Fino all'ultimo respiro

di Placebogirl_Black Stones
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1: Resta con me ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2: Tu mi salvi sempre ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3: Le cose che fai per me ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4: È una promessa ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1: Resta con me ***


FINO ALL’ULTIMO RESPIRO
 
 
Capitolo 1: Resta con me
 
 
Scese lentamente le scale, stando attenta a non fare troppo rumore nel silenzio tombale della notte. I coniugi Kudo dormivano nella loro stanza al piano di sopra, così come Conan; a lei era toccata la stanza degli ospiti accanto a quella del ragazzino, dove fino a quel momento aveva dormito Shuichi, che le aveva galantemente ceduto il posto per non farla dormire sul futon nello studio di Yusaku insieme a James e Camel.
Quella era la notte prima dell’ultimo atto: il giorno dopo avrebbero combattuto la battaglia finale contro l’organizzazione. Era tutto pronto, avevano studiato il piano nei minimi dettagli e avevano deciso di restare uniti fino alle luci dell’alba. Dovevano riposare per avere tutte le energie necessarie al loro risveglio, ma lei non riusciva proprio a chiudere occhio. Troppi pensieri in testa, troppe preoccupazioni, troppi ricordi a farle compagnia in quel letto mezzo vuoto. La vendetta per ciò che aveva fatto Vermouth ai suoi genitori, il timore che qualcosa nel loro piano potesse non funzionare, il fantasma di Akemi che aleggiava ancora tra lei e Shuichi impedendogli di riavvicinarsi, la paura di morire senza aver vissuto la vita che voleva: aveva solo vent’otto anni e già tutto questo fardello sulle spalle.
Camminò fino in cucina, credendo di trovarla deserta, ma la luce accesa le fece capire che si sbagliava. Shuichi stava facendo bollire dell’acqua e le dava le spalle.
 
- Shu- sussurrò, per non spaventarlo.
- Ah, sei sveglia?- rispose, girandosi verso di lei.
- Anche tu-
- Stavo facendo del tè-
- Abbiamo avuto la stessa idea allora- sorrise.
 
Si sedette sullo sgabello di fronte al piano della cucina e osservò il collega prendere un’altra tazzina, porvi dentro una bustina di tè e porgergliela. Lo ringrazio e restò silenziosamente in attesa che l’acqua bollisse.
Sorprendentemente, fu Shuichi a rompere il silenzio.
 
- Non riesci a dormire?-
- Non so come facciano gli altri a farlo-
- Dovresti cercare di riposare, domani sarà probabilmente la giornata più difficile della tua vita-
- Disse quello che a mezzanotte stava preparando il tè-
- Touché- sorrise.
 
Aspettò che le versasse l’acqua nella tazzina e la osservò tingersi di un colore ambrato. L’immagine si sovrappose a quella del sangue di suo padre che colava espandendosi sul pavimento, lasciandole una sensazione di mancanza di respiro nel petto.
 
- Tutto bene?- le chiese Shuichi, a cui non sfuggiva nulla.
- Sono solo nervosa-
- Cerca di calmarti, se gli facciamo vedere che abbiamo paura ci schiacceranno come insetti-
- Come ci riesci?-
- A fare cosa?-
- Ad essere sempre così freddo e distaccato, come se nulla ti toccasse, come se non avessi paura di niente-
- Non posso permettermi alcuna esitazione. C’è in gioco troppo- ammise.
- Ma se perdi la tua umanità allora cosa ti rende diverso da loro?-
 
Shuichi non rispose, tolse la bustina di tè dalla tazza e se la portò alle labbra, bevendo un piccolo sorso. Era ancora troppo caldo per gustarselo senza bruciarsi la lingua.
 
- Cosa ti spaventa così tanto, Jodie?-
- Fallire, credo-
- Non ti fidi del piano ideato dal ragazzino? Fino ad ora non ha mai sbagliato una mossa. Lo hai sempre detto tu stessa che era il tuo detective preferito-
- Certo che mi fido di lui e anche di te se è per questo. È di me stessa che non mi fido-
- Perché?- la fissò stranito.
- Perché se voi siete l’asso nella manica io sono l’anello debole della catena- ammise - Non sono così presuntuosa da pensare di essere al vostro stesso livello-
- Cosa te lo fa pensare?-
- Tutti gli errori che ho commesso fino ad oggi, tanto per cominciare-
 
La chiave lasciata inserita nella sua vecchia Peugeot che Vermouth aveva prontamente rubato per scappare, l’aquilegia con la bomba inserita che non aveva controllato prima di recapitare a James, l’avventatezza con cui aveva indagato senza sosta (e senza riflettere) dopo la presunta morte di Shuichi, l’errore ortografico nel messaggio in codice che era costato la vita a dei suoi colleghi. Il peso delle colpe si faceva sentire, in quel momento più che mai. Per tutta la vita aveva vissuto con l’obiettivo di vendicare la morte dei suoi genitori e solo adesso si rendeva conto di quanto fosse debole per realizzarlo. A volte la volontà non è sufficiente per raggiungere uno scopo, per quanto grande essa sia.
 
- Credi di essere l’unica ad aver commesso degli errori?- le chiese, guardandola dritto negli occhi con aria di rimprovero.
 
Quelle pupille color smeraldo erano capaci di scavarle dentro ogni volta che posava lo sguardo su di lei, come ladri che le rubavano l’anima. Chissà se lui era consapevole del potere che aveva su di lei, di quei sentimenti che continuava a covare nonostante tutto come scintille sotto la cenere.
 
- No, però…-
- Appunto. Non dovresti angustiarti per cose passate, non adesso. È il momento peggiore per lasciarsi andare-
- Lo so- abbassò la testa.
- Ora bevi il tè e poi vai a dormire-
 
C’erano così tante cose che avrebbe voluto dirgli, così tanto di cui parlare, questioni irrisolte a cui avrebbe voluto mettere la parola fine per non potarsi i rimpianti nella tomba, ma sapeva che se avesse anche solo tentato ad accennarle, Shuichi avrebbe troncato il discorso sul nascere. Probabilmente anche lui aveva la testa invasa dai pensieri in quel momento e lei non era nemmeno nella lista. Mentre pensava a lui, lui pensava ad Akemi. Ancora poche ore e l’avrebbe vendicata.
Si alzò dallo sgabello e posò la tazza nel lavandino.
 
