Eighty six- La principessa ed il guerriero

di leti_0907
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'incontro ***
Capitolo 2: *** Confessioni ***
Capitolo 3: *** Primi baci ed incontri dal passato ***



Capitolo 1
*** L'incontro ***


Premessa generale: la one shot è ispirata a questo post di Insta https://www.instagram.com/p/CwsaRKmSK-a/?igshid=MzRlODBiNWFlZA==

 

Premessa storica: questa one shot è stata impostata nel periodo Tokugawa (1603-1867), in cui il Giappone si riprende dopo la guerra intestina cominciata nel 1457, conosciuta sotto il nome Sengoku jidai (“periodo degli stati combattenti”, guerra durata per circa centocinquant’anni coinvolgendo sia signori potenti sia civili). È in questo periodo che lo shogun, Tokugawa Ieyasu, pone la sua dimora in un villaggio di pescatori, Edo, che diventerà l’attuale Tokyo nel 1868, con l’abolizione dello Shogunato. All’epoca, ci si sposava presto, quando le ragazze avevano il primo ciclo mestruale ed i ragazzi i primi cambiamenti a livello ormonale.

In questa one shot Shin è il figlio illegittimo della sorella dello Shogun, riconosciuto come erede Tokugawa, e fa parte dell’esercito insieme a Shiden, Theo e Raiden. Ernst è consigliere dello shogun, mentre Frederica è sua figlia. Infine, Lena ed Annette sono figlie di due daimyo fedeli a Tokugawa, e le cameriere personali di Lena sono Kurena ed Anju. 

Termini:  

Shogun= signore supremo, colui che esercitava il potere sul Giappone 

Daimyo= signore feudale

Han= possesso territoriale di ogni daimyo 

Jidai= periodo 

Danna(-sama)= signore, padrone

 

 

La principessa ed il guerriero

I. L’incontro

Tokugawa jidai, 1651 d.c.

 

Lena guardò fuori dalla portafinestra delle sue stanze, ed osservò la tranquillità della natura che circondava l’abitazione. Non le sembrava vero che, fino a quasi cinquant’anni prima, ci fosse stata una guerra così violenta da sfregiare il volto del Giappone per oltre un secolo, e che suo padre fosse sopravvissuto per raccontarglielo. 

Vaclav Milizé era particolarmente fiero di aver partecipato a tale scontro. Lei sapeva quanto ammirasse lo Shogun, ed aveva sempre creduto nella sua causa- quella di salvare il loro Paese dai conflitti interni che lo appestavano, di liberarlo dalle menti maligne di coloro che volevano sfruttarlo e guadagnare sullo scontento generale- tanto da seguirlo in guerra, rischiando la vita. Ed era stato anche grazie allo Shogun che i suoi genitori si erano incontrati ed innamorati, e tante volte sua madre Margarita le aveva raccontato di quanto Vaclav fosse affascinante con indosso la divisa militare. 

Lena sorrise, posando il libro di storia accanto a lei e godendo della leggera brezza prima di alzarsi e partire insieme ai genitori per incontrare, per lei la prima volta, il famigerato Tokugawa Ieyasu. Non era una visita di cortesia, anche se suo padre e lo shogun erano senz’altro più che amici, bensì un piano strategico a cui ogni daimyo doveva sottostare per mantenere la pace. Era il cosiddetto San Ki Kotai, il sistema degli ostaggi: ogni signore doveva recarsi una volta ogni due anni ad Edo e soggiornare per un po' nella propria residenza, insieme alla sua famiglia e sottoposti, e tutto il processo debilitava economicamente i grandi signori, in maniera tale che nessuno di loro potesse crearsi un’armata personale. 

In seguito, il signore deve presentarsi allo Shogun e fornirgli una relazione sulla gestione del territorio e le questioni politiche. Finito ciò, il signore feudale poteva tornare presso il suo Han, lasciando però la moglie ed il primogenito ad Edo, questo perché fungevano da ostaggi qualora il daimyo decidesse di rivoltarsi. 

«Lena, possiamo entrare?» una voce dolce come il miele catturò la sua attenzione, e lei riconobbe immediatamente la presenza delle sue cameriere personali al di là della porta.

«Kurena, Anju. Entrate pure.»

Le due fecero come lei aveva detto. Al di là del loro ruolo all’interno della tenuta, Lena considerava Anju e Kurena come sue amiche intime e confidenti, le più vicine che aveva insieme ad Annette, la figlia di un altro daimyo. Sua madre gliele aveva presentate circa tre anni prima, e da quel giorno erano inseparabili. Adorava il carattere mite di Anju e l’allegria di Kurena, e passare anche solo le serate con loro, tra risate e cibo a volontà, riusciva a sollevarle dalle spalle tutte le sue responsabilità, le sue incertezze e le sue insicurezza. Si sentiva una ragazza come loro, una qualunque, ed apprezzava i loro sforzi nel farlo.

«Siamo qui per rimetterti in sesto.» Kurena le si mise alle spalle, sollevandole la lunga chioma argentea, simbolo dei Milizé. «Tua madre mi ha consigliato di raccogliere due ciocche laterali e fissartele dietro la testa, così i capelli non ti finiranno davanti agli occhi.»

«O perché così lo Shogun potrà valutare la mia bellezza e decidere con chi dovrei maritarmi.» la giovane scherzò, anche se un fondo di verità c’era.

Era questo l’altro scopo per cui la moglie ed il primogenito -in questo caso, primogenita- dovevano rimanere ad Edo. Per creare un’alleanza tramite un’unione tra gli eredi di due casate, soprattutto se essi avevano raggiunto l’età adulta per congiungersi. 

E Lena, con i suoi sedici anni, l’aveva ben raggiunta.

Questo temeva la giovane ed unica erede dei Milizé. Nonostante suo padre le raccontasse della bontà d’animo del suo superiore, Lena aveva timore della sua intransigenza e risolutezza. Erano queste due doti che lo avevano portato a sedere sul trono più influente del Giappone, a diventarne il signore supremo, e lo pensava capace di organizzare un matrimonio di convenienza, se questo giocava a suo vantaggio. Lei non voleva unirsi a qualcuno che non amava, aveva sempre avuto come esempio il matrimonio d’amore dei suoi genitori e non ne desiderava uno da meno. 

Voleva passare il resto della sua vita con l’uomo che amava, non con uno che gli avevano messo affianco per alleanza. 

