L'ultima missione

di theladyontheship
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** We will go home ***
Capitolo 2: *** Una terrificante scoperta ***
Capitolo 3: *** Di scelte volute ed obbligate. ***
Capitolo 4: *** La tempesta dei ricordi ***



Capitolo 1
*** We will go home ***


"Il mio bambino... non mi faranno vedere il piccolo Uther, cosa è successo?"

Il generale Castus accarezzò il volto della moglie: "Una bambina, amore mio, la stanno preparando..."

"Stava piangendo, oh significa che è viva? Ma non me la fanno vedere..."

"Riposa amore mio." disse teneramente, e lei si addormentò, stanca per il lungo travaglio.

Il generale Castus uscì dalla stanza e raggiunse le ostetriche.

"È stato un incidente mio signore!" disse subito la donna vedendolo arrivare "Le abbiamo dato del laudano, non smette di piangere!"

"E abbiamo pulito il sangue!" disse l'infermiera.

"Mio signore, forse sarebbe meglio porre fine a questa sofferenza..."

"Voglio vedere mia figlia." ordinò il generale Castus.

L'ostetrica lo accompagnò alla culla.

La bambina dormiva, il respiro affannoso, il viso coperto dalle bende.

"Cosa è successo?" chiese, accarezzandole delicatamente un dito della piccola mano.

"La bambina si è incastrata. Allora abbiamo usato il forcipe... l'ho usato altre volte, ma questa volta... invece del capo le ho afferrato metà del viso. Mio signore, perdonatemi è stato un incidente..." l'ostetrica era terrorizzata per le possibili conseguenze del suo errore.

"Il tuo compito ora è salvare la vita di questa creatura, chiaro? Se lei muore, muori anche tu." decretò il generale Castus, poi si voltò verso la porta "Vieni, Artorius. Vieni a conoscere tua sorella."

Il ragazzo, imbarazzato per essere stato sorpreso a spiare, entrò nella stanza.

Artorius guardò la bimba nella culla, le bende insanguinate gli fecero impressione ma non distolse lo sguardo.

"Vivrà, padre?" chiese.

Il generale Castus annuì: "Diventerà forte e coraggiosa come te, figlio mio. E tu la proteggerai."

"Come chiamerai suo padre?"

Castus guardò la bambina e disse: "Sua madre aveva pensato che Morgana fosse un bel nome. Ed è così che si chiamerà".

I primi mesi di vita di Morgana furono atroci.

Il dolore che provava per le ferite veniva lenito con erbe e laudano, i medici erano incerti sul suo futuro.

Può una bambina sopravvivere a tutto questo?

Morgana a quanto pare aveva deciso di sì.

Sua madre non la toccò mai, nemmeno per darle da mangiare.

"Perché non posso avere una bella bambina, come le altre mamme?" gridava disperatamente.

Viviana, l'infermiera che aveva assunto, le mostrava la bambina dicendo: "Ma non vedi com'è meravigliosa? Guarda i suoi occhi, verdi come le felci d'estate, e queste guancette rosa, e questi capelli, neri come quelli di suo padre».

"Toglila dalla mia vista!" diceva la donna, sprofondando tra i cuscini del letto con un lungo grido.

E così Viviana diventò non solo la balia, ma anche colei che si occupava di tutto per Morgana.

La cullava, la nutriva, le raccontava favole, le insegnava a ricamare, a usare le erbe curative.

Viviana era l'unica madre che Morgana conosceva.

La madre di Morgana decise di ritirarsi a vivere in un convento, convinta che la tragedia capitata alla figlia fosse un castigo di Dio, forse verso i suoi peccati, o del marito, poco importa.

Quando partì Morgana non pianse, né corse dietro alla carrozza. Dopo tutto, la donna che partiva era una sconosciuta per lei.

Nel corso degli anni, le cicatrici di Morgana diventarono rosa, e poi bianche, e poi di una tonalità molto simile al colore della sua pelle, ma rimasero comunque visibili.

Molte volte, dopo essersi lavata il viso, Morgana passava la punta delle dita su quelle righe.

Era fortunata che il forcipe non le avesse cavato un occhio.

Una cicatrice era appena sopra quella sinistra, un'altra partiva da sotto l'occhio e proseguiva verso la tempia e scendeva lungo il lato del viso vicino all'orecchio.

la terza era sul collo e terminava sulla spalla.

A Morgana non importava delle sue cicatrici. Suo padre le aveva detto che le cicatrici dei soldati sono un segno distintivo, un motivo di orgoglio.

A volte, purtroppo, c'era sempre qualcuno a ricordarle che lei non era un soldato, ma una donna.

E le donne devono avere un viso angelico di porcellana.

Ben presto si vociferò anche che sua madre avesse partecipato a qualche strano rito durante la gravidanza, chissà quale demone aveva pregato... certo che il bambino era nato sfigurato!

Pochi bambini giocavano con lei, soprattutto suo fratello e alcuni suoi amici, con i quali Morgana imparò maldestramente a tirare di scherma.

Morgana aveva imparato che la paura era un'ottima arma per difendersi. Quando qualche bambino la infastidiva, si voltava, alzava gli occhi al cielo e imitava il ruggito di una fiera o il sibilo dei gatti.

Incredibile come la suggestione facesse fuggire chi le dava fastidio.

Per questo Morgana fu felice quando suo padre comunicò a lei e ad Arturius che avrebbero lasciato Roma per il nord dell'impero.

Solo loro, Viviana e suo padre soldati, che di certo non l'avrebbero presa in giro per il suo aspetto.

Mentre lasciavano la capitale in carrozza, Morgana sorrideva, si appoggiò al petto di Viviana e si addormentò.

Quando si risvegliò erano nella foresta, lontano da Roma, lontano da chi la additava come il frutto di un patto diabolico.

O così credeva.

 

15 anni dopo…

 

Quando raggiunsero il promontorio, Bors dichiarò: "Bene, ora che siamo uomini liberi, berrò finché non riesco a pisciare dritto".

Gawain disse: "Lo fai ogni notte".

Bors insistette: “Non sono mai riuscito a pisciare dritto. C’è troppo da gestire laggiù... beh, è ​​un problema! No davvero, lo è. È un problema. È come…"

I suoi fratelli d'armi Gawain, Lancillotto, Tristano, Galahad, Dagonet lo anticiparono: "...un braccio di bambino che tiene in mano una mela!" e scoppiarono a ridere.

Era un felice giorno per i cavalieri sarmati.

Guidati dal loro comandante Artorius Castus, i cavalieri avevano completato la loro ultima missione per Roma.

Avevano scortato il vescovo Germano al loro avamposto, e lì il prelato li avrebbe ricompensati con dei lasciapassare che li avrebbero resi cittadini liberi dell'Impero Romano. Erano liberi di tornare a casa.

Mentre si stavano avvicinando alla loro città, Gawain disse: "Ho pensato spesso a cosa significherebbe tornare a casa dopo tutto questo. Cosa farò? Per Galahad è diverso. Ho vissuto gran parte della mia esistenza come soldato per Roma, per quanto riguarda la nostra casa…Non ne ho memoria."

"Parla per te. Fa freddo laggiù e tutti quelli che conosco sono morti e sepolti.

Inoltre, credo di avere una dozzina di bambini qui." rispose Bors.

Gawain rise: "Hai 11 figli Bors!"

Bors disse: "Ascolta, quando i romani se ne andranno da qui, avremo il controllo di tutto questo posto.

Sarò il governatore del mio villaggio e Dagonet sarà la mia guardia personale e il mio leccaculo reale, vero, Dag?"

Dagonet, dietro di loro, sospirò.

Bors prese in giro il suo amico: "E tu Gawain? Troverai una bella donna sarmata?"

Gawain sorrise: "O forse porterò lì una bella donna di queste terre".

"Ooooh." Bors lo guardò con ammirazione "Quindi hai una signora qui... Ci hai nascosto qualcuno?"

Gawain rise: "Beh, non è che te l'avessi nascosta... non c'è nessuno, Bors."

"Non ancora." Bors lo prese in giro.

"No, diciamo... vedremo, Bors." Gawain ammise.

Bors rise: "E tu, Lancillotto, quali sono i tuoi piani per casa? Gawain qui, probabilmente sposerà una donna meravigliosa!"

Lancillotto rispose: "Se questa donna di Gawain è così bella come sostiene, mi aspetto di passare molto tempo a casa sua.

Sua moglie sarà felice della mia compagnia".

Gawain chiese: "Capisco. E cosa dovrei fare io nel frattempo?"

Lancillotto rise: "Ringraziare tua fortuna che tutti i tuoi figli mi assomigliano".

Gawain rispose, divertito: "E questo prima o dopo che ti avrò colpito con la mia ascia?"

Tristan, da dietro, disse: "Fidati di me Lancillotto, la donna di Gawain non ti interesserà".

Gawain rivolse al cavaliere uno sguardo significativo.

"Che cosa?" chiese Lancillotto.

"Vedrai." Tristano rispose e fece galoppare il suo cavallo in città.

Una volta varcate le porte della città, i cavalieri furono accolti da una folla festante.

I primi ad arrivare furono i figli di Bors.

"Papà papà!" gridarono.

Bors ne prese in braccio un piccolo: “Hai fatto a botte?

“Sì padre!”

"Hai vinto?" chiese Bors.

"SÌ."

Bors gridò: “Questo è il mio ragazzo. Andiamo, miei piccoli bastardi! Dov'è tua madre, la mia bella Vanora?

Quando la donna apparve, Bors la baciò con passione, felice di essere a casa, vivo.

Arthur smontò da cavallo, così fece il vescovo Germano.

Una donna gli si avvicinò e lo abbracciò: "Felice di vederti tornare sano e salvo, fratello!"

Arthur ricambiò quell'abbraccio, poi disse: "Vescovo, permettetemi di presentarvi mia sorella Morgana, forse vi ricordate di lei..."

Germano la guardò, notò subito le cicatrici, ricordò la sua triste storia, ma fece finta di nulla e le sorrise: "Oh, la più piccola della famiglia Castus! Certo, ricordo quando eri un infante... e ora guardati!" Germano le prese la mano e la strinse nella sua "Una donna affascinante come sua madre!"

"Siete molto gentile, vescovo, spero che il viaggio sia andato bene." Morgan rispose "Ho già provveduto a far preparare un banchetto e i vostri alloggi, così potrete rifocillarvi e riposare".

"Una vera signora, perfetta padrona di casa!" scherzò Galahad, passando davanti a loro "Beato chi ti sposerà Morgana!" le gridò.

Morgana rise in risposta e gli fece una smorfia.

Germano sembrava infastidito da questa invadenza, ma Arthur spiegò: "I miei cavalieri e Morgana si conoscono da quando erano molto giovani. Non c'è nessuno che la rispetti quanto loro. Siamo una famiglia, Vescovo".

Germano finse di apprezzare: "In tal caso, un po' di sfacciataggine è benvenuta. Forza, andiamo, sto morendo di fame!"


Dopo cena il vescovo aveva congedato in fretta i cavalieri, voleva parlare da solo con Arthur.

I cavalieri avevano quindi deciso di trascorrere il resto della serata nel cortile dell'osteria, cantando canzoni e bevendo pinte dopo pinte.

Gawain vide Morgana prendere un bicchiere di sidro al bancone esterno, sorrise nel vederla. Gli dava le spalle, i lunghi capelli neri sciolti ricadevano sulla schiena, risaltavano contro il vestito malva che indossava.

