Occhi verdi di speranza

di Marc25
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Missione suicida ***
Capitolo 2: *** Il salvataggio ***
Capitolo 3: *** Bussa alla porta ***
Capitolo 4: *** La seconda scelta ***
Capitolo 5: *** La cena ***
Capitolo 6: *** La famiglia perfetta ***
Capitolo 7: *** Conflitto interiore ***
Capitolo 8: *** Colpo di fulmine ***



Capitolo 1
*** Missione suicida ***


Cap 1 – Missione suicida
Dylan - 15 Gennaio 2022 – 6:30
Aveva 5 anni, era felice, finalmente il padre lo aveva portato al parco giochi, lo prendeva al volo quando andava sullo scivolo, lo spingeva sull’altalena e lo faceva ridere, si sentiva per la prima volta amato anche dal padre oltre che dalla madre.
 
Dylan si svegliò, quel sogno non era altro che un ricordo sepolto, proprio quel giorno era tornato come se fosse un altro avvocato del padre.
Si alzò dal letto, non aveva dormito molto quel giorno. Andò in bagno, si vide allo specchio, era oggettivamente bello ma sembrava precocemente invecchiato, aveva 29 anni e si rendeva conto che quegli anni li aveva gettati al vento, aveva allontanato le poche persone che gli volevano bene, tra cui Anton e si era circondato di persone che lo sfruttavano. I pochi lavori onesti erano saltuari e non pagavano bene quanto i piccoli crimini che commetteva per conto di qualcuno.
Si sciacquò la faccia, cercando di cancellare con quel gesto anche il pentimento di aver rovinato gli anni, dai più considerati, più belli della vita.
Ma tutto era stato fatto in funzione di quel giorno, i giorni passati al poligono di tiro in particolare, tutto per quel giorno.
Dopo 21 anni sarebbe uscito il padre, Dylan pensava che il padre non meritasse di tornare a respirare da uomo libero neanche un minuto.
 
Tutto era stato in funzione di quel momento, aveva da poco comprato illegalmente una pistola e per evitare qualunque tipo di problema con la giustizia aveva lasciato tutti i “ lavoretti “ che faceva per qualcuno di poco raccomandabile.
Alle 7:30 prese la macchina che ormai da un anno prendeva per fare la medesima strada, solo che adesso era diverso, quel giorno non sarebbe passato un attimo solo dalla prigione di Montpellier, come faceva di solito, ma avrebbe aspettato l’uscita da galera del padre alle 9:15 per ucciderlo.
 
Parcheggiò la macchina più lontano dal solito, non aveva molte speranze di rivedere quel rottame. In realtà ciò che pensava era che se fosse mai esistito un inferno ci sarebbe andato quel giorno insieme al padre.
C’era un sottopassaggio da cui passare, ma qualcuno lo stava aspettando. Mentre aveva quasi passato tutto il sottopassaggio qualcuno da dietro lo chiamò: << Dylan, che piacere rivederti. >>
Quando il biondo si girò vide uno dei suoi cosiddetti datori di lavoro, da cui ormai non andava da due mesi che gli puntava una pistola contro.
 
Dylan alzò le mani: << Valentin…abbassa quella pistola. >>
<< Ti piacerebbe eh, sai, ti ho seguito, ho visto che uscivi sempre la mattina presto ma mi sfuggivi sempre. Tu sei il mio galoppino, è chiaro? Pensi che io sia un pesce piccolo, lo so. >>
Valentin pensava di aver fatto paura a Dylan. Il biondo aveva effettivamente fatto dei lavoretti per lui, in particolare aveva portato dei pacchi da una parte all’altra senza fare domande, era un ottimo elemento. E non era interessato a fare carriera in quel Mondo, il che era stato sempre un vantaggio per Valentin , un nemico in meno. Ma si era trasformato in uno svantaggio, perché Dylan lo aveva abbandonato senza spiegazioni e i suoi “ affari “ stavano naufragando uno dietro l’altro.
Dylan si avvicinava piano piano, Valentin non se lo aspettava, tremava, non aveva mai preso una pistola in mano: << F…fermo o ti sparo Dylan…no..n mi farò scrupoli. >>
<< Stai tremando, sbaglieresti anche da 1 cm di distanza. >>
<< Non mi provocare. >>
<< Stai minacciando un uomo morto, non mi fai paura >>.
Valentin non si accorse che Dylan si era avvicinato troppo e prima che potesse fare qualcosa, il biondo con la mano sinistra disarmò in un istante Valentin la cui pistola cadde distante. Dylan tirò un calcio al ginocchio di Valentin che cadde.
Mentre il disarmato malvivente cercava di rialzarsi fu bloccato dal rumore di una pistola pronta a sparare. Valentin era in ginocchio e alzò lo sguardo verso Dylan che gli puntava apatico una pistola alla testa.
<< Ehi, Dylan…io stavo facendo il..gradasso..ma..ma..io…
<< Cosa? >>
Valentin passò da un balbettare a una valanga di parole in preda alla paura di morire: << Ti prego Dylan, non lo farò più, non so come mi è venuto in mente, sono uno stupido, non c’è l’ho con te ed è giusto invece il contrario, non ti merito, ma eri super nel lavoro che facevi, io sono una nullità, ti dovrei baciare i piedi, anzi se vuoi lo faccio….
Partì uno sparo.
 
Valentin sentì un ronzio fortissimo all’orecchio, pensava di essere morto e per un momento gli parse davvero che il cuore si fosse fermato ma poi ripartì come un tamburo, come un attimo prima.
Sentì Dylan solo grazie all’orecchio più distante dallo sparo.
<< Hai detto tutte cose giuste per la prima volta nella tua inutile vita, non ti far più vedere o la prossima volta non sbaglierò mira >>.
Dylan si mosse verso la pistola che in precedenza aveva Valentin e se la mise in un'altra tasca: << Questa la prendo io. Ora vai e sparisci per sempre dalla mia vita. >>
Lui si alzò e scappò dicendo: << Ssi…certo Dylan..grazie >>.
Dylan fece un sospiro di sollievo, sorprendendosi della sua freddezza e del suo autocontrollo.    
 
 
Poco tempo dopo era finalmente davanti al carcere di Montpellier. Per 21 anni aveva aspettato quel momento, era l’unico testimone oculare di ciò che era successo alla madre, e le prove per quanto fossero evidenti, non erano così schiaccianti. Così passo un po’ di tempo dalla casa famiglia al tribunale per testimoniare, ma era un bambino, la sua credibilità veniva messa in dubbio ed era limitata. Le suore per fortuna lo avevano sostenuto quando era piccolo, timido ed indifeso. Tutto quello che aveva passato lo aveva fatto crescere in fretta e ben presto si era fatto temere e rispettare in casa famiglia, ma nello stesso tempo era riuscito anche a farsi adorare e amare.
Comunque un bravo avvocato, le prove scricchiolanti e la testimonianza di un bambino avevano evitato l’ergastolo per il padre.
Non era stato un raptus, era stato un delitto freddo, già premeditato. Quando Evelyn, sua madre, volle andarsene con lui, il padre la prese per i capelli sulla soglia della porta di casa e la fece cadere a terra davanti agli occhi del bambino, dopo di che si mise a cavalcioni sulla donna. Aveva un coltello da cucina affilato in mano, la colpì prima ad una spalla e poi all’altra, la madre urlò in sua direzione intimandogli di scappare ma lui non riusciva a muovere un muscolo.
Quando l’ultimo fendente colpì il petto, gli occhi verdi della madre divennero vacui e smise di muoversi.
Il padre aveva i guanti alle mani, lasciò il coltello davanti a lui e gli disse: << Dimostra di essere un ometto. Prendi il coltello e colpiscimi, ti giuro che non reagirò >>.
Non seppe mai se il padre stesse dicendo il vero o se avrebbe reagito e ucciso anche lui. Per 21 anni si era pentito di non aver avuto il coraggio, qualunque fosse stato l’esito. Finalmente era arrivato il giorno in cui lo avrebbe accontentato.
Quella volta il padre se ne andò chiamandolo: << Codardo. >>
Lasciò la porta aperta una volta uscito, così quando la vicina uscì da casa sua e vide il bambino e il cadavere vicino a lui urlò, poi molto lentamente si avvicinò a lui, che nel contempo non si era mosso di un millimetro, e finalmente dopo un po’ di insistenza lui disse: << Mio padre >>.
Quando raccontò più chiaramente l’accaduto, nonostante lo shock, partirono le ricerche e pochi giorni dopo il padre fu trovato e catturato.
 