- Grazie per il tè- abbozzò un sorriso.
 
Mosse i primi passi per tornare al piano superiore, ma una sorta di energia invisibile sembrava volerla trattenere lì. Il destino avverso le aveva portato via tutto e fino a quel momento aveva sempre cercato di cavarsela da sola, di non dover dipendere da nessuno: ora che la morte avrebbe potuto sfiorarla con le sue gelide mani, avvertiva il bisogno di un appiglio a cui aggrapparsi e la sua ancora era Shuichi. Era sempre stato lui l’unico uomo (escluso James) su cui aveva potuto contare e questo non era mai cambiato, nonostante tutto. Quella notte sentiva la necessità di restare accanto a lui, forse per l’ultima volta.
Mentre esitava sullo stipite della porta, Shuichi la raggiunse e le posò una mano sulla spalla, invitandola a proseguire nel suo cammino. Percorsero insieme e in silenzio il corridoio, fino a quando non giunsero di fronte alla porta dello studio di Yusaku.
 
- Buonanotte Jodie- le disse semplicemente.
 
Lo guardò quasi implorandolo di non entrare. Proprio lui, che era sempre stato così perspicace e che aveva sempre saputo leggerla come un libro aperto, perché non riusciva a comprendere quali fossero i suoi sentimenti in quel momento?
 
- Shu…non voglio restare sola stanotte- ammise.
- Preferisci stare qui con Camel e James?- le chiese.
 
Chiuse gli occhi e abbassò la testa, mentre quella sgradevole sensazione di abbandono che aveva provato cinque anni prima quando l’aveva lasciata tornò a pervadere il suo essere, come un morbo incurabile che la divorava dall’interno. Era davvero così concentrato su se stesso da non capire che ciò di cui aveva bisogno in quel momento non era certo la presenza di Camel o James ma la sua?
Se era così, allora avrebbe trascorso la notte sola e tormentata dai suoi fantasmi piuttosto che con un uomo che era più concentrato a macerare nel dolore del ricordo di una defunta invece che preoccuparsi di lei che era ancora lì, viva accanto a lui.
 
- Buonanotte Shuichi- lo salutò nello stesso modo in cui lui aveva fatto prima con lei, ma ancora più freddo, per quanto possibile.
 
Gli diede le spalle e salì le scale velocemente, prestando meno attenzione al rumore. Voleva solo tornare in camera e seppellirsi sotto le coperte, sperando che il sonno venisse a farle visita e si portasse via tutto. L’aveva chiamato con il suo nome completo, cosa che aveva fatto solo poche volte: quando era arrabbiata e quando voleva prendere le distanze.
Si chiuse nella stanza e si coricò sul letto, avvolgendosi nella coperta. Pianse in silenzio, come quando da bambina non voleva farsi sentire da James per non dargli un dispiacere.
Poco dopo le sembrò di sentir bussare delicatamente alla porta. Sollevò il busto e rimase in ascolto nel buio della stanza illuminata solo dalla luce lunare che filtrava dai vetri. Di nuovo quei delicati tocchi si fecero sentire.
Accese la luce della lampada sul comodino e cercò di asciugarsi le tracce lasciate dalle lacrime meglio che poteva; poi andò ad aprire la porta. Davanti a sé ritrovo colui che aveva lasciato al piano di sotto poco prima.
 
- Ti ho svegliata?- le chiese.
- Credevo fossi tornato a dormire- rispose.
- Posso entrare?-
- Sono stanca e devo riposare. Me lo hai detto tu stesso-
- Perché tutt’ad un tratto sei diventata così fredda? Non ti si addice, tu non sei così-
 
Si morse l’interno del labbro e distolse lo sguardo.
 
- Forse perché ho espresso dei sentimenti e tu mi hai liquidata?-
- Jodie, in questo momento…-
- Lo so- lo interruppe - So bene come stanno le cose, non c’è bisogno che me lo ricordi. Io non ti ho mai chiesto niente, Shu. Non pretendo nulla, mi va bene così. Ti ho solo chiesto di non lasciarmi sola stanotte-
 
Sentì le lacrime pungerle nuovamente gli occhi, ma cercò di trattenersi per non mostrarsi più vulnerabile di quanto non si fosse già mostrata di fronte a lui. Non poteva dirgli ciò che aveva realmente desiderato in tutto quel tempo, perché farlo avrebbe significato perderlo anche solo come amico. Non era vero che le andasse bene così, se l’era fatto andare bene. Erano due cose molto diverse.
Shuichi chiuse gli occhi e si concesse un istante di riflessione, per poi voltarsi e chiudere la porta della camera, con sua grande sorpresa.
 
- D’accordo, resterò qui-
- Grazie- sussurrò.
 
Tornò a coricarsi sul letto e si girò su un fianco, rannicchiandosi. Sentì il materasso appesantirsi sul lato opposto, segno che Shuichi si era disteso accanto a lei. Spense la luce e restò vigile con gli occhi aperti, in attesa di ulteriori eventuali commenti da parte del collega, i quali non tardarono ad arrivare.
 
- Certo che sei un bel tipo- le disse.
- Perché?-
- Mi chiedi di restare con te e poi ti giri dall’altra parte-
- Te l’ho detto, volevo solo un po’ di compagnia. Non ho mai avuto intenzione di saltarti addosso, se è quello che credevi-
 
La verità era che avrebbe tanto voluto che la stringesse fra le sue braccia, dormire stretta a lui tutta la notte. Nell’aria della stanza sentì il profumo della sua colonia maschile espandersi e si ricordò di averla comprata anche lei, per poter sentire ancora il suo odore quando se n’era andato.
 