Gawain le si avvicinò, le diede una pacca sulla schiena, la ragazza si voltò. Appena Morgana lo vide gli sorrise: "Allora, cosa ne pensi del reverendissimo vescovo Germano?"

"Devo proprio rispondere?" chiese Gawain.

"Avevo un vago ricordo di lui." disse Morgana "Mi sono ricordato di un coglione arrogante. E direi che non è cambiato!" rise e bevve un sorso di sidro, Gawain rise con lei.

Morgana posò la pinta sul bancone: "Fammi vedere il tuo lasciapassare! Come ti senti, da uomo libero?" chiese, guardandolo negli occhi con trepidazione.

Gawain sospirò: "Germanus li darà ad Arthur più tardi, ce li consegnerà poi."

"E come ti senti?" chiese di nuovo.

"Felice, credo. Ma tutto è così incerto. Come ho detto a Bors, non ho alcun ricordo di casa." Gawain rispose.

Morgana disse: "Mio padre diceva che la casa è dove risiedono le persone che ami. Forse per questo mi sono sempre adattata bene in ogni avamposto, c'erano lui, e Arthur. E ovviamente voi, i cavalieri della tavola rotonda!"

Gawain rise e bevve un sorso di birra: "Probabilmente tuo padre aveva ragione".

"Allora" concluse Morgana con un sorriso "finché starai con i tuoi fratelli starai a casa."

Gawain annuì, e le si avvicinò: "A proposito... hai pensato a quello che ti ho detto, sì beh, l'altra sera..."

"Quella notte, sotto le stelle?" chiese insinuante.

"Sì, esatto..." sospirò Gawain.

Morgana rise: "Era per la precisione."

"Beh, ci hai pensato?" chiese.

"Non lo so Gawain... mi piace questo posto. Mi piace questa gente. E Arthur... pensa che tornerò a Roma con lui." Morgana abbassò lo sguardo "Ma io non ci voglio tornare. Lui pensa che la Roma sia casa...ma non fa per me."

"Allora vieni con noi!" esclamò Gawain "Bors porterà tutta la sua famiglia, Galahad non vede l'ora di incontrare i suoi parenti." le prese la mano "L'hai detto tu, se stai con i tuoi cari sei a casa. E tu Morgana, per me, beh per me sei..."

"NON CI CREDO GAWAIN, DAVVERO!!" La voce di Bors li interruppe "È lei la dama misteriosa? Non ci posso credere!" e scoppiò a ridere.

Morgana li guardò interrogativa: "La misteriosa dama?"

Gawain scosse la testa: "Lascialo perdere, è ubriaco..."

"Verrai con noi Morgana? Beh, questo richiede un brindisi!" rise Bors "Alzate le pinte ragazzi!"

"Bors, Morgana non ha deciso..." tentò di spiegare Gawain.

"Vieni con noi Morgana!" rise Galahad "Che bella notizia!" e lui e Tristan le alzarono le loro pinte.

Morgana scoppiò a ridere, Gawain si grattò la barba imbarazzato: "Perdonali, sono dei selvaggi... ma la mia offerta è ancora valida."

"La nostra offerta!" scherzò Dagonet.

"Ci penserò!" Morgan rispose, divertita, poi guardò Gawain "Lo farò, lo prometto."

"Davvero, Gawain?" Lancillotto raggiunse il gruppo "Ora che siamo finalmente liberi da Roma, vuoi portare con te una donna romana?"

"Penso che Morgana sia la romana meno romana che abbia mai conosciuto." commentò Tristan.

Lancillotto chiese: "E quando pensavi di dirmelo?

Gawain ha risposto: “Non lo sai Lancillotto? Non presentare mai una donna ai tuoi amici... specialmente se quell'amico sei tu!

Tutti risero, Lancillotto scosse la testa: "Così mi offendi Gawain. Ma in fondo sai che non devi preoccuparti, hai scelto l'unica donna che non toccherei nemmeno con un dito".

"Smettila Lancillotto, ci stiamo divertendo!" disse Galaad.

"Non preoccuparti Galahad, il sentimento tra me e Lancillotto è reciproco." disse Morgana "lo so che non sono il suo tipo." e finse una faccia triste.

"Hai un tipo? Per te basta che una donna respiri, eh Lance?" gridò Bors, e tutti scoppiarono a ridere di nuovo.

Lancillotto rise, ma aggiunse, piccato: "Che dire, quando sono con una donna mi piace avere qualcosa di bello da guardare, senza doverla girare dalla sua parte buona."

Il riferimento alle cicatrici di Morgana era evidente a tutti, Gawain, nervoso, fece per avvicinarsi all’amico per fargli passare la voglia di fare dell’amaro sarcasmo, ma la ragazza lo fermò: "Lascia perdere". gli mormorò.

"Devi sempre fare lo stronzo, vero, Lance?" disse Dagonet.

"Sono onesto." rispose il cavaliere ""Morgana apprezza quella qualità, giusto? Meglio della pietà. Me l'avevi detto quando eravamo bambini."

La ragazza annuì: "Tutto è meglio della pietà, sì."

"Vedete?" Lancillotto rise "Morgana è d'accordo come me." e bevve un sorso di idromele.

"Sono anche d'accordo con Dagonet che ti ha chiamato stronzo. Apprezzo anche la sua di  onestà."

disse Morgana, e alzò il bicchiere "L'onestà. Un privilegio per uomini liberi, non credi?"

Lancillotto scosse la testa, e accettò la tregua chiesta da Morgana alzando a sua volta la sua pinta, e così fecero i cavalieri.

L'atmosfera nel gruppo tornò allegra e le risate ei canti ripresero.

Arthur arrivò in quel momento. Vide i suoi uomini felici, e il suo cuore si fermò nel petto, spezzato. 

Doveva dire loro che non sarebbero tornati a casa.




 

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Capitolo 2
*** Una terrificante scoperta ***


"Quella notte, sotto le stelle..."

Per essere onesti, quella notte non era successo niente.

Il giorno prima della loro ultima ricerca Gawain aveva raggiunto Morgana sul camminamento, dove era solita andare a guardare il firmamento. Lì le aveva detto che sperava che partisse con loro, aggiungendo che ci teneva molto a lei.

Gawain le era sempre stato molto affezionato, Morgana ricambiava quel sentimento, ma fino a quel momento non c'era mai stato un sentore di qualcosa di più profondo, almeno non da parte del cavaliere.

Quella notte c'erano stati alcuni baci, Gawain le aveva accarezzato i seni attraverso il vestito, Morgana glielo aveva lasciato fare, sospirando a ogni suo tocco. Quando erano stati sorpresi da una guardia imbarazzata, avevano riso e ciascuno era tornato ai propri alloggi, ma Gawain le aveva fatto promettere che avrebbe preso in considerazione l'idea di lasciare la Britannia con lui.

E Morgana ci aveva pensato, ogni giorno. In effetti, non poteva immaginare di vivere lontano dal gruppo di cavalieri che erano praticamente la sua famiglia.

Morgana stava pensando a tutto questo mentre si preparava per la notte. Sentì qualcuno bussare alla sua porta, era Arthur, lo fece entrare.

"Allora te ne andrai di nuovo." disse "Mi dispiace, so che non vedevi l'ora di tornare a Roma".

"Solo un po' di ritardo, tra qualche settimana saremo di nuovo qui e finalmente i cavalieri saranno liberi." le sorrise "A questo proposito, devo chiederti di accompagnarci in questa missione."

"Io?" chiese Morgana.

"Il nostro compito è portare qui una famiglia romana, sono persone molto importanti. I Sassoni stanno avanzando, il loro intero villaggio è in pericolo. E uno di questi uomini è molto malato, così ha detto Germano. Abbiamo bisogno di qualcuno che possa curarlo sul posto e durante il viaggio, tu sei la persona più adatta." spiegò Artù.

"Va bene, allora faccio preparo le mie cose." disse, esitò un attimo poi disse "Sai che Gawain mi ha chiesto di partire con lui, con loro?"

Arthur la guardò incredulo, poi sorrise: "Ho notato un suo sguardo diverso nei tuoi confronti...e tu, vuoi andare ad est?"

"Non ho ancora deciso." ammise lei.

Arthur sorrise: “Gawain è un uomo d'onore, se ti ha chiesto di andare con lui non lo ha fatto per capriccio."

"Lo so." rispose Morgana “Ci sto ancora pensando, comunque.”

Arthur annuì: “La loro terra è bella ma selvaggia, non è come Roma.”

“Non mi manca Roma come manca a te.” ammise lei “Tu hai una visione molto rosea di quella città.”

“La culla della civiltà, dove tutti gli uomini sono uguali!” disse Arthur.

Morgana voleva replicare che lo erano solo i cittadini romani, non gli schiavi né i soldati strappati alle loro terre, ma tacque.

Arthur le sorrise: “Ora è tardi, preparati, sarà un lungo viaggio. Ma so che ce la farai ad affrontarlo." disse e uscì dalla stanza.

Morgana sospirò, Arthur aveva un cuore puro e onesto, troppo anche per Roma.

Sentì dei passi avvicinarsi, chiese: "Cosa hai dimenticato di dirmi?"

Ma non era suo fratello ad apparire sulla soglia, ma Lancelot.

"Che cosa?" chiese lui.

Morgana scosse la testa: "Oh, sei tu! Pensavo fosse Arthur, è stato qui poco fa. Sai che verrò con voi? Avete bisogno di un dottore per la tua missione."

"Sì, ce l'ha detto." rispose Lancillotto "Te la senti di affrontare questa missione?"

"Non è la prima volta che affronto un viaggio così lungo, è così che vi ho conosciuto, ricordi? Da Roma al territorio gallico." ricordò lei.

"Buon per te... ascolta." disse Lancelot "Devo parlarti a proposito di ciò che è successo prima...."

Morgana disse: "Dubito che tu sia qui per scusarti."

"Non puoi partire con Gawain." decretò il cavaliere.

"Oh, non sapevo di aver bisogno del tuo permesso." disse sarcastica Morgana.

"Sono serio Morgana, Gawain non sarà mai libero con te." le rispose.

Morgana si morse il labbro: "Le tue parole sono molto crudeli, Lancelot."

La guardò negli occhi: "Lo sai che ho ragione. Prima hai detto che non vuoi pietà..."

Morgana esclamò: "Gawain non ha pietà di me, lui..."

"Che cosa?" lui la interruppe "Pensi che ci sia amore nel suo cuore? Oh, Morgana. Ti abbiamo preso tutti sotto la nostra ala, perché sei la sorellina di Artù, perché la tua storia è stata molto triste...ma questo è tutto. Gawain si preoccupa per te, ma come lo farebbe per un uccellino ferito. Non può separarsi da te perché è un uomo d'onore e si sente responsabile per te. Non fargli buttare via tutto via per qualcosa che non ha futuro. Come pensi che reagiranno nella nostra terra se presenterà una donna romana come sua sposa?" Lancelot insistette.

“Potresti fare lo stesso discorso a Bors.” disse Morgana.

Lancelot scosse la testa: “Varona è britanna, una donna che ha visto la sua terra invasa dai romani, come noi. Lei la accetteranno, così come i suoi piccoli bastardi, tu invece no, sarai emarginata perchè sei figlia di coloro che hanno massacrato e deportato la nostra gente, e Gawain diventerà un reietto.”

"Penso che tu debba tornare ai tuoi alloggi." Morgan rispose.

Lancelot non se ne andò: "So che tieni a Gawain, quindi non condannarlo a vivere ancora prigioniero di Roma, Morgana. Perché se vieni con noi non sarà mai libero".