Ore 9:13
Quando l’ora si stava avvicinando tante voci diverse percorrevano la sua mente, il suo cuore batteva come un tamburo, davvero quelli sarebbero stati i suoi ultimi battiti insieme a quelli del padre?
Il cancello si aprì e lui mise la mano in tasca dove aveva la sua pistola.

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Capitolo 2
*** Il salvataggio ***


Cap 2 – Il salvataggio
Anton – 15 gennaio 2022 – 7:00
Quella macchinetta rossa per fare il caffè aveva quasi 6 anni ormai, ma il pensiero che non funzionasse gli dava fastidio, non si accendeva più, forse aveva un tempo limitato già alla fabbricazione. Non che disdegnasse fare il caffè con la moka, anzi aveva un certo fascino però per ovvi motivi era affezionato a quella macchina del caffè.
Quelle due braccia che lo cinsero improvvisamente erano la ragione del perché quella macchina del caffè fosse così importante per lui.
<< Stai ancora pensando al fatto che non funzioni più la macchinetta del caffè che mi hai regalato? >>
<< A te non dispiace? >> disse Anton girando la testa bastevolmente per guardare negli occhi chi lo cingeva.
<< Certo, l’ho usata moltissimo e certo non la butterò mai anche se non dovesse funzionare mai più. >>
Anton sorrise.
<< Perché ti sei già vestito? >>
Anton sfottò il suo interlocutore: << Se con vestito intendi una maglia e una mutanda si. Certo, non sono nudo come te, siamo a gennaio, non potrei uscire dalle coperte senza mettermi qualcosa addosso. Il riscaldamento globale non ha ancora livelli tali da essere nudi a gennaio per fortuna. >>
<< E se ti dicessi che io potrei denudarti e nello stesso momento riscaldarti, tu mi crederesti? >>
E dicendo quello il suo amato gli baciò languidamente il collo tre volte facendolo cedere.
<< Potrei crederci. >> disse Anton girandosi e baciando rapidamente alcune parti del viso del suo fidanzato.
<< Ho le prove che ci credi già. >> disse il suo amato mentre gli toccava l’asta che faticava a restare coperta dalla stoffa della mutanda.
<< E va bene, mi ha scoperto, ispettore Gaillard. >>
 
I corpi si avvinghiarono ben presto sul nuovo letto a due piazze della casa di Luis, nessuno dei due pensava al freddo mentre si baciavano e toccavano reciprocamente dappertutto.
Ad un certo punto Luis sfilò con i denti le mutandine di Anton procedendo dal pube fino ai piedi. Lo aveva visto poche ore prima nudo ma ogni volta era uno spettacolo e ogni volta era diverso.
Quando il pene turgido di Luis entrò nel suo culo, Anton ebbe un sussulto e chiuse gli occhi, ma li aprì subito dopo, voleva godersi tutte le espressioni di piacere che avrebbe fatto il suo amore mentre lo scopava.
Il piacere era troppo forte e Anton venne prima di Luis senza neanche toccarsi, sulla sua pancia. Pochi minuti dopo venne anche Luis che prima di buttarsi sul corpo del suo amato leccò gli umori di quest’ultimo dalla pancia.
 
Luis stava prendendo la moka per fare il caffè ma Anton lo fermò tempestivamente: << Non ci provare! >>
<< Pensi che non sia migliorato nel fare il caffè? >>
<< Non lo penso. Lo so. >>
<< Sei terribile. >>
<< Finché non si aggiusta la macchinetta o non se ne compra una nuova, mi dovrò svegliare sempre prima di te. >>
<< Potremmo prenderlo al bar. >>
<< Ti ricordo che sono tornato a lavorare in un bar mi dà la nausea. >>
<< Va bene ma sappi che prima o poi te lo farò e sarà buonissimo. >>
<< Quando gli asini voleranno. >>
 
Mentre Anton faceva il caffè, Luis accese la televisione nel piccolo soggiorno di quella piccola e confortevole casa. Iniziò un Tg, Anton dalla cucina sentiva le notizie, poi si affacciò sul soggiorno, nell’attesa che la moka borbottasse. Quando accade, Anton fece restare Luis seduto e gli portò il caffè. Poi si sedette accanto a lui e appoggiò la testa sulla spalla del suo poliziotto preferito che di rimando gli accarezzò i capelli. Erano semplicemente felici.
 
Quando il telegiornale della regione Occitania, la loro regione, stava per finire, fece un riferimento molto rapido alla scarcerazione di un condannato a 21 anni di carcere per avere ucciso la moglie a Montpellier.
Anton improvvisamente sollevò la testa dalla spalla di Luis che si stranì.
<< Oggi è 15 gennaio 2022. >> disse il ragazzo dagli occhi blu.
<< Si e con ciò? >>
<< Tu sai chi esce dalla prigione di Montpellier? >>
<< Beh, lo abbiamo sentito, non so bene chi è, non mi occupo delle scarcerazioni come sai ma perché? >>
<< Niente. Devo andare. Prendo in prestito la macchina, ok? >>
<< Cosa? >>
Si mise la giacca velocemente e scappò.
 
La macchina civile di Luis la conosceva ma raramente la aveva guidata e mai da solo, lui mise il navigatore verso il carcere di Montpellier, sperava di arrivare in tempo prima che Dylan commettesse l’errore più grande della sua vita, uno dei principali motivi che aveva impedito che loro potessero stare insieme a lungo. Ora lui era felice con Luis ma non avrebbe abbandonato un grande amico, aveva detto che ci sarebbe stato e voleva mantenere la promessa, che era più verso sé stesso che verso Dylan.
 
Quando arrivò nei pressi della prigione di Montpellier, erano le 9:13, uscì dalla macchina cercando Dylan, sperava che non fosse successo già l’irreparabile, ma gli agenti erano tranquilli, quindi era altamente improbabile che fosse successo qualcosa, vide Dylan ad un certo punto. Era al marciapiede opposto rispetto al cancello da dove sarebbe uscito il padre. Dylan guardava fisso il cancello che si stava aprendo, Anton era a pochi passi da lui senza farsi sentire. Quando si vide chiaramente il padre di Dylan, il ragazzo biondo stava per prendere la pistola ma la mano di Anton lo bloccò dall’alzarla.
 
<< Lascia la mano, lasciala! >>
<< No! Non ti abbandono. In questi anni non ti ho mai convinto ma non ti lascerò morire per uccidere un’altra persona, tu meriti di più, tu sei di più. >>
<< Ho aspettato questo momento per 21 anni. >>
<< Ne è valsa la pena? Puoi morire o finire in galera e in questo modo obbedirai a tuo padre anche se con 21 anni di ritardo e lui sarà l’unico vincitore, è questo che vuoi? >>
Dylan con un peso nel cuore rimise la pistola in tasca. Si girò verso Anton che gli prese la faccia tra le mani e gli disse: << Non potevo perderti. >>
A quelle parola Dylan iniziò a lacrimare, non se ne rendeva conto neanche lui, dopo 21 anni stava davvero piangendo per la prima volta. “ Come è bello piangere “ pensò.
Anton lo abbracciò e lo lascio sfogare, passarono pochi minuti e il ragazzo dagli occhi blu si accorse che l’amico che aveva salvato non stava per niente bene.
<< Tu scotti. Ti accompagno a casa. >>
Dylan voleva rifiutare ma non ci riusciva, perciò annui e sorrise al ragazzo che aveva mandato a monte il suo obiettivo da anni, colui che lo aveva salvato.    

