seriamente temuto di mandare OOC il personaggio di Remus.
Mi rendo conto che la sua entrata in scena è abbastanza (eufemismo) epica e spettacolare. Ho anche pensato di cambiarla... ma non ce l'ho proprio fatta. La verità è che mi piace così.^^ Perché è esattamente così che l'ho immaginata. Per due motivi ben precisi: Primo, l'intera storia è "filtrata" dagli occhi di Teddy che, verosimilmente, ha un'idea un po' (altro eufemismo) idealizzata di  quel padre conosciuto solo dai racconti e dai ricordi di chi lo ha amato (un po' come Harry con James, insomma); secondo, quando nella storia parlo di capacità inumane riferendomi a Remus, intendo
letteralmente capacità non umane. Remus è obiettivamente inumano in alcune sue sfaccettature: è un licantropo. E la scena dell'undicesimo capitolo di "Harry Potter e i Doni della Morte" dove affattura Harry, prima che questi riesca anche solo a pensare di estrarre la bacchetta, dimostra che Remus ha una velocità un po' superiore agli standard "umani", secondo me. Comunque nel corso della storia sarà Remus stesso a "umanizzarsi".^^
Un'altra cosa che mi ha creato qualche "problema di coscienza" è l'incantesimo senza bacchetta scagliato sul gargoyle. Ma poi ho pensato che se un ragazzino di tredici anni riesce a gonfiare la zia senza ricorrere a una bacchetta, un mago adulto e preparato può benissimo fare esplodere un gargoyle!
Anche il personaggio di Greyback mi ha creato grossi dubbi di "opportunità". Mi rendo conto che è un po' inquietante, ho anche cercato di trattarlo con una certa "delicatezza"... ma temo che non sia un personaggio che si presta molto a un tale trattamento. Spero non risulti troppo "fastidioso" ma del resto non volendo snaturarlo troppo ho dovuto tenermelo così...
E per finire il "prato incantato". La Rowiling non ne parla, vero. Ma a me pare abbastanza plausibile l'esistenza di un luogo simile a Hogwarts. E poi mi piaceva l'idea di fare conoscere Remus e Teddy in un luogo "Malandrino". ^^

lyrapotter: Grazie per esserti dissociata dall'Esercito dei Silenti! Li apprezzo molto, intendiamoci, ma qualche "diserzione" dalle loro fila non può che farmi un immenso piacere!^^ Ebbene sì, la mia intenzione è proprio quella di riportarli in vita senza stravolgere il Canon. Non fraintendermi, non disdegno le storie che lo fanno, anzi... ma personalmente non riesco proprio a scriverle. Mi fa piacere che ti sia piaciuto anche il secondo capitolo e che condivida la mia sensazione su quello che si potrebbe provare venendo catapultati nel bel mezzo di una guerra. Teddy è molto piacevole da "trattare", è vero che nei libri non dice una parola ma la sua presenza si sente eccome, a mio parere: è la speranza, Teddy, il futuro per cui vale la pena di continuare a combattere. E, come puoi vedere, i tuoi (anche miei, lo ammetto) adorati hanno finalmente fatto la loro comparsa. Spero tu abbia apprezzato. ^^
Trick: Oh, io ti permetto tutto. Commenta pure quando e come vuoi, ci mancherebbe! A me fa molto piacere sapere cosa pensi della storia... ma le vacanze hanno sempre la precedenza. Assolutamente! ^^ Mi fa piacere che tu abbia apprezzato le disquisizioni sul cacao e la cannella del loquace signor Peabody, l'aneddoto sul passaggio segreto (molto da Teddy Lupin, sì. Perché Teddy è sì figlio di Remus... ma anche di Dora) e la mia cautela nel gettare il povero Ted nella "fossa dei leoni". Ma ora ho proprio dovuto farlo!
fri rapace: Per prima cosa devo chiederti perdono per avere storpiato il tuo nome! La volta scorsa ti ho arbitrariamente ribattezzata free rapace! Scusa! Sono evidentemente stata ammaliata da un improvviso desiderio di libertà... Ma ho già corretto.^^ Dopo questo gesto dovuto prendo atto dell'avvenuta fondazione del Club dei "Resuscitatori" augurandomi che le adesioni fiocchino numerose.^^ Sei curiosissima di indovinare il finale? Bene. E no che non vivi male quello che leggi, anzi... anche a me capita di tentare di immaginare i finali. Lo trovo interessante, certo, si rischia qualche delusione, talvolta... ma pazienza. Sai che per scrivere il secondo capitolo e per cercare di rendere le sensazioni di Teddy mi sono rifatta anch'io ai ricordi dei miei nonni? Quindi mi lusinga il fatto che tu abbia pensato proprio a quello... vuol dire che sono riuscita almeno un po' nel mio intento. ^^
Kamen: Grazie! La tua recensione va benissimo così! L'importante per me è capire cosa pensi della storia.
Piccola Vero: Grazie! La testardaggine va sempre premiata! Come vedi la Battaglia è cominciata, spero tu abbia gradito.^^

E, ovviamente, grazie anche ai sempre più numerosi membri dell'Esercito dei Silenti! E ai temerari che hanno aggiunto la storia alle preferite/seguite.

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Capitolo 5
*** Capitolo Quarto - Hogwarts: l'attesa. ***


LA CHIAVE DEL TEMPO


Capitolo Quarto

Hogwarts: l'attesa


«Avete combattuto valorosamente. Lord Voldemort sa apprezzare il coraggio. Ma avete subito pesanti perdite. Se continuerete a resistermi, morirete tutti, uno per uno. Io non desidero che ciò accada. Ogni goccia di sangue magico versata è una perdita e uno spreco.
Lord Voldemort è misericordioso. Ordino alle mie forze di ritirarsi, immediatamente.
Avete un'ora. Disponete dei vostri morti con dignità. Curate i vostri feriti.
Ora, Harry Potter, mi rivolgo direttamente a te. Tu hai consentito che i tuoi amici morissero per te piuttosto che affrontarmi di persona. Io ti aspetterò nella Foresta Proibita. Se entro un'ora non ti sarai consegnato a me, la battaglia riprenderà. E questa volta vi prenderò parte io stesso, Harry Potter, e ti troverò  e punirò fino all'ultimo uomo, donna o bambino che abbia cercato di nasconderti a me. Un'ora»*

La voce metallica di Voldemort, amplificata magicamente, risuonò forte e chiara in tutto il Parco.
Un silenzio attonito e innaturale calò improvviso su Hogwarts: niente più lampi, urla o schianti, sembrava che i combattenti fossero stati pietrificati dal gelo che trasudava da quella voce e dalla crudeltà di quel proclama.
Teddy rabbrividì, pur essendosi aspettato quelle parole, pur sapendo che da quella terribile proposta sarebbe scaturito il trionfo dei difensori di Hogwarts. Il trionfo di Harry.
Trionfo... il giovane ricordò l'orrore che colmava gli occhi della ragazza inseguita da Greyback, rivide il corpo del ragazzino in cui aveva rischiato di inciampare e ripensò al velo di dolore che adombrava lo sguardo del padrino quando raccontava quegli avvenimenti. No, forse trionfo non era il termine più adatto. Quella vittoria esaltante ed eroica era in realtà costata un prezzo atroce, che lui non aveva mai davvero compreso. Fino a quella sera.
Turbato, Teddy alzò istintivamente lo sguardo. Il cielo notturno aveva sempre avuto il potere di tranquillizzarlo, fin da quando era bambino, ma quella volta non funzionò: le stelle, non più offuscate dai sinistri bagliori degli incantesimi, risplendevano fredde, lontane e indifferenti alla disperazione degli uomini che assistevano sgomenti alla ritirata dei Mangiamorte, e non gli diedero alcun conforto.
Un lieve fruscio al suo fianco lo riscosse, ricordandogli che non era solo. Stupito, Teddy realizzò che c'era un motivo ben preciso per cui aveva sempre cercato consolazione nella volta stellata... anzi, due. E ora quei due motivi erano lì, in carne e ossa, davanti ai suoi occhi. Tangibili, vivi e assolutamente raccapricciati dallo spaventoso ricatto di Voldemort.

Tonks, ancora più pallida di quello che già era, stringeva convulsamente il braccio del marito, gli occhi scuri dilatati dall'angoscia. «Harry? Da solo al cospetto di Voldemort? Ma sarebbe un suicidio».
Remus, visibilmente preoccupato, scrutò interrogativo Teddy che abbozzò un sorriso tranquillizzante. Il licantropo annuì e tentò di rassicurare la moglie: «Questo proclama è la prova che Harry sta bene e che Voldemort non è poi così sicuro di potercela fare. Misericordioso... figuriamoci! Harry sa come deve agire. Lo sa. Ho una fiducia assoluta in lui».
Tonks, apparentemente confortata dalla sicurezza del marito, squadrò incuriosita Teddy e Remus spostò a sua volta l'attenzione sul ragazzo, un lampo giocoso negli occhi rilucenti. «Oh, certo, lui è... Dorian. Dorian Johnson».
Teddy lo fissò contrariato. Dorian Johnson? Ma che razza di nome era andato a pescare? Poi colse il sottile gioco di parole e sorrise ammirato: il padre stava giocando con la sua vera identità. Dorian Johnson. Di Dora, figlio di John. Però! Nessuno gli aveva mai detto che Remus John Lupin era un raffinato enigmista.
«Dorian mi ha salvato la vita» proseguì pacato il licantropo, indicando a Tonks un punto della radura. «Non fosse stato per lui avresti trovato il mio corpo proprio lì» si azzittì improvvisamente, pensoso.
La donna guardò inorridita il posto indicato e scoccò un'occhiataccia al marito.
«Ecco, vedi che avevo ragione io? Ti lascio solo cinque minuti e tu che fai? Pensi bene di improvvisarti eroica salma!»
«Ninfadora...»
La strega sbuffò e abbracciò di slancio Teddy che, sorpreso e deliziato, tentò disperatamente di mantenere un ferreo autocontrollo su capelli e lineamenti. Non fu affatto facile: perché nessuno aveva mai pensato di dirgli che sua madre odorava di mughetto?
«Grazie, Dorian. Questa sera tu non hai salvato solo la vita di Remus, sai? Ma anche la mia. Se mi fossi imbattuta nel suo corpo... non so cosa avrei potuto fare. Non credo sarei riuscita a combattere ancora... o a difendermi da Bellatrix» mormorò la strega, poi si sciolse dall'abbraccio schioccando un bacio sulla guancia di Teddy che, non sapendo bene cosa rispondere, si aggiustò imbarazzato il giubbetto e abbassò gli occhi per evitare che la madre li osservasse troppo attentamente. Certo, non era dotata della prodigiosa vista notturna di un licantropo, lei, ma non gli sembrava una cattiva idea mantenersi cauto.
Remus fissava la radura, cupo e silenzioso - Teddy suppose stesse rimuginando sulla dinamica della morte di Tonks - quando la moglie gli si avvicinò cauta, inspirò profondamente e, dopo essersi schiarita la voce, domandò rassegnata: «Stai per sgridarmi?»
L'uomo sgranò gli occhi, sorpreso. «Cosa?» poi, sentendo la risatina soffocata di Teddy e avvertendo un'acuta sensazione di Déjà vu, chiese esasperato: «Ma perché oggi mi fate tutti questa domanda? Non mi pare di essere solito andare in giro a sgridare la gente».
La strega lo guardò, esitante. «Harry mi ha raccontato che una volta gli hai fatto una solenne ramanzina sull'ingratitudine verso il sacrificio altrui».
Remus si sfregò stancamente la fronte e sospirò. «Dovrò fare due chiacchiere con Harry... non pensavo che questa cosa lo avesse tanto traumatizzato».
Tonks abbozzò un sorriso intenerito. «Infatti non lo ha traumatizzato, Remus. Lo ha estasiato. Finalmente aveva un adulto che si preoccupava per lui, che teneva a lui. Che lo trattava come lo avrebbe trattato un padre. Come lo avrebbe trattato James».
«Oh. Comunque, tornando a noi, no, Ninfadora, non ho nessuna intenzione di sgridarti. Potrò anche fare una ramanzina a un tredicenne incosciente ma... non a mia moglie».
«Sarà. Però sei arrabbiato con me».
«No, Ninfadora, non sono arrabbiato con te».
«Si che lo sei. Mi stai chiamando Ninfadora. Lo fai solo quando sei arrabbiato».
«Va bene, sono un po' alterato, Ninfadora» ammise Remus, sottolineando ironico il nome della strega. «Ma solo un pochino».
«Davvero?»
«Davvero. Oh, sei impossibile, a volte. E cocciuta. E fai sempre, costantemente, di testa tua. Ma... sei tu» concluse dolcemente, accarezzandole i capelli che cambiarono subito tonalità di colore. Poi sorrise malandrino e aggiunse: «Inoltre non è vero che ti chiamo Ninfadora solo quando sono arrabbiato. Mi viene in mente almeno un altro stato d'animo, in effetti».
La giovane donna ridacchiò, maliziosa. «Vero. Ma non penso che tu, al momento, sia in quello stato d'animo, Remus. Non con Dorian presente, per lo meno».
Remus sbirciò "Dorian", arrossendo leggermente e Tonks, scoppiando nella sua risata contagiosa, gli scompigliò affettuosamente i capelli. «Appunto».
Il licantropo sussultò e la strega si fermò sorpresa, tastando con delicatezza un punto appena sopra la tempia sinistra del mago. «Cosa... Remus, hai un bernoccolo grosso come una noce, qui!»
Teddy si avvicinò preoccupato, mentre Remus mormorava: «Non è nulla. Sono solo una sfortunata vittima del fuoco amico».
Tonks agitò decisa la bacchetta e una calda luce aranciata avvolse il capo del licantropo che si sfiorò cauto la tempia e sospirò di sollievo, realizzando che il grosso bernoccolo era scomparso.
Teddy si lasciò sfuggire un'esclamazione ammirata e la strega si schernì sorridendo: «Sono espertissima nel curare bernoccoli, graffi e lividi. E' fondamentale per me: funzionale per l'Auror, utile per la signora Lupin e indispensabile per Tonks. Ma scusa, Remus, cosa intendi, esattamente, con sfortunata vittima del fuoco amico?»
Il mago sospirò e gemette. «Sibilla. E' piombata nella radura, offrendosi di aiutarmi e ha cominciato a scagliare di tutto. Be', sarà anche dotata di un formidabile occhio interiore... ma con quelli esteriori non ci siamo proprio! Credo che Aberforth sia stato centrato da una teiera, a un certo punto. Quando ha colpito me, invece, era appena passata alle sfere di cristallo».
Tonks ridacchiò, accarezzando dolcemente la parte appena risanata. «Povero amore mio. Da oggi il tuo Molliccio avrà anche più senso».
«Già. Fortuna che sono riuscito a convincere Sibilla ad andare a combattere dentro il Castello. Spero che l'illuminazione di torce e candele abbia limitato i danni».
Tonks sorrise, oscillò e si aggrappò a Remus, che la sostenne prontamente.
«Che succede, sei ferita?»
La strega scosse il capo e tentò di staccarsi dal marito che, in risposta, la strinse più forte a sé. «No, non è nulla. Sono solo un po' stanca, Remus, nessun fuoco amico, per me».
Il mago la fece accomodare sul tronco e le si sedette accanto, mentre Teddy prendeva posto sul sasso usato in precedenza dal padre.
«Dora, non per insistere col “te lo avevo detto”, ma... perché pensi che ti abbia chiesto di rimanere a casa, questa sera? Non sei ancora in forma, tesoro. Hai appena avuto un bambino».
Tonks trattenne uno sbadiglio e rispose piccata: «Anche tu!»
Remus la guardò, vagamente esasperato, ma le rispose con una dolcezza infinita. «Sì, certo, anch'io. Ma il processo mi ha coinvolto molto di meno. Diciamo che io mi sono limitato alla parte divertente, lasciando a te il grosso del lavoro?»
La giovane strega sogghignò e annuì. «Be' sì, questo è vero. E quel piccolo ingrato ha pensato bene di uscirsene identico a te!» guardò Teddy e rimarcò: «Davvero, sai? Praticamente la sua versione bonsai» sorrise orgogliosa, poi sbirciò il marito, sorpresa. «Be', non mi contraddici spergiurando che è identico a me?»
Remus fissò Teddy, assorto. «No, hai ragione tu, fisicamente assomiglia a me; la mia versione bonsai».
Tonks aggrottò la fronte, sospettosa, e Remus le sorrise enigmatico. «Penso di avere avuto una breve visione del futuro. Forse venire colpiti in testa da una sfera di cristallo ha questo effetto collaterale».
Tonks gli tastò la tempia, preoccupata. «O, forse, sei stato colpito più duramente di quanto pensassi».
 
Dal lago provenivano rumori insoliti. Alcuni uomini costeggiavano la riva gettando, di tanto in tanto, qualcosa - lance, probabilmente - nelle acque scure e tranquille. Teddy osservò perplesso i loro occhi fluorescenti: possibile che fossero tutti...
«Licantropi?» Tonks espresse ad alta voce i suoi stessi pensieri.
«Sì, Dora, licantropi. E non licantropi qualsiasi» Remus sembrava piacevolmente stupito. «E' il branco di Greyback. Sono passati dalla nostra parte... e davvero non riesco a spiegarmene il motivo».
Un vecchio alto e sottile uscì dal folto della Foresta e si diresse verso il lago. Indossava una semplice tunica chiara e i lunghi capelli bianchi, scompigliati dal vento, si confondevano con la barba folta. Sembrava irreale alla luce della luna: un fantasma d'argento, non troppo dissimile da quelli che popolavano le sale di Hogwarts. Solo gli occhi risplendenti, da predatore notturno, rivelavano la sua natura.
Tonks sussultò, trattenendo il respiro. «Merlino, per un istante ho creduto di vedere il fantasma di Silente».
Remus la strinse a sé e annuì, osservando il vecchio inginocchiarsi con fluida eleganza accanto a una delle sagome scure abbandonate sull'erba e scuotere il capo, avvilito. «Sì, è vero, Ambrosius assomiglia molto a Silente. E non solo fisicamente, te lo assicuro. Gli devo parecchio, sai? Ha reso più sopportabile il mio soggiorno presso il branco di Greyback».
Teddy sbirciò incuriosito il padre, sorpreso dall'affettuosa ammirazione che vibrava nellla sua voce.
Stava per porre qualche domanda in merito, quando venne distratto dall'arrivo di due ragazzi dai capelli scuri. Il più alto si accovacciò titubante accanto alle macerie del gargoyle, mentre l'altro si avvicinò alla loro postazione. Teddy si trovò così a fissare negli occhi un giovanissimo e malconcio Neville Paciock che, scorgendo solo un'imponente siepe di agrifoglio, spostò rapido lo sguardo altrove, alla frenetica ricerca di qualcosa.
«In questa radura non c'è nessuno, Neville. Ne' morti ne' feriti. Io direi di proseguire» propose sollevato il ragazzo più alto.
«Sì, Oliver, percorriamo il sentiero che porta al Castello» Neville indicò il vecchio che, inginocchiato accanto a un'altra sagoma scura, agitava la bacchetta con piglio esperto. «In riva al lago sono già arrivati i soccorsi».
Oliver annuì, e i due ragazzi se ne andarono un po' rinfrancati. Teddy sapeva, però, che il loro timido sollievo si sarebbe spento poco oltre, infrangendosi crudelmente contro il corpo minuto di un ragazzino biondo.

