Wherever you are is my home – my only home.

di inzaghina
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Un luogo fatto di amore e sogni – non di muri e travi ***
Capitolo 2: *** 2. Una casa in cui tornare ***
Capitolo 3: *** 3. Briciole di felicità ***
Capitolo 4: *** 4. La malinconia dei ricordi perduti ***
Capitolo 5: *** 5. Il buio dei rimpianti ***
Capitolo 6: *** 6. L'estate addosso ***
Capitolo 7: *** 7. Nuovi inizi ***
Capitolo 8: *** 8. Mancanze insostenibili ***
Capitolo 9: *** 9. Paure nella notte ***
Capitolo 10: *** 10. Il mio punto fermo ***
Capitolo 11: *** 11. Anime affini ***
Capitolo 12: *** 12. Difetto di famiglia ***
Capitolo 13: *** 13. Il testimone ***
Capitolo 14: *** Lo spirito del Natale ***
Capitolo 15: *** Anche se non sei con me ***



Capitolo 1
*** 1. Un luogo fatto di amore e sogni – non di muri e travi ***


 
Arrivo praticamente all’ultimo momento, ma dopo l’esperienza dello scorso anno ho deciso di provarci anche questa volta con una raccolta incentrata su Villa Conchiglia.
Buon Writober a tutt*
 
Prompt di oggi: Rosso di sera

 



 
1. Un luogo fatto di amore e sogni  non di muri e travi
 
 
“Un’abitazione è fatta di muri e travi; 
una casa è fatta di sogni e amore.”
Ralph Waldo Emerson
 
 
 

È un pigro pomeriggio di primavera, seguito a una notte di turno per l’ordine e una mattinata passata a fare l’amore con lentezza; la luce filtra dalle imposte socchiuse e crea giochi di luce sulla parete opposta alla finestra, Fleur si sente al sicuro accoccolata nell’abbraccio di Bill, quando lui le sussurra di avere una sorpresa per lei. Le propone di fare un pranzo tardivo fuori casa e Fleur sorride deliziata, alzandosi velocemente dal letto.
Lo raggiunge pochi minuti dopo in cucina, trovandolo mentre rimpicciolisce un cestino di vimini, prima di consegnarle una sciarpa acquamarina scovata in uno dei cassetti di Fleur e pregarla di coprirvisi gli occhi.
La ragazza non fa domande, stringendosi con fiducia a lui e lasciandosi trasportare dalla Smaterializzazione congiunta.
 
Quando Bill le toglie la sciarpa, le sue iridi si spalancano meravigliate su una baia ben protetta da una serie di scogliere punteggiate di fiori variopinti mossi dal vento.
“È mervellieux, Williàm!”
Il ragazzo le dedica uno dei suoi sorrisi più emozionati, “speravo lo avresti detto…”
“Non è la première fois che mi porti a fare un picnic in qualche angolino nascosto, dovresti sapere che adoro farlo.”
“Ma questo posto è più speciale degli altri in cui siamo stati, Fleur…”
“E perché?” Fleur inarca le sopracciglia indagatrice, indugiando sul panorama che li circonda.
“Proprio ieri ho firmato l’atto di acquisto, questa piccola baia è ufficialmente nostra e potremo costruirci ciò che vorremo, pensavo che sarebbe perfetta per casa nostra.”
Fleur spalanca la bocca sbalordita, “te ne sei ricordato?”
“Certo che sì,” ribatte, posandole un bacio sulle labbra.

 
“Amo svegliarmi tra le tue braccia, non c’è nulla di meglio al mondo…”
“Percepisco un ma…”
“È solo che mi manca il rumore delle onde che mi ha cullata fin dalla mia infanzia.”
“Casa nostra sorgerà sul mare, amore mio.”

 
Glielo aveva promesso mesi addietro, ascoltando i suoi racconti ambientati in Provenza, racconti profumati di lavanda e vaniglia, che parlavano di piedi scalzi nella sabbia e di onde che li lambivano, e ora il loro sogno è finalmente pronto a diventare realtà.
Fleur sente gli occhi inumidirsi, mente Bill comincia a illustrarle dove avrebbe intenzione di posizionare la loro futura casa – sempre se lei è d’accordo. Ha degli amici che sono pronti a dargli una mano ed è certo di riuscire a concluderla prima del loro matrimonio, fissato per l’estate.
“Non avresti potuto farmi più felice di così,” sussurra Fleur, lasciando il proprio sguardo correre lungo la piccola baia inondata dalle sfumature rosse, amaranto ed arancio che anticipano il tramonto del sole.
“Spero di riuscire a renderti altrettanto felice ogni giorno della tua vita, anche e soprattutto nei momenti più difficili.”
“Il futuro non mi spaventa, perché so che lo affronteremo insieme.”
“Già immagino gli innumerevoli tramonti a cui assisteremo dal nostro salotto.”
“Questo sarà solo il primo di tanti,” annuisce Fleur, posizionandosi tra le sue gambe e appoggiandosi contro il suo petto.
Bill le posa un bacio tra i capelli profumati di lavanda, soffermandosi sul cielo diventato ormai infuocato.
“Mia nonna diceva sempre rosso di sera, bel tempo si spera…” dichiara la ragazza, voltandosi nel suo abbraccio, “speriamo che sia di buon auspicio anche per il futuro della nostra famiglia.”
“Ne sono certo, amore mio.”
Il bacio che si scambiano subito dopo suggella l’inizio del resto della loro vita insieme, getta le fondamenta per una casa che sarà formata da qualcosa di più importante di semplici muri e travi. 





Nota dell'autrice:
Non so cosa mi abbia spinto a provarci di nuovo, ma Villa Conchiglia è speciale per me e ci tenevo a condividere con voi tanti piccoli momenti che immagino aver preso vita proprio qui. ❤️

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Capitolo 2
*** 2. Una casa in cui tornare ***


Rieccomi con il secondo capitolo di questa raccolta. 
 
Prompt di oggi: Aurora

 

 




 
2. Una casa in cui tornare
 
 
"La felicità non è un posto in cui arrivare
 ma una casa in cui tornare.”
Proverbio arabo
 
 
 
Le pareti di Villa Conchiglia sono un’alternanza di legno sbiancato e pareti in varie nuance di grigio e azzurro con dettagli più scuri che creano contrasto, Victoire le osserva nella penombra del mattino e sorride inspirando il profumo di lavanda delle lenzuola fresche di bucato. Ha amato follemente il primo anno ad Hogwarts, appena concluso, ma non può negare di aver sentito la mancanza della sua famiglia e della casa che non aveva mai lasciato prima dello scorso settembre. È proprio per godersi il ritorno nell’abitazione che tanto ama, e assorbire le differenze tra la sua camera e il dormitorio in cui ha passato l’anno scolastico, che Victoire si è svegliata ben prima che il cielo venisse inondato dalle sfumature pastello.
Essere la prima dell’enorme clan Weasley-Potter a Hogwarts ha i suoi vantaggi: non ci sono eredità troppo impegnative con le quali fare i conti, nonostante le gesta della sua famiglia popolino le pagine dei libri di storia. Victoire poi si sente particolarmente fortunata a godersi la compagnia di Teddy in perfetta solitudine, visto che quando sono insieme al resto dei cugini di solito tutti fanno a gara per accaparrarsi l’attenzione del giovane Lupin. Nella torre di Grifondoro, può limitarsi semplicemente a essere Vicky, senza che nessuno le ricordi che deve dare il buon esempio al resto della famiglia. È consapevole che tutto questo cambierà nel giro di un annetto quando, Molly prima, e via via il resto dei cugini poi, la raggiungeranno in Scozia; ed è per questo motivo che ha intenzione di godersi ogni attimo del secondo anno al castello, nonostante sia letteralmente rientrata da scuola poche ore prima.
 
Un cigolio appena percettibile la porta a orientare lo sguardo verso la porta della sua camera, che si socchiude leggermente.
“Dormi?” sussurra la voce assonnata di Dominique.
“No,” le risponde stiracchiandosi e facendole posto accanto a sé.
La sorella minore s’infila alla sua destra, scrutandola pensierosa. “Non ero certa che ti aver trovata sveglia…”
“Non potrei mai perdermi la nostra tradizione d’inizio estate.”
“Credevo che ormai fossi troppo cresciuta, insomma…”
“Sei così testarda, Domi,” borbotta Victoire, pizzicandole scherzosamente una guancia. “Il fatto che io sia andata a Hogwarts non cambia di certo il nostro rapporto.”
“Non lo dici così per dire?”
Victoire scuote la testa con solennità.
“Papà dice che tendo a essere un pochino troppo drammatica…”
“Solo un pochino?” celia Victoire, scoppiando a ridere. 
Dominique si stringe nelle spalle.
“Hai solo otto anni, Domi, goditi la libertà tipica dell’infanzia.”
“È solo che non voglio che le cose tra di noi cambino…” ammette la più piccola, incrociando lo sguardo della sorella.
“Avevo anch’io le tue stesse paure quando Teddy è partito.”
“Davvero?”
Victoire annuisce, senza elaborare oltre.
“Piuttosto sciocco da parte  tua, Vic,” mormora in tono pratico Dominique. “Tutti sanno che tu sei la persona che Teddy preferisce al mondo, sarebbe assurdo pensare che la lontananza potesse cambiare le cose tra voi…”
“Sei sicura di avere solo otto anni?”
Dominique inarca un sopracciglio in una domanda muta.
“È solo che oltre a essere drammatica sei anche molto perspicace…”
“Tra qualche anno ti aiuterò a organizzare il vostro matrimonio, non temere,” la rassicura Dominique.
Victoire avvampa, incapace di trovare qualcosa da dire. 
“Guarda che ho talento nell’abbinamento dei colori, farei un bel lavoro…”
Victoire soffoca a stento una risata. “Cosa ti fa credere che io e Teddy ci sposeremo, scusa?”
“Gli sguardi che vi scambiate ogni volta che credete che nessuno vi stia osservando, quel vostro modo di parlare escludendo il resto dei presenti, le tue guance infuocate quasi come quelle di zio Ron quando nonna lo sgrida…”
Victoire rimane in silenzio, assorbendo quanto detto dalla sorella.
“Non preoccuparti, il tuo segreto è al sicuro con me.”
Victoire vorrebbe rispondere, ma la porta si apre una seconda volta, svelando loro padre che sorride nel vederle accoccolate nello stesso letto.
“Credevo di trovarvi già vestite…”
“L’intenzione era quella, ma ci siamo distratte, papi.”
Bill guarda le figlie scendere dal letto e raggiungerlo per un abbraccio, sperando in cuor suo che non diventeranno mai troppo grandi per smettere di dargliene.
 
I tre ridiscendono le scale  a piedi scalzi, per poi uscire dalla porta d’ingresso giusto in tempo per rimanere incantati di fronte allo spettacolo del cielo mattutino, ricolmo di tutte le più eteree sfumature caratteristiche dei momenti che precedono il sorgere del sole.
Bill guida le figlie verso la coperta a scacchi posizionata poco distante, dove offre loro una tazza di tè e i biscotti che ha preparato appositamente il giorno precedente.
I tre ammirano lo spettacolo del cielo in silenzio, sorseggiando la loro bevanda e sbocconcellando i biscotti fatti seguendo alla lettera la ricetta di nonna Molly.
“Buon inizio d’estate, bambine mie,” sussurra Bill, quando il sole emerge finalmente delle acque.
“Buon inizio d’estate a te, papà!”
“Sono tanto felice che abbiamo continuato la nostra tradizione…”
“Tua sorella temeva che te ne fossi dimenticata,” chiarisce Bill.
“Sì, ne abbiamo già parlato prima…”
“Che ne dite di andare a preparare la colazione per la mamma e Louis?”
“Farai i tuoi pancake?” domanda Victoire.
“Non rispetterei la nostra tradizione d’inizio estate se non li facessi.”
Le due sorelle si sorridono complici, seguendo il padre nella cucina luminosa di casa.
Fleur e Louis li trovano impegnati a impilare pancake, ridendo mente Victoire li aggiorna sulle avventure a Hogwarts.
Osservando la propria famiglia riempire di risate e complicità la cucina affacciata sull’oceano, Fleur ripensa al giorno in cui Bill le ha mostrato la baia ed è pervasa da una sensazione di nostalgia positiva che solo loro riescono a farle provare. Scambia un cenno d'intesa con il marito, che le strizza l'occhio complice, e Fleur stenta a credere che siano passati quasi quindici anni dal giorno in cui si sono promesso eterno amore.
 

 

 
 
Nota dell’autrice:
Ho sempre pensato che Victoire e Dominique fossero molto unite, nonostante nel mio headcanon abbiano quattro anni di differenza, e ci tenevo tanto a mostrarvele bambine, così come ero impaziente di farvi conoscere Bill in veste di papà.
A domani.❤️

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Capitolo 3
*** 3. Briciole di felicità ***


Perdonatemi, perché questo terzo capitolo è un po’ più angst dei precedenti. 
 
