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«Comunicami il tuo desiderio» sussurrò l’anziana sacerdotessa, tenendo
il capo coperto da un sottile velo di lino, e continuan
Domenica sera
Il tempio in
granito rosa, situato sulla riva destra del caldo fiume dalle sette bocche,
semi-nascosto dalle alte canne di papiro, era silenzioso, come ogni giorno,
fatta eccezione per il primo dell’anno. Chiunque vi entrasse,
percepiva attorno a sé un’area rarefatta e opprimente, come se si trovasse
immerso nell’acqua cristallina. Anche le parole che venivano
pronunciate risultavano attenuate e basse rispetto al tono con cui erano state
dette, come un eco in lontananza. Ed il rumore era
simile ad un sasso gettato in un pozzo a formare infiniti cerchi invisibili.
«Comunicami il
tuo desiderio» sussurrò l’anziana sacerdotessa, tenendo il capo coperto da un
sottile velo di lino, e continuando a rimestare piccole pietruzze nere e bianche
nel suo cestino di canne di papiro verdognole. «Io intercederò per te presso il
signore del Nilo, l’ermafrodita Hapy che controlla le
Inondazioni»
«E’ qualcosa di
estremamente semplice ed estremamente complesso,
poiché non vi è, in Egitto, qualcosa che non sia tutto e il contrario di tutto»
disse la persona ferma all’entrata del tempio, le braccia piene di melograni da
offrire al dio. «Desidero diventare Faraone»
«Ciò è
impossibile!» L’anziana donna alzò il capo, rivelando il suo volto raggrinzito
da sotto il velo. Gli occhi luccicavano di sorpresa. «Non dovresti essere come
sei»
«Per questo
sono qui» replicò semplicemente quella persona, lasciando cadere tutta la
frutta a terra, la quale si sparse sul pavimento in granito rosa.
«E’ difficile»
mormorò la sacerdotessa. «Molto difficile. Ma se lo
desideri davvero…»
«Non devi
dubitare, vecchia!» la interruppe. «Solo obbedire»
L’anziana
signora sospirò, volgendo lo sguardo verso l’entrata al tabernacolo del dio.
Con un sottile rumore, una pietruzza nera, simbolo dei giorni infausti, cadde a
terra dal cestino di vimini e rotolò fino a piedi della persona. Questa,
seccata, la pestò con i suoi sandali dorati, polverizzandola. Non avrebbe
permesso a nessuno – alle regole, a suo padre, alla sorte – di impedire al suo
sogno di realizzarsi. Il primogenito della tribù Ryuu
e il favorito ad essere il futuro Faraone, avrebbe fatto meglio a fare
attenzione. L’avrebbe battuto e sarebbe diventato sovrano.
«Allora,
riformula il tuo desiderio» disse la sacerdotessa, con le mani giunte davanti a
sé. «Ciò di cui hai realmente bisogno»
La persona
sospirò. «Io desidero…»
***
«Miyon, puoi andare tu a farti il bagno» gridò una
ragazza dal salotto di quella casa del dormitorio del
liceo Sasaki, in modo che la sua voce fosse udibile
sopra la televisione e lo stereo acceso al massimo del volume.
«Va bene» rispose in tono altrettanto alto la
ragazza di nome Miyon, aprendo e richiudendo velocemente la porta della stanza
da bagno, in modo che i vapori e il dolce calore che provenivano dalla vasca
piena d’acqua bollente non fuggissero. La stanza da bagno, con le mattonelle
bianche e rosate, aveva quasi l’aspetto di una sauna, benché il calore non
fosse così opprimente. Lungo le pareti i vapori condensati
lasciavano scendere sottili ruscelli di vapore acqueo, come gocce di colore che
colano da un acquerello non ancora asciugato. Lo specchio appannato rimandava
un’immagine sfocata, dai morbidi contorni.
Lei sfilò il nastro che teneva legati i suoi lunghi
capelli pece, interrotti spesso da sottili ciocche biondo platino, e li lasciò
scendere lungo le spalle, gettando il nastro nel lavandino umido. Slacciò non
troppo delicatamente tutti i bottoni in madreperla della sua divisa scolastica
e se la tolse, lasciandola cadere scompostamente a
terra, senza preoccuparsi del fatto che avrebbe potuto spiegazzarsi. Sopra la
camicia vi gettò anche le lunghe calze nere e la gonna blu a pieghe, ultimo
residuo della sua uniforme scolastica. Restò infine nuda, dopo essersi liberata
anche del reggiseno e delle mutandine bianche, stiracchiandosi leggermente.
Immerse per prima una gamba nell’acqua calma e
bollente della vasca, per assaporare lentamente quella sensazione, quindi vi entrò
con tutto il corpo, lasciando che il calore e la dolcezza di quel mare in
miniatura la liberassero dalla stanchezza di quella giornata. Adorava i momenti
che passava in tranquillità, da sola, rispetto alle sfide che affrontava ogni
giorno, da quando aveva deciso di andare al prestigiosa
scuola superiore privata Sasaki che, come
tutti sapevano, era la più esclusiva di Domino e quella solitamente destinata
ai “figli di papà”, cosa che lei, purtroppo, non era. O
per fortuna. Chiuse gli occhi, preparandosi al suo solito quarto d’ora di
calma.
«Mi domando
come voi ragazze riusciate a resistere con questa imbracatura
che chiamate reggiseno» commentò dubbiosa una voce maschile. Miyon riaprì velocemente i
suoi occhi per osservare la figura del ragazzo dai capelli di tre colori
diversi, seduto a gambe incrociate accanto alla pila dei suoi abiti, mentre
osservava interessato il suo abbigliamento intimo.
«Yami! Che diavolo stai
facendo?!» Miyon, mettendosi una mano sulla sua terza misura, affondò il corpo
nell’acqua in modo da lasciare scoperta solo la testa, anche se sapeva che il
liquido trasparente non avrebbe certo protetto in modo eccellente le sue
nudità. «Maniaco!» Con la mano libera afferrò la prima cosa che le capitò
davanti, ossia un barattolo di shampoo, e glielo lanciò contro con una
precisione invidiabile. Tuttavia, lo shampoo attraversò il corpo del ragazzo e si infranse sulla parete opposta, aprendosi e lasciando una
macchia di fluido rosato a sapore di pesco sul muro.
Lui la guardò massaggiandosi la fronte. «Ti ricordo che io sono dentro il tuo corpo.
Il che significa che non posso separami da te in nessuna situazione, nemmeno
quando vai in bagno, e che non puoi colpirmi nemmeno se lo desideri»
Miyon scoccò uno sguardo irritato al ragazzo coi suoi profondi occhi viola. «Almeno girati dall’altra
parte» ordinò, visto l’impossibilità di fare altrimenti.
«Va bene» acconsentì Yami concentrando
la sua attenzione sulla porta appannata di fronte a lui. «Anche se devo ammettere che hai un davanzale niente male…»
«Sei impossibile…» Miyon
prese la spugna e iniziò a sfregarsi il corpo, controllando se lui si girasse a
spiarla. «Spero proprio che Yuugi torni presto dall’Egitto, perché non oso
immaginare di dover passare tutta la vita con te nel mio corpo»
«Lo spero
anch’io»
replicò Yami. «Il mio partner non si è
mai lamentato anche se gli comparivo davanti mentre
era in bagno»
«Vorrei ben vedere!» esclamò Miyon gettando la
spugna nell’acqua e osservando le increspature per calmarsi. «Lui è un
maschio!» Agitò la mano davanti al viso per allontanare il vapore. «Senti un
po’, spirito. Non esiste un modo per contattarlo in
Egitto?»
«Non conosco il
numero della famiglia Ishtar, purtroppo, anche se so
bene che è andato da loro» sospirò Yami. «Sono gli
unici che potrebbero spiegargli come mai non sono più nel suo corpo» Si
voltò nuovamente verso di lei. «Anche se
dubito che potrebbero mai immaginare che io ora mi trovo nel corpodi una ragazza» Il suo sguardo era da
una parte divertito e dall’altra malinconico. «Scusami per il disturbo che ti sto creando»
Miyon sporse un braccio abbronzato dal bordo della
vasca. «Lascia perdere, tanto ormai è fatta» Si immerse
totalmente. «Adesso sono io la tua partner e dovrai sopportarmi» sorrise quando
riemerse, con i capelli ombra e luce appiccicati alle dolci guance e le lunghe
ciglia percorse da sottili gocce d’acqua come i petali di un fiore.
«Pare di si» sorrise infine Yami, alzandosi e voltandosi in modo che Miyon
potesse uscire senza problemi dalla vasca, bagnando tutto attorno con l’acqua
che le scendeva dal corpo. Certo che se pensava al modo estremamente
semplice con il quale lui era finito a condividere il corpo di lei anziché
quello di Yuugi, gli veniva da ridere. Era stato solo un banale incidente…
«Otogi!!» chiamò Jono-Uchi, vedendo il ragazzo moro
avviarsi verso la palestra anziché verso l’uscita di scuola. «Cosa fai?»
«Non lo sapete?» replicò Otogi con un’altra domanda.
«Oggi c’è la partita di basket femminile tra il club del nostro liceo e la Sasaki»
«La Sasaki?» domandò
Honda. «Quella scuola per ricconi…?»
«Mi domando perché non ci vada anche Kaiba…»
borbottò Jono-Uchi, il quale avrebbe tanto desiderato non averlo più intorno.
«Già, quella» confermò il moro. «Voglio andare a
vedere le ragazze in pantaloncini corti»
«Il solito…» commentò Anzu. «Guarda che di solito le
baskettiste non sono tanto… affusolate»
«Che m’importa?» sorrise
Otogi.
«Io vado solo per farmi ammirare»
«Capisco…» Anzu scosse la testa, pensando a quanto
potessero essere incorreggibili i suoi amici.
«In questo caso, veniamo anche noi!» esclamarono
contemporaneamente Honda e Jono-Uchi, seguendo di corsa Otogi. Ecco, appunto
come aveva predetto Anzu.
«Andiamo anche noi?» propose timidamente Yuugi, il
quale si vergognava un poco a mostrarsi maniaco come gli altri ragazzi,
grattandosi leggermente una guancia.
«Ci tocca» rispose Anzu, la quale non trovava il
basket uno sport particolarmente aggraziato e adatto a delle ragazze.
La palestra era stata costruita ancora prima della
scuola superiore di Domino ed era ormai una catapecchia da rimodernare;
purtroppo, mancavano i fondi. A causa di ciò i club sportivi della scuola erano
ridotti all’osso: si erano salvati solo il basket femminile e la pallavolo
maschile, più la squadra di calcio che utilizzava il campo all’aperto dietro la
palestra. Poiché quel sabato era una giornata molto
calda, le porte della palestra erano state lasciate aperte, così tutti i
curiosi che non facevano parte del pubblico abituale vi si erano radunati
davanti. Yuugi, anche grazie alla sua bassa statura, riuscì ad infilarsi fra
tutte quelle gambe, avvampando, visto che nella maggior parte dei casi si
trattava di gambe femminili, e a giungere fino a bordo campo
prima dei suoi amici. L’unico, infatti, che riuscì a raggiungerlo abbastanza presto fu Bakura, il quale, in realtà, non era per niente
interessato.
«Fai attenzione!» gridò all’improvviso una ragazza
della Sasaki. Yuugi non fece in tempo neppure a capire perché gli avessero
gridato quel avvertimento che si ritrovò scaraventato
a terra perché una ragazza, nel tentativo inutile di recuperare la palla,
finita in faccia a Bakura, gli era caduta addosso.
«Miyon, tutto bene?» chiese un’altra ragazza della Sasaki, dai lunghi capelli biondi annodato in due trecce
dorate.
«Tutto ok» La ragazza mora
di nome Miyon, che portava il numero 11 sulla maglietta blu, si alzò
velocemente, nonostante le ginocchia sbucciate per via della caduta, rivolgendo
a Yuugi un semplice “scusami” senza nemmeno guardarlo in viso. Ciò che le
interessava era soprattutto il gioco e la vittoria, non le vittime che avrebbe
potuto lasciare sul campo. Almeno, questa era l’impressione del ragazzo dagli
occhi viola mentre la guardava scambiarsi un batti
cinque con la sua compagna.
«Che dici, ce ne andiamo?»
propose Bakura massaggiandosi il naso, dove la palla lo aveva colpito.
«Meglio» convenne Yuugi. Si trovavano in palestra da
meno di due minuti ed erano quasi stati uccisi. Cosa
sarebbe capitato loro alla fine della partita? Senza contare che
la squadra della loro scuola stava perdendo. Con un altro sforzo
evidente riuscirono a scavalcare tutto il pubblico e tornare all’aperto, tra
l’aria calda e afosa del sabato pomeriggio.
«Che botta che ho preso…»
Yuugi appoggiò una mano sul suo puzzle piramidale e dorato. «Tutto bene, mou hitori noboku?»
Non ricevette alcuna risposta. «Mou hitori noboku?» Ancora e solo silenzio.
Chiuse gli occhi, entrando nella sua stanza della memoria, cosparsa di
giocattoli dalle varie forme e colori. Aprì la porta verdina e si affacciò sul
corridoio. La stanza in ferro con il simbolo
dell’occhio millenario, di solito presente sulla parete opposta del corridoio,
quella che conteneva lo spirito dell’antico Faraone, era scomparsa. Riaprì
velocemente gli occhi, cercando la presenza dei suoi amici accanto a lui.
«Ragazzi, è terribile! Mou hitori noboku…»
«Cos’è successo a mou hitori no Yuugi?!» s’informò subito preoccupata Anzu,
la quale era sempre molto sensibile ai problemi del Faraone ma del tutto
insensibile a quelli di Yuugi.
«Ecco, lui…»
Mou hitori no
Bakura prese momentaneamente il controllo di Ryou Bakura, incurante delle
discussioni dei ragazzi e della loro decisione di recarsi immediatamente in
Egitto da Malik e Isis, e rivolse la sua attenzione alla porta della palestra,
dalla quale provenivano attutiti gli urli del pubblico e i palleggi delle
giocatrici. «Tra tutte, proprio lei doveva…» pensò arrabbiato. «Che sfortuna…
Questo imprevisto potrebbe vanificare tutto il mio piano…»
***
Le numerose rampe di scale in pietra che componevano
la sua stanza della memoria erano sporche e lise, come
se fossero state percorse da innumerevoli piedi per innumerevoli secoli,
proprio come i veri templi e le vere tombe egizie, mentre, al contrario,
nessuno a parte lui stesso le aveva mai calpestate. Stanco, si sedette su uno
degli scalini. In fondo lui era uno spirito e anche se la sua forma si fosse
sporcata di polvere, nella vita reale avrebbe utilizzato
i pantaloni di Yuugi, i quali non erano certo stati posati sulla lontana sabbia
rossa del deserto.
Era giorno? Sera? Notte? A forza di cercare senza
sosta, come ogni tanto decideva di fare, la sua vera stanza dell’anima,
dov’erano custoditi i segreti del puzzle, aveva perso
la cognizione del tempo, per altro inutilmente, visto che, come sempre, non era
giunto ad alcun risultato concreto. Certo, non cadeva nelle trappole come Shadi, ma trovava solamente stanze vuote e silenziose, che
sapeva di morte, senza alcuna utilità. Cominciava a
domandarsi se davvero desiderasse sapere per quale
motivo lui si trovava come spirito all’interno del puzzle. Aveva conquistato le
tre carte divine, aveva sconfitto Kaiba e mou hitori no Bakura per l’ennesima volta e si era riappacificato con
il clan dei custodi delle tombe, eppure non era ancora riuscito a ritrovare la
sua memoria. Cosa doveva fare? O,
meglio, lui desiderava davvero fare qualcosa? All’inizio, non gli importava
nulla di sé stesso. Voleva rimanere com’era, senza cambiare, e restare per
sempre con Yuugi. Poi aveva deciso di ritrovarsi. E
adesso, aveva nuovamente cambiato idea?
Decise di parlarne con Yuugi. Lui, in fondo, era il
suo partner, la persona che per tutto quel tempo gli era stata vicina,
nonostante avesse più volte rischiato la vita per colpa sua. Avrebbe potuto
capirlo e aiutarlo. Aprì la porta in ferro, che
cigolava come sempre, quasi a dare un senso di pericolo e mistero alla stanza
che celava, e bussò all’altra porta. Non si accorse subito che si trattava, a
differenza di quella di Yuugi, di una curiosa porta di bambù, perciò entrò
anche senza ricevere risposta e si trovò circondato da una sottilissima seppur
impenetrabile nebbiolina bianca, la quale divenne irrespirabile non appena lui sorpassò la soglia della porta con entrambi i piedi.
«Monossido di carbonio?» si domandò riconoscendo
l’odore, mentre riusciva nel corridoio con la mano destra premuta sul naso e
sulla bocca. «Che diavolo sta succedendo? Aibou!»
Temendo che potesse essere
in pericolo, rientrò immediatamente nella stanza, stando ben attento a non
respirare, per cercare un qualche segno della presenza di Yuugi. Non la trovò,
ma in compenso venne catapultato in una specie di
grotta stranissima, costellata da tavolini simili a banchi di scuola, sistemati
a ferro di cavallo piuttosto irregolare. Al centro vi era una lavagna nera, su
cui una tizia che non aveva mai visto stava scrivendo caratteri
incomprensibili. Gli alunni, volti vuoti senza alcuna personalità, seduti sui
banchi, li ricopiavano, o almeno così credeva. «E’ un
sogno…» Non era la prima volta che vi entrava per sbaglio e aveva imparato a
riconoscere Yuugi, seppure sotto le varie forme che assumeva a
seconda del momento, dal fatto che la sua figura fosse chiaramente più
nitida delle altre, poiché queste non erano che ricordi della sua stessa mente.
Lo individuò, seduto nell’ultimo banco in fondo, con
una matita tra le labbra e lo sguardo concentrato sul foglio che aveva davanti.
Si avvicinò lentamente, cercando di non farsi notare dagli altri personaggi del
sogno che, per fortuna, non lo degnavano di uno sguardo, e si sedette nel banco
a fianco. «Aibou, sta succedendo qualcosa di strano
nella tua stanza dell’anima» Poi arrossì vagamente, osservando la forma che il
suo partner aveva assunto questa volta. Una bella ragazza dai
lunghi capelli nero notte, interrotti qua e là da alcune ciocche di sole.
Una ragazza, tuttavia, che possedeva i suoi stessi occhi viola.
«Noi ci conosciamo?» gli chiese lei, voltando
leggermente la testa per guardarlo.
«Direi di si» replicò lui. «Anche
se questo è un sogno, noi siamo sempre amici»
«Un sogno?» La ragazza si guardò attorno, sorpresa.
«Come fai a dirlo?»
«Ti sembra forse una situazione normale?» Con un
ampio gesto delle mani indicò la grotta, i banchi e la maestra che era molto
simile alla Maria De Filippi.
Lei, dubbiosa, si pizzicò leggermente il braccio,
mordicchiando la matita che teneva stretta fra le chiare labbra. «E’ vero, non mi fa male…» Tirò poi una guancia anche a lui,
come per confermargli la situazione. Lui si sottrasse, massaggiandosela. «Però è strano…» proseguì lei. «Nei sogni ci dovrebbero
rientrare, a caso, i proprio ricordi…» Lo osservò
bene. «Io invece non ti ho mai visto!»
«Eh?» Lui iniziò a preoccuparsi sul serio. Era
davvero possibile che… Fosse finito in un’altra stanza dell’anima? Ma come? Quando? Perché?
No, non doveva lasciarsi prendere dal panico.
«Però è divertente sapere
di stare sognando, così posso fare quello che voglio senza preoccuparmi»
sorrise lei. «Il mio nome è Miyon Minaguchi, comunque»
«Oh, piacere…» Evidentemente, l’incredibile era
accaduto. Era, non sapeva bene come, finito nel corpo
di un’altra persona, mai vista. Per questo la stanza era differente da quella
di Yuugi: non era mica la sua!
«Tu invece chi sei?» domandò lei, sistemandosi un
ciuffo di capelli dietro l’orecchia.
«Bè,
io… Puoi chiamarmi Yuugi, come fanno tutti…» Non era il momento di spiegarle la
situazione, adesso.
Avrebbe potuto prenderlo per quello che era: un sogno. Doveva aspettare che
quella ragazza si svegliasse. Che Ra lo aiutasse, se fosse stata simile alle
fan di Otogi e Bakura!
Ma non sapeva ancora con quale tipo di ragazza avesse a che fare. E ripensandoci ora che l’aveva
conosciuta, sebbene superficialmente, ancora non poteva stabilire se ciò fosse un bene o un male.
***
Quando i tiepidi raggi del
sole mattutino attraversarono i sottili vetri della porta-finestra nella camera
spoglia di una stanza qualunque del dormitorio della scuola superiore Sasaki, Miyon aprì i suoi occhi viola, sbattendo
leggermente le palpebre e stiracchiandosi con il braccio che sporgeva dalle
lenzuola blu.
Sbadigliando, si sistemò in posizione più diritta,
riannodando un bottone del pigiama che si era staccato durante la notte.
Guardò di fronte a sé, trovando il ragazzo del sogno seduto al bordo del suo
letto con le gambe accavallate, che la osservava con
occhi viola molto simili ai suoi. «Buongiorno,
Miyon» le disse, con una voce calda e profonda. Stranamente, il suo corpo
non affondava tra le pieghe delle lenzuola e tra il morbido materasso, quasi
come se non fosse fisicamente in quel luogo.
«E tu che ci fai qui, Yuugi?»
Lei passò le dita tra i lunghi capelli spettinati. «Questo è
un dormitorio femminile, non lo sai? Vietato ai maschi»
«Non lo sapevo» ammise lui alzando le
spalle. «Ma anche se l’avessi saputo non
avrebbe poi fatto una grande differenza»
«Perché mai?» Miyon
avvicinò le gambe al corpo, capendo che presto sarebbe iniziata una
spiegazione, e le circondò con le braccia.
«E’ un po’
difficile da spiegare…» Yami riflettè con una mano posata
sotto il mento. «Iniziamo
dal principio… Vedi, io sono uno spirito, non un essere umano. Non
possiedo un corpo mio. Per 3000 anni sono rimasto all’interno in un oggetto
magico chiamato Puzzle Millenario-»
«3000 anni?» lo interruppe lei. «Li porti davvero
bene, complimenti» Se qualcuno gliel’avesse raccontato, lo avrebbe immaginato
come un vecchietto basso dalla lunga barba bianca e in viso raggrinzito.
«Grazie tante…» Yami fece un sorrisetto imbarazzante. «Comunque, quando il mio partner Yuugi ha
risolto il Puzzle Millenario, ho iniziato a manifestarmi nel suo corpo-»
«Allora Yuugi non è il tuo vero nome?» intervenne
nuovamente Miyon.
«No, non mi
ricordo come mi chiamo…» rispose lui leggermente arrabbiato. «Ho preso in prestito il nome del mio partner, perciò tutti mi chiamano
mou hitori non Yuugi, oppure Yami Yuugi… Yami per
semplicità»
«Ci credo che non lo ricordi, dopo 3000 anni…» fu il
commento di lei.
«Posso andare
avanti?»
chiese lui alterato. «Non finiamo più…»
Con Yuugi era stato più semplice, perché il suo partner, per primo, si era
accorto della presenza di uno spirito dentro di sé.
«Si, si, scusa» sorrise Miyon. «Vai
avanti, è interessante…»
Ma non è un film… pensò lui
affranto. «In ogni caso, ieri, non so ancora come, il mio spirito è statotrasferito dal corpo di Yuugi al tuo… ed
eccomi qua. Adesso sono dentro di te» Scostò lo sguardo aspettando qualche
strana reazione isterica.
«Ah» Miyon appoggiò la testa alla mano destra,
piegata sul ginocchio. «Non riesco a capire se mi stai
prendendo in giro o sei del tutto scemo»
«Non sto
scherzando!»
Era comunque andata meglio del previsto. Non avrebbe
proprio saputo come fare per farla calmare nel caso lei fosse scoppiata a
piangere.
Miyon si alzò di scatto, lasciando che le lenzuola
blu scivolassero come una sottile cascata sul pavimento dall’altra parte del
letto, e cercò di toccare quel ragazzo, ancora seduto comodamente sul suo
materasso. Naturalmente non vi riuscì, poiché si trattava solo di una
proiezione derivante dalla sua stessa mente, dove adesso si trovava la stanza
dell’anima di Yami. «Pare che sia vero…» disse stupita osservandosi la mano con
cui aveva cercato di afferrarlo.
«Infatti…» Yami fece scomparire la sua forma spirituale, per dimostrarle
che poteva parlare con lei anche senza apparire. «Solo tu puoi vedermi, perché sono dentro di te. «Ma
stai tranquilla. Se andiamo al Toy Shop del mio
partner, sono sicuro che troveremo una soluzione»
«Speriamo…» commentò lei. «Sai com’è, il mio corpo si
stanca abbastanza a vivere con una persona sola, figuriamoci con due»
Yami si lasciò andare a un
sospiro di sollievo. Aveva trovato una persona comprensiva, tranquilla e
abbastanza con la testa fra le nuvole per credere quasi subito al suo racconto. «Bene, allora vestiti così loavvertiamo subito» Chissà com’era
preoccupato Yuugi non trovandolo più all’interno del Puzzle.
«Ora no» Miyon scoccò una rapida occhiata alla
semplice sveglia digitale appoggiata sul comodino, tra un cubo di Rubrikin legno, un libro di
enigmistica e uno di matematica, sistemati alla rinfusa sotto la lampada al
neon. Segnava le 8.10. «E’ troppo presto» Si gettò a pesce sul letto,
rimbalzando leggermente a causa delle molle troppo consumate, e riafferrò un
lembo della coperta rimasto miracolosamente al suo posto. «Voglio dormire
ancora» Riprese tutto il lenzuolo e si coprì fin sopra
la testa, per indicare che non voleva essere disturbata.
«Oh, bè…» Yami piegò le labbra all’indietro. In fondo, anche lui aveva
voglia di riposare un poco.
«Stavo pensando
una cosa…»
commentò Yami mentre Miyon finiva di sistemare i numerosi libri di scuola nella
cartella marrone. «E’ colpa tua se devi
sopportarmi ancora per un po’»
«Perché mai?» Lei chiuse di
scatto la cartella e si voltò a fissare quel ragazzo, appoggiato allo stipite
della porta aperta della sua stanza.
«Perché se ieri
tu non avessi dormito, saremo giunti in tempo al
negozio prima che Yuugi partisse perl’Egitto»
Annuì convinto. «Hanno preso l’aereo
delle 10, così ci ha detto suo nonno, quindi lo avremo bloccato prima, visto che tu ti eri alzata alle 8.00»
«Allora è colpa mia» accondiscese lei seccata. «Tanto, l’unica che avrà dei guai da questa situazione sarò
io, no? Chi è causa del suo mal pianga sé stesso»
«Io non ti sto
causando problemi…»
si difese Yami. «Sono dentro di te da un
giorno e mezzo, più o meno, e ti ho solo sbirciato un pochino in bagno…e per
errore»
«Se ti sembra poco…» Miyon si
sistemò la cartella sulle spalle, stando attenta che non le spiegazzasse la
giacca blu della divisa, e diede un’ultima sistematina
ai capelli, guardando nello specchio dell’anta dell’armadio. «Ora devo andare a scuola»
La chiuse. «Vedi di non comparire e di non farmi parlare. Le mie compagne di
stanza mi hanno già guardato abbastanza male ieri dopo il bagno, credendo che
parlassi da sola»
«Non sono mai
comparso nemmeno al mio partner a scuola» disse lui offeso. «So che è importante»
Lei lo ignorò. «Non fare nulla di nulla, capito?
Dormi e non mettermi nei guai»
«Va bene…» Yami si finse un bravo
ragazzo ma dovette ammettere a sé stesso che, se gli dicevano di non fare
qualcosa, gli veniva un gran desiderio di farla, anche solo per divertimento.
In fondo, non si sarebbe trattato di nulla di male, comparire un pochino
durante l’orario di scuola…
Note di Akemichan:
Avevo pensato di non scrivere più storie su
Yu-Gi-Oh, ma poi ho fatto un sogno e mi sono detta “visto che
nessuno ha mai scritto una cosa del genere, che io sappia, perché sprecare quest’idea?” e ho deciso di rimettermi al lavoro. Spero
però che non venga lunga come la precedente, ma…^^’’ vedremo.
No, dai, prometto che non andrà oltre i 15 capitoli (dì che sono pochi…-.-’’ N.d.Tutti Ehm…^^’’ Nd.Akemichan)
Mi spiace aver dovuto inventare un nuovo personaggio
al quale dare abbastanza spazio, ma io avrei volentieri utilizzato un
personaggio femminile del manga, se solo ce ne fosse
uno decente!! Ho dovuto per forza crearne uno, spero che mi perdonerete ^^ E
che non sia una MarySue! Io cercherò di non farla, ma
voi avvisatemi.
Ho deciso di utilizzare “Malik” per “Marik” perché
mi hanno detto che “Malik” significa qualcosa come “sovrano” in mesopotamico o una lingua simile e, perciò, credo che
questa fosse l’intenzione di Takahashi-sensei
(ovviamente in jap la r e la l si scrivono nella
stessa maniera). Ishizu invece lo hanno tradotto Isis
nel manga, perciò lo riutilizzo anche qui. “Mou
hitori non Yuugi” significa semplicemente “l’altro Yuugi”, come gli amici
chiamano Yami o Yuugi a seconda di chi è in controllo
in quel momento (significa che, se è in controllo, Yami mou
hitori no Yuugi è riferito a Yuugi e viceversa). “Mou
hitori noboku” invece
significa “l’altro me stesso”, come Yuugi chiama Yami. “Aibou”
significa “partner”, come Yami chiama Yuugi.
Ringrazio qui Heven per la sua recensione all’altra mia storia… Non posso
fare altrimenti, visto che non riesco in alcun modo a
mandarti delle e-mail… Mi ritornano sempre indietro, e non capisco il motivo…
Mi dispiace ^^ Però grazie, grazie davvero per i tuoi complimenti ^.^ Sei
adorabile
Mi sembra che sia tutto… Grazie per aver letto la
storia ^^ Il prossimo aggiornamento (sempre che interessi a qualcuno ^^’’) fra
sette giorni esatti
Le leggere scarpe di tela che Miyon indossava facevano un leggerissimo
rumore sulle scale marmoree del liceo Sasaki, mentre le
Lunedì
Le leggere scarpe di tela che Miyon indossava facevano un leggerissimo rumore sulle scale marmoree
del liceo Sasaki, mentre lei le saliva per raggiungere il secondo piano, dove
si trovava la sua aula, con una mano appoggiata al corrimano in ferro battuto.
Il sole che penetrava dalle grandi finestre dava all’interno della scuola
un’idea di tranquillità e di pulizia, ancora più accentuata dai muri bianchi e
immacolati. I raggi solari che scendevano come cascate d’oro sulle scale formavano allegri ghirigori che davano un’idea di
gioia a quella scuola troppo seriosa. Difatti, dopo il suono della prima
campana, non si era sentito più un solo suono lungo tutti
i corridoio, a parte un leggero ticchettio delle scarpe.
«Che lusso…» fu il commento, fischiettante, di Yami.
«Capirai…» rispose invece Miyon, abituata da tre
anni a tutto questo. «Non mi sembra niente di eccezionale»
«Sarà perché a
scuola del mio partner ormai ci sono più murales che muri» scherzò lui.
«Ma cos’è?» rise lei. «Il Bronx?»
«Minaguchi, vieni, presto!»
La ragazza dalle trecce d’oro, sua compagna di casa, di classe e di basket, la
chiamò dal piano. Miyon percorse in fretta gli ultimi scalini che le mancavano
e la raggiunse.
«Che succede?»
«E’ tornato!» rispose l’altra ragazza, dai corti
capelli neri, che teneva le mani appiccicate ai vetri di una delle grandi finestre
del corridoio e guardava il giardino sottostante in preda a
una gioia euforica.
«Davvero?» Anche Miyon si avvicinò, anche se non si
appoggiò alla finestra, guardando di sotto. «Ma i
lavori nell’aula multimediale non erano conclusi?»
«Pare che ci sia stato un furto…» commentò la
bionda. «Meglio per noi, però, così possiamo vederlo ancora!»
«Sempre casini….» brontolò lei. «Poveri i nostri pc…»
Finalmente si decise a guardare di sotto, al ragazzo bruno che, sceso dalla
limousine, attraversava con passo il viale d’entrata, affiancato da alberi di
pesco. «Certo che è proprio figo…»
Anche Yami, incuriosito, apparve
silenziosamente dietro di lei per sbirciare. Il ragazzo alzò leggermente i suoi
occhi azzurri, permettendo loro di ammirarli, anche se involontariamente,
quindi proseguì il suo cammino sicuro fino all’entrata, agitando la sua lunga
giacca blu.
«Fine dello spettacolo…» commentò la bionda
accarezzandosi una treccia. «Noi andiamo in classe»
«Arrivo subito…» mormorò leggermente Miyon, mentre
le due ragazze si allontanavano. Era rimasta ferma ad osservare il viale ghiaioso
con i suoi occhi viola.
«Stai
scherzando, vero?»
La figura di Yami apparve più sconvolta che mai. «Non ti piacerà davvero… Seto Kaiba?!»
Miyon gli scoccò un’occhiata seccata, quindi si
allontanò dalla finestra e iniziò ad avviarsi per il corridoio verso la sua
aula, l’ultima in fondo. «Si, mi piace» rispose infine. «Lo trovo figo»
«Figo?» Gli occhi viola di Yuugi si
dilatarono in un’espressione di estrema incredulità. «Ma… Ma ci hai mai
parlato? Guarda che io lo conosco, ha un pessimo carattere!»
«No, non ci ho mai parlato» ammise tranquilla lei. «E
quanto al pessimo carattere, lo so. Ci hanno provato due mie compagne, con
scarsi risultati»
Il fatto che altre ragazze lo trovassero
interessante non sconvolgeva Yami come il fatto che Miyon lo trovasse così.
Credeva che lei fosse diversa! «E nonostante tutto, ti piace sempre?»
«Guarda che non me lo devo mica sposare!» sbuffò
lei. «Anche se, visto che è ricco e pure bello, non sarebbe nemmeno un cattivo
partito…»
«Ma ti sposeresti per così poco?!» Lui continuava a chiedersi
per quale ragione se la prendesse così tanto. Non erano affari suoi, d’altronde.
«Secondo me, sei solo geloso»
commentò Miyon fermandosi e guardandolo sorridendo. «Scommetto che nessuna
ragazza è mai venuta a dirti che sei figo…»
«Ti sbagli!» confutò lui, offeso. «E visto che ti
piace tanto, non preoccuparti. Ci penso io a presentarti» E l’occhio
luminoso di Ra brillò sulla fronte di Miyon.
Mentre Seto Kaiba attraversava il
corridoio del primo piano, la valigia di lavoro stretta fra le lunghe dita,
osservava appese al muro le foto degli studenti che maggiormente si erano
distinti, sia per voti scolastici che per risultati in altri campi, come lo
sportivo. Se si fosse iscritto a questa scuola, come gli era
stato consigliato, probabilmente anche la sua foto sarebbe stata appesa tra
tutti quei volti opachi e sorridenti. Lui, tuttavia, preferiva il liceo
pubblico. Almeno, non aveva problemi a superare gli esami nonostante le
numerose assenze che doveva fare a causa del suo
lavoro.
«Kaiba!» lo chiamò una voce. Una
bella ragazza dai lunghi capelli neri e biondi, tanto numerose erano le sue
meche, gli venne incontro dalla scalinata in fondo, lasciando che la corsa le
alzasse la gonna a pieghe blu dell’uniforme scolastica, mostrando maggiormente
le sue lunghe gambe affusolate. E questa chi è…? Si
domandò lui. Possibile che in quella scuola non passasse giorni senza che
nessuna ragazzina gli venisse a fare il filo? Che
strazio…
Miyon si sentiva strana. Osservò a lungo, molto a lungo,
i palmi delle sue mani. Erano trasparenti, molto più simili alla figura di Yami
quando le compariva dinnanzi. Si voltò e deglutì: il suo corpo, in quel
momento, stava parlando con Seto Kaiba! Ma se lei appariva sotto forma di
spirito, significava che in realtà… «Yami! Cosa stai
facendo?!»
«Sono Miyon Minaguchi,
piacere» disse Yami nel corpo della ragazza. «Dato che sei ricco e come ragazzo
non sei nemmeno tanto male, mi sposeresti?»
Se prima l’espressione di Kaiba
era una specie di disgusto, come quando si guarda un cibo che non si mangerebbe
nemmeno con la forza, adesso si trasformò in una sorta di stupore. Dopo pochi
secondi, tuttavia, lui ritrasformò il suo volto in una maschera di serietà e si
allontanò per il corridoio, superandola e lasciandola indietro.
«Che. Cosa.
Hai. Detto?!» La vera Miyon, riprendendo il possesso del suo corpo, si lasciò
cadere sulle ginocchia, il cuore che le batteva all’impazzata e le labbra rosse
dall’imbarazzo.
«Ho ripetuto
solo ciò che pensavi…»
rispose Yami con un’espressione innocentina stampata
sul viso, anche se piuttosto soddisfatta. «Visto,
che cafone? Non ti ha nemmeno degnato di risposta…»
Miyon si voltò velocemente a fissarlo con occhi
ardenti di rabbia repressa. Con un rapido battere di ciglia cancellò quel
fuoco, si alzò, risistemandosi la cartella sulla spalla, e si avviò per il
corridoio.
«Sei… per caso arrabbiata?» domandò lui preoccupato.
«Ho forse ragione di esserlo?» rispose lei con
un’altra domanda, in tono freddo e lapidario.
«L’ho fatto per
il tuo bene»
cercò di difendersi Yami. «Kaiba non è il
bravo ragazzo che sembra. Io lo so bene. Lo sai che ha cercato di uccidermi?
Più di una volta. Ha persino organizzato una specie di RPG vivente, chiamato Death-T, con dei sicari professionisti»
Miyon si fermò. «Non dire cose che
non pensi» Il suo tono non era arrabbiato, né ironico. Era serio e
malinconico.
«Eh?»
«Non so perché, ma sento che c’è un filo che lega tu
e lui» continuò lei. «Per questo non vuoi che io lo conosca»
«Veramente…» Yami si stropicciò
leggermente le dita.
«Lasciamo perdere» Miyon scosse i lunghi capelli.
«Tanto, io non sono il tuo partner, perciò non ho alcun bisogno di sapere
queste cose» Yami avrebbe voluto risponderle che non era così, ma non ne ebbe il coraggio. Non poteva coinvolgere anche lei in
quella che probabilmente sarebbe stata una battaglia. La battaglia per
ritrovare la sua memoria. Le stava causando fin troppi danni.
«Dai, Miyon, parlami!» cercò ancora di convincerla Yami. «Non lo faccio più, promesso» Sembrava
simile ad un bambino che cerca di evitare una punizione, che probabilmente sua
madre gli infliggerà comunque, perché le promesse dei
bambini sono le promesse dei marinai.
La ragazza si appoggiò al muro,
accanto alla porta azzurrina della sua classe, la terza della sezione A. per la
prima volta nella sua carriera scolastica, era arrivata in ritardo alla
lezione. Inutile dire di chi fosse la colpa, ovviamente.
Lo sapevano benissimo tutti e due.
«Insomma, se
c’è qualcosa che posso fare per farmi perdonare, dimmelo»
«Una cosa c’è» Miyon sospirò. «Puoi morire»
«Temo che non
sia possibile…»
commentò Yami con espressione seccata. «D’accordo,
ho esagerato, ma con Kaiba non ha perso niente!»
Lei ormai non lo ascoltava più. Sembrava interessata
ai fili grigi della corrente che attraversavano
l’angolo tra il soffitto e il muro.
«Okay, okay» provò ancora lui. «In fondo, Kaiba non è male. Mi ha anche
aiutato in parecchie occasioni» La sbirciò per vedere se lo ascoltava, ma
il suo sguardo era ancora alzato e concentrato sui fili. «E’ il mio rivale da sempre a M&W. Sai
cos’è, vero? Il gioco di carte. È’ veramente forte, anche se io sono piùbravo. Mi piace combattere contro di lui» ammise infine. «Forse ero un po’ geloso, ma quando tornerò
nelcorpo del mio partner sistemerò tutto, contenta? Mi stai ascoltando?» Le passò
una mano trasparente davanti agli occhi. Non vi fu nessuna reazione.
«Teorema di Lagrange.
Presa una funzione f(x) continua in un intervallo chiuso e limitato
[a;b] e derivabile in un intervallo aperto (a;b)…»
stava mormorando leggermente lei, le labbra semichiuse e gli occhi viola quasi
rivolti a guardare dentro di sé.
«Sta ripassando
la lezione…»
Allora Yami sospirò e si appoggiò almuro accanto a lei, cercando di ascoltare quello che diceva, sebbene non
capisse il significato di quelle strane formule. Forse le aveva fatto perdere una lezione importante. Capì che il motivo per cui gli piaceva infastidirla anche a scuola era dovuto
al fatto che lei fosse una secchiona, al contrario del suo partner che era
arrivato fra gli ultimi agli esami. Eppure, se a
scuola otteneva dei risultati alti, probabilmente erano frutto di grandi sforzi
e rinunce. Si pentì di averle causato ulteriori
problemi e decise che in futuro avrebbe rimediato.
***
Yami, seduto comodamente su
una panca appoggiata al muro della palestra, accavallò lentamente le gambe,
mentre teneva lo sguardo fisso sul campo da gioco. Le pupille dei suoi occhi
seguivano freneticamente quella palla gommosa che rimbalzava sul parquet lucido
facendo quasi rimbalzare il pavimento, mentre passava velocemente tra le mani
delle varie giocatrici. La sua attenzione si concentrò poi su Miyon, quando le
arrivò la palla. Lei fece un breve salto, spargendo attorno
leggere lacrime di sudore, fingendo di tirare, quindi passò velocemente
ad una sua compagna libera, la quale segnò altri due punti per la loro squadra.
«Vai così!» fece il tifo Yami. Miyon non gli rispose. Evidentemente non lo
aveva ancora perdonato, nonostante fosse ormai pomeriggio inoltrato e le lunghe
ore passate in tranquillità, senza che lui la disturbasse, avrebbero
dovuto farle sbollire la rabbia. Yami si crogiolò nell’idea che Miyon,
semplicemente, ritenesse quella partita di allenamento
del suo club di basket importante come una partita ufficiale e, per questo
motivo, non poteva permettersi di deconcentrarsi anche solo a fargli un cenno
di assenso.