«Andiamo. Aiutiamoli a recuperare i feriti». Tonks tentò di alzarsi, ma Remus la fece risedere accanto a sé.
Teddy pensò freneticamente a una scusa che convincesse la madre a restarsene lì, ma Remus lo precedette.
«Non mi pare il caso, Dora. Guardaci, se ci presentassimo al Castello così conciati Madama Chips ci rinchiuderebbe a forza in infermeria, a costo di Schiantarci con la sua stessa bacchetta».
Tonks scrutò il marito e sorrise. «Sì, è possibile. Forse faremmo davvero meglio a restare qui a riposare in attesa che ricominci la battaglia perché, in effetti, tu non hai una gran bella cera, Remus».
«Be', l'altra notte c'è stata luna piena... e poi neppure tu hai una gran bella cera, sai?»
«Be', l'altra notte c'è stata luna piena» ripeté con impertinente tenerezza la strega. «Il primo plenilunio dalla nascita di Teddy, la mia prima notte sola con lui... e tuo figlio ha pensato bene di fare le ore piccole! Era vispo come un Billywig, non ne voleva proprio sapere di dormire. Ho fatto esattamente quello che fai tu di solito: mi sono seduta sulla sedia a dondolo nella sua cameretta cantandogli una canzone e cullandolo. Ma lo sai anche tu che con me non funziona».
Remus ridacchiò. «Dora, io gli canto delle ninnananne. E, con tutta la buona volontà, non credo che “Incanta la Manticora”...»
«“Schianta la Manticora”» lo ripresero, in perfetta stereofonia, Teddy e Tonks.
Remus sbuffò, guardando accigliato il figlio. «Va bene, “Schianta la Manticora” possa essere definita tale».
«E' una bellissima canzone!» protestò la strega.
«Vero» approvò Teddy. «Una delle più belle delle Sorelle Stravagarie. Ha un ritmo davvero irresistibile».
Remus spostò lo sguardo dall'una all'altro e scosse il capo, sconsolato.
«Ah, vedo che te ne intendi di musica, Dorian! A differenza di qualcun altro» affermò Tonks con entusiasmo, guardando in tralice il marito. «Le canzoncine che gli canta lui sono di una noia mortale».
Teddy osservava i genitori con sommo interesse, chiedendosi allibito come potessero amarsi due persone diverse tra loro come il giorno e la notte. Come il sole e la luna. Come lui e Victoire, in effetti...
«Sono ninnananne, Dora» si difese subito Remus, contrariato. «Il loro scopo è annoiare, suppongo... devono fare dormire, mica intrattenere».
«Oh. Vuoi dire che per fare addormentare nostro figlio tenti, coscientemente, di annoiarlo a morte?»
«Sì. Cioè, no! Io...»
Tonks sorrise, sinceramente ammirata. «Malandrino! Sirius mi aveva avvertita di fare attenzione al tuo lato oscuro» mormorò, appoggiando la testa sulla spalla del marito. «Non era al piccolo problema peloso che si riferiva, vero?»
Remus sogghignò e, cingendo la moglie con il braccio, l'avvolse nel proprio mantello. «No, infatti».
La strega annuì, rilassata, scrutando con attenzione Teddy. «Hai un'aria familiare sai, Dorian? Soprattutto il naso. Ma non credo di ricordarmi di te... non eri di Tassorosso, immagino».
Teddy scosse il capo, rispondendo senza riflettere: «No, di Grifondoro».
Si azzittì subito, inquieto; e se la madre avesse chiesto di lui a Harry? Guardò allarmato il padre che gli sorrise rassicurante, una scintilla di compiaciuto orgoglio nello sguardo.
Tonks, tentando con scarsissimi risultati di trattenere l'ennesimo sbadiglio, si accomodò meglio nell'abbraccio del marito e sussurrò: «Oh, mi piacciono molto i Grifon...»
Non terminò la frase e Teddy, sconcertato da quella brusca interruzione, le si accostò ansioso.
Remus ridacchiò, sfiorando con le labbra la fronte della moglie. «Tranquillo Teddy... si è solo addormentata».
«Così all'improvviso?»
«Sì. Le capita, a volte... e non preoccuparti, non si ricorderà assolutamente della tua strepitosa Casa di appartenenza».
Teddy annuì, sollevato, e riportò l'attenzione sulla madre. «Dev'essere davvero esausta, poverina. Pensavo fosse svenuta, ma... sono così distruttivo?»
Remus ci pensò un istante, poi sorrise. «Sei impegnativo, indubbiamente, ma non ci lamentiamo. E non è colpa tua questo tracollo. Le capitava anche prima che tu nascessi. La prima volta che lo ha fatto in mia presenza mi sono preso anch'io un bello spavento. Avevamo appena finito di fare...»
Si azzittì all'improvviso, imbarazzato.
Teddy, intuendo la natura di quel turbamento, si sporse verso il padre e, ormai rassicurato sulla salute materna, sogghignò malandrino. «Sì? Avevate appena finito di fare? Vediamo se indovino... eri nello stato d'animo di chiamarla Ninfadora pur non essendo per nulla arrabbiato, scommetto».
Dopo un attimo di smarrimento, Remus rispose sfoggiando un identico sorriso. «Avevo completamente rimosso il fatto che nelle tue vene scorre anche un po' del sangue di Sirius, sai? Be', me lo hai appena ricordato».
«Ne sono davvero lusingato. Ma non cambiare discorso, avevate appena finito di fare? Continua».
«Non ci penso neppure. Non parlerò di quello
«Nemmeno con me?»
«Soprattutto non con te».
«Ma sono grande, ormai. Ho già compiuto vent'anni».
«Non te ne parlerei neppure se ne avessi compiuti ottanta, di anni, Teddy, mi dispiace. Ed è inutile che tenti di irretirmi con il celebre fascino Black, la lunga convivenza con Sirius mi ha reso immune».
«Va bene, non tenterò d'irretirti ma...togli uno zero».
Remus trasecolò. «Come?»
«Se stai parlando di quello che penso, affronteremo quell'argomento quando di anni ne compirò otto».
Remus sgranò gli occhi, visibilmente scosso. «Come otto? Non è un po' precoce come cosa?»
Teddy fece spallucce. «Non saprei. Ma avevo quell'età quando ho chiesto a Harry di spiegarmi come nascono i bambini. Suppongo che ora lo chiederò a te. Se può consolarti, sappi che lui ha fatto più o meno la stessa faccia che hai tu ora... e a rispondermi è stato Ron».
Un lampo di preoccupato raccapriccio attraversò gli occhi di Remus. «Ron? Ronald Weasley, intendi? Oh... ed è stato... er... esauriente?»
«Non particolarmente, no. Per una terribile manciata di minuti ho avuto l'agghiacciante convinzione che, per diventare papà, avrei dovuto farmi pungere da un'ape mentre porgevo dei fiori a una ragazza. In effetti avevo già stabilito che la paternità non mi interessava affatto. Ma poi è intervenuta Hermione a chiarirmi le idee. Lei sì che è stata esauriente».
Remus annuì, sollevato. «Hermione. Perfetto. Ho otto anni di tempo per escogitare il modo di chiederle come affrontare l'argomento senza sembrarle un maniaco depravato. E poco informato sui fatti basilari della vita, per di più».

Un improvviso rumore di passi attirò l'attenzione dei due maghi.
Un ragazzo si dirigeva deciso verso la Foresta guardandosi attorno con malinconica avidità, come se desiderasse disperatamente imprimersi nella memoria ogni minima sensazione. Giunto al limite della radura si fermò, esitante, gettando una rapida occhiata verso il Castello. La luce della luna si riflesse sulle lenti dei suoi occhiali e Teddy, con un tuffo al cuore, riconobbe la versione adolescente del padrino.

Il giovane Harry respirò profondamente, si portò una mano alla fronte, raddrizzò la schiena con fierezza e si inoltrò, sicuro, nella Foresta Proibita: la sua terribile decisione era stata definitivamente presa.
Teddy lo guardò con dolore e ammirazione. Avrebbe dato tutto quello che aveva per poterlo aiutare, ma sapeva perfettamente che non era il suo aiuto quello che Harry cercava. Non era l'aiuto dei vivi. Harry era già proiettato oltre.
«Harry» la voce roca di Remus era poco più di un sussurro disperato. «Harry ha deciso di accettare? Si presenterà da solo al cospetto di Voldemort?»
Teddy si voltò, scrutò il volto pallidissimo del padre e gli sfiorò con dolcezza la mano che stringeva spasmodica l'orlo del mantello, le nocche bianche per lo sforzo di impedirsi di afferrare la bacchetta. Teddy era convinto che, se non fosse stato intralciato dal peso della moglie addormentata, Remus si sarebbe già lanciato all'inseguimento di Harry. E, questa volta, solo uno Schiantesimo avrebbe potuto fermarlo.
«Sì, Harry ha accettato la proposta di Voldemort. Sostiene di non avere avuto scelta. Non poteva permettere che altri morissero per lui. Ma non sarà solo. Non lo sarà... presto verrà affiancato da alleati straordinari».
Remus guardò il figlio, confuso, e Teddy sorrise. «Non credo spetti a me raccontarti questa storia. Sarà Harry stesso a farlo».
Remus abbassò gli occhi, accarezzando distrattamente il braccio della moglie e mormorò con amarezza: «Ancora una volta non sono dove dovrei essere; ancora una volta non posso aiutarlo come vorrei; ancora una volta sono costretto ad infrangere la promessa che feci a James».
Sospirò mesto e indicò la Chiave del Tempo: «Quando ho scoperto quella il mio primo pensiero è andato a Harry, sai? Mi sono subito chiesto se avrei potuto utilizzarla per migliorare la sua vita. Avrei voluto con ogni fibra del mio essere tornare alla sera della morte di James e Lily, ma non avrei potuto in nessun modo salvare loro due senza cambiare il corso della storia. La terribile verità è che, senza la loro morte, Voldemort non sarebbe mai stato fermato».
Teddy annuì comprensivo e Remus continuò. «Il secondo pensiero è stato per Sirius. Avrei potuto salvare lui, ridando a Harry almeno il suo padrino? Ma la risposta è stata ancora no. Anche una mia comparsa al Ministero avrebbe rischiato di cambiare il corso della storia. Sirius  era nel mezzo della battaglia, avrei dovuto deviare l'incantesimo di Bellatrix? Schiantandola, forse? E come avrebbero reagito gli altri Mangiamorte? Ci sarebbe finito qualcun altro dietro a quel maledetto Velo? Harry stesso, magari? Senza contare che Sirius non sapeva dell'esistenza di una Chiave del Tempo, per convincerlo a non combattere più avrei dovuto Schiantarlo. E non ce l'avrei mai fatta, ci sarebbero state troppe persone pronte a fermarmi. A cominciare dall'altro me stesso. Avrei dovuto impedire a Sirius di lasciare Grimmauld Place? Ci ho provato anche nella versione originale con scarsissimi risultati» sorrise malinconico. «Non ne ha voluto sapere, mi ha ringhiato minaccioso che un licantropo impagliato sarebbe stato divinamente nell'ingresso, tra la zampa di troll e il ritratto di Walburga, e ha fatto quello che riteneva giusto. Come sempre. Così ho dovuto rinunciare ad usare la Chiave per Harry» Teddy annuì di nuovo. Era consapevole di avere potuto cambiare il destino dei genitori solo perché i due erano morti lontani dal centro della scena.
«E mi sono ripromesso» continuò avvilito Remus. «Per l'ennesima volta, di restargli accanto almeno io... e invece eccolo lì, tutto solo al cospetto di Voldemort. Del resto forse è meglio così, l'unica volta che ho avuto davvero la possibilità di proteggerlo ho rischiato di sbranarlo».
Teddy scosse la testa esasperato, dandogli un colpetto punitivo sulla mano; avrebbe dovuto mettersi davvero d'impegno per migliorare l'autostima del padre. «Smettila di dire sciocchezze e convinciti del fatto che Harry ha già chi lo sta aiutando, ora. Tu potrai aiutarlo dopo. Perché lui ha ancora bisogno di te, ne ha un bisogno disperato».

Voci esaltate risuonarono nella radura. Avvolti nella calda luce delle torce, alcuni uomini uscirono dalla Foresta, allegri e festanti. Tra loro risaltava una sagoma enorme che camminava lenta e silenziosa, stringendo con protettiva tenerezza qualcosa tra le braccia. Teddy fu colpito dal dolore disperato che emanava quella figura possente.
«Hagrid» notò teso Remus. «E porta in braccio qualcosa ma...»
«Non ti impressionare, va tutto bene. E' Harry quello che Hagrid porta tra le braccia... ma sta bene. Sta solo fingendo».
Remus annuì, stringendo convulsamente Tonks che protestò nel sonno.
Teddy scrutò il lago, ora placido e calmo, da lontano giunsero improvvisamente urla disperate, seguite da una risata agghiacciante. Dopo qualche tempo si levarono altre grida, quasi di giubilo e di nuovo il cielo fu illuminato da lampi colorati: la battaglia era ricominciata.
I tritoni riemersero fieri dalle acque, ascoltando impotenti i rumori di un combattimento a loro precluso.
Un rombo, come di temporale, attirò l'attenzione di Teddy che guardò allibito il cielo limpido. Poi il rumore si fece più vicino e il ragazzo comprese: non erano tuoni, ma zoccoli di cavalli lanciati a un furioso galoppo.
Nella radura irruppero con impeto alcuni centauri, gli archi tesi, le frecce già incoccate, e si diressero minacciosi verso il Castello. Al limitare della Foresta un esemplare solitario, scuro come la notte, osservava la scena immobile, le braccia conserte, la testa sdegnosamente eretta.
«Anche i centauri hanno deciso di unirsi a noi?» chiese incredulo Remus.
Teddy annuì, mentre i rumori della battaglia continuavano a riecheggiare in lontananza.
Un gruppo di licantropi, guidato dall'uomo apparso accanto a Teddy nella radura, correva rapido e silenzioso verso il Parco. Ambrosius li seguiva con più calma e, notato il centauro solitario ancora immobile nella sua postazione, gli si accostò con cautela. Il centauro lo guardò scalpitando, scosse la testa un paio di volte, agitando scontroso la folta coda bruna, ma ascoltò il vecchio, esitò ancora un poco e poi si lanciò, sbuffando, verso il Parco. Il licantropo sorrise soddisfatto, rivolse un cenno di saluto ai tritoni e lasciò a sua volta la radura. 
Teddy realizzò che nessuno gli aveva mai raccontato di maridi e licantropi. Nessuno gli aveva mai parlato della battaglia divampata all'esterno del Castello. Non meno furiosa di quella combattuta all'interno, almeno a giudicare dai suoni che giungevano nel loro appostamento.
Remus fremeva, seduto sul tronco e Teddy gli sorrise incoraggiante.
Poi, improvvisamente, ogni rumore si spense e su Hogwarts calò il silenzio. Una calma assoluta, attonita e inaspettata, come sospesa in attesa di qualcosa. E, poco dopo, un alto boato: urla di una felicità incredula e totale.
Remus guardò Teddy, incerto. «Penso sia finita».
«Sì, lo penso anch'io».
Il licantropo fece per svegliare Tonks ma si fermò, guardando il figlio, titubante. «Teddy... vorrei tu sapessi che in questo momento sto seriamente rischiando di esplodere di orgoglio».
Il ragazzo annuì. «Harry è stato grande, vero? Meraviglioso!»
«Sì, Harry è stato fantastico» concordò Remus con convinzione. «Sono davvero orgogliosissimo di lui e ora andrò a dirglielo. Ma sono orgogliosissimo anche di te, Ted. Anche tu sei stato grande. Non so davvero come potrò sdebitarmi».
Teddy arrossì d'imbarazzo e di piacere e mormorò: «Vivendo».
Ma un istante più tardi sorrise furbo e aggiunse: «Però, se proprio insisti, ci sarebbe una cosa che potresti fare per me».
Remus lo guardò incuriosito. «Dimmi».
«Hai presente il portaombrelli di nonna Andromeda?»
«Quello di ceramica? Decorato con puttini e ghirlande di frutta? Sì, molto... er... raffinato».
Teddy ridacchiò e raccontò velocemente la storia dell'esplosivo incidente capitatogli a sei anni, pregando il padre di prevenirlo in qualche modo.
«Non è detto che succeda, però, Teddy. Il tuo passato futuro sarà diverso da quello passato» si fermò un istante, scostandosi pensoso una ciocca ribelle dalla fronte. «Uhm... concetto interessante, vero? Sirius e James mi avrebbero già accusato di uso improprio di materia grigia ma, anche volendo agire cosa potrei fare? Mettere sottochiave tutti i miei libri?»
Teddy lo fulminò con lo sguardo. «Non ti azzardare! Non ci pensare neppure! Piuttosto suggerisci a nonna di mettere il portaombrelli da qualche altra parte. Perché, che so, è troppo... raffinato... per starsene lì».
Remus scrutò il figlio, assorto, poi sogghignò. «Sirius sarebbe fiero di te. Gli piaceresti parecchio, credo».
Teddy tentò di ribattere ma fu azzittito da una voce tremendamente stonata che cantava a squarciagola un'insolente canzoncina, accompagnata da un ritmico rombo sincopato.
Alzò stupito gli occhi e vide l'ombroso centauro bruno galoppare veloce verso la Foresta, brandendo minaccioso l'arco e puntando verso la fonte di quel canto sgraziato: Pix, il pestifero poltergeist del Castello, che volteggiava eccitato sopra le macerie del gargoyle.


Teddy rise divertito, benedicendo in cuor suo l'irriverente spiritello: un periodo terribile si era definitivamente concluso e il comportamento beffardo di Pix era la rassicurante prova che le cose stavano tornando alla normalità. 


 * “Harry Potter e i Doni della Morte” J.K. Rowling. Pagg. 606-607 Salani Editore 2008 


Ed ecco il quarto capitolo. 
Non ho molto da dire a riguardo.
E' un capitolo di attesa. Un capitolo "statico", se vogliamo. Dove,
mentre Hogwarts trattiene il respiro in attesa di vedere cosa succederà,Teddy si gusta la presenza dei genitori cominciando a "esplorarli".
Mi sono divertita a scandire lo scorrere del tempo ricorrendo ai fatti salienti narrati dal libro, solo visti da tutt'altra angolazione: Harry che si addentra nella Foresta Proibita, Harry trasportato da Hagrid e circondato da Mangiamorte convinti di avere la vittoria in pugno e un fatto meno saliente per la storia del libro, ma importantissimo per i miei tre eroi: il ritrovamento mancato dei corpi di Remus e Tonks da parte di Oliver e Neville. Vero che il libro non ne parla... ma a me pareva plausibile. E poi l'idea mi piaceva.^^
Ho poi ripreso la presenza dei centauri, perché mi aveva piacevolmente sorpresa la loro scelta di schierarsi con i difensori di Hogwarts, l'avevo trovata molto significativa. L'aggiunta dei licantropi è invece dovuta alla mia personale delusione per la mancanza di ogni accenno a loro nel libro. Insomma, Remus ha passato un anno intero tra di loro e nel libro non vengono neppure nominati? Non va bene... ;-)
Infine, l'altra scelta arbitraria: la Casa di Teddy. Ho spulciato tutto Lexicon ma non ne ho trovato traccia, così l'ho messo a Grifondoro. E' la Casa che preferisco (non sono molto originale, ne convengo), e un Lupin figlioccio di un Potter non può che stare lì, a mio modesto parere. La mia altra opzione era Tassorosso
(che pure non mi dispiace), la Casa di Dora ... ma poi mi sono detta che già Teddy aveva deliziato mamma e sconvolto papà dichiarandosi fan delle Sorelle Stravagarie, così ho optato per Grifondoro nel tentativo di bilanciare un po' le cose: tanto più che a Tonks "piacciono molto i Grifon...". ^^
Oh, in ultimo... non sono proprio sicura che Pix potesse raggiungere il Parco... ma ci stava così bene come trovata... e poi è un'occasione speciale, suvvia. Nel libro viene persino tolta l'impossibilità di Materializzarsi nel Parco per permettere agli aiuti di arrivare... e concediamo un po' di libertà anche a Pix!

Come indicato dalla dicitura in verde qui sopra, il proclama di Voldemort è una citazione tratta da "Harry Potter e i Doni della Morte" di J.k. Rowling. E anche il "Billywig" a cui Tonks paragona il Teddy neonato è un'invenzione della Rowling. Trattasi di un vivace animaletto volante originario dell'Australia che ci viene presentato in : "Gli animali fantastici: dove trovarli".


lyrapotter: Grazie! Mi fa piacere che tu abbia trovato perfetto il mio Remus (anche perché mi sembri un'intenditrice, visto che sei in così "confidenziali" rapporti col soggetto in questione). E certo che Remus era un buon combattente! Voglio dire: è sopravvissuto praticamente a due guerre, si è buttato in missioni non esattamente di tutto riposo, è un membro dell'Ordine della Fenice... è sicuramente un buon combattente, non ci piove!  Greyback è esattamente un pazzo assatanato, sì. Non c'è modo migliore per descriverlo, direi. Ottima sintesi! Remus ha preso tutto con ammirevole nonchalance perché era preparato. Sicuramente aveva messo in conto di non uscire vivo da quella battaglia (in effetti neppure nel libro sembra molto stupito della cosa, quando Harry lo richiama con la Pietra della Resurrezione, no?) e sa dell'esistenza di una Chiave del Tempo, quindi... Anch'io non ho una grande simpatia (eufemismo) per Bellatrix e avrei fatto un monumento a Molly! Voldemort a volte può anche rendersi utile, per quanto strano possa sembrare. Certo, non che lo faccia coscientemente, eh... Oh, per quanto riguarda i due uomini corsi in soccorso di Michael, no, non ti sei persa nessun pezzo (per quanto sia un'eventualità da mettere in conto quando si è impegnati a sbavare su uno dei personaggi, suppongo ^^) semplicemente non lo avevo detto, ancora. Penso che dopo questo capitolo la cosa si sia un po' chiarita.  

