Acqua, fuoco di BluCamelia (/viewuser.php?uid=1253080)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prima parte: i due mercanti ***
Capitolo 2: *** Un segreto? ***
Capitolo 3: *** Forse un amore proibito ***
Capitolo 4: *** Forse un morbo dimenticato ***
Capitolo 5: *** Forse un potere arcano ***
Capitolo 6: *** Forse un viaggio impossibile ***
Capitolo 7: *** Seconda parte: i due Presidenti ***
Capitolo 8: *** Un cittadino dell'emisfero settentrionale ***
Capitolo 9: *** Una città nell'emisfero meridionale ***
Capitolo 10: *** Un relitto su un satellite ***
Capitolo 11: *** Un esiliato su un mondo lontano ***
Capitolo 12: *** Un robot nella stanza accanto ***
Capitolo 1 *** Prima parte: i due mercanti ***
Zak, il naso
incollato all'oblò, scrutava attentamente le stelle e la
grande sagoma nera che a tratti le oscurava. Non era una vista
interessante; non si riusciva a distinguere molto a parte le forme
squadrate della Stazione Spaziale Cinque di Nyniv, ma era un modo per
tenere a bada l'ansia. In quel momento probabilmente i doganieri
stavano attraversando il condotto mobile che collegava la stazione
d'ingresso alla loro astronave.
«Sei
pronto, Alvan?» chiese.
Domanda
inutile. Tra loro due quello nervoso non era certo Alvan.
Il portello si
aprì e i doganieri salirono a bordo.
Entrò
per primo un uomo di mezza età, robusto, con capelli
brizzolati così crespi che gli formavano una specie di casco
intorno alla testa, seguito da due giovani, un maschio e una femmina
che sembravano dell'età giusta per sedersi sui banchi di
scuola. Tutti e tre indossavano uniformi marrone scuro decorate da
bottoni, cinture e distintivi color rame.
Il
più vecchio si presentò come Doganiere Anziano
Benno e disse: «I vostri documenti, prego.» Zak
glieli porse. Mentre l'uomo li controllava, i ragazzi chiesero a Zak e
Alvan di infilare la mano in uno strano apparecchio.
«È
un microrivelatore, segnala eventuali germi pericolosi»
spiegò la ragazza. Era decisamente carina. I lunghi riccioli
a cavatappi e le labbra a cuore gli ricordarono Zabella.
«Ah...
sì, l'avevo immaginato. Solo che da noi si usa un altro
modello» rispose distrattamente Zak. In realtà i
suoi pensieri erano altrove.
I doganieri
erano molto abbronzati e avevano occhi e capelli neri. Dalle sue parti
erano caratteristiche fisiche poco diffuse, e, per quanto ricordasse,
non aveva mai visto insieme tre persone con quell'aspetto. Il loro
galattico suonava brusco e veloce, con strane pause tra una parola e
l'altra. Benno usava una colonia speziata dall'aroma così
pungente che gli faceva prudere il naso.
Sentì
una stretta allo stomaco e gli occorsero alcuni istanti per
riconoscerla, perché non la provava da anni. Era
felicità. Ogni piccolo particolare gli confermava che si era
lasciato la vecchia vita a migliaia di anni luce di distanza,
dall'altro lato del buco nero centrale. Ce l'aveva fatta!
Appena
formulato il pensiero si accorse che Benno ci stava mettendo un po'
troppo a esaminare i documenti. Represse l'impulso di chiedere se ci
fossero problemi, per paura di risultare troppo ansioso di passare
l'esame, ma cominciò a spostare il peso da un piede
all'altro.
«Venite
dal settore di Anacreon?» chiese Benno, alla fine.
«Esatto.»
«Lo
chiedo perché sui documenti c'è il sigillo
imperiale, e Anacreon è un regno indipendente.»
«Il
nostro pianeta, Tumbok, non fa parte del regno di Anacreon.»
«Tutto
il settore è indipendente da un secolo. Come mai usate
ancora il sigillo imperiale?»
«Temo
che la nostra classe burocratica sia molto conservatrice»
rispose Zak, con un sorriso fuggevole e un'espressione annoiata che
voleva significare 'tra noi ci capiamo'.
«Molto
conservatrice davvero» disse la ragazza in tono cupo, come se
l'arretratezza dei burocrati la angustiasse. Poi scoppiò a
ridere.
La risata
squillante risuonò così inaspettata e fuori luogo
che per un momento Zak si chiese seriamente se fosse impazzita.
«Tirocinante
Lynna!» tuonò Benno.
La ragazza si
zittì immediatamente.
Benno si
rivolse a Zak ed Alvan. «Vi prego di seguirmi»
disse, e si infilò nel condotto.
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Capitolo 2 *** Un segreto? ***
Con un gemito Melanna allungò la mano da
sotto le lenzuola per rispondere alla chiamata. Attivò solo
l'audio, non era il caso che Benno fosse informato su che modello di
pigiama usava.
«Ci sono problemi alla Cinque?»
chiese, e poi si diede mentalmente della stupida per la domanda. Non si
disturbava il Sovrintendente delle Stazioni in piena notte per fare due
chiacchiere.
Da quando Nyniv si era dichiarato indipendente,
grazie alla sua abile politica di mediazione era riuscito a evitare sia
le spedizioni punitive dell'Impero che le scorribande dei Signori della
Guerra, conservando una certa prosperità. La decisione di
non prendere una posizione netta però, con la confusione che
regnava nella Galassia, comportava molti problemi. Spesso alla
frontiera si presentavano situazioni politicamente delicate, o
intricate dal punto di vista legislativo; in questi casi il ruolo di
Melanna era quello di intervenire seguendo una direttiva ben precisa:
mettere al primo posto l'interesse di Nyniv.
«Abbiamo fermato due mercanti provenienti
dalla periferia» rispose Benno.
«Oh no, di nuovo la
Fondazione?» mormorò Melanna. La solita rogna.
Atterravano su Nyniv dicendo che volevano vendere un carico di
lavatrici e poi, non si sa come, mettevano in mezzo i preti.
Benno prese la domanda alla lettera e rispose:
«Non è chiaro. Affermano di venire da quel
settore, comunque. Questo è il capo della spedizione, Zak
Savallis.»
Sullo schermo apparve la faccia di un biondino
pallido con capelli folti e sparati in tutte le direzioni e un viso
aguzzo. Lievi rughe di allegria agli angoli degli occhi gli
aggiungevano qualche anno, rovinando un po' l'aria da folletto.
Melanna curvò le labbra. «Non
proprio il classico mercante.»
«Secondo la storia che ci ha raccontato,
faceva l'imprenditore su Tumbok, settore di Anacreon. La sua azienda
è fallita e ha pensato di vendere le rimanenze su altri
mondi. Siccome non aveva esperienza come mercante, si è
preso un socio.» La faccia di Savallis sparì,
sostituita da quella squadrata di un uomo con capelli cortissimi e
labbra tumide che spiccavano tra i ciuffi biondi della barba. Gli occhi
grigio-azzurri molto distanziati avevano uno sguardo inespressivo,
anzi, un po' stolido. Del resto i mercanti non erano esattamente noti
per il loro interesse per la fisica iperspaziale o la poesia milliana.
«Alvan Lisser, anche lui di Tumbok»
continuò Benno.
«Questo va meglio»
commentò ironica Melanna. «Ma qual è il
problema?»
Benno sembrava titubante. «Se volete
avere la bontà di guardare la registrazione del colloquio,
Sovrintendente... ho l'impressione che ci sia sotto qualcosa di
grosso.»
Melanna alzò le sopracciglia:
«Spionaggio?» Avrebbe dovuto aspettarselo. Era il
motivo più frequente per chiedere il suo intervento, vista
la sua abilità nel leggere il linguaggio corporeo.
«Non credo proprio.» Lo schermo
si divise in due e nella metà inferiore apparve una tessera
di materiale lucido, ingrandita. «Questi sono i documenti che
hanno presentato.»
Melanna si sedette sul letto e avvicinò
il viso allo schermo, come se dubitasse del messaggio che le inviavano
le pupille. «Per la Galassia, è uno
scherzo?»
L'altro scrollò le spalle.
«Adesso capisco anche di meno
perché mi avete chiamato. Nessun agente segreto, o
più genericamente nessun individuo pericoloso si
presenterebbe con un falso così grossolano. Speditelo in una
scuola elementare con un calcio nel sedere e trattenete tutta la merce,
come multa per aver insultato la nostra intelligenza.»
«Ecco, ci sarebbero altri elementi di
interesse che risultano dall'interrogatorio, se vole...»
«Sì, lo so, se voglio avere la
bontà di guardare la registrazione.» Melanna
sbuffò. «E vediamo questo colloquio,
allora.»
Il Doganiere Anziano fece un cenno di assenso e
sparì, sostituito dalla ripresa di una stanza spoglia. A una
scrivania era seduto lo stesso Benno. I due mercanti entrarono e si
accomodarono su due sedie davanti alla scrivania. Lisser era un omone.
Indossava i pantaloni di una tuta da lavoro, stivali pesanti e un
gilè di sintopelle chiuso da alamari, che copriva solo in
parte il petto muscoloso. Savallis era di statura media, con un fisico
più morbido, e un abbigliamento più ricercato.
Una corta tunica azzurro pallido metteva in risalto il colore degli
occhi, e i pantaloni grigi erano infilati in un paio di stivaletti
lucidi. Gli abiti non avevano lo scintillio metallico tipico
dei vestiti in voga tra i ricconi della Galassia, ma una morbida
lucentezza serica, e sembravano confortevoli e costosi.
«Dunque, voi sareste Zak Savallis e Alvan
Lisser, mercanti di Tumbok, giusto?
«Giusto» disse Savallis,
girandosi furtivamente a destra e a sinistra come per valutare
eventuali pericoli in agguato negli angoli della stanza. Melanna si
accorse che sul lato sinistro della testa aveva i capelli quasi
completamente bianchi. Quando aveva visto la foto l'aveva presa per una
differenza di illuminazione.
«Mmm, davvero.» Il tono di
Benno era bonario, ma al biondino non sfuggì il sottinteso,
perché chiese, in tono poco convincente: «Dubita
della nostra identità?» Il Doganiere Anziano lo
guardò con ironia, le sopracciglia alzate e le mani giunte
sotto il mento, ma non rispose.
«No, decisamente non sono spie»
commentò Melanna, reprimendo un sorriso. Quel tipo non aveva
i nervi abbastanza saldi per vendere gelati sul lago Valabinno, se
ricordava bene i bambini che lo frequentavano.
«Si può sapere il motivo, se
è lecito?» continuò Savallis.
«Tanto per cominciare, non sento un
accento della periferia. Ascoltare il vostro galattico imperiale
è un piacere, sembra di guardare un iperdramma
all'olovisione.»
Un sorriso decisamente simpatico si aprì
sulla faccia di Savallis: «Si tratta di questo? Pensate che
sia una spia sotto copertura? Viviamo in una zona della periferia
così isolata che il nostro dialetto si è
sviluppato in qualcosa di incomprensibile a orecchie esterne, per
questo chi vuole viaggiare studia il galattico imperiale. Una
trattativa d'affari non scorre molto liscia se bisogna ripetere ogni
frase tre volte, vi pare?»
Melanna esaminò il suo linguaggio
corporeo. Sembra sincero.
«Vorrei avere il piacere di sentire anche
voi, se non siete muto» disse Benno a Lisser.
«Volete chiedermi qualcosa di
particolare?» La voce era sorprendentemente melodiosa ed
educata in confronto all'aspetto rozzo dell'uomo.
«Lo stesso accento»
constatò il Doganiere Anziano. «Avete studiato il
galattico imperiale insieme leggendo le battute di La Duchessa di
Hestelonia? Chi faceva Lord Vaxon e chi la duchessa?»
«Perché questo
sarcasmo?» chiese gentilmente Savallis.
«Perché, giovanotto»
(Savallis sorrise tirandosi una delle ciocche bianche) «non
solo non siete mercanti della periferia, ma direi che non ne avete
neanche mai incontrato uno. "Meglio prendere lezioni di dizione, non
vorrei che gli stranieri avessero difficoltà a
comprendermi." Come no. Un mercante si limiterebbe a parlare
più lentamente e a ripetere. A parte tutto, la semplice idea
di parlare come un damerino dell'Impero lo disgusterebbe.» Il
sorriso di Savallis svanì. «Sono disposto a
credere che a un imprenditore benestante venga un'idea del genere, ma
Lisser dovrebbe essere un mercante, stando alle sciocchezze che ci
avete propinato.»
