Tiensen

di iceriel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tiensen- capitolo I ***
Capitolo 2: *** Tiensen- capitolo II ***
Capitolo 3: *** Tiensen- capitolo III ***
Capitolo 4: *** Tiensen- capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Tiensen- capitolo V ***



Capitolo 1
*** Tiensen- capitolo I ***


Altra fic estremamente vecchia. L’ho risistemata un pochino, corretta e ora ve la posto. Spero apprezziate!^^

 

Tiensen

I

Una cappa di calore insopportabile aleggiava nella palestra appesantendo l'atmosfera e rendendo quasi impossibile ogni passo.

L'estate era giunta e aveva portato con se torrida afa che rendeva ogni respiro un impresa. Chiunque cercasse refrigerio doveva starsene chiuso in casa di fronte a un condizionatore o un ventilatore, ma, questa fortuna, non era data a tutti:

“Oggi fa un caldo insopportabile!”sbuffò Ayako facendo sollevare un ricciolo scuro umido scivolato alla stretta coda alta.

Sospirò nuovamente cercando un po' di refrigerio sventolando il ventaglio nel tentativo di farsi un po' di aria per alleviare quel senso di soffocamento intollerabile che la avvolgeva.

Non stava facendo nulla, eppure la pelle era accaldata e umida e la maglietta bianca le si appiccicava addosso come una seconda pelle rendendo insopportabile indossarla.

Sbuffò con insofferenza osservando il sole fin troppo luminoso che splendeva in cielo.

Si lasciò cadere pesantemente sulla panca incapace di reggersi in piedi, osservando i giocatori dello Shohoku correre per la palestra in un lago di sudore.

Quelle mattina l'afa era talmente insostenibile che i suoi scapestrati compagni aprivano a malapena bocca e i loro passi erano strascicati e stanchi. Neppure Hanamichi aveva ancora sprecato fiato per proclamazioni di genialità né per attaccare briga col gelido Rukawa.

Inutilmente la manager dello Shohoku tentò di rinfrescarsi tamponandosi la pelle con una bottiglietta di acqua fredda, mentre le tempie le pulsavano inferocite per l'incessante frinire delle cicale che quella mattina sembravano essere più numerose che mai.

Il silenzio esausto e carico di nervosismo a causa del gran caldo era interrotto dallo stridere delle suole delle scarpe sul parquet e dal rimbalzare sordo della palla sul campo.

Insopportabile.

L'afa rendeva tutti nervosi, ma tutti altrettanto esausti da non riuscire a sfogare i nervi.

“E stai più attento, cretino!” sbottò Ryota quando Hanamichi, nel tentativo di impossessarsi della palla, gli aveva colpito la mano.

“Taci, nanerottolo nevrastenico!” sbottò piccato provando invano ad asciugarsi il sudore che gli colava sul volto col dorso della mano altrettanto fradicio. Miyagi sbuffò insofferente senza rispondere.

Ayako li guardò con pietà: quei colossi erano stremati,e quel testardo del Gorilla ancora li faceva giocare!

L'allenatore aveva chiaramente detto al capitano di non allenarsi in quella settimana fin troppo afosa, ma quello stupido non aveva sentito scuse: gli allenamenti dovevano continuare.

Peccato che quella temperatura rendesse gli esercizi impossibili.

La manager guardò preoccupata Hanamichi: era tornato da poco dalla riabilitazione e nonostante sembrasse non aver dimenticato nulla di quello appreso, il suo fisico era notevolmente indebolito.

Lo osservò stiracchiarsi la schiena stancamente e massaggiarsi le spalle con volto corrucciato da un probabile fastidio alla schiena.

“Akagi!” sbottò seccata la manager chiamando il capitano il quale la guardò stupito, ma, vedendo la sua espressione risoluta, si avvicinò a lei dichiarando qualche minuto di pausa che fu accolto da sospiri di sollievo.

“Cosa vuoi?” chiese cupo prendendo una salviettina detergendosi il volto mentre il resto della squadra andava negli spogliatoi a rinfrescarsi.

“Credo sarebbe meglio smetterla: Hanamichi è distrutto, lo sai che non deve esagerare,e poi con questo caldo è impossibile allenarsi! Finiranno per scannarsi per il nervosismo!”

“Non ci penso neppure! Abbiamo...”

“Oh al diavolo i campionati!!!” urlò esasperata da tanta cocciutaggine “ Non sarà certo una settimana di pausa a debilitare la squadra! Akagi, sono stremati! Non puoi costringerli ad allenarsi in queste condizioni, finiranno per odiarlo questo sport se continui a pressarli senza sosta!” Il capitano non ebbe modo di rispondere dato che la voce di Hanamichi irruppe nella conversazione:

“'Fanculo!!” urlò furioso il rossino osservando bieco la palla rimbalzare sugli spalti dopo un suo tiro dalla forza non calibrata.

“Hanamichi cosa...”

“Ayako, non sono stanco, posso farcela. Sono il Tensai dopotutto!” esultò con un sorriso furbo diverso dal solito da sbruffone.

“Do'hao..” borbottò Rukawa entrando in campo.

Baka Kitsune! Se non facesse così caldo ti smonterei di botte!” borbottò cominciando a salire le scale degli spalti per recuperare la sfera arancione sfuggita al suo controllo.

Hn...” sbuffò Rukawa con gli occhi al cielo.

Faceva davvero troppo caldo anche per azzuffarsi.

Sakuragi si inerpicava svogliatamente sulle gradinate: ovviamente l'infida palla era finita nei posti più alti oltre la ringhiera. Sbuffò pigramente mentre pensava che nonostante l'afa era divertente trovarsi ancora lì, tra i suoi compagni di squadra.

Gli erano mancati quei momenti quando era in clinica. Anche se le passeggiate in spiaggia erano rilassanti, stare sempre chiuso nella sua stanza asettica e incolore sotto lo sguardo dei medici che lo studiavano come una cavia era opprimente.

Il caldo era insopportabile, ma un brivido freddo lo percorse al ricordo dei giorno trascorsi in vera e propria cattività.