"Per favore, vai via." gli ripeté, e questa volta il cavaliere obbedì.

Prima che uscisse gli sibilò: “Deve essere doloroso pensare che presto tu e mio fratello vi separerete, che lui non vede l’ora di tornare a Roma. Senza di te.”

Lancelot si fermò, strinse i pugni ma non si voltò: “E poi ti chiedi perché ti disprezzo così tanto, Morgana.” rispose, e lasciò la stanza.



 

Il viaggio verso nord non fu facile, dopo molta pioggia fredda e qualche attacco da parte dei Woads i cavalieri finalmente raggiunsero il villaggio.

Ma ciò che trovarono fu desolazione e silenzio.

"Dove sono tutti?" chiese Galahad.

"Forse sono fuggiti, i sassoni non sono lontani da qui." ipotizzò Gawain.

"Sì, ma la famiglia che dobbiamo scortare? Sapevano che stavamo arrivando." rispose Gawain.

"Controllate le case, i cortili." ordinò Arthur "Morgana, Lancillotto, Bors, raggiungiamo i cancelli della casa padronale, vediamo se c'è qualcuno."

Arrivato alla grande porta Arthur la colpì pesantemente con l'elsa della sua spada.

"Siamo gli inviati di Roma, Artorius Castus ei suoi cavalieri!" gridò "Aprite!"

Nessuno rispose.

"Possibile che non ci sia nessuno?" chiese Morgana guardandosi intorno, il posto era deserto. Eppure le sembrava percepire una presenza intorno a loro, come se qualcuno fosse lì, invisibile.

"Ma sapevano del nostro arrivo... aprite, c'è qualcuno?" chiese di nuovo Arthur, bussando alla porta.

"Arthur!" Dagonet corse verso di loro "Dovete venire a vedere."

Il cavaliere li portò dove c'erano le case dei contadini e della servitù, erano deserte, c'era uno spesso strato di polvere sui pochi mobili rimasti, niente vestiti, nemmeno cibo.

"Questo posto non è abitato da mesi." Gawain decretò.

"Non è possibile, Germanus ha ricevuto la richiesta di aiuto qualche settimana fa..." commentò Arthur "Dovrebbe esserci un uomo malato in casa, che non può muoversi..."

"Germanus potrebbe aver frainteso? Forse non ci stanno aspettando qui... forse hanno trovato rifugio da qualche altra parte." suggerì Morgana.

"Nel caso avessero dovuto avvisarci." Lancelot rispose.

«Forse hanno lasciato un messaggio in casa. Dagonet, porta il tuo martello, abbattiamo le porte, dobbiamo entrare. ordinò Arthur.


L'interno della casa padronale era polveroso e vuoto come le case della servitù.

Dopo un'accurata ispezione i cavalieri stabilirono che in casa non c'era nessuno.

"Non mi piace tutto questo Arthur, dovremmo andarcene." disse Lancelot.

"Sono d'accordo con lui." disse Morgana "Questa situazione è strana."

"Non piace neanche a me, ma è quasi buio e piove. Possiamo usare questa casa come riparo per stanotte e partire domattina presto, all'alba." disse Arthur.

"Va bene, ma al primo suono dei tamburi sassoni tagliamo la corda." disse Bors.

"E continuiamo a cercare, non possono essersene andati senza lasciare un messaggio, una spiegazione." Arthur chiaramente era preoccupato.

Morgana accese un candelabro e cominciò a ispezionare quello che sembrava essere lo studio del padrone di casa. Guardò distrattamente i libri, la scrivania, frugò nei cassetti ma non c'erano messaggi per loro.

"Trovato qualcosa?" Gawain entrò nella stanza.

"Documenti sulle spese della casa, dispacci..." disse mostrandogli delle carte "Ma niente di utile per noi." La sua attenzione fu catturata da un piccolo testo sulla scrivania. Morgana lo sfogliò velocemente, scosse la testa: "Buon Dio..."

"Cosa hai trovato?" chiese.

"Niente di buono." lei rispose "Un libro su come sradicare i nemici di Cristo...credevo che questi libri fossero stati banditi da Roma, è praticamente un'eresia."

"Forse qui ha ancora dei sostenitori. Siamo molto lontani da Roma". disse Gawain.

"Non c'è nient'altro, credo. Mostrerò il libro a mio fratello." disse, poi gli chiese "Gawain, hai anche tu la sensazione...di non essere solo?"

Gawain sorrise e le accarezzò il viso: "Per fortuna no, non sono solo in questa stanza." scherzò e la baciò sulle labbra.

Morgana rise e ricambiò il bacio: "Sciocco... no, dico sul serio. Non vedo nessuno ma credo che qui ci sia qualcuno."

"Questo posto è inquietante e desolato, è normale sentirsi insicuri." le rispose.

"Non è questo. Ho la sensazione che ci sia come...sofferenza..." spiegò Morgana "Non mi sento osservata dalle sentinelle, ma è come se qualcuno non potesse rivelarsi...ma forse è solo suggestione..."

"Abbiamo controllato e non c’è nulla qui." la rassicurò, e la baciò ancora, Morgana gli mise le braccia attorno al collo.

"Quando avrai finito di copulare, Arthur ci sta aspettando!" Lancelot gridò dal corridoio e si allontanò.

"Stronzo..." commentò Gawain, scuotendo la testa, poi guardò Morgana, lo sguardo della ragazza era torvo "Stai bene? Lo sai che gli piace provocare."

Morgana non gli aveva detto della discussione avuta con Lancelot, non sapeva se fosse il caso di creare tensione, così disse solo: "Sono solo stanca, andiamo." gli baciò la guancia prima di dirigersi verso il soggiorno.

Gawain e Morgana si unirono agli altri cavalieri nella sala.

"Allora, qualcuno ha trovato qualcosa?" chiese Arthur.

"Niente, hanno portato via tutto." disse Dagonet.

"Ho trovato questo." Morgana diede il libro a suo fratello.

"Mmm conosco questi pensatori, definiamoli così…sacerdoti reietti, eretici deliranti." commentò Arthur "Pensi che sia importante?"

"Non lo so, chiamalo sesto senso, istinto. Qui è successo qualcosa di losco." disse lei.

"Forse qualcuno qui è impazzito e ha ucciso tutti." ipotizzò Bors "Succede quando rimani isolato dal resto del mondo per troppo tempo."

"Ma dovrebbero esserci dei cadaveri." disse Galahad.

"Forse un pellegrinaggio suicida." disse Tristan "Alcuni clan del nord lo fanno."

"Grazie, dormirò benissimo stanotte." commentò Lancelot.

Morgana guardò fuori dalle finestre sporche, l'erba del cortile era alta, incolta, si muoveva sinuosa mossa dal vento e dalla pioggia.

Il secchio del pozzo al centro del cortile ondeggiava come tirato da una mano invisibile.

Il vento ululava, sembrava un gemito, un brivido la scosse.

"Farò il primo turno di guardia, non credo che dormirò facilmente." disse la ragazza, suo fratello annuì.

"Ti terrò compagnia." disse Dagonet "Nemmeno io ho voglia di iniziare a sognare."

Si sdraiarono in cerchio nel soggiorno, decisero di accendere il fuoco nel camino, era rischioso ma bisognava scaldarsi e asciugare i panni fradici.

Morgana si sistemò vicino al fuoco, aveva bisogno di luce per leggere quel vergognoso compendio.

"Interessante?" chiese Dagonet a bassa voce per non disturbare gli altri.

"Mmm. Preoccupante, direi. È un testo scritto da alcuni prelati, secondo loro per estirpare il male pagano bisogna ricorrere alla tortura." lei spiegò.

"Quindi niente di nuovo." commentò Dagonet.

"Sfortunatamente no." ammise “Un vero credente deve impegnarsi a convertire i pagani, con ogni mezzo, affinché la salvezza venga per entrambi. Cito: portate i figli del demonio nelle viscere della terra, affamateli, dilaniteli, affinché nel buio non chiameranno…" Morgana smise di leggere e balzò in piedi.

La ragazza corse alla finestra, diede un'occhiata fuori.

"Che cosa?" chiese Dagonet alzandosi.

"Che succede?" il trambusto svegliò Galahad che li guardò, perplesso.

Morgana rimase come pietrificata davanti alla finestra, poi disse: "Nel buio... nelle viscere della terra..."

Dagonet le chiese di nuovo cosa stesse succedendo.

"Morgana? Stai bene?" Gawain si era svegliato.

Improvvisamente Morgana gridò: "Il pozzo, nel pozzo!" e corse verso il corridoio e poi fuori nel cortile.

I cavalieri la seguirono.

"Di cosa stai parlando Morgana?" Arthur le si avvicinò.

La ragazza scosse la catena del secchio, gridando dentro il pozzo "C'è qualcuno??? Ehi!!!"

"Morgana calmati, sembri pazza!" disse suo fratello afferrandola per le spalle.

Poi successe, e tutti impallidirono.

Il secchio cominciò a muoversi da solo, come se una mano invisibile lo stesse scuotendo con forza.

E dalle profondità del pozzo giunse un gemito umano.

"Non è stato il vento, c'è qualcuno laggiù!" gridò Morgana.

Arthur annuì: "Dobbiamo capire come scendere, ci deve essere un'entrata."

"Deve essere qui vicino!" disse Lancelot portando le torce "Controlliamo il giardino!"

Un altro gemito uscì dal pozzo, sembrava una voce di donna.

Morgana si sporse nel pozzo e gridò: "Stiamo arrivando a salvarti, resisti!"

"Le rose... le rose..." disse l'eco del lamento.

"Guarda dove sono i roseti!" disse Morgana, intuendo il suggerimento.

Fu Galahad a trovare la botola, nascosta sotto le foglie marce e i petali caduti per terra.

I cavalieri forzarono il metallo e la aprirono.

Un odore stantio li investì, facendoli tossire.

Lancelot si sporse con la torcia, c'erano delle scale.

"Andiamo giù." ordinò Arthur "Bors, Tristan e Gawain, state qui di guardia."

Gli altri scesero in quello che sembrava un inferno oscuro.

Arrivati ​​sotto il pozzo, davanti a loro si aprì una grande stanza, la scena fu raccapricciante.

C’erano delle brande, sopra giacevano i cadaveri di coloro che dovevano essere i proprietari della tenuta.

Gli abiti erano tipici della nobiltà romana.

Marito, moglie, due figli.

"Avevi ragione, c'era davvero qualcosa di sinistro qui." disse Arthur guardando Morgana.

Incatenate alle pareti c'erano delle persone, era chiaro dai tatuaggi sui loro corpi scheletrici che erano pagani.

"Woads". disse Dagonet.

"Li hanno usati come sacrifici umani." disse Lancelot poi si rivolse ad Arthur "Nel nome del tuo Dio..."

"Il mio Dio non chiede sacrifici umani, questa è eresia". rispose Arthur.

Un lieve gemito li fece voltare.

"Sei tu?" chiese Morgana avvicinandosi con cautela "Non temere, siamo qui per aiutarti."

Da un angolo sgusciò fuori una ragazza dai capelli scuri, magra e minuta, in mano stringeva un bastone, con questo era riuscita ad afferrare e scuotere la catena del secchio.

Aveva catene alle caviglie.

Morgana le si avvicinò e la ragazza le crollò addosso, esausta: "Mio fratello, nel buco..." mormorò.

Dagonet corse verso una grata sul pavimento, dentro c'era un bambino.

Il cavaliere spezzò le catene e tirò fuori il piccolo: "Sei salvo". disse, e il bambino si aggrappò a lui.

