Seconda Occasione

di Dalibali_00
(/viewuser.php?uid=1273689)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: EQUILIBRIO ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1: MASCHERE ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2: IL MAESTRO FU ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3: CHAT NOIR ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4: LADYBUG ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5: SCOMPARSA ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6: MIRACULOUS ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7: LA VOCE DEL SILENZIO ***



Capitolo 1
*** Prologo: EQUILIBRIO ***



Prologo: EQUILIBRIO


L’Universo è mantenuto insieme da un profondo, nonché delicato equilibrio tra forze che ne determinano la Creazione e la Distruzione.

Tra Luci e Ombre.

Pieni e Vuoti.

Tra tutto ciò che ancora non è, ma che presto sarà, e tutto ciò che è, ma che non sarà più.

I cui limiti sottili devono essere mantenuti invalicabili.

Le Luci e le Ombre però giocano scherzose nel loro continuo e solitario rincorrersi, si divertono… si stuzzicano… e mentre le Ombre sfociano nella Luce e la Luce rischiara le Tenebre i contorni si fanno sfumati…

Nella storia l'identità dei possessori dei miraculous della coccinella, che dona il potere della Creazione, e del gatto nero, con il potere della Distruzione, sono sempre dovuti rimanere un mistero, celati gelosamente nell'Ombra, ed ogni volta che le loro identità sono venute alla Luce e che i limiti sono stati infranti, è stata la generazione del Caos.

Perché quando tutto ciò che viene Creato viene anche Distrutto, è allora che sopraggiunge violenta e inaspettata la parola Fine.

Ed ogni cosa riparte dall'Inizio.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 1: MASCHERE ***


N.B. Innanzitutto, grazie per aver dato una possibilità a questa fanfic anche solo aprendola per darvi una sbirciatina ;-) Prima che cominciate però… avevo scritto un breve prologo, aggiunto qui su efp in un secondo momento rispetto al primo capitolo e… non ho capito bene per quale arcano motivo, ma se si clicca sulla storia questa fa leggere direttamente il capitolo 1, saltando il prologo… (almeno a me appare così, non so a voi… XD)

Niente, volevo solo avvisarvi… se vi va passate a leggerlo! E’ breve ma carino, ve l’assicuro… l’ho scritto in un momento in cui mi sentivo particolarmente ispirata ;-)

Un giorno che avrò scoperto gli oscuri misteri di questo sito provvederò a correggere codesto intoppo haha, ho cominciato da poco a pubblicare qui, portate pazienza >.<

Per il momento, buona lettura…

--------------------------------

 

Capitolo 1: MASCHERE


«Chat!» gridò la ragazza.

Il suo compagno venne sbalzato via cadendo a terra in malo modo qualche metro più in là, il volto sporco e sudato e i vestiti lacerati. Provò a rialzarsi ma le energie gli venivano meno. Ladybug guardò il loro avversario: una maschera rossa come il sangue e le ali del colore delle tenebre, affilate come rasoi. In mano aveva un arco da cui scagliava delle frecce che non sbagliavano un colpo e dalle ali originavano quelle che potevano apparire come piume, ma che terminavano in lame sottili che in qualche maniera avevano il potere di scalfire i loro vestiti magici rivelando la loro pelle sotto, chiara e arrossata per gli innumerevoli tagli.

Pareva un vampiro pronto a risucchiarli le forze, le energie ed in breve la vita stessa.

Guardò nuovamente il suo compagno in difficoltà, anche lei era stanca. Non era riuscita ancora a capire come poterlo sconfiggere o qual’era il suo punto debole, e ancora non aveva fatto apparire il suo Lucky Charm! Solitamente però prima di chiamarlo preferiva cercare di capire almeno dov'era nascosta l’akuma, ma niente, avevano provato di tutto: era riuscita a rubargli l'arco che aveva in mano e a spezzarlo ma tra le braccia gliene era comparso un altro esattamente identico, così come per le sue frecce… o per la faretra che aveva appesa attorno al corpo, ogni cosa pareva rigenerarsi com'è vero che a loro sparivano i costumi a vista d'occhio.

Una di quelle sue fastidiosissime piume nere la sfiorò di lato e vide la sua tuta ritirarsi all'altezza del fianco. Le sfuggì un grugnito di dolore.

Arrivata al limite dello stremo decise di tentare la sorte e chiamare una volta per tutte il suo Lucky Charm. Tra le braccia le comparve un tessuto di stoffa, pareva un costume, c'era pure la maschera per il viso incorporata, solo che era… da gatto?! E che diavolo avrebbe dovuto farci lei con un costume da gatto rosso a pallini neri?

C'era però qualcosa di strano: alla maschera mancavano i buchi per gli occhi.

Guardò il suo compagno ancora in difficoltà, guardò il costume e poi di nuovo il suo compagno… a pensarci bene… pareva proprio identico al costume di Chat Noir, solo in stile Lucky Charm…

Ma ancora non capiva a cosa le sarebbe dovuto servire…

Si girò al suono di un grido «No, Milady!» Una nuova freccia venne scagliata dal loro avversario verso di lei e Chat Noir con un ultimo estremo sforzo stava correndo in suo soccorso «Cataclisma!»

La freccia si polverizzò a contatto con le sue dita ma una nuova raffica di piume lo colpì facendolo sbalzare di lato e rimanere col volto rivolto a terra senza muoversi più.

«Chat!» chiamò ancora la ragazza correndo verso di lui.

Si lanciò sul corpo del suo compagno e gli prese il volto tra le mani.

Il tempo parve fermarsi.

Adrien…

Una piuma maledetta lo aveva colpito di striscio sul volto e la maschera si era ritirata all'altezza degli occhi lasciando libero il volto, solo una sottile linea nera era rimasta all'angolo dell'occhio sinistro.

Troppo poco per non capire chi si celasse dietro la maschera del supereroe di Parigi vestito da Gatto Nero.

Rimase accasciata accanto a lui, frapponendosi col suo corpo tra il compagno e il loro nemico.

Non doveva vederlo perché se lo avesse visto lui lo avrebbe saputo automaticamente anche Papillon e addio ai miraculous.

Doveva impedirlo a tutti i costi.

«Hai perso, Ladybug!» sghignazzò quello venendo loro inesorabilmente incontro.

Cosa fare? Il tempo stava per scadere.

Ora capiva il significato del suo Lucky Charm: la maschera, il costume… non era solo per distruggere il cattivo… era per proteggere loro!

La loro identità era la cosa più preziosa che avevano e doveva proteggerla!

Ora sapeva cosa doveva fare… attese un altro istante sentendo dietro le spalle il loro nemico sempre più vicino, attese un po', ancora un altro po'... Ora!

In un scatto si voltò e gli mise la maschera del suo Lucky Charm, a cui mancavano i buchi per gli occhi, dritta sui suoi. Se non potevano nascondersi da lui allora sarebbe stato lui a non vedere loro!

Quello cadde rovinosamente a terra a pochi metri da loro rialzandosi subito dopo e con le mani cercò di togliersi la maschera che lo accecava.

Ma quella non si voleva togliere.

Era come incollata al suo volto, allora lui, nel tentativo di togliersi il Lucky Charm, graffiò fino a distruggersi la propria.

In un istante la trasformazione finì.

Si sentì un grido da qualche parte di un Papillon sconfitto e la maschera che costituiva il suo Lucky Charm cadde a terra.

Finalmente!

Ladybug la raccolse allungandosi dal corpo ancora svenuto del suo compagno e fece come per lanciarla in aria insieme al resto del costume e pronunciare la sua formula magica per fare tornare tutto come prima, ma si arrestò.

Guardò il suo compagno e guardò la maschera.

E si ricordò del suo doppio significato.

Allora la mise sugli occhi del suo compagno e lo prese tra le braccia: c'era solo un posto dove avrebbe dovuto portarlo e chiedere aiuto per il disastro che era successo.

Il maestro Fu.


----------------------------
Eccomi di nuovo! Cosa ne pensate di questo primo capitolo?
Le cose si stanno già facendo interessanti, prevedo guai... 🙈
Dove pensate che andrà a finire tutta questa storia? 😆
Scrivetemi nei commenti le vostre opinioni/idee/impressioni che sono sempre ben accette e al prossimo capitolo! (Che pubblico di già perché in verità l'ho già scritto 😇)

Detto questo...
GLI AGGIORNAMENTI FARÒ IN MODO CHE SIANO DI SABATO (salvo eventuali imprevisti o complicanze della vita di tutti i giorni... XD)

I hope U will enjoy my story!



Dalibali_00


Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 2: IL MAESTRO FU ***



Capitolo 2: IL MAESTRO FU



«Maestro Fu, maestro!» chiamò urlando Ladybug entrando dalla porta della sua abitazione «Maestro!» gridò ancora.

«Eccomi, eccomi, cosa c'è Marin-…» ma si interruppe di colpo non appena vide la figura di Adrien incosciente tra le braccia della ragazza ormai ritrasformato per il tempo che era passato da quando aveva usato il suo Cataclisma. Allora senza perdere altro tempo le fece strada per la casa «Per di qua…» Lo fecero stendere delicatamente su un divano.

Il ragazzo era visibilmente pallido, sulle braccia ed in giro per il corpo erano presenti escoriazioni della pelle visibili oltre i vestiti stracciati.

Anche la ragazza non era messa poi tanto meglio, il suo costume si era ritirato in alcuni punti lasciando intravedere la pelle al di sotto arrossata e dolorante, ma in qualche modo risparmiata di più di quella del ragazzo, inoltre, la maschera di lei le copriva ancora il volto.

Il maestro si mise subito a controllare il giovane, studiandolo e appurando la gravità delle sue condizioni.

«Si riprenderà?» chiese la ragazza in preda alla preoccupazione.

Dopo averlo esaminato il maestro annuì «Ha perso coscienza solo per sfinimento, vedrai che si riprenderà presto… questi tagli però ci metteranno un po’ di più a guarire» poi si voltò verso l'eroina «Non siete stati seguiti, vero?»

«C-cosa?» chiese lei scuotendo la testa non capendo, poi si guardò le mani e vide che era ancora sotto l'aspetto di Ladybug e capì l'errore che aveva commesso: normalmente andava da lui sempre come Marinette per evitare che qualcuno la vedesse e capisse che l'anziano signore potesse avere qualche legame con gli eroi di Parigi e così metterlo in pericolo.

«Io… no»

«Ne sei sicura?» chiese conferma lui alzando un sopracciglio.

