L'intruso

di _Fedra_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Diavolo arriva sempre in pieno giorno ***
Capitolo 2: *** Correzione bozze ***
Capitolo 3: *** Hugo delle meraviglie ***
Capitolo 4: *** L'intruso ***
Capitolo 5: *** La biblioteca ***
Capitolo 6: *** Senza volto, senza anima ***
Capitolo 7: *** Fabbricanti di sogni ***
Capitolo 8: *** Dietro la maschera ***



Capitolo 1
*** Il Diavolo arriva sempre in pieno giorno ***


1.
 
Il Diavolo arriva sempre in pieno giorno
 
*

 
 
 
 
 
 

Il bugiardo inganna i suoi stessi seguaci, l’ingannatore inganna se stesso.
(Plutarco, Ad Marcellum, Dialogo del Buon Governo)
 

 


Il Diavolo arriva sempre in pieno giorno, quando il sole allo zenit nasconde qualsiasi presenza di ombre dietro la sua luce calda e gentile. Puoi trovarlo seduto dietro al tavolino di un bar, con il suo aspetto dimesso e un sorriso timido che a tratti appare irresistibile.
Sembra capitato lì per caso, e invece sta aspettando proprio te.
Sa bene che a quell’ora entrerai nel locale e ordinerai due tramezzini più un deca, senza zucchero. Lo fai tutti i giorni da un mese, ormai, dal momento che hai iniziato a frequentare la Scuola di Comics situata a cinquecento metri da lì.
Ti piacerebbe diventare un’autrice di graphic novel, stai lavorando a una saga fantasy che di recente è uscita sul Web. Non sei brava a tenere la bocca chiusa, e si vede: ne hai parlato più volte con il barista, anche se il più delle volte lui non sembra ascoltarti neppure.
Il Diavolo ormai sa che sei caduta nella sua trappola. L’hai visto, nascosto dietro lo schermo di un enorme tablet su cui pesta di continuo senza alzare mai lo sguardo. Hai anche pensato di attaccare bottone con lui, visto che frequentate la stessa scuola, ma finora non hai avuto il coraggio.
Lui lo sa e aspetta, con pazienza, il momento giusto. È solo una questione di tempo prima che proverai la necessità impellente di sederti al suo fianco. Solo allora lui alzerà lo sguardo dallo schermo. Proprio nel momento in cui sarai tu a chiamarlo. Dopotutto, esaudire i desideri più reconditi è il suo mestiere.
Inizierai a parlare, perché il suo aspetto rassicurante spinge le persone ad aprirsi con lui. Gli racconterai tutto, anche ciò che non vorresti. Ne hai un gran bisogno, non ti sembra vero di avere qualcuno disposto ad ascoltarti in mezzo alla desolata solitudine in cui sguazzi.
Vivi sola insieme ad altre due ragazze che sì e no ti salutano quando vi incrociate. Sei a dir poco scappata dal paesino di provincia dove sei nata nella speranza di sottrarti a una famiglia soffocante e ai sensi di colpa per essere sopravvissuta a una sorella maggiore nata con un piccolo malfunzionamento al midollo spinale. Sotto sotto sei convinta che lei meritasse di esistere molto più di te, che sin dalla nascita hai sgomitato nella speranza di farti notare dagli adulti.
La tua sola e unica voce è sempre stata l’arte. L’hai coltivata a lungo, come un’amicizia segreta destinata a maturare. Ed è stata proprio l’arte a permetterti di varcare le mura della tua cameretta, così accogliente e allo stesso tempo così stretta, per spalancarti le porte verso il mondo esterno.
A diciannove anni hai mollato tutto e ti sei trasferita a Firenze con i pochi spiccioli che hai messo insieme negli anni e una valigia piena di sogni.
Per mesi hai fatto di tutto, dalla baby sitter alla cameriera. Avevi bisogno di mettere da parte abbastanza soldi non solo per assicurarti la libertà, ma anche per poterti permettere quella Scuola di Comics che desideravi tanto frequentare da ragazzina, ma che i tuoi genitori hanno subito bocciato senza possibilità di replica, non importa quanto brava fossi a disegnare. Troppo costosa, troppo impegnativa, troppo vaga come aspettative di lavoro una volta fuori.
I tuoi sono sempre stati molto sospettosi verso qualunque mestiere che non prevedesse orari e stipendi fissi, oltre a un numero adeguato di giorni di ferie concordabili con largo anticipo. Perché non provare a fare l’insegnante, se la cultura ti piace tanto?
Il Diavolo sorride e annuisce. Ti capisce, ti capisce eccome, forse più di ogni altro.
Ricambia la confidenza e ti invita a entrare nel suo mondo, e tu non puoi fare altro che accettare. Poco importa se sin da subito hai avvertito una leggera punta di fastidio mentre galleggiavi nel suo sorriso gentile. Un’incrinatura impercettibile nel bel mezzo dell’alchimia perfetta che si è andata a creare tra di voi come per magia.
Quando te ne accorgi è ormai troppo tardi. Stai precipitando dritta nel baratro e avverti le tenebre richiudersi sopra di te, fino a soffocarti. Nessuno ti sentirà gridare.
Ci sono incubi da cui non ci si può risvegliare.




***** Ma bentrovati a tutti! Lo so, sono anni - ripeto ANNI! - che non pubblico da queste parti, ma sentivo la mancanza del genuino ambiente di Efp, e confesso che l'idea di riprendere in mano Claymore mi scompiffera nella testa già da un po'.

Nella speranza che sia rimasto ancora qualcuno e che nel mentre il forum non si sia trasformato nella Grande Catacomba di Nazarik, vi lascio intanto questo racconto come breve antipasto - in tutto saranno 8-10 capitoli, e sapete che odio essere prolissa - 

Intanto ne approfitto per darvi due comunicazioni:
- ho creato un profilo Instagram intitolato le_storie_di_fedra dove potremo chiacchierare, sclerare, scoprire indiscrezioni su progetti in arrivo, sognare davanti a chiese barocche e tanto altro
- a giugno uscirà il mio urban fantasy La Sentinella con Spirito Libero Edizioni. Se avete sognato prima con il crossover Harry Potter x Narnia e poi con Claymore... vi dico solo, VIETATO PERDERLO!

Nell'attesa vi porgo i miei più affettuosi auguri di buona Pasquetta e speriamo di rileggerci presto! - anche le vostre bestiole, eh! -

Un abbraccio,

F.

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Capitolo 2
*** Correzione bozze ***


2.
 
Correzione bozze
 
*





Greta ha imparato ad apprezzare la sveglia al mattino presto. All’inizio temeva che le avrebbe fatto solo guadagnare ulteriori ore di sonno arretrato prima di chiudersi in quel maledetto bar per tutta la giornata. Poi però, nel silenzio del piccolo appartamento in cui ha traslocato da poco, ha ritrovato una dimensione del tutto nuova dove poter scatenare la propria creatività senza essere disturbata.
Seduta al tavolo della cucina, le cuffie infilate nelle orecchie e la tenue luce del tablet a illuminarle il volto, è riuscita a finire la sua graphic novel in meno di tre mesi. È davvero soddisfatta del risultato. Di sicuro la svolta è arrivata a inizio anno, quando finalmente ha trovato il coraggio di farsi valutare da un editore serio. Non pensava di riuscire a entrare nel giro al primo colpo, ma di sicuro ritirare l’opera dal Web per rimetterci mano da zero ha dato i suoi insperati frutti.
Hugo delle meraviglie era un’idea carina, ma anche cringe a dei livelli imbarazzanti. Ha eliminato tutti gli orpelli non necessari, per poi alzare la posta in gioco e incontrare i reali gusti del pubblico. Ha anche ritoccato l’aspetto esteriore del protagonista, per il quale si ispirata in maniera non troppo vaga a Timothée Chalamet: è uno degli autori più in voga del momento e lei lo sa, ha studiato ogni cosa nel minimo dettaglio.
Per un certo periodo era spaventata, temeva di aver rovinato il lavoro e che avrebbe deluso la ristretta ma costante cerchia di fan che si erano creati nel corso del tempo. Per fortuna, il post con l’anteprima del nuovo Hugo ha fugato ogni dubbio. O suoi follower su Instagram sono schizzati alle stelle. Solo un grappolo di quelli più affezionati ha espresso perplessità di fronte alla piccante prospettiva di un “enemy to lovers” dovuta all’introduzione di un nuovo personaggio femminile e al braccio meccanico del protagonista, a loro dire troppo esagerato e fuori luogo rispetto alle atmosfere originarie dell’opera. Be’, tanto peggio per loro.
Hugo delle meraviglie era per i sognatori. Hugo invece punta a qualcosa di più. Deve vendere bene, su questo l’editore è stato molto chiaro. E di certo lei non vuole bruciarsi questa occasione, visto che è così difficile sfondare nel mondo dell’editoria in Italia.
Ormai manca davvero poco. Ha consegnato le ultime bozze giusto qualche giorno prima e a breve dovrebbe arrivarle l’impaginato. Le hanno confermato che presenterà il progetto al prossimo Lucca Comics, all’interno di un evento dedicato. Non poteva sperare di meglio, e ora non sta più nella pelle.
Finisce la colazione e accende la fotocamera del cellulare per controllare il suo aspetto. La pelle appena spruzzata di nei appare liscia e priva di imperfezioni, i capelli in ordine nonostante si sia svegliata da poco. Afferra una ciocca castana e se la arrotola tra le dita. Riesce a percepire ancora l’intenso profumo del balsamo che vi ha applicato la sera prima, dopo la doccia. Ne usa una gran quantità, insieme alle creme e alle lozioni per la skincare.
Sa che l’aspetto estetico viene prima di tutto, specie in un ambiente così spietato. Deve curare la sua immagine sia per mantenere alta l’attenzione sui social che per conquistare nuovi lettori alle fiere. Ha studiato con cura il terreno di battaglia che ha scelto e sa che è una follia pensare che la gente ti segua solo perché sei brava. Bisogna sapersi vendere, e questo le riesce molto bene.
E poi, questo aspetto le piace. È semplice, ma ci ha lavorato davvero tanto sopra. Era incredibile quanto trascurasse il proprio potenziale, prima di lavorarci sopra in modo serio. Un vero e proprio spreco.
Greta sorride al proprio riflesso e si scatta un selfie. Lo confronta con quelli precedenti e si lascia sfuggire un sorriso di pura soddisfazione nell’ammirare il risultato. Non appare per nulla sfiorita, anzi, se possibile si vede addirittura più bella. Chissà, forse ha trovato davvero l’equilibrio perfetto.
Posa il telefono e finisce la colazione. Perdere peso è stata la parte più difficile, le sembra quasi un sogno potersi sfamare solo con una mela e una manciata di cereali mescolati nel latte vegetale. Chiude gli occhi e si lascia andare alla calma del primo mattino. Sta andando alla grande, ogni cosa appare perfetta e sotto controllo.
L’improvvisa vibrazione del cellulare appoggiato sul tavolo interrompe la quiete mattutina. I lineamenti della ragazza vengono adombrati da una smorfia di pura sorpresa. Recupera l’apparecchio e sblocca allo schermo. Di solito nessuno la cerca così presto.
Il messaggio proviene da un numero sconosciuto. Tre semplici parole che bastano a congelarle il sangue nelle vene e ricordarle quanto in realtà sia ancora viva.

