Scorci di anima di Ily Briarroot (/viewuser.php?uid=22817)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Fruscio ***
Capitolo 2: *** Permesso ***
Capitolo 3: *** Cura ***
Capitolo 4: *** Lanterna ***
Capitolo 5: *** Candido ***
Capitolo 6: *** Retroscena ***
Capitolo 7: *** Grembo ***
Capitolo 1 *** Fruscio ***
Note:
questa raccolta partecipa al Writober 2023 indetto da Fanwriter.it,
un prompt al giorno per ogni capitolo.
FRUSCIO
Il
silenzio che avvolge la villa è lugubre, quasi innaturale.
Il
buio all'esterno delle vetrate non è il solito; sembra che
stia
aspettando, trepidante, di far uscire allo scoperto il male nascosto
tra i cespugli e gli alberi.
Haibara
si stringe le braccia intorno al corpo mentre un brivido le percorre
la schiena.
Le
sue sensazioni si sono rivelate errate poche volte dalla sua fuga
dall'oscurità e ogni volta il dolore che colpisce il petto
è sempre
lo stesso.
Si
guarda le spalle – ormai è un meccanismo naturale,
quasi come
respirare - e si accovaccia sul divano del dottor Agasa.
All'improvviso,
il rumore di chiavi inserite nella serratura della porta d'ingresso
la fa sobbalzare, il cuore batte così forte da riuscire a
contarne
distintamente i battiti.
La
bambina si alza e raggiunge lentamente la porta, evitando ogni minimo
rumore. Si solleva sulle punte dei piedi e guarda nello spioncino,
spostandolo leggermente.
Sospira
sollevata, lasciando andare il respiro trattenuto nei polmoni, e apre
la porta dall'interno.
“Haibara,
meno male che hai aperto tu. Il dottor Agasa mi ha dato le chiavi ma
vedo che sono inutili. Dovrebbe far aggiustare questa benedetta
serratura e anche il prima possibile”.
La
voce di Conan la raggiunge ancora prima di vederlo.
Lo
osserva mentre, fermo sulla soglia, tira fuori le chiavi con
l'espressione rassegnata sul volto.
Accade
tutto in un istante.
Dietro
di lui, percepisce un rumore leggero, un fruscio tra le foglie degli
alberi. S'irrigidisce mentre torna l'orribile percezione di poco
tempo fa.
Il
bambino la guarda stupito, inarcando un sopracciglio. Comprende i
segnali – la conosce, ormai – e rimane all'erta
mentre nota il
viso di lei impallidire di colpo.
“Haibara?”
la chiama appena, notando il suo sguardo spento.
Lei
si riscuote un istante, iniziando a tremare.
“K-Kudo...
“.
Conan
la scruta, dannatamente serio. È consapevole del fatto che
lei sia
ancora scossa dagli avvenimenti delle ultime settimane e che, per
questo, preferisca restare in casa quando riesce, ma la paura che le
legge negli occhi in questo momento è qualcosa di nuovo.
Le
appoggia le mani sulle spalle, spingendola delicatamente dentro casa,
e si chiude la porta alle spalle.
“Stai
bene?”.
Haibara
solleva lo sguardo, mentre percepisce un calore morbido e avvolgente
scaturire dalle sue mani a contatto col proprio corpo.
Non
le ha fatto altre domande, ma sa che lui ha compreso.
Sa
cosa c'è dietro ogni paralisi, ogni angoscia, oltre gli
occhi
sgranati dal terrore e l'ossigeno mozzato nei polmoni.
Ma
il detective non approfondisce; non scava come è abituato a
fare,
non vuole infliggerle dolore nel dolore.
Sapere
come sta, questo basta.
La
brutta sensazione sparisce così come è arrivata,
ma adesso non
conta più.
Lei
lo guarda con gli occhi spaventati di un cucciolo ferito e annuisce
appena, aggrappandosi con le dita strette attorno alla stoffa della
sua giacca.
Conan
accenna un sorriso; sta bene. Non importa altro.
Sarà
lei a parlargliene se vorrà, ma per ora va bene
così.
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Capitolo 2 *** Permesso ***
PERMESSO
Avevano
sempre battibeccato sulla questione antidoto, ne era consapevole.