Jadis: Grazie! Ah, la morte di Remus e Dora... mi sarebbe piaciuto molto immaginarmi una romantica, duplice morte leggendo i "Doni della Morte", sai? Purtroppo l'ho subito immaginata così, però. Anche più crudele, se vogliamo. Prego, la prima ad avere goduto della speranza data da questa storia sono stata proprio io. ;-)

Piccola Vero: Mi fa davvero piacere che la storia continui a piacerti e che non ti stia deludendo troppo! Teddy ha un certo fascino, ne convengo. Del resto è un
cocktail davvero interessante, no?  ;-)

Kamen: Grazie per la recensione "bellica"! Mi ha fatto davvero molto piacere questa tua constatazione, sai? Perché hai ragione, la guerra è descritta raramente nelle ff. Forse perché, fortunatamente, la stragrande maggioranza degli autori non la conosce e tende davvero ad immaginarsela come un eroico e nobile torneo dove tutti si combattono a turno. Uhm... sai che mi piace molto il tuo Canon mentale? Somiglia parecchio al mio!
 
fri rapace: Ciao! Grazie per la recensione! Mi ha fatto molto piacere riceverla, ma la prossima volta evita di rischiare divorzi per causa mia, per favore!^^ Il capitolo può aspettare... il maritino meno, suvvia. Per "sdebitarmi" tenterò di spiegarti cosa mi ha spinto a fare agire Remus nel modo che ti ha lasciato un po' perplessa. Dunque, è verissimo che Remus è più che disposto a giustiziare Peter alla fine del terzo libro. Giustiziare. Perché Peter si è macchiato di una delle colpe che Remus non riesce a perdonare: ha tradito. E, peggio, ha tradito chi aveva cieca fiducia in lui. Nella mia storia, però, la minaccia di Fenrir è solo aleatoria, Teddy non corre nessun rischio in quel preciso momento e Remus, pur molto tentato dall'idea di fare fuori Fenrir (oh, se ne è tentato...), si trattiene. Il suo comportamento non è dettato tanto da "bontà", quanto da autocontrollo. E' il trionfo della razionalità sull'istinto; della pietà sulla ferocia; dell'Uomo sulla Bestia. E', insomma, frutto della lotta che Remus intrattiene costantemente con se stesso, la conseguenza diretta della sua Scelta; quella Scelta che determina l'essenza stessa di Remus, a mio parere, perché, come sostiene Silente: sono le scelte che fanno di noi quello che siamo. E Remus sceglie di essere diverso da Fenrir, anche perché Fenrir incarna la peggior paura di Remus, quella paura che si intuisce dalla forma del suo Molliccio. Che non è tanto paura del dolore fisico legato alla trasformazione, secondo me, quanto paura di quello che la trasformazione comporta: la perdita della razionalità, della pietà, del controllo di sé; in poche parole la perdita dell'Umanità. Il diventare, insomma, esattamente come Greyback. Spero di essere riuscita a spiegare la mia idea come tu hai spiegato la tua, ma, soprattutto, spero che tu legga tutto questo senza rischiare rappresaglie da tuo marito. E, naturalmente, spero che tu abbia apprezzato Tonks e il suo approccio con il figlio quasi coetaneo. Secondo me sta sognando (letteralmente) di chiedergli di accompagnarla al prossimo concerto delle Sorelle Stravagarie. Sai com'è, Remus non le dà molte soddisfazioni, in tal senso.^^

evelyn_cla: Grazie per la recensione! Mi fa davvero piacere che la storia ti stia piacendo. Mi sono divertita molto a scriverla, anche perché mi ha permesso di "esorcizzare" quelle due morti. Il fatto che possa piacere anche ad altri non può che farmi un immenso piacere. E mi fa un immenso piacere anche il fatto che ti abbia fatto ridere. Era nelle mie intenzioni, in effetti.^^ Per quanto riguarda la frase che hai citato, be', Remus ancora non lo sa... ma Teddy ha preso moltissimo dalla mamma. Povero Remus... e poveri Vermicoli ;-)

fennec: Grazie! Ho adorato descrivere l'incontro tra Remus e Teddy... e quel ricorrere alla parola "papà" invece di Schiantare o Pietrificare mi è parsa naturale. Mai sottovalutare la forza, e la magia, di talune parole. Per quanto riguarda il Prato Incantato... be', ho pensato che tre Animagi inesperti avessero pur bisogno di un luogo in cui esercitarsi lontano da sguardi indiscreti, no? Voglio dire, non ce lo vedo un cervo nel dormitorio di Grifondoro... ci sarebbe stata una strage di poveri baldacchini innocenti! E un prato protetto - chissà quando e chissà da chi - con un incantesimo mi pareva molto appropriato. Mi fa piacere che l'idea ti sia piaciuta. 

E un sentito grazie anche ai sempre più numerosi membri dell'Esercito dei Silenti

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Capitolo 6
*** Capitolo Quinto - La Fine e l'Inizio. ***


LA CHIAVE DEL TEMPO


Capitolo Quinto

La Fine e l'Inizio



«Abbiam vinto, viva viva Potter,
Vold è mort, con le ossa tutte rotte!» **


Tonks, svegliandosi di soprassalto, si guardò attorno smarrita, ancora avvolta nella nebbia di un sonno esausto. Poi la realtà la investì con violenza e, sciogliendosi precipitosamente dall'abbraccio del marito, scattò in piedi come una furia. 
Remus le fu subito accanto, rassicurandola con pacata dolcezza.
«Tranquilla Dora, è finita. Ascolta cosa sta cantilenando Pix. Abbiamo vinto. Harry ha sconfitto Voldemort».
La giovane donna lo guardò confusa. «Cosa? Senza di noi?»
Remus ridacchiò, scompigliandole con tenerezza i corti capelli scarmigliati.
«Così parrebbe, sì. Harry ha fatto a meno di questi due ruderi distrutti dalla luna piena. Ma ora andiamo da lui, voglio parlargli, assicurarmi che stia bene... e subito dopo correremo da Andromeda a riprenderci Teddy» scoccò un'occhiata al giovane che, ancora seduto sul grosso sasso, li osservava incuriosito e aggiunse: «Non vedo l'ora di coccolarmelo un po' e di dirgli quanto sono orgoglioso di lui».
Tonks lo scrutò stranita. «Quanto sei orgoglioso di... Teddy?»
«Sì».
«Perché non apprezza "Schianta la Manticora"
Remus sospirò affranto. «Magari! Vorrei tanto fosse così, ma temo la adorerà. No, Dora, sono orgoglioso per quello che farà. Sarà davvero un grande mago!» proclamò ammiccando complice al figlio, quindi si avvolse nel mantello e si incamminò spedito verso la radura.
Tonks afferrò Teddy per un braccio e, trascinandoselo appresso senza troppi complimenti, seguì perplessa il marito.
«Dorian, secondo te ha avuto un'altra visione del futuro dovuta dalla sfera di cristallo scagliatagli dalla Cooman?»
Teddy si strinse nelle spalle e Remus esclamò giocoso: «Già».
«Già» ripeté la strega, fissando esasperata la schiena del marito. «Quindi, Remus, ora sei convinto che Teddy avrà un futuro fantastico malgrado la tua presenza?»
«No, ora sono convinto che Teddy avrà un futuro fantastico e che potrebbe anche apprezzarla la mia presenza. Sì, sono sicuro che gli piacerò».
La donna si voltò spazientita verso Teddy. «E' da agosto che tento inutilmente di convincerlo di questa cosa, sai?»
Teddy sorrise filosofico. «Evidentemente venire colpiti in testa da una sfera di cristallo ha davvero strani effetti collaterali».
Tonks sbuffò, melodrammatica come una vera Black. «Ad averlo saputo prima gliela avrei tirata io una sfera di cristallo in testa! Anni fa...»
Ridendo di gusto, Teddy diede un colpetto comprensivo alla mano della madre, che ancora gli stringeva il  braccio e affrettò il passo, fermandosi poi accanto a Remus per ammirare la scena che li accolse appena sbucati dal folto degli alberi.

Il Castello di Hogwarts si stagliava superbo contro il cielo color inchiostro, incurante dei pinnacoli mutilati e dei doccioni divelti. Fiero come un vecchio guerriero ammaccato ma vittorioso.
Centinaia di torce incantate illuminavano i maghi che, abbracciandosi euforici e commentando a gran voce gli ultimi straordinari avvenimenti, sciamavano ai piedi della ripida scalinata di pietra che conduceva al portone d'ingresso.
Poco lontano, gli archi ancora stretti in pugno, alcuni centauri osservavano enigmatici la scena. Uno di loro, un esemplare dai capelli fulvi e dal manto color castagna, indicava solenne la volta stellata ad Ambrosius che annuiva interessato.
Gli altri licantropi scrutavano assorti l'orizzonte. All'improvviso quello apparso nella radura durante il combattimento con Greyback lasciò il gruppo e si avvicinò a Remus.
Vedendolo illuminato dalle torce, Teddy notò che i lunghi capelli del licantropo non erano neri come gli erano parsi alla luce della luna, ma di un caldo castano ramato. Conosceva quell'uomo, realizzò stupito scrutandone gli intensi occhi color muschio, era il cantastorie che incontrava spesso nelle vicinanze di casa Tonks. Da bambino si fermava sempre ad ascoltare le storie fantastiche narrate da quell'uomo scarno e gentile, affascinato dall'aura di mistero che lo circondava. Nonna Andromeda sosteneva che era solo un cantastorie un po' strambo, ma il piccolo Teddy non ne era affatto convinto; i cantastorie, per quanto strambi, non lo guardavano come se fosse qualcosa di raro e prezioso, di solito...
«Ti ho visto nella radura, Remus» affermò il licantropo, sorridendo ammirato. «Hai sconfitto Greyback. Hai versato il suo sangue e lo hai costretto a mostrarti la gola. Si è sottomesso a te, ora sei tu l'Alfa del branco e noi eseguiremo i tuoi ordini. Abbiamo già cominciato, in realtà, tu ci hai ripetuto per un anno intero che avremmo dovuto combattere contro il Signore Oscuro e questa notte lo abbiamo fatto. Con una certa soddisfazione, tra l'altro. Non è che amassimo alla follia quei tizi incappucciati» sogghignò compiaciuto.
Teddy notò sorpreso che anche gli altri licantropi si erano avvicinati e annuivano con convinzione.
«Oh, non che il Ministero ci abbia mai dato motivo di schierarci dalla sua parte» proseguì serio l'uomo dai capelli ramati. «Ma abbiamo deciso di fare noi il primo passo. Come ci hai chiesto tu» detto questo piegò con solennità il capo all'indietro e, scostando la veste logora, espose la gola a Remus che sussultò.

«Emrys, no... non devi. Nessuno di voi deve».
Emrys lo guardò turbato e Remus gli posò rassicurante la mano su una spalla. «Io vi aiuterò, naturalmente, Emrys, ma non come Alfa. Come amico. Siete esseri umani, non animali, non vi serve un capobranco. Parleremo, discuteremo e decideremo tutti insieme cosa è meglio fare».
Emrys annuì sistemandosi la tunica e sbirciò incuriosito Tonks che gli sorrideva con simpatia.
«Oh, giusto. Dora, lui è Emrys, il primo licantropo di Greyback. Il primo che è stato morso da lui ed è sopravvissuto. Emrys, lei è Ninf...» notando l'occhiata assassina della strega, Remus si corresse con invidiabile prontezza di riflessi. «Tonks. Lei è Tonks, mia moglie».
Emrys strinse titubante la mano che la ragazza gli porgeva e guardò Remus, incredulo. «Tua moglie? Allora è vero. Ti sei sposato. E... hai davvero avuto un figlio?»
Remus annuì, ma Tonks fu più lesta e mise nella mano di Emrys una foto un po' sgualcita. Teddy, scorgendovi un neonato dai capelli turchesi che agitava energico i minuscoli pugni, riconobbe la sua fotografia che Harry conservava gelosamente tra le cose più care.
Emrys la guardò meravigliato, sfiorando gentilmente l'immagine del bimbo. «Remus, sai cosa significa questo per noi? Questo bambino rappresenta per tutti noi la speranza di una vita normale. Il sogno di una futura accettazione» spostò i luminosi occhi verdi dalla foto a Tonks. «Chissà, forse anche qualcun altro di noi si imbatterà in una persona così speciale».
La strega sorrise lusingata. «Il primo licantropo di Greyback?» esitò un istante. «Posso chiederti quanti anni avevi quanto sei stato morso, Emrys?»
Il licantropo annuì. «Ne avevo appena compiuti undici. Ero pronto per venire qui, a Hogwarts, ma saputo della mia... disavventura non mi hanno più voluto» sbirciò mesto Remus e aggiunse con amarezza: «Silente non era ancora Preside, purtroppo. Così non ho avuto altra scelta che aggregarmi a Greyback, visto che non sapevo neppure usare una bacchetta» concluse un po' umiliato, poi guardò Tonks e sorrise sincero. «Ma sono felice che per Remus sia andata diversamente».
Consegnò la foto alla strega e si allontanò, riunendosi agli altri licantropi e intavolando con loro una vivace discussione.
Tonks lo osservò pensierosa, gli occhi scuri un po' più lucidi del normale.
«Aconito. Dovrò procurarmi una massiccia dose di aconito».
«Come, Dora?» chiese Remus, fissando sospettoso la foto che teneva in mano la moglie e frugandosi furiosamente nelle tasche.
«Preparerò la Pozione Antilupo anche per loro questo mese. Remus, è inutile che tenti di distruggerti la tunica, è la foto che avevi tu, questa. L'ho raccolta nella radura, deve esserti caduta mentre combattevi».

«Eccovi qui, voi due! Vi abbiamo cercati ovunque» esclamò una profonda voce molto sollevata e Teddy si ritrovò a osservare un giovane ed euforico Kingsley che, stritolando in un abbraccio fraterno Remus, sorrideva radioso a Tonks e afferrava la foto che la strega stringeva ancora tra le mani.
«Oh, ed ecco l'erede! Non vedo l'ora di conoscerlo di persona» il gigante nero mollò Remus e sogghignò. «Ho intenzione di viziarlo terribilmente, lo sapete, vero?»
Remus annaspò in cerca d'aria e Tonks ridacchiò divertita. «Il dubbio ci ha sfiorato quando il tuo povero gufo ci ha consegnato quell'enorme fenice di peluche, sì».
«Be', meglio abituarlo fin da piccolo, la fenice è nel suo destino. C'è l'ha nel sangue del resto. E a proposito di destino... Remus, faresti meglio ad andare da Harry. Ha sconfitto Voldemort, sai? Con un Expelliarmus!»
Remus sgranò gli occhi. «Cosa? Un... va bene, è ufficiale, dovrò davvero rivalutare quell'incantesimo».
Kingsley rese la foto a Tonks, facendosi di colpo serio.
«Va' da lui, Remus, è in Sala Grande. Ti sta cercando disperatamente tra i feriti... e tra i morti. Poco dopo il proclama di Voldemort mi ha fermato chiedendomi tue notizie e gli ho dovuto rispondere che nessuno ti aveva visto. E' schizzato via come un fulmine, stringendo tra le mani un'ampollina ricolma di quelli che parevano ricordi, affermando che nessun altro sarebbe morto al posto suo».
Remus annuì, accingendosi a raggiungere il Castello, quando la ragazza della radura si avvicinò allegra. Teddy notò che indossava l'uniforme di Tassorosso.
«Professor Lupin! Sta bene fortunatamente. Ero preoccupata».
Remus le sorrise, osservando incuriosito l'uomo che le stava accanto.
«Grazie per avere salvato mia figlia» disse lo sconosciuto, reggendosi con cautela il braccio destro, immobilizzato in una posizione decisamente innaturale.
«Di nulla, signor Bones. Solo dovere. Ma quel braccio sembra rotto, dovrebbe andare a farsi vedere da Madama Chips».
L'uomo scosse il capo, trattenendo un gemito di dolore. «Madama Chips ha feriti molto più gravi a cui pensare. Aspetterò il mio turno».
Remus scrutò pensoso il braccio dell'uomo, poi spostò lo sguardo sul gruppo di licantropi che attendeva poco lontano. Scorto Ambrosius, gli fece cenno di avvicinarsi, e il vecchio ubbidì, fermandosi a pochi passi dall'uomo ferito.
«Signor Bones, lui è Ambrosius. E'...»
«Un licantropo?» l'uomo arretrò istintivamente di qualche passo.
«Sì, un licantropo, come me del resto» confermò pacato Remus, mentre Kingsley, sbuffando insofferente, dedicava al ferito un'occhiata di pura irritazione.
Il signor Bones abbassò lo sguardo, combattuto, ma prima che avesse la possibilità di replicare, due ragazzi si avvicinarono ad Ambrosius. Quello più basso indossava l'uniforme di Corvonero e zoppicava, Teddy lo riconobbe immediatamente come Michael, lo studente che aveva combattuto con la Mangiamorte scomparsa tra le acque del lago. L'altro ragazzo aveva i capelli neri e arruffati, gli occhi brillanti dei licantropi e un sorriso sollevato stampato sulle labbra: era il giovane corso in aiuto di Michael nella radura.
«Finalmente ti ho trovato, Ambrosius. Potresti dare un'occhiata alla caviglia di Michael? Non credo sia rotta ma... l'esperto sei tu».
Senza scomporsi, Ambrosius fissò Michael negli occhi. «Sono un licantropo».
Il ragazzo annuì. «Sì, lo so, Dylan me lo ha detto. Anche lui lo è, ora».
«Non hai paura che ti contagi?»
Il ragazzo sbarrò gli occhi, allibito. «E come? Un licantropo può contagiare qualcuno soltanto mordendolo quando è completamente trasformato. Questa notte non c'è luna piena, quindi non corro nessun pericolo».
Il vecchio sorrise, borbottando qualcosa a proposito dei Corvonero, fece sedere il ragazzo su un muretto lì vicino e s'inginocchiò, studiando con occhio esperto la caviglia ferita.
«Ottima diagnosi, Dylan. Non male per un giocatore di Quidditch» approvò Ambrosius, ammiccando al giovane licantropo, quindi agitò con garbo la bacchetta e una luce bluastra avvolse la gamba di Michael che, sospirando sollevato, scattò in piedi e cominciò a camminare normalmente.
Ambrosius si alzò a sua volta e si rivolse all'uomo col braccio ferito.
«Ho lavorato per decenni al San Mungo, prima che Greyback pensasse che un Medimago gli sarebbe stato utile e decidesse che ero io quello che voleva. Ero a capo del reparto Ferite Magiche... ma fui sollevato dall'incarico subito dopo essere stato morso» guardò con simpatia il giovane Corvonero che aveva appena curato. «Evidentemente le persone che hanno deciso il mio futuro erano meno informate di questo ragazzo. La sua è una brutta frattura, Signor Bones, sarebbe meglio occuparsene subito. Se me lo permette lo farò volentieri» sorrise, i brillanti occhi chiari attraversati da un inaspettato lampo d'ironia. «Le assicuro che non mordo... quando la luna non è piena».
Il signor Bones arrossì vistosamente e si sedette imbarazzato sul muretto. Ambrosius gli sfiorò con gentilezza il braccio ferito, esaminando la frattura e riducendola con un sapiente colpo di bacchetta. Teddy lo osservò meravigliato: neppure madama Chips era così rapida nell'aggiustare arti umani...
«Ho fatto davvero molta pratica nella cura di ferite, magiche o meno, in questi ultimi anni» spiegò paziente il vecchio, sorridendo alle persone che si erano avvicinate incuriosite. «Ho avuto modo di potenziare alcuni incantesimi tradizionali, e di elaborarne di nuovi. Se qualcun altro dovesse avere bisogno di cure... io sono qui».
Una donna con una brutta bruciatura su uno zigomo si fece subito avanti, battendo sul tempo un attempato mago claudicante e, nel giro di qualche minuto, si era già radunata una piccola folla di maghi e di streghe che reclamava l'assistenza dell'esperto guaritore dagli occhi rilucenti.
Teddy stava osservando interessato Kingsley che, aiutato dal signor Bones, disciplinava con metodi assai convincenti i feriti più scalmanati, quando Dylan si avvicinò allegro a Remus.
«Non ci posso credere, professore, hai davvero ceduto? Malgrado tutte le tue nobili - e masochistiche - intenzioni ha avuto la meglio la donzella? La voglio proprio conoscere questa rara creatura dotata di una cocciutaggine più sviluppata della tua!» sogghignò il giovane e, assestando una pacca amichevole sulla spalla di Remus, sbirciò con curiosità la misteriosa signora Lupin; sgranando immediatamente gli occhi, allibito.
«Tonks? Per la scopa di Merlino, Remus, era Tonks la donna per cui ti struggevi tormentoso?»
«Io non mi struggevo tormentoso...» tentò di precisare Remus, totalmente ignorato dall'euforico Dylan.
«Dovevi dirmelo! Ti avrei risparmiato mesi di laceranti arrovellamenti, assicurandoti che non avevi scampo con lei» si bloccò un istante, scoccando un'occhiata birichina alla strega. «Tonks! La più grande rompipluffe che abbia mai varcato il cancello di Hogwarts!»
«Ehi! Ricordati che, non fosse stato per me, saresti annegato nel lago durante il tuo primo anno, ragazzino!» ribatté contrariata Tonks.
«Tonks, non fosse stato per te non avrei mai rischiato di annegare nel lago durante il mio primo anno, visto e considerato che sei stata proprio tu a farmici cadere dentro».
«Uff... sei davvero un metodico, pignolo Corvonero, Dylan!»
«Ti ha fatto cadere nel lago?» chiese Remus interessato.
«Oh, sì! E' così che ci siamo conosciuti. Una storia intrigante, se vuoi te la racconto. Non sono bravo come Emrys, ma...»
«Ma non avevi fretta di parlare con Harry, tu?» sbuffò la strega, afferrando il marito per una mano e trascinandolo con piglio deciso sulla ripida scalinata che saliva al Castello.
Teddy, notando divertito che i capelli della madre erano virati a un'affascinante - quanto minacciosa - tonalità rosso papavero, sorrise a Dylan, chiedendosi se sarebbe mai venuto a conoscenza di quella promettente storia lacustre e controllò la Chiave del Tempo: la fenice non aveva ancora cominciato a ricomparire e Teddy, rassicurato, si avviò a sua volta verso il Castello.