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Capitolo 3
*** Bussa alla porta ***


Cap 3 – Bussa alla porta
Dylan – 15 Gennaio 2022 – 10:50
C’era voluto un po’ di tempo ma finalmente erano a casa. Dylan era frastornato, era stato nella macchina di Anton, era sorpreso che avesse una macchina. Non poteva sapere che era del poliziotto con cui Anton si era rimesso insieme, non sapeva neanche quest’ultima novità.
Una volta a casa Dylan quasi non si reggeva in piedi, più per il turbinio di emozioni che gli aveva portato quella mattinata che per la febbre.
Voleva che Anton non si sentisse in obbligo, ma nello stesso tempo non voleva che se ne andasse. Era l’unico che sapeva del suo piano, se solo lo avesse ascoltato prima.
Anton si era fermato anche in una farmacia a prendere degli antipiretici.
 
<< Dov’è la camera da letto? >> chiese Anton quando arrivarono in casa.
<< È la porta a destra,…ma non è necessario che rimani. >>
<< A stento ti reggi in piedi, dai. >>
Lo accompagnò, Dylan fu grato.
Passò qualche minuto, e Dylan disse una cosa che prima aveva sempre trattenuto: << So quanto ti ho ferito in tutti questi anni e che quando eravamo più vicini io facevo di tutto per allontanarti…ma…adesso potremmo provarci e stavolta forse potrebbe funzionare. >>
La prima reazione di Anton, che era seduto su una sedia vicina al letto, fu quella di alzarsi di scatto.
<< Stai scherzando? Hai la febbre alta, forse è per quello che dici questo. >>
<< Mai stato così serio. >>
<< Sai per quanto tempo ho sognato questo? >>
<< Lo so, ma adesso possiamo. >> disse riuscendo a prendergli la mano.
<< No. È da un po’ che non ci vediamo e io mi sono rimesso con Luis e sinceramente credo di amarlo. >>
Dylan fu preso da vergogna e sgomento, il suo desiderio di vendetta aveva trattenuto tutte le sue emozioni, più volte aveva avuto la possibilità di avere Anton come suo ma ogni volta che stavano per superare un certo limite lui frenava.
<< Devo andare a fare la doccia. >> disse il biondo dagli occhi verdi che erano lucidi forse non solo per la febbre.
<< Credi che sia il caso? >>
<< Si, sto già molto meglio, l’antipiretico sta facendo effetto. Grazie di tutto. >>
Quel “ grazie di tutto “ era un chiaro congedarsi, voleva che se ne andasse, per la prima volta era lui che aveva rifiutato Dylan ma non sentiva nessun senso di rivalsa, stare per una volta dall’altra parte non era per niente una bella sensazione.
 
Dylan era sotto la doccia, non aveva mai pianto negli anni, in quel giorno era già la seconda volta, per fortuna le sue lacrime si confondevano con le gocce della doccia che gli rigavano contemporaneamente il viso. Poi sentì suonare il campanello della porta.
 
Anton aveva titubato molto prima di decidere di andarsene, proprio quando stava per andare via, bussarono alla porta. Lui agì d’istinto e aprì.
 
In quello stesso istante Dylan uscì dal bagno. Se la situazione non fosse stata quella che si era presentata, gli occhi di Anton sarebbero stati per ore ad ammirare il corpo di Dylan, che aveva solo un asciugamano in vita, tonico, muscoloso, in una parola bellissimo.
 
<< Ah, sei ancora qui, hai fatto be…
Le parole di Dylan si smorzarono
<< Dylan c’è tuo padre… >>
<< Ciao figliolo. >>
Dylan si avvicinò a passo sostenuto verso l’uomo e con un violento pugno al naso lo stese facendolo sanguinare, poi prima che un impeto peggiore si scatenasse si costrinse a chiudergli la porta in faccia.
 
Si sentì un rumore da dietro la porta e poi la voce del padre: << Ti prego Dylan…possiamo parlare? >>
Il solo sentire la sua voce faceva tremare Dylan, lo faceva stare di nuovo male, non si era accorto che l’asciugamano che aveva in vita gli era caduto e ora era nudo davanti a Anton che non lo vedeva così da più di un anno e cercava di distogliere lo sguardo e di trattenere l’eccitazione per quanto possibile.
Dylan se ne accorse solo quando la voce del padre non si sentì più: << Scusa, mi vesto subito. >>
 
Una volta vestitosi alla buona tornò, non disse una parola, guardò dallo spioncino per più di un minuto, controllava se ci fosse ancora il padre. Quando fu abbastanza sicuro che non ci fosse si girò verso Anton. Dopo la dichiarazione di Dylan e il rifiuto di Anton si era naturalmente creato dell’imbarazzo tra di loro ed era palpabile.
 
<< Allora grazie per oggi. >>
<< Riposa se puoi per un paio di giorni o comunque finché non ti passa la febbre. >>
<< Certo…, ci rivedremo? >>
<< Te l’ho detto anni fa e te l’ho ribadito più volte, io non ti abbandono. >>
<< Grazie. >>
Detto questo aprì la porta, appena uscito Anton, dalle scale salì il padre, si era messo in una posizione per cui dallo spioncino non si potesse vedere.
 
<< Cazzo Jean, se vedo la tua faccia ancora per cinque secondi giuro che non rispondo di me! >> urlò il ragazzo biondo
<< So che ho sbagliato…
<< Sbagliato? SBAGLIATO? Ma ti senti? Cosa hai fatto? Hai messo il sale al posto dello zucchero nel caffè? Oppure hai rotto un vaso cinese? Ah, no, già, hai ucciso una donna che era mia madre. >>
Il padre rimase senza parole per qualche secondo, sembrava stesse per riprendere la parola ma Dylan continuò e a voce più flebile: << Qualche ora fa stavo per ucciderti e mi preparavo a questo momento da anni, anni e se non ci fosse stato lui lo avrei fatto. >> disse, indicando Anton.
<< Lo so >> disse un po’ sorprendentemente Jean.
<< Come? >> disse Dylan non troppo sorpreso dalla rivelazione del padre.
<< Appena uscito dalla galera, ti ho visto e ho visto il tuo amico. Non riuscivo a vedere chiaramente ma lui ti bloccava un braccio e da quello che mi hai scritto nella unica lettera a cui mi hai risposto, ho capito. Mi scrivesti che mi avresti ucciso e anche se eri solo un bambino, ho sempre saputo che non avresti abbandonato l’idea, il tuo amico deve essere molto importante se non sei andato fino in fondo. >>
<< Tu mi hai tolto la possibilità di amare a pieno e soprattutto di farmi amare a pieno per tutti questi anni. Non ti ho ucciso perché non sono un assassino ma io spero che tu muoia, e prima sarà, meglio sarà. >>
<< Dylan, io sperò che tu prima o poi mi perdonerai. >>
Dylan si mise a ridere. Il padre se lo aspettava: << In quella lettera a cui mi hai risposto io ti avevo fatto il regalo per la comunione, era l’ultima cosa che avevo pensato insieme a tua madre in pace, quello stesso anno..e lo facemmo, comprammo un crocifisso d’argento da mettere al collo. Te lo mandai insieme alla lettera e prima quando il tuo amico mi ha aperto, sono riuscito a vedere il frigorifero e ho visto che hai appoggiato il crocifisso intorno a quella che potrebbe essere una calamità. >>
<< Solo perché era anche di mia madre. >>
<< Questo vuol dire che l’amore per tua madre è più forte del tuo odio per me. Perciò io spero nel tuo perdono. >>
<< La prossima volta che ti voglio vedere sarà all’inferno. Ora vattene. >>
Il padre annuì, fece un cenno di saluto a Anton che non rispose e finalmente se ne andò.
 
Dylan tremava, Anton se ne accorse e l’abbracciò.
<< Ci sono io Dylan, ci sono io. >>
Dylan era completamente abbandonato all’abbraccio di Anton. Finché non vide quell’uomo che disse: << Interrompo qualcosa? >>
Era l’ispettore Gaillard.

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Capitolo 4
*** La seconda scelta ***


Cap 4 – La seconda scelta
Luis – 15 Gennaio 2022 – 12:30
Luis era sceso da quelle scale con Anton al seguito e nessuno dei due aveva il coraggio di iniziare un qualunque tipo di discussione, che però inevitabilmente avrebbero dovuto fare una volta a casa.
Luis prese la macchina di servizio con cui era andato prima per capire chi fosse l’uomo scarcerato e poi a casa di Dylan dove effettivamente si trovava il suo Anton.
Mentre il suo ragazzo risali sulla macchina civile che era sua.
 