Dopotutto,
si trattava di un argomento assolutamente prioritario; non poteva
lasciare che lui si facesse del male soltanto per il capriccio di
poter tornare – seppur temporaneamente – al suo
aspetto
diciannovenne.
Ogni
volta era la stessa storia; le chiedeva in ginocchio di poter
assumere l'antidoto e lei non era mai riuscita a negarglielo a causa
di un senso di colpa troppo grande da espiare.
Era
colpa sua se la vita del detective si era interrotta due anni prima,
in fin dei conti, e non era ancora riuscita a trovare una soluzione
permanente.
Solo
e unicamente colpa sua.
Haibara
osservò la compressa nel palmo della propria mano,
deglutendo a
fatica.
Non
voleva pensare che quella capsula minuscola potesse essere davvero la
fine di quell'angoscia che la divorava da così tempo da non
ricordare neanche come avesse fatto a non sprofondare e ad arrendersi
una volta per tutte.
Non
voleva pensare in generale, perché la speranza che riponeva
in
quella pillola era troppa e lei aveva sempre cercato di evitare
d'illudersi nella vita.
La
guardò ancora una volta, perfettamente conscia di
ciò che sarebbe
potuto accadere.
Tuttavia,
quello di morire era un rischio che avrebbe accettato volentieri per
Shinichi, senza neanche pensarci.
Gli
effetti collaterali avevano più probabilità di
svilupparsi, ma
erano molto alte anche quelle di restare adulti in modo definitivo.
Quest'ultima
non era un'ipotesi sulla quale si era soffermata volentieri.
Le
piaceva la vita da Ai Haibara, l'infanzia che non aveva mai vissuto
davvero, l'infanzia dell'amicizia, della pace e dell'affetto,
l'infanzia priva di minacce e lavoro. L'infanzia della luce. Soltanto
luce.
Non
sarebbe più stato così, lo sapeva.
Nel
migliore dei modi, sarebbe tornata Shiho Miyano; la ragazza sporcata
da Sherry, da Gin, dall'oscurità di un mondo atroce. Senza
casa,
senza famiglia, senza la sicurezza di una vita felice. Senza Akemi.
Nel
peggiore, era contenta di aver conosciuto l'amore. Quello vero,
autentico; quello di un padre affettuoso nonostante l'assenza di
legami di sangue, di bambini appiccicosi, di un amico, un
riferimento, un pilastro senza il quale sarebbe stata persa.
Sorrise
malinconicamente, mentre una lacrima minacciava di traboccarle
dall'angolo degli occhi.
Si
voltò, certa di essere da sola nella sua stanza, e
avvicinò il
palmo della mano alla bocca.
Fu
un attimo.
La
porta si spalancò di scatto e lei sussultò,
mentre l'antidoto le
sfuggiva di mano cadendo sul pavimento chiaro.
Un
bambino apparve sulla soglia della camera, fissandola in silenzio per
interminabili istanti.
Un
silenzio teso, fatto di espressioni colpevoli e stupite.
“Cosa
stavi facendo?”.
Conan
la raggiunse, notando lo sguardo di lei nascosto dalla frangia.
Seguì
la direzione del suo volto basso e solo allora notò la
compressa
bianca e rossa sul pavimento.
“Ma
quello è... ?”.
Fece
per raccoglierlo, ma Haibara fu più veloce. Strinse a
sé
l'antidoto, infilandolo nella tasca del camice.
“Nulla
che ti debba interessare, Kudo”.
Era
questione di poco prima che lui capisse tutto, lo sapeva; non sarebbe
mai riuscita a sfuggire alla sua mente geniale.
Lo
vide sgranare gli occhi e scuotere lievemente la testa poco dopo.
“Quello
era... l'antidoto? Sei riuscita a creare l'antidoto
definitivo?”.
Conan
alzò il tono senza volerlo, stupito da ciò che
lei avrebbe fatto di
lì a poco senza dirgli niente.
“Haibara,
mi rispondi?!”.
La
scienziata sollevò lo sguardo, gli occhi spenti. Lo guardava
senza
vederlo realmente, sospirando nel tentativo di calmarsi.
“Sì,
è così. Almeno, in teoria. Non ne sono sicura
finché non lo
sperimenteremo su qualcuno”.
“Perché
non mi hai avvisato prima?”.