Salita la ripida scala di pietra, Teddy varcò il portone d'ingresso e si guardò attorno sbigottito, riconoscendo a stento quella che, per sette anni, era stata la sua seconda casa: l'imponente scalinata di marmo che troneggiava al centro dell'immenso atrio, vanto di innumerevoli generazioni di solerti Elfi Domestici, era opaca e macchiata in più punti.
Gli stendardi delle quattro Case pendevano sghembi e sfilacciati dalle loro postazioni, sovrastando malinconici le quattro grosse e malconce Clessidre Segnapunti. Le gemme colorate che queste contenevano si erano riversate sul pavimento, mescolandosi disordinatamente in un estremo, disperato appello all'unità delle Case.
Sfiorato dalla gelida carezza di un fantasma, Teddy alzò gli occhi, ammirando l'eterea Dama Grigia che, sorridendo dolente, spariva con inconsapevole grazia nel massiccio muro di pietra.
Muro che, notò il giovane con stupore, era diverso da come lo ricordava. Era più spoglio, come se mancasse qualcosa...
Mancava, ovviamente, la candida lapide di marmo su cui erano incisi, con lettere d'oro zecchino, i nomi dei 57 caduti della Battaglia di Hogwarts, dedusse, dandosi mentalmente dell'idiota, prima di scorgere i genitori che stavano entrando nella Sala Grande.

Teddy li seguì esitante, tentando disperatamente di ignorare l'acre odore di fumo che aleggiava nell'aria e si addentrò nella stanza fissando ostinato una grossa macchia color ruggine allargatasi sul pavimento, restio a confrontarsi con il lato più drammatico e doloroso della guerra.
Eccolo l'altro ricordo di Harry che non aveva voluto guardare nel Pensatoio. Non avrebbe potuto sopportare di vedere i corpi dei suoi genitori giacere nel luogo che, per lui, aveva sempre significato calore e allegria.
Richiamando ogni singola briciola del suo rinomato coraggio Grifondoro, Teddy si fece forza e sollevò con decisione lo sguardo: un girone infernale non doveva essere molto diverso.
Decine di corpi esanimi giacevano allineati sul pavimento, silenziosamente omaggiati dalle limpide stelle che costellavano lo scuro soffitto incantato.
Un giovane centauro dai lunghi capelli chiarissimi, sdraiato in un angolo, parlava con Hagrid mostrandogli sofferente la brutta ferita che gli squarciava il fianco.
Poco oltre, Neville e Oliver vegliavano mesti il corpo di Colin Canon.
Teddy distolse bruscamente lo sguardo, turbato da quanto piccolo sembrasse quel corpo, ritrovandosi così a fissare una versione molto giovane e molto addolorata della famiglia Weasley. Osservò sgomento il solare, irriverente George singhiozzare inconsolabile tra le braccia di Arthur e gli altri ragazzi fissare impietriti Molly che, inginocchiata accanto al corpo di Fred, tentava imperterrita di pulirgli il viso e di pettinargli la folta chioma rossa; solo Ron mancava all'appello e Teddy realizzò confusamente che doveva trovarsi nello Studio del Preside con Harry ed Hermione. Poi, il senso di colpa per avere salvato soltanto i suoi genitori lo colpì con la violenza di uno Stupeficium ben assestato.
«Fred...» il sussurro di Tonks riscosse il giovane Lupin dai suoi pensieri. «Oh, Remus, pensa a come ci potremmo sentire noi se Teddy...» non riuscì neppure a terminare la frase, strinse brevemente la mano del marito e si avvicinò a Molly, abbracciandola con dolce fermezza. Molly tentò di ribellarsi, ma cedette quasi subito, posando il viso sulla spalla della strega più giovane che cominciò a cullarla come avrebbe fatto con una bambina.
Remus si sfregò la fronte con una mano tremante. «Fred...»
Teddy annuì mesto. «Sì. Io non ho potuto...»
«No, certo Ted, lo so... è solo che Fred...» scosse il capo, indicando vago lo spazio attorno a sé. «E tutti questi ragazzi io li conoscevo. Sono... erano miei allievi. Tutti loro» si azzittì, guardando la moglie con ammirazione. «Lei è molto più forte di me».
«E' molto... materna. Non pensavo da come me ne hanno parlato».
«Non lo pensavo nemmeno io, Teddy. Ma mi sono ricreduto il giorno in cui sei nato e lei ti ha preso in braccio per la prima volta» sorrise, poi sospirò, fissando Ron che abbracciava George mentre Arthur si guardava attorno un po' smarrito. «Credo che tocchi a me...»
Teddy annuì, ma indicò qualcosa alle spalle del padre. «Lo credo anch'io, sì».

Harry era fermo sulla soglia della Sala Grande, lo sguardo fisso sui corpi allineati e la mano destra serrata attorno alla bacchetta magica.
Eccolo, il Prescelto. L'uccisore di Voldemort. Teddy realizzò sconcertato che non assomigliava affatto all'eroe glorioso e risplendente che aveva immaginato ascoltando i racconti dei sopravvissuti.
Questo Harry era soltanto un ragazzo stremato che tentava coraggiosamente di tenere a bada un dolore immenso, aggrappandosi caparbio alla sua vecchia bacchetta risanata.
Ed era infinitamente più eroico del guerriero invincibile e luminoso che popolava le sue fantasie infantili, rifletté Teddy con orgoglio, mentre Remus, scorto Harry, lo chiamava con dolcezza.
Il ragazzo si voltò di scatto e Teddy vide un lampo di sollievo squarciare per un istante il velo di dolore che gli ammantava gli occhi.
«Remus».
I due si studiarono titubanti, o forse solo increduli, per un lungo istante. Poi, Harry si avvicinò cauto e Remus lo avvolse in un abbraccio serrato.
«Pensavo... non ti vedevo da nessuna parte, Remus, ho temuto di avere perso anche te» mormorò Harry, rispondendo all'abbraccio con forza disperata, quasi a volersi accertare che Remus fosse davvero lì, vivo e reale.
«Ma dalla Pietra tu non sei uscito, così ho sperato...»
«Sto bene, Harry. Starò bene. Grazie a te. Kingsley mi ha detto che hai sconfitto Voldemort».
Harry si sciolse dall'abbraccio e annuì, senza ombra della gioia che Teddy si sarebbe aspettato. Remus non ne parve sorpreso, però.
«Harry, loro sarebbero orgogliosi di te. Sono orgogliosi di te. Almeno quanto lo sono io».
Harry annuì di nuovo. «Lo so. Me lo hanno detto quando sono usciti dalla Pietra».
«Usciti dalla Pietra?»
«Sì, loro...» si bloccò improvvisamente, turbato. «Tonks! Lei è qui, Remus. E' venuta a cercarti. Lei...»
Remus gli indicò la moglie, rassicurandolo con dolcezza. «Sta bene, Harry, tranquillo, sta bene anche lei».
Harry si calmò, guardando con sollievo la giovane strega che abbracciava Molly. Sollievo che si dissolse non appena i suoi occhi si posarono sul corpo di Fred.
«Remus...» mormorò, lasciandosi stancamente cadere su quella che a Teddy parve la statua di Sigfrid lo svagato. «Non è come avevo immaginato, sai? Non provo... gioia».
«Lo so, Harry. Chi combatte difficilmente prova gioia alla fine della guerra. In genere la vittoria ha un prezzo molto alto».
«Troppo alto. Io sono vivo, ma Fred, Colin... Lavanda...» tacque un istante, meditabondo, poi sussurrò: «Tu come hai fatto a sopravvivere a quella notte, Remus? Come si fa a superare tutto questo e a tornare a vivere normalmente?»
Remus sospirò, sedendosi accanto al ragazzo. «Ho fatto questa stessa domanda a Silente dopo quella notte, sai, Harry? Mi ha risposto di lasciare andare i morti e...»
«Di pensare ai vivi» concluse mesto Harry.
«Già».
«Lo ha detto anche a me. Questa notte».
Remus lo guardò interdetto. «Questa notte?»
«Sì. Questa notte. Per un certo periodo di tempo sono stato molto vicino ai morti, Remus. E ho davvero temuto che tu fossi tra di loro».
Remus annuì serio, gli occhi fissi su Teddy, che osservava la scena da poco lontano.
«Ma» proseguì Harry cocciuto, senza distogliere lo sguardo da Fred. «Come hai fatto a lasciare andare i morti?»
Remus sorrise malinconico. «Mi sono aggrappato ai vivi, Harry. A Silente... e a te, soprattutto».
Harry si voltò, fissandolo a occhi sgranati. «A me?»
«Sì, a te. Eri tutto ciò che restava di quella che consideravo la mia famiglia. Ed eri vivo. Non ho potuto starti vicino come avrei voluto, ma mi hai aiutato molto» esitò, pensieroso. «Capirei se tu volessi restare qui questa notte, Harry, ma... mi farebbe un immenso piacere se tu venissi con me».
«Con te? A casa tua?»
«Be', sì».
Harry spostò lo sguardo su Hermione che, stringendo la mano di Ron, stava parlando sommessamente con Molly e titubò, visibilmente tentato dalla proposta di Remus. «Piacerebbe anche a me, ma Tonks? Pensi che approverebbe?»
«Totalmente, Harry. La porta della nostra casa sarà sempre aperta per te» il ragazzo sussultò al suono dell'inaspettata voce femminile e, voltandosi di scatto, si trovò a fissare il viso a forma di cuore di Tonks.
«Quando ho sposato Remus, sapevo perfettamente che tu eri compreso nel pacchetto. E la cosa mi sta benissimo» sorrise impertinente la strega. «In fondo, Remus ha dovuto accettare Andromeda Black, gli è andata decisamente peggio. Inoltre non hai ancora conosciuto il tuo figlioccio, Harry e penso che questa sarebbe l'occasione perfetta» assicurò, ficcandogli in mano la foto del bambino.
Teddy aggrottò la fronte un po' contrariato; cominciava a turbarlo questa mania della madre di mostrarlo orgogliosa a chiunque incrociasse la sua strada...

«A proposito di Teddy» disse la strega, sfiorando i capelli di Remus con una carezza distratta. «Io comincerei ad andare a recuperarlo, mia madre sarà...» scoccò un'occhiata a Molly e trasalì. «Merlino! Mia madre! Sarà preoccupatissima» estrasse veloce la bacchetta ed evocò un vivido Patronus che sfrecciò fulmineo oltre la porta della Sala Grande.
«Questo la tranquillizzerà, ma sarà comunque meglio che vada anch'io» sbirciò l'orologio del marito e sorrise. «Tra poco scoccherà l'ora della poppata di Teddy... e nessun Patronus al mondo sarà in grado di proteggere mamma da quel famelico lupacchiotto».
«Non chiamarlo così, Dora, per favore» mormorò Remus, turbato.
La strega lo guardò intenerita, gli baciò con dolcezza una tempia, sussurrandogli qualcosa che lo fece sogghignare e, dopo avere rivolto un sorriso radioso a Harry, si avviò verso l'uscita.

Teddy, distratto dall'elegante lupo d'argento evocato dalla madre, così simile a quello che compariva quando lui eseguiva un Incanto Patronus, si ritrovò improvvisamente avvolto in un morbido abbraccio profumato di mughetto.
«Arrivederci, Dorian. Grazie ancora per avere aiutato Remus. Con un po' di fortuna ci incontreremo da qualche parte» esclamò Tonks lasciandolo andare.
Teddy la fissò ammutolito e, concentrandosi disperatamente per tenere a bada capelli e lineamenti, fece la cosa più stupida che potesse fare: annuì trasognato fissando sua madre dritta negli occhi .
Tonks scrutò sorpresa quelle iridi tanto familiari e inarcò incuriosita un sopracciglio. «I tuoi...»
Un grido acuto lacerò improvvisamente l'aria e la strega sobbalzò, girando istintivamente il capo verso la fonte di quel rumore: una donna pallida che, lasciandosi cadere accanto al corpo di una ragazza, le sistemava con dolcezza la lunga treccia bruna.
«Va' da tua madre, è la cosa più importante in questo momento» mormorò Teddy, fissando a sua volta la donna inginocchiata.
Tonks lo squadrò indecisa. «Il Patronus la tranquillizzerà. I tuoi occhi sembrano...»
«I miei occhi possono aspettare. Andromeda no» Teddy indicò Remus con un cenno del capo. «Lui potrà spiegarti tutto quanto. Più tardi».
Annuendo pensosa, Tonks dedicò un ultimo sguardo impietosito alla donna, che ora piangeva disperata e corse verso l'uscita, evitando per un soffio di travolgere tre tizi pallidi e biondi che se ne stavano fermi e silenziosi sulla soglia. L'uomo e il ragazzo continuarono a tenere lo sguardo fisso verso l'atrio, indifferenti a ogni cosa, mentre la donna seguì con gli occhi Tonks, un'espressione indecifrabile sul volto.
Teddy sospirò e riportò la sua attenzione sul padre che, probabilmente, avrebbe sentito parlare molto presto degli occhi ambrati di Dorian Johnson.

«Secondo te ti assomiglia?» stava intanto chiedendo Harry, scrutando un po' perplesso la foto che teneva in mano.
«Dora sostiene di sì. E anche Andromeda... ho deciso di fidarmi».
«Sarà... devono essere i capelli turchesi a confondermi. Li ha sempre così?»
«No, è molto... volubile. Suppongo li cambi a seconda dell'umore, come Dora. Penso che il turchese indichi soddisfazione. Se è contrariato li ha di un fantastico rosso fenice, invece, e se ha qualcosa che non va gli diventano di un inquietante verde Avvincino» sorrise compiaciuto. «Quando dorme li ha dello stesso colore dei miei, però, e secondo Andromeda quello è il colore naturale».
Harry annuì pensoso. «In un certo senso abbiamo molto in comune, io e lui... colore dei capelli a parte, certo».
Remus lo guardò incuriosito e Harry continuò: «Tanto per cominciare siamo tutti e due figli di un Malandrino. E siamo nati entrambi in un periodo molto cupo».
Remus sbirciò in tralice il ragazzo, un po' imbarazzato. «E' vero. Anche se devo ammettere che James ha preso la cosa molto meglio di me».
Harry alzò di scatto la testa, scrutando l'uomo accanto a sé. «Suppongo che lui avesse meno problemi di quanti ne hai tu, Remus» esitò. «A proposito, non ho ancora avuto l'occasione di dirtelo, ma... non ho mai pensato che tu sia un codardo, mai. Davvero, Remus, non le pensavo le parole che ti ho riversato addosso a Grimmauld Place».
Remus scosse il capo. «Non preoccuparti, Harry, lo so. Ma in quell'occasione me le meritavo quelle parole, non ti ringrazierò mai abbastanza. Sei stato fantastico, mi hai dato la scossa che mi serviva. James avrebbe fatto esattamente la stessa cosa. Sirius, d'altro canto, avrebbe fatto decisamente di peggio».
Lo spettro di un sorriso lambì il volto di Harry prima che il ragazzo riportasse lo sguardo sulla foto. «Sai Remus, ora ho capito in che modo ti ho aiutato sedici anni anni fa, perché Teddy mi sta aiutando nella stessa maniera. Guardando lui il prezzo pagato oggi mi sembra meno assurdo. Meno inutile. Perché lui potrà vivere in un mondo migliore».
Remus annuì. «James e Lily pensavano proprio a questo quando hanno deciso di continuare a combattere Voldemort anche dopo la tua nascita, Harry. E lo stesso pensiero ha portato qui me questa sera. Non sono venuto malgrado Teddy, sono venuto per Teddy. E per te».
Un fugace lampo di gioia attraversò gli occhi di Harry. «Lui sarà più fortunato di me, però. Crescerà con i suoi genitori».
«E con il suo padrino».
Harry annuì, sfiorando la fronte liscia del neonato che si agitava nella fotografia. «E nessuna cicatrice maledetta lo segnerà mai».
«Farò di tutto perché sia così» mormorò Remus, massaggiandosi assorto la spalla sinistra.
Harry lo fissò serio, coprendogli la mano che indugiava sulla spalla con la sua. «Faremo di tutto perché sia così, Remus. Faremo. Ho intenzione di essere un padrino molto presente. E di proteggere Teddy, proprio come Sirius ha fatto con me ogni volta che ha potuto... come tu hai fatto con me ogni volta che hai potuto».
Remus trasalì, fissando intensamente il figlio, poi guardò Harry e mormorò commosso: «Sì, Harry, lo so. Sarai un padrino meraviglioso».
«Ne ho tutte le intenzioni. Sarò per Teddy quello che Sirius avrebbe voluto essere per me» con grande gioia di Teddy un vero sorriso illuminò il volto di Harry. «Tanto per cominciare sappi che per il suo primo compleanno gli regalerò una scopa giocattolo. Una Firebolt, naturalmente».
Remus sospirò. «Sì, lo sospettavo. Va bene, Dora è un'esperta nel curare bernoccoli e io sono passabile con gli Incantesimi di Riparazione. Sopravviveremo».
Harry sorrise più apertamente. «E gli insegnerò ad usarla, naturalmente. Sarà bravissimo, visto che sia il padre che la madre se la cavano decisamente bene in quel campo. E poi, naturalmente, ti costringerò a parlargli - a parlarci - di Lunastorta, Ramoso, Felpato e Codaliscia e, quando verrà a Hogwarts, gli farò un regalo molto speciale» frugò nella piccola borsa di pelle che portava al collo ed estrasse una vecchia pergamena ingiallita che Remus guardò con rassegnazione.
«Se proprio devi».
«Certo che devo! La Mappa del Malandrino è sua di diritto. Per eredità. Senza contare che se tuo figlio non ne entrasse in possesso mio padre e Sirius ne sarebbero molto delusi e troverebbero il modo di tornare a perseguitarmi per l'eternità».
Remus rise. «Suppongo tu abbia ragione. Ti svelo un segreto, Harry... ma sappi che davanti a terzi negherò fino alla morte: anch'io sarei molto deluso se Teddy non entrasse in possesso di quella Mappa» sogghignò sbirciando il figlio, poi spostò lo sguardo su Harry e si fece serio. «Ma c'è una cosa che vorrei davvero tu gli insegnassi, Harry».
Harry lo guardò incuriosito.
«Insegnagli a eseguire un buon Expelliarmus. Pare che debba davvero rivalutare quell'incantesimo».
Harry sorrise lusingato e annuì. «Glielo insegnerò sicuramente, Remus, stanne certo. Potrebbe tornargli molto utile già a Hogwarts. Metti che si imbatta in un clone di Draco Malfoy o di... Piton...»
«Oh, con Piton non sarebbe servito a molto un Expelliarmus, con lui bisognava essere molto più creativi».
«No!» Esclamò Harry scattando in piedi e guardandosi attorno agitato. «Piton... lui non ha mai tradito Silente, Remus. Lui era d'accordo con Silente e ha solo eseguito gli ordini che ha ricevuto».
Remus si alzò a sua volta e, cercando lo sguardo del ragazzo, gli posò rassicurante una mano sulla spalla. «Ho capito, Harry. Ti credo ma... era
«Sì, era. Voldemort lo ha... gli ha aizzato contro Nagini. Per via della Bacchetta di Sambuco...»
Remus lo guardò sinceramente sconcertato.
«La Bacchetta di Sambuco?»
«Sì... è una lunga storia. Te la racconterò volentieri, Remus, ma non ora, dobbiamo portare qui Piton. Non possiamo lasciarlo nella Stamberga Strillante».
«Va bene, Harry, aspettami qui» disse Remus, facendo risedere con dolcezza Harry sulla statua. «Se è nella Stamberga Strillante farò prima ad andarci di persona che a spiegare a qualcun altro come arrivarci».
 Harry si rialzò di scatto. «Vengo anch'io».
«Harry...»
«Glielo devo, Remus».
L'uomo scrutò intensamente il ragazzo e annuì. «Va bene, Harry, andiamo a occuparci di Severus, così poi potremo andarcene da qui».
Harry rimise la Mappa nella borsa da cui l'aveva tolta, poi diede un'ultima occhiata alla fotografia e la riconsegnò a Remus che scosse il capo sorridendo.
«Tienila pure, se vuoi, ne abbiamo a decine a casa» arrossì leggermente, imbarazzato. «Teddy è... be'... davvero irresistibile come fotomodello».
«Hai perso completamente la testa per lui, vero Remus? Lo avevo sospettato dopo avere assistito alla tua irruzione a Villa Conchiglia» affermò divertito Harry, infilando con attenzione la foto nella borsa di pelle. «Sono davvero impaziente di vederti alle prese con pannolini e ninnananne, sai?»
«Oh, ma tu mi hai già visto alle prese con pannolini e ninnananne, Harry» assicurò Remus, passando davanti a Teddy e lanciando uno sguardo preoccupato alla Chiave del Tempo, rilassandosi visibilmente al sorriso rassicurante del figlio.
«Davvero?» chiese Harry scoccando un'occhiata incuriosita a Teddy.
«Sì, davvero. Mi sono allenato molto con te. Lily sosteneva che ero bravo con pannolini e ninnananne. Molto più bravo di James e di Sirius. Sospetto che la sua entusiastica opinione fosse dovuta solo al fatto che io non ho mai tentato di farti levitare, però».
Harry rise, sinceramente divertito e Teddy, guardando i due maghi uscire dalla Sala Grande chiacchierando sereni, sentì il senso di colpa allentare la morsa: la sua decisione di salvare i genitori aveva reso il mondo un po' migliore anche per il padrino e per nonna Andromeda, in fondo.
Rinfrancato dalla constatazione, Teddy si sedette sulla statua precedentemente utilizzata dal padre e da Harry, osservandone interessato il mantello finemente scolpito nel marmo e caratterizzato da un paio di occhietti crudeli: sì, era proprio la statua di Sigfrid lo svagato, il mago rinascimentale noto per la sua ineffabile distrazione, passato alla leggenda - e a miglior vita - per avere confuso un Lethifold con il proprio mantello. Come fosse arrivata fin lì, dal quinto piano, Teddy non sapeva davvero spiegarselo.
Sbadigliando esausto, sbirciò la Chiave del Tempo. Notando che un pallido, informe alone rossastro aveva cominciato a comparire, si alzò e uscì dalla Sala Grande, guardando incuriosito i tre tizi biondi che se ne stavano ancora impalati sulla soglia.