Prompt di oggi: Nuvoloso
 

 



 
3. Briciole di felicità
 
 
"Ho sempre pensato che non v'è nessuna felicità maggiore 
di quella della famiglia.”
Fëdor Dostoevskij



 
 
 
Da bambino George detestava i cieli grigi che tanto spesso incontrava sollevando lo sguardo –proprio come Fred. Erano entrambi convinti che simili giornate non offrissero le stesse possibilità di quelle di sole, nonostante nulla sembrasse in grado di fermare i due gemelli, quando erano insieme. Ora che è adulto però, trova qualcosa di catartico nell’osservare nuvole che s’inseguono in cielo, nell’assistere alla proverbiale calma prima della tempesta e nel vedere quelle stesse nubi riflettersi nelle onde che s’infrangono sulla riva della baia su cui sorge Villa Conchiglia. 
È domenica e Bill ha invitato i fratelli per farsi aiutare con una serie di lavori per poter preparare la cameretta della bambina in arrivo a primavera. George è in anticipo, quel mattino si è svegliato presto e non ha nemmeno provato a tornare a letto: era uno di quei giorni. Ha trovato molto più produttivo alzarsi, fare una breve corsa per schiarirsi le idee e passare dalla pasticceria francese che fa i macaron che Bill gli ha confessato essere i preferiti di Fleur. Se Fred lo vedesse, sarebbe orgoglioso di lui – ne è certo. E George, da più di un anno ormai, cerca di far sempre del proprio meglio per vivere la propria vita al massimo. Gli capita spesso di chiedersi se anche a Fred sarebbero cominciate a piacere le giornate plumbee, se avrebbe trovato conforto anche lui in un cielo capace di rispecchiare il suo umore – anche se Fred trovava sempre il modo di ridere, qualcosa che George teme di non essere più in grado di fare.
Nonostante sia dicembre, sta camminando a piedi scalzi nella sabbia fredda e umida, ansioso di sentire qualcosa – qualsiasi cosa – per impedirsi di precipitare in un baratro di autocommiserazione. Non ha intenzione di rendere nota la sua presenza al fratello e alla cognata, non prima di aver cancellato ogni traccia della negatività che lo avvolge. È convinto che potrebbe avere una brutta influenza sulla gravidanza di Fleur e non ha alcuna intenzione di mettere a rischio la notizia migliore che la loro famiglia ha ricevuto negli ultimi tempi. Ricorda bene le espressioni colme di gioia dei genitori, quelle del resto dei fratelli e dei rispettivi compagni; sa che anche sul suo stesso viso ha fatto capolino una felicità indescrivibile. Eppure, sa altrettanto bene che questo sentimento è ben più fragile di una delle preziose boccette in cui Lumacorno è solito conservare la Felix Felicis, e non ha alcuna intenzione di mettere questa emozione a rischio.

È talmente preso dai suoi pensieri, con lo sguardo rivolto alle onde del mare, che fanno avanti e indietro instancabilmente, che non si accorge del fatto che Bill e Fleur gli stiano andando incontro – non fino a che il fratello lo richiama a gran voce.
“Sei in largo anticipo,” lo saluta Bill, stringendolo in un abbraccio.
“Non riuscivo a dormire...” evita di elaborare oltre, stringendosi nelle spalle.
“Ti va una tazza di tè, o di caffè?” propone Fleur, stringendolo a sua volta.
“Perché no,” sussurra, piegando gli angoli della bocca in un sorriso stentato.
I tre s’incamminano verso casa, lasciandosi avvolgere da un silenzio spezzato solo dal rumore delle onde, che sembra riuscire a portare con sé anche tutto il risentimento contro cui George aveva lottato fino a pochi attimi prima. 

La cucina affacciata sull’oceano profuma di vaniglia e di caffè e George si riscopre affamato, quando Bill gli porge un piatto ricolmo di madeleine fatte in casa.
“Ho anch’io qualcosa per la colazione,” dichiara, alzandosi per ripescare il sacchetto dalla tasca del giaccone appeso nell’atrio.
“Ma questi sono i miei macaron préféré!” si entusiasma Fleur, indirizzandogli un sorriso luminoso.
“Ho le mie fonti, in effetti,” ribatte in tono cospiratorio, strizzando l’occhio al fratello maggiore.
“Che sorpresa merveilleux!”
La risata cristallina di Fleur è coinvolgente e, sorseggiando il caffè di cui non si è nemmeno reso conto di aver bisogno, George ricambia finalmente il sorriso della cognata.
“In effetti siamo particolarmente contenti che tu sia arrivato per primo, fratellino,” dichiara Bill qualche attimo dopo, scambiandosi un cenno d’intesa con la moglie.
“Ah si? C’è qualche lavoro pesante e non vi fidate dell’aiuto di Harry e Ron? Grazie all’accademia sono parecchio allenati ormai,”riflette a ruota libera George.
“Non è questo,” risponde Bill.
“Ditemi tutto.”
“Volevamo chiederti se ci faresti l’onore di essere il padrino di nostra figlia,” spiega quindi Bill, mentre Fleur s’accarezza inconsciamente la pancia che s’inizia ad intravedere sotto al dolcevita color fiordaliso.
George rimane interdetto, la mano che stringe la tazza di caffè a mezz’aria e un’espressione sbalordita sul volto lentigginoso. “Siete davvero sicuri?” sussurra, dopo che il silenzio si è dilatato per una manciata di secondi.
“Certo che sì,” assicura Fleur.
“Desideriamo che la nostra piccola abbia un padrino che la sappia aiutare ad affrontare le sfide della vita mantenendo sempre il sorriso sulle labbra,” spiega Bill.
George sceglie di non far notare quanto difficile sia diventato sorridere per lui, non ce n’è bisogno – non con Bill e Fleur.

“Non devi darci subito una risposta, lo capiremo se preferisci pensarci su…” aggiunge Fleur con voce dolce, e George si ritrova a pensare che nelle ultime settimane è diventata ancor più materna.
“Non devo affatto pensarci sopra,” mormora quindi, “ne sarei davvero onorato.”
“Speravamo lo avresti detto.” Bill e Fleur sorridono nuovamente e George ricambia con più facilità di prima: l’idea che la creatura che verrà al mondo dipenderà, in minima parte, anche da lui ha piantato un seme di felicita nuovo nel suo cuore. Si tratta di una particella minuscola – una briciola –, ma è molto di più della quantità con la quale aveva iniziato la giornata.
Orienta lo sguardo verso la baia, rendendosi conto che un raggio di sole ha squarciato la coltre di nubi e sorride di nuovo, decidendo che quello è un segno tangibile della vicinanza di Fred.
“Grazie di aver pensato a me,” dice, tornando a concentrarsi sui padroni di casa.
“Grazie di aver accettato,” risponde Bill, posandogli una mano sulla spalla.
Tornano a concentrarsi sulla colazione, iniziando anche a parlare di ciò che i futuri genitori hanno in mente per la cameretta; e sono intenti a confrontare diverse sfumature pastello, quando il resto della famiglia li raggiunge per dedicarsi al progetto.
 
 
 



Nota dell’autrice:
Questa volta, complice l’ingresso in scena di George, abbiamo a che fare con una storia un po’ meno leggera delle precedenti, ma ho approfittato per condividere un headcanon che ho: George padrino di Victoire.
Grazie del continuo supporto!
A domani.

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Capitolo 4
*** 4. La malinconia dei ricordi perduti ***


Visto che mi avete confermato di apprezzare l’angst, ho seguito il flusso iniziato con il capitolo precedente...
 
Prompt di oggi: Ora blu
 

 




 
4. La malinconia dei ricordi perduti
 
 
“Un cuore che cerca sente bene che qualcosa gli manca; 
ma un cuore che ha perduto sa di cosa è stato privato.”
Johann Wolfgang von Goethe



 
 
Le risate risuonano nell’aria tersa e si perdono nella brezza salmastra, che ha caratterizzato la giornata di primavera dedicata a festeggiare il terzo compleanno di Teddy. Il grande tavolo in legno posizionato di fronte a Villa Conchiglia è ancora ricolmo di dolci e di bevande, davanti a esso, seduti su una coperta patchwork nei toni del rosso e del blu, il festeggiato ed i suoi amici, compresa la piccola di casa, osservano ammaliati il padrino di Teddy creare forme sempre diverse con le carte variopinte che avvolgevano i regali scartati da poco. 
Andromeda osserva il nipote ridere, i capelli che cambiano colore in accordo con le variopinte colorazioni della carta da pacco, con una tazza di tè stretta tra le mani e la convinzione di aver fatto la scelta giusta nell’assecondare il suo desiderio di festeggiare il compleanno al mare.
 
“Che cosa desideri per i tuoi tre anni, Teddy?”
La domanda di Harry è giunta in un sabato piovoso di marzo.
“Una festa sul mare!”
Andromeda ha incrociato lo sguardo di Harry, tentando di nascondere la propria preoccupazione, ma il ragazzo le ha sorriso strizzandole l’occhio.
“Credo proprio che non ci saranno problemi, Teddy...”
“Davvero, Hawy?”
“Festeggeremo al mare, te lo prometto.”
 
Il giovane ha preso decisamente sul serio il suo ruolo di padrino, Andromeda gliene è immensamente grata, anche se Dora l’aveva ampiamente rassicurata al riguardo. Le si gela il sangue nelle vene – senza alcun preavviso –, come ogni volta che si ritrova a pensare alla figlia perduta troppo presto e al bambino che sta crescendo al suo posto. 
Non è giusto
Non lo sarà mai.
Teddy meritava di essere cresciuto dai suoi genitori, questa cosa la sa già da sempre, eppure non riesce a tenere a freno il groppo in gola che le si forma ogni volta che qualcuno fa menzione della figlia, del marito, o del genero. Non trova alcun conforto nel sapere che sono tutti morti prendendo parte alla lotta per far prevalere il Bene Superiore – e non si sente in colpa per questo, né crede di dover chiedere scusa per ciò che prova.
 
Non sa dire esattamente da quanto tempo si è messa in disparte, a osservare il nipote giocare e sorridere, a ringraziare Remus e Dora per aver scelto Harry come padrino di Teddy, a stupirsi delle sfumature del cielo – incredibilmente più vivide in questo tratto di costa.
Non si è resa conto dei passi che le si sono avvicinati, troppo concentrata a guardare Bill e George erigere un gazebo che possa proteggere i bambini dall’aria più fresca della sera che incombe.
“Sono davvero felice che tu ci abbia invitati.”
Andromeda si volta per scrutare meglio il volto della sorella e annuire lentamente, “è stata un’idea di Harry, in realtà, ma ne sono contenta anche io.”
“Teddy sembra divertirsi molto…”
“Sì, adora il suo padrino, così come la piccola Victoire,” sussurra, orientando di nuovo le iridi sul nipote che sfoggia una chioma ramata da far invidia ai Weasley. “Mi sembra che anche Draco si stia divertendo…” aggiunge, notando il nipote impegnato a scattare foto dei presenti, dei regali, del cielo che si scurisce sempre di più e rende ancor più d’effetto il panorama che li circonda.
“Sì, è bello vederlo a suo agio in un contesto informale.”
Andromeda rimane in silenzio, limitandosi ad alzare lo sguardo per osservare le varie sfumature di blu che lo caratterizzano, provando un inaspettato senso di pace. Non potrà mai accettare davvero la sua sorte, quello lo sa, ma forse potrà continuare a sollevare gli occhi, ricordandosi di come Dora sognasse a occhi aperti ogni qualvolta guardasse il cielo. “Credo che Draco stia dando vita a degli scatti meravigliosi… questa è l’ora blu: una delle più ricercate dai fotografi…”
“Davvero? E come lo sai?”
“Ted amava fotografare, era una delle sue più grandi passioni, qualcosa che condivideva con Dora e io speravo anche con Teddy, prima di sapere che lui, che loro…” la sua voce si perde nello sciabordio delle onde del mare, risuona come un’eco attorno alle due sorelle, fino a far ritornare un silenzio placido ad avvolgerle. “Non oso immaginare quanto ti manchino,” s’arrischia a dire Narcissa, sfoggiando un coraggio che non le appartiene.
“Una madre non dovrebbe seppellire un figlio… c’è qualcosa di estremamente innaturale in tutto questo.”
“No, non dovrebbe.”
“Eppure è capitato, a me come a tante altre donne… ma la vita va avanti e se ne frega del nostro dolore.”
“Io non me ne frego affatto,” dichiara impetuosamente Narcissa, afferrando la mano della sorella nella propria, “la guerra ti ha tolto tanto, anzi troppo, e vorrei poter tornare indietro e impedire la morte della tua famiglia, ma l’unica cosa che posso fare è offrirti il mio sostegno e rimanerti accanto mentre cresci il tuo bellissimo nipote. Anche se non è molto, lo so…”
Andromeda assorbe le parole della sorella, le iridi sempre rivolte verso il cielo ormai color indaco, prima di ricambiare la stretta di Narcissa. “La guerra mi ha tolto tanto, proprio come hai detto tu, ma al tempo stesso ha salvato Teddy, e il suo futuro, e mi ha anche ridato te.”
“Non è molto, lo so…” ribadisce quieta Narcissa.
Andromeda non è mai stata tipo da piangersi addosso e non incomincerà a farlo certo adesso. “È molto di più di quello che è rimasto a tanti altri,” dichiara quindi, stringendo a sé la sorella in un abbraccio impacciato – eppure dannatamente simile a quelli che erano solite scambiarsi da bambine.
“Teddy è meraviglioso.”
“Le somiglia così tanto, sai?”
Narcissa vorrebbe rispondere, ma sarebbe costretta ad ammettere quanto poco conoscesse la nipote, quindi rimane in silenzio e sprona la sorella a proseguire.
“In certi momenti mi sento costretta a distogliere lo sguardo, perché me la ricorda così tanto… temo sempre di scoppiargli a piangere davanti all’improvviso.”
Andromeda non si aspetta una risposta e Narcissa lo sa, limitandosi a stringerle la mano tra le proprie.
“Altri giorni invece mi sembra identico a suo padre e mi manca non riconoscere Dora in lui… assurdo non trovi?”
“Per nulla.”
“Harry mi da una grossa mano, così come tutti i Weasley in realtà… ma non è lo stesso.”
“Mi piacerebbe tanto aiutarti di più, Meda.”
“Mi farebbe piacere.”
“Mi sei mancata ogni giorno, sai?” 
“Anche tu, Cissy.”
Le due sorelle rimangono strette in un abbraccio per qualche secondo, per poi tornare a raggiungere la festa, continuando a recuperare il tempo perduto.
 
