Sugar

di hermione_W
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 (Parte due) ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** CAPITOLO 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


CAPITOLO 1

“Ehi Evans…Non dico che ballerò. Ma se cambiassi idea…Cosa dovrei fare?”

Uscire fuori dalla comfort zone per Chad Danforth era sempre stato un problema. Sembrava che pronunciare quelle parole gli fosse costata tutta l’energia rimanente dall’incontro di baseball appena terminato. Il sole era cocente quella mattina, e ad aggiungersi al caldo soffocante c’era la sensazione sgradevole del terreno che sfregava sulla sua pelle. Non era in grado di stabilire se si aspettasse davvero una risposta. Sapeva soltanto che l’esito di quel match lo aveva caricato di adrenalina tanto da indurlo a pensare di tentare qualcosa di nuovo.

Ryan Evans ascoltò la domanda di spalle. Esitò qualche momento prima di allontanarsi e lasciarlo nel dubbio, acclamato dalla folla dei Wildcats. Ciò che il bruno non vide fu il sorriso con cui l’altro ragazzo si congedò.

Tutto al Lava Springs esprimeva classe, persino gli spogliatoi del campo da baseball. La sala era completamente in pietra beige, con alte arcate e pilastri laterali stile Antica Grecia. Impegnandosi per non sembrare imbambolato alla vista della struttura, Chad si avvicinò ad uno degli armadietti, in tinta con le pareti, e vi posò la sua biancheria. Sciolse i capelli voluminosi che aveva raccolto in un codino in occasione della partita e si tolse i vestiti, prima di entrare in doccia.

Quando ebbe finito, si guardò attorno cercando di captare qualche presenza scomoda e, accertatosi di avere campo libero, indossò un asciugamano del Club attorno alla vita, di cui non era sicuro di poter usufruire in qualità di dipendente.

Non si accorse però di alcuni passi che lo raggiunsero nel giro di qualche secondo. Era già pronto a scusarsi nel caso fosse qualcuno della sicurezza, ma con sua sorpresa non si trattava di quello.

“L’hai già cambiata la tua idea, Danforth. Te lo si legge in faccia.”

Chad si voltò e vide Ryan, che gli rivolse un mezzo sorriso. Non era sicuro del fatto che Chad fosse contento di sentirselo dire, quindi fissò negli occhi il bruno quasi sfidandolo, curioso della sua reazione.

Quest’ultimo squadrò il biondino, che indossava solo un accappatoio e delle infradito. “Allora lo togli il cappello quando fai la doccia, non ci avrei mai scommesso.“ Sbottò Chad, ridendo tra sè.

Fu subito chiaro a Ryan di aver colpito Chad, tanto da fargli cambiare discorso.

“Ebbene sì, ho dei capelli da lavare, sai…”. Chad sorrise, genuinamente divertito dalla situazione, e ad un tratto sembrò ricordarsi della frase precedente.

“Cosa ti fa pensare che sarei una buona aggiunta per il tuo spettacolo, Evans?”

Ryan riflettè un attimo, scorrendo mentalmente ciò che aveva visto durante il baseball. E durante tutte le partite dei Wildcats a cui aveva assistito. Dopotutto, il basket era l’unico modo per poter ammirare dei ragazzi passando inosservati, senza attirare sguardi sospetti, anche se era quasi completamente sicuro che tutta la scuola sapesse del suo essere gay.

“Hai grinta e dei movimenti sinuosi. E sei anche molto flessibile, da quello che ho potuto notare. Direi che saresti un’ottima aggiunta al mio corpo di ballo.”

Chad sembrò compiaciuto dalla descrizione, ma dentro di sè un sentimento contrastante lo bloccava. La sua esperienza con il ballo era cominciata e finita con la recita delle elementari e non aveva assolutamente più intenzione di tornare a farlo, soprattutto dopo le prese in giro dei suoi compagni a cui ballare non piaceva. Perchè a Chad piaceva in realtà, ma non lo avrebbe mai ammesso.

Scacciò questi spiacevoli pensieri e si concentrò sul ragazzo di fronte a lui. Aveva uno sguardo calmo e profondo, e i suoi occhi blu non smettevano di incontrare i suoi nocciola.

“Non mi hai ancora detto cosa dovrei fare però”.

Ryan sbuffò in un sorriso e abbassò per un attimo lo sguardo, prima di tornare a guardarlo.

“Cerca un palcoscenico. Resta al centro e ascolta le tue sensazioni. In base a quello capirai se sei pronto.”

A sentire quelle parole, lo stomaco di Chad fece un sussulto. Probabilmente aveva ragione. Gli sarebbe piaciuto ma non era pronto. Ryan sembrò percepire questa insicurezza e continuò.

“Non devi avere fretta. L’importante è che tu sia a tuo agio con te stesso. Non deve essere una forzatura. “

Chad guardò Ryan da capo a piedi. Attese qualche secondo prima di parlare, con tono incerto.

“È stato sempre così facile per te? Fare ciò che ti pareva senza pensare ai giudizi della gente?”

Ryan non sembrò colpito dalla domanda, ma piuttosto dal perché l’aveva posta, e mantenne il suo tono pacato, nonostante stesse varcando un lato personale per lui ancora pungente.

“In realtà non è stato mai stato semplice essere me stesso, ma ho sempre deciso di seguire i miei desideri. Però se ti chiedi se ho mai pensato di omologarmi alla massa…Si, molte volte.”

Chad cambiò espressione e gli si strinse il cuore per un attimo.

Ryan fece una breve pausa, esitando per qualche istante, ma continuò “Arrivi ad un momento in cui pensi di rinunciare a te stesso per accontentare gli altri. All’inizio ti sembra che sia la cosa giusta da fare, vedi la tua famiglia, i tuoi amici, che ad un tratto sono più fieri di te, ma poi la magia finisce, e senti un macigno che quasi ti soffoca.”

Lo sguardo del biondo si incupì leggermente, e abbassò lo sguardo un paio di volte, ma continuò a mantenere la sua solita calma.

“Per cui ti dico, spesso non è semplice. Ma se credi ne valga la pena, buttati.”

Chad fissò il ragazzo di fronte a sè. Era la prima volta che lo sentiva parlare così, anzi, forse la prima volta che lo sentiva parlare senza Sharpay. In realtà non aveva mai avuto occasione di parlarci direttamente, ma aveva sempre avuto l’idea che Ryan fosse un po’ snob e viziato, dall’alto dei suoi outfit scenografici e costosi. Ma ora, praticamente in accappatoio di fronte a sè, era semplicemente un ragazzo che aveva appena messo allo scoperto le sue incertezze. Lo fissò intensamente negli occhi, quasi come se volesse cercare di scavare di più nella sua anima.

“Non so se ho abbastanza coraggio per farlo. Probabilmente in questo sei più bravo di me. “

Ryan gli sorrise timidamente e arrossì leggermente. Non era una situazione molto semplice da gestire, doveva essere sincero. Non ricordava quando fosse stata l’ultima volta in cui si era trovato in una situazione così particolare con un altro ragazzo. Probabilmente solo agli spogliatoi di nuoto alle scuole medie, considerando il fatto che non aveva mai avuto il coraggio di approcciare qualcuno, ma non era mai stato neanche oggetto d’interesse da parte di altri. Nella sua classe, alla East High, non era molto legato ai suoi compagni anzi, avrebbe detto per nulla. Ma da qualche tempo iniziava a pensare che questo disinteresse da parte degli altri nei suoi confronti dipendeva da Sharpay e da come lo controllasse dappertutto, tanto che a tratti diventava difficile anche sgusciare in bagno o a pranzo da solo. Se proprio doveva dirla tutta, era stanco di questo trattamento. Sentiva il bisogno in qualche modo di far vedere che esistesse anche lui nel mondo, e lo spettacolo con i Wildcats si stava rivelando davvero un’ottima occasione. Tuttavia avere Chad Danforth a petto nudo di fronte a sè lo metteva a disagio. Aveva paura di non riuscire a mantenere la concentrazione sul discorso, ma fortunatamente ne uscì indenne.

“Se hai bisogno di un supporto, conta su di me. Fonti esterne mi hanno detto che sono un buon motivatore.” Gli rivolse un occhiolino. Un occhiolino. Non sapeva neanche come gli fosse uscito o da dove gli saltò in mente. Sperò vivamente che Chad non se ne fosse accorto, ma sarebbe stato impossibile non notarlo.

Chad vide l’occhiolino da parte del biondino e lo guardò nuovamente dall’alto verso il basso. Erano già abbastanza volte che lo faceva, e non sapeva perchè. C’era qualcosa in Ryan che invitava Chad a guardarlo. Il suo fisico era asciutto e la sua pelle pallida, come se il sole non lo toccasse per alcun motivo. In quel momento i suoi capelli erano scompigliati e bagnati, e i suoi occhi blu emergevano nel candore del suo viso. Il bianco dell’accappatoio che aveva indosso lo faceva probabilmente sembrare ancora più chiaro di quanto non lo fosse già.

“Cosa hai da propormi allora?” Bofonchiò Chad mentre si asciugava i capelli servendosi di un altro asciugamano.

Ryan fece un attimo di pausa e azzardò. “Fingi di essere qualcun altro. Esci dal ruolo di Chad Danforth, o da quello che è stato fino ad ora.” Non sapeva neanche lui cosa volesse dire davvero, ma gli sembrava semplicemente la cosa più giusta da dire in quel momento.

Chad ricambiò lo sguardo aggrottando la fronte, chiedendosi cosa intendesse. Vedendo l’indecisione di quest’ultimo, Ryan continuò, avendo avuto un’idea interessante. “Mi hai detto che sono più bravo di te a coraggio. Bene, diventa me.”

Il bruno continuava a non capire. Cercò di farsi arrivare qualche idea sensata ma il suo cervello non gli suggeriva assolutamente nulla.

“Che cosa intendi?”

“Quando salirai su quel palcoscenico sarai Ryan Evans, non più Chad Danforth che ha paura di ballare e di qualsiasi cosa che riguardi le arti sceniche”. Ryan rise vedendo ancora una volta l’espressione perplessa di Chad.

“Ossia dovrei iniziare a camminare dietro una certa regina di ghiaccio e indossare vestiti sgargianti?” Alzò un sopracciglio il riccio.

“Ecco, magari solo la seconda parte avrebbe più senso”. Ryan aveva l’impressione che il suo cervello stesse parlando senza chiedere a lui prima l’autorizzazione.

“Ma scherzi? Che razza di idea sarebbe?” Chad scosse la testa chiedendosi cosa stesse frullando nella mente del biondo. Anche se, onestamente, avrebbe provato qualsiasi cosa pur di liberarsi da quella piccola cosa che ogni volta lo bloccava.

“Non saprai mai se funziona se non ci provi.” Ryan cercò di guardare dritto Chad negli occhi ma per qualche istante i suoi occhi si posarono sui suoi pettorali. Alcune gocce d’acqua percorrevano il suo addome e il biondo si sentì a disagio per ciò che stava provando nell’osservarle. Il suo cuore cominciò ad accelerare e gli sembrava come se ad una certa l’ossigeno faticasse a farsi strada nei suoi polmoni. Non poteva perdere ora il controllo, soprattutto non con Chad Danforth. Si stava maledicendo internamente per quei pensieri quando il bruno lo risvegliò da quel momento.

“E allora facciamolo. Ci sto.”

Ryan riemerse dal torpore. Sperava in tutti i modi di non lasciar trasparire nulla dall’esterno, ma purtroppo le sue orecchie avevano assunto una colorazione simile al cappello dei Wildcats.

Chad lo osservò in maniera interrogativa per qualche momento. “Tutto bene, Jazz Square?”

Ryan annuì. “Si muore di caldo qui, meglio andare all’aria aperta” dissimulò.

“Si hai ragione…”

“Ma prima, ricordati che fuori da qui sarai Ryan Evans. Abbiamo tempo prima della festa di stasera per la tua vittoria, hai tempo per fare pratica.”

“Cosa dovrei fare quindi?”

Ryan prese i suoi vestiti e glieli porse. “Mettiteli”

“Stai scherzando? Devo girare con quel cappello?” Chad guardò inorridito la coppola a righe.

“Grazie per aver apprezzato il mio cappello, non c'è di che.” Disse Ryan, fingendo di esserne offeso.

Chad si accorse della stupidaggine appena fatta e continuò balbettando “No…è che…è solo che a me non starebbe come a te. “

Ryan avvampò. Era un complimento? Non lo sapeva, non stava capendo.

Chad si accorse di ciò che avesse appena detto e decise di non aggiungere altro e andare ad indossare i vestiti di Ryan. Non capiva come il biondo fosse riuscito a non sporcarsi durante la partita, infatti le sue robe sembravano appena uscite dalla lavatrice. Addirittura, c'era ancora il suo profumo impresso. Gli ricordava lo zucchero a velo. “Davvero, Evans? Zucchero a velo?” pensò tra sé e sé e sorrise. Lui si che aveva coraggio. Quel coraggio che non aveva mai avuto e che sperava di tirare fuori, da qualche parte. Si era nascosto dietro gli armadietti per cambiarsi, dopo che avevano deciso che Ryan avrebbe indossato in risposta l’uniforme Wildcats.

Chad si sporse un attimo dagli armadietti per chiamare Ryan contestargli la scelta audace del profumo, e vide il biondo già in pantaloncini dei Wildcats, cercando di capire il verso della casacca che avrebbe indossato. Non poté fare altro che notare quanto fosse aggraziato e con una leggerezza quasi irreale, anche nel solo gesto di indossare una maglietta.

Decise, quindi, di completare la sua vestizione, prima di riemergere dagli armadietti con l’outfit di Ryan. Si guardò allo specchio e convenne che la coppola non gli stava poi tanto male.

“Evans, zucchero a velo?” Disse Chad con una risatina, una volta che fu certo che Ryan si fosse vestito del tutto.

“Si, che ne pensi? Immagino sicuramente mascolino e virile.”

Chad continuava ad essere colpito dalla naturalezza con cui Ryan parlasse. Non aveva paura di essere giudicato, di cosa gli altri pensassero. O almeno non più, stando al discorso precedente. Per lui, essere considerato poco virile sarebbe stato un insulto bello e buono, un motivo per litigare.

A Ryan non importava affatto.

E questo infastidiva Chad. Perché avrebbe tanto voluto che anche a lui non importasse.

“Se ti vedesse Sharpay conciato così ti disconoscerebbe” Chad guardò Ryan con la divisa dei Wildcats e pensò alla faccia che avrebbe fatto sua sorella.

“Ah beh,poco male. Mi disconoscerebbe anche per molto meno. Ti dona il cappello.”

Chad fu colto di sorpresa e ne fu compiaciuto, mentre Ryan gli si avvicinò per inclinargli la visiera e regalargli un timido sorriso.

“Molto meglio”

Chad ricambiò il sorriso del biondino, non staccandogli gli occhi di dosso. “Se lo dici tu…”

Non appena Ryan distolse lo sguardo, Chad si tirò un pizzicotto sul braccio. Non stava capendo il motivo, ma la sua presenza non gli era indifferente. È come se il suo sguardo non riuscisse a svincolarsi da lui, e questa cosa non gli piaceva affatto.

“Quando sei pronto, andiamo.”

“Dove?”

“C’è il buffet per la vittoria dei Wildcats, no? Per il palcoscenico avremo tempo subito dopo.”

Ryan aprì la porta dello spogliatoio, aspettando Chad, ed insieme raggiunsero gli altri ragazzi per festeggiare la partita appena trascorsa.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


CAPITOLO 2

Quel pomeriggio la temperatura era perfetta. Il caldo afoso della mattinata appena trascorsa aveva lasciato spazio ad una leggerissima e fresca brezza.

La via per il teatro del Lava Springs era opposta a quella del campo da baseball, così i due valutarono se servirsi di un golf cart per raggiungere l’altra parte del club, ma decisero che una passeggiata sarebbe stata più gradevole.

Il buffet era stato delizioso. C’era di tutto, da hamburger a patatine di ogni tipo, passando per pizze giganti. I due ragazzi ebbero modo di continuare a chiacchierare ai tavolini, parlando di baseball e di come in realtà il signorino Evans avesse partecipato alla Baseball League qualche anno prima, vincendo. Subito dopo anche Taylor e Gabriella si congratularono con loro e di lì continuarono allegramente il pranzo.

“E quindi come hai intenzione di aiutarmi, Evans?” Chiese Chad, mentre si guardava attorno per godere dell’enorme distesa di verde su cui sorgeva il resort, mentre i due ragazzi si dirigevano verso il palcoscenico.

“Vedrai. Mi verranno in aiuto le lezioni di yoga che ho seguito ogni anno qui a Lava Springs.”

Chad non sembrava molto convinto, ma ormai ci era dentro e sarebbe stato poco carino tirarsi indietro. Soprattutto perché Ryan sembrava essere genuinamente contento di aiutarlo.

“Eccoci qui. Benvenuto nel mio regno. E di Sharpay, naturalmente.”

Il bruno aveva i brividi solo a vedere quel palcoscenico. Guardò diverse volte Ryan cercando di capire cosa dovesse fare, così questi gli ricordò il suo obiettivo.

“Ricordati. Sei Ryan Evans, co-presidente del Drama Club della East High. Sali su quel palcoscenico e ascoltati.”

Chad con estrema riluttanza salì sul palcoscenico. Salì le scale in maniera tremolante e si accorse subito di quanto alto fosse il palco rispetto a terra. Non appena fu sopra, si sentì molto in soggezione, quindi si posizionò al centro e, guardandosi attorno, si sentì quasi sperduto.

Ryan, dal basso, si accorse di quanto Chad fosse a disagio, nel bel mezzo di quel posto che a lui, invece, aveva riservato e continuava a riservare le più grandi soddisfazioni della sua vita.

“Ascolta le tue emozioni. Che sensazioni ti sta dando il palcoscenico?” Continuò calmo il biondo.

Chad non sapeva esattamente cosa dire. Stare lì sopra, tutto solo, lo rendeva molto nervoso. Non era in grado di spiccicare parola, nonostante non ci fosse nessuno ad ascoltarlo oltre che Ryan.

“In questo momento, onestamente, mi viene da vomitare.”

Ryan scoppiò a ridere alla vista del bruno in quelle condizioni. “Bene, sicuramente così non va bene. Dobbiamo iniziare con qualcos’altro. Che ne dici del riscaldamento vocale?”

Chad non sapeva perchè e cosa ne stesse facendo della sua vita in quel momento, ma fortunatamente nei dintorni non si vedeva anima viva, quindi poteva stare tranquillo.

Così seguì i consigli di Ryan, e cominciò ad intonare alcune scale per riscaldare le corde vocali, ma non stava sortendo alcun effetto. Anzi, il riccio si stava sentendo sempre più ridicolo.

“Mi sa che ci rinuncio Evans, non è per me.” Disse, sbuffando e guardando verso le scalette del palcoscenico per scendervi.

Non fece in tempo a voltarsi nuovamente per rendersi conto che Ryan era sparito dinanzi a sé ed era già sul palco.

“Bene mi sa che passeremo alla terapia d’emergenza. Questi esercizi aiuteranno a rilassarti, così potrai concentrarti su di te e non su ciò che ti circonda.” Ryan fece qualche passo verso Chad, ponendosi di fronte a lui. Poggiò le mani sulle spalle del bruno e chiuse gli occhi, respirando profondamente. Dopo qualche secondo, riaprendo gli occhi e vedendo l’espressione perplessa di Chad, lo invitò a fare lo stesso.

“Forza, non avere paura. Non mordo.” sorrise Ryan timidamente.

Chad afferrò le spalle di Ryan di fronte a lui, e chiuse gli occhi.

Inspirò.

Zucchero a velo. Questo, ciò che riuscì a percepire.

Espirò.

Ma non vedeva l’ora di inspirare di nuovo.

Inspirò.

Quel profumo non accennava a diminuire e ad abbandonarlo. Ma a lui andava bene così. E ne voleva ancora.