«Uff…» sospirò leggermente lui,
appoggiandosi alla parete. Vedendo quelle ragazze, gli veniva un desiderio
forte di giocare con loro. Desiderio ovviamente irrealizzabile, vista la sua
attuale condizione. Peccato che nel liceo del suo partner non
ci fosse un club maschile di basket. Aveva appena scoperto che quello
sport gli piaceva e avrebbe voluto giocarci, prima o poi.
Tornò a guardare Miyon, la quale era ferma in mezzo all’area, le ginocchia
leggermente piegate e il busto proteso in avanti, i capelli biondi liberatesi dalla coda posati leggermente sulle sue guance.
«Difesa» annunciò,
contemporaneamente a tutte le sue compagne, mentre le ragazze dell’altra
squadra avanzavano dalla metà campo. Miyon si diresse velocemente verso la numero 8, quella che in quel momento palleggiava la
palla proteggendola con il suo corpo. Questa, invece di passare o di cercare di
liberarsi della marcatura di Miyon, avanzò decisa
verso l’area, anche grazie alla sua corporatura robusta. Miyon non si scostò
dalla sua traiettoria e, mentre la numero 8 passava verso canestro, si pose in
mezzo senza paura, con le braccia alzate, finendo per essere travolta e gettata
bruscamente a terra.
«Tutto ok?»
le domandò la ragazza dalle trecce dorate, che indossava il numero 12 ed era in
squadra con lei in quel momento.
«Si…» Yami, arrabbiato, prese
subito il controllo del suo corpo. «Adesso vedrai» disse rivolto
alla numero 8, la quale non sembrava pentita. «Il mio gioco delle
tenebre…» Come si permetteva quella di esagerare così tanto in un gioco tranquillo
com’era il basket? Stranamente, Miyon non intervenne per riprendere il
controllo. Non vide nemmeno la sua figura apparire accanto a lui. Le gocce di
sudore che scendevano dalla fronte, appiccicando le ciocche nere e bionde alle
tempie, e il vestito bianco con il numero 11 rosso totalmente bagnato gli
fecero capire che era troppo stanca per opporsi. In
fondo, si stava allenando già da un’ora e mezza.
«Minaguchi»
chiamò un’altra compagna di squadra, vedendola ferma in mezzo all’aria, quasi.
«C’è la rimessa»
«Rimessa?» Yami si voltò in
tempo per afferrare la palla che gli veniva lanciata. «Ora che faccio?» Si era gettato a capofitto nel gioco come faceva
sempre per difendere il suo partner, dimenticandosi totalmente del fatto che le
regole di un gioco olimpionico sono un poco più complicate di quelle di un
gioco di carte. Preoccupato dall’avvicinarsi di un’avversaria, fece
istintivamente un passo indietro.
«Passi!» L’allenatore, che in
quel momento aveva le veci di arbitro, fischiò,
agitando il cappello rosso con la visiera. «Minaguchi,
cosa combini? Adesso cammini senza palleggiare?»
«Oh, giusto» mormorò Yami.
«Nel basket si deve palleggiare» Intanto, mentre pensava a queste cose, il
gioco era ripreso anche senza di lui.
«Svegliati, Minaguchi!» lo chiamavano le sue compagne, già schierate in
difesa.
«Vengo» si riscosse lui,
anche se non sapeva bene quello che stava accadendo. Vedendo tuttavia il numero
8 nuovamente con la palla in mano, le corse incontro e, pur di sottrargliela,
le balzò quasi addosso, facendo cadere entrambi a terra, con un tonfo che
risuonò lungo tutte le pareti bianche della palestra e che fece tremare le
sottili vetrate delle alte finestre dalle quali penetrava una fioca luce
pomeridiana.
«Fallo!» ruggì l’allenatore.
«Della numero 11!»
Dopo altri tre falli,
numerose palle che riceveva fra le mani e che gli venivano
sottratte non appena provava ad accennare un palleggio, che non sarebbe
riuscito a fare comunque, e un paio di tentati tiri a canestro, miseramente
falliti senza nemmeno toccare il ferro, Yami dovette arrendersi all’evidenza.
Senza un poco di allenamento, nemmeno il re dei giochi
poteva fare molto. In sostanza, a basket faceva veramente pietà. Affranto, si
ritirò nella sua stanza dell’anima.
«Minaguchi…»
L’allenatore, prima paonazzo per la rabbia, le si avvicinò,
cercando di dimostrarsi più comprensivo, mentre si massaggiava la sottile barba
nera. «C’è… Qualcosa che non va?»
«Qualcuno» pensò Miyon,
ritornata in possesso del suo corpo, ma si trattenne dal dirlo. «In effetti, ho
un po’ di mal di testa…»
«Vai pure a cambiarti, allora»
le suggerì lui, visto che in campo non riusciva a
combinare molto, anche se per un semplice dolore al capo.
In circostanze normali, lei
si sarebbe opposta, ma in quella situazione le sembrò l’opzione
migliore. Salutò le compagne e si diresse verso gli spogliatoi, lasciando che
il rumore delle sue scarpe da ginnastica sul parquet venisse
coperto dai palleggi che erano già ripresi.
«Miyon…»
Lei si tolse il laccio che
legava i suoi lunghi capelli, lasciandoli svolazzare come le chiome degli
alberi al vento, e entrò nello spogliatoio spingendo
la porta con un calcio. Si tolse velocemente la maglietta zuppa di sudore e i
corti pantaloncini bianchi, gettandoli alla rinfusa dentro la sacca blu di
ginnastica.
«Miyon…»
Infilò nella sacca anche le
scarpe da ginnastica, senza preoccuparsi di separarle dai vestiti. Non si
asciugò nemmeno il sudore dal corpo e dal viso prima
di infilarsi la camicia bianca della divisa. Senza preoccuparsi di aver allacciato
tutti i bottoni, indossò la gonna, cercando contemporaneamente di mettersi le
sue scarpe in vernice nera sui calzini banchi e sudati.
«Miyon…»
Gettò scompostamente sopra la
camicia il gilè blu come la gonna, lasciandolo sbottonato con una sorta di veloce
noncuranza, quindi afferrò la sacca e la borsa di scuola, e uscì velocemente
dallo spogliatoio senza preoccuparsi di mettersele in spalla.
«A basket sono un disastro» ammise Yami.
«E’ ovvio che tu non sia
capace» Miyon si fermò lungo il vialetto fiorito che collegava la scuola alla
palestra, ancora leggermente illuminato dal sole che tendeva a calare in
lontananza, verso occidente. Prese fiato. «Ci vuole molto allenamento e una
buona conoscenza delle regole»
«Lezione ricevuta» sorrise lui. Finalmente gli aveva
nuovamente rivolto la parola. «Non
avrei dovuto immischiarmi. Solo che… Che quella… Insomma, non potevo sopportare
che ti avesse buttata a terra così!»
«Il basket non è uno sport da
bambole» scosse la testa Miyon. «E guarda che le avevano fischiato
fallo di sfondamento, per questo la palla era andata alla mia squadra»
«Oh…»
Ecco cosa succedeva quando si ignoravano le regole
basilari. «Volevo aiutarti e invece hocombinato solo guai» Si morse un
labbro. «Non volevo farti fare una brutta
figura con il coach»
«Non fa niente…» replicò lei
tranquilla. Smise di guardare la sua figura trasparente, proiezione virtuale
della sua mente, e tornò ad avviarsi verso la scuola.
«Allora, perché sei ancora arrabbiata?» chiese Yami accelerando il
passo fino a raggiungerla. «E’
per quello che è successo oggi con Kaiba? Ascoltam-»
Miyon lo fissò duramente. «Cosa vuoi che me ne importi di ciò che pensa di me Seto
Kaiba!» esclamò, mentre le guance le diventavano ancora più rosse a causa della
fatica e dell’affannamento. «Non sa nulla di me! Ciò che importa alla fine sono solo i risultati. Su quelli si basa la gente, non sulle
prime opinioni» Certo, era una tesi discutibile, ma in quel momento Yami non
era pronto ad una discussione filosofica sul qualunquismo dei popoli. Ciò che
voleva era un armistizio.
«Ma allora…?»
«Quello che
mi fa uscire di senno…» Miyon parlò lentamente per non rischiare di formulare
un discorso insensato a causa dell’ira. «E’ che tu ti appropri della
mia vita senza problemi! Come osi?!»
«C-che intendi…?» Yami non capiva. Temeva solo
di aver compromesso ancora di più la situazione, con il suo atteggiamento, che
sfiorava l’insensibilità.
«La mia vita è solo mia»
disse ancora lei. «Ti avrei prestato il mio corpo senza problemi, a patto che tu
me lo avessi chiesto. Invece no! Lo hai preso come se
fosse stato tuo diritto farlo! Non hai mai pensato che la tua situazione non ti
autorizza ad essere talmente compatito da fare ciò che
vuoi?»
Mentre parlava, Yami spalancava
lentamente gli occhi, come se vedesse per la prima volta. Non aveva davvero
capito nulla di lei. Anche con il suo partner si era
comportato alla stessa maniera. Credeva di agire per il meglio, ma adesso
qualcuno gli stava dimostrando che forse non sempre il mondo girava nella sua stessa
direzione. «Scu-scusami…»
Lentamente, per quanto possibile, la abbracciò.
«No…» A questo punto, Miyon
scosse la testa e si allontanò da lui, strofinandosi gli occhi con il palmo
della mano. «Ho reagito male io…»
«Ne avevi diritto» annuì convinto lui.
«Vedi, oggi avevo una lezione importante nell’ora che mi hai fatto
perdere» mormorò debolmente lei, finendo per farlo sentire ancora più in colpa.
«Io ho un sogno» Scosse leggermente i capelli lisci e bagnati, osservando in
lontananza il cielo che si scuriva. «Voglio diventare ingegnere elettronico.
Per questo ammiro Kaiba, dato che è già programmatore da studente liceale» Le
tracce di tristezza nella sua voce iniziarono lentamente a svanire. «Non è
facile, però voglio riuscirci assolutamente. Ogni trimestre, ci sottopongono a
delle prove di esame e ai migliori viene data una
borsa di studio» Sospirò. «Se riesco ad ottenerle
tutte, potrò andare all’università. Ne ho una anche questo giovedì, di
matematica, e avevo bisogno della lezione di oggi per
ripassare le ultime cose»
«Sono un imbecille» disse Yami, facendola ridere leggermente. «Okay, fai il test. Poi partiamo
immediatamente per l’Egitto, così mi levo prima dalle scatole»
«No» rispose lei brusca.
«Perché no?»
Lo guardò sorridendo, anche
se le ciglia somigliavano più agli steli dei fiori con la rugiada mattutina.
«Non posso andare in Egitto, perché non ho i soldi per pagarmi l’aereo»
sussurrò come il lamento di un coniglio ferito. «Non posso lavorare per pagarmi
la retta, o sarei subito espulsa, così i miei ne devono sopportare tutto il
peso, anche se sono solo due semplici impiegati» Sospirò. «La Sasaki è cara, ma è il miglior liceo di Domino» Si strofinò
ancora gli occhi, cancellando le lacrime. «Dovrò sopportarti ancora per un po’»
«Amen»
sorrise Yami dandole una leggera pacca sulla spalla. «Coraggio, futuro ingegnere elettronico, torniamo a casa. Direi che hai
bisogno di un bagno»
«Il solito maniaco…» commentò
lei. «Se puzzo, è per colpa tua che mi hai fatto uscire in fretta dalla
palestra»
«Lo sapevo…» disse lui alzando le spalle. «Tra un po’ finirai per incolparmi pure del fatto che ti vengono le
mestruazioni»
«Yami!» avvampò lei. Poi,
entrambi scoppiarono a ridere.
Grazie a Lory e Ivy per la
recensione, spero che continuerete a seguire la storia ^^
L’aria della mattina era leggermente più fresca del precedente e faceva
venire la pelle d’oca alle gambe delle giovani student
Martedì
L’aria della mattina era leggermente più fresca del
giorno precedente e faceva venire la pelle d’oca alle gambe delle giovani
studentesse che, vestite con le loro belle divise blu, camminavano compostamente
sul marciapiede, le cartelle che dondolavano tra le mani o appese alle spalle.
Il rumore del loro chiacchierare vacuo era spesso coperto dal rombo del motore
delle automobili che si muovevano nella strada, sole e cupe.
In mezzo a quel buio, la scuola, dietro la quale si vedeva spuntare il cerchio
dorato del sole, sembrava l’unica ancora di salvezza per le anime perse. Il
viale ordinato e silenzioso venne invaso da un’orda di
ragazzi e ragazze, per niente preoccupati di poter in qualche modo rovinare quell’aura quasi arcana che si era creata, tra il vento che
soffiava dolcemente nelle aiuole.
«Etchì» starnutì
leggermente Miyon, posando una mano sulla bocca. «Accidenti, ho preso il
raffreddore…» Tirò davanti la cartella per recuperare un fazzoletto.
«Salute» disse Yami, senza apparire.
Non aveva intenzione di disturbarla anche quel giorno.
«Che se ne va» aggiunse lei
scontrosa.
«Tutta colpa tua, che mi hai fatto prendere freddo
ieri sera»
«Non sapevo che fossi così leggerina…» sbuffò lui.
Non aveva voglia di litigare di prima mattina.
«Cosa ti succede?» Miyon
sistemò la sua cartella marrone anche sull’altra spalla, mentre le sue compagne
la superavano per unirsi al fiume degli altri studenti.
«Niente» rispose Yami immediatamente.
«Non mentire» ribattè lei,
cambiando tono di voce. «Tu sei dentro di me, quindi posso sentire i tuoi stati
d’animo» Poggiò una mano sul petto «Sei triste»
«Un po’, forse» ammise lui. «Mi manca il mio partner» La notte
precedente, infatti, si era reso conto per la prima volta della situazione,
come se si svegliasse da un lungo sogno. Yuugi era importante per lui e non avrebbe mai immaginato di potersi trovare in un altro corpo,
come invece era successo. Pensava anche a lui: chissà come stava, senza avere
sue notizie! Avrebbe voluto andare subito da lui, ma
non poteva, lo sapeva molto bene. Non avrebbe dovuto dirlo a Miyon, perché lei
avrebbe potuto fraintendere.
Invece Miyon sorrise. «Allora dovrò darmi da fare,
per essere degna di lui»
«Che intendi?» La ragazza si fece largo a gomitate tra tutta la
folla vociante e si sporse sulla strada, agitando la mano per richiamare
l’attenzione del pullman arancione che veniva nella sua direzione, solo come
tutte le altre automobili. Una volta che le porte automatiche si furono aperte con un
rumore metallico, salì velocemente saltando gli scalini in
gomma nera, incurante degli sguardi curiosi che i ragazzi le tiravano
distrattamente. «Che
stai facendo?!»
«Oggi forchiamo!» annunciò
allegra Miyon gettando senza cura la cartella sul pavimento sporco dell’autobus
e accomodandosi con un balzo sulla sedia più vicina, quella che sembrava
ridotta meglio. Il resto del pullman era praticamente
deserto. «Conosco una sala giochi fantastica!»
«Tu sei pazza…» scosse la testa Yami, ma gli
scappò un sorriso che non cercò in nessun modo di trattenere. «E le lezioni?»
«Oggi non ho matematica» alzò incurante le spalle
lei.
La sala giochi di cui parlava Miyon era la stessa
che si trovava nel quartiere di Yuugi. Lui ci era stato
molte volte, perciò conosceva a memoria la maggior parte dei giochi. In
effetti, era la migliore della città in fatto di ultime
novità tecnologiche. Miyon entrò con la cartella in mano, assolutamente
tranquilla. Lui, invece, si sentì un poco a disagio per via degli sguardi
stupiti che gli altri giocatori, per la maggior parte
ragazzi che avevano lasciato la scuola come lei, le stavano tirando. Era ovvio, pensò Yami. Al contrario di loro, Miyon aveva
l’aspetto di una brava ragazza, di quelle casa, chiesa
e scuola. Mai si sarebbero aspettati di trovarla in un luogo del genere. Invece
lui aveva imparato a non stupirsi più di niente.
«Giochiamo a questo» Lei si fermò davanti al primo
di una fila di videogames, quindi si chinò e dalla
tasca laterale della cartella tirò fuori uno dei gettoni, dimostrando di essere
una frequentatrice abbastanza assidua, e lo infilò nella fessura. «E’ l’unico
in cui non sono ancora riuscita a superare il record di Kaiba»
«Dai!» esclamò lui, conoscendo la
bravura del suo rivale. Tuttavia, si dovette ricredere vedendo con quanta
facilità Miyon riusciva a maneggiare il joystick rosso
e i due bottoni verde e giallo, quasi come se fossero terminazioni nervose del
suo corpo. Il suo personaggio di muoveva rapido nello schermo, sconfiggendo in
un paio di mosse l’avversario. La tattica era sempre la stessa, ma funzionava. «Brava…»
«Se ti stufi smetto» disse
lei prendendo un minuto di fiato al termine di un altro combattimento.
Lui scosse la testa. «Piuttosto, fai giocare un po’ anche me»
«Credi di esserne capace?» lo guardò fisso lei.
«Lascia fare» sorrise lui mentre gli veniva lasciato il controllo del corpo. In questa occasione, fu lui a sorprendere Miyon, in quanto la
sua tecnica non aveva nulla da invidiare a quella di lei.
«Accidenti!» commentò lei, vedendo che il
punteggio si avvicinava al record di Kaiba. «Noi
due potremo vincere le olimpiadi di picchiaduro!»
«Ci puoi giurare!» rise lui.
All’improvviso uno dei ragazzi seduti a uno dei videogame più vicino all’entrata, si alzò di
scatto e corse verso il fondo del locale, quasi spaventato. Yami alzò lo
sguardo dal gioco, mettendo in pausa. Nella sala stava entrando una banda di
ragazzi, con a capo uno con la faccia da teppista e da
presuntuoso senza alcun motivo. Teneva i capelli biondo canarino su con il gel
e si guardava intorno come se fosse il padrone del mondo.
«Hirutani…»
«Lo conosci?» chiese Miyon mentre lo
guardava con un’espressione indecifrabile.
«Si» Yami riprese il gioco. «E’ un teppista, ma non
vale nulla. Era un ex-compagno di Jono-Uchi, il miglior amico mio e del mio
partner e ha fatto di tutto per costringerlo a tornare con lui» Un ultimo colpo
di joystick e l’ennesimo avversario venne sconfitto.
«Ma gli abbiamo sempre dato delle belle lezioni»
Vedendo il ragazzo di nome Hirutani
avvicinarsi a loro, Miyon chiese leggermente «lascia fare me»Riprese il controllo del
suo corpo.
«Bambolina, mi sa che è ora di tornare a casa e di
lasciare fare agli esperti» ordinò Hirutani una volta
che le fu accanto, guardandola dall’alto in basso.
«Bambolina?» commentò Yami arrabbiato.
Miyon gli scoccò uno sguardo distratto da sotto le
lunghe ciglia nere. «E dove sarebbero questi esperti?»
chiese quindi, senza staccare gli occhi dallo schermo luminoso.
«Ce li hai davanti, bellezza»
«Ah si?» Lei spinse lo
joystick indietro, stiracchiandosi. «E’ proprio vero che le apparenze
ingannano…» Mise in pausa. «Se sei davvero così bravo, perché
non combatti contro di me?» Indicò la postazione a fianco. «Si può
giocare in due»
«Non ho tempo da perdere coi
pivelli»
«Dicono tutti così» ribattè
secca lei rimettendosi a giocare. «Certo, farsela sotto dalla paura solo per
una ragazzina…»
«Io…» Hirutani non riflettè nemmeno, infilando il getto nell’altra postazione a afferrando velocemente il joystick. «Adesso vedrai»
«Fai giocare
me» disse
Yami. «Soddisfazione personale»
«Accomodati» allargò le braccia Miyon, lasciandogli
il controllo.
L’incontro durò appena cinque minuti. All’inizio,
Yami si divertì solamente a schivare i colpi, per farlo arrabbiare, come infatti avvenne. Non appena Hirutani,
seccato, abbassò la guardia con un attacco troppo diretto, lui fece saltare il
suo personaggio al di sopra e lo attaccò alle spalle con il colpo speciale,
togliendogli la metà dei punti vita. Quindi, mentre
l’avversario era ancora a terra, lo colpì ripetutamente fino a togliergli anche
ciò che era rimasto. Game over.
«Razza di…» iniziò Hirutani
avvicinandosi pericolosamente.
«Fa attenzione» la avvertì Yuugi.
Miyon annuì, quindi si
spose in avanti, afferrando il braccio che Hirutani
tendeva verso di lei, e lo colpì con una ginocchiata, lasciando agitare la
gonna blu sopra le sue cosce. Hirutani si piegò in
due dal dolore. «Il punto debole dei maschi» sussurrò lei, mentre Yami si
voltava dall’altra parte, massaggiandosi la fronte ma lasciando trapelare un
sorriso dalla bocca carnosa.
Vedendo che la situazione volgeva al brutto, il
gestore del locale si avvicinò, come una massaia che si prepara a togliere i
panni prima della pioggia. «Ragazzi…» iniziò, con lo sguardo spaventato rivolto
soprattutto agli amici di Hirutani, ancora a terra,
tenendosi la parte ferita con entrambe le mani.
«Io non ho nulla da rimproverarmi» intervenne subito
Miyon. «Hanno iniziato loro. Soprattutto, sconsiglio a tutti di avvicinarvi» Si
toccò la divisa. «Come avrete capito, faccio la Sasaki. I miei genitori sono i titolari del più importante
studio legale di Domino e sarebbero molto contenti di
sbattervi tutti in riformatorio per i prossimi cent’anni»
Si chinò a terra per riafferrare la cartella, stando ben attenta a non scoprire
nuovamente le mutandine, e si avviò verso il fondo del locale, mentre tutte le
persone si scostavano per farla passare, come il Mar Rosso con Noe. «Facciamo
un gioco di rally?» disse piano rivolta a Yami.
Lui stava ridendo. «Sei una grande…»
«Niente di speciale…» Lei si trattenne dal scoppiare in una grande risata.
«Non mi avevi
detto che i tuoi erano impiegati?» domandò poi lui, cercando di riprendersi.
«E’ così» Lei si sedette ad un’altra postazione. «Ma loro che ne sanno?» A quel punto, entrambi fallirono il
tentativo di trattenere le risate.
Quando i due ragazzi uscirono
dalla sala giochi, l’aria fredda e misteriosa del mattino, che sapeva un poco
di film horror, era stata completamente sostituita da una confusione calda e
asfissiante. Il sole sembrava più luminoso e caldo del solito, mentre lasciava
correre i suoi lunghi raggi attraverso il cielo terso e senza nuvole. Attorno,
vi era un gran via vai di automobili e persone,
incuranti dell’atmosfera afosa attorno. Questi si lasciavano sfiorare dai raggi
solari senza provare il minimo sentimento, al contrario di Miyon che aspirava
quel sapore bruciante a pieni polmoni, come se si trovasse in montagna e non ai
bordi di una trafficata strada metropolitana. La lancetta corta dell’orologio
aveva ormai superato la metà dell’oriente.
«Non credevo
che al mondo esistessero altre persone come me o come il mio partner, capaci di
passareun’intera mattina in una sala giochi»
concluse Yami, la cui figura era ancora più trasparente del solito a causa
della luminosità dell’aria.
«Vedo che la tristezza di è passata» sorrise Miyon,
chiudendo la lampo della tasca laterale della sua
cartella.
«Si…» Lui si sentì un po’ in
colpa.
«Prima o poi riusciremo a
farti tornare da mou hitori no Yuugi, perciò non
preoccuparti» lo incoraggiò lei. «Godiamoci questa giornata!»
«Hai ragione» convenne Yami. «Comunque, non
sapevo che fossi così brava nei videogames. Suppongo
sia per questo che vuoi diventare ingegnere elettronico»
«Più o meno» Miyon attraversò la strada non appena
il semaforo brillò del verde del via libera. «In realtà, questo sogno risale ad
un episodio della mia infanzia»
«Raccontamelo»
Miyon si lasciò perdere fra la folla dei pendolari.
«Quando ero alle elementari, ho visto un bambino, ai
giardini, che piangeva. Gli si era rotto un gioco, sai, quelli che usavano una volta?
Tipo Game Boy, ma con un gioco solo?» Yami annuì. «Era veramente disperato
perché era un regalo dei suoi genitori, che erano partiti per un lungo viaggio.
Allora ho pensato che sarei riuscita a consolarlo, se fossi stata in grado di
ripararlo» Lei guardò il vicolo laterale, in ombra, e lo imboccò. «Solo dopo ho
scoperto che i suoi genitori erano morti e mi sono sentita ancora peggio per
non essere stata in grado di riparare quel giocattolo»
«E’ una bella
storia»
disse Yami.
«Non è vero niente» disse seria Miyon, mentre un
sorriso le si allargava sul volto. «Me la sono appena
inventata! Voglio fare l’ingegnere elettronico solo perché adoro i videogames!»
Yami scoppiò a ridere. «Sei impossibile…»
«Trovi?» chiese lei. «Sai, finisco sempre per essere
in colpa per voler fare un lavoro così… inutile come produrre giochi
elettronici, quando magari al mondo ci sarebbe bisogno di strumenti medici,
cose così. Ma che ci posso fare, se a me piacciono
solo i giochi elettronici? Non potrei fare altro!»
«Non è così» la contraddisse lui. «Sai, anche Kaiba si sta specializzando per
costruire parchi gioco in tutto il mondo. Esistono
bambini che non hanno mai nemmeno visto un videogame e lui vuole riparare a
tutto ciò. Vuole restituire l’infanzia a chi non l’ha avuta»
«Allora in fondo è buono…» dedusse sorpresa Miyon.
Yami si mise un dito sulle labbra carnose. «Si, ma non diciamolo in giro. Non vuole che
si sappia»
«Va bene» rise lei.
«Tu vai avanti
per la tua strada, chissà che prima o poi non vi
incrociate di nuovo»
«Non credo, dopo la figuraccia che mi hai fatto fare» scosse la testa lei, agitando al sole i suoi capelli,
illuminando le ciocche bionde di riflessi violacei. «Ma
non importa. Sarebbe inutile, in fondo, dire “io da sola non posso fare nulla
per migliorare la situazione”. In fondo, il modo migliore per prevedere il
futuro è costruirselo. Il disfattismo non porta da nessuna parte. »
«Sono d’accordo
con te»
convenne Yuugi. «Peccato che di
disfattisti ce ne siano fin troppi, al mondo»
Il discorso polemico fu interrotto da un fortissimo
odore di hamburger che, aumentato dal caldo del meriggio, penetrava nelle loro
narici con forza, costringendoli a respirare più forte.
«Il Burger World» disse
annusando l’aria Miyon.
«Ci lavorava la
mia amica Anzu, una volta» raccontò lui. «Poi
l’hanno licenziata perché aveva picchiato un cliente
maniaco. Mi ricordo che l’avevano anche presa in ostaggio, una volta. Meno male che c’ero io»
«Certo che ne hai vissute di avventure,
tu…» commentò Miyon ricordando quello che era accaduto poche ore prima con Hirutani. «Gli hamburger non sono cattivi, ma… Io
preferisco i cibi tradizionali»
«Anch’io!» esclamò soddisfatto Yami,
che, di solito, era invece costretto a ingerire enormi
quantità di quei panini farciti di carne dalla sconosciuta provenienza. «Sushi?»
«Sushi» ribadì Miyon
sorridendo.
Alle quattro di pomeriggio, il caldo soffocante era
andato scemando piano piano, rendendo una passeggiata
al parco doverosa e piacevole. Seduta su una panchina
che dava sull’acqua liscia e verde del laghetto, attraversata solo da leggere
increspature per la presenza di cigni, Miyon leccava leggermente il gelato al
cioccolato e alla crema comprato al chiosco bianco come il fiordilatte
situato nelle vicinanze. Le sue scarpe di vernice disegnavano strani simboli
nella ghiaia del sentiero e i suoi capelli, riscaldati dal sole, ondeggiavano
leggermente al tempo della sottile brezza, simili alle canne di papiro sulla
riva del Nilo. Gli schiamazzi allegri dai bambini coprivano perfettamente i
suoi discorsi con Yami.
«Era la prima
volta che forcavi?» le stava chiedendo lui.
«Si» fu la risposta. «Ma stavo progettando da tempo di farlo, almeno una volta nella vita»
«Come mai non
l’hai fatto prima?»
La figura trasparente di Yami comparve accanto a lei sulla panchina in legno, con le gambe accavallate.
«Non c’era nessuno di divertente come te con cui
farlo» Questa semplice frase portò le guance di Yami a
infiammarsi leggermente come se fossero state scottate dal sole. «Bella giornata,
vero?»
«Puoi dirlo!» Lui sorrise, posando
lentamente la mano sulla sua, che teneva mollemente adagiata sulla panchina. Il
desiderio di tenersi per mano.
«Che buono…» cambiò poi
argomento Miyon, prendendo un altro boccone di gelato al cioccolato. «Solo qui
lo fanno così bene, anche se non come in Italia»
«E’ italiano il
gelato?»
domandò Yami, scostando lo sguardo dalle mani.
«Si, certo» annuì lei. «Quando
sarò ricca, andrò sicuramente in Italia a mangiare un vero gelato. E una vera pizza. Poi in Francia per le crêpes
al cioccolato, in Germania per i wurstel e la birra, in Spagna per il cuscus e
in Inghilterra… per il tè!»
«Ma pensi solo a mangiare!» rise lui.
«Oh, bè… Già che sono lì,
poi potrei anche visitare qualche posto…»
«Si, per
dimagrire i venti chili che prenderai!» Yami scosse la testa, negando a sé stesso che non
gli sarebbe affatto dispiaciuto un viaggio culinario nell’antica Europa.
«Vuoi un po’?» Miyon porse verso di lui il cono
gelato, da cui scendevano le sottili gocce gialle della crema che andava
sciogliendosi. Si bloccò, stupita per aver fatto quella domanda stupida. Era
stata così bene con lui, che aveva dimenticato la sua natura. Lasciò
imbarazzata la sua mano e si alzò, saltellando leggermente. «Abbiamo parlato di
me tutto il giorno» disse leccando le gocce di crema prima che le sporcassero
la mano. «Adesso dimmi un po’ tu. Come sei diventato un fantasma?»
«Oh, bè… Sono morto» Yami guardò con tristezza la sua mano, con la quale
aveva potuto sfiorare solo virtualmente la pelle abbronzata e liscia di lei.
Quanto avrebbe desiderato essere nel corpo del suo
partner, per poterle parlare come un ragazzo fa con una ragazza.
«Dimmi qualcosa che non so» commentò lei polemica,
lasciando chiare impronte sulla ghiaia. «La tua morte è un pochino ovvia, come
cosa»
«Io non ricordo niente della mia vita passata, te l’ho detto» Yami chiuse gli occhi viola
e si sdraiò maggiormente sulla panchina scomoda.
«Non sia proprio niente niente
di te?» Miyon abbassò lo sguardo sulla terra, bagnata delle gocce di gelato che
non era riuscita a fermare in tempo.
«Una cosa
sola…» Yami
riaprì gli occhi e la osservò malinconicamente. «C’è una leggenda egizia, secondo cui il diciottesimo
Faraone, assieme ai suoi sei apostoli, si sarebbe sacrificato per sigillare
il potere oscuro dietro una porta divina. Si prega ancora perché al risveglio
della memoria del sovrano non resusciti anche la forza maligna. Ecco, pare che io sia questo Faraone»
Alle ultime parole le labbra di Miyon, che prima
erano serie e attente, si piegarono in un sorriso. «Tu, un Faraone?» Scoppiò in
una risata cristallina che risuonò per tutta l’aria calda. «Ma
dai!!»
«Perché non potrei esserlo?» si offese lui, piegando
all’interno le labbra.
«Non so se ti sei visto» Miyon lasciava andare le risate
a ruota libera. «Scarpe di vernice, pantaloni di pelle, maglietta attillata,
cintura e braccialetti con le borchie» elencò, sempre ridendo. «Più che un
Faraone, mi sembri un metallaro»
«Grazie per la
fiducia»
Yami si alzò dalla panchina e scomparve, simile al miraggio di un’oasi nel
deserto.
Solo a quel punto Miyon riuscì a smettere di ridere.
«Ti sei offeso? Yami?» chiamò. «Dai, aspetta. Stavo
solo scherzando… Certo, che però…» Rischiò di essere colta nuovamente da un
attacco di risa. «Dai, Yami. Yami!» Dall’interno non arrivarono rispose. Come
dice un noto proverbio, “finisce in pesce”. Ciò che è stato iniziato bene,
spesso termina nel peggiore dei modi.
Note di Akemichan:
In questo capitolo ci sono alcuni riferimenti alla
prima serie, che in Italia non è stata trasmessa, e che corrisponde ai primi
tredici numeri del manga italiano… Non è nulla di importante,
ma se qualcuno volesse delle delucidazioni (anche solo per curiosità se non
compra il manga) chieda pura ^^ Sono sempre disponibile… Che aggiungere… Spero
che anche questo capitolo vi piaccia! Grazie per averlo letto ^^
Reviews:
Phoenix: Grazie ^///^ Per la cronaca, penso di
pubblicare un capitolo ogni venerdì, se la cosa interessasse ^^
Ayu-chan: Hai letto tutto l’altra storia in un giorno solo?! O.o… Dovrei farti un monumento, complimenti… ^^ Spero
che anche questa ti piaccia come la precedente, e grazie dei complimenti…
Heven: Grazie mille ^///^ ma
davvero so coinvolegere nella lettura? Ho sempre
pensato il contrario… MI fa piacere che le descrizioni ti piacciano!
La superficie liscia del banco di scuola era leggermente bollente a
causa di un raggio di sole birichino che, passando attrave
Giovedì
La superficie liscia del banco di scuola era
leggermente bollente a causa di un raggio di sole birichino che, passando
attraverso la sottile lama di vetro della finestra, veniva ad illuminarlo, rendendo
fastidiosa agli occhi la lettura delle complicate formule matematiche scritte
sul foglio bianco. Leggeri strati di polvere si alzavano dal banco, simili ad una irritante nevicata di smog. Nella stanza, il solo rumore
che interrompeva il silenzio era il leggero scorrere delle penne a sfera dei
ragazzi impegnati nella prova, ognuno con la testa china sul proprio lavoro e i
capelli che coprivano leggermente la fronte o gli occhi, quand’erano troppo
lunghi.
Anche Miyon si trovava nella
stessa posizione, ma si teneva anche la fronte con la mano sinistra, per
restare concentrata. Aveva studiato tutta la notte e tutto il giorno precedente
e adesso dondolava lentamente per il sonno arretrato. I testi degli esercizi
scomparivano lentamente in lontananza, come le vette di una montagna viste dal
mare. Era colpa sua. Se martedì non fosse andata a
spasso per consolare Yami, non avrebbe dovuto studiare fino alle cinque del
mattino. E lui cos’aveva fatto per ricambiare? Si era
offeso per una cavolata e non le aveva più parlato!
Scosse leggermente la testa. Non era il momento di pensare a delle soluzioni
per farsi perdonare. Doveva concentrasi sulla prova.
Era troppo importante. Non aveva certo bisogno di lui! Anzi, desiderava che se ne andasse al più presto dal suo corpo.
«∫xsenxdx…» mormorò,
in modo che la sua stessa voce la tenesse sveglia. «-xcosx
- ∫1cosx= -xcosx - senx
+ C…» Alzò leggermente la penna dal foglio per passare all’esercizio
successivo, ma il suo fisico non resse. Le palpebre caddero dolcemente sulle
lunghe occhiaie della notte insonne e lei si accasciò silenziosa sul banco, la
penna ancora aperta in mano e il braccio sinistro leggermente alzato a
sostenerla.
«Miyon!» La figura di Yami apparve
dietro di lei. «Cosa
stai combinando?! Maledizione, hai detto chequesta prova era importante!» La ragazza non rispose, immersa in un
sonno perfetto e tranquillo.
«Minaguchi…?»
L’insegnante, la cartella con le correzioni sottomano, si avvicinò lentamente.
«Qualche problema?»
«No, no» negò Yami, rialzando il corpo di Miyon
finché la schiena non formò una linea continua con lo schienale della sedia. Si
concentrò subito sul foglio del compito, oltre evitare altre domande. «Non ci
capisco niente…» Il foglio era costellato di simboli strani che non assumevano nella sua mente alcun significato concreto, come se fossero
scritti in un’altra lingua. Raramente, in quel mare di simboli, si trovava un
numero. Era davvero matematica, quella?
Yami sospirò. Come fare per aiutarla? Sistemò la
mano sotto il mento e si mise ad osservare il giardino verde della finestra,
cercando una soluzione. Di sicuro, lui non era in grado di risolvere gli
esercizi, avrebbe dovuto copiare. Ma da chi? Nel
parcheggio della scuola, in lontananza, individuò una limousine bianca, sul cui
cofano stava acciambellato un gatto nero, che prendeva il primo sole della
giornata. «Kaiba!» Yami allungò il braccio sinistro, coperto fino al polso
dalla camicia bianca. Staccò il bottone e tirò in su
la manica, quindi copiò velocemente tutti gli esercizi, cercando di togliere
quello che credeva essere il superfluo. Quando il
braccio finì, utilizzò anche l’altro. «Professoressa, non mi sento molto bene»
disse alzandosi. «Potrei andare un attimo al bagno?»
La bionda professoressa gli si avvicinò sculettando.
«Vuoi che ti sospenda la prova?»
«Oh, no!» Ci sarebbe mancato solo quello! «Mi
sentirò meglio dopo essermi sciacquato un attimo la faccia»
«Allora vai» gli diede il permesso la professoressa,
accompagnandolo con un gesto della mano.
Yami ringraziò con un cenno e uscì, così velocemente
da dimostrare di essere in perfetta forma. Fortunatamente erano tutti troppo
impegnati per accorgersene. «Kaiba, vedi di essere nelle vicinanze» L’aula
multimediale avrebbe dovuto essere al piano di sotto. Vi corse immediatamente,
ringraziando che le scarpe di tela ticchettassero
piano come le lancette di un orologio sul pavimento, in modo da non attirare
l’attenzione.
La porta dell’aula multimediale era aperta. Kaiba
sedeva alla cattedra, con la schiena rivolta verso l’entrata, tutto concentrato
sullo schermo luminoso del pc, che lasciava scorrere
una lunga serie di codici binari. Le sue lunghe dita ticchettavano velocemente
sulla tastiera e gli occhi azzurri riflettevano tutte quelle scritte. La bocca
era semichiusa in una grande concentrazione.
Il silenzio che regnava sovrano in quell’aula semivuota fu interrotto
dall’arrivo di Yami, che fece una brusca frenata sulla porta per evitare di
sbattere, visto la velocità con cui giungeva. «Kaiba! Ho bisogno del tuo
aiuto!» Kaiba si voltò a guardare quella ragazza. Stranamente, si ricordò di averla già vista, anche se non avrebbe saputo dire
esattamente dove. «Devi risolvere per me degli esercizi di matematica! È
importante! Io non ne sono capace»
«Torna in aula» rispose solamente lui alzando le
spalle. Aveva ben altro da fare che preoccuparsi dei capricci di una ragazzina
viziata.
«No!» Yami si avvicinò e sbattè
una mano sulla cattedra. «Devi ascoltarmi!»
«Non sono il tipo che tende a fare favori gratuiti»
Kaiba scostò la mano dal mouse e si girò leggermente sulla sedia, accavallando
le gambe sui lunghi pantaloni neri. «Tanto meno agli sconosciuti»
«Lo so» Yami sospirò. «Ti conosco. Il sangue del
duellante dentro di te è ancora in ebollizione. Questa è una sfida. E
probabilmente l’unica che riuscirai mai a vincere
contro di me» Sorrise sardonico. «Risolvimi gli esercizi di matematica»
Lentamente, Kaiba si alzò e lo fissò. Le pupille si
restrinsero su di lui come se vedessero al di là della
forma fisica. «Yuugi…?» mormorò alla fine. «Ma…»
«Alla fine mi hai riconosciuto» lo interruppe
velocemente lui. «Adesso non ho tempo di spiegarti per bene» Si tirò nuovamente
in su le maniche, mostrando le braccia piene di
scritte con l’inchiostro blu. «La ragazza che vedi si è addormentata durante un
compito importante. Solo tu puoi risolvere questa roba»
«Integrali…» dedusse Kaiba dopo una rapida occhiata.
«Io che ci guadagno?» domando poi, sarcastico.
«Niente, come al solito»
rispose calmo Yami. «Devo ancora restituirti il Santuario Demoniaco»
Il ricordo della finale di Battle
City lo fece leggermente alterare. «E va bene» sbuffò,
afferrando una penna dalla scrivania. «Dove ti scrivo i risultati?»
Poiché non vi era più spazio sulle
braccia, Yami abbassò uno dei calzettoni blu scuri alti fino al ginocchio e
allungò la gamba. «In ordine, perché ci manca solo che li scriva male»
«Che mi tocca fare…» Kaiba
gli tirò in avanti il braccio per guardare con calma gli esercizi e iniziò
lentamente a premere la punta della penna sotto il ginocchio, facendogli un
leggero solletico. Yami scoccò una rapida occhiata all’orologio al quarzo
appeso alla parete. Avrebbe fatto giusto in tempo.
***
Le pareti nivee dell’infermeria della scuola
iniziarono ad invadere leggermente gli occhi di Miyon mentre lei li apriva,
stiracchiandosi. Non ricordava molto di ciò che era successo, però adesso si
sentiva veramente riposata. Il leggero raggio di sole che entrava dalle
finestre, coperte da spesse tende, non riuscivano a
farle capire che ore erano.
«Ben svegliata» Il viso sorridente e paffuto
dell’infermiera spuntò da dietro la tenda bianca che divideva il letto dove
Miyon era sdraiata dal resto della stanza. «Hai
dormito quattro ore filate!»
«Si…?» bisbigliò leggermente Miyon con il volto
ancora affondato nel morbido cuscino.
«Ti sei addormentata subito dopo la prova di
matematica» sorrise l’infermiera. «In mezzo al corridoio! Non ti dico lo spavento… Hai fame?» Miyon scosse la testa. «Okay, quando
ti va di mangiare qualcosa chiamami» Si frugò in
tasca. «A proposito, complimenti» Gettò sul letto un foglietto stropicciato e
uscì.