«Non penso che tuo padre ti venda al miglior offerente solo per far contento lo Shogun.» affermò Anju, intenta a scegliere il fermacapelli con cui chiudere la pettinatura. «Certo, Danna-sama è senz’altro fedele a Tokugawa-sama, ma tu sei sua figlia e sicuramente desidera che tu sia felice del tuo matrimonio.»

«E se non fosse così?» sul volto di Lena cadde una maschera buia. «Se per lui una remota possibilità di diventare parente dello shogun fosse più importante del futuro della sua unica erede?»

Sapeva che molte prime nate come lei spesso erano disprezzate dal proprio padre. In una società strettamente patriarcale come quella in cui era nata, un primogenito maschio era considerato un dono dal cielo, la benedizione di una prospera continuazione della casata. Ma con lei, in quanto donna, la casata dei Milizé si sarebbe conclusa, e non sarebbe mai stata annoverata nei rotoli della storia. Vaclav non le aveva mai fatto pesare niente di questo, eppure in cuor suo temeva che suo padre fosse deluso da lei.

Solo perché era nata donna.

«Non dire assurdità, Lena!» i volti di Kurena ed Anju le balenarono davanti, spaventandola. «Abbiamo visto come Danna-sama si comporta con te, come ti guarda, e ti posso assicurare che è tanto fiero di te. Ti ama tanto, e mai vorrebbe qualcosa per se stesso che vada a tuo discapito.» lo sguardo blu di Anju sembrava così convinta delle sue parole, che nella stretta calda in cui avvolse le loro mani, assieme a quelle della rossa dagli occhi ambrati, Lena trovò la forza di credere che avevano ragione, che erano le sue insicurezze ad instillarle il dubbio.

«Grazie, ragazze. Non so come farei senza il vostro sostegno.» si buttò in avanti per stringerle a sé, per ricambiare quanto poteva l’affetto che le dimostravano.

Un insistente bussare le fece staccare dopo qualche minuto. «Lena, tesoro, sei pronta? Tuo padre ha detto che è tutto pronto per la partenza.» la voce di sua madre era attutita dalla porta che le sue amiche avevano chiuso dietro di sé.

«Sì, madre, ho quasi fatto.» le rispose. Fece cenno ad Anju di metterle il fermaglio a forma di lillà, in tinta con lo yukata bianco e lilla decorato con disegni dello stesso fiore, e si alzò, seguita dalle due che avrebbero affrontato il viaggio come lei, sebbene su un altro mezzo dedicato alla servitù.

E così, nel giro di due decina di minuti, partirono alla volta di Edo.

 

† † † †

 

Il viaggio non durò molto, solo qualche ora, il tempo di fermarsi presso la loro residenza per lasciare i domestici a sistemare i bagagli e ripartire per andare a visitare lo shogun.

Il tempo necessario perché nel cuore di Lena montassero le paure al solo scorgere i tetti scintillanti del palazzo dello Shogun. Era stata cresciuta per essere una dama dalle maniere raffinate e dal comportamento impeccabile soprattutto in pubblico, eppure temeva che davanti allo shogun avrebbe fatto una figura tutt’altro che dignitosa nei confronti della propria famiglia. Non bastava essere educati per piacere allo shogun, anzi: dai racconti che le sue orecchie avevano udito, Tokugawa dava molta importanza anche alle doti e al carattere degli ospiti. Apprezzava il coraggio e la sfacciataggine quanto disprezzava la maleducazione e la superbia.

Almeno, questo è quello che sapeva di lui da suo padre.

«Non essere cosi agitata figlia mia.» Vaclav mise una mano su quelle della figlia, intrecciate così tanto da sbiancare. «Lo shogun apprezzerà senz’altro il tuo acume e la tua intelligenza, perciò non hai nulla da temere.»

Il massimo che Lena poté offrirgli fu un sorriso nervoso. Non era solo lo shogun e la sua approvazione a metterli i brividi, bensì il fatto che ogni suo minimo spostamento sarebbe stato sotto gli occhi di un'intera corte, di quelli che sarebbero potuti diventare gli eredi di quel grande vasto impero. Il suo dubbio più grande, la sua paura più forte, era quella di non essere all'altezza delle aspettative della sua famiglia, di disonorare in qualche modo. Anche un solo gesto avrebbe potuto essere un cataclismico disastro.

 

Il loro mezzo di trasporto si fermò nel bel mezzo del vastissimo cortile piastrellato, nella corte del palazzo. Non appena smontò, aiutata da suo padre, gli occhi chiari della giovane fecero fatica ad abituarsi alla luce del sole che si infrangeva senza pietà contro le rifiniture dorate dei tetti e dei corrimano. Di una vastità enorme e il castello di Edo rispecchiava appieno la potenza e la grandezza di chi lo aveva voluto: circondato dall'acqua, la struttura sembrava perdersi a vista d'occhio, e l'enorme entrata principale era adornata da disegni. Era davvero stupendo, e tutto d'un tratto Lena si sentì omaggiata di tale vista. Non aveva visitato castelli come quello prima di quel momento perciò rimase senza fiato, soprattutto quando ad accoglierli vi era lo shogun in persona

Accompagnato da una donna dallo yukata regale, Tokugawa Ieyasu era l'emblema della regalità fatta persona. Schiena dritta e petto in fuori, quell'uomo emanava sicurezza da ogni poro, e, nonostante il passo militare guardingo e pesante, possedeva un'infinita eleganza nei movimenti, che la giovane Milizé notò quando li accolse con un leggero inchino.

«Vaclav-san, Margarita-san, è un piacere finalmente avervi qui nella capitale. Com'è andato il viaggio?» li accolse con generosità lo shogun, gentile ma composto. Mise una mano sulla spalla di suo padre egli sorrise leggermente.

«Tokugawa-sama, il viaggio si è dimostrato calmo e senza intoppi. Suo padre gli sorrise riconoscente e le fece cenno di avvicinarsi. «Vi posso presentare Vladilena, la mia unica figlia e primogenita?»

Lo sguardo scuro e severo del grande signore virò su di lei, e nel sentirsi addosso quegli occhi scrutatori Lena si sentì pervadere da tantissimi brividi lungo la schiena. Si prostrò in un inchino ed osannò lo shogun. «Tokugawa-sama, è un onore fare la vostra conoscenza. Mio padre mi ha tanto parlato di voi e non vedevo l'ora di conoscervi.»

«Vladilena, senz'altro l'onore è mio. A quanto pare il vostro padre non mentiva sulla vostra educazione, niente meno sulla vostra bellezza. Una giovane come voi sarà piena di corteggiatori.» si complimentò  Tokugawa, sorridendole leggermente.