Quando entrambi furono a casa Luis non riuscì a trattenersi: << Perché eri da Dylan? >>
<< Non posso dirtelo, ma sappi che ho fatto una cosa buona. >>
<< Si, e cosa? Tradirmi? >>
<< Ma come puoi dire una cosa del genere? Sai che ti amo. >>
<< Tu stesso mi hai raccontato cosa hai vissuto con Dylan e sei sempre tornato in qualche modo da lui. O sbaglio? >>
<< È vero ma non questa volta. Hai così poca fiducia in me? >>
<< Non sarebbe la prima volta che lasci un ragazzo facendo l’amore con un altro. >>
Anton da una posizione di difesa passò a quella di attacco perché ferito da quella frase e gli disse: << Mi stai dando della puttana? >>
Era ovvia la risposta che avrebbe dovuto dare Luis ma indugiò troppi i stanti e prima che potesse dire qualcosa, Anton gli disse: << Ma vaffanculo! >>
Se ne andò sbattendo la porta. Luis batté la mano sulla medesima porta e rivolto a sé stesso si disse: << Che coglione! >>
 
17:30
Dopo la mattinata libera che era iniziata in un modo e finita in un’altra, Luis dovette andare a lavoro.
Il suo amico e collega Ricky notò subito l’umore di Luis guardando la faccia: << Che succede? >>
<< Perché? >>
<< Perché lavoriamo da 20 anni insieme e ultimamente sei sempre di buon umore, da quando ti sei rimesso con Anton arrivi al lavoro con un sorriso quasi ebete sulla faccia, che non avevi neanche quando abbiamo catturato Gundogan. >>
<< Non credo sia un complimento. >>
Ricky sorrise e gli ribadì: << Allora, che è successo? >>
 
Luis gli raccontò che Anton si era rivisto con Dylan, di chi era Dylan per Anton e le sue accuse.
 
<< Se davvero credi alle scuse di Anton allora la hai fatta grossa. Ti devo ricordare cosa sia successo anni fa? E nonostante tutto è tornato da te. >>
<< Si, lo so. È che temo sempre di essere la seconda scelta. >>
<< Mica sta con Dylan e tu sei l’amante. >>
<< Credo che nessuno avrebbe amanti con Dylan affianco. >>
<< È così bello? >>
<< Come Anton. Anche se diverso. >>
<< Beh, comunque ribadisco quello che ho detto prima. Qualche altro problema? >>
<< Il solito. L’età. >>
<< Mamma santa, quante volte te lo devo dire? La differenza d’età non conta. E poi tu dimostri 10 anni in meno e lui ne ha 28, e si anche lui ne dimostra un po’ meno ma comunque è un problema che non esiste. >>
<< Ti ringrazio ma quando io avrò 50 anni, lui avrà la mia età! >>
<< Allora non vivere questa splendida storia d’amore e vedrai che quando avrà 39 anni ti ringrazierà >>
<< Hai ragione >>
<< Ora almeno per un anno non ripropormi lo stesso complesso. >>
<< Va bene, e poi oggi ho una cena importante. >>
<< Ah, si? >>
<< Si, col fratello e la sorella di Anton, temo soprattutto la sorella che non ho mai visto. >>
<< Vedrai che ti adorerà. >>
<< Speriamo. >>
 
Anton
18:30
<< Certo che solo tu potevi perdonare l’assassino di tua madre e rimetterti insieme a lui per giunta. >> disse Allison
<< Allison, ma che dici! >> la rimproverò Emil
I 3 fratelli si erano trovati come capitava ogni sabato a fare l’aperitivo nel bar dove lavorava Anton, così lui non pagava e i due fratelli avevano uno sconto.
Anton cercava di non darlo a vedere ma quella battuta della sorella, così caustica e diretta, lo aveva per un momento rattristato, cosa che Allison colse, così cercò in un certo senso di cambiare argomento ma colpendo lo stesso la figura di Luis.
<< Si è almeno scusato per averti dato della puttana. >>
Stava per intervenire Emil ma Anton lo fermò e rispose lui: << Veramente sono io che gli ho fatto quella domanda e…>>
<< La cui risposta doveva essere “ no “ subitaneamente. >>
<< Si, ma non gli ho lasciato molto tempo e si è scusato subito dopo con un messaggio molto accorato. >>
<< Commovente. >> disse sarcasticamente Allison.
<< Luis è una persona fantastica, io l’ho conosciuto, vedrai. >> disse Emil
<< Già, ma comunque quello che ti chiedo è di non fare battute particolari, non metterlo in imbarazzo, insomma non fare la stronza. >> precisò Anton
<< Ma per chi mi hai presa? Sarò una santa. >>
Emil e Anton si guardarono preoccupati e dissero all’unisono: << Speriamo. >>

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Capitolo 5
*** La cena ***


Cap 5 – La cena
Luis – 15 Gennaio 2022 – 20:00
Luis era teso, stava cucinando e dopo poco meno di un’ora sarebbero arrivati gli ospiti, Emil, che già conosceva e il cui apprezzamento era conquistato e ricambiato. E poi c’era Allison che non conosceva di persona, ma la cui fama la precedeva, in realtà era Anton che glie ne aveva parlato ampiamente, con affetto ma non nascondendogli il carattere spigoloso della sorella.
In quel momento, mentre usciva dal forno il gratin al munslir di cui aveva letto su in sito giorni prima la ricetta, le braccia del ragazzo che amava lo cinsero.
Luis riuscì comunque a poggiare il gratin sulla cucina.
<< Scusa ancora per oggi Anton. >>
<< Ti ho già perdonato e forse al tuo posto avrei reagito come hai fatto tu. >>
<< Oggi hai detto una cosa che non mi avevi mai detto. >>
<< Davvero? Beh, ne ho dette tante. >>
<< Non è importante. >> mentì Luis. In realtà Anton gli aveva detto “ sai che ti amo “, erano quelle due ultime parole che non aveva mai pronunciato prima e che durante quel momento concitato non avevano colpito Luis ma poi ci aveva pensato eccome durante quel lunghissimo giorno.
Luis invece glie lo diceva ogni tanto, Anton a volte sorrideva, altre volte diventava rosso, come fosse preso da una timidezza improvvisa che non gli apparteneva, altre volte ancora faceva finta di non sentire.
Luis sapeva che erano i gesti che contavano, però lo feriva un pochino non sentire anche solo “ anch’io “.
 
<< Come mai non sei venuto con Emil e Allison, non eri con loro un paio d’ore fa? >>
<< Si, ma si devono cambiare. >>
<< Spero non vengano troppo eleganti. >>
<< Beh, Emil non credo, su Allison non ti posso assicurare niente, ma ehi, noi siamo a casa nostra e siamo fin troppi eleganti. >>
<< Beh, comunque devo cambiarmi la camicia che sa di gratin. >>
<< Mh, buono >> disse Anton avvicinandosi a Luis e porgendogli le labbra, che il poliziotto subito baciò con uno schiocco.
<< Per ora fatelo bastare…ah, e non toccare le olive che le ho contate. >>
Riuscì a fermare appena in tempo Anton che alzò le mani con uno sguardo innocente.
 
Pochi minuti dopo che Luis era riuscito a porre gli antipasti sulla tavola, bussarono Emil e Allison.
Neanche loro riuscirono a non rimanere a bocca aperta di fronte a Allison che si era vestita con un tubino rosso aderente ma elegante, non troppo corto né troppo lungo che non faceva altro che esaltare la bellezza indiscutibile della ragazza.
 
Luis si schiarì la voce e disse: << Benvenuti. >>
Diede per prima la mano a Allison, che glie la diede debolmente. Per fortuna Emil lo poteva salutare in maniera calorosa, perché lo conosceva già e si stimavano.
 