Espirò ed inspirò, di nuovo.

Gli esercizi di respirazione avrebbero dovuto calmarlo, ma se Chad avesse dovuto definire quella sensazione che in quel momento stava provando, l’ultimo aggettivo che avrebbe usato sarebbe stato calma.

Riaprì gli occhi. Ryan lo stava guardando intensamente.

Il co-presidente del Drama Club si stava chiedendo a cosa stesse pensando nel momento in cui il suo cervello aveva elaborato l’idea di aiutare Chad con gli esercizi di respirazione. Avrebbe dovuto riflettere sul fatto che non sarebbe mai stata la stessa cosa come quando li faceva con sua sorella, ovviamente, e che ora si trovava in una situazione alquanto scomoda per lui con il ragazzo di fronte a sè.

Chad Danforth era un bel ragazzo, uno di quelli per cui il biondo avrebbe potuto rischiare di prendersi una bella cotta. C’era solo il problema che fosse etero, e fidanzato.

Ryan cercò di scacciare quella dolorosa sensazione che si stava facendo strada nel suo stomaco. Nessuno lo avrebbe mai ricambiato. Per lo meno, non in breve tempo, dato che a scuola era sempre stato abbastanza esplicito sui suoi gusti, ma non aveva ricevuto altro che indifferenza o, peggio, prese in giro.

Gli sembrava che la sua vita fosse in qualche modo sbagliata. Esisteva in funzione di Sharpay, che non faceva altro che trattarlo quasi come il suo servo, era rifiutato da suo padre, che non perdeva occasione per rinfacciargli quanto fosse diverso rispetto agli altri.

Ricordava come se fosse ieri quel giorno in cui aveva ritagliato e attaccato al suo armadio un poster di Ashton Kutcher e suo padre glielo avesse strappato in mille pezzi, apostrofandolo “femminuccia”. Non si era mai vergognato così tanto di se stesso e pianse, affondando la testa nel cuscino e sperando di risvegliarsi diverso. Sperando di risvegliarsi normale.

Ma questo non era mai accaduto, e si era abituato con il passare degli anni a cavalcare l’onda e ad accettarsi.

L’unica persona davvero dalla sua parte era sua madre. L’unica che cercò di raccogliere i mille pezzi del poster per aiutarlo a ricostruirlo, e che gliene aveva regalato uno nuovo, in segreto. L’unica che lo faceva sentire degno e meritevole di amore. L’unica che lo rassicurava dicendogli che il suo principe azzurro sarebbe arrivato, un giorno non molto lontano, e che gli avrebbe regalato il suo cuore così come lui sognava.

Ora era lì, così vicino ad un ragazzo per la prima volta. Ma non il ragazzo giusto. Non un ragazzo con cui avrebbe potuto provare cosa significasse un bacio, non un ragazzo che avrebbe potuto sentirsi libero di desiderare.

Era un giocatore di basket, uno di quelli che avrebbero definito “finocchi” i tipi come lui. Uno di quelli che poteva solo permettersi di ammirare da lontano, dagli spalti, durante una partita.

Nocciola, il colore degli occhi che aveva di fronte.

Blu oceano, quella tonalità che quegli occhi color nocciola di lì in poi non avrebbero mai più potuto dimenticare.

Le mani di Chad strinsero un po' più forte le spalle di Ryan e un dito scivolò sul colletto della casacca dei Wildcats. Lo sfiorò, per poi incontrare la sua pelle candida.

Ryan rimase paralizzato per qualche istante. Si chiese se inavvertitamente avesse iniziato lui quella situazione, se avesse in qualche modo fatto capire che avrebbe desiderato tutto ciò, ma non gli venne nulla in mente.

Lo avrebbe potuto giurare, non era stato lui.

Il bruno accarezzò leggermente il suo collo con la punta del dito, e Ryan chiuse gli occhi, godendo di quel tocco soave sulla sua pelle. Piegò leggermente la testa, incontrando la mano di Chad con la sua guancia, che ad un certo punto la sfiorò. Il cuore di Ryan fece un balzo. Avrebbe potuto restare lì per ore. Ci mise diverso tempo a capire che quello che stava succedendo fosse estremamente sbagliato.

Chad ad un certo punto sembrò rendersi conto di cosa avesse appena fatto. Ritrasse spaventato la sua mano dal collo di Ryan, con uno sguardo di terrore. Posò gli occhi verso terra, con un senso crescente di vergogna per se stesso e di nausea.

In quel momento avrebbe solo voluto schiaffeggiarsi. Le sue mani cominciarono a sudare copiosamente e cercava in qualche modo una via di fuga da quel momento.

Quello di fronte a sè era un ragazzo. A lui piacevano le ragazze. Era etero e fidanzato con Taylor McKessie. Pensò per un momento alla reazione che avrebbe avuto Taylor se avesse visto la maniera in cui aveva sfiorato Ryan. Cosa avrebbe pensato di lui?

“Dimentica questa roba.” Chad mise le mani davanti a sè, giustificandosi e mettendo spazio tra lui e Ryan. Arretrò di colpo, come se qualcuno lo avesse colpito con una scarica elettrica dal nulla, assicurandosi qualche passo indietro.

Lo stomaco di Ryan si contorse. In quel momento non riusciva a ricordare esattamente la sequenza degli avvenimenti appena successi, ma sicuramente il suo corpo lo aveva tradito in qualche modo. Non c’era altra spiegazione, non sapeva spiegarselo.

“M-mi dispiace tanto. Non volevo metterti a disagio. Scusami davvero, non so cosa mi sia preso.” balbettò il biondo, non riuscendo a guardare negli occhi il bruno. Si voltò per assicurarsi nuovamente che non ci fosse nessuno a vederli, e così era fortunatamente.

Il ragazzo dinanzi a lui sembrava piuttosto agitato e confuso. Quella situazione doveva finire immediatamente.

“Sarà meglio andare. Si sta facendo tardi…Devo tornare in cucina.” Tagliò corto Chad, molto più freddo di quanto avrebbe voluto, e si voltò, camminando a passo svelto verso la sua meta, senza guardarsi indietro.

“Si, certo. I miei mi staranno aspettando per cena. A presto, allora.” Rispose il biondo, non ricevendo risposta.

Ryan restò lì per un altro po’.

Si sedette al bordo del palcoscenico, con le gambe distanti da terra e il cuore con una crepa in più.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


CAPITOLO 3

Chad era quasi arrivato alla fine del turno e non vedeva l’ora di togliersi il grembiule per godersi un po’ di meritato riposo.

Quel giorno fortunatamente non aveva dovuto servire molti tavoli, per cui aveva ancora energie per scorrazzare in santa pace nei dintorni del club. Aveva intenzione di chiamare Taylor e passare del tempo con lei, dato che ultimamente si lamentava spesso del fatto che “non la cercasse come un buon fidanzato dovrebbe”.

In realtà non sapeva perchè Taylor avesse detto questo, dato che nei suoi confronti si stava comportando così come aveva sempre fatto. Avrebbe voluto sapere cosa avesse portato la ragazza a parlargli in quei toni, avrebbe voluto scavare nella sua mente.

Prese il telefono e la chiamò, chiedendole se volesse uscire dopo il lavoro.

“Ehm, Chad, purtroppo mamma mi ha chiesto di tornare a casa per questa sera…Devo aiutarla con alcune faccende domani mattina, infatti ho chiesto a Fulton un cambio di turno. Mi dispiace…”.

Niente da fare.

Così, contattò anche Zeke, Jason e gli altri Wildcat ma a quanto pare nessuno avrebbe potuto fargli compagnia quella sera.

Bene, pensò. Avrebbe preso qualcosa da bere e sarebbe andato da qualche parte lì al Lava Springs, magari al campo da baseball. Fu il primo posto che gli venne in mente, e la sua decisione definitiva.

Aveva bisogno di riflettere, di pensare alla sua vita, e sicuramente in quel posto non lo avrebbe disturbato nessuno.

Dopo aver timbrato il cartellino d’uscita al termine della sua giornata di lavoro, fece nuovamente un salto in cucina per recuperare la sua cena. La casa offriva hamburger quella sera, quindi poteva ritenersi più che soddisfatto. Prese il suo sacchetto, lo infilò nello zaino insieme ad una lattina di cola e si diresse verso la sua destinazione.

Quella sera il cielo pullulava di stelle. La luce fioca dei lampioni in lontananza aggiungeva un tocco di suggestione a quella rasserenante atmosfera estiva. Infatti, quando fu arrivato al campo, si rese conto di come non ci fosse effettivamente nessuno. Tutte le illuminazioni circostanti erano spente, così da poter godere al meglio di quella nottata luminosa.

Prese posto sugli spalti, gli stessi da cui i suoi amici avevano fatto il tifo per lui durante la partita di baseball della settimana precedente, la stessa a cui Chad Danforth non smetteva di pensare in ogni momento in cui si ritrovava da solo con la sua mente.

Per quanto si ripetesse che nulla fosse cambiato da quel momento, che trattasse Taylor come sempre, che avesse il basket in cima alla lista delle priorità, sapeva dentro sè che non era affatto così.

Credeva di aver toccato l’apice della confusione e dello smarrimento nel momento in cui Troy si era allontanato da lui. Il suo migliore amico dai tempi dell’asilo aveva deciso di voltare pagina e di non considerarlo più, da quando aveva stretto i legami con una certa ragazza bionda, ricca e viziata che gli stava dando tutto quello che avesse potuto desiderare. Ormai i Red Hawks non avevano occhi che per lui, tutto si riduceva a Troy Bolton di qui, Troy Bolton di lì, e questo lo aveva deluso irrimediabilmente. Non avrebbe mai creduto che, un giorno, quello che riteneva una parte di se’ lo avrebbe messo da parte per una borsa di studio, non lo avrebbe mai ritenuto possibile, eppure era successo. I soldi e la fama avevano avuto la meglio sull’amicizia, e si sentiva tradito come mai gli era capitato in vita sua.

Troy Bolton era per Chad Danforth un fratello. O qualcosa in più.

Non aveva mai riflettuto seriamente su cosa fosse Troy per lui. Per tutti erano come fratelli e probabilmente anche per Troy era così, prima che decidesse di allontanarsi. Ma per Chad forse le cose erano state leggermente diverse ad un certo punto della sua vita.

Si era sentito legato a Troy in una maniera indissolubile sin da quando lo aveva conosciuto, tanto da riuscirsi difficilmente ad immaginare senza di lui. Avevano frequentato insieme qualsiasi classe ed ogni lezione di basket, oltre che essere ormai il secondo figlio del coach Bolton per tutto il tempo passato a casa sua.

Sembrava tutto procedere come di consueto fino a che Troy non aveva cominciato ad interessarsi ad alcune ragazze, prima ancora di incontrare Gabriella, e Chad si era sentito improvvisamente sopraffatto da una gelosia inspiegabile. Non riusciva a sopportare di vedere Troy in compagnia di una ragazza. Gli provocava molto fastidio, e non era in grado di giustificare a se stesso la motivazione.

In passato aveva anche provato a evitare che il suo amico cominciasse a frequentare qualcuno, e alcune volte ci era riuscito, ma dall’arrivo di Gabriella si accorse che la situazione fosse diversa. Troy era davvero innamorato di lei e nulla, nè il basket nè le amicizie, erano riusciti a fermarlo. Anche Chad aveva capito che non fosse più tutto come prima, quindi decise di soffocare il suo risentimento e lasciare in pace Troy, con non poca difficoltà.

Poi era arrivata Taylor. Con la sua spigliatezza, intelligenza e intraprendenza lo aveva attratto e ora si frequentavano da alcuni mesi, precisamente dalla fine del campionato primaverile di basket. Ciò che Chad aveva notato, però, è che preferissero passare il tempo in gruppo, magari insieme a Troy e Gabriella, piuttosto che da soli. Infatti, quando si ritrovavano ad uscire in coppia, spesso c’era imbarazzo tra di loro perchè la ragazza tendeva a ritenere Chad un po’ troppo stupido per qualsiasi cosa. Non che il bruno non lo sapesse, Taylor aveva davvero un cervello superlativo. Eccelleva in qualsiasi cosa ed era difficile parlare di argomenti che lei non conoscesse già.

Chad era preso da lei, la trovava carina e brillante, però talvolta pensava che non fosse la ragazza adatta a lui. Probabilmente aveva bisogno di una tipa più sportiva, magari una cheerleader, piuttosto che una cervellona.

In ogni caso, quell’estate stava procedendo, con i suoi alti e bassi. Ma in particolare dalla partita di baseball, Chad si sentiva smarrito e fuori di se’.

Ryan era stato sempre trasparente ai suoi occhi, una presenza nella sua classe la cui mancanza gli sarebbe stata totalmente indifferente. Prima della partita di baseball, se gli avessero chiesto “chi è Ryan Evans?” avrebbe risposto “il fratello della regina di ghiaccio”. Sapeva di lui solo che fosse il co-presidente del Drama Club e che partecipasse a tutti gli spettacoli della scuola, nient’altro.

Ma quella famosa mattina, quel ragazzo biondo e smilzo si era presentato al campo da baseball e, con un giocoso tono di sfida, aveva iniziato a giocare sul serio. Chad era convinto che fosse arrivato per spiarli, essendo il figlio dei proprietari del Lava Springs, ma in realtà era lui stesso stupito di essere stato incluso in una partita di baseball riservata ai dipendenti, così ne aveva approfittato per godersi il gioco e dare il meglio di sè. Più lo vedeva giocare, più si chiedeva come mai non partecipasse a qualche squadra sportiva della scuola dato il suo potenziale, e si ritrovò non solo una volta ad ammirarlo, nei suoi movimenti, nelle sue azioni.

Poi era arrivato il momento della vittoria, in cui i Wildcats erano accorsi da lui e il suo avversario si stava allontanando da solo. Gli sembrò il momento giusto per parlargli e così fece. In seguito era stata la volta degli spogliatoi, in cui aveva avuto modo di entrare molto più in confidenza con Ryan, scoprendo aspetti di lui che dall’esterno non avrebbe mai immaginato.

Ma non sapeva dire cosa lo facesse sentire strano al ricordo di quei momenti.

Rimembrava solo quel dolce profumo, che aveva immediatamente preso il controllo dei suoi sensi. Ricordava di essersi voltato verso Ryan subito dopo e di aver avuto l’istinto di avvicinarsi di più. I suoi occhi si erano soffermati sulle sue linee sinuose, sul suo fisico asciutto, ma aveva subito scacciato questa parvenza di pensieri per tornare in sè.

Aveva ascoltato attentamente il suo discorso, carpendone ogni singola parola, e ad un tratto si era reso conto di quanta forza quel ragazzo nascondesse per affrontare le sue battaglie interiori. Al di là di vestiti sgargianti e cappelli estrosi c’era molto altro, e Chad aveva tutto il desiderio di saperne di più.

O almeno questo è quello che in profondo avrebbe voluto.

Una nuvola offuscò la luna per qualche istante, rendendo il campo ancora più buio di prima.

Cosa significava tutto questo?

Perchè sul palcoscenico aveva reagito in quella maniera alla vicinanza con il biondo? Perchè aveva provato l’improvvisa voglia di sfiorarlo e sentire la sua pelle sotto le sue dita?

Lo stomaco di Chad si contrasse a questo pensiero. C’era qualcosa in lui che stava sfuggendo al suo controllo, e non gli piaceva.

Doveva dimenticare quanto era successo. Aveva una fidanzata, una squadra di basket da portare avanti ora che Troy si era fatto da parte, e un futuro brillante da scrivere nel mondo dello sport. Non aveva tempo da perdere sui suoi dubbi esistenziali o su qualcuno la cui presenza lo stesse destabilizzando dai suoi obiettivi.

In quella serata al chiaro di luna, Chad Danforth decise di farlo, gettando nell’oblio quella dolcezza che aveva percepito negli occhi di Ryan nell’istante che avrebbe voluto fissare nella sua mente per sempre.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


CAPITOLO 4

La sala yoga del Lava Springs era stata appena tirata a lucido dopo la fine della lezione del pomeriggio.

Ogni volta che Ryan voleva riflettere su qualcosa, sapeva dove andare a rifugiarsi. Sul retro della sala, infatti, c’era un vero e proprio giardino giapponese coperto con tanto di piccola cascata, e questo era il posto perfetto per potersi rilassare senza avere distrazioni esterne.

Varcò l’ingresso del giardino e si sedette su un masso accanto alla cascata. Aveva bisogno di restare un attimo solo con i suoi pensieri, dopo la discussione appena affrontata.

Aveva litigato con Sharpay e necessitava di mettere da parte i suoi malumori a riguardo.

Già da alcune settimane c’era un’aria molto tesa tra i due gemelli, dovuta al fatto che la ragazza avesse deciso di escluderlo totalmente dalla sua esibizione al talent show, ma la situazione era peggiorata dal giorno della partita di baseball.

La bionda era venuta a sapere della partecipazione di suo fratello alla partita dei Wildcats e della sua volontà di creare un corpo di ballo indipendente per provare a vincere lo Star Dazzle Award, e questo l’aveva mandata su tutte le furie. Non gli rivolgeva più la parola da giorni ormai, quando pensò bene di andare a riferire le loro vicende a loro padre.

Vance Evans e sua figlia Sharpay avevano un rapporto molto stretto e lui stravedeva per la sua principessa. Avrebbe fatto carte false per accontentarla ed infatti ogni suo desiderio era un ordine. Per la recente promozione a scuola aveva ricevuto la sfavillante mustang rosa con le sue iniziali dipinte sul cofano, oltre che accesso illimitato alla sua carta di credito per comprare qualsiasi cosa volesse.

Non che a Ryan importasse ricevere lo stesso trattamento, ma l’essere messo sempre in secondo piano non gli aveva mai fatto bene. Così, infatti, aveva finito per vivere quanto più possibile affiancando Sharpay in ogni cosa, cercando anche lui di accontentarla per quanto potesse e non scatenare i suoi malumori.

Voleva bene a sua sorella, erano complici in tutto, ma molto spesso lei non si rendeva conto del fatto che così come aveva bisogno di Ryan come spalla, anche lui avesse bisogno di lei e del suo supporto.

Così quel pomeriggio, mentre sistemavano i costumi di scena nella cabina armadio dedicata al teatro che condividevano, la ragazza si era lasciata sfuggire di aver riferito della loro divergenza in merito allo Star Dazzle Award a Vance, e Ryan sbottò.

Lui non aveva mai avuto lo stesso rapporto con suo padre ed ovviamente per lui Sharpay avrebbe sempre avuto ragione, in qualunque caso. Ecco perchè non era d’accordo sul far trapelare i loro discorsi, semplicemente era consapevole che non avrebbe mai avuto la meglio.

Alle parole del ragazzo, Sharpay si rese conto che questa volta facesse sul serio. Voleva finalmente avere il suo spazio, mostrare al mondo che esistesse anche lui e che non fosse soltanto il burattino di sua sorella, ma per la ragazza questo significava avere meno controllo su di lui e sulla situazione. Quindi, all’ennesima parola di troppo della ragazza, Ryan non ne potè più e decise di andarsene, lasciandola lì.

Strinse le ginocchia a sè con le braccia e fissò lo scorrere dell’acqua proveniente dalla cascata. A differenza di sua sorella, che aveva i genitori dalla sua parte, la schiera delle sue amiche pronte a lottare per lei e il suo egocentrismo a capeggiare, lui si sentiva quasi impotente.

E’ vero, sua madre lo supportava il più possibile cercando di essere molto oggettiva e imparziale con i suoi due figli, ma era costantemente impegnata con la gestione del club e con il lavoro, quindi anche solo semplicemente avere un confronto con lei risultava difficile.

C’era Kelsi, la pianista del Drama club, che rendeva le prove e gli spettacoli molto più piacevoli e sopportabili, ma non aveva mai avuto così tanta confidenza con lei.

