Inazuma Eleven Beyond The Horizon

di AlysSilver
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Le settimane successive erano trascorse molto tranquillamente, per quanto lo potessero essere con due nuovi neonati nella propria vita. Le notti insonni stavano diventando all’ordine del giorno, bastava riuscire a farne smettere uno di piangere che iniziava subito l’altro. Erano già un’ottima squadra, almeno tra di loro, solo che per noi quella combinazione sembrava al limite del letale. Se fossi riuscita a superare quella sfida, avrei potuto fare qualunque cosa da quel momento in poi. Casa nostra non era però l’unica ad aver subito delle modifiche significative, anche villa Blaze contava da poco un nuovo arrivato. Dopo l’ufficializzazione del divorzio tra Luna e lo zio Axel, quest’ultimo aveva insistito perché Prometeo si trasferisse da lui, prendendo anche ufficialmente il suo cognome. Papà e Jude gli domandarono più volte se fosse sicuro della decisione, probabilmente volendo controllare che non fosse dettata dall’impeto di farla pagare al ex moglie. Lui però era stato irremovibile, infondo anche lui era suo figlio. I primi tempi non erano stati molto facili, soprattutto tra i due ragazzi, i quali dovevano imparare a convivere, ma con il tempo avevano trovato un loro equilibrio. Tra noi tre l’unico le cui giornate non davano l’impressione di essere state stravolte era Sirius. Nella sua routine non era cambiato nulla, se non il motivo per il quale veniva a trovarmi. Si divertiva spesso a riprendere me i gemelli con la sua videocamera, creando dei filmati davvero degni di nota. L’avevo sempre detto che aveva un vero talento come regista e non solo sul campo. Anche il nostro rapporto stava crescendo piano piano, senza pressioni, permettendoci di conoscerci da quel punto di vista e di gestirci in quella nuova situazione. Dovevo ammettere che non mi dispiaceva quella tranquillità dopo tutti quei mesi di caos, un po’ di riposo e tornare a giocare solo per divertirsi era proprio quello che ci voleva. Persino la scuola sembrava improvvisamente essere diventata più interessante e uscire con gli amici nei giorni di riposo era divenuto un ritrovo piacevole ogni volta che ce n’era l’occasione. Forse però, proprio perché assorti e felici per quella tranquillità ritrovata, nessuno di noi prestò attenzione ai segnali che ci circondavano e avrebbe mai potuto immaginare cosa sarebbe accaduto da lì a pochi giorni.
 
Postilla importante
Nella storia troverete già i soprannomi aggiornati dei ragazzi, i quali verranno sistemati nel primo libro dopo la revisione. Per chi si fosse perso tale curiosità ve li lascio qui:
  1. Spirito assoluto = Gabriella (Sostituisce il Capitano leggendario)
  2. Massimo direttore artistico = Sirius (Sostituisce il Comandante assoluto del campo)
  3. Principe della fiamma = Ethan (Sostituisce la Freccia di fiamma)

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Era strano come due esserini così piccoli potessero essere tanto carini quanto allo stesso tempo lasciare un caos del genere dietro di loro. Non importava in quale stanza fossero stati, dentro sembrava sempre scoppiata una bomba. Controllai la gonna nella speranza che non fossero riusciti a sporcarla con qualcosa, non volevo uscire con una macchia gigante da qualche parte, almeno non con una di cui non fossi a conoscenza. Fortunatamente nessun danno apparente e quello mi confortava, Sirius ed Ethan mi aspettavano al centro commerciale e non avevo il tempo di cambiarmi. Salutai tutti e lasciai casa a passo svelto. Quella era la prima vera giornata di normalità adolescenziale che riuscivo a concedermi dopo gli innumerevoli eventi delle ultime settimane, soprattutto la nascita inaspettata di ben due bambini. Con i ragazzi avevamo deciso di fare merenda insieme e aggiornarci un po’ sulle novità, ero molto curiosa di sapere in particolare come procedessero le cose a casa Blaze dopo l’arrivo di Prometeo. Entrata nel locale “Sweet Dream”, incominciai a guardarmi intorno nella speranza di vederli. Per mia fortuna il giubbotto rosso del numero dieci era individuabile a chilometri di distanza e in pochi secondi li notai, intenti in qualche tipo di conversazione.

«Posso unirmi a voi o state parlando di cose che una ragazza non dovrebbe sentire?»

«Ella!» Presi posto accanto a Sir, il quale mi salutò entusiasta con un veloce bacio sulle labbra.

«Bleàa! Siete diventati troppo melensi da quando state insieme. Se continuate così mi verranno le carie.»

«Blaze siamo stati anni a vederti sbaciucchiare con la tizia di turno, non hai il diritto di lamentarti!»

«Gabriella digli qualcosa!»

«Che vuoi, ha ragione. A proposito nessuna nuova conquista di recente? Ora che ci penso, è da un po’ che non ti vediamo girare con qualcuna.»

«No, nulla che valga la pena commentare. Preferisco prendermi una pausa, sapete dopo il divorzio definitivo dei miei.» Alzai un sopracciglio.

«Non me la bevo nemmeno morta. I tuoi non erano veramente sposati da un secolo, non sei tipo da farti influenzare da una cosa successa un milione di anni fa. Vero motivo?»

«Sì, biondo, vero motivo?»

«Ma vi siete alleati? Da quando siete interessati alla mia vita sentimentale? Ma fatevi un po’ i fatti vostri.» Ci scrutammo un istante, ma nei nostri sguardi si poteva già leggere ogni cosa.

«Non ci credo ti sei innamorato?- Un gridolino decisamente troppo femminile uscì dalla mia bocca, mi stavo decisamente rincretinendo. -E di chi? La conosciamo?»

«Ma ti senti? Come se io credessi nell’amore. Non dire stupidaggini.» Sospirai, era meglio non insistere, quando si fosse sentito pronto ce ne avrebbe parlato. Cavolo, ero dannatamente curiosa di sapere chi fosse riuscito in un tale miracolo. Chiunque fosse era il mio nuovo mito.

«D’accordo ti lasciamo in pace, per il momento sia chiaro. A casa come va? Ti sei abituato alla nuova situazione?»

«Strano a dirsi ma sì. Alla fine, Prometeo non è male e stiamo riuscendo persino a trovare finalmente un equilibrio per non pestarci i piedi. A dir la verità è più facile ora che sta incominciando ad abituarsi alle nostre abitudini, infondo è lui quello catapultato in una realtà completamente diversa.»

«Come ha preso il distacco da Luna? Dev’essere stato difficile per lui.»

«Inizialmente non credo l’abbia presa molto bene, stava spesso per conto suo sull’engawa* a pensare e anche solo avvicinarlo non era facile, credo che gli mancasse molto, infondo almeno per lui è stata una madre. Ora però sta legando bene con noi, soprattutto con papà, e immagino pensi di meno a lei, o almeno questa è l’impressione che ci dà. Da voi con i gemelli invece come procede?»

«Non ricordo l’ultima volta che ho dormito più di tre ore di fila, però per il resto alla grande. Lasciano dietro di loro una scia di disastri impressionante, ma il fatto che non abbiano ancora demolito casa dovrebbe essere già un ottimo risultato. Pensate tra qualche anno che casino potranno creare se già ora lasciano un terremoto in giro.»

«Tanto tua madre è già abituata con voi, tra te e zio Mark non deve essere semplice.» Intervenne divertito il Massimo direttore artistico.

«Io sono ordinatissima, mi dispiace per voi.» Mi diede piccoli colpetti sulle spalle, quasi volesse compatirmi e dirmi di farmi forza.

«Certo, certo.»

«Se io sono disordinata Ethan cos’è secondo questa logica? Uno tsunami?»

«Esatto.»

«SCUSA! Ma come ti permetti, non c’è più il rispetto di una volta per i propri senpai.»

«Tu saresti un nostro senpai? E da quando?»

«Compio 15 anni tra nemmeno quattro mesi, sono decisamente più grande di voi in ogni caso.»

«Di due mesi.»

«Sono sempre due mesi stellina.» Alzai gli occhi al cielo e mi segnai mentalmente di colpirlo in pieno volto con un pallone alla prima occasione disponibile. Sarebbe stato divertente usarlo come bersaglio.

«Dagli altri qualche novità interessante?»

«Niente di che, se non conti che i genitori dei gemelli sono in visita dall’America.» Mi ragguagliò il moro, prima di bere un po’ del frullato che la cameriera gli aveva appena portato.

«Non avrei mai pensato di dirlo, però le nostre vite sono diventate troppo noiose, quasi mi manca il caos dell’ultimo periodo.»

«Tesoro, senza offesa, però solo ad un’iperattiva come te può fare schifo questo periodo di tranquillità.» Il Principe della fiamma mi rivolse un'espressione divertita.

«Glielo ricordi tu, oppure ci penso io?»

«A te l'onore.»

«Sai Sir è divertente vedere come cerchi sempre di cancellare dalla tua memoria perfetta le cose che preferiresti dimenticare, ma sappiamo entrambi che non puoi farlo. Domenica ci sarà il Festival della Cultura** e questa settimana sarà completamente dedicata alla sua organizzazione!»

«Cosa ho fatto di male all'universo per meritarmi questo? Non esiste nulla di più noioso, stressante, idiota e stupido di questa attività!»

«Pensa positivo almeno sei il capoclasse e teoricamente ti devono dare tutti retta.»

«Hai detto bene, teoricamente. Mi troverò solamente molto più coinvolto di quello che vorrei, ovvero lo 0%.» Si lasciò scivolare sul tavolo sconsolato, facendo scoppiare noi altri nell'ilarità generale. Sarebbero stati dei giorni da ricordare, quello era poco ma sicuro.

Andare a scuola non era di certo una delle mie attività preferite, non ero certo masochista fino a quel punto, però per la preparazione del festival ero sempre felice di fare un'eccezione, anche perché le lezioni erano sospese. A differenza del mio ragazzo, era ancora strano dirlo in realtà, ero una grande fan di quel genere di iniziative, soprattutto perché erano utili per appianare i rapporti un po' tirati che spesso erano fin troppo visibili. Quando eri nel club di calcio le persone tendevano ad avere solo due tipi di opinioni su di te e nessuna delle due mi faceva impazzire ad essere sincera. O ti consideravano una specie di divinità scesa in terra ed erano super fan, oppure al contrario ti guardavano male considerandoti un idiota che aveva una popolarità immeritata. Avremmo potuto riassumere la questione costatando che in una classe con ben sei giocatori l'ambiente non poteva che essere un campo minato. Proprio per quelle ragioni ero contenta che finalmente avremmo potuto lavorare insieme, magari avrebbero potuto vederci per quello che eravamo. L'anno scorso a causa di impegni con la federazione non avevamo potuto partecipare e quello non aveva fatto altro che gettare benzina sul fuoco. Nessuno dei miei amici sembrava invece della stessa idea, il biondo dava l'impressione di essere annoiato, mentre l'altro aveva sbuffato per tutta la durata del tragitto. Per il nostro bene speravo con tutto il cuore che nemmeno uno di loro avesse intenzione di causare problemi, non sarebbe stato proprio il caso. Giunti nel corridoio delle seconde, rimasi sorpresa nel notare il resto dell'allegra brigata aspettarci fuori dalla classe, quasi non volessero entrare.

«Ehi, com'è mai qui fuori?» Chiesi gentilmente, attirando di conseguenza la loro attenzione.

«Secondo noi era meglio mostrarci in branco piuttosto che separati.» Rispose Emma mentre cercava di sbirciare all'interno.

«Almeno gli risparmiamo lo sforzo di fare più occhiatacce.» S'intromise Genesis irritata.

«Siete solo dei mal fidati, andrà tutto bene, state tranquilli.»

«Davvero Ella?- Morgan con una mano che gli sorreggeva la testa era tutto fuorché sereno. -Non ci sopportano, la situazione è chiara. Non hai visto che faccia hanno fatto quando hanno scoperto che li avremmo aiutati?»

«Ok, per il momento la situazione non è delle migliori, però sono certa che si distenderà molto presto.- Abbassai il tono della voce, rendendolo quasi impercettibile. -Almeno è quello che mi auguro.» Odiavo dare ragione ai ragazzi se si parlava di qualcosa di negativo, però lo sguardo gelido che ci avevano riservato una volta varcata la soglia non lasciava dubbi. Sarebbe stata una lunga giornata.