Luis senza troppi convenevoli li fece accomodare a tavola.
Aveva messo degli antipasti a cui non aveva dedicato molto tempo, olive, taralli, prosciutto, formaggi, voleva che il clima fosse informale.
Allison partì subito con un commento non molto lusinghiero: << Cosa sono? Gli avanzi dell’aperitivo di un paio d’ore fa? Tipico di Anton. >>
<< Allison >> la rimproverò Anton; la sorella sapeva benissimo che aveva preparato tutto Luis.
<< Se vuoi qualcos’altro, posso portare.. >>
<< Oh, no, caro…Luis, vero? Mi piace il cibo delle festicciole dei bambini. >>
 
La tensione di Luis era palpabile e Allison osservava con attenzione ogni mossa e giudicava ognuna delle poche parole che pronunciava Luis mettendolo a disagio.
Ogni tanto Anton cercava di tirarle dei calci da sotto il tavolo ma puntualmente prendeva Emil.
Quelle rare volte che Luis e Anton si guardavano quella sera c’era un affiatamento e una complicità altrettanto palpabili, che Allison percepiva.
L’atmosfera si distese ulteriormente quando arrivò il gratin al munslir che tutti apprezzarono, anche Allison lo gustò ma non lo avrebbe mai ammesso.
Proprio quando la serata sembrava volgere al meglio, Allison dopo qualche bicchiere mise un dito nella piaga.
<< Facciamo un brindisi. >> esordì la venticinquenne che continuò: << All’amore e al perdono, perché questa serata ci insegna che anche i pirati della strada che uccidono la propria madre si possono amare. >>
Emil rimase di sasso, per Luis fu una ferita al cuore mentre Anton sbottò: << Se volevi fare la stronza così tanto avresti fatto meglio a rimanere a casa! >>
Anton andò verso il balconcino che avevano in quella casa. Luis si alzò per seguirlo ma Allison gli toccò il polso fermandolo: << Scusa, ma sono io che ho fatto la stronza, è giusto che vada io. >>
Per la prima volta Luis era d’accordo con la ragazza.
 
Anton – 22:35
La vista non era male da quel balconcino, non era sicuro ancora che trasferirsi a casa di Luis fosse stata una opzione giusta.
La casa dove aveva rischiato di morire anni prima, era diventata un posto protettivo alla lunga, aveva passato persino la quarantena in quella casa. Era grande, un po’ più di quella di Luis. Ma lui era un tipo istintivo e non si era mai fatto quella domanda prima di quel giorno.
 
<< Pensavo avessi smesso. >>
La voce della sorella lo raggiunse: << Lo sai che ho smesso più di una volta >> rispose lui.
<< Lo ammetto. Sono stata una stronza. >>
<< Già, proprio quello che ti avevo chiesto. >>
<< Hai ragione. Vorrei anche io avere gli occhi che ha Luis per qualcuno. >>
Anton si girò verso la sorella sorpreso. Anche lei stava fumando, notando lo sguardo del fratello continuò: << Si vede che lui ti ama. E tu? >>
Anton tornò a girarsi di spalle per proteggersi: << Certo. >>
<< Quando pensavo fosse una pazzia, non che adesso pensi che la tua scelta di stare con Luis sia saggia, eri davvero convinto di amarlo anche se non hai mai detto quelle due parole neanche davanti a me: “ Lo amo. “ >>
<< Siamo simili. Siamo destinati a far soffrire chi ci ama. >>
<< Già ma mentre con altri è stato facile lasciarli, con Luis è diverso. >>
<< Non ho nessuna intenzione di lasciarlo. >>
<< Ma qualcosa o qualcuno ti ha turbato. >>
<< Dovevi scusarti ma questo sembra un interrogatorio. >>
<< È quel Dylan di cui talvolta mi hai parlato. >>
Anton annuì e poi disse: << È incredibile come certe giornate sembrino durare due secondi e altre come questa sembra non finire mai. >>
Allison sorrise e annuì, poi disse: << Credo che dobbiamo tornare dentro. >>
 
Luis salutò Emil e lo abbracciò e quando si avvicinò ad Allison timoroso, lei lo sorprese: << Allora, tu ami mio fratello, l’ho capito e questo mi basta. Ovviamente finché non lo farai soffrire, e spero per il tuo bene che non accada mai. >>
<< È l’ultima cosa che vorrei e cercherò di fare in modo che non accada. >>
Anton sorrise a sua sorella e a suo fratello e chiuse la porta dietro di loro.
Luis diede un bacio ad Anton e disse: << Quando pensavo che tutto fosse andato in vacca, ecco che tua sorella mi ha sorpreso per l’ennesima volta. >>
<< Lei è così. >>
<< Dovremmo festeggiare a modo nostro ora. >>
<< Si, ma prima sparecchia, sennò poi accumuliamo le cose. >>
<< Ok, allora vai a letto ma non ti addormentare. >>
Anton fece il segno del giuramento con le dita e poi sparì in camera da letto.
Quando Luis lo vide, sembrava proprio addormentato e disse a bassa voce: << Come non detto. >>
Ma Anton era sveglio, per la prima volta aveva rinunciato volontariamente a del sesso meraviglioso con Luis, la dichiarazione di Dylan lo aveva messo in crisi ma lui promise a sé stesso che dal giorno dopo avrebbe eliminato in tutti i modi dalla sua memoria quella frase e qualunque dubbio.   

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Capitolo 6
*** La famiglia perfetta ***


Cap 6 – La famiglia perfetta
Ricky 24 Gennaio 2022 – 18:00
Le petunie erano apparentemente facili da coltivare e curare, ma nascondevano più di una insidia. Clare, sua moglie gli aveva insegnato per bene a curare varie piante, tra cui la petunia. Era una pianta in cui la semina iniziava proprio verso febbraio, marzo e proprio dal mese di marzo o aprile si poteva iniziare a metterle fuori. Lui e sua moglie erano riusciti a far sopravvivere le piante dall’anno prima e presto se tutto fosse andato bene sarebbe ricominciata la fioritura. Quel giorno Ricky si occupò di tagliare le parti avvizzite delle piante, uno dei segreti più importanti nella cura delle petunie. Quel pomeriggio non si accorse subito che Clare lo guardava con ammirazione.
Quando se ne accorse le sorrise.
<< Sei molto bravo. >>
<< Ho imparato dalla migliore. >>
<< È rilassante, non trovi? >>
<< Certo, non lo farei altrimenti. >>
<< Come è andata a lavoro? >>
<< Non abbiamo avuto molto da fare, e noi dovremmo sempre sperare che sia così. >>
<< Ma alcuni farebbero i crimini peggiori loro stessi pur di far carriera. >>
<< Già, ma per fortuna né io né Luis faremmo una cosa del genere. >>
<< Anton sembra proprio un bravo ragazzo, sono contenta per Luis, spero che duri, mi sembra la persona giusta per lui. >>
<< Si, Luis è fin troppo serio, ci vuole un tipo alla Anton. >>
<< Come se non bastassi tu a lavoro. Ahah. >>
Ricky fece una faccia offesa, ma non riuscì a fregare Clare perché scoppiò anche lui in una fragorosa risata subito dopo.
 
Fecero una ottima cena, lui, lei e la loro vivace figlia di cinque anni, come tutte le sere. Ma quella sera era il compleanno di Ricky.
Il poliziotto quasi se ne era dimenticato ma non poteva farlo quando Clare uscì la torta che aveva preparato con le sue mani.
<< Auguri papà! >> disse subito la figlia abbracciandolo. Era riuscita a non dirlo prima, neanche quando Ricky era tornato da lavoro, in modo che la sorpresa funzionasse come voleva la madre.
<< Ora il regalo!! >> disse la figlia impaziente.
<< Avete fatto anche il regalo? >> disse sorpreso Ricky.
<< Certo papone. >> disse la figlia, Margot.
 