Lisser intervenne: «È questo
il capo d'accusa per cui ci state trattenendo? Parliamo il galattico
imperiale?»
«No il capo d'accusa è un
altro» Benno gli porse la tessera lucida. «Che mi
dice di questo?» chiese, indicando un disegno in rilievo sul
lato del documento.
«È il sigillo.»
«Già, il sigillo imperiale.
S-3.»
Melanna era proprio curiosa di sapere come
avrebbero giustificato una tale stupidaggine. Il sigillo aveva la forma
di una S elaborata, l'iniziale di Stannel, il nome dell'imperatore, con
tre aste verticali all'interno, un modo arcaico per indicare il numero
tre usato in contesti ufficiali. Ma l'imperatore sul trono era Stannel
VI.
«E allora?»
«Ah, andiamo bene, non sa come funzionano
i sigilli imperiali... e io che credevo fosse una semplice distrazione
del falsario. S-3, Stannel III. Un imperatore di seicento anni fa, e la
data del documento è di dieci anni fa.»
«La nostra regione è stata una
delle prime a staccarsi dall'Impero. Probabilmente da quando siamo
rimasti isolati il formato dei documenti non è stato
aggiornato.»
«Sciocchezze. I burocrati conoscono molto
bene i sigilli, è il loro lavoro. No, questo documento
è stato creato da un artigiano abilissimo ma ignorante. Per
inciso la prima provincia si è dichiarata indipendente solo
un centinaio di anni fa, nessun mondo è rimasto isolato per
seicento anni.»
«Ah, be', se siete così sicuro
di conoscere la sorte di ogni pianeta della galassia...»
disse Savallis. Il suo tono ironico di fronte a un'accusa grave
stupì Melanna, visto il nervosismo che aveva dimostrato in
precedenza.
«Stiamo perdendo tempo. La nostra
politica di neutralità tra l'Impero e i regni periferici ci
ha assicurato grandi vantaggi commerciali; il lato negativo
è che Nyniv è considerato il paese della cuccagna
sia dai predoni della periferia che cercano di arraffare gli ultimi
rimasugli di lusso imperiale, sia dai ciarlatani di Santanni che
vengono qui credendo di trovare dei selvaggi e pensano di imbrogliarci.
Mi pare che facciate parte della seconda categoria.»
«Non sono un truffatore, ho delle merci e
voglio venderle onestamente.» Savallis sembrava realmente
offeso.
«Perché i documenti falsi
allora? Ma in realtà non è importante. Parliamoci
chiaro, al re di Nyniv non piace che si cerchi di prenderlo per i
fondelli. Però è evidente che non fate parte
della nostra giurisdizione, quindi se avete documenti falsi per qualche
guaio che vi è capitato in patria a noi non interessa.
Pagate la multa e andatevene. Se volete provare su un altro pianeta,
però procuratevi dei falsi decenti...»
Melanna alzò la voce:
«Doganiere Anziano, ma che diavolo...?»
Benno riapparve sullo schermo. Era arrossito, per
quanto glielo permettesse la carnagione. «Mi dispiace,
Sovrintendente. Quel giovanotto mi è simpatico e mi
è sembrato del tutto innocuo.»
«Potevate almeno spegnere il registratore
prima di dare certi consigli» brontolò Melanna.
La registrazione ripartì.
«...in teoria dovremmo arrestarvi e
interrogarvi perché potreste essere delle spie, ma possiamo
fare un'eccezione. Basandomi sulla mia esperienza, sono abbastanza
sicuro che non siate ricercato in tutta la galassia per crimini verso
l'umanità.» Benno cominciò a ridere per
sottolineare la battuta, ma la risata gli morì in gola. Il
sorriso di Savallis era svanito. Il mercante sbarrò gli
occhi, perse il poco colore che aveva e si afflosciò sulla
sedia.
La registrazione era finita.
«Sarebbe questo l'elemento di interesse?
Pensate che sia svenuto perché è davvero
ricercato per crimini contro l'umanità? Quel tipo
è un fascio di nervi, sarà stata la tensione
dell'interrogatorio. Gli avete dato qualcosa da mangiare?»
Benno non disse nulla ma guardò Melanna
con imbarazzo e una traccia di rimprovero, giocherellando con i bottoni
di rame che chiudevano l'uniforme sulla pancia prominente.
Melanna sospirò. «Inviatemi la
registrazione, la studierò meglio.»
Benno annuì con visibile sollievo.
Melanna proiettò di nuovo gli ultimi
istanti del colloquio. Non c'era da sbagliarsi, il viso di Savallis,
che di fronte all'attitudine amichevole di Benno si era disteso, era
diventato livido all'improvviso, proprio in corrispondenza delle parole
'crimini contro l'umanità.' Non poteva ignorare quel fatto,
sebbene... che diavolo, il giovanotto era simpatico anche a lei.
Intrappolato in quella goffa rete di bugie sembrava vigliacco e anche
un po' stupido, ma, appena la tensione si allentava, anche solo per il
tempo necessario a pronunciare una frase, rivelava un carattere molto
più vivace.
Riguardò la registrazione da capo
aumentando l'ingrandimento per non perdersi il minimo particolare delle
espressioni facciali dei due. Ignorò le evidenti bugie di
Savallis e si concentrò sul suo linguaggio corporeo in modo
più sottile.
Si rimise in contatto con Benno.
«Credo di sapere di che si tratta, e se
ho ragione potete smettere di preoccuparvi. I crimini galattici non
c'entrano. Comunque per sicurezza verrò alla stazione per
interrogarli di persona.»
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Capitolo 3 *** Forse un amore proibito ***
«Non ero mai svenuto prima»
disse Zak, in tono meditabondo.
«Direi che non era il momento giusto per
provare questa nuova esperienza.»
Zak girò di scatto la testa verso Lisser
e il suo compagno fece balenare la dentatura candida, come per scusarsi
di uno scherzo maldestro. Ma gli occhi non mostravano traccia di
divertimento.
«La smetti di sottolineare tutte le
stupidaggini che faccio?»
«Sai bene che ne farei a meno, ma me
l'hai chiesto con molta insistenza.»
«Sì, ma questa non
è esattamente una critica costruttiva, mica l'ho scelto io
di svenire.» Zak si appoggiò al muro con le mani
dietro la nuca. Era seduto sul lettino di quella che gli era stata
presentata come l'infermeria della stazione Cinque, ma che secondo lui
era più che altro una cella. Prima di tutto era dipinta di
un opprimente color marrone, in contrasto con il resto della stazione
tinteggiata in diverse gradazioni di color sabbia, e poi l'intero
arredamento era formato da un lettino e una sedia. Nessuna traccia di
attrezzature mediche.
L'unica decorazione era lo stemma del regno di
Nyniv che campeggiava al di sopra della porta. Zak arricciò
il naso, riconoscendo lo stemma imperiale ruotato di novanta gradi in
modo da trasformare la prua dell'astronave che si stagliava contro il
sole in una torre affusolata. Il tutto color rame. Se fosse stato il re
di Nyniv avrebbe scelto uno stemma diverso, visto che ci teneva tanto
all'indipendenza.
L'oblò panoramico di fronte al letto non
aveva sbarre, ma la cosa non era significativa visto che come via di
fuga da una stazione spaziale sarebbe stato decisamente scomodo. Almeno
era rivolto dalla parte opposta rispetto al sole e Zak poteva guardare
le stelle, che però in quel momento gli davano sui nervi. La
galassia si stava dimostrando più ostile di quanto avesse
immaginato.
Aveva messo nel conto di essere scoperto, il loro
travestimento non era esattamente a prova di bomba. Ma, accidenti, il
suo geniale piano aveva fatto ridere una ragazzina!
Per non parlare del colloquio col Doganiere
Anziano. Snervante. E la battuta finale sui crimini contro
l'umanità gli aveva dato il colpo di grazia.
Zak sentì il rumore della porta che
scorreva e distolse lo sguardo dall'oblò per vedere chi era
entrato. Abbassò subito gli occhi, sentendo le guance che
gli diventavano bollenti. Sulla soglia c'era una donna che indossava
solo una cintura color rame e due stemmi a forma di sole che le
coprivano i capezzoli.
Represse l'istinto di scuotere la testa per
scacciare la visione assurda e azzardò una seconda occhiata.
La donna non era nuda, indossava un'uniforme aderente dello stesso
color cioccolata della sua pelle. Anche tenuto conto dell'abbronzatura
nyniviana non aveva mai visto nessuno con una carnagione simile.
Aveva un viso rotondo e un po' piatto, con occhi
allungati a forma di goccia, sormontati da sopracciglia arcuate, e un
nasino dalla punta smussata, una faccia che sembrava strana abbinata al
fisico slanciato. Due corte trecce aderenti al capo tenevano i capelli
neri e lanosi scostati dal viso e li lasciavano cadere liberi sulle
spalle. Aveva anche tre piercing color rame, tre barrette al
sopracciglio destro. Zak ricordò che il Doganiere Anziano
aveva una barretta e pensò che fosse un distintivo del suo
grado. Quindi era appena salito di due gradini nella scala
gerarchica... dei guai.
***
Melanna valutò con una rapida occhiata i due
soggetti. Quando era entrata Savallis aveva distolto lo sguardo,
arrossendo. Forse proveniva da qualche pianeta puritano dove le donne
dovevano vestirsi in modo da nascondere le forme; questo avrebbe
avvalorato la sua ipotesi.
Disse: «Zak Savallis e Alvan Lisser, vi
saluto. Sono Melanna Liù, Sovrintendente delle stazioni
spaziali di Nyniv. Ho visto la registrazione del vostro colloquio. Come
vi ha già detto il mio collega, eventuali
irregolarità commesse nella vostra patria non ci
interessano, quindi perché non mi raccontate la
verità? Vi avviso che faccio parte delle forze di sicurezza
e sono un'esperta di interrogatori, quindi mi accorgerò se
mentite. Altre menzogne serviranno solo a esasperarmi e a convincermi
che il vostro segreto dev'essere effettivamente interessante.»
I due non risposero. Lisser non mosse un muscolo,
Savallis incrociò le braccia e cercò di rendere
la sua faccia inespressiva. Sembrava l'anello debole, così
si rivolse a lui.
«Allora dovrò arrivarci da
sola. Guardando la registrazione, dai vostri micromovimenti sembra che
vi fidiate in modo totale del vostro socio e in qualche modo contiate
su di lui per farvi togliere dai pasticci, il che è
peculiare, visto che il capo della spedizione sareste voi. Il
linguaggio corporeo di Lisser invece tradisce un grande sforzo per
dominarsi e non spaccare la testa al Doganiere Anziano ogni volta che
ha un atteggiamento minimamente ostile nei vostri
confronti...»
«Vi sbagliate di grosso» disse
Lisser, calmo. Dal vivo la sua voce melodiosa risultava ancora
più bizzarra.
Melanna si girò verso di lui.
«Va meglio "tradisce un grande sforzo per non caricarsi
Savallis sulle spalle e portarlo il più lontano possibile
dal Doganiere Anziano?"» Il tono era ironico.
«Davvero, siamo in piena Duchessa di Hestelonia. In ogni caso
si tratta di un atteggiamento protettivo.» Tacque in attesa
di una reazione. Vedendo che non arrivava, aggiunse un suggerimento:
«Certi mondi sono molto bigotti, vero?»
Savallis riuscì a restare immobile ma
gli sfuggì un rapido battito delle palpebre. Sorpresa.
Perché la sua ipotesi era giusta o perché quello
che Melanna aveva insinuato non gli era mai passato per l'anticamera
del cervello?
Era quello il guaio del suo addestramento. Il
linguaggio corporeo tradiva le reazioni emotive dell'interrogato
indicando dei punti caldi, un po' come nel vecchio gioco 'acqua,
fuoco', ma ricomporre le emozioni in un quadro che avesse senso logico
non era sempre facile.
«In un mondo in cui la religione viene
presa molto sul serio, l'amore tra due uomini può essere
considerato un crimine contro l'umanità, in quanto
interferisce con il matrimonio e la procreazione.»
Savallis sussultò e contrasse le labbra.
Avrebbe potuto essere una reazione scomposta trattenuta a fatica o
l'inizio di una risata subito soffocata.