«Tutto il contrario Tokugawa sama.» Lena si rimise in posizione eretta. «Potrei affermare con certezza che per ora nessuno sguardo mi è stato rivolto né nessuna proposta di matrimonio. Benché io abbia sedici anni, preferisco fare bene la mia scelta piuttosto che correre e trovarmi legata a un uomo che non desidero.»

«Giovane, eppure così saggia.» Il signore supremo del Giappone si rivolse ai due genitori ridacchiando. «Mi domando da chi abbia preso tale logica.»

Vaclav fece per rispondere con una battuta ironica, quando uno squillo di trombe annunciò l'entrata dell'esercito imperiale nella Corte del palazzo. Diversi soldati entrarono seguendo il ritmo della marcia militare, fermandosi davanti allo shogun e protraendosi in un inchino.

«Vi porgo le mie più sincere scuse, miei ospiti. Mi ero completamente dimenticato che oggi avrei dovuto salutare l'armata che è rientrata dall' addestramento. Sapete, sono diversi anni che non li accolgo e tra di loro ci sono dei soldati che mi sono molto a cuore.» lo shogun mentre parlava sembrava cercare una persona in particolare tra quella marmaglia di scudi armi ed armature, sorridendo apertamente tanto da lasciare Lena senza parole. «Shin, mio caro nipote. Avvicinati. »

L'armata si divise tanto da creare un corridoio per far passare il ragazzo, anzi, l'uomo più bello che Lena avesse mai visto.

Armato dalla testa ai piedi, con l'elmo da samurai appoggiato al fianco destro, un giovane dagli occhi rossi come il sangue si stava dirigendo verso lo shogun con passo felpato ma sicuro. Le gambe coperte dalle schiere e le ginocchiere d'argento, che facevano pendant con gli spallacci ed i vambrace, non indossava un'armatura completa, poiché sopra i calzoni indossava un corto yukata scuro dalle rifiniture bianche e blu. Al fianco, una katana dall'impugnatura finemente decorata, che riposava nella sua fodera.

Nonostante i capelli legati in una piccola coda a metà nuca, alcune ciocche tra le più corte gli ricadevano sullo sguardo profondo.

In piedi a fianco ai suoi genitori, l'erede della casata Milizé si ritrovò a sperare che se proprio lo shogun avesse dovuto darla in sposa a qualcuno, che quel qualcuno potesse essere il giovane che in quel momento si stava inchinando davanti a Tokugawa. Aveva sempre pensato al matrimonio come la fase finale di una profonda conoscenza in cui le due persone che si stavano unendo conoscevano tutto l'uno dell'altra; lei quel giovane guerriero non lo conosceva affatto, non l'aveva mai visto prima di quel momento. Eppure, c'era come una sorta di filo invisibile, un'attrazione fatale che la spingeva a non staccare gli occhi dalla sua figura per niente al mondo.  Era come se attorno a lei le voci i rumori si fossero mischiati in un nulla cosmico, come se al centro dell'universo ci fosse soltanto quello sconosciuto tanto affascinante quanto misterioso.

«Zio, permettetemi di salutarvi come meglio si addice al nostro più potente governatore.» la voce del giovane era bella un po’ roca, e quando si tirò di nuovo su in piedi, il movimento dell'ampio colletto rivelò una profonda cicatrice che sembrava fungere da collana  intorno al collo. Era una cicatrice strana, così inusuale, che però sembrava essere un ulteriore incentivo per la curiosità di Lena. Si chiese come aveva fatto a procurarsela, e quindi la sua voglia di conoscerlo schizzò alle stelle.

«Ti ringrazio nipote. Ma ora vorrei presentarti la prima famiglia che è venuta a farmi visita.» lo shogun indicò tutti e tre. «Questi sono Vaclav e Margarita Milizé, accompagnati dalla loro unica figlia Vladilena. Questo invece è Shinei Nouzen, figlio di mia sorella, capo della prima divisione d’avanguardia dell'armata imperiale e futuro shogun della dinastia Tokugawa. »

Lena e i suoi genitori si prostrarono, ma, quando lei alzò lo sguardo, incontrò quegli occhi che tanto aveva elogiato nella sua testa. La stava guardando con un tale interesse, da chiedersi che cosa stesse pensando in quel momento di lei. Si domandò se fosse incuriosito tanto quanto lo era lei nei suoi confronti, e si costrinse a far entrare aria nei polmoni quando notò lo sguardo del ragazzo scendere leggermente. «È un piacere fare la vostra conoscenza.» affermò, con un tono di voce leggermente più basso.

Poi si rivolse a Tokugawa. «Perdonatemi, zio, ma Raiden e Theo hanno bisogno di recarsi all'infermeria. Ci siamo scontrati con un esiguo esercito di unni, e sebbene non ne siano usciti vincenti, alcuni dei nostri commilitoni sono stati toccati dal filo delle loro katane.» rivolse un'occhiataccia a due ragazzi in prima fila, uno dai capelli verdi e dalla profonda cicatrice sul mento, l'altro dagli occhi verde acqua e i capelli biondi, i quali fecero finta di non notare lo sguardo al vetriolo del loro comandante. «Niente di grave, ma meglio farli medicare in previsione degli allenamenti di domani.»

«Ma certo, andate pure. Avrete bisogno di rifocillarvi e di riposare.» lo shogun fece cenno verso il palazzo, e l'armata si dileguò. Anche Shin se ne andò, non prima di averle fatto un cenno di saluto che aveva riservato solo a lei.

Lo shogun se ne accorse e si voltò verso di lei, facendola arrossire. «A quanto pare, forse c'è un ammiratore.»

 

 

 

 

[To be continued…]

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Capitolo 2
*** Confessioni ***


La principessa ed il guerriero

II. Confessioni

 

Osservare il cielo era una delle attività preferite di Lena. Nel pieno della notte quando sapeva che tutta la casa era piombata nel sonno, le piaceva sgattaiolare per i corridoi di casa sua pur di arrivare al grande patio della sala. Adorava stare ore e ore ad osservare il cielo notturno, a contarne le stelle, sperare che qualche cometa passi per poter esprimere un desiderio, a far compagnia alla luna immobile nel cielo. Era una delle poche volte in cui riusciva a far valere i suoi numerosi studi in astronomia, ad applicare nozioni che sapeva essere a quel tempo indirizzate solo agli uomini. Eppure suo padre gliel'aveva insegnate, e lei passava notti insonni ad additare le stelle ad una ad una e dirne il nome a bassa voce.