Sirius si avviò direttamente al pulpito senza dire una parola, ignorando completamente i nostri compagni. Essendo il capoclasse era suo compito infondo gestire l'assemblea. Quello era uno dei periodi in cui chi ricopriva quel ruolo aveva più lavoro, superato ovviamente da quelli in cui c'erano gli esami, dove doveva presenziare a non so quanti colloqui con i docenti e riempire una marea di scartoffie. Non c'era da meravigliarsi che fosse stato eletto il nostro regista per farlo, nessun altro sarebbe riuscito a gestire tutto quel lavoro. Strano che la nostra presenza fosse gradita solo quando gli tornava utile. Rimasi in piedi anch'io posizionandomi a poca distanza davanti alla lavagna, perché, grazie alla mia solita fortuna, mi avevano nominata sua vice. Il centrocampista armeggiò un po' nella sua tracolla, prima di tirare fuori il tablet e la sua penna.

«Bene, cominciamo.- Attivò con un gesto veloce la presa automatica degli appunti, necessaria per scrivere il verbale. -Intanto buongiorno. Come sapete questa è la settimana nella quale dovremo occuparci dell'organizzazione del Festival della Cultura, il quale sarà presentato questa domenica. Prima di incominciare con le proposte, avrei bisogno di sapere cosa avete fatto l'anno scorso, così da evitare di essere ripetitivi.- Fukuba borbottò qualcosa, attirando l'attenzione su di sé. -Se hai qualcosa da dire sei pregato di alzare la voce, altrimenti resta in silenzio. Non abbiamo bisogno di brontoloni.» Mi sbattei la mano sul viso, quale parte del cerchiamo di essere gentili non era chiara.

«Come vuoi. Ho detto che se ci foste stati lo sapreste, ma voi eravate troppo impegnati a fare le star per partecipare a qualunque attività di classe.» Trattenne il fiato per un istante, in modo quasi impercettibile. Aveva sicuramente una risposta degna del Comandante della Royal Academy pronta, ma stava cercando in tutti i modi possibili di mordersi la lingua. Forse si era accorto del gesto che prima mi aveva portato a fare.

«Non hai risposto alla mia domanda però.» Sorrisi, era stato educato per fortuna.

«Una stupida casa degli orrori, non avevamo idee migliori.»

«Bene. Dedichiamoci invece al presente, qualcuno ha qualcosa da dire?» Afferrai immediatamente un gesso, pronta a trascrivere ogni parola sulla lavagna. C'era stato un lungo silenzio, rotto solamente dal ticchettio dell'orologio dell'aula. Sospirai, decidendo di prendere in mano la situazione.

«Vediamo, la nostra sezione in cosa si è distinta? Potrebbe essere un buon punto di partenza.» Sunshine incominciò a sventolare di qua e di là la mano al fine di attirare la nostra attenzione.

«Meriti scolastici, siamo sempre la classe con lo studente che prende i voti più alti.»

«Sì, però quello è merito esclusivamente di Sirius. In più come lo tramutiamo in qualcosa di interessante per questa stupida attività?» Fulminai Genesis, dovevo stare calma e respirare. Possibile che un comportamento civile e cordiale fosse troppo da richiedere?

«Ripassi su tutte le materie con l'alunno migliore su quell'ambito?»

«Da tagliarsi le vene.»

«GEN!»

«Ok, sto zitta!»

«Abbiamo una prima proposta.- La scrissi immediatamente, chissà se uno di noi fosse capace di farsi venire un'idea più creativa in mente. Ethan predisponeva i piani più assurdi per i suoi scherzi e quando serviva stava in silenzio. Ero tentata di tirargli la prima cosa che trovavo per farlo svegliare. -Eth, tu hai qualcosa in serbo per noi? Se si tratta di creatività sei il più bravo.»

«Non credo che la mia genialità verrebbe approvata dal preside, sempre se non è un fan di Pollock e non fosse interessato a trasformare tutta l'aula in un suo quadro gigante attraverso una battaglia colossale di vernice.»

«Eh?»

«Lascia perdere tesoro.»

«Più fattibile?» Un mormorio di voci iniziò ad alzarsi tra i nostri compagni, che stava facendo nascere un brusio sempre più forte.

«Laboratorio d'arte?»

«Lo fa già la 3ªB.» Alexander, era ovvio che ci fosse il suo zampino. Era lui che monopolizzava sempre quello spazio appena finiti gli allenamenti o prima.

«Uno stand di cibo?»

«Sai che novità.»

«Corso di karate?»

«Perché qualcuno lo pratica?»

«Maid Café?»

«Solo se ti ci vesti tu!»

«Potremmo organizzare un torneo di Daruma?***»

«Siamo tornati alle elementari per caso?» S'intromise Morgan con una risata sarcastica, interrotta solamente dalla richiesta di spiegazioni di Emma, la quale non sapeva di cosa stessimo parlando essendo italiana. Inutile dire che il commento non venne molto apprezzato e dopo ben tre quarti d'ora non avevamo risolto assolutamente nulla e la tensione incominciava a crescere. Maggiormente la gente si annoiava e agitava e maggiormente i rancori tornavano a farsi valere, pronti a distruggere quel minimo di armonia che si era andata a crearsi.

«Quelli del club di calcio potrebbero tenere una lezione a noi poveri principianti, visto che a quanto pare è la loro unica utilità. Fanno tanto i fichi e poi non sanno nemmeno proporre qualcosa di decente.» La frase di Daigo arrivò dritta nello stomaco come un pugno. Trattenni il fiato per un istante, le probabilità che uno dei miei amici si fosse frenato anche quella volta erano pari a zero. Un suono sordo prodotto dal pugno della Stonewall sul banco attirò l'attenzione di tutti. La sua poca pazienza era definitivamente giunta al limite.

«ADESSO MI HAI ROTTO IL CAZZO!- Non curante di chiunque provasse a mettersi in mezzo, avanzava spedita verso il ragazzo, mentre gli oggetti che la intralciavano finivano scaraventati a terra. Lo afferrò per il colletto della camicia, portandoselo ad una distanza quasi inesistente. -Hai un secondo per rimangiarti tutto, poi non ti garantirò di tornare a casa sulle tue gambe.» Sibilò a denti stretti. Improvvisamente ogni cosa sembrava velocizzata, come gli ultimi minuti di una partita. Nessuno capiva più niente e i suoni si mischiavano formando una massa informe. Avevo l'impressione di sentire una ragazza piangere, però guardandomi intorno era difficile persino distinguere le figure. Non potevo distrarmi ad ogni modo, fermare Genesis prima che facesse danni irreversibili era la priorità. Scansai una per una le persone che ci dividevano e, quando finalmente riuscii ad avere una visuale completa, lo sguardo mi cadde sul ragazzo e la sua espressione terrorizzata. Cercava di coprirsi il volto con le mani, forse nella speranza di salvare per lo meno gli occhiali. Nel momento stesso in cui il pugno stava per raggiungerlo riuscii ad afferrarle il polso. Avevo una presa salda e difficile da smuovere, essere un portiere tornava molto utile in una situazione del genere. Nessuno dei nostri compagni aveva così tanta forza nella parte superiore del corpo.

«Non ti azzardare.» Non credevo di essere mai stata più seria in vita mia. Il mio tono era fermo e deciso. Per un attimo era stato come se l'atmosfera intorno a noi si congelasse e ogni occupante dell'aula trattenesse il respiro, persino la mia amica. Per la prima volta vidi sul suo viso una scintilla di paura. Provò a ritrarre il braccio, però per la mia stretta non riusciva a muoverlo, era completamente immobilizzata.

«Mi fai male.» La lasciai andare solo al secondo tentativo di fermarsi. Si susseguirono prima un silenzio assordante, poi subito dopo un urlo della povera vittima della nostra centrocampista.

«VOI CALCIATORI SIETE PAZZI! NON HO INTENZIONE DI RIMANERE QUI UN MINUTO DI PIÙ, ORGANIZZATELO DA SOLI IL FESTIVAL! NON VOGLIO PIÙ SAPERNE NIENTE!» Uno ad uno anche gli altri lo seguirono fuori e l'ambiente si svuotò, lasciando noi sei da soli. Non ero il tipo che si arrabbiava facilmente, anzi di solito ero io a calmare gli altri quando si infuriavano, ma in quel momento provavo solo una sensazione di forte calore, quasi il mio corpo volesse bruciare per autocombustione.

«Ella ascolt...» Provò Sirius ad intervenire.

«Ella un corno. VI AVEVO CHIESTO SOLO UNA COSA, COMPORTARVI COME PERSONE CIVILI PER UNA VOLTA NELLA VOSTRA VITA E CERCARE DI RIMEDIARE A QUESTA SITUAZIONE DI MERDA CHE VIVIAMO ALL'INTERNO DELLA CLASSE! HO PENSATO CHE SAREBBE STATO FACILE, PERÒ A QUANTO PARE MI SBAGLIAVO PERCHÉ HO DEI COMPAGNI DEFICIENTI CHE NON SANNO CHIUDERE LA BOCCA E MORDERSI LA LINGUA! MI AVETE STANCATO ANCHE VOI, NON SOLO LORO. SIETE TUTTI DEGLI IMMATURI QUI DENTRO!» Me ne andai sbattendo la porta, infuriata. Puntai dritta ai cancelli di uscita, intenzionata a raggiungere la Torre il prima possibile. Avevo bisogno di sbollire un po' prima di rischiare di ammazzare qualcuno.

*Corridoio esterno delle case tradizionali giapponesi, che percorre il perimetro esterno delle abitazioni.

**Tradizionalmente si tiene intorno alla data del 3 novembre però per esigenze di trama sarà il 27/09.

***Molto simile al nostro “un, due, tre, stella”. Lo giocano sempre i bimbi che si allineano in fila contro un muro e cercano di raggiungere un altro muro davanti a loro quando il Daruma bambino è voltato di spalle e non li sta guardando. Il gioco termina quando i bimbi sono tutti catturati dal Daruma, oppure quando hanno raggiunto il muro opposto.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


 

Sfortunatamente nemmeno una bella serie di allenamento intensivo alla Torre era riuscita a calmare il mio stato d'animo. Possibile che fossero tutti dei bambinoni in quella classe? Mi stupivo soprattutto del comportamento dei miei amici, almeno da loro mi aspettavo un po' di maturità, in particolare da Sirius. Sospirai, non c'era peggior sordo di chi non voleva sentire e dal mio lato non potevo fare molto di più. L'occhio mi cadde sulle culle dei gemelli, situate a poca distanza da me. Erano così carini, mi fissavano con quelle iridi castane scure. Mi faceva al quanto ridere che fossimo l'opposto per i colori, loro avevano preso i capelli dalla mamma e lo sguardo di papà, mentre io ero completamente l'inverso. Allungai le mani nella loro direzione. Iridio cercò di afferrarla entusiasta, come un vero terremoto, al contrario Enmei incominciò a fissarla immobile. Identici nell'aspetto, ma già da piccoli talmente diversi nel carattere. Da grandi ne avremmo viste delle belle, chissà come sarebbero diventati. Beati loro che non avevano nessuna preoccupazione. Niente compagni deficienti o fidanzati non dotati di nemmeno un briciolo di pazienza. Loro si trovavano nel momento perfetto della vita, in cui dormivano, mangiavano e giocavano e nessuno si aspettava null'altro da loro. Speravo con tutto il cuore che una volta cresciuti sarebbero stati due ragazzi svegli e con la testa sulle spalle. Non dovevano per forza assomigliare a papà, o avere la stessa passione sfegatata per il calcio, mi bastava solo che fossero felici e altrettanto intelligenti sulle cose importanti.

«Vero che voi non crescerete stupidi come quegli altri babbioni che avete intorno? Non darete dispiacere alla vostra sorellona?- Entrambi inclinarono la testa di lato confusi, quasi a volermi dare una risposta. Per poco riuscirono persino a strapparmi una risata. -Lasciate stare, mi sono capita da sola.» La mia attenzione venne richiamata dal tonfo di alcuni passi lungo il corridoio, sintomo che qualcuno stesse per arrivare. Ero contenta della comparsa di papà, lui sapeva sempre in che modo tirarmi su di morale, però a quanto pareva non erano quelle le circostanze.