C’erano i Wildcats, suoi nuovi amici. Grazie all’aiuto di Gabriella, aveva avuto modo di entrare nelle loro grazie, e qualcuno di loro aveva iniziato a mettere da parte l’idea che lui e sua sorella condividessero anche i neuroni. Si era genuinamente divertito durante la partita di baseball, ma era quello che era arrivato dopo che gli era più rimasto nella mente.

Chad Danforth aveva condiviso con lui pensieri ed emozioni in quello spogliatoio che, era convinto, non avesse rivelato neanche a Troy, data l’esitazione con cui ne parlava. Onestamente, si sentiva molto onorato del fatto che si fosse fidato di lui a tal punto da confidargli le sue insicurezze, ma non sapeva come interpretare ciò che era successo su quel palcoscenico.

Non riusciva a ricordare come fossero andate le cose, più il tempo passava più gli sembrava di dimenticare dettagli, ma una cosa che non aveva sicuramente dimenticato era come Chad aveva posato le sue dita sul suo collo per quei brevi ma infiniti momenti.

In quell’istante un brivido gli percorse la schiena e pensò a come avesse desiderato delle emozioni simili per tanto tempo ma non avesse mai avuto modo di provarle. Non aveva neanche avuto il tempo di realizzare cosa stesse succedendo, che il bruno si ritrasse e lo lasciò solo, seduto sul palcoscenico.

Subito pensò al fatto che avrebbe dovuto aspettarselo. Chad non era il tipo di persona che potesse essere interessato ai ragazzi in quel senso. Era felicemente fidanzato ed era molto preso dai suoi amici e dalla squadra di basket. Era stato uno stupido a pensare all’eventualità che potesse averlo fatto consapevolmente anche solo per un attimo, infatti dopo qualche minuto che il riccio fosse andato via, fece la stessa cosa.

Eppure, nonostante tutto, non era riuscito a smettere di pensarci. Si era lasciato suggestionare molto da quel momento, ma tutto ciò che sapeva è che ora aveva una cotta enorme per quel Wildcat dalla chioma spumeggiante. Nell’ultima settimana non lo aveva più rivisto, se non di sfuggita mentre svolgeva il suo lavoro al ristorante, ma sicuramente non si erano incrociati.

Non sapeva in quali termini fosse rimasto con Chad, se aveva voglia di proseguire la loro amicizia o se avrebbe voluto interrompere tutto. Se avesse deciso la seconda strada lo avrebbe capito, ma comunque era certo che nessuno li avesse visti. Avrebbero potuto tranquillamente dimenticarsene e continuare la loro amicizia, anche perchè Ryan non voleva rinunciarvi. Chad si era dimostrato così comprensivo e sincero con lui, e non voleva per nulla al mondo rovinare tutto per quella piccolezza.

Ma era davvero stata una piccolezza?

Avrebbe tanto voluto sapere a cosa stesse pensando il bruno, entrare nella sua mente e poterci vedere cosa lo avesse inibito o spaventato. Capire se quello che era successo era stato semplicemente un errore di valutazione o se, per caso, ci fosse potuto essere un altro significato per quel gesto.

Questa era la domanda che non stava gli lasciando tregua da giorni e a tratti credeva di voler, più di ogni altra cosa, incontrare Chad per poter chiarire. Sapeva che ne valesse la pena.

Ad un tratto, i suoi pensieri vennero interrotti da un messaggio sul telefono.

“Ci vediamo a cena. Ho bisogno di parlarti, solo noi due.”

Non era mai successa una cosa simile. Aveva onestamente paura, non sapeva davvero cosa aspettarsi, dato che suo padre non era un tipo di molte parole, almeno non con lui, e non gli aveva mai parlato apertamente, se non per apostrofarlo o rimproverargli qualcosa.

Sperava che si fosse ravveduto rispetto a ciò che gli aveva detto Sharpay e che si fosse reso conto dell’ingiustizia di impedire agli altri di portare le proprie esibizioni al talent show.

Così, dopo un ultimo sguardo all’acqua cristallina dinanzi a lui e al suo cuore, tornò a casa per prepararsi, mentre si chiedeva quale fosse la motivazione che avesse portato suo padre ad interessarsi a lui.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


CAPITOLO 5

Ryan entrò nella sala ristorante del Lava Springs, guardando con circospezione i tavoli. Cercava un viso familiare, ma non gli sembrava di intravedere ancora suo padre.

Al vederlo, uno dei camerieri più di lunga data della struttura lo accolse con un sorriso e gli indicò il tavolo che era stato riservato per la cena tra i due uomini della famiglia Evans. Così il ragazzo si sedette e attese l’arrivo di Vance, giocando nervosamente con le dita.

Anche se era semplicemente suo padre, non sapeva perchè ma l’idea di questo incontro lo rendeva particolarmente nervoso. Per scaricare la tensione nell’attesa, si avvicinò al pianoforte dove Kelsi stava suonando della musica d’ambiente. Si appoggiò ad un pilastro alla sua destra, dapprima senza farsi vedere e poi si mostrò a lei, sorridendole.

La ragazza ricambiò con un timido sorriso, guardandolo per un attimo e poi concentrandosi nuovamente sul pianoforte. Quando il pezzo fu terminato, il ragazzo accanto a lei applaudì e le sussurrò un complimento.

“Quel pezzo è davvero complicato. Lo ricordo alle lezioni di pianoforte, era un vero e proprio cruccio!” Si espose Ryan, e Kelsi fu molto compiaciuta per i complimenti.

“Si, devo dire che anche a me ha dato un po’ di filo da torcere ai tempi, ma perlomeno la pratica ha dato i suoi frutti.”

“Eccome se li ha dati. Hai davvero tanto talento, mi dispiace se Sharpay ti maltratta al Drama Club. Spero per lei si renda conto che così facendo non ottiene nulla di buono.” Si scusò il ragazzo per conto di sua sorella.

“Grazie, è carino da parte tua. Almeno qui posso suonare in santa pace.” Sorrise la pianista.

“Spero ti paghino per bene, altrimenti vado a reclamare alla direzione…Ossia mamma.” Il biondo fece una risatina e la pianista annuì, confermando che non si potesse lamentare del trattamento.

I due continuarono a scherzare per qualche altro minuto, in cui ebbero modo per la prima volta di conoscersi senza eventuali influenze esterne, e ad un tratto Ryan riconobbe suo padre all’ingresso del ristorante.

“Scusami, il grande capo mi aspetta a cena. Ci vediamo presto, buon lavoro.“ Il biondo si congedò dalla pianista, che ricambiò il saluto e gli rivolse un radioso sorriso.

Ryan si risistemò la coppola porpora con la visiera dritta, dato che suo padre gli rimproverava sempre di tenerla inclinata e sistemò le maniche della camicia bianca che indossava. Si avvicinò al tavolo, con passo incerto.

“Ciao papà.”

“Figliolo. Stai continuando a fare sport vedo.” Disse Vance, stringendo il muscolo dell’avambraccio di suo figlio con le dita.

“Si, non più solo yoga e golf ultimamente. Anche baseball.”

“Buono così. Vedo che mi hai ascoltato.”

I due presero posto al tavolo e subito ordinarono qualcosa da bere.

“Che mi racconti di nuovo?” Azzardò Vance, in maniera quasi innaturale per quanto risultasse forzato il tono.

“Ehm…In realtà tutto come sempre. Ora che è estate fortunatamente non devo pensare alla gestione del Drama Club e posso dedicarmi a qualcosa di più rilassante.”

“Tipo?”

“La danza…Finalmente ho del tempo per esercitarmi davvero e migliorare alcuni passi. E poi il pianoforte. Ogni tanto mi cimento con quello della sala prove e devo dire che funziona.” Disse il ragazzo, sorridendo timidamente.

Suo padre però, invece di rispondere al suo sorriso, assunse un’espressione perplessa e Ryan camuffò il suo sorriso quanto prima.

Ad un tratto, il cameriere portò loro delle bottiglie d’acqua e degli antipasti ordinati da Vance in precedenza. Ryan alzò lo sguardo per prendere il piatto dal cameriere e gli venne una fitta allo stomaco.

I due sguardi si incrociarono, gli occhi nocciola in quelli blu oceano. Il biondo arrossì violentemente alla vista di Chad, e non riusciva a continuare a guardarlo negli occhi. Ryan si sentì improvvisamente a disagio, pensando a se stesso seduto al tavolo che mangiava e al riccio che doveva servirgli la cena.

Chad, a sua volta, lo fissò per qualche istante mentre posava le bottiglie sul tavolo, ma il biondo non riuscì a sostenere il suo sguardo. Non appena il primo si fu allontanato, Ryan cercò di dissimulare il suo improvviso rossore e si versò un bicchiere d’acqua che mandò giù in un solo sorso, cercando di ritornare alla quiete.

Sfortunatamente, questo stratagemma non funzionò, perchè suo padre non aveva fatto altro che fare attenzione al suo comportamento. Quando il ragazzo si rese conto dello sguardo posato su di sè, cercò nella sua mente un argomento da proporre per distrarlo. Ma Vance fu più veloce, cominciando a parlare con un tono che fin da subito al ragazzo non promise nulla di positivo.

“Senti, Ryan. Io ti ho chiamato qui stasera per una ragione ben precisa. Anzi, due in realtà, ma già partire con la prima andrebbe bene.”

Il ragazzo alzò lo sguardo verso suo padre, cercando di fare quanta più attenzione a ciò che sarebbe seguito.

“Innanzitutto, come avrai potuto ascoltare l’altro giorno a cena quando Troy Bolton è stato nostro ospite, è arrivato un momento importante per voi giovani in cui dovreste cominciare a pensare alla vita dopo il liceo. Quel ragazzo è attualmente in contatto con i membri dei Redhawks per tentare di accedere alla borsa di studio presso l’università di Albuquerque, e non posso altro che dire che si meriterebbe questo ed altro in base al suo talento.”

Ryan ascoltava quel discorso, che aveva già sentito molte altre volte. Il futuro, la carriera, la fama, il prestigio. Tutte cose che a lui interessavano, ma non nella maniera in cui intendeva suo padre.

“Ci sono tante opportunità in giro, se le si sanno cogliere e se si hanno le conoscenze giuste. Tu hai la fortuna di essere nato in questa famiglia, a cui le possibilità di certo non mancano. E non mi è per nulla chiaro il motivo per cui stai continuando a dormire e non ti stai dedicando a qualcosa che conti davvero.”

Il ragazzo toccò nervosamente la coppola che indossava, alzando la visiera per vedere meglio l’espressione irritata improvvisamente assunta da Vance.

“Papà, lo sai cosa conta per me. Ti ho già detto che non mi interessano le borse di studio sportive.”

Vance guardò fisso negli occhi suo figlio.

“Signorino, credi davvero che il teatro ti porterà da qualche parte? Mi sa che non ti è chiaro come funziona il mondo.”

“Perchè gli altri possono desiderare una carriera da artista e per me questa cosa non va bene?”

Vance colse una nota pungente nelle parole di Ryan. “A chi ti stai riferendo?”

“Non so, basta partire da Sharpay. Per lei perseguire il suo sogno da attrice di teatro è okay. Perchè per me dovrebbe essere diverso?”

Vance roteò gli occhi con una risatina nervosa.

“Si dà il caso, Ryan, che tu sia un uomo. Tua sorella è nata per il teatro, è così evidente. Mentre tu…A quest’ora dovresti star pensando ad una maniera concreta di organizzare la tua vita, tipo decidere di intraprendere uno sport serio, o dedicarti all’imprenditoria.”

Ryan strinse i pugni, cercando di soffocare la rabbia.

“Se non lo sai, alla tua età avevo già in mente come progettare Lava Springs. E guarda ora, il mio progetto è realtà, perchè non ho fatto altro che impegnarmi su questo sin dalla tua età. Cosa vorresti ottenere con il teatro? Vuoi che la gente pensi di te che tu sia una femminuccia?”

Il ragazzo non ne poteva più. Il suo cuore aveva cominciato a battere così forte che gli pulsavano le tempie. Cercò di tirare dei respiri profondi e per qualche istante riuscì a reprimere quell’astio che stava per prendere il sopravvento.

“E se qualcuno lo pensasse? Sarebbe un problema?” riuscì a dire, con una calma che non sapeva da dove riuscì a tirar fuori.

“Dovrebbe dare in primis a te fastidio. E poi si, mi urterebbe sapere che mio figlio sia considerato un finocchio onestamente.” Vance rivolse al ragazzo una sorta di sguardo di sfida.

Lo stomaco di Ryan fece un balzo innaturale ed ebbe un’improvvisa sensazione di nausea. Non riusciva a credere come suo padre fosse cieco, come non prestasse neanche la minima attenzione a lui e a i suoi interessi ma pensasse solo a se stesso. Riflettè qualche istante a quelle parole taglienti, fissando le fette di prosciutto crudo nel suo piatto senza riuscire a mangiarle.

Suo padre invece aveva appena finito il suo piatto e richiamò l’attenzione del cameriere, che risultò essere nuovamente Chad, per ordinare la prossima portata. Il riccio tornò per prendere la comanda, sforzandosi di mantenere un tono impassibile quando fu il momento di rivolgersi a Ryan, dandogli anche del lei così come aveva fatto per il signor Evans.

Questo fece sorridere il biondo e lo distrasse dalla foschia in cui la sua mente era immersa. Alzò lo sguardo verso Chad, non sapendo neanche cosa scegliere da mangiare. Esitò qualche istante e poi disse: “Cameriere, mi consigli lei il piatto forte di oggi.”

Il bruno rise, imbarazzato e rispose “Vado a chiedere cosa offre la casa”, sparendo dietro la porta della cucina.

Ryan lo seguì con lo sguardo, mantenendo un sorriso ebete, di cui si accorse troppo tardi.

Suo padre immediatamente sbottò.

“A che gioco stai giocando Ryan?”

Il ragazzo rinvenne dal suo torpore. “Che intendi?”

“Io non lascio che mio figlio vada in giro con delle voci strane sul suo conto, okay? Non credi sia ora di tornare ad essere normale?” Disse Vance, con un tono che non ammetteva confronto.

Ryan questa volta ne aveva abbastanza.

“E se io lo fossi, gay? Cosa cambierebbe per te?”

Vance rimase con uno sguardo attonito e fisso su suo figlio. Riflettè qualche momento su cosa replicare, colpito nel profondo e con un sentimento di rancore molto accentuato.

“Avrei fallito come genitore e mi chiederei dove ho sbagliato per deviare mio figlio a tal punto.” Rispose con fermezza e convinzione.

Si fermò un attimo, incrociando lo sguardo di Ryan e capendo, all’improvviso, la ragione della sua frase precedente. Poi continuò. “E probabilmente è proprio ciò che ho fatto. Mi hai profondamente deluso. Da te non faccio altro che ricevere delusioni.”

Ryan abbassò lo sguardo, con un groppo alla gola, e si risistemò la visiera, coprendo gli occhi che stavano diventando gradualmente lucidi.

Ebbene sì, come avrebbe potuto pensare di aspettarsi qualcosa di diverso?

Serrò i pugni a tal punto che i palmi cominciarono a fargli male per la pressione delle unghie. Non poteva piangere, doveva essere forte. Almeno in questo, non poteva essere debole. Non avrebbe fatto altro che aumentare lo stereotipo che suo padre aveva in mente.

La gola gli faceva sempre più male per le lacrime trattenute.

Ad un tratto, Chad uscì dalla cucina pronto a tornare allegramente verso il tavolo degli Evans per comunicare loro le proposte, ma si bloccò nel momento in cui vide, di lato, Ryan con la visiera abbassata quanto più possibile e i pugni serrati. Il cuore di Chad fece una capriola e si chiese cosa stesse succedendo.

Decise dunque di virare e di prendere le ordinazioni dai tavoli adiacenti, tenendo sotto controllo con lo sguardo il suo amico.

Ryan continuò, con lo sguardo abbassato e la voce tremante, non riuscendo a guardare negli occhi Vance.

“In quali altre cose ti ho deluso?”

“Hai deciso di buttare una possibile carriera brillante a causa del teatro, non hai neanche cominciato a praticare uno sport serio che ti potesse dare un futuro e ora mi riveli di essere finocchio. Hai ancora bisogno di sapere altro?”

Seguì un attimo di silenzio. Vance era rosso per la rabbia e la delusione che provava verso Ryan, e questi cercava di concentrarsi sul pavimento, evitando di pensare alle parole appena ascoltate.

“Fortunatamente ho un’altra figlia, l’unica su cui posso contare per avere qualche soddisfazione.”

In risposta a ciò, Ryan cedette. Gli occhi cominciarono a bagnarsi, le lacrime lungo le guance. Avrebbe voluto urlare, dire a tutti quanto fosse sbagliato non poter essere se stessi, ma tutto ciò che potè fare in quel momento fu lasciar scorrere quel fiume di dolore di cui il suo cuore era pieno.

Restare lì non avrebbe fatto altro che aumentare il suo dolore, così scattò in piedi, con un’ultima frase prima di andare via.

“Spero che Sharpay riesca a darti tutto ciò in cui non sono riuscito io. Mi dispiace.” E si voltò, velocemente, mentre la sua anima gridava di dolore.

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 (Parte due) ***


CAPITOLO 5 (parte due)

Il giovane cameriere era rimasto davanti alla porta della cucina, con i piatti vuoti dei clienti in mano, gli occhi rivolti verso quel tavolo.

Restò sul lato, cercando di risultare quanto più invisibile possibile agli occhi dei presenti, ma soprattutto di quel ragazzo che era in piedi dinanzi a suo padre e che nel giro di qualche istante si voltò, scappando via.

Chad lo vide.

Scorse il suo volto percorso dalle lacrime, i suoi pugni serrati, mentre si allontanava il più velocemente possibile da quel posto che avrebbe dovuto poter chiamare casa.

Non era riuscito ad ascoltare molto della conversazione, ma aveva udito alcune parole terribili dalla bocca di Vance, mentre serviva delle ciotole di insalata al tavolo di fianco. Così, vedendo il modo in cui il biondo stava andando via, capì che fosse successo qualcosa di importante.

Ryan uscì dalla porta del ristorante, portando su di sè alcuni sguardi incuriositi dei presenti, a cui però non fece caso, immerso nei suoi pensieri. Respirava affannosamente, e stava lentamente perdendo il controllo della situazione, dopo aver cercato di reprimere il più possibile quelle sensazioni soffocanti che quella conversazione gli aveva trasmesso.

Sentiva il panico farsi strada nel suo petto, consumando quel poco ossigeno che gli era rimasto nei polmoni. Non riusciva a capire di cosa avesse bisogno, dove rifugiarsi. Sapeva soltanto che la pioggia continuava a cadere dai suoi occhi, le sue mani che tremavano.

“Jason, ho bisogno d’aria. Potresti sostituirmi tu per una decina di minuti?”

Alla vista della scena precedente, Chad avvertì una sensazione di oppressione mista a senso di colpa. Comprese di aver avuto chiara dimostrazione di ciò di cui il suo compagno di classe gli aveva parlato, seppur molto velatamente, il giorno della partita di baseball.

Suo padre lo ripudiava, letteralmente, neanche fosse un criminale. Aveva letto l’astio negli occhi di Vance mentre parlava con suo figlio, e non sapeva dire il motivo ma questo fu come un pugno nello stomaco per lui, anche solo da spettatore.

Doveva trovare Ryan.

Doveva dirgli che ci fosse qualcuno dalla sua parte, che non era affatto una delusione.

Doveva sapere che non tutti la pensavano come suo padre, che non era affatto vero che Sharpay fosse la figlia migliore, anzi.

Almeno lui doveva sapere come stessero davvero le cose.

Così chiese a Jason di prendere il suo posto, con una scusa, e sgattaiolò furtivo fuori dalla sala ristorante.

Si guardò un attimo allo specchio appena fuori e si accorse di avere una macchia di sugo sulla divisa. Avrebbe fatto una magrissima figura, ma in quel momento gli importava poco del suo abbigliamento. C’era un amico in difficoltà, ed era suo compito aiutarlo.