Melanna concentrò la sua attenzione su
Lisser. Un tipo interessante, anche se faceva del suo meglio per
passare inosservato. Aveva l'aspetto del rude mercante, ma quando
apriva bocca si esprimeva come una persona educata. A volte sembrava
quasi un avvocato. Inoltre, a parte l'atteggiamento protettivo nei
confronti del socio, durante gli interrogatori non aveva mai mostrato
reazioni emotive degne di nota. Un tipo molto freddo, o forse
perfettamente addestrato. Era possibile che fosse lui la spia... ma
perché portarsi dietro quella palla al piede di Savallis e
quei documenti ridicoli?
Non riusciva ad arrivare ad una conclusione.
Avrebbe dovuto esaminare anche la registrazione di questo colloquio,
sperando che bastasse.
In caso contrario, non le restava che l'ultima
spiaggia.
Chiamare suo zio.
***
«Potrebbe essere una via d'uscita, sai»
disse Alvan.
«Cosa, far finta di essere una coppia?
Quella donna terribile si accorgerebbe subito che mentiamo.»
«Ma ha già dedotto l'esistenza
di una relazione tra noi basandosi sul linguaggio corporeo. Ci
basterebbe confermare. Non credo che ci chiederebbe di avere un
rapporto sessuale davanti a lei per controllare i nostri
micromovimenti.»
«Ti ho mai detto che brutto effetto fa
sentire un omaccione come te che parla di sesso con quel tono
tecnico?»
«Veramente no. Abbiamo già
parlato delle mie capacità sessuali, e se posso ricordartelo
sei sceso nei particolari quando mi hai raccontato dei tuoi festini a
Thesal...»
«Allora non sembravi un tipaccio, e poi,
nessuno aveva accennato alla possibilità di una tua
partecipazione! Tra l'altro probabilmente ci stanno ascoltando e ci
siamo bruciati anche questa carta.»
«No, non avrei mai iniziato il discorso
se non fossi ragionevolmente sicuro che non ci sono microspie, fidati
di me.»
«Facciamo così, non diciamo
una parola a proposito della nostra presunta relazione. Forse quella
donna penserà che siamo troppo a disagio per
ammetterlo.»
«Può funzionare. Sei davvero a
disagio, e lei lo leggerà nel tuo linguaggio
corporeo.»
«Bah, a furia di parlarne quasi quasi mi
sto abituando...»
«Pensavo che, anche senza arrivare a un
rapporto sessuale, a scopo di verosimiglianza sarebbe utile scambiarci
almeno un bacio davanti a Melanna. Io non ho problemi a fingere, ma per
te probabilmente sarebbe più difficile. Consiglierei di fare
un po' di pratica finché siamo soli.»
Zak alzò entrambi i pollici.
«Disagio alle stelle. Sei un asso, Alvan.»
***
Respanno Izan era il fratello del nonno materno di Melanna.
Da piccola lo chiamava zio, ma da quando se ne serviva come consulente
in caso di problemi alla frontiera aveva cominciato a chiamarlo per
nome, sperando che il vecchio tagliasse corto con le carinerie e si
concentrasse sul caso.
Izan era un sociologo. Il suo contributo era
utilissimo perché non si era specializzato nel declino
dell'Impero come la maggior parte dei colleghi, ma trovava molto
più interessanti le vicende della periferia. La sua
fissazione particolare era un gruppo di pianeti chiamato Fondazione,
che si stava affermando nel settore di Anacreon grazie a una bizzarra
combinazione di superiorità tecnologica e oppressione
religiosa. Le aveva anche spiegato la filosofia alla base della loro
società ma non ci aveva capito molto, e comunque la
filosofia non le interessava, le interessavano solo i risvolti politici.
Per prima cosa gli avrebbe chiesto se era possibile
che esistesse un mondo così tagliato fuori dal traffico
galattico da sviluppare un dialetto incomprensibile e commettere errori
sciocchi come quello dei documenti. Probabilmente Tumbok esisteva
davvero (sarebbe stato azzardato presentarsi come cittadini un un mondo
inesistente quando il database di tutti i pianeti abitati della
Galassia era facilmente accessibile) ma tutto il resto poteva essere
inventato. Controllare per vie ufficiali sarebbe stato troppo
difficile, visti i problemi tecnici, e soprattutto i costi, che
comportava contattare un mondo di periferia dopo il distacco delle
province dall'Impero.
Sullo schermo apparve un vecchio con due ciuffi di
capelli candidi dietro le orecchie, baffi sottili e una barbetta
appuntita che gli scendeva fino al petto. Gli occhi stretti e il viso
rotondo erano simili a quelli di Melanna, ma la carnagione era di un
olivastro chiaro e i capelli lisci e setosi.
«Ciao piccola Liù, che piacere
vederti! Come stanno Muria e Symo? E Pilly?»
«Ciao Izan. Mamma e papà
stanno bene, il mio puffolo kalganiano è morto ventidue anni
fa.»
Con l'età Izan aveva sviluppato dei
gravi problemi di memoria per quanto riguardava la vita quotidiana, ma
stranamente tornava lucido quando entravano in gioco le sue conoscenze
professionali. Se si aveva la pazienza di ascoltarlo blaterare su
ricordi di vent'anni prima poteva essere un collaboratore inestimabile.
C'era anche un lato positivo: Melanna non doveva più
preoccuparsi della riservatezza, ma poteva dirgli tutto, tanto si
sarebbe dimenticato i particolari fin troppo in fretta.
Gli fece un sunto delle stranezze dei due mercanti.
«Il fatto che parlino galattico imperiale
è strano, non me ne capacito... ma il resto quadra. I mondi
della Fondazione sono molto religiosi e probabilmente non vedono di
buon occhio l'omosessualità. Le merci rivelano una
tecnologia avanzata?»
«Non sono sicura, Izan, mi hanno detto
che si trattava di vestiti fabbricati con qualche tessuto innovativo e
non ho approfondito. Non mi è sembrato un commercio di
rilevanza strategica.»
«Com'è la loro nave?
Moderna?»
Melanna ridacchiò. «Se non
fosse nuova di zecca la definirei una carretta. Lo scafo è
tutto lucido ed elegante, ma ho visto i comandi ed è un
modello vecchissimo; il generatore deve metterci due giorni a caricarsi
per il balzo. Giuro che tra il loro accento e quella nave mi sembrava
davvero di essere sul set di un iperdramma storico.»
«Davvero? Eppure le navi della Fondazione
sono rinomate. Molto interessante, molto. Ma mi servono maggiori
informazioni.»
«Posso far finta di dare loro via libera
e parlare un po' con Savallis in modo amichevole, così evito
che si blocchi e cominci a sparare idiozie. Fare domande sulle merci e
sulla nave, cose così.»
«La mia brillante nipotina! Per forza hai
vinto un premio scolastico...»
«Che premio?»
«Vedo che porti tre lance.»
Melanna sfiorò il piercing al
sopracciglio: «Non è un premio, Izan, lo sai che
ora sono un maggiore delle forze di sicurezza. Ti ringrazio, sei stato
fantastico e ti chiamerò con le nuove
informazioni.»
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Capitolo 4 *** Forse un morbo dimenticato ***
La Dogana li
aveva finalmente autorizzati ad atterrare sul pianeta, sotto la
condizione di una semplice ispezione della nave. I due tornarono a
bordo. Dopo i colori caldi e le forme squadrate che dominavano nella
stazione spaziale, l'azzurro argentato e le linee curve della sua
astronave sembrarono a Zak usciti da qualche strano mondo onirico.
Appena
atterrati Melanna si unì a loro. Cercò di farla
sembrare una chiacchierata amichevole, ma era chiaro che era ancora in
cerca di informazioni e aveva solo cambiato strategia.
«Ma
esattamente cos'hanno di speciale i vestiti che vendete?»
chiese Melanna a Zak, mentre passeggiavano pigramente per la nave.
Alvan era rimasto nella sala comandi.
«Sono
indumenti termici.»
Melanna lo
guardò come se fosse uscito di senno. «Indumenti
termici su Nyniv?»
Zak si era
aspettato quel fraintendimento, così sorrise pazientemente.
«Indumenti termoregolati, caldi quando fa freddo e freschi
quando fa caldo. Dal freddo ci si può difendere con pellicce
e giacche imbottite, ma combattere il caldo non è
altrettanto facile. Per questo ho pensato di concentrarmi sui mondi
caldi come Nyniv. Qui lavorare all'aperto in certi giorni dev'essere
letteralmente un inferno.»
«Avete
proprio ragione. Se ci fate caso, la maggior parte dei mondi importanti
ha una temperatura media o addirittura bassa. A quanto pare le
spedizioni alla ricerca di pianeti abitabili tendevano a evitare i
mondi caldi proprio per questo motivo, visto che i lavori di
terraformazione e costruzione delle infrastrutture sono molto
pesanti.»
«Già,
dal punto di vista dei coloni ha senso.» Zak si morse il
labbro inferiore.
«Naturalmente
ci sono le eccezioni. I miei antenati provenivano da un mondo molto
caldo, quindi hanno pensato di sentirsi a casa su Nyniv. Avrete notato
il colore insolito della mia pelle.»
«Puoi
scommetterci che l'ho notato» mormorò Zak,
fissando le braccia di Melanna. Per portare avanti la commedia
dell'amicizia si era presentata in abiti borghesi, e la camicetta senza
maniche lasciava scoperte le braccia scure e leggermente muscolose. Non
era solo il colore ad attirare lo sguardo; la pelle sembrava molto
liscia e leggermente lucida, e dava la strana impressione di qualcosa
di elastico. Aveva una voglia matta di allungare una mano e toccarla.
Poi si accorse
di come l'aveva guardata e del tono che aveva usato e
arrossì.
Melanna
scoppiò a ridere. Quando rideva metteva meno soggezione
perché gli incisivi leggermente separati le davano un
sorriso da bambina. «Niente paura, capisco la vostra
curiosità. In effetti la mia famiglia è sempre
stata fiera di questa caratteristica e ha cercato di preservarla
attraverso matrimoni con persone altrettanto scure. Il nostro nome
deriva da una parola che significa 'nero' in qualche linguaggio
antico.»
«Ah...
interessante. Comunque, una volta completata la colonizzazione, un
mondo caldo ha i suoi vantaggi» disse Zak, la testa piena di
immagini di spiagge, foreste tropicali e braccia e gambe nude e lucenti
(no, l'ultimo pensiero era di troppo.)
«Tornando
agli affari, questi abiti termoregolati sembrano basarsi su una
tecnologia notevole. Tumbok fa parte della Fondazione?»
Zak
esitò, come sempre davanti alle domande scomode. Doveva
decidere in un secondo se confermare una teoria che rafforzava la sua
posizione o rifiutare un'etichetta troppo limitante che avrebbe potuto
tradirlo in seguito.
«Non
fa parte della Fondazione, no, ma siamo abbastanza vicini e grazie al
commercio beneficiamo della loro tecnologia.»
«Posso
fare una domanda impertinente?»
«Ci
mancherebbe, dopo la figura che ho fatto poco fa...»
«Che
razza di pianeta è Tumbok, che ha una tecnologia
così avanzata nel tessile e navi così obsolete?
Se non fosse appena uscita dalla fabbrica direi che avete trovato un
relitto imperiale su qualche asteroide e avete rubato i documenti allo
scheletro seduto ai comandi.»
E ci andresti vicino. Solo, non
era uno scheletro, ma una statua di ghiaccio. Quello squarcio nello
scafo aveva risucchiato fino all'ultimo atomo di ossigeno. «Ah,
la Fondazione sta molto attenta a quali tecnologie esporta. Vendere ai
pianeti vicini navi moderne come le sue vorrebbe dire perdere la
supremazia militare.»
Melanna non
rispose. Zak aveva l'impressione che la donna cominciasse a
convincersi. Come ulteriore incentivo le rivolse il suo sorriso
più luminoso, e lei sorrise a sua volta. «Va bene,
credo che abbiamo finito.» Il cuore di Zak
sussultò dalla gioia. «Voglio solo vedere il
contenuto dello scomparto 3.»
Il sorriso di
Zak svanì in un istante. «Le scorte mediche?
Perché la dogana dovrebbe controllarle? Sono per nostro uso
privato.»
«Infatti
normalmente non lo faremmo, ma, visto che vi siete messi d'impegno per
risultare sospetti, abbiamo esaminato anche il progetto della nave. Lo
scomparto 3 sembra troppo grande per essere usato solo per i
medicinali. Devo controllare che non ci siano nascoste merci di
contrabbando.»
«Non
ce ne sono» si affrettò a dire Zak, sperando che
lei gli leggesse il linguaggio corporeo e verificasse la sua
sincerità. Ma il modo in cui l'aveva detto tradiva il reale
significato di quella frase: "C'è qualcos'altro che non
voglio farti vedere."