Si voltò ad osservare la sua squadra: il Gorilla ancora litigava con Ayako, Miyagi le dava man forte, Mitsui discuteva anch'esso con il Gorilla sostenendo che le parole del signor Anzai non potevano che essere sacre, Kogure faceva da paciere e poi, c'era lui: Kaede Rukawa. Hanamichi lo fissò sospirando mentre il volpino era intento a tirare a canestro e sembrava che nulla di quello che avveniva in quella palestra fosse affare suo, neppure il caldo soffocante!

Eccerto che non ha caldo! E' un frigorifero!” mugugnò arrivando fin dove si trovava la palla chinandosi ad afferrarla. Gemette infastidito dal pizzicore alla schiena portandosi una mano al dorso. Anche attraverso la maglietta, poté avvertire con le dita il solco della cicatrice che si era procurato con l'intervento alla schiena: l'avevano operato due volte.

Questo ovviamente non l'aveva detto a nessuno, solamente Anzai ne era a conoscenza e aveva promesso di non farne parola agli altri.

“Ayako mi tirerebbe il collo se lo sapesse...” constatò rabbrividendo al pensiero della furia omicida della giovane se avesse saputo degli interventi: considerando la sua vena materna e protettrice l'avrebbe costretto a letto e non l'avrebbe lasciato toccare un pallone.

Sorrise: Ayako gli ricordava un po' una madre, forse era per questo che nutriva un tale affetto verso di lei. Un affetto che non era solo amicizia e neppure amore. Era più una sorta di ammirazione e di dolcezza che gli faceva vedere in quell'esile figura dalla forza prorompente la figura materna che gli era sempre mancata.

“Ti muovi Hanamichi?” lo rimbrottò Miyagi riscuotendolo dalle sue elucubrazioni.

“Arrivo!” rispose secco in procinto di scendere quando qualcosa oltre la finestra attirò la sua attenzione.

“Ma che...” si avvicinò cauto alla vetrata tentando di capire gli sbarluccichii nel cielo all'orizzonte a cosa appartenessero. Lasciò cadere la palla sconvolto spalancando gli occhi quando comprese.

“Mio Dio..” sussultò sbiancando indietreggiando terrorizzato. Le enormi vetrate andarono in frantumi, quando uomini bardati con sofisticate tute vi si scagliarono attraverso  con delle spesse corde irrompendo nella stanza in un frastuono di vetri infranti e grida.

Istintivamente Hanamichi si coprì la testa con le braccia voltando le spalle alle vetrate.

Non poteva star succedendo davvero!

Non potevano veramente averlo scoperto!!

“Avanti!” Urlò un uomo in completo scuro entrando nella palestra con un gruppo di tirapiedi che si sbrigarono a puntare le sofisticate armi contro Hanamichi “Catturate il Tiensen!!!” sbraitò ignorando il panico che aveva scatenato.

Hanamichi sentì gli scatti con cui le armi venivano puntate verso di lui e si guardò attorno cercando una via di fuga.

Non ci voleva! L'avevano trovato!

Era decisamente nei guai.

Non solo lui rischiava grosso, ma soprattutto i suoi compagni correvano rischi non indifferenti.

Rovistò nei meandri della sua mente cercando di ricordare qualcosa riguardante le armi impugnate dai cecchini per sapere quanto letali e terribili fossero, ma non trovò nulla.

Evidentemente i fucili erano di ultima generazione, creati appositamente per la cattura di esseri come lui.

Si chiese distrattamente perchè l'uomo sprecasse tanti fondi per creare armi per catturare loro, dopotutto avevano vissuto insieme per millenni senza che gli esseri umani sapessero della loro esistenza e, tutto ad un tratto, scoperta la loro presenza, li cacciavano e li catturavano come se volessero distruggere il pianeta.

La verità è che l'uomo era avido di fama e gloria e studiare un Tiensen avrebbe per un po' placato la loro bramosia.

“Merda!” imprecò violentemente quando, guardandosi istericamente intorno, non aveva trovato via di fuga.

Quelle specie di soldati erano vestiti con pesanti e robuste divise nere come la pece, visiere fantascientifiche e fucili sofisticati.

“Che cosa succede?!” strepitò istericamente Ayako. Il respiro concitato dei ragazzi che osservavano sconvolti e terrorizzati qualla marmaglia di uomini armati fino ai denti che puntavano le loro sofisticate armi verso Hanamichi.

Akagi tentò di comportarsi diplomaticamente, anche se la sua voce tradiva una nota di panico: “Si può sapere cosa sta succedendo e cosa diavolo volete?”

L'uomo vestito in completo elegante scuro rise con scherno mentre gli occhi neri rilucevano di brillante soddisfazione. I capelli brizzolati scuri erano in contrasto con la pelle olivastra e i lineamenti squadrati e duri distorti in un ghigno.

“Cosa voglio?” ripeté mellifluo. “Voglio lui!” rispose semplicemente alzando il braccio indicando il rossino che fissava torvo e furioso con le mani alzate in segno di resa gli uomini che lo minacciavano coi fucili.

“Con tutto il rispetto dovuto al suo rango, Man in Black” lo schernì stizzito Hanamichi “Perchè non va a farsi... che ne so...” si finse pensieroso “...a farsi fottere?” concluse sarcastico. A punizione della sua battuta la canna di un fucile puntata alla sua schiena premette con più forza sulla sua colonna vertebrale.

“Noto che la nostra cavia ha un bel caratterino!” sghignazzò esaltato dalla sfida che gli si prospettava di fronte.

“Cavia tua sorella! Falli su di te i tuoi esperimenti del cazzo!” rimbeccò alquanto offeso l'interpellato.

La situazione stava precipitando.

Decisamente, stava precipitando. Non poteva reagire apertamente o quegli uomini avrebbero potuto sparare ai suoi compagni.

E finché non conosceva il potenziale di quei fucili non poteva fare mosse avventate.

Una goccia di sudore percorse la schiena umida inglobando in se le piccole stille salate fino ad infrangersi sulla stoffa costretta contro la sua pelle dalla canna del fucile.

Il caldo era soffocante.