Morgana controllò i corpi, nessuno era sopravvissuto.

Notò che c'erano anche dei frati rannicchiati negli angoli della stanza, uno di loro improvvisamente tossì.

Morgana corse da lui, lo girò sulla schiena: "È vivo!" gridò.

Arthur la raggiunse e si inginocchiò accanto a lui: "Chi sei? Cosa è successo qui?"

"Solo la tortura..." ansimò l'uomo "può salvarci. Profezia... le figlie del diavolo, dobbiamo fermarle prima che distruggano tutto." indicò una pila di documenti posta su un tavolino. Detto questo, morì.

I cavalieri portarono la ragazza e il bambino nella sala, vicino al fuoco.

"Riscaldati, mangia." disse Arthur porgendo loro acqua e pane "Non dovete temere nulla da noi. Mi chiamo Arthur, questi sono i miei cavalieri. Lei è mia sorella, Morgana."

La ragazza lo guardò sospettosa, poi disse: "Ho sentito parlare di te, da mio padre..."

"Allora sai che siamo persone d'onore. Come ti chiami?" chiese.

"Guinevere…ma mi chiamano Gwen, questo è mio fratello Lucas." rispose la ragazza, poi porse al bimbo un pezzo di pane, solo quando lui ebbe mangiato se ne concesse un boccone.

"Ho visto i corpi nel tunnel, si sono decomposti in modo diverso. Alcuni sono lì da almeno un mese... È da un po' che questa follia va avanti, vero?" chiese Morgana.

Gwen annuì: "La mia gente stava scomparendo da mesi. Pensavamo fosse colpa dei Sassoni ma poi... iniziarono a circolare voci. Voci di strani rituali malvagi. Ci hanno rapito due giorni fa, e ci hanno torturato, volevano farci pregare in una lingua che non capivamo... Quella famiglia, i bambini... erano già morti, era così spaventoso guardarli..." disse Gwen, accarezzando la testa del ragazzo "Hanno detto che se fossimo morti di fame avrebbero fermato il diavolo. O così ho capito.”

"Mi dispiace tanto per quello che hai passato." disse Morgana "Sei ferita Gwen? Posso curarti se vuoi."

La ragazza scosse la testa: "Possiamo aspettare domani mattina". era evidente che non si sarebbe lasciata toccare da altre mani sconosciute.

"Va bene, mangia e riposati, domani vedremo cosa fare." Morgana le sorrise.

I cavalieri si allontanarono per lasciare un po' di spazio e intimità ai due fratelli, Arthur cercò di riflettere ad alta voce: "Tutto questo non ha senso. Questa eresia va avanti da tempo. Se sapevano che sarebbero morti in quel pozzo perché chiedere aiuto ? Perché ci hanno mandato qui?"

"Arthur, non abbiamo tempo per queste domande che tanto rimarranno senza risposta! Dobbiamo andare via, adesso." proposto Lancelot.

"Gwen e Lucas non possono viaggiare, sono deboli." disse Morgana.

"Staranno bene..." rispose il cavaliere guardando i due "Appena saranno più forti torneranno alla loro tribù."

"Davvero li lasceresti, in queste condizioni?" chiese lei indignata.

Lancelot alzò la voce: "Siamo stati ingannati Morgana, chissà quali altre insidie ci aspettano, se tu vuoi morire qui per due..."

Arthur intervenne: "Non li lasceremo al loro destino. Siamo uomini d’onore Lancelot, non permettiamo alla paura di farci vacillare e negare il nostro aiuto ai bisognosi. Aspettiamo l'alba, decideremo come muoverci. Adesso riposatevi, amici miei." e nessuno osò controbattere.

Lancelot sbuffò e si buttò sul suo giaciglio.

"Grazie." disse Morgana al fratello, lui le sorrise.

Galahad porse alla ragazza il pacchetto di documenti trovato nel pozzo: "Forse tu puoi capirci qualcosa". 

Morgana annuì e prese il plico: "Ci proverò, grazie Galahad."

Mentre tutti dormivano Morgana si ritirò nello studio del padrone di casa.

Alla fioca luce delle candele cercò di trovare in quelle carte una spiegazione a quella follia.

Lunghe invettive sulla venuta dei figli del diavolo, donne in particolare, che avrebbero fatto a pezzi la chiesa per portare il caos e la disperazione nel mondo.

Un rumore la riportò sull'attenti, portò la mano all'elsa del pugnale.

"Chi è là?" lei chiese.

La figura di Gawain apparve alla luce delle candele.

Morgana sospirò di sollievo: "Mi hai fatto paura. Sono un po' sul chi vive dopo quello che abbiamo scoperto."

"Mi dispiace." le disse, ma era chiaramente divertito dalla sua reazione "Cosa ci fai qui?"

"Mi sono svegliata e non riuscivo più a riaddormentarmi. Così sono venuta qui... voglio capire cosa ha spinto queste persone a iniziare questa follia." spiegò.

"Fanatismo cieco". rispose Gawain sedendosi accanto a lei "Pensavano di essere Dio invece di adorarlo da quaggiù."

"Forse Bors ha ragione, sono stati così lontani da Roma, dal mondo civilizzato, che hanno perso la testa". disse Morgana.

"I romani credono di essere Dio anche lontano da Roma." disse amaramente Gawain

poi aggiunse: "Scusa. Non tutti i romani, naturalmente". le sorrise.

Morgana annuì: "Non che io possa biasimarti. La mia gente ha fatto cose deplorevoli. Capisco che tu la pensi così."

"Tu e tuo fratello non siete come la vostra gente." Rispose Gawain, cercando di rimediare alle sue parole.

Morgana lo guardò negli occhi: "Gawain, sei sicuro di volere che io venga con te?"

Le sorrise: "Certo! Perché, non vuoi venire con noi, iniziare una nuova vita lontano da qui?"

Morgana ripensò alle parole di Lancelot: "Mi piacerebbe. Ma forse pensi di doverlo fare, di dovermi fare questa proposta per senso del dovere..."

"Dovere verso cosa?" Gawain era perplesso.

“Cosa dirà la tua gente se porterai una donna romana al tuo villaggio?” lo incalzò Morgana.

“Mi invidieranno.” scherzò lui.

“Sono seria!” esclamò Morgana.

“Anche io! Non gli importerà nulla. Pensa a Bors, lui tornerà a casa con 11 bastardi, e probabilmente lui e Vanora ne concepiranno un altro durante il viaggio.” disse Gawain.

Morgana scoppiò a ridere.

Gawain la guardò negli occhi: "Morgana ti voglio con me perché non riesco a immaginare di lasciarti qui. Ci conosciamo da quando eravamo ragazzini, credo che nè io nè Galahad saremmo sopravvissuti se tu non ci avessi aiutato. Ma non è banale gratitudine la mia…Non appartieni a questi luoghi così come non vi appartengo io, ma sento…sento che apparteniamo l’una all’altro, e se saremo insieme troveremo quel luogo da chiamare a casa.”

Morgana disse: “Le tue sono parole molto belle Gawain.” e gli sorrise.

Gawain ricambiò il sorriso e la baciò dolcemente.

Dopo un po' i baci furono più appassionati e profondi.

Abbracciati si sdraiarono sul pavimento, i baci sempre più insistenti, le mani di Gawain che la accarezzavano, Morgana sentiva le sue dita che risalivano le sue cosce, trattenne il respiro desiderando di accoglierle dentro di lei.

La voce di Bors irruppe nel corridoio: "È l'alba! Gawain, dove cazzo sei, dobbiamo perlustrare il perimetro!"

Il cavaliere si alzò un attimo, sospirò, guardò Morgana, scoppiarono entrambi a ridere.

Gawain le baciò la fronte e si alzò: "Dovere, giusto?"

Morgana rise di nuovo e si mise a sedere, annuì, lo guardò uscire dalla stanza.

Guardò fuori dalla finestra, stava iniziando un nuovo giorno.

E non sapevano cosa avrebbe portato loro.







 

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Capitolo 3
*** Di scelte volute ed obbligate. ***


“Quindi sei sempre stata tu?”

“Sì, padre.”

“Quello che hai fatto Morgana, lo sai che è sbagliato?”

La ragazzina guardò il padre negli occhi, gli rispose con tono sicuro: “No che non lo è! Avevano fame, avevano freddo!”

Il generale Castus si inginocchiò davanti alla figlia, le mise una mano sulle spalle: “Morgana, comprendo che le tue intenzioni fossero buone, ma non dovevi intrometterti. Stiamo addestrando dei soldati qui, e questo fa parte…”

“Ma sono ragazzi, come me!” protestò lei “Non vorresti che qualcuno portasse del cibo ad Artorius se avesse fame, che gli portasse una coperta se avesse freddo? Non lo dice forse anche Gesù, di aiutare chi soffre? Lo dite sempre durante le funzioni.” fece notare Morgana.

Il generale scosse la testa: “Loro non sono cristiani.”

“E con questo?” fece spallucce Morgana.

“Signorina.” uno degli ufficiali di suo padre intervenne: "Fa parte dell’addestramento. Chi non vince i combattimenti riceve meno razioni e non ha un giaciglio caldo. Se vogliono di più devono dare di più. E devono imparare a resistere in ogni situazione.”

“Ma sono stanchi e affamati, come potete farli combattere così?” protestò nuovamente lei.

Suo padre la zittì: “Ora basta Morgana! Questa è la legge di Roma, loro sono nostri soldati ed è così che li tempriamo. Non azzardarti mai più a fare di testa tua.”

Morgana si morse un labbro, abbassò lo sguardo.

“Morgana.” la voce di suo padre era ferma e severa “So cosa stai pensando. Non lo rifarai, chiaro? Oppure saranno quei ragazzi a pagare al posto tuo. Di nuovo. E stavolta non sarà solo una leggera strigliata. Sono stato chiaro?”

La ragazzina lo guardò, e annuì, così suo padre la congedò.

Morgana tornò ai suoi alloggi, la tenda che avevano piantato nella radura germanica in cui stanziavano ormai da mesi.

Passò davanti al campo di addestramento, i giovani soldati si allenavano lì, crudelmente spronati da navigati ufficiali.

Sarmati, germanici, iberici, un crogiuolo di vite e di lingue, culture, religioni, tutto amalgamato insieme con violenza per farli diventare il nuovo esercito di Roma.

Morgana si fermò, sospirò. Si sentiva in colpa. 

Lei voleva solo aiutare quei ragazzi, avevano la sua età, anno più anno meno, e invece per colpa sua erano stati puniti.

Li vedeva in quelle gabbie che erano i loro scomodi alloggi, e aveva visto che avevano fame e sete, e non avevano di che coprirsi la notte.

Così una sera era sgattaiolata verso la gabbia più vicina e aveva portato dell’acqua, del pane, e un paio di teli che aveva ricavato dalle sue lenzuola.

Alcuni non capivano la sua lingua, erano stati trasferiti da poco, ma era chiaro ciò che lei stava offrendo, e avevano accettato con un sorriso il cibo e l’acqua.

“Morgana” aveva detto battendosi il petto con la mano.

Il ragazzo dall’altra parte delle sbarre aveva indicato se stesso e aveva detto “Gawain, un pò ti capisco” aveva aggiunto, e poi aveva indicato un altro ragazzo, più giovane di loro, “Galahad”, e un altro, dallo sguardo torvo, “Tristan”, e aveva detto che venivano dalla terra sarmata.

