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Eccomi qui, alla mia prima fan fiction; anche se non
tratterà dei famosissimi Robert Pattinson
o Johnny Depp, dateci almeno un occhiata.
Sono una grande fan di James Marsters,
interprete di Spike in “Buffy” e ho pensato a lui per
la mia prima storia.
Se l’inizio vi sembrerà un po’ lento è perché volevo
spiegare al meglio alcune cose, per rendere la trama più scorrevole nei
capitoli successivi.
Accetto, anzi, ESIGO dei commenti, positivi o negativi non
importa…voglio sapere cosa ne pensate…
E prometto che questa sarà una fanfic
COMPLETA!!! Quindi niente cose lasciate a metà, che
non sono mai piacevoli.
PS: i riferimenti a luoghi e persone sono PURAMENTE CASUALI,
come del resto gli aspetti del carattere di James Marsters,
il protagonista. Alcune cose della protagonista femminile, invece, rispecchiano
molto la mia vita e la mia personalità.
Detto ciò, buona lettura.
ICAPITOLO
“E
impari che nonostante le tue difese,
nonostante il tuo volere o il tuo destino,
in ogni gabbiano che vola c'e' nel cuore un piccolo,
grande
Jonathan Livingston.
E impari quanto sia
bella e grandiosa la semplicità.”
La ragazza entrò di corsa in palestra, la borsa a tracolla
che sbatteva contro ogni spigolo; senza salutare nessuno dei presenti si fiondò
in spogliatoio, dove trovò le sue compagne già belle che pronte.
“Sei in ritardo- osservò una di loro, legandosi i capelli
lisci in una coda alta – Ho un dejà-veaux!”
“Grazie di farmelo notare tutte le volte, Alice!” ironizzò l’ultima arrivata, mentre si spogliava e praticamente in
contemporanea indossava il body in lycra.
Marina, una ragazza castana, minuta e pacata, intervenne in
quel momento, con lo sguardo basso, intenta ad allacciarsi la cintura: “Cosa è
successo ‘stavolta?”.
La ritardataria si tuffò nei pantaloni da ciclista, poi
subito in quelli deljudoji:
“Mio padre…Come al solito…aveva uno dei suoi impegni- quasi col fiatone si
infilò nella giacca della divisa, sciogliendo le spalle sotto il rigido tessuto
–e, come se non bastasse, mi ha dato la bella notizia che avremo ospiti”.
Dal bagno apparve in quell’istante l’ultima del gruppo
femminile, Laura: “Sbaglio o ho appena sentito la voce della nostra…Ahhhh!!!Allora eri proprio tu!”
abbracciò l’amica, troppo intenta a intrecciarsi i capelli per contraccambiare
il gesto.
Dopodiché, anche per lei fu il momento della cintura, di
colore nero, come tutte le altre.
In fin dei conti poteva ritenersi puntuale.
Lisa, diciotto anni (e tre quarti, ci teneva sempre a
precisare), capelli lunghi e mossi, castano chiari,
grandi occhi di un verde quasi trasparente, carnagione olivastra.
Faceva judo, che lei definiva l’unico sport degno di questo
nome, dall’età di sette anni.
E quelle attorno a lei erano le compagne di una vita, da cui
non si era mai separata, con cui aveva condiviso lacrime, sudore e gioie
immense.
Se qualcuno avesse chiesto di definire il loro rapporto,
tutte avrebbero risposto alla medesima maniera: come si fa a definire il
rapporto con se stessi?
Perché loro erano così, un’unica persona, scissa in tre
splendide personalità agli antipodi, ragazze pressoché simili (stessi capelli
castani, stessi occhi scuri, stessi fisici atletici), che una volta conosciute
meglio, si rivelavano inconfondibili.
A un esame approfondito si poteva notare una netta
differenza tra i capelli castano-biondo di Marina e quelli di Laura, con
sfumature mogano.
Allo stesso modo gli occhi neri di Alice non avevano nulla a
che vedere con le pagliuzze dorate nelle iridi marroni di Marina.
Per non parlare del corpo, muscoloso e ben definito quello
di Laura, più longilineo e slanciato quello di Alice, minuto e leggero quello
di Marina.
Più Lisa le guardava, più si convinceva di quanto tutte,
singolarmente e nel loro insieme, le fossero indispensabili per sentirsi
completa e…in pace col mondo.
Per quanto le cose della vita di una diciassettenne
potessero stravolgersi, loro tre erano un punto fermo su cui Lisa avrebbe
scommesso la propria vita.
Ormai pronte, le quattro judoka uscirono dallo spogliatoio
e, dalla porta di fianco, sentirono la voce del preparatore atletico che si
stava vestendo: “Allora mezze calzette- esclamò l’uomo ai ragazzi che erano con
lui nella stanza –siete pronti a vedere come si fa judo sul serio!?”
Lisa alzò gli occhi al cielo e con voce implorante sussurrò:
“Vi prego, ditemi che oggi non è lunedì!”
Alice rise, facendo ondeggiare la frangia corvina, che
presto le si sarebbe appiccicata alla fronte, fradicia di sudore. E comunque sarebbe sembrata sempre perfetta: “No, Lisa, mi dispiace
deluderti. Oggi è lunedì e c’è
pure il tuo grande amico!”
“Arrogante e saccente come sempre?”chiese sempre lei,
facendo il saluto per salire in pedana e sfoggiando un falsissimo sorriso a
trentaseimila denti.
“Magari, cara mia! Peggiora ogni
volta!- raccontò Laura –ma togliti pure quella paresi facciale di dosso, finchè non arriva. Sei ridicola!”
Lisa obbedì e tornò all’espressione seria e strafottente che
teneva durante l’allenamento.
A dire il vero, di solito allenarsi le metteva una gran
gioia e non sarebbe potuto essere altrimenti, se non fosse stato per l’entrata
in scena del nuovo preparatore atletico, borioso e supponente.
Una persona che, secondo Lisa, non si conciliava con gli
ideali di modestia e umiltà che stavano alla base del judo.
In più quella non era la serata migliore per istigarla, come
era solito fare lui. A Lisa era bastato il diverbio col padre per arrivare al
colmo.
“Avremo un ospite, fra qualche giorno!” le aveva
semplicemente detto.
“Cosa?! E per quanto resterà qui?!” lo aveva aggredito di rimando la figlia.
“Il tempo necessario- era stata la risposta, netta, del
padre –parteciperà a un nuovo programma che sarà mandato in onda quest’estate.
Dato che, immagino, sarà una cosa lunga, mi sembrava scortese farlo stare in
albergo. Non sarà un problema, in casa c’è spazio in abbondanza”
Lisa aveva alzato gli occhi al cielo,
pensando: “Come no! Quante volte l’ho già
sentita!”.
Dopodiché si era precipitata ad allenamento, senza chiedere
ulteriori delucidazioni sull’identità dell’ospite; non sapeva nemmeno se fosse
un uomo o una donna.
L’ultima volta che avevano litigato su quell’argomento, i
risvolti erano stati pressoché catastrofici: Lisa aveva dovuto fare da serva a
un George Clooney inaspettatamente pretenzioso e per nulla cordiale. Due mesi
paragonabili a un nuovo girone infernale a cui la ragazza doveva ancora trovare
un nome appropriato.
“Speriamo almeno che questa volta sia una donna.- pensò Lisa
ad alta voce –Così perlomeno potrò girare per casa in mutande!”
Pur essendo una frase campata per aria, le tre amiche
capirono perfettamente a cosa si riferisse.
“Facciamo così- propose Marina –appena il tuo nuovo
“coinquilino” arriva, tu ci chiami, così noi corriamo da te e ti portiamo via
con la forza!”. Detto ciò, le fece un occhiolino d’intesa; Lisa non potè fare a meno di sorridere.
Una voce e un battito di mani annunciarono l’inizio
dell’allenamento; le quattro si lanciarono un’occhiata significativa poi,
sospirando quasi all’unisono, presero posto in mezzo agli altri per il saluto
d’inizio.
Il padre, Leonard D’Andrade, era
un famoso regista, di origine Italiana, cresciuto nei salotti Newyorkesi e poi
tornato in patria per gli studi alla scuola di cinema di Roma.
Qui aveva conosciuto una giovane Egiziana, SamiaRushdy, che al tempo si
trovava nella capitale in cerca di fortuna nel campo della moda.
Samia aveva dato alla luce Lisa
due anni dopo, ma quando la bimba aveva appena cominciato a parlare, il
richiamo delle passerelle era stato troppo forte, così la giovane bellezza era
letteralmente scappata, per tornare nel suo paese natale.
Ogni tanto, da quello che aveva intuito Lisa, suo padre la
sentiva ancora, per assicurarsi che stesse bene.
Samia, da parte sua, rispondeva
sempre da posti diversi, una volta dalla Russia, una volta dall’Australia…
L’uomo era rimasto sempre legato a quella donna, tanto
simile alla figlia, nell’aspetto e nel carattere selvatico.
Alla fine della storia, Lisa era rimasta in Italia col
padre, aveva preso a frequentare un liceo che offriva anche materie inerenti il cinema e si era fatta una vita in cui la parola “mamma”
non era contemplata; forse non l’aveva mai nemmeno imparata.
Il vizio del padre di ospitare saltuariamente star di
Hollywood, era una conseguenza diretta del suo lavoro: Leonard era il collante
tra la TV italiana
e le grandi reti statunitensi. Tutti i più grandi produttori facevano
affidamento sui suoi agganci, per portare all’interno dei propri programmi VIP
d’oltreoceano.
Lisa rammentava ancora la simpatia di Sharon Stone, che le
aveva regalato un peluche che custodiva gelosamente; e aveva sentito la
nostalgia delle barzellette di Will Smith, che era stato da loro l’inverno
precedente.
Perdendosi nei ricordi, la ragazza aprì la porta di casa;
silenzio e luci spente le fecero intuire di essere sola.
Accesa la luce, Lisa notò subito il biglietto sul tavolo:
suo padre la avvisava che era fuori a cena col nuovo ospite.
“Tra qualche giorno,
vero?” pensò furibonda, accartocciando il pezzo di carta per poi lanciarlo
a caso, in un angolo indefinito del piano terra.
Abbandonò la borsa dell’allenamento sul divano, senza
curarsi di svuotarla: “Pensaci tu, visto
che non è un problema” si disse stizzita.
In quei cinque minuti di ira furente, avrebbe creato un caos
tale nei due piani della villetta, da far rimpiangere al padre di essere nato.
Poi si sarebbe pentita e avrebbe rimesso tutto a posto, però
nel frattempo si spogliò lasciando impunemente i vestiti appoggiati al bordo
della vasca del bagno.
Con indosso una semplice camicia da notte in cotone, si
sdraiò sul letto, accendendo il PC portatile e aspettando che MSN partisse.
Storse il naso delusa, quando vide che nessuna delle sue
compagne di judo era ancora connessa, ma le bastò aspettare cinque minuti prima
che un suono l’avvisasse dell’accesso di Marina.
“Buonasera!” cominciò
Lisa “Vuoi sapere l’ultima? L’ospite è già qui!”.
Sotto quella frase aggiunse uno smiley molto arrabbiato.
La risposta fu quasi immediata “Oddio! E chi è?!”.
“Non si è ancora visto-
digitò Lisa, scaricando la sua rabbia sui tasti –altra sorpresa, è fuori a cenacon
mio padre. Così io sono sola a casa,senza nulla di commestibile. Mi sa che digiuno”
“Allora domattina sei
prenotata!- la dolcezza di Marina non tardava mai ad arrivare- alle 8:30 io e le altre passiamo da te!
Tuffo fuori dalla finestra e sei salva! Eci pensiamo noi a farti recuperare,
con una colazione super!”
Lisa si sentiva già più leggera dopo quelle poche parole.
Il breve scambio di battute fu interrotto dalla vibrazione
del cellulare: Laura la stava chiamando dal telefono di casa, sarebbe stata una
lunga conversazione.
Così la ragazza congedò l’amica in rete con la promessa di
rivedersi la mattina dopo, poi si dedicò a quella dall’altra parte della
cornetta: “Ciao tesoro!- esordì Lisa- cosa mi racconti?”.
Una voce acuta e sbigottita le fece eco: “Cara
mia, sei tu a dovermi spiegare…su internet ho beccato Mary: mi ha
accennato dell’arrivo a sorpresa”.
Lisa si spaparanzò sul materasso e accese la TV: i programmi della seconda
serata non erano mai entusiasmanti, ma quasi per caso trovò un canale che
trasmetteva i nuovi episodi di “Buffy The Vampire Slayer”.
Con un gridolino soddisfatto si accinse a rispondere a
Laura: “Ormai l’unica sorpresa è che io continui a sorprendermi…perdona il
gioco di parole!”.
L’amica dall’altro capo rise: “Hai reso
perfettamente l’idea! Ma sbaglio o quella che sento in
sottofondo è la sigla di Buffy?”. In effetti era praticamente impossibile sfuggire al radar
delle sue compagne di squadra: qualunque cosa Lisa facesse o pensasse, le tre
ne erano sempre al corrente.
Quest’ultima sospirò: “No, non sbagli…e sembra pure una
puntata inedita!”.
Bastarono pochi attimi, dopodiché Lisa si ammutolì: in scena
era entrata la protagonista che, con una spada più grossa di lei, cercava
goffamente di infilzare un certo demone Chtulhu…o
qualcosa del genere.
La spettatrice storse il naso: “Di sicuro non hanno
investito sugli effetti speciali!” notò con occhio critico.
“Approvo pienamente” concordò Laura, che si era sintonizzata
sullo stesso canale.
Poi d’un tratto entrò in scena un altro personaggio, al cui
arrivo Lisa fischiò in segno di ammirazione: “Mi chiedo come faccia ad essere
sempre così dannatamente bello!”.
Raramente la ragazza faceva complimenti a quello o
quell’altro attore, ma in quel caso era totalmente diverso: James Marsters, alias Spike, il vampiro biondo della serie
televisiva, rappresentava il suo unico strappo alla regola.
Lisa non avrebbe speso un minuto del suo tempo per un
autografo di Brad Pitt o Matt Damon… ma avrebbe venduto l’anima per poter
vedere anche solo di sfuggita quella maledetta chioma platinata dal vivo!
Adorava il personaggio, lo trovava incredibilmente azzeccato
e l’attore lo interpretava egregiamente; in sostanza sembrava fatto apposta per
lui!
“Dimenticavo i tuoi momenti di debolezza di fronte alle
scene di Spike!- bofonchiò Laura, che ormai aveva ascoltato quella tiritera
all’infinito- Quando hai finito di divinarlo fammi un fischio!”
Lisa abbassò il volume: ovviamente Spike aveva vinto il
combattimento col demone Chtulhu e ora si baciava
appassionatamente con la cacciatrice.
“Asina!- scherzò poi rivolta all’amica- sai bene che la mia
è una pura attrazione professionale”.
“Sì sì, come no!- la schernì Laura
con tono saccente- Una di quelle cose di cui si discute professionalmente sotto le coperte, giusto?!”.
La sfacciataggine della compagna a volte metteva Lisa in
imbarazzo; ma era incredibilmente sincera, non poteva farci nulla. Così si limitò ad arrossire e a emettere un risolino soffocato:
“Smettila! Sfacciata che non sei altro!”.
In risposta ebbe la frecciatina dell’amica: “Ehi bella mia…sei tu che devi stai sbavando sul telecomando! Sento gocciolare fino a casa mia!”.
Le risate di Lisa si fecero più fragorose:
“Bastaaaa! Sei una vacca!”.
“Ho imparato dalla migliore!”.
Quel botta e risposta non aveva nulla di offensivo; se non
si fossero amate profondamente, mai si sarebbero sognate di insultarsi in un
modo così diretto, e tuttavia affettuoso.
“Ammetti che sono la migliore nel tirarti su di
morale!”aggiunse infine.
Lisa poteva immaginarsi la faccia di Laura, mentre si faceva
i complimenti da sola: un piccolo pavone che fa la ruota con la coda!
Non c’era neppure bisogno di rispondere, così fu sempre
Laura a chiudere la conversazione: “Ci vediamo domani,
tesoro; sotto casa tua alle 8:30. E non lamentarti sempre delle superstar che
ti ritrovi in pantofole per casa! Sii altruista e pensa anche
un po’ a noi”.
Lisa alzò gli occhi al soffitto: “Dimenticavo che ormai vi
presentate qui esclusivamente per rifarvi gli occhi!-poi si fece una domanda-
solo io sono immune al fascino di queste statue di cera, che ogni tanto si
stanziano qui?”.
Lisa sognava beatamente: il demone Chtulhu
la inseguiva, poi lei si girava verso di lui e cominciava a colpirlo a suon
di…cuscinate? Sbigottita da quel particolare, cominciò il ritorno al mondo dei
vivi.
A rovinare definitivamente il tutto, la sua faccia iniziò a
vibrare.
Ogni cosa tornò alla posizione reale, cioè nell’ordine: il
guanciale stretto in mano, la faccia sotto il guanciale e il cellulare
compresso tra la faccia e il letto.
Ovviamente il cellulare stava squillando.
Noncurante delle radiazioni che,probabilmente,
stavano trucidando i pochi neuroni di cui era in possesso, rimase in quella
posizione ancora un po’; forse un giorno avrebbe capito come faceva a dormire
in quelle posizioni assurde.
Nel frattempo, dato che il telefono si ostinava a squillare,
prese l’impegnativa decisione di rispondere: “Phhontoh?”
bofonchiò, non ancora del tutto sveglia.
L’allegra voce di Alice la prese in giro: “E quello ti
sembrava un pronto?!”
squittì ridendo, causando una smorfia di fastidio dall’altra parte.
“E’ tutto quello che concedo a quest’ora- poi Lisa si destò
di colpo, drizzandosì a sedere- che ore sono?!”.
“Sempre troppo tardi per essere puntuale-
osservò l’amica con fare rassegnato –saremo da te tra dieci minuti! Sbrigati a vestirti!”. D’accordo, quello era un ordine.
Lisa afferrò il messaggio e senza neanche salutare, spense
la chiamata e si buttò giù dal letto.
Buttarsi fu il
termine giusto, in quanto le coperte si erano letteralmente impossessate delle
sue gambe, causando a Lisa un violento tèt-a-tèt
col pavimento.
Scalciando e sbottando fra sé e sé, si rimise in piedi;
barcollò un attimo, poi accese la lampada da tavolo e si mise a cercare i
vestiti. La penombra dell’armadio non facilitava di certo l’abbinamento di
colori, ma una luce più forte sarebbe stata il colpo di grazia.
Alla fine optò per una maglietta a maniche corte bianca
(colore inconfondibile) e un paio di shorts di jeans (altra scelta
inequivocabile).
Lasciò la
T-Shirt fuori dai pantaloni e dato che le arrivava a metà
coscia, legò la cintura direttamente su di essa.
Poi, come voleva la moda, la arricciò leggermente al di
sopra della cinta, per darle una forma più morbida e meno “stirata”.
Infine si buttò sulle spalle un cardigan a maniche lunghe:
l’immagine riflessa nello specchio non sembrava così male.
Così si diresse in bagno e, sempre restando nella
semi-oscurità, si lavò la faccia e stese un velo di crema idratante sul viso;
recuperò la borsa abbandonata in un angolo del corridoio e fece per scendere le
scale.
Dal piano terra le giunse all’orecchio la voce di suo padre
e si bloccò subito: parlava in inglese e a rispondere…c’era una voce maschile.
Lisa palesò la propria delusione con uno dei suoi sorrisi
sghembi: tanti saluti alla privacy femminile.
Cercando di origliare la conversazione, scese
a passi felpati i gradini.
“Perdona il caos!” disse un imbarazzato regista.
A quelle parole Lisa si battè la
fronte con la mano: si era dimenticata di risistemare il “disordine
vendicativo” della sera prima…pazienza, ora non ci poteva fare più nulla.
“Un buon inizio”
pensò toccando il pianterreno e trovandosi faccia a faccia col padre…e il suo
nuovo, inaspettato ospite.
La prima reazione della ragazza fu un encefalogramma piatto:
il sonno tormentato e il risveglio brusco l’avevano scombussolata ben a modo,
così lo sguardo le rimase fisso sullo sconosciuto.
“Ecco la mia spina nel fianco!” esclamò Leonard,
squadrandola con una finta occhiataccia.
Vedendo che Lisa non reagiva e rimaneva con lo sguardo ebete
fisso nel vuoto, l’uomo continuò:
“James, ti presento mia figlia Lisa; cara, questo è James Marsters”.
Il cervello di Lisa riusciva a pensare solo una cosa: non
poteva essere vero.
“Facile, sto ancora
sognando-si disse lei –magari da
qualche parte si nasconde il demone Chtulhu”.
A coronamento della figuraccia, la ragazza si mise a
guardare prima la cucina, poi la lavanderia, in cerca di Buffy
o qualche altro residuo onirico; non si rese neppure conto che l’attore le
stava cortesemente porgendo la mano già da un po’.
A salvarla fu il campanello della porta d’ingresso e un
vociare a lei noto.
Sempre evitando accuratamente di ricambiare la stretta, Lisa
aprì bocca per la prima volta, emettendo un rauco “Vado ad aprire”.
Mentre si allontanava udì suo padre che la giustificava:
“Devi scusarla- disse all’ospite –è infuriata con me perché non l’ho avvisata
del tuo arrivo: aggiungici il fatto che è adolescente…”
Lisa non volle ascoltare oltre, così aprì la porta e lasciò
che il frastuono delle amiche invadesse il soggiorno.
“Finalmente! Cosa
aspettavi, l’ispirazione dal cielo, per farci entrare?”civettò Alice
guardandosi intorno curiosa.
“Allora!- intervenne Laura, quasi urlando –dov’è la nostra
nuova pred…ah…”
Nemmeno lei, la sfrontataper eccellenza, riuscì a nascondere
l’espressione attonita.
Dal canto suo, Marina si limitò a proferire un laconico
“Oh…”.
Le nuove arrivate avanzarono verso l’ospite, come se
stessero guardando un Picasso senza trovare quale fosse il sotto e quale il
sopra.
“Speriamo solo che non mi abbia capito” sussurrò Laura
piegandosi verso le altre.
Per concludere col botto quell’inizio catastrofico, James si
girò verso Lisa,porgendole di nuovo la mano, dicendo:
“Prometto che non mordo!”. Il tutto in un italiano pressoché perfetto.
“Ecco,come non detto” commentò
Laura, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi.
Solo allora Lisa potè svegliarsi
del tutto e constatare che quella era la dannata realtà; con un gesto meccanico
strinse la mano dell’uomo.
A quel contatto cominciò a notare i particolari: i capelli
ossigenati di Spike avevano lasciato spazio al castano naturale di James; la
pelle non era di quel pallore cinereo che lo aveva caratterizzato nel telefilm,
ma anzi, mostrava una lieve abbronzatura. E, cavoli, gli occhi erano davvero
fottutamente azzurri, da togliere il fiato!
Il colpo di grazia le fu dato dal suo
sorriso; le labbra sottili si dischiusero, mostrando una fila di denti
splendenti e da lontano, forse dal paradiso, una voce le parlò: “Tuo padre mi
ha raccontato molto di te. Ora mi spiego perché- James si rivolse al
regista –come l’avevi definita? Fantastica, ma decisamente fuori dagli schemi? Direi che ci siamo”.
Detto ciò, piantò nuovamente gli occhi di ghiaccio su Lisa,
che di rimando spalancò i suoi, verdissimi, indecisa se morire d’infarto o per
mancanza d’ossigeno.
Fu la faccia tosta di Laura a salvare l’amica; Lisa si sentì
presa di peso per le spalle (grazie al cielo facevano tutte
judo!) poi una voce dietro di lei disse, con tono frettoloso: “Bene! Noi
dobbiamo andare; piacere di averi conosciuto James, ma
Lisa è molto occupata, ora”.
In un lampo erano tutte fuori casa, nessuno aveva fatto in
tempo a replicare.
Marina battè una
mano sulla spalla di Laura: “Complimenti! Mancava solo che aggiungessi “…eLisa
sta per sbavarti sulle scarpe…” così avresti regalato a questo incontro il
Nobel per la demenza”
La prima cosa che entrò nella visuale di
Lisa, ancora in stato vegetativo, fu la frangia perfetta di Alice: “Huston? Abbiamo un problema! Sei
ancora fra noi?” si premurò di informarsi, agitando le braccia freneticamente.
L’altra alzò le mani per fermare tutto quel trambusto: “Sì sì, ci sono…- fu fiera di se stessa, anche se la voce le
tremava vistosamente –Ma, accidenti, che colpo…era davvero lui?”.
Laura si gonfiò orgogliosa: “Esatto bimba!
E il tuo cuore di ghiaccio si sta già sciogliendo!”.
Il gruppo di amiche camminò in silenzio per qualche minuto,
poi Lisa si fermò di colpo
“Ma che sto facendo?- si interrogò –sono qui, a due isolati
dall’attore dei miei sogni e me ne sto zitta?!”
Davanti agli occhi di tre judoka sconvolte, Lisa emise un
urlo, con tutto il fiato che aveva risparmiato in 19 anni di vita. Se James Marsters non la sentì, fu solo per un miracolo.
Quel dannato cappuccino non sarebbe mai stato abbastanza
zuccherato, constatò Lisa.
Ma d’altra parte, avrebbe potuto anche essere succo di
cicuta, che non se ne sarebbe resa conto.
In sottofondo una saggia Marina le stava elencando le regole
fondamentali per una buona convivenza: non lasciare calzini in giro, stai
seduta composta a tavola…
La diretta interessata si limitava ad annuire e a fissare il
viso ovale dell’amica, coperto per metà da un paio di occhiali a mascherina,
sotto cui quasi scompariva il naso piccolo e sottile.
Alice, dall’altra parte del tavolino, si controllava le
doppie punte e la noia negli occhi di Laura era più che comprensibile.
Sbuffando, quest’ultima interruppe Marina con tutta la delicatezza possibile:
“Scusa tesoro, ma qui l’unica legge universale darispettare è…Non girare nuda per
casa!- esclamò la ragazza- del resto goditi la sua permanenza nelle tue
stanze!”
Notando lo sguardo malizioso di Laura, Alice
buttò indietro la coda e prese la parola: “Tu cosa ti senti di fare? Se pensi che sia troppo imbarazzante puoi stare da me finchè non se ne va”.
Lisa, di nuovo, alzò le braccia per
tranquillizzare le compagne: “No, nessun problema. Devo solo abituarmi
all’idea; non è nelle mie qualità fare la faccia indifferente.- si tirò gli occhiali da sole sulla nuca e sorseggiò il suo
cappuccino – sapete meglio di me quanto sono dannatamente e inopportunamente
espressiva!”
Alice si accese una sigaretta e inspirò una boccata di fumo.
Non lo faceva spesso, solo quando aveva bisogno di riflettere; d’altra parte
era pur sempre un’atleta: “La mattina sarai praticamente sempre a scuola; di
domenica potremmo incontrarci per la colazione, come abbiamo fatto oggi- fece
una pausa e bevve in un sorso il suo caffè –Del resto ci alleniamo tutti i
pomeriggi, quindi saresti in casa due ore in cui dovrai sbrigare i tuoi
compiti”.
Lisa si fermò a pensare: non faceva una grinza.
“In più quest’uomo dovrà pur lavorare!
O è qui solo per una vacanza a sbafo?” esclamò Laura.
Diretta, concisa ma decisamente brava a centrare la questione.
Marina pose le ultime parole del discorso:
“Il tuo unico pensiero saranno i pranzi e le cene! Cucinerai
tu?”
In risposta la ragazza emise uno sbuffo: “Sì!
E pensi che sia poco? –piagnucolò poi, raspando col
cucchiaino la schiuma dal fondo della tazza – rischio di avvelenare l’uomo dei
miei sogni!”.
Laura rise di gusto: “Signore e signori, il ghiaccio è
letteralmente evaporato!”.
Facendo un gioioso applauso, Alice buttò la sigaretta e
recuperò dai meandri della borsa il suo
I-Phone: “Internet serve proprio a
questo- poi si bloccò dubbiosa –cosa devo cercare?”
Lisa si tuffò sullo schermo del palmare e
con trepidazione suggerì: “Qualsiasi cosa! Vai sui siti
ufficiali di tutta Europa, manda e-mail ai gestori dei siti dei fans…ingegnati!”.
Effettivamente Alice ce la mise tutta; stettero più di
un’ora a navigare in rete, facendo fuori una sfilza di caffè shakerati e
diverse porzioni di salatini.
Neppure con le doti di traduttrice di Laura, che frequentava
il liceo linguistico, riuscirono a trovare qualcosa di soddisfacente.
Un’intervista risalente a un mese prima svelava che James
aveva smesso da poco di fumare ed era inoltre praticamente astemio. Nulla di più.
Lisa potè constatare coi suoi
occhi l’estrema riservatezza dell’attore; ammirevole, ma alquanto seccante in
quella situazione.
Verso l’ora di pranzo, la ragazza ricevette un SMS dal
padre, nel quale le ordinava di raggiungerla agli
studi televisivi dove stavano programmando la nuova trasmissione.
Dopo la pessima figura di poche ore prima, era il momento
per Lisa di riscattarsi.
Senza fretta mangiò un insalata in
compagnia delle amiche; dopodiché le congedò e si diresse a passo svelto verso
il suo scooter nero.
Giunse a destinazione un quarto d’ora dopo, salutò la
ragazza alla reception e salì le scale verso la sala dove si doveva trovare il
regista.
Inizialmente credette di aver
sbagliato corridoio: lo studio in cui si ritrovò era il più grande dove suo
padre avesse mai lavorato, poteva tenere fino a 500 spettatori.
Molto spesso da casa
non ci si rendeva conto delle reali dimensioni di una sala, la maggior parte
delle volte ospitavano poco più di cento persone. Quello doveva essere lo
spazio più grande di tutto l’edificio.
La risata di Leonard in lontananza le confermò che si
trovava nel posto giusto.
Lisa si diresse verso il gruppetto di aiutanti che faceva
capannello attorno a suo padre.
Quando gli si trovò di fronte, notò la presenza di James,
che stava ridendo divertito a una battuta del regista.
“Finalmente sei qua- la accolse suo padre, congedando con un
cenno della testa gli altri- avevo bisogno di parlarti un attimo”. James era
rimasto accanto a loro; indossava un paio di jeans scuri e una camicia di colore
grigio-metallizzato.
“Concentrati sulle
parole del regista!- si impose mentalmente la ragazza – focalizza, Lisa…focalizza!”
“Volevo parlarti del mio nuovo programma- iniziò a spiegare
l’uomo, indicando il posto attorno a loro –Come avrai
notato anche tu, questa è una cosa in grande! Si tratterà del
lied-motive dell’estate e sarà
strutturato in due parti”.
Leonard si sedette su una delle poltroncine per il pubblico;
Lisa lo imitò, mentre James rimase in piedi, troppo intento a studiare la
ragazza.
“Le puntate saranno divise in due serie- continuò il regista
con professionalità –la prima andrà in onda nella prima serata del martedì,
mentre la seconda occuperà la seconda serata del giovedì”.
Lisa si sentiva come se il padre stesse parlando arabo: nell’aria
c’era il profumo di un dopobarba che non conosceva, probabilmente di James, e
il solo pensiero la stordiva.
In aggiunta a tutto ciò, era la prima volta che il famoso
Leonard D’Andrade si premurava di rendere partecipe
la figlia dei propri sviluppi lavorativi. Il perché restava un mistero.
“Ora voglio che tu presti la massima attenzione- precisò
Leonard calcando il tono della voce…si era forse reso conto dei viaggi mentali
di Lisa? –i temi trattati il giovedì notte saranno
estremamente delicati: sicurezza nazionale, sanità…cose in cui non ti voglio
coinvolgere”.
Concluse la frase
quasi frettolosamente, come se volesse rendere il più palese possibile che lei
doveva restarne fuori.
“Però- si accinse a continuare l’uomo – il martedì sarà
diverso”.
“Ecco dove stava il
trucco” pensò Lisa, nascondendo l’espressione trionfante: conosceva troppo
bene suo papà per lasciarsi sorprendere così facilmente.
In quel momento un trillo interruppe lo sproloquio del
regista; Leonard si allontanò per rispondere al cellulare, facendo prima un
cenno con il capo in direzione di James.
Questi si sedette nel posto occupato fino a qualche attimo
prima e parlò…o, perlomeno, aprì bocca ed emise dei suoni, che Lisa non fu in
grado di decifrare.
“Scusa, scusa un attimo- lo interruppe lei appena ebbe di
nuovo il controllo sulla propria voce –puoi ripetere il discorso?”.
Quasi dispiaciuto James si bloccò: “Perdonami, non mi ero
neppure reso conto di parlare in inglese…vuoi che provi in italiano?” chiese
infine nella lingua madre di Lisa.
La ragazza scosse la testa; sentì il battito cardiaco
aumentare e un improvviso calore alla faccia. Perfetto, doveva essere paonazza!
“Non mi riferisco a quello- spiegò poi cerando di ironizzare
– Capisco l’inglese. Ma credo di essermi persa mentre tu mi spiegavi qualcosa
riguardo la trasmissione del martedì…sbaglio o c’era
il mio nome in mezzo?”.
James scoppiò a ridere. “Allora
mi vuoi morta!” pensò disperata Lisa, di fronte a quel gesto disarmante.
“Non ti sbagli… Il programma del martedì sarà decisamente
più soft, ma soprattutto…incentrato
su tematiche riguardanti l’adolescenza- mettendo le mani curate avanti,
l’attore si spiegò meglio – Tuo padre intendeva affrontare il mondo dei ragazzi
da una prospettiva diversa: storie vere raccontate in diretta, ospiti di una
certa rilevanza e, specialmente, -fece una pausa per enfatizzare quello che
intendeva dire- impatto! Non so se sono stato chiaro”.
Una voce alle spalle di Lisa rispose per lei: “Sei stato
chiarissimo, caro James!- disse il regista, dandogli una pacca sulla schiena,
per poi rivolgersi alla figlia –Pensi di essere in grado di occuparti della
stesura dei testi?”
La ragazza strabuzzò gli occhi, in un’espressione che James
aveva già notato e che l’aveva divertito: sipotevano scoprire molte cose, dentro
quelle iridi chiarissime.
“Ne sono in grado?” chiese di rimando lei.
“E’ un impegno di un certo calibro, lo ammetto- rispose
Leonard, in piedi a braccia incrociate –Ma ti reputo in gamba e un passo avanti
rispetto ai tuoi coetanei. Puoi vedere gli argomenti di cui trattare
dall’interno ma con occhio più critico”.
Lisa rimase spiazzata: mai prima di allora si era sentita
descritta in quel modo dal padre.
Puntò gli occhi verdi su James, per carpire da una sua
qualsiasi reazione, cosa ne pensava al riguardo; in risposta ebbe solo lo
sguardo di ghiaccio dell’attore, che la costrinse a girare il
capo imbarazzata.
“E ora cosa faccio?”.
A risolvere quel quesito, intervenne proprio lui, James:
“Tuo padre mi ha chiamato qui anche per affiancarti nel tuo lavoro…oltre che
per fare la parte della bella statuina che farà presa sulletelespettatrici adolescenti”.
Poi si aprì in uno dei suoi splendidi, disarmanti mezzi
sorrisi, che tanto avevano colpito Lisa, la prima volta che lo aveva visto
calato nei panni del vampiro Spike.
Niente a che vedere con la tenebrosa interpretazione del
personaggio, quell’espressione era esclusivamente sua.
La risposta non potè che essere un
netto e deciso “Sì”.
Ho letto solo ora i
primi commenti e ci tengo a rispondere subito
Per Bell_Lua:
grazie della fiducia!prometto che ce la metterò tutta per rendere questa storia
davvero speciale!
Per memole_88:
condivido pienamente quello che hai scritto…le fan del caro James mi hanno
deluso finora..così ho deciso di recuperare io per
tutte J sperando che il
seguito ti piaccia!
Grazie mille ai miei primi commentatori…pensavo di passare
inosservata e invece comincio a vedere un po’ di curiosità!!!
La prima parte del pomeriggio era volata via in un soffio, e
per l’ennesima volta Lisa era dovuta correre ad allenamento, arrivando comunque
in ritardo; ma la ramanzina del maestro non servì a buttarla giù di morale.
La giornata era stata troppo alle stelle per poter essere
smorzata da un qualsiasi imprevisto
Per di più suo padre e James sarebbero stati fuori a cena
pure quella sera, quindi il rischio avvelenamento era stato, per il momento,
scongiurato.
L’allenamento fu inaspettatamente intenso, nessuno riuscì a
riprendere fiato per le successive due ore e quando, dopo la doccia, Alice
propose di mangiare qualcosa tutte insieme, Lisa
glissò gentilmente l’invito: aveva ancora tutti i compiti da fare e voleva
almeno provare a buttare giù qualche idea per il programma.
Sarebbe stata dura far conciliare tutto, a maggior ragione
nell’anno del Diploma.
Appena arrivata a casa, Lisa si premurò di svuotare la borsa
del judo e di portare i vestiti sporchi nella lavanderia.
Diede un’occhiata, più per abitudine che per altro, al frigo
deserto e ne ebbe quasi compassione; si fece l’appunto mentale di andare a
comprare qualcosa, il giorno dopo.
Addentò una mela ammaccata e si diresse al piano superiore,
col vocabolario di latino sottobraccio.; come se non
bastasse la mole di impegni che già aveva, 5 anni prima aveva deciso che il
liceo classico sarebbe stato l’ideale, per le sue ambizioni da scrittrice.
Così ora si ritrovava alle prese con le truppe di Cesare,
che sostavano in Gallia durante l’inverno e passavano il tempo giocando a dadi…
o raccogliendo ghiande, non le era chiaro quel passaggio.
Con un gridolino di stizza chiuse di scatto il vocabolario e
si prese la testa fra le mani.
L’orologio segnava le 23:30, ma l’adrenalina residua
dell’allenamento non accennava a calare.
“Addio sonno!” disse
rassegnata prima di mettersi a letto con la musica a tutto volume nelle
orecchie.
Contro ogni aspettativa, si addormentò dopo due canzoni,
dimentica dei suoi buoni propositi per la trasmissione del padre.
Quel pensiero la colse in un attimo di dormiveglia, qualche
ora più tardi.
Con un improvviso senso di ansia, si drizzò a sedere e
guardò l’ora: le 3:00 di notte.
Sconsolata, si mise sul bordo del letto; doveva fare
qualcosa per quell’insonnia cronica.
Dato che ormai conosceva a memoria il soffitto della propria
camera, decise di andare a contemplare quello del salotto; così, prendendo il
fascicolo del suo lavoro, si diresse giù per le scale; perlomeno avrebbe fatto
qualcosa di utile.
A metà della sua discesa si rese conto della luce azzurrina
che proveniva dalla TV al piano terra.
Qualcuno doveva averla dimenticata accesa; invece, con
grande sorpresa, trovò un James Marsters
alquanto imbambolato, intento a fare zapping.
Lisa non riuscì a trattenere il disappunto e esclamò: “Cosa
ci fai qua?”.
Lui in risposta sobbalzò per lo spavento e la ragazza si
rese conto di essere stata troppo brusca; si morse la
lingua e aspettò una risposta.
“Ho ancora il jet-lag sballato- spiegò l’uomo- e il letto nuovo non aiuta…”
L’altra annuì.
“Tu piuttosto? Che
ci fai alzata a quest’ora?” chiese sempre lui, incuriosito da quella buffa
presenza in camicia da notte e pantofole: nulla a che vedere con il look
curatissimo e alla moda di quella mattina.
Solo allora Lisa notò che James era a torso nudo; fisico
asciutto, addome muscoloso…”Manca soloun notaio- constatò lei, trattenendo
il respiro- poi posso fare testamento”.
Fingendo naturalezza, la proprietaria di casa cercò di
sorridere: “Mi faccio un po’ di the, lo vuoi anche tu?”
Come risposta ebbe un cenno di dissenso e un’occhiata
sorridente che le fece tremare le gambe.
“Lisa, ragiona! Devi prepararti il the…focalizza!”
Sfruttando solo le luci baluginanti della TV,la ragazza mise un
pentolino con dell’acqua a bollire, aspetto cinque minuti, poi tornò verso il
divano con una tazza fumante in mano e il suo fascicolo in bocca, come un
segugio.
James la scrutò divertito: ogni tanto quella giovanissima
ragazza se ne saltava fuori con un nuovo aspetto bizzarro. Decisamente non era
“una delle tante”.
Appena si fu seduta, l’attore si avvicinò incuriosito: “E’
il copione, quello?”.
Lisa appoggiò con cautela la tazza sul tavolino di cristallo
e rispose con un “Sì” bofonchiato: teneva ancora il plico di fogli tra i denti.
Con l’imbarazzo che saliva a livelli esponenziali, la
ragazza afferrò il fascicolo e lo aprì, fingendosi molto concentrata.
Passarono dieci minuti, in cui Lisa sentì distrattamente i
canali della TV che cambiavo; il suo foglio era ancora irrimediabilmente
bianco.
“Non so da che parte cominciare- riuscì a confessare, alla fine- Insomma…non ci vorrebbe una laurea, o qualcosa
del genere per scrivere testi televisivi?”.
James scosse la testa, come solo chi ne ha
viste un bel po’ sa fare: “Una laurea per la creatività? Penso che non l’abbiano ancora inventata…altrimenti non
esisterebbero più i geni”.
“Uno a zero per James,
palla al centro” pensò soddisfatta l’inesperta autrice.
“Libera la mente!- le suggerì James-Voi giovani non
vedete tutto così incasellato come
facciamo noi vecchi”.
Azzardando una battuta, Lisa si concesse una risata: “Ha
parlato Matusalemme!”.
Però lui aveva ragione: non era poi così difficile parlare
di…di cosa? Delle paure dei ragazzi? Dell’aborto? Dell’eutanasia? Delle droghe?
A Lisa sembrò di dover trascrivere pari pari le domande che più spesso la assillavano e a
cui non riusciva a dare risposta.
In quel momento capì perché suo padre aveva scelto proprio
lei: la conosceva decisamente bene.
Con piacere James notò la matita della ragazza scrivere
veloce alcune parole chiave; di tanto in tanto Lisa si fermava a riflettere,
con gli occhi persi nella tazza di the, o per chiedere i consigli più disparati
all’attore.
Quando gli sbadigli tra i due cominciarono ad aumentare, decisero
che era ora di dormire.
La ragazza sorseggiò quel che restava della bevanda e ripose
la tazza nel lavandino.
James l’aspettò ai piedi delle scale, per augurarle la
buonanotte; lasciando Lisa sempre più di stucco, le strinse le spalle in un
affettuoso abbraccio, poi cominciò a salire i gradini.
A metà della scala, l’uomo si fermò: “E stata una riunione
di lavoro insolita…ma decisamente divertente- fece notare –Direi che possiamo
replicare!”.
Questa volta la sorpresa di Lisa non fu data dal fatto che
l’attore che lei adorava le aveva appena proposto di incontrarsi di nuovo, ma
dal fatto che una persona che le cominciava a piacere mostrava interesse in
quello che lei faceva e pensava.
Sorridendo a quel pensiero, rispose: “Con immenso piacere!”.
grazie ancora a tutti per i vostri commenti! Da
ora in poi la storia comincerà a “movimentarsi” un po’…è il momento di lasciare
più spazio ai due protagonisti!!!
Marina scosse la testa incredula: “Non ci credo…non è
possibile- poi si rivolse all’amica Laura, appena arrivata in spogliatoio –
Secondo te è vero che James le ha chiesto di fare lezioni private notturne di
scrittura?!”.
Laura si fermò solo un attimo a pensare, poi rispose
semplicemente: “No…E ti spiego il perché- aggiunse,
puntando il dito verso l’interessata –Se fosse successo davvero non saresti qui
a raccontarlo, ma galleggeresti a un’altezza non ben definita, tra l’ottavo e
il dodicesimo cielo!”.
Lisa rise sommessamente: “Basta, mi arrendo…Alice, aiutami
tu!”.
Quella in risposta, la squadrò, dalla punta dei piedi, alla
punta dello chignon che aveva in testa: “A mio parere sei troppo calma per una
notizia del genere”.
Lei si alzò dalla panca e si accinse a
spiegare: “Ragazze…Non ho dormito tutta notte, per questa cosa! Non ho
le forze per saltellare da un capo all’altro della palestra! E
poi comunque me ne sono fatta una ragione: è un essere umano, respira ossigeno
come noi- la sua espressione si fece sognante –certo, è dannatamente bello,
affascinante, ha un dopobarba delizioso…e vorrei svenire tutte le volte che
sorride”.
Laura si espresse con uno dei suoi urletti trionfanti “Aah! Allora da
qualche parte, lì dentro, c’è ancora la nostra amica Lisa!” e la abbracciò con
entusiasmo.
Quella sera la seduta professionale cominciò subito dopo cena
(a base di pizza ordinata per telefono); non a caso Lisa si era liberata dei
compiti nel pomeriggio, così da potersi dedicare anima e corpo al suo lavoro…e
alla squisita compagnia che ne derivava.
Mentre James sorseggiava il caffè migliore della sua vita,
osservò attentamente la ragazza, che con espressione seria, si raccoglieva i
capelli tra le mani, per poi fermarle con la matita.
Lisa, cercando di fargli distogliere
quello sguardo insistente, chiese: “Mi sono sempre domandata come sia la vita
dei famosi. Io l’ho solo intravista, attraverso i
racconti di mio padre- gli occhi verdi lo fissarono curiosi- com’è la vita di
una star?”.
Aveva ottenuto l’effetto desiderato; James
faticò a trovare la risposta giusta: “Immagino che tra queste mura abbiano
sostato attori ben più famosi di me- temporeggiò, spostando gli occhi glaciali
sulla sua tazzina –Ma nel mio piccolo, devo ammettere che non è facile.
E’ come vivere mille vite diverse, e in fondo non viverne nessuna…Sono poche le
persone che davvero restano, nella miriade di comparse che cercano di
accaparrarsi un pezzetto della tua vita.”
Punto.
Mai parole erano state più incisive.
Lisa segnò un altro punto a favore di James; oltre che un
bell’uomo, aveva anche un animo grande.
Difficilmente la ragazza si ritrovava a fare considerazioni del genere sugli ospiti di casa D’Andrade.
In fondo erano tutte persone che, presto o tardi,
l’avrebbero lasciata.
E lei aveva subito il suo più grande e doloroso abbandono
tempo addietro; si era già giocata il jolly delle lacrime e delle sofferenze
inutili…e aveva solo quattro anni.
Con un sorriso compiaciuto, Lisa si dichiarò felice di aver
fatto un’eccezione, con James.
Soddisfatta di sé e del collega, si mise al lavoro.
Nei giorni successivi, quello divenne un loro tacito
accordo: ogni sera, dopo cena, si ritrovavano in salotto, Lisa col suo solito
the, James col suo amato caffè italiano; parlavano ogni volta di un argomento
diverso, come se procedessero di puntata in puntata.
La mattina successiva, di norma, il padre di Lisa presentava
il lavoro della nottata ai suoi assistenti, che svolgevano i dettagli e si
mettevano all’opera sulla stesura definitiva.
Nelle sere in cui Lisa aveva da studiare, i due rimandavano
alle ore piccole.
Una volta Lisa si era svegliata alle 2:00, vittima di uno
dei suoi attacchi di panico notturni. Aveva sceso le scale, intenzionata
a svolgere il suo manoscritto da sola, per non svegliare James: lo aveva
trovato seduto sul divano, che sorseggiava il caffè, ascoltando un TG della
CNN.
Il the della ragazza
era pronto ad aspettarla al posto di sempre, sul tavolino di cristallo.
Quando lo sguardo dell’uomo si era posato su di lei, per la
prima volta Lisa non aveva visto Spike, ma il vero James.
Mai come allora si era sentita così intimamente vicina a
qualcuno.
Non c’era stato bisogno di ringraziare o
spendere parole di circostanza; si era limitata a sedersi della posizione di
sempre, il blocco degli appunti in mano e l’immancabile matita fra i capelli:
quando si era impossessata dell’oggetto, per scrivere una nuova idea, la chioma
si era sciolta e James, estremamente vicino a lei, aveva sentito l’aroma di
pesche dello shampoo che Lisa usava: forte e dolce, come la ragazza al suo
fianco.
Una delle sere successive, Lisa stava sviluppando sui suoi
appunti il tema dell’aborto.
Tra un sorso di the e l’altro, le nacque nella testa una
domanda: dov’era la famiglia di James? Ma soprattutto, com’era?
Effettivamente Lisa si era sempre appassionata al
personaggio di Spike, ma mai seriamente all’uomo reale che le sedeva accanto.
L’unica volta che aveva cercato informazioni sui suoi gusti
culinari, aveva fatto un buco nell’acqua; così si ripromise di indagare, onde
evitarein
futuro domande imbarazzanti a riguardo.
Nel frattempo, per quietare un po’ la sua curiosità, Lisa si
propose con una frase molto evasiva: “Come vanno le cose in patria, in questi
giorni di assenza?”. Disse quelle parole continuando a scrivere, con finta
noncuranza, sul foglio, per fargli capire che non voleva essere una domanda
impegnativa.
E invece Lisa fece colpito
e affondato in un colpo solo.
James abbassò gli occhi, improvvisamente interessato
ai ghirigori dipinti sulla sua tazzina.
“Come non detto”pensò la ragazza,
appoggiando la matita sul fascicolo, pronta a scusarsi.
James fu più veloce di lei e la fermò:
“Lascia stare, non hai detto nulla di male…Sei stata fin troppo carina ad
interessarti- fece una pausa di riflessione, poi continuò –Mettiamola così: le
cose potrebbero andare meglio.-la guardò con un sorriso leggero –Non sono
capitato in Italia per caso…e nemmeno per esclusivi motivi di lavoro. Sono in pausa dai miei problemi, ecco…”.
Dopo quella dichiarazione a cuore aperto, Lisa sentì una
stretta allo stomaco.
Dannazione, non era proprio capace di tenere quella
boccaccia chiusa?
Nel vederlo così, con gli occhi persi nel vuoto, quegli
splendidi occhi che illuminavano la stanza quando rideva, la ragazza potè notare per la prima volta delle striature argentate
tra i capelli di James.
Certo, il biondo platino del vampiro Spike le avrebbe
mascherate, ma in quel momento Lisa vide solo James, stanco e profondamente
infelice.
Con un gesto che le venne automatico, gli strinse il braccio
per confortarlo: quello era il primo vero contatto fisico che Lisa aveva con
l’attore. Peccato, sperava che sarebbe stato
totalmente diverso.
Bell_Lua: grazie mille per i tuoi commenti! Non avevo
mai condiviso una mia storia ed è fantastico ricevere i complimenti x quello
che scrivo!
Per quanto riguarda il povero James…i problemi non tarderanno a
svelarsi…ma ci vorrà ancora un pochino prima che succeda…
gelb_augen: una sola parola:
GRAZIEEEE! ho sempre adorato Buffy,
come te, e per non rimanere mai in crisi d’astinenza ho scaricato tutte le
stagioni! E hai perfettamente ragione…JAMES…basta il suo nome a descriverlo: è
unico! La mia storia tra i tuoi preferiti?! Sono onorata!
Davvero ancora mille grazie!!Prometto che mi impegnerò
al massimo per rendere onore al nostro amato James!
Buona lettura!
Dopo quell’episodio, Lisa non fece più domande sulla vita
personale di James.
Ma, da buona fan, lo interrogò approfonditamente riguardo
alla sua recitazione sul set di “Buffy TheVampire
Slayer” e “Angel”.
Così, nelle pause di lavoro, l’attore le raccontava gli
aneddoti più divertenti, i gossip dei protagonisti delle due serie televisive e
i retroscena delle riprese.
Da parte sua, ogni tanto James si informava incuriosito
sulle tre strambe amiche della ragazza; questa gli raccontò delle figuracce di
Laura, dell’eleganza di Alice e della timidezza della dolce Marina e lui potè notare quanto profondo fosse il loro legame, solo guardando
gli occhi di Lisa brillare nel descriverle.
Fu la domenica sera successiva che successe l’imprevedibile:
Lisa aveva appena appoggiato il book coi suoi testi sulle ginocchia e,
approfittando della pausa, si stiracchiò con gusto, facendo scricchiolare tutte
le giunture, quasi fosse una vecchietta artritica
Sorprendendosi di se stessa la ragazza disse: “Complimenti
all’atleta!”.
Con il suo fantastico mezzo sorriso sulle labbra, James le
chiese: “Quanti anni sono che fai judo?”.
L’altra fece un rapido calcolo mentale: “Dodici anni,
ormai…e non ho mai smesso, neppure per un giorno, di amare il mio sport”.
Precisò con fierezza.
“Mi piacerebbe molto vederti in azione”.
Lisa rimase basita: col senno di poi, si sarebbe resa conto
di aver riproposto una replica dell’espressione ebete con cui si era presentata
il primo giorno.
Ma in quel momento si limitò a rimanere in silenzio, con la
bocca semi-aperta e un caldo rovente alle guance, segno che era arrossita
vistosamente.
James credette di averla messa a
disagio (e non si sbagliava!) così provò a tranquillizzarla: “Se non ti va,
possiamo anche evitare…So che certe persone preferiscono allenarsi in
solitudine, senza distrazioni esterne…”.
“Bene, faccia da pesce
lesso..ora risolviti pure questa!” pensò Lisa, sgridandosi
mentalmente per l’ennesima figuraccia.
“No, no…non ti preoccupare- lo aveva interrotto scuotendo
con forza il capo – Sarebbe un onore! E’ una cosa di cui sono orgogliosa e che
mi piace condividere…domani sera mi alleno fino alle
21:00…se ti va di passare…”.
In risposta ebbe un semplice cenno del capo; poi entrambi si
concentrarono di nuovo sul lavoro.
Quella sera l’argomento scelto era stato la protezione delle
specie in via d’estinzione: Lisa adorava la natura, ma non voleva che quella
puntata si trasformasse in un documentario.
I giovani sarebbero stati di sicuro più colpiti da storie
cruente, immagini scioccanti e racconti di bestie torturate. Ma neppure quella
era la direzione che Lisa voleva seguire.
“Coraggio Lisa- si
incitò fra sé e sé – Pensa,
pensa…racconta qualcosa che senti parte di te…”
All’improvviso le si accese una lampadina, sommersa da
qualche parte nel cervello, tra le coniugazioni dei verbi latini e le odi greche.
“Bingo!” esclamò a bassa voce, appuntando una “F” maiuscola
sul suo foglio.
Purtroppo il giorno dopo James fu trattenuto fino a tardi
agli studi: il padre di Lisa voleva fare il resoconto sul lavoro della ragazza,
per cominciare a mandare alla produzionele prime puntate del book.
Lo staff del regista aveva fissato gli ospiti e gli esperti
da contattare solo per le prime tre puntate, così quella si rivelò una
lungaggine inutile.
Benché l’attore si fosse sforzato per arrivare alla palestra
in tempo, vi giunse solo alle 20:30.
Era mortificato per quell’inconveniente e per nulla al mondo
avrebbe voluto deludere la ragazza.
Lisa non si era limitata a fargli da collega, si era
proposta come una vera e propria compagna di viaggio, pronta a condividere
tutto.
Pur essendo di carattere volubile, Lisa sapeva far emergere
da dietro la sua corazza, premure e attenzioni estremamente…tenere.
James non la voleva conoscere in versione infuriata,
qualcosa gli diceva che non doveva essere un lato piacevole da scoprire.
Ma quando varcò la soglia del basso edificio, l’uomo si rese
immediatamente conto che la ragazza non sarebbe stata in grado di rendersi
conto della sua assenza.
Sul bordo del tatami,
vide una Laura molto scossa e si accinse a salutarla.
Poi avvistò Lisa e fece qualche passo verso di lei:
dall’espressione delle sue tre compagne qualcosa non andava.
Un uomo biondo, sulla trentina, stava gridando ordini, a un
ritmo sempre crescente.
Di fronte a lui, una Lisa paonazza e mortalmente seria
obbediva ai comandi con evidente fatica.
James la vide salire una fune servendosi della sola forza
delle braccia, per poi cimentarsi in una serie di balzi.
“Più svelta! Voglio
che porti quelle maledette ginocchia al petto, quando salti!” gridò
l’allenatore noncurante dell’espressione sofferente della sua atleta.
Marina, ferma in un angolo, gettò l’occhio su James e,
avvicinandosi con cautela, gli spiegò: “Ha risposto a tono all’allenatore…e ora
gliela sta facendo pagare”.
L’uomo sembrava non credere ai propri occhi. Davvero quello era lo sport che Lisa adorava
così tanto?
Mentre la ragazza stava scendendo la fune per l’ennesima
volta, le braccia le cedettero e si fece gli ultimi due metri sfregando i palmi
sulla corda, per poi finire col sedere a terra.
Il biondo aguzzino ritenne che quell’ultima umiliazione poteva bastare, così spedì il gruppo di atleti, Lisa
compresa, a fare la doccia.
Con sollievo James la vide scendere dal tappeto, zoppicante
e con un rantolo nel respiro, ma tutta intera.
Fece per accostarsi a lei, ma appena la giovane atleta lo
vide, abbassò il capo e con passo deciso lo scavalcò letteralmente…nemmeno si
accorse della spallata che gli tirò per farsi spazio.
In quella frazione di secondo in cui si incrociarono, James
sentì una stretta al cuore, nel vedere quegli occhi verdi gonfi di lacrime e
colmi d’odio.
Quella era la Lisa infuriata.
Alice si prese l’impegno di riaccompagnare l’amica a casa in
auto: “Non sei in grado di guidare lo scooter- aveva detto –Lo recupererai
domani”.
Lisa non aveva fiatato, si era limitata a posizionarsi sul
sedile, non senza una smorfia di dolore, per poi scendere senza proferir
parola, una volta a destinazione. Neppure aveva ringraziato, ma Alice non se la
prese: era mortificata quanto lei per l’accaduto.
James era rientrato a casa da un bel pezzo, guidando l’auto
che aveva preso a noleggio per la sua permanenza in Italia; sentendosi inutile,
aveva preferito evitare di incrociare Lisa al suo rientro, così si era chiuso
in camera a leggere.
La ragazza entrò in silenzio, trascinò la borsa in
lavanderia ma non la vuotò.
Non le passo nemmeno per la testa
di mangiare, così salì le scale, con andatura claudicante.
Si spogliò lentamente e, sempre al rallentatore, si preparò
per la notte.
Quasi le sembrò di svenire, una volta toccato il materasso.
Appena un’ora più tardi, un dolore acuto in tutto il corpo
la svegliò.
Ecco, i muscoli si erano raffreddati, adesso cominciavano il
peggio.
“Immobile…resta
immobile” si disse Lisa, respirando profondamente.
Ma aveva una sete terribile, nemmeno aveva bevuto, alla fine
dell’allenamento: era costretta ad andare di sotto.
Dicono che a scendere tutti i Santi aiutano; probabilmente
pure loro stavano dormendo, a quell’ora, perché il primo gradino fu come una
fucilata nei polpacci, per Lisa.
Stringendo i denti si aggrappò al corrimano, poi fece
qualche passo. Quando ormai mancavano due scalini al piano terra, le ginocchia
le cedettero, così lei cadde di sedere con un sonoro tonf.
Un po’ per il male, un po’ per la frustrazione, Lisa non
riuscì a trattenere un singhiozzo.
Suo padre non era neppure a casa, era via per un viaggio di
lavoro; così probabilmente la ragazza sarebbe rimasta lì tutta la notte.
Il caso volle che James si fosse addormentato sul divano,
con la TV accesa.
Non sperava di certo che Lisa lo raggiungesse, quella notte, ma quando udì un
suono sordo sulle scale si svegliò subito.
Gli bastò aspettare qualche secondo, poi all’orecchio gli
giunse un singhiozzo sommesso: non aspettò un attimo in più.
Lisa vide una figura nera avvicinarsi con passo deciso, poi
sentì due braccia forti stringerla dietro la schiena e nell’incavo delle
ginocchia; non serviva fare gli eroi o fingere che fosse tutto a posto, così la
ragazza si limitò a cingere le braccia attorno al collo dell’uomo.
Avvertendo un vago profumo di dopobarba, si sentì subito
meglio.
Un attimo più tardi erano entrambi sul divano, lei sulle
ginocchia di James, ancora nella posizione di prima.
Con voce tremante Lisa disse: “Mi dispiace”.
In risposta ebbe un semplice “Dispiace anche a me”.
La ragazza tirò su col naso e appoggiò la guancia umida
nell’incavo del collo di lui: “Non è questo il judo che speravo di farti
vedere”.
James le accarezzo i capelli, commosso da tanta dolcezza:
“Lo immaginavo”.
Passò qualche minuto, in cui non c’erano altre cose da
aggiungere a quella conversazione.
Ormai più tranquilla, Lisa fece una considerazione ad alta
voce: “Domani devo andare a scuola”
James si scostò di poco, per guardarla negli occhi: “Non è
più usanza tra voi giovani approfittare di ogni scusa per saltare le lezioni?!- cercò di ironizzare, poi tornò serio –Direi che posso
fare il cattivo fratello maggiore, in assenza di papà”.
Lisa non riuscì a trattenere una risata, poi tornò ad
appoggiare la testasulla
spalla dell’attore.
“Brava piccola, ridi- sussurrò piano James –E che vada al
diavolo, chi che ti ha fatto piangere”.
Prima di procedere con la storia, i
ringraziamenti e le risposte per tutti
crys: grazie mille x i
complimenti, ancora non ci credo che a così tante persone piaccia Spike…e
ovviamente il suo interprete! Spero continuerai a leggere la mia fanfic…
memole_88: in effetti mi sono mancati i tuoi commenti!!!
Mi sono chiesta dove fossi finita e se (ODDIO) la mia fanfic
ti avesse fatto così schifo da smettere di leggerla! Finalmente rieccoti qui!
Cercherò di essere il più veloce
possibile nello scrivere i nuovi capitoli, x non lasciarti in sospeso!!
gelb_augen: è stato davvero
piacevole leggere il tuo commento, e condivido quello che hai detto su Twilight e compagnia bella: ci sono così tante storie in
giro che ormai, quelle un po’ diverse rischiano di passare inosservate! E ti
confido che anch’io avevo il terrore di non essere mai recensita, ma eccomi
qua, a rispondere a un commento!Del
resto…mi ha fatto piacere ricevere una critica sull’ultimo capitolo e mi
accingo a spiegarti il perché della mia scelta (che paroloni seri!!): in poche parole…è chiaro che ormai tra i due
protagonisti succederà qualcosa, prima o poi, e io mi sono sforzata tantissimo
di creare una storia su come maturi il loro rapporto, per renderlo il meno
banale e sbrigativo possibile…in molte fanfic i due
personaggi pricipali finiscono a letto dopo dieci
righe (!!!!) e io volevo qualcosa di diverso! Ho cercato di rendere
l’atteggiamento di James premuroso e non troppo confidenziale…ma adorandolo mi
sarà scappata qualche sdolcinatezza!(si può dire?non
so se esiste ‘sta parola).
D’altra parte ti confido che l’episodio dell’allenamento mi è
successo sul serio!!!!!!! Magari avessi avuto James
pronto a consolarmi!
Detto ciò, ti lascio alla lettura del prossimo capitolo! A
presto!!!!
Il mattino dopo, Lisa fu svegliata dal suono del telefono;
con molta cautela, aprì un occhio e, almeno quello, non le fece male.
Sempre usando la massima calma, si mise a sedere e notò di
essersi addormentata in salotto, sul divano; James non era più
lì, ma la sera precedente, prima di andarsene, si era premurato di
coprirla con un plaid.
Tutti i vari dolori dell’allenamento punitivo sembravano
essersi calmati, almeno un po’: mai più preparazione atletica il lunedì, Lisa
mise una croce sopra quel giorno.
Sempre più fiera della risposta positiva che diedero le sue
ginocchia, si alzò in piedi; non potè fare a meno di
zoppicare, ma giunse in tempo a sollevare la cornetta del telefono di cucina:
era Laura.
“Tesoro!- esordì quella –come va? Quell’idiota ieri ha
superato ogni limite!”.
Lisa guardò l’orologio: erano le 10:00 di
mattina: “Non ti preoccupare, ho la pelle dura…Ma non dovresti essere a
scuola?”.
“Infatti ci sono!- rispose Laura,
col solito tono allegro –Sono scappata dalla lezione di chimica per sapere come
stavi”.
L’altra sorrise, felice di avere
amiche così: “Ora è tutto a posto; mi fanno un po’ male i palmi delle mani, mi
sono “bruciata” a salire la fune…i polpacci stanno ritornando al loro posto…Ma
stanotte non mi reggevo in piedi- ricordare quell’episodio non le fu piacevole,
scosse la testa, quasi per rimuoverlo –Se non ci fosse stato James avrei
dormito sulle scale”.
Un momento di pausa fece intuire a Lisa che l’amica non
aveva capito, così si spiegò meglio: “Mi ha trovata lì, accasciata e in
lacrime, mi ha presa in braccio e messa sul divano”.
La reazione successiva fu molto più “in stile Laura” : “Cos’ha fatto? Vuoi dire che ti ha afferrata tra le sue
forti e possenti braccia e ti ha consolata come una bambolina?!”.
Lisa alzò gli occhi al cielo: “Lo so, mi dovrei vergognare,
sono una rammollita…”
“Ma quale rammollita?!- strillò
l’altra, facendo rimbombare la voce per i corridoi della scuola –Forse non ti
rendi conto che James,il tuo James,
ha fatto un gesto di affetto nei tuoi confronti”.
Lisa stette un attimo a riflettere: “In
effetti mi ha tenuta in braccio finchè non mi
sono addormentata”.
Laura gridò di nuovo: “Accidenti, cara mia,
qui si sta muovendo qualcosa. E perdipiù sei a casa
sola con lui! Vedi di aggiornarmi…vacca!- concluse poi
sghignazzando- Quasi dimenticavo: avverti le altre che stai bene; Alice era un
po’ scossa ieri…e Mary stava per mettersi a piangere”.
La “malata” sorrise dolcemente…davvero uniche, quelle strane
ragazze.
Le due amiche parlarono ancora qualche minuto, poi un rumore
in cima alle scalefece
drizzare le orecchie a Lisa, che congedò Laura e si allungò a guardare chi
fosse.
James (e chi altri?) stava scendendo di sotto, con la faccia
assonnata e il passo incerto: “Scommetto che era una delle tue compagne…Laura
giusto?”.
La ragazza lo guardò stranita: “Come fai a saperlo?”.
“Le sue urla arrivavano forti e chiare fino alla mia
camera”. Rispose l’attore, entrando in cucina.
Lisa non potè fare a meno di
ridere, prima di scusarsi: “Mi dispiace che ti abbia svegliato”.
Lui aprì il frigo e prese fuori il latte: “Non ti preoccupare…Tu,
piuttosto, come stai?- chiese poi, stupito di vederla in piedi –Vai alla
grande, mi sembra!”.
Lisa annuì, abbassando lo sguardo
imbarazzata: “Volevo ringraziarti per ieri sera…non è da me lamentarmi
inutilmente per un po’ di carne greve…”.
James la fermò subito, con un affettuoso buffetto alla
guancia: “Non devi ringraziarmi..e quelli- disse, calcando la voce e
indicando il punto in cui l’aveva trovata, la notte scorsa –Non sono lamenti
inutili. Stavi male…e non sei una persona qualunque- a quella
frase l’uomo si fece titubante e pose lo sguardo sulla sua tazza di latte – Non
ti meritavi di stare così”. Lo disse quasi in un sussurro, come se fosse
una frase che pronunciava a se stesso.
Lisa incrociò le braccia e si appoggiò al frigo: “Ora sto
bene- non trovando altre parole, si limitò a cambiare discorso -e tu sei in
ritardo al lavoro!”.
L’attore si drizzò in piedi di scatto:
“Hai ragione! E oggi non c’è neppure tuo padre!- prima
di salire le scale si girò verso la ragazza e chiese –Stasera come ci
organizziamo con la cena?”.
“Tasto dolente, caro
mio”. Pensò la ragazza.
D’altronde lei era la padrona di casa, quel tipo di
incombenze riguardavano lei!
Ricordandosi dell’idea avuta la domenica precedente, Lisa
sorrise: “Lascia fare a me, ci penso io; tu fatti trovare pronto per le 20:00”.
A James parve strano quel comportamento, ma non volle
indagare; se quella era una sorpresa, voleva dire che Lisa stava facendo
emergere un altro aspetto del proprio carattere e l’attore non voleva sembrare
frettoloso.
Così la salutò, con un fugace bacio sulla fronte, prima di
correre agli Studi, lasciando Lisa di stucco, ancora appoggiata al frigo, con
le braccia incrociate.
Quella sera James arrivò a casa in anticipo, per potersi
cambiare e fare una doccia veloce.
Alle otto in punto scese le scale, trovando Lisa già pronta,
ad aspettarlo sul divano: indossava un abito intero, di tessuto morbido nero,
formato da pantaloni e top, scollato sulla schiena.
Non aveva potuto indossare i tacchi alti, a causa dei dolori
residui della sera prima, così aveva optato per un paio di stivali di pelle.
James invece aveva scelto un paio di jeans scuri e in
abbinato una semplice camicia, di un viola molto scuro, le maniche rimboccate
all’altezza del gomito: erano entrambe due vestite estremamente semplici, ma
che insieme facevano la loro figura.
“Come è andata oggi?” chiese la ragazza salendo in auto.
“Tutto bene- rispose l’attore per poi mettere in moto –dimmi
dove devo andare”.
Lisa indicò una svolta a destra in fondo alla via di casa
sua: “Io ho portato avanti il lavoro che avremmo fatto stasera- gli fece segno
di girare a sinistra –Puoi darci un’occhiata, quando hai tempo, così domani lo puoi consegnare al team di mio padre.”
“L’ho sentito, a proposito- disse lui, continuando a seguire
le indicazioni di Lisa –Era a Parigi: aveva una riunione con qualche pezzo
grosso della TV statunitense…credo per un film, ma non mi ha detto di più”.
La figlia del regista indicò una strada
che portava in mezza campagna: “Prendi la prima a destra…esatto…Per quanto riguarda il lavoro di mio padre, io ne
so meno di te: ho scoperto che era partito per la Francia quando mel’hai detto tu.”
Il viaggio in macchina durò una decina di minuti, finchè Lisa ordinò a James di svoltare in una stradina che
portava a una casa privata.
L’uomo aggrottò la fronte: se la ragazza aveva intenzione di
sorprenderlo, ci stava riuscendo.
“Dove siamo?” chiese poi, chiudendo l’automobile.
Lisa si incamminò verso l’ingresso di una piccola casetta,
immersa in un gigantesco parco verde.
Dalla rada boscaglia della proprietà sembravano giungere
versi di animali.
L’attore si fermò ad ascoltare: “Comincio a
preoccuparmi…Dove mi hai portato?”.
Lisa continuò ad avanzare e bussò alla porta, noncurante di
quelle lamentele.
Quasi immediatamente un uomo venne ad aprire e ridendo di
gusto, abbracciò la ragazza e la sollevò di peso.
Un dubbioso James Marsters
guardava la scena con espressione interrogativa; di nuovo coi piedi per terra,
Lisa si girò verso di lui: “Vieni pure, James- gli disse
con un gesto di incitamento –Ti presento mio zio Ralf, il fratello di mio
padre…Zio, questo è il nostro nuovo ospite: James Marsters”.
I due si strinsero la mano e l’attore notò un’effettiva
somiglianza, tra quel corpulento signore sulla quarantina e il regista Leonard.
“Vuoi dire che ci siamo auto-invitati a cena a casa sua?”
chiese allora James, rivolto alla ragazza.
Ralf rise nuovamente, sembrava
estremamente gioviale: “Mia nipote non ti aveva avvertito della vostra mèta?-
si spostò dall’uscio per farli entrare –Se può aiutarti a sentirti meno in
imbarazzo, siete qui anche per motivi di lavoro…ma prima mangiamo! Prego, sedetevi” li invitò, infine, con un ampio gesto del braccio
ad accomodarsi in un piccolo soggiorno.
Quella casa in formato mignon sembrava sproporzionata, in
confronto all’immenso giardino che la circondava.
Appena le pietanze furono servite in tavola, Lisa cominciò a
svelare il suo mistero: “Mio zio ha passato la maggior parte della sua vita in
Africa ed è uno dei maggiori collezionisti di animali esotici d’Italia”.
Il diretto interessato annuì e si sedette:
“Lo puoi ben dire! Quasi tutti gli animali che hanno
partecipato a un qualsiasi film italiano degli ultimi dieci anni, provengono
dalla mia tenuta”.
James si riempì il piatto di pasta al salmone, per la
seconda volta: “Che cosa ti ha riportato in Italia, Ralf-
chiese, prima di masticare un boccone –Non sei stato contagiato dal celebre “mal d’Africa”?”.
L’uomo scosse la testa, accennando un
sorriso: “C’era un richiamo molto più forte, qui in patria: dovevo veder
crescere la mia nipotina!”.
A quella frase Lisa abbassò lo sguardo sul suo piatto: “Non
cominciare a fare il sentimentale!”.
James si appoggiò allo schienale della sedia: “Sono
decisamente pieno…ed era tutto squisito!- poi, fregandosi le mani, disse
–Allora…non dovevamo parlare di lavoro?”.
Ralf fece un cenno di dissenso col capo: “Non essere
precipitoso, scommetto che, prima, Lisa ti voglia far vedere le mie bellezze”.
La ragazza si illuminò: “Giusto! Dai, alzati- disse trascinando l’attore per un braccio – andiamo a
fare due passi”.
Lo zio acconsentì di buon grado:
“Cominciate pure senza di me. Io finisco di
riordinare, poi vi raggiungo”.
Lisa lo condusse sul retro della casa, dove cominciava lo
spettacolo: sulla destra, un’enorme voliera conteneva decine di specie diverse
di uccelli; la ragazza indicò a James uno splendido tucano.
“Davvero Ralf è tornato qui appositamente per la tua
nascita?”.
La ragazza sospirò e senza guardarlo negli
occhi procedette verso la sezione dedicata ai serpenti: “Non è andata
esattamente così- spiegò, accarezzando le spire di un grosso boa –Mio zio è
tornato quando avevo quattro anni- piantò gli occhi verdi in quelli glaciali di
James –Quando mia madre se n’è andata…ha aiutato mio padre a crescermi. Mi ama come se fossi figlia sua”.
L’uomo si sentì improvvisamente in
imbarazzo: “Leonard non mi ha mai raccontato nulla di lei. Deve essere
stato un dolore molto grosso.”
“Lo è tutt’ora” precisò l’altra, fischiando per richiamare
l’attenzione di una scimmia cappuccina.
James notò l’indifferenza con cui lei ne parlava; sembrava
stesse raccontando la vita di qualcun altro.
In quell’istante capì come mai quella giovane ragazza
sfuggisse da tutto ciò che poteva, in qualche modo, ferirla; i suoi cambi di
umore, persino la sfuriata con l’allenatore, erano solo armi di difesa: per
evitare che il mondo la colpisse a tradimento, lei attaccava per prima.
“Guarda!” la voce di Lisa lo distolse dalle sue
considerazioni: stava indicando un’antilope che allattava il suo piccolo.
James si appoggiò al recinto, noncurante degli animali, e si
mise a studiarla: in quell’istante sembrava in pace col mondo, ma lui non
poteva neppure immaginare la tempesta che aveva dentro.
Unacorazza nascondeva bene la dolce Lisa
che aveva pianto fra le sue braccia, la sera prima.
“Ti ricordi qualcosa di lei?” le chiese poi, forse
approfittando un po’ troppo di quel momento di quiete.
Infatti la ragazza si sollevò dalla
staccionata e, senza batter ciglio, riprese a camminare: “Di lei mi rimane solo
il mio secondo nome: Jamila…significa “bella”, molto
semplicemente- con un sorriso privo di emozioni lo fissò – Lo scelse lei,
dicendo che così, il mio nome completo sarebbe stato simile a “Isabella”,
spezzato e detto in due lingue diverse”.
James contraccambiò lo sguardo, felice di aver scoperto
un’altra carta di Lisa; corazza o no, il nome “bella”
era decisamente azzeccato.
Eccoci di nuovo qua!il capitolo
precedente non mi ha lasciato molto soddisfatta, quando l’ho scritto; ma ho
trovato cmq i vostri bellissimi commenti che mi hanno fatto capire di aver
fatto un buon lavoro!!!
memole_88: non ti ringrazierò mai abbastanza! Mi
incoraggia molto vedere quanto ti piace la mia storia…vorrei che si sviluppasse
tutto più in fretta ma…cavoli, devo essere paziente! Sono personaggi
impegnativi da portare avanti!!
crys: eccoti di nuovo
accontentata! Un altro capitolo fresco fresco
di “Stampa”. Grazie mille della tua devozione alla mia storia. E’ fantastico
vedere che altre persone ci credono quanto me!
Grazie ancora a tutti!!! Anche a chi
legge senza recensire! Mi state dando la carica per continuare a scrivere!
In quel momento dei passi alle loro spalle
li indussero a girarsi: Ralf stava arrivando a grandi falcate, sventolando un
paio di guanti: “Ora vi faccio vedere il pezzo forte!”.
Quasi dal nulla, Lisa splendette di nuovo
in un radioso sorriso: “Finalmente! Cominciavo a
sentirne la mancanza”.
Appena girato l’angolo, dietro la grande voliera, c’era una
gabbia, contenente…”Una pantera?!”
Esclamò James stupefatto.
“Ottimo spirito d’osservazione!” lo schernì la ragazza,
spalancando la porta che la divideva dall’animale.
L’attore sbiancò: la ragazzina era sotto la sua tutela, se
fosse stata sbranata da quella bestia, non sarebbe stato facile da spiegare al
padre.
Negli attimi successivi, il grosso felino si mosse dalla
postazione dove era stato seduto fino ad allora, corse
in contro a Lisa e le saltò addosso, catapultandola con la schiena a terra…per
poi iniziare a leccarle la faccia.
Ancora pietrificato dalla paura, l’attore non si azzardava a
muovere un muscolo, mentre una Lisa raggiante rideva con una pienezza che non
gli aveva mai dimostrato, fino ad allora: “Quanto sei
cresciuta, cucciola mia! Pesi un quintale!” disse lei, mentre
l’animale cercava di rispondere a modo suo, con una serie di ringhi smorzati.
Zio Ralf entrò nella gabbia: “Ora basta- ordinò all’animale,
che obbedì al volo –Sei sempre la solita esagerata!”.
Lisa si alzò e si rivolse a James: “Ti
presento Felina: è una pantera di tre anni. L’abbiamo trovata iomio zio nel nostro
ultimo viaggio”.
Ormai più tranquillo, l’interlocutore si avvicinò: “Dove, di
preciso?”
“In Etiopia- rispose Ralf –Come ben
saprai, non era esattamente il suo habitat: un bracconiere doveva averla
trasportata fin lì da non so dove, per poi abbandonarla…forsesi era stancato di rischiare grosso
per un semplice animale”.
La giovane grattò la pantera dietro un orecchio, e questa la
ringraziò con un mugugno d’approvazione: “Aveva visto le luci del nostro campo
e si è avvicinata: era un frugoletto- l’espressione di Lisa si fece seria –Quel
bastardo le aveva cavato tutti gli artigli di netto; probabilmente era
destinata a un circo e volevano renderlainnocua…e invece eccola qua!”.
Concluse, dandole una sonora pacca sul fianco.
A quel punto James capì: “E’ lei il motivo di lavoro per cui
siamo qui”. Gli altri due presenti annuirono.
“La vuoi in trasmissione per la puntata dedicata alle specie
in via d’estinzione, giusto?”. Chiese sempre lui, con aria contrariata: non
sapeva quanto il regista avrebbe approvato quello stravolgimento nel suo
programma.
Intuendo il disappunto, Lisa si alzò in piedi: “Senti
James…Volevate che raccontassi storie vere, in cui i giovani riuscissero a
immedesimarsi- con un braccio cinse il collo di Felina –Questa è vera…e fa parte di me…”
Nei suoi gesti, nel fervore delle sue parole, nella luce che
l’aveva illuminata alla visione dell’animale- una vita che Lisa stessa aveva
salvato – James aveva trovato la risposta da darle: “Mi avevi già convinto
quando lei ti è corsa incontro”. Detto ciò sorrise e allungò una mano per
accarezzare Felina, che accettò il complimento di buon grado.
Da parte sua, la ragazza saltò letteralmente in braccio
al’attore, ripetendo “Grazie” un centinaio di volte, prima che questi la
implorasse di staccarsi dal suo collo.
Appoggiato alla rete della gabbia, Ralf se la rideva di gusto:
“Ti preparo il guinzaglio, bambolina”.
A quella frase, James tornò sul chi va là: “Guinzaglio? E per far cosa?”.
Lisa abbracciò di nuovo la pantera: “La portiamo a casa”.
L’altro strabuzzò gli occhi spaesato: “Questo non era negli
accordi”.
Mentre Felina usciva con non-chalance dalla gabbia,
trotterellando allegramente al fianco di Lisa, lo zio sogghignò sotto i baffi:
“Mai scendere a patti con la mia Jamila! Non c’è verso di uscirne vincitori”.
Felina entrò in casa di Lisa con passo trionfante, annusando
l’aria, e puntò convinta verso il divano.
La ragazza intuì cosa volesse fare l’animale e la ammonì con
un secco: “No”.
La pantera si immobilizzò, guardando James con aria supplichevole:
“Non cercare il mio appoggio- scherzò lui –fosse per me ora saresti fuori sullo
zerbino- poi si rivolse a Lisa –possiamo fidarci a dormire con un feroce
predatore della giungla in casa?”.
Quella si tolse la giacca: “Certo…se smetti di risponderle
per le rime…o potrebbe diventare molto dispettosa”. Disse quella frase chinandosi
sulla sua amica a quattro zampe, per rifilarle un’altra dose di coccole.
Fu allora che James notò una macchia sulla schiena di Lisa,
lasciata scoperta dal top; era l’ennesima sorpresa che quella ragazza gli
mostrava: “Non sapevo di quel tatuaggio”.
Lei si alzò da terra e cominciò a sfilarsi
gli stivali: “Non è stata una cosa molto approvata da mio padre. L’ho fatto poco dopo aver salvato Felina; aveva un significato a
cui non volevo rinunciare”.
L’uomo si avvicinò e capì al volo: il disegno raffigurava
una pantera, con zanne e artigli scoperti.
Quasi scherzando, James toccò il tatuaggio: “Questa però non
è lei- indicò con un cenno del capo l’animale lì presente –lei non ha gli
artigli”. Detto questo, percorse le linee del disegno con un dito, procurando
un brivido a Lisa, che si girò per averlo di fronte, e interrompere quella
carezza.
“Hai detto giusto: questa sono io”.
L’attore la guardò stupito, inizialmente
senza capire, così lei si spiegò: “Ho dovuto lottare con le unghie e con i
denti per salvarla. In quell’occasione, mi sono letteralmente
trasformata in un killer spietato- si accarezzò la spalla su cui c’era quel
simbolo indelebile – deve servirmi da memento.”
Pur avendo un’aria vagamente divertita nel dire ciò, James
capì che quella era la pura verità.
D’altra parte, se non fosse stata una combattente per
natura, Lisa non avrebbe mai praticato uno sport come judo.
Con un sospiro carico di tanti significati, l’uomo tornò a
posare lo sguardo su Felina, che stava procedendo a un’accurata toeletta del
suo manto corvino.
Lisa lo imitò e sorrise dolcemente verso l’animale.
Compiendo un gesto inaspettato, James le cinse le spalle
nude con un braccio: “Sei una ragazza davvero coraggiosa”.
Sentendo l’intensità di quello sguardo premere sui suoi occhi,
Lisa deglutì a fatica; quel contatto era decisamente più diretto di quello che
avevano avuto la sera prima, e totalmente diverso.
James aumentò di poco la stretta, poi la sua voce calda
pronunciò le parole più importanti che Lisa si fosse mai sentita dire: “E’
davvero un onore, lavorare al tuo fianco”.
Devo ringraziare il cattivo tempo,
che mi sta permettendo di stare in casa…e scrivere alla velocità della luce!
Prima di tutto, vi rispondo una per una!
memole_88: seguirò il tuo consiglio, cercando di far
evolvere la cosa un po’ per volta…senza far diventare noiosa la storia, però!!
Uhm…non sarà facile…mi impegnerò ;-)
crys: mi fa piacere che tu
abbia apprezzato il carattere di Lisa, che sta prendendo forma:è la parte più difficile da far emergere…e
pure James non è un personaggio facile…mi sono documentata molto su di lui per
provare a capire come presentarlo il più vicino possibile alla realtà ma,
accidenti…è veramente troppo riservato!
gelb_augen: innanzitutto, non
ti devi scusare! La mia storia non va da nessuna parte, è sempre qui che ti
aspetta, pronta per essere letta! In secondo luogo…ti dico che ti capisco: pure
io faccio sempre di tutto per sembrare un cubetto di ghiaccio, davanti agli
altri (ogni tanto mi convinco stupidamente che così si rischi meno di soffrire)
e forse la mia storia si baserà proprio su questo.
Per quanto riguarda James…un po’ lo compatisco: è maledettamente
dura rapportarsi al personaggio di Lisa…e come si fa, cavoli!?
A volte è un fiore, altre una fredda insensibile. Lui
ci sta provando in tutti i modi a farla aprire: comportandosi da papà, da
fratello, da amico, da semplice collega…forse sarebbe più semplice comportarsi
in modo diretto…ma lo scopriremo solo vivendoJ!!
Infine, ti svelo un segreto…io faccio DAVVERO judo…e sono DAVVERO
cintura nera. Sorpresa!!!
E quell’odioso preparatore atletico…esiste davvero. Argh!! Ma questa è un'altra
storia…ti lascio al racconto…e grazie dei tuoi commenti!!!!
Laura fece un fischio di approvazione: “Uao!-
esclamò rigirandosi un chupa-chups in bocca
–ripetimelo un’altra volta!”.
Alice buttò indietro la testa, con aria esasperata, e la
frangia le si scompigliò irrimediabilmente; pettinandola alla bell’e meglio con
le dita, rimproverò l’amica: “Sarà la quinta volta che glielo chiedi, penso che
tu abbia capito, ormai!”.
Lisa guardò Marina, seduta di fianco a lei, ringraziandola
mentalmente per i suoi silenzi; Laura era già assillante per tutte quante loro messe insieme.
“Insomma…- cominciò a parlare proprio Mary – è stato
molto…professionale! Cavoli, è un attore di fama internazionale, ed è onorato di lavorare con te!”.
Sventolando il lecca-lecca in direzione di Lisa, Laura
rincarò la dose: “Sarà anche un uomo adulto ed esperto a concupire giovani
ingenue…ma a me non la da a bere”.
Di nuovo Alice, interruppe l’irruenza
della compagna: “Laura! Non esagerare adesso!- poi si rivolse
direttamente a Lisa –Tu cosa senti? Ti sembra inopportuno o sfrontato? Qualche segnale dovrebbe avertelo mandato…”.
L’altra si grattò la fronte, con lo
sguardo perso nella schiuma del suo cappuccino: “Non saprei…Mi è
sembrato…sincero, tutto qua.- alzò gli occhi verdi verso le amiche –
credeva davvero in quello che ha detto. O perlomeno mi è parso così…il modo in
cui mi ha preso per le spalle, il tono di voce…”
“Il suo buonissimo dopobarba…” concluse sempre Laura,
ricevendo in risposta il lancio di un accendino, da parte di Alice.
Marina ignorò quella scena e continuò a parlare con Lisa:
“Scusa ma siamo tutte un po’ scettiche…Puoi intuirne i motivi- con un gesto
affettuoso le scompigliò i capelli –ma è per il tuo bene”.
Lisa sorrise e annuì: “Lo so, stella”.
Quella era la loro solita colazione domenicale; Lisa aveva
aspettato una settimana a raccontare gli ultimi episodi.
In quei giorni non si
era allenata, un po’ per riprendersi, un po’ per ripicca; il giorno dopo
sarebbe andata a parlare con il suo maestro ufficiale, per spiegargli gli
ultimi screzi con il preparatore atletico.
Nel frattempo la scuola, la stesura dei testi del programma
e la presenza di Felina (molto impegnativa da gestire), avevano impedito alla
ragazza di vedere le sue compagne.
Le erano mancate infinitamente; forse proprio per l’assenza
dei loro consigli e del loro sostegno, il rapporto tra James e Lisa era tornato
freddo e distaccato, come quando lui era arrivato, quasi venti giorni prima.
La ragazza non aveva saputo gestire gli sviluppi che aveva
avuto quella insolita situazione, così l’aveva “congelata”. In attesa di
un’ispirazione dal cielo sul da farsi.
Certo, le parole di Laura non potevano paragonarsi a una
rivelazione profetica, ma la compagna aveva maledettamente ragione. Come del
resto anche le altre due…così Lisa era punto e a capo.
Avrebbe lasciato tutto com’era, decise sistemandosi la
sciarpa bianca, in tinta con borsa e stivali.
Inforcò gli occhiali da sole e si alzò dal tavolino per
andare a pagare.
Nel frattempo, un ignaro James Marsters
si svegliava, a causa di un suono sommesso che non accennava a smettere.
Qualcuno stava russando in modo alquanto…potente.
In un primo momento pensò fosse Leonard, ma poi si ricordò
che, anche di domenica, era solito alzarsi presto e andare agli Studi.
Lisa non poteva di sicuro produrre tutto quel rumore…
D’un tratto il baccano cessò e l’attore si girò verso la
porta: dall’altra piazza del letto, a meno di mezzo metro dal suo naso, due
occhi gialli lo fissavano seri…Felina.
James capì subito la situazione e rimase immobile. La
pantera fece lo stesso; non si capiva chi dei due fosse più a disagio.
Poi l’uomo gettò una fugace occhiata all’orologio digitale
sul comodino, dalla parte di Felina e notò che era coperto da un foglio. Nella
semi-oscurità non riusciva a leggere cosa vi fosse scritto; di certo non si
sarebbe azzardato ad allungare con noncuranza un braccio sopra all’animale.
Poteva anche essere un “micione
innocuo”, ma non si fidava così ciecamente.
Quindi, con molta cautela, si alzò dal letto e vi girò
attorno, sotto la stretta supervisione della pantera.
“Sono uscita un attimo
a comprare da mangiare per Felina, torno subito.”
James lesse il messaggio ad alta voce; quando buttò lo
sguardo sulla pantera, questa si leccò i baffi.
“Non farti venire strane idee!”. La ammonì lui.
L’animale, in risposta, gli andò dietro come un segugio giù
per le scale; in salotto si piazzò a due metri da lui, mentre James cercava di
concentrarsi sulla TV e non su quello sguardo felino da inquisitore.
Dopo poco meno di mezz’ora, si sentì il rumore di una chiave
che girava nella serratura; la porta d’ingresso si aprì e Lisa fece capolino
fischiando, per richiamare Felina.
Questa zampettò felice dalla padrona, strusciandosi contro
le sue gambe.
“Hey, cucciola- disse la ragazza
togliendosi la giacca –Adesso ti do da mangiare, tranquilla”.
Sentendo l’odore della carne, l’animale divenne irrequieto e
lo manifestò emettendo dei deboli ruggiti.
Con molta cautela, munita degli appositi guanti, Lisa
appoggiò per terra il vassoio del cibo; poi mise il resto della carne in
freezer, riempiendolo completamente.
Soltanto allora si accorse che la televisione era accesa e
andò a controllare dove fosse James.
Lo trovò sul divano, con la testa girata all’indietro per
guardarla, un sorrisetto divertito dipinto sul volto: “Non eri minimamente
preoccupata della mia salute!”.
Lisa si strinse nelle spalle, gettando i guanti da una
parte: “Mi fido di Felina, non ti avrebbe mai fatto del male”.
L’attore non trovò parole adatte a ribattere; in fondo, non
aveva neppure bisogno di una
risposta, quella frase…come molte
altre che la ragazza gli aveva propinato quella settimana.
Sembrava che di punto in bianco avesse cancellato ogni tipo
di rapporto.
“Io devo fare i compiti- esordì Lisa – Se ti vuoi dedicare
al lavoro…sul tavolo c’è posto pure per te”.
James non se lo fece ripetere due volte; afferrò il book con
la scaletta del programma e prese posto su una sedia
di cucina.
Attorno all’ora di pranzo, il regista Leonard tornò dagli
Studi televisivi, fischiettando allegramente, un
sacchetto con su scritto “MacDonald’s”
sotto il braccio.
Felina gli si avvicinò annusando l’odore di cibo; sentendo
che non c’era nulla di suo gradimento, tornò a fare le fusa sul tappeto del
salotto.
Il pasto fu occupato totalmente dai discorsi del padre di
Lisa: aggiornò i due “collaboratori” delle novità sul lavoro e chiese com’era
lo stato di avanzamento del programma del giorno.
La ragazza si dovette alzare da tavola per rispondere al
cellulare; Alice la tenne al telefono una mezz’ora buona, chiedendole consigli
su come comportarsi con un nuovo ragazzo, conosciuto per i corridoi della
scuola, che le stava facendo una corte spietata.
D’altra parte non esistevano solo i suoi problemi e il
rapporto con le tre compagne non poteva ruotare attorno a Lisa.
Cosìquesta ascoltò paziente i viaggi
mentali dell’amica: cosa faccio, cosa non faccio…cosa dico, cosa non dico…
Arrivate alla conclusione che Alice doveva affrontare la
cosa con serenità e con meno paranoie, Lisa la salutò e tornò al piano terra.
Suo padre era scappato di nuovo al lavoro; James stava
rileggendo sul divano gli appunti della mattina, con Felina ai suoi piedi, che
ronfava beatamente.
La ragazza sospirò e si rimise a tradurre l’Ode di Orazio
che aveva abbandonato prima di pranzo.
Due ore più tardi, un gridolino e un tonfo sordo costrinsero
James a girarsi verso la cucina: constatò divertito che Lisa era piegata sul
tavolo, intenta a prendere a testate il piano in legno.
La pantera si avvicinò incuriosita alla padrona, senza
capire quel comportamento.
“Orazio ti da dei problemi?”.
Chiese sorridendo l’attore, riponendo il fascicolo del suo lavoro.
“Non sai quanti!” fu la risposta di lei, piagnucolata sotto
la coltre dei suoi ricci sciolti, che giacevano sparsi sul foglio.