«C-credo, io…» Ladybug scosse il capo: tanto era lo shock e la preoccupazione per il suo compagno di tante avventure che si era dimenticata di ritrasformarsi, o quantomeno di controllare le strade…

«Non importa» cercò di tranquillizzarla lui «vuoi dirmi cos'è successo?»

«Un akumizzato… ma era diverso dagli altri… i nostri costumi…» cominciò a balbettare lei raccontando di eventi a caso e senza nessun apparente nesso logico tra loro. Si prese la testa tra le mani scuotendola mentre con la mente riviveva le scene di poco prima, fino all'ultima, a quando aveva capito che Adrien… «e poi lui…»

«Calmati Ladybug» disse il vecchio prendendo le mani della ragazza e allondogliele dalla testa «Calmati, e riparti dall'inizio»

Allora l'eroina, ancora sconvolta, ma forse per il tono fermo e pacato, seppur autoritario del vecchio, più presente a sé stessa, fece un lungo respiro per mettere i pensieri in fila e cominciare a raccontare.

«Questo cattivo possedeva arco e freccia, all'inizio credevamo sarebbe stato un lavoro facile come per gli altri, ma quelle frecce non sbagliavano mai un colpo e con un battito d’ali scagliava delle piume che in realtà erano lame affilate e guardi…» disse indicando al maestro i tagli ancora ben visibili sul suo costume «Non so come questo sia stato possibile. Ho richiamato il mio Lucky Charm ma poi Chat Noir…» a pronunciare il suo nome le si spezzò per un attimo la voce prima di riprendersi «è stato colpito da una delle sue lame per salvarmi. Quando sono andata da lui e l'ho rigirato tra le braccia mi sono accorta che la maschera era sparita e…» si portò le mani alla bocca visibilmente sconvolta «Maestro, io conosco il ragazzo che è dietro la maschera, è un mio compagno di classe! Questo significa che non potrò mai più essere Ladybug, ora che conosco la sua vera identità lo metterei ancora di più in pericolo, lui e tutta Parigi! Se Papillon arrivasse a me…» disse con le lacrime agli occhi e con le gambe che le stavano cedendo finendo per terra, di fronte al vecchio «…nessuno sarebbe più al sicuro, mi dispiace maestro, l’ho delusa…» mormorò abbassando lo sguardo e portandosi le mani alle orecchie nel gesto di togliersi gli orecchini, quei piccoli gingilli senza tempo che le davano il potere della Creazione e l'identità di Ladybug.

Ma il maestro era di un altro avviso e le prese le mani «Alzati Ladybug»

La ragazza lo guardò senza capire.

«Alzati» ripeté ancora lui con quel suo tono gentile ma autoritario. La ragazza allora eseguì. L'anziano signore sorrise «C’è un motivo se ti sono stati affidati gli orecchini della Creazione, sei una fantastica Ladybug e se non riuscirai tu a sconfiggere colui che dai sentimenti negativi genera il Male allora nessuno potrà…»

«Ma maestro…» cercò di obiettare la ragazza asciugandosi gli occhi.

«Ascoltami» continuò lui «ci sono problemi a questo mondo a cui solo il tempo può trovare rimedio, non si risolveranno solo voltandogli le spalle. Tu non sei sola, non lo sei mai stata, ma devi capire di chi poterti fidare e quando vale la pena concedere una seconda occasione.»

Ladybug guardò il vecchio cercando di afferrarne la parole ma il cui senso in realtà le sfuggiva.

In quel momento le lampeggiarono gli orecchini. Il maestro le indicò la camera adiacente «Ritrasformati e fai riposare il tuo kwami, ma è meglio se non lo fai qui: il ragazzo potrebbe svegliarsi. Io intanto cerco di fare qualcosa per lui, poi torna ma sii di nuovo Ladybug, avremo ancora bisogno di te.»

Marinette fece come le era stato detto. Corse verso la porta richiudendosela alle spalle.

«Ritrasformami»

Il costume scomparve ed il kwami le volteggiò sulla mano appoggiandovi sfinito. Marinette prese subito dalla tasca uno di quei macaron che portava sempre con sé per le situazioni di emergenza come quella.

Una volta che il kwami si fu rifocillato tornò nella stanza di prima nelle sembianze dell'eroina di sempre. Il costume era completamente integro, sembrava che non fosse mai stato scalfito.

Il maestro Fu era chino sul corpo del giovane e spalmava sulle sue ferite una pomata lenitiva.

«Non si è ancora svegliato?» chiese l'eroina ricomparendo alle sue spalle.

«Ancora no ma è meglio se lo riporti a casa… potrebbero preoccuparsi non trovandolo»

La ragazza storse il naso «Non credo… suo padre non si preoccupa tanto delle sue esigenze, con tutta probabilità non si accorgeranno di niente fino a domani mattina»

Il maestro Fu sorrise «Lo conosci bene eh?»

Ladybug arrossì «N-on così bene, solo qualcosa…»

Il maestro sorrise divertito «Scherzo, allora non ci resta che sperare che non si accorgano dei tagli…»

«Adrien saprà come nasconderli, ne sono certa…»

«Bene, allora forse è meglio che vai, potrebbe risvegliarsi ed è meglio che non ti fai trovare con lui…»

«Certo» annuì la ragazza, prese con delicatezza Adrien tra le braccia e fece per voltarsi verso la finestra aperta.

«Ladybug?» la richiamò per l'ultima volta il maestro «Mi raccomando…» proseguì lui una volta che la ragazza si fu voltata «è fondamentale che lui non scopra mai chi sei, la cosa potrebbe avere conseguenze devastanti.»

Lei annuì mentre un piccolo sorriso si faceva largo sulle sue labbra «Ma certo, maestro»

«…E stai attenta…» sussurrò ancora in una preghiera l'anziano signore, ma la ragazza non poteva sentirlo: stava già volando sui tetti di Parigi, un puntino rosso nel manto nero della notte.

-*-*-
 
Adrien nel suo letto, quella sera, sognò di Ladybug e di come i suoi meravigliosi occhi zaffiro lo guardavano con amore e preoccupazione, sostituiti poi da uno sciame di coccinelle che avvolsero con le loro minuscole ali tutta la città.

-----------------------------

Parole sante, maestro Fu, ma che mai avranno voluto dire? 🤔
Segreti del mestiere, suppongo... 🤭
Come sempre fatemi sapere le vostre opinioni e a sabato prossimo per un nuovo capitolo!
 

Dalibali_00

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 3: CHAT NOIR ***


Capitolo 3: CHAT NOIR

 

Chat Noir era Adrien…

Adrien era Chat Noir…

 

Erano più o meno questi i pensieri che continuavano a girare e ripetersi come un mantra nella mente di Marinette dagli ultimi tre quarti d'ora, con gli occhi della giovane rivolti al soffitto.

 

Adrien e Chat Noir erano la stessa persona…

 

Si rigirò tra le coperte per la centesima volta, forse, e con le speranze di un sonno tranquillo e profondo ormai abbandonate del tutto.

 

Non poteva crederci, Adrien, il suo Adrien…

 

Beh non era propriamente suo, ricordò a sé stessa visto che ancora non era riuscita a dirgli quel che provava per lui, ma questo non significava che in futuro non avrebbero certamente avuto 3 bambini, una bellissima villetta in riva alla spiaggia e una cricetina che si sarebbe chiamata Mimì.

Com’era possibile che quel gatto, che aveva sempre la battuta pronta, arrogante, pieno di sé e che si credeva tanto carismatico fosse in realtà il ragazzo dolce, premuroso, gentile e così ben educato di cui si era follemente innamorata?

 

Era proprio vero che la maschera che portavano addosso concedeva loro una seconda identità, pensò.

 

Altro che seconda identità, una seconda personalità! Disse a sé stessa con rabbia e frustrazione mentre cambiava posizione ancora una volta tra le coperte.

D'altronde anche lei… chi mai potrebbe immaginare che l'eroina sempre pronta ad aiutare tutti, coraggiosa e sicura di sé fosse in realtà una ragazzina imbranata, piena di dubbi e domande sulla vita e incapace di dire alla persona di cui da anni aveva perso la testa che l'amava? Era ridicola…

 

Assolutamente ridicola, si disse ricordando le parole che era solita ripetere Chloé.

 

Ma questo non la faceva stare certo meglio!

 

Nessuno ci avrebbe creduto. Già, nessuno… pensò togliendosi le coperte, cominciava ad avere caldo…

«Marinette, stai bene?» domandò il suo dolcissimo kwami con cui ormai aveva stretto una profonda amicizia.

«No, Tikki!» si lamentò lei scuotendo la testa «Non riesco a fare a meno di pensare a…» un verso strozzato le fuoriuscì dalla gola e tornò a nascondersi sotto le coperte.

«Dovresti cercare di dormire» si preoccupò la kwami venendole vicino «domani sarà un'altra giornata e ti devi alzare presto che c'è la scuola…»

«Lo so, ma come faccio! I miei pensieri non vogliono interrompersi!»

«Non ha senso continuare a torturarsi su questo ora, vedrai che tutto si sistemerà, troveremo un modo!»

«Tu dici?» chiese lei speranzosa riemergendo dalle coperte.

«Ma certo!» esclamò la kwami riservandole un sorriso meraviglioso «Ad ogni cosa c'è rimedio al mondo! Solo alla morte non c'è più speranza, vedrai che troveremo una soluzione! L'importante è non perdere la testa e non dare modo a Papillon di vedere le nostre debolezze.» Le parole della kwami l'avevano in parte confortata regalandole la speranza che non tutto era perduto.

«Hai ragione, Tikki!» disse con sguardo più determinato «In fondo io sono Ladybug, per me nulla è impossibile!»

«Giusto, ben detto!» esclamò la kwami molto più contenta.

Un lamento però sfuggì subito dopo dalle labbra della giovane «Ah… ma mi sentirò parecchio imbarazzata la prossima volta che rivedrò Chat Noir… o Adrien! Se ripenso a tutte quelle volte che mi sono comportata da stupida!»

«Sì» fece Tikki con sguardo tutto ad un tratto furbetto «ma lui non lo sa!»

«Hai ragione!» si risvegliò lei finalmente sollevata «È bello avere un'amica come te» disse prendendola tra le mani e portandosela al viso come per abbracciarla.

Finalmente, chiudendo gli occhi, al sicuro nel suo letto, riuscì a ritrovare un po' di quella pace che aveva perduto.