“Perché
volevo sperimentarlo su me stessa” gli rispose
frettolosamente,
sperando di chiudere l'interrogatorio.
“Cosa
mi nascondi? Ho sempre assunto io l'antidoto temporaneo, sai che il
mio corpo è abituato e posso farlo ancora”.
“No,
non puoi”.
“Haibara...
“.
“Ho
detto di no!”.
Rimasero
in silenzio per altri lunghi, interminabili attimi, ognuno perso nei
meandri della propria mente.
Conan
non comprendeva o – probabilmente – non voleva
farlo davvero,
perché ammetterlo equivaleva a rendere reale la paura che
aveva nel
pensare di perderla.
“Quanto
è alta la possibilità di morire?” le
chiese improvvisamente,
deglutendo a fatica.
“Abbastanza”.
“Haibara”.
“È
alta, va bene? È molto alta”.
“Non
me ne hai parlato per questo, vero? Volevi impedirmi di prenderlo,
così da sacrificarti tu”.
“Non
pensavo di doverti chiedere il permesso, Kudo” rispose
tagliente,
nonostante il petto avesse iniziato a farle male per lo sforzo di
evitare di piangere.
“Non
ho mai detto questo. Ma mi aspettavo almeno che mi
avvertissi”.
“Cosa
sarebbe cambiato? Mi avresti fatto assumere l'antidoto?”.
“No”
rispose velocemente il detective, enfatizzando il suo pensiero con un
gesto della mano, “non se ne parla. È una faccenda
che riguarda
me”.
Haibara
sbattè le palpebre, stupefatta quanto ferita da quelle
parole.
Strinse la pillola nella tasca, trattenendo il magone che aveva in
gola.
“Ma
guarda, pensavo fosse un problema che riguarda entrambi. Sono la
creatrice del farmaco, forse te ne sei dimenticato”
affermò,
cercando di nascondere il tremolio nella voce. “Ma visto che
è una
faccenda che riguarda solo te, Kudo, spero di avere almeno il
permesso di andare a farmi un bagno caldo”.
Uscì
dalla camera senza guardarlo, nonostante percepisse lo sguardo
imbambolato e confuso di lui su di sé.
Si
chiuse la porta del bagno alle spalle, scivolando con la schiena
contro il legno bianco e libera di lasciar andare via l'angoscia
attraverso lacrime che le facevano male al cuore.
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Capitolo 3 *** Cura ***
CURA
Sospiri,
cercando di non far caso alla stanchezza accumulata durante la
giornata.
Hai
approfittato dell'occasione dell'ennesima gita in campeggio per
riposarti, per dare un po' di pace ai mille pensieri che ultimamente
sono raddoppiati, ma dovresti sapere che i casi da risolvere ti
seguiranno sempre.
Stavolta
hai superato te stesso; dopo la risoluzione dell'omicidio, il criminale
si
è dato alla fuga nel bosco e sei riuscito a recuperarlo
parecchio
tempo più tardi, dopo un inseguimento tutto tranne che
semplice.
Ti
siedi sul letto della stanza in albergo, sbuffando, e facendo poco
caso alla delicatezza con la quale ti sei lasciato cadere sul
materasso.
“Eppure
ti piacciono i misteri da risolvere, dovresti essere contento di non
annoiarti mai”.
La
voce, quanto la frase sarcastica e pungente, ti fa voltare di scatto;
sai benissimo a chi appartiene.
“Non
scherzare, Haibara. Non è sempre così
piacevole” rispondi
stizzito, guardando la bambina al tuo fianco.
La
vedi ridacchiare, mentre studia i lividi sul corpo e i vestiti
strappati a causa dell'azione di poco fa.
“Sembra
che tu abbia fatto a botte”.
“Soltanto
con qualche albero mentre correvo”.
“Dai,
fammi vedere il braccio” ordina lei improvvisamente, il tono
diventato d'un tratto più dolce.
“Cosa?
Perché?”.
“Lo
vedo che non riesci a muoverlo, detective”.
Negando
non servirebbe, lo sai bene. Haibara attende e tu allunghi il braccio
sinistro nella sua direzione, posandolo sulle sue ginocchia.
Senti
le sue dita fredde sollevare la manica della camicia,
dopodiché il
suo tocco delicato ti perlustra la pelle, scoprendo la ferita che ti
eri imposto di nascondere.
