Ipernova

di M a k o
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prima parte ***
Capitolo 2: *** Seconda parte ***



Capitolo 1
*** Prima parte ***


IPERNOVA 1 WELL, POSSO SPIEGARE.
Questa storia non era in programma, o meglio, non era in programma il fatto che diventasse una mini long, dato che doveva trattarsi della OS di novembre da inserire nella Raccolta I can live because of this love.
Ho deciso di trasformarla in una mini long per il semplice motivo che sono arrivata a 7k parole e ancora non ho finito di scriverla, ho davvero tante cose da sviluppare e non nego che questa stesura mi stia bellamente prosciugando, quindi ho optato per dividerla in due parti per poter respirare un attimo.
Poi, a dirla tutta, si tratta pure della storia per il mio compleanno — in ritardo ma vabbé, dettagli, ormai il 7 novembre è passato —, e per me ha un significato molto importante.

Il titolo di questa storia è omonimo alla mia canzone italiana preferita: Ipernova di Mr.Rain, quindi vi lascio immaginare la gioia di aver finalmente scritto qualcosa basandomi sulle parole di questa canzone.
Troverete alcuni frammenti della suddetta sia in questo capitolo che in quello successivo, quando lo pubblicherò.

In questa storia affronto una tematica importante; non è la prima volta che ne parlo, ma in questo caso non si tratta di qualcosa di canonico per i personaggi, come invece è successo in un'altra storia che ho scritto — poi capirete a cosa mi riferisco.

Questa storia ovviamente partecipa alla Year of the OTP indetta su Tumblr (per il mese di novembre ho scelto il prompt Growth), mentre è solo ispirata a una delle Challenge sul mio forum Siate Curiosi Sempre in quanto si tratta di una mini long e quindi niente, mi piace sabotarmi da sola, lol
Dato che in questa prima parte il prompt del forum non compare, ve ne parlerò meglio nel secondo capitolo.

Giuro che ora vi lascio alla lettura (!), vi chiedo scusa per avervi tediati così tanto, ma mi sembrava giusto spiegarvi per bene come stanno le cose, visto tutte le modifiche che ho attuato per la Raccolta.
Vi auguro buona lettura e vi aspetto a fine storia con altre N.d.A. — SCUSATEMI (!)



IPERNOVA

(Prima parte)



1

Comunque vada andrò dritto per la mia strada
Sarai sempre la colonna sonora della mia vita
Tra tutte le persone sei la sola che colma
Perfettamente lo spazio che ho tra le dita

Era un pomeriggio come tanti, alla caffetteria Cyberse. Il cielo di novembre era plumbeo e il sole era pallido come una grande perla dispersa nel cielo; il suo calore, in quel momento della giornata, era quasi del tutto inesistente.
Yusaku aveva servito bevande bollenti di tutti i tipi, aveva lavato tazze, piattini e posate sotto il getto dell'acqua calda del lavabo e aveva pulito il bancone con uno strofinaccio pregno di disinfettante innumerevoli volte. Tutte azioni reiterate per ore intere in un giorno qualunque che, però, non gli pesavano affatto. A dirla tutta, negli ultimi anni quelle azioni quasi meccaniche erano ciò che lo avevano tenuto in piedi e gli avevano dato il supporto necessario per non crollare e impedire alla paura e all'incertezza di fagocitarlo in un buco nero senza fine.
Amava lavorare alla caffetteria. Aveva scoperto di essere portato per la cappuccino art e spesso si dilettava a creare figure nuove e sempre più graziose con la schiuma, come i coniglietti che molti clienti apprezzavano e richiedevano esplicitamente nelle loro bevande calde — di solito erano giovani studenti delle scuole medie e superiori, ma anche alcuni universitari gli avevano riservato non poche sorprese.
Ma lo stupore più grande non aveva potuto che offrirglielo proprio quella persona, quel nome che Yusaku faticava ancora a pronunciare dopo cinque anni di lontananza sia fisica che emotiva. Proprio quell'uomo che, negli ultimi giorni, si era introdotto nuovamente nella sua vita con passo calmo e al contempo deciso, prendendo posto in un punto preciso del cuore

    (proprio al centro, dove tutto è più tenero e vulnerabile).


2

Tutte le persone più importanti della sua vita
    (più una)
quel giorno erano lì.
In quel pomeriggio di metà novembre come tanti altri, pronte a colorargli la giornata con la loro sola presenza e le loro voci che Yusaku avrebbe riconosciuto tra milioni.
Jin e Miyu avevano ordinato rispettivamente un caffè macchiato e un espresso; lui frequentava un corso serale di pasticceria mentre lei studiava pedagogia all'università, intenzionata a lavorare poi in un asilo. E a tal proposito, nell'ultimo periodo la mole di studio era diventata molto più importante, tanto che Miyu si era abituata in fretta alla botta amara che il caffè espresso rilasciava sulle papille gustative. Sosteneva di aver bisogno di una carica di energia adeguata ad affrontare le ore serali di studio e la bevanda amara nella tazzina pareva l'ideale, in netto contrasto con la bontà della ragazza, una dolcezza sia fisica data dai lineamenti delicati del volto che caratteriale.
Poi c'era Yusei, il primo amico che Yusaku avesse mai avuto, un angelo caduto per sbaglio dal cielo come lo definiva in gran segreto nei suoi pensieri. Aveva ordinato un latte macchiato e Judai ci aveva messo tutto l'impegno del mondo per preparargli il latte macchiato più buono che Yusei avesse mai assaggiato, soprattutto dopo che quest'ultimo si era presentato alla caffetteria con una mano completamente fasciata. Un piccolo infortunio sul lavoro, nulla di così grave — poteva capitare di tagliarsi in maniera più o meno profonda riparando il motore di un'auto o di una moto —, ma che per Judai aveva assunto connotazioni talmente catastrofiche che aveva trascorso dieci minuti buoni a preoccuparsi per il suo ragazzo, lasciando a Yusaku l'arduo compito di preparare una decina di bevande calde nel minor tempo possibile.
Non era stato un problema, in realtà. Anzi, questo l'aveva aiutato a concentrarsi meglio sul lavoro e non pensare che di lì a poco le carte in tavola sarebbero mutate drasticamente. Perché, per quanto tentasse di mantenere la propria compostezza intatta, dentro di sé urlava.
    (E forse solo la causa del suo tumulto emotivo avrebbe potuto udirlo).


3

È come se ci stessimo aspettando da sempre, ma…

Dunque, ecco le quattro persone
    (più una)
che per Yusaku valevano più dell'oro: Miyu — la sua migliore amica—, Jin — il ragazzo della sua migliore amica —, Yusei — il suo migliore amico — e Judai — il ragazzo del suo migliore amico.
E poi c'era Ryoken. Era arrivato da poco e aveva preso posto a un tavolino un po' in disparte, vicino alla grande vetrata della caffetteria che offriva uno scorcio di una delle tante arterie trafficate di Den City. C'era Ryoken, ora intento a parlare con un cameriere, e Yusaku, anche quella volta, non riuscì a frenare i battiti cardiaci che si erano fatti improvvisamente più concitati.
    (C'era Ryoken, e Yusaku sentì di amarlo come il primo giorno).
Il cameriere gli si avvicinò e, prima ancora che potesse esprimere a parole quale fosse l'ordinazione, Yusaku sapeva già cosa doveva fare.
Un cappuccino. Ryoken desiderava un cappuccino. E lui l'avrebbe accontentato.
In quel momento era ben consapevole di avere gli occhi degli altri quattro tutti puntati su di sé. Sguardi attenti, respiri trattenuti, ognuno di loro pronto a scattare in qualsiasi istante. Yusaku si lasciò andare a un sospiro, prima di mettersi all'opera.
Optò di decorare la superficie della bevanda con la tecnica del pouring, ricreando perfettamente la figura di una foglia.
    «Vuoi servirglielo così anche oggi?» domandò Judai mentre puliva delle tazzine, ora che era tornato al lavoro dopo essersi dedicato interamente a Yusei per dieci minuti buoni. «E io che speravo ti sbizzarrirsi con l'etching e disegnassi qualcosa di più elaborato!» proclamò con tono enfatizzato, quasi fosse una tragedia.
Yusaku sapeva che anche quel giorno i suoi amici l'avrebbero stuzzicato. E voleva loro troppo bene per non considerarli. Preferiva di gran lunga discutere anziché rintanarsi nel mutismo più assoluto
    (in netta contrapposizione con il ragazzino che aveva conosciuto Ryoken cinque anni addietro)
nonostante la consapevolezza che, così facendo, l'avrebbero quasi portato all'esasperazione.
Sapevano cos'era accaduto tra lui e Ryoken quando era ancora tutto compromettente. Di come i loro cuori si fossero spezzati nello stesso, medesimo momento, e forse dopo tanti anni di lontananza non avevano mai smesso di piangere in silenzio, sopraffatti dal dolore e dalla malinconia.
Ma non voleva rievocare quei momenti… anche se questi, a modo loro, trovavano sempre l'occasione di intrufolarsi nei meandri della sua testa, in una sala cinematografica vuota e impolverata, e proiettare su uno schermo squarciato ciò che aveva segnato le loro vite in maniera irreversibile.