«Tesoro c'è qualcuno che ti cerca giù.»

«Di chi si tratta?»

«Da quello che mi sembra di aver capito, cinque penitenti.» Afferrai al volo l’allusione.

«Lo spero vivamente per loro. Oggi hanno davvero esagerato.» Avanzai con calma, fino a raggiungere la cima delle scale. Non avevo assolutamente voglia di urtarmi nuovamente quella sera e perciò, al primo accenno di battibecco o atteggiamento strafottente, ero più che intenzionata a sbatterli fuori a calci, nessuno escluso. Non vedendoli nell'engawa, ipotizzai che mamma li avesse già fatti accomodare in soggiorno, offrendogli qualcosa da bere. Capii di avere ragione, quando entrata nella stanza li vidi seduti su i divani, alcuni con un bicchiere di succo di frutta in mano. Non diedi loro nemmeno il tempo di aprire bocca, precedendoli.

«Allora, perché siete qui? Mi auguro per scusarvi del comportamento di questa mattina. Non mi sono mai vergognata e arrabbiata tanto in vita mia. I miei fratelli si sarebbero comportati meglio e loro hanno tre settimane.» Sirius era stato il primo ad alzare lo sguardo nella mia direzione. La sua espressione era molto diversa dal solito, quasi triste. Per una volta anche lui sembrava pronto ad abbassare la testa e dare ragione a qualcun altro.

«In parte sì. Non siamo stati migliori di quelli che accusavamo di trattarci con sufficienza. Eravamo talmente convinti che la situazione sarebbe degenerata, che abbiamo solo accelerato il processo. Inoltre...»

«Inoltre abbiamo un'idea che potrebbe risolvere questo casino, riappacificando gli animi, e farci fare una bella figura al Festival.» La voce di Genesis sovrastò quella del ragazzo, dotata come sempre di quel tono alto, volto ad attirare tutta l'attenzione su di sé. Sir invece era sempre deciso, ma estremamente calmo e pacato quando parlava e quello portava le persone a volte a scambiarlo per disinteresse, cosa decisamente non vera.

«Sono tutta orecchie.»

Mi guardai un po' intorno, avevamo fatto davvero un bel lavoro alla fine dei conti. Non potevo di certo lamentarmi dell'impegno, tardivo, che i miei amici ci avevano messo. Mi domandavo solo se il nostro sforzo sarebbe stato sufficiente. Avevamo interamente trasformato la palestra in una specie di cinema all'aperto, riprendendo l'idea che avevamo avuto per l'ultimo compleanno di Sirius. La sala era arredata con tante coperte, volte a creare piccole isolette da dove poter osservare al meglio il telo per le proiezioni. Per rendere le sedute più confortevoli avevamo inoltre aggiunto vari cuscini, che allo stesso tempo garantivano anche, almeno secondo Ethan, un notevole miglioramento estetico. Raggiunsi, grazie all'utilizzo di una scala laterale, la zona superiore, dove Sirius e Morgan erano intenti ad armeggiare con il proiettore. Era stato deciso che se ne occupassero loro due in quanto: il primo era un esperto di qualunque oggetto riguardasse in qualche modo il cinema, mentre il secondo aveva fatto un minimo di esperienza con una di quelle diavolerie.

«Come procede?»

«Alla grande, direi che siamo pronti per cominciare. Tra quanto si dà il via al festival?» Chiese l'azzurro stiracchiandosi. Non mi sorprese più di tanto il suo gesto, visto che avevano passato lì accovacciati almeno una buona mezz'ora se non di più.

«Se non sbaglio tra meno di cinque minuti.»

«Allora siamo perfettamente in orario.»

«Avevi qualche dubbio? Io non sono mai in ritardo.» S'intromise il regista compiaciuto, suscitando l'ilarità di noi due. Lo scoppiargli a ridere in faccia ci fece guadagnare per direttissima una delle sue leggendarie occhiatacce, che però sembrò ottenere almeno in un primo momento l’effetto contrario.

«Tesoro scusa, però dovresti vedere la tua faccia. È troppo buffa!»

«Pazienza, déi datemi la pazienza.» Proprio tra una risata e l'altra ci raggiunse la voce di Emma, che grazie al suo solito tono troppo alto non dovette sforzarsi più di tanto.

«RAGAZZI! SE AVETE FINITO SCENDETE CHE QUI FUORI C'È GIÀ UN SACCO DI GENTE!»

«VEDI ANCHE QUALCUNO DEI NOSTRI COMPAGNI DI CLASSE?» Annuì decisa.

«MI SEMBRA CI SIANO TUTTI PER FORTUNA. SPERIAMO CHE IL NOSTRO PIANO FUNZIONI!» Raggiungemmo immediatamente gli altri, intanto che le luci si abbassavano, per creare un’atmosfera più raccolta, preparandoci inoltre a spegnerle da lì a poco per l'inizio del "film". Ricontrollai tutto con lo sguardo, giusto per essere certa che fosse ogni cosa al proprio posto, e, una volta finito, presi un bel respiro. Non era come prima di una partita, lì sapevo di poter fare del mio meglio, mentre in quel genere di circostanze non ne ero certa, non era il mio campo. Sarebbe davvero andata bene? Le ostilità si sarebbero appianate? La nostra sezione avrebbe fatto almeno una figura decente al festival? Troppe domande e troppe poche risposte come al solito. Sussultai sentendo il braccio di Genesis mettermisi intorno alle spalle.

«Dai capitano! Da quando sei tu a farti le paranoie? Voglio vedere il tuo solito entusiasmo anche ora! Altrimenti non riusciremo mai a fare una bella figura!» Aveva dannatamente ragione, era arrivato il momento di andare in scena ed io non potevo di certo tirarmi indietro.

«Bene ragazzi, tutti ai propri posti!- Afferrai le gigantesche maniglie delle porte con presa salda.- Che lo spettacolo abbia inizio!» E con gesto deciso le abbassai, lasciando entrare la forte luce abbagliante esterna.

Non ci aspettavamo che così tante persone potessero effettivamente essere interessate alla nostra iniziativa, soprattutto considerando quello che avevano preparato gli altri. Io stessa sarei rimasta per ore ad ammirare Alex allegro e pimpante nell'insegnare a realizzare un abito da zero. C'erano molti genitori, sia conosciuti che no, salutai con un gesto con il capo sia quelli dei miei amici che i miei, ma anche molti studenti. Ero molto sorpresa nel notare che Alyxia si fosse riuscita a liberare in tempo. Essendo un chirurgo per cui la gente attraversava mezzo mondo, non mi aspettavo di vederla lì ad accompagnare il marito. Ero contenta per Sirius, finalmente i suoi avrebbero visto un progetto di regia a cui aveva lavorato interamente lui. Avrebbe potuto forse rivelarsi una buona occasione per parlargli di come questo suo interesse non fosse solo un hobby, ma di più. Presa dai miei pensieri, quasi non mi accorsi dell’avvicinarsi di mamma e papà.

«Allora pronti per la messa in onda?» L'uomo aveva la solita espressione entusiasta, che oramai conoscevo bene. Fare il padre, assistendo a qualunque istante, dal più significativo a quello più stupido, era l'unica cosa che amasse quanto il calcio. Non si era mai perso nemmeno un saggio, una recita o qualsivoglia altra stupidaggine. Era sempre in prima fila ad applaudire orgoglioso.

«Diciamo di sì.- Scorsi nel frattempo, con la coda dell'occhio, i nostri compagni sedersi davanti allo schermo, in modo tale da avere una visuale perfetta. -I gemelli?»

«Con tua nonna. Si è offerta di tenerli, evitandoci di chiamare una tata per un pomeriggio.»

«A quanto pare passeremo tutti una giornata diversa al consueto. Ora, se non vi dispiace, raggiungo i ragazzi. Voi sedetevi e godetevi il film!» Corsi via, pronta a lanciarmi a capofitto su uno dei grandi cuscini vicino ai miei amici. Nemmeno il tempo di toccare il suolo, che Ethan si alzò e prese il centro della scena. Era stata un'ottima idea mettere lui a presentare, sembrava nato per stare in situazioni del genere. Mai un tremolio nella voce o una parola fuori posto, era un vero animale da palcoscenico.

«Salve e benvenuti alla presentazione del cortometraggio della 2ªA! Siamo lieti di avervi qui così numerosi e speriamo che il nostro lavoro sia di vostro gradimento. Inizialmente eravamo molto indecisi su cosa presentarvi oggi, però alla fine ci siamo resi conto di qualcosa di fondamentale. Il Festival della Cultura non nasce per mettersi in mostra, ma per aiutare gli allievi a lavorare insieme e creare coesione tra di essi. Questo concetto non è mai stato alla base della nostra classe sapete. Siamo molto diversi tra noi e in più avere tanti giocatori dello stesso club in una sezione può non essere ottimale per gli altri. Proprio per queste ragioni, grazie all'infallibile regia di Sirius, vi mostreremo come in realtà le azioni dimostrino molto più di quello che la superficie permette di scrutare. Buona visione!»

«Grazie!» Strillò qualcuno in mezzo alla folla in modo scherzoso. Il biondo, nel frattempo, era già tornato da noi quando le luci si spensero definitivamente. Sul grande schermo apparve un conto alla rovescia, che voleva riprodurre l'effetto delle pellicole del primo Novecento. Concluso il conteggio, sbucò la porta della nostra aula mentre scorreva, garantendo una visuale completa dell'aula. Mi era bastato uno sguardo alla mia uniforme e ai capelli lunghi, sciolti fino a toccarmi la metà della schiena, per realizzare a quando fosse datata. Si trattava del primo giorno di scuola del primo anno. Eravamo davvero piccoli all'epoca. Invisibili agli occhi dei più grandi, che ci scrutavano solamente per la fama dei nostri padri. Era tutto così lontano, quasi fosse passata una vita. In quella inquadratura risaltavamo soprattutto il numero dieci ed io. I ragazzi e le ragazze si erano divisi intorno a noi, creando due gruppi distinti. Tra quelle chiacchiere e i gesti che mostravano le personalità di ognuno, una cosa risaltava immediatamente, almeno per me, le nostre espressioni gioiose e felici. Scorsero altre scene quotidiane, una diversa dall'altra, finché non arrivammo ad una che, osservando anche le reazioni dei nostri compagni, tranne Sir, sembravamo esserci tutti dimenticati. Era pieno inverno e il periodo natalizio era molto vicino, a giudicare dalle decorazioni del laboratorio di arte e dai nostri maglioncini. La professoressa era malata e per questo ci avevano lasciati completamente senza supervisione. Stavamo dipingendo ognuno la propria tela, quando per errore Fukuba inciampò in alcune borse lasciate a terra. Lo Slow Motion inserito nel montaggio rese persino più comica la scena successiva. La vernice, contenuta nei due barattoli che aveva in mano, venne sbalzata fuori, dirigendosi pericolosamente verso Blaze e Swift, che non si erano per nulla accorti di cosa stesse accadendo alle loro spalle. Inutile dire che finirono per essere ricoperti da una valanga di colore. Entrambi si voltarono lentamente, nel silenzio generale, quasi avessimo paura che anche il più piccolo dei nostri respiri potesse far scoppiare una guerra. Ne seguì un gesto rapido, quanto preciso, dell'attaccante, il quale con il pennello schizzò il poveretto, colpendo però persino gli sventurati, tra cui la sottoscritta, che si trovavano nelle vicinanze. Un urlo che richiamava ad una battaglia si levò sullo sfondo e improvvisamente esplose il caos. L'atmosfera si era tinta di risate e complicità, quanto di sfumature dalle tonalità più diverse. Seguirono scene altrettanto belle, di cooperazione ed armonia, di cui a quanto pareva nessuno ricordava l'esistenza. Era strano come avessimo dimenticato quegli avvenimenti, soprattutto considerando che gli eventi negativi erano stampati nella nostra mente in modo indelebile. Non c'era alunno della nostra sezione che non avrebbe saputo citarti a memoria ogni nostra singola litigata, eppure gli altri sembravano spariti nel nulla. Più le immagini sullo schermo scorrevano e più quella stessa gioia coinvolgeva noi del presente, quasi fossimo lì con loro. Chissà quand'era stata l'ultima volta che avevamo riso e ci eravamo divertiti così tanto insieme.