Le tempie gli martellavano furiosamente.

Nonostante la situazione precaria in cui si trovava, sentiva le palpebre appesantiti dalla debolezza data dal caldo.

Il sudore gli bruciava gli occhi e i suoi nervi stavano pericolosamente vacillando.

Non ne poteva più! Non potevano quegli uomini irrompere li pretendendo di portarlo in chissà quale laboratorio per studiarlo come una cavia.

“Cosa.. diavolo...?” balbettò Mitsui osservando un tiratore accucciato poco lontano da lui con il fucile puntato su Hanamichi.

“Avanti ragazzino! Ora con calma scendi e vedrai che non ti sarà fatto del male.” lo blandì soddisfatto l'uomo accendendo un sigaro con fare vittorioso di chi sta pregustando la sua più grande conquista.

Hanamichi chiuse gli occhi. Non avrebbe dovuto farlo davanti a loro, ma non poteva fare altro.

Non aveva altra scelta.

Avrebbe cancellato poi la loro memoria.

Si sentì un verme per quel pensiero: i loro amici, la sua 'mamma'... ingannarli così. Entrare nei loro più intimi pensieri per rimescolarli, modificarli in modo da crederlo il solito idiota Sakuragi.

Per quanto la cosa risultasse strana gli dispiaceva soprattutto per Rukawa. Lui era l'unico con cui aveva un rapporto particolare: se le davano sempre ma era un modo unico per comunicare, qualcosa solo tra loro due.

Scosse la testa cercando di eliminare quel pensiero assurdo e così facendo piccoli diamanti salati si liberarono dalla ragnatela di fili di seta rossi.

A quel gesto barcollò leggermente, vittima di quell'afa opprimente.

“Avanti muoviti!” lo incitò malamente il soldato che gli puntava il fucile alla schiena incoraggiandolo con un ulteriore colpo di canna.

Hanamichi sentiva il suo potere ruggire nelle vene, la rabbia divorargli le interiora.

Il caldo era troppo intenso perchè potesse mantenere il sangue freddo.

Il pulsare frenetico delle tempie era decisamente insostenibile.

La canna del fucile era rovente e puntata contro la sua schiena e aveva le braccia stanche, a forza di tenerle sollevate.

Il sudore che colava sul suo corpo gli creava un prurito fastidioso, quasi odioso.

Il fetore di gomma e polvere da sparo gli irritava i nervi.

E allora, esplose usando la sua rabbia. Con uno scatto si voltò colpendo il soldato con un pugno e facendolo cadere pesantemente al suolo. Ignorò l'urlo dei suoi compagni che videro i cecchini puntare i fucili su di lui caricando il colpo con un rumore metallico.

“Non fare idiozie!” urlò l'uomo che sembrava aver perso la sua calma.

Inutile.

Hanamichi senza dare il tempo ai cecchini di reagire, scavalcò il parapetto dandosi slancio col piede sulla ringhiera, cadendo a volo d'angelo verso il suolo.

Ayako urlò terrorizzata mentre la squadra tratteneva il fiato.

Ma Hanamichi non toccò terra.

Pochi istanti prima dell'impatto la maglietta si lacerò mentre dalla schiena spuntarono, spalancandosi nella loro magnificenza, due ali.

Due ali immense e luminose ma...diverse.

L'ala destra era bianca come il latte, fatta di soffici piume che si libravano nel cielo come piccoli batuffoli di cotone.

Splendida e incantevole come erano descritte le ali degli angeli.

La sinistra, all'opposto, nera come la pece, scheletrica e demoniaca.

Cuoio scuro che ricordava le ali dei diavoli dell'inferno.

In quel momento sembrava che tutta la palestra avesse trattenuto il respiro.

Come se il tempo si fosse fermato a contemplare quella splendida creatura dalle ali così particolari e ipnotiche.

Rimasero in silenzio a rimirare l'essere dai capelli ancora più rossi del solito mentre il suo corpo scolpito si inarcava aggraziato come una sirena che emerge dalle onde.

La luce bollente del sole sembrava catalizzata tutta su Hanamichi, facendo risplendere le sue ali lasciando sulla sua pelle dorata riflessi luminosi e tenebrosi che si infilavano in ogni insenatura a sottolineare ogni muscolo guizzante sotto la sua pelle.

Ogni millimetro del suo corpo risplendeva di tenebra e di luce accarezzato con riverenza da quella luce che lo faceva sembrare un dio caduto in terra.

La maglia sbrindellata cadde a terra con un fruscio quasi impercettibile, rompendo così la polla di estatica ammirazione che avvolgeva la palestra.

Kami sama...” ansimò Miyagi di fronte a tale spettacolo.

Il respiro uscì prepotente dai polmoni riprendendo il suo corso naturale mentre le ali del giovane si spiegavano a frenare la caduta libera in cui si era lanciato.

La brusca stoppata causò un leggero vortice d'aria che avvolse il giovane in una trasparente crisalide che fece sollevare le ciocche fulve dalla fronte a svelare le due polle di oro liquide, iraconde.

L'uomo in nero si riscosse a viva forza dallo shock in cui era caduto, quando lo sguardo furioso del rossino si posò su di lui.

Quello non era un tiensen qualunque.

Un Ibrido. Forse l'unico esemplare esistente al mondo.

Si ridestò dai suoi pensieri, quando, con la stessa velocità di un fulmine, il giovane sfrecciò verso l'uscita della palestra dandosi lo slancio con un solo, possente battito d'ali.

“Muovetevi branco di idioti! Prendete l'Ibrido!” urlò furioso mobilitando il suo esercito che puntò le armi su di lui sparando.

Noooooo!!!!” Urlò Mitsui protendendosi in avanti per fare chissà cosa, ma la presa ferrea di Rukawa lo fermò.

“Fermo, e osserva” sentenziò gelido mentre il tiratore da tre punti lo osservava allibito. Fece ciò che gli venne detto e sussultò come i suoi compagni prima di lui avevano fatto: i proiettili non raggiunsero Hanamichi. Come se ci fosse un muro di gelatina a fermarli, le pallottole rallentarono fino a fermarsi del tutto, cadendo a terra inermi come piccole biglie metalliche.

