Il tempo della rosa

di elenabastet
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo II ***
Capitolo 4: *** Capitolo III ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV ***
Capitolo 6: *** Capitolo V ***
Capitolo 7: *** Capitolo VI ***
Capitolo 8: *** Capitolo VII ***
Capitolo 9: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 10: *** Capitolo IX ***
Capitolo 11: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


IL TEMPO DELLA ROSA

 

Rating: Angst, viaggi nel tempo, elementi fantastici, del resto Oscar qui incontra nientemeno che Doctor Who.

Fandom: Lady Oscar.

Note: un omaggio al sessantesimo compleanno di Doctor Who, una delle serie più longeve di sempre, unito a Lady Oscar, la passione di una vita che incontra un qualcosa che ho scoperto negli ultimi anni e che mi ha conquistata. Il Dottore di questa storia è il Decimo, interpretato da David Tennant, non escludo in futuro di far incontrare Oscar con anche altri Dottori successivi o precedenti, ma il mio preferito resta questo.

 

Prologo

Il Dottore si coprì il volto con le mani: perdere Rose in quel modo, la sua Rose, risucchiata in un altro mondo, era qualcosa di intollerabile.

Sapeva che non l’avrebbe più rivista, che non poteva più rivederla, e questo gli creava un dolore senza fine. La sua esistenza infinita, le sue trasformazioni, le sue peregrinazioni con il Tardis… tutto diventava inutile e vano, avrebbe dovuto essere abituato a perdere chi amava, ma non così, non in questo modo così definitivo.

No, non voleva andare avanti. Invidiava gli esseri umani, le loro vite compiute con una fine, forse era per quello che li amava così tanto, forse era per quello che si affezionava a loro. Perderli era sempre triste, ma Rose… Rose era stata altro per lui, puro amore, quello vero, quello che capita una sola volta nella vita, anche in una vita eterna come la sua.

Perché continuare a viaggiare e a vagare sul Tardis? Tanto, Galifrey era ormai irraggiungibile.

Il Decimo Dottore, detto anche Tenth… una vita vuota e senza più niente. Chiuse gli occhi, cercando di non sentire il rumore caratteristico del Tardis, che gli era intollerabile in quel momento, non più un conforto, ma il simbolo di tutto quello che era sbagliato nella sua eterna esistenza.

Passò del tempo, lui sperava di perdersi per sempre da qualche parte.

 

Un frusciare dietro di lui lo scosse. Sembrava Rose… ma non poteva essere lei.

Una voce lo scosse di colpo.

“Ehi, ma dove sono finita?”

Il Dottore aprì gli occhi e si girò, con una speranza inespressa:

“Rose!”

 

No, non era Rose. Certo, un po’ le somigliava, era bionda e bella come lei, ma era vestita in maniera diversa, con un abito di foggia militare dei secoli prima dell’era industriale terrestre.
“Certo, io mi chiamo Rose! Ma dove sono? E voi chi siete, signore, siete molto strano, non ho mai visto un uomo vestito come voi!”

Il Dottore studiò la giovane, non gli piaceva granché a prima vista. Ma come era arrivata sul Tardis? Era in mezzo al cosmo che vagava, non era più atterrato in nessun tempo e in nessun luogo, e questa Rose chi poteva essere?

Ma pensò che le doveva una risposta.

“Sei sul Tardis, Rose. La mia astronave.”

“Che cosa è un’astronave?”, disse la giovane guardandolo male, un po’ spaventata.

Il Dottore realizzò che quella nuova Rose veniva probabilmente da un’epoca in cui le astronavi non esistevano ancora. Quella foggia di uniforme… sì doveva essere di moda all’inizio dell’Ottocento, durante le guerre napoleoniche, e dall’accento sembrava pure francese. Ma le donne in teoria non combattevano sui campi di battaglia, anche se viaggiando in epoche passate terrestri aveva scoperto che certe cose erano appunto dicerie e che i fatti reali erano spesso molto diversi da come erano stati tramandati.

“Il Tardis sta per Tempo e Relativa Dimensione nello Spazio”, disse il Dottore, mentre Rose scuoteva la testa.

“Ma che ci faccio qui?”

“Io sono il Dottore, il Doctor Who.”

“Siete inglese?”, chiese Rose, riprendendo un po’ di buona creanza.

“No, vengo da Gallifrey, un pianeta ormai distrutto.”

“Ma non ha senso, niente ha senso”, rispose Rose, guardandosi attorno.

“Madamigella, se mi dite chi siete e da dove venite posso aiutarvi”, disse il Dottore, cercando di recuperare antiche formule d’uso e di cortesia che non gli dispiaceva dover adottare. In fondo, anche se in quel momento voleva perdersi da qualche parte, era una persona in pericolo ed era suo dovere aiutarla.

“Io sono Rose… e non ricordo altro”, disse la ragazza.

Il Dottore sapeva che durante le guerre napoleoniche c’erano spie, e l’abito maschile di Rose poteva far pensare a qualcosa del genere. Forse lei lo stava ingannando, ma come era arrivata sul Tardis? Lui tra l’altro non c’entrava con nessuna delle fazioni in lotta in quel periodo storico. Forse Rose diceva la verità.

“Siete francese?”, le chiese.

“Forse sì, ma io non ricordo nulla a parte il mio nome. Sono Rose e basta e non so altro, non so chi sono, non so perché sono arrivata qui, non so perché sto parlando con voi.”

Doveva aiutarla, anche solo perché si chiamava Rose. Il Dottore si avvicinò alla console del Tardis e cercò di immettere dei comandi, senz’altro la Terra poteva essere una destinazione possibile, o magari un mondo che lui non conosceva e dove tutto era fermo ad un’epoca simile alle guerre napoleoniche.

Di colpo, Rose gridò e lui si girò: stava diventando trasparente, come se stesse svanendo.

Ma chi era? Come mai le stava succedendo questo? Il Dottore si collegò mentalmente con il Tardis, in cerca di aiuto. Ma che aiuto poteva esserci per quella strana passeggera che stava svanendo come un fantasma o come se non fosse mai esistita?

 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


IL TEMPO DELLA ROSA

 

Rating: Angst, viaggi nel tempo, elementi fantastici, del resto Oscar qui incontra nientemeno che Doctor Who.

Fandom: Lady Oscar.

Note: un omaggio al sessantesimo compleanno di Doctor Who, una delle serie più longeve di sempre, unito a Lady Oscar, la passione di una vita che incontra un qualcosa che ho scoperto negli ultimi anni e che mi ha conquistata. Il Dottore di questa storia è il Decimo, interpretato da David Tennant, non escludo in futuro di far incontrare Oscar con anche altri Dottori successivi o precedenti, ma il mio preferito resta questo.

 

Capitolo I

Il Tardis si mise in movimento, con il suo caratteristico sibilo, ed iniziò a percorrere lo spazio e il tempo. Il Dottore si girò verso Rose e la vide pian piano ridiventare in carne ed ossa e non essere più un fantasma pronto a svanire.

Poi, ad un tratto, il Tardis si fermò, in quella che sembrava una mattina, dalla luce che trapelava da fuori. Il Dottore cercò di adattare il suo abbigliamento a quello della sua ospite e poi le disse:

“Forse è il caso che andiamo a farci un giro? Per capire più che altro cosa vi sta succedendo.”

“Ma voi chi siete?”, disse la giovane. Non era spaventata, solo dubbiosa e aveva ragione.

“Io sono il Dottore.”

“Curate le persone? Ma come vi chiamate? Ma Dottore chi?”

“Mi chiamo appunto Doctor Who. Tu sei sul Tardis, la mia astronave, che viaggia nel tempo e nello spazio. Fidati di me, io sono qui per aiutarti...”

Poi, però il Dottore sentì male ai suoi due cuori. Fidarsi di lui e perché avrebbe dovuto farlo? Cosa era successo a Rose? E a chiunque altro viaggiasse con lui? Ma non aveva altra scelta che dare una mano alla sua ospite.

“Mi sembra tutto così assurdo quello che mi dite… ma da dove venite?”

“Gallifrey.”

“Ah, allora siete inglese, scozzese o irlandese?”

“No, Gallifrey è un pianeta che ora non esiste più.”

“Un pianeta?”

Il Dottore pensò che effettivamente Rose veniva da un tempo in cui non c’erano ancora concetti come gli alieni e i pianeti, non del tutto almeno.

Per cui provò ad aggiungere:

“Un pianeta come un mondo, un altro mondo come la Terra.”

“Ah, capisco”, disse Rose perplessa, “e perché siete in giro con questo veicolo?”

Già, bella domanda. A volte se lo chiedeva, Gallifrey era perduto per sempre, i Signori del Tempo si erano rivelati molto peggiori di chi dovevano combattere e lui non riusciva mai davvero ad aiutare gli altri. L’altra Rose, la sua amata Rose non l’aveva aiutata di certo.

Ma poi pensò che doveva dirle qualcosa. Forse doveva salvarla da qualche incursione dei Dalek o dei Cybermen o degli Angeli piangenti, che in un’epoca nel passato della Terra potevano senz’altro infiltrarsi molto bene.

“Sono in giro per aiutare chi è in difficoltà.”

“Ma allora siete un eroe!”, disse Rose, entusiasmandosi.

“Così dicono e se voi madamigella la pensate così potete farlo!”, rispose il Dottore.

Pian piano si affacciarono alla porta del Tardis: erano in un vicolo puzzolente e nemmeno tanto bello, silenzioso, in lontananza però si sentivano voci concitate.

“Facciamo un giro?”, chiese il Dottore, notando per la prima volta quanto era bella Rose con indosso quell’uniforme militare.

“D’accordo”, disse lei. Si allontanarono e il Tardis si mimetizzò. Il Dottore sperò di riuscire a ritrovarlo e cercò di memorizzare la strada.

Percorsero il vicolo e poi girarono a sinistra in un altro vicolo che si andava aprendo verso una piazza. Là c’era gente, tante gente, e il Dottore capì di colpo dove erano finiti.

A Parigi durante la Rivoluzione, uno di quei periodi storici che lui aveva sempre cercato di evitare, non c’erano Dalek, Cybermen o Angeli piangenti, ma uomini e donne assetati di sangue, che a lui facevano non poca paura, quasi quanto i suoi nemici storici.

Aveva conosciuto la Francia di alcuni decenni prima, attraverso gli incontri con madame de Pompadour, uno dei tanti strazi della sua vita, ma lì non era mai venuto e volutamente.

Con Rose arrivò alla fine del vicolo e provarono ad affacciarsi sulla piazza.

C’era gente, tanta gente, gente del popolo, che stava fronteggiando una truppa di minacciosi militari a cavallo, armati di tutto punto.

“Rose”, sussurrò il Dottore alla sua nuova companion per caso, “siamo finiti in piena Rivoluzione del 1789. Questo non vi dice niente? Non vi viene in mente niente?”

“No”, rispose Rose, scuotendo la testa preoccupata.

Ad un tratto, il vociare forte di un uomo scosse la piazza.

“Andate via, servi del re, o altrimenti vedrete cosa vi faremo!”

Al Dottore sembrò di vederlo, un omaccione grande e grosso, armato con un fucile che cento ad uno non era nemmeno capace di usare.

Poi, una voce di donna si sovrappose alla sua:

“Dai, Paul, torniamo con gli altri, ti prego!”

C’era anche un bambino, che né Rose né il Dottore riuscivano a vedere, che supplicò il padre di tornare in mezzo agli altri dimostranti.

Tutto sembrava di nuovo tornato calmo, anche se la situazione era tesa, quando di colpo il Dottore vide una cosa che non avrebbe voluto vedere. Uno dei soldati a cavallo imbracciò il fucile e mirò verso il manifestante. Ci fu un colpo, poi qualcuno cadde a terra ed un urlo disumano di donna scosse la piazza.

“Michel, bambino mio, no!!!”

“Ha sparato ad un bambino quel bastardo, adesso lo sistemo!”, disse Rose, cercando di scagliarsi verso la piazza. Il Dottore la trattenne.

“Purtroppo non possiamo fare niente, rischiereste solo di morire e basta!”

Aveva ragione, perché di lì a un attimo si scatenò l’inferno: la folla inferocita si scagliò contro i militari che iniziarono a sparare. La gente cadeva e moriva, mentre il Dottore e Rose stavano impauriti nel vicolo, non sapendo cosa fare.

“Basta, ritiriamoci!”, disse ad un tratto una voce tra la folla.

Un’altra urlò:

“Stanno arrivando i Soldati della Guardia, siamo finiti!”

Il fumo degli spari si diradò, mentre rimanevano urla e gemiti.

Il Dottore guardò verso la piazza e vide che stava arrivando un altro drappello di militari a cavallo. Notò il capo degli assalitori della folla, o forse avrebbe dovuto dire dei macellai, un uomo in uniforme dal volto duro, senz’altro un aristocratico.

In prima linea ai Soldati della Guardia, c’era un militare che colpì il Dottore per la sua bellezza, con biondi capelli che scintillavano al sole e un’uniforme colore della notte. Ma sapeva fin troppo bene che non bisognava fidarsi delle apparenze.

Il capitano dei Soldati della Guardia si guardò attorno, e il Dottore notò che era inorridito… ma notò anche un qualcosa di familiare, gli ricordava qualcuno, qualcuno che era vicino a lui, Rose. Ma forse solo per l’uniforme.

