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L’ospedale è un luogo noioso. Capisco perché tutti quelli
che ci ho spedito ce l’hanno con me: non sopporto di passare intere giornate in
un letto circondata da coglioni in camice che mi dicono cosa devo fare e quando
farlo. Si sentono così fighi con i loro occhiali, le loro cartellette ed i loro
fogli che chiamano come una ragazza che mai avranno. Almeno mi hanno tolto
l’aghetto nel braccio, ma non mi fanno alzare pur di farmi recuperare. Io starò
bene quando potrò spaccare la lattina che mi ha ridotto così.
Affondo la testa nel cuscino, una fitta mi fa strizzare gli
occhi.
La porta si apre, ecco che tornano a scocciare. Noto con la
coda dell’occhio una cascata di capelli rosa, Myra ha infilato la testa dentro
la stanza. “Giorno stella del team!”
Saltella dentro, ha una borsa appesa al braccio, la tiene
come un cestino da picnic, le forme all’interno non sembrano commestibili.
Incrocio le braccia. “Che vuoi?”
“Ho pensato che ti annoiassi qui, ti ho portato un po’
d’intrattenimento!” Caccia una mano all’interno e tira fuori un libro. Lo sa
che non riesco a leggere bene come gli altri, i caratteri di questo mondo sono
stupidi e complessi. Elfa stronza.
“Fai firmare al capo i documenti di rilascio.”
Myra soffoca una risata. “Dimissioni? Aaron ti vuole in
piena forma quando tornerai al nostro fianco, devi anche abituarti al tuo nuovo
costume-”
Alzo un sopracciglio, irritata. “Mi avete tolto la gonna
stupida?”
“Tranquilla, non c'è più tessuto in mezzo a impicciarti.”
Finalmente, il nerd elettrico avrà avuto un po’ di tempo
lontano dall’altra bionda ed ha sistemato. Non danneggio nessuno se ho un paio
di pantaloni al posto di quella tenda.
“Però Suzuna è rattristata che tu abbia insistito tanto nel
cambio.” Myra fa cenno di asciugarsi una lacrima.
“Suzuna ha i pantaloncini pure. Non rompa le palle.”
L’elfa si fa da scudo con il tomo che ha tra le mani.
“Parliamo di questi?”
“Finché non parli di nuovo delle tue adorabili allieve.”
“Nostre. E sì, ammetto di essere esaltata dalla cosa.” Myra
si siede nella sedia accanto, libro sulle gambe, apre la copertina. “Sono
letture semplici di genere fantastico.”
“Noia.” Chiudo gli occhi. Se mi faccio vedere disinteressata
magari se ne va, così posso concentrarmi sull’ evadere. Mi sono rotta di stare
qua dentro.
“Il protagonista sfida avversari sempre più forti.”
Apro un occhio. “…Continua.”
Fa un sorrisetto contento, accarezza la copertina. “E in
realtà ci sono una serie di dettagli sospetti in questa storia per il capo.
Molti per lui familiari. Forse chi lo ha scritto viene dal suo stesso mondo.”
“Se lo hai già letto perché devo sorbirmelo pure io, sputa
fuori i dettagli e basta.”
Myra si mette una mano sul petto. Ha un’aria da falsa
innocentina. “Ma io non l’ho letto.”
“Fai cagare a mentire.”
Myra sbuffa. “Mi manca avere intorno la tua testolina
nervosa. Non voglio che tu ti senta lasciata da parte.” Alza il libro. “Posso
cominciare?”
Non mi sta davvero lasciando scelta. E se devo trovarmi
davanti nemici del boss in futuro, sapere di qualche osso intaccato può essermi
utile. Alzo la testa per farle un cenno, l’elfa mi sorride.
Lecchina.
“Capitolo uno…”
Note di Mixxo:
Potenzialmente le uniche della storia, sperando di essere
coerente con me stesso.
Questa sarà una long più “disordinata” rispetto a Kindles.
Sono collegate? Si, ma possono benissimo essere fruite singolarmente. Comunque
sia, a differenza della precedente i capitoli non avranno una cadenza
ricorrente (cercando comunque di non lasciare stagnare la storia iniziata,
diciamo che potete preoccuparvi se dopo un mese non si hanno notizie da parte
mia), cercherò di prendermi più tempo anche per gestire un punto di vista
diverso dalle altre storie scritte finora (Ispirazione totale ad _Alcor btw) e
a cui non sono abituato. Inoltre tenterò di dedicarmi contemporaneamente a one
shot su altri personaggi di questo universo narrativo in cui mi sto cimentando.
Il
silenzio del mio ufficio è interrotto ogni tanto dal mugolio di Kae. La giovinotta davanti a me
tiene in mano le lettere di lamentele da parte di molte delle divisioni della Nimbus, tutte hanno subito danni di varia entità da una
singola persona: mio figlio adottivo.
“Penso sia
solo in cerca di qualcosa in cui mettere le sue energie.” Gli occhi rossi di Kae si alzano verso di me. “Di sicuro è uno che si mette in
gioco!”
Tubo a
disagio. “Se sfoderare le armi è considerato tale.”
Kae agita le lettere. “Alla fine sono
tutti incidenti causati da degli abomini o da provocazioni. Che siano entrambe
generate dalle sue mancanze di attenzione o di tatto è un dettaglio.”
“Mi
permetta di dissentire, signorina.” Faccio frullare le ali. Questa situazione
mi sta arruffando le piume. “Stando alle dichiarazioni, Strale ha volutamente
omesso di sorvegliare le zone buie della città e ha provocato di proposito quei
viaggiatori. È incauto considerarle un dettaglio.”
Kae appoggia le lettere sulla
scrivania. “Si fidi di me, reggente. Il ragazzo ha sì bisogno di una direzione
ben specifica da prendere, ma ciò non vuol dire che sia totalmente allo sbando.
Di certo gli piace… affrontare a viso aperto i suoi ostacoli.”
E
cercarsene di nuovi, aggiungerei. Ma non voglio scoraggiare questa giovane ravvivafiaccole. Il bagliore nei suoi occhi mi dice che si
è data un obiettivo da compiere.
Scendo dal
trespolo dietro la mia scrivania e zompetto attorno
ad essa, poggio una zampa sulla sua spalla. “Lo affido a te allora, giovane Kae. Spero che tu poss-”
La porta
dell’ufficio si spalanca. Un giovane rotola a terra e si dà la spinta per
rimettersi in piedi. Allunga la mano sullo schienale della sedia sulla quale si
trovava seduta Kae e la scaglia fuori dalla stanza.
La ragazza
non si è nemmeno voltata, inspira. La scintilla nei suoi occhi ha vacillato?
“È lui,
vero?”
Annuisco.
Kae si volta, Strale si sta preparando
a lanciarsi fuori dalla stanza.
“Strale.”
S’irrigidisce
quando si sente chiamare. Volta la testa di scatto, alza una mano. “Papà. Mi
levo subito.”
“Senza
fretta.” Scandisco. “Siediti.”
Esita
qualche istante, indica verso l’uscita. “Recupero la sedia.”
Indico la
seduta rimasta davanti alla scrivania. “C’è l’altra.”
Strale
batte le palpebre, cerca un modo per non rimanere dentro forse. “Non vorrai far
rimanere in piedi la signorina. Mi hai insegnato ad essere gentile con gli
altri.”
Kae si siede sul bordo della
scrivania, indica la sedia. “Ora non ci sono problemi, su.”
È la
persona giusta per gestirlo.
Strale si
avvicina a passi misurati verso la sedia. Appoggia la mano sullo schienale e la
tira un po’ indietro prima di sedervisi sopra. “Oh. Strale Khanterz.”
Tende la mano verso Kae.
Lei gli
stringe la mano. “Kae.”
“…E
basta?”
“Mi hanno
abbandonata alla nascita.”
“Non ti
hanno mai adottata?”
Kae sorride. “Evidentemente no.”
Spero che riesca
a sopportarlo. Ha appena conosciuto il suo nome ed ha già pugnalato una
cicatrice. Kae riprende la parola.
“Sei
abbastanza famoso, Strale. Non un tipo di fama apprezzata però.”
Mio figlio
alza le spalle, mette su un sorriso. “C’è chi sa divertirsi e chi no.”
Kae tira su una delle lettere che
tiene in mano. “La ricostruzione del granaio impiegherà almeno quattro
giorni di lavoro, rallentando le consegne. Ultimati i lavori, non voglio più
vedere Khanterz con una qualsiasi fonte di calore a
più di quattrocento piedi da esso.”
“Quel Pyraxiano ha tirato fuori il fuoco, ho solo risposto a
dovere.”
Copro gli
occhi con una zampa. Mi fremono le piume delle ali per l’imbarazzo.
“Abbiamo
avuto appena il tempo di inaugurare la nuova ala est della Nimbus
che Khanterz ha pensato fosse una buona idea fare una
zuffa in quella ovest. Con il wund che stavano
studiando nel laboratorio. Se non lo conoscessi per essere un casinista, direi
che sta tentando di far estinguere l’umanità.”
“Aveva uno
sguardo feroce. Sembrava una sfida degna di essere intrapresa.”
La smorfia
di Kae mi fa confermare il giudizio che si era fatta
di lui. La ragazza raccoglie tutte le lettere e le lascia cadere sulla
scrivania, si spinge in avanti e si rimette in piedi. Inizia a fare avanti e
indietro per la stanza con le mani dietro la schiena “Potremmo andare avanti
tutto il giorno a leggere quelle lamentele, ma non sembra che tu ti renda conto
delle conseguenze delle tue azioni. L’unico elemento in comune a parte la
distruzione che lasci alle tue spalle è la motivazione per cui la causi.” Si
ferma e lo guarda. “Hai così tanta voglia di metterti alla prova da attaccare
briga con qualsiasi cosa che dimostri un qualche tipo di forza?”
Strale si
alza e le va incontro. “Mettermi alla prova non è corretto. So di potercela
fare. È divertente la reazione che ottengo dagli altri.”
Kae sbatte le palpebre. “…Eh?”
“La gente
che non si aspetta che possa farcela. Rimangono tutti sorpresi.”
Incorretto
figliolo, rimangono sorpresi dei danni che causi per dimostrare che puoi
farcela.
Strale si
poggia le mani sui fianchi. “Mica devo vivere la mia vita per aiutare gli
altri. Lo faccio per vedere le loro facce. È divertente.”
Chino la testa,
chiudo gli occhi. Sono un fallimento come figura genitoriale. In parte. Syn è cresciuta bene. Che si sia trattato di fortuna? Dopo
tutti questi anni in mezzo a loro non capisco ancora appieno gli umani.
Kae abbassa lo sguardo pensierosa.
“Hm. Mi aspetti fuori un attimo? Potrei avere una sfida da proporti.”
Strale
alza un sopracciglio. Sembra interessato. “Che tipo di sfida?”
Kae sorride. “Un tipo di sfida che
sorprenderà gli altri, se riuscirai a portarla a termine.”
Le mostra
un ghigno, alza il pugno. “Andata. Fai in fretta!” Corre fuori dalla stanza.
Espiro
pesantemente. “Pensi di poterlo condurre sulla retta via?”
“È un
bambino arrogante e incurante del prossimo al momento.” Kae
si sporge dalla finestra guardando all’esterno. “Ma possiamo giocare sui suoi
difetti per fare in modo che sia d’aiuto alla società. Non saprei come farlo
cambiare totalmente, molto è dato dal suo carattere, quello non posso
modificarlo.”
Mi
avvicino, tengo le braccia dietro la schiena. “Non devi sentirvi obbligata solo
perché te l’ho chiesto io.”
Kae si volta con la testa. “Siete il
fondatore e borgomastro di Cyrrium. Avete fatto tanto
per noi, non sorprendetevi che anche io voglia fare la mia parte.”
[Strale Khanterz]
Batto
impaziente il piede per terra. Sono tre minuti buoni che quella Kae sta parlando con papà, quanto ci mettono!? Mi siedo
sulla sedia che avevo scagliato fuori, gli artigiani di Cyrrium
sanno fare roba resistente. Abbastanza resistente per fare danni, abbastanza
imbottita per essere comoda. Lancio un’occhiata oltre il parapetto del chiostro
circolare. Al di sotto c’è il solito viavai tra studenti, insegnanti. Un paio
di dodot corrono tra la folla, non so chi abbia
lasciato entrare quelle due bestie, probabilmente qualcuno è stato
disarcionato. Un gruppo di avventurieri si scansano al loro passaggio, un
inserviente con una pila di documenti viene schiacciato contro il corrimano
della scalinata, i due animali continuano la loro corsa salendo al mio piano.
Una porta si apre tra loro e me, un ragazzo esce incurante della minaccia sulla
giacca verde ha lo stemma dei voltici, due catene intrecciate.
Non ha
scampo.
Il dodot china la testa tozza, lo centra nelle gambe e se lo
mette in sella, lui si aggrappa al collo dell’animale che accelera l’andatura.
Deve averla presa come un gioco.
“NAAAGH!”
Le due
bestie si dirigono verso di me. Stringo i pugni, chissà se riesco a fermarli se
li prendo nel punto giusto. Tiro indietro il braccio. Il muso tozzo stupido, la
bocca spalancata mostra una fila di dentini aguzzi ed una lingua verde acqua
penzolante di lato, le zampette anteriori rimangono ben strette sulla folta
peluria bianca del petto, le robuste zampe posteriori pestano il terreno
rapide, la coda folta si agita ad ogni passo.
Sul naso,
funziona con gli umani, funzionerà con loro. Sferro il pugno, la creatura
strizza gli occhi e pianta le zampe a terra, cade seduto sul posteriore.
Un’ombra passa sopra la mia testa. Il voltico sta
volando oltre il parapetto.
Ops?
Scambio
uno sguardo con lui. La sua occhiataccia mi fa capire che deve conoscermi per
fama. Sparisce oltre il parapetto.
Mi
aspettavo un tonfo e forse qualche urlo sconcertato. Mi sporgo. Il voltico si trova in braccio ad una ragazza in armatura
bianca. Alle spalle ha attaccata un’ascia scintillante di colore bianco, la
parte piatta della lama è coperta da una placca nera su cui è innestato un
gioiello scintillante di energia, quello deve averglielo caricato un voltico. La invidio un po’, sembra un’arma forte.
Voglio
sfidarla. Metto il piede sul parapetto e salto.
Qualcosa
mi afferra per la collottola, mi tira indietro, finisco a terra, la schiena dà
qualche protesta.
“Ti ho
lasciato solo per due minuti.”
Fisso Kae, tiene i pugni sui fianchi. Che forza ha in quelle
braccine per avermi tirato indietro così facilmente? Probabilmente è più forte
di quel che sembra, o i guanti brillanti c’entrano qualcosa. Roba da voltici.
Mi ritiro su.
“Erano almeno cinque! Dove andiamo?”
Kae sospira a bocca chiusa, mi fa un
cenno col capo. “Seguimi.”
Ci
fermiamo dopo una buona mezz’ora di camminata. Una buona mezz’ora in cui Kae non ha risposto a nessuna delle mie domande. Poteva
almeno accettare un duello, così avremmo capito chi doveva dare retta a chi.
L’entrata
della grotta davanti alla quale ci troviamo sembra una gigantesca bocca, ha
pure una serie di stalagmiti e stalattiti che fanno da zanne alla bestia di
pietra. Sarebbe figo vedere una bestia simile andare in giro.
Kae si appoggia di schiena ad una di
esse. “Pronto per la sfida?”
Mi sfrego
le mani. “Ovvio” Spero che ci sia qualcosa da picchiare.
Kae tende la mano verso l’interno
della grotta. “All’interno di questi cunicoli vi è un nido di Banshee, si dice
che vicino ai loro nidi si formi il fragber un
materiale fondamentale per la costruzione di Alwe.”
Ho sentito
quelle parole solo in bocca a voltici. Inizia a preoccuparmi la cosa. “Devo
solo prendertene un po’?”
Kae fa un sorrisetto. “I nidi delle
Banshee stanno in profondità. E di solito, ci sono le Banshee dentro. Specie di
giorno.”
Posso
pestare una Banshee, non mi serve sapere altro.
“Va bene,
mettiti comoda. Arriverò appena avrò finito.” Giro i tacchi e mi intrufolo tra
le stalagmiti. Un ‘Ma dai,’ mi raggiunge le orecchie mentre entro nella
grotta. È larga per essere naturale, potrei trovarci anche qualcosa di grosso
da abbattere. Forte!
“Non ho
ancora finito, ci sono creature che…”
“Che non
vedo l’ora di affrontare!”
[Karin Alden]
Myra chiude il libro e lo appoggia sulle gambe. “Allora,
qualcosa di particolare ha attirato la tua attenzione in questo primo
capitolo?”
Belsar è un uccello? Suo figlio è
un coglione, si vede che viene da un mondo fantasy, ha guardato l’arma della
tizia e non il culo. Questo meglio non dirlo.
“Quegli animali, sembrano interessanti. Il resto non ho
capito un cazzo.”
Myra alza un dito. “Linguaggio” canticchia la ebete. “Non
aspettarti di capire tutto dal primo capitolo. Io ho già letto l’intera storia,
ma sento che con il mio punto di vista non afferro certe cose che…”
Alzo un sopracciglio. Vuoi dire ‘una manesca come te’, ammettilo.
“…Insomma, due teste sono meglio di una, e sono certa che ti
stessi annoiando qui dentro.”
Abbi il fegato di sbilanciarti per una volta.
Mi gratto la nuca. Se il capo vuole saperne di più e non ha
tempo di leggerlo di suo, tanto vale che faccia qualcosa.
Scendo in
profondità, il buio mi inghiotte. Porto la mano alla cintura, giro la chiavetta
dello sferzatenebre, la piccola lanterna emette una luce azzurrina che si
estende per appena due metri: non molto, ma sufficiente per vedere dove
cammino. La stradina è un corridoio non troppo largo che si getta nel buio, circondato
da entrambi i lati dal vuoto.
Estraggo
la spada, pregusto l’attacco di un abominio. Quelle schifezze nascono e si
nascondono nel buio, la sferzatenebre le terrà lontane, ma l’idea di scivolare
in un burrone non mi esalta. Faccio un altro paio di passi, il terreno sembra
friabile sotto i miei piedi.
Il piede
urta qualcosa, perdo l’equilibrio, per poco non cado in avanti. Mi guardo alle
spalle, dal terreno sbucano una serie di grosse radici, una di esse si sporge
particolarmente rispetto alle altre, devo averci sbattuto contro.
“Guardiana
traditrice,” mormoro sottovoce. Accelero il passo tenendo gli occhi a terra, vi
è una radice più spessa delle altre che corre nella stessa direzione in cui
vado. Dopo qualche metro mi trovo davanti a una parete di roccia con una fenditura
larga quanto una porta. Conveniente, o magari ci vive ancora qualcuno qui.
Qualcosa
brilla a terra in corrispondenza della fenditura. Mi chino per raccoglierla.
Somiglia molto ad una specie di dado di cristallo abbastanza piccolo,
all’interno una tenue luce bianca pulsa. Sembra una zolletta di zucchero
magica. La avvicino al naso, provo ad annusarla. Odore di carne cotta mi sale
per le narici. La metto sulla lingua ed inizio a masticarla. Il cristallo si
rompe facilmente, lascia un retrogusto dolce sul palato. Buona.
Alzo lo
sguardo, una fila di altri cubi sono posizionati fino all’ingresso di una sorta
di bozzolo roccioso in mezzo alla nuova stanza, esso è appeso sul vuoto con
enormi liane e sostenuto dalle spesse radici che provengono da ogni parete. All’interno
di essa brillano luci dai colori caldi.