Felina le appoggiò la testa sulle gambe e Lisa la accarezzò:
“Vuoi che ti porti un po’ fuori, tesoro?” le domandò poi, sollevando la testa
dal tavolo.
La risposta fu un mugugno di approvazione; così la ragazza
si alzò e si rivolse a James: “Io faccio una pausa; vuoi venire con noi?”.
La pantera strattonava il guinzaglio con foga, cercando di
intrufolarsi in ogni pertugio; un paio di volte Lisa rischiò anche di doversi
arrampicare su un albero per recuperarla.
Fortunatamente le vie del suo quartiere erano deserte: nonostante
fossero i primi di maggio, l’aria fredda e il cielo nuvoloso aveva spinto tutti
a chiudersi in casa.
Così i due camminarono per un bel po’ nel silenzio più
assoluto, prima che James porgesse la mano alla ragazza: “Vuoi che la tenga
io?- chiese, riferito a Felina – Ti vedo affaticata”.
Lisa annuì e gli porse il guinzaglio:
“Questi ritmi stanno prosciugando tutte le mie energie- osservò lei,
stringendosi nel suo cardigan blu –Non vedo l’ora che almeno la scuola finisca:
dopo gli esami potrò tirare un po’ fiato”.
Quella era l’ennesima frase fine a se stessa: semplicemente
una constatazione, che non necessitava della risposta di James e non poteva
considerarsi l’inizio di una conversazione.
L’uomo così, stette zitto, alambiccandosi
il cervello sul motivo di quella freddezza, che stava dimostrando la ragazza.
Quasiper miracolo, l’attore trovò un modo di sciogliere un po’
quell’atmosfera così rigida; girato l’angolo, si trovarono di fronte a una
pizzeria al taglio.
James prese l’iniziativa e propose: “Ti va
di mangiare qualcosa? Ho una fame incredibile e voi
italiani siete abituati a cenare decisamente troppo tardi!”.
Lisa si lasciò scappare una risata e annuì: come poteva dire
di no a una semplicità così disarmante?
A volte si sentiva totalmente a suo agio con lui, benché si
sforzasse in ogni modo di mantenere le distanze.
Si sedettero su una panchina fuori dalla pizzeria,
gustandosi i loro tranci fumanti: “Noi italiani saremo delle frane con gli
orari- esordì la ragazza –Ma siamo decisamente inimitabili in cucina!”.
James, a bocca piena, bofonchiò una risposta, restando in
contemplazione della sua 4 stagioni.
Di nuovo Lisa non riuscì a trattenere una risata
Persino Felina apprezzò la pizza ai funghi della padrona;
alzandosi per buttare i tovaglioli di carta, Lisa scosse la testa: “Lo zio mi
uccide, se scopre che ti vizio così”.
Quello spuntino diede la carica a tutti, soprattutto alla
pantera, che cominciò a correre all’impazzata, costringendo gli altri due a
fare il tiro alla fune col guinzaglio.
Ormai a un centinaio di metri da casa, quando Lisa non si
reggeva più in piedi dalle risate, iniziò a piovere; non fu una cosa graduale,
ma un’improvvisa secchiata dal cielo, che li inzuppò dalla testa ai piedi.
A coronamento della cosa, Felina decise di piantarsi in
mezzo alla strada.
La ragazza non sapeva se continuare a
ridere o mettersi a piangere: “Cucciola mia! Ti prego,
smuoviti!”. Ma il quintale dell’animale, ancorato saldamente
all’asfalto, non si mosse di un centimetro.
James si avvicinò: “Perché fa così?!”.
Lisa lo guardò e notò che la pioggia gli grondava giù per il naso, sulle
labbra, per poi infilarsi dentro il collo della maglietta.
“Dannazione Lisa-
si maledisse lei –Riesci a rimanere
incantata a guardarlo persino sotto il DiluvioUniversale!”.
Si limitò a pensare questa frase, ciò che disse
fu totalmente diverso: “E’ un animale delle foreste pluviali- spiegò
continuando a strattonare l’amica a quattro zampe – Ama l’acqua più di ogni
altra cosa”.
Quando ormai si erano rassegnati ad aspettare la fine della
pioggia, Lisa si illuminò e, preso per un braccio James, lo incitò a camminare:
“Io non ti aspetto in eterno, bella mia! Me ne vado”.
L’attore si staccò dalla sua stretta e la guardò con aria di
rimprovero: “Non la possiamo lasciare lì”.
La risposta arrivò letteralmente dal cielo: un lampo
squarciò le nubi, seguito da un potente tuono.
Come Lisa aveva calcolato, un guizzo nero passò di fianco a
loro, puntando a velocità supersonica verso casa, con la coda fra le gambe.
La ragazza esultò, facendosi i complimenti
da sola, per il proprio colpo di genio, poi riprendendo a correre, si girò
ridendo verso James: “Hai visto? Se l’è fatta addosso
dalla paura!”.
Lisa varcò la soglia di casa a grandi
passi, quasi si dimenticò di lasciare la porta aperta per James: “Ehi! Aspetta!” fu la risposta stizzita di lui.
“Scusa- rispose Lisa, col fiato corto – avevo paura che
Felina scappasse di nuovo fuori”.
Dal canto suo la pantera si era rifugiata in casa ben prima
degli altri due e ora si stava scrollando allegramente il manto bagnato.
Anche Lisa e James erano grondanti d’acqua. L’idea di fare un
giro a piedi, senza ombrelli, non era stata delle migliori.
La ragazza buttò sul tavolo della cucina il cardigan:
“Lascia qui i vestiti più bagnati e le scarpe- ordinò all’ospite – vado di
sopra a prendere degli asciugamani”.
Poi corse su per le scale, cercando di non scivolare sul
parquet del corridoio.
Quando tornò al piano terra, trovò James appoggiato a un
bracciolo del divano, Felina che si lisciava il pelo poco più in là.
“Non vi muovete”. Ordinò a entrambi, anche se non fece molta
presa sulla pantera, che si sdraiò soddisfatta sul tappeto.
Lisa lanciò distrattamente un telo da bagno a James, poi
chiamò a sé l’animale, che le andò in contro di buon
grado: “Vieni cucciola” le parlò dolcemente, mentre quella si appoggiava col
muso al suo petto e cominciava a fare le fusa.
James sorrise, guardando la premura con cui la ragazza
accudiva la pantera: quando si trattava di prendersi
cura di Felina, Lisa si trasformava; vederle insieme gli ricordava ogni volta
quanto lei e l’animale fossero anime affini.
Anche Lisa si mise a ridere, quando la sua amica iniziò a
leccarle un braccio, come per ricambiarle la cortesia.
Poi, sentendo lo sguardo insistente di James su di sé,
abbassò gli occhi e arrossì: “Hai finito con quello?” chiese poi, riferendosi
all’asciugamano.
“Oh…sì” rispose lui distrattamente, prima di passarsi in
fretta il telo fra i capelli.
Quando Lisa tornò a fissare l’attore, notò i capelli
arruffati, non più in posa grazie a quintali di gel. Era in quei momenti, in
cui lui appariva umano e dannatamente imperfetto, che la ragazza rimaneva senza
fiato: si sentiva partecipe del vero
James, in quei frangenti.
Nonostante i suoi pensieri e uno scarso tentativo di
rimanere seria, Lisa si lasciò sfuggire un risolino
soffocato.
“Che c’è?- chiese lui, poi capì – Santo
cielo! Immagino di essere ridicolo” e fece per pettinarsi con le dita, ma Lisa lo fermò.
“Lascia stare- disse seria –Li preferisco così”. E, con fare
concentrato, si mise a scompigliare i capelli dell’attore, prima da un lato,
poi dall’atro, poi solo il ciuffo davanti, poi tutta la chioma.
James, divertito da quell’insolita intraprendenza la lasciò
fare.
L’idillio durò poco: quando Lisa si rese conto di avere fra
le mani i capelli di quello che, fino a venti giorni prima, era il suo idolo, cambiò
espressione.
Improvvisamente vulnerabile, si allontanò di qualche passo,
mentre si accingeva ad indossare di nuovo la sua impenetrabile corazza.
Non sapendo dove guardare, si concentrò su Felina, seduta al
suo fianco.
Per James quello fu l’ennesimo buco nell’acqua: cominciava
ad essere snervante, il tira e molla con la ragazza; non
che lo irritassero i suoi continui sbalzi d’umore. Piuchealtro
lo frustravano; si sentiva infinitamente inutile.
Ma non poteva far finta di niente in terno, così prese coraggio
e parlò: “Ogni tanto ti vedo fuggire…Dov’è che vai?”.
“Non può averlo detto
sul serio…visto? Sei una stupida..era così difficile
startene ferma?”.
Innumerevoli pensieri simili le vorticavano nella testa,
così Lisa decise di dare un taglio a quel caos: “A portare questi in
lavanderia” rispose semplicemente, facendo finta di non capire, e afferrò il
mucchio di indumenti e teli bagnati.
Felina la seguì, con la sua solita curiosità: “Non si
lasciano da soli gli ospiti” le fece notare la padrona; nel dire ciò, notò la
propria immagine riflessa nello specchio del bagno di servizio: capelli appiccicati
alla testa, il mascara, che si era data prima di uscire, sbavato…e dire che
aveva appena preso in giro il look di James.
Buttò i vestiti in un angolo e fece per sistemarsi, ma poi
pensò che lui lo avrebbe notato,
interpretandolo probabilmente come un tentativo di farsi bella ai suoi occhi.
“Come se poi gli
importasse qualcosa, di come sono…” constatò dura, infine.
Così si arrese e uscì dalla stanza, rassegnata alla faccia
che si ritrovava.
“Io vado a letto- esordì, una volta in sala –Penso che ora
ci possiamo muovere senza fare troppi danni alla casa”.
James annuì e Lisa vide che non si era mosso dalla sua
postazione; era ancora lì, col suo sorriso serafico, che si addiceva più a un
inglese che a un americano.
La seguì su per le scale, stando a
distanza; le lasciava spazio, sorprendendo Lisa per la sua pazienza.
“Mi riterrà
un’adolescente nevrotica, in piena crisi ormonale” si lamentò mentalmente
la ragazza, mentre percorreva il corridoio.
Proprio allora Felina, spaventata da un lampo improvviso,
schizzò sotto le gambe di Lisa, facendola barcollare e poi scivolare sul
bagnato.
Non ci fosse stato James pronto ad afferrarla al volo,
sarebbe stata una caduta decisamente brutta, per non dire pericolosa.
Solo per un attimo la ragazza rimase immobile, letteralmente
in braccio a lui.
Una volta riacquistato l’equilibrio, si girò per
ringraziarlo, ma un tuono fortissimo la fece sussultare e poi ridere,
imbarazzata.
“Il tuo trucco non è più perfetto come prima” esordì James.
Niente di meglio per farla sentire ancora
più a disagio: “Non c’è bisogno che me lo dici. Posso
immaginarlo!”.
“Almeno siamo pari- fu la risposta sorridente dell’attore
–Permetti?” chiese poi, allungando una mano.
Lisa si sentì mancare; avrebbe potuto aprire un dibattito
sull’esistenza di prodotti struccanti più idonei del dito che lui le stava
passando delicatamente sotto gli occhi, ma riusciva a malapena a respirare,
figuriamoci ad emettere suoni articolati…non se ne parlava neanche.
Approfittando di quel momento, James ripetè
ciò che aveva detto poco prima, imperterrito: “Non hai risposto alla mia
domanda- smise di accarezzarle le palpebre e la guardò serio -Perché fuggi?”.
Quello fu il culmine; Lisa scosse la testa e si staccò,
anche se riluttante, da lui.
Fu un ritorno alla realtà troppo brusco, la fece quasi
arrabbiare: “Il mondo ferisce- si accinse a rispondere, con una durezza nella
voce che non aveva mai usato prima con James –Io ho la brutta abitudine di
dimenticarlo”.
Fu una frase tagliente, persino crudele, constatò James,
soprattutto detta da una ragazza così giovane:
peccato, perché quando si dimenticava della cattiveria del mondo, diventava una
persona fantastica.
Altrimenti sarebbe stato decisamente più facile ignorarla.
Lisa aveva paura di lui; questa consapevolezza gli fece
inaspettatamente male.
“Davvero hai solo 18 anni?”.chiese
l’uomo, cercando di ignorare quella sensazione.
“18 e tre quarti” precisò lei in modo fiscale e un po’ fuori
luogo.
Noncurante della sua freddezza, James continuò: “Parli con
la stanchezza di chi ha sofferto per una vita intera”
Lisa aggrottò la fronte: “Stanchezza?”.
“Sei rassegnata…tutto qui”concluse l’attore, lasciando
l’altra ammutolita e immobile come una statua.
L’unica luce che li illuminava era quella del bagno, alla
loro destra, così, nella penombra, Lisa quasi non si accorse che James si era
nuovamente avvicinato: “Posso darti un consiglio?- esordì sempre lui – sono più
grande di te…per non dire più vecchio-
James si lasciò sfuggire una mezza risata (era
nervoso?) poi continuò – Dimenticati del mondo; è vero, può pugnalarti ogni
volta che giri le spalle. Ma tu lascialo fare; ti ferisce
solo se glielo permetti”.
Ora Lisa poteva sentirlo…percepiva il calore di lui, del suo
corpo, l’aroma del suo dopobarba, e questo la lasciava spaesata e terrorizzata.
Non capiva cosa stesse accadendo, il cuore era come
scomparso dal suo petto.
All’improvviso qualcosa le sfiorò la schiena, svegliandola
da quello stato di trance. Era il braccio di James, che nel tentativo di
avvicinarla a sé si accorse che la ragazza era ancora bagnata dalla piovuta di
prima: “Non ti sei ancora asciugata!” constatò sorpreso, cercando di smuoverla
dal suo mutismo.
Lisa dal canto suo, non riusciva a reagire; quel tocco sulla
pelle la rese solo ancora più spaventata e immobile..
James prese coraggio a quattro mani e parlò nuovamente: “Se
continuerai a stare in silenzio comincerò a preoccuparmi…”.
Quasi per miracolo, quella frase riuscì a strappare una
risata soffocata a Lisa: “No…sto bene…credo” lo tranquillizzò; successivamente
non si sarebbe ricordata di aver parlato, sconvolta com’era.
L’attore fece un respiro profondo e provò
di nuovo ad aprire una breccia nella corazza di lei: “Senti…Non so se questo
sia giusto…non capisco nemmeno se sia giusto quello che provo.
Ma voglio fare una cosa, e la farò solo se tu vuoi,
altrimenti me ne andrò e sarà come se non fosse successo nulla.”
Aspettò qualche istante, in cui a Lisa cominciò a girare la
testa, forse perché era in apnea.
Poi James chiese: “Posso baciarti?”.
Se Lisa non fosse stata così vicina alla parete, sarebbe
caduta di nuovo a terra.
Cercò in tutti i modi di nascondere che tremava, un po’ per
il freddo, molto di più per la tensione; ad ogni modo non trovò il coraggio di
rispondere.
Dopo alcuni (forse troppi) secondi di attesa, James sospirò,
quasi deluso, e prese le distanze da lei.
Per Lisa fu un dolore rinnovato sentirlo così lontano, così,
con un coraggio nato dal nulla, lo prese per un braccio: “Sì –rispose con voce
roca –sì” ripetè, incerta se lui avesse sentito.
La ragazza intravide un sorriso sollevato sul viso
dell’uomo, che colse al volo l’occasione per stringerla in un abbraccio.
Lisa si abbandonò contro di lui, togliendosi di dosso il
peso delle paure di poco prima: quella non era una bugia, era reale; lui non la
stava stringendo come aveva già fatto in passato.
Non era un abbraccio paterno, o di incoraggiamento; non la
stava consolando o congratulandosi con lei per qualcosa che aveva fatto.
Il bacio che James le diede sulla fronte fu incredibilmente…vivo e tenero allo stesso tempo.
Lisa inclinò la testa all’indietro, lasciando che il suo
naso sfiorasse quello di lui.
Potè sentire il suo respiro,
mentre le labbra dell’attore si avvicinavano.
Quando finalmente la bocca di James premette su quella di
Lisa, le sembrò rovente; la cinse dietro il collo, per avvicinarla ancora di
più e subito la ragazza smise di rabbrividire.
L’uomo rimase piacevolmente colpito da quell’improvvisa
dolcezza: non solo i capelli, ma anche le labbra e la pelle fresca, sapevano di
pesca.
Non fu per loro volontà che si staccarono, non sentivano il
bisogno di riprendere fiato.
Fu un rumore al piano terra, seguito dal fischiettare
allegro del padre di Lisa.
I due sobbalzarono per la sorpresa, l’attore liberò la
ragazza dalla sua stretta e portò, con un gesto rapido, le braccia lungo i
fianchi.
Come un bambino che viene scoperto a fare una marachella,
James si girò circospetto verso la tromba delle scale, e notò le luci della
televisione accese.
Leggermente più tranquillo tornò a voltarsi verso Lisa, ma
il sorriso gli morì sulle labbra, quando di fronte a sé, vide solo la porta
della sua camera, chiusa: lei era scappata di nuovo.
NdA: spero che questo capitolo non sia apparso troppo sdolcinato o
noioso…non è stato per nulla facile scriverlo…
gelb_augen: mi scuso già in
anticipo! So che a te questi particolari non piacciono, ma prima o poi doveva
succedere!!! Prometto che ora la storia non prenderà
una piega scontata!
Eccoci qua, come ormai molti si
aspettavano, quello che doveva succedere è successo.
Mi accingo a rispondere ai vostri
commenti a riguardo.
memole_88: ti di perfettamente ragione sul personaggio
di Lisa. In certi momenti si rende (o meglio, LA rendo) decisamente snervante.
Però ti svelo che il suo comportamento è una serie di passaggi che pure io ho
attraversato e, col senno di poi, ho voluto scrivere questa storia anche per
dare una morale, di fronte alla quale pure lei sarà costretta a cambiare..ma ovviamente arriverà alla fine del racconto!
gelb_augen: è sempre piacevole
leggere i tuoi commenti, ma non ti preoccupare se “perdi qualche pezzo per
strada”. Come ti ho già detto, non scappo J.
Per quanto riguarda Felina: NO, NON HO UNA PANTERA! E aggiungo
purtroppo…ma la passione mi è nata da piccola, un amico di famiglia allevava
felini africani…devo pure avere un dente di giaguaro da qualche parte…e cmq non
ho nemmeno quel tatuaggio, anche se penso davvero che un segno così indelebile
debba essere fatto solo se rappresenta una parte di noi, che altrimenti non
sarebbe messa in luce.
Per quanto riguarda il lato romantico della storia…sono felice che
la parte del bacio ti sia piaciuta…mi soddisfa molto! Riguardo l’età di James…per fortuna ( e purtroppo allo stesso tempo)
l’amore non ha età…se ne vedranno i risvolti!
Buona lettura.
Appena si sentì al sicuro nella sua stanza, Lisa si spogliò
degli abiti bagnati, come se si volesse liberare di quell’episodio.
Dieci minuti dopo era seduta alla sua scrivania, in camicia
da notte, intenta a districarsi i capelli ancora umidi. Ai suoi piedi Felina
ronfava pacifica.
Da parte sua, la ragazza non riusciva a pensare ad altro che
agli ultimi minuti con James: era realmente accaduto? Sì, non c’erano dubbi.
Aveva fatto la cosa giusta? Ecco, su questo punto, invece,
di dubbi gliene sorsero parecchi.
Si era lasciata andare, e la ricompensa era stata il bacio
più perfetto e dolce che una ragazza potesse sognare.
Di contro, ora doveva vedersela con il lato negativo della cosa: aveva baciato
James Marsters, attore di fama internazionale che,
oltre ad essere dannatamente più vecchio di lei, stava lavorando al suo fianco
per la realizzazione di un programma televisivo.
Decisamente, il gioco non sarebbe valso la candela, concluse
poi fra sé e sé, annodando la chioma in una lunga treccia.
Ma poi si ricordò di come lui l’aveva stretta, coccolata,
protetta…
Decisamente, non sarebbe riuscita a concludere nulla, in
quelle condizioni. Ci voleva un parere esterno.
Così, accese il PC e aspettò che fosse pronto alla
connessione; l’immagine del desktop sembrò quasi canzonarla: era una foto di
James, in una delle sue pose meglio riuscite.
MSN si attivò e questa volta nessuna delle sue compagne di
squadra risultò connessa.
Lisa sbuffò e prese il cellulare: “Grosse novità! Super problemi! Vi aspetto
domani mattina a casa mia…alle 7:30”.
Dopo aver impostato il messaggio, scelse l’opzione “inoltra
a molti” e selezionò i nomi delle tre amiche.
Mentre si metteva a letto, con l’intento di impegnarsi a
dormire, si ricordò di un dettaglio.
“Grandioso!”constatò
nella sua mente: il giorno dopo sarebbe cominciata la parte di lavoro agli
Studi televisivi; ciò comportava 5 ore filate gomito a
gomito con suo padre…e James.
La mattina dopo non ci fu bisogno della sveglia per
ricordare a Lisa che erano le 7:00.
Aveva passato la notte in bianco; i suoi pensieri avevano
deciso di darle tregua attorno alle 4:00, ora in cui Felina aveva cominciato a
russare sonoramente. Inoltre, fuori non aveva smesso un attimo di tuonare.
Così fu quasi sollevata di doversi preparare ad uscire.
Dall’armadio selezionò una camicia a body, bianca e un paio
di jeans stinti, a cui abbinò un paio di stivali blu; una tenuta sobria ma non
troppo elegante, per la sua prima giornata di lavoro.
Fuori il sole stentava ancora a
farsi vedere, ma erano i primi di giugno e non avrebbe tardato ad arrivare per
mitigare l’aria.
Nella penombra si guardò
distrattamente allo specchio, limitandosi a spalmare della crema idratante sul
viso; non c’era tempo di truccarsi.
Di soppiatto, sgattaiolò fuori
dalla camera, cercando di imitare i passi felpati della sua pantera.
In casa dormivano ancora tutti e
un silenzio tombale aleggiava nell’aria.
L’unico rumore era il “tic-tac”
delle lancette dell’orologio di cucina.
La ragazza prese il guinzaglio e
uno scialle leggero da buttarsi sulle spalle, poi uscì dalla porta sul retro.
E le trovò lì,
le sue tre amiche, chi con la faccia assonnata, chi con il broncio, chi un po’
scocciata.
“Ora ci dovrai dare molte spiegazioni” esordì Alice,
trattenendo uno sbadiglio.
Mentre Felina si gustava la sua
dose extra di coccole, Lisa si avvolse nella sciarpa: “Vi accompagno a scuola,
così intanto possiamo parlare”.
In effetti
l’anno scolastico non era ancora terminato; ma la ragazza aveva anticipato di
sua scelta la fine, per potersi dedicare con più calma al ripasso delle materie
e al testo del programma.
La stizza sui volti delle tre
compagne era scomparsa; ora era il loro “momento
delle amiche”.
“Allora?!-
domandò Laura col suo solito sorrisetto malizioso –Avevi una super novità da
raccontarci”.
Notando l’impazienza negli occhi
di Marina e Alice, Lisa cominciò a parlare.
Raccontò loro tutto: la giornata
passata a lavorare, il pranzo fugace in compagnia di suo padre, la passeggiata
con Felina.
I dettagli cominciarono a farsi
minuziosi quando giunse al momento in cui era iniziato a piovere.
Durante la narrazione della scena
imbarazzante in salotto, le tre amiche presero a guardarla con aria stralunata.
Quando Lisa continuò con i
risvolti avvenuti in corridoio, sembrò che avesse rivelato loro il terzo
segreto di Fatima.
Poi concluse: “A quel punto…- si
fermò per guardarle negli occhi –Mi ha chiesto se poteva baciarmi!” gridò
quella frase in mezzo alla strada, ricevendo come risposta salti e urla di
gioia.
“E tu? Cosa gli hai risposto?” chiese Marina, spalancando gli occhi
nocciola.
In tutta risposta, Lisa si limitò
a sorridere, scatenando di nuovo l’euforia delle amiche.
“E’ un sogno”, “Io non ci credo
ancora!”, “Io invece lo sapevo che sarebbe successo!”.
Le ragazze si sovrapponevano in
una serie di esclamazioni incredule.
Quel vociare eccitato continuò a
diffondersi per alcune vie; qualche passante cominciò a dimostrarsi irritato.
Così Lisa abbassò la voce e tornò
seria: “Sono scappata in camera come un coniglio, dopo che è successo.-
strattonò Felina al guinzaglio –L’ho lasciato lì, come uno stoccafisso…Un po’
mi vergogno”.
Alice lasciò
cadere le braccia lungo i fianchi: “Tesoro! Ma non sei
proprio in grado di vivere con spensieratezza per più di venti secondi?”.
La diretta
interessata sembrò non capire, così Laura intervenne: “Non fare la faccia da
tonta” era una cosa che si sapeva dall’inizio: vi piacete, punto e basta”.
Lisa alzò le braccia in segno di
resa: “Okay, time out- con un gesto indicò Marina – Ci
manca solo che tu ora mi dica di fare quello che mi sento, poi avrò tutto il
repertorio di frasi fatte”.
Non voleva sembrare scortese, ma
sentiva il bisogno di essere sincera, almeno con le sue amiche-sorelle.
Infatti, bastò
un’occhiata e le tre capirono al volo: “Ti potrà sembrare banale, ma ora dico
sul serio- esordì Laura, stranamente seria –Lascia che le cose…vadano. Ora lo rivedrai, forse ne
parlerete, o forse no; oppure lo bacerai di nuovo…o forse non succederà più. Comunque sia…” la ragazza non finì la frase, ma non ce n’era
bisogno.
Marina e Alice si limitarono ad
annuire e Lisa le ringraziò mentalmente: non era una soluzione scontata,
quella;senza
volere era l’unica che la ragazza non aveva vagliato…o forse non era un caso.
Lisa varcò l’ingresso dello
Studio televisivo a testa bassa: i collaboratori di suo padre erano già tutti
presenti e non riuscì a trattenere un sussulto, quando vide che James era già
lì.
Indossava una maglia nera
elasticizzata, che gli aderiva fin troppo bene al torace, e un paio di
pantaloni dello stesso colore.
Fingendo noncuranza, per quanto
le sue ginocchia traballanti glielo permettessero, la ragazza andò a versarsi
del caffè, poi iniziò a guardarsi intorno; decisamente non le interessava
capire come funzionasse la telecamera che stava esaminando, ma doveva pur
fingersi impegnata in qualcosa.
“Dimentichi qualcosa” una voce
alle sue spalle la fece sobbalzare e rischiò di rovesciarsi il caffè addosso.
Ovviamente era James, che con un sorriso soave la scrutava a distanza
decisamente troppo ravvicinata.
Lisa fece un passo indietro e
cercò di fare ordine nella testa: quando pensò di aver trovato le parole giuste
per discutere dell’accaduto, James la precedette.
Con un gesto rapido le allungò il
book su cui era solita lavorare ai suoi testi: “L’avevi lasciato a casa”.
Quell’indifferenza lasciò di
stucco la ragazza, che si aspettava tutt’altro tipo d’incontro.
James notò la faccia stranita di
Lisa e a fatica trattenne un sorriso: era stato tutta notte a pensare a quei
pochi minuti di idillio.
Tuttavia, non era riuscito a
prendere sonno per un altro motivo; il modo in cui lei lo aveva lasciato,era stato…una
mazzata. Forse perché non era abituato ai tira e
molla, forse perché gli faceva specie che una ragazza così giovane lo facesse
sentire tanto…inadeguato.
Fattostà
che al sorgere del sole, l’attore aveva deciso di adottare un’altra tattica.
Simulando uno sguardo distratto,
James si avvicinò: “Bella camicia” disse, in un sussurro, soffermandosi un
attimo sulla scollatura.
Poi, con la stessa noncuranza con
cui aveva parlato, se ne andò.
Lisa strinse la tazza che aveva
in mano fino a sentir male; quello non era previsto.
Potevano baciarsi, ma non era
successo; potevano semplicemente discutere, ma neppure quello era accaduto.
La terza opzione non era stata
considerata da Laura; anche Lisa ci mise un momento a capire cosa fosse:
semplicemente…indifferenza.
Il calore che sentì salire alle
gote nell’istante successivo non era vergogna, ma
rabbia.
Nessuno aveva il diritto di
prenderla in giro, non lei.
NdA: mi scuso se questo capitolo e parte dei successivi dovessero
risultare solo “di passaggio”. Ma non volevo che la mia storia fosse
esclusivamente un racconto d’amore strappalacrime e scontato.
D’altra parte anche il resto della
trama sarà fondamentale a “portare avanti” i due protagonisti.
Vedo che la storia continua a
piacere! E comincio ad affezionarmi alle mie commentatrici. Innanzitutto…grazie
mille a tutti! E’ una gioia immensa vedere quanti si stanno appassionando alla
mia fanfic.
crys: finalmente rieccoti qua! Mi chiedevo che fine avessi fatto! Mi fa
piacere che la storia continui a piacerti…Per quanto riguarda le intenzioni di
James…ci sei andata vicino, ma vedrai i veri motivi del suo comportamento nei
prossimi capitoli…intanto grazie mille della tua “fedeltà” verso la mia fan
fiction!
gelb_augen: ho letto della
dipartita del tuo monitor…e io adesso come faccio?! I tuoi commenti sono sempre
fantastici, li aspetto ogni volta con trepidazione! Vabbè,
cercherò di impegnarmi comunque…così al tuo ritorno troverai pane per i tuoi
denti da recensire.
Ti ringrazio di cuore per la tua sincerità: oltre ai complimenti
per come scrivo (davvero sono così brava?) le tue critiche sono sempre ben
accolte, proprio perché parli “senza peli sulla lingua”e le trovo di grande
aiuto!! Ti apprezzo molto per questo aspetto J.
Per quanto riguarda l’ultimo appunto sulla pantera..non ho scelto questo animale a caso: mi sono documentata e
ho scoperto che è il felino più nervoso e difficile da addomesticare…un
particolare che mi aiuterà molto nella narrazione…
Senza voler rivelare di più…ti lascio ai prossimi capitoli: a
prestissimo, cara!!!
La sera stessa, Lisa decise di andare a judo; avrebbe dovuto
fare i conti col suo preparatore, ma il fatto quasi non la toccava.
Di problemi che la tenevano impegnata, ce n’erano già
troppi; il judo non sarebbe stato un pensiero in più.
Appena la videro sul tatami,
le sue tre compagne donne strabuzzarono gli occhi: il resto della squadra
maschile non fu da meno.
Tuttavia la ragazza li ignorò e cominciò a correre.
Come aveva previsto, l’allenatore la lasciò in pace,
interpellandola solo per farle notare qualche piccolo errore nelle tecniche che
eseguiva.
Doveva avere la morte dipinta in volto, perché nessuno osò
avvicinarla per le due ore successive.
Solo sotto la doccia, Laura riuscì a parlarle con calma: “E’
successo qualcosa, piccola?”.
Lisa passò lo sguardo vacuo su di lei, prima di insaponarsi:
“No…è questo il punto”.
Alice e Marina si lanciarono un’occhiata dubbiosa.
Lisa spense l’acqua e si avvolse nell’asciugamano: “Avete
presente…il nulla?- cominciò lei –Oggi l’ho visto, negli occhi di James”.
Alice si strofinò i capelli: “Ti ha ignorata?”.
L’altra fece una risata amara: “Ignorata sarebbe un complimento. Mi ha fatto sentire…il vuoto!- con la testa fra le mani, sbuffò –Mi
ha persino guardato nella scollatura, con la stessa noncuranza che avrebbe
potuto avere…-faticò a trovare un paragone –un gay!” concluse la frase con la
voce più acuta del normale.
Marina scosse il capo: “Siete colleghi: forse
è il suo modo di farti capire che non deve succedere altro”.
Lisa rimase con lo sguardo nel vuoto; quella spiegazione non
la convinceva.
“Tu pensi ci sia dell’altro” suppose Alice, quasi avesse
letto nella mente dell’amica.
Dall’altra parte dello spogliatoio, Laura esclamò: “Ma è
ovvio che ci sia dell’altro”.
“Allora illuminami- la rimbeccò con tono stizzito Lisa
–Perché oggi ho passato la giornata peggiore della mia vita, a cercare di
capirlo e, nel frattempo, lavorarci insieme”.
L’altra si sedette di fronte a lei, pronta a spiegarsi: “Hai
fatto lo yo-yo per un mese intero, cara- iniziò con un
sorriso divertito –Prima eri dolce e carina, poi un cubetto di ghiaccio, poi
tornavi ad essere un gioiello di ragazza- le appoggiò una mano sulla spalla
umida –Pur non vedendovi insieme, noi l’abbiamo percepito.” Detto ciò, si girò
verso le altre due, in cerca di approvazione.
Infatti, Alice annuì: “Non ti avevamo mai vista così strana
e volubile; di solito per te è tutto o bianco, o nero, mai le due cose insieme”.
Lisa si strinse nelle spalle, ancora senza comprendere:
“Cosa ha a che fare il mio
comportamento col suo?” chiese,
riferendosi a James.
Marina inclinò di lato la testa: “Molto più di quel che
pensi”.
Fu sempre Laura a tagliare corto: “E se
lui si stesse vendicando? – di fronte al silenzio di
Lisa, continuò –Ti sta solo ripagando con la stessa medaglia”. Poi si
alzò, per andare a vestirsi.
Assurdo forse, ma maledettamente reale: le tre compagne
avevano ragione.
E il sorrisetto che Lisa aveva visto su quelle labbra
sottili, che poche ore prima l’avevano baciata, non era stato pura
immaginazione. A modo suo, l’aveva sfidata.
Di conseguenza, non c’era altro da fare che comportarsi comeLisa aveva già
programmato: doveva solo stare al gioco.
Il giorno seguente, Lisa aspettò che James se ne fosse
andato di casa, prima di uscire anche lei.
Arrivò agli Studi per ultima, quando tutto lo staff era già
al lavoro.
L’attore si stava giusto chiedendo dove fosse la ragazza
(non l’aveva nemmeno sentita rientrare, la sera prima) quando un suono di
tacchi lo costrinse a girarsi.
Se la trovò lì di fronte e quasi stentò a riconoscerla:
oltre ai decolletè
alti 10 cm,
la sua mise era composta da pantacollant neri, con ricami di pizzo, e un
maglione leggero, che avvolgeva strettamente i pantacollant giusto sotto i
glutei, per ricadere invece morbido attorno al collo.
I capelli non erano raccolti in cima alla testa come sempre,
ma sciolti in ampi boccoli.
Inoltre, quella era ufficialmente la prima volta che l’uomo
la vedeva truccata, con rossetto, fard e abbondante matita nera a risaltare gli
occhi verdissimi.
Sfoggiando un dolcissimo sorriso, la ragazza prese in mano
la caraffa che c’era sul tavolino delle vivande: “Caffè?” chiese rivolta ai
presenti.
Di fianco a James, uno dei collaboratori si stava dondolando
sulla sedia; dal rumore che sentì, dedusse che si era sbilanciato, rischiando
di cadere.
Da parte sua, l’attore sorrise e alzò la mano, come si fa
con una cameriera.
Lisa gli riempì una tazza di bevanda fumante e gliela portò.
Nel chinarsi sul tavolo per porgergliela, indugiò qualche
secondo con la mano sulla sua spalla: “Bella camicia” gli sussurrò in modo che
solo lui potesse sentire.
Quando si rialzò, James potè
sentire il solito, inebriante profumo di pesche, come una scia dietro la
ragazza, mentre lei si sistemava al suo posto, accavallando le gambe.
L’attore non scoppiò a ridere perché era bravo a recitare; e
anche perché l’odore di pesca aleggiava ancora attorno a lui,
lasciandolo…stordito.
Comunque fosse, la ragazza aveva abboccato.
Fu una settimana decisamente dura, quella.
Gli aiutanti di Leonard tendevano spesso a criticare in modo
fiscale l’operato della ragazza, che dovette combattere per mantenere
inalterata la propria opera.
Contro ogni aspettativa, James fu un valido alleato;
appoggiò Lisa quasi su tutta la linea, modificando lo stretto indispensabile.
Solo per un fortuito caso, la ragazza aveva scoperto che
l’attore recitava spesso in teatro e aveva persino prodotto un paio di
commedie: le sue conoscenze su ciò che accadeva su un palcoscenico furono molto
utili, quando si trattò di decidere lo schieramento degli ospiti sulla scena.
“Io proporrei di far scendere il conduttore per la scala-
aveva detto, indicando il percorso che si era immaginato –Magari gli ospiti
della serata potrebbero entrare con lui”.
Uno degli addetti alla sala di regia annuì compiaciuto:
“Bella idea!- commentò questi –Una specie di corteo che si accinge a cominciare
il dibattito, la proporrò a Leonard”.
Lisa assisteva al work
in progress da un angolo, molto spesso intenta a ripassare una materia
scolastica; interveniva solo se il proprio radar le faceva intuire che il suo
testo fosse “in pericolo”.
Fu proprio in uno di quei momenti che suo padre arrivò, con
un plico di fogli, malamente accartocciato: “Dov’è mia figlia?”. Chiese con
tono serio.
La diretta interessata era proprio lì, appoggiata a una
colonna, con un passo delle Bucoliche fra le mani; erano così vicini che si
sarebbero potuti toccare.
Lisa non potè fare a meno di
ridere e a quel suono il regista si girò verso di lei, stentando ancora a
riconoscerla: si era lisciata i capelli con la piastra, e ora le ricadevano
sulla camicia nera. I pantaloni grigi con la piega, erano stati oculatamente
scelti in tinta con la cravatta, che le cingeva il collo.
“Ciao papà”. Lo salutò lei, divertita.
In risposta l’uomo la squadrò dalla testa
ai piedi, fingendosi disinteressato; poi, sventolando i fogli disastrati di
poco prima, la ammonì: “Tieni a bada la tua pantera! Ha
preso il mio copione per un osso da sgranocchiare”.
Buttando l’occhio poco più in là, Lisa intravide Felina che
arrivava trotterellando, biascicando qualcosa (forse un brano televisivo) fra
le fauci.
Obbedendo all’ordine del padre, legò l’animale al
guinzaglio, lasciando che masticasse quello che rimaneva del book.
Mentre si allontanava, Leonard si girò nuovamente verso la
figlia: “Stai bene, vestita così”. Detto ciò, tornò nella sua tana a finire la
stesura del testo ( le puntate del giovedì notte, di sua competenza, erano
ancora un mistero, quasi per tutti).
La prima cosa che Lisa fece, fu posare gli occhi sul palco,
dove la troupe continuava il proprio lavoro. Un divertito James Marsters se la rideva di gusto, per la scena a cui aveva
appena assistito.
La ragazza lo imitò, prima di tornare alle poesie di
Virgilio.
Cara gelb_augen: sono felicissima di vederti tra i commenti!
E spero che il PC regga x leggere questo nuovo capitolo.
Avevo avvisato che ci sarebbero stati dei
passaggi un po’ “insipidi” nella storia, ma erano necessari per andare
avanti…d’altra parte nemmeno nei romanzi più celebri c’è un colpo di scena ad
ogni pagina!!
Parlando dei due protagonisti…diciamo che si sono lanciati una
sfida, a cui Lisa, per il suo carattere combattivo, ha risposto tirando fuori
unghie e denti!(i vestiti ci sono sempre stati, come
si deduceva dal secondo capitolo, ma lei non sentiva il bisogno di nascondersi
dietro abiti mozzafiato e firmati!) Ma è solo l’ennesimo tentativo di
nascondere una grande paura dietro tanta aggressività…prima o poi tutti
crollano!
Per quanto riguarda il numero di capitoli…ancora non lo so, perché
mentre sto riscrivendo su EFP la fanfic…la devo
ancora finire….grossomodo siamo a un po’ meno della metà…forse…
Premetto che qs capitolo mi è sembrato
molto ben riuscito…ne sono fiera! Ma non trattenerti dal criticarlo, se trovi
qualcosa che non va! Buona lettura!!!
Era ormai giunta la metà di Giugno: gli esami incombevano e
pure l’inizio dell’estate; la stesura del programma era agli sgoccioli.
Come previsto, gli ultimi sette giorni furono di caldo
rovente; neppure l’aria condizionata degli Studi riusciva a rinfrescare
l’ambiente.
Felina stessa, pur provenendo da climi tropicali,
boccheggiava in cerca di refrigerio, seguendo la padrona con insolito
nervosismo.
Lisa, da parte sua, cominciava a mostrarsi irrequieta, come
la sua pantera. Ad aggiungere peso ai suoi impegni scolastici, lavorativi e
sportivi, c’era la situazione di stallo con James.
Durante l’ultimo periodo, i due avevano incrociato di rado
lo sguardo e le parole che si erano detti erano state pura formalità.
A parte quel sorriso che si erano scambiati giorni prima, i
loro contatti si erano pressoché annullati.
Solo un paio di volte, gli era capitato di sfiorarsi, forse
non del tutto casualmente.
Lisa a quel tocco, aveva sentito la pelle d’oca sul collo;
James era passato oltre, intento a visionare il posizionamento dei cameramen,
lasciando dietro di sé il profumo dolciastro del suo dopobarba.
In un’altra occasione, mentre l’attore
passeggiava sovrappensiero dietro le quinte, aveva sentito i mugugni di Felina
e subito dopo la voce della ragazza che la chiamava: “Cucciola…smetti di
giocare a nascondino! Mio padre mi impicca se ti trova
qui”.
James non aveva fatto in tempo a proferire parola, che si
era ritrovato a scontrarsi con Lisa, sentendosi avvolto in quel persistente
odore di pesca, che si ritrovava a sentire fin troppo spesso, in giro per gli
Studi.
“Scusa”. Aveva semplicemente detto lei, prima di trascinare
via una Felina molto delusa di non poter più giocare con quei serpenti, che
erano in realtà cavi elettrici.
Il loro tacito accordo di indifferenza parve rompersi un
venerdì mattina.
Lisa era in sala di regia, intenta a sorseggiare il suo the,
con gli occhi smeraldo che cercavano di capire quell’arcana materia, in cui era
tanto ferrato suo padre.
Scorrendo lo sguardo da uno schermo all’altro, non si
accorse della presenza di James nella stanza.
Lo trovò lì, sull’ingresso, che la passava ai raggi X coi
suoi occhi di ghiaccio, l’immancabile tazza di caffè fra le mani.
Lisa distolse lo sguardo; voleva evitare di soffermarsi un
secondo di troppo su quei lineamenti affilati, sul torace muscoloso, che si
intravedeva sotto la camicia di cotone blu.
Fu lui a fare un passo avanti: “Dalle mie parti, in questi
casi, si direbbe “un dollaro per i tuoi
pensieri””.
Lisa gli girò le spalle, appoggiandosi alla balaustra che
dava sullo studio: da lì si poteva avere una panoramica di tutta la sala.
“Non
mi vendo per così poco, caro” avrebbe voluto ribattere la ragazza; tuttavia
si limitò a rispondere: “Sarebbe un dollaro sprecato: non c’è niente di
interessante nei miei pensieri”.
Si rese conto di non aver mai detto bugia più assurda.
Ignorando il tono acido di quella frase, l’attore la
raggiunse e si mise accanto a lei, nella sua stessa posizione.
“Si potrebbe scrivere una canzone, a riguardo- disse poi,
fissando un punto nel vuoto –Uno di quei pezzi in cui l’autore si tormenta su cosa
pensi una donna”.
Lo stupore di Lisa era troppo per permetterle di ribattere,
ma non nascose l’espressione curiosa, guardandolo per la prima volta negli
occhi.
La frase successiva fu ancora più sconvolgente: “In effetti una delle mie canzoni, cadrebbe a pennello”.
Aggiunse fra sé e sé James, come se stesse pensando a voce alta.
La ragazza cascò nuovamente dalle nuvole: era inutile
negarlo, quell’uomo era decisamente più che un attore sexy, con la maschera del
vampiro Spike indosso.
Ma le sorprese per lei non erano ancora finite; quasi
rischiò di far cadere di sotto il suo thè, quando udì
James intonare le note di una melodia sconosciuta.
Con voce profonda e avvolgente, mantenendo gli occhi fissi
davanti a sé, l’attore cantò piano:
“Maybe you do
Maybe you don't
Maybe you should Probably won’t...”
Furono poche parole, che però bastarono a Lisa per sentire
un brivido lungo la schiena.
I suoi occhi erano palesemente spalancati, non provava
neanche a nascondere lo sguardo attonito.
A quel punto, James si alzò dalla balaustra; dopo aver
sfiorato la guancia della ragazza con una casta carezza, si avviò verso il
piano di sotto.
Lisa potè sentire la voce calda
dell’uomo canticchiare sottovoce una semplice frase:
“So I say, good night sweet girl”.
La prima cosa che la ragazza fece, una volta tornata da
allenamento, fu buttarsi sul proprio PC, mentre dall’altra parte del suo
telefono, Marina diceva: “Perché diavolo ha fatto una cosa del genere?”.
Lisa sbuffò, chiudendo la porta della camera, per
assicurarsi che nessuno la sentisse.
“Non lo so, stella” rispose in seguito, sedendosi alla sua
scrivania.
A dirla tutta un’idea ce l’aveva: forse era stato un modo
tutto particolare di stabilire una tregua.
Lisa era quasi sollevata: alla fine James aveva ceduto per
primo? Le cose sarebbero tornate a posto?
Non voleva ammetterlo, ma lo sperava con tutto il cuore; le
era mancato maledettamente quell’unico bacio.
“Ora cosa intendi fare?” domandò l’amica al telefono.
“Capire che cosa diavolo mi ha cantato!” esclamò l’altra, sfogando
la propria ira sui tasti.
Così per i successivi dieci minuti, cercò tutte le canzoni
di James Marsters che il web era in grado di trovare.
Con voce sconfortata, congedò l’amica: niente di ciò che
trovò aveva a che fare con quelle parole.
Il cellulare suonò quasi subito: questa volta era Alice.
“Trovato qualcosa?”.
“No- fu la risposta stizzita Lisa –In effetti di canzoni ne
ha scritte…ma nulla a che vedere con…”.
Non concluse quello che stava per dire, troppo intenta a
tradurre nella sua testa le parole sentite poche ore prima.
“forse si
forse no
forse dovresti
probabilmente non lo farai…”
Una frase struggente, che in effetti
incarnava alla perfezione i dubbi di un amante non contraccambiato.
Ma fu il verso successivo a darle l’illuminazione: “quindi ti dico,
buona notte dolce ragazza…”.
Certa di aver trovato la soluzione, digitò “Goodnightsweet girl” sulla Homepage di
Google.
“Bingo!” pensò
soddisfatta quando vide il nome di James associato a quelle parole.
In effetti era una sua canzone, che
aveva però cantato molti anni addietro, quando faceva parte di un gruppo
chiamato “GhostOf Robot”.
Con espressione ammirata, Lisa commentò: “Pittoresco”.
Alice, ancora in attesa al telefono, intervenne: “Qualcosa
mi dice che hai fatto centro”.
Cliccando l’icona di un link, l’altra si accinse ad
ascoltare il brano: “Come sempre!”disse infine.
La canzone cominciava con qualche arpeggio di chitarra
acustica: poche note, lente e malinconiche.
Bastò la prima strofa a cambiare lo stato d’animo di Lisa.
“Are we done for now,
Or is this for good,
Will there be something in time? Withusthereshould.”
Non le servì un grande impegno a tradurre; conosceva bene
l’inglese e, ironia della sorte, non avrebbe confuso quella voce e la sua
cadenza con nessun’altra al mondo.
Ma fu il significato a toglierle il respiro:
“Abbiamo finito per
ora? oppure è per sempre?
ci sarà qualcosa in futuro? con noi dovrebbe”
Davvero aveva rivolto quel testo a loro due? Non poteva
essere…eppure non era di sicuro un caso o un errore.
Giunta all’ultima strofa, Lisa si era ormai dimenticata di
avere Alice che ascoltava dall’altro capo del telefono.
“Still see the promise in your eyes
And still wonder if it's for me
But I know it's still there
Even when you sleep
So I say, good night sweet girl”.
Ormai la canzone era finita, anche la parte strumentale
aveva cessato gli arpeggi.
Nel silenzio più totale, Alice prese la parola: “Non ho
sentito bene l’ultima parte…puoi tradurmela?”.
Massaggiandosi la tempia con la mano libera, Lisa rispose:
“Certo…Grossomodo dovrebbe essere…”
“Vedo ancora la
promessa nei tuoi occhi e mi chiedo ancora se è per me
ma so che sarà lì
anche mentre dormi
quindi ti dico, buona notte dolce ragazza”.
L’amica sembrò continuare a non
comprendere: “Cosa significa “la
promessa”? non vi siete mai promessi nulla
tu e lui…”.
Lisa alzò gli occhi al cielo: “E’ una
canzone, tesoro! Cerca di leggere tra le righe!”.
Dall’altra parte, l’amica la rimbeccò:
“Perché non lo fai tu? In fondo, è dedicata a te!”.
Sempre più esasperata, la diretta
interessata rispose: “Risale a più di dieci anni fa! Non
è dedicata a me!”.
Quando Alice parlò di nuovo, il suo tono era assolutamente
imperioso: “Sai bene a cosa mi riferisco…e il messaggio che ti ha voluto
mandare è molto chiaro.”
A quell’affermazione, Lisa no se la sentì di ribattere: era
la verità, punto e basta.
Il silenzio in cui si erano chiusi entrambi, non aveva
portato a nulla di buono, solo a farsi del male inutile.
Dopo aver augurato la buonanotte all’amica, Lisa si
sconnesse da internet, ritrovandosi di fronte al desktop di James, che le
sorrideva malizioso.
Con lo sguardo perso nei suoi occhi blu, la ragazza si rese
conto che non c’era nulla di metaforico, in ciò che lui aveva voluto
trasmetterle attraverso quella canzone.
James sapeva che qualcosa l’avrebbe sempre tormentata; finchè non avesse fatto il primo passo per riunificarsi, un
tarlo l’avrebbe corrosa.
“Anche mentre dormo”
pensò lei, ripetendo le parole della canzone.
Contro tutti i piani, l’attore non si era fatto avanti per
porre una tregua.
Al contrario, si era messo da parte, lasciando quella decisione
a lei; lui si sarebbe limitato ad aspettare.
Ma lei, avrebbe risposto alla provocazione?
“forse si
forse no
forse dovresti
probabilmente non lo farai…”
Un sorriso amaro si dipinse sulle labbra carnose della
ragazza. Quello, era il suo turno.
Così, mentre aspettava che il sonno la cogliesse, con Felina
che faceva le fusa accanto a lei, si ritrovò a cantare sommessamente.
“So I say, good night sweet girl”.
NdA: se volete sentire la canzone di James si intitola “Good night sweet girl” (esiste
davvero, non l’ho inventata)…è molto orecchiabile e se date un
occhiata al testo, noterete che ha anche un bel significato!!!
crys: ancora grazie x i
complimenti, è bello vedere che la mia storia ti appassiona così tanto…In
effetti ora è il momento della verità, da qui non si scappa…vedremo se Lisa
sarà la solita fredda insensibile o svelerà un altro lato del suo carattere…
Bell_Lua: rieccoti qua!!! In effetti era un po’ che non trovavo i tuoi
commenti…finalmente ti rivedo! Mi fa piacere che tu sia tornata proprio ora, i
prossimi capitoli saranno cruciali…aspetto con ansia le tue recensioni!!!!
Auguro buona lettura a tutti…non esitate a scrivere un vostro
parere!!!
Il mattino successivo, la sveglia di Lisa furono i colpi di
muso della sua pantera.
Era sabato e suo padre le aveva concesso quella giornata
libera, da dedicare completamente allo studio.
Stranamente la ragazza concluse che Svevo e Pirandello non
sarebbero riusciti a farla innamorare delle proprie opere.
Tuttavia il silenzio tombale che regnava in casa, le
concesse più concentrazione di quella che si sarebbe immaginata; quasi non si
accorse del tempo che passava.
Attorno alle 10:30 si fermò per uno spuntino e ne approfittò
per fare pausa: i “Malavoglia” l’avevano decisamente stremata.
Stette quindi per un tempo indeterminato a fare zapping
davanti alla TV, con Felina ai suoi piedi, intenta a sgranocchiare un osso.
La vibrazione del cellulare la risvegliò
da quello stato catatonico: era un messaggio di Laura:
“Sono a casa da sola.
Pranziamo insieme?”.
Lisa si piegò indietro a guardare l’orologio di cucina;
erano solo le 11:00, così rispose:
“D’accordo. Studio
ancora un po’, poi vengo da te. Va bene per le 12:30?”.
La ragazza aspettò conferma, poi si alzò dal divano e con un
sospiro si accinse a ripassare matematica. La sua bestia nera.
Quando suonò il campanello di Laura, Lisa sentì già il
profumo di lasagne provenire dalla finestra della cucina.
L’amica le venne ad aprire subito, salutandola con un
affettuoso bacio sulla guancia: “Ci sono novità?”. Domandò poi, sfornando le
lasagne, che sua madre le aveva lasciato pronte.
L’altra scosse la testa ed aiutò Laura a
servire nei piatti: “Ero a casa da sola, quando ci siamo sentite. Oggi lavorano tutti, a parte me”.
“Come sta andando il programma?” chiese sempre la compagna,
cambiando argomento; non voleva che la loro conversazione si fissasse subito su
James, altrimenti sarebbe stato un pranzo davvero pesante da digerire, per
entrambe.
Lisa sorrise soddisfatta e si sedette: “Ci
siamo quasi! Il mio testo deve solo essere approvato
definitivamente dalla produzione.- assaggiò il primo boccone di minestra – Tra
meno di una settimana dovremmo cominciare la registrazione!”.
A quelle parole, Laura scatto in piedi: “Grandioso!- disse
battendo le mani –Allora si deve festeggiare!”.
Nonostante i tentativi di Lisa per farla desistere, l’amica
stappò una bottiglia di vino e riempì due calici per brindare.
Fu un pranzo decisamente rilassato e, una volta finito, le
due rimasero a tavola a dilungarsi in chiacchiere.
Lisa aveva proposto, da un po’ di tempo, un viaggio
post-maturità al mare, dove lei aveva la casa: discusse con Laura delle date
potenzialmente utili per partire, in base anche alla fine della registrazione
del programma.
Verso le 14:00 si alzarono per rassettare la cucina; poco
dopo Lisa era già sulla strada di casa, pronta a continuare la sua battaglia
con l’algebra.
L’argomento “James”
era stato sfiorato solo alla fine del pasto.
Mentre Laura lavava i piatti, era saltata su con una
semplice frase: “Mi prometti che starai attenta?”.
L’altra aveva subito intuito a cosa si riferisse,
rispondendo solo: “Farò del mio meglio”.
L’amica aveva smesso di insaponare la
pirofila e l’aveva guardata: “Non voglio sembrare odiosa…Ma non voglio nemmeno
vederti soffrire. Non te lo meriti”.
Quella frase non aveva avuto bisogno di repliche.
Comunque fosse, gli integrali in quel momento erano un
problema ben peggiore, concluse Lisa, entrando dalla porta di servizio.
La scena che si trovò davanti fu alquanto bizzarra: Felina
ronfava beatamente sul divano mentre, poco più in là, James se ne stava
appollaiato su uno scomodo sgabello, con il proprio PC appoggiato su un bancale
della libreria.
Lisa si mise le mani nei capelli e gridò: “Scendi subito di
lì!”.
A quelle parole, sia la pantera che l’attore la guardarono
con aria interrogativa.
James si indicò dubbioso: “Stai parlando con…”
“Con lei, ovviamente!”. Lisa finì la frase con un gesto
severo verso l’animale che, sentitosi chiamato in causa, scese dalla sua
postazione e si defilò in cucina.
L’uomo sorrise: “Io ci ho provato per mezz’ora, ma
continuava a ringhiare”.
La ragazza scosse la testa, sorpresa: “E’ strano; lei per
istinto rispetta l’uomo, è praticamente sottomessa- con un cenno della mano
tagliò corto –Questione di imprinting”.
Solo allora Lisa si rese conto di aver appena intrattenuto
il primo dialogo normale con James, da dieci giorni a quella parte.
Poteva essere un buon inizio, così ne approfittò per
continuare a parlare: “Scusa, mi rendo conto che in questa casa la cortesia per
gli ospiti è un concetto…un po’ ignorato- afferrando la moka, lo guardò,
dirigendosi verso la cucina –Vuoi un caffè?”.
La risposta fu un cenno affermativo.
“Dov’è mio padre?” chiese lei accendendo un fornello,
stupita della tranquillità che stava simulando.
“E’ rimasto agli Studi- rispose l’uomo, chiudendo con uno
scatto il computer –La finitura del programma del giovedì notte lo sta
massacrando”.
Mentre ascoltava, Lisa tirò fuori dalla credenza un pacco
nuovo di caffè, poi si guardò intorno in cerca delle forbici.
“Dove sono le tazzine?”domandò James, con l’intento di dare
una mano.
Stava succedendo tutto in modo troppo pacifico e
indifferente.
Persa nelle sue considerazioni e ancora intenta a trovare le
forbici, l’altra gli rispose distrattamente: “In alto, a destra del frigo” poi,
rassegnata, decise di arrangiarsi con un coltello.
Ne prese uno con la lama seghettata dal cassetto delle
posate.
Lisciò i primi due tentativi di tagliare la linguetta della
confezione; quindi sbuffò scocciata, strinse con maggior forza…e con un colpo
deciso si ferì il pollice della mano sinistra.
Il primo istinto fu quello di gridare, più per la sorpresa
che per il dolore.
James si girò di scatto: “Ti sei fatta male?”.
Lisa aveva già aperto l’acqua e ora la lasciava scorrere sul
dito ferito: “Non è nulla” rispose, con la testa appoggiata al pensile della
cucina; odiava la vista del sangue, inoltre quella sembrava una cosa abbastanza
seria: se non si fosse fermata, avrebbe rischiato di tagliarsi via un pezzetto
di dito.
“Quanto sei stupida,
Lisa” si rimproverò poi, constatando che la testa cominciava a girare.
“Non me la racconti giusta- obiettò l’attore, sporgendosi
per vedere l’entità del danno –fammi dare un’occhiata…Hai fatto un bel pasticcio!”
constatò infine, prendendo qualche tovagliolo di carta dal piano di cucina.
Poi fece per afferrare il polso della ragazza, che lo guardò
con disappunto; lui non si fece intimidire e con un gesto brusco tamponò la
ferita.
Fu allora che le distanze di sicurezza si accorciarono
pericolosamente,facendo
sentire Lisa in balìa di James, che le stringeva la mano ferita, quasi con
ostinazione.
Lo scatto della ragazza fu improvviso e inaspettato: “Si può
sapere cosa vuoi da me?!” domandò, liberandosi dal
tocco dell’attore.
Perfetto…Ormai la frittata era fatta; volente o nolente,
alla fine Lisa aveva dato il calcio d’inizio di quel match, che si prevedeva
molto combattuto.
“A che diamine di gioco stai giocando?!-
continuò lei, con rabbia crescente – Non sono una bambola!- la testa continuava
a girare, forse aveva perso più sangue del dovuto – se credi che io sia una
stupida adolescente che si fa abbindolare dal primo attore che passa…Hai
sbagliato di grosso”.
Pronunciò le ultime parolecon tono spossato, prima di
appoggiarsi al tavolo; ci mancava solo che svenisse!
Dall’altra parte della stanza, James se ne stava appoggiato
al frigo e, maledizione a lui, la fissava con un sorrisetto abbozzato, una di
quelle espressioni dannatamente maliziose che lo rendevano unico.
Poi, scuotendo la testa, si sollevò dalla sua posizione:
“Sai, potrei registrare quello che hai detto e rigirarti la frase- aveva una
punta di amarezza nella voce –Credi che si sia capito qualcosa di ciò che volevi,
nell’ultimo mese?”
Lei si morse la lingua, abbassando gli occhi; James
continuò: “Gradirei che mi guardassi, per favore- la ammonì –pure io potrei
sostenere che tu abbia giocato, con me; hai portato avanti questo tira e molla
fino ad ora- aprì le braccia, in segno di esasperazione –Guarda dove siamo
arrivati!- abbassò volutamente il tono della voce- Io sapevo benissimo cos’era
quel bacio; sono un uomo adulto, so capirle certe cose”.
Sentendosi incolpata ingiustamente, Lisa ribattè con forza: “Beh, allora…illuminami uomo adulto!- incrociò le braccia,
stringendo convulsamente il dito ferito – Pensavi che sarebbe stato tutto rose
e fiori, dopo? Che per
me fosse una situazione facile da gestire?”.
In un istante, l’espressione di James
cambiò; strinse le labbra e con la mascella serrata le si avvicinò, puntandole
un dito contro: “Non venire a dare lezioni di vita a me, ragazzina- la voce si
era fatta tagliente e quasi spaventò la ragazza, abituata a vederlo pacifico e
calmo – I problemi veri…tu non sai nemmeno quali siano. I problemi veri
sono quelli che io ho lasciato in America.”
Lisa non riuscì a reggere quegli occhi di ghiaccio e,
d’altra parte, non trovò il coraggio di ribattere.
Così lasciò che l’uomo continuasse la sua sfuriata.
“Se credi che io abbia preso la via più facile nel baciarti, hai sbagliato di grosso. La vita non è mai
facile…”.
Quel discorso per la ragazza fu una ferita, ben peggiore di
quella alla mano.
Le parole che James le aveva quasi gridato contro erano
state un vortice doloroso di sensazioni a lei prima sconosciute: inadeguatezza,
vergogna, frustrazione…
Aveva costretto l’attore a rivangare argomenti che preferiva
tenere sepolti, procurandogli dolore e rabbia. Quando i suoi occhi glaciali
l’avevano fulminata, per un attimo aveva sentito un profondo odio, diretto a
lei.
In quel frangente, Lisa si era resa conto di quanto lei
fosse infinitamente piccola e lontana dal mondo degli adulti, così duro e
crudele.
La sofferenza più grossa però, non era stato il rimprovero,
bensì la consapevolezza dell’oceano tra lei e James; anche con le migliori
intenzioni, forse ci sarebbe sempre stato un qualcosa, per quanto piccolo e
impercettibile, a dividerli.
Non aveva il diritto di entrare nella vita personale
dell’uomo, di conseguenza ne era inevitabilmente tagliata fuori.
Lisa posò lo sguardo su di lui e vederlo distante, gli occhi
privi di luce, scuro in volto, fu un’altra pugnalata.
Quindi decise di girarsi verso la pantera, che la fissò di
rimando, con un’intensità di cui solo i felini sono in grado; l’animale si
leccò i baffi e annusò l’aria, quasi sentisse l’odore della tristezza che era
calata nella stanza.
Le parole erano state dette tutte, non c’era altro da
aggiungere.
Prima che le lacrime prendessero il sopravvento, Lisa si
alzò dal tavolo e si diresse verso le scale.
Appena finita la prima rampa, la ragazza piangeva già
silenziosamente; Felina mugugnava al suo fianco, forse per accompagnare il suo
pianto, forse per imprecare come poteva contro James.
Il pomeriggio e la sera, Lisa li passò barricata in camera,
stretta alla sua amica a quattro zampe.
Un paio di volte le parve di addormentarsi e sperò che fosse
stato tutto un sogno.
Ma le lacrime di cui erano impregnati il cuscino e il pelo
di Felina, le ricordarono che quella era la cruda realtà.
Ragazzi, questo non è stato un
capitolo facile e non so quanto mi sia riuscito bene…spero che d’ora in poi
cominci la discesa, visto che il resto della storia è (quasi) tutto
programmato. Ma ora è il turno dei commenti.
Bell_Lua: eheh, non sei la
prima a scervellarti sui problemi di James…ma sii paziente…siamo quasi sul
punto di scoprirlo…grazie della tua puntualità con i commenti…e di onorarmi con
la tua presenza…mmm forse è troppo altisonante…in
poche parole…grazie di esserci!!!!
memole_88: carissima…apprezzo le tue osservazioni sui
protagonisti…e ti do ragione…hanno torto e ragione entrambi, allo stesso
tempo…e anche se sono mie creazioni…li vedo pure io con occhio critico e a
volte non del tutto positivo…ma sono comunque esseri umani…e come accade nella
realtà…sbagliano, hanno dei sentimenti…in questo ho appunto cercato di renderli
più “umani”; non sono una semplice adolescente complessata e un attore sicuro
di sé, chiuso sotto una perfetta campana di vetro…ancora grazie della tua
devozione….sono felice di averti tra le mie lettrici…
e ora, vi lascio al capitolo!!!
A notte fonda cominciò a piovere; Lisa guardò fuori dalla
finestra e vide il quartiere illuminato dai lampioni.
Ci fu un fulmine e la ragazza affondò il volto nel manto
della pantera, che sussultò appena sopraggiunse il tuono, ma non smise comunque
di fare le fusa; sentiva che la padrona aveva bisogno di conforto, così rimase
immobile al suo fianco.
Dopo qualche tempo, quando Lisa stava ormai per
riaddormentarsi, ci fu di nuovo un forte tuono, ma di fianco a lei nessun
sobbalzo di paura.
La ragazza allungò un braccio e sentì l’altra piazza del
letto matrimoniale vuota.
Quasi contemporaneamente, un ringhio alle sue spalle la
costrinse a voltarsi verso la porta; Felina era lì, pronta ad attaccare una sagoma
nera immobile sulla soglia.
Ci mise un po’ a focalizzare nella penombra: era James…e
chi, altrimenti?
La ragazza richiamò con un fischio l’animale, che si andò
subito ad accucciare sotto il letto.
“Posso entrare?” chiese l’uomo a bassa voce, se non altro
ora più sollevato della dipartita della pantera.
Lisa stentò a rispondergli; il loro confronto di poco prima
era stato molto chiaro, le rispettive posizioni erano ora ben
definite e, purtroppo, decisamente distanti.
Un lampo illuminò il volto di lui e le ombre andarono a
evidenziare i suoi lineamenti spigolosi: per la prima volta la ragazza notò le
rughe dei suoi 40 anni inoltrati, lasciate da esperienze che lei non poteva
nemmeno immaginare.
Quel pensiero la fece stringere ancora di più alle coperte e
non riuscì ad aprir bocca.
“Vuoi che me ne vada?” all’ennesima domanda dell’attore,
Lisa riuscì solo a scuotere la testa.
Con un sospiro sconfortato, James si
sedette sul bordo del letto, accanto a lei: “Senti…- cominciò lui –Prima sono
stato…orribile, me ne rendo conto. Non è da me esplodere così e tu sei
l’ultima persona che merita di…”
“No – lo interruppe la ragazza, drizzandosi a sedere – Sono
io a dovermi scusare, non tu…mi sono comportata come una bambina egoista. ..-si passò una mano sulla faccia –Mi vergogno di me
stessa…tu non sei orribile; ciò che ti fa soffrire lo è…”.
Con una carezza James la zittì: “Mi dispiace solo che tu
pensi che io stia giocando – la luce esterna illuminò un debole sorriso – Per
quanto il mondo possa aver ferito i tuoi sentimenti, non è colpa mia…- il suo
tono divenne quasi divertito- Non mi puoi azzannare tutte le volte che ti senti
minacciata…Io non sono il mondo”.
Lisa annuì debolmente, appoggiandosi alla mano che lui le
teneva sulla guancia.
Traendola a sé in un abbraccio, James sussurrò: “Se ti va
posso restare un po’ qui”.
Con la testa affondata nel suo petto, lei si limitò ad
annuire nuovamente.
L’uomo la strinse di più, rendendosi conto per la prima
volta di quanto la ragazza fosse minuta, seppure muscolosa.
James si appoggiò alla testiera del letto con la schiena e
stette lì, immobile, tenendola contro di sé.
Non fece altro, aspettò che fosse Lisa ad allungarsi verso
di lui, per lasciargli un lieve bacio, sfiorandogli le labbra, senza osare di
più.
Per la prima volta, la ragazza aveva preso coraggio,
abbassando le sue invincibili difese.
James non si lasciò scappare quell’occasione; afferrandola
dietro la nuca, la avvicinò nuovamente a sé.
Quel bacio fu totalmente diverso, più vivo, pieno…quasi
aggressivo, constatò la ragazza.
Ma ora come non mai, era quello che lei voleva, aveva
aspettato una vita intera prima di aprirsi, prima di scoprirsi, in tutti i sensi.
Così allungò una mano dietro il collo di James e, imitando
il suo gesto, lo trasse verso di lei, aderendo a lui con tutto il corpo.
Quel gesto fu inaspettato per l’uomo, che non si immaginava
tanta intraprendenza; tutto, di quella ragazza, lo sorprendeva: il suo profumo,
la dolcezza che stava rivelando…persino la semplicità con cui indossava quella
camicia da notte celeste, era qualcosa che lo lasciava senza fiato.
Staccandosi con riluttanza dalle labbra di lei, abbozzò un
sorriso: “E’ un piacere conoscerti…”.
Lisa fu costretta ad abbassare gli occhi, a quella battuta;
a modo suo, James aveva ragione: fino ad allora aveva
mostrato solo un’infinitesima parte di sé.
L’attore fece il gesto di porgerle la mano, come per
presentarsi: “Sono James”.
Lei stette al gioco e gliela strinse: “Lisa…” si limitò a
rispondere.
Sfiorando col proprio naso quello della ragazza, l’uomo
sorrise di nuovo: “Finalmente…”.
Si baciarono nuovamente e questa volta James non potè ignorare i segnali che il proprio corpo gli mandava,
sentendosi a contatto con quello di lei: la cosa aveva decisamente preso il
largo.
Così l’uomo si allontanò di nuovo: “Penso che dovremmo
fermarci” riuscì a dire, riprendendo fiato.
Col mento appoggiato alla spalla di lui, Lisa stette in
rispettoso silenzio, di fronte a quell’affermazione.
Visto che l’uomo non osava dire altro, fu lei a intervenire:
“E’ una cosa che hai detto tu…non io”.
Per l’ennesima volta in quella sera, James rimase attonito.
Se la ragazza aveva deciso di svelarsi, lo stava facendo con tutta se stessa,
constatò lui, perdendosi nel verde dei suoi occhi spalancati.
Mai come allora gli era sembrata limpida, come se attraverso
le iridi chiarissime potesse vedere direttamente i suoi pensieri.
Ma quella frase…Lisa
voleva davvero ciò che lui stava
immaginando?
L’attore percepì una profonda sinceritànelle parole di lei; la sensazione dei
suoi seni piccoli contro il petto sarebbe stata solo una conferma in più.
Ma James fu costretto a notare che c’era dell’altro nello
sguardo di Lisa.
Non ricordava di aver mai visto un espressione
simile negli occhi di una donna…o forse sì; era qualcosa di relegato nel
passato, probabilmente nell’adolescenza.
Si rammentava di aver visto la stessa titubanza anni (forse decenni) addietro.
Ad un tratto capì che lei aveva paura.
Con molta delicatezza si scostò da quell’abbraccio,
scrutandola con un dolce sorriso; non aveva dubbi: “Tu sei vergine”.
Era una constatazione, la sua, non una domanda. E fu anche
uno schiaffo, in senso figurato, per Lisa.
Da cosa l’aveva capito? Davvero era così chiaro? I suoi
occhi avevano tradito quel segreto?
Perché era dannatamente vero…la ragazza non poteva vantare
l’esperienza delle precedenti fiamme dell’attore, e quasi se ne rammaricò.
Con un sospiro abbassò lo sguardo, così eloquente, e prese
le distanze.
Capendo di aver sbagliato di nuovo, James la prese per una
spalla, temendo di perderla ancora, dietro la sua corazza: “Non devi
dispiacerti…anzi- con un sorriso imbarazzato, stentò a tenere lo sguardo fisso
su di lei –Ma so che spesso queste cose sono…una catastrofe, la prima volta- si
fermò un attimo, ora con sguardo serio – Soprattutto quando si ha paura”.
Quasi rattristata, Lisa si tornò ad appoggiare contro di
lui, questa volta senza trasporto o malizia.
Era stata palesemente smascherata, su tutta la linea, ma questa consapevolezza non la fece arrabbiare, o
vergognare…e nemmeno si sentì ferita.
Sembrava, invece, cercare conforto: “Cosa pensi di fare?”.
James la rassicurò con un abbraccio: “Stare con te…ed
aspettare- le diede un lieve bacio sulle labbra –Almeno fino alla fine del
programma”.
La ragazza annuì e fece un respiro profondo. Non era stata
una separazione, quella, non si trattava di prendere nuovamente le distanze:
avevano solo preso tempo.
James affondò il volto nei suoi capelli, sentendo che tutto
ciò che era di lei, cominciava a far parte di lui.
Finalmente Lisa si concesse il primo vero sorriso.
Il mattino seguente, Lisa fu svegliata dal campanello della
porta, che suonava a distesa.
Molto lentamente, tastò il letto e lo sentì vuoto, di fianco
a sé.
L’ostinazione di quel dannato dlin-dlon, che non accennava a
smettere, le fece intuire che James non era in casa, come suo padre del resto…Probabilmente
erano agli Studi: in quel lavoro non esisteva domenica, soprattutto in una fase
cruciale come quella.
Con quel sottofondo martellante a farle da sveglia, la
ragazza barcollò in giro per la stanza, alla ricerca di qualcosa da indossare,
scegliendo un vestito leggero di cotone nero, che le arrivava al ginocchio.
Dopodiché fece per andare ad aprire e una massa di pelo le
tagliò la strada mentre scendeva le scale, rischiando di farla cadere; Lisa
decise che Felina doveva perdere quel brutto vizio.
Da parte sua, l’animale arrivò per primo alla porta e
cominciò a bofonchiare con qualche ruggito sommesso.
Dall’esterno una voce nota salutò la pantera e riconoscendo
Marina, l’amica si affrettò ad andare ad aprirle.
“Ciao tesoro!” la abbracciò sorridendo.
“Ti ho svegliata, immagino- rispose l’altra –Non pensavo
nemmeno di trovarti qui: perché non sei agli Studi?”.
Lisa si strinse nelle spalle; le spiegò che, in effetti, non
sapeva perché i due “uomini di casa” non l’avessero svegliata: “E’ quasi ora di
pranzo- aggiunse infine –In più sono praticamente due giorni che non vedo mio
padre, avrei piacere di salutarlo almeno, ogni tanto”.
Marina alzò un sopracciglio, gli occhi scuri e tondi
divennero dubbiosi: “Non è da te dormire fino a tardi…a maggior ragione in un
momento del genere, con l’esame da preparare e il programma in fase di
finitura”.
L’altra abbassò lo sguardo e ritenne opportuno far sedere
l’amica, prima di riassumere gli avvenimenti delle ultime ore.
Mentre una Felina soddisfatta si gustava il proprio pasto,
la padrona raccontò accuratamente la serata con James: l’episodio del taglio al
pollice, il suo scatto di rabbia, il litigio, fino alla conclusione, nei minimi
particolari, di ciò che era stato detto, fatto, o pensato una volta a letto con
l’uomo dei suoi sogni.
Il discorso si concluse con una serie di
divagazioni personali: “E’ stato meraviglioso!- disse Lisa, con gli occhi che
brillavano per l’eccitazione –Sembrava così…surreale! Tutto ciò che si
trovava all’esterno appariva distante e ovattato. E’ stato un
momento solo nostro e ora…mi devi spiegare perché non salti sul tavolo gridando
e ridendo come mi sarei aspettata”. Concluse mutando la propria faccia
in un’espressione delusa.
In effetti l’atteggiamento di
Marina era cambiato molto velocemente, durante quel riassunto romantico.
All’inizio era parsa indifferente, poi improvvisamente
curiosa, poi aveva partecipato con esclamazioni del tipo: “Davvero?” , “Non ci credo!” , “Dici sul serio?”.
Infine quando la narrazione si era spostata in camera da
letto, aveva cominciato a muoversi inquieta sulla sedia, quasi a disagio.
Ora non riusciva a proferire parola, così si limitò a
lanciare sul tavolo una chiavetta USB, lasciando l’amica di stucco.
Pure Felina, a quel suono inaspettato, drizzò le orecchie.
Poi Marina disse: “Ho brutte notizie”.
Come un automa, Lisa accese il PC portatile, al piano di
sopra; l’amica gettò un’occhiata imbarazzata al letto sfatto, ma l’altra le
appoggiò una mano sul braccio, rassicurandola: “Non è successo nulla, te l’ho
già detto”.
L’attenzione di Marina si portò al computer, che aveva
rilevato la periferica:”Vai su quella cartella” e
indicò un’icona chiamata “Buffy”.
Fu allora che Lisa si sentì davvero, davvero nel panico; tuttavia obbedì e cliccò, trovandosi davanti a
un’altra icona, questa volta un collegamento a una pagina web.
Quando si vide apparire una foto di James a torso nudo,
sussultò vistosamente: “Non è nulla di nuovo, per te- commentò l’altra –ma
leggi lì sotto”.
In quel momento Lisa avrebbe preferito essere cieca.
L’articolo parlava della storia personale di James: per Lisa
molte notizie erano nuove, abituata com’era a navigare nei siti in cui
all’attore era associato il ruolo di Spike.
Marina aprì bocca dopo qualche minuto: “A
parte le notizie di dominio pubblico (come il fatto che ha frequentato la
scuola di teatro Juilliard) la sua vita privata è un
enigma per molti fan: ho impiegato due ore a trovare un resoconto esauriente di
tutte le piccole e grandi relazioni che ha avuto”.
Quelle parole non smossero più di tanto
Lisa: era ovvio che James avesse avuto delle donne in passato, alla sua
età non poteva essere altrimenti.
Poi l’occhio le cadde su uno spezzone di biografia che le
bastò a cambiare espressione.
“Dopo un matrimonio durato pochi anni,
James ha divorziato dalla
moglie Liane Davidson nel 1998”.
Aveva avuto una moglie…nulla di scioccante, se non fosse
stato per la frase successiva
“Insieme
a Liane, l’attore ha l’affidamento congiunto del figlio Sullivan
e della nipote Brittany, figlia del fratello di James, Peter”.
Un figlio? Quella era una cosa che i siti di Spike non
dicevano. Lesse l’anno di nascita del ragazzo: 1996
Aveva 5 anni in meno di lei! Come età, era più vicino a Lisa
del padre James!
Perché lui non gliene aveva mai parlato? Certo, era una
notizia che chiunque avrebbe potuto ottenere, in un modo o nell’altro.
Ma non nominare mai il
proprio figlio, sangue del suo sangue…Cosa poteva esserci da nascondere, in
un fatto del genere?
Perlomeno Lisa fu sollevata del fatto che l’uomo non fosse
più sposato.
Ma era decisamente troppo presto per gioire.
Le righe successive parlavano ancora della famiglia:
“Tuttavia
da qualche mese è in corso una battaglia legale
per l’affido di Brittany e Sullivan:
la ex-consorte Liane
sembra più che determinata
ad
ottenere la tutela esclusiva di entrambi”.
Lisa sospirò profondamente; quindi erano quelli i problemi
di James. Decisamente, non avrebbe mai neppure pensato a una situazione simile.
Provò a immaginare il dolore che poteva provare un padre nel
vedersi strappati i propri figli.
In fin dei conti, lei poteva capire: aveva vissuto
un’esperienza simile. Nel suo caso però, era stata la madre, quella che si era
sentita sfuggire dalle manine paffute di bambina.
Eppure, lui l’aveva tagliata fuori anche da quell’episodio:
proprio lei, che si era aperta raccontandogli la propria sofferenza.
Pur sapendo quanto, in quel dolore comune, fossero simili loro due,James aveva taciuto il proprio tormento.
Questo la ferì più di quanto avrebbe voluto.
I paragrafi successivi parvero invisibili, agli occhi della
ragazza; tra le lacrime lesse qualcosa di simile a una carrellata di fidanzate,
vere o presunte che fossero.
Perlopiù tutte attricette di teatro, o modelle giovani e
affascinanti.
Purtroppo la pagina non era ancora finita, così Lisa si
accinse a leggere l’ultimo frammento di intervista, che riguardava l’ultimo
album di James.
L’intervistatore poneva una domanda su una canzone
intitolata “Patricia”.
“E’ uno
dei brani a cui tengo di più- aveva commentato l’attore –è dedicato alla mia ragazza: il
nostro non è un rapporto facile, lei studia in Germania e la grande distanza
che ci divide alle volte è estenuante”.
L’articolo si concludeva con una nota della redazione:
“La
tempesta legale per i vari affidamenti della ex-famiglia
Marsters hanno portato molta curiosità sul bell’interprete del vampiro Spike. Certi pettegolezzi dicono che Liane male approvi l’ultima relazione
di James in quanto definisce, testuali parole, “Poco educativo per dei bambini, vedere il padre che si ostina a
frequentare ragazzine poco più che maggiorenni. Non è questo l’esempio che voglio per Sullivan e Brittany”.
Lette le ultime righe, Lisa richiuse la pagina web, quasi
volesse togliersela da sotto gli occhi.
Si ripetè nella mente le parole “ragazzine poco più che maggiorenni”…quindi
lei non era la prima e nemmeno l’unica, a quanto pareva.
La causa dei problemi era proprio quel dettaglio: quindi la ragazza non era altro che parte del
problema.
Anche lei era nell’elenco di James, ora, in mezzo a tante
altre semi-adolescenti, più o meno ricercate e belle, ma sicuramente d’effetto,
al fianco del fascinoso attore.
Il colpo di grazia era stato però la data dell’intervista:
risaliva agli ultimi di aprile; James era giunto in Italia solo pochi giorni
dopo.
A meno di catastrofi o robe simili, lui era ancora
fidanzato.
All’improvviso la ragazza sentì la faccia rovente.
“Cosa dovrei provare
ora?” si domandò, restando impassibile, non perché volesse apparire tale,
ma semplicemente perché non sapeva veramente cosa era giusto sentire.
Rabbia? Tristezza? Odio? Frustrazione?
Forse tutto ciò…o forse niente.
Marina le appoggiò un mano sulla
spalla: “Dio solo sa quanto avrei voluto cancellare quello che ho scaricato. Ma sei mia amica, mi sarei disgustata di me stessa se l’avessi
fatto”.
Lisa scosse il capo e le accarezzò il
braccio: “Non ti preoccupare; hai fatto la cosa giusta- sospirò a fatica
–Comunque pure io avevo intenzione di fare una ricerca di questo tipo. Era solo questione di tempo”.
L’amica si allungò verso di lei e la
abbracciò: “Mi preoccupi. Ti vedo così…placida. Non è
da te”.
Lisa si fermò a riflettere: dentro di lei infuriava un
uragano caotico, nessuna azione umanamente concepibile sarebbe riuscita a
manifestarlo.
Così rimase lì, ferma sulla sedia, davanti a un desktop che,
ironia della sorte, ritraeva James in una delle sue pose migliori. Quando se ne
rese conto, chiuse con uno scatto lo schermo e inspirò profondamente alcune
volte, finchè non cominciò a girarle la testa.
Infine si alzò, con un gesto improvviso e
quasi violento: “Non importa quello che provo. Il fatto è che questo non
è più il suo posto. C’è solo una cosa da fare”.
Pronunciando tali parole, Lisa uscì dalla stanza,
intenzionata ad andare fuori; quando si trovò sulla soglia, si fermò, con
l’impressione di aver dimenticato qualcosa.
Sì…la sua infallibile corazza…Era il momento di recuperare i
pezzi e tornare a indossarla.
Innanzitutto, ci tengo a precisare
che mi sono rifatta a notizie vere solo per quanto riguarda i nomi di
ex-moglie, figli e fidanzata di James…quest’ultima studia davvero in Germania,
ma gli eventi che ho narrato attorno alla famiglia, sono inventati, ai fini
della storia!
memole_88: ancora grazie dei complimenti sul mio modo di
scrivere e tutto il resto…e mi fa davvero piacere di averti dato, anche se
involontariamente, l’input per scrivere…E non mancherò tra le tue lettrici! A
presto!
gelb_augen: vuoi che ti dica
la verità? Neppure io sono rimasta soddisfatta dal capitolo precedente. L’ho
scritto una volta, ma non mi piaceva, così l’ho cambiato, ma nemmeno così mi
andava bene…per quanto ti possa essere sembrato “poco bello”, è il meglio che
sono riuscita a fare, soprattutto in base a come si doveva evolvere la trama.
Senza volere, descrivendomi come l’avresti preferito, hai inserito dei
particolari che ci saranno davvero, dato che i prossimi capitoli li ho scritti
da tempo e sono solo da adattare! Quindi nelle mie intenzioni c’era qualcosa di
molto simile a ciò che ti aspettavi, solo “girato” in modo diverso.
Non ti scusare per la tua sincerità! Per quanto possano essere
gratificanti i giudizi positivi, sono le critiche a far crescere una storia e
anche chi la scrive…quindi le accetto volentierissimo e ti prego di non
aggiustare il tiro solo per non sembrare troppo cattiva. Grazie ancora,
soprattutto perché seguirai la mia storia nonostante questa piccola
“delusione”. Un bacio cara!
Bell_Lua:mi fa piacere che tu
abbia apprezzato il dettaglio del temporale, e pure quello della
pantera…saranno elementi ricorrenti, che ho scelto per dare più “pienezza” a
certe parti, quindi sono felice che ti piacciano!
Davvero mille grazie per i complimenti…ho sempre adorato scrivere
ma l’ho sempre tenuto per me…è stata dura trovare il coraggio di pubblicare e
vedere una risposta così positiva mi incita a continuare…quindi spero che pure
questo capitolo ti piacerà…un bacio!
Bell_Lua: ho letto la tua recensione e mi ha fatto un
immenso piacere vedere che anche tu la pensi come me, sulla scrittura. Mi sono
rivista molto nelle tue parole…e devo ammettere che hai ragione….scrivendo
viene fuori il meglio di me, di quello che provo e che vivo…non riuscirei mai a
rinunciarvi e pubblicare le mie storie mi permette di condividere…e di sentirmi
parte di qualcosa di un po’ più grande…
Dopo queste considerazioni, ti lascio al prossimo capitolo…
Buona lettura…
“Che diamine significa che lasci il programma?! Il tuo programma?!” gridò isterica Alice.
Laura schivò una bici, camminando a passo
svelto dietro a Lisa: “Tesoro, ormai sei agli sgoccioli! La stesura dei testi è praticamente conclusa”.
Senza fermarsi né girarsi, Lisa rispose: “Appunto”.
Alice fece qualche passo e si parò davanti
a lei: “Ascolta tesoro- iniziò, simulando il tono più calmo che le riusciva –La
sceneggiatura è tua! Hai sudato sangue per tutto questo. Chi si occuperà dello show al posto tuo?”.
Lisa la scavalcò scortesemente, il
volto impassibile: “Mio padre”. Altra risposta secca e irremovibile…
Marina si limitava a seguire il corteo di grida ed
esclamazioni, in silenzio; aveva già provato a supplicare l’amica, in ogni
lingua conosciuta, ma nulla era servito a farle cambiare idea.
Ad un tratto Lisa si girò esasperata verso
il vociare delle altre due: “Sentite- cominciò in tono concitato –Punto primo –
alzò un dito per elencare – James è l’ospite del programma, non se ne può
andare. Punto secondo: Io non lo voglio più vedere in alcun modo. Punto
terzo: il mio ruolo è facilmente rimpiazzabile con un professionista più
esperto di me. In conclusione…”
“….Ritengo che sia un bene per
tutti che io lasci i miei compiti, qui agli Studi, per dedicarmi alla più
idonea occupazione di studentessa all’ultimo anno di liceo.”
Con questo, Lisa aveva finito il proprio discorso alla
troupe televisiva; ovviamentedalle sue dimissioni era stato omesso l’argomento “James”,
sostituito dalle comunque valide motivazioni relative alla sua giovanissima
età, alla poca esperienza, e via dicendo…
La ragazza guardò il padre che, con occhio serio e vigile,
vagliava le reazioni dei presenti: erano giorni che non si parlavano, per un
motivo o per l’altro. Quel discorso era stato un amaro “buongiorno”.
L’uomo posò lo sguardo severo su di lei, ben consapevole che
quelle erano tutte scuse. Sulle vere cause di tale decisione, avrebbe indagato
più tardi; ora il primo pensiero era riprendere in mano le redini del
programma, a poco più di una settimana dalla messa in onda.
“Penso che sia stato detto tutto l’indispensabile- osservò
Leonard con tono professionale –Qualcuno ha domande?”.
I cameramen si lanciarono
un’occhiata dispiaciuta; lo stesso fecero molti collaboratori del regista,
mentre altri si limitarono a sospirare, dicendosi mentalmente che si
aspettavano che quell’adolescente prima o poi si sarebbe arresa. Qualche
maligno gioì anche, dentro di sé.
Tuttavia nessuno osò intervenire o ribattere.
“Bene- concluse brusco il regista –Tutti al lavoro! Non c’è
un attimo da perdere! Show
must goon!”.
Lisa non sentì neppure le ultime parole del padre; si
diresse con le tre amiche verso il camerino dello staff di produzione.
Laura le cinse le spalle con un braccio:
“Vieni tesoro. Ti aiutiamo a impacchettare la tua
roba”.
In risposta ebbe solo il sospiro dell’amica; stava reagendo
bene, si disse Lisa.
Con molta calma si accingeva a cominciare quell’ennesima
scalata.
Si stava giusto ripetendo che la sua corazza aveva ripreso a
proteggerla egregiamente, quando una voce rischiò di farla crollare.
“Lisa! Aspetta!”
non poteva essere altri che James.
Era rimasto in disparte fino a quell’istante: mentre la
ragazza parlava, l’aveva sconvolto il pallore di Lisa, le sue
braccia conserte fino quasi allo spasimo, gli occhi spenti, tanto da non
sembrare più verdi, ma di un grigio…morto.
Dal canto suo, Lisa non reagì quando si sentì chiamare; fu
Laura a stringere ancora di più il suo abbraccio attorno all’amica, per
proteggerla.
Dietro di loro, Alice e Marina si voltarono verso l’uomo,
per poi immobilizzarsi.
In tal modo James fu costretto a passare davanti allo
sguardo inquisitore dell’una e dell’altra, sentendosi inspiegabilmente a
disagio, come se fosse stato improvvisamente nudo.
Quando Laura se lo ritrovò di fronte, sciolse la stretta su
Lisa e si diresse con le altre nello studio della ragazza.
James le guardò allontanarsi, prima di fissarsi su Lisa; lei
era appoggiata a una parete dell’angusto corridoio, gli occhi stanchi cerchiati
da profonde occhiaie; ad un tratto l’uomo si sentì soffocare, chiuso in quello
stretto passaggio.
Ma doveva capire cosa avesse quella piccola donna, che tanto
lo aveva preso, donandogli un trasporto dimenticato ormai da anni.
“Cosa stai facendo?- chiese allargando le braccia –Perché te
ne vai?”.
Lisa battè le palpebre, lentamente;
aveva pensato a tutto, tranne che a quel confronto.
Lo aveva rifiutato, forse, nella sua mente, come non si
accetta la morte di una persona cara.
Per lei quel tradimento equivaleva a un lutto, ed era giunto
il momento del funerale.
Tuttavia non riusciva ad aprire bocca, non voleva rischiare
di piangere; se ne era guardata fino a quel momento e non avrebbe ceduto per
nulla al mondo.
James si avvicinò di un passo, spingendola
ad arretrare: “Parla” –esclamò allora lui –Dì qualcosa!”.
A tale affermazione, Lisa inclinò la testa; le aveva dato l’input giusto: “In effetti ho una sola parola da dirti-
iniziò, sollevandosi dal muro –O forse sono due, o tre…magari quattro- vedendo
l’espressione interrogativa del suo interlocutore, rincarò la dose –A dire il
vero sono dei nomi…vediamo se li conosci!” poi avanzò verso James, con gli
occhi brucianti di lacrime.
Quel corridoio si stava rivelando decisamente troppo
stretto; se due persone si fossero incrociate, si sarebbero dovute appiattire
contro il muro per passare entrambe.
Così quando Lisa avanzò verso James, con
gli occhi brucianti di lacrime, lui si fece indietro intimorito: “Cominciamo
con Diane…o dovrei dire Sullivan? Magari Brittany- ad un tratto la ragazza cambiò espressione,
fingendo di aver avuto un illuminazione –Aspetta, ci
sono! Patricia”.
James, con il capo abbassato, ammutolì.
“Sorpresa!” pensò
malignamente lei, per poi ricominciare a parlare:
“Davvero mi credevi così ingenua? Speravi fossi solo
l’ennesima bambolina con cui spassartela?- la voce cominciò a tremarle, così
per nasconderlo alzò il tono della voce –Avevi detto di non giocare con me, di
essere diverso dal mondo- scuotendo la testa, d’un tratto così pesante, Lisa
constatò- E’ vero…sei diverso…ma solo
perché sei peggiore.”
L’uomo sospirò, incrociando le braccia al petto: “Mi
dispiace”. Scontato, prevedibile, banale…bastò a far sbroccare
definitivamente Lisa.
“Beh, a me invece non dispiace! Sono solo disgustata…da te…da tutto quanto”e purtroppo era vero;
non riusciva a sentirsi affranta, non la urtava quell’ennesima perdita.
La sua furia era rivolta esclusivamente al tradimento subito, una ferita che
lei stessa si era lasciata, stupidamente, infliggere.
“Voglio che tu te ne vada- ordinò la ragazza –Vai in
albergo, o sotto un ponte, o in una casa per appuntamenti- si avvicinò
minacciosa, puntandogli un dito contro il petto –Esci dalla mia vita”.
James non credeva alle proprie orecchie e ai suoi occhi:
l’angelo con cui aveva passato momento indimenticabili
nelle ultime ore, lo stava odiando dal profondo del cuore; lui sentiva il male
che lei provava, quasi fosse palpabile nell’aria viziata di quel corridoio.
Quel dolore immenso lo contagiò, portandogli lacrime
inaspettate agli occhi: “Ti prego- supplicò –Lascia che ti spieghi”.
Tale intervento commosso fu troppo per Lisa; vedere
l’azzurro delle sue iridi diventare lucido come il ghiaccio, la fece infuriare.
Con un gesto rabbioso, sfogando tutta la sua angoscia e il
suo dolore, Lisa gli sferrò un violento schiaffo in faccio,
con tutta la potenza che avrebbe usato per schiantare a terra un suo
avversario, durante un incontro di Judo.