“Oh benvenuti Soldati della Guardia, ci sarete utili!”, disse il comandante della prima guarnigione, quella che aveva effettuato la strage.

“Principe di Lamesc, è così che vi chiamate? Sappiate che io e i miei uomini non vi aiuteremo, ma ci schiereremo dalla parte del popolo di Parigi in questa lotta per la libertà.”

“Ma cosa dite? Voi siete nobile, siete Oscar François de Jarjayes, avete comandato la guardia di palazzo a Versailles della regina Maria Antonietta...”

“Io sono Oscar François, non ho più nome né titolo!”

Il Dottore batté una mano sulla coscia: quello splendido militare ribelle che si stava schierando con il popolo francese era una donna! Non poteva ingannarlo, anche se vestita da uomo, la voce era inconfondibile. E che donna che era! Anche Rose era ammirata.

“Lasciateci passare principe di Lambesc!”

I Soldati della Guardia puntarono le armi contro l’altro reggimento che indietreggiò, forse non erano così tanti, o forse capivano il pericolo, era ben diverso battersi contro altri soldati armati e arrestati piuttosto che affrontare una folla furiosa ma inesperta nell’uso delle armi.

“Non finisce qui”, disse Lambesc, allontanandosi con i suoi uomini.

“Ma come facciamo a fidarci di voi?”, disse una voce dalla folla.

“Certo, sarà tutta una finta e adesso ci uccideranno tutti!”, disse qualcun altro.

La bionda comandante dei Soldati della Guardia si guardò attorno con aria di sfida: poi, si strappò una medaglia dal petto, buttandola per terra:

“Questa non mi serve più! Ora non sono più una nobile! Vi prego, se non volete credere a me, credete ai miei Soldati della Guardia, sono come voi, dei figli del popolo.”

La gente rumoreggiò e qualcuno disse:

“Già, ma io mi ricordo che la comandante dei Soldati della Guardia ha preso le nostre parti fuori dall’Assemblea il 23 giugno...”

Ma la folla continuava a non credere alla sua buona fede e forse non avevano nemmeno tutit i torti.

La comandante porse spada e pistola ad un militare che le era accanto sul cavallo, suscitando un moto di preoccupazione da parte di un altro soldato, poco più in là, che non sfuggì al Dottore. C’era qualcosa tra quei due militari, due eroi, qualcosa di speciale, del resto quel soldato guardava la sua superiora come lui aveva guardato la sua Rose, l’altra, quella perduta per sempre.

Poi, scese tra la folla.

“Vi prego, sono qui per aiutarvi, fidatevi di me e dei Soldati della Guardia!”

La folla era minacciosa, puntava armi da taglio e da fuoco su quell’impavida donna soldato che era vestita in maniera un po’ diversa rispetto a Rose ma che aveva una certa aria di somiglianza.

Ma poi, ad un tratto, un uomo si avvicinò a lei.

“Io ti credo Oscar François e ti do il benvenuto” e le strinse la mano.

Venne mormorato un nome, Bernard Chatelet, e il Dottore si ripromise che una volta che fosse tornato sul Tardis avrebbe cercato chi era.

“Oh, madamigella!”, disse una voce femminile. Una giovane donna bionda e il Dottore cercò di guardarla, ma non era la nuova Rose, si avvicinò ed abbracciò la comandante.

La piazza esplose in grida di approvazione e il Dottore tirò un sospiro di sollievo, accorgendosi che Rose aveva fatto lo stesso.

“Vedete qualcosa che vi è familiare, madamigella Rose?”, chiese alla sua accompagnatrice.

“Ma diamoci del tu”, rispose lei, “mi piace chiamarti dottore. Non so, non saprei...”

Rose aveva parlato con giovalità e il Dottore si sentì scaldare dentro, come non gli era più successo da quando la sua amata era sparita.

Di colpo, qualcuno urlò:

“Stanno tornando i Soldati del Re!”

La comandante Oscar recuperò il cavallo e le sue armi e disse:

“Cerchiamo di allontanarli da qui.”

Il Dottore si preoccupò: sapeva che gli scontri di quel giorno non erano ancora finiti e che sarebbe andata sempre peggio. Probabilmente la battaglia della Bastiglia non era ancora stata vinta, ma mancava senz’altro poco.

Di colpo, gli sembrò che il Tardis lo stesse chiamando, non era poi lontano.

“Ascolta, Rose. Torniamo sul Tardis, quello che hai visto ti dice qualcosa?”

“No, ma mi è familiare, in qualche modo. Però continuo a non ricordare”, rispose lei.

Salirono sull’astronave che ripartì. Dopo poco si fermò e le luci di un tramonto d’estate li avvolsero. Potevano forse essere passate solo poche ore.

Ma cosa li avrebbe aspettati fuori? Erano nella stessa giornata? Non restava che aprire la porta del Tardis ed uscire.

 

 

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Capitolo 3
*** Capitolo II ***


IL TEMPO DELLA ROSA

 

Rating: Angst, viaggi nel tempo, elementi fantastici, del resto Oscar qui incontra nientemeno che Doctor Who.

Fandom: Lady Oscar.

Note: un omaggio al sessantesimo compleanno di Doctor Who, una delle serie più longeve di sempre, unito a Lady Oscar, la passione di una vita che incontra un qualcosa che ho scoperto negli ultimi anni e che mi ha conquistata. Il Dottore di questa storia è il Decimo, interpretato da David Tennant, non escludo in futuro di far incontrare Oscar con anche altri Dottori successivi o precedenti, ma il mio preferito resta questo.

 

Capitolo II

Uscendo dal Tardis, il Dottore e Rose videro lo stesso vicolo di prima, solo che era omr il tramonto. Un odore acuto di polvere da sparo, mescolato a quello dolciastro del sangue, li colpirono. In lontananza si sentiva ancora qualche colpo e grido, anche se meno che quando se ne erano andati. Si diressero verso la piazza, potevano anche essere passati anni, o persino secoli.

Mentre sbucavano dal vicolo, un ragazzino diede un colpo al Dottore, poi scappando: lui e Rose capirono che probabilmente era la sera di quello stesso giorno, la piazza era piena di barricate e c’era gente di guardia, dei feriti, ma non più lo scontro aperto di prima, con però abiti simili e varie facce note.

Uno scalpicciare di cavalli scosse tutti, mentre qualcuno diceva:

“Stanno tornando i Soldati della Guardia con Oscar François!”

Il reggimento arrivò in lontananza e tutti, compreso il Dottore, notarono che i militari erano stati dimezzati: in testa c’era la splendida comandante dai capelli biondi e lo sguardo fiero, ma era affranta, distrutta, preoccupata.

Uno dei capi della Rivoluzione le andò incontro e lei disse:

“Bernard, André è stato ferito, c’è bisogno di un dottore!”

Il rivoluzionario salì sulle barricate e esternò questa necessità: in diversi risposero e anche il Dottore decise di farsi avanti. In fondo anche lui era un Dottore, anche se un po’ diverso dai soliti.

Fingendosi un terrestre, ma del resto ormai li conosceva bene, si avvicinò al lettino da campo improvvisato: riconobbe il giovane uomo, quello che al mattino guardava la sua comandante non certo solo con obbedienza e dedizione, nel ferito, con una macchia di sangue che si allargava sul petto. La sua comandante gli stava sopra, lo aiutava a sistemarsi, gli accarezzava i capelli, memore senz’altro di altri momenti, felici: erano giovani e innamorati e il loro era un amore destinato a durare, uno di quei pochi amori davvero eterni.

Il Dottore si mise accanto ai suoi colleghi del momento e lasciò che fossero loro ad esaminare per primo André: la sua amata si era allontanata un attimo, preoccupata.

Gli bastò vedere i volti degli altri dottori per capire: la camicia del soldato era intrisa di sangue e la ferita era grave, la pallottola era dentro, vicino al cuore e gli esseri umani del pianeta Terra ne hanno solo uno.

Sentì uno dei dottori che diceva agli altri:

“La pallottola è dentro al cuore, non si può fare niente, non capisco nemmeno come possa essere ancora vivo.”

Ma lui poteva far qualcosa a differenza di loro e si cercò addosso il cacciavite sonico. Ma non c’era, e di colpo ricordò il ragazzino che l’aveva urtato, gliel’aveva portato via. Il Dottore vide il ladruncolo poco più in là, che guardava il cacciavite con aria interrogativa e un po’ spaventata. Si avvicinò di corsa e fu proprio il giovanissimo a porgerglielo, avvilito per il suo gesto.

Poi il Dottore si girò verso il ferito. La sua comandante Oscar era accanto a lui e gli stringeva la mano con le sue piangendo, conosceva quello strazio, lo aveva provato quando la sua Rose se ne era andata via da lui.

Doveva avvicinarsi e fare qualcosa con il cacciavite sonico, ma un soldato gli si parò di fronte, un uomo alto, grande e grosso.

“Vi prego, lasciateli in pace e l’ultimo momento che possono passare insieme...”

Il Dottore sentì le parole di Oscar e André:

“Che cosa c'è Oscar? Perché stai piangendo?”, mormorò lui.

Lei gli rispose:

“Ascolta André io vorrei... vorrei diventare tua moglie. Vorrei che mi portassi in un piccolo villaggio, in una piccola chiesa, dove ci sarà una semplice cerimonia. Ecco André... vorrei solo che mi dicessi che... io diventerò tua moglie.”

André trovò ancora la forza di rispondere:

“Ma certo Oscar, lo diventerai, è la cosa che più desidero al mondo!”

Ormai Oscar piangeva apertamente e André disse:

“Oscar, perché stai piangendo? Perché? ...Sto forse...per morire?”

Il Dottore cercò di alzare il cacciavite sonico verso di loro, doveva fare qualcosa, qualsiasi cosa! Ma qualcosa lo bloccava.

Sentì la voce di Oscar che diceva:

“No! Ma che cosa dici? No André!”

André rispose ancora con le ultime forze che aveva:

“Hai ragione, io non posso morire adesso... la nostra felicità è appena cominciata... ora anche l'amore ci unisce... forse noi riusciremo a vivere in un mondo migliore Oscar... no, non posso morire in questo momento... proprio non posso...”

Il Dottore notò per primo che André rimaneva fermo, con una lacrima che gli rigava il viso, mentre lasciava questo mondo e la donna che amava. Oscar non se ne accorse subito e continuò a parlare:

“Ricordi André? Ricordi quando eravamo ragazzi ... le splendide albe che abbiamo visto ad Arras? Bene io vorrei... vorrei tornare laggiù con te e vivere di nuovo quei meravigliosi momenti, stavolta in maniera più completa perché adesso ci amiamo e l'amore rende tutto più bello! “

Ma André non rispondeva e Oscar capì che il suo amore l’aveva lasciata per sempre. Iniziò a chiamarlo:

“ André! ...André! No, non è giusto, André! Non avresti dovuto lasciarmi sola! No! André… André… No!”

Cadde a terra in lacrime, mentre erano tutti increduli. Il Dottore scosse la testa, furibondo con il Tardis e con se stesso. Ma cosa pensava di fare? Lui non era niente, non era nessuno, aveva viaggiato per il tempo e per lo spazio, ma portava solo dolore e sfortuna ovunque andasse. Tutto quello che toccava moriva o si perdeva.

“Dottore!”

La voce di Rose lo scosse dai suoi pensieri: si girò e vide che la ragazza stava di nuovo diventando trasparente, come uno spettro.

“Non ti posso aiutare, Rose!”, disse, allontanandosi da quella piazza dominata dalle urla strazianti e dai pianti della comandante Oscar, mentre una giovane donna bionda, probabilmente la moglie del rivoluzionario, cercava di starle accanto e convincerla a fare in modo che André venisse portato in una chiesa vicina per essere ricomposto.

“Dottore, ma cosa mi succede, perché mi capita questo? Perché divento invisibile, come se non esistessi?”

“Non lo so!”, disse il Dottore dirigendosi verso il Tardis nel vicolo.

Di colpo, Rose gli apparve di fronte:

“Eh no, tu non puoi lasciarmi così, chiunque tu sia!”

“Ma non vedi che ovunque vado c’è solo morte e distruzione per me? So solo portare questo? Non vedi cosa ti capita?”

Entrò dentro il Tardis ma ritrovò Rose dentro.

“Ascolta Rose: io porto solo disgrazie, noi Signori del Tempo siamo così, e va bene che non hai ancora incontrato i Dalek o i Cybermen o gli Angeli piangenti. Seminiamo morte, io semino morte e perdo tutte le persone che amo.”

“Sarà ma io ormai sono qui con te e non riesco ad andarmene...”

Il Tardis ripartì.

Dopo non molto, dai finestrini entrò la luce di un pomeriggio di tarda primavera.

Il Dottore aprì la porta, ma prima si girò e vide che Rose era diventata di nuovo corporea.

Stavolta erano in un bosco, in mezzo al verde, su una piccola altura: un po’ più in basso c’era un laghetto delizioso. Ma erano ancora sulla Terra?

 

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Capitolo 4
*** Capitolo III ***


IL TEMPO DELLA ROSA

 

Rating: Angst, viaggi nel tempo, elementi fantastici, del resto Oscar qui incontra nientemeno che Doctor Who.