Quando Ricky aprì il regalo fu sorpreso di vedere una tuta nera con delle strisce bianche alle maniche che era per lo meno del doppio della sua taglia.
Prima che potesse dire qualcosa, intervenne la moglie: << Hanno sbagliato taglia, avevo detto L, non XXL, avrei dovuto controllare meglio quando la incartavano. >>
<< Abbiamo sbagliato mamma? >> disse dolcemente Margot.
<< Ma no! >> disse Ricky che mettendosi velocemente la tuta nascose la testa e con le maniche lunghe e a penzoloni e disse: << Sono diventato un fantasma! >> e iniziò a inseguire la figlia che urlava e scappava con lui che ogni tanto sbirciava con la testa per non sbattere da nessuna parte e dopo qualche minuto di gioco prese in braccio la figlia e le fece il solletico facendola sbellicare.
Dopo mangiarono la torta e lasciarono gli avanzi nel frigo.
Poco dopo Margot si addormentò, Ricky la prese in braccio e la portò nel suo letto, le rimboccò le coperte e le diede un bacio sulla fronte sussurrando: << Buona notte angelo mio. >>
Clare lo guardava con molto amore.
 
Pochi minuti dopo Ricky la raggiunse e andarono nel salotto, mentre Ricky le chiedeva di ballare.
<< Ma non c’è musica. >> disse Clare
<< Da quando ne abbiamo bisogno? >>
<< Ma Margot sta dormendo. >>
<< Canterò a bassa voce. >>
Clare sorrise e gli diede la mano.
Fecero un ballo improvvisato ma entrambi se la cavarono e Ricky cantò la canzone Perfect di Ed Sheeran che piaceva ad entrambi: << Baby, i’m dancing in the dark with you between my arms, barefoot on the grass, listening to our favourite song. When you said you looked a mess, i whispered underneath my breath but you heard it, darling, you look perfect tonight. >>
<< Sei bravissimo e la canzone è bellissima. >>
<< Si, ma tu lo sei di più. >>
Dicendo questo la baciò.
Poco dopo fecero l’amore, fu appassionato, nonostante cercassero di fare poco rumore per non svegliare la piccola Margot.
Quella notte, quando la moglie dormiva, lui la guardò innamorato e fu grato alla vita di essere l’uomo più fortunato del Mondo e di vivere in quella famiglia perfetta.
 
 
Quella stessa notte
Dylan – 24 Gennaio 2022 – 23:07
Non amava il freddo, odiava coprirsi, soprattutto quando andava in discoteca come aveva programmato per quella sera, aveva 29 anni, da un certo punto di vista si sentiva un po’ vecchio ma dopo quei giorni strani in cui era successo di tutto sarebbe stato bello bere e spogliarsi in compagnia di qualche bel ragazzo o ragazza consenzienti. Odiava chi si approfittava degli altri e era già capitato che avesse dato una bella lezione a chi aveva tentato di farlo.
Ma i soldi iniziavano a scarseggiare e lui avrebbe dovuto trovarsi un lavoro onesto e smettere di andare in discoteca per un po’.
Ma non quella sera, pensava, ma appena uscito dal pianerottolo vide un uomo accasciato vicino alla sua porta, era come se lo avessero pestato a sangue, quando lo vide bene capì che era suo padre. Decise di portarlo più velocemente possibile al pronto soccorso.
 
Qualche ora dopo:
il dottore chiamò Dylan dove avevano messo il padre per quella notte, Jean pareva dormire.
<< Lei è un parente? >> chiese il dottore
<< Si, lui è…mio zio. Come sta? >>
<< Le dirò, è stato picchiato ma fortunatamente le ferite sono superficiali. Credo che una notte in ospedale possa bastare, giusto per tenerlo in osservazione. Certo, è molto meglio che ci sia qualcuno per qualche giorno che lo tenga d’occhio, intendo un parente, lei può, vero? >>
<< Io? >>
<< Beh, se può, o se conosce un figlio, una figlia se li ha. >>
Quel nominare un ipotetico figlio fu un colpo duro per Dylan, sembrava che la vita volesse assolutamente metterlo davanti all’uomo che odiava.
<< Ci penso io. >>
<< Ok, allora domani farò firmare le dimissioni a suo zio e può portarlo a casa, Le scrivo subito le medicine che dovrà prendere per tre giorni, una la mattina e una la sera. Le darei direttamente a suo zio ma sta dormendo. Ecco qua! Qualche giorno di osservazione basterà e si riprenderà al 100%. >>
Il dottore se ne andò e lui rimase qualche secondo col padre che stava dormendo, il cuore batteva forte e il respiro era affannato, si chiedeva come avrebbe fatto quando sarebbe stato a casa. Appena attraversata la porta, sentì Jean dire a bassa voce: “ Mi dispiace figlio mio. “
A Dylan scappò un sorriso che per fortuna Jean non poteva vedere, fece finta di non sentire niente e se ne andò.

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Capitolo 7
*** Conflitto interiore ***


Cap 7 – Conflitto interiore
Dylan – 25 Gennaio 2022 – 8:40
Appena si era svegliato, Dylan si era lavato, vestito ed era andato a comprare in un negozio vicino lenzuola, federe e coperte per Jean. Poco dopo sarebbe dovuto andare a prenderlo all’ospedale. Tornò velocemente a casa, appoggiò ciò che aveva comprato sul divano letto già aperto e si accinse alla macchina per andare a prendere il padre.
Stava per mettere in moto quando la sua mano cominciò a tremare, l’immagine della morte della madre e il discorso successivo di Jean gli tornarono in mente. Poteva non andare, nessuno avrebbe detto niente, forse qualche dottore o infermiere si, ma lui non lo avrebbe saputo, questo pensava in quel momento il biondo.
Ma appena si calmò, mise in moto.
Una volta arrivato trovò Jean già pronto, sembrava un morto che camminava, eppure stava già meglio rispetto al giorno prima, a quanto pare abbastanza perché fosse dimesso.
Jean sembrava molto contento e nello stesso tempo timoroso nell’approcciarsi al figlio. Appena Dylan si avvicinò, lui riuscì a dire: << Sono senza parole, non so come ringraziarti figliolo. >>
<< Hai firmato le dimissioni? >>
<< Si, ho già preso la medicina di stamattina prima di firmare le dimissioni, mi hanno detto che mio “ nipote “ sarebbe venuto a prendermi. Io ho capito e ho confermato. >>
<< Andiamo in auto, nel frattempo ti spiegherò delle essenziali regole che dovrai sopportare per una breve convivenza. >>
 
Appena entrarono in auto, Dylan mise in moto e iniziò a parlare: << Per quanto mi riguarda tu non sei mio padre e neanche un mio amico, quello che sto facendo non vuol dire che ti ho perdonato, perché nessuno lo farebbe e certo io non potrei mai. Dormirai sul divano letto, prenderai le pillole che devi, cercherai un posto dove stare e un lavoro, che tu lo trova o meno tra una settimana te ne devi andare e non ti devi far più vedere, d’accordo? >>
<< È davvero quello che vuoi? Potremmo ricostruire un rapporto umano. >>
Dylan ebbe un attimo impercettibile di esitazione ma poi disse: << Si. È quello che voglio. Ovviamente io passerò la maggior parte del tempo chiuso nella mia stanza a cercare lavoro a mia volta. Per tutto il resto muoviti in autonomia in casa, troverai tutto il necessario. Non chiedermi niente, non cercare di comunicare, e ora che arrivi a casa mia lavati che puzzi. >>
Dylan mise in moto e non parlò per tutto il tragitto verso casa.
 
Quando ad un certo punto si trovava ad un semaforo rosso, diede un’occhiata allo smartphone, mentre passava una ragazza col verde, lui alzò solo un attimo lo sguardo, si incrociò con quello della ragazza e anche lei lo fisso solo un attimo. Ebbe uno strano sussulto del cuore mai provato prima, durò un attimo sostituito dal suono del clacson della auto di dietro e lui procedette ma lo sguardò della ragazza gli rimase impresso fino a quando non arrivò a casa.
 
Dylan si chiuse in camera sua subito dopo aver spiegato ciò che era essenziale per Jean, notò poco prima di chiudersi in camera che Jean si mise sul letto senza dare molto peso a quello che aveva spiegato lui. Forse sarebbe dovuto rimanere in ospedale, pensava Dylan, forse aveva bisogno di una persona vicina per più tempo? Sapeva che era assurdo preoccuparsi di una persona che voleva uccidere pochi giorni prima, eppure non riusciva a essere indifferente. Doveva cercare anche lui un lavoro, ma non riusciva a concentrarsi per cui anche lui si rimise sul letto e sperando di non essere travolto dai sogni si riaddormentò.
 