 


 
Nota dell’autrice:
Rieccomi qui, questa volta con i primi membri non-Weasley che si ritrovano in questo posto speciale. Spero che questo piccolo momento tra le sorelle Black vi sia piaciuto. Il titolo è dedicato ai ricordi che Dora e Remus non potranno mai vivere con Teddy, spero che si sia capito.
A domani.

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Capitolo 5
*** 5. Il buio dei rimpianti ***


Continuano le palate di angst, ma la colpa è anche dei prompt che sono tutti piuttosto d’ispirazione in quel senso... 
 
Prompt di oggi: Crepuscolo  

 
 



 

 
 
 

5. Il buio dei rimpianti 

  
  

““Non è mai troppo tardi  

per essere ciò che avremmo potuto essere.” 

George Eliot 

 
 

  
 
C'è silenzio nel capanno per la legna, ha terminato di preparare i cocci già da un po’ e ha deciso di prendersi qualche momento per sedersi a riflettere, lontano dagli sguardi colmi di compatimento di Bill e Fleur. Quando è apparso davanti a loro, pochi giorni prima, i due lo hanno accolto senza proferire parola, ma Ron ha capito che le domande che affollavano la loro testa erano numerose – così come infinite erano le possibili risposte. 

C’è tanta pace a Villa Conchiglia e, ora che lo stanno ospitando, Ron ha compreso cosa abbia spinto i due sposi a scegliere questo posto per costruire la casa: così diversa dalla Tana, eppure con un’atmosfera così simile da non fargliene sentire la mancanza – anche così vicini al Natale. Fleur si prende cura di Bill, e di lui, in maniera impeccabile, e osservandola Ron ricorda a quanto si sia reso ridicolo con lei ai tempi del Ballo del Ceppo. Gliene ha parlato qualche sera prima – ansioso di scusarsi –, ma lei ha mosso una mano con eleganza facendogli notare come ormai fosse acqua passata. Cerca di fare il possibile per aiutare, offrendosi per ogni lavoretto da completare all’aperto, in modo da lasciare alla coppia la privacy che si meritano e che lui ha invaso con il suo arrivo improvviso. 

Accatasta tutta la legna in due casse per poi farle levitare davanti a sé, abbandonando il luogo in cui si rifugia ogni giorno da quando è arrivato, il luogo in cui i rimpianti rischiano di fagocitarlo e Ron si spreme le meningi per capire come fare ritorno da Harry – e da Hermione. Si chiude la porta alle spalle, concedendosi di appoggiarvisi contro con tutto il proprio peso e sospirare: rivede l’espressione delusa della sua migliore amica e, per l’ennesima volta, si maledice per la propria irruenza e per le orrende parole che ha rovesciato addosso a Harry. 

 

“Tu non ce l’hai una famiglia!” 

 

Conosce Harry e sa – se lo sente dentro – che riuscirà a perdonarlo, che lo ha già fatto, probabilmente, quello di cui non è certo e se potrà mai perdonare sé stesso per essere stato così meschino. Il freddo che lo accoglie, una volta lasciatosi il capanno alle spalle, lo fa tornare alle sensazioni provate quando indossava il medaglione, che sembrava capace di congelargli il sangue nelle vene e cancellare ogni traccia di calore dal suo corpo.  

È quasi sera, le luci del crepuscolo sono una girandola di sfumature complementari meravigliosa e gli ricordano che il mondo va avanti – nonostante quello che Volemort e i suoi seguaci stanno perpetrando. Segue il flusso dei propri pensieri, osservando il rosso che si perde nel viola, ritrovandosi a pensare che lui Hermione non sono poi così diversi dal crepuscolo. È il momento in cui la luce lascia spazio al buio, in cui entrambi trovano il tempo e il modo di aggrapparsi l’uno all’altro – di unirsi –, anche se per pochi attimi.  

Lui e Hermione sono così. 

Non dovrebbero essere in grado di coesistere, non fanno che litigare e comportarsi in maniera opposta, eppure ci sono sempre l’una per l’altro e si rimangono accanto nei momenti più difficili – o, per lo meno, Hermione lo ha sempre fatto. 

Sono come il giorno e la notte: lei studiosa, lui pigro, lei attenta, lui smemorato, lei diligente, lui pasticcione, lei ligia alle regole, lui più disinvolto e la lista potrebbe continuare... 

Non dovrebbero riuscire a convivere, ma lo fanno da anni e, ora che si è allontanato da lei – da loro – Ron ne sente la mancanza più che mai. 

Si concede un ultimo momento per ammirare lo spettacolo del cielo, prima di aprire la porta e fare ritorno all’interno della casa riscaldata dal camino e dai sussurri sommessi di Bill e Fleur. La cucina profuma di spezie e di carne che cuoce, c’è un sentore di arancia e di cannella e l’immancabile lavanda che Fleur utilizza per conferire il profumo di fresco a tutto ciò che lava. 

I padroni di casa gli rivolgono un sorriso grato, quando lo vedono posare la legna davanti al camino. 

“Sei stato fuori a lungo, fratellino... tutto bene?” 

“Sì, ne ho approfittato per riflettere un po’, godermi questo meraviglioso cielo che avete sempre qui...” 

“Amo questo momento della journée...” 

“Anch’io.” 

Bill gli offre un bicchiere di sidro caldo, che fa comprendere a Ron la provenienza del profumo di spezie che si percepisce tutt’intorno a loro. 

“Hai l’aria di averne bisogno...” 

“Sì, forse avrei dovuto mettermi la giacca per uscire...” 

“Sicuro che vada tutto bene?” 

“Ripensavo a come li ho lasciati, a quello che ho detto a Harry e...” 

“Tutti commettiamo errori, Ron.” 

“Non gravi come i miei.” 

“Rimarresti stupito di scoprirlo,” lo rassicura Bill. 

“Forse, ma questo non mi fa sentire meglio, almeno per ora...” 

“C’è un’unica cosa che puoi fare allora.” 

“E cosa?” domanda, orientando le iridi verso quelle del fratello, identiche alle proprie. 

“Devi trovarli,” mormora Fleur, posandogli una mano sulla spalla, “e ripetere loro quanto ti dispiace, ancora e ancora...” 

“Avrei voluto tornare indietro immediatamente, ma non sono stato in grado e ora temo davvero di non farcela e saperli lì fuori da soli mi fa preoccupare sempre di più e...” 

“Ron, cerca di stare calmo, non potrai risolvere tutto quanto stasera,” gli fa notare Bill. 

Il più giovane scuote la testa. 

“Nessuno li conosce meglio di te,” aggiunge Fleur. 

“Esatto, se c’è qualcuno che può ricongiungersi con loro, quello sei tu.” 

Questa volta Ron annuisce lentamente. 

“Grazie di avermi ascoltato, di non avermi giudicato, di aver capito quello che sto passando io...” 

“Siamo una famille,” dice semplicemente Fleur, abbracciandolo e inebriandolo con il suo aroma di lavanda e vaniglia. 

“Sei troppo duro con te stesso, fratellino. Sono certo che Harry ti abbia già perdonato...” 

“Lo credo anch’io,” ribatte Ron, “non è di lui che mi preoccupo.” 

I tre scoppiano in una risata inaspettata, che cancella la maggior parte della tensione provata da Ron, e rende il clima della cena decisamente più disteso. 

 
 



 

Nota dell’autrice: 

Non potevo non includere il mio amato Ron in questa raccolta, so che tanti non lo amano, ma lui è il mio personaggio preferito, o per lo meno uno dei... quindi per questo prompt ho pensato a lui e ai suoi rimpianti nel dicembre 1997. 

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Capitolo 6
*** 6. L'estate addosso ***


Ero partita con l’idea di utilizzare tutti i prompt legati al cielo, ma il prompt di un’altra lista mi sembrava davvero troppo perfetto per una raccolta ambientata a Villa Conchiglia... 
 
Prompt di oggi: Salsedine 

 
 



 

 
 
  

6. L’estate addosso 

  
  

“L'estate addosso 
Bellissima e crudele 
Le stelle se le guardi 
Non vogliono cadere” 

Lorenzo Jovanotti 

 
 

  
 
La brezza notturna smuove le tende, portando con sé il profumo di mare e dei fiori selvatici, il silenzio è squarciato solamente dal frinire delle cicale e dallo sciabordio delle onde, eppure Victoire non riesce a dormire. È la notte che precede la partenza per il suo ultimo anno di scuola, i suoi bagagli sono pronti, la sveglia è impostata e la spilla da Caposcuola è al sicuro all’interno del baule, ma il cervello della ragazza non pare intenzionato a spegnersi. Scalcia indietro il lenzuolo candido e s’avvicina alla finestra per potersi affacciare e osservare il panorama illuminato solo da una falce di luna.  

Si sente attraversata da una serie di emozioni contrastanti all’idea di lasciarsi l’ultima estate da studentessa alle spalle e concentrarsi sugli studi per poter avere accesso alla scuola di specializzazione da Medimaga. È il suo sogno sin da quando era bambina e le sembra assurdo che, nel giro di pochi mesi, inizierà davvero a perseguirlo. Se è del tutto onesta con sé stessa poi, non si sente davvero pronta a lasciarsi alle spalle Teddy – non dopo avergli finalmente confessato i propri sentimenti. 

Se ripensa all’estate dopo il suo primo anno, quanto Dominique le ha assicurato che si sarebbe occupata dell’allestimento del loro matrimonio, le sembra ancora assurdo rendersi conto che, quello che per anni è stato il suo migliore amico, è diventato il suo ragazzo. Ricorda il loro primo bacio, avvenuto all’inizio di quest’estate memorabile, e si chiede come farà a concentrarsi sugli studi, quando tutto quello a cui vuole pensare sono le sue braccia che l’avvolgono, le risate che fanno sempre insieme e il modo in cui riesce a farla sentire incredibilmente amata – semplicemente restandole accanto. 

Avrebbe un milione di cose da chiedergli, e da dirgli, e rimpiange il fatto di avergli detto che voleva dormire presto per prepararsi al lungo viaggio, perché adesso sente la sua mancanza, nonostante abbiano praticamente passato l’estate quasi totalmente l’una accanto all’altro. È in quel momento che si rende conto che una figura solitaria cammina sulla spiaggia e si dirige verso Villa Conchiglia; quella figura è proprio Teddy.  

Indossa la felpa con il cappuccio dell’Accademia Auror e un paio di vecchi jeans scoloriti, ha l’espressione pensierosa che Victoire ama tanto e i capelli della sua sfumatura preferita: turchese acceso. 

“Che ci fai qui?” gli domanda, dopo essere sgattaiolata fuori di casa. 

“Non dormivo e speravo fosse lo stesso per te,” le risponde, stringendosi nelle spalle. 

“Non ci riuscivo nemmeno io, pensavo a quanto mi mancherai nei prossimi mesi...” 

“Verrò in ogni weekend a Hogsmeade,” le ribadisce, riecheggiando la promessa che già le ha fatto. 

“Cercherò di farmelo bastare,” risponde lei, senza timore di mostrarsi troppo appiccicosa. 

“Vedrai che il tempo volerà, sarai impegnatissima con lo studio e i doveri da Caposcuola.” 

“Mi ritiene molto più diligente di quanto io non sia, signor Lupin,” celia Victoire, allacciandogli le braccia attorno al collo. 

“Oh, ma io sono più che certo che lei sia davvero diligente, signorina Weasley, se non altro per via della tua innegabile competitività...” 

“Mi conosci troppo bene.” 

“Solo da tutta la vita,” le sussurra contro le labbra, prima di socchiudervi sopra la propria bocca, reclamando un bacio. 

Quel contatto inizialmente dolce, si fa via via più famelico, Victoire insinua le mani sotto alla felpa e alla maglia sottostante, risalendo la schiena di Teddy, mentre lui attira il corpo della ragazza contro al proprio, fino a farli aderire in maniera perfetta l’uno all’altro.  

“Ho un’idea per rendere questa notte assolutamente perfetta...” 

“Ti ascolto, Vic.” 