Fandom: Lady Oscar.

Note: un omaggio al sessantesimo compleanno di Doctor Who, una delle serie più longeve di sempre, unito a Lady Oscar, la passione di una vita che incontra un qualcosa che ho scoperto negli ultimi anni e che mi ha conquistata. Il Dottore di questa storia è il Decimo, interpretato da David Tennant, non escludo in futuro di far incontrare Oscar con anche altri Dottori successivi o precedenti, ma il mio preferito resta questo.

 

Capitolo III

Il Dottore e Rose guardarono il bellissimo posto dove si trovavano: effettivamente, sembrava davvero un luogo terrestre, e molto probabilmente nel passato, perché non si vedevano né sentivano segni di modernità, come auto, aerei e antenne.

Ad un certo punto, sentirono dei nitriti di cavalli e si nascosero dietro ad una siepe. Due puledri, uno bianco e uno nero, arrivarono al galoppo nella radura in riva al lago. Sopra di loro c’erano due bambini, sul cavallo nero uno con i capelli scuri raccolti in un codino, e sul bianco un fanciullo biondo con i capelli sparsi al vento. Era un momento di assoluto gioco e libertà per loro.

“Fa caldo!”, disse il bambino biondo scendendo da cavallo e buttandosi in acqua, ancora vestito. L’altro lo seguì. Si alleggerirono dei vestiti, lanciandoli dall’acqua ad un ramo e iniziarono a schizzarsi.

Il Dottore era una persona discreta, ma notò un particolare, tra un salto e l’altro dei due piccoli amici. Uno dei due bambini, il biondo, era in realtà una bambina. Non c’era niente di malizioso e torbido, solo due piccoli che giocavano nell’acqua in un giorno caldo, ma c’era un’evidente differenza fisica tra i due.

“Rose, forse è il caso di andare via...”, disse il Dottore alla sua interlocutrice, guardando verso il Tardis.

Lei mormorò:

“Adesso rischieranno di morire… non so perché, ma lo so...”, disse Rose.

Un urlo scosse entrambi:

“André, non tocco più, non sento più le gambe, non riesco a nuotare!”

“Oscar!”

Il bambino bruno si lanciò verso la sua amichetta in difficoltà, facendo capire quanto tenesse a lei. Ma era piccolo, e il lago era insidioso, e anche lui iniziò ad avere difficoltà, ad andare sott’acqua, a non farcela.

“Eh, no, non posso lasciar morire così questi due bambini!”, disse il Dottore e si lanciò al loro soccorso. Era un uomo adulto, oltre che un alieno di Gallifrey con due cuori, per lui fu facile buttarsi nel lago ed afferrarli entrambi, anche se dovette riconoscere che il fondo del lago, limaccioso e scivoloso, era davvero pericoloso anche per una persona grande.

“Grazie, signore, grazie!”, disse il bambino bruno, precipitandosi verso la bimba bionda. Il Dottore porse loro i vestiti, non voleva che ci fosse nemmeno il dubbio di qualcosa di sbagliato da parte sua nei loro riguardi.

“Oscar, Oscar, siamo salvi!”

La bambina bionda si rivestì in fretta, ancora tremando per la brutta avventura e guardò il suo compagno di giochi.

“André ho avuto tanta paura!”

“Per fortuna questo signore ci ha salvati, Oscar!”, disse André.

“Non sono un signore, sono il Dottore!”, disse il loro interlocutore.

“Ma dottore Chi?”, chiese Oscar.

“Un Dottore in giro per la Francia. Ora è meglio che torniate a casa...”, rispose lui e si allontanò, raggiungendo Rose che era rimasta nascosta nel bosco, con poco più lontano il Tardis.

“Li conosci allora? Sapevi cosa stava per succedere loro...”

“Sapevo che avrebbero rischiato di affogare… ma tu li hai salvati Dottore, vedi che sei un eroe?”

“Ma figurati, chiunque lo avrebbe fatto… oh!”, fece il Dottore e continuò: “quei due bambini si chiamano Oscar e André, come i due soldati che c’erano a Parigi durante la Rivoluzione… Oscar è una donna, somigliano a loro. Un uomo bruno e una donna bionda… da bambini dovevano essere così.”

“Beh, può essere un caso o no”, disse Rose, ma allora siamo tornati indietro nel tempo...”

“Già, di un bel po’ di tempo. Mi sembravano sui trent’anni durante la Rivoluzione, mentre questi due bambini sono piccoli, cinque, sei anni terrestri..”

“Ah, già che tu vieni da un altro mondo”, disse Rose.

“Ma tu li conosci!”

“No, ma so cose su di loro… ti saranno grati per averli salvati. Potremmo andare a vedere se sono arrivati a casa sani e salvi.”

Un vento fresco scosse la radura.

“Forse è il caso”, disse il Dottore, “ma chissà dove abitano.”

“La tua casetta blu ci può aiutare”, rispose Rose.

“Ti piace?”

“Beh è fortissima!”, disse lei.

Per un attimo il Dottore pensò che gli sarebbe piaciuto viaggiare con lei, e che Rose rimanesse per sempre con lui e non solo perché si chiamava Rose.

Il Tardis si rimise in viaggio e si fermò di notte.

Uscirono in un boschetto, illuminato dalle stelle, ma poco più in là, oltre gli alberi, videro uno splendido giardino, in quello stile che il Dottore sapeva chiamarsi all’italiana. In fondo al parco, si poteva ammirare uno splendido castello con tanto di torretta.

“Ti dice qualcosa questo posto, Rose?”, chiese il Dottore. Dovevano essere sempre in Francia, ma in che tempo?

“No… forse”, rispose lei. Quella torre. Lei che correva in cima ad una scala, forse per arrivare proprio là, con qualcuno che la inseguiva.

“Rose, occhio che ti prendo...”

“Forse ci ho giocato, una volta, tanto tempo fa, ma non ricordo bene.”

Di colpo, sentirono delle voci. C’erano due persone nel parco, due figure che presto il Dottore e Rose misero a fuoco.

Un giovane bruno, con un codino, in abiti settecenteschi, e al suo fianco quella che era una donna in abiti maschili, bionda, anche lei con un abbigliamento simile. Non c’era sontuosità nei loro vestiti, erano in un momento di tranquillità, ma strana, perché incombeva qualcosa che li turbava. Il Dottore sapeva riconoscere le situazioni che turbavano gli umani.

“Oscar, non pensi che sia meglio che tu vada a dormire? Domani mattina dobbiamo alzarci presto, usciremo dalla porta sul retro, così mia nonna non ci scoprirà.”

“André, il mio padrino è Girodel, non è il caso che venga anche tu.”

“E invece verrò anch’io”, rispose André, sorridendole.

Oscar si sedette per terra, cercando di rilassarsi.

Il Dottore guardò verso Rose, che era dubbiosa:

“Un duello… sì, ne ho sentito parlare.”

Cercarono allora di sentire cosa dicevano, magari Rose avrebbe potuto scoprire qualcosa del suo passato.

“Non sei preoccupata?”

“A dire il vero ho paura… ma non del duca di Germaine. Questo sarà un duello all’ultimo sangue, io credo che nessuno meriti la morte, nemmeno l’essere più abietto. Ma non possiamo permettere ad un nobile di fare quello che vuole, anche le azioni peggiori, perché altrimenti questo si ripercuoterà anche contro la stessa famiglia reale… In un duello si può sparare solo un colpo e se dovessi mancarlo...”

André stette zitto, visibilmente preoccupato. Poi si girò verso una quercia, dietro alla quale stavano il Dottore e Rose, ma lui non poteva saperlo.

“Sai, mi ricordo che quando eri bambina tu seppellisti lì il tuo tesoro: un coltellino con il manico rosso e una trottola.”

“Vero…”, rispose Oscar, con un tono triste.

“Forse è il caso di andare a dormire, Oscar, non pensi? Buona notte!” e quelle parole toccarono i due cuori del Dottore, perché erano le parole di un uomo innamorato.

“André… se domani dovessi morire prendi tu il mio tesoro e conservalo in mio ricordo… un coltellino con il manico rosso e una trottola!” e anche in quelle parole c’era amore, il Dottore sapeva riconoscerlo.

I due giovani si allontanarono quasi insieme verso la casa. Il Dottore era toccato dalle loro parole e dalla situazione e guardò verso Rose. Lei era agitata e perplessa.

“Sì, sì… Il duca di Germaine è un bastardo, ha ucciso un bambino per strada perché gli aveva rubato due monete d’oro… Oscar l’ha sfidato, Oscar è il colonnello delle Guardie di palazzo di Versailles. Ci sarà un duello domani, ma lei lo vincerà, colpirà il duca alla mano, per punirlo di aver ucciso il bambino. La regina Maria Antonietta le ordinerà di rimanere chiusa in casa per un mese ma lei non lo farà...”

“Quante cose che sai su Oscar e André Rose. Sono tuoi amici, allora!”

“Non ricordo altro, ma pian piano è come se qualcosa tornasse dai miei ricordi...”, disse Rose, allontanandosi dal Dottore e sparendo negli alberi.

 

Anche il Dottore fece per andare verso il Tardis, quando di colpo qualcuno lo afferrò per un braccio.

“Avevo capito che c’era qualcuno nel parco!”

Il Dottore si girò e si trovò di fronte ad André. Come avrebbe fatto a spiegargli la sua presenza in una proprietà privata terrestre era un bel problema, anche perché non voleva certo ingannarlo o fargli del male.

“Oh scusatemi André, ero impegnato nella mia ricerca sulle farfalle notturne e mi sono perso”.

Una scusa ridicola. André lo guardò con aria perplessa e poi disse:

“Devo dire a Pierre che ripari la recinzione.. Ma voi siete… siete il Dottore, ci avete salvato al lago quando eravamo bambini!”

Il Dottore ringraziò mentalmente ogni divinità presente nell’universo per la buona memoria di André, ma questo apriva un altro problema. Quanti anni erano passati? Un po’.

“Quello era mio padre”, improvvisò il Dottore.

“Ah, ringraziatelo da parte nostra...”, disse André.

“Siete preoccupato per Oscar?”, chiese il Dottore, “ma lei se la caverà, ne potete essere certo.” Era un altro il destino da cambiare, in un altro momento della loro vita. Ma perché continuava ad arrivare con Rose e il Tardis nelle vite di questi due innamorati del Settecento?

André lo guardò e sorrise. Non capiva come mai, ma sentiva di doversi fidare di quello strano uomo che cercava farfalle.

Si allontanarono entrambi e il Dottore vide che Rose era vicina al Tardis.

“Senz’altro conosci Oscar e André, in qualche modo. Dovresti forse incontrarli, magari ti tornerà la memoria”.

“Non ancora, sento di non doverlo fare. Ma devo scoprire chi sono”, disse Rose.

Salì con il Dottore sul Tardis, che si rimise in moto. Dove sarebbero finiti questa volta?

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Capitolo 5
*** Capitolo IV ***


IL TEMPO DELLA ROSA

 

Rating: Angst, viaggi nel tempo, elementi fantastici, del resto Oscar qui incontra nientemeno che Doctor Who.

Fandom: Lady Oscar.

Note: un omaggio al sessantesimo compleanno di Doctor Who, una delle serie più longeve di sempre, unito a Lady Oscar, la passione di una vita che incontra un qualcosa che ho scoperto negli ultimi anni e che mi ha conquistata. Il Dottore di questa storia è il Decimo, interpretato da David Tennant, non escludo in futuro di far incontrare Oscar con anche altri Dottori successivi o precedenti, ma il mio preferito resta questo.

 

Capitolo IV

Era di nuovo notte, e il Tardis si era fermato nel profondo di un bosco. Il Dottore e Rose uscirono con fare circospetto, e lui si accorse che non c’erano di nuovo segni di modernità, niente luce elettrica, niente veicoli, niente di niente. Probabilmente, erano di nuovo nella stessa linea temporale dei loro ultimi giri.

“Aiuto!”

Un urlo scosse entrambi e sia il Dottore che Rose corsero verso dove veniva.

Videro subito che la situazione era molto pericolosa: una carrozza era stata circondata da un manipolo di briganti, quattro o cinque, armati fino ai denti e decisi a tutto. Non sembrava un agguato a scopo di rapina.

Il Dottore riconobbe subito chi erano gli assaliti.

“André, credo che dovremo batterci!”, disse la bionda guerriera che ormai lui e Rose conoscevano come Oscar e che scese dalla carrozza.

“Con molto piacere!”, disse André, che come sempre era con lei.

Il Dottore cercò di studiare come intervenire con il suo cacciavite sonico e, in un paio di occasioni, non visto, creò confusione agli assalitori con dei bagliori. Ma qualcosa gli diceva che quello non era il momento della morte dei due, perché lui aveva visto il loro futuro, tragico ma ancora abbastanza lontano.

Oscar ed André non erano soli: in carrozza c’era una ragazza dai lunghi capelli biondi e per un attimo il Dottore pensò che potesse essere Rose.

“Aiuto madamigella Oscar!”

Uno degli assalitori stava per colpire e uccidere la giovane, che Oscar chiamò Rosalie, non Rose. Oscar andò in suo soccorso, riuscendo a sopraffare l’aggressore, ma fu colpita alle spalle da uno dei briganti, che poi alzò la spada pronto ad ucciderla.