Miyon si tirò faticosamente su e lo prese. Era uno
dei compiti di matematica. A destra, subito sotto il suo nome, troneggiava il
numero “100”, il massimo voto che si potesse prendere.
«Ma io non ricordo di…»
«Infatti non sei stata tu» La figura di Yami comparve seduta sul letto,
con le gambe a penzoloni sul pavimento come l’aveva visto per la prima volta. «Ti sei addormentata durante la prova, così
sono dovuto andare a chiedere a Kaiba di aiutarmi, scrivendo le formule dove
capitava»
«Che…» Miyon si tirò fin
oltre il gomito le maniche della camicia che indossava ancora. Le braccia erano
completamente sporche i formule matematiche, ormai
semi cancellate.
«Le gambe non
sono ridotte meglio…»
aggiunse lui.
Miyon si morse un labbro. «Tu…»
«Avevi detto
che ti servivano TUTTE le borse di studio…» prevenne la domanda Yami.
«Lo avevo detto…» ripetè
lei fiacca. Sentendo la tenda aprirsi nuovamente, si sdraiò nuovamente sul
letto, coprendosi la testa con le lenzuola, temendo che si trattasse
dell’infermiera che l’avesse sentita parlare da sola.
«Tu hai un grosso problema, Minaguchi…»
disse invece una voce maschile. Miyon si scoprì il viso in tempo per vedere
Kaiba appoggiare a terra la sua inseparabile valigia e accomodarsi con le gambe
accavallate sulla sedia accanto al letto.
«Lo so, pensi che io sia pazza» mormorò lei
strapazzando il suo compito. «E comunque non pos-»
«Non esiste proprio una soluzione per far uscire mou hitori no Yuugi dal tuo
corpo?» la interruppe lui.
Miyon si alzò guardandolo stranita, quindi posò lo
sguardo su Yami, ancora seduto sul letto. «Ti
avevodetto che lo conoscevo»
alzò le spalle lui. «Mentre mi risolveva
gli esercizi, gli ho spiegato un po’ la situazione»
«Noi non la sappiamo» rispose allora lei.
«Non che la cosa mi faccia
piacere…» Kaiba annuì. «Ma temo che l’unica soluzione sia andare
da Isis» Miyon non sapeva chi fosse quella donna, perciò tacque. «Ti ci porto
io in Egitto, con il mio aereo privato»
«Davvero?» Lei spalancò gli occhi. «E non vuoi niente in cambio?»
«Domenica» Miyon non sapeva, ma capiva il profondo
legame che legava i due ragazzi. Osservò ancora il foglio del compito,
immacolato, senza correzioni. «Sabato ho una partita…»
«Vada per domenica, ti passo
a prendere alle 7.00 in punto» disse Kaiba alzandosi. Miyon appallottolò il
foglio e lo lanciò lontano, oltre il letto, con un’espressione profondamente
delusa. «Ho letto il tuo curriculum» aggiunse allora Kaiba.
«Mi spii?» si preoccupò Miyon.
«Diciamo che preferisco avere una garanzia» la
contraddisse lui. «Avresti preso 100 senza difficoltà» Aprì la tenda con un
gesto violento e uscì.
«E’ un po’
antipatico, ma in fondo è a posto» disse Yami quando furono rimasti soli.
«A me sembra un po’ strano» commentò Miyon.
«Tutti i geni
lo sono, no?»
Lei annuì. «Anche tu,
infatti» Recuperò il foglio e cercò di stirarlo. «Invece
avrei preso 98, c’era un esercizio che non sapevo fare… E’ stata proprio una
fortuna che me l’abbia fatto lui…» Si fece seria. «Senti, per martedì…»
Lui la fermò con la mano. «Sono stato troppo permaloso» si scusò. «Solo che la situazione non è facile, per me…»
«Ti capisco…» sorrise Miyon. «In realtà, ho cercato
di prenderla sul ridere per non farla pesare troppo… Voglio dire, hai la mia
età e sei… Bè, morto» Scostò lo
sguardo imbarazzata. «Non è una cosa tanto allegra»
Yami inspirò profondamente. «Meno di quanto credi, almeno finchè ci saranno persone come te che mi aiuteranno»
Miyon gli pose simbolicamente una mano sulla spalle. «Io credo che tu sia stato un Faraone, ma è
ovvio che adesso tu non lo sia più. Siamo nel XXI
secolo!»
«Appunto» convenne lui.
Miyon si stiracchiò le braccia ancora sporche. «Quasi quasi dormo ancora un po’…»
Sorrise. «Visto che andiamo in Egitto, magari scopriamo
qualcosa di più…» Si sdraiò nuovamente, affondando nel materasso.
«Vorrei che tu
non entrassi in questa storia» le disse lui grave. «E’ molto pericoloso…»
«Probabilmente si» Lei chiuse gli occhi. «Però, se
c’è qualcosa che posso fare per aiutarti…»
«Una cosa c’è» Yami si sporse in avanti
verso di lei. «Mi insegneresti
a giocare a basket?»
***
La palla volò alta lungo la
palestra, quindi riscese velocemente, disegnando una parabola, e rimbalzò a
terra con un rumore sordo, rotolando delicatamente fuori del campo. Non aveva
nemmeno sfiorato il ferro rosso del canestro.
«Accidenti…» mormorò Yami,
ancora con il braccio teso.
«Sei proprio negato…» scosse la testa Miyon. «C’era troppa poca forza, in quel tiro»
«Sei tu che mi hai detto di
non spingere con le braccia!» si oppose Yami prendendo un’altra palla.
«Infatti devi dare forza con le gambe» spiegò paziente Miyon.
Yami si rimise in posizione e
provò nuovamente a tirare. Questa volta il pallone allargò la sua parabola, ma
la direzione fu talmente sbagliata da evitare persino il quadrato bianco che circonda il canestro.
«Ti faccio vedere io» Miyon afferrò un pallone e palleggiò leggermente. «Prendi la palla con due mani. Sposta la
sinistra lateralmente, come appoggio. Tieni al palla
all’altezza della fronte. Allarga le gambe e piega leggermente le ginocchia.
Poi, salta leggermente spingendo con le gambe e allunga totalmente il braccio
destro, staccando il sinistro. Piega il polso per dare la giusta direzione»
Yami obbedì e finalmente il suo
pallone, almeno, toccò il ferro. «Evvai!»
«Bravo!» sorrise Miyon, anche se il tuo tiro, invece, aveva centrato il
canestro. «Forse iniziare subito dai tiri
liberi non è una grande idea… Sono i più difficili…»
«Allora, se una volta sei
riuscita ad azzeccarne dieci di fila, sei veramente brava!» esclamò Yami
ammirato, provando, con scarsi risultati, a far girare la palla sul dito.
Miyon arrossì compiaciuta. «Bè, è stato un
colpo di fortuna» Si grattò la testa. «E poi, alle medie ho fattouna gavetta spaventosa… Sai, all’inizio anch’io non beccavo nemmeno il
ferro…» Si bloccò, guardandolo come sa davanti a lei ci fosse un estraneo. «Come… Come facevi a sapere dei dieci
canestri…?»
«Che?»
Yami si bloccò, con la palla a mezz’aria in posizione di tiro. «Veramente… Non
lo so…» Abbassò le braccia. «E’ come… Se lo sapessi da sempre…»
«Come se avessi un mio ricordo…» mormorò Miyon debolmente.
«Si, esatto» annuì Yami. «Non
mi è mai successo…»
«Non è una bella cosa…» Miyon si imbronciò. «Adesso, quello è un ricordo da niente… ma
se ci fossero delle cose che io non voglio che tu
sappia?!»
«Sono offeso da questa
mancanza di fiducia» disse seriamente Yami.
«Non è mancanza di fiducia…» Miyon abbassò lo sguardo. «Solo che, in fondo… Noi ci conosciamo solo
dacinque giorni…» Arrossì
vagamente. «I miei errori, vorrei
tenerli per me… Anche se sono cose da niente» si affrettò ad aggiungere.
«Anch’io»
Yami aveva un’espressione terribilmente malinconica. Nemmeno lui desiderava
farle sapere i suoi segreti. Non voleva darle una falsa opinione. Cosa avrebbe detto, se avesse saputo cosa realmente fosse un
gioco delle tenebre? Lui aveva ucciso delle persone, mentre altre erano
impazzite. Non voleva che lei pensasse male di lui. Gli sarebbe sembrato come
tradire se stesso. Cercò di mostrare una faccia allegra. «Su, giochiamo!» Tirò
e, inaspettatamente, la palla entrò a ciuffo nel canestro.
«Tu… Hai appena fatto una… Una tripla…!» Miyon era sconvolta.
«Una tripla?» ripetè Yami, che non conosceva nulla delle regole del
basket.
«Oltre quella linea… Il canestro vale tre punti…» balbettò lei. «Ma sono difficilissimi da fare!»
«Ma
io sono un genio» sorrise immodesto lui.
«Solo un semplice colpo di fortuna! Prova ancora» lo provocò Miyon. Come in preda
ad un’incredibile dose di talento, o di doping mentale, Yami centrò
una tripla dietro l’altra, mentre, tuttavia, non riusciva ancora ad azzeccare
nemmeno un canestro da due punti. «Sei impossibile…»
«Le triple sono i canestri vincenti»
asserì Yami. «Probabilmente, sono il re dei giochi anche nel basket»
«Re dei giochi?» chiese Miyon. «Per il fatto che non hai mai perso a M&W?
Anzi, hai vinto anche contro Pegasus?»
«Adesso sei tu che leggi nei
miei ricordi…» sorrise Yami, contento nel vedere un leggero tono di ammirazione nella sua voce.
Miyon, imbarazzata, si mise
le mani a coppa sulla bocca rossa. «Scusa…»
tergiversò, raccogliendo la palla davanti a sé. «Fortunatamente, sai fare le triple»
«Fortunatamente?»
«Non sai palleggiare, non sai tirare, non sai
passare, non sai difendere…» elencò lei, imperterrita e crudele. «Come potevo farti giocare, sabato?»
«Vuoi… Farmi giocare alla
partita?» Yami spalancò gli occhi, incredulo.
«So che muori dalla voglia» annuì Miyon, severa. «E devo ancora ringraziarti per il compito di matematica…»
Yami si avvicinò di colpo e
le strappò il pallone dalle mani. «Allenamento intensivo, Miyon-sensei»
«Se è quello che vuoi…»
I palleggi si sentirono fino
a notte fonda.
Note di Akemichan:
Salve a tutti! (ma come?! Ancora note?! N.d.Tutti) Oh, quante storie…^^ Volevo precisare che
non ho intenzione di descrivere la partita di basket, ma, nel caso interessasse
vedere Miyon e (soprattutto) Yami alle prese con questo sport, fatemelo sapere,
che posso provare, nel limite delle mie possibilità (descrivere una partita di
basket non è semplicissimo, credo) a scrivere un capitolo bonus alla fine della
storia. Grazie ancora per aver letto anche questo capitolo. Bye
^^
Reviews:
Ayu-chan: Scusami ^^’’ Ti ripagherò
il collirio che stai usando ^^! Yami non è solo nel
corpo di un altro, ma pure di una ragazza… E’ dura la cosa…^_- Il manga esiste
ed esce ogni mese. A luglio, se non sbaglio, dovrebbe uscire il 22 (la sfida
Yuugi vs Otogi). I primi manga sono più economici, mi
sembra solo 2 euro, perché sono metà volumetto, poi dal 13 c’è il volume intero che costa 4
euro. Se nella tua città c’è una fumetteria
non credo che avrai problemi a recuperare gli arretrati. Non ricordo
precisamente il numero, ma dovrebbero essere 38, più o meno… Il manga è molto
meglio del cartone (nei primi manga, specialmente, c’è la serie che in Italia
non hanno mai trasmesso), anche se sono meno episodi, ma questo dipende
soprattutto dal fatto che noi abbiamo preso la versione USA censurata
totalmente… ç_ç Se penso com’era bello l’anime in jap… Ma purtroppo ci
dobbiamo tenere quello censurato, quindi il manga è l’unica soluzione per
leggere le cose come stanno. Te lo consiglio. Scusa per la dissertazione
lunga…^^ A presto ^^
Phoenix: Figurati, era solo
una cosetta da nulla ^^’’ Per il resto lo stile della
tua storia va benissimo così com’è, te l’assicuro ^^ Ti piace la coppia? Allora
ti consiglio di tenerli d’occhio, perché ci saranno delle sorprese…^_-
Il sole andava lentamente calando nella tiepida sera della città
egiziana, tra sottili nubi rossastre nella lontananza del cie
Domenica sera
Il sole andava lentamente calando nella tiepida sera
della città egiziana, tra sottili nubi rossastre nella lontananza del cielo
blu. I tetti rossi delle case di periferia diventavano scuri come le fiamme
dell’aldilà, mentre le facciate biancastre andavano mano a mano ingrigendosi
per la signora notte che si avvicinava silenziosa come la morte. Gli uomini
camminavano velocemente, rischiando di scontrarsi agli incroci delle strette
strade, ognuno immerso nei suoi pensieri, desideroso soltanto di un veloce ritorno
a casa, nella tranquillità del focolare domestico, protettivo e affettuoso.
Dall’andatura più lenta e dondolante, si potevano distinguere coloro che, al
contrario, non possedevano case o famiglia e, come ogni sera, si accontentavano
solo di un posto dove riposare le stanche membra con una dormita, se non buona,
almeno decente.
«Facciamo il
punto della situazione» disse polemico Yami, comparendo al fianco della ragazza che
guardava dubbiosa l’incrocio di fronte a lei. «Stamattina sono stato costretto ad una levataccia solo perché tu
volevi fare bella figura con Kaiba…»
«Ma almeno, sto bene?» Lei
si passò una mano sul body nero senza maniche, che lasciava spuntare le
spalline del reggiseno, sulla cintura nera e argentata che decorava la
minigonna rossa a pieghe, fino a scendere sulle calze a rete nere. Il completo
finiva con un paio di scarpe da ginnastica nere che, tuttavia, a causa della
polvere avevano ormai assunto un colorito beige.
«Si, sei
bellissima»
la rassicurò vagamente lui. «Poi, ho
passato… quante ore? Dodici? Comunque, un’infinità a
sentir parlare tu e Kaiba di cose incomprensibili…»
«Matematica» lo corresse lei.
«…o comunque molto noiose…»
«Non è vero!» intervenne ancora Miyon. «Sono sicura
che piacerebbe anche a te, se solo la studiassi! Ma se
preferisci rimanere nell’ignoranza…» Allargò le braccia in un gesto di
rassegnazione.
«A pranzo, poi,
ho dovuto magiare quell’orribile panino da
supermercato…»
la ignorò lui.
«Assolutamente immangiabile…» Lei si mordicchiò un
dito. «Kaiba non sa cucinare, dovrò tenerlo a mente…»
«La colpa è tua
che ti sei dimenticata il bento…» istigò Yami.
«Dico io, ma non ce le ha
delle cameriere che gli preparino la roba?» Miyon stava ancora pensando a
Kaiba. «E se sono state loro a fare quelle schifezze, che le licenzi!
E che cavolo!»
«A seguito
abbiamo avuto mal di stomaco per tutto il resto del viaggio…» proseguì il racconto Yami.
«E meno male che non
abbiamo nemmeno finito il panino…» aggiunse lei.
«…Di
conseguenza adesso ci brontola lo stomaco…»
«E, per finire la serie di
sventure» sospirò lei. «Nel casino di prima abbiamo perso Kaiba e siamo finiti
dispersi per Il Cairo!» Si tormentò leggermente il fiocco del nastrino rosso
che portava al collo. «Si accettano suggerimenti. Il Faraone sei tu»
«Potremo
cercare di individuare il museo…» propose lui. «So
che Isis lavorava lì»
«Lavora al museo archeologico de Il Cairo?» chiese
Miyon stupita.
«Che io sappia, si» rispose tranquillo lui.
«Cosa aspettavi a dirlo?!» Miyon
agitò i capelli per dimostrare la sua disperazione. Poi, ripresasi, agguantò il
primo passante che capitava, senza preoccuparsi della fretta con cui andava. «Excuse me, sir. Whereis the museum?»
L’uomo la guardò stranito dallo scuro del suo viso
abbronzato. «Far… very far…» rispose in un inglese
stentato, riprendendo il suo cammino frettoloso.
«Pare che sia lontanuccio…»
commentò Miyon, un poco sconvolta, indicando il
passante che stava già scomparendo tra la folla della viuzza.
«Ti pareva se poteva capitarci un colpo di fortuna…» Yami si massaggiò la fronte,
frustrato. Alzò lo sguardo per guardare il lontano, meraviglioso sole al
tramonto, quando la sua attenzione fu attratta da un particolare nella strada
di fronte a loro. Tra le tante persone che vi camminavano vi era un ragazzo,
dallo sguardo violetto leggermente preoccupato. Le mani infilate nelle tasche
posteriori dei pantaloni larghi beige erano protette da guanti da pilota e la
maglietta col cappuccio viola lasciava leggermente scoperto il body nero che
indossava sotto. I capelli biondi un poco lunghi ondeggiavano con l’andamento
della sua camminata, veloce ma precisa. «Malik!
Quello è Malik!»
«Chi? Dove?» Miyon iniziò a guardarsi intorno.
«Quel ragazzo
con la maglia viola»
cercò di indicarlo lui. «E’ Malik Ishtar» Aggiunse il cognome per farle capire di chi si
trattava.
«Ah, quel ragazzo carino?» chiese Miyon
individuandolo. «E’ lui che ha perso evocando quattro volte Ra?»
«Carino?»ripetè
Yami. «Ma a te
vanno bene proprio tutti!»
«Ma niente affatto!» ribattè lei offesa. «Sei tu che sei prevenuto nei confronti
dei tuoi amici… Solo perché io non ti ho mai detto che sei carino, anche se è
vero»
Yami arrossì vagamente. «Come sai che ha evocato quattro volte Ra?»
disse poi, concentrando la sua attenzione sulla frase seguente.
«Ops…» Miyon fece una
linguaccia imbarazzata. «Temo di aver involontariamente frugato tra i tuoi
ricordi…»
«Ecco…» disse lui. «E poi ti sei
arrabbiata tanto…» Scoccò uno sguardo alla via trafficata. «Però, se continuiamo a stare qui a parlare,
finisce che lo perdiamo…»
«Accidenti!» Miyon si inserì
in quel traffico veicolare, cercando con lo sguardo il ragazzo dai capelli
biondi. Lo individuò in fondo alla strada, mentre stava per infilarsi un casco
argentato e, correndo come in una partita di basket, lo raggiunse. «Malik!»
Lui si voltò, bloccando il casco a mezz’aria, e la
guardò con un’espressione interrogativa in volto.
«Dimenticavo che lui non mi conosce…»
pensò preoccupata lei.
«Inventati
qualcosa!»
suggerì Yami, cercando di incoraggiarla.
«Oh…Ah… Io sono Miyon Minaguchi»
Gli porse una mano, che lui strinse in una presa forte ma
ancora un poco dubbiosa. «Io sono… Una tua fan! Ma
si, certo. Apprezzo moltissimo il tuo talento a M&W!»
«Da-davvero…?» Malik sembrò ancora più stupito, ma si riprese vedendo lo sguardo
ammirato, o finto tale, di lei. «Modestamente… In effetti
sono uno dei migliori…»
«Ehh» intervenne Yami scuotendo la testa. «Non c’era proprio un’altra strategia?»
«Si accettano suggerimenti» sibilò Miyon acida.
«Vuoi che gli dica direttamente che sei dentro di me?»
«No!» si spaventò lui. «Vorrei che il primo fosse il mio partner…»
aggiunse sottovoce. Già era stato un trauma doverlo dire a
Kaiba, anche se, quella volta, era stato costretto a farlo per una buona
causa.
«Stai dicendo qualcosa?» chiese Malik, riappoggiando
il casco sul seggiolino della moto.
«Ehm, si certo…» Miyon si
mordicchiò una guancia. «Vorrei conoscerti meglio… Sei libero
adesso?»
Malik scoccò un lungo sguardo alla moto. «Dovrei
andare a casa…»
«Oh, allora… Potrei venire anche io…» Lei gli prese
le mani e le congiunse alle sue. «Per favore…» Strizzò l’occhio.
«Veramente…» Malik lasciò che una leggera goccia di
sudore gli scendesse dolcemente dalla fronte, riflettendo. In fondo, in quel
momento, ospitati a casa sua, si trovavano anche gli amici di Yuugi… Una
persona in più non avrebbe fatto poi tutta quella differenza…
«Se ti fidi a salire in moto con me…»
«Fantastico! Grazie, grazie!» Miyon si lasciò andare
e lo abbracciò, facendolo avvampare.
«Staccati
subito»
ordinò lentamente Yami.
Miyon, ridendo sotto i baffi, obbedì. Malik aprì il
vano della moto ed estrasse un altro casco, più vecchio e rovinato, che le
passò. «Salta su, bellezza»
«Bellezza…» Yami respirò profondamente. «Stai attento, Malik… Queste te le farò pagare tutte…»
«E piantala»
Di nascosto, Miyon cercò di tirargli una gomitata. «Manco fosse
tuo davvero, il corpo…»
Malik salì a bordo della moto. «Dicevi?»
«Che emozione!» tergiversò
Miyon, che trovava frustrante dover conversare con due persone
contemporaneamente. Si accomodò dietro di lui, avvicinandosi il più possibile
apposta per fare arrabbiare lo spirito che abitava dentro di lei.
«Tieniti forte» le consigliò Malik, azionando il motore. Con uno sbuffo di fumo, la moto
sportiva rossa partì alzando leggere nubi di polvere rossastra dietro di se.
La casa di Malik si trovava ben oltre la periferia
de Il Cairo. Era situata praticamente in mezzo al
deserto rosso che univa in un’immensa pianura di fuoco la città alle lontane
piramidi di Cheope, Chefren
e Micerino, consentendo una romantica visione di
questi capolavori al tramonto, con i raggi solari ormai rossi che scendevano
lentamente lungo i fianchi rocciosi delle piramidi, rendendo quei luoghi ancora
più misteriosi rispetto a ciò che si pensava nell’immaginario collettivo. Al
contrario, la casa non aveva nulla né di misterioso né di tradizionalmente
egiziano. Somigliava maggiormente alle casette dei pescatori che si possono ritrovare in Olanda, con il giardinetto di erba
verde recintato e il vialetto in ghiaia, anche se in questo caso si trattava di
sabbia, che portava alla porta d’entrata. La facciata, in legno dipinto di
bianco, era decorata dai vasi di rose rosse ad ogni finestra aperta. Il tetto
rosso, dalla quale spuntava la finestra della mansarda, era inutilmente a
punta.
«Eccoci» disse Malik
parcheggiando la moto esattamente sul vialetto di casa.
«Bel posto» commentò Miyon sinceramente, anche se
non capiva come fiori simili come quelli coltivati nel giardino potessero
sopravvivere al clima egiziano. Scese dalla moto, togliendosi il casco, e lo
passò al ragazzo.
«Davvero…» aggiunse Yami, tra il
sorpreso e il sollevato. Probabilmente temeva ancora che abitassero in quel
buco dove la loro tradizione li aveva costretti ad
rimanere per tanto tempo.
Malik aprì la porta. «Prego» La lasciò entrare in un
ambienta caldo e accogliente, arredato più in stile
giapponese che egiziano. Miyon si strinse leggermente nelle spalle. Le era
venuto freddo sulla moto, mentre adesso poteva sentire un dolce tepore sulla
pelle. «Forse dovrei avvertire mia sorella…» Malik scoccò uno sguardo
pensieroso al telefono cordless appoggiato sulla
mensola del corridoio. In quel momento, il telefono prese a squillare.
«Telepatia…?» domandò quasi a sé stessa Miyon,
ridendo leggermente.
Malik prese la cornetta e rispose. «Pronto? Sorella,
sei tu? Stavo per chiamarti…» Si appoggiò al muro, accavallando le gambe. «Ma è vero! No, non sono ancora andato a controllare se Yuugi
si è ripreso…»
«Yuugi…?» Le parole risuonarono come campane nella mente di lei, che pensò fosse il caso di eseguire un veloce
scambio di anime.
«Sono appena rientrato!» si difese, seccato, Malik.
«Ora vado… E poi, dato che è come in coma, anche se si svegliasse,
dubito che abbia la forza di alzarsi e andare in giro…» Scosse la testa.
«Potrebbe anche non riprendersi più…»
Yami aveva ascoltato abbastanza, e troppo poco. E
detestava non sapere nulla di cosa fosse accaduto al
suo partner. «Cos’è successo?!» Afferrò Malik per il
colletto della sua maglia viola e lo spinse violentemente contro il muro.
«Cos’è successo a Yuugi?!»
«Che… Cavolo…?» Malik
strinse i denti per il dolore che sentiva alla schiena. Non capiva la
situazione. Perché, improvvisamente, quella ragazza
parlava di Yuugi? E come faceva ad avere tanta forza?
«Malik? Malik, mi ascolti?» veniva la voce di Isis dalla cornetta.
Yami prese il telefono dalle mani di Malik e lo
spense, appoggiandolo non proprio delicatamente sulla mensola.«Dov’è Yuugi?» disse pericolosamente, spingendo con la punta del
ginocchio sul suo stomaco. «Rispondimi!»
«Di… Sopra…» ansimò Malik, che non riusciva quasi a
respirare. «Camera… In fondo…»
A quel punto, Yami lo lasciò, correndo via. «Aibou!» Malik rimase immobile, incapace di credere a quello
che era appena successo. Respirava profondamente per riprendere fiato. Come
poteva essere stato messo al muro da una ragazza?!
Yami spalancò la porta della camera facendola
sbattere così forte contro la parete opposta che la si
sentì leggermente tremare sotto quel colpo. Sul letto appoggiato al muro di
fronte, Yuugi dormiva, con la testa leggermente appoggiata al cuscino bianco e
la bocca semichiusa in un respiro affaticato.
«Sta male…?» Miyon era molto preoccupata, tanto che
non lo aveva nemmeno fermato quando aveva agito in modo così violento. In una
situazione simile, probabilmente, si sarebbe comportata come lui.
«Non lo so…» La voce di Yami era debole. Si avvicinò
al letto e afferrò Yuugi per le spalle, sollevandolo leggermente e lasciando
scivolare le coperte che lo ricoprivano. «Aibou? Aibou?» Lo strattonò via via
sempre più forte, vedendo che non riceveva reazioni. «Aibou!!»
«Yuugi!» gridò contemporaneamente
Miyon, seduta sul letto accanto a lui.
Finalmente le palpebre di Yuugi si mossero, prima
impercettibilmente, poi in maniera sempre più evidente, come una batteria che
si carica lentamente. Infine aprì leggermente gli
occhi, ancora assonnato. «Aibou…» sospirò di sollievo
Yami.
«Mou hitori no boku…» mormorò lentamente il ragazzo, riconoscendolo a
senso. «Mou hitori no boku?!»
esclamò poi, vedendo la forma della persona che gli stava di fronte. «No…»
«Si, Aibou, sono io»
confermò Yami. «Sono proprio io» Lo abbracciò. «Ero sicuro che mi avresti subito
riconosciuto!» Un leggero rivo di sangue iniziò a scendere dalla narice destra
di Yuugi, mentre il suo viso diventava sempre più rosso. «Che
succede? Stai male?»
«Lo stai spupazzando sulle mie tette…» gli ricordò Miyon polemica,
ma decisamente sollevata.
«Yuugi! Ti sei ripreso!» Malik entrò nella stanza. Anche il leggero barlume di preoccupazione nei suoi occhi
violetti era scomparso. Scoccò uno sguardo alla ragazza, intenzionato a dire
qualcosa.
Yami si alzò e gli si avvicinò, guardandolo
duramente. «Che cos’hai fatto?» gli chiese. «Era come
in coma! Spiegami subito!»
«Non sono tenuto a darti spiegazioni» replicò Malik
brusco. «Tu, piuttosto. Chi sei?»
«Mou hitori no boku…» rispose Yuugi, con lo sguardo basso. «Lei… Lui è mou hitori noboku…»
«Ma… Che stai dicendo?»
Malik lo osservò come se fosse un malato mentale.
«Ha ragione» annuì Yami. «Anche se questo è il corpo
di una ragazza, l’anima che hai di fronte è quella del Faraone Senza Nome»
«Faraone…» Malik sembrò sul punto di scoppiare in
una lunga risata. «Come hai fatto a finire…»
«Spiegami piuttosto che ci faceva Yuugi in quelle
condizioni»
«Vedi…» Il custode della tomba si gratto una
guancia, imbarazzato. «Visto che la tua anima era
scomparsa misteriosamente, abbiamo pensato che si fosse fusa con quella di
Yuugi…» Deglutì. «Così abbiamo unito i poteri dell’ascia con quelli del puzzle
per… Cercare di separarvi di nuovo…»
«In che modo?» domandò ancora Yami, battendo
leggermente un piede per terra.
Malik scostò lo sguardo, evidentemente a disagio.
«Inserendo una parte dello spirito di Yuugi in lui stesso, avremmo potuto-»
«Inserire una parte di sé in sé stesso?!» ripetè Yuugi. «E’ una cosa pericolosissima!» Afferrò Malik
per il collo. «Tu lo sapevi, vero? E nonostante
tutto…»
«Non è colpa sua…» Yuugi scese velocemente dal letto
e afferrò il braccio affusolato della ragazza. «Sono io che ho insistito a
farlo! Volevo tanto rivederti…» Si staccò, lasciando che alcune gocce
cristalline gli inumidissero gli occhi.
Yami lasciò la presa sul collo di Malik e avvicinò a
sé Yuugi, poggiandogli la mano dietro la testa, stando attento a non farlo
scontrare con il seno, onde evitare altro imbarazzo. «Perdonami…» mormorò,
sentendo che si sfogava bagnandogli il body nero. «E’ tutta colpa mia…»
«In effetti si» annuì Miyon. «Se
tu mi avessi detto subito che Isis Ishtar
lavorava al museo egizio, avremopotuto
contattarla via internet» Yami non rispose, ma mise il broncio.
«Accidenti, che caratteraccio…» Malik tossì
leggermente, massaggiandosi il collo segnato dalle dita di Miyon. «Spiegami che
cavolo di fai lì dentro, mentre noi eravamo
preoccupati per te»
«Guarda che io ho cercato
di contattarvi» lo guardò male Yami.
Yuugi alzò lo sguardo. «Adesso che
ci penso…» Si asciugò gli occhi con la manica del pigiama verdino che indossava.
«Questa ragazza… Mi è venuta addosso subito prima che tu…»
«Ah si…?» mormorò Miyon dubbiosa. «Non mi ricordo…»
«Esatto» annuì Yami ignorando la sua ospite. «A causa
di quello scontro, non so perché, la mia anima si è spostata di corpo…»
«Aspettate un attimo» Malik uscì di corsa dalla
stanza, tornando un paio di minuti dopo, con un piccolo libricino nero scritto
in geroglifico. «Potrebbe esserci stata una coincidenza astrale…» Aprì il
libro, spandendo attorno leggere nuvole di polvere
antica, sfogliando le pagine bianche. «Quando è
successo?»
Yuugi riflettè. «Sabato…
Verso le quattro, credo»
«Due sabati fa» corresse Yami. Evidentemente Yuugi
aveva perso un poco il senso del tempo.
«Che sfortuna incredibile!»
commentò Malik scuotendo la testa.
«Vuoi spiegarti?» chiese Yami frustrato.
«Devi sapere, Faraone, che gli egiziani non fanno
mai nulla a caso» spiegò Malik, saccente. «Gli Oggetti Millenari sono stati creati
durante un esatta coincidenza astrale, ossia quando la
luna impediva la vista del pianeta Venere e Giove era al centro del Piccolo
Carro» Chiuse di scatto il libro. «Per via di questa
coincidenza, gli oggetti millenari perdono il loro potere alla coincidenza
opposta, ossia quando la posizione dei due pianeti è invertita» Iniziò a
camminare avanti e indietro per la stanza. «In pratica, in questa occasione gli oggetti millenari si comportano in modo
imprevedibile… In questo caso, ha realizzato addirittura uno scambio di anime!»
«Tutto questo è molto interessante…» Yami sbadigliò.
«Ciò che mi interessa sapere è: esiste un modo per
invertire tutto?»
«Certamente» Malik incrociò le braccia. «Basterà
aspettare la coincidenza positiva, quindi potrai
trasferire nuovamente il tuo spirito nel puzzle»
«E quando sarebbe questa
coincidenza…?» chiese Yuugi un po’ preoccupato.
Malik aspettò un attimo, prima di rispondere. «Fra
due giorni» Poi rise alle loro espressioni. Sapeva che si aspettavano una data
assurda o comunque molto lontana nel tempo.
«Tutta sta’ storia e poi è tra due giorni?!» esclamò Miyon. «Ma vaffanculo! Ho
preso un colpo!»
«E’ importante non perdere il momento, o si potrebbe aspettare anche più di un anno» Terminò il discorso
Malik, quando ebbe finito di ridere. «Dovete farlo più o meno alla stessa ora,
con uno scarto di una mezz’oretta»
«Nessun problema» alzò le spalle Yami. «Sentito? Fra
due giorni saremo di nuovo assieme!»
«Si!» Solo in quel momento, Yuugi fece il suo primo
sorriso, anche se unito ad uno sguardo annoiato di Malik.
«Dimenticavo…» mormorò Yami, e lasciò che Miyon
riprendesse il controllo del suo corpo.
Yuugi se ne accorse
immediatamente, al contrario di Malik. «Allora… Tu sei…»
«Finalmente ci incontriamo»
sorrise lei. «Yami non ha fatto altro che parlare di te»
«Davvero…?» Yuugi arrossì leggermente e scostò lo
sguardo dagli occhi viola di lei.
«Miyon…» chiamò leggermente Malik. «Suppongo che
allora tu non sia una mia fan…»
«No, perdonami…» Lei sorrise. «In realtà non so nemmeno
come si gioca a M&W…» Gli diede una leggera pacca
sulla spalla. «Coraggio, sono sicura che sei un buon duellante… Anche se hai
perso pur usando Osiris»
A quella frase, il ricordo della sconfitta salì fino
alle guance di Malik, facendolo rabbrividire. «Che
vorresti dire?»
«Miyo-on…» chiamò leggermente Yami.
«Accidenti!» esclamò la ragazza, mettendosi una mano
davanti alla bocca. «Ho di nuovo letto nei tuoi ricordi…»
«Come?» Malik sbattè le
palpebre.
«Ecco, a volte, involontariamente, Yami acquisisce dei miei ricordi, e viceversa» spiegò Miyon
rapidamente.
«Questo non è normale…» mormorò Malik osservandola
negli occhi.
«Ah, no?»
«Io e mou hitori noboku non abbiamo mai…» mormorò
tristemente Yuugi, ricordando come spesso avesse desiderato regalargli la sua
memoria, in modo che Yami non andasse alla ricerca della sua e rimanesse per
sempre al suo fianco.
«Per forza» rise Miyon. «Quando
hai risolto il puzzle, Yami non aveva ricordi da darti!»
«Non serve rimarcarlo
per forza…»
intervenne il diretto interessato.
«Può darsi che sia per
quello…» commentò Malik, ma dallo sguardo strano che le stava scoccando si
poteva capire che aveva un altro pensiero per la testa.
«Malik! Dove sei?» Una voce di
donna venne dal piano di sotto. «Perché non
rispondi al telefono?»
Il giovane custode scosse la testa. «Vorrei proprio
sapere come posso raccontare questo a mia sorella…»
«Buona fortuna» dissero Miyon e Yami
contemporaneamente.
«Ma tu devi aiutarmi!»
«Ma anche no» replicò
tranquilla lei. «Però sappi che faccio il tifo per
te!»
«Anch’io» confermò Yuugi.
«Malik!» chiamò nuovamente la voce, mentre si
sentirono dei passi salire velocemente le scale di legno.
Lui sospirò. «Capitano sempre a me…»
Reviews:
Kelly: Ciao ^^ Scusa se non ti ho
avvertito, ma visto che l’avevo già pubblicata quando
ti ho mandato il messaggio, ho pensato che l’avresti vista tranquillamente
quando andavi a pubblicare la tua… ^^’’ E scusami anche se non ho notato la tua
prima recensione, ma venerdì scorso ho dovuto fare tutto di fretta perché stavo
partendo per le vacanze (per questo motivo ho dovuto fare anche una recensione
velocissima alla tua storia… Volevo dirti un mucchio di cose e le ho scordate! ^^’’
Me le farò tornare a mente al prossimo capitolo!) Mi fa piacere che la storia
di piaccia… In effetti, ho pensato che non fosse più
il caso di parlare del passato, ma… ^_- per la partita, ho deciso di fare un
capitolo alla fine di tutto, una specie di extra come nei manga… nel frattempo
ti anticipo che hanno vinto (difatti Yami è ancora vivo ^^). Mi fa piacere
anche che ti piaccia il mio personaggio e ti dirò, ad
odiare Tea sia già in due! Fondiamo un anti-tea fan club! Sono sicura che
troveremo un’infinità di membri! Si vede che quel giorno lì Kaiba era in buona…^^’’
Alla prossima ^^
Ayu-chan: Allora non hai problemi! Comunque le fumetterie ultimamente
si stanno moltiplicando… Nella mia città, che è piccola, ce ne sono ben tre! Pensa
un po’… Comunque il manga è veramente bello (certo, la
grafica dei primi è molto diversa, farai fatica ad abituarti, ma la storia ti prende),
te lo consiglio ^^ Si, anche a me kaiba piace particolarmente… nella puntata di
ieri è stato troppo divertente… “Affrontami da uomo a uomo”, senza contare che
un attimo prima stavano giocando a nascondino come due bambini…^^’’ Ma sto divagando,
però volevo troppo dirla, sta cosa! Una settimana di attesta
non mi sembra eccessiva…^^ Grazie per i complimenti ^///^
Il vento notturno e sabbioso sbatacchiava le persiane chiuse
strettamente, lasciando penetrare nell’atmosfera buia della camer
Domenica notte
Il vento notturno e sabbioso sbatacchiava le
persiane chiuse strettamente, lasciando penetrare nell’atmosfera buia della
camera da letto un rumore sordo e fastidioso. Yami, seduto con le gambe
accavallate ad un lato del letto, osservava con gli occhi stretti per la poca
luce gli oggetti intorno a sé. L’interesse finiva sempre per sposarsi su Yuugi,
che dormiva profondamente nel letto a fianco, con il viso affondato nel cuscino
e il lenzuolo leggermente scivolato a terra. Mancava così poco! Ancora due
giorni e sarebbero stati nuovamente assieme. «Non dormi?» Yami reclinò
leggermente la testa per individuare nel nero gli occhi viola di Miyon, che,
sveglia, teneva le braccia incrociate dietro la testa. «Non sono l’unico» rispose quindi alla domanda di lei, che si
limitò a sospirare. «Mi dispiace»
«Per cosa?» chiese debolmente Miyon.
«Se non avessi
voluto venire a tutti i costi in Egitto, adesso non saremo bloccati qui per la
tempesta disabbia» spiegò Yami scuotendo
leggermente la testa. «E tu non
perderesti lezioni di scuola»
«Non è niente di grave…» La voce di Miyon era atona,
come se lei parlasse nel sonno. Era una sottile rassegnazione.
«Scommetto che
non sei arrabbiata solo perché Kaiba si è offerto di darti delle ripetizioni di
matematica»
sorrise provocatorio lui. «A cena non
avete smesso di parlare un attimo!»
«Forse è un po’ antipatico…» mormorò lei dolcemente.
«Ma è un ragazzo molto intelligente. Con lui puoi parlare di qualsiasi
argomento. È interessante, ecco»
«Allora, ti
piace?» Il
silenzio che ne seguì, assieme a un leggere rossore del viso visibile anche
nell’oscurità, gli fece capire come questo “piacere” fosse ben diverso dal modo
scherzoso con cui ne avevano parlato per la prima volta. Adesso si trattava di
qualcosa di più profondo, più autentico. «Sai,non l’avevo mai visto così… loquace»
aggiunse, per incoraggiarla. «Credo che
tu non gli sia completamente indifferente»
Miyon voltò il viso, nascondendo la guancia destra
nel cuscino. «Malik e la sua famiglia sono stati molto gentili ad ospitarci…»
Sorrise leggermente, pensando a quello che era successo…
«Insomma, Malik!» Finalmente, Isis li raggiunse
nella stanza. «Cosa stai combinando questa volta?!»
«Assolutamente nulla…» Il ragazzo biondo sbuffò.
«Vorrei proprio sapere perché, quando succede qualcosa, dev’essere
automaticamente colpa mia!»
«Uhm…» Yami, nel corpo di Miyon, finse di pensarci
mentre si osservava le unghie ordinate. «Forse perché eri il capo dei Ghouls e
hai tradito tutti i segreti della tua famiglia, rubando le carte delle divinità
egizie?»
Malik gli scoccò un’occhiata furente, ma prima che
potesse ribattere, intervenne Isis. «E tu chi saresti? Oh, Yuugi, ti sei
ripreso!» aggiunse poi, allegra.
«Ehm, si…» mormorò lui spostando lo sguardo da Miyon
a Malik.
«Spirito d’osservazione di un bradipo…» mormorò
sottovoce quest’ultimo.
«Scusa, non ho sentito bene…» disse polemica la
sorella. «Mi spieghi perché non mi hai avvertito prima che Yuugi si era
ripreso?»
Malik alzò gli occhi al cielo, esasperato. «Se
aspettavi…»
«Secondo me,
ora lo sculaccia»
sorrise Miyon.
«Sarebbe divertente» rise leggermente Yami,
mettendosi due dita sulla bocca carnosa.
«Ora, lasciami parlare…» Malik scoccò un’occhiata
traversa a Miyon. «Ho una buona notizia e una cattiva»
«Chissà perché, ma me l’aspettavo…» commentò
imperterrita Isis, rischiando di farlo irritare ancora di più.
«Quella buona è che abbiamo ritrovato il Faraone…»
Esitò un poco a proseguire. «La cattiva è che ora la sua anima è dentro questa
ragazza!» disse l’ultima frase talmente veloce che Yami e Yuugi si domandarono
cosa Isis avesse potuto capirci.
La donna mora, infatti, all’inizio rimase immobile.
Poi scoppiò in una grossa risata. «Tra tutte le scuse per portarti in casa una
ragazza, questa è la più assurda!» Yami sbattè le palpebre. Non poteva credere
che uno come Malik si portasse delle donne a casa, visto e considerato che
nessuna sarebbe mai andata con lui. Neanche Miyon, o almeno così sperava.