Il contatto fu così feroce che oltre alle vistose ditate
rosse sulla guancia, Lisa potè notare delle piccole strisce cremisi: lo aveva graffiato
brutalmente.
James barcollò e non cadde solo perché il corridoio era
troppo stretto per concederglielo; di conseguenza ebbe un forte contraccolpo
sulla parete, che lo lasciò lì, piegato in due, senza capire quale parte della
testa fosse più grave o più dolorante.
Lisa si avvicinò, senza versare una lacrima: “Fa male,
vero?- chiese con la bocca distorta in un’espressone
di disprezzo –Benvenuto nel mio mondo”.
E se ne andò.
Dopo quello scontro, Lisa passò l’intero pomeriggio a vagare
per la città, da sola.
Le tre amiche fecero fagotto delle sue cose agli studi
televisivi e le portarono a casa di Alice: questa aveva una piccola dependance
in giardino ed era stato accordato che Lisa rimanesse lì, fino alla dipartita
di James.
Tuttavia c’era una sola cosa che non poteva essere ignorata
dal cuore della ragazza, per quanto potesse essere spezzato: Felina.
Prima del tramonto si fermò quindi a casa, entrando di
soppiatto dalla porta di servizio.
Il solo rumore dei suoi passi fu perfettamente riconoscibile
per la pantera, che le corse incontro mugugnando.
La ragazza lanciò un’occhiata alla scala: ai suoi piedi
c’era una valigia,per ora vuota.
Prese il guinzaglio dal mobile della sala e vi legò Felina;
poi fece per andarsene, ma si trovò davanti suo padre.
Sussultò, per la paura e la sorpresa; non l’aveva sentito
arrivare.
Con un cenno del capo indicò l’animale:
“La riporto dallo zio. So che non hai piacere che stia
qui” detto ciò fece per sgattaiolare via, ma Leonard le sbarrò la strada.
“Dobbiamo parlare”.le ordinò con
tono severo, il viso accigliato sotto la folta barba.
Lisa si massaggiò le tempie: “Pensavo di aver già detto
tutto l’indispensabile”.
“E invece non hai detto un bel niente!” gridò il regista,
allarmando la figlia e inducendola a guardarsi intorno preoccupata.
“Stai tranquilla…Lui
non c’è”. A quell’affermazione Lisa capì che per quanto suo padre fosse chiuso,
o burbero, o distante, era però anche dannatamente perspicace.
La ragazza, a quel punto, cercò di difendersi: “Allora a
maggior ragione ho fatto la cosa giusta- si strinse nelle spalle- Dov’è il
problema?”.
Con un sorriso saggio il padre addolcì i
toni: “Sta proprio qui il problema- si sedette su uno sgabello della cucina
–Credi che non abbia visto come stavi quando eravate insieme, tu e lui?
Ormai era ovvio quanto ti piacesse James; e non è difficile capire il
perché…Siete due persone fantastiche, entrambi.- la
guardò assottigliando gli occhi- Ma tu ti sei messa in gioco con tutta te
stessa e poi, quando le cose sono precipitate, hai fatto la cosa giusta”.
Con aria esterrefatta Lisa lasciò cadere sul pavimento il
guinzaglio: “Continuo a non capire”.
Leonard alzò gli occhi al cielo:
“Maledizione Lisa! Pensi che non ti conosca? Tu vivi di sentimenti, a
volte sei così piena di vita che ti esplode fuori dal
petto- in quella descrizione gli occhi dell’uomo divennero lucidi –Non è da te
ragionare razionalmente di fronte a…questo!”.
Nel raccontare tutto ciò, gli era spuntato uno strano
sorriso sul volto: lui e sua figlia erano profondamente uguali. Condividevano
lo stesso tradimento, sepolto nel passato, e parlare con Lisa lo portava a
rivangare quel dolore.
Solo Dio poteva immaginare quale fosse la sofferenza di un
padre che vede la propria figlia ripercorrere lo
stesso male provato da lui: era come se avesse fallito, nel cercare di
proteggerla dal mondo.
Lisa, dall’altra parte della sua ferrea barricata,
cominciava ad innervosirsi: “Dove vuoi arrivare?” chiese
stizzita.
L’uomo si alzò in piedi: “So cosa stai
provando, è un dolore che toglie il respiro e ti fa desiderare di scomparire
per sempre- la prese per le spalle –Ma ciò non accade, quindi si va avanti e si
vive comunque- scosse il capo, chiudendo gli occhi arrossati –So che sembra un
controsenso ma…hai sbagliato a fare la cosa giusta! Dovevi
seguire il cuore, non la testa!”.
Con un sorriso disilluso, la ragazza pensò: “E’ il cuore a rimanere ferito, non la
testa…Quindi io scelgo la seconda”.
Lisa sentì la gola dolerle in modo incredibile, mentre
cercava di reprimere il pianto.
Ma sarebbe stato stupido arrendersi
proprio in quel momento, così alzò di nuovo lo sguardo sul suo papà e gli
parlò: “Vado a stare da Alice, finchè le cose non
saranno sistemate…Può darsi che una delle ragazze passi a prendere un po’ di
cose; i libri per studiare e qualche vestito. A te va bene?”.
Quella freddezza fu l’ennesima pugnalata per il regista, che
cercò di incassare come poteva; quindi assentì in silenzio, poi prima che la
figlia uscisse, disse un’ultima cosa: “Di dolore non si muore, bambina”.
Lisa lo guardò, Felina che ormai la trascinava fuori dalla
porta: “E’ qui che ti sbagli, papà”.
Il passo successivo fu ricondurre Felina da Ralf, suo zio;
Lisa rimase per lungo tempo con la testa affondata nel pelo della pantera, che
stette immobile, senza batter ciglio, finchè la
ragazza non smise di piangere.
Dopodiché andò nella sua gabbia, annusando il vecchio
giaciglio e sdraiandosi lì, dove l’aveva vista l’ultima volta che l’era andata
a prendere.
Lisa sbuffò tristemente: senza la sua presenza nel
programma, la puntata dedicata a Felina sarebbe stata annullata.
Così anche l’idea della ragazza di approfittare della TV per
una raccolta fondi, per gli animali di suo zio, era sfumata.
La riserva che aveva immaginato per l’amica pantera doveva
aspettare.
Era l’ennesima cosa per cui ci sarebbe voluto tempo, affinchè si realizzasse; tempo, tempo e ancora tempo. E
troppa pazienza, che Lisa sentiva di non avere.
Congedò Ralf, con la promessa che sarebbe tornata presto,
poi si avviò verso casa di Alice.
James varcò la soglia del bagno e accese la luce; con un
gesto stanco aprì l’acqua della doccia, girando la manopola tutta dalla parte
del rosso. Una doccia bollente l’avrebbe di sicuro ristabilito.
Fissò l’immagine che gli mandava riflessa lo specchio: vide
il volto di un uomo meschino e viscido, stentò quasi a riconoscersi.
Davanti a lui notò la propria roba: rasoio, deodorante,
dopobarba...avrebbe liberato quel ripiano al più
presto.
Quando il bagno si riempì di vapore, si buttò sotto il getto
d’acqua; cercando a tentoni il bagnoschiuma fece
cadere qualcosa, nella doccia.
Un violento profumo di pesca pervase l’intero ambiente;
decisamente l’acqua calda non sarebbe servita a nulla, così girò la manopola
dalla parte del freddo.
Una doccia ghiacciata era la cosa migliore.
Con un brivido di freddo Lisa si
avvolse in una coperta: fuori dalla dependance pioveva a dirotto, nonostante
fosse già giugno inoltrato; dentro e fuori si aspettava un’estate che esitava
ad arrivare.
Con un gesto nervoso la ragazza buttò il libro di latino sul
tavolo, pronunciando un “Bah” che esprimeva tutti i suoi dubbi, sugli esami che
si accingeva a sostenere.
Un tonfo improvviso la fece girare; Alice era piombata,
fradicia dalla testa ai piedi, dentro la casetta, arredata con letto, armadio
in betulla, scrivania e comò dello stesso legno.
L’angolo cottura era in marmo chiaro e l’amica si
sorprendeva ogni giorno di più della cura maniacale di Lisa per la pulizia di
quel luogo.
Non sapeva davvero a che santo votarsi per tenersi impegnata
in continuazione.
“Tutto bene?” chiese a quel punto Alice.
“Sì, mi hai solo spaventata a morte” rispose l’altra con una
risata tremula.
“Allora è tutto a posto- constatò la proprietaria di casa,
guardandosi intorno –Temevo che entrasse acqua da qualche spiffero”.
L’espressione di Lisa si rabbuiò: “Non
temere: piove già dentro”.
Detto ciò si strinse ancora di più nella coperta, guardando oltre il vetro.
Alice comprese al volo cosa intendesse
l’amica; senza invadere i suoi spazi, si appoggiò al bancone di cucina: “Sono
passati solo sei giorni, cara.- la confortò dolcemente
–Nemmeno l’influenza passa così rapidamente”.
Non c’era intenzione di scherzare nelle sue parole, era solo
la sacrosanta verità: Lisa non era ancora in grado di guarire, punto e basta.
Perciò lei, Laura e Marina la lasciavano stare, intervenendo
solo se interpellate da Lisa stessa.
Quest’ultima scosse la testa: “Alla fine nemmeno io so
quanto voglio che tutto questo passi.- constatò con amarezza –Mi sento
indifferente verso il mondo…Panta rei.” Disse
infine, citando una massima di Eraclito.
Alice aggrottò la fronte: “Cosa?”.
“Significa tutto
scorre, in greco- tradusse Lisa –Anche se certe cose scorrono come l’acqua
e altre somigliano di più a una melma lenta e maleodorante”.
Alice fischiò in segno di ammirazione: “Che poeta!”.
Senza mutare l’espressione seria, Lisa aggiunse: “Se vuoi, a
riguardo ti posso citare la filosofia di pensiero dei poeti romantici e
decadentisti…l’artista si trastulla nel
proprio dolore e nelle sciagure, poiché da essi nascono opere epiche…-
sbuffando si sedette sul davanzale dell’ampia vetrata – Come minimo io dovrei
scrivere una nuova Divina Commedia- riflettè un attimo –Potrei narrare una Divina Tragedia”.
Assistendo a tale monologo, Alice non potè
fare a meno di ridere: “Scusa…Se non fosse che so come stai, direi che questa è
una battuta maledettamente buona…e che non sei cambiata di una virgola”.
Scuotendo la testa, divertita, anche la frangia corvina di
Alice si mosse coprendole gli occhi.
A quel gesto, Lisa la imitò e sorrise; a volte invidiava i
capelli lisci dell’amica, così eleganti, tanto da preferirli alle sue splendide
onde castane.
Le venne spontaneo chiedersi cosa avrebbe fatto senza le sue
tre compagne di vita.
Si rispose ad alta voce: “Credo che senza
di voi non sarei più la stessa. Forse è questo che mi
tiene ancorata a quella che ero”.
Alice non sentì il bisogno di controbattere; con un cenno di
saluto uscì nuovamente sotto la pioggia.
Correndo all’impazzata, Lisa entrò nella sua scuola con un
vocabolario sotto braccio: in mano stringeva solo due biro e la carta
d’identità.
Vedendola arrivare, una delle bidelle le indicò l’aula dove
si sarebbe tenuta la prima prova d’esame: il tema.
Lisa adorava scrivere, non aveva paura di quella prova anzi,
ne era quasi contenta.
Tempo per studiare e riflettere ne aveva avuto fin troppo,
era il momento di dimostrare al Ministero della Pubblica Istruzione quanto
valeva.
La ragazza si sedette nell’unico banco libero e lanciò una
rapida occhiata ai compagni attorno a sé;
lesse il terrore puro negli occhi
della maggior parte.
Lei si limitò a fare spallucce e a sorridere al Presidente
della Commissione, che le passò i fogli con le tracce e fece una firma su
ognuno.
Dopodiché diede uno sguardo poco interessato ai temi di argomento
scientifico, politico, sociale…all’improvviso le sembrò di notare la parola
“amore” tra le righe.
In primis pensò di aver visto male, poi tornando a scorrere
il testo, arrivò alla traccia di argomento letterario.
Quasi le scappò da ridere, quando lesse per intero la
consegna:
“Amore: tra tormento e
dolore nella letteratura classica”.
Le poche righe richiedevano di citare autori di epoca greca
e romana (con relative opere e brani significativi di esse) che trattassero di
pene d’amore.
Di norma sarebbe stato improponibile ripercorrere una
carrellata completa e dettagliata di un argomento così vasto, ma per Lisa era
diverso.
In quei giorni bui aveva cercato ovunque risposte che la
confortassero nei momenti di sofferenza.
Virgilio, Catullo, Orazio…erano stati tutti ottimi
interlocutori con cui confrontare il proprio stato d’animo.
Appassionandosi all’argomento, si era resa conto che il
proprio dolore non aveva tempo né età.
Pur essendo trascorsi millenni, l’essere umano ne era ancora
schiavo.
Dopo pomeriggi interi ad alambiccarsi
il cervello, Lisa si era rassegnata; ora, col cuore pressoché in pace, si
accingeva a narrare al mondo il suo tormento, attraverso le parole di Catullo
ed altri grandi della storia.
James varcò la soglia dell’aeroporto con passi strascicati;
il trolley sembrava pesare una tonnellata, benché avesse le ruote.
Detestava quei posti affollati: così pieni di gente e
tuttavia immensamente vuoti.
Dirigendosi al checkin implorò
mentalmente che nessuno lo riconoscesse, non era in vena di autografi e foto di
circostanza.
Il suo sospiro di sollievo sorprese la hostess
di terra, quando l’attore le chiese: “Quando parte il prossimo volo per
Berlino?”.
La giovane bionda digitò qualche codice sulla tastiera del
computer: “Tra tre ore…Mi dispiace ma dovrà aspettare- tornò a posare gli occhi
su di lui – Altrimenti abbiamo dei posti liberi in Business Class
sul volo delle 9.30”.
Con un gesto sbrigativo, James guardò
l’orologio: “Va bene, prendo quello.- le porse
distrattamente la sua American Express –Pago con carta”.
La hostess la prese e lo avvisò:
“Abbiamo dei problemi con i terminali, stamattina: forse dovrà attendere
qualche minuto”.
Scuotendo la testa, in un cenno di indifferenza, James si
appoggiò al bancone.
Passò due o tre volte lo sguardo sulla folla di persone che
correva avanti e indietro, in un caos che nemmeno Babilonia aveva dovuto
subire.
Poi gli occhi gli caddero su un mega schermo alla sua
destra: si intrattenne guardando le varie pubblicità che rifilava, sperando che
la biondina alle sue spalle diventasse magicamente capace di fare il proprio
lavoro.
Mentre si perdeva nelle sue acide considerazioni,
un’immagine proiettata sullo schermo al plasma lo risvegliò all’improvviso: era
la pubblicità di un noto profumo, che portava la firma di Roberto Cavalli.
La foto ritraeva una giovane modella, abbandonata
languidamente su un divano; ai suoi piedi giaceva una pantera, nobile e
maestosa.
L’associazione di idee che ne derivò, fu un colpo di frusta
per l’uomo.
Con lo sguardo d’un tratto perso, si girò verso la hostess: “Mi scusi- cominciò con voce flebile –Può
annullare la transazione?”.
L’altra cercò di celare la faccia esasperata dietro il
monitor del terminale: “Certamente…Vuole effettuare un’altra prenotazione?”.
La risposta che ricevette da James fu quasi febbrile: “Il
primo volo per Los Angeles, grazie”.
Dopo aver armeggiato per qualche minuto con le chiavi, Laura
entrò in casa di Lisa; col timore di incontrare presenze indesiderate, sgusciò
dentro e salì le scale, puntando dritto verso la camera dell’amica.
Trovò subito l’interruttore della luce e si diresse verso
l’armadio.
“Laura, tranquilla-
si disse mentalmente –Devi solo prendere
costumi da bagno, vestiti estivi e telida
mare, nel ripiano in alto” con gesti rapidi obbedì a ciò che si era appena
detta.
La ragazza svuotò un cassetto e un ripiano di abiti,
riponendo il tutto in una piccola valigia.
Lasciò i libri scolastici portati con sé sul letto, poi
richiuse tutto, valigia, armadi e camera, sollevata di aver adempiuto
al proprio compito.
“La prossima volta ci
penserà Marina, mi sento una ladra tutte le volte che vengo qua”
Pensò stizzita trascinando la borsa giù per le scale.
Gettò un’occhiata in giro, con un gesto che le venne
automatico, per verificare che non mancasse nulla alla sua commissione.
Non venendole in mente altro, fece per uscire; fu allora che
un flash le scattò nella testa…effettivamente mancava qualcosa…ma non c’entrava
con la valigia di Lisa…bensì con un’altra.
Tornando sui propri passi, varcò la soglia del salotto:
quasi sussultò quando vide un vuoto, dove prima c’era il trolley di James.
Alla fine se n’era andato.
Ciao a tutti!avviso che questo e
forse pochi altri capitoli faranno da intermezzo tra le due parti della storia:
nelle prossime pubblicazioni James e Lisa saranno irrimediabilmente separati…ma
per quanto? J
Spetta a voi scoprirlo…e avere un
po’ di pazienza…
CaraBell_Lua:
questi capitoli sono stati decisamente tristi da elaborare; benché sia tutta
una finzione, è inevitabile inserire un po’ delle proprie esperienze in ciò che
si scrive.
Ma tutto passa, nella finzione come nella realtà.
In effetti ho un’altra storia in
sospeso..mai pubblicata e divisa in due parti…è una FF originale, senza attori
o personaggi famosi, ma sarà da adattare, visto che l’ho scritta qualche anno
fa…
Tornando a questa
storia…scopro ogni volta che le parti che voglio rendere più evidenti sono
quelle che poi rimangono impresse…come il temporale,il
ruolo della pantera, la frase tra Lisa e suo padre…
Sono punti salienti che non sono fini a se stessi e sono davvero
felice che tu li abbia colti…
Lisa si strizzò i capelli e con quel gesto bagnò Alice,
sdraiata accanto a lei: “Dovrei forse ringraziarti?” domandò ironica
quest’ultima.
L’amica in risposta sorrise: “Non fare la
brontolona! Vieni anche tu- la incitò Lisa –l’acqua è
stupenda!”.
L’altra sbuffò infastidita; nel frattempo le raggiunsero
correndo anche Marina e Laura.
Ulteriori schizzi bagnarono Alice sulla sua postazione: “Va
bene- si arrese poi, alzandosi –Ho capito che un momento di pace è impossibile
da ottenere con voi- si girò verso Lisa –E’ ovvio che poi dimagrisci se non
stai ferma un attimo”disse infine, fingendosi arrabbiata.
Lisa la prese sottobraccio, disposta a trascinarla al bar:
“Dato che sei mia amica dovresti essere comprensiva nei miei
confronti…Assecondami e portami ad ingrassare!”.
Marina e Laura le sorrisero: negli occhi dell’amica non si
leggeva più la burrasca di un mese prima.
Come poteva essere altrimenti, con un mare come quello della
Sardegna sullo sfondo?
Fisicamente ne aveva risentito, non c’era dubbio, ma ora che
era tornata la pazza scatenata di sempre, i chili persi sembravano quasi un
toccasana.
Le quattro ragazze si sedettero a un tavolino del bar, in
riva alla spiaggia, salutarono alcuni amici conosciuti là e ordinarono panini e
bibite fredde.
Alice si sporse verso il proprietario del locale, in piedi
dietro al bancone e chiese: “Possiamo accendere la TV?”. Con un lancio dritto e
preciso entrò in possesso del telecomando.
Dopo qualche istante di zapping, la ragazza trovò un
notiziario, alzò il volume e si mise a mangiare.
Senza prestare attenzione a ciò che diceva
lo speaker, Marina chiese: “Stasera che facciamo? Non
ho granchè voglia di andare in discoteca?”.
Laura scosse la testa: “Nemmeno io- passò
lo sguardo dal TG a Lisa –Cosa proponi? D’altra parte
sei tu la padrona di casa…noi non conosciamo molto la zona”.
Lisa addentò il proprio panino crudo e mozzarella e fece
spallucce: “Possiamo fare un giro per negozi…oppure andare in paese a vedere le
bancarelle del mercatino- masticò, mentre pensava ad altre proposte –Non ci
sono molte alternative”.
L’attimo successivo fu di silenzio: d’altro canto gli esami
erano finiti da poco, la voglia di divertirsi era tanta, come del resto la
stanchezza.
Così la maggior parte delle sere, le ragazze si ritrovavano
attorno al tavolo del solito pub, senza le energie per mettere in atto i
progetti della nottata.
Mentre Laura finiva di bere il suo thè dalla cannuccia,
producendo dei rumori poco delicati, alla TV passò una notizia che fece
drizzare le orecchie alle quattro telespettatrici.
“Ed ora passiamo alla pagina dello spettacolo- la donna in
tailleur girò, con un sorriso raggiante, il foglio della scaletta, poi continuò
–Si sono svolte ieri sera le premiazioni di fine stagione, dedicate ai
programmi più in voga dell’anno. Tra i titoli maggiormente attesi ed ambiti,
quelli di “miglior programma” e “miglior regia”. Vediamo il
servizio.”
Sullo schermo passarono le immagini del red carpet di
Cinecittà, a cui Lisa assistette con grande trepidazione, tentando di scorgere
tra la folla di VIP il suo candidato preferito: suo padre.
L’aveva visto solo di sfuggita, dopo il loro ultimo
confronto; lui si era complimentato per la lode che la figlia aveva riscosso
agli esami e poi, non senza imbarazzo, l’aveva salutata, prima di ripartire per
Roma, dove ora si trovava per quella prestigiosa onorificenza.
Il discorso post-catastrofe aveva portato entrambi a
scoprirsi oltre un limite a cui molti genitori e figli non arrivano, nemmeno in
una vita intera.
Almeno secondo Lisa, vi era una distanza invalicabile tra
quelle due parti; purtroppo questa era stata superata, catapultandoli ad un
livello in cui Leonard non era più l’adulto e Lisa non era più la ragazzina
adolescente.
Sentirsi improvvisamente una sua pari, aveva portato Lisa in
una dimensione futura, o meglio, quasi futuristica
e surreale, che non doveva esistere; come se suo padre avesse scavato troppo a fondo cose che lei non
sapeva ancora di provare.
La ragazza si era immaginata che la stessa sensazione,
dovevano averla provata gli uomini del ‘400, quando gli era stato annunciato
che la Terra
era tonda.
Allo stesso modo, per lei le parole del regista erano una
verità altrettanto innegabile, a cui non si poteva sottrarre, ma che non era
ancora pronta a sentirsi dire.
Un fastidioso spintone alla spalla la svegliò da tali
pensieri: “Lisa!- Laura quasi gridava – Ma non stai ascoltando la TV?”.
L’interpellata aggrottò la fronte e, con un sussulto, vide
il padre sullo schermo, con un mega-microfono praticamente piantato in bocca;
un intervistatore gli stava chiedendo: “Allora, signor D’Andrade, ci dica come
si sente dopo questa duplice vittoria”.
Lisa sgranò gli occhi: Duplice
vittoria? Doveva prestare più attenzione, accidenti.
Il padre, con un gesto a lei tanto noto, si grattò un
orecchio; era in imbarazzo: “Beh, prima di tutto sarebbe giusto dire come ci sentiamo, poiché dietro ad “Armida”- così si chiamava il programma
– c’è un lavoro di gruppo portato avanti con costanza e professionalità da tanti”.
Il regista calcò la voce sull’ultima parola, facendo
sorridere Lisa: la sua modestia lo aveva sempre reso grande agli occhi di
tutti.
E per quanto riguardava quel nome, Armida, era stato il suo ultimo piccolo contributo.
Significava “armata,
pronta a combattere” e l’aveva suggerito lei stessa, per le tematiche
trattate sia dalle puntate del martedì, di sua creazione, sia per quelle del
giovedì.
Effettivamente, quella trasmissione si era rivelata un’arma
da combattimento mediatica, soprattutto per quanto concerneva la parte del
lavoro di Leonard.
Vantandosi di fior fior di esperti, con l’aiuto di agganci
ottenuti a volte per vie non proprio limpide, la parola Armida aveva messo in luce, col passare delle settimane, argomenti
decisamente scottanti.
Molto spesso erano giunte minacce, querele, denunce a tutto
lo staff operativo, ma il fatto non cambiava: Lisa e suo padre erano riusciti a
dar voce a molte battaglie dell’umanità, che anni di giornalismo avevano tenuto
nell’ombra.
In una delle puntate in seconda serata, uno scienziato
ospite aveva dichiarato, con prove alla mano,che il virus dell’HIV era stato creato
in laboratorio.
In un altro caso, un soldato americano aveva svelato
particolari agghiaccianti sulle torture inferte a presunti Talebani, in Iraq.
Più di una volta, guardando le immagini del programma, Lisa
si era sentita in colpa e aveva temuto per suo padre.
Benché non potesse intervenire oltre sulla stesura dei
testi, le sembrava di aver abbandonato il regista alle conseguenze di certe
scelte che lei aveva in parte favorito.
La ragazza si era completamente persa
nelle sue riflessioni, quando il cronista fece un’altra domanda: “Vorrei
sfatare una leggenda metropolitana che ormai tutti i giornali di gossip
ripropongono: è vero che l’attore James Marsters se n’è andato dallo staff di
Armida a causa di un litigio con Lisa, sua figlia?”.
Leonard sogghignò fra sé e sé, ma solo la
ragazza notò quel cenno impercettibile: “Intanto colgo l’occasione per
salutarla e augurarle buon compleanno: oggi compie 19 anni, non è più una
bambina”.
Tale precisazione aveva voluto dire in realtà: “Ormai è adulta, non azzardatevi a trattarla
come una stupida capricciosa”.
Lisa annuì leggermente a quella frase: “Grande papi” pensò soddisfatta.
Intanto il discorso continuava: “In più la linea che aveva
preso il programma non permetteva più di dare a James lo spazio che era stato
ritagliato per lui; a un certo punto, semplicemente, le nostre strade non
combaciavano più”. Dopo quella bugia di gran stile, l’uomo fece una pausa,
breve ma eloquente, a voler dividere in modo netto ciò di cui aveva parlato da
ciò che stava per dire.
“Mia figlia non era pronta per gestire un programma di
questa portata, ma non escludo che un domani lo sarà”.
L’uomo col microfono, stentando a
proseguire, azzardò un sorriso tirato e fece la domanda successiva: “A
proposito del futuro: sappiamo che ha grandi idee in cantiere”.
“Sì- rispose laconico il regista –Una famosa casa di
produzione americana ha chiesto di poter veder realizzato sotto il proprio nome
un film, di cui mi dovrei occupare con il mio staff, ormai collaudato- fece
spallucce –E’ una proposta come tante, che andrà vagliata e a cui va dato il
giusto peso”.
Lisa scosse divertita la testa: la
20th Century Fox proponeva un contratto multimilionario e suo padre riusciva a
fare il sostenuto; umile fino alla morte.
Il servizio era finito, la speaker in studio espresse le
ultime parole a riguardo: “E chissà che non ci sia proprio la giovane Lisa
D’Andrade, al comando della regia di un nuovo capolavoro”.
Stappando una bottiglia di birra, l’interpellata rise
sonoramente.
Eccoci di nuovo qua, come
preannunciato, James e Lisa sono decisamente lontani l’uno dall’altra…in fondo
però, non così tanto come sembra…
Bell_Lua:
sono felice di rallegrare il tuo inizio di giornata!!!
Anche se gli ultimi capitoli sono stati un po’ tristi…
Comunque concordo con te che scrivere è un’ottima alternativa alla
psicanalisi!! E ti avvertirò di sicuro quando
comincerò l’altra fanfic…ma per ora ci tengo a finire questa!!!
E l’argomento James/Lisa…poverini…sembrano tanto distanti ormai…mi
fanno quasi pena, così provvederò a rimediare la situazione…ahah!
A parte gli scherzi, sono felice di averti tra le mie
commentatrici, spero che la storia continui a piacerti…a presto!!!
memole_88: hai proprio ragione…a volte il tradimento è
peggiore di ogni altro tipo di perdita…lascia vuoti e soli…diciamo che James
doveva decidere se tornare a casa o approfittare della vicinanza alla Germania
per andare dalla fidanzata…e ha scelto la prima…il perché lo si scoprirà più
avanti…
crys:
in effetti mi ero chiesta dove fossi…ma hai ragione, l’importante è sapere che
ci sei ancora! Anche se non recensisci tutti i capitoli…ora che lo so sono più
tranquilla…ahahah! A parte gli scherzi, tornando a Lisa e James…le acque
sembrano essersi calmate x lei, ora che non sono più vicini. Per quanto
riguarda lui, ti basterà leggere il prossimo capitolo x scoprirlo.
Grazie ancora…sei sempre dolcissima!
Bell_Lua:
innanzitutto, scusa se ieri non ho postato il capitolo, ma non ne ho avuto
tempo. In effetti ho pensato “Cavoli, e poi lei come fa che comincia la
giornata con il mio nuovo capitolo della giornata?” ma davvero non cel’ho
fatta.
Da quello che ho capito tu vivi in Finlandia…uhm…particolare…e
coraggioso! Di sicuro una bella esperienza, ma anche tanto faticosa, immagino
la tua voglia di tornare a casa. come mai sei là?
Tornando alla storia…ho voluto tener divisi i due protagonisti
proprio per far capire quanto cambiano senza l’altro/a…e nulla di quello che
inserisco in questi capitoli di intermezzo è fine a se stesso, sarà
indispensabileper il proseguimento…
gelb_augen:
sono onorata che tu per recensire la mia storia ti perda l’inizio di Buffy…non
so se io avrei la stessa “vena”… J
come sempre il tuo occhio critico non si lascia sfuggire nulla… i
tuoi commenti sono sempre i più costruttivi: d’altra parte, parlando di Lisa,
benché i problemi d’amore siano quelli di una normale adolescente…lei è un po’
fuori dalle righe, sia come carattere che come vissuto personale…è difficile
riuscire a far emergere ciò che prova un personaggio così complicato…a volte m
sembra di non riuscire a capirla neppure io!
Le notizie sulla vita di James sono tutte vere, a parte quella
della battaglia legale per l’affidamento, che ho inserito solo ai fini della
mia ff…d’altra parte la sua ex moglie Liane esiste davvero, come il figlio
Sullivan e la nipote Brittany, che lui ha in affidamento dal fratello Peter, ma
non sono riuscita a scoprire di più. Patricia, ahimè, esiste davvero e vedendo
le sue foto sono rimasta molto delusa…non è né bella né affascinante, davvero
insipida; viene quasi da chiedersi cosa ci faccia con James…ma tutt’ora sono
insieme, quindi un perché ci sarà…
Dopo queste delucidazioni, ti lascio al prossimo capitolo.
L’aria
di Los Angeles era maledettamente rovente in quel pomeriggio di fine agosto.
Mentre
in tutto il resto dell’emisfero il clima era pressoché uniforme, quella città
aveva il misterioso potere di incrementare le temperature medie di 10°C.
Lo smog,
il caos, il frastuono superavano su tutta la linea quelli della sorella
maggiore, New York.
LA era
un riassunto di tutti i difetti e le negatività della Grande Mela, e offriva
ben pochi vantaggi.
L’uomo
moro sbattè la portiera dell’auto di servizio degli Studios, quasi a voler
manifestare il nervosismo per quel caldo soffocante: la camicia gli sembrava
tatuata sul proprio torace.
Una
serie di clacson furiosi incitarono l’autista del CHRYSLER SEDAN di servizio a
ripartire…decisamente snervante.
Quando l’uomo si accinse a varcare la soglia dell’imponente
edificio, fu fermato dal richiamo di una voce maschile: “David? David?”.
Lui si girò, già sorridendo leggermente: conosceva quella
persona.
“Ehi amico, cosa ci fai qua?” i due si abbracciarono con
calorose pacche sulle spalle; sempre il primo continuò: “Vedo che hai di nuovo
i capelli di quel colore…” David lasciò la frase incompleta, cercando un
aggettivo che definisse il biondo platino, vistosamente artificiale.
L’altro scosse la testa, tra il contrariato e il divertito:
“Già caro mio! Così hanno ordinato i produttori del film”.
David strabuzzò gli occhi: “Allora eri tu l’altro candidato
per “Diamond Heart”?”
James, sorpreso all’inverosimile, tese di nuovo le braccia
in avanti, in segno di abbraccio: “Vuoi dire che siamo qui per firmare lo
stesso contratto?!”
L’altro rise: “Dopo “Buffy” ed “Angel” di nuovo insieme!”.
Ancora increduli per quella coincidenza, varcarono insieme
la soglia degli studi cinematografici, raccontandosi gli ultimi mesi di
lontananza: “Come sta tuo figlio?”
James sorrise: “Bene; ha compiuto 13 anni una settimana
fa…abbiamo organizzato un party per lui e per Brittany, così hanno festeggiato
insieme”.
Fermandosi nella Hall chiesero a una bionda e svampita segretaria
dove fossero gli uffici della produzione, poi presero l’ascensore, diretti al
trentesimo piano, l’ultimo.
“E la tua famiglia invece?” chiese il biondo.
“Nulla di nuovo- David si strinse nelle spalle – Ho passato
i mesi estivi a casa con mia moglie Jamie…sta per partorire.”
James gli sorrise senza nascondere la gioia per l’amico:
“Congratulazioni! Mi ero quasi dimenticato della cosa, d’altra parte me ne
avevi parlato a dicembre…Maschio o femmina”.
Il moro attore scosse la testa: “Non lo sappiamo ancora,
abbiamo preferito tenere la sorpresa fino alla fine…anche se speriamo sia una
bimba- ammise dolcemente –visto che il primogenito è un maschio”.
L’ascensore arrivò a destinazione con un melodioso tlin.
Appena furono in corridoio, David si fermò a fissare James
con aria dubbiosa: “Ora che ci penso…tu dovresti essere in Europa!”.
Quello che vide sul volto del collega fu un sorriso amaro:
“Già- fece una pausa di silenzio –Ho avuto…diciamo, problemi gestionali”.
In quell’esatto istante, il cellulare nella giacca del
completo nero di James squillò e vibrò con insistenza.
Lanciando un’occhiata di scusa verso David, guardò il nome
sul display: Patricia.
Era una dannata coincidenza, che proprio mentre pensava ai
suoi “problemi italiani” lo chiamasse la fidanzata? O da lassù qualcuno voleva
di proposito rigirare il coltello nella piaga, per fargliela pagare?
Emettendo un respiro profondo, premette il tasto “mute” e
lasciò squillare.
David, guardando il biondo di sottecchi, domandò: “E’ chi
penso io?- la risposta tardò ad arrivare, così continuò –Non dirmi che le voci
che sono girate su…” leggendo il disagio negli occhi glaciali di James, si
interruppe: “Erano vere?!” esclamò infine sconcertato.
L’altro alzò le mani in segno di resa: “Ennesima sbandata,
ennesimo errore…lo so, ma ne sto pagando tutte le conseguenze- l’espressione
gli si rabbuiò –La faccenda dell’affidamento non sta andando come immaginavo.
Questa volta Liane sembra un killer”.
David abbassò la testa, continuando ad avanzare a passi
lenti: “Joss Wedon mi aveva accennato qualcosa, appena dopo la tua partenza per
l’Italia…Ma “Angel” era terminato da un bel pezzo, erano secoli che non avevo
tue notizie”.
Erano ormai giunti di fronte all’ufficio di Ludovic
Harmville, uno dei più famosi produttori della 20th Century Fox.
“Avremo tempo per parlarne con più calma” concluse James
bussando alla porta.
“Prego, prego! Entrate!” ad attendere i due, dietro una
scrivania di abete, c’era un uomo sulla sessantina, con folta barba bianca e
una calvizie avanzata, che gli lasciava solo pochi capelli dietro la nuca,
anch’essi candidi.
Si alzò e andò loro incontro; era poco più basso di James:
“Signor Boreanaz, signor Marsters- stringendo le mani dell’uni e dell’altro,
sorrise apertamente –Spero di potervi chiamare David e James”.
I due attori risero, con una punta di sorpresa per quella
cordialità, rispondendo con un “Sì” sincero.
Dopodiché si accomodarono di fronte a Mr. Harmville: “Queste
sono le bozze della sceneggiatura- disse sempre quest’ultimo, porgendo un fascicolo
a testa agli altri due –Ovviamente può sembrare solo un’accozzaglia di idee, ma
cosa ci volete fare? E’ così che ci tocca lavorare quando scendono in campo i
grandi del cinema!” non vi era boria nel tono della sua voce, era la semplice
verità.
Incuriosito da quelle parole, David prese a sfogliare le
pagine che aveva sottomano; la prima cosa che gli saltò all’occhio fu il nome
del regista, un italiano.
“Ma…James, questo non è il regista con cui…”
“…ho lavorato negli ultimi mesi. Sì, è lui” rispose l’interessato,
senza alzare lo sguardo dal proprio fascicolo.
“Ha ragione a definirlo un genio- aggiunse James, rivolto al
produttore – Ha appena ricevuto il premio come miglior regista e il suo show è
stato definito in Italia il migliore degli ultimi 10 anni di televisione”.
Scorrendo la lista di nomi dei figuranti, David notò con
occhio critico quello ella protagonista femminile: “Chi è questa…Sheila Sone?”
non ricordava di averla mai sentita nominare.
Ludovic fece spallucce: “Un’attrice emergente, consigliata
dal regista stesso. Leonard sosteneva che optando per una star di Hollywood la
sua presenza avrebbe prevalso su tutto il resto”.
Subito dopo il biondo notò chi sarebbe stato aiuto-regista;
alzando gli occhi verso il produttore, questi aveva già capito cosa stesse per
chiedere: “Non è un errore- spiegò Ludovic –Parteciperò pure io alla messa in
opera del film- sporgendosi sul tavolo, calcò il tono della voce –Amo il mio
lavoro: credo in quello che faccio e sono profondamente fiducioso che nasca una
grande opera dalla nostra collaborazione”
David e James si guardarono; con aria d’intesa presero quasi
contemporaneamente la biro per firmare il contratto.
L’attore platinato scrisse il suo nome, poi con decisione
passò la penna al suo compagno.
Il futuro gli prospettava finalmente grandi cose, ne era
certo.
crys: carissima…ti chiedo di
avere ancora un po’ di pazienza…è giusto che succedano un paio di cose, prima
di un prossimo colpo di scena…intanto ti auguro buona lettura…
grazie a tutti! E’ una gioia immensa vedere che la mia storia
continua a piacere!!!!
Una settimana prima,
in Italia
Lisa si sedette sul letto, sbuffando scocciata.
Quasi subito il sobbalzo del materasso la avvisò che non era
sola; Felina si era appena premurata di occupare gran parte dello spazio.
La ragazza si affrettò a togliere da sotto il ventre della
pantera il portatile e vari plichi di fogli: tutto ciò
su cui l’animale posava il suo quintale di peso, diventava irrecuperabile.
Con un sorriso a fior di labbra,trascinò
un lembo del pantalone della tuta fuori dalle grinfie dell’amica a quattro
zampe, che si lamentò con un borbottio di disapprovazione.
Poi Lisa accese il PC e il ronzio delle ventole fu presto
coperto dalle fusa di Felina.
Con un gesto rapido ed esperto, la ragazza si raccolse i
capelli in uno chignon molto alto: così conciata pareva un cespuglio di ananas
vivente.
“Devo decidermi a
tagliarli” pensò fra sé, riferendosi alla chioma.
Sullo schermo di fronte a lei apparve una foto di Felina: il
PC era pronto.
Non senza una punta di ansia, Lisa aprì i fascicoli che le
aveva lasciato il padre, prima di partire per l’ennesimo viaggio di lavoro.
“E’ solo un abbozzo di idee- le aveva detto –Ma penso che ti
piacerà: potresti aiutarmi a svilupparlo”.
Ripensando a tali parole, la giovane scosse la testa: suo
padre era riuscito a incastrarla di nuovo.
A malapena le aveva spiegato la trama di quel film, era
ancora tutto campato per aria.
Di nuovo le frullò per la testa il
discorso frettoloso del regista: “E’ un racconto pseudo-horror,
con la solita storia d’amore trainante. Ma voglio che
sia diverso dalle pappardelle tutte uguali che vanno di moda adesso”.
Sfogliando gli appunti di cui era in possesso, ne riscrisse
alcuni in una pagina di word:
“Trama - horror sentimentale
-
elementi sovrannaturali nuovi”
Si fermò un attimo a pensare, poi completò la frase:
“No
vampiri o licantropi, servono creature immortali diverse”.
Ma che cosa poteva rendere inconsueto un argomento del
genere? Soprattutto con la clausola della storia d’amore “trainante”…che
novità!
Con un lampo di genio improvviso, pestò sui tasti una nuova
idea:
“Immortalità
come scelta”.
Immediatamente dopo, le sembrò troppo vago; certo,
l’immortalità data ad un vampiro poteva essere vista come una condanna, ma chi
non avrebbe fatto carte false per ottenerla?
Cancellò la parola “scelta” e inserì “scotto da pagare”.
Ma da pagare in cambio di cosa?
Lisa sbuffò e si tolse gli occhiali da vista (li aveva
dovuti comprare da poco, appena tornata dalle vacanze).
Mannaggia a lei e alle sue dannate doti nella scrittura; si era pure dovuta sorbire i complimenti per quel banalissimo
tema d’esame sull’amore.
A tale pensiero si rimproverò quasi subito per il proprio
cinismo: non doveva disprezzare il suo lavoro, benché fosse un mero riassunto
di formalità scolastiche.
Quindi cercò di ritornare con la mente a ciò che aveva
provato nello scrivere il tema d’esame: disperazione, rabbia, voglia di
svanire.
Bingo.
Riprese possesso della tastiera:
“Immortale:
dopo un forte dolore, un umano decide di perdere il proprio cuore,
piuttosto che continuare a vivere nel tormento”.
Felina si sporse verso lo schermo, vedendo una veloce fila di formiche che vi camminava sopra.
Lisa le accarezzò la testa, giocando con un orecchio
vellutato; poi riprese a scrivere.
“Lo
scotto da pagare è perdere ogni tipo di sentimenti
e la propria
mortalità.”
Si fermò a riflettere: era così che lei si era sentita negli
ultimi tempi.
Avrebbe venduto l’anima per diventare insensibile ad ogni
accadimento esterno; tuttavia dopo mesi di ponderazione, aveva ricomposto la
sua solida corazza, che funzionava in modo analogo.
A modo suo aveva abbandonato la vita; e le andava bene così:
non che si fosse privata di nulla, si dedicava ancora a tutto, ma quel tutto le scorreva addosso.
Pose le ultime parole alla fine della nota:
“Vita
eterna senza sentimenti: condanna o benedizione?”
A quel punto una vibrazione sorda le fece drizzare le
orecchie: era il cellulare. Ma dov’era?
Notando l’espressione di disappunto negli occhi gialli di
Felina, capì.
Dopo qualche tentativo e molta fatica, Lisa trovò il
telefono sotto la pancia dell’animale.
“Ciao cara!- la salutò allegramente
Marina –Che fai di bello?”
L’altra storse il naso: “Rileggo la
scenografia di quel filmaccio. Chissà cosa credeva,
mio padre, quando mi ha interpellata”.
“Wow!- esclamò l’amica –Non ti ho mai sentita così acida nei
suoi confronti. Ti sta dando qualche problema?”
La ragazza ridacchiò; Marina aveva colto nel segno: “Già- si
accinse poi a spiegare –Devo inventarmi dei nuovi vampiri, che non siano
vampiri, ma comunque immortali”.
Dopo qualche attimo di silenzio, Marina
commentò: “Mmm…un po’ vago…E fisicamente come sono?
Super forti? Hanno strani poteri? O sono maledettamente fighi?”.
Lisa non trattenne una risata, ma restò anche sorpresa, dato
che non aveva ancora pensato a quell’aspetto.
“Boh, non saprei- rispose quindi –Hai qualche idea da
proporre?”.
Dall’altra parte del telefono, Marina rimase spiazzata:
“Oddio tesoro…la sceneggiatura è roba tua, ma immagino che ci debba essere un
qualcosa che caratterizzi questi immortali- si accinse ad elencare –I vampiri
hanno i canini affilati, i licantropi sono pelosi, gli zombie puzzano…”disse
con fare scherzoso.
Eppure aveva ragione.
L’altra digitò due parole chiave nel suo documento, poi
comunicò quel dettaglio all’amica: “Sono senza cuore”.
Marina comprese che quello era uno dei
noto exploit creativi di Lisa, così volle approfondire:
“Intendi in senso anatomico o figurato?”.
Tale domanda fu l’ennesimo input per la scrittrice.
“Sei meravigliosa”
pensò fra sé, riferita all’amica.
“In entrambi i sensi” rispose soddisfatta, continuando la
stesura del copione.
La semplicità di Marina le venne di nuovo in aiuto: “Ma se
sono senza cuore- cominciò questa –Cos’hanno al suo posto, un buco?”.
Lisa smise un attimo di scrivere e arricciò il naso: “No,
così non mi piace: “un
buco” è troppo negativo, malvagio…non so se mi spiego”.
“Beh, posso intuire- sbuffò l’amica –Ma non ci puoi mettere
un mazzolino di viole,per far capire che questi “immortali” sono i buoni”.
Dopo una pausa di silenzio in cui le due si erano immaginate
la scena, scoppiarono entrambe a ridere.
Il lavoro di Lisa si stava lentamente liberando delle
zavorre di poco prima: “Fammi pensare, tesoro- riprese Mary –Hai detto che sono
senza cuore, quindi senza sentimenti…potrebbe starci un bel blocco di
ghiaccio!”.
“Il ghiaccio si scioglie” ribattè
l’altra.
“Allora cara mia, non so cos’altro
dirti!” esclamò esasperata l’amica.
Lisa stette qualche secondo con lo sguardo perso nel vuoto,
poi scrisse un’altra parola.
“Sento un rumore di tasti nel silenzio più totale- osservò
Marina – work in progress?”.
“Diamante” fu la risposta dall’altro capo.
“Cosa?!”
“Diamante” ripetè con insisetnza Lisa.
“Non stiamo giocando a “sasso,
carta e forbice”- fece notare dubbiosa l’altra –E comunque “diamante” non è contemplato nelle
regole!”
Lisa sghignazzò divertita: “Ma no, asina!
Il cuore…è fatto di diamante: freddo, duro, indistruttibile…immortale” disse infine, componendo con forza le parole sulla tastiera.
“Sei un genio! Alla fine niente ti può fermare- la elogiò
l’amica –sei indistruttibile pure tu”.
Parlarono ancora qualche minuto, scambiandosi pareri su cosa
fosse in grado di distruggere il diamante; Lisa sosteneva che bastasse un forte
calore, Marina invece votò per una forte pressione.
Quando erano ormai sul punto di
congedarsi, Marina chiese: “E chi sono i cattivi della storia? Degli altri immortali?”.
Quel dettaglio si dipinse fin troppo in fretta, nella mente
di Lisa e fu quasi doloroso metterlo per iscritto: “Sì” rispose laconicamente.
“E loro nel cuore cos’hanno?” incalzò Mary, apparendo come
una bimba curiosa.
Purtroppo la sua allegria fu spenta dalla risposta.
“Il nulla”.
A Lisa sembrò di sentire un amaro sorriso che si formava
sulle labbra dell’amica, quando questa fece l’ultima domanda: “E con cosa si
distrugge il nulla?”.
Lisa salvò la pagina di testo, poi spense il computer: “Non
si distrugge”.
Mentre le due ragazze si scambiavano i saluti, Lisa aprì il
secondo fascicolo, quello del casting.
Dopo un sintetico “Ciao” spense la conversazione e lesse i
nomi.
La distinzione era ancora limitata esclusivamente a “buoni”
e “cattivi”, in attesa della stesura definitiva: si trattava quindi di una
semplice lista di proposte, a cui lei doveva dare una prima scrematura.
Con rapidi gesti di penna, eliminò gli attori che non le
andavano a genio, poi ne trovò uno che la fece sorridere: David Boreanaz.
Adorava le sue interpretazioni, sia nel ruolo di “Angel”, sia
nel telefilm “Bones”, che erano ormai i suoi due
cavalli di battaglia.
Bello e tenebroso, ma inevitabilmente un buono; sapeva dare
il giusto carattere al proprio personaggio, qualunque esso fosse.
Evidenziò il suo nome e passò oltre.
La piacevole sorpresa fu subito uccisa dalle poche lettere
successive: James Marsters.
Lisa trattenne il respiro e quando non fu più in grado di
continuare, buttò fuori tutta l’aria.
Davvero suo padre era stato così subdolo da inserirlo nelle
proposte, per poi coinvolgerla nella creazione del film?
Si sentì improvvisamente ferita, da quella stupidità così
plateale: il sale sulle ferite bruciava ancora.
Dopo qualche attimo di tentennamento, Lisa inghiottì la
rabbia e indossò di nuovo la propria corazza (il suo “diamante nel cuore”).
Poi prese una decisione: depennare o distruggere in
qualsiasi modo la presenza di James sarebbe stato un gesto azzardato e
palesemente poco professionale; inoltre l’avrebbe messa nuovamente allo
scoperto, rendendo noto al mondo intero cosa lei
provasse.
Doveva agire in modo più sottile.
“La testa al posto del
cuore…ricordati” si ammonì mentalmente la ragazza.
Alla fine la soluzione si prospettò semplice e cristallina.
Lisa ringraziò mentalmente un inconsapevole David Boreanaz, scrisse il suo nome sotto la colonna dei buoni e
aggiunse in maiuscolo “assolutamente
protagonista”.
Poi rimase ferma a fissare il proprio capolavoro: causa ed
effetto, uno annullava l’altro. Come poteva essere altrimenti?
Si fece i complimenti da sola.
Bene, quel problema era risolto.
Ora restava l’ultima rogna da gestire: Lisa andò a cercare
nell’elenco di nomi femminili quello della protagonista, già prefissata da suo
padre.
Un orrendo problema quello, che poteva ovviare solo in un
modo, benché fosse una magra consolazione: cancellò la decisione del famoso
regista col bianchetto, poi riscrisse un altro nome.
Infine lo inserì nella colonna dei buoni, sotto a David Boreanaz.
Innanzitutto…mi scuso x l’attesa
che avete dovuto subire, prima della pubblicazione del prossimo capitolo, ma
l’università è iniziata e non sono più nella totale nullafacenza!!!!
Spero che la resa di ciò che ho
scritto possa permettermi di farmi perdonare…
Bell_Lua: carissima!!!! Quanto
mi dispiace non essere riuscita a risponderti fino ad oggi…ma è stata davvero
dura trovare tempo libero per riscrivere il capitolo…ci vorrà tanta pazienza
con me, nei prossimi tempi…farò tutto il possibile per aggiornare più in fretta
che posso!
Tornando a noi….mi stimola molto sentirti così curiosa sui
prossimi sviluppi della storia, vuol dire che sto riuscendo a
coinvolgerti….spero che non ti deluda sapere che l’attesa continuerà ancora per
un po’, prima di nuovi colpi di scena…la trama sarà densa e carica di eventi…ma
James e Lisa non possono (anzi, non devono!) reincontrarsisubitissimo.
Mi affascina molto, il tuo soggiorno in Finlandia e ti devo fare i
complimenti x aver scelto una strada del genere…davvero ammirevole…devi essere
una con la scorza dura ;-) io sono troppo radicata nelle mie abitudini…anche se
a volte sento pure io l’istinto di cambiare vita, per dare una bella ripulita…
Ora bando alle ciance, ti lascio alla lettura.
L’uomo si sistemò nella sedia dell’aula di tribunale: dura,
fredda, decisamente troppo legnosa
per definirsi comoda.
Ma forse nemmeno un trono di velluto gli sarebbe parso
confortevole, in tale situazione.
Tanto più quando il suo avvocato si sporse verso di lui per
parlargli all’orecchio.
“Dobbiamo muoverci con cautela, Mr. Marsters-
disse poi,sistemandosi gli occhiali dalla montatura
tonda –Non sappiamo con esattezza quali assi abbia nella manica la sua ex-moglie”.
James liquidò quella frase con un gesto della mano: tutte
parole insipide, alle proprie orecchie; non avrebbe mai immaginato di potersi
sentire più indifeso di così.
Il giudice richiamò entrambe le parti al silenzio, poi con
voce annoiata pronunciò i dati del processo.
La dolce consorte
sibilò qualcosa nell’orecchio del suo avvocato, e questi, dall’alto del suo
metro e novanta, sentenziò: “Chiamo a testimoniare James Marsters”.
L’attore biondo non si era mai sentito tanto a disagio come
in quei dieci passi che fece per raggiungere il banco degli imputati; neppure
fosse stato uno spietato criminale…
Dopo i giuramenti di circostanza, l’avvocato dell’accusa
iniziò a parlare: “Lei viaggia molto per lavoro, vero?”.
Con un sospiro sconsolato, James rispose: “Sì, è vero”.
“E ritiene di essere una figura sufficientemente presente
nella vita dei suoi figli, Signor Marsters?”.
Non poteva porgli domanda più ovvia:
“Penso che non sia la quantità di tempo che rende un uomo un buon padre-
rispose seccato – quanto la qualità
dei momenti che riesce a dedicare alla famiglia. In
questo non ho nulla da rimproverarmi.”
Ignorando totalmente la risposta, l’inquisitore cambiò
argomento: “Se non sbaglio di recente è stato in Italia”.
A tale affermazione, James si irrigidì: non fosse stato per
il suo aplombe, tutti avrebbero notato uno scatto di
disappunto, in quel momento.
“Sì, è vero”. Dopo aver risposto, lanciò un’occhiata
interrogativa al proprio avvocato: si stavano avventurando in acque profonde e
sconosciute.
“E’ stato per motivi di lavoro?” incalzò quel giocatore di
football americano in doppio petto, facendo valere la propria stazza e il
timore che incuteva.
“Sì, un caro amico mi aveva offerto un ruolo in una
trasmissione televisiva- fingendo noncuranza, mantenne il discorso sul lato
professionale –Oltretutto si è rivelato di uno show di grande portata...il migliore dell’anno, a dire il vero”.
A nulla valse quello scarno tentativo. La domanda seguente
fu più incisiva: “Certe voci dicono che lei sia stato scelto per affiancare la
figlia del regista, alle prime armi con il mondo dello spettacolo”.
La gola di James si rivelò improvvisamente secca; non era
nelle facoltà di mentire, ma un semplice “Sì” di assenso sarebbe stato forse
peggio di una bugia.
Optò così per una mezza verità: “Tutto lo
staff di autori ha dato una mano alla figlia del Signor D’Andrade.
Io ho collaborato al pari degli altri”.
L’accusa ormai sentiva lo stridere delle
unghie sullo specchio: l’interrogato arrancava, era ora di dare il colpo di
grazia: “Ma a differenza dello staff, lei viveva in casa con questa ragazzina-
l’uomo non trattenne un sorriso bieco – Dormiva a pochi passi dalla sua
camera”.
All’improvviso, per James cominciò a fare
caldo; questa volta non riuscì a mascherare la tensione nella voce: “Come le ho
già detto ero ospite del regista. Casa sua era un
posto letto come un altro…come poteva esserlo un albergo”.
L’avvocato alzò un indice, in segno di monito: “Solo che in
un albergo non avrebbe potuto giovarsi della compagnia di quell’adolescente…”.
Fu il colmo per l’attore: “Queste sono insinuazioni pesanti-
disse a voce alta, sporgendosi pericolosamente verso il proprio interlocutore- non ho intenzione
di…”.
Il rimbombo del martello del giudice lo interruppe, e li
richiamò entrambi alla calma.
Fingendosi calmo e innocuo, l’accusatore cominciò il suo
sproloquio, con tono placido: “Non possiamo considerare un caso (l’ennesimo
caso, per giunta) che in questa storia fosse inclusa una
giovanissima ragazza- lanciò uno sguardo al giudice, con aria da
predicatore del bene –Per la sua età quella bambina poteva trattarsi benissimo
di una fidanzatina del figlio”.
La sedia di James scattò all’indietro e si
rovesciò per terra, mentre lui urlava: “Con che faccia tosta lei viene a
parlare così davanti a una giuria? Qui non si tratta
di infangare la reputazione di quella ragazza.- lo smartellare si era fatto
insistente, quasi snervante, così concluse con rabbia – Per vostra
informazione, di tutti voi, la bambina di cui parlate è una persona migliore
della maggior parte degli adulti qui presenti”.
Il corpulento aguzzino non aspettava altro; sovrastando il
rimbombo del martello, sentenziò: “Quindi lei ammette di aver preferito la
compagnia di tale ragazza a quella di una qualsiasi donna adulta che le fosse
attorno…”.
Fu dura per James riprendere a respirare; paonazzo in viso,
tornò al proprio posto, di fianco al suo avvocato, ormai ammutolito quanto lui.
Quando riuscì a emergere dall’apnea, desiderò ardentemente
che un vago sentore di pesca giungesse alle sue narici.
Purtroppo l’odore acre che lo colpì fu di altro tipo;
prendendo una profonda boccata d’aria cercò di identificarlo…era naftalina?
Sì…naftalina…
A James venne da vomitare.
Il regista Leonard si passò il cellulare dal lato destro a
quello sinistro, tenendolo fermo tra la spalla e l’orecchio; contemporaneamente
scrisse qualche appunto sul proprio PC.
Non poteva immaginare che dall’altra parte del globo la
figlia stesse compiendo lo stesso gesto.
Lisa finse di ignorare l’argomento “James”, cercando il
massimo della professionalità: “Ti sono piaciute le mie idee?” disse
semplicemente, con tono speranzoso.
“Particolari…- fu la risposta –Ma hai elaborato tutto da
sola?”.
La figlia alzò gli occhi al cielo; mai una volta che l’uomo
non facesse il sostenuto: “Beh, sì…A parte i commenti svampiti di Marina
durante la stesura”.
In risposta ebbe una grassa risata: “Li
ritengo un validissimo aiuto- osservò suo padre –Non per niente le idee
appaiono chiare, la trama lineare e limpida, non banale: si nota che avevi in
mente un percorso ben definito”.
Lisa lo interruppe disperata: “Ehi!
Puoi mettere da parte un attimo il Signor D’Andrade e
lasciar parlare il mio papà?!”
Dopo un iniziale silenzio, dall’America la ragazza si sentì
rispondere: “Questa volta hai superato te stessa”.
Lei alzò un braccio in segno di vittoria,
prima che dal cellulare uscisse la frase successiva: “Per quanto riguarda la
scelta di Boreanaz, cosa mi dici? Da cosa è nata?”.
Ritornando sul piano lavorativo, Lisa simulò tutta la finta
serietà di cui era capace: “Conosco le sue interpretazioni, ha già lavorato in
film e telefilm dello stesso genere.- tralasciò il suo sotterfugio per
eliminare l’altro – In base ai miei
progetti è il più adatto a calzare i panni del protagonista”.
Il risultato fu più che soddisfacente:
“Bene- approvò soddisfatto il regista, ma cambiò subito tono – per quanto
riguarda l’attrice principale…perché l’hai cambiata? E
poi chi sarebbe questa…SheliaSone?”
Scandendo bene le parole, col massimo tatto possibile, la
figlia rispose: “Non l’ho esattamente sostituita…” poi lasciò passare qualche
istante, per permettere a Leonard di capire da solo.
“Ah…- pausa dagli States – perché
hai fatto questa scelta? – aggiustando il tiro, riformulò la frase – Mi
spiegherai tutto una volta arrivata a Los Angeles”.
La giovane diciannovenne chiuse gli occhi stanchi; si
aspettava un tiro del genere, d’altra parte aveva rinunciato di proposito a
iscriversi a qualsiasi università.
Il padre le aveva esplicitamente ordinato di “non prendere
impegni” per i mesi successivi; “un anno di riflessione non è un anno perso” , aveva commentato l’uomo alla vista dell’espressione
contrariata di Lisa.
“Quando dovrei partire?” chiese rassegnata.
“Il prima possibile, LudovicHarmville è ansioso di
conoscerti”.
Mascherando l’ansia nella voce, la ragazza domandò: “Avete
già stipulato qualche contratto con altri attori?- poi mentì spudoratamente –Le mie amiche sono curiose”.
Un sospiro precedette la risposta: “No, anche se Ludovic ha movimentato il suo team per contattare alcuni
dei nomi in lista.- fece una pausa – Ma ho comunque fatto presente quanto tu
sia gelosa delle tue creazioni”.
Lisa si concesse una faccia basita:
“Davvero? Non lo sapevo”, quella era una delle tipiche
licenze poetiche che ogni tanto un padre si concede sulla propria figlia.
“Ti sto solo preparando a quel che ti aspetta” si giustificò
lui.
Chiacchierarono ancora pochi minuti, dopo
i quali Lisa prese la sua decisione: “Dammi una settimana: prima di partire
voglio sistemare come si deve ogni cosa…Pulire casa, salutare Felina…”.
A tale affermazione il regista propose
divertito: “Perché non la porti con te? D’altra parte
dovevate esordire insieme nel mondo dello spettacolo: potremmo trovarle un cameo”.
La reazione di Lisa fu un susseguirsi di grida, risate
gioiose, salti sul letto, che richiamarono l’attenzione della pantera; era
forse il suo momento dei giochi?
Dopo aver salutato il padre, la ragazza lanciò il telefono
da una parte e si gettò sull’animale, per abbracciarlo.
La vita sorrideva, finalmente.
Laura fece il broncio e si sedette sul letto: “Per quanto
starai via?”
Lisa smise di rovistare nell’armadio:
“Stella mia, non lo so! Ma vi ho già detto che potete
venire a trovarmi, tutte quante”. Promise rivolta alle tre amiche, che
in quel momento stavano sedute una accanto all’altra, con facce tristi e
contrite.
Lisa le paragonò mentalmente alle tre scimmiette “Non vedo,
non sento, non parlo” ma si guardò bene dal rivelare tale pensiero, per non
rischiare di aizzarle ulteriormente.
“Non dovete avercela con me- le supplicò con aria divertita
–Si tratta di lavoro e sapete bene quanto preferirei restarmene a casa mia”.
Alice borbottò indispettita: “Ci dovremo sentire
spessissimo” la frangia liscia che le copriva gli occhi rese
ancora più minacciosa quella frase.
“Lo giuro- rispose immediatamente Lisa –Però voi verrete a L.A al più presto. Mio padre ha assicurato viaggio e
soggiorno completamente gratuiti”.
Marina inclinò la testa di lato: “Da dove nasce tutta questa
cordialità?”.
Con una punta di orgoglio nella voce, Lisa si impettì: “E’ bastato sottolineare l’importanza della vostra
collaborazione- le indicò allargando le braccia –siete parte fondamentale del
mio processo creativo!”.
Benché fosse ormai scomparsa ogni forma di astio verso
quell’abbandono, Laura si finse ancora offesa: “Verrò solo se nel ruolo di
cattivo sceglierai Keanu Reeves”.
“Con una piccola parte per Orlando Bloom” aggiunse
speranzosa Marina.
A tal punto Alice le osservò spiazzata:
“Eh no! Allora io voglio quell’oca di Cameron Diaz tra
i cattivi…Ma deve morire atrocemente nei primi dieci minuti di film”.
Tutte le presenti la guardarono attonite.
“Cosa c’è?- chiese lei –Mi avete bruciato le alternative
migliori, l’ho messa sul perfido!”.
Il piccolo dibattito non poteva che causare la ristata
divertita di Lisa: “Siete proprio subdole…Vi ho già detto che posso garantire
solo per David Boreanaz; del resto il produttore ha
già messo le mani sul resto del casting”. Spiegò infine, piegando un maglione
per riporlo in valigia.
Marina tornò improvvisamente seria: “Sei sicura di volerti
avvicinare così pericolosamente a …lui?”.
Laura e Alice si guardarono: nessuna aveva ancora avuto il
coraggio di toccare il tasto “James”.
Lisa fece spallucce e con indifferenza continuò a riempire
il trolley: “L’America è grande….e quando si ha a che fare con attori che
viaggiano in lungo e in largo, è come trovare un ago in un pagliaio”.
Facendo una pausa di silenzio, mise a
confronto due camicie, una grigia e una bianca; infine optò per quella grigia e
riprese a parlare: “In più non ho la certezza che invece non sia da queste
parti, magari in Germania, dalla sua…- non riuscì a pronunciare quel nome,
quindi fingendosi concentrata sul cassetto della biancheria, continuò il suo
sproloquio –Comunque se così fosse, niente di più azzeccato che allontanarsi.
Los Angeles è decisamente lontana”.
Notando il silenzio di tomba che veniva dal proprio letto,
Lisa alzò la testa e vide le amiche lanciarsi occhiate eloquenti ed
evidentemente imbarazzate.
Quasi fu ridicolo che le dovesse
tranquillizzare: “Ehi bimbe mie…Ho digerito quella cosa! Ho
razionalizzato la mia follia e mi sono resa conto diessermi comportata in modo
vergognoso”.
“In che senso?” Alice sembrò non capire.
Lisa si sedette di fronte alle altre: “Nel
senso che mi ero fatta castelli in aria come una stupida adolescente; mi ero
illusa che lui non dovesse avere né un passato, né un presente sentimentale.
Ma al mondo non esiste solo l’egocentrica ed egoista Lisa…Mi
aveva pure mandato dei messaggi, che qualcosa non andava…” pensò, pronunciando
l’ultima frase come fosse rivolta solo a se stessa.
“Ma lui era fidanzato!”le fece notare Marina.
In risposta Lisa fece spallucce: “E allora?
A un essere umano non è concesso sbagliare? Soprattutto con
disastri famigliari vari in corso d’opera…”.
Laura la punzecchiò con tono divertito: “Però gli hai tirato
uno schiaffo”.
L’altra sorrise, fissando il vuoto,
in ricordo di quell’attimo: “Già…un Signor Schiaffo, oserei dire- poi con tono
sommesso, confidò alle amiche –E’ pure rimbalzato su muro!”.
Marina strabuzzò gli occhi: “Stai scherzando!?”.
“Non ce ne avevi mai parlato!” aggiunse Alice, mentre Laura
si costrinse a soffocare una risata.
“Avete ragione- notò Lisa –Forse non ero ancora pronta a
scherzarci su!”.
Con energia rinnovata, Laura si alzò in
piedi: “E’ ora di dedicarsi seriamente ai bagagli: io scelgo i vestiti da
sera!”.
“I più utili, devo dire” sentenziò Marina, con aria
contrariata.
“Assolutamente!- fu la risposta –Cosa ci va a fare, questa
qui, in mezzo ai Vip, se non per farsi vedere?”.
Dalla sua postazione, Alice scuoteva sconfortata la testa.
Lisa rise di gusto, mentre nella sua testa si dipingeva di
nuovo l’immagine delle tre scimmiette.
Bell_Lua: eccoti di nuovo qua, non manchi mai
l’appuntamento con i nuovi capitoli, e te ne sono grata.
Allora finalmente torni in Italia! In effetti
pure io non potrei sentirmi a casa in nessun altro posto…forse è questo che mi
frena…
Per quanto riguarda Los Angeles…me l’hanno sempre descritta come
una città dura, “difficile”, benché sia unica nel suo genere, ma la sentivo più
adatta rispetto a posti come New York o Chicago o Detroit… mi
da l’idea di una metropoli che ti scorre attorno, che “invade”, che non ti
aspetta…l’impatto di Lisa con questo mondo sarà molto più sentito.
D’altra parte non potrei mai rinunciare a figure uniche come
Felina, o le tre sorelle/amiche…mi ci sto affezionando quasi fossero reali…
Spero che le novità dei prossimi capitoli possano entusiasmarti
quanto è successo a me nello scriverle…
E prometto che aggiornerò più in fretta che posso!!!!
A presto!
“Pronto? Pronto,
David?” l’uomo tirò una profonda boccata di fumo dalla sigaretta, in attesa di
risposta; si era ripromesso di smettere quel brutto vizio ed effettivamente per
un po’ c’era riuscito.
D’altra parte, durante il suo soggiorno in Italia, era
diventato assuefatto qualcosa di ben più potente della nicotina.
Rovinarsi i polmoni, una volta rientrato
negli States, si era rivelato un valido placebo.
“Sì sì, eccomi- rispose una voce
concitata dall’altra parte –Scusa ma è appena arrivato il produttore: c’è un
gran trambusto…dicevi?”.
Alzando gli occhi azzurri al cielo con estremo nervosismo,
l’altro riprese a parlare: “Sono in tribunale a una delle udienze relative
all’affidamento- si guardò intorno, in cerca di qualche paparazzo- Le cose
stanno tirando per le lunghe e in più sembra che pioverà- lanciò la sigaretta
in un bidone della spazzatura – Contando il traffico non arriverò mai in
tempo…puoi comunicarlo tu allo staff?”.
David diede una rapida occhiata ai presenti: erano ancora in
pochi, il resto del gruppo tardava ad arrivare: “Certo – rispose poi –Tanto qui
non c’è praticamente nessuno; siamo in attesa di aerei da ogni parte del
mondo…Non ti perderai niente”.
Quasi non riuscì a concludere la frase che dall’altro capo
lo stavano già congedando.
“Grazie mille amico. A domani
allora”il
biondo attore riattaccò.
David scosse perplesso la testa: “Di niente, James”.
Lisa uscì dal taxi, si fece consegnare il pesante trolley e
pagò, il tutto sotto una pioggia battente, che aveva prima causato tre ore di
ritardo al suo aereo, e che ora le stava sgualcendo il tailleur blu notte
comprato apposta per l’occasione.
Notando l’infinità di scalini che la separavano
dall’ingresso degli Studios, imprecò e si maledì per
aver indossato quel traballante paio di decolletès in tinta col vestito.
Quando constatò che si sarebbe preoccupata di tale scelta
(di Alice, per giunta) più tardi, decise di sollevare di peso la valigia e
scalare i gradini dell’edificio.
Una volta che ebbe toccato coi piedi fradici la moquette
della Hall, il suo umore migliorò nettamente.
Con un sorriso divertito si rivolse alla segretaria dietro
al bancone: “Buonasera”.
La bionda non potè fare a meno di
contraccambiare l’espressione allegra di quella giovanissima ragazza:
“Splendida giornata, vero?”.
“Absolutely- concordò Lisa, sfoggiando un buon inglese – Puoi
dirmi dove trovo un bagno? Sono un vero strazio”
concluse indicandosi.
Dopo aver abbandonato i bagagli alla simpatica biondina, si
chiuse a chiave nella toilette delle signore; come prima cosa si sedette su un
mobiletto e si liberò di giacca e scarpe.
Il passo successivo fu recuperare il cellulare da una delle
tasche, per chiamare suo padre.
“Pronto?” in mezzo a un’accozzaglia di rumori le parve di
riconoscere la voce del regista.
“Tutta quella confusione mi fa pensare che non sei ancora
arrivato” appurò la ragazza, con una punta di astio nella voce.
“Tesoro, hai visto anche tu che tempo c’è!”
“Come non detto- lo fermò subito, prima di sentire un acuto
suono di clacson, che le perforò un timpano –Lascia stare, mi arrangerò”.
“Come sempre”
pensò poi spegnendo la comunicazione, senza attendere risposta.
Con molta cautela, Lisa scese dalla sua postazione ed
esaminò l’immagine che mandava riflessa lo specchio: accettabile, in fin dei
conti.
Sarebbe bastato raccogliere i capelli (sempre dannatamente
più lunghi) in uno chignon e asciugare giacca e scarpe sotto l’apposito phon
del bagno.
Dieci minuti dopo, ringraziando i tessuti sintetici, la
ragazza era già fuori dalla toilette.
Estrasse da una delle tasche del trolley il fascicolo con la
trama del film; doveva essere introdotta in quel mondo da suo padre.
Beh, avrebbe improvvisato.
Nella sala riunioni di Mr. Harmville
erano solo in quattro: David Boreanaz, una certa
Holly Del Toro, interprete di una co-protagonista dei buoni, la costumista e Ludovic stesso.
Quel maledetto temporale di fine estate aveva bloccato gli
staff della fotografia, i cameramen, i tecnici degli
effetti speciali e, ovviamente, il regista, la sceneggiatrice, la
protagonista…e James Marsters.
Nell’imbarazzo più totale, ognuno dei presenti passava lo
sguardo dall’orologio, al copione sulla scrivania, al pavimento, mantenendo un
silenzio di tomba.
Quando qualcuno bussò alla porta, tutti sobbalzarono per lo
spavento.
All’”Avanti” del produttore, spuntò da dietro l’uscio una
ragazza poco più che maggiorenne, vestita di un semplice ma elegante completo
blu, con grandi occhi verdi e una folta chioma castana, raccolta a cipolla sul
capo.
David aggrottò la fronte nel notare la sua giovane età; di
sicuro non poteva essere…
“Sono l’autrice della sceneggiatura” come non detto…
Tali parole non intimorirono Ludovic, che invece le andò incontro con fare istrionico:
“Finalmente ti conosco, cara! Incredibile, sei uguale
a tuo padre!” Lisa sorrise, si presentò all’uomo e gli si sedette accanto.
“A proposito, ho appena sentito il nostro regista- disse
lei, per rompere il ghiaccio –E’ bloccato nel traffico. Ma penso che potremmo
iniziare comunque”.
“Bene, perfetto- approvò Ludovic
con entusiasmo – Cominciamo con le presentazioni”.
Lisa strinse la mano alla costumista: Daniela Santucci, un’italiana sulla quarantina, con corti capelli
biondi e un viso cordiale, amica di suo padre
dall’università; poi fu il turno di Holly, giovanissima messicana, quasi
coetanea di Lisa, che contraccambiò la sua stretta con molta timidezza.
Infine la ragazza si allungò verso David, felice di poterlo
finalmente conoscere: “Grazie di aver accettato il ruolo- gli disse con
gratitudine –Ho saputo che sei diventato papà da poco”.
David rimase spiazzato dal gradevole accento italiano di lei
e dalla sua gentilezza.
“Beh, sì…a dire il vero è la seconda volta”
“Una femmina, giusto?” chiese interessata Lisa.
“Esatto- confermò il neo-papà – Si chiama Bardot Vita…fa
venti giorni oggi”.
La ragazza sorrise raggiante: “Fantastico!
Ancora congratulazioni”.
La prima impressione era stata di sicuro positiva, così Ludovic procedette a parlare di lavoro:
”Ora che almeno tu sei arrivata, potremo chiarire alcuni
dubbi che tuo padre non ha ancora spiegato- aprendo le mani con aria divertita,
continuò –Chi è, per esempio, questa misteriosa Sheila Sone,
che attende a svelarsi?”.
Lia bofonchiò una mezza risata, poi alzò le braccia in segno
di resa: “Anticipo che è stata una scelta di mio padre…dalle mie parti si dice “ambasciator non porta pena””.
Poi, quasi riluttante, si indicò, senza proferire parola.
Tutti strabuzzarono gli occhi, sbigottiti, ma solo David si
attentò a pronunciare un “Tu?!” di cui si pentì
subito.
Non voleva apparire scortese, ma non avrebbe mai immaginato
di prendere ordini da una ragazzina e avercela oltretutto al fianco nella
recitazione.
Lisa comprese il perché di tale reazione e si accinse a
spiegare: “Non voglio sembrare la solita figliadi papà: quel poco che ho fatto fin’ora me lo sono
guadagnata coi denti e non è mia intenzione usare questo film come un banale
trampolino lancio”.
Si fermò un attimo a guardare la reazione
dei presenti; vedendoli tutti seri e interessati, proseguì: “Per questo ho
messo un nome d’arte. Non volevo che i critici,
leggendo il mio nome, dicessero “L’ennesima
trovata per sfondare nel mondo dello spettacolo, sarà solo un film spazzatura”-
fece un’ulteriore pausa, questa volta per dare enfasi alla frase successiva
–Credo nella storia che ho scritto, è una mia creatura e voglio che sia…una
gran cosa- infine guardò titubante Ludovic –non so se
mi sono spiegata”.
In quell’esatto istante, un trafelato Leonard D’Andrade varcò la soglia della sala riunioni, ancora bagnato
di pioggia: “Scusate il ritardo- poi vide la figlia –Lisa…Cosa ci fai qui?” le
chiese nella sua lingua madre.
Senza nascondere la stizza che ancora provava nei suoi
confronti, la ragazza rispose, in italiano: “Mi sono arrangiata, come ti avevo
detto” nel parlare fece sfoggio di tutta la rabbia che voleva esprimere.
Pur senza aver capito una parola, Ludovic intuì l’astio tra i due, quindi intervenne con fare
pacificatorio: “Nulla da farti perdonare, Leonard. Tua figlia ci stava
egregiamente illustrando alcune delle vostre scelte sul film- alzando un dito
in segno di approvazione, concluse –Mi piace l’idea del nome fittizio per Lisa.
In tal modo terremo lontane almeno per un po’ le voci maligne
della critica…Proporrò a tutto lo staff un set a porte chiuse, in proposito”.
Totalmente spiazzato, il regista rispose: “Va bene” senza
togliere lo sguardo di dosso da un infuriata Lisa.
David, seduto di fronte a lei, quasi non credette
ai suoi occhi, quando vide la dolcissima ragazza di poco prima tramutarsi in un
cubetto di ghiaccio, alla vista del padre.
Si fece un appunto mentale che mai nella sua vita avrebbe
voluto vedere quell’espressione sul volto della propria figlia.
Quasi con una punta di compassione nei confronti del bonario
regista, David intervenne: “Penso che non andremo più lontano di così, vista la
moria generale fra i partecipanti”.
Il tono ironico nel finale aveva funzionato? Pareva di sì:
con un mezzo sorriso, Lisa si alzòradunò le proprie carte, imitata da
tutti gli altri.
“Quasi dimenticavo- esclamò Ludovic
– Io e Leonard avevamo organizzato la cena i un
ristorante orientale molto in…volete
unirvi a noi?”.
Lisa rispose per prima, con aria indifferente: “Se non vi
dispiace, preferirei restare in albergo- poi interrogò il gruppo –Siamo tutti
nello stesso, giusto?”.
Daniela, la costumista, annuì: “Sì, siamo all’Hilton, a due
isolati da qui”.
La giovane sceneggiatrice, con fare intraprendente, si girò
verso la timidissima Holly: “Se vuoi possiamo cenare insieme, così potrai
chiedermi quello che ti interessa sulla tua parte”.
In risposta ebbe un debole cenno del capo, accompagnato
–miracolo!- da uno splendido sorriso.
Soddisfatta, Lisa si rivolse agli altri:
“L’invito vale anche per voi: sarà una chiacchierata tra i superstiti di questo
temporale” scherzò infine.
David, sollevato dal ritorno del buonumore, accettò
l’offerta e lo stesso fece Daniela.
Quest’ultima, si mise in coda al corteo, al fianco di Lisa e
le parlò in italiano, con un sorrisetto d’intesa: “Tuo padre l’ha fatta grossa,
vero?”
L’altra contraccambiò con uno sfuggente sorriso: “Non sai
quanto”.
Con molta fatica, eccomi di nuovo
qui ad aggiornare…prima di dimenticarmi, rispondo alle recensioni:
Bell_Lua: penso di averti già risposto nella mail, comunque sia ci tengo a
ringraziarti nuovamente, per la tua presenza assidua e la partecipazione che
dimostri a ogni nuovo capitolo, che sembra entusiasmarti ancora di più dei
precedenti…spero che questo amore per la mia FF continui…aspettando
il tuo ritorno dalla lontanissima Finlandia!!!
gelb_augen: finalmente rieccoti
qua, con la tua schiettezza, sempre senza peli sulla lingua…Continuo a
sostenere che le tue recensioni siano le più costruttive…spesso mi rendo conto
di errori che ho fatto, leggendo i tuoi commenti, sia nella trama che nello stile.
Anche se
non li ritengo veri e propri errori: se la mia storia è così
com’è, è perché la sento “giusta” così…non per vanità o egocentrismo,
forse più per affetto verso una mia creatura.
C’è da
dire che David e James non sarebbero dovuti essere di nuovo colleghi: Lisa
aveva fatto di tutto proprio per evitare la presenza di James, ma la produzione
ha scelto una strada decisamente insolita e controcorrente. James doveva essere
una sorpresa, tenuta nascosta fino all’ultimo, e proprio la presenza di Davi si
rivelerà cruciale, in quanto lavorerà gomito a gomito con due persone…difficili
da gestire.
E Lisa
che lavora per la Century…davvero
troppo, lo ammetto anch’io…e da una cosa talmente sproporzionata, non possono
che nascere problemi enormi.
Certo, sarà tutto ovattato dalla presenza di
adulti che la proteggeranno dagli urti di una professione simile, come suo
padre; d’altra parte, per quanto si stia rivelando comprensivo e premuroso…è
sempre un egocentrico regista holliwoodiano…e il
fatto che l’abbia catapultata in un mondo del genere fa capire che…c’è qualcosa
che non va, o che non andrà…
Sono
contenta che comunque la mia storia ti lasci sempre un pizzico di curiosità;
significa che non è poi tanto male!
Dopo
queste considerazioni…buona lettura!!!
Appena Lisa ebbe varcato la soglia dell’hotel, affibbiò il
trolley a un facchino; poi, con un gesto non molto elegante, si tolse le scarpe
e camminò scalza sulla moquette.
“Che sollievo!” sospirò con gioia, davanti allo sguardo
imbarazzato di Holly e al sorriso sorpreso di David.
Daniela la conosceva già, grossomodo, perlopiù tramite i
racconti del padre; aveva già inquadrato quella bizzarra ragazzina dalle mille
sorprese, così si limitò a godersi le facce dei presenti, divertita.
Il gruppetto si congedò e si diede appuntamento mezz’ora più
tardi, nella Hall al piano terra.
Lisa e Holly avevano le camere contigue, David e Daniela
erano invece in fondo al corridoio, una cinquantina di porte più avanti.
Appena prima di entrare, Lisa osservò ad alta voce: “Ci hanno
smistato in ordine di età”.
Da lontano le due ragazze udirono un “Ti ho sentita!”
pronunciato da un David Boreanaz visibilmente
permaloso.
Holly arrossì subito e ammutolì, mentre Lisa scoppiò in una
fragorosa risata.
La camera era di sicuro fantastica, ma non troppo esagerata:
letto da una piazza e mezzo color champagne, armadio ad ante scorrevoli e comò
con specchiera.
Linee classiche, niente spazi smisurati e inutili; persino
il bagno non sforava nel chich,
limitandosi a sfoggiare un grande lavandino e una vasca idromassaggio, per metà
protetta da alti vetri, e che quindi poteva fungere pure da doccia.
Lisa poteva ritenersi soddisfatta della scelta di suo padre;
l’odio di poco prima stava scemando.
Con grande felicità si liberò degli abiti del viaggio e li
ripose su una gruccia; successivamente lasciò attaccato alla giacca un appunto
per il cameriere, con su scritto “Loundry Service”.
Senza molto interesse, tirò fuori dalla valigia i primi
strati di vestiti e li ripose nell’armadio; nei giorni successivi sarebbero
arrivati all’albergo altri bagagli, che dovevano essere sufficienti a un
soggiorno di minimo sei/otto mesi.
Quando intravide nei meandri della borsa ciò che le
interessava, se ne impossessò e filò dritto in bagno,
felice di inaugurare quell’invitante doccia.
Si diede una rinfrescata veloce, poi si rivestì, ora più
rilassata.
Dieci minuti dopo, con la sua inseparabile cartellina in
mano, si dirigeva già nella Hall.
David la trovò nella saletta subito di fianco alla
reception: non vece fatica a notare la ragazza, raggomitolata su un divanetto,
vestita con una semplice tuta della Nike e lo sguardo fisso su un blocco di
appunti.
Gli occhi verdi erano ipnotizzati da ciò che stava
scrivendo, niente al mondo l’avrebbe distratta dal proprio testo.
Infatti l’arrivo dell’attore la
fece sussultare, quando David esordì con un vigoroso “Ciao!”.
“Ossignore” esclamò lei in
italiano.
L’altro rise e chiese scusa: “Posso sedermi?”.
Senza proferire parola, la ragazza gli indicò la sfilza di
poltrone vuote attorno a lei: non era scortese, semplicemente non sprecava
tempo per le cose ovvie.
“Tutto bene a casa?” chiese Lisa, per la seconda volta in
quel giorno.
David annuì: “Certo…Mia moglie è molto stanca, ma la baby sitterle da una mano”.
L’arrivo di Holly non diede tempo ai due di dilungarsi
oltre.
“Ciao tesoro, siediti pure” la salutò Lisa indicandole il
posto accanto a sé.
La messicana rimase un attimo interdetta;
non sapeva che quella cordialità per Lisa era il normale tono che usava con le
sue tre amiche-sorelle.
Si trattava di una semplice abitudine, non di una forzata
ostentazione.
Forse la neo-sceneggiatrice avrebbe dovuto sentirsi
imbarazzata in una situazione del genere, dopotutto era solo al suo esordio;
d’altra parte credeva nel proprio lavoro, aveva fiducia in ciò che era riuscita
a creare.
Così, chiudendo il fascicolo si rivolse
agli altri due: “Bene: direi che potremmo cominciare. Daniela
ha un ruolo più tecnico all’interno del film- li indicò –Ora invece voglio
dedicarmi alla parte astratta: un vostro parere”.
La prima risposta che ricevette fu il silenzio; David ruppe
il ghiaccio per primo: “Non saprei…Mi sono limitato a scorrere la trama- fece
una pausa e tagliò corto –D’altronde era tutto così nebuloso, il giorno della
firma del contratto…”.
Holly intervenne, felice di poter aggiungere qualcosa di
più: “Io ho letto la stesura definitiva, giusto prima di partire per L.A”.
Lisa si tolse gli occhiali da vista:
“Grande! – esclamò –Coraggio, racconta quello che hai
capito”.
Con molta titubanza, la moretta cominciò a
riassumere: descrisse gli immortali in maniera eccellente, poi si portò sullo
sviluppo della trama: “La storia parla di Raina, una
ragazza (interpretata da Lisa) che perde l’uomo che ama per una malattia
terminale e si reca dal Re degli Immortali”.
“Che sarei io” suggerì David.
“Esatto –assentì la narratrice provetta –In poche parole, Raina riceve un cuore di diamante dal sovrano in persona,
per poi sedersi al suo fianco sul trono- si rivolse direttamente a Lisa –Ho
fatto fatica a capire il rapporto tra i due personaggi: non sono semplici
“compagni”, ma nemmeno due figure completamente scisse”.
Lisa annuì: “E’ esattamente così- parlando
a David, specificò –E’ molto importante che tu comprenda questo passaggio: i
due protagonisti sono cuore e anima, inscindibili l’uno dall’altra. In breve sono un po’ come il vampiro Sire e il suo congiunto – fece
tale paragone sapendo che David non era nuovo nella materia e gli sarebbe stato
più facile da capire – tuttavia ciò che avevo in mente io era qualcosa di più
tangibile e….viscerale”.
La ragazza italiana fece fatica a trovare la parola giusta
in inglese.
Tuttavia David assottigliò le palpebre e annuì: “Okay, credo
di aver afferrato…e Holly che parte ha?”.
Lisa toccò un braccio della ragazza, come a volerla
sciogliere ulteriormente: “Lei è la mia compagna in battaglia…un piccolo cuore
di leone – Holly rise, a quel paragone – Protegge e segue la protagonista come
un segugio”.
“Fino alla morte – aggiunse l’altra, lasciandosi scappare la
sua prima battuta – In tutti i sensi, visto che ci lascio letteralmente le
penne!”.
David sembrò sbigottito dal nuovo dettaglio; indicando la
diretta interessata, chiese a Lisa: “Fai morire la tua migliore amica?!”.
Lisa per la sorpresa, si lasciò scappare
una forte risata: “Ti ricordo che stiamo parlando di un film! E comunque
volevo che ogni singolo sentimento fosse un impatto, nella trama. Il rapporto che lega gli Immortali è infinitamente tragico: sono
morti per il loro dolore- spiegò poi – Intendo trasmettere le emozioni forti
tramite episodi altrettanto duri”.
Questa volta fu il moro attore a restare di stucco: la
giovanissima Lisa non aveva nessuna qualifica professionale per quel tipo di
incarico, ma sembrava sapere il fatto suo.
David si scosse dalle proprie considerazioni quando sentì la
sceneggiatrice esclamare: “E qui arriva il bello –disse Lisa pronta a
raccontare il clou della storia
–Durante una ricognizione notturna per le vie della città, Raina
incontra il Re dei Cuore di Tenebra, i cattivi del film…e non è altri che il
fidanzato che lei credeva morto”.
David doveva essersi perso un passaggio, così chiese
chiarimenti: “Ma avevamo detto che era malato terminale!”.
Holly, ora più in confidenza coi presenti,
anticipò la collega: “Si sveglia dal coma, solo per un attimo, prima di morire.
E il destino vuole che veda fuori dalla finestra quella che
era stata la sua amata, con un diamante che brilla all’altezza del cuore”.
La messicana si girò verso Lisa e le disse: “E’ la parte che
ho preferito: struggente e tragica; lui la vede e sentendosi abbandonato, muore
colmo d’odio…e si trasforma in un Cuore di Tenebra”.
David, non avendo ancora letto una riga di quel fiume di
parole, si ritrovò spiazzato: “E come mai questo poveretto non diventa un Cuore
di Diamante?”.
Lisa portò le gambe al petto e con molta
calma spiegò: “ Sta qui il fulcro della trama. In
mezzo a tutto questo gotti-horror, la morale è tremendamente reale: il dolore
rende duri, come il diamante- fece una pausa, improvvisamente seriosa – l’odio
invece, lascia solo il nulla, come il buco nero che hanno nel petto i Cuore di
Tenebra”.
A quell’ultima frase, David capì: non solo la trama, ma
anche tutto il resto.
La ragazzina di fronte a lui non era così geniale per un
puro caso: un male che lui non riusciva nemmeno ad immaginare l’aveva
cambiata…e costretta a crescere a una velocità terribilmente dolorosa.
Alla fine l’attore decise che, sì, Lisa era all’altezza del
suo ruolo, se non addirittura al di sopra.
Holly imitò la posizione dell’altra
ragazza e si rannicchiò sul divano: “Ho visto che manca ancora il finale.
Non l’hai ancora preparato?”.
Lisa sospirò, mostrandosi dubbiosa per la
prima volta: “A dire il vero ne ho scritti due o tre. Ma
devo ancora decidere quale sia il più idoneo a trasmettere il messaggio che
voglio dare”.
“E quale sarebbe?” David si sporse verso le altre due,
incuriosito.
In risposta ebbe l’allegra risata della
sceneggiatrice: “Dovrai aspettare le prossime puntate per saperlo, caro mio-
scherzò lei –dipende anche da chi interpreterà il ruolo del crudele
ex-fidanzato. Voi ne sapete qualcosa?”.
Holly aggrottò la fronte, accingendosi a dare una risposta
negativa, ma fu preceduta da David: “Dicono che sia stato scelto per ultimo e
non sia ancora inserito ufficialmente nel casting- tentando disperatamente di
salvare la conversazione, aggiunse –E’ ancora tutto un mistero”.
Fortunatamente in quell’istante li raggiunse Daniela, con un
ingombrante book di disegni sotto il braccio: “Scusate il ritardo…Mi sono persa
qualcosa?”.
Lisa rispose: “Ho appena finito di interrogare- con un
sorriso continuò –Holly ha preso 10, mentre David non ha fatto i compiti”.
La costumista si finse preoccupata: “Allora ho fatto bene a
leggere il copione, altrimenti non avrei potuto realizzare questi”.
Detto ciò, sparse sul tavolino le proprie creazioni
Gli altri tre si allungarono incuriositi sul ripiano.
“Avevo pensato per un total look bianco, per la Corte di Diamante” cominciò
la donna, china sugli schizzi: ad alcuni era graffettato
un lembo di tessuto.
“David, per te l’idea era un completo broccato, con la
giacca in doppio petto e il colletto alla coreana- con una mano accarezzò il
campione di stoffa – E’ leggermente elasticizzato; volevo che addosso desse un
effetto di aderenza, senza risultare scomodo”.
L’attore prese in mano il disegno che lo
raffigurava e lo esaminò: gli parve perfetto, tranne che per un particolare:
“Perché sono scalzo?”.
Daniela si sedette accanto a lui: “Sono
poche le scene in cui il Re esce dalla Corte; tutti i “buoni” sono scalzi all’interno
di essa, tranne Lisa. Lei è molto più bassa di te e
volevo che apparisse decisamente più slanciata”.
La diretta interessata storse il naso: “Tacchi vertiginosi e
pose plastiche…Devo ringraziare i miei geni mediterranei”.
Holly la tranquillizzò: “Ti capisco
perfettamente. Non so cosa darei per dieci centimetri
in più!”.
Daniela ne approfittò per porgere a
quest’ultima il suo modello: “Tu, a differenza di David, ti muoverai
soprattutto all’esterno. La tua caratteristica saranno
gli accessori, armi per la maggior parte, visto che sarai il killer della
storia”.
Questa volta l’abito era un completo aderente, molto
semplice, formato da top, pantaloni e stivali, il tutto in una sfumatura panna,
che si avvicinava molto al vestito dell’attore.
“E’ già stato realizzato- precisò la costumista indicandolo
–E ti assicuro che corredato di pugnali e spade, fa un effetto da urlo”.
Infine la donna si girò verso Lisa: “Per il tuo caso avevo
bisogno della tua presenza: è già tutto pronto, ma
Leonard mi ha accennato che sei dimagrita molto…Le taglie saranno da rivedere. Potremo cominciare già da domani”.
La ragazza esaminò lo schizzo del suo personaggio: un top
aderente le avvolgeva il busto, andando a legarsi dietro al collo e lasciando
spalle e schiena scoperte.
Una profonda scollatura lasciava in vista un lembo di pelle,
fino quasi all’ombelico.
Quando Lisa stava per dire la sua su quell’abbigliamento
troppo succinto, delle voci dalla Hall ruppero quell’atmosfera concentrata.
“No! Vi prego,
signori…E’ contro il regolamento!”. Supplicò un receptionist estremamente
trafelato.
I quattro nella saletta si sporsero per vedere cosa stesse
succedendo e Lisa riconobbe la risata di suo padre.
Poi un suono familiare la fece saltare in piedi.
Compiuti pochi passi di corsa, la ragazza potè vedere una Felina decisamente scalpitante, che
strattonava il guinzaglio e bofonchiava contrariata; appena l’animale la vide,
divenne intenibile, così il regista lasciò la presa
sulla corda che la teneva.