Il Dottore gridò e anche Rose, che per un attimo diventò trasparente.

Ma poi arrivò una carrozza di corsa e i briganti fuggirono.

Il Dottore si avvicinò ad Oscar ferita a terra, circondata da André e Rosalie, e dalla carrozza scese un giovane gentiluomo che sembrava conoscerla.

“Siete il conte di Fersen!”, disse André.

“Certo! Per me è un onore avervi salvati”, rispose lui.

Fersen… il Dottore aveva già sentito questo nome, sì, era un nobile amato dalla regina Maria Antonietta e gli sembrava anche che avesse fatto una brutta fine. Ma questo doveva succedere tra molti anni, lì c’era qualcuno da aiutare e da salvare.

“Sono un dottore, posso aiutarvi anch’io!”, disse, precipitandosi a soccorrere Oscar, sapendo che non sarebbe morta in quel momento. Certo che le era stata inferta una brutta ferita alla spalla sinistra e non poteva nemmeno tirare fuori il cacciavite sonico.

Il Dottore notò che Oscar, anche se dolorante e debole, era felice di vedere il conte di Fersen. Comunque, si preoccupò di aiutarla anche lui ad arrivare a casa, dove poi intervenne un altro medico, il dottor Lassonne.

“Se la caverà”, disse il medico di famiglia Jarjayes a quel collega che era spuntato nel bosco e che era stato prezioso.

“Vi devo ringraziare”, aggiunse.

“Di niente”, disse il Dottore, che si allontanò dalla stanza di Oscar, sentendo l’anziana governante che alzava la voce contro il padrone, il signor conte e generale de Jarjayes.

“Non dovevate crescere Oscar come un ragazzo, avete messo in pericolo la sua vita! E anche tu, André, sei un incapace, dovevi intervenire e fare qualcosa di più!”

Il Dottore si allontanò, non poteva fare molto di più. Sentì che la ragazza bionda, Rosalie, stava dicendo qualcosa, sospettava su qualcuno che poteva essere dietro a quell’agguato, dove gli aggressori volevano uccidere e non derubare, ormai lo avevano capito tutti.

Fuori dalla stanza di Oscar, nel corridoio, ritrovò Rose.

“Anche questa volta li ho salvati, o meglio ho salvato Oscar… Mi sento legato a loro in qualche modo.”

“Ascolta, Dottore, c’è una cosa strana. Loro ti vedono e ti parlano, ma non vedono me. “

“Cosa dici, Rose?”

“Le altre volte non l’ho notato, ma stavolta sì. Prima, nella radura dell’agguato, mi sono avvicinata anch’io per soccorrere Oscar. Hanno parlato con te, erano distratti ed agitati, c’era anche quel Fersen, ma a me nessuno ha rivolto la parola...”

“Sei arrabbiata per questo?”

“No, non è questo il punto. Era come se non ci fossi, ero come invisibile. Sono stata lì con te, d’accordo, era buio, ma nessuno mi ha vista, era come se non ci fossi. E anche adesso, sono venuta con voi a palazzo, sono salita in carrozza, ma era come se non esistessi. Tu parlavi e ti vedevano, a me no.”

Il Dottore rifletté un attimo: era vero, lui vedeva Rose, ma gli altri non la consideravano. Strano, era lui l’essere venuto da un altro mondo e da un altro tempo con il Tardis.

“Però… io sapevo di questo fatto, di questo ferimento, prima che arrivassimo lì… me l’hanno raccontato, attirarono Oscar e André con la scusa che Maria Antonietta voleva vederla di sera tardi a Versailles, lei credette a questa strana convocazione e poi furono aggrediti. Si salvarono grazie all’intervento del conte di Fersen, di cui Oscar era infatuata.”

“Ma allora tu conosci questa gente? E di Rosalie cosa mi sai dire?”

“Rosalie… sì, è la protetta di Oscar, ha vissuto con lei per tanti anni, c’era anche quella sera di luglio durante la Rivoluzione… ma non so se l’ho conosciuta, forse sì, forse no.”

“L’anziana governante invece?”

“La nonna di André… ne ho sentito parlare tanto, burbera, affettuosa… ma non devo averla conosciuta...”

“Ascolta. Cerchiamo il Tardis e vediamo dove ci porta stavolta. Dobbiamo capire cosa ti sta succedendo.”

“Volentieri. Anche se forse sarai stufo di avermi intorno…”

No, non era stufo. Era caduto nella disperazione quando aveva perso per sempre Rose, ma ora con questa Rose si sentiva meglio e sentiva di doverla aiutare. Sperando di non fare del male anche a lei. Aveva conosciuto tanti esseri umani e non, nei suoi viaggi, ma non aveva mai visto una storia come quella sua.

“Ascolta, Rose, quando siamo sul Tardis ci chiariamo le idee su cosa sappiamo.”

Uscirono nella notte, e il Tardis apparve a due passi da palazzo Jarjayes.

“Allora è proprio legato a te.”

“Credo più di quanto tu pensi...”

“Almeno hai lui. Io non so nemmeno chi sono.”

 

“Ci sono Oscar e André, lei una nobile che fa il soldato alla corte di Versailles e lui il suo attendente, nella Francia di Luigi XVI. Poi però si uniranno alle Guardie francesi, alleate dei rivoluzionari. Moriranno nel luglio 1789, ma prima hanno avuto varie avventure e li stiamo incontrando negli anni precedenti”, disse il Dottore.

“Questo è tutto vero. Loro ti hanno visto e parlato, mentre non hanno visto me anche se ero con te”, disse Rose.

“E tu sei quasi sparita quando è morto André. Ma tu cosa ricordi di loro due?”

“Sapevo dell’incidente nello stagno, del duello, dell’agguato… della morte non ricordo nulla, ma so che lei ed André erano passati dalla parte del popolo...”

“Rose, questo fu un periodo molto tormentato e feroce della Storia umana. Posso raccogliere informazioni per capire meglio la situazione e aiutarti...”

“Tu vivi fuori dal tempo e dallo spazio.. io non so a chi e cosa appartengo….”

“Potresti venire anche tu con me. Siamo soli entrambi, ho sempre più paura che per te qui non ci sia niente...”

Rose restò in silenzio ma poi aggiunse:

“Potrebbe anche essere bello, se non fosse che tu sei distrutto per aver perso l’altra Rose. Ma deve essere bello girare liberi nel tempo e nello spazio...”

Alla lunga ti annoia. Alla lunga si rimane soli. Il Dottore avrebbe voluto dire questo a Rose, ma la vedeva troppo piena di entusiasmo per smontarla. E poi c’era una questione: non riuscivano ad andare da un’altra parte, continuavano ad incrociare Oscar e André. Di questo si era accorto, in un modo o nell’altro erano ormai legati a loro.

Il Dottore andò alla console e provò a cambiare qualche impostazione. Ma non ci riusciva: era il Tardis che continuava a decidere dove portarli. Ma cosa stava succedendo?

La cabina blu si fermò di nuovo e il Dottore capì che fuori stava piovendo e anche tanto.

 

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Capitolo 6
*** Capitolo V ***


IL TEMPO DELLA ROSA

 

Rating: Angst, viaggi nel tempo, elementi fantastici, del resto Oscar qui incontra nientemeno che Doctor Who.

Fandom: Lady Oscar.

Note: un omaggio al sessantesimo compleanno di Doctor Who, una delle serie più longeve di sempre, unito a Lady Oscar, la passione di una vita che incontra un qualcosa che ho scoperto negli ultimi anni e che mi ha conquistata. Il Dottore di questa storia è il Decimo, interpretato da David Tennant, non escludo in futuro di far incontrare Oscar con anche altri Dottori successivi o precedenti, ma il mio preferito resta questo.

 

Capitolo V

Il Dottore e Rose si affacciarono dal Tardis: poco più lontano da loro correva una strada, non ancora asfaltata, e quindi di nuovo il Dottore capì che erano in un’era pre industriale, oltre che piena di pozze e di fango per l’acqua che cadeva senza requie dal cielo. Oddio, questo capitava anche in tempi più moderni e tecnologici.

Non c’era nessuno che passava in quella strada, probabilmente erano tutti a casa a ripararsi, e il crepuscolo stava implacabilmente scendendo.

Ad un tratto, videro un bellissimo stallone bianco che arrivava al galoppo: sopra c’era una figura, dai capelli biondi zuppi ma bellissimi al vento, con la testa china, che sembrava sfidare gli elementi, o forse se ne disinteressava. Addosso aveva un’uniforme rossa, scintillante ma marcia d’acqua.

Ma era comunque in pericolo, rischiava di prendersi un malanno o di farsi male.

Un altro rumore di zoccoli scosse sia il Dottore che Rose: un altro cavallo, nero, stava arrivando dal lato opposto, con l’aspetto di star cercando l’imprudente cavaliere biondo. Sopra c’era un giovane, avvolto in una mantella, con in mano una mantella a sua volta e si avvicinò al cavallo buttandola addosso al cavaliere biondo, come a proteggerlo dalla pioggia. L’altro alzò lo sguardo e sorrise al suo soccorritore, e di colpo sia il Dottore che Rose li riconobbero.

“Sono Oscar e André”, disse il Dottore, “di nuovo loro, continuiamo a incontrarli, eppure abbiamo visto lui colpito e morto tra qualche anno, quello dovrebbe essere un punto fermo nel tempo...” Sapeva che rischio c’era, di non poter più andare oltre quel momento, erano come imprigionati, era come se il Tardis non riuscisse ad andare oltre, a portarli in altri tempi e in altri mondi.

“Come sono innamorati… si amano...”, disse Rose, incantata e poi aggiunse: “Quanto sono giovani qui...”

“Ma tu Rose li ricordi più vecchi?”, chiese il Dottore, mentre rientravano nel Tardis.

“Ma sì… forse...”

“Sai, la morte di André a cui abbiamo assistito può essere un punto fermo nel tempo.”

“Cosa vuol dire?”

“Qualcosa che non si può cambiare. Ma è strano, non dovrei più nemmeno poter tornare indietro, né incontrarli, eppure qualcosa mi tiene legato qui. Ma non riesco ad andare avanti, oltre credo al 13 o 14 luglio 1789...”

“Capitò qualcosa, vero?”, chiese Rose.

Il Dottore stette zitto, aveva sempre delle remore a raccontare agli umani del passato i fatti della Storia. Ma poi decise di provare a dire qualcosa, in fondo erano eventi famosi.

“Beh, la presa della Bastiglia, lo scoppio della Rivoluzione francese...”

“Hai ragione, questo lo so anch’io”, disse Rose.

“Ma c’eri quindi?”

La ragazza si guardò l’uniforme blu che aveva addosso.

“Me l’hanno raccontato… qualcuno me l’ha raccontato.”

Il Dottore scosse la testa, ne sapevano quanto prima.

Ripresero il Tardis, che ripartì ma si fermò dopo poco, erano di nuovo di notte, e mentre scendevano dalla cabina blu sentirono un urlo:

“Aiuto, qualcuno mi aiuti!”

Non pioveva più, anzi in cielo brillavano la luna e le stelle, sempre uno spettacolo, che poi gli esseri umani dei secoli successivi avrebbero dimenticato, con il cosiddetto inquinamento luminoso.

Il Dottore corse verso una radura nel bosco da cui venivano le urla, notando poco lontano le torri di un castello.

C’erano due cavalli e due figure, che ormai conosceva: uno, André, era svenuto, con una ferita in volto all’altezza dell’occhio destro, l’altra era Oscar che lo sosteneva, guardandosi attorno disperata.

“Il Cavaliere nero ha ferito André, aiutatemi!”

“Certo”, disse il Dottore e aiutò Oscar a mettere André sul suo cavallo per portarlo a casa. Poi, la seguì sull’altro cavallo, guardando indietro dove era rimasta Rose. La vide tranquilla vicino al Tardis mentre gli faceva un gesto di saluto.

Il Dottore arrivò alla casa di Oscar e si precipitò dietro a lei, accorgendosi che l’occhio di André era grave. Di nuovo, capì che non era giunta la sua ora, ma che aveva rischiato molto. Oscar era preoccupata e disperata, sorreggeva il suo amato André e non volle più di tanto aiuto dal Dottore.

Dentro il palazzo c’era un’anziana governante, che si mise ad urlare e a piangere vedendo André ferito.

“Marie, hanno ferito André, bisogna chiamare il Dottor Lassonne, mi ha già aiutata questo Dottore...”

“Va bene, madamigella.”

I momenti successivi furono concitati, un valletto andò a chiamare in piena notte il dottor Lassonne, mentre Oscar non si allontanava dal capezzale di André, tenendogli un panno sull’occhio ferito, come a trattenere il sangue e la vita, e con la sua mano sopra quella di lui.

Il Dottore restò in disparte, non avevano tempo per lui, se non per un ringraziamento fugace, ma non poteva pretenderlo. L’importante è che si fossero salvati, si stava affezionando a loro, malgrado conoscesse il loro destino, oltre che alla misteriosa Rose.

Doveva scoprire qualcosa di più su Oscar e André e sul perché continuava ad essere legato a loro e capire cosa c’entrava Rose.

Provò a guardarsi attorno nel palazzo dove si trovava, in maniera discreta.

Il Dottor Lassonne stava medicando André, Oscar era in disparte, disperata.