Improperi coloriti, snocciolati da una voce maschile piuttosto isterica, raggiunsero Teddy appena ebbe messo piede nell'atrio. Atrio che, nel tempo da lui trascorso in Sala Grande, si era notevolmente affollato: numerosi feriti incappucciati erano sistemati un po' ovunque e, in un angolo vicino alla scala, giacevano allineati diversi corpi avvolti in mantelli scuri. Seguendo lo sguardo dei tre tizi biondi, Teddy vide che anche il corpo di Bellatrix si trovava lì. Evidentemente il destino di Molly aveva seguito il proprio corso.
Un giovane uomo, fonte dei fantasiosi improperi, era adagiato sugli scalini di marmo, il mantello nero provvisto di cappuccio, lacerato in più punti, lasciava intravedere i profondi squarci che gli dilaniavano fino all'osso braccio e gamba destri.
Madama Chips, pallida e visibilmente esausta, era al suo fianco e scuoteva la testa impotente, mentre un distinto mago dai capelli brizzolati tentava di convincere il giovane di qualcosa. Ambrosius aspettava poco distante, sfidando con fiera dignità gli sguardi disgustati che si posavano con insistenza su di lui.
«E' uno sporco ibrido!» sbraitò rabbioso il giovane incappucciato. «Non gli permetterò mai di toccarmi con quelle sudice zampe!»
«Potrebbe curarla, però, Ha una grande esperienza» affermò suadente il mago brizzolato indicandosi l'elegante tunica verde, strappata e macchiata all'altezza del ginocchio sinistro. «Mi ha curato un brutto taglio alla gamba in un istante. E' davvero molto bravo».
«Oh, certo, come no. Molto bravo, sì... a sbranare la gente! Queste ferite mi sono state fatte da bestie immonde come lui!»
«Durante un combattimento» puntualizzò Ambrosius con voce pacata. «Pochi di noi possiedono una bacchetta... ma abbiamo altri interessanti talenti a cui ricorrere per difenderci. Certo, capisco che un Crucio o un Avada Kedavra, magari scagliato alle spalle del nemico, sia molto più nobile e raffinato, ma... si fa quel che si può».
Teddy vide con chiarezza Madama Chips reprimere un sorriso molto poco opportuno, ma il giovane Mangiamorte rispose ancora più alterato: «Mi curerà Madama Chips. Non vedo come uno sporco ibrido possa farlo meglio di lei».
Il mago brizzolato sospirò con rassegnazione e Madama Chips si fece avanti, sfoderando decisa la bacchetta.
«Come desidera, Signor Addams... ma io non posso fare altro che amputare braccio e gamba. Non ci sono incantesimi, a me conosciuti, abbastanza potenti da curare simili ferite».
Signor Addams? Teddy guardò meglio il mago ferito, approfittando del fatto che il cappuccio del mantello gli era scivolato sulle spalle, lo immaginò quindici anni più vecchio e con due arti in meno e non ebbe più dubbi: era il padre di Kyle. Non sapeva fosse stato un Mangiamorte, però...
L'uomo sbarrò gli occhi, terrorizzato. «Amputare?» sussurrò con voce tremante. «Ma così non potrò mai insegnare al mio bambino a volare con una scopa» guardò disperato Ambrosius, deglutendo penosamente a vuoto. «Tu davvero potresti...»
Il vecchio annuì con sicurezza. «Sono solo ferite inferte da un licantropo in forma umana. Sono molto profonde, sì... ma ne ho curate a decine in vita mia. Anche più brutte».
Il Mangiamorte lo guardò combattuto, poi chinò il capo in chiaro cenno d'assenso, gli occhi colmi di paura e di raccapriccio. Ambrosius si avvicinò lentamente, ignorando l'istintivo gesto di ribrezzo del giovane mago, sorrise rassicurante e, impugnata la bacchetta, cominciò a declamare complessi incantesimi sotto lo sguardo interessato di Madama Chips.
La Chiave del Tempo si mise improvvisamente a lampeggiare e Teddy uscì di corsa dal massiccio portone di quercia, scese di volata la ripida scala che conduceva al Parco finendo, letteralmente, tra le braccia di un centauro che scrutava pensoso la volta stellata.
Era l'esemplare dal manto color castagna che aveva intrattenuto Ambrosius, notò Teddy scusandosi per la collusione. Il centauro puntò i suoi misteriosi occhi scuri sul giovane, guardandolo con distaccata curiosità. Notata la Chiave lampeggiante scosse la folta coda fulva e sorrise enigmatico.
«Le stelle non mentono mai» disse con la sua voce ipnotica e profonda. «Sirio indicava chiaramente un'anomalia temporale. E quell'anomalia sei tu» concluse tranquillo, come se dialogare con un'anomalia temporale fosse la cosa più normale del mondo.
Teddy annuì interdetto.
Il centauro tornò a scrutare il cielo. «La tua venuta avrà conseguenze che tu non hai previsto. Ma hai agito con saggezza... hai compiuto le scelte giuste. Ora faresti meglio a tornare da dove sei venuto, però. L'anomalia sta per riassorbirsi».
Teddy annuì di nuovo, sempre più confuso e ricominciò a correre a perdifiato verso il cancello.
Notato Kingsley che, ai piedi di un folto Cespuglio Farfallino, discuteva animatamente con il Signor Bones e con due altri maghi, si fermò ansimante, tentando di riprendere fiato.
«Sono d'accordo, Shacklebolt. Bisognerà davvero pensare a una politica contro la discriminazione dei licantropi» affermò convinto un mago dai capelli chiari.
«Io voterò sicuramente a favore, Corner» proclamò sicuro il signor Bones, scoccando un'occhiata adorante alla figlia che, qualche metro più in là, chiacchierava amichevolmente con Michael e Dylan. «Oggi mi sono decisamente ricreduto su di loro. Non solo Ambrosius mi ha guarito il braccio in un istante, ma Lupin ha salvato la vita di mia figlia».
Il mago dai capelli chiari annuì, lo sguardo fisso su Michael. «Anche mio figlio è vivo grazie ai licantropi. E, per inciso, Lupin è stato di gran lunga il miglior professore di Difesa che Michael abbia avuto in sette anni di scuola. E uno dei meno pericolosi, tutto sommato. Vogliamo parlare della Umbridge, per esempio? O dei Carrow? Solo per citare quelli scelti con il benestare del Ministero».
«Sì, voi tre avete ragione, ma non sarà facile convincere il Primo Ministro a imbarcarsi in una simile, impopolare crociata» constatò realista un'anziana strega un po' segaligna.
Kingsley sbuffò insofferente. «Il Primo Ministro al momento non c'è, giusto? Basterà accertarsi che colui che lo diventerà abbia simpatia per i licantropi e abbia la forza e il coraggio di battersi per loro. Voi tre siete molto stimati e considerati al Ministero, se lo appoggerete verrete seguiti da molti altri. Sono sicuro che troverete il tipo giusto» affermò convinto, sbirciando l'orologio. «Ora scusatemi, ma devo proprio andare. Vorrei organizzare subito una squadra di Auror per evitare che qualche Mangiamorte si dia alla macchia anche questa volta. Quelli sì che sono pericolosi, altro che i licantropi» concluse deciso prima di Smaterializzarsi con un sonoro schiocco.
I tre maghi si guardarono in faccia allibiti e poi sorrisero soddisfatti.
Teddy, realizzando che il divieto di Materializzazione a Hogwarts doveva essere stato momentaneamente sospeso, si Smaterializzò a sua volta, mentre la strega segaligna esclamava euforica: «Oh, sì, certo che troveremo il tipo giusto, Shacklebolt, anzi, lo abbiamo già trovato! In questo momento sta andando a organizzare una squadra di Auror».

Ringraziando il buon senso che gli aveva suggerito di togliere gli incantesimi di protezione dalla casa dei genitori, Teddy si Materializzò proprio al centro della sua cameretta.
Un po' barcollante, si appoggiò esausto alla cassettiera bianca e, aspettando che il mondo si degnasse di fermarsi, sfiorò divertito l'immensa fenice di peluche appollaiata sul mobile: Kingsley non si era davvero risparmiato.
Ripresosi, controllò l'altra fenice, quella disegnata sul lucido pavimento di legno, osservandone affascinato i bagliori di corallo illuminati dai raggi della tonda luna appena calante che si scorgeva dalla finestra. Sulla parete di fronte, una luna gemella vegliava placida la ninfa e il lupo che, in quel momento, dormivano serenamente abbracciati nella radura dipinta.
Uno schianto improvviso lo distrasse. Qualcuno aveva rovesciato qualcosa di grosso, fragile e vicino, pensò Teddy trattenendo il respiro e ascoltando turbato quello che sembrava il vagito di un neonato. Anzi, quello che era senza ombra di dubbio il vagito rabbioso di un neonato svegliatosi di soprassalto. Teddy non poteva sbagliarsi, conosceva benissimo quel particolare suono... i figli di Harry erano stati dei veri campioni in quel campo. Tutti e tre.
«Oh, scusa piccolo» implorò una voce femminile, mentre il bimbo, non meno talentuoso dei tre piccoli Potter, aumentava di qualche decibel il volume degli strilli. «No, calmati tesoro, non è successo niente. La mamma si era dimenticata che c'era questa raffinata lampada in corridoio, ma papà sarà felicissimo di sistemarla, vedrai, in fondo ormai ci è abituato e nonna non se ne accorgerà neppure questa volta. Su, da bravo, Teddy, non vorrai farti vedere da Harry in questo stato, vero? Lo spaventeresti a morte. Anche se questi incantevoli capelli rosso Grifondoro potrebbero piacergli, suppongo...»
Il Teddy adulto sorrise, immaginandosi la scena e ridacchiò quando sentì la voce della madre intonare con entusiasmo il ritornello di "Schianta la Manticora" e il pianto placarsi. Poi, temendo che i due fossero in procinto di entrare nella stanza, balzò con decisione nel cerchio, dove la fenice era sempre meno nitida. La Chiave divenne improvvisamente calda e cominciò a vibrare velocemente, emettendo un suono dolcissimo, simile a un canto. Teddy stava ascoltandolo rapito, quando venne sorpreso da un violento strappo e sommerso dalla spiacevole sensazione provocata dall'attraversamento di un Portale del Tempo.

Quando tutto finì, Teddy, disteso bocconi su quello che pareva un pavimento, socchiuse gli occhi e provò a sollevare il capo, ma desistette quasi subito. Raramente si era sentito tanto esausto in vita sua. Forse mai.
Si sentiva leggero ed euforico, ma ricordare il perché sembrava davvero troppo faticoso. Come il tentare di raggiungere il letto, del resto. Teddy non si era mai reso conto di quanto comodo e invitante potesse essere un pavimento. Certo, se avesse smesso di lampeggiare come un'intera colonia di Clabbert in preda al terrore lo sarebbe stato anche di più...
Chiuse gli occhi per qualche istante e, quando li riaprì, notò che il suo desiderio era stato esaudito: il pavimento era fermo e spento come doveva essere ogni buon pavimento di questo mondo.
Sospirò soddisfatto e richiuse gli occhi, pronto ad abbandonarsi al sonno, quando la porta gigolò e un leggero rumore di passi rimbombò sul pavimento. Teddy pensò di aprire gli occhi, ma ci rinunciò subito; nemmeno Victoire fasciata da quel fantastico bikini turchese lo avrebbe convinto a farlo. Figuriamoci dei banali passi.
«Lo ha fatto davvero!» esclamò una voce squillante, che ricordava vagamente il suono allegro di un campanellino d'argento.
«Sì, certo che lo ha fatto davvero, amore. Ed è tornato sano e salvo... ma non ne dubitavo, io» bisbigliò una voce roca, sollevata e ironica al tempo stesso.
«Uhmf... Dorian Johnson, eh?»
«Un vero colpo di genio, ammettilo».
«Oh, sì... quasi come la faccenda degli effetti collaterali di una botta in testa dovuta a una sfera di cristallo».
«Sono sempre stato piuttosto bravo ad inventarmi spiegazioni per le cose più assurde. E sette anni a Hogwarts con tuo cugino hanno ulteriormente affinato questo mio talento naturale».
La voce squillante ridacchiò. «Sì, immagino».
Quando Teddy, in cerca di una posizione più confortevole, mosse leggermente il capo, una mano fresca e profumata di mughetto gli accarezzò gentilmente i capelli e due braccia forti lo sollevarono di peso.
«Coraggio, figliolo, so che il pavimento ti sembra invitante, ma il tuo letto lo è di più, fidati» sussurrò con gentilezza la voce roca, mentre le due braccia forti lo trascinavano per un po', adagiandolo poi su qualcosa di paradisiacamente morbido.
Qualcuno gli tolse il giubbetto di jeans, qualcosa gli venne sfilato dal collo e le sue scarpe da ginnastica sparirono misteriosamente.
«Ha ripreso il suo aspetto naturale» constatò la voce squillante. «Peccato, mi sarebbe piaciuto rivederlo come era quella notte. Aveva il naso identico a quello del signor Peabody!»
«Già» la voce roca sembrava un po' abbacchiata. «Non ho gradito molto».
«Ti sei preoccupato, eh?» la voce squillante suonava molto maliziosa, Teddy, nel suo stato di semi-incoscienza non capiva perché, ma decise che non era poi così importante. «Scommetto che ti è venuta in mente la mia passione per le torte alla cannella».
«Più che altro mi è venuta in mente la tua passione per gli uomini attempati, a essere sincero».
La voce squillante ridacchiò. «Ah, ecco. Ma ti sei preoccupato per il signor Peabody e non ti preoccupi per quell'irresistibile dispensatore di fascino attempato che è Ambrosius? Tu, d'altro canto, non mi dai nessuna soddisfazione in tal senso. Guardati, nemmeno l'ombra di una deliziosa stempiatura».
«Neppure Ambrosius è stempiato!»
«Giusto. Draco Malfoy da solo è molto più stempiato di voi due messi assieme».
«Draco Malfoy non è attempato, quindi posso stare tranquillo. L'unico rivale serio resta il signor Peabody».
La voce squillante scoppiò a ridere e la voce roca gemette di dolore, sibilando: «I pizzicotti non valgono, però».
Teddy si agitò, davvero incuriosito da quelle due voci che, invece di dormire, insistevano nel parlare di solo Merlino sapeva cosa...
«Shh. Non lo disturbiamo, Dora, è esausto e ci aspetta una giornata pesante» mormorò la voce roca.
Una mano calda e un po' ruvida gli scostò gentilmente i capelli dalla fronte, mentre qualcosa di morbido, liscio e profumato gli sfiorava una guancia. Teddy, sentendosi più completo di quanto si fosse mai sentito in vita sua, socchiuse faticosamente un occhio, scorgendo la limpida, sottile falce di luna incorniciata dalla finestra, quindi scivolò nell'incoscienza, cullato da una carezza profumata di mughetto e da una voce roca che canticchiava una dolce ninnananna. Che non parlava di Manticore.
 
* * “Harry Potter e i Doni della Morte” J.K. Rowling. Pagg. 685 Salani Editore 2008


Ed ecco il quinto capitolo (eh sì, la storia si avvia alla sua conclusione, manca solo l'Epilogo, ormai).
Mi rendo conto che è lunghissimo, ho anche preso seriamente in considerazione l'idea di dividerlo in due parti... ma non ci sono proprio riuscita. E' nato così, in fondo, e non mi sembrava giusto "mutilarlo" . E poi si può sempre leggere a pezzi, no?
Ho adorato scrivere questo capitolo, perché mi ha permesso di immaginare le cose che avrei tanto voluto leggere nei libri e che non ho trovato.  Mi sono divertita, per esempio, a scrivere una chiacchierata tra Remus e Harry - i due ne avevano un gran bisogno, secondo me - e a  indagare sul loro rapporto. La Rowling non ce lo ha mostrato platealmente ma lo ha scritto tra le righe: quella richiesta di diventare il padrino di Teddy racconta moltissime cose, a mio parere.
E ho dato molto spazio ai licantropi. Spazio che nel libro non hanno affatto, lo so. Ma forse è stato proprio questo a convincermi a parlare di loro.
Hanno rubato un po' la scena ai personaggi della Rowling, me ne rendo conto... ma mi piaceva l'idea di mostrare uno spaccato della società magica che, sotto molti punti di vista, non è poi così diversa dalla nostra.
Ambrosius, Emrys e Dylan - i tre licantropi ispirati a cui ho accennato nella premessa al Prologo - sono frutto del mio personale tentativo di capire cosa poteva spingere un licantropo a votarsi alla causa di Greyback. 

Questo capitolo è anche quello che, per ovvi motivi, rischia maggiormente di essere funestato dall'OOC... spero di avere limitato i danni. E a tal proposito un paio di precisazioni.
A un certo punto Tonks afferma che preparerà la Pozione Antilupo per tutti i licantropi del branco. Lo so che quella particolare pozione è molto complessa e che non tutti sono in grado di distillarla, ma Tonks è diventata Auror, quindi deve avere seguito Pozioni anche negli ultimi due anni. E per poterlo fare, essendo stata allieva di Severus, deve avere passato i G.U.F.O. con un Eccezionale. Ne ho dedotto che Tonks deve essere una pozionista coi fiocchi.
In un altro punto Harry accetta la proposta di Remus di lasciare il Castello e di andare a casa con lui. Questa scelta è stata parecchio sofferta, ma alla fine ho deciso che sarebbe anche potuta andare così. Harry avrebbe potuto benissimo passare quella notte con Remus e Teddy, tentando di armonizzare Passato (Remus è, almeno nella mia versione dei fatti, l'unico legame col passato rimasto a Harry) e Futuro (Teddy, naturalmente) per potere accettare il Presente.