«Ma… Veramente…» balbettò Malik.
«Guarda che è vero, Isis» disse deciso Yami.
«Si, come no» Isis lo afferrò per un braccio e
iniziò a trascinarlo verso le scale. «Questo non è proprio il momento per avere
un appuntamento. Con te Malik, farò i conti dopo!»
«Ma… Ma…» rispose lui, depresso.
«Aspetta, Isis!!» cercò di fermarla Yuugi. «Per una
volta, Malik ha ragione!»
«Come, per una volta?» domandò il diretto
interessato, offeso nell’orgoglio.
«Adesso basta!» esclamò Yami, irritato. Puntò i
piedi per terra, serio, facendo brillare l’occhio dorato sulla fronte di Miyon,
agitando nell’aria i suoi lunghi capelli luce e ombra. Quindi, si staccò dalla
donna, ristabilendo la tranquillità.
«Fa… Faraone?!» esalò sconvolta Isis. Malik, dietro
di lei, fece un gesto non proprio elegante per indicare che era anche l’ora di
capire come stavano veramente le cose.
«Sono io» affermò, quindi si scambiò di posto con la
ragazza. Lei si chinò leggermente. «Il mio nome è Miyon Minaguchi» Si indicò.
«Il vostro Faraone è dentro di me. Fortuna che avete detto che c’è un modo per
levarmelo, sono venuta in Egitto apposta per riportarlo da Yuugi…»
«Si, bè…» Isis non si era ancora ripresa totalmente.
«Gentile da parte tua…»
«Non ne posso più di averlo dentro…» continuò Miyon
drammatica. «E’ sempre a fare cose sconce con il mio corpo…»
«Eh?!» esclamarono gli altri tre.
«Ma non è vero!!» gridò Yami riprendendo il
controllo. «Non datele ascolto!»
«Scherzetto!» sorrise divertita Miyon.
«Non è divertente…» protestò lui, specialmente
notando le occhiate maliziose che gli stava scoccando Malik in quel momento.
«Non so chi ci sia in controllo adesso…» disse
pericolosamente una voce da dietro Isis. «Ma non fa differenza! Due cretini,
ecco cosa siete! Come cavolo avete fatto a perdervi per Il Cairo?! Bastava andare
al museo!!»
«Scusami…» disse Yami grattandosi il naso,
imbarazzato.
«Scusa un cavolo!» replicò arrabbiato Kaiba. «Sono
circondato da imbecilli…» aggiunse poi, lasciando scorrere lo sguardo anche
sugli altri.
«Tengo a precisare che è tutta colpa di Yami…»
commentò Miyon tornando in possesso del corpo.
«Non avevo dubbi in proposito…» scosse la testa
Seto, ormai esasperato. Cosa gli era preso, quando aveva deciso di
accompagnarli fin in Egitto?
«Perché non
prende un po’ di camomilla, la mattina?» chiese contrariato Yami, sospirando.
Yami sorrise, ricordando. «D’altronde, sono il loro Faraone» disse scherzosamente. «Ma credo che tu gli abbia fatto una buona
impressione. Forse non avrebbero mai pensato che una persona nella tua
situazione decidesse di venire addirittura fino in Egitto solo per aiutarmi…
Sei la ragazza migliore che potesse capitarmi»
«Davvero?» Miyon fece una risatina ironica.
«Commettono tutti degli sbagli… E io non sono da meno» Liberò la guancia sinistra
dalle ciocche nere e bionde che la nascondevano. «Solo i tuoi amici sono stati
antipatici…» disse tristemente. La sincerità, innanzitutto, era stata la chiave
del rapporto che avevano instaurato. Ironico, no?
«Devi capirli» Yami non negò questo loro
atteggiamento, ma cercò ugualmente di difenderli, perché li conosceva. «Non sono cattivi, ma non hanno una vita
facile. Anzu vuole andare a studiare danza in America, perciò lavora di
nascosto dove le capita pur di racimolare dei soldi, mentre Jono-Uchi è
costretto a lavorare per coprire i debiti del padre, che passa le giornate a
bere. Forse, vedendo te alla Sasaki…»
«Perché io non lavoro, invece» Miyon affondò la
testa nel cuscino. Il tono non era polemico, eppure faceva trasparire il
risentimento che provava. Certo, lei andava alla Sasaki, ma non era ricca. Non
lo era mai stata. Per questo, l’avevano sempre guardata tutti dall’alto in
basso, con commiserazione. La stima degli altri non era cresciuta nemmeno dopo
i suoi risultati eccellenti in quasi tutte le materie scolastiche, frutto di
giornate passate sui libri, mentre fuori il sole scaldava le pietre quasi fino
a fonderle. I poveri, alla Sasaki, non potevano essere bravi. Era fortunati,
oppure erano stati aiutati per pietà. E quando tornava a casa, stanca, le
uniche persone che la chiamavano erano i suoi genitori, ai quali doveva sempre
chiedere soldi, perché non era in grado di mantenersi da sola. E adesso, doveva
anche essere umiliata da persone come lei?
«Tu lavori. E
tanto» Yami
stesso l’aveva vista passare l’intera nottata sul libro di matematica, gli
occhi viola che non si alzavano dal foglio nemmeno per un secondo, come se
lontano da quegli esercizi e da quei calcoli rischiassero di bruciare. Si
trattava di un lavoro diverso, ma non per questo da non rispettare perché non
era qualcosa di pratico e manuale. Non era cosa da farsi, solo perché nella
società capitalista contava solo ciò che di utile facevi al mondo. «Solo che loro non lo sanno. Sono stati
superficiali. Lascia che ti conoscano meglio…»
«Dosi bene le parole» disse Miyon, con la voce
soffocata da cuscino. «Si vede quanto sei affezionato a loro»
Yami sorrise. Poi, riflettendo, si ricordò che non
aveva mai sentito da Miyon la parola “amici”. Per lei erano tutti compagni,
dalle ragazze nella sua casa ai membri del club di basket. «Tu hai degli amici? In questo caso puoi capirmi»
«Avevo» corresse Miyon. «Poi, non sono più riuscita
a incontrarli, per via della mia decisione di andare alla Sasaki. E loro,
probabilmente, non vorranno più vedermi»
«Perché dici
così?» Yami
aprì la bocca per iniziare un discorso sull’amicizia, ma lei lo interruppe
subito.
«Ogni tanto, cercavo di chiamarli, quand’ero in
prima» spiegò velocemente, anche se mentiva a sé stessa. «Non erano mai in
casa. Non mi hanno mai richiamato» La sua voce non era triste, era rassegnata.
E faceva ancora più male.
«Allora non
erano veri amici»
commentò arrabbiato lui. «Non devi
preoccuparti, perché adesso ci siamo noi»
Miyon si tirò su e piegò le gambe, circondandole con
le braccia e appoggiando il mento sulle ginocchia. La stessa posizione con cui
si erano parlati per la prima volta. «Mi mancherai» sorrise tristemente.
Yami si morse un labbro. «Anche tu» Poi cercò di sorridere, con scarsi risultati. «Però, potremo continuare a vederci…»
«Non sarà più la stessa cosa…» Lui sapeva che lei si
stava riferendo agli studi. Fra soli cinque mesi sarebbe andata all’università,
perciò avrebbe dovuto preparasi per gli esami d’ammissione e poi… Aveva un
sogno da realizzare, un sogno di cui lui, povera anima persa, non faceva parte.
In quel momento, Yami si rese conto che non voleva lasciarla, ma che non poteva
nemmeno restare dentro di lei per sempre. «Era bello condividere tutto, anche
il corpo, con te…» finì Miyon prima che lui potesse dire qualcosa.
Un leggero singhiozzo proveniente dal letto accanto
al loro interruppe la loro conversazione. «Yuugi?» chiamò leggermente lei. «Sei
sveglio?» Attese alcuni minuti una risposta che non arrivò. All’improvviso,
però, Yuugi si alzò, di scatto, gettando scompostamente le coperte fuori del
letto, e, aperta la porta, corse in corridoio.
«Aibou!» Yami non riflettè un minuto prima di
decidere di seguirlo. Fortunatamente, le gambe di Miyon che utilizzava erano
allenate nella corsa per via del basket, perciò riuscì a raggiungerlo
all’altezza delle scale, che si trovavano a metà corridoio. Lo bloccò
poggiandogli una mano sulla spalla e stringendo con forza. «Aibou… Cosa ti
succede?»
Yuugi si premette le maniche del pigiama verdino sul
viso, singhiozzando forte. «N-nulla…»
«Le tue azioni contraddicono le tue parole» Yami si
chinò alla sua altezza e lo costrinse a guardalo. «Non me lo vuoi dire? Non lo
vuoi dire A ME?»
«Mou hitori no boku…» Yuugi tolse la mani dalla
faccia, rivelando sottili ruscelli di lacrime azzurrine che colavano lungo le
dolci guance e si infrangevano contro il pavimento di legno. «Mi dispiace…»
«Per cosa…?» Yami la guardo stupito.
«Tu… Mi manchi moltissimo!» Non riusciva quasi a
parlare per via del pianto. La saliva gli usciva lentamente sulle labbra,
costringendolo ad interrompersi per asciugarsi con la manica del pigiama.
«Però… Però… Sembri così felice con… Con lei…» Si morse un labbro, mentre lo
guardava con gli occhi di un cagnolino abbandonato sull’autostrada. «I-Io… Non
mi arrabbierò se tu… Se tu decidessi…» I singhiozzi gli impedirono di
continuare.
Yami scosse la testa, come una madre davanti alle
inutili preoccupazioni di un bravo bambino. «Sei proprio uno sciocchino»
Afferrò un lembo del pigiama azzurrino e lo usò per asciugargli le lacrime.
«Miyon è una ragazza molto simpatica. Mi mancherà sicuramente» Lo abbracciò,
lasciando che i capelli lunghi gli solleticassero il viso, ondeggiando. «Ma la
persona con cui voglio stare sei tu» In quel momento, tuttavia, Yami stava
dicendo quelle parole con una passione quasi drammatica. Questo perché si
sentiva in colpa. Proprio un attimo prima aveva pensato quanto sarebbe stato
bello restare con Miyon, aiutarla nei compiti in classe, giocare a basket
assieme a lei… Vivere la sua vita. Loro due, poi, avevano così tanto in
comune…! Quasi come se fossero parenti! In realtà, avrebbe voluto avere tutti e
due, sia Yuugi che Miyon, ben sapendo che era impossibile. Un altro dei suoi
irrealizzabili desideri. Il primo, però, gli aveva dimostrato quanto ci
tenesse. La seconda, non lo avrebbe mai fermato in questo modo. Non avrebbe mai
pianto per lui. Era orgogliosa.
«Yuugi…» mormorò lentamente Miyon. All’instante,
riconoscendo la persona che stava controllando il corpo in quel momento, lui si
staccò con forza. «Tu… mi disprezzi?»
Lui scosse la testa. «Ti invidio…» Cercò di
controllare i singhiozzi, almeno davanti a lei. «Perché lui, adesso…»
«Guarda che sono io che invidio te» Yuugi la guardò
sorpreso, lasciando che le lacrime scorressero da sole, senza alcun motivo.
«Nessuno può capirti meglio di me, perché ho provato le tue stesse sensazioni.
Ho avuto Yami dentro di me» Sospirò profondamente. «Se dicessi che non mi
dispiace restituirtelo, mentirei» Il Faraone, da dentro di lei, ascoltava
queste cose con amara soddisfazione. Non la fermò neppure per dire quanto la
parola “restituire” lo facesse sembrare un oggetto. Sapeva che lei non lo
considerava certo tale. Miyon appoggiò le sue mani affusolate sulle guance
bagnante di Yuugi. «Lui, però, ha scelto te. E’ venuto qui per cercarti,
perché… Sei tu il suo partner. Solo tu, e nessun altro»
Detto ciò, aspettò. Questa volta fu Yuugi ad
abbracciarla, singhiozzando. Capiva il dolore di lei, anche se non era espresso.
Lo capiva talmente bene che gli faceva male, un dolore sordo al petto che non
voleva allontanarsi. Pianse profondamente, finchè il sonno per le troppe
emozioni della giornata non vinse le sue ultime resistenza.
«E adesso?» si chiese Miyon, stringendolo forte per
non farlo cadere a terra. «Riuscirò a portarlo fino in camera con le mie sole
forze?»
«Ti aiuto io» Dall’oscurità della parte opposta del
corridoio, si avvicinò a loro la figura di Bakura. Aveva un’espressione seria,
ma il gioco delle ombre sul viso gli davano un’aria pericolosa, simile a quella
di un fantasma, visti anche i capelli lunghi e bianchi che lo circondavano.
Miyon lo guardava con un’espressione che cercava di
rimanere fredda, ma che somigliava di più alla paura. Si scostò appena, con un
movimento impercettibile, quando Bakura si chinò per prendere il corpo di
Yuugi. «Ti ringrazio!» disse lei con voce meccanica, alzandosi di scatto non
appena vide che Yuugi non aveva più bisogno del suo sostegno. «Devo andare al
bagno» Lo superò e scese velocemente giù per le scale buie, attaccandosi allo
corrimano per non cadere.
«Il bagno era
dall’altra parte»
gli disse Yami, un po’ preoccupato di lasciare il suo partner nelle mani di
Bakura. Però, non voleva nemmeno che Miyon sapesse tutta la vicenda…
«Mi piace di più quello al piano di sotto» spiegò
lei, quasi tornata di buon umore, scendendo l’ultimo scalino. «Vediamo se mi
ricordo dov’era…» Aprì a tentoni la prima porta che gli capitò sottomano,
accendendo l’interruttore che si trovava a fianco. Non era il bagno, bensì una
stanzina piccola piccola, con una luce fioca. Al centro, troneggiava una botola
di legno consumato, come se fosse stato esposto alle intemperie del deserto.
«Lo sapevo…» sospirò Yami. «Questa casa è stata costruita sul rifugio
dei custodi delle tombe»
Miyon gli scoccò un’occhiata traversa. «Spirito-o…»
cantilenò.
«Si, si, ho
capito»
disse lui spiccio. «Hai voglia di dare
un’occhiata» Aspettò un secondo.
«Anche io» In realtà, desiderava proprio vedere quei luoghi che, per colpa
probabilmente sua, avevano causato tanta sofferenza.
Miyon si avvicinò e aprì la botola con profonda
pazienza, quasi come si trattasse di qualcosa di sacro. In effetti, era proprio
così. Scese le strette scale, che sembravano portare al centro della terra,
sentendo sotto ai piedi nudi il dolore delle rocce aspre con cui quei cunicoli
erano costruiti. Finalmente la scalinata finì, lasciando lo spazio ad un lungo
corridoio buio, pavimentato con qualcosa di gelido, come il granito, e
polveroso, per non essere stato frequentato da tempo. Iniziò a camminare con
prudenza, dalla paura che qualcuno spuntasse da un momento all’altro. Lei,
sapeva, non avrebbe dovuto essere lì.
«Quindi, in
questi luoghi, per secoli…» Anche Yami si guardava intorno, quasi ammirato. Come avevano
davvero potuto delle persone rifiutarsi di guardare la luce del sole solo per
lui? I sensi di colpa aumentavano con l’aumentare dei passi di Miyon.
Lei trovò una porta e decise, tanto per fare, di
entrarvi. La aprì con delicatezza, quasi temendo di trovare al di là cadaveri
mummificati in decomposizione. Invece, quella porta nascondeva una stanzetta
completamente vuota e spoglia, nemmeno rivestita da geroglifici come il resto del
corridoio, da quanto era riuscita a vedere per la fioca luce che proveniva dal
piano di sotto.
«Che se ne fanno di una stanza del genere?»
«Forse prima
non era vuota»
ipotizzò Yami.
Miyon si sventolò leggermente con la mano, mentre
arrivava al centro. «Cos’è questo caldo improvviso?» Si voltò, in tempo per
vedere una sostanza rossastra fluida, apparsa da chissà quale cunicolo,
invadere la stanza dall’entrata quasi fino al luogo dove lei si trovava.
«Lava?!» esclamò Yami. «Come può… Esserci della lava qui?»
«Non lo so, ma non mi sembra il momento di porsi
domande esistenziali…» Miyon fece alcuni passi indietro, temendo la lava che si
avvicinava.
«La porta è
aperta»
indicò lui. «Se salti forse ci arrivi»
«Non ho scelta» ansimò lei, prendendo la rincorsa,
con il viso in fiamme per il gran caldo. Un passo, due passi, salto… Miyon
cadde a terra urlando.
«Che è
successo?»
Yami si inginocchiò accanto a lei.
«L’osso…» sussurrò lei dolorante, tenendosi il
ginocchio destro. Yami lo guardò, ma non vide nulla. Allora Miyon allungò la
gamba fino a stenderla completamente, lasciandogli sentire chiaramente il “tac”
dell’osso che ritornava al giusto posto. «Mi sono rotta un legamento giocando a
basket. Se lo sforzo troppo, mi esce la rotula»
Yami rabbrividì a quel pensiero. Vedendo che si
massaggiava il ginocchio, capì che le faceva ancora troppo male per muoversi. «Ora, qualcuno ha delle idee?» Adocchiò
la lava in avvicinamento. «Perché non mi
hai detto del legamento?»
«Non è mai entrato nei nostri argomenti di
conversazione» Miyon si spinse con le mani, riuscendo a rimettersi in piedi,
anche se con una gamba sola.
Una botola su soffitto si aprì leggermente. «Qui»
Una mano spuntò dal quel buco verso di loro.
«Ci fidiamo?» domandò quasi a se stesso
Yami, vedendo chi era il proprietario di quella mano.
«Non abbiamo altra scelta» disse Miyon, alzando il
braccio e saltando leggermente con la gamba sana per riuscire ad afferrare
quella mano. Ci riuscì, e venne sollevata senza sforzo, giusto un attimo prima
che la lava invadesse tutta la stanza. Si arrampicò con fatica oltre la botola,
che dava su una specie di sgabuzzino delle scope.
«Tutto bene?» le chiese il suo salvatore.
Yami non la lasciò rispondere. «Bakura!» esclamò
duramente. «Spiegami cosa stai tramando»
«Ti consiglio di moderare i termini, Faraone»
commentò Bakura scoccandogli un’occhiataccia. «Credo che ti convenga»
«Hai fatto qualcosa a Yuugi?» Lo sguardo di Yami era
severo e cattivo come lei non lo aveva mia visto.
«No» rispose tranquillo Bakura. «Per ora»
L’ira di Yami andava crescendo. Si voltò verso la
figura di Miyon, che cercava di distogliere gli occhi dal ragazzo coi capelli
bianchi. «Perdonami» le disse, quindi la escluse da qualunque contatto con
l’esterno, come faceva, tempo addietro, con Yuugi, quando loro due ancora non
si conoscevano. La figura di Miyon scomparve. «Bakura, parla chiaramente! Cosa
vuoi?»
«Niente» alzò le spalle l’altro. «Tu, piuttosto,
vuoi qualcosa da me»
Yami appoggiò la gamba a terra, sentendo che il
dolore si era attenuato quasi fino a sparire. «Ah, si? E che cosa?»
«Sapere chi è veramente Miyon Minaguchi, ad esempio»
Yami represse un brivido di sorpresa, che Bakura notò ugualmente. «Avanti, non
penserai che sia davvero una ragazza normale, visto che ti sta ospitando! Malik
la pensa come me, anche se non ti ha detto niente»
«Intendi… Anche Miyon potrebbe essere una
reincarnazione, come Kaiba?»
«Chissà…» disse Bakura con aria misteriosa.
Yami fece due passi avanti in quell’angusto e
soffocante sgabuzzino e si mise esattamente di fronte a lui. «Sputa il rospo,
avanti»
«Non prendo ordini da nessuno, soprattutto non da
te»
Yami aprì la bocca per dire qualcosa, quando
improvvisamente provò un dolore fortissimo all’addome, talmente forte da farlo
piegare in due. Doveva essere presente già da un po’ di tempo, ma solo ora se
n’era accorto, perchè solo ora aveva ripreso il corpo. Il dolore passava poi
sulla schiena, come se qualcuno gli avesse infilato due coltelli incandescenti
da dietro, giusto al livello dell’osso sacro. Si chinò, premendo le braccia
sulla pancia, per contenere il dolore. Sentì un liquido scendergli lentamente
lungo la gamba, macchiandogli di rosso il pigiama azzurrino.
Bakura lo osservò stupito, poiché, per una volta, era
innocente. «Mestruazioni…» capì infine, sorridendo sardonico. Lo Afferrò per il
collo e lo spinse a forza contro la parete, spingendo le labbra sulle sue.
Deglutendo per il disgusto, Yami si ricordò della mossa di Miyon e cercò, per
quando riuscisse nonostante il dolore, di tirargli un calcio, che Bakura
schivò. «Sai, lo immaginavo…» Si leccò le labbra, soddisfatto.
«Che cosa…?» ansimò Yami pulendosi la bocca con il
palmo della mano, quasi in preda alla nausea.
«Immaginavo che saresti tornato per rubarmela
un’altra volta» mormorò Bakura duramente.
«I-Io non so…»
«Ma vuoi sapere» Bakura si voltò. «Vuoi davvero
sapere chi è Miyon Minaguchi? Potrebbe non piacerti affatto…»
«Adesso basta!» La situazione era già abbastanza
catastrofica, visto il sangue rosso che continuava a colargli lungo la gamba.
«Dimmi quello che vuoi dirmi e finiamola!»
«Sarà una cosa lunga» asserì Bakura, divenuto
improvvisamente serio. «Devo raccontarti tutta la storia della principessa
Antares…»
Reviews:
Kelly: Non preoccuparti ^^ Conosco il blocco dello
scrittore. Vedila in questo modo, io ho più tempo per ricordarmi cosa ti dovevo
dire ^^ Si, effettivamente hai ragione, il passato deve centrarci, ma visto che
ne parlano tutti… Vedremo se questa volta sono riuscita a trovare un’idea
originale per raccontarlo ^^ E se vuoi sapere se Yuugi e Yami torneranno
insieme, non ti resta che continuare a leggere ^^ Detto così sembra quasi un
ricatto :-P
Heven89: Okay, siamo già in tre ^^ L’avevo detto che
di membri era facile trovarne ^^ Kaiba che fa un panino?! Secondo me, prima che
accada, il sole esploderà e la terra verrà inghiottita da un buco nero… XD!! Mi
fa piacere che Miyon ti stia simpatica ^^ Ho sempre un po’ di perplessità
quando creo dei nuovi personaggi, perché temo di fare della Mary Sue… Grazie
dei complimenti, alla prossima ^^
Ayu-chan: Ma no, povera Miyon! Pure il burrone
adesso? Con tutto quello che le capita, poveretta…^^ (digli pure che Miyon le
lascia Malik molto volentieri N.d.Yami Ma perché devi rispondere per lei?
N.d.Malik Rassegnati, non ti vuole N.d.Yami contento per questo) Comunque, come
ti ho detto già via chat, l’ascia in realtà è la barra… Mi ero scordata che
viene chiamata così solo nel manga ^^’’ Chiedo scusa. Ormai manca poco alla
fine degli esami, no? Quando hai l’orale? Ti auguro presto, almeno poi…
vacanza!! ^.^ A presto!
Jaly chan: Ciao ^.^ E va bene, per questa volta ti
perdono…^^ (io non lo farei N.d.Seto) Dai, sii buono… E’ una tua fan, insomma
(uhm, va bene… oggi sono buono N.d.Seto) Scherzi a parte, non c’è davvero
problema, d’altronde il computer e il tempo sono quello che sono per tutti, no?
Quindi fai quello che puoi ^_- Però mi farebbe piacere se tu recensissi
l’ultimo capitolo della storia su Conan, vorrei conoscere le tue impressioni
sulla conclusione… Anche negative, è ovvio ^^ Vorrei sentire la tua opinione,
qualunque sia. Sono contenta che ti piaccia anche la nuova storia…^^ Per la tua
domanda chiediamo ai diretti interessati… (sono sempre stata una ragazza
fortunata, prima di conoscere Yami… Non sarà che porta sfiga? N.d.Miyon Non è
vero! N.d.Yami E’ sicuramente così… N.d.Malik e Seto Ho detto di no! N.d.Yami)
Il mistero rimane…^^’’ Bisognerà vedere se alla fine il male viene solo per
nuocere… ^_-
*Lamù*: Grazie ^///^ Mi fa piacere sentirtelo dire.
Viky: Si, anch’io lo vorrei ^///^ Pensa infatti che
questa storia si ispira ad un sogno che ho fatto in cui ero la sua partner… Che
brutto svegliarsi ù_ù Kaiba è tirchio, non voleva spendere i soldi del telefono
^^ Scherzi a parte, è che Miyon aveva scordato il cellulare a casa… Però Kaiba si
è detto “vado al museo, verranno sicuramente lì dove lavora Isis, è un posto
noto”, invece i due scemi hanno continuato a girovagare senza meta per Il Cairo...^^’’
Yuugi, seduto sul divano con le spalle incurvate davanti e le gambe che
dondolavano leggermente poco sopra il pavimenti di leg
I labirinti di Amon-Ra
Yuugi, seduto sul divano con le spalle incurvate
davanti e le gambe che dondolavano leggermente poco sopra il pavimento di
legno, coperto da un ampio tappeto violaceo, sentiva brividi
di agitazione lungo tutto il corpo. Mancava così poco! Ancora qualche minuto e
avrebbe riavuto il suo doppio! Stava fermo, con la mani
in grembo, cercando di controllare l’eccitazione, se non altro per rispetto a
quella ragazza che, in quel momento, si sentiva come lui. Intanto, la tempesta
di sabbia infuriava ancora, facendo sentire i suoi rintocchi sulle finestre
chiuse del salotto.
«Minaguchi, esci o no?»
Anzu bussò nuovamente alla porta blu dell’ultima stanza in fondo al corridoio,
chiusa a chiave. Mancava solo lei, e dire solo era un eufemismo, perché, senza
Miyon, non si poteva fare davvero nulla.
«No» fu la secca risposta della ragazza, da dentro
la stanza.
«Cosa?!» Jono-Uchi iniziò a
battere la porta con calci e pugni. «Esci immediatamente da lì, razza di…» Si metteva pure a fare i capricci, quella ragazzina
presuntuosa e viziata? Non era proprio il momento. «Se
non esci, fondo la porta!»
«Vaffanculo!» esclamò, non proprio a torto, Miyon,
senza tuttavia alzare la voce.
«I tuoi metodi sono alquanto discutibili» disse
Malik, prevenendo la risposta di Jono-uchi. «Non è
certo così che la convincerai» Incrociò le braccia sul petto. «Lascia fare a
me»
«Dovrei fidarmi?» domandò sospettoso il biondo,
guardandolo di sottecchi con i suoi occhi nocciola. «Dopo tutto
quello che hai fatto a Battle City, non puoi
pretendere che io ti abbia perdonato così facilmente»
«Jono…» Anzu gli mise una mano sulla spalla. Ci
mancava soltanto una rissa in un momento così delicato.
Malik non si scompose minimamente. «Non mi importa ciò che pensi di me» replicò tranquillo. «Resta il fatto che questa è casa mia e se ti ordino di
andare di sotto, devi obbedire» Mugugnando per la rabbia e l’umiliazione,
Jono-Uchi, non senza tirare un ultimo calcio alla porta, se ne andò al primo
piano, dagli altri amici che erano rimasti con Yuugi, seguito da Anzu.
«Miyon, sono io» Malik si avvicinò alla porta e vi
poggiò delicatamente una mano sopra. «Ascolta, c’è
ancora un pochino di tempo… Rilassati. Sappi che… Se hai bisogno di parlare, io
sono qui»
Per qualche minuto, tutto rimase silenzioso. «Per
favore, mi porteresti un Aulin, o un Mesulid?» chiese infine Miyon.
«Si, certamente» Allora stava male! Ecco perché si era svegliata con un pessimo umore e non aveva
voluto vedere nessun per tutta la mattinata. Scese
velocemente di sotto e, dopo soli cinque minuti, tornò a bussare alla
porta, ancora rigorosamente chiusa. «Se apri uno spiraglio, te lo passo» Aveva
in mano un bicchiere, dentro cui si stava lentamente
sciogliendo la bustina di Aulin, e un pacchetto di crackers, poiché quella medicina andava presa a stomaco
pieno e non solo l’orario di pranzo era passato da un pezzo, ma lei non aveva
neppure mangiato qualcosa. «Ti ho portato anche-»
La porta si aprì totalmente e,
dietro di questa, apparve Miyon. Era pallida, con delle occhiaie
profonde e le labbra asciutte e screpolate. Probabilmente non aveva dormito.
Indossava ancora il pigiama azzurrino, con la gamba destra sporca del sangue
rosso delle mestruazioni. Non aveva ricambio, perché non credeva di rimanere
fuori casa per più di una notte e perché non aveva voluto chiedere nulla in
prestito, né a Anzu né a Isis. «Grazie» Prese
delicatamente il pacchetto e, apertolo, si infilò
lentamente metà cracker in bocca, masticando debolmente.
Malik si appoggiò allo stipite della porta,
osservando la schiuma biancastra nel bicchiere colorato. «La pancia ti fa così
tanto male?»
Lei annuì, arrossendo visibilmente, dando così un poco
di colore a quel visetto pallido. «E’ sempre così. Ah, ringrazia tua sorella
per gli assorbenti» Le erano venute in anticipo di più di una settimana.
«Non c’è problema» Diede
un’occhiata all’orologio. «C’è ancora una mezz’oretta di tempo, se dopo
vuoi sistemarti un po’…» Si bloccò, pensando che, forse, non aveva detto una
cosa troppo carina.
Miyon lo ascoltava distrattamente. Aveva gli occhi
persi nel vuoto. Finalmente, addentando un altro cracker, gli chiese «Conosci
la principessa Antares? Pare sia
vissuta al tempo di Yami…»
«Mai sentita» Malik scosse la testa. «Però, a dire la verità, noi custodi delle tombe non sappiamo
molti particolari del passato… Perché?»
«Posso parlarti sinceramente, vero?»
Lui deglutì. «S-si,
certo…»
«Se ieri e oggi non sono
stata molto di compagnia, non è solo per le mie cose» spiegò Miyon, mentre
spezzava un altro cracker ancora. «Yami non mi parla più. Si rifiuta di
comparire quando lo chiamo. Ho persino provato ad entrare nella sua stanza
dell’anima, ma era sbarrata»
«Perché?» si accigliò
Malik. «Credevo che tu e il Faraone aveste un buon
rapporto…»
«Lo credevo anch’io» assentì lei. «Però, ha smesso di parlarmi. E lo ha fatto da lunedì
mattina, ossia dopo aver parlato con Bakura… Mou
hitori no Bakura»
Malik lo ricordava bene. Erano stati amici, se così
si poteva definire il loro rapporto, quando lui aveva cercato di uccidere Yami.
Adesso, non era sicuro del comportamento. In pratica, mou
hitori no Bakura si era rifiutato di parlargli. Forse,
lo considerava un traditore. «Ma… Tu hai provato a
chiedere a Bakura cosa…?» No, lui non era certo il tipo che ti dicesse le cose
con tanta facilità.
«Si, naturalmente» Miyon sospirò. «Mi ha detto che
sono la reincarnazione di questa principessa egiziana Antares
e che anche tu lo pensi»
«Non è proprio così…» mormorò in imbarazzo Malik.
«Solo, pensavo… Penso che anche tu possa essere collegata al passato… Ma sulla
tua identità, ho buio assoluto»
Miyon ingoiò l’ultimo cracker. «Però,
se Bakura gli ha detto solo questo, perché Yami si rifiuta di parlarmi?»
«Forse…» iniziò lui. «Dipende dal rapporto che
questa principessa aveva con il Faraone. Questo Bakura non te l’ha detto,
immagino, ma a lui di sicuro si»
«Ci ho pensato anche io» annuì Miyon. «E ho considerato tre ipotesi»
«Dimmi pure» la incoraggiò Malik.
Lei scoccò un’occhiata alle scale, dalle quali
spuntava la testa bionda di Jono-Uchi. Si avvicinò fino a sfiorargli l’orecchio
con le labbra screpolate. «Se ti va» gli sussurrò.
«Possiamo parlarne dopo, in privato?»
«S-si, non ci sono
problemi…» avvampò lui.
«Bene» Finalmente Miyon sorrise. Gli prese dalla
mano il bicchiere e bevve d’un fiato la medicina.
«Torno fra un attimo» Si rinchiuse nella stanza, da cui uscì dieci minuti dopo.
Si era cambiata in fretta, perciò non indossava niente di complicato, ma solo
un paio di jeans chiari e un maglietta rosa con il
disegno di un micio. Però si era pettinata, legando i
lunghi capelli in una coda alta e, grazie anche ad una leggera spolverata di
cipria che le nascondeva le occhiaie e il volto pallido, era più ordinata e
meno sciatta di prima. Stava veramente bene, perciò Malik glielo disse.
«Grazie» sorrise lei, precedendolo nel corridoio. «Adesso dobbiamo andare,
vero?»
Scesero al piano di sotto, dov’erano attesi da una
specie di consiglio della sacra rota, o, peggio,
dell’inquisizione. Mancava all’appello Kaiba, ma di questo Miyon fu estremamente sollevata. Rivelare a tutti che aveva sporcato
ovunque per le mestruazioni non era il modo migliore per incominciare un
rapporto.
Anche se si era ripromesso di
stare calmo, Yuugi non vi riuscì e saltò giù dal divano in preda
all’eccitazione. «Finalmente!»
Miyon lo guardò, sentendosi in colpa per aver
pensato troppo solo a sé stessa, quindi allargò le mani, facendogli segno di
avvicinarsi ancora. Quando la distanza fu minore di un
metro, lei si chinò e appoggiò le mani ai lati del puzzle, che lui portava
ancora al collo. È così che Malik le aveva detto di
fare. Il puzzle si illuminò, facendo comparire
l’occhio del sole sulla fronte di lei. Quindi l’occhio
scomparve, trasferendosi per qualche secondo sulla fronte di Yuugi. Quando il puzzle smise di brillare, davanti a lei si trovava
Yami, nel corpo del suo partner.
«E adesso?» disse seria
Miyon rialzandosi, prima che i suoi amici potessero esultare dell’avvenuto
trasferimento. «Cos’hai da dirmi?» La sua voce
sembrava più pericolosa del vento che fischiava contro le finestre,
trasportando rossi granelli di sabbia. Yami la guardò tristemente, quindi
abbassò lo sguardo e scosse la testa. Miyon si morse il labbro. «Sei un
bastardo!» Percorse con il braccio la distanza che li separava e gli diede un
sonoro schiaffo sulla guancia, prima di correre via, quasi inconsapevolmente,
verso la stanzetta buia dov’era custodita la botola della casa dei custodi delle tombe. Mou hitori no Bakura
osservò la scena senza dire nulla, perciò nessuno avrebbe potuto dire,
deducendolo dalla sua espressione, se fosse
soddisfatto oppure no.
Malgrado lo stupore generale, Yami,
con la guancia rossa, non si sentiva affatto umiliato. «Probabilmente me lo
meritavo…» disse all’indirizzo di Malik, che lo stava guardando con
disapprovazione.
«Decisamente» disse questi,
quindi, con un cenno alla sorella, seguì Miyon. La trovò appunto in quella
stanza, con gli occhi viola bassi e coperti dalle ciocche di capelli che
lasciava scendere a caso.
«Non si fida di me…» mormorò lei, che lo aveva
sentito arrivare. «Perché…? Cosa mi interessa
di 3000 anni fa! Adesso io… Io…»
Quasi per una reazione involontaria alle sue
lacrime, Malik le si avvicinò e le fece affondare la
testa nelle pieghe della sua maglietta nera, non preoccupandosi che le potesse
bagnarla. «Adesso sfogati pure… Piangi quanto vuoi e poi…» le mormorò
dolcemente, accarezzandole i morbidi capelli. «Poi riprenditi e sorridi»
Miyon si staccò subito, ma non per
il fatto che fosse in imbarazzo. Lui aveva ragione,
non aveva senso piangere in questo modo assurdo. «Si…» Si asciugò gli
occhi umidi con il palmo della mano. Fortuna che non si era passata la matita
nera!
Malik avvampò, stupendosi del fatto di essere
diventato così sdolcinato. Cercando di riprendersi da quella strana fase
romantica, si avvicinò alla botola e la aprì. «Allora, mi stavi dicendo, sulle
tre ipotesi?»
«Ah, si, giusto» Miyon lo seguì mentre lui iniziava a
scendere le ripide scale che portavano nei sotterranei di quella che un tempo
era la sua casa. «La prima è la più semplice. Potrei essere stata sua sorella»
«Vero» annuì Malik accedendo
una torcia. «A pensarci bene, un po’ gli somigli… Voglio dire, hai gli occhi
dello stesso colore…»
«Però, se fosse così, non
dovrebbe sentirsi talmente in imbarazzo da non parlarmi più… Non credi?»
Malik chiuse la botola. «In
effetti no, ma non possiamo scartarla a priori. Le altre due?»
«Le ho pensate appunto per questo motivo
dell’imbarazzo» spiegò Miyon. «Però magari mi sbaglio… Magari sono io che, nel
passato, ho fatto qualcosa di sbagliato e adesso lui mi odia…»
«No, non credo» Malik le si
affiancò mentre percorrevano il corridoio alla luce della torcia. «In
quel caso, te l’avrebbe detto direttamente. È fatto così, si trova meglio ad
affrontare i nemici piuttosto che gli amici» Con Kaiba, che era un suo acerrimo
avversario, aveva parlato con più tranquillità di quanta non
ne avesse avuta con Yuugi a proposito della stessa questione.
Miyon annuì. «Secondo la seconda ipotesi, potrei
essere sua figlia»
«Sua figlia?!» Malik sputò fuori il fiato che aveva
in gola. «M-ma come?» Non si immaginava
proprio il Faraone nelle vesti di… papà!
«In fondo, Yami avrà più o meno diciassette anni e,
che io sappia, nel passato si sposavano molto presto…»
riflettè lei. «E potrebbe essere in difficoltà,
poiché lui avrebbe dovuto darmi il buon esempio e
invece si è comportato come me, se non peggio»
«Oh, immagino…» Lui scosse la testa, ancora
incredulo. «Sai che ho paura a sentire la terza?»
«No, è più tranquilla…» lo rassicurò lei, anche se
Malik faceva fatica a fidarsi. «Potrei essere sua madre!»
«Ecco, appunto…» Lui si massaggiò le tempie per la
frustrazione. La cosa peggiore di tutto ciò era che quelle ipotesi non erano
affatto irreali. Anzi, erano quasi più probabili della prima,
più probabili del fatto che lei fosse la sorella del Faraone.
Giustificavano l’imbarazzo di Yami e il titolo di principessa. «Continuando
così, però…» disse cercando di trattenere un sorriso. «Ci sarebbero infinite
ipotesi… Potresti essere sua cugina, sua zia, sua nonna…»
«…si, e poi!» iniziò a ridere Miyon. «Sua bisnonna,
sua nipote, sua prozia, sua nuora…»
«…sua suocera!» Malik si tenne la pancia dolorante
per il troppo ridere. «Questa si che sarebbe una
giustificazione al fatto che non ti voglia più parlare!» Poi, gli venne in
mente un’altra cosa e deglutì tristemente. «Hai scartato un’ultima ipotesi…»
«Quale?» chiese Miyon stupita. Aveva passato la notte
a pensarci e non credeva di aver potuto omettere qualcosa.
«Potresti essere sua moglie» disse veemente Malik.
Lei rimase così tanto scioccata che non riuscì più a
dire nulla, anche se provò ad aprire la bocca un paio di volte. Non le era
venuta in mente una cosa così semplice. Perché? Perché
non aveva mai pensato a Yami come… a un fidanzato! E, ne era sicura, la cosa era reciproca. «Se vuoi, forse c’è un
modo per conoscere qualcosa»
Miyon si riscosse. «Davvero? Qual è?»
«I labirinti di Amon-Ra»
disse orgoglioso lui. «Io so percorrerli, anche se non sono molto bravo»
ammise.
«I labirinti di Amon-Ra…» ripetè lei. «A cosa servono?»
«Mi consentono di vedere ciò che una persona
desidera conoscere» spiegò velocemente Malik. «Se vorrai sapere il legame che
ti unisce al Faraone, posso provare…»
«Oh, si, è una buona idea!»
esultò felice Miyon. «Ma, se è così, perché non l’avete mai utilizzati
con Yami? Anche lui è senza memoria»
«Non funzionano sugli spiriti» Malik aprì la porta
di una stanza. «In realtà, sono un po’ pericolosi»
confessò. «Perciò preferirei che tu non ne facessi
parola con Isis e Rishid. Loro non mi approverebbero»
«Allora… Forse è meglio lasciare perdere…» Non le
sembrava il caso di fargli rischiare qualcosa, in fondo si conoscevano così
poco.
«Figurati!» sorrise lui, entrando nella stanza. «Non
ci sono problemi! Lo faccio volentieri»
Lei lo seguì, sentendo in fondo al cuore una strana
contentezza. «Oh, questa stanza…» Era la stessa in cui erano finiti la notte
fra la domenica e lunedì, quando avevano incontrato Bakura.
«E’ la mia stanza personale» ridacchiò lui,
soddisfatto. «Ha un sistema di allarme magico. Se vi
entra qualcuno in mia assenza, si riempie di lava»
«Ecco svelato il mistero…» pensò Miyon, ma preferì
non dirgli nulla della loro incursione notturna. «Bel trucco» si complimentò.
Malik tolse una pietra dalla parete laterale e ne estrasse una scatola in legno, talmente consumato da
temere che si sarebbe rotto da un momento all’altro. La aprì, tirando fuori tre
pacchetti avvolti con della stoffa rossastra. Erano tre
sottili anelli in avorio, che Malik, seduto a terra sulle ginocchia, dispose
a triangolo davanti a lui. «Vieni, siediti davanti a
me»
Lei obbedì, sistemandosi nella stessa posizione.
«Sicuro che sia tutto a posto?»
«Certo» Lui annuì più sicuro di quanto fosse in
realtà. Prese la stoffa rossa e gliela passo.
«Bendati. In questo modo, posso passare direttamente nei tuoi occhi le immagini
che evoco»
«Okay» Lei la prese e, nonostante l’odore di muffa e
di chiuso che quel tessuto emanava, se lo mise sugli occhi e lo legò ne stretto
con un doppio nodo dietro la testa. Si sentiva tranquilla, in
compagnia di Malik, per questo non aveva difficoltà a seguire le sue
istruzioni.