Un rumore forte lo svegliò, sembrava quello di una caduta, uscì da quella stanza, non vide Jean nell’altra stanza, capì che poteva essere solo in bagno.
Vide Jean per terra in bagno.
<< Cazzo! >> esclamò. << Ti riportò subito in ospedale. >> aggiunse.
<< No, Dylan ti prego. >> disse il padre alzandosi con sufficiente sicurezza, poi lo convinse dicendogli che al massimo lo avrebbero tenuto un altro giorno in osservazione.
<< Ok, ma se sbattevi la testa contro il lavandino o la vasca potevi morire! >>
<< Vuol dire che adesso non lo vuoi più >> disse Jean con la speranza negli occhi, in quella che non era una domanda.
Dylan fu sorpreso, poi si ricompose dicendo semplicemente: << Non finché sei in casa mia. >>
Il biondo riempì la vasca e aiutò il padre nudo a mettersi in acqua. Prese tutto ciò di cui poteva avere bisogno il padre per lavarsi.
<< Potevo anche farmi una doccia veloce. >>
<< Si, ma immagino che un bagno caldo era da tempo che lo sognavi in galera. >>
Dylan rimproverò sé stesso per quella frase empatica. Aggiunse: << Io sono fuori dal bagno, se hai bisogno di qualcosa, chiamami e ti sento. Ah, quando esci fatti aiutare, almeno non scivoli. >>
Uscito dal bagno si sentiva colpevole, quanta gente aveva fatto soffrire per non legarli a sé? Solo per uccidere il padre. Anton in primis, e aveva rinunciato lui stesso alla felicità. E ora lo accudiva, empatizzava. “ È solo un momento, se ne andrà presto e addio. “ Si ripeté in testa ma non abbastanza convinto.
 
Quando il padre effettivamente, con un po' di imbarazzo, lo chiamò, lui si precipitò in bagno e lo fece uscire senza pericoli ma poi gli toccò la testa e capì che era febbricitante.
Gli diede velocemente il proprio accappatoio e celermente gli asciugò i capelli.
<< Credo che tu abbia la febbre, devi subito coricarti. >>
Jean si stava per rimettere i propri vestiti ma il figliò lo bloccò: << Non abbiamo poi una corporatura così diversa, ti presto io dei vestiti, quelli sono da buttare. >>
<< Davvero? >>
<< Certo, te li prendo subito. >>
<< Grazie. >>
Dylan già sulla porta del bagno si limitò ad annuire.
 
Poco dopo gli diede un antipiretico e gli impose di riposare.
<< Poi stasera, verso le 8 ti sveglio e prendi anche l’altra pillola che ha detto il dottore, ok? >>
Jean sorrise grato e contento. In Dylan invece continuava la lotta interiore tra empatia e odio per il padre, ma in quel momento non riusciva a non far prevalere la prima.
Appena fu certo che il padre si era addormentato, andò lui in bagno solo per vedersi allo specchio, guardò sé stesso con rabbia, era così tanta che voleva sfogarla contro qualcosa o qualcuno. Stava per tirare un pugno allo specchio ma si fermò e disse a sé stesso più di una volta e a bassa voce: “ È passato quel tempo, è passato quel tempo. “

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Capitolo 8
*** Colpo di fulmine ***


Cap 8 – Colpo di fulmine
Allison – 27 Gennaio 2022 – 17:30
Allison entrò in maniera elegante seppur concitata nel bar dove Anton lavorava e dove aveva staccato per concedersi un aperitivo.
<< Ho staccato da mezz’ora, avevo detto alle 17. >>
<< Si, scusa ma l’aperitivo alle 17 è da sfigati. >>
<< Odio quando usi quella parola. >> disse il gemello Emil.
<< Forse perché lo sei. >> disse lei.
<< O forse perché è una parola da bulla infantile. >> ribatté Emil.
<< Ok, ok, calmiamoci. >> intervenne Anton che riprese: << Allora, prendiamo il solito? >>
I due fratelli annuirono.
<< Mentre aspettiamo che arrivino gli Aperol spritz, parlaci un po’ di questo ragazzo. Emil mi ha detto che ti ha vista diversa, come se fossi stata colpita da qualcosa o da qualcuno. >>
<< Emil è esagerato, è una sciocchezza, ho visto un bel ragazzo ad un semaforo che probabilmente non vedrò mai più. >>
<< Dimmi di più. >> la incalzò Anton.
<< Ma non c’è altro da dire, vuoi sapere di più da due secondi di incrocio di sguardi? >>
<< Si! >>
<< Mah, ho visto l’automobile ferma al semaforo e mentre attraversavo, ho per un attimo incrociato lo sguardo di questo ragazzo i cui occhi verdi mi hanno colpito. >>
<< Ah, aveva gli occhi verdi, questo non me lo avevi detto. >> disse Emil sorpreso.
<< Io so che effetto possono fare certi occhi verdi. >> disse Anton alludendo a Dylan
<< Se ti riferisci al tuo Dylan, spero che tu non stia più pensando a quello che ti aveva detto. >>
<< No, no e quando ci penso mi basta pensare a Luis e tutto passa. >>
<< Stento a dirlo, ma mi fa piacere. >> affermò la ragazza.
<< Ora hai capito perché mi sono rimesso insieme a lui nonostante l’ostacolo che sembrava insormontabile? >>
<< Si, si, ma da quello che ho capito per essere persone migliori di Dylan non è che ci voglia molto. Da quello che ho capito prima ti ha bullizzato, poi ti ha salvato, poi un po’ stava con te, un po’ ti lasciava, ti riprendeva, ti scopava, ti cacciava. Poi ora che lo hai salvato dal commettere un omicidio ti rivuole di nuovo. È poco serio. >>
<< È tutto vero ma è più complicato di così. >>
<< Lungi da me un ragazzo così, non potrei mai innamorarmi di uno del genere. >> disse Allison.
 
 
Dylan – 27 Gennaio 2022 – 20:30
Dylan era sempre stato un tipo socievole sin da quando era bambino.
Dopo l’assassinio della madre per mano del padre non aveva cambiato totalmente quella parte del carattere. Nella sua fase da bullo aveva creato in poco tempo il suo gruppo, si faceva amare da tanta gente e odiare da altrettanta. Non era solo il fatto di essere stato sempre bello e consapevole di ciò ma anche di essere carismatico e simpatico.
Dopo quei 3 giorni si chiedeva perché proprio col padre non riusciva invece a far uscire l’altra parte del carattere, quella che si annoiava delle persone, che le gettava via come scarpe vecchie, anche quando nel profondo non voleva, come con Anton, quella stronza e cinica che si faceva odiare. Eppure era proprio a causa del padre che aveva sviluppato la parte peggiore del suo carattere.
 