- Buonanotte allora- replicò.
- Buonanotte-
 
Cullata da quella fragranza così familiare e dalla sua sola presenza sufficiente a tranquillizzarla, piano piano riuscì ad abbandonarsi ad un sonno ristoratore.
 
Tuttavia, al suo risveglio quella sensazione che la morte stesse per manifestarle il suo volto non se n’era andata.
 
 
 
 
ANGOLO DELL’AUTORE
Questa sarà una mini long di 3, massimo 4 capitoli. Il prossimo capitolo sarà molto intenso, siete avvisati! 😉

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Capitolo 2
*** Capitolo 2: Tu mi salvi sempre ***


Capitolo 2: Tu mi salvi sempre
 
 
Nella penombra della stanza di quel vecchio edificio in cui Vermouth l’aveva trascinata con l’inganno, se ne stava seduta a terra con la schiena poggiata a una parete e le gambe semi distese. Dalla ferita a lato della gamba sinistra, poco sotto il polpaccio, il sangue caldo continuava a sgorgare lentamente ma incessantemente. Avvolta nel silenzio, l’unica cosa che sentiva erano i suoi soffocati singhiozzi. Avrebbe voluto gridare aiuto, ma sapeva che nessuno l’avrebbe sentita: non c’era anima viva nei paraggi a parte lei.
Vermouth se n’era andata dopo averle sparato ad una gamba per impedirle di correre via o anche solo di camminare. Le aveva finalmente rivelato il segreto della sua eterna giovinezza e poi, mentre la rincorreva e si facevano fuoco a vicenda, un proiettile l’aveva colpita. Credeva che la sua storica nemica giurata ne avrebbe approfittato per darle il colpo di grazia, invece aveva scelto di porre fine alla sua esistenza nel modo più crudele possibile: ricreando la stessa scena che aveva vissuto anni prima. Le aveva tolto gli occhiali un tempo appartenuti a suo padre e li aveva calpestati fino a rompere le lenti e piegare il telaio, poi le aveva detto “Ti concederò l’onore di assaggiare la stessa medicina che vent’anni fa ho fatto assaggiare al tua caro papà. Sei felice? Presto questo edificio sarà avvolto dalle fiamme e tu morirai bruciata. Addio per sempre, gattina dell’FBI”.
Se n’era andata, lasciandola lì dolorante e impotente. Era quella che si poteva definire una morte lenta e dolorosa. Solo ora comprendeva che la sensazione che l’aveva accompagnata durante tutta la notte fino al mattino era in realtà un presagio. Nonostante avesse scelto un lavoro che metteva a rischio la vita, non era davvero preparata a morire. Non in quel modo, per lo meno.
Veniamo al modo soli e spesso ce ne andiamo allo stesso modo. Poteva accettare anche quello, dopotutto, ma erano i rimpianti a darle fastidio, come il proiettile conficcato nella sua gamba. Avrebbe dovuto ringraziare più spesso James per ciò che aveva fatto per lei, avrebbe dovuto fare cose che aveva rimandato pensando di avere tutto il tempo del mondo, avrebbe dovuto dire a Shuichi quello che provava ancora per lui. Desiderava così tanto che il suo eroe venisse a salvarla, ma gli eroi esistevano solo nei fumetti.
All’improvviso il suono di passi che si avvicinavano correndo arrivò distintamente alle sue orecchie. Il suo primo pensiero fu che Vermouth avesse cambiato idea e fosse tornata indietro per ucciderla prima di darle fuoco, pertanto cercò di reprimere il pianto e di non emettere alcun tipo di rumore. Forse se l’avesse creduta già morta dissanguata se ne sarebbe andata.
Capì che si sbagliava quando una voce a lei familiare gridò il suo nome.
 
- Jodie!-
 
Shuichi. Il suo angelo custode era venuto per lei.
 
- Shu!- cercò di alzare la voce, per quanto le forze glielo permettessero.
 
Si sentiva sempre più debole e presto avrebbe faticato a restare cosciente.
Con gli occhi annebbiati dalle lacrime e dalla debilitazione, osservò l’imponente figura di Shuichi avvicinarsi e chinarsi di fronte a lei.
 
- Cos’è successo?!- chiese, visibilmente agitato.
- Mi dispiace, non sono riuscita a fermarla…- scoppiò a piangere.
 
Lo sguardo di Shuichi si posò sulla sua gamba e sulla macchia di sangue che si era estesa sul pavimento. Poteva leggere nei suoi occhi tutta la preoccupazione del mondo e da un lato le fece piacere: significava che in qualche modo gli importava ancora di lei, che non l’aveva cancellata dalla sua memoria.
 
- Vieni, andiamocene da qui- le passò un braccio sotto alle spalle, cercando di sollevarla.
- Non riesco a camminare, ci ho provato…-
- Allora ti porterò in braccio-
- Ci impiegheresti troppo tempo…Non voglio che tu muoia bruciato qui dentro-
- Bruciato?-
- Vermouth ha detto che avrebbe appiccato il fuoco all’edificio per bruciarmi come ha fatto con mio padre- riprese a singhiozzare.
- Non c’è nessun fuoco, Jodie. Non ancora. Dobbiamo andare via prima che lo faccia sul serio-
- Se non lo ha ancora fatto significa che è ancora qui dentro, da qualche parte, o che tornerà. Devi metterti in salvo, Shu! Ti prego…-
 
Le prese il volto fra le mani e con i pollici le asciugò le lacrime che colavano sulle guance rese pallide dall’emorragia.
 
- Non me ne vado senza di te, Jodie-
 
Quelle parole riscaldarono il suo cuore, rendendola felice come non lo era da tempo. Se fosse morta di colpo in quel momento le sarebbe andato bene comunque. Shuichi era venuto per lei e questo le bastava. Non sarebbe morta da sola e l’ultima cosa che avrebbe visto sarebbe stata il volto di quell’uomo che aveva amato con tutto il cuore.
 