 

-*-*-

 

Il giorno dopo tuttavia non si sentiva affatto meglio: si era svegliata convinta di aver avuto un terribile incubo, ma quando si era guardata allo specchio e si era resa conto che gli accadimenti della notte prima erano invece pura realtà, si era sentita anche peggio.

Aveva due terribili occhiaie sotto gli occhi e le palpebre faticavano a stare aperte mentre la professoressa spiegava.

Prima che potesse rendersene conto la campanella suonò. Non aveva ascoltato una sola parola della lezione persa com'era nei suoi pensieri.

«Bene ragazzi, prima di andare ancora una cosa… c'è qualcuno che può portare gli appunti e i compiti che ho assegnato ad Adrien visto che è assente?» chiese la signorina Bustier a tutta la classe.

Già, l'assenza di Adrien era stata notata e non solo da lei: tutti sapevano che per Adrien venire a scuola era un modo per uscire qualche ora da quella gabbia di cristallo che aveva costruito attorno a lui suo padre, ed avere una vita normale con amici normali.

Questo però l'insegnante non poteva saperlo: sapeva solo che era un ragazzo diligente, ben educato e dedito allo studio, e che se era assente in classe voleva dire solo che era così malato da non poter venire.

«Alya? Puoi portarglieli tu?» chiese dopo aver fatto un giro con lo sguardo della classe soffermandosi su una delle ragazze che era solita sedere ai primi banchi.

«Purtroppo oggi non posso prof, pomeriggio sono impegnata, perché non chiede a Marinette?» chiese la ragazza con la risposta pronta abbracciando le spalle della sua migliore amica seduta a fianco a lei.

Marinette era ancora con un gomito sul tavolo a tenersi mollemente il mento sul palmo della mano e ascoltando quella conversazione solo a metà, ma al suono del suo nome fece un salto sul posto.

«Eh, cosa?»

«Marinette, saresti così gentile da portare gli appunti e i compiti per casa ad Adrien cosicché non rimanga indietro con le lezioni?»

«Io…» Marinette si guardò intorno vedendo i volti dei suoi compagni di classe, tutti che la guardavano… non aveva scampo, e in fondo perché no? Con questa scusa avrebbe saputo le condizioni di Adrien… «Certo» disse infine con un sorriso «glieli porto io…»

«Ottimo allora, potete andare»

Un gran trambusto di sedie spostate e zaini richiusi seguì a queste parole.

«Alya…» fece la ragazza in tono lamentoso all'amica poco dopo «ti devo chiedere un enorme favore…»

«Vuoi che ti dia i miei appunti di questa mattinata perché tu non hai seguito una sola parola…» disse lei senza tanto preamboli con lo sguardo di chi la sapeva lunga.

«Come fai a saperlo?!» chiese la ragazza strabuzzando gli occhi.

Alya rise divertita «Sveglia! Sono la tua migliore amica nonché futura giornalista ed investigatrice di fatti e notizie, vuoi che non mi accorga che la mia compagna di banco è stata con la testa altrove tutto il tempo?»

«Si vedeva così tanto?» chiese Marinette alzando la testa al soffitto «È che non sono riuscita a chiudere occhio stanotte…»

«Questo è evidente… hai delle occhiaie che farebbero invidia a un venditore di borse… piuttosto» cambiò discorso la ragazza verso una direzione che dava più soddisfazione alla sua natura da detective «che fine pensi che abbia fatto Adrien? È strano che non ci sia…»

«Chi, A-Adrien?» chiese Marinette ricominciando a balbettare e guardandosi attorno come un animale in trappola… non c'era verso, ogni volta che si parlava di Adrien, Marinette balbettava e si comportava in modo assai bizzarro.

Ma la sua migliore amica Alya si era ormai abituata da tempo a questi suoi comportamenti. D'altronde, tutti in classe sapevano che a Marinette piaceva Adrien, solo il diretto interessato non si era mai accorto di nulla.

«Sì, Adrien! Di solito non manca mai un giorno di lezione, qualsiasi cosa per sfuggire dalla sua agenda piena di impegni e dal padre che si ritrova… credi che gli sia successo qualcosa?»

«Io, n-no… e io come faccio a saperlo? Mica lo controllo giorno e notte!»

«Mmmh strano… tu sai sempre tutto di lui…» disse avvicinandosi a lei con sguardo indagatore e strofinandosi due dita sotto il mento.

A Marinette venne in mente un Alya con indosso un cappellino da cacciatore di quelli con la visiera piccola e una pipa in bocca alla Sherlock Holmes.

Scosse la testa.

«Non lo so, magari starà male… avrà la febbre»

«Già, può essere… allora quando andrai da lui mi dovrai riferire tutto delle sue condizioni» 

«Dici che mi faranno entrare?» chiese la ragazza speranzosa.

Alya alzò le spalle «Non lo so, ma tentar non nuoce.»

 

-*-*-

 

Marinette si trovava davanti al campanello di casa Agreste. Un dito sollevato sul citofono, improvvisamente colta dai dubbi. Fece un lungo respiro e suonò.

Una voce metallica le rispose dall'altro capo del citofono “Pronto?”

«Sono Marinette, ho i compiti di scuola per Adrien!» disse la ragazza alzando la voce per farsi sentire.

Una finestrella si aprì a lato della porta. “Lasciali qui” fu l'ordine perentorio della voce dall'altro lato.

Marinette rimase interdetta sentendo un po’ l'amaro in bocca: non poteva dire che non se lo era aspettato… doveva chiederlo? Ricordò le parole dell'amica: tentar non nuoce. Allora prese coraggio «Adrien… suo figlio, come sta? Oggi non è venuto…» disse immaginando di parlare con Gabriel Agreste, il padre di Adrien Agreste, noto stilista francese nonché pessimo padre.

Un breve momento di silenzio precedette la risposta “Non sono affari che ti riguardano”

Risposta laconica che da sola chiudeva per sempre il discorso. Marinette decise di non tentare oltre la sorte.

Mise le fotocopie che aveva fatto a scuola degli appunti e dei compiti assegnati nell'apertura e girò i tacchi senza salutare.

Avrebbe dovuto dire alla sua migliore amica, con il grande rammarico di lei certamente, che da quella breve visita non aveva cavato un ragno dal buco.

Ma lei era Ladybug e aveva sempre un altro asso nella manica. Sorrise soddisfatta a quell'unico foglio che aveva lasciato nel suo zaino.

-------------------------------

Capitolo un po' più lungo degli altri 😊

Marinette è confusa, le sue certezze stanno crollando, ma ha in mente qualcosa... chissà cosa combinerà? 🤔 Restate con me per il prossimo capitolo per scoprirlo!

Spero di essere riuscita a rappresentare al meglio lo shock e la perplessità che devono aver pervaso Marinette a questa enorme scoperta e a descriverle in modo realistico, magari come capitolo non era un granché come fatti ma è fondamentale per quello che avverrà dopo, e poi abbiamo così la possibilità di vedere la vita di Marinette di tutti i giorni... dal prossimo le cose cominceranno già a farsi più ineressanti, ve lo prometto... :-)
Mi devo scusare con voi però per il ritardo, so che dovevo pubblicare ieri ma il sito mi dava dei problemi e non riuscivo (cominciamo bene haha)

Cosa ne pensate di questo nuovo capitolo? Vi sta intrigando la storia? Fatemelo sapere nei commenti e non abbiate timore... anzi, mi interessa molto la vostra opinione e sarebbe utile anche per me per avere un riscontro sul mio operato haha ;-)

Au revoir, cari lettori!
Dalibali_00

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 4: LADYBUG ***


Capitolo 4: LADYBUG

 

Marinette fissò quella pagina scritta di una calligrafia chiara e ordinata.

Ma davvero?!

In quel momento, seduta in camera sua lasciandosi sopraffare dai propri pensieri, non le sembrava più un'idea così meravigliosa quella di poco prima.

E se…?

Le guance le si imporporarono alla sola idea. Scosse la testa.

Era quasi sicura che fosse una cattiva idea… Quasi… La sua ormai lunga esperienza come Ladybug le aveva insegnato che era sempre una cattiva idea mischiare la vita privata con quella da supereroe, e che usare la sua identità da superare per scopi personali non portava mai a nulla di buono… Si ripeté quel “sempre” nella mente per imprimerselo per bene… Eppure lei doveva sapere… non poteva pensare di stare un’altra settimana senza avere sue notizie: la frustrazione l'avrebbe uccisa. Sentiva di avere troppe domande in testa e nessuna risposta.

Sbuffò esausta.

«Tutto bene, Marinette?» chiese Tikki, guardandola dall'alto di una mensola mentre osservava i gomitoli colorati che la giovane aveva sistematicamente ordinato in una scatola per le sue creazioni.

«Tikki… sento che farò qualcosa di stupido…» disse in tono lamentoso lei, allungandosi sulla sedia e guardando il soffitto.

«Se è una cosa fatta col cuore allora probabilmente non è stupida» rispose la kwami per cercare di rassicurarla: ormai era abituata alla perenne indecisione dell’amica.

«È proprio questo il problema!» disse scattando in piedi la corvina e mettendosi a girare avanti e indietro per la stanza.

«Non capisco…»

«L’altro giorno avevo tutte le certezze che potevo avere e oggi non so più niente! Ma davvero Adrien è Chat Noir?! Io sono sempre stata innamorata di Adrien, non ho mai provato niente per Chat Noir! Sono due persone completamente diverse! Chi è allora il vero Adrien? Il ragazzo che vedo tutti i giorni a scuola o quello dietro la maschera che se ne esce sempre con battute pessime sul tema dei gatti?! Ma se Adrien non è il vero Adrien, allora chi è Adrien?! E di chi sono innamorata io?! Di un’illusione che mi sono creata nella mia mente, ma che in realtà non esiste e non è mai esistita?! Quindi, chi sono io?! Marinette, la ragazza imbranata e ingenua, o Ladybug, l'eroina di Parigi, forte e coraggiosa?! Oh… credo di stare impazzendo…» decretò con fare sconsolato buttandosi sulla sedia a rotelle che per la spinta finì qualche metro più in là.

«Perché pensi che in realtà non possa esistere? E se fosse entrambe le cose? La persona di tutti i giorni a scuola, quella che può mostrare al mondo… e poi c'è quella nascosta, quella che non lasciamo trasparire tanto facilmente, ma che viene fuori quando c’è una maschera a coprire il volto, per fare finta di essere un’altra persona… essere libero di mostrare l’altra parte di sè! E’ qualcosa presente in ognuno di noi, magari senza una maschera, magari senza una tuta… magari solo tra le pareti della propria camera o tra le persone di cui ci si fida di più, ma esiste, non puoi negarlo…» spiegò la kwami determinata.