Stringo la
spada. Non saranno abomini, ma sicuramente ci sarà qualcosa di interessante là
dentro!
Aumento il
passo. Mi chino a raccogliere quei cubetti che trovo disseminati per la strada,
mettendone alcuni in una bisaccia, altri cacciandomeli in bocca.
Man mano
che mi avvicino all’entrata della stanza le luci sembrano sparire e riapparire
come lucciole. Mi sporgo. Fiamme accese sono sprigionate da maschere di legno
fluttuanti. Svolazzano da una parte all’altra della stanza. Una di queste
creature si ferma di fronte a un bozzolo nerastro attaccato in un angolo tra
due pareti. Si ritrae per qualche istante, le fiamme avvolgono la maschera che
diventa incandescente. Si scaglia verso il bozzolo schiacciandolo.
Andiamo,
forse quell’abominio stava per schiudersi!
La
creatura maschera rotea in aria come stordita dal contraccolpo, si raffredda e
torna bianca. Riprende a vagare.
Chissà che
succede quando le spacchi. Varco la soglia, alzo la spada. Provo a pungolarne
una distratta.
Uno
scoppio, un angolo alla mia destra si illumina. Il dolore successivo alla mano
è bruciante, è come la volta che mi hanno piantato una freccia nel palmo. Mi
cade la spada, il clangore mette in allerta le creaturine che iniziano a
vorticare.
C’è una
seconda entrata dalla parte opposta alla quale sono arrivato. Un paio di occhi
rossi mi scrutano minacciosi, una pistola ancora fumante è puntata verso di me.
“Non. Osate.”
Aguzzo la
vista, esito per sfruttare la luce creata dalle bestioline e riconoscere chi o
cosa mi sta puntando quell’arma contro. Non sembra propriamente una pistola, ha
più l’aspetto di qualcosa che daresti in mano ad un bambino per farlo giocare
che a una vera e propria arma. Ciò significa solo una cosa: roba da voltici. Il
braccio che la tiene è esile e coperto da un lungo guanto nero, o è il braccio
a essere nero? Potrebbe essere più interessante ma temo di no. L’arto spunta
fuori da un ampio mantello con cappuccio che copre la figura, a giudicare dal
braccio, dev’essere esile là sotto. Forse per questo usa armi da fuoco,
caricarla potrebbe essere il modo migliore per abbatterla.
Indico uno
degli animaletti. “Sono i tuoi animali da compagnia?”
Gli occhi
rossi si assottigliano. “Si vede che avete vissuto nella bambagia finora.”
Ow, voce
femminile. Esile. Speravo in qualcosa di più impegnativo.
Abbasso la
testa. “Mi scusi signorina voltica se non conosco i grandi progetti che avete
per portare l’umanità al sicuro.”
Il sospiro
esasperato è seguito da uno scoppio. Un raggio luminoso attraversa la stanza e
colpisce in mezzo ai miei piedi. Non mi smuovo, il primo impatto fa tanto in
battaglia.
“Imbecille.
Come potete solo pensare che io possa aver creato i brazier? Non sono la dea.”
Bra-che?
Un momento, ora ricordo. Creaturine magiche. Non le ha create lei e usa solo
una pistola, le mie aspettative sullo scontro si abbassano.
“Cosa ci
fate qui?” Mi domanda.
“Cerco del
fragber, le caverne buie e profonde sono il luogo migliore per trovarlo.
Sicuramente non è il posto per voi, signorina.”
Lo sparo
mi sfiora un orecchio, inizio a pensare che lo faccia apposta. Se mi manchi
così tante volte di fila o hai una pessima mira o vuoi cercare di spaventarmi.
Figurati se mi lascio intimidire da qualcuno che usa armi da fuoco.
Il
mantello si sposta, mi piego pronto a tuffarmi sulla spada. La figura lancia al
centro della stanza un pezzo di minerale giallognolo che rotola fino ai miei
piedi.
“Trovato.
Ora andatevene.”
Mi
accovaccio e raccolgo il pezzo, il giallo della gemma viene striato di rosso.
Con questo
non ci fai nemmeno un coltello. Inoltre non ho ancora visto una banshee. Lo
lancio ai suoi piedi. “Spiacente signorina. Non posso accettare un simile
compromesso. Un uomo deve guadagnarsi le cose da solo.”
Uno sbuffo
esasperato. “Non ne troverete altro in questa stanza. L’unica vena non esaurita
qui dentro è troppo vicina a un nido di banshee.”
Ed è
quello che cerco! Mi batto il pugno sul petto. “Gli ostacoli fanno parte della
vita. Non aggirerò i miei. Questo nido di banshee… dove si trova?”
La figura
esita. Ritrae la pistola. “Fatevi ammazzare per due scaglie, come preferite.”
Mi ha
mancato tre volte, la terza di rispetto. Andiamo dalle banshee: sarà più
esaltante. “Buon… qualcosa.” Raccolgo la mia spada ed esco dalla stanza.
Trovata
una stradina in discesa la percorro. Raggiungo i livelli inferiori del sistema
di gallerie, il nido è ben visibile, quattro pilastri gonfi circondano una
struttura minerale frastagliata di colore grigio. Delle banshee però neanche l’ombra.
Guardiana traditrice.
Mi lascio
cadere alla piattaforma inferiore, cammino verso il minerale. Il colore è
diverso da quello che mi ha lanciato signorina Grilletto Facile, probabilmente
non è quello che cerco.
Odore di
uova marce mi schiaffeggia il naso. Sorrido, le banshee devono essere vicine.
Estraggo la spada e mi guardo attorno, dò un altro giro alla chiavetta dello
sferzatenebre. La luce della lanterna irradia la zona. Non c’è niente di
particolare: roccia scavata naturalmente e qualche piccolo bagliore prodotto
dalla luce riflessa da piccoli frammenti di minerali che sporgono dalle pareti.
Per un istante ho avuto l’impressione che le colonne si gonfiassero. Mi
avvicino a una di esse, la tocco. Venature giallognole brillano per un istante
sotto una patina grigiastra, si spengono subito dopo. È lo stesso colore del
fragber, forse bisogna scavarlo da queste colonne pulsanti?
Mi guardo
attorno, un piccone malmesso è appoggiato accanto al minerale centrale di
colore grigio. Rinfodero la spada e lo prendo in mano, mi avvicino bene alla
colonna, ruoto il busto.
Il piccone
si conficca nella colonna, liquido puzzolente giallognolo mi schizza addosso a
fiotti, versi acuti mi trapanano le orecchie. La colonna cade a terra, quattro
paia di ali si aprono mentre la bestia che ho colpito si contorce.
Non sono
pilastri quelli.
Mi volto.
Gli altri tre “pilastri” aprono le ali a loro volta. Le banshee sono spaventose
come le descrivono: grossi e lunghi serpenti verde muschio dal muso coperto da
placche di ossa scure e piccole escrescenze appuntite che formano come un elmo
attorno al capo. Gli unici fori sono illuminati da sinistri e vitrei occhi
gialli, lo stesso colore s’intravede tra le fauci semiaperte. Sbattono quattro
paia di ali dalle membrane frastagliate per mantenersi in volo sul posto.
Muovono la testa a scatti, si scambiano degli sguardi prima di concentrare i
loro occhi su di me.
Cerco di
dare uno strattone al piccone. Non esce dalla creatura abbattuta, lascio la
presa ed estraggo la spada, la bocca mi si allarga in un ghigno. Questa sarà
una sfida interessante.
Spalancano
le fauci, cacciano urli striduli. Premo il piede per terra e mi dò la spinta in
avanti. Mentre lo faccio le dita dei piedi e delle mani mi formicolano,
l’intorpidimento sale ai polsi e le caviglie, poi braccia e gambe. Perdo
l’equilibrio e sbatto il mento contro il terreno. Cerco di alzarmi, ma le
braccia non rispondono, riesco a muovere solo gli occhi. Le tre creature si
avvicinano con il muso, mi annusano la testa. Dalle loro fauci esce odore di
uova marce. Mi sale la nausea. Possibile che sia stato paralizzato da quello
strillo? Ma il primo non lo aveva fatto. Le fauci si spalancano davanti ai miei
occhi. Andiamo, devo morire in maniera così stupida!?
Sento una
serie di scoppi alle mie spalle, le banshee si ritraggono e si avviluppano
attorno al minerale, tendono le teste verso l’uscita e gettano un altro di quei
versi strazianti.
Chiunque
mi stia aiutando, complimenti, ora saremo bloccati in du-
Una mano
mi afferra il braccio, strattona e mi tira su. La visuale rotea fino a che non
sbatto la guancia contro qualcosa, guardo in avanti, l’uscita si avvicina
velocemente. Ad ogni passo il mento batte contro la schiena di chi mi ha
salvato. Sposto gli occhi di lato. Le iridi rosse che ho visto nella stanza di
sopra hanno pupille verticali sottili. Guardano in avanti, ha il fiato corto,
mormora qualcosa in una lingua che non conosco, o forse sta facendo versi anche
lei. Effettivamente non sono ancora sicuro se fosse un guanto o il suo braccio
quello.
“Voi siete
l’avventuriero più incauto, avido, ignorante e… puzzate di zolfo, cielo!”
È vero.
Non riesco a dirlo ad alta voce, ho la lingua addormentata. Inspiro, almeno
questo riesco a farlo.
La luce all’esterno
mi sbatte sugli occhi, siamo già all’uscita? Veloce questa qui.
Rimango
abbagliato dal cambio di luce per un istante. Quando rimetto a fuoco forme e
colori Kae si avvicina a noi.
“Ha
attaccato le banshee?”
“Più
stupido, ha colpito una banshee scambiandola per una vena di fragber.” La tizia
mi lascia cadere a terra. Ha la pelle chiarissima e brillante. Vampira di iuxx?
No ha dell’altro. Sembra che dal suo corpo fuoriescano frammenti di cenere rovente,
un paio di lunghe corna dritte spuntano dai capelli neri.
È una
darkrariana, quelli che hanno quasi conquistato il mondo anni fa! Che ci faceva
in una grotta!? Avrei dovuto attaccarla quando potevo!
Kae mi si
avvicina, sta per tirarmi su, ma arriccia il naso e stringe gli occhi. Arretra,
preme una mano sul naso. “Ergh. Se lo stavano mangiando?”
La darkrariana
sta cercando di scrollarsi l’odore dai guanti. “L’imbecille invece di scappare
aveva tirato fuori la spada.”
Kae si
mette una mano sugli occhi. Sospira. “Colpa mia, ho sbagliato approccio. Non
pensavo andasse a cercarsela anche senza alcun tipo di sicurezza. Beh, avrà
imparato per la prossima volta.”
Vorrei
tanto risponderle di no, ma l’unica cosa che posso fare è muovere in
orizzontale gli occhi.
La
darkrariana incrocia le braccia “Non sembra un tipo che vuole imparare.” Si volta
verso la caverna, le sue corna si sgretolano fino a diventare cenere. Cammina
verso l’entrata. “Beh, il problema non è mio.”
Kae fa un
passo verso di lei. “Vorremmo poterti ripagare della gentilezza, venite con noi?
Vi offriamo una bistecca alla locanda.”
La darkrariana
inchioda. Esita per un lungo istante. Effettivamente non ho visto granché da
mangiare là dentro, a meno che gli affarini fiammeggianti non siano sostanziosi
sotto la maschera. Forse era il suo pascolo personale?
“Mi
accontento delle vostre provviste. Lasciatele a terra e portatevi via l’imbecille.”
Mi trovo per
la seconda volta sulla groppa di una ragazza oggi. Preferisco la fama del casinista
che dello sciupafemmine, o peggio, di quello che si fa aiutare da una ragazza.
Kae corre
veloce, e dato che non la sento espirare è anche in apnea. Forse non sopporta l’odore
dello zolfo. Non sono nemmeno sicuro se abbia fatto quel cenno col capo per salutare
le due guardie alle porte della città o se stesse per cadere. Punta direttamente
alla Nimbus, mi aspetta un altro giro dai voltici delle misture, ormai sono di
casa. Avranno la pozione rigenerante pronta a quest’ora.
Alzo lo
sguardo sul tetto del complesso di edifici. Il sole artificiale in cima alla
Nimbus si sta riducendo di dimensione progressivamente, l’azzurro del giorno si
scurisce finché la notte non scende.
Odore di
carne arrostita mi pizzica le narici. Mi lecco le labbra. E mi rendo conto che
riesco a muovere almeno la bocca.
“Ci
fermiamo a prendere della carne?”
Kae non
rallenta nemmeno. “Potremo prenderla quando sarai in grado di rimanere in piedi
con le tue gambe.”
“Non so se
avremo tre porzioni per quando mi sarò ristabilito.”
“…Tre?”
“Dovrò
avere un pretesto per tornare dalla darkrariana e sfidarla. La corromperò con
del cibo domattina.”
[Karin Alden]
“…Glielo vuole portare freddo, stronzo!”
Myra cala la testa, nasconde un sorriso. “Priorità. Cosa sappiamo
di nuovo su questa gente?”
Se il capo avesse voluto darci informazioni sulla sua terra
d’origine ce le avrebbe dette, non ci avrebbe detto di leggerci un libro.
“Roba inutile. Sul serio, vai alla pagina che non hai
capito.”
Myra batte le mani sulle gambe. “Ma non avresti il contesto!”
“Magari non avessi testo. Nessun nerd sta progettando di
farci una serie animata o roba simile?”
“Effettivamente se qualcuno stesse lavorando ad un adattamento
animato o un live action avrebbe già studiato ogni parte di questi testi.” L’elfa
si alza, tira fuori il telefono ed apre la porta. “Dammi un secondo.”
Chiude la porta alle sue spalle. Silenzio.
…Non mi piace. Non c’è nemmeno uno sfigato con la
cartelletta nei paraggi. Ripensandoci se questa cosa la risolvono da soli mi
troverò di nuovo a fare nulla in questa dannata stanza.
La luce
del sole artificiale si espande rischiarando il cielo. Chiudo le tende, spengo
la sferzatenebre e mi isso sull’armadio: picchio la nuca contro il soffitto,
non si sta comodissimi ma l’effetto sorpresa è importante.
Kae ha
detto che sarebbe arrivata all’alba per portarmi alla bacheca della Nimbus per
cercare un nuovo incarico da farmi fare. Può anche scordarselo, ho una
darkrariana da affrontare, quindi la metto fuori combattimento, passaggio
rapido al forno e via verso la foresta.
La porta
si apre, l’ombra di Kae copre parte della luce proveniente dall’esterno. Fa
capolino con la testa e si guarda intorno.
“Buongiorno
Strale. Sei sveglio?” Appena volta la testa nella direzione opposta mi spingo
in avanti. Metto la spada di piatto e punto alla nuca. Èfatta.
Kae si
volta repentina, il braccio si alza, scie luminose si accendono sui suoi guanti
e scintille fuoriescono da essi. Sferra un colpo contro la lama che si spezza.
Devo ancora appoggiare i piedi per terra che il suo altro braccio è chiuso
all’altezza del costato pronto a scattare. Il pugno che mi tira fa cigolare il
metallo dell’armatura e mi sbalza indietro. Sbatto la schiena contro la porta,
le assi di legno si spezzano sotto il mio peso. Rotolo addosso al lavandino.
La luce si
accende. Kae si sporge dalla porta assente. “Strale. Ti è andato di volta il
cervello?” Mi chiede con sorriso incerto.
Inarco la
schiena, le vertebre scricchiolano. Kae è nella lista delle persone che devo
affrontare da adesso.
Mi tiro su
a sedere. “Per oggi passo con le richieste della gilda. A meno che qualcuno non
abbia già messo una taglia sulla darkrariana. In quel caso ci penso io.”
Kae
ridacchia. “Moriresti.”
Ahhh, ecco
la mia motivazione che si accende. Crede che non possa farcela. Gonfio il petto
e mi tiro su. “Sta a vedere!”
Le passo davanti
e vado all’armadio. Infilo la mano nello scomparto dove ho lasciato le spade di
scorta. Le falangi picchiano contro il legno. Ah.
Le ho
rotte tutte.
Mi volto
verso Kae. “Non è che puoi prestarmi i tuoi guanti?”
Non
immaginavo che Kae fosse così gelosa delle sue cose. L’unica cosa che ho
ricevuto è stato uno schiaffo, la guancia mi brucia ancora. Diamine se è forte.
Scese le scale ci troviamo nel mezzo del viavai della Nimbus, il sacco sulle
spalle con tutte le spade rotte mi punzecchia la schiena.
Kae mi
picchietta la spalla. “Da chi vai a fartele riparare dei tanti voltici dei
costrutti?”
Sbatto le
palpebre. Ha il coraggio di fissarmi innocente. Come se non sapessi quello che
puoi fare. “Di solito le butto.”
“Tu fai… cosa?”
“Le butto.
Sono rotte, non servono più. Anche se alcune rimangono parecchio affila-”
Kae si
volta verso di me, scrocchia le nocche. “Quindi se ti dovessi spezzare saresti
da buttare. Sarebbe un peccato.”
Istintivamente
prendo un paio di gradini da lei. Sono disarmato ed emana un’aura da bestia
predatrice, dietro quel sorriso.
“Il
metallo si riforgia lo sai? Se lo abbandoni potrebbe essere inglobato da
abomini, e diventerebbero frammentatori.”
“È roba
più forte?”
Kae sbatte
le palpebre. Sospira e si mette una mano sugli occhi. “Tu non ricordi nulla del
corso di sopravvivenza base tenuto alla Nimbus, vero?”
Alzo le
spalle. “Preferisco provare le cose sul campo, è più facile ricordarle.”
Kae fa una
smorfia. “Bene. Ne hanno avvistato un paio nella zona agricola della città.
Raccolgono prima del previsto e causano problemi. Vado a prendere l’incarico.”
Si allontana verso la bacheca. Mi fremono le mani. Devo farmi riparare la
ferraglia dai voltici dei costrutti prima che cambi idea.
Mi faccio
largo tra il viavai e mi avvicino alla forgia. I colpi potenti del martello sul
ferro caldo provocano suoni acuti che mi feriscono le orecchie, l’acqua che
evapora per raffreddare le componenti di armature appena riparate emette vapore
caldissimo. Là dentro dev’essere una sauna. Il rullo da affilatura rilascia
scintille che mi raggiungono gli stivali.
Ci sono un
sacco di armi pronte per essere usate, magari posso comprarmene una se vendo i
pezzi come materiale. In questo quadro di fiorente lavoro c’è un elemento che
stona con il resto: un ragazzetto alto con una giacca verde elegante e lo
stemma dei voltici sta osservando dei fogli di carta. Lo avranno messo lì per
guardare e imparare, tuttavia su un tavolo accanto a lui vi sono una serie di
sacchi con armi sbeccate o rotte. Che sia un mercante? Posso vendergli queste
cianfrusaglie!
Mi
avvicino e metto il mio sacco assieme agli altri. “Salve, voltico!”
Il giovane
alza lo sguardo seccato su di me, sbianca e fa un passo indietro. “Stai
indietro, Khanterz!”
Non ho
ancora fatto niente, che ha?
“Che
vuoi?”
Indico il
sacco con le spade rotte. “Voglio vedere quel metallo, hai tariffe
convenienti?”
Il voltico
assottiglia lo sguardo. “Non per me quando sei coinvolto.”