- Sono stanca, Shu…- sussurrò, mentre le forze l’abbandonavano.
- Devi cercare di stare sveglia. Parlami-
- Ho freddo…-
 
Lo vide togliersi velocemente la giacca in pelle che indossava sempre e avvolgergliela intorno alle spalle. Sprigionava un aroma di tabacco e di quella colonia che tanto amava.
Gli sorrise e nel mentre i suoi occhi si chiusero.
 
- Jodie! Resta con me- la risvegliò, scuotendola delicatamente.
- Sono stanca…- ripeté con un filo di voce.
- Lo so, ma devi resistere. Adesso ce ne andiamo-
- Non c’è più tempo. Devi andare da solo, Shu-
- No-
 
Cercò di concentrarsi su di lui per non perdere nuovamente i sensi e lo osservò estrarre un coltellino dalla tasca e tagliarsi una manica della camicia, con la quale le fasciò stretta la ferita per cercare di bloccare, per quanto possibile, l’emorragia. Si sentì sollevare di peso da terra e gli cinse il collo con le braccia per aggrapparsi. La teneva in braccio proprio come in quei film dove l’eroe salva la ragazza indifesa.
Fu in quel momento che realizzò di non avere più tempo, di non poter rimandare oltre ciò per cui aveva pazientemente atteso fino a quel momento. Morire con dei rimpianti sarebbe stato peggio che morire per mano dell’assassina di suo padre.
Con le poche forze che le restavano, portò una fredda mano al volto di Shuichi e lo invitò a guardarla negli occhi.
 
- Tu mi salvi sempre- disse, quasi sussurrando.
- Te lo avevo promesso, ricordi?- sorrise.
- Ti amo Shu. Non ho mai smesso di amarti. Anche se morirò, sono felice di farlo tra le tue braccia- ricambiò il sorriso fra le lacrime.
 
Avvicinò lentamente il volto al suo e gli diede un delicato bacio sulle labbra, quasi uno sfiorarsi. Shuichi non si sottrasse e non si oppose.
Posò la testa sulla sua spalla e chiuse gli occhi, ormai stremata. Con il poco barlume di coscienza che le restava, sentì Shuichi avviarsi velocemente verso l’uscita della stanza e iniziare a percorrere il corridoio quasi correndo. Si fermò quasi subito, quando una voce familiare giunse alle loro orecchie.
Il diavolo era tornato.
 
- Ma guarda chi abbiamo qui, Shuichi Akai in persona. Che onore- ironizzò Vermouth - Sei venuto a salvare la tua fidanzata? O vuoi morire insieme a lei?-
- Non dovevi tornare qui, mela marcia- le rispose Shuichi, con un tono glaciale che avrebbe fatto rabbrividire un boia.
- Non ti conviene fare il gradasso, ho già appiccato il fuoco in diversi punti dell’edificio. Resta solo una via d’uscita, ma per arrivarci devi venire verso di me. Con la tua gattina in braccio non puoi usare la pistola e se ti distrai per posarla a terra io sparerò per prima. Sei in trappola, Silver Bullet- lo minacciò.
 
Immaginò che gli stesse puntando la pistola contro, ma non aveva la forza di aprire gli occhi. Voleva gridare a Shuichi di mettersi in salvo, ma non riusciva a fare nemmeno quello.
Ci fu qualche istante di silenzio in cui non riuscì a comprendere cosa stesse succedendo; poi sentì il corpo di Shuichi abbassarsi e temette il peggio. Vermouth non avrebbe di certo esitato a sparargli, ma a lui sembrava non importare. Si sentì posare a terra e attese l’inevitabile che, tuttavia, non accadde. Le calde dita di Shuichi si posarono sul suo collo: le stava controllando le pulsazioni cardiache.
Seguirono altri istanti di silenzio, fino a quando l’odiosa voce di Vermouth risuonò di nuovo tra le pareti.
 
- Che scena commovente! La gattina ha tirato le cuoia tra le tue braccia…Ti farò il favore di raggiungerla, così potrete stare per sempre insieme-
 
Successe tutto in un attimo: un colpo di pistola e poi un tonfo metallico al suolo, riconducibile a una pistola che cadeva. Pregò con tutto il cuore che, in qualche modo, l’uomo che amava fosse riuscito a disarmare la donna che detestava. Ne ebbe la conferma solo dopo aver udito un secondo sparo.
 
- Questo è per mia madre- disse Shuichi, tagliente come la lama di una katana.
 
Un terzo e ultimo colpo di pistola.
 
- E questo è per Jodie-
 
Non poteva vedere, ma era certa che fosse tutto finito. Si sentì sollevare in aria ancora una volta e capì di essere ritornata tra le braccia di Shuichi, il quale riprese a correre verso l’ultima uscita rimasta di quell’edificio, sperando che le fiamme non avessero già avvolto tutto.
L’ultima cosa che ricordò prima di perdere completamente i sensi fu il suono delle sirene, forse di un’ambulanza o forse dei pompieri, e la voce di Camel che chiamava il suo nome.
 
 
 
ANGOLO DELL’AUTORE
Spero di essere riuscita a ricreare il pathos che volevo in questo capitolo che sarà il più intenso della storia.
La scena di Jodie ferita da un proiettile alla gamba che viene soccorsa da Shuichi e la frase “Tu mi salvi sempre” sono state ispirate dall’episodio 16 della serie One Tree Hill, che credo sia il mio preferito di tutta la serie.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3: Le cose che fai per me ***


Capitolo 3: Le cose che fai per me
 
 
Quando riaprì gli occhi le ci vollero diversi secondi per abituarsi alla luce e mettere a fuoco l’ambiente circostante. Le pareti bianche e verde acqua, le tende color crema alle finestre, le sbarre a fianco del letto, la flebo attaccata al braccio: si trovava chiaramente in un ospedale. Anche l’odore di anestetico nell’aria era tipico di quel luogo, ma in quella stanza avvertiva anche un aroma differente che si mescolava all’altro. Una sorta di nota floreale.
Girò piano il capo e fu allora che si accorse dello splendido mazzo di riposto all’interno di un vaso sul comodino. Poco più in là, alla finestra, Shuichi stava osservando il mondo all’esterno dai vetri chiusi.
 