4

Yusaku non si aspettava che il suo progetto avrebbe suscitato qualcosa nei dirigenti della SOL Technologies una volta preso in esame. A dirla tutta, lui non si aspettava mai chissà quanto dalla vita, solo di essere lasciato in pace e di non trovarsi mai al centro dell'attenzione, ma durante il suo secondo anno delle superiori qualcosa mutò per un breve periodo di tempo il placido e monotono scorrere delle sue giornate.
Uno spaccato di esistenza che non avrebbe mai dimenticato neanche se avesse espresso con fermezza il desiderio di cancellarne tutti i ricordi dopo aver sfregato una vecchia lampada magica.
C'era da fare una precisazione importante riguardo il progetto di Yusaku: era scettico sull'essere preso in considerazione non perché sicuro di aver presentato qualcosa di tremendo e inguardabile, anzi, andava alquanto fiero del suo operato; il problema era però che, laddove la SOL Technologies aveva esplicitamente chiesto un lavoro di gruppo, lui aveva fatto tutto da solo, violando così il regolamento. E un individuo che si pone nei confronti di una grossa azienda compiendo già un passo falso ancor prima di presentarsi di persona non era certo il massimo.
Alla fine, però, il suo progetto fu accolto positivamente e lui fu scelto insieme ad altri studenti di altre scuole superiori per partecipare all'iniziativa organizzata dalla SOL Technologies che prevedeva un mese di formazione all'interno dell'azienda da alternare con le ore scolastiche. Una faticaccia, ma per uno come Yusaku che desiderava lavorare nel mondo dei videogiochi e della realtà virtuale era sicuramente un'occasione da non perdere. Certo, il cruccio di essere partito col piede sbagliato a causa del suo progetto in solitaria non l'aveva abbandonato completamente, non fino a quando era arrivato il gran giorno, l'inizio di tutto quanto — e non solo della sua formazione all'interno dell'azienda.
La SOL Technologies era un edificio imponente, che spiccava per l'armonia dei colori del logo e per le grandi vetrate che infondevano un senso di libertà perfino dall'interno. Bastava solo una fuggevole occhiata da una parte all'altra per rendersi conto di quanto quel luogo fosse all'avanguardia; inoltre, le persone che lavoravano per la SOL Technologies erano quasi tutte molto giovani e tra queste vi era proprio colui che avrebbe presto messo radici nel cuore di Yusaku con il serio intento di non andarsene mai più.
Ryoken Kogami aveva trentadue anni, una mente brillante e un carisma travolgente. E non solo, era anche di bell'aspetto, tanto che risultava irresistibile alla vista di chiunque. Nessuno rimaneva impassibile dinanzi a lui, ma per Yusaku fu diverso e lo fu in maniera impetuosa e sconvolgente: aveva davanti a sé colui che era rimasto talmente tanto impressionato dal suo progetto da volerlo a tutti i costi conoscere di persona per tesserne le lodi.
Un giovane uomo inarrivabile come Ryoken che si congratulava con un diciassettenne qualunque come lui. Cielo, il mondo doveva aver iniziato a girare al contrario.
    «Il tuo progetto è quello che più mi ha colpito» gli disse il primo giorno, subito dopo essersi presentati. «L'idea di questo mondo chiamato VRAINS in cui ogni giocatore può sfidarsi a duello durante le missioni è davvero interessante, senza contare che hai già delineato un numero considerevole di carte da utilizzare! Come hai fatto? Anche se si tratta solo di qualche spunto, ci vuole del genio per pensare a tutto questo».
E non lo diceva tanto per dire: Ryoken pareva essere rimasto completamente folgorato da quel progetto, tanto che per il primo giorno aveva ben pensato di mostrare a Yusaku le sue idee prendere in parte vita. E questo fu uno tra i segnali di svolta più importanti nell'esistenza di Yusaku, riassumibili in tre punti cardine.
Primo: quel giorno avrebbe dovuto trascorrerlo insieme a uno dei game designer dell'azienda per approfondire il suo progetto, ma Ryoken gli aveva scombinato completamente l'intero orario pur di averlo con sé fin dall'inizio.
Secondo: Ryoken era uno tra i programmatori più importanti e rispettati della SOL Technologies e, in quanto tale, aveva sicuramente la sua bella fetta di azienda da portare avanti, ma aveva comunque trovato tutto il tempo del mondo da dedicare al progetto di Yusaku.
Terzo: Ryoken fu il primo essere umano che fece capire a Yusaku quanto fosse bello essere considerati dagli altri. Non lo trattava come un ragazzino, bensì come un suo pari. Aveva visto del talento in lui, qualcosa di incredibile e inestimabile di cui forse persino Yusaku ignorava l'esistenza.
E Yusaku non poté che sentirsi così bene fin dall'inizio in compagnia di Ryoken proprio per questo: perché poteva essere se stesso senza doversi per forza rintanare nel suo guscio di silenzi e smorfie annoiate.
Quel giorno, Yusaku vide una piccola parte del suo progetto prendere vita e crescere davanti ai suoi occhi. Ryoken aveva svolto un lavoro eccelso coi codici di programmazione e Yusaku si sentì come catapultato nello stesso mondo che fino a quel momento era vissuto solo nella sua fantasia. Per un attimo, solo e soltanto per un attimo, provò l'impulso quasi irrefrenabile di abbracciare forte Ryoken e ringraziarlo per ciò che aveva fatto.
Si trattenne, però, conscio che sarebbe stato fuori luogo e imbarazzante. Ma dentro di sé… oh, dentro di sé un calore ustionante si stava già diramando in ogni cellula del corpo con un'intensità inenarrabile.


5

La prima settimana alla SOL Technologies quasi volò e Yusaku riuscì perfino a scambiare quattro chiacchiere con alcuni studenti frequentanti altre scuole superiori della città. Per lui era sicuramente un record, ma non era nulla in confronto a come si trasformava ogniqualvolta si trovava in compagnia di Ryoken.
In alcune occasioni avevano anche pranzato insieme nella zona adibita ad area di ristoro e trascorso parte del tempo libero a conoscersi un po' meglio. E fu proprio durante una delle pause pranzo che Yusaku si rese conto di come Ryoken volesse domandargli, con quanto più tatto possibile, come mai avesse deciso di offrirsi da solo e non in gruppo per il progetto. Una domanda che faticava a emergere tra discorsi frivoli e altri un po' più seri per timore di affossargli il morale più del dovuto.
Più i giorni passavano, e più Yusaku si rendeva conto di quanto apparisse un granellino di sabbia isolato dal mucchio se messo a confronto con gli altri studenti ammessi a quell'iniziativa. Ragazzi che erano lì insieme, perché il loro progetto era stato considerato valido; amici che si sostenevano da una vita pronti ad affrontare quell'esperienza come una squadra.
E poi c'era lui. Che aveva proposto la sua idea nonostante nelle indicazioni fosse scritto che doveva essere un progetto condiviso da almeno due persone. Che se non fosse stato per Ryoken, che aveva deciso di andare oltre le indicazioni imposte dalla sua stessa azienda — e forse discutendo animatamente coi suoi colleghi di lavoro —, con ogni probabilità sarebbe stato scartato senza remora alcuna.
Non avrebbe perso nulla, naturalmente. Essere ammessi a quell'iniziativa da parte dell'azienda non portava certo gli studenti scelti a diventare dei programmatori, game designer, grafici 3D, sound designer o tester di successo nel giro di un mese scarso. E ovviamente tutti i progetti sarebbero rimasti delle semplici bozze e non sarebbero mai stati lanciati sul mercato, almeno per il momento.
La SOL Technologies aveva solo offerto una possibilità a tutti gli studenti del secondo e terzo anno delle superiori interessati a un possibile proseguimento universitario in tale ambito di avere un assaggio di ciò che le loro scelte avrebbero comportato; qualcuno, ad esempio, aveva capito che un lavoro simile non era adatto alla sua persona e dopo pochi giorni aveva preferito non partecipare più.
Yusaku invece era assolutamente certo di ciò che avrebbe voluto fare da grande, una volta cresciuto. Ma la consapevolezza di essersi comportato nella maniera sbagliata lo faceva sentire sempre più inadatto e di non star vivendo l'esperienza nel pieno delle energie.
Ryoken era l'unico in grado di farlo stare meglio a riguardo, anche se forse lo faceva solo per gentilezza, proprio perché aveva compreso che le relazioni umane non fossero il suo punto forte.
    (Ryoken. Ryoken, Ryoken, Ryoken, sempre e solo Ryoken).
    (Forse pensava a lui un po' troppo spesso…)


6

Quando Yusaku si rese conto che Ryoken non solo si era accomodato nel suo cuore, ma non se ne sarebbe mai andato via da lì, era una giornata di metà novembre cupa e plumbea. Il cielo non faceva altro che brontolare e dei nuvoloni neri e grigio scuro simili a enormi ammassi di polvere raccolti su un pavimento infinito annunciavano un vero e proprio acquazzone.
C'era solo una nota negativa nel doversi recare alla SOL Technologies quasi tutti i giorni: l'ubicazione dell'azienda. Difatti, Yusaku doveva affidarsi all'autobus, solo che la fermata distava qualche isolato dall'azienda e doveva farsela a piedi ogni volta. Non era mai stato un problema, in realtà. Ma quel giorno il tempo era così avverso che alla sola vista del cielo incrostato dalle nuvole scure avvertì un brivido maligno percorrergli la spina dorsale.

Si trovava a pochi passi dall'entrata della SOL Technologies, nell'ampia hall. Ed era in procinto di uscire e di affrontare le intemperie con un macigno di sconsolatezza pronto a gravare sulle sue ossa quando Ryoken lo chiamò.
    «Posso offrirti un passaggio?» gli chiese, poggiandogli garbatamente una mano sulla spalla.
Yusaku avvertì il calore che fin dal primo giorno si era diramato in ogni cellula del corpo pizzicare e sfrigolare di un'emozione
        (eccitazione)
che non aveva mai provato prima.
Sorrise candidamente.
    «Certo… ti ringrazio».