“Ve ne porterò altro!” aveva sorriso Morgana, e la sera dopo era tornata con del formaggio. E quella dopo con altro pane. E allora le guardie l’avevano scoperta. Era da un pò che avevano notato rimasugli di cibo insolito nelle gabbie, ed avevano atteso.

Suo padre l’aveva redarguita pesantemente, non aveva voluto sentire ragioni e aveva fatto punire tutti i ragazzi di quella gabbia, cinque scudisciate sulla schiena a testa, davanti a lei.

Ripensandoci Morgana sentiva che le veniva da piangere. 

Era ingiusto.

Prima di andare via spostò nuovamente lo sguardo sul campo, tra i ragazzi che stavano combattendo c’era quello che si era identificato come Gawain.

A quanto pare aveva vinto un combattimento destreggiandosi con una piccola ascia, affaticato si girò per bere dell’acqua, e la vide.

Morgana trattenne il respiro, si sentiva terribilmente in colpa, avrebbe voluto chiedere scusa ma non poteva avvicinarsi.

Gawain fece qualcosa che lei non si aspettava.

Le sorrise.

E poi tornò ad allenarsi.

Morgana rilassò le spalle e ricominciò a respirare, si sentì improvvisamente più libera.

Aveva avuto la conferma che in qualche modo aveva ragione lei, e che ne era valsa la pena.




 

I cavalieri ripartirono in mattinata, non era sicuro rimanere in quella casa.

Dalle stalle recuperarono un carretto coperto e ci fecero accomodare Gwen e Lucas, che erano ancora troppo deboli per camminare.

Morgana viaggiò con loro guidando il mezzo.

Arthur promise loro li avrebbe aiutati a tornare dalla loro gente.

“Significa proseguire a nord per almeno un giorno, questo renderà il ritorno più complicato.” fece notare Lancelot.

“Lo so, ma abbiamo il dovere di riportarli a casa.” rispose Arthur.

Lancelot lanciò un’occhiata distratta alla ragazza, con l’aiuto di Morgana si era data una ripulita: “Almeno è carina.” commentò il cavaliere, Arthur scosse la testa, rassegnato.

Mentre viaggiavano Morgana chiese a Gwen, seduta dietro di lei: “Conoscevi la famiglia romana, quella nel pozzo?”

Gwen con cautela si alzò e si sedette accanto a lei: “Sapevamo alcune cose di loro, sembravano brave persone. Organizzavano feste nella casa, banchetti. Mio padre ha fatto qualche affare con loro, gli vendeva la selvaggina. Poi sono cambiati. Erano sempre chiusi in casa, hanno iniziato a razionare il cibo, mandavano tutto a Roma. E ricevevano strane visite.”

“Strane?” chiese Morgana.

“Sì, uomini della chiesa, erano spaventosi, indossavano abiti scuri, hanno iniziato a parlare del loro Dio ai contadini, per qualsiasi rimostranza facevano frustare qualcuno.  I servitori a quel punto hanno iniziato ad andare via, così come i contadini. Poi la gente ha iniziato a sparire.” spiegò Gwen “E un giorno la casa, la tenuta, è diventata silenziosa, le porte non si sono aperte più.”

“E vi hanno rapiti.” disse Morgana “Gwen, so che sono stati giorni terribili ma puoi dirmi cosa vi hanno detto quei frati?”
“Perchè ti interessa?” chiese la ragazza sospettosa.

“Voglio capire cosa sta succedendo. Siamo stati ingannati, siamo venuti qui perchè, così ci hanno detto, dovevamo portare in salvo quella famiglia. Ma loro si sono uccisi, perché chiedere aiuto se intendi suicidarti?” spiegò Morgana.

Gwen annuì: “Ci hanno portato nel pozzo, legati…hanno detto che il diavolo ha iniziato a camminare sulla terra. Il diavolo è come i nostri spiriti malvagi?” chiese Gwen.

Morgana annuì: “Sì, per i cristiani è colui che vuole soggiogare gli uomini e portare morte e distruzione nel mondo.”

Gwen continuò: “I frati hanno detto che noi siamo coloro che apriranno la strada al diavolo. Ci hanno picchiati, torturati con delle macchine…” la ragazza rabbrividì “Non so cosa volessero, volevano che pregassimo il loro dio, ma noi non capivamo niente di ciò che dicevano.”

“Mi dispiace molto Gwen, davvero. Gli uomini spesso si credono dei scesi in terra e fanno queste cose.” rispose Morgana.

“Dicevano che il diavolo sarebbe arrivato nascosto, dentro qualcuno che era vicino a Dio…così ho capito, ma ero già tanto provata…” aggiunse Gwen “Dicevano che alcuni bambini sono nati grazie al diavolo, che hanno un marchio…non lo so.”

"Vaneggiamenti di pazzi.” Arthur cavalcava accanto a loro e aveva ascoltato “Mi dispiace che abbiate patito tutto questo. Credimi se ti dico che questo non è ciò che insegna la mia fede.”

Morgana sbuffò.

Gwen lo notò: “Non sei d’accordo, Morgana?”

Lei guardò la giovane, poi suo fratello, sospirò: “Ciò che dice mio fratello è vero, la sua fede parla di amore, aiutare gli altri, dice che tutti siamo stati creati uguali. Ma Arthur è uno dei pochi che mette in pratica questi insegnamenti, purtroppo il potere ha corrotto tanti uomini a Roma, e hanno perso la strada diventando il diavolo che tanto temono.”

“Sei troppo severa Morgana.” disse Arthur.

“La sua fede…non è anche la tua?” chiese Gwen “Siete fratello e sorella, romani, non pregate lo stesso dio?”

Morgana spiegò: “Ho vissuto a lungo lontano da Roma. Diciamo che ho capito che esistono tanti altri modi di vivere oltre a quello cristiano, altrettanto validi. E che l’ipocrisia è un difetto di molti di coloro che si dichiarano cristiani.” 

Arthur abbozzò un sorriso, Morgana aggiunse: “Ma mio fratello sa che rispetto la sua fede, ma solo quella che ha nel suo cuore, perché è l’unica onesta rimasta in tutto l’Impero.”

Gwen ridacchiò, e anche Arthur si concesse una risata.

In quel momento Tristan, che li aveva preceduti per controllare la zona, li raggiunse: “Arthur, l’esercito dei Sassoni è accampato più a valle, hanno depredato un villaggio e ora riposano lì.”

“Maledizione.” disse Arthur “Gwen, c’è una strada che possiamo percorrere?” 

“Proseguiremo a piedi, nel bosco.” disse lei “Voi tornate a casa.”

“Con un esercito di stupratori e assassini nei paraggi? Assolutamente no.” disse Arthur “Vi porteremo il più possibile vicino a casa.”

La ragazza ci pensò poi disse: “C’è una strada un pò dissestata che entra nella foresta, dopo un pò gli alberi diventano molto fitti ma ci si può passare. Lì non ci scorgeranno.”

Arthur annuì, e istruì il gruppo su come muoversi, il tempo stringeva e dovevano essere lontani lì prima del calare del sole.



 

“Sono passati di qui.” disse Cynric guardando suo padre “Un gruppo di soldati si sono accampati nella casa di questi folli romani e sono partiti oggi. Le braci sono fresche.”

Cedric, il comandante dei sassoni, annuì: “C’è un nostro accampamento più avanti, ci passeranno accanto.”

“Mando comunque qualche ricognitore, va bene, padre?” chiese Cynric, sempre alla ricerca dell’approvazione del genitore.

Cedric annuì di nuovo: “Dobbiamo prenderli figlio. Dobbiamo sapere cosa è successo.”


“Sicuri che non vedranno il fuoco?” chiese Bors.

Gwen annuì: “La boscaglia ci proteggerà. Gli alberi sono così alti e fitti che il fumo si disperderà prima di arrivare al cielo."

“Ciò non ci impedirà di fare dei turni di guardia, vero Arthur?” chiese Dagonet.

“Come sempre.” sorrise Arthur.

Galahad aveva catturato una lepre, ne avevano ricavato un ottimo stufato.

Mentre cenavano Lucas guardò Morgana, lei gli sorrise, lui timidamente le chiese: “Ti sei ferita in battaglia, combattendo con questi cavalieri?”

“Lucas!” lo rimproverò Gwen.

Morgana le disse che non era un problema: “No Lucas, vedi quando sono nata c’è stato un incidente. Le ostetriche mi hanno ferita per errore.”

“Ti fanno male?” chiese il bimbo.

“Non più, sono guarite.” sorrise Morgana.

“Mia madre aveva una cicatrice sulla schiena, si era ferita in battaglia. E’ morta due anni fa.” raccontò Lucas.

“Mi dispiace. Era certamente una donna molto coraggiosa.” rispose Morgana.

Gwen ricordò: “Tu e Arthur non avete la stessa madre vero?”

Arthur annuì: “Mia madre era della Britannia, è morta tempo fa…nostro padre ha sposato in seconde nozze la madre di Morgana. Come lo sai?”

“Mio padre, sa molte cose di voi. Raccontava di questo condottiero metà romano e meta celta. Credo gli piacesse l’idea che fossi in parte dei nostri.” la ragazza sorrise.

“Ma tu sai combattere?” la incalzò Lucas “Io sto ancora imparando, non sono molto bravo con l’arco.” ammise.

Morgana gli disse: “Ti confesso che nemmeno io sono molto brava con le armi, rischio di fare male a me stessa e non a chi mi attacca…” spiegò facendo ridere il bambino “...ma ho imparato a difendermi.”

"Perché tuo padre è interessato ad Arthur, al fatto che sia metà britanno?” chiese Lancelot, sospettoso.

Gwen alzò le spalle: “Credo che sia perchè lui, come noi, ama questa terra e potrebbe difenderla dai sassoni che vogliono predarla.”

Lancelot rise: “Mi dispiace dare una delusione a tuo padre, ma presto Arthur lascerà questo posto. Torneremo tutti a casa, una volta riportati voi dalla vostra gente.”

Arthur precisò: “Ciò non significa che vi lasceremo soli a combattere i sassoni, Roma manderà rinforzi.” 

“E dove andrai Arthur?” chiese Lucas.

Arthur gli sorrise: “Sono nato e cresciuto a Roma, non vedo l’ora di tornarci. E’ una bellissima città.”

“Anche tu vai a Roma Morgana?” chiese Lucas.

Morgana sospirò, senza guardarsi intorno poteva percepire lo sguardo cupo di Lancelot, e quello speranzoso di Gawain.

Avrebbe potuto rimanere vaga, invece in pochi secondi le fu tutto chiaro.

Al diavolo i dubbi che Lancelot cercava di metterle in testa, al diavolo Arthur e la sua idea di Roma.

Cosa vuoi tu Morgana? E la risposta era ovvia: essere felice.

Sorrise a Lucas: “In verità no, andrò ad est, insieme a loro.” disse, e guardò i cavalieri, che sorrisero a loro volta.

Gawain aveva ovviamente il sorriso più luminoso di tutti.

Anche suo fratello, nonostante tutto, sembrava felice per lei.

“Ruuuuuus!” esclamò Bors soddisfatto, alzando la sua borraccia “Vanora ne sarà felice, i nostri numeri 3, 6 e 7 poi ti si sono molto affezionati.”

“Chi sono…” chiese Gwen.

Galahad rispose: “Sono i suoi figli, li chiama per numero.”

“Oh.” commentò Gwen abbastanza divertita dalla cosa.

“Prima o poi gli daremo un nome…e sentite questa, Vanora vuole pure che ci sposiamo.” sbuffò Bors.