“Fortunatamente
non è profonda, ma neanche piccolissima. Bisogna
disinfettarla”
dichiara, guardandoti dritto negli occhi. Per un istante riesci a
specchiarti in quelli di lei e, per qualche strana ragione,
percepisci il battito cardiaco accelerare.
“Kudo,
mi hai sentito?”.
“Ah...
sì”.
La
segui con lo sguardo mentre si alza dal letto, sparisce dalla stanza
e torna con una cassetta bianca tra le mani. A confronto, sembra
ancora più esile e piccola di quanto già non sia
– almeno
fisicamente.
Accenni
un sorriso, osservandola trafficare con garze, bende e disinfettanti,
e le appoggi ancora il braccio in grembo mentre ti fidi completamente
di lei.
Le
sue mani si muovono, attente e scrupolose, e senza neanche rendertene
conto rimani incantato dalla cura, dalla concentrazione e dagli occhi
verdi che studiano attenti ogni millimetro di pelle ferita.
Non
riesci a fare a meno di guardarla e Haibara se ne accorge dopo pochi
minuti.
“Cosa
c'è, Kudo? Ho qualcosa in faccia?” ti chiede
stizzita, fermandosi.
La
sua voce ti distoglie dai tuoi pensieri e scuoti la testa,
ridacchiando per spezzare la tensione.
“Cosa?
No, no. Scusami, ero distratto”.
Ti
lancia un'altra breve occhiata sospettosa prima di riprendere il
lavoro e tu torni a scrutarla senza neanche accorgertene.
Noti
le sue guance assumere un leggero color porpora fingendo il massimo
dell'indifferenza, la serietà nei suoi occhi che,
improvvisamente,
brillano di una luce particolare e la delicatezza in quel tocco
esperto.
Sorridi
di nuovo, meravigliato da quell'immagine, senza renderti conto del
rossore che è apparso anche sul tuo viso.
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Capitolo 4 *** Lanterna ***
LANTERNA
Non
ascoltare quella voce, Sherry.
Non
voltarti.
Tu
sei parte di questa oscurità, è questo il tuo
mondo.
L'oscurità
ha cambiato prospettiva, nella tua testa.
Credevi
di poterla gestire, di essere sua amica. Eri convinta di far parte di
lei, così come lei ha sempre fatto parte di te.
Finché non ti ha tradita, provocandoti un dolore dell'anima
che non ti saresti
aspettata.
Le
hai dato tutto e adesso non ti rimane più nulla.
Ma
sai che puoi fare quel passo, puoi provarci.
Non
farlo, Sherry.
Se
solo ci proverai, sai che le conseguenze saranno terribili.
Vuoi
diventare una traditrice?
Ti
hanno insegnato cosa significa tradire; quella gente non ha il
diritto di vivere.
Ti
hanno spiegato la sorte che tocca ai traditori.
Non fai più parte di questo, lo sai.
Non
fai più parte di nulla.
L'autunno
è arrivato velocemente, quasi due mesi senza Akemi.
Ogni
cosa muore e si trasforma.
Il
buio arriva, accompagnando il freddo.
Buio,
buio. E ancora buio.
Buio
ovunque.
Sopravvivere
è tutto ciò che puoi fare, adesso.
Vai
avanti per inerzia, senti di non avere la forza per opporti.
Non
puoi andartene, non te lo permetterebbero mai.
I
pensieri si annullano, il cuore ghiaccia.
I
giorni passano e cerchi di non pensarci, per il momento.
Entri
nella villa enorme, pronta per il sopralluogo.
Il
nulla è ciò che ti guida; ordini superiori contro
i quali non puoi
competere.
I
bambini che corrono per le vie si divertono con le loro zucche
intagliate in
mano, pronti a contrastare l'arrivo dell'oscurità grazie
alle
minuscole luci che brillano attraverso le bocche
tagliate male nella buccia arancione.
Avevi
pensato sarebbe stato inutile e invece ogni dubbio s'incastra alla
perfezione.
Ti
volti e la foto sulla scrivania che ritrae il giovane detective moro
attira la tua attenzione; ti soffermi sui suoi lineamenti – e
su
quelli della ragazza alla sua destra – e comprendi.
Percepisci
una spinta strana, da qualche parte dentro di te.