Finita la proiezione il nostro presentatore improvvisato richiamò l'attenzione degli spettatori su di sé. Si prese il suo tempo, però, prima di iniziare a parlare. Si guardò un attimo intorno, come se volesse sondare le reazioni delle persone.

«Non trovate che la memoria umana sia davvero divertente? Scorda con facilità i momenti belli e ricorda sempre con estrema accuratezza quelli brutti. Alla nostra età poi siamo quasi più propensi ad amplificare i problemi che ci circondano, arrivando in pratica a trasformare un granello di sabbia in una montagna. L'atteggiamento di ognuno di noi non ha aiutato in tal senso, abbiamo tutti dei bei caratterini e perdiamo subito la pazienza. A questo si è aggiunta la mancanza di cospicua parte della classe durante le attività che avrebbero dovuto più di ogni altra creare lo spirito di gruppo. Insomma, un bel guaio! Un mix letale paragonabile solo alla cucina di Sirius se lasciato da solo ai fornelli!»

«Ehi!»

«Zitto un po', lo sai anche tu che è vero! Come stavo dicendo, prima di venire interrotto, questo però non significa che l'ambiente è davvero in condizioni così disastrate da non poter essere salvato. Nell'opera che la nostra sezione ha deciso di presentarvi oggi, è rappresentata proprio questa verità e speranza. L'augurio che vogliamo trasmettere è che la "luce" presente in questi fotogrammi, possa crescere e diventare permanente. Vi ringraziamo dunque per la partecipazione.» Raggiungemmo il ragazzo, disponendoci al suo fianco. Sussultai nel notare che non eravamo gli unici accorsi accanto a lui, anche il resto dei nostri compagni si era avvicinato. Rimanemmo tutti e sei di stucco davanti alla cosa, ma il giovane Sharp, con i riflessi sempre pronti, asserì da buon capoclasse:

«Inchino!» Eseguimmo l'ordine senza esitazione, coordinati come in un'orchestra diretta dal migliore dei direttori. Un applauso si levò improvvisamente nell'aria, forte al pari di uno schiaffo, però allo stesso tempo carico di felicità ed euforia. Che quello fosse veramente un buon segno?

Saltellai euforica per la stanza, fino a lanciarmi sopra il mio ragazzo, il quale stava chiacchierando con il resto della ciurma.

«Direi che almeno tra il pubblico il film è stato un successo.- Gli diedi un bacio sulla guancia. -Devi essere molto fiero del tuo lavoro e sono sicura lo siano anche i tuoi. Potresti avere l'occasione giusta per parlargliene.» Lui sorrise in segno di ringraziamento, venendo però anticipato dal biondino del nostro trio prima di poter dare una risposta.

«Ha ragione, lo sai sì?» Seguii con lo sguardo la direzione verso cui era voltato. Gli zii erano lì in piedi, che discutevano amichevolmente con il solito gruppo di amici di qualcosa. Si morse il labbro incerto.

«Forse questo è stato un primo tassello, ma temo che ne passerà di tempo prima che io getti una bomba del genere. Appena un progetto a cui sto lavorando sarà pronto gliene parlerò.» L'attaccante alzò le spalle in segno di resa.

«Se è quello che preferisci.»

«Sì, cr...»

«Vi siete impegnati sul serio alla fine.» La voce di Daigo attirò l'attenzione di tutti noi. Era accompagnato, quasi fossero dame di compagnia, dal resto dei nostri compagni di classe.

«Già. Beh, volevamo dare il nostro contributo. L'anno scorso vi siete occupati da soli del Festival, perciò era giusto ripagarvi facendo noi lo stesso ora.» Risposi amichevolmente. Volevo davvero che i toni riuscissero a rimanere calmi. Notai le sue labbra incresparsi, anche se di poco. Che fosse l'accenno di quello che pensavo io?

«Magari per il prossimo potremmo lavorare insieme per una volta, se per voi va bene.» Porse la mano al capoclasse in segno di rispetto. Quel gesto risultava strano da parte sua, che veniva da una famiglia così attaccata alle tradizioni giapponesi, però forse proprio per lo stesso motivo aveva una risonanza più forte del normale. Anche il regista ne rimase sorpreso in un primo momento, fissando di conseguenza per un istante l'arto. Lo afferrò poi con sicurezza e con una gentilezza per lui insolita rispose:

«Certo.»

Risistemare la palestra aveva richiesto più impegno di quanto ci aspettassimo, ma con l'aiuto della 2ªA al completo avevamo impiegato meno tempo del previsto. Eravamo persino riusciti a rimandare le pulizie alla fine della giornata, riuscendo a goderci alcune delle attività proposte dagli altri. Avevo appena ricuperato la mia borsa, pronta a dirigermi all'uscita, quando la fascia iniziò a suonare. Sullo schermo scorse con rapidità un messaggio chiaro quanto coinciso, firmato da Riccardo Di Rigo.

“GIOCATORI E GENITORI SI RADUNINO IMMEDIATAMENTE ALLA SEDE DEL CLUB.” Senza pensarci un attimo incominciai a correre tra le persone, non curante di quello che accadeva intorno a me. Cosa poteva essere successo? Il calcio era forse di nuovo in pericolo?

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


L'aria che si poteva respirare all'interno della sala riunioni del club di calcio era un misto di agitazione, paura e anche un po' di eccitazione. Persino gli adulti avevano espressioni confuse, tutti tranne il vecchio trio e il giovane Lucian Dark, i quali bisbigliavano tra loro sul fondo della sala. In cuor mio, mi domandavo cosa potessero sapere a differenza nostra. Guardai l'orologio, segnava le 18 in punto e quello significava che erano già passati ben trenta minuti dall'arrivo di quel preoccupante messaggio. Chissà dov'era finito. In ogni caso, speravo non avesse intensione di impiegarci ancora molto. Dal mio posto riuscivo a scorgere i ragazzi e nemmeno loro apparivano più molto sereni. Il clic, che segnava l'apertura delle porte automatiche, fece sussultare tutti. Riccardo Di Rigo, seguito dal fedele Gabriel Garcia e da Mister Travis, entrò a passo svelto, senza degnare nessuno del minimo sguardo, e si posizionò sul pulpito. Il più anziano dei due gli si affiancò, mentre l'altro si accomodò alla scrivania, aprendo il portatile.

«Direi di saltare i convenevoli e passare alla questione che ci ha costretti a convocarvi qui, se siete d'accordo.- Un gesto che lo invitava ad affrettarsi arrivò subito in risposta da parte del signor Stonewall, il quale sembrava aver già dato fondo a tutta la pazienza che aveva a disposizione. Annuendo, l'ex capitano chiese all'amico di incominciare la proiezione. -Come penso molti di voi sappiano, eravamo convinti che l'organizzazione Titans fosse di tipo locale e una volta sconfitta il problema sarebbe cessato, solo che la questione in realtà è ben diversa. Grazie ad alcune informazioni che Axel Blaze è riuscito a reperire tramite la sua ex moglie, abbiamo scoperto che essa è solo una minuscola branca di un'associazione molto più grande, la Ctoni, che si muove a livello globale. Ha diverse sedi sparse per il mondo, alcune delle quali sono ancora incognite per noi. Per il momento la prima accertata e quella che si trova a Seoul in Corea del Sud.» Mi passai una mano tra i capelli tirando un lungo sospiro. Eravamo di nuovo al punto di partenza. Possibile che non riuscissimo a riportare un po' di quiete? La corsa del criceto che avevo in testa venne interrotta da Derek, che aveva alzato la mano. Ero curiosa di sapere cosa gli fosse venuto in mente, lui non interveniva mai se poteva evitarlo.

«I loro obiettivi sono sempre gli stessi? Controllo del mondo attraverso il calcio ecc...»

«Esatto. Il calcio per loro è un'arma per la conquista del potere, nulla di più.» Un lieve brusio si levò nella stanza, soprattutto tra i genitori che non erano abituati ai costanti problemi con il nostro sport. Gli altri, volenti o nolenti, avevano imparato a farci quasi l'abitudine. A riportare il silenzio, sarebbe stata una persona che conoscevo molto bene, dolce, gentile, abituata a rivolgersi ai bambini.

«Scusate, giusto per avere un quadro completo della situazione, cosa state chiedendo a noi e soprattutto ai ragazzi?» Zia Alyxia aveva posto una domanda da un milione di dollari, a cui però temevo di avere già una risposta.

«Vorremmo che i giocatori della Raimon partissero per un viaggio intorno al mondo per affrontare una per una le loro squadre, fino a far scomparire una volta per tutte questa nuova minaccia. A voi, quindi, chiediamo il consenso di lasciarli partire.»

«Vorrei assicurarvi però che coloro ci sarà anche qualcuno che si occuperà della loro istruzione, così che non abbiano problemi con la scuola. Li farà studiare e seguire alla lettera i programmi forniti dall'istituto.» Intervenne Travis, stoppando per un istante il discorso dell'altro.

«Nelle cartelline che vi daremo troverete spiegata ogni cosa e anche quello che i ragazzi dovranno portare con loro, almeno potrete decidere con i dati sottomano.» Caleb, ignorando il Virtuoso, si rivolse direttamente al suocero.

«Quanto tempo abbiamo per decidere?»

«Fino a stasera a mezzanotte, alle dieci di domani l'aereo partirà.» Davvero il tempo a nostra disposizione era talmente poco? Non potevano dircelo prima? Non ero stata l'unica ad averlo pensato, si leggeva nell'espressione di molti. Prese allora papà la parola:

«Sfortunatamente la comunicazione è stata tardiva poiché la prima meta è stata scoperta solo oggi e anche a me l'informazione è giunta solo con qualche minuto di anticipo rispetto a voi.- Raggiunse i due in piedi, prendendo il centro. -Credo sia importante mettervi al corrente del fatto che non sarò io l'allenatore della squadra in questo viaggio.»

«COME!- Scattai in piedi per prima, seguita dagli altri. -Per quale motivo?» Lui ci rivolse un sorriso dolce e comprensivo.

«Mi piacerebbe davvero tanto accompagnarvi, ma non posso lasciare sola mia moglie con due gemelli appena nati. Vi assicuro, ad ogni modo, che il nuovo allenatore è incredibile e ha stoffa da vendere, siete in ottime mani.» Mi lasciai cadere sulla sedia piena di dubbi. Saremmo davvero stati in ottime man?

Un insolito gruppo si riunì a casa nostra dopo la fine della riunione, arrivando ad occupare tutti i posti a sedere disponibili nel soggiorno. Riflettendoci, era passato diverso tempo dall'ultima volta che avevo assistito ad una scena del genere. Il lavoro, i nuovi figli e divorzio, che da settimane riempivano le copertine dei giornali, non lasciavano molto tempo per le rimpatriate o anche solo per una serata di svago. Zio Axel entrò nella stanza rimettendosi il cellulare in tasca, per poi accomodarsi nell'unica postazione rimasta libera accanto al figlio.

«Bene, ho avvertito Prometeo che avremmo tardato. Altrimenti conoscendolo non avrebbe cenato per aspettarci.» L'ex portiere si sporse in avanti e allegro si apprestò a commentare l'informazione.

«Oramai si è proprio integrato, sembra che le cose abbiano incominciato a funzionare.»

«Con qualche intoppo iniziale, però sì.» Un finto colpo di tosse del capofamiglia degli Sharp attirò l'attenzione dei presenti.

«Mi spiace interrompere il quadretto, ma avremmo una questione più urgente del gossip sulle rispettive vite.» La mamma annuì assecondandolo.

«Jude ha ragione. Facciamo partire i ragazzi, oppure no?» L'atmosfera si congelò e nessuno proferì una parola per alcuni minuti. Ma solo la mia testa stava elaborando informazioni in modo così veloce da farle sovrapporre le une con le altre? Avevo un caos enorme in mente. Quell'assordante, quanto irritante, silenzio venne rotto dall'ex attaccante.