Melanna lo
ignorò, si avviò al portello 3 e lo
aprì. Spalancò gli occhi, per quanto permetteva
quel loro taglio sottile. «Accidenti!»
***
«Sono abbastanza da rifornire un ospedale, altro che uso
privato. A cosa vi servono?»
«Non
esageriamo. Soffro di una condizione, e ho programmato un lungo
viaggio. Non sapevo se sui mondi che avrei visitato avrei trovato i
medicinali necessari.»
«Non
ricominciate con le sciocchezze, per favore. Non sarà una
fornitura da ospedale ma è tre o quattro volte la
quantità che vi servirebbe per tutta la vita!»
«Dimenticate
che c'è anche Alvan...»
«Figuriamoci,
naturalmente
ha la stessa vostra condizione!»
«In
effetti sì. Vi ho già detto che il nostro mondo
è molto isolato. Abbiamo perso le difese naturali contro
certi microorganismi diffusi in altri pianeti, quindi usiamo degli
stimolanti del sistema immunitario.»
«È
lo stesso una scorta eccessiva.»
«Meglio
andare sul sicuro. Non so se si nota ma sono un tipo un po'
ansio...»
Melanna
afferrò Zak per il braccio, glielo torse dietro la schiena e
sbatté l'uomo contro la paratia, provocando uno schianto
metallico. Sentendo l'inefficace resistenza dell'altro, lo
sbatté al muro altre due volte per dissuaderlo.
«Non
farlo!» gridò Zak, in tono duro.
«Non
sei nella posizione di dare ordini» ringhiò
Melanna, vicino al suo orecchio.
«Diceva
a me.» Melanna girò di scatto la testa senza
allentare la presa e si ritrovò il naso a un palmo dalla
barba di Lisser, che la fissava torvo con le braccia muscolose
incrociate sul petto. Doveva essersi avvicinato di soppiatto facendo in
modo che gli schianti coprissero il rumore dei suoi passi. Accidenti,
se sapeva muoversi.
Melanna
tornò a rivolgersi a Zak.
«Zak
Savallis, sono stufa dei tuoi giochetti. Non volevo farlo, ma sono
costretta ad arrestarvi tutti e due e a farvi interrogare come si deve.
Quanto a voi, Lisser, vi consiglio vivamente di seguire il consiglio
del vostro socio e seguirmi senza fare scherzi.»
***
Melanna si rigirava nel letto.
Le analisi
delle scorte mediche avevano rivelato che in parte si trattava davvero
di preparati per rafforzare il sistema immunitario. C'erano
però anche una serie di sostanze sconosciute con effetto
stimolante e rigenerante a largo raggio, come se i due soffrissero di
qualche malattia che provocava un indebolimento e un collasso finale di
tutti gli organi. Ne sapeva quanto prima, ma aveva mandato la notizia a
Izan, nel caso lui riuscisse a ricavarci qualcosa.
Comunque non
era l'enigma in sé a tenerla sveglia, ma qualcos'altro.
Era furiosa con
Zak.
Aveva cercato
in tutti i modi di aiutarlo. Diavolo, aveva addirittura ignorato il suo
linguaggio corporeo quando aveva parlato della Fondazione... non
denotava esattamente una menzogna, quanto una grande incertezza, come
se le conoscenze di Zak sulla sua politica economica fossero molto
scarse... e quell'uomo continuava a raccontarle favole ridicole e a
trattarla da stupida! Adesso era costretta a consegnarlo alle forze di
sicurezza, che sarebbero state molto meno gentili. Proprio
così, era furiosa con Zak perché l'aveva
letteralmente costretta a consegnarlo ai torturatori. Ora capiva meglio
lo sciocco gesto del Doganiere Anziano, che gli aveva consigliato di
procurarsi dei falsi migliori; non poteva negare che quel ragazzo
avesse il dono di suscitare simpatia.
No, simpatico
non era la parola giusta, in quel momento l'avrebbe preso a schiaffi.
Forse 'disarmante' sarebbe stata una definizione miglio...
Il terminale
lampeggiò emettendo un suono fastidioso.
Un messaggio
alle tre di notte non è mai una buona notizia, e Melanna
quasi rotolò dal letto riconoscendo sullo schermo il codice
di Izan. Non era una videochiamata, ma un messaggio scritto. Forse
aveva voluto lasciarle la scelta tra leggerlo subito e lasciarlo alla
mattina dopo. L'orario faceva comunque pensare che fosse urgente. Si
alzò per leggere più comodamente e lo
aprì.
Sorrise vedendo
delle frasi assurde sottolineate. Controllando il messaggio prima di
spedirlo Izan le aveva evidenziate per correggerle, ma poi se ne era
dimenticato.
Leggendo la
lettera il suo sorriso svanì.
Cara Liù,
per quanto riguarda
la
tua ricerca scolastica
il
problema dei due mercanti è così intrigante che
ho passato tutto il giorno, e la notte, a leggere notizie e rapporti
dal settore di Anacreon, dall'epoca della sua indipendenza a oggi. Ma
ho trovato qualcosa che mi ha preoccupato, e, considerando il tuo
ultimo messaggio dove mi racconti delle scorte mediche, ho pensato che
fosse il caso di informarti immediatamente.
Centocinquant'anni
fa il pianeta Hollij è stato messo in quarantena per via di
una malattia contagiosa che provocava un invecchiamento accelerato
durante l'infanzia, fino alla morte che sopraggiungeva verso i
trent'anni. Non ho trovato notizie successive a questa e non so se sia
mai stata trovata una cura. Ma supponi che i tuoi mercanti siano
fuggiti da Hollij violando la quarantena. Questo spiegherebbe
l'isolamento estremo del pianeta, le scorte mediche, il ragazzo dai
capelli precocemente bianchi e la frase sui crimini galattici,
perché diffondere una malattia del genere su altri mondi
corrisponderebbe perfettamente a questa definizione.
Se
fosse così, il fatto che abbiano scelto un mondo turistico e
trafficato come Nyniv fa quasi pensare che vogliano diffonderlo
deliberatamente, ma questa è solo la fantasia di un vecchio
pessimista. Ma
soprattutto tu che sei ancora nell'età della crescita devi
stare attent
Con
affetto
Zio
Izan
Melanna aprì l'armadio, si buttò una giacca sulle
spalle e si diresse alla porta; poi cambiò idea,
tornò al terminale e digitò in fretta e furia:
Caro Izan,
sei
stato geniale come al solito, ma ti prego di non fare più
cose del genere. Intendo stare sveglio tutta la notte (e scommetto a
stomaco vuoto) per fare le ricerche che ti chiedo. Abbi cura della tua
salute. Perdere il sonno per stanare i criminali è il mio
lavoro, non il tuo!
Adesso
fila a letto, che è tardi! (Ti ricordi quando me lo dicevi
tu?)
Liù.
***
Appena Zak vide entrare Melanna con la giacca dell'uniforme sopra un
pigiama rosa, una frusta neuronica in mano e lo sguardo bruciante come
una fornace atomica, capì di essere nei guai.
Melanna gli
puntò la frusta in faccia e lui si raggomitolò
sul lettino. Avevano messo Alvan in una cella separata, quindi non
poteva contare su quel deterrente.
«Tu,
tu... piccolo verme, ho capito da dove vieni!»
Zak si
coprì il viso con le mani.
«È
Hollij, vero? E porti il morbo con te!»
Zak
allargò un po' le dita per guardare Melanna, come sperando
che avesse una spiegazione scritta in faccia. Ovviamente questo non
servì a migliorare la sua comprensione, e alla fine
abbassò le mani. «Che morbo?»
«Il
morbo... quello che c'è su Hollij. Che fa invecchiare i
ragazzini.» Melanna sorrise senza umorismo. «Ho
capito tutto. Scommetto che hai dodici anni o qualcosa del genere e che
Lisser è tuo padre. Si spiegherebbe perché lui
sia così protettivo, e perché un uomo
dall'apparente età di quarant'anni sia così
imbelle da fare tenerezza.»
La faccia di
Zak diventò scarlatta e la bocca si contrasse in una
smorfia. Urlò: «Grazie tante, maledetta
strega!»
«Che
reazione! Forse giocando ad 'acqua, fuoco' ho finalmente trovato una
zona calda?»
«Su
Nyniv è un complimento dire a un uomo adulto che
è imbelle e fa tenerezza?» Con uno sforzo Zak
abbassò la voce fino a un tono normale. «Senti,
alla stazione d'ingresso ci hanno esaminato col microrivelatore, lo sai
che siamo puliti.»
«Abbiamo
esaminato voi, non la nave. Basta una balla di merce contaminata per
spopolare un intero settore.»
«Esaminate
pure la merce e tutta la nave, i virus sono proprio l'ultima cosa che
trasportiamo.»
«Certo,
perché le forze di sicurezza non hanno altro da fare che
prendere dei microrivelatori ed esaminare la tua nave centimetro per
centimetro. No, caro Zak, questo giochetto acqua e fuoco deve finire.
È ora di passare a un metodo più efficace. Domani
mattina arrivano i ragazzi specializzati in interrogatori.»
«Credevo
che fossi tu l'esperta in interrogatori.»
«Io
sono l'esperta in interrogatori amichevoli.
Leggo il linguaggio corporeo. Quelli leggono nel pensiero.»
«Nessuno
nella Galassia sa leggere il pensiero» disse Zak con una
punta di incertezza.
«Chiunque
nella Galassia sa leggere il pensiero, sa ha abbastanza soldi da pagare
una sonda psichica.» Scrutò le sue reazioni.
«Sei preoccupato, ma non terrorizzato... muori di paura
all'idea che qualcuno scopra il tuo segreto, ma non hai paura della
sonda che lo rivelerebbe con certezza? E in più potrebbe
danneggiarti il cervello. Com'è possibile?» Zak si
agitò sul lettino. «No, non disturbarti a
inventare qualcos'altro, lo saprò domani mattina. Anzi, tra
poche ore, perché ormai è l'alba. Questa
è la tua ultima possibilità: resterò
nella cella con te in caso cambiassi idea.»
Zak si
raggomitolò di nuovo sulla branda e nascose il viso tra le
ginocchia. Non aveva idea di cosa stesse facendo Melanna, ma dopo il
rumore di una sedia spostata non aveva sentito nient'altro.
Quando
udì scorrere la porta capì che il tempo era
scaduto. Sollevò la testa e vide Melanna ancora seduta di
fronte al letto e un agente sulla soglia. «La sonda psichica
è arrivata. Da chi cominciamo?»
«Da
quello che cederà subito e non ci scaricherà il
generatore» disse Melanna con una smorfia che forse voleva
essere crudele ma risultò solo amara. «Zak
Savallis. Potete cominciare subito?»
«Tra
un'oretta, i tecnici devono settare i parametri della sonda.»
«Aspetterò
nell'edificio principale. Chiamatemi quando avrete finito.»
***
La chiamata arrivò dopo un'ora esatta.
Zak, Zak, sei peggio di quanto
pensassi. Quanto hai resistito, dieci secondi?
L'agente sullo
schermo si schiarì la gola. Non c'era bisogno della lettura
del linguaggio corporeo per capire che non stava per annunciare un
grande successo.
«Ecco,
abbiamo avuto un problema» disse.
«Lo
vedo benissimo» rispose lei a denti stretti. «Fate
rapporto.»
«Forse
risulterà più chiaro guardando la registrazione
della seduta...»
«Mi
sto stufando di sentire questa frase. Mandatemi il filmato.»
Melanna
avviò il filmato.
Zak era legato
con delle cinghie a un lettino, al fianco del quale c'era la sonda. Era
pallidissimo e gli occhi spalancati guizzavano da una parte all'altra,
ma teneva le labbra serrate, come determinato a non lamentarsi.
Uno dei tecnici
regolava i quadranti della sonda. Muoveva le labbra ma non si sentiva
alcun suono, così Melanna alzò il volume al
massimo, ottenendo solo un borbottio indistinto. Forse stava leggendo
tra sé i valori sui quadranti. L'altro tecnico armeggiava
con due piastre collegate alla sonda. Nella stanza c'era anche un
agente della sicurezza; era in piedi vicino alla porta e si limitava a
controllare il prigioniero, che però non sembrava proprio in
condizioni di tentare scherzi.
Il tecnico si
avvicinò a Zak e gli accostò le piastre alle
tempie.
«ALVAN!!!»