7

Fu strano e bellissimo al tempo stesso. Dopo aver preso posto sul sedile del passeggero, per qualche breve — ma al contempo intenso — attimo, Yusaku non avvertì altro se non il corpo sprofondare in una leggerezza inquantificabile e, al contempo, quasi non percepì più la sensibilità sulla punta delle dita. La testa era poggiata su una soffice nuvola e la deglutizione si era fatta un po' difficile, ma la cosa più assurda fu che questo strano stato psicofisico durò meno di dieci secondi, il tempo che anche Ryoken prendesse posto in auto — e che auto —, e accendesse il motore. Poi uscì dal parcheggio sotterraneo dell'azienda e si inoltrò nel fitto traffico di Den City.
Dopo che Yusaku gli ebbe dato le indicazioni stradali necessarie per raggiungere casa sua, rimasero in silenzio per un po'. Il suono delle gocce di pioggia che tamburellavano sui vetri delle macchina creava un'atmosfera quasi soffusa e il ragazzo si godette ogni più piccolo istante. Si perse a osservare
        (ammirare)
Ryoken con la coda dell'occhio e avvertì le gote scaldarsi un poco.
Ryoken era davvero un bell'uomo, dai lineamenti definiti e delicati al tempo stesso. Yusaku aveva ormai realizzato da un po' — fin dal primo giorno — di amare i suoi occhi azzurri. Sì, li amava davvero.
        (E forse, di Ryoken, amava anche tutto il resto).
    «Yusaku, posso chiederti una cosa?»
Nell'udire quella domanda, si ridestò dal suo sogno a occhi aperti come se qualcuno gli avesse schioccato le dita vicino all'orecchio.
    «Dimmi pure».
Si erano da poco fermati a un semaforo rosso, quando Ryoken parlò: «Come mai hai deciso di candidarti da solo?»
Nonostante fosse conscio che prima o poi avrebbe dovuto rispondere a una domanda simile, Yusaku realizzò che forse non sarebbe mai stato pronto per farlo. Perché dare una forma alla verità significava mettere in luce la sua vera essenza, un tipo di persona che con ogni probabilità Ryoken non avrebbe mai apprezzato.
E Yusaku voleva essere apprezzato da Ryoken. Non voleva perderlo. Voleva che Ryoken continuasse a guardarlo con gentilezza, a parlargli con affabilità e a farlo sentire bene come solo lui sapeva fare. Desiderava, con ogni briciola del suo essere, che le cose tra loro non cambiassero mai perché così erano quanto di più bello e prezioso avesse mai ricevuto in tutta la vita.
Si morse forte il labbro inferiore e inspirò col naso, prima di replicare: «Avevo un'idea in mente e ho iniziato a lavorarci su. Solo che, a differenza degli altri miei compagni che si sono riuniti in gruppetti, io ero solo. Tutto qui».
Ryoken non rispose, in un tacito invito a proseguire, cosa che Yusaku fece poco dopo: «Ci ho provato. Sul serio, mi sono fatto coraggio e ho tentato di chiedere anche ad alcuni studenti di altre classi, ma… le parole mi morivano in gola e non sono mai riuscito a parlarne con nessuno».
Strinse forte i pugni sulle cosce e puntò lo sguardo sulle nocche sbiancate.
    «Due miei compagni di classe si erano messi d'accordo per presentare un progetto» si sentì poi in dovere di raccontare, perché Ryoken doveva a tutti i costi capire fino in fondo il suo punto di vista, non voleva che si facesse un'idea sbagliata sul suo conto. «Era molto interessante, non lo nego, e per un po' le cose tra loro sono andate bene, tanto che non facevano altro che parlarne in classe durante l'intervallo e vantarsi con chiunque chiedesse loro informazioni a riguardo. Però poi uno di loro ha iniziato a proporre cose che all'altro non andavano a genio, sono nate le prime discussioni e in men che non si dica hanno finito per lavorare a due progetti diversi che non c'entravano niente l'uno con l'altro e non sono riusciti a presentare nulla di concreto entro la data di scadenza. Ecco… una situazione del genere non credo che sarei riuscito a gestirla e sopportarla. Mi avrebbe appesantito così tanto che avrei sprecato tutte le mie energie a rimuginare sulle cose sbagliate e non avrei dato il meglio di me. So che ho sbagliato, ne sono consapevole, ma… sono riuscito a dare il massimo, anche se da solo. E di questo non me ne pentirò mai».
Glissò sul fatto che, dopo aver scoperto che lui fosse stato preso al posto loro, i suoi due compagni di classe fossero tornati improvvisamente amici, coalizzandosi contro di lui e colpendolo ogni giorno a scuola con parole poco garbate e risatine strafottenti. Non gliene importava proprio un bel niente.
Ora era pronto a pagare il prezzo della sua onestà. Sperò solo che Ryoken non lo giudicasse troppo pesantemente…
Questi si lasciò andare a un sospiro leggero che Yusaku non riuscì a interpretare poiché intriso di tante sfumature diverse. Ryoken pareva comprensivo, quasi come se si aspettasse una risposta simile e, al contempo, anche un poco divertito. Ma più di qualsiasi altra cosa, sembrava quasi che Ryoken lo stesse ringraziando per essere stato così esaustivo nella sua risposta.
Frattanto, il semaforo era tornato verde e l'auto ripartì.
    «Dovresti parlare più spesso, Yusaku. Non ti sembrerà vero, ma possiedi un'ottima capacità di esposizione, sai? Saresti perfetto come game designer, anche perché le idee di certo non ti mancano».
Quella raffica di complimenti attizzò il fuoco dentro di lui, risvegliando ogni cellula intorpidita. Una scia intensa gli scaldò il cuore, facendolo arrossire.
    «Grazie. Ma il game designer deve possedere una capacità di comunicazione importante e non credo di essere all'altezza. Non nego che all'inizio fosse quello il mio sogno, ma ciò che ho realizzato in queste due settimane lavorando al tuo fianco è che… che mi piacerebbe fare il programmatore… proprio come te…»
Era sincero. E non lo diceva tanto per dire. Vedere ogni giorno il suo piccolo progetto prendere forma e crescere sempre più era uno spettacolo incredibile e meraviglioso.
Certo, il game designer progettava le idee e ci infondeva tutta la sua creatività per renderle uniche e sensazionali, ma era poi il programmatore a trasformarle in realtà. Ed era la magia che Ryoken gli aveva fatto scoprire grazie a una lunga serie di codici ad averlo impressionato maggiormente.
La bellezza di come sequenze di codici tanto oggettive e prive di emozioni fossero in grado di creare qualcosa di strabiliante avevano catturato tutta la sua attenzione e voglia di mettersi in gioco. Stare con Ryoken gli aveva cambiato la vita, aveva segnato la svolta. E voleva ringraziarlo seguendo proprio le sue orme in un futuro non poi così tanto lontano.
    «Davvero?» gli chiese Ryoken, sorpreso e al contempo entusiasta di quella rivelazione.
    «Davvero» confermò Yusaku, ora più tranquillo e rilassato.
Era bello poter parlare liberamente con Ryoken di tutto questo, mentre fuori il cielo piangeva. Almeno lì, seduto sul sedile del passeggero, Yusaku si trovava al caldo, confortato dalle parole di una persona che per lui era diventata importante
        (e più di quanto potesse immaginare).
    «Ne sono felice. È questo ciò che mi rende orgoglioso del mio lavoro. Rimboccati le maniche allora, perché dovrai avere una solida preparazione in informatica, matematica e fisica, oltre che una buona padronanza dei principali linguaggi di programmazione e dei motori di sviluppo. Se tutto questo non ti spaventa, allora puoi stare tranquillo e concentrarti sul tuo obiettivo».
Yusaku annuì, un sorriso genuino e spontaneo impresso sulle labbra sottili. Un sorriso che sfumò appena quando realizzò che mancasse ormai poco al suo ritorno a casa. Avrebbe voluto prolungare quel viaggio anche solo di qualche minuto, giusto il tempo di crogiolarsi un altro po' in quel tepore dato dalla presenza di Ryoken.
    «Tornando a ciò di cui stavamo parlando prima» proseguì questi mentre svoltava a destra dopo aver messo la freccia, «è vero che la SOL Technologies fa sempre di tutto per incentivare il lavoro di squadra, in fondo è il motto dell'azienda e avrai avuto modo di notare anche tu come ogni ruolo sia importante se affiancato anche da tutti gli altri; un videogioco non può diventare tale se rimane solo un'idea, bisogna svilupparlo sotto tanti punti di vista, per questo cerchiamo sempre di creare un clima accogliente e stimolante tra i dipendenti. Però è anche vero che il singolo può fare la differenza, come nel tuo caso. E il motivo per il quale ho insistito fino allo sfinimento per farti ammettere a questa iniziativa è proprio perché ho trovato incredibile come una sola persona sia riuscita a fare tanto col suo progetto. Avevi un'idea e l'hai esposta con chiarezza e semplicità, eppure il tuo progetto non è semplice per niente. È elaborato, c'è una cura dei dettagli minuziosa e si vede quanto questo sia il tuo campo. Pensa solo a quanto potrai fare dopo aver studiato informatica all'università. Cielo, Yusaku, se ti farai assumere da un'altra azienda — tipo la Kaiba Corporation —, giuro che darò di matto».
Yusaku non seppe cosa replicare dopo un'esternazione tanto esplicita. O meglio, lo fece, ma non nel modo in cui si sarebbe aspettato.
Una lacrima. Poi un'altra e poi un'altra ancora. Iniziò a piangere e non riuscì più a fermarsi e questo in un primo momento lo portò a vergognarsi poiché non voleva farsi vedere da Ryoken in quello stato.
    «Yusaku, va tutto bene?» gli domandò Ryoken, preoccupato. Aveva fermato l'auto davanti al cancelletto della casa del ragazzo, ma nessuno dei due pareva essersene reso conto appieno.
        (Erano troppo coinvolti emotivamente per badare al mondo esterno al di fuori della bolla nella quale erano rintanati).
    «Sì, è solo che… ciò che mi hai detto…»
    «Ti ha turbato? Ti ha infastidito o messo a disagio?»
    «No! È l'esatto opposto! Io sono un disastro nelle relazioni umane, non ho amici che possa considerare tali e non so cosa significhi essere gratificato da qualcuno che prova rispetto nei miei confronti e… e quello che mi hai detto mi ha fatto sentire così bene, proprio come il primo giorno che ci siamo incontrati, quando mi hai fatto capire di credere nel mio progetto…»
Fu in quel momento che realizzò di amarlo per davvero. Non prima e non dopo: proprio in quell'istante, mentre versava tutte le sue lacrime e tra un singulto e l'altro gli faceva capire quanto il suo supporto fosse stato di vitale importanza nel breve periodo che avevano condiviso insieme. E tremò al pensiero di essere già arrivato a metà percorso, che alla fine del mese avrebbe salutato i dipendenti della SOL Technologies per tornare alla normale routine scolastica.
Come avrebbe fatto a separarsi da Ryoken, che stava diventando sempre più una meravigliosa costante nella sua vita?
Ryoken si slacciò la cintura di sicurezza e fece altrettanto con quella di Yusaku. Si sporse verso di lui e gli poggiò garbatamente le mani sul volto, asciugandogli con pazienza tutte le lacrime che gli rigavano le gote.
    «Non sei un disastro. Sei un ragazzo intelligente e sensibile, magari introverso, ma questo non ti rende una brutta persona. Sai quante amicizie ho conservato delle scuole medie e superiori? Quasi nessuna. Le vere amicizie ho iniziato a coltivarle all'università e alcuni di questi amici li vedo tutti i giorni al lavoro. Non è mai troppo tardi, Yusaku. Sei giovane e hai ancora tante esperienze da vivere, vedrai che col tempo avrai modo di conoscere persone che sapranno volerti bene e apprezzarti per ciò che sei».
A un tratto, Yusaku avvertì il suo respiro frammisto ai singulti diventare una cosa sola con quello di Ryoken. Il tempo si cristallizzò in quell'attimo perfetto in cui le gocce di pioggia parevano cantare un'indefinita canzone d'amore e non esistevano altro se non loro due e quel sentimento nascente e crescente che li stringeva in un legame impossibile da sciogliere.
Cielo, Ryoken lo stava baciando con una delicatezza inenarrabile e quando Yusaku chiuse gli occhi sentì qualcosa esplodere dentro di sé, una ipernova immensa pronta ad accecare l'universo intero.
Erano così belli, in quell'auto ferma sotto la pioggia, mentre si scambiavano il loro primo bacio, che per un attimo Yusaku credette di aver compreso cosa fosse la felicità assoluta.
Poi però gli strascichi della ipernova si ammassarono gli uni sugli altri e della sua scia incandescente non rimase più nulla. Solo un buco nero senza fine, profondo e freddo come un abisso di cristalli di ghiaccio.
E quando Ryoken si staccò e Yusaku riaprì gli occhi, comprese in un attimo, e con immenso dolore, che tutto era finito ancor prima di iniziare. Gli era bastato perdersi nel suo sguardo colmo di mortificazione per realizzare che Ryoken si fosse già pentito di ciò che erano stati per pochi secondi delle loro vite. E fece male. Fece male da morire.
    «Devo andare…» sussurrò a fatica mentre abbassava lo sguardo. Nuove lacrime gli pizzicarono gli occhi verdi e lui non ebbe la forza di trattenerle.
    «Yusaku, aspetta, possiamo parlarne» tentò di fermarlo Ryoken, anche se con poca convinzione. E non perché in realtà non volesse, bensì perché temeva che Yusaku interpretasse male il suo gesto e pensasse che volesse trattenerlo con la forza lì, su quel sedile ora tanto scomodo. Non se lo sarebbe mai perdonato.
    «Non credo abbiamo nulla da dirci» replicò Yusaku mentre si voltava per aprire la portiera dell'auto. «Il tuo sguardo parla chiaro… e va bene così. È stato un errore, nient'altro».
        (Ed è stato il mio primo bacio).
    (Il mio primo bacio è stato un errore).
Aprì la portiera e in un attimo tutto il gelo di quel primo pomeriggio scuro gli sferzò l'epidermide, facendolo rabbrividire. Avrebbe potuto finirla lì. Uscire dall'auto, chiudere la portiera ed entrare in casa propria senza mai voltarsi, dicendo così addio a Ryoken.
Ma non ci riuscì. Non si voltò quando glielo disse, ma si trattenne comunque un momento in più che fece comprendere a Ryoken quali fossero i suoi veri sentimenti.
        «Quel bacio… io l'ho voluto. L'ho voluto con tutto me stesso. Anche se è stato un errore».
E uscì dalla sua vita con migliaia di cocci di vetro al posto del cuore che la pioggia non avrebbe mai potuto incollare nuovamente tra loro.