“Bagno di mezzanotte,” mormora, staccandosi da lui e sfilandosi felpa e camicia da notte in un unico movimento fluido, rimanendo con indosso solamente un paio di mutandine celesti, e iniziando a correre verso la riva. 

Teddy scuote la testa divertito, prima di imitarla e rimanere solo con i boxer. La raggiunge sul bagnasciuga, osservando la sua pelle alla pallida luce lunare e rimanendo incantato dalla perfezione del suo incarnato. 

“Hai intenzione di rimanere imbambolato a fissarmi o vieni in acqua?” lo sfida Victoire, afferrandolo per mano e correndo tra le onde. 

Teddy la lascia fare, come ha sempre fatto crescendo, aspetta che l’acqua le lambisca la vita, prima di afferrarla da dietro e stringerla a sé, annusando la sua pelle profumata di cocco e agrumi, posandole una serie di baci sulle spalle, sul collo, tra i capelli. Victoire lascia sfuggire un gemito che risveglia in Teddy la voglia di riportarla sulla spiaggia per baciare meglio ogni centimetro del suo corpo. 

Quasi come se avesse capito ciò che lui prova, Victoire si gira nell’abbraccio, premendo il proprio corpo contro quello di Teddy e baciandolo con trasporto, prima di trascinarlo con sé sott’acqua e continuare a baciarlo fino a che ad entrambi non manca il fiato. 

“L’acqua è stupenda,” mormora Victoire, una volta che sono riemersi. 

“Mai quanto te.” 

“Adulatore,” ghigna Victoire, saltandogli in braccio e baciandogli la pelle salata. 

“Pensandoci bene, non credo che resisterò per l’intera durata dell’anno scolastico, in effetti... dici che posso chiedere un anno sabbatico e venire per frequentare un’altra volta il settimo anno?” 

“Non essere sciocco, Teddy! L’Accademia Auror è troppo importante per te.” 

“Tu lo sei di più,” dichiara con semplicità. 

Victoire si mordicchia il labbro inferiore, assaporando ancora la salsedine e un sapore più fresco che è sempre stata in grado di associare a Teddy. “Anche tu sei importante per me, Teddy... lo sai, vero?” 

“Certo che lo so, Vic... avrei semplicemente preferito che avessimo un tempismo migliore, ecco tutto.” 

“Abbiamo tutta la vita per stare insieme, che saranno mai questi mesi di separazione?” 

“In effetti, rispetto a una vita intera non sono che una minuscola frazione...” 

“E poi hai promesso di venire tutti i weekend di Hogsmeade.” 

“Sai che lo farò.” 

“Magari riuscirò a farti introdurre nella scuola.” 

“Per quale motivo?” 

“Per approfittarmi di te in un’aula in disuso o nella stanza delle necessità,” ribatte, inarcando allusivamente le sopracciglia. 

“Merlino, Vicky... non puoi dirmi queste cose e pretendere che io rimanga insensibile.” 

“Ma io non lo pretendo affatto, Teddy,” ribatte dolce, sospingendolo verso la spiaggia. 

Cadono sulla sabbia, baciandosi e non facendo nemmeno caso ai granelli che s’insinuano in ogni dove, l’unica cosa su cui riescono a concentrarsi sono i loro corpi attirati magneticamente l’uno dall’altro e gli ultimi strati di vestiti che li tengono separati. Teddy bacia ogni centimetro del corpo di Victoire, proprio come aveva immaginato di fare poco prima, assaporando la salsedine che lo ricopre, mischiata al suo profumo dolce e inebriante. Victoire traccia infinite linee sulla schiena e sul petto di Teddy, mappandone ogni angolo nel tentativo di memorizzarle per i momenti in cui saranno separati. Le labbra si sfiorano, si cercano, si scontrano; le mani toccano, accarezzano, stringono; le lingue stuzzicano, lambiscono, provocano piacere; i corpi entrano in collisione tra loro dando vita a una scossa elettrica che attraversa entrambi i ragazzi scatenando sensazioni mai provate prima. 

“Ti amo, Vicky,” mormora Teddy, utilizzando il vezzeggiativo con cui la chiama quando sono soli. 

“E io amo te.” 

 

Il giorno successivo, sull’Espresso, Victoire a un’espressione trasognata che non sfugge a nessuno dei suoi amici, né a sua sorella. Stringe tra le mani una lettera che Teddy le ha detto di aprire una volta arrivata a scuola e sente ancora sulla pelle il sapore della salsedine che – ne è consapevole – la farà pensare a Teddy per il resto dei suoi giorni. 

 

 


 

Nota dell’autrice: 

Stavolta sono tornata al fluff e a Victoire, che ormai si affaccia all’età adulta, e che si rende conto che forse Dominique tutti i torti non li aveva... 

Io amo Teddy e Victoire, proprio non potevo non includerli. 

 

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Capitolo 7
*** 7. Nuovi inizi ***


Ritorniamo alle tematiche legate al cielo...
 
Prompt di oggi ieri: Ora d’oro


 



 
7. Nuovi inizi 
 
 
“La felicità è reale soltanto se condivisa”
Christopher McCandless



 
 
Capita spesso di essere invitati a cena a Villa Conchiglia, soprattutto in estate, quando si può mangiare con i piedi nella sabbia e rimanere fuori fino a tardi, con un falò acceso e i bicchieri che si riempiono ancora e ancora. Quel sabato di giugno non fa eccezione e la famiglia quasi per intero si prepara a radunarsi in quella che, nel corso degli ultimi anni, si sta lentamente trasformando in un surrogato della Tana miscelata con la tipica eleganza francese. 
Harry è libero quel sabato e Ginny ha finito il campionato, quindi ha qualche settimana di relax prima della ripresa degli allenamenti, il ragazzo le propone quindi di avviarsi prima dell’appuntamento previsto per le 19 e godersi una passeggiata sul lungomare.
“Se non fossimo già insieme, potrei pensare che stai tentando di trovare il coraggio di chiedermi di uscire...”
Harry riesce a ridere della battuta di Ginny, approfittando subito dopo del fatto che la ragazza si sia voltata per controllare di avere ancora in tasca la scatolina di velluto.
“In quanto a romanticismo, temo che non ti sia andata troppo bene...”
“Sempre meglio che a Hermione,” ribatte Ginny, raccogliendosi i lunghi capelli in una coda.
“Tuo fratello è migliorato, dai.”
“Sì, questo glielo possiamo concedere...”
Harry scuote la testa divertito, prima di afferrare la mano di Ginny e smaterializzarsi insieme a lei.
 
Si ritrovano ai piedi di una delle scogliere a picco sulla baia e, per l’ennesima volta, Ginny si bea della meraviglia che li circonda. “Potrei quasi abituarmi a una vista così, sai?”
“Tuo fratello ha davvero scovato un angolino perfetto,” concorda Harry.
“L’ultimo che arriva in cima, paga la prossima cena!” esclama Ginny, iniziando ad arrampicarsi senza aspettare il ragazzo.
Harry si passa una mano tra i capelli già disordinati, prima di affrettarsi a seguire Ginny – consapevole che le speranze di raggiungerla siano davvero poche.
Camminano in un silenzio intervallato da qualche battuta, progettano qualche gita fuori porta per l’estate appena iniziata, una vacanza più lunga da condividere con Ron e Hermione, programmi per i loro compleanni. Ginny racconta che l’anno prossimo Angelina diventerà la sua capitana e Harry scoppia a ridere, ricordando quando sembrava che Oliver in persona si fosse impossessato del corpo della sua ex giocatrice.
“Ti vedo fuori forma, Auror Potter,” celia Ginny, una volta raggiunta la sommità della scogliera, voltandosi verso Harry che la sta raggiungendo.
“È solo che tu sei più in forma di me, signorina Cacciatrice delle Holyhead Harpies…”
“Del resto sei anche più vecchio di me,” continua Ginny, lanciandogli un’occhiata divertita e lasciandosi cadere nell’erba per godersi meglio il panorama che li circonda.
“Di un anno appena…”
“Evidentemente fa la differenza,” ghigna Ginny, stringendosi nelle spalle.
Harry ride di cuore, mettendosi a sedere accanto a lei. “Certe volte mi sembra ancora incredibile che possiamo vivere momenti così normali, sai?”
“Te li meriti tutti, Harry. Chiunque al tuo posto avrebbe per lo meno dubitato, ma tu hai tenuto fede alla tua decisione e hai portato a termine il destino.”
“Vorrei solo che fosse stato più semplice e ci fosse costato meno persone.”
“Lo vorremmo tutti, Harry…” il tono di Ginny è dolce, la sua presa sulla mano di Harry sicura.
“Mi dispiace aver rovinato l’atmosfera con questi pensieri…”
“Non devi mai dispiacerti di dire quello che pensi, non con me.”
Harry la stringe a sé, per posarle un bacio sulla nuca – anche anni dopo, la sua Amortentia continua ad avere questo profumo.
 
Rimangono lì per qualche minuto, in quieta contemplazione del sole che inizia la sua discesa tra le onde, riempiendo il cielo di sfumature dorate.
Harry la osserva di sottecchi, decidendo che non vuole aspettare un minuto di più: Roger, che è appassionato di fotografia, gli ha detto che questo momento del giorno si chiama ora d’oro ed è perfetto per degli scatti particolarmente emozionanti. Infila la mano in tasca ed estrae la scatoletta, certo che Ginny stia ancora contemplando lo spettacolo che si svolge di fronte a loro.
“C’è una cosa che volevo chiederti…”
“Non ci smaterializzeremo davanti a Villa Conchiglia,” ribatte in tono autoritario lei, “anche se è sabato, il movimento ti fa bene.”
“Non è questo,” ride Harry, sfiorandole il viso e facendole orientare le iridi nelle proprie.
“La tradizione vorrebbe che mi mettessi in ginocchio, ma noi non siamo mai stati tipi molto tradizionali, credo… avrei voluto aspettare il momento perfetto e poi mi sono reso conto che, quando siamo insieme, non c’è nulla di più perfetto di così. Ginny, tu mi rendi felice come mai avrei sperato di essere e, se lo vorrai, mi faresti ancor più felice decidendo di concedermi l’onore di diventare mia moglie.”
Ginny ha le lacrime agli occhi e un’espressione sbalordita. “Non riesco a crederci, Harry! Non me l’aspettavo proprio… di solito sei una frana a mantenere i segreti!”
Lui scuote la testa in maniera apologetica. “Ma questo sarebbe un sì o un no, scusa?”
“Ma certo che è un sì, avevo davvero dubbi?” Ginny gli allaccia le mani al collo e lo bacia dolcemente, prima di scompigliargli affettuosamente i capelli. “È un anello meraviglioso…”
“L’ho scelto con tuo fratello.”
“Mhmm, devo dire che continua a fare progressi…”
“Hey!” esclama una voce risentita nascosta dietro a una roccia più alta.
“E voi che ci fate qui?” domanda Ginny, additando Ron, Hermione, George e Roger.
“Harry voleva immortalare il momento,” spiega Roger, mentre i quattro tirano fuori le macchine fotografiche.
“Ti sei davvero superato, Harry,” ribadisce Ginny, baciandolo di nuovo.
“Click!”
“State fotografando ancora?” 
Roger annuisce, “con questa luce siete ancora più belli, fidati…”
 
Quando i sei arrivano alla cena, tutti corrono incontro ai novelli fidanzati per congratularsi e Ginny comprende che tutti, proprio tutti, erano al corrente di quanto Harry avesse progettato e sorride pensando a quanta strada abbia fatto quel bambino solitario incontrato per caso al
Binario tanti anni prima.
 
 




Nota dell’autrice:
Stavolta ritroviamo Harry e Ginny in versione più adulta, pronti a compiere un passo importante per il loro futuro.
Inoltre ha fatto capolino il mio amato Roger Davies che, da mio headcanon, è compagno di Accademia di Harry e Ron.
A più tardi con la prossima storia.
 
 

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Capitolo 8
*** 8. Mancanze insostenibili ***


Dopo due capitoli di fluff, si torna a tematiche un po’ più angst… 

Prompt di oggi: Medaglia 

 
 


 
 
  

8. Mancanze insostenibili  

  
  

“Mi manchi adesso.
Mi manchi addosso.”
 

Fabrizio Caramagna 

 
 

  
 
L’estate volge al termine, l’aria si è fatta più fresca e le giornate diventano via via più corte. Settembre è sempre stato il mese per antonomasia dei nuovi inizi, ma non per George – non quest’anno.  

Sono passati quattro mesi da quando la guerra è finita e si è portata via una parte di lui – la più luminosa, la più istintiva, la più importante. Perché George non ha solamente perso il proprio gemello quel fatidico giorno, ha dovuto dire addio alla vita come la conosceva e te are di abituarsi a una quotidianità che continua a essergli estranea, a cui non vuole affatto abituarsi. 

Ha appuntamento con Bill e Fleur per andare insieme a loro al Ministero della magia dove, tutti coloro che hanno preso parte alla battaglia del due maggio, riceveranno una medaglia al valore. George non riesce davvero a immaginare cosa farsene di un pezzo di metallo prezioso che si trasformerà in un segno tangibile della mancanza di Fred, un monito quotidiano di quello che ha perso. 