“Dopo solo 11 figli insieme? Che pretesa!” disse Tristan.

Tutti risero, tranne Lancelot che guardava Morgana con evidente disappunto.


Purtroppo le previsioni di Guinevere sulla boscaglia che li aveva protetti non furono rosee.

Bors svegliò tutti poco prima dell’alba: “Abbiamo ucciso due sentinelle sassoni, io e Dag.” disse spegnendo il fuoco “Un’altra è riuscita a scappare, ci saranno alle costole presto, dobbiamo andare.”

“Meno male che la boscaglia era fitta.” commentò Lancelot guardando Gwen.

“Smettila, non è certo colpa sua se i sassoni perlustrano la zona.” intervenne Morgana.

Lancelot stava per replicare, ma Arthur disse: “Proseguiamo lungo le montagne, abbiamo un certo vantaggio su di loro, possiamo seminarli.”

“Ma è tutto ghiacciato adesso.” fece notare Dagonet.

“O corriamo il rischio o ci prenderanno.” rispose Arthur.

Il tragitto in salita lungo il costone della montagna impedì loro di muoversi con il carretto e in groppa ai cavalli, così proseguirono a piedi.

“Fino a che non sentiamo quei fottuti tamburi siamo al sicuro.” commentò Bors, era quasi una litania che ogni tanto ripeteva per fare coraggio al gruppo.

Arrivarono a una radura, completamente ghiacciata.

“Non è un prato. E’ un lago.” fece notare Dagonet, tastando con un piede il ghiaccio che scricchiolò sotto i suoi piedi.

“D’accordo.” sospirò Arthur “Procediamo in due gruppi. Partiamo noi, Gwen e Lucas con me, da questa parte, Tristan, Dagonet, dall’altra. Evitate di stare troppo al centro dove il ghiaccio è più fragile.

Quando arriviamo dall'altra parte partite anche voi.” disse guardando il resto del gruppo.

“Va bene.” Morgana rispose per tutti “Camminate con lentezza, passi leggeri.”

Arthur annuì e fece strada agli altri.

Attorno a loro si sentiva il vento ululare, qualche fiocco di neve iniziò a cadere, ogni tanto uno scricchiolio del ghiaccio li faceva fermare un istante.

Quando fu sull'altro lato Arthur si girò verso il gruppo, stava per fare loro cenno di raggiungerli ma all'improvviso il ghiaccio vicino alla riva si spezzò e sprofondò, e decine di crepe raggiunsero il centro del lago.

"Maledizione…" mormorò Lancelot "Come facciamo?"

"Potremmo provare a girarci attorno, ma i cavalli non possono camminare su quelle rocce…" disse Bors, e all'improvviso tacque.

Un tuono lo zittì.

No, non era un tuono.

Era un'eco, un rimbombo sordo.

I tamburi sassoni.

Stavano risalendo il crinale, ed erano molto vicini.

Bors guardò gli altri, poi Arthur: “Dovete andare!” gli gridò “Non ce la faremo a raggiungervi, troveremo un’altra strada."

“Ci vediamo a valle!” gridò il comandante.

“Li lasciamo davvero da soli?” chiese Gwen preoccupata.

“Scenderanno dall'altro lato, ci metteranno più tempo ma se vanno ora i sassoni non li raggiungeranno facilmente.” spiegò Arthur.

“Andiamo!” disse Bors incitando gli altri ad andare. 

Morgana fece un cenno di saluto verso suo fratello e poi seguì il cavaliere.

“Ci vediamo a valle!” gridò Galahad, e il suo sguardo incontrò quello di Tristan, i due uomini si scambiarono un fugace sorriso di commiato.

"I sassoni non potranno attraversare il lago. Il ghiaccio non si solidificherà fino a notte fonda, abbiamo un giorno di vantaggio." disse Arthur mentre si allontanavano.

Gwen chiese: "Ma non seguiranno gli altri, per scendere?" 

Arthur annuì: "È una possibilità, ma prima che prendano quella strada i nostri saranno lontani. Il tempo è dalla nostra parte." provò a rassicurarla “Ci rivedremo tutti a valle, ma dobbiamo sbrigarci.” e silenziosamente iniziò a pregare perché questo suo proposito si avverasse.







 

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Capitolo 4
*** La tempesta dei ricordi ***


“Ok fermiamoci un attimo.” disse Lancelot con un profondo sospiro “Non credo che riuscirò a continuare con questo ritmo.”

“Se non ci sbrighiamo ci saranno alle calcagna.” rispose Bors, ma si fermò ugualmente per riprendere fiato.

“I cavalli sono stremati, portano più peso di quanto dovrebbero.” fece notare Gawain.

“Posso caricarmi in spalla un’altra borsa.” disse Morgana.

“Puoi farlo ma non li aiuterà. Sono troppo stanchi, la discesa è stata impegnativa per loro…” disse Lancelot.

Scendere lungo il costone della montagna era stato un errore. 

Inevitabile, dato che non avevano altra via di scampo, ma era costato molto.

Nello scendere un cavallo si era spezzato una gamba e avevano dovuto abbatterlo, un altro era scivolato ed era precipitato nel burrone.

I cavalieri erano quindi provati da questo orrore oltre che dalla fatica della discesa, e a questo si aggiungeva il fatto di dover camminare a passo lesto per non essere raggiunti.

“Abbiamo ancora qualche ora di vantaggio, come è stato difficile per noi lo sarà anche per loro.” disse Bors.

“Sì ma non possiamo continuare così. Ho i crampi alle gambe Bors.” fece notare Galahad.

“Li ho anche io…” rispose l’amico “Ahhh dannazione…D’accordo. Ragioniamo mentre prendiamo fiato. Forse possiamo trovare un riparo e passarci la notte.”

“Qui nel bosco saremo troppo esposti, e siamo in pochi per difenderci.” disse Lancelot.

“Pochi e stanchi.” aggiunse Gawain.

"Siamo in 5 con 3 cavalli, non andremo lontano." disse Lancelot "Forse loro due" disse accarezzando il muso di uno dei destriero "possono ancora galoppare. Sono giovani. La nostra unica possibilità è dividerci. Due di noi raggiungeranno Arthur prima che faccia buio."

“E i tre che rimarranno saranno facili prede dei sassoni.” disse Bors.

“Lancelot non ha tutti i torti.” disse Gawain “Due di noi potrebbero raggiungere Arthur e chiedere rinforzi prima di notte. Ieri diceva che c’è una caserma romana non molto lontano da qui e che voleva tentare di chiedere ospitalità prima di raggiungere la tribù di Gwen. Secondo me sono andati lì a cercare riparo.”

“Proprio quello a cui stavo pensando.” annuì Lancelot “Sono andati certamente in quella direzione.”

“D’accordo, chi li raggiungerà?” chiese Bors.

“Tiriamo a sorte.” disse Galahad tossendo.

“Stai bene?” chiese Morgana.

“Sì, solo un pò…” Galahad tossì di nuovo, il viso era paonazzo, si piegò in due scosso dai tremiti, poi cadde a terra.

“Galahad!” gridò Bors e lo soccorse. 

Il giovane cavaliere tremava, sudava, rantolava, la pelle arrossata.

Morgana si inginocchiò accanto a lui.

“Cos’ha?” le chiesero gli altri, fu allora che lei notò la benda sulla caviglia del ragazzo.

La spostò delicatamente, Galahad gemette.

“Santo cielo Gal…è una ferita infetta! Quando te la sei fatta?” gli chiese.

Galahad ansimando disse di essersi ferito il giorno prima mentre controllavano nuovamente il nascondiglio segreto nella casa padronale.

“Era solo un taglio, ne ho avuti di peggiori…” rantolò.

Morgana scosse la testa: “In quel sotterraneo era tutto sporco e arrugginito…accidenti…Galahad! Galahad cerca di rimanere sveglio…Gal…GAL…”



 

“Gal, stai fermo!” gli disse l’amico.

Galahad ebbe un tremito, era nascosto dietro ai cespugli, vide Morgana cadere a terra per lo spavento.

"Zitta, o taglio tua gola!" le sibilò il ragazzo mostrandole un coltello 

Morgana alzò le mani in segno di resa.

"Lars, non farle male, non dirà nulla." Gawain mise una mano sulla spalla del ragazzo, gli disse qualcosa nella sua lingua.

Lars annuì, e poi corse via, seguito da altri tre ragazzini.

Galahad avrebbe voluto seguirli, ma aveva paura. Era arrivato da pochi mesi all’accampamento romano per essere addestrato, voleva solo andare via.

Gawain aiutò Morgana ad alzarsi: "Ti prego non chiamare i soldati…"

"State scappando?" chiese lei e Gawain annuì.

Galahad uscì dal nascondiglio insieme a Tristan e un altro ragazzo Sarmato, uno dei giovani più promettenti che spesso si allenava con Arthur, il fratello di Morgana, sapeva che rispondeva al nome di Lancelot.

"Dai Gawain andiamo!" disse quest'ultimo "Prima che ci scoprano!"

"Non dirò nulla." promise Morgana "Ma se andate a sud troverete dei soldati, dovete andare verso il fiume." suggerì "Ma…Vi uccideranno se vi trovano." aggiunse.

"Allora tu vieni con noi." disse Lancelot trascinandola per un braccio.

"Cosa sarei, un ostaggio?" chiese lei cercando di liberarsi.

"Lance, lascia stare, non è una buona idea…" disse Tristan.

"So cosa faccio! Se ci trovano dirò che se provano a catturarci l'ammazzo." disse Lancelot.

"Non serve che tiri, ti seguo." disse lei liberandosi, si massaggiò il polso.

Il gruppetto raggiunse un ruscello nella foresta, i ragazzi si fermarono a bere.

"Se seguiamo il corso dell'acqua si arriva al fiume. Ma poi non so da che parte si può andare. Ci sono dei villaggi ma è il primo posto dove vi cercheranno." disse Morgana.

"Arrivati al fiume tu torna indietro." le disse Gawain "Ce la caveremo."

"No, lei resta, se è con noi suo padre non ci ucciderà." protestò Lancelot.

"Idiota, proprio perché abbiamo sua figlia ci seguirà ovunque!" rispose Tristan.

"Ma lui ancora non lo sa, lo scoprono solo se ci prendono!" disse Lancelot.

Galahad osservò i suoi amici battibeccare, si disse che forse non era stata una buona idea fuggire, non c’era possibilità di tornare a casa. Iniziò a sentire freddo.

Gawain sospirò: "Morgana, vai a casa."

"Dirò che siete andati verso le montagne!" esclamò la ragazza "Così guadagnerete tempo." 

Lancelot fece per protestare di nuovo, ma una freccia gli mancò la spalla di un centimetro, infilandosi in un albero dietro di lui.

Il gruppo fu velocemente circondato da soldati romani.

Tornati al campo c'era il comandante Castus ad aspettare i fuggitivi, il suo sguardo era colmo di rabbia.

I soldati fecero inginocchiare a forza i ragazzi, mani dietro la schiena.

"Non solo fuggite, ma rapite anche mia figlia!" tuonò il comandante, poi si avvicinò a sua figlia, in piedi vicino ai giovani "Stai bene Morgana?" le chiese accarezzandole una spalla.

"Sì, io…sto bene." rispose lei.

"Sarete puniti severamente per questo tentativo di fuga. Tito!" il comandante chiamò uno degli addestratori "Fanne un esempio per gli altri. Ma non menonarli o ucciderli, sono i tra i tuoi allievi migliori."