Faccio un
passo in avanti, lui fa un altro passo indietro, alza la mano coperta da bende,
dalla placca metallica sul dorso partono archi elettrici che si collegano al
bracciale dorato. “Non. Ti. Avvicinare.”
Credo
avesse qualche merce importante nel capanno andato a fuoco qualche settimana
fa. Deve aver saputo della rissa con quello di Pyrax. Ops.
“Senti,
voglio solo liberarmi di quella cianfrusaglia, tu prendi quel metallo e ti
faccio un favore per coprire i soldi mancanti per prendermi una spada nuova.
Affare fatto?”
Il voltico
cammina verso il sacco tenendomi sotto tiro. Lo apre con la mano libera, lancia
un’occhiata dentro.
“Non hanno
glifi queste, puoi farle forgiare nuovamente senza alcun problema. Costa molto
meno come servizio.”
“Oh,
ottimo.”
“E non te
ne diamo una con dei glifi in mano.”
“Oww.”
Adocchio una spada dalla lama spessa spuntare da uno dei sacchi. “Nemmeno
quella?”
Il voltico
si mette tra me e l’arma. “Assolutamente no! Quell’Alwe è danneggiato. Vuoi
davvero farci saltare in aria tutti? Ce l’hai con me? Non ti è bastato farmi
volare dal piano superiore ieri?”
Sbatto le
palpebre. In genere ricordo le persone che faccio volare fuori dalla locanda,
ma ai piani superiori mi è stato categoricamente vietato di salir- Un momento.
È il voltico sui dodot di ieri.
“Ehhh, tu
che ci facevi in groppa a dei dodot a piede libero?”
Vaxt
sbatte la mano con la placca sul tavolo. “QUALCUNO HA DANNEGGIATO I RECINTI CON
UNA RISSA IL GIORNO PRIMA! SONO STATO TRAVOLTO!”
Incrocio
le braccia e guardo verso l’alto per ricordare. Ahh sì, quel martello da guerra
colpiva forte, ho fatto un gran bel volo. Tizio simpatico, mi ha pure pagato da
bere. Una delle migliori risse che ho fatto negli ultimi mesi.
Il voltico
mi squadra irato, lo sento espirare dalle narici come un toro infuriato. Magari
mi carica.
Una mano
mi si appoggia sulla spalla, riconosco il guanto nero dalle bande luminose.
Alzo lo sguardo, gli occhi di Kae sembrano vitrei.
“Che sta
succedendo qui?”
Mi gelo.
Diamine, devo prima battere l’aura che emana per poterla affrontare. Deglutisco
e mi volto. “Trattando sul prezzo!”
Avanza con
il viso, mi squadra con lo sguardo vuoto, sbatte le palpebre e si rivolge al
voltico, i suoi occhi tornano normali. Papà, chi mi hai messo alle calcagna?
“Salve
Vaxt! Come stai?”
L’elettricità
che avvolge il braccio del voltico si spegne. “Oh, Kae. Buongiorno.” Kae si
stacca, mi sento più leggero ora che si sta avvicinando al tizio. Mi chiedo
come mai non arretri anche con lei, lei è ben più spaventosa di me.
“Gli
affari ultimamente non sono andati bene.” Vaxt mi fissa per un istante prima di
tornare a guardarla. “Ma non ho intenzione di ritirarmi nuovamente. Anche
grazie a te.”
Kae gli
sorride, “Felice di vederti ardere di passione.” Si sporge lateralmente,
adocchia il sacco. “Metto io una buona parola per il disastro ambulante.”
Ma!
Kae-
Vaxt torna
con lo sguardo verso di me. “Sei sicura di potercela fare? Cioè, sei stata una
salvezza per me, ma… lui è un cataclisma.”
Mi
scrocchio le nocche. “Ripetimelo con una spada in man-” Kae allunga il braccio
e mi piazza la mano sulla bocca. Rude.
“Non
voglio che un giorno realizzi di essere un pericolo tale da accettare il suo
destino e diventare una piaga per Cyrrium, o che decida di farla finita. Ogni
vita è importante.”
“Ceeerto.”
Kae batte
le mani davanti al viso. “Allora! Puoi riparare quelle spade? Ha un incarico
importante oggi.”
Vaxt
trasalisce. “Non di nuovo al porto spero!?”
Kae
sventola la mano davanti a lui. “No no. Andiamo nei campi infestati dalla
coppia di frammentatori. Facciamo un po’ di pulizia.”
Incrocio
le braccia e gonfio il petto. “E poi ad affrontare una dar-”
Kae mi
preme di nuovo le dita sulla faccia ridacchia. Vaxt alza un sopracciglio.
“Lascialo
perdere, vaneggia. Ho iniziato solo ieri a lavorare su di lui.”
“Certo…
Datemi un paio di minuti ed avrete le vostre spade pronte.” Vaxt mette a terra
gli altri sacchi di armi, rovescia il mio sul tavolo. Lancia uno sguardo
rapido. “Considerando che volete dare la caccia a dei frammentatori… Se volete
ne creo una più resistente invece di ripararvi queste.”
L’idea di
un’arma che regga più colpi mi piace. Si spezzano sempre troppo in fretta “Più
resistente sia!”
Vaxt
mugola. Poggia le mani sui frammenti delle spade. Archi elettrici scorrono dai
suoi guanti fino al metallo delle armi, alza le mani, le schegge vengono
sollevate ed inglobate in due gabbie di saette. Il voltico le osserva
attentamente per diversi secondi, unisce le mani di colpo, le due sfere di
elettricità impattano tra loro causando uno stridio secco e un lampo che mi
acceca per un istante.
Tra le
mani di Vaxt cade una spada dalla lama spessa, più simile a una mazza che a
un’arma bianca. La porge verso di me. “Prego.” Non me lo faccio ripetere,
prendo l’arma tra le mani e ne saggio la pesantezza. Questa farà male anche di
piatto, forse pure più che di taglio. Non vedo l’ora di sbatterla in faccia a
qualcuno!
Kae
tossicchia. Mi fa un cenno col capo verso Vaxt. Che vuole?
Muove le
labbra. Ringrazialo.
Oh. “Ehhh.
Grazie?”
Vaxt
scuote la testa contrariato. “Non farlo. Normalmente avresti dovuto pagarmi. Ma
consideralo come un favore che devi a Kae. Non farla impazzire e diventa una
persona meno idiota.”
Beh, è una
bevanda in più in locanda. O il costo di una sedia rotta. “Va bene.”
Kae mi
poggia le mani sulle spalle. “Bene, i frammentatori ci chiamano. Che la sorte
ti assista, Vaxt.” Mi spinge verso l’uscita, Vaxt continua.
“Necessiti
di più fortuna di me, Kae. Lascialo a morire se serv- Scusa.”
Sono
sicuro che gli ha lanciato quell’occhiataccia che mi ha dato prima.
Per quanto
possibile i fondatori di Cyrrium avevano deciso di rispettare i dislivelli del
paesaggio sfruttandoli per definire chiaramente zone. Una serie di
terrazzamenti circondano una zona rialzata adibita ai campi. Normalmente le
persone normali devono fare una pausa o rallentare per raggiungere la vetta.
Fortunatamente Kae dev’essere abituata a inseguire e supportare anche
fisicamente le persone che aiuta a reinserirsi in società, non la sento nemmeno
ansimare.
Il campo
in cima non è come me lo aspettavo: le spighe di grano dorate ondeggiano lievi
al vento, nessun segno di scontri. Mi volto verso Kae.
“Campo
sbagliato?”
“Ho fatto
un paio di analisi mentre traumatizzavi Vaxt. I frammentatori hanno attaccato
tutti i campi tranne questo. Arriveranno. Prima o poi.”
Prima o
poi? Ho una darkrariana da affrontare io!
“Quindi il
piano è aspettare che si palesino?”
“Circa.
Intanto…” Noto solo adesso che Kae ha un sacco sulla spalla. Sacco che porta
davanti a sé e apre, all’interno vi è una serie di attrezzi da lavoro. “Sarebbe
carino se aiutassimo con il raccolto!”
Mi ha
portato qui a fare il contadino? Afferro uno dei falcetti, l’esterno della lama
mi preme contro l’avambraccio. Che arma scomoda, non puoi nemmeno parare i
colpi con quest’affare.
Kae sbatte
le palpebre, lei lo sta impugnando come una spada. Ma è tutto storto!
“Strale…
se lo tieni così sembri un idiota.”
Mi strappa
il falcetto per poi ridarmelo in mano. “Si tiene così. Li colpisci a questa
altezza, io penso a raccoglierli. Ti terrai in movimento così sarai scaldato
quando arriveranno.” Sto per ribattere ma riprende a parlare. “Non vorrai
rischiare di ripetere l’evento di ieri con le banshee per colpa di un crampo
spero.”
Lo detesto
ma penso abbia ragione. Mi tappo la bocca e inizio a tagliare.
La luce
del sole cala, guardo verso la Nimbus, il globo luminoso protetto dalla cupola
si sta rimpicciolendo poco a poco, decretando la fine delle ore di luce. Mi ha
preso tutto il giorno fare questa cosa? Dannazione.
Guardo
verso Kae. Si asciuga la fronte soddisfatta dopo aver legato l’ultimo covone.
Si avvicina scrollandosi polvere immaginaria dalle mani. “Allora, soddisfatto
della giornata?”
“Non
abbiamo visto neanche tracce dei frammentatori.”
Kae sbatte
le palpebre. “Per forza, sono notturni!”
Mi gelo
per un istante, mi rimetto in piedi. Meretrice infingarda. “Cosa?”
Kae si
appoggia un dito sul mento. “Ma come non te l’ho detto? Oh, devo averlo omesso.
Teheh.”
Guardo il
falcetto, lo lascio cadere a terra e mi dirigo verso la strada. Al ferale Kae,
devo andare dalla dakrariana. Inizio a percorrere la discesa ripida quando alle
mie spalle sento un grido. Mi volto di scatto, delle specie di pinne metalliche
alte un metro emergono dal terreno e lo rivoltano con facilità. Una di esse
punta uno dei covoni e lo trapassa, le spighe volano da tutte le parti. Eh no
eh!
Estraggo
la spada e carico quella che sta puntando verso Kae. Se crolla poi li devo
rilegare io, dannazione! Sferro un fendente perpendicolare alla pinna
metallica, il clangore risuona nelle orecchie, scintille schizzano all’impatto,
la lama della mia arma scivola via e la pinna continua la sua corsa. Scarto di
lato per non essere affettato, mi lancio un’occhiata alle spalle. Kae si è già
spostata dal range del bestione.
“Dobbiamo
portarli al bacino idrico vicino, se li gettiamo dentro si arrugginiranno,
attiriamoli là!”
Posso
affrontare questi affari come si deve, non mi servono i tuoi trucchi. Mi hai
negato il combattimento con la darkrariana, ora fammi combattere decentemente!
Una delle
pinne mi punta, ribalta le zolle di terreno alla velocità di una carrozza in
piena corsa. Mi metto in guardia, ignoro la voce di Kae che si allontana sempre
di più. Segua pure il suo piano, io non prendo questo genere di scorciatoie.
Tiro indietro l’arma e mi preparo a ricevere la pinna della bestia. Sferro il
colpo, ancora una volta le scintille schizzano dall’impatto tra i due metalli.
Stacco una mano dall’elsa per premerla vicino alla punta dell’arma. Continuo ad
arretrare nonostante la forza che ci metto. Maledizione.
La pinna
di metallo si accende di striature magenta, la pressione trasferitami sulle
spalle dall’arma aumenta. Il centro si scalda, diventa incandescente. Un
cigolio preannuncia lo spezzarsi della spada. Premo con il piede e scarto di
lato. La lama mi batte sulla gamba, il gambale si spezza e taglia la pelle,
brucia Guardiana traditrice!
Rotolo di
lato e mi tiro su a sedere, il frammentatore sta curvando per tornare
nuovamente alla carica verso di me. Arma rotta, gamba malandata, nessuna cosa
in vista che possa fermare la corsa di quell’essere. Al ferale, mi tocca
ascoltare Kae.
Premo le
mani a terra e mi dò la spinta per alzarmi. Corro zoppicando, ogni volta che
metto a terra il piede della gamba ferita sento delle fitte lancinanti. Il
bacino artificiale è una macchia azzurra a un tiro di sasso. Un grosso
macchinario spento ha un tubo rivolto verso lo specchio d’acqua, accanto
all’affare dei voltici spunta la testa bionda di Kae, sta agitando le braccia
per farmi segno di dove andare? Lo vedo il lago!
Una fitta
più forte mi piega la gamba, crollo a carponi. Mi tiro in avanti allungando le
mani. Sento la lama vicina, mi getto di lato, lo spostamento d’aria bollente mi
sfiora. Il frammentatore tira dritto, punta Kae. Lei indietreggia, incrocia le
braccia al petto, i suoi guanti emettono scintille luminose. Si forma una sorta
di barriera elettrica contro la quale impatta la pinna della creatura. Con una
sferzata colpisce il metallo. Per un istante la creatura emerge: la pinna è
sulla schiena metallica di un corpo simile ad un grosso torso umano, le cui
braccia leggermente ricurve terminano in grossi artigli affilati, la testa
divisa in due in orizzontale ha un ulteriore divisione al centro della mascella
irta di denti aguzzi. Il tutto termina con una lunga coda metallica.
L’enorme
bestione atterra con le zampe, sferra un colpo di coda e schiaccia Kae contro
il macchinario prima di tornare sottoterra. La ragazza tira una manata contro
il metallo, l’elettricità percorre la superficie e accende l’impianto che
inizia a tirare acqua dal lago artificiale. Dalla ciminiera in cima alla
struttura fuoriesce un fumo chiaro che s’innalza verso l’alto. La nube sale di
qualche metro prima di rilasciare pioggia fitta.
Piccole
scintille crepitano sulle pinne delle creature, le noto quando una è troppo
vicina per essere evitata. Alzo la mano con la spada rotta e la colpisco. La
pinna traballa e si sposta di lato prima che riesca a decapitarmi. Mentre si
allontana continua ad oscillare. Che si stia iniziando ad arrugginire? Sono
fatti di metallo dopotutto.
Mi tiro su
in piedi, ignoro per quanto possibile il dolore alla gamba e sposto il peso su
quella sana. Il frammentatore mi punta, vuole lo spareggio. L’acqua a contatto
con la pinna evapora, il magenta torna nero, prima la spada ha retto il colpo,
anche se è solo una parte dovrebbe comunque fermarla. Stringo l’arma in pugno e
mi preparo a riceverlo.
Sferro il
fendente contro la pinna. C’è un cigolio poi il metallo si spacca con un
clangore. Fortunatamente non è quello della spada. Mezza pinna cade a terra. La
creatura esce dal terreno, emette uno stridio furioso, spalanca le fauci. Senza
pensarci gli lancio contro l’arma rotta, mi abbasso e afferro la pinna. Lo
sento avvicinarsi, la sua ombra mi copre. Stringo la pinna, mi alzo e ruoto il
busto.
Mi trovo a
terra placcato da una massa non indifferente di metallo. Il bestione peserà
mezzo quintale come minimo. Tiro un sospiro di sollievo, un ghigno si allarga
sul volto. “Abbattuto.”
Inspiro
l’aria a pieni polmoni, la testa mozzata mezza arrugginita della creatura si
schianta nel terreno fangoso, le fessure rosse che non avevo notato prima si
spengono. Huh, hanno occhi.
Mi sporgo
di lato per quanto mi è possibile, l’altro bestione è crepitante di archi
elettrici disteso davanti alla macchina distrutta, essa presenta uno squarcio
enorme sul fianco.
“Kae?”
“Si?” È in
piedi alle mie spalle, un graffio le ha aperto la giacca rossa, non sembra
ferita.
“Mi dai
una mano a togliermelo di dosso?” Premo le mani contro la carcassa per
spingerla via. Kae si avvicina, i suoi guanti s’illuminano e sposta via la
creatura.
Mi metto a
sedere, il campo porta i segni dello scontro, il grano che non avevamo raccolto
è stato distrutto, molti dei covoni sventrati. Che giornata buttata.
Kae mi si
siede accanto, guarda quel disastro. “Non è bello quando qualcuno distrugge
senza motivo quello per cui hai faticato tanto.” Si volta verso di me. “Non
trovi?”
“Dove vuoi
arrivar-?” Mi zittisco. Mi torna in mente lo sguardo irritato del voltico di
oggi. Si vede che gli ho rotto davvero le scatole. E forse non solo a lui.
Credo di non essere tanto diverso dai frammentatori, che mi piace da una parte,
sono stati tosti, dall’altro vedo tutta la fatica e il tempo sprecati oggi.
“Hm.” Non
le dirò Hai ragione.
Mi alzo
lentamente e zoppico verso casa. Dopo un paio di passi Kae mi afferra il
braccio e se lo passa dietro le spalle.
“Lasciati
dare una mano, frammentatore.”
[Karin Alden]
Sfoglio la pagina bianca che separa i due capitoli. Mi sento
osservata.
Alzo la testa e gli occhi dell’elfa stronza sbirciano da uno
spiraglio della porta.
“Vieni a sorridermi in faccia se hai le palle. O non ti
avvicini perché sai che ti cancellerei quel sorrisetto da ebete appena sei a
braccio?”
Myra entra. “Meanie.” Si avvicina e si siede di nuovo sulla
sedia. “Piaciuta la lettura?”
Alzo le spalle. “È qualcosa da fare.”
“Ay ay.” Myra poggia le mani sulle gambe. “Strale non ti
ricorda qualcuno?”
“Uh?”
“Impulsivo, forse un po’ troppo diretto-”
“Paragonami a quel coglione e non uscirai da qui viva.”
La stronza ridacchia, si alza e tende la mano. “Bene, ora
devo andare, le mie adorate allieve mi aspettano.”
Stringo il libro tra le dita. Lei inclina la testa
incuriosita. Col cazzo che ti lascio l’unica cosa che ho da fare.
“Non vuoi che lo legga per ordini del capo? Fammi fare il
mio dovere.”
Sul viso di Myra si delinea un sorrisetto compiaciuto.
Quanto mi viene voglia di sbatterti in faccia ‘sto mattone. “Te la senti di
farlo da sola?”
Vaxt è
energico la mattina. Non me lo aspettavo dai cervelloni voltici, pensavo che
impiegassero almeno un paio d’ore per attivarsi. Faccio schioccare la lingua
sul palato. “Tecnicamente l’ha rotta il frammentantore. Quante scaglie costa la
riparazione?”
Vaxt
guarda seccato le due metà della spessa arma che mi aveva creato la mattina
prima. Non so se sia irritato dal fatto che una sua creazione non abbia retto o
cosa. “Quarantanove scaglie.”
Sbatto le
mani contro il tavolo. “Ma da un fabbro normale spendo la metà!”
Vaxt
sbatte le palpebre, impassibile. “Un fabbro normale ci mette quattro giorni.”
“…Ma se
con me ci mettono sempre una settimana.”
“Forse non
vogliono che tu ne abbia una in mano tanto presto. Rettifico, cinquanta
scaglie, e stavolta le paghi di tasca tua.”
Riluttante
per la sua considerazione, stacco il sacchetto con le scaglie dalla cintura e
lo lascio cadere sul tavolo. Vaxt lo afferra lentamente e lo apre guardandoci
dentro.
“Le stai
contando? Davvero?”
“Si.”
Comprendo
la reputazione di casinista per i danni fatti in città, ma non tengo mai
debiti.