Lui le prese le mani bianche e le appoggiò sui tre
anelli, quindi si bendò alla stessa maniera e poi strinse le mani nelle sue.
«Hai paura?»
«La paura è il peggiore dei mali, quindi non si deve
avere paura» Lei stava citando Brown, tranquilla,
anche se aveva le mani sudate.
«Allora cominciamo» Malik premettete le mani così forte sui tre anelli che quasi le fece male.
Poi, l’aria si riempì di una sottile preghiera. I dischi di avorio
divennero incandescenti come cerchi di fuoco e la luce penetrò nuovamente negli
occhi di Miyon, nonostante lei li avesse chiusi e coperti dalla stoffa rossa.
«Amon, colui
che è
re degli uomini e degli dei
Amon, colui
che non è
La creazione e la distruzione
del mondo
Amon, il nascosto
Il segreto della vita e della
morte
Ra, il sole
La luce e l’oscurità sulla
terra
Ra, la potenza
Il caos e l’ordine nel cielo
Ra, colui
che riscalda
schiavo degli uomini e degli dei»
Dove sono? Che
posto è?
Non riesco a muovermi… Non riesco
a parlare…
Davanti a lei, vi era solo un freddo pavimento di
pietra grigia.
«Puoi alzarti
al cospetto della mia maestà» disse una voce gutturale e autoritaria. La
ragazza, attraverso i cui occhi Miyon ora vedeva, si alzò lentamente dalla
posizione inchinata, lasciando che i suoi lunghi capelli neri e biondi,
raccolti in tante minuscole treccioline, le scendessero a coprirle il seno, totalmente libero da
qualunque abito.
Davanti a lei,
assiso su un trono in legno dorato, stava un uomo
dall’aspetto severo, che la osservava con i suoi occhi neri, scuri e piccoli
come capocchie di spillo. La bocca carnosa era stretta in un rimprovero
silenzioso. Le ciocche di capelli scure che spuntavano dalla sua corona azzurra
come i turchesi di Hathor gli davano un’aria meno
curata, ma non meno regale. Il puzzle del millennio era tenuto, come una reliquia,
su una colonnina di legno di fianco a lui. L’aria attorno era immobile, ma
sapeva di caldo e di deserto. Era l’aria egiziana.
La ragazza
parlò. «Desidero sapere, maestà, se avete accettato la mia richiesta»
La mia voce…
Questa è la mia voce… Sono
io?
Il Faraone
chiuse i suoi occhi, concentratati, muovendo silenziosamente le labbra, come se
pregasse. Quindi li riaprì e guardò la ragazza come se
cercasse di scrutare nei suoi pensieri. «La risposta è si» disse infine, con la
sua voce severa e autoritaria. «Ti affido la custodia delle tombe degli
antenati»
A quella
risposta, la ragazza sorrise soddisfatta, stringendo
più forte l’arco che aveva in mano, e ringraziò con un piccolo inchino.
Custode delle tombe… Come Malik?
«Aspetta,
maestà!» L’uomo seduto per terra al fianco del Faraone si alzò, agitando la sua
lunga capigliatura nera, e pose le due mani in supplica sul braccio che il suo
sovrano teneva sul bracciolo del suo trono verde. «Non mi sembra una buona idea! La principessa Antares
è forte, abile e scaltra di cuore, ma… è… Bè, una
donna!» Le scoccò una rapida occhiata. «Forse sarebbe meglio affidare questo
delicato incarico a qualcun altro… Al figlio degliRyuu, ad esempio…»
Ma che vuole, questo?
E poi, chi sarebbe questo Ryuu?
Non ci capisco niente!
Il Faraone si
alzò, scostando quel braccio con violenza, facendo cadere sul pavimento di
pietra l’uomo con un sonoro schianto. «Non lo permetto! Il sovrano sono io! Io,
Ra’djedef della tribù Heba. Non permetterò ad altre tribù di ottenere incarichi
importanti! Specie non ai Ryuu» Fece una pausa dopo
la lunga sfuriata. «Perciò sarà Antares,
di Heba, la nuova custode delle tombe» Lo guardò a
lungo, come se fosse uno scorpione. «Non osare mai più toccarmi»
A quel punto,
la principessa Antares sorrise ironicamente. «Mio
buon visir…» mormorò dolcemente, ma più tagliente di un coltello in selce.
«Dovrai abituarti alla mia femminilità, visto che sarò
io il prossimo Faraone…»
Ecco, brava!
Digliene quattro, a quel maschilista schifoso!
«Chi te lo
assicura?» chiese il Faraone, tornando a sedersi sul trono, visibilmente più
calmo.
«Il fatto che sono tua figlia, maestà» Il suo volto tornò serio. «Se mi affidaste il puzzle millenario, potrei allenarmi… I
figli delle altre tribù lo stanno già facendo»
«Ne parleremo
poi, Antares» tagliò corto il re. «Adesso vai, hai un
incarico da assolvere»
Visibilmente
seccata, lei rispose, battendo un piede per terra, «come Horus ordina»
Un leggero tremito, e il
mondo tornò nero e rosso, poiché Miyon aveva ancora gli occhi chiusi, coperti
dalla benda rossa.
Le mani premute sui dischi d’avorio bruciavano in un modo insostenibile.
Note di Akemichan:
Per il passato di questa storia mi sono ispirata alle
parole di Pegasus (almeno, quelle del manga, perché atta tv non credo che lo
dica), secondo cui gli oggetti millenari servivano a stabilire la supremazia
delle dinastie reali. “Heba” vuol dire “gioco” in
egiziano. Invece “Ryuu” è drago ^_- Questo dovrebbe
darvi degli indizi sulla verità del passato…
Per quanto riguarda i labirinti di
Amon-Ra, ne ho tratto spunto dal libro di WilburSmith, che si intitola “il dio del fiume” (se la mia
memoria non fa cilecca ^^’’ se no si intitola “figli del Nilo”… Uno dei due,
comunque). Tra parentesi, è un libro molto bello a livello storico, ve lo
consiglio. Non so se i Labirinti di Amon-Ra siano una
sua invenzione o siano storicamente esistiti… Nei miei libri non ne ho trovato
traccia, però non si può mai dire. Comunque mi
sembrava giusto dirlo. In realtà, nel libro i suddetti labirinti servivano a
prevedere il futuro, non a rivedere il passato, ma io ne ho dato
un’interpretazione tutta mia ^^ Non mi ricordo nemmeno
se nel libro usasse i dischi d’avorio oppure no… ?_? Povera memoria mia…^^’’ In
ogni caso, mi sentivo in dovere di comunicarvi le mie fonti ^^ Al prossimo
venerdì ^^
Reviews:
Kelly: Ho dovuto pubblicare un giorno prima, perché venerdì scorso non potevo proprio,
perciò (dato che io odio i ritardatari è_é) ho
pensato che fosse meglio così. In ogni caso, ho idea che dovrai
aspettare un bel po’ prima di sapere chi è Miyon… :-P Lo rivelo solo nel
penultimo capitolo ^^ Non preoccuparti, fai con calma per la tua storia, io
aspetto. Buona fortuna per l’esame!
Phoenix: Non preoccuparti, piuttosto mi dispiace che
tu abbia dovuto rovinarti gli occhi a leggerli, visto che sono
parecchio lunghetti ^^ Mi fa piacere che la storia ti
piaccia ancora ^^
Ayu-chan: Non preoccuparti, immagino
la pressione che hai avuto ^^ Ma ora è finita, per
fortuna di tutti ^_^ Tienimi acceso il falò! Parlando della storia… In quel
caso Malik aveva ragione, sua sorella continuava ad inveirlo
per nulla…^^’’ E aveva pure rischiato di essere strangolato da Yami…^^ Per
quanto riguarda Yuugi, non mi sta antipatico (ha pure
salvato Yami *_* Così vediamo solo lui…), però non è nemmeno tra i miei
personaggi preferiti, quindi cerco di dargli il giusto spazio e di rispettarne
il carattere… Mi dirai poi se ci sono riuscita ^_- Mi dispiace per Bakura, perché
mi sta simpatico (mi fa troppo ridere ^^), eppure nelle mie storie fa sempre la
parte del cattivo ù_ù Sarà che preferisco Seto *_*
Anche se gli ruberemo tutti i soldi e scapperemo alle Hawaii, lo stimiamo lo
stesso (che è colpa nostra, se lui è multimiliardario? ^^). Alla prossima ^^
*Lamù*: Mi spiace, ma per
scoprire la storia dovrai attendere ancora un pochino ^^ Sono cattivella oggi ^_-
JalyChan:
Ah, non preoccuparti ^^ Piuttosto, passato una buona vacanza? (certo che si,
visto che ha usato i miei soldi… N.d.Seto) Sappi che
nel caso decidessi di scrivere quella storia (non
incoraggiarla! N.d.Seto) io
la leggerò di sicuro (ma non ti faceva schifo questa coppia? N.d.Yami che fa da segretario) Si,
infatti ^^ Lo farei solo per far arrabbiare Kaiba :-P (ecco, lo sapevo… E tu
saresti una mia fan? Mi hai anche dato una parte piccolissima in questa storia N.d.Seto offeso) E’ perché preferisco Yami…^^ (ah ah, ben
ti sta N.d.Yami Nessuno ha chiesto il tuo parere! N.d.Seto) No, stavo scherzando ^^
E’ che tu devi occuparti della Kaiba Corp, altrimenti
come faccio a rubarti i soldi truccandoti il bilancio se tu non guadagni?
(appunto…N.d.Seto) Povero Yuugi! Ho dovuto farlo
addormentare in mezzo al corridoio perché avevo bisogno che li lasciasse da
soli…^^’’ (ç_ç sono tutti cattivi con me… N.d.Yuugi) Sono contenta che la fic
ti piaccia e che, soprattutto, ti piaccia Miyon perché in questi capitoli avrà
parecchio spazio (altre brutte figure? Basta! N.d.Miyon in sciopero) Non lo so ancora… *Akemichan
fa la cattivella* Però, dando spazio a Miyon, è come se… Ma è meglio che non
aggiunga altro ^^ Bye a presto ^^
Note di Akemichan (Ma come?
Ancora?! N.d.Tutti)):
Oggi vi porto una “chicca” che ho scoperto in
internet l’altro giorno girovagando a caso (pochi ragazzi da quelle parti… N.d.Tutti). Ovviamente il copyright non è mio, ma di “kaiibasetou”. Sono degli stupidissimi test su Yu-Gi-Oh ^^! Se qualcuno avesse
voglia di farli questo
è il link.
Velocemente, Miyon sottrasse la mano dalla presa calda di Malik,
ansimando per il calore che le appiccicava la maglia sudata a
Parliamo?
Velocemente, Miyon sottrasse
la mano dalla presa calda di Malik, ansimando per il calore che le appiccicava
la maglia sudata alla pelle. «Ho visto! Ho visto l’antico Egitto!» esclamò
togliendosi la benda.
Malik respirava con la bocca aperta, lasciando che
leggeri fili di sudore scivolassero giù dalla stoffa rossa fino a sfiorare le
labbra. «Bene…» esalò piano. «Racconta…»
«Ho visto il padre di Antares» Lei staccò anche l’altra mano, esaminandosi i
palmi, attraversate da sottili strisce rosse di bruciature. «Guarda qua che
segni… Comunque non è Yami…»
«Meglio… Così…» Malik respirava faticosamente, come
se avesse corso per miglia e miglia. Era rimasto nella medesima posizione
iniziale, come se avesse paura a spostarsi. Non si era nemmeno tolto la benda.
Miyon gli spiegò rapidamente tutto ciò che aveva
visto. «Quindi ero anche io una custode delle tombe… Sarà per
questo che andiamo così d’accordo»
«Sarà che…» Lei arrossì. «Ho pensato più a te che a
Yami, così dev’essere uscito il nostro legame
anziché…»
«Oh…» Lui sembrava quasi felice di questo. «Allora…
Rifacciamolo…»
«Uhm, okay…» Miyon gli scoccò un’occhiata
preoccupata, vedendolo così stanco. «Sicuro?»
Malik, senza neppure togliersi la fascia, le afferrò
le mani, che lei aveva riappoggiato a terra, e le premette nuovamente sui
dischi d’avorio, ma con minor forza rispetto a prima. Tuttavia, lei non si
sottrasse alla stretta, anzi, si preoccupò di serrare bene gli occhi dato che, per la troppa fretta, aveva scordato la benda. Non
appena Malik intonò nuovamente la formula magica, le immagini tornarono nelle
sue palpebre chiuse.
«Sei pronto,
Faraone? Ecco, davanti a te il mostro che ti sconfiggerà…»
L’uomo alzò una
mano, mentre lo scettro che teneva in mano si illuminava
della luce fluorescente degli Yami no Game. La tavola di pietra dietro di lui
traballò come sotto l’influsso di un terremoto, e fece uscire la creatura che
imprigionava all’interno.
«Il Blue EyesWh-»
A differenza del caso precedente, dove le immagini
si erano schiarite piano piano, a scena finita,
questa volta si interruppero bruscamente, a metà
frase. Il calore che proveniva dai dischi in avorio
cessò, tanto che le bruciature sulle sue mani diminuirono il dolore al contatto
col gelo che si era formato. Non sentiva più nemmeno la stretta di Malik che la
teneva ferma. «Cosa succede?» chiese lei, un poco
delusa, riaprendo gli occhi.
Lui si era allontanato leggermente, strisciando sul
pavimento, e si era strappato la benda rossa, che ora teneva stretta nel pugno.
L’altra mano era appoggiata sul collo, come se stese soffocando. Il petto si
alzava e abbassava velocemente, tra le macchie di sudore
visibili sulla sua maglietta nera. Il viso era zuppo, ma lei non
riusciva a capire se per il sudore o per le lacrime che uscivano dagli occhi
rossi. A discapito del resto, le labbra erano secche. «Scu…
sa…» mormorò tra i respiri profondi.
«Stai bene…?» Lei si avvicinò fino a sfiorargli la
fronte bagna.
«Solo… un… po’… di… stanchezza…» Malik cercò di
sorridere. «Tran… quilla…»
Miyon si alzò e iniziò lentamente a riporre gli
anelli d’avorio nei proprio pezzi di stoffa. Non
aggiunse altro.
«Brutte… notizie…?» chiese allora lui.
«Non proprio…» Lei infilò tutto il materiale nella
scatola di legno. «Non ho visto molto…» Si bloccò, temendo di aver detto
qualcosa di offensivo. «Non te ne faccio una colpa!»
si corresse subito. «Però è così…» Chiuse di scatto la
scatola di legno e si chinò per prenderla e riporla nel muro. «Ho visto Kaiba…
Non sapevo che anche lui…»
Malik, sempre respirando a bocca aperta, si puntellò
con un braccio per alzarsi. «Ti… mostro… una… cosa…» Le gambe erano diventate molle come l’argilla bagnata, tanto che non
riusciva a stare in piedi. Ti muscoli del polpaccio gli tremarono
per lo sforzo, finchè non cedettero. Miyon,
che aveva già rimesso la scatola a posto, lo raggiunse e sostenne per la vita,
nel limite delle sue possibilità. involontariamente,
lui si appoggiò totalmente a lei, tanto che caddero entrambi.
«Ahia…» mormorò Miyon massaggiandosi la testa tra i
capelli spettinati.
Malik si alzò con le braccia. «Io…»
«Eravamo messi male» lo ignorò lei tornando in piedi
con un balzo. Si chinò nuovamente e lasciò che lui passasse un braccio sulla
sua spalla, quindi lo aiutò a rialzarsi. «Così va meglio» Appoggiò il suo
braccio sulla vita di lui per evitare di perdere
l’equilibrio.
«Non… ti… sforzi… troppo?»
«Ho le gambe abbastanza
resistenti, legamento a parte» sorrise lei. «Allora, cosa volevi farmi vedere?»
Malik, sempre appoggiandosi a lei, la guidò nella
stanza in fondo al corridoio buio. Nella parete di destra, illuminato da delle
fiaccole permanenti, si trovava il famoso bassorilievo con le carte delle
Divinità Egizie. «Il sacerdote… che… combatte… contro… il… Faraone… E’ Kaiba…»
Miyon, osservando il disegno tra le sottili lingue
di fuoco, spalancò gli occhi, quasi sconvolta. Lasciò immediatamente Malik,
così veloce che lui rischiò di farsi male per la caduta, se non avesse avuto i riflessi pronti di tenersi con i palmi delle
mani, che tuttavia si sbucciarono per la botta presa contro il pavimento di
pietra, ormai rovinato dai lunghi secoli. Lei appoggiò la
mani sul bassorilievo, facendo scorrere le dita tra quelle forme.
Sentiva la gola secca, come se qualcosa le avesse aspirato
via tutta la saliva che cercava di produrre mordendosi le labbra carnose. «Io…
Ho visto questa scena…» disse infine.
«Da… vero?» Malik appoggiò una mano alla testa, che
doleva terribilmente come se una folla intera gli stesse urlando nelle
orecchie. «Da dove…?»
Miyon scosse la testa. Era stato tutto così… troppo
rapido! Era colpa di Malik, che non era riuscito a resistere. Ma più probabilmente era colpa sua, che si era distratta
quando aveva tentato i labirinti per la prima volta. «Ascolta. Kaiba…»
«Ti… prego…» Malik si sdraiò a terra. «Portami… in…
camera…» Gli occhi bruciavano come le fiaccole che illuminavano il bassorilievo,
e lacrimavano come l’acqua corrente che esce dai rubinetti, tanto che lui non
riusciva a tenerli aperti. Tossì, per la fatica che faceva a respirare. Il
dolore in testa andava pian piano crescendo, accompagnato da fitte che
colpivano indistintamente l’addome e la schiena. I muscoli delle gambe e delle
braccia iniziarono a formicolare. Stava iniziando a non sentirli più.
«Oddio! Non morire!» esclamò Miyon agitata,
chinandosi su di lui. «Ti porto subito a letto» E ancora una volta, aveva
rischiato di ferire qualcuno per la sua totale insensibilità.
***
«Ti senti meglio?» fu la prima cosa che disse Kaiba,
abbassando il giornale che stava leggendo, comodamente seduto sulla poltrona
del salotto, con i piedi appoggiati sul basso tavolino davanti a lui.
«Pe-perchè?» Miyon, ancora
sulla soglia della porta, avvampò, poiché aveva appena lasciato Malik
addormentato nel suo letto, e questo significava che non era lei a stare male.
«Mi hanno detto che hai avuto… dei problemi» rispose
lui, ritornando a guardare il giornale.
«Oh, si…» Bene, così si divertivano tutti a
raccontare in giro che le erano venute le mestruazioni. Ma
che bravi! «Non era niente di che…» Entrò e si sedette sul divano, scoccando
uno sguardo all’orologio. Erano appena le cinque. «Senti… Ho saputo che anche
tu… Sei una reincarnazione…» Si stropicciò leggermente le mani.
«Anche tu?» ripetè Kaiba, piegando precisamente il giornale e
gettandolo sul tavolo. «Così hanno raccontato anche a te tutte quelle cavolate sul
passato…»
«Raccontato è una parola grossa» Miyon cercò di
pettinarsi i capelli usando le dita come denti del pettine. «Pensi che non sia
vero?»
Kaiba alzò le spalle. «Non ne ho idea, ma non mi
riguarda affatto» Rimise le gambe a terra. «Figurati se mi interessa
una cosa vecchia di 3000 anni!» Rimase per un poco a fissarla con i suoi occhi
blu cielo. «Tu, invece? Sei come Yuugi? Cerchi la tua memoria passata?»
Miyon riflettè prima di
rispondere. «SherlockHolmes
diceva che, per lui e per il suo lavoro, non cambiava nulla se la terra girava
attorno al sole o viceversa» disse lentamente. «Per me è lo stesso. Qualunque
cosa io sia stata in passato, per ciò che voglio
diventare, non ha alcuna importanza»
Lui sorrise soddisfatto. «Perché
ti tormenti, allora?»
«Perché Yami mi manda in
bestia» rispose lei, stringendo i pugni. «Ho idea che, finché non scoprirò cos’è
accaduto fra me e lui 3000 anni fa, non verrò a capo
di nulla» Sospirò arrabbiata. «Solo che lui…»
«Credo che troverai da sola la soluzione per
convincerlo a parlarti di nuovo» Kaiba si alzò, sistemandosi per bene la sua
giacca bianca. «Dopotutto, è stato dentro di te per un po’»
«Già…» I pensieri di Miyon corsero veloci come lo Shinkansen sui binari della sua mente. «Senti,
Kaiba, facciamo una scommessa» Si alzò, sorridendo alla sua espressione
stupita. «Se riesco a laurearmi entro il tempo
prestabilito e senza scendere sotto il voto 28 a tutti gli esami, mi prendi a
lavorare nella tua azienda?»
Kaiba riflettè. Era pazza
o parlava sul serio? «E’ una sfida?»
«Direi» sorrise lei.
«Allora, io la renderei più interessante…» Le si avvicinò, prendendole la mano e poggiando l’indice sul
palmo. «Oltre a questo… Se tu non prendessi 30, a tutti gli esami… Se ne
mancassi anche solo uno… Allora, dovrai sposarmi»
Invece di arrossire, lei lo fissò sconvolta, ma sul
punto di mettersi a ridere. «E sia» accettò. «Ma non so se ti convenga»
«Questo si vedrà» sorrise lui, lasciandole la mano e
uscendo dalla stanza.
Miyon rimase a fissarsi il palmo, dove lui aveva
appoggiato il dito. «Ma cosa ho fatto?» si domandò.
Era impazzita per tutto quello che era successo, non potevano
esserci altre spiegazioni. Scosse la testa. Ormai era fatta. D’altronde,
l’università era ancora abbastanza lontana e avrebbe avuto
modo di pensarci in futuro. Adesso, aveva il presente. E
il presente significava il problema di Yami. «Kaiba ha detto che io troverò la
soluzione… La fa facile…»
La sua attenzione fu attratta dalla valigia di ferro
che sempre Kaiba si portava dietro, quasi fosse il suo gemello siamese. Strano
che l’avesse lasciata incustodita… Curiosa, si
avvicinò e la aprì. Conteneva tutte le sue carte di M&W
e il Duel Disk. «Ma certo!
Un duello!» Come aveva fatto a non pensarci prima! Iniziò a scorrere con lo sguardo tutte quelle carte colorate, per scegliere il suo
deck.
«Kuribo»
Non conosceva le regole, ma sapeva che servivano 40
carte, in parte mostro, in parte magia e in parte trappola. Inoltre, sapeva che
i mostri di alto livello esigevano dei sacrifici. Sul
resto, però, aveva buio assoluto.
«Black Magician Girl»
Avrebbe sicuramente trovato qualcuno che le avrebbe spiegato le regole, magari Kaiba stesso. I principianti,
generalmente, non hanno la fortuna di vincere sempre? Bene, lei avrebbe sfidato
Yami e, se avesse vinto, lui sarebbe stato costretto a raccontarle tutto. In
fondo, un duellante non poteva sottrarsi a una sfida,
vero?
«Magic Cilinder»
Lei non stava facendo nulla di male. Certo, si
sentiva una ladra, ma poi avrebbe restituito tutto. E Kaiba, ne
era sicura, non aveva lasciato la valigia sola in quella stanza a caso.
Osservò compiaciuta il Duel Disk. No,
per la prima volta era meglio un gioco tradizionale, sebbene morisse dalla
voglia di provare quel meraviglioso congegno elettronico. Chi sa, forse
un giorno anche lei ne avrebbe costruito uno simile.
«Magicalhats»
Yami avrebbe dovuto parlare, oh, si, e spiegarle
tutto. Non potevano andare avanti così. Lei voleva solo aiutarlo. Voleva essere… Voleva essere sua amica. E
un’amica con la A maiuscola, questa volta, non com’era successo in precedenza.
Voleva rischiare. Con l’eccitazione di questo pensiero in testa, continuò a
scegliere velocemente le carte, per istinto.
«Black Magician»
***
«Mou hitori non boku…» Yuugi aprì lentamente uno sportello in legno della cucina per prendere una bottiglia d’acqua.
«Sarai anche il re dei giochi, ma a inventare scuse
non sei proprio capace» Aprì l’anta in vetro della credenza, dov’erano
custoditi i bicchieri di porcellana. «Mi spieghi per bene
cos’è successo?»
«Non era una
scusa» Yami
si sedette su una delle sedie, appoggiando il gomito sul tavolo di granito,
tenendosi la testa. Lo sguardo si perdeva oltre la porta che dava sul corridoio
buio. La tormenta che andava placandosi faceva ancora sentire i suoi deboli
sospiri oltre la finestra sbarrata. «Te
l’ho detto, dato che non mi piacciono gli addii,
pensavo che se l’avessi ignorata per lei sarebbe stato meno duro…»
«Uhm…» Yuugi versò l’acqua nel bicchiere, mentre
scuoteva decisamente la testa. Aveva trascorso solo
una settimana lontano da lui. Era bastato così poco, perché Yami decidesse di
non confidarsi più? Gli aveva raccontato tutto di ciò che avevano
fatto lui e Miyon, ma ancora non gli aveva spiegato perché avevano litigato.
«Non ha funzionato, però…» Bevve fino a lasciare lungo le pareti marroncine del bicchiere sottili goccioline trasparenti,
simili a diamanti che spuntano fra le pieghe delle miniere.
«Pare di no…» Yami tirò uno
sospiro profondo, senza staccare lo sguardo dalla porta.
«Senti, parliamo chiaramente»
Yuugi battè un piede sulla piastrella beige del
pavimento. Non poteva esservi che un’unica spiegazione. Stavolta, avrebbe
voluto saperlo in tempo, non come a Battle City,
quando si era ritrovato per caso nella lotta per ritrovare la memoria scomparsa
del suo alter-ego. Ormai, Yami avrebbe dovuto capire
che, qualunque cosa fosse successa, lui sarebbe stato dalla sua parte. «Sei innamorato di quella ragazza?»
Yami si voltò verso di lui con uno sguardo stupito. «No» Innamorato di Miyon? Magari! Questo
avrebbe reso la situazione più semplice. Il tono sincero e semplice in cui lo
disse non lasciò dubbi sulla verità, spiazzando Yuugi che credeva di aver
risolto il problema.
«Allora…» Si avvicinò, appoggiando il bordo del
bicchiere, nuovamente pieno, alle labbra. «Insomma, cosa c’è? Se posso aiutarti…»
«Scusami» Yami scosse la testa,
vedendo il suo viso preoccupato. «La
verità è che… Mou hitori no
Bakura mi ha detto… una cosa»
Il volto di Yuugi si incupì,
sentendo nominare lo spirito dell’anello. Ciò che diceva era, generalmente,
vero, ma nessun sapeva se fidarsi di lui oppure no.
In ogni caso, parlare con lui era qualcosa che lo faceva turbare profondamente.
«Una cosa… Su Minaguchi?»
«Non solo» Yami tirò le labbra carnose
all’indietro, mentre si appoggiava con la mano allo schienale della sedia. «E’ difficile… Riguarda
anche me…»
«Allora devi dirmela!» Yuugi gettò con veloce
noncuranza il bicchiere sul tavolo, rischiando di rovesciarlo, e vi avvicinò
quasi fino a far sfiorare i loro visi. «Voglio saperlo»
«Non ora» Yami scostò lo sguardo. «Non ora»ripetè, scomparendo e rifugiandosi nella sua stanza
dell’anima, per chiudere ogni possibile contatto.
Yuugi si accasciò sulla sedia, sospirando
tristemente. Questa mancanza di fiducia che Yami aveva nei suoi confronti lo rendeva sempre infelice. Il problema era che
cercava sempre di non ferirlo e, così facendo, rischiava di peggiorare la
situazione. Paradossale. Terribile e paradossale. «Mou
hitori no boku…» singhiozzò, cercando di trattenere
le lacrime. Avrebbe accettato di tutto. In fondo, aveva il sospetto che, una
volta ritrovata la memoria, Yami se ne sarebbe andato. Eppure,
lui si era forse opposto alla sua decisione? Gli aveva impedito di combattere?
No, certo che no. E adesso, nonostante tutto, lui, ancora… «Perché?»
Con un piccolo tac, l’interruttore della cucina si
accese, spandendo intorno i sottili raggi che
provenivano dalla piccola lampadina che fungeva da lampadario. «Che succede, piccolo re?» mormorò dolcemente Bakura. «Chi
ti ha fatto piangere?»
Immediatamente, Yuugi si passò la manica della
giacca blu sugli occhi, fino ad asciugarseli completamente. «Non stavo
piangendo» rispose arrabbiato.
Bakura si finse sorpreso. «No?» Gli si avvicinò e
gli afferrò le guance con una mano. «Hai gli occhi rossi…»
Yuugi si staccò di scatto, facendo cadere con
fracasso la sedia su cui era seduto un secondo prima.
Come odiava quel suo tono viscido.
«Quanta fretta…» sorrise Bakura incrociando le
braccia.
Guardandolo di sottecchi, Yuugi rimise in piedi la
sedia, sistemandola per bene accanto al tavolo. «E’ colpa tua» mormorò
lentamente. «Cos’hai detto a mou
hitori no boku?»
Bakura alzò le spalle. «Solo la verità»
«Chi può dirlo?» disse Yuugi,
sempre sulla difensiva. «Però, puoi riferirla anche a me…»
«Oh, vuoi saperlo?» Lo spirito
sorrise sardonico. «Non credo che ti convenga, lo dico anche per il tuo
bene…»
«Non fai mai niente se non hai il tuo tornaconto» ribattè Yuugi. «Perciò, vorrei sapere perché mou hitori no boku può conoscere
questo e io no…»
L’anello millenario si illuminò
leggermente, indicando la porta del corridoio buio. Bakura vi scoccò
un’occhiata. «Bene, adesso lo saprai» disse con un tono di voce che non
prometteva nulla di buono.
Yuugi fece istintivamente un
passo indietro, inutilmente. Con due passi, visto che
era più alto di lui, Bakura lo raggiunse e lo afferrò per un braccio. «Che stai facendo?! Lasciam-» Gli
mise una mano sulla bocca e lo trascinò, nonostante le resistenze, fino al piccolo
stanzino delle provviste che si trovava accanto alla credenza. Ve lo gettò
dentro senza troppe gentilezze e chiuse la porta con un colpo netto, girando la
chiave nella serratura.
Dolorante, Yuugi si rimise in
piedi, cercando di liberarsi dal leggero strato di polvere che aveva alzato
nella caduta.
«Aprimi!» Si appoggiò con i palmi alla porta inesorabilmente chiusa. «Non è
divertente!»
«Non deve esserlo» Bakura diede due colpi alla porta
con le nocche. «Conviene anche a te rimanere lì dentro»
«Mou hitori noboku…» Yuugi si appoggiò
totalmente alla porta, cercando di impedire alle lacrime di uscire. Possibile
che avesse sempre bisogno di lui? Possibile che non fosse in grado di cavarsela
da solo? Era proprio un incapace, e tale si sentiva. Meglio che niente, comunque.
«Bakura! Apri immediatamente questa porta!» Yami si
riprese e tirò un forte pugno sull’uscio, che tremò senza tuttavia liberarlo.
«Giusto tu, Faraone» disse Bakura allontanandosi
leggermente. «C’è un’altra cosuccia che devi sapere su Miyon Minaguchi…»
«Un’altra?» Istintivamente, Yami divenne sospettoso.
«Un’altra» confermò Bakura. «E non so se sarà
piacevole come la prima»
«Yuugi? Sei qui?» In quel preciso momento, Miyon
entrò in cucina, spegnendo la luce del corridoio. «Oh!» esclamò quando vide
invece Bakura. «Hai… Hai per caso visto Yuugi? I suoi
amici mi avevano detto che era venuto a bere in cucina»
«E’ andato via poco fa» rispose lui, ignorando le
strane occhiate che lei scoccava al bicchiere ancora pieno appoggiato sul
tavolino. Yami stava per tirare un altro pugno alla porta per manifestare la
sua presenza, allorché Bakura aggiunse «è divertente vedere come fingi di non
conoscermi, sai?»
«Che vuol dire, fingere?»
si domandò Yami.
«Minaguchi… E Mou hitori no Bakura si conoscono?» si stupì Yuugi. Yami non rispose, ma appoggiò
delicatamente la mano sulla porta, cercando di ascoltare le voci che
provenivano attutite al suo orecchio per via del legno che li separava.
«Ti sei forse dimenticata di me?» domandò ancora Bakura,
vedendo che lei rimaneva immobile.
«Purtroppo, no» replicò finalmente Miyon, acida. «Ma
facciamo di si, così siamo tutti più contenti» Fece
per andarsene, ma lui fu più rapido e le bloccò la porta per il corridoio.
«Facciamo anche di no» le disse, mentre lei
indietreggiava. «Parliamo dell’ultima volta che ci siamo visti…»
Reviews:
Jemei: ^///^ Grazie dei
complimenti, mi fa piacere che ti piaccia ^^ Si, di WilburSmith ho letto solo quei
tre libri sull’Egitto (Figli del Nilo, Il Settimo papiro e Il dio del fiume,
faccio confusione su quale vada prima però ^^’’), anche se sto progettando di
leggerne altri… E’ che dovevo documentarmi sull’Egitto, quindi niente di meglio
che leggere da autori più esperti ^^ Sono veramente belli, non trovi? Certo, la storia è un “pochino” travisata, ma
l’ambientazione è perfetta e poi le vicende sono molto belle ^^ Attraggono,
questa è la parola. Bye ^^
VallyBeffy: Sono onorata che tu abbia
deciso di leggere la mia storia per prima ^///^ Mi fa piacere che ti piaccia (dico sempre le solite cose, non farci caso…^^’’)
Non preoccuparti, anch’io tendo a dimenticare le storie…^^’’ Per questo
preferisco aggiornare sempre lo stesso giorno della settimana, almeno per chi
legge è più facile ritrovarla e non deve aspettare nemmeno tanto ^^ Questa
storia l’aggiorno ogni venerdì, quindi se sei interessata ^^ Mi piacerebbe
avere ancora la tua opinione ^^
Kelly: Allora, com’è andato
l’esame? Spero tutto bene ^^ Sinceramente, il Settimo Papiro dei tre è quello
che mi è piaciuto di meno, ma soltanto perché era ambientato
“ai giorni nostri”, mentre, secondo me, la sua abilità sono proprio le storie
storiche, anche se, in parte, tende a travisare la storia... Ma sono belli
comunque ^_^ Per quanto riguarda la storia, lo so che sono cattiva, ma il bello
sta proprio nella suspence… ^^ E guarda che finora ci
sono tutti gli elementi per capire chi Myon sia!
Basta saperli interpretare ^_- Alla prossima ^^
Ayu-chan: Si, sono davvero talmente
belli che li rileggi volentieri ^^ Ci sono anche nell’altro, solo che io faccio
confusione coi nomi e non ricordo mai qual è il primo
e qual’è l’ultimo ^^’’ Anche perché i titoli sono
simili!! Però mi sembrava che Taitabevesse una roba strana e poi andasse in trance
o qualcosa di simile… Poi mi saprai dire. Jono non è proprio una cima, bisogna
ammetterlo -.-’’ Ma il personaggio peggiore rimane Anzu… Come ha detto una
persona una volta, è un personaggio che, sia che ci sia o che non ci sia, fa lo
stesso ^^’’ Io ho già pronti i documenti falsi da fargli firmare, tanto noi
possiamo stare tranquille che incolperà Pegasus (ho copiato la firma :-P) del
falso in bilancio, quindi potremo andarcene alla Hawaii senza problemi ^_- Alla
prossima, sperando prima o poi di beccarci in chat!
^^
Phoenix: Io di WilburSmith ho letto solo i tre sull’Egitto (tra cui appunto
“Figli del Nilo”, veramente bello… Anche se non ricordo se sia il primo o il
terzo, faccio confusione coi nomi ^^’’ tanto sono
belli entrambi!), ma ho in mente di leggerne anche altri perché il suo stile mi
piace davvero tanto! Per quanto riguarda i labirinti, li avevo letti anche in
una fic in inglese (prima di leggere i libri), perciò
non so proprio... vabbè, facciamo che esistevano ^^
Certo che si drogavano, altrimenti, secondo te, tutte quelle storie pazze sugli dei, da dove le tiravano fuori?! Non potevano essere del tutto sani! ^^’’ Mi fa piacere che la
storia ti piaccia ancora ^^ Bye ^^
Viky: Non preoccuparti per la
recensione all’altro capitolo, spero piuttosto che tu ti sia divertita in
vacanza! Grazie per la recensione di questo, piuttosto ^^ La
moglie, dici? Potrebbe essere, chi lo sa! ^_-
JalyChan:
Anch’io soffro il mal di mare ç_ç E dire che il mio
sogno fin da bambina è fare una crociera sul mediterraneo… ^^’’ In compenso mi
trasferirò alle Hawaii, non appena (ne approfitto
anch’io finché lui è al lavoro ^^) riesco a trasferire tutti i soldi della
Kaiba Corporation in un conto svizzero a mio nome…
(perché ho l’impressione che qualcuno stia parlando di me? N.d.Seto) Perché sei il solito egocentrico… ù_ù Non è che noi abbiamo tempo da perdere a parlare di te…
(uhm… N.d.Seto molto sospettoso) Credo che la
minaccia di uno yaoi Seto/Jono sia la più terribile,
specialmente ora che è in crisi per il furto della società…^^’’ Povero… Però si
deve sbrigare a riprenderla, sennò come faccio io a rubargli i soldi?! Malik mi
ha pagato chiaramente per avere una parte migliore in questa fic… Non so dove abbia trovato i soldi, probabilmente li ha
rubati (non è vero! Ho solo vinto alla lotteria! N.d.Malik Perché non trovo più il mio portafoglio? N.d.Isis Ehm…^^’’ N.d.Malik) Appunto…-.-’’ Yuugi invece non aveva un euro da
darmi, perciò niente (non è colpa mia se mio nonno spende tutti i soldi in
riviste pornografiche…ç_çN.d.Yuugi)
Nemmeno mia, se è per questo… Nella maggior parte delle fic
che non siano su di lui, Jono viene contraddistinto per due caratteristiche,
l’idiozia e l’appetito ^^’’ Ci piace ricordarlo così… (la realtà è che a te
piace Kaiba, quindi dai retta a tutto quello che dice lui…ç_çN.d.Jono) Chiamami scema…^^’’ Secondo me, Miyon è
sicuramente la suocera (e perché mai? N.d.Yami)
perché si sa che le suocere sono insopportabili e ora ti stai vendicando di
quello che ti ha fatto in passato portandole sfiga (la finiamo con questa
storia? ç_ç I miei fan finiranno per crederci
davvero… N.d.Yami) Grazie per i complimenti (^///^),
ma come vedi bisognerà aspettare ancora un po’ per sapere con certezza chi sia
Miyon…^_- Grazia anche per la recensione alla storia di Conan,
mi fa piacere che anche la fine ti sia piaciuta ^///^ Alla prossima ^^
Per qualche minuto, nella stanza illuminata da una tenue lampadina,
regnò il silenzio incontrastato
Miyon e Bakura
Per qualche minuto, nella stanza illuminata da una
tenue lampadina, regnò il silenzio incontrastato. Poi, la tempesta che
infuriava sempre meno si fece nuovamente sentire e, con essa,
i respiri forzati dei due ragazzi.
Miyon toccò con i palmi delle mani il freddo
tavolino in granito. «Sinceramente, non ho proprio voglia di parlarne. Né adesso, né mai» Non poteva indietreggiare più di così.
«Adesso fammi passare, devo trovare Yuugi»
«E’ tipico» scosse i lunghi capelli Bakura. «Quando qualcosa ti dà fastidio, invece di affrontarla,
scappi. Proprio come l’ultima volta»
«Ancora?!» Lei stava iniziando ad arrabbiarsi. «Me
ne fotto di quello che è
successo l’altra volta. E soprattutto, sei l’ultima persona che possa farmi la morale!» Sbuffò. «Se solo avessi saputo che
c’eri anche tu, mi sarei guardata bene dal venire»
«Sai cosa penso?» Bakura si allontanò dalla porta
verso di lei. «Che te la prendi con me per evitare di
prendertela con te stessa» Vedendo che lei fuggiva il suo sguardo, aggiunse
«non è forse così?»
Miyon non rispose. Si limitò ad osservarlo con occhi
ardenti di rabbia repressa.
«Oh, no, non può essere così…» continuò dolcemente
lui, poggiando le mani sul tavolino, circondandola. «Tu non provi niente per
nessuno, quindi non puoi sentirti in colpa… Tu hai sempre pensato solo a te
stessa…» Sorrise. «Sei stata con me finchè ti faceva
comodo, ma appena hai trovato qualcosa di meglio, come la Sasaki,
non ci hai messo molto a-»
«Stupido!» Miyon lo schiaffeggiò con tutta la forza
che aveva e si allontanò immediatamente da lui, nascondendo gli occhi già fin
troppo rossi di pianto.
Da dietro la porta, Yami sobbalzò. Aveva sentito
bene, o si era trattato di un errore delle sue orecchie, per via di quei suoni
troppo lontani? Miyon e Bakura non solo si conoscevano, ma stavano anche
insieme… No, non poteva essere!
«Allora dimmela tu, qual è
la verità» disse duramente Bakura, massaggiandosi la guancia.
«Perché non mi hai mai
detto…» mormorò lentamente lei. «Che eri uno spirito?»
«Come?» Per la prima volta dall’inizio di questa
storia, lui rimase sorpreso.
«La Sasaki era solo una
scusa!» gridò Miyon voltandosi. «Io credevo che tu fossi psicolabile o qualcosa
del genere!» Prese fiato, ancora arrabbiata. «Certe volte sembravi un altro
che… Bè, eri un altro! Insomma, sembravi pazzo»
Pausa. «Lo eri, credo, e lo sei tuttora»
«Stai dicendo che non mi avresti
lasciato, con tutto quello che avevi visto?» chiese lui con un ghigno
ironico. «Ma non farmi ridere!»
Ancora una volta, Miyon non rispose. Abbassò però la
mano all’altezza dell’addome. Tutta quella agitazione
le stava facendo venire nuovamente mal di pancia, unito ad un calore
insopportabile e a un bruciore agli occhi che derivava dagli esperimenti di
prima.
«Cosa succede?»