Camminò a passo svelto, cercando di capire dove potesse essere andato Ryan. Attirò su di sè un paio di attenzioni da parte di altri membri dello staff, a cui spiegò di necessitare di una pausa, così da poter proseguire indisturbato la sua ricerca.

Girò nella hall per circa cinque minuti, avvicinandosi anche a porte poco probabili, ma ad un tratto udì dei lievi singhiozzi che catturarono la sua attenzione, al termine del corridoio.

Cercò di approssimarsi alla fonte del suono e si accorse che proveniva dal bagno degli uomini, in fondo alla reception.

Esitò qualche attimo, chiedendosi se la sua intromissione potesse risultare scortese ed invadente agli occhi di Ryan, ma pensò al fatto che se il biondo avesse voluto restare solo, avrebbe immediatamente levato le tende.

La porta di ingresso dei bagni era chiusa e Chad vi posò l’orecchio. Sentì i singhiozzi sempre più forti, così decise di aprire la porta lentamente.

Ryan era seduto per terra, poggiato al muro con la schiena e le gambe rannicchiate verso di sè. Aveva il viso coperto con le mani, e fu per questo che non vide il bruno entrare nella stanza. La coppola che indossava era posta sul lavandino, rivelando così la sua bionda chioma scompigliata. Era in preda ai singhiozzi e respirava a fatica tra le lacrime.

Chad avanzò di qualche passo, per palesarsi al ragazzo e questi, sentendo il rumore, si scoprì gli occhi, guardando la presenza dinanzi a sè.

Lo fissò, per qualche istante, con le lacrime che ancora percorrevano le sue guance. Era così colmo di dolore che non aveva neanche la forza di dissimulare le sue condizioni, magari fingendo fosse tutto apposto e che si stesse solo rassettando.

Il ragazzo aveva le braccia conserte sulle ginocchia, la testa poggiata su di esse, e guardava rassegnato Chad che gli si stava pian piano avvicinando, reprimendo gli ultimi singhiozzi.

Il riccio non voleva sembrare inopportuno e non sapeva come giustificare il fatto che non stesse lavorando in quel momento e che casualmente si trovasse nello stesso posto di Ryan. Trovandosi in difficoltà improvvisamente, cominciò a parlare.

“Come stai?”

Ryan attese qualche attimo prima di rispondere, ritrovando le forze per articolare un discorso compiuto.

“Una meraviglia.” Disse Ryan, sorridendo lievemente. Si rese immediatamente conto di non provare benchè la minima vergogna a mostrarsi vulnerabile davanti al riccio, cosa che lo stupì particolarmente.

Infatti, il più delle volte preferiva passare i suoi momenti no da solo, piuttosto portando avanti una lotta interiore per ritrovare la sua forza, ma si rese conto che, probabilmente, non aveva mai permesso a nessuno di ascoltarlo ed aiutarlo davvero.

Chad non sapeva come comportarsi. Si sentiva allo stesso tempo a disagio per star invadendo lo spazio privato del suo amico, ma allo stesso tempo si sentiva in dovere di fare qualcosa per lui. Dopotutto, il biondo era stato molto gentile con lui e lo aveva aiutato con gli esercizi di respirazione. O almeno, quello che avrebbero dovuto essere.

Fece un cenno, chiedendo di potersi sedere accanto a lui, lì a terra, e Ryan annuì, spostandosi leggermente per far spazio al suo amico. Il biondo aveva smesso di piangere, ma era ancora visibilmente scosso, gli occhi ancora rossi e lucidi e il respiro ancora irregolare. Il riccio attese in silenzio, accanto a lui, finchè non si fosse calmato maggiormente. Aveva lo sguardo rivolto verso di lui, per assicurarsi che riuscisse a riprendersi autonomamente, e avrebbe tanto voluto abbracciarlo, ma non voleva rischiare di cacciarsi nuovamente in una situazione come quella al palcoscenico. Non appena anche gli ultimi gemiti furono terminati, Chad cominciò a parlare.

“Purtroppo ho ascoltato qualche parola…Non so cosa dire.” Disse con voce tremante il bruno. Si sentiva a terra e come se qualcuno gli stesse stringendo il petto. Non riusciva a vedere Ryan in quelle condizioni, lui che era sempre sorridente e con la sua allegria era in grado di contagiare tutti.

Ora il biondo era lì, in preda alle lacrime e ai sensi di colpa a causa di suo padre, colui che avrebbe dovuto supportarlo e amarlo. Pensò alla fortuna che invece lui stesso avesse, ad essere cresciuto in una famiglia amorevole e supportiva, in grado di ascoltarlo e spronarlo ad essere se stesso.

“…Non dire nulla. Va bene così. Ci sono abituato.” Rispose Ryan, arreso, lo sguardo rivolto verso il basso cercando di riprendere il controllo.

“Non è giusto. Non va bene così. Perchè non lo affronti e non gli spari in faccia tutto?” Un senso di rabbia cominciò a crescere prepotente dentro Chad, e iniziò a pensare che se si fosse trovato Vance davanti lo avrebbe affrontato senza problemi.

“Perchè non ne vale la pena. Con mio padre è stato e sarà sempre così, non c’è modo che le cose cambino.”

Chad si zittì, provando molto dolore per Ryan. Voleva fare qualcosa per farlo sentire al sicuro, per allontanarlo da quella sofferenza che stava provando, ma si sentiva impotente, e questo lo rendeva nervoso. Poi riprese, incerto.

“E tua sorella? A lei sta bene che tuo padre ti tratti così?”

Ryan sbuffò con una risata nervosa, scuotendo la testa. “Lasciamo perdere. Sharpay è la principessa di papà. Non gli si opporrebbe mai.”

“E tua mamma?”

“E’ sempre impegnata con l’amministrazione di Lava Springs. Non avrebbe tempo per sentirmi piagnucolare.”

“Perchè dici questo? Lei sa come ti tratta tuo padre?”

“Si…Quando se ne accorge cerca di aiutarmi. Ma ovviamente ha i suoi impegni, e non le voglio dare fastidio con queste stupidaggini.”

Chad tacque per altri momenti, interminabili. Dall’esterno aveva sempre pensato a quanto fossero fortunati Ryan e Sharpay, con i loro outfit scintillanti, ricchezza ed eventi di lusso. Ma capì immediatamente, vedendo quel ragazzo accanto a sè, che fosse tutta apparenza e di quanto in realtà fosse semplicemente solo e sofferente.

“Non sono stupidaggini, non lo penserebbe mai. Io non lo penserei.” Disse il riccio di getto, prima di realizzare le sue stesse parole.

Ryan si voltò per la prima volta verso di lui, posando i suoi occhi in quelli di Chad.

“Sei un bravo ragazzo, Chad. Purtroppo non la pensano tutti come te.” Rispose timidamente, piegando la testa di lato. “A volte mi sento così solo. Non fraintendermi, ho mia sorella, ho Kelsi, ho mia madre, ma è come se nessuno riuscisse a capirmi veramente.”

Chad continuava a non sapere come confortarlo. Non era mai stato bravo con le parole, così mise in atto la prima idea che gli venne in mente e allungò il braccio dietro la schiena di Ryan, cingendo le sue spalle.

Ryan era così esausto che mandò all’aria le incertezze che stavano frullando nel suo cervello e si lasciò semplicemente andare, poggiando la testa sulla spalla di Chad, senza porsi ulteriori domande.

Questi rimase un attimo attonito vedendo la chioma dorata che giaceva sulla sua spalla e dopo un po’ prese a strofinare nervosamente il braccio di Ryan che stava cingendo. Gli sembrava di starlo facendo meccanicamente, ma poi rallentò il ritmo, facendolo somigliare molto più ad una carezza.

Il biondo socchiuse gli occhi, concentrandosi solo sul respirare e mantenere calmo il suo cuore. Chad si ritrovò a fissare la sua nuca, in cui il biondo dei suoi capelli lasciava spazio alla sua candida pelle. Avrebbe tanto voluto spostare le sue carezze lì, poi giù per l’esile collo, magari facendo scivolare le sue mani sulla schiena, sotto il tessuto della sua maglietta. Riuscì a farlo solo mentalmente, mentre i pensieri nella sua testa turbinavano vorticosamente.

Ryan si avvicinò poco più per mettersi più comodo, sempre con la testa posata sulla spalla di Chad, e mugugnò qualcosa, che alle orecchie del bruno risultò inizialmente incomprensibile.

“Perchè hai deciso di seguirmi?” Chiese, sempre con gli occhi socchiusi, con voce flebile.

Chad sobbalzò, continuando a fissare i capelli del suo amico, senza che però lui potesse vederlo. Cosa avrebbe dovuto dirgli?

“Speravo ti avrebbe aiutato una presenza amica…Ti ha aiutato, vero?” Ad un certo punto si chiese Chad, leggermente preoccupato, mentre Ryan sollevava la testa, spostandosi leggermente per guardarlo negli occhi. Sorrise, timidamente, incontrando gli occhi nocciola prima di replicare. Il cuore di Chad fece una capriola nel momento in cui gli sguardi si incrociarono e dovette abbassare lo sguardo per qualche attimo perchè non riusciva a reggere l’oceano che vedeva in quegli occhi blu.

“Grazie.”

Una lacrima rigò il viso di Ryan, ma questa volta non di dolore, e Chad impulsivamente avvicinò delicatamente il pollice al suo viso, togliendola via. Il biondo sorrise e, senza chiedersi se fosse giusto o sbagliato, o cosa avrebbe pensato Chad, o qualsiasi altra cosa, si gettò fra le sue braccia.

Chad ne respirò ogni dettaglio. Lo zucchero a velo del suo profumo, la dolce fragranza del balsamo per capelli, la delicatezza della sua pelle. Lo strinse forte, accarezzando il tessuto della sua maglia, mentre la testa di Ryan era adagiata tra la spalla e il petto di Chad.

Questi lo guardava incantato. Il suo sguardo indugiava tra i suoi occhi socchiusi e le sue labbra sottili, leggermente incurvate in un sorriso. Non riusciva a smettere di fissare il suo candore, la sua leggerezza, la sua soave bellezza.

In quel momento, i suoi occhi e la sua mente erano pieni di Ryan e non c’era spazio per nient’altro, neanche per i sensi di colpa riguardo Taylor, neanche per la situazione con Troy, neanche per il pensiero di cosa avrebbero detto i suoi amici se lo avessero visto lì, con il gemello dalla chioma dorata tra le sue braccia, le sue mani su di lui.

Il silenzio parlava di Ryan Evans, e di quel dolce profumo che si stava facendo spazio nel suo palpitante e confuso cuore.

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


CAPITOLO 6

Chad si svegliò insolitamente di buon umore quella domenica. A primo impatto non riusciva a ricordare nulla, sapeva solo di essere in qualche modo…felice?

Non sarebbe riuscito a descrivere la sensazione che provava in altro modo, prima di rimembrare il perchè si sentiva così.

Era tornato a casa piuttosto tardi, dopo aver passato tutta la serata a bordo della piscina del Lava Springs con alcuni dei suoi amici Wildcats.

Dopo che Ryan si fu calmato, infatti, Chad tornò in cucina per timbrare il termine del suo turno e, dopo essersi velocemente cambiato e aver preso una felpa, si diresse con l’altro verso il bar per bere qualcosa. Così, lattine di coca cola tra le mani, decisero di spostarsi verso una zona in quel momento più tranquilla. Fu in quel momento che Jason li vide e da lontano urlò per richiamare la loro attenzione, con la sua consueta delicatezza e cogliendo come al solito un momento inopportuno.

Dopo un po’ li raggiunse anche Zeke, che ne approfittò per portare degli snack e delle merendine per tutti. Questo fu provvidenziale per Ryan, che a malapena aveva mangiato qualche boccone per cena. La mancanza di Troy si sentiva, come ebbero occasione di rimarcare Zeke e Jason, ma nonostante Chad si ritrovò ad annuire per circostanza, in realtà non gli toccava più di tanto.

Era troppo concentrato su un certo biondino affamato che ingurgitava voracemente patatine. Pensò a quanto era estremamente buffo in quel momento, con il suo outfit raffinato che contrastava con il suo attuale comportamento. I suoi occhi indugiarono più volte sugli altri blu, e questi gli risposero altrettante. In tutte queste, entrambi i loro cuori perdevano un battito.

Il tempo passò velocemente. Anche gli altri due Wildcat ebbero piacere di approfondire la conoscenza con Ryan, che fino ad allora era stato un personaggio di contorno nelle loro vite. Chad ogni tanto si assicurava che il co-presidente del Drama Club stesse bene, che si fosse ripreso almeno in parte da quel brutto momento che aveva condiviso con lui qualche ora prima. Si sentiva in qualche modo responsabile di sincerarsi che fosse tutto ok, ora portatore di un segreto doloroso per entrambi.

Dopo aver visto Ryan piangere, notare il suo sorriso in quella serata fu un sollievo, un attimo di respiro anche per lui. Voleva vedere i suoi occhi brillare per la felicità, non versare lacrime di sofferenza. E più volte quel sorriso incontrò il suo, facendogli capire che se in quel momento esisteva era solo grazie a lui. E Chad non avrebbe potuto sentirsi più contento di così.

Quando infatti, la mattina seguente, Chad realizzò di sentirsi felice a causa di Ryan, fu come una doccia fredda e paralizzante, un macigno sullo stomaco all’improvviso.

Quella mattina lo aspettava una giornata di shopping con Taylor, che non vedeva da fin troppo tempo, e non avrebbe permesso a nessun altro pensiero di distoglierlo dalla sua ragazza. Fece colazione e si preparò di tutto punto, ignorando qualsiasi altra cosa attorno a lui, e prese le chiavi del pick up si avviò verso casa di Taylor.

“Ciao tesoro, ti trovo bellissima stamattina” esordì il riccio alla vista della sua ragazza, notando con piacere che aveva indossato la maglietta che le aveva regalato per il suo compleanno.

Taylor in risposta sorrise e, salita in macchina, gli diede un bacio sulla guancia per salutarlo. Tra musica e aggiornamenti sulle follie di Fulton, i due giunsero al centro commerciale, decisi ad acquistare dei vestiti nuovi, soprattutto in vista delle serate dedicate allo staff del Lava Springs.

Così, tra camerini e prove scarpe, uscirono già solo dal terzo negozio con un mucchio di buste a testa tra le mani, tanto da aver consumato quasi già tutto lo stipendio del mese. Chad si ripetè che avrebbe dovuto risparmiare per una macchina vera, dato che il suo pick up ormai era quasi andato completamente.

Ad un certo punto, decisero di prendersi una pausa ristoratrice, sedendosi sul bordo della fontana centrale, mentre Chad si offrì di andare a prendere due bibite.

Dovette attendere circa una decina di minuti in coda prima di essere servito e, ritirato l’ordine, tornò dalla sua ragazza, ma ciò che vide appena arrivato lo fece sbiancare.

Non poteva essere vero.

Non lì, non in quel momento.

-----

Quando quella mattina Ryan aprì gli occhi, venne disturbato immediatamente dalle urla di sua sorella, che si disperava perchè non trovava il suo top preferito. Cercò di rigirarsi nel letto, tappandosi le orecchie con il cuscino per recuperare qualche minuto di sonno, ma non sortì l’effetto sperato. Un bellissimo modo di cominciare la giornata, pensò.

Così si mise in piedi controvoglia, dato che era domenica e avrebbe voluto dormire di più, e si avviò verso la cucina per fare colazione, con ancora le occhiaie del giorno precedente. In realtà non aveva molta fame, dal momento che la sera prima si era rimpinzato di snack gentilmente offertigli dai Wildcats, ma comunque si avviò verso il frigo per prendere della frutta.

Il suo sguardo cadde sui cioccolatini che aveva riposto al fresco una volta tornato a casa la notte scorsa. I ragazzi ne avevano portato uno ciascuno, ma lui se ne era ritrovati due. Il suo e quello di Chad.

Infatti, il bruno aveva insistito perchè prendesse anche il suo, dicendogli che “gli sarebbe servito per risollevarsi”. Sorrise e arrossì al pensiero di quanto fosse stato dolce a preoccuparsi per lui, aiutandolo con il suo attacco di panico e standogli accanto finchè non si fosse ripreso. E poi, si erano stretti forte, e Ryan aveva abbandonato ogni difesa tra le braccia di Chad. Aveva avuto un estremo bisogno di conforto, di affetto, e l’aveva trovato in quell’abbraccio, che non aveva lasciato spazio ad alcun tipo di indugio, di esitazione. Seppur vulnerabile, Ryan non si era vergognato di mostrare le sue debolezze. Si era sentito compreso e al sicuro, e non aveva avuto bisogno di altro.

Quanto avrebbe voluto che quell’abbraccio fosse durato tutta la sera.

Ma si sentiva tanto in colpa. Taylor non sapeva nulla di quei momenti, della sua ormai impetuosa infatuazione per quel ragazzo dalla chioma vaporosa.

Così, Ryan mangiò i cioccolatini e tornò alla sua ciotola di frutta, quando all’improvviso sentì dei passi alle sue spalle e uno schiocco di labbra sulla sua guancia.

“Ciao tesoro, tutto ok?”

Ryan sorrise alla vista di sua madre e finse che fosse tutto nella norma, senza minimamente citare ciò che era successo la sera precedente. Lei ricambiò il sorriso, chiedendogli se fosse andato a dormire tardi quella notte per via delle occhiaie, ma lui tergiversò e ricambiò l’abbraccio che lei gli rivolse.

Ad un certo punto, anche l’artefice delle urla di quella mattina giunse in cucina, con passo svelto e un certo nervosismo. I due gemelli stavano ancora attraversando una fase di guerra fredda, in cui faticavano a rivolgersi la parola se non per cose strettamente necessarie, infatti si degnarono a malapena di uno sguardo.

“Ragazzi, stamattina sono libera. Che ne dite di andare a fare un po’ di shopping come ai vecchi tempi?” Disse Derby ai suoi figli, raggiante.

Ryan guardò Sharpay per cercare di intuire la sua risposta, ma lei era ancora in preda al panico. “No. Io non posso. Devo assolutamente ritrovare il mio top prima di stasera o non posso più uscire.” Piagnucolò la ragazza, e suo fratello roteò gli occhi.

Derby cercò di convincerla ma nulla da fare, così si rivolse a Ryan.

Il ragazzo pensò che gli avrebbe fatto bene un po’ di distrazione, così decise di accompagnare sua madre al centro commerciale di Albuquerque. Prese posto nel Mercedes di sua madre e passò il viaggio guardando fuori dal finestrino e fantasticando sugli eventi recenti.

“Sei pensieroso. Sicuro che sia tutto apposto? Sai che con mamma puoi parlare.” Ryan si risvegliò dal torpore e fu colto di sorpresa dalla domanda della madre. Al che, decise di raccontarle l’ennesimo momento brusco con suo padre della sera precedente e di come lui fosse stato male a posteriori. Una volta che furono arrivati al parcheggio del centro, Derby con gli occhi lucidi abbracciò Ryan e gli chiese di non provare mai più a tenersi dentro un malessere così grande. Il ragazzo si zittì per qualche istante, incerto se continuare a parlare o far finta di nulla.

Sentendosi però ascoltato, decise di parlare a sua madre di ciò che gli frullava in mente.

“Sai, mamma, fortunatamente ieri sera non sono stato solo. C’è stato qualcuno che mi ha aiutato.”

Derby sgranò gli occhi e chiese ulteriori spiegazioni a Ryan. Raccontò di come gli fosse stato vicino, di come avesse asciugato le sue lacrime e avesse cercato di farlo sentire meglio.

“Ti brillano gli occhi al solo parlarne tesoro…Non ti piacerà mica questa persona?”

Di colpo Ryan arrossì, non riuscendo a continuare la sua finzione, così Derby gli scompigliò i capelli sorridendo, chiedendogli di più, ma il biondo fu irremovibile.