Hanamichi intanto era sempre più vicino alla porta.

“Non passa..” ansimò Ayako col cuore in petto che martellava furioso, me mani portate concitatamente alle labbra e i suoi occhi scuri spalancati all'inverosimile mentre la consapevolezza che quello spazio era troppo piccolo le si mostrava di fronte.

“Non ce la farà! Catturatelo!!” urlò strepitando l'uomo.

Ma Hanamichi ghignò soddisfatto osservando la porta avvicinarsi a velocità sorprendente.

“Sciocchi...” biascicò nell'istante esatto in cui la sua figura attraversò la porta mentre le sue ali si ritiravano altrettanto velocemente come erano comparse, permettendogli di attraversare lo stretto varco.

Tutto accadde nel giro di una manciata di istanti: Hanamichi oltrepassò a mezz'aria la porta verso la libertà, ma una volta varcata, la gravità richiamò a se il suo corpo facendolo abbassare bruscamente verso il suolo. Ma nuovamente le due enormi ali di luce e tenebra si aprirono dalla sua schiena facendogli riprendere quota lasciando solo che le dita della mano destra, tese verso il suolo, ne sfiorassero la superficie bollente per poi seguire Hanamichi verso il cielo.

“Muovetevi!!! Non lasciatevelo scappare! Catturatelo! Vivo o morto IO lo voglio!!” strepitò isterico l'uomo isterico mentre assisteva al fallimento del suo piano.

I ragazzi della squadra corsero fuori a vedere se il loro amico fosse riuscito a scappare.

Il sole di quell'estate afosa li abbagliò all'uscita dalla palestra quando volsero le loro attenzioni al cielo terso in cerca del rossino.

Si ripararono gli occhi con le mani osservando i raggi dispettosi rilucere fin troppo luminosamente impedendogli la vista.

Differentemente da loro, i soldati con la visiera non erano infastiditi da tanta luminosità e puntarono con precisione le loro armi esplodendo colpi letali verso Sakuragi.

Hanamichi si girò di scatto nel'udire l'esplodere dei colpi dei suoi aguzzini.

“Merda...” imprecò sommessamente spalancando al massimo le enormi ali e protendendo le mani di fronte a se e osservò quasi soddisfatto i proiettili infrangersi contro la barriera creata cadendo verso il suolo.

Non voleva ammetterlo a se stesso, ma aveva paura.

Se lui fosse scappato quella specie di scienziato avrebbe potuto fare del male ai suoi compagni pur di farlo tornare.

Era stato un enorme errore quello di scappare usando il suo potere. Avrebbe fatto meglio a farsi catturare e poi, una volta nel laboratorio, fuggire e cancellare loro la memoria.

Ma quando era li dentro, quel caldo asfissiante e la tensione gli avevano fatto perdere il controllo.

Guai a loro se provavano anche solo a sfiorare con un dito la sua squadra! E se poi osavano torcere un capello a Rukawa lui...

Ma che andava a pensare?

Non era quello il momento di...

I suoi pensieri andarono in frantumi nell'incontrare due pozzi blu che da terra lo osservavano pieni di...ansia?

Rukawa, Rukawa lo stava guardando. Uno sguardo intenso e pieno di preoccupazione nelle iridi blu come la notte.

I loro sguardi si fusero.

Un mare di oro e un mare in tempesta che si fondevano insieme.

Hanamichi sentì il cuore pulsare nel petto come mai aveva fatto prima.

Sentì sudore freddo percorrergli la schiena lanciando brividi in tutto il suo corpo.

Avvertì distintamente qualcosa spezzarsi in lui. Il fiato gli si mozzò in gola catturato come era da quello sguardo così intenso.

Sentì le sue membra tremare quasi si stessero tendendo per raggiungere quegli occhi, come se il suo corpo non bramasse altro che fondersi con quell'essere dalla pelle diafana e quelle iridi tentatrici.

Spezzò bruscamente il loro contatto visivo avvertendo con terrore che le pallottole sparate dai sicari stavano attraversando la barriera.

“Cosa...?” non ebbe il tempo di porsi domande che con sommo orrore vide la barriera scomparire e i proiettili riacquistare velocità verso il suo corpo.

La crivellata di colpi lo colpì in pieno, mentre le ali si laceravano colpite.

Hanamichi sentì le palottole dilaniare le sue carni mentre la consapevolezza di cosa fosse successo sopraffece per un istante il dolore lancinante.

Il tabù degli impuri.

La condanna degli Ibridi.

Sentì le forze abbandonarlo e le palpebre farsi pesanti mentre i suo corpo si inarcava con un urlo muto che la sua gola non era riuscita a lanciare.

Non era successo davvero.

“Non può essere...” ansimò con un ghigno incredulo prima che il suo mondo diventasse nero e il suo corpo privo di sensi precipitasse verso l'impatto col suolo.

 

Rukawa strinse i pugni con tutta la forza che aveva conficcandosi le unghie nella carne per l'ansia.

Era sconvolto.

Non tanto per la natura del rossino, anzi, per quello era rimasto piacevolmente sorpreso, ma per la sua abilità.

Volare in modo tanto agile con due ali totalmente diverse, non era facile, anzi, era cosa quasi impossibile.

Non ne sapeva molto di Ibridi, anzi, praticamente nulla.

Aveva solo distrattamente prestato orecchio alle spiegazioni della madre a riguardo, non gli era mai interessato molto l'argomento. Le uniche cose che ricordava era che gli ibridi erano molto rari, non perchè non ne nascessero, ma perchè i più morivano in giovane età.

“Forza do'hao...” sussurrò a denti stretti osservando le mirabolanti prodezze con cui Hanamichi schivava ogni colpo.

Voleva aiutarlo, avrebbe sinceramente voluto, ma avrebbe rischiato di mettersi anch'egli in enormi guai: avrebbe scatenato un putiferio.

La sua coscienza e la sua razionalià stavano facendo letteralmente a botte.