Marinette la fissò riflettendo attentamente sulle sue parole: lei era sia Marinette che Ladybug e non aveva paura di essere Ladybug proprio perché tutti la conoscevano ma nessuno sapeva chi fosse davvero… era questo che intendeva la kwami?

«C’è solo un modo per scoprirlo, Tikki!» esclamò quindi decisa.

 

-*-*-

 

La notte vegliava da tempo sulla città e sui sogni dei suoi abitanti mentre un leggero fruscio mosse impercettibilmente le tende di una finestra lasciata aperta al vento tiepido primaverile. Una figura si mosse silenziosa per la stanza guardandosi attorno nella penombra: la camera era ampia e spaziosa, alti armadi alle pareti, un tavolo da calcetto messo più o meno in un angolo, un televisore da chissà quanti pollici di fronte ad un divano in pelle chiara, anch'esso molto spazioso ed elegante. C’era poi un pianoforte a coda, nero, su cui probabilmente il proprietario aveva passato molte ore lì seduto, da solo, col suono di melodie inventati da autori morti secoli prima, oppure cantanti moderni, infine una scrivania a muro, dall’altro lato della stanza, su cui svettavano ben tre computer disposti sopra.

Era la camera di un ragazzo.

Un grosso letto matrimoniale era appoggiato alla parete opposta sul quale il proprietario della stanza dormiva in una metà, raggomitolato. Sembrava esageratamente troppo grande per lui, come il resto della stanza d'altronde, o come i lussi che aveva: il calcetto, il pianoforte strofinato a lucido, quello schermo televisivo enorme…

Sembrava la camera di un ragazzo solo.

La figura celata nell'ombra si avvicinò di più al letto per guardare meglio il ragazzo che dormiva. Aveva il volto infossato nel cuscino, i capelli biondi scompigliati, le labbra socchiuse…

La figura intrusa si sentì mancare un battito.

Fissò il suo viso, un piccolo taglio gli segnava l'angolo dell'occhio destro, dove era stato colpito con quella piuma tagliente. Per il resto il volto era arrossato, il ragazzo stava sudando, pareva che avesse la febbre. Indossava una maglietta che gli copriva le braccia, probabilmente piene di tagli, le cui maniche sbucavano dalle coperte.

La figura spostò lo sguardo sul comodino dove erano presenti dei fogli e riconobbe gli appunti che gli aveva portato quello stesso pomeriggio, allora, attenta a non fare rumore, vi poggiò sopra l'ultimo foglio, guardò ancora una volta il ragazzo che stava dormendo per imprimersi la sua immagine nella mente e fece per voltarsi.

Quando una mano la fermò per il polso «Non andare…»

L’ombra si voltò di scatto, lo sguardo sgranato ad osservare gli occhi verdi lucenti, ancora mezzi addormentati fissi nei suoi «Resta, ti prego…» fu la nuova supplica del ragazzo.

La figura si voltò con calma non sapendo bene cosa fare e realizzando di essere stata scoperta.

«Allora non era un sogno…» mormorò il ragazzo continuando a fissare quella figura che sembrava più un’apparizione che realtà, impressa nelle sue iridi, ma la presa ferma sul suo polso gli suggeriva il contrario.

«…Eri proprio tu, Ladybug…»

«Adrien…» la ragazza non sapeva cosa dire.

«Resta con me, ti prego»

«Ma tu hai la febbre…»

«Re-sta…»

Gli occhi lucidi del ragazzo erano visibilmente causati dalla febbre, ora ne riconosceva i sintomi. Ladybug cedette alla sua richiesta e si sedette accanto a lui nell’altra metà del letto. Appena si fu seduta Adrien le si accoccolò accanto abbracciandola. Marinette, nascosta dietro la maschera dell’eroina di Parigi, si sentì mancare un battito: era certa che le guance le fossero diventate tutte rosse come il colore del suo costume, per fortuna che era buio e il ragazzo non poteva vederla.

Ladybug restò rigida in quella posizione stringendo a sua volta le spalle del ragazzo per un tempo che le parve troppo lungo, eppure così breve… credette che lui si fosse ormai riaddormentato quando la sua voce la riscosse di nuovo «Come fai ad essere qui? Perché qui, Ladybug?»

Guardando in basso la ragazza vide nuovamente quegli smeraldi lucidi che la guardavano inebriandosi di quel momento eppure, come se non riuscissero a capirlo, a credere che fosse davvero reale.

Di nuovo i battiti nel suo petto accelerarono ma un sorriso si fece largo sul suo volto, gli accarezzò i capelli biondi e gli rispose dicendogli il vero «Ero preoccupata per te»

Il ragazzo inclinò la testa senza capire «Per me, Ladybug?»

«Ho creduto che stessi male… i tuoi amici…» aggiunse poi, per spiegarsi.

Il ragazzo aggrottò per un attimo le sopracciglia, si vedeva che cercava di capire ma il sonno e la febbre gli annebbiavano la mente, allora si puntellò sui gomiti e poi si alzò reggendosi sulle braccia, il viso a pochi centimetri da quello dell’eroina.

Ladybug rimase impietrita e affascinata. Impietrita dalla paura, non si era mai ritrovata in quella situazione e non sapeva come comportarsi e soprattutto, non voleva fare mosse azzardate che lo avrebbero allontanato. Affascinata dal suo volto, ora così nitido, i capelli scompigliati, le labbra socchiuse, gli occhi indagatori… un volto come se lo era sempre sognato. Solo che che quello non era un sogno: era la realtà.

«Dimmi che non sei un sogno…» sussurrò lui, come leggendo nei suoi pensieri, ma evidentemente vagavano nella stessa direzione della corvina mascherata… «dimmi che non mi sveglierò domani per scoprire che sei esistita solo nei miei pensieri» disse Adrien indicandosi la mente «dimmi che non sarà l'unica volta, dimmi che tornerai…» Adrien prese ancora la mano di lei e se la portò al cuore.

Batteva forte, come il suo.

«Tornerò»

Aveva promesso, ora non poteva più tornare indietro.

 

------------------------

Heilà… che ne pensate del capitolo? Ma quanto sono dolci? <3

Allora, premetto che in genere la mia ship preferita è Marichat… ovvero tutto il contrario, come penso molti di voi… :-P

Trovo però che anche Ladybug e Adrien stiano benissimo insieme! >.< Anche se so che è un’opinione non molto diffusa, io personalmente li trovo adorabili! :-D E ho un sacco di idee su loro due…

Personalmente parlando trovo che l’unico limite alla creatività sia l’immaginazione, e poi… tutto può andare a rotoli con un solo schiocco di dita (questo è uno dei motivi per cui amo scrivere, e non solo leggere storie scritte da altri XD)

Detto questo, fatemi sapere cosa ne pensate di questo nuovo capitolo e alla prossima!

 

Dalibali_00

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 5: SCOMPARSA ***


Capitolo 5: SCOMPARSA

 

Adrien si stiracchiò nel letto, aveva fatto un sogno bellissimo, era con Ladybug di notte, abbracciato insieme a lei nel suo letto e alla domanda sul perché lei, l'eroina di Parigi si trovasse proprio lì, in camera sua, la ragazza aveva ammesso di essere preoccupata per lui.

Si rigirò dall’altra parte nel letto nascondendo il volto tra le coperte con le guance infiammate, tenendo ancora gli occhi chiusi non volendo interrompere ancora quel sogno meraviglioso.

Si era innamorato di lei dal primo momento che l'aveva vista, così forte e coraggiosa, orgogliosa, ma allo stesso tempo altruista, perfetta, mille volte o anche più aveva fantasticato su come sarebbe stato passare del tempo con lei, solo loro due, conoscersi meglio e magari un giorno avere il privilegio di scoprire chi fosse davvero la persona che gli aveva rubato il cuore.

Sospirò, sapeva che questo non sarebbe mai potuto accadere: lui era Chat Noir ed era fondamentale che nessuno dei due scoprisse la vera identità dell'altro. Ne andava della salvezza dell'universo come lo conoscevano loro.

Eppure, respirando ancora mezzo addormentato tra le coperte, mai prima d'ora aveva fatto un sogno su di lei così realistico. Gli sembrava ancora di sentire il suo profumo, immergersi nei suoi occhi azzurro acceso, scintillanti nella semioscurità…

Si alzò di scatto a sedere, il petto che si alzava e abbassava velocemente, si portò le mani ai capelli e rivolse lentamente lo sguardo sull'altra metà del letto, le coperte spiegazzate segno che c'era veramente stato qualcuno.

Non era un sogno

Si alzò dal letto di scatto e si mise a camminare avanti e indietro per la stanza, sconcertato e spaventato.

Non può essere

Ladybug

Si ripeté nella mente quasi in una supplica. La febbre si era abbassata rispetto alla notte prima, anche se non se n'era ancora andata del tutto, inoltre le escoriazioni e i tagli che aveva in giro per il corpo gli provocavano non poco dolore ma per quelli doveva fare finta di niente: suo padre, gli amici, non avrebbero dovuto scoprirne l'esistenza, altrimenti avrebbero cominciato a fare domande a cui non sapeva e non poteva rispondere… solo in veste di Chat Noir con la sua Lady poteva mostrare il vero sé stesso… con Ladybug era così, era sempre stato così.

All'improvviso sì sentì euforico.

Ladybug era andata a trovarlo perché era preoccupata per lui, e lui l'aveva abbracciata, si era addormentato accanto a lei ed erano stati solo loro due, insieme, nel segreto nella notte…

Si bloccò di colpo, al centro della stanza, col cuore che batteva a mille.

E non aveva dimenticato la sua promessa: sarebbe tornata da lui…

«Adrien?» chiese Plagg che si era svegliato in quel momento e lo guardava soppesandolo, quel dormiglione… «Ti senti meglio?»

«Adrien?» fece un'altra voce da dietro la porta: era suo padre. Adrien fece segno al kwami di stare in silenzio e andò a nascondersi nuovamente sotto le coperte. «Sì, padre?»