 
Io ti vedo.
 
 
Greta scaglia il cellulare lontano, quasi fosse contaminato. Si guarda intorno nervosa. Corre alla finestra per assicurarsi che non ci sia nessuno a tenerla d’occhio a sua insaputa. Fuori la strada appare tranquilla come al solito. Nessun tipo sospetto, solo il pigro viavai dei passanti mentre il centro storico di Firenze si risveglia un po’ alla volta.
Si allontana dalla finestra e si porta le mani al volto, come per assicurarsi che ogni cosa sia al proprio posto. La pelle delle guance scivola liscia al disotto dei polpastrelli, non si è disfatta simile a carta bagnata come aveva temuto per pochi, terribili istanti.
Appoggia le spalle al frigorifero e chiude gli occhi, le braccia incrociate sul petto. Avverte il cuore pulsare al disotto dell’epidermide: è la prova tangibile che esiste ancora.
Deve essere stato solo un brutto scherzo da parte dello stress, non c’è altra spiegazione. Mancano solo pochi giorni alla presentazione della sua graphic novel, e in tutto questo non è mai rimasta così a lungo nello stesso posto, a contatto con le stesse persone.
Non è solo la prospettiva della carriera a renderla inquieta. Sarebbe terribile svegliarsi all’improvviso e scoprire che la vita dei tuoi sogni è sempre appartenuta a qualcun altro.
Qualcuno che ora la vuole giustamente indietro.

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Capitolo 3
*** Hugo delle meraviglie ***


3.
 
Hugo delle meraviglie
 
*
 

 
 
 
 
 

L’ha incontrata per la prima volta circa un anno prima, in una torrida mattina di agosto. Aveva approfittato dell’ingresso gratuito per sgattaiolare all’interno di Palazzo Pitti alla ricerca di un attimo di respiro dall’accozzaglia di voci bibliografiche della tesi in fase di consegna e dall’angoscia di un futuro incerto una volta lasciata l’università.
La ragazza aveva attirato la sua attenzione alla pari di un dipinto del Beato Angelico finito per errore in mezzo a un gruppo di cupe nature morte del Seicento fiammingo. Era ferma di fronte a un ritratto firmato Telemaco Signorini, le fattezze nascoste da una cascata di capelli color cioccolato che le sfioravano la camicetta a fiori. La folla le sciamava intorno senza prestare la minima attenzione né a lei né al dipinto, con il rischio di rovinarle addosso nella fretta di individuare i capolavori esposti in maniera caotica lungo le pareti rivestite di broccato.
Teneva un grosso albo da disegno in equilibrio sulle braccia ed era tutta presa a riprodurre il giovane patriota raffigurato sulla tela davanti a lei.
Luca si era avvicinato, colto dalla curiosità. Solo a quel punto si era reso conto che in realtà la ragazza non stava affatto ricopiando il soggetto del ritratto. Ne aveva mantenuto le fattezze a grandi linee, come ad esempio i capelli scuri e i tratti delicati, per poi reinterpretarlo sul foglio bianco in svariate pose ed espressioni. Aveva una mano rapida quanto minuziosa.
La sua curiosità doveva essere stata troppo imprudente, perché di colpo la ragazza aveva nascosto l’albo da disegno contro il petto. Una vampa di rossore le si era arrampicata lungo le guance, quasi fosse stata sorpresa a commettere un crimine.
«Mi dispiace, non volevo disturbarti. Disegni molto bene, comunque.» Luca le aveva rivolto un sorriso imbarazzato e aveva fatto per muovere un passo indietro.
Lei aveva riposto l’albo contro il fianco. «Non importa, tanto avevo finito.»
«Per caso studi all’Accademia di Belle Arti?»
«Magari! No, io mi limito ai fumetti. Frequento la Scuola Internazionale di Comics, qui a Firenze. Stavo solo cercando ispirazione per un progetto, e credo di averla trovata.»
«Lui?» Luca aveva indicato il ritratto. Era un dipinto di neanche trenta centimetri di altezza, ma a giudicare dallo sguardo della ragazza sembrava che ci avesse visto molto più di una semplice combinazione di macchie di colore sopra una tela.
Lei gli aveva sorriso e aveva riaperto l’albo con cautela, come a volergli confidare un segreto molto intimo. «Si chiama Hugo. Hugo con la ‘h’ davanti, mi raccomando, perché è di origini francesi anche se vive in Italia. Suo padre era un soldato al servizio di Napoleone.»
«E l’ispirazione ti è venuta così, dal nulla?»
«Di solito funziona così. Faccio un po’ fatica a spiegartelo, succede e basta.» La ragazza aveva sfiorato la carta con le dita sottili. Era evidente che teneva a quello che faceva, molto più di quanto volesse a dare a vedere, quasi come se i personaggi nati dalla sua fantasia fossero in realtà esseri umani in carne e ossa. «Lui non è un giovane come tutti gli altri. Sin da bambino riesce a vedere delle cose, all’interno del nostro mondo, che gli altri non vedono. Creature soprannaturali, a volte benigne e altre oscure. All’inizio fa molta fatica ad accettare questo potere, e spesso si caccia nei guai. Ma poi, per fortuna, incontra un maestro che gli insegnerà come usarlo. In fin dei conti, Hugo sta cercando il suo posto nel mondo. Proprio come me.»
«E non solo voi due, a quanto pare.» Luca non aveva potuto fare a meno di sorridere.
La sua espressione non era sfuggita alla ragazza, che di colpo si era fatta più attenta. «Di che cosa ti occupi?»
«Scienze dell’Educazione. Se tutto va bene, mi laureo a settembre. Mi piace stare a contatto con i bambini, anche se al momento le prospettive nel mondo del lavoro sono tutt’altro che rosee.»
«Bello! Non conosco molti ragazzi che hanno intrapreso la tua strada. Io, purtroppo, ho mollato l’università al secondo anno. Ho avuto un po’ di… problemi in famiglia, se così vogliamo chiamarli. Mettici anche la pandemia, che ha reso tutto molto più difficile. Non è una cosa di cui vado fiera, lo ammetto.»
«Non preoccuparti. Comunque piacere, mi chiamo Luca.»
«Greta.»
Si erano stretti la mano, entrambi impacciati. In fin dei conti, il museo non è esattamente il primo luogo dove ti aspetti di fare nuovi incontri.
«E Hugo? Hai qualche progetto per lui?» Luca aveva indicato l’albo.
Greta si era stretta nelle spalle. «Mi piacerebbe molto pubblicarlo, magari attraverso il Web visto che sono ancora un’esordiente. Poi spero che la scuola mi dia qualche opportunità, ma c’è tempo ancora. Intanto devo trovargli un titolo e una trama.»
«Che ne dici di Hugo delle meraviglie? Dopotutto, vede e fa cose ben al disopra dell’ordinario.»
A quelle parole, gli occhi di Greta si erano come illuminati di una luce del tutto nuova. «Hugo delle meraviglie… mi piace!» Si era appuntata il titolo in un angolo del foglio.
«Fammi sapere quando esce. Sono proprio curioso di vedere il risultato finale!»
«Se vuoi, ti lascio il mio contatto Instagram. Lì ho già postato qualcosina.»
Greta aveva afferrato il cellulare e gli aveva mostrato il suo profilo. Lui l’aveva imitata e aveva iniziato subito a seguirla.
«Ecco fatto.»
Lei gli aveva sorriso. I suoi grandi occhi castani apparivano raggianti. Luca l’aveva trovata a dir poco irresistibile.
«Ti va di prendere un caffè, prima di andare?»