Sentiva il potere ruggire nelle vene furioso come mai era stato, potente come mai l'aveva sentito.

Trattenne il fiato quando Sakuragi si voltò di scatto innalzando la barriera.

“Do'hao... scappa!!”sibilò quasi implorante.

Vide con il cuore in gola le pallottole infrangersi contro la sua barriera.

Vide Hanamichi con uno sguardo preoccupato, arrabbiato, quasi pentito.

Lo vite scuotere la testa prima che quei caldi occhi nocciola si soffermassero nei suoi.

In quel momento sentì un'energia inspiegabile diffondersi in lui.

Osservò quegli occhi enormi spalancarsi ancora di più.

Anche a quella distanza vide le pagliuzze dorate che davano allo sguardo una calda tonalità nocciola.

Vide un mare di cioccolato caldo tingersi d'imbarazzo e stupore.

Bramava un contatto con lui.

Non desiderava altro che fondersi con quegli occhi dorati.

Annullarsi in loro.

Quegli occhi erano magnetici, profondi.

Segnati da una forza straordinaria velati di tristezza e paura.

Quegli occhi brillanti splendenti della luce della vita.

E poi lo vide.

Qualcosa spezzarsi drasticamente.

Qualcosa spegnersi di botto.

Con terrore vide il suo potere spegnersi e la barriera scomparire.

Con panico osservò i proiettili colpirlo in pieno, mentre quegli occhi prima che spalancati per il dolore, lo furono per la sorpresa.

Lo vide mormorare qualcosa e perdere dolorosamente i sensi.

Osservò impotente la sua caduta libera verso il suolo con l'ala candida macchiata di sangue.

Ad ogni metro la sua anima si lacerava urlando.

Un angelo candido che dal cielo cadeva all'inferno.

 

Continua…

 

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Capitolo 2
*** Tiensen- capitolo II ***


Gigolò

@kativa21: oddio…Non voglio vederti morta!XD tecnicamente chi adoro torturare è Hana!XD è uno dei miei hobby perversi! Lol. Non temere, la fic è bella che finita. E’ abbastanza vecchia, ricontrollo man mano i capitoli e poi licarico, quindi non preoccuparti, qualche giorno e c’è tutta!^^ sono solo 5 capitoli!^^

Grazie mille per aver commentato!^^

 

@_ichigo_85: Grazie mille per l’informazione sul completa e no. Non sono abituata a EFP e, stupidamente, credevo che il completa o no, si riferisse allo stato reale della storia, non allo stato di pubblicazione … cosa avevo in testa… >_> Ho corretto l’errore, grazie ancora! E grazie veramente per aver commentato ed averla riletta! Non l’ho modificata particolarmente, l’ho solo ricorretta un po’. Prima era pubblicata sull’YSAL, l’hai letta sicuramente lì! Grazie ancora per essere passata!:3

 

@Gojyina: oddio ciao!!!*_* Da quanto! Ebbene sì sono io!XD Ho cambiato nick per vari ed eventuali motivi estremamente banali a dire il vero!XD Eny era il diminutivo di un nome più lungo, mentre Iceriel l’ho inventato io, mi sembrava più adatto!XD Quindi alla fine mi sono decisa a tenere questo! Mi piace di più anche! (non so se era peggio quando la gente diceva ‘ eny? Come ente nazionale idrocarburi?’ o ora che leggono esattamente come Iceriel è scritto!XD). Per le fic in sospeso… dunque, ho seria intenzione di finire Tiensen II (se ritrovo il file..O.O) per le altre non lo so… è passato così tanto tempo che penso lo stile striderebbe da morire… e… sono troppo pigra per riscriverle da capo…XD sono pessima lo so!XD Sono veramente felice di risentirti!^^ Grazie mille per apprezzare le mie storie!

 

RISPONDO QUI HAI COMMENTI SU “DREAM ME. SAVE ME.” Quindi siete moralmente obbligati a leggervi anche questa! Lol! Scherzo. Lo so.. potevo metterli nel primo capitolo.. ma mi sono dimenticata… sì, sono un danno!

 

@krikka86: ohi ciao!^^ La gente mi smaschera con i vecchi lavori!XD mi fa veramente piacere! Sul serio! Grazie per i complimenti!:3 Guarda, per le fic incomplete non ti posso garantire nulla, ma ho la ferma intenzione di finire Tiensen 2. Per le altre il mio stile è cambiato talmente tanto che finire con un capitolo e riprendere dopo così tanti anni, mi sa che gli stili fanno a pugni. E sono sinceramente troppo pigra per riscriverle… oltre al fatto che non sono sinceramente convinta di ricordarmi come avevo intenzione di finirle…ò.ò Spero continuerai a seguirmi! Ogni tanto mi piglia di sistemare vecchie storie che rimetto su!^^

 

@Kirara90: grazie mille per le bellissime parole, sul serio. E mi dispiace che tu abbia provato una cosa tremendamente simile alla mia. Purtroppo so come si sta male. Hai eragione.. il mondo va avanti attorno a te e tu non capisci come ciò sia possibile. Personalmente ho avuto per molto tempo la sensazione di essere rimasta molto indietro con la vita. Il mondo andava avanti e io restavo dove ero prima… Non mi sono ritenuta una persona forte a scrivere una cosa del genere, ne ho avvertito il bisogno visto che non riuscivo a sfogarmi in nessun modo. Infatti esaurita questa storia, non ho scritto più nulla fino a poco fa. Non ho toccato seriamente tastiera per quasi 5 anni. Mi sono praticamente “svuotata” Grazie mille anche per i complimenti e per aver commentato una fic vecchia, mi ha fatto molto piacere leggere le tue parole.

No tranquilla! Non mi sento presa in giro!XD mi risulta normale che con un nick come il tuo Kira sia l’abbreviativo più sensato! E poi Kira è un bellissimo nome!:3

 

@athenachan: Grazie mille per il commento e per i complimenti!:3  e sono veramente contenta che tu abbia trovato la storia triste e commovente. Quando si scrive qualcosa del genere fa piacere sapere che si è suscitato qualcosa nei lettori!(possibilmente emozioni differenti dal disgusto!XD) grazie mille ancora!