In un balzo la pantera fu in piedi, più alta di Lisa:
“Finalmente ti rivedo, cucciola!” esclamò lei abbracciandola, come fosse una
persona.
David. Holly e Daniela assistettero allibiti alla scena.
Da parte sua Felina cinse la padrona attorno alle spalle,
quasi volesse ricambiare la stretta.
Dopo qualche altro salto di entusiasmo, l’animale si calmò e
si mise al suo fianco, in adorazione della ragazza.
Lei si girò verso i tre “colleghi”, raggiante in volto:
“Daniela, sono addolorata, ma penso che lei sia la “pecora nera” del tuo total
look in bianco!”.
La costumista inizialmente non capì, poi con una risata
sincera scosse la testa bionda: “Non importa, sarà un piacevole stacco di
colore, in tutto quel candore!”.
Holly arretrò di qualche passo: “Dovremo
lavorare con una pantera? Questo non era previsto nel
copione” l’espressione spaventata fece tornare seria Lisa.
“Stai tranquilla- disse lei –E’ totalmente innocua: dorme
nel mio letto…è persino senza artigli- vedendo che la messicana non accennava a
calmarsi, mise una mano tra le fauci dell’animale – Le zanne le ha, ma non
farebbe mai del male a un essere umano…a meno che non si senta minacciata”.
Ludovic intervenne, annuendo con
la testa: “Posso confermare quello che dice- diede una rapida carezza a Felina
–Mi è stata di fianco durante tutto il tragitto in auto e non ha smesso un
attimo di fare le fusa”.
La padrona di Felina strabuzzò gli occhi e su girò verso il regista: “Quindi è per questo che oggi sei
arrivato tardi”.
Leonard rise compiaciuto: “Ed è per questo che io e Ludovic abbiamo organizzato un appuntamento in un
“Ristorante orientale”” con le dita mimò due
virgolette.
Lisa capì solo allora che si era trattato di una sorpresa:
Felina doveva arrivare negli Stati Uniti solo una settimana più tardi. Il cuore
grande di suo padre non smetteva mai di stupirla
Il produttore assecondò l’amico regista: “C’era qualche
problemino alla dogana, però eccoci qua!- con un gesto indicò la pantera –E ora
ve lo devo proprio dire: siete fantastiche insieme”.
David si svegliò solo allora dal suo
mutismo, era rimasto basito da quella novità: se Lisa era davvero quella ragazza che aveva causato problemi gestionali a James, ne capiva
il motivo: era più unica che rara.
“Direi che a questo punto potremmo andare a cena tutti insieme” suggerì infine l’attore, trovando
l’approvazione del gruppo.
Mentre si avviava verso il ristorante, dietro una
soddisfatta Felina, David pensò che i problemi veri sarebbero arrivati il
giorno dopo.
Il mattino seguente la sveglia di Lisa non riuscì ad assolvere al proprio compito, poiché fu anticipata dai colpi
di muso di un’affamata Felina.
La ragazza le diede una brusca spinta e si girò dall’altra
parte: quella era stata una notte già abbastanza movimentata.
Il letto nuovo, l’eccitazione per l’arrivo, il jet-lag e tutto il resto le avevano permesso di assopirsi
solo alle ore piccole.
A quanto pareva l’insonnia l’aveva seguita fino negli States.
Rassegnata all’insistenza dell’animale, Lisa si mise a
sedere, sbuffando.
La luce filtrava attraverso le pesanti tende della camera:
almeno era già sorto il sole.
Quando l’orologio suonò, alle otto e mezza, la ragazza era
già vestita.
Soddisfatta del proprio operato, la pantera le zampettò al
fianco, lungo il corridoio dell’albergo: “Traditrice!” la rimproverò Lisa,
ricevendo in risposta un gorgoglio simile a un ruggito svogliato.
Poi si appoggiò con la fronte al muro, aspettando l’arrivo
dell’ascensore.
Fu così che la trovò David: sonnecchiante,
più morta che viva, con indosso una tuta azzurra molto semplice: “Sei
mattiniera!”. Osservò lui.
Senza staccarsi dal suo appoggio
verticale, la ragazza indicò Felina: “Merito suo…- non volendo sembrare
scortese, continuò –Tu invece? Come mai già alzato?”.
Non si curò nemmeno di aprire gli occhi, nel pronunciare quella frase.
“L’aria condizionata era troppo forte: mi sono svegliato per
il freddo- poi dopo qualche attimo di silenzio imbarazzato, chiese –Cosa stiamo
aspettando?”.
Socchiudendo una palpebra, Lisa indicò la porta metallica
accanto a lei: “L’ascensore” i suoi movimenti sembravano quelli di un
posseduto.
Ancora alcuni attimi passarono, prima che David, titubante,
domandasse con il massimo tatto possibile: “L’hai chiamato?”.
La ragazza sollevò la testa dal suo cuscino improvvisato;
no, in effetti non l’aveva chiamato.
Ci vollero solo dieci minuti di ritardo, prima che Daniela e
Holly comparissero nella Hall.
Lisa si era riaddormentata su un divanetto e vedendola così
conciata, la costumista chiese: “Stai bene?”.
L’altra rispose alzando un braccio, come se dovesse dire “presente” a un appello scolastico:
“Starò magnificamente dopo un caffè…forte e rigorosamente italiano”.
David, qualche poltrona più in là, era concentrato nella
lettura del “Washington Post”.
Felina lo aveva scrutato, annusato e studiato a lungo;
soddisfatta del proprio esame, si era accucciata con espressione sorniona ai
piedi di quel pacifico essere umano.
Holly invece, ancora restia a stringere amicizia con
l’animale, si sedette accanto a Lisa: “Come dovremmo recarci agli Studios?” domandò quest’ultima, rimettendosi in posizione
eretta.
Leonard giunse in quel momento, con la
risposta pronta: “Abbiamo uno sponsor d’eccezione per il film: la casa automobilistica
Chrysler. Ci sono state fornite alcune delle loro auto di cortesia, per gli
spostamenti.- con sguardo furbo si rivolse direttamente alla figlia- scommetto
che ti piaceranno”.
Con curiosità rinnovata, Lisa affidò la pantera a uno degli
inservienti: l’avrebbe tenuta all’aperto tutta la mattinata (con coraggio e
molta pazienza) per poi ricondurla in camera verso sera.
Per quanto Lisa detestasse gli eccessi, rimase stupefatta
dalle automobili che si ritrovò davanti: una sfilza di CHRYSLER SEBRING CABRIO, nero
antracite, li aspettava davanti all’Hilton.
La linea aggressiva della berlina, la potenza resa dalle proporzioni
(decisamente all’americana) dei dettagli, cerchioni in lega, le eleganti linee
scolpite del cofano su cui spiccava il fregio alato del marchio ed i grandi
fari quadrangolari che avvolgevano le estremità delle fiancate.
Il tutto si presentò agli occhi degli attori sottoforma di
corteo; se quella doveva essere un’entrata in scena di stile, il risultato era
stato ben oltre le aspettative dei presenti.
Lisa si girò verso il padre: “Una cabrio
per ognuno di noi? Non ti sembra un tantino esagerato?”
La risposta fu molto semplice: “Intanto si tratterà di una
cabrio ogni due di noi…e poi per i vari staff tecnici saranno messi a
disposizione altri mezzi un po’ più spartani”.
La ragazza alzò gli occhi al cielo: “Finora sei stato
impeccabile…Vedi di non smentirti!”
Benché quella fosse una frase scherzosa, David sentì un
brivido ghiacciato scorrergli lungo la schiena.
Una volta agli Studios, Daniela si
mise subito al lavoro, mentre una spaesata Lisa si guardava intorno, esaminando
il proprio camerino, contiguo a quelli di Holly e David.
Ancora nessun altro si era aggiunto
all’appello, ma era stata avvertita che tutto il cast e i vari operatori di
scena sarebbero giunti lì nel corso della mattinata.
La preparazione al ciack
era ancora in alto mare: sarebbero occorsi una decina di giorni prima che tutto
il necessario fosse approntato alle riprese: abiti e trucchi giusti, sale per
gli effetti speciali allestite, scenografie e fondali finiti…Tuttavia il lavoro
preliminare incuriosiva Lisa come se fosse al primo giorno di scuola..
Nel frattempo la costumista stava dimostrando una
professionalità che lasciò la figlia del regista a bocca aperta: da un armadio
estrasse il modello dell’abito di Lisa e questa si accinse ad indossarlo.
Mentre le quattro assistenti di Daniela si dedicavano ai
costumi di scena di Holly e David, Lisa vide prendere forma sul proprio corpo
quello che sarebbe stato il suo vestito principale nei giorni e mesi avvenire.
Come preannunciato dalla stilista, il top, legato dietro il
collo, scollato e aderente, non appariva volgare, bensì regale ed elegante,
anche per merito del tessuto candido con cui era realizzato.
La parte superiore della schiena della giovane attrice era
completamente scoperta, mentre dove il top andava ad avvolgerle il busto, era
lasciata parzialmente in vista da una fascia di pizzo.
Dopo aver effettuato qualche piccola
modifica, Daniela invitò Lisa a provare una gonna lunga fino alla caviglia, con
ampio spacco su una coscia: “Questa sarà la tua tenuta all’interno della corte-
con gesti abili e misurati puntò qualche spillo per stringere la vita
–Provvederemo a ricamare ai lati le stesse fantasie dell’abito di David.
In quell’esatto istante, l’attore moro fece capolino da
dietro la porta: “Come ti sembra?” chiese poi riferendosi alla propria tenuta.
La ragazza gettò l’occhio verso di lui, notando con piacere
che il completo broccato gli stava a meraviglia:
raffinato e semplice allo stesso tempo, riusciva a dare a David quel tocco di
nobiltà che aleggiava di solito attorno ai personaggi di sangue blu.
“Semplicemente perfetto” commentò poi con ammirazione,
facendo i complimenti al genio di Daniela…e a suo padre, ovviamente, che
l’aveva assunta.
Il resto della mattinata la troupe lo passò a organizzare i
gruppi di lavoro, i turni e le cose burocratiche.
Fuori dalla zona dei camerini, Lisa cominciò a sentire un
lieve brusio, sintomo che la grande macchina targata Century Fox si stava
mettendo in moto.
“Dove si trovano tutti gli altri attori?” domandò a un certo
punto Lisa.
Daniela alzò gli occhi dal paio di pantaloni che la ragazza
avrebbe utilizzato nelle scene in esterna; erano di un tessuto simile alla
pelle, ma più morbido ed elastico, rifiniti alla caviglia con una cerniera
argentata, che dava nel complesso un’aria più aggressiva rispetto all’elegante
gonna con strascico di poco prima.
“Siamo divisi in due unità operative, sia per motivi
logistici, che di trama- spiegò poi la costumista –La “Corte delle Tenebre” è
gestita dall’altra metà dello staff: Ludovic voleva
che ci fosse quasi una forma di dissonanza, fra la parte del bene e quella del
male- fece qualche aggiustamento, prima di rimirare da più lontano la propria
creazione- Avrete stilisti diversi, maestri di combattimento
differenti…saranno due mondi completamente scissi”.
Poco più tardi Holly si presentò nella
stanza di Lisa per farsi esaminare da Daniela: il suo doveva essere il costume
più semplice, ma nell’intento di non renderlo banale, la costumista aveva
ripreso le linee principali degli abiti degli altri due attori: “Anche tutte le
comparse avranno costumi simili a questo…le conoscerete nel corso delle
riprese” precisò poi la donna.
Mentre le stiliste perfezionavano i tre costumi in
contemporanea, la domanda di Lisa sorse spontanea: “Questo posto è immenso…ma dov’è
l’altra metà del team?”.
Holly si strinse nelle spalle: “Penso che siano di là, in
fondo a quel corridoio” rispose allungando un braccio avvolto da un polsino di
pelle.
David, a un passo da loro, trattenne il
respiro: davvero c’erano solo quei pochi metri e qualche muro in cartongesso, a
dividerli dalla catastrofe?”.
Il pranzo fu frugale, consumato alla velocità della luce;
nel primo pomeriggio sarebbe stato il turno di trucco e parrucco.
Così David, Lisa e Holly furono sistemati in fila, seduti
davanti a una lunga serie di specchi, insieme a un’altra decina di figure in
bianco, che dovevano essere comparse.
Una delle parrucchiere, una ragazza mulatta dal sorriso
radioso, si presentò a Lisa: “Piacere, Lorianne- le
strinse velocemente la mano e si accinse a spiegare- nelle prossime ore dovrai
avere molta pazienza; faremo delle prove, in base alle idee che abbiamo avuto,
e vedremo come si abbinano meglio all’abito”.
Difatti Lisa notò una serie di foto appese agli specchi:
erano dei primissimi piani suoi e degli altri attori, accanto ai quali erano
stati appuntati talloncini con diverse gamme di colore, probabilmente riferite
ai cosmetici che Lorianne avrebbe usato.
Con grande rammarico di Lisa, le
make-up artists decisero di lisciare gli adorati
boccoli della ragazza; glieli raccolsero all’indietro e vi applicarono una coda
di extension, di modo che, anche così legati,
apparissero lunghi fino al sedere.
Passando al trucco, optarono per le tonalità “nude”, senza esagerazioni o troppi
accostamenti di colore; il punto forte, sia per Lisa che per Holly, furono
folte ciglia finte, abbondante matita a ridisegnare il contorno degli occhi e
infine, ombretto nero.
L’effetto fu decisamente buono: il fard illuminante di Lisa
mandava riflessi glaciali, in contrasto con il nero marcato attorno al verde
delle sue iridi; l’immagine complessiva era quella di una regina delle nevi.
Mentre le due attrici si rimiravano compiaciute, David si
sottoponeva paziente a qualche ritocco delle sopracciglia e delle basette; i
capelli gli furono lasciati scompigliati, con l’aiuto del gel, dandogli alla
fine le sembianze di “Un vero latin lover” scherzò Lisa, guardando la sua
immagine riflessa e aggiustandosi i sandali dal tacco altissimo.
Quelli erano stati un dettaglio doloroso, per la ragazza:
erano indubbiamente fantastici, coperti di strass sul plateau e sul tacco, ma
quei sedici centimetri in più davano dei seri problemi a Lisa.
Facendo qualche calcolo, dalla sua altezza di 1 metro e 64 scarsi, con
quell’aggiunta svettava fino al metro e 80.
Si chiedeva come facesse a non avere vertigini, a una tale
altitudine.
Persino gli stivali con cui avrebbe girato le scene in
esterna e i combattimenti, vantavano un tacco a spillo di dieci centimetri.
Fissando la suola bassa delle calzature di Holly, Lisa
piagnucolò: “Potrei quasi odiarti, lo sai?”.
Il civettare delle ragazze fu interrotto
da David che, con fare paterno, le ammonì: “Smettetela di ridere! Siete delle “Cuore di Diamante”, no? Vi voglio
mortalmente serie!”.
In risposta le due improvvisarono un’espressione torva allo
specchio, più per gioco che per altro.
Alle loro spalle, il regista Leonard passò, dando una pacca
sulla spalla alla figlia: “Molto convincenti- detto ciò, battè
le mani per richiamare l’attenzione di tutti i presenti- Un attimo di
silenzio…Vi pregherei di portarvi tutti alla sala dei fondali, tra breve ci
riuniremo con l’altra parte dello staff per una riunione generale”.
Lisa si alzò barcollando sui suoi trampoli e seguì il
navigato David fino al posto designato: rimase sconvolta dalle dimensioni di
quella stanza, in cui alcuni tecnici stavano allestendo le impalcature
necessarie alla creazione della Corte di Diamante.
In breve tempo, tutt’attorno cominciò a raccogliersi la
troupe al completo, ma la ragazza non si curò della loro presenza, limitandosi
a seguire con occhi scrupoloso le mosse del regista.
Fu allora che David cominciò a fremere, buttando lo sguardo
alle sue spalle, di tanto in tanto.
Nell’istante in cui Leonard e Ludovic
cominciarono a parlare, il moro attore non resistette più: “Ti chiedo scusa in
anticipo- bisbigliò sottovoce all’orecchio di Lisa –C’è un problema di cui non
ti ho…di cui nessuno ti ha parlato”.
L’altra aggrottò la fronte e inclinò la testa verso David,
per sentire meglio: “Di cosa parli?”.
L’uomo lanciò un’occhiata al regista e con fare prudente
sussurrò: “E’ meglio che non parli…Giudica tu stessa…Quattro o cinque file
dietro di noi”.
Lisa ascoltò, poi con indifferenza, si accinse a girarsi.
Qualche passo più indietro, James ascoltava distrattamente
il discorso di Leonard: cose del tipo “Impegnatevi
al massimo, date il meglio di voi, siate una squadra…”.
Frasi retoriche sentite milioni di volte,
ma inevitabili.
Facendo passare lo sguardo sui presenti, scorse in prima
fila David, con un elegante abito bianco; accanto a lui vi era una ragazza,
decisamente alta, dal fisico asciutto, con una lunghissima coda a coprirle la
schiena.
La vide inclinarsi verso il collega per ascoltare meglio un
suo commento.
Poi, lentamente, si girò nella sua direzione,
Inizialmente sembrò cercare a vuoto, più per noia che per
altro, con gli occhi cerchiati di trucco nero, poi le fu inevitabile notare la
chioma platinata di James.
Colpito da quello sguardo, il biondo attore ebbe un
mancamento: gli zigomi spigolosi, i capelli lisci, potevano ingannare, ma non
quegli occhi verdissimi.
Trattenendo il respiro, vide Lisa voltarsi nuovamente in
avanti con uno scatto.
La ragazza scrutò la folla alle sue spalle: senza occhiali
faceva fatica a focalizzare, ma notò decine di persone, tutte più o
meno…ordinarie.
Fu una chioma di capelli chiari ad
attirale la sua attenzione; poteva essere un particolare insolito, ma
non unico.
Ciò che invece poteva definire veramente unico erano quegli occhi blu.
Le bastò una frazione di secondo per riconoscere i
lineamenti, la bocca sottile (come poteva confonderla con quella di qualcun
altro?).
Non fece neppure in tempo ad avvertire la sorpresa; la
rabbia sovrastò tutto il resto.
Con un guizzo fulmineo girò la testa verso suo padre e
incrociò le braccia, con l’intento di farsi notare da lui.
Le lacrime per quell’ennesimo tradimento non riuscirono
neppure a manifestarsi; il viso della ragazza rimase asciutto e impassibile.
Con la mascella serrata, Lisa fece un passo avanti,
distinguendosi dal resto del gruppo.
Il regista non potè fare a meno di
notarla e di fronte a quell’espressione imperiosa, fu costretto a interrompere
il proprio sproloquio.
Non ci fu bisogno di parole, l’uomo capì al volo.
“Bene- si disse
Lisa, bruciante d’ira –E ora vai al
diavolo”. Pensata tale frase, girò sui tacchi, imparando miracolosamente a
camminarci sopra, da un momento all’altro.
Avanzando a grandi falcate verso l’uscita, annusò nell’aria
un vago sentore di dopobarba.
Quello fu troppo; afferrò una bottiglia lasciata in un
angolo e la scagliò, mandandola in frantumi, prima di tornarsene in albergo.
Finalmente sono riuscita ad
aggiornare!!! Mi scuso per il ritardo imbarazzante, ma
l’importante è avercela fatta!!! Spero “accorrerete” numerosi a leggere questo
nuovo capitolo che, devo dire, mi sembrato davvero denso di descrizioni, forse
un po’ troppo…Comunque ammetto che mi sono divertita a scriverlo, forse perché
avevo mille idee in testa e mi sembrava tutto così caotico che dovevo metterlo
per iscritto.
Ora rispondo ai vostri commenti:
romina75: che bello!!! Una nuova commentatrice!!!sono
proprio felice! Spero che tu ci sarai per leggere i prossimi capitoli, anche se
sono scomparsa e non mi sono fatta viva per un po’!!!
comunque…sì il film e il suo
finale dipenderanno in qualche modo dal rapporto tra James e Lisa…soprattutto
perché lei non ha ancora scritto la fine…
dopotutto il film è una “storia
nella storia” e non è molto semplice farle andare d’accordo…spero di non creare
pasticci…
gelb_augen: so che per ora ti
sembra tutto troppo “grande” per la giovanissima Lisa, ma tutto tenderà a
ridimensionarsi nel corso della trama…ho dovuto concentrate tante cose ed è
verissimo, il mondo in cui l’ho catapultata è molto surreale…ma tutto tenderà a
diluirsi e a farsi più “umano”, e ciò che apparirà troppo esagerato..lo sarà
pure per Lisa e avrà ripercussioni sul suo personaggio…è quindi tutto voluto e
pensato…
anche se non escludo di aver peccato un po’ di egocentrismo…Ma tu
sarai sempre pronta a rimettermi in carreggiata( o
almeno lo spero) se esagererò!
Come hai intuito pure tu…la storia è ancora lunga…senza voler
anticipare nulla e buttandola sul ridere…Lisa farà in tempo a cambiare,
rompersi e ricomporsi mille volte…e comincerà a farlo direttamente dai prossimi
capitoli…
Aspetto un tuo nuovo commento!!a
presto!!!
Bell_Lua: alla fine eccoti qua, dopo i tuoi mille
viaggi! Non nascondo che ho aggiornato lentamente anche per permetterti di
leggere con calma, capitolo per capitolo…ecco, ora gli altri lettori mi
odieranno…
A parte gli scherzi, tutti mi state dicendo di raccontare qualcosa
di più su Lisa…forse io avendo già in mente come, cosa e quando scriverò sul
suo passato, sto lasciando taciuti alcuni particolari che potrebbero aiutare a
comprendere meglio il suo personaggio.
Ti tranquillizzo…Lisa si svelerà del tutto, nel corso del
racconto…non ho intenzione di lasciare le cose a metà!!!!
Solo che per come l’ho pensata io…ci vorrà tempo…
Porta pazienza, anche x quanto riguarda i miei tempi dilatati!
Spero che questo capitolo ti piaccia quanto è piaciuto a me
scriverlo. Buona lettura!
L’autista del Chrysler di servizio non nascose l’espressione
stupefatta, quando si vide volare addosso una Lisa
fuori di sé, completamente inguainata in un abito di simil-pelle e truccata di
tutto punto.
Tuttavia non fece domande e all’ordine imperioso: “Portami
in albergo” obbedì taciturno.
Durante tutto il viaggio la ragazza fissò fuori dal
finestrino, maledicendo il traffico e il caos della grande metropoli, a cui non
era abituata.
Il cielo si era fatto plumbeo e se si fosse trovata in
Italia, la pioggia avrebbe cominciato a cadere da quel bel pezzo.
Al contrario lì a Los Angeles Dio se ne fregava delle leggi
climatiche e rimaneva là, in attesa, né carne né pesce, a fissare la misera
condizione di chi eracostretto
a stare per ore interminabili in colonna.
Le immense vetrate dei grattacieli riflettevano il grigio
delle nuvole, innervosendo Lisa: col loro occhio inquisitore, le fecero
rimpiangere le quiete finestrelle delle casette a schiera del proprio
quartiere.
Lanciò un’occhiata verso i sedili anteriori: nel
portaoggetti di fianco al volante era fissata saldamente una tazza di caffè.
La scritta sul fianco recitava “Have a niceday”.
Tornando a concentrarsi sul nevrotico paesaggio, oltre i
finestrini oscurati, Lisa maledisse il mondo: “Fottetevi tutti”.
Il tragitto dal pian terreno alla sua camera fu costellato
di inservienti, camerieri e donne delle pulizie, che con sorrisi più o meno
raggianti, sembravano intralciare di proposito la strada della ragazza.
L’unica che si limitò ad aprire un occhio giallo, per poi
ricominciare a dormire, fu Felina, che in assenza della padrona si era goduta
le lenzuola di lino del lettone matrimoniale.
Non senza fatica, Lisa si liberò degli abiti di scena, delle
scarpe e in ultimo delle extensions: riponendo il
tutto in una busta di plastica, chiamò la reception e chiese di provvedere a
restituire tutto agli Studios entro la serata.
Dopo aver smollato il suddetto armamentario fuori dalla
porta, si buttò sul letto, impossessandosi dell’amica pantera.
Usando forse una forza eccessiva, la strinse in un abbraccio
convulso, abbandonando per un attimo le angosce e il malessere che l’avevano
presa poco prima.
Felina si lamentò con un mugugno assonnato e cominciò a
sferzare l’aria con la coda: si trattava forse di una vendetta per il brusco
risveglio di quella mattina? Comunque fosse, l’animale sbuffò scocciato, quasi
fosse un essere umano.
Subito dopo alzò il testone vellutato, mettendosi in posa
come una sfinge; annusando i capelli di Lisa, sentì un profumo nuovo,
probabilmente la lacca usata per l’acconciatura di scena: provò anche a
leccarla, ma con una smorfia di disgusto appurò che era amaro e non
commestibile.
La ragazza sorrise pacifica, affondando il volto ancora
truccato sotto la gola di Felina.
La vibrazione sorda delle fusa la
fece crollare in un sonno senza sogni.
Il rumore della bottiglia schiantata per terra causò un
generale stato di imbarazzo, sorpresa e spavento, che si tradussero nel
silenzio più totale.
Leonard sospirò, lanciando una pesante occhiata a Ludovic, che serrò le labbra
improvvisamente nervoso.
Holly cercò lo sguardo del suo collega David e lo trovò
carico di tensione e vergogna.
Nel reparto del trucco, Daniela stava freddamente
richiamando all’ordine il proprio team.
Poco più in là, un James Marsters
pallido e contratto si chiedeva ancora se quel vago sentore di pesca nell’aria
fosse solo un sogno.
Purtroppo per lui, le schegge di vetro sparse tutt’attorno gli ricordarono che si trovava nella realtà.
Nella sua mente passarono più e più volte i fotogrammi degli
ultimi trenta secondi.
Rivide dentro di sé la figura algida di Lisa, gli occhi verdi
che brillavano per la collera, più del vestito bianco che la avvolgeva.
Era decisamente dimagrita; questo particolare, insieme ai
lunghissimi capelli lisci, mascherava un po’ i lineamenti dolci della ragazza.
Ora le labbra carnose spiccavano maggiormente sugli zigomi
spigolosi, donandole così una perenne aria imbronciata.
I passi infuriati con cui lei aveva abbandonato il luogo
risuonavano ancora nei ricordi dell’attore; capacitandosi in un attimo del
timore che gli avevano infuso, James fu colto da una rabbia selvaggia.
Avanzando di qualche metro, scoccò un’occhiata perforante al
regista: “Posso parlarti un attimo?”.
Non attese risposta; girando le spalle a decine di persone
si diresse verso il bagno degli uomini.
Attese l’arrivo di Leonard, poi sbattè
la porta con vigore: “Si può sapere cosa diavolo ti è saltato in mente?!” domandò quasi urlando.
L’altro si passò le mani fra i riccioli
brizzolati: “Non è colpa mia, o meglio non del tutto- portò le mani avanti per
calmare l’attore –Ludovic ha insistito sulla tua
partecipazione e ormai lei faceva già parte del film. David
doveva essere un deterrente, ma a quanto pare non è bastato”.
Tali parole furono l’ennesima scossa
elettrica per James: “Un deterrente? Quindi io non
sarei dovuto essere qui?- battè il palmo della mano
sulla porta – Io sono un professionista, non lavoro per capriccio o per
mancanza di personale”.
Detto ciò chiuse i pugni, mentre in mezzo
a tutto il proprio imbarazzo Leonard stava cercando di riaggiustare il tiro:
“Sai bene a cosa mi riferisco: tu sei stata l’ultimo attore convocato, quando
ormai Lisa era scelta e il contratto era già firmato- fece una pausa e aggravò
il tono della voce – Sai pure cosa significherebbe revocare la tua firma”.
James si appoggiò al lavandino e sbuffò: lo sapeva bene…Nel
migliore dei casi si sarebbe trattato di una rottura con l’approvazione di
entrambe le parti, ma il produttore, essendo la parte lesa, avrebbe comunque
richiesto il rimborso, con l’aggiunta dei danni, al biondo attore.
Aveva già un processo in corso, non c’era bisogno di altra
carne sul fuoco; quindi era bloccato lì.
Alzando gli occhi glaciali, fissò con impotenza il regista:
“Cosa devo fare?”.
La risposta fu dura e decisa: “Non creare problemi….sono già
tante le cose che potrebbero non andare in questo film- Leonard si accinse ad
elencare- La partecipazione di mia figlia, la sua sceneggiatura, la presenza
congiunta di te e David…Se davvero sei un professionista adulto, limitati a
fare il tuo lavoro”.
Con stupore James assottigliò le palpebre: era forse
risentimento, quello che percepiva nella voce dell’amico? No, era puro e
semplice astio…
Gli occhi azzurri erano cerchiati da profonde occhiaie, ma
non era il momento di fermarsi…o tantomeno riposare; conscio di questo, Leonard concluse: “Evita di deludermi nuovamente, James”. Detto
ciò si accinse a uscire dal bagno, ma sulla soglia si fermò, guardando l’attore
nel riflesso dello specchio: “Forse potrà esserti d’aiuto stare lontano da
Lisa”.
Ormai solo nell’angusto spazio, il biondo aprì l’acqua del
lavabo, per rinfrescarsi le mani e il viso.
Fissando la propria immagine si rese conto di avere scavato
troppo a fondo nell’ultima mezz’ora; a nulla erano serviti tre mesi di
lontananza, neppure le udienze per l’affidamento erano riuscite ad uccidere
quello che provava.
Sotto la chioma di capelli platinati, qualche rotella
arrugginita riprese a muoversi, portando alla luce immagini sepolte.
James ripensò alla faccia sconvolta della ragazza il giorno
in cui si erano conosciuti; poi ricordò la prima volta che l’aveva abbracciata,
per sorreggerla e cullarla.
In seguito risuonarono nella sua mente le mille risate
gioiose che lei gli aveva regalato; in ultimo, ma non per ultimo, James sentì
il corpo di Lisa contro il proprio, quelle splendide labbra premute sulla sua
bocca, la tenerezza degli occhi verdi…
Un brivido lo percorse, facendogli
rimpiangere di aver accettato quella parte.
Lisa era ancora dannatamente viva dentro di lui.
E nemmeno un maledetto miracolo l’avrebbe cancellata.
Qualche ora più tardi Lisa scoprì che la piccola suite in
cui alloggiava possedeva un campanello.
Ne sentì il suono, tra un sogno e l’altro, e ci mise un
attimo a riordinare la realtà: Los Angeles. Film. James.
Bene…era tutto schifosamente chiaro: ora era in grado di
andare ad aprire.
La prima cosa che vide oltre la soglia fu la luce del
corridoio che la abbagliò.
La sagoma di fronte a lei rimase nera e indistinta, finchè non ne udì la voce.
“Mi dispiace, non immaginavo che stessi dormendo” si scusò
David, notando il trucco sbavato sul viso della ragazza: le occhiaie erano
ancora più evidenti, sotto il mascara colato.
“Non importa- biascicò lei schermandosi dalla luce- Che ore
sono?”.
Gli occhi scuri dell’attore passarono uno
sguardo distratto sull’orologio: “Quasi le sette: non ti ho visto a cena e mi
sono preoccupato”.
Alle sue spalle Lisa percepì una scalpitante Felina che le
spingeva le gambe: voleva uscire…e ne aveva tutte le ragioni.
“Non mi bastava un
padre che combina casini. Ora ne devo gestire pure un secondo” pensò
sarcastica la ragazza; poi con tutta l’educazione che riuscì a racimolare,
rispose a David: “Ora scendo a mangiare qualcosa, dammi un minuto- poi si
ricordò della pantera – Prima porto Felina fuori. Mi vuoi accompagnare?”.
L’albergo si sviluppava a corte attorno a un patio,
arricchito di fontane e passeggiate romantiche; non era ciò che la ragazza
preferiva, come luogo d’incontro col suo nuovo collega, ma l’aiuola di
gelsomini sembrò piacere molto alla pantera, così Lisa si mise a qualche metro
di distanza, osservandola con attenzione.
“Se hai intenzione di scusarti nuovamente, puoi evitare”
disse lei, con l’aria placida di chi è estraneo a tutto.
David sospirò, con le mani nelle tasche del suo Belstaff
beige: Lisa non era assolutamente indifferente a James, lo era nei confronti
delle sue scuse.
“Pensavo fossero solo voci- rispose lui, saltando a piedi
pari la parte di approccio e arrivando dritto al sodo –Oggi ho capito che è
stato qualcosa di ben più grosso”.
Felina percepì un movimento in un cespuglio, forse un
grillo, e vi si catapultò dentro.
I titolari dell’hotel non ne sarebbero
stati molto felici, tuttavia Lisa si rese conto che mai avrebbero osato
discutere con un felino di duecento chili, così si girò verso David: “Una
delusione, tutto qui- si strinse nelle spalle – La digerirò. Tu sei l’ultimo a doversi sentire responsabile”.
L’attore si fermò un attimo a riflettere sul tono di quella
frase: la ragazza lo aveva appena sgridato?
No…Lisa era troppo distante e impenetrabile per
abbassarsi a un simile rimprovero.
Quasi a voler aggiungere un tocco di ironia al discorso,
fece capolino in quell’istante Leonard.
In un primo momento il regista rallentò il passo, vedendo la
figlia in compagnia di David Boreanaz, ma zittì
immediatamente ogni tarlo, giurandosi che sarebbe stato assurdo pensare a qualsiasi cosa ambigua riguardante quei due.
Salutandoli entrambi, porse a Lisa un
fascicolo rilegato: “Eccoti la versione rivista del tuo testo: il mio staff
l’ha corretta ed è arrivato a questo”.
Lei si limitò ad annuire: sapeva che la storia e i dialoghi
da lei ideati avrebbero subito delle modifiche; non poteva essere altrimenti,
vista la sua poca esperienza nel campo.
Di conseguenza aveva accettato di buon grado l’aiuto del
team di fedelissimi di suo padre.
“Quali sono i programmi di domani?” intervenne David,
mantenendo il discorso sul piano professionale.
Leonard si battè
la fronte: “Quasi dimenticavo: avrete un colloquio incrociato con i tecnici
degli effetti speciali, i personal trainer e i maestri di arti marziali, per le
scene di combattimento- poi si rivolse esclusivamente alla figlia- nel
pomeriggio comincerai subito gli allenamenti”.
La ragazza annuì soddisfatta: da quasi una settimana si era
privata del judo, avrebbe ricominciato l’attività fisica con piacere.
Il sesto senso dell’attore moro gli fece comprendere che la
sua presenza non era più richiesta; congedò con un cenno del capo padre e
figlia e si ritirò al caldo, lasciandoli soli.
La prima battuta che Lisa si concesse fu un pesante sospiro,
accompagnato dallo sguardo sconsolato del regista. Litigare con lui?
Praticamente impossibile: la sua insormontabile bontà pregiudicava un qualsiasi
scontro.
“Non sapevo come dirtelo- Leonard abbassò il capo,
sconsolato- Eri talmente entusiasta, la parte era già tua…poi all’ultimo Ludovic ha cominciato a puntare i piedi sul cast – con
occhio mesto l’uomo scrutò la figlia – Credi che non avessi capito la tua mossa
di scegliere Boreanaz?”.
L’altra lasciò che il padre concludesse (o meglio, che non concludesse) la frase, poi fece
calare il silenzio.
“Posso andarmene?” fu l’istintiva domanda che pose
immediatamente dopo.
“Non se ne parla nemmeno” fu la secca risposta di Leonard,
d’un tratto severo.
Lisa gli aveva visto la stessa espressione solo un’altra
volta: risaliva alla prima elementare…una mattina lei gli aveva chiesto se
poteva saltare la scuola.
Lui si era limitato a negare, tacendo il proprio
disappunto…insieme a qualcos’altro.
Solo in quell’attimo la Lisa adulta capì cosa fosse: delusione.
Il regista aveva riposto fiducia in lei ed era rimasto
ferito da tale domanda, ora come 13 anni prima.
Lisa si vergognò infinitamente e si sentì tutto d’un colpo
indifesa.
Fino ad allora aveva covato la
speranza di poter scappare: le era già andata bene una volta in passato, perché
non ritentare?
Ora però, la certezza di essere incatenata lì, senza remore,
con l’oceano a dividerla dalla patria (e da un’apparente salvezza) le causò un
profondo stato di angoscia, che si tradusse a livello fisico con un vuoto allo
stomaco.
Non c’era via di scampo, era con le spalle al muro e la dura
realtà si avvicinava sghignazzando, sapendola in trappola.
“Dimmi cosa devo fare” prendere ordini era l’unica cosa di
cui sarebbe stata in grado in un momento del genere, le decisioni proprie erano
da escludere.
L’aria fresca della sera la fece stringere nello scialle di
lana grossa: il sole li avrebbe presto abbandonati.
“Il lavoro preliminare alle riprese ti terrà impegnata un
mese abbondante- spiegò pacato il regista – Nel frattempo ti dedicherai
esclusivamente allo studio delle scene ambientate nella Corte di Diamante”.
Lisa chiuse gli occhi: si trattava solo di ritardare i
contatti. Palliativo deludente, tuttavia l’unico possibile.
“Tenetemi lontana…non chiedo altro” supplicò poi, con voce
spenta; da cosa ,non
era necessario specificarlo.
Leonard le strinse una spalla: “Fai un buon lavoro- poi
indicò il trucco rimasto sul volto della figlia – Ora vatti a togliere quella
porcheria dalla faccia…e mangia qualcosa”.
La ragazza avanzò un debole sorriso; sapeva che il senso
implicito della frase era “Torna ad
essere te stessa e prenditene cura”. Il codice segreto con cui il padre le
lanciava messaggi lo conosceva bene.
Felina aveva ormai disboscato una siepe a forma di palla da
rugby; arrabbiarsi sarebbe stato inutile, quindi la richiamò con un fischio a
cui la pantera obbedì immediatamente: avrebbe giocato con l’altro simpatico
albero a forma di coniglio il giorno seguente.
Benché la sala ristorante fosse
deserta, Lisa ordinò il suo pollo alla piastra con riso al curry direttamente
in camera.
Aveva cose ben più importanti da fare: con
il PC alla mano accese il rilevatore di Skype e fece
due calcoli: erano le sette e un quarto…in Italia sarebbero state le due di
notte.
Sperava che Laura avesse lasciato il computer acceso, il
suono della chiamata in attesa l’avrebbe piacevolmente svegliata.
Nell’arco di tre squilli vide l’immagine della webcam
illuminarsi leggermente; un fruscio in indistinto, e Lisa intuì che l’amica era
tra le coperte, come era giusto che fosse.
“Sei una disgraziata”.
Quelle poche sillabe strascicate fecero tornare il sorriso
sul volto della ragazza: la voce di Laura, che aveva parlato nella sua lingua
madre, ebbe un potere guaritore che la raggiunse fino in America.
“Anche tu mi manchi, stella!” rispose Lisa, indossando un
auricolare con microfono e prendendo posto davanti all’obiettivo della
videocamera.
Dall’altra parte del globo una disperata Laura imitava tale
gesto, gli occhi socchiusi per l’abbagliante luce dello schermo.
Dalla sua immagine a scatti si poteva dedurre lo sforzo
sovrumano che stava compiendo per non crollare fra le braccia di Morfeo.
“Hanno inventato una cosa nuova, lo sai?- disse poi quella,
sarcastica, lasciando Lisa in attesa di una delle sue battute- Si chiama “fuso
orario”” eccola, la sua amica-sorella: fedele e
inequivocabile.
“Pensa che nemmeno i fusi orari sono in grado
di dividerci- la rimbeccò l’altra –Ci amiamo o no?”.
Uno sbuffo stanco le arrivò in risposta, facendo sibilare
l’audio: “Sbrigati a raccontare, amore, ho lezione fra sei ore e voglio dormirle
tutte”.
Alla fine, nonostante i casi della vita fossero infiniti, il
destino le aveva divise: Marina studiava Design a Milano, Alice si era iscritta
in una facoltà dal titolo impronunciabile relativa all’elettronica ( a Roma) e
Laura si era trasferita a Perugia per frequentare medicina.
Riuscivano a vedersi solo nel week end e per Lisa saltare
quell’immancabile appuntamento nei mesi avvenire sarebbe stato una pugnalata,
ogni fine settimana.
“Ho conosciuto Boreanaz
e la Del Toro:
davvero adorabili” Lisa preferì fare un giro molto largo, prima di giungere al
dunque: nel frattempo Laura sarebbe stata adeguatamente sveglia.
“Gli Studios
come sono? E l’albergo?” in risposta alla seconda
domanda, la ragazza all’Hilton fece ruotare il PC, concedendo all’amica una
panoramica sulla suite.
“Mica male!- notò Laura con approvazione
–Come è andato il primo giorno?”.
“Calma, calma e
indifferenza” si impose Lisa con un sospiro forzato: “Egregiamente….certo,
qui è tutto più in grande…immenso è la parola giusta, mi sento una formica. Ma
sono stati tutti così fantastici che nemmeno mi sembra di essere lontana da
casa, come stanno le altre?”.
Laura raccontò le prime novità delle loro vite via da casa:
Marina condivideva l’appartamento con una pazza scatenata e Alice cominciava
già a immergersi nel sofisticato mondo della tecnologia. In quanto a lei,
attendeva con ansia il suo primo giorno in corsia, anche se avrebbe dovuto
aspettare un po’.
Dopo il breve riassunto, l’immagine bluastra di Laura
inclinò la testa: “Sarà merito dell’aria statunitense, ma ti vedo proprio
bene!”.
A tale frase Lisa non si trattenne più: non poteva fingere,
e poi a quale pro? Forse le sue tre amiche erano le uniche degne di sapere cosa
le stesse esplodendo dentro, così interruppe l’altra:
“James è il mio antagonista”.
La reazione fu delle più inaspettate: “Lo so cara- affermò
Laura con tono comprensivo- Non sono nei tuoi panni, ma immagino che lui sia
ancora una ferita aperta”.
Lisa aggrottò la fronte, poi scosse il
capo con frenesia, rendendosi conto che aveva frainteso: “Non hai capito: James
è il mio antagonista nel film”.
Il PC di Laura sobbalzò, quando la sua proprietaria si mise
di scatto a sedere: “Che diavolo stai dicendo?” fu la domanda infuriata che ne
seguì; pareva quasi rabbia nei confronti di Lisa stessa.
Quest’ultima rimase in silenzio: mai come allora si era
sentita fragile, forse si trattava della prima vera volta in cui doveva
affrontare un problema da sola, lontana dai suoi tre
frammenti di anima.
“Mi dispiace. Non ci si può fare nulla, vero?”.
Lisa scosse desolata la testa: “Ho paura- fu solo in grado
di dire – Di tutto….di me stessa, di lui, del film, della città…- gli occhi le
divennero lucidi, li strizzò un paio di volte, finchè
non li sentì a posto- Ho voglia di scappare”.
“Non puoi- constatò laconicamente Laura- volente o nolente, quello ora è il tuo posto”.
L’altra assottigliò le palpebre, in un gesto che voleva
esprimere tutta la propria incomprensione verso tale durezza: “Casa mia è il
mio posto….voi siete il mio posto- si prese la testa fra le mani – Mi sento un niente senza di voi”.
Ignorando l’ultima affermazione, Laura
continuò imperterrita: “Il nostro posto è dove vogliamo essere- poi a voler
dare enfasi alla sua frase, sottolineò –e ci troviamo dove è giusto essere: Los
Angeles è stata una tua scelta- con uno scatto la figura nello schermo si
strinse nelle spalle- Questo vale anche per me e le altre: non siamo a casa, ma
siamo comunque al nostro posto”.
Di nuovo, dall’America, Lisa sentì le palpebre bruciare:
freddo invece del calore amico in cui confidava…non era nei suoi piani.
Incrociò le braccia, chiudendosi in risposta
all’indifferenza dell’amica: “Cosa dovrei fare, crocefiggermi con le mie stesse
mani, oltretutto per una cosa di cui non sono colpevole?”.
Laura si accinse a spiegarsi meglio: “Non
è tua responsabilità che James sia stato scelto: ma lo è stata la tua decisione
di partire. Vuoi andartene? Nessuno ne morirà…Ma se
sei lì è perché devi essere lì…e devi
restarci”.
Addolcendo lo sguardo concluse: “Devi perché quella che resta sei tu. La ragazza che scappa io non la conosco”.
Lisa abbassò gli occhi, su cui si intravedeva ancora un
rimasuglio di ombretto nero: in mezzo a tutta quella filosofia, nessuno più di
lei poteva capire l’anima di tali parole.
Aveva combattuto una vita intera, per la vita stessa, sua e
degli altri, affinchè ogni suo passo sulla Terra
vibrasse, carico di significati.
Fuggire non era una cosa contemplata nel DNA della judoka
che le cresceva nel cuore.
Aveva svegliato nel bel mezzo della notte una delle sue più
care amiche, con l’aspettativa di farsi consolare e compatire.
Ciò che aveva ottenuto era stato l’opposto: Laura non aveva
lasciato spazio a commenti penosi o comprensivi. E pure suo padre, poco prima, aveva fatto lo stesso.
“Non voglio essere crudele- si scusò Laura, conscia della
tristezza sul volto di Lisa- Ma devi svegliarti. Il mondo non
ti aspetta, tesoro”.
Aveva ragione, il pianeta Terra era un concentrato di
cattiveria, in cui il male si sviluppava con la densità media del piombo.
E quello era stato solo il suo primo assaggio.
Eccomi di nuovo qua….la lentezza
con cui pubblico si fa sempre più imbarazzante. Ma il tempo, le energie e tutto
il resto scarseggiano…almeno le idee ci sono! E spero che vi piacciano!
crys: come sempre ti poni
mille domande, sul perché questo fa questo, perché quello dice la tal cosa…e il
più delle volte…ti rispondi da sola nel modo giusto! Ahah!
Comunque in un'altra cosa hai ragione: si dovrà aspettare un po’
di tempo prima di un confronto vero e proprio. Finora hai avuto la pazienza di
sorbirti la lentezza di questa storia, spero continuerai a farlo!!!
romina75: è una gioia vedere che il mio intento di
rendere questa storia diversa dalle altre, piace, perché vuol dire che ci sto
riuscendo!
Diciamo che in questo capitolo ci sono state di sicuro delle
discussioni…ma non dei veri e propri litigi! E’ anche vero che questo
capitolo…si è un po’ scritto da solo, io avevo in mente di farlo totalmente
diverso…oddio! E’ vivo! AHAHAHAH! A parte gli scherzi, buona lettura.
Bell_Lua: tesoro! Quante cose mi hai scritto! Vedrò di
rispondere a tutte!
Allora: parlando del rapporto tra Lisa e suo padre…è evidente
quanto sia profondo il legame che li unisce, soprattutto visto l’abbandono da
parte della madre quando Lisa era bambina (ne ho parlato nei primi capitoli,
forse non ti ricordi, ma è normale, è talmente lunga la storia!)
Per quanto riguarda la descrizione degli abiti…era da tempo che me
la studiavo, anche guardandomi intorno, su internet e sulle riviste di moda
(che io odio, ma dove sono riuscita a trovare quel tocco di eleganza che volevo
dare alla Corte).
E lo stesso ho fatto per la storia delle auto di cortesia: la casa
Chrysler mi è sempre piaciuta, così ho selezionato i modelli che a mio parere
si addicevano di più alla storia…magari pure io avessi un auto
del genere!
Per quanto riguarda il risveglio in stile lisa….pure
per me la mattina è un momento tragico, quasi infernale, ma vedo che non sono
l’unica a soffrire il risveglio!!!!
E la bottiglia scagliata…di sicuro teatrale, ma ho provato a
immedesimarmi in Lisa…talmente tante sensazioni che le sono esplose dentro,
riguardanti James, suo padre, l’ansia x la nuova vita, la nuova città…tutto è
emerso in quell’unico violento gesto. Teatrale di sicuro, ma più umano di quel
che sembra…
Parlando di altro…prometto che risponderò alle tue mail! E farò in
modo di sentirci al più presto….buona lettura!
gelb_augen: ecco la mia
critica più feroce…giuro che un po’ temo il momento in cui leggo il tuo nome
fra le recensioni….Sto scherzando, ammetto che invece le tue parole mi stanno
aiutando a ridimensionare certe cose…sono quindi apertissima al nostro
confronto costruttivo…. ;-)
d’altra parte…hai detto bene: Lisa è una ragazza lunatica,
instabile e apparentemente irrazionale: già in alcun passaggi
dei capitoli precedenti si era intuito che il suo equilibrio fosse del tutto
precario e mirato più a nascondersi che a mostrarsi….forse finalmente verrà
fuori qualcosa di nuovo di lei….forse emergerà la vera lei!
Ammetto che il prox capitolo è ancora in
fase di stesura, è un momento cruciale, in cui potrei sbagliare molte cose e
far prendere una piega sbagliata alla storia. Conto sul tuo aiuto per
rimettermi in carreggiata, se necessario.
Come ho detto prima nella recensione di Bell_Lua,
il lancio della bottiglia è un gesto in cui mi sono immedesimata molto:
all’inizio della storia avevo anticipato che molti aspetti del carattere della
protagonista mi appartengono…e purtroppo per me, il mio caratteraccio volubile
mi ha fatto reagire in modi analoghi, di fronte a situazioni così “vulcaniche”.
A questo punto hai il diritto di rimproverare me come persona, oltre che come
scrittrice, non il personaggio.
Spero di ritrovarti tra le recensioni, nel prossimo capitolo!! A presto!
James
uscì dall’ascensore con passo svogliato e dopo un istante di riflessione,
imboccò il corridoio che portava alla sua camera.
Nel
breve tragitto esaminò tutte le porte che gli passavano accanto; e se Lisa
fosse saltata fuori da una di esse? Sarebbe stato alquanto disdicevole.
Quasi
con cautela raggiunse la stanza 213 e fece scorrere il proprio tesserino
magnetico nella serratura.
Un breve
scatto e fu dentro; la passeggiata per i due isolati contigui non lo aveva
aiutato a liberare la mente e nemmeno a conciliare il sonno.
In
aggiunta, durante l’ultima ora, il cellulare aveva suonato a distesa, facendo
comparire ogni volta sullo schermo, in modo quasi impertinente, il nome “Pat”.
Uomo
adulto? In quel momento non ne vedeva l’ombra.
Liberandosi
degli abiti della giornata, restò in boxer e si accasciò sul letto.
Rimase
così, steso sulla schiena, accarezzandosi i capelli platinati con due dita.
Dopo breve si rese conto che non sarebbe bastato aspettare il sonno: lo avrebbe
dovuto implorare affinchè arrivasse.
Con
questa nuova consapevolezza si avvolse nel piumone, godendosi il tepore del
letto; quasi gli parve di avere il corpo di qualcuno premuto contro il proprio,
ma era solo il peso delle coperte.
Proprio
mentre stava per addormentarsi, un movimento alle sue
spalle lo destò di colpo.
Rimase
immobile, un attimo interdetto, insicuro sul da farsi: un terremoto? O un
semplice scatto involontario, dei suoi stessi muscoli che si rilassavano?
Con una
lentezza estenuante si girò dalla posizione supina sul fianco sinistro.
Fu
allora che sentì un lieve tocco sulla spalla nuda; passò qualche istante a
cercare di capire cosa fosse: un insetto? Troppo piccolo. Il lenzuolo? Troppo
leggero e alquanto improbabile.
Il cuore
gli saltò in gola quando comprese: capelli.
James si
mosse nuovamente, stavolta più rapido e decisamente spaventato; nella penombra
intravide una sagoma scura semisdraiata sul letto, quasi aderente alla propria
schiena.
La luce
esterna dei lampioni illuminava una serie di lunghi boccoli, che ricadevano
sulle spalle di una figura femminile.
Da cosa
capì che si trattava di una donna? James intravedeva una sottile camicia da
notte, a coprire il corpo di quella misteriosa apparizione; le ombre
accentuavano le sue forme arrotondate.
Come era
entrata nella stanza? Ma soprattutto, chi era?
La prima
domanda perse totalmente di importanza, quando alle narici di James giunse un
profumo ben noto: pesca.
“Lisa” pensò, con l’intento di
pronunciare tale nome, ma dalla gola gli uscì solo un rantolo soffocato di
sorpresa.
La
ragazza si mosse, facendo ondeggiare la chioma riccia e uno spiraglio di luna
illuminò il suo viso, dando luce a quegli occhi magnetici.
La voce
incerta di James tremò, quando chiese in un sussurro: “Cosa ci fai qui?”. A
malapena riuscì a finire la frase; un dito affusolato si poggiò sulle sue
labbra sottili, approfittandone per accarezzarle.
A
completare tale gesto, la ragazza si piegò verso l’uomo: il profilo del seno
era fin troppo visibile attraverso la vestaglia trasparente, il che lasciò
intuire all’uomo che lei non indossava biancheria intima.
Levando
la mano dalla bocca di James, Lisa la sostituì col tocco delicato delle proprie
labbra.
La
dolcezza iniziale di quel contatto si trasformò ben presto in qualcosa di più
penetrante e malizioso.
Ormai
senza fiato, James pose le mani sui fianchi di lei e li strinse con forza,
tanto da chiedersi a un certo punto se non le stesse facendo male, quasi a
volerle trasmettere il dolore che quell’attesa gli aveva causato.
La
ragazza ne approfittò per mettersi cavalcioni su di lui; il passo successivo fu
praticamente istantaneo: Lisa imitò il movimento dell’uomo e lasciò scivolare
le dita fino ai boxer.
James,
giunto al limite della sopportazione, non potè fare a
meno di sussultare e cessare di baciarla.
La sentì
giocherellare con l’elastico del suo unico indumento; un attimo dopo,
inspiegabilmente, l’uomo era completamente nudo.
James fu
solo in grado di rabbrividire, quando la carezza del corpo di lei calò sul suo.
Per
l’attore fu una sofferenza uscire dall’apnea: si levò a sedere in un colpo,
trovandosi inaspettatamente solo.
Era
stato un sogno…o forse un incubo, constatò poi, riprendendo fiato.
Aveva il
battito cardiaco accelerato e le coperte intorno a lui erano madide di sudore.
Tremava,
in un misto di eccitazione, paura e, inspiegabilmente, freddo, così che ci mise
qualche minuto per auto convincersi che oltre a lui, nessun altro avrebbe potuto entrare nella camera; si risdraiò,
una volta certo che era stato unmalsano
viaggio dell’immaginazione.
Come
poteva comportarsi nei confronti di quell’opportuna fantasia? D’altra parte i
sogni sono involontari, si disse.
Eppure
tutta l’intensità di poco prima gli era piaciuta,
quasi si era rammaricato che non fosse reale.
In un
istante seppe cosa fare, come punirsi per tale ulteriore tradimento: prese con
foga il cellulare e mandò un laconico ma significativo SMS; poi premette il
tasto di spegnimento.
Avrebbe
letto la risposta l’indomani mattina.
Dopodiché
si sdraiò di pancia, pronto a riprendere sonno.
Gli
bastò qualche secondo, per sentirsi fisicamente a disagio in tale posizione.
“Pazzesco” pensò fra sé, costringendosi a
girarsi sul fianco.
Il
mattino successivo la piacevole musica della radio-sveglia avvisò Lisa che
erano le 8:30.
Felina
aveva capito la lezione e si era limitata ad appoggiare il muso sul letto, aspettando
il momento più consono per mugugnare il suo “Buongiorno”.
La
ragazza la accolse sotto le coperte, approfittandone per coccolarla: “Ciao a
te, cucciola” la salutò poi.
Ci mise
poco ad alzarsi, insolitamente era riuscita a dormire a sufficienza.
Aprì
l’armadio e riordinò i pensieri su cosa avrebbe fatto quel giorno: suo padre
aveva accennato a un incontro con personal trainer, maestri di non-so-cosa…
L’abbigliamento
più consono sarebbe stato una delle sue morbidissime tute; ne scelse una
dell’Adidas, nera con bande dorate sui fianchi.
La
doccia che si concesse fu rapida: aveva molta fame, il cibo era la sua priorità
a quell’ora.
La
pantera approvò la cosa e la attese davanti alla porta, la coda che sferzava
l’aria, impaziente.
Appena
Lisa fece per uscire, qualcosa sbattè, fuori,
all’altezza della maniglia; la ragazza allungò il collo all’esterno e vide una
cartellina appesa: erano gli ordini del giorno.
La
mattinata sarebbe stata occupata ball’allenamento in palestra (una certa Stacy Miller avrebbe studiato gli esercizi più consoni al
suo fisico); nel primo pomeriggio ci sarebbero state le presentazioni col
maestro di arti marziali: per due ore avrebbe lavorato insieme a David.
Infine
dalle 17:00 in poi la aspettava una noiosa seduta in sala verde, per gli
effetti speciali.
Con un
sospiro si avviò verso l’ascensore e si dedicò alla lettura dei dettagli finchè non giunse al pianterreno.
Il
sonoro “tlin”
le ricordò che la attendeva la colazione a buffet…insieme ad altre decine di
persone che il giorno prima l’avevano vista in versione “pazza scatenata lancia-bottiglie”.
Tale
consapevolezza le fece rallentare il passo, scrutando da lontano la sala ristorante, finchè non si
bloccò: e se “lui” fosse stato là in mezzo?
Felina
si leccò i baffi, pronta a degustare nuovamente l’ottimo filetto scelto che lo
chef dell’albergo le avrebbe preparato; poi avanzò di qualche metro,
abbandonando la padrona nella hall, intenta a sondare il terreno coi suoi verdi
occhi, purtroppo miopi.
Fu così
che la trovò David, una volta uscito dall’ascensore: immobile, circospetta e
infinitamente ridicola.
Si fermò
a fissarla, con le mani in tasca e un sorriso sghembo: quell’inesperta
ragazzina di campagna aveva decisamente bisogno di qualche dritta, così aveva
dichiarato sua moglie, navigata pin up di Playboy.
David
scosse il capo e si avvicinò divertito; se non altro avrebbe fatto esperienza,
in preparazione all’adolescenza di sua figlia.
“James
non c’è” disse poi, irrompendo nei pensieri di Lisa, a tal punto da spaventarla.
“Cosa?”
la domanda che lei pose fu sincera: era talmente fra le nuvole da non aver
ascoltato nulla.
L’attore
moro sorrise, chinando la testa per guardarla negli occhi, dai suoi quasi due
metri di altezza: “La Corte
di Tenebra oggi ha la prova costumi, sono già agli Studios-
notando la finta noncuranza di Lisa, scoppiò a ridere – Stai tranquilla, ci
sono squali a sufficienza qua dentro; uno in meno non guasta” poi la convinse
con un gesto a entrare nel ristorante.
“Pessima attrice, cara mia- si disse lei –La tua corazza necessita di una revisione”.
David
cominciò a versarsi del succo di frutta e si impossessò di qualche fetta di
pane dolce: “Non potrai nasconderti per sempre” cominciò poi, servendo la
colazione anche a Lisa, che rimase stupefatta dalle premure di quel
semi-sconosciuto.
D’altra
parte nel mondo dello spettacolo non c’era tempo o spazio per la titubanza o
l’imbarazzo: erano solo energie sprecate.
Consapevole di dover lavorare gomito a gomito con Lisa per parecchi mesi,
David preferì mettere in chiaro come funzionavano le cose: “Tuo padre non te lo
dirà mai, non per cattiveria, ma al contrario per troppa bontà – prendendo un
pezzo di torta al cioccolato, si avviò verso un tavolo libero- Prima o poi
dovrai fartene una ragione: lavora sodo e passa oltre, altrimenti non andrai da
nessuna parte…E sul set nessuno starà ad aspettarti”.
La giovane
italiana, quasi incantata da tanta schiettezza, ascoltò ammutolita, masticando
qualcosa che sembrava essere pane e marmellata.
Dopo
qualche attimo di silenzio, una piccola figura dalla pelle bruna si sedette
accanto a loro: “Buongiorno” esordì Holly abbozzando un debole sorriso.
Lisa ricambiò il gesto, troppo in imbarazzo per riuscire a rivolgerle la
parola per prima: la timidezza della messicana non sarebbe stata d’aiuto, così
si rivolse al disinibito David Boreanaz: “Come va a
casa? La bimba come sta?”.
Lui
sorrise dolcemente: “Sta alla grande, è il fratello maggiore che comincia a
dare i primi segni di gelosia”.
“Mi
piacerebbe vederli” ammise sincera Lisa.
L’attore
fece un cenno di assenso col capo: “Verranno a L.A
per il Giorno del Ringraziamento”.
L’italiana
restò spaesata: sapeva dell’esistenza di quella festività Americana, ma non si
ricordava neanche quando cadesse.
“E’ il
quarto giovedì di Novembre. Per alcuni è addirittura più importante del Natale-
spiegò David – La prima vacanza che ci sarà concessa durante le riprese: fino ad allora, preparati ad abolire le domeniche dal
calendario”.
Quella
battuta fece sorridere entrambe le ragazze e andò a sciogliere il gelo della
vergogna.
Lisa finì il proprio cappuccino e si alzò da tavola, per poi rivolgersi a
Holly: “Porto Felina in giardino: ti va di accompagnarmi?”.
A
sentire il nome dell’animale, la messicana assentì, con l’espressione di chi
non aveva altra scelta.
Mentre
la pantera se la vedeva col tronco di un ulivo, la sua
padrona prese coraggio e parlò chiaro: “Mi dispiace per la scenata di
ieri- piantò volutamente gli occhi verdi in quelli scurissimi di Holly, per
trasmetterle la propria serietà –So bene che ho fatto la figura della pazza
nevrotica, ma non sono così e farò di tutto per dimostrarlo”.
L’altra
parve spiazzata: tutta quella trasparenza la mise a disagio, ma era obbligata a
rispondere: “Non devi dimostrare nulla – e in effetti
la reazione di Lisa non intaccava direttamente il loro rapporto professionale
–Pensiamo a fare il nostro lavoro, punto e basta”.
In effetti Holly aveva già lavorato come comparsa in qualche film; scenate come
quella del giorno precedente erano la consuetudine.
Tuttavia
Lisa si irrigidì, per la seconda volta nelle ultime due ore: si erano forse
messi tutti d’accordo per canzonarla alla stessa maniera? Quasi la infastidì
sentirsi ribadire il concetto con cui poco prima David
l’aveva accolta a colazione.
La
messicana riprese a parlare, con gli occhi fissi sui giochi irruenti di Felina:
“Non sei stata né la prima né l’ultima ad esplodere sul set…anche se nel tuo
caso è successo in tempi record…Ma questa sarà la tua casa per un bel po’ di
tempo; vedi di “arredarla” con lo spirito giusto”.
Tale
monito concluse il ciclo di sorprese per Lisa: sapeva quanto fosse chiusa
quella bella ragazza dalla pelle del colore dell’ebano.
Oltre ad
aver compiuto uno sforzo sovrumano per parlare in modo tanto diretto, ciò che
aveva detto era stato come una schiarita in mezzo alla tempesta delle ultime 24
ore; forse se a pronunciare tale frase fosse stato chiunque altro, l’italiana
non avrebbe accusato il colpo.
La
determinazione di Holly indusse Lisa a mordersi la lingua: era l’ultima arrivata nel dorato mondo del cinema, per quanto
potesse amarsi ed essere sicura di sé, i consigli e le opinioni di chiunque
altro avrebbero avuto la precedenza sulla sua voce.
Non era nessuno, e da “nessuno” si doveva comportare: ingoiò amaro,
accingendosi a seguire l’unico e semplice ordine che tutti le avevano
impartito: stare al suo posto.
Lisa si
sottopose in modo remissivo a tutti i test che le propinò Stacy,
un’energica quarantenne dall’accento lievemente tedesco.
“Hai
subìto un forte dimagrimento, constatò la donna leggendo la cartella coi dati
di Lisa- Il tuo fisico è asciutto, ma sofferente”.
La
ragazza alzò le iridi verdi al cielo, senza farsi notare: aveva ben due maestri
di judo e un preparatore atletico, in Italia, che le avevano ripetuto le stesse
cose nei mesi precedenti.
Però
quello non era il suo Dojo,
attorno non aveva i compagni di squadra di una vita e gli allenatori che
l’avevano vista crescere.
Con un
respiro profondo Lisa riportò il proprio ego all’ultimo gradino della piramide
alimentare di cui ora faceva parte.
Poi si
accinse a cominciare il test di cooper.
Qualche
piano più in basso Davidsi recava al reparto costumi per parlare con Daniela degli ultimi
ritocchi al proprio abito: aveva lasciato Holly alle prese col tapis-roulant e
la “adductormachine”,
mentre una nervosa Lisa rispondeva ad ogni ordine di Stacy
con uno stoicismo inaspettato e quasi servile.
Le
pressioni psicologiche del giorno prima l’avevano abbattuta, al contrario
quelle fisiche sembravano non toccarla minimamente: la rigida “forma mentis” del judo stava lentamente
emergendo.
Mentre
il moro attore rifletteva su questo e sulla necessità di un caffè, si imbattè in una macchinetta automatica.
Una
chioma platinata si stava chinando per prelevare la bevanda dal distributore:
“Guarda chi si rivede!” esordì David avvicinandosi all’amico.
Una
volta al suo fianco lo vide pallido ed emaciato (e il capello biondonon aiutava a
migliorare il complesso).
Con
un’occhiata al caffè di James l’altro osservò: ”Non credo che ti faccia molto
bene- mise le mani sui fianchi –Che ti è successo?”.
James
scosse il capo: “Giuro che non lo so” mosse il bicchierino con gesti circolari,
rimescolando il liquido fumante, indeciso se berlo o no.
David
cercò qualche moneta nelle tasche e selezionò il pulsante del cappuccino; il
tutto per evitare di fare pressioni su James.
Sempre
con molta calma, tentò di intavolare una conversazione neutra e amichevole:
“Dormito bene?”.
James
alzò la testa verso di lui con uno scatto: “Non mi sembra il momento giusto per
scherzare!”.
Bevendo un sorso di schiuma, David abbozzò un sorriso sapiente: “Come mai
questa coda di paglia? Cos’hai fatto stavolta?”.
L’altro
si guardò intorno con fare circospetto, regalando all’attore al suo fianco una
risata divertita: “Hai visto il diavolo, per caso?” domandò poi David.
“No,
peggio- fu la risposta di James che lo prese per un braccio iniziando a
camminare – Quello che sto per dirti deve rimanere fra noi….Giuralo!”.
David
trattenne l’ennesima risata, sentendosi d’un tratto come un ragazzino per i
corridoi del liceo, e si limitò ad annuire.
Allora
James si fermò, per sussurrare: “Stanotte…- ma si bloccò immediatamente, in un
misto di vergogna e titubanza – L’ho sognata!”.
L’amico
attore non riuscì a celare l’espressione allibita: gli ci volle qualche attimo,
poi andando per esclusione, capì. La risata che si concesse fu spontanea e
incontrollata.
Dall’altra
parte la confusione di James Marsters aumentò; la sua crisi sentimental-spirituale
aveva avuto sul collega l’effetto di una barzelletta. Cosa doveva fare ora?
Avrebbe
voluto piangere come un bambino indispettito, ma raccolse il suo ultimo
briciolo di dignità per simulare un’aria grave e solenne.
David si
fece forza e serrò i muscoli della mascella, tentando invano di tornare serio:
“Vedo che la cosa ti sconvolge- tornò a sorseggiare il suo surrogato di
cappuccino – Che può mai esserci di male in un sogno innocente”.
A tale
frase, James prese a gesticolare e rinunciò al proprio caffè, spedendolo nella
spazzatura: “Non è stato un sogno innocente- mimò con le mani due ali
svolazzanti – Non c’erano allegri uccellini che cinguettavano e castelli
incantati”.
Fingendosi
immensamente interessato, il moro incrociò le braccia e si piazzò a gambe
larghe in mezzo al corridoio: “Ah no?!Allora racconta!”.
In tutta
risposta James si massaggiò le tempie platinate: “C’entrava di più con…notte,
coperte, cuscini…pelle nuda…materiale vietato ai minori, insomma!”.
In un lampo David emerse dalla propria postura canzonatoria e bloccò
l’amico: “Va bene, va bene! Risparmiami i dettagli – lo prese per le spalle con
l’intento di frenare la sua lingua – In parole povere hai fatto un sogno
erotico su una tua collega nonché ex…- si fermò un attimo, dubbioso su come
definire Lisa – Cos’eravate voi?”.
Un impeto
di vergogna fece arrossire James, rendendolo simile a una buffa lampadina
platinata: “Non mi stai aiutando” lo ammonì quello, con tono tagliente.
“Hai
ragione- assentì l’altro – Ma come potrei esserti d’aiuto?”.
In effetti non era una posizione facile, quella di David: non poteva prendere le
parti né di Lisa né di James ed oltre ad essere tra due fuochi, era appena
stato partecipe di una descrizione fin troppo “hard” di un ragazza con cui avrebbe dovuto
girare scened’amore.
Con un
sospiro esasperato, il moro attore lasciò cadere le braccia lungo i fianchi: il
copione sarebbe stato il minore dei suoi problemi, nei mesi avvenire.
gelb_augen: Carissima! Rieccoti qua con i tuoi preziosissimi consigli…Innanzitutto
grazie per i complimenti, sul mio stile, i miei miglioramenti e la storia in
generale!
E finalmente sono riuscita a far apparire Lisa sotto la luce che
le volevo dare: come dici tu, egocentrica, sempre a cercare di emergere…ma piena
di difetti…e tra una risata e l’altra, in questo nuovo capitolo, il suo lato
più umano sta emergendo, causandole diverse botte nei denti…
E comunque, non preoccuparti di apparire insopportabile…sii te
stessa, senza consigli come i tuoi non mi metterei mai in discussione, mentre è
la prima cosa che devo fare per migliorare…Quindi ancora grazie, perché parte
del merito dei miei miglioramenti lo devo a te!!!
Quando
David andò a scontrarsi con Lisa, lei stava ancora masticando l’ultimo boccone
del suo tramezzino al tacchino: se quelli dovevano essere i ritmi serrati del
film, la ragazza avrebbe fatto fatica ad arrivarci in fondo.
L’uomo
abbassò lo sguardo su di lei, e la mente tornò a qualche ora prima:
ricordandosi delle parole di James, delle descrizioni oniriche in cui aveva
accennato a una Lisa “senza veli”, arrossì vistosamente.
Cimentandosi
in una delle sue recite migliori, si finse indifferente: “Siamo a lezione da Stephan”.
Lisa
inghiottì il tacchino trangugiato in un lampo e rispose: “Lo so”.
“Siamo
in ritardo” fece notare l’altro.
“Lo
so!”.
David la
prese per le spalle e la fece girare di 180 gradi: “E siamo giù di qua” precisò
indirizzandola nel corridoio giusto.
La
ragazza obbedì spaesata: se si fosse persa nei meandri degli Studios, l’avrebbero trovata giorni e giorni dopo le
squadre di soccorso.
“Lo
conosci già?” chiese lei riferita al maestro di arti marziali.
“Sì”.
“Dici
che si arrabbierà?”.
Aprendo
la porta della palestra, David inclinò il capo, pensieroso: “Potrebbe essere”.
Lisa non
fece in tempo ad accorgersi del sorrisetto divertito dell’esperto collega, che una
voce la fece girare verso l’angolo più lontano della sala: “Buongiorno!”.
La
ragazza assottigliò gli occhi per focalizzare meglio e si tolse calze e scarpe;
il contatto familiare con il tatami
la rallegrò subito.
Quando
l’istruttore cominciò ad avanzare verso di loro, Lisa dovette inspirare
profondamente un paio di volte, prima di tornare a ragionare.
L’uomo
Vitruviano, Adamo, il David di Michelangelo non erano nulla, a confronto con
l’essere umano di forma maschile che le stava porgendo una mano perfettamente
curata, per presentarsi.
Bocca
sottile, quasi disegnata, sopracciglia marcate, occhi neri e penetranti, fisico
asciutto e ben proporzionato, lineamenti Italo-spagnoli.
Infatti
le parole che fuoriuscirono da una fila di denti piccoli e bianchissimi furono
nella lingua madre di Lisa: “Una mia connazionale, che pratica le arti marziali
e dorme con una pantera- schiaffò un sorriso disarmante in faccia alla ragazza-
Ero decisamente curioso di conoscerti”.
“E io farò in modo di diventarlo, nei prossimi giorni” si giurò lei mentalmente,
contraccambiando la stretta con un sorriso sfacciatamente raggiante.
Avrebbe
voluto prolungare tale contatto oltre i limiti consentiti dal buon costume, ma
col timore di sforare nello stalking, lasciò la presa
e si voltò verso David, aggrappandosi al suo sguardo placido e indifferente.
Questi
conosceva già Stephan e lo aveva incrociato il giorno
prima per i corridoi dell’albergo, così si limitò a rinnovargli il saluto con
un ceno del capo.
“Bene…Sono
abituato a partire in quarta col lavoro- si propose il maestro che, constatò
Lisa, non doveva avere più di 28 anni- Quindi, se non vi dispiace, vi proporrò
una breve carrellata sul tipo di coreografie che avevo pensato per i
combattimenti”
Fece una
breve pausa, in cui si premurò di togliere il respiro a Lisa con uno sguardo
diretto esclusivamente a lei: “Conosci il tessenjutsu?”.
La
ragazza riprese fiato e si limitò ad annuire: tessenjutsu, meglio conosciuta
come “l’arte dei ventagli da guerra”; una danza sensuale e letale allo stesso
tempo. Un po’ comei pettorali di Stephan.
All’improviso un cellulare squillò e fu proprio l’istruttore ad
allontanarsi per rispondere.
Lisa ne
approfittò per allungarsi verso David: “Ti prego- supplicò in un sussurro- Per
il bene del film….dimmi che è gay!”.
Inizialmente
lui rimase spiazzato, non conoscendo Lisa non sapeva se classificare tale frase
come un’affermazione seria o una battuta.
L’aria
stordita della ragazza gli tolse ogni dubbio e rise sommessamente, felice di
aver appurato che lei aveva spirito: “No, molto peggio- abbassò la voce,
lasciando un attimo di suspance - E’ single”.
L’espressione
disperata dell’impotente Lisa sarebbe stata una delle cose più divertenti di
cui si sarebbe ricordato, nei mesi avvenire.
Nelle
due ore successive Stephan dimostrò di essere
estremamente professionale, oltre che bello e affascinante.
Aveva
studiato con dedizione il piano degli allenamenti e propose come primo
approccio una serie di filmati: “Questo è semplicemente il kata del Tessen, la sua forma più pura – aveva spiegato indicando lo
schermo del PC – Le nostre coreografie saranno più complesse e aggressive,
mescolate ad altre arti marziali”.
Lisa
esaminò i passaggi cruciali dei video, ogni volta che Stephan
premeva il tasto di rewind per farle notare una
tecnica particolare.
La
ragazza constatò che si trattava di movimenti del tutto simili al Karate, con
qualche acrobazia tipica del Kung Fu.
“Quei
calci rotanti mi hanno sempreintimorito
– ammise Lisa – Il Judo è uno sport di contatto fisico, per quanto riguarda le
piroette sono totalmente ignorante”.
“Non ti
devi preoccupare – la rassicurò il giovane insegnante – Dove tu non riuscirai,
ci penserà una controfigura”.
In
risposta la ragazza propose una delle sue buffe facce stupite, poi si rivolse
direttamente all’autorevole David: “Io non voglio controfigure”.
L’interpellato
lanciò un’occhiata eloquente a Stephan, l’istante
successivo scoppiarono entrambi a ridere.
La
reazione di Lisa fu accentuata dal rossore che le era salito alle guance: si
sentiva derisa e questo la fece infuriare.
Notando
la rabbia con cui la ragazza stava mettendo il broncio, David si premurò di
tranquillizzarla: “Non preoccuparti, non ti stiamo prendendo in giro;
semplicemente tuo padre ci aveva avvertito che avresti…puntato i piedi a
riguardo”.
Lisa non
se la sentì di controbattere: le braccia incrociate con impertinenza al petto
rendevano già abbastanza l’idea di bambina capricciosa da cui stava cercando di
rifuggire.
Il suo
volere fu accolto all’unanimità, anche se Stephan
sottolineò che la preparazione si sarebbe complicata, per la giovane attrice,
del tutto digiuna dal Tessen.
“Se
siamo riusciti a sciogliere David penso che con te sarà una passeggiata”
ironizzò infine.
Il passo
successivo riguardò proprio le armi di cui si sarebbero serviti durante le
riprese.
Il
maestro estrasse da una cassapanca tre ventagli, del diametro di un braccio,
poi li fece esaminare ai due attori; Lisa trovò il proprio molto pesante e la
presenza di barre di ferro alle estremità spiegò il perché.
Stephan
non fece cerimonie e iniziò immediatamente a proporre alcuni movimenti base col
ventaglio: si pose girato di spalle ai due allievi, in modo che potessero
ripetere i suoi gesti.
Quando
il ragazzo buttò l’occhio alle sue spalle per vedere i risultati dei primi
esercizi, fece un sorriso verso Lisa: “Te la cavi bene”.
Al suo
fianco l’attrice sentì tossicchiare: “Vi disturbo? Volete che vi lasci soli?”
Lisa
esplose in una fragorosa risata, che mise sull’attenti l’inconsapevole Stephan.
Quando
questi si girò nuovamente in avanti, Lisa si sporse verso il collega: “No, ti
prego…Resta!- con un cenno del capo indicò il posteriore del maestro- Devi
assolutamente distrarmi da quello”.
In
risposta David lanciò un’occhiata, fra l’esasperato e il divertito, al
soffitto.
“Ne vedremo delle belle” pensò fra sé, per nulla
dispiaciuto.
Al
ritorno dalla seduta in sala verde, Lisa. David e Holly erano tutti
incredibilmente acciaccati: per ore e ore erano stati costretti a proporre e
riproporre camminate in lungo e in largo, coperti di sensori che captavano ogni
singolo movimento.
Le
quattro menti informatiche più geniali della Century Fox avevano registrato il
tutto con inspiegabile zelo: mentre Lisa simulava una serie di passi sinuosi
sugli “adorati” tacchi, aveva visto quei topi informatici esaltati per la
sequenza di stringhe numeriche che i loro monitor regalavano.
Il solo
pensiero che Alice si trasformasse in uno di loro le ricordò che doveva
chiamarla in serata; tuttavia la priorità in quel momento era accasciarsi sui
divanetti della Hall.
Passarono
pochi istanti in cui la ragazza quasi si commosse per la morbidezza dei
cuscini, poi un muso peloso le si appoggiò in grembo.
Le fusa
della “sorella a quattro zampe” ebbero un effetto ristoratore nella ragazza;
accarezzandole un orecchio lo trovò freddo. Gli addetti dell’albergo si erano
premurati di portarla in giardino.
In tal
modo Lisa poteva fiondarsi direttamente al ristorante e concedersi il primo
pasto decente della giornata: doccia e vestiti avrebbero aspettato, lo stomaco
gridava vendetta.
Così con
fare deciso si alzò dalla sua postazione; la fame le passò del tutto quando le
saltò agli occhi una chioma bionda, girata di spalle: il gesto istintivo che
Lisa si concesse, fu afferrare un Menu con la mano destra e la collottola di
Felina con la sinistra.
Poi si
buttò a sedere al tavolo di David, che stava discorrendo amabilmente al
telefono, probabilmente con la moglie.
Quest’ultimo,
vedendo Lisa con la faccia immersa nella carta dei vini, scosse la testa: “Ti
devo salutare Jamie – disse, facendo poi una pausa – Esatto, hai capito…ti amo
anch’io. Dai un bacio ai bambini”
Subito
dopo si rivolse alla giovane collega, con fare canzonatorio: “Chardonnay o
Pinot Grigio?”.
Con
l’espressione di chi risponde a una domanda retorica e inutile, Lisa lo scrutò
con sguardo circospetto: “Sono astemia”.
“Lo
immaginavo – David prese possesso del paravento improvvisato – Basta con questo
teatrino”.
Passarono
pochi attimi e i posti liberi al loro tavolo furono occupati da Daniela e
Holly. Proprio quando la sala era ormai gremita dallo staff al completo, una
voce fece sobbalzare Lisa: “Allora è questo il tuo animale da compagnia”.
Con
molto disappunto la diretta interessata alzò lo sguardo su uno splendido Stephan, agghindato di tutto punto, con camicia e jeans
stinti che gli donavano quasi più della tuta con cui l’aveva visto nel
pomeriggio.
Lisa era
così intenta a interrogarsi su cosa fosse più bianco, se i suoi denti perfetti
o la camicia inamidata, che quasi non sentì la domanda del maestro di arti
marziali: “Posso sedermi qui? Sempre che alla tua pantera non dispiaccia…”.
La ragazza
scosse distratta la testa e con un gesto ordinò a Felina di spostarsi.
“Posso
accarezzarla?” a tale domanda Lisa abbassò il capo e scese dalle nuvole: la
pantera aveva bruciato le tappe e ora se ne stava col testone appoggiato in
grembo a Stephan; la padrona sussultò, timorosa che
il ragazzo potesse spaventarsi e scatenare il putiferio con qualche gesto
brusco. Tuttavia l’animale e lui si stavano limitando a scrutarsi con
curiosità.
Lisa scoppiò
a ridere e si strinse nelle spalle: “Ormai vi siete presentati, non avete più
bisogno di me”.
Qualche tavolo
più in là James stava assaggiando il suo antipasto, quando gli giunse all’orecchio
la risata cristallina di una voce femminile, a lui ben nota.
Grande errore
fu quello che fece nel girarsi verso la fonte del suono: ciò che vide ebbe un
effetto pungente sui suoi sensi: Lisa
sorrideva radiosa, rivolta a un ragazzo giovane e decisamente carino (anche se
James era ben consapevole che ciò che lui, da uomo, definiva carino, per una donna era il più delle
volte spettacolare).
Entrambi
stavano ricoprendo di attenzioni una soddisfatta Felina, che contraccambiava il
gesto con generose leccate alle mani del bel sconosciuto.
A malincuore
l’attore si lasciò sfuggire un sospiro; la pantera non era mai stata così
affettuosa nei suoi confronti: “Avrà un sesto senso per gli stronzi” bofonchiò
fra sé e sé, facendosi comunque sentire da Ludovic che cenava al suo fianco.
“Come
dici, scusa?” lo interrogò quest’ultimo.
Ignorando
la domanda, James gliene pose un’altra, con fare distratto e disinteressato: “Chi
è il tizio al tavolo di David?” non fece neppure lo sforzo di girarsi verso il
diretto interessato.
“E’ il
maestro di arti marziali della Corte di Diamante; uno dei tanti amici di
Leonard”.
“Se li
sceglie bene” osservo James, omettendo di proposito il soggetto –femminile-
della frase; poi tracannò il bicchiere di vino che si era appena versato.
Il seguito
della serata fu leggero e spensierato per Lisa: rimase nella sala di lettura
dell’albergo coi suoi colleghi, a guardare un’insolita Felina giocare con Stephan.
Quando il
maestro di Tessen si offrì di accompagnare pantera e
relativa padrona alla loro camera, Lisa non ebbe nemmeno un attimo di
esitazione; si fidava di Felina, credeva fermamente nel suo sesto senso e nella
simpatia che riponeva in quel ragazzo.
Difatti il
tragitto dalla hall alla stanza fu interamente occupato dai mugugni divertiti
dell’animale, ogni volta che Stephan la stuzzicava
con una tirata di orecchie o uno spintone; giunta a destinazione, Lisa era
ormai convinta di essere il terzo incomodo del momento.
Aprì la
porta con la tessera magnetica e fece un fischio per richiamare l’attenzione
dell’amica a quattro zampe; quest’ultima smise di rincorrere il nuovo compagno
di giochi per il corridoio e si infilò con un mezzo ruggito nella camera, quasi
a voler dire “Ho vinto io!”
Solo allora
Lisa si accorse che alla maniglia penzolava la solita cartellina col programma
del giorno seguente: la afferrò e cominciando a contemplarla varcò la soglia
della camera.
Quando si
girò per richiuderla si trovò a un palmo dal naso di Stephan:
“Non mi saluti nemmeno?”.
La sorpresa
di ritrovarselo lì, con un piede oltre la soglia, appoggiato allo stipite, fu
troppo anche per la glaciale Italiana. Balbettando una mezza scusa ritornò sui
suoi passi: “A dire il vero la più maleducata è Felina- lanciò un occhio al
letto per vederla lisciarsi placidamente il pelo- Lei è letteralmente scappata!”.
Stephan
si aprì in un sorriso mozzafiato e riempì il corridoio con una risata vibrante:
“A dire il vero è stataestremamente
educata e…discreta” disse l’ultima parola abbassando il tono della voce.
In tutta
risposta, Lisa ordinò mentalmente ai propri occhi di non spalancarsi nella loro
tipica posa da pesce lesso.
“Respira…Respira e fingi
indifferenza…E non guardargli il torace” troppo presa dalla propria opera di convincimento,
la ragazza lanciò un occhiata in basso, sulla tabella di lavoro.
Rimase a
bocca aperta, quando l’attenzione le cadde sulle parole “Prova copione”,
relative alla mattina dopo: non immaginava che la parte relativa al film vero e
proprio sarebbe cominciata così presto.
Tutt’a
un tratto nella sua testa non c’era più spazio per i denti perfetti o i pettorali
o lo sguardo ammiccante di Stephan.
All’improvviso
due mani forti entrarono nel suo campo visivo, afferrando la cartellina: “Questa
la prendo io!” esclamò il ragazzo con un tono tra l’indispettito e il
divertito.
Cercando
di restare seria, Lisa rinsaldò la presa e cominciò a supplicare, ma quel tira
e molla non fece altro che avvicinarla di più al Maestro di arti marziali.
Fu così
che tra un “Ridammela!” e una risata, la ragazza si trovò avvinghiata in un
mezzo abbraccio, la cartellina ormai irraggiungibile.
Non fece
nemmeno in tempo a capacitarsi della situazione che alle sue spalle udì una
serie di passi in avvicinamento; quando Lisa riuscì a buttare l’occhio dietro
di sé era ormai troppo tardi.
Una figura
maschile, di spalle e col cellulare all’orecchio, stava aprendo una porta, o
meglio la porta di fronte alla camera dell’Italiana.
James si
voltò e senza interrompere la conversazione fucilò Lisa con le sue iridi
ghiacciate.
Il primo,
vero sguardo dopo mesi di lontananza e la ragazza percepì una profondità tale
in quell’occhiata carica di odio, che tremò sulle gambe, ringraziando per un
istante di essere sorretta dall’abbraccio di Stephan.
Il biondo
attore varcò la soglia della propria stanza, poi si girò nuovamente a fissarla,
perforandola con una nuova occhiata: “Notte Pat –parlò
al telefono- Anch’io ti amo”.
Detto ciò,
semplicemente, chiuse la porta con un colpo deciso.
romina75:
eccoti!! D’accordo, sono una pessima ritardataria, ma mantengo sempre le
promesse…e ben 1 anno –e 30 capitoli fa- avevo promesso che questa sarebbe
stata una Fanfic completa!
Come promesso…ho riaggiornato subito…ora che ho più tempo per me,
mi rivedrai molto spesso nelle“ultime
storie”….Grazie per essere ancora qui.
Buon capitolo!!
“Tesoro
non puoi immaginare! Avrei voluto sprofondare!”
Lisa allargò le braccia e calcò il tono della voce, ad enfatizzare il concetto.
Dall’Italia
una sempre sincera Alice non potè fare altro che
sospirare: “Non ti invidio cara mia…E l’aitante istruttore come l’ha presa?”.
L’altra
si sedette al tavolo del ristorante, pronta per la sua super colazione:
“Secondo te? Ero più interessata all’ordine del giorno che a lui” fece roteare
vistosamente gli occhi, quasi a voler coinvolgere nella conversazione David,
seduto di fronte a lei.
“Ma…James…
–si informò Alice- Puoi descrivere con precisione il tipo di sguardo che ha
usato? Magari hai frainteso!”.
“Frainteso?! –sbottò l’altra- Mi ha
letteralmente demolita. E’ stata…una mitragliata a bruciapelo. Devo avere
ancora i fori, da qualche parte” con fare ironico finse di esaminarsi il
vestito di lana grigia.
A quella
battuta David quasi si affogò col caffè; non voleva riderle in faccia, ma non
poteva resistere all’ingenua simpatia dell’italiana.
“E ora
come farai? Rischi di incontrarlo tutte le mattine…più di quanto non rischi
già!” constatò Alice.
Lisa
stette un istante immobile: “Chiederò di cambiare stanza”.
“Sono
tutte occupate” la risposta giunse, inaspettata, proprio da David.
“Come
non detto –bofonchiò sovrappensiero la ragazza, poi si rivolse all’amica
–Aspetta un attimo…tu capisci l’Italiano?” concluse poi, questa volta
interrogando David.
“Io sono di origini Italiane”.
Dopo una
frazione di secondo, in cui Lisa fece il bilancio dell’ennesima figuraccia,
appurò che in confronto agli sfondoni degli ultimi giorni quella era poca cosa.
“Comunque
–riprese di nuovo al cellulare –Hai per caso sentito le altre?”.
“Solo di
sfuggita, due giorni fa –Alice si insospettì- Perché me lo chiedi?”.
“Tanto
per sapere- l’amica assaggiò uno scialacquato caffè americano- Ho scoperto che
il giorno del Ringraziamento cade la terza settimana di Novembre. Se non avete
esami potreste fare un salto qui!”.
Uno
sbuffo dispiaciuto oltrepassò l’oceano e raggiunse Lisa: “Sono mortificata
tesoro, ma credo che gli impegni di Mary e Laura siano inconciliabili con i
miei. Sarà dura riuscire a combinare tutto”.
L’altra
storse il naso delusa e rispose con un rassegnato: “Non importa, vorrà dire che
rimanderemo!”
Le due
si congedarono, poi Lisa si concentrò interamente sulla colazione. O quasi…
Al
tavolo insieme a lei e David c’erano i tecnici degli effetti speciali, tutti
presi nelle loro discussioni tecnologiche e virtuali, di conseguenza la ragazza
si concesse una battuta azzardata: “Come avrai intuito ieri la serata non si è
conclusa in modo tranquillo”.
“Già” fu
la laconica affermazione che ricevette dal collega.
Con fare
circospetto Lisa appoggiò la tazza calda sul piattino: “Come facevi a sapere
che tutte le camere dell’Hilton sono occupate?”.
In
risposta ricevette un imbarazzato silenzio, che si concluse con la semplice
frase: “Stamattina James ha chiesto che gli fosse cambiata la stanza- sospirò
David con la faccia immersa nel Washington
Post- Ma non è stato possibile”.
Tale
affermazione lasciò Lisa di stucco: il biondo attore che le toglieva tuttora il
respiro l’aveva preceduta, facendo di tutto per allontanarsi da lei.
“Esci dalla mia vita” gli aveva ordinato; l’obbedienza
da lui dimostrata si rivelava ora persino dolorosa.
Davvero
James aveva accettato l’oceano posto da Lisa a dividerli?
Apparentemente
senza alcun motivo valido, se non quello di farsi del male, Lisa domandò: “Ti
ha parlato di…qualcosa…riguardo ieri
sera?”.
David
espresse la sua contrarietà inarcando entrambe le sopracciglia: “Non ho
intenzione di fare da medium in questa faccenda- alzò un indice con fare di rimprovero-
Ricorda quello che ti ho detto: lavora sodo e..”
“E stai
al tuo posto” lo interruppe la ragazza sbuffando; inghiotti quella faccenda con
l’ultimo sorso di caffè e si preparò allo studio del copione.
Tale
fase del lavoro si sarebbe svolta direttamente nel padiglione dei fondali: vari
operai stavano realizzando alla velocità della luce la “Corte di Diamante”, un
soppalco che si sviluppava su 4 piani sfalsati, sezionato su un lato, come una
gigantesca casa delle bambole, per consentire delle rapide carrellate a
tutt’altezza.
Lisa
rimase abbagliata dal candore del set, ormai imbiancato nella sua totalità: per
la prima volta prese contatto con la grandiosità del film, in parte creato da
lei stessa.
Ludovic
e suo padre discutevano in un angolo, profondamente concentrati e ignorarono la
presenza dei due attori.
Solo
dopo qualche minuto di apatia, Leonard si voltò con aria di rimprovero verso la
figlia: “Lisa, non devi aspettare me per dare il via- le parlò in Italiano,
accentuando l’intimità di quel richiamo- Non sei una semplice attrice, ma anche
quella che ha creato i personaggi. Spetta a te istruire David”.
Quest’ultimo,
nella sua limitata conoscenza della lingua, aveva afferrato il concetto, così
annuì, ad incoraggiare la collega: “Ha ragione. Chi meglio di te conosce la
storia?- prese il proprio copione- E non sentirti in soggezione”.
Con un
sospiro teso la sceneggiatrice in erba aprì il fascicolo con le battute del
giorno; David non sbagliava, la storia era una sua creatura, infatti le
bastarono pochi secondi per inquadrare la scena a cui si sarebbero dedicati in
giornata.
La
ragazza sapeva che lo sviluppo delle riprese dei film non andava praticamente
mai di pari passo con l’ordine cronologico della trama, più per motivi
logistici che per altro; tuttavia quella coincidenza non potè
che strapparle un sorriso amaro.
Scuotendo
la testa si accinse a contestualizzare la scena, con un tocco di ironia nella
voce: “Siamo a quasi un terzo del racconto: Raina, la
protagonista, torna a casa dopo la ricognizione che l’ha portata faccia a
faccia con l’uomo amato, che credeva morto -quasi faticò a raccontare- Il Re la
vede turbata e la interroga sul perché”.
Le due
ore successive furono dedicate allo studio di dieci, quindici battute a testa,
non di più: David aveva bisogno di inquadrare il proprio personaggio e Lisa non
aveva mai recitato fino ad allora, così si trattò di una piacevole seduta di
confronto, al termine della quale Leonard e Ludovic vollero visionare lo stato
di avanzamento del lavoro.
La
ragazza sfogliò smarrita le pagine che aveva fra le mani, cercando uno dei
passaggi chiave; lo indicò a David che annuì.
Con
molta ansia Lisa prese posto appoggiata a una balaustra della scena; si impegnò
ad assumere l’atteggiamento caratteristico della protagonista: teso, severo, ma
placido, di chi è in pace col mondo benchè
bersagliato da un vortice di negatività.