Bakura si girò verso la porta. «Niente, Malik»
replicò acido, arrabbiato con sé stesso per non essersi nemmeno accorto che
qualcuno stava arrivando nel corridoio. «Una questione tra me e la mia ex»
«La tua ex?» ripetè a voce
bassa Malik, entrando nella cucina.
«Si, esatto» rispose Bakura contrariato. «Niente che
ti interessi»
Malik si voltò verso Miyon, che distolse lo sguardo,
arrossendo per l’imbarazzo. «Tutto ciò che succede nella *mia* casa mi interessa» ribattè allora,
all’indirizzo del suo “amico”.
«Mi sembri stanco» disse Bakura cambiando argomento.
«Hai percorso i labirinti di Amon-Ra?»
«Anche se fosse?» Malik
abbassò gli occhi rossi, strofinandoseli per far calmare il bruciore e le
lacrime che ne derivavano. «Avanti, dimmi tutto»
Bakura tornò a fissare Miyon. «Perché
non glielo spieghi tu?» sorrise al suo sguardo aggressivo.
«Stavate davvero insieme?» chiese Malik incredulo.
Lei continuò a rifiutarsi di guardarli. «Che ne sapevo io…» brontolò.
«Allora, è vero?» Questa conferma ebbe l’effetto di
un fulmine durante un temporale violento su un povero albero che offre riparo
durante le afose giornate, sia nella mente di Malik che in quella di Yami, che
continuava ad ascoltare da dietro la porta. Il primo, però, sembrava ancora
incredulo.
«Si, si, è vero!» Miyon finì per arrabbiarsi anche
con lui. «Il nostro è stato… Una specie di colpo di fulmine…»
«Dai, seguimi» chiamò Miyon, sistemandosi la gonna
alla marinaretta che teneva più lunga del necessario,
tanto per essere anticonformista. «E sbrigati» Iniziò
a camminare nel corridoio, indicando semplicemente le varie stanze. «Aula di
musica, aula di chimica…» Ogni tanto si massaggiava istericamente la ciocca
bionda dei capelli corti da maschio, che le veniva davanti ad infastidirla.
Come odiava quel compito che le era stato assegnato! «…Aula di scienze,
biblioteca…» Accidenti a lei e a quando l’avevano eletta capoclasse! Adesso, se
si fosse tirata indietro, non avrebbe dovuto fare da guida turistica a quel ragazzino
che si era appena trasferito nella sua classe, la seconda B della scuola media Miyonu… Com’è che si chiamava? Ryou Bakura…? Forse. Non che le importasse poi molto.
Ad un certo punto, il ragazzo che la seguiva
arrancando si fermò, indicando la sua presenza con un leggero battito di mani.
«Senti, carina» le disse. «Questa visita infastidisce più me che te, credimi»
Lei si voltò per fissarlo duramente nei suoi occhi
nocciola. «Carina ci chiami tua sorella» Poi alzò le spalle. «Bene, visto che non ti interessa, possiamo anche finirla qui,
basta che tu non vada a rompere con la prof…»
«Non farò proprio niente…» Lui si stiracchiò un po’.
«Visto che abbiamo risparmiato del tempo nella nostra
corta vita, ti va di andare da qualche parte insieme?»
«Sala giochi?» chiese Miyon senza scomporsi. In quel
luogo, ci sarebbe andata anche con il diavolo, probabilmente.
«Vada per la sala giochi» acconsentì lui
affiancandosi a lei. «Io sono Bakura, credo che tu te lo sia già dimenticato…»
«Figuriamoci» protestò Miyon con aria altezzosa.
«Piuttosto, credo che tu abbia dimenticato in classe la cartella…»
«Che me la rubino, per quello
che c’è dentro…» Certo, rubare a lui, un profanatore di tombe, sarebbe proprio
stata una cosa divertente. «Non m’importa… Tu, piuttosto, come ti chiami?»
«Minaguchi» Vedendo che
lui continuava a d aspettare, aggiunse «Miyon»
«E’ successo così…» Miyon incrociò le braccia sul
petto. «Per i primi tempi, è andato tutto bene… Cioè,
aveva degli atteggiamenti strani, ma nulla di…»
«Vai avanti» dissero insieme Bakura e Malik, il
primo interessato a conoscere i fatti dalla prospettiva di
lei, il secondo interessato a conoscere i fatti e basta. O meglio, per sapere se fra loro due ci fosse ancora
qualcosa oppure no.
«Sei libero oggi?» Miyon si
sporse leggermente, sorridendo, con una mano appoggiata alla sua spalla e una
sul suo banco freddo.
Bakura la guardò stupito con i suoi occhi azzurri.
La capoclasse che gli dava tanta confidenza? «Come?» Certo, giravano delle
strane voci su loro due, ma… Perché avrebbe dovuto metterle in giro proprio
lei?
Anche sul volto di Miyon comparve
la stessa espressione. Era strano. Sembrava quasi che lui non la riconoscesse.
«Allora?»
Bakura abbassò lo sguardo, tenendosi la fronte con la
mano destra. «Un leggero capogiro» disse rialzandosi. «Certo che sono libero»
«Ah, bene…» sospirò leggermente lei, un poco preoccupata. «Pensavo di fare un salto a quella
fiera sulle novità tecnologiche…»
«Si, ti accompagno volentieri» Si grattò la testa.
«Sai, però, preferirei essere io a invitarti fuori,
non viceversa»
«Perché mai?» chiese Miyon
staccandosi da lui.
«Perché, anche se non
discrimino le donne» rispose Bakura con un’espressione seria che gli si
addiceva poco.
«Ritengo che debbano essere gli uomini ad avere l’iniziativa»
Lei scoppiò a ridere. «D’accordo, fa un po’ come
vuoi!»
«Insomma, aveva questi atteggiamenti un po’ strani…»
spiegò Miyon. «Certe volte mi sembrava un altro, non mi riconosceva, sembrava
essersi dimenticato tutto di noi…» Scoccò uno sguardo eloquente al diretto
interessato. «Certo, adesso conosco il perché…» Tornò a guardare altrove. «Su
di lui giravano delle strane voci, ma io mi rifiutavo di ascoltarle…
Generalmente, credo solo a quello che vedo» Sospirò.
«Bakura non era un bravo ragazzo…»
«Stai dando tutta la colpa a me!» intervenne lui.
Lei lo fulminò con lo sguardo. «Hai la coda di
paglia! Mi risulta che io non ti abbia mai biasimato
per questo, o sbaglio?!»
Bakura assunse un’espressione tra l’arrabbiato e il
mortificato. «Uhm…»
Malik si appoggiò alla parete. Era ancora molto
debilitato per la faccenda del labirinto. «In poche parole, eri così innamorata
che ti rifiutavi di vedere la situazione…» mormorò tristemente.
«Si…» esalò Miyon, lasciando che le ciocche nere e
bionde gli coprissero gli occhi, viola e umidi. «Poi, però…»
«Poi, però…?» incalzò Bakura.
«Ehi!» Miyon si fece largo tra la folla di ragazze e
ragazzi, vestiti con la sua stessa divisa della scuola media, fino a raggiungerlo.
«Dove te ne stavi andando? Devi accompagnarmi allochatcafè, non ricordi?»
Bakura teneva lo sguardo azzurro basso. «Senti, Minaguchi…» La guardò serio, sospirando. «Credo che
dovresti smetterla di tormentarmi. Ci sono già abbastanza voci su di me senza
aggiungerne altre…»
«Scusa?» si accigliò lei. «Vuoi dire che preferisci
che sparlino del fatto, falso, che mandi in coma la gente piuttosto che del
fatto, vero, che stiamo assieme?» Si voltò di scattò
rischiando di far scivolare la cartella che teneva appesa ad una spalla sola.
«Bene, in questo caso posso anche andarmene!»
«Aspetta!» Lui la bloccò afferrandola per un
braccio. «Stavo solo scherzando!»
«Non era divertente!» Lei lo guardò malissimo.
«Come sei suscettibile…» Bakura alzò le spalle,
mentre passava un dito nella giacca della divisa blu, per aprirla alla moda dei
teppistelli. «D’accordo, non lo faccio più…»
«Diceva sempre così, ma poi capitavano sempre quei
momenti in cui era…» Miyon pensò a qualcosa che non potesse offendere troppo il
vero Bakura. «…noioso, serio e giudizioso. I momenti in cui
non era più lui» Sospirò a fondo. «Insomma, ho avuto paura. Voi non
avete mai paura?» Le lacrime rischiarono di uscirle e lei si morse il labbro
mentre si strofinava gli occhi
«Prima, mi hai detto che la paura è il peggiore dei
mali…» disse leggermente Malik, alzando un braccio nel tentativo di
avvicinarsi. Lo sguardo che gli scoccò Bakura lo fece desistere.
«E’ vero… L’ho imparato
sulla mia pelle…» singhiozzò Miyon. «N-non sono
riuscita a…» Il dolore spirituale dei ricordi acuiva quello fisico delle
mestruazioni.
«Avanti, dillo!» urlò Bakura per farsi sentire anche
da uno sconvolto Yami, “nascosto” nello stanzino. «Altrimenti lo farò io! E la mia versione non ti piacerà!»
Miyon alzò una mano, chiusa a pugno, per bussare
alla porta. Esitò un attimo. Era davvero sicura di quello che stava facendo?
«Oh, al diavolo!» bussò. Aveva deciso di lasciarlo e così doveva essere. Alla Sasaki si sarebbe certamente trovato qualcun altro, magari
anche ricco. Non importava, ma sentiva che non poteva più rimanere accanto a
lui.
«Minaguchi» chiamò un
ragazzo dai capelli biondi, aprendo leggermente la porta.
«Iazawa?» si stupì lei,
sbattendo le palpebre. «Ma… Bakura?»
«Vieni dentro» disse lui facendole segno. «Stiamo
giocando a Monster World»
Titubante, Miyon entrò. Seduti da un lato del
tavolo, accanto alla sedia vuota di Iazawa, si
trovavano un altro ragazzo e una ragazza, che la salutarono
allegramente. «Ci sono anche Sakuramazu e Kiryo…»
Bakura, che si trovava seduto dall’altra parte del
tavolo, si alzò e si diresse verso di lei. «Non ti aspettavo» ammise.
Iazawa li lasciò soli all’ingresso,
tornando dagli altri due. «Andiamo a preparare una strategia contro Zork»
«Avrei bisogno di parlarti…» disse lentamente Miyon,
stringendo fra le mani sudate la sua cartella di scuola. «In privato» Scoccò di
traverso un’occhiata ai tre amici.
«Proprio adesso?» Bakura alzò un sopracciglio. «Perché non ti unisci a noi? Puoi dirmi tutto quando avremo finito…»
«Veramente…» Lei adocchiò il tavolo da gioco. Le
piacevano gli RPG e aveva sentito parlare così bene di
quel Monster World, in cui Bakura era un vero
esperto…
«Dai, Minaguchi!» la
chiamò la ragazza, sistemandosi uno dei alti codini
neri dietro la spalla. «Non avrai paura?»
«Paura di che, Sakuramazu?»
si accigliò Miyon.
«Di quello che dicono su
Bakura» aggiunse il ragazzo dai capelli castani e ricci. «Chiunque abbia giocato con
lui a Monster World, è finito in coma»
«Kiryo…» lo ammonì
severamente Bakura.
«Non ho affatto paura» ribattè
Miyon, superando il ragazzo dai capelli bianchi e avvicinandosi al tavolo.
«Gioco» Appoggiò la borsa ad un lato del tavolo e afferrò una sedia, sedendosi
accanto aIazawa.
Bakura prese un foglio dal cassetto. «Adesso, devi
decidere il tuo personaggio» Avvicinandosi per passarglielo, gli sussurrò «non
c’è bisogno di un comizio privato per dirmi che hai passato l’esame alla Sasaki»
«Non è solo quello» mormorò debolmente lei,
prendendo il foglio. I tre ragazzi iniziarono a darle dei consigli, mentre
Bakura le andava a prendere una pedina. «Okay, ho deciso»
Razza: Elfo
Mestiere: Stregone
Arma: Arco
Equipaggiamento: Frecce magiche
Velocità: 18
Intelligenza: 20
Forza: 5
Coraggio: 5
LV 1
HP 22
«Sei un elfo, come me» disse Kiryo.
«Io però sono un mercante»
«Ovviamente, tirchio come
sei» rise Sakuramazu. «Io invece sono una fata,
guarda che carina» Prese la sua pedina, mostrandola. Era una specie
di lei stessa in piccolo, con un vestitino rosato e leggere alette in
carta velina azzurrine, e un cappello a punta, rosa anche quello.
«Accidenti, ti somiglia» Miyon guardò quella pedina
quasi preoccupata.
«Io invece sono un Birdoteil» disse Iazawa
soddisfatto, indicando il suo personaggio. «Dato che sono quello più forte, farò il
leader»
«Sei forte, ma stupido»
intervenne Kiryo.
«Facciamo che c’è anarchia» stoppò ogni possibile
discussione Sakuramazu.
«Io invece sono il Dark
Master» disse Bakura, sporgendosi dall’altra parte del tavolo per passare a
Miyon la sua pedina.
«Sai come si gioca, vero?»
«Certo, visto che quando
usciamo non parli d’altro» cercò di scherzare lei, non riuscendoci poi troppo
bene. Senza nemmeno guardarla, la appoggiò accanto alle altre sul tavolo,
che aveva raffigurato un villaggio nell’angolo a destra, una foresta da
attraversare al centro e, in fondo, il castello del Dark Master. «Noi
siamo gli avventurieri che devono sconfiggerti. I dadi stabiliscono la potenza
dei nostri attacchi»
«Esatto» confermò Bakura.
Sakuramazu prese i dadi. «Tocca a me»
Mescolò leggermente i dadi a dieci facce e poi li lanciò, facendo venire 22.
«Riesco a sconfiggere il mostro che è spuntato dalla foresta?»
«Direi di si» confermò
Bakura osservando lo schermo del computer dov’erano riportati tutti i dati. «La
percentuale di questo mostro è del 30%»
La pedina della ragazza dai capelli neri alzò la bacchetta magica, distruggendo la pedina mostro con
un raggio azzurrino. «Evvai!»
Iazawa si sporse a guardare.
«Adesso cosa facciamo? Proseguiamo?»
«Per forza» disse Kiryo.
«Dobbiamo raggiungere il castello di Zork, il Dark
Master…»
«E questo?» Miyon indicò
una scritta sul quadrato del tavolo da gioco proprio davanti a loro. «Qual è
quella cosa che ingrassa quando piove ed è magra con il sole?» lesse.
«E’ un indovinello?» si domandò Sakuramazu.
Bakura appoggiò i gomiti sul tavolo, unendo le mani
come se pregasse. «Magari, vi suggerirà degli indizi…»
«La risposta è il torrente» disse tranquilla Miyon.
«Forse significa che dobbiamo attraversare la foresta navigando sul fiume…»
«Giusto!» esclamò Iazawa.
«C’è anche la barca» Prese la sua pedina e la avvicinò. Dal fondo del fiume,
prima che gli avventurieri potessero salire sulla barca, spuntò un mostro
simile a un serpente marino. «Lo sistemo io» Lanciò i
dadi, facendo venire 99.
«Ho visto…» lo guardò scettica Sakuramazu.
«Hai fatto uscire il numero maledetto…»
«Accidenti…» Iazawa si
grattò la testa. «Qual è la punizione prevista dal regolamento?»
Bakura si alzò lentamente. «Il trasferimento dell’anima»
disse pericolosamente. «MindDoll»
Una leggera luce penetrò attraverso la sua camicia bianca. Iazawa
si sentì come invaso da un vento gelido, poi perse la
sensibilità in tutte le parti del corpo. Con dolcezza, si accasciò lungo lo
schienale della sedia, piegando lateralmente la testa. Le iridi degli occhi, un
tempo azzurro cielo, erano diventate bianche, il bianco dei lenzuoli
dell’obitorio.
«Che… Che diavolo…?» Miyon,
seduta proprio accanto a lui, sobbalzò e, inconsciamente, si allontanò lievemente.
«Iazawa…?»
Sakuramazu, dall’altra parte si alzò e
iniziò a scuoterlo. «Iazawa! Iazawa!»
chiamò. «Insomma, che ti succede?!»
«Bakura…» mormorò leggermente Kiryo.
«Tu… Che cosa gli hai fatto…?»
«Mi ero dimenticato di dirvelo» Bakura si sedette,
sistemandosi i capelli bianchi dietro le spalle con noncuranza. «Questo RPG è
uno Yami no Game. Se il giocatore ottiene la pessima combinazione possibile, il
99, o se il Dark Master ottiene il punto critico, lo 00, l’anima
dell’avventuriero viene trasferita nella sua pedina…
Il gioco, quindi, può terminare sia con una sconfitta – dello Zork o degli avventurieri – oppure con il trasferimento
dell’anima di tutti i giocatori» Sul campo di battaglia, Iazawa
si guardava intorno, sconvolto. Era davvero diventato una
miniatura? Ma… Ma non poteva essere!
Bakura appoggiò il mento sul palmo della mano,
sorridendo. «Vogliamo continuare?»
Note di Akemichan:
Accidenti quanto spazio ha Miyon in questo capitolo!
Mi dispiace…ù_ù Però vi porto una buona notizia: nel
prossimo scoprirete finalmente chi è! Contenti? (No, abbiamo già capito tutto N.d.Tutti) Ma come? ç_ç E io che
mi ero impegnata ad inventare una cosa originale…
In questo capitolo si parla, come avrete
letto, del “MonsterWolrd”.
Nella storia del manga, infatti, i nostri amici (o pseudo
tali ^^’’) incontrano Yami Bakura prima dell’Isola dei Duellanti e l’incontro
che fanno non è a M&W (o DuelMonsters, che dir si voglia) come in tv, ma appunto a
Monster World, che è un RPG dove si usano le pedine.
La situazione è più o meno la stessa, visto che Yuugi
e gli altri vengono intrappolati nelle miniature invece che nelle carte, Yami
combatte da solo e alla fine arriva il Bakura buono che li aiuta. Non sono
stata a descrivere minuziosamente tutto, anche perché il capitolo era già
abbastanza lungo ^^’’ Nel caso vogliate delle
precisazioni, chiedete pure. A venerdì prossimo ^^
Reviews:
Kelly: Il mare… Io vivrei in
acqua… Vorrei essere una sirena ù_ùComunque complimenti per l’esame, gran bel voto! ^.^
Aggiornare settimanalmente mi è facile, visto che sono piuttosto veloce nello
scrivere e almeno evito di farvi perdere dei capitoli in giro ^^’’ A me capita
spesso con le storie e finisco per non leggere più essendo rimasta troppo
indietro ù_ù Perciò preferisco evitare la stessa
situazione con le mie… Mi fa piacere che questa iniziativa ti torni utile. Come
vedi, Bakura ha parecchio spazio in questo capitolo… Ma le sorprese non sono
ancora finite… ^_- Bye
Ayu-chan: Seto aveva preso
sicuramente qualche strana sostanza, per uscirsene con proposte del genere (e
Miyon che ha accettato, allora? ù_ùN.d.Seto) lei già non era normale da prima… ^^’’ No, non
sei tu che sei imbecille, è che serviva questo capitolo per chiarire la situazione tra i due… Povero Malik, lo sto sfruttando ^^ Io
non ho pianto, però era commuovente sul serio (anch’io sono romantica, anche se
non vorrei ù_ù), anche se io gliel’avrei detto che
era il figlio! è_é Okay, poi
mi saprai dire sull’altro libro (così lo “raccatto” gratis in biblioteca :-P)
Ehi, se davvero Seto ha la mania di sposare le dipendenti, forse abbiamo delle
speranze se ci facciamo assumere (non ci sperate… N.d.Seto)
Cattivo ç_ç… Ci vediamo in chat
^_-
Vallybeffy: Già questo capitolo ha
rivelato qualche segretuccio sul passato di Miyon, ma
spero proprio di sorprendervi (in positivo, mi auguro,
ma non si sa mai O.o…) con il prossimo capitolo ^_-
Ma se fosse veramente la suocera…?
*Lamù*: Mi fa piacere che
ti piaccia ancora… ^^ E poi non sono così cattiva, al
prossimo ti racconterò tutto (sperando di non sconvolgere troppo ^^’’) Al
prossimo venerdì ^^
Viky: Ah ah,
scusa ^^’’ Ma se non interrompo così, la suspence va
a farsi benedire…^^’’ Ti pagherò le spese dell’ospedale ^_- Alla prossima ^_-
JalyChan:
La proposta di Seto ha stupito anche me, non è che
aveva mangiato qualcosa che gli ha fatto male? O.o… (sto benissimo N.d.Seto)
bene, così puoi portare anche me alle Barbados, non è che rifiuto un viaggio
gratis! ^^ (accidenti… Non imparo mai a farmi i fatti miei…ù_ùN.d.Seto) Aspetta a dirlo quando le tue fan ti
linceranno per quella proposta… :-P (ma è colpa tua! Fa
qualcosa! N.d. Seto) Quando avrò tempo, adesso sono
troppo impegnata… (a proposito, non è che puoi
spiegarmi cosa sta succedendo? Da dietro la porta non sento nulla! N.d.Yami) Se sei sordo non dare la
colpa a me… (ma se non lo dico a sua eccellenza JalyChan quella mi uccide! Aiutami! N.d.Yami) Uffa, ma non è che io ho sempre tempo per
occuparmi dei fatti vostri (ma sei tu l’autrice!! N.d.Yami&Seto) E’ una
vendetta per l’altra storia… uh uhuh… La storia a questo punto è un po’ incasinata, ma già
questo capitolo dovrebbe aver chiarito un paio di cosucce ^^ Grazie per il
consiglio sul mal di mare, peccato che la sottoscritta non resiste senza
leggere nemmeno due secondi ç_ç (è scema… N.d.Seto ancora arrabbiato) Quando vorrei che anche TU
soffrissi il mal di mare… farò una fic comica simile,
anche se di solito queste parti spettano a Jono (grazie, eh ç_çN.d.Jono) Grazie della recensione, a venerdì prossimo
^^
Dopo quella spiegazione incredibile, che sapeva tanto di film, nella
stanza regnò il silenzio, interrotto solo da alcuni batti
Il racconto di Bakura
Dopo quella spiegazione incredibile, che sapeva
tanto di film dell’horrore, nella stanza regnò il
silenzio, interrotto solo da alcuni battiti di Iazawa
che, da miniatura, cercava di attirare l’attenzione dei suoi amici su di sé.
«No!» esclamò infine Miyon, balzando in piedi e
sbattendo una mano sul tavolo. «Non intendo continuare una cosa del genere!»
Gli altri due ragazzi annuirono preoccupati.
«Spiacente, nessuno può ritirarsi da uno Yami no
Game» rispose Bakura tranquillo, prendendo i dati appoggiati dalla sua parte.
«Adesso tocca al mostro attaccare… Porterò un attacco sull’elfo di Kiryo…» Mescolò leggermente i dadi nel pugno chiuso e li
lanciò.
«No…» sussurrò Sakuramazu
vedendo che i dadi mostravano il numero 00.
«Sai cosa ciò significa…» Questa volta, Bakura non
si alzò nemmeno, nascondendo la luce con le braccia incrociate sul petto. Il
corpo di Kiryo, che si era alzato in piedi al lancio
dei dadi, cadde con un sonoro tonfo sul parquet che ricopriva il pavimento.
«Stai barando!» si arrabbiò Miyon, mentre Sakuramazu andava, inutilmente, a soccorrere Kiryo. «Sono sicura che non esista un modo per vincere!»
«Tocca a te» sorrise lui.
Sakuramazu si rialzò, dopo aver
sistemato l’amico in una posizione migliore, e la fissò preoccupata. «Cosa facciamo?»
«Ragazze!» chiamarono i due dal tavolo. «Fate
attenzione!»
«Non posso davvero credere che quelle voci fossero vere…» Miyon lasciò che la sottile frangetta bionda
e mora le coprisse gli occhi viola. «Ora vedremo» Prese i dadi e li lanciò.
«Qual è la percentuale?» chiese vedendo il numero 13 sui dadi a dieci facce.
Bakura consultò il computer. «Deve essere inferiore
al 30%...»
«Bene…» mormorò Miyon. «Attacco quel coso con le mie
frecce elettriche!» La sua pedina si mosse da sola, tendendo l’arco che aveva
in mano e scagliando il dardo sulla fronte del mostro. Questo si contrasse
colpito da numerosi fulmini e affondò nuovamente nelle acque chiare del lago
giocattolo.
«Vai così!» esultarono gli altri tre ragazzi.
«Purtroppo…» frenò il loro entusiasmo Bakura. «La
sconfitta del mostro ha provocato unotsunami che investirà gli avventurieri…» Lo stava dicendo
così seriamente che ci sarebbe stato quasi da ridere solo a vedere la sua
faccia.
«E… Cosa succederà?» chiese
con titubanza Iazawa.
«Io non so nuotare!!» si agitò Kiryo.
«Vediamo…» Bakura finse di pensare, guardando nel
vuoto. «Tutti i punti vita degli avventurieri finiranno a zero e perderanno la
partita…»
Sakuramazu emise un sospiro
di sollievo. «Significa che le anime dei nostri amici torneranno…»
«No» la contraddisse lui. «Voi due sarete salve, ma
i ragazzi adesso vivono nel Monster World… Questo
significa che, se moriranno in quel mondo, moriranno anche nel nostro»
«Moriranno?!» I respiri della ragazza mora si fecero
accelerati e irregolari. «Ma ci sarà un modo per
salvarli, no? Ci deve essere!»
«Lo desideri davvero?»
Sakuramazu si guardò intorno in cerca
di un aiuto che non arrivò. Miyon, infatti, si limitava ad osservare con occhi
ardenti il tavolo da gioco, tenendo le labbra contratte e i dadi stretti nel
pugno della mano sudata. «Si…» esalò. La sua pedina a forma di fata si illuminò e, alzando la bacchetta magica, separò l’onda
prima che travolgesse la barca con tutti gli avventurieri sopra. Poi la luce
cessò e Miyon si sporse a sostenere il suo corpo, ormai privo di anima, prima che cadesse a terra.
Bakura si sistemò meglio, stiracchiandosi. «Adesso,
è come se fossimo soli» le disse. «Congratulazioni per il tuo ingresso alla Sasaki. Cos’altro volevi dirmi?»
«Si, grazie» rispose lei acida, appoggiando il corpo
della sua amica sulla sedia. Si voltò a fissarlo, gli occhi brillanti sulle
occhiaie che si era procurata per il troppo studio. «Volevo dirti che… Che ti mollo! Da ora in poi, noi due non stiamo più insieme!»
«Stai scherzando?!» Bakura si alzò in piedi,
fissandola sconvolto.
«No»
«Sono troppo poco per la Sasaki,
vero?» Lui si risedette, cercando di contenere la rabbia. «Allora vai, tocca a
te giocare»
«Sei poco per chiunque, soprattutto per la Sasaki» replicò lei, più arrabbiata di lui. La mano che
teneva i dadi tremò, agitata da pensieri terribili. I suoi amici avevano
bisogno di lei. Non era possibili vincere a quel gioco contro
Bakura, lo sapeva benissimo. Se avesse
sbagliato? Anche la sua anima… E il suo sogno… Con uno
scatto rapido, afferrò la sua pedina e la gettò a terra, pestandola fino a
distruggerla. «Provaci, a prenderti la mia anima, adesso!» Afferrò con rabbia
la sua cartella, che aveva poggiato accanto ad una gamba del tavolo. «Non
voglio vederti mai più! Addio!» E sbattè la porta
dietro di sé.
Quando il racconto terminò, Miyon
piangeva, lasciando che le lacrime scorressero lungo le guance e si
schiantassero sulle piastrelle del pavimento dopo essere colate per il mento. E Yami, da dietro la porta, sospirò. Ecco, era questo il
ricordo che lei voleva assolutamente tenergli nascosto. Poteva bene capire il
motivo.
«Tu… Tu hai…» balbettò Malik indicandola, sebbene
fosse da maleducati.
«Si, l’ho fatto!» gli gridò
di rimando Miyon, mentre i torrenti delle sue lacrime diventavano fiumi
scintillanti alla luce del lampadario. «Li ho abbandonati! Ho abbandonato i
miei amici! Ho sbagliato! Voi… Voi non avete mai sbagliato?!» Si strinse in sé
stessa, scoprendosi il volto con le mani e con i ciuffi di capelli.
«Io non ti sto accusando» disse Malik serio,
avvicinandosi a lei. «Ra sa quanto io ho sbagliato. Pensa un
po’, volevo uccidere il Faraone per… Lasciamo perdere» La prese per le
spalle e lo costrinse a guardarla. «Tu biasimi te stessa
per i sensi di colpa che provi…»
Lei si lasciò andare ad un pianto dirotto contro il
suo petto. «Sono stata così egoista… Non volevo
rischiare per loro…» singhiozzò. «Ma la cosa peggiore
è che… Sento che lo rifarei! I-io… Ho paura…»
«Non è vero…» sussurrò Malik cullandola. «Non è
vero…»
«Malik, togliti subito di lì» gli gridò Bakura.
«Non lo farò» replicò arrabbiato. «E tu saresti stato il suo ragazzo? Guarda come l’hai
ridotta!»
Prima che Bakura potesse
ribattere, Yami palesò la sua presenza tirando un paio di pugni alla porta.
Incuriosito da quegli strani rumori, Malik si avvicinò e provò ad abbassare la
maniglia. Chiusa. Girò la chiave nella serratura e provò di nuovo, spalancando
la porta. «Fa-Faraone?! Ma che…» balbettò vedendoselo
davanti.
Bakura sorrise sardonico. «Suppongo che sia stato un
bello spettacolo…»
«Imbecille» Yami superò Malik e uscì dallo stanzino,
scoccando di traverso un’occhiata a Miyon.
«No…» deglutì lei. L’ultima persona al mondo a cui
avrebbe voluto rivelare il suo peccato… Adesso… Adesso… Scosse la testa e,
senza nemmeno accendere la luce, scappò nel corridoio. Non arrivò nemmeno alla
fine che si sentì afferrare per un braccio. «Lasciami…»
«Tutti commettono degli errori…» mormorò Yami
stringendo la presa. «E tu avevi paura di non riuscire a salvarli, di farli
morire…»
«No! Non è vero!» Miyon si agitò sotto la sua mano
che le soffocava il braccio. «L’ho fatto solo per egoismo! Sono una persona
orribile! Qualunque cosa io abbia fatto, fai bene a
lasciarmi perdere!»
Yami sorrise leggermente. «Io non lo penso» La
lasciò. «Tu non sei affatto così. E nessuno può
saperlo meglio di me» Sospirò. «E adesso ti spiegherò anche perché sono così
sicuro»
Lei si voltò verso di lui. «Che…
Che intendi?»
«Non volevi conoscere la storia passata?»
«Il primo incontro fra me e Antares
non fu dei migliori» ammise Bakura. «In fondo, era
ovvio. Io ero un ladro di tombe, mentre lei era stata incaricata alla loro
difesa…»
Sotto il
brillante mantello di Nut, illuminato solo dalle
numerose stelle ma non dalla barca di Konshu, si
muoveva una figura, guardinga, tra le numerose mastabe
che costellavano, simili a tanti formicai, la zona intorno a Giza. Un leggero Shu notturno gli
agitava il mantello chiaro che portava a coprire il volto e il corpo dal
freddo. Arrivata davanti a una mastaba
in posizione più o meno centrale, abbastanza nascosta da non essere visibile
dalla strada centrale, si fermò ad osservarla. Si, quella era la sua preda, per
quella notte. Ora doveva solo trovare l’ingresso segreto…
Shu smise di soffiare. In quel
momento, il sibilo sottile di una freccia gli fischiò nelle orecchie. Si voltò
per evitarla, e questa gli colpì il mantello, che aleggiava intorno a lui come
i petali di un fiore, impiantandosi nella parete argillosa della mastaba. Dall’ombra, comparve un’altra figura, anche lei
coperta da un mantello, che tuttavia le lasciava scoperto il volto, facendo
ondeggiare i lunghi capelli, neri come la notte. Tra le mani teneva ancora
l’arco, con una nuova freccia puntata contro di lui. «Chi sei?»
«Tu sei Min, giusto?» non rispose l’arciera, facendo un altro passo
avanti nella terra polverosa. «Il “famoso” ladro di tombe…» La mano che tendeva
la corda si mosse impercettibilmente, pronta a scagliare quella freccia verso
il suo cuore.
«Sono proprio
io…» Min afferrò per la coda a piuma di struzzo la
freccia che gli teneva il mantello imprigionato alla parete e tirò in fretta.
Con un rapido scatto prese un lembo del mantello e se lo tolse, scagliandolo
contro la ragazza. Questa, allora, fu costrettaa staccare le mani dall’arco per liberare il
viso e gli occhi dal mantello, anche se, in questa maniera, lui si trovò
libero di avvicinarsi senza pericoli e di immobilizzarle le mani, pestando
l’arco sotto i suoi piedi nudi. «Tu invece, devi essere la principessa Antares…»
Lei lo guardò
con odio, gli occhi viola scintillanti nella notte scura. Poi, senza alcuna
paura, alzò la gamba e gli tirò una forte ginocchiata alle parti basse. Min dovette lasciarla, finendo piegato in due per il dolore.
Antares, con un gesto molto aggraziato, si chinò a
raccogliere il suo arco. «Per stanotte sei libero, ma la prossima volta non ti
andrà così bene» Era così orgogliosa che, al pensiero di lui
che riusciva a disarmarla, non poteva non sentirsi umiliata. Avrebbero rifatto
un altro combattimento, un giorno, e lei non si sarebbe fatta più sorprendere
in quel modo imbarazzante.
«A quel tempo, Antares
aveva sempre un’espressione imbronciata» raccontò Bakura. Guardando Yami nel
corpo della ragazza, sorrise. «Esatto, l’espressione che hai
tu in questo momento…» Allora, Yami fece istintivamente un passo indietro
nell’angusto spazio dello stanzino. «Fu per quel motivo che mi ripromisi
di conoscerla meglio, per vedere se fossi riuscito a
farla ridere…»
Antares, con il corpo coperto solo
da una corta gonna bianca in lino, visto il caldo della stagione della
raccolta, si massaggiò leggermente le mani affusolate. Erano
troppo callose per essere quelle di una ragazza, se ne rendeva conto
perfettamente. Gli dispiaceva, ma non poteva farci nulla. Se
non avesse difeso le tombe, stringendo continuamente l’arco fra le sue mani,
chi altri avrebbe potuto farlo? Solo lei era l’erede diretta del Faraone.
Tirò con
estrema fatica la corda per recuperare il secchio che
aveva gettato nel pozzo e finalmente vi riuscì. L’acqua fresca scintillava alla
luce accecante di Ra, tanto quanto i riflessi biondi tra il mare dei suoi
capelli neri. In quelle giornate così afose, spesso si individuavano
anche ciocche violacee piuttosto curiose. Infilò le mani nel secchio per
attingere a quelle mani dalla fonte del refrigerio, quindi si sciacquò
delicatamente il viso, strofinando duramente i palmi per liberarsi dall’odiosa
patina di polvere che le rimaneva appiccicata durante il cammino. Non si accorse
neppure che una persona le si era avvicinata, tanto
che si ritrovò completamente bagnata dalla testa ai piedi.
Rimase ferma,
pietrificata, con le mani leggermente spostate dal suo viso e gli occhi
spalancati e increduli. «Dovresti vederti» rise Min, rigettando
il secchio, ormai vuoto per l’acqua che le aveva rovesciato
addosso, nel pozzo.
L’espressione di Antares si trasformò in una
maschera d’ira. «Tu…»
«Piantala, Bakura»
interruppe il racconto Yami, cercando di mantenere la calma, ancora con le braccia
strette sull’addome per controllare il dolore. «Non mi interessa
sapere di te e Miyon-»
«Geloso?» sorrise sardonico l’altro.
«Ma di me e Miyon» proseguì
ignorandolo Yami. «Hai detto che era la figlia del Faraone… Ma il Faraone dovrei essere io! O forse, era la
figlia del Faraone prima di me?»
«Il padre di Antares, Ra’djedef, era il
diciassettesimo re» spiegò allora Bakura. «Quindi era
prima di te. Solo che, a quei tempi, la questione era un po’
diversa rispetto all’immaginazione collettiva. L’Egitto era si riunificato, ma più che un popolo solo era un’unione
delle tribù che avevano conquistato varie zone attorno al Nilo. Ogni volta che
un Faraone moriva, il discendente principale di ciascuna tribù combatteva per
il trono» Fece una pausa per scoccargli una strana occhiata. «Pegasus te lo
aveva raccontato, no? Ogni tribù possedeva un oggetto millenario. Erano quelle le loro armi»
«Ah, si…» Yami ricordava che Pegasus aveva accennato
delle lotte fra diverse fazioni per la supremazia sull’Egitto.
«Il problema di Antares era proprio questo» disse Bakura con una strana
espressione sul volto. «Solo che non me ne sono accorto in tempo»
Min si fermò di colpo,
nascondendosi alla svelta dietro il muro di argilla di
una vicina casa. Sulla strada, nella sua direzione, stavano arrivando due
uomini. Uno portava al collo l’anello millenario, l’altro
teneva in mano la chiave millenaria. Questo poteva significare una sola
cosa: quei due erano i capi della tribù di Usagi e di Ateru. Uomini potenti,
insomma, dai quali avrebbe fatto meglio a stare alla
larga. Non conosceva il potere dei giochi delle ombre, ma il suo istinto di
ladro gli suggeriva di non interessarsene.
«Ieri, sono
stato aElefantina» stava
dicendo l’uomo di Usagi, massaggiandosi le grosse
mani. «Il figlio dei Ryuu è veramente impressionante.
Una tecnica invidiabile per gli yami no game»
«Allora, sarà
davvero lui il prossimo sovrano?» chiese l’altro sospirando rassegnato, mentre
muoveva la chiave millenaria da una parte all’altra. «Nessuna speranza per i
nostri figli?»
«Temo di no» Usagi scosse la testa.
«E dimmi…»
L’uomo di Ateru rise. «Come
la prenderà il Faraone, sapendo che non sarà la sua tribù a salire sul trono? La tribù Heba, che ha
dominato addirittura per quattro generazioni?»
«Devo rassegnarsi»
L’altro alzò le spalle. «L’unica persona decente della sua tribù è la
principessa Antares e, per quanto in gamba sia, è pur
sempre una donna»
«Povero il
nostro signore, ad aver avuto solo una figlia femmina!» esclamò Ateru.
«Ah, è inutile
pensarci» concluse Usagi. «Il marito di Antares erediterà il puzzle
millenario e Setho dei Ryuu
diventerà sovrano. E’ già deciso, ormai»
«Non che gli egiziani discriminassero
le donne, intendiamoci» chiarì Bakura. «Solo che credevano che la forza di una
donna non fosse sufficiente per sostenere uno yami no game»
«Il marito di Miyon…» esalò debolmente Yami. «Il
puzzle… Io?»
«Ti piacerebbe, eh?»
Antares lasciò che la falce di luna
calante prodotta dalla barca di Khonshule si rispecchiasse negli occhi viola, sospirando. «La tribù
Ryuu…» Si appoggiò ancora di più al petto di Min, che teneva le sue braccia strette lungo la sua vita
sottile.
«Così hanno
detto» confermò lui, sdraiandosi completamente contro la mastaba,
unica testimone dei loro incontri notturni e clandestini. «Che
ne pensi?»
«Che hanno ragione, per Ra!» esclamò Antares
con rabbia, facendo ritornare il suo visetto con la sua solita espressione
imbronciata.
«E’ così forte,
quel Setho?»
«Si, purtroppo.
Non solo è maledettamente forte, ma è anche abile e intelligente» Lei si
massaggiò nervosamente una ciocca nera. «Nella mia tribù non c’è nessuno
abbastanza valido da competere con lui. Io stessa non sono sicura di poterlo
battere… visto che lui si allena con l’ascia
millenaria da quando è piccolo, mentre io…» Si liberò quasi con violenza della
stretta di lui e si alzò in piedi, tremando. «Perché?!
Perché gli dei mi hanno fatto nascere donna? Forse
potrei sconfiggerlo, se avessi un po’ di forza…»
Min piegò le gambe a v e vi
appoggiò sopra i gomiti. «Ma non la hai. Lascia
perdere. Che ti importa di diventare Faraone? Almeno,
potremo continuare a vederci…»
«Già…» rispose
lei senza troppa convinzione.
Lui rise. «Dai,
non fare quella faccia! Sai bene anche tu che non si può andare contro la
sorte» Si alzò. «L’unica soluzione sarebbe che tu diventassi un uomo» Antares lo fissò con gli occhio
viola spalancati e attenti, come se quello che aveva appena sentito non fosse
del tutto impossibile.
«Naturalmente, io stavo scherzando» Bakura abbassò
lo sguardo, nascondendo gli occhi nocciola sotto la frangia bianca. «Ma avrei dovuto immaginare che Antares
non avrebbe lasciato intentato nessun esperimento, pur di ottenere il potere»
Rialzò la testa. «Era una ragazza opportunista, a cui non interessava nulla di
nessun, pur di ottenere il suo scopo. E lo è tuttora»
«Stai mentendo!» esalò Yami, con la nausea che gli saliva lungo l’esofago.
Il tempio in
granito rosso, situato sulla riva destra del caldo fiume dalle sette bocche,
semi-nascosto dalle alte canne di papiro, era silenzioso, come ogni giorno,
fatta eccezione per il primo dell’anno. Chiunque vi entrasse,
percepiva attorno a sé un’area rarefatta e opprimente, come se si trovasse
immerso nell’acqua cristallina. Anche le parole che venivano
pronunciate risultavano attenuate e basse rispetto al tono con cui erano state
dette, come un eco in lontananza. Ed il rumore era
simile ad un sasso gettato in un pozzo a formare infiniti cerchi invisibili.
«Comunicami il
tuo desiderio» sussurrò l’anziana sacerdotessa, tenendo il capo coperto da un
sottile velo di lino, e continuando a rimestare piccole pietruzze nere e
bianche nel suo cestino di canne di papiro verdognole. «Io intercederò per te
presso il signore del Nilo, l’ermafrodita Hapy che
controlla le Inondazioni»
«E’ qualcosa di
estremamente semplice ed estremamente complesso,
poiché non vi è, in Egitto, qualcosa che non sia tutto e il contrario di tutto»
disse la persona ferma all’entrata del tempio, le braccia piene di melograni da
offrire al dio. «Desidero diventare Faraone»
«Ciò è
impossibile!» L’anziana donna alzò il capo, rivelando il suo volto raggrinzito
da sotto il velo. Gli occhi luccicavano di sorpresa. «Non dovresti essere come
sei»
«Per questo
sono qui» replicò semplicemente quella persona, lasciando cadere tutta la
frutta a terra, la quale si sparse sul pavimento in granito rosa.