«Ti senti meglio oggi? Ho sentito che eri in piedi…»

«Sì padre, un po’ meglio» disse rimanendo sorpreso dal fatto che suo padre si preoccupasse per lui, ultimamente non capitava spesso: da quando sua madre era morta il noto stilista francese Gabriel Agreste si era fatto sempre più freddo e distante nei suoi confronti, quasi non gli interessasse più nulla di ciò che lo riguardasse, della sua vita o i suoi desideri… forse però anche lui aveva un cuore.

«Bene, così presto potrai ricominciare con i tuoi impegni e non rimarrai indietro.»

O forse no.

Lanciò un breve sguardo ai fogli di appunti che gli erano stati portati da una sua compagna di classe il giorno prima, suo padre non gli aveva detto da chi, e si ributtò tra le coperte.

Per quel giorno decise che ancora stava troppo male per riprendere in mano i doveri della sua vita e comunque, era troppo agitato per concentrarsi su qualsiasi cosa che non fosse lei.

 

-*-*-

 

«Marinette?»

«Uh sì, che c'è?» fece la corvina saltando sulla sedia ritornando improvvisamente in sé.

«Ultimamente mi sembri un po’ assente» fece notare Alya soppesando la sua espressione.

Erano a scuola e la lezione era appena terminata, ma Marinette, come al solito non aveva ascoltato una sola parola.

La ragazza si guardò intorno accorgendosi di essere rimaste solo loro in classe, gli altri se n'erano già andati tutti via.

E lei non si era accorta di niente.

Tornò con lo sguardo su Alya che la stava ancora guardando come se solo dalla sua espressione potesse capire cosa le passava per la testa.

«C’è qualcosa che non mi dici?» chiese la ragazza che capiva sempre quando l'amica le stava nascondendo qualcosa.

«Eh no!» Marinette era certa che le guance le fossero diventate tutte rosse. Sospirò, era sempre stata una pessima bugiarda.

«Davvero?» chiese Alya alzando un sopracciglio.

«Cosa intendi?» chiese Marinette per rimediare cercando di arrampicarsi sugli specchi.

«Dai, Marinette! Ti conosco troppo bene… tu in genere stai sempre attenta alle lezioni invece sia ieri sia oggi sei stata con la testa completamente assente, ti chiedo cosa succede e tu rispondi a impulso, e arrossisci… c'entra per caso Adrien?» chiese l'amica avvicinandosi per studiarla da vicino.

«Chi? No!» negò Marinette in fretta, forse un tantino troppo in fretta.

Alya scoppiò a ridere divertita «Ecco, appunto… Senti» disse poi sospirando «se non mi vuoi dire cosa succede va bene, non mi offendo, me lo dirai quando sarai pronta se vorrai, volevo solo farti sapere che se avessi bisogno di parlare io sono qua, ok?» disse Alya per rassicurarla e farle sentire il suo sostegno.

«C-certo!»

Alya si lasciò sfuggire un'altra risata «Dai, andiamo! Gli altri ci staranno aspettando» esclamò prendendo il braccio dell'amica e trascinandola fuori dall'aula.

Marinette, dietro la schiena di Alya si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo: ogni volta faceva l'errore di sottovalutare le doti investigative della sua migliore amica, e se voleva tenere questa faccenda per sé da ora in poi avrebbe dovuto comportarsi in modo naturale, il che avrebbe voluto dire seguire le lezioni, andare a letto prima e relegare quanto successo in un angolino nascosto della sua mente per aprirlo quando fosse stato più opportuno.

Andare a letto prima… il respiro le si mozzò in gola: aveva promesso ad Adrien che sarebbe tornata da lui in veste di Ladybug e ciò avrebbe necessariamente significato fare le ore piccole: dovevano sfruttare la notte per non farsi scoprire insieme e compromettere tutto quanto. Avrebbe passato del tempo con lui…

Non sarebbe stato un compito così semplice dopotutto.

In che guaio si era cacciata?

 

-*-*-

 

Il sole stava tramontando quando Marinette suonò alla porta di un’abitazione ormai familiare. Aspettò qualche secondo ma non ottenne risposta.

Suonò ancora.

«Dici che non è in casa?» chiese la ragazza al suo kwami senza farsi notare dai passanti. L’esserino rimaneva sempre con lei ovunque andasse nascosto in una borsetta che portava a tracolla nel caso di un improvviso “allarme akuma”.

«Non lo so, può essere…»

«Mi sembra strano però, dove può essere andato?»

Tikki scosse la testa: anche lei non ne aveva idea.

Marinette allora si allungò per cercare di guardare oltre le finestre della casa del guardiano dei Miraculous che abitava fortunatamente al primo piano, senza però vedere niente.

«Ho una brutta sensazione, Tikki…»

Facendo i compiti quel pomeriggio, si era persa tra i ricordi dei momenti passati con Adrien la notte prima e, tra una fantasticheria e l'altra, si era ricordata delle sue ferite e della crema lenitiva che il maestro Fu gli aveva applicato portandolo da lui quella sera e che lo aveva fatto stare subito meglio.

Non si era dimenticata però che a seguito della loro ultima battaglia si era intrufolata in casa del maestro in preda al panico dimenticandosi di ritrasformarsi.

E se qualcuno l'avesse seguita? Se fosse stata la sua ingenuità a ricondurli da lui?

«Allora entra!» esclamò la kwami incoraggiandola: anche lei stava cominciando a preoccuparsi di quello che poteva essere successo al maestro.

«E come? Non posso entrare in casa di qualcuno come fossi un ladro, inoltre ho paura di trasformarmi. E se qualcuno mi vedesse? Ho già sbagliato una volta…»

«Aspetta…» disse la kwami fuoriuscendo dalla borsetta ed oltrepassando le mura della casa.

«Cosa?! No…» Marinette si guardò intorno agitata sperando che nessuno avesse visto quel che era appena successo. I kwami erano esseri interdimensionali e avevano il potere di passare attraverso le superfici solide: sarebbe stato però alquanto imbarazzante doversi mettere a spiegarlo a qualcuno.

La serratura della porta scattò un attimo dopo. Per fortuna le persone in strada erano intente a fare altro e nessuno aveva prestato caso a lei. Entrò veloce e si chiuse la porta alle spalle.

La casa era in completo subbuglio: mobili rovesciati, libri sparsi a caso per terra, oggetti infranti… qualcuno era stato lì prima di lei e non era una persona amichevole.

Marinette percorse in fretta le varie stanze della casa, tutte in quello stato di completo disordine. Il maestro Fu non c'era.

Io cuore della ragazza batteva a mille, si diresse verso il grammofono, luogo dove sapeva che il guardiano conservava tutti i miraculous.

Digitò la password che ormai, nei suoi lunghi anni di esperienza come Ladybug, sapeva a memoria e il meccanismo si aprì.

La miracle box c'era ancora.

«No…» si lasciò sfuggire Marinette in un sussurro.

Impossibile che il maestro Fu fosse andato da qualsiasi parte senza portarsela dietro, e ciò voleva dire solo una cosa… era stato rapito.

Aveva quasi sperato fino all'ultimo che quella fosse stata tutta una messinscena organizzata dal maestro stesso, magari per simulare un’intrusione e cambiare alloggio per farglielo sapere in seguito. Era già successo più di una volta in passato che il maestro sospettasse per la segretezza del suo ruolo e che decidesse di cambiare dimora. Quella casa stessa era forse la sua quinta casa.

Trovare però la miracle box ancora al suo posto le diede la conferma dei suoi aspetti.  Probabilmente il maestro Fu quella volta non aveva avuto il tempo di organizzare una fuga ed era tutta colpa sua: si era fatta prendere dal panico, la sua lunga esperienza come Ladybug non le aveva insegnato niente… si era comportata come una ragazzina alle prima armi, invece doveva capirlo, doveva prevederlo, doveva stare più attenta!

La paura per Chat Noir però e l’aver dovuto scoprire la sua vera identità così all'improvviso avevano avuto la meglio su di lei impedendole di restare lucida…

«No… è tutta colpa mia» mormorò Marinette quasi con le lacrime agli occhi e stringendo i denti. Guardava la scatola, come se solo l'intensità con cui la fissava avesse potuto far tornare indietro il maestro Fu.

«Non è colpa tua, Marinette… Hai fatto quello che hai potuto, eri sotto shock!» disse Tikki accanto a lei per cercare di tranquillizzarla.

«No invece, è colpa mia! Avrei dovuto stare più attenta!» si rimproverò ancora la ragazza stringendo i pugni, poi alzò la testa e si guardò intorno «È meglio andare, è pericoloso stare qui, il rapitore potrebbe tornare…»

Allora raccolse uno zaino da terra gettato poco più in là e ci nascose dentro la miracle box, fece girare lo sguardo finché non scovò la crema, la raccolse e mise dentro pure quella. Come dargliela poi, senza fargli capire che lei sapeva di lui, ci avrebbe pensato in un secondo momento.

Si guardò allora intorno per un’ultima volta e poi, con l'aria più naturale del mondo ricacciando indietro le lacrime, uscì da quella casa con lo zaino in spalla e si mise in strada.

Più tardi, quella sera, Ladybug entrò da una delle finestre lasciate aperte in casa Agreste.

Adrien la guardò, gli occhi sgranati, ma poi qualcosa catturò la sua attenzione. Un leggero scintillio agli angoli del viso dell’eroina brillava nel buio.

Ladybug stava piangendo.

Adrien le corse incontro e la abbracciò.


 

-------------------------------------

Il maestro Fu scompare misteriosamente senza lasciare traccia, Marinette recupera la miracle box e decide di tener fede alla promessa fatta ad Adrien anche se sa che potrebbe essere una cosa rischiosa, Adrien che credeva si trattasse di un sogno e Alya che non le sfugge nulla…

Adoro quella ragazza, sicuramente diventerà un ottima reporter da grande XD

Avanti, ve lo aspettavate? Cosa credete succederà da adesso in poi? ;-)

Marinette si sente colpevole di quanto successo e Ladybug… piange? ‘•_•

 

Hehe al prossimo capitolo!

 

Dalibali_00

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 6: MIRACULOUS ***


Capitolo 6: MIRACULOUS

 

«Ladybug?»

Lacrime calde rigavano il volto dell’eroina. Adrien rimase per qualche istante interdetto prima di correre da lei e avvolgerla tra le sue braccia.