Melanna si
portò istintivamente le mani alle orecchie.
Abbassò il volume e sbuffò con disprezzo.
Impossibile che Zak avesse sentito dolore in quel breve istante.
Il tecnico che
aveva le piastre in mano, e che colto di sorpresa dall'urlo le aveva
staccate dalla testa di Zak, le lasciò cadere. All'inizio
Melanna la prese per una semplice goffaggine, ma poi vide che l'uomo
camminava barcollando e portandosi le mani alla fronte. Anche il suo
collega sembrava stordito, e si appoggiò pesantemente alla
sonda, rovesciandola con un fracasso infernale.
«Per
la Galassia, sono danni per migliaia di crediti! Spero che non diano la
colpa a me.»
L'agente
cercò di estrarre la pistola, ma anche lui si muoveva in
modo scoordinato e l'arma finì a terra.
Pochi istanti
dopo tutti e tre erano stesi sul pavimento, privi di sensi.
Entrò
Alvan. Slegò Zak, che sembrava aver perso conoscenza come
gli altri, e lo prese tra le braccia. Il mercante lanciò uno
sguardo gelido alla telecamera, come se volesse rimproverare le forze
di sicurezza per la loro brutalità, e Melanna
provò un misto di divertimento e di assurdo senso di colpa.
Alvan
uscì dalla stanza con il corpo del socio tra le braccia,
senza correre ma a passo piuttosto spedito considerando che portava un
uomo. L'attenzione di Melanna si focalizzò senza volerlo sul
capo riverso di Zak e sulle sue mani pallide e completamente rilassate.
«Sembrano
davvero lord Vaxon e la Duchessa di Hestelonia»
mormorò. Quella scena le aveva provocato una punta di
turbamento del tutto indipendente dal fallimento della missione.
Si rimise in
contatto con l'agente. L'uomo aveva l'espressione di scusa di chi
declina una responsabilità sgradevole.
«Immagino
abbiano lasciato lo spazioporto. O sono riusciti a raggiungere la nave
e partire?»
«Non
ci hanno neanche provato, maggiore. Si sono diretti verso la
campagna.»
«Capisco.
Altre persone sono state colte da quella specie di malessere?»
«Sì,
tutti quelli che hanno cercato di inseguirli.»
«Me
lo immaginavo. Preparate un rapporto scritto, sto arrivando.»
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Capitolo 5 *** Forse un potere arcano ***
«Alvan, mi fai un favore?»
«Qualunque cosa, Zak.»
«Prendi il fulminatore e fammi saltare la
testa.»
«Non questo.»
Se fosse stato un romanzo di avventure si sarebbero
nascosti in una foresta, ma su quello stupido mondo arido una volta
usciti dallo spazioporto si erano trovati in mezzo a una prateria
ravvivata da sparuti boschetti, più che altro macchie di
grandi cespugli. Erano l'unico riparo, a meno di non strisciare per
terra per nascondersi in mezzo all'erba. Le piante erano poco
più alte di un uomo, con foglie scure allungate e grandi
fiori rosa dal profumo dolce e penetrante. Un ambiente piacevole. Zak
giaceva su un letto di foglie secche, la testa poggiata sulle cosce di
Alvan che sedeva per terra.
«Con così pochi posti dove
nascondersi ci troveranno subito. Tanto varrebbe sparare un razzo
segnalatore. Ma come mi è saltato in mente di venire qui?
Perché non mi hai fermato? Lo so, scusa, hai tentato di
fermarmi in tutti i modi esclusa una botta in testa. Forse avresti
dovuto darmela... sono del tutto inadatto alla Galassia.»
«Se la situazione diventasse proprio
disperata potremmo provare a riprenderci la nave, a costo di mettere
fuori combattimento mezzo spazioporto. Probabilmente riusciremmo a
fuggire prima che gli agenti si riprendano e lancino l'allarme. Ma
secondo me è meglio trovare un accordo con Melanna, mi
è sembrata ben disposta.»
Zak si sollevò sui gomiti e si
girò a guardare il socio, incredulo. «Ben
disposta? Mi ha sottoposto alla sonda
psichica!»
«Durante le vostre ultime interazioni i
suoi modi sono cambiati. Hai notato che adesso ti dà del tu
e tende ad avvicinarsi fisicamente? Forse è un'ipotesi
troppo azzardata, ma la sua rabbia nei tuoi confronti fa pensare
più a una donna che non riesce a ricondurre il fidanzato
alla ragione che a un funzionario frustrato da un problema
difficile.»
«Non sospettavo una tua vasta esperienza
in fatto di fidanzate arrabbiate. Cosa combinavi alle mie
spalle?»
«Niente del genere, ma se ricordi per
studiare la lingua abbiamo guardato insieme un sacco di
iperdrammi.»
Zak rabbrividì. «Se devo
contare sui teneri sentimenti di Melanna preferisco quasi farmi
sondare, mi fa meno paura.»
«Non la trovi per nulla
attraente?»
«Al contrario. Ma mi ha slogato il
braccio e ammaccato la faccia solo perché le ho detto una
mezza bugia sulle scorte mediche, non vorrei essere nei paraggi se
sospettasse che ho approfittato delle sue debolezze.»
«Sei esausto. Prova a dormire, devi
recuperare le forze e lo sai che con me sei al sicuro.»
«Mi sembra un'ottima idea.» Zak
si stese di nuovo e chiuse gli occhi.
***
Fu questo gentile quadretto che si trovò di
fronte Melanna quando li trovò: Zak addormentato con la
testa sulle gambe di Lisser, all'ombra degli oleandri.
Si aspettava un atteggiamento ostile da parte di
Lisser, ma il mercante sembrava calmo. Le fece solo cenno di
avvicinarsi silenziosamente per non disturbare l'amico.
Zak dormiva con la testa poggiata sul lato destro,
mostrando a Melanna il lato coi capelli bianchi. Se si aggiungevano le
occhiaie e la piega stanca della bocca non dimostrava più
trentacinque o quarant'anni, ma cinquanta. Melanna notò i
solchi delle lacrime sulla guancia leggermente impolverata.
«Per la Galassia, non avevo mai visto un
uomo adulto che piange.»
Zak sussultò e aprì gli occhi.
«Stai calmo, non sono venuta ad
arrestarti. Come vedi sono in borghese.» Sorrise.
«Cosa vuoi, allora?» chiese
Zak, stancamente.
Melanna lo osservò con il solito sguardo
penetrante. «Sembri un po' meno rigido di prima nei miei
confronti. Ho una proposta. Non vorrei proprio estorcerti la
verità con le maniere forti, a parte le
difficoltà impreviste.» Lanciò
un'occhiata a Lisser e gli si rivolse in tono duro: «Dove
l'avete nascosto lo storditore? Gli agenti che vi hanno perquisito si
sono beccati un richiamo scritto per negligenza. Tecnicamente vi dovrei
arrestare per aver assalito dei funzionari governativi nell'esercizio
delle loro funzioni, ma, a parte un po' di mal di testa, stanno tutti
benissimo, quindi per ora lasciamo perdere.» Tornò
a rivolgersi a Zak: «Comunque non posso neanche chiudere gli
occhi e buttare le mie responsabilità in un buco nero.
Facciamo così, continuiamo a giocare ad acqua e fuoco. Se
deciderò che non rappresentate un pericolo per il pianeta vi
lascerò andare, indipendentemente dal fatto che abbia
indovinato il segreto o no. Tra l'altro dopo la vostra fuga siamo stati
costretti a ripiegare sull'analisi della nave e in effetti non
c'è traccia di virus. Che ne pensi?»
«Non ho molta scelta ma non è
un accordo malvagio, considerato che davvero non abbiamo la minima
intenzione ostile.»
«Per fornirmi il materiale per il gioco
però dovrai rispondere onestamente alle mie domande. Non ti
chiederò il segreto, saranno domande indirette. Ovviamente
se mentirai me ne accorgerò.»
«D'accordo.»
«Lisser è la tua guardia del
corpo o il tuo avvocato?»
Zak sorrise. «Ammetto che lo studio delle
leggi commerciali l'ho lasciato a lui, ma in realtà nessuno
dei due. È mio amico da una vita. Abbiamo deciso che in
questo viaggio mi avrebbe fatto da guardia del corpo, comunque. Come
avrai notato è più forte di me.»
«Hai qualche altro motivo per venire su
Nyniv, a parte il commercio?»
«Sì, voglio camminare su un
mondo vivo. Il mio è moribondo.» Davanti
all'occhiata confusa della donna aggiunse: «Sta morendo di
vecchiaia.» Melanna aggrottò le sopracciglia.
«Non di un morbo che provoca l'invecchiamento precoce, di
vecchiaia naturale.» Incrociò le braccia sul petto
e sorrise più apertamente.
Quel ragazzaccio chiaramente aveva deciso che
essere il depositario di un segreto poteva avere dei lati divertenti.
Per un attimo a Melanna tornò la voglia torcergli il braccio.
«Va bene, rifletterò sulle
nuove informazioni. Ho detto ai miei uomini che non potete restare
nella prateria e sicuramente per trovare dei viveri vi dirigerete a
Carinni, dove vi farete notare per forza. Biondi con gli occhi azzurri,
vestiti strani e quell'accento. Ho fatto diffondere la vostra
descrizione. Naturalmente resterete qui, vi porterò cibo e
acqua.»
«Vorremmo anche lavarci e
cambiarci.»
Melanna alzò gli occhi al cielo:
«Per la Galassia, vuoi anche una multivasca con getti
profumati? Far arrivare un sistema idraulico fin qui darebbe un po'
nell'occhio.»
«Una doccia sonica portatile? Tipo quella
che si usa sulle navi per non consumare acqua?»
«Mmm... i primi dieci minuti di calma
dopo il vostro arrivo e già pretendi un albergo di lusso.
Non siete di sicuro mercanti della periferia.»
«Perché, su Nyniv lavarsi
è un lusso? Con questo caldo mi immagino
l'odore...»
Melanna raccolse una manciata di terra e gliela
lanciò sulla tunica azzurra. Zak fece una smorfia e
cercò di scuoterla via. «Ci vediamo domani. Una
notte di digiuno e vestiti sudati non vi ucciderà.»
«Ma sono a digiuno da ieri!»
Zak alzò la voce mentre Melanna si allontanava, ma lei non
si fermò.
***
«Izan! Sarai felice di sapere che su Nyniv non si
sta per scatenare nessuna epidemia. Abbiamo esaminato sia i mercanti
che la nave e sono completamente puliti.»
«Magnifica notizia, Liù!
Senti, chiami un attimo tua madre così la saluto?
È un'eternità che non la sento.»
«Sarebbe un po' difficile, lo sai che
abita nell'atollo meridionale. Purtroppo il fatto che i mercanti non
vengano da Hollij significa che sono ferma allo stesso punto di prima.
L'unica nuova informazione che ho è che vengono da un
pianeta 'moribondo di vecchiaia'. Ti fa venire in mente
qualcosa?»
«Certo. Trantor.»
«Suvvia zio, Trantor è
l'ultimo posto dove avrebbero sbagliato il sigillo imperiale.»
«Forse avevano dei documenti antichi e
hanno modificato solo le date e i nomi, ma non il sigillo che
è quasi impossibile da falsificare proprio per la sua
funzione. Avranno pensato che dei barbari della periferia non ci
avrebbero fatto caso. S-III o S-VI, che differenza c'è?
«Circa seicento anni...»
Izan alzò le spalle. «Ci sono
altri fattori che non hai considerato. Hai detto che sia tu che il
Doganiere Anziano avete provato una strana simpatia per quel giovanotto
e il desiderio di aiutarlo, nonostante stesse violando la
legge.»
«Be', sì, ma che c'entra? Su
Trantor sono particolarmente simpatici?»
«E mi hai detto anche che è
difficilissimo leggere il linguaggio corporeo di Lisser, come se fosse
perfettamente addestrato...»
«Infatti.»
«...che Savallis ha dimostrato una strana
indifferenza per l'idea di essere sondato psichicamente, e che gli
agenti hanno giurato che Lisser non aveva addosso nessuno
storditore.»
«Izan, mi stai facendo morire dalla
curiosità. Davvero esiste un'ipotesi che collega tutte
queste stramberie?»
«Forse. Però è una
congettura fantasiosa, non vorrei che pensassi che il tuo vecchio zio
ha perso le ultime rotelle che gli restavano!»
«Per la Galassia, se non me la spieghi
entro tre secondi faccio arrestare te!»
«Si tratta della Seconda
Fondazione.»