“Una
cattiva fama ti rende un balordo a tutto tondo.” La mano di Kae si appoggia
sulla mia spalla. “Ciao Vaxt.”
Il voltico
mette il sacchetto assieme ad altri e torna a fissare le due metà dell’arma.
“Buongiorno Kae.”
Alzo la
mano. “Non me lo distrarre. Che poi andiamo alla grotta.”
Kae mi
molla la spalla. “Ma ti sei appena ripreso. La tua gamba-“
Mi volto
verso di lei, alzo il piede e tiro un calcio all’aria. “Voltici delle misture,
mi rimettono apposto ogni volta.”
“Il tuo
corpo si abituerà ad assumere misture prima o poi e non ti faranno più niente.”
Guardo il
voltico. “Tu ripara intanto, in caso hanno trovato diverse formule, basterà
cambiare quale prendere.”
“Veramente…”
Kae fa combaciare i polpastrelli. “Le misture di ogni tipo necessitano di erbe
e altri componenti per essere create. Ed i frammentatori hanno distrutto quasi
tutti i campi in cui le coltivavamo. Potrebbero finire le scorte presto.”
Vaxt
sbatte le palpebre, si volta alle sue spalle. “TOGLIETE NOAH DALLA FORGIA!”
Assottiglio
gli occhi. Un altro pericoloso come me? Non l’ho mai sentito. Non è importante
al momento, picchietto le dita sul tavolo vicino alle due metà della mia arma.
“Ripari in fretta, per favore?”
Le porte
principali d’entrata di Cyrrium sono state progettate per essere un monumento
all’accoglienza: bancarelle di cibi tipici di varie isole, la banda di murks ferma
in attesa che un passante decida quale melodia richiedere.
Lascio le
scaglie in mano all’uomo della carne, inspiro l’aroma di affumicato, quasi
quasi me la mangerei io. Arrotolo la cima del sacchetto e lo ficco nella
bisaccia. Darkrariana, a noi due!
Kae mi
segue a braccia incrociate. Non sembra contenta, ma non dice nulla e di solito non
perde occasione per correggermi.
“Sei
sicuro di volerla disturbare? Dovresti evitare di andare a cercare guai, te
l’ho detto le riserve di materiali per le misture sono scarse.”
Come non
detto. “Sembra ragionevole. Voglio parlarle.”
Kae fa una
risata soffocata. “Non ti credo.”
Le rivolgo
un sorriso sghembo. “Ma come, non sei la mia ravvivafiaccole? Dovresti fidarti
di me.”
Kae sbatte
le palpebre, è ancora più perplessa. “Non credo tu sappia in cosa consiste di
preciso il mio lavoro.”
No,
infatti. E in teoria non mi interessa. Ma se ti distrae dal dissuadermi, spiega
pure. “Non fate da supporti morali alle persone per farle tornare a lavoro?”
Kae apre
la bocca, inspira. “Parte del nostro lavoro è sapere quando ci stanno prendendo
in giro.”
Devo
mettermi a correre? Quei guanti non so come contrastarli. Ma se ci penso, è
riuscita a farsi la salita per i terrazzamenti senza problemi. Non è
seminandola che mi libererei di lei. “Magari vuoi ravvivare la fiaccola di
quella poveretta?”
La vedo
spalancare gli occhi, sbigottita. Che l’idea le piaccia? Sono un genio!
Continuo a premere su questa cosa!
Il vociare
nella piazza d’entrata si solleva tutto in un colpo. Mi distraggo da Kae, forse
c’è una rissa?
La folla
si sta aprendo verso i lati della strada per lasciare libero spazio a una
diligenza blindata, la quale si ferma al centro preciso della piazza.
Con un
paio di scatti la portiera si spalanca. Da essa esce un ragazzo sulla trentina
in armatura azzurra. Ha una faccia da schiaffi.
“Signori,
popolo. Abbiamo preso la megera!”
La folla
esulta. Alcuni confabulano tra loro con espressione preoccupata. Personalmente,
mi spiace non aver potuto partecipare a questo giro di pattugliamento se hanno
trovato qualcuno di così pericoloso.
Il
cavaliere infila il braccio nella carrozza e con uno strattone scaglia fuori
una giovane dalla pelle chiarissima in netto contrasto con la lunga chioma nera,
gli occhi rossi rimangono bassi a fissare le mattonelle della piazza.
La
riconosco, deglutisco. Mi hanno fregato la darkrariana.
Incrocio
le braccia. “Vedi Kae? Abbiamo perso tempo e me l’hanno fregat-”
Kae non mi
sta ascoltando, gli occhi le brillano di una luce che non ho mai visto nel suo
sguardo. Sembra… felice.
“Kae?”
Si volta
verso di me con sorriso esaltato. “Se l’hanno catturata possiamo capirla e
rimetterla sulla retta via.” Allarga le braccia, piccole scintille sprizzano
dai suoi guanti. “Renderla una persona migliore!”
Inizio a
pensare che Kae potrebbe essere una cultista di qualche setta, altro che
ravvivafiaccole. Onestamente non mi interessa, ma se volesse recuperare la
darkrariana per sé, potrei sfidare quel tipo. Metto mano sulla spada.
“Carichiamo?”
“Con
diplomazia.”
Alzo un
sopracciglio. Che vuol dire?
La guardo
avvicinarsi alla carrozza. La darkrariana ha i polsi legati da corde, si mette
in ginocchio. Non ha l’aria di qualcuno che è arrabbiato o frustrato, sembra
quasi aver accettato la cosa. Non ha nemmeno un briciolo di rancore nei
confronti di chi l’ha catturata? Inizio a dubitare che si tratti di una vera
darkrariana.
Il
cavaliere si mette in mezzo tra le due ragazze, mette mano al fodero della sua
arma e Kae si ferma. “Signorina?”
Kae tira
fuori qualcosa dalla giacca, glielo mostra. “Kae, ravvivafiaccole. Vorrei
prendere in custodia la darkrariana.”
Mi
avvicino, i mercenari aspettano solo una scusa per tirare fuori le armi,
indipendentemente dal contesto in cui si trovano. Kae potrebbe aver bisogno di
una mano… Forse. Ha steso un frammentatore senza problemi, in teoria non ha
bisogno di assistenza, ma se posso menare le mani perché no?
Con
sorpresa – e mio rammarico – il cavaliere abbassa la mano, fissa Kae. “Non
c’era nessun accordo con i ravvivafiaccole, il mio padrone non fa accordi con
voi.”
Ahi.
Questo è uno di quelli che ha debiti d’onore, invasati, preferisco i cultisti.
Almeno loro seguono qualcosa perché ci credono, non sono costretti.
“Serve un
accordo per instillare nuovamente la scintilla dell’amore per la vita in un
individuo?” Kae fa un passo avanti, il cavaliere ne fa un altro indietro. Per
la Guardiana, Kae incute timore a chiunque.
“Quale
sarebbe la causa della sua cattura? Perché è una darkrariana? Cos’ha fatto per
meritarsi il vostro odio? Fare parte di una razza sconfitta da anni? Lo trovo
meschino. Questo non fa che innescare un ciclo d’odio che trasforma innocenti
in persone disposte a tutto pur di avere diritto alla v-.”
“Hai
finito di dare aria alla bocca?”
Una figura
si ferma sulla soglia della carrozza. Uno della mia età dalla corporatura
mingherlina, tiene sulla spalla una spada sulla cui lama vi sono una serie di glifi.
Abiti da nobile, sguardo da coglione distaccato sotto la frangia verde. Scende
dalla carrozza con un balzo. “Questa feccia non impara in nessun modo se non
quello con il quale sono stati cresciuti.” Alza una gamba e sferra una pedata
alla schiena della darkrariana, quella crolla a terra senza dare segno di
resistenza.
Kae si
avvicina verso la darkrariana, il tizio abbassa l’arma e la frappone tra le due,
il suo compare sfodera la spada e la punta verso Kae. Direi che ho aspettato
abbastanza. Lascio cadere la sacca, estraggo la mia arma e carico. Devio la
spada del cavaliere e lo butto a terra con una spallata. Sferro un fendente
verso la testa del nobile. Dal terreno escono una serie di radici che avvolgono
il mio braccio e lo immobilizzano.
Fisso
quell’idiota. I glifi della sua spada sono illuminati di una tenue luce
marrone.
“Khanterz.”
Sai il mio
nome, grazie al cazzo, io sono famoso, tu chi cazzo sei?
Il tizio
guarda la folla. “Immagino non obietterà nessuno se porto questa catastrofe a
Lastguard. Quelli come lui devono stare là.”
Kae si
alza e fronteggia il nobile. “Vi state approfittando della vostra influenza
Fion.”
Il tizio
la guarda distaccato. "Lo sto facendo? Mi ha apertamente attaccato con
l'intento di ferirmi. Forse i tuoi metodi da santo non stanno funzionando,
ravvivafiaccole.” Abbassa la spada, si avvicina con il volto a lei. "Speri
che uno di loro di ammazzi per essere ricordata?"
Kae non
accenna a indietreggiare. "Di nobile avete solo il titolo."
“Tramandato
da genitori che hanno perso la vita per mine vaganti come loro. Un’orfana come
te dovrebbe capire quando è il momento di smettere di cercare di comprenderli.”
Per la
prima volta vedo Kae fare un passo indietro, la sua espressione è quella di una
fiera che studia la preda che ha davanti. Di certo non è finita qui.
Fion
sferza l’aria, le radici che mi bloccano il braccio si piegano e mi scagliano
dentro la carrozza.
Non è la
prima volta che passo una notte in gattabuia. Potrei ricostruire la parete
opposta alle sbarre della cella nel commissariato per quanto l’ho guardata. La
gente non è mai stata contenta delle mie risse. Da quel punto di vista sono
d’accordo con papà, se ho fatto un guaio devo riparare all’errore e questo non
significa solo ripagare i danni.
Sbatto la
spalla contro la portiera. Mi trovo seduto all’interno, sul sedile opposto vi è
Clark Blake, una delle guardie armate di Cyrrium. Ricordo di lui perché spesso
mi porta di persona all’ufficio dello sceriffo. Come tutti gli altri pensa che
io sia una catastrofe, ma a differenza di quelli come Vaxt non sembra
terrorizzato all’idea di starmi vicino per più di venti secondi.
Afferra il
fucile che tiene accanto a sé per la canna e lo tira sul sedile. “L’hai fatta
più grossa del solito se ti paragonano a una darkrariana.” Tende la mano.
“L’arma per favore, te la restituiamo quando esci.”
Non mi
piace affatto l’idea di separarmi dalla spada, è figa potrebbero fregarmela. Ma
di solito Clark è affidabile. Seppur riluttante, porgo l’elsa verso di lui.
La mette
via. “Ora fai spazio.”
Dalla
porta della carrozza viene spinta dentro la darkrariana, cade semisdraiata
accanto al mio sedile. Ora che noto meglio, c’è un dettaglio che non mi suona:
nessuno di loro ha ferite o in generale segni di scontro addosso. Clark deve
aver notato la mia perplessità, ha un sopracciglio alzato.
“Fion è
così forte da averla battuta subito?”
Clark
afferra il fucile con entrambe le mani, sospira.
La
darkrariana si mette seduta e sta distante.
Alterno lo
sguardo tra i due confuso.
“Non ha
opposto resistenza.” Si limita a dire Clark.
Guardo la
darkrariana. “Perché?”
Lei guarda
fissa di fronte a sé. “Non servono altri spargimenti di sangue inutili. Infante
imbecille.”
Inizio a
dubitare che sia una darkrariana, non sono ragionamenti da gente come loro.
Anche i suoi insulti sono troppo… aristocratici per me.
[Kae]
La
carrozza si allontana verso il centro della città. All’interno ci sono le due
opportunità di realizzare i miei progetti. E quel broccolo me li ha appena
portati via.
“Tsk,
nobili.” Cammino verso la Nimbus. Capisco che suo figlio abbia bisogno di
disciplina, ma Belsar non dovrebbe permettere alle persone di elevarsi a
portatori dell’unica morale corretta. Specie se si tratta di mocciosi viziati
coperti da un nome importante. È così che quelle persone problematiche
rimangono tali.
Apro le
porte della Nimbus, rilasso le spalle. Passando davanti alla forgia saluto Vaxt
con un cenno. Devo avere una faccia terribile, si è ritratto come la prima
volta in cui l’ho forzato ad uscire dalla sua stanza. Salgo le scale. L’ufficio
di Belsar ha la porta chiusa. Che non abbia ancora saputo le ultime novità? Mi
fermo davanti alla porta. Di solito la lascia spalancata, sempre a disposizione
per chi volesse proporre un nuovo sistema, o ad ascoltare direttamente i
problemi dalle voci dei cittadini. Che si tratti di un argomento delicato?
La porta
si spalanca violenta. Esce una ragazza in armatura bianca, gli occhi argentati
sono quelli di chi sta macchinando un piano avventato. Dovrò tenerla d’occhio
nei prossimi giorni, o informarmi su di lei, sa di sospetta.
Mi
affaccio nell’ufficio. Belsar è di spalle, fissa la finestra che dà sulla città.
Potrebbe stare ancora elaborando le parole della ragazza di prima. Tossisco per
annunciarmi. Belsar si volta, un lampo di preoccupazione sparisce in fretta nei
suoi occhi e torna ad avere l’espressione bonaria di sempre.
“Giovane
Kae… Ho saputo degli eventi appena accaduti.”
Devo
valutare l’ipotesi che quel pezzo bianco degli scacchi fosse uno sgherro di
Fion mandato a raccontargli la sua versione… Non troppo diversa da quella
reale, ma sicuramente l’avrà ingigantita per premere sui sensi di colpa da
padre di Belsar.
Annuisco.
“Strale è ancora impulsivo, ma sicuramente non è come vi è stato descritto.”
Belsar si
avvicina alla scrivania e appoggia una zampa sulla scrivania. “Accolito di
Darkraria? No, non credo nemmeno io.”
Chiamiamolo
direttamente figlio del Ferale già che ci siamo. Fion, mi provocate ribrezzo
solo pensare al vostro nome. Omuncolo indegno. Ingoio i miei pensieri ed
espiro. “Quindi pensate di farlo rilasciare il prima possibile? Se voglio avere
progressi devo battere il ferro finché è caldo.”
Belsar
ritrae la zampa dietro le ali. “Temo che stavolta non potrò limitarmi a una
sgridata, giovane Kae.”
Non suona
bene, incrocio le braccia. “…Perché ci sono i darkrariani di mezzo?”
“La ferita nella nostra comunità da quegli individui è ancora aperta. La comparsa
di una di loro è solo l’ultimo dei segnali.”
I miei
guanti si accendono, piccole scintille vengono rilasciate. Si spegneranno prima
di raggiungere terra, non è un problema. “Cioè?”
“I
frammentatori nei campi. Sono stati trasportati alla Nimbus e studiati. Non
sono semplici abomini che hanno assorbito metallo abbandonato. Quelle capacità
vengono date solo con certi tipi di infusione di glifi. Infusione che veniva
usata principalmente proprio dai darkrariani.”
“Dunque la
gente teme una loro nuova campagna militare dopo gli anni di silenzio.” Magari
qualcuno suggerisce che Strale sia una loro spia dato che è stato adottato da
Belsar e non ha mai specificato come lo ha trovato. Le persone amano pensar
male.
“Devo far
calmare le acque, giovane Kae. Per ora sia lui che la darkrariana verranno
portati a Lastgard.”
Capisco, e
solo in parte, per la Darkrariana, ma lì ci sbattono solo i criminali
incorreggibili.
Belsar
allunga la zampa, sta puntando alla mia testa. Lo fa sempre con chi ha fatto
del suo meglio. “Mi spiace di averti fatto perdere tempo. Puoi considerare il
tuo compito conclus-”
“Con tutto
il rispetto, borgomastro, decido io quando il mio compito è terminato.”
Belsar
tuba sorpreso.
“Il mio
lavoro terminerà solo quando non potrò davvero fare più nulla. Ora con
permesso, devo prepararmi per un viaggio a Lastgard.” Giro i tacchi e mi avvio
verso l’uscita. Lascio la porta aperta per eventuali altre persone come da
etichetta. Non mi faccio tappare le ali da un moccioso in grado di sollecitare
le masse meschine. Non perdo contro queste cose.
Una figura
mi si piazza davanti. La ragazza in armatura bianca mi fronteggia.
“Sento che
entrambe abbiamo avuto una cattiva notizia oggi. Sono pronta a scommettere che
sono collegate.”
[Karin Alden]
Più sfoglio le pagine più odio ammettere che la storia mi
sta interessando. Non lo ammetterò mai di fronte a Myra, non voglio darle
soddisfazioni.
Da quel che so i libri “normali” non ti fanno un cambio di
protagonista così.
Ma questo non è un libro normale, giusto?
I “darkrariani” stanno iniziando a diventare ricorrenti. Mi
chiedo se non sia uno di loro ad essere emerso e ad aver scritto il libro.
Improbabile, non si metterebbe in cattiva luce. Eppure sento di aver già
sentito chiamare qualcuno così in giro…
Gli scossoni della carrozza cessano, l’area portuale
non è troppo distante dall’ingresso principale della città, anzi mi sorprendo
che ci abbiamo messo così tanto.
Gli spallacci del cavaliere, seduto tra me e la
darkrariana, mi schiacciano contro la portiera. Poteva toglierseli finché siamo
in viaggio. Dall’altra parte dell’abitacolo se la passano meglio: Clark fissa
l’esterno libero da pressioni di una terza persona a occupare la seduta centrale,
Fion fissa la darkrariana.
“Non mi aspettavo che uno di voi riconoscesse i suoi
peccati.”
Lei non incrocia lo sguardo con nessuno, gli occhi
puntano contro la pavimentazione. Forse si sta vergognando? Spero che il suo
retaggio la spinga ad avere un desiderio di rivalsa grazie al quale tirerà
fuori le corna e si vendicherà dell’affronto subito. Volendo potrebbe essere
una vera e propria mischia: io contro lei contro gli altri tre. Suona
esaltante.
Fion appoggia il volto sul pugno chiuso. “Il tuo
aspetto è una caratteristica di voi dimenticati dalla luce. Dov’è il tuo
potere?”
La darkrariana intreccia le dita delle mani. “Quale
potere?”
“Non tentare di fingerti una normale, darkrariana.
Quella maledizione è nel vostro sangue. Mostraci quella forma.”
Mi sporgo in avanti. Ero mezzo addormentato l’ultima
volta a causa della paralisi, ora potrò vederla chiaramente.
La darkrariana alza lo sguardo, lo fissa dritto negli
occhi. “Mi rifiuto.”
Andiamo, che ti costa!?
Fion mette mano alla spada. “Quindi non neghi di avere
quel potere.”
La darkrariana si morde il labbro.
“Mostramelo.”
“Mi rifiuto.”
Fion alza la spada e gliela punta al petto. Clark si
tende in avanti e poggia la mano guantata sulla lama. “Nobile Fion. È comunque
una persona. Non potete-“
“Sta zitto, Blake.” Fion si drizza sullo schienale, la
punta dell’arma si appoggia allo sterno della darkrariana. “Marcirete comunque
in cella fino alla fine dei vostri giorni, non avete un minimo d’orgoglio?”
La darkrariana alza lo sguardo, gli occhi corrono ai
lati della carrozza. “Ci sono glifi inibitori sparsi per tutto l’abitacolo, vi
trovate in tre armati contro una donna legata. Non avete un minimo d’orgoglio?”
Ehm, quattro, sono schiacciato dall’uomo di latta.