Ci siamo persi insieme…



N.d.A.

Ebbene sì, si tratta di una age gap alquanto importante quella che intercorre tra Ryoken e Yusaku.
Ve lo giuro, ho avuto timore fino alla fine se pubblicare o meno questa storia, vi basti pensare che per scrivere la scena del bacio mi sono fatta mille complessi e spero con tutta me stessa di non aver violato alcun punto del regolamento — che ho letto e riletto e riletto un'infinità di volte, ma non sono mai tranquilla a riguardo.
Quando all'inizio ho scritto che in un altro caso avevo affrontato questa tematica in maniera canonica, mi riferisco ovviamente ai quattro anni di differenza che intercorrono tra Kaito e Ryoga di Yu-Gi-Oh! ZEXAL.
Ne Il nostro tempo quei quattro anni sono compromettenti poiché Ryoga (14) frequenta ancora le scuole medie mentre Kaito (18) è in procinto di affacciarsi al mondo dell'università, quindi diciamo che, appunto, non era ancora il loro tempo.

Ryoken (18) e Yusaku (16) nel canon hanno solo due anni di differenza, mentre in questa storia sono invece ben quindici e non solo, Yusaku è ancora minorenne mentre Ryoken è già un uomo e quindi diciamo la situazione non è delle migliori, anche se in quelle due settimane trascorse insieme qualcosa tra di loro è irrimediabilmente sbocciato e non è mai veramente appassito.
Secondo voi cosa succederà nella seconda parte?
Fatemi sapere se avete idee in mente, sempre se volete.

• Dato che ho già scritto fin troppo, vi lascio tutti i riferimenti al canon e le spiegazioni di alcuni termini tecnici nella seconda parte, quando avrete un quadro completo della situazione.
Se però preferite sapere qualcosa ora, non esitate a chiedere.
Grazie di cuore per essere arrivati fino a qui.

M a k o

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Capitolo 2
*** Seconda parte ***


IPERNOVA 2
N.d.A. in fondo alla pagina.
Buona lettura!



IPERNOVA

(Seconda parte)



8


Il cuore lo perdi una volta sola
Passiamo il resto del nostro tempo a pensare solo a una persona
Tutte quelle che verranno non saranno
Nient'altro che repliche di una storia che so a memoria
Tu sei l'errore più grande che ho fatto
Un libro aperto letto dall'ultima pagina alla copertina
Eri un errore così bello che non farlo
Era lo sbaglio più grande della mia vita