- Shu…- sussurrò.
 
Il suo principe dagli occhi verdi si girò subito verso di lei e si avvicinò al letto.
 
- Ti sei svegliata, finalmente. Sei sempre stata una dormigliona-
- Cos’è successo?- si portò una mano alla fronte - Ho dei ricordi confusi-
- Che cosa ricordi?-
- Di averti sentito parlare con Vermouth, poi degli spari, ma non riuscivo a tenere gli occhi aperti quindi non ho visto nulla. Poi ti ho sentito correre e c’era la voce di Camel che mi chiamava-
- Ho finto che fossi morta così da poterti posare a terra senza che lei sparasse per prima. Ho preso la pistola e le ho dato la lezione che meritava-
- L’hai uccisa?-
- Beh, direi che con un buco allo stomaco e uno in fronte non ci siano molte possibilità che sia sopravvissuta. Aggiungiamoci le fiamme che stavano divampando nell’edificio…-
- E gli altri?-
- Gli altri chi?-
- Gli altri membri dell’Organizzazione. Li avevi già fatti fuori prima di venire da me? Come sapevi che mi trovavo lì?-
- Quante domande. Pensa a riposare adesso, ne parleremo quando ti sarai ripresa-
- Tu stai bene?-
- Sei in un letto di ospedale dopo che ti hanno estratto un proiettile dalla gamba e hai perso molto sangue e ti preoccupi per me?- sorrise.
- Hai rischiato la vita per salvarmi…-
- Lo rifarei altre mille volte-
 
Chiuse gli occhi e nella sua mente ripeté quella frase mille volte: suonava come la dolce melodia di un violino in una sera d’estate.
La loro conversazione fu interrotta dalla porta che si apriva; James entrò nella stanza e non appena la vide cosciente si precipitò accanto a lei.
 
- Jodie, sei sveglia- le accarezzò la testa.
 
Nei suoi occhi che iniziavano ad essere ingialliti e consunti dal tempo lesse la felicità di un padre che aveva visto la propria figlia tornare alla vita dopo aver toccato la morte. Doveva tanto a quell’uomo.
 
- Io vado a prendere un caffè e a riposare un po’- disse Shuichi - Mi dai il cambio?- chiese a James.
- Ma certo, va’ pure-
 
Non voleva che se ne andasse, ma aveva notato il suo volto stanco e non poteva certo impedirgli un po’ di sano riposo. Lo seguì con lo sguardo fino a quando non si chiuse la porta alle spalle.
 
- Come ti senti?- le chiese James.
- Stanca. E la gamba mi fa male-
- Ringrazio il cielo che Akai è arrivato in tempo-
- Già. Mi dispiace di avervi fatti preoccupare-
- L’importante è che tu sia viva-
- Grazie per i fiori, James- gli sorrise, indicando il vaso.
- Oh, mi spiace ma non te li ho portati io-
- Sul serio?- si stupì - Ero convinta di sì-
- Sono di Akai-
 
Lo fissò a bocca aperta, non riuscendo a credere a ciò che aveva appena sentito.
 
- Shu mi ha portato dei fiori?-
- È rimasto accanto a te tutto il tempo, non ha quasi dormito. Gli ho proposto diverse volte di andare a farsi una doccia o riposarsi, ma ha sempre rifiutato- spiegò il suo capo - Sembrava davvero preoccupato, l’ho visto così poche volte-
- Capisco…allora lo ringrazierò quando tornerà-
 
Parlò ancora un po’ con James, poi l’infermiera venne a controllare e le diede un’altra dose di antibiotico e antidolorifico, che le causarono sonnolenza e la rimandarono nel mondo onirico.
 
Si svegliò qualche ora dopo, giusto in tempo per la gustosa cena che l’ospedale aveva da offrirle: brodo di pollo con pastina e gelatina alla frutta. Nel frattempo, Shuichi era tornato da lei e aveva dato il cambio a James.
 
- Sei già qui? Perché non sei rimasto a riposare un po’ di più?- lo rimproverò.
- Ho riposato abbastanza. Tu invece sei in letargo, a quanto vedo-
- Sono tutte queste medicine a farmi venire sonno- storse il naso.
- Mangia qualcosa, così ti rimetti in forze-
- Tu lo mangeresti questo schifo?- guardò inorridita il menù davanti a lei.
- Non disprezzare il cibo-
- Sai bene che non sono schizzinosa, ma di certo dopo essere scampata alla morte vorrei mangiarmi una pizza o una bistecca invece che del brodo di pollo!-
- Quando uscirai da qui potrai mangiare tutto quello che vorrai-
 
Sospirò, iniziando a mangiare svogliatamente cucchiaiata dopo cucchiaiata. Shuichi si appoggiò con una spalla al muro e restò a guardare fuori dalla finestra, evitando di fissarla mentre mangiava. Tornò vicino al letto solo quando ebbe finito.
 
- Ora puoi raccontarmi com’è andata?- gli chiese, impaziente di sapere.
 
Si sedette accanto al letto e iniziò dal principio: le raccontò di come aveva fatto fuori Gin, di come Bourbon e Kir avevano aiutato lui e Camel, di come Conan fosse stato incredibile, di come avesse ottenuto l’informazione riguardo al luogo dove Vermouth l’aveva condotta. Le disse anche che finalmente la sua famiglia aveva potuto riunirsi e suo padre era sano e salvo.
 
- E allora cosa ci fai ancora qui?! Perché non sei con loro a goderti il momento?!-
- Perché tu hai più bisogno di me di quanto non ne abbiano loro in questo momento-
 
Quella risposta la fece arrossire e distogliere lo sguardo dal suo.
 