Melanna si sentì sprofondare.
«C'è un'altra Fondazione? Spero che siano solo
due. Sentire tutte quelle contorsioni mentali sulla psicostoria e il
grande Hari Seldon è stato già abbastanza
pesante, non muoio dalla voglia di ricevere la doppia dose, tanto meno
la tripla.»
«Non fare la bambina impertinente, o dico
a tua madre di sculacciarti. La Seconda Fondazione è molto
misteriosa. Secondo le parole di Seldon dovrebbe trovarsi all'altro
capo della spirale galattica, dove finiscono le stelle o qualcosa del
genere, e da alcuni accenni si capisce che sarebbe composta di
psicostorici e dovrebbe aiutare la prima in caso di
difficoltà.»
«'L'altro capo della spirale' mi sembra
un'indicazione diametralmente opposta a Trantor.»
«Lasciami finire. Per un prezzo
astronomico mi sono procurato una copia della biografia di Hari Seldon
scritta da Zdenka Alurin. È introvabile, sembra che poco
dopo la pubblicazione l'abbiano ritirata dal commercio, e leggendola si
capisce il motivo. Comunque c'è un accenno al fatto che
durante i suoi ultimi anni su Trantor Seldon stesse integrando la
psicostoria con l'uso di poteri mentalici scoperti per caso tra i suoi
collaboratori. Forse alcuni psicostorici con questi particolari poteri
sono rimasti su Trantor, mentre il grosso della Seconda Fondazione
veniva trasferita all'altro capo della Galassia. Sarebbero in grado di
suscitare simpatia o antipatia secondo la loro volontà,
controllare i micromovimenti, confondere la sonda psichica, e forse, se
sono molto potenti, colpire le menti altrui a distanza.»
«Spaventoso. Ma se le due Fondazioni
hanno lo scopo di tenere a bada la barbarie i loro membri sono proprio
l'opposto dei criminali galattici.»
«Ma questi sono fuggiti da Trantor e
vanno in giro con documenti falsi. Forse sono traditori.»
«Izan, non penserei mai che sei matto, ma
comincio a pensare che dovresti scrivere fantascienza. Comunque sono a
corto di ipotesi e non ci perdo nulla a testare anche questa. Ti
farò sapere.»
***
Melanna si recò nel boschetto di oleandri con una
doccia sonica, vestiti puliti, cibo e acqua, credendo di presentarsi
nel ruolo di salvatrice, e fu quindi alquanto seccata nel trovare Zak
che banchettava con sandwich e acqua aromatizzata. Sembrava a suo agio
e non era più così pallido. A dire il vero il suo
naso appuntito stava diventando di un bel rosa vivo.
«Quante persone avete stordito per
questi?» chiese Melanna, riferendosi ai viveri.
«Neanche una» disse Zak.
«Quando vuole Lisser si sa muovere in modo veloce e
silenzioso.»
«Già, l'ho notato sulla nave.
Oggi faccio una domanda proprio a Lisser, posso?» chiese in
tono sarcastico. «Nel gioco va a vostro vantaggio,
perché non riesco a leggergli i micromovimenti.»
«Avanti! Se la domanda è
ragionevole dirà la verità. Se non lo
è, si rifiuterà di rispondere.»
«Hai uno storditore subsonico?»
chiese a Lisser, brusca.
«Sì.»
Tanti saluti alla teoria di Izan. Meglio
così, aveva già abbastanza problemi senza dover
affrontare dei superuomini. «Dove l'hai nascosto?»
«È in una capsula impiantata
sottopelle. Lo attivo con la pressione di un dito.»
«Accidenti, uno storditore
miniaturizzato! Hai altre armi del genere nascoste su di te?»
«Sì.»
«È normale sul tuo
mondo?»
Zak scoppiò a ridere e lei
immaginò la risposta di Lisser prima di sentirla.
«Assolutamente no.»
Melanna si rivolse a Zak:
«Perché non avevi paura della sonda
psichica?»
«Sapevo che Alvan non l'avrebbe mai
permesso. Oggi stai facendo troppe domande.»
Staccò un pizzico di pane dal sandwich e se lo
lanciò in bocca.
«L'ultima e ho finito. Quindi non siete
due psicostorici di Trantor?»
«Due psicoche?» chiese Zak,
allibito.
Melanna fece un gesto con la mano. «Non
importa. Ci vediamo domani.»
«No, no, voglio sapere cosa sono gli...
psico-stoici? Te ne esci con certe idee! quando mi hai accusato di
essere il figlio dodicenne di Lisser colpito da invecchiamento precoce
non riuscivo a crederci. Sul momento non ho potuto apprezzare
l'umorismo, ma se ci ripenso adesso...»
Melanna lo fulminò con lo sguardo, poi
sospirò, si sedette a gambe incrociate appoggiando la
schiena a un albero di fronte a Zak, e raccontò la sua
conversazione con Izan.
***
Zak era ancora incredulo. «Fantastico,
semplicemente fantastico. Comunque mi dispiace ma il mio fascino
è un dono naturale, non deriva da nessun arcano potere
psichico.»
«Tu non hai nessun fascino naturale,
scimmiotto.»
«Ah no? Forse una volta tanto dovresti
fare attenzione al 'tuo' linguaggio corporeo.»
Il dolore bruciante alla guancia che
seguì questa affermazione non fu proprio una sorpresa.
«Perché l'hai
provocata?» chiese Lisser, dopo che Melanna si fu allontanata
con andatura rigida. «Potresti inimicartela, proprio adesso
che ha deciso di aiutarti.»
«Nooo. Col suo lavoro e il suo carattere
è abituata ad avere il controllo, ma, alla faccia della mia
famosa debolezza, con me non sa mai che diavolo sta succedendo, e
questo la fa impazzire. E poi mi piace quando si arrabbia. A lei piace
quando sorrido, l'ho notato.»
«Insomma, vi state corteggiando. Questo
rafforza la mia impressione che potremmo dirle la verità.
Non hai notato niente di strano nelle sue ipotesi?»
«Sì, sono sempre
più pazze.»
«Appunto. Eppure, nonostante sia disposta
a prendere in considerazione le idee più assurde, non si
è mai avvicinata alla verità. Evidentemente noi
non figuriamo nella sua lista personale di criminali
galattici.»
«Stai suggerendo che ci siamo imbattuti
in una delle poche persone in tutta la Galassia che hanno simpatia per
la nostra gente?»
«No, sto suggerendo che non ha mai
sentito parlare della nostra gente, o che non gliene importa
niente.»
Zak sollevò le sopracciglia, sorpreso.
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Capitolo 6 *** Forse un viaggio impossibile ***
Melanna era
seduta al terminale. Aveva avuto intenzione di chiamare Izan, ma si era
persa nei suoi pensieri e aveva finito con lo stare lì senza
far niente.
Il suo
comportamento aveva raggiunto un livello di stupidità tale
da farsi notare perfino da Zak, che non sembrava esattamente una mente
diabolica. Fino a quel momento si era autoconvinta che il suo impulso
di aiutarlo fosse dettato da solidarietà umana, ma non
poteva più prendersi in giro da sola.
Assurdo. Nel
suo lavoro incontrava ogni giorno uomini di ogni genere, dai
più affascinanti dandy dell'aristocrazia ai mercanti virili
e avventurosi, e, se avesse avuto gusti difficili, anche tipi
più originali. Una volta aveva accettato un invito a cena da
un capitano con uno sfregio da coltello laser e una zanna di mugk
appesa all'orecchio che, sebbene avesse rispettato scrupolosamente
tutte le norme doganali, assomigliava un po' troppo all'identikit di un
pirata ricercato nel Settore di Sirio. E andava a perdere la sua
obiettività professionale per un tipo cicciotto e
insignificante, per calare un velo pietoso sul carattere!
Sì,
insignificante. L'unico tratto notevole di Zak era il sorriso. Aveva
belle labbra dal contorno netto, con una fossetta centrale molto
accentuata che gli dava un'espressione particolare, e denti perfetti.
No,
così non andava. Stava facendo l'elenco di tutti i motivi
per cui Zak non avrebbe dovuto piacerle e si metteva a pensare al suo
sorriso.
Il terminale
cominciò a ronzare e lampeggiare.
«Liù,
vuoi farmi morire di curiosità! Per la tensione non ho
mangiato niente dalla nostra ultima chiamata!»
«Direi
che va bene così, Izan, ci siamo sentiti dopo colazione e
adesso è ora di pranzo. Scusa, stavo proprio per chiamarti.
La tua idea sugli psicostorici era brillante ma non è quella
giusta. Tra l'altro non abbiamo pensato al fatto che non spiegherebbe
il dialetto incomprensibile e le scorte mediche. Se hai qualche altra
ipotesi fantascientifica sparala pure, tanto, se ho capito una cosa di
questa storia, è che quando scoprirò la
verità avrò difficoltà a
crederci.»
«Sono
contento che tu mi dica questo, perché in confidenza avevo
un'ipotesi di riserva davvero fantascientifica. Non volevo parlartene
perché mi piaceva di più quella sui
trantoriani.»
Melanna
sospirò. «Più fantascientifica dei
poteri psichici?»
«Be',
sì. I poteri mentalici sembrano incredibili, ma dopotutto ci
sono dei documenti storici al riguardo, come il libro della Alurin.
Almeno siamo sicuri che esistono...»
«Quindi
la nuova ipotesi è basata su qualcosa che forse non esiste.
Cominciamo bene.»
«Sai
cos'è un wormhole?»
«Certo
che lo so, guardo l'ipervisione.» Per un attimo Melanna
restò sconcertata, poi capì. «Oh, no,
vuoi dire che secondo te sono arrivati dall'epoca di Stannel III
viaggiando attraverso un wormhole?»
«No,
non dal passato, dal futuro.»
«Adesso
mi sono persa.»
«Immaginati
un futuro in cui si scopre come usare i wormhole per viaggiare nello
spazio e nel tempo. I due per qualche motivo vogliono tornare all'epoca
d'oro dell'Impero. Si procurano una nave e dei documenti corrispondenti
a quel periodo, ma trasportano merci a tecnologia avanzata che
permetteranno loro di diventare ricchi. Nel lontano futuro la lingua si
è evoluta ed è diversa dalla nostra. I
microorganismi sono mutati, così non hanno le giuste difese
immunitarie. Magari hanno anche imparato ad allungare la vita usando
sostanze stimolanti e rigeneranti su tutti gli organi. Purtroppo
sbagliano i calcoli e finiscono nella nostra epoca tribolata. In ogni
caso sono dei fuorilegge, perché portando conoscenze dal
futuro si potrebbe cambiare la storia. Ecco il crimine
galattico.»
«E il
pianeta moribondo?»
«L'Impero
è già in crisi da adesso, immaginati nel lontano
futuro.»
«Ti
stai contraddicendo. Hai descritto una tecnologia avanzatissima,
com'è possibile che sia accompagnata da una tale
decadenza?»
«Nell'Impero
non si è mai visto, ma in teoria niente impedisce la
coesistenza di un alto livello tecnologico e una forte decadenza
sociale. Del resto, da come l'hai descritto, quel giovanotto non sembra
essere cresciuto in un ambiente normale. Non lo vedrei bene neanche nei
settori più ricchi di Trantor, anche lì devi
imparare a cavartela perché è un intrigo continuo
di tutti contro tutti.»
«Accidenti
zio, suona quasi convincente. Il punto debole è il wormhole.
C'è un motivo se questa teoria è uscita dalla
scienza per entrare nella fantascienza: dopo ventimila anni di viaggi
spaziali nessuno ha mai visto niente del genere. Per studiare i buchi
neri ci abbiamo buttato dentro di tutto, ma non ne è mai
uscito neanche mezzo atomo. Comunque proverò anche questa e
ti farò sapere.»
***
«Oh oh, pericolo» disse Zak, vedendo arrivare
Melanna.
Come se la
donna avesse deciso di abbandonare ogni cautela, non solo si era
vestita in borghese ma anche in modo molto più femminile: i
capelli sciolti, che al sole rivelavano una sfumatura color cobalto, un
vestito leggero di un beige rosato chiarissimo, come del latte con
appena un pizzico di cacao, e braccialetti color rame ai polsi e alle
caviglie. Portava una borsa che sembrava pesante. Zak lo
trovò strano perché tra l'incursione di Alvan e i
viveri portati da Melanna il giorno prima erano più che a
posto come provviste.
Melanna
frugò nella borsa e porse un vasetto a Zak.