Yusaku avvertì il peso della realtà piombargli addosso bruscamente. Ciò che lui e Ryoken
    (non)
erano stati cinque anni addietro gravava sul suo cuore ancora spezzato e non aveva mai smesso del tutto di fare male.
Poi realizzò: quel giorno era l'anniversario. Esattamente cinque anni addietro, lui e Ryoken si erano baciati per la prima e ultima volta.
E non solo: era stata anche l'ultima volta in cui si erano visti, dato che Yusaku non si era più presentato alla SOL Technologies dopo quanto accaduto tra loro.
Osservò il cameriere mentre questi serviva il cappuccino a Ryoken e subito dopo distolse lo sguardo.
    «Se avesse voluto una decorazione in particolare, l'avrebbe chiesta» rispose con estremo ritardo all'affermazione di Judai, guardando poi malissimo tutti quanti. «Potreste, per favore, evitare di fissarlo così intensamente?»
Jin, Miyu e Yusei si voltarono verso di lui con finta aria innocente; Judai, frattanto, ridacchiava sotto i baffi e cercava di non commettere disastri con la nuova ordinazione che un altro cameriere gli aveva riferito.
    «Lui è qui per te, lo sai, vero?» domandò Yusei prima di bere un altro sorso del suo latte macchiato.
    «Non credo».
Yusei si lasciò andare a uno sbuffo divertito. «Fidati, è così. Me lo ha detto di persona».
Yusaku strabuzzò gli occhi. Anche Jin e Miyu — quest'ultima soprattutto — drizzarono le antenne, incuriositi da quell'affermazione. Judai, invece, rimase assolutamente tranquillo.
    «Sei serio?» domandò Yusaku, riducendo gli occhi a due fessure.
    «Mai stato più serio in tutta la mia vita. Avrei voluto dirtelo prima, ma Ryoken mi ha chiesto di non farlo, almeno non subito. Vedi, la scorsa settimana è venuto in officina, voleva che dessi un'occhiata al motore della sua auto — gran bell'auto, tra l'altro. L'ho riconosciuto subito. Questo perché l'hai sempre descritto in un modo che rimane impresso in chi ti ascolta e mi è bastato davvero poco per capire che si trattasse di lui».
Il Bleu de France dei suoi occhi scintillò in un modo che Yusaku aveva sempre ricondotto alla vista di Judai, ma in quel momento era dedicato proprio a lui poiché Yusei era in procinto di dare una forma a ciò che Yusaku si stava domandando ormai da diversi giorni, ovvero come mai Ryoken si recasse proprio alla caffetteria dove lui lavorava a tempo pieno.
    «In quel momento avevo da poco terminato di sistemare la tua auto e ho ben pensato di chiamarti per avvisarti a riguardo. Appena ho pronunciato il tuo nome, Ryoken ha assunto un'espressione che non dimenticherò mai: era come se gli si fosse aperto un mondo intero a pochi centimetri dal naso. Ovviamente non sapeva che tu fossi proprio il suo Yusaku, credo che solo sentire pronunciare il tuo nome gli susciti una reazione incontrollabile e forse nemmeno lui se ne rende conto. Oh, andiamo Yusaku, non guardarmi in quel modo, sai che dico la verità!»
Difatti, Yusaku era talmente sbalestrato che ci mancò poco che le sue ginocchia non lo sorreggessero più. Era così esterrefatto che per un attimo credette di star sognando tutto quanto e che presto si sarebbe svegliato per affrontare un'altra giornata grigia senza Ryoken.
Ma era tutto vero, dalla prima all'ultima parola che Yusei aveva pronunciato, e Ryoken era davvero lì, a qualche tavolino di distanza, intento a sorseggiare il cappuccino che Yusaku gli aveva preparato e controllare chissà cosa sullo smartphone — e-mail di lavoro, con ogni probabilità.
Jin e Miyu, frattanto, avevano terminato i loro caffè ed erano in procinto di alzarsi e pagare. Lei aveva lo sguardo sognante, quello tipico di chi stava viaggiando decisamente troppo lontano con la fantasia.
    «E immagino che poi Ryoken abbia detto una frase del tipo “Perdonami, è che sentire quel nome mi fa pensare a una persona importante per me” e abbia sorriso con una punta di malinconia, vero?» domandò, ormai del tutto presa dal suo sogno a occhi aperti.
    «Esatto, proprio così!» le diede man forte Yusei, che sembrava averci preso gusto nel raccontare ciò che era successo con Ryoken e di enfatizzarlo più del necessario. «E poi io gli ho detto “Credo che ci stiamo riferendo alla stessa persona” e allora lui—»
    «Aspetta un attimo» lo implorò Yusaku, ormai ridotto a un ammasso di carne che bruciava con al centro un cuore pulsante di agitazione. «Potresti raccontare la realtà dei fatti e basta?»
    «Ma è questa la realtà dei fatti, Yusaku» rispose candidamente Yusei, senza scomporsi neanche un po'. «Posso raccontartela in mille modo diversi, ma alla base rimane sempre il fatto che a Ryoken basta sentire il tuo nome per impazzire interiormente e io non ci ho girato intorno più di quel tanto, lasciandogli intendere che ci stavamo riferendo entrambi alla stessa persona. Voleva sapere come stessi e io gli ho suggerito di chiedertelo di persona e che poteva trovarti qui. E dopo qualche giorno si è presentato alla caffetteria».
E continua a farlo, anche se non ci siamo ancora parlati, pensò Yusaku mentre analizzava al microscopio ogni più piccolo dettaglio che Yusei gli aveva riferito. Nonostante la bellezza che impregnava ogni singola parola pronunciata dal suo migliore amico, Yusaku si sentiva agitato e confuso.
Davvero quel bacio aveva significato così tanto anche per Ryoken, al punto tale che dopo cinque anni pensava ancora a lui? Yusaku era assolutamente certo dei propri sentimenti e credeva di essere certo anche riguardo quelli di Ryoken
    (un errore, per lui era stato tutto un errore)
ma ora l'intera situazione che li vedeva emotivamente coinvolti si era capovolta e lui, da quella nuova prospettiva, era vessato dalle vertigini.
Non era più in grado di ragionare a mente lucida e anche gli altri se ne resero conto, tanto che troncarono la conversazione senza più insistere. Yusaku in quel momento avrebbe dovuto concentrarsi sul lavoro, invece era fermo a osservare Jin e Miyu intenti a bisticciare amorevolmente per un nonnulla. Poco prima che terminasse la discussione incentrata su Ryoken, Jin era andato a pagare e, nel suo scontrino, aveva incluso anche il caffè di Miyu.
La ragazza se n'era accorta e ora voleva a tutti i costi restituire i soldi a Jin che, come al solito, non ne voleva sapere nulla. Non era la prima volta che Yusaku assisteva a una scena simile — a dirla tutta, per Jin ogni occasione era buona per offrire qualcosa a Miyu —, eppure si rese conto solo in quell'istante di quanto quegli attimi di quotidianità facessero così parte di loro da essere sacri e inviolabili.
Quelle erano le basi sulle quali si fondava la loro storia d'amore: piccoli gesti gentili e infiniti momenti di tenerezza, tanto che anche un bisticcio tanto frivolo rendeva viva la loro relazione.
Ripensò a tutte le premure che Judai aveva dedicato a Yusei nel momento in cui aveva visto la sua mano fasciata; a come si fosse preoccupato per lui e si fosse prodigato nel preparargli un ottimo latte macchiato per rincuorarlo al meglio delle proprie capacità.
E allora Yusaku capì che tutto ciò lo desiderava con ogni fibra del suo essere anche per se stesso. Desiderava vivere una relazione con la persona che amava basata sulle piccole cose, sulla condivisione dei bei momenti e sul sostegno reciproco.
E che voleva vivere tutto ciò insieme a Ryoken. Non lo aveva mai dimenticato. Neanche per un solo istante il suo cuore, la sua anima, i suoi pensieri più intimi e i suoi sentimenti più romantici erano appartenuti a un'altra persona. Tutto, della sua essenza, era dedicato a Ryoken, al suo primo e unico amore, all'uomo della sua vita.
Voleva comprendere fino in fondo cosa fossero loro due insieme in quel coacervo incasinato fatto di malinconia e occasioni perse; non voleva più lasciarselo scappare.
    (Voleva crearsi la sua occasione. Senza più esitare).
Ryoken aveva già pagato ed era in procinto di uscire dalla caffetteria. Yusaku fece un profondo respiro e si voltò verso Judai.
    «Dovrei—»
    «Sì, dovresti proprio andare da lui» parlò Judai al posto suo, sorridendo con fare complice. «Ti copro io, non ti preoccupare. Ora vai!»
Yusaku annuì, guardò un'ultima volta i suoi amici e senza dire nulla uscì dalla caffetteria, inoltrandosi nel grigiore di novembre.
Le parole furono superflue: li aveva ringraziati con gli occhi.