Fion la fissa a lungo, abbassa la spada e batte con le
nocche sulla portiera. L’odore di oceano invade la carrozza, dobbiamo essere
saliti sulla nave durante la discussione. Poco male, mia sorella non mi ha
visto.
Una testa bionda di Syn spunta dall’esterno. Come non
detto. “Nobile Fion, non è sicuro rimanere sul ponte della mia nave, rimanete
all’intern-”
Incontra il mio sguardo, ora lo sa. “Guardiana
traditrice, Strale che cazzo hai combinato stavolta.”
Ignoro la protesta di Clark e mi sporgo. Mia sorella
si mette le mani sui fianchi. Dalle maniche staccate dal corpetto spuntano dei
tatuaggi simili a foglie che si arrampicano lungo le spalle. “Quelli sono
nuovi?”
Il cavaliere mi schiaccia al sedile con una manata. “Taci
verme! Sua eccellenza parla con la calcamaree, non intralciare il loro
dialogo.”
Sposto via il suo braccio dal mio petto. Mi sporgo
nuovamente. “È mia sorella-”
“Adottiva.” Precisa Syn lanciandomi un’occhiataccia.
“Spiega molte cose,” mormora Fion scrutandomi. “Non
vedo il motivo per cui temiate che qualcuno possa vagare sulla vostra nave,
calcamaree. A meno che non abbiate qualcosa da nascondere.”
Syn sostiene lo sguardo, l’espressione dura. “Rispetto
il vostro titolo, ma il capitano della nave sono io. Mia nave, mie regole.”
Fion stringe appena gli occhi. Clark si avvicina a
lui, gli bisbiglia qualcosa all’orecchio, il nobile annuisce.
“Come volete.”
“Bene.” Syn chiude la porta di malagrazia.
Ridacchio. Mi arriva una manata al petto da parte del
cavaliere. Tossisco al contraccolpo.
Il vociare all’esterno mi fa capire che siamo
arrivati. Sentiamo dei colpi a lato della carrozza. Fion tocca uno dei glifi
incisi vicino alla portiera, con un lieve scossone il mezzo riprende a muoversi.
Mi sporgo appena dalla seduta. Dal finestrino un grande maniero in pietra si
staglia sulla cima di una lieve pendenza. La luce tenue di diverse
sferzatenebre illumina la struttura, la parete in mattoni è regolare con poche
finestre sottili. Papà diceva che se avessi combinato guai troppo grossi sarei
stato rinchiuso qui, ma non sembra male come posto. Man mano che la carrozza
avanza in mezzo alle scie di piccole luci capisco che la facciata della
struttura è molto più recente rispetto al resto della costruzione.
Mi volto verso Clark, l’unico trattabile. “Ci sono
stati tentativi di fuga di recente?”
Tocca la tesa del cappello. “Una fanatica è riuscita
ad accumulare una notevole quantità di iuxx da abomini che ha lasciato crescere
nella sua cella. Ha fatto qualche danno.”
Certo, iuxx. La roba magica che io non posso usare. O
potrei se mi dessero un Alwe. Credo.
Lancio un’occhiata alla spada di Fion, i glifi incisi
sulla lama sembrano simboli precisi. Chissà se Vaxt potrebbe farli alla mia
arma. Kae ha ragione, devo migliorare la mia reputazione se voglio poterne
brandire uno.
“Posso avere la cella vicino a questa megalomane?
Potrei tenerla buona alla vecchia maniera.” Alzo i pugni.
Clark alza il sopracciglio. “Lascia fare alle guardie
il loro lavoro.”
La carrozza si ferma, Fion si alza ed esce dall’abitacolo.
Allo stesso modo, il cavaliere si alza e afferra la darkrariana per un braccio,
questa si tira su senza fiatare.
“Dai, ti aspetta la tua camera personale.” Clark mi fa
cenno di alzarmi mentre si tira su, prende un paio di manette dalla cintura.
“Mani.”
“Devi proprio?”
“Sì.”
Roteo gli occhi, tendo i polsi in avanti, le manette
scattano su di essi.
Metto i piedi sulla strada poco dopo. Il portone della
prigione si apre. Oltre esso c’è una stanza gremita di persone, principalmente
cavalieri come il bellimbusto che sta trascinando la darkrariana, ma diversi
hanno un abbigliamento e un equipaggiamento differente. L’unica cosa che
accomuna tutti è una piccola sferzatenebre attaccata alla cintura.
Fion batte una singola volta le mani. Il brusio cessa
dopo che i presenti formano una fila.
Clark mi punzecchia con la canna del fucile, il
cavaliere scaglia a terra di malagrazia la darkrariana.
Fion misura a lunghi passi la stanza.
“Questa la portate nell’ala speciale, al posto di
quell’altra. Dovrebbe aver imparato a obbedire.” Lancia un’occhiata
inquisitoria verso la darkrariana. “Tocca a questa fiera essere disciplinata.”
Una coppia di cavalieri si stacca dalla fila, tirano
su per le braccia la darkrariana e spariscono per i corridoi. Clark deglutisce,
ho l’impressione che non sia una cosa distaccata. Fion si volta verso di me.
“E portate la catastrofe in una cella qualsiasi,
possibilmente in un’area lontana dagli sferzatenebre principali. Mi pare di
capire che gradisca la presenza di abomini. Potrà fare una conoscenza più
approfondita con i suoi simili.” Alza una mano, il galoppino che ci ha
accompagnato durante il viaggio si avvicina. “Lewis sarà al comando finché non
sarò tornato. È tutto.”
“Ai vostri ordini, eminenza!”
Clark mi batte il fucile in mezzo alle scapole. “Di
là.”
Seguo le indicazioni, mi lancio un’occhiata alle
spalle. Fion borbotta qualcosa al tizio guardandomi, poi si allontana verso
l’uscita.
Mi siedo contro la parete della cella. Come promesso
dal riccone, mi trovo probabilmente nel luogo più lontano da una sferzatenebre.
È così buio che malapena riesco a vedere all’esterno delle sbarre. In
lontananza nel corridoio ho uno scorcio di una luce brillante che si attenua.
Inizio a pensare che questa sia l’ala meno pattugliata. Poco male. Con poche
persone e poca luce le probabilità che si generi un abominio sono alte,
incrocio le gambe e le braccia, lascio calare la testa e le palpebre. Quando ne
spunterà uno sarò pronto.
Mi sveglio a causa di un gorgoglio, un suono viscido
rimbomba tra le pareti della cella. Qualcosa sta strisciando verso di me.
Ghigno, apro gli occhi che si abituano in fretta all’oscurità. Una sorta di
grosso bozzolo violaceo si trova nella parete opposta, un enorme squarcio lo ha
aperto come i petali di un fiore. Nel centro della stanza una massa violacea si
avvicina strisciante, un artiglio nero esce da essa, punta contro le pietre del
pavimento e tira in avanti il resto della massa, per un istante vedo una luce
gialla rotonda, come un occhio.
Mi alzo in piedi, stringo i pugni. Dicono che gli
abomini siano corrosivi per questo gli Alwe, con un minimo di protezione dei
glifi, riescono a danneggiarli in maniera efficiente senza rompersi a dispetto
delle armi normali. Quello e la luce elevata. Non ho nessuna di queste due
cose, sarà uno scontro alla pari.
La creatura sembra intuire le mie intenzioni. Vedo
nuovamente quell’occhio giallo sollevarsi dalla massa, l’artiglio alzarsi come
se fosse un falcetto impugnato da un combattente.
Rumore di passi arriva di corsa dal corridoio, un
globo di luce rotola tra le sbarre della cella. L’abominio si accartoccia su sé
stesso con un verso stridulo, inizia a dissolversi.
Alzo lo sguardo, Clark sta ansimando, non ha la giacca
né il cappello. Forse stava andando a dormire. Personalmente sarebbe stato
meglio, mi ha fritto l’abominio!
“Ma che cazzo, Clark!”
“Prego, ti ho mantenuto in vita.” Si gratta la testa. “E
preferisco avere te in giro che vedere Kae rovesciare il sistema di Lastgard.”
Kae potrebbe fare una cosa del genere? Dovrebbe
pestare almeno duecento persone per farlo… Ripensandoci potrebbe essere
divertente.
Guardo la sferzatenebre, la piccola lampada emette
luce pulsante bianca che irradia buona parte della cella. La prendo e giro la
chiave, la lampada si spegne lentamente.
“Che stai facendo?!”
Agito la mano. “Tranquillo, ce l’ho qui. Se serve la
accendo.”
Clark emette un verso seccato. “Non farti ammazzare,
Fion è irritato in queste settimane, ci manca solo che tu faccia scatenare un
conflitto interno.”
[Kae]
Un intero porto con imbarcazioni di ogni genere e
dimensione e nessuno che abbia il fegato di navigare verso Lastgard di notte.
Conigli.
Arial non è nemmeno così alta, ma grazie a
quell’armatura bianca spicca in mezzo alla folla. La vedo tirare un sospiro,
per poi dirigersi verso di me.
“Niente da fare, non c’è nessuno in questo periodo
disposto a partire per Lastgard. Troppa paura della darkrariana.”
Sono certa che non è il primo darkrariano che finisce
là dentro, ci troviamo davvero in una situazione dove l’unica nave che salpa
per quel luogo è quella del capitano Khanterz? Dobbiamo costruirci una barca e
raggiungerla da sole? Si tratta di un’impresa fattibile, se Arial non porta in
giro quell’ascia solo per bellezza potrà sicuramente darmi man forte coi remi.
“A questo punto, aspettiamo che torni Khanterz e
salpiamo con lei di mattina?” Mi domanda.
Sposto lo sguardo verso la struttura in cima alla
Nimbus. Il globo di luce si allarga poco a poco rischiarando il cielo. La notte
è finita, e l’abbiamo passata tutta a cercare un modo per andare a Lastgard
senza farci scoprire.
Poggio le dita sulle palpebre, avrei bisogno di un
paio d’ore, ma ogni ora a Lastgard potrebbe essere l’ultima se non sei una
guardia. Chiaccherando con i funzionari per la mia arma segreta ho scoperto un
paio di cose su Fion Starchampion, se non ragionerà con le buone, lo farà con
le cattive.
“A questo punto aspettiamo Syn, arriverà a momenti.
Dormiremo a turni in viaggio per Lastgard.” Forzo un sorriso. “D’accordo?”
Arial poggia una mano al fianco. “Pensavo ti fidassi
degli altri Kae.”
Non mi fido di chi fa accordi con Fion.
Incrocio le braccia. “Ci sono un po’ di cose che non
mi convincono su Syn Khanterz. Hai mai visto un membro del suo equipaggio? È
una nave troppo grande per governarla da sola.” Avrei dovuto chiedere di più a
Belsar sul suo conto.
“Potrebbe essere segretamente una Meister e usare lo
iuxx per governarla.”
È un’opzione che non avevo considerato, ma bisogna
essere davvero capaci per gestire una tale quantità di energia da muovere una
nave. Syn è un altro elemento da tenere d’occhio.
“O potrebbe averla automatizzata con dei glifi, i
voltici dei costrutti fanno di tutto.”
È un’altra opzione plausibile, e da quello che so di
Syn scende raramente sulla terraferma. Non avrebbe mai avuto tempo di imparare
in quelle poche ore quello che a Pyrax imparano in anni di addestramento.
“Oppure-”
“Glielo chiederemo direttamente quando arriverà.” Non
posso focalizzarmi su quella donna in questo momento. Terrò in considerazione di
sfruttare Arial per future progettazioni, è una fucina di idee.
Una grossa imbarcazione si avvicina al porto, lo scafo
regolare ma lievemente consumato dal tempo e dalla salsedine attracca. Una
larga passerella si estende da essa. Sembra effettivamente automatizzata per la
fluidità con cui si muove, quasi sicuramente opera di voltici.
La carrozza che ha portato via Strale la percorre con
buon passo. Mi metto in mezzo alla strada, il veicolo si ferma a qualche
centimetro da me. Come se mi lasciassi intimorire. La portiera si apre, Fion
scende con sguardo tagliente. “Inizio a temere che il vostro desiderio di morte
non sia solo una supposizione, ravvivafiaccole.”
“Mi dirigo a Lastgard, tornerò con Strale.” Tiro fuori
i documenti di rilascio e glieli apro davanti. “Volevo solo informarvi che
avrete una cella libera molto presto. Chissà non vogliate usarla per altri.”
Fion scruta il fondo del documento, guarda le firme,
mi fissa di nuovo. “Un giorno di respiro da quella catastrofe è già stato
molto. È tutto?”
“Non tutto.” Ritiro il foglio. “Vogliono assicurarsi
che non ci siano altri individui trattenuti più a lungo del dovuto.” O
ingiustamente. “Sia mai che abbiate mancato ai vostri doveri per una svista in
mezzo ai vostri numerosi impegni.”
“Molti in questa città hanno sotterrato i propri
peccati sotto uno strato di benevolenza…” Fion si sofferma con lo sguardo verso
Arial. Poi mi dà le spalle, si ferma davanti alla portiera ancora aperta. “Mi
chiedo cosa nascondiate per essere tanto caritatevole verso il prossimo.”
Mi faccio da parte, la carrozza ci passa accanto.
Suppongo che per lui sia frustrante non capire a cosa sto pensando, quando ho
compreso completamente il genere di persona ho di fronte. Sono soddisfatta.
“Possiamo andare Arial, la nave di Syn è arrivat-”
Arial sembra persa in qualche pensiero, si nota che è
assente con lo sguardo. Mi avvicino di un passo. “Arial?”
Sobbalza appena, quasi le scivola l’ascia dalle mani. “Eh?
Si. Si, andiamo.” Cammina spedita verso la nave come se non fosse successo
nulla. Approfitterò del viaggio per saperne di più anche su di lei.
[Karin Alden]
Chiudo il
libro a fine capitolo. “…Che figlio di troia.” Spero quasi che sia emerso Fion,
quelli che guardano dall’alto in basso gli altri meritano di rimanere a terra
con le gambe spezzate.
Le luci del corridoio
del reparto si spengono. Ci stanno dicendo di andare a dormire tutti? Mi
manderanno a puttane il ciclo sonno-veglia. Alzo il braccio e premo il dorso
contro il telecomando, la luce sopra la mia testa si accende e rischiara la
copertina del libro. Il riflesso lucido mi ferisce gli occhi, soffoco un’imprecazione.
Capisco come si sentono gli abomini.
Apro il
libro nuovamente e riapro gli occhi per leggere il prossimo capitolo.
Ho impiegato buona parte della notte a capire come
regolare la carica della sferzatenebre per avere sufficiente luce da non
allarmare Clark, ma non tale da bruciare il bozzolo di abominio che si sta
formando in fondo alla cella.
È ancora piccolo, un paio di centimetri, temo dovrò
aspettare questa sera perché diventi di una grandezza decente. Quello arrostito
da Clark era già presente quando mi hanno sbattuto in cella, avrà avuto un
sacco di tempo a disposizione.
Uno scricchiolio giunge alle mie orecchie. Mi attacco
alle sbarre per vedere il fondo del corridoio. Solo celle buie e polvere, niente
di notabile, forse mi sono immaginato quel rumore.
Qualcosa emerge dalla macchia di oscurità. Sembra una
bambola con fattezze umane, credo, è coperta da stracci tenuti su con dei pezzi
di corda legati tra loro. Mi punta, ha due grandi cerchi rossi brillanti per
occhi, una bocca serrata da delle cuciture. È un qualche tipo di abominio? Tiro
fuori la mano tra le sbarre. “Ehi!”
La creaturina si volta e mi ignora. Tasto il pavimento
alla ricerca di qualche pezzo cedevole. Strappo una scheggia da una pietra,
piego il gomito e la lancio. Il mio dardo improvvisato prende in pieno la nuca
della creaturina che cade in avanti con un versetto raschiato. Centro! Alzo la
sferzatenebre per vederla meglio: le mani sono in legno, le dita ben staccate
dai dorsi. Una luce e delle voci provengono dal fondo del corridoio. L’esserino
si alza di scatto e torna di corsa nella cella dalla quale è arrivato. Ritraggo
la mano e poggio la sferzatenebre dal lato opposto al bozzolo.
Appare Lewis, seguito da Kae e la ragazza con l’ascia.
“Strale. Sei libero,” dice seccato. “Ringrazia la
Guardiana della quale hai il favore.”
Sbatto le palpebre. Ha davvero fatto in fretta! Lancio
una rapida occhiata all’abominio. “Forse dovrei farmi un’altra notte qui, per
essere sicuro di aver imparato la lezione.”
Kae socchiude gli occhi, accende la sua sferzatenebre
e la porta in avanti. Il bozzolo viene bruciato dalla luce che irradia, si
accartoccia su sé stesso in maniera pietosa.
Mi tendo in avanti verso quello che era il mio
prossimo scontro. “Nooo!”
“Alzati, drammatico.”
Sarebbe dovuto cadere per mano mia, maledizione.
Favore della Guardiana un cavolo. Mi rendo conto che c’è poco da fare ormai. La
mia consolazione sta nel fatto che probabilmente qui in giro ce ne stanno di
più grossi considerato che non sono venuti a controllarmi nemmeno una volta a parte
Clark.
Lo scricchiolio mi gratta contro le orecchie. “Sono
solo io a sentirlo?”
Kae getta uno sguardo alle spalle, in direzione di una
delle celle completamente immerse nel buio. “Puoi farci luce?”
Lewis tende la sferzatenebre.
La parete più profonda della cella è coperta da
ragnatele violacee. Due grosse figure sono attaccate a essa: la prima, un
grosso ragno dello stesso colore delle ragnatele, ha gli occhi rotondi e gialli
tipici degli abomini; la seconda è un bozzolo grande quanto una persona. Ora
capisco perché pensavo di essere solo.
Kae gira la chiave della sua sferzatenebre e la lancia
dentro la cella. Il globo mi abbaglia per un istante: la creatura caccia un
verso stridulo e sbatte a terra. Me ne hanno rubata un’altra, dannazione!
La voce di Kae echeggia, furiosa. “Apri questa cella!”
“Per farlo serve l’autorizzazione scritta o l’ordine
del nobile Fion.”
“Apri questa cella o lo farò io.”
Cavaliere, ti consiglio di ascoltarla, Kae ha fatto a
botte con qualcosa di più grosso di te e ha vinto.
“Voglio proprio vedere.”
I miei occhi si riabituano alla luce, Kae stringe il
pugno, il suo guanto emette scintille. Il colpo che sferra alle sbarre della
cella piega e spezza il metallo della serratura. Con una manata spalanca la
porta.
“Come osi-” Lewis non ha il tempo di finire la frase
che la ragazza in ascia lo carica tenendo l’arma davanti a sé, lo schiaccia
contro la parete. “Sta’ giù.”
Kae esce dalla cella furiosa, tiene tra le braccia una
giovane pallida dai capelli viola chiaro con il viso ancora sporco di ragnatele.
La appoggia vicino al muro e si avvicina al cavaliere tenuto giù dalla ragazza
in armatura.
“Cos’è questa storia?”
Lewis preme le mani contro l’ascia per togliersi di
dosso l’altra ragazza. “Ciò dovrei dirlo io!”
“Non vi ricordavate che era qui?!”
Lewis cerca di spingere via il peso di dosso senza
risultato. Sapevo che quella tizia era forte. Dovrò sfidarla appena potrò.
“Certo che lo ricordavamo, ma era qui dalla sera scorsa.”
“L’avete messa apposta in una cella dove si trovava un
abominio adulto.”