Il Dottore le si avvicinò timidamente. Lei gli disse:

“Vi ringrazio, sembra strano ma negli anni vi abbiamo sempre incrociato con André, siete uno studioso,vero?

“Eh sì, sono il Dottore...”, rispose lui.

“Mi sento in colpa, ho trascinato io André in questo pasticcio, volevo catturare il Cavaliere nero, ho accettato che lui si travestisse come quel ladro per tendergli un agguato, ma poi la situazione mi è sfuggita di mano, lui è apparso è l’ha ferito...”

Oscar abbassò la testa e due lacrime le rigarono le guance. Il Dottore sbatté gli occhi, aveva un qualcosa di familiare: certo che era molto bella, per nulla mascolina, ma quei capelli biondi e quei lineamenti gli ricordavano qualcuno…

“Non è colpa vostra, Oscar...”, disse il Dottore.

“Invece sì, perché ero ossessionata da questa storia, ho avuto una delusione di recente, volevo buttarmi in un’avventura, manco fossi una ragazzina, per dimenticare tutto...”, disse Oscar, stupendosi del perché si confidava in quel modo con uno sconosciuto, che d’accordo, le era familiare, ma di cui non sapeva niente. Ma sentiva che gli doveva fiducia.

“Non tormentatevi”, rispose il Dottore. Avrebbe voluto chiedergli se conosceva Rose, ma non era il momento.

“Se mi scusate, mi congedo da voi”, disse il Dottore e si allontanò. Continuava a capire poco di quella storia. Intanto, Oscar era stata convocata dal dottor Lassonne per parlare di André.

“Per non perdere l’occhio destro, André dovrà tenere la benda per almeno una settimana. Chiamatemi se ci sono dei problemi!”

André era disteso a letto e sorrise sentendo Oscar che si avvicinava a lui:

“Oscar, chi era il Cavaliere nero?”

“L’ho lasciato andare, non potevo abbandonarti lì ferito...”

“Ma avresti dovuto… comunque, sono felice che non sia stata tu ad essere stata ferita!”

Oscar si sentì stringere il cuore.

“André, sei molto caro...”

“Grazie per avermi salvato...”

“Non ho fatto tutto da sola, c’era il Dottore con noi, sai, quell’uomo che ogni tanto incontriamo, è qui...”

“Ringrazialo tanto.. ma dottore chi, come si chiama?”, chiese André e Oscar andò a cercarlo. Ma il Dottore non c’era più.

 

Rose lo aspettava vicino al Tardis, perplessa:

“Sì, sapevo che André era stato ferito dal Cavaliere nero, che altri non è che Bernard Chatelet, un giornalista che diventerà uno dei capi della Rivoluzione...”

“Ma allora lo conosci!”

“Solo di nome… André perderà l’occhio purtroppo, per correre a salvare Oscar”, disse Rose, triste.

“Ma allora tu hai incontrato Oscar e André!”

“Non so nemmeno più io cosa ho fatto”, rispose Rose.

Il Tardis ripartì e si fermò in un luogo, di notte: il Dottore e Rose si affacciarono e riconobbero quello che poteva essere un vicolo di Parigi, silenzioso e deserto.

Ma un po’ più in là, c’erano rumori, e non di rivoluzione, canti e grida gioiose. Si avvicinarono per vedere.

“Oh, almeno è un posto dove stare allegri!”, disse il Dottore, “oltre Manica chiamano questi luoghi pub, mentre qui sono osterie. La Bonne Table… si mangerà bene!”

“Tanto continueranno a non vedermi...”, disse Rose. Il Dottore ammirò per un attimo i suoi capelli biondi e si accorse che aveva gli occhi verdi, un po’ da gatta, molto particolari. Gli era familiare, e non solo per il suo nome, Rose, come la sua amata perduta per sempre. Poi entrò, un’osteria o pub era sempre un bel posto dove stare e magari si sarebbe tirato un po’ su di morale anche lui.

 

 

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Capitolo 7
*** Capitolo VI ***


IL TEMPO DELLA ROSA

 

Rating: Angst, viaggi nel tempo, elementi fantastici, del resto Oscar qui incontra nientemeno che Doctor Who.

Fandom: Lady Oscar.

Note: un omaggio al sessantesimo compleanno di Doctor Who, una delle serie più longeve di sempre, unito a Lady Oscar, la passione di una vita che incontra un qualcosa che ho scoperto negli ultimi anni e che mi ha conquistata. Il Dottore di questa storia è il Decimo, interpretato da David Tennant, non escludo in futuro di far incontrare Oscar con anche altri Dottori successivi o precedenti, ma il mio preferito resta questo.

 

Capitolo VI

Il Dottore si guardò intorno una volta entrato nell’osteria: erano decisamente nella stessa epoca dei viaggi dell’ultimo periodo, da quando la nuova Rose era arrivata nella sua vita, sempre Francia prerivoluzionaria, anno più o anno meno.

C’era fumo, causato dalla carne affumicata sul camino, c’era gente allegra che cantava canzoni non proprio edificanti, anzi decisamente delle canzonacce, c’era anche un gruppo di persone che giocavano a carte, in maniera concentrata e a tratti un po’ rumorosa. Erano prevalentemente uomini, tranne una cameriera decisamente anzianotta e un paio di ragazze di cui era chiara la professione, impegnate a divertirsi con gli avventori.

Il Dottore si guardò attorno, chiedendosi cosa ci facesse lì, quando di colpo lo vide: ad un tavolino, isolato volutamente dal resto dei clienti, c’era un uomo, ancora giovane, con un ciuffo nero sopra un occhio, impegnato a bere quanto più gli riusciva, come se volesse trasformare il suo sangue in alcool. Non era la prima volta che vedeva qualcuno che si autodistruggeva con dipendenze vecchie e nuove, presenti in ogni angolo dello spazio e del tempo, ma in lui c’era qualcosa di familiare.

Il Dottore si avvicinò, doveva fare qualcosa per impedire a quest’uomo di rovinarsi così, era un uomo che senz’altro stava soffrendo e anche molto.

“Ehi, amico, ti spiace se mi siedo qui con te?”, gli chiese con tono gioviale. Non poteva fare predicozzi e nemmeno critiche, doveva pian piano guadagnare la sua fiducia e dissuaderlo da smettere di autodistruggersi così.

“Fai pure, tanto io mi alzo”, biascicò il giovane, tirandosi su. A quel punto il Dottore lo riconobbe, era André, ubriaco, con un occhio perso e decisamente distrutto.

Ma cosa poteva essergli successo? E dove era Oscar?

André barcollò fuori, dall’uscita secondaria dell’osteria, sul lato opposto rispetto all’entrata, e il Dottore lo seguì, accorgendosi che erano lungo la Senna. Seduto su un parapetto a poca distanza c’era un suonatore di fisarmonica, con una gamba di legno e una patta sull’occhio, che fece un cenno di saluto ad entrambi, forse sperava di intrattenerli con la sua musica e rimediare qualche moneta. Il Dottore decise che avrebbe provato a dare una mano anche a lui. Dietro di sé c’era Rose, anche lei avvilita per quello a cui stava assistendo.

André si mise davanti all’acqua del fiume e iniziò a mormorare:

“Sono un mostro, un essere ignobile...”

Ecco, da quel poco che il Dottore aveva imparato sul suo conto, non poteva certo definirsi così.

Poi, André tirò fuori dalla cintura un coltello. Il Dottore conosceva la scarsa sicurezza che c’era in molte città della Terra nelle varie epoche della Storia umana e non si stupì nel vedere che aveva un’arma, poteva essere una buona idea per difendersi, anche se poi non sempre utile.

André rimirò il coltello per un attimo, con aria disperata.

“Me lo regalasti tu, Oscar, quando ancora potevi fidarti di me...”, disse e poi pian piano iniziò ad avvicinare la lama al suo polso. Il Dottore conosceva bene quel gesto, voleva suicidarsi.

“Dottore!”

L’urlo di Rose lo fece sussultare: si voltò e vide che stava di nuovo svanendo, come se non fosse mai esistita. Poi il Dottore guardò verso André, aveva la lama sempre più vicina al polso, pronta ad immergersi lì e a tagliarlo, per cancellare la sua vita. No, non poteva permetterglielo.

Anche il suonatore di fisarmonica si era accorto che stava per succedere qualcosa di grave e di brutto e scattò verso André, ma il Dottore fu più veloce, gli fu addosso e gli fece cadere il coltello.

“Eh no, non si fanno certe cose, non di fronte a me, che sono il Dottore!”

André lo guardò con aria affranta, cercò di chinarsi per raccogliere il coltello, ma il Dottore lo trattenne.

“Lasciatemi, quel coltello è mio...”

“Certo, ma non posso lasciare che vi facciate del male, André.”

André lo riconobbe e gli tirò alcuni pugni sul petto, non per fargli male, ma per sfogarsi. Il Dottore lo lasciò fare.

“Voi non capite, io sono un mostro, un essere immondo, merito di sparire da questa terra!”

“Andiamo, non dite così, io so che siete buono e generoso, ci incontriamo da tanto, anche se non siamo mai diventati davvero amici...”

Effettivamente era così, almeno per André.

“Voi non sapete della colpa di cui mi sono macchiata, di cosa ho fatto ad Oscar!”

Il Dottore restò interdetto, forse era davvero successo qualcosa di grave.

“Se volete parlarmene, io vi ascolto” e pregò che non fosse una cosa irreparabile.

“Io… le ho fatto del male, per la prima volta lei mi ha trattato da servo, dopo una vita in cui siamo inseparabili, amici e compagni per sempre. E io ho perso la testa, dopo che Oscar mi ha picchiato, le sono saltato addosso...”

Oh, la cosa prendeva una piega imprevista, il Dottore restò perplesso.

“Le ho fatto una cosa orribile, l’ho baciata con la forza e poi volevo farla mia, sono ignobile...”

Il Dottore deglutì e guardò verso il fisarmonicista, anche lui senza parole. Ma lui doveva dire qualcosa.

“E poi cosa avete fatto?”

“Oscar… Oscar si è messa a piangere, ha smesso di difendersi, si è abbandonata sul letto mezza nuda e a quel punto ho capito il gesto orrendo che avevo fatto. Le ho chiesto perdono, le ho giurato che non la toccherò mai più, ma a quel punto le ho anche dichiarato il mio amore, la amo da una vita e guardate cosa le ho fatto...”

Effettivamente, non era una bella situazione, le pene d’amore erano sempre ardue da affrontare, soprattutto in un caso del genere.

“Ora Oscar dov’è?”, chiese il Dottore.

“Dopo aver saputo di essere stata destinata al comando della compagnia dei Soldati della Guardia di stanza a Versailles, è partita per la residenza di famiglia in Normandia. Senza di me, ovviamente, non ho più alcun diritto di starle insieme. Prima di andarsene, mi ha detto che non ce l’ha con me, ma che vuole dimenticare...”

Un atteggiamento indubbiamente particolare, da parte di una donna che non se la sentiva di fare del male a qualcuno che era stato inseparabile da lei da sempre e di ferirlo ulteriormente. Oscar teneva ad André e questo il Dottore lo sapeva bene, e sapeva anche che era sincera.

“Io l’ho persa per sempre, non merito di vivere, non posso vivere...”

“Ascoltatemi, mio giovane amico”, disse il fisarmonicista, “io ho perso un occhio e una gamba, voi avete perso un occhio, cercate di non perdere anche il vostro cuore per amore.”

Il Dottore guardò l’uomo con stima, non avrebbe saputo dire di meglio. Poi, il suonatore aggiunse:

“L'uomo può vedere due tipi di luce a questo mondo. Una è la luce del sole e questa può essere facilmente vista dagli occhi dell'uomo. L'altra luce è il cuore, la fiamma interiore della speranza. E per nutrirsi di questa luce gli occhi non servono. Anche se un uomo ha sbagliato, deve sempre avere la forza di trovare in se stesso il modo di andare avanti.”

“Certo”, disse il Dottore, “non abbattetevi, non è giusto.”

Un vociare proveniente dall’osteria scosse tutti e tre: era appena entrato un drappello di Soldati della Guardia in libera uscita, capitanati da un uomo alto e robusto, il più chiassoso di tutti, ma anche simpatico, e il Dottore giurò di averlo visto in quel giorno avanti nel tempo, il giorno della morte di André, nel pieno del luglio della Rivoluzione.

André cambiò improvvisamente atteggiamento, lasciò da parte la disperazione e lo scoramento:

“Ora so cosa devo fare, grazie ad entrambi!” ed entrò nell’osteria dicendo:

“Voglio arruolarmi nei Soldati della Guardia!”

Il Dottore restò fuori, era felice comunque di aver salvato una vita, André non meritava di finire così, vittima del suo senso di colpa. Si girò e Rose era di nuovo vicino a lui, non era più trasparente: la sua vita era legata a quella di André e probabilmente anche a quella di Oscar, per qualcosa di imperscrutabile ma che esisteva. Raccolse da terra il coltello di André, avrebbe trovato il modo di ridarglielo in un momento più sicuro per lui, ci sarebbe stato senz’altro.

“Sei legata a lui, Rose...”, le disse ad un tratto, “in fondo conosci tante cose sul suo conto e su quello di Oscar...”