«Per me va bene, se Ethan vuole andare può farlo. In fondo noi alla loro età non avevamo fatto lo stesso? Abbiamo girato il paese in lungo e in largo sul pulmino.»

«Questo è vero, siamo stati via per quasi due mesi e la signorina Schiller ci controllava persino mentre respiravamo.» Mio padre le diede subito corda mettendosi le mani tra i capelli.

«Se non contiamo gli esami finali, è stata la volta in cui ho studiato di più in tutta la mia vita. Ho mal di testa solo a ripensarci.» Zio sembrò riflettere un attimo.

«Se sui documenti che ci hanno dato è confermato che la loro educazione non verrà trascurata, Sirius per me può andare.» I miei annuirono in risposta, dando anche loro l'assenso. C'era solo un minuscolo problema, intorno a noi era come se si fosse levata una nuvola scura. Non perché non volessimo partire, certo che volevamo, ci dava fastidio solo non essere stati inclusi nella conversazione. L'unico che dava l'impressione di esserselo ricordato per un secondo era il padre del biondo, però anche lui poi si era lasciato trasportare dal resto della conversazione. Solo una persona parve rendersi conto della situazione che si era creata, il medico del gruppo.

«Non vorrei interrompere, ma gradirei conoscere le opinioni dei diretti interessati prima di dire altro. Sono loro a dover prendere un aereo per fare il giro del mondo, non di certo noi.» Si girarono nella nostra direzione, mentre nei nostri pressi era finalmente spuntato il sole. Eth si espose per primo, dando un'opinione priva di possibili fraintendimenti.

«Io ci sto, credo mi faccia anche bene staccare un po' dalla routine quotidiana dopo gli ultimi eventi con Luna. Sir?»

«Cambiare aria per un po' non mi dispiacerebbe. Chissà magari finiamo anche negli Stati Uniti e vado a trovare i nonni.» Alyxia trattenne una risata divertita. Dovevo confessare che ero curiosa di vedere Sirius nel profondo Texas con gli animali e tutto il resto, non me lo sarei persa per nulla al mondo.

«Ella?» Mamma riportò l'attenzione su di me, ero l'unica a non aver ancora detto nemmeno una parola. Sospirai, iniziando a rigirarmi una ciocca tra le dita.

«Una parte di me accetterebbe senza pensarci, sia per difendere il calcio che vedere nuovi paesi e culture.»

«E l'altra invece?»

«L'altra mi dice che non dovrei lasciarvi soli ad occuparvi dei gemelli, insomma potrei aiutarvi. Sono due tesori, ma altrettanto stancanti. Forse è meglio se rimango qui a darvi una mano.» Sembrarono tutti stupiti della mia risposta, non so se perché ritenuta troppo matura o perché l'idea generale era che il mio cervello andasse a palloni da calcio come quello di papà. Lui si alzò in piedi, accovacciandosi poi vicino a me, mentre la donna, più vicina, allungò la mano nella mia direzione.

«Tesoro non devi preoccuparti, noi ce la caveremo. Devi solo pensare a vivere quest'esperienza emozionante, difendere il calcio e soprattutto goderti la tua età.» Avevo l'impressione che avesse sottolineato di proposito la parte finale della frase.

«Siete sicuri?» L'uomo mi rivolse un sorriso a trentadue denti.

«Vai tranquilla, qui ci penso io a tenere tutti d'occhio e questo vale anche per voi tre.» Indicò gli amici serio. Axel non si fece scappare l'occasione per replicare divertito e portando l'ilarità generale.

«Allora siamo freschi!»

L'Aeroporto Internazionale di Tokyo-Haneda era stracolmo di gente quella mattina, chi per lavoro, chi per un'agognata vacanza, correvano tutti in giro con le loro valigie di piccole e grandi dimensioni. Noi non facevamo eccezione, trovare il meeting point era stata una vera impresa e alla fine avevamo percorso in lungo e in largo la struttura. A nostra disposizione per il viaggio avevamo, come bagaglio, solo un trolley e la borsa da calcio. Il trio dei manager avrebbe avuto un gran da fare con le lavatrici, quello era poco ma sicuro. La nostra caccia al tesoro si concluse al di sotto del tabellone delle partenze. Rimasi sorpresa nel vedere che nessuno mancava all'appello, quello significava che saremmo partiti tutti insieme, almeno così credevo in un primo momento. Mi sistemai accanto a Shiny e al duo dell'apocalisse appena in tempo, neanche un secondo dopo il viceallenatore Dark incominciò un discorso per fare il punto della situazione.

«Per sicurezza, iniziamo con un appello di chi ieri sera ha comunicato la sua disponibilità. Per la parte di sostegno: Fabian Grim, Lea King, Shiny Castle.- I tre segnalarono la loro presenza, in modi diversi ma a quanto pareva efficaci, infatti l'uomo scrisse qualcosa sul tablet. -Bene, passiamo ai giocatori. Dei quattordici della Raimon, solo in dieci hanno risposto affermativamente alla chiamata. Rimarranno infatti in Giappone Naomi e Azariel, mentre Sierra e James devono tornare negli Stati Uniti per l'inizio del ritiro della giovanile.» Un brusio si levò in fretta. Potevamo capire i gemelli, ma perché gli altri?

«Capitano!- Il ragazzo si avvicinò a me con un sorriso amareggiato sulle labbra. -A causa del lavoro di mia madre e quello di mio nonno a livello istituzionale non posso assentarmi dal paese per troppo tempo, se non per ragioni facilmente spiegabili alla stampa.- Si inchinò in segno di rispetto. -Sono mortificato.» Gli misi una mano sulla spalla per confortarlo.

«Tranquillo. Tu e Naomi siete quello che rimane della prima squadra a scuola, mi raccomando, vi affido il club.» Scoprii solo in seguito le motivazioni che avevano portato la rossa a non venire con noi e non mi sentivo di prendermela per esse. Il padre, Claude, voleva averla vicina, poiché preoccupato che potesse succedere qualcosa anche a lei. Aveva infatti perso la moglie in un incendio anni prima e la figlia era tutto quello che gli restava.

«Procediamo: Gabriella Evans!»

«Presente!»

«Morgan Swift!»

«Eccomi!»

«Aiden Froste, Genesis Stonewall, Emma Bianchi, Alexander Love!»

«Qui!»

«Sirius Sharp, Ethan Blaze!»

«Sì!»

«Melany Schiller, Derek Samford!»

«Pronti a partire!»

«Undicesimo componente, in prestito da un altro team... Orlando D'Este!»

«Felice di essere con voi.» Ci voltammo di scatto nella sua direzione, da quanto tempo si trovava lì? Possibile che nessuno si fosse accorto della sua presenza. Vidi il nostro regista sbiancare all'istante, come se un fantasma gli fosse appena apparso davanti.

«Eh? Una spiegazione?»

«Quando ieri abbiamo scoperto che sareste rimasti in sotto numero, abbiamo pensato di chiedere all'allenatore Sharp se potesse "prestarci" uno dei suoi ragazzi e lui è stato così gentile da contattare Orlando.» Lo raggiunsi allegra. Lo ritenevo sia una brava persona che un ottimo giocatore ed ero contenta che venisse con noi. Al contrario il mio fidanzato sembrava di tutt'altro avviso e lanciava occhiatacce al padre di spalle.

«Benvenuto a bordo, spero questa si riveli una bella esperienza!» A sua volta mi rivolse uno sguardo gentile.

«Grazie, lo spero anch'io!» Il mister richiamò l'attenzione su di sé per quella che dava l'impressione di essere una comunicazione importante.

«È arrivato il momento che vi presenti il nuovo allenatore, è sudcoreano, Ji Ah Kan.»

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Su Instagram (astrastellablack) trovate il disegno dell’allenatore.

Il suo sguardo severo e giudicante, era stata la prima cosa che avevo notato. Sembrava guardarci dall'alto in basso, come se lui fosse una qualche divinità e noi degli inutili mortali che avevano incrociato per sbaglio il suo cammino. Di certo era molto diverso dall'ideale di mister che papà ci aveva abituato ad avere e mi domandavo se saremmo mai riusciti ad instaurarci un buon rapporto. Mi voltai verso le ragazze, incuriosita dal sapere se avessero avuto la mia stessa sensazione. Dall'espressione beata che si poteva leggere sul volto di Emma però, era altro quello che aveva notato. Con il suo aspetto da principe, dato dai lunghi capelli e dai suoi colori così chiari, e il viso che raccoglieva alla perfezione gli assurdi standard di bellezza coreani, nei suoi ventiquattro anni rappresentava il sogno di qualunque ragazzina delle medie. Personalmente c'era solo una particolarità che mi impediva di smettere di guardarlo, il simbolo della luna che gli decorava la pupilla sinistra.

«Come ha già detto il viceallenatore Dark, sono Ji Ah Kan, il nuovo allenatore della vostra squadra e vengo dalla Corea del Sud. È probabile che i miei metodi vi risultino un po' estranei all'inizio, ma se li seguirete sono sicuro che andremo d'accordo. A voi adulti assicuro che lo studio non verrà trascurato e sarà nostra premura controllare che i programmi vengano svolti con regolarità e al meglio.» Forse per il suo tono di voce così serio ed impassibile, mi sentii di nuovo trasportata alla Royal Academy.

«È quello che ci auguriamo accada, la scuola per noi è importante come il calcio, soprattutto in vista del liceo.» Che fosse stato il signor Samford ad intervenire non mi sorprese molto, infondo Derek era uno dei tre che quell'anno si sarebbe diplomato a differenza nostra. Per loro i voti erano importanti se volevano entrare in un buon istituto superiore. Strano a dirsi, però in Giappone erano il requisito fondamentale. Potevi anche avere i milioni nel conto in banca, ma senza dei risultati esemplari ai vari cicli di esami dell'ultimo anno non potevi puntare all'eccellenza.

«Lo comprendo e sarà mia premura tenerlo in elevata considerazione. Anzi, visto che siamo in argomento, ci tengo a ricordare ai ragazzi che anche la mancanza di impegno nello studio o degli scarsi risultati possono farvi tornare a casa. Non mi farò remore, potete starne certi.» Per fortuna avevo ereditato il talento di mamma in quell'ambito, con quello di papà mi avrebbe rimandata indietro al primo aeroporto. I miei pensieri vennero scansati dall'apparizione dietro alle grandi vetrate, dove i velivoli si riunivano per accogliere l'imbarco dei passeggeri, di un aereo dalle dimensioni maestose. Non avevo mai visto nulla di simile in tutta la mia vita.

«Vi  presento quello che sarà la nostra casa per i prossimi mesi.- Intervenne il secondo in comando. -Per la sua realizzazione e concessione, dobbiamo ringraziare la Federazione, che lo ha messo a nostra disposizione.» Rimanemmo a bocca aperta sentendo quelle parole, davvero avremmo viaggiato con un mezzo del genere? Inclinai la testa verso zio Axel quasi a cercare una conferma, se c'era di mezzo la Federazione calcistica, allora l'artefice della magia era lui. L'uomo alzò le spalle.

«Non ci è voluto chissà quale impegno, sono bastate giusto un paio di telefonate.» Ethan ridacchiò, divertito dalla risposta del padre.

«Pensa se ci avessi perso tempo!»

«Se mai ricapitasse l'occasione lo scopriremo.» Mi morsi il labbro, quanto sarebbe passato prima di poter rivedere uno scambio del genere? Erano diventati momenti della mia quotidianità e amavo così tanto vederli. In quell'istante, però, dava l’impressione di essere più che altro il loro modo di dirsi addio.

«ATTENZIONE! IL VOLO PRIVATO INAZUMA AIR È PRONTO AL DECOLLO, SI PREGA AI GENTILI PASSEGGERI DI IMBARCARSI PRESSO IL GATE!» L'annuncio ci ricordò senza preavviso che il tempo per le chiacchiere era finito e che era iniziato quello più rapido dei saluti. Non si poteva aspettare ancora un po'? Solo qualche minuto, in cambio di chissà quante settimane. Lasciare i gemelli era già stata un'agonia quella mattina, ma dire ciao persino ai miei genitori era straziante. Li strinsi forte, mi sentivo rinchiusa in così tante emozioni che non avevo idea di cosa stessi provando. La paura era tanta, soprattutto quella dell'ignoto, ma non vedevo l'ora di partire. Bloccata in quella posizione, il profumo di papà, lo stesso che da piccola trovavo sempre sul cuscino quando mi svegliavo, mi avvolse dandomi sicurezza.