Avrebbe voluto disertare la cerimonia, ma alla fine Bill e Ron sono riusciti a convincerlo ad andare; suo fratello maggiore si è offerto di restargli accanto e per questo motivo ha raggiunto Villa Conchiglia, così da poter raggiungere il Ministero in compagnia. 

 

Fleur gli apre la porta e gl’indirizza un sorriso d’incoraggiamento. “Siamo quasi pronti, vuoi qualcosa da bere?” 

George scuote la testa, anche se non tocca cibo e acqua dalla sera prima; gli si è annodato lo stomaco e continua a temere che andare alla celebrazione si rivelerà essere una pessima idea. 

“Vado a mettere le scarpe,” aggiunge Fleur, facendo segno a Bill di raggiungere il fratello minore. 

“Hey, sicuro di non voler nulla? Dalla tua faccia mi sembra che ne avresti un gran bisogno...” 

George si stringe nelle spalle, seguendo il fratello in cucina e accettando un bicchiere di succo di zucca. 

“So che sarebbe meglio qualcosa di più forte, ma credo che mamma non ce lo perdonerebbe mai se arrivassimo brilli a un evento ministeriale ufficiale...” 

Il commento strappa finalmente un sorriso a George – anche se stentato. 

“Lo credo anch’io...” mormora quindi, senza elaborare oltre, consapevole che Bill abbia comunque capito. 

 

L’atmosfera è austera, i partecipanti piuttosto nervosi e non ci sono sorrisi sui volti che circondano George e la sua famiglia, il ragazzo azzarda occhiate intorno a sé, scambiando qualche cenno di saluto con conoscenti che non vede da tempo. 

Quando Kingsley, che indossa una semplice veste grigia listata a lutto, termina il discorso scegliendo di elencare il nome di tutti i caduti, George trattiene il fiato, ansioso di scappare il più lontano possibile. Fleur è più svelta di Bill, gli prende una mano tra le proprie, più piccole, e gl’infonde il coraggio che George è certo di aver smarrito il 2 maggio dell’anno precedente. 

Il nome di Fred è uno degli ultimi e, quando Kingsley lo pronuncia, George sente le lacrime solcargli le guance, la perdita del suo gemello è una ferita ancora aperta, che sanguina copiosamente – per la quale nessuna dose di Dittamo potrà mai essere sufficiente. 

Eppure, ne rimane sconvolto lui stesso, vedere il nome di Fred far mostra di sé sul monumento eretto ai caduti, tra quelli degli eroi del due maggio, lenisce almeno in parte le sue sofferenze, gli ricorda la ragione che li ha spinti entrambi a combattere.  

 

Dopo la cerimonia, durante la festa organizzata in seguito a essa, George rivede tante facce amiche e si ritrova a ricordare tanti momenti belli vissuti con Fred. Ascoltando Katie e Alicia parlare di uno degli assurdi scherzi organizzato ai tempi della scuola, George sente il proprio sorriso farsi più sincero – più vero.  

Si rende conto così che Fred non se ne sarà mai davvero andato, non quando la gente continuerà a ricordarlo e a ridere pensando ai bei momenti passati insieme. E George, di questo, non può che essere grato, perché servirà a ricordargli quante vite il fratello è riuscito a toccare – nella sua, seppur breve, vita. 

 

Non si è ancora abituato a tornare in una casa vuota, ma quella sera lo fa con un incedere più convinto della sera precedente; posiziona la medaglia sul caminetto, accanto alla sua foto preferita che lo ritrae con Fred, scattata nel giorno dell’apertura del loro negozio. 

 

“Ce l’abbiamo fatta, Georgie! Il nostro sogno è diventato realtà...” 

“Ancora non mi sembra vero, Freddie.” 

“Ci vorrà del tempo per rendercene conto, ma è tutto molto più che vero e ci renderà leggendari.” 

 

Le parole di Fred gli sono rimaste scolpite nella mente e George capisce che si adattano benissimo anche alla sua nuova quotidianità; il negozio non è lo stesso senza Fred, non potrebbe mai esserlo, ma suo fratello si è trasformato in una leggenda che nessuno potrà mai dimenticare. 

La medaglia al valore si trasformerà in un altro modo per ricordare le gesta di Fred e, soprattutto, la sua innata e contagiosa gioia di vivere. 

 


 

 

Nota dell’autrice: 

Torniamo da George e dal suo dolore che qui è estremamente fresco. 

Grazie per il continuo supporto. 

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Capitolo 9
*** 9. Paure nella notte ***


C’era ancora un abitante di Villa Conchiglia con il quale non avevamo fatto conoscenza ed era giunto il momento di farlo.
Prompt di oggi: Fulmine


 



 
9. Paure nella notte
 
 
“Un fratello è un amico donato dalla natura”
Gabriel-Marie Legouvé



 
 
Anno dopo anno, soprattutto durante l’estate, Bill e Fleur hanno dato vita a numerose tradizioni da condividere con i figli, momenti unici che si trasformeranno in meravigliosi ricordi. Una di quelle a cui Fleur tiene di più è la celebrazione della festa del 14 luglio, che unisce i bei momenti vissuti nella sua infanzia francese alla quotidianità che l’ha portata a chiamare casa l’Inghilterra. 
Nonostante la scelta di rimanere a Londra prima e in Cornovaglia poi, la donna non ha rinunciato a celebrare le sue radici, condividendole con la sua famiglia. Tutti e tre i suoi figli parlano francese fluentemente, anche se Dominique risulta essere la più portata tra i tre; tutti, Bill incluso, amano le madeleines che è solita cucinare in gran quantità; entrambe le sue ragazze amano andare a fare shopping a Parigi, sostenendo che la moda inglese impallidisca a confronto.
È già da qualche anno che a Villa Conchiglia si celebra in grande stile, invitando tutti i cugini dei ragazzi e i loro amici più cari, cucinando tutti i piatti della tradizione culinaria francese e sparando l’intera collezione di fuochi d’artificio gentilmente offerti dai Tiri Vispi Weasley. Quando il tempo lo permette, i ragazzi si fermano a dormire all’aperto, ammassando tutti i sacchi a pelo vicini tra loro, osservando i giochi pirotecnici, prima di arrostire marshmellow sui falò.
 
Quest’anno il cielo, dopo aver minacciato pioggia per tutto il giorno, si è scatenato con uno dei temporali estivi che Fleur ha sempre amato osservare dall’enorme finestra della sua camera da letto affacciata sull’oceano. Dopo aver arrostito i marshmellow nel camino e condiviso storie di paura, i ragazzi si sono divisi tra le camere di Victoire e di Louis, promettendo ai genitori che non sarebbero stati svegli tutta la notte a chiacchierare, anche se Bill ha assicurato alla moglie che quella era una promessa impossibile da mantenere.
La notte ormai silenziosa è squarciata da un fulmine improvviso, seguito da una serie di altri fulmini che si fanno via via più luminosi. Louis sente i respiri regolari dei cugini, intervallati dal lieve russare di Lysander e Freddie, ma non riesce a prender sonno – preoccupato all’idea che qualcuna delle creature protagoniste delle storie scambiate prima di andare a letto possano tormentarlo nel sonno. Temeva che sarebbe successo: non ama i racconti dell’orrore, ma al tempo stesso non voleva impedire al resto del gruppo di divertirsi, quindi aveva ascoltato le storie sbocconcellando dolcetto e cercando di non darci troppo peso. Ora che è sdraiato al buio però, non riesce a smettere di pensare a vampiri, acromantule e basilischi che si aggirano nei luoghi più inaspettati. È quasi tentato di svegliare James, ma è consapevole che il cugino scoppierebbe in un risolino divertito, prima di rassicurarlo sul fatto che sono perfettamente al sicuro, anche se probabilmente Louis non gli crederebbe.
Scende con cautela dal letto, badando bene a non svegliare nessuno e cammina svelto fino alla camera di sua sorella, sperando che Victoire non stia dormendo troppo profondamente. Entrambe le sorelle sono strette nel letto della maggiore, con le cugine e le amiche accampate intorno in letti aggiunti appositamente per loro, Louis si avvicina fino a essere a pochi centimetri da Victoire.
“Dormi?” sussurra così piano che la sua voce fatica a emergere nel frastuono causato dal temporale.
“No,” ribatte assonnata la sorella.
Louis la fissa dubbioso, mordicchiandosi l’interno della guancia.
“Non riesci a dormire?”
Louis scuote la testa, senza aggiungere nulla.
“Forse non te lo ricordi, ma da piccolo avevi una gran paura dei temporali,” comincia a spiegare Victoire in un sussurro, facendo spazio al fratello accanto a sé.
“In effetti non me lo ricordo…”
“Andavi quasi sempre nel letto di mamma e papà, quando arrivavano i temporali più forti.”
“Quasi sempre?”
“Ogni tanto ti rifugiavi da me, perché la mia camera è sempre stata più vicina…”
Louis sorride grato alla sorella.
“È quando io mi accorgevo che voi due eravate insieme, mi infilavo anche io accanto a voi, proprio come ora,” aggiunge Dominique, rivelando di essere sveglia come loro.
“Non c’entra nulla il temporale,” rivela Louis.
“James na raccontato qualche altra stupida storia, vero?” sbuffa Dominique.
“Già ed è molto bravo a renderle credibili…”
“Nostro cugino è solo un burlone, Louie,” lo rassicura Dominique, “fa un po’ il gradasso, ma se tu gli dicessi che non ami queste storie non le racconterebbe più…”
“Non voglio rovinare loro il divertimento.”
“Passando tu la notte in bianco?” lo rimbrotta Victoire.
Louis si stringe nelle spalle, “prima o poi mi sarei addormentato, probabilmente…”
“Meglio che rimani qui con noi, fratellino, come ai vecchi tempi,” sussurra cospiratoria Victoire.
 
La mattina successiva, quando Fleur entra nella camera della figlia maggiore, sorride vedendo i tre figli stretti in un abbraccio che le fa ricordare con nostalgia  i tempi in cui erano piccoli e dipendevano da lei per quasi tutto. 


 

 
Nota dell’autrice:
Volevo tornare al fluff e iniziare a farvi conoscere il mio Louis…
Grazie  per il continuo supporto, vi abbraccio.

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Capitolo 10
*** 10. Il mio punto fermo ***


Oggi torno a parlare del mio amato Bill – e di riflesso anche di Fleur – perché non ci sarebbe Villa Conchiglia senza di loro. 

Prompt di oggi: Stella polare 

 
 


 
 
  

10. Il mio punto fermo 

  
  

“Da quali stelle siamo caduti per incontrarci qui?” 

Friedrich Nietzsche  

 
 

  
 
Ci sono giorni in cui Bill crede di essere di nuovo se stesso, giorni in cui si sveglia con la voglia di fare, il corpo di Fleur è modellato contro il suo e la giornata sembra pregna di possibilità. Molto spesso però, quando suona la sveglia, Bill ha già gli occhi sbarrati – dopo una notte insonne – e indossa un sorriso di circostanza che non inganna sua moglie, ma che gli permette di non attirare troppe domande durante la giornata lavorativa. 

Il senso di colpa lo attanaglia da mesi, lo erode da dentro e non gli permette di andare avanti. Gli piacerebbe riuscire ad aprirsi con Fleur, sa che lei sarebbe pronta ad ascoltarlo e capirlo, senza giudicarlo in alcun modo, ma si trattiene perché teme che finirebbe con il contaminare anche lei. Aveva convinto sé stesso di aver superato l’aggressione di Greyback, del resto non si è  trasformaro in un licantropo e, nonostante le iniziali titubanze, ha deciso di concedere a sé stesso la tregua di cui aveva bisogno per tentare di riprendere in mano la sua vita. 

Per mesi, nonostante la guerra in corso, ha davvero pensato che avrebbero potuto lasciarsi tutto alle spalle, vincere, facendo la loro parte, per poi tornare alla vita di prima e ricominciare a scrivere il loro futuro. Il Destino però aveva altri piani e Bill l’ha imparato nel modo più crudele, quando l’ha costretto a dire addio a uno dei suoi fratelli a poche ore dal momento in cui Voldemort è stato finalmente sconfitto. Per giorni si è concentrato sulla ricostruzione di Hogwarts, stancandosi fino a diventare abbastanza esausto da evitare di avere il tempo dipensare. Sono stati giorni difficili, in cui l’unica cosa che gli ha evitato di impazzire era la consapevolezza che Fleur era al suo fianco – come sempre.  

Ha sepolto la sensazione di non aver fatto abbastanza per salvare Fred così in profondità che ora fatica a parlarne, perché gli sembra quasi che non sia un avvenimento appartenente alla sua vita. L’ha fatto per mostrarsi forte per i suoi genitori e per George, per essere pronto a consolare i suoi fratelli minori e perché sente che era quello che Fred avrebbe voluto per lui – e per tutti loro. 

 

Al risveglio dall’ennesima notte insonne popolata da incubi, Fleur lo osserva con le iridi colme di preoccupazione è Bill comprende che non può più continuare a scappare da questo confronto. 

“Ti va di raccontarmi quello che suscede, Williàm?” 

Bill annuisce, senza essere in grado di ricambiare l’occhiata della moglie. 

“È un insieme di cose in realtà, cose che non ho avuto la forza di affrontare e che mi perseguitano ormai da troppo tempo...” 