 

 


È tornato di nuovo lì, dove tutto è cominciato. Il caldo morente di agosto ha ceduto la scena all’oro di ottobre. Sono ormai le quattro e mezzo del pomeriggio e la galleria è quasi vuota. Il giovane patriota è ancora lì, solitario e malinconico come lo ricordava. Sembra anche lui in attesa di qualcosa. Una promessa che non è stata mantenuta.
Luca sospira. È passato più di un anno dal suo incontro con Greta, ma non si sono più rivisti. Avevano preso a sentirsi molto spesso, specie a ridosso dell’uscita di Hugo delle meraviglie sul sito Web della ragazza. Luca era stato subito uno dei membri più attivi della piccola community che le si era radunata intorno. La serie gli piaceva, pur non essendo un assiduo lettore di fumetti, ma soprattutto si era in qualche modo affezionato a Greta. Forse la piaceva, ma era troppo timido per farsi avanti.
Poi, all’improvviso, le cose erano cambiate. Tutto a un tratto, la ragazza aveva smesso di rispondere ai suoi messaggi. Sulle prime Luca aveva pensato a una semplice perdita di interesse da parte sua, ma poi aveva iniziato a notare i toni distaccati e alle volte provocatori dei suoi ultimi post, così distanti rispetto ai modi gentili della ragazza che aveva conosciuto.
Anche Hugo era cambiato. Le sue avventure si erano fatte sempre più cupe, così come il tratto dei disegni era diventato più marcato e aggressivo, quasi disperato. I mostri avevano preso il sopravvento. Erano comparse scene violente, senza troppe censure. Quando poi Hugo aveva perso un braccio durante uno scontro con un goblin, Luca aveva capito che era giunto il momento di dire la sua.
Greta non avrebbe mai permesso una cosa simile nel concept originario, glielo aveva confidato più volte mentre lavorava al progetto. Era troppo affezionata al personaggio per arrivare addirittura a mutilarlo in quel modo. In qualche modo si assomigliavano, loro due. Il nuovo Hugo non aveva niente a che vedere con il ragazzo a un tempo ingenuo e brillante di un tempo, così come il mondo fiabesco in cui si muoveva.
La Firenze in cui erano ambientate le sue avventure era diventata una città cupa che traboccava di demoni e altri orrori. I personaggi avevano perso non solo la morale, ma anche l’originalità, quasi come se fossero stati scritti per mezzo di un algoritmo impazzito. Più di una volta aveva riconosciuto delle battute copiate e incollate dai film di Quentin Tarantino. Per non parlare poi dei nuovi personaggi, alcuni dei quali apparivano come delle copie sbiadite dei protagonisti di Game of Thrones.
Ma la cosa che più lo disturbava era il fatto che nessuno all’interno della community sembrava essersi accorto del drastico cambiamento che aveva avuto la serie, anzi, sembrava essere molto apprezzato.
Quando poi Hugo era ricomparso con un’estetica del tutto stravolta, con tanto di braccio meccanico munito di cannone in perfetto stile steampunk per annunciare la prossima pubblicazione con una celebre casa editrice del settore fantasy, Luca aveva chiesto spiegazioni. I suoi toni erano stati gentili come sempre, eppure la risposta che aveva ricevuto pochi secondi dopo lo aveva lasciato a dir poco senza parole.
Il pubblico vuole questo. Aggiornati, prima di sputare sentenze.
Subito dopo, Greta lo aveva bloccato. La cosa sembrava finita lì, come un boccone amaro che ormai doveva essere solo mandato giù.
Poi però, un paio di giorni, dopo, aveva ricevuto un messaggio da un contatto che non conosceva che riportava uno screen del suo commento. Aveva capito subito che c’era qualcosa che non andava.
Grazie. Se vuoi ancora parlarne, ti aspetto lì dove tutto è cominciato. Hugo sta aspettando di riavere la sua vera voce. G.
Così recitava il testo allegato subito dopo. Era seguita un’altra immagine. Un semplice schizzo a matita. Luca non aveva dubbi. Quello era Hugo, il vero Hugo, senza braccia meccaniche e quell’espressione truce che non gli apparteneva.
Un terribile sospetto aveva preso a farsi strada dentro di lui al pari di un tarlo. Qualcuno doveva essersi impossessato dell’opera originale, e forse anche della stessa identità digitale di Greta. Possibile che la ragazza non avesse fatto nulla per tutelarsi?
Si era affrettato a rispondere. Dimmi quando e dove.
Ed eccolo lì, di nuovo al punto di partenza. Solo che questa volta Greta non c’è. Al suo posto, un foglio di carta ripiegato sporge da dietro un pannello esplicativo posto accanto al dipinto. Luca lo afferra con il cuore in gola per l’emozione. È un altro schizzo. Hugo è raffigurato di spalle, sta correndo verso l’uscita del museo. Gli sta dicendo a chiare lettere di seguirlo.
Non attende oltre e si precipita dritto nel cortile principale. Fuori è già buio e l’aria della sera pizzica sulle guance. Ancora nessuna traccia di Greta.
Luca si guarda intorno, l’adrenalina sta montando dentro di lui a ritmi vertiginosi. Ha come la sensazione che sia successo qualcosa di terribile, è una sensazione strisciante che non riesce più a scrollarsi di dosso. Forse Greta è stata addirittura rapita e quella bizzarra caccia al tesoro potrebbe avere come unico scopo quello di togliersi dai piedi l’unico testimone che in qualche modo ha scoperto l’inganno.
Luca preferisce non pensarci. Aguzza lo sguardo alla ricerca di ulteriori indizi. Solo Greta può aver realizzato quel disegno, e lui deve scoprire perché.
Gli si avvicina una ragazza orientale, forse una turista appena uscita da sotto le arcate monumentali del cortile. Ha la faccia tonda e gli sorride da dietro le lenti degli occhiali.
«Sei Luca?»
Il ragazzo si blocca. La sconosciuta non sembra minacciosa, eppure la sensazione che sta per accadere qualcosa di terribile non accenna ad allentare la morsa. Annuisce con prudenza.
«Molto bene!» La ragazza gli allunga un foglio di carta ripiegato e se ne va per la sua strada senza aggiungere ulteriori spiegazioni.
Luca lo apre con le mani che tremano. Hugo lo sta aspettando seduto al tavolino esterno di un bar. Sopra di lui, un’insegna a caratteri corsivi recita L’occasione.
Conosce quel posto, si trova a pochi isolati da lì. Si mette subito in marcia, la voce piatta del navigatore di Google Maps che gli indica la strada.
Intorno a lui, Firenze si stiracchia nella notte limpida e gelida come la lama di un coltello.

 

 

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Capitolo 4
*** L'intruso ***


4.
 
L’intruso
 
*



 
 
 
 