Una
forza che hai creduto di non avere e che, probabilmente, era soltanto
assopita.
Osservi
quel volto e, improvvisamente, capisci che quel ragazzo rappresenta
quel coraggio.
In
fin dei conti, hai già deciso cosa fare.
Devi
raggiungerlo, in un modo o nell'altro.
Lui,
la tua unica lanterna nel buio.
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Capitolo 5 *** Candido ***
CANDIDO
Ancora
una volta, non comprende il motivo di quel salvataggio dell'ultimo
secondo.
Non capisce il suo
rischiare la vita per lei, per una persona che gli ha rovinato la vita
– un mostro, come l'aveva definita in passato.
Sa
com'é, lo farebbe per chiunque perché
è istintivo.
Dannatamente
istintivo.
Già, ma
lo sguardo che le rivolge fa trasparire tutt'altro.
Gli occhi di quel
blu così puro la stravolgono interiormente; non si sente
degna di far parte di quel mondo. Del suo mondo.
L'espressione
candida che le rivolge è quasi morbida, quando le parla di
destino.
Quando le mormora
di non scappare.
Haibara non riesce
a comprenderlo, ma lui si è già affezionato.
Lei non regge
quell'anima pura, si sente a disagio, vorrebbe davvero andarsene
perché non è quello il suo posto.
Ma non fa parte di
alcun posto, ormai.
Non scappare dal tuo destino.
E ci crede, ci
crede davvero.
Lui l'ha già salvata,
ma ancora non se ne rende conto.
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Capitolo 6 *** Retroscena ***
RETROSCENA
Conan
solleva le palpebre all'improvviso nel momento in cui la sente
mormorare una serie di parole sconnesse.
Si
è addormentato sul ripiano della cucina – se ne
accorge soltanto
adesso – nonostante la convinzione di poter rimanere sveglio
senza
troppi problemi.
Si
avvicina al letto sul quale è sdraiata e non ci vuole molto
per
capire che la febbre sta aumentando di nuovo; la fronte imperlata di
sudore, il viso contratto e pallido, il continuo delirare della voce
appena percettibile.
È
un'influenza, una comune influenza, tuttavia la guarda e non riesce a
spiegarsi il senso di frustrazione e impotenza che lo avvolgono nel
vederla così fragile e indifesa.
Per
la prima volta, riesce a comprendere tutta la pressione che Haibara
sente su di sé e della quale non racconta facilmente.
Per
la prima volta, non riesce a fare a meno di notare ogni suo
cambiamento, dal respiro affannoso alla tosse, ogni mormorio senza un
senso apparente.
Per
la prima volta non riesce ad allontanarsi da lei, come se farlo possa
significare lasciarla esposta a qualunque rischio.
Conan
le sistema nuovamente il fazzoletto umido sulla fronte e la sente
parlare ancora, gli occhi chiusi.
“Haibara”
la chiama, poggiandole una mano sul braccio, “cosa dici?
Pensa a
riposare”.
La
vede scuotere la testa e agitarsi ulteriormente sul cuscino, mentre
la mano rimane ferma a contatto con la sua pelle calda.
“No...
basta” la sente mormorare, ma il detective deve fare un
grande
sforzo per capirla in modo distinto.
“Ehi,
stai tranquilla. Hai la febbre alta” le spiega, tentando di
calmarla. Le appoggia l'altra mano sulla spalla e la bambina riprende
i suoi movimenti bruschi.
“Lasciami...
“ sussurra, prima di iniziare a ripetersi continuamente.
“Ehi,
sono io. Calmati”.
“Non
mi toccare!”.
Haibara
alza la voce, accompagnando la frase con un movimento brusco della
testa e tenta di voltarsi dall'altra parte. Respira affannosamente,
adesso, e Conan sgrana gli occhi pensando di aver peggiorato la
situazione.
Si
allontana da lei di un passo e la vede tranquillizzarsi, il
cambiamento è quasi immediato.
La
osserva addormentarsi e si ricorda improvvisamente di una reazione
simile solo poco tempo prima, un qualcosa a cui non aveva voluto
prestare particolare attenzione.
Ha
sepolto quel dubbio tempo fa, un dubbio pieno di retroscena che
rimangono lì e che non le ha mai chiesto – per non
farle del male,
si era detto.