David le
si avvicinò, con una lentezza quasi snervante, ma era il risultato che voleva
ottenere: chi ha l’eternità davanti non ha mai fretta.
Poi con
estrema delicatezza i accostò alla schiena di Lisa, aderendovi completamente; i
visi erano accostati, la ragazza sentiva il respiro di lui nell’orecchio,
tuttavia senza che quella vicinanza estrema le procurasse imbarazzo.
Tale
contatto risultava professionale, pur nella sua intimità, e la fece sentire
stranamente rassicurata.
Poi
David cominciò a parlare: “Chi era?” domanda netta, concisa, esplicitamente
riferita a James, o meglio, a Lucius, il suo
personaggio.
Colpita
da un improvviso nervosismo, Lisa rinsaldò il contatto con il collega,
aggiungendo involontariamente ulteriore intensità alla scena.
Con la
gola secca la ragazza rispose: “Qualcosa che è rimasto” mantenne lo sguardo
fisso nel vuoto, sapendo che pure David stava facendo lo stesso.
“Ma che
non ti appartiene più” puntualizzò il Re della Corte.
Con un
sospiro denso di significato, Lisa ribattè: “Ti
sbagli: sono io che non appartengo più alla vita- fece una pausa e inarcò un
sopracciglio, continuando la sua parte- Te ne sei forse dimenticato?”.
Il suo
primo, fulmineo sketch era terminato.
Dalle
loro postazioni Ludovic e Leonard si guardarono, ammutoliti.
Fu
proprio il regista a proferir parola per primo: “Accidenti ragazzi…Rimpiango di
non avere qui tecnici delle luci, truccatori e costumi di scena- allargò le
braccia incredulo- Era perfetta!”.
La
ragazza sentì la tensione del collega sciogliersi e d’un tratto le parve di
avere un morbido cuscino alle spalle; con gran dispiacere non riuscì ad imitare
David e restò lì, arpionata alla balaustra.
“Possiamo
riprendere col lavoro, ora?” chiese con voce roca, niente a che fare col timbro
profondo che aveva tenuto durante la recitazione.
Un cenno
del padre le diede risposta affermativa e Lisa sbuffò profondamente, per poi
tornarsene al suo sgabello e al suo rassicurante fascicolo.
“Qualcosa
non va?” domandò quasi in un sussurro David.
La
giovanissima attrice si passò una mano sulla fronte, scostando qualche ciuffo
ribelle troppo corto per stare nello chignon; davvero tante cose della sua
vicenda si riflettevano nella trama del film.
Quanto a
lungo sarebbe riuscita a tollerarle?
“Lo
scoprirò” mormorò poi, rispondendo sia alla domanda di David, sia a quella che
nascondeva dentro di sé.
Il
rientro in albergo, quella sera, fu come l’arrivo in terra santa, per Lisa.
Non
pensava che recitare qualche battuta l’avrebbe lasciata coi muscoli così tesi
ed indolenziti: quando nel pomeriggio si era dovuta dedicare alla lezione di Tessen, aveva faticato a seguire i movimenti fluidi del
maestro Stephan.
La
compagnia di Holly e dell’istruttore aveva alleggerito l’atmosfera opprimente
della mattinata; le risate con gli altri due compagni erano continuate fino
alla sala ristorante, dove ora si apprestavano a cenare.
Quella
sera niente menu a lâ carte, l’accolse invece un più
spartano buffet, attorno a cui si accalcavano in un centinaio, tra comparse,
tecnici e costumisti.
Mentre
un inserviente consegnava a Lisa il guinzaglio a cui era legata l’amata Felina,
la ragazza fu colta da un’improvvisa stanchezza; era solo il terzo giorno di
lavoro e già accusava il colpo.
In
attesa del proprio turno, Lisa si appoggiò a una parete, isolandosi dal forte
brusio della sala.
Quando
una mano le picchiettò sulla spalla, in un gesto che poteva solo significare “vorrei passare”, la ragazza si sollevò
di scatto, pronta a scusarsi.
Prima
ancora che l’immagine davanti a lei fosse registrata e interpretata dal suo
cervello, la pantera cominciò a ringhiare.
Una
chioma bionda e due occhi di ghiaccio urtarono la vista di Lisa: “fastidio” fu la sensazione che la
pervase.
Non
tristezza o rabbia, ma più semplicemente insofferenza; mentre quella stessa
mattina i ricordi del passato l’avevano stordita, la realtà del presente fu per
lei un prurito insistente, nulla di più.
Le
fatiche della giornata le impedirono di reagire, così se ne restò lì, immobile,
fissando con aria di attesa quel volto che l’aveva emozionata così tanto.
La voce
di James fu quasi un sibilo: “Permesso”.
La
banalità di tale parola risvegliò l’animale ferito che giaceva ancora sopito dentro
Lisa; con aria di sufficienza rinsaldò la presa sul guinzaglio e si strinse
ancora di più addosso la sua corazza invisibile.
“Passa
pure” rispose quasi ringhiando, come avrebbe probabilmente fatto Felina se ne
fosse stata in grado.
Nulla di
più, niente di speciale o particolarmente doloroso.
romina75:
bene, è cominciata la gara a chi di noi due sarà più veloce a scrivere Jahahahah!
A parte gli scherzi…ammetto che sto continuando a caricare,
caricare e caricare la trama di tensione. La vera masochista sono io!! Quando verrà
il momento dell’esplosione, si rischierà di cadere nel cataclisma più totale…No
dai, non voglio essere tragica, però riconosco che non è facile gestire INSIEME
due personaggi che insieme NON CI DEVONO e NON CI VOGLIONO STARE: è inevitabile
che i momenti di incontro si tramutino in realtà in momenti di scontro…e nel
prossimo capitolo la cosa sarà ancora più evidente.
Grazie ancora per la tua assiduità ..e per i complimenti, ovviamente!!
A presto!
Un mese più tardi
Quella
fu solo una delle molte frecciate che i due si lanciarono nelle settimane
successive, ma per Lisa valeva più di tutte le altre: l’aveva vissuta come una
dichiarazione di guerra.
La
ragazza sospirò, accingendosi a provare una delle coreografie di combattimento
con David.
Era
ormai metà Novembre, la Corte di Diamante era bella che finita; coi suoi
baldacchini e tappeti di pelliccia candida, prometteva di diventare il must
dell’anno in fatto di moda d’arredamento.
Lo
studio del copione era a buon punto e i tecnici degli effetti speciali stavano
già lavorando all’elaborazione elettronica dei primi spezzoni di film.
In quel
gelido pomeriggio autunnale, Lisa e David avrebbero affinato gli ultimi
dettagli a una delle scene più faticose e spettacolari del film: si trattava di
5 minuti in cui Raina e il suo Re simulavano un
intenso allenamento di guerra, intervallato da battute di copione taglienti e
provocatorie riguardanti Lucius, o meglio James,
nella veste di cattivo.
La
difficoltà stava nel riproporre ogni movimento alla perfezione, senza accusare
neppure un minimo tremolio nella voce: gli Immortali non possono avere il
fiatone.
Lisa
prese posto a un lato del padiglione della sala verde, cercando di ignorare i
fastidiosi sensori che le ricoprivano il corpo.
Poi
afferrò due ampi ventagli bianchi, forniti di barre di ferro che simulavano le
lame; David la attendeva, in posizione di difesa, proteggendosi dietro due
ventagli neri, che in movimento creavano un effetto scenico di contrasto,
rispetto a quelli candidi della ragazza.
Dopo un
breve sospiro Lisa partì: in primis si esibì facendo roteare le armi, poi
cominciò con i finti calci e fendenti.
Pur
essendo lame fittizie un loro colpo lasciava comunque lividi e ammaccature,
così David stette attento a colpirla solo con la parte di tela dell’arma.
Finito il
primo scambio di tecniche lui parlò: “Non è questo che mi aspettavo da te-
simulò un calcio rotante e Lisa girò le spalle per evitarlo- Sei la Regina”. La
frase alludeva allo sketch che avrebbe
preceduto quello che stavano girando: Raina, di
fronte al Re di Tenebra, si era rifiutata di combattere.
Tutte scene
che dovevano ancora essere immortalate su una pellicola cinematografica, ma che
Lisa temeva già.
La ragazza
lasciò che un flash le percorresse la memoria: risaliva a tre settimane prima,
quando, alla fine dell’ennesima giornata di prove, aveva indugiato qualche
minuto fuori dalla camera d’albergo; Laura l’aveva chiamata per accordarsi su
un’eventuale visita negli States ed erano rimaste a
ridere e scherzare più del dovuto.
A un
certo punto la porta di James si era aperta e lei se lo era trovato lì, con la
sua usuale impertinenza.
L’aria
nel corridoio si era addensata a tal punto che persino Laura aveva smesso di parlare.
Il biondo
attore e Lisa si erano fissati a lungo, “senza
motivo”, avrebbe raccontato lei in seguito, nessuna parola era uscita dalle
loro labbra, nessuna espressione descrivibile era passata sui loro volti.
Quell’attimo
di stallo era finito quando James aveva richiuso la porta, tornando nella sua
tana.
“Qui la
temperatura è scesa improvvisamente di 10 gradi- aveva commentato sardonica
Laura- Lì come va?”.
Anche in
quel momento, nella sala verde, c’era dannatamente freddo e Lisa si infuriò nel
rendersi conto della cosa.
“Una
regina non deve niente a nessuno- continuò a recitare- Prima di tutto è sovrana
di se stessa” caricò i fendenti successivi di una furia che non aveva mai usato
prima, tanto che David stentò a starle dietro.
Il flash
successivo la raggiunse di sorpresa, spiazzandola.
Risaliva
al giovedì precedente; Lisa era appena entrata in ascensore, quando un tlinl’aveva avvisata che qualcuno aveva
prenotato la chiamata, prima che le porte si chiudessero del tutto, così si
erano riaperte.
Girandosi,
dentro di sé sapeva già chi il destino le aveva riserbato di trovare alle sue
spalle; James non fu una sorpresa.
Con uno
sbuffo all’unisono i due si erano scrutati in un gioco di forze basato su
sguardi vuoti e insensibili; alla fine James aveva ceduto e senza battere
ciglio si era diretto verso le scale.
Solo Felina
aveva mugugnato, compiaciuta di quella piccola vittoria.
Pure nel
presente Lisa mugugnò, un ansito di fatica e rabbia che diede enfasi alla
piroetta che fece, lanciando un ventaglio contro il collega.
Come da
copione, questi lo evitò- nel film sarebbe stato inserita una scena in cui
David lo prendeva al volo, con l’aiuto degli effetti speciali. Poi afferrò il
braccio di Lisa, rimasto teso, traendola a sé.
Arrivando
a un palmo dal suo naso le alitò in faccia le semplici parole: “Tu appartieni a
me”.
Fu il
netto applauso di Ludovic a interrompere l’atmosfera elettrica che si era
creata.
Non era
nelle intenzioni di Lisa sfogare la frustrazione dell’ultimo mese su David, ma
lì per lì era stato inevitabile.
“Complimenti
ragazzi- li raggiunse la voce di Leonard- Ottimo lavoro; direi che qui abbiamo
finito. Andate pure a cambiarvi”.
Lisa annuì
e prendendo le distanze da David si diresse all’angolo dove aveva lasciato i
suoi vestiti: mentre Ben, uno dei decnici degli
effetti speciali, la liberava dai sensori fu ragguinta
dal solare Stephan: “Sei stata grande- le cinse le
spalle con un braccio e si rivolse a David- Insieme siete due combattenti
perfetti; sono un insegnante fortunato”.
Lisa gli
sorrise lievemente mentre beveva dalla sua bottiglietta, ringraziandolo con una
pacca sulla schiena; non riuscì a elargire abbracci o altri gesti di affetto,
doveva restare immobile per farsi togliere di dosso i fastidiosi chip.
Alan, un
ragazzino poco più che maggiorenne ma geniale nel settore dei computer, stava
riservando lo stesso trattamento a David, qualche metro più in là.
“Come
va?” le chiese l’attore, in un italiano dal forte accento inglese: aveva preso
a rivolgersi a lei nella sua lingua madre, ogni tanto, spesso per divertimento,
più raramente per parlarle senza farsi capire dagli Americani circostanti.
La maggior
parte delle volte Lisa rispondeva sghignazzando per i suoi errori di pronuncia,
ma in quel caso non potè fare a meno di notare il
tono serio nella sua voce.
“Me la
cavo” rispose brevemente.
“Prima
ti ho vista molto tesa”.
La ragazza
trasse un respiro profondo e lo guardò negli occhi; già una volta si era
sentita dire quella frase.
Era successo
qualche giorno prima, durante uno dei buffet allestiti per cena; Lisa si era
trovata in fila davanti a David, James che attendeva il proprio turno –ironia della
sorte- davanti a lei.
A un
certo punto un inserviente aveva fatto cadere un cabaret di salmone affumicato
e i presenti in prima fila avevano indietreggiatobruscamente, creando un effetto Domino.
Così James
era stato spinto all’indietro, finendo su Lisa, che era caduta addosso a David.
Per una
frazione di secondo si era trovata schiacciata tra i due, annaspando in cerca
di aria, benchè ce ne fosse in abbondanza.
La mossa
successiva di James era stata la scelta peggiore: si era girato per scusarsi
con chi aveva involontariamente
calpestato; purtroppo quel chi era
proprio Lisa, sorretta alla bell’e meglio dall’abbraccio improvvisato di David.
Quell’ennesimo
ricordo la fece sospirare e con sguardo neutro fece un cenno alla tutina
aderente con cui era inguainato David, tenuta d’obbligo per le riprese in sala
verde: “Ti dona- scherzò, cambiando volutamente discorso- Ci vediamo a pranzo?”.
Lui scosse
la testa: “Oggi no, ho promesso di mangiare fuori con…” indugiò sul nome
finale.
Tale tentennamento
portò Lisa a roteare gli occhi, in un misto di stizza e stanchezza: “Con lui…Ho capito” completò infine la frase,
un po’ delusa.
Fingendosi
imbronciata indossò una tuta felpata su quella di scena: “Sono gelosa” scherzò
poi.
David sorrise,
passandosi un asciugamano sul viso sudato ma perennemente sereno: “Non dirlo
troppo forte- la canzonò- Ci sono orecchie indiscrete ovunque”.
Lisa gli
lanciò il tappo della bottiglia: “Sai cosa intendo: dover condividere le
persone e le cose della mia vita con lui
mi rende…frustrata- era ormai seria, quando accartocciò la bottiglia di
plastica fra le mani- E a volte pure un po’ sola”.
David sospirò,
intento a fissarla mentre recuperava il tappo per riavvitarlo.
Erano quasi
due mesi che lavoravano insieme, a volte anche 10 ore al giorno e molto spesso in
compagnia solo dell’altro; un duetto lavorativo molto affiatato. Volenti o
nolenti, si erano ritrovati a conoscersi, a volte in modo sorprendente anche
per loro stessi.
Raramente
Lisa aveva elargito complimenti o accenni di sensibilità, in quell’arco di
tempo; dopo l’iniziale stupore, David si aprì in un sorriso di piacere.
“Persone della sua vita”…In quell’espressione Lisa aveva
compreso pure lui; alla fine aveva trovato i suoi equilibri, in quel mondo
difficile, fatto di volti, luoghi e ritmi del tutto nuovi.
Ma ogni
tanto dimostrava ancora la sua fragilità di ventenne, davvero matura per la sua
età, ma forse un po’ troppo per riuscire a gestirlo.
Senza privarsi
del suo eterno mezzo sorriso, David rispose alla considerazione di lei: “E a me
fa sentire a disagio essere chiuso su due fronti- recuperò i propri vestiti,
pronto ad andarsene- Non sono molto bravo a giocare nel ruolo della Svizzera”.
Lisa si
lasciò contagiare dall’aria pacifica del collega e rise: “Non dirlo a me, che a
Risiko sono una frana” nello stesso momento in cui pronunciò tale frase, la sua
mente le ripropose una carrellata di tutti i flash di James, dal suo arrivo a
Los Angeles fino ad allora.
In effetti
era vero il contrario: si era dimostrata fin troppo corretta con lui e la cosa
la sorprese; solo qualche tempo prima aveva reagito alla sua vista facendo
letteralmente esplodere una bottiglia.
A malapena
si riconosceva, in quella sua nuova tranquillità.
Un lieve
buffetto di David la risvegliò dall’ennesimo viaggio mentale della mattinata: “Oggi
pomeriggio non ci sarò. Mi raccomando, comportati bene”.
Lisa fece
finta di non capire ma il dito puntato del suo collega le comunicò che lui non
aveva abboccato: “Promettimelo!” insistette l’attore; gli bastò un cenno del
capo come conferma, prima di dirigersi alla doccia più vicina.
In effetti
quello era un giorno particolare: Lisa avrebbe recitato per la prima volta
senza di lui.
Ormai le
scene che coinvolgevano esclusivamente i loro due personaggi, all’interno della
Corte, erano pronte: era il grande momento delle scene di battaglia, con
riprese in esterna.
Quasi con
sdegno la ragazza prese il copione: quella sera Raina
avrebbe incontrato Lucius.
Holly
raggiunse Lisa in camera sua e la trovò con l’inseparabile cellulare
all’orecchio.
“Chi è
delle tre?” chiese la Messicana, riferendosi palesemente alle amiche-sorelle
della collega.
“Marina”.
“Ah…salutamela.
E dille che non vedo l’ora di conoscerla!”
Lisa
tradusse e riferì il messaggio, poi riprese il discorso in Italiano: “Ormai
cominciano a formarsi le prime scene fatte e finite, con tanto di effetti
speciali- fece una pausa, poi rise- No, non credo proprio che Ennio Morricone
scriverà le musiche…a riguardo siamo ancora in alto mare”.
Dopo
alcune battute scherzose, le due si salutarono dolcemente.
“Quale
delle tre sposerai?” domandò divertita Holly.
“Tutte!
Non potrei mai separarmi da nessuna di loro- Lisa sbuffò e prese il copione-
Com’è il tempo, fuori?”.
L’altra
storse il naso: “Pove a dirotto!”. In risposta ebbe l’espressione esasperata
della compagna: “Sarà un inferno far lavorare Felina sotto l’acqua!”.
Scacciò
con un movimento del capo il dolce e impertinente ricordo di lei e James, sotto
al temporale, la sera del loro prima bacio.
“Risparmieremo
sugli effetti speciali” concluse brevemente prima di uscire. Destinazione: gli Studios, per la seduta di trucco e vestizione.
In
effetti la scena fatidica dell’incontro si doveva svolgere sotto una pioggia
battente e qualcuno da lassù aveva esaudito tale necessità.
Lisa
alzò il capo al cielo delle quattro di pomeriggio, ormai buio pesto.
“Mi vuoi prendere in giro?” chiese mentalmente a quel qualcuno, mentre attendeva l’arrivo del
Chrysler di sevizio.
Ormai
Lisa e Holly erano abituate alle tre ore che ogni giorno trascorrevano sotto le
mani di Daniela e Lorianne, ma quel giorno erano
tutti incredibilmente tesi: capelli, vestiti e trucco avrebbero dovuto
resistere alle secchiate d’acqua del temporale e ogni cosa doveva essere
calcolata alla perfezione.
Mentre
una delle assistenti sistemava le extension di Lisa,
arrivò Stephan, con pugnali, ventagli e varie armi di
scena: “Tutto bene?” salutò Lisa con un buffetto sulla guancia.
Lei nel cercare
di girare la testa verso di lui, ricevette un forte strattone alla nuca:
“Ahia!- con una smorfia di sofferenza lo guardò, riflesso della specchiera-
No…E’ tutto un disastro”.
L’istruttore
la consolò con un caldo sorriso: “Dici sempre così, e tutte le volte va alla
grande”; mentre parlava si dedicò ai pugnali di Holly, già pronta a partire, e
la aiutò a indossare i foderi.
Lorianne
afferrò con forza il mento dell’italiana, a intimarle di stare ferma: il
mascara era sempre una tortura per la ragazza.
Giusto
in quel momento arrivò pure Leonard: “E’ tutto pronto: come avevamo accordato
ci sarà lo sketch di lotta con le comparse, poi lo scambio di battute con Holly
e la corsa sui tetti”.
Lisa fu
costretta a combattere con un immenso pennello da cipria per riuscire a
guardare suo padre negli occhi: “Dovrò fare il cambio scarpe…Daniela, le puoi
mettere in macchina per favore?- gridò alla costumista, che correva da una
parte all’altra del camerino- Quanto dobbiamo fare in fretta?”.
La
tempistica sotto la pioggia era il problema preminente: Lisa non poteva far
attendere macchinari e quasi 30 persone, tra cameramen, tecnici e comparse per
un suo errore o per distrazione.
“Non
vorremmo ripetere le scene più di due volte l’una..-specificò il regista-
Massimo un’ora e mezza: il temporale sembra calato e ne approfitteremo”.
Lisa
portò una mano alla fronte e in risposta fece il saluto del militare: dire sissignore avrebbe fatto infuriare Lorianne, che le stava mettendo il lucidalabbra.
Con uno
scatto l’attrice fu in piedi, pronta a indossare le guaine dei ventagli; Stephan le fu subito dietro e la sentì sbuffare per la
tensione: “Com’era il punto di stacco?- chiese al maestro- Due pugni, calcio
alto, poi tiro fuori i ventagli e…”
“E alla
fine calcio rotante rasoterra- completò per lei Stephan-
Smettila di ripetere la lezione, l’hai imparata a memoria”.
Lisa
chiuse gli occhi e si sciolse le spalle, inguainate dalle cinghie dei ventagli:
Stephan gliele afferrò e con una stretta delicata
fece per massaggiarle.
“Stasera
sarai molto più rilassata e serena- il ragazzo fece una pausa in cui Lisa restò
nel silenzio più totale- Ci vediamo stasera a cena?”.
In
quell’istante il clacson del Chrysler Sedan annunciò
a Lisa che era il momento di andare in scena; con un cenno veloce del capo
rispose a Stephan: “Va bene! Ci sentiamo quando torno
in albergo!”.
Poi
corse verso l’auto, proteggendosi con un mantello lungo fino ai piedi.
Appena
fu dentro Holly le domandò: “Cosa voleva?”.
Lisa si
sistemò sul sedile posteriore: “Niente…Mi ha solo detto che ci vediamo a cena”.
La
chioma voluminosa della compagna si girò di colpo verso di lei: “Cosa?!”.
L’italiana
la fissò con sguardo interrogativo: “Ti vedo stupita…”.
Holly si
battè una mano sulla fronte: “Certo che sono stupita…Stephan ti invita a cena e tu me lo dici così, come se
niente fosse?”.
Lisa si
sistemò contro lo schienale e riflettè; quando le
parve di aver rimesso insieme tutti i pezzi del puzzle, aggrottò la fronte:
“Dici sul serio? Era un invito, quello?”.
L’unica
risposta che ricevette fu uno sconfortato: “Sei senza speranze”.
La scena
era stata allestita a 5 minuti dagli Studi al chiuso, all’interno dei recinti
della Century Fox; un tragitto breve, che alla ragazza parve fulmineo, per la
miriade di pensieri che la pervadeva.
Non
sapeva a cosa dare la priorità, se al copione, a James, o all’imminente
appuntamento con Stephan.
Quando
si ritrovò sotto una pioggerellina insistente, in mezzo a fari, telecamere e
binari perle riprese veloci, scollegò il cervello e corse verso il padre.
Si
sorprese di trovare lo staff del regista sotto una tenda che li proteggeva a
malapena da acqua e fango: era incredibile come si passasse dal budget
milionario del film a scene improvvisate di quel tipo.
Al suo
arrivo una manciata di comparse in bianco si liberò di k-way e impermeabili,
pronti a girare la scena, già provata mille volte in interna.
Noncurante
delle fastidiose gocce che lo imperlavano, James se ne stava in mezzo al
fondale, fumando una sigaretta, con a fianco l’attore che gli faceva da co-protagonista:
David Gallagher.
Lisa lo
conosceva per il ruolo di Simon, nel Telefilm “Seven Heaven”; tuttavia il ragazzo che
aveva di fronte, moro, corredato di piercing e tatuaggi di scena, non aveva
nulla a che fare con l’angelico biondino della serie TV. Prometteva, con
quell’interpretazione, di diventare il nuovo idolo dlle
ragazzine, al pari di Robert Pattinson e Orlando
Bloom.
Entrambi
gli attori le lanciarono un’occhiata distratta, fingendo di non vederla.
Avendo
evitato la corte di Tenebra per settimane, Lisa non aveva stretto amicizia con
nessuno dei suoi membri, compreso Gallagher.
Holly lo
aveva descritto come un ragazzo alla mano, che vedeva però in Lisa –sue
testuali parole- una spocchiosa figlia di papà. L’influsso di simpatia che era
emanato da James di sicuro non migliorava il quadro.
Lisa
fece spallucce e si liberò del mantello, restando sotto la pioggia.
“Tutti
in campo! Si gira!- gridò Leonard battendo le mani- Chi deve comparire solo
nella scena terza esca dal fondale”.
Riferimento
molto esplicito, quello; la figlia del regista rabbrividì dal freddo, mentre i
due-soli- interessati si allontanavano
con snervante lentezza.
Mentre
anche le comparse dei Cuore di Tenebra si sistemavano alle postazioni
prestabilite, Lisa e Holly si affiancarono, in attesa del segnale di inizio.
Fu una
mezz’ora intensa, in cui i figuranti si videro costretti a ripetere il
combattimento più delle due volte canoniche accordate col regista: il suolo
bagnato causava diversi scivoloni, ma dopo 4 tentativi i cameramen avevano
riprese a sufficienza per montare la scena.
Quando
Lisa si rifugiò sotto la tenda, accanto a Ludovic, fu solo per pochi istanti:
la pioggia aumentava d’intensità e c’erano alcune battute da interpretare,
affiancata da Holly e Felina.
Il tempo
di una ritoccata al trucco e ai capelli, poi Lorianne
la lanciò letteralmente sul set.
I
successivi dieci minuti furono impiegati per convincere la pantera a salire sul
tetto di un finto edificio, alto tre metri; fu un’impresa recitare e
contemporaneamente obbligare l’animale a stare fermo: l’altezza non la
convinceva e quando fu ora di girare la corsa sui tetti fu ben felice di
catapultarsi giù dalla scala.
Più di
una volta guardò la padrona con aria interrogativa, quando questa le ordinò di
ripetere il tragitto, per pure esigenze di riprese da varie angolazioni.
La
registrazione aveva già sforato di quasi un’ora dai tempi stabiliti, quando
Ludovic annunciò il ciack della scena clou.
Durante
la sua corsa David Gallagher –alias Drake- si sarebbe buttato da
un’impalcatura-torretta, fingendo di colpire Lisa e mandarla al suolo.
La
regola di Lisa “niente controfigure” l’aveva costretta a dedicare un pomeriggio
di prova alla scena, con lo stesso Gallagher.
La
novità sarebbe stata la comparsa di James, tecnicamente molto semplice da
interpretare, ma quell’improvvisazione tormentava Lisa da diversi giorni e
nemmeno James era da meno.
Mentre
la ragazza aspettava il ciack del padre, si scrollò di dosso il gelo che le
stava penetrando le ossa: la pioggia si ostinava ancora a inzupparla da capo a
piedi.
Quando
all’orecchio le giunse l’urlo del regista ebbe un attimo di tentennamento.
Poi
scattò in avanti, Felina al suo fianco, contando i secondi che la dividevano
dall’impatto col collega attore.
Con la
coda dell’occhio lo intravide, un attimo prima che Gallagher si lanciasse
simulando uno spintone; l’impatto fu più violento di quanto pattuito.
Lisa
cadde, fingendo solo in parte, con il naso a toccare l’asfalto del set; in sala
prove si trattava di parquet e non era gelido e fradicio, così l’impatto la
immobilizzò.
Per
Felina quello non era un gioco: la padrona era stata aggredita e ringhiò con
l’intento di proteggerla.
Tale
suono avvertì la ragazza che doveva ritornare in sé: molto lentamente si
sollevò sulle braccia e girò il capo.
Come da
copione Gallagher rimase lì, un mezzo ghigno sul volto sbarbato, prima di
arretrare di un passo; era il momento per Lisa di rialzarsi in piedi.
Con
movimenti precisi e studiati si portò a pochi passi dal ragazzo, la mascella
serrata per nascondere i denti che battevano.
Uno
scatto delle mani e queste furono armate dei letali ventagli bianchi: era il
segnale.
James
uscì dall’oscurità, concedendosi prima nella penombra, per portarsi solo
gradualmente sotto i riflettori.
Un tuono
fece sussultare Felina, che si lamentò irritata; la padrona invece riuscì a
trattenersi, ma un nodo si strinse alla bocca del suo stomaco: tanti saluti
alla cena con Stephan.
Una
folata di vento la riportò alla realtà e all’impassibile recitazione della
Regina.
Solo
allora si rese conto di una cosa: lui
la stava guardando con un’intensità che il copione non prevedeva.
Le gocce
d’acqua rendevano i lineamenti del viso ancora più affilati, il disegno dei
pettorali sotto la maglia nera, appariva fin troppo evidente.
Lisa
indietreggiò di un passo, sentendosi schiacciata dal ghiaccio di quello sguardo
magnetico.
Passò
qualche istante, prima che il segnale dei due registi le permettesse di correre
via, per poi saltare giù dall’impalcatura.
A
pellicola conclusa, la scena sarebbe terminata con una fuga nella notte,
affiancata da Felina.
Tuttavia
in quel momento, ad accoglierla a terra ci fu un materasso ad aria, per
attutire la caduta.
Il
frastuono che seguì le parve ovattato e lontano; alcuni applaudivano, altri
urlavano di smontare immediatamente le attrezzature, altri correvano a proteggere
le telecamere.
Una
coperta fu buttata sulle spalle di Lisa e lei nemmeno si rese conto di chi
aveva compiuto tale gesto.
Le prime
parole distinte che udì furono quelle di Ludovic: farfugliava qualcosa riguardo
alle luci, al riflesso causato dall’acqua, mentre un trafelato Leonard smentiva
tutto; il ciack era stato perfetto e la pioggia battente avrebbe impedito
risultati migliori.
Afferrando
distrattamente un asciugamano, Lisa rientrò nel Chrysler di servizio.
Non
rivolse una sola parola, neppure uno sguardo a nessuno dei presenti.
Si
avvolse nel suo mantello improvvisato e disse solo: “Andiamo in albergo”.
La
ragazza smise di tremare solo quando giunse nella Hall, i vestiti gocciolanti e
la coda di capelli che lasciava un rivolo al suo passaggio.
Si fermò
alla reception per scusarsi col portiere: “Perdonami Jack, ma non resistevo più
sotto il temporale- si appoggiò spossata al bancone- Potresti farmi portare un
accappatoio?”.
Mentre il
biondino obbediva gentilmente, Lisa rimise in ordine le idee; la prima scossa
le fu data da una consapevolezza: Felina era rimasta da sola sul set. Mai prima
di allora l’aveva abbandonata.
Senza
aspettare che Jack finisse la chiamata Lisa gli ordinò: “Avvisa subito mio
padre che mi riporti al più presto la pantera”.
Con aria
spaesata il ragazzo assentì e digitò in fretta e furia sulla tastiera; dopo una
breve attesa ricevette risposta da uno degli assistenti del regista, già sulla
strada per l’Hilton con una scalpitante Felina nel bagagliaio.
Il
sospiro di sollievo di Lisa fu subito seguito da un secondo, questa volta di
sconforto: egoista, egocentrica, boriosa, individualista…questo era stata negli
ultimi 10 minuti; questo era ciò che
James aveva fatto emergere con un semplice sguardo.
Nulla
era rimasto dei nobili intenti maturati negli ultimi mesi; David ne sarebbe
rimasto deluso.
Fu il
suo ultimo pensiero, poi si trascinò verso l’ascensore, un soffice cappuccio di
spugna a nasconderle la testa dalla vergogna.
Si
accasciò sulla pulsantiera, sognando il suo letto, ma l’impertinente tlin fece
riaprire le porte.
Con
disperazione Lisa appoggiò lo sguardo sulla figura che si trovò di fronte.
James.
Di nuovo. Davvero il destino voleva essere tanto crudele con lei, quella sera?
Forse fu
la stanchezza, forse il delirio portato dalla febbre che sentiva salire…o forse
Lisa sentì qualcosa di umano nella visione di un James fradicio tanto quanto
lei, gli occhi azzurri cerchiati da occhiaie che entrambi condividevano.
Fatto
sta che nella mente della ragazza si aprì uno spiraglio, una possibilità di
riscatto dal declino delle ultime ore…e forse degli ultimi mesi.
Nel
tentativo di parlare, le labbra le parvero incollate fra loro; la gola bruciò
quando da essa uscirono le gracchianti parole: “Dobbiamo per forza essere così
incivili?”.
Nell’esatto
istante in cui pronunciò tale frase, Lisa se ne pentì: la voce scemò
riducendosi in un sussurro.
L’uomo
non parve sorpreso, non si abbandonò ad espressioni che lasciassero trapelare
le proprie emozioni; abbassò il capo, solo per un attimo, e quando lo rialzò
Lisa vi trovò dipinta una smorfia, simile a un sorriso di convenienza che la
colpì più di quanto avrebbero fatto mille parole di offesa.
Fu
quello che James fece subito dopo, a toglierle il respiro: con tranquillità
l’uomo infilò solo il braccio dentro all’ascensore, restandone fuori. Poi
premette il pulsante che avrebbe portato Lisa al suo piano. E
contemporaneamente rispose: “Già…”.
Quando
le porte si chiusero, celando del tutto il viso severo di James, Lisa si sentì
in un solo modo: demolita.
L’uomo
aveva lanciato un bussolotto di dinamite nell’ascensore e poi l’aveva fatto
esplodere.
La
ragazza si guardò intorno, quasi a cercare i pezzi da recuperare, per
ricomporsi, ma non c’era nulla che la potesse aiutare dentro la piccola cabina.
Improvvisamente
si sentì soffocare, come se qualcosa le stritolasse la gola e ci mise qualche
secondo a capire: lacrime.
Senza
ricordare come si facesse, Lisa si piegò su se stessa e pianse.
romina75:
carissima….concordo con te: David è adorabile, l’ho voluto far apparire proprio
come lo definisci tu, ironico, calmo, paterno e premuroso.
Per quanto riguarda il film…ti dirò, in realtà doveva essere una
FF a parte, nata in un periodo un po’ difficile della mia vita. Poi senza
volere le due storie si sono affiancate e la soluzione di unirle è venuta da sé.
So che stai aspettando uno scontro, e arriverà…ma la mia idea è gia delineata e ti svelo che dovrai aspettare ancora due o
tre capitoli…
ElleBaker:
grazie per i complimenti (ricevuti via e-mail)…James è davvero odioso in questo
momento…a volte quasi mi dimentico che …noooooooooo!
Non posso dire nienteeeeeee….no vabbè, a parte gli scherzi: preparati al peggio,
perché un atteggiamento tanto fetente non può passare impunito. E vedo che come
me….adori Felina….senza di lei la storia non sarebbe la stessa, mi ci sono
proprio affezionata!
A tutti voi, commentatori e non…buona
lettura!!!
Quando
l’ascensore raggiunse il piano David restò un attimo interdetto; fissando il
mucchietto di stracci bagnati buttato in un angolo, si chiese chi l’avesse
lasciato lì.
E
sobbalzò con una punta di spavento quando dagli asciugamani uscì il rumore di
un singhiozzo.
“Lisa…sei
tu?” con una mano bloccò le porte dell’ascensore e si diresse verso la ragazza:
“Cosa è successo?” tastando la stoffa trovò quella che gli parve una spalla e
la strinse.
Lisa si
scosse per la sorpresa e alzò il capo: gli occhi rossi, il viso rigato di
lacrime e i capelli ancora fradici.
Distogliendo
lo sguardo dall’amico, Lisa singhiozzò: “Sono un disastro!”.
Le porte
dell’ascensore fecero per richiudersi e David fu costretto a bloccarle con un
piede: “Può essere…Ma andiamo a parlarne fuori di qui”.
Con
delicatezza la aiutò ad alzarsi e la accompagnò fino alla sua camera; lungo il
tragitto Lisa gli raccontò, tra i singulti e le lacrime, quello che era
accaduto, prima sul set e poi nella Hall.
David la
ascoltò attentamente, un braccio a cingerle la vita e a darle conforto. Poi le
aprì la porta e la fece sedere sul letto.
“Aspetta-
esordì lui- Vado a prenderti il tuo accappatoio”.
Lisa si
soffiò il naso e scosse la testa: “No non importa, ci penso io- si alzò
liberandosi dei teli bagnati- Aiutami solo a slacciare l’imbragatura dei
ventagli”.
David
obbedì, abituato a compiere tale gesto dopo ogni ripresa e si accorse che la
pelle della ragazza era più calda del dovuto.
In pochi
secondi Lisa andò in bagno, si liberò degli indumenti fradici restando in
biancheria e si coprì con un nuovo accappatoio, caldo e asciutto. Poi tornò in
camera, dove David la aspettava, seduto su una poltrona, con aria visibilmente
preoccupata.
“Come
stai? Tutto quel freddo deve averti fatto salire la febbre…Avevo detto a tuo
padre di rimandare…”.
Lisa si
sedette sul materasso, lasciandosi cadere su un fianco, stremata, con la testa
sul cuscino e le gambe penzoloni.
“Lascia
perdere- sbuffò poi- Quella maledetta pioggia è l’ultimo dei miei problemi- fece
una pausa e alzò gli occhioni verdi verso l’amico attore- Adesso cosa faccio?”.
David
sospirò e con un mezzo sorriso si protese in avanti: “Ti comporti da donna
delle caverne”.
Vedendo
l’espressione interrogativa sul viso perfettamente truccato di Lisa, si lasciò
scappare una risata: “Ti ha detto di essere incivile: tu obbedisci”.
Le
labbra carnose della ragazza rimasero imbronciate, così l’altro si affrettò a
puntualizzare: “Sto scherzando”.
“Non fa
ridere” sbottò la ragazza rannicchiandosi ancora di più.
“Lo so”
ammise David prima che calasse il silenzio.
“Non
puoi farci nulla- la risposta le giunse dopo qualche minuto- siamo a metà
Novembre e le riprese non finiranno prima di Febbraio. Tra una cosa e l’altra
dovrete lavorare gomito a gomito per altri quattro mesi”.
L’attore
fece una pausa di riflessione: “Inoltre la maggior parte delle riprese richiede
la vostra presenza congiunta”.
Lisa
sbuffò, infastidita dal discorso e si drizzò a sedere: “Non mi stai affatto
aiutando”.
“Questa
è solo la realtà-la rimbeccò lui severo- Non ti deve piacere o aiutare. Devi
solo prenderla per quello che è”.
La
ragazza si accoccolò nella posizione di poco prima: “E’ ridicolo…L’inesperta
attricetta ventenne che deve essere superiore al navigato attore di
quarant’anni...Ridicolo”.
David si
strinse nelle spalle: “Normalmente ti darei ragione; ma l’attricetta ventenne
in questione sei tu. Cambia tutto”.
Lisa non
aveva ancora compreso del tutto la frase del collega, che qualcuno bussò alla
porta.
David si
premurò di andare ad aprire e per poco non cadde, quando un’agitatissima Felina
gli passò attraverso le gambe, per poi catapultarsi fra le braccia della
padrona.
“Cucciola
mia!- la accolse lei stringendole il testone nero- Scusa, scusa, scusa. Non
succederà più”.
L’attore
sorrise, sollevato nel vedere la ragazza nuovamente serena, poi si girò a
ringraziare l’inserviente che l’aveva riaccompagnata.
Fece
fatica a celare la sorpresa quando, invece di uno dei camerieri, si trovò di
fronte il suo maestro di arti marziali, Stephan;
quest’ultimo era altrettanto imbarazzato, quando salutò David: “Nessuno
riusciva a tenerla al guinzaglio- disse riferendosi alla pantera- L’ho solo
“scortata” fino a qui”.
Per
evitare fraintendimenti David aprì del tutto la porta e lo invitò ad entrare: “Vieni
dentro. Lisa è a letto: ha un po’ di febbre”.
La
ragazza si sentì mancare: aveva completamente dimenticato l’appuntamento col
ragazzo: “Oddio Stephan…Mi dispiace- si accinse a
spiegarsi- Le riprese sono durate più del dovuto e poi ho avuto…un contrattempo.
Ora mi preparo!”.
L’altro
la interruppe, lasciando il moro attore lì presente sempre più attonito: “Non
preoccuparti, sarà per un’altra volta”.
David ci
mise un attimo a fare due più due e con molta non-chalance
congedò gli altri, non prima di aver ripetuto una decina di volte a Lisa di
provarsi la febbre, stare al caldo e non uscire.
Una
volta fuori dalla stanza tirò un respiro profondo e prese in mano il telefono,
per chiamare la moglie Jaime; forse un miracolo, nei mesi successivi, lo
avrebbe salvato dall’analisi.
Il
mattino seguente Lisa si svegliò alle sei, a causa di un fortissimo mal di
testa, probabilmente dovuto dal diluvio della sera prima.
A
premere contro il suo corpo c’era il caldo manto di Felina, nessun’altra
presenza le aveva fatto compagnia, in quella funesta nottata.
Dopo
molti –vani- tentativi di persuasione, Stephan aveva
salutato gentilmente Lisa, augurandole di guarire presto; inutile inventare
scuse, la faccia della ragazza era una maschera di tristezza e lui nulla
avrebbe potuto contro i mille pensieri che le ronzavano in testa.
Presa da
un attacco d’ansia, Lisa si era buttata sul cellulare, intenzionata a chiamare
le sue amiche; con grande rammarico, nessuna delle tre aveva risposto.
Con
qualche calcolo aveva poi appurato che in Italia era notte fonda, così si era
rimessa a letto, trascinandosi fino a mattina un’emicrania di dimensioni
pachidermiche.
Dopo
qualche barcollamento, Lisa si impossessò di una pastiglia di analgesico,
speranzosa che fosse abbastanza forte da convincere la scimmietta che batteva i
piatti nella sua testa di piantarla.
Le era
bastato qualche passo nella camera buia per svegliare l’amica pantera: “Ti va
uno spuntino, tesoro?”. Le chiese dolcemente giocherellando con un orecchio
vellutato.
Quando
uscì dalla porta quasi le venne un colpo nel veder dondolare la solita,
malefica cartellina alla sua maniglia: non era pronta a ritrovarsi di nuovo
faccia a faccia con James.
La
sorpresa fu grande appena lesse le poche righe che sostituivano gli usuali
papiri:
“David mi ha informato della
febbre. Hai la giornata libera. Gran lavoro ieri sera. Leonard”.
Professionale,
conciso, senza smancerie o sviolinate. Si era perfino firmato col nome e non
semplicemente “papà”.
Ma la
frase “Gran lavoro ieri sera”
racchiudeva tutti i sorrisi, gli abbracci e i complimenti che il regista non
aveva avuto il tempo di elargire.
Stringendo
la cartellina, la ragazza sorrise: suo padre era fiero di lei, chi o cosa
avrebbe potuto mai fermarla?
Non le
serviva l’ascensore, voleva correre giù per le scale, gareggiando con Felina;
si fece portare la colazione nella sala relax dell’albergo, mentre la pantera
sgranocchiava un osso ai suoi piedi.
Anche se
quel giorno non avrebbe lavorato cominciò a leggere il copione con le scene dei
giorni avvenire e fece un paio di calcoli: era mercoledì, il giorno seguente si
sarebbe festeggiato i Ringraziamento e Ludovic avrebbe lasciato tutti in
vacanza fino al lunedì successivo.
Le
riprese più impegnative sarebbero state quelle riguardanti la cattura di Lucius/James e relativi dialoghi col personaggio di Lisa:
la ragazza avrebbe dovuto esercitarsi col biondo attore, almeno quattro
pomeriggi a settimana.
David si
era offerto di sostituirlo, almeno nelle prove iniziali, ma Lisa stessa aveva
declinato la proposta. Ora come ora, tuttavia, tornare suoi propri passi le
sembrava grandioso.
Con un
gesto pratico la ragazza si raccolse i capelli in una cipolla disordinata: il
lato estetico e d’immagine non la interessava minimamente al di fuori del film.
Alzò il
braccio verso il portiere e lo chiamò.
“Sveglia
all’alba anche oggi?” la interrogò il biondino con gentilezza.
“Avevo
mal di testa; che quotidiani italiani avete oggi?”.
Jack
alzò lo sguardo in aria con fare pensieroso: “credo ci sia ancora qualche copia
de “Il Giornale”…vado a controllare”
La
ragazza sorrise per poi dedicarsi alle coccole con la sorella pantera.
Poco
dopo nel suo campo visivo entrò una copia del giornale richiesto, accompagnata
da una voce femminile che…intonava l’inno d’Italia.
Inizialmente
Lisa non capì: da diversi mesi parlava Italiano solo di rado e la sorprese
sentire le parole “fratelli d’Italia,
l’Italia s’è desta”; inoltre la prima pagina de “Il Giornale” le occupava tutta la visuale.
Ma
quella voce non poteva essere confusa con altre; in un lampo Lisa strappò il
giornale dalla misteriosa mano…che si rivelò essere di Laura.
Un
attimo di sorpresa, prima di rendersi conto che aveva dinnanzi a sé Marina,
Alice e Laura, poi si aprì in un urlo di gioia, buttandosi fra le braccia delle
sue migliori amiche.
“Cosa
diavolo ci fate qui?!” domandò con le lacrime agli occhi, stretta a Laura e
Alice, il viso affondato nei morbidissimi capelli di Marina.
“Mi sta
per venire un infarto!”.
“Anche a
noi…se non allenti un po’ la presa!” scherzò Laura contraccambiando l’abbraccio
soffocante.
Il gesto
successivo fu un leggero buffetto alla nuca, opera di Alice: “Credevi che ti
avremmo lasciata sola il Giorno del Ringraziamento? Grazie per la fiducia!”.
“No…è
che io…davvero, non ho parole” farfugliò Lisa.
“Beh, sarebbe
la prima volta da quando ti conosco!” rise Marina.
“Come
siete arrivate fino qui?”.
Alle
loro spalle una voce rispose in inglese: “Ti è piaciuta la sorpresa?”.
Holly
spuntò dalla Hall a braccia spalancate, radiosa come mai era stata in mesi di
lavoro.
“Questo
è opera tua?” Lisa strabuzzò gli occhi.
“Solo
l’idea…Lo ammetto, non è tutto merito mio!”.
Con un
braccio alzato sopraggiunse David: “Per la parte logistica rivolgiti a me-
sorrise compiaciuto e incrociò le braccia al petto- Tuo padre non aveva tempo
per organizzare tutto, così a delegato la cosa a me”.
Lisa si
strinse nelle spalle visibilmente imbarazzata: aveva condiviso settimane intere
con i due colleghi, il lavoro li aveva letteralmente sommersi, ma senza
privarli di quello sguardo in più che gli aveva permesso di legarsi a lei.
Per
quanto quella strana ragazza fosse volubile e fredda all’apparenza, Holly e
David avevano colto tante piccole cose di lei, che avevano imparato ad amare.
Lisa li
aveva scelti come personaggi della sua storia, ma alla fine si erano scelti a
vicenda come compagni di quel viaggio.
“Grazie
mille. Non so cos’altro dire- Lisa era davvero a corto di parole, l’avevano
sempre messa a disagio regali e sorprese- Io non ho nulla per contraccambiare”
e in effetti non aveva valutato la possibilità che il Ringraziamento sarebbe
stato come un secondo Natale.
“E
invece puoi fare una cosa- David si piegò verso il suo orecchio per
bisbigliarle- Non pesare a James, almeno per oggi, e vai a divertirti- tornando
al suo solito tono di voce arretrò di qualche passo e concluse- Risparmiaci le
tue lamentele per le prossime ore”.
Holly
sorrise e annuì scherzosa: “Esatto: basta paranoie per un po’”.
Laura
fece un radioso sorriso e intervenne: “Non ho capito assolutamente nulla di quello
che vi siete detti, quindi mi sembra ora di passare a cose più interessanti”.
Lisa
scosse la testa, tra l’esasperato e il divertito: si era quasi dimenticata
della sfrontatezza dell’amica.
“Ti
riferisci forse a un giro di ispezione nella nostra suite, pettegolezzi e
shopping?” si informò sarcastica Alice. Naturalmente domanda retorica.
Le ore
seguenti furono dedicate alle valigie: le ragazze sarebbero rimaste poco meno
di due settimane, quindi il loro bagaglio era molto limitato.
O
meglio, lo sarebbe stato, se non si fosse trattato delle tre fuori di testa con
cui Lisa era cresciuta.
In breve
la loro presenza all’Hilton Hotel aveva ricreato il caos con cui le quattro
trascorrevano allenamenti, serate e giornate intere.
Tutto
ciò aveva innegabilmente frastornato Lisa: la sua mente non aveva ancora
assimilato l’ultima pugnalata e ora doveva vedersela con tubini, tacchi a
spillo e accessori vari.
Tra una
risata di Marina e uno schiamazzo di Alice, successe una cosa inaspettata.
Come se
nel cervello di Lisa fosse avvenuto un crollo, la ragazza si sedette sul letto,
improvvisamente estraniata da tutto.
Alle
amiche bastò quel semplice gesto per capire che qualcosa non andava.
“No no,
vi prego- si scusò in fretta Lisa- E’ solo un attimo di…bah, non ho nessun diritto
di comportarmi così- con un gesto della mano scacciò i pessimi castelli in aria
che si stava costruendo- siete venute qui in vacanza, per divertirvi, sarei
solo un’egoista a…”.
Marina
la interruppe: “Piantala con queste idiozie- abbandonò una maglia di seta blu
nell’armadio- Non siamo qui solo per divertirci, siamo qui per te, con tutti gli annessi e connessi del caso”.
Laura le
si sedette accanto: “Mettiamola così: sputa il rospo più velocemente che puoi,
così dopo ci dedicheremo alle cose piacevoli”.
Dopo
qualche sbuffo svogliato, non ci volle molto perché Lisa “cantasse”: era già la
seconda volta che si vedeva costretta a raccontare quel doloroso ricordo, ma si
sentì in qualche modo in obbligo verso le tre amiche, così spiegò tutto per
filo e per segno.
Alla
fine Alice scosse la testa: “So che ciò che sto per dire non sarà d’aiuto
ma…-piantò gli occhi su Lisa- Come diamine farai a lavorarci insieme?”.
Marina
tentò di zittirla ma fu inutile.
“Davvero
non capisco; quale malsana idea è passata per la testa di quel…come si chiama?
Ludovic? Capisco che lo show-business sia un mondo di squali, ma perché gettare
in pasto proprio te? E proprio con lui?”.
Lisa
sospirò sconfortata: “Devo deluderti cara: la critica comincia a infarinare i
primi articoli sul film; per ora sono più che positivi. A quanto pare la scelta
di James nel cast è stata un colpo grosso”.
Laura le
afferrò con un gesto affettuoso lo chignon che aveva in testa e la scosse:
“Tesoro… diciamo che in questo momento ti è concesso tutto, ma a un patto: ci
deprimiamo fino all’ora di pranzo- le schioccò un bacio sulla guancia- poi ti
prego…usciamo insieme a divertirci”.
Il
sorriso di Lisa valse come un dolce ma sofferto “Sì”.
Marina
colse la palla al balzo e uscì dalla camera, diretta nella Hall per prenotare
il servizio in camera.
Le ci
vollero qualche tentativo e molte parole spiegate a gesti, per ordinare salmone
affumicato e spiedini di pesce, ma la pazienza di Jack alla fine la fece
tornare in ascensore trionfante.
Mentre
saliva una ragazza si infilò all’ultimo tra le porte, prima che si chiudessero.
“Sorry” si scusò con Marina e lei si limitò a sorriderle.
Poi si
chiese che ruolo svolgesse nel film; forse era una truccatrice, o una comparsa,
ma lo scarso inglese di Marina la convinse a non indagare.
A gran
sorpresa fu l’altra ad attaccare bottone: “Lavori qui”.
Beh,
perlomeno l’aveva capita, così Marina si lanciò nella risposta: “Sono amica di
una delle attrici. Ono qui in vacanza. Tu invece?”. Ora che la guardava bene
era certa di averla già vista da qualche parte; doveva proprio essere del cast.
E
invece: “Pure io: sono qui solo per il Ringraziamento- poi le porse la mano-
Comunque piacere, il mio nome è Patricia”.
Tali
parole furono un lampo di luce per l’italiana; la mano tesa di quella sconosciuta
sembrò stringerle lo stomaco, anziché la sua, di mano.
ElleBaker: rispondo qui alle tue e-mail, come sempre…lo so, ci ho
messo più del solito, e questo sarà un capitolo di transizione…il tempo per
trascriverli è quello che è…ma ne ho già altri due praticamente solo da
riscrivere a PC….per quanto riguarda il povero David…a volte mi sento un po’
sadica a torturarlo così, ma mi sono troppo affezionata al suo personaggio,
quindi gli vorrà molta pazienza!
E la mia Felina?a volte giro per casa e mi chiedo dove sia…ma cavoliiiiiiiiiiii…ufff…ok, la
smetto di dire idiozie.
Poi….quell’inutile figura
di Patricia…ho la nausea a pensare che l’ho dovuta inserire nella
storia…vedessi com’è nella realtà….ti chiedi come fa James Marsters
a stare con una schifa così…mah….ora ti lascio…a presto!!
romina75:
ciao cara, scusa il ritardo…ma gli impegni sono stati troppi questo mese…
se
ti può aiutare…come hai scritto tu nel commento precedente…stai sicura che
almeno IO ho avuto il fumo alle orecchie quando ho scritto la parte di
Patricia….ARGH…quindi, con molta calma, continuo a caricare la bomba….ahahahah!!!
buona
lettura!
Al tlin
dell’ascensore David rimase qualche istante immobile: era perso nei suoi
pensieri e non si aspettava di trovarsi di fronte una delle amiche di Lisa, con
un’altra ragazza…ma un attimo: la conosceva!
“Ciao
Patricia! Stai bene?” la salutò con un mezzo sorriso imbarazzato; lei
contraccambiò il saluto, aggiunse poche parole, che Marina non capì, prima di
dileguarsi in camera.
L’italiana
restò impalata dentro l’ascensore, gli occhi stralunati, senza alcuna
intenzione di uscire.
Si limitò
ad alzare un dito in perfetto stile “E.T,
telefono-casa” per indicare il punto dove prima c’era Patricia.
David
capì al volo e annuì con un laconico “Yes”.
“Oh myGod!” Marina non fu in grado
di aggiungere altro a quella frase fatta.
Il moro
attore la invitò ad uscire dal suo nascondiglio, barcamenandosi con poche
parole in italiano: “Portate Lisa fuori, tutto il giorno- poi concluse, quasi
con un lampo di genio- E anche stasera: organizzo io!”.
La
ragazza trattenne il respiro, mentre ascoltava quella sfilza di ordini, poi
corse nella stanza di Lisa, sperando che il brunch arrivasse presto.
Sotto
consiglio di David fu Holly ad accompagnare le ragazze in giro per Los Angeles:
Lisa a malapena era uscita dall’albergo durante le riprese e faticava ancora ad
orientarsi nella grande metropoli.
Furono
le tre amiche a trascinarla nei negozi di alta moda, Lisa non avrebbe mai avuto
voglia, soprattutto quella mattina, di tuffarsi dentro vestiti griffati di
Valentino, Dolce&Gabbana o Chanel.
Suo
malgrado si innamorò di un abito rosso firmato Yves Saint-Lauren, allora Holly
estrasse quella che Alice definì “l’ottava meraviglia del mondo”.
“E’ una
carta di credito della Century Fox- spiegò stampandosi sul viso ebano un
sorriso di perle- il 30% viene detratto come spesa aziendale e il negozio
appone un ulteriore sconto del 50%: le star che indossano un abito firmato sono
la miglior pubblicità che uno stilista possa sognare”.
Mai
parole furono prese così sul serio: le tre turiste si provarono ogni paio di
scarpe, vestito o accessorio che le vetrine di lusso offrivano.
Quando
Holly notò che quell’esaltazione femminile cominciava a creare curiosità fra i
passanti, diresse le altre nel più vicino Starbucks.
Laura si
fece descrivere in un inglese misto spagnolo tutti i prodotti del listino,
anche se Holly era certa che quando ordinò un mocaccino-ice,
non aveva ancora capito cosa fosse.
Mentre
esaminavano soddisfatte gli acquisti, Alice domandò: “Potremo assistere alle
riprese?”.
Lisa e
Holly si guardarono , quest’ultima fece spallucce: “Penso non ci siano
problemi, dovremo accordarci con tuo padre”.
Proprio
allora il cellulare della messicana squillò: un messaggio “E’ David: ha
prenotato la cena in un ristorante giapponese- finendo di leggere aprì
ulteriormente il suo sorriso- e per concludere avremo un tavolo prenotato nella
discoteca più in di L.A.!”
Alice e
Laura non trattennero un gridolino e si diedero il cinque.
Lisa. In
risposta, si scosse di dosso le negatività della giornata e si sporse in avanti
in un gesto di complicità: “E se chiedessi un piccolo favore a Lorianne?”.
Marina
aggrottò la fronte mentre le altre due già scalpitavano, così Lisa spiegò: “E’
la make-up artist della Corte di Diamante: vi
andrebbe una piccola seduta al salone del set?”.
La
risposta fu tanto impetuosa che tutti i presenti nel locale si girarono verso
il loro tavolino.
Holly
non si trattenne e anche la sua timidezza scemò in una risata.
L’aperitivo
che si concessero alle sei del pomeriggio fu l’ennesima tappa chic del loro
tour di L.A.: d’altra parte avere a disposizione uno dei Chrysler di servizio
con rispettivo autista aveva i suoi vantaggi.
Sedute
di fronte a una vetrata al trentesimo piano di un grattacielo, presero a
sorseggiare i loro drink.
“E
pensare che all’inizio del lavoro ero spaventatissima da Lisa”
La
diretta interessata bevve il suo analcolico alla frutta e si girò sbigottita
verso Holly: “Non me l’avevi mai detto”
L’altra
scosse la voluminosa chioma riccia: “Sembravi un dittatore…con quei copioni!”
“E i
blocchi di appunti!- la incalzò Laura- Allora non sei proprio cambiata”.
La
messicana alzò una mano sventolando l’ombrellino del suo cocktail: “E’ riuscita
a intimorire persino il povero Stephan: penso che
prima di lei non avesse mai ricevuto un due di picche così”.
Tre paia
di occhi si spalancarono, per poi puntarsi sulla colpevole: “Non ci hai mai
informato neppure della sua esistenza!” rimbrottò Laura con una punta di
risentimento.
Lisa
alzò gli occhi al cielo: “Appunto! Provate a immaginare quanto peso ho dato
all’episodio”.
Alice
sbuffò e cercò appoggio nella dolce Holly: “E’ davvero senza speranze”.
“Assolutamente-
fu la risposta- E quando vedrete Stephan mi darete
ragione: stasera anche lui festeggia con noi!”.
Laura
alzò il braccio: “Affermo ufficialmente che non ho gli stessi problemi della
mia amica qui presente…Mi prenoto!”.
Marin
scosse il capo: “E io affermo ufficialmente che non devi bere più Cuba Libre”.
Lorianne
fu ben felice di preparare le ragazze alla serata: si fecero trovare già
vestite con i loro nuovi acquisti e in meno di un ora erano perfette; Lisa
stretta nel tubino rosso, Laura conuna
tuta aderente di seta nera, Marina in abito corto azzurro cielo e Alice con un
jeans aderente e camicia semi-trasparente verde
Holly
arrivò di corsa, sistemandosi il vestito scollato viola: “Dovevo farmi spiegare
la strada da David, i ragazzi ci raggiungeranno dopo- si rivolse a Lorianne- ce la fai a cotonarmi i capelli? Qualcosa di
leggero, non come al solito”.
“Direi
che David ha superato se stesso- osservò Alice rimirandosi intorno- Peccato che
sia già sposato”.
Lisa le
tirò una ciocca di capelli: “Ne ho abbastanza di Laura, che prova a sedurre
tutti i miei colleghi”.
La
diretta interessata si mise il tovagliolo sulle ginocchia, poi si difese: “Io
stasera sono solo di Stephan”.
Marina
si battè la fronte col palmo della Mano: “E’ questo
che mi preoccupa: da domani sarai di nuovo una mina vagante”.
Holly
capì praticamente tutto il dibattito tra le italiane, viste le molte
somiglianze tra la propria lingua e la loro, e non potè
fare a meno di ridere: “Ma sono sempre così?” domandò poi a Lisa.
“No cara
mia: finora sono state degli angioletti”.
Laura
puntò il dito verso l’amica e ribattè in inglese: “
Non si parla male dei presenti, stasera le cattiverie le riserviamo solo agli assenti”.
Nonostante
la riluttanza di Lisa verso il pesce crudo, Holly le fece assaggiare diverse
varietà di sushi e sashimi;tuttavia su
una cosa non l’ebbe vinta, dopo pochi tentativi Lisa abbandonò le tradizionali
bacchette per fornirsi della più comoda forchetta: “Mi dispiace, adoro il
Giappone, ma le posate sono una splendida invenzione occidentale”.
Holly
assentì e aggiunse: “Solo in una cosa gli Europei, soprattutto voi Italiani,
siete ultimi in classifica: gli orari! Mangiate sempre troppo tardi”.
Ecco,
poche parole, ma le più sbagliate in assoluto; d’altra parte che ne sapeva la
povera Holly che già qualcuno aveva usato le stesse identiche parole con Lisa.
In un
lampo nella mente della ragazza fu notte; il già insipido sushi che stava
masticando divenne una massa inconsistente e collosa sotto i denti.
Non
poteva sputarla, così la deglutì rumorosamente.
Alice,
seduta accanto a lei, la guardò con l’aria di chi ha già capito tutto:
“Flashback?”.
Usando
l’idioma in inglese, anche la faccia interrogativa di Holly ebbe risposta.
“Sì-
Lisa si schiarì la voce e si rivolse alla collega- Scusa se non te ne ho mai
parlato, ma dopo la mia esplosiva presentazione all’inizio dei lavori…ho
pensato che meno ne parlavo meglio era”.
La
messicana battè le palpebre truccate di lilla:
“James- disse il suo nome a vuoto- E’ ancora così…” non completò la frase,
sperando che fosse Lisa a farlo.
E
infatti: “Ogni giorno, come se fosse il primo”. Il make
up di Lorianne quella sera riproponeva su Lisa
ombretto grigio sfumato; sul set la posa statuaria della Regina Raina avrebbe reso i suoi occhi verdi alteri e potenti, ma
ora la tenera Lisa appariva solo sconfitta e vulnerabile.
“Qualunque
cosa faccia o pensi, qualunque angolo degli Studios
giri, il mio primo pensiero è … James” sibilò il nome tra i denti, un suono
stridente per le sue orecchie.
Furono
le tre amiche, insieme, alternandosi con il miglio inglese che conoscevano, a
raccontare per intero le vicissitudini di cinque- già
così tanti?- mesi prima.
Il
perenne tepore nello sguardo della timida Holly scomparve tra una portata e
l’altra di gamberoni alla piastra e sakè.
A
racconto concluso era stato soppiantato da una smorfia di palese disgusto
“Non
posso crederci- i ricci cotonati dimostrarono il suo stupore con uno scossone-
in questo tempo avevo provato a immaginare…ho pure cercato di essere amica…con
tutti”.
Il
discorso non ebbe una conclusione, perché proprio in quel momento un raggiante
David comparve al loro tavolo: “Buonasera Misses! Il ristorante è stato di
vostro gradimento? Posso portarvi qualcos’altro?”.
Seppur
con grande sforzo, Lisa non se la sentì di rabbuiare la spontanea allegria
dell’attore, così simulò un radioso sorriso: “Qualsiasi cosa tranne il conto”.
“A
quello ci pensiamo noi” non era di David, la voce maschile che aveva parlato,
tuttavia Lisa la riconobbe con piacere.
“Non ti
fermerò di sicuro, Stephan!”.
Il
maestro di arti marziali rispose con una risata magnetica, che lasciò le tre
ospiti Italiane senza respiro.
Solo
Laura e la sua sfacciataggine l’ebbero vinta: “Vi prego- sussurrò in Italiano-
Lasciate che sia io a ringraziarlo a nome di tutte”
Seguì
una risata esclusivamente femminile, a cui i due uomini assistettero in
silenzio, inermi.
La
complicità tra quelle ragazze a volte si rivelava inquietante.
romina75:
rieccomi qua. Sorpresa della mia velocità? Ahahah…. Ti
devo dar ragione: la figura di Lisa è caduta nel vittimismo, da quando è
arrivata in America, forse per una mia disattenzione, o più semplicemente perché
la faccio reagire come farei io se mi trovassi nella sua situazione: guerriera
sì, perché lavora gomito a gomito con IL problema della sua vita, ma tanto
tanto sofferente. O forse, ancora più facile, è abituata a combattere per gli
altri, che siano le sue amiche, Felina, un amore, il lavoro e in generale cose “altre”,
esterne a sè; ma quando ci tocca di combattere per
noi stessi è tutto più complicato, spesso siamo più indifesi. Almeno, io mi
sono resa conto che per me vale questa regola…
dopo
queste riflessioni (in cui, lo confesso, ho svelato in modo indiretto un
particolare dei prossimi capitoli) ti auguro buona lettura!!!
La
discoteca “L.A Mirage” era il locale più in di tutta la metropoli; non potevi
definirti un VIP se non avevi avuto almeno una volta nella vita un posto
riservato di fianco alla consolle, dove erano soliti suonare i Dj più famosi
del mondo.
Era una
sorta di La Mecca della notorietà e ovviamente i due Chrysler della Century Fox
non passarono inosservati alle decine di persone scalpitanti all’ingresso.
David
scese insieme a Stephan ed entrambi aspettarono le
cinque ragazze, infreddolite nei loro abiti leggeri.
Ci fu
qualche flash, ma quando i pochi paparazzi presenti si resero conto che non vi
era nessuno scoop nell’aria, il gruppo fu lasciato in pace.
Lisa e
le altre seguirono il moro attorelungo
la corsia preferenziale battendo i denti per il freddo; sempre David parlò a
una delle hostess del locale, una splendida bionda che Lisa battezzò come
“donna più bella mai vista”, prima di lasciare la giacca al guardaroba.
“Seguitemi”
smielò la dea platinata, rivolta a lei e alle altre che obbedirono riverenti
entrando nel cuore vero e proprio della discoteca.
Parecchia
gente beveva, ballava e si divertiva sulle note di una musica house già notevolmente alta.
Lisa
prese a lisciarsi nervosamente una ciocca di capelli cotonati, sotto lo sguardo
curioso si alcuni ragazzi: quei posti l’avevano sempre messa a disagio.
Cercando
di rilassarsi battè sulla spalla di Holly: “Sei già
stata qui?”.
Quella
annuì con un cenno del capo verso Stephan: “Sì, io e
lui ci siamo conosciuti qua, durante le riprese di Catwoman. E’ stata Halle Berry a
farmi conoscere la magia dei mohjito”.
Frugando
nella pochette vinaccia chiamò a lei Marina: “Venite, vi offro da bere!”.
Giusto
qualche minuto dopo l’amico attore le raggiunse, sorprendendole nel primo
brindisi: “Non avete perso tempo- notò stupito per poi rivolgersi a Lisa- Vi
porto al nostro tavolo, è lassù”.
Benchè
fosse una talpa la collega italiana vide chiaramente la sfilza di gradini che
conducevano a un vero e proprio salottino privato, su un palchetto accanto alla
consolle; due body guards stavano di vedetta, fuori
dal cordone rosso che delimitava l’area riservata.
Lisa
fischiò in segno di sorpresa: “Ci vuoi proprio viziare…Non sarà un tantino
esagerato?”.
David le
cinse le spalle mentre si avviavano verso la scalinata: “Le stesse parole di
tuo padre. Ma è la vostra serata, godetevela come si deve” fece un cenno
all’energumeno di vedetta al privèe e questi li
lasciò passare.
Quando Stephan ordinò il secondo giro di mohjito,
la musica era assordante e dall’alto della postazione si vedeva la gene
accalcarsi per un occhiata ai tavoli di VIP; visto che nelle risate e nelle
grida delle quattro italiane non c’era niente di interessante, nessuno prese
l’iniziativa per chiedere un autografo a David.
L’attore
dal suo canto, passò gran parte del tempo a esaminare Lisa: mai prima di allora
l’aveva vista così radiosa, le sue amiche-sorelle erano state una cura
miracolosa.
Abituato
a vederla sprofondata in enormi tute felpate, a stento la riconosceva
inguainata in quel tubino rosso, che rendeva il bianco dei suoi mille sorrisi
ancora più splendente.
Quando i
camerieri portarono una serie di calici e un Magnum di champagne per il
brindisi, le cose precipitarono.
Quella
sera James non se la sentiva di uscire; avrebbe volentieri dato un polmone per
potersi concedere una frugale cena in albergo, ma la presenza di Patricia lo
costrinse- almeno moralmente- a organizzare la “perfetta” serata romantica.
Ora il
colletto della sua camicia grigia stringeva come un cappio.
Per
quanto il sushi fosse viscido e sguisciante non voleva decidersi a scivolare
giù per l’esofago.
Di cosa
stava parlando Pat? Ah sì, del suo ultimo esame
all’università.
Non
aveva ancora toccato i suoi gamberi alla piastra, era troppo concitata nel suo
racconto per rendersi conto che l’etichettadi un locale così chic richiedeva più silenzio.
Mentalmente
James si pentì di aver seguito il consiglio di Ludovic sulla location e si
slacciò un bottone della camicia.
Continuò
ad affogare nei suoi divagamenti finchè lo sproloquio
della fidanzata si interruppe: “Oh, guarda…C’è quella ragazza che ho incontrato
oggi…E’ con delle altre- Patricia indicò un tavolo, in un angolo lontano della
sala che James dalla sua visuale non avrebbe visto- Tue colleghe? Sono davvero
belle”.
Un’occhiata
distratta e l’attore emise un singulto di sorpresa: un abito azzurro, un
completonero, una camicia verde…poi
quel vestito rosso, sfacciato, appariscente…di una bellezza mozzafiato.
Lisa non
poteva vederlo e nemmeno le altre presenti, tra cui l’uomo riconobbe, con una
punta di timore, le tre inseparabili che qualche mese prima lo avrebbero
volentieri linciato.
“Sì…colleghe…una
specie” fu la risposta strozzata che James concesse alla dolce metà.
“Qualcosa
non va?” Patricia lo esaminò, i capelli lunghi e neri tirati dietro le
orecchie, come al solito.
L’uomo
tentò di sciogliere il nodo alla gola con un sospiro, ma questo servì solo a
far aumentare il senso di claustrofobia.
Non se
la ricordava così; sinceramente non gli sembrava di averla mai vista prima,
tanto Lisa appariva diversa. Una sua risata e a James parve di sentire nella
testa mille specchi andare in frantumi.
Dovette
parlare per mettere a tacere quel suono e lo fece ignorando la domanda di
Patricia: “Volevo parlarti di una cosa- le parole precipitarono una sull’altra,
per fortuna con un senso compiuto- Riguarda i bambini: sarebbe bello se
passassi il Natale con noi”.
I
semplici occhi tondi della ragazza si spalancarono: “E Diane? Ti ucciderà!”.
“No, non
credo: sarà via per lavoro per tutte le feste- rimase in apnea per continuare
il discorso- E sarebbe una buona occasione per testare una futura convivenza”.
Inizialmente
Pat sembrò non capire: quando ciò accadde, la
reazione fu un gridolino eccitato: “Oddio James! Pensavo che non sarebbe mai
successo e invece…Cosa ti ha fatto decidere?”.
Da bravo
attore, il platinato finse indifferenza: “E’ tanto che ne parliamo…Pensavo che
all’uscita del film…anche per mettere a tacere voci varie, tra cui quella della
mia ex moglie…”
Forse
l’ultima parte non arrivò nemmeno all’orecchio della fidanzata; un sorriso
smagliante e due braccia protese gli si avventarono contro.
“Finalmente,
amore! Finalmente! Oddio, sono così felice….dobbiamo festeggiare!”
E dentro
di sé James pregò che quel tavolo non
avesse sentito nulla.
Nessuno
aveva spiegato a Lisa il concetto di Long
Drink, ovvero: un espediente per farti ubriacare con quattro cocktail
anziché uno.
E lei
era già al quinto quando Stephan propose a tutti un
brindisi a base di champagne; la musica si fermò e per un attimo tutta
l’attenzione fu puntata sulla boulle di Crystal che
salivava la scalinata del privè, circondata da
bastoncini artificiali che mandavano scintille tutt’attorno.
Un
cameriere servì lei e le altre, poi anche Stephan e
David alzarono i calici urlando gli auguri per la festa del Ringraziamento.
Dopodichè il Dj fece partire il brano del momento a tutto volume e il caos
ricominciò.
Fu
allora che nel campo visivo, abbastanza sfuocato, di Lisa entrò il sorriso
perfetto del maestro di arti marziali.
“Ti stai
divertendo?” domanda banale ma cortese, Lisa rispose rallentata dagli effetti
dell’alcool con un semplice cenno di assenso.
“Temevo
ti fossi dimenticata come si fa, con tutto quel lavoro”.
Il
sorriso che la ragazza gli concesse fu aperto e anche un po’ sguaiato.
“Accidenti, contieniti
Lisa…Dannati mohjito!” fu il pensiero equilibrato con
cui si rimproverò subito dopo; cercò di riprendersi da quella sfacciata euforia
ma qualcosa le solleticò l’orecchio: erano le labbra di Stephan:
“Devi ancora farti perdonare per il due di picche di ieri sera”.
L’attrice
italiana sbattè gli occhioni da cerbiatta e ingollò
un sorso di champagne: “E come?”.
Davvero
aveva parlato? Erano sue quelle parole?
La
risposta di Stephan le tolse ogni dubbio: “Io un’idea
cel’avrei”.
Anche se
avesse voluto, i riflessi della ragazza non le avrebbero permesso di scansarsi.
Così
rimase immobile; quando la bocca di Stephan si
appoggiò sulla sua un gusto di fragola la stordì, mentre la lingua di lui si
intrufolavafra le sue labbra per poi
accarezzare tiepidamente la lingua di Lisa.
La
scarica elettrica che la pervase fu violenta e improvvisa e il tutto fu
amplificato dalle mani forti che le strinsero i fianchi.
Un
barlume di decenza baluginò nella mente della ragazza e la prima cosa a cui
pensò fu la marea di occhi sottostanti, puntati su di lei.
Con uno
sforzo sovrumanotentò di focalizzare la
massa indistinta di persone, ma la miopia e i fumi dell’alcool glielo
impedirono.
Solo a
un certo punto le sembrò di notare qualcosa, come quando torna in mente un
pensiero che fino a poco prima sfuggiva; fu un flash di un attimo, dopodichè ripiombò nella nebbia, con le mani tra i capelli
di Stephan.
Forse
una magia, o meglio, un maleficio aveva convinto James a buttarsi nella caotica
movida di L.A.
O
semplicemente l’ignavia aveva prevalso sul resto; per questo ora, come un
automa, si accingeva a varcare la soglia del “L.A Mirage”. Patricia lo aveva
convinto- o stordito- con la sua allegria: non era mai stata in quel locale,
dovevano festeggiare il Ringraziamento, brindare al nuovo envento
e così via.
Si informarono
per avere un tavolo del privè ma un’algida hostess
biondina scosse amabilmente la testa: era già occupato.
Al terzo
spintone nella calca James era già pronto a girare sui tacchi e tornare in
albergo, quando una spallata più forte delle altre lo indusse a girarsi
scocciato; senonchè il colpevole dello scontro altri
non era che David Boreanaz.
“Ehi,
anche tu qua?- il moro attore gli diede una pacca e con un cenno salutò Pat- Non è esattamente un localino riservato e tranquillo”.
James assottigliò
gli occhi; c’era uno strano tono nella voce del collega? Gli era parso quasi
che volesse invitarli ad andarsene.
“Già….volevamo
un posto un po’ meno caotico, ma devo dedurre che stasera tu e il resto del
cast abbiate l’esclusiva!” rispose poi con fare indifferente, indicando con un
dito la scalinata che portava al tavolo riservato.
“Hai
visto giusto” fu la breve affermazione di David.
In effetti
James aveva visto giusto, ma non
aveva visto tutto; poteva
tranquillamente rimanere all’oscuro, ma quel rosso acceso era troppo
appariscente.
Aveva già
visto Lisa truccata, in quell’unica ripresa in cui era stato trafitto dai suoi
terribili occhi verdi, che gli avevano silenziosamente ordinato di morire.
Ma ora
era tutto diverso: i capelli non erano raccolti in una severa coda di cavallo,
ma liberi sulle spalle, lisci e leggermente cotonati.
Per una
volta gli occhi apparivano quasi struccati, se non per una patina grigia sulle
palpebre e sarebbero apparsi quasi inoffensivi, non fosse stato per il
lucidalabbra colore del sangue, che rendeva il verde delle iridi potente come
un semaforo.
Un paio
di scossoni e qualche attimo di ressa fecero perdere a James la visuale sul
palchetto dove Lisa stava festeggiando e ballando.
Quando posò
di nuovo gli occhi su di lei, un ragazzo le parlava all’orecchio: si trattava
del maestro di arti marziali, che oltre a essere stupendamente atletico doveva
essere anche davvero simpatico: gli bastarono poche parole per regalare all’italiana
una fragorosa risata, di cui James non udì il suono ma che gli lasciò uno
strano brivido sul collo.
Forse Patricia
urlò qualcosa, forse gli strinse anche il braccio più forte del dovuto;
tornando indietro con la memoria James non avrebbe saputo confermarlo con
certezza.
L’unica
cosa che vide- e gli parve quasi di sentirlo- fu il bacio con cui Stephan si appropriò di Lisa: languido, quasi liquido, mentre le mani di lui affondavano nei suoi fianchi,
trascinandosi quasi fino ai glutei.
L’ultima
cosa che si ricordò della notte del Ringraziamento al “L.A Mirage” furono le
dita di Lisa che accarezzavano i capelli del suo principe azzurro…e un sorriso
rosso scintillante e malizioso.
Dopodichè rotolò letteralmente fuori dal locale, trascinando Pat
per quello che era un braccio…o forse una gamba…o i capelli.
romina75:
rieccomi
qua, dopo la pausa di Natale...intanto auguri!! anche se non nutro un
grande amore nei confronti delle festività...mi hanno rubato
più tempo del dovuto.
Tornando
a noi...sì, è il momento per Lisa di smetterla con
questa coda fra le gambe, con la remissività e il
vittimismo...ancora un pochino di pazienza, poi la rivedremo con
artigli e zanne protesi!
E
James...sarà pure inspiegabile il suo nascondersi dietro una
finta vita perfetta, ma purtroppo ho visto diverse persone fare così:
è più facile, per chi si sa accontentare. E pure a me è
successo di avere a che fare con persone che decantavano un
perbenismo da manuale per poi trasformarsi nelle serpi peggiori!
Benchè i personaggi siano inventati, non c'è nulla di
irrealistico in quello che scrivo...e sottolineo PURTROPPO! Ho solo
trasferito cose che mi sono successe, nel racconto!
Ora
basta con gli astrattismi! Ti lascio al nuovo capitolo...buona
lettura
La prima cosa che
entrò nella hall dell'Hilton hotel furono le risate sguaiate
di Lisa e delle altre quattro ragazze in coda.
Dietro di loro un
noncurante David scambiava le ultime battute della serata con
Stephan, appena alticcio.
Lo stesso non si
poteva dire dell'attrice italiana: tacchi in mano, capelli orma
raccolti in uno chignon “a ciuffo d'ananas”,
giacca e borsa affibbiate al pazientissimo collega attore.
“Gieeek!”
urlò Laura pigiando più volte la mano sul campanello
della reception; il biondino in questione non tardò ad
arrivare: era stato svegliato dal loro frastuono prima ancora che
oltrepassassero l'ingresso.
“Abbassate
la voce, ragazze” disse Jack in un sussurro inglese.
“Che ha
detto?” domandò Alice sotto la frangia spettinata.
David si fece
avanti: “Leonard è già rientrato?”; in
effetti un tête-a-tete
con il padre regista sarebbe stato alquanto sconveniente.
“No- fu la
confortante risposta- Ma Ludovic ha chiamato poco fa dicendo che
erano tutti di ritorno dai festeggiamenti”.
Per convincere
Lisa a salire in ascensore ci vollero una ventina di minuti; prima
dovette raccontare a Jack ogni singolo dettaglio della serata, dalla
cena fino ai bagordi in discoteca: “Abbiamo mangiato sushi,
sashimi...poi gamberoni alla piastra in salsa di...- si girò
verso Marina- come si chiamava quella cosa? Beh, comunque...la
prossima volta prenditi la serata libera e vieni anche tu!”.
A mali
estremi...con esasperazione David decise di prenderla in braccio come
un sacco di patate; altri cinque minuti li impiegò a entrare e
uscire fisicamente dall'ascensore, con la ragazza che dimenava
braccia e gambe come una matta.
Il corteo al
seguito si limitava a dire ogni tanto: “Shh...Non urlare o
sveglierai tutti!”. Le tre amiche italiane non erano d'aiuto:
ridevano...e basta.
Stephan passò
tutto il tragitto fino alle camere a rovistare nella borsa di Lisa
alla ricerca della chiave magnetica.
Quando David
credette di aver raggiunto il culmine, qualcuno al piano terra
richiamò l'ascensore e allora fu il panico: con ogni
probabilità si trattava del padre della ragazza.
“Vado a
chiedere il pass-partout in reception” disse Stephan senza
essere sentito, poi scomparve giù per la scala.
L'unica cosa che
riuscì a fare l'agitatissima Holly fu tappare la bocca di
Lisa: “Nella tua camera...Presto!” ordinò poi al
moro attore.
“Cosa? Ma
sei matta? Domani mattina arrivano Jaime e i bambini”.
“Li
sistemerai nella mia. Ora non c'è tempo”.
David sospirò,
incerto se arrabbiarsi- e soprattutto “con
chi?”-poi prese la carta
magnetica, la strisciò nella fessura e scaricò
l'Italiana sul letto, riservandole un'occhiata di odio che
probabilmente non avrebbe recepito.
“Domani
regoliamo i conti” la sua minaccia velata ebbe in risposta un
mugugno indistinto.
Risolto il
problema principale, i sopravvissuti si guardarono ponendosi con
un'occhiata la muta domanda “Ora come facciamo?”.
Proprio mentre la
stravolta Holly, col trucco sbavato e l'abito sgualcito, si accingeva
a trovare una soluzione, fu scavalcata dall'attimo di lucidità
di Marina: “Felina! E' in camera da sola- passò una mano
a scompigliare le onde agitate dei suoi capelli- Non possiamo
abbandonarla tutta la notte”.
David mosse gli
occhi tutto attorno prendendo in seria considerazione l'idea di
schiantare la fronte contro lo spigolo più vicino; alla fine
rinunciò e tra l'infuriato e l'isterico indicò le
italiane: “Due di voi: in camera di Lisa. La terza nella vostra
suite e io...- alzò le braccia al cielo- starò da
Stephan”.
Proprio allora
arrivò il maestro di arti marziali con la chiave di riserva e
nell'arco di alcuni minuti l'allegria di Leonard e Ludovic entrò
nel corridoio; poche parole di circostanza, gli auguri e il regista
nemmeno si chiese dove fosse la figlia. A volte i miracoli succedono.
Questione di un
attimo e tutti erano sistemati nelle rispettive camere; certo, le due
“sfrattate” dovettero fare la spola tra le camere per
recuperare l'occorrente della notte, ma ora che il rischio “Leonard”
era scongiurato, tutto sembrava rose e fiori.
David approfittò
della lunga doccia di Stephan per chiamare Lisa dal telefono fisso;
ci vollero parecchi squilli prima che la ragazza riemergesse
dall'oblio dell'alcool, ma alla fine rispose.
“Cosa c'è?”
domandò in italiano, strascicando le consonanti che coprirono
quasi del tutto le vocali.
Solo allora David
si rese conto di una cosa: se qualsiasi altra persona avesse chiamato
la sua camera, avrebbe trovato Lisa.
Si domandò
per qualche istante se il peggiore dei casi sarebbe stato Leonard, o
James, o in alternativa sua moglie.
Tale riflessione
lo esasperò ulteriormente, così la domanda che pose
suonò come un sbuffo: “Come stai?”.
Silenzio, poi
Lisa rispose: “David...Sei arrabbiato?” di nuovo le
sillabe si sovrapposero in un codice segreto sconosciuto a entrambi.
La ragazza cercò di ricomporsi facendo schioccare la lingua
secca e intorpidita.
Tentò pure
di sollevare la testa, ma una forza oscura gliela pigiò di
forza sul cuscino, così si arrese: “Gira tutto- riuscì
a formulare- E' normale?”.
L'ingenuità
nella voce dell'Italiana strappò un sorriso al moro attore:
“Questo è solo l'inizi, mia cara!”.
Il tempo che
passò prima che Lisa rispondesse fu scandito dal respiro
pesante di lei: “E' colpa mia?”.
Nulla di quella
conversazione sarebbe rimasto nella memoria di Lisa, ma David trovò
il quesito incredibilmente serio e realistico; ci mise un po' a
trovare la risposta giusta: “Forse...Ma è anche colpa
mia”.
Stava per
proseguire, tirando in ballo il problema Stephan/James, poi si
rassegnò a concludere: “Ora pensa a dormire, ne
parleremo domani”.
Mentre
riattaccava dall'altra parte ricomparve la voce di Lisa: “David...ci
sei? Stavo pensando...posso spogliarmi?”.
L'uomo ci mise un
po' a capire la richiesta, poi con un sorriso al cielo annuì:
“Dato che non sono lì con te...sì”.
“Ti stai
giocando di me? Fu la sconfusionata domanda, anche un po'
imbronciata, della ragazza.
In realtà
voleva dire “Ti stai prendendo gioco di me?” ma
David decise di vedere la cosa dal lato divertente e rispose a tono:
“No, non mi sto giocando di te- ancora con la risata
nell'aria aggiunse- Ma domani dovremo fare un discorso”.
Silenzio. Altro
silenzio. Poi Lisa biascicò un “Bfff...”
scocciato e riappese.
David fece lo
stesso e si girò su un fianco per dormire; si ritrovò a
sorridere mentre pensava che, dopotutto, le voleva anche bene.
Approfitto
di questo capitolo per inserire le immagini dei vestiti indossati
dalle ragazze in questo capitolo: per Lisa, abito rosso. Per Holly
tubino viola, per Laura tuta in seta nera, per Marina abito azzurro.
La camicia verde di Alice non ho potuto inserirla, nei vari cataloghi
di moda non l'ho trovata!
Ok, ok….per la seconda volta nel corso della stesura della mia FF….SCUSATE!
MEA CULPA!! SONO RI-SPARITA…Ma prima la laurea, poi diversi contrattempi e un
nuovo lavoro mi hanno rubato tutto: tempo, voglia e ahimè soprattutto
creatività…di nuovo mi trovo a rassicurare: questo capitolo che leggerete è
seguito già da altri tre…quindi presto avrete tutte le risposte che ho taciuto
finora…
Buona lettura!!!
Nonostante
il freddo della notte precedente, la mattina del giorno del Ringraziamento si
prospettava incredibilmente radiosa e mite.
Laura
raggiunse Marina e Alice -con Felina- verso le dieci di mattina: l'animale
scalpitava per la sua solita passeggiata e relativo spuntino, così le tre
italiane decisero di lasciare Lisa nel mondo dei sogni per concedersi una
colazione nel giardino dell'Hilton Hotel.
“Sicuramente
non avrà fame al suo risveglio” osservò Marina passandosi le dita fra i capelli
voluminosi per pettinarli.
Alice si
limitò a ridare una forma definita alla frangia, poi si buttò sulle spalle uno
scialle di lana grossa e raggiunse le altre: “Non dovremmo andare a vedere come
sta?”
“Non ci
sentirebbe nemmeno bussare!”concluse Laura prima di entrare in ascensore, la
pantera al guinzaglio.
In
effetti aveva ragione: le facoltà dell'amica attrice si erano disattivate la
sera prima, dopo la chiamata di David; neppure si ricordava di essersi tolta il
suoYves Saint-Lauren rosso, così
quando
socchiuse
un occhio non capì perchè i suoi soli indumenti fossero un bustierre di pizzo
senza spalline e un invisibile perizoma nero.
Priva
delle forze necessarie ad agitarsi e andare nel panico, si rese conto di essere
in una camera sconosciuta.
La prima
domanda che si pose mentalmente fu “Cos'ho fatto?” ma appurò di non
conoscere la risposta..
Girò il
capo per verificare se fosse da sola o in dolce compagnia -magari di Stephan- e
un martello invisibile iniziò a prenderla ripetutamente a mazzate in testa.
La vista
sfuocata rispose al suo secondo quesito: era da sola e non aveva fatto nulla di
troppo stupido, altrimenti non sarebbe stata ancora “vestita” con i capi
di quel pornografico completo intimo; il bustino la strizzava ancora come la
sera prima, trasformando la sua seconda in una terza abbondante, quindi nessuno
gliel'aveva slacciato...e lo stesso valeva per le mutandine.
L'attimo
di tranquillità fu interrotto da tre vigorose bussate alla porta; contro i
pronostici di Laura, Lisa le sentì e andò addirittura ad aprire.
Patricia
russava della grossa quando James uscì di soppiatto dalla stanza; si era
limitatoindossare i pantaloni della
sera prima con una felpa sportiva.
Non voleva svegliare la fidanzata mettendosi a
frugare nell'armadio; daltronde doveva solo andare a colazione con David e
famiglia. Avrebbe chiesto a lui qualcosa da indossare, in prestito.
Perchè
lasciare Patricia nel letto? Per tanti motivi. Primo fra tutti, non voleva
confrontarsi con lei riguardo alla fuga della sera prima dal “L.A Mirage”; ma
cosa più importante, non voleva che l'allegra fidanzata facesse della loro
convivenza futura l'argomento della giornata.
Eppure
era quella la strada che lui si era prefissato di percorrere ormai da tempo.
Il
platinato attore mise a tacere la voce della coscienza bussando con forza alla
camera di David: la priorità era trovare dei vestiti della sua taglia
nell'armadio del ben più alto collega.
Ci
vollero parecchi secondi prima che da dietro la porta giungesse un qualche
segno di vita: una mano armeggiò goffamente con la chiave per un po', prima che
l'inquilino si presentasse agli occhi di James.
In
effetti, sì, indossava una camicia gessata che poteva essere giusta per lui, ma
era slacciata e vistosamente aperta; da sotto non spuntavano gli addominali
muscolosi di David, ma un bustino ero e rosa carne, che cingeva due seni tondi,
il tutto in tinta con...si potevano definire mutandine, quelle?
James
era rimasto così tramortito di fronte a quella visione che non si era neppure
accorto di non trovarsi dinnanzi alla capigliatura bionda della moglie di
David, bensì a una chioma molto più voluminosa e castana.
Solo al
terzo -o quarto- esame riuscì a riassemblare le tessere del puzzle e
riconoscere quegli occhioni verdi, cerchiati da profonde occhiaie e rossi per
il trucco sbavato.
Cosa
doveva fare, scusarsi per aver sbagliato camera? No dannazione! Quella era
la camera giusta!
E la
riprova gli fu data dall'unica parola che Lisa pronunciò, nei meandri del
doposbronza: “David?”.
Dopodichè
si appoggiò languidamente allo stipite, creando un ulteriore effetto push-up
sul suo decolletè, già troppo prorompente.
Dal
fondo della sua gola, qualcuno rispose al posto di James: “No, non sono David”.
Lisa,
che fino a quel momento si era schermata con una mano da quella che le pareva
la luce del Paradiso, strabuzzò gli occhi e tentò di focalizzare il
proprietario della voce a lei familiare.
Inizialmente
fu solo nebbia, un attimo dopo sentì la pungente sferzata di dopobarba e la
testa le cominciò a girare.
Neppure
il tempo di vedere quella chioma bionda e già sentiva in bocca il gusto di
menta fermentata della sera prima.
Una
frazione di secondo dopo, Lisa vomitava i suoi 5 mohjiti e la cena su James.
Se ci fu
una risposta o una qualsiasi reazione, la ragazza non lo scoprì, poiché immediatamente
dopo gli richiuse la porta in faccia; si sdraiò e riprese a ronfare quasi
subito.
“Non ti
sto facendo una ramanzina- concluse David sulla porta della camera di Stephan-
siete entrambi adulti e vaccinati, fatto sta che il primo comandamento dello staff
è: lontano da Lisa”.
L’altro
sbuffò contrariato: “Non capisco tutte queste paranoie. Insomma, lavoriamo
insieme da mesi, può capitare, no?”
David
tolse la mano dalla maniglia per cominciare ad elencare: “Tu sei il suo
istruttore, suo padre il regista… James la sua ultima fiamma- allargò le
braccia in un gesto che racchiudeva l’evidenza di quelle parole- Normalmente potrebbe capitare, in questo caso te lo vieto!”.
Detto
ciò l’attore uscì dalla suite e di conseguenza dalla conversazione; gli
bastarono pochi passi prima che gli franasse addosso un altro problema.
Questa
volta però aveva i capelli ossigenati e gli occhi fuori dalle orbite.
“Credevo
di farcela, sai?- David indietreggiò alla vista dell’indice di James puntato
contro di lui- Credevo di riuscire a gestire tutto…questo. Ma tu e la tua combriccola…Non voglio nemmeno sapere cosa
state combinando”.
Il
placido collega incrociò le braccia e dalla sua botte di ferro sibilò la
risposta: “Mi sono perso al credevo di
farcela- appoggiò la schiena a una parete- Ce la fai a calmarti e
comunicare come una persona sana di mente?”.
James
rimase di stucco di fronte a tanto aplòmbe; se lo chiese pure lui. Era in grado
di ragionare lucidamente? Almeno ci avrebbe provato.
Deglutì
e cominciò: “Ho visto la scena di Lisa e…quello Stephan al L.A Mirage e mi sono detto “Amico,
cosa ti aspettavi? E’ normale!”-fece una pausa –Ma poi stamattina…Jaime lo
sa?”