La riconosce proprio grazie al cappello bianco da cui sfuggono ciocche di capelli castani. Greta è seduta dietro uno dei tavolini del bar che si affacciano sulla strada, protetta da una cortina di piante e ombrelloni. È sola e non sembra temere le frizzanti temperature autunnali, nonostante gli abiti leggeri. Il viso è nascosto da un foulard a fiori e da un paio di vistosi occhiali da sole.
Luca si getta un’ultima occhiata intorno, quasi nel timore di ritrovarsi vittima di un agguato; poi si siede davanti a lei.
«Ciao.»
«Ciao.»
Greta è imbarazzatissima, lo si capisce dalla postura.
«Che sta succedendo? Voglio dire… sei sparita così di colpo, io credevo…»
«Non so nemmeno da dove cominciare, è una situazione davvero imbarazzante per me.»
Greta si china sulla borsa ai suoi piedi ed estrae l’albo da disegno. Lo spinge verso Luca. Il giovane avverte il cuore accelerare i battiti. Tra i fogli chiazzati di inchiostro e matita trova la risposta ai suoi peggiori timori. Sono le vignette originali di Hugo delle meraviglie, quello autentico. La storia è la stessa che Greta gli aveva raccontato alle origini, i disegni hanno mantenuto il loro vecchio stile a metà strada tra il cartoonesco e il visionario. Hugo è di nuovo se stesso, un sognatore coraggioso dalle mille imperfezioni.
«Ti hanno rubato l’opera? O qualcuno ti sta minacciando?» Luca indica il volto coperto e gli occhiali da sole.
La ragazza si limita a scrollare le spalle. «Vorrei che fosse così semplice, ma la verità è che non so nemmeno io che cosa è successo di preciso. Spero solo che, oltre ai commenti offensivi su Instagram, quella cosa non ti abbia fatto del male.»
«Sto bene, tranquilla. Anzi, ora che me l’hai detto, mi sento sollevato dal sapere che non eri tu a gestire il profilo. Mi è dispiaciuto molto non sentirci più di punto in bianco, a un certo punto ho temuto addirittura che ce l’avessi con me per qualche motivo.»
«Avercela con te? Ma scherzi?» Greta sembra rilassarsi sullo schienale. «Mi dispiace di essere sparita così, ma… quell’essere si è portato via tutto. La mia vita, i miei amici, persino il ragazzo che mi piaceva… e sì, anche Hugo.»
«Ma chi farebbe una cosa del genere? Voglio dire, avrai pure tentato di denunciare questa persona.»
«Lo avrei voluto tanto, ma non posso. Non so come, ma lei ora è me.»
«In che senso?»
Greta si sfiora la tesa del cappello e se lo toglie con delicatezza. «Credimi, non vorrei farlo. Ma forse è il caso che tu mi veda per come sono adesso, altrimenti non mi crederesti. Ti prego solo di non gridare o fuggire via, lo spettacolo è parecchio disturbante.»
Luca trattiene il fiato, un brivido di paura che gli si inerpica lungo la schiena. «Ti ha fatto del male?»
«Mentirei se ti dicessi di no. Non c’è niente di splatter, tranquillo. Dimmi solo se te la senti.»
«Ma certo.»
Greta si toglie gli occhiali e abbassa il foulard quel poco che basta a scoprirle il volto. Luca impiega diversi secondi prima di rendersi conto di che cosa sta accadendo. La pallida luce dei lampioni lo aiuta a mitigare lo shock un po’ alla volta, man mano che mette a fuoco l’immagine alienante che si dipana davanti ai suoi occhi allucinati.
Il volto di Greta non c’è più. La pelle rosea è liscia e priva di qualunque connotato proprio come il guscio di un uovo, o la testa di un manichino.
La razionalità gli impone di cercare una spiegazione logica, prima di arrendersi all’evidenza che la creatura che ha di fronte potrebbe essere definita un mostro.
«La tua faccia… cosa ti è successo?»
«Quello che vedono i tuoi occhi. Non c’è più. Sparita nell’arco di una notte, come se qualcuno fosse venuto a cancellarmela nel sonno.»
Greta si rimette gli occhiali e tira su il foulard. È a disagio e si vede.
Luca non vuole arrendersi. «Eppure parli e in qualche modo riesci a vedermi, giusto?»
«Infatti è così, i miei sensi sono tutti a posto. È come se vivessi una vita a metà, sospesa tra l’essere e il non essere. Per esempio, non sento più il bisogno di nutrirmi, le mie funzioni fisiologiche si risolvono da sole. Ho quasi la sensazione che quella creatura stia vivendo attraverso il mio corpo, e che io non sia altro che un’ombra rimasta aggrappata a questa terra. Dopotutto, quasi nessuno riesce a notare la mia presenza. Solo tu e la mia amica Sara siete riusciti a interagire con me, finora. L’avrai incontrata di sicuro poco fa, è stata lei a darti il disegno. E credo che la chiave di questo sia proprio Hugo. Lui non mente mai, è come la mia impronta digitale. Peraltro ho scoperto di non avere più neanche quelle…»
«Ma come è possibile? Voglio dire, non si tratta di una specie di malattia, giusto? Qualcosa che attacca la struttura biologica delle persone o cose simili…»
«All’inizio ho pensato anch’io a un parassita, che ora gira con indosso la mia faccia.»
«Quindi l’hai visto?»
«Guarda tu stesso.» Greta recupera il cellulare dalla tasca della giacca e recupera il profilo Instagram di una ragazza dai capelli rossi, i ricci così fitti da sembrare disegnati con una matita. Gli occhi sono verdi e vivaci, le guance rosee puntellate di efelidi. È così bella da sembrare quasi irreale. Proprio come la nuova versione di Greta che spopola sui social. L’ultimo post risale proprio a un anno prima.
«Chi è questa ragazza?»
«Quella che ora si spaccia per me. Si chiamava Noemi.»
«Dimmi che non siamo in una di quelle serie crime dove la gente subisce operazioni inquietanti per assumere l’identità di altri.» Luca inorridisce al solo pensiero,
«Niente di tutto questo, per fortuna. È avvenuto in maniera più… naturale. Come una metamorfosi, hai presente?»
«Ma com’è possibile? Bisogna replicare il codice genetico, oppure…»
Greta intreccia le mani davanti a sé, quasi nella speranza di fermare il ballo impazzito dei polsi che non riescono a smettere di tremare. Luca se ne accorge e tenta di rassicurarla con un sorriso timido.
«Noemi frequentava la Scuola di Comics con me, ci siamo conosciute per caso in un bar poco distante dalla sede. Lei era al corso di sceneggiatura. Abbiamo scoperto di avere tante cose in comune, a partire dalle nostre famiglie soffocanti da cui avevamo deciso di scappare. Lei stava con un tipo violento. Una sera l’ha placcata fin sotto casa. Noemi era terrorizzata, era convinta che volesse ammazzarla. Così ho fatto la cosa più istintiva e le ho proposto di venire a stare da me fino a quando non fossimo riuscite a ottenere un’ordinanza restrittiva. Per fortuna, una delle mie coinquiline era in Erasmus, non sarebbe tornata prima di tre settimane. Alla fine, l’abbiamo vinta noi, il tipo non si è fatto più vedere. Ed è stato allora che ho iniziato a sparire.»
Greta prende un profondo respiro, le dita che si tormentano in una danza infernale. «È stata una cosa graduale, a tratti impercettibile. Io e Noemi eravamo due ragazze sole, in una città che non conoscevamo. La scuola mi aveva permesso di ricavare una piccola compagnia di amici con cui uscivamo spesso la sera, dopo i corsi. Avevamo legato in fretta e c’era anche un ragazzo che mi piaceva parecchio. Si era creata una certa intesa, con lui, ero quasi sicura di piacergli… Noemi invece era più timida, a tratti ombrosa. Le ho proposto di uscire insieme a noi per aiutarla a rifarsi una vita anche lei, per distrarsi. Non potevo immaginare che cosa sarebbe accaduto di lì a poco.»
«Te li ha messi contro?»
«Magari! No, semplicemente hanno iniziato a non considerarmi più. All’inizio pensavo che stessero cercando di escludermi, ma la verità era che di punto in bianco era come se non mi vedessero affatto. Ero diventata invisibile ai loro occhi, al punto da non accorgersi nemmeno di quando gli parlavo. Più di una volta hanno rischiato di venirmi addosso, senza neanche scusarsi. La cosa si è estesa anche ai miei insegnanti nell’arco di poche settimane.»
«E in tutto questo Noemi?»
«È stato proprio allora che ho intuito che c’era qualcosa che non andava. Più io sparivo, più lei entrava nella mia vita. Ma non solo nel giro di amicizie, o alla Scuola di Comics. Stava diventando me. Aveva preso a stirarsi i capelli e a tingerli di nero. Poi è passata al resto, persino il modo di muoversi o di vestirsi. Tutto uguale a me. E, alla fine, si è messa pure a disegnare. Ma non erano illustrazioni qualunque. Lei disegnava Hugo di continuo, in maniera quasi ossessiva. Solo che non era lo stesso Hugo che avevo creato io. Diceva di farlo come una sorta di omaggio artistico nei miei confronti, ma in realtà io ci vedevo dell’altro. Stava cercando di farlo suo, di inglobarlo all’interno di una storia scritta da lei che prima o poi avrebbe rivendicato come sua. Me lo sentivo, lo vedevo dal modo in cui lavorava alle tavole in maniera quasi ossessiva, a volte stando sveglia fino a notte fonda. E poi ho avuto la conferma quando me la sono trovata al corso di fumetto. Aveva mollato sceneggiatura a fine anno senza dirmi nulla. Ormai era fin troppo chiaro dove volesse arrivare. Voleva me, e sarebbe andata fino in fondo.»
Greta esita un istante. Piega la testa di lato, come per sondare le reazioni di Luca nella speranza di non averlo turbato più del dovuto. Il giovane la fissa sconvolto. Quella storia gli ha messo la pelle d’oca.
«Scusami, non volevo spaventarti.»
«Non preoccuparti, faccio persino fatica a immaginare che cosa devi aver provato. Se non fosse per… davvero, scusami… la tua faccia… Oserei dire che sei finita nel mirino di una pazza ossessionata da te, al punto da prendere il tuo aspetto e rubarti l’identità.»
«L’ho pensato anch’io, all’inizio. Ho anche cercato di parlarne con lei, visto che ormai sembrava l’unica con cui riuscissi a interagire. Una delle sue ultime risposte è stata che ero io a esagerare, che il mio comportamento era solo un modo infantile per cercare attenzioni. È stato come se mi pugnalasse, per di più con un sorriso sadico stampato in faccia.»
«E tu lei hai creduto?»
«Purtroppo sì. Me ne vergogno molto, ma non avevo scelta. Ero sola, senza più amici o contatti con il mondo esterno. Nel momento in cui ti isoli, inizi a vedere cose che non esistono. Credevo davvero di essere impazzita. Fino a quel giorno terribile.»
«È stato allora che ti sei accorta di non avere più la faccia, vero?»
Greta annuisce. «Dovevamo presentare i nostri progetti di fine anno alla Scuola. Sono entrata in classe e… ho trovato me stessa seduta al mio banco. Solo che quella non ero io, ma Noemi. Con la mia faccia, i miei vestiti, e il mio Hugo tra le mani. Lo ha presentato davanti a tutti, e nessuno si è accorto di nulla. Io ero lì che gridavo, piangevo, supplicavo che qualcuno mi ascoltasse. Nessuno si è accorto di me. Solo lei, che a un certo punto si è voltata a guardami. Mi ha fissata con i miei occhi e mi ha sorriso. La mia stessa faccia che ghignava verso di me. È stato qualcosa di talmente spaventoso da fare fatica a descriverlo. Sono scappata a nascondermi in bagno. Ed è stato allora che… l’ho visto. Il mio riflesso senza volto. A quel punto, credo di essermi rotta in mille pezzi. Era uno spettacolo troppo raccapricciante per essere metabolizzato da una mente umana. Ho schiaffato i miei disegni dentro la cartella e sono fuggita.»
«E la ragazza che ho incontrato prima, è stata lei a salvarti?»
Greta fa cenno di sì con la testa. «In qualche modo, è stato Hugo. Quella sera stavo per fare qualcosa di orribile. Sono arrivata fino a Ponte Vecchio e stavo per gettarmi nel vuoto, dopo aver lanciato i miei disegni ovunque lungo la strada. Ormai ero in preda alla follia e non riuscivo più a fermarmi, volevo solo che finisse il prima possibile. Per fortuna, in quel momento passava Sara. Ha notato i fogli che volteggiavano lungo il marciapiede e deve essersi chinata per raccoglierne uno. È stato allora che mi ha vista. È grazie a lei se ora sono qui.»
«Ciò che rende l’arte straordinaria è la sua capacità di mostrare l’anima più nascosta di una persona.»
«Ma io non sono un’artista!»
Luca indica i disegni ancora stretti tra le sue mani. «Hugo è stata l’unica cosa che quella ragazza non è riuscita a imitare, proprio come il più abile dei falsari non riuscirà mai a realizzare la copia perfetta di un dipinto. E forse è proprio per questo che io e la tua amica riusciamo ancora a vederti. I nostri occhi non si sono fatti raggirare dall’inganno, per un motivo o per l’altro.»
Greta si lascia sfuggire un singhiozzo. Sta lottando contro le lacrime che i suoi occhi non possono più versare, perché ora si trovano sul volto di un’altra. «La scorsa settimana ho scoperto che quella cosa presenterà Hugo al prossimo Lucca Comics grazie a Sara, lei la sta tenendo sotto controllo a sua insaputa. Non ci ho visto più. Ho provato a scriverle in privato e ho scoperto che sta usando ancora la mia sim. Era come se desse per scontato che io non ci fossi più, e tutto ciò che un tempo era mio ora le appartiene di diritto. Volevo che sapesse che invece sono ancora viva e la sto tenendo d’occhio. Non mi ha neanche risposto. Non che me lo aspettassi, anzi. Poi, quando ormai stavo per perdere la speranza, ho visto il tuo commento. È stato come un lampo di speranza. Ho realizzato solo allora che tu sei l’unica persona che non è riuscita a portarmi via. Ho provato a fare un tentativo.»
«Ed eccoci qua.» Luca le sorride.
Lei scrolla appena le spalle. «Scusami, non avrei mai voluto trascinarti in mezzo a una situazione del genere. Volevo solo sincerarmi che stessi bene, e magari scambiare quattro chiacchiere con qualcuno.»
«E forse qualcosa di più.» Luca si china verso di lei, la voce bassa per non farsi sentire da orecchie indiscrete. «E se ci fosse un modo per smascherare l’intrusa entro Lucca, tu ci staresti?»
«Ma come facciamo? Non sono nemmeno sicura che sia umana!» La prospettiva sembra spaventare Greta. Quella cosa le fa paura e si vede.
Luca cerca di farle forza. «Umana o no, ogni falsario ha il suo punto debole. Non ci resta che trovarlo.»
«E come pensi di fare? Fidati, le ho pensate tutte…»
«Sono ancora fresco di studi, mi piacciono i gialli e ho qualche contatto utile in giro per la città. Vedrai, in qualche modo ce la faremo.»
Greta si stringe l’albo da disegno al petto, come per proteggerlo. «Perché stai facendo tutto questo per me?»
Il ragazzo allunga la mano verso di lei. Le loro dita si sfiorano, si cercano. Questa volta starà molto attento a non perderla di nuovo per colpa della sua maledetta timidezza.
«Speravo tanto che un giorno ci saremmo rivisti per un altro caffè.»