“Ma quale importanza può avere? Tanto è una
darkrariana.”
Busso contro le sbarre. “Ehm… Già che ci siamo fate
fuori anche queste?”
Kae nemmeno mi guarda, sferra il pugno contro la porta
della cella. Il lucchetto salta, i cardini si spezzano, le sbarre mi cadono
affianco. Sento che quel pugno non era per loro. “Dunque? Voi non siete tanto
meglio di loro se lasciate un individuo in balia di quelle creature.”
Lewis ghigna. “Tra simili dovrebbero capirsi.”
La ragazza con l’ascia la preme contro il collo del
cavaliere. “Rispondi senza battutine, cane.”
Guardo la porta distrutta, la serratura e un pezzo di
sbarra sono saltate via, saranno un’ottima ascia improvvisata. La raccolgo e me
la batto sulla mano. “Gliele diamo?”
Kae espira minacciosa. “Non perdiamoci tempo. Prima
assicuriamoci che la ragazza non muoia.” Si avvicina alla – a quanto pare – darkrariana
e la prende in braccio. “Arial, andiamo.”
La ragazza con l’ascia si ritrae, fissa in cagnesco
Lewis e gli dà le spalle. L’idiota si alza ed estrae la spada. Ora mi diverto.
“Dove credete di andare!?” Alza la lama. Raccolgo un
altro frammento delle sbarre e glielo lancio verso il volto. Mentre lo devia
col fendente mi getto con una spallata di nuovo verso di lui. Fa un paio di
passi indietro per recuperare l’equilibrio, sferro un colpo al ginocchio, alzo
la sbarra e la calo sopra la sua testa.
Lewis crolla di lato con un tonfo secco, mi guardo di
spalle. Vedo Arial sul punto di svoltare il corridoio, la sua testa è comunque
girata verso di me. Alza il pollice e sparisce.
Tu e la darkrariana sarete le prossime che sfiderò,
aspettatemi.
Mi volto verso Lewis. Rimarrà a nanna per un bel po’.
Spero che non si offenda se prendo in prestito la sua spada. E se si offende,
affari suoi, potrà venire a riscuoterla dalle mie mani. Raccolgo l’arma e il
fodero e me li lego alla cintura, l’espressione ebete che ha sul viso non è migliore
della solita. “Heh, scarso.”
Kae si è fermata poco prima dell’entrata del salone principale, Arial guarda
verso l’interno della stanza.
“Sembra la mensa di un accampamento militare. Ma
questi non dovrebbero fare la guardia ai prigionieri?”
“Fanno quello che gli pare. Non mi sorprenderebbe
sapere che son tutti cacciatori di taglie sotto il servizio di Fion.” Kae passa
una mano sulla fronte della darkrariana e ci poggia la sua sopra. “Serve una
mistura di guarigione il prima possibile. I morsi si sono infettati, e
qualsiasi cosa le abbiano fatto prima di sbatterla in cella non è stata
piacevole, questi sono lividi, sono segni che gli abomini non farebbero.”
Gli abomini squartano e strappano, di solito. L’hanno
affrontata ed è ridotta male perché è debole? Inizio a temere che i darkrariani
siano tutto fumo e niente arrosto. A questo punto è da stronzi prendersela con
chi non riesce a difendersi.
Arial si sta mordendo il labbro. “Hai idee?”
“Diversivo. Dammi il tempo di capire come.”
Abbasso lo sguardo sulla spada. “Kae può distruggere a
pugni le celle. Se liberassimo i detenuti per tenere occupate le guardie?”
Kae tentenna, poi annuisce. “Dobbiamo assicurarci di
non essere travolti dalla massa di persone che usciranno. Inoltre non possiamo
escludere la probabilità di presenza di abomini considerando quanto sono
scrupolosi nelle ronde.” Guarda alle mie spalle. “Quella cella è libera.
Rimarrò con la darkrariana all’interno finché non passeranno tutti i prigionieri.
Voi due tornate alla cella di Strale e buttate giù tutte le porte.”
Arial non fiata nemmeno, sparisce tra i corridoi.
Guardo la spada, non credo possa buttare giù delle porte. Anche rubando le
chiavi a Lewis ci metterei un sacco di tempo ad aprire ogni singola cella. Ma
c’è qualcuno che sicuramente potrebbe farlo più in fretta.
“Kae.” Lei fa un cenno col capo senza distogliere lo
sguardo dalla ferita. “Il nobile ha parlato di un’ala speciale. Se mi dirigo là
e libero quella gente allarmeremo più velocemente le guardie.”
Kae sta asciugando il sudore della darkrariana con un
fazzoletto. “Sensato, se non fosse che il serraglio è dall’altra parte del
carcere.”
Mi sporgo verso l’interno del salone. “Potrei farmi
passare per un mercenario senza armatura della guardia di Fion e attraversare
inosservato, basta non farsi notare.”
Mi lancia un’occhiata strana, forse in un’altra
situazione avrebbe fatto una battuta sulla mia mancanza di discrezione.
Mi strappo la manica, la lego attorno ai capelli come
una bandana, per sicurezza mi tappo anche un occhio con il tessuto, meno vedono
della mia faccia da lontano, più è probabile che non mi riconoscano.
“Vado.” Faccio dietrofront e mi metto a correre. Lewis
avrà di sicuro anche le chiavi dell’ala speciale.
Faccio girare il mazzo di chiavi con un dito, in
questa ala ci sono poche celle occupate, alcune sono aperte, ma le serrature
sono state spaccate, Arial dev’essere già passata. Mi fermo davanti alla cella
da dove ho visto uscire la creaturina. Rimanendo in totale silenzio sento un
leggero tintinnare di catenelle e corde che sfregano contro tessuto.
Accendo la sferzatenebre. In fondo alla cella vi è un velo
blu che copre sporchi capelli scuri, una giovane dall’aspetto malaticcio scruta
con occhi vacui la stessa bambola di pezza che ho visto camminare qualche
minuto fa. Nel suo sistemare i lembi di tessuto strappato, lascia tintinnare i
numerosi pendenti attaccati addosso alla sua figura.
Mi avvicino alla sua cella pronto con le chiavi in
mano.
“È già aperta,” dice all’improvviso la giovane senza distogliere
l’attenzione dal suo costrutto.
Chiudo le dita su una delle sbarre e la tiro indietro,
la porta compie il suo arco senza intoppi.
“Allora perché sei ancora qui dentro?”
“Che io muoia qui dentro, o a Cyrrium, non importa…” Poggia
la bambola seduta contro il muro. “Questo mondo è destinato a soccombere.”
L’hanno messa dentro per eccessiva negatività? Mi
gratto la testa. “Sssi… certo. Allora sì, meglio che tu rimanga qui, ci sarà
casino nelle prossime ore fuori. Sarai al sicuro nella tua cella.” Specie se
hai così tanta voglia di vivere.
Posa la mano su qualcosa accanto alla bambola, ha una
forma irregolare, simile a un… bozzolo? La sua mano preme contro di esso, una
strana energia violacea vortica attorno alle sue dita, l’abominio appassisce.
Sposta la mano sul giocattolo e gliela posa sopra, questo trema per qualche
istante, gli occhi si accendono di rosso, punta i piedi di legno e si alza.
Ha appena dato vita al balocco togliendola a un
abominio?
Il terreno trema, si sentono urla e un’esplosione. Il
diversivo deve essere già partito e io sto perdendo tempo. “Ok, ciao! Tornerò
dopo a farti domande.”
Mi volto e corro.
[Karin Alden]
Non sta
davvero interrompendo il capitolo così vero? Lascio il libro e stringo i pugni.
Se non avessi l’intera storia in mano mi sarei alzata in cerca dell’autore immediatamente,
solo per gonfiarlo.
Il silenzio
notturno è insolito per me. Sono abituata all’ambiente frenetico del casinò,
alla calca dell’arena, al viavai continuo del pub. Totalmente l’opposto di
questa stanza priva di suono, anche la luce sopra il letto non emette nemmeno
un ronzio.
Myra tornerà
sicuramente domani mattina, sia mai che mi becchi nel pieno del sonno, potrebbe
fare qualsiasi cosa, persino mettermi un fiore tra i capelli e cercare di
convincermi di farlo regolarmente. Puah.
Poggio il
libro sul comodino e mi rimbocco le coperte. Spengo la luce.
I corridoi di questo luogo sono bui. I residenti non
si preoccupano degli abomini o non gli interessa l’incolumità dei prigionieri.
Il dialogo dei due che mi tengono sollevata per le
braccia è l’unico rumore che ci accompagna, è preoccupante non sentire voci o
lamenti di altri detenuti. Quel Fion ha parlato di
“essere disciplinata”, non mi sorprenderebbe scoprire che tutti i reclusi
subiscano punizioni se non seguono gli ordini delle guardie.
Il mercenario più vecchio dei due mi tira indietro, mi
obbliga a voltarmi. Alza il sopracciglio tagliato da una delle numerose
cicatrici che solcano il suo volto. “Siamo sicuri che non le abbiano tagliato
la lingua? Non ha fiatato neanche una volta.” Sono diventata il soggetto del
loro discorso, non che mi importi realmente, una volta dietro le sbarre si
abitueranno alla mia presenza.
L’altra guardia è più giovane, ma ha quell’espressione
di un novizio entusiasta di metter mano alle armi. “Probabilmente aspetta il
momento giusto, ha dovuto affrontare il nobile Fion,
starà recuperando le forze. O sarà ancora stordita dai glifi.”
“Eh? A me sembra che stia meglio di me.”
“Non ci vuole molto, ti sei mai visto in faccia? Ahahah.”
“A tua sorella piace questo volto vissuto.”
“Guardiana traditrice, non ricordarmelo.”
Questi due imbecilli inizieranno una rissa prima
ancora di mettermi in cella, ed è l’interazione più positiva che ho visto negli
ultimi mesi. Non che abbia avuto interazioni positive di recente. Se si
facessero beccare da un superiore potrebbero dare la colpa ai miei poteri,
anche se le stanze sono cosparse di glifi inibitori. Di leggende strane sui
poteri dei darkrariani ce ne sono innumerevoli.
“Tu che ne pensi, mostro?” Il vecchio si avvicina col
viso, guardo verso il pavimento. “Ti sembro così brutto?” Il suo alito puzza di
alcol, giro la testa schifata.
“Ha! Sei repellente anche per una come lei!” L’altro
mi strattona per il braccio e aumenta l’andatura, spalanca un portone.
La stanza è ben illuminata a differenza del resto
della prigione, ben curata, una serie di tappeti rossi ricoprono la
pavimentazione. Alzo lo sguardo, m’irrigidisco, alternati a essi vi sono una
serie di teche rettangolari di grandi dimensioni. Il loro contenuto, a prima
vista, è un esemplare di ogni creatura rara. Volanti, quadrupedi, con capacità
peculiari o semplici animali da monta. Man mano che ci addentriamo passo
velocemente in rassegna: una banshee appesa alla cima della teca a testa in
giù, un dodot dall’inusuale manto rosso che mi segue
con lo sguardo, un warax. Ricordo che Arial aveva
addestrato una di quelle lucertole crestate per irrigidirsi in modo da
diventare un’ascia.
“Eccoci qui, la tua nuova dimora, darkrariana.”
Siamo fermi di fronte a una teca larga due metri
quadrati, al suo interno vi è un’altra figura rannicchiata. Probabilmente una
mia conterranea. Uno dei due batte il pugno sulla teca.
“Ehi, darkrariana, sveglia!”
La ragazza non dà segno di aver sentito. La guardia
sbatte i pugni più forte. “Ehi, mostro, alzati!”
“Lascia perdere, è cotta.”
Il collega più giovane lo guarda in cagnesco, fa un
passo in avanti e preme una mattonella delle poche lasciate scoperte dal
tappeto. La teca sfarfalla per qualche istante e poi scompare. Lui prende in
spalla la prigioniera e si allontana. Una punta metallica fredda mi preme sulla
schiena. “Dentro.”
Faccio quei due passi necessari per entrare nell’area
delimitata in precedenza dalla teca. A breve mi troverò sotto vetro come tutte
le creature in questa stanza, inspiro l’ultima boccata di “libertà”.
La superficie che si forma attorno a me è opaca, le
due figure delle guardie sono diventate macchie sfuocate. Così si assicurano
che non possa ricordare i volti di chi viene ad “ammirare” questa collezione.
Perché tirate le somme, il contrasto tra questa stanza e il resto della tenuta
è evidente: questo è il museo personale di Fion.
Psicopatico.
“Bene darkrariana.” Le voci
sono ben distinguibili invece, il che è strano considerando la struttura
chiusa. “Usa i tuoi poteri.”
Questo luogo sarà pieno di glifi, sono quasi certa di non
poter usare il dono di Erlathan nemmeno volendo. “Mi
rifiuto.”
Uno dei due si avvicina alla teca. “Fallo o useremo le
maniere forti.”
“Mi. Rifiuto.”
La guardia ringhia, fa un altro passo, sento uno
scatto. Una corrente d’aria calda mi avvolge, la temperatura si sta alzando
rapidamente in maniera innaturale. Manipolatore di iuxx?
Non credo, quelle mattonelle devono far parte di un meccanismo. Inspiro, l’aria
è molto calda, gocce di sudore scorrono sul mio viso, ho le vertigini. Divarico
le gambe e chiudo gli occhi secchi. Questo per loro sarebbe il modo per
“disciplinare”?
Crollo in ginocchio, respirare mi fa bruciare i
polmoni. Premo le mani contro la teca gelida. Com’è possibile? Mi appoggio ad
essa con la fronte ma non basta a darmi sollievo. Scivolo contro il vetro.
Hanno un sistema per interferire con le mie percezioni? Mi guardo il braccio,
non vi è segno di bruciature o vesciche.
A cosa serve una tortura del genere?
Acqua gelida mi scrocia nelle orecchie, mi metto a
sedere di colpo. Sono fradicia, il gelo mi è entrato fino alle ossa. Mi stringo
le spalle.
“Non siete così tosti come decantate eh?” Di nuovo la
voce del tizio con le cicatrici.
Le figure oltre la teca sono numerose, abbastanza da
sembrare un’unica distesa opaca oltre il vetro. Guardarle mi provoca fitte alle
tempie, la testa sembra voler scoppiare. Punto le mani a terra, le gambe non
vogliono saperne di muoversi, un paio di dita metalliche battono contro la
teca, sussulto tanto è forte il suono nelle mie orecchie.
“Allora, il sonnellino ti ha rinfrescato le idee?” La
stessa voce, è la guardia di prima. “Qui vogliono assistere tutti allo
spettacolo sai? Usa quei poteri, ora.”
Alzo lo sguardo, cerco di capire quale parte di quella
macchia offuscata sia la testa del mio interlocutore, la fisso. “Mi rifiuto.”
Sento nuovamente lo scatto. L’aria diventa rovente, le
fitte mi attraversano la testa, sopprimo a fatica il conato di vomito che sale
per la nausea. Ne ho abbastanza. Vogliono vedere i poteri dei loksh di Erlathan. Darò loro
quello che vogliono.
La fiamma che mi scalda il petto è ben diversa dal
calore aggressivo della loro tortura. La vista torna nitida, la cenere rovente
si distacca dal mio corpo come se ne facesse parte. Per la prima volta da
quando sono in questa gabbia riesco a respirare propriamente. Mi tiro su. Li
spaventerò per fargli spegnere quel dispositivo. Un fischio mi assorda, la
debolezza mi coglie di nuovo, la fiamma del mio potere si spegne mentre picchio
le ginocchia a terra. Il calore mi arroventa la pelle, e serra la mia gola. Porto
una mano al collo, ma non c’è nulla ad impedirmi di respirare.
Le risate dei presenti mi assordano, è come se ogni
suono fosse amplificato in mezzo a quel fischio. Ho dimenticato la presenza dei
glifi inibitori.
“Come ci si sente a essere impotenti, stronza?”
Tutto quello che volevano era prendersi gioco di me,
dovevo aspettarmelo. Il lato positivo è che non ho realmente causato danni a
nessuno, anche se avrei voluto. Questa gente sarebbe moralmente migliore delle
persone con cui condivido il sangue? Siete spregevoli quanto loro.
Tengo la testa appoggiata contro il vetro fresco, un
minimo sollievo dopo aver passato buona parte della notte a essere denigrata da
quella gente. Non devo chiudere gli occhi, c’è ancora una figura in fondo alla
stanza. Potrebbe lanciarmi un’altra secchiata d’acqua gelida se mi vedesse
priva di sensi.
Vorrei dormire.
La figura si avvicina, mi distacco dalla superficie
per mostrargli che sono sveglia.
“Hai sete?”
Non sono sicura che mi stia prendendo in giro, la
sagoma che distinguo è più piccola rispetto a quella delle guardie, è una voce
che ho già sentito… Per esclusione credo sia il giovane col fucile che era
sulla carrozza.
Deglutisco a fatica, ho la gola secca, ma non voglio
rischiare di essere avvelenata. Scuoto la testa.
“Eh… capisco l’orgoglio, ma non credo che voi darkrariani funzionate diversamente da un essere umano.”
Uno scatto. Sta attivando il meccanismo solo perché mi sono rifiutata di bere?
Un braccio passa attraverso la teca, poggia un bicchiere d’acqua a pochi
centimetri da me e si allontana.
Forse avrei potuto tentare la fuga in quell’istante,
ma a che scopo? Sono priva di forze e nel cuore di un luogo disseminato di
glifi inibitori. Inoltre sembrano presenti numerose zone tenute volontariamente
al buio, oltre alle guardie dovrei preoccuparmi degli abomini.
“Posso chiederti una cosa?”
Il ragazzo non si è allontanato, persistente. Alzo lo
sguardo in sua direzione. La sua figura si sposta un paio di volte, forse si è
messo seduto davanti alla teca. “Perché non hai opposto resistenza?”
“Vent’anni fa non avevo nemmeno i denti da latte, e
invece ci trattate come se avessimo combattuto tutti in quella guerra.” Abbasso
lo sguardo sul bicchiere, ho la gola in fiamme. “Il mio unico peccato è il mio
retaggio, discendenza di cui non ho colpa. Non mi farò passare per il mostro
che non sono.”
“È difficile credere a gente della vostra… specie.”
Per un istante ho pensato fossi meglio degli altri.
Invece sei razzista come tutti. “Allora perché cerchi di parlare con me?”
La figura alza le spalle. “Sei diversa da loro. O
almeno, sei la prima che non tenta di strapparmi la faccia.”
Sono la prima che si è arresa contro tre persone che
mi hanno assalita senza che facessi nulla. Abbasso lo sguardo.
Il giovane sospira seccato, si alza. “Anche le persone
normali diventano mostri qui. Mi chiedo per quanto riuscirai a mantenere questo
atteggiamento.”
La macchia si allontana sempre di più fino a sparire.
Forse posso concedermi di chiudere gli occhi.
La secchiata gelida arriva come previsto, mi strappa
un sussulto inorridito. Risate attorno a me, le figure oscurano la teca. Mi
sono addormentata per troppo tempo.
Il vetro torna trasparente, vedo di nuovo le facce dei
miei aguzzini. Lo sfregiato pianta una mano sulla teca, il suo ghigno deforma
il volto solcato da cicatrici.
“Allora marmocchia, te la stai prendendo comoda con la
tua vendetta. Il posto è di tuo gradimento?”