David si
sollevò dal muro, ora meno tranquillo: “Cosa c’entra mia moglie?- quando
l’istante successivo comprese, scoppiò in una fragorosa risata- Ho capito: sei
passato per camera mia”.
Un
ulteriore ghigno divertito fece innervosire James: “Ti sembra che ci sia da
ridere? Santo cielo David…Sei sposato!- l’altro stette zitto godendosi la
scena- Cosa succederebbe se Jaime si trovasse una ventenne in perizoma, guepierre
e…e push-up? Quella è roba da infarto, te lo garantisco!”.
Prima di
ridursi piegato in due dal divertimento, David decise di dare un taglio al
proprio sadismo: “D’accordo James, ora fai un respiro profondo”.
Le
spiegazioni furono laconiche e fulminee: Lisa aveva dormito tutta notte ubriaca
e sola. Punto.
Dopodichè
James passò un tempo indefinito ad annuire al vuoto, lo sguardo perso
nell’imbarazzo: “Ok…quindi…ho preso un abbaglio”.
L’amico
lo confortò con una pacca sulla spalla: “Non è successo niente”.
Il
biondo attore volle rassicurare l’altro: “Non volevo dubitare di te
ma…capiscimi: la situazione era molto
equivoca- fece una pausa- e anche parecchio scioccante”.
“Ora
cerca di non pensarci più” suggerì saggiamente David.
“Hai
ragione” James passò qualche altro istante ad annuire. Poi chiese: “Si è
rifatta le tette, per caso?”
“Dovrà
uscire dalla sua tana almeno per pranzo- osservò esasperata Holly- E’ il Giorno
del Ringraziamento”.
Marina
rimise il guinzaglio alla pantera e scosse la testa: “Io non ho alcuna
intenzione di entrare in camera di David”.
Fu Laura
a prendere l’iniziativa: “Qualcuno dovrà farlo; vado a chiedergli la chiave”.
Non ci
fu bisogno di cercarlo, il diretto interessato piombò nel giardino quasi
scontrandosi con Laura.
“Vi
prego, fate qualcosa- senza bisogno di altre parole pose la tessera magnetica
in mano alla ragazza- Ci mancava solo James, a completare la serata della
vostra amica”.
Quattro
paia di occhi si strabuzzarono, ma Laura tagliò corto e disse solo
“D’accordo…non mi ricordo: corridoio di destra o di sinistra?” chiese
riferendosi alla camera.
“Non
puoi sbagliare- rispose sconfortato l’attore- troverete Jack che sparge
segatura sulla moquette”.
Questa
volta le parole di David non potevano passare ignorate; solo Felina continuò a
sonnecchiare al sole.
L’uomo
spiegò in fretta, tra italiano e inglese, cosa era successo poco prima: “Fatele
fare una doccia ghiacciata e
rendetemela presentabile per l’ora di pranzo”. Si trattenne dal ripetere “Vi
prego” per non apparire troppo patetico.
D’altronde
il messaggio era stato recepito forte e chiaro; le quattro ragazze entrarono in
ascensore quasi col fiatone.
Marina,
dall’alto della sua innocenza, sgranò gli occhini nocciola: “Scusate se sembrerò
una completa idiota ma…solo a me scappa da ridere?”.
La
chioma riccia di Holly scattò verso la frangetta di Alice, ma come al solito fu
Laurea dare il via alle danze.
Il tempo
di arrivare al piano ed erano piegate su se stesse, chi seduta, chi contorta in
un angolo della cabina, e nessuna sembrava intenzionata a smettere di
sghignazzare.
Laura
fece fatica a infilare la carta nella serratura, tra un singulto e l’altro. A
Lisa parve che l’armata degli Unni fosse appena entrata alla conquista della camera.
“Abbassate
le voci, vi scongiuro!” piagnucolò schermandosi gi occhi.
Alice
incrociò le braccia e la squadrò dalla testa ai piedi: “Fai proprio schifo, lo
sai?”.
L’amica
le girò le spalle nascondendosi sotto le coperte: “Lo so…Lasciatemi qui…Voglio
morire”.
A tali
parole Laura scosse la testa ed emise un gridolino tra il nervoso e
l’infuriato: “Questo è troppo- le strappò le coperte di dosso- Basta con le
coccole, le serve la terapia d’urto”.
Per i
primi cinque minuti di doccia gelata Lisa fu incerta se mettersi a piangere o
meno; quando Alice la reputò di nuovo lucida e sveglia decise di lasciarla
finire da sola, a una temperatura ragionevole.
Fu
Marina a scegliere i vestiti per lei, mentre le altre si preparavano nella
propria camera.
“Può
andare?” mostrò all’amica la gruccia che aveva recuperato dalla suite di Lisa;
lei la esaminò mentre si strofinava la faccia con un telo di spugna, per
riassumere un colore umano: ima camicia di cotone bianca con colletto alla
coreana e pantalone nero aderente a vita alta. Elegante e sobrio.
Lisa
annuì soddisfatta: “Perfetto; dovrebbero esserci un paio di stivali a gamba
alta, da qualche parte…e una cintura a fascia”.
Marina
completò la mìse come suggerito, poi si dileguò in camera a cambiarsi.
L’attrice
italiana dal canto suo, fece tappa negli alloggi di Lorianne per un trattamento
extra coprente sulle occhiaie post-sbronza.
Una
volta nella hall, i capelli raccolti in un ordinato chignon, poteva definirsi-
con cauto ottimismo- praticamente guarita dai bagordi della sera prima.
Fu
allora che un suono lancinante le perforò i timpani e solo per miracolo la
testa non ricominciò a pulsare; dopo lo stordimento iniziale Lisa riconobbe
quello stridio: erano i vagiti di un neonato, in braccio a una donna bionda,
solare e bellissima.
La
ragazza rimase immobile, frastornata e indecisa, mentre la neo-mamma si girava
verso di lei: “Perdonala, ha fame…e ama farsi sentire”.
C’era un
che di familiare in quell’aria placida e serena, a Lisa non ci volle più di
qualche attimo per associare la donna a David: “Devi essere Jaime- cercò di
intravedere la bambina da sotto la tutona invernale- E tu Bardot”.
Poi
porse con educazione la mano alla donna: “Piacere, sono Lisa”.
L’altra
contraccambiò morbidamente la stretta: “Accidenti, finalmente ti conosco-
scrutò la ragazza con aria simpatica- La tua fama ti precede”.
Lisa
annuì, per nulla fiera di sé: “Lo immagino”.
Jaime
alzò il braccio libero: “Non fraintendermi, David mi ha raccontato sempre tutto
di voi, e soprattutto di te: il quadro complessivo è incredibilmente caotico-
ammise aprendosi in un radioso sorriso- Ma splendido”.
La
ragazza si rilassò a tali parole, ma un lampo le attraversò subito la mente: “O
mio Dio!” esclamò ad alta voce con il viso coperto dalle mani: i pezzi del
puzzle si stavano ricomponendo, ora che gli effetti dell’alcool erano svaniti;
come era logico che accadesse, il primo tassello ad andare a posto fu l’ultimo
in ordine cronologico: James e il teatrino di quella mattina.
Tra un
imprecazione e l’altra Lisa sentì la voce di Jaime salutarne un’altra più
giovanile.
L’italiana
sbirciò tra le dita che ancora le coprivano gli occhi: un viso femminile
pallido, anonimo ma che le ricordava qualcosa stavasorridendo alla piccola Bardot Vita; appena
l’altra ragazza si rese conto della presenza di Lisa la salutò con un cenno del
capo: “Tu devi essere la protagonista del film”.
La
diretta interessata aggrottò la fronte sospettosa, le braccia strette al petto
e le labbra imbronciate,come spesso le teneva quando pensava intensamente.
Dall’altra
parte della barricata la sconosciuta tese la mano: “Piacere, Patricia”.
Uno
strano giro del destino volle che giusto allora David giungesse nella hall; lo
spettacolo che si trovò davanti fu il culmine della sua crisi di nervi: Jaime al centro della scena, alla sua destra Lisa e
alla sinistra Patricia. E a dividere (o incitare) le due dalla catastrofe solo
il braccio teso della dolce metà di James.
Con voce
innaturalmente acuta, il moro attore irruppe nel quadretto: “Amore! Ma dove ti
eri cacciata?- si frappose alle due ragazze per lanciare un bacio sulla fronte
della moglie- Andiamo a sederci a tavola!” chiunque lo conoscesse avrebbe
compreso il tono falsamente allegro e più stridulo del normale.
Forse un
miracolo fece abbassare la mano- senza risposta- di Patricia e le parole di
David la fecero dileguare nel ristorante.
Lisa se
ne stava ancora immobile, apparentemente senza intenzione di spostarsi dalla
sua posa plastica.
Con un
sospiro di sollievo il collega la squadrò e la vide stranamente rinata rispetto
alla sera precedente, forse per merito dell’eleganza del suo completo
ingessato: “Stai bene…” constatò soddisfatto.
La
ragazza spostò solo le iridi verdi verso di lui, la posizione del resto del
corpo immutata: “Sto per vomitare”ribattè con fare derisorio.
Inaspettata
giunse la battuta di Jaime: “Di nuovo?!”.
Lisa attese
qualche secondo, per capire se stesse scherzando, prima di scuotere la testa,
quasi sorridendo.
La
risata pacifica dell’amico e della sua bellissima consorte fu aria nei polmoni:
sì,quella non poteva che essere una splendida giornata.
Quasi
duecento persone, tra membri dello staff, comparse, attori e famigliari, si
accingevano a festeggiare il Ringraziamento nella sala ristorante dell’Hilton
Hotel, che quel giorno aveva registrato il tutto esaurito.
Un
immotivato sollievo colse Lisa alla vista del padre.
“Finalmente
ti vedo- tuonò la voce di Leonard, che la abbracciò- Penso di essere l’unico
regista che pur lavorando con la propria figlia, non la vede per due giorni di
fila”. Il suo gruppo di assistenti si unì alla risata e le fecero allegramente
gli auguri.
Marina
sopraggiunse trainata da Felina, la padrona la accolse con una pacca ben
assestata sul fianco; un bambino di sei anni sopraggiunse col suo sorriso
sdentato: “Posso accarezzarla?”.
Lisa lo
scrutò qualche attimo, sondando i tratti somatici del paffuto biondino che
attendeva il suo permesso; poi la ragazza annuì: “Certo Jaden”.
Jaden…pronunciò
con sicurezza il nome del figlio maggiore di David, uno splendido angioletto
che col sorriso ,tanto simile a quello del padre, avrebbe conquistato il mondo.
Infatti
trascorsero pochi minuti prima che il moro attore sopraggiungesse col solito
ghigno serafico: “Ecco il mio rubacuori!- lo canzonò prendendolo in braccio- Ti
abbandono un attimo e già provi a sedurre la mia collega?”.
Lisa
alzò le mani in segno di resa: “Lo confesso, c’è riuscito in pieno”.
La
ragazza insistette per avere suo padre accanto: quello era forse il primo
pranzo insieme dopo settimane e il Ringraziamento era un giorno sacro per la
famiglia.
Così
l’Italiana si circondò delle uniche persone che valevano nella sua vita: le
eterne amiche-sorelle, Holly e David coi rispettivi parenti e Felina accucciata
al fianco.
Stephan
ebbe la delicatezza di accomodarsi qualche posto più in là con Stacy e gli
altri personal trainer del cast.
Ludovic
si trovava dalla parte opposta del grande ferro di cavallo formato dai tavoli,
attorniato dalla sua Corte di Tenebra; a ricordare la nausea di poco prima, una
chioma bionda e una corvina, femminile, si sedettero dando le spalle a Lisa.
Perlomeno
non avrebbe visto se colloquiavano amabilmente, scherzavano, ridevano o
amoreggiavano.
La testa
riccia di Marina entrò nella sua visuale, quando l’amica si sedette di fronte a
Lisa, visibilmente strattonata dalla solita ispida Laura: “Non ci pensare
neanche cara mia- la rimbeccò quest’ultima- Un’altra occhiata a quel lato della
tavola e ti lancio la mia porzione di tacchino!”.
L’amica
attrice la ringraziò con un muto sospiro di sollievo; il caos delle voci, le
risate, i discorsi di gente che non si vedeva da mesi resero l’aria nella sala
viva e frizzante.
La
felicità della festa era palpabile nell’aria, cosicché fu impossibile per
tutti, posare la mente su pensieri negativi.
Con
allegria Lisa cominciava già a programmare le ferie Natalizie: “Quest’anno il
25 cade di sabato- constatò sul calendario del telefono- Le vacanze saranno
concentrate, ma un salto a casa lo farei volentieri” assaggiò con riluttanza il
tacchino ripieno: i postumi della sbronza erano ancora in agguato.
“Sarebbe
fantastico!- Marina applaudì entusiasta- La nostra vecchia squadra ha
organizzato uno stage col Maestro giapponese Katanishi”
Alice
annuì: “E’ vero! Sarebbe come tornare ai vecchi tempi”.
Lisa si
girò verso il regista: “Pensi che sia possibile?”.
Leonard
sbirciò le date delle riprese sul suo palmare e fece spallucce: “Dovresti
concentrare qualche sketch…L’importante è che tu sia qui il due Gennaio”.
La
figlia strabuzzò gli occhi contrariata: “Così non starei via nemmeno dieci
giorni!”.
Il padre
bevve un sorso di vino: “Per quella data avremo la Premiêre con la stampa
americana”.
La
ragazza sbuffò e guardò con aria torva David: “Tu lo sapevi?” in risposta sia
lui che Holly scossero la testa.
“Non so
nemmeno di cosa si tratta- aggiunse l’Italiana- la Premiêre non si fa a
riprese terminate?”.
“Questa
sarà un’anticipazione-spiegò il regista- A porte chiuse, solo per giornalisti,
critici e pochi invitati”.
Ancora
la giovane attrice non capiva: “Come possiamo presentare un film incompleto?”.
“Non è
consuetudine, ma spesso viene proposta una proiezione privata delle scene
salienti che abbiamo già pronte…un quarto d’ora, venti minuti al massimo; serve
per preparare la stampa e favorire la pubblicità prima della data di lancio.
Per il resto si tratterà di interviste e Pubbliche Relazioni”.
Il botta
e risposta padre/figlia si concluse con uno sbuffo di Lisa: “In pasto agli
squali…cosa aspettavi a dirmelo?”.
“Non
vederla così in negativo: sarà una serata di rappresentanza- si giustificò
Leonard, con un gesto diretto a uno dei camerieri- E poi prima volevo darti
questo!”.
In un
batter di ciglia Lisa si trovò in grembo un’immensa scatola argentata su cui
spiccava il disegno di un cigno, in rilievo: “Cosa…” riuscì solo a farfugliare.
“Aprilo”
la incitò il regista distendendo le gambe sotto al tavolo, per godersi lo
spettacolo.
Con
molta soggezione la ragazza rimosse il coperchio: sotto un primo velo di tulle
protettivo giaceva un abito, o meglio l’abito più straordinario che Lisa avesse
visto.
Un
bianco accecante, quasi etereo le colpì gli occhi; la seta candida che si trovò
ad accarezzare era imperlata di fili di cristalli, incastonati uno ad uno nel
tessuto, come se fosse un gioiello, andando così a formare onde e gocce di
diamanti. Il tutto, pure i guanti abbinati all’abito, parevano così imperlati
d’acqua.
“E’ uno
Swarovsky, un pezzo unico- spiegò Leonard- Disegnato apposta per te; Daniela ha
dato una mano”.
“Chi
meglio di me poteva conoscere le tue taglie?” scherzò la costumista, mentre
Lisa continuava a fissare a bocca aperta il regalo.
“Abbiamo
avuto colloqui con diversi potenziali sponsor- continuò il regista- Quando le
alte sfere della Swarovsky hanno scoperto la trama del film, questo è stato il
loro contributo alla Regina di Diamante”.
Sul
fondo della scatola giaceva un biglietto, scritto a mano; Lisa lo lesse tra sé
e sé.
“Per Lisa
E per Raina.”
Da un
mondo ovattato e lontano un braccio le cinse le spalle: “Voglio che lo indossi
per la Premiêre”
era Leonard, che la baciò dolcemente a una tempia sussurrandole i suoi auguri.
Fu David
a stemperare il momento di silenzio: “Adesso come troverò un completo che renda
onore a questo?”.
Daniela
finse un’aria implorante: “Ti prego di evitare il giallo e il viola…del resto
non puoi sbagliare”.
Lisa
riemerse dallo stato di trance e si voltò a coinvolgere Jaime: “L’importante è
che gli abiti in pèn-dant siano i vostri due” depose la scatola e il gioiello
al suo interno nelle mani di un inserviente.
“Purtroppo
io non ci sarò, cara- la bionda cullò leggermente Bardot- E’ una serata a porte
chiuse, per pochi eletti: i familiari del cast non sono ammessi”.
Un
baluginio passeggero illuminò gli occhi di Lisa: nessuna “figura estranea”
l’avrebbe turbata; nessun intruso avrebbe violato i suoi spazi sacri.
Accanto
a lei David parve leggerle nel pensiero e borbottò a testa china: “Saremo solo
noi”.
Un
vagito irruppe nella gravità della scena e l’Italiana abbandonò l’espressione
pensosa: “Ti va di venire da me?” gongolò a braccia tese.
Poco
dopo i capricci erano finiti, sostituiti dalle risate di tutti.
Ormai
appariva evidente quanto quel giorno fosse il giorno di qualcuno; era chiaro
anche a chi come James, girato di spalle, si trovava coinvolto nella voce
squillante di Lisa.
L’uomo
si girò solo un attimo e riuscì a intravedere la ragazza, circondata da sorrisi
e calore, che tuttavia lui non riusciva a percepire; un monso a sé da cui lui
era stato tagliato fuori.
“E’ una
ragazzina molto fortunata- la voce di Patricia lo fece irrigidire, James tornò
alla sua posizione composta- quanti anni ha? Venti?”.
“Diciannove
e…sì, è davvero fortunata- il biondo attore abbassò il capo sul piatto- Quasi
invidiabile”.
Il pranzo si protrasse fino a tardi e le
conversazioni proseguirono tutto il pomeriggio nella sala da tè dell’hotel;
Lisa fece da baby sitter a Jaiden, rapito dalla presenza di Felina. La ragazza
fu quasi dispiaciuta quando Jaime glieli sottrasse per il riposino pomeridiano:
aveva passato mesi ad ascoltare il collega attore descriverle i suoi figli e
ora che li poteva toccare con mano, Lisa si rendeva conto della bontà più pura
che il padre aveva trasmesso ai bambini.
Tuttavia
era stremata e decise di congedare i festeggiamenti per ritirarsi in camera con
le tre amiche.
“Uff…”
sospirò accasciandosi sul letto, la faccia nel cuscino e le braccia aperte,
come un morto a faccia in giù in uno stagno.
“Vedo
che ti sei ripresa- Alice le propinò uno schiaffo sul sedere- Sciagurata…Ieri
sera hai dato spettacolo”.
“Perché
sento che stai per aggiungere dettagli a quel poco che ricordo?” mugugnò la
“scellerata” in questione.
“Di cosa
parli? Dello spettacolino sexy che hai fatto con Stephan?” la schernì Laura,
incalzata da Alice: “E tutto sotto gli occhi del tuo ice man!”.
A Lisa
servirono un paio di respiri profondi prima della sinapsi: “James! C’era anche
lui? Starete scherzando…”.
Marina
si sedette sul letto: “Purtroppo no, nelle ultime 24 ore l’hai ucciso
moralmente almeno due volte!”.
“Tre- la
corresse Laura- Una al locale, una quando gli hai aperto in biancheria intima
e…”.
“Oddio!-
strillò l’interessata- mi ero totalmente dimenticata! Basta così, questi sono
tasselli di un puzzle che voglio rimanga incompleto”.
Felina
sbadigliò annoiata dal gossip femminile; si accoccolò accanto alla padrona e in
breve le sue fusa divennero un rilassante sottofondo.
Le
quattro amiche-sorelle rimasero lì, ammucchiate sul lettone di Lisa, per
concludere le chiacchiere della giornata. Fecero un breve accenno alla
fidanzata di James, con osservazioni decisamente femminili sui capelli e il
look, e quando la tensione degli eventi delle ultime ore sembrò scemata, si
salutarono per andare ognuna nella propria stanza.
Tuttavia
dopo pochi minuti Marina fece capolino dalla porta: “Anch’io ho un regalo per
te” e sventolò davanti al naso di Lisa la custodia di un CD.
L’altra
si mise a sedere e la guardò sospettosa: “Cosa hai tramato alle mie spalle?”
I
semplici occhini nocciola di Marina risposero per lei: “Nulla…Prendi il
computer o ti fai pregare?”.
Lisa le
lanciò un cuscino ma obbedì; subito dopo inserì il disco con titubanza:
l’ultima volta che Marina si era proposta con un gesto del genere era stato per
svelare gli altarini di James. Ma dato che quell’Apocalisse era già passata,
Lisa si mise il cuore in pace e aprì l’unica cartella presente sullo schermo.
Con
grande sorpresa l’attrice Italiana si trovò di fronte a una serie di file
musicali: “Ora mi devi spiegare tutto” puntualizzò.
L’amica
le diede un buffetto alla nuca: “Sei proprio una guastafeste. Era da qualche
tempo che parlavamo della colonna sonora…”.
“Beh, in
verità solo io e te ne stiamo parlando: le musiche saranno composte verso la
fine del film, tra qualche mese” a Lisa dispiaceva essere così logorroica, ma le
tempistiche del suo lavoro erano davvero tanto snervanti.
La sua
parentesi pessimistica le costò un altro buffetto di rimprovero: “Vuoi
lasciarmi finire? So benissimo come funzionano queste cose, perciò ti dico ora ascolta il mio CD. Poi valuterai il da farsi”.
Ancora scettica,
l’amica attrice scorse i titoli: “Within Temptation…cos’è?”.
Marina le
risparmiò l’ennesimo buffetto e rispose con tono paziente: “E’ un gruppo
musicale, il loro genere è gothick-metal, sul melodico però, niente di
fracassa-timpani”.
L’inesperta
Lisa aggrottò la fronte: “Come gli Evanescence?”.
Marina riflettè
un attimo: “I cultori del genere ti definirebbero un’eretica, ma ci sei quasi. Hai
reso l’idea”.
L’altra
si grattò il capo ancora dubbiosa: “Non so…non vorrei che sembrasse la solita
frittata”.
Una mano
alzata in segno di “alt” la bloccò: “Limitati
ad ascoltare, a mente libera; prenditi qualche ora nei prossimi giorni, senza
alcun impegno”.
Con un
sorriso sincero Lisa abbracciò il testone riccio dell’amica: “Grazie tesoro, è
un pensiero davvero splendido…è da te del resto.”
“Certo,
non vale migliaia di dollari come il tuo sciccosissimo vestito…” Marina si
strinse nelle spalle, ricevendo in risposta lo schiocco di un bacio sulla
guancia.
“Se ti
può interessare, una colonna sonora vale molto di più…e quella di un’amica non
ha prezzo”.
Purtroppo
nei giorni successivi il CD in questione cadde nel dimenticatoio: Ludovic
lasciò effettivamente tutti ain vacanza
fino al lunedì successivo.
Lisa e
le sue amiche italiane, più Holly, si concessero una gita fuori porta e per l’attrice
in erba la mèta fu l’ennesima sorpresa: Leonard le spedì su una grande isola al
largo della costa di Los Angeles.
Santa Catalina
non era solo un ritrovo turistico noto a molti VIP, ma anche e soprattutto un
angolo di relax e pace, due cose che il padre regista aveva voluto regalare
alla figlia.
“La
capitale si chiama Avalon- Laura stava osservando una cartina- Pittoresco…”.
Il viaggio
in traghetto lo trascorsero a progettare quella breve vacanza, da cui le tre
turiste Europee erano galvanizzate: “Cosa c’è di interessante in questo atollo
sperduto?” domandò sempre Laura scorrendo la guida turistica.
“Non è
sperduto- precisò Holly- Robbie Williams ci si è sposato poco tempo fa. In più
da quello che so è famoso per la fauna e un sacco di specie strane”.
Marina puntò
il dito sul libro che stava leggendo: “Fanno pure visite in barca per esplorare
la costa…con tanto di oblò sul fondo della barca per vedere il fondale”.
Dal canto
suo Alice fu più entusiasta dell’hotel- con Spa annessa- e del letto a
baldacchino in camera.
“Fa
davvero caldo qui!- esaminò con soddisfazione il termometro che segnava 24
gradi- non ho portato il costume da bagno”.
“Chiamo
un taxi per un giro di shopping” Marina aveva già il telefono in mano, ma Holly
la fermò: “Niente taxi a Santa Catalina: qui si usano solo golf-cart elettici”.
Laura espresse
la propria approvazione con un gridolino eccitato: quel posto si stava
rivelando un campo giochi per le tre di oltreoceano.
L’autunno
sembrava essersi dimenticato di passare per quell’angolo di paradiso, la sera
le cinque ragazze si concessero una cena all’aperto; al moento del caffè le
raggiunse una chiamata di David.
“Come è
andato il primo giorno?” chiese curioso, con in sottofondo le voci dei suoi
figli.
Lisa gli
raccontò della passeggiata in spiaggia e per i mercatini, seguita da una seduta
ai bagni termali e conclusa con un massaggio rilassante.
L’attore
la informò che Felina stava bene: dormiva in camera con Leonard ed era
coccolata da tutto lo staff.
Jaime ne
stava approfittando per rilassarsi e lui per recuperare i mesi di lontananza
dai bambini: “Vedi di non abbronzarti troppo- scherzò David prima di salutarla-
Lorianne è già preoccupata per il tuo pallore da copione”.
I due si
congedarono per poi darsi appuntamento il lunedì seguente a colazione, prima
dell’inizio delle registrazioni.
Proprio per
questo il mattino successivo fu di studio, per Lisa e Holly; si sdraiarono al
sole, in piscina mentre le altre erano disperse in giro, chi a nuotare, chi in
sauna, chi a dormire.
“La
cattura di Lucius- la messicana scorse velocemente le pagine del copione- Come
farai?”.
L’altra
sospirò e si strinse nelle spalle: non aveva ancora realmente lavorato con
James e non sapeva cosa pensare a riguardo. Puntualmente, quando si trovava a
domandarsi cosa sarebbe successo, la sua mente rifuggiva su altro; l’intero suo
essere rigettava quel necessario evento.
Con uno
sguardo veloce Lisa individuò le prime battute: una Raina infuriata afferrava per
i capelli Lucius, in catene e inginocchiato a terra:
“Perché sei
venuto qui?”
La
risposta era un ghigno derisorio: “Tu stessa mi ci hai condotto, ricordi?”.
Sì,
strappandosi il cuore la Regina
di Diamante aveva indotto l’amato a morire colmo di rabbia e odio.
E…sì, scrivendo
una storia che celava tra le righe il suo dolore, per qualche oscuro giro del
destino, la sceneggiatrice aveva avvicinato a sé proprio chi l’aveva spezzata.
Nella scena
Raina teneva fede all’indifferenza dei Cuore di Diamante: dato che non la
toccavano né la vita né la morte del suo prigioniero, lo lasciava andare, così
come aveva lasciato andare tutto, compresa la sua stessa vita.
Il quel
frangente il cellulare della ragazza squillò, per un messaggio che le procurò
una smorfia di fastidio misto a imbarazzo: Stephan.
Lisa prese
esempio dalla sua stessa creazione e con un sospiro che portava il nome di
James, lo lasciò andare. Lui e tutto il resto.
Come promesso…sono
qui!!! Sono stata di parola, pochi giorni ed ecco un nuovo capitolo.
Un ringraziamento particolare a Kithiara, sei stata la più veloce a commentare, fedelissima
e puntuale; ammetto che ci vorrà un po’ per recuperare tutti i lettori
“dispersi” in questo tempo, ma non nego una cosa: se sono tornata è soprattutto
per l’approvazione che ho letto nei commenti, e le varie mail
in cui mi chiedevate come mai fossi “scomparsa” sono state il colpo di grazia,
quindi…OK OK, D’ACCORDO, SONO DI NUOVO QUI! E se è
possibile lo devo soprattutto a voi, che leggete, commentate, mi incoraggiate.
Avevo nostalgia di EFP,
delle mail di persone di cui sono diventata amica grazie alla mia storia, di
chi mi ha aggiunto su FB per rimanere sempre in contatto…(a proposito, chi
volesse darmi il suo nominativo, lo aspetto volentieri in posta privata!)
Non potevo ringraziarvi in altro modo,
se non regalandovi il prossimo capitolo…un nodo difficile da scrivere, ma che
mi ha profondamente soddisfatto. Spero che piaccia anche a
voi.
Buona lettura, e ricordate
che non vedo l’ora di leggere i vostri commenti! Non potete immaginare quanto mi servano per
andare avanti nella trama!!
Con affetto, Lisa
Il
ritorno delle cinque vacanziere fu rapido e tumultuoso: a Holly
aspettava una mattinata di corsa tra sala verde, sedute dal parrucchiere e ri-doppiaggiodi alcune scene;
nell’arco di un mese il suo personaggio sarebbe passato a miglior vita, così
avrebbe dovuto condensare le riprese prima della Premiere di Gennaio.
Le tre
Italiane in visita si presero la mattinata del lunedì per un giro turistico
degli Studi della Century, così Lisa annullò la
colazione col collega David e restò in albergo a coccolare un’irrequieta
Felina.
La
pantera aveva sentito la sua mancanza e non smise di
mugugnare e girare in tondo finchè la padrona non si
sedette sul letto accanto a lei.
Fu solo
per caso che da una delle tasche laterali della borsa saltò fuori il regalo di
Marina; la custodia di plastica del CD cadde rumorosamente infastidendo sia
Lisa che l’amica a quattro zampe.
Facendo
spallucce la ragazza lo raccolse per inserirlo nel computer; le
si aprì subito una schermata contenente decine di file musicali.
Lisa
sbuffò e prese il suo book: nei giorni successivi
avrebbe spiegato a Marina che esaminare una discografia completa non sarebbe
stato “senza alcun impegno” ma un vero e proprio lavoro a se stante.
Lasciando
la mente libera fece scorrere in avanti di qualche minuto la prima canzone, e
così fece con la maggior parte delle altre; dopodichè si dedicò a una selezione basata sulla parte strumentale dei brani:
scartò quelli troppo ritmati e evidenziò quelli melodici.
Solo a
questo punto si dedicò ai testi: depennò dalla lista i più inappropriati o
banali e poi si affidò al caso.
Tra una
coccola e l’altra alla sua pantera incappò in un titolo curioso: “The Promise”.
Quasi
involontariamente le tornò alla memoria una strofa della canzone di James:
“Vedo ancora la
promessa nei tuoi occhi
e mi chiedo ancora se è per me”
Lisa si lasciò scappare un mezzo sorriso amaro; odiava le
coincidenze e questa in particolare la fece infuriare: “Vediamo cosa ci dicono
di bello i WithinTemptation”
sussurrò e con fare di sfida cliccò sull’icona.
La sorprese un overture altisonante, diretta da archi e tromboni, a
preannunciare l’entrata in scena della voce della cantante:
“On behalf of her love She no longer sleeps”
Tale inizio mise sull’attenti la ragazza: le prime parole
parevano l’inizio ideale di una dolorosa vicenda d’amore, che continuava…
”Life no longer had meaning
Nothing to make her stay
She sold her soul away”
Un nodo alla gola si strinse a smorzare il respiro di Lisa;
quella scossa elettrica che solo gli artisti nel momento della creazione
possono capire, la pervase.
Quasi stentando a crederci la ragazza riavviò il brano per
ascoltare la prima strofa.
“In nome del suo amore
Lei non dorme più
La vita ha perso ogni significato
Niente che possa farla rimanere
Ha venduto la sua anima”
Ricacciò indietro una lacrima e si fece l’appunto personale di essere riconoscente a Marina per il resto della sua vita,
non solo per quel regalo che si stava rivelando quasi profetico, ma soprattutto
per il suo significato intrinseco, celato a chiunque e decifrabile soltanto dal
legame profondo che le univa; Marina conosceva visceralmente
Lisa, più di quanto lei stessa si conoscesse e solo un miracolo poteva averle
donato un tale angelo.
Continuando la sua analisi Lisa avviò il
brano seguente, intitolato “Frozen” il richiamo alla Regina di Diamante di Lisa fu
soltanto l’inizio:
“Can’t feel my senses
I just feel the cold
All colors seem to fade away
I can’t reach my soul”
Non poteva essere solo una coincidenza; la ragazza alzò il
volume e rimandò indietro l’ennesimo groppo, prima che uscisse fuori come
singhiozzo.
“Non riesco a
percepire i miei sensi
Sento solo il freddo
Tutti i colori sembrano sbiadire
Non riesco a raggiungere la mia anima”
La sua anima…per la seconda volta nell’arco di poche strofe
la giovane attrice vedeva la sua storia prendere forma, o meglio, entrambe le
sue storie, quasi qualcuno le avesse già scritte in
musica.
Ricopiò di getto quelle poche parole:
“Tell me I’m frozen but what can I do?
Can’t tell the reasons
I did it for you”
Lisa annuì fra sé: “Già…”.
“Mi dici
che sono congelata, cosa ci posso fare?
Non posso rivelarti le ragioni, l’ho fatto per te”
Proprio così; Lisa non poteva dirlo e nemmeno Raina. Entrambe avevano rinunciato, si
erano strappate il calore della vita dal petto, semplicemente per lui.
Ma la ragazza non doveva spiegare
il perché:
“I can feel your sorrow
You won’t forgive me,
but I know you’ll be all right
It tears me apart that you will never know
but I have to let go”
Lisa non riuscì a resistere, una lacrima si tuffò sul foglio
bianco, mentre lei trascriveva l’ennesima strofa che stava riaprendo tutte le
sue ferite, alcune a lei sconosciute.
Perché se ce n’erano di tangibili,
alla luce del sole e reali, altre erano tuttavia meno accecanti, ma più
profonde e infinitamente pericolose.
Lisa aveva rinunciato, la ragazza che aveva combattuto la
sua vita di solitudine, che aveva salvato dalla morte una pantera con le sue
stesse mani, aveva perso la propria battaglia contro il dolore.
“Posso sentire la tua
sofferenza
Non mi perdonerai,
Ma so che starai bene
Mi strazia il pensiero che tu non saprai mai,
Ma devo arrendermi”
Con rabbia Lisa si lasciò scappare un singhiozzo: una
persona senza cuore le aveva strappato il suo. In risposta lei si era arresa; arresa a un susseguirsi di
respiri tutti uguali, annaspando aria per sopravvivere fino all’istante
successivo.
Fu così che attimo dopo attimo, la
canzone terminò e lasciò spazio al brano successivo.
Quasi sottovoce, come una timida intrusione nel pianto della
ragazza, la voce della cantante domandò:
“Would you mind if I hurt you?
Understand that I need to
Wish that I had other choices
Than to harm the one I love”
A risvegliare la mente persa di Lisa fu una voce maschile,
dura, di accusa, che si intromise come un urlo di
rabbia.
“What have you done now?”
Quello fu il primo racconto che la ragazza si concesse, con
attenzione rinnovata riavvolse fino all’inizio:
“Ti importerebbe
se ti ho ferito?
– almeno dieci volte sentì nella testa quella domanda, e
altrettante la risposta-
Capisci che dovevo
farlo?
Mi piacerebbe aver avuto un'altra scelta
Che ferire colui che amo”
E di nuovo il ritornello, una condanna: “Cos’hai fatto adesso?”
Ogni nuovo ascolto dava potenza e nuovo vigore alle parole,
tanto che a un certo punto, tra il diciottesimo e
diciannovesimo rewind,
la canzone faceva parte di Lisa; no, il contrario, Lisa faceva parte della
canzone.
Si vide in un duetto col suo nemico, poi nella mente si
sostituirono Lucius e Raina,
a chiedersi “Cosa mi hai
fatto? Perché devo ucciderti? Perché deve esserci una maledizione su di noi?”
Un vortice in cui bene e male si confondevano, in cui
vittima e carnefice non avevano più i confini netti dei personaggi iniziali.
Il tutto durò una frazione di secondo, in cui mille cose
accaddero: un flash e Raina uccideva Lucius, poi un altro flash cancellava il precedente ed era Luciusa uccidere Raina; fu un turbine di emozioni che di nuovo, finalmente,
fece esplodere l’aria nei polmoni di Lisa; una Lisa che chiudeva di scatto il
PC, riscriveva la trama del film e infine, riprendeva in mano le redini della
sua vita.
La ragazza nemmeno si accorse di aver lasciato aperta la
porta della suite, così Felina non fece altro che
seguirla.
Una decina tra inservienti, autisti e assistenti di suo
padre la presero per pazza mentre correva in uno dei
padiglioni della Corte di Tenebra.
Il primo a notarla fu Ludovic, che
fermò la ripresa di una tranquilla scena di dialogo tra David Gallagher e … James, ma Lisa a stento buttò l’occhio sul set.
Il rimprovero del regista sopraggiunse subito dopo: “Cosa ci
fai qui? E Felina?!”.
La figlia a malapena lo ascoltò, gli aprì
invece il computer portatile sotto il naso.
“Papà so che mi riterrai impazzita, ma credo di aver avuto
un’illuminazione”.
“Magnifico!” sbottò dal canto suo James,
a cui Lisa dal canto suo riservò un’occhiata distratta.
Forse fu la tensione dei giorni precedenti con la fidanzata,
forse fu per l’espressione di totale noncuranza della ragazza, così simile a
quella che la sua ex moglie Liane gli aveva sbattuto addosso
la mattina stessa in tribunale, fattosta che
il platinato attore grugnì un: “Qui c’è gente che lavora” troppo sopra le righe
per passare inosservato.
L’unica reazione fu diLeonard, che cinse le spalle della figlia prima che questa
si riavesse dal gesto inaspettato del rivale, per poi allontanarsi con lei
verso la postazione di regia.
Dal set si captavano solo alcune parole nervose in italiano,
la ragazza gesticolava e indicava il suo blocco di appunti,
poi lo schermo del PC.
“Ti sembrerà totalmente folle, ma ascolta- Lisa fece partire
l’ultimo brano che l’aveva tanto elettrizzata- Non so cosa mi sia preso, sto
chiedendo una pazzia ma…- allargò le braccia e rise
isterica- la voglio, questa pazzia!
Sento che è qualcosa di grosso, può funzionare”.
Nel frattempo la curiosità di Ludovic
lo aveva fatto avvicinare al collega regista e alla giovane sceneggiatrice; Leonard si passò una mano fra i folti ricci e sbuffò, tra
il concitato e l’indeciso: “E’ qualcosa di incredibilmente caotico e
strampalato,tanto
che non saprei con quali scuse potrei dirti di no!”.
Il produttore rimase qualche minuto ad ascoltare il
dibattito tra due, silenzioso in un angolo, ma
dall’alto della sua esperienza aveva già capito l’idea della ragazza: “Ha i
numeri in regola per diventare un gran colpo di genio”.
La ragazza si illuminò: “Davvero?”
I due veterani del cinema si guardarono e annuirono: “E’
ancora prematuro pensare alle musiche in questa fase delle riprese” esordì Leonard mettendo le mani avanti, da bravo diplomatico.
“Ma se l’idea è quella di affiancare i testi musicali con la
trama- lo interruppe l’altro- caschiamo a pennello!” concluse la frase con un allegra risata.
Lisa si aprì in un urlo di gioia e saltò al collo di suo
padre, Felina che girava in tondo agitata.
“Cosa dobbiamo fare adesso? Qual è
la prima mossa?”
Di nuovo i registi si consultarono con uno sguardo:
“Immagino che ci sia da avvertire la casa discografica, poi il gruppo
musicale”. Ludovic annuì con approvazione: “Il
periodo Natalizio cade a pennello, avremo qualcosa di pronto già per la Premiere”.
Di nuovo la ragazza abbracciò il padre, mentre Ludovic batteva le mani per richiamare la troupe lasciata allo sbaraglio.
Il burbero regista le scompigliò con una carezza i boccoli,
poi indicò il computer: “Da dove salta fuori questa roba?”
Con estrema fierezza la ragazza si impettì sorridente: “Marina!”.
Come un ago da lontano giunse l’eco di una voce maschile:
“Abbiamo il permesso di ricominciare?”
Una scarica elettrica, un sibilo provocatorio che distrusse
i castelli di carta che fino a un attimo prima avevano
fatto rinascere Lisa; in passato la sua mente lo avrebbe rifiutato, avrebbe
detto che no, non poteva essere James, non di nuovo,
a ferirla così.
In passato sarebbe scappata, rinnegando ciò che in realtà
Lisa era: un felino, niente più e niente meno che la sua pantera.
E da tale ruggì contro il suo nemico: “Sì
avete il permesso- iniziò Lisa avanzando verso le luci del set- Per un semplice
motivo: stai calcando la scena di un film che io ho creato. Sono io
che ti permetto di recitare e finchè non senti il
rumore del ciack, sono io che decido
se devi respirare, vivere o morire”.
Aveva pronunciato il suo ringhio di rabbia
in apnea, così la ragazza dovette fermarsi per riprendere fiato; nessuno si
sarebbe mai aspettato tale reazione, così il mutismo generale le permise di
continuare: “Quindi ti semplificherò tutto dandoti una scelta: accetta la mia
presenza, o vattene da qui”.
Erano pochi i metri a dividerli ormai, la distanza di
sicurezza che Lisa si era imposta era stata sfondata; poteva vedere gli zigomi
tesi di James, la vena pulsante del collo e le labbra
serrate in una furia sull’orlo dell’esplosione.
Tutti i presenti restarono immobili, tranne uno, il più potente e allo stesso tempo il più semplice:
Felina. Poteva sentire l’aria sfrigolare di pericolo attorno
alla sua padrona, così la affiancò a spalleggiarla, con un minaccioso
mugugno gutturale.
James non sembrò accorgersi dell’avvertimento
e fece un passo prepotente verso la ragazza; una smorfia di disgusto anticipò
parole altrettanto sprezzanti: “Ma guardati, la bambina che vuole insegnare al
mondo come vivere- la indicò muovendo ad ampi gesti il braccio- Porti in giro un nome famoso, due begli occhioni
e credi che queste cazzate siano vita!”.
Lo scatto nervoso dell’attore non fece altro che innervosire
la pantera; Lisa rimase impassibile, non vi era nessuno dinnanzi a lei che
avesse mai conosciuto prima o tantomeno amato, si limitò
a sfidare quello sconosciuto a testa alta: “Insegnacelo tu, James,
dall’alto dei tuoi quarant’anni straripanti di valori
e morale- sibilò strafottente- insegnaci cosa conta e cosa
no! ”.
Lisa ora stava urlando, i pugni stretti
lungo i fianchi, il busto in avanti ad attaccare l’uomo, Felina non era
altro che la trasposizione a quattro zampe della padrona.
Fu quello il culmine per James,
l’attore uccise gli ultimi passi che lo dividevano da Lisa e si ritrovò a un palmo dal suo naso, a gridarle contro: “Non hai ancora
capito che non c’è possibilità di paragone? In confronto a
qualsiasi cosa, fino alla più insignificante… tu non vali nulla”.
L’ultima frase, l’ultimo gesto di
troppo ad aggredire Lisa; con un ruggito feroce Felina fece un balzo in avanti
e attaccò proprio quel braccio che aveva osato alzarsi contro la padrona.
La ragazza vide tutto a rallentatore, prima il salto, poi la
sorpresa nello sguardo di James, poi un urlo acuto
che scoprì essere il proprio.
Battè le palpebre una, due volte, poi allungò una mano a difendere…che cosa, James, il suo nemico? O la sorella
pantera da un destino ben peggiore, nel caso in cui il suo assalto fosse andato
a segno?
Non ebbe tempo di darsi risposta, poiché sentì il proprio
grido, la sua stessa voce cambiare nel momento in cui le zanne affondavano
nell’avambraccio.
Fu una frazione di secondo, Felina strinse la morsa e sentì
il sangue in gola, lo stesso gusto dolce che leccava con affetto dalla pelle
della sua padrona.
La pantera mugolò e si lasciò cadere a terrà,
il corpo schiacciato al suolo in segno di sottomissione, con un pianto
straziante di cui solo la voce umana dovrebbe essere in grado; Lisa cadde in ginocchio di fianco a lei, battendo le
palpebre per liberarsi dalla nebbia che le era calata sugli occhi.
Sentì solo uno schiocco sordo, prima che la pantera si
accasciasse a terra. Poi il buio.
Ciao a tutti, come promesso rieccomi qua, sono diventata di parola! Vedo che pian
piano, cominciate a ritornare, con commenti e mail…bene bene, sono molto felice.
Rispondo a buffy46: sono
felice che i precedenti capitoli ti siano piaciuti e ti prometto che i prossimi
saranno in crescendo…spero che ti appassionino come è
successo a me nello scriverli.
Per Sara666: sì, la storia
dei due protagonisti sembra destinata a non finire mai…o almeno non bene! Ammetto
che “Stressare” così tanto la trama l’ha portata a un
picco da cui è stato difficile scendere, e ammetto che anche per questo avevo
perso la spinta a scrivere di nuovo; superato il panico da foglio bianco, ti
anticipo che sono davvero fiera del seguito. Ti aspetto con ansia tra i
commenti
In più rispondo a una recensione di qualche mese fa (mi vergogno quasi, a
farmi viva solo ora…), risale ad agosto per la precisione ed era stata persa
nei meandri della mia assenza: MakeMeWannaDie…non mi
sono dimenticata di te e soprattutto del tuo entusiasmo e sta tranquilla, la “persecuzione”
dei lettori è la soddisfazione più grande che chi scrive possa ricevere. Ho inserito
la tua ff su James tra le “ricordate”
e appena pubblicato questo capitolo andrò a leggerla…aspettati
i miei commenti, saremo una la persecutrice dell’altra J
Infine ringrazio chi mi ha commentato
via mail, risponderò privatamente il prima possibile.
Buon capitolo!!
A svegliare Lisa ci pensò una luce bianca accecante; si
trovava presumibilmente sdraiata s un letto non suo, circondata da rumori
ovattati che divennero pian piano voci.
Le prime percezioni che recepì da
quel luogo non le piacquero: lampade al neon, odore di disinfettante, pareti
sterili…
Provò a muovere la testa ma un
improvviso attacco di nausea la immobilizzò; emise un lamento inarticolato e la
gola le dolette.
Qualcosa le toccò il braccio e una voce conosciuta le parlò:
“Lisa? Tesoro, mi senti?”. Suo padre.
Con un mugugno la ragazza ricacciò
indietro un altro conato di vomito, si limitò ad annuire debolmente.
“Cerca di non muoverti, tra poco arriverà il dottore”. A tali parole tutti i ricettori di Lisa si svegliarono, con
uno scatto si drizzò a sedere; cominciò gradualmente a ricordare. Le canzoni di
Marina, la discussione coi registi, il litigio con James…le pareva tutto quanto un sogno.
Fu l’immagine della sua pantera, il suo
miagolio disperato e tutto ri-precipitò nel caos:
“Dov’è Felina? Dov’è? Dov’è?” si mise a gridare.
Alle sue spalle due mani intervennero a
immobilizzarla con la schiena sul materasso.
“Non ti preoccupare- solo la voce le giungeva, il volto di Leonard era ancora sfuocato- E’ stata
sedata e ora riposa in una gabbia alla CenturyFox”.
Lisa scosse la testa e cercò di divincolarsi: “Devo andare
da lei”.
Un’altra mano le si posò sul
braccio: “Non ancora- Lisa vide distintamente un uomo castano con gli occhiali,
al suo fianco- Sei sotto l’effetto dei farmaci, rimarrai stordita per qualche
ora”.
Un respiro profondo, un altro e le immagini tornarono
nitide, seppure al rallentatore; la giovane attrice deglutì e di nuovo sentì
dolerle la gola: “Cosa…cosa è successo?” strascicò con voce gracchiante.
“Felina ha attaccato James per
difenderti e…”
“Questo lo so!” Lisa interruppe suo padre
alterata, poi si costrinse a calmarsi per evitare l’ennesima ondata di
nausea.
“Quando ti sei ripresa dallo
svenimento- iniziò il medico- eri sotto shock: urlavi e ti dimenavi e stavi
perdendo molto sangue dalla ferita”.
Giusto…il morso…Solo allora la ragazza abbassò lo sguardo e
vide l’avambraccio destro completamente bendato.
“I denti della pantera avevano leggermente lacerato una
vena- continuò l’uomo- Per evitare che peggiorassi la
situazione sei stata sedata in dosi massicce. Abbiamo proceduto con una
ricostruzione semi-plastica dove le ferite erano più profonde; i farmaci e
l’anestesia potrebbero lasciarti la nausea per tutta la notte, così rimarrai in
osservazione qui in ospedale”.
Ora Lisa cominciava a ricordare: si era svegliata dal
mancamento pochi attimi dopo essere svenuta, alcuni soccorritori stavano già
arrivando e lei aveva visto solo il corpo esanime della pantera. Aveva temuto
il peggio.
Si era messa a gridare con tutto il fiato che poteva buttare
fuori in una vita intera, fino a ferirsi la gola, fino a perdere la voce.
Non sapeva che dietro le quinte dei
film con animali di grossa taglia erano obbligatori per legge fucili
narcotizzanti; glielo stava spiegando ora il regista, da un luogo lontano,
fuori dalla sua mente, dove a gridare vi erano altri pensieri: Felina l’aveva
lasciata, l’aveva riconosciuta appena il braccio della padrona era entrato tra
le sue fauci. E si era spaventata, lo aveva sentito nel ruggito disperato che
la bestia aveva emesso quando si era accorta
dell’errore.
“Scusa, non volevo” l’aveva implorata con gli occhioni nocciola; in risposta
aveva ricevuto un proiettile addosso, forse aveva creduto che fosse la fine,
prima di addormentarsi e Lisa non era stata con lei.
Ancora adesso Lisa non era con lei, ma con esseri umani
mille volte più insignificanti; non le importava del dolore alla testa, al
braccio, alla gola.
Fu come se il suo cuore si staccasse dalla sua posizione, per cadere giù, da qualche parte dentro di
lei, disperso.
Fanculo a suo padre, al film, a
tutti quanti, ogni cosa era inutile a confronto con la sua Felina; nel turbinio
di voci che la circondava, Lisa ordinò: “Uscite
fuori”:
Leonard si pietrificò, lo stesso
fecero il dottore e i due infermieri; lo sguardo della ragazza rimase vacuo e
impassibile: “Tutti quanti” precisò, più lucida che mai.
Una pausa di un attimo, poi Leonard
la guardò arreso: “Ci sono gli altri qua fuori; vogliono sapere come stai…e
vederti”.
“Dì loro che sto male e che mi va bene così” lo zittì
tagliente la figlia.
A un comando tanto imperioso
nessuno osò obbiettare, un attimo dopo Lisa si riempì i polmoni d’aria, per la
prima volta nel silenzio.
Le parve di sentire la voce di Ludovic
che disquisiva con suo padre: “Lasciala stare, ora- consigliò il produttore con
tono pacato- L’importante è che entrambe staranno bene”. Che
amara ironia, constatò la ragazza, che un mezzo sconosciuto desse lezioni a suo
padre su come fare il padre.
Un debole colpo di tosse fece girare Lisa verso la porta; al
lato del letto c’era David: “Ciao piccola- un rapido movimento e si sedette sul
materasso accanto a lei- Non me ne frega niente se non vuoi vedermi” poi quel
sorriso, un semplice accenno che l’amico sapeva rendere magico e tutto parve
all’improvviso un po’ migliore.
Ricambiando il gesto Lisa gli tese la mano: “La cosa non mi
sorprende” con affetto il moro attore appoggiò il palmo su quello di lei, senza
stringere.
“Come ti senti?”.
Lisa storse il naso: “Quanti tir mi sono passati sopra?”. In risposta ricevette una risata che fu come ossigeno:
“Neanche uno, te lo assicuro- David alzò la mano in segno di giuramento- Ti
gira la testa?”.
L’altra scosse il capo: “Ho il vomito”.
“E anche a questo siamo già abituati!”.
Fu la prima vera battuta che le fece tornare il sorriso,
prima di riacquistare l’espressione cadaverica: “Ho fatto un bel casino questa
volta”.
In risposta David fece spallucce:
“Dirti di sì ti farebbe stare meglio?- la ragazza non capì- ciò che è successo
oggi non è colpa di nessuno, è stato solo un malaugurato incidente”:
fuori dal contesto Lisa chiese
allarmata: “Che ore sono?!” una mano di David le si pose sul capo, a
rassicurarla: “Le sei di pomeriggio, hai dormito parecchie ore- prima che la ragazza
potesse ribattere, lui la precedette- Felina sta bene, l’ho vista poco fa e
comincia a svegliarsi adesso. I veterinari l’hanno visitata e le hanno fatto una flebo per idratarla”.
Lisa rilassò di nuovo i muscoli: “Voglio vederla”.
“Dovrai avere pazienza, nulla di più”.
Quel primo scambio di battute terminò in un silenzio denso e
teso, in cui David non smise di accarezzarle la mano, lasciando che Lisa riordinasse i pensieri; come spesso succede la prima cosa
che le venne in mente fu la più stupida, forse perché sono le cose stupide a
restituirci una parvenza di normalità: “Come farò a recitare con…questo?” Lisa
mosse di poco il braccio dolorante.
David la tranquillizzò ancora, da buon angelo custode: “Non
temere, il cast si sta riorganizzando per risolvere le
cose più urgenti” detto ciò le spiegò per filo e per segno come suo padre aveva
pensato di risolvere l’imprevisto.
Quando concluse Lisa non aveva
quasi più la nausea e l’ECG segnalava che era molto più calma.
“Ti ringrazio- sospirò l’Italiana, ricevendo in risposta l’ennesimo sorriso rigenerante- Dov’è Jaime?”. A bloccare la risposta di David, una voce di donna
cominciò a squillare in corridoio.
Lisa e l’amico attore si guardarono
domandandosi con un’occhiata chi potesse essere.
“Non mi interessa cosa pensi,
voglio vederla!” sbottò con arroganza la voce sconosciuta.
David si alzò con aria interrogativa e si avvicinò alla
porta, ma fu quasi investito dalla falcata concitata di una donna alta, sulla
quarantina, con due occhi di un verde acceso e aggressivo, che a Lisa risultarono familiari benché non avesse mai visto quell’intrusa.
“Tesoro, stai bene?- una frazione di secondo e la
convalescente si sentì stritolare una spalla- Tuo padre mi ha detto
dell’incidente…come ti senti?- le iridi penetranti mimarono un intenso pathos- Dannazione, ho sempre detto di
tenerti alla larga da quella bestia”.
L’espressione di Lisa passò da inebetita, a
incredula e infine scioccata; David lesse il disagio nello sguardo della
ragazzina e intervenne con fare diplomatico: “Mi sembra di capire che lei la
conosca- esordì rivolto alla sconosciuta- ma che la cosa non sia reciproca” e
indicò Lisa con un cenno della testa.
In quell’istante nella scena entrò
anche Leonard, il volto rosso per la collera, parlò
con voce falsamente fredda e pacata: “Ti chiedo di
uscire immediatamente”.
La donna incrociò le braccia, altezzosa:
“Perché, non ho forse anch’io il diritto di stare qui?”.
Leonard deglutì a fatica, i pugni stretti e il tono grave: “Questo è tutto
da vedere”:
imperterrita l’altra rincarò la
dose: “Per fortuna che ero in città, altrimenti non avrei mai saputo…”.
Con un gesto che stupì e spaventò Lisa, suo padre fece un
passo avanti e afferrò la sconosciuta per un polso: “Vattene subito, Samia” e con uno strattone uscirono entrambi dalla stanza.
Lasciandosi alle spalle una scia di urla e insulti.
David alzò le braccia al cielo, esasperato: “Non ci posso
credere!- indicò la porta- Chi diavolo era quella?”.
Con lo sguardo rivolto a Lisa, si rese conto che aveva il
respiro affannoso e sbatteva le palpebre con insistenza; la vista si offuscava
di nuovo, il braccio operato pulsava e la nausea era tornata alla carica.
Lisa non aveva capito, il suo cervello aveva rifiutato la
scena di poco prima, finchè suo padre non aveva
pronunciato quel nome… Samia…Samia… sua madre.
La ragazza scosse la testa e singhiozzò violentemente, a occhi chiusi, e sentì un conato di vomito salirle in gola.
In un altro universo due voci maschili parlavano in tono
concitato: “Che sta succedendo?”.
Un David non più calmo e placido
rispose: “Non è questo il momento più adatto, soprattutto per te”.
Non servì altro, un lieve sentore di dopobarba pervase Lisa
e fu troppo: la ragazza girò la testa verso la fonte della voce e vomitò.
Dopo lo spiacevole incidente addosso a James, il medico si decise a
somministrare un anti-emetico nella flebo di Lisa;
ordinò a tutti di uscire dalla stanza e di non sottoporla a ulteriori stress.
Fino al mattino successivo non avrebbe ricevuto visite.
“Posso andarmene?” aveva poi chiesto la ragazza in privato.
Il dottore aveva sospirato e aperto le braccia in segno di impotenza: “Sei maggiorenne, puoi firmare la dimissione
quando vuoi; ma ti consiglio di restare qui. Lascia al tuo corpo il tempo di
assimilare i farmaci e...tutto il resto”.
La ragazza aveva accettato il consiglio con un triste
sorriso, per poi girare le spalle alla porta, isolandosi dal mondo.
Tra un pensiero e l’altro Lisa si rese conto di essere
tagliata fuori da tutto, non aveva niente con sé:
documenti, soldi, vestiti. Suo padre la conosceva bene e le aveva precluso ogni via di fuga.
Era imprigionata lì, senza neppure il cellulare per tentare
una chiamata alle sue amiche-sorelle; le aveva intraviste solo di sfuggita, fuori dalla porta, e le loro facce preoccupate le avevano
stretto il cuore.
Le era parso di sentire pure la voce di Stephan,
in un insistente ma vano tentativo di svicolare dentro alla
stanza; gli inservienti lo avevano bloccato prima che i loro sguardi
potessero incrociarsi.
D’altra parte meglio così, riflettè
sfinita la ragazza. Cosa avrebbe mai potuto dire?
“Sono esplosa in
faccia alla mia vecchia fiamma, la cui presenza a quanto pare, mi fa ancora questo effetto, praticamente ogni volta che ci avviciniamo?”
Lisa rise amaramente immaginandosi la scena.
Davvero valeva la pena essere lì? Non aveva più nemmeno la
certezza che valesse la pena vivere; se ogni respiro
futuro doveva portare la tristezza che sentiva in quell’istante,
tanto valeva chiudere gli occhi e mandare al diavolo tutto.
“Stai dormendo?” la domanda nacque così, dal nulla del buio,
e la fece sussultare.
Lisa si girò verso il misterioso interlocutore e assottigliò
gli occhi.
“Non volevo spaventarti, scusa” la voce non più sconosciuta
vibrò nel torace di Lisa, come se l’avesse toccata dentro.
Dopo un iniziale tentennamento, le spalle
della ragazza si rilassarono con uno sbuffo, prima che girasse di nuovo le
spalle alla porta: “E’ un po’ tardi per le scuse”.
Una pausa di imbarazzo, poi la
risposta: “Lo so”. Netta, profonda…una lama.
La ragazza strinse il cuscino con la mano della
flebo: “Cosa vuoi ancora, James?”.
Insensibile, priva di emozioni,
Lisa trattenne fra i denti la “s” finale di quel nome, così la sua domanda
parve il sibilo di una vipera pronta ad attaccare.
L’uomo si bloccò per un istante, titubante di fronte a tanta
freddezza; poi si aprì in un’affermazione decisa: “Non sono qui per avere il
tuo perdono, so che non riuscirei ad averlo neppure in un milione di vite- dal
fronte, o meglio dalle spalle nemiche, nessuna risposta- Ho
i tuoi vestiti. Posso portarti alla Century da
Felina”.
Inaspettata e inopportuna, la risata di Lisa esplose nella
stanza: “Quanto sei patetico- neppure si degnò di
girarsi a fronteggiarlo- Non voglio la tua elemosina, posso permettermi 20
dollari per un taxi”.
James sospirò esasperato: “Siamo a
mezz’ora di viaggio dagli Studios- spiegò sempre alla
schiena di Lisa- Non ti permetterei di passare in mezzo al traffico da sola, in
queste condizioni”.
La ragazza serrò la mascella e strizzò gli occhi, lasciando
che due lacrime di rabbiale rotolassero lungo le guance. Con un gesto rapido si asciugò e
si girò verso James: i suoi occhi rossi e cerchiati
dalle occhiaie trasmisero al biondo attore il vuoto più totale.
Come un fulmine nella sua mente passarono le sensazioni che
l’avevano lasciato ammaliato, la prima volta che quelle iridi si erano
illuminate nel riflesso delle proprie; adesso non vi era più nulla.
Qualche mese prima avrebbe potuto
amarla, ora doveva accontentarsi di supplicarla.
Con un sospiro carico di angoscia
l’uomo tentò di nascondere il proprio disagio.
Dal canto suo la ragazza serrò i denti, quasi a farsi forza
nel rimanere impassibile dinnanzi al profilo indistinto di James;
inconsciamente ringraziò la penombra che toglieva quella disarmante luce blu
agli occhi del suo interlocutore.
Ogni parola che lui pronunciava era una scossa elettrica e
questo era sufficiente a far tentennare la sua traballante freddezza; le bastò
sbattere le palpebre un paio di volte per focalizzare meglio i lineamenti di James e altrettanto in fretta giunse a
una conclusione. Non lo odiava, non ci riusciva
nemmeno sforzandosi.
“Tu non vali nulla”
Con quelle parole James aveva
soffocato ogni pensiero della ragazza; Lisa non aveva più le forze di
ribattere, di affrontarlo e sì, neppure di odiarlo.
D’altronde a cosa sarebbe servito, se lei non valeva nulla?
Lisa era niente, e da niente si sarebbe
comportata.
D’altronde la ragazza era stata pugnalata troppe volte quel
giorno perché quel semplice contatto visivo potesse
ferirla; l’ultimo ricordo, l’ultimo pensiero che aveva formulato era poche ore
prima aveva definitivamente perso sua madre: una madre che non aveva mai avuto e che mai più avrebbe voluto.
James era aria fresca, a
confronto.
Fu proprio l’uomo a spezzare il silenzio, lanciando una pila
di indumenti sul letto di Lisa:
“Vestiti con calma, ti aspetto qui fuori- questa volta fu
lui a darle le spalle- Stanotte fa freddo, copriti bene”.
Dieci minuti più tardi Lisa uscì
dalla stanza massaggiandosi il polso: non aveva pensato che togliersi la flebo
sarebbe stato complicato con la mano fasciata, ma pur di non chiedere aiuto a James si era sfilata da sola l’ago.
Stringendosi nel cappotto nero barcollò lungo i corridoi
fino al banco dell’accettazione; un ignaro e inesperto infermiere le fece
firmare i documenti per la dimissione e Lisa fu fuori.
James la scrutava, stando qualche
passo dietro di lei e le indicò l’automobile parcheggiata all’ingresso; quasi senza
riflettere, l’attore le aprì la portiera del passeggero e fece per appoggiarle
una mano sulla spalla, per aiutarla a salire.
Lisa schivò il gesto con un passo indietro e afferrata la
maniglia della portiera posteriore,si sdraiò sul sedile, in posizione
fetale.
Fu l’ennesimo schiaffo morale per James,
che mai si sarebbe immaginato un muro tanto difficile da scalare; tuttavia il
platinato attore sospirò, ormai arreso e si mise alla guida.
A coronare il tutto un incidente stradale li bloccò lungo il
percorso costringendoli a passo d’uomo per quasi mezz’ora.
Per spezzare quel silenzio imbarazzante James
tentò un contatto con Lisa: “Stai bene?”. Non pretendeva una risposta, credeva
che sarebbe stata una domanda al vento.
Tuttavia contro ogni previsione Lisa si diede un minuto di
tempo per pensare, poi rispose: “Il braccio…comincia a farmi male” affermò con
voce rauca.
Il suono dei clacson li avvertì che l’ingorgo si stava
muovendo; James diede gas e rispose: “Mi dispiace-
non vi era nulla che non sarebbe risultato banale,
proferito da lui- Resisti, siamo quasi arrivati”.
E in effetti l’attore mantenne la
parola; poco dopo stavano varcando la soglia degli Studios,
nel reparto “Animali di Scena”.
Lisa scese dalla macchina con le movenze
di un automa e senza guardare in faccia il custode, si diresse verso la
zona delle gabbie.
Una voce la bloccò immediatamente: “Non potete entrare lì.
Dovete avere i pass autorizzativi”.
La ragazza respiro rumorosamente,
cercando di ignorare la claustrofobia di quel minuscolo atrio dalle pareti
verde oliva.
“Fottiti”
fu l’unica, lapidaria parola che lanciò insieme al suo sguardo vacuo, in
direzione dell’anonimo sbarbatello.
Fortunatamente James intervenne a
fare da mediatore: “Siamo qui per Felina, la pantera…Lei è la figlia del
regista D’Andrade”.
La ragazza aveva già girato sui tacchi, diretta al retro
dell’edificio, così non potè vedere una banconota da
50 dollari scivolare dalla mano dell’attore a quella del custode; era così
vicina ora che nulla l’avrebbe fermata.
Con inusuale cortesia la guardia li
scortò fino alla gabbia dell’animale e si affrettò ad aprirne la serratura,
prima che la ragazza gli strappasse le chiavi di mano.
Felina era lì, in un angolo, che ringhiava diffidente verso
tutto ciò che si muoveva al di fuori delle sbarre.
Lisa entrò nella minuscola prigione sbattendo la porta in
faccia a James, o meglio, senza neppure accorgersi
che lui fosse lì con lei; con gesti lenti e misurati
la ragazza si chinò, fino a inginocchiarsi sul cemento della cella.
Subito dopo so si slacciò con una smorfia di dolore il
cappotto e se lo tolse a fatica: “Coraggio piccola- sussurrò con la gol che le doleva- sono io…sono sempre io…Non avere paura”.
Detto ciò distese entrambe le braccia verso la pantera.
Questa se ne stava sdraiata dall’altro lato della gabbia,
gli occhi sgranati e la pupilla dilatata per effetto dei narcotici; un mugugno
di risposta fece ben sperare la padrona.
“Bene, cucciola. Ora vieni qui…Torniamo
a casa”.
L’animale protese le orecchie verso
l’origine della voce e annusò l’aria; poi si mosse a fatica, trascinando la sua
mole verso Lisa, una zampa nera dietro l’altra.
Col muso ciondoloni andò ad appoggiare la testa contro il
petto della ragazza, spingendo fino a farla cadere seduta; Lisa avvolse le
braccia attorno al soffice mantello blu notte e affondò il viso nella
pelliccia.
Felina cominciò a fare le fusa e gli occhi di Lisa si
riempirono di lacrime, per la prima volta; quel giorno aveva urlato, imprecato,
gridato aiuto, ma mai si era lasciata sconfiggere dalla tristezza. Ora che si
trovava dove doveva essere, le sue difese erano crollate.
James non udiva il pianto, ma
poteva vedere le spalle di lei alzarsi e abbassarsi a
ritmo dei singhiozzi. Stranamente i suoi polmoni si aprirono in un sospiro di
sollievo: nell’arco delle ultime ore aveva toccato con mano la sofferenza di
quella ragazzina e, con immenso rammarico, ne era
stato l’artefice.
Quell’Italiana viziata dalla
fortuna quasi invidiabile, come
l’aveva definita, portava in realtà il peso di enormi
sacrifici.
L’apparizione della madre, quel giorno, gli aveva aperto gli
occhi su quanto avesse perso, a confronto di quanto
effettivamente aveva dalla vita; era stato difficile, quasi impercettibile, ma
quando James si era reso conto che, a causa propria,
Lisa aveva rischiato di perdere Felina, l’ennesimo frammento di cuore, un nodo
alla bocca dello stomaco lo aveva abbattuto.
Doveva, voleva proteggerla…da tutto e da tutti. Persino da se
stesso, aveva concluso con vergogna.
Forse la sua ultima opera buona non sarebbe valsa a niente,
ma quella notte aveva messo almeno in parte a tacere
il proprio senso di colpa.
Mentre Felina ispezionava curiosa
la fasciatura della padrona, Lisa la lasciò fare; il naso umido dell’animale la
solleticava, facendola sentire di nuovo incredibilmente viva.
Solo allora la ragazza assimilò davvero ciò che l’amico
David le aveva detto: “Per un po’ non potrai recitare
con quelle ferite- le aveva spiegato- Tuo padre ha pensato di lasciarti a
riposo il più possibile. Potrai tornare in Italia con le tue amiche, se vuoi…Penso che ti servirebbe”.
“Ma…il film? Ela Premiere?”
erano state le sue domande ansiose.
“Ludovic ritiene che ci sia
materiale sufficiente per la presentazione; le scene incomplete saranno
completate dagli effetti speciali e nel frattempo continueremo le riprese di
sketch in cui non sei presente”.
David aveva poi fatto una pausa di silenzio per lasciarle il
tempo di decidere se accettare quell’unica
possibilità: “Non ti nascondo che lo staff ha passato
qualche ora di panico- ci aveva tenuto a precisare il moro attore-
Fortunatamente io e tuo padre abbiamo convinto tutti che non c’era bisogno di
sospendere la lavorazione del film”.
Lisa aveva deglutito, poi con un gesto
istintivo aveva aperto e chiuso la mano sinistra, quella fasciata.
“Felina…”
“Verrà in Italia con te- l’aveva
anticipata David- D’altra parte starai
via un mese. Dovrai solo essere qui in tempo per la Premiere
con la stampa”.
Tali parole risuonarono alcune volte nella mente di Lisa:
“Non ti abbandonerò più, lo giuro” disse nell’orecchio vellutato dell’amica a
quattro zampe.
Era deciso, avrebbe preso quel mese
di pausa, lontana dal set, dal padre, da Stephan…da James.
Da un remoto meandro dei pensieri la raggiunse un piccolo
ricordo: aveva lasua
novità su cui lavorare, il piccolo colpo di genio della mattina scorsa era lì
che aspettava di venire alla luce.
Si sarebbe dedicata alla sua sceneggiatura anche
dall’Italia. Con Felina al suo fianco.
Si addormentò così, con la pantera accoccolata in grembo,
due lacrime a rinfrescarle le guance e un flebile sorriso sulle labbra.
Sì, decisamente, tutto sarebbe
andato bene.
Sì, si, lo
so, un altro piccolo ritardo…ma ci sono! E non potete
capire quanto sono felice di vedervi così numerosi. Mi stavo dilungando nella
stesura del nuovo capitolo ma le vostre presenze
lievitavano, così ho accelerato!
kithiara, come prima cosa un
piccolo remember su Samia,
la madre di Lisa: l’aveva abbandonata in Italia col padre, quando lei aveva 4
anni, per tornare al suo impiego di top model, e da allora non aveva più
rivisto la figlia. Sì, è stata un po’ una sorpresa anche per me, mi è uscita
come un colpo di genio quando avevo bisogno di portare
la trama al culmine.
Però ora lo prometto, un
po’ di pace, prego. Lisa è stata fin troppo vittima e James fin troppo perfido. Ora sono qui, pronta al varco!!
MakeMeWannaDie,
partendo dall’inizio…finalmente ti ritrovo!!mi ero
sentita un sacco in colpa ad averti dispersa nei meandri della mia assenza…bene
benebene…
Mi fa piacere che tu apprezzi il personaggio di David, anche io ho
nella vita reale un amico parecchio più “adulto” (vecchio suona offensivo) di
me ed è davvero la mia ancora di salvataggio nei momenti difficili, il mio
porto sicuro quando ho dei problemi o qualcosa non va. Vedere che anche dall’altra parte pure tu lo adori mi
fa capire che l’ho creato proprio come me l’immaginavo. Un angelo custode come
lui serviva a placare il caos di Lisa.
C’è poco da fare…AMO i vostri commenti, perché sapete darmi una
carica incredibile!
Adesso il momento del mea culpa (liceo
classico docet, che tristi ricordi): hai
perfettamente ragione, James è passato molto in
secondo piano, sembra quasi una figura secondaria…e mi dispiace che la storia
abbia preso questa piega, è stato un errore- lo ammetto- dovuto a troppi
capitoli in cui i due personaggi erano in conflitto. Li ho allontanati troppo
l’uno dall’altra, ma confesso che vederli insieme mi mancava tanto, per questo
ho preferito dare una scossa alla storia, nel bene e nel male sono costretti a riavvicinarsi (anche se l’inizio con due gettate di vomito
addosso a James non promette bene).
TE LO GIURO, siamo quasi alla svolta.
Dopo queste anticipazioni inedite…ci si rivede al prossimo
capitolo!
Rieccomi qua! Come al solito ringrazio i miei lettori e commentatori, la voglia
di sapervi intenti a leggere un nuovo capitolo, mi ha dato l’ispirazione nello
scriverlo.
Spero che vi piaccia e… una piccola anticipazione: qualsiasi cosa leggiate nelle prossime righe…non disperate!!!!
Buona lettura
Lisa
Con un paio di sobbalzi l’aereo atterrò a Los Angeles e Lisa
cominciò a fremere. Appena il tempo di accendere il cellulare
e avere il segnale, che ricevette una chiamata: si trattava di una
conversazione molto diversa da quelle delle decine di persone che si
accalcavano in fila per scendere; la ragazza non aveva smesso un attimo di
lavorare, durante la sua vacanza forzata.
Era riuscita ad allenarsi di nuovo, con la sua squadra e le
sue tre amiche-sorelle, ritrovando con tutto il gruppo il
legame viscerale con cui era cresciuta. Aveva passato uno splendido Natale
sempre con le sue tre inseparabili compagne di vita, presso la riserva dello
zio e con lui era rimasta per alcune notti insonni nel recinto di un’antilope
che doveva partorire.
Iljudoji,
il PC e il blocco di appunti erano stati i suoi compagni di emozioni in quel
mese in Italia, con le fusa di Felina a fare da sottofondo alle notti passate a
scrivere.
Proprio a riguardo l’assistente di
suo padre la stava assillando al telefono.
Lisa sbuffò e rispose: “Sean, sono
atterrata ora- con una rocambolesca acrobazia prese
possesso del bagaglio a mano- La gabbia di Felina è arrivata?- una pausa in cui
fece un cenno di saluto alle hostess- Senti, mi stavo chiedendo…come si chiama
la cantante dei WithinTemptation?
Non vorrei fare brutte figure…”.
Nel breve tragitto che portò Lisa alla saletta riservata, Sean le spiegò le condizioni poste dalla casa discografica
per l’uso dei brani scelti.
“Dici che saranno da ri-arrangiare?- la ragazza si calò il cappuccio foderato di
pelliccia in testa- Dove sei adesso?” non fece in tempo a concludere la frase che
se lo vide comparire davanti.
Alto, stempiato e sulla cinquantina, Sean
era un veterano dello staff di Leonard.
Nell’arco dell’ultimo periodo aveva fatto da aiutante e
agente all’attrice in erba e l’aveva assistita nelle fasi più delicate della
stesura delle nuove parti della sceneggiatura.
Non fecero in tempo a salutarsi che uno degli innumerevoli
telefoni dell’agente squillò; uno sguardo al display e
passò la chiamata a Lisa.
La ragazza prese il cellulare e prima di rispondere ammonì
l’altro col dito indice puntato: “Voglio l’indirizzo del Tribunale, sai che non
accetto scuse. Mio padre aspetterà”. Si mise
l’auricolare e premette il tasto verde.
“Pronto?- con l’orecchio libero ascoltò Sean
che informava Leonard sullo sbarco di Lisa e della
gabbia di Felina- Scusi può ripetere?” dall’altra parte uno sconosciuto le
stava proponendo una qualche sorta di servizio fotografico.
“Di che si tratta?- si informò la
ragazza- Una cascata di diamanti? Un po’ banale…- di nuovo silenzio- Escludo
una partecipazione di Boreanaz…come dice?- Lisa si
allontanò da Sean per sentire meglio- La devo deludere ma non ci saranno molte scene di amore nel film…cosa
intende con estensione?- aggrottò la
fronte- Scusi, come ha detto che si chiama?”.
Togliendosi l’auricolare Lisa si rivolse a Sean: “Questo tale…RobertMacqualcosa…ti
dice niente?”.
L’altro rispose distrattamente: “E il vice-direttore di
Playboy America”.
Lisa restò un attimo stranita:
fissò il display del cellulare e quando ebbe fatto due più due, stralunò gli
occhi.
“Questa poi…”
L’istante dopo aveva lanciato il cellulare a un incredulo Sean: “Te lo lascio
volentieri, dammi mio padre”.
Col passaggio di testimone l’argomento cambiò: “Ciao…Hai
parlato col gruppo musicale?” dall’altra parte la sorprese
la voce galvanizzata di Leonard: “L’idea è stata accolta
all’unanimità, Sharon Del Adel,
la cantante, ha letto parte della sceneggiatura ed è impazzita; ha detto che i
brani sembrano nati apposta per Cuore di Diamante”.
Lisa battè le mani con gioia: “Le
ho parlato ieri e c’era nell’aria l’intenzione di proporre
un nuovo video di Whathaveyoudone?”. La ragazza aveva
difeso a spada tratta quello che secondo lei doveva
essere il pezzo trainante della trama e che le aveva aperto nuovi orizzonti sul
film.
Il tono del regista tornò serio e professionale: “Beh, a
riguardo credo ci siano delle novità: ho saputo che avete accennato a una tua partecipazione nel videoclip.- con diplomazia si
accinse a spiegare- Sono state pensate altre modifiche per inserire ancora di
più il testo nella sceneggiatura.”
Lisa si massaggiò una tempia, non più rilassata come prima:
“Parla chiaro” tagliò corto.
“E’ stato proposto di cambiare l’interprete maschile…Prova a indovinare…”.
Non fu un enigma difficile da svelare, un
attimo dopo la ragazza imprecava già mentalmente.
“Non ci voglio
credere…”
“Tu cos’hai detto a riguardo?”.
Il padre rimase imperturbabile: “James
è un cantante abbastanza affermato negli States, era
una buona idea e non ho potuto negarlo”.
La ragazza abbandonò le braccia lungo i fianchi, ormai
vaccinata alle sorprese dello Show Business: “Basta
che non ci sia da spogliarsi, del resto va bene tutto!”.
“Oddio, decisamenteNO!- fu la reazione sconvolta del padre-
Perché questa domanda?”.
Lisa terminò lo scambio di battute con un sorriso: “Sempre
meglio chiarire, ti spiegherò più tardi”.
Le parve di vedere il regista scuotere la
testa divertito, mentre si salutavano affettuosamente.
Quando l’italiana alzò lo sguardo
dal pavimento, Sean teneva Felina al guinzaglio e
l’autista del Chrysler stava caricando i bagagli sull’auto
di cortesia.
Lisa mandò avanti il suo agente e l’autista, che sistemò
Felina nel baule, poi uscì di corsa, schermandosi il
volto coi suoi Chanel specchiati; qualche sparuto
fotografo azzardò pigramente alcuni flash, più per abitudine che per altro.
La ragazza non era ascesa alle luci della
ribalta, il suo nome non destava ancora interesse sui giornali di
gossip.
Ma la scoperta di un nuovo talento non avrebbe tardato a incuriosire i giornali internazionali; per ora l’attrice
in erba si godeva l’attimo di non- notorietà e lo difendeva gelosamente.
Quando la portiera si chiuse dietro
di lei, Lisa si liberò del pesante cappotto inumidito da alcuni fiocchi di
neve.
Poi si sollevò la manica sinistra del maglione, sotto cui spuntava la fasciatura del braccio ferito; con un gesto
rapido si tolse la garza ed esaminò i segni del morso, ormai rimarginati.
Per tutta la sua lontananza dal set si era sottoposta, due
volte al giorno, a iniezioni sottocutanee di agenti fitostimolanti e ricostruttivi:
dove avrebbero dovuto trovarsi le cicatrici, c’erano invece quattro cerchiolini arrossati, lasciati dai canini di Felina.
Lorianne avrebbe dovuto a malapena
correggerli con un tocco di fondotinta.
Nell’arco dei giorni passati in patria, Lisa si era quasi
dimenticata dell’accaduto: aveva comunque frequentato
gli allenamenti, fasciandosi con un tutore rigido durante gli incontri di Judo
e si era dedicata all’addestramento di un cucciolo di leone appena arrivato
alla tenuta dello zio Ralf.
Si era comportata come se quel giorno tremendo nella memoria
non fosse stato altro che un disguido di poco conto.
Mentre le ferite fisiche si
sanavano, pure i ricordi si facevano meno opprimenti.
Aveva parlato dell’incontro con sua madre alle ragazze, che
l’avevano ascoltata imbarazzate.
“Ha chiesto a mio padre di potermi vedere o almeno sentire…”
Marina aveva scosso la testa: “Cosa pensi
di fare?”.
Lisa aveva fatto spallucce, spaesata:
“Non lo so, credo nulla- si era poi stretta nella coperta del suo letto- Ho
passato tutta la vita a costruirmi una realtà senza di lei, ora mi sembra
surreale pensare a una vita con lei”.
E non aveva mentito; da quel
momento sarebbero state tante le persone a fare a gara per accaparrarsi un
pezzetto della sua fama, così la ragazza non poteva fare altro che guardarsi da
chiunque e difendersi in ogni modo possibile.
“Iniziamo da questo” mormorò scendendo dall’auto, di fronte
alla gradinata del Tribunale civile diL.A.
Quella si preannunciava come l’ennesima giornata a vuoto,
giuridicamente parlando; furono tali i pensieri di James mentre prendeva posto
sulla solita sedia in attesa dell’inizio dell’udienza.
Aveva trascorso i giorni delle feste nella sua casa a
Modesto, giocando per la prima volta la carta di Patricia in famiglia.
Il risultato erano stati dialoghi
sterili con i vari cugini e parenti, poche risate e la totale indifferenza di
suo figlio Jason e della nipote Brittany
nei confronti della fidanzata.
In tal modo la sorte aveva voluto che nulla di piacevole giungesse
a distogliere i pensieri del biondo attore dalle ultime vicissitudini; il
ricordo di Lisa era ancora un macigno.
L’avvocato arrivò in quel momento e con un saluto lo
risvegliò dal suo flashback; dall’altra parte della barricata vi era la ex moglie, pronta a iniziare l’ennesima battaglia per
l’affidamento.
Il pubblico si alzò all’ingresso del
Giudice in sala, poi calò un religioso silenzio.
L’uomo sulla sessantina aprì la cartella con la
documentazione del caso e parlò: “Vedo che c’è un aggiornamento dell’ultimo
minuto all’ordine del giorno. Entrambe le parti ne sono al
corrente?”
Tutti gli interessati risposero positivamente, tranne James che restò muto, il sangue gelato nelle vene.
Il suo avvocato si affrettò a tranquillizzarlo e insieme
zittirlo: “C’è stato un cambio di programma improvviso, ma giocherà a nostro
favore, si fidi di me”.
James non fece in tempo a
rimproverargli di non essere stato avvertito, che delle falcate decise
varcarono l’aula; due gambe magre e slanciate, avvolte da morbidi stivali
scamosciati fin sopra il ginocchio, passarono il cancelletto
a fianco di James e si diressero al banco degli
imputati.
Una scia di pesca fu il primo vero benvenuto che l’attore ricevette
dall’anno nuovo, iniziato il giorno prima e che ancora
non gli dimostrava alcuna clemenza
.
Non poteva essere lei, per nulla al mondo. Cosa ci faceva lì? Come faceva a sapere?
Dal gelo iniziale, James cominciò
a sentire le gambe molli, come se ora la paura lo stesse sciogliendo.
“Si identifichi, signorina”.
“Lisa D’Andrade, Giudice” rispose
la giovanissima teste arrotolandosi le maniche di un maglione bianco fin sopra
i gomiti, mettendo a nudo le braccia lisce e- constatò
James- prive di qualsiasi segno.
Ad alzarsi per primo fu l’avvocato di sua moglie; con passo
misurato si avvicinò alla ragazza. Probabilmente stava riordinando le idee
prima di partire con l’interrogatorio.
“Conosce l’uomo seduto là?” l’avvocato indicò James, arpionato ai braccioli della sedia.
“Sì” fu la laconica risposta di Lisa; gli occhi trasparenti
rimasero saldamente puntati su quelli dell’inquisitore.
“Come vi siete conosciuti?”.
“E’ stato collega di mio padre in Italia. Ora lavoriamo
insieme a un film di prossima uscita”.
“Quindi vi siete visti per la prima
volta in Italia”:
“Corretto” Lisa annuì inespressiva, il
tono del nemico si manteneva ancora inoffensivo.
“E’ giusto dire che il signor Marsters è stato suo ospite?”
“Nostro ospite, in
casa nostra”.
La ragazza cominciò ad affilare il tono.
“Ha dormito con lei?”.
Improvvisa e inaspettata, la domanda tagliò l’aria e James finì in apnea.
Ma ancora più sorprendente fu la
risata a stento soffocata della teste: “Di sicuro non l’ho lasciato sullo
zerbino per mesi!”.
Qualche membro del pubblico si lasciò sfuggire un risolino divertito, prima che il martello del giudice
richiamasse tutti al silenzio.
“La invito a riformulare la domanda, avvocato- poi l’uomo si
rivolse a Lisa- E lei si limiti a rispondere in modo pertinente”.
La ragazza ignorò il richiamo e tenne gli occhi inchiodati
davanti a sé.
“Il rapporto tra voi due, lo definirebbe…”
“Puramente professionale” la brusca interruzione spiazzò
l’uomo.
“Smentisce le voci relative a una
vostra relazione clandestina?”
A malapena lo lasciò finire, Lisa anticipò
la domanda: “Smentisco qualsiasi tipo di relazione con JamesMarsters al di fuori dell’ambito lavorativo”:
“Le ricordo che è sotto giuramento, signorina”.
Lisa fece una pausa e sospirò, appoggiando la schiena alla
sedia: “Mi guardi avvocato, le sembro una stupida?”.
Stranamente il giudice la lasciò parlare, forse curioso di
scoprire dove sarebbe andata a parare.
“Al contrario- rispose seria l’accusa- la
sua fisionomia mi suggerisce una persona sveglia e intelligente”.
L’italiana ignorò la vena ruffiana di quella collosa
affermazione, poiché era giunta al posto giusto: “Come tutti in quest’aula possiamo notare, JamesMarsters è un uomo di quasi
cinquant’anni e come lei ha detto, sono abbastanza
sveglia da rendermi conto di quanto sarebbe inopportuna una relazione. Se lei pensa il contrario, lo prendo come un insulto alla
mia intelligenza”.
Concisa e inopinabile, la dichiarazione di Lisa si chiuse lì.
L’avvocato dell’accusa abbassò il capo, a labbra serrate:
“Non ho altre domande” fu l’ultimo intervento che proferì.
Così il giudice si rivolse alla difesa, che dichiarò di non
essere interessata a interrogare il teste.
Nei brevi attimi in cui il giudice esaminò le carte, James tenne lo sguardo puntato verso la ragazza, teso come una molla e pronto a scattare in piedi al suono
del martelletto.
Dal canto suo Lisa inforcò gli occhiali scuri e prese la
giacca sottobraccio; non incrociò gli occhi del platinato attore nemmeno di
sfuggita.
Era un’attrice d’altra parte, pensò James,
e come tale stava portando avanti una recita esemplare. Ma
era davvero una finzione, quella?
L’uomo se lo chiese sinceramente, perché le affermazioni di Lisa erano state
talmente decise e pragmatiche che l’attore faceva fatica a ritenerle solo una coperture di facciata.
“Preso atto della nuova testimonianza, la Corte si aggiorna in data da
destinarsi”.
Il colpo del martello seguì le parole del giudice e il
silenzio lasciò spazio al brusio generale dei commenti di chi usciva dall’aula.
Lisa si sollevò dalla sedia come un automa; il tonfo netto
sul legno era stato come uno sparo, dentro di lei. Con quel suono la ragazza
aveva posto fine a un capitolo della sua vita, una
triste parentesi fatta di finte speranze e illusioni.
“Sì, questa è la fine”
Si ripetè mentalmente mentre
aspettava immobile la scorta dei bodyguard dietro al cancelletto.
Nel suo mese di meditazione lontana da lui, era arrivata
alla conclusione che il problema di tutto erano stati
lei e il suo nulla; quel nulla che
aveva incantato James quasi un anno prima e che li
aveva avvicinati.
Lo stesso nulla (come l’aveva definita lo James in persona) che era stato causa della
catastrofe di un mese prima.
“Chi diavolo sono io,
per odiarlo o anche solo amarlo?”
Non erano bugie le sue dichiarazioni, ma una vera e amara
confessione.
La folla cominciò a defluire e due gorilla le si affiancarono; proprio allora un tocco leggero le
sfiorò il braccio sinistro, ormai guarito.
Ad accoglierla quando alzò lo sguardo stanco dal pavimento ci fu il ghiaccio degli occhi di James. La ragazza combattè contro
un rantolo che voleva uscire dalle labbra, a metà tra un singhiozzo e un grido
sorpreso.
L’uomo si specchiò nelle lenti scure dei suoi Chanel che lo privarono di un vero contatto visivo;
“Perché tutto questo odio? Perché la tua
vendetta? Perché sembra quasi che desideri la mia morte?”
Erano solo alcune delle cose che avrebbe voluto gridare, ma
quasi disarmato emise un'unica, debole parola:
“Perché?”.
Lisa deglutì a fatica, rigida, prima che il braccio del bodyguard le cingesse la vita per condurla fuori.
Qualche passo e il tocco di Jamesscivolò via dal suo braccio, impalpabile come la risacca del
mare; il brivido che le lasciò diede a Lisa la forza di rispondere: “Ho saldato
il mio debito. Nient’altro”.
Ormai solo nella stanza, James
crollò davanti a un’unica certezza: nella sua vita non
aveva mai affrontato nulla di più terribile di quel “nient’altro”.
La prima cosa che accolse Lisa nella Hall dell’hotel fu il sorriso cioccolato di Holly; la messicana la avvolse in un caldo abbraccio e la
strinse: “Finalmente! Non sai quanto sono felice di vederti”.
L’Italiana accarezzò con affetto
la folta chioma riccia: “Sono felice anch’io. Mi sei mancata”. Con curiosità Holly le prese il braccio non più fasciato: “Accidenti, è
fantastico! Non si vede nulla…”.
Lisa sorrise
soddisfatta: “Non dirlo a mio padre, ma ho pure fatto judo, a casa-
concluse sottovoce, col tono di chi deve nascondere una marachella- Stephan è tornato?”.
Il maestro di arti
marziali si era infatti assentato pochi giorni prima dal set per raggiungere in
Spagna la sorella che stava per partorire; aveva mandato un messaggio,
totalmente ignorato, a Lisa, per proporle di raggiungerlo a Madrid.
“Non ancora- rispose la
messicana- dovrebbe tornare il giorno della Premiere,
se prenota il volo in tempo”.
“Da lassù qualcuno mi ama, oggi”
a quell’osservazione Hollyrise di gusto, finchè il vocione di David
sopraggiunse a coprire la conversazione.
“Eccoti qua! Fatti abbracciare-
in uno slancio euforico strinse Lisa e la sollevò da
terra- Mi mancavano i tuoi disastri, era tutto tremendamente noioso senza di
te!”
Holly
annuì: “Negli ultimi giorni ci hanno assillato. Mi sembrava di essere tornata
al liceo!”.
Il moro attore
diede una pacca di saluto a Felina e aggiunse: “Tuo padre e Ludovic
ti aspettano nella sala conferenze: stanno appuntando le ultime cose per domani-
tra il divertito e l’esasperato disse- non immagini quanto sono tesi, sembrano
al loro primo giorno di scuola”.
Lisa non se lo fece ripetere e
raggiunse i due registi; li trovò seduti a un lungo
tavolo, nella sala conferenze, intenti a borbottare dietro lo schermo di un
portatile.
La voce squillante della ragazza
fece irruzione nel quadretto drammatico che stava andando in scena: “Vedo che
senza di me avete perso il buonumore!”.
In
risposta ricevette il sorriso smagliante di Ludovic:
“Bentornata! Fatto buon viaggio?”.
Lisa annuì e scambiò un breve
abbraccio col padre: “Come stai cara?” le diede un veloce bacio in fronte.
“Alla grande, tu?” Leonardabbassò la testa è scrutò
il braccio della figlia: “Impressionante! Le cure hanno fatto miracoli”.
Lisa tagliò corto e indicò lo
schermo: “Come andiamo?”.
Ludovic
chiuse il PC con fare divertito: “Top secret! Vogliamo
che domani la sorpresa sia per tutti”.
L’attrice alzò le mani in segno
di resa: “D’accordo, mi terrò la mia curiosità. Del resto che
si dice?”.
Il registaspense il computer e rispose: “Ho già
ricevuto due telefonate della stampa riguardo alla tua comparsata
in tribunale”.
Lisa alzò gli occhi al cielo: “Ti
avevo avvertito, era una cosa che dovevo fare”.
Un sospiro, poi la domanda del
padre: “Mi dirai mai il perché di questa scelta?”.
“Mi farebbe piacere che tu la
accettassi semplicemente per come è”.
Leonard
la fissò negli occhi, poi le cinse le spalle e in
risposta le diede un altro bacio in fronte; non aveva nulla da rimproverare
alla sua ragazza.
Ludovic
intervenne a cambiare discorso: “Daniela è nel tuo camerino che scalpita. Devi
provarti l’abito di domani. Faremo in modo che sia una serata spettacolare”.
Lisa assentì convinta: “E lo
sarà”.
Fu il regista a spiegarle i
particolari: “La stampa è attesa per le 19:30. Noi
faremo il nostro ingresso mezz’ora dopo- fece un rapido calcolo a mente-
Contiamo di mandare in proiezione il filmato per le 20:30”.
“Quanto durerà?” Lisa si sedette
sul tavolo.
“Diciotto minuti e trentatrè
secondi”.
La ragazza fischiò stupita: “d’ora in poi non ti chiederò mai di essere più preciso”.
Ludovic
continuò: “Dopo seguiranno alcune domande dei giornalisti e il ricevimento vero
e proprio”.
“Amo le serate di rappresentanza”
ironizzò sarcastica la ragazza.