Ed anche se quella notte solo per quella notte lei e la sua famiglia erano ospiti presso il palazzo dello shogun, Lena decise comunque di tentare.

Chiuse la porta dietro di sé, sperando che non cigolasse.  non aveva intenzione di svegliare i suoi genitori i quali dormivano nella stanza attigua alla sua, perciò cerco di fare il minor rumore possibile, scegliendo addirittura di non indossare le scarpe. Perciò, a piedi nudi, si lasciò scivolare fino ai balconi esterni, i quali davano la vista su un'intera città e sull'acqua scintillante del fossato che li circondava.

Si appoggiò sognante al parapetto, con gli occhi fissi sul firmamento, senza rendersi conto di una figura che la stava osservando.

Shin stava passando di lì per puro caso. Non riusciva a dormire, come ogni altra notte, perciò decise che una passeggiata per raggiungere la quiete e magari stancarsi ulteriormente per sprofondare in un sonno privo di incubi fosse d'obbligo. Era appena uscito dalla sua camera quando aveva visto una figura esile e sottile sgattaiolare tra i corridoi. Pensando fosse un ladro o peggio ancora una spia, l'aveva inseguita, e solo dopo essere usciti all'aria aperta, l'erede dei Tokugawa riconobbe la chioma argentea che rifletteva sotto i raggi deboli della luna.

Quando l'aveva vista, quel pomeriggio, era rimasto sconvolto. Vladilena Milizé probabilmente non era la donna più bella che avesse mai visto, eppure c'era qualcosa di seducente nel modo in cui lo guardava,  nel modo in cui si muoveva, nella maniera con cui conversava. Non vi era malizia, eppure il primo pensiero che gli passò per la testa era quello intrinseco alla speranza che non smettesse mai di prestargli attenzioni. Occhi che sembravano pietre lunari per quanto scintillavano, lucidi come i capelli che ondeggiavano ogni suo passo. Il suo essere lì soltanto, anche durante la cena, sembrava essere quasi avere gli stessi effetti di una calamita che lo attirava verso di sé senza alcuna possibilità di scappare.

L'erede della casata più vicina a suo zio era talmente affascinante e curiosa che mai si era sentito così attratto da una donna. Certo avevo avuto le sue avventure, ma le sensazioni che aveva provato ad ogni incontro segreto non reggeva neanche il minimo confronto con i brividi che aveva provato ogni qualvolta che lei posava gli occhi su di lui.

Scoprire che le piaceva scappare la notte per poter anche solo osservare le stelle, una cosa che poteva sembrare insignificante agli occhi degli altri, a lui invece metteva addosso un'attrazione impareggiabile. Da quello che aveva potuto assumere durante la la cena coi loro ospiti, Vladilena sembrava essere in cerca di conoscenza, e più di tutti aveva partecipato alla discussione di strategie militari che si era intavolata tra lui, suo zio e Vaclav Milizé. Con profonda ammirazione, si era reso conto che possedeva una mente acuta, elastica. e sembrava portata per la strategia e per la logica militare, gli sembrò tutta figlia di suo padre. Era intelligente, e parlare con lei era talmente facile e piacevole che sarebbe stato ore ad ascoltarla senza mai annoiarsi.

E lo faceva anche in quel momento, mentre lei elencava sottovoce le stelle che riusciva a riconoscere. Ad un certo punto lei smise di parlare, e Shin, corrucciato, non capì immediatamente che cosa l'avesse fatta fermare. Osservo la sua espressione, e la vita impegnata a pensare mentre lo sguardo era fisso su una costellazione in particolare che lui conosceva molto bene.

«É la costellazione della cintura di Orione, quella che state osservato con tanta intensità.» La aiutò uscendo dall'ombra, facendola saltare sul posto per lo spavento. «Perdonatemi. Non volevo spaventarvi, ma passavo di qua per caso e vi ho vista.»

«Non c'è niente da perdonarvi, Nouzen-sama. Anzi non dovrei neanche essere qua.» Lena non riusciva a smettere di guardarlo dritto negli occhi. «Non riuscite a dormire?»

«Possiamo dire che non sono abbastanza stanco perché il mio sonno sia tranquillo.» Il guerriero si appoggiò al parapetto a qualche centimetro di distanza da lei. Non riusciva proprio a starle troppo lontano, e per lui fu naturale come se fosse un'abitudine piazzarsi a quei dieci centimetri di distanza, tanto che se avesse voluto con un passo sfiorarle il braccio con il suo. «E voi, Milizé-sama? Anche voi fate fatica a dormire?»

«Possiamo dire che, benché vostro zio sia immensamente ricco, il mio futon batte il suo.» Rispose scherzando lei, e quando vide che la sua battuta aveva provocato un leggero sorriso sulle labbra di Shin, il suo cuore manco letteralmente un battito. «Sapete, questa è la mia prima volta nella capitale.»

«Davvero non siete mai venuta in visita negli anni precedenti?»

«Mio padre non ha voluto. All'epoca ero ancora troppo piccola e avevo bisogno di essere educata dai maestri in maniera tale da affrontare il viaggio e l'incontro con lo shogun con le giuste conoscenze e con le giuste maniere. E diciamo anche che non ero così interessata a lasciare casa mia.»

«E cosa facevate a casa vostra?»

«Cosa faccio tutt'ora, se vogliamo dirla tutta.» Lena sorrise ripensando a quei momenti di pace e di solitudine che a volte le mancavano. «Mi piace moltissimo leggere passeggiare nei dintorni dell'han, dedicarmi alla scrittura e…»

«E?» Shin sembrava davvero curioso di sapere quale altra sorpresa quella donna gli riservava. «Avanti, non siate timida. Non vi prenderò in giro.»

Lena arrossì, e volse lo sguardo a suo precedente obiettivo. «Adoro studiare. Mi piace conoscere cose nuove e comprenderne la logica, collegarle ad altre nozioni mi piace tutto, e soprattutto mi piace l'astronomia. Sapere che nell’universo ci sono pianeti, la luna, il sole, le stelle, tutte cose che sembrano così vicine ma in realtà lontane anni luce. Mi piace pensare che nelle stelle ci siano scritte storie che gli esseri umani non potranno mai capire né comprendere.» Lena indicò la corona di Arianna. «Quella è la corona boreale. La conoscete?»

«Non bene quanto la cintura di Orione.» Shin rivolse un sorrisetto. «Volete illuminarmi, Vladilena-sama?»

«Solo Lena, Nouzen-sama.»

«Allora solo Shin. Direi che dopo queste confidenze possiamo evitare le formalità no? D'altronde, abbiamo la stessa età.»