Sentì la ragazza dapprima tesa, lentamente lasciarsi andare e leggeri singhiozzi scuoterle il corpo. Adrien non riusciva a capire cosa potesse aver provocato in lei una reazione del genere, ma non fece domande. Rimase semplicemente in silenzio a tenerla accanto a sé, con il profumo di lei che gli inebriava i sensi e le dita immerse in quei soffici capelli scuri come la notte che osservava calare sulla città fuori dalla finestra di camera sua, con le luci delle case che pian piano si spegnevano per lasciare spazio ai sogni dei suoi abitanti, la tenne così stretta a sé finché i singhiozzi di lei non si fecero sempre più sporadici e il respiro più rilassato. Solo allora si azzardò a guardarla in viso.

«Grazie» mormorò lei in un sussurro asciugandosi le poche lacrime che ancora le rigavano le guance «Non volevo farti preoccupare»

Adrien si limitò a fissarla vedendosi riflesso nello specchio azzurro dei suoi occhi, ancora leggermente lucidi dal pianto. Aveva il cuore che gli martellava nel petto ma si costrinse a parlare ugualmente «Non-non importa» disse schiarendosi la gola «È successo qualcosa?»

La ragazza scosse il capo, abbassò lo sguardo per poi tornare a guardarlo «Ho paura di aver fatto una cosa molto stupida, è stato un errore ma…»

«Se è così allora non è colpa tua…»

«Lo so, ma… dovevo stare più attenta, invece sono stata ingenua e una persona per me importante ha dovuto pagare per questo e ora non so cosa fare… ho paura di fare del male alle persone che amo… cosa farei se commettessi qualcosa di irreparabile e non ci fosse ritorno?» chiese la ragazza tenendosi strette le braccia «E se il prossimo a dover pagare le conseguenze per le mie azioni dovessi essere tu? Non mi perdonerei mai se ti dovesse succedere qualcosa…»

Adrien chiuse gli occhi e si chiese chi fosse questa persona importante di cui parlava, forse la prossima volta che ci sarebbe stato un cattivo a Parigi si sarebbe confidata… con Chat Noir.

Quelle parole però, nonostante fossero dolci perché significavano che Ladybug teneva a lui, avevano anche un che di melanconico: l'amaro sapore dell’addio.

«Si tratta dei miraculous?» chiese poi riaprendo gli occhi, nello sguardo un dardo di fuoco come la rabbia che provava dentro.

«Cosa?» l'eroina non si aspettava una reazione del genere e restò spaesata.

«I miraculous… quei piccoli gioiellini che conferiscono enorme potere, i tuoi orecchini» spiegò, come se la ragazza non sapesse benissimo di cosa stesse parlando.

Ladybug annuì «Sì, ma non solo»

Non aveva idea del significato di quella risposta, ma non ci fece caso. Strinse invece i pugni e una nuova rabbia gli infiammò la voce «Beh non sei sola, non lo sei mai stata»

Ladybug lo guardava ancora senza capire.

«Cosa mi dici di Chat Noir? Puoi sempre contare su di lui»

A quell’affermazione il volto della ragazza assunse una strana espressione. Adrien si morse la lingua intuendo all’improvviso di aver parlato troppo «I-insomma, è quello che direbbe lui se fosse qui, credo...»

La ragazza si lasciò infine sfuggire un sorriso «È vero, lui c'è sempre per me» nello sguardo un lampo di dolcezza ma la sua espressione si fece subito seria «L’ultima battaglia però ci ha lasciato stremati, entrambi, e lui ha rischiato tutto quello che aveva per salvarmi… e questo mi ha fatto capire che io non posso rischiare di perderlo…»

Adrien si sentì immensamente lusingato da quelle parole, certo, Ladybug non sapeva che il soggetto del discorso era proprio lui, ma sapere che Chat Noir contava così tanto per la sua Lady gli riempiva il cuore di gioia. Quell'entusiasmo nato così all'improvviso però scoppiò come una bolla piena d'aria perché lui, Adrien, non poteva permettersi di perdere lei, Ladybug, non ora che poteva mostrarle il vero sé stesso senza necessariamente mettere a rischio l'intero universo per questo «Non succederà niente, te lo prometto»

«Adrien…« Ladybug lo guardò e scosse il capo, il volto spaventato, come se tutti i suoi peggiori incubi potessero diventare d'un tratto uno scenario del tutto reale «è troppo rischioso venire qui, e se qualcuno mi dovesse vedere mentre passo dalla finestra? Se qualcuno ci dovesse sentire? O peggio, se tuo padre mi sorprendesse qui? Ti metterei in pericolo, finiresti dritto nella tela di Papillon e ti userebbe per manipolarmi e poi tutto sarebbe…»

Ma le sue parole furono soffocate dall’abbraccio di Adrien che la strinse forte a sé.

«… Finito, lo so»

«E allora cosa…»

«Ma ti prometto che non succederà Ladybug, non perderai anche me, io ci sarò sempre per te» 

«Non puoi saperlo, “sempre” è un tempo troppo lungo…» mormorò la ragazza stringendogli la camicia un po' più forte mentre un'altra lacrima solitaria si faceva strada sul suo viso finendo per bagnare la camicia del ragazzo.

«E allora vorrà dire che ricominceremo insieme da capo, da dove tutto è iniziato, torneremo indietro, al giorno in cui ho avuto la fortuna d’incontrarti, e avrò voglia di conoscerti meglio come ti vorrei conoscere meglio adesso, giorno dopo giorno, come se ogni giorno avesse un suo domani, ogni tramonto la sua alba perché ogni istante che passo con te Ladybug mi sembra l'aurora di una nuova vita, una vita migliore. Non fa niente se non potrai dirmi tutto di te, so che è pericoloso rivelare chi sei, ma permettimi solo di passare del tempo con te, è tutto ciò che ti chiedo.» 

Ladybug era senza parole, strinse ancora più forte la maglietta del ragazzo nascondendoci il viso contro mentre nuove lacrime facevano capolino dalle palpebre. Sapeva che le parole di lui non erano riferite solo al giorno prima, quando era entrata in camera sua mentre si trovava a letto con la febbre alta, bensì ad anni prima, quando si erano incontrati per la prima volta nella loro nuova tuta per combattere un nemico comune. Insieme a Chat Noir ne aveva passate così tante che non sapeva nemmeno lei da dove cominciare, e sapeva che Chat Noir in tutto questo tempo non aveva mai smesso di amarla, e ora che erano cresciuti, non era cambiato niente.

O forse, era cambiato tutto, perché quello che lui non sapeva, era che il muro che c'era tra di loro si stava incrinando, i segreti avevano cominciato a sgretolarsi così come si era sgretolata in un istante la maschera che per tanti anni aveva coperto il volto di Chat Noir, e Marinette… Ladybug aveva paura, paura che presto quel muro sarebbe crollato del tutto, e poi che sarebbe successo? Non lo sapeva, ma il vuoto le faceva paura.

Nonostante questo però si sentiva libera ora, libera come non lo era mai stata, libera di amare Adrien come lo aveva sempre amato, libera di stare con lui… questo significava che poteva amare anche Chat Noir? Sorrise e sulle labbra sentì il sapore salato delle lacrime, certo, ma doveva sforzarsi di tenere la cosa segreta per tenere in piedi i pochi brandelli di normalità che separavano loro dalla rovina. Era per questo Adrien… Chat Noir non avrebbe mai dovuto sapere di lei, o del fatto che lei sapeva

Fino a che la verità non avrebbe fatto a pezzi lei stessa la menzogna e tutto sarebbe finito nel nulla.

Strinse la camicia del ragazzo tra le dita imprimendo i polpastrelli nella carne ma un lamento di lui la fece arretrare di scatto «Cos’hai?» chiese allarmata.

«Scusa, la mia ultima lezione di scherma mi ha lasciato con qualche livido»

Ladybug lentamente allungò una mano per sollevare l'orlo della maglietta del ragazzo, quello che c'era sotto le fece mancare il fiato. Lividi e tagli gli segnavano la pancia che era diventata di una carnagione più viola che rosa intervallata da striature rossastre.

«Non è un bello spettacolo, vero?»

Ladybug si sforzò di sorridere ma quello che uscì fuori fu più una smorfia che un sorriso. Non era la scherma, era la loro ultima battaglia lei lo sapeva e vedere cosa gli aveva procurato la faceva stare male: non la aiutava di certo a farla sentire meno in colpa «Ma cosa ti fanno fare a queste lezioni di scherma?» domandò per allentare la tensione.

«Non è colpa dell’insegnante, in genere non è così, ero io che stavo con la testa da un'altra parte»

Ladybug lasciò cadere la maglietta e tornò a guardarlo «Dovresti stare più attento»

«Lo so»

«E a cosa stavi pensando di grazia per farti ridurre così?» chiese la ragazza per cambiare argomento e stuzzicarlo un po'.

Adrien alzò lo sguardo verso la finestra, oltre la quale il cielo si era fatto buio, solo i lampioni accesi per le strade erano rimasti ad illuminare la città, pareva pensieroso. «A te» il suo sguardo si era fatto terribilmente canzonatorio.

«Ma dai…» Ladybug rise per la prima volta in quella serata, le paure e le preoccupazioni per il futuro che aveva avuto solo qualche istante prima pareva che non fossero mai esistite e per vendicarsi gli diede una pacca sul braccio lasciando andare, per un istante, persino il ricordo delle sue ferite.

Il ragazzo emise immediatamente un sibilo di dolore e si prese il braccio.

«Scusa, non volevo!»

«Non fa niente, ci sono abituato» 

C'era però una nota positiva in tutto quello: ora che era venuta a conoscenza da parte di Adrien, e non del suo ricordo dell’ultima battaglia con Chat Noir, delle ferite da lui subite, la prossima volta avrebbe potuto portargli la crema recuperata a casa del maestro senza far sollevare troppe domande su conoscenze che non avrebbe avuto modo di sapere.

«Sai, Ladybug… solo con te posso essere me stesso» Adrien inclinò il capo, i capelli biondi tutti scompigliati e quegli occhi verdi accesi illuminare l'oscurità, la ragazza non ebbe difficoltà ad immaginarselo con una maschera nera sul volto e due orecchie da gatto sopra la testa. A quell'immagine formatasi nella sua mente rise di gusto «Lo so, e anche per me è lo stesso. Tornerò a trovarti allora, se è questo che vuoi»

Adrien sorrise specchiandosi in quegli occhi azzurro cielo che per tanto tempo erano stati protagonisti dei suoi sogni ed ora erano finalmente pura realtà.
 

-*-*-


Marinette stava fissando da qualche minuto la miracle box poggiata sulla sua scrivania, chiusa, l'universo parallelo dei kwami al quale quella scatola miracolosa permetteva l'accesso, inaccessibile alla sua realtà.