«E’ difficile»
mormorò la sacerdotessa. «Molto difficile. Ma se lo
desideri davvero…»
«Non devi
dubitare, vecchia!» la interruppe. «Solo obbedire»
L’anziana
signora sospirò, volgendo lo sguardo verso l’entrata al tabernacolo del dio.
Con un sottile rumore, una pietruzza nera, simbolo dei giorni infausti, cadde a
terra dal cestino di vimini e rotolò fino a piedi della persona. Questa,
seccata, la pestò con i suoi sandali dorati, polverizzandola. Non avrebbe
permesso a nessuno – alle regole, a suo padre, alla sorte – di impedire al suo
sogno di realizzarsi. Setho della tribù Ryuu e il favorito ad essere il futuro Faraone, avrebbe
fatto meglio a fare attenzione. L’avrebbe battuto e sarebbe diventato sovrano.
«Allora,
riformula il tuo desiderio» disse la sacerdotessa, con le mani giunte davanti a
sé. «Ciò di cui hai realmente bisogno»
La persona
sospirò. «Io desidero diventare un ragazzo» Pausa. «Anche a costo di perdere
una persona che amo»
«Hai capito adesso, vero?» chiese Bakura. «Di certo,
io non avrei mai creduto che un desiderio simile si potesse realizzare» Sorrise
sardonico vero sé stesso. «Sbagliavo, e sottovalutavo la potenza di Hapy e l’ambizione di Antares…»
Yami scosse la testa, mentre un rivo di saliva gli
usciva dall’angolo destro delle labbra carnose. «Non… Non starai
dicendo che…»
«Invece si» replicò Bakura. «L’ho vista io»
Min scavalcò le mura del palazzo
reale, rimanendo seduto lì sopra, nascosto dalle fronde di un’alta palma
verdastra. Nel cortile, Ra’djedef,
seduto su una sedia in vimini e protetto dai raggi di Ra grazie ai ventagli di
due servitori, osservava con aria assorta alcuni ragazzi della sua tribù che si
allenavano goffamente con alcuni bastoni, usandoli come spade.
«Cosa succede?» chiese Antares
arrivando nel cortile, di ritorno dal tempio di Hapy,
tanto che la sua voce somigliava ancora al rumore soffuso di un sasso gettato
nell’acqua. Immediatamente, tutti i ragazzi si interruppero
per osservarla, facendo sbuffare Min di gelosia.
«Sto esaminando
questi ragazzi» rispose Ra’djedef, un poco
contrariato per il tono troppo autoritario della figlia. «Sai bene che uno di
loro erediterà il puzzle, perciò devo scegliere il migliore»
Antares fece un sorrisino ironico.
«Allora non lo troverai guardando quelli, perché sai bene che la migliore sono
io»
«Ora basta!»
esclamò il Faraone, vedendo che i ragazzi iniziavano a brontolare sommessamente,
senza tuttavia avere il coraggio di lamentarsi apertamente
con lei, che era comunque la loro principessa.
«Te lo
dimostro» disse Antares, per nulla
impressionata dal comportamento del padre, che ormai vedeva come un
vecchio incapace. Afferrò un bastone e con uno scatto velocissimo disarmò il
primo ragazzo che le capitò, puntandogli l’arma alla gola. «Riflessi nulli»
sorrise.
Il ragazzo si
ritrasse, facendo qualche tremante passo indietro. Allora, da destra, arrivò un
altro ragazzo, ma Antares parò l’attacco con sapiente
maestria. «Una donna non può essere così forte…» ansimò quello, mentre si
accorgeva che il suo braccio, quello che gli aveva bloccato il bastone, era
diventato più muscoloso e meno aggraziato. Sbattè le palpebre, vedendo la differenza
tra le due braccia, prima che anche la sinistra mutasse così.
Spaventato, lasciò l’arma e si allontanò.
Antares si sentiva
stranamente euforica, perciò, puntellandosi su due gambe, diventate
improvvisamente più resistenti, disarmò tutti i ragazzi con una
semplicità sorprendente. Piano piano, anche i
lineamenti del suo viso, rimanendo perfetti, diventarono meno armoniosi, la
bocca delicata si fece più dura, e i suoi fianchi e le sue spalle si
allargarono, assieme ai capelli che si accorciavano in una strana pettinatura.
«Non batterete mai Setho!» dichiarò.
«Piantala di sfottere» si arrabbiò l’ultimo rimasto armato.
«Principessa» Rimarcò molto quest’ultima parola,
quasi con rabbia. Si gettò su di lei con il bastone alzato, ma Antares si limitò a spostarsi leggermente per schivare
l’assalto. Nel processo, però, lui riuscì ad afferrarle la parte superiore del
vestito in lino, strappandoglielo completamente.
A quel punto, Ra’djedef, sconvolto, si alzò in
piedi, avvicinandosi al gruppo. «Antares…» mormorò
debolmente, osservando il suo florido seno sostituito da un vigoroso petto
maschile.
Yami lo osservò
coi suoi occhi viola, sorridendo sardonico mentre si
leccava le labbra, il bastone ancora stretto nel pugno. «Ora posso ereditare il
puzzle millenario, vero, padre?»
«Miyon è la parte femminile, Antares,
mentre tu sei la sua parte maschile, il cosiddetto Faraone senza nome» Bakura
rimarcò ancora di più il concetto. «Tu e Miyon Minaguchisiete la stessa persona» Rispirò
forte «Per questo… Per questo ti odio! Tu rappresenti ciò che lei è voluta
diventare… rinunciando a me!»
«Quello che dici è assurdo!» tremò Yami.
«Tu hai paura a riconoscere una
cosa che sai vera in partenza» replicò secco Bakura. «Quante volte sei
stato… Uguale a lei? Quante volte hai detto “anche io”?»
Troppe, per poterle ricordare tutte. Yami scosse la
testa, sentendo la nausea e il dolore aumentare d’intensità. Si voltò, aprì di
scatto la porta dello stanzino e scappò.
Note di Akemichan:
Ciao a tutti! Allora, com’era il capitolo? E’
vietato tirare ortaggi all’autrice, ricordate…^^’’ Scherzi a parte, da una
parte spero che il capitolo vi abbia scioccato, dato
che cercavo un’idea veramente originale e, se Miyon fosse stata una qualunque
parente o amica (che fosse di Seto, Bakura o Yami poco cambiava), sarebbe stato
troppo… normale, ecco. Prevedibile. Dall’altra, però, spero di non avervi scioccato troppo! ^^’’ Spero che come idea,
nonostante tutto, vi sia piaciuta. Sappiatemi dire.
L’ispirazione l’ho trovata grazie alla mia profedi inglese, che continuava a
sfinirci con il libro di Virginia Woolf “Orlando”,
nel quale (almeno così sembra perché manca alle mie letture) il protagonista,
un tizio per qualche strana ragione immortale, passa da “Lord Orlando” a “Lady
Orlando”, sempre per qualche strana ragione… Non so cos’avesse presto la Woolf prima di scrivere questo libro, ma comunque…^^’’ Ecco
dunque la mia seconda fonte di ispirazione, anche se, come vedete, nella mia
storia avviene il contrario e per una valida motivazione (valida… ce ne sarebbe
da discutere per ore… N.d.Bakura) Ma i lettori non
hanno tempo, quindi la smettiamo qui ^^
Un’ultima cosa… La prossima settimana vado in
vacanza in montagna, quindi sarò costretta a pubblicare il prossimo e ultimo (e
si, avevo promesso che non avrei mai più fatto storie infinite come l’altra!)
capitolo giovedì, visto che venerdì sarò già in montagna, ovviamente senza
internet ç_ç. Mi scuso, ma sono cause di forza
maggiore ù_ù.
Un’ultima cosa ancora e poi la smetto… Volete che lo
scriva il capitolo bonus sulla partita di basket di Yami e Miyon (quella dopo
tra il quarto e quinto capitolo, per intenderci)? Se vi va lo faccio, tanto ce l’ho già in mente e non ci metto molto, solo che potrò
pubblicarla al ritorno dalla montagna ovviamente, quindi fra un bel po’ di
tempo…
Mamma mia che note lunghe (la maggior parte sono
scuse N.d.Bakura) Nessuno ha chiesto il tuo parere!
Okay, la smetto ^^’’ A giovedì prossimo! ^_^
Bye
Reviews:
Kelly: si, per i lettori è molto comodo
l’aggiornamento ad un giorno fisso, il problema è non cercare di pubblicarlo
per forza se viene brutto o troppo corto… Io lo faccio perché di solito ho già
due o tre capitoli pronti quando inizio a pubblicare e li tengo di scarto, nel
caso in una settimana non riuscissi a finirne uno… Comunque,
ormai non fa più notizia, sei sempre la prima! ^///^ Yami la prende malissimo,
visto che lui E’ Miyon! Povero…^^’’ Io preferisco il manga, ha meno censure ù_ù E i dialoghi sono più belli, però certe puntate dell’anime hanno un design molto bello, devo riconoscerlo ^^
Se fosse l’originale giapponese sarebbe meglio, ma ci dobbiamo accontentare
della versione USA -.-’’… E poi, un po’ tutti guardano l’anime perché ci sono o
Seto, o Malik, o Yami, o bakura (anche Bakura?! N.d.gli altri tre) Si, è incredibile ma è così…ù_ùBye ^^
JalyChan:
Yami, Yami, dovrai sforzarti molto di più per ottenere dei punti! (uffa… Non
credo che ne avrò ottenuti molto con questo capitolo… N.d.Yami) No, infatti, visto che si è scoperto che
praticamente ti portavi sfiga da solo! Se non ti
aspettavi Miyon e Bakura insieme, ho quasi paura sapere cosa penserai di questa
scoperta… Ho un po’ paura!!^^’’ Com’è andata la gita in barca? Potevi affogare
Mokuba, già che c’eri, tanto un fratello minore lo è, e poi è inutile visto che
in media ogni quindici puntate lo rapiscono… Quando nella
serie di Dartz non l’hanno fatto ci sono rimasta male
O.o… (è che volevo distinguermi N.d.Dartz
Siete cattivi! ç_çN.d.Mokuba)
La prossima volta, comunque, fatti prestare la barca
privata di Seto… Soffrirai sempre il mal di mare, ma almeno hai piscina con
idromassaggio, tv piatta con antenna sky, palestra,
internet… Poi non ricordo ma pensa che è praticamente una città galleggiante!
^^’’ (scema! Non dovevi dirglielo, visto che non lo sapeva!! N.d.Seto) Troppo tardi :-P Bye ^^
Ayu-chan: Ciao! Uffa, in chat non si ci riesce mai a
beccare!! Cos’è sta storia?! ç_ç
Scusami per l’altra volta, ma mia madre doveva
telefonare ed è andata giù la linea ç_ç Ho l’adsl che non funziona… Come vedi a Miyon gliene sono
capitate di tutti i colori, perché non solo stava con Bakura, ma, come hai
potuto vedere…^^’’ Povera ragazza! Sono stata cattiva con
lei… Rimedierò. (e come? N.d.Miyon) Lo vedrai nel prossimo capitolo ^^ Evidentemente
i migliori di Smith sono stati quelli sull’Egitto! Speriamo che ne scriva
ancora! Spero che il capitolo ti sia piaciuto, adesso che sai chi era
Miyon…^^’’ Bye^^
VallyBeffy: Ciao ^^ Anche io se fossi stata in Miyon, ma evidentemente a lei piaceva (no,
ero solo scema, adesso la penso come voi N.d.Miyon)
Al gatto di casa non avevo pensato!! Poteva essere una grande idea! Spero che
la mia vada bene lo stesso… per i pomodori da quella parte, grazie…^^’’ Bye!
Phoenix: Sai, all’inizio anche a me sarebbe piaciuto
mettere Miyon e Yami insieme come in qualunque fic
romantica, ma cercavo qualcosa di più che una semplice storia d’amore, come
ormai ce ne sono di tutti i colori sulle sue mogli nell’antico Egitto… Spero
che ti piaccia questa soluzione che ho escogitato ^^’’
Come vedi, è come se stessero insieme… :-P Dimmi poi se ti smembra originale. Bye!^^
Per
un poco, il corridoio buio rimase totalmente silenzioso. Nessuno osò parlare,
poiché quello che era stato detto ed ascoltato era troppo per chiunque. Non si
poteva prendere così alla leggera, senza pensare.
Miyon
scosse la testa. «Non è vero… Non può essere vero…» La voce era bassa e
incredula.
«Hai
ragione, è impossibile…» A parlare non era stato Yami, ma Yuugi, che aveva
ripreso controllo del suo corpo. Anche per lui, questa situazione non era certo
facile.
«Sono
sicura che è tutto uno scherzo di Bakura…» sorrise imbarazzata Miyon, con le
guance in fiamme per il caldo improvviso che le attraversava il corpo. La mano
inevitabilmente le scivolò nella tasca dei jeans, dalla quale estrasse il deck
che aveva preparato. «Probabilmente, sono solo sua sorella…»
«Ma
certo!» annuì Yuugi, più per convincere sé stesso che la ragazza. «Sei sua
sorella!»
«Il
deck che avevo preparato io…» La mano di Miyon tremò, mentre dentro di lei
penetrava sempre maggiormente la consapevolezza che quello che aveva sentito, in
fondo, non era altro che la pura verità. Il deck le scivolò per il sudore e si
sparpagliò a terra sul parquet del corridoio. Ci mise qualche secondo a
rendersi conto della situazione e, alla fine, si chinò per raccoglierlo.
«Ti
aiuto» si offrì Yuugi, il cui corpo era scosso da strani brividi di freddo. Ad
ogni carta che raccoglieva, anche la sua coscienza diventava più sicura. Era
tutto vero… Era tutto incredibilmente vero…
«Questo deck…»
mormorò debolmente Yami.
«Volevo
sfidarti, sai?» sorrise Miyon fiacca. «Per sapere tutta questa storia… Anche
se, a questo punto…» Si morse le labbra, per evitare di piangere ancora.
Yuugi
prese una carta e la girò. Quello che temeva si era avverato. Era il Black
Magician. «Questo deck… E’ identico al mio. Identico a quello che avevo
fatto con Mou hitori no boku…» Yami, dentro di lui, scosse la testa.
Miyon
lo fisso con terrore. Anche lui, dunque, evitava di farsi delle illusioni?
Allora, non vi era veramente più nulla da fare? «Yuugi…» Si massaggiò le
tempie, da cui scendeva un sudore freddo. Perché? Perché quel giorno, in
palestra, era caduta proprio sopra di lui?
«Minaguchi?»
Vedendola respirare faticosamente, si avvicinò, toccandole leggermente il viso,
quasi come se avesse paura di romperla. «M-mi… Mi sembra che tu stia male…
Scotti…» balbettò titubante.
«Ragazzi,
cosa state facendo qui al buio?» Isis, dall’altra parte del corridoio, accese
la luce. «Hanno chiamato i tuoi genitori, Miyon. Erano molto preoccupati per la
tua salute, dicono che ti ammali facilmente…»
Yuugi
alzò lo sguardo verso la giovane donna dai lunghi capelli neri. «Infatti,
credo che abbia la febbre…»
«Certo
che si ammala facilmente» intervenne Bakura uscendo dalla cucina, seguito da un
debole Malik. «Le manca una parte di anima» Scoccò uno sguardo a Yuugi, che
abbassò la testa imbarazzato. «Forse, vivrà anche di meno…»
«Metà anima…»
sussurrò Yami. «Aibou…»
La
sveglia sul comodino suonò una volta, due volte, tre volte… Finalmente un
braccio spuntò da sotto le lenzuola per spegnerla con un gesto assonnato. «Yawn…»
sbadigliò Yuugi stiracchiandosi. Era proprio arrivato il momento di alzarsi. Di
certo, non poteva arrivare in ritardo alla consegna del diploma di terza
superiore… Scese dal letto con la consapevolezza che sarebbe stata una pessima
giornata. Non poteva essere altrimenti, visto il ricordo che il sonno gli aveva
fatto riaffiorare nella memoria.
«Yuugi!!»
chiamò sua madre da sotto. «Sbrigati! C’è una ragazza che ti aspetta fuori!»
Doveva
essere Anzu. «Arrivo!»
Si
vestì in fretta, lasciando, come al solito, aperta la giacca della divisa. Aprì
il primo cassetto della scrivania e afferrò il deck, che infilò nella sua
cintura. Era pronto, dato che non c’era nemmeno bisogno di portare la
cartella. Mentre richiudeva il cassetto, scoccò un ultimo, malinconico sguardo
alle tre Divinità Egizie che custodiva lì dentro, al sicuro. In questo modo,
però, altri dolorosi ricordi affiorarono dal labirinto della memoria.
«Te
le regalo» Yami poggiò delicatamente le tre carte sul comodino accanto al
letto che usavano in casa Ishtar. «Adesso che ho ritrovato la memoria, non mi
servono più»
«Si, ma…»
Yuugi non capiva. Che importanza aveva quel gesto? In ogni caso, sarebbero
rimaste in loro possesso. Deglutì. Purtroppo, poteva significare una cosa
sola… «Mou hitori no boku…»
«Noi
saremo sempre amici, vero?» sorrise debolmente, quindi si alzò da letto e si
avvicinò a quello di Miyon. La febbre si era abbassava, ma le guance rimanevano
rosse fuoco. Dormiva tranquilla, con un braccio piegato sul cuscino. «Io devo
essere io…» Si sporse, mentre l’occhio luminoso iniziava a brillargli sulla
fronte.
«Non farlo!»
lo supplicò. «Ti prego, non farlo! No!»
Yami
pose le sue labbra carnose su quelle di Miyon, mentre l’occhio veniva a
illuminare anche la fronte di Miyon.
All’istante,
Yuugi si staccò, cercando inutilmente di trattenere le lacrime. «Mou hitori no
boku…» singhiozzò. «Avevi detto che volevi restare sempre con me…»
Miyon
sbattè le palpebre, svegliandosi. Voltò leggermente la testa, guardandolo come
in trance. «Non piangere…» disse dolcemente, alzando il braccio per
asciugargli gli occhi con il palmo della mano. «Sono sempre qua con te, Aibou…»
Yuugi
ignorò la colazione che era già pronta sul tavolo della cucina e si diresse
verso al porta d’uscita. Non doveva rovinarsi la giornata pensando a queste
cose. Per lui, quel giorno avrebbe segnato la fine di un capitolo della sua
vita, di un bel capitolo. Doveva sorridere. Spalancò la porta al sole del
mattino. «Buongiorno, Anz-» Si bloccò, immobile, sulla soglia. Non era Anzu
quella che aveva davanti.
«Buongiorno,
Aibou» Miyon, nella sua bella divisa della Sasaki, coi capelli legati in
un’alta coda che mettevano ancora di più in luce i riflessi biondi e viola,
gli stava sorridendo dal centro della strada. «La mia consegna dei diplomi è
questo pomeriggio, perciò ho pensato di passare a vedere la tua…»
«Oh,
bè… Si, certo…» Era stata davvero carina. Yuugi evitò di guardarla in
viso, mentre le rispondeva.
A
Miyon questo non sfuggì. «Allora, andiamo?» chiese titubante.
«Si…»
esalò Yuugi affiancandosi, il più lentamente possibile, a lei. Quindi, i due
si avviarono verso la scuola. «Ah, ehm… Come va?» si decise a chiedere,
visto che il silenzio lo spaventava molto di più.
«Tutto
ok» annuì lei soddisfatta. Si fermò. «Ti dispiace che io sia venuta, vero?»
Yuugi
si voltò verso di lei, preoccupato. «No, affatto! È solo che… Solo che…»
«Vorrei
proprio sapere perchè!!» sbottò all’improvviso Miyon all’indirizzo di
Yuugi che si rifiutava categoricamente di parlarle. L’urlo si propagò per
tutta la stanza, rischiando di svegliare anche gli altri, che dormivano nelle
stanze a fianco. «Sono sempre io, Aibou! Sono io!»
«Non
è questo il problema…» bisbigliò Yuugi, con il viso nascosto sotto il
cuscino.
«Adesso
ho il corpo di ragazza, ma sono sempre il solito!» gridò ancora lei. «Mi
ricordo tutto! Di tutto, da quando abbiamo sconfitto Pegasus a quando abbiamo
conosciuto Malik. Tutto quello che abbiamo passato assieme!»
«Non
è questo il problema…» ripetè sempre in tono basso Yuugi, bagnando il
copriletto di lacrime trasparenti.
«Ti
ricordi di quando mi hai salvato dal sigillo di Orichalchos?» chiese ancora
Miyon. «Non puoi non ricordare. Eri disposto a sacrificarti per me! E adesso…
Adesso mi detesti solo perché ho il corpo di una ragazza?! Non puoi farlo,
Aibou!!»
«Non
è questo il problema!» esclamò infine Yuugi, emergendo da sotto le coperte in
cui si era rifugiato.
«Allora,
qual è?» Miyon incrociò le braccia sul petto e aspettò, con lo sguardo
imbronciato.
«E’
che… E’ che…» Yuugi avvampò. «E’ che io sono innamorato di te!» gridò
chiudendo gli occhi. «Prima, non ci pensavo nemmeno… Eri dentro di me,
figuriamoci… E adesso…» Provò con scarsi risultati, a fissarla mentre lo
diceva. «Adesso sei qui, davanti a me… E sei una bella ragazza!»
«Aibou…»
Le guance di Miyon andarono colorandosi di rosso. E adesso? Certo, lei gli
voleva molto bene, e sarebbe stata disposta a fare qualsiasi cosa per lui, ma
amarlo? Lei lo amava? Sospirò. La risposta era no, purtroppo.
«Io
lo so…» mormorò ancora Yuugi. «A Minaguchi piace Kaiba! Si capisce!
Quindi… A te, Mou hitori no boku, piace Kaiba…» A Miyon non vennero altre
parole da aggiungere.
«…solo
che tu mi piaci ancora moltissimo…» Ecco, l’aveva detto. E lei se ne
sarebbe andata di nuovo, come l’ultima volta. Sospirò, abbassando lo sguardo
imbarazzato.
Invece,
Miyon non si mosse. «Io ti voglio molto bene, Aibou» Di scatto, si avvicinò a
lui e lo abbracciò. «Ma non ce la faccio. Non riesco ad amarti, per quanto ci
abbia provato» Sospirò piano. «Proprio perché tu sei il mio partner, il
rapporto che ho con te è speciale, più dell’amore e dell’amicizia… Io
non voglio rovinarlo!» Strinse ancora la presa. «Mi dispiace…»
Lentamente,
Yuugi alzò le braccia per ricambiare la stretta. «Sei ancora… Mou hitori no
boku…?»
«Ma
certo!» Miyon si staccò per guardarlo meglio in viso e sorrise.
«Allora,
solo per oggi…» sussurrò Yuugi. «Facciamo finta che tu sia la mia
ragazza…»
«Va
bene…» Sorrise, quindi strinse la mano nella sua. «Solo per oggi» Strizzò
l’occhio, viola come il suo.
«Adesso,
però, dovremo andare…» Yuugi si asciugò velocemente gli occhi umidi con la
manica della divisa. «Anche gli altri saranno contenti di vederti…»
«Facciamo
a chi arriva prima?» propose Miyon, sempre pronta a qualunque tipo di gara.
Prima
che Yuugi potesse replicare, una macchina si fermò sul ciglio della strada. «Miyon!!»
salutò una ragazza mora spuntando dal finestrino. «Guardati lì, mano nella
mano con un ragazzo!»
«Invidiosa,
eh, Sakura?» disse lei, stringendo ancora di più la presa.
«Guarda
che lo dico a Kaiba!» Sakura rispose con una linguaccia. «Io, Akira e Kyo
abbiamo la cerimonia stamattina» spiegò velocemente. «Nel pomeriggio veniamo
a vedere la tua, poi usciamo e andiamo da qualche parte per festeggiare?»
«Non
al Burger World!» rise Miyon. «Ma si,
certo!»
«Okay!!»
sorrise Sakura, passandosi una mano nei corti capelli neri. «Ci vediamo dopo,
allora!»
«Bye»
salutò con la mano Miyon.
Yuugi
si sentì sollevato dal fatto che, nei lunghi mesi in cui non si erano parlati,
il suo alter-ego non fosse rimasto da solo. D’altra parte, era un po’
dispiaciuto di essersi così escluso dalla sua vita. Decise che da quel momento
avrebbe rimediato. «Allora, hai fatto pace con i tuoi amici?» chiese.
Sakura
Sakuramazu, Kyo Kiryo e Akira Iazawa stavano uscendo in quel momento dalla
scuola. Entrambi frequentavano il club di arte ed erano migliori amici, perciò
erano sempre insieme. Di questo, Miyon ne era a conoscenza. Quando aveva saputo
che si erano risvegliati dal coma, si era subito informata su di loro. Poi,
aveva continuato a seguirli da lontano, perché non aveva il coraggio di
tornare. Adesso, quel coraggio ce l’aveva. La principessa Antares e il faraone
senza nome potevano farcela, insieme.
«Mi…
Minaguchi…?» Sakura sbattè le palpebre, come se si aspettasse di veder
scomparire la figura della ragazza che li stava aspettando come se fosse
un’illusione. Invece, rimaneva lì, ferma, e guardava nella loro direzione.
Alla
fine si avvicinò a loro, senza parlare. Rimasero a fissarsi per un arco di
tempo indefinito, finchè Miyon, sospirando, non si inginocchiò a terra
chinando la testa, di modo che i capelli neri e biondi le nascondessero il
volto. «Vi chiedo scusa! Mi dispiace!» esclamò. «Non… Non avrei mai dovuto
abbandonarvi… Io… Io ho avuto paura…» Cercò di non singhiozzare, ma non
vi riuscì. «Perdonatemi…»
Akira
e Kyo si guardarono, come se cercassero l’uno con l’altro conferma di ciò
che era successo. Davvero Miyon, sempre così orgogliosa, si era appena
prostrata di fronte a loro?
Sakura
non stette a pensarci nemmeno un secondo e si gettò a terra per abbracciarla.
«Ti picchierei per quello che hai fatto!!» gridò, cercando di soffocarla. «Ma…
Mi sei mancata così tanto!!»
In
preda alla gioia, Miyon ricambiò l’abbraccio. «Anche voi mi siete mancati…»
Kyo
sorrise. «Sai, alla fine ci hanno salvato dei ragazzi finiti nel gioco come noi»
«Si,
è vero!» aggiunse Akira. «Soprattutto uno di loro, che aveva addirittura due
anime! Non ci credi, vero?»
«Oh,
no, ci credo eccome!» rise Miyon. «Chi può saperlo meglio di me?» Dato che i
tre la guardavano curiosamente, lei aggiunse «ho tante di quelle cose da
raccontarvi…!!»
«Adesso,
sono di nuovo i miei migliori amici, come una volta» Lo guardò, sorridendo. «Gli
altri miei migliori amici»
Yuugi
annuì. «E… Con Kaiba?» chiese infine, titubante. Miyon si limitò ad
arrossire leggermente, continuando a fissare la strada davanti a lei. Poi cambiò
argomento. «Parteciperai al prossimo torneo di M&W?» Camminando e
chiacchierando del più e del meno, finalmente arrivarono davanti al cancello
della scuola, dove trovarono ad aspettarli Jounouchi, Anzu e Honda.
Con
loro Miyon aveva un rapporto un po’ particolare, in quanto da femmina stava
loro parecchio antipatica, mentre da maschio era uno dei loro migliori amici,
uno che aveva anche rischiato pur di aiutarli. Optò per la soluzione più
semplice: fare finta di nulla. «Ciao» li salutò perciò allegramente.
«Ciao…»
risposero i tre titubanti, osservando con curiosità le mani giunte di lei e
Yuugi.
In
quel momento una limousine si fermò sul ciglio del marciapiede, lasciando
uscire Kaiba, con la divisa in ordine, e Mokuba che gli portava la valigia, come
sempre. Li osservò con il solito sguardo azzurro di superiorità, finchè i
suoi occhi non si fermarono su Miyon.
«Nel
pomeriggio ho la cerimonia, poi esco con gli altri» disse subito lei, con
sfida. «E per oggi, Yuugi è il mio ragazzo» Alzò la mano destra per
mostrarglielo. Yuugi arrossì e abbassò lo sguardo.
«Davvero?»
alzò le spalle lui, superandoli e avviandosi verso il cortile della scuola,
dove le sedie per la cerimonia stavano pian piano venendo occupate da una folla
di studenti e genitori. Mokuba lo seguì in fretta, scoccando delle strane
occhiate al gruppetto.
«Sarà
meglio che vada anche tu…» commentò Miyon lasciando la presa sulla sua mano.
Si chinò e premette lievemente le labbra sulle sue, portando la sua temperatura
corporea al grado di ebollizione dell’acqua. «Auguri» gli strizzò
l’occhio.
«G-grazie…»
balbettò Yuugi avvampando.
«Andiamo»
disse Anzu irritata. I quattro entrarono nel cortile.
Miyon,
invece, rimase ferma, voltandosi ad osservare la limousine che si allontanava
lungo la strada per cercare parcheggio. Il vento le scompigliò leggermente i
capelli, facendole entrare in bocca una ciocca bionda, libera dalla coda.
«Però
domani sei libera, vero?» Kaiba era ritornando indietro, e ora la stava
fissando quasi con aspettativa.
«Certo»
annuì lei avvicinandosi. «Dove andiamo?»
«Dove
ci pare…» si limitò a dire lui, rimanendo ad osservarla come se cercasse di
leggerle la mente. Miyon sorrise, poi si spose verso le sue labbra, mentre Kaiba
le afferrava la vita sottile. Il vento sussurrò ancora fra i loro capelli
mentre si baciavano.
###
Yuugi
spalancò gli occhi, respirando velocemente con la bocca spalancata, mentre
sottili fili di sudore gli scendevano lungo le guance fino a raggiungere il
collo. Il lenzuolo azzurrino che lo copriva dal petto in giù si alzava ed
abbassava velocemente, in sintonia con i suoi respiri. I battiti erano
accelerati.
«Che
succede, Aibou?» Yami, apparso con la
solita figura trasparente, seduto sul letto accanto a lui, sbadigliò, senza
preoccuparsi di coprirsi la bocca con la mano, mentre si strofinava gli occhi
violetti, ancora semichiusi per il sonno.
«Ho
avuto un incubo…» mormorò Yuugi in un soffio. «Non volevo svegliarti…»
Il respiro divenne man mano più calmo, ma lo sguardo restò preoccupato.
Yami
gli scoccò un’occhiata indagatrice attraverso il buio della camera da letto. «Che incubo?»
«Ho
sognato che…» Yuugi esitò. «Che ti eri fuso con Miyon…»
«Ma
dai!!» Yami scoppiò a ridere,
sdraiandosi del tutto sul letto, con le mani appoggiate alla pancia.
«Non
c’è proprio niente da ridere…» mise il broncio Yuugi, girandosi per
affondare il viso del cuscino morbido. «Sembrava tutto così… reale! Ho
rivisto la scena con Yami no Bakura, la storia degli amici di Miyon…» Sorrise
leggermente mentre tornava a guardarlo. «Anche la scena di Kaiba e Miyon alla
consegna dei diplomi…»
Yami
smise immediatamente di ridere. «Sei
diabolico!» Si alzò, fingendosi offeso. «La
vuoi piantare di ricordarmi chi è il ragazzo della mia parte femminile?»
«Va
bene, va bene…» Stavolta fu Yuugi a ridere, anche perché, contrariamente al
suo alter-ego, pensava che Kaiba fosse il ragazzo ideale per Miyon. Tutto
sommato, anche Yami stesso aveva dovuto ammettere che era sempre meglio lui di
Yami no Bakura! Fortunatamente, Miyon non voleva più avere a che fare con lui,
anche se tutti e tre sapevano che, quando Yami avesse deciso di ritrovare la
memoria, avrebbero dovuto chiudere definitivamente il conto con lui. Per il
momento, però, pareva essersi rassegnato. Yuugi sospirò ancora, cercando di
ricordare cosa veramente fosse accaduto.
«Stai
meglio?»
Miyon,
sdraiata sul letto con le lenzuola che la coprivano fino alla bocca, si voltò
leggermente verso la figura che gli aveva parlato: Yuugi, seduto sul letto di
fianco al suo. «Si…» Sentiva la fronte ancora calda, ma la febbre era scesa
e, in ogni caso, la sua temperatura corporea rimaneva sempre al di sopra dei
36.8. Si levò di scatto la coperta, che la faceva sudare e nient’altro, e si
alzò, sedendosi nell’identica posizione di lui. «Abbiamo un problema, noi»
«Già…»
annuì Yuugi piegando le labbra all’indietro. «E… come lo risolviamo?»
«Fosse
facile… Io so risolvere solo i problemi di massimo e di minimo relativo…»
commentò lei contemplando il muro di fianco a lei. «Ho un’idea! Lasciamo le
cose come stanno!» Yuugi la guardò male. «Ma si, in fondo Yami mi dava solo
fastidio… Mentre tu lo sopporti tranquillamente, perciò meglio così…»
Annuì convinta. «Anche perché, se ci fondiamo e divento un maschio?» Scosse
la testa preoccupata. «Non voglio assolutamente!!»
«E’
questo il problema?» Yami sospirò,
pensando che fosse un caso senza speranza.
«Però…
Mou hitori no Bakura ha detto che vivrai di meno…» mormorò Yuugi abbassando
lo sguardo.
«E
siamo sicuri che sia la verità?» A sentire quel nome, la voce di Miyon si era
fatta improvvisamente glaciale. «Ci penseremo a tempo debito! E poi non è vero
che sono cagionevol…etchì!»
«Dicevi?»
chiese Yami, mentre Yuugi le porgeva un fazzoletto.
«E’
l’aria dell’Egitto che mi fa male…» commentò lei asciugandosi il naso.
«Non posso ancora credere di essere stata un’antica egiziana…» Lasciò
cadere il fazzoletto per terra e prese le mani di Yuugi nelle sue. «Comunque,
non c’è davvero problema. Tienitelo. Al massimo lascerò un bel cadavere al
mio funerale» Si staccò. «E comunque non posso morire prima di essere
diventata ingegnere»
Yuugi
si alzò, improvvisamente spaventato. «Mou hitori no boku… No, è scomparso
di nuovo!»
«Eh?»
Miyon rimase sconvolta, poi si voltò. Yami era accanto a lei, che la guardava
con la stessa espressione stupita. «E’ tornato dentro di me!! Ma com’è
possibile?!»
«E
non fare quella faccia depressa!» si
offese lui.
Yuugi
si bloccò. «Vuoi vedere che… Può darsi che, visto che tu sei… Lui, Mou
hitori no boku può passare senza problemi da me a te e viceversa»
«Maledetto
Malik… Avremmo anche potuto evitare di aspettare due giorni e così non avrei
incontrato Bakura…» borbottò
sottovoce Yami.
«Ma
se non avessimo incontrato Bakura, non avremo capito ‘sta cosa…» lo
contraddisse Miyon, la quale si divertiva un mondo a farlo arrabbiare, senza
capirne il motivo. «Comunque…» riafferrò le mani di Yuugi. «Riprenditelo»
Quando
l’occhio del sole ebbe smesso di brillare sulla fronte di entrambi, Yami si
ritrovò ancora nel colpo di Yuugi. «La
piantate di trattarmi come un pacco postale?!» sbottò. Yuugi, per una
volta, lo ignorò, anche se aveva il desiderio di rispondergli “consegna
effettuata regolarmente”.
«Questa
situazione è vantaggiosa» continuò Miyon, che non poteva più sentirlo
lamentarsi. «Per esempio, all’università. Studiamo metà per uno, poi il
giorno dell’interrogazione me lo passi…»
«Minaguchi,
non è che devi sempre guadagnarci da tutto…» disse Yuugi, che in realtà
stava sorridendo.
«La
solita approfittatrice…»
«Lo
dico anche per te!» replicò lei offesa. «Metti che vuoi scopare con una
donna, mica puoi farlo con lui tra i piedi! Ma forse a Yami piacciano i film
porno…»
«Miyon!!»
Le guance dei due ragazzi divennero scarlatte dall’imbarazzo.
«Ed
è così che, adesso, il potente Faraone vaga da un corpo all’altro…»
concluse la storiella Yami in un tono nient’affatto entusiasta. «E’
come se avessi due case, ma…»
Yuugi
sorrise leggermente. «Lo sai che hai saltato una parte di questa storia?»
«Quale
parte?» Yami alzò lo sguardo al
soffitto, facendo finta di niente.
«Finalmente
si torna casa!» esultò Yuugi, mentre si stiracchiava scendendo le scale,
nuovamente illuminate dalla luce del caldo sole egiziano. «Non ne potevo più
di quella cavolo di tempesta!»
«A
chi lo dici…» concordò Yami senza
apparire. «Miyon dovrebbe essere a preparare la valigia… Forse ci aspetta in
salotto»
«Guarda
che non la devi mica controllare!» scosse le testa Yuugi finendo di scendere le
scale e avviandosi verso il salotto. «Visto che è te da femmina…»
«Proprio
per questo devo tenerla d’occhio!»
replicò Yami, facendolo scoppiare a ridere.
Yuugi
entrò tranquillamente nella stanza mal illuminata. «Miyon, se-» Si bloccò
immediatamente, sconvolto.
Miyon
scese immediatamente dalle ginocchia di Kaiba su cui era seduta un secondo
prima, sistemandosi la gonna a pieghe nera, con un’aria che definire
imbarazzata sarebbe troppo poco. «Stavo controllando una cosa…» si giustificò
subito. «Ah, ehm… E’ ora di partire?»
«Probabilmente
ti stava spiegando qualche formula matematica, vero?»
commentò geloso Yami, osservando Kaiba che, di nascosto, si puliva il collo dal
rossetto rosso che era ormai scomparso dalle labbra della ragazza.
«Venivamo
a chiedere a voi…» lo ignorò ancora Yuugi, che era a dir poco scioccato
dalla scena a cui aveva appena assistito. «Ma vedo che dovete ancora preparavi,
vi lascio soli…» Camminando indietro, uscì dalla stanza e scappò al piano
di sopra, con il viso in fiamme.
«Ma
che fai?! Sei scemo?!» iniziò a
urlare Yami. «Torna subito giù! Aibou!!» Yuugi gli impedì di riprendere il
controllo. Non era proprio il caso di disturbarli ancora. Era stato troppo
imbarazzante, per lui.
«No,
non ricordo questo particolare insignificante…»
glissò Yami con un’espressione innocentina sul viso, guardando molto
interessato il lampadario spento che troneggiava al centro del soffitto.
«Ah…»
Yuugi assunse un aspetto altrettanto innocente. «Quindi non ricordi nemmeno il
succhiotto rosso che Miyon aveva sul collo quando siamo partiti…»
Yami
si ingobbì. «Hai
proprio deciso di rovinarmi la giornata, eh, Aibou?»
«Accetta
la dura realtà» annuì Yuugi, cercando di trattenere una grossa risata.
«Si,
si, va bene…» Yami fece un cenno
scocciato con la mano. «Ascolta,
piuttosto. Se un giorno io dovessi scomparire veramente-»
«Non
dirlo! Non accadrà!» lo interruppe prontamente Yuugi, agitato.
«…Ti
prenderai cura di Miyon?» finì la
domanda senza ascoltarlo. Anche lui desiderava che quel giorno non arrivasse
mai.
Prima
che Yuugi potesse rispondere, un cuscino lo colpì in piena faccia. «La
vogliamo smettere di fare casino a quest’ora della notte?! Qui c’è qualcuno
che domani ha un esame importante!!» gridò Miyon dal letto dall’altra parte
della stanza, ricoprendosi poi fin sopra la testa con la coperta.
«Ho
l’impressione che sarà lei a prendersi cura di me…» scosse la testa Yuugi,
gettando a terra il cuscino. Dopotutto, non era stata Miyon stessa a decidere di
venire a vivere con loro due al Turtle Game?
«E’
meglio lasciarla dormire» convenne
Yami incrociando le braccia sul petto muscoloso. «Tiricordo che, per colpa di una stupida
sfida, se non prende trenta, sarà costretta a sposare Kaiba!»
«Costretta…»
ripetè Yuugi in un tono incredulo. Sinceramente, dubitava che Miyon si fosse
mai “sentita costretta” a fare qualcosa, specialmente se riguardava Kaiba.
Anzi, non aspettava altro che un brutto voto, probabilmente. «Sai qual è
l’unica cosa che potrebbe separarli?»
«Cosa?»
chiese Yami subito interessato.
«Dirgli
la verità su te e lei» In fondo, a parte Bakura e loro, nessun altro ne era a
conoscenza. Miyon e Yami avevano convenuto che, per entrambi, fosse meglio far
finta di nulla. A Malik avevano detto che erano gemelli, tanto credevano che non
fosse abbastanza intelligente da arrivare alla verità da solo.
«Oh,
si, sicuramente» fece Yami ironico. «Sai che, se lo facessimo, Miyon sarebbe capace di tagliarci
tu-sai-cosa e poi farcelo mangiare?»
Yuugi
rabbrividì. Si, effettivamente lei avrebbe potuto benissimo farlo senza alcun
rimorso. «Allora rassegnati»
«E’
l’unica…» Sospirò, ma non tanto
tristemente.«Comunque, non ti devi preoccupare» disse Yami con il sorriso
sulle labbra, mentre il suo partner si sdraiava a letto. «Io non potrei mai fondermi con Miyon»
«Perché?»
Yuugi tirò su il lenzuolo per coprirsi.
«Vedi,
nonostante tutto…» Yami scosse
drammaticamente la testa. «Io continuo a
odiare profondamentela matematica!»
Yuugi
scoppiò a ridere, ma si contenne coprendosi la bocca con la coperta.
«Non
è divertente…» Yami piegò le
labbra carnose all’indietro in un finto risentimento. «Buonanotte,
Aibou»
«Buonanotte,
Mou hitori no boku» Yuugi appoggiò la testa al cuscino morbido e chiuse gli
occhi, addormentandosi nuovamente.
Fine…?