Il posto sarà quello in cui dovrò giacere fino alla
mia dipartita, per pagare un crimine che non ho commesso, non ha senso lamentarsi,
voi esseri meschini godreste maggiormente. Mi guardo intorno, molte delle
creature chiuse nelle altre teche girano nel poco spazio a disposizione
infastidite. Loro dovrebbero essere libere al posto di questi animali.
“Ragazzi, oggi tocca a me stare ai fornelli!” Una
guardia entra dalla porta, è quella dall’aria giovane, la stessa armatura
sembra compensare la stazza mancante rispetto agli altri. Su uno degli
spallacci cade un sassolino dall’alto. Seguo la traiettoria.
Diversi metri al di sopra della porta vedo il glifo
inibitore inciso su una delle pietre che costituiscono la parete, lo avranno
messo così in alto per impedire che fosse danneggiato. Una piccola figura si è
arrampicata fino a esso, sembra una bambolina di pezza, le grandi mani in legno
hanno dita staccate dai palmi e grattano sul glifo come per cercare di
cancellarlo.
“Che cazzo è?!”
La creatura si ferma come se avesse capito che il
commento era riferito a lei. Si volta, i grandi cerchi rossi che ha per occhi
ci scrutano per qualche istante, poi volta nuovamente la testa e riprende a
grattare la pietra.
“Prendete un arco e buttate giù quell’affare prima
che-”
La bambola pianta le dita nei solchi e tira, la pietra
si stacca e precipita assieme a essa, la guardia all’ingresso si sposta appena
in tempo per non essere abbattuta. Peccato.
C’è un attimo di silenzio, tutti si voltano verso di
me. Entrambi abbiamo capito che la situazione è drasticamente cambiata. La
fiamma nel mio petto si scalda, afferro il bicchiere d’acqua e lo bevo in un
sorso mentre mi alzo, mi provoca delle fitte alla gola tanto era secca. Il mio debole
riflesso nel vetro sfoggia le corna da loskh, alzo le
mani e le stringo, piccoli frammenti di energia rossa si distaccano da esse
come cenere. Allargo le braccia, la teca s’infrange sotto i pugni, le guardie
estraggono le spade.
Ghigno per sembrare minacciosa, apro le mani e genero
delle fiamme su di esse. "Volevate vedere il mostro? Vi accontenterò!"
Mi limiterò a spaventarli… forse acciaccarli.
Sfregiato sferra un affondo, afferro con la mano la
lama, ruoto il polso, il metallo cigola e si spezza. La sua espressione
rabbiosa diventa spaventata, gli sorrido di rimando, con una manata sul petto
lo spedisco fuori dalla stanza, travolgendo quello all’entrata. Via di fuga
libera, e mi sono tolta uno sfizio.
Altri quattro uomini si lanciano alla carica, piego le
dita delle mani, le fiamme avvolgono i miei arti, scaglio due sfere di fuoco
tra loro, l’esplosione si espande violenta, colpisce i cavalieri e li scaglia
contro le pareti.
Da dietro una delle teche esce un’altra guardia, la
spada che ha in mano è diversa dalle altre, percepisco una forte energia
provenire da essa. L’uomo sferra un fendente che traccia una mezzaluna di luce
che si dirige rapida verso di me. Ruoto il busto e faccio un passo laterale,
l’attacco mi scuote la frangia mentre passa oltre. Il muro alle mie spalle
esplode.
Quell’alwe è
pericoloso.
Stendo il braccio in avanti, scaglio una piccola sfera
di fiamme gialle e la scaglio in avanti, l’esplosione che segue sbalza via la
guardia e il suo Alwe.
Mi guardo intorno. Non saprei dire se gli altri sono
fuggiti o se hanno sfruttato i piedistalli di alcune teche per nascondersi.
Sono ancora vivi. Dagli la caccia.
Fagliela pagare…
Scuoto la testa, la mia priorità è fuggire al momento.
Molto probabilmente appena fuori da questa stanza i glifi inibitori nelle altre
potrebbero interferire con il dono di Erlathan.
Tuttavia…
Alzo lo sguardo. Il soffitto è parecchio alto,
potrebbe esserci al massimo un’altra stanza al di sopra prima del tetto. Se
riuscissi a darmi sufficiente spinta da superare l’ipotetica stanza superiore e
raggiungere l’esterno potrei mantenere i miei poteri intatti. Nel caso
peggiore, potrei trovarmi in aria senza freni per l’atterraggio. Vale comunque
la pena tentare, arriveranno sicuramente rinforzi da un momento all’altro.
Stringo nuovamente le dita, le fiamme nelle mani vorticano diventando sempre
più calde, dal rosso passano nuovamente al giallo.
Prima di tutto devo farmi strada.
Stendo le braccia verso l’alto, sprigiono la fiammata
con entrambe le mani, i detriti che sfondano la pavimentazione superiore
vengono sciolti dal calore prima ancora che possano cadere a terra.
Barcollo leggermente. Usare il dono in questo stato
mi costa comunque uno sforzo notevole.
Alzo la testa, incanalo più ossigeno possibile. Mi
concedo questo breve momento per osservare nuovamente il cielo dall’apertura
che ho creato.
[Karin Alden]
A capitolo
concluso abbasso di scatto il libro. Nessuna risatina idiota, nessun segno di
roba da mondi fantastici. Myra non è arrivata, strano.
Rilasso le
spalle. Non vedo l’ora di rimettermi al lavoro. Gli altri avranno fatto di
tutto. Chissà se mi hanno lasciato la lattina da spaccare per vendicarmi.
La porta
della stanza si apre. Con mia sorpresa non è Myra a entrare, ma Suzuna.
“Buongiorno
Karin.” La marmocchia si avvicina tirandosi dietro la sua immancabile valigia.
C’è così tanta roba di vario genere là dentro che non mi sorprenderebbe
scoprire che ci tiene anche una cura contro le malattie terminali. Suzuna si mette sulla sedia accanto al letto, poggia le
mani sulle gambe. “Hai scoperto qualcosa dalle tue indagini letterarie?”
Parla come
mangi, hai dodici anni, non sputarmi vocabolari addosso. “Che nei fantasy non c’è
un maschio decente?”
La nanetottola china appena la testa di lato, allarga la bocca
a disagio. “Questo non ci è molto d’aiuto.”
“Allora
leggilo tu. Il fantasy è per bambini no?” Ipocrita da una che si è trovata in
un altro mondo. Non sembra dare peso alle mie parole.
“In verità,”
Suzuna caccia una mano nella giacca, tira fuori un
orologio da taschino. “I motivi per cui sei stata consigliata per questo
incarico dalla sottoscritta sono molteplici, al di fuori della mia serrata
agenda: una buona lettura periodica migliora le competenze linguistiche ed
empatiche, inoltre riduce lo stress e stimola il pensiero e la riflessione.
Ritengo che tu possa allenare altre parti del tuo corpo al di fuori dei muscoli
in questo periodo di riposo. E di certo un arricchimento del tuo bagaglio
culturale non farà che giovarti in futuro-”
Premo le
mani sugli occhi. Mi fa male la testa. “Smetti di parlare, ti imploro. Ho
capito, continuo.” Come fa a mettere tante parole in fila?
“Eccellente.”
Suzuna apre l’orologio, lo fissa spalancando gli
occhi. “Oh, il tempo a mia disposizione è scaduto.” Ricaccia l’orologio nel
taschino e salta giù dalla sedia, mette nuovamente mano alla valigia. “Pazienta
ancora qualche giorno e verrai dimessa.”
Guardiana,
grazie che l’hai fatta smettere. Le rotelle della valigia sono musica per le
mie orecchie. Il dizionario vivente si ferma sulla soglia.
“Karin.” Si
volta verso di me.
Oh no. Non
ricominciare.
“Ho affidato
a te questo incarico perché credo che tu possa farcela. Crediamo in te.”
Distolgo lo
sguardo, fisso verso la finestra. Io sono più una che agisce più che
riflettere, non sono un cervellone.
“Con
permesso.”
La porta si
chiude con uno scatto leggero.
Abbasso lo
sguardo sulla copertina del libro. Insistono così tanto a rendermi più della
teppista che ero prima di incontrarli. Non dovrebbe importargliene nulla della
forza lavoro, non gli serve che una solo brava a menare sappia capire la trama
di un libro. Non riesco a capire i miei capi.
Riapro il
libro. Se è arrivata Suzuna, nessun’altro del Gamble
apparirà per un po’. Ed è l’unica cosa che posso fare per loro al momento.
(Note: Capitolo ripubblicato perché l’editor
di EFP fa i capricci. Applicate solo modifiche minori)
[Kae]
Socchiudo
la porta della cella alle mie spalle, appoggio la darkrariana
seduta contro la parete. Fatica a mantenere gli occhi aperti, è fredda, muove
appena il petto per respirare. Al ferale, devo trovare quella mistura il prima
possibile. La lascio qui e mi muovo da sola: se ci sono così tanti evasi non si
preoccuperanno di una detenuta traslocata.
Apro
la cella, uno scoppio fa tremare le fondamenta dell’edificio, mi aggrappo alle
sbarre per non cadere. Strale deve aver raggiunto il serraglio. Stacco la sferzatenebre dalla cintura e la lascio accanto alla
ragazza. “Resisti, torno subito.”
Mi
alzo ed entro nel salone di corsa. “È in corso un’evasione di massa!”
Ignoro
le balestre che mi sono state puntate contro dai mercenari e corro verso
l’altro lato della stanza, il vociare proveniente alle mie spalle annuncia
l’arrivo dei detenuti liberati da Arial e Strale. A giudicare dal clangore,
sono passati per l’armeria in qualche modo. Meglio, terranno occupati per più
tempo gli scagnozzi di Fion.
Fortunatamente
il maniero di Lastgard è rimasto invariato negli
anni. Se hanno mantenuto anche i laboratori per i voltici delle misture nello
stesso punto, li troverò a breve. Se non trovo nulla che possa aiutarmi lì,
punterò direttamente al serraglio.
Non
solo era il magazzino, ma è possibile che Fion sia in
possesso di qualche creatura con capacità curative o una qualche sua parte sia
ingrediente importante per una mistura di guarigione.
Spalanco
la porta con la spalla. La luce della sferzatenebre
appesa al soffitto sfarfalla. Scatole ribaltate, sostanze schiumose sparse sul
pavimento. Mi addentro nella stanza prestando attenzione a non mettere i piedi
sopra alle pozze sinistre, con un salto raggiungo l’unica scatola rimasta
dritta.
Stringo
la presa su una delle assi, i guanti scintillano, la lancio alle mie spalle con
uno strappo secco, un odore pungente metallico mi pizzica le narici. Mi sposto
dalla luce per vedere meglio l’interno: boccette da mezzo litro piene di
liquido scarlatto, scartoffie, qualche amuleto sospetto. Nessuna mistura di
guarigione.
Prendo
un paio di quei fogli e uno degli amuleti, risolta questa storia li controllerò
meglio; sembra qualcosa per cui potrebbero mettere dentro il nobilotto e gettare via la chiave.
Sposto
la scatola e apro quella sotto, il contenuto è identico. Per quanto
interessante ficcare il naso negli affari di Fion,
non è la mia priorità al momento, mi serve quella mistura. Mi guardo intorno,
mi abbasso sotto il tavolo nella speranza che qualche boccetta sia rotolata lì.
Incrocio un paio di occhi rossi brillanti, una bambolina coperta da stracci e
corda tiene tra le mani uno di quegli amuleti. Emette un verso raschiato e
scatta verso la porta. Quello era un costrutto di fortuna, che ci sia un voltico tra i prigionieri?
Lascio
la stanza di corsa. La prossima meta è il serraglio. Mentre corro tendo
l’orecchio, gli scontri rimbombano per tutto l’edificio, spero che il mio
diversivo non mi si ritorca contro.
[Strale Khanterz]
Apro
le porte del serraglio. Davanti mi si presenta una stanza stravolta: diversi
dei piedistalli ribaltati, corpi disseminati come in un campo di battaglia,
scatole rovesciate a terra. Mi avvicino a una delle guardie e le metto una mano
sotto le narici, l’aria mi passa tra le dita, respira. Buon per lui, ora dove
si trova chi ha steso così tanta gente in una volta? Voglio affrontarlo.
Una
brezza scende dal soffitto. Alzo la testa, cenere incandescente cade dolcemente
dalla voragine che mostra il cielo buio. La darkrariana
è diventata loksh. Ora si che si inizia a ragionare.
Senza
perdere altro tempo mi dirigo verso l’entrata della stanza, le porte si
spalancano prima che possa toccarle. Clark sbarra gli occhi e mi punta l’arma
contro. Mi abbasso, lo scoppio mi fa fischiare le orecchie.
Clark
alza il fucile. “Ma sei cretino!?”
Mi
tiro su. “Dovrei dirlo io a te che entri in una stanza e non guardi a chi
spari!” Lo sposto col braccio e lo oltrepasso. “Non posso fermarmi, ho una darkrariana da combattere io!” Riprendo la mia corsa,
raggiungo le scale e salgo gli scalini due a due.
“Sai
di non avere possibilità da solo vero?”
Ah,
sì. Non crede che possa farcela, ora si che mi sento motivato. “Seguimi, così
vedi quanto ti sbagli!”
Non
parla finché non raggiungo la cima della scala. “Almeno usa un’arma vera.”
Mi
volto, è ancora all’inizio della rampa. Agito il tubo di ferro con il
chiavistello ancora attaccato. “Eh, mi sono affezionato. E poi fa più figo se
vinci con un’arma non arma, inoltre ho la spada di Lewis, proprio qui.”
Picchietto il dito contro l’arma.
“No,
non è figo, è stupido! Prendi quella spada in mano. Già che l’hai rubata.
Volevo dire, presa in prestito. Presa in prestito, sì…” Clark tossicchia, si
sistema il cappello. “Dammi il tempo di accertarmi delle condizioni delle
persone qui sotto e ti raggiungo.”
“Cosa
ti dice che non avrò finito con lei mentre perdi tempo?”
“Più
facile il contrario.” Clark si distacca dalla scalinata e torna verso il
serraglio.
La
sala principale è un campo di battaglia. Sono tentato di inserirmi tra la
mischia, ma una rissa posso farla tutti i giorni, un combattimento con una
rappresentante del terrore del passato è un’occasione più ghiotta. Raggiungo
con uno scatto l’ingresso della prigione e spalanco le porte.
La
brezza marina trasporta l’odore di salsedine, la scia di sferzatenebre
che illumina l’unica strada conduce al porto, unica altra struttura dell’isola.
Se non è già scappata, si sarà sicuramente fermata lì. Vorrei avere un modo per
raggiungere la spiaggia più in fretta.
“Nagh!”
Drizzo
le orecchie. Quel verso stupido lo riconoscerei ovunque. Mi volto di lato. Il
manto della creatura bipede è un insolito rosso. Batte la zampa contro il
terreno e lo spazza con la coda folta. Mi avvicino. “Vuoi darmi un passaggio,
bello?”
Il
dodot mi lecca la faccia, la guancia mi si congela,
ci sfrego la mano sopra, i cristallini di saliva rimasti attaccati alla pelle
si staccano e cadono a terra. “Lo prendo come un sì.” Ci giro attorno e gli
salto in groppa. “Andiamo!”
Stringo
la pelliccia attorno al collo per tenermi. Non si muove. Mi sporgo. “Ehi.” Il dodot si volta con i suoi grandi occhi azzurri, caccia
fuori la lingua dello stesso colore, una goccia di saliva gli cade e si congela
a terra.
“Partiamo?”
“Nagh.”
Non
mi capisce. Proviamo a parlare la sua lingua. Inspiro a pieni polmoni. “NAGH!”
“Naaagh!” L’animale si volta e si mette a correre. Le sferzatenebre nella strada schizzano veloci a lato.
Dopo
aver lasciato libero il dodot estraggo la spada
trafugata dall’armeria e spalanco la porta del magazzino portuale.
“So
che sei qui, è l’unico posto in cui potevi nasconderti!” Ruoto il polso con la
spada un paio di volte per saggiarne il peso. Non ci sono molte casse
abbastanza grandi per nascondersi dietro o dentro. Non si sta muovendo, sento
solo i miei passi nella stanza, è solo questione di tempo prima che la trovi.
Una
mela rotola al centro di uno dei corridoi, deve trovarsi lì. Svolto l’angolo a
spada tratta, è in ginocchio davanti ad una cassa di frutta con alcune assi
divelte, non sembra essersi accorta di me.
Lo
scrocchio della mela riempie il silenzio. “Ferale.”
La
darkrariana si volta di scatto, braccio puntato verso
di me, una fiammella sfarfalla sul suo palmo, l’altra mano tiene stretta il
torsolo di una mela.
Appoggio
la punta della spada a terra e piazzo le braccia sull’elsa. “Prego, non ti
disturbo ancora.”
I
suoi occhi spalancati sono rossi. E brillano. Come la loro pelle candida e
luminosa. Questa gente è una tribù di sferzatenebre
viventi. Non mi sorprende che l’abbiano trovata.
La
darkrariana lascia cadere il torsolo e allunga la
mano a tentoni sulla frutta, credo stia cercando di riconoscere un frutto
specifico. Il tutto senza smettere di puntarmi o guardarmi.
“Se
vuoi un’altra mela devi spostarti a destra. Non la tua, la mia.”
Lei
si gira, mette la mano sul frutto e si volta immediatamente. “Grazie.”
Mi
gratto la testa. Non sono sicuro che sia la stessa darkrariana
che ho incontrato nei giorni precedenti. È quasi amichevole. A meno che non
fosse la fame a renderla nervosa. “Da quanto non mangiavi?”
“Quasi
due settimane.” Risponde per poi affondare i denti sul frutto.
Sapevo
che dovevo arrivare prima con la carne, altro che frammentatori.
Ora non avrebbe senso batterla perché sarebbe debilitata per la fame, non
voglio vantaggi del genere. Un momento.
“…Ti
abbiamo lasciato le nostre provviste quella volta.”
La
darkrariana ruota la mela. Inspira. “Non le ho
mangiate. Potevano essere avvelenate. Sono diventata paranoica, vi basta?”
Le
danno la caccia da un po’ probabilmente. Vero. “Quindi… considerando che non
sei l’unica darkrariana in giro, e probabilmente non
ti piace essere chiamata così tutto il tempo… Hai un nome?”
Si
strozza con il succo, tossisce un paio di volte, lascia il frutto e si batte il
pugno sul petto. L’altra mano continua a puntarmi. “Non vedo l’utilità nel
dirvelo.”
Voglio
sapere il nome di chi sconfiggerò, in futuro. “Strale. Il mio nome è Strale.”
Lei
sbatte le palpebre, scuote appena la testa. “Non vedo l’utilità nel dirmelo.”
Scrollo
le spalle. “Potresti aver bisogno di aiuto in quanto fuggitiva, avrai dei
contatti. Hai un nome almeno?”
Sbuffa.
“Non ho bisogno dell’aiuto di nessuno. Tantomeno di un ragazzetto infantile in
cerca di una morte dolorosa.”
“Dici?
Tutti hanno bisogno di qualcuno. Sono un’attaccabrighe ma senza armatura sarei
morto da parecchio.” Tiro il colletto, il dito sfrega contro una delle mie
cicatrici che metto in mostra. “Questa me la sono fatta a sedici anni, mi hanno
aizzato contro un behar durante una serata di gala.
Da quel giorno mi sono sempre assicurato di avere qualche placca addosso.”
“…Quindi
puzzate anche in circostanze normali?”