“E quindi…C’è qualcuno nel tuo giovane cuoricino…”. Ryan roteò gli occhi sorridendo e facendo spallucce. Per quanto fingesse che l’insistenza di sua madre lo irritasse, in realtà non era così. Sapeva di poter contare su di lei, che non lo avrebbe mai giudicato, quindi decise di uscire allo scoperto, altrimenti sapeva che avrebbe potuto continuare così per ore.

“Come si chiama? Giuro che non ne parlo con nessuno!” Derby lo guardò con un’occhiata maliziosa.

Ryan chiuse gli occhi e fece un respiro profondo prima di parlare.

“Si chiama Chad Danforth.”

I due varcarono la soglia del centro e si aggirarono per negozi per qualche ora, in cui Ryan fece incetta di cappelli, prima di decidere di riposarsi un po’ e mangiare un gelato.

Ma ad un certo punto, l’inevitabile.

----

“Taylor!”

“Eh? Oh, salve! Che piacere rivederla, signora Evans!”

“Ti trovo bene cara, spero tu stia bene!”

Chad vide una donna bionda avvicinarsi alla sua ragazza, una figura che a quanto pare si chiamasse “signora Evans”. E fu lì che vide anche lui, al suo seguito, che si avvicinava con passo incerto. Si accorse del momento esatto in cui Ryan prese coscienza della sua presenza, perchè ebbe un sussulto molto visibile e rimase fermo al suo posto, senza più avanzare.

Le mani di Ryan cominciarono a sudare copiosamente. Non aveva immaginato potesse succedere così presto, in quella maniera. Avrebbe voluto fuggire.

I due ragazzi si guardarono negli occhi per qualche istante. Il biondo avrebbe voluto far capire a Chad la situazione, ma ovviamente non potè dire nulla e si affidò semplicemente al corso degli eventi.

Per questo, abbozzarono un cenno di saluto con la mano, evitando di continuare a fissarsi per non tradire i loro intenti, e cercarono di fissare i loro pensieri altrove rispetto a quella conversazione assurda che stava avvenendo. Il riccio si chiese cosa c’entrassero la madre di Ryan e Taylor o come si conoscessero, ma sicuramente non era il motivo più opportuno per chiederlo, così decise di rimandare la domanda a un momento successivo.

Ryan, a sua volta, rimase spiazzato nel notare che sua madre ancora si ricordasse di Taylor, tra tutti i suoi compagni che aveva conosciuto. Poi gli tornò in mente il motivo per cui avesse ricordato la ragazza e non Chad: lei lo aveva aiutato due anni prima a ripetere chimica per qualche settimana, e si erano visti a casa Evans. Il biondo salutò con la mano ed un sorriso anche la ragazza, prima di sentire una breve fitta allo stomaco che gli ricordò la sua inopportuna posizione nei confronti di Taylor. Aveva una cotta per il suo ragazzo e questa cosa non sarebbe potuta uscir fuori in alcun modo.

“Noi siamo in giro per qualche acquisto…Il mio bambino ha pensato bene di fare scorta di cappelli”. Ryan avvampò. Sicuramente di ottimo gusto essere chiamati con nomignoli dalla propria madre vicino ai propri compagni di scuola. Vicino al ragazzo che ti piace.

Chad percepì con un’occhiata l’imbarazzo di Ryan e gli sorrise timidamente. Non potè fare scelta più sbagliata. Il biondo cadde negli occhi di Chad. Ne restò incantato, in quel contatto che sembrò durare un’eternità.

E quel momento non passò inosservato.

“Non credo di ricordarmi di te…Scusami caro, di Taylor mi ricordo perchè ha aiutato Ryan in chimica qualche tempo fa.”

“Non c’è problema, sono Chad. Chad Danforth.”

Il sorriso di Derby si spense.

Molti pensieri la sorpresero ad un tratto, ma cercò di dissimulare. Dopo qualche attimo di pausa e disorientamento, riprese a parlare. Avrebbe sicuramente parlato meglio con suo figlio più tardi.

“Lieta di conoscerti. Sei anche tu dipendente del nostro club questa estate?”

“Si. Lavoro in sala, come cameriere.”

Derby era sicura di aver già visto prima Chad, infatti tutto d’un tratto ricordò. “Oh ma certo, tu mi hai fatto da caddy ad un allenamento di golf a inizio estate, assieme a Troy Bolton!”

Il cuore di Chad prese un piccolo colpo. Faceva un po’ male sentir parlare di Troy ora che non avevano più un minimo contatto. “Si, sono proprio io, in carne ed ossa” Osò il ragazzo, camuffando una risatina. Lanciò una rapida occhiata a Ryan, che imbarazzato si passò una mano tra i capelli, rendendosi conto di essere fissato.

“Bene, bene. Mi ha fatto piacere vedervi. Se qualcosa al Lava Springs vi turba o vi crea disagio, sapete che potete contare su di me.”

Chad annuì, seguito a ruota da Taylor, prima che Ryan guardasse per l’ultima volta in direzione del riccio, ignorando la ragazza, e gli rivolgesse un saluto con la mano sorridendogli radiosamente.

----

“Posso sapere cosa ti salta in mente, Ryan?” La frase di Derby squarciò il silenzio, una volta che si furono allontanati dall’atrio del centro commerciale.

Per Ryan fu una doccia fredda. Non sapeva esattamente cosa dire, sua madre non avrebbe potuto vedere di peggio, così rimase zitto, non riuscendo a concretizzare alcun pensiero.

“Lui è Chad, il ragazzo che ti piace.”

Ryan annuì leggermente.

“Eri a conoscenza del fatto che fosse fidanzato? E che stesse con una ragazza?”

Assentì di nuovo. Il suo cuore fece una capriola. Ci stava già pensando costantemente, da quando si era accorto di provare qualcosa per il giocatore di basket, non ci voleva che si aggiungesse anche lei a ricordarglielo. Era l’ultima cosa di cui avesse bisogno.

I due rimasero in silenzio. Derby non proferì ulteriore parola, mentre Ryan si sentiva davvero in imbarazzo e si pentì amaramente di essersi confidato con sua madre, ma non avrebbe potuto minimamente immaginare si potesse verificare una situazione così surreale. Dopo quella che sembrò un’eternità, Derby scosse la testa e guardò negli occhi suo figlio. Se prima aveva parlato con un tono quasi di rimprovero, ora la sua voce risuonò dolce ma allo stesso tempo preoccupata.

“Tesoro mio…Perchè vuoi farti spezzare il cuore così?”

Ryan respirò profondamente. Lo sapeva. Sapeva di star facendo una cavolata, ma ormai non poteva evitarlo.

“So che al cuore non si comanda, però…Ti stai cacciando in un brutto guaio, Ryan. Davvero.”

Non appena furono entrati in macchina, il ragazzo poggiò la testa al finestrino e fissò il paesaggio per tutto il tempo. Poi chiuse gli occhi.

Vedeva i suoi occhi nocciola, il sorriso con cui aveva mandato via la sua sofferenza, quello sguardo che aveva catturato e gettato all’aria ogni suo dolore.

Poi ricordò il calore dell’abbraccio che lo aveva stretto e coccolato, e come si fosse sentito per la prima volta accettato, confortato. Quelle braccia possenti che avevano rallentato il suo battito cardiaco, che avevano sciolto quel nodo pungente nel suo petto.

E infine quel contatto. Le sue dita che avevano asciugato le sue lacrime, le carezze che lo avevano sfiorato. E restarono a guardarsi, tra un’infinità di parole non dette, fino a che dei passi interruppero la loro magia.

Non riusciva a definire le emozioni che avesse provato, ma sapeva solo che aveva un estremo bisogno di riprovarle, le desiderava ardentemente.

E per quanto quello che stesse accadendo fosse complicato, avrebbe spento per un po’ la razionalità e pensato solo al suo cuore.

Tutti i suoi compagni si comportavano da normali adolescenti, si guardavano con occhi innamorati, si baciavano, si amavano, e lui era rimasto in disparte, guardando dagli spalti quello spettacolo di vita.

Per una volta avrebbe messo in scena il suo di spettacolo, e ne sarebbe stato la stella.

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Capitolo 8
*** CAPITOLO 7 ***


CAPITOLO 7

“Chad, a cosa stai pensando?”

La voce di Taylor ad un tratto risultò quasi come una sveglia per il suo cervello. Stavano continuando a girare per la galleria del centro commerciale nella speranza di trovare degli articoli a saldo, ma per quanto la ragazza osservava guardinga le vetrine, Chad sembrava camminare quasi per inerzia.

A sua discolpa, aveva guidato fino in galleria con le migliori delle intenzioni, aveva davvero bisogno di rivoluzionare il suo guardaroba, ma a metà passeggiata la situazione si era ribaltata.

Il cuore di Chad fece una capriola al vederlo. Era impeccabile, di una perfezione fuori dal mondo. Questo il primo pensiero che gli passò per la testa nell’incrociare il suo sguardo. Indossava una semplice maglietta bianca, dei pantaloni larghi a righe azzurre e una coppola blu a completamento dell’outfit, facendo risaltare ancora di più il colore dei suoi occhi.

Ad un certo sua madre gli aveva rivolto la parola e si sentì insolitamente agitato nel risponderle, faticando a concentrarsi sul discorso. Gli sembrava come se il suo cervello stesse andando in fumo senza alcun motivo, e per questo sperava che quella situazione imbarazzante finisse al più presto.

Imbarazzante?

In fin dei conti avevano semplicemente incontrato un compagno di classe con sua madre, che aveva offerto loro un lavoro estivo presso il club di famiglia. Niente di strano, assolutamente.

E allora perchè si sentiva così? Cosa gli stava succedendo da giorni a questa parte?

Avrebbe voluto schiaffeggiarsi lì sul posto, intimarsi di cambiare pensieri, convincersi che fosse soltanto la suggestione del momento.

Ma perchè da giorni non smetteva di pensare a Ryan Evans?

Un senso di nausea lo sorprese dal nulla. Questa, qualsiasi cosa essa fosse, doveva finire immediatamente. Giorni prima al campo da baseball si era ripromesso che non avrebbe più minimamente fantasticato sul biondo, che avrebbe lasciato sopire i suoi pensieri intrusivi, ma si stava rivelando più difficile del previsto e sembrava come se il mondo gli impedisse di distrarsi da quel ragazzo.

“Mh? No, a nulla. E’ tutto ok?” Rinvenne Chad, rivolgendosi alla sua ragazza.

“A me sì, a te sembrerebbe di no.” L’espressione di Taylor era torva e squadrava il bruno con fare impaziente.

“No, no, è tutto apposto. Stai tranquilla.” Chad sforzò un sorriso, sperando di risultare naturale, ma per quanto Taylor sembrò non replicare, non era sicuro che se la fosse bevuta per davvero.

Seguirono un paio di minuti interminabili, in cui il bruno avrebbe voluto semplicemente scomparire e spegnere il cervello.

“Chad…So perchè sei fuori di te ultimamente. L’ho notato. Voglio solo dirti che con me puoi stare tranquillo.”

Chad rabbrividì improvvisamente e si bloccò di colpo. Il suo cuore cominciò a pulsare prepotentemente. Ma cosa aveva capito? Era convinto di star per impazzire, infatti dovette trattenersi a fatica per dirle qualcosa di cui si sarebbe potuto facilmente pentire.

“C-che cosa intendi?” Sentiva il sangue prendere possesso delle estremità delle sue orecchie.

“So che non è facile. Lo so benissimo. Posso solo immaginare come tu ti senta.”

Chad deglutì a fatica. Gli sembrava di non riuscire più a produrre saliva.

Ebbene sì. Se ne era accorta. Ma doveva assolutamente dirle che era tutto okay, che era solo e semplicemente un amico e che gli sembrava giusto stargli vicino a causa del difficile periodo che stava passando. Aveva una situazione complicata in famiglia, suo padre lo considerava quasi come un rifiuto, sua sorella non era da meno. Voleva stargli accanto da amico, voleva fargli sapere che potesse contare su di lui se si sentisse solo. Tutto qui. Non c’era NIENT’ALTRO. Lo avrebbe potuto giurare. E glielo avrebbe detto.

“Taylor io…Lo giuro, non c’è nulla. Davvero.”

“Tesoro, sono la tua ragazza. Ho visto come sei cambiato da quel momento. Non è difficile notarlo.”

Chad inspirò. Era stato davvero così palese? Cosa significava? Addirittura la sua ragazza aveva notato che ci fosse qualcosa che non andasse in lui dal giorno della partita di baseball. Non riusciva più a capire il suo cervello o cosa gli frullasse a sua insaputa. Sapeva soltanto che si era cacciato in un pasticcio e doveva rimediare.

Ma cosa avrebbe pensato? Comunque non avrebbe dimenticato facilmente gli sguardi che aveva rivolto al ragazzo, il modo in cui le sue mani avevano cominciato a sudare solo nel vederlo. Come avrebbe potuto accettare ad occhi chiusi quel suo nuovo, proibito e malsano interesse?

Non poteva andare così. Taylor significava tutto per lui. Era colei con cui, nonostante tutto, viveva le sue giornate in maniera spensierata, colei che lo aiutava con i compiti quando le cose andavano male, colei che si prendeva cura di lui quasi come una seconda mamma, colei che, nonostante fosse così diversa da lui, faceva di tutto per far andar bene le cose.

La ragazza con cui aveva perso la verginità.

Non disse nulla, perdendosi ancora di più in quei pensieri che lo stavano soffocando.

“So cosa significa per te. Ti senti smarrito perchè semplicemente non sei abituato. Ma vedrai le cose si aggiusteranno. Secondo me non ci vorrà molto. Tornerà tutto come era prima e vedrai, sarà anche meglio di prima.”

Chad guardò Taylor negli occhi. Non sapeva cosa dire. Si vergognava solo di se stesso, di come stava deludendo quella persona che invece si stava dimostrando, come sempre, tre passi avanti a lui e che lo stava ascoltando e supportando.

Taylor gli si avvicinò e lo avvolse con il braccio, strofinandogli la schiena e schioccandogli un bacio sulla guancia. Poi gli si parò davanti, prendendogli le mani e cingendole con le sue.

“Tu e Troy siete sempre stati inseparabili. L’uno la spalla dell’altro, non vi ho mai visti separati più di qualche minuto. Non ho mai avuto un’amica come Troy lo è con te, posso solo immaginare la difficoltà che stai provando ora che siete lontani. Anche per noi Wildcat è difficile vedervi in questa situazione. Credimi, stiamo tutti sperando che le cose cambino al più presto, perchè mi manca vedervi felici insieme. Mi manca il vecchio Chad, allegro e che fa battute stupide per far ridere tutti.”

Chad non voleva credere alle proprie orecchie. Ringraziò il cielo per non aver parlato ulteriormente e non aver ribattuto qualche minuto prima alle parole di Taylor.

Quindi era di Troy che stava parlando, di come si fosse allontanato e di quanto a suo parere la loro lontananza stesse nuocendo anche alla sua persona. Chiuse gli occhi e buttò fuori tutta l’aria che aveva nei polmoni. Menomale. Parlava di Troy.

Riaprì gli occhi e continuò ad ascoltare la sua interlocutrice con un peso in meno sullo stomaco e cercò di non far notare l’improvviso cambiamento della sua espressione nel momento in cui capì che non si stava parlando di Ryan. Per fortuna non aveva notato nulla di quell’altro discorso.

Ma cosa avrebbe dovuto notare esattamente?

Lottava con questi pensieri nel momento in cui si sforzava di ascoltare Taylor parlare e di mantenere un’espressione allo stesso modo preoccupata così come se stesse parlando di un certo tipetto biondo e ricco.

Non prestò più attenzione al resto del discorso. Troy gli mancava, certo, ma non aveva più spazio nella sua mente per pensare a lui. Doveva soltanto riuscire a fare pace con il suo cervello e mettere fine a quel rush di preoccupazioni che lo stavano attanagliando.

“Sono convinta che Troy deciderà presto di tornare sui suoi passi. Non ci vorrà troppo tempo. Ed in ogni caso tu hai bisogno di distrarti in questo periodo, non ci devi pensare assolutamente.”

Chad si risvegliò nuovamente dal suo torpore. Stava aspettando che quella solfa finisse al più presto, perchè stava iniziando a diventare piuttosto opprimente.

“Ho già trovato il modo di Ryan ieri mi ha mandato un messaggio. Ci ha chiesto di partecipare al Talent Show e di partecipare al suo pezzo. Sono sicura che ti farà bene, e Ryan è così premuroso. Ci divertiremo insieme.”

Il riccio sgranò gli occhi, la bocca spalancata e un brivido lungo la schiena.

Non poteva credere alle proprie orecchie.

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


CAPITOLO 8

Ryan era fibrillazione quel pomeriggio.

Aveva già programmato tutto da giorni ormai: la base musicale, i passi, gli esercizi di riscaldamento. Sarebbe stata la prima volta in cui avrebbe tenuto una vera e propria lezione di ballo, e per giunta ai suoi compagni di classe. Non sapeva ancora come si sarebbero comportati, se si sarebbero rivelati dei pezzi di legno imbarazzati o se avrebbero seguito semplicemente il corso della musica.

Ma alla fine non gli importava più di tanto, avrebbe comunque fatto del suo meglio. Era la sua passione e si sarebbe impegnato al massimo per trasmetterla agli altri.

E poi ci sarebbe stato lui.

Colui che da giorni occupava la sua mente e i suoi desideri più reconditi. Il Wildcat di cui gli importava di più.

Aveva riflettuto tanto su se stesso e su cosa sentiva nell’ultimo periodo: appena si era accorto della sua forte infatuazione per Danforth, aveva cercato di convincersi di lasciar perdere, di distrarsi, perché sicuramente non era il ragazzo per lui.

E lo sapeva. Purtroppo ne era al corrente, così come del suo fermo orientamento sessuale, ma non riusciva consapevolmente a dire al suo cuore di smettere di provare quelle sensazioni dolci che lo stavano risollevando da quel periodo negativo. Avrebbe vissuto secondo quello che gli suggeriva il cuore, senza porsi domande. Doveva spegnere per un po’ il cervello.

Ma c’era qualcosa che non poteva dimenticare: Taylor.

Lo aveva aiutato con i compiti diverse volte, lo aveva supportato quando smetteva di avere fiducia nelle sue capacità ed era un’ottima consigliera su cui contare, da quello che aveva potuto constatare durante le sessioni di studio. Si era sempre comportata bene con lui, anche quando gli altri gli voltavano le spalle, e non poteva in alcun modo ricambiare così.

Ryan sospirò. Si guardò allo specchio della sua camera. Aveva scelto una maglietta nera, dei jeans e un cappello da cowboy per quel pomeriggio, colori un po’ troppo basici per il suo abbigliamento usuale. Posò il cappello sul letto e si passò una mano tra i capelli, arruffandoli, ma non gli piaceva la piega che avevano preso. Così, in automatico, pensò di chiamare sua sorella, ma poi gli tornò in mente il suo attuale contesto familiare e gli si strinse il cuore.

Non era semplice star lontano da Sharpay. In fin dei conti erano gemelli: avevano condiviso il grembo della loro madre e qualsiasi cosa di lì a venire, senza staccarsi un attimo. Per quanto fosse una sorella complicata da gestire, era la sua Shar. Nell’ultimo periodo si era reso conto di come avesse bisogno di aria, di uno spazio suo personale in cui sua sorella non ci fosse, ma dall’avere un pezzo di vita indipendente a non parlarci neanche più ne passava di acqua sotto i ponti.

Pensò che questo periodo gli sarebbe servito per “disintossicarsi” e per capire di più se stesso indipendente da quella che era sempre stata la sua ombra, nel bene e nel male.

Si rimise il cappello e giunse a Lava Springs con il suo motorino, dove si diresse in sala prove. C’erano già alcuni dipendenti ad aspettarlo, che lo salutarono allegramente, e Ryan non potè fare a meno di allontanarsi dalla nebbia che regnava nella sua mente e sciogliersi in un sorriso.