“Sai che mi puoi dire tutto, vero?” 

“Certo che lo so.” 

“E allora fallo, amour, penso che potrebbe davvero aiutarti.” 

“Ho paura di trascinarti nell’abisso insieme a me e, se succedesse, chi potrebbe salvarmi? Non posso far precipitare nel buio anche te, non potrei sopportare di arrecarti altro dolore.” 

“Non mi arrechi alcun dolore, Williàm... lo faresti se non me ne parlassi.” 

“Ogni tanto temo che il morso di Greyback abbia avuto un influsso su di me,” ammette quindi in un sussurro. 

“Perché lo disci?” 

“Perché sono cambiato, è inutile negarlo, a me stesso soprattutto. E, forse, sarebbe ora che lo accettassi, perché magari riuscirei ad andare avanti, accettare quello che non ho saputo fare...” 

“Ti riferisci a Fred, amour?” 

Bill annuisce. 

“Non avresti potuto fare nulla per salvarlo, Williàm.” 

“Non puoi esserne certa.” 

“Certo che posso, non eri al suo fianco, come avresti potuto intervenire?” 

Logicamente, Bill sa che Fleur ha ragione, ma istintivamente non riesce a darsi pace: rivede il corpo esanime del fratello e le lacrime sui volti dei genitori e vorrebbe solamente poter tornare indietro. 

“Forse, se avessi tentato di sfruttare questa nuova parte di me, avrei potuto fare qualcosa per lui...” insiste quindi. 

“Quel morso non ti ha cambiato, Williàm.” 

“Non ne sono così certo, Fleur...”  

“Non hai mai subito l’influsso della luna, non hai avuto cambiamenti, ormai sono passati più di due anni da quando è avvenuto.” 

“Forse non è avvenuto nulla di quanto hai detto, eppure sono mesi che cerchiamo di allargare la famiglia senza successo, potrebbe essere proprio causato da quel morso,” mormora Bill, condividendo un’altra delle ansie con cui convive da tempo. 

Fleur lo stringe forte a sé, scegliendo di mostrargli il proprio sostegno in maniera tangibile. “Sono passati pochi mesi, per ora, ci sono coppie che ci mettono anni... l’importante è non abbatterci, cercare di rimanere sereni, ricordi quello che ci ha detto il Medimago, no?” 

Bill annuisce, “solo che è molto più facile dirlo, piuttosto che farlo, almeno per me...” 

“Avresti dovuto dirmelo prima, amour...” 

“Non volevo farti preoccupare insieme a me.” 

“Siamo una famille, se non condividi le tue paure con me, con chi dovresti farlo?” 

Bill annuisce lentamente, tornando a stringere Fleur a sé. “Mi sento piuttosto sciocco ora...” 

“Sono felisce che tu ti sia finalmente aperto... non dobbiamo continuare a provare ad avere un figlio, non se tutto questo è fonte d’ansia per te.” 

“Non è fonte d’ansia, vorrei solo che riuscissimo a coronare il nostrosogno, non vedo l’ora di vederti stringere il nostro bambino tra le braccia.” 

“Accadrà, amour, ce la faremo, ne sono certa.” 

I due si abbracciano nuovamente e, per la prima volta da mesi, finalmente Bill pensa che le cose potranno migliorare. 

 

 



 

Nota dell’autrice: 

Non mi capita spesso di scrivere di un Bill così vulnerabile, ma mi piaceva l’idea di mostrare in questo modo come Fleur fosse per lui il suo punto fermo. ❤ ️ 

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Capitolo 11
*** 11. Anime affini ***


Temo di essere partita per la tangente, ma già sapete quanto amo questi due...
Prompt di oggi ieri: Secondo


 



 
11. Anime affini
 
 
Di qualunque cosa le nostre anime siano fatte, 
la mia e la tua sono fatte della stessa cosa.”
Emily Brontë 



 
 
Fleur ripete a sé stessa ogni mese di non illudersi, nonostante sia molto più facile a dirsi che a farsi. Era certa che sarebbe stato più facile la seconda volta, considerando la fatica fatta per riuscire a mettere al mondo Victoire; tutti i Medimaghi sono sempre stati concordi nel dire che non ci fosse assolutamente nulla che non andava in loro – eppure continua a capitare. E lo sa, Fleur, che aver avuto Victoire è già una benedizione, così come il fatto che la figlia goda di perfetta salute, ma ama così tanto la famiglia che ha creato con Bill che vuole allargarla, in accordo con il marito. 
La prima volta che Bill le ha raccontato della sua infanzia alla Tana, Fleur ha desiderato un futuro simile per loro: bambini che corrono giocando insieme, profumo di biscotti in cucina e tanti ricordi a popolare le pareti di casa.
Non hanno avuto un inizio facile, tra l’attacco a Bill e la guerra che infuriava, e poi con la morte di Fred e la difficoltà di riappropriarsi della quotidianità rubata, ma hanno affrontato tutto insieme, facendosi forza a vicenda e Fleur è convinta che non sarebbe riuscita a superare tutto senza Bill.
Si chiude la porta del bagno alle spalle e indossa un sorriso che non raggiunge i suoi occhi, ma che spera sarà sufficiente per convincere Victoire che mamma stia bene. È sufficiente un rapido scambio di sguardi con Bill perché lui capisca che, anche stavolta, il loro desiderio non è in procinto di avverarsi. Fleur si ferma sulla porta, limitandosi a osservare i due giocare insieme: Victoire indossa una tiara estremamente simile a quella che zia Muriel aveva prestato a lei per il loro matrimonio, lei e Bill sono seduti a un tavolino che Bill stesso ha costruito e bevono tè da una coppia di tazzine di un rosa acceso.
“Ti piace il tè, papino?”
“È davvero ottimo, tesoro mio.”
“Vuoi anche dei biscotti?” prosegue la bimba, porgendogli un piattino bordato d’oro.
“Volentieri, grazie.”
Fleur scoppia in una risata, quando la corona di carta che Bill indossa rischia di scivolargli giù dalla testa, mentre si allunga per prendere il piattino vuoto.
Victoire si volta all’improvviso, un sorriso contagioso le illumina il visino e Fleur lo ricambia, decidendo che la loro casa non dovrà per forza essere piena di bambini, che magari il Destino ha altri piani, e va bene anche così.
 
Qualche settimana dopo, Bill e Fleur sono sdraiati sul divano, davanti al camino acceso, con Vcitoire addormentata tra di loro.
“Comincio a temere di essermi presa la stessa influenza che sta passando a lei...”
“L’influso allo zenzero non ti ha aiutata?”
Fleur scuote la testa, “è delizioso e di solito mi fa passare il malessere in un baleno, ma non oggi…”
“In effetti sei più pallida del solito.”
“Per fortuna è venerdì sera, questo significa che abbiamo davanti un intero fine settimana per rilassarci.”
Bill le sorride: la prospettiva di passare del tempo in totale relax con moglie e figlia gli sembra più allettante che mai, però c’è qualcosa che gli sembra diverso nella donna, qualcosa che potrebbe avere un significato molto speciale e che lui teme di nominare – per evitare di dare spazio a delle false speranze.
“Che suscede, Williàm? Hai un’espressione strana…”
Ci riflette un attimo, prima di confessarle ciò che pensa, “non è che potresti essere incinta, amore?”
Fleur ha davvero fatto pace con il concetto di un’eventuale mancata seconda maternità, l’ha compreso appieno un paio di settimane prima, quando Ginny e Angelina hanno annunciato entrambe la loro gravidanza. Fleur le ha abbracciate con trasporto, rendendosi conto che non c’era invidia nel suo cuore, ma solo tanta gioia all’idea di altri cugini per la sua Victoire.
“So che siamo entrambi venuti a patto con il fatto che Victoire potrebbe rimanere figli unica, ma non posso che rendermi conto che questi mi sembrano gli stessi sintomi di quando aspettavi lei…”
“Lo pensavo anche io, ma avevo paura di dirlo ad alta voce,” sussurra lei, carezzando la testa bionda della bambina.
“Che ne dici di accertarcene?”
“Speravo lo avresti chiesto…”
 
Scoprono che diventeranno nuovamente genitori davanti a un camino acceso, con le mani intrecciate sopra al corpicino caldo della figlia maggiore e due sorrisi che si specchiano l’uno nell’altro. Posano le mani intrecciate sul ventre ancora piatto di Fleur e iniziano a immaginare la casa con due paia di piedini che corrono nudi sul parquet del salotto.
 

 


Nota dell’autrice:
C’è un eccesso di fluff? Forse.
Me ne pento? Assolutamente no!
Grazie per il continuo sopporto.❤️

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Capitolo 12
*** 12. Difetto di famiglia ***


Questa storia partecipa “al Calendario dell'avvento 2023 indetto da Sia e Cora sul forum Ferisce la penna"; il prompt di oggi è: pupazzo di neve. 
  

 





 
12. Difetto di famiglia 
 
 
“Quando siete felici,
fateci caso.”
Kurt Vonnegut 



 
 
Quando si risveglia, il primo giorno delle vacanze di Natale dopo il suo primo anno a Hogwarts, Victoire non riesce a credere ai suoi occhi, perché la neve prevista ha davvero ricoperto di una spessa coltre Villa Conchiglia e la baia sulla quale si affaccia. L’undicenne ha  sempre amato la neve e poco importa che abbia appena fatto ritorno dalla Scozia, dove durante l’inverno giocare a palle di neve è decisamente all’ordine del giorno. Osserva  ammaliata i fiocchi turbinare nel cielo, per poi posarsi al suolo con la delicatezza di una serie di ballerini e sorride pensando che non ci sia alcun dubbio riguardo alla persona che vuole invitare a raggiungerla, proprio come gli aveva già anticipato il giorno prima sull’Espresso.
Percorre la scala in legno a piedi nudi, affrettandosi per raggiungere il camino del salotto, sedendosi sullo spesso tappeto a righe bianche e cobalto, prima di attizzare il fuoco  e pronunciare a gran voce il nome del suo migliore amico.
“Teddy… sei già sveglio?”
La risposta tarda alcuni istanti ed è un sussurro a metà tra una dichiarazione e uno sbadiglio, “sapevo che mi avresti chiamato all’alba…”
“Il sole sarebbe sorto già da un po’, se vogliamo essere precisi.”
“Quella precisa sei sempre tu,” le risponde Teddy, stiracchiandosi, “e come vedi sono sveglio e attivo!”
“Sull’attivo non ci giurerei, ma non posso dissentire riguardo al tuo essere sveglio,” concorda Vic.
Teddy le fa la linguaccia, arruffandosi ancor di più i capelli, che quel giorno sono della sfumatura che Vic preferisce: un turchese che trova gli si addica particolarmente.
“Tua nonna ti lascerà passare la giornata qui?”
“Certo che lo farò,” ribatte la voce di Andromeda, facendo capolino per un attimo accanto al nipote, “anche se mi domando cosa abbiate mai da dirvi visto che vi siete lasciati meno di 24 ore fa…” aggiunge in tono divertito.
“Maman mi ha ricordato di invitarti a cena,” dice la ragazza, rivolgendole un sorriso luminoso.
“Ringraziala e dille che ci sarò sicuramente… e ora ti suggerirei di vestirti, Teddy, così potrai raggiungere Villa Conchiglia.”
Il ragazzo non se lo fa ripetere due volte e, dopo un veloce cenno di saluto a Victoire, chiude la comunicazione per correre in camera propria a prepararsi.
“Non scordarti guanti, cappello, sciarpa e scarpe impermeabili,” gli ricorda la nonna, interrompendolo mentre osserva la sua collezione variopinta di Converse – decisamente poco adatte a una simile giornata.
 
Quando Teddy salta fuori dal camino, Bill è intento a impilare pancake, con Louis che lo aiuta lasciando cadere le gocce di cioccolato nell’impasto e Dominique che taglia la frutta in rondelle precisissime. Victoire sta apparecchiando mentre Fleur si occupa di preparare tè e caffè, oltre che di riempire una caraffa di succo di zucca.
“Eccoti, finalmente!” lo accoglie Victoire, abbracciandolo.
Teddy ricambia entusiasta, prima di seguirla in cucina, “che posso fare per aiutare?”
“Potresti recuperare lo sciroppo d’acero in frigorifero.”
Teddy annuisce, muovendosi a proprio agio nella cucina di una  casa che gli è familiare quasi quanto la propria.
“Hai detto ad Andromeda della cena?” domanda Fleur, scoccandogli un sorriso riconoscente.
“Sì, ti ringrazia molto e mi ha pregato di dirti che ci sarà.”
“Merveilleux!” 
La colazione è un affare caotico e decisamente lento a Villa Conchiglia, ma Teddy ormai ci è abituato e ne approfitta per riflettere su quanto gli sarebbe piaciuto avere dei fratelli – nonostante Victoire gli ripeta fino alla nausea che Domi e Louis sappiano essere decisamente pestiferi.
È vero che Harry lo tratta come un figlio e che James, Al e Lily siano come dei fratelli minori per lui, ma egoisticamente, e piuttosto  inutilmente, si è sempre chiesto quanto diversa sarebbe stata la sua vita, se i suoi genitori fossero sopravvissuti; non ne parla spesso con la nonna, perché teme sempre di causarle dolore, ma lei gli ha confidato che sua madre avrebbe voluto almeno tre figli. Victoire deve aver colto il suo estraniamento, perché sente le sue dita intrecciarsi alle proprie davanti alla caraffa del succo e Teddy, una volta di più, si ricorda di essere fortunato – nonostante tutto. Si scambiano un sorriso e un cenno d’intesa, che tranquillizza Vic e permette a entrambi di riprendere a mangiare pancake e partecipare alla conversazione concertata in quel momento sulle possibilità che la nevicata prosegue fino a Natale.
 