Galahad trattenne il respiro, già l’addestramento era duro, ed ora questo…

In quel momento Morgana esclamò: "Non mi hanno rapita, non sono fuggiti, li ho liberati io!"

Tutti si voltarono a guardare la ragazzina.

"Cosa avresti fatto?" chiese suo padre.

Morgana sospirò: "Non li avrei fatti scappare, avevo bisogno di aiuto. Per i saturnali. Le celebrazioni sono tra poco e io…volevo portarti delle lepri padre. Per i banchetti! Volevo preparare la carne come faceva la mamma. Ma non so né cacciare né combattere. Così ho pensato che loro potessero aiutarmi." 

Il comandante Castus guardò sua figlia con sguardo inquisitore: "Perché non hai chiesto ai miei soldati?"

"Doveva essere una sorpresa…" rispose lei.

"O ad Arthur…" la incalzò suo padre.

Morgana fece una smorfia: "Lui è sempre così impegnato ad allenarsi!" 

I giovani Sarmati si guardarono, nei loro occhi brillava una piccola speranza.

Il comandante Castus chiese: "Sono loro che dovevano aiutarti?"

"Sì padre."

"Perché vedi nella loro gabbia c'erano altro quattro giovani. Dove sono?" chiese il comandante, era chiaro che non credeva alla figlia e voleva metterla in difficoltà "Dimmi la verità Morgana."

"Loro…loro forse ne hanno approfittato." mormorò, e abbassò lo sguardo.

Pregò in cuore suo che quei tre ragazzi non venissero mai trovati. 

Il comandante Castus rise in modo amaro: "Morgana. È la tua ultima occasione. Dimmi la verità. Capisco che tu voglia proteggere questi ragazzi perché lo vedi come tuoi pari ma non lo sono. Sii onesta, è la cosa più importante."

La ragazza guardò i quattro giovani inginocchiati, poi suo padre, e confermò la sua versione: "Li ho liberati io per farmi aiutare a cacciare le lepri, li avrei fatti tornare prima di sera, non pensavo che ve ne sareste accorti."

Castus scosse la testa, sospirò: "Va bene, deciderò stanotte cosa fare. Portateli nella loro gabbia. E tu Morgana, andrai con loro." 

La ragazza spalancò gli occhi per la sorpresa: "In gabbia, con loro?" chiese con voce tremante.

Il comandante annuì: "Visto che ritieni di essere come loro forse devi vivere come loro. Portateli tutti via."


“La febbre dovrebbe scendere…” mormorò Morgana bagnando la fronte di Galahad con una pezza umida, il ragazzo ansimava “Gli ho dato la corteccia di salice, dovrebbe bastare.”

Controllò la caviglia, aveva pulito la ferita e messo una pomata, ma la carne lesa continuava a spurgare.

“Quando starà meglio?” chiese Lancelot inginocchiandosi vicino all'amico.

Morgana lo guardò: “Non lo so. La ferita è infetta, molto infetta, è questo che causa la febbre. Se fossimo a casa avrei più medicine a disposizione, con quello che ho qui non posso fare molto…” Morgana sospirò “...possiamo solo pulire la ferita e applicare questa pomata, continuare con il salice…”

"Molto utile averti portata con noi." disse Lancelot in tono di scherno, alzandosi.

"Lance, se continui con questa solfa giuro che ti sbatto fuori." disse Bors che si stava occupando di preparare qualcosa di caldo da mangiare "Meno male che Morgana era con noi, che gli avremmo dato, eh? Sta carne secca buona solo per fare una zuppa?"

Lancelot borbottò qualcosa e si allontanò, guardò fuori da una delle finestre, pioveva a dirotto.

Gawain rientrò, era zuppo, si avvicinò al camino acceso per scaldarsi.

"Ha iniziato a diluviare." disse.

"Grazie, non lo avevamo notato." lo schernì Lancelot.

Gawain sbuffò e lo ignorò: "Fuori piove così fitto che non si vede nulla. Uno svantaggio per noi ma anche per i sassoni. Non verranno a cercarci stanotte, il vento scuote gli alberi fino al terreno."

In risposta una folata fece tremare il tetto.

Bors annuì: "Siamo stati fortunati a trovare questa catapecchia. I cavalli?” chiese.

“Li ho messi in quella che doveva essere un stalla, qui dietro. Staranno all'asciutto." rispose Gawain, poi guardò Morgana “Come sta?”

La ragazza gli ripeté ciò che aveva detto a Lancelot, e aggiunse: “Se domani non gli sarà scesa la febbre dovremmo tornare al piano di prima, due di voi devono andare a cercare aiuto.”

Bors concordò: “Se non fosse per questa pioggia potremmo già partire stanotte.”

Lancelot disse: “Domani mattina all’alba decideremo.”

Galahad rantolò qualcosa, tossì, poi disse qualcosa: “Questa è…una gabbia, la mia casa è una gabbia…”

Morgana gli umettò la fronte: "Galahad, mi senti, va tutto bene…”

“Sono solo agazzini…”mormorò il cavaliere, e ripiombò in un sonno pieno di tristi ricordi.



 

Il comandante Castus lasciò sua figlia nella gabbia con i giovani Sarmati per tre giorni.

I ragazzi durante la giornata venivano fatti uscire per l'addestramento e ricondotti lì la sera per consumare la cena e dormire.

A disposizione avevano solo una coperta di lana a testa, e i pasti erano miseri, ogni tanto i più meritevoli ricevevano qualcosa in più, e di solito lo condividevano con gli altri.

Quella sera Gawain ricevette una focaccia dolce, ne diede un pezzo a tutti, compresa Morgana.

"Lei è stata qui seduta tutto il giorno…" protestò Lancelot.

"Zitto! Se siamo vivi è grazie a lei!" rispose Galahad.

"Vivi, ma puniti lo stesso." disse Lancelot.

La storia raccontata da Morgana aveva impedito che i giovani venissero giustiziati, ma non gli aveva evitato una dura punizione.

Per un giorno intero i ragazzi erano stati costretti a rimanere in ginocchio al freddo per ore, senza potersi alzare o sdraiare, senza bere o mangiare, erano stati riportati in gabbia la sera, ormai svenuti.

Morgana dalla gabbia aveva dovuto assistere, e quando erano rientrati si era occupata di loro, aiutandoli a bere e mangiare, aveva conservato apposta i suoi pasti per nutrire i poveri prigionieri.

"Cosa ti aspettavi? Suo padre sa che lei ha mentito. Era ovvio che ci avrebbe puniti, non ci può uccidere perché ha le mani legate fino a che Morgana non cambia versione." disse Tristan.

"Io non cambio versione." mormorò Morgana, sbocconcellava la focaccia a piccoli pezzetti, lo sguardo rivolto al pavimento.

"Questa gabbia non è esattamente come le tue belle stanze, vero principessa?" la schernì Lancelot.

"Dacci un taglio." disse Gawain.

"Credevo avrebbe funzionato…" disse Morgana con tristezza.

"E ha funzionato, non ci hanno uccisi." ripeté Galahad "Conta solo questo."

"Se penso che neanche volevamo fuggire, è stata un'idea degli ultimi arrivati. Sono riusciti a forzare la serratura e hanno iniziato a correre." disse Gawain.

"Chi non avrebbe tentato..." disse Galahad.

"Sì ma è stato sciocco, senza documenti non puoi andare da nessuna parte." disse Gawain "Sei un disertore, possono ucciderti sul posto dove ti trovano." 

"Intanto loro sono liberi, Gawain, e noi qui a marcire al freddo." disse Lancelot "E speriamo che non vengano trovati, perché grazie a Morgana sono considerati disertori!"

Gawain chiese: "Ma cosa stai dicendo?"

Lancelot rispose: "Ha detto che loro tre ne hanno approfittato per scappare, li ha condannati a morte!"

"Che altro potevo dire?" chiese Morgana "Non sapevo come giustificare la loro assenza. E poi non è colpa mia se sono scappati, non glielo ho detto io di farlo."

"Certo, dovevano restare qui a marcire!" disse Lancelot adirato.

"Basta Lancelot!" intervenne Gawain "Non è colpa di Morgana, lei ha fatto ciò che ha potuto per evitare che ci uccidessero. Per me è sufficiente per esserle grato." 

Lancelot sbuffò, e si infagottò nella coperta per riposare. Prima di chiudere gli occhi guardò Morgana: "Sono contento che tu sia qui. Forse adesso ti renderai conto che noi non siamo gattini orfani da proteggere, non sei stata mandata da noi a salvarci come quel Dio che tanto venerate. Il tuo essere una donna romana cresciuta negli agi, ah! Oggi non è contato nulla, perché tu non conti nulla nemmeno per tuo padre. Sei una ragazzetta sfregiata che lui non può nemmeno dare in sposa a qualcuno! Non contano nemmeno il tuo cibo, la tua compassione. Siamo schiavi Morgana, tenuti al freddo e torturati. Conta solo che un giorno finalmente verremo liberati e potremo tornare a casa." detto questo si girò su un fianco dandole le spalle.

Gawain guardò Morgana: "Lascialo perdere, siamo tutti molto stanchi…"

"No, ha ragione." disse lei "Hai ragione, Lancelot." disse a voce alta, sapendo che lui era ancora sveglio "Lo so quello che la mia gente ha fatto alla vostra, come vi portano via dalle vostre famiglie. So cosa hanno fatto laggiù anni fa, quando hanno conquistato le vostre terre. Quindi hai ragione ad odiarci tutti." si strinse nella coperta, e cercò anche lei di dormire.

La mattina Morgana si svegliò per il rumore della gabbia che si apriva.

Vide suo padre in controluce, le ordinò: "Esci, Morgana. Uscite tutti."

Morgana schermò gli occhi con una mano, il sole del mattino era forte.

Uscita dalla gabbia fece fatica a mettersi in piedi, quei tre giorni aveva potuto giusto camminare avanti e indietro per sgranchirsi.

Fece alcuni passi e poi urlò portandosi la mano alla bocca.

Il ragazzo che l'aveva minacciata col coltello, Lars, giaceva a terra. Una freccia lo aveva trafitto al collo. I soldati di suo padre dovevano averlo scovato e ucciso durante un inseguimento.

"Li hanno trovati in uno dei villaggi vicini." spiegò suo padre "Loro." indicò i tre ragazzi Sarmati che erano fuggiti con Lars, erano inginocchiati a terra, le mani legate dietro la schiena "Li hai fatti uscire tu Morgana, e loro ne hanno approfittato per scappare. Quindi forse dovresti essere tu a decidere della loro sorte."

Morgana guardò suo padre, scosse la testa: "Ma io non…"

"Come pensi che dovrebbero essere puniti Morgana?" la incalzò lui.

Gli altri ragazzi erano allineati, assistevano alla scena in silenzio.

Morgana respirò profondamente e rispose: "Io li perdono, padre. Forse non hanno capito, non parlano bene la nostra lingua, forse pensavano che io li stessi liberando. Dagli un'altra possibilità padre, ti prego, diventeranno dei cavalieri eccellenti." 

"Perdono?" rise Tito.

"Sì, quello che predica il sacerdote ad funzione, hai presente?" rispose piccata Morgana "Gesù Cristo ha perdonato prostitute, ladri, perfino chi lo ha crocifisso, perché noi non dovremmo perdonare dei ragazzini impauriti che volevano solo tornare a casa?"

Il comandante Castus sorrise, il cipiglio di sua figlia lo inorgogliva, ma allo stesso tempo era deluso dalla sua insubordinazione. 

Era doveroso darle una lezione per mostrarle la realtà.