Poi entrarono i Wildcats di sua conoscenza, tutti insieme. Chad entrò in sala, cercando con lo sguardo Ryan, che sussultò al vederlo. Restò imbambolato, gli occhi fissi sul bruno, senza sapere come comportarsi. Gli sembrava ad un tratto di avere in testa una scimmia che batteva i piatti. Chad sollevò la mano allegramente e Ryan ricambiò, le gote colorandosi di rosa.

Decise di avvicinarsi per salutarlo, ma proprio in quel momento Taylor si avvicinò al suo ragazzo e gli scoccò un bacio sulla guancia. Ryan aveva la gola secca a quella scena e abbassò lo sguardo, dissimulando e cercando una bottiglia d’acqua.

Si avvicinò a Kelsi, al piano, aspettando che tutti quanti arrivassero in sala per cominciare la lezione. Prese posto sulla superficie del pianoforte, mentre la ragazza stava riprovando la base musicale per le prove. Lei sollevò lo sguardo e sorrise a Ryan.

“Come procede, Mr. Coreografo?”

Mille cose gli passarono per la mente a quella domanda, ma replicò con un semplice “Non c’è male”, continuando nervosamente a gettare occhiate in direzione di Chad che in quel momento avvinghiava Taylor tra le sue braccia. Arrossì nel momento in cui Chad si accorse di essere osservato e alzò gli occhi verso di lui.

Kelsi notò che Ryan fosse impegnato nel guardare al di là del suo sedile per pianoforte e si girò curiosa, prima di rigirarsi e scuotere la testa guardando Ryan, chiedendogli di cosa si trattasse. Il biondo decise di tergiversare e far finta di nulla.

Ad un tratto si portò verso il centro della stanza, battendo le mani e richiamando l’attenzione dei presenti per cominciare. Con un cenno alla pianista, la musica cominciò a risuonare nell’intera sala e, dapprima un po’ incerti, tutti quanti cominciarono a prendere il proprio posto e muoversi a ritmo di musica per il riscaldamento.

Ryan non riusciva a non tenere d’occhio Chad, che con estremo imbarazzo stava cercando un posto il più indietro possibile, ma evidentemente lo spazio era troppo poco per la moltitudine di persone che si stava ammassando nello stesso punto. Così, mandando a farsi benedire ogni remora, il biondo si diresse da Chad e, mani sulla sua schiena, lo spinse portandolo più in avanti di tutti a mo’ di trenino.

Chad si voltò verso Ryan, opponendosi a quanto stava accadendo, ma Ryan fu più incisivo e con un sorriso sciolse ogni ripensamento dell’altro ragazzo, che restò imbambolato scuotendo la testa e ridendo. Poi il biondo fece la stessa cosa con Taylor, conducendola in prima fila, accanto al suo ragazzo. Avrebbe voluto limitarsi a Chad, ma non poteva destare sospetti così chiaramente.

Kelsi cominciò a suonare una melodia che non aveva ancora nè nome nè testo. Cominciava soave, con qualche nota isolata, ma man mano diventava una vera e propria melodia da ballo di gruppo, e il coreografo iniziò a guidare tutti verso il centro, formando un grande cerchio.

Prese per mano Gabriella, che era alla sua destra, e si portò verso il centro della grande circonferenza, saltellando con lei a tempo di musica. Poi fu il turno di tutti quanti, che insieme a Ryan ebbero il loro momento di gloria al centro della sala, fino ad arrivare a Chad.

Aveva preso tutti per mano. Perchè ora si sarebbe dovuto sentire a disagio?

Lanciò un’occhiata rapida verso Chad e deglutì nervosamente, mentre i palmi delle sue mani cominciarono a sudare. Non appena si accorse che il suo sguardo fosse ricambiato, abbassò gli occhi immediatamente.

Il bruno, a passi incerti, gli si avvicinò e gli tese la mano.

Ryan la afferrò, incrociando le sue dita con quelle dell’altro ragazzo. Chad chiuse delicatamente la stretta, guardando gli occhi cerulei del biondo posarsi su di sè. Il pollice del giocatore di basket cominciò ad accarezzare delicatamente il dorso della mano di Ryan, e questi sentì all’improvviso il bisogno di respirare.

Non stava capendo, non riusciva. Ma gli piaceva, e questo gli bastava per comprendere che avrebbe voluto continuare a provare quelle sensazioni, quell’eccitazione che pervadeva ogni singolo centimetro della sua pelle. In quel momento desiderava essere da solo, senza tutti gli altri Wildcats a guardarli, ma doveva fare i conti con la realtà.

Così cominciò a guidare Chad, avanzando verso il centro della sala, saltellando con lui e osservandolo quanto più potesse, in quel momento in cui gli era concesso. Il Wildcat ricambiava il suo sguardo, non staccandogli gli occhi di dosso, e ad un certo punto ad entrambi sembrò che il mondo esterno non esistesse. Erano riflessi l’uno negli occhi dell’altro, le loro mani congiunte, i loro cuori all’unisono con la musica.

La canzone terminò. Tutti i Wildcats scoppiarono in un fragoroso applauso e i due rimasti ultimi al centro si inchinarono, con le loro dita ancora intrecciate. Subito dopo, misero fine a quel momento allontanandosi e tornando a quello che era il loro posto, Chad da Taylor e Ryan accanto a Kelsi.

Il pomeriggio proseguì in un batter d'occhio, mentre si godeva la compagnia gli uni degli altri, sulle sapienti note della pianista, che era completamente assorta nella sua arte, e arrivò per tutti il momento di congedarsi.

Dopo aver rivolto un fragoroso applauso al ballerino, i ragazzi cominciarono ad uscire dalla sala, uno ad uno, mentre Kelsi sistemava i suoi spartiti e Ryan ne approfittava per sedersi un attimo e bere un po’ d’acqua, dando occhiate allo specchio.

Si accorse dietro di sè di Chad e Taylor, rimasti per ultimi, mentre si scambiavano delle parole che il biondo non riuscì a carpire. Ma ad un tratto, Taylor salutò Ryan agitando la mano per aria e il ragazzo si girò ricambiando il saluto e vedendola andar via.

Chad stava avanzando verso di lui, e il cuore di Ryan cominciò a pulsargli nelle orecchie.

“Ehi…Complimenti, amico. Non è facile far ballare una mandria di scappati di casa come noi.”

Alzò il cinque verso l’alto, a cui il biondo rispose sorridendo radiosamente.

“Il merito è vostro, vi state impegnando davvero. Apprezzo molto la fiducia che mi state dando.”

Chad sbuffò. “Avanti, perchè non avremmo dovuto dartela. Sei un tipo losco?”

Ryan guardò verso il basso. “Sai, con mia sorella di mezzo non è che abbia una grande reputazione tra voi Wildcats. Spero di star riuscendo a dimostrarvi di essere un minimo diverso.”

“Ma tu sei diverso. Guarda cosa stai facendo: ti stai prodigando per noi poveri lavapiatti. Tua sorella non lo farebbe mai. E’ troppo impegnata a stare sul suo piedistallo.” Disse Chad con convinzione, mentre puntava il suo dito sul petto di Ryan.

Il ballerino sorrise tristemente. Gli faceva piacere essere apprezzato, ma questo non faceva altro che fargli accrescere la consapevolezza di quanto sua sorella fosse una persona complicata.

“E poi, guardati. Lei ti fa sentire a disagio solo se la guardi un istante in più. Tu no, sei così dolce.”

Ryan rinvenne dal torpore.

Aveva sentito bene?

Chad sembrò rendersi conto di ciò che aveva detto.

“Nel senso, non fai sentire a disagio le persone se ti guardano. Anzi, le metti a loro agio.”

Il bruno cominciò a torturarsi le mani nervosamente ed arrossire, capendo che la situazione a causa sua non stesse prendendo una buona piega. Voleva buttarsi dal terrazzo del Lava Springs.

Ryan non stava credendo alle proprie orecchie e arrossì violentemente a quei complimenti inaspettati. C’era qualcosa di diverso in Chad da quando c’era stata la partita di baseball. Quelle parole sembravano troppo innaturali per il Wildcat, quasi come se non fosse veramente lui a pronunciarle.

E se anche Chad provasse qualcosa per lui…?

No. Non poteva essere.

Era fidanzato con Taylor. E sicuramente provava dei sentimenti per lei, non per uno stupido ragazzo biondo e gay.

Ma se solo…? Se solo avesse provato a capirlo?

Alla fine, tentar non nuoce, giusto? Alla peggio avrebbe ricevuto un grosso palo, ma tanto ne era abituato.

Il suo cervello e il suo cuore erano in totale conflitto, in una guerra civile all’ultimo sangue. L’uno annientava l’altro, lo reprimeva. Il suo cervello aveva sempre vinto sul suo cuore, lo aveva sempre soppresso.

E forse fu proprio per questo che il cervello, questa volta debole ed indifeso, dovette gettare la spugna.

“Che ne dici di andare a bere qualcosa stasera?”

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


CAPITOLO 9

Per Chad quelle parole arrivarono come un fulmine a ciel sereno. Gli sembrò come se all’improvviso i suoi pensieri intrusivi fossero stati catapultati nella realtà, come se la sua mente ad un tratto fosse diventata trasparente all’esterno.

Quel pomeriggio, prima della lezione di ballo, si era sentito insolitamente ansioso. Probabilmente il caffè preso dopo pranzo era stato più forte del solito e aveva un po’ di tachicardia, che peggiorò con l’avvicinarsi della classe. Ad un certo punto aveva pensato di non andarci, di starsene tranquillo sul divano a godersi il pomeriggio libero dal turno, ma Taylor aveva espressamente detto che Ryan tenesse alla presenza di entrambi.

Se questo era stato il suo esplicito desiderio, non poteva mancare all’appello. Teneva molto a lui e avrebbe fatto di tutto per non deluderlo.

Ma sapeva anche di aver dato vita a degli equivoci più di una volta, e non voleva si ripetessero in alcun modo.

In realtà per lui non erano equivoci. Quelle cose che la sua bocca aveva buttato fuori senza il suo consenso, in realtà, le pensava davvero.

Credeva davvero che quel ragazzo fosse dolce, probabilmente in maniera quasi difficile da credere. Era gentile, simpatico, accattivante, e sapeva tirar fuori il meglio da ognuno, come stava dimostrando nel suo corso di ballo.

Credeva davvero che quel ragazzo mettesse a proprio agio. Chad era abituato spesso a sentirsi fuori posto, quasi come se nessuno lo comprendesse davvero nel profondo, ma con Ryan percepiva tranquillità. Era sicuro al cento per cento di non essere giudicato, di essere ascoltato e supportato.

In cuor suo sentiva che quel legame fosse prezioso, ma soprattutto si stava rendendo conto che probabilmente un’amicizia come quella non l’aveva mai trovata davvero. Si, certamente c’era stato Troy, ma non era mai riuscito ad essere completamente se stesso con lui. Qualcosa, per un motivo o per l’altro, lo frenava ogni volta e gli impediva di dare voce ai dubbi che per davvero lo tenevano sveglio la notte.

Tipo Taylor. Tipo come il loro rapporto non aveva mai spiccato il volo come quello tra Troy e Gabriella.

Si sentiva un osservatore esterno più che un protagonista della sua relazione e cercava in tutti i modi di sforzarsi e rendere le cose migliori sia per lui che per lei. Ma c’era sempre qualcosa, qualche ingranaggio che non girava nel verso giusto, in un modo o nell’altro.

Aveva dato la colpa al fatto che Taylor fosse più intelligente, più brava, più tutto di lui. Ma anche Gabriella era migliore di Troy sotto molti punti di vista.

Aveva dato la colpa alla frequenza scarsa con cui i due ultimamente riuscivano a passare del tempo insieme, ma tutte quelle occasioni di trascorrere qualche ora in compagnia l’uno dell’altra si rivelavano sempre diventare dei lunghi silenzi imbarazzanti intervallati da qualche interazione forzata.

Aveva dato la colpa al fatto che avevano fatto l’amore tre volte a malapena. In realtà aveva insistito lui, dato che Taylor era inizialmente titubante, ma poi ci avevano provato. Lui aveva immaginato di provare emozioni belle e forti, ma in realtà per quanto lui avesse goduto, era estremamente convinto che a Taylor non fosse piaciuto. Per questo ci avevano riprovato un’altra volta, e poi ancora un’altra, ma non gli sembrava ci fossero stati salti di qualità importanti. Infatti, era ormai da qualche mese che non ne avevano più neanche parlato.

Eppure cominciava a pensare che la causa non fosse neanche quella, perchè la sua ragazza gli aveva rivelato che Gabriella fosse ancora vergine, ma comunque le cose tra lei e Troy andavano a meraviglia.

Non sapeva più a cosa dare la colpa, a cosa aggrapparsi per trovare una spiegazione a ciò che stava accadendo nella sua mente e nel suo cuore.

Ciò di cui però era sicuro è voleva approfondire quanto più possibile l’amicizia con Ryan perchè era convinto che gli avrebbe fatto bene poter avere un amico con cui sentirsi davvero se stesso senza dover fingere.

E poi, ogni volta che lo vedeva il suo cuore cominciava a battere più forte. Era sicuramente perchè sapeva di aver trovato un buon amico. Un amico che aveva voglia di abbracciare e sentire vicino. Di cui voleva sentire il profumo e di cui voleva guardarne gli occhi. Era ovvio, non si poteva dire che Ryan fosse un brutto ragazzo, assolutamente. Era normale che fosse in qualche modo attratto da lui.

Se una persona è bella attrae, qualunque sia il suo genere. Almeno, questo era quello che aveva sempre pensato.

Però in quel momento in cui, nel bagno degli uomini, aveva la sua testa sulla sua spalla, per un attimo aveva pensato di baciare la sua fronte. Ma non lo aveva fatto. E sicuramente era perchè in quel momento voleva fargli sapere che tenesse a lui e che si potesse sentire al sicuro tra le sue braccia.

All’inizio però aveva voglia di baciare anche Taylor. Poi però i baci veri erano stati sempre più rari. E la sua voglia di baciare Taylor era diventata inversamente proporzionale a quella di baciare Ryan Evans.

Ma era solo un momento.

Era a causa di Troy, e della sua lontananza. Lo stava mandando in confusione e non capiva più nulla. Lo avrebbe preso a schiaffi.

Lui c’era stato in ogni momento no di Troy: quando, prima del glow up, riceveva dei pali dalle ragazze. Quando le partite non andavano bene e lui veniva additato come unico responsabile perchè capitano e figlio del coach. Quando aveva bisogno di consigli su come farsi perdonare da Gabriella.

Lui c’era stato e, nonostante il male che gli facesse vedere Troy perdere interesse nella loro amicizia e avvicinarsi alla sua ragazza, gli era rimasto affianco, nel bene e nel male. Ma ora non era più così. Non era rimasto che un fantasma della loro antica e decennale amicizia.

Se lui non si fosse allontanato quella partita di baseball non ci sarebbe mai stata e non avrebbe mai provato quelle sensazioni. Non avrebbe neanche lontanamente mai immaginato di baciare Ryan.

Se solo fosse tornato gli avrebbe vomitato in faccia tutto ciò che aveva da dire, gli avrebbe fatto capire che gli amici non andassero trattati in quella maniera, che lo avesse lasciato solo in un momento in cui aveva bisogno di lui.

Tutto questo gli faceva così tanta rabbia, ed era questo il motivo perchè per Troy non c’era più spazio ormai.

Era tempo di voltare pagina, e lo avrebbe fatto. Con Ryan.

Ma le cose dovevano procedere con criterio, e soprattutto senza ulteriori fraintendimenti. Voleva a tutti costi continuare con questa conoscenza che gli stava facendo bene all’anima ma il suo cervello doveva porre dei freni a quello che il cuore gli suggeriva. Se solo fosse successo di nuovo, se solo si fosse trovato nuovamente in situazioni che potessero mettere in dubbio se stesso, avrebbe stroncato tutto sul nascere e non sarebbe tornato indietro.

Così, processando in qualche istante tutti questi pensieri prima di rispondere, decise che era il momento di darsi la possibilità di aprire un nuovo capitolo della sua vita.

“Perchè no?”

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


CAPITOLO 10

Ryan non sapeva come fosse riuscito a tirar fuori il coraggio per chiedere a Chad di uscire, ma soprattutto era estremamente stupito del fatto che lui avesse accettato così di buon grado, senza mandarlo a quel paese o chiarire i termini di quell’incontro in anticipo.

Questo lo metteva nella posizione in cui aveva tutto il diritto di tirarsi a lucido per l’occasione: era di fronte al suo armadio ormai da più di mezz’ora, sperando che gli venisse ispirazione per l’outfit definitivo, ma avrebbe giurato che il suo encefalogramma in quel momento fosse piatto. Non sapeva se Chad potesse preferire un abbigliamento eccentrico, alla Ryan Evans, o qualcosa di un po’ più classico. Ricordava che, nelle sere in cui si erano visti, indossava abbigliamenti dai colori meno accesi, quindi si propose di seguire quella direttrice.

Decise di provare una camicia celeste con dei pantaloni bianchi, qualcosa di sobrio rispetto al suo consueto, ma dovette ammettere che gli stava veramente bene, si intonava perfettamente ai suoi occhi.

Era molto tentato dal non indossare alcun cappello in realtà, gli piaceva la forma che avessero preso i suoi capelli dopo lo shampoo quel giorno, ma era come non indossare una parte di sè. Perciò prese una coppola dello stesso colore dei pantaloni e decise che fosse definitivo.

Sarebbero partiti dal Lava Springs con la macchina di Chad, presso destinazioni decise da entrambi. Il riccio avrebbe deciso per la cena, mentre Ryan per il post. Il biondo era in fibrillazione. Sapeva che non fosse propriamente un appuntamento galante, anzi, non lo era affatto, e si sentiva molto in colpa quando gli capitava di immaginare un epilogo romantico dell’uscita. Ma non poteva davvero fare a meno di sorridere al solo pensiero di Chad, al solo pensarlo al suo fianco quella sera.

Lo aspettava a breve. Sarebbero andati a mangiare qualcosa e poi avrebbero fatto un giro nelle vicinanze. Fortunatamente suo padre non era nei dintorni, quindi non doveva temere di essere visto in macchina di Chad, ora che sapeva del suo segreto. Avrebbe potuto giustificarsi in qualsiasi maniera ma non gli avrebbe mai creduto, quindi sarebbe stato meglio evitare, ma solo per il benessere familiare, perchè tanto ormai non aveva più alcuna speranza nell’instaurare un rapporto con suo padre.

Era ormai pronto, vestito di tutto punto, e non sapeva cosa fare per far scorrere il tempo più velocemente. In realtà aveva riflettuto su dove avrebbe potuto portare Chad nel dopo cena, ma non gli era venuto in mente nulla. Era convinto che con un pò di cibo nello stomaco le idee gli sarebbero arrivate meglio, per cui stava continuando a procrastinare sulla decisione.

Si sentiva solo. Davvero solo.

Per tutta la sua vita aveva sempre contato su Sharpay. La maggior parte delle volte era lui a consolarla e farle da supporto, ma lei ricambiava quei gesti non con l’ascolto, perchè semplicemente non sapeva farlo, ma con il proteggerlo, come quella volta in cui alle scuole medie i compagni non smettevano di prenderlo in giro e lei aveva dato loro il benservito. Aveva sempre guardato a lei come suo punto di riferimento, per quanto giusto o sbagliato che fosse, ma in qualche modo il loro rapporto funzionava. Il carattere complicato di Sharpay trovava equilibrio grazie a Ryan, e lui a sua volta diventava più forte grazie alla testardaggine e determinazione di sua sorella. E’ vero, stava finalmente vivendo non più alla sua ombra, ma le mancava quella testa bionda cocciuta al suo fianco. Solo che sembrava che a lei lui non mancasse per nulla, e gli faceva male. Forse solo lui aveva bisogno di lei.

Un messaggio all’improvviso lo distolse dalla sua elucubrazione mentale.