La scatola inoltre conteneva i gioielli magici che legavano i kwami al suo mondo e a chiunque indossasse tali gioielli e per questo era fondamentale che non cadesse nelle mani sbagliate.

«Devo trovare un posto dove nasconderla, Tikki… qualcosa di simile al grammofono del maestro Fu»

«Mmmh dubito che un grammofono passerebbe tanto inosservato qui…» disse lei osservando la stanza sui toni del rosa con foto di Adrien e dei suoi amici, oltre che dei modelli artistici creati da lei affissi alle pareti «perché non la nascondi in un posto più… “in stile Marinette?” Tipo che ne so… la tua scatola da cucito? Chi mai sospetterebbe di una scatola da cucito? E poi tutti sanno che creare abiti è la tua passione…»

«Hai ragione, grazie, Tikki!»

«Prego, Ladybug» 

«Smettila…»

La kwami ridacchiò. Da quando si vedeva con Adrien tutte le sere, la ragazza aveva la testa sulle nuvole più che mai. Era passato qualche giorno da quella volta che si era presentata in camera sua in lacrime dopo la scomparsa del maestro Fu, e da allora la giovane non aveva fatto altro che fantasticare su loro due e sulla sua vita da Ladybug, e Tikki, dopo essersi raccomandata almeno cento volte o forse più di stare attenta, aveva preso gusto a stuzzicarla un po'. La rinnovata spensieratezza e serenità della sua amica la rendeva però anche molto felice.

Si meritava quella felicità, e se Adrien poteva renderla felice, lei era felice.

In tutto quel tempo però la miracle box, aveva viaggiato per la stanza da un nascondiglio all’altro, senza trovare mai qualcosa di abbastanza soddisfacente da tenerla là per più di qualche ora. Alla fine parevano avessero trovato un posto ideale, Marinette si mise subito all’opera per creare, di quella strana sistemazione, un nascondiglio perfetto con tanto di meccanismo di sicurezza.

E se durante il giorno doveva cercare di rimanere sveglia abbastanza per ascoltare le lezioni e risolvere le eventuali incombenze della giornata, di sera diventava Ladybug e faceva visita ad Adrien, restandoci a volte fino a tardi.

Gli aveva portato la pomata miracolosa del maestro Fu e da quel momento aveva cominciato a stare subito meglio. L'ultima sera l'aveva addirittura aiutato a fare i compiti perché non rimanesse troppo indietro con lo studio e doveva ammettere che non si era mai divertita così tanto in vita sua, con lui ogni cosa acquistava colore, persino dei banali e noiosi compiti di scuola!

Era bello amare ed essere amati. Non che lei si fosse dichiarata, né tantomeno lui, però era evidentente che quei momenti passati in compagnia erano speciali per entrambi, ed era stato lui in fondo a pregarla perché tornasse a fargli visita.

Certo, era consapevole che lui in realtà non sapeva chi fosse la vera lei, e non poteva nemmeno rivelargli troppo sulla sua vita di tutti giorni visto che la conosceva anche in quanto Marinette e avrebbe capito subito, ma per il momento non le importava, perché passare del tempo con lui e restare sé stessa era tutto quello che aveva sempre desiderato.

Era tutto perfetto. Dall'ultima battaglia non c'erano più stati cattivi a Parigi e le giornate trascorrevano tranquille. Marinette aveva ricominciato a riacquistare fiducia nel futuro, solo la strana sparizione del maestro Fu la lasciava ancora con tanti interrogativi in testa.

Il giorno dopo Marinette fece capolino a scuola come ogni mattina, lo zaino in spalla e mezza trafelata per il suo ennesimo “quasi” ritardo. Ad attenderla due occhi verdi e una chioma bionda la salutarono dal banco dietro il suo.


-----------------------------

Questo capitolo… è stato un vero martirio ve lo giuro! Haha l'avrò cambiato almeno ventisette volte perché non mi sentivo mai abbastanza soddisfatta, alla fine però, dopo tanto impegno e spremitura di neuroni XD mi sembra di essere riuscita a far venir fuori una cosa carina, quindi… eccolo qua!! :-D

 

Ladybug è tormenta, non sa più cos'è giusto e cos'è sbagliato, la sparizione del maestro Fu l'ha scossa nel profondo, ma Adrien è riuscito in qualche modo a tranquillizzarla (ma quanto sono dolci insieme…? <3). Marinette è di nuovo spensierata fino a che non si rende conto che Adrien è tornato a scuola… ce la farà con la sua sbadataggine ed i suoi balbettii a mantenere la calma e a non fare o dire niente di stupido?

(Trattandosi di Marinette ho qualche serio dubbio, comunque… vedremo ;-P)

E Adrien? Come credete si comporterà dopo tutto quello che è successo adesso che è tornato nuovamente a scuola?

 

Fatemi sapere le vostre opinioni se vi va che mi fanno sempre molto piacere e alla prossima! ;-)

 

Dalibali_00

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo 7: LA VOCE DEL SILENZIO ***


Capitolo 7: LA VOCE DEL SILENZIO

 

Marinette si bloccò appena messo piede nell'aula, la bocca spalancata. Adrien, seduto nel secondo banco proprio dietro il suo, vedendola arrivare le riservò un enorme sorriso e la salutò con la mano. La ragazza fece anche lei un breve cenno di saluto e come un automa andò a sedersi al fianco all'amica. La professoressa aveva appena cominciato a fare l'appello e lei, oltre ad essere una perenne ritardataria, era anche Dupain-Cheng, una delle prime dell’elenco.

Ed infatti… «Dupain-Cheng?»

«Presente!» disse alzando la mano e tirando un sospiro di sollievo per avercela fatta anche quella volta mentre Alya, che era Césaire quindi subito prima di lei ed era già stata chiamata, le si rivolse mormorando «Hai visto chi è tornato?»

Marinette le lanciò un'occhiataccia «E come potrei non averlo notato? Mi ha quasi fatto venire un infarto!»

«Lo so!» esclamò l'amica sottovoce sorridendo.

Marinette continuò a guardarla male «Ma da che parte stai tu, si può sapere?»

«Ma dalla tua è ovvio! Sentì un po’, ma non ti pare stranamente troppo felice per essere uno che è appena tornato a scuola?»

Marinette avrebbe voluto voltarsi a guardarlo ma aveva paura di incrociare di nuovo il suo sguardo ed inoltre sarebbero state troppo palesi le sue intenzioni quindi si limitò ad annuire e ad alzare le spalle «Gli sarà successo qualcosa di bello» disse, tanto per fare un commento.

«In malattia?» Alya la guardò dubbiosa «Suo padre tiene troppo a lui per farlo uscire da solo, figuriamoci ammalato, e con una guardia del corpo che pare un armadio non credo si possano fare incontri molto emozionanti»

Marinette scosse di nuovo le spalle «Già, sarà così… magari era semplicemente stufo di starsene a casa solo soletto»

Alya la guardò di nuovo, ma non si espresse oltre in commenti anche perché l'insegnante aveva appena cominciato la lezione. Marinette cercò di prestare attenzione agli argomenti trattati quel giorno ma la consapevolezza di avere Adrien proprio dietro di lei le impedì in ogni modo di rimanere concentrata.

Prima di quanto potesse anche solo rendersi conto la lezione giunse a termine.

Ben presto parecchi ragazzi si raggrupparono intorno ad Adrien, sfruttando la pausa tra una lezione e l'altra, ognuno voleva sapere come stava, cosa gli era successo, se aveva bisogno di qualcosa… d'altronde era stato a casa da più di una settimana e non era mai successo prima d'ora.

Tutti tranne Marinette, che continuava imperterrita a fissare la lavagna come ad imprimersi a forza nella mente gli ultimi appunti lasciati lì dall'insegnante, e Chloé che si dava troppe arie d'importanza per mischiarsi tra la folla.

Adrien dal canto suo non sapeva a chi rivolgere prima l'attenzione e passava dall'uno all'altro senza soffermarsi su nessuno in particolare per più di qualche secondo.

«Ragazzi, basta! Così lo asfissiate!» stava gridando Nino, il suo compagno di banco nonché migliore amico.

«Nino ha ragione, lasciatelo respirare! Ci racconterà tutto quando ne avrà voglia!» gli diede man forte Alya, che poi era anche la sua ragazza.

La classe con un vociare sconsolato si fece da parte.

«Hey ragazzi, mi è venuta un'idea!» proruppe ad un certo punto Mylene rivolgendosi ai compagni «perché non organizziamo un'uscita tutti insieme per festeggiare?»

I ragazzi annuirono all'unisono ognuno proponendo le proprie idee tornando ad un vociare indistinguibile.

«Gente!» si sbracciò Alya per farsi sentire «Con questo baccano non troveremo mai un accordo, perché non lasciamo decidere ad un portavoce?» propose lei a gran voce «tipo che ne so… Marinette?»

«Eh?!» sentendosi presa improvvisamente in causa Marinette si girò spaventata, tutta la classe la stava guardando e lei non sapeva che dire o fare «P-perché proprio io?»

«Ma perché sei la rappresentante di classe, è ovvio!»

La maggior parte dei compagni annuì.

«Quali sono le proposte?» chiese infine.

«A me piacerebbe andare a vedere quel nuovo film che è uscito… quello sulle battaglie intergalattiche!» disse Max a gran voce.

«Perché non andiamo a prenderci un gelato da André?» propose invece Rose, le mani giunte sotto il mento e lo sguardo al soffitto già immaginandosi un'uscita romantica.

«No! Facciamoci un picnic al parco!» propose a quel punto Mylene che adorava la natura.

«E se andassimo a guardare le gare atletiche allo stadio? Saranno questo sabato!» disse Alix che adorava lo sport e soprattutto le gare di corsa.

«Pfff» disse invece Chloé con aria altezzosa «non capisco per quale motivo Adrien dovrebbe voler uscire con un branco di smidollati come voi quando potrebbe uscire con me… Chloé Bourgeois, gli organizzerei un rigenerante riposo in una delle migliori terme di Parigi…»

«Ma sta zitta Chloé!» rispose qualcuno indignato mentre altri scuotevano la testa o ridacchiavano consapevoli che la loro compagna di classe non sarebbe mai cambiata.

«A me piacerebbe sapere cosa vorrebbe fare Marinette» era stato Adrien a parlare, era la prima volta che apriva bocca da quando era cominciata quella discussione.