«Qualunque cosa abbiate rubato allo spazioporto, questa non
l'avete di sicuro.»
Lui lo prese in
mano e lesse l'etichetta. "Sorriso d'estate."
«Mmm...
grazie.» Lo aprì. Conteneva una crema densa dal
piacevole profumo di noce di cocco e vaniglia. Era la sua nuova
tecnica, farsi carina e regalare dolci? Non era sicuro se per
educazione avrebbe dovuto assaggiare subito la crema. Non aveva
cucchiaini e non gli andava di usare un dito.
«Perché
sei senza scarpe?» chiese Melanna. Zak indossava i vestiti
puliti forniti da lei, camicie bianche con ampie maniche, fatte di un
tessuto sottile, e pantaloni larghi color ruggine, ma era a piedi nudi.
Alvan era vestito come lui ma si era tenuto gli stivali da lavoro
nonostante la temperatura.
«Come
prima domanda non c'è male. Perché gli aggeggi
che ci hai portato non sono scarpe, sono ceppi appositamente studiati
per impedire la fuga.» Si trattava di semplici solette con
due sottili strisce di cuoio da infilare tra l'alluce e il secondo
dito, ma Zak le trovava scomodissime.
Melanna
sorrise. «Hai ragione, non è una gran domanda.
Passiamo alla seconda, allora...»
Zak prese un
cracker da una confezione già aperta, lo inzuppò
nella crema e lo morse. Lo sputò disgustato.
«Ma
che fai?» La donna scoppiò a ridere.
«È crema solare, per la scottatura!»
«E
come facevo a saperlo? Profuma come un dolce, e poi noi per proteggerci
la pelle usiamo degli spray, non ci spalmiamo unguenti in
faccia!» Le ultime parole furono pronunciate con leggero
disgusto, come se la trovasse un'usanza da selvaggi. Ma Melanna si
stava divertendo troppo per offendersi.
«Passiamo
alla seconda domanda» ripeté, asciugandosi una
lacrima. «A cosa servono le medicine?»
Zak
sputacchiò gli ultimi residui di crema, si ricompose e
sospirò. «Sugli stimolanti del sistema immunitario
ti ho detto la verità. Il nostro mondo è molto
isolato.»
«E le
altre? Soffri di una condizione che ti indebolisce a poco a poco tutti
gli organi?»
«Sì.»
Le ultime
tracce di allegria svanirono dal viso di Melanna. «Stai...
stai per morire?»
Per
avvantaggiarsi nel gioco Zak aveva risposto al significato letterale
della domanda, ma davanti all'evidente preoccupazione della ragazza si
intenerì e ridacchiò: «Proprio per
niente!»
Ora sembrava
pronta a dargli un pugno. Forse aveva dato l'impressione di farsi beffe
di lei.
«Che
cavolo di condizione è?» chiese, con quel tono di
voce che Zak considerava un segnale di pericolo.
«La
stessa che hai tu. Si chiama mortalità.»
«Le
medicine servono ad allungarti la vita?»
«Esatto.»
«Quanto
ti aspetti di vivere?»
«Tredici
decadi.»
«Quindi
se ti sequestro quei preparati e li uso per me vivrò
centotrent'anni?»
«Temo
di no, c'è anche una componente genetica. Vivresti comunque
più a lungo. Ma le scorte sono solo per una
persona.»
Il viso di
Melanna si rannuvolò ancora di più e Zak
aggiunse: «Non voglio dire che non le dividerei con te -
(meglio un tocco di galanteria, anche se lei aveva usato il verbo
'sequestrare') - ma se ciascuno di noi ne usasse solo la
metà ovviamente non potremmo aspettarci la stessa
efficacia.»
Lei
sembrò pensarci per qualche istante poi cambiò
argomento. «Posso sentire un esempio del vostro
difficilissimo dialetto?»
Zak
declamò "Nyniv è un bel pianeta" nell'accento del
suo pianeta natio.
«Questo
è un po' troppo. Hai semplicemente pronunciato dei suoni a
caso» disse Melanna, che sembrava scossa.
Zak
ripeté la frase più lentamente, poi ancora
più lentamente. Alla terza ripetizione Melanna
riuscì a decifrare le parole.
La ragazza
trasse un profondo respiro. «Vieni da un'altra
epoca?»
Zak ci
pensò sinceramente, rendendosi conto di quanto dovesse
sembrare assurdo. «In un certo senso.»
Questo
mandò Melanna in confusione. Poi la sua espressione si
indurì, aprì la borsa e prese uno strano aggeggio
che assomigliava in modo inquietante a una pistola. Lo puntò
alla faccia di Zak.
«Ehi,
che scherzo è ques...» Zak sentì un
dolore acuto a una narice. Melanna gli puntò la pistola al
lato del viso e il dolore lo colpì all'orecchio.
Si
toccò per controllare se ci fossero ferite e
sentì che al lato del naso e al lobo dell'orecchio aveva due
piercing, due bottoncini metallici rotondi.
«Scommetto
che sono color rame» disse, sarcastico.
«Infatti.
Sono due scudi. Significano che sei sotto la protezione personale del
re di Nyniv, come ringraziamento per servizi speciali resi al
governo.»
Be', era
l'ultima cosa che si sarebbe aspettato. «Non mi risulta di
aver reso servizi al governo, anzi. Come giustificherai questo atto con
i tuoi superiori?»
«Ho
tutte le giustificazioni che mi servono. Mi basterà
pronunciare le parole 'armi miniaturizzate' e il generale
avrà un attacco di convulsioni.»
«Ma
così ci metterai nei guai!»
«Non
potete consegnarmi quello stupido storditore? Se è
sottopelle non ci vorrà chissà che operazione
complicata per estrarlo. Dirò che l'avete comprato dalla
Fondazione e non avete idea della tecnologia che c'è dietro.
In cambio finché sarete sul pianeta nessuno può
darvi fastidio, quali che siano le vostre vere identità e i
vostri precedenti. Neanche io, se cambiassi idea. Quindi adesso che sei
al sicuro puoi dirmi questo benedetto segreto.»
«Hai
uno strano modo di chiedere favori...»
«Lo
so che non sono stata molto simpatica, ma se non vuoi fare un piacere a
me, almeno risparmia un infarto a un vecchio di ottantacinque anni. Mio
zio è un sociologo e si sta consumando su vecchi libri e
rapporti di cent'anni fa per capirci qualcosa di voi due.»
«Oh...
al diavolo, va bene. Veniamo dal pianeta Aurora.»
Melanna
lasciò cadere la pistola per i piercing, tirò
fuori dalla borsa un visore e cominciò a digitare
furiosamente. «Non c'è nessun pianeta chiamato
Aurora! Per la Galassia, mi stai ancora raccontando fandonie!»
Zak
alzò una mano: «Che ti prende, maggiore, non sai
più leggere il linguaggio corporeo della spia nemica? Aurora
non è nel vostro stupido elenco ma ti assicuro che esiste
nello spazio reale.»
«Perché
non figura nell'elenco? Se è un pianeta di criminali
galattici le informazioni su questo mondo sono importanti.»
«È
stato dichiarato zona vietata proprio per i nostri crimini, e
così i suoi alleati, i cosiddetti mondi spaziali.»
«I
pianeti nemici sono stati sempre conquistati o devastati, non ho mai
sentito parlare di 'zone vietate' e neanche di mondi spaziali.
Comunque, quale sarebbe questo crimine?»
«Abbiamo
distrutto il pianeta Terra. Cioè, i miei antenati»
aggiunse, come se avesse paura che Melanna lo colpisse all'improvviso.
«In effetti quando gli imperiali, o i Coloni, come li
chiamavamo allora, l'hanno scoperto, ci aspettavamo di essere
bombardati. Ma la distruzione della Terra mediante l'aumento della
radioattività è stato un processo lento, che si
è svolto nel corso di diverse generazioni, così
quando la cosa è saltata fuori ormai la rovina del pianeta
era un fatto accettato e non ha provocato la fiammata d'odio che ci
aspettavamo. Forse un po' anche perché noi eravamo
già in piena decadenza. I Coloni si sono limitati ad
annunciare il Blocco: se un solo Spaziale si fosse azzardato a mettere
il naso fuori dall'atmosfera, avrebbero ricambiato il favore
trasformando tutti i nostri mondi in discariche radioattive.»
«Ma
è una storia pre-imperiale. Durante l'ascesa dell'Impero
innumerevoli mondi sono stati distrutti in guerra, a nessuno
importerà se migliaia di anni fa è toccato anche
a questo oscuro pianeta.»
«La
Terra non era un oscuro pianeta, era importantissima. È
stata il primo mondo dell'umanità.»
«Vuoi
dire che era la capitale prima di Trantor?»
«No,
era il mondo di origine dell'umanità. Prima delle
civiltà terrestri non esistevano esseri umani nella
Galassia.»
Melanna lo
esaminò con il suo sguardo penetrante. «Per la
Galassia, sei serio. Sai che ti dico, forse hai ragione a mantenere il
segreto, conosco qualcuno che potrebbe ucciderti per questo.»
«Chi?»
«Mio
zio. Se scopre che conoscevate il 'pianeta d'origine' e l'avete
distrutto... davvero, l'unico rischio che correte è un
plotone d'esecuzione formato da archeologi.»
«E il
Blocco? Nell'Impero c'è una legge che ci vieta di lasciare i
nostri pianeti sotto la minaccia di sterminare ogni singolo Spaziale
nella Galassia.»
«Mi
sembra ovvio che non è più in vigore ed
è stato dimenticato» intervenne Lisser.
Zak si prese
qualche istante per digerire l'informazione.
«Aspetta,
ho affrontato tutto questo per niente? Interrogatori, sonda psichica,
notti passate a rigirarmi sulle foglie secche... mentre avrei potuto
semplicemente dire "piacere, Zak Savallis, cittadino auroriano nato
nella città di Rhoxane, e questo è il mio robot
Alvan Lisser" e nessuno avrebbe battuto ciglio?»
Inspirò profondamente e tuonò in un insolito tono
baritonale: «Per tutte le luci del nord!»
«Avrebbero
battuto ciglio leggendo la tua data di nascita, visto che noi misuriamo
gli anni dall'indipendenza di Aurora» ribatté
Lisser.
«È
strano, su Aurora mi sembravi praticamente umano, ma adesso il tuo modo
di parlare pedante mi sembra molto robotico.»
«Io
parlo come prima, è chiaramente un'impressione dovuta al
contrasto tra i miei modi e il mio aspetto modificato per sembrare
umano.»
Melanna si
scosse. «Aspettate, credevo che un robot fosse un qualche
tipo di collaboratore, ma se ho capito bene Lisser non è
umano. Gli Spaziali hanno incontrato una razza aliena? Anche questo
potrebbe essere rilevante per le forze di sicurezza.»
Zak si
lasciò cadere sulle foglie secche. «Luci del nord,
saranno spiegazioni lunghe. Ti assicuro che non è rilevante
per la sicurezza. È un po' lungo spiegare cosa sono i robot,
ma, primo, non sono alieni, secondo, non possono fare del male agli
esseri umani ma anzi sono obbligati a proteggerli, è
impresso nei loro cervelli. Avrai notato che il massimo di violenza
usato da Lisser è stato lo storditore, che come hai detto tu
lascia solo un po' di mal di testa.»
«Mmm...
va bene, dei robot parleremo dopo. Adesso raccontami del tuo mondo. La
situazione su Aurora dev'essere terribile se hai violato questo Blocco
rischiando un attacco a tutti i mondi spaziali.»
Zak
rabbrividì. «Non ne hai idea. Io ero la persona
più giovane sul pianeta e l'unico con un po' di
vitalità, gli altri settecento si limitavano a vegetare
aspettando la morte.»
«Settecento!
Non scherzavi quando l'hai definito moribondo! Mi immagino tutti gli
edifici sbarrati e abbandonati...»
Zak sorrise
amaramente. «Oh, niente del genere. I robot non
permetterebbero mai che l'ambiente diventasse sgradevole per gli esseri
umani.» La sua espressione si rannuvolò.
«È proprio questo che mi ha quasi
ucciso.»
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Capitolo 7 *** Seconda parte: i due Presidenti ***
Ad Alvan Lisser
era capitato il peggior grattacapo che potesse affliggere un robot
auroriano del duecentesimo secolo: un bambino curioso. Curioso degli
altri mondi.