Note
di Akemichan:
Lo
so, questo capitolo è oltremodo incasinato… La mia migliore amica (e prima
lettrice e critica) ha detto che si capiscono abbastanza bene i collegamenti
logici, spero sia così anche per voi ^^ Vi assicuro che lo scopo di questo
capitolo non era confondervi le idee (ah no? N.d.tutti), ma spaventarvi un poco
facendovi credere una cosa al posto di un'altra ^^ Sono cattivella?
Alla
fine, ho deciso di non descrivere totalmente il passato (per ora), perché sono
rimasta ancora troppo legata all’altra storia e verrebbe un casino, poichè
finirei per fonderle assieme mentre partono da basi completamente diverse. ^^
Quindi la termino nel presente.
Spero
vi sia piaciuta, è una fine aperta, ma la preferivo ad una fine chiusa come
poteva essere senza l’ultima parte.
Visto
che tutti mi avevate chiesto di scrivere il capitolo bonus sulla partita, ho
deciso di farlo ^^ Vi ringrazio per il vostro incoraggiamento, mi fa veramente
molto piacere ^^ Spero di esserne all’altezza, perché non sono sicura che
descrivere una partita di basket sia così semplice come sembra… è quasi più
facile giocarla ^^ Io ci provo, mi direte voi com’è venuta… Speriamo in
bene ù_ù La pubblicherò martedì sedici, di ritorno dalla montagna. Ciao a
tutti ^^
Reviews:
Evee
(che ha recensito la storia “Past and present”): Complimenti per la
resistenza ^^ Quaranta capitoli non so certo pochi… Mi spiace, prometto che
non ne farò mai più così lunghe…^^’’ Sono contenta che ti sia piaciuta
^^ Sai, visto che l’antico Egitto mi piace (e la civiltà classica in
generale) ho letto molto sull’argomento tra trattati e romanzi, quindi mi sono
fatta una cultura, ma ti assicuro che quello che so, rispetto a tutto quello che
c’è da sapere, non è nulla… Grazie ancora per la recensione ^^
Kelly:
Vado su in un paesino sperduto tra gli Appennini ù_ù Se martedì non pubblico
è perché mi sono persa nei boschi :-P Si, è vero, quella parte del manga è
tutta cambiata, però bisogna dire che prima Yami da una bella batosta ad Otogi
nel gioco delle carte ^^ Troppo bello quando lo fa *_* La cosa più incredibile
non è il padre di Duke, ma il nonno di Yuugi che era un giocatore d’azzardo
XD!! E comunque, io non ho mai detto che Seto è più forte nel passato (come
no? N.d.Setodeluso) Ho detto che Antares pensava questo ^^’’ Ma poi Yami è
diventato Faraone, quindi, a rigor di logica… (nooo N.d.Seto) Non potevo
metterli insieme come marito e moglie perché veniva troppo banale ù_ù E poi
le tue fan ci restavano male (però hai fatto restare male le fan di Kaiba!
N.d.Yami) Ah, è vero…^^’’ Vabbè, pazienza! (si, tanto le minacce di
morte vengono a me N.d.Miyon) Comunque mi fa piacere che come idea ti sia
piaciuta. ^///^ Bye ^^
Ayu-chan:
Ma no, non sono così cattiva! Potevo trasformarlo del tutto in una donna, se
volevo ^^ Invece non l’ho fatto (grazie, eh… N.d.Yami ironico) Spero che tu
abbia dormito, altrimenti mi sentirei in colpa (e verso di me non ti senti mai
in colpa? N.d.Yami) Uhm… *Akemichan finge di pensarci* No (e sei pure mia
fan!! ç_ç N.d.Yami) Se non te l’aspettavi sono contenta, almeno ho provocato
(una volta nella vita!) l’effetto sorpresa ^^ Speriamo di vederci in chat al
mio ritorno. Bye ^^
Phoenix:
^///^ Grazie dei complimenti, e per non avermi tirato nulla addosso ^^’’ Bye
^^
Jaly
Chan: sono contenta che ti sia ripresa dallo shock ^^’’ Dopo le prime due
righe ho temuto il peggio, visto che nemmeno Seto era riuscito a rianimarti…
ù_ù (avverto che io la respirazione bocca a bocca non la faccio manco sotto
tortura! N.d.Seto) In effetti ci sono stata un po’ a pensarci, dicendomi
“cosa la gente NON penserebbe mai”? Ed è venuto fuori questo ^^ Comunque mi
fa piacere che tu abbia notato che i due si somigliavano ^^ Si, è l’ultimo,
avevo promesso di non farne mai più lunghe come la precedente ^^’’ Però,
come hai visto, il finale è aperto al massimo ^^ No, Seto non affogherebbe mai
suo fratello, poi chi gli porta la borsa quando lui se ne va in giro? ^^
(crudeli ç_ç N.d.Mokuba) Grazie per il consiglio sul mal di mare, a questo
punto posso venire anch’io sulla barca di Seto ^^ (basta, ve ne regalo una
nuova, piuttosto! N.d.Seto stranamente generoso) Dì un po’, com’è che non
ci vuoi a mezzo… (è che ha invitato Miyon… N.d.Yami che fa la spia) Ahh,
ora si spiega tutto… Poi te la vedi tu con le tue fan, a me basta la barca :-P
Bye ^^
Newe:
Grazie per i complimenti ^///^ Sono felice di essere stata originale, alla fine
^^ Se ti immagini la scena, spero di essere riuscita a descriverla decentemente
^^ Anche se immaginarla mi ha divertito parecchio ^^ Bye ^^
Viky:
Grazie dei complimenti ^///^ Se è stato davvero un colpo di scena come dici,
vuol dire che sono riuscita nel mio intento, una volta tanto ^^’’ Si, questo
è l’ultimo capitolo, dispiace un po’ anche a me, ma in fondo devo
rispettare la promessa di non fare più storie lunghe come la precedente
^^’’ Bye ^^
Angel
Riddle: Non c’è problema, figurati ^^ Piuttosto sono contenta che la storia ti
piaccia. Bye ^^
Il piccolo spogliatoio della palestra,
quello riservato alla squadra della Sasaki, era affollato di giocatrici. Le voci
delle ragazze si perdevano in altrettante voci e, nonostante fossero solamente
in dodici, da fuori chiunque avrebbe pensato di trovarne almeno il doppio. Ormai
le giocatrici stavano terminando gli ultimi preparativi, come la pettinatura e
il fiocco nelle scarpe da ginnastica, pronte a scendere in campo.
Yami, nel corpo di Miyon, stava davanti
allo specchio, guardando ammirato la sua bella divisa blu, con la scritta
“Sasaki” sul davanti e il nome “Minaguchi” sulla schiena, proprio come i
campioni dell’NBA. Viste anche le scarpe da ginnastica sullo stesso stile, i
calzettoni con la striscia blu e le polsiere bianche come le scritte, gli
sembrava proprio di essere diventato un grande campione.
«Ehi,
Michael Jordan!»
lo chiamò, scherzando, Miyon. «Sveglia!
Non sei ancora pronto»
«Come no?» chiese lui, tranquillo che
nessuno avrebbe mai notato che parlava da solo, vista la confusione. Aveva preso
il controllo non appena lei aveva finito di vestirsi, perciò non credeva che
mancasse ancora qualcosa.
Miyon indicò i lunghi capelli che gli
ricadevano morbidi sulle spalle. «Devi
farti la coda. Speri forse di correre quaranta minuti con quei cosi che ti
entrano da tutte le parti?»
«Allora perché li tieni lunghi?» chiese
Yami, scoccandole un’occhiata storta.
«Perché
mi va!»
Lei incrociò le braccia sul petto, offesa. «Adesso
non posso più vestirmi come mi pare…»
«Va bene, va bene… Faccio la coda,
contenta?» Subito dopo aver pronunciato questa frase, si bloccò, restando
fermo con lo sguardo leggermente abbassato e le mani giunte sul davanti.
«Che
c’è ora?»
Yami esitò. «Non…»
«Non
cosa?»
chiese ancora Miyon, esasperata.
«Non so come si fa una coda… mai fatta!»
si azzardò a dire lui.
Miyon alzò gli occhi al cielo, pensando
che sarebbe stato meglio evitare qualunque commento. «Tiinsegno io» disse con una pazienza
strana per lei. «Prendi l’elastico,
nella tasca piccola dello zaino»
Yami iniziò a frugare dentro quella
piccola borsa di Mary Poppins. «Non c’è» disse alla fine, dopo
un’accurata ricerca, dalla quale era emerso un portafoglio, un portachiavi
senza chiavi, un paio di scontrini, un biglietto dell’autobus usato, una carta
d’identità sporca di marmellata e un pupazzino rotto di Winnie Pooh. «No,
l’ho trovato!» fece esultante estraendo finalmente un piccolo elastico blu.
«E questo cos’è?» L’elastico risultava attaccato ad un piccolo
pacchiettino quadrato, viola e sottile.
«Hai le mestruazioni, Minaguchi?» chiese
la ragazza che stava finendo di allacciarsi le scarpe da ginnastica di fianco a
loro due.
Yami arrossì fino alla punta dei capelli,
capendo cosa fosse l’oggetto che teneva in mano.
La ragazza lo guardò un po’ preoccupata.
«Guarda che non ti devi mica vergognare! A diciassette anni sarebbe più grave
non averle!»
Miyon si battè una mano sulla fronte. La
situazione sarebbe potuta essere comica, se non fosse stata lei, in fondo, a
fare brutte figure. «Cosa fai lì
impalato? Mettilo via!»
«Si» Yami obbedì immediatamente, quindi
si allontanò immediatamente dall’altra ragazza, precipitandosi verso lo
specchio. «Adesso…»
«E’
semplice»
sorrise Miyon, a cui non dispiaceva fare la maestrina. «Allarghi
l’elastico tra le quattro dita, poi prendi tutti i capelli e ce li infili
dentro, quindi lo giri finchè non si blocca»
«Okay» annuì Yami convinto, ripetendo
meccanicamente le sue istruzioni. Il risultato fu una coda moscia e spettinata,
che pendeva molto da sinistra.
«Hai la coda storta» gli disse infatti
sempre la ragazza di prima, che, pronta, stava già uscendo per andare in
palestra.
«Ma quella, si fa i fatti suoi, ogni
tanto?!» chiese lui arrabbiato. Miyon, ormai rassegnata, riprese il controllo
per rendere la sua pettinatura al limite della decenza, quindi i due, ormai
rimasti soli nello spogliatoio, si diressero finalmente in palestra.
«Quanta gente!» esclamò Yami, il quale
era abituato a giocare in solitudine, o, al massimo, in presenza dei suoi amici.
Persino a Battle City aveva finito per cercare duelli solitari!
«La
squadra di basket della Sasaki è molto famosa» spiegò Miyon. «E
anche i nostri avversari, la scuola Fumino, sono molto forti»
«Non vedo l’ora di iniziare!» Yami si
gettò sulla prima palla che gli capitò e corse al canestro libero per tirare.
«Minaguchi!!» ruggì il coach, fermo
davanti alla postazione degli arbitri col resto della squadra.
Yami si bloccò. «E ora che diavolo ho
fatto?» si lamentò, visto che, per qualche “strana” ragione,
l’allenatore se la prendeva sempre con lui.
Miyon lo chiamò punzecchiandolo sulla
spalla con un dito. «Devi andare a fare
il riconoscimento»
«Il che?» chiese Yami, lasciando con
evidente delusione la palla e raggiungendo la postazione che lei gli stava
indicando.
«Nessuno
ti torturerà, tranquillo»
sorrise Miyon. «Quando l’arbitro chiama
il tuo, cioè il mio cognome, tu devi dire il nome e il numero di maglia»
«Che sarebbe?» annuì Yami cercando di
posizionarsi il più lontano dalla ragazza rompi di prima.
«Sei
stato mezz’ora davanti allo specchio e non lo sai ancora?» Lei scosse la testa, perdendo ogni
speranza.
«Parla quella che è stata un’ora
davanti ad una vetrina e poi è entrata per chiedere il prezzo che era scritto
grosso come una casa proprio in vetrina» ribattè tra i denti lui.
«Okay,
uno a uno… E’ l’undici»
mormorò Miyon. Poi sorrise felina. «Se
provi asbagliarti e a dire Yami ti
ammazzo»
«Lo
stavi facendo davvero!! Non posso crederci!!» piagnucolò lei, tranquillizzata dal fatto
che, per fortuna, si era corretto in tempo e nessuno aveva notato la svista. «Meglio
che l’allenamento preliminare lo faccia io…» aggiunse poi.
«Perché?» si offese lui. «Guarda che
sono diventato bravo, dopo l’allenamento dei giorni scorsi»
«Bravo…
Passabile, diciamo»
Miyon sospirò. «E va bene»
Yami, soddisfatto, si dispose in fila a uno
dei lati della metà campo utilizzata dalla Sasaki, osservando il tipo di
esercizio che stavano facendo. L’altra fila, che possedeva la palla, la
passava correndo a quelli della loro fila, i quali tiravano in terzo tempo. Non
sembrava particolarmente difficile, anche se il “terzo tempo” non gli
riusciva ancora del tutto, come mossa.
«Minaguchi» chiamò dall’altra fila la
numero sette, quando fu il suo turno. Yami iniziò a correre, aspettando che gli
passasse la palla. Il problema fu che, possedendo un corpo in due, Miyon non
aveva potuto allenarlo nei lanci, quindi, nonostante le mani in posizione, il
passaggio fu così veloce e forte, che Yami non riuscì a bloccarlo e se la
prese dritta sul naso.
«In
partita, non farti mai passare la palla» gli consigliò Miyon, mentre lui era
costretto a rimanere seduto in panchina con un fazzoletto pieno di ghiaccio
premuto sul naso sanguinante. «Rubala,
piuttosto»
Depresso, Yami iniziò a concentrarsi sulla
squadra avversaria. «Accidenti!» esclamò, vedendo le numeri sei e otto, che
sicuramente raggiungevano entrambe il metro ed novanta. «Sono altissime!»
«Avevo
sentito parlare dei pivot della Fumino…» mormorò Miyon, anche lei impressionata.
Yami scoppiò a ridere, finchè lei non gli spiegò che “pivot” non era un
insulto, ma il ruolo che una determinata persona assumeva durante la partita.
«Non me ne avevi mai parlato…» si
difese lui.
Miyon afferrò la lavagnetta del coach, che
aveva disegnata la metà campo. «La
numero sette e la numerocinque sono i
nostri playmaker e stanno qui» Segnò con una croce sulla linea dei tre
punti, esattamente sopra la lunetta dei tiri liberi. «Il compito del playmaker è portare su la palla dall’altra metà
campo e coordinare il gioco. È lei che chiama gli schemi»
«Schemi? Quali schemi?» si preoccupò
Yami.
Lei imprecò sottovoce. «Ho dimenticato di spiegarti gli schemi… Bè, lo faccio dopo»
Scosse la testa, riprendendosi. «Mi
auguro che tu abbia buona memoria…»
«Lascia perdere e dimmi la cosa più
importante…» disse Yami improvvisamente agitato. «Io… Dove cavolo devo
stare?!»
«Qui
o qui»
Miyon segnò due zone ai lati del playmaker, ma leggermente più bassi rispetto
a lui. «Ala generica. Non abbiamo ancora distinzioni fra grande e piccola come
in NBA»
Finalmente, l’arbitro fischiò e le due
squadre rientrarono in panchina, per prepararsi ad iniziare a giocare. Nel
quintetto iniziale fu chiamata anche Miyon, con grande gioia di Yami che non
vedeva l’ora di rifarsi, vista la botta presa precedentemente. L’arbitro
diede alle cinque ragazze alcune istruzioni su come comportarsi, istruzioni che
logicamente lui non ascoltò minimamente, troppo impegnato a ripassare
mentalmente tutte le informazioni su schemi e ruoli che Miyon era riuscita a
dargli a tempo di record. Quindi le due squadre entrarono in campo.
«Ora c’è “ai due”» spiegò Yami
saccente, per dimostrare che aveva imparato come giocare. «Posso mettermi dove
voglio attorno al cerchio di centrocampo»
«Esatto»
annuì Miyon un poco preoccupata. «Ci
sono domande, prima di iniziare?»
«Si, una…» fece lui guardandosi
attorno. «Noi dove tiriamo?»
Miyon si battè una mano sulla fronte per
essere sicura di non avere un incubo. Cercando di restare calma, gli chiarì: «dalla
parte dove guarda quello della nostra squadra che fa “ai due”. Ed è SEMPRE
così»
«Okay» Yami fece il segno del pollice
alzato per cercare di tranquillizzarla, quindi si sistemò attorno al cerchio.
L’arbitro fischiò, lasciando in aria la
palla. Entrambe le giocatrici saltarono, ma la numero nove della Sasaki fu più
rapida e con una precisa schiacciata sbattè la palla nella meta campo
avversaria, giusto fra le braccia di Miyon.
«E ora cosa devo fare?» si chiese Yami
tenendola stretta al petto.
«Palleggia,
passala al playmaker, non stare lì impalato!!»
urlò lei saltellandogli attorno.
«Non mi ricordo chi è il play!» scosse
la testa lui, preparandosi a palleggiare. Prima che ci riuscisse, l’interro
quintetto della Fumino gli fu addosso, scaraventandolo a terra.
L’arbitro fischiò fallo alla prima
giocatrice che gli capitò sottomano, fortunatamente alla numero otto, e assegnò
la rimessa laterale alla Sasaki. Yami gettò via la palla non appena le cinque
lo liberarono e scappò via verso il canestro.
Il playmaker prese la palla e si dispose al
centro, lasciando che tutte le altre ragazze prendessero posizione. Yami, una
volta sistematosi, si accorse di un’avversaria che gli stava di fronte, con il
braccio teso ad intercettare la palla. «Marcatura?» chiese a Miyon. Lei annuì.
«Schema uno!» chiamò il playmaker.
«Lo
ricordi?»
domandò Miyon, sperando in un miracolo.
«Certo» annuì Yami correndo verso il
pivot, mentre l’altra ala correva vero di lui.
«Quello
è il due, non l’uno!!»
gli gridò Miyon, ma ormai era troppo tardi per rimediare. A quanto sembrava,
Yami ricordava gli schemi alla perfezione, ma non i numeri che li distinguevano.
A causa della leggera confusione che il suo errore provocò, il playmaker
avversario riuscì a sottrarre la palla e a far canestro in contropiede.
Due a zero, rimessa della Sasaki. Yami
riprese la sua posizione nella metà campo, cercando di ricordarsi mentalmente
le regole, mentre aspettava che la playmaker arrivasse con la palla. Questa,
invece che chiamare uno schema, dato che le avversarie marcavano a zona, gli
passò la palla, cercando di entrare in area. Non appena Yami ricevette la
palla, non stette neppure a ragionare per un istante, ma si mise in posizione di
tirò e lanciò.
«Non
devi tirare appena prendi la palla!! Prova a giocarla!»
gli consigliò Miyon un secondo prima che la numero otto, dall’alto del suo
metro e novanta, gli stoppasse la palla, rubandogliela.
«E’ fallo!» protestò Yami.
«Invece
no, se ha toccato la palla e non il braccio!» spiegò Miyon, la cui pazienza si era
ormai trasferita definitivamente alla Hawaii.
«Questo non me lo avevi detto» si difese
lui, ancora una volta con la stessa frase, correndo all’inseguimento
dell’avversaria con la palla. Cercò di sottrargliela mentre le camminava al
fianco, ma inciampò e, per sbaglio, le diede una botta sul braccio, che
l’arbitro fischiò immediatamente come fallo. Alla rimessa successiva,
l’allenatore richiamò Miyon in panchina, sostituendola con un’altra
giocatrice.
«Perché?» protestò Yami sottovoce,
mentre si sedeva arrabbiato.
«Vediamo
se riesco a spiegarti…»
Miyon scosse la testa, mentre lui si poggiava la giacca della tuta sulle spalle
per non prendere freddo. «Se tu, in una
mano di carte, avessi un mostro da 500 e uno da 2000, quale manderesti in campo?»
Yami la guardò male. «Vuoi dire che sono
scarso?»
Lei annuì lievemente. «Abbastanza. E meno male che ti chiamavano Yu-Gi-Oh!» aggiunse
ironica. «Che razza di giochi facevi, a
parte M&W?»
«Erano… diversi» Non era una
giustificazione, piuttosto una delusione per non riuscire a combinare, in campo,
quello che aveva nella testa. «Non erano di squadra, e poi… erano quasi tutti
giochi di ruolo»
«Dove
serve la fortuna, più che l’abilità» dedusse per logica Miyon.
La loro conversazione venne interrotta
dalla solita ragazza di prima. «Con chi stai parlando?»
«Con l’altro me stesso che vive dentro
di me, ti dispiace?» replicò brusco Yami, che non la sopportava più. Lei fece
una faccia offesa e si voltò dall’altra parte.
Dopo alcuni minuti di silenzio, Miyon,
seduta accanto a lui sulla panchina, osservando Yami fare strani gesti in
direzione del campo, si azzardò a chiedere: «mi
spieghi cosa stai facendo?»
«Ho pensato che, se in campo qualcuna si
fa male, il coach dovrà per forza farci rientrare» rispose lui, il quale stava
probabilmente eseguendo dei complessi rituali magici per portare sfortuna in
campo.
Miyon si morse le labbra prima di
esplodere. «Sei un imbecille!!» gli
gridò. «Davvero non ha mai fatto giochi
di squadra, se non sai queste cose basilari!» Sbuffò seccata, accavallando
le gambe. «Non puoi farferire i nostri compagni…»
«Questo lo so» replicò Yami, un poco
offeso. «Solo che… Questa sarà probabilmente la prima e l’ultima volta che
gioco a basket e-»
«Si,
ho capito»
lo interruppe lei. «Il fatto è un altro.
Tu non hai mai “giocato” veramente. A parte abilità e fortuna, ciò che
distingue il basket dai giochi che hai fatto tu è l’energia. Tu non stai
fermo seduto ad un tavolo, tu metti te stesso in gioco. Rischi, sudi, soffri e
ti diverti. Questo è giocare, per me»
Yami la ascoltò attentamente. «Se
giocassi a M&W, ti accorgeresti di quante somiglianze ci sono» disse
sorridendo, quindi tacque e si mise ad osservare attentamente lo svolgimento
della partita con uno sguardo così assorto che lei non osò più interromperlo.
All’inizio del secondo tempo,
l’allenatore decise di dare a Miyon un’altra opportunità. Mentre Yami si
metteva attorno al cerchio del “ai due”, lei sospirò. «Siamo
sotto di venti punti…»
«Adesso li recuperiamo» alzò le spalle
lui.
«Mi
sembra improbabile…»
Yami si accigliò. «Cos’è questo
atteggiamento disfattista?»
«E’
che…»
Miyon non ebbe il coraggio di dirgli che dubitava seriamente delle sue doti come
giocatore.
«Lasciami fare» Yami guardò il tabellone
con uno sguardo serio negli occhi viola e le labbra leggermente piegate in un
sorriso deciso, tanto che lei si sentì come sollevata da quello sguardo deciso.
Ancora una volta, la loro compagna riuscì
ad avere la meglio e l’intera squadra si dispose per giocare lungo la metà
campo. Yami ottenne la palla direttamente dalla playmaker e si mise in posizione
di tiro.
Miyon alzò le braccia al cielo. «Non ti avevo detto di non-» Si bloccò, vedendo che Yami, invece
di tirare immediatamente, aveva aspettato che la numero otto venisse a
bloccarlo, per iniziare a palleggiare ed entrare velocissimo in area, dove
finalmente si fermò e tirò, perché non era ancora in grado di eseguire un
terzo tempo. «Quando hai imparato a fare
le finte?» chiese lei sorpresa.
«Ho osservato bene le “sempai”»
sorrise lui. «E ho imparato dai miei errori»
Lei gli strizzò leggermente l’occhio.
«Ben
fatto»
Yami si diresse verso la metà campo
avversaria, cercando con gli occhi la ragazza che doveva marcare. Guardandosi
attorno, osservò che il playmaker del Fumino, una ragazzina talmente esile da
sembrare una bambina, e che perciò gli ricordava molto Yuugi, agile e
velocissima nelle finte, era riuscita a liberarsi dalla marcatura e si preparava
ad entrare in area. Corse subito a bloccarle la strada.
«E’ mia!» protestò leggermente la
numero sette della Sasaki.
«Ma tu non riesci a marcarla» ribattè
secco Yami. «Sai quanti punti ha fatto nel primo tempo?» Con uno sbuffo
seccato, lei andò a controllare l’altra avversaria rimasta libera.
«E tu pensi di riuscirci?» chiese la
playmaker, palleggiando con la schiena indietro, in modo da tenere la palla
coperta con il corpo. Eseguiva sempre la stessa mossa, fingeva di andare in una
direzione e poi, se l’avversario la seguiva, con un rapido cambio, scattava
via nella direzione opposta. Era talmente veloce che era difficile fermarla.
Yami non rispose, ma si limitò a restare
fermo, con la schiena ben dritta e le braccia lungo i fianchi, e chiuse gli
occhi.
«Sei
scemo?!»
si spaventò Miyon, indecisa se riacquistare o no il controllo del suo corpo.
«No, sono il re dei giochi» replicò lui
a labbra socchiuse, con la sicurezza che gli era propria.
Anche la playmaker rimase particolarmente
stupita, ma si riprese in fretta. Perché sprecare un’occasione così
favorevole? Spinse la palla in avanti per entrare in area con il terzo tempo. Un
palleggio solo e Yami, riaprendo gli occhi, spostò il braccio con una rapidità
che sorprese anche lei, gettando la palla in direzione della sua compagna prima
che, a causa del palleggio, questa ritornasse nelle mani avversarie. La sua
compagna non si fece attendere: recuperò la palla in un attimo e corse in
contropiede a fare canestro.
«Sei
un sensitivo?»
chiese Miyon, che non sapeva se odiarlo o amarlo, in quel momento.
«Diciamo che sono sensibile ai rumori»
fece lui, modesto.
Dopo i due punti, la rimesse passò alla
Fumino. «Minaguchi! Marca a uomo la playmaker!» gli urlò l’allenatore dalla
panchina. Yami non aspettava che un ordine simile, visto che considerava quella
ragazza la migliore dei loro avversari. Dopo tre tentativi di rimessa, tutti
intercettati da Yami, il quale, in quel momento, sembrava essere diventato un
campione, la rimessa tornò alla Sasaki.
Riuscire a passare la palla ad una compagna
fu un’impresa piuttosto difficile, visto che, essendo nella loro metà campo,
si trovavano ad essere marcati dall’intero quintetto della Fumino. Prima che
scadessero i cinque secondi concessi, Yami gridò: «lanciala in alto!» La
compagna ubbidì, perché non vedeva alternative.
Allora Yami si appoggiò alla spalla
dell’avversaria che lo stava marcando per proiettarsi in alto, fare un mezzo
giro su sé stesso, intercettare la palla in aria e schiacciarla dentro il
canestro, atterrando malamente sulle ginocchia. Tutti rimasero così scioccati
che persino l’arbitro si dimenticò di fischiare i due punti fatti.
Miyon si diede un pizzicotto per accertarsi
di essere sveglia, ma, essendo in forma di spirito, non sentì alcun dolore e si
convinse di stare sognando. «Come.
Diavolo. Hai. Fatto?»
«Uhm… Sono un genio?» Al viso ancora
incredulo di lei, aggiunse scherzando: «Bevo molti Powerade»
«Mai
vai a…»
Miyon preferì non terminare la frase.
Il gioco riprese e per un po’ si ebbero
momenti altalenanti, in cui Yami lasciò giocare Miyon, la quale si limitò ad
appoggiare le compagne, che avevano una mira più precisa rispetto alla sua,
nelle azioni. «Cosìnon va» disse lui ad un certo punto, mentre, osservando il
punteggio, notava che erano ancora sotto di quattordici punti. «Se
continuiamo a fare un canestro noi e un canestro loro, non li recupereremo mai!»
«Non ci resta che usare la nostra arma
segreta» disse Miyon, con uno sguardo e un tono da film di 007.
Yami sorrise sardonico. «Tocca a me, allora» Si scambiarono ancora di posto, mentre al
centro vi era una piccola rissa, nella quale la palla rotolò via senza che
nessuno se ne accorgesse. Lui, che in quel momento era distante perché stava,
nel bel mezzo di un’azione, appunto chiacchierando con la sua ospite, vi si
precipitò sopra e la prese, correndo fino alla linea dei tre punti. «Che
diavolo fai?!» gli gridò l’allenatore, ma fu costretto a tacere nel momento
stesso in cui la palla entrò precisa dentro il canestro.
Dalle tribune esplose un boato, al quale
Yami, onorato, rispose con un leggero inchino. «Adesso ne facciamo una ventina
di seguito» propose alla sua compagna che rideva alla faccia sconvolta
dell’allenatore, il quale sembrava essere stato fulminato in quel preciso
istante.
All’azione dopo, Miyon ottenne la palla,
ma si accorse che le sarebbe stato impossibile lasciar tirare Yami da tre, perché
le avevano mandato come marcatore la numero otto, alta almeno venti centrimetri
più di lei. «Blocco!» chiamò allora, e due sue compagne si precipitarono ai
lati della otto, costringendola a deviare direzione e a perdere tempo.
Miyon ne approfittò ovviamente per
spostarsi lateralmente di quanto bastava per avere la visuale libera, quindi
lasciò il posto a Yami che infilò un altro canestro da tre. «Questo sì che
è lavoro di squadra» commentò lui con il pollice alzato in direzione delle
due ragazze che lo avevano aiutato bloccando la marcatrice.
La solita ragazza, in quel momento in campo
con loro, si avvicinò interessata. «Accidenti Minaguchi! Da quando sai fare
tiri da tre?»
Yami contò fino a dieci per non esplodere.
«Te lo dirò quando tu imparerai a farti i c… tuoi» le sussurrò
all’orecchio, con un tono che definire sarcastico era troppo poco.
Nei minuti che seguirono Yami riuscì,
sempre grazie all’aiuto delle compagne che cercavano di lasciarlo libero il più
possibile, ad azzeccare altri cinque canestri, riportando la situazione quasi in
parità. Mancavano tre minuti alla fine, e la Fumino fece entrare in campo anche
l’altra ragazza da un metro e novanta, la numero sei. Le due, assieme,
riuscivano ad intercettare tutti i rimbalzi, garantendo un canestro per la loro
squadra ad ogni azione. In questo modo, anche per Yami diventava più difficile
riuscire a tirare oltre la linea senza essere stoppato.
All’azione successiva, Miyon prese il
controllo e si fece passare la palla. «Che
intendi fare?» le chiese lui. In tutta risposta, lei penetrò in area con
il suo palleggio sicuro e iniziò il terzo tempo, proprio in direzione della
numero otto. «Ti sei rimbecillita?!»
le gridò lui. «Hai visto quant’è
alta?! Ti sfracellerai!» Difatti, la mano gigante della numero otto getto a
terra Miyon al secondo passo del terzo tempo. «Che
ti avevo detto?» commentò Yami polemico.
L’arbitro fischiò, facendo strani gesti
con le mani. «Fallo della numero otto» Un altro fischio corrispose nella
postazione dei giudici, segnalando che si trattava del quinto e che, quindi, la
giocatrice in questione doveva lasciare il campo, come da regolamento.
«L’hai
fatto apposta…»
dedusse Yami ammirato, visto che, per la numero otto, sarebbe stato impossibile
bloccarla in terzo tempo senza commettere un’infrazione.
Lei si alzò leggermente dolorante. «Sono
i trucchi del mestiere» sorrise sardonica. «Ora guarda che ti combina la
professionista» Miyon azzeccò entrambi i tiri liberi, nei quali era
particolarmente portata. Si asciugò il sudore con la polsiera prima che gli
entrasse negli occhi.
«Adesso
che dobbiamo confrontarci con una stanga sola, non va così male»
disse Yami, vedendo che, grazie a quei due canestri, erano sotto di un solo
punto.
Mancavano ormai quindici secondi alla fine
della partita e la squadra della Sasaki era ancora sotto di un punto. Il
problema era che la palla era in possesso della Fumino. «Se riesco a prenderla,
mi prometti che non sbagli il tiro?» disse Yami, fermo in mezzo alla metà
campo, mentre osservava il pallone rotondo passare da una mano all’altra senza
fermarsi mai.
«Stai
scherzando?»
replicò lei offesa.
Yami si piegò leggermente sulle ginocchia,
sempre seguendo i movimenti con gli occhi viola, quindi scattò improvvisamente,
riuscendo a sforare la palla e a farle cambiare direzione. Si precipitò a
riprenderla, trovandosi di fronte alla numero sei in tutto il suo metro e
novanta. Allora non prese la palla, bensì la schiacciò a terra, facendola
passare sotto le sue lunghe gambe, quindi si abbassò e anche lui la superò in
scivolata passando al di sotto. La numero sei rimase così sorpresa che si bloccò
ad osservare la galleria formata dalle due gambe aperte, dov’era appena
passata l’avversaria.
«A te» disse Yami lasciandole il posto.
Miyon corse con tutti il fiato, poco, in verità, che le era rimasto, e si fermò
a tirare sulla linea del tiro libero, accorgendosi che non avrebbe fatto in
tempo ad arrivare più vicina. Infatti, l’arbitro fischiò la fine proprio nel
momento in cui la palla toccava il ferro e rimbalzava all’interno del canestro
con una precisione che sembrava studiata, mentre invece era solo fortuna.
«Abbiamo
vinto» dedusse tranquilla Miyon, come se parlasse del tempo.
«Ne
dubitavi?»
commentò Yami, cercando di trattenere il sorriso che si allargava sul suo viso.
«Dopotutto, io sono il re dei giochi!»
Lei scoppiò a ridere, tanta era la voglia
dopo la sua scivolata sotto le gambe della numero sei. «Meglio che non faccia
commenti»
Dato che entrambi, dopo la partita, erano
ancora molto eccitati, si fermarono in palestra fino a sera, quando ormai tutto
il pubblico aveva lasciato l’edificio e la notte stava calando i suo mantello
sul cielo azzurro e rosso.
«E’ stata la partita più bella della
mia vita!» esclamò Miyon stiracchiandosi le braccia.
Yami sospirò leggermente. Quanto gli
sarebbe piaciuto poter giocare ancora in questo modo… In realtà, avrebbe
preferito avere il corpo separato da lei, in modo da poterle passare la palla,
ma finchè non fosse stato capace di farlo, avrebbero potuto continuare in
questo modo… No! Non ci doveva pensare. Domani sarebbero andati in Egitto, da
Yuugi…
Miyon fece un leggero terzo tempo con le
sue gambe esili e fece battere la palla sull’angolo del quadrato nero,
mandandola in canestro. Dalla porta laterale della palestra venne un leggero
applauso. «Kaiba?» Senza motivo, arrossì. «N-non avrai assistito alla
partita, vero?»
«Non avevo da lavorare» rispose lui vago,
senza risponderle veramente. «Ma di chi è il merito, tuo o di Yuugi?»
«Uhm…» Lei finse di riflettere. «Diciamo
metà per uno…»
«Tutto merito mio, ovviamente» Yami si
scambiò di posto e fece uno dei suoi sorrisi ironici, tanto che per Seto fu
impossibile non capire chi aveva di fronte.
«Ah, si?» Con un gesto rapido Kaiba gli
sottrasse la palla che teneva sottobraccio e la tirò a canestro tra la linea
dei tre punti e il quadrato del tiro libero.
«Sai giocare a basket?» si stupì Yami,
un poco seccato dalla facilità con cui il suo rivale aveva centrato il
canestro, mentre lui ancora non riusciva ad avere una mira precisa.
«Me la cavo» rispose l’altro
stranamente modesto. «Sempre meglio di quanto riesca a fare tu…»
«Cos’è, una sfida?» domandò Yami,
vedendo che Seto si era tolto la giacca e adesso palleggiava tranquillamente a
bordo campo.
«Secondo te?»
Allora, Yami balzò in avanti intenzionato
a rubargli la palla, e i due cominciarono un incontro uno contro uno. «Ehi!» si lamentò Miyon, ma si rassegnò vedendo quanto impegno
ed energia ci stavano mettendo. «Io non
li capisco del tutto…» commentò, facendo apparire la sua figura
trasparente sulla panchina a guardarli. Poi sorrise. Era bello restare a
guardare le due persone più importati della sua vita che giocavano assieme.
Arrossì ancora. Aveva detto “le più importanti”…?
Yami, finalmente, riuscì a sottrargli la
palla, uscire dai tre punti e tirare. «Ho vinto» sorrise, vedendo che la palla
entrava di “ciuffo” nel canestro. D’altronde, restava sempre il re dei
giochi.
Note di Akemichan:
Ecco a voi il capitolo bonus promesso!
Spero che vi sia piaciuto, visto che descrivere una partita di basket non è così
facile come credevo ù_ù Sappiatemi dire. A proposito, se non capite qualcosa
di quale regolamento, chiedete pure alla sottoscritta, perché sulle regole ho
lasciato correre parecchio, ma scordo sempre che non tutti hanno giocato a
basket per dieci anni, quindi non fatevi problemi a farmelo notare. Per il
momento, arrivederci a tutti! ^_^
Reviews (a quelle per questo capitolo, se ce ne saranno, risponderò
direttamente nell'angolo recensioni):
Kelly: Ciao ^^ In vacanza è andato tutto bene, l'aereo di Seto è
comodissimo, ovviamente (guarda che non te lo presto più, anche se mi fai i
complimenti! N.d.Seto) E Yami, mi sa che ti conviene darti da fare, non la
vorrai lasciare senza soldi (uffi, se solo fossi ancora un faraone...ç_ç) Mi
fa piacere che la fine ti sia piaciuta, pensa se l'avessi interrotta ai
cancelletti :-P Ma poi ho pensato che fosse meglio lasciare un margine di
libertà in più... Che dici, ho fatto bene? Bye ^^
Ayu-chan: Ciao ^^ I due metri quadrati faranno anche bene, sono le gite su
"per i bricchi", come si dice dalle nostre parti, che rovinano ^^''
Fortuna che sono una buona camminatrice (una delle tue poche doti ù_ù N.d.Seto)
Grazie, eh ç_ç E comunque non puoi parlare, tu che venivi fino in cima con
l'aereo privato! (Se sono miliardario non è mica colpa mia...
N.d.Setofintomodesto) No, mia... ma te li ruberò tutti, un giorno o l'altro...
(dicevi? N.d.Seto) No, nulla, *Akemichan fischietta innocente*... Ho idea che
per il brutto voto ti dovrà restare il dubbio, a meno che io non faccia una
seconda serie... (Come?! Lasci il dubbio anche a me? N.d.Seto) Si, così ti arrangi a
fare stupide sfide... Comunque sono contenta di essere riuscita a sorprenderti
ancora, anche se mi spiace per gli attacchi di cuore... Ti pagherò le cure
all'ospedale, promesso ^_- Bye ^^
Jaly Chan: Ciao ^^ Ancora in vacanza? (Tu non ti lamentare, che poi vai a
Monaco a mie spese ù_ù N.d.Seto) Non mi stavo lamentando affatto, carissimo
(per modo di dire)... Ma non distrarmi! In questo caso, ancora bune vacanze e
non preoccuparti per il ritardo, per me la cosa importante è sapere la tua
opinione. Mi fa piacere che il capitolo ti sia piaciuto, anche se tutto sommato
la scena fra Miyon e Seto non era poi così romantica, ma lui non è adatto a
parti simili, come ben sai (prima o poi ti farò causa N.d.Seto) Provaci, tanto
i soldi per gli avvocati li prendo dal tuo conto privato... ù_ù Per la
confessione di Yuugi, ti assicuro, ci ho pensato parecchio, ma guardando la
serie ci sono tante di quelle prove... Basti pensare che da quando ha conosciuto
Yami ha smesso di fare il manico, proprio lui! (Cosa intendi dire? ç_ç
N.d.Yuugi) Quello che ho detto, hai pure smesso di andare dietro ad Anzu (e
sinceramente è una fortuna, per lui...) E ci sto troppo ad andare sulla barca
di Seto, sai com'è... Finchè paga lui ^^'' Lo voglio anche io il poster!! Ma
da me vendono solo orribili pupazzetti che non comprerebbe nemmeno il mio gatto
ù_ù Davvero sei mia fan?! *Akemichan commossa* Grazie ^///^ In ogni caso,
adesso ho in cantiere una fic su Conan (se ti interessa), e prima o
poi dovrò rimettermi a studiare (si, come no N.d.Seto), quindi non so quando
inizierò a pubblicarla... Ancora buona vacanze! Bye ^^
VallyBeffy: Grazie ^^ E' proprio quello che ho cercato di realizzare,
qualcosa di scioccante. Mi fa piacere esserci riuscita ^^ Bye ^^
Cherry: ^///^ Grazie mille della tua recensione, mi fa piacere che la mia
storia ti sia piaciuta ^^ Anche se forse "fantastica" è un aggettivo
esagerato per la sottoscritta... Ma grazie mille davvero! Ringrazia anche la tua
amica Catrine, credo che non sia l'unica a voler essere al posto di Miyon...^^''
Ma dille che insultare il pc è molto pericoloso, quello poi si offende e non
sai cos'è capace di fare (e le mie disavventure con il pc lo dimostrano ù_ù)
Spero che questo capitolo non ti abbia deluso ^^ Bye ^^
Evee: Ma certo che l'ho vista! In realtà controllo raramente le recensioni delle vecchie storie,
considerandole troppo poco visibili, però ho buona memoria (una delle mie poche
doti) e ricordo
esattamente il numero di recensioni per ogni storia, quindi mi accorgo subito se
ce n'è qualcuna nuova, anche se, nel caso di "Past and present",
mi dicevo che nessuno si sarebbe preso la briga di leggersi 40 capitoli tutti
assieme... Ma sono davvero felice che tu l'abbia fatto! E sono anche felice di
aver letto la tua recensione, visto che come voi lettori aiutate noi autori con
le recensioni, mi sembra giusto ringraziare e mi sarebbe dispiaciuto non averlo
fatto. Grazie per la tua recensione anche a questa storia, mi fa piacere che ti
sia piaciuta ^^ Ancora grazie per la tua pazienza ^^ Bye ^^
Julia89: Grazie per la recensione, ma,
mi viene spontaneo chiederti se tu abbia davvero letto la mia storia. Perdona il
mio orribile dubbio, ma mi sorge spontaneo se una persona mi chiede di
"continuare presto" quando io ho appena detto che era l'ultimo
capitolo e che avrei aggiornato il tale giorno solo il capitolo bonus. Scusa
ancora. Spero che, se davvero l'hai letta, anche questo ti sia piaciuto come il
resto della storia. Bye ^^