**** Buonasera a tutti! Spero che questo capitolo non vi abbia inquietati troppo... In ogni caso, secondo voi come stanno le cose? Greta è stata davvero la vittima di qualcosa che sfocia nel soprannaturale o è tutta un'enorme messinscena ai danni di Luca? Sono curiosa di sentire la vostra versione ;)
Intanto ringrazio tutti voi lettori che state seguendo questa piccola storia: se avete voglia di fare due chiacchiere, mi trovate anche su Instagram con il profilo le_storie_di_fedra.

Un abbraccio e buon fine settimana!

F.

 

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Capitolo 5
*** La biblioteca ***


5.
 
La biblioteca
 
*

 
 
 
 
 
 
Luca non è riuscito a chiudere occhio per tutta la notte. Incontrare di nuovo Greta dopo tutto quel tempo ha come scatenato qualcosa in lui. Non è mai stato un tipo troppo preso dalle ragazze. I suoi genitori hanno divorziato quando aveva poco più di sette anni, per lui l’amore è una favola passeggera a cui non deve dare troppo peso. Meglio concentrarsi su cose concrete come lo studio e il lavoro, per diventare indipendente il prima possibile senza dover chiedere niente a nessuno.
Stare in mezzo ai bambini gli piace, è come se in loro ritrovasse quell’atmosfera di sincera ingenuità da cui forse è stato strappato via troppo presto. È stato assunto in un asilo privato dopo un periodo di alti e bassi, e per il momento gli va bene così.
Ma con Greta è stato diverso sin dall’inizio. Si è creata come una sorta di segreta alchimia della quale non riesce più a fare a meno. E ora l’immagine spettrale di quel volto calvo e liscio come un uovo si è come impressa a fuoco dentro di lui.
Luca non si dà pace. È sempre stato una persona razionale, eppure dopo un’intera notte di ricerche non è ancora riuscito a dare una spiegazione sensata a quanto accaduto alla ragazza. Nessuna malattia, nemmeno la peggiore, può cancellare un volto umano in quel modo pur mantenendo le funzioni vitali. Qualcuno l’ha preso, e ora lo sta indossando come una maschera.
In una recente intervista su YouTube, la ragazza che si spaccia per Greta lo ha letteralmente sconvolto. Troppo bella, troppo perfetta, troppo loquace. Troppo inquietante. È una truffatrice, non ci sono dubbi. E ora più che mai Luca è deciso a smascherarla.
Ha preso sonno senza neanche rendersene conto verso le quattro del mattino, con la finestra di YouTube ancora aperta. È stata una voce tetra proveniente dal monitor a fargli riaprire gli occhi all’improvviso un paio d’ore più tardi. La riproduzione casuale lo ha indirizzato su un video podcast dedicato ai fenomeni paranormali. Un tizio dalla voce modificata ai limiti del grottesco e il volto mascherato sta parlando di una strana entità che prende il possesso delle persone fino ad assumerne le fattezze, per poi portarle alla follia.
L’attenzione di Luca si riaccende. Torna indietro con il video e scopre l’identità della creatura. Il suo nome suona misterioso e inquietante al tempo stesso.
 