“Ci capisco sempre meno”, rispose lei.

“Ci sono più cose a questo mondo di quanto si pensi”, disse il fisarmonicista, parafrasando forse senza volerlo Shakespeare.

“Voi mi vedete?”, chiese Rose.

“Eh direi di sì”, rispose lui, “sapete, io fin da giovane vedo quello che gli altri non scorgono, anche i fantasmi di chi è esistito e forse anche di quello che sarà… vi saluto, la notte è ancora giovane” e si allontanò.

Rose si avvicinò al Dottore, entrambi sentivano dei brividi, tra paura e emozione, era tutto molto misteroso.

“Dottore… io so cosa capiterà a quel brav’uomo con la fisarmonica, verrà ucciso durante una carica del Royal Allemand il 13 luglio 1789...” Ora era lucida.

“E allora sono molte, troppe le cose che sai, Rose. Forse è ora di risolvere questo mistero”, disse il Dottore. Poi di colpo, gli si strinse il cuore, perché sentì che quasi sicuramente avrebbe perso anche lei, e si sarebbe trovato di nuovo solo, a solcare il tempo e lo spazio sul Tardis.

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Capitolo 8
*** Capitolo VII ***


IL TEMPO DELLA ROSA

 

Rating: Angst, viaggi nel tempo, elementi fantastici, del resto Oscar qui incontra nientemeno che Doctor Who.

Fandom: Lady Oscar.

Note: un omaggio al sessantesimo compleanno di Doctor Who, una delle serie più longeve di sempre, unito a Lady Oscar, la passione di una vita che incontra un qualcosa che ho scoperto negli ultimi anni e che mi ha conquistata. Il Dottore di questa storia è il Decimo, interpretato da David Tennant, non escludo in futuro di far incontrare Oscar con anche altri Dottori successivi o precedenti, ma il mio preferito resta questo.

 

Capitolo VII

Pioveva di nuovo, ed era anche bello deciso fuori dal Tardis, ma il Dottore e Rose vollero di nuovo uscire un attimo. Erano in un vicolo, ma poco lontano si apriva una piazza, diversa da quella che avevano già visitato a Parigi durante i tumulti della Rivoluzione, ma sapevano che erano più o meno nello stesso periodo.

Coprendosi a fatica con due mantelli trovati nel Tardis, il Dottore e Rose si affacciarono sulla piazza e rimasero stupiti di fronte allo spettacolo a cui si trovarono di fronte.

C’era un palazzo imponente, con un porticato, simile a quello di un tempio classico. Dentro a questo palazzo, ma anche sotto il porticato che si affacciava fuori, c’erano vari uomini, tutti vestiti di scuro, con l’aria di essere i deputati di qualche assemblea politica.

Sotto l’acqua e lì di fronte era arrivato un drappello di militari, capitanato da un uomo giovane, dai tratti distinti e gradevoli, e tra di loro c’era in corso un diverbio.

“Abbiamo l’ordine di far sgomberare la sala dell’Assemblea nazionale per volere di Sua Maestà il Re”, diceva il capitano del drappello militare.

“No, noi non ce ne andremo”, risposero gli uomini.

A malincuore, il comandante del drappello diede ordine ai suoi uomini di imbracciare i fucili e le spade e scendere da cavallo.

“Vorrei chiedere agli altri nobili presenti qui nell’Assemblea se sono disposti a battersi!”, disse uno dei deputati, un uomo giovane, pronto a dare il tutto per tutto.

“Marchese de Lafayette!”, disse un altro deputato, stupito favorevolmente ma anche perplesso per la gravità della situazione.

“Il marchese de Lafayette”, disse il Dottore a Rose, “è un personaggio storico, andò a combattere nella Guerra d’Indipendenza americana, un importante evento storico del Settecento...”

“Ma io forse me lo ricordo… ma era più vecchio”, disse Rose, mordendosi poi le labbra, perché il Dottore era senz’altro ancora più vecchio.

La situazione stava diventando esplosiva, quando di colpo risuonò un grido nell’aria di quel giorno piovoso.

“Fermi!”

Di fronte al palazzo, tra i deputati che sarebbero morti piuttosto che andarsene e il drappello di soldati, arrivarono due cavalli, uno bianco e l’altro marrone scuro. Il cavallo bianco con il suo cavaliere, dai lunghi capelli biondi, si mise in mezzo, sulla linea di tiro e di attacco dei soldati e risuonarono queste parole.

“Voi, Girodel, incrocereste la vostra spada con la mia? E voi guardie reali avreste forse il coraggio di sparare al vostro ex comandante? Se proprio volete sparare sui rappresentanti del popolo, su degli uomini disarmati, dovrete prima passare sul mio cadavere!”

Dietro a quella figura, sull’altro cavallo, un altro cavaliere la assisteva come per proteggerla. E di colpo sia il Dottore che Rose li riconobbero.

“Sono Oscar e André”, disse il Dottore.

“Già, sono proprio loro”, rispose Rose, affascinata.

Il comandante delle guardie reali Girodel restò fermo per un attimo e poi disse:

“Avete vinto, madamigella Oscar. Del resto, per me è normale obbedire ai vostri ordini e voi sapete che farei qualsiasi cosa per voi e non vi arrecherei mai dolore. Non ero fiero di questo ordine che avevo ricevuto, vi ringrazio di avermi fermato. In sella, ce ne andiamo!”

Il drappello di soldati si allontanò. Oscar guardò verso André, mentre vari deputati, tra cui anche Lafayette, andavano a ringraziarla.

Lei disse:

“Abbiate cura di voi e resistete. Purtroppo, non è ancora finita. André, andiamo a casa!”

“Ma converrà?”, disse lui, dubbioso.

Il Dottore guardò verso Rose e le disse:

“Girodel si è messo nei guai, ma soprattutto è Oscar a rischiare un’accusa di tradimento, non ricordo di preciso le leggi che c’erano in Francia sotto i re, ma la situazione è davvero brutta...”

“Già...”, disse Rose, pensierosa.

La pioggia era davvero forte e ripararono nel Tardis che si rimise per un attimo in movimento, sparendo e riapparendo.

“Dottore!”

Per un attimo, Rose era diventata di nuovo trasparente, poco prima che il Dottore aprisse di nuovo la porta. Pioveva sempre e lui riconobbe il posto, erano nel parco del palazzo dove abitava Oscar.

“Un messaggio per Oscar François de Jarjayes da parte delle Loro Maestà Luigi XVI e Maria Antonietta!”, diceva a gran voce un uomo a cavallo, non un militare, ma molto probabilmente una sorta di postino privato agli ordini della famiglia reale.

Il Dottore si tolse dalla linea di passaggio dell’uomo, che bussò freneticamente al portone, accolto da due valletti che lo fecero entrare.

Con Rose, restò in disparte ma non così lontano, voleva sentire cosa succedeva.

L’uomo era entrato nell’ingresso di palazzo Jarjayes: dalla balaustra in alto della scala si affacciarono Oscar e André, in uniforme e dall’aria sconvolta e non certo per la pioggia, un uomo anziano con in mano una spada sguainata e una vecchietta in lacrime.

“In nome della grande amicizia che la lega ad Oscar François de Jarjayes, la regina Maria Antonietta concede il suo perdono, assolvendola da ogni accusa e chiedendo solo una rinnovata lealtà in futuro!”

Poi c’era un altro messaggio.

“Sua Maestà Luigi Decimosesto concede un perdono totale per l’accusa di tradimento ad Oscar François de Jarjayes e al suo sottoposto André Grandier. Nessuno della sua famiglia subirà delle conseguenze”.

L’uomo anziano guardò verso Oscar con aria commossa:

“Oscar sei stata perdonata, la tua vita è salva!”

Oscar si avvicinò ad André, sfiorandolo impercettibilmente: lui la seguì verso le sale interne, dove nessuno poteva vederli.

“Dio sia lodato”, disse l’uomo anziano, “non sono diventato un assassino, non mi sono macchiato dell’omicidio di mia figlia e di André”.

Il Dottore sussultò: ma che buon padre aveva Oscar, cento ad uno stava per ucciderla e senz’altro sarebbe morto anche André, ormai aveva capito che erano legati. Si girò verso Rose, che era impallidita per un’emozione forte che l’aveva sopraffatta a sentire quelle parole, una in particolare che però il Dottore non aveva afferrato.

“Tutto bene?”

“Non so come definire questa cosa, ma ora comincio a capire...”

Il Dottore vide Rose di colpo sparire e ricomparire varie volte, come se brillasse.

“Io non dovevo esistere ma ci sono…”, disse lei.

Il Dottore era un Signore del Tempo, ma non capiva fino in fondo il senso delle parole della sua nuova companion.

“Io inizio ad esistere adesso...”, continuò Rose, “questa notte, in questo momento, io posso esistere, perché questo è il mio inizio. Ma poi non esisterò più… la mia essenza è qui, ma la mia esistenza no… Tutto finirà per me prima ancora di iniziare, ma sono venuta a vederli e conoscerli per fare qualcosa...”

Corse fuori sotto la pioggia e il Dottore la seguì, chiedendosi per un attimo cosa fosse successo a quel poveretto di Girodel. Ma forse il suo destino non era legato a quello di Rose. E quella frase, Io non devo esistere ma ci sono, La mia essenza è qui, ma la mia esistenza no… Tutto finirà per me prima ancora di iniziare, ma sono venuta a vederli e conoscerli per fare qualcosa...

Entrarono entrambi nel Tardis, ancora marci per la pioggia: qualcosa disse al Dottore che la soluzione di quel mistero era vicina, ma che forse sarebbe stata davvero dolorosa. E no, non ce l’avrebbe fatta a reggere un’altra separazione.

 

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Capitolo 9
*** Capitolo VIII ***


IL TEMPO DELLA ROSA

 

Rating: Angst, viaggi nel tempo, elementi fantastici, del resto Oscar qui incontra nientemeno che Doctor Who.

Fandom: Lady Oscar.

Note: un omaggio al sessantesimo compleanno di Doctor Who, una delle serie più longeve di sempre, unito a Lady Oscar, la passione di una vita che incontra un qualcosa che ho scoperto negli ultimi anni e che mi ha conquistata. Il Dottore di questa storia è il Decimo, interpretato da David Tennant, non escludo in futuro di far incontrare Oscar con anche altri Dottori successivi o precedenti, ma il mio preferito resta questo.

 

Capitolo VIII

Quando scese dal Tardis, in un caldo tardo pomeriggio estivo, il Dottore capì subito dove si trovavano, ancora prima di vedere la Senna: erano di nuovo e sempre a Parigi. C’erano urla in lontananza, rumori di spari e un odore dolciastro di polvere da sparo e di sangue, quello che c’è sempre vicino a dove ci sono le battaglie.

“Stiamo nascosti”, disse rivolto a Rose, pallidissima, ma poi percorsero il vicolo e si affacciarono sul lungo Senna.

Un po’ più lontano da loro c’era il parapetto che dava sul fiume e che finiva in un ponte presidiato da una guardia armata di tutto punto. Non aveva visto il Dottore e Rose e meno male, non si sarebbe fatto scrupoli di sparare e non avrebbe certo aspettato a vedere se loro erano armati oppure no. Del resto, erano in un territorio di guerra, in una città diventata un campo di battaglia.

Accadde tutto in maniera troppo veloce: la guardia fu richiamata da un rumore che veniva da sotto il ponte, dove verosimilmente c’era qualcuno e imbracciò il fucile, esplodendo un colpo a cui fece seguito un urlo soffocato. Poi un altro colpo di pistola colpì il soldato alla testa e il suo corpo precipitò in basso, probabilmente su un camminamento sotto o direttamente nel fiume.

“Comandante, comandante Oscar, André è stato ferito!”

Questo urlo echeggiò lungo la Senna fino a dove c’erano il Dottore e Rose, facendoli trasalire.

“André, no, non morire!”, disse una voce ormai ben nota.

Erano di nuovo tornati ad incontrare con Oscar e André e proprio nel momento più tragico delle loro esistenze, perché a quel punto non ci sarebbe stata speranza per loro.

Il Dottore vide emergere da sotto il ponte la bionda comandante, abbracciata al suo André ferito e sanguinante, la vita stava scappando via dal suo petto e lui sapeva cosa gli sarebbe successo, quella morte, quelle lacrime, quelle urla, quella disperazione. Dietro c’erano altri soldati, uno di loro, massiccio e dallo sguardo dolorante, la aiutava a sorreggere il suo amore. Doveva essere Alain, sì, si chiamava così.

“Dottore!”

Il Dottore capì prima di girarsi cosa stava succedendo a Rose: era di nuovo diventata trasparente, stava di nuovo svanendo, come se non fosse mai esistita.

“Rose!”

Cercò di afferrarla e si ritrovò con lei nel Tardis, al sicuro, forse, come se la stessa sua astronave li avesse recuperati e trasportati dentro.

“Dottore… tu hai capito chi sono, vero?”

“No!”, disse lui e non era una negazione alla domanda, ma un capire qualcosa che lo sconvolgeva e lo addolorava.

“Quando il messaggero giunto a palazzo Jarjayes per consegnare la grazia dei sovrani ha detto quel nome, di colpo mi è tornato in mente tutto… tutto un futuro che non c’è ancora, un passato che non ci sarà mai… io sono la ragazza che non deve esistere ma che c’è, sono qui a questo crocevia del tempo, dove tutto poteva cambiare...”