“Sono fuori. Raggiungimi.”

Affacciandosi dalla finestra vide Chad in sella al suo pick-up. Così, uscì dalla sua villetta di Lava Springs sfoggiando un sorriso radioso al suo amico. Indossava una camicia bianca arrotolata sulle maniche e delle bermuda cachi. Ryan rimase quasi senza fiato nel vederlo. La camicia era perfettamente in contrasto con la sua pelle color cioccolato e questo creava un effetto meraviglioso. Tralaltro, poteva giurare che anche Chad lo avesse guardato dall’alto verso il basso appena varcò il cancello di casa.

“Ehi amico, ti trovo bene.” Ruppe il ghiaccio Chad, facendo accomodare Ryan nel sedile del passeggero.

“Buonasera Chad, posso assolutamente dire lo stesso.” E lanciò un’occhiata al guidatore un po’ troppo gay per i suoi gusti, quando ebbe modo di rendersene conto. Eppure fortunatamente lui non fece problemi, probabilmente per cortesia. Non riusciva a fingere quando si trovava davanti qualcuno che gli piacesse. Cercava di convincersi di non far trasparire alcunchè, alcun segnale che potesse indurre l’altra persona a pensare ad un’eventuale cotta, ma credeva fosse estremamente palese quando questo accadeva. Arrossiva e ammiccava più del dovuto, e per questo si malediceva internamente.

Chad cominciò a guidare verso una destinazione ignota a Ryan. Infatti, da accordi, lui avrebbe deciso per la cena, e si chiedeva dove lo avrebbe condotto. Ad un certo punto, quasi leggendogli nella mente, il bruno disse “Ora proverai la cena ideale di Chad. Tieniti forte.”

Svoltarono l’angolo e dinanzi a loro comparve un ristorante piuttosto spartano rispetto ai posti che Ryan era solito frequentare, ma che lo incuriosì tantissimo già ad una prima occhiata. Parcheggiarono e si diressero verso l’ingresso. Ryan indugiò qualche momento sulla porta, fermandosi a leggere il menù del posto.

”Benvenuto nella tana del cibo fritto di Albuquerque! Non so se tu abbia mai mangiato del pollo fritto, ma ti assicuro che quello che mangerai qui sarà il migliore che proverai nella tua vita.”

Rise con un’occhiata verso Chad. Era proprio il classico tipo da pollo fritto e patatine al formaggio in quantità industriale. Infatti, attendendo il biondo sull’uscio della porta, il riccio iniziò a parlargli di quanto amasse il pollo fritto e tutto ciò la cui preparazione prevedesse lo sfrigolio per più di cinque minuti.

“Ehi! Certo che ho mangiato del pollo fritto! Tre volte…o forse due…”. Chad ridacchiò e gli fece strada verso uno dei tavoli liberi.

Si sedettero, uno di fronte all’altro, e il cameriere subito si avvicinò loro per raccogliere l’ordinazione delle bevande, che risultò essere due birre da mezzo litro, per cui Chad ebbe dovuto insistere con Ryan dato che il ragazzo non aveva mai esagerato con l’alcool.

“Bene, se dopo la birra faccio o dico cose strane non sono responsabile delle mie azioni Danforth.” Apostrofò il biondo, con un sorriso insicuro. Svalvolare dopo mezzo litro di birra non sarebbe stata affatto una bella presentazione nei confronti del suo amico, ma non voleva neanche risultare pesante e smorzare l’entusiasmo del riccio nel momento in cui stava ordinando.

“Nah, non succederà. E poi, se già da sobrio balli, bere non potrà farti granchè.” Rise il bruno, punzecchiandolo, al che Ryan roteò gli occhi strizzandoli poi verso di lui.

Le birre arrivarono e tra un sorso e l’altro i due ebbero modo di entrare più nel personale. Chad raccontò di come avesse deciso di entrare nella squadra di basket perchè aveva sempre ammirato Troy e gli era stato vicino da sempre. Così era entrato nelle grazie del coach Bolton e di lì in poi la sua vita era sempre stata scandita da allenamenti e partite. Ryan, a sua volta, raccontò di come il teatro era entrato nella sua vita sin dall’asilo, quando lui e sua sorella cominciarono a frequentare una scuola di recitazione, danza e canto. Per quanto sua sorella avesse spiccato in ogni produzione, a lui non interessava più di tanto perchè quello che faceva lo rendeva felice, e ciò era la cosa più importante.

Chad era rapito da come gli brillassero gli occhi quando parlava delle sue passioni. Era totalmente un fiume in piena: nonostante sapesse che il bruno non se ne intendesse di teatro, gli raccontò di tutti gli spettacoli a cui aveva preso parte, pur sapendo che Chad non sapesse di cosa stesse parlando. Dal canto suo, Ryan ammirava come Chad avesse costantemente supportato Troy: in fin dei conti non era così diverso da lui nei confronti di Sharpay, ma lei era sua sorella gemella quindi in qualche modo era destinato a farlo, mentre Chad aveva deliberatamente scelto.

Erano entrambi le spalle di qualcuno per il mondo, ma l’uno per l’altro erano solo qualcuno di nuovo ed interessante da scoprire. I loro occhi erano puntati sull’altra persona, con estremo e genuino riguardo, cercando di comprendere come e perchè non riuscivano vicendevolmente a smettere di pensarsi.

La loro conversazione fu ad un tratto interrotta sempre dal cameriere, per ordinare il cibo. Ryan si fece elencare tutte le proposte presenti, temendo di prendere qualcosa di troppo pesante, ma Chad insistette, e non volle sentire ragioni, nel prendere due box large di ogni tipo di carne fritta, dall’ovvio pollo alle costolette di maiale. Il biondo sapeva che nel caso in cui lui non fosse riuscito a finire il tutto, il suo amico non avrebbe rimuginato due volte sul fatto di terminare anche la sua porzione.

“E quindi hai una collezione di figurine dei giocatori di baseball dagli anni novanta fino ad oggi? Sul serio?”

“Eh si. Per un breve periodo sono anche io stato un ragazzino eteronormato.” Si fece sfuggire Ryan con una risata dolceamara, ricordando la sua avventura nella Baseball Little League di Rhode Island, prima del trasferimento ad Albuquerque.

“E ti preferivi in quel periodo?” Chiese Chad con sincerità.

“No…Non ero davvero io. Cercavo di essere come gli altri ma sentivo di essere diverso già da allora. Poi, insomma, ad una certa il mio corpo mi ha esplicitamente informato di avere una certa attrazione per il sesso maschile. E lì ho capito meglio.”

Chad voleva saperne di più. “Come hai scoperto esattamente di essere gay?”

Ryan fece a Chad uno sguardo malizioso, sogghignando. “Secondo te come potrei aver capito di essere gay?” E dopo qualche istante di esitazione da parte del bruno, in cui piuttosto che incertezza aveva paura di rispondere, Ryan indicò tra le sue gambe.

Chad sentì le orecchie prendere fuoco. Non credeva che Ryan potesse essere così diretto, ma effettivamente avrebbe potuto benissimo immaginare la risposta. E forse aveva insistito perchè era proprio ciò che voleva evitare di sentirsi dire. Gli era capitato diverse volte di essersi eccitato per un ragazzo, ma aveva sempre ignorato la cosa perchè alla fine era poteva succedere, anche se fosse etero al 100%. Ma al sentire Ryan, forse non era più così tanto “normale” come aveva pensato per un ragazzo interessato esclusivamente al genere femminile.

Sentì il terrore prendere possesso del suo stomaco e del suo petto, ma deglutì mandando giù un altro sorso generoso di birra. Non poteva essere. Non c’era in lui neanche un briciolo di omosessualità. Poi Ryan continuò, come se avesse percepito la volontà di Chad di saperne di più.

“Credo successe nel periodo delle medie. Insomma, non è così raro trovarsi in corsi sportivi o in degli spogliatoi, dovresti saperlo meglio di me. Ricordo che dovetti fuggire a prendere un asciugamano perchè la situazione stava diventando davvero imbarazzante e non potevo rischiare che questa persona se ne accorgesse. Era probabilmente l’unico ragazzo che avesse il coraggio di essere mio amico ai tempi, dato che per gli altri ero quello strano. Fortunatamente credo non se ne sia mai accorto.” Tirò un sorso vigoroso di birra.

Chad emise una risata forzata. Doveva aver passato davvero un periodo difficile essendo costretto a nascondersi agli occhi degli altri, costringendosi ad essere una persona diversa da quella che era in realtà.

“Dopo quella volta ho avuto maggiore cura nel nascondere i miei incidenti al pubblico indiscreto.” Chad non poteva credere che il biondo parlasse anche di quelle cose come se stesse parlando di teatro.

La tensione di quel momento fu spezzata dall’arrivo della cena e il bruno pensò di zittirsi ed evitare di dire qualcosa di stupido e controproducente ficcandosi un’aletta di pollo in bocca.

Ryan fissò il suo piatto incerto per qualche momento, al che Chad rispose mostrandogli il modo migliore di afferrare e addentare il pezzo di carne. Iniziò anche lui a mangiare e non potè far altro che riconoscere quanto fosse buono il cibo spazzatura.

Chad alzò gli occhi dalla sua cena diverse volte per assicurarsi che il suo amico stesse gradendo il cibo tanto quanto lui e fu contento e soddisfatto di vederlo mangiare con gusto. Immaginava che probabilmente i ricchi andassero avanti a caviale e champagne, intervallati dai piatti della mensa della East High.

“E a te invece, come vanno le cose con Taylor?” Ryan non credette di essere riuscito ad avanzare quella domanda in maniera così indolore, ma probabilmente la birra stava iniziando a renderlo più sciolto.

Il riccio fu spiazzato da quella domanda e avrebbe preferito evitare l’argomento, ma si costrinse a dire che andasse tutto bene, nonostante alcune recenti incongruenze di cui però non fece parola con Ryan. Bevve un altro po’, sperando che l’alcol rimuovesse la nebbia dal suo cervello al solo sentire il nome della sua ragazza.

Seguì qualche attimo di silenzio, in cui entrambi approfittarono per finire sia le birre che la carne. Infatti non passò molto tempo prima che entrambi si sentissero più accaldati e allegri, sia per la pancia piena che per la birra ormai in circolo.

“Quando vi siete baciati per la prima volta tu e Taylor?” Ryan poggiò la testa sul suo palmo, con il gomito sul tavolo.

“Ehm…Credo sia stato l’ultimo giorno di scuola. Eravamo con Troy e Gabriella, e come sempre stavano facendo i piccioncini. Così ho pensato, forse è arrivato il momento di farlo. Così l’ho baciata, e lei è stata colta di sorpresa perchè mi ha guardato stupita. Però poi ha iniziato a farlo anche lei e quindi ci siamo messi insieme…E’ abbastanza avvincente per i tuoi gusti cavallereschi?”

“No, non abbastanza. Dai! Con Troy e Gabriella? Ma davvero?” Scosse la testa dissentendo.

Chad aggiunse “Perchè? Come sarebbe dovuto essere?”

“Beh, non so…Una cosa intima e romantica, solo vostra. Per quanto gli spettatori siano graditi generalmente nella vita, in alcuni momenti meglio che le cose avvengano nel backstage, non credi?”

Il bruno non riusciva a capire dove volesse arrivare, ma riflettendoci non potè fare a meno di essere d’accordo con Ryan. Solo che non ne aveva mai avuto occasione con Taylor. O voglia.

“Credo di sì. Ma aspetta, tu che ne sai di queste cose? Non sei mai stato fidanzato… O si?”

Ryan ribattè. “Ti lascerò con il dubbio, Danforth. Però non è difficile capire come si vorrebbe che si instaurasse una relazione, o meglio io come vorrei che fosse.”

Chad si indispettì e voleva assolutamente sapere se Ryan avesse avuto già qualcuno nella sua vita. Infatti, tra sè e sè se lo pose come obiettivo della serata. Doveva tirare fuori quell’informazione, che non sapeva effettivamente a cosa sarebbe servita ma sapeva solo che aveva bisogno di conoscerla.

Ad un tratto ebbe un’idea.

“Io ho ancora sete…Credo che ordinerò un’altra birra. Che ne pensi, Evans?”

Prima che l’altro potesse rispondere, Chad aveva già fatto cenno ad un cameriere per ordinare la birra. Infatti, gli disse: “Altre due birre qui, per favore.”, ma Ryan lo fermò dicendo che stesse apposto così, e fu costretto ormai ad ordinarla solo per lui. Non era andata come previsto.

Così la bevanda arrivò, e Chad tirò subito una sorsata. Non era sicuro neanche lui di poter reggere un litro di birra, non ne aveva mai bevuta così tanta, ma non poteva far altro che incrociare le dita e sperare di restare lucido il possibile per condurre la serata in maniera quanto meno disagiante possibile per lui.

A metà boccale, il riccio offrì una sorsata a Ryan, quasi pregandolo di bere insieme a lui. Così Ryan ebbe l’illuminazione su dove condurre Chad per il resto della serata, ma valutò l’idea per il resto del loro tempo al ristorante. Non era sicuro che Chad avrebbe apprezzato. Anzi, poteva rischiare di far finire la serata molto male, ed era l’ultima cosa che avrebbe voluto. Ma quel posto lo attirava tantissimo. Avrebbe voluto metterci piede dal primo momento in cui lo aveva scoperto, ma non aveva la giusta compagnia.

Non era sicuro che Chad fosse la giusta persona per andarci, ma il non essere abituato all’alcool gli suggerì che tentare non avrebbe causato nulla di negativo. Così decise di condurlo , senza minimamente pensare a delle possibili conseguenze.

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


CAPITOLO 11

Non appena misero piede fuori dal ristorante, si resero entrambi effettivamente conto che forse avevano un po’ esagerato con la birra.

Chad pareva aver dimenticato ogni parvenza di buio o dubbio giacente nel suo cervello e si guardava attorno chiedendosi quale direzione avrebbero intrapreso. Guardava Ryan, poi di nuovo la strada, poi il suo pickup parcheggiato che in quel momento non era assolutamente in grado di guidare, poi di nuovo Ryan.

E quando lo guardava lo stomaco gli si contorceva. Era bello. Bello davvero. E non poteva descriverlo in altro modo. Più i suoi occhi cadevano su di lui, più la sua mente non riusciva a distogliersi da quel pensiero. E voleva provarci a pensare a qualsiasi altra cosa o a qualsiasi altra persona, ma ogni tentativo era vano.

Ryan a sua volta fissava Chad quando questi aveva gli occhi rivolti verso la strada. Aveva le difese abbastanza disinibite per pensare consapevolmente a quanto desiderasse cingerlo in un abbraccio, sentire i loro visi vicini, poter catturare il suo respiro con il suo. Ma sapeva anche che tutto ciò che stava succedendo si sarebbe rivelato solo un enorme sbaglio per entrambi, eppure voleva conoscere come sarebbe andata a finire. Sentiva la testa estremamente leggera, come se non fosse mai successo nulla con suo padre e con Sharpay, e avrebbe potuto debuttare a Broadway in quel momento, senza nessun tipo di ansia o preoccupazione.

“Ho deciso dove andremo ora…Però lo scoprirai quando arriveremo” disse Ryan, concentrandosi per camminare sobriamente.

Chad squarciò il silenzio con un sonoro rutto, che suscitò la sorpresa e l’ilarità di Ryan, il quale si portò le mani alla bocca ridendo. Dopodichè, aggiunse che sarebbero potuti benissimo arrivare al posto che aveva in mente a piedi, perchè non distava molto da lì, evitando che Chad si mettesse alla guida in quello stato poco consono.

Così si incamminarono, saltellando, ridendo e scherzando, oltre che facendo piuttosto baccano in quelle strade in cui il suono di due voci giovani non era molto comune. Ryan era su di giri. Aveva dato un leggero spintone scherzoso a Chad, che da buon atleta ben più piazzato di lui non si mosse di un centimetro, e aveva pensato di gettargli le braccia al collo e baciarlo, ma proprio in quel momento il bruno si divincolò dal tocco del ragazzo, mandando in frantumi il piano del biondo.

Chad non faceva altro che continuare a camminare, per quanto riuscisse a non barcollare, e seguire le indicazioni di Ryan, cacciando a calci dal suo cervello il desiderio di stringere questo tra le sue braccia muscolose. Subito si concentrò per visualizzare nella sua testa l’immagine di Taylor nuda, sperando di poter provare in quel momento desiderio verso di lei. Fissò questa scena nella sua mente per evitare di fare cavolate di cui si sarebbe ampiamente pentito.

A circa metà strada, Ryan doveva urgentemente andare in bagno. Mancavano ancora una decina di minuti all’arrivo alla loro destinazione, ma la birra stava premendo nella sua vescica. Si guardò attorno, sconfortato per il fatto che non ci fosse un luogo civile dove poter andare, ma abbastanza brillo per avere il coraggio di adoperare gli antichi metodi. Si fermò, senza dire nulla a Chad, al primo albero semi-nascosto dalla carreggiata, lasciandolo lì sul marciapiede di punto in bianco.

Questi rimase imbambolato per qualche attimo e si avvicinò al posto incriminato per vedere cosa stesse succedendo. Ryan era di spalle, e subito capì cosa stesse facendo. Come se avesse visto qualcosa di estremamente scioccante, Chad si portò le mani alla bocca emettendo un suono di sorpresa. Poi, dall’alto del suo stato non propriamente lucido, disse: “Evans! Non sapevo fossi un tipo del genere!”

Ryan, ridendo tra sè, gli rispose: “E’ la prima volta, giuro!”

Chad continuò: “Ma non per l’albero…Perchè fai la pipì in piedi! Credevo fossi un tipo da tavoletta abbassata e seduta di velluto!”

Il biondo a quel punto scoppiò in una fragorosa risata, sistemandosi e tornando da Chad. “Di velluto sarebbe estremamente scomodo… ma ci si adatterebbe.”

Il riccio proseguì “Ma…Io credevo che…Insomma, solitamente è una cosa molto maschia.”

“Ehi!!” Ryan finse di essere offeso. “Non perchè sono gay sono meno maschio, eh!”

Chad a questa frase si sentì allo stesso tempo sia imbarazzato che avvampare. Stava scoprendo un lato di Ryan che agli altri non era mai stato esplicito, e questa cosa lo incuriosiva tremendamente.

“Ma davvero? Non lo avrei mai detto…” Disse Chad scherzando, ma facendo in modo di punzecchiare Ryan.

“Devo dimostrarti quanto sono maschio?” Avanzò Ryan con un scherzoso tono di sfida, procedendo di qualche passo verso Chad, che sentì il cuore accelerare di colpo. Lucidamente gli avrebbe risposto che non ce ne fosse bisogno, perchè stava ovviamente scherzando e ritenesse Ryan tanto maschio quanto lui, ma ciò che il suo cervello computò fu: “Si.”

Ryan gli fece uno sguardo malizioso e poi aggiunse un criptico “Aspetta e vedrai…”.

Così proseguirono il loro cammino verso quel posto ancora sconosciuto per Chad, ma lui non aveva nessun barlume di forza mentale in quel momento per domandarsi dove sarebbero finiti e continuò semplicemente a camminare, lanciando sguardi sottecchi a chi aveva accanto a sè, mentre questi pregava internamente che il litro di birra di Chad lo portasse a sfiorarlo, anche per sbaglio.

Ad un tratto giunsero dinanzi ad una struttura a due piani, che sembrava quasi un hotel ad una prima occhiata, ma si rivelò essere molto più di quello. Fari tra il rosa e il viola illuminavano l’ingresso, in modo che tutti coloro che stessero varcando la porta di ingresso fossero colpiti dal fascio di luce come delle stelle a centro palco.

Ryan si fermò un attimo distante dall’ingresso, indugiando e guardando il posto dal basso verso l’alto e un sorriso gli si disegnò sul viso. Però sembrava un sorriso che portava con sè un po’ di malinconia. Poi si girò verso Chad e disse: “Questo posto l’ho sempre visto da lontano, immaginando come fosse entrarci, ma ho deciso che è arrivato il momento di inaugurarlo.”