Come indicato dalla dicitura in rosso qui sopra la canzoncina di Pix è una citazione tratta da "Harry Potter e i Doni della Morte" di J.k. Rowling.
Il "Lethifold" è un'inquietante bestiola tropicale che assomiglia a un mantello nero è che ha abitudini alimentari quanto meno singolari. I "Clabbert" sono invece vispi animali che sembrano un incrocio tra una scimmia e una rana e sono caratterizzati da una grossa pustola posta al centro della fronte che diventa rossa e lampeggiante quando si sentono in pericolo.
Entrambe le simpatiche creature sono descritte in : "Gli animali fantastici: dove trovarli".
Sigfrid lo svagato, invece, non esiste nel mondo della Rowling. Di conseguenza non esiste neppure la sua statua. E' solo una mia colpevole invenzione. Ma trovo che ci stia benissimo accanto a Boris il basito! ^^

dirkfelpy89: Ciao,  grazie per la recensione e complimenti per la resistenza! Leggere tutta la storia in una volta sola deve richiederne parecchia! Sono contenta che l'idea della Chiave del Tempo ti sembri originale, ci speravo davvero, sai? Avendo basato tutta la storia proprio su quel particolare oggetto.
Kamen: Tranquillo, ripetiti pure finché vuoi, la cosa non mi dà proprio nessun fastidio, sai? ^^ Spero che anche le chiacchierate di questo capitolo ti abbiano divertito. Oh, come avrai potuto constatare, anche Tonks trova geniale il gioco di parole per Dorian Johnson. Sei in buona compagnia, pare... ;-)
Jadis96: Ciao!  E grazie per la simpatica recensione! Tu non avresti avuto la mia idea, dici? E chi può saperlo, magari ti ho solo preceduta. ;-) P.s. Tranquilla che non confonderò le mie due Jadis. Ho molta cura di coloro che lasciano le fila dell'Esercito dei Silenti per farmi sapere cosa pensano della storia, sai? E poi tu sei la Jadis con il numerino! ^^
fri rapace: Ehilà,
meno male che il rischio di rappresaglie coniugali si è allontanato! Recensione con domanda! Mi piace, è intrigante come cosa...^^ 
Allora: perché Harry ha mostrato a Teddy il ricordo della scena a Grimmauld Place? Be', ti sei già risposta da sola, sai? Lo ha fatto proprio perché avrebbe preferito di gran lunga fosse stato Remus (o Sirius) a metterlo al corrente di quel particolare episodio della vita di James. Ne avrebbe sicuramente sofferto molto meno perché Remus (o Sirius) lo avrebbe contestualizzato quell'episodio, spiegandone i retroscena e le cause e bilanciandolo con altri lati, sicuramente più positivi, del carattere di James. Quindi Harry, sapendo che Teddy sarebbe potuto venire ugualmente a conoscienza di quel fatto (era presente anche Ron, ricordi? E Ron non è esattamente un fulgido esempio di discrezione. E poi esistono i Pensatoi, Teddy avrebbe potuto sbirciare in uno contenente, chessò, ricordi di Hermione o di Harry stesso) ha semplicemente scelto di essere lui a parlargliene, con la delicatezza e il tatto necessari, ovviamente, e bilanciando poi (o prima) mostrando a Teddy il Remus euforico che piomba a Villa Conchiglia per annunciare la sua recente paternità, o il Remus tenerissimo che se ne va in giro con la foto del suo bimbo nella tasca.^^  Ecco, anche questa volta ti ho risposto con un (cito lyrapotter) Trattato. Spero ti sia piaciuto quanto il primo. ^^
lyrapotter: Grazie, grazie, grazie!  Sono lusingata che tu abbia apprezzato i dialoghi. Mi sono divertita molto a scriverli, adoro fare interagire quei tre! Certo che Teddy, pur essendo l'innegabile versione bonsai di Remus, ha preso moltissimo anche da mamma. E' un miscuglio interessante, in effetti. In molti, mi pare di capire, vedono meglio Teddy a Tassorosso... ma io propendo per Grifondoro, che ci possiamo fare?  L'ho già detto che non sono particolarmente originale,vero? ;-)  Ah, la Battaglia. Sì, io l'immagino proprio "corale" la Battaglia di Hogwarts. Un vero Guazzabuglio Magico: Maridi, Centauri, Licantropi, Schiopodi, Calamari Giganti... Puffole Pigmee... e chi più ne ha più ne metta! Seriamente, ci tenevo molto all'inserimento dei Licantropi (credo che da questo capitolo si sia anche capito, eh) perché trovo davvero terribile il trattamento che riserva loro la società magica che tende a trattare le vittime (perché ogni Licantropo è prima di tutto una vittima) come i carnefici (e non tutti i Licantropi lo sono, Remus ne è l'esempio più lampante). No, certo che non tutti i Licantropi "selvaggi" sono belve come Greyback, secondo me. Anche se Ambrosius non fa molto testo, non essendo esattamente un licantropo "selvaggio". Ambrosius è molto civilizzato, in effetti...
Ah, non preoccuparti se scrivi romanzi facendo la telecronaca del capitolo: mi piacciono i romanzi, e tu hai un singolare talento per le telecronache: Luna ti fa un baffo!  P.s. per quanto riguarda il "Lato Divertente" ti svelerò un segreto: una ventina di giorni fa, obnubilata dal caldo e dai fumi di cloro della piscina in cui sono andata, ho messo per iscritto la scenetta che mi ero immaginata scrivendo quel particolare punto della ff. Chissà che, prima o poi, trovi il coraggio di sistemarla e di pubblicarla... ;-)
KELLINA: Grazie per la splendida recensione! Non so davvero come risponderti, sai? Mi hai lasciato letteralmente senza parole, impresa non facile, te l'assicuro. La sola cosa che posso fare è augurarmi che la storia continui a piacerti fino al suo - ormai prossimo - Epilogo, e non deluda troppo né te né le persone a cui intendi amabilmente segnalarla.
Piccola Vero: Grazie, oh mia fedelissima recensitrice (si dirà? Mah)! Sì, hai ragione, Teddy continua imperterrito a mostrare un fascino non indifferente. Del resto: il sangue non è acqua! ;-)

Sentiti ringraziamenti anche alla sempre più nutrita schiera dell'Esercito dei Silenti! Ragazzi, siete un vero drappello ormai! Alla prossima Battaglia di Hogwarts parteciperemo anche noi!

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Capitolo 7
*** Epilogo. ***


LA CHIAVE DEL TEMPO


Epilogo


Teddy fu svegliato da un rumore insolito.
Anzi, no; Teddy fu svegliato da un rumore familiare, sovrapposto a un rumore insolito.
Tutto sommato, però, anche il rumore in sottofondo era familiare. Forse.

Doveva essere la nonna che rassettava la cucina. Ma la nonna che ci faceva lì?
No, era il mare a produrre quel fruscio familiare e insolito al tempo stesso.
Il mare? Non poteva essere il mare. Non c'era il mare vicino alla casa della nonna; il rumore del mare non poteva essere familiare. Ma lo era. Perché vicino alla casa di mamma e papà c'era, il mare.

Sconcertato, Teddy spalancò gli occhi.

Un grosso e arruffato gufo bruno picchiettava insistente il becco contro il vetro della finestra. Finestra che non era dove doveva essere, tra l'altro. Anzi, sì. Era sempre stata lì, in effetti...
Teddy si stropicciò vigorosamente il viso, nella speranza che la sua mente si schiarisse e venne assalito da ricordi indefinibili riguardanti strane chiavi, fenici pulsanti e orrori assortiti; ricordi di un sogno, probabilmente. O forse no.
Sempre più confuso, il ragazzo allungò una mano verso il comodino, giusto per scoprire che il comodino non c'era; non lì, per lo meno, perché stava dalla parte opposta, dove era sempre stato, o no?
Chiedendosi un po' allarmato chi potesse averlo sottoposto a un Incantesimo Confundus, Teddy riuscì ad afferrare il proprio orologio; sbirciò assonnato gli eleganti numeri romani che risaltavano neri sul quadrante perlaceo e si accigliò, studiando pensoso il cinturino di pelle scura impreziosito da una piccola fibbia d'oro. Gli piaceva quell'orologio regalatogli, il giorno in cui era diventato maggiorenne, da nonna Andromeda. Era molto fiero di indossarlo, perché era appartenuto a nonno Ted; a quel nonno che lui non aveva mai conosciuto ma di cui portava il nome e che tutti descrivevano come una persona molto speciale. E Teddy non faticava a crederlo: aveva sfidato la nobile e antichissima casata dei Black al completo, nonno Ted, non era da tutti. Per non parlare della forza d'animo dimostrata non facendosi annichilire dalla notevole personalità di nonna Andromeda... impresa ancora più ammirevole, forse.
Ma, quella particolare mattina, l'orologio del nonno pareva in qualche modo estraneo a Teddy; nella sua mente si stagliava, nitida e prepotente, l'immagine di un altro orologio, molto più semplice: d'acciaio, con numeri argentati che spiccavano su di uno sfondo blu notte... l'orologio di suo padre.
Sempre più perplesso, il ragazzo si alzò a sedere e, sbirciando il comodino, notò un oggetto sconosciuto. E familiare. Uno strambo aggeggio dorato che sembrava un incrocio tra un grosso medaglione e un antiquato orologio da taschino: una Chiave del Tempo. La sua Chiave del Tempo, per la precisione. Quella che aveva usato la sera precedente. Ora sì che tutto aveva senso!
Non era vittima di un Incantesimo Confundus... era solo reduce da un'incursione nel passato.
Era riuscito a salvare i suoi genitori, realizzò con un improvviso brivido di euforia: la sua attuale confusione era dovuta all'accavallarsi di due vite che tentavano di fondersi in una sola.
Aveva ricordi bellissimi di sua madre che lo sfidava scherzosa a copiare le buffe protuberanze in cui tramutava il naso, per esempio, o di suo padre che gli mostrava entusiasta un mostriciattolo verdognolo racchiuso in un piccolo acquario trasparente... solo che si sovrapponevano a quelli, meno esaltanti per la verità, di caparbi tentativi di imitare la madre che, in una foto un po' sgualcita, si esibiva in una fantasiosa sarabanda di appendici nasali, o dell'immagine di un Avvincino trovata per caso sfogliando un vecchio, polveroso libro del padre nella solitudine della biblioteca di Casa Tonks.
Era un po' sconcertante avere i ricordi di due vite - constatò Teddy, indossando soprappensiero l'orologio del nonno - non spiacevole, solo un po' sconcertante.
La decisione di usare la Chiave del Tempo aveva portato grossi cambiamenti nella sua vita, ma erano cambiamenti positivi che, tutto sommato, si era aspettato. Andava tutto bene, quindi.
Sorrise, ripensando al suo primo, imprevisto viaggetto su una vera scopa volante - la Firebolt di Harry - bruscamente conclusosi tra le braccia forti e rassicuranti di qualcuno che era, contemporaneamente, Arthur Weasley e Remus Lupin. Sconcertante, certo, ma piacevole.
Poi, all'improvviso, le enigmatiche parole pronunciate quella notte dalla voce ipnotica e profonda di un centauro si sovrapposero al ricordo e Teddy trasalì, chiedendosi preoccupato quali altri cambiamenti da lui non previsti si fossero effettivamente avverati.

Il grosso gufo bruno diede l'ennesimo, rabbioso colpo di becco contro il vetro.
Teddy si alzò dal letto, raggiunse la finestra, la aprì e, respirando a pieni polmoni l'aria fresca e profumata di pino e di salmastro, prese il rotolo di pergamena fissato alla zampa del contrariato volatile che se ne volò subito via indispettito. Il giovane, avendo riconosciuto l'elegante calligrafia di Victoire, non ci fece molto caso, però, e sorrise trasognato, mentre veniva sommerso da ricordi intriganti su di lei... su di loro. No, quello non era affatto cambiato. Per fortuna.

Ciao Teddy,
Ti chiederai il perché di questa lettera scritta in piena notte (considerato anche che, tra poche ore, ci vedremo per la Commemorazione dei Cinquantacinque Caduti della Battaglia di Hogwarts). Be', togliti pure quel sorrisetto compiaciuto dalle labbra, tesoro, perché gli incantesimi per debellare gli Inferi non c'entrano nulla. Davvero. Li ho imparati. Più o meno. Diciamo che per i M.A.G.O. li saprò eseguire alla perfezione!
Il motivo di questa lettera è (sei pregato di non ridere) un sogno stranissimo che ho appena fatto. C'eri tu (e questo non è affatto strano, lo ammetto) che seguivi una grossa chiave con le lancette in un tunnel popolato da Inferi e da unicorni e, spalleggiato da una fenice, sfidavi una creatura incappucciata per salvare due Patroni sfolgoranti... non ha molto senso, vero? Lo so che è solo un sogno, ma mi sono un po' impressionata... starò diventando come la Cooman? No, deve esserci sicuramente una spiegazione più razionale. Il nervosismo per i M.A.G.O. ormai molto prossimi, magari (questo spiegherebbe la presenza degli Inferi, se non altro). O, più probabilmente, l'angoscia di dover tenere a bada un'intera orda di Weasley-Potter senza il tuo aiuto (anche questo potrebbe spiegare gli Inferi, se ci pensi bene). La Torre di Grifondoro sembra una succursale della Tana ormai, manchi solo tu. Che ti sei perso questa incantevole esperienza: ti ho mai detto che sei una persona molto fortunata?
In questo preciso istante, ad esempio, sono tutti qui, malgrado sia notte fonda. Rose è sull'orlo di una crisi di nervi, temo, perché sono appena stati tolti 30 punti a Grifondoro. Tutti in una volta. Per qualcosa che ha a che fare con un Frisbee Zannuto, alcune crostatine alla crema, qualche Serpeverde e, indovina un po? James! Che ora se ne sta sprofondato nella tua poltrona preferita - quella davanti al camino - sogghignando soddisfatto. Albus sta camminando su e giù, esibendosi in una delle sue celebri arringhe filosofico/esistenziali il cui succo è, più o meno: va bene irridere i Serpeverde, è un nobile passatempo, in fondo, ma potresti anche evitare di farti sempre scoprire! Fred sta ridendo come un pazzo rotolandosi sul tappeto; spero solo che si ricordi di respirare, prima o poi.
Neville non apprezzerebbe se pietrificassi tutta la compagnia, vero? E non mi pare proprio il caso di farsi togliere altri punti, cedendo così, con quasi matematica certezza, la Coppa delle Case ai Corvonero... no, per questa volta dovrò evitare. Peccato.

Un bacio! Victoire

Ps: Per domani, anzi, oggi per essere precisi, ho certi piani che coinvolgono anche te e NON comprendono incantesimi per debellare gli Inferi... ma potremmo sfiorare il discorso, che ne dici? Solo per qualche minuto.

Ps del Ps: Poi, naturalmente, ci concentreremo sugli altri miei piani. E se James ci si piazza tra i piedi anche questa volta giuro che, se non lo schianti tu, lo farò io. E pazienza se altri punti verranno tolti ai Grifondoro, il buon Godric mi comprenderà!
Ma, ora che ci penso, forse non sarà necessario: c'è sempre la concreta possibilità che James non sopravviva alla furia di zia Ginny.


Teddy ridacchiò divertito, neppure quello era cambiato. James era sempre James, con i suoi piani fantasiosi e spericolati... chissà che si era inventato questa volta. E Albus era sempre Albus, con i suoi vibranti discorsi pieni di buon senso e di strategia. Non era meno Malandrino di James, Albus. Era solo diversamente organizzato.
A Teddy dispiaceva un po', però, che Victoire non ricordasse nulla della Chiave del Tempo e avesse esorcizzato tutto con un sogno delirante. Gli dispiaceva più di un po', in effetti.
Sospirando, arrotolò la pergamena e si guardò attorno incuriosito; la sua camera era molto cambiata in quei vent'anni (o in quella notte, a seconda dei punti di vista).
Una parte di lui faticò a riconoscerla, ma il dipinto del lupo e della ninfa era ancora al suo posto, rassicurante e familiare: la tonda luna appena calante continuava a illuminare placida la radura dove la ninfa, canticchiando il ritornello di “Schianta la Manticora”, spazzolava con energia il lupo che, coprendosi affranto il muso con le zampe anteriori, sopportava il tutto con stoica rassegnazione. Teddy, guardando meglio, notò che lo sconsolato animale era coperto da innumerevoli treccine e non poté impedirsi di ridere: un lupo Rasta non si vedeva tutti i giorni.
Tentando di ricomporsi, posò la pergamena sulla vecchia cassettiera bianca. Nel punto esatto dove vent'anni prima troneggiava la fenice di peluche regalatagli da Kingsley, si trovava ora una grossa fotografia racchiusa in una sottile cornice di bambù. Incuriosito dalla folla di gente festosa che vi era ritratta e abbagliato da un tripudio di vivido arancione, il ragazzo la prese in mano e si sedette sul letto, studiandola interessato. Riconobbe subito se stesso all'apparente età di un paio d'anni. Era in braccio a Emrys e, agitando con entusiasmo una bandierina arancione in stridente contrasto con il turchese brillante dei capelli, sbirciava incuriosito Ron che se ne stava lungo e disteso su quella che sembrava la tribuna di uno stadio, più bianco della pergamena che Ambrosius gli sventolava pensoso sotto il lungo naso; poco più in là Dylan, paludato in una tunica dello stesso sfolgorante arancione della bandierina, brandiva sorridendo una coppa d'oro, circondato da sei sconosciuti vestiti in identico modo e da uno sciame di ragazzine adoranti.

«Una foto interessante, quella. Era più di un secolo che i Cannoni di Chudley non vincevano la Coppa di Quidditch e il povero Ron non ha retto all'emozione. Ambrosius ha faticato parecchio per farlo tornare in sé».