9


Nessuno potrà mai capire quello che eravamo


    «Ryoken!»
L'aveva chiamato. Aveva pronunciato il suo nome nel freddo autunno e ora si stava avvicinando a lui, a quell'uomo che non aveva mai smesso di amare, con il cuore che urlava e si dimenava nella cassa toracica.
    (Faceva quasi male. Ma era un dolore bellissimo poiché lo faceva sentire più vivo che mai).
Ryoken si fermò, avvolto nel suo cappotto grigio chiaro che pareva una fiera armatura contro il gelo di quella giornata. Poi si voltò e i suoi occhi incontrarono quelli di Yusaku e fu come se il tempo si fosse cristallizzato per uno sfilaccio di secondo che durò un'eternità. Forse era questo che accadeva quando due galassie immense entravano in collisione tra loro.
    «Yusaku» parlò piano, sorridendo teneramente.
Erano così vicini che sarebbe bastato un piccolo movimento da parte di entrambi per sfiorarsi. Yusaku realizzò solo in quell'istante di avere la gola riarsa e di non sapere con esattezza cosa avrebbe detto per portare avanti la conversazione. Non si era preparato alcun discorso e, nonostante negli anni avesse imparato ad aprirsi un po' di più col prossimo ed esternare maggiormente le proprie emozioni, la spontaneità e l'improvvisazione in quel momento non erano reperibili.
E se avesse detto qualcosa di sbagliato? Se le sue labbra avessero articolato parole che Ryoken avrebbe interpretato nella maniera errata? Se si fosse espresso male?
Ryoken lo stava guardando così intensamente che avrebbe potuto scavare un solco profondo nel suo cuore; dolcezza e malinconia si miscelavano tra loro creando un connubio struggente e al contempo perfetto. Yusaku si sentì sprofondare.
    «Io…» parlò a mezza voce, prima di essere interrotto da un intenso brivido di freddo che gli percorse la schiena e si diramò nelle membra. Era uscito dalla caffetteria senza indossare il cappotto col quale vi era entrato all'inizio del turno di lavoro e ora si stava poco per volta trasformando in una statua di ghiaccio e nebbia.
Subito dopo, avvertì un calore distensivo avvolgerlo con garbo, percorrendo tutto il suo corpo. Ryoken si era sfilato il cappotto di dosso e l'aveva adagiato sulle sue spalle tremebonde, senza curarsi minimamente del fatto che ora avrebbe dovuto affrontare lui il gelo di quella giornata. Pareva non avere importanza, non in quel momento almeno.
Yusaku si perse nel suo sguardo e fu come tornare a cinque anni addietro, quando aveva visto il suo piccolo progetto prendere vita grazie al lavoro di Ryoken e aveva provato il desiderio impellente di abbracciarlo forte. Perché, nonostante con lo scorrere inesorabile degli anni fosse cresciuto, non aveva mai smesso di sperare che un giorno le braccia di Ryoken l'avrebbero stretto in quel tipo di abbraccio che sapeva di non ti lascerò mai più andare.
    «Sei bellissimo» si lasciò sfuggire Ryoken, e Yusaku avvertì il calore invadergli anche le gote.
Anche tu, avrebbe voluto replicare, ma le parole gli morirono in gola. Non capiva più nulla e si stava inabissando con lentezza estenuante nei meandri della confusione assoluta.
Doveva reagire. Doveva dire qualcosa. Non voleva perderlo un'altra volta ancora.
    «Perché… in questi ultimi giorni…?»
    «Volevo rivederti. E parlarti, anche se temevo di metterti a disagio sul posto di lavoro e… se preferisci che non mi presenti più alla caffetteria lo capisco, non voglio che—»
    «No! Non smettere di frequentare la caffetteria, ti prego. Voglio preparare altri cappuccini per te. E se desideri una decorazione in particolare, basta chiedere. Io… voglio continuare a vederti e…»
    (E amarti come il primo giorno in cui sei entrato nella mia vita).
All'improvviso, tutta la sua fragilità emerse, sorprendendolo e spaventandolo al tempo stesso. Vi erano così tanti rimandi a quel giorno, che Yusaku tremò nonostante il cappotto pesante di Ryoken gli coprisse le spalle.
Anche quel giorno si era sentito così, indifeso ed esposto, e proprio perché Ryoken era stato in grado di far emergere un'emotività che Yusaku non credeva nemmeno di possedere. Ed erano state le sue parole, le sue mani calde sul viso e le sue labbra a farlo stare meglio, anche se poi i suoi occhi velati dal senso di colpa avevano distrutto tutto quanto.
Yusaku non gliene faceva una colpa. Con lo scorrere dei mesi e poi degli anni aveva compreso fin troppo bene che a quel tempo una loro ipotetica relazione sarebbe risultata compromettente per entrambi. Essere rimasto solo con quell'amore che lo riempiva di malinconia all'inizio gli aveva fatto male, ma poi era diventato ciò che gli aveva dato la forza per rialzarsi e la spinta necessaria per andare avanti.
Perché, alla base, rimaneva sempre il fatto che Ryoken fosse qualcuno che aveva creduto in lui e nelle sue capacità. E dopo cinque anni, Yusaku sentiva di essere diventato una persona migliore. Con ancora tantissima strada da percorrere, ma sicuramente in grado di reggersi sulle proprie gambe.
E allora comprese. Comprese tutto e quella realizzazione arrivò come un sospiro caldo sul viso, pronto a lenire i segni del gelo: poteva permettersi di mostrarsi fragile ancora una volta davanti a Ryoken. Poteva farlo perché non era più il ragazzino spaurito di diciassette anni, bensì un giovane uomo che aveva imparato qualcosa in più sulla vita e ne aveva fatto tesoro.
Si sentiva pronto. Ora più che mai, voleva solo fare chiarezza una volta per tutte riguardo ciò che erano stati e che, con ogni probabilità, non avevano mai smesso di essere.
    (Solo, cinque anni addietro, non era ancora il loro tempo).
    «… e soprattutto, non voglio perderti mai più».
Subito dopo, il gelo sparì del tutto, dissolvendosi in un concerto di calore e due cuori che battevano all'impazzata e all'unisono. Ryoken lo stava abbracciando in un modo che Yusaku non avrebbe mai dimenticato, qualcosa che sarebbe per sempre rimasto impresso nelle pareti dell'anima: rendendo quel momento unico e irripetibile, un frammento di istante lungo una vita intera.
Era un abbraccio che Yusaku aveva agognato per tanto, tantissimo tempo. Poter sentire Ryoken e percepirne il corpo a stretto contatto col suo e quelle braccia forti che lo stringevano con l'intenzione di proteggerlo e amarlo ma, al contempo, di lasciarlo andare qualora Yusaku avesse deciso il contrario. Era incredibile come Yusaku, stretto forte a Ryoken e impossibilitato a muoversi, si sentisse invece la persona più libera al mondo.
E pianse. Versò ogni lacrima che aveva cercato di trattenere fino all'ultimo, senza più preoccuparsi di rovinare tutto quanto e di allontanare Ryoken da sé. Pianse e si sentì più leggero, svuotato dal peso di un'infinità di paure e crucci differenti. Pianse e Ryoken lo strinse ancora più forte tra le sue braccia, senza dare segno alcuno di temere il gelo di novembre, forte e rassicurante, una roccia inscalfibile.
    «Neanche io voglio perderti, Yusaku. Mai più. Questi cinque anni di lontananza per me sono stati anche troppi… mi sei mancato così tanto che forse… no, credo che tu invece possa immaginarlo eccome».
Yusaku annuì, il volto premuto contro il suo petto, le gambe che tremavano un poco. Perché era lo stesso che aveva provato anche lui, qualcosa che lo aveva accompagnato durante un periodo delicatissimo della sua esistenza.
    «Yusaku, guardami».
Alzò lo sguardo su di lui e Ryoken sciolse l'abbraccio per poggiare entrambe le mani sulle sue gote bagnate dalle lacrime, che asciugò con garbo e pazienza proprio come quella volta di cinque anni addietro, in auto, con la pioggia in sottofondo e il preludio di un bacio meraviglioso in bilico tra i loro sospiri.
    «Il nostro primo bacio» sussurrò mentre avvicinava le labbra alle sue, «non è stato un errore neanche per me».
Ciò che accadde dopo fu qualcosa che apparteneva soltanto a loro; fu uno sfiorarsi delicato che si tramutò all'istante nell'urgenza impellente di rendere quel contatto più vivo che mai. Si baciarono, e allora tutto, nell'universo, ritrovò il proprio luogo di appartenenza. E si ritrovarono anche loro, ora riuniti, consapevoli che d'ora in avanti avrebbero vissuto un'unica vita insieme.
    («Vieni con me, Yusaku».)
    («Non aspettavo altro».)
A metri e metri di distanza, alla vista di quel bacio, Miyu si lasciò sfuggire uno squittio di eccitazione.
    «Ora che possiamo tornare a casa» disse, prendendo Jin per mano.
Yusei si voltò soddisfatto verso Judai, il quale a sua volta aveva un'espressione compiaciuta e rilassata. Poi però Yusei lo guardò con fare dubbioso.
    «Se Yusaku sta andando via con Ryoken e tu sei qui… chi sta preparando le nuove ordinazioni?»
Judai quasi sbiancò.
    «Accidenti!» esclamò, prima di dargli un veloce bacio stampo e poi fuggire dietro il bancone, dove i camerieri in servizio stavano attendendo impazienti il suo ritorno. «Ragazzi scusate, arrivo subito!»
Yusei sorrise divertito, decidendo di rimanere col suo ragazzo un altro po' prima di tornare a casa. Guardò un'ultima volta Yusaku che se ne andava mano nella mano con Ryoken e non poté che provare una felicità infinita per lui.
Perché era proprio così che dovevano andare le cose.


10

Yusaku si portò appresso solo qualche bel strascico del viaggio in auto con Ryoken; la sua mente era tutta concentrata su ciò che sarebbe accaduto una volta entrati in casa, qualcosa che desiderava con ogni fibra del proprio essere e che, dopo anni trascorsi ad affogare nella malinconia e nel dolore, mai avrebbe pensato di poter realizzare.
Ryoken pareva essere del suo stesso avviso, tanto che in un primo momento faticò ad aprire la porta di casa propria poiché gli tremava troppo la mano. La chiave aveva rischiato di sfuggirgli dalle dita innumerevoli volte e questo scatenò un'ilarità che portò entrambi a sentirsi ancora più vicini di quanto già non fossero.
In quel momento erano due persone come tante che desideravano solo rintanarsi oltre le confortevoli quattro mura domestiche e stringersi forte tra le coperte calde per una vita intera. Erano solo questo.
    (Due persone che si amavano e che volevano stare insieme).
Quando finalmente riuscirono a entrare in casa, Yusaku fu catapultato in un mondo del tutto nuovo e inesplorato: quella era l'abitazione in cui Ryoken viveva, il luogo che lo accoglieva ogni sera quando tornava a casa dal lavoro. Ed era un po' come compiere i primi passi in un punto preciso del suo cuore e scoprire poco per volta quel sentimento di amore e apprezzamento che Ryoken stava riservando proprio a lui.
Una fuggevole occhiata in direzione dell'ampio salotto gli fece intuire che la stanza fosse arredata con gusto e sobrietà, ma a quello avrebbe pensato dopo.
Ora, infatti, aveva ben altro su cui concentrarsi e la sua ricerca impellente delle labbra di Ryoken fu soddisfatta nel giro di pochi attimi, facendolo sprofondare ancora una volta in quel caldo torpore che l'aveva cullato quando si erano baciati davanti la caffetteria. Ryoken gli sfilò il cappotto dalle spalle — ora le sue mani non tremavano più — e questo cadde a terra, ai piedi di Yusaku.
Nessuno dei due ci fece caso più di quel tanto — c'era tutto il tempo del mondo per recuperarlo dal pavimento e poggiarlo sull'appendiabiti —, tanto che, una volta liberato da quell'indumento pesante, Yusaku si sentì sollevare da terra e un'esclamazione di pura sorpresa evase dalle sue labbra sottili.
Ryoken l'aveva preso in braccio e, dal modo in cui lo guardava, pareva che desiderasse farlo da tempo immemore; Yusaku sorrise e si aggrappò a lui, si fidò ciecamente e lasciò che Ryoken lo adagiasse sul comodo materasso una volta giunti in camera da letto.
Sapeva che, se fossero andati fino in fondo, poi non sarebbero mai potuti tornare indietro. Che ciò che erano in procinto di vivere e condividere insieme li avrebbe segnati per il resto delle loro vite, come un marchio sull'epidermide impossibile da cancellare.
Ma erano soprattutto le loro anime le parti maggiormente coinvolte; due anime che fremevano di unirsi in una cosa sola e non staccarsi mai più.
E allora accadde. Si spogliarono tra un bacio e l'altro, tra un sospiro di beatitudine e una carezza sul viso. Si privarono di tutto ciò che impediva loro un contatto intimo più intenso e quando si guardarono negli occhi trovarono esattamente ciò che avevano cercato con tanto affanno negli ultimi cinque anni: l'altra loro metà complementare, quel pezzo mancante in grado di colmare il vuoto nei loro petti che la ipernova aveva portato con sé.
A Yusaku bastò poco per comprendere che non sarebbe mai stato in grado di concedersi a nessun altro nello stesso modo in cui si stava concedendo a Ryoken; era impensabile anche solo immaginare di lasciarsi toccare da un'altra persona nel modo in cui Ryoken lo stava toccando, con desiderio e al contempo tenerezza.
    (Ed era impensabile, quasi ai limiti dell'assurdo, immaginarsi un altro secondo in più senza di lui).
Divennero una cosa sola e fu tutto così giusto e incantevole che il resto del mondo perse ogni briciolo di importanza. Ryoken era dentro di lui, si muoveva in lui, lo faceva suo in un modo che Yusaku non credeva nemmeno possibile e si sentì parte di qualcosa di unico e immenso, qualcosa che era l'unione delle loro pelli accaldate che sfregavano tra loro, degli occhi velati dalle lacrime e dal desiderio, dei loro ansiti arrochiti dal piacere, delle loro labbra che si cercavano per incontrarsi a metà strada, legate in un bacio che sapeva di infinito e mille fiori diversi.
Poi l'orgasmo arrivò, forte e impetuoso, sconquassandoli da capo a piedi. E mentre si abbracciavano forte per restare tutti interi, compresero una volta per tutte che niente e nessuno avrebbe mai potuto separarli se non loro stessi, proprio come era accaduto cinque anni addietro quando tutto era ancora sospeso su un fragile filo di neve pronto a dissolversi da un momento all'altro.
Stesi su quel letto, con il fiato ancora corto e le membra intorpidite per l'orgasmo, si giurarono amore eterno senza dirsi una parola.
    (Il tempo si riavvolse e, quando esplose, la ipernova non fece loro più alcuna paura).