“Sarà il tuo
ingresso in società- precisò il padre- Non voglio metterti pressione
ma…”
“Ah no, davvero?!”
lo schernì la figlia.
Il produttore si
inserì a fare da paciere: “Lisa si comporterà egregiamente-si preparò a
dire il suo ma–
Piuttosto, come pensi di cavartela con…” omise volutamente quel nome.
“Lo ignorerò, come
è giusto che sia- fu la netta affermazione della ragazza- Avrò David a
farmi da angelo custode”.
Leonard
scosse il capo, tra il divertito e l’incredulo: “Mi toccherà dargli un extra
alla fine delle riprese. Chi avrebbe mai detto che
sarebbe diventato il tuo…assistente sociale?”.
L’attrice si concesse una risata
spontanea: “Penso che tu abbia ragione!”.
Con un gesto della mano il padre
la congedò: “Daniela ti aspetta, vai pure”.
Lisa trovò la costumista intenta
a ritoccare l’abito da cerimonia; rimase abbagliata dallo scintillio degli Swarovsky, non l’aveva mai visto nella sua interezza.
“Ho paura di sembrare ridicola
con questo addosso”.
La donna la guardò sbigottita:
“Un vestito ideato apposta per te non può che renderti magnifica! Loriannesta studiando un’acconciatura da
urlo, sarà una bella sorpresa”.
Lisa accarezzò i guanti di seta
candida: “Tutto questo bianco…comincia a stancarmi”.
La costumista la rassicurò:
“Prometto che per le prossime uscite cambieremo totalmente look”.
La ragazza sorrise, l’aria
assente, i suoi occhi parevano esaminare gli intarsi di brillanti ricamati, ma
la sua mente era altrove.
Daniela la scrutò, le mani severe
sui fianchi: “Cosa c’è che non va?”.
“Nulla- Lisa scosse la testa per
scacciare l’attimo di malinconia- Semplicemente…tornare in Italia mi ha fatto
bene…ma anche male: mi manca casa mia, le mie piccole cose, la vita di prima…e
mi è venuto da pensare che non volevo niente di tutto
ciò- stette in silenzio persa nel vuoto, prima di riprendere- Desideravo una
vita normale, per quanto possibile, e ora tutto sta cambiando”.
La costumista sospirò: “Lascia
che le cose passino, cara; non vivere
il film e tutto il resto come una prigione da cui fuggire- la ammonì con un
gesto della mano- Il più grande dono che hai a
disposizione è poter fare ciò che vorrai della tua vita. Goditi questa realtà,
prima di rimpiangerla”.
Lisa annuì grata: “Accetterò il
tuo consiglio…poi escogiterò qualcosa per affrontare certi incontri di domani sera nel modo meno traumatico possibile”.
Daniela esplose in una risata: “Beh,
il mio vestito è meraviglioso, ma non fa i miracoli! Per quelli rivolgiti alla
santa pazienza del tuo collega”.
“Due a zero per David-
pensò Lisa- Poveraccio!”
Decise di andarlo a trovare nei
suoi alloggi: le parve che fosse passato un secolo dalle loro chiacchierate.
Lisa trovò l’amico attore
impegnato in una video-chiamata con sua moglie: “Ciao Jaime!- la ragazza si inserì nella visuale della
videocamera- Come stanno i bambini?”.
“Alla grande,
tesoro! Jaiden mi chiede in continuazione di
comprargli una pantera”.
“Cominciate con
un gattino, magari nero, poi si vedrà!”.
David salutò la consorte: “Torno
al mio secondo lavoro, amore”.
La giovane Italiana si imbronciò: “Perché mi trattate tutti come un caso umano?
Sono così terribile?”.
Jaime
rispose scherzosa: “No, tranquilla…basta che non ti metti a vomitare addosso
alla gente!”.
Lisa stette al gioco e scosse il
capo: “Ah…queste leggende metropolitane…”.
Sempre la donna li salutò entrambi
con un bacio, poi spense il pc; David armeggiò ancora
per un attimo col portatile: “Tutto bene?”.
Lisa riflettè
un attimo, poi annuì.
“Non mi hai
ancora raccontato nulla…Sei sicura?”. Il moro attore si distese sul
divano, pronto ad ascoltare.
La ragazza se ne stava seduta al
lato opposto del sofà, la schiena appoggiata al bracciolo e le gambe raccolte
al petto: “Sono solo un po’ preoccupata per domani”.
David intrecciò le mani dietro la
testa, a mò di cuscino: “Non può succedere nulla che
ti colga impreparata; domani porteremo in scena i nostri personaggi…una sorta
di presentazione teatrale”.
Lisa sbuffò: “E’ quello che
temevo. Sono mesi che viviamo con una maschera addosso. Vorrei
solo tornare ad essere…me, capisci?”.
L’attore alzò un sopracciglio, il
sorriso sghembo accompagnò la risposta: “Parli con uno che è stato un vampiro
con l’anima per quasi dieci anni- poi la scrutò sapientemente- C’è
dell’altro?”.
“No, niente di grave. Solo un po’
di nostalgia- per la seconda volta in quella giornata lo sguardo smeraldo si
perse nei ricordi- In questi giorni ho riavuto la mia vita così come la amavo:
l’odore di bucato, il mio the caldo…pensa che a malapena mi ricordavo qual era
il cassetto delle posate e il programma delicati
della lavatrice. Tutte cose che risalgono a un periodo
in cui eri felice e in cui ero…”.
“…con lui” David la anticipò
saggiamente, lasciandola di stucco.
Lisa si abbandonò sul divano: “E’
come se l’America avesse complicato tutto. In Italia era più facile…”.
“Niente sarà mai facile tra voi
due- ribattè deciso David-
che si tratti di amore o di odio, gli ultimi eventi lo
hanno dimostrato”.
L’Italiana sbuffò e si prese la
testa fra le mani: “Con lui sbaglio sempre tutto…come se non sapessi comportarmi…e basta!”.
“Ti piace ancora?”.
La domanda ammutolì Lisa e le
strinse la bocca dello stomaco: “Non lo so- la risposta dubbiosa fu seguita da
un silenzio denso- Credo non sia così semplice…è diverso…non so dirti altro”.
“Provi rancore o rabbia verso di
lui?”.
Di nuovo qualche secondo di mutismo,
David sapeva sempre quali tasti toccare: “No, non credo” fu l’incerta risposta
di Lisa.
“E’ già qualcosa” fu la
consolante risposta dell’amico.
Con uno scatto nervoso la ragazza
tornò sulla difensiva: “E lui invece? Lui cosa prova? Cosa
vuole da me?”.
“Queste sono domande pericolose,
Lisa- la ammonì David- Prima di portele, devi
scoprire cosa vuoi tu!”.
La conversazione stava mettendo a
disagio la giovane attrice, che si rannicchiò ancora di più sul divano;
l’attore notò il gesto e si sollevò dalla sua posizione rilassata per
avvicinarsi.
“Ehi…Non sono qui per farti da
inquisitore e nemmeno da padre- con un braccio le avvolse le spalle-
Ma ricorda quel che ti dirò adesso: le persone di cui ti circondi devono
farti stare, come minimo, come già stai.
A volte sono in grado di farti sentire meglio o anche benissimo, ma la regola
è…mai peggio. La vita è abbastanza difficile per conto suo”.
Lisa sorrise lievemente e accettò
l’affetto dell’amico ricambiando l’abbraccio: “Grazie di tutto- poi la ragazza
pose un quesito molto più pragmatico- Come farò domani
sera?”.
Di nuovo David
rise: “Questa è facile: sarai circondata da talmente tante persone, mille volte
peggiori di James, che sarai immune alla sua
presenza”.
“Lo spero!” rispose lei
spalancando gli occhini chiari.
Mentalmente si fece un appunto:
per capire ciò che voleva, Lisa si sarebbe concentrata su ciò che non voleva.
E
assolutamente non voleva che niente rovinasse la sua Premiere; con quella
certezza, tutto il resto passò in secondo piano.
Ok, ok…capitolo
statico, riflessivo, ma ci voleva: nei prossimi vedremo lo show
del film andare in scena.
Ciak si gira!
Comincia il bello…e non poteva essere altrimenti,
visto il periodo natalizio.
A tutti voi buone
feste…grazie della devozione con cui mi leggete, mi incoraggiate
e mi commentate.
Un abbraccio forte e
un augurio che l’anno prossimo sia fantastico!
La mattina del 2 Gennaio gli
attori del film furono svegliati per le nove in punto: non vi erano problemi
dell’ultimo minuto e quella sarebbe stata una giornata interamente dedicata a
vestizione, trucco e parrucca dei figuranti.
Lisa e Holly fecero colazione
insieme, poi furono raggiunte in palestra dal collega David; dopo una mezz’ora
di tapis-roulant si diressero tutti verso gli Studios, dove ognuno di loro fu
sequestrato da truccatori e costumisti per il resto del giorno.
Lorianne salutò Lisa con un bacio
e un abbraccio entusiasta: “Sei pronta a cominciare?”.
“Direi di sì- rispose lei
sedendosi al lavatesta- Vi vedo tutti così galvanizzati…Hai delle sorprese per
me?”.
L’altra battè le mani eccitata:
“Certamente! Quando avrò finito non crederai ai tuoi occhi”.
Con calma e molta cura le hair
stylist lavarono e lisciarono la lunga chioma di Lisa, poi intervenne Lorianne
ad applicare delle extension chilometriche di diverse tonalità di castano: “E’
da una settimana che lavoriamo al tuo look- insistette- Ogni commento negativo
verrà punito con la morte”.
L’attrice rise di gusto ma in
effetti mai avrebbe immaginato tanta dedizione: due ragazze dello staff di
Lorianne intrecciarono alcune sottili ciocche, mentre le extension furono
lasciate libere di cadere fino a metà schiena. Parte della chioma fu raccolta
sulla nuca in un’acconciatura stile imperiale, fatta di trecce e spille di
perle, con lunghi fili d’argento che si confondevano tra le ciocche.
Verso la fine di quella scultura
fece capolino David, ancora in maniche di camicia e con un paio di pantaloni
neri improvvisati: “Accidenti, qui sì che fate sul serio!” osservò stupito.
Lisa lo guardò dubbiosa: “E tu
cosa ci fai…messo così?”.
Lui abbassò il capo a esaminarsi:
polsini slacciati, colletto alla coreana sgualcito…: “Ah…C’è stato un
contrattempo…Devo convincere Daniela a non truccarmi”.
“Truccarti?!” Lisa sgranò gli occhi.
“Già- fu la risposta imbarazzata
dell’amico- Con…matita per occhi e…ehm…mascara…”.
L’Italiana a stento evitò di
scoppiargli a ridere in faccia, prima che da dietro l’angolo si udisse la voce
severa di Daniela: i due si congedarono e subito dopo fu il turno del trucco di
Lisa.
La ragazza non riuscì a evitare
il solito pesante ombretto nero, arricchito di brillantini adesivi lungo la
linea delle palpebre; l’attrice si rassegnò a portare in scena Raina, non se
stessa, quindi per le ore seguenti avrebbe “rubato” al suo personaggio
l’impenetrabile corazza di diamante.
“Troviamo almeno un lato positivo”
Fu così che fra una breve pausa,
un pranzo veloce e un’altra pausa ancora più breve, arrivarono le sei di
pomeriggio.
Con un passaparola generale tutti
gli attori della Corte di Diamante furono richiamati nella sala principale; ad
attenderli vi era Leonard, in tenuta assai informale per essere pronto a una
cerimonia.
Contro i completi gessati degli
attori, il regista aveva scelto jeans, camicia sbottonata e giacca nera.
Ma non era lui ad andare in
scena: “Un attimo di attenzione- zittì il brusio con un battito di mani- Le
auto di servizio arriveranno tra poco”.
Descrisse brevemente la location,
cioè una sala-proiezioni adiacente al complesso della Century: “Le limousine di
Ludovic arriveranno insieme alle nostre- continuò- Fate il vostro gioco,
signori! E che sia una serata spettacolare!”.
Il capannello di gente si
disperse e una voce maschile giunse all’orecchio di Lisa: “Direi che l’inizio
promette bene”.
L’italiana girò il capo verso
quel “lui” che si rivelò essere David: il completo di scena del collega era
stato replicato in versione più moderna, un broccato bianco che stagliava sui
lineamenti marcati dell’attore e sulla folta chioma scura, sagomata in
un’elegante cresta.
“Sei un capolavoro” si lasciò
scappare la ragazza, a bocca aperta.
David scoppiò in una fragorosa
risata: “Così mi fai arrossire!”.
Lisa scosse la testa e lo
indicò”No, dico davvero! Sembri una scultura così conciato, dannazione…Io mi
sento solo una …Barbie pronta a entrare nella scatola dell’edizione limitata di
Natale!”.
L’attore abbassò lo sguardo a
esaminarla: il lungo abito della ragazza brillava per le centinaia di cristalli
intarsiati nel tessuto. Mentre sul davanti manteneva una linea sobria e priva
di scollature, la schiena era totalmente scoperta fino alla linea dei glutei.
Gli Swarovsky apparivano come
incastonati in una fitta rete che la avvolgeva come una seconda pelle, tranne
che sul ventre, scoperto da uno spacco nell’abito che proseguiva a spirale sul
fondoschiena e risaliva fino alle scapole.
L’amico attore sorrise di
sottecchi: “Mi sento un maledetto Matusalemme a confronto con te!”.
Una voce alle loro spalle li
interruppe: “E a me non dite nulla?”. Holly non aveva tutti i torti, Lisa stentò
a riconoscerla in quella tenuta: il vestito della messicana sembrava nato da un
unico telo di tulle nero, cucito direttamente attorno alle sue forme.
Tutto il corpo appariva sotto il
tessuto semi trasparente intarsiato da una cascata di brillanti.
“Wow- fu l’unico commento di
Lisa- Mi sono persa davvero parecchie cose”.
David si accinse ad avviarsi
verso le auto di cortesia: “Ora sai perché tutti sembrano esauriti”.
Sean si affiancò a Lisa per
parlarle: “Felina è con Jack all’hotel, staranno in giardino tutta la sera.
Rientreranno in camera solo poco prima della fine della presentazione”.
La ragazza annuì: “L’importante è
che stia sola il meno possibile”.
Un fischio di David la avvertì
che era ora di mettersi in marcia.
Con un respiro profondo Lisa prese
posto accanto al collega; ; l’autista chiuse la portiera e il cuore della
ragazza andò a mille. Si torturò le mani inguantate per nascondere il tremore
che la scuoteva e ci vollero pochi minuti prima di intravedere il capannello di
giornalisti fuori dal quartier generale della Century Fox.
“Penso che potrei morire” osservò
Lisa in apnea; solo allora si accorse dei due carpet allestiti all’ingresso,
uno bianco e uno nero.
Lisa girò le spalle per vedere
dal lunotto la limousine dei Corte di Tenebra che parcheggiava dietro di loro.
Daniela la distrasse avvolgendole
le spalle con una stola di pelliccia bianca: “Non credo che smetterai di
tremare, ma questa ti scalderà”. L’attrice le sorrise, capendo che la propria
tensione era palpabile.
Come da copione il ciack fu dato
da Leonard e Ludovic, che uscirono nello stesso istante dalle rispettive auto;
iniziò la cascata di flash, a cui i due veterani si prestarono offrendo sorrisi
e saluti alla folla.
David picchiettò un dito sulla
coscia di Lisa per attirare la sua attenzione: “E’ il nostro turno!” le disse
con un occhiolino d’intesa.
Due valletti in perfetta
sincronia aprirono le portiere delle limousine e Lisa si sentì afferrare la
mano dall’amico, che scese per primo e la sorresse riportandola al suo fianco.
Fino a quel momento i vetri
oscurati l’avevano protetta dai flash diretti, così Lisa dovette sforzarsi per
evitare smorfie di fastidio, mentre si apriva in un radioso sorriso.
Sulla sua destra comparve Holly,
che le cinse la vita partecipando alle foto di rito.
A qualche paso di distanza lo
stesso trattamento era riservato anche agli antagonisti del film; l’italiana
vide distintamente James e David Gallagher, due macchie nere tra un lampo di
luce e l’altro. I loro completi neri mantenevano lo stile classico dello
smoking, tranne che per il tessuto, un cotone antracite consunto e volutamente
sbiadito, che dava ai bei tenebrosi l’aria vissuta di due veri Bad Boys.
Lisa fu costretta a deglutire
parecchie volte, prima di rendere credibile la sua allegra paresi facciale; la
visione di James l’aveva riportata a parecchi mesi prima, quando insieme si
erano presentati alla tenuta di Ralf, in abito elegante da sera. Quello era lui, il sorriso serafico e
cordiale, gli occhi tranquilli di chi ama la vita e il mondo.
Tutto ciò era stato suo e ora
Lisa poteva toccare solo un fantasma di quel ricordo.
Furono le voci concitate dei
giornalisti a risvegliarla:
“Una foto di gruppo, per
cortesia”
“Lisa! Lisa guarda qui!”
“Da questa parte! Un sorriso per
il Times!”
E poi, ultimo ma non ultimo:
“James…una foto con Lisa!”
La ragazza ricominciò a tremare,
pregando che l’espressione pietrificata fosse credibile; in teoria James
avrebbe dovuto ignorare la cascata di suppliche dei media, come le altre decine
di proposte assurde che stavano sciorinando: sorridi, guarda su, fai una
giravolta, falla un’altra volta…
Tuttavia l’attore si concesse una
mossa a sorpresa: con due ampie falcate fu accanto alla ragazza e continuando
la recita del sorriso dell’anno, le cinse la vita col braccio.
Il destino volle che la mano
calda del suo aguzzino andasse a stringere il fianco di Lisa, dove la pelle era
lasciata nuda dallo spacco dell’abito; una splendida posa plastica per la
stampa, ma un tuffo al cuore per Lisa.
Nessuno poteva sapere che erano mesi
che il platinato attore non la sfiorava nemmeno, benché lei avrebbe voluto il
contrario…Diavolo se l’avrebbe voluto!
Prima che anche l’ultimo accenno
di sorriso scemasse dalle labbra marcate di rossetto scuro, gli uomini della
sicurezza fecero cenno al corteo di procedere e David riprese possesso della
collega con fare divertito: “Ti fai fotografare proprio con tutti, eh?”.
Lisa lo seguì, rigida come una
statua: “Poteva andare peggio” finse naturalezza, ma non riuscì a ingannare il
collega: “Certo, potevi vomitare!”.
Prima che la ragazza riuscisse a
replicare, le porte dell’edificio si riaprirono facendo entrare una folata di
vento gelido, ma uno stuolo di body guard coprì la visuale di chi era già
entrato.
Poco dopo Lisa riuscì a
focalizzare la chioma platinata di James, intenta a salutare l’ultimo arrivato,
una figura maschile che Lisa non riconobbe.
Fu questione di un attimo, poi lo
sconosciuto dal pizzetto rossiccio puntò nella sua direzione, salutando con un
sorriso David.
“Questa sì che è una sorpresa”
esclamò il collega abbracciando il misterioso ospite che, dedusse Lisa, non si
trattava di un attore, benché avesse un che di famigliare.
“Ti presento Joss Whedon, il
creatore e produttore di…”
L’italiana recuperò terreno:
“Buffy…e Angel, ovviamente- gli strinse la mano- Accidenti, è un onore averla
qui…non so cosa dire!”.
Joss contraccambiò la stretta con
vigore: “Metà del cast è composto da mie creature- scherzò cordialmente- Non
potevo mancare”.
“Credo che questa sarà una serata
all’insegna delle sorprese” una voce profonda e allegra giunse dietro Lisa, che
ad accoglierla trovò un sorriso smagliante su una pelle d’ebano, come quella di
Holly.
Lisa trattenne a stento un
gridolino eccitato e si butto nell’abbraccio di quello che non era altri che Will
Smith: “Cosa ci fai qui? Quanto sono felice di vederti”.
La ragazza sentì la cassa
toracica dell’attore rimbombare per la risata che tanto le era mancata, una
volta che la permanenza in Italia dell’attore era finita.
“Non potevo perdermi il tuo
esordio- rispose lui scuotendo deciso la testa- Ricorda cosa ti ho promesso un
anno fa: sarò il tuo testimone di nozze, il padrino di tuo figlio e…”
Lisa finì per lui la frase: “E mi
consegnerai il mio primo Oscar”.
Will Smith si strinse nelle
spalle: “Sembra che le cose non accadranno proprio in quest’ordine, ma sono
prenotato comunque”.
La ragazza lo abbracciò di nuovo,
rincuorata dalla presenza di un volto amico.
L’attimo di idillio fu interrotto
dall’arrivo della cantante dei Within Temptation, che ringraziò Lisa e il
regista per l’invito e strinse calorosamente la mano alla sceneggiatrice in
erba.
“Mi spiace se il montaggio delle
musiche sembrerà provvisorio- si scusò anticipatamente l’italiana- Ma abbiamo
avuto davvero poco tempo e per la versione definitiva vorremmo che il gruppo
lavorasse con noi!”.
Sharon Den Adelscosse la chioma corvina, come a scacciare i
convenevoli: “E’ un piacere immenso anche solo essere qui, più tardi parleremo
di lavoro”.
Le porte della sala si aprirono e
il capannello di VIP fu invitato a entrare: l’ampio spazio era stato allestito
in maniera insolita, non con le usuali file di sedie posizionate davanti a un
megaschermo, ma con una serie di tavoli rotondi da otto posti ognuno, sparsi
per tutta la sala.
Non vi era un solo telo per la
proiezione, ma ben quattro, uno per ogni parete, in modo che tutti gli ospiti
potessero avere una visione ottimale e si sentissero immersi nel film.
Come anticipato da Ludovic, il
cast si posiziono sulla fila di tavoli più lontana dall’ingresso, in modo che i
giornalisti prendessero progressivamente posto nei tavoli restanti.
Con entusiasmo Lisa fece un cenno
verso il tavolo di suo padre: “Will, vieni qui!” ordinò all’amico attore
indicando l’ultimo posto libero al proprio tavolo, accanto alla Den Adel.
Lui obbedì, con un cenno
scherzoso verso il tavolo alle spalle di Lisa: “Credo di aver rubato la sedia a
un tuo pretendente”.
La ragazza gettò l’occhio poco
più indietro, per intercettare un paio di iridi di ghiaccio freddare lei e
Will, prima di rassegnarsi a sedersi al tavolo di Leonard.
Pazzesco…James voleva sedersi al
suo tavolo. Accanto a lei.
Un provvidenziale David Boreanaz
la rassicurò con una pacca sulla gamba: “Tranquilla, non l’avrei mai permesso”.
Lisa rimase sconvolta da come
l’amico sapeva leggerle il pensiero, ogni volta che lei arrancava in cerca di
aiuto.
Prima che potesse replicare, una
donna radiosa al tavolo dei registi attirò l’attenzione dell’italiana,
salutandola con ampie sbracciate; Lisa trattenne il secondo gridolino di
eccitazione nel riconoscere in quella corta chioma femminile un’altra amata
ospite di casa sua.
“Ciao Sharon!” la salutò
trattenendo l’entusiasmo, per mantenere un minimo di etichetta. Un attimo prima
che le luci si spegnessero le comunicò a gesti che si sarebbero parlate più
tardi.
Holly sussurrò: “Sharon Stone,
Will Smith…Chi è qui la novellina?” si allungò a dare un buffetto scherzoso a
Lisa, prima che la musica in dolby sorround zittisse tutti.
A rompere il silenzio della sala
fu un ticchettio netto che si diffuse dalle casse, prima che sugli schermi
cominciassero le immagini.
Un lampo fece luce su un paio di
tacchi vertiginosi, che avanzavano sul suolo battuto dalla pioggia; fu di nuovo
buio ed esplose un tuono.
Ancora luce, il suono di tacchi
sostituito da un ECG, la stanza di un ospedale; il flash finì e si riaprì lo
scenario sotto il temporale, l’ennesimo tuono.
La telecamera salì, partendo dai
piedi, su tutta la lunghezza delle gambe di Lisa- o meglio, Raina- i fianchi
ondeggianti, la schiena inguainata dai letali ventagli, la chioma gocciolante.
“Si dice che l’uomo sia forgiato col dolore”
Iniziò una voce narrante che Lisa
riconobbe come quella di Holly.
“Dal dolore si nasce, nel dolore si muore”
La telecamera ruotò fino a
riprendere la protagonista in volto, su cui era dipinta la totale assenza di
emozioni.
Tutt’a un tratto Raina girò il
volto verso l’alto, gli occhi verdi brillarono.
Il fotograma successivo fu un
tuffo al cuore per Lisa: ciò che la sua glaciale controparte stava fissando era
quella finestra d’ospedale.
Un letto e un malato agonizzante,
Jaes fissò ciò che nella realtà era stato il vuoto, ma che nel film erano gli
occhi di Raina e tossì con trasporto.
Di rimando la protagonista si
limitò a deglutire.
“Ma di dolore non si muore”
Continuò la narratrice.
“Tuttavia vi è una linea sottile tra vita e morte”
Il petto di Raina brillò.
“in cui nessuna delle due parti prevale: è il dolore a vincere”
La ripresa si concluse nella
maniera più spettacolare: Raina si buttò giù dal cornicione dell’edificio su
cui passeggiava; un attimo prima dell’impatto sguainò i ventagli a mo di ali e
atterrò al suolo.
All’orecchio degli spettatori
giunsero gli arpeggi di una canzone ben nota alla sceneggiatrice, che fece un
cenno a Sharon Den Adel, per attirare la sua attenzione.
“In nome del suo amore
Lei non dorme più
La vita ha perso ogni significato
Niente che possa farla rimanere
Ha venduto la sua anima”
Lisa sorrise soddisfatta: gli
effetti speciali, il tempismo nel montaggio, la scelta del brano…Suo padre la
riusciva sempre a stregare.
“Leonard è un dannato genio,
tel’ho mai detto?” Will Smith sembrò leggerle nel pensiero e la ragazza
intravide con piacere la cantante dei Within Temptation annuire.
Un brivido di compiacimento
percorse la schiena dell’italiana, quando il grandangolo allargò la visuale
fino a includere Felina nell’inquadratura; un ruggito dell’animale e la scena
cambiò.
Un rapido scorcio a tutt’altezza
dei quattro piani della Corte di Diamante, poi l’entrata trionfale del Re
Misdreavus – David- che discese a piedi scalzi una maestosa scalinata in marmo
bianco: “Finalmente la mia Regina” proclamò ad alta voce, congelando
l’atmosfera della sala gremita.
Uno stacco, un taglio netto e ci
fu la sequenza di combattimento tra Raina e il suo sovrano, che si concludeva
con quell’elettrico :”Tu appartieni a me”.
Di nuovo un’interruzione,
l’ambientazione si spostò a una camera da letto, dove sommersi da pellicce
candide, i due protagonisti consumavano un energico amplesso, inaspettato per
due personaggi tanto glaciali.
La telecamera ruotò, riprese la
schiena muscolosa di David, la gamba di Lisa sinuosamente avvolta attorno ai
fianchi di lui.
La ragazza nella realtà sgranò
gli occhi e indicò uno degli schermi: “Ma quello è il tuo sedere” esclamò quasi
soffocandosi in un sussurro.
“Già”. David ghignò come uno che
la sa lunga.
“Ma…le mutande?!” in effetti
l’attrice si ricordava bene gli slip del collega, mai le sarebbe sfuggito un
“dettaglio” simile.
“Effetti speciali- quella
risposta la zittì- Mi sono dimenticato di avvertirti!”.
Ancora qualche attimo, i corpi
dei due si contorsero per pochi secondi, poi Lisa potè ringraziare la fine del
supplizio.
La voce narrante di Holly la
distolse dai suoi pensieri:
“Ma il dolore non è la strada peggiore: quando un cuore è troppo debole
persino per soffrire, allora arriva l’odio”.
Ciò che seguì fu nuovo agli occhi
di Lisa: si trattava di scene della sua controparte, la Corte di Tenebra, con
scenari scavati nella roccia nera basaltica, in grotte sotterranee e claustrofobiche,
in ui James aveva dato fondo a tutte le energie per portare in scena la
crudeltà di Lucius.
La sceneggiatrice rimase colpita
dal trasporto della sua interpretazione: “Mi ha tolto la vita una volta- Lucius
esplose in una risata profonda e vibrante che strinse lo stomaco della ragazza-
La prossima volta dovrà essere più convincente”.
Lisa restò rapita dai flash che
seguirono: vedere James sullo schermo si rivelò un colpo da cui non era pronta
a difendersi.
Combattivo, sensuale e astuto: il
platinato attore si era ritagliato un personaggio su misura, la sua
interpretazione gli aderiva come un guanto.
Fissò ipnotizzata le movenze
fluide dei combattimenti, la recitazione di monologhi taglienti: “Il dolore è
solo una fase di passaggio” decantava in un duello all’ultimo sangue con
Sabina, il personaggio di Holly.
“L’odio ne è la sublimazione. Chi
fa una scelta, sceglie di odiare…è l’unica strada per vincere…e sopravvivere”.
Lo scontro che ne seguì fu il
canto del cigno per Sabina, l’ultima scena che passò sugli schermi si concluse
con una pugnalata al cuore, inflitta dal Re di Tenebra.
Lisa deglutì, era quella la
svolta della trama, in cui il nulla dell’odio e l’immortalità del diamante si
capovolgevano, confondendosi.
Era quello il colpo di genio
della sceneggiatrice: lei stessa aveva stravolto le basi della storia per
arrivare a quel punto.
Di nuovo la voce melodica della
colonna sonora sopraggiunse, come un requiem.
“Sento solo il freddo
Tutti i colori sembrano sbiadire
Non riesco a raggiungere la mia anima”
Nelle iridi della sua Regina di
ghiaccio non vi era alcun sentimento.
Così doveva essere, ma se era quella la parte del bene, quale umanità
e giustizia vi era nell’indifferenza nei confronti di tutto, persino della
morte?
Davvero Raina era il bene?
Lisa lesse negli occhi di molti
attorno a lei il dubbio. Come se l’intera sala si stesse chiedendo “E adesso?”.
Poi fu di nuovo buio; il respiro
della ragazza rimase sospeso finchè le luci non si riaccesero.
A salvarla dall’apnea sopraggiunsero
i primi battiti di mani e infine la standing ovation la salvò dal diventare
cianotica.
Quando l’intera platea si aprì in
un fragoroso applauso, Lisa sputò fuori dai polmoni tutta l’energia che aveva,
in una risala liberatoria.
Eccomi, finalmente
dopo l’ennesima fatica. Questo capitolo è stato decisamente sudato.
Innanzitutto BUON
ANNO di cuore a tutti!!!
Come regalo vi lascio
di seguito pure le foto degli abiti indossati dai nostri attori.
Per James non ho
trovato nulla di simile a quello che mi ero immaginat, spero che le mie
descrizioni siano state abbastanza esaustive.
Ancora
augurissimi…grazie a chi è ancora qui a sopportarmi!!
Con notevole imbarazzo l’attrice
e sceneggiatrice si alzò in piedi a ringraziare tanta approvazione; quando
ormai era ubriaca di tutto quell’entusiasmo il suo
sguardo cadde su James.
Anche
lui, come tutti gli altri attori, si era unito all’applauso e quasi per errore
i suoi occhi sorrident incrociarono quelli lucidi di
Lisa.
Nessuno dei due reagì o mutò
espressione: entrambi continuarono a sorridere e
battere le mani, così che a un certo punto parve che si stessero applaudendo a
vicenda.
Prima che sopraggiungessero
ovvi imbararazzi i giornalisti cominciarono la loro
tempesta di domande; le prime si sovrapposero confondendo Lisa, già stordita
dalla cascata di flash, voci e applausi.
Poi le acque si calmarono e potè cominciare il dibattito vero e proprio: l’attenzione
percorse tutti i protagonisti, a cominciare dall’Italiana e David, per
proseguire su Holly e gli altri co-protagonisti.
Ad un tratto una voce lontana
chiese a James se non si fosse
stancato dei ruoli da cattivo e di interpretazioni sempre analoghe fra
loro: “Addirittura il cast è una specie di raduno di vecchi compagni” concluse
un polemico cronista, che ricevette la silenziosa maledizione di Lisa.
Tuttavia James
abbassò lo sguardo, l’espressione serena rimasta immutata, e replicò con
rilassato aplômbe: “Ammetto che la mia performance
possa apparire come un deja vu, ma la definirei piùchealtro un riassunto in meglio di molti antagonisti del
cinema moderno. Lucius è un condensato di negatività,
l’idea era quella del male più oscuro e io spero di
esserne stato all’altezza”.
Come una frustata, Lisa sussultò
nel trovare gli occhi di James piantati nei suoi:
l’attore le si stava rivolgendo direttamente.
“Spero di essere stato alla TUA altezza”
Sembrò sussurrarle con un cenno
della testa.
L’attimo successivo l’attore si
rivolse direttamente alla platea: “A proposito di riassunto…E’ vero, ho già lavorato
con la maggior parte dei membri dello staff ma…-
indicò con un braccio il tavolo a fianco- Squadra che vince non si cambia.
Questo lo potete giudicare voi stessi!”.
Qualche applauso resuscitò dal
brusio, a rimarcare l’approvazione per il film.
Il botta e risposta che ne seguì
fu rivolto direttamente a Leonard e Ludovic, ma
Lisa si perse suo malgrado quel frangente.
La tensione che l’aveva
irrigidita fino a poco prima la abbandonava poco a
poco, lasciandola spossata e tremante.
Si aggrappò con non-chalance al braccio di David: “Sento che sto per
svenire”.
L’amico attore
lebattè un colpetto di conforto sulla mano:
“Un’intervista in più e qualche occhiata in meno ti avrebbero fatto bene,
giusto?”.
Lisa lo scrutò
mentre sogghignava: “Come fai a essere sempre così dannatamente
opportuno?”.
Lui ironizzò con una battuta
leggera: “Mangio molta verdura…e mi lavo sempre i denti”.
Col sorriso ritrovato, l’italiana scosse divertita la testa: “Sei un pagliaccio!”
riuscì a dire prima che l’applauso conclusivo coprisse qualsiasi altro suono.
Ci fu solo il tempo per qualche
scambio di pareri tra i partecipanti, poi le porte della sala si aprirono e entrò il servizio di catering;
nel frattempo uno dei megaschermi si sollevò andando a rivelare una grande
vetrata a tutt’altezza, lungo cui vennero sistemati i
tavoli del buffet.
Lisa si recò prima di tutto a
salutare SharonStone, che
con un caldo abbraccio si complimentò con lei: “Sei
splendida tesoro- le passò una mano sul volto- E pensare che qualche anno fa
eri una ragazzina che amava scrivere su infiniti diari…Come sta Felina?”.
L’attrice era infatti stata ospite in casa D’Andrade nel periodo in cui Lisa aveva adottato la pantera
ancora cucciola, e le si era affezionata da subito.
L’italiana fu costretta a
raccontare dell’incidente di un mese prima, fermandosi
di tanto in tanto per un brindisi con questo o quell’altro
redattore di giornale.
Si sfilò anche il guanto bianco
per mostrarle le cicatrici: “Ormai sono scomparse- concluse sorseggiando del vino- Ma sono state le ore peggiori della mia vita. Ho i
brividi se ci ripenso”.
La star bionda scosse il capo:
“Non voglio credere che Felina abbia fatto questo- cercò poi
approvazione in WillSmith-
E’ sempre stata innocua”.
L’attore di colore annuì e
deglutì una tartina: “Quel tizio deve odiarti davvero molto per averla fatta
reagire così”.
Lisa sospirò, rimanendo in
silenzio:
“Magari fosse così semplice, Willie”Pensò malinconica fra sé e
sé.
L’altro le posò una mano sulla
spalla con un sorriso: “Quasi dimenticavo! Io e Sharonavevamo in mente una raccolta fondi per la tenuta di
tuo zio- indicò la diretta interessata- Ne abbiamo parlato qualche giorno fa e
direi che questo è il momento d’oro della tua pantera. Posso contare su di
te?”.
Con enorme imbarazzo Lisa aprì bocca
in un balbettio inarticolato: “Oddio…Credo che sia magnifico…- appoggiò la flute sul vassoio di un cameriere- Grazie mille…non so
cos’altro dire!” e si buttò nell’abbraccio commosso dei due benefattori.
Una volta di più quella ragazza
stava dimostrando che era impossibile non amarla.
Ma non ebbe tempo per i
convenevoli, una mano le si posò lievemente sulla
spalla e Lisa si trovò davanti al sorriso della cantante dei WithinTemptation; la poteva
vedere chiaramente adesso, capelli corvini, pelle candida e sorriso smagliante.
L’italiana appurò che avrebbe dato un braccio per essere altrettanto bella, una
volta diventata donna.
“Sono davvero felice di essere venuta- iniziò la DenAdel- Continuate tutti a ripetermi che è
solo un’anticipazione, che è tutto provvisorio…Ma sono già entusiasta”.
Lisa sospirò confortata, prima
che la cantante la interrogasse sugli sviluppi della colonna sonora e del video
musicale: “Dovremmo firmare con la casa discografica nei prossimi giorni, nel
frattempo mio padre ha chiesto di cominciare comunque
il lavoro”.
L’altra annuì di buon grado: “E’
una trama complessa, dovremo mettercela tutta…Domani arriverà il resto del
gruppo, io ero solo in avanscoperta”.
Lisa e SharonDenAdel risero,
abbandonate le formalità, prima che la donna riprendesse il discorso: “Credo
che avrò bisogno della tua fantasia- l’Italiana non
capì, così rimase in ascolto- Abbiamo in cantiere un nuovo album, ma ci
piacerebbe creare qualcosa di diverso- la cantante si fermò per un brindisi con
il direttore di Vogue- Una decina di brani uniti da
un’unica trama…Come è stato per il tuo film, ma col processo inverso ”.
Lisa non voleva credere alle
proprie orecchie: i WithinTemptation
le stavano chiedendo una collaborazione?
“Sarebbe fantastico!” riuscì solo
a commentare, le iridi verdi illuminate dall’emozione.
“Il caso ha voluto che il tuo
colpo di genio coincidesse col nostro- SharonDenAdel protese il bicchiere
fino a farlo tintinnare contro quello di Lisa- Al
destino!”.
La giovane sceneggiatrice respirò
profondamente: all’improvviso si sentì schiacciata da tanta grandezza e nei
paraggi non vi erano né gli amati colleghi, né suo padre.
Riuscì a scorgere qualche passo
più in là JossWhedon con
(miracolo!) David, ma la spinta iniziale per andare a
raggiungerli scemò quando vide James in piedi accanto
a loro.
Si congedò con un mezzo inchino
dalla cantante: “Penso che mio padre sarà entusiasta della bella notizia, vado a informarlo!”.
Con quella e poche alte parole di
circostanza congedò la dea mora per cercare il regista;
come una maledizione, scorse una chioma platinata tra lui e Ludovic.
“Perseguitata dai miei stessi fantasmi”
Si rimproverò amareggiata. Così
decise di isolarsi, a riprendere fiato dal marasma di sfarzo e luci in cui era stata catapultata.
Si defilò sulla terrazza esterna,
dove pochi fumatori si raggruppavano intorno alle lampade a fungo per
riscaldarsi.
La ragazza si strinse nelle pelliccia candida e ignorò le occhiate di diversi
sconosciuti, intenti a fissarla con l’aria famelica di chi fiuta una potenziale
e lauta intervista.
Con le spalle alla vetrata, Lisa
si accostò alla balaustra: non vi erano il traffico della metropoli o il caos
delle strade, ma solo la corte interna della CenturyFox, una sorta di patio farcito di innumerevoli
piante e fiori.
Tuttavia quella sera la pace non le si addiceva. Fu questo il pensiero di Lisa
quando una voce maschile la indusse a girarsi: “Hai ricevuto i
complimenti di tutti, probabilmente mancano solo i miei”.
L’attimo successivo la ragazza
maledì la propria testa perennemente fra le nuvole e concluse
che odiava il biondo.
Jamesle si affiancò, l’espressione neutra di chi non vuole nulla;
la stessa con cui si era presentato in Italia mesi prima, così Lisa non abbassò
la guardia.
“E
pensare che ti stavo evitando…” sibilò lei tornando a fissare le fronde dei
rami.
L’uomo deglutì, remissivo a tanta
rabbia: “Immaginavo…- commentò con lo sguardo perso nel verde-
Ma credo che un ringraziamento sia d’obbligo, almeno per i benefici del
tuo film sulla mia carriera”.
Lei continuò a
evitare il contatto visivo con James, appoggiò la
flute di champagne e si sporse con entrambi gli avambracci sul parapetto: “Non
fossi stata io, sarebbe stato qualcun altro- fece spallucce- La solita ruota
che gira…Hai presente?”.
L’altro incassò l’ennesima
frecciata, ormai disarmato dalla lingua tagliente della ragazza.
Tutto d’un
fiato disse: “Lisa…”.
Solo il suo nome. L’attimo
successivo rimpianse di averlo pronunciato; lei si girò di
scatto, sgomenta e circondata da un’aura furibonda.
I suoi occhi, quelle gemme di
smeraldo furono una stretta al cuore per James; lo
ferì il ricordo dell’ultima volta che lo aveva fissato, in condizioni più
pacifiche e con una luce diversa a illuminarli. A
stento ricordò che in passato li aveva avuti tutti per sé.
Ricacciando indietro l’ennesimo
nodo alla gola, il biondo attore aprì bocca: “So che temi questo momento tanto
quanto me, ma fuggire ha solo peggiorato le cose…” ammise colpevole James.
Una pausa interminabile lo lasciò
lì, appeso alle labbra ostinatamente serrate di Lisa, così decise di
continuare: “Sai benissimo che entrambi abbiamo bisogno di una tregua. Non
importa se sarà per il film o…per noi”.
“Per il film” laconica e concisa,
la ragazza lo interruppe.
“E’ già qualcosa”
Fu il pensiero che Jamestacque mentre dalla bocca
uscì solo un insipido “Ok”.
Lisa deglutì a fatica, prima che
un insistente prurito la raggiungesse al braccio operato; con uno scatto
nervoso si tolse il guanto imperlato di cristalli e si trattenne con uno sbuffo
dal grattarsi.
James
rimase sorpreso e capì solo all’ultimo il gesto, quando riconobbe le areole
delle cicatrici ormai rimarginate: “Cos’hai?” domandò
preoccupato.
La ragazza si passò una mano
sull’avambraccio e rispose distrattamente: “I postumi dell’intervento…I tessuti
che si rimarginano a volte danno scosse di prurito”. Fu più un pensiero ad alta
voce che una reale risposta.
Così per la seconda volta Lisa si
fece trovare sovrappensiero e quasi si spaventò quandoJames le sfiorò il
disegno delle suture.
L’uomo scosse la testa
borbottando fra sé: “Non posso credere che questo sia successo a causa mia”.
Lisa alzò gli occhi illuminati
dal trucco sul viso pensoso di James e vederlo torvo
e turbato le diede fastidio, tanto che gli si rivolse direttamente, con tono
deciso: “Non è stata colpa di nessuno- fu quasi scocciata di doversi spiegare-
Felina è un animale selvatico e per quanto addomesticata resta imprevedibile,
soprattutto con gli estranei”.
“O con
chi ti aggredisce”.
La ragazza ammutolì di fronte a quell’ammissione.
James
sospirò, gli occhi blu che guizzavano tutt’intorno
pur di non soffermarsi su di lei; la sua mano strisciò via dal braccio di Lisa,
lasciandole il brivido di un’involontaria carezza.
“Sarà…ma
non puoi impedirmi di sentirmi responsabile…mi dispiace e per quanto so che ti
farà infuriare…ti chiedo scusa”. L’uomo aveva sussurrato la parte finale fino a
farla perdere nel verde della boscaglia.
Lisa era rimasta immobile,
sorretta dal parapetto della terrazza a cui si stava accasciando sempre di più:
non poteva sentirlo parlare così, non poteva
permettersi di cedere.
Così la mascella le restò
serrata, lo sguardo puntato sul profilo di lui, sulle
piccole rughe al lato delle palpebre ora invisibili ma che- lei lo sapeva-
emergevano a rimarcare i lineamenti spigolosi solo quando lui sorrideva,
rendendolo così vero.
QuandoJames si decise a fronteggiarla, la ragazza si preparò
all’apnea e inspirò profondamente.
“Non so cosa darei per non
averti…ferita così”.
L’uomo protese
una mano verso il volto di Lisa, a lasciarle sulla guancia arrossata dal freddo
una carezza, che invece rimase a mezz’aria, come se James
si fosse trattenuto o avesse rinunciato.
Con quella frase l’attore non si
riferiva soltanto alle ferite fisiche dell’incidente, ma anche a tutto il resto:
le parole d’odio che le aveva urlato contro, la
perfidia con cui l’aveva provocata o peggio, ignorata, il tradimento che le
aveva inflitto nei mesi passati…
L’uomo strinse i denti, quasi a
soffocare le parole di troppo che stavano prendendo il
sopravvento; con un barlume di autocontrollo strinse le dita a pugno e abbassò
il braccio.
“Non si può tornare indietro, James” nient’altro che una frase fatta,
ma Lisa non riusciva a trovare altre parole.
“No, purtroppo- ne convenne James- Ma
non smetterò mai di detestarmi per…essere qui a biascicare parole senza senso,
nella serata della tua vita, di fronte a te che sei…- lasciò cadere le braccia
lungo i fianchi, disarmato- …sei dannatamente perfetta e…mandi luce da tutti i
pori”.
A tali parole la ragazza rabbrividì
e per nascondere il tremore alle mani si infilò di
nuovo il guanto: “Se ti può far sentire meglio- aprì i palmi guantati- Sono Swarovsky, non i miei pori” il sorriso forzato che si
concesse non mutò l’espressione seria di Lisa.
James
contraccambiò cortesemente il gesto, stirando il lato destro della bocca in un
mezzo ghigno, goffo e imbarazzato; lo sguardo del platinato attore
lascansionò da capo a piedi, rapido ma
penetrante come una fucilata.
“Beh…Ammiro la modestia,
ma credo che tutti gli invitati di stasera ti abbiano ripetuto fino alla
nausea quanto...- la voce gli tremò mentre infilava le mani in tasca a celare
la vergogna- …quanto tu sia bella con quest’abito
e…”. James si bloccò, alzandosi dalla balaustra da
cui aveva ricevuto sostegno fino ad allora.
Con un mezzo inchino di saluto
fece un passo indietro: “Credo sia meglio che vada”.
Lisa annuì frettolosa: “Già,
comincio a sentire freddo, preferisco rientrare”. Senza
neanche un “ciao” conclusivo, la
ragazza girò sui tacchi, pregando che nel tragitto verso la sala non le
cedessero le gambe.
Da dietro la vetrata
un pensieroso David Boreanaz esaminava la
scena: “Merda”.
L’esclamazione che si lasciò
sfuggire tra i denti attirò l’attenzione di Holly, intenta a pescare tartine dal buffet: “Cosa succed…Oh! Dannazione!- la messicana imprecò allarmata e lo raggiunse- James ha
fermato Lisa…Stanno litigando?” si informò poi.
“Molto peggio- rispose David con
voce àtona, lo sguardo agganciato ai due come un
mirino- Stanno parlando”.
Holly
sospirò”E’ già qualcosa, temevo che…-assottigliò gli
occhi mogano- aspetta un attimo, l’ha toccata! E
lei…non fa nulla- Holly alzò le braccia, arresa- Ti
do ragione, due volte merda!
Dobbiamo intervenire?”.
David tracannò
il suo champagne tutto d’un fiato: “Troppo tardi: lei sta sorridendo”.
L’altra scosse il
capo incredula e lo canzonò con un gesto della mano, a scacciare quell’eventualità: “Cosa diavolo stai dicendo? Quello non
era un sorriso!”.
Un’altra voce maschile si
aggiunse: “Sì, è un sorriso”.
Le due vedette si girarono verso Leonard, l’ultimo elemento di quella missione vouyeristica: “E credo che si possa dire tre volte merda!”.
Eccomi qui, per
alcune precisazioni: la proposta di collaborazione della DenAdel si riferisce a un album
già pubblicato dei WT, The Unforginving, in cui i brani sono collegati da un'unica
trama su cui sono stati scritti pure dei fumetti…a mio parere un capolavoro,
oltre che un fantastico colpo di genio.
Il collegamento di
Lisa con una cosa davvero esistente, l’ho inserito per dare maggiore realismo
alla storia…come quando si guarda il prequel di un
film e si esclama “Ecco come mai dopo
succede la tal cosa…” oppure “Ecco come è nata la tal’altra…”…spero
di essermi spiegata!!
Dopo i miei
vagheggiamenti, un abbraccio enorme a tutti, soprattutto a chi mi sta dando consigli e suggerimenti da cui prendere spunto.
Ci vollero parecchi minuti prima
che Lisa riacquistasse lucidità; vagò per la sala senza una mèta, lasciando che
gli ospiti la ricoprissero di un mare di domande, complimenti, frasi fatte a
cui lei rispose con vacui sorrisi e monosillabi vuoti.
La ragazza dribblò prima il
regista, poi i colleghi Holly e David e infine anche Will Smith e Sharon Stone;
tutto quel fuggi fuggi si concluse nel solo modo possibile. Dal caos della
folla emerse per un attimo una testa bionda diretta verso di lei.
“Questo è davvero troppo”
Con lo sguardo sul pavimento Lisa
afferrò lo strascico del sontuoso abito e puntò verso l’uscita.
L’attimo successivo si era messa
in contatto con Lorianne: “Scusa se ti chiamo, sei ancora alla festa?”.
L’Italiana ignorò le esclamazioni
di sorpresa della make up arstist, quando ella comprese che Lisa era scappata.
“Ti chiedo un enorme favore- la
supplicò l’attrice- Puoi contattare una delle ragazze perché venga ad aiutarmi
a disfare l’acconciatura? Non vorrei rimanere calva, nel provarci da sola”.
Un sospiro e una riposta
affermativa, poi il telefono diede muto.
Poco dopo fu il turno di un’altra
faccia sorpresa: “Ti prego Jack, non fare domande- il receptionist si zittì-
Puoi chiamare la 302 e dire che sono arrivata?”.
Il giovane biondino obbedì in
silenzio e l’istante successivo Lisa era già in ascensore, il cellulare
attaccato all’orecchio e le labbra serrate in una muta preghiera che dall’altra
parte del mondo Laura sentisse la chiamata.
Tempo di arrivare al terzo piano
e le sue suppliche furono esaudite.
“Come mai non sono così sorpresa
che tu mi stia chiamando?”.
Lisa si sedette sul letto con uno
sbuffo di sollievo: “Grazie al cielo hai risposto!”.
Una risata sarcastica dall’Italia
la punzecchiò: “Beh, non siamo nel cuore della notte e non mi hai svegliata-
poi una pausa- Adesso che ci penso…qui sono le tre di pomeriggio, quindi da te
sarà a malapena…mezzanotte? E sei già in hotel? E’ successo qualcosa!” il
monologo finì con una netta affermazione che fece sorridere Lisa.
“Sì Sherlock, ma non
indovineresti mai”.
“Allora illuminami, Watson!”.
Qualcuno bussò alla porta e
l’attrice sussultò, prima di andare ad aprire: era Katie, una delle aiutanti di
Lorianne, con tutto l’armamentario per sbrogliarle la chioma.
Lisa si sedette sul bordo del
letto e continuò il discorso in italiano, tranquilla del fatto che la
truccatrice non l’avrebbe capita.
“Ecco…lui mi ha parlato”.
L’esordio non fu dei migliori, Laura rimase ammutolita, così l’altra si limitò
a raccontare con diffidenza l’accaduto.
“Davvero, non so cosa
pensare…tutti quei complimenti…e l’imbarazzo…mi hanno letteralmente
terrorizzata- dagli Stati Uniti Lisa aggrottò la fronte- E tu sei ancora zitta
e non mi stai urlando contro. Devo preoccuparmi?”.
Laura riemerse dal suo mutismo e
con fare calmo schernì l’amica: “No tranquilla: ero solo impegnata a fare un
biglietto per venire a Los Angeles a commettere un omicidio”.
Lisa serrò le labbra, rimaste
aperte in modalità pesce lesso; Katie sfilò le extension e una ciocca di
capelli rimase impigliata nei fili argentati che imperlavano l’acconciatura.
“Ahia!” si lamentò Lisa.
“E non sai quanto male ti farei
io cara!- aggiunse Laura - ma credo che non sarà mai tanto quanto quello che ti
stai facendo da sola”.
L’altra sbuffò aiutando come
poteva la truccatrice con la zip dell’abito: “Che intendi dire?” ad attenderla
sulla sedia c’era la sua sottoveste di seta, che si infilò maldestramente.
Con un gridolino nervoso l’amica
spiegò: “Devo forse ricordarti chi è lui? Il male che ti ha fatto e continua a
farti da quasi…un anno?”.
Lisa si morse la lingua e congedò
con un gesto Katie, restando finalmente sola: “Hai ragione, stella…Non so che
mi è preso” .
E invece la ragazza sapeva
benissimo cosa provava.
Anche in quel momento Lisa sentì
una stretta al ventre nel ripensare alle parole di James, ma soprattutto a lui: la linea delle sue labbra mentre
sorbiva champagne dalla flute, gli occhi blu incastonati sopra gli zigomi
affilati.
Solo allora si rese conto di
quanto le mancasse quel James; il
James che parlava con lei, che le sorrideva…che la sfiorava.
Dio, quanto aveva desiderato
quelle mani e ora che se ne rendeva conto, ora che la corazza si stava aprendo,
i suoi sentimenti le si scaraventavano addosso: la diga che li conteneva aveva
infine ceduto a quei mesi di negazione.
Lisa dovette deglutire qualche
volta prima di parlare nuovamente: “Mi dispiace, Laura - confessò con voce
rauca, le labbra aride- Mi manca come il primo giorno e non posso farci
niente”.
Con un gesto nervoso la ragazza
si strinse le braccia nude, provando a ripararsi dal freddo che le stava
penetrando attraverso l’impalpabile sottoveste di seta.
Un sospiro sconfortato la
raggiunse dall’Italia: “Scusa tesoro, non sai quanto detesti giocare al
poliziotto cattivo. Stavolta hai ragione, forse non c’è nulla da fare. Le hai
già provate tutte”.
Lisa dovette convenire con quanto
detto dall’amica: aveva tentato tante strade, ottenendo sempre la stessa sconfitta.
Aveva provato tutto, tranne la
cosa più ovvia: lasciare che la cosa prendesse il sopravvento…se non era già
successo.
Solo allora uno sbadiglio di
Felina le ricordò della presenza della pantera e fu l’ennesimo flash: cercando
di proteggersi aveva messo in pericolo molto più di se stessa.
A risvegliare Lisa fu la supplica
di Laura: “Promettimi che starai attenta!”.
L’altra sorrise triste: “Te l’ho
promesso già una volta. Non voglio rischiare di ripetermi”.
Di nuovo il toc toc alla porta la fece sussultare, riportandola definitivamente
alla realtà: “Sarà di sicuro David…o mio padre. Ti devo lasciare, vado a
sorbirmi la prossima lavata di capo”.
A malapena si salutarono, Lisa
riattaccò semplicemente, per poi fare cenno a Felina di restare al suo posto:
“Piantala di ringhiare come un segugio da guardia” le intimò aprendo la porta.
Il fiato le si spezzò in gola
appena alzò lo sguardo; la pantera sorbì dalle narici la paura della padrona e
l’istante successivo balzò contro lo spiraglio di luce del corridoio.
Con un gesto fulmineo la ragazza
la precedette chiudendola in camera; ci furono il tonfo delle zampone contro il
legno, poi un imprecazione in “panterese”.
“Credo che prima o poi dovremo
fare un discorso, io e la tua Felina”.
Lisa appoggiò le spalle allo
stipite, le braccia conserte al petto: “Prega che non accada mai. Non ti
piacerebbe, te lo assicuro”.
Due occhi blu la scrutarono
sfacciati, mettendola a disagio. Di nuovo.
Fantastico! Non bastavano la
confusione che aveva in testa, il freddo e il fatto che si fosse appena chiusa
fuori dalla propria stanza.
“Stupida!”
James le faceva quest’effetto,
comunque provasse a rigirarla, lei perdeva il controllo della situazione.
L’attrice rimase in attesa,
assordata da mille pensieri; aspettò che fosse lui a parlare per primo, d’altra
parte aveva bussato alla sua porta per quello, giusto?
“A cosa stai pensando?” James
assottigliò le palpebre, mostrando curiosità.
Lisa se ne stava incollata al
muro e non potendo scappare a gambe levate usò l’arma del contrattacco: “Penso
di essere stata una persona terribile nelle mie vite precedenti, forse Stalin…o
Hitler. Magari entrambi”.
Il biondo attore aggrottò le
sopracciglia: “Non capisco…”.
Lisa strizzò gli occhi irritati per il mascara che cominciava a colare: “Lascia
perdere- sbuffò esasperata- Immagino tu sia qui per qualcosa…o hai
semplicemente sbagliato stanza?”.
Questa volta fu James a sospirare,
le mani sprofondate nelle tasche; si era slacciato la cravatta antracite e i
primi due bottoni del colletto erano aperti.
Non poteva neanche immaginare
quanto la sua presenza fosse magnetica e infinitamente pericolosa per Lisa.
Così lei si morse la lingua,
distogliendo lo sguardo da quei difetti e imperfezioni che si era abituata ad
amare e che lo rendevano così perfetto.
Quasi si spaventò quando James si
decise a parlare: “Sono qui per farti una domanda. Alla Premiere non sarebbe
stato opportuno e così…”.
“…mi hai seguita” lo interruppe
la ragazza con tono tagliente.
“Piantala di attaccarmi per
difenderti da me” fu la brusca
rimbeccata dell’uomo, che poi abbassò lo sguardo col fare amareggiato di chi
sta combattendo contro i mulini a vento.
La faccia di Lisa era rovente, se
lo sentiva e suo malgrado l’Italiana non sapeva come nascondere la collera,
l’imbarazzo e il restante milione e mezzo di sentimenti che si dibattevano
nello stomaco.
La sua Regina di Diamante avrebbe
riso di lei, se avesse potuto.
“Perché sei venuta in tribunale?”
.
Secca e concisa, la domanda stupì
Lisa che tentò la difensiva: “Te l’ho già detto. Avevamo un debito da saldare”.
James scosse il capo,
sinceramente incredulo: “E’ questo che non capisco! Un debito per cosa? Per come ti ho trattata, per
come ti ho ferita…- fece un mezzo passo verso di lei - Era davvero
indispensabile rendere pubblico quanto mi odi e che mi vuoi fuori dalla tua
vita?”.
La ragazza si prese il viso tra
le mani, ora sull’orlo della disperazione; James aveva frainteso, credeva che
la sua comparsata fosse stata una sorta di condanna sulla pubblica piazza, con
lo scopo di crocefiggerlo una volta per tutte.
No, no, NO accidenti! Era solo un modo per mettere la parola “fine” alla loro storia, un punto netto
in cui nessuno dei due doveva più niente all’altro e potevano finalmente
chiudere.
“Non hai capito” sussurrò lei sui
palmi delle mani.
L’uomo incrociò le braccia, in
attesa di spiegazioni: poteva distinguere chiaramente la pelle d’oca sugli
avambracci di Lisa e solo allora si rese conto che lei doveva ancora rivestirsi
dall’abito della Premiere. I capelli giacevano sparsi sul viso e sulle spalle,
in parte sciolti, in parte intrecciati e quella che indossava doveva essere una
semplice sottoveste.
James ebbe un brivido di freddo
per lei, o forse a causa sua.
Quando Lisa sollevò il volto,
l’attore distolse in fretta lo sguardo; farsi beccare in contemplazione sarebbe
stato sconveniente.
La ragazza si accinse a spiegare:
“Non eri tu quello in debito, ma io!”.
James non potè fare a meno di
sentirsi deriso: “Che diavolo stai dicendo?!” la domanda suonò come una risata
di scherno.
Lisa strinse i pugni lungo i
fianchi e serrò le palpebre: se doveva dire ciò che stava per dire non ce l’avrebbe
mai fatta guardandolo negli occhi.
“Dopo l’incidente sei venuto da
me e…- tagliò corto- …lo sai bene”.
James si morse un labbro annuendo
con finta approvazione: “Certo, non fa una grinza…Ora mi è davvero chiaro il
collegamento tra la tua pantera e l’affidamento dei miei figli”.
La giovane attrice alzò gli occhi
al cielo: “Piantala col sarcasmo” lo pregò con voce tremante.
“Allora spiegati meglio- un altro
mezzo passo di James e Lisa finì in apnea- Sono stanco dei tuoi giochi di
parole. Se vuoi essere trattata da adulta, comportati come tale!”.
No, non doveva piangere, si
intimò Lisa.
Ma come poteva parlare, soffocata
dalle lacrime che le annodavano la lingua, pronte a uscirle dal cuore e su per
la gola, anziché dagli occhi.
Per miracolo o per puro caso, la
ragazza sputò tutto d’un fiato: “Mi hai riportata da Felina, l’unica cosa che
per me in quel momento contava- le lacrime le offuscavano gli occhi impedendole
di vederlo chiaramente- Non potevo fare altro che…contraccambiare”.
Un tassello dietro l’altro, James
si prese il tempo necessario per ricomporre il puzzle; restò così, la fronte
aggrottata e le labbra semi aperte in un muto stupore.
Dinnanzi al suo silenzio Lisa
prese coraggio: “Tuo figlio…e tua nipote- poi azzardò flebilmente- Le cose che
più contano per te…Dovevo almeno provare a saldare il debito…il mio debito James”.
James…il proprio nome, pronunciato dopo mesi di omertà da quelle
labbra che ora tremavano per trattenere il pianto, fu per l’uomo come uno
tsunami.
Solo allora capì: Lisa non
l’aveva fatto per vendetta, non si era scoperta così tanto per un regolamento
di conti.
Aveva sacrificato tutto ciò che
provava per restituirgli la sua famiglia. Lei, che mai ne aveva avuta una: il
valore di quel gesto era immensamente più grande di quanto lui potesse
immaginare.
Ora quella ragazza sempre
circondata da una corazza, dall’aria enigmatica e sfuggente, si palesava lì di
fronte a lui e mai come allora James si sentì disarmato, dinnanzi alle iridi
verdi spalancate.
Il biondo attore abbassò lo
sguardo sulla moquette, appesantito dalla scoperta: “Eri sotto giuramento…e hai
mentito” sussurrò la frase fra sé, un semplice pensiero a voce alta.
Lisa deglutì a fatica e si
astenne dal proferir parola; il silenzio era già di per sé una risposta
sufficiente.
Quando il blu profondo di quegli
occhi la sondò di nuovo vi era qualcosa di diverso a illuminarli; come un
temporale estivo, quando giunge al termine e cessano i tuoni, per lasciare
spazio solo alla melodia della pioggia che va pian piano scemando.
La ragazza ricevette una pace
profonda da quello sguardo e benché si sentisse spogliata di ogni difesa, si
accorse che…andava bene così.
“Perdonami” l’unica parola che
scivolò fuori dalle labbra di James l’avvolse come una spirale ipnotica e a
stento riconobbe la propria voce nel rispondergli.
“Non hai niente da farti
perdonare, James- la ragazza lasciò cadere le braccia intorpidite lungo i
fianchi, ormai stremata- Ti prego, basta col passato”.
Non mi riferisco a quello…ma a questo”.
James non le lasciò il tempo di
replicare o reagire; colmò la breve distanza che li divideva con passo fluido e
impercettibile.
Prima che Lisa potesse sottrarsi
le prese il viso fra le mani, per lasciarle un timido bacio sulle labbra.
Il volto di lei, la sua bocca
erano freschi, a confronto con James che ribolliva di tensione.
A Lisa parve di sentire l’odore
di dopobarba giù per la gola, caldo e avvolgente, quasi lo stesse respirando
attraverso lui; ormai inerme, abbandonò la testa all’indietro, sotto la lieve
pressione di James.
L’uomo lesse il suo tacito “sì” e premette con più decisione sulle
labbra di Lisa. Prese a carezzarle il labbro superiore con la lingua, fino a incontrare
quella di lei; il contatto improvviso fu una scossa che tolse il fiato a
entrambi, lasciandoli spaesati e allo stesso tempo bramosi di continuare.
Le dita di James salirono ad
accarezzarle i capelli, dietro le orecchie, spingendo Lisa ad appoggiarsi a lui;
ogni singolo muscolo del suo torace era teso nello sforzo di trattenersi e
l’impercettibile sottoveste che lei indossava diede all’uomo la sensazione di
abbracciare il suo corpo nudo.
Le bocche continuarono a cercarsi,
in sintonia con la delicatezza delle carezze che stavano pian piano avvolgendo
Lisa, lasciandole l’impressione che non ne sarebbe mai stata abbastanza sazia.
Fu lei a cingere con le dita
affusolate i polsi di James, per intimargli di farle prendere aria.
L’attore lasciò scivolare i palmi
dalla nuca della ragazza fino al collo, per proseguire con una carezza fino
all’incontro delle clavicole; si fermò a un soffio dalla curva del seno e fu
sufficiente per strapparle un ansito.
Infine, riluttante, abbandonò
quel bacio tanto agognato ma rimase abbastanza vicino da poterle sfiorare le
labbra, come a concederle solo una breve tregua.
Gli occhi si incontrarono e sia
Lisa che James lessero un turbine di sensazioni in quelli dell’altro; la
ragazza lo guardò come se non lo riconoscesse, le sembrò di aver dimenticato
lei stessa chi fosse.
James pareva supplicarla con una
silenziosa preghiera di non fuggire di nuovo, di restare con quelle magiche
iridi verdi agganciate alle proprie.
“Dio…perché l’hai fatto?” Lisa
gli alitò quel sussurro a fior di labbra e lui rispose con un debole sorriso
che la scaldò intimamente.
“Credi forse di avermi lasciato altra
scelta?”.
Fu ossigeno puro per Lisa, che
inalò tali parole come aria, protesa a sfiorargli la bocca in attesa di un
nuovo bacio.
Un suono secco, estraneo all’aura
che li avvolgeva, disfò per un attimo l’atmosfera ovattata del corridoio.
Lisa abbandonò una languida
occhiata alle spalle di James e questo bastò a svelarne l’origine.
Un colpo di tosse. Stephan era
tornato dalla Spagna.
Con questa mega
sorpresa…mi auguro che il capitolo vi sia piaciuto.
Grazie di cuore a
MakeMeWannaDie…se la FF
è come la leggete, è anche merito suo!
Per i corridoi della Century si
cercava una ragazzina bionda, attorno ai dieci anni, che si era persa nei
meandri del complesso di edifici.
Quando sentì la terza persona
parlarne, Lisa non potè che ringraziare il cielo;
tutti erano talmente presi dall’evento che nessuno si curò di lei.
Aveva concluso la nottata nel più
turbolento dei modi: James si era eclissato in camera
sua, lo sguardo chino sulla moquette mentre un incredulo Stephan
la fissava in attesa di spiegazioni.
Per la seconda volta in poche ore Jack si era trovato
dinnanzi alla faccia stranita dell’Italiana: “Ti prego…il passpartout”
aveva supplicato lei, mentre il maestro di arti
marziali le incombeva col fiato sul collo.
Il giovane receptionist non aveva
capito la ragione di quel diverbio, Lisa non aveva fatto altro che zittire Stephana ogni nuovo attacco, finchè non erano scomparsi su per le scale.
Tuttora l’Italiana faticava a credere a ciò che era
accaduto; o meglio, non voleva crederci, ma vi era costretta.
Mentre esaminava la pianta dell’edificio riflettè per la millesima volta su di lui. James.
Era tornato, eranotornati; nel magnifico marasma che provava, Lisa
concluse che la stretta alla bocca dello stomaco era una sensazione
angosciante, ma che al contempo la riempiva di vita.
Non era più un burattino, non stava recitando un copione:
ora quelle emozioni erano solo sue e benché la terrorizzassero, le strinse
dentro di sé in un abbraccio immaginario, per sentirle ancora più sue.
Fu l’ultimo pensiero che fece, prima di buttarsi in uno
spogliatoio della “DanceWing”,
l’ala della Century dedicata alla scuola di recitazione.
Quel mattino qualcuno l’aveva voluto punire: fu questa la
conclusione a cui giunse James, le tempie spremute
fra l’indice e il pollice: “Cosa vuol dire che l’hai
persa, Sullivan?” fu la minacciosa domanda con cui
interrogò il figlio.
Dall’altra parte della barricata una scodella castana
sbottò: “Non l’ho persa papà. Brit è scappata!- il
ragazzino gesticolò, terrorizzato dalla furia del
padre- Mi ha mandato a fanculo ed è corsa via”.
Un dito gli si parò a un palmo dal
naso: “Modera il linguaggio- James fece una pausa per
recuperare lucidità- Ti do dieci minuti, se non la trovi in tempo passerai dei
guai seri”.
“O
li passerò io con tua madre”
Fu la sardonica osservazione che l’uomo si tenne per sé.
Era stata quella la ripicca della ex
moglie: dato che aveva smaniato per portare in scena la sua Patricia di fronte
ai ragazzi, ora James li avrebbe avuti in affidamento
fino a metà gennaio, causa viaggio di lavoro di Liane.
Per i due piccoli selvaggi, già poco avvezzi alla presenza
del padre, quella si stava rivelando una vacanza senza freni.
Nel subbuglio di pensieri James si
avviò con scarso entusiasmo lungo il corridoio alla ricerca della nipote.
Nel frattempo un baschetto biondo cenere giocava a
nascondino tra i bidoni del differenziato e le
macchinette del caffè.
La bambina aveva visto passare alcuni agenti della
sorveglianza armati di walkie tolkie e la cosa
l’aveva allarmata: sarebbe finita in prigione?
Una porta sbattè e la fece
sobbalzare, prima che un gruppo di ragazze sgallettanti
entrasse in una sala da ballo; la fuggitiva prese coraggio e si
intrufolò nello spogliatoio apparentemente vuoto, per poi accasciarsi
contro la porta.
“E tu che ci fai qui?”
La voce
dalla semi-oscurità della stanza la fece gridare per lo spavento; solo dopo
focalizzò una figura femminile che la osservava curiosa, con le mani sui
fianchi.
La
ragazzina deglutì a fatica e non rispose.
“Per
caso…è te che stanno cercando in tutta la Century?” l’espressione
della ragazza rimase tra il curioso e il divertito, così la
biondina prese coraggio e annuì.
L’accento
della sua interlocutrice le fece dedurre che non fosse
Americana…forse Greca, o Italiana.
Inoltre
la sua postura decisa e un po’ mascolina la rendeva diversa dalla marea di oche giulive che popolavano quel luogo.
La mĭse
era quella tipica della danza classica: body in lycra,
calzamaglia, scaldamuscoli e punte di gesso, ma le movenze per niente classiche
della sconosciuta le ispiravano simpatia.
“S…sono Brittany” si presentò timidamente la fuggiasca.
“Piacere,
Lisa- l’altra le porse una mano sorridendo- Si può sapere da chi scappi? Sembra che tu abbia alle calcagna l’uomo nero”.
“No,
solo il mio fratellastro…fratello…cugino” la piccoletta cercò di trovare
l’aggettivo adatto, facendo sorridere Lisa.
“Beh…Allora
ho quasi indovinato!” stava per aggiungere che era ora di tornare dalla sua famiglia ma si bloccò nello studiarla.
L’italiana
aveva lasciato da poco la patria, dove si era allenata coi
ragazzini della sua squadra, la nuova guardia, come lei e le tre amiche-sorelle
li avevano soprannominati; in un attimo rivide i suoi piccoli compagni, in
quella goffa adolescente, e si perse in un attacco di nostalgia.
Chi era
lei per decidere cosa fosse giusto o no, per quella maldestra fuggitiva, pensò
teneramente per poi darle un buffetto sulla spalla.
“Se
proprio non vuoi tornartene a casa vieni con me, penso
che l’istruttrice non dirà nulla se assisti alla lezione. Ti piace la danza?”.
Lisa
fece spallucce: “Pure io sono un’intrusa, credo che una più, una meno non
faccia la differenza” con un braccio la incitò a precederla.
“Non sei
una ballerina?” la biondina sgranò gli occhi.
“Sono
un’attrice- si accinse a spiegare l’altra- Ma un amico
mi ha suggerito di seguire queste lezioni- imprecò mentalmente verso David- Dice che niente affina il linguaggio del corpo
meglio della danza”.
La
ragazzina si illuminò in un sorriso, prima di varcare
la porta della sala da ballo: “Anche mio zio fa l’attore”.
La voce
severa dell’istruttrice le riportò entrambe al silenzio; a piccoli passi Lisa e
Brittany si dileguarono in mezzo alle altre ragazze,
confinandosi nell’angolo più nascosto.
La
giovane attrice aveva taciuto quegli appuntamenti settimanali quasi dall’inizio
delle riprese: sollevare pesi e affannarsi sul tapis-roulant l’avevano annoiata
da subito; il moro collega e la preparatrice Stacy le
avevano consigliato l’alternativa della danza, a cui
si era sottoposta inizialmente con disgusto, poi con interesse sempre
crescente.
Suo
malgrado, ora Lisa era felice del suo appuntamento del mercoledì mattina e
cominciava a prendere confidenza con le figure base della disciplina, non tanto
dissimile dalla sua arte marziale.
Con un
respiro profondo la ragazza si posizionò alla sbarra
per gli esercizi di riscaldamento; Brittany si
sedette sul parquet incuriosita, strappandole un sorriso.
Poi
partì la musica d’accompagnamento.
James
pareva sempre di più un leone in gabbia; era ormai più di un’ora che si
disperava alla ricerca della nipote, insieme ad alcuni
agenti della sicurezza che lo tenevano informato via cellulare sugli sviluppi.
Perso
nei propri pensieri si ritrovò a vagare senza mèta, dimentico
anche della missione di recupero.
Si
rimproverò per la malandata fuga della notte precedente, ma dinnanzi
all’occhiata mortale di Stephan il platinato attore
aveva perso la parola; liberata Lisa dal suo abbraccio, si era defilato nella sua tana senza fiatare.
Con la
schiena appoggiata alla porta chiusa, l’imbarazzo aveva ceduto il passo a
qualcosa di più bruciante. Gelosia.
Anche
in quel momento una furia immotivata prese possesso della sua mente, rendendolo
istantaneamente paonazzo.
Gli occhi di Lisa, lo sguardo con cui l’aveva lambito appena dopo il loro
bacio…era stata sua. Era solo sua. Nessun altro la
poteva avere.
Alcuni
arpeggi di pianoforte lo risvegliarono da quella contemplazione catatonica;
sulla sua destra notò una vetrata, affacciata su una grande
sala al piano inferiore.
Dall’alto
Jamespotè vedere una
schiera di ballerine, decine di fenicotteri che si libravano negli esercizi di
riscaldamento: erano le studenti della prestigiosa
scuola di danza nata sotto il patrocinio di Ludovic,
alla CenturyFox.
L’immagine
aulica fu spezzata dalla voce dura dell’insegnante che interruppe l’esercizio:
“Ragazze, vi vedo un po’ arrugginite dalle vacanze; dovete sentire il ritmo- la chioma tirata della donna si chinò ad
armeggiare attorno allo stereo- Vediamo se con qualcosa di più moderno vi
svegliate…e uno, due, tre, quattro” battè le mani seguendo la cadenza delle percussioni.
James
si concesse un sospiro, appoggiato alla ringhiera.
Forse la
sua mente macchinosa lo avrebbe ringraziato per la pausa; la voce di Leona Lewis lo raggiunse dalle casse, sulle prime note di “Bleeding love”
e pure lui, cantante per passione, intonò l’inizio della strofa.
“Closet off from
love
I didn’t
need the pain
Once or twicewasenough
Anditwasall in vain
Time starti to pass
Beforeyouknowityourfrozen”
Dapprima
un po’ spaesate, poi con trasporto crescente, le giovani allieve ripassarono
tutto il repertorio di figure in un sincrono pressoché perfetto.
“Butsomethinghappened
For the veryfirst time withyou
Myheartmeltsinto the round
Foundsomethingtrue
Andeveryone’slooking
round
ThinkingI’mgoingcrazy”
Le prime
file si esibirono in un arabesque,
imitate da tutte le altre.
“Là in fondo…tallone a terra e partenza in seconda posizione, non in
quarta”.
Lo
sguardo di James seguì il rimprovero dell’istruttrice
e l’attimo seguente gli si spezzò il fiato in gola.
Di nuovo quelle labbra, quel verde sgargiante delle iridi perse nel vuoto; James
fu costretto a respirare profondamente prima di tornare lucido.
“But I don’t care whattheysay
I’m in love withyou
Theytrytopull me away
Buttheydon’tknow the truth…”
Cosa ci
faceva lì Lisa? Si trattava di coincidenza o di una maledizione? Ma soprattutto, come faceva a togliergli il lume della
ragione ogni volta?
Il
ritornello sopraggiunse in quell’istante a minare la
lucidità già minata dell’uomo.
“Youcut me up
And I keepbleeding
Keep, keepbleeding love”
Lisa
mosse le labbra cantando sottovoce le parole del brano; lentamente sollevò il
ginocchio destro al petto, il piede elegantemente teso. Poi con molta cura lo mosse in un arco pressoché perfetto, fin sopra la testa, concludendo
con una spaccata verticale.
“Dio, quanto mi sei mancata”
A metà
tra pensiero e frase sussurrata, quella realtà sferzò James
come un colpo di defibrillatore, togliendogli il fiato per poi ridargli nuova
vita.
Non vi
era niente della perfezione della notte prima negli scaldamuscoli spaiati della
sua musa; anche lo chignon scappava alla perfezione
dell’etichetta della danza e alcune ciocche mosse si adagiavano sulla linea del
collo. Quella pelle…dannazione, l’aveva accarezzata poche ore prima.
James
si rese conto che gli sarebbe bastato solo restare a guardarla da dietro il
vetro, per tutta la vita anche, cantando insieme a lei
quella canzone- sì, voleva cantare insieme a lei, cosa c’è di più inspiegabile
dei vagheggiamenti di un infatuato?-
Fu una
tortura il battito di mani dell’istruttrice che congedava le sue allieve.
Immediatamente
dopo la visuale idillica gli fu preclusa dal marasma di ragazze che si
affrettavano negli spogliatoi.
Lei
invece restò lì, con un sorriso tranquillo dipinto sulla bocca carnosa; Lisa
stava parlando con qualcuno, intenta negli esercizi di stretching
alla sbarra.
Quando
lo sciame di adolescenti si fu dileguato, l’uomo potè vedere chiaramente: lisa rideva di gusto, assieme a
una curiosa figura minuta nascosta in un angolo.
L’aura
soave svanì dal volto di James: Brittany,
sua nipote.
L’attimo
dopo il leone in gabbia si liberò.
L’italiana
si massaggiò l’arco plantare scherzando con la piccola fuggiasca: “Ora vado a
farmi una doccia, poi ti consegno alle autorità”.
Quasi non
sentì la propria voce, un rombo di passi giunse dalle scale del soppalco a
coprire le ultime parole, prima che una figura maschile facesse irruzione nella
sala da ballo.
Quando
i miopi occhi di Lisa riconobbero lo sconosciuto, James
era ormai troppo vicino.
“Tu?-
sibilò la ragazza- Che ci fai qui?”.
“Sono
qui per lei” gli occhi blu del suo tormento la trapassarono; in quel momento
Lisa non esisteva, alle sue spalle vi era qualcosa di vitale importanza per il
platinato attore.
Brittany
si rifugiò dietro l’attrice, solo la testa a fare capolino da un lato.
Lisa
arrossì per l’imbarazzo e a stento non balbettò: “Piccola volpe che non sei
altro- lanciò un’occhiata alla ragazzina che la teneva per la vita, come un
ostaggio- E’ lui il tuo uomo nero?”.
In
risposta Brittany scosse il capo: “No…è lui” un
braccio spuntò a indicare il bambino che li stava raggiungendo in una corsa a
perdifiato.
“Visto?
Visto papà?- il monello cercò l’approvazione di James-
Ti avevo detto che era qui”.
In quel
quadretto tragicomico Lisa si ritrovò spiazzata: JamesMarsters formato famiglia era un tiro della sorte che
non si aspettava; cercando di riordinare le idee esaminò il ragazzino, o
meglio, quello che spuntava dalla zazzera castana.
“Ricapitolando…Brittany, tu –
fulminò il Marsters Senior- e…Sullivan,
giusto?”.
“Come fai a…”
“Lavoriamo
insieme” James zittì il figlio senza degnarlo di uno
sguardo, il blu dei suoi occhi infisso nel verde smeraldo di Lisa.
“Ma…lei
ha disobbedito- la versione Junior di quell’impiastro voleva la scena per sé a tutti i costi-
Avevi detto di non dividerci e lei è scappata”.
“Non
sono scappata!- la protetta di Lisa urlò furente- Hai detto…che
che comandavi tu…perché io non sono tua
sorella e quindi non sono della famiglia…e che dovevo starmene ferma immobile
ad aspettarti…ma mi annoiavo”.
L’italiana
incrociò le braccia, la cosa cominciava a
incuriosirla: “A quanto pare qui qualcuno non l’ha raccontata giusta- conficcò
le pupille in quelle del piccolo colpevole, per poi tornare a concentrarsi sul
padre- Chissà perché non sono sorpresa?! Sarà un difetto di famiglia?”.
James
chiuse gli occhi contando fino a dieci, venti, cinquanta, prima che un barlume
di senno gli permettesse di dare una risposta civile: “Non ti
intromettere, fatti da parte”.
L’italiana
si sbracciò, stizzita e incredula: “E come faccio? Guardami!” squittì indicando la piccola terrorista che l’aveva
sequestrata.
Quasi
insicuro sul da farsi James si rivolse alla nipote, o
meglio, a un orecchio e metà del sopracciglio: “Brit…Piantala con questo teatrino e lascia stare la tua
nuova amica”.
Lisa si
trattenne dallo scuotere il capo, contrariata: decisamente,
James amava la nipote, glielo leggeva
nell’apprensione delle iridi blu e nella voce insicura, ma il distacco legale
imposto dalla ex moglie aveva allontanato i due ragazzi da lui; l’attrice si
ritrovò improvvisamente a dispiacersi per tutti loro e intervenne a rassicurare
Brittany.
“Non
credo che tuo zio ti mangerà o ti spedirà in collegio per la prossima era
geologica- calcò il tono della voce guardando James- Giusto?”.
Il
platinato attore deglutì a fatica, senza sapere se cedere o continuare la
sceneggiata del padre-padrone: “Coraggio Brit,
torniamo in albergo- alzò l’indice a minacciare l’altro
selvaggio- E prima di essere arrivati tu dovrai averle chiesto scusa”.
L’italiana
rimase di stucco quando le piccole canaglie si
diressero fuori a testa bassa e con pochi borbottii di protesta; fu così
sorpresa da dimenticarsi delle due gemme blu che la stavano passando al
microscopio.
Con lo
sguardo concentrato sui ragazzini ormai lontani, Lisa esordì:
“Sei ancora qui? Strano…di solito scappi dalla vergogna subito dopo aver
commesso un’idiozia”.
James
ignorò bellamente l’acidità di quella frecciata; il mezzo sorriso che gli si
dipinse in volto produsse nella sua vittima una voglia matta di scappare a
gambe levate…o provarci, almeno, prima che le ginocchia le si
sciogliessero.
“Da
quando in qua danzi?”
“Non
credo che ti riguardi!” Lisa rimase sbigottita da tanta sfrontatezza.
“A occhio e croce, da almeno quattro o cinque mesi”
l’ostinazione con cui l’uomo ignorava la sua rabbia, lasciò la ragazza
disarmata.
“Cosa ne sai tu?”.
James
allargò ulteriormente il sorriso, soddisfatto di aver fatto breccia una volta
di più nella corazza dell’avversaria; avanzò di un passo e lei si piegò
indietro, a mantenere le distanze.
“Parli
con uno che ha fondato una scuola di recitazione, penso di essere abbastanza
ferrato in materia” l’uomo spostò il peso da una gamba all’altra, con le
movenze di un felino predatore.
A quel
gesto Lisa arrancò, nel tentativo di recuperare una posizione
stabile e le punte di gesso non fecero altro che renderla più goffa e
spaesata.
“Beh..ok…giusto…Ma
credo che sia ora che tu scappi in
albergo coi tuoi figli” gli occhini verdi della ragazza spaziarono dal
soffitto, alla scala, al pavimento, per poi soffermarsi in un punto indefinito
tra il mento e i pettorali di James: non voleva
ingannare l’alibi da altezzosa inacidita col suo sguardo sempre troppo sincero.
“Se stai
alludendo alla fuga di ieri sera…Direi che le
circostanze non mi hanno lasciato scelta”.
“Bene, basta con la diplomazia”
“Cosa
diavolo intendi dire? Vuoi un applauso per avermi
abbandonata d sola con Stephan nell’imbarazzo più
totale?”.
“Parli
di Mister“ti
ammazzo con uno sguardo”?”.
Lisa
nemmeno si accorse dell’intervento sarcastico: “E poi in imbarazzo per cosa? Di cosa ti dovevi vergognare?”.
“Ehi,
signorina…Respira un attimo- alla fine anche James
uscì dai gangheri- Sei tu che da mesi tiri avanti il mistero della nostra non-storia con tutti che sanno e nessuno
che parla”.
Non
poteva essere, si disse Lisa: di nuovo rabbia, di
nuovo una lite…e di nuovo quello stramaledetto profumo di dopobarba.
“Ho
sentito bene? Potresti ripetere, scusa?”.
Sì, perché l’espressione uscita fra le imprecazioni del platinato attore
l’aveva stesa, quanto il suo bacio poche ore prima.
“Non storia”. Parlare di
qualcosa che non c’è come se ci fosse; oppure parlarne proprio perché non c’è.
Questa
era statala
definizione del loro rapporto, avanzata non da una persona qualunque, ma
proprio da chi ne aveva fatto parte.
La
ragazza deglutì abbattuta, una volta in più: “Beh, allora non fa una piega- incrociò le braccia a nascondere che tremava-
Quello di ieri è stato solo l’ennesimo non-momento
della nostra non-storia. Più che logico sparire come se niente fosse”.
Dopodichè
alò un ovvio silenzio, in cui James prese a
massaggiarsi le tempie, mentre lei esaminava minuziosamente le figure
geometriche composte dal parquet.
“Lisa…-
l’uomo arrancò in cerca delle parole giuste- Ieri sera tu hai detto…delle cose-
tagliò corto- Guarda, là ci sono i miei bambini…il giudice ha rinviato la causa
e questo per merito tuo”.
Ora Jamessorrideva, le sue stesse parole
parevano averlo curato dall’ira di poco prima.
“Era
questo che volevo dirti ieri sera…ma con te nulla
èfacile, neanche parlare…e poi…tu-
l’attore annaspò imbarazzato prima di recuperare il filo- Tu sei venuta in
tribunale per salvare la mia famiglia…ed è stata la cosa più dolce che una
persona abbia mai fatto per me…”.
James
era rosso in volto, non di vergogna ma di entusiasmo,
la stessa luce che gli illuminava gli occhi ed il sorriso; era felice, per
merito suo e a Lisa questo parve
infinitamente pericoloso.
La
ragazza aveva imparato a proprie spese che il momento più rischioso della
guerra è quando entrambe le parti abbassano le armi,
in segno di tregua: il nemico è sempre pronto a imbracciare le armi per
attaccare a tradimento.
Così
l’italiana rimase sulla difensiva, pronta a incassare
l’ennesimo colpo basso, se mai sarebbe arrivato: “E’ stata la mia tregua.
Abbiamo fatto un patto, no?- l’uomo sembrava non capire- Per il film” ripetè infine, riferendosi alla sera precedente.
Jamesfece mente locale, poi con un sorrisetto
sghembo, scosse il capo: “Davvero poco professionale il modo che hai di
suggellare un patto tanto serio”.
E come
se non bastasse si accarezzò il labbro inferiore, un riferimento diretto al
loro bacio.
“Dannatamente pericoloso”
La
giovane scosse la testa e alcuni boccoli scapparono dallo
chignon.
“No…ok…Basta…Credo che sia ora di salutarci”.
“Senza
neanche un bacio?”.
Lisa non
poteva credere alle proprie orecchie…non doveva
e non voleva; ma James era lì, a un palmo dal suo
naso, sentiva il respiro caldo sulla propria pelle e lei non sapeva nemmeno
dire quando e come si fosse avvicinato così tanto, senza che lei stessa se ne
accorgesse.
Con
scarsa convinzione la ragazza alzò il dito in segno di ammonimento
e ado occhi chiusi sentenziò: “Per il film”.
Probabilmente
agli occhi del suo aguzzino apparve sufficientemente imperiosa e incisiva –o
fragile e insicura, a seconda dell’ottimismo-; James obbedì all’ordine e si allontanò lentamente
camminando all’indietro, un passo fluido dietro l’altro.
Inebetita
e ridicola, Lisa rimase in quella posizione finchè
lui non ebbe raggiunto la porta e i figli, che lo aspettavano in fondo al
corridoio; una vittoria che le parve più simile a una
disfatta, ma doveva accontentarsi.
Poco più
in là James camminava fingendo naturalezza, tenendo i
pugni serrati, un respiro profondo dietro l’altro.
“E’
davvero simpatica quella ragazza- esordìBrittany con soddisfazione- Mi ha fatto ridere tutto il
tempo…ed è pure bella!”.
“Molto
bella- ci tenne a precisare Sullivan- Quanti anni ha?”.
Il padre
ci rimase di stucco; quando capì dove voleva andare a parare il figlio appena
adolescente, esplose in un’esclamazione concitata: “Non ci pensare nemmeno!”.
“Ma papà…sarà poco più grande di me…”.
“Toglitelo
dalla testa, Sull”
Mentre
dalla bocca uscivano solo comandi scoordinati e divieti, nella mente di James rimbalzarono pensieri ben diversi.
“Ridicolo…tutto questo è ridicolo…e anche un po’ pazzesco”.
E siamo di nuovo qui…potrei quasi commuovermi perché vi vedo
sempre più numerosi e dopo la mia lunghissima assenza non posso
che ringraziarvi per tanta tenacia nell’incoraggiarmi a continuare.
Mi auguro che questo capitolo vi sia piaciuto!
A prestissimo
Lisa
Ps: vi lascio qui sotto il link alla canzone a cui faccio riferimento, video, testo e
traduzione.
Comunque sia, se volete
ascoltarla, si tratta di “Bleeding love” di Leona Lewis.
Dopo la
doccia Lisa si tuffò in un mega-maglione sformato per poi affrettarsi a pranzo:
aveva schivato spiegazioni imbarazzanti la sera prima e la mattina stessa, così
si rese conto di non poter digiunare ulteriormente ed entrò a passo deciso
nella sala ristorante.
I
riccioli umidi cadevano sulle grosse lenti dei suoi RayBann
a goccia e servendosene come paraocchi, la ragazza puntò dritto al buffet, passando discretamente inosservata. A tutti tranne
che a uno.
“Bene bene. Eccoti qui…”.
Lisa
alzò gli occhi al cielo, esasperata: “Cosa devo fare
per evitare questo supplizio, tramortirti con una testata?”.
David
sorrise sincero e prese un tozzo di pane dal selfservice: “No, tranquilla. Ti chiederò solo una volta cosa è successo tra te e Stephan, poi
desisterò”. L’uomo sorvolò volutamente sull’incontro ben più scottante
sulla terrazza per sondare le reazioni della collega.
Lisa si
fece quasi scappare il pollo alle mandorle dal vassoio, prima di fingere
noncuranza: “Ehm…beh…lui che versione ti ha dato?” dopodichè stritolò una
pagnotta con le pinze, in attesa di risposta.
L’altro
le fece strada fino a un tavolo libero: “Vuoi quella
ufficiale o quella che ho dedotto io?”.
Lei gemette
sfiduciata: “Non so quale sia la peggiore”.
David
sorrise, puntandole contro il broccolo infilzato nella forchetta: “Doveva
succedere prima o poi, erano secoli che lo ignoravi”.
“Fa che non sappia niente, fa che non sappia niente, fa che non sappia niente…”
L’uomo
continuò, ignaro delle preghiere di Lisa: “E’ da stamattina che evita tutti, cosa mai gli hai detto per ridurlo così?”.
L’espressione
di sollievo della ragazza lasciò David perplesso; scosse il capo per scacciare quell’interrogativo e concluse:
“Comunque tutti abbiamo avuto un due di picche, gli passerà”.
Lisa
stava per iniziare una disquisizione sulla serata precedente – la Premiere, le interviste,
gli ospiti… - quando delle allegre risate fecero
irruzione nella sala.
Sullivan
e Brittany si precipitarono sul buffet
con curiosità famelica, l’attimo successivo furono raggiunti da James.
Un
sussulto e l’Italiana quasi si affogò col succo di pomodoro; tossicchiò con la
massima discrezione possibile, poi sprofondò il collo nella felpa grigia, a mò di testuggine nel guscio.
“Beh…allora…ieri
cosa mi sono persa?” fingendo di grattarsi la testa si schermò con un gomito.
“Sono
invisibile, sono invisibile…”
“Nulla
di che, ho rispolverato qualche vecchia gloria con Joss,
bevuto parecchio champagne e…”.
Lisa si
perse nel racconto di David, troppo impegnata a tenere sotto controllo i
movimenti della MarstersFamily:
ci vollero solo pochi secondi prima che tutti e tre si servissero. Dopodichè Brittany girò sui tacchi…e puntò dritto al tavolo accanto a
Lisa.
In quel
momento la giovane attrice cominciò a vedere le fate: sì, quella serie di luci
bianche baluginanti che precedono uno svenimento…o nel suo caso, un’imminente
figura di…
“Ciao
Lisa!”.
“Sono morta!”.
Brittany
si sbracciò raggiante prima di sedersi, imitata dal cugino.
“Ehi,
ciao” esclamò Sullivan.
Dulcis
in fundo, due occhi blu seguirono le voci dei
bambini, andando a posarsi su Lisa, ormai incassata nella sedia e in procinto
di sciogliersi sotto al tavolo; James
sorrise, prima di prendere posto a sedere con un “ciao” pacifico e sinceramente allegro.
La
ragazza mosse la mano che teneva premuta contro la fronte in un secco saluto
militare, la cosa più neutra e inoffensiva che le
venne in mente.
David
aggrottò le sopracciglia, certo di aver visto male e
gettò uno sguardo alle sue spalle; no non aveva visto male.