- Può rimanere James qui con me-
- Tranquilla, avrò tempo di stare con loro. Gli ho spiegato la situazione e hanno convenuto che debba restare con te adesso-
 
Ripensò a tutto ciò che era successo nelle ultime ventiquattro ore: Shuichi aveva rischiato la sua stessa vita per salvarla, era rimasto al suo fianco in ospedale, le aveva portato dei fiori e ora stava rinunciando a trascorrere del tempo con la sua famiglia per continuare a vegliare su di lei.
Nella sua mente ancora confusa sugli ultimi avvenimenti, si fece spazio l’immagine di lei che con le ultime forze gli confessava il suo amore e lo baciava. Sperò che Shuichi se ne fosse dimenticato, ma conoscendolo era molto improbabile.
 
- Ti ricordi altro di quanto è successo?- gli chiese, cercando di indagare senza essere diretta.
- Io ricordo tutto, eri tu quella che perdeva i sensi-
- Certo-
 
Tacque, fissandosi i piedi in preda all’imbarazzo.
 
- Stai pensando se baciarmi di nuovo?- le chiese a bruciapelo.
 
Maledizione, ma perché riusciva a comprenderla solo quando era meno opportuno farlo?! La sera prima sembrava proprio non voler capire il suo bisogno che restasse accanto a lei e ora era bastata una domanda e uno sguardo distolto per farlo arrivare dritto alla conclusione.
Non credeva sarebbe sopravvissuta, per questo aveva deciso di dichiarargli i suoi sentimenti: se avesse saputo che le cose sarebbero andate diversamente, avrebbe evitato di esporsi tanto.
 
- Speravo avessi scordato quella parte- ammise.
- Perché avrei dovuto?-
- Stavo perdendo molto sangue e credevo sarei morta, non intendevo davvero dire o fare quelle cose-
 
Quella bugia le fece male più di quanto non le facesse la ferita alla gamba. Aveva trovato il coraggio di ammettere ciò che provava e ora se lo stava rimangiando per paura di un rifiuto. Non era così fiduciosa da credere che tutto ciò che Shuichi aveva fatto per lei fosse segno di un amore ricambiato, ma piuttosto di un affetto per una persona cara. Sicuramente avrebbe fatto lo stesso per Camel o per Conan.
 
- Quindi te lo stai rimangiando?- chiese lui, con gli occhi chiusi e un’espressione seria sul volto.
- Ecco…io…- sbiascicò, incapace di formulare frasi di senso compiuto - Perché non ci dimentichiamo di questo dettaglio? Che ne dici?- suggerì, non sapendo come uscirne.
- Mi dispiace, non posso far finta di niente-
 
Sospirò, consapevole che non sarebbe arrivata da nessuna parte: Shuichi era un avversario troppo forte da battere per lei.
 
- Allora cosa vuoi fare?-
- Speravo me lo dicessi tu. Sei tu che hai detto che mi ami ancora-
- Vuoi rinfacciarmelo a vita?-
- Non ti sto rinfacciando nulla-
- Quindi cosa ti aspetti che faccia? Che te lo ridica di nuovo?-
- Credevo ti interessasse sapere la mia risposta-
- Risposta a cosa?- non comprese.
- Normalmente se dici a qualcuno che lo ami vuoi sapere se sei ricambiato o meno-
- Non ho bisogno di chiedertelo, so già qual è la risposta- si intristì.
- E come la sai?-
- È sempre stata evidente. Non hai mai smesso di pensare a lei nemmeno un secondo in questi ultimi due anni-
 
Il silenzio calò fra loro come un macigno gettato in un lago. Fino a quel momento non aveva mai osato nominarla o toccare l’argomento di fronte a lui, per paura di sembrare indelicata. Sapeva bene quali fossero i suoi sentimenti, li aveva mostrati anche la notte prima quando aveva titubato nel restare a dormire con lei: nessun uomo innamorato si sarebbe fatto scrupoli a trascorrere la notte con la donna che amava.
Alla stregua di un angelo venuto dal cielo, un’infermiera entrò nella stanza per comunicare che l’orario di visita era giunto al termine e che Shuichi doveva lasciare la stanza, ponendo così fine a quella conversazione troppo difficile che stava prendendo una brutta piega.
 
- Ci vediamo domani, Shu- lo salutò, ma lui lasciò la stanza senza dire nulla.
 
 
Il giorno dopo non si fece vedere in ospedale. Dopo giorni trascorsi lì a vegliare su di lei, all’improvviso sembrava essersi volatilizzato nel nulla. Persino James si stupì e le chiese se fosse successo qualcosa, ma lei negò prontamente: di certo era l’ultima persona a cui avrebbe parlato della situazione che si era creata e della sua confessione in punto di morte. Usò la scusa che forse si stava finalmente concedendo del tempo insieme alla sua famiglia e James, fortunatamente, le credette.
Attese tutto il giorno che il suo eroe tornasse da lei, ma alla fine della giornata rimase sola in compagnia della sua delusione e di quei fiori che stavano dando i primi cenni di appassimento.
Nel pomeriggio del giorno successivo, finalmente il disperso riapparve. Fu felice di vederlo, nonostante il modo in cui si erano lasciati. James ne approfittò per andare a sbrigare delle faccende lavorative e li lasciò soli.
 
- Come ti senti?- le chiese.
- Non tanto bene-
- Ti fa male la ferita?-
- Anche quello-
 
La cicatrice che le doleva e le prudeva sotto la benda era il meno se confrontata al morale a terra.
 
- Entro la fine della settimana ti dimetteranno, così potrai mangiare la pizza che volevi-
- Già- abbozzò un sorriso - Non voglio più vedere del brodo di pollo e della pastina per il resto della mia vita-
- Se ti accontenti di uno stufato posso preparartelo io- si offrì.
- Mi andrebbe bene anche quello- ammise.
- Vorrà dire che ti inviterò a cena-
 
Arrossì di fronte a quell’invito così esplicito e inaspettato, considerati gli ultimi avvenimenti.
 