“Quale nome?”, chiese il Dottore, ma in fondo sapeva la risposta.

“Grandier… tu mi hai chiesto come mi chiamavo, io sono Rose… Rose Grandier, André è mio padre e Oscar è mia madre, io sono il frutto del loro grande amore...”

“Ma dove sei?”, disse il Dottore, “sei appena nata, o sei una bambina piccola, probabilmente ti trovi al sicuro da qualche parte...” Ma sentiva che la spiegazione non era così semplice e no, non poteva essere così, purtroppo.

“No, Dottore e tu lo sai, tu che sei un Signore del Tempo, sai perché sparisco ogni volta che a loro capita qualcosa… io non ci sono ancora, c’è solo la mia essenza, nata dal loro grande amore… e non ci potrò mai essere perché moriranno entrambi.”

“Ma come è possibile che tu sia qui di fronte a me? Non mi è mai successa una cosa simile, come se il tempo e lo spazio fossero collassati e si fossero fermati a questi giorni, in questo tempo...”, rispose lui.

“Non so risponderti, tu sei il Signore del Tempo e dovresti saperlo o capirlo tu… siamo legati entrambi qui, non andiamo né avanti né indietro...”

“Vero… ma cosa possiamo fare? Io vorrei salvare Oscar e André, sarà quello il modo per uscire da qui? Ma come?”, disse il Dottore, che sentiva il loro destino come ineluttabile, purtroppo, perché si era affezionato a loro, come a Rose. Ma di lì non potevano muoversi, erano forse destinati a vedere in eterno le loro morti?

“Dottore… forse li posso salvare io, li devo salvare io, così potranno diventare i miei genitori quando sarà il momento. Una parte di me è già con loro, ma è troppo piccola per salvarli.”

“In che senso?”

“Dottore, sai le api e i fiori? Io sono già l’essenza di una futura vita..”

Il Dottore annuì: quello era un paradosso temporale come non ne aveva mai visti: una ragazza non ancora nata, che c’era già nell’amore dei suoi genitori, ma che non sarebbe mai nata comunque… abbastanza da far collassare l’universo, il tempo e lo spazio, come se non bastava quello che era successo con l’altra Rose. Cosa che in confronto quello che facevano gli Angeli di Pietra era niente.

“Devo salvare Oscar e André… i tuoi genitori, Rose?”

“Tu hai già fatto quello che dovevi, mi hai portata qui, sei qui con me. Io devo arrivare poco prima che il soldato spari, devo distrarlo, fare in modo che colpisca me e non André e tutto andrà al suo posto…”

Il Dottore scosse la testa:

“Non ti vede nessuno in questo tempo, salvo quel suonatore...”

“Lui mi vedrà ed è giusto così.”

“Ma allora tu morirai...”

“Non sono ancora nata e senza fare questo non lo sarò mai e noi saremo sempre legati qui, a veder morire i miei genitori e io a dover sparire ogni volta...”

Il Dottore sentì i suoi due cuori che dolevano:

“Creerai un punto fermo nel tempo, non potremo vederci mai più. Io avrei voluto stare con te, girare insieme sul Tardis, per un po’, forse per l’eternità...”

“Lo so, Dottore, anch’io avrei voluto che fosse così. Ma non può succedere, non ti dimenticherò.”

“E se non dovesse funzionare? Perderei tutto, anche te, e sarei di nuovo solo e tu saresti morta invano… Dobbiamo trovare un altro modo!”

“Non credo ci sia, Dottore, non ci può essere un altro mondo che questo...”

“Ma non voglio perderti, Rose.”

“Non mi perderai, mi farai tornare a casa e al tempo in cui appartengo. Io devo ancora vivere la mia vita, Dottore, ora so perché ti ho incontrato. Come sia successo questo non lo so, ma è andata così.”

Il Tardis si era fermato, erano di nuovo a Parigi, in quel tardo pomeriggio di luglio caldo, nello stesso posto.

 

Ludwig van Reis era stato incaricato di presidiare il Pont Saint Martin dal principe di Lambesc in persona: quel 13 luglio 1789 era stato un inferno a Parigi, il popolo era in rivolta, appoggiato da quel reggimento di Soldati della Guardia, capitanato dalla leggendaria comandante Oscar François de Jarjayes, che aveva disertato e tradito.

L’ordine era sparare a vista se si vedeva il suo drappello di traditori, diversi suoi uomini erano caduti, ma si sospettava che gli altri fossero nascosti da qualche parte, pronti a qualche nuova impresa e azione.

Faceva caldo, ma Ludwig non si muoveva, pronto a captare qualsiasi rumore.

“Ehi tu, sono qui!”

Di fronte a lui, da un vicolo, era spuntata una giovane, in uniforme militare, poteva essere Oscar effettivamente, certo che era proprio stupida a esporsi così. A Ludwig sembrò che dietro di lei ci fosse qualcun altro e un qualcosa di blu sullo sfondo. Caricò il fucile e fece fuoco… E di colpo fu tutta luce che lo abbagliò, mentre la ragazza spariva. Qualcuno da dietro lo colpì alla testa con uno sparo, e Ludwig morì con quest’ultima immagine nella testa, tutta luce e uno sfondo di blu, come le uniformi dei Soldati della Guardia…

 

Il Dottore era solo, nel vicolo: vide Oscar con gli altri Soldati, tutti illesi, compreso André, che uscivano dal loro nascondiglio, con i cavalli.

Oscar si avvicinò ad André:

“Andiamo a passare la notte alle Tuilieries e poi vedremo il da farsi.”

“Certo comandante… Va bene, Oscar, con te verrò ovunque, continueremo a fare la Storia, ma poi voglio stare ancora con te...”

Il Dottore pensò che forse Rose c’era già davvero, frutto di quel grande amore, e sperò che il suo sacrificio avesse messo tutto a posto. Risalì sul Tardis, non voleva andarsene via da lì, non voleva...

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Capitolo 10
*** Capitolo IX ***


IL TEMPO DELLA ROSA

 

Rating: Angst, viaggi nel tempo, elementi fantastici, del resto Oscar qui incontra nientemeno che Doctor Who.

Fandom: Lady Oscar.

Note: un omaggio al sessantesimo compleanno di Doctor Who, una delle serie più longeve di sempre, unito a Lady Oscar, la passione di una vita che incontra un qualcosa che ho scoperto negli ultimi anni e che mi ha conquistata. Il Dottore di questa storia è il Decimo, interpretato da David Tennant, non escludo in futuro di far incontrare Oscar con anche altri Dottori successivi o precedenti, ma il mio preferito resta questo.

 

Capitolo IX

Quel giorno di luglio sarebbe stato sicuramente ricordato come una data campale, ma adesso ad Oscar ed André non interessava: si erano battuti con coraggio, accettando il piano dei rivoluzionari di attaccare l’odiata fortezza della Bastiglia.

Questo era stato loro svelato quando era ancora buio, mentre loro due avevano trovato conforto reciproco in un magazzino di stoffe consigliato da Alain, non lontano dalle Tuilieries, dove erano riusciti ad arrivare con gli altri Soldati della Guardia in quella sera del 13 luglio.

Era stato lo stesso Alain a venirli a cercare, bussando alla porta:

“Comandante Oscar! Ci sono novità!”

Oscar e André avevano passato tutta la notte abbracciati, dopo che lei aveva avuto quell’attacco di tosse rivelatore del suo stato di salute. Era arrivato subito dopo che si erano amati di nuovo, dopo averlo atteso per tutto il giorno, in maniera intensa e travolgente. Oscar aveva cercato di nascondere il sangue, di voltarsi, di stare lontana da André, come se fosse possibile.

“Quanto abbiamo per noi?”, le aveva chiesto André, abbracciandola e baciandola, mentre Oscar gli diceva:

“Forse non dovresti starmi così vicino, potrei attaccarti la mia malattia e moriresti anche tu… Sei mesi, probabilmente, se mi tolgo dalla mischia e cerco una vita più tranquilla. Ma come posso farlo, con tutto quello che c’è da fare e da costruire? Io voglio un mondo migliore per tutti, per te innanzitutto.”

“Fallo per me, Oscar, non voglio perdere nessun momento ancora da passare con te. Non posso pensare di vederti morire...”

Si erano amati di nuovo in quella notte che poteva essere l’ultima, con dolcezza e disperazione e in quel momento si stavano riposando.

Alain aveva rispettato la loro intimità entrando solo quando loro avevano aperto la porta, ma aveva comunicato cosa era emerso nelle riunioni di quella notte:

“Il comandante de Launay ha puntato i cannoni della Bastiglia su Parigi, sarà una strage. Bernard Chatelet ha deciso che attaccarla può essere una prova di coraggio e di forza, non si possono accettare questi soprusi.”

Oscar aveva accettato la proposta, conosceva di fama de Launay e sapeva che era un uomo crudele e spietato, un pallone gonfiato che nascondeva il suo essere un fallito in prove di forza e di violenza:

“Se mi volete ancora come comandante, io guiderò il fuoco dei cannoni. Ma questa sarà la mia ultima battaglia, comunque vada, vorrei avere un po’ di tempo per me, per stare con André. Lascerò la gloria ad altri.”

“Certo, comandante”, aveva detto Alain, commosso ed ammirato.

Più tardi, André l’aveva preso da parte e gli aveva parlato della malattia di Oscar:

“Anche se oggi dovessimo vincere, lei è condannata da un male incurabile. Ha la tisi, le resa poco da vivere, lei è la mia anima, il mio cuore, il mio sole e la perderò..”

“Te l’avevo detto che era pallida e che l’avevo sentita tossire. Mi spiace...”

Alain aveva abbracciato l’amico e aveva accolto le sue lacrime.

“Non posso vivere senza di lei, non posso pensare di vederla morire… “

 

Poi era venuto il momento dell’attacco: dalla Bastiglia facevano sul serio, sparavano sulle abitazioni e sulle strade. Bernard Chatelet era costernato dal fatto che il popolo di Parigi aveva portato i cannoni ma non sapeva usarli.

Ma a quel punto era arrivata Oscar:

“Mirate sulla parte più alta della fortezza!” ed era iniziato l’inferno, dentro e fuori da quell’antica e odiata prigione.

André aveva dovuto un paio di volte tirarla giù per evitare che si esponesse troppo, là dentro non potevano non notarla, con quei meravigliosi capelli biondi al vento, anche se rovinati dalla polvere da sparo e dal sudore.

Ad un certo punto, era arrivata una raffica di pallottole verso di loro, per fortuna alcuni colombi avevano deviato il tiro, e si era messo Alain in mezzo, rimediando una ferita ad una spalla.

Oscar aveva avuto un attacco di tosse ad un certo punto e si era fatto avanti a sostituirla Pierre Augustin Hulin, un ragazzo coraggioso, anche se non stava molto simpatico ad Alain, lo trovava troppo presuntuoso. Ma lei aveva preso poi di nuovo il suo posto di comando.

Poi, per alcuni istanti interminabili aveva echeggiato un silenzio spaventoso sopra a tutti: ormai la Bastiglia era fortemente danneggiata, in molti si stavano arrampicando sul ponte a levatoio ed entravano dentro, respinti a fatica dagli uomini di de Launay.

Ad un certo punto, dall’alto della torre era apparsa una bandiera bianca: le Guardie svizzere del marchese de Launay, che prima voleva resistere a tutti i costi e dopo voleva far esplodere la polvere da sparo che c’era nei magazzini della fortezza uccidendo tutti, assedianti e assediati, si erano ribellate e avevano deciso di cedere e porre fine all’assedio.

“Comandante, si sono arresi!”, disse Alain, girandosi e vedendo Oscar che crollava tra le braccia di André.

“Ottimo. Ora André ed io ce ne andiamo”, disse Oscar, “per poco o tanto che abbiamo da vivere vogliamo stare insieme. Salutaci tutti!”

“Ma no, non vi lascio soli, vi accompagno per un pezzo.” Non poteva lasciarli andare, era troppo legato a loro, voleva che fossero felici e avrebbe fatto qualsiasi cosa per loro.

 

Si erano allontanati pian piano a cavallo dalla piazza della Bastiglia, mentre Pierre Augustin Hulin si prendeva il merito dell’attacco.

“Non vi spiace, comandante? Si ricorderanno di lui e non di voi”, disse Alain.

“Ma se l’è meritato”, aveva detto Oscar, “a me interessa altro, ormai”.

Avevano lasciato Parigi dietro di loro e si erano incamminati in mezzo alla campagna. Ad un tratto, avevano notato una chiesa lungo la strada, con la porta aperta. Dentro, il parroco pregava per i morti degli scontri di quei giorni.

“Vorrei entrare qui, sognavo questo posto per noi”, disse Oscar.

“Anch’io vorrei giurarti qui il mio amore per sempre”, disse André.

Padre Christien accolse quei tre soldati in maniera affabile.

“Noi vorremmo sposarci”, disse André, “vi prego, non possiamo perdere altro tempo.”

“Lo so e sono onorato di unire in matrimonio due eroi. Ma ci va un testimone in più, solo così potrò unirvi davanti a Dio...”