11


Quante canzoni serviranno per scordarmi di te
Siamo sette miliardi di persone ma tu hai scelto me
Comunque vada, anche se sarà finita
Sarai sempre la colonna sonora della mia vita


Cinque anni addietro, poco prima di baciarlo, Ryoken lo aveva rincuorato dicendogli che un giorno avrebbe incontrato delle persone in grado di volergli bene e di accettarlo per ciò che era. E cinque anni dopo, accoccolato contro il suo ampio petto e avvolto nelle lenzuola candide, Yusaku non poté che dargli ragione mentre gli raccontava di come Yusei e gli altri fossero entrati nella sua vita.
Subito dopo essersi diplomato, Yusaku non solo si era iscritto all'università, ma aveva anche trovato un lavoro part-time alla caffetteria Cyberse. Non aveva grandi aspettative, difatti non si sarebbe mai immaginato che quel lavoro potesse piacergli tanto, cosa che lo portò ad acquisire nuove competenze e anche ad avere più fiducia in se stesso.
Aveva imparato che, se si impegnava un poco, anche lui era in grado di comunicare qualcosa di positivo al prossimo. Con calma e pazienza aveva iniziato a parlare e sorridere più spontaneamente e tra le lezioni universitarie e il lavoro aveva avuto modo di conoscere tante persone nuove e interagire con loro.
Ma le cose cambiarono per davvero quando conobbe Yusei a causa di un guasto all'auto. Guasto che Yusaku avrebbe volentieri evitato, ma in fondo non tutti i mali vengono per nuocere, dato che Yusei si rivelò ben più di un semplice meccanico e divenne nel giro di poco tempo il suo primo, vero amico. La prima persona a cui Yusaku confidò ciò che aveva vissuto con Ryoken e quanto si sentisse ancora legato a lui. La prima persona che si presentò alla caffetteria Cyberse dicendogli esplicitamente “sono passato a trovarti”.
Poi un giorno conobbe Miyu, o meglio, lei lo riconobbe poiché avevano frequentato le stesse scuole medie, ma non erano mai stati in classe insieme e Yusaku a quei tempi interagiva sì e no solo coi professori. Ma Miyu si ricordava di lui e siccome dovevano percorrere in parte lo stesso tragitto per recarsi alle loro sedi universitarie, quasi tutte le mattine era diventata una costante, per loro, trovarsi a un punto d'incontro a un orario prestabilito e passeggiare insieme.
E fu così che, nel giro di poco, con tanta dolcezza e comprensione, anche Miyu divenne importante per lui.
Jin e Judai arrivarono in un secondo momento, ma non per questo Yusaku voleva loro meno bene, anzi. Un giorno Miyu gli aveva confidato tutta emozionata di aver iniziato a frequentare un ragazzo molto carino che le aveva presentato un'amica e fu inevitabile per Jin diventare un assiduo cliente della caffetteria Cyberse, dato che Miyu gli dava spesso appuntamento lì tra una lezione universitaria e l'altra.
Judai fu l'ultimo ad arrivare e fu il colpo di grazia sia per Yusei, che per Yusaku: per Yusei perché fu amore a prima vista, per Yusaku perché quel ragazzo era talmente imbranato dietro il bancone che doveva quasi sempre sistemare i disastri che combinava. Judai frequentava l'Accademia d'Arte ed era bravissimo a usare il carboncino per i suoi disegni, che erano dei veri capolavori, al contrario delle bevande calde che serviva, le quali all'inizio, quando ancora era privo di esperienza, facevano quasi pietà.
Ma la sua invidiabile determinazione l'aveva portato non solo a non farsi licenziare, ma a diventare anche l'anima della caffetteria, creando un clima lavorativo vivace e scanzonato ma, al contempo, molto più vivibile e collaborativo. E per questo Yusaku non l'avrebbe mai ringraziato abbastanza.
Gli anni passarono e alla fine Yusaku si laureò. E proprio come gli aveva detto Ryoken quel giorno, per diventare programmatore era necessario possedere delle ottime conoscenze in matematica, fisica e informatica. Yusaku si laureò col massimo dei voti ma, anziché cercare di entrare nella SOL Technologies o in un'altra azienda di videogiochi, fece domanda per un contratto a tempo pieno e non più part-time alla caffetteria Cyberse.
    «Ero in difficoltà» ammise mentre faceva scorrere distrattamente l'indice sul petto di Ryoken. «L'idea di lavorare per la SOL Technologies è sempre stata la mia priorità, non lo nego. Ma non mi sentivo ancora pronto e così ho pensato di concentrarmi maggiormente sul mio lavoro alla caffetteria, che mi ha sempre dato tante soddisfazioni. Ma dentro di me ho sempre saputo che il lavoro della mia vita è quello del programmatore. Solo… avevo bisogno di un altro po' di tempo per me stesso».
Ryoken annuì, l'espressione attenta di chi non stava tralasciando alcuna parola e al contempo rilassata grazie alle carezze di Yusaku.
    «E ora?» gli chiese, guardandolo negli occhi. «Ora che cosa vorresti fare?»
    «Voglio continuare a lavorare alla caffetteria almeno fino alla fine dell'anno e poi… poi…»
    «Poi le porte della SOL Technologies si apriranno per te» continuò Ryoken, sfiorandogli una gota con la mano. «Quel posto come programmatore è tuo e di nessun altro».
Yusaku lo ringraziò con un sorriso e un bacio.
    «Meno male. Sai, ero quasi tentato di accettare la proposta di lavoro da parte di un'altra azienda…»
Avvertì la stretta di Ryoken farsi un po' più serrata e sogghignò interiormente.
    «Quale altra azienda?» gli domandò Ryoken, mentre cercava di mantenere una parvenza di tranquillità.
    «La Kaiba Corporation…» rispose Yusaku con il tono di voce più innocente che era in grado fare.
Ryoken chiuse gli occhi e respirò a fondo, poi li riaprì e sorrise con una punta di complicità nello sguardo.
    «Immagino tu non abbia dimenticato ciò che ti ho detto cinque anni fa».
    «Esattamente».
Ryoken sbuffò divertito e lo strinse forte a sé, senza alcun intento possessivo. Anzi, Yusaku si sentì così bene tra le sue braccia che avrebbe potuto addormentarsi in quell'istante e sentirsi protetto per tutta la sera e per tutta la notte.
    (E per tutta la vita).
    «Scherzi a parte, qualunque cosa deciderai di fare, io ti starò accanto. Questo lo sai, vero?»
    «Certo che lo so. Ma quello che più mi preme, ora, è averti ritrovato. Tutto il resto, almeno fino a domani, per me passa in secondo piano».
Ryoken lo baciò. Poi lo baciò ancora e ancora e ancora, fino a ustionarsi le labbra.
    «Resti a cena?»
    «Certo che sì».
E in quel “resti” Yusaku riuscì a cogliere perfettamente una sfumatura di dolce infinito.


12

Quella mattina Yusaku si svegliò presto, forse anche fin troppo. Gli dispiacque molto dover abbandonare il confortevole rifugio che erano le braccia di Ryoken, il quale dormiva ancora serenamente ed era uno spettacolo per gli occhi, ma Yusaku si era già reincarnato nella quintessenza dell'agitazione e non voleva disturbare il suo sonno a causa di ciò.
Scese dal letto cercando di non compiere movimenti bruschi e poi in punta di piedi si diresse verso la porta, stando ben attento a non emettere suoni fastidiosi nell'aprirla. La giornata era appena all'inizio e lui era già ridotto a un fascio di nervi. Ottimo. Perfetto.
Aveva davvero un disperato bisogno di sbollire la tensione in qualche modo. E in fretta, anche.
Raggiunse la cucina e si guardò intorno. Cosa poteva fare? Preparare un semplice cappuccino non l'avrebbe aiutato.
Ma uno dei suoi probabilmente sì.