Doppelganger
 
Il motore di ricerca è di nuovo in azione, mentre il tizio dalla voce tetra racconta di un’istitutrice vissuta nella Londra vittoriana finita rinchiusa in un istituto psichiatrico dopo aver visto ripetutamente il proprio doppio interagire con i suoi giovani studenti. Qualcuno era riuscito a prendere il suo aspetto, la sua voce, le sue movenze, persino i suoi vestiti. Ma non era lei.
Luca prosegue la ricerca, i dati gli scivolano davanti agli occhi con una chiarezza inquietante. Ci sono tante storie simili a quella di Greta, forse anche troppo. Quasi nessuna è riconducibile a una spiegazione scientifica, e per questo sono state relegate nei meandri dell’assurdo fino a essere archiviate. Racconti di fantasmi che nessuno ha più voglia di ascoltare.
Eppure i doppi esistono, così come le persone che a causa loro hanno perso tutto. Spesso ritenute pazze, si sono trovate confinate tra le pareti dei manicomi. Alcune sono arrivate perfino a uccidersi, tanto la follia aveva preso possesso di loro. Nessuna delle vittime è mai stata ascoltata. I loro volti sbiaditi sono stati sepolti dall’incalzare del tempo, le loro storie dimenticate.
Luca vuole vederci chiaro. Se non riesce a trovare una risposta nel mondo razionale, allora non gli resta che frugare tra le ombre dell’assurdo. Su Internet esiste una valanga di materiale sui Doppelganger, molta più di quanto avesse osato immaginare. Libri, conferenze, podcast su casi irrisolti. Una voce in particolare sembra attirare la sua attenzione. È un saggio uscito nel 2005 dal titolo Arcane presenze. La realtà oltre il reale alla corte dei Medici.
Sulla copertina un’ambigua maschera veneziana incombe con il suo profilo minaccioso al disopra della cupola di Santa Maria del Fiore e il profilo squadrato di Palazzo Vecchio. Luca scorre il sommario su Google Books. Il cuore gli balza contro la cassa toracica nel momento in cui riconosce un intero capitolo dedicato ai Doppelganger. Sembra che ne sia stato avvistato uno proprio a Firenze, e non si tratta di un caso isolato. Deve leggere il libro a tutti i costi, ma è fuori catalogo da oltre dodici anni.
Luca impreca tra i denti. Qualcuno deve averlo sentito, perché pochi istanti dopo riesce a rintracciare una delle poche copie ancora in circolazione all’interno di una piccola biblioteca situata proprio a Firenze, a pochi passi da Santa Croce.
Si prepara un caffè ed esce in fretta, mentre le prime luci di un’alba fredda accarezzano le imposte ancora accostate delle finestre. Si inoltra nella città che a poco a poco riprende i suoi ritmi frenetici, al disotto di un cielo scarlatto gravido di nubi. Attraversa il centro a piedi, fino a raggiungere il suo obiettivo. La luce calda del primo mattino accarezza i profili degli edifici e disegna lunghe ombre sulle loro facciate brune, sembra quasi di camminare all’interno di un dipinto.
La biblioteca si trova alla fine di una stretta viuzza poco frequentata, sul fianco di una chiesetta di cui non ricorda l’esistenza. La porta chiusa e i grumi di guano che schizzano i gradini suggeriscono che l’edificio è abbandonato da un pezzo.
Riesce a individuare l’ingresso della biblioteca grazie a una targhetta in ottone appesa accanto a una porta secondaria, rimasta socchiusa. Luca la spinge con delicatezza e subito dopo resta a bocca spalancata. È appena sbucato all’interno di un chiostro medievale, le arcate gotiche decorate da elaborati motivi in pietra che sembrano sul punto di prendere vita da un momento all’altro. Tra una colonna e l’altra sono appesi dei piccoli tondi in terracotta dal fondo azzurro. Luca riconosce il tocco inconfondibile dei Della Robbia, che con le loro opere hanno abbellito gli edifici della Firenze rinascimentale.
Attraversa il chiostro e raggiunge l’interno della biblioteca, nascosto da una porticina di legno. L’odore dei libri antichi si mescola a quello del legno pregiato. Un uomo anziano in abiti clericali siede curvo dietro un tavolo all’ingresso. Le dita ricoperte di macchie sfogliano con estrema cura le pagine lucide di un volume colmo di opere d’arte e simboli religiosi. Sembra rimasto confinato all’interno di una dimensione sospesa dallo spazio e dal tempo.
Luca si avvicina. Lo scricchiolio dei suoi passi sulle assi di legno del pavimento sembra rompere l’incantesimo.
«Serve qualcosa, giovanotto?»
L’uomo solleva lo sguardo e si raddrizza gli occhiali in equilibrio sul naso adunco.
Luca si fa avanti con fare timido, un foglietto ripiegato fra le dita. «Avrei bisogno di consultare questo libro, se possibile.»
Una ruga profonda si apre fra le sopracciglia dell’altro nel momento in cui legge il titolo del libro. «Se permette, come mai le interessa un argomento tanto oscuro?»
Il ragazzo avverte una stretta allo stomaco. Il tono dell’uomo gli ha suscitato una sorta di disagio, quasi come se lo avesse sorpreso a commettere qualcosa di sbagliato. «Vorrei approfondire il tema del Doppelganger.»
«Doppelganger… mh? Non è una ricerca molto comune, specie per un ragazzo così giovane.»
«È che… temo di averne conosciuto uno.»
Luca non sa di preciso il perché di quella confessione. Forse perché sotto sotto spera che quel tipo inquietante lo accusi di essere fuori di testa, che simili assurdità non possono esistere nel mondo reale.
Quest’ultimo invece sembra farsi più attento. Il suo sguardo d’inchiostro lo trapassa da parte a parte attraverso le lenti degli occhiali.
«Aspetti qui, per favore.»
Lo lascia solo per minuti che sembrano durare un’eternità. Quando torna, stringe tra le mani un libro dalla copertina lucida e l’aspetto molto più vecchio di quanto voglia apparire, segno che le sue pagine sono rimaste quasi del tutto intonse dalla data di pubblicazione.
«Ecco qui.»
L’uomo gli porge il saggio e gli rivolge un sorriso antico.
«Comunque piacere, sono padre Braschi. L’autore di questo libro.»
Luca sovrappone il volto scavato del suo interlocutore al nome impresso con un freddo Times New Roman sulla copertina. Gira il volume e constata che la foto in alto è pressoché identica alla persona che ha davanti, solo di una ventina d’anni più giovane. Scorre rapidamente la biografia, e l’ultima voce lo fa rabbrividire. È un esorcista.
«P… piacere mio.»
«Non deve sentirsi in soggezione, giovanotto. Il mio è un mestiere come quello di chiunque altro, sebbene mi trovo spesso a stretto contatto con i meandri più oscuri di questo mondo.»
«Quindi ha davvero visto un Doppelganger?»
L’uomo gli sorride. «Facciamo due passi qui fuori. Ho paura che la nostra sarà una lunga conversazione.»
 

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Capitolo 6
*** Senza volto, senza anima ***


6.
 
Senza volto, senza anima
 
*

 
 
 
 
 
 
Camminano uno accanto all’altro all’interno del chiostro deserto, i passi che rimbombano sulle pietre deformate dal tempo.
«Quindi i Doppelganger esistono?»
L’incedere lento di padre Braschi si arresta del tutto a quella domanda. Si volta a osservare Luca con il suo cipiglio severo. «Certo che esistono, proprio come il male o i demoni.»
«Allora si tratta davvero di una creatura soprannaturale che prende l’aspetto delle persone?»
«Proprio così. Esseri di questo genere sono conosciuti in tutte le culture. Li chiamano mutaforma, ma è un termine troppo impreciso per definire una struttura biologica che ancora sfugge alla scienza. Creature come il Doppelganger non hanno un aspetto definito. Si potrebbe dire che esistono fintanto che imitano qualcun altro, prendendone le sembianze e sostituendosi alle proprie vittime come dei cloni perfetti.»
«E cosa accade alle loro vittime? Non riescono a smascherarli?»
«È proprio questo il motivo per cui serve gente come me quando si parla di Doppelganger. Questi esseri non si limitano a prendere l’aspetto delle loro vittime. È come se rubassero la loro anima. Le dinamiche sono molto nebulose, ma quel che è certo è che tutte le vittime accertate dei Doppelganger hanno perso il senno e sono scomparse, in un modo o nell’altro. Alcune sono arrivate persino a uccidersi, che Dio le perdoni.»
«Perché il Doppelganger ruba i loro volti.» La voce di Luca risuona vuota all’interno del chiostro.
«Come, prego?»
«Una mia amica, Greta… temo che abbia incontrato un Doppelganger. Ho visto la sua faccia. Non c’è più, è come se fosse stata cancellata. E intanto sta circolando una ragazza che si spaccia per lei, ma so che non lo è.»
«Dici sul serio, giovanotto?» Padre Braschi sembra farsi più attento.
«Sono pronto a giurarlo. È la cosa più triste e allo stesso tempo più spaventosa che abbia mai visto in vita mia.»
Le labbra del religioso si increspano appena. «La sua amica è davvero molto fortunata. È la prima volta che sento di una vittima di un Doppelganger ancora in vita.»
«C’è un modo per farla tornare come prima, o perlomeno di combattere una cosa del genere?»
«Esistono molte leggende, ma al momento nessuno è mai riuscito a sconfiggere un Doppelganger. A meno che…»
«A meno che cosa?»
«Il Doppelganger è un essere vanesio, che ha bisogno di specchiarsi in continuazione nell’identità di qualcun altro per poter esistere. È un parassita a tutti gli effetti, attratto dalla luce degli esseri umani. Artisti, letterati, gente che vive ai margini tra la realtà e l’illusione, isolata e con una mente facile da manipolare.»
«Greta è un’artista.» Luca prova l’impulso di mordicchiarsi la parte interna della guancia. La descrizione è fin troppo fedele, per quanto spietata.
«La mia è solo un’ipotesi, giovanotto. I pochi Doppelganger che ho affrontato hanno cambiato identità dopo poco tempo, cosa che mi ha impedito di fermarli quando mi trovavo a un passo dalla cattura. Il che mi fa presupporre che queste creature non si accontentino di assumere la forma di un’altra persona. Sembra che al termine di un periodo più o meno lungo le loro fattezze inizino a deperire. Ecco perché hanno bisogno di cercare al più presto una nuova identità. Non escludo che potrebbero scomparire, se ciò non avvenisse.»
«E questo deperimento potrebbe essere collegato con la morte della loro vittima?»
«Da quanto la tua amica si trova in quelle condizioni, se posso chiedere?»
«Un anno, più o meno.»
«È molto tempo. Di solito un Doppelganger non resiste più di tre mesi, prima di cambiare identità. Per caso sai se nel frattempo il suo doppio ha dato segnali di anomalia? Che so, eccessi di qualche tipo, isolamento sociale, piccoli reati o cose simili?»
«Niente, a parte pubblicare una graphic novel che sembra stia andando bene.»
«Allora questo è un chiaro segno che la sua menzogna è ancora in piedi.»
«Il che potrebbe rappresentare l’occasione giusta per fermarlo.» Luca stringe i pugni. Un ribrezzo bruciante gli attanaglia le viscere al solo pensiero di quella creatura che ha preso il posto di Greta fino a spingerla sull’orlo del baratro. C’è mancato davvero poco, prima che la situazione precipitasse, e in tutto questo lui non sapeva nulla.
Padre Braschi lo richiama all’attenzione. «Su una cosa siamo tutti d’accordo: il Doppelganger è un essere vanitoso terrorizzato dal vuoto. Dal momento che le sue vittime restano senza volto, è probabile che lui scambi le sue reali fattezze con quelle di coloro che infesta. È naturale che una simile metamorfosi non può portare ad altro che alla follia.»
Luca ripensa al volto di Greta e viene assalito dai brividi, insieme a un’improvvisa illuminazione. «E se potesse accadere il contrario? Voglio dire, se il Doppelganger fosse messo di fronte al suo vero aspetto…»
«Potrebbe essere sconfitto da se stesso? Può anche darsi. Nessuno finora ha avuto modo di provarlo.»
Una scarica di pura adrenalina attraversa la spina dorsale del giovane. La soluzione si trova proprio davanti ai suoi occhi, così chiara da fare paura. Basterebbe far cadere la maschera e costringere la creatura a specchiarsi nell’abisso di cui è fatta per far crollare l’inganno e liberare Greta dalla prigione in cui è confinata.
«Possiamo provare.»
La ruga tra le sopracciglia di padre Braschi sembra farsi più profonda. «Nessuno ti vieta di tentare, giovanotto. Ma attento. I bugiardi possono diventare estremamente pericolosi nel momento in cui vengono scoperti.»