 

@Selene89: grazie tesora! Anche io ti voglio bene! :**

 

@virgilio: grazie! Sono felice che ti sia piaciuta, veramente! Grazie ancora per averla letta nonostante fosse vecchiotta! Grazie ancora!^^

 

@MelKaine: ciao. Sei qui accanto a me. Letteralmente. Perchè ti sto rispondendo qui?XD lo so cosa adori! E la cosa mi fa estremamente felice! Muahahahahah! Io non mi affogherei in piscina fossi in te! Altrimenti tiensen 2 non lo vedi nemmeno nei trailer scrausi di maccio capatonda!u.u  Buon bagno!

 

INFORMAZIONE DI SERVIZIO: io e MelKaine ci siamo messe a scrivere insieme. Sì, la cosa fa paura, lo so!XD benché non abbia alcun senso spammare questa cosa su una fic di Slam dunk, visto che pubblicheremo una fic su Merlin, io vi informo lo stesso!XD il nostro account, di cui nessuna delle due ricordava il nome, si chiama, in un’esplosione travolgente di originalità: MelKaine_Iceriel. Non ci avreste MAI pensato vero? Boia.. è più originale il nick per la mail…>_> beh, scusate lo spam sfrenato!XD

 

Tiensen

II

 

Rukawa strinse i pugni con tutta la forza che aveva conficcandosi le unghie nella carne per l'ansia.

Era sconvolto.

Non tanto per la natura del rossino, anzi, per quello era rimasto piacevolmente sorpreso, ma per la sua abilità.

Volare in modo tanto agile con due ali totalmente diverse, non era facile, anzi, era cosa quasi impossibile.

Non ne sapeva molto di Ibridi, anzi, praticamente nulla.

Aveva solo distrattamente prestato orecchio alle spiegazioni della madre a riguardo, non gli era mai interessato molto l'argomento. Le uniche cose che ricordava era che gli ibridi erano molto rari, non perchè non ne nascessero, ma perchè i più morivano in giovane età.

“Forza do'hao...” sussurrò a denti stretti osservando le mirabolanti prodezze con cui Hanamichi schivava ogni colpo.

Voleva aiutarlo, avrebbe sinceramente voluto, ma avrebbe rischiato di mettersi anch'egli in enormi guai: avrebbe scatenato un putiferio.

La sua coscienza e la sua lucidità stavano facendo letteralmente a botte.

Sentiva il potere ruggire nelle vene furioso come mai era stato, potente come mai l'aveva sentito.

Trattenne il fiato quando Sakuragi si voltò di scatto innalzando la barriera.

“Do'hao... scappa!!”sibilò quasi implorante.

Vide con il cuore in gola le pallottole infrangersi contro la sua barriera.

Vide Hanamichi con uno sguardo preoccupato, arrabbiato, quasi pentito.

Lo vite scuotere la testa prima che quei caldi occhi nocciola si soffermassero nei suoi.

In quel momento sentì un'energia inspiegabile diffondersi in lui.

Osservò quegli occhi enormi spalancarsi ancora di più.

Anche a quella distanza vide le pagliuzze dorate che davano allo sguardo una calda tonalità nocciola.

Vide un mare di cioccolato caldo tingersi d'imbarazzo e stupore.

Bramava un contatto con lui.

Non desiderava altro che fondersi con quegli occhi dorati.

Annullarsi in loro.

Quegli occhi erano magnetici, profondi.

Segnati da una forza straordinaria, velati di tristezza e paura.

Quegli occhi brillanti, splendenti della luce della vita.

E poi lo vide.

Qualcosa spezzarsi drasticamente.

Qualcosa spegnersi all’improvviso.

Con terrore vide il suo potere annullarsi e la barriera scomparire.

Con panico osservò i proiettili colpirlo in pieno mentre quegli occhi, prima che spalancarsi per il dolore, lo furono per la sorpresa.

Lo vide mormorare qualcosa e perdere dolorosamente i sensi.

Osservò impotente la sua caduta libera verso il suolo con l'ala piumata macchiata di sangue.

Ad ogni metro la sua anima si lacerava urlando.

Un angelo candido che dal cielo cadeva all'inferno.

Il suo respiro si mozzò violentemente, i polmoni ancora contratti dolorosamente, la gola tragicamente chiusa mentre il corpo di Hanamichi cadeva privo di sensi verso il suolo.

Almeno ci sperava che fosse solo privo di sensi...

“Avanti!!! Catturatelo!” urlò lo scienziato esaltato mentre tra sé esplodeva con un vittorioso “Ti abbiamo, bastardo!”

Ayako urlò affranta accasciandosi al suolo mentre gli altri non potevano far altro che guardare impotenti.

Ma lui poteva fare qualcosa.

E lo fece.

“Tu...”Ringhiò furioso scattando in avanti verso il luogo d'impatto dove presto Hanamichi sarebbe caduto.

“..Sei...” continuò levandosi rabbioso la maglietta nera che cadde a terra rivelando il torace latteo.

“...Un...” sbottò spiccando un salto.

“...Do'hao!!!” urlò mentre sulla sua schiena si spalancavano possenti un paio di ali dalle piume nere come l'ebano. Pieno di rabbia sbatté un'unica, furiosa volta le sue immense e magnifiche ali slanciandosi veloce verso Hanamichi. Piume nere vorticarono furiose per poi lasciarsi cadere dolcemente verso il suolo. La sua velocità fu rallentata giusto per un istante, quando tra le sue braccia precipitò Hanamichi totalmente inerme, le ali diverse abbandonate alla forza di gravità mentre le piume nivee si tingevano immancabilmente di rosso cupo, lo stesso rosso che violava l'immacolato petto bronzeo.

A terra i componenti dello Shohoku non potevano che spalancare la bocca a quello spettacolo.

Stupendi.

Era l'unica parola che poteva venire in mente loro osservando quel Lucifero dagli occhi di ghiaccio con le ali nere spiegate ad oscurare il sole, con in braccio un inerme angelo segnato da un castigo, come se l'avesse contaminato con chissà quale malignità.