«I-io…» Marinette si ritrovò, per la prima volta da quando aveva fatto ritorno, a puntare lo sguardo in quegli occhi verde smeraldo che per tutto il tempo aveva cercato accuratamente di evitare. Quasi si sentì mancare ricordandosi di quelle ultime sere passate con lui a condividere momenti preziosi, insieme e da soli, ad ammirare il suo volto rilassarsi mentre scivolava via nel sonno prima di volare anche lei via dai propri sogni verso la sua consueta vita confondendosi tra i tetti di Parigi… ma si svegliò ben presto da tutto questo perché per lui ora era nient'altro che Marinette e lo sguardo interrogativo che aveva in volto attendeva chiaramente una risposta…

Fece quindi mente locale: le proposte erano tante e tutte stupende ma poco praticabili per la sua ingarbugliata situazione sentimentale… prendere il gelato di André sarebbe stato qualcosa dalle sfumature troppo romantiche per essere fattibile, al solo pensiero che forse avrebbe potuto condividere il gelato con Adrien le si imporporarono le guance, il picnic o le gare… anche queste avrebbero voluto dire dover fare conversazione e sarebbe stato difficile evitare qualsiasi contatto, visivo o verbale, potenzialmente disastroso con Adrien… no, la cosa migliore di tutte era andare al cinema e fissare lo schermo senza avere altre preoccupazioni per la testa.

«I-il film» rispose quindi infine.

Adrien annuì «Sì, anche a me andrebbe di vederlo, dicono che sia interessante» 

«Vada per il film, allora!» proruppe Alya battendo le mani «d’altronde l'uscita è in onore del ritorno di Adrien quindi è giusto fare quello che preferisce lui!»

La classe si dichiarò d'accordo, tutti tranne Chloé naturalmente ma nessuno se ne stupì… si decise infine di andare quel venerdì pomeriggio, così da festeggiare in grande stile l'inizio del fine settimana.

L'arrivo dell'insegnante dell'ora successiva pose fine alle discussioni e si ricominciò con le materie scolastiche.

 

-*-*-


Venerdì arrivò in fretta. Quando la campanella dell'ultima lezione suonò tutti non vedevano l'ora di tornare a casa, prepararsi, e vedersi davanti al luogo e all'ora stabilita. Anche Marinette tornò a casa a cambiarsi e ben 10 minuti prima dell'inizio del film riuscì a presentarsi davanti al cinema stabilendo un nuovo record con sé stessa.

Naturalmente mancava solo lei.

Alya le aveva già preso i biglietti, avendo previsto che la sua cara amica sarebbe arrivata all'ultimo come al solito.

Riuscirono a trovare la sala di proiezione, le luci erano già abbassate e stava cominciando la sigla iniziale. Marinette riuscì a trovare il proprio posto e una volta seduta non pensò ad altro che a godersi il film, era finita di fianco ad Alya, da un lato, e Nino dall'altro, oltre il quale c'era seduto Adrien proprio vicino al corridoio per l'uscita. Perfetto, proprio come aveva sperato… non aveva voglia di ritrovarsi Adrien di fianco altrimenti sapeva che non sarebbe riuscita a godersi proprio un bel niente. Si lasciò andare ad un sospiro stanco: era proprio una causa persa. Beh, non potendoci fare niente prese il sacchetto di pop corn che si era comprata poco prima e cominciò a sgranocchiarseli cominciando a farsi trasportare dalla trama.

La pausa dalla prima metà del film arrivò in fretta, le luci si riaccesero e i ragazzi ne approfittarono per raccontarsi le scene del film che gli erano piaciute di più, le luci si spensero di nuovo e il film riprese.

Passò forse solo qualche minuto o forse un tempo molto più lungo ma a Marinette pareva che i personaggi nel film parlassero molto più in fretta ora, o si muovevano solo aprendo e chiudendo la bocca con quelle espressioni di meraviglia, rabbia, paura, gioia, dolore o tristezza in volto… espressioni umane ma senza che un solo suono uscisse dalle loro bocche, come burattini muti di un film molto più grande… tutto però cambiò in fretta: ora parlavano ma i suoni uscivano in sussurri, come fossero stati trattenuti per troppo tempo, e tutti insieme, come se in realtà non fossero mille voci ma una soltanto…

Marinette lasciò cadere per terra il sacchetto ancora in parte pieno di pop corn e si prese la testa tra le mani, ora erano grida, grida violente, la rabbia di centinaia di persone tutte insieme che gridavano come un corpo solo, non riusciva a pensare, non riusciva a ragionare… lanciando una breve occhiata ai suoi compagni vide che tutti quanti nella sala erano piegati in due dal dolore con le mani premute sulle orecchie cercando di impedire il passaggio del suono di quelle voci che in realtà venivano da dentro la loro testa… barcollando quindi si alzò e si fece largo tra le persone ancora ai loro posti verso l'uscita, credette di pestare qualche piede ma non vi fece caso, aveva bisogno di aria… con estrema fatica raggiunse la porta e si precipitò all'esterno, ma le voci non volevano cessare… si lasciò cadere sfinita a terra, inginocchiandosi esausta e con gli occhi serrati…

Un tocco gentile le fece alzare il capo e quando, con grande fatica, riuscì a sollevare le palpebre rimase stupita nel riconoscere due occhi azzurri che la guardavano di rimando con grande preoccupazione… conosceva bene quello sguardo, quei capelli scuri e quei ciuffi a tratti blu, quel tocco delicato…

Non capiva: com'era possibile che lui si trovasse lì? Si aspettava chiunque… Alya, Adrien o qualcun altro della classe che magari si era preoccupato nel vederla correre fuori dalla sala così disperatamente… ma poi si ricordò che tutti loro erano messi come lei, piegati in due dal dolore…

«Luka…»

Conosceva bene quel nome: nonostante avesse sempre provato qualcosa per Adrien ma vista la sua totale incapacità di rivelarsi a lui o anche solo di comportarsi in modo normale in sua presenza, per un certo periodo di tempo aveva deciso di distaccarsi da tutto questo suo modo di essere, la balbettante, ingenua e svampita Marinette che solo quel ragazzo dalla testa bionda era capace di tirare fuori, e aveva provato ad intessere con Luka una relazione sana e genuina. Con lui si sentiva normale, non balbettava, non diceva cose a casaccio senza capo né coda, non inciampava… era semplicemente e unicamente lei.

Ed era una sensazione bellissima.

I suoi impegni in quanto Ladybug però e l'impossibilità di rivelargli la sua doppia vita le avevano fatto capire che nonostante con lui fosse felice, quella era una strada che non aveva futuro, un sogno nato nella mente di una ragazza che aveva un segreto ma con il desiderio di essere normale… e come ogni sogno doveva finire.

Ruppe allora la relazione con lui e fu un dolore che si portò dentro per anni, sapeva che per lui era lo stesso, forse anche di più perché non poteva capire le ragioni che l'avevano spinta a questo… Luka era un ragazzo meraviglioso, pieno di armonia e passione e si meritava qualcosa di meglio, qualcosa di meglio che le sue bugie ogni volta che compariva un supercattivo a Parigi, qualcosa di meglio di spiegazioni non date e verità taciute… in seguito si persero di vista, ognuno cercando di risanare quella ferita quanto meglio poteva e portarsi nel cuore quanto di bello aveva avuto.

Fino a quel momento… «Marinette?» lo sguardo di lui era spaventato a morte nel vederla in quelle condizioni «Cosa… ci-fai-qui» riuscì a dire lei con enorme sforzo stringendo i denti.

«Non ha importanza ora, Marinette cosa ti sta succedendo?» la sua voce denotava ansia.

«Falle-smettere»

«Che cosa?»

«Le-voci. Falle-smettere»

Luka fece un profondo respiro, cercando di calmarsi «Marinette, guardami» la sua voce era ferma, decisa. Giunse alle orecchie della ragazza più forte delle altre che le riempivano la mente, non era urlata era solo… vera.

Marinette cercò di alzare la testa di nuovo e appena i loro sguardi si incrociarono fu immersa in quelle iridi color del mare e una pace unica la travolse, come le onde che infrangendosi sulla costa si ritirano, si accavallarono e ci riprovarono, in una danza senza fine e senza tempo, il suono ritmico dell'oceano.

Le voci erano scomparse, la calma finalmente era tornata.

«Grazie» mormorò Marinette sollevata e un sorriso sincero le spuntò sulle labbra.

Luka rimase silenzioso a guardarla ancora e accertandosi che tutto in lei fosse tornato a posto «Sicura di star bene, Marinette?»

Lei annuì riconoscente e Luka si rilassò.

«Bene…»

Ma poi l'imbarazzo di entrambi prese il sopravvento, avevano così tante cose da raccontarsi, da dove partire? Marinette si chiedeva come facesse lui a trovarsi lì e come mai era spuntato proprio nel momento del bisogno: anche in passato c'era sempre stato per lei.

Non ci fu tempo per raccontarsi anni di vicende però che una voce esplose dal silenzio «Io sono Ignotus, senza volto e senza nome, senza tempo e senza voce, sono quello che nessuno vuole vedere, ma che vede tutto, quello che nessuno vuole ascoltare ma costretto ad udire di continuo i vostri mille sussurri… tremate, perché la voce dell’ignoto vi sta incatenando alla vostra arroganza!»

I due ragazzi si voltarono a guardare in direzione di quelle parole e dove solo qualche istante prima non c'era nessuno, una figura vestita di bianco svettava tra la gente nel cinema inginocchiata e agonizzante.

Marinette e Luka si scambiarono uno sguardo: un nuovo cattivo era comparso a Parigi.


-------------------------------------------

Ciao a tutti! Ve lo aspettavate questo finale? ;-) Quale credete che sarà il ruolo di Luka in questa storia?

Mi scuso intanto per il ritardo: ho cominciato il tirocinio, mi sta tenendo un pochetto impegnata anche con il report da scrivere e gli esami per cui bisognerà cominciare a studiare con un po' più di serietà haha, quindi… non odiatemi se ritarderò con la pubblicazione dei capitoli XD Giuro che farò il possibile, in caso però dovessi ritardare sappiate che sarò abbastanza impegnata in questo periodo quindi faccio quello che posso! >⁠.⁠<

 

Che mi dite di questo capitolo? Sentitevi liberi di commentare se ne avrete voglia e alla prossima con Ignotus, ciao!

 

Dalibali_00

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=4079477