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Capitolo 7
*** Fabbricanti di sogni ***


7.
 
Fabbricanti di sogni
 
*

 
 
 
 
 
 
Greta sa che i sogni possono trasformarsi in favole pericolose. La sua attrazione per il fantastico, in particolar modo i fumetti, non era vista di buon occhio quando viveva ancora con i suoi. Le era stato più volte fatto notare quanto queste sue illusioni la estraniassero da un mondo dal quale non desiderava altro che fuggire.
Tra le linee sinuose dei disegni e i colori sgargianti delle sue storie, non riusciva più a percepire il ronzio incessante dei macchinari che tenevano in vita sua sorella, le urla isteriche di sua madre, la monolitica assenza di suo padre. E lei non era più di troppo, un dettaglio incastonato a forza all’interno della perfetta infelicità che la circondava.
Sin da piccola le era stato insegnato che i desideri sono cose da egoisti. Doveva essere grata per ciò che aveva, anche se questo significava rimanere imprigionata nella fredda indifferenza che la circondava. La sua colpa non era solo quella di essere l’unico elemento funzionante all’interno di una famiglia difettosa, ma anche quella di rifiutare di rompersi per assomigliare un po’ di più a loro.
Greta era abituata a cavarsela da sola, senza mai chiedere aiuto, perché in fondo nessuno si era davvero preoccupato di lei, non aveva bisogno di medicinali o macchinari per tenerla in vita, così come poteva muoversi liberamente sulle sue stesse gambe.
La sua mente l’aveva portata lontano con la stessa tenacia del suo corpo. Solo che a un certo punto sognare non le era bastato più. Lei voleva vivere. E l’arte era il suo lasciapassare.
Ma a quale prezzo?
Greta è seduta di fronte al pc, l’unica finestra sul mondo che le è rimasta. Si sfiora il volto calvo, quasi nella vana speranza di vederlo tornare normale da un momento all’altro.
Sa di essersi meritata quanto le è accaduto. Le era stato predetto nel momento stesso in cui aveva mosso il primo passo fuori dalla casa in cui era cresciuta, e dentro la quale stava soffocando un giorno alla volta.
Il diavolo è affamato di sogni, così come dell’egoismo dei sognatori. È pronto ad attenderli dietro l’angolo, con la promessa di esaudire qualunque desiderio a buon prezzo per poi risucchiarli nella rete delle loro stesse illusioni.
Illusioni come Hugo, l’unico vero amico che Greta abbia mai avuto nel buio di quelli che avrebbero dovuto essere gli anni della spensieratezza. Un fioco bagliore di speranza a cui aggrapparsi mentre sperava in segreto che persone come lui, gentili nei modi e nobili d’animo, esistessero anche nel mondo reale.
Greta ripensa a sua sorella, venuta a mancare troppo presto. In fin dei conti, il vero impostore è lei, il pezzo difettoso che si è rifiutato di prendere il posto della figlia perfetta dopo essere sopravvissuto. Sapeva di essere il rimpiazzo sin dalla nascita, quando i suoi genitori avevano capito che quel momento fatale sarebbe arrivato prima o poi.
Anche sua sorella lo sapeva, glielo aveva sempre fatto notare attraverso gli sguardi neri e cattivi che le scagliava attraverso la muraglia di cuscini in cui era stata confinata negli ultimi anni della sua vita.
Greta non aveva mai avuto il diritto di essere se stessa, ma solo l’ombra di qualcun altro che avrebbe continuato a perseguitarla anche dopo essersi lasciata alle spalle le macerie desolate del suo passato.
In qualche modo, ora l’essere priva di un volto le dà quasi un minimo di sollievo. È quel nulla in cui ha sempre desiderato scomparire, e dal quale può nascere qualcosa di completamente nuovo. Qualcosa che sia davvero suo.
Eppure Hugo sembra ostinarsi a ricordarle ogni giorno di essere ancora viva. È stato grazie a lui se Sara le ha impedito di compiere un gesto malsano, la sera in cui si sono incontrate per la prima volta. È stato sempre lui a non darle requie durante le lunghe notti insonni, nascosta nella camera della sua nuova amica con la quale divide l’appartamento di nascosto, nella speranza di dare un senso all’ostinato presente che le si dipana davanti.
Rannicchiata nel buio, Greta non ha potuto fare altro che ascoltare l’unica voce che non l’ha mai abbandonata del tutto. Ha ricominciato a disegnare, a scrivere, a sognare. A progettare un futuro.
Ha finito la graphic novel di Hugo come l’aveva immaginata, ha aperto un blog dietro pseudonimo ed è stata assunta come copywriter. Un lavoro per il quale non serve mostrare il suo vero volto, e che le ha permesso di ripagare l’affitto senza diventare un peso.
Sara le è rimasta accanto durante tutte quelle settimane di oscurità. Non si è lasciata impressionare dal suo aspetto inquietante, non fa che ripeterle quanto sia stato ingiusto il suo passato e che in qualche modo la verità verrà a galla.
È una ragazza concreta, Sara. Aiuta i suoi genitori all’interno del ristorante di famiglia, e intanto studia all’università per diventare una psicologa. Greta la stima, e un poco la invidia. Sara è forte e indipendente, ma allo stesso tempo è circondata da una famiglia pronta a sostenere anche il più insignificante dei progressi.
Greta ha paura dell’amore, perché non l’ha mai provato davvero sulla sua pelle. È bene che resti tra le pagine dei libri, dove non può nuocere a nessuno. Di tutte le illusioni, è l’unica che non vuole vedere disintegrata nel crudele gioco della realtà.
Eppure, persino in un mondo dove esistono demoni mangiatori di volti, persone come Sara non sembrano smettere di volerle stare vicino. La sua dolcezza ha tenuto viva quella debole luce di speranza che ancora non accenna a spegnersi all’interno del suo cuore. Se ne è presa cura e l’ha alimentata fino a trasformarla in un incendio nel momento in cui Greta ha capito di essere abbastanza forte da affrontare la creatura che le ha rubato il volto.
Poteva portarle via tutto, tranne Hugo. L’ultimo frammento rimasto intatto di lei.
 
Io ti vedo.
 
Tre semplici parole, sufficienti a ricordarle quanto in realtà fosse viva. L’impostore aveva capito l’inganno. Era come se riuscisse a percepire il suo terrore. Sara era lì, seduta davanti a lei mentre componeva il fatidico messaggio con le dita che tremavano.
Proprio come quando aveva notato il commento di Luca e l’aveva incoraggiata a ricontattarlo.
Sara non aveva cessato un solo istante di tenere d’occhio l’impostore. Sa che persino i migliori bugiardi prima o poi commettono un errore. È solo una questione di tempo.
Nascosta nel buio della cameretta, Greta continua a disegnare. L’idea di restare in attesa in quel modo è estenuante, lei che è abituata a non stare mai ferma. La matita continua a scorrere sui fogli da disegno, affamata di nuove avventure che aspettano di essere raccontate. È solo una questione di tempo, lo sente.
L’improvvisa vibrazione del telefono appoggiato accanto a lei la fa trasalire. La matita perde il controllo e traccia uno sfregio scuro sul foglio bianco, simile a una cicatrice.
Il cuore accelera i battiti, forse per la verità che finalmente sta venendo a galla o per il semplice fatto di sentire di nuovo Luca. Recupera il cellulare e legge il messaggio. L’euforia le si inerpica lungo le guance simile a un grido disperato verso la vita.
 
So come smascherare l’impostore.


 
**** Eccoci arrivati al penultimo capitolo. Come vi accennavo, si tratta di un racconto breve, spero che non sia un problema per chi ama opere più lunghe che di sicuro troverete su questi schermi. Tra la fine della settimana e l'inizio della prossima scopriremo come andrà a finire lo scontro tra Greta e il suo inquietante imitatore... chi ha ragione?
Se avete piacere di seguirmi, potete trovarmi sul mio profilo Instagram le_storie_di_fedra.
A presto!

F.

 

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Capitolo 8
*** Dietro la maschera ***


8.
 