13

Quando anche Ryoken entrò in cucina, il sole era quasi completamente sorto e indorava placidamente la stanza lasciando filtrare la sua calda luce dai vetri delle finestre. Era comunque troppo presto, ma in quel lasso di tempo Yusaku si era concentrato come non mai nella realizzazione di un cappuccino in grado di battere ogni record e aveva perfino preparato l'impasto per i pancake — non amava particolarmente cucinare i dolci, era Ryoken che si divertiva a cucinarli. Ma amava mangiarli, quello sì. Soprattutto se era Ryoken a farli.
    «Buongiorno» lo salutò questi, abbracciandolo da dietro. Quando Yusaku avvertì le sue labbra morbide posarsi sul collo, si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo. Con la schiena premuta contro il suo ampio petto e un calore che si irradiava sempre più in ogni cellula del corpo, Yusaku si sentì amato e protetto, liberato da tonnellate e tonnellate di ansia che gravavano con insistenza sulle sue spalle.
    «Buongiorno a te» rispose, poggiando le mani sulle sue e socchiudendo gli occhi. Avrebbe voluto che quel momento non finisse mai; che si cristallizzasse nel tempo per poterlo ammirare per ore e ore e ore e crogiolarsi in quelle sensazioni che riuscivano a infondergli tutta la calma e la sicurezza che tanto gli mancavano.
    «Ti sei alzato presto» constatò Ryoken, baciandogli una gota. «Non hai dormito bene questa notte?»
    «Oh no, è che mi sono svegliato all'improvviso e non sono più riuscito a prendere sonno. Non volevo rischiare di disturbarti e… avevo anche bisogno di distrarmi un po'…»
    «Tanto che hai preparato l'impasto dei pancake!» esclamò Ryoken, evidentemente sorpreso. Fece girare Yusaku verso di sé e questi lo guardò con una punta di divertimento nello sguardo.
    «Quello è niente in confronto al cappuccino» ridacchiò. «Guarda lì».
Ryoken puntò lo sguardo verso destra e rimase a bocca aperta. Che Yusaku fosse un maestro della cappuccino art era un dato di fatto, più e più volte Ryoken aveva lodato e ammirato i suoi lavori, ma quello. Quello era su tutto un altro livello.
Yusaku aveva preso la tazza più grande che avevano in casa e si era dato un gran daffare nella realizzazione del coniglietto più grazioso che Ryoken avesse mai visto. E non era una decorazione tridimensionale con la schiuma qualunque: il coniglietto aveva uno sguardo curioso, le lunghe orecchie all'insù e le zampine paffute poggiate sul bordo della tazza, come se fosse in procinto di uscire da lì e correre per tutta la cucina e forse anche per tutta la casa. Una cappuccino art in 3D in piena regola.
    «Wow. È stupendo» commentò con un sorriso affettuoso.
    «Se vuoi è tuo» disse Yusaku. «Spero che non si sia raffreddato troppo… posso farne un altro, dammi solo qualche minuto».
    «Ehi». Ryoken lo fermò prima che Yusaku potesse allontanarsi da lui e ricominciare ad armeggiare con gli utensili della cucina. «Se mi offri quel cappuccino, non posso non accettarlo. Anche se il coniglietto è così adorabile che rovinarlo sarebbe proprio un peccato. Però…»
    (e lo guardò intensamente negli occhi)
    «… sei sicuro che vada tutto bene? Mi sembri un po' agitato e… oh».
Ryoken aveva capito. Il suo sguardo si riempì di consapevolezza e, al contempo, di un amore infinito.
    «Yusaku, adesso ci sediamo sul divano e ci rilassiamo un po', okay?»
    «Ma… la colazione…»
    «A quella ci pensiamo dopo. Anche se il cappuccino lo porto con me».
Così, dopo aver coperto l'impasto per i pancake e aver recuperato la tazza col cappuccino, si diressero entrambi in salotto, accoccolandosi poi sul divano.
    «Il cappuccino è delizioso» disse Ryoken dopo aver bevuto il primo sorso e aver poggiato la tazza sul tavolino in vetro. «Anche se mi dispiace per il coniglietto. Era davvero adorabile».
Yusaku sorrise, stringendosi forte a lui. Si lasciò coccolare per qualche minuto, senza proferire parola alcuna, desideroso di godersi quegli istanti di quiete prima di affrontare una volta per tutte la realtà.
    «Ho paura…» ammise infine in un sussurro che sfumò nel nulla subito dopo. Respirò a fondo, nel tentativo di incamerare quanto più ossigeno possibile, per poi lasciarlo andare in un sospiro pregno di agitazione. «So che non dovrei, ma—»
    «Fidati, mi stupirei del contrario. È assolutamente normale avere paura, dopotutto si tratta del tuo primo giorno di lavoro. Di questo nuovo lavoro».
Ryoken gli carezzava i capelli con garbo e il suo tono di voce era caldo e accogliente.
    «Andrà tutto bene, Yusaku. Sarò accanto a te quasi tutto il giorno, quindi avrai un bel po' da sopportare in realtà».
Yusaku non poté fare a meno di ridacchiare divertito, in gran parte anche emozionato per quel dettaglio e, al contempo, agitato proprio per questo.
“Non voglio deluderti” avrebbe voluto dirgli, ma le parole gli morirono in gola. Ryoken lo capì
    (lo capiva sempre, perfino quando Yusaku era il primo a non capire se stesso)
e gli diede il tempo per rilassarsi un altro po', che di certo non mancava.
    «Yusaku,» lo chiamò, il tono di voce fermo e al contempo morbido, «sai che quel posto nella SOL Technologies te lo sei meritato, vero? E che in quanto tuo superiore, ho il dovere di guidarti all'interno dell'azienda e istruirti nel migliore dei modi. A livello professionale è così, lo sappiamo entrambi. Ma c'è una parte di me che probabilmente non vedrà l'ora di rubarti un bacio in ascensore o di sfiorarti il braccio lungo il corridoio o di portarti al ristorante durante la pausa pranzo. Ci ho riflettuto molto a riguardo e… non voglio impedire che questo accada. Perché prima di essere colleghi di lavoro, io e te siamo compagni, e questa è una cosa che non cambierà mai».
E lo guardò in un modo che racchiudeva tutta l'essenza dell'amore nelle sue iridi azzurre. Come se gli stesse tacitamente dicendo che senza di lui la sua vita sarebbe stata incolore e priva di tutte quelle cose belle che la rendono degna di essere vissuta.
    «Avremo molto su cui lavorare. Ma sono sicuro che pian piano troveremo il nostro equilibrio».
E Yusaku comprese che quelle parole significavano tutto. Che con “avremo molto su cui lavorare” Ryoken intendeva dire non solo sul posto di lavoro, ma anche — e forse soprattutto — sulla loro relazione. Che era importante andare avanti insieme e supportarsi a vicenda.
Su una cosa erano entrambi sicuri, però: l'amore, ciò che li univa fin dal loro primo incontro di oltre cinque anni addietro, di certo non mancava. Forse era scontato, ma non per loro. Perché dopo essersi ritrovati avevano realizzato quanto fosse bello stare insieme e poter dire senza più freno alcuno “lui è il mio compagno e io lo amo con tutto me stesso”.
Non erano più il ragazzino di diciassette anni che aveva difficoltà a instaurare legami col prossimo e il giovane uomo di trentadue anni che aveva temuto di aver sbagliato tutto nella vita. Erano cresciuti entrambi. Ed erano sempre stati l'uno l'amore dell'altro, ma cinque anni addietro non era ancora il momento giusto.
    (Non era ancora il loro tempo).
Il presente era diverso. Avevano già festeggiato i loro compleanni insieme — Ryoken trentotto e Yusaku ventitré — e quei quindici anni di differenza ora facevano meno paura. Non avrebbero mai smesso di essere fonte di pettegolezzi, di dita puntate contro di nascosto e forse anche di veleno che impastava le parole, ma a loro non importava.
Era la loro vita, non quella degli altri. E avevano compreso ormai da molto tempo che non potevano stare separati.
Yusaku avvertì un groppo alla gola. Aveva ripensato a tutto ciò nel giro di pochi istanti e la mole era decisamente importante. Così, con gli occhi lucidi e il cuore che traboccava d'amore, si strinse ancora più forte a Ryoken, cercando le sue labbra.
E le trovò. E allora comprese che sarebbe andato tutto bene.
    («Sì, avremo davvero tanto su cui lavorare»).
Che un'altra ipernova sarebbe anche potuta esplodere in quell'istante, in un punto imprecisato dell'universo, e lui non avrebbe provato nulla di insostenibile. Non ci sarebbe stato alcun buco nero pronto a inghiottire ogni cosa.
Non quella volta. Mai più.




N.d.A.

November: Growth (Year of the OTP)
Prompt forum: Abbraccio agognato per tanto tempo (Everybody Needs A Hug Challenge) (Siate Curiosi Sempre)
Mr.Rain — Ipernova (se volete ascoltarla, vi basta cliccare sul titolo)

SONO DISPERATA.
Erano ANNI (almeno due) che desideravo scrivere una storia simile e ora che l'ho portata a termine mi sento vuota proprio come se fosse esplosa una ipernova e fosse poi rimasto solo un buco nero senza fine.
Scientificamente parlando succede proprio questo, ovvero: la ipernova è un fenomeno molto più intenso e devastante della supernova e la differenza sta proprio nel fatto che se esplode una ipernova, la conseguenza è un buco nero. In questa storia la ipernova e il buco nero sono strettamente legati a Ryoken e Yusaku, ai loro trascorsi e ai sentimenti che provano l'uno per l'altro.
Non so come mai Mr.Rain abbia deciso di intitolare la sua (bellissima, struggente, meravigliosa) canzone così, ho provato a cercare qualche informazione a riguardo ma dal 2018, anno in cui sono uscite le prime interviste sulla suddetta, non ha mai detto esplicitamente che l'ha intitolata Ipernova per questo motivo, ha solo detto che è una canzone che parla di quanto sia doloroso perdere l'amore della propria vita.
Quindi facendo due più due ho ipotizzato che si sia appunto ispirato a questo fenomeno astronomico secondo cui quando una ipernova esplode (ovvero quando una grande storia d'amore finisce) rimane solo un buco nero senza fine (ovvero il nulla assoluto, un vuoto incolmabile all'altezza del petto).
Poi magari la mia interpretazione è sbagliata, ma sapete che quando si tratta di universo e tutto ciò che lo compone io parto verso l'infinito e oltre e non mi ferma più nessuno.

Spero che la conclusione di questa storia vi sia piaciuta.
Alla fine, Ryoken e Yusaku avevano soprattutto bisogno di ritrovarsi e parlarsi e, più di ogni altra cosa, realizzare che dopo cinque anni di lontananza ciò che li ha uniti per pochi istanti non se ne è mai andato.
Anche perché, arrivati a questo punto, la differenza d'età che intercorre tra loro passa quasi in secondo piano, quindi perché non provarci?

Prima di salutarvi (e sarebbe anche ora, dato che ho scritto fin troppo), vi lascio giusto qualche informazione tecnica legata soprattutto al primo capitolo, ovvero le definizioni di pouring e etching.
Pouring: consiste nel versare schiuma e caffè dosando le altezze e la quantità in modo da creare strati e linee che ricordano disegni e immagini. È proprio così che si ottiene il famoso disegno della foglia sul cappuccino, uno dei motivi più diffusi.
Etching: prevede l'utilizzo di speciali pennine per Latte Art contenenti coloranti o ingredienti quali cioccolato, caramello e altri topping, per creare disegni sulla superficie del cappuccino. È possibile dunque creare decorazioni articolate e colorate.
E per finire, il coniglietto in 3D che Yusaku prepara in questo capitolo rientra appunto nella Latte Art 3D.

HO FINITO, LO GIURO.
Grazie di cuore per essere arrivati fino a qui, spero con tutta me stessa che questa storia vi sia piaciuta.

M a k o

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