L’istante
successivo rimise insieme i tasselli del puzzle e cominciò a tossire per un infima briciola di pane che gli era andata di traverso.
Da sotto
il tavolo spuntavano ormai solo la fronte e gli occhiali dell’Italiana; “morire di imbarazzo”,
ora sapeva cosa significava. Letteralmente.
“Ho bisogno di un notaio” concluse fra sé prima che David
riacquistasse la parola.
“Mi sono
perso qualcosa? Squittì lui tra un colpo di tosse e l’altro.
Lisa riemerse allarmata dalla tovaglia: “Abbassa la voce!”.
“Scusami-
sibilò l’altro, sarcastico- Ma credo di aver bisogno di qualche aggiornamento”
e col pollice indicò il quadretto che pranzava alle sue spalle.
“Vi ho
visti parlare ieri sera. Poi tu sei andata via…e Stephanera appena tornato- il monologo sconclusionato di
David continuava senza interruzioni- Dannazione…ora mi ricordo! AncheJames è sparito
all’improvviso”.
Lisa
alzò le mani e gesticolò per fermare quel fiume di parole: “Ok.
Prima che tu fraintenda…non è successo nulla” non del tutto esatto ma molto
rassicurante.
“EStephan?”.
“Ci ha
semplicemente visti in corridoio” la ragazza storse il naso, conscia della
contraddizione chesi
era appena fatta scappare.
E infatti: “Allora non è vero che non è successo nulla!”
David stava alzando di nuovo il tono e Lisa gli intimò di calmarsi.
“Nulla
di rilevante- lei prese un respiro profondo poi chiuse
gli occhi, pronta a salire sul patibolo- Un bacio…”.
“Un
bacio? E ti sembra niente?”.
Lisa stette in silenzio, abbandonata contro lo schienale della sedia;
per quanto sconvolgente, la realtà non la stava…sconvolgendo.
“Lisa…è James!”.
“Lo so”.
“Ed è fidanzato”.
“So
anche questo”.
“Stanno
per andare a convivere”.
“Ne ho sentito parlare…Questo cambia le cose?”.
Lapidaria
e concisa, la ragazza lasciò senza parole il collega ben più vecchio, almeno
per qualche minuto, prima che allo stupore subentrasse
la rabbia.
“E va bene, ti vedo sicura di quello che fai, quindi non
venire a piangere da me alla prossima crisi mistica”.
Lisa
sospirò sconfortata: “David, capisco la tua reazione, ma ormai è successo,
nonostante siano mesi che ci dichiariamo guerra…perciò lascia che le cose vadano, semplicemente”. Fu difficile
trovare le parole giuste per calmare l’amico, ma la bontà d’animo di David gli
impedì di rimanere risentito.
“Ok, ma sappi che non parlo così per fare il moralista- si
piegò in avanti col busto e abbassò la voce- Quando
sei arrivata in America, sei mesi fa, la prima cosa che ho visto è stata una
ragazza delusa e combattuta dal rimorso. Dato che a quella ragazza ho imparato a volere un po’ di bene, non voglio che si butti
via per un colpo di testa”.
Lisa
sorrise, imbarazzata dalla dimostrazione di tanto affetto: “Ti ringrazio, ma
non preoccuparti per me. Me la caverò”.
“Ne sono
certo, non so come se la caverà lui- ironizzò David-
Oggi dovrò fare due chiacchiere da uomo a uomo”.
“L’avevo
immaginato”.
Quando
David si svegliò dai suoi monologhi vaneggianti
incrociò il viso sorridente di Lisa e non potè fare a
meno di contraccambiare la risata.
“D’accordo-
l’uomo bevve un sorso d’acqua- Qual è il tuo programma
del giorno?”.
Lisa si
ricompose, sollevata dal nuovo argomento: “Ho appuntamento alla MusicWing con SharonDenAdel- la ragazza si
alzò- dobbiamo approntare alcune cose per il video musicale”.
L’altro
la esaminò divertito: lo stesso programma di James,
lo aveva letto la mattina stessa sulla cartellina che penzolava dalla porta del
platinato collega.
Lisa lo
sapeva? Probabilmente no.
“Buon
divertimento” la congedò mentre la ragazza correva
all’appuntamento.
Come al solito l’Italiana si perse nei labirintici corridoi della
Century e arrivò in ritardo.
SharonDenAdel se ne stava seduta sul
tavolo di una delle sale di registrazione, disquisendo
amabilmente con quelli che dovevano essere i membri del gruppo…più un intruso,
biondo e irritante.
Lisa si
chiuse la porta alle spalle e camuffò l’astio per la presenza indesiderata
dietro uno smagliante sorriso: “Perdonatemi, ma il senso dell’orientamento non
è una mia dote”.
Ignorando
palesemente James si presentò ai musicisti dei WithinTemptation: Robert e Ruud, i due chitarristi,
Jeroen il bassista, Martjin e Stephen,
rispettivamente tastierista e batterista.
Dopo
poche formalità la cantante offrì una tazza di tè a Lisa e la invitò a sedersi.
Il
platinato nemico rimase appollaiato al suo sgabello, a braccia incrociate,
facendo così risaltare i bicipiti e i pettorali da sotto il cardigan nero.
“Focalizza, Lisa…Dannazione!”
Si rimproverò
la giovane vittima di quella posa plastica e trangugiò qualche sorso della
bevanda.
L’uomo
dal canto suo la fissava con fare interessato e anche discretamente divertito.
La DenAdel stava aggiornando il resto della band sui brani
scelti e l’Italiano ne approfittò per prendere un
cubetto di ghiaccio dal vassoio del brunch, accanto a
James.
Pochi
passi a testa bassa, poi lui mandò a segno la prima provocazione: “Sorpresa!”.
“Oh…Davvero
divertente - lo rimbeccò la ragazza sottovoce- è un piacere averti qui”.
“Bene!-
li interruppe Sharon- oggi vi ho voluti
entrambi per discutere del ri-arrangiamento di Whathaveyoudone?- fece una pausa-
Non sarà facile, dovremo inserire voci nuove e renderlo sufficientemente
originale da poterlo proporre come nuovo”.
Lisa
sorseggiò tranquilla: “Avevamo accennato a una breve
battaglia coi ventagli, qualche passo di danza, spezzoni del film- indicò il
nemico puntando la tazza nella sua direzione- lui che canta”.
La
navigata musicista ribattè: “Beh, sì…ma io vi vorrei entrambi
nella canzone”.
“Eh?!” l’attrice in erba fece una smorfia di disappunto; forse
aveva capito male.
“Vuole
che tu canti” tradusse sarcastico James.
Lisa
strabuzzò gli occhi e quasi si versò il tè addosso: “Cosa?!
Non se n’era parlato! Io non ho mai cantato in vita mia- per sicurezza posò la tazza- E poi è una canzone tremendamente difficile,
con tutti quegli acuti...- si rivolse direttamente alla DenAdel- Non è per adularti o essere ipocrita, ma la tua
voce è inimitabile e…”.
L’altra
alzò le mani a fermare la ragazza: “Stai tranquilla, non ti chiedo una
performance da professionista, solo poche note, cantate sulla tua tonalità-
indicò il biondo complice- Anche per James faremo lo
stesso”.
Proprio quest’ultimo tentò di convincerla: “Coraggio…almeno prova!”.
“Non
dirmi cosa devo fare” lo zittì la ragazza senza farsi
sentire dagli altri presenti.
SharonDenAdel continuò “Abbiamo qui di
fianco la sala di registrazione; basteranno un paio di strofe e il modulatore
elettronico individuerà a quale livello della scala si
avvicina di più la tua voce. Così vedremo come inserirti nella canzone”.
Lisa
scosse il capo ancora contrariata; le sembrava tutto così assurdo…ma
mai quanto quello che stava per dire il beneamato James.
“Possiamo
provare a cantare insieme”.
“NO!”
“E’
un’ottima idea!”
Le
risposte di Lisa e Sharon si sovrapposero.
“E’ il
modo perfetto per vedere come lavorano insieme le vostre voci. Ci vorrebbe
qualcosa di semplice…un brano cantato a due. Vediamo cos’ho
in memoria”.
La
cantante aprì un PC portatile spuntato dal nulla e Lisa si convinse sempre di
più che l’unica via rimasta era la fuga. Gli eventi avevano decisamente
preso il sopravvento.
“Non
essere così drammatica” il sussurro di James non fece
altro che aizzarla ulteriormente.
“A che gioco
stai giocando?” lo punse lei sempre sottovoce.
“Ma che cosa…”
“Sei fidanzato, James” uno schiaffo
morale, che però il diretto interessato incassò egregiamente.
“Questo cosa c’entra con la canzone?” domandò lui spavaldo.
“C’entra…con tutto” Lisa lo fulminò, prima di
accorgersi che quel battibecco l’aveva portata a un
palmo dal suo naso.
Rimasero
immobilizzati così, lo sguardo torvo e il respiro dell’altro sulla pelle, alla
distanza di un bacio…o di un morso.
La
ragazza provò a barricarsi in se stessa per difendersi dall’imbarazzo: “Non so
cantare”.
“Sì
invece”
“E tu come lo sai?”
“Fidati
di me”
“Neanche
morta”.
Qualcuno
dalla terra di nessuno tossicchiò per far riemergere i due eserciti dalle
rispettive trincee: “Avete preferenze sul brano?”.
“Sì”
rispose James.
“No” si
sovrappose la voce di Lisa, prima che si fissasse con aria interrogativa sul
collega: ok, avrebbe rimandato a dopo la sua
lapidazione.
Mentre
lei restava impietrita l’attore prese possesso del
computer e qualche secondo dopo Google gli diede ciò
che voleva.
“Direi che può andare- SharonDenAdel guardò lo schermo e
approvò di buon grado- Semplice, senza acuti né bassi…vedo cosa riusciamo a
fare per mandarvelo in filodiffusione”.
Lisa se
ne restò lì, con aria scettica e un sopracciglio alzato in segno di supponenza;
James ruotò il PC verso di lei, a darle
il colpo di grazia. La ragazza a malapena buttò l’occhio allo schermo e subito
spostò l’attenzione alla parete.
“Non la
conosco”.
“Bugiarda”
l’uomo sorrise docilmente, senza rabbia e senza spazientirsi.
Era
talmente disarmato dal broncio di Lisa che ebbe la tentazione di posare una
mano sulla guancia arrossata di quella piccola leonessa.
“Allora Nostradamus, sei in vena di leggermi nel pensiero- ironizzò lei- Come sai che la conosco?”.
“Lo so e
basta” tagliò corto James, certo di aver ragione.
Dinnanzi
a tanta ostinazione Lisa fu costretta a desistere; con un sospiro sconfitto
posò nuovamente lo sguardo al titolo della canzone.
“Needyounow” di Nahvy
e LadyAntebellum.
Un brano
poco conosciuto, che le aveva fatto compagnia nelle lunghe notti insonni della
permanenza di James in Italia; se l’era trovato per
caso nella playlist e come molte volte capita con le cose accidentali, se n’era innamorata.
E tra qualche
minuto l’avrebbe intonata insieme a James. Quanto si
odiava…
Jeroen,
il bassista del gruppo, aiutò Lisa con le cuffie; le posizionò di fronte lo schermo con le parole del testo e le
spiegò brevemente cosa avrebbero fatto: “Non importa se stoni, continua a
cantare…Fa finta di giocare al karaoke”.
Lei
annuì brevemente e sistemò al meglio l’attrezzatura; nel frattempo James la osservava gesto per gesto.
Le sue iridi puntate addosso diedero a Lisa un fastidioso prurito dietro il
collo, come se il suo sguardo la stesse pungendo.
“Cos’hai
da guardare?” lo aggredì per farlo smettere.
Lui
sorrise e abbassò il microfono all’altezza giusta: “Se posso darti un
consiglio…Non seguire la voce registrata. Seguila con
un orecchio solo per ritmo e intonazione, ma con l’altro ascolta la tua voce.
Ti aiuterà a non steccare”.
Con un
sorriso sarcastico Lisa lo canzonò: “Che gentile, davvero, sono commossa- non
risparmiò un colpo- Mi accompagni al patibolo e poi mi dici anche come
impiccarmi”.
L’uomo
sospirò sconfortato: “Catastrofista”.
“Falso buonista” lo rimbeccò lei.
Dalla
sala della consolle il colpo di tosse imbarazzato di Sharon li raggiunse: “Siamo pronti. Possiamo cominciare?”.
Nessuno
dei due cantanti rispose, bastò il cenno del capo di James.
Immediatamente
dopo Lisa sentì le prime note di pianoforte e le andò il cuore in gola; non
aveva mai cantato prima in pubblico, si vergognava come una ladra. In più le
battute iniziali sarebbero state le sue.
Con voce
tremante cominciò.
“Picture perfectmemories
Scatteredalla round the floor
Reachingfor the phone
‘Cos I can’t fightitanymore”
Riprese
fiato, diede più forza alla voce e come una scossa sopraggiunse la voce di James
“And I wonderif Ievercrossedyourmind”
Di nuovo
in assolo Lisa rispose:
“For me
ithappensall the time”
La
musica si alzò e l’Italiana sorrise lievemente
ripensando al significato delle prime battute; capiva perché James avesse scelto proprio quel brano.
Aveva
resistito fino a quel momento, senza di lei, forse passando pure lui notti
insonni a chiedersi se fra il turbinio dei pensieri di Lisa vi fosse anche lui.
“A me
accade tutte le volte” si era trovata a rispondere la ragazza, tra una nota e
l’altra.
La voce
profonda di James la accompagnò nel ritornello,
dandole il coraggio di alzare il tono.
“It’s a quarter after one
I’mall alone and I needyounow
Said I wouldn’t callbut Ilostall control
and I needyounow
And I don’t
knowhow I can do without
I just needyounow”
Quando
fu il turno di James, Lisa si fermò a guardarlo mentre scandiva le parole: non l’aveva mai sentito
cantare davvero dal vivo e rimase ipnotizzata dal timbro profondo che la
avvolse.
A
malapena si accorse che l’uomo stava ignorando il gobbo e teneva gli occhi
sorridenti su di lei.
“Anothershot of whiskey
Can’t stop looking at the door
Wishingyou’d come sweeping
In the wayyoudidbefore”
“And I wonderif Ievercrossedyourmind”
Lisa
intervenne alla fine e questa volta fu James a
rispondere:
“For me
ithappensall the time”
Al
secondo ritornello l’attrice in erba si rese conto di quanto la coinvolgesse in
realtà quella canzone; cominciava a prendere confidenza con il suono della
propria voce e non poteva negare che le piacesse…maledetto James.
“It’s a quarter after one
I’mall alone and I needyounow
Cantò
con trasporto rivolta direttamente a lui, che sorrise compiaciuto e completò
Said I wouldn’t callbutI’m a little drunk
and I needyounow
Per poi concludere insieme
And I don’t
knowhow I can do without
I just needyounow”
Sì, quel
frangente era stato decisamente rapido ma…indolore?
L’applauso
di un’entusiasta SharonDenAdel li risvegliò dalla trance
del momento: “Grandioso ragazzi- si rivolse a Lisa- Sono stupita, perché eri
così pessimista?”.
La
diretta interessata si strinse nelle spalle: “Mi vergogno a cantare in
pubblico”.
“Ma non a farti riprendere nello stesso letto con David
Boreanaz” sibilò sottovoce James.
Il
sorriso di Lisa scomparve, per lasciare spazio all’astio più totale: “Ti odio”.
L’altro
ignorò la rabbia della ragazza e la stese con un sorriso sghembo,
incredibilmente sicuro di sé: “Credevi che te l’avrei fatta passare liscia?”.
Il
battibecco fra i due fu interrotto dal gruppo musicale: discussero insieme del
brano appena registrato e si diedero appuntamento la
mattina dopo per cominciare le prove su “Whathaveyoudone?”.
Poi
furono costretti a congedarsi senza troppi convenevoli: i WithinTemptation erano già in ritardo per un’intervisa al magazine “RollingStone”.
Una
frazione di secondo dopo Lisa stava riordinando il suo blocco di appunti, pregando che James
fosse oberato di impegni. E invece no.
La sua
presenza continuò a incombere dietro di lei, finchè la ragazza non si decise a girarsi per
fronteggiarlo, le braccia incrociate al petto.
James
era di nuovo lì, appoggiato al tavolo del brunch e
con tutte le intenzioni di restarci fino alla fine dei tempi; non c’era scelta,
Lisa doveva arrendersi. Così prese posto su un alto
sgabello accanto al leggìo.
“Ok, credo di avere due domande da farti- la ragazza
accavallò le gambe, pronta al dibattito- Come sapevi che so
cantare?” non voleva compiacerlo, ma nemmeno lei aveva mai creduto troppo nella
propria voce.
“E’
stato un puro caso- rispose pacifico lui- Quando ti ho
vista nella sala da ballo tenevi il tempo cantando- il suo tono era dolce, lo
stesso che si usa a raccontare le fiabe della buonanotte- Nelle scuole di
recitazioni il trucco per distinguere le attitudini degli allievi è uno:
vederli danzare. I ballerini tengono il tempo contando, i cantanti…cantando. E’
una specie di riflesso incondizionato”.
Professionale
e concisa, la risposta spiazzò Lisa: si era dimenticata che James
era un navigato attore di teatro e aveva da insegnare molto più di qualche trucchetto.
“Touchè” dovette convenire la ragazza; ma
non poteva dargliela vinta, c’era la domanda di scorta.
“Bene…e
come facevi a sapere che conosco quella canzone?”. Il secondo quesito era in effetti un mistero: lei stessa era incappata nel brano
per puro caso. Lui come poteva sapere, se non leggendole nel pensiero?
Il
sorriso che si aprì sul volto del suo tormento fece
vacillare Lisa.
“Oddio, sa anche questa!”
Accingendosi
a rispondere l’uomo si alzò dalla sua postazione e si avvicinò: “E’ una storia
un po’ lunga- quando ebbe riordinato le idee le era accanto-
eravamo in Italia, la sera del…temporale”.
James
si guardò bene dal dire “La sera del nostro primo bacio” così Lisa volle
premiare la discrezione e dargliuna chance, così non lo interruppe.
“Avevo
bisogno di riflettere e ho deciso di fare una passeggiata; il tuo IPod era di fianco ai libri su cui
studiavi, in cucina…l’ho preso in prestito- James si
fermò per sondare il terreno, ma Lisa attendeva la fine della dichiarazione-
Tra un brano dei Maroon 5 e uno di BritneySpears ho trovato “NeedYouNow”. Ora ti sembrerà una
banale sviolinata da cantautore, che la musica sia il
primo posto in cui ci rifugiamo quando ci sentiamo persi…Ma forse tu lo sai
meglio di me”.
L’uomo
si appoggiò con un fianco alla gamba di Lisa e con quel gesto
lo sgabello ruotò, accostando Lisa al petto di James.
La
ragazza non battè ciglio, mantenne le dita incrociate
in grembo e accennò una risata per nascondere l’imbarazzo: “Wow…Allora, Nostradamus del popolo…Ho svelato i tuoi trucchi?”.
L’uomo
abbassò il capo con un sorriso malinconico: “Mai usato trucchi con te, benché
tu pensi il contrario- il blu dei suoi occhi tornò a premerle addosso- Posso
farti anch’io una domanda? Credo di essermela meritata”.
Lisa non
trovò le parole per rifiutarsi, così James prese al
balzo il suo silenzio e parlò: “Stamattina mi hai letteralmente cacciato via,
ma non intendo arrendermi- l’uomo appoggiò i palmi sul tavolo, Lisa chiusa nel
mezzo fra le sue braccia- Voglio quel bacio”.
L’Italiana
rimase immobile, incredula e spaventata: quello era unJames che non aveva mai visto…Gli occhi foschi per il
desiderio sembravano aver abbandonato l’azzurro naturale per lasciare posto a
un grigio cupo e irreale.
Così
chiusa in gabbia, sputò fuori il nodo in gola con una rauca risata: “James…non è così semplice…” voleva incominciare un discorso
di cui neanche lei avrebbe trovatati capo e coda, ma
l’uomo le tolse l’incombenza posandole una mano sul viso.
Col
sobbalzo sorpreso di Lisa il mondo si fermò: la ragazza si torse le mani sudate
cercando di restare lucida. Poteva sentire una lieve pressione sul corpo: lui
la stava sfiorando o erano semplicemente le loro auree roventi che premevano
l’una sull’altra?
Lisa
deglutì rumorosamente, il volto proteso verso quello di James:
voleva sentire l’odore del suo respiro sulle labbra e mettere
a tacere la propria coscienza urlante.
L’ultimo
briciolo di lucidità agì per lei: la mano della ragazza si pose su quella di James. Lisa se la premette sulla guancia, riluttante al
distacco, prima di farla scivolare dal viso al collo; già una volta il contatto
fisico con l’uomo aveva anestetizzato i suoi sensi, non poteva permetterlo di
nuovo, neppure ora che sentiva il pollice di lui
carezzarle la gola.
La
giovane attrice si guardò dal tendere il collo verso James,
come un felino in procinto di fare le fusa e riprese fiato: “Non sempre è
giusto avere quello che si vuole, James”.
Razionale e lapidaria, la risposta della ragazza stordì il biondo attore,
che dopo un paio di respiri profondi liberò Lisa dalla sua dolce trappola.
Si era arreso?
La ragazza non sapeva se dispiacersi o esserne felice.
James
le sfiorò il volto coi polpastrelli, ancora riluttante
a dichiararsi sconfitto, ipnotizzato sulle labbra di lei: “Cosa devo fare per
farti capire che ti puoi fidare?”.
“Dire che
mi vuoi, che non puoi stare senza di me, che non riesci a dormire senza il mio
corpo accanto al tuo”
Lisa
tacque le grida nella sua testa con un lieve sorriso.
Poi
disarmata riuscì solo a dire: “Una magia?” ironica e anche un po’ sarcastica,
doveva spezzare l’idillio di quell’attimo, che si
ostinava ad aleggiare nella stanza.
A
salvarli sopraggiunse il rumore secco di una bussata.
David
era lì, le nocche sullo stipite della porta aperta, il sorriso saggio di chi sa: “Ehm…scusate
il disturbo- si schiarì la voce e rivolse una domanda direttamente a Lisa- Hai
un minuto?”.
La
ragazza annuì, percependo il calore di poco prima che scemava:
James si era allontanato di qualche passo,
lasciandola composta sul suo sgabello.
“WillSmith è partito in fretta e
furia, ha detto che doveva organizzare una cosa…e ha
lasciato questo per te- allungò un biglietto all’amica attrice- Ti chiamerà
stasera”.
Lisa
aggrottò la fronte, curiosa, e si alzò dalla sua postazione per prendere il
foglio di carta: era un invito, stampato su carta
filigranata e su cui campeggiava la foto di un albergo da sogno in riva al
mare.
Poco
sotto lo scarabocchio di alcune veloci parole che Lisa
decifrò subito:
“Party in the citywhere the heatis on
All night on the beach ‘till
the break of down”
E
subito prima della firma, un indizio
“Benvenido
a Miami”.
Le ci
volle un attimo e capì: la serata di beneficenza per Felina, Will era partito in anticipo per correre ad organizzarla e
la ragazza sentò a crederlo possibile. Miami.
L’amico
voleva fare le cose in grande. Non ci volle altro a farle brillare le iridi
verdi di commozione.
Quasi si
dimenticò di salutare i presenti, prima di correre via lungo il corridoio.
David
sapeva della sorpresa, così si prese quel frangente per godersi lo spettacolo
di James, perso in contemplazione di
ogni respiro di Lisa.
Ora il
biondo attore se ne stava con la testa a far capolino fuori
dalla porta, per seguirla con lo sguardo.
David
incrociò le braccia divertito: “Fammi indovinare…Ti ha
respinto”.
James a
malapena si accorse dell’amico attore: “Cosa ne sai tu?” chiese
distratto.
L’altro
entrò di prepotenza nel suo campo visivo: “Cos’hai
fatto? Hai sfoderato il tuo fascino da latin lover convinto che lei cedesse?”.
Il
biondo interrogato nascose dietro la stizza l’attimo di tentennamento: “latin lover? Come se non mi conoscessi,
amico…”.
David si
fermò a sondare ai Raggi X l’imputato: lo vedeva sincero, non nelle parole- era
una frana a mentire- ma glielo leggeva nei movimenti
nervosi degli occhi e quell’infatuazione era reale,
soprattutto quando la luce dell’immagine di Lisa illuminava i suoi occhi blu.
Così il
moro attore decise di dire la verità: “Ti vuole
ancora…Ma non è una delle tue tante fan adolescenti che svengono per un
autografo”.
“Risparmiati
l’ironia” lo zittì tagliente James.
“No,
dico davvero: guardala bene- David si accinse a spiegare- Non c’è persona che
conosca che non abbia imparato a volerle bene. Persino Star come WillSmith e SharonStone si fanno in quattro per lei…per il semplice fatto
che lei se lo merita”.
“Dove vuoi andare a parare?” James
faticava a seguire il discorso.
“Intendo
dire che Lisa è diversa…ed è ferita…e spaventata-
David ammonì l’altro con l’indice puntato verso il suo naso- E non provare a
fare lo gnorri a riguardo”.
A tali
parole James fu costretto ad abbassare lo sguardo,
colpevole.
“Non so
cosa fare, lo ammetto”.
L’altro
aprì le braccia esasperato: “Fai qualcosa per
lei…Dimostra di essere diverso, una volta per tutte. Sorprendila!”.
James
rimase spiazzato da tanta ovvietà. Voleva a tutti i costi che lei si fidasse e così facendo la stessa Lisa era stata messa in
secondo piano dal suo desiderio.
Cosa
voleva di più da lei? Vederla sorridere…i suoi occhi che risplendevano di gioia
e che le toglievano il fiato.
Sorprenderla,
sì…David aveva ragione. L’attimo successivo James
sapeva cosa fare.
“D’accordo”
disse, più a se stesso che al moro attore, prima di avviarsi all’albergo.
“E…James?”
“Sì?”
“Cerca
di non fare cazzate questa volta”.
Rullo di tamburi…cel’ho
fatta. A distanza di un mese esatto dall’ultima pubblicazione, sono di nuovo
qua.
Non è stato un periodo facile, chi mi conosce sa il perché, ed ho
arrancato per mantenere viva la voglia di aggiornare. Purtroppo nei momenti di
difficoltà la prima cosa che ne risente è la creatività.
Ammetto che ho passato giorni in cui
anche ascoltare musica era troppo, volevo solo buio e silenzio.
Poi mi sono resa conto che la mia serenità esiste anche per loro,
Lisa e James…e per tutti voi, che mi fate battere il
cuore per l’emozione tutte le volte che vedo un nuovo
messaggio in posta o nei commenti.
Un grazie in particolare a Chloe, che mi è stata vicina con discrezione e pazienza,
lanciandomi un messaggio in chat qua e là, ogni
tanto…sono tornata cara!
Spero che questo capitolo non abbia risentito
del mio attimo di malinconia, se così fosse, prometto che ci sono grandi
sorprese all’orizzonte.
Non smettete mai di sperare che torni il sereno. La speranza è già
di per sé l’alba di un nuovo inizio.
Con affetto, Lisa
Ps: qui sotto il link
al video della canzone a cui faccio riferimento nel capitolo, spero che la
ascolterete e che vi piaccia, nella sua semplicità, mi ha trasmesso tanta dolcezza
Lisa
reclinò il seggiolino e distese le gambe sulla moquette; riusciva a rilassarsi
solo allora, dopo una settimana di corse a perdifiato tra set e sala di
registrazione.
L’aereo
era decollato con poco ritardo da Los Angeles, direzione Miami e la ragazza
benedì l’obbligo di tenere i cellulari spenti: gli sponsor del film
cominciavano a pressarla, per contratti, spot pubblicitari, servizi
fotografici…
I 12
mesi successivi avrebbe calcato la parte di testimonial della Swarovsky, lo
stesso sarebbe stato per David con la casa automobilistica Chrysler e per Holly
con l’ultima linea Loubuotin. Idem per James con una campagna pubblicitaria per
la Dytona.
Al suo
pensiero Lisa trattenne il respiro. Erano stati giorni difficili, quelli:
avevano avuto il loro battesimo del fuoco sul set per la prima volta insieme e
la cosa si era ripetuta nella registrazione della colonna sonora.
Involontariamente
la tensione reale che li avvolgeva li aveva accompagnati anche in scena, dove
Raina e Lucius dovevano darsi battaglia; suo malgrado, gli applausi dei registi
le avevano dato conferma dell’ottimo lavoro che stava facendo con James.
Tra un
pensiero e l’altro l’ansia scemò, lasciandola intorpidita e stanca, finchè Lisa
non si addormentò cullata dal rollio dei motori.
TRE GIORNI PRIMA
“Stop!
Lisa non ci siamo capiti, voglio più incisività…Raina è la Regina: devi comandare tu
quando reciti”.
La
ragazza si massaggiò le tempie e scacciò con una mano il rimprovero di Ludovic.
Era il
primo giorno di riprese con James, a distanza troppo breve dal loro tete-a-tete
e la giovane attrice faticava a restare lucida; dopo un paio di laconici ciak
discretamente buoni quella era la quarta volta che il produttore la richiamava.
“Non
faccio nulla di diverso dai due terzi di film che ho già girato. Cosa c’è che
non va?” Lisa si alterò, ormai esausta.
James, o
meglio Lucius, se ne stava in piedi, immobile; era stato catturato nello
schetch precedente e ora interpretava la parte del prigioniero incatenato al
muro.
“E’
questo il punto- ribattè Ludovic- Ora sei col tuo nemico…Raina amava Lucius,
non può rimanere insensibile! E’ qui che il ritmo deve cambiare”.
Il
cellulare dell’aiuto regista squillò e l’uomo ne approfittò per dare una breve
pausa.
Lisa
imprecò e bevve un sorso d’acqua dalla sua bottiglietta, mentre Lorianne le
ritoccava il fondotinta.
James si
piegò, seduto sui talloni, e fissò l’attenzione sulla ragazza.
“Ha
ragione” esordì dalla sua postazione.
“Non ti
ci mettere pure tu, ti prego” lo supplicò lei, sfinita.
“No,
dico davvero…fermati un attimo a rifletter: Raina odia Lucius?”.
Lisa
sbuffò spazientita; la trama era sua, non poteva farsi mandare a scuola da
quello che in pratica era un suo dipendente. Si limitò a ignorarlo, scuotendo
la testa: le quattro ore di recitazione non-stop le avevano tolto pure lo
slancio per litigare.
James
rise, senza alcun risentimento: “Beh, tornando a noi…Raina odia Lucius?”.
“Sì” si
arrese lei.
“Tu odi
me?”.
Lisa
sussultò. Quello era un colpo basso.
“James…ti
ho già spiegato che…”
L’uomo
alzò una mano a zittirla: “Bene…Ora odiami” e tacque con aria decisa.
Lasciò
alla collega il tempo per assimilare tale affermazione e prima che lei potesse
inventarsi una qualsiasi risposta, James tornò all’attacco: “Avanti…Davvero è
così difficile?”.
A darle
il colpo di grazia, lui fece guizzare la lingua fra le labbra.
Benché
fossero a metri di distanza, Lisa venne scaldata intimamente da quel gesto e la
cosa la fece tentennare; non era altro che un affronto, perdipiù agli occhi
dello staff al completo.
La
ragazza si sentì vulnerabile e la rabbia salì a colorarle le gote: come poteva
permettersi di spogliarla ogni volta del suo equilibrio?
Proprio
allora Ludovic tornò in campo: “Bene, riproviamo…Non voglio altri errori
Lisa!”.
Lei in
risposta lanciò la bottiglietta in un angolo e assentì col capo; gliel’avrebbe
fatta vedere.
Il ciack
diede inizio alle danze: Lisa seguì il copione con la dovuta neutralità,
passeggiando per la prigione di Lucius.
James
recitava in modo provocante, riproponendo ad ogni frase la malizia che faceva
tremare le gambe a Lisa.
Non ci
volle altro, solo la battuta chiave che ripeteva ormai da un’ora.
“Cosa ci
fai qui? Non ti ho già ucciso una volta?”
James
sghignazzò: “Amore mio, a quanto pare tu mi desideri più della morte”.
Il gioco
del sorriso lascivo di James fu il colmo: Lisa avanzò a grandi falcate verso il
prigioniero, inginocchiato a terra; ormai faccia a faccia, la ragazza sollevò
la gamba destra per poi piantare il tacco dello stivale nella spalla del
nemico, inchiodandolo al muro.
Comandava
lei? Beh, con quell’improvvisazione l’avrebbero capito tutti.
L’ultimo
impeto di rabbia lo sfogò con uno strattone alla chioma platinata; le dita
affusolate arpionarono il capo dell’attore costringendolo a reclinare la testa
per guardarla negli occhi.
Infine
Lisa gli alitò sulla pelle la feroce minaccia: “Quando avrò finito con te
neppure la morte ti vorrà”.
NEL PRESENTE
La
giovane Italiana reclinò di lato la testa per ricevere il bacio di saluto di
Will Smith.
“Welcome
to Miami” la accolse l’amico, sulle note della propria canzone.
“Benvenido
a Miami” Lisa completò dandogli il cinque, entusiasta della sua trasferta in
solitaria; né l’agente Sean, né suo padre le avrebbero fatto da bàlia.
Purtroppo David non sarebbe stato al suo fianco ma lei era lì per Felina, il
resto non contava.
Lisa si
dimenticò dei suoi pensieri deliranti su James e si sedette al bar dello
splendido hotel dove si sarebbe tenuta la serata di beneficenza; i venticinque
gradi e il sole che rifulgeva sopra i tendoni dei tavolini all’aperto
stordirono la ragazza, sorpresa dal clima estivo in quei primi giorni di
febbraio.
Will
parve leggerle nel pensiero e indicò il panorama: “E’ da mozzare il fiato,
vero? Unica al mondo…”.
L’altra
scherzò, prelevando dal vassoio del cameriere una limonata ghiacciata: “Già…Da
scriverci una canzone”.
“Mi
domando perché nessuno l’abbia ancora fatto”
“Ti farò
un promemoria”
La
conclusione di quel botta e risposta li fece scoppiare entrambi in una solare
risata e a Lisa parve di essere tornata a due anni prima, quando lui rappava
sui capitoli di storia per aiutarla a studiare.
Stettero
parecchio tempo a parlare del più e del meno, poi l’attore le spiegò come si
sarebbe svolta la serata di beneficenza: “Sharon Stone arriverà stasera,
all’ultimo piano la sala ricevimenti è stata allestita come un immenso casinò.
Il ricavato delle giocate sarà devoluto per la riserva di tuo zio Ralf. Abbiamo
in programma anche un’asta di oggetti dedicati all’Africa- sorseggiò il suo tè
freddo- Più varie chicche che voglio lasciarti come sorpresa”.
Lisa
scosse il capo divertita: quel momento era davvero suo. Si trovava dall’altra
parte degli Stati Uniti per un evento di cui lei sarebbe stata la madrina…Non
riusciva a placare l’entusiasmo.
Finalmente
aveva potuto scegliere lei stessa come vestirsi, come pettinarsi e cosa dire a
chi l’avrebbe intervistata.
Solo una
punta di malinconia la colse, alla fine del suo drink, forse per colpa
dell’aspro gusto di limone.
Con lo
sguardo sul fondo del bicchiere Lisa sentì che le mancava qualcosa: James.
Incredibile
come il suo pensiero riuscisse a spuntare anche ora, tra un cubetto di ghiaccio
e una scorza di limone. Ma era solo un pensiero, nulla di reale e tangibile.
Senza un perché apparente, la cosa le dispiacque.
L’istante
successivo Will si rovesciò addosso il tè e la mente della ragazza tornò a
sorridere leggera.
QUELLA SERA…
Mai
avrebbe immaginato così tanta tensione: certo, Lisa era abituata a recitare,
aveva pure passato egregiamente la sua prima Premiere…Ma quello era un pubblico
diverso, un trampolino di lancio che le pareva più simile a un patibolo.
Cominciò a temere le sorprese tanto promesse da Will.
L’attrice
in erba fece il suo ingresso a braccetto con l’amico, tenendo con la mano
libera lo strascico di seta nera; il cuore succhiò sangue dalle vene e prima di
riuscire a pomparlo nelle arterie, la ragazza finì in apnea.
“Non so
come mai- iniziò ironica lei- Non riesco a odiarti in questo momento, ma
nemmeno a volerti bene come al solito”.
Una fila
di smaglianti denti bianchi le diede uno spiraglio di tranquillità: “Non ti
preoccupare. Sei splendida”.
Lei
sospirò profondamente, stritolando la pochette mignon nel palmo della mano, poi
si guardò attorno: nell’immensa sala da Gala al piano attico erano stati
allestiti numerosi tavoli da Black Jack, Poker e diverse Roulette. Sopra gli
invitati dell’elite statunitense si stagliava un soffitto affrescato, così
maestoso che Lisa si sentì schiacciata sotto tanta grandiosità.
Quando
la ragazza si focalizzò sulle pareti tutto cambiò: immense gigantografie della
sua Felina campeggiavano in tutto il salone; si perse per un attimo negli
occhini nocciola della sua pantera, intenta a bere da una pozza o mentre si
crogiolava al sole…il flash violento di una Reflex ruppe l’idillio del momento.
“Che
diavolo...Willie? Non era vietato l’accesso ai fotografi?” sbottò la giovane
attrice sfarfallando gli occhi per cacciare le fastidiose macchie nere.
Un’immagine
femminile comparve allora a calmare le acque: “E’ il fotografo ufficiale-
spiegò Sharon Stone, sopraggiungendo tra la folla- Gli invitati potranno
acquistare gli scatti della serata e farseli autografare…e il ricavato andrà a
sommarsi alle giocate dei tavoli”.
Lisa
salutò la donna con un caloroso abbraccio: “Avete pensato proprio a tutto” poi
si aprì in un radioso sorriso, prima che il flash la immortalasse di nuovo,
questa volta in posa coi due amici attori.
Alcui
signoroni in frac si accomodavano già per le scommesse, mentre le mogli si
affollavano attorno alle star, per ringraziarli della splendida serata.
La
consorte del governatore chiese un autografo della giovanissima italiana: “Sa,
è per mia figlia” spiegò tendendole con la mano guantata un calice di champagne
per il brindisi.
“E’ vero
che lei dorme insieme a questa pantera?” domandò un’altra.
“Lo
posso confermare- intervenne Sharon a fare da testimone- Ho un ricordo magico
dei giorni passati da ospite in casa sua”.
“Sono
cresciuta in mezzo agli animali della riserva di mio zio- aggiunse Lisa- Li amo
più di me stessa”.
La
ragazza rimase spiazzata dalla marea di complimenti degli invitati; per
l’abito, per i capelli, per il suo spirito umanitario…
Era
talmente ubriaca di tanta approvazione che non si accorse del suo nome,
chiamato a gran voce da qualcuno tra la folla; un capannello di curiosi
attorniava lei e Will Smith, intento anch’egli nelle foto di rito con la
collega Sharon Stone.
Fu lui a
vedere per primo fra la ressa che si dissipava e con rapida delicatezza prese
Lisa per un braccio: “Rimani accanto a me- bisbigliò discretamente al suo
orecchio- C’è tua madre…e ci sta raggiungendo”.
La
ragazza faticò a restare impassibile e a non frantumarsi la flute tra le dita:
“Come ha passato la sicurezza senza invito?” mantenne gli occhi sul pavimento,
evitando di incrociarli con i presenti e magari proprio con quelli di lei.
Sharon
bisbigliò a Will Smith: “Va a chiamare i bodyguards, noi rimaniamo qui”
dopodichè la donna si prodigò ad attirare il maggiorn numero di persone a fare
ressa attorno a loro, con un improvvisato scudo umano.
Improvvisamente
sola, l’Italiana si barcamenò tra un complimento e un brindisi, lo sguardo
guizzante per tutta la sala e la silenziosa preghiera che nessuno notasse il
violento tremore delle mani e i denti che battevano per la tensione.
Quello
era un tiro della sorte che non aveva calcolato, una nota stridente nella
melodia della serata che poteva essere la serata della sua vita. Dei suoi
sogni.
Prima
che le sue preghiere fossero esaudite una chioma mogano si insinuò tra gli
ospiti in fila per le foto e Lisa intravide un braccio ambrato fare ampi gesti
per attirarla nella sua direzione; lo stesso braccio che un mese prima l’aveva
stritolata, quando lei giaceva in un letto d’ospedale.
Proprio mentre
i primi curiosi si giravano verso l’insistente richiamo della voce femminile,
Sharon Stone si parò tra la donna e Lisa, con un’allegria teatrale degna
dell’attrice che era.
“Samìa!
Che piacere vederti, fatti abbracciare” recitando una stretta che pareva più
una morsa che un abbraccio, l’attrice trascinò qualche metro più in là
l’intrusa, troppo interdetta per reagire.
Contemporaneamente
una mano cinse la vita di Lisa e la strinse saldamente.
Will era
stato davvero così veloce? Non esattamente…
“Finalmente
ti ho trovata!” un paio di labbra sconosciute le schioccarono un bacio in
fronte; ancora stordita dal caos degli ultimi minuti, Lisa faticò a connettere.
Perché
al posto degli occhioni neri di Will c’erano due zaffiri penetranti? Anche la
pelle non era del colore dell’ebano, come si aspettava…
“James”
mormorò stupita l’italiana, lo sguardo perso sui lineamenti del suo salvatore.
In
risposta egli sorrise raggiante e alzò il braccio verso il fotografo: “Ehi,
Tony…Puoi scattare una foto a me e alla Signorina?”.
Alcuni
degli ospiti risero dinnanzi alla spontanea genuinità dell’attore, ma Lisa
rimase impietrita, non credeva ancora ai suoi occhi.
James in
risposta allargò ulteriormente il sorriso e le strinse di nuovo il fianco, per
svegliarla dalla trance.
“Guardate
in camera, prego!” chiese Tony prima dello scatto del flash, che accecò per un
attimo la ragazza.
Così non
potè vedere l’arrivo degli energumeni della sicurezza, che condussero con
discrezione sua madre all’ingresso, tra le imprecazioni di protesta della donna
e il risolino soffocato di Sharon Stone, di ritorno dalla sua missione.
“Vedo
che sei già stata salvata” fu l’osservazione di Will Smith, giunto sul posto
insieme alle guardie del corpo.
“Ehm…sì…così
sembra- la ragazza si staccò dall’abbraccio del suo eroe- Falso allarme”.
Will
annuì strizzandole un occhio: “Meglio così” e li congedò entrambi con un cenno
del capo.
Di nuovo
sola con James, Lisa portò tutta l’attenzione su di lui, le mani sui fianchi,
incapace di nascondere l’immensa curiosità: “E tu che ci fai qui?”.
L’altro
alzò le braccia con aria enigmatica: “Magia!” il guizzo di malizia la riportò a
qualche giorno prima.
“Cosa devo fare per farti capire
che ti puoi fidare?”
“Una magia” aveva risposto lei.
“Wow- si lasciò
scappare, rapita da quel gesto- Credo che…dovrei ringraziarti per poco fa- Lisa
si portò una mano alla fronte- Cavoli, non so cosa dire!”.
James scherzò: “Beh, non stai per vomitarmi addosso. E’ un
enorme passo avanti!”.
Lisa cercò di trattenersi, ma alla fine cedette regalandogli
una risata cristallina e mille specchi andarono in frantumi nella mente frastornata
di James.
Rimasero alcuni istanti in silenzio, lo sguardo imbarazzato
sulla moquette rossa, poi l’uomo ruppe il ghiaccio prendendo due calici da un
vassoio di passaggio.
“Direi che non ci resta che brindare- con un cenno indicò le
gigantografie alle pareti- Certo, vedere la mia potenziale assassina un po’
ovunque è inquietante…”.
Di nuovo Lisa rise, facendo tintinnare la flute contro
quella di lui: “Ci lavoreremo sopra” lo rassicurò infine.
“Parlando seriamente…- James fece qualche passo in tondo per
ammirare la sala gremita- Davvero bella serata, devo farti le mie
congratulazioni”.
La ragazza alzò le mani in segno di resa: “Tutto merito di
Will e Sharon”.
L’uomo le sorrise dolcemente: “Non proprio tutto”.
Di nuovo la ragazza ammutolì: non era nata per i complimenti,
come del resto per qualsiasi cosa che creasse imbarazzo.
Così si limitò a sorbire champagne dal bicchiere, mentre una
raffinata coppia di signori si accostava per ringraziarla dell’invito.
“Ha un cuore grande” la congedò l’uomo di mezza età con un
dolce sorriso sotto i baffi brizzolati.
James assistette alla scena; appena l’attenzione della
ragazza tornò su di lui le chiese: “Chi ti ha acconciato i capelli?” e indicò
la chioma cotonata della ragazza, raccolta in uno chignon all’antica.
“La make up artist di Sharon Stone, è venuta fin qui apposta
per la serata!”.
“Ti dona” ammise l’uomo.
In effetti il look orientaleggiante di Lisa era il
coronamento dell’abito scuro: per quell’evento la ragazza aveva deciso di dare
un tributo al Giappone, patria del suo Judo.
Indossava un pezzo unico dell’ultima collezione di Alexander
McQueen, un abito di Gala che riprendeva le linee essenziali del kimono fuse
con l’eleganza della seta; si apriva sul davanti con una profonda scollatura,
che si spingeva quasi fino sotto la linea dei seni, dove un’ampia fascia di
morbido cuoio chiudeva la parte superiore, dividendola dallo strascico.
Le maniche, larghe come voleva la moda dell’estremo oriente,
erano intarsiate di fitti ricami dorati; James potè riconoscere il disegno di
numerosi pavoni, sullo sfondo di un tipico giardino Zen.
Non sapeva spiegarsi il perché, ma dinnanzi a quelle
immagini si sentì immediatamente in pace col mondo. Aveva sentito parlare delle
proprietà miracolose di certi luoghi dell’estremo oriente, ma esserne colpito
persino tramite un disegno gli parve troppo.
Lesse nel sorriso di Lisa quanto la scelta di quell’abito in
realtà significasse per lei; non vi era più l’ombretto nero di Raina a pesarle
sugli occhi, solo un tocco di mascara e la sfumatura perlata di un fard
illuminante.
Quella era la
ragazza che aveva conosciuto in Italia, l’esatto opposto della cupa attrice con
cui lavorava ogni giorno da mesi.
“Beh- James mise a tacere il turbinio di pensieri infilando
una mano sotto la giacca- Non sono qui per caso, ho una richiesta da farti”.
Lisa stemperò la tensione con una battuta: “Oddio…giurami
che non ti inginocchierai davani a tutta questa gente con un cofanetto in mano,
potrebbe essere imbarazzante”.
L’uomo stette al gioco e sorrise: “Tranquilla- le porse un
foglio bianco e una biro- Solo un autografo…Brittany mi ha minacciato di morte,
se non te l’avessi chiesto”.
La ragazza restò incredula e prese in mano il pezzo di
carta; lo girò, accorgendosi che si trattava di una sua foto, per la precisione
il primissimo scatto con cui il fotografo l’aveva immortalata a tradimento
quella sera, mentre lei vagava con sguardo assorto per la sala.
Lisa non lo avrebbe mai creduto possibile, ma quell’immagine
aveva un che di magico, quasi ipnotico; piacevolmente sorpresa, firmò di buon
grado il retro dell’immagine.
“Da ora puoi ufficialmente dire di aver contribuito al
reintegro della fauna selvatica nella mia futura riserva in Kenya”.
“Kenya?” James parve sorpreso.
“Già. Un piccolo sogno nel cassetto, mio e di mio zio.-
spiegò poi passando lo sguardo sulle foto di Felina- E per Sullivan? Niente
autografo? Non voglio creare gelosie…”.
Il biondo attore fece un sorriso sghembo e scosse il capo:
“Oh no…a dire il vero…- le si avvicinò parlando sottovoce- mi ha chiesto il tuo
numero”.
Lisa faticò a cogliere il doppio senso di tale richiesta, ma
appena capì si tinse di vergogna: “Santo cielo…D’accordo, questa è in assoluto
la parte più imbarazzante di tutta la storia!”.
James la coinvolse nella sua risata divertita e la invitò a
sedersi a un alto tavolino da cocktail: “Mi devi spiegare che stregoneria hai
fatto ai miei figli. Di solito odiano ogni forma vivente che mi sta
intorno…specialmente se femminile”.
Lisa fece spallucce e giocherellò con la mini-pochette:
“Sono solo ragazzini, hanno tutti i motivi di odiare il mondo intero.- parlò
con aria nostalgica- Mi mancano da morire i piccoli della mia squadra; i nostri
allenatori hanno sempre detto che noi grandi
dovevamo essere il loro punto di riferimento, perché gli adulti sarebbero stati
i loro maestri di vita, ma avrebbero scelto noi come esempio”.
James si fece ammaliare dal racconto, nato dalle timide
labbra dell’Italiana. Forte e delicata allo stesso tempo, riusciva a unire
eleganza e tenacia in tutto ciò che difendeva e in cui credeva.
Se lui stesso ne era rimasto stregato, come poteva essere
diversamente per i suoi figli?
Tutto a un tratto la voce di Will Smith li interruppe: “Un
attimo di attenzione- disse dal microfono richiamando tutti al silenzio- Vorrei
dare inizio all’asta della serata. Potete accomodarvi ai vostri tavoli!”.
Lisa si sistemò per assistere alla scena; sul palchetto
vedeva una serie di oggetti- tappeti, gioielli, strumenti musicali- originari
dell’Africa, su cui gli invitati cominciarono subito a fare offerte.
Dopo una decina di pezzi, la ragazza perse il calcolo del
ricavato e in un certo senso se ne compiacque; nel frattempo James passava lo
sguardo dall’asta alla giovane Italiana, che torturava da ore la borsa con le
ughie laccate color pesca. Dall’ampio scollo a “V” dell’abito a malapena si
percepiva il movimento ritmico del respiro.
“E adesso una sorpresa” tutti gli occhi si puntarono su Will
Smith, che con fare teatrale srotolò una tela alle sue spalle: dall’alto il
drappo che la copriva cadde, rivelandone in contenuto.
“Si tratta di una tela a olio, dipinta a mano dal fumettista
J. Scott Campbell”.
Lisa si alzò in piedi, per avvicinarsi a esaminare il
disegno, che ritraeva una versione femminile del personaggo Black Panther, accompagnata dall’omonimo
felino.
Will scese dal palco mentre il curatore d’arte descriveva nei
dettagli l’opera.
“Ma…Will…Non lo sapevo!” balbettò Lisa quando l’amico la
raggiunse, indicando incredula la tela dipinta, delle maestose dimensioni di
due metri per quattro di altezza.
“Era il pezzo forte della serata- spiegò Will- Campbell ha
assistito alla tua Premiere e quando ha saputo di quest’asta si è messo
all’opera, in tempo record!”.
La ragazza tornò ad esaminare i disegni e capì: il soggetto
era un’enorme pantera albina, ai cui piedi vi era rappresentata una piccola
figura di donna, dalle sensuali forme inguainate di nero.
L’artista aveva estrapolato i personaggi del film, Raina e
Felina, riproponendoli in quella versione immaginaria, a colori invertiti:
bianco il manto dell’animale e nero l’abito della donna.
“Non ci posso credere- Lisa trattenne le lacrime- Lui è…il
miglior fumettista della Marvel…Giusto? E ha fatto questo…per me? Senza neanche
conoscermi?”
“E per lei!” precisò Will indicando le foto della sua amica
a quattro zampe.
La ragazza lasciò che l’altro le cingesse le spalle con la
mano colore dell’ebano, senza trovare le parole per ringraziarlo: “Ve lo
meritavate entrambe” la anticipò lui, prima che la platea si aprisse in un
applauso diretto al vincitore dell’asta, che con diverse migliaia di dollari si
era aggiudicato il dipinto.
In mezzo al fragore un tocco delicato chiamò Lisa a girarsi.
James.
“Hai tempo per un’ultima sorpresa?”.
Lei non capì e rimase in silenzio, mentre lui cominciò a
passeggiarele fece cenno di seguirlo;
dopo breve l’Italiana si trovò sull’ampia terrazza affacciata sull’oceano.
Avanzò di qualche passo e inspirò a pieni polmoni l’aria salmastra, godendosi
il clima mite di Miami.
James girò l’angolo e la aspettò sotto un piccolo gazebo, in
un lato riparato del piano attico; Lisa lo raggiunse. Il parapetto in pietra le
arrivava poco sotto la spalla, così si sporse per vedere il mare.
“Hai qualche altra magia
in serbo per me, stasera?” ironizzò pacifica, ignara del cofanetto che subito
dopo James le porse.
“So che farsi perdonare con un regalo è un clichè a cui non
cederesti mai. Ma ci tengo che tu abbia questo”.
Lisa sorrise, con una punta di divertimento in volto: le
sembrava di essere tornata ai tempi in cui lui era suo ospite in Italia:
impacciato, timido, maldestro…la stessa espressione tranquilla, gli stessi
occhi sorridenti in grado di scaldarla e farla sentire sempre al posto giusto.
E con la persona giusta.
Porse la mano a ricevere il dono e dopo essersi accertata
che erano soli, aprì la scatola.
Un ciondolo rotondo, poco più piccolo di una noce, tintinnò
mandando luccichii da tutte le parti: era una semplicissima pallina cava, in
oro bianco.
“E’ un chiama angeli. Contiene uno xilofono, all’interno. Si
dice che la frequenza del suo suono abbia effetti benefici”spiegò James,
scrutando il volto di lei, bramoso di una qualsiasi reazione.
Sì, Lisa ne avevagià visti altri, ma non proferì parola
finchè il ciondolo non rotolò su se stesso, andando a rivelare un incisione:
“Tutto ciò che si vede
È il riflesso della
luce
Tutto ciò che si ama
Splende ancora di più”
La ragazza lesse a mente, poi si morse il labbro; James non
seppe come interpretare quel gesto e chiese: “Va tutto bene? C’è qualcosa che
non va?”.
Lisa spalancò gli occhi verdi, con una punta di imbarazzo:
“No no…Scusa ma…sono solo…senza parole”.
Posò il palmo aperto sul collo del suo smoking nero e ne
carezzò le cuciture con le dita sottili; stava per commuoversi e non voleva che
gli occhi luccicassero sotto i raggi della luna, tradendola.
Tutto ciò era davvero più di qualsiasi cosa avesse sognato;
si sentiva protetta, al sicuro, in una realtà onirica che le pareva quasi
incredibile.
James fermò l’andirvieni della mano di lei sul proprio
petto: “Quando dico che non avrei voluto ferirti in alcun modo, intendo che
voglio solo vederti felice- indicò con l’indice il ciondolo- Stasera sei qui
per tutto ciò che ami…e quando ami hai una luce…che ti fa splendere. Quando ami
sei…da togliere il fiato- l’uomo scosse il capo- Dio solo sa quanto mi abbia
ferito vederti cambiata negli ultimi mesi: continuavo a ripetermi che era solo
colpa mia, e più ti vedevo distante, più diventava irraggiungibile poterti
vedere di nuovo…così…con me…”.
Fu inutile ogni resistenza: una lacrima rotolò lungo la
guancia di Lisa e la ragazza lasciò che James intrecciasse le dita con le sue,
stringendo la mano sul cuore.
Con un gesto rapido la ragazza si asciugò il volto e già
sorrideva.
“Puoi aiutarmi a indossarlo?” porse il ciondolo a James che
si affrettò a obbedire.
Con delicatezza allungò le braccia dietro al collo di lei
fino a chiuderla in un involontario abbraccio; Lisa rimase tutto il tempo con
lo sguardo su di lui, prima che il chiama-angeli scivolasse sotto la scollatura
dell’abito con un tintinnio.
“Direi che è perfetto” constatò la ragazza, il naso che ormai
sfiorava la guancia di James.
L’attore rimase sorpreso da quel contatto volontario e nel
girarsi quasi non si accorse delle labbra di Lisa che si posavano sulle
proprie, in un casto bacio che lo sfiorò appena.
“Questo cos’era?” domandò rapito James.
“Un ringraziamento…credo che te lo sia meritato”.
“Mi sento onorato” la schernì docilmente lui, senza il
coraggio di chiederne ancora.
Lisa giocherellò con il ciondolo: “Non voglio sembrare
scortese…Ma ci siamo messi in vetrina, scappando da decine di ospiti che si
staranno chiedendo dove è finita la madrina della serata…forse è il momento di
rientrare”.
L’uomo annuì sorridendo: “Già, è ora che il lupo cattivo ti
riporti a casa” e le lasciò un ultima, fuggevole bacio a fior di labbra, col
braccio a cingerle la vita, prima di ricondurla nella Sala.
Ok, non sono un mostro della
puntualità…ma questo capitolo meritava un mesetto di riflessione (ops, forse
sono davvero in ritardo).
Vi lascio anche questa volta con due foto, un piccolo regalo di fine capitolo: l’abito
di Lisa e il dipinto a cui faccio riferimento nell’asta.
Spero siano di vostro gradimento.
A presto e grazie a tutti della
vostra lettura, risponderò ai commenti il più presto possibile!!
Il fervore dei giochi era
ricominciato, all’interno: i pezzi più consistenti dell’asta erano stati
assegnati e i croupier cominciavano a tirare le somme ai tavoli.
L’etichetta esemplare dei
presenti permise a Lisa e James di rientrare nella discrezione più totale; solo
l’amico Will si avvicinò alla ragazza, col sorriso raggiante che lo
caratterizzava.
“Direi che la tua micetta ha
riscosso successo” scherzò indicando i capannelli di persone che si
affrettavano alle ultime scommesse.
James rimase a qualche passo di
distanza, per poi assentarsi diretto alla toilette, lasciando così a Lisa i
suoi spazi.
La giovanissima attrice finse
indifferenza e continuò il discorso con Will Smith.
“Ti vedo tranquilla” osservò
l’afro-americano.
“A cosa alludi?” lo punzecchiò
l’italiana.
“Io, alludere?- l’altro si mise
sulla difensiva- Dico solo che...quel David, il tuo collega- ignorò la faccia
interrogativa di Lisa- Beh, lui deve essere un diplomatico, sarà molto bravo
nelle ramanzine...Ma se il riccioli d’oro qui presente dovesse fare
qualcosa di storto...David probabilmente lo sgriderebbe...però nel frattempo io
gli spezzerei le gambe”.
L’aria serafica dell’amico fu il
colmo; Lisa abbandonò ogni titubanza ed esplose in una fragorosa risata.
Cercò di calmarsi sventolando una
mano a mò di ventaglio ma fu inutile: “E io che da brava figlia unica mi
credevo al sicuro da queste gelosie da fratelli maggiori- con fare materno
diede una pacca alla spalla di Will- Ti ringrazio Superman, la città dormirà
sonni più tranquilli”.
“Smettila di scherzare prima che
ti chiuda in camera e butti via la chiave”
Il simpatico botta e risposta dei
due fu interrotto dal ritorno di James; stettero ancora poco a scambiarsi
alcune impressioni sulla serata e quando i primi signoroni ingessati si
recarono dal trio per congedarli, Lisa ne approfittò per levare le tende.
“Credo che sia meglio che io
vada. Domani ho qualche ora di volo e mio padre mi aspetta sul set...Will,
ricorda di salutare Sharon per me”.
Come alla fine di un bel sogno,
la ragazza sospirò e con un lungo abbraccio congedò l’attore; lo strinse con
tuta la forza che aveva, a trasmettergli la muta gratitudine per l’enorme dono
dell’amico. Non l’avrebbe mai ringraziato abbastanza.
James si unì al saluto con una
calda stretta di mano: “Fantastica serata”.
Will contraccambiò il gesto: “E’
stata una bella sorpresa averti qui...Vado a chiamare lo steward, vi faccio
portare le giacche”.
L’attimo successivo Lisa e James
furono di nuovo da soli: le emozioni della serata sfrigolavano ancora
nell’aria, sovrapponendosi in un caos che li zittì entrambi.
Nessuno dei due sapeva cosa fare.
Quale sarebbe stato il primo passo?
Contro ogni pronostico fu Lisa a
esporsi: “Avrei voglia di un te, prima di dormire. Mi accompagni al bar?”.
Il sorriso di James gli brillò
negli occhi: “Certo, ne approfitto per un caffè”.
La ragazza assentì col capo; così
era nata la loro storia, tra un te e un caffè notturni, a riscaldare le serate
di lavoro insieme. E così sembrava voler rinascere, anche se a scaldarli ora
era qualcosa di diverso.
Decisero di comune accordo di
fare una passeggiata verso il basso, lungo i piani di scale che li dividevano
dal piano terra, così da evitare inutili resse agli ascensori.
Dopo poche rampe immersi nel silenzio
dei loro passi sulla moquette, Lisa si fermò, aggrappata alla ringhiera: “Ok,
so che non è per nulla elegante, ma non credo che ti formalizzerai per così
poco” e senza attendere risposta, si liberò dei sandali con tacco a spillo,
sollevando con la mano libera lo strascico da terra.
Il tintinnio del gioiello attorno
al suo collo inebriò James, quasi fosse il suono melodioso della risata di
Lisa; dopo i primi imbarazzi ora i due parlavano del più e del meno.
“Brittany vorrebbe studiare
recitazione e Sull fare una scuola di musica. Sarà dura per loro scegliere un
liceo!” raccontò l’uomo tra un gradino e l’altro.
Lisa lo scrutò a lungo, dopo tale
affermazione: “Sarebbe bello se scegliessero di stare a Losa Angeles. Non
agevolerebbe l’affidamento a te, anzichè alla tua ex moglie?”.
Lui le prese la mano per aiutarla
a indossare nuovamente le scarpe, alla fine dell’ultima rampa:”Sarebbe proprio
un bel sogno”
La conversazione continuò al bar
della reception, mentre il cameriere preparava le ordinazioni nel silenzio più
totale dell’hotel, ormai immerso nel sonno.
“Lasciami la tazza- suggerì Lisa
al barista- La finirò in camera”.
L’attimo successivo si accinse a
salire in ascensore, seguita da James: “Decimo piano” pensò ad alta voce la
ragazza.
“Pure io”.
Lisa aggrottò la fronte: “Dormi
qui?”.
“Certo! Credevi che avrei fatto
il pendolare?” la schernì James appoggiandosi alla parete con aria pacifica.
La ragazza mescolò il te col
cucchiaino, con imbarazzo malcelato: “Direi che dopo i colpi di scena di
stasera meriti una bella dormita- vedendolo silenzioso calcò il tono su
quell’affermazione- Sul serio, mi ha fatto davvero piacere averti qui”.
L’ascensore toccò il piano
annunciandosi con un sonoro tlin e James lasciò che Lisa lo precedesse
fuori dall’abitacolo: “Sono felice di sentirtelo dire. Non sapevo se mi avresti
accolto con un abbraccio o con un morso, visti gli ultimi giorni...insieme...sul
set”.
Lisa alzò gli occhi al cielo:
“Stai per caso parlando della versione di James-collega saccente e irritante?
Non era rimasto a Los Angeles?”.
L’uomo smise di passeggiare e si
appoggiò al muro: “Touchè” ammise sorridendo verso la giovane attrice.
Lei dal canto suo procedette di
qualche passo prima di accorgersi che James si era fermato: “Che fai?” domandò
tra un sorso e l’altro di tisana.
Il platinato attore rimase un
istante a esaminarla: il kimono intarsiato di ricami dorati sembrava cucito
attorno alle sue forme, la chioma raccolta lasciava in vista l’esile collo e la
tazza che teneva fra le mani era il coronamento perfetto. Pareva essersi
tramutata in una moderna geisha d’oltreoceano; se non fosse stato per il rosa
pallido sulle gote gli sarebbe parsa un’immagine in bianco e nero.
Con fare rassegnato l’uomo
estrasse la chiave della camera e indicò la porta alla sua sinistra: “Questa è
la mia fermata”.
“Oh...” la ragazza posò la
bevanda su un tavolinetto poco più in là, prima di tornare sui propri passi;
teneva lo sguardo basso, sul piccolo ciondolo che James le aveva donato: “Beh,
riguardo a questo...Non so come ringraziarti- giocherellò con la sferetta
facendola tintinnare- Sai lasciare una donna senza parole”.
Lui la esaminò silenzioso: “Tu,
senza parole? Potrei gridare al miracolo- capì subito quanto potesse suonare
ambiguo- Cioè...intendevo...non che mi faccia piacere quando tu resti
zitta...”.
“Ok, ok ho capito. Non ti
preoccupare. Mi hai lasciata piacevolmente senza parole” lo interruppe
Lisa con fare divertito, a tacere l’attimo di imbarazzo.
Il sorriso che ricevette in
risposta celò malamente un velo di tristezza e la ragazza ne fu subito
contagiata. L’istante successivo James stava già armeggiando con la serratura.
Un’improvvisa e inspiegabile
paura riempì il cuore di Lisa di angoscia e solo all’ultimo riuscì a
sconfiggere la paralisi tendendo un braccio tra l’uomo e la porta ormai aperta.
“James...Io non capisco?”.
Delicata e flebile come un
fiocco di neve, allo stesso tempo potente come una valanga, Lisa richiamò
immediatamente l’attenzione di lui.
“A cosa ti riferisci?” domandò
con un sospiro paziente l’uomo.
La ragazza spalancò le braccia,
ormai rovente: “A ogni cosa! Insomma...la tua comparsata, il regalo...-la
faccia doveva essere paonazza, se lo sentiva- E ora dopo aver giocato il tutto
per tutto...scappi. Di cosa hai paura?”.
La sghemba smorfia del platinato
attore la colpì come una sferzata: “Esattamente di tutto quanto- le iridi blu
la bruciarono, come azoto liquido- Dannazione, Lisa...Davvero non capisci e non
ricordi? Sono mesi che cerchiamo di demolirci a vicenda. Una battaglia contro i
mulini a vento in cui tu ci hai quasi rimesso un braccio- con un accenno di
calma ritrovata si spiegò meglio- Ho pregato che tornasse come prima...ma ogni
volta che ci pensavo, mi sentivo solo uno sporco egoista, che non voleva altro
che un suo capriccioso castello in aria stesse in piedi...quando ero stato io
stesso a distruggerlo- la fine di quella frase mosì in un sussurro- Ero
innamorato di un sogno...e ho perso di vista la realtà”.
Lisa non poteva credere alle
proprie orecchie: “James...ti prego, guardami- lo afferrò per un polso, ormai
esasperata- Hai praticamente venduto la tua anima perchè io mi fidassi di
te...e ora posso dirlo: sì, mi fido di te”.
Con una scossa, la ragazza sentì
i muscoli dell’altro rilassarsi, la mano si spostò dalla maniglia: “Dici
davvero?”.
Lisa sospirò, voleva trovare le
parole perfette per convincerlo della propria risposta: “Hai ragione, siamo
stati due stupidi- intrecciò le dita con quelle di lui- Ma più me ne rendevo
conto, più ci sentivo irrimediabilmente distanti- si avvicinò di un passo,
accostandosi a James- ora quel bacio...credo che ce lo meritiamo entrambi”.
Non lo lasciò riflettere, con un
gesto condusse la mano di lui ad abbracciarle la vita e portò le proprie sui
suoi fianchi, da sotto la giacca.
Trattenendosi a un palmo dal naso
sottile di Lisa, James la avvertì: “Non tentarmi” non sapeva come toccarla, non
sapeva come guardarla...
Lei in risposta rinsaldò la
presa, stringendo di più il proprio abbraccio: “Non ti sto tentando,
James...te lo sto chiedendo”.
Sospirò l’ultima parola fra le
labbra di lui; James inspirò il suo profumo e quando ormai poteva sentirlo giù
per la gola la trasse a sè, strappandole un bacio profondo, somma di tutti
quelli di cui si era privato.
Lisa non oppose resistenza, anzi,
diede inizio a un gioco di carezze con la propria lingua contro quella di lui,
sul palato, lungo il profilo delle labbra sottili, mentre le mani inseguivano
da sopra la camicia il disegno dei muscoli della schiena, per continuare sul
petto teso e sui bicipiti.
L’uomo dischiuse gli occhi, perso
nei movimenti ipnotici della ragazza: “Dio...non farmi questo” una supplica che
parve più un incitamento a continuare. E così fece Lisa, chiudendogli la bocca
in un nuovo bacio.
Con le mani strette attorno alla
vita esile, James la sollevò da terra, in un abbraccio soffocante che li fece
barcollare all’indietro, oltre la soglia della suite.
L’uomo la posò delicatamente a
sedere sul tavolo che li divideva dal letto, l’aria titubante di chi si trova
in un luogo senza sapere come vi è arrivato; passò il pollice sulle labbra di
Lisa, un unico piccolo ostacolo a frapporsi fra loro e l’ennesimo bacio.
Lisa imitò il gesto, le dita
affusolate che si insinuavano sotto il colletto ingessato, troppo stretto per
concedere di più; così un bottone dopo l’altro la camicia di James si aprì a
rivelare la linea tesa dei pettorali, fino allo sterno.
L’uomo fremette per il desiderio
e con un rapido gesto fermò le mani di lei: “Questo è troppo”. Cercò di
mantenere un tono rilassato, ma la voce rauca tradì il sorriso dimostrando per
l’ennesima volta che intendeva l’esatto opposto.
Gli occhi verdi della ragazza
rimasero rapiti sul lembo di pelle che si nascondeva sotto la camicia aperta;
noncurante delle parole di James lasciò un caldo bacio nella fossetta tra le
clavicole, alla base del collo.
“No, non lo è” Rispose in un
sussurro che gli fece venire la pelle doca, per poi attirarlo a sè con uno
strattone alla camicia.
James, ormai sopraffatto, perse
ogni indugio e si lasciò trasportare contro il corpo di Lisa, che gli cinse i
fianchi con le gambe, coperte dal lungo abito.
L’uomo la baciò di nuovo, sul
viso, sulle labbra roventi, sul collo, con morsi delicati fino all’orecchio,
strappandole un ansito roco.
La seta dello strascico scivolò
via dalla gamba di Lisa, scoprendola fino quasi all’anca, mentre la camicia
bianca cadeva definitivamente a terra, senza che nessuno dei due sapesse dire
con certezza come vi era finita.
Le dita di James si allungarono a
solleticare sapientemente l’incavo del ginocchio risalendo piano lungo la
coscia, assaporando ogni centimetro di pelle col palmo aperto, finchè col
pollice non arrivò a stringere nell’incavo dell’inguine, a un soffio
dall’elastico della mutandina.
“JamesJamesJames” ripetè
più volte Lisa, irrigidendosi a quel tocco, con le mani premute sui pettorali
di lui per riprendere fiato dalla stretta soffocante.
L’uomo lesse tale gesto come un
rifiuto e si ritrasse con fare colpevole: “Lo so, dobbiamo fermarci...-deglutì
a fatica e ad ogni parola le sue labbra carezzarono quelle di lei- E’ solo
che...Dannazione non riesco a ragionare” strizzò gli occhi, annaspando in cerca
di lucidità.
Contro ogni previsione, Lisa
sorrise dolcemente: “No, non intendevo questo. E’ che...- prese fiato, mentre
le mani vagavano sui pettorali e le spalle-...ho indosso un abito da ventimila
dollari e se lo rovinassi penso che Alexander McQueen uscirebbe dalla tomba per
uccidermi”.
James si aprì in una magnifica
risata, con cui le solleticò una guancia: “Mi sei mancata”.
La ragazza annuì: “Da morire...”
mormorò languidamente, schiudendo le labbra in attesa di un nuovo bacio.
“Volevo...farti una domanda-
sussurrò lui carezzandole la linea del collo- Tu e...Stephan...Cosa...cioè...avete
mai...”.
“No, mai” lo interruppe decisa
Lisa.
Alla mente del platinato attore
giunse il ricordo di parecchi mesi prima: loro due, in Italia, su un
letto...l’imbarazzo gli dipinse il viso di un rosso vermiglio.
Deglutendo a fatica chiese:
“Quindi tu...ancora...non hai mai...sei...”.
“Vergine? Sì...” ancora una
volta la dolcezza dell’Italiana sopraggiunse a sollevarlo da quell’incombenza.
Il fiato gli si spezzò in gola
dinnanzi alla scoperta e nascose un fremito dietro la risata rauca: “Wow...Ora
sei tu a...lasciarmi senza parole”.
“Piacevolmente senza
parole?” domandò maliziosa la giovane attrice, mentre con le dita esili
ripercorreva ogni singolo lineamento di quel volto.
James chiuse gli occhi,
assaporando il suo tocco: “Sì, decisamente sì- Con le labbra esitanti premute
sul suo orecchi, sussurrò- Vuoi che sia io...la tua prima volta?”.
Lisa protese gli occhi luccicanti
verso lui, con voce rotta rispose: “Sì...Ti prego...” e soffocò un singulto
nell’ennesimo bacio, avvolta dall’aroma del dopobarba di James.
Con delicatezza l’uomo si
allontanò da lei, invitandola ad alzarsi in piedi; Lisa ebbe solo qualche
istante per intravedere il suo busto nudo, le luci soffuse scolpivano il
profilo dei muscoli e a stento si trattenne dal protendere una mano verso la
pelle liscia e bollente degli addominali.
James le sorrise con malizia
prima di condurla con una lenta piroetta a girare su se stessa, portandola con
la schiena contro il petto di lui; con tocco vellutato l’uomo percorse la
colonna vertebrale da sotto lo chignon, un bacio dopo l’altro fino alla
cerniera dell’abito.
Lisa lo sentì, appoggiato con
decisa leggerezza alle natiche, mentre la stretta del corpetto a fascia si
allentava.
Pian piano l’alto bavero del
kimono scivolò sulle spalle; prima una manica poi l’altra cadero dalle braccia,
stese lungo i fianchi.
James si trovò dinnanzi alla
schiena nuda della ragazza, il tatuaggio della pantera spiccava sulla
carnagione chiara e solo dopo parecchi secondi l’uomo si accorse che l’unico
indumento intimo di lei era solo una culotte di pizzo nero che si rivelò da
sotto la cascata di seta.
L’attore raccolse con un gesto
rapido il vestito per adagiarlo su una poltrona, poi tornò a concentrarsi su
Lisa, immobile e ancora girata di spalle: “Sei più tranquilla, ora?” le mormorò
all’orecchio, le mani castamente appoggiate sugli avambracci.
La ragazza non rispose ma James
percepì il suo sorriso, pur non vedendola in viso; le labbra si posarono sul
collo e le mani scesero fino alla vita, per poi risalire lungo i fianchi fino
alla curva dei seni.
Lisa non trattenne un gemito
quando le mani di lui sfiorarono i suoi capezzoli, inturgiditi dal freddo e
dall’eccitazione, mentre la bocca di James percorreva tutta la schiena con
incessanti baci; il tocco si fece man mano più deciso, fino a tramutarsi in una
stretta decisa sui seni tondi della ragazza.
Lei dal canto suo si liberò con
un gesto fulmineo delle mollette che le fissavano i capelli in cima al capo e
una cascata di profumo di pesca inondò l’uomo alle sue spalle, che sorbì a
pieni polmoni l’aroma, col volto tuffato nella chioma leonina.
Con lentezza quasi impercettibile
la mano destra di James scese lungo il fianco di Lisa, passando sull’ombelico,
verso il basso, lasciando la ragazza stordita dal vortice di emozioni che si
confondeva tra i baci, le carezze e la mano che le scendeva lungo il ventre.
La carezza impalpabile di James
si insinuò sotto il pizzo della mutandina, riempiendo Lisa di un fuoco rovente
e umido che la sconvolse; l’uomo passò due dita sulla pelle serica del pube
esitando a continuare.
Rimase per un tempo indefinito in
quella posizione, le dita che si muovevano in piccoli cerchi appena sotto la
stoffa. Poi si spinse oltre, in mezzo alle gambe di lei, inducendola ad
allargarle.
Con un languido bacio alla tempia
James sussurrò: “Se vuoi che smetta, devi solo chiedere”.
Una voce arrochita
dall’eccitazione giunse a rispondergli con una risata: “Non credo che lo farò”.
Lisa gli cinse il collo con un braccio, incitandolo a continuare.
L’uomo chiuse gli occhi,
assaporando ogni centimetro del suo intimo, prima dal’esterno sulle labbra, poi
sulla fessura calda e bagnata, fino atrovare la punta del suo piacere,
strappando un gemito a Lisa; con tocco esperto prese ad accarezzarla, senza
smettere un istante di baciarla, la mano libera fermamente salda sul suo seno.
Gli ansiti della ragazza crebbero
di intensità e le ginocchia presero a tremarle.
“Dio...James...Non
riesco...Io...” poche parole, confuse e inarticolate, ma l’uomo colse al volo
l’occasione per allentare la sua morsa di carezze e prenderla in braccio.
La condusse oltre il tavolo, gli
occhi infissi in quelli di lei, e la adagiò con cura fra i cuscini del letto.
Lisa tese le braccia, ad
accogliere il petto nudo di James contro la propria pelle rovente; i baci di
lui si spinsero fino ai capezzoli e fu solo l’ennesimo delirio per la ragazza.
L’uomo la fissò negli occhi con
sguardo malizioso, mentre le mordeva un seno.
Contraccambiando l’occhiata
lasciva Lisa sussurrò: “Non è giusto- strattonò leggermente i pantaloni di lui-
Via questi”.
Il sorriso di James dimostrò che
non aspettava altro; con rapidi gesti si liberò dello scomodo indumento, scarpe
e calze, rimanendo in boxer.
Nella semi-oscurità Lisa potè
notare il vistoso rigonfiamento da sotto il tessuto blu, prima che lui si
adagiasse di nuovo fra le sue braccia, premendo col bacino contro l’intimo di
lei.
Lisa gli cinse i fianchi e sentì
ancora più fermamente l’eccitazione di lui premerle sulla mutandina; con una
carezza la sua mano percorse la schiena, fino a insinuarsi sotto i boxer, sulle
natiche tese di James, che accompagnò il gesto liberandosi di quell’ultimo
lembo di stoffa.
Lisa inarcò il bacino per
sottoporsi allo stesso trattamento e quando fu libera dello slip, bagnato dei
propri umori, fissò per la prima volta lo sguardo su un uomo nudo; sfiorò
rapita la pelle setosa della sua erezione, strappandogli un ansito che morì fra
le labbra di James quando si chinò a lasciarle un dolce bacio.
Contemporaneamente lui si
avvicinò al ventre col bacino, sfiorandone l’apertura; a quel primo contatto
Lisa si ritrasse, colta di sorpresa.
“Ehi...Non avere paura. Non ti
farò male, lo giuro- James le carezzò il volto con la punta del naso e le prese
il mento fra l’indice e il pollice- Solo...guardami negli occhi”.
James passò un ultima volta la
mano ad accarezzare le forme di Lisa, per appoggiarla sull’anca; le strinse il
fianco e nello stesso momento cominciò a farsi strada dentro di lei.
Si ritrasse un momento per
lasciare a Lisa il tempo di rilassarsi, poi di nuovo spinse, con più forza.
La ragazza gemette lievemente e
premette il palmo della mano contro l’inguine di lui, pronta a fermarlo; James
la trapassò con un’occhiata magnetica, lasciandole a fior di labbra il
solletico di due semplici parole.
“Ti amo”.
Detto ciò si insinuò dentro di
lei in un unico deciso movimento.
Una morsa di dolore strinse il
ventre di Lisa e dalle sue labbra uscì solo un lamento silenzioso, di cui James
si riempì i polmoni, sorbendolo come ossigeno puro.
Ora era sua, gli apparteneva e il
solo pensiero che, in certo senso, le sarebbe rimasta dentro per sempre
lo indusse ad affondare le unghie nel fianco di lei.
Una scossa, questa volta di
piacere, percorse il vente della ragazza, stringendolo nell’intimo e strappandogli
un brivido.
L’uomo cominciò la sua lenta
danza, aprendosi la strada dentro e fuori da lei, in un crescendo da cui Lisa
rimase sopraffatta.
James accompagnava ogni nuovo
affondo con un bacio, sulle guance, sulla fronte, sugli occhi e Lisa faceva lo
stesso, con le mani ferme sui glutei dell’uomo, a seguirne i movimenti.
Continuarono a lungo, finchè i
gemiti di Lisa non crebbero, andando a culminare in un unico, violento spasmo.
James con movenze sapienti spinse
ancora un ultima volta, in profondità, stringendo i denti per trattenersi, ed
esplodere infine unendo il proprio orgasmo a quello di lei.
Stettero qualche istante coi
corpi in tensione, il verde prato di Lisa perso nel ghiaccio degli occhi di
James; poi col fiato corto l’uomo si accasciò su di lei.
Come la risacca giunsero le
ultime scosse di piacere, a cui si abbandonarono entrambi, col volto illuminato
da un sorriso sognante.
James la ricoprì di baci, non
voleva averne abbastanza, non dopo il troppo tempo trascorso a privarsene.
Continuò a baciarla, finchè al
gusto dolce di pesca non si sostituì quello salino delle lacrime.
Le sue? Quelle di Lisa? O
entrambe...non importava.
Si addormentarono così, pregando
di non svegliarsi dal loro sogno ad occhi aperti.
Avevamo detto “Basta
ritardi epici?”.
Ehm...ebbene sì! Oops
I did it again… ma cosa posso farci, a parte chiedere scusa?
Perdonatemi, il
capitolo rating rosso è stato sufficente no?
Aspetto numerosi
commenti, anche perchè questo è un esperimento!
Col sorgere del sole fu Lisa a dare la
sveglia al nuovo mattino: la notte precedente era crollata in un sonno profondo
che l’aveva abbandonata solo dopo molte ore di riposo.
Aprì un occhio e vide buio. Che ore
erano? Non aveva le forze di verificarlo.
Il primo pensiero che la raggiunse fu
rivolto al magnifico sogno intrapreso fra le coperte; certo, molto dettagliato
e un po’ spinto, ma fantastico.
Si concesse un lungo sospiro e il
morbido cotone delle lenzuola le carezzò la pelle nuda del seno, scuotendola
dal dormiveglia.
Non era stato un sogno...con una punta
di cinismo Lisa si tastò il collo in cerca della catenella e quando l’ebbe
trovata, il ciondolo la salutò con un tintinnio allegro.
Le rimaneva la prova del nove: voltò
lentamente il capo per intravedere alle sue spalle la chioma bionda di James,
adagiata fra i cuscini e la morbida linea delle coperte a fare da cornice al
suo corpo totalmente nudo.
Con fare discreto Lisa gli girò le
spalle, tornando a immegersi nei suoi pensieri.
“Wow...” sussurrò fra se e se.
Cercò di riordinare le idee ma come
succede coi sogni, le fu difficile ripercorrere la linea logica che l’aveva
condotta fino lì.
Aveva dormito con James. E per “dormito”
si intendeva il pacchetto completo di optional. Tutti gli optional.
Tra il turbinio di emozioni che la
pervasero, pronte a prorompere fuori con un gridolino di gioia, una sormontò il
resto. Lui le aveva detto “Ti amo”.
Quelle semplici sillabe avevano
prevaricato qualsiasi altra cosa fisica- che era stata pressochè fenomenale,
accidenti se lo era stata!-.
Ma l’intensità delle parole alitate fra
le proprie labbra lo avevano reso davvero suo; non nel modo in cui si possiede
egoisticamente un oggetto, ma in quello viscerale e innato in cui si appartiene
a un padre, a un figlio. A una famiglia.
Una casa invisibile che nasce da un
semplice sorriso, le cui pareti sono le braccia che ti avvolgono.
Trascorse qualche breve attimo prima che
un movimento alle sue spalle la adagiasse di nuovo nella realtà.
Un sospiro profondo le solleticò la nuca
e la voce di James impastata dal sonno mormorò: “Buongiorno piccola”.
E strusciò il viso nell’incavo del collo
di lei, che si inarcò all’indietro per accompagnare quel gesto: tutto il corpo
di James aderì alla sua schiena, come se la linea della colonna vertebrale
fosse nata per combaciare perfettamente contro i pettorali di lui. Forse quando
due persone si completano, è vero anche fisicamente, pensò Lisa.
“Come facevi a sapere che ero sveglia?”.
“Mi hai tirato un calcio” Lisa potè
sentire il sorriso nel tono di James e rispose pacifica.
“Bugiardo...non ho mosso muscolo tutta
notte”.
“Beh, tutta notte...non proprio” l’uomo
le solleticò la pancia e quando la ragazza si girò, nella penombra della camera
percepì lo sguardo adorante di James.
“Hai ragione, non ti sei mossa- confessò
lui- Ero sveglio da un po’ ma mi dispiaceva svegliarti”.
Con un movimento delicato allungò una
gamba a cingere quelle di lei, su fino ai fianchi.
“Stai bene?” le chiese poi con quella
che parve timidezza malcelata.
Lisa si stirò le braccia per poi
accasciarsi contro il suo petto: “Divinamente”.
La ragazza si accoccolò fra le braccia
di James, assaporando ad occhi chiusi l’odore della sua pelle; un dito le si
posò sulle labbra, a disegnarne il profilo con un’impalpabile carezza.
“Dio...da dove sei saltata fuori?”.
L’intero corpo di lei vibrò a tale
domanda; James era sprofondato nei suoi occhi, con un’intensità che pareva
scavarle dentro.
Il suo fare enigmatico la lasciò spiazzata:
“Che intendi dire” sussurrò lei compiacendosi delle sue carezze.
“Indendo dire...dove sei stata fino
adesso?” l’espressione sognante dell’uomo indusse Lisa ad allargare il sorriso
già radioso.
“Beh, da un anno a questa
parte...esattamente nella camera di fronte alla tua”.
“Così lontano?”.
L’imbarazzo sopraggiunse a colorarle le
gote e James la canzonò divertito: “D’accordo, la smetto di farti arrossire”.
Lisa si finse imbronciata: “Non sono
arrossita”.
Lui la sfidò, appoggiando il viso al
palmo della mano e provocandola: “Ah davvero? A me sembra il contrario”.
La ragazza stette al gioco e alzò il
mento con fare saccente: “Un navigato ultra-quarantenne che infierisce su una
ragazzina indifesa alle prime armi...Giochi scorretto!”.
James si drizzò a sedere con fare
stupito: “Io gioco scorretto? Ma
dico, ti sei vista- con un gesto del braccio indicò le sue forme, contornate
dalle coperte- E in quanto a navigato...beh,
è tutto da vedere”.
Lisa lo imitò nella posa di poco prima e
si appoggiò al gomito: “Non credo di capire”. O meglio, le parole di lui erano
state tanto chiare da lasciarla sconcertata.
L’uomo prese a carezzarle il prifilo
delle labbra, accingendosi a spiegare: “In effetti non ci crederai ma...vedi,
io non ho mai avuto una vera prima volta-
fece una pausa interrotta da un mezzo sorriso- Beh, credo che avrai la tua
vendetta perchè..se mi lascerai continuare probabilmente mi imbarazzerò e
arrossirò”.
Con malizioso sadismo Lisa mimò un finto
ghigno: “Non vedo l’ora” e lasciò a James l’incombenza del proprio racconto.
“Piccola perfida che non sei altro!” con
fare scherzoso l’attore inscenò una breve lotta fra i cuscini, che Lisa fu
felice di lasciargli vincere; essere intrappolata dal suo abbraccio non era del
tutto una sconfitta.
La voce dell’uomo tornò al timbro
profondo di sempre, gli occhi rimasero sorridenti.
“Vedi, la mia prima fidanzata al liceo
era più grande di me di un anno e da allor per le ragazze che ho frequentato
non sono stato esattamente una novità-
con la punta del naso carezzò quello di lei- Non ero mai stato la prima volta di nessuno, fino a stanotte.
Ero alle prime armi anch’io, in un certo senso”.
Lisa assaporò il suo monologo con le
labbra appoggiate a quelle di James, carezzata dal suo alito morbido. Non
proferì parola, fu sempre lui a stuzzicarla.
“Quindi, piccola tentatrice, ti
consiglio di rivestirti e di correre al riparo, prima che e ne approfitti di
nuovo”.
La ragazza accennò un sorriso, che si
smorzò appena i ricordi la scaraventarono nuovamente nella realtà: “Diavolo...l’aereo!
Che oro sono?” scattò a sedere in cerca della borsa e del telefono.
Rotolò fino al bordo del letto per
tastare la moquette, invano
James se ne stava immobile, ammirando lo
spettacolo della schiena nuda di lei, fino alle fossette lombari e sui glutei;
Lisa non si era accorta di essere totalmente scoperta, una tentazione troppo
forte per l’uomo, che gattonò fino a lei e prese a carezzarle una gamba.
“James...Così non mi aiuti- lo
rimproverò la ragazza senza degnarlo di uno sguardo- Se perdo il volo mio padre
mi uccide...CI uccide!”.
In risposta ricevette la risata
dell’uomo: “E se ti dicessi di stare calma, e che non c’è nessun aereo da
prendere...o da perdere, a seconda
dei punti di vista”.
Lisa girò il capo ccon fare
interrogativo, mentre un James più che soddisfatto cominciava a massaggiarle le
cosce; si chinò col capo a lasciarle un bacio fra le scapole, poi più giù lungo
la colonna vertebrale: “Ti ricordi qualcosa del flashback del secodo atto?”.
Dapprima Lisa chiuse gli occhi, senza
poter fare a meno di rilassarsi sotto il suo tocco, subito dopo scosse il capo
indispettita. James stava forse parlando di lavoro?
Ma il risentimento si sciolse in un
istante, sotto le carezze della lingua di James, che le percorrevano il corpo,
vertebra dopo vertebra.
L’attimo successivo Lisa si fermò a
riflettere e capì.
James si era riferito a scene precise
del film, in cui Raina ricordava la sua esistenza mortale insieme a Lucius.
Tramite brevi flash back rammentava il loro amore, la gioia... la vita.
Erano scene ancora da girare, che
nell’immaginario di Leonard e della figlia sceneggiatrice si sarebbero
ambientati...
“Sul
mare!” esclamò lei in un colpo di genio.
Alle sue spalle James annuì, intento a
carezzarle una natica: “Esatto...I registi hanno approfittato della tua
trasferta per spostare qui le riprese, oggi”.
In un’ondata di felicità Lisa rilassò i
muscoli e sospirò profondamente.
“Tuo padre e Ludovic non ci
saranno...forse ti ha avvisato ieri sera con un messaggio...che non hai letto!-
continuò a spiegare divertito- tra poche ore saremo raggiunti solo dallo staff
delle riprese. Saremo solo io e te, sulla spiaggia”.
Lisa finse un broncio infantile: “Questo
significa che dovremmo alzarci e vestirci?”.
La risata di James le vibrò contro una
coscia, dandole la pelle d’oca: “Beh, non necessariamente subito” il tocco
vellutato dell’uomo scese fra le natiche.
La ragazza si accorse che si trattava
della sua lingua quando ormai era insinuata dentro di lei.
Con un gemito sorpreso Lisa inarcò il
bacino e indusse James a fermarsi, solo per un attimo.
“Faremo tardi, lo schernì poi
guardandolo di sottecchi, ancora supina.
L’uomo si alzò carponi e gattonò sopra
di lei; quando si adagiò col petto sulla sua schiena, la ragazza sentì il tocco
dell’erezione fra le cosce.
Le morse con forza la carne tenera tra
la spalla e il collo, come a immobilizzarla, prima di penetrarla con un unico
affondo , stavolta senza i preamboli e la delicatezza della sera precedente.
Il piacere esplose fuori dalle labbra di
Lisa con un grido breve e acuto; non era ancora pronta, glielo diceva il lieve bruciore al ventre che nonostante
ciò fremeva attorno al membro rovente di James, incitandolo a continuare.
E così fece, iniziando a colpirla,
dentro e fuori, cercando ad ogni affondo di insinuarsi sempre più in
profondità, come se in realtà non fosse mai abbastanza.
In risposta Lisa inarcò la schiena, per
accompagnare l’affondo dove più lo sentiva; James insinuò le braccia sotto di
lei, a cingerle i seni piccoli e tondi.
La scossa dell’orgasmo di Lisa lo
avvolse, improvvisa e violenta, cogliendo lei stessa di sorpresa e inducendola
a urlare, le mani avvinghiate alle coperte.
James non si fermò, prolungando con le
proprie spinte il piacere della ragazza.
“Ancora” rantolò lei con un filo di
voce, prima che il secondo spasmo di piacere trascinasse con sè anche James.
L’uomo le si accasciò addosso, ansimante
e ancora restio a sfilarsi dal ventre pulsante della ragazza.
Le baciò una tempia, poi il profilo
della palpebra e una guancia, fermandosi a sussurralre all’orecchio: “Così
impari a mettermi fretta”.
Lisa rise, tra l’estasi e la
spossatezza: “Imparerò a farlo più spesso, invece!”.
Lui in risposta rinsaldò l’abbraccio e
con un un ultimo brivido scivolò fuori, per poi sdraiarsi su un fianco.
Stettero per un tempo indeterminato a
guardarsi, con occhi socchiusi e le dita intrecciate, prima che James parlasse:
“Credo che dovremmo farci una doccia- con l’indice appoggiato al naso di Lisa
precisò- E rigorosamente da soli”.
La ragazza rise. Dieci minuti lontana da
James...erano più che accettabili.
Eccomi
qui, di ritorno dall’ennesima assenza, questa volta forzata da cause esterne...
Purtroppo
vivo a Carpi, uno dei paesi colpiti dal terremoto. Come vedete nei TG, siamo in
piedi, terrorizzati ma tutti interi.
La mia
città tutto sommato può definirsi miracolata, è quasi salva dai danni, a parte
il centro storico.
La
paura di sicuro non ha aiutato, facciamo ancora fatica a dormire in casa e non
ho avuto voglia fino ad oggi di riprendere la fanfic.
Che
sia un nuovo inizio, questa creatività ritrovata! Il capitolo è solo un
intermezzo, ma avevo bisogno di buttare giù qualcosa per dire a tutti... CI
SONO ANCORA!!
Grazie
di cuore a chi commenta, vedo un entusiasmo quasi commovente da parte di tutti.
Prometto
di continuare al più presto, calamità naturali permettendo... sì, davvero qui
riusciamo ancora a scherzarci su, per questo sono fiera della mia terra...e
della gente che la abita!
Un
abbraccio strettissimo, a presto.
Lisa
Ps:
per farmi perdonare...date un occhio al primo capitolo...mi sono cimentata in
un collage a photoshop e penso di caricarne altri!