«Avet-cioè, hai 16 anni come me?» Lena era sorpresa, si aspettava che fosse più grande di lei di almeno due anni.

«Sì, siamo coetanei.» Shin le si avvicinò ancora di poco, beandosi delle leggero profumo di violetta che sembrava accompagnarla ad ogni movimento. «Ma non è questo il punto della nostra discussione. Ti va di raccontarmi quale triste vicenda si si nasconde dietro quella costellazione?»

«Con molto piacere Shin.» Con un dito Lena unì le stelle che formavano la costellazione, soggetto del loro discorso. «La storia si concentra perlopiù sulla mitologia, in particolare gira attorno alle vicende e alle leggende la cui protagonista è Arianna. La prima riguarda il matrimonio tra Arianna e Dioniso, il quale voleva regalarle una corona come simbolo della loro Unione, che fece realizzare da Efesto, Dio dei vulcani e degli artigiani,  che però Dioniso lancio nel cielo quando lei morì.»

«È molto triste.» affermò Shin seguendo il dito affusolato della giovane.

«È vero ma quasi tutte le leggende mitologiche sono un po’ tristi. Una seconda leggenda racconta di Arianna figlia di minosse la quale offrì il proprio aiuto a un eroe Teseo che venne mandato nel labirinto per sconfiggere il Minotauro. Molti pensano che Teseo e Arianna si erano innamorati, eppure quando lui la portò via la abbandonò sull'isola di nasso dove venne trovata da Dioniso che la sposò e le regalò la corona, promettendole di prendersi sempre cura di lei e di amarla.»

«Insomma alla fine, si sposa ed è felice.»

«Sì, ma un dio è eterno una vita umana non lo è mai.» Lena sospirò. «A volte, tendiamo a dimenticare alcune differenze che però sono inequivocabili, di cui scordarsene sarebbe un terribile errore.»

«Sembra che parli per esperienza.» Il tono della giovane era talmente cupo da sembrare sbagliato, se uscito dalla sue labbra. Un pensiero gli balenò nella testa, e l’ipotesi lo orripilò a tal punto  da sentire la gelosia bloccargli la gola e le vie respiratorie. «Per caso si tratta… di qualche giovane che ti interessava?

«Che mi interessava, no. Nel villaggio in cui vivo non c'è una singola persona che mi interessi su quell'ambito. Ma qua ad Edo…» Lena lo guardò con la coda dell’occhio, mordendosi il labbro. «Forse potrei aver trovato quella persona ma penso che siamo piuttosto diversi e non credo che le differenze di rango si possono colmare così facilmente.» Gli stava dicendo tra le righe che le sarebbe piaciuto conoscerlo a fondo, e si domandò se Shin avesse capito.

«Oh.»

La delusione del ragazzo pesava tra di loro, ma lei non comprese il vero motivo per cui sembrava così afflitto. Temette che lui avesse sì compreso, ma che aveva intenzione di rifiutarla.

Tra loro calò un velo di incomprensione, pesante tanto da soffocarli entrambi. Lena si accomiatò per prima, usando la scusa di essersi stancata e di aver bisogno di riposare per la mattina successiva, ma quando arrivò nella sua stanza avvolta nel suo futon, si lasciò andare alla lacrime amare.

Era quello ciò che si sentiva quando si veniva rifiutate?

† † † †

La mattina dopo alzarsi fu una tortura. Lena si sentiva gli occhi così gonfi e pieni di lacrime ancora, e doveva davvero avere un brutto aspetto se Kurena ed Anju avevano lanciato un urlo nel vederla in quelle condizioni. Eppure lei non poteva farci niente: aveva pianto tutta la notte, per poi addormentarsi per lo sfinimento solo poche ore prima di doversi alzare. Non aveva alcuna voglia di incontrare lo shogun né di vedere suo nipote, e sperava in qualche modo di poter rifilare una scusa su una possibile malattia in maniera tale che almeno lei sua madre potessero recarsi alla loro residenza di Edo senza dover pesare sulle spalle dello shogun, mentre suo padre presentava la sua relazione.

Era nelle sue stanze quando sentì bussare alla porta. Sentì i passi leggeri di Anju avvicinarsi all'entrata e parlottare con l'ospite, prima di richiamare la sua attenzione. «Lena, c'è Shinei Nouzen-sama alla porta per te. Posso farlo entrare?»

La giovane Milizé sospirò sconfitta. A nulla era valso saltare la colazione, se il nipote dello shogun si presentava nel suo appartamento per vederla di proposito. Non poteva certo rifiutare la sua visita, era pur sempre parente prossimo di chi li ospitava, e benché volesse evitare di rivivere la vergogna della notte precedente, la parte più egoista e masochista di lei voleva vederlo l'ultima volta prima di andarsene da Edo. Il solo pensiero bastò perché qualcosa nel suo petto si incrinasse, e si rese conto che per la prima volta  non sarebbe tornata a casa felice come sempre di riprendere la propria vita da dove l’aveva lasciata.

Era bastato un giorno, un giorno soltanto, perché la sua esistenza e tutti i suoi interessi si capovolgessero, come se delle mani giganti di Atlante avessero afferrato la terra per i suoi emisferi e l'avessero strattonata avanti e indietro furiosamente. Questo era l'effetto che aveva avuto sulla sua vita nel giro di ventiquattr’ore tutto era cambiato, ma allo stesso tempo tutto era rimasto identico. Sarebbe partita, e solo Amaterasū poteva sapere che cosa sarebbe successo.

Lei probabilmente si sarebbe sposata, Shin pure, e sarebbe diventato lo shogun migliore di cui la storia giapponese avrebbe mai potuto parlare.

«Fallo entrare.» si arrese a quella che era la volontà del suo cuore. Quel dannato muscolo involontario non riusciva a smettere di palpitare così forte nel suo petto tanto da farle male. Perché doveva prendersi una cotta del genere per la persona che non poteva avere? Era sì figlia di un daimyo, ed era ricca, ma non era abbastanza nobile perché potesse risultare un'ottima candidata per diventare sua moglie e doveva farsene una ragione.

Per quello avevo accettato di vederlo. Per potergli dire addio un'ultima volta nella mia testa, e poterlo salutare come un'amica, anche se di tempo per diventarlo non ne avevano avuto.

«Buongiorno Lena.» la salutò così sedendosi al suo fianco.

«Buongiorno Shin.»