"La tua posizione è ammirevole Morgana, ma vedi, Gesù Cristo si rivolgeva a colori che poi hanno abbracciato la fede cristiana." disse Castus.

"Non è vero, Pelagio dice che il perdono vale per tutti! Me lo ha detto Artorius, Pelagio è il suo mentore. Scelto da te." fece notare lei.

Castus sospirò: "Pelagio ha la sua opinione, ma non è quella di Roma. E comunque il perdono richiede che ci sia espiazione." 

Morgana rifletté: "Potresti…come hai punito loro quattro…puoi fare lo stesso con questi ragazzi." propose. Era una punizione terribile, ma almeno non li avrebbero giustiziati, pensò Morgana.

Attorno a lei i soldati romani ridacchiavano, la scena era sicuramente esilarante per loro, una ragazzina che cercava di argomentare con il comandante. 

Morgana sentiva quei risolini, strinse i pugni per la rabbia.

Il comandante Castus guardò sua figlia: "Li abbiamo interrogati, Morgana. Secondo te cosa mi hanno detto?"

La ragazza deglutì, evidentemente i ragazzi avevano detto la verità, che Lars aveva scassinato la serratura: "Non lo so…" rispose.

"Hanno rivelato che il loro amico ha aperto la grata usando un chiodo della gabbia." disse Castus "Quindi ti chiedo Morgana, chi ha mentito, tu o loro?" 

Galahad la osservava, tremava, pensò che non invidiava Morgana in quel momento.

La ragazza sentiva il cuore batterle all'impazzata, le mancava il fiato, qualunque cosa avesse detto avrebbe portato a una nefasta conseguenza.

Non sapeva cosa fare.

Poi pensò che valeva la pena giocarsi il tutto per tutto.

Sospirò e poi guardò suo padre negli occhi: "Ho dato io il chiodo a quel ragazzo, per farli scappare. Ho detto loro che dovevano accompagnarmi nel bosco per aiutarmi ma in realtà volevo portarli fino al confine, per farli andare via. Loro non sapevano del mio piano. Avessi avuto le chiavi li avrei fatti fuggire tutti. Odio come li trattate, come li picchiate e costringete a farsi del male tra loro. Odio il fatto che li avete strappati dalle loro famiglie, dalle loro case. Se punisci loro devi farlo anche con me, padre."

I soldati smisero di ridacchiare, Tito la guardò stupito, i sarmati trattennero il respiro.

"Mossa azzardata ragazzina." sibilò suo padre "Dimmi la verità, adesso!"

"È questa la verità!" rispose Morgana "Disprezzo quello che fate qui." e in fondo questo era vero "Quindi se punirai loro dovrai farlo anche con me."

Suo padre la guardò, c'era rabbia nei suoi occhi, a denti stretti le disse: "Torna nella gabbia."

Morgana annuì, prima di voltarsi ed andare guardò suo padre e disse: "In fondo non c'è molta differenza tra le mie stanze e questa gabbia, hanno solo un aspetto diverso, ma sono la stessa cosa."


Morgana si avvolse nella coperta, non riusciva a dormire bene, si addormentava ma si svegliava subito. 

Aveva paura per Galahad, anche se la febbre era scesa temeva una ricaduta.

E aveva paura che i sassoni li trovassero.

Erano il triplo di loro, e la loro sorte sarebbe stata terribile.

Gawain e Bors dormivano, Lancelot faceva la guardia, spiava l’esterno da un buco nelle serrande della finestra.

Morgana si alzò e si avvicinò: “Piove ancora?”

“Una tempesta.” rispose lui “Per noi è una fortuna. Speriamo che gli altri siano al riparo.”

“Sicuramente.” rispose lei.

“Ho capito a cosa si riferiva Galahad." disse Lancelot “Mentre delirava. Era quando eravamo sul continente, durante l’addestramento.”

Morgana riflettè: “Certo. Quando avete tentato la fuga. La febbre alta a volte riporta a galla vecchi ricordi.”

Lancelot annuì: “Quei ricordi sono impressi nella mia mente e non ho febbre, e non andranno mai via Morgana.”

“Credi che io non soffra per ciò che è successo dopo? Pensi che non me ne rammarichi?” chiese lei.

Lancelot rise: “Le terribili conseguenze che hai subìto, certo.”

“Vaffanculo Lancelot.” mormorò lei e fece per tornare al suo giaciglio.

“Sono morti Morgana! E abbiamo dovuto ucciderli noi!” le gridò dietro il cavaliere.

Le parole di Lancelot svegliarono Bors e Gawain.

“Che cazzo…cosa urli Lancelot! I sassoni!” balzò in piedi il primo.

“No.” rispose Lancelot “Stavamo rivangando vecchi ricordi, vero Morgana?”

“Cazzo Lance…” Gawain si alzò in piedi “Che succede?”

“Dammi pure la colpa di tutto se ti dormire meglio Lancelot.” disse Morgana “Odiami, non mi importa, ma forse dovresti chiederti perché odi me così tanto e invece sei così capace di perdonare mio fratello. C’era anche lui lì, e ha affondato la lama nel collo dei tuoi amici, ma forse vuoi ricordare solo quello che ti fa più piacere.”

Lancelot si mosse verso di lei, infuriato, ma Morgana fu più veloce.

Estrasse il suo pugnale e lo puntò in direzione della gamba del cavaliere, che si bloccò subito. La ragazza lo afferrò per la maglia, tenendolo vicino a sè: “La mia lama è proprio sulla tua vena femorale Lance, se premo e la taglio ci metterai pochi minuti a morire dissanguato. Ricordi? Ve lo ho insegnato io, una mossa utile in battaglia, per risparmiare le forze e neutralizzare velocemente un nemico.”

Lancelot trattenne il respiro, la guardava con rabbia.

Gawain intervenne: “Morgana, per favore, lascialo…”

Ma Morgana tenne ben stretto il cavaliere: “Te lo ripeto una volta e una volta soltanto Lancelot. Mi dispiace per ciò che è successo, me ne dolgo da allora, ma stai incolpando la persona sbagliata.

Non è colpa mia. 

Quindi lasciami in pace o la prossima volta ti taglierò le palle, non morirai ma passerai la tua vita come un inutile castrato.” e detto questo lo spinse via.

La ragazza a passo veloce uscì dalla stanza: “Ho bisogno d’aria.” mormorò, e lasciò soli i cavalieri.

Fuori pioveva a dirotto, Morgana si appoggiò alla parete sotto alla tettoia, si strinse nella coperta, respirò l'aria fredda ed espirò un paio di volte.

Il rumore della porta che sbatteva fece sussultare Galahad, che aprì gli occhi.

Non riusciva a mettere a fuoco ma vedeva Gawain e Lancelot parlare concitati.

Stavano litigando.

“Devi smetterla Lance!”

“Non la posso perdonare, come puoi tu Gawain? Sono morti, erano ragazzini, li abbiamo dovuti ammazzare noi, come cani!”

“Non fu Morgana ad ordinarlo Lance…” intervenne la voce di Bors.

E allora Galahad capì di cosa parlavano, e ricordò.

Quel pomeriggio freddo di tanti anni fa gli tornò in mente, un pugno violento nello stomaco.

Il generale Castus aveva infine scelto la sorte per i giovani fuggiaschi.

Si sarebbero giocati la salvezza in combattimento.

L’ufficiale romano non aveva avuto dubbi sulla scelta degli sfidanti.

Tristan, che aveva visto essere risoluto e senza scrupoli all'occorrenza, suo figlio Artorius, che voleva istruire sulle sue responsabilità future.

E infine aveva scelto Lancelot come terzo sfidante, perché come Tristan non si risparmiava quando si trattava di prevalere.

Come era prevedibile i tre combattimenti furono brevi, i fuggiaschi non erano dei guerrieri al livello dei loro sfidanti.

Alla fine del duello il verdetto scelto dal generale Castus fu sempre lo stesso, morte.

E così i giovani Sarmati avevano dovuto affondare la lama nel collo dei loro compatrioti, la morte gloriosa dei gladiatori nell'arena.

Galahad ricordava che Morgana aveva pianto, aveva preso le mani del padre tra le sue e lo aveva supplicato.

In risposta lui le aveva dato un ceffone.

E tutti i presenti avevano sussultato. 

Mai avevano visto il generale essere duro con sua figlia.

Morgana non si era ancora ripresa dallo spavento che lui l'aveva afferrata per il bavero e l'aveva buttata a terra, nella polvere.

Galahad ricordava l’impulso di voler intervenire, ma Tristan lo aveva trattenuto per un braccio, lo aveva guardato e scosso la testa.

Il generale si era chinato sulla figlia: "E’ questo quello che volevi Morgana? Questo è quello che avrai!" le aveva detto e l'aveva sollevata e rimessa in piedi.

Tenendole stretto il braccio le aveva urlato in faccia: "Se tieni così tanto a questi ragazzi eccoti servita, d'ora in poi ti occuperai di loro. Da adesso servirai il medico che li cura e ricuce, sarai al suo servizio, farai tutto ciò che ti dice. Passerai le tue giornate a sanare ferite e ripulire sangue e fango, vomito e sudore. E quando non ne potrai più allora forse verrai da me a dirmi la verità. Tito, portatela da Nicodemus e riferitegli i miei ordini."

A quell'ordine due soldati la raggiunsero, la trascinarono nella tenda del dottore e la buttarono dentro senza tanti complimenti.

Galahad ricordava ancora lo stordimento, la paura, l'umiliazione che aveva visto negli occhi della ragazzina.

“Morgana…” mormorò Galahad.

Bors si voltò verso di lui e lo raggiunse: "Ehy ragazzino! Come ti senti?"

"Eravamo bambini…te lo ricordi Tristan? Tu mi facevi coraggio e dicevi…dicevi che si poteva imparare…può piacerti uccidere, mi hai detto…" ansimò Galahad.

Gawain corse a chiamare Morgana, "Sta delirando." le spiegò mentre rientravano.

La ragazza si inginocchiò accanto al malato, gli toccò la fronte: "È di nuovo bollente." disse, e prese la borsa delle medicine, sciolse altra polvere nella tazza di Galahad, gli sollevò la testa per aiutarlo a bere "Farà effetto in poco tempo.” spiegò mentre gli rinfrescava il viso con una pezzuola.

Il giovane cavaliere aprì gli occhi, la guardò: “Morgana…” sembrava uno sguardo perso nel vuoto, ma si rivolse a lei “Una vera signora…per…perfetta padrona di casa...” disse ridacchiando “Morgana, che si prende cura di tutti…”

La ragazza sospirò e ripetè: “Risparmia le energie Galahad…”

“Tu ti prendi cura…di noi…” mormorò “Lasciala stare Lance…è qui al freddo con noi…” e ripiombò in un sonno profondo, il respiro che diventava sempre più calmo, la febbre stava scendendo.

Nella capanna regnava il silenzio, Morgana accarezzò i capelli di Galahad, gli sistemò la coperta e si alzò: “Dormirà fino a domattina, dovremmo farlo anche noi.” disse.

“Continuo io la guardia, tanto ormai…” decretò Bors “Fatti una bella dormita Lance.” 

Nessuno replicò, un assenso silenzioso prima di rimettersi a riposare.

Mentre tutti cercavano di prendere sonno la pioggia fuori batteva ancora forte sul tetto, tenendo lontani i sassoni, ma non il rancore di Lancelot, che prima di addormentarsi lanciò un ultimo sguardo astiosi verso Morgana, che nel frattempo si stava appisolando tra le braccia di Gawain. 



 

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