Chad non sapeva cosa rispondere onestamente, anche perchè non aveva la più pallida idea di cosa significasse, così si limitò ad annuire e seguire Ryan verso l’ingresso.

Furono improvvisamente colpiti da quel fascio di luce intenso che avevano visto da lontano e subito dopo fecero il loro ingresso. Era difficile da descrivere l’immagine che si presentò davanti ai loro occhi. Era una discoteca, una di quelle mondane. Sicuramente un posto dove nè Chad nè Ryan avevano messo piede prima di quel momento. Ryan guardava attorno a sè quello spettacoli di fari e glitter sulle pareti e gli brillavano gli occhi, mentre Chad osservava senza porsi alcuna domanda.

Si fecero strada tra altri gruppi di persone, esplorando un po’ il posto. Era tutto molto esagerato per i gusti di Chad, ma se Ryan aveva optato per quel luogo sicuramente ne sarebbe valsa la pena. ”Ho sentito dire che qui fanno anche dei cocktail stratosferici. Che ne dici di provarli?” Esordì il biondo, rivolto a Chad, ma ancora guardandosi attorno.

Chad ovviamente assentì, senza curarsi del litro di birra che si era scolato poco prima, e si diressero presso uno dei banconi. Fu la volta di un daiquiri per Ryan e un mojito per Chad, seguiti da rispettivamente caipiroska e long island. In un momento di svista da parte del bruno però, Ryan si servì di una doppia dose di daiquiri. Dopo questo, non conservavano più alcun briciolo di inibizione. Attorno a loro, un sacco di persone che bevevano, si conoscevano o addirittura amoreggiavano sui divanetti. Chad non potè fare a meno di notare ragazzi con abbigliamenti abbastanza stravaganti e succinti. Rispetto a loro, i due erano vestiti in maniera troppo elegante.

Raggiunsero la sala principale, dove già un sacco di gente si stava dilettando con il ballo. Chad si sedette a bordo pista, occupando uno degli ultimi divanetti rimasti liberi, mentre Ryan non perse ulteriore tempo e si fiondò a centro pista. Chad riusciva a vederlo per bene dalla sua seduta, nonostante stesse lottando implorando alla sua testa di smettere di girare.

Ryan si muoveva sinuosamente, a tempo con la musica. I suoi fianchi ondeggiavano in maniera totalmente naturale, compiendo movimenti perfetti. Seguiva il ritmo e si lasciava pervadere da questo, sfoggiando le sue mosse migliori che sembravano esser state conservate solo e soltanto per quel momento. Chad lo guardava e gli sembrava di esserne ipnotizzato. Non riusciva a staccare gli occhi da quel bacino che fluttuava sensualmente, gli sembrava che il suo sguardo fosse totalmente incollato al corpo di Ryan Evans.

Ad un tratto, come se Ryan avesse letto nei pensieri di Chad, gli si avvicinò e, prendendolo per la mano, cercò di tirarlo dal divanetto su cui era seduto, ma non dovette farsi convincere molto perchè dopo pochi attimi si alzò e seguì il biondo. Si portarono a centro pista, dove Ryan continuò a muoversi con il suo solito fare leggiadro e accattivante. Chad lo guardava, indugiando dall’alto verso il basso, mentre gli si avvicinava sempre più. Senza rendersene conto si avvicinarono sempre di più l’un l’altro, entrambi danzando a ritmo di musica, i loro occhi incollati su chi avevano di fronte. I fianchi di Ryan sembravano in quel momento un invito per Chad, che ora era tanto distante dal biondo da poterne percepire il respiro. Il suo cuore cominciò ad accelerare in una maniera che probabilmente non aveva mai provato prima, e Ryan, ormai perso negli occhi di Chad, posò la sua mano sulla sua spalla, ondeggiando in maniera provocatoria. L’altro stava ormai facendo estremamente fatica a distrarsi dal pensiero di quanto avrebbe voluto mettere la sua mano su quei fianchi e guidare quei movimenti, quando Ryan spostò la mano verso il collo di Chad. Il ragazzo deglutì, ormai con il fiato mozzato per quanto i suoi polmoni stavano cercando ossigeno. Come se il ballerino avesse percepito i più reconditi desideri di Chad, gli prese la mano e la poggiò sul suo fianco, mentre continuava a ballare.

I due erano così a pochi centimetri l’uno dall’altro. Chad chiuse gli occhi per percepire meglio quel rush di emozioni che in quel momento lo stavano travolgendo. Sentiva sotto il suo tocco il fianco di Ryan che ondeggiava, sul collo il suo respiro, e quel profumo di zucchero a velo che tanto gli piaceva e che tanto lo aveva stregato.

Ryan aveva ormai abbandonato ogni difesa. Tutto ciò che avrebbe voluto in quel momento era posare le sue labbra su quelle di Chad, placando quel forte desiderio che si stava facendo strada in lui. Sentiva il suo addome bruciare, il suo battito cardiaco ormai ad un ritmo concitato e la sua gola ormai secchissima. Cominciò ad accarezzare il collo di Chad, mentre questo posò la sua guancia sulla mano, strofinandola leggermente.

Riaprì gli occhi per vedere dinanzi a sè e Ryan aveva le gote colorite per l’eccitazione che stava prendendo possesso del suo corpo, le labbra semi dischiuse, come se fossero in attesa di un bacio, o almeno questo è quello che a Chad sembrò.

Un momento dopo, la mano del bruno scivolò dietro la nuca di Ryan spingendolo verso di sè, mentre le loro labbra si incontrarono per la prima volta.

  •  

Chad aveva baciato diverse volte.

C’erano stati i baci alle scuole medie con le fidanzatine del tempo che duravano una settimana o poco più. C’era stata Taylor, la ragazza con cui era anche andato anche ben oltre il bacio. Quando vedeva Troy e Gabriella baciarsi si era sempre chiesto cosa ci fosse di così speciale nel volersi baciare così di frequente e continuamente. Li aveva sempre reputati noiosi e a tratti monotematici, lui quasi si annoiava quando baciava la sua ragazza per un po’ più di tempo del dovuto.

Ma fu baciando Ryan che ad un tratto capì quello che aveva sempre sperato e, molto in fondo, voluto. Quello con Ryan fu un climax indescrivibile, in cui il desiderio aveva fatto da padrone. Non credeva che avrebbe mai potuto desiderare un bacio con così tanta foga ed eccitazione, eppure dal tocco delle loro labbra non riusciva a volere altro che continuare.

Si staccò per un attimo, per vedere l’espressione che regnava sul viso di Ryan. Era esterrefatto e strabuzzò gli occhi per qualche attimo, prima di tirare a sè vigorosamente Chad e continuare a baciarlo, scivolando sugli angoli della sua bocca e sul collo. Il riccio aveva il cuore che gli esplodeva. Rispose ai baci con un desiderio irrefrenabile di tenerlo avvinghiato al suo corpo per più tempo possibile.

La musica risuonava forte e chiara dalle enormi casse della discoteca e faceva da cornice a quel momento.

‘’He's acting shy, looking for an answer

Come on, honey, let's spend the night together

Now hold on a minute before we go much further

Give me a dime so I can phone my mother

They catch a cab to his high-rise apartment

At last he can tell exactly what his heart meant’’

I due continuarono a dondolare abbracciati, come se stessero ballando un lento sebbene la canzone fosse tutt’altro. Ryan posò la sua testa nell’incavo del collo di Chad e gli cinse i fianchi con le braccia. Il bruno, ancora non realizzando completamente quello che stesse accadendo, accarezzò quei capelli biondi posati sulla sua spalla e ne sentì il soave profumo.

Ad un certo punto, Ryan sussurrò nell’orecchio di Chad, ma per via della musica questi non riuscì ad afferrare il messaggio, ma non esitò nel seguire il biondo quando si staccò e, prendendolo per mano, lo condusse lontano dalla pista da ballo. Salirono delle scale e dinanzi a loro un lungo corridoio conduceva a diverse stanze. Chad era troppo intontito e ripieno d’alcool per chiedersi dove fosse o cosa fossero quelle stanze, e seguì Ryan in una di queste.

Appena varcata la soglia, tutto ciò che videro fu un letto e, in un turbinio di visioni sfocate, i due vi si abbandonarono.

Ryan cominciò a baciare con passione Chad, dimenticandosi del mondo intorno a lui, annientando ogni stralcio di pensiero che non appartenesse al giocatore di basket, al suo corpo o al suo mondo. Il bruno rispondeva con vigore, accogliendone ciascuno tra le sue labbra e assaporandolo fino alla fine. Le mani del ballerino tiravano Chad a sè, sopra il suo petto, e questi vi si ritrovò sul biondo. Chad cominciò a mordicchiare il labbro di Ryan, che era di un rosso vivido e sembrava un invito per la sua bocca. Poi si spostò verso il basso, mentre il biondo gemeva lievemente per ogni tocco delle labbra di Chad sul suo collo.

Ryan cominciò a sbottonare la camicia del ragazzo su di sè, ricambiando i baci questa volta sul petto di Chad, mentre questi aspettava il momento per fare la stessa cosa, e qualche attimo dopo le loro camicie giacevano sul pavimento di quella camera da letto che da quel momento in poi avrebbe conservato i ricordi e le emozioni di quella notte.

I loro respiri si fecero gradualmente più intensi, mentre i loro cuori fremevano per il desiderio che stava prendendo il controllo della situazione. Chad si strinse al corpo di Ryan e ne esplorò il corpo con i baci, prima di passarne delicatamente la lingua sul suo addome ardente di eccitazione. Ryan a quel punto, non riuscendo più a contenere la sua irrefrenabile passione, prese in mano la situazione e si accinse ai pantaloni di Chad, cominciandone ad abbassare la cerniera. Il ragazzo subito comprese cosa stesse per succedere, quindi chiuse gli occhi e si lasciò completamente sopraffare dal corso degli eventi. Ogni centimetro della sua pelle fu percorso da brividi nel momento in cui Ryan cominciò a baciarlo e provocarlo nei suoi punti più intimi, e di lì in poi non ricordò più nulla tranne che la sua brama di proseguire ancora e ancora con quel rush che lo stava conducendo all’estasi.

Chad, quando fu giunto il culmine di quell’atto, si lasciò andare di peso sul letto, sfinito, dopo aver provato l’orgasmo migliore della sua vita fino a quel momento. Ryan, a sua volta, si poggiò con la testa sul petto di Chad, lasciandosi cullare dai battiti del suo cuore che, fino a qualche momento prima, aveva battuto all’impazzata solo e soltanto per lui.

Il bruno chiuse gli occhi per qualche attimo, con Ryan stanco su di sè, mentre gli accarezzava i capelli dolcemente. Ryan sorrise tra sè, socchiudendo anche lui gli occhi e accoccolandosi meglio sulla spalla di Chad.

Erano entrambi troppo colmi di alcool per pensare in quel momento a cosa fosse appena successo, a cosa significasse e a cosa avevano davvero condiviso in quel letto prima sconosciuto ma che di lì in poi avrebbe conservato per sempre una parte recondita del loro essere.

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


CAPITOLO 12

”Guardalo, come si nasconde…”

“Danforth, non pensavo avessi questi gusti…A quanto pare le fatine ti creano attrattiva.”

“Te lo sei fatto succhiare da quel finocchio di Evans, eh?”

Chad sentì queste frasi che catturarono immediatamente la sua attenzione. Si avvicinò nel punto in cui una moltitudine di persone era raggruppata, e tutti quanti erano intenti ad osservare qualcosa. Sgomitò, facendosi spazio tra la gente che gli rivolgeva sorrisini sprezzanti e di scherno.

Sulla parete, una scritta volgare e offensiva che recitava “Chad the gay lad”, ed improvvisamente si sentì come se sarebbe svenuto da un momento all’altro. Cercò di concentrarsi per guardare meglio e scorse anche alcune polaroid, attaccate su un cartoncino rosa pieno di glitter che conteneva insulti omofobi. Fece qualche passo in avanti e vide ciò che era raffigurato. Chad e Ryan, completamente nudi su un letto, l’uno sopra l’altro.

Il bruno si avvicinò con orrore ad una delle foto, la prese e la stracciò in mille pezzi, gettandone i resti addosso ad un ragazzo che rideva sguaiatamente additandolo. Non riusciva a respirare e cercò di fuggire da quella situazione, spingendo e sgomitando la gente che lo stava insultando e prendendo in giro. Mentre si faceva spazio nel corridoio, cercando di raggiungere un punto lontano da quella calca, vide qualcosa che gli gelò immediatamente il sangue nelle vene.

Ryan, in fondo al corridoio, mentre un giocatore della squadra di rugby della East High lo prendeva a calci e pugni con violenza.

Chad cominciò a correre verso Ryan, ma gli sembrava che più veloce corresse più quella scena orribile si allontanasse da lui. Correva, agitava le braccia sperando di riuscire a distrarre o colpire il bullo che gli stava facendo del male, ma nulla sortiva l’effetto sperato. Riuscì a raggiungerlo solo quando il vandalo se ne fu andato, ritrovando il biondo a terra in una pozza di sangue, privo di sensi.

Il bruno si chinò, prendendo il viso di Ryan tra le sue mani, ma questi sembrava inerme. ”Ryan…Ry…Su, dai, riprenditi…” Lo chiamava, mentre gli dava dei colpetti per cercare di farlo rinvenire, ma non otteneva alcuna risposta.

In sottofondo altre urla e insulti verso di lui, verso Chad il finocchio, verso Chad la femminuccia, verso Chad che avrebbe fatto meglio a sparire dalla scena sportiva della East High, verso Chad che si era fatto sedurre da quel gay di Ryan Evans.

Chad si piegò su Ryan, prendendo un fazzoletto e cercando di tamponare le ferite, ma il sangue continuava ad uscire senza tregua.

“Dai, Ryan…ti prego…” Pose il suo orecchio sul petto di Ryan, ma Ryan non rispondeva. E neanche respirava.

  •  

Chad aprì gli occhi. Era completamente sudato, sebbene si accorse di aver dormito nudo. Ci mise qualche minuto per rendersi conto di cosa fosse successo. Aveva avuto un incubo orrendo, ma era stato così vivido da averlo messo in uno stato di completa agitazione. Respirò, e cercò di mettere a fuoco ciò che si trovasse attorno a lui.

La prima cosa che vide fu la parete di fronte a lui, ancora quasi totalmente buia ma illuminata flebilmente da un fioco fascio di luce proveniente dai fori nella tapparella abbassata della stanza. Non gli era affatto familiare. Non era sicuramente la parete di casa sua.

Sgranò gli occhi per cercare di diminuire la sensazione di intontimento che provava. La testa gli girava furiosamente e aveva un senso di nausea indescrivibile. Cercò di mettersi a sedere nel letto, ma non riuscì subito ad alzarsi. Girò la testa verso la sua destra e si accorse di non essere solo. Fu lì che lo vide, e come un flash gli tornarono alla mente delle immagini sfocate. La birra. I cocktail. La pista da ballo. Il corpo di Ryan contro il suo.

In quel momento, Chad si sentì soffocare. Gli sembrò che l’aria nei suoi polmoni fosse terminata, che non ce ne fosse più in assoluto nell’atmosfera.

Il suo stomaco si contorse irrimediabilmente, e arrivò appena in tempo in un bagno lì posto sullo stesso corridoio, riverso sulla tazza del gabinetto per vomitare.

Che cosa aveva fatto?

Sentiva un masso fatto di sensi di colpa e vergogna premere al suo interno, nelle sue viscere. Gli era davvero bastata un’ubriacatura per tradire Taylor e fare sesso con un uomo?

La testa continuava a girargli incontrollabilmente e cinse la tazza del gabinetto con le mani, chiudendo gli occhi e concentrandosi solo sul ritmo tachicardico del suo cuore. Sembrava che stesse per impazzire, o per morire.

L’immagine di Ryan, dei suoi espressivi occhi blu, gli si compose in mente e si sentì avvampare al ricordo di come si erano stretti l’un l’altro, amati senza limiti. Poi questa cambiò, e Taylor improvvisamente gli stava tendendo la mano.

Le lacrime cominciarono a bagnare le guance di Chad. Scendevano inesorabilmente, senza lasciargli modo di opporre resistenza. Come aveva potuto? Era davvero così debole, così fragile da lasciar prendere il controllo alle emozioni? O erano queste troppo forti affinchè lui potesse fare qualcosa?

E dove si trovava? Come era finito in quel luogo?

Tutte queste domande non avevano risposta, mentre il bruno continuava a farsi scalfire da quel pianto amaro che stava portando fuori tutta la delusione che provava per se stesso. Non aveva più alcuna forza per pensare quando si sedette sul pavimento del bagno, sentendosi impotente e non sapendo cosa fare della sua vita.

E poi, cosa significava questo? Cos’era Ryan per lui?

Ad un tratto la porta del bagno si spalancò ed entrò un ragazzo. Aveva il petto scoperto, dei pantaloni cargo, e portava una collana di perle sulla sua pelle ambrata.

“Ehi amico, dovrei andare in bagno.”

Chad sollevò la testa e incrociò il suo sguardo. Si mise in piedi il più in fretta possibile e si sistemò alla bene e meglio. Stava per uscire, quando gli tornarono in mente tutte quelle domande che si era posto qualche minuto prima.

“Sai dirmi per favore dove mi trovo?”

Il ragazzo gli fece un sorrisino malizioso. ”Ma come, hai avuto l’onore di entrare all’Heaven’s Club e non sai dove ti trovi?”

Chad gli rivolse uno sguardo ancora più perplesso. Non aveva evidentemente idea di dove si trovasse, e il suo interlocutore lo capì.

“Fratello, si tratta del locale gay più esclusivo del New Mexico. Chi ti ha portato è un intenditore.”

Silenzio. Chad era convinto che sarebbe caduto a terra di lì a poco.

Era completamente paralizzato. Non sapeva cosa dire o cosa pensare. Fissava l’altro ragazzo senza muovere un dito. Il suo cervello in quel momento avrebbe prodotto un encefalogramma piatto.

“Non è la fine del mondo, eh. Non sarai mica omofobo?”

Chad mugugnò qualcosa di incomprensibile per cercare di discolparsi, ma ripetè soltanto un no per più volte. Dovette appoggiarsi al lavandino per non perdere l’equilibrio.

“E allora. Se non sei nel posto giusto ti basta non tornarci. Ma se dovessi esserlo…Ti assicuro che di meglio non c’è.”

Stava ricominciando a sentire borbottii strani nel suo stomaco all’udire quelle parole. Non era nel posto giusto, neanche per sogno. Non era gay. E Ryan lo sapeva, ma lo aveva comunque portato in quel posto. Si sentiva…tradito? Era la parola giusta? Non sapeva più nulla. Sapeva solo che doveva fuggire quanto prima da quello che stava accadendo.

“Ora devo andare, grazie per la spiegazione.” E si voltò prima che l’altro potesse controbattere.

Tornò nella stanza in cui aveva dormito e raccattò quanto prima le sue cose, con la rabbia che man mano prendeva possesso di lui. Come aveva potuto fargli una cosa del genere? Gli avrebbe sbraitato contro se solo fosse stato sveglio, ma guardò verso di lui ed era ancora immerso in un sonno profondo. Sembrava un angelo, il suo cervello gli disse. Era a torso nudo e abbracciava il cuscino, mentre respirava intensamente. I suoi capelli biondi erano una cornice perfetta per il suo viso candido, e lasciavano intravedere la linea sinuosa della sua schiena.

Ma tutto ciò durò pochissimo, perchè la delusione per ciò che era successo era troppo grande da passare inosservata, e per quanto avrebbe voluto potersene dimenticare e far finta di nulla, sentiva nel suo cuore un misto di disgusto e profonda delusione.

Si vestì in fretta e, con un’ultima occhiata verso il letto, andò via da quelle mura.

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