Eppure, proprio quel diavolo tentatore aveva salvato la vita alla creatura celeste.

“Ce ne sono due!Sparate!Sparate!” sbraitò esaltato pregustando il suo successo scientifico il folle.

Peccato che Rukawa non aveva nessuna intenzione di diventare un trofeo. Sentì col cuore stretto nel petto un gemito strozzato di dolore da parte del rossino che si inarcò sofferente tra le sue braccia.

“La pagheranno...” sibilò furente girandosi di scatto, bloccando dietro di se i raggi del sole che si infransero contro la sua schiena, stagliando minacciosa la sua ombra sul cemento.

“Molto, molto, cara!” Vide le pallottole avvicinarsi e i suoi occhi si ridussero a due fessure inquietanti. I proiettili si disintegrarono mentre le sue iridi passarono dal blu cobalto al nero pece.

Strinse a sé il corpo di Hanamichi con il braccio sinistro, lasciando le sue gambe a penzoloni nel vuoto, il corpo inarcato e la testa gettata all'indietro.

 Lungo il braccio destro di Hanamichi, colava cupo e implacabile sangue. Percorreva ogni centimetro di quella pelle dorata sempre più pallida.

Le gocce purpuree giunsero al polso, percorrendo le dita affusolate, fino a staccarti come piccole ciliege precipitando nel vuoto.

Pareva una vittima sacrificale nelle braccia del dio a cui era stata offerta in dono...

Rukawa stese il braccio destro a palmo aperto verso i loro assalitori, che, ingenuamente, continuavano imperterriti a sparare convinti di poterli colpire.

“Stupidi...” bisbigliò con un ghigno quasi crudele mentre dal suo palmo aperto si generò, come se il braccio fosse stato spinto a stendersi con inaudita violenza, un'onda d'urto pulsante che si infranse contro i soldati facendoli cadere a terra privi di sensi. Neppure l'uomo vestito di nero fece eccezione schiantandosi seccamente al suolo.

“Chiamate la polizia- urlò Rukawa dall'alto. -A lui...” disse guardando Hanamichi abbandonato tra le sue braccia con il volto contratto dal dolore “Penso io…”

Senza aspettare risposta si allontanò a grande velocità sbattendo violentemente le ali acquistando rapidità.

****

Sakuragi riemerse lentamente dall'incoscienza socchiudendo appena gli occhi. Sentì il vento sferzargli sulla nuca, eppure non sentiva freddo: due forti braccia lo tenevano stretto a sé cosicché Hanamichi poggiasse il volto nell'incavo della spalla di Rukawa.

Le braccia candide del volpino lo proteggevano come una coperta calda e sembravano attutire perfino il pulsante dolore che gli squarciava il petto e le ali.

Hanamichi era intontito, ricordava poco di quello successo.

“Rukawa...” sussurrò con voce impastata, ancora non del tutto libero dalle maglie vischiose dell'incoscienza, così piano che l'ululato del vento facilmente soverchiò la sua esclamazione.

La vista sfocata e stanca si posò sulle ali nere come la pece.

La mente intorpidita registrò lentamente il particolare delle piume d'ebano delle ali scure che sbattevano ritmicamente con potenza.

Il rossino sorrise con ironica stanchezza, versando una sola lacrima che venne prontamente rapita dal vento.

“Sono un do'hao...” bisbigliò prima che il suo mondo tornasse nero.

 

Rukawa volava furiosamente per il cielo verso quello che considerava il suo rifugio.

Sbatteva con foga le enorme ali nere ignorando i muscoli che dolevano, volando sopra le nuvole bianche per non essere visto da terra.

Il do'hao stretto tra le braccia diventava sempre più freddo e temeva non fosse solo per la bassa temperatura che c'era a quella quota.

Stava perdendo molto sangue e, per qualche strana ragione, i poteri del Tiensen tra le sue braccia sembravano scomparsi improvvisamente e, quindi, non in grado di curare le ferite del rossino.

Aveva paura.

Una paura immensa e logorante che lo costringeva ogni tanto ad acutizzare le sue percezioni tattili per avvertire se il cuore del rossino battesse ancora.

“Forza do'hao. Hai resistito a tante di quelle legnate... Non puoi mollare ora...” sibilò guardando con ansia il suo volto pallido, il sangue seccato sul suo petto e sulle braccia, le sue ali macchiate di rosso.

Non mancava molto ormai, erano quasi arrivati.

Rukawa aveva una piccola casetta tra le montagne che usava per rifugiarsi quando aveva il bisogno di esercitare i suoi poteri e sgranchire le ali.

Era un posto sperduto in una valle circondata dai boschi. Lì avrebbe potuto curare Hanamichi senza problemi ne intoppi.

Un sussulto proveniente dal corpo tra le sue braccia lo costrinse ad abbassare lo sguardo.

Il volto di Hanamichi gli sembrava impallidire man mano che i secondi passavano.

Il suo respiro era reso difficoltoso dall'alta quota a cui volavano.

Con una violenta imprecazione Rukawa si abbassò verso terra, notando, con sollievo, che erano quasi arrivati: sotto di lui si estendevano a perdita d’occhio sterminate valli e laghetti cristallini contornati da ciuffi di boscaglia più o meno fitte.

“Ti prego...- implorò osservando terrorizzato Sakuragi perdere man mano le forze e la vita -Non morire, Hana...”

********

Hanamichi riaprì lentamente gli occhi, sbattendo più volte le palpebre per abituarsi alla penombra.

Non riusciva a capire dove fosse finito.

Era morto?

No... il dolore alle ali e al petto era abbastanza forte, ergo, doveva essere ancora vivo.

Spostò lo sguardo per la sala: l'arredamento era abbastanza semplice, interamente di legno come se si trovasse in una vecchia capanna.

Vide che la finestra era stata chiusa con delle imposte e da esse filtrava a stento qualche raggio di luce rossastro, segno, evidentemente, che era il tramonto.

Non aveva idea di quanto aveva dormito,e, francamente, ricordava vagamente ciò che era successo.