Stavo
per mostrarle il taglio sul braccio che mi sono procurato la settimana scorsa,
ma ha preferito darmi una stilettata in pieno petto. Quasi quasi la affronto lo
stesso. “Io non puzzo.”
“Emettete
fragranze intossicanti.”
“Non
vedo l’utilità nel dirmelo.”
La
darkrariana ritrae la testa, piccata. “Non usate le
mie parole contro-!” Scuote la testa. Afferra una manciata di bacche da una
cassetta e se le caccia in bocca. Assottiglia gli occhi come se volesse
fulminarmi. Chissà se può farlo. “Lasciatemi mangiare in pace.”
Sento
artigli che grattano, il suono ci mette in allerta. Mi alzo e impugno la spada,
i frammenti di cenere incandescente che girano attorno alla darkrariana
vorticano rapidi.
Dalla
cima della cassa si allunga una mano tozza di legno con le dita staccate dal
dorso, poi un’altra, infine una testolina nera con due grandi occhi rosso
brillante spunta in mezzo ad esse. Ci fissiamo qualche istante. Ma è la
bambolina di pezza che avevo visto in cella!
La
indico. “TU!”
La
bambolina si tira su, ha un oggetto strano tra le mani. Lo punta in nostra
direzione. La cenere smette di vorticare. La darkrariana
si volta verso di me, lascia cadere il frutto che aveva in mano, crea una sfera
infuocata su entrambe le mani.
“Ehhh, darkrariana?”
La
bambola si appoggia con il braccio all’aggeggio che ha in mano, la gemma rosa
su di esso emana un’aura sinistra, incrocia le gambe e agita le dita come per
salutarmi.
La
ragazza mi placca, sbatto contro il muro ma lei continua a spingermi finché il
legno non cede. Rotolo qualche metro, quando mi fermo ho una visuale perfetta
del carcere. E della bambola a cavallo del dodot
rosso che corre in quella direzione. Mi ha pure fregato il passaggio, bastardo.
Ma da un lato dovrei ringraziarlo, ha convinto la darkrariana
ad affrontarmi, la Guardiana solo sa come.
Mi
rialzo in piedi, spada in pugno, guardo verso l’alto: la darkrariana
ha un paio d’ali dietro la schiena e mi fissa vacua con i suoi occhi rosa. Gli
sono cambiati?
Ruoto
il braccio armato. “Era dalla prima volta che ci siamo visti che volevo farlo.
Ti sei convinta?”
La
darkrariana si volta verso la prigione, sbatte le ali
e scatta in direzione della struttura.
“…Oh
andiamo!” Rinfodero l’arma e mi metto a correre.
[Karin Alden]
Cosa dovrei capire da quello che ho
letto? Cosa sto cercando esattamente? Mi mancano dei punti. O li ho
dimenticati. Possibile? Non posso fare altro in questo posto e mi scordo
l’unica cosa che sto facendo! Lamentarsi non serve a un cazzo. Sento una risatina
al di fuori dalla porta.
È là dietro la bastarda. “MYRA!”
Una testa spunta dalla porta, una
ragazzina con una coda laterale e un copricapo con una croce sopra. Avvicina il
dito alle labbra. “C’è gente che cerca di riposare, abbassa la voce o usa il
tasto apposito per chiamare qualcuno.”
Tossicchio appena, vero, siamo in un
dannatissimo ospedale. Come l’ho scordato? Tutta questa lettura non mi fa
ragionare come si deve. Faccio un cenno con il capo. L’infermiera esce dal mio
campo visivo, poco dopo l’elfa stronza si affaccia.
“Ti mancavo così tanto?”
Sto per tirarle il libro in faccia.
“Entra e no, non mi mancavi così tanto.”
L’elfa si avvicina con un sorrisetto. “Tsundere.”
“Porta quel culo su questa sedia. E
dimmi cosa ancora devo cercare.”
Myra si siede poggiando le mani sul
grembo. “A che capitolo sei?”
“…Ottavo?”
“Ahhh
ancora troppo presto allora. Devi comprendere prima l’ambientazione.”
Storco il naso, mi sta facendo
perdere tempo di sicuro. “Stronzate.”
Gonfia una guancia scocciata. Qui
quella che si è rotta di non sapere che devo fare sono io. “Ok, sì. Ma vogliamo
evitare di influenzarti, e sono sicura che farti leggere di Strale ti farà
capire cose di te stessa.”
“…Cosa dovrei capire di me stessa?”
Non starà insinuando…
“Dimmi tu, Strale.” Dice alzandosi e
correndo verso la porta.
Alzo il libro e glielo scaglio
contro. Il tomo sbatte contro lo stipite. “NON PARAGONARMI A QUEL COGLIONE!”
Raggiunto il serraglio mi aspettavo di vedere lo zoo
personale di Fion, non necessariamente con solo animali: un disastro solo dal
punto di vista morale. Non mi aspettavo che l’intera stanza venisse utilizzata
come un ospedale da campo.
Clark trascina da una parte all’altra della stanza
mercenari svenuti, posizionandoli in file ordinate. Getto un’occhiata verso una
montagna di casse simile a quella trovata nei laboratori. Sembra identica, il
contenuto lo sarà di certo.
Mi avvicino a Clark. “Cos’è successo?”
“Il glifo inibitore è saltato, la darkrariana ha avuto
campo libero per fare casino.” Clark preme con un panno le ferite di una delle
guardie. “Se non l’avessero torturata-”
Lo prendo per le spalle e lo faccio girare. “Cosa?”
“Vai a controllare quegli affari.” Fa un cenno con la
testa verso uno dei piedistalli ribaltati.
Lo lascio andare e mi avvicino a una delle strutture.
Ci sono un paio di mattonelle con simboli diversi, hanno l’aria di un
meccanismo, una di queste ha un simbolo a forma di fiamma. “…Che stronzi.” Mi
volto verso Clark. “E tu lo sapevi!”
“Anche quello che era vice prima di me, e Fion l’ha
fatto sparire,” risponde a denti stretti.
Stringo i pugni. Quel figlio di una larva! Fa tutto
ciò che gli aggrada solo per il suo prestigio!
“Testimonieresti contro di lui una volta risolta la
ques-”
Un boato scuote la struttura fino alle fondamenta, mi accovaccio
per non cadere.
Clark annoda un fazzoletto al braccio insanguinato del
mercenario. “L’ha fatta arrabbiare sul serio.”
“Chi?”
“La suddita del Ferale, chi altro?”
“Dimmi che Strale non è andato da lei.”
“Io non te lo dico.”
Dannazione.
Mi alzo ed esco di fretta.
Il calore soffocante delle fiamme mi accolgono appena
raggiunta l’uscita. La darkrariana tiene le braccia verso l’alto, regge una
copia della sfera di iuxx in cima alla Nimbus. Temo che potrebbe affondare
l’isola con così tanta energia. Non doveva essere provata?
La giovane abbassa le braccia, la palla di fuoco
scende rapida. Lastgard sta per essere cancellata dalla storia e dagli atlanti,
e tanti saluti al mio piano di salvare entrambe le darkrariane. Potrei non
avere scelta.
Una scia bianca mi passa davanti, l’ascia alzata e ben
stretta tra le mani s’illumina. Arial scaglia il fendente, l’energia
iridescente dell’arma si stacca da essa come una falce e colpisce la sfera.
L’esplosione successiva rilascia altre sfere più piccole che si schiantano
ovunque. Stringo i pugni e incrocio le braccia davanti al volto, le scintille
si sollevano dai guanti e formano una barriera. Uno dei bolidi ci si schianta
sopra, arretro di un passo per non finire a terra.
Arial abbassa l’arma, gonfia i polmoni.
“Akuro!”
Quando aveva detto che una darkrariana era stata
imprigionata e voleva liberarla pensavo parlasse di quella che ho trovato
morente, non di quella che sta per distruggere l’isola.
Arial pianta l’ascia per terra, mette le mani a cono
davanti alla bocca. “Akuro!”
La darkrariana abbassa lo sguardo verso di noi. Non la
ricordavo con gli occhi rosa, qualcosa non quadra. Spalanca le ali e si piega
in avanti, scende in picchiata verso Arial che ha estratto l’ascia da terra e
l’ha messa davanti a sé a protezione. L’impatto genera un boato, i suoi stivali
affondano di qualche centimetro nel terreno, lei però tiene testa alla bestia
che preme con entrambe le braccia sulla sua arma, le ringhia in faccia.
Per lo meno riesce a reggerla. Chi è questa donna di
preciso?
“Che ti prende, questa non sei tu!”
Akuro spalanca la bocca, un soffio infuocato investe
il viso di Arial. Spero che la sua armatura sia un Alwe. Non sta crollando a
terra, suppongo di sì.
“Tienila a terra, sto arrivando!” Corro verso
l’entrata dell’edificio. Avranno un rimedio per questi casi.
La porta si apre, una canna di fucile esce e fa fuoco.
Mi sposto con la testa appena in tempo, il proiettile fischia accanto al mio
orecchio e mi passa attraverso i capelli, slitto il piede per avere appoggio
più saldo. Riconosco il cappello a cilindro. “Clark!”
“Tu e Strale avete un tempismo spaventoso con le
porte.”
E io ho dei riflessi buoni o avrei incontrato la
Guardiana. “Conosci procedure di contenimento in caso di fuga di detenuti
pericolosi?”
Clark deglutisce, lo sguardo alle mie spalle. Emette
un gemito strozzato. “Non così pericolosi.”
“Tutto bene?”
“No. Vedo una statua che ferma una darkrariana
furiosa.”
Gonfio una guancia. È comunque una ragazza, non penso
le piacerebbe essere associata ad un blocco di marmo. “Dimmi quali sono le tue
capacità, dobbiamo capire come fermarla.”
“Immagino senza ucciderla.”
“Rigorosamente senza ucciderla.”
Un clangore mi fa voltare. Arial sta ansimando, ascia
rivolta verso il basso. Akuro si rialza in fretta qualche metro più in là, due
zanne fanno bella vista in mezzo ai suoi denti serrati, la postura arcuata in
avanti. Cenere incandescente le rotea attorno.
“So applicare la legge, non utile contro chi non è
interessato seguirla, trovare un latitante, ma lei non si sta nascondendo
affatto… L’importante è che so sparare. Posso mirare in punti non vitali.”
Mi gratto la testa. Almeno può dare supporto a
distanza, è qualcosa.
“Naaagh!”
Un dodot dal peculiare manto rosso si dirige verso di
noi, in groppa ha la bambolina che ho visto in precedenza. Alle spalle sento una
voce familiare.
“FERMATI!” Strale sta inseguendo l’animale con la mano
pronta sull’elsa della spada rubata a Lewis. Ha buttato il tubo, grazie alla
Guardiana.
L’animale non accenna a rallentare la corsa, abbassa
la testa caricandomi. Mi scanso di lato per non essere travolta. Lui procede e
apre con una testata la porta. La bambolina alza una mano dal pelo dell’animale
e fa il dito medio.
Sbatto le palpebre. Sono appena stata insultata da un
costrutto? Scuoto la testa, non è il momento di pensare all’educazione di
quella creatura. Mi ripiazzo davanti alla porta e alzo le mani. “Alt!”
Strale frena con gli stivali, stringe la presa sulla
spada. “S-sì?”
Stava facendo qualcosa che gli ho proibito di fare
probabilmente. O che sa che non voglio che faccia. E potrebbe essere la causa
della rabbia della darkrariana. “Cosa è successo?”
Strale alza le spalle. “Un momento prima si strafogava
di frutta, poi la bambolina le ha fatto vedere qualcosa e si è arrabbiata come
una bestia. Volevo vedere cosa fosse, potrebbe servirmene uno per convincere
altri darkrariani a combattere con me.”
Strale ha ottime idee per pessimi obiettivi. “Sicuro
di non aver detto nulla che potesse offenderla?”
Si gratta la testa. “No? Le ho ritorto una frase
contro a un certo punto, ma non sembra il tipo che si offende tanto per questo.
Tanto mi è sembrata sempre nervosa.”
Quando pensavo di aver fatto il primo passo della
strada che porterà Strale a essere una persona migliore, mi rendo conto di aver
messo il piede in fallo ed essere caduta di peso sul naso.
Mi metto il pugno sulle labbra. “Dimmi che non
gliel’hai detto in faccia questo.”
Strale allarga le braccia. “Certo che non gliel’ho
detto, è scappata via prima!”
Non è il momento per metterlo in riga, abbiamo una
darkrariana irata e una morente, e non voglio perdere nessuna delle due. Senza
contare l’intera Lastgard.
“Hai trovato per caso delle misture di guarigione?”
“Solo frutta.”
Quindi, no. Arial sta resistendo agli assalti
aggressivi di Akuro, potrebbe reggere i suoi colpi finché non capiamo cosa l’ha
scatenata. Anche se…
“Hai detto che le ha fatto vedere qualcosa?”
“Si?”
“Potresti descrivermelo?”
“Ecco…” Strale chiude le dita delle mani a eccezione
dell’indice e del pollice e li piega come a formare dei semicerchi. Li unisce.
“Era qualcosa del genere, con una gemma rosa al centro.”
Mi caccio la mano in tasca. Tiro fuori l’amuleto preso
nell’infermeria.
“Si, come quello!”
Saggio il peso sulla mano. Visto così sembra solo una
chincaglieria, non riconosco nemmeno materiali tipici di Darkraria. A dirla
tutta, Akuro non mi sembra una molto patriottica, un darkrariano nella norma
difficilmente sarebbe stato catturato vivo. Lei sembrava più docile, e
all’improvviso inizia a ribellarsi? Sospetto.
Mostro l’amuleto a Strale. “Sei sicuro che sia come
questo?”
“Certo è ugua-” Strale lascia ricadere le braccia in
avanti, gli occhi azzurri cambiano gradazione nel rosa che ha sostituito il
rosso delle iridi della darkrariana.
“…Strale?”
È come imbambolato, non si distrae nemmeno. Trovo
quasi inquietante vederlo così.
“Tutto bene?”
Lui annuisce meccanicamente.
“Piantala, abbiamo da fare. Dobbiamo trovare quella
bambola.”
Terminata la frase Strale si alza e si fionda
all’interno della prigione. Nemmeno una protesta sul voler combattere la
darkrariana? Sospetto. Guardo l’amuleto: la luce rosa che illumina la gemma è
dello stesso colore degli occhi sia di Strale sia di Akuro. Che siano degli
strumenti per controllare le menti delle persone?
Punto l’amuleto verso Akuro. “Fermati!”
Arial devia una sfera di fuoco, mette il braccio a
protezione dagli artigli in scaglie che sono spuntati sulle dita della
darkrariana. Niente da fare, forse funzionano a uso singolo, o su una singola
persona. A questo punto, posso solo trovare quella bambola e farmi dare
l’amuleto che controlla Akuro.
Mi fermo per un istante nella sala principale,
inondata di gente occupata a prendersi a spadate o a sbattersi tra loro in
cella, tavoli rovesciati e panche ribaltate. In questo trambusto l’unica
persona che mi aspettavo di vedere non c’è. Sta seguendo le mie intenzioni
invece che distrarsi con una zuffa. Forse dovrei conservare l’amuleto per dopo.
Può essere utile.
Non avendo alcun riferimento in quanto sia Strale sia il
dodot sono spariti dalla mia vista da troppo tempo, decido di tornare verso la
cella dove tenevano il mio frammentatore. Chiunque controlli quel costrutto si
troverà da quelle parti. Quel posto era abbastanza buio per nascondersi, probabilmente
si erano dimenticati di quella persona.
Ora devo solo attraversare una stanza di mercenari
armati di tutto punto intenti a darsele.
Mi appiattisco contro la parete e scivolo contro il
muro tentando di non dare nell’occhio. A metà stanza sento l’aria alle mie
spalle. Volendo potrei fare il giro e perlustrare il resto del maniero. Un
braccio possente mi passa attorno al collo, mi tira su di peso, con la coda
dell’occhio vedo una lama scintillante avvicinarsi.
“Ho un ostaggio, guardie di merda!”
Ma falla finita. Metto le mani sul suo braccio, i
guanti si accendono e friggono i neuroni rimasti a questo beota. Rimetto i
piedi a terra, il tonfo del peso morto alle mie spalle in mezzo a quel baccano
passa inosservato. Se da quell’ala arriva ancora gente meglio lasciarli
arrivare qui e distrarre le guardie. Riprendo a scivolare contro il muro dopo
l’interruzione. Un’ombra si delinea su di esso e offusca parte della luce, mi
fermo e mi abbasso. Il legno di una panca s’infrange sui mattoni, i suoi resti
mi cadono parte accanto, parte sulla schiena. Alzo gli occhi, nessuno sembra
starmi puntando direttamente, un caso fortuito, nelle risse capita. Proseguo
fino al corridoio dove volevo infilarmi.
Mentre cammino sento uno scricchiolio sotto gli
stivali. Una scia di piccole superfici riflettenti percorre la strada, mi
abbasso per toccarne una: è piccola, letteralmente una goccia, ma solida al
contatto e fredda. Saliva di dodot. Alcuni ne mettono un paio di gocce nelle
loro bevande per raffreddarle, hanno anche un retrogusto fruttato.
E il dodot era l’animale su cui montava la bambola,
sono sulla strada giusta.
Seguo la scia di gocce, alzo appena l’intensità della
luce della sferzatenebre per vederle riflettere meglio. Mi trovo nuovamente
nell’ala più buia della prigione. Strale è in piedi nel corridoio, fissa verso
l’interno di una cella. Sguardo fisso, diversi graffi sul volto, la bandana
improvvisata è volata via, i capelli grigi sono più in disordine del solito, un
pezzo di stoffa è ben appiccicato al suo volto. Ripensandoci se rimane davvero
così imbambolato, usare questa sorta di ipnosi potrebbe essere più che
deleterio. Questi affari devono essere distrutti.
Mi avvicino a passi decisi con i guanti pronti
all’attivazione. Mi affaccio.
Una giovane dall’aria malaticcia, sta assemblando
pigramente una bambola simile a quella che abbiamo inseguito fin qui. I suoi
movimenti seppur lenti scuotono i numerosi pendenti sparsi sul velo che indossa
sopra la testa e in generale su tutta la sua persona, creando una sinfonia di
tintinnii.
La giovane ferma le dita come se si fosse accorta
della nostra presenza, alza lentamente la testa, gli occhi gialli sembrano
dello stesso colore di quelli degli abomini. Rimane ferma, a ricambiare lo
sguardo.
[Karin Alden]
A questo
punto sento che dovrei iniziare a segnarmi le cose importanti o che ho capito.
Prendo il
telefono che mi hanno lasciato per le emergenze. Apro la prima chat nell’applicazione
di messaggistica e inizio una registrazione come mi ha spiegato l’elfa.
Ridicolo che abbia dovuto spiegarmelo lei.
“Dunque… I
protagonisti non sembrano così importanti da meritare ricerche, esiste una
razza di cui tutti hanno paura ma ora sono sparsi in giro e danno a loro la
caccia. Ci sono amuleti strani. Dovremmo informarci sugli emersi che provengono
da Boral. Ne avremo qualcuno, il capo avrà della roba pure da dirci. Meno Myra
se mi fa trovare una bambola di quelle da qualche parte.”
Rilascio il
tasto. Blocco lo schermo e mi appoggio con la testa sul cuscino, fisso il
soffitto. Mi chiedo a chi ho mandato questo messaggio. Il suono di una notifica
mi fa abbassare lo sguardo. Dovrò spiegargli che è roba del capo. Sblocco il
cellulare e leggo il nome.