Ci vuole un’altra mezz’ora prima che i ragazzi siano pronti a uscire insieme a Bill per potersi dedicare alla creazione del più grande pupazzo di neve mai visto e inviarne una foto alla Gazzetta del Profeta, nella speranza che sia uno degli scatti condivisi durante le festività. 
“Non vedo l’ora di vedere la faccia da pesce lesso di quel pieno di sé di Selwyn,” borbotta Victoire, mentre si dà da fare per creare la palla che fungerà da testa.
“Sei così convinta che sceglieranno il nostro pupazzo piuttosto che il suo?”
“Stai dicendo sul serio, Teddy?” s’infervora la Grifondoro, senza riuscire a inquietare l’amico che conosce da tutta la vita.
“Non pensavo che t’importasse così tanto del parere di quel damerino…”
“Non mi importa affatto, voglio solo togliergli quel ghigno snob dalla faccia,” chiarisce spietata Victoire, occhieggiando critica la testa del pupazzo, prima di perfezionarla ulteriormente.
“Sei dannatamente competitiva, Vic!”
“Non è certo una novità… vedrai come peggiorerò una volta entrata nella squadra di Quidditch,” gli fa notare, strizzandogli l’occhio.
Teddy scoppia a ridere, stupendosi come ogni volta di quanto diametralmente opposta da ciò che potrebbe sembrare a prima vista, Victoire sia veramente: con quel suo viso angelico è in grado di imbrogliare tutti e, dettaglio ancor più fondamentale, ha un gran senso di protezione nei confronti delle persone che ama. Quel medesimo senso è stato innescato dai commenti poco piacevoli che Sebastian Selwyn ha fatto sui licantropi e sulle leggi ormai più appropriate e aggiornate che ne regolamentano la vita.
I due amici continuano a lavorare chiacchierando e ridendo, aggiungendo i dettagli più esagerati al pupazzo: da un cappello fatto a maglia da nonna Molly, a una serie di bottoni glitterati, da una sciarpa che era appartenuta al padre di Teddy – dalla quale il ragazzo non si separa praticamente mai –, a una mazza da Battitore, da un paio di occhiali da sole con le lenti specchiate a forma di stella, a un paio di braccia fatte con tronchi levigati dalle onde del mare.
“Wow, bellissimo lavoro, ragazzi!” si complimenta Bill, raggiungendoli con Louis in spalla e Dominique che gli trotterella accanto, entrambi soddisfatti dei due decisamente più piccoli pupazzi di neve appena terminati.
“Dici che è un pupazzo che vale la pena condividere sul Profeta?” lo interroga Victoire, continuando a osservare la loro opera con sguardo critico.
“Dico che sarebbero sciocchi a lasciarsi sfuggire un simile capolavoro,” la rassicura Bill, ottenendo un meraviglioso sorriso in risposta.
“Se solo potessimo fare in modo che il pupazzo avesse capelli che cambiano colore come i tuoi, sarebbe davvero perfetto,” mormora solenne Victoire.
“Visto che non ha capelli,,non mi pare troppo fattibile,” le ricorda Teddy con un sorriso.
“Posso sempre incantarvi il cappello,” propone Bill, ricevendo due entusiastiche risposte di rimando.
“Adesso posso correre a prendere la macchina fotografica che mi ha regalato nonno al compleanno!” dopo aver osservato il cappello prendere tutte le sfumature dell’arcobaleno, e altre ancora, per poi ritornare al celeste originale e ricominciare da capo.
“Vengo con te,” risponde Dominique, seguendola in casa.
“Quante foto pubblicheranno?” domanda Bill.
“Le migliori venti, se non mi sbaglio.”
“Allora credo proprio che ce la farete.”
“Lo spero, perché, non so se ne sei consapevole, ma tua figlia è un po’ troppo competitiva!”
Piccolo difetto  di famiglia,” ridacchia Bill, facendo una piccola palla di neve per Louis.
 
Le due sorelle ritornano con la macchina fotografica e, invece che limitarsi a fotografare il pupazzo, scattano una serie di scatti ai presenti, prima di riuscire con il pretesto di andare a rimettere giù la macchina fotografica a creare una bella scorta di munizioni.
Teddy non se lo aspetta proprio, quando una palla lo colpisce con precisione sul cappello, costringendolo a girarsi verso una ridente Victoire.
“Avrò la mia vendetta, Vicky!”
“Per farlo dovresti prima prendermi…”
Bill sorride guardandoli interagire, pensando che Dora sarebbe stata estremamente felice di vedere il figlio così unito alla sua Victoire.


 


 
Nota dell’autrice:
Oggi sono tornata a due dei miei personaggi della NG preferiti, una coppia che non mi stanca davvero mai e che trovo assolutamente perfetta insieme.♥️♥️
Alla prossima,
Francy 
 

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Capitolo 13
*** 13. Il testimone ***


Questa storia partecipa “al Calendario dell'avvento 2023 indetto da Sia e Cora sul forum Ferisce la penna"; il prompt di oggi è: fare l’albero di Natale. 
 



 
Il testimone 
 
 

A sette anni, Fleur è impaziente di iniziare ad aiutare, per la prima volta, la nonna a decorare il maestoso albero di Natale che il nonno ha tagliato appositamente; il pino profuma di buono e alcuni dei suoi rami sono ancora coperti di cristalli di ghiaccio. La bambina rimane incantata ad osservare la luce del sole creare riflessi grazie alle piccole sfere di ghiaccio che decorano i suoi aghi, ed è così che la trova la nonna, quando la raggiunge facendo lievitare le scatole contenti le decorazioni.
“Eccomi qui, ma petite.”
“Questo albero è così bello, nonna! Possiamo tenere anche il ghiaccio?”
La nonna si avvicina per osservare meglio ciò che Fleur le sta indicando e le sorride, “certo che possiamo, ma petite, lascia solo che lo incanti perché non si sciolga.”
La bambina osserva ammaliata la nonna muovere con eleganza la bacchetta: sembra quasi che stia danzando, mentre inonda di una pallida luce azzurrina l’albero, e poi il ghiaccio si illumina brevemente, prima di diventare resistente a ciò che sarebbe la sua nemesi – il calore.
Fleur e sua nonna cominciano posizionando le lucine fatate, per poi passare a disporre palline oro, rosse, argento e blu, oltre a fiocchi celesti e lavanda bordati d’argento e sfere di cristallo trasparente perfette per riflettere la luce che si diffonde tra le fronde. In ultimo, è il momento di disporre le palline che sono state create da figli e nipoti: i ricordi di una vita intera che nonna Louise non potrebbe mai scartare – nonostante la maggior parte di loro non siano in nuance con le sfumature delle decorazioni.
Fleur osserva la nonna, senza perdersi nemmeno un attimo, spalancando gli occhi per la meraviglia alla vista dell’albero che diventa sempre più perfetto.
“Ora manca il tocco finale,” confida la nonna, chinandosi verso l’ultima scatola ed estraendo da essa un angelo di cristallo, che indossa un impalpabile abito dorato e una corona di stelle.
“Questo lo ha fatto il nonno per noi, in occasione del nostro primo Natale da sposati, tantissimi anni fa…”
“È bellissimo, nonna,” sussurra Fleur, sfiorando con reverenza la figura che andrà a decorare la punta dell’albero.
 
Passano i giorni, ma la passione della piccola Fleur per quel puntale che è il segno tangibile dell’amore che unisce Louise a Sébastien, non accenna a diminuire, anzi, se possibile, continua a crescere.
“Tesoro, voglio che il puntale sia tuo,” le comunica la nonna, accarezzandogli i lisci capelli biondi.
“Ma è un regalo del nonno…”
“Esattamente, quindi il nonno non avrà problemi a crearne uno nuovo per il nostro albero…”
“Questo è il regalo più bello del mondo nonna, grazie mille!”
Louise si rispecchia nella gioia che riempie gli occhi della nipote e sorride felice, pensando quanto magico riescano a rendere il Natale i bambini.
 
*
 
Negli anni a Beauxbatons, il puntale le ha sempre fatto compagnia, facendo capolino durante le feste di Natale e decorando il suo comodino – un modo per sentire più vicina la nonna alla quale è sempre stata molto legata. 
Quando ha scelto di fermarsi in Inghilterra, l’angelo è stato uno dei primi oggetti che ha messo nelle valigie, sperando che potesse anche essere di buon auspicio per la conclusione della guerra che sta per insanguinare il continente. 
È l’inizio di dicembre, l’aria fredda carica di salsedine fa profumare in maniera diversa il pino che Bill ha tagliato quel mattino, eppure, mentre lei e il marito dispongono le lucine fatate, Fleur torna con la mente a quella mattina di tanti anni prima e rivede gli addobbi che la nonna disponeva con eleganza – come continua a fare tuttora.
Bill segue le sue indicazioni, le sue uniche richieste sono state quella di decorare ascoltando musica natalizia e bevendo sidro caldo. Fleur si è sentita sciocca quando ha proposto al marito di decorare l’albero, perché è impossibile non fermarsi a ricordare tutte le persone che hanno già perso la vita per colpa della guerra. Eppure Bill è stato subito d’accordo, ansioso anch’egli di respirare un po’ di normalità e di festeggiare in maniera degna il loro primo Natale da sposati.
Quando arriva il momento di estrarre l’angelo dalla sua scatola, Fleur sente gli occhi pizzicarle per le lacrime che tenta invano  di trattenere.
“Che succede, tesoro ?”
“Tutto bene, non preoccuparti… è solo che questo angelo lo ha fatto mio nonno per mia nonna e ha decorato l’albero della loro casa in montagna per tanti anni, prima che nonna per lo regalasse…”
“Che regalo magnifico,” mormora Bill, ammirandone i dettagli.
“Mio nonno è un meraviglioso artigiano.”
“Da questo momento in avanti, sarà il puntale perfetto per il nostro albero.”
“Io spero tanto che possa essere il testimone di tanti Natali felici, proprio come è stato quando era dai miei nonni.”
“Ne sono certo, amore mio,” la rassicura Bill, chiudendo la distanza che li separa per baciarla ancora e ancora, prima di sollevarla e aiutarla a posizionare l’angelo.


 


Nota dell’autrice
Non sarebbe un calendario dell’avvento se non includessi anche i miei amati Bill e Fleur. Ho sempre pensato che la nonna della ragazza fosse stata importante per le, tenendo conto che ha un capello della nonna come nucleo della sua bacchetta, quindi in questa storia ho un po’ esplorato questo legame.
Alla prossima! ♥️

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Capitolo 14
*** Lo spirito del Natale ***


Questa storia partecipa “al Calendario dell'avvento 2023 indetto da Sia e Cora sul forum Ferisce la penna"; il prompt di oggi è: and they were roomates (A è come il Grinch, B è come lo Spirito del Natale). 

 


 

 
Lo spirito del Natale 

 

  

Crescendo, Dominique si è spesso chiesta se ci fosse qualcosa di diverso in lei, se amare il Natale fosse parte del patrimonio genetico che avrebbe dovuto ereditare da suo padre, ma invece fosse andato storto qualcosa... E dire che, a differenza dei suoi due fratelli, era lei quella che sfoggiava i capelli ramati dei Weasley, oltre a un’abbondante dose di lentiggini e la capacità di sopportare e – almeno in qualche modo – mettere un freno alle idee più assurde di James Sirius e Fred. Ogni anno, all’avvicinarsi della festa preferita da grandi e piccini, lei si sentiva sempre pervasa da una sorta di malinconia difficile da spiegare o condividere con la sua famiglia. Non perché non le piacesse scambiarsi doni: e chi non lo amerebbe? E nemmeno perché non era un’appassionata della cucina di nonna Molly: quello sarebbe considerato un vero e proprio sacrilegio da tutto il resto della famiglia. Eppure, Dominique aveva sempre percepito la mancanza di qualcosa, di un dettaglio che le permettesse di godersi appieno la magia del Natale e dell’attesa che portava a esso. 

Louis ha iniziato molto presto a darle il tormento, ridacchiando furbo e accusando Victoire di essersi appropriata di tutto lo spirito natalizio residuo, quello non appartenente ai loro genitori, presente a Villa Conchiglia. E Dominique, se è onesta con sé stessa, non può che ritrovare un fondo di verità nelle risatine del fratello minore. 

Perché se c’è una cosa che si può notare in Victoire con l’avvicinarsi del Natale è il suo amore sconfinato per questa festa – e per tutto ciò che è legato a essa. Dicembre è sempre stato quel momento dell’anno in cui la secondogenita di Bill e Fleur si è ritrovata a voler rinnegare la parentela con quella sorella rasentante la perfezione a cui ha aspirato di assomigliare per tutta la vita. L’angelo biondo che adora sfornare biscotti e decorare l’albero, che appende vischio in giro per casa e attende con ansia di scoprire che colore sarà quell’anno il suo maglione natalizio.  