- Il Dottore dice che dovrò fare delle passeggiate per riabilitare la gamba- cambiò discorso per evitare di aumentare l’imbarazzo già evidente.
- Dopo il lavoro posso accompagnarti-
- Grazie Shu, ma non devi disturbarti-
- Se fosse un disturbo non te lo avrei proposto-
 
Aveva l’impressione che stesse cercando di fare di tutto pur di trascorrere del tempo con lei e non riusciva a capirne il motivo. Lui, che era sempre stato un lupo solitario, che cercava i suoi spazi e i suoi tempi, adesso sembrava bramare la sua compagnia. Quel “Ti amo” doveva avergli sortito uno strano effetto.
 
- Allora mi riserverò una passeggiata serale con te-
- Riservati anche altro tempo da trascorrere con me, visto che vivremo sotto lo stesso tetto per un po’-
- Eh?!- sgranò gli occhi - Che intendi?-
- Ho già chiesto il permesso ai Kudo: verrai a stare da loro fino a quando non ti sarai rimessa in sesto completamente-
- Ma perché?! Potevo stare nel mio appartamento, James sarebbe venuto a controllare e non avrei arrecato disturbo a nessuno!-
- Non dire sciocchezze, i primi tempi avrai bisogno di qualcuno che sia lì costantemente in caso avessi bisogno e James deve sbrigare dei lavori. Yukiko-san ha del tempo libero e ti darà una mano volentieri-
- Ma…-
- Niente ma-
 
Ormai non sapeva più che dire di fronte a tanta risolutezza, pertanto non cercò di opporsi. In fondo un po’ di compagnia le avrebbe fatto piacere.
Osservò Shuichi estrarre dalla tasca interna della giacca un sacchettino di stoffa color crema, chiuso da un cordone del medesimo colore, che le porse.
 
- Che cos’è?-
- Qualcosa che ti farà molto piacere-
- Hai qualche altra sorpresa per me?- chiese, non sapendo più cosa aspettarsi.
- Questa era l’ultima-
 
Sciolse il nodo del cordoncino e lo tirò per allargare l’apertura del sacchetto, dal quale estrasse niente meno che gli occhiali un tempo appartenuti a suo padre. In un primo momento non riuscì a crederci: ricordava bene che Vermouth li aveva nuovamente distrutti, calpestandoli davanti ai suoi occhi. Si vedeva che non erano certo nelle loro migliori condizioni, ma la montatura era stata sistemata per quanto possibile e le lenti rotte erano state sostituite.
 
- Shu…- riuscì solo a dire.
- Li ho raccolti quando ti ho presa in braccio. Li ho fatti riparare, ma non torneranno come prima. Mi dispiace-
 
Aveva avuto il sangue freddo di salvarla e di salvare anche quel memento così importante per lei.
Una lacrima sfuggì al suo controllo e la cancellò dal suo viso con un veloce gesto della mano.
 
- Non importa, hai fatto anche più di quello che dovevi. Grazie. E scusami per l’altro giorno, non volevo essere indelicata-
- Di questo parleremo quando starai meglio. Ho sbagliato anche io, non era un discorso da affrontare ora-
 
 
Trascorse i restanti giorni in ospedale con un umore decisamente migliore rispetto a prima. Le costanti visite di Shuichi la allietavano e non vedeva l’ora di tornare a casa per poter trascorrere del tempo con lui fuori da quelle tristi mura. Non sapeva ancora come sarebbe andata a finire tra loro, cercava di non farsi troppe illusioni o di non tenere alte le aspettative; tuttavia cercava di godersi quello che le veniva concesso, senza pretendere troppo. Finché poteva stare con Shuichi, in qualsiasi modo e forma, avrebbe approfittato di quell’assaggio di felicità.
 
 
 
ANGOLO DELL’AUTORE
Il prossimo capitolo sarà l’ultimo di questa mini-long.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4: È una promessa ***


Capitolo 4: È una promessa
 
 
Era ormai trascorsa più di una settimana da quando era stata dimessa e come predisposto stava trascorrendo la sua convalescenza a villa Kudo, aiutata da Yukiko ma soprattutto da Shuichi, quando non era al lavoro con gli altri dell’FBI prima di sbrigare le ultime cose. Ogni giorno tornava a casa prima che tramontasse il sole, in modo da poterla accompagnare a fare una passeggiata e mantenere così la sua promessa. Camminavano piano, l’uno accanto all’altra, fino a quando la gamba non le dava il segnale che era ora di riposarsi.
Le aveva preparato quel fantomatico stufato e doveva ammettere che non era male, ma aveva preferito di gran lunga le due cene fuori in cui l’aveva portata a mangiare dell’ottimo sushi e la pizza che tanto desiderava.
Non avevano più toccato l’argomento iniziato in ospedale, forse perché entrambi convenivano che certi tasti dolenti era meglio non toccarli. Yukiko aveva provato a farle alcune domande trabocchetto, indagando sulla natura della relazione che la legava a Shuichi e sostenendo che fosse innamorato di lei. Per quanto le sarebbe piaciuto, dubitava che la realtà dei fatti fosse quella. Condividevano lo stesso letto ogni notte, ma non si erano mai sfiorati nemmeno per sbaglio.
Anche quel giorno non era stato diverso dagli altri: verso le sei Shuichi era tornato dal lavoro ed erano usciti subito per la loro passeggiata. Durante il tragitto l’aveva aggiornata su come procedevano le varie burocrazie necessarie a chiudere una volta per tutte la storia (durata anche troppo) degli uomini in nero.
 
- E tu? Che cosa hai fatto oggi?- le chiese infine.
- Beh, vediamo…Ho cavalcato un unicorno, sconfitto un drago e dato la caccia ai fantasmi- ironizzò.
- Ti annoi, vero?- sorrise beffardo, avendo intuito il messaggio fra le righe.
- Mi conosci, non ci riesco a stare ferma-
- Presto tornerai alla tua vita, mi sembra che le tue condizioni migliorino in fretta-
- Sì, il Dottore dice che sto facendo grandi progressi e queste camminate aiutano. Però il segno della cicatrice resterà-
- Tutti i guerrieri hanno cicatrici-
- A me non piacciono-
- Le tue gambe saranno comunque piacevoli anche con una piccola imperfezione-
- Ma che dici, Shu!- arrossì, guardando dall’altra parte.
- Non è forse questa la tua preoccupazione?-
- Certo che no! Ok, forse un po’, ma…Tu da quando guardi le mie gambe?!-
- Da sempre- ammise.
 