Dietro la maschera
 
*

 
 
 
 
 
 
 
La navata gotica della chiesa è pervasa da un brusio sommesso, sovrastato appena dal fragore del diluvio che incalza all’esterno. Greta solleva lo sguardo per osservare la platea disposta davanti a lei. Tra gli sguardi smarriti del pubblico accorso in cerca di un riparo e i cosplayers disorientati dal temporale improvviso, riconosce i volti di coloro che tengono uniti i frammenti della sua nuova identità. Espressioni sorridenti, cariche di attesa quanto di impazienza.
Greta sa che a loro dei suoi fumetti non interessa pressoché nulla, sono solo venuti per dare sostegno e niente più. Dopotutto è questo ciò che fanno gli esseri umani. Seguono il branco, comunque e dovunque.
Arriccia appena le labbra in quello che dovrebbe essere un moto di pietà, mascherandolo da sorriso. Non ha senso lamentarsi, è proprio grazie a quei coaguli di carne se lei riesce a sopravvivere. Continuerà a infestarli ancora e ancora, fintanto che l’abisso di vuoto che le si spalanca dentro non sarà del tutto riempito.
Alle sue spalle scorrono le immagini che ritraggono le nuove tavole di Hugo. Fiabe trasformate in incubi, sogni distorti dalla follia della realtà. È andato tutto bene, nonostante il messaggio ricevuto qualche giorno prima l’abbia profondamente turbata. Chiunque le abbia scritto non si è più fatto vivo. Poco male, sarà stato il solito hater invidioso; nulla che possa danneggiarla sul serio.
In ogni caso, non può essere lei. L’ha distrutta come tutti quelli che l’hanno preceduta e forse anche peggio. Deve solo stringere i denti e arrivare fino alla fine di quella presentazione interminabile e vuota. Sarà iniziata da neanche cinque minuti e non ne può già più.
Non è come se l’era immaginata. Il vuoto non si colma, le parole cariche di elogi del celebre scrittore che la sta presentando al pubblico rimbombano atone all’interno della navata, accozzaglie di sillabe che non interessano a nessuno.
Fuori la pioggia sembra aumentare di intensità, è come se volesse sfondare il tetto e penetrare all’interno della chiesa con i suoi pugni gelati.
Greta serra le dita e si morde la lingua. Vorrebbe gridare, ma non può che sorridere. Dietro di lei, Hugo ammicca con il suo sorriso sghembo. Greta vorrebbe dargli fuoco, annientarlo fino a ridurre l’intera pila di volumi accatastati accanto a lei in un cumulo di ceneri accartocciate.
L’immagine dei libri in fiamme sembra per un attimo placare la sua furia cieca. La distruzione la fa sentire viva, è il motivo per cui appesta questo mondo senza trovare mai pace.
«Ora, se non ci sono domande, lascerei la parola all’autrice.»
Finalmente quel vecchio si decide a lasciarle il palco che le spetta. Ma non è il silenzio che precede la ribalta ad accoglierla.
Un rumore di sedie spostate in fondo alla navata, poi un’esile figura avvolta in un impermeabile bianco si alza con decisione e la fronteggia senza mostrare un solo briciolo di paura, nonostante il volto sia nascosto da un foulard e da un paio di occhiali scuri.
L’intruso sbianca nella pelle che non gli appartiene, inciampa nelle sue stesse menzogne.
Non è possibile!
La vera Greta fa un passo in avanti. Stringe al petto un albo da disegno. Non è difficile immaginare che cosa contenga.
No!
Altre tre persone si alzano dal fondo della navata. Un giovane con gli occhiali, una ragazza dai tratti orientali e un vecchio prete ossuto. La fissano con sguardi ostili, del tutto privi di sorpresa. Loro la vedono, loro sanno.
L’intruso incespica, si aggrappa al tavolo dietro il quale vorrebbe solo sparire. Tutti gli sguardi ora sono puntati su di lui simili a canne di fucile.
Il relatore si volta verso di lei, ha un’aria preoccupata. «Tutto bene, Greta?»
«Bene un cazzo!»
L’uomo la fissa sbigottito. L’intruso si sente avvampare. Cerca di ricomporsi dietro a un sorriso sgangherato.
«Scusate… credo di non sentirmi molto bene.»
Si alza di scatto e corre dritto verso l’unica persona che non dovrebbe essere lì e che nessun altro sembra vedere. Lo spettro senza volto che è tornato dal regno dei morti per perseguitarlo. Avverte il suo intenso profumo di gelsomino mentre le passa accanto a tutta velocità, è troppo reale per essere il semplice frutto di un’allucinazione.
«Io ti vedo.»
No, è tutto vero! Riconosce la sua voce, per quanto sfuggita da un volto del tutto privo di labbra. Il terrore si impadronisce di lui, consapevole che l’inganno è stato scoperto, insieme al motivo per cui il corpo che ora lo ospita non accenna a marcire. È tempo di ridarlo indietro.
No… no… NO!
Corre fuori, nella notte. Un muro d’acqua gelida lo investe senza pietà, mozzandogli il fiato. Continua a correre nelle strade deserte illuminate dalle luci aranciate dei lampioni. Il temporale ha scoraggiato il pubblico della fiera, i pochi rimasti si sono rifugiati all’interno dei padiglioni. Nessuno lo sentirà gridare mentre scompare nel nulla.
«No…»
«Fermati, vigliacco!»
La voce di Greta lo colpisce con la violenza di una stilettata dritta nella spina dorsale. La ragazza è dietro di lui, una mano premuta contro il petto ansante per la lunga corsa. È furiosa. E affamata di ciò che è suo.
«La mia faccia… ridammela, ladra!»
L’intruso arretra di un passo. È finito in un vicolo cieco, tra i cassonetti della spazzatura e la severa facciata di un palazzo signorile. La rabbia prende possesso di lui al pari di un animale in trappola.
«Perché sei ancora viva?»
Greta solleva l’albo da disegno davanti a lei, quasi si tratti di un grimorio colmo di antichi incantesimi. «Avida come sei, non ti sei proprio accorta che l’unica cosa che dovevi distruggere era proprio Hugo. La parte più intima, sincera e autentica di me. Prima ancora della mia faccia. O dei miei amici. O del ragazzo che mi piaceva. Ma tu sei stata talmente avida che hai tentato solo di impossessartene, fino a renderlo nient’altro che un falso.»
Una risata stridula riecheggia dalla gola secca dell’intruso. «Tutto qui, davvero? Patetico.» Muove un passo verso di lei, le dita che sembrano artigli. «Quel tuo fumetto era solo un inutile spreco di talento, così come la tua personalità insignificante. Io ho contribuito a rendere Hugo degno di essere pubblicato. È stato grazie a me se ora avrà successo, sta andando virale ovunque. Se solo fosse stato per te, saresti mai riuscita a ottenere gli stessi risultati in così poco tempo? O forse te ne saresti rimasta in un angolino a piangerti addosso come al solito?»
«Quello che tu chiami Hugo è solo una brutta copia del personaggio che ho creato io. Un impostore, proprio come te!»
«Ma almeno il mio è apprezzato da centinaia di fan!»
«E dove sono, adesso?»
L’intruso ammutolisce. Un rumore di passi affiora in mezzo al fragore della pioggia. Greta non è più sola. Accanto a lei sono apparse tre persone, le stesse che lo fissavano ostili all’interno della chiesa.
La ragazza si porta una mano al volto, come per togliersi gli occhiali. Il sangue dell’intruso si gela.
«Non osare!»
«Mi dispiace.» Gli occhiali da sole cadono a terra, il foulard scivola via con un lieve fruscio. «Ho cercato di salvarti dal vuoto fino alla fine.»
Un grido agghiacciante lacera la notte alla vista di quel volto alieno. L’intruso urla, si accartoccia su se stesso mentre la follia e il terrore mandano in mille pezzi la sua esistenza fumosa. Sta scivolando all’interno del suo stesso riflesso, un abisso di solitudine da cui ha fatto di tutto per scappare, assumendo innumerevoli forme nella speranza che non lo trovasse e lo inghiottisse per riconsegnarlo alla dimensione desolata a cui appartiene.
«No… No… No!»
La voce si perde nel vento. La forma si dissolve in un ammasso di abiti inzuppati d’acqua sporca. Tutto svanisce in un turbine di macchie di colore che si fanno via via più sbiadite.
Greta è in piedi sopra di lui, i pugni chiusi e il petto che non cessa di ansimare, nemmeno dopo che il parassita è stato sconfitto e l’unico rumore percepibile è il fragore dell’acqua che precipita da un cielo d’inchiostro.
Quando Luca le si avvicina per offrirle riparo sotto il suo ombrello, la ragazza si volta verso di lui, come a cercare lo sguardo di una creatura gentile che ormai non è più il semplice frutto dei suoi sogni.
Le sue ciglia sono bagnate da lacrime dense di emozione, mentre stringe al petto l’albo di fumetti ormai zuppo.
«Bentornata, Greta.»



 
 



Un silenzio irreale cala all’interno della navata nel momento in cui Greta rientra nella chiesa. Non riesce a mollare i disegni ormai distrutti dalla pioggia, quasi si trattassero delle ultime spoglie di un caro amico. I capelli bagnati le ricadono sul volto simili ad alghe di inchiostro.
«Scusate tanto, temo di aver avuto un mancamento.»
Si sistema dietro il tavolo, i polsi che non cessano un attimo di tremare. Gli occhi di tutti sono puntati su di lei. La vedono, la guardano, la aspettano. Le manca il fiato.
Gli occhi galleggiano sull’immagine di Hugo rimasta impressa sullo schermo alle sue spalle, come in attesa.
Un velo scuro le increspa le sopracciglia. Si affretta a recuperare una chiavetta USB dalla tasca del cappotto e fa cenno di collegarla.
«Portate pazienza, temo di aver aperto la presentazione sbagliata.»
Il vero Hugo torna a sorridere al suo pubblico. Greta avverte qualcosa sciogliersi dentro di lei mentre ricambia il suo sguardo.
In un mondo costellato di incubi, è riuscita davvero a rendere reale un sogno fatto di calde macchie di colore.
 
 
 
FINE


 
**** E anche questa storia è arrivata a termine! Confesso che non pubblicavo nulla su Efp da molto tempo e questo ritorno è stato una ventata d'aria fresca. Spero che questo piccolo progetto via sia piaciuto e che ci incontreremo anche tra le pagine di quelli che verranno.
A tale proposito vi ricordo il mio profilo Instagram le_storie_di_fedra.
A presto e grazie per essere saliti a bordo! <3

F.

 


 
 
 
 

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