 

* 

 

Ha sei anni Dominique, quando Victoire la coinvolge nella creazione di decorazioni da appendere all’abete che decorerà il salone affacciato sull’oceano. Ma le sue piccole mani faticano ad imitare i disegni creati dalla sorella e, in tutta onestà, non è nemmeno troppo felice di ritrovarsi piena di brillantini su corpo e vestiti – e s’imbroncia facendolo notare alla sorella. 

“Credo che tu sia l’unica bambina che non è entusiasta di utilizzare colori e glitter, Domi.” 

Il tono di Victoire non è accusatorio, ma concreto, e la minore si stringe nelle spalle complimentandosi per la meravigliosa fata dipinta dalla sorella. 

“Credevo che il Grinch fosse verde, ma forse il suo spirito può anche essere racchiuso nel corpo di una bambina di sei anni,” riflette Victoire, osservando la sorella con spirito critico. 

“Io non sono un Grinch, né tantomeno ci tengo a essere verde!” 

“Hai la vaga idea di chi sia il Grinch?” 

Dominique scuote la testa, “Jamie dice che è un mostro verde.” 

“Il Grinch non è un mostro! È semplicemente incompreso e, una volta conosciuto il significato del vero spirito del Natale, anche lui si rende conto di quanto meraviglioso sia festeggiarlo... direi che c’è speranza anche per te,” la rassicura Victoire, offrendosi per aggiungere altri glitter argentati alla stella celeste di Dominique. 

“E se non dovesse mai piacermi tanto quanto piace a te, e mamma, e papà, e Louis?” mormora Dominique in tono incerto. 

“Dubito che potrà mai piacerti quanto piace a mamma,” ribatte pratica Victoire, recuperando anche i brillantini dorati. 

“Mhmm,” Dominique osserva pensosamente la lue riflettersi sulle decorazioni sparse sul grande tavolo della sala. 

“Non sei affatto obbligata ad amare il Natale, Domi,” le fa notare quindi Victoire, leggendo inquietudine negli occhi identici ai propri. 

“Nonna Molly dice che è impossibile non amarlo...” 

“Puoi anche semplicemente fingere che ti piaccia e goderti le cose belle che porta con sé: i regali, i dolci, le battaglie a palle di neve, la possibilità di stare svegli fino a tardi...” 

“Mi piace come pensi, Vicky!” 

“Sarà il nostro segreto, mia piccola Grinch...” 

Le sorelle scoppiano a ridere e si mettono all’opera per creare insieme un unicorno da aggiungere alla serie di decorazioni. 

 

* 

 

A ventun anni, Dominique si prepara a vivere il primo Natale nella casa che condivide insieme al fidanzato Chris e, ride tra sé e sé, rendendosi conto una volta di più di quanto sia destinata a condividere la sua vita con persone che amano il Natale decisamente più di lei. 

Chris ha appeso rametti di vischio letteralmente in ogni angolo della casa, ha insistito per scegliere un albero probabilmente troppo grande e ha condiviso con Dominique la ricetta dell’eggnog che la famiglia Davies sorseggia durante le festività. 

“Credi che questa ghirlanda starà bene sulla porta di casa?” domanda il ragazzo, mostrandole il suo ultimo acquisto natalizio. 

“Penso che la gente faticherà a leggere i nostri nomi, ma a parte quello mi sembra stupenda,” ribatte lei, scuotendo la testa. 

“E dire che credevo che i tuoi giorni da Grinch stessero finalmente volgendo al termine... mi hai aiutato a fare l’albero e mi eri quasi sembrata entusiasta.” 

“Questa storia che io sono un Grinch deve proprio finire, sto facendo del mio meglio!” 

“E io ti sto solo prendendo in giro,” chiarisce Chris, prima di baciarla sulla punta del naso, “ora, a ghirlanda? Dici che è davvero troppo grossa?” 

Dominique scuote la testa, affondando nell’abbraccio di Chris, “è perfetta, davvero.” 

“Stasera a che ora dobbiamo essere dai tuoi per fare i biscotti?” 

“Prima di cena, così prepariamo l’impasto, inforniamo e poi mangiamo...” 

“Dici che due bottiglie del nostro eggnog basteranno o ne serviranno di più?” 

“Mhm, considerando che Teddy e mio fratello sono uno più goloso dell’altro non saprei...” 

“Ne porteremo quattro.” 

“E anche quei dolcetti alla cannella che ho trovato l’altro giorno nella nuova pasticceria in centro.” 

“Mia madre li adorerà.” 

“La mia non mi perdonerebbe mai se andassi a mani vuote a una cena, sicura che le rose di Natale le piaceranno?” 

“Certo che sì.” 

“E il brandy francese per tuo padre?”  

“Chris! Ti dai una calmata? Non è la prima volta che vedi i miei genitori...” 

“Sì, ma sarà la prima volta da quando siamo andati a convivere.” 

“Questo non cambia nulla, sai che ti adorano.” 

“Come biasimarli...” ridacchia Chris, baciando nuovamente Dominique sul naso e facendola ridere. 

 

Poche ore più tardi, i due ragazzi hanno raggiunto Villa Conchiglia e Louis ha aperto loro la porta, prima di trascinarli in sala per raggiungere il resto dei presenti. 

“Eccovi qui,” li saluta Fleur, abbracciando prima Dominique e poi Chris. 

“Ciao ragazzi,” aggiunge Bill, salutandoli altrettanto calorosamente. 

Victoire e Teddy li raggiungono dopo aver controllato che il piccolo Remus Arthur, di poche settimane, continui a dormire nel passeggino vicino al caminetto. 

“Finalmente possiamo preparare i biscotti di zia Muriel,” dichiara Bill alla fine dei saluti. 

“E chi è zia Muriel?” domanda Chris. 

“La zia preferita di zio Ron,” ghigna Louis, scatenando i risolini della sua famiglia. 

La famiglia Weasley-Delacour si avvia verso la cucina per mettersi all’opera, ma Fleur ferma la secondogenita, ansiosa di consegnarle una scatola speciale. 

“Mi hai detto che tu e Chris avete fatto l’albero, ma ancora non avete il puntale...” 

“Sì, ne cercheremo uno in questi giorni, maman.” 

“Vorrei che avessi questo,” sussurra sua madre, osservandola mentre estrae dalla scatola in legno l’angelo che ha decorato per anni l’albero di Villa Conchiglia. 

“E il vostro albero?” 

“Nonno aveva insegnato a papà che ne ha fatto un altro,” confida Fleur, traendo la figlia a sé per un abbraccio. 

“Grazie davvero, maman, lo adoro,” sussurra emozionata Dominique, sentendo le lacrime pizzicarle gli angoli degli occhi. 

“Guarda che ci ha regalato mia madre, Chris!” 

Il ragazzo osserva entusiasta l’angelo e ringrazia Fleur, spiegandole che starà benissimo sulla punta del loro abete. 

“Qui mi sa che c’è un piccolo Grinch il cui cuore sta triplicando di misura,” sussurra divertita Victoire, arrivando alle spalle di Dominique e porgendole una tazza dell’eggnog portato da lei e Chris. 

“Forse hai sempre avuto ragione tu...” 

“Dici?” 

“Con le persone giuste accanto non si può davvero non amare il Natale.” 

“Significa che lo insegnerai anche al mio piccolo Remus?” 

“Sai che lo farò.” 

Louis s’avvicina di soppiatto alle sorelle e posa un braccio sulla spalla di ognuna, “pronte a darvi da fare con burro e farina?” 

“Solo se tu prometti di non mangiarti tutto l’impasto crudo...” 

“Farò del mio meglio!” 

Bill osserva i suoi tre figli abbracciati e sorridenti e si scambia uno sguardo complice con la moglie, ripensando al loro primo Natale insieme in questa casa che tanto amano e che, negli anni, hanno imparato ad amare ancor di più. 

 

 

 


Nota dell’autrice: 

Ritorno al calendario, scrivendo nuovamente degli abitanti di Villa Conchiglia che mi sono tanto cari, esplorando il rapporto tra le sorelle Weasley sia nell’infanzia che nella loro vita da giovani adulte. 

Il puntale dell’albero è proprio quello che Fleur aveva ricevuto da sua nonna, mi piaceva l’idea che venisse tramandato; i biscotti invece fanno parte di un mio headcanon e sono i protagonisti di una mia storia natalizia dello scorso anno. 

Spero, come sempre, che questa piccola storia possa esservi piaciuta. 

 

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Capitolo 15
*** Anche se non sei con me ***


Questa storia partecipa “al Calendario dell'avvento 2023 indetto da Sia e Cora sul forum Ferisce la penna"; il prompt di oggi è: "Ho contato i regali di nstsle sotto l’albero e non c’è il tuo e lo so, lo so perché non c’è. Non riesco ad abituarmi, però.”
 

 
 
Anche se non sei con me
 
 

Goerge ricorda bene quanto sentisse il Natale nella sua vita precedente: rammenta l’eccitazione che provava da bambino, immaginandosi i regali che avrebbe trovato nella sua calza, chiedendosi se ci sarebbero state le Api Frizzole – che erano le sue preferite. Riesce a rivedere perfettamente le notti della vigilia di Natale passate a bisbigliare con Fred e a fingere di essere addormentati ogni volta che la madre passava a controllare.
Aveva immaginato che questo sarebbe stato l’anno buono, quello in cui tutto sarebbe tornato a posto – o almeno avrebbe iniziato a esserlo. Forse aveva preteso troppo da se stesso, forse invece non si è impegnato abbastanza. È solo che il pensiero di deludere il figlio neonato lo attanaglia e gli fa quasi mancare il fiato nel petto. 
Adesso che Fred, un altro Fred, è tornato a essere accanto a George, aveva sperato che la sua anima avrebbe finalmente potuto iniziare a cicatrizzare le ferite più profonde – quelle che fatica a condividere con chiunque, perfino se stesso. Sono i sensi di colpa che lo tengono sveglio la notte, quando è sempre accanto ad Angelina per osservarla mentre allatta Fred Jr., quando fatica a comprendere perché lui si sia salvato – e Fred no.
Quel sabato Angelina è uscita con la madre per gli ultimi acquisti natalizi e gli ha consigliato di fare lo stesso, visto che lo vedeva più stanco e cupo del solito.
 
“Sicuro che non vuoi che rimandi la mia uscita con mamma? I regali possono aspettare…”
“Figurati! La organizzate da settimane…”
“Possiamo andarci un altro giorno, se vuoi usciamo noi tre,” propone la ragazza, indicando il figlio addormentato nel passeggino.
“Stai tranquilla, Angie, è solo che l’avvicinarsi delle feste è sempre un po’ duro, ma quest’anno con Freddie e i suoi cugini sono certo che diventerà più semplice, devo solo fare un passo alla volta.”
“Mi prometti che prenderai una boccata daria?”
“Giuro,” ribatte George, baciando prima lei e poi la guancia liscia come un petalo di rosa di Freddie.
 
Ha mantenuto la promessa George, infatti in quel momento sta compiendo gli ultimi passi che lo separano dalla porta di Villa Conchiglia, sicuro che Bill potrà offrirgli ascolto, un consiglio, o anche solo un bicchiere del vin brûlé che Fleur prepara ogni anno seguendo la ricetta di sua nonna.
“Che bella sorpresa, George!”
“Sicuro che non disturbo?”
“Certo che no, Fleur è uscita con Vicky e Domi,” risponde Bill, facendogli strada verso il salotto dove era impegnato a decorare il caminetto.
George inizia subito ad aiutarlo con i rami di vischio e le luci fatate, seguendo la guida di Bill e rimanendo in silenzio; Bill lo lascia fare, consapevole che stia attendendo il momento propizio per confessargli cosa lo abbia portato lì.
Passano alcuni minuti in cui i due fratelli parlano del più e del meno, prima che George si volti repentinamente verso Bill e prenda un sospiro.
“Ero davvero convinto che diventare padre mi avrebbe fatto ritornare intero, che avrebbe resuscitato quella parte di me che è scomparsa insieme a Fred e invece…” una lacrima gli scorre lungo la guancia, “invece non è affatto così e non faccio che guardare l’albero di Natale aspettandomi di intercettare il regalo di Fred e cecare di indovinare cosa sia, come facevamo ogni anno.”
George abbassa lo sguardo sconfitto, prima di concludere in un mormorio lieve, “credi che questo mi renda un pessimo padre?” 
“Credo solo che questo ti renda umano, George, la perdita di Fred è qualcosa che sarà sempre con te, anche quando Freddie si sara diplomato e si preparerà a costruire il proprio futuro.”
“Lo temevo anche io, sai? E, egoisticamente, preferisco che sia così, perché l’alternativa sarebbe dimenticarlo e io non posso nemmeno immaginare che questo accada…”
“Non succederà mai, fratellino, lui vive in te e in tutti i nostri ricordi più belli.”
 
 


Nota dell’autrice: 
Come sempre, quando scrivo di George, affogo nell’angst più profondo, però questo prompt mi ha subito fatta pensare a lui.♥️

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