Non poteva accudirlo meglio, il padre stava bene ormai, le ferite erano solo lividi quasi invisibili. Pensava che gli aggressori ci fossero andati anche troppo leggeri con lui. In quei giorni cercava di dare meno confidenza al padre, con successo.
Tuttavia il padre era sempre più autonomo in casa e Dylan sempre meno chiuso nella sua camera.
L’ultima sera in cui doveva prendere la pillola serale Jean che era già sul divano letto gli chiese di Anton: << Ti ricordi qualche giorno fa quando ti ho bussato alla porta? >>
<< Purtroppo è passato poco tempo. >>
<< Mi ha colpito quando mi hai parlato di quel ragazzo, com’è che si chiamava? >>
<< Anton. >>
<< È per merito suo che sono ancora vivo e tu non sei in galera, questo mi hai detto. >>
<< È così. >>
<< Deve tenere molto a te. >>
<< Si, nonostante quello che gli ho fatto. >>
<< Perché cosa gli hai fatto? >>
<< È una lunga storia. Diciamo che se mi guardo indietro capisco che mi ha salvato la vita più volte. >>
<< Lo ami? >>
<< Che cazzo di domande mi fai? >>
<< Ti vergogni? In fondo per te è come se fossi un estraneo. Lo dici tu. >>
Dylan non era contento che l’ultima parola fosse del padre per cui rispose: << Non so bene cosa vuol dire amore, ho sempre cercato di chiudere il cuore a qualunque sentimento sincero per colpa di mio padre. >> disse causticamente Dylan ma poi aggiunse: << So solo che con Anton ogni sentimento è sempre stato amplificato, ho sempre preferito stare con lui che con altri o con altre. Quindi se questo è amore, allora sì, lo amo. >>
<< E perché non vai da lui e vi mettete insieme? >>
<< Perché lui è felicemente fidanzato. >>
<< E per te è un problema? >>
<< Ora lo è. >>
 
Dylan, dopo un attimo di imbarazzo per quel discorso, disse a Jean: << Devi prendere la pillola della sera, questa è l’ultima volta, così non avrai più quello stato comatoso dopo che la prendi. >>
<< Già, l’effetto di quella pillola è che mi addormento come un ghiro. Quando sono venuto dopo il pestaggio qua, stavi uscendo, mi pare che successivamente avevi accennato che volevi andare in discoteca o sbaglio? >>
<< Si, ma in fondo sono un po’ troppo vecchio per le discoteche. >>
<< Non dire assurdità. Non ti preoccupare per me. Io dormirò come un ghiro. >>
<< Non mi preoccupo per te, figurati. Ma le discoteche ora aprono a mezzanotte se va bene e chiudono la mattina. >>
<< Davvero? >>
<< Già, ne è passato di tempo da quando sei andato l’ultima volta. >>
<< E non c’è ne è qualcuna che apre ancora prima? >>
<< Una sì. >>
<< E perché non vai? >>
<< Ho i soldi a stento per una sera. >>
<< Appunto finché li hai. >>
<< Chissà mi hai quasi convinto. Comunque è ora della medicina. >>
Jean annuì e il figlio glie la diede con un bicchiere d’acqua. Poco dopo Jean si addormentò se fosse andato in discoteca e tornato alle 4, probabilmente il padre sarebbe ancora stato appena sveglio. Ma probabilmente sarebbe tornato prima verso le 2. Decise di seguire il consiglio di Jean e si preparò di tutto punto.
Si mise la camicia, dei jeans, una colonna simil argento che gli dava un po’ di stile si mise un profumo, era pronto per andare a ballare. Se fosse stato fortunato ci sarebbe potuta scappare pure una bella scopata, pensava il ragazzo.
 
Poco dopo il suo arrivo in discoteca verso la mezzanotte Dylan incontrò un ragazzo molto bello che era palesemente attratto da lui, era mulatto e aveva gli occhi neri grandi in cui era facile perdersi. Si strusciò contro di lui e mentre le bocche si avvicinarono, il biondo pensava già a dopo ma quando si baciarono Dylan si accorse che difficilmente il ragazzo con cui si stava strusciando si sarebbe ricordato di lui. Così mentre il ragazzo stava per baciarlo un’altra volta lui si scostò e avvicinò la bocca all’orecchio dicendogli: << Scusa tesoro, ma sei ubriaco e forse non solo. Ti consiglio di chiamare un taxi e di tornare a casa, ammesso che ricorderai questa parole tra un minuto. >>
Gli diede un bacetto sulla guancia e si allontanò andando in direzione del bar.
 
Allison – 28 Gennaio 2022 – 00:30
Tra tanta gente Allison aveva visto proprio quel ragazzo, lo stesso che aveva incrociato lo sguardo con lei al semaforo. Avrebbe pensato a un segno del destino ma il ragazzo si stava strusciando con un altro molto bello, poi vide un bacio e distolse lo sguardo andando direttamente verso il bar.
 
<< Io prendo quello che ha preso la ragazza. >> disse Dylan quando la musica si calmò.
“ Allora anche lui mi ha notato. “ pensò Allison con un tuffo al cuore quando Dylan disse quella frase.
<< Non so perché vado ancora in discoteca quando la musica è alta. >> disse Dylan.
<< Non ci credo che qualcuno la pensa come me. >>
<< Allora propongo un brindisi a questi pochi secondi di calma. >> disse Dylan sorridendo e Allison accettò. I loro bicchieri di gin tonic tintinnarono in maniera sonora.
<< Scusi se glie lo chiedo, ma sembrava in sintonia con quel ragazzo, ma poi..
<< Quel ragazzo è ubriaco e io non mi approfitto di qualcuno che domani potrebbe svegliarsi senza ricordare neanche la persona con cui ha fatto sesso. >>
<< Wow, lei è più unico che raro, uno degli altri motivi perché non vado più in discoteca è che devo avere cento mani per togliere da chi cerca di mettermele addosso. Per fortuna sono una che sa difendersi. >>
<< Non mi sorprende, sembra proprio un tipo che si sa difendere. >>
<< Grazie. Lo prendo come un complimento. >>
<< Lo è. >>
<< Come si chiama? >>
<< Ti prego dimmi del tu. Io mi chiamo D… >>
Ma ripartì la musica e Allison non capì il nome di quel bellissimo ragazzo che aveva sovvertito completamente il suo pensiero sull’esistenza del colpo di fulmine e sull’amore al primo sguardo.
<< Io mi chiamo Allison. >> gridò la ragazza ma Dylan parve non capire.
 
Tra di loro subito dopo si interposero un uomo e una ragazza alticcia, Dylan vide chiaramente l’uomo chiedere un drink per lui e la ragazza e mettere una droga nel bicchiere della ragazza.
Dylan non ci vide più e urlando contro quel tizio gli torse il braccio dietro la schiena e impose al barista di buttare via quello schifo.
Poco dopo non vide più né l’uomo che era scappato con la coda tra le gambe né la ragazza alticcia. Ma soprattutto aveva perso di vista la ragazza col gin tonic, quella di cui non aveva capito il nome.
 
Allison dopo quella bagarre in discoteca era uscita. Non sapeva se considerare quello di Dylan un atto eroico o una dimostrazione di virilità. Sicuramente era stato qualcosa di giusto. Peccato che aveva capito che fosse gay, doveva dimenticarlo in fretta pensava.
Aveva chiamato un taxi ma diede una occhiata all’entrata della discoteca prima di entrare nell’autovettura ma del ragazzo nessuna traccia.
Non poteva sapere che appena entrata nel taxi uscì dal locale Dylan in cerca proprio di lei, che lo aveva colpito come mai nessuno prima.
 
Ore 22
Clare e sua figlia Margot erano appena uscite dal luna park.
<< Abbiamo fatto molto tardi Margot, sei fortunata che domani non vai a scuola, ma probabilmente papà sarà già a casa e non credo sarà molto contento. >> la rimproverava la madre che sarebbe voluta tornare molto prima ma che aveva ceduto più volte alle richieste di Margot di restare.
La figlia replicò dolcemente: << La prossima volta andiamo con papà allora. >>
Clare sorrise: << Si, la prossima volta andiamo quando papà è libero. >>
Clare mise la chiave nella serratura della vecchia automobile. Ma non girò la chiave, semplicemente Margot si girò e non vide più la madre, la strada era praticamente vuota e in corrispondenza della strada principale c’era un piccolo vicolo completamente buio.
La bambina adagio e spaventata si avventurò in quel vicolo buio.
<< Mamma, mamma, sei qui? >> chiedeva la bambina mentre iniziava a piangere ma imperterrita avanzava in questo vicolo buio.
Dopo aver percorso più di dieci metri vide una sagoma che era a cavalcioni su un’altra sagoma che ricordava la madre. Margot non capiva, sapeva solo che non era una cosa bella.
Piangendo gridò: << Mamma! >>
Stava per correre verso sua madre ma Clare riuscì a dire con un grido soffocato: << SCAPPA >>
Fu l’ultima cosa che disse Clare colpita da una coltellata dalla sagoma.
Margot prese a correre verso la luce come le aveva detto la madre, a pochi metri dalla luce inciampò. Subito si rialzò e ricominciò a correre ma quando aveva praticamente raggiunto la luce una mano la prese e la riportò al buio. La bambina gridò per un attimo e poi più niente.

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