Finché
si era limitato a sguazzare fino al ginocchio in qualche pozzanghera
sostenendo che stava attraversando le lagune di Melpomenia, o a
strisciare sotto dei cespugli spinosi dicendo che voleva esplorare la
giungla di Pallas, poco male, ma verso i dieci anni il piccolo Zak
cominciò a manifestare tendenze più preoccupanti.
«Da
grande viaggerò nello spazio. Anzi, perché non
partiamo subito?»
«Siete
troppo giovane, signorino Zak.»
«Mi
puoi accompagnare tu, e poi ci sono zone bambini nelle astronavi
turistiche, l'ho visto all'olovisione.»
«Quello
era solo uno sceneggiato. Non partono astronavi turistiche da Aurora, e
neanche commerciali. È per via del Blocco.»
«Rubiamo
una navetta piccola e partiamo noi due soli! Tu puoi pilotare e io
sarò il passeggero. Una nave piccola è difficile
da catturare, passeremo attraverso il Blocco!»
«Sapete
bene che non posso permettervi di rischiare la vita. Ma forse quando
avrete l'età giusta per viaggiare il Blocco non
sarà più in vigore.» I nuovi robot
avevano una programmazione abbastanza complessa da non aver bisogno di
un esplicito ordine umano per inventare alcune piccole bugie. E alcune
grandi.
«L'ha
detto il Presidente Kristof?»
«Non
proprio, ma lui non può sapere cosa succederà in
venti o trent'anni, non vi pare?»
Zak
sbuffò. «Vent'anni è
lunghiiiiissimo.»
Speriamo che
sia abbastanza lungo da farti passare quest'idea, pensò
Alvan.
Il desiderio di Alvan si realizzò solo in parte. Crescendo
Zak si concentrò su altri problemi, come il lavoro e le
donne, dimostrando una certa predisposizione soprattutto per
quest'ultima attività. Ma a lungo termine questi sfoghi non
furono sufficienti a placare il suo desiderio di avventura.
Alvan gli
consigliò allora di partecipare alla politica locale. Zak
accettò ma restò ben presto deluso, sia
perché non aveva avversari degni di nota, sia
perché ai cittadini di Rhoxane non sembrava interessare un
rappresentante politico pieno di idee e di energia per realizzarle. Ma
intanto erano passati ben più di vent'anni.
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Capitolo 8 *** Un cittadino dell'emisfero settentrionale ***
Sentendo lo
schianto Alvan si precipitò in sala da pranzo. Ma era solo
Zak che aveva distrutto lo schermo dell'olovisore lanciandoci contro un
vaso. Di nuovo.
«Non
disturbarti a sostituirlo, non guarderò più
l'olovisione. Giuro che, se sento di nuovo quel cammello di Kristof
blaterare del Blocco con quella faccia lunga, prendo un trasporto per
Eos e lo strozzo davanti alle olocamere!»
«Forse
dovresti rassegnarti, Zak. La guerra fredda coi Coloni dura da
millenni, non è ragionevole pensare che finirà
proprio adesso solo perché tu vuoi viaggiare.»
Normalmente un robot auroriano non si sarebbe rivolto con tanta
confidenza al suo padrone, ma era stato proprio Zak ad ordinarglielo.
Sentire 'signor Savallis' tremila volte al giorno l'avrebbe fatto
diventare matto. Alvan era la persona (per modo di dire) con cui
parlava di più; ovviamente il robot era un disastro come
senso dell'umorismo, o per parlare di donne, ma intellettualmente Zak
lo considerava una compagnia molto più stimolante degli
altri abitanti di Rhoxane.
«Potresti
pensare a cosa ti attrae tanto nell'idea di viaggiare e cercare di
soddisfare questo bisogno in un modo diverso»
continuò Alvan.
«Voglio
incontrare persone nuove! Conosco a memoria tutti gli abitanti di
Rhoxane, le loro facce e quello che pensano. E se non fosse abbastanza
noioso così, loro non ci tengono alla mia compagnia. A
quanto pare mi ritengono un ragazzaccio troppo rumoroso e con strane
idee.»
«È
perché sono tutti più anziani di te.
L'età media di Rhoxane è un po' alta.»
Non aggiunse che l'atteggiamento anticonformista di Zak nel trattare il
suo robot personale era uno dei tanti che lo rendevano indigeribile ai
suoi concittadini.
«Bah,
abbiamo fatto delle gite ad Apollyon e Iris e non ho visto grandi
differenze. Però l'idea di andare a Eos a lanciare pomodori
a Kristof a pensarci non è male. La capitale di Aurora non
può essere un tale mortorio, ci devono essere dei giovani e
un po' di vita.»
«Eos
è troppo lontana, Zak, è nell'altro
emisfero.»
Zak
alzò la testa dal divano, sorpreso. «E allora?
C'è un mini-blocco tra i continenti?» chiese,
sarcastico.
«Sarebbe
molto costoso, e secondo me inutile. Invece potremo andare a Thesal.
È sicuramente abbastanza grande per i tuoi scopi,
è la città più popolosa di
Borealis.»
«Be',
è sempre Aurora, con le solite idee, la solita moda e il
solito Kristof appena accendi l'olovisione. Almeno a Eos le stelle
sarebbero diverse! Ma provare non costa niente. Andremo a
Thesal.»
***
Il viaggio a Thesal fu un successo, almeno fino all'incidente con
Zabella. Zak perse ogni desiderio di intrattenimenti e vita sociale,
fece i bagagli e tornò nella sua residenza a leccarsi le
ferite. Decise di lasciar perdere le avventure e si dedicò
al suo nuovo lavoro come stilista. Grazie al lavoro conobbe molte donne
e cambiò idea. Così trascorsero altri anni.
Ma alla fine la
vecchia inquietudine tornò a farsi sentire e
ricominciò a parlare di un viaggio a Eos.
«Anche
se è costoso, pazienza, del resto qui a Rhoxane non
c'è niente per cui valga la pena di spendere
soldi» disse ad Alvan, mentre sorseggiava il suo
tè pomeridiano.
«No,
davvero, Zak, te lo sconsiglio.» Il robot prese il vassoio
degli snack, ormai vuoto, per sostituirlo con uno pieno. Zak si stava
sfogando con il cibo. La sua salute avrebbe potuto risentire dei chili
di troppo; avrebbe chiesto ai robot addetti alla cucina di usare
ingredienti a basso contenuto calorico.
«Insomma,
chi comanda qui? Comprami un biglietto per Eos per la settimana
prossima!»
«Se
me lo ordini esplicitamente dovrò farlo, naturalmente, ma
devo avvisarti che non ci sono navette per la settimana prossima,
né per la seguente. Dovresti aspettare un mese e il tuo
conto in banca ne uscirebbe dimezzato.»
«Che
diavolo dici? Quanto costa il biglietto?»
«Trentamila
crediti.»
A Zak
andò il tè di traverso e tossì.
«Com'è possibile?»
«Ti
sei lamentato molte volte del fatto che i cittadini di Rhoxane non
siano interessati a viaggiare e tendano a starsene comodi nelle loro
residenze. Temo che non sia un fenomeno locale ma planetario. Questo
naturalmente ha causato una drastica riduzione dei voli con conseguente
aumento dei prezzi. Non avrebbe senso far partire centinaia di navette
vuote.»
«Ma
insomma, Eos è la capitale! Ci sarà gente che ha
bisogno di andarci!»
«In
realtà no, la maggior parte degli affari si può
concludere comodamente via visione.»
Zak
abbassò la testa e rifletté sul fatto che anche
il suo lavoro da stilista si svolgeva perlopiù senza
contatti diretti. «Accidenti, stiamo prendendo la stessa
china di Solaria. Con tutte le mie lamentele non me ne ero accorto.
Speriamo di non finire come loro. Comunque non è possibile,
non tutto si può fare via visione.»
«Le
persone che hanno reale necessità di viaggiare investono in
una navetta privata, che, di nuovo, per noi sarebbe una soluzione
troppo costosa.»
«Bah,
se uno stupido biglietto costa trentamila crediti tanto vale
comprarsene una. Cercami una navetta di terza mano o qualcosa del
genere.»
«Devo
aggiungere...»
«È
un ordine.»
***
Zak scrutò con aria torva la sua nuova navetta parcheggiata
sul prato della residenza. Nuova per modo di dire.
«È
un po' un rottame. L'hai fatta riparare, naturalmente?»
«Certo,
ma gli elementi strutturali sono molto vecchi. Potrebbe esserci un
cedimento da un momento all'altro.»
«Be'
tutte le altre costavano troppo. Falla rifornire, prendi contatto con
lo spazioporto di Eos e trovami un alloggio in città.
Partiamo appena sarà pronta.»
«Non
penso che sia il caso.»
Zak lo
guardò storto. «Che c'è adesso? Non
dirmi che far ricaricare la batteria atomica costa diecimila crediti,
me ne sarei accorto dalle spese di manutenzione della
residenza» disse, sarcastico.
«Nell'emisfero
meridionale è appena iniziata la brutta
stagione...»
Zak
inclinò la testa e guardò Alvan socchiudendo gli
occhi in modo ironico. «Ma certo, Eos è troppo
lontana, e poi piove!»
«Come
tu stesso hai notato, la navetta non è in buono stato. Farle
affrontare delle tempeste comporterebbe un rischio eccessivo.»
«Alvan,
se non fossi un robot con tanto di Prima Legge direi che ti stai
divertendo a torturarmi! Per caso quando sarà finito
l'inverno nell'emisfero meridionale mi farai notare che non possiamo
partire perché sta iniziando l'inverno qui?»
«Questo
sarebbe eccessivo. Basta controllare le previsioni del tempo e cercare
di evitare le tempeste, ma il fatto è che per alcuni mesi i
giorni privi di tempeste non saranno molti. Dovremmo aspettare la
primavera di Eos, che coincide con il nostro autunno.»
«Altri
tre mesi... Alvan, c'è qualche problema a Eos? Ti ordino di
dirmi la verità.»
Alvan rispose
con un ritardo di dieci millisecondi rispetto al suo normale tempo di
reazione, una pausa non rilevabile dal lento cervello organico di Zak:
«Naturalmente no. Nella capitale va tutto bene.»
***
Zak aveva accettato di rimandare il viaggio, ma non intendeva aspettare
tre mesi. Aveva deciso di prendersi qualche settimana, il tempo per
studiare il meglio possibile un manuale di pilotaggio. Non poteva fare
pratica perché Alvan avrebbe capito cosa aveva in mente.
Voleva pilotare
la navetta personalmente. In effetti, per la prima volta in vita sua,
voleva andare da qualche parte senza il suo robot. Lo conosceva da
tutta la vita e ormai si accorgeva da piccoli segni se dimostrava
qualche squilibrio dovuto a un conflitto tra le Leggi. Non avrebbe
potuto dire esattamente quale fosse il segnale d'allarme; aveva
l'impressione che a volte Alvan esitasse, o desse risposte troppo
indirette, o che il bagliore dei suoi occhi si intensificasse come se
il suo cervello positronico fosse costretto a un superlavoro. Sapeva
che in gran parte erano solo impressioni, perché nessun
roboticista avrebbe progettato un cervello che reagiva in quel modo,
ma, nonostante l'ordine diretto di dire la verità, era
sicuro che Alvan gli nascondesse qualcosa. In effetti il fatto che
avesse risposto a un ordine diretto era dannatamente inquietante,
perché un robot poteva disobbedire alla Seconda Legge solo
in nome della Prima. Cosa poteva esserci a Eos di pericoloso per un
essere umano? Nessuna città di nessun mondo Spaziale era
pericolosa.
Non poteva
sopportare una simile tensione per tre mesi, a parte il fatto che Alvan
sicuramente avrebbe trovato altre scuse. Così, appena
ritenne di aver acquisito una conoscenza sufficiente delle tecniche di
pilotaggio, allontanò Alvan con un pretesto, salì
sulla navetta e partì.
Il robot
l'avrebbe vista decollare da lontano, ma non poteva semplicemente
requisire la navetta di un altro essere umano e seguirla. Ci avrebbe
messo un po' a trovare un mezzo di trasporto, e questo avrebbe
garantito a Zak un certo vantaggio.
Fu un lungo
viaggio ma l'adrenalina lo aiutò a non sentire la
stanchezza. Le condizioni meteorologiche nell'emisfero meridionale in
effetti non erano buone. Per fortuna non incontrò vere e
proprie tempeste.
Quando
provò a contattare lo spazioporto di Eos non ebbe risposta,
ma non si era davvero aspettato di riceverla.
Con il cuore
che gli martellava in petto, penetrò lo strato di nubi e
vide cosa c'era sotto.
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