«A colazione tua madre mi hai detto che non stavi tanto bene, per questo hai preferito rimanere nei tuoi appartamenti per riprenderti prima di partire. Stai tanto male?» ai suoi occhi stanchi sembrava così preoccupato per lei, ma immagino che fosse semplice preoccupazione data dal fatto che in quel momento si trovava al castello con loro e si sentiva in qualche modo responsabile per lei.

«No, è solo un forte mal di testa, dato dal fatto che ieri notte non ho dormito granché. E tu? Sei riuscito ad addormentarti?»

«A dire la verità no.» lui le confessò, spiazzandola poi con la frase successiva: «Ho passato tutta la notte a chiedermi quale delle mie parole ti è risultata così tanto sgradita da scappare via.»

Lena si sentì tremendamente in colpa nei suoi confronti, se ne vergognava immensamente. «Non è per colpa tua Shin, anzi. Sei stato così gentile e disponibile con me, e non è certo colpa tua del perché io sia fuggita.»

«E allora perché Lena?» Shin era disperato, e le parole si riversarono tra loro come un fiume in piena. «Perché mi hai lasciato lì da solo quando io avrei voluto passare tutta la notte lì con te?»

«Co-cosa?»

La giovane Milizé era rimasto senza fiato davanti a quella confessione aggressiva ma allo stesso tempo così dolce. Non se lo sarebbe mai aspettata, eppure gliel'aveva detto non poteva sognarsi parole del genere parole che nei suoi sogni più reconditi avrebbe tanto voluto sentire pronunciare da quelle labbra così sagge e belle.

«Lena.» Shin le prese una mano d'impulso, portandosela al petto. «Io non voglio che tu te ne vada, almeno, non con delle questioni in sospeso tra noi. Ieri quando mi hai parlato del ragazzo che ti interessava ho reagito in quel modo perché ero geloso. Insomma, è la prima volta che incontro una ragazza così... così te.»

«Così…me?»

«Sì. Così bella, così leggiadra ed affascinante, così colta, così spiritosa, con la quale è così facile parlare. E non è vero che ieri ti ho trovata per caso ad osservare il cielo, bensì ti avevo inseguita e sono rimasto lì ad ascoltarti fin quando non ti sei bloccata.»

«Davvero?» Il tono di voce di Lena grondava lacrime di emozione. Lei si schiarì la voce, prendendo coraggio. «E saresti ancora geloso se ti dicessi che il ragazzo che mi interessa conoscere sei tu?»

Non fu necessaria una risposta, perché a Lena bastò sorriso radioso di Shin. Il suo volto che fino a quel momento era cupo aveva ripreso una tale luce da essere contagiosa, e lei prese quel momento e se lo mise nel cuore per conservarlo il più a lungo possibile.

«Quindi… potrò venirti a trovare?» Il tono dell’erede dei Tokugawa si era fatto speranzoso, mentre stringeva ancora la mano tra le sue.

Lena gli sorrise, radiosa come non mai. «Quando vorrai, sarò la ad aspettarti con ansia. Solo, non farmi aspettare troppo.»

 

 

 

[To be continued…]

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Capitolo 3
*** Primi baci ed incontri dal passato ***


La principessa ed il guerriero

III. Primi baci ed incontri dal passato

E Shin mantenne la parola.

Per l'intera durata della permanenza ad Edo, non c'era stato un momento libero che il ragazzo non avesse passato con la giovane figlia dei Milizé. Che fosse per una semplice passeggiata, per leggersi un libro insieme nella stessa stanza -nonostante la porta aperta ed il padre che lo scrutava attentamente-, anche solo per sapere come stava, Shin cercava sempre di ritagliarsi abbastanza tempo per vederla.

E non importava quanto fosse stanco per via degli addestramenti, quanto fosse esausto mentalmente a causa degli incontri con i ministri dello zio per supervisionare l'andamento economico e politico del Giappone. Non importava quanto il suo corpo venisse messo alla prova con i continui spostamenti in lungo e in largo per l'intero territorio per incontrare i daimyo, soprattutto quelli che si erano arresi durante la presa del potere da parte dei Tokugawa ed erano stati confinanti il più lontano possibile da Edo. Pur di vedere quel sorriso e quegli occhi splendere quando si posavano su di lui, avrebbe fatto di tutto pur di vederla anche solo per un istante.

La cosa che più lo faceva impazzire era che Lena cercava di coinvolgerlo nella sua vita quanto più possibile, e lo faceva con una tale spontaneità e sincerità che il suo cuore, quel muscolo che da tempo non si faceva sentire, ritornava a pompargli nel petto come un tamburo forsennato. Aveva ragione a pensare che quella ragazza fosse diversa dalle altre, è di solo pensiero che una volta ripartita per tornare nel suo han qualcun altro potesse prendere il suo posto lo faceva diventare furioso di gelosia.

Per questo si era estraniato, mentre Lena gli mostrava gli ultimi libri che si erano aggiunti alla collezione del padre. Forse era il caso di fare un passo più avanti nel loro rapporto, qualsiasi forma esso possedesse.

La voleva in moglie.

Voleva farla sua, solo e soltanto sua.

E perciò doveva parlare con suo zio.

«Shin.»

La voce calma e paziente della ragazza riconquistò immediatamente tutta la sua attenzione. Quando alzò lo sguardo su di lei la trovo a sorridergli dolcemente. «Oh, perdonami, Lena. Dicevi?»

«Non mi stavi ascoltando.» La ragazza si sedette al suo fianco, poggiando le mani in grembo. Che fosse risentita per la sua mancata attenzione -anche se lei era sempre stata presente nei pensieri-, Lena non lo dava a vedere, soprattutto perché sembrava serena mentre ridacchiava, prendendolo in giro. «Guarda che lo capisco se mi trovi noiosa e saccente, a volte penso di darmi fastidio da sola.»

«Non è perché tu sia noiosa, Lena, assolutamente. Anzi, qualsiasi cosa tu dica io la troverei comunque affascinante e interessante.» Per qualche secondo Shin godete il rossore che le imporporava le guance, prima di spiegarle il motivo per cui si era tanto allontanato dalla realtà. «Sai, a palazzo la vita è divenuta frenetica, ed è arrivato quel periodo dell'anno in cui io devo aiutare lo zio nelle questioni politiche. E in particolare, gli servo per gestire i signori feudali che ancora gli sono un po’ restii.»

«È capitato che incorressi in qualche rivoltoso?»

Quanto la adorava quando si dimostrava preoccupata per lui. «Qualche volta, ma non sono un pericolo per me. Inoltre, a quanto pare, incuto talmente tanto timore che ci pensano due volte prima di dire qualcosa di sbagliato.»