Sentiva il cuore batterle a mille, nonostante stesse camminando troppo piano per aumentare il ritmo cardiaco. Era la sfacciataggine con cui Shuichi le aveva fatto quella confessione ad alzare la sua temperatura corporea e causarle le palpitazioni. Da quando era diventato così diretto?! Ma soprattutto: perché le guardava le gambe?
 
- Senti Shu- cercò di andare in fondo alla questione - Ultimamente sei strano-
- Strano? In che senso?-
- Da quando mi hai salvata non hai fatto altro che starmi vicino in tutti i modi, trascurando persino la tua famiglia. Mi hai portato i fiori all’ospedale, hai fatto riparare gli occhiali di mio padre, cucini per me, mi fai compagnia durante le mie passeggiate e ora mi dici senza peli sulla lingua che mi guardi le gambe. Io non capisco-
 
Shuichi restò in silenzio qualche secondo prima di replicare.
 
- Non ti viene in mente davvero nessun motivo?-
- Se non sapessi come stanno le cose penserei che hai una cotta per me-
- Le cotte le hanno gli adolescenti. Fra adulti, normalmente, si definisce amore-
 
Si fermò di colpo, come paralizzata. Non riusciva a credere alle sue orecchie…Aveva appena detto, anche se in modo indiretto, che la amava? Possibile che quello che aveva desiderato per così tanto tempo si stesse finalmente avverando? Com’era riuscito a dissimulare così bene quel sentimento?
Se prima era confusa adesso lo era anche di più.
Shuichi era andato avanti di qualche passo, poi si era accorto che lei non lo stava seguendo e si era fermato, tornando indietro. Adesso si trovavano l’uno di fronte all’altra e si fissavano negli occhi.
Fu lui a rompere il silenzio.
 
- Quando ti ho vista in quelle condizioni ho temuto che potessi non farcela. Eri in bilico tra la vita e la morte, se fossi arrivato più tardi ora non saresti qui-
- Questo lo so e te ne sono grata-
- Avevi ragione quando hai detto che non ho mai smesso di pensare a lei. È morta a causa mia, come potevo non pensarci-
- È più che comprensibile, tutti noi ci sentiamo in colpa. Ma c’è molto di più di questo. Tu l’amavi-
 
Ammettere quella dura verità ad alta voce le causò una sensazione di nodo alla gola.
 
- Hai ragione anche su questo-
- Dunque se ami lei non puoi amare anche me. Non si possono amare due donne contemporaneamente: me lo dicesti tu, ricordi?-
- Certo che lo ricordo, ma non avrei mai immaginato di avere torto marcio-
- Cosa vuoi dire?-
- Voglio dire che per quanto avessi iniziato a provare qualcosa per lei, non sono mai riuscito a cancellarti del tutto. È stata dura rinunciare a te-
- Shu…-
- Ho già perso qualcuno che amavo, non voglio che si ripeta di nuovo. Fin quando mi sarà possibile ti proteggerò, a costo della mia vita. È una promessa-
 
Colta da un impeto irrefrenabile, si spinse verso di lui prendendogli il volto fra le mani e baciandolo, questa volta con molta più passione rispetto al delicato sfioramento di labbra a cui si era limitata quando l’aveva salvata.
Colto alla sprovvista, dapprima Shuichi sembrò solo accettare passivamente; poi si sciolse e ricambiò a sua volta quel bacio. Le sembrava di sognare, non riusciva a crederci: forse era davvero morta dissanguata e tutto ciò che aveva vissuto dopo era una vita ultraterrena in paradiso, in cui tutti i suoi desideri potevano realizzarsi.
Si staccarono quando si accorsero di essere osservati da altri passanti: in Giappone amoreggiare pubblicamente era considerato un atto inappropriato e a volte si rischiava persino di essere arrestati.
 
- Stiamo dando spettacolo- sorrise.
- Già, meglio se torniamo a villa Kudo-
- Ti ricordo che non siamo soli nemmeno lì-
- Ma almeno abbiamo una stanza dove avere un po’ di privacy-
- Cosa pensi di fare, agente Akai?- lo guardò maliziosamente - Guarda che se vuoi che ti conceda le mie grazie, te le devi guadagnare- gli picchiettò una mano sulla guancia.
 
Ridacchiando fra sé e sé, gli diede le spalle e si incamminò sulla strada di ritorno. Shuichi l’affiancò con un’espressione tra il sereno e il divertito sul volto. Di certo avrebbero dovuto chiarire molte altre cose, ma quello era già un ottimo inizio da cui ripartire.
 
Tornati a villa Kudo cercarono di non dare troppo nell’occhio di fronte ai padroni di casa e a Conan (ormai tornato Shinichi), per non alimentare i loro sospetti. Non che ci fosse qualcosa di male, ma per il momento preferivano che quel ritrovato rapporto restasse fra loro, almeno fino a quando non avrebbero messo un punto definitivo al passato.
Dopo aver cenato e trascorso qualche ora tutti insieme nel salotto, ognuno si ritirò nella propria stanza. Si coricarono nel letto, questa volta però avvicinando i loro corpi e abbracciandosi. Parlarono per un’altra mezz’ora, alternando le chiacchiere a baci come quello che si erano scambiati poche ore prima, fino a quando non si addormentò con la testa posata sul suo petto, cullata dai battiti del suo cuore.
Si dice che non tutto il male venga per nuocere e forse era proprio così: aveva rischiato la vita, ma alla fine ne aveva ottenuta una nuova.
 
 
 
ANGOLO DELL’AUTORE
Ed eccoci arrivati alla fine di questa mini-long. Spero che vi sia piaciuta!

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