«Mi raccomando vegliate su quei due, sono due pesti quando vogliono, ma lo fanno per attirare la vostra attenzione. Papà non tornare troppo tardi a casa la sera e non fare impazzire la mamma, al contrario tu però lascialo respirare un po' ed uscire ogni tanto con gli amici.» L'ex portiere trattenne una risata, mentre mi accarezzava dolce i capelli.

«A volte sembriamo noi i tuoi figli e non l'opposto. Sta tranquilla e pensa solo a goderti questa esperienza e giocare a calcio. Me lo prometti?»

«Farò del mio meglio.» La donna invece mi sistemò la capigliatura che l'altro mi aveva appena arruffato.

«State attenti, però, abbiate un comportamento responsabile. Non voglio vivere con l'ansia che possa arrivare una chiamata terribile.»

«Nelly lo sai che sono dei ragazzi con la testa sulle spalle, possiamo fidarci. Te lo dice uno che con loro ci ha passato tutti i giorni nel corso degli ultimi mesi.»

«Lo spero.» Concluso l'attimo di serietà, al moro parve accendersi una lampadina nella mente.

«A proposito, devo fare un discorsetto a Sirius prima che partiate, da uomo a uomo. Ho giusto un paio di raccomandazioni da fargli.» E così rossa come un peperone mi ritrovai a guardarli da lontano parlare. Chissà cosa gli stava raccomandando quel pazzo!

I saluti con i parenti alla fine erano stati per tutti molto più dolorosi del previsto, lasciando un senso di amarezza in bocca, legato al non sapere quanto tempo sarebbe trascorso prima di rivederli. Commovente era stato il saluto tra il signor Dark e il marito, Wanli, il quale, aiutato dalla sua imponente stazza, non sembrava intenzionato a lasciarlo andare. L'unico allegro in quella circostanza era Alexander, aveva si salutato i nonni, però stava andando a trovare i suoi a Seoul e non poteva che esserne entusiasta. Per fortuna l'entusiasmo generale venne rianimato dal visitare il nostro incredibile mezzo di trasporto, o almeno così era stato dopo aver superato la prima porta interna. Il portellone ci aveva condotti in una zona identica a quella di un normale aereo e l'idea di dormire e passare le giornate su dei sedili non entusiasmava nessuno, soprattutto un'iperattiva come me. Intravidi un bel gruppetto già pronto a lamentarsi quando gli adulti ci fecero segno di seguirli. Lì rimasi a bocca aperta. L'ambiente di prima era misero, però quello era davvero molto più di ogni mia più rosea aspettativa. La Federazione aveva una marea di soldi! Quella doveva essere per forza la sala dedicata ai pasti, contava infatti vari tavoli rotondi che potevano ospitare più passeggeri di quelli imbarcati in quel momento. Sul lato c'era un lungo bancone, che mi ricordava uno di quelli dei film americani dove nelle mense era presente il cibo da servire. Quello che mi aveva stupito di più, però, era quanto fosse luminosa e grande quella stanza. I numerosi finestrini disposti sulle due pareti laterali facevano un lavoro incredibile!

«Prima di passare alle questioni di tipo amministrativo, è mio compito introdurvi agli altri due membri dello staff che ci accompagneranno in questa missione. La nostra pilota, Misa Matsushima, e il signor Hiroshi Ishiguro, che sarà il vostro insegnante.» Ci inchinammo tutti verso di loro, ma solo io presi la parola.

«Vi ringraziamo molto per aver accettato di venire con noi.»

«Per favore alzatevi, non c'è bisogno di tanta formalità. Per noi è un piacere essere stati coinvolti in quest'avventura!» Quasi sussultai sentendo l’incredibile senso di gentilezza che la sua voce lasciava addosso. Aveva un sorriso timido che scaldava il cuore. I grandi occhiali e il gilet forse di una taglia di troppo gli davano un'aria simpatica, che contrastava con quella severa del nostro nuovo allenatore. La donna, di meno di trent'anni, rimase invece in silenzio, racchiusa nella sua uniforme. Chissà se fosse contenta di vederci, incominciavo già ad avere qualche dubbio, per lo meno finché non mi fece divertita l'occhiolino. Forse anche lei era felice di essere lì in fin dei conti.

«Considerando che saremo costretti a viaggiare sia di notte che di giorno in alcune circostanze, siamo dotati di un pilota automatico che permetterà anche alla signorina Matsushima di riposarsi.
Per quanto riguarda la cucina e la lavanderia ci affidiamo ai tre manager, infondo non sono lavori distanti da quelli che gli sono stati affidati duranti i ritiri.» Fabian incominciò a massaggiarsi le tempie e quello stava a significare che era irritato. Conoscendolo non era tanto per le mansioni, a quelle era abituato, era che non glielo avesse chiesto, lo aveva ordinato. Migliorando forse di poco la situazione, intervenne il professore.

«Vi prometto che per la preparazione del cibo cercherò di darvi una mano. Non sono uno chef così bravo, ma proverò a dare il mio contributo.»

«Tornando a noi, l'aereo è strutturato, salvo questa zona, su due piani. Come potete vedere sulla parete di fondo, ci sono sei porte in totale, tre su e tre giù. Le centrali sono quelle dei due corridoi, le altre sono uno dei due accessi a degli ambienti.»

«Qui dobbiamo farci dare una piantina, io mi sono già perso.» Bisbigliò Ethan al mio orecchio.

«Le camerate possono ospitare un massimo di sei persone, perciò i ragazzi si divideranno in due da quattro. Non ho intenzione di vedere nessuno girare dopo il coprifuoco, ci sono le telecamere ovunque, quindi lo saprò. Per entrare negli ambienti notturni dovrete scansionare la vostra tessera giocatore, così da monitorare gli accessi e soprattutto chi va in camera di chi.»

«Ci siamo arruolati nell'esercito senza saperlo per caso? Nemmeno nelle forze armate c’è una disciplina del genere!» Per la sua incolumità speravo che l'allenatore non avesse sentito i commenti dell'attaccante, altrimenti ne avremmo viste delle belle.

«So che ci sono diverse coppie, vi consiglio di non fare nulla di sconveniente o contrario alle regole di comportamento, altrimenti non ci penserò un attimo prima di sostituirvi e questo vale per chiunque mi disubbidisca. Sulla Fascia Inazuma troverete il regolamento completo.»

«Mi rimangio tutto, siamo in un lager, direttamente in un lager.»

«Ogni mattina riceverete il piano della vostra giornata, che potrà essere di tipo collettivo o individuale. Dovrete seguirlo alla lettera, senza eccezioni.»

«Abbiamo fatto in modo che abbiate sempre del tempo libero durante la giornata, non vi preoccupate. Non so bene dove sia, però c'è anche una sala svago da qualche parte. È stata un'idea di Mister Evans.» Che papà fosse lodato! Per quel dittatore avremmo dovuto solo studiare e allenarci! Grazie agli dèi il signor Dark ce lo aveva fatto presente.

«Visto che le comunicazioni sono terminate e che Blaze ha finito con i suoi commenti a bordo campo, andate ad accomodarvi sui sedili che è ora del decollo.» Sì, lo aveva proprio sentito. Il biondo non se lo fece ripetere due volte, forse nel tentativo di evitare la sua ira, corse a rispettare l'ordine. Notai solo in quel momento che la nostra pilota era sparita da diversi minuti, intenta a preparare gli ultimi dettagli. Dal canto mio, presi posto con calma accanto al finestrino. Volsi lo sguardo verso l'esterno, chissà quando avrei rivisto il mio amato Giappone. Partivamo per una missione di cui non conoscevamo la durata o anche solo le mete, in una corsa verso l'ignoto. Chiusi gli occhi e presi un bel respiro, ero pronta! Non importava quanto ci sarebbe voluto o che luoghi avremmo dovuto visitare, nulla mi avrebbe fermato dal salvare il calcio!

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


La velocità e la delicatezza con cui ci eravamo diretti alla ricerca delle cabine, era stata simile a quella di una mandria di elefanti, che spaventati scappavano da api e formiche. Per fortuna eravamo gli unici abitanti a bordo. Le trovammo tutte nello stesso corridoio, non mi sfuggii però che ce ne fossero altre all'occorrenza abitabili. Sulle nostre era stato affisso un cartello che indicava il genere di chi avrebbe dovuto risiedervi. Rimasi stupefatta ancora una volta quando vidi quanto fossero spaziose, insomma le mie aspettative erano piuttosto basse a rigor di logica. Chi poteva immaginare che avessero un budget del genere a disposizione! I grandi finestrini permettevano alla luce di filtrare nell'ambiente, rendendolo confortevole e luminoso. Il centro della stanza, lasciato vuoto in una specie di lungo corridoio, era circondato da tre postazioni per ogni lato. Quelle curiose strutture erano una composizione di tre diversi ambienti necessari alla vita di ogni giorno. Alla base si trovava un'ampia scrivania ad elle con delle mensole dove riporre i libri, arricchite inoltre da dei cassetti sottostanti. Attaccato ad essa era presente un armadio in miniatura, molto capiente nonostante le sue piccole dimensioni. Insieme, i due arredi, costituivano le fondamenta che avrebbero sorretto il letto ad una piazza e mezzo, raggiungibile con una scala. Nei miei pensieri ringraziai chiunque avesse avuto l'idea di aggiungere delle tende, che volendo avrebbero potuto circondare almeno la zona notte, garantendo un minimo di privacy e solitudine. Ero un tipo fin troppo estroverso, ma anch'io avevo bisogno di tanto in tanto dei miei momenti di distacco dal mondo.

«Certo che questo posto è davvero incredibile!» Esclamò Lea, che come me si guardava intorno incuriosita.

«Dav...»

«IO PRENDO QUELLO INFONDO A DESTRA!»

«IO QUELLO AL CENTRO!» Genesis, seguita a ruota da Melany, diede il via ad una caccia al chi prima arriva meglio alloggia, il che scatenò una vera e propria guerra. Finiti gli spargimenti di sangue, riuscii a sistemarmi per grazia degli dèi in quello opposto alla Stonewall con la finestra vicino. Avevo fatto proprio un bel "acquisto" in fin dei conti. Tirare il mio pallone mentre le altre si ammassavano sperando di raggiungere lo spazio desiderato era stata un'idea geniale e soprattutto vincente, gli anni di rimesse dal fondo erano tornati utili.

«Ragazze scusate, possiamo entrare?» La voce di Sirius attirò l'attenzione di tutte. Con uno sguardo veloce controllai che la situazione fosse a posto e che ogni oggetto potenzialmente imbarazzante fosse riposto al di fuori di occhi indiscreti.

«Sì, abbiamo finito di sistemare.» Così l'intera squadra finì per riunirsi da noi. Notare che Orlando si sentisse un pesce fuor d'acqua non era stato difficile, parlava solo se interpellato e si era seduto in un angolo lontano dagli altri. Dovevo stargli un po' vicino. Era ovvio che non sarebbe stato facile farlo inserire in un gruppo già formato, ma non avrei permesso che fosse costretto ad isolarsi. Incuriosita da quel sovraffollamento improvviso, era stata Emma a porre la domanda che forse ognuna di noi si stava facendo nella propria mente.

«Allora a cosa dobbiamo quest'invasione?» Il regista si pose subito come mediatore, per evitare che scoppiasse il solito caos che animava le nostre riunioni.

«La necessità di parlare del nuovo allenatore, opinioni?» Ethan non si lasciò scappare l'occasione di prendere la parola e si espose per primo.

«A me non piace, sembra uno che vuole comandare e basta.»

«Sono d'accordo con Blaze. Stiamo per finire in una dittatura peggiore di quella della Royal, credete a me. Non ho intenzione di farmi comandare a bacchetta!» Aiden annuì, il che non mi sorprese visto il suo caratterino, rimasi invece interdetta nel rendermi conto che numerosi cenni di assenso vennero da molti del gruppo. Solo Morgan, al contrario, scoppiò a ridere, quasi a voler prendere in giro quelle lamentele.