Adesso
la guarda e comprende che, probabilmente, l'unico a non volersi fare
del male è soltanto lui.
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Capitolo 7 *** Grembo ***
GREMBO
“Forse
dovresti prenderti un po' più di calma”.
Sgrani
gli occhi, immobilizzandoti all'istante. Non ti volti a guardare
Shinichi dopo l'ennesimo consiglio – non richiesto
– simile agli
ultimi cinque nell'arco di tre giorni.
Lo
ha scoperto, d'altronde saresti stupita del contrario, e la vostra
sta diventando una stupida lotta piena di non detti.
Non
avresti voluto dirlo, non ancora.
Non
così presto, quando hai appena iniziato ad assaporare la
libertà,
quella vera, e a capire cosa significhi realmente.
“Kudo,
sbaglio o sembra ci sia qualcosa che mi vuoi dire?”.
Con
la coda dell'occhio, vedi il ragazzo bloccarsi sul posto, le mani
nella tasca della giacca, gli occhi sollevati verso il soffitto in
cerca di una scusa da poter usare al momento.
“No,
niente. Notavo che ultimamente sei molto impegnata, non ti
fermi un minuto”.
Sospiri,
incrociando le braccia.
“Coraggio,
dimmi come hai fatto a scoprirlo”.
Shinichi
arrossisce, stupito dal fatto che tu abbia percepito ogni suo minimo
pensiero.
“Cosa
dici? Non capisco”
“Dai,
Kudo, smettila di fingere. Sono giorni che sei fin troppo premuroso
con me non appena mi muovo”.
Il
detective s'irrigidisce; probabilmente non ha mai messo in dubbio di
poter essere colto in flagrante a quel modo. Ripensi al momento in
cui ti ha obbligata a sederti in panchina esonerandoti dal giocare a
calcio con i bambini o quando ha deciso di cenare dal dottor Agasa
improvvisando addirittura una bugia con Ran.
“In
realtà, io... “
“Dai,
parla. Non inventare scuse”.
Ti
volti verso di lui e i vostri sguardi s'incrociano. La tenerezza del
blu dei suoi occhi ti trafigge in profondità e fa male,
nonostante
tu abbia voltato pagina.
“Ecco...
non è stato complicato. È da due settimane che
sei sempre stanca,
hai spesso fame e mangi di tutto. Non è da te,
ammettilo” riflette
lui, poggiandosi le mani sulla nuca, “inoltre, Agasa mi ha
detto
che non sei stata bene di stomaco”.
“Quindi
non basta il detective impiccione, devo preoccuparmi anche di
Agasa”
concludi, inarcando un sopracciglio.
Shinichi
ridacchia, tornando serio dopo pochi istanti.
“E
poi ti vediamo finalmente felice senza pressioni, né
paure”
afferma, facendoti un occhiolino, “questo significa che hai
trovato
la persona giusta”.
Il
cuore accelera all'improvviso, pieno di quel sentimento che hai fatto
di tutto per reprimere e che adesso ferma un magone in gola difficile
da fermare.
“A
dire la verità, io non ho ancora deciso” rispondi,
trattenendo
ogni tremolio nella voce, “mi trovo in una situazione a cui
non
avevo mai pensato. Ho bisogno di un po' di tempo per decidere, per
questo non l'ho detto a nessuno. E neanche tu lo farai”.
Sbuffi,
scrutando ogni suo movimento.
“D'accordo,
è comprensibile. Ma devi promettermi che farai attenzione e
che ti
riguarderai, perché-”
“Shinichi”.
Lo
chiami per nome, stavolta, e lui rimane a fissarti. Sorridi
perché
quella premura ti fa star bene, nonostante tutto.
“Grazie,
ma va tutto bene”.
Ti
allontani di pochi passi, ancora colma di quel calore. Lo percepisci
ancora, dietro di te.
“Ascolta
soltanto una cosa, Shiho” mormora, cogliendoti alla
sprovvista,
“non importa cosa sceglierai, ma qualunque cosa sia
sarà quella
giusta. Devi essere pronta a vivere e ne sei in grado”.
Ti
volti appena, le lacrime si riflettono nei tuoi occhi.
Ti
sfiori istintivamente il ventre mentre dentro di te hai già
deciso.
Grazie
a lui.
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