«Non è proprio qualcosa di cui vantarsi, Shin.» Lo prese in giro lei, dando un colpetto al suo ginocchio con il suo.

«Però è utile. Le uniche persone su cui non ho effetto sono mio zio, tuo padre e te.» Shin si rifece la piccola coda dietro la testa, ma il laccio gli sfuggiva dalla presa e quindi i lunghi capelli gli cadevano sul volto, fino a sfiorargli le spalle. Accidenti.

«Aspetta, ci penso io.» Lena gli si spostò dietro le spalle, tendendo la mano per farsi dare l’elastico consunto. la fece fare, e gli piacque pensare di avere quella dita, che aveva potuto stringere solo una volta tra le sue mani, tra i capelli.

«A proposito di tuo padre.» Shin attirò la sua attenzione. «Come mai non è qui fuori, appollaiato come un avvoltoio, a fissarmi mentre gli porto via la sua bambina?»

«Perché gliel’ho chiesto io.»

La confessione di lei, mentre era ancora impegnata ad acconciargli le lunghe ciocche scure, lo stupì, tanto da voltare la testa di scatto verso di lei. «Shin, insomma! Oggi ti piace proprio spingermi a lasciare le cose a metà!»

«Perché glielo hai chiesto?» Lui ignorò la presa in giro un po' scocciata della ragazza, serio come non mai. «Insomma, potrei rivelarmi un pazzo che sfodera la katana non appena si arrabbia e potrebbe farti del male, eppure vuoi rischiare la tua incolumità comunque. Nessuna ragazza lo farebbe mai, Lena, è da pazzi.»

«Ma io so che non mi faresti mai del male, Shin.» La giovane Milizé si era di nuovo spostata al suo fianco, ma aveva abbassato la testa, forse per l’imbarazzo dato dalla sua domanda. «So che sei un ragazzo buono, anche se so che devi dimostrarti forte e irreprensibile agli occhi di quello che diventerà il tuo popolo. E mio padre può non fidarsi di te, ma di me sì, e se gli dico che sono più che al sicuro con te, allora non può fare altro che starmi a sentire.» Anche se il suo viso era nascosto tra i lunghi fili d’argento quali erano i suoi capelli, Shin la vide diventare ancora più rossa. «E poi…»

«E poi?»

«Volevo stare un po' con te, noi due soli.» Lena gli sorrise leggermente, sempre con quell’espressione timida in volto. «Come la sera in cui abbiamo guardato le costellazioni.»

Shin venne travolto da un fiume in piena di sensazioni diversi. Era come trovarsi sul ciglio di un burrone di cui non si vedeva la fine, il vento che soffia arrabbiato tra i capelli: lo stomaco si svuotò totalmente, fino a riempirsi di uno sfarfallio dirompente. Aveva così tanta voglia di approfittare di quel momento di intimità per avvicinarsi a lei più del dovuto, per toccare finalmente quel volto di porcellana. Per scoprire di cosa sapevano le sue labbra, se lo chiedeva da quella sera al castello dello zio.

Per quanto Shin la rispettasse e fosse onorato che lei pensasse quelle cose, non poté frenarsi dallo scivolare sulle assi di legno ed alzare il viso di Lena con una mano, prendendole il mento. «Tu mi fai impazzire.» le sussurrò, le labbra distanti di qualche centimetro, ma abbastanza vicine da sentire il suo fiato lieve sul volto. «Di tutti i pericoli che ho corso nella mia vita, come uomo e guerriero, tu sei quello che vale di più il rischio.»

«Il rischio di cosa?» la voce della giovane si era ridotta ad un sussurro strozzato, e Shin si chiedeva se fosse cosciente di quello che stava per succedere.

«Il rischio che tuo padre mi trapassi con la sua katana, per questo.»

E le loro bocche si scontrarono in un bacio rovente.

Non sapeva dire se fosse stato lui a sbilanciarsi per primo, o lei ad andargli incontro. Solo quando fece proprio il respiro della ragazza, il giovane nipote dello shogun si rese conto di essersi appropriato del suo primo bacio- non quello a stampo, non quello innocente di due giovani sposi, ma quello di due amanti che si erano trattenuti troppo.

Shin sapeva quanto Lena fosse innocente su quel fronte, al contrario suo. Aveva avuto molte avventure, spesso durate un battito di ciglia, e sapeva come muoversi. Non si aspettava però che, quando aprì la bocca per approfondire il bacio, Lena facesse la stessa identica cosa. Il sapore dolce e vanigliato, forse quello di qualche dessert, gli invase la bocca, e, sebbene non amasse il sentore zuccherato dei dolci, quello che leccò dal labbro inferiore gonfio e rosso di Lena era diventato la sua nuova droga.

Si fusero ancora più in profondità, i loro sapori mescolati in un’esplosione di sentimento. Le loro lingue si toccavano, si accarezzavano, si battevano per chi dovesse guidare quella danza sensuale, ed entrambi, nel momento in cui si allontanavano per riprendere un po' di fiato, si resero conto di essere sconquassati fin dentro l’anima.

«Per Amaterasū.» sospirò lei, in estasi, mettendosi le mani sulla bocca. «Mi hai baciata.»

«A quanto pare.» Shin non riusciva a smettere di sorridere tra sé e sé. Le rivolse un’occhiata divertita, mentre le posava le mani sui fianchi. «È stato così terribile?»

«Sai benissimo di avere fin troppa esperienza, perché fosse terribile come pensi.» borbottò lei, le braccia incrociate al petto.

«Sei gelosa.»

«Beh, certo che lo sono.» Lena sbuffò, tutto ad un tratto risentita dalla sua affermazione. Anche da arrabbiata, era sempre così bella, con gli occhi lucidi e le guance arrossate. «Insomma, chissà quali altre mani femminili ti avranno toccato, quante volte hai vissuto per sapere come muoverti, mentre io ho il timore di non riuscire a regalarti nemmeno un bacio memorabile.»

«E qui sbagli, Vladilena.» lei era sorpresa del suo tono serio. «Non importa la vita che avevo prima di te, non contano le volte che sono venute prima di te. Sarò diretto, schietto e probabilmente indecoroso, ma nessuna emozione che io abbia mai sentito sulla pelle durante le notti di passione potrebbe competere con quello che mi fai provare quando mi sorridi. E questo bacio, Lena, è solo l’inizio di ciò che ti voglio fare.»

«E cosa mi vorresti fare?» Lena aveva la voce bassa e roca.