 

Il Tardis aveva girato per un po’ e poi si era materializzato in mezzo ai campi: il Dottore uscì, solo, chiedendosi dove fosse. Era sulla Terra, era estate e non si vedevano segni di modernità.

Ad un tratto, li vide, erano in tre, a cavallo, e due senz’altro li conosceva bene. Scesero da cavallo ed entrarono in una piccola chiesa poco distante. Forse gli era concesso un ultimo saluto a loro due, eppure sapeva come funzionavano i punti fermi nel tempo. Ma quello valeva solo per Rose, che non c’era ancora e che ci sarebbe a questo punto forse stata.

Il Dottore entrò dentro l’edificio e li vide vicino all’altare, intenti a pregare. Il parroco era poco lontano, così come l’altro soldato, che ad un tratto lo notò.

“Ehi, è arrivato qualcuno!”, disse Alain.

“Ma è il Dottore!”, disse Oscar.

“Lo conoscete?”, chiese Alain.

“Sì, è uno scienziato viaggiatore, ci è capitato ogni tanto di incontrarlo in questi anni”, rispose André.

Il Dottore annuì in silenzio. Se avessero saputo tutta la storia… ma forse era meglio così, per loro lui era uno strano confidente che ogni tanto compariva, li aveva visti crescere e forse li aveva salvati, anche se non era stato lui...

“Volete far loro da testimone di nozze?”, chiese il parroco.

Il Dottore guardò Oscar e André, lusingato:

“Io desidero solo una semplice cerimonia in questa chiesetta”, disse Oscar, “e poi passare tutto il tempo che mi resta con il mio André. Non ci conosciamo bene, Dottore, ma ci fareste comunque un onore, mi avete sempre dato una buona impressione...”

“E per me è uguale, dove c’è Oscar ci sono anch’io”, disse André.

Il Dottore sentì i suoi occhi che pizzicavano per la commozione. Alain gli si avvicinò e gli disse piano:

“Siete un Dottore, vero? Stanno male, sapete, hanno così poco tempo da stare insieme… non riuscite a curarli, vero? Ma almeno fate loro da testimone!”

“Ma in questo caso sì”, disse il Dottore avvicinandosi. In un lampo, tirò fuori il cacciavite sonico e lo puntò su Oscar e André. Ci fu come una saetta di luce, strana, poi tutto tornò normale.

“Chissà cosa è stato”, disse padre Christien.

“Già”, fece André ma di colpo vide chiaramente il foglio del registro che doveva firmare, mentre Oscar non sentì più quel peso sul petto e quella febbre che la debilitava.

Ormai la sera era scesa su quel giorno che sarebbe passato alla storia. Uscirono dalla chiesa:

“Ora vi devo salutare”, disse il Dottore ad Oscar e André.

“Vi ringraziamo molto, magari ci vedremo ancora”, disse Oscar.

“Magari sì o forse no”, rispose il Dottore.

“Ma voi siete Dottore chi?” chiese Alain mentre lui si allontanava, per la prima volta più sereno da quando aveva perso la sua Rose. Poco lontano, entrò nel Tardis che si rimise in moto. Chissà dove l’avrebbe portato stavolta, lì in Francia si preparavano tempi duri e chissà che Rose era salva davvero. Non ne aveva la certezza e questo lo tormentava. Ma sapeva di aver contribuito a qualcosa di importante e questo nessuno gliela poteva togliere.

 

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Capitolo 11
*** Epilogo ***


IL TEMPO DELLA ROSA

 

Rating: Angst, viaggi nel tempo, elementi fantastici, del resto Oscar qui incontra nientemeno che Doctor Who.

Fandom: Lady Oscar.

Note: un omaggio al sessantesimo compleanno di Doctor Who, una delle serie più longeve di sempre, unito a Lady Oscar, la passione di una vita che incontra un qualcosa che ho scoperto negli ultimi anni e che mi ha conquistata. Il Dottore di questa storia è il Decimo, interpretato da David Tennant, non escludo in futuro di far incontrare Oscar con anche altri Dottori successivi o precedenti, ma il mio preferito resta questo.

 

Epilogo

Era decisamente tornato nella cosiddetta era contemporanea della Terra: il Dottore lo capì subito questo prima di scendere, dal rumore inconfondibile di automobili e mezzi motorizzati simili. Poi si affacciò dal Tardis, che era planato in una radura in cui stava nascosto in mezzo agli alberi, e si trovò di fronte ad una bella strada trafficata, con gente vestita con le fogge di abiti a cavallo dei due Millenni, con in mano l’immancabile cellulare per fare fotografie o anche qualche macchina fotografica tradizionale.

Però quel luogo aveva qualcosa di familiare, non era stato troppo deturpato dalla cosiddetta modernità: dall’altro lato della via, una recinzione antica ma in ottimo stato avvolgeva uno splendido parco. Il Dottore si mescolò a chi stava andando verso l’ingresso di quel bel parco, in una giornata piena di sole, dove sentiva la voglia di vivere degli altri intorno a sé. Lui non l’aveva ancora ritrovata.

Di fronte al cancello, imponente e suggestivo, si bloccò, riconoscendo il posto: era palazzo Jarjayes, dove erano vissuti Oscar e André, ormai oltre duecento anni prima, e dove forse era nata Rose, la sua companion mancata, di cui sentiva la mancanza. Sempre che poi fosse davvero esistita e il suo sacrificio fosse servito a qualcosa.

Percorse il viale verso il palazzo, guardandosi attorno: era tutto conservato molto bene, riconobbe i posti che aveva visto le volte precedenti che era venuto, lo sfondo dei duelli tra Oscar e André, delle loro giornate, delle loro vite. Chissà cosa era stato poi di loro, lui aveva fatto quello che poteva e Rose ancora di più.

Al posto della scuderia c’era una caffetteria con l’insegna Le prelibatezze di Marie Marron Glacé. Il Dottore ci fece un giro, scoprendo nello stesso edificio anche l’esistenza di uno shop, colorato e ricco di bel materiale. E di colpo si fermò.

Di fronte a lui c’era una pila di libri, La storia della Rosa di Versailles di Rose Grandier, con in copertina il ritratto settecentesco di un biondo cavaliere vestito da Marte, in cui il Dottore riconobbe Oscar.

Lo stesso ritratto era su cartoline, magneti per frigoriferi, panni per pulire gli occhiali, tappetini per il mouse, cover per cellulari, tovagliette, poster, segnalibri, magliette e non solo. C’erano poi altri libri, sempre in tema Settecento e dintorni, forse era davvero cambiato qualcosa. Il Dottore acquistò il libro di Rose, allora aveva vissuto, allora ce l’aveva fatta, sempre che non fosse un’omonima.

Il Dottore uscì emozionato dalla caffetteria e bookshop e si accodò ai visitatori del castello: il percorso all’interno iniziava da un salotto, in cui troneggiava lo stesso quadro presente su tutti i gadget. Quanto somigliava a Oscar Rose… si vedeva al volo che erano madre e figlia, chissà se erano riuscite a vivere insieme per un po’, chissà se anche André era stato con loro. Avrebbe dovuto capire prima il loro legame, ma era troppo ancora addolorato e distratto per l’altra sua Rose e forse non ci sarebbe stata quella separazione così dolorosa. Ma Rose gli aveva detto che non c’era altro modo...

Girò per un po’ in quelle stanze, piene di Storia ma anche di vita, e ad un tratto sentì una visitatrice dire alla sua bambina:

“Sai, Sophie? Qui vivono i discendenti di quella donna guerriera che abitava qui nel Settecento, non è bellissimo?”

Il Dottore decise che era arrivato il momento di partire e si diresse verso l’uscita, voleva recuperare il Tardis e capire dove l’avrebbe portato stavolta.

Qualcuno lo stava seguendo, con discrezione ma decisione, lungo il viale che portava fuori, sull’attraversamento e poi verso la radura di alberi dove c’era il Tardis.

Il Dottore era quasi arrivato alla sua astronave quando si sentì chiamare:

“Dottore! Ma non ci posso credere, allora siete davvero voi!”

Si girò, di fronte a lui c’era un ragazzo di una ventina d’anni, dai capelli biondi e gli occhi verdi, una Rose al maschile.

“Posso esservi utile?”, chiese lui.

“Io conosco tutto di voi, le vostre imprese sono famose qui sulla Terra, la Guerra del Tempo, il contrasto ai Dalek e ai Cybermen… ma voi siete legato alla mia famiglia da tanto, noi abbiamo un conto in sospeso con voi!”

Il Dottore restò perplesso:

“In che senso?”

“Niente di grave, dobbiamo tener fede ad una promessa. Sapete, io mi chiamo Alain Grandier, io so che avete incontrato a suo tempo i miei antenati, voi in fondo viaggiate nel tempo e nello spazio...”

Già, per loro, i terrestri, erano passati oltre due secoli e tutto quello che era successo era stato tramandato da racconti e documenti, ma non c’era più nessuno di vivo a raccontarlo.

Ma lui ricordava Rose come se l’avesse appena incontrata e anche Oscar e André. Sentì entrambi i suoi cuori stretti da una morsa di rimpianto.

“Ecco, Dottore, il conto in sospeso che la mia famiglia ha con voi è consegnarvi questa lettera. Viene da una mia ava, Rose Grandier, ha lasciato tramandato ai suoi discendenti di darvela il giorno che vi avessimo incontrato. Sappiate che sarete sempre il benvenuto nella casa della mia famiglia, siete un grande! Buon viaggio Dottore!”

 

Il Dottore si schernì e prese la lettera, chiaramente scritta oltre un secolo prima.

La data era 14 luglio 1875.

“Caro Dottore,

così avevi ragione tu, facendo quella cosa che ha salvato i miei genitori si è creato un punto fermo nel tempo e non abbiamo più potuto incontrarci. Avrei tanto voluto viaggiare con te, essere la tua Companion, anche se di sicuro non avrei cancellato il ricordo della tua amata Rose. Tu mi eri davvero simpatico, eri un vero amico ed è stato bello incontrarti.

Voglio dirti grazie Dottore, perché tu mi hai aiutata a salvare i miei genitori e hai quindi permesso che loro vivessero, che io nascessi e vivessi, insieme a mio fratello e a mia sorella. Il loro era un amore così grande e per quell’amore valeva la pena di sfidare le leggi del Tempo e dello Spazio, e solo un eroe poteva farlo. So anche che hai fatto molto altro per i miei genitori, perché hai permesso loro di poter avere una vita lunga insieme, guarendoli dalle loro malattie. Loro si ricordavano di te, del Dottore, il Dottore di cui non avevano mai saputo il nome, e abbiamo passato tante serate d’inverno a raccontarci storie su di te, quando eravamo bambini e ragazzini, e poi da grandi le abbiamo raccontate ai nostri figli e nipoti.

Oscar François de Jarjayes e André Grandier hanno avuto una vita lunga, appassionata e felice insieme, si sono amati per sempre e si amano dove sono anche adesso, oltre le stelle e oltre il tempo: sai, mio padre è morto poco prima della mamma, lo stesso giorno, li abbiamo trovati addormentati insieme. Ma prima hanno avuto tante avventure e ho scritto un libro su di loro, magari un giorno lo leggerai, dopo aver trovato queste righe.

Grazie Dottore, anche tu sei un eroe, come i miei genitori, quello che hai fatto è incredibile, hai cambiato il mondo, hai cambiato un destino prestabilito, hai reso possibile quello che era impossibile. Gli eroi non si arrendono, gli eroi continuano a lottare e gli eroi alla fine vincono. So che sei triste per aver perso la tua Rose, so quanto può essere grande l’amore e quanto è tragico perderlo, ma tu hai salvato l’amore e i sogni di altri. Io sono viva grazie a te, io che ero la ragazza che non doveva esistere sono diventata una persona reale grazie alle tue imprese.

Sono stata la ragazza che tu ricordi, mi mettevo anch’io l’uniforme come mia madre, che non l’ha mai smessa, e ora non mi riconosceresti più da quanto sono cambiata. Ma so che ti sono debitrice di tutta la mia vita e non so davvero cosa darti in cambio. Non mollare mai Dottore, il mondo ha bisogno di eroi, eroi come i miei genitori, ma anche come te. Ciao Dottore, spero che questa lettera ti arrivi un giorno in mano, tu sei importante, tu devi continuare ad esserci, tu porti vita invece che morte, speranza invece che disperazione, salvezza invece che perdita. Non lasciarci mai, il tempo, lo spazio e l’universo avranno sempre bisogno del Dottore

La tua Rose Grandier, companion mancata, il mio unico rimpianto.”

 

Le ultime parole della lettera furono lette dal Dottore con gli occhi appannati, forse peggio di come li aveva avuti André Grandier in un periodo della sua vita. Lui aveva salvato Rose e i suoi genitori, ma loro avevano salvato lui. Ora sapeva che non doveva più lasciarsi sopraffare dal dolore. Guardò la console del Tardis, consapevole che cento ad uno era stata la sua astronave, in qualche modo ad attirare quello su di lui, Rose e tutto il mondo che lui aveva reso possibile, tutte le vite che aveva salvato.

“Bene, Tardis, e ora ripartiamo”, disse. Guardò il libro di Rose, senz’altro avrebbe avuto un altro compagno per i momenti di solitudine. Ma c’era ancora molto da fare e lui lo sapeva, lo sapeva bene.

 

 

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