Udendo quella voce roca e dolce, Teddy sollevò lo sguardo dalla foto e lo fissò sul nuovo venuto: Remus Lupin, perfettamente a suo agio in un elegante pigiama blu inchiostro, stava appoggiato, con rilassata noncuranza, allo stipite della porta, la mano sulla maniglia e un sorriso malandrino sulle labbra.
Appariva piuttosto diverso dall'uomo che Teddy aveva salvato vent'anni prima; era decisamente meno pallido e i suoi capelli, ancora folti come allora, erano quasi totalmente ingrigiti. Ma il cambiamento più evidente e profondo era negli occhi: quelli che lo fissavano ora erano gli occhi di un uomo realizzato e assolutamente in pace con se stesso.
Forse un po' allarmato dal silenzio del figlio, Remus si avvicinò cauto al letto e si accovacciò davanti al giovane cercandone lo sguardo. «Stai bene, Ted?»
Il ragazzo si riscosse e annuì. «Sì. E' solo che...» sospirò incerto, fissando intensamente la parete dipinta.
Remus, fissandola a sua volta, inarcò un sopracciglio con contrariata ironia. «Cosa? Non apprezzi il lupo con le trecce? Neppure io, in effetti. Mi chiedo ancora perché tua madre non abbia dipinto un cucciolo di unicorno o qualcosa del genere...»
Teddy ridacchiò. «No, mi piace il lupo con le trecce, papà. Ha un suo indubbio fascino. Sono solo un po'... confuso, credo. Ho in testa ricordi che sono miei ma mi sembrano estranei. E non so bene quali...» esitò, non trovando le parole per spiegare quella sconcertante sensazione.
«Non sai bene quali di quei ricordi ti sono estranei e quali ti sono familiari? Ti sembrano tutti entrambe le cose?»
Teddy annuì, sorpreso dalla perspicacia del padre.
«Sì. E' proprio così. Ma tu come fai a...» si bloccò di colpo, scrutando gli occhi del mago e scorgendo una comprensione totale, istintiva, non del tutto umana agitarsi nelle profondità di quelle iridi ambrate. «Oh».
«Sono un licantropo, Ted. Ho anch'io ricordi che sono contemporaneamente familiari ed estranei. Ricordi vissuti con un diverso punto di vista, ma senza ombra di dubbio miei. E' una sensazione che conosco bene. Posso solo dirti che ci farai l'abitudine e imparerai a conviverci con questo tuo... doppio» sospirò amaro, una nota di doloroso rammarico nella voce. «Mi dispiace, è il prezzo che hai dovuto pagare per avere accanto tua madre e me».
«Non è certo un gran prezzo, papà! L'avervi qui con me lo ripaga ampiamente. Non è una brutta sensazione, è solo un po' strana... del resto avevo previsto dei cambiamenti» Teddy si incupì leggermente, pensoso. «Sai papà, quando ho lasciato il Castello mi sono imbattuto in un centauro. Sapeva cos'ero».
«Sapeva cos'eri?»
«Sì, ha detto qualcosa a proposito di Sirio e di un'anomalia temporale. E ha concluso che ero io, l'anomalia».
«E questo ti preoccupa?»
«No. Sì» mormorò Teddy, sfiorando distratto l'orologio che cingeva il polso del padre. «Non è tanto il fatto che il centauro mi abbia riconosciuto a preoccuparmi. Ma ha detto che la mia scelta avrebbe portato cambiamenti che io non avevo previsto. E questo mi preoccupa».
«Capisco» Remus fermò la mano del figlio che aveva cominciato a giocherellare nervosamente con il cinturino d'acciaio del suo orologio e la strinse con dolcezza. «Cambiamenti che non hai previsto ci saranno stati sicuramente, Ted. Interagire con il corso del tempo è sempre imprevedibile, ma ho buoni motivi per credere che tu non abbia portato sconvolgimenti macroscopici».
Teddy lo guardò accigliato. «Hai buoni motivo per crederlo?»
Remus si allungò verso il comodino e prese la Chiave del Tempo. «Sì, ottimi motivi per crederlo. Sai come si comporta una Chiave del Tempo dopo essere stata usata, Ted?»
Il giovane aggrottò la fronte, sforzandosi di ricordare. «La pergamena non era molto chiara in proposito. Diceva che, probabilmente, ogni Chiave poteva essere usata una sola volta perché, dopo l'attivazione, il suo delicato equilibrio si sarebbe alterato, e il serpente, approfittando della momentanea scomparsa della fenice, avrebbe preso il sopravvento. Secondo l'autore molti degli oggetti che noi crediamo semplici monili decorati con serpenti sono, in realtà, Chiavi del Tempo usate».
Remus annuì piano e porse la Chiave al figlio. «Guardala, Ted, cosa vedi?»
Teddy la prese e la studiò con attenzione: il serpente nero cingeva il bordo come ricordava, non si era mosso, mentre al centro, al posto della superba fenice di corallo, si trovavano alte fiamme di un argento sfolgorante. Tra quelle fiamme una minuscola figura cominciava ad apparire timidamente.
«Il serpente è ancora al suo posto. Al centro c'è qualcos'altro» mormorò Teddy, cercando di mettere a fuoco la figuretta circondata dai bagliori d'argento. «Sembra quasi un... pulcino di fenice».
Remus si avvicinò, guardando a sua volta la Chiave. «Credo proprio che lo sia. Per vent'anni ci sono state solo le fiamme; ma questa notte, quando ti ho tolto la Chiave dal collo, qualcosa ha cominciato ad apparire. La fenice sta rinascendo dalle sue ceneri, Ted! Il serpente non ha affatto preso il sopravvento. La Chiave è intatta e si sta ricaricando. Prima o poi sarà pronta per essere usata di nuovo». Sorrise, dando un colpetto affettuoso sul ginocchio del ragazzo e si alzò in piedi.
«Ma, come...»
Remus sospirò, sedendosi sul letto accanto al figlio. «Ah, non lo so, figliolo, non sono un esperto in Chiavi del Tempo. Posso fare delle ipotesi, però. Da quello che ho dedotto dalle varie leggende penso sia tutta questione di equilibrio. Un equilibrio solo simboleggiato da serpente e fenice. Secondo me tu non hai compromesso il delicato equilibrio della linea del tempo e, di conseguenza, non hai danneggiato la Chiave. L'hai usata con molta saggezza, Ted».
«Anche il centauro ha parlato di uso saggio. E di scelte giuste» ricordò Teddy con scarsa convinzione.
«Sai, un vecchio mago di mia conoscenza, un po' stravagante ma assolutamente geniale, avrebbe detto che l'hai usata saggiamente perché l'hai usata per amore, Ted. Non per odio, per vendetta o per brama di potere. Solo per amore. E lui era convinto che l'amore fosse la più potente delle magie e che una scelta non poteva che essere giusta e saggia se portava un po' di amore in più al mondo» Remus esitò, imbarazzato, poi proseguì, la voce un po' più roca del normale. «Be', ci ho messo un po' di tempo, ma ora sono assolutamente convinto che quel vecchio mago avesse ragione. Come sempre, del resto».
Teddy annuì, sfiorando la figuretta sempre più nitida al centro della Chiave. «Ma chissà di quali cambiamenti parlava il centauro?»
«Temo che tu sia il solo a poterlo scoprire, Ted. Ma ho buone ragioni di pensare che alcuni riguardino i licantropi».
«Oggi sei pieno di buone ragioni, noto».
Remus sbuffò, facendo scivolare una mano nella tasca del pigiama ed estraendone una piccola spilla con la testa di un lupo disegnata sopra. Teddy la guardò incuriosito. «Una spilla del C.A.L.D.O.?» si fermò, pensoso, una parte di lui non riconosceva affatto quella spilla.
«La spilla del C.A.L.D.O., Ted. Quella che mi hai dato tu vent'anni fa. L'unico esemplare esistente».
«L'unico... oh, ma certo. Non ho fondato il C.A.L.D.O. in questa realtà! Non ne avevo motivo. Kyle... lui non ti ha mai insultato. Non ha mai detto una sola parola contro i licantropi. Kyle è un fan scatenato dei licantropi! Mi stupisce che non l'abbia fondato lui, il C.A.L.D.O.»
Remus rise. «Già. Kyle è un fan scatenato dei licantropi perché anche suo padre lo è. Kenneth Addams è un ottimo pozionista, ha apportato grandi miglioramenti alla Pozione Antilupo ed è stato uno dei più ferventi sostenitori dell'integrazione dei licantropi. Credo sia merito di...»
«Ambrosius!» esclamò Teddy con ispirato entusiasmo. «Ambrosius lo ha guarito! Nella mia altra realtà il padre di Kyle odiava i licantropi perché uno di loro lo aveva reso invalido; ma Ambrosius lo ha guarito. E lo ha potuto fare perché tu gli hai chiesto di curare il signor Bones. Tutto è partito da lì!»
Remus annuì. «Lo credo anch'io. Quella mia semplice richiesta ha portato significativi cambiamenti» guardò il figlio con intensità. «Ha portato un po' di amore in più al mondo, affrettando, probabilmente, l'integrazione dei licantropi. Kingsley ha fatto molto in veste di Primo Ministro».
«Kingsley ha fatto molto anche nell'altra realtà, papà. Ma suppongo avesse meno appoggi».
«Probabile. E non era in contatto con...» Remus sorrise imbarazzato. «l' Alfa del branco locale di licantropi. Kingsley... be', diciamo che mi ha fatto un'offerta che non ho potuto rifiutare».
Teddy lo guardò allibito. Ma certo, suo padre non era più disoccupato da un pezzo. Lavorava per il Ministero, per Kingsley. Naturale che ora sembrasse un uomo realizzato!
«Sicuro che non l'hai potuta rifiutare, Responsabile dei Rapporti tra Maghi e Esseri!» ***
«Ho sempre pensato che questo incarico spettasse ad Ambrosius, ma lui ha preferito riprendere il suo posto di guaritore. Del resto...» guardò la fotografia che Teddy teneva ancora in grembo e indicò il vecchio accovacciato accanto a Ron. «E' quello che è sempre stato».
Teddy sorrise soddisfatto, cozzando affettuosamente la sua spalla contro quella del padre. «Be', se i cambiamenti imprevisti sono questi sono contento. Ambrosius se lo merita. E anche Dylan. Cacciatore dei Cannoni di Chudley!»
Remus scosse il capo, scrutando le ragazzine adoranti che saltellavano eccitate nella foto. «Ah, Dylan... Dylan ha abbattuto anche altre barriere, non limitandosi a cacciare Pluffe. La realtà è che tutte amano Dylan».
«Tutte eccetto Ginny, vorrai dire» sogghignò Teddy, assalito da ricordi assai poco edificanti che avevano per protagonisti Dylan e l'infuocata mogliettina di Harry. «Non le va proprio giù che i Cannoni abbiano soffiato tanto spesso la vittoria alle Arpie».
Remus ridacchiò. «Va bene, te lo concedo, tutte meno Ginny. Mi dispiace per lei, ma sono felice per Dylan» si fece improvvisamente serio. «Aveva già firmato un contratto con le Vespe, sai? Lo avevano contattato appena uscito da Hogwarts, una carriera brillante si prospettava davanti a lui. Interrotta prima di cominciare dal morso di Greyback. Le Vespe ancora si mangiano le mani per avere reciso quel contratto».
Teddy annuì. «La maggior parte della gente ha accettato i licantropi, ora. E Ambrosius e Dylan hanno avuto un certo peso nel processo».
«Sì. Come Emrys».
Teddy corrugò la fronte, frugando nei suoi ricordi e ripescando un cantastorie scarno e gentile che intratteneva i ragazzini ai bordi di una strada polverosa, poi notò un grosso volume abbandonato ai piedi del letto; sulla copertina di pelle cremisi c'era il nome del licantropo scritto in lettere dorate e i ricordi di Teddy cambiarono. Al lacero cantastorie si sovrappose un uomo sereno e appagato che, accomodandosi sulla sedia a dondolo posta accanto al suo lettino, gli raccontava storie avvincenti, popolate da licantropi e da altre creature fantastiche, mostrandogli le immagini contenute in variopinti libri incantati.
«Emrys è uno scrittore!»
Remus assentì. «Più famoso di Allock. Altro che "A spasso coi licantropi"! I libri di Emrys hanno spiegato la licantropia alla gente molto meglio dei dotti trattati degli ultimi duecento anni. In fondo, comprendere i sentimenti e le sensazioni di un licantropo è più interessante che conoscere dettagliatamente cosa lo differenzia da un lupo comune, no? E, a proposito» ridacchiò indicando il grosso volume con un cenno del capo. «Emrys non si è limitato al mondo magico. Era davvero stanco del trattamento che gli scrittori Babbani riservano ai licantropi, descrivendoli o come mostri crudeli e sanguinari o come insipidi mutaforma regolarmente surclassati da vampiri che definire idealizzati è un eufemismo. Sono assolutamente d'accordo con lui, devo dire».
Teddy rise, preparando una risposta degna di quella decisa affermazione, ma una voce allegra e squillante lo precedette.

«E hai perfettamente ragione, amore mio. Nessun essere tecnicamente morto potrà mai surclassare un licantropo, non se ne parla proprio!»

Ninfadora Tonks, infilata in un sorprendente pigiamino giallo zafferano disseminato da piccoli snasi dello stesso rosa acceso dei suoi capelli, si stava avvicinando al letto, portando in precario equilibrio un vassoio di un abbagliante color ciclamino.
«Grazie, Dora» rispose educatamente Remus guardando, un po' apprensivo, il bicchiere ricolmo di succo di zucca che oscillava allegramente sul vassoio e togliendo furtivo il libro di Emrys dalla traiettoria della moglie. «Apprezzo molto il tuo sentito appoggio».
La strega gli rivolse un sorriso radioso, immediatamente esteso anche al figlio. «Ti sei svegliato, finalmente, Teddy. Ti ho portato la colazione. Non ci fare l'abitudine, ma un ringraziamento te lo dovevo».
Il ragazzo assottigliò gli occhi, sospettoso. «Un ringraziamento? Tu sai...»
«Sì» lo interruppe sbrigativa la strega, appoggiando con un po' troppo slancio il vassoio sul comodino. «So. E sarei venuta prima se una cospicua parte del mondo magico non avesse deciso di contattarci via camino» scrutò i due maghi, curiosa. «Di cosa stavate parlando?»
«Oh, della differenza che può fare un po' di amore in più al mondo» rispose Remus, asciugando con un sapiente colpo di bacchetta il succo di zucca che si era appena riversato sul vassoio e minacciava di raggiungere l'invitante fetta di torta che giaceva, inerme, su un piattino celeste.
Tonks scrutò il marito con una punta di scetticismo e, afferrandogli il mento con una mano, lo costrinse senza troppi complimenti a guardarla. «Sembrerebbe che tu abbia finalmente imparato la lezione di Albus Silente, Remus».
Il mago le rivolse un sorriso timido e annuì. «Sembrerebbe, sì. Quale parte del mondo magico ci ha contattato via camino, esattamente?»
«Oh, prima di tutto mia madre, mattiniera come sempre. Voleva avvisarci di non passare da casa sua perché ieri sera è rimasta a dormire da Harry. Pare avesse promesso a Lily di raccontarle integralmente la storia di Teddy e del raffinato portaombrelli; poi è stata la volta di Hermione...»
Teddy la interruppe bruscamente, scoccando un'occhiata di fuoco al padre. «Ehi, non dovevi impedirmi di rompere il raffinato portaombrelli di nonna Andromeda, tu?»
Remus abbassò lo sguardo, mortificato. «Ah, io... ci ho provato, Ted, davvero. Quando hai compiuto sei anni ho fatto notare alla nonna che quel portaombrelli era troppo raffinato per stare dov'era, ma lei ha frainteso clamorosamente le mie intenzioni» sospirò affranto. «Pensando che mi piacesse da impazzire, colta da un impeto di generosità e deliziata dal mio spiccato buon gusto, me lo ha regalato - si intonava perfettamente al suo dono di nozze, la lampada qui fuori, secondo lei - è venuta a casa con me e lo abbiamo sistemato in soggiorno. Tu stavi leggendo "Incantesimi senza Bacchetta" di Caius Charmed seduto sul divano...e...»
«E pronunciando ad alta voce uno di quegli incantesimi lo hai fatto esplodere» concluse allegra Tonks, scompigliando, palesemente orgogliosa, i capelli al figlio. «Il mio maghetto! Talentuoso come il suo papà!»
«Sì, e tempestivo come la sua mamma».
«Remus...»
«La verità Ted è che non ho nemmeno potuto ripararlo, lo avevi praticamente disintegrato! Non c'erano più pezzi da rimettere assieme».
Tonks annuì compiaciuta. «Nonno Ted sarebbe stato contentissimo. Anzi, sono convinta che ci abbia messo lo zampino lui, da lassù» ammiccò ai due maghi che la scrutavano incuriositi. «Be', detestava quel raffinato portaombrelli. Aveva tentato in tutti i modi di piazzarlo in luoghi strategici, vale a dire frequentati da me. L'ho rotto parecchie volte, infatti. Ma mai in maniera irreparabile come sei riuscito a fare tu, tesoro. E al primo tentativo!»
Teddy sorrise divertito, mentre la scenetta appena raccontata dai genitori si sovrapponeva a quella, omologa, dove lui era solo, in balia di una nonna Andromeda che ricordava vagamente una Banshee arrabbiata. Nella nuova versione accanto a lui c'erano anche mamma e papà, un po' imbarazzati, ma chiaramente divertiti; la cosa era stata molto meno traumatica. Non era un brutto ricordo, tutto sommato.
«L'allievo ha superato il maestro» concluse irriverente.
«Direi proprio di sì» concordò Tonks, sedendosi accanto a Remus che, fissando come ipnotizzato il pigiamino della moglie, chiese con garbato interesse: «Cosa voleva Hermione, Dora?»
«Oh, solo avvisarti che oggi a Hogwarts dovresti scambiare due chiacchiere con i centauri; sono un po' insofferenti ultimamente, perché un branco di Thestral ha invaso il loro territorio. Colpa del nuovo cucciolo di Hagrid, sembra».
Remus la guardò inquieto. «Hagrid ha un nuovo cucciolo?»
«Sì. Un incrocio tra non è ben chiaro cosa».
Il mago socchiuse gli occhi, avvilito. «Sarà sicuramente qualcosa dotato di zanne, pungiglioni e altre fantasiose armi improprie strategicamente sistemate nelle più impensabili parti anatomiche».
La strega ridacchiò, scostandogli con comprensiva tenerezza una ciocca di capelli dalla fronte. «Hermione aveva il tuo stesso entusiasmo, sai? Mi ha anche raccontato uno strano sogno riguardante un tetro portale aperto da un antiquato orologio da taschino. Teddy lo attraversava cavalcando un Thestral e spargendo Pozione Polisucco su un branco di lupi mannari rosa. Oh, il tutto sventolando una bandiera bulgara. Non so se era più innervosita dal sogno o dal nuovo cucciolo di Hagrid».
Teddy arrossì lievemente e mormorò: «Temo di essere io la causa del sogno. Prima di venire nel passato le ho parlato della Chiave del Tempo e del mio progetto di utilizzarla. Anche Victoire ha fatto un sogno simile» disse, indicando con un gesto vago la pergamena appoggiata sulla cassettiera.
Remus si sfregò il mento, pensieroso. «E' possibile... l'orologio da taschino e il portale attraversato da Teddy potrebbero essere in qualche modo collegati al discorso da lui fatto all'Hermione dell'altra realtà. Certo, mi sfugge il significato dei lupi mannari rosa inondati da Pozione Polisucco... per non parlare della bandiera bulgara».
Tonks guardò incuriosita il figlio. «Per caso lo hai raccontato anche a Harry, il tuo piano, tesoro?»
Il ragazzo annuì e Tonks sorrise. «Questo spiega anche il suo di sogno, allora. Era già pronto a rinfrescare le sue doti di occlumante».
«Ha chiamato anche Harry?» chiese Remus, sorpreso.
«Sì. Ha raccontato confusamente anche lui un sogno caratterizzato da un antico medaglione d'oro che risucchiava Teddy, mentre tu e io spuntavamo da una pietra... oh, ha detto anche che ha bisogno di parlare con te, Remus».
«Con me? Non sono mai stato granché come interprete di sogni».
«Non del sogno! Gli sono arrivate alcune lettere da Hogwarts. Riguardano James, a quanto ho capito».
«James, un frisbee zannuto, alcune crostatine alla crema e qualche Serpeverde, per la precisione» specificò Teddy sogghignando. «Me lo ha scritto Victoire».
Tonks rise deliziata. «Harry voleva un tuo consiglio su come affrontare con Ginny la spinosa questione. Sostiene che gli dispiacerebbe parecchio vedere il suo primogenito trasfigurato in un portaspilli».
Remus si alzò dal letto, sospirando. «Sì, posso immaginare. Sarà meglio che gli parli subito, allora. Ah, Jamie...» scosse la testa, una luce divertita e malinconica nello sguardo. «Lo avevo detto a Harry che non mi pareva un'idea così brillante chiamare quel bambino James Sirius».
«James Albus sarebbe stato meglio» convenne Tonks.
Remus ci pensò per un istante. «Forse sì, ma poi Sirius Severus sarebbe diventato uno psicopatico dalla personalità multipla e con accentuati istinti autodistruttivi. No, è stato meglio così, tutto sommato».
Fece per uscire ma la moglie, alzandosi di scatto, lo fermò trattenendolo per un polso.
«Aspetta, Remus, hai già deciso cosa indosserai oggi?» chiese la strega con noncuranza.
Remus la guardò sospettoso. «No».
«Bene, pensavo che potresti indossare la tunica che ti ha regalato mamma per il tuo compleanno. Sarebbe perfetta con questa, non trovi?» disse la strega, piazzandogli sotto il naso una cravatta fucsia cosparsa da una miriade di agitati gattini turchesi. Remus la fissò ammutolito e Teddy scorse chiaramente un lampo di raccapricciato panico attraversargli gli occhi, ma fu questione di un istante, si riprese subito e sfoggiò il più tenero e dispiaciuto dei sorrisi: «Ah, amore, sarei onorato di indossarla, ma a questo punto del ciclo lunare non posso proprio. Il lupo è troppo nervoso per sopportarla» così dicendo si chinò a sfiorare con un rapido bacio le labbra della moglie e, sotto lo sguardo ammirato del figlio, lasciò la camera.
Altro che fascino Black, pensò Teddy adocchiando il calendario appeso al muro, era il fascino Lupin quello davvero irresistibile!
Tonks si sfiorò la bocca e sogghignò. «Che spudorato! In questa fase del ciclo lunare il lupo è troppo nervoso?» sbuffò indicando il calendario. «Non ci sarà neppure la luna questa notte... è la fase del ciclo lunare in cui il lupo è più tranquillo».
«Oh, lo hai notato...»
«Certo che sì, tesoro. Seguo le fasi lunari con la sua stessa attenzione. Proprio come fai tu».
Teddy ci pensò un istante e realizzò che era vero. Da quando aveva memoria tutti i Lupin seguivano il ciclo della luna con estrema cura. Condividendo con Remus anche le notti di plenilunio, quando riuscivano a vincerne le assurde resistenze. In fondo, grazie alla Pozione Antilupo potenziata, era più innocuo del cagnetto del signor Peabody: aveva sicuramente un carattere migliore.
«Sai che non metterà facilmente quella cravatta, vero mamma?»
«Facilmente? So per certo che non la metterà neppure morto, questa cravatta. Ma mi diverte punzecchiarlo un po'. E' così divertente punzecchiare il tuo papà».
Teddy la guardò, poco convinto. «Se lo dici tu. Ma... ti ha raccontato tutto? Della Chiave del Tempo, intendo. E della mia intrusione nel passato».
La strega lo studiò un istante, seria, poi, posando la cravatta sul comodino, gli si sedette accanto.
«Sì, tesoro, mi ha raccontato tutto. Un paio di giorni dopo la Battaglia di Hogwarts mi ha mostrato la Chiave, mi ha spiegato come funzionava e mi ha rivelato la vera identità di Dorian Johnson» tacque un istante, un po' mortificata. «Non devo averti fatto una buonissima impressione quella sera. Crollare così, neanche fossi stata vittima di dieci Schiantesimi in contemporanea... davvero una grande Auror devo esserti sembrata!»
«Eri solo stanca, mamma! Ma il modo in cui hai steso Bellatrix... certo che mi sei sembrata una grande Auror».
«Ero molto stanca, sì. Tuo padre aveva ragione, non avrei dovuto andare a Hogwarts, quella sera» lo guardò mesta, gli occhi scuri attraversati da un lampo di rimorso. «Sarei dovuta restare a casa della nonna, con te. Ma non ci sono proprio riuscita. Non potevo lasciare solo Remus. Non potevo non combattere per il tuo futuro... meno male che sulla nostra strada è comparso Dorian Johnson. L'ho subito trovato simpatico, sai? Aveva un naso interessante. E splendidi occhi...»
«Hai parlato a papà degli occhi di Dorian Johnson?»
«No. Non me ne ha dato il tempo. E' stato lui il primo a introdurre il discorso» sorrise. «Era... è così orgoglioso di te, tesoro. Ha dovuto parlarne, credo... o sarebbe esploso. Così, alla fine, eravamo in due a essere orgogliosi di te».
«Oh» Teddy abbassò gli occhi, un po' turbato.
«Qualcosa non va?»
«No. E' solo che capisco papà. Il fatto che ti abbia raccontato tutto, intendo. Anch'io lo avevo fatto con Victoire, ma ora lei non ricorda nulla. Solo quel sogno delirante che mi ha descritto. Un po' mi dispiace...»
Tonks gli prese il viso tra le mani, costringendolo a guardarla. «E tu ridiglielo. Fai quello che papà ha fatto con me, mostrale la Chiave e raccontale tutto».
«Ma...»
«Nessun ma, tesoro, non nasconderti da chi ami. Mostrati per quello che sei. Non alzare barriere, non negarti, neppure se pensi che sia per proteggere chi ti sta accanto. Non commettere gli errori che ha commesso tuo padre. Non infliggerti le sofferenze che si è inflitto lui».
Teddy guardò la madre, meravigliato. «Io non sono papà, non sono mai stato ferito come lo è stato lui».
«E' vero. Ma gli assomigli molto, Teddy. Moltissimo. Non solo fisicamente. E bada che è un complimento» affermò la strega strizzandogli un occhio sbarazzina.
«Non avevo dubbi, mamma. Ma stai tranquilla» la rassicurò il ragazzo, virando i suoi capelli a un turchese brillante. «Somiglio molto anche a te».
«Sì, somigli molto anche a me» concordò la strega, prendendo dal vassoio il piattino con la fetta di torta miracolosamente sopravvissuta al piccolo tsunami di succo di zucca. «Sei come questa torta, Teddy».
«Cosa?»
La strega rise e porse il dolce al figlio. «Conosci la sua storia?»
Teddy si concentrò un istante e annuì: era la specialità indiscussa del signor Peabody, conosciuta anche come Torta di Teddy.
«Il signor Peabody l'ha creata per voi due».
Tonks annuì. «Vero. Era esasperato delle continue schermaglie che tuo padre e io inscenavamo nella sua linda pasticceria per decidere tra torta al cioccolato e torta alla cannella. Così decise di tentare un esperimento e, il giorno del tuo primo compleanno, ci annunciò che aveva creato la torta che ci avrebbe messo d'accordo e l'aveva dedicata a te. Be', aveva ragione, da allora tuo padre e io non abbiamo più avuto dubbi sulla torta da prendere: questo fantastico trionfo di cannella e cioccolato!»
Teddy addentò con gusto quella torta dal profumo delizioso e, lasciandosi conquistare dalla sua consistenza perfetta, ne assaporò estasiato il gusto ricco e speziato, adorando il modo in cui il brioso pizzicore della cannella s'intrecciava all'avvolgente dolcezza del cioccolato, esaltandola e venendone a sua volta esaltato. Nessuna torta alla cannella o al cioccolato poteva davvero competere con quella perfetta e armoniosa unione di sapori contrastanti.
«Il signor Peabody ha ragione. La Torta di Teddy, perfetto miscuglio di cioccolato e cannella, è davvero buonissima. Migliore degli elementi di partenza».
Tonks annuì sorridendo. «Un vero capolavoro, sì. Come te, perfetto miscuglio di tuo padre e di me. Migliore degli elementi di partenza».
Teddy posò la torta sul vassoio, pronto a ribattere a quell'ultima affermazione con una fiera e vibrante protesta. Troncata però sul nascere dalla madre che, afferrata bruscamente la cravatta, gliela piazzò sotto il naso, proponendo convinta: «Per caso la vuoi indossare tu, tesoro? Sono sicura che a tuo padre non dispiacerà».
Teddy serrò la bocca, sbarrò gli occhi e guardò la madre un po' agghiacciato: lui non era bravo come il padre a contrastare quegli attacchi di follia stilistica. «Eh... ecco, io... non credo che...»
Tonks esplose in quella risata allegra e irresistibile che una parte di Teddy conosceva alla perfezione e abbracciò con entusiasmo il figlio. «Scherzavo, sciocchino».
«Oh» Teddy sospirò sollevato e si rannicchiò nel suo morbido abbraccio profumato di mughetto, godendosi quella sensazione nuova e familiare. La strega parve rendersene conto e rafforzò la stretta, mormorando divertita: «Ehi, che succede, Teddy, non ti allontani protestando sdegnato?»
Teddy scosse la testa. «Mai. Potrai abbracciarmi tutte le volte che vorrai, mamma. Non protesterò mai».
La strega sorrise intenerita e lo scostò da sé con dolcezza.
Teddy la guardò, incerto se renderla partecipe di una cosa di cui si era appena ricordato, poi rammentò il discorso appena fatto sul non nascondersi da chi si ama e prese la sua decisione.
«Sai mamma, ci sono alcune cose che non sono cambiate, nelle mie due vite. Una di queste è il solo motivo per cui, da bambino, ho vivacemente discusso con Victoire. Lei sosteneva che nessuna mamma era bella come la sua. Io non sono mai stato d'accordo. Ho sempre pensato che tu lo fossi molto di più».
Tonks sgranò gli occhi, incredula, poi sorrise lusingata, mascherando l'imbarazzo con un pizzico d'irriverente ironia. «Sei proprio uguale a tuo padre. Anche lui ripete da sempre la stessa, insostenibile cosa».
«L' ho sempre detto che papà è dotato di un impeccabile buon gusto».
Tonks rise, scompigliando teneramente i capelli, ancora di un turchese abbagliante, del figlio. «Ah, fascino Lupin unito a fascino Black. Chi potrebbe resisterti? Ti stanno bene i capelli di questo colore, tesoro. Perché non li tieni così per oggi?»
«Ecco... è solo che...» Teddy arrossì vivacemente, guardando in tralice la madre. «A Victoire piaccio al naturale... lei mi trova... uh... bello».
«L' ho sempre detto che Victoire è dotata di un impeccabile buon gusto».
Il ragazzo sogghignò, riportando i capelli al colore naturale e sua madre sospirò melodrammatica. «Peccato, però, sarebbero stati d'incanto con questa cravatta... a proposito, chissà se tuo padre ha finito con Harry» fissò la porta, pensosa, poi scoccò un bacio sulla fronte del figlio e si avvicinò alla porta. «Finisci la colazione e preparati, Teddy, ci vediamo dopo».
«Mamma».
La strega si voltò incuriosita.
«Sii buona con lui. Mi piace avervi attorno interi, sai?»
«Tranquillo... voglio solo indagare un po' su questa faccenda del lupo nervoso» gli strizzò complice un occhio e, sfoggiando un ghigno più inquietante di quello di una sfinge, se ne uscì dalla stanza.