«Oh, tante di quelle cose che non saprei da dove cominciare.» Shin fece combaciare le loro fronti. «Ma non intendo forzarti la mano. Abbiamo tutta una vita, se mi permetterai di corteggiarti ufficialmente.»

Il sorriso felice che le comparve in volto lo riempì di un sentimento che gli ribolliva sottopelle. «Non potrei desiderare niente di meglio.» Lena gli indicò la porta. «Ma non è me che devi convincere.»

«Non sarà facile.»

«Basta che gli prometti che ti prenderai cura di me, e vedrai che cederà.»

Risero, ed il loro pomeriggio -l’ultimo di Lena nella capitale- fu pieno  di risate, primi baci rubati e tanti momenti indimenticabili, tatuati nel loro cuore.

††††

Il consiglio di Lena non fu necessario, alla fine.

Poco prima di partire per tornare nel loro han, Shin aveva preso da parte Vaclav per parlargli delle sue intenzioni nei confronti della figlia, ed inaspettatamente il capofamiglia si era rivelato un osso duro solo per nomea. A quanto pareva, avendo parlato sia con suo zio che con Lena, si era fatto un’idea su di lui e lo reputava adatto per corteggiare la ragazza.

Shin aveva salutato quest’ultima in privato, nella sua stanza, dove l’aveva stretta a sé per dei minuti che speravano entrambi fossero interminabili. Si erano anche baciati a lungo, promettendosi di avviare una lunga e fitta corrispondenza, e Shin le disse che, dopo aver parlato con suo zio, sarebbe venuto immediatamente a trovarla.

La guardò andare via, una mano intenta a salutarla, un sorriso dolceamaro sul volto. Avere Lena nella capitale, viverla a tu per tu dal vivo, era una ragione più che valida per alzarsi di buonumore, perché la sapeva vicina a lui. La sapeva parte della sua quotidianità, e non averla più creava un vuoto impossibile da colmare.

Inaspettatamente, per il resto della prima settimana che passò, sentì in sottofondo la sua mancanza, mitigata però dalle lettere che leggeva nel suo talamo la sera dopo gli allenamenti privati con Theo e Raiden. Gli raccontava delle vecchie giornate che era tornata a vivere, in compagnia di Annette, Kurena ed Anju, e che, per sua sorpresa, aveva chiesto a suo padre di addestrarla militarmente. Quando aveva letto di queste sue intenzioni, Shin non era rimasto troppo sorpreso. A lui Lena non era mai sembrata debole a livello fisico, e ne avrebbe approfittato una volta che sarebbe andato da lei. Shin rispondeva con entusiasmo, raccontandole delle sue disavventure con i suoi amici e ammettendole che gli mancava averla attorno.

Quella sera però, alla fine della seconda settimana di lontananza, la lettera che gli era arrivata da Lena la lasciò giacere sul tavolino al centro delle sue stanze. Aveva aspettato fin troppo per parlare con suo zio, e quella sera lo avrebbe fatto.

Bussò alle stanze private dello shogun, e Shin, in attesa, si mise a posto lo yukata nero che gli lasciava il petto scoperto a metà. La voce roca e bassa del governatore gli diede il permesso di entrare, e quando Shin varcò la soglia, lo trovò seduto al suo tavolino privato, dove stava analizzando dei documenti.

«Oh, Shin. Pensavo stessi dormendo.» lo salutò così, facendogli cenno di sedersi davanti a lui. «Di solito gli allenamenti serali ti stendono.»

«Buonasera, zio. Sono stanco ma necessito di parlarti.» una volta a gambe incrociate, adagiato sul morbido cuscino, Shin si guardò attorno. «Makoto-san?»

«Sta dormendo, ultimamente riesce a riposare molto poco.» Tokugawa mise da parte i fogli, provocando un fruscio insistente. «A dire la vertà, anche io avrei da dirti alcune cose, ed alcune riguardano proprio mia moglie.»

Shin attese che andasse avanti.

«Makoto è incinta. E penso che renderò mio figlio mio successore, passandoti avanti in linea ereditaria.» suo zio era dispiaciuto, glielo si leggeva in volto. «So di averti già proclamato mio erede davanti all’intera nazione, ma capisci che…»

«In realtà, zio, questa cosa non mi crea affatto nessun problema.» lo interruppe Shin. «Mi congratulo con te.»

«Come? Davvero non ti interessa? Molti si sarebbero alterati, se si vedessero rubata l’occasione di diventare lo shogun da un bambino che non è nemmeno formato.»

«Ma io non sono come gli altri.» Shin stava per scoppiare a ridere davanti all’espressione stupefatta dello shogun. «E no, perché si ricollega al motivo per cui sono qui, ad impegnarti la serata.»

«E sarebbe?»

«Lena. Voglio dire, Vladilena Milizé.» si schiarì la voce. «Ho intenzione di corteggiarla ed eventualmente chiederle la mano. So che proviene da una famiglia ricca e a voi fedele, che è stata educata perfettamente, ma non voglio doverla costringere ad una vita a corte.»

«E cosa avresti fatto se mia moglie non aspettasse nostro figlio?»

A Shin non servì neanche un secondo per pensarci. «Glielo avrei chiesto, e se lei si fosse rifiutata di diventare la moglie dello shogun, beh… l’avrei lasciata andare. Tengo troppo alla sua felicità per obbligarla ad essere infelice al mio fianco.»

«Ti ha proprio invaso la testa, eh?» Tokugawa gli rivolse un sorriso divertito e, in qualche modo, dolce.

«Molto.»

La risposta era disinteressata, e non perché l’argomento “Lena” non gli importasse, anzi.

Ma i suoi sensi gli stavano dicendo che qualcosa stava camminando sulle loro teste, poggiando i propri piedi sulle grate. Fece segno allo shogun di fare silenzio, alzando le mano verso di lui.

Per un attimo, il silenzio regnò sovrano nell’ambiente, ma Shin sentiva la cicatrice sul collo prudere, con una sensazione pessima addosso che gli faceva colare del sudore freddo lungo il collo. E fu grazie al sesto senso che ebbe che si allontanò dal tavolino, sguainando la katana della famiglia Nouzen che si portava sempre dietro verso la figura che aveva sfondato il soffitto ed era atterrato sul tavolino.

Lo riconobbe, impossibile non farlo, data la vistosa chioma colore dell’alba.

Il nuovo arrivato, quel guerriero coperto da capo a piedi dall’armatura rossa e nera, gli rivolse un ghigno derisorio. «Shin.»

E lui, rispose, ringhiando. «Rei.»

 

 

[To be continued…]

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