«Andiamo Genesis e anche voi altri che fate sì con la testa, lo sappiamo che alla fine per conservare il posto lo asseconderemo. Vi do massimo due settimane e poi saremmo tutti pronti a scattare come soldatini al primo richiamo. Persino i grandi rivoluzionari alla fine si piegheranno.- Volse la testa in direzione del trio dell'apocalisse, ovvero Eth, Gen e Froste. Con grande sorpresa, prima di uscire, posò una mano sulla spalla del nostro nuovo amico. -Chiedete ad Orlando se non ci credete. Non è stato forse lo stesso alla Royal Academy?» Quelle parole colpirono in pieno volto, quasi fossero il vento gelato portato dai primi freddi sulle strade di Tokyo. Swift era una persona gentile, ma allo stesso tempo molto cinica e sincera quando serviva. Aveva detto la verità senza troppi giri di parole, lasciandoci spiazzati. Chissà se la sua previsione si sarebbe rivelata esatta. Nessuno aveva avuto il tempo di dire altro, infatti, dagli altoparlanti, il mister ci ordinò di indossare la divisa e raggiungerlo.

Ci avevamo messo un po' a trovare la stanza indicataci. Quell'aereo si stava rivelando un vero labirinto contro ogni aspettativa. L'allenatore fissava l'orologio nel più completo silenzio. Aspettò che fossimo tutti presenti prima di iniziare il suo monologo.

«Dieci minuti di ritardo, ottimo inizio.» Il velo di ironia nella sua voce arrivò dritto a destinazione. Di quel passo non ci avrebbe messo molto a far perdere la pazienza ad alcuni di noi, era forse quello il suo obiettivo? Avrei davvero voluto sapere quali idee circolassero nella testa di quell’uomo, qual era il suo piano per la nostra squadra?

«Con tutto il rispetto signore, però non avevamo ricevuto nessuna indicazione di un massimo di tempo per raggiungerla.» Ethan si prese la responsabilità di dare voce ai pensieri del resto del gruppo. Nell'annuncio non aveva parlato di nulla del genere.

«Venti minuti, ci avete impiegato così tanto per cambiarvi e venire qui. Devo forse ricordarvi che ci troviamo in uno spazio ristretto, in cui le vostre camere distano forse duecento metri? Non so a cosa foste abituati con il signor Evans e non mi interessa, d'oggi in poi avrete massimo dieci minuti per raggiungermi dopo una chiamata. Chi farà ritardo avrà degli esercizi extra.»

«Per le ragazze facciamo quindici! A noi serve più tempo per prepararci!- La Stonewall venne azzittita con uno sguardo fermo e glaciale. -Bastava dire no.»

«Quando saremo in viaggio le sessioni mattutine incominceranno alle 6.30 e si protrarranno fino alle 10.»

«Trenta minuti prima del solito, che palle.» Continuò a borbottare.

«Poi fino a mezzogiorno avrete due ore di studio, le quali si ripeteranno dalle 2 alle 4 del pomeriggio.»

«Che notizia eclatante.»

«Alle 12.30 sarà servito il pranzo, perciò a quell'ora sarete tutti puntuali in sala mensa. Gli allenamenti pomeridiani si svolgeranno dalle 16 alle 19. Infine, la cena sarà servita alle 19.30.» Era più tardi rispetto agli standard giapponesi, ma per fortuna eravamo abituati grazie agli orari del club. Mi schiarii la voce, nella speranza di attirare l'attenzione dell'uomo.

«Scusi potrei fare un paio di domande?»

«Se proprio devi.»

«Nei tempi morti non segnati nella tabella avremo tempo libero? Quando saremo a terra, in che modo il programma cambierà? Ma soprattutto dove ci alleneremo? Non ho visto nessun campo sulla cartina.»

«È tutto o hai un'altra valanga di cose da chiedere.- Era retorico e fin troppo sarcastico per i miei gusti. Mi morsi istintivamente la lingua, quel tizio sembrava in grado di far saltare i nervi persino a me a quanto pareva. -La risposta sia alla prima che alla seconda è sì. Per la terza, invece, ti consiglierei di guardarti intorno, perché è proprio qui che si svolgeranno.»

«Qui? Ma questo posto è piccolissimo! Non ci sono nemmeno le porte!» Aiden aveva ragione, come avremmo potuto giocare lì dentro? Lo spazio era inutile per provare la maggior parte degli schemi, ma anche solo per dei buoni passaggi!

«Immagino conosciate la famosa Dark Room, un ritrovato tecnologico all'avanguardia creato affinché la Earth Eleven fosse in grado di allenarsi anche nello spazio. Grazie all'intervento del signor Blaze, ne è stata costruita qui una versione più evoluta.» Una serie di scenari, i più diversi gli uni dagli altri, incominciarono ad alternarsi intorno a noi, mostrandoci la varietà delle nostre possibilità.

«Wow...»

«Ogni ambiente è stato ideato per potenziare una specifica parte del corpo o abilità. Mi aspetto che possiate sfruttarla al meglio, sia nelle fasce stabilite che nel vostro tempo libero.» D'improvviso mister Dark decise di prendere parte alla conversazione.

«Non esagerate però, ricordatevi che anche il riposo è molto importante se non volete rischiare di infortunarvi.» Ignorandolo, il signor Kan ricominciò a parlare.

«Evans, Sharp, Blaze!- Senza rendercene conto, finimmo tutti sull'attenti, raddrizzando per istinto la schiena. -So che vi siete fatti una certa fama nel calcio giovanile giapponese e non posso che domandarmi perché. Ho visionato i video di ogni vostro singolo incontro della stagione e non sono per nulla soddisfatto. Voi tre sareste davvero considerati l'eccellenza? Siamo sicuri che non sia la vostra parentela piuttosto ad attirare la gente? Mi aspetto un sensibile cambio di rotta, sempre se volete sperare di rimanere in squadra. Qui, e lo dico per tutti, il vostro cognome e i riconoscimenti che avete avuto in precedenza non contano, ognuno di voi è sostituibile se troverò qualcuno di meglio.»

Se già era stato un miracolo sopravvivere alla prima sessione in quella stanza infernale, il peso delle parole del mister l'aveva resa ancora più insostenibile. In un colpo solo era riuscito a raggiungere le peggiori paure di tutti e tre: la mia di non essere all'altezza delle aspettative, quella di Sirius di non avere il controllo della situazione e quella del biondo di non piacere alla gente. Non avevo intenzione di lasciarmi abbattere però, rispetto a quello che avevo affrontato con la stampa nei mesi precedenti quella era una passeggiata di salute.

«Mi fa male tutto!» Sdraiata a terra Melany tentava di stiracchiarsi, forse cercando di far allentare il forte dolore muscolare. Derek, seduto accanto a lei, cercava di confortarla.

«Pensa che il nostro fisico ha già un'ottima base di partenza e in pochi giorni ci abitueremo a questo nuovo ritmo.» Possibile che quel ragazzo fosse in grado di essere gentile e disponibile solo con lei? Era proprio un caso perso.

«Temo che questo allenatore sia più tarato sullo stile Royal che su quello Raimon.» La costatazione di Orlando era più che veritiera, avendoli provati entrambi potevo confermare. Non solo per il modo in cui strutturava le sessioni, molto più incentrate sulla forza fisica di base e la resistenza, ma anche per il modo di rivolgersi a noi. Lui non cercava un dialogo, dava ordini. Infuriata, Genesis si alzò in piedi sbraitando.

«Io questo tizio non lo sopporto! È un pallone gonfiato, che si crede chi sa chi! Ella, con tutto il rispetto per tuo padre, però che cazzo aveva in mente quando lo ha scelto! Non possiamo chiedere di mandarci qualcun altro?»

«Non credo e, ad ogni modo, mi fido della decisione di papà. Dev’esserci un motivo se ha selezionato proprio lui, dobbiamo solo capire quale.»

«Per la sua incolumità speriamo di capirla presto perché i miei nervi stanno già per saltare.» Divertito, Fabian non si lasciò sfuggire la facile battuta.

«Dove sarebbe la novità?»

«La novità è che questa volta l'omicidio lo commetto sul serio!»

Dopo quell'ammazzata, persino sollevare il vassoio del pranzo sembrava un’impresa impossibile. Non ero mai uscita con le braccia così distrutte nemmeno da un intero pomeriggio rinchiusa nella sala per il potenziamento. Una cosa era certa: o sarei migliorata molto nelle settimane successive o avrei finito per infortunarmi. Ero decisa a rispettare la prima, non l'avrei data vinta a quell'antipatico. Ringraziata Shiny per il cibo, incominciai a guardarmi intorno per decidere dove sedermi. Era proprio come a scuola, nonostante ci fosse un rapporto di amicizia tra tutti, andavano irrimediabilmente a crearsi dei gruppi. Non mi sentivo di fare la predica a nessuno in ogni caso, non ero forse la prima a girare quasi sempre con Eth e Sir? Ero pronta a scegliere il tavolo, quando notai Orlando seduto da solo. In meno di tre ore, era già la seconda volta che succedeva e quello non ci faceva di certo onore. Almeno da Emma, in grado di parlare anche con un muro, o da Melany, casinista per eccellenza, mi aspettavo un minimo di iniziativa! Non potevano nemmeno dire che fosse un ragazzo scortese o antipatico, era un amore quando ci si parlava! A quel punto toccava a me dare il buon esempio e mostrare la famosa ospitalità della Raimon.

«Ti dispiace se mi siedo?- Il suo viso si illuminò, quasi avesse avuto qualche sorta di apparizione. -Allora come ti trovi in questo gruppo di pazzi? Deve essere difficile cambiare squadra.»

«Per il momento bene, almeno credo. Non mi hanno rivolto molto la parola da quando sono arrivato.»

«Ho notato, però non preoccuparti, è più normale di quel che sembra. Gen e Sirius ti staranno studiando, Aiden se non siete in confidenza spesso grugnisce in risposta, Derek parla solo con Melany e Sirius se può evitare gli altri, Morgan starà cercando una scusa per attaccare bottone, mentre Alex ed Ethan saranno bloccati su qualche pettegolezzo dell'ultima ora.»

«E Bianchi e Schiller?»

«Avranno la testa da un'altra parte, succede più spesso di quanto io voglia ammettere.»

«Certo che li conosci bene i tuoi compagni.»

«Sono il capitano, non è forse parte del mio compito? In più siamo amici da anni oramai e sono per me una seconda famiglia. Immagino da voi alla Royal Academy sia lo stesso.»

«No, direi di no. La prima squadra è divisa in schieramenti e nella seconda sono così tanti che non credo si conoscano tutti. Non ci avevo mai pensato, ma con alcuni miei compagni non ho nemmeno mai parlato di qualcosa al di fuori del club.»

«Davvero? Ero convinta che quell'aria tesa che si respirava fosse dovuta all'ambiente e alle regole, non hai ragazzi.»

«L'apparenza inganna. Voi sembrate andare molto d'accordo invece.»

«Aspettiamo la fine della prima settimana di convivenza 24h su 24 e poi ne riparliamo, va bene?» Scoppiammo a ridere, entrambi con la mente nell'immaginario di una guerra civile.

«Ci sto.» Un suono simile ad un'interferenza attirò l'attenzione di tutti presenti. Solo quando la voce della signorina Matsushima uscì dagli altoparlanti capimmo di cosa si trattasse.

«SIAMO PROSSIMI ALL'ATTERRAGGIO A SEOUL, VI PREGHEREI DI APPRESTARVI A RAGGIUNGERE I VOSTRI SEDILI E ALLACCIARE LE CINTURE!»

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


La calma della pausa pranzo era durata ben poco, interrotta dall'atterraggio e dalla subito convocata riunione. Come se non bastasse, ero riuscita a mettere sotto i denti ben poco e alla fine il mio stomaco stava incominciando a brontolare. Possibile che quel rompiscatole non avesse rispetto nemmeno per i nostri pasti? Già ci tiranneggiava dal primo momento in cui ci aveva visti, almeno per mangiare poteva lasciarci in pace! Osservavo l'allenatore camminare da un lato all'altro della stanza e cercavo di mantenere l'espressione più calma possibile, ma il mio unico pensiero era che se non ci avesse congedati in fretta, avrei addentato il suo braccio.