Teddy fece spallucce e, preso il bicchiere non più così colmo di succo di zucca, studiò interessato la fotografia appesa sopra la testata del letto, tra un poster delle Sorelle Stravagarie e un gagliardetto di Grifondoro. Ritraeva tre persone. Al centro c'era un ragazzino un po' nervoso, ritto in piedi accanto a un grosso baule nuovo di zecca, una gabbia contenente un'elegante civetta argentata stretta in una mano e una bacchetta magica nell'altra; alle sue spalle si stagliava la locomotiva fumante dell'Espresso di Hogwarts. Era lui, quel ragazzino, ma aveva qualcosa di diverso. Aveva lo sguardo di un bambino sereno e completo. Lo stesso sguardo che avevano i figli di Harry, ma che lui non aveva mai avuto prima. Al suo fianco Harry gli porgeva complice una vecchia pergamena ingiallita, sorridendo impertinente a Remus che, scuotendo il capo si chinava a mormorare qualcosa all'orecchio del figlio, prima che tre bacchette colpissero all'unisono la pergamena.
Le labbra di Teddy si curvarono nello stesso sorriso malandrino che Harry sfoggiava nella fotografia. Posò il bicchiere ormai vuoto sul comodino, aprì il cassetto e ne estrasse una vecchia pergamena ingiallita: Harry aveva già ritardato a sufficienza quel momento, era giunta finalmente l'ora che nuovi Malandrini scorrazzassero per i meandri più misteriosi di Hogwarts e dintorni. Chissà, magari avrebbero aggiunto nuove informazioni alla Mappa del Malandrino, come aveva fatto lui con il passaggio segreto sul retro di Mielandia.
Non sarebbe venuto meno alla promessa fatta al padrino, del resto. Non avrebbe dato la Mappa a James prima del Natale del suo terzo anno al Castello; la sua intenzione era quella di darla ad Albus, infatti. E Harry non aveva posto alcun veto, in proposito.

«Remus John Lupin!» la voce squillante della madre gli giunse argentina all'orecchio, era molto vicina, probabilmente appena fuori dalla porta.
«Sappi che sei nei guai. E in guai molto grossi, anche! Il lupo furioso per la fase del ciclo lunare, eh? Ma se non ci sarà neppure la luna questa notte!»
La voce del padre sembrava un poco più distante. «Ah, attenta alla lam...»
Il rumore sinistro e familiare di qualcosa di fragile andato in frantumi fece sogghignare Teddy.
«... pada, Ninfadora». La voce di Remus si era avvicinata, ora.
«Uff. Ma perché non abbiamo mai pensato di piazzare Teddy, armato del tuo libro d'Incantesimi senza Bacchetta, nei pressi di questa raffinata lampada?»
«Non saprei. Perché non volevi che perdessi il mio tocco con gli Incantesimi di Riparazione?»
«Forse... oh no, non ci provare, Lupin, non mi farò distrarre così facilmente. Che stai facendo con quella bacchetta, ora?»
«Sto accingendomi a sostenere il mio allenamento quotidiano nell'Incantesimo Reparo, Ninfadora. Ecco fatto. Dicevi?»
«Non c'è luna piena questa notte».
«No. Non c'è. Non ho mai detto che ci fosse, in effetti. Ho solo constatato che in questa fase lunare il lupo è troppo nervoso per indossare quell'adorabile cravatta. E lo è, fidati, Ninfadora».
«Ninfadora? Sei arrabbiato?»
«No. Nemmeno un po', Ninfadora». La voce del padre vibrava di puro divertimento.
«Oh, e io sono arrabbiata?»
«Lo stai chiedendo a me? Suppongo di sì».
«Supponi?»
«Suppongo».
«Sei sempre stato una frana nelle supposizioni, Remus».
«Non è vero».
«No? Non funzionerebbe tra noi, sono troppo vecchio, troppo povero e troppo pericoloso, suppongo; i licantropi non sono fertili, suppongo; questo bambino sarà un licantropo, suppongo; questo bambino mi odierà o, nella migliore delle ipotesi, si vergognerà di me, suppongo...»
«Va bene, va bene, ho afferrato il concetto. Non sono molto bravo nelle supposizioni che riguardano noi due, ne convengo. Devo quindi supporre che neppure tu sei arrabbiata?»
«Uhm... pare che tu stia migliorando nelle supposizioni».
«Vedi? Se mi applico. Oh, che stai facendo con quella cravatta, Ninfadora?»
Teddy ascoltò sconcertato il tremolio improvviso nella voce del padre. Merlino, che la madre avesse deciso di strangolarlo con la cravatta?
«Ah, ecco. Adorerei assecondarti, Ninfadora, ma non credo ce ne sia il tempo».
«Oh, è ancora presto, abbiamo tutto il tempo, suppongo».
«Supponi?»
«Suppongo».
«Sei sempre stata bravissima con le supposizioni, tu. Non vedo perché dovresti sbagliarti proprio ora».
Una risata argentina si levò squillante, subito accompagnata da una più profonda, poi passi affrettati e il cigolio di una porta, seguito dall'inconfondibile ronzio di un Incantesimo Muffliato ben assestato. No, qualsiasi cosa avesse in mente di fare sua madre con la cravatta non era strangolare il consorte.
Teddy sorrise divertito. Era davvero felice che, dopo vent'anni, il suoi genitori fossero ancora innamorati fino a quel punto.
Il mondo era davvero un po' migliore grazie alla Chiave del Tempo. La sua scelta era stata una buona scelta, dopo tutto. Perché aveva portato un po' di amore in più al mondo. Nella sua vita, certo, ma anche in quella di Harry e di Andromeda, per esempio. E in quella dei licantropi e degli Addams, anche. Ma, soprattutto, in quella dei suoi genitori.
Quell'amore caparbio e totale che Remus e Tonks provavano l'uno per l'altra e che riversavano, amplificato, su di lui non poteva che avere reso il mondo un posto un pochino migliore.
Teddy si ricordò che, a un certo punto, la notte della Battaglia di Hogwarts, osservando i genitori si era chiesto come potessero amarsi due persone tanto diverse tra loro. Ora lo sapeva. Perché suo padre e sua madre erano davvero diversi come il giorno e la notte, come il sole e la luna, come lui e Victoire, ma erano proprio queste diversità a rendere tanto speciale la loro unione.
Perché erano complementari, perché, pur essendo fantastici presi separatamente, insieme lo erano di più. Perché si esaltavano e si completavano a vicenda - inghiottì l'ultimo pezzetto della torta, gustandone l'armonica dissonanza di speziato e di dolce – come la cannella e il cioccolato.



Fine


***In "Animali fantastici: dove trovarli" (libretto minuscolo ma molto istruttivo) J.K. ci informa che all'Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche vi sono tre divisioni: la Sezione Animali, la Sezione Spiriti e la Sezione Esseri. Intentendo con Essere "qualunque creatura dotata di intelletto sufficiente da apprendere le leggi della comunità magica e da assumersi parte della responsabilità di stilare quelle leggi" (pag. XII). Ecco, nella mia storia Remus lavora con dette Creature Magiche. Licantropi compresi.

Ed ecco l'Epilogo. Siamo arrivati alla fine della mia piccola storia.
Missione compiuta. Remus e Dora, vivi e vegeti, hanno potuto vedere quel Mondo Migliore che hanno cercato di ottenere con tutte le loro forze; e si sono potuti godere il loro amore e il loro bambino. Teddy è riuscito nel suo nobile intento (ringraziamo tutti il talento di zio Alphard nello scegliere i regali di nozze) e io spero di essere riuscita nel mio.
Solo alcune precisazioni.
Ebbene sì, lo confesso, sono Grifondorofila e non ci posso fare nulla - ognuno ha i suoi difetti, in fondo - lo so che gran parte del Fandom auspica una diaspora degli eredi del trio tra le varie Case... ma io non posso fare a meno di vederli tutti riuniti nella Sala Comune dei Grifondoro. Come Harry, Hermione e Ron. E, ancora prima, come Remus, James e Sirius. Ma ribadisco che non ho nulla contro le altre tre Case, anzi. E se, un giorno, la Rowling ci comunicherà di avere diviso i rampolli nelle quattro Case mi andrà comunque benissimo. Ma fino ad allora...
So anche che la maggior parte di coloro che "resuscitano" Remus e Tonks tende poi ad allietarli con una schiera di allegri e variopinti frugoletti; dando vita a storie deliziose che adoro leggere. Anch'io ho preso in seria considerazione l'idea di regalare a Teddy almeno un fratellino (o una sorellina), e già mi immaginavo un vispo Dorian (o Doriana, magari) che piombava in camera e svegliava lo sventurato fratellone sfoggiando un tatto tipicamente tonksiano... ma non ce l'ho proprio fatta. La Rowling ha deciso che Teddy fosse figlio unico e non me la sono sentita di contraddirla anche in questo. Già le ho negato la morte di due personaggi, suvvia! E poi, in fondo, nella saga di Harry Potter i figli unici hanno una gloriosa tradizione e, nel bene o nel male, tendono a risultare piuttosto speciali, quindi può andare anche così, direi.
A un certo punto, Teddy parla di un lupo Rasta. Non so se i maghi conoscano questo particolare "stile". Ma Teddy - specialmente il Teddy cresciuto da Tonks - può plausibilmente conoscerlo. A differenza di Remus che, infatti, si limita a parlare di un "lupo con le trecce".
Chiedo poi perdono ai fan dei Vampiri per le irrispettose opinioni di Emrys, Remus e Tonks in proposito. Non ho nulla contro le suddette creature della notte... ma tendo a prediligere irrimediabilmente i licantropi. E gli scrittori "Babbani" - con la doverosa eccezione di J.K. Rowling - non mi danno molta soddisfazione. ;-)
E infine due parole sulle Chiavi del Tempo. Ho tentato di renderle credibili (per lo meno credibili quanto possono esserlo simili strambi manufatti) e mi piaceva l'idea di assoggettare anche loro ai concetti che permeano tutta l'opera della Rowling: la potenza dell'Amore e l'importanza delle Scelte. Inoltre, parlando di Tempo ho deciso d'introdurre anche il concetto di equilibrio. Spero di essere riuscita a creare un oggetto non troppo assurdo. Ma se qualcosa non dovesse tornare siate buoni e comprendetemi: anch'io, come Remus, non sono un'esperta di Chiavi del Tempo... posso solo avanzare delle ipotesi!  ;-)

Grazie a tutti i membri dell'Esercito dei Silenti. Siete davvero tantissimi! Mi avete indubbiamente sorpresa!
E un grazie ancora più sonante a tutti coloro che hanno avuto la bontà di dirmi cosa ne pensano della mia storia: mi ha fatto molto piacere, non me li aspettavo tanti commenti! Spero vivamente che l'Epilogo non vi abbia troppo deluso...  ma non è facile scrivere un Epilogo. Tirare tutte le somme e tentare di immaginarsi le conseguenze di un Viaggio nel Tempo è piuttosto impegnativo.

Jadis96: Ciao! Sono contenta che la Jadis "con il numerino" sia tornata a recensirmi. E sono anche più contenta che la Jadis "con il numerino" abbia apprezzato il capitolo! Spero le piaccia anche l'Epilogo.^^ E' vero, è finita... però chissà, potrei sempre tornare. Ma per ora: Fatto il misfatto! ;-)
fri rapace: Ciao! E come avrei mai potuto non dedicare spazio ai licantropi? Tenuto conto che io la penso esattamente come Emrys, Remus e Dora, tra l'altro! La difficoltà è stata, piuttosto, quella di impedirmi di dedicare loro ancora più spazio...
Harry racconterà sicuramente a Remus che è stato salvato da un incantesimo lanciato da Severus (certo, George avrebbe preferito un po' più di mira da parte del suo unticcio professore di Pozioni, eh... ^^) ma in un momento più opportuno. Prima di questo i due avranno cose più "urgenti" da chiarire. Tipo chi potrà coccolarsi Teddy per primo, magari... ma poi affronteranno sicuramente la questione Severus.
Per quanto riguarda il "cattivo tanto imbastito da suicidarsi" non posso che dirmi d'accordo. Ma, a parer mio, Voldemort non poteva che morire in modo tanto assurdo... ucciso dalla sua stessa arroganza e dalla sua incapacità di comprendere quale immenso potere abbia l'amore. Purtroppo per lui non ha mai co,preso la lezione di Albus Silente, a differenza di Remus. ;-)
Per quanto riguarda la storia... be' ci hai azzeccato per metà. Remus e Dora sono vivi, sì. E hanno potuto crescere il loro bimbo (come avrei potuto privarli di questa gioia, del resto) e Teddy ha ricordi meravigliosi del suo passato accanto a mamma e papà... ma si ricorda perfettamente della Chiave del Tempo e del suo passato senza mamma e papà. Spero che anche questa versione ti possa piacere e, magari, commuovere.
E non preoccuparti per le tue domande: a me fanno piacere. E sappi che il titolo di "Rompipluffe Massima" resta comunque di Dora. Ti distacca di parecchie lunghezze, temo. ;-)
Kamen: Grazie! Mi fa davvero piacere che anche il capitolo quinto ti sia piaciuto. E, per quanto mi riguarda, è assolutamente lampante che Tonks è sì adorabile, ma è tutt'altro che incapace: è un Auror, suvvia. Solo i migliori riescono a diventarlo! Ed eccoti l'Epilogo, spero ti piaccia quanto gli altri capitoli.
fennec: Grazie! Mi fa piacere che tu abbia apprezzato l'intrecciarsi della mia storia con gli eventi narrati dalla Rowling. E' importante, perché è la stessa Battaglia descritta da lei, solo vista da un altro punto di vista. Anche a me sarebbe piaciuto molto descrivere il primo approccio di Harry con il piccolo Lupin. Sarebbe stato tenero e divertente... ma purtroppo avrebbe scombussolato un po' la mia storia, visto che avrei dovuto giostrare due Teddy contemporaneamente, mentre il Portale del Tempo si chiudeva inopportunamente. Ed eccoti l'Epilogo. Spero che la tua trepidante attesa non sia andata troppo delusa.
lyrapotter : Ed eccoci qui. Grazie per la telecronaca e per i complimenti rinnovati! Teddy è un personaggio strepitoso da maneggiare, e non è davvero difficile farlo amare. Fa tutto da solo! Basta assecondarlo. Però penso anch'io che, per una serie di motivi, un personaggio adulto ha un fascino differente di un bambino/adolescente.
La faccia di Dora in quella situazione deve essere stata sicuramente degna di nota... fortunato Remus che ha potuto ammirarsela per benino. ^^ Per quanto riguarda i licantropi... ti svelerò un segreto: anch'io devo essere affetta dalla tua stessa patologia, sai? Perché vengo a mia volta affascinata da ogni esemplare portatore "civilizzato" di Piccolo Problema Peloso. Diciamo che condivido totalmente le idee di Emrys, Remus e Dora al riguardo. ;-) Mi fa particolarmente piacere che tu abbia apprezzato il trio mannaro, come avrai visto hanno una certa importanza anche in questo capitolo, pur non comparendovi di persona. E mi fa altrettanto piacere il fatto che tu abbia apprezzato la chiacchierata tra Harry e Remus; ho adorato scriverla, il loro rapporto mi ha sempre interessata e  mi sono divertita parecchio ad esplorarlo. Così come mi sono divertita a studiare gli effetti collaterali dei colpi da "sfera di cristallo", sì. Diciamo che Remus, di tanto in tanto, ha bisogno di una bella scossa... ma pare abbia finalmente capito che il ciclico spintare di orecchie pelose e coda non pregiudica assolutamente il suo essere un padre fantastico. Dora, d'altro canto, è una madre alternativa e fantasiosa... ha uno stile tutto suo, diciamo: Teddy si divertirà molto.
Ora sono io a lasciarti. Dopo questa risposta, aggiunta al chilometrico Epilogo - che spero sia stato di tuo gradimento - ti vedo anch'io piuttosto provata. ;-)
dirkfelpy89: Ciao! E grazie per la nuova recensione! Sì, credo anch'io che Harry avrebbe passato del tempo con Remus dopo la Battaglia, se J.K. non avesse deciso di rendere impossibile la cosa... mi fa piacere di non essere la sola a pensarla così. Spero che anche questo capitolo, pur essendo lunghetto, non abbia troppi tempi morti e ti abbia divertito.
KELLINA: Bene. Allora spero che anche l'Epilogo ti sia piaciuto! Non vorrei mai essere scivolata proprio sul finale.
Sì, mi hai scoperta! E' vero, ho amato moltissimo i personaggi della saga. Tutti, dal primo all'ultimo; certo, ci sono quelli che mi suscitano umana simpatia e quelli che mi fanno saltare i nervi appena compaiono sulla scena, ma li amo comunque tutti così come sono. Di conseguenza, ho tentato disperatamente di non "snaturarli o deformarli", e sentirmi dire che ci sono riuscita... be', mi fa davvero un immenso piacere. E credo proprio che, prima o poi, mi vedrai rispuntare con qualche altra piccola storia. Scrivere questa mi ha già dato idee per altri brevi racconti. Evidentemente le fanfiction sono come le ciliegie: una tira l'altra.

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