«Bene, passiamo alle comunicazioni relative alla nostra missione qui.- Con un gesto rapido della mano invitò il suo vice a proiettare una cartina della città. -Non abbiamo informazioni precise relative alla posizione esatta dell'organizzazione, ma sappiamo dove si sono verificati i loro movimenti. Si tratta delle tre scuole qui segnate, tutte situate nel quartiere di Seodaemun. Il nostro obiettivo sarà di conseguenza ispezionare il quartiere e le zone limitrofe.» Mi sorprese genuinamente la velocità alla quale Melany alzò la mano, anche perché lei era il tipo che di norma non ascoltava una parola e poi ti chiedeva un riassunto alla fine.

«Per la lingua come facciamo? Io non parlo coreano e il mio inglese fa acqua da tutte le parti.» Alex era pronto a darle man forte.

«Non ha tutti i torti, io sono l'unico di madrelingua coreana. Sirius è apposto perché è in parte americano e lo stesso vale per Emma che è abituata a viaggiare, ma gli altri?» Annuii, anche Eth, Derek ed io avevamo un buon livello di inglese grazie alle continue conversazioni con Sir, però lo stesso non si poteva dire per il resto dell'allegra comitiva. Avevo assistito alle più grandi mostruosità venire fuori da quelle bocche, sia durante le lezioni che fuori. L'unica incognita era Orlando, che si sperava avesse un minimo di padronanza linguistica. Il signor Ishiguro, con il solito tono gentile e garbato, diede subito una risposta alle nostre perplessità.

«Sulle vostre Fasce Inazuma è già stata installata un app di traduzione.»

«Meno male! Io me la scampavo qui, ma negli altri posti avrei fatto la figura del deficiente e non sarebbe stato molto stiloso da parte mia.» Con un gesto rapido lanciò una parte della sua chioma indietro, colpendo il povero Aiden in pieno volto. Poverino, che pazienza che serviva con quel biondino.

«Si tratta di un programma all'avanguardia che consentirà a voi di sentire le persone parlare in giapponese, mentre gli altri vi percepiranno nella loro.»

«Forte!»

«Con un semplice gesto del braccio potrete poi scansionare le scritte se avrete difficoltà. Chi vuole cimentarsi con l'inglese, però, è libero di farlo, magari potreste sfruttare l'occasione per migliorarlo e mettervi alla prova.» L'espressione sul viso di Mel diceva tutto, non ne aveva la minima intenzione, nemmeno se l'avessero pagata. Non rientrava nella sua filosofia. Il mister riprese poi l'attenzione su di sé.

«Formerò i gruppi tenendo conto delle competenze linguistiche, non vi preoccupate. Avrete a testa almeno uno con un livello decente d'inglese, anche se il fatto che non lo abbiate tutti mi fa dubitare del vostro sistema scolastico.» Quel tizio aveva qualche problema. Le opzioni erano due: o non dormiva bene e si svegliava sempre di cattivo umore, oppure mangiava pane ed acidità a colazione. Possibile che avesse ogni volta un problema di cui lamentarsi o qualcuno con cui prendersela? Non era mai allegro e felice? Era forse chiedere troppo? Gli avevamo forse fatto un torto di cui non eravamo a conoscenza? Perché non gli piacevamo, c'era forse qualcosa sotto?

L'aeroporto era davvero affollato quel giorno, le persone sembravano non rendersi conto degli altri, ma si muovevano comunque come un ingranaggio ben oliato in cui erano tutti al proprio posto. Si passavano così vicini da potersi quasi sfiorare, ma alla fine nessuno toccava mai veramente l'altro. Riflettendoci poteva essere una rappresentazione fisica del mondo moderno, in cui gli individui correvano da una parte all'altra non notando chi o cosa avessero intorno. Era proprio strano pensare cosa fosse diventato. Scossi in modo vigoroso la testa, non dovevo distrarmi se volevo evitare di perdere di vista gli altri... impiegai ben dieci secondi per rendermi conto che quelle erano diventate da un bel po' le ultime parole famose. Incominciai a guardarmi intorno in preda al panico, da quanto erano spariti? Possibile che fossi così deficiente da non accorgermi che si fossero allontanati? Grazie disturbo dell'attenzione, come al solito eravamo un'ottima squadra. Cosa dovevo fare? Chiamare qualcuno? Ma se non avevo nemmeno idea io di dove mi trovassi, che punti di riferimento potevo dare? E se l'allenatore si fosse arrabbiato e mi avesse cacciato perché ero troppo distratta? Già me lo immaginavo: "Che me ne faccio di un portiere con un deficit dell'attenzione! Tornatene in Giappone che è meglio!" Ella, dovevi respirare. Una volta calmata avrei risolto il problema con facilità, dovevo solo tranquillizzarmi. Mi inginocchiai a terra, coprendo con le mani il volto. Il fracasso che avevo intorno non mi aiutava e dovevo cercare di isolarmi il più possibile. Proprio allora lo sentii, mentre ero raggomitolata in quella posizione infantile, attirando lo sguardo indiscreto della gente. Avrei riconosciuto quel rumore tra mille, quello di quando il cuoio si scontra con una scarpa, per poi muoversi verso il corpo di un giocatore. Rizzai la testa senza pensarci un attimo, da dove veniva quel meraviglioso suono?

Una folla si era radunata a pochi metri di distanza da me e più mi avvicinavo e più quella incredibile "melodia" diventava forte e reale. Cercai di farmi spazio tra le persone senza infastidire nessuno. Volevo evitare se possibile di rubare il posto a qualche spettatore, ma era essenziale per me capire con esattezza di cosa si trattasse. Al centro di quella composizione, come se si stesse esibendo in un vero e proprio spettacolo, c'era un ragazzo che palleggiava ed eseguiva trick con un pallone dorato. Il volto era coperto da una lunga chioma scura, salvo per le punte bionde, tirata avanti dalle acrobazie e dal cappuccio della felpa che indossava. Si muoveva con uno stile che non avevo mai visto, quasi mischiasse al calcio il ballo. Rimasi senza parole anch'io, quando girò sulla testa e nel frattempo giocò con la palla. Non avevo mai pensato che la Break Dance potesse essere utilizzata in quel modo. Imbambolata com'ero, non mi ero quasi resa conto di essere avanzata di qualche passo rispetto al resto della cerchia. Quando la sfera aveva incominciato a venire nella mia direzione, avevo impiegato alcuni secondi a rendermene conto. Nonostante il primo istinto fosse stato di bloccarla con la mano, la stoppai di petto. Cosa voleva? Perché me l'aveva passata? Proprio allora incrociai per la prima volta il suo sguardo. Aveva gli occhi sorridenti, come pochi ne avevo mai ammirati. Quello bastò per capire tutto. Lasciai cadere a terra la borsa a tracolla e senza sapere bene il perché mi ritrovai anch'io coinvolta in quello spettacolo, che da una performance solista era divenuta un passo a due.

Passarono diverse decine di minuti prima che la folla si diradasse, anche se a me sembrarono molti di meno. Mi accostai per ricuperare subito il borsone, se possibile volevo evitare che qualcuno lo rubasse o che lo considerasse un oggetto smarrito.

«Sei davvero brava a calcio, sai?» Una voce giunse alle mie spalle. Aveva pronunciato una frase molto breve, ma si percepiva già da quelle poche parole il suo tono vivace, il quale creava un divertente contrasto con la sua voce così profonda.

«Grazie, anche tu! Non avevo mai visto nessuno mischiare mosse di danza con il calcio!» Ero a dir poco entusiasta, vederlo muoversi in quel modo era stato davvero esaltante.

«È uno stile che prende ispirazione dai ragazzi che usano la capoeira! Ho visto così tanti loro video che alla fine mi sono detto che avrei dovuto provare anch'io! Insomma, se loro mixavano due cose che amano, allora perché non avrei dovuto farlo e dare vita ad un mio stile personale?»

«E così ti sei ritrovato a ballare e calciare, giusto?» I suoi occhi si illuminarono e un sorriso gli si formò sul volto.

«Esatto!» Per la prima volta credevo di aver capito cosa vedessero in me i miei amici quando parlavo del nostro sport. La gioia e la felicità che si leggevano nel suo sguardo erano qualcosa di indescrivibile! Aveva iniziato a parlarmi a raffica di due mila argomenti diversi quando lo interruppi.

«Scusa, ma, ora che ci penso, come facevi a sapere che so giocare a calcio?»

«Ho notato la tuta e soprattutto la Fascia. Dalle nostre parti la usano esclusivamente i calciatori, gli altri atleti spesso non sono molto avanti a livello tecnologico, preferiscono le tradizioni.»

«Complimenti per l'attenzione ai dettagli! Io sono Gabriella Evans, piacere di conoscerti.» Eseguii un leggero inchino in segno di saluto.

«Do Hyun Ra. Sei giapponese, vero? Io adoro il Giappone, ci sono stato solo una volta per una gara, però vorrei tanto ritornarci!» Trattenni una risata, quel ragazzo era persino peggio di me quando si trattava di dare confidenza a persone conosciute da pochi minuti. Se fosse stato adolescente nello stesso periodo di mio padre, sarebbero stati migliori amici. Su quello non avrei avuto alcun dubbio.

«Per me è la prima volta in Corea invece. Ho viaggiato un po' ovunque per il lavoro di papà, ma non sono mai venuta qui.»

«Seul è una città magica, moderna quanto eclettica...- Il suo volto si incupì perdendosi nel vuoto. -sempre se non la si guarda troppo affondo. Se si attraversa lo specchio le tenebre potrebbero prenderti e risucchiarti, l'ho visto spesso. Pochi riescono a resistere alle loro richieste, pochi resistono alla tentazione...» Un brivido mi percorse la schiena, l'atmosfera sembrava aver perso d'improvviso la gioia che riempiva l'ambiente. Appoggiai una mano sulla sua spalla, forse per calmarlo o anche solo per richiamare la sua attenzione.

«Ehi, stai bene?» Mosse la testa in una piccola serie di scatti, riprendendo solo alla fine la mia direzione e la sua normale allegria.

«Come? Ah, sì. Scusami, pensieri vari. Comunque, sono abbastanza certo che ti stiano cercando.- Indicò alle mie spalle, dove due figure conosciute correvano verso di me. -Io ti saluto a questo punto, alla prossima capitano della Raimon.» Rimasi paralizzata nel sentire quelle parole, non glielo avevo mai detto. Come poteva sapere che fossi il capitano della Raimon? Quando mi voltai per chiederglielo però era già sparito. La voce di Ethan al contrario era più vicina che mai.

«Ella, eccoti! Non ti trovavamo più e ci siamo spaventati. Il mister ci ha mandato a cercarti e temo sia abbastanza irritato. Non che di norma sia tranquillo, però diciamo che lo è meno del solito.» Sirius al contrario parve accorgersi subito della mia confusione.

«Che succede? Sembri aver visto un fantasma. È a causa del ragazzo con cui stavi parlando?»

«Giusto, chi era quello?»

«Non ne sono sicura. Credo sia stato l'incontro più strano della mia vita.» Il mio fidanzato crucciò la fronte.

«Cosa intendi con strano?»

«Sembrava gentile e amichevole, ma credo mi conoscesse più di quanto volesse ammettere. Se questo fosse stato il nostro primo incontro, come poteva sapere in quale squadra giocassi?» Ethan alzò le spalle divertito.

«Sei sicura di non averglielo detto tu per sbaglio? Senza offesa tesoro, però tu parli parecchio e non sei nuova dal raccontare i fatti tuoi a chiunque senza pensarci troppo.» Lo fulminai sottecchi.

«Sì, ne sono certa. Gli ho solo detto il mio nome, nulla più e dubito che in Corea del Sud seguano più di tanto il campionato giovanile giapponese.» Sir parve rifletterci un momento prima di rispondere, forse alla ricerca della frase più adatta e sensata.

«Per te dobbiamo preoccuparci? Potrebbe avere a che fare con loro?»

«Potrei sembrarvi pazza, ma c'è qualcosa in lui che mi dice che non si tratta di una minaccia.»

«Speriamo che tu non ti stia sbagliando.»

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