Piano piano i ricordi riaffiorarono in lui:

Due ali nere...

Piume corvine come i capelli serici.

Due braccia nivee che lo stringevano a sé proteggendolo dal gelo e dal dolore.

Due occhi magnetici di un blu profondo.

Rukawa! Rukawa l'aveva salvato!

E come lui era...un Tiensen!

No. Si corresse, non era come lui. Lui era un misero ibrido, errore della natura.

Rukawa era ciò che di più puro potesse esistere.

Un Tiensen dalle ali dalle piume nere.

E lui...lui era un idiota della peggior specie!

Come aveva potuto...

“Ti sei svegliato” constatò la voce del volpino interrompendo i suoi cupi pensieri.

Si voltò di scatto verso Kaede, provocando una fitta al torace che lo fece gemere.

“Stai attento a muoverti: ti hanno sparato, non dimenticarlo” lo ammonì avvicinandosi. Appena Hanamichi lo vide avvolto dalla penombra spalancò gli occhi impallidendo, per poi voltare il capo. Rukawa si fermò alzando stupito un sopracciglio: lui l'aveva salvato e quel do'hao non voleva neppure vederlo!

“Che diavolo ti prende?” domandò risentito da quel gesto.

Hanamichi strinse i pugni.

Che diavolo di situazione era quella!

“N…nulla... io…” balbettò tentando di mettersi a sedere. Una fitta all'ala destra e al petto lo fece desistere e ricadere pesantemente sulle lenzuola con un urlo strozzato.

“Do'hao!- lo rimbrottò Rukawa avvicinandosi velocemente al letto. -Ti hanno sparato!” gli ricordò bruscamente inchiodandolo al letto con le mani.

Sakuragi strinse i denti e gli occhi cercando di sopprimere l'urlo di dolore nato dal suo gesto avventato: sentiva ogni parte del corpo corrosa da dolore lancinante.

Passarono alcuni minuti senza che nessuno dei due parlasse.

 Rukawa poteva solo guardare impotente il rossino lottare contro il dolore.

Lo aveva curato in parte usando il suo potere, ma non poteva fare molto. Il potere di Hanamichi pareva essere tornato e contribuiva alla guarigione, ma le ferite erano più gravi di quello che sembravano.

Le pallottole che aveva estratto usando il suo potere contenevano una sostanza particolare finalizzata a debilitare al massimo il giovane e, allo stesso tempo, mandavano impulsi magnetici ai macchinari del soldati per sapere esattamente la posizione del Tiensen. Fortunatamente a quell'ora gli uomini che li avevano assaliti avrebbero dovuto essere al fresco e lui aveva provveduto a distruggere i proiettili. Si diede mentalmente dello stupido: quegli scienziati non erano così sprovveduti, sapevano bene cosa cercavano, non poteva certo pensare che si fossero limitati a sparar loro comuni pallottole.

“Va un po' meglio?” chiese sospirando quando Hanamichi sembrò rilassarsi nel letto. Il rossino annuì coprendosi gli occhi con un braccio.

“E così anche tu sei un Tiensen...”mormorò stancamente.

“Già...”

Di nuovo silenzio.

Hanamichi si sentiva un perfetto imbecille. Ovviamente Rukawa lo stava fissando, sapendo perfettamente perchè aveva perso i poteri.

Avrebbe voluto sprofondare e sparire!

Anzi! Meglio ancora! Avrebbe voluto tornare da quegli uomini e farsi crivellare e vivisezionare! Tutto, ma quella tortura, no!

Eppure un pensiero balenò nella sua testa:

“Perchè mi hai salvato?” chiese sorpreso riparandosi ancora col braccio.

Rukawa alzò il sopracciglio sorpreso.

“Eh?” non poté fare a meno di domandare.

Che razza di domanda era quella? Va bene che non erano mai stati amici intimi, ma non era certo così crudele da lasciarlo morire! Dopotutto era un terrestre come lui! Un tiensen, tra le altre cose!

Hanamichi sbuffò: si divertiva pure a prenderlo in giro, il volpino!

“Avanti Ru! Non fare lo gnorri! Perchè mi hai salvato...se lo sai?” mormorò stringendo i pugni per l'imbarazzo.

Rukawa non riusciva a capire di cosa Hanamichi stesse blaterando.

“Do'hao, sapere...cosa?” domandò sinceramente perplesso. Cominciava seriamente a pensare che quelle pallottole avesse avuto effetti sul cervello del do'hao.

Il rossino cominciava seriamente a spazientirsi: non solo lo prendeva in giro, ma voleva pure umiliarlo!

“Piantala di prendermi in giro! Sai perfettamente di cosa sto parlando!” sbottò arrossendo.

“Io non so assolutamente di cosa tu stia parlando!”rimbeccò spazientito.

“Se non lo sai perchè hai oscurato la stanza?!” rincarò il rossino arrampicandosi sugli specchi.

“Perchè pensavo che la luce del sole che entra dalla finestra e ti colpisce direttamente in faccia avrebbe potuto darti fastidio, dato che, non so se ci hai fatto caso, ti hanno sparato e devi riposare!” sibilò furente.

Hanamichi bloccò di scatto la valanga di parole che stava per pronunciare colpito seriamente dal dubbio che veramente Rukawa non sapesse nulla di quella storia.

Levò il braccio che celava i suoi occhi, l'oscurità nella stanza non gli faceva correre alcun pericolo: di Kaede scorgeva solo la forma delineata dalle ombre.

“Tu davvero non sai nulla?” chiese in un sussurro incredulo.

“No, non ho idea di cosa tu stia parlando!” rispose pacatamente il volpino. Sakuragi scorse il moro scrollare il capo bruno.

“Non sai davvero nulla? Tu non sai perchè ho perso i poteri?” continuò sinceramente sconvolto.

“Stavo per chiederlo io a te, perchè i tuoi poteri di sono dati alla macchia.” rispose ironico.

“Oh...” rispose semplicemente guardando altrove.

Ora si sentiva ancora più idiota di prima.

Rukawa non sapeva nulla, assolutamente nulla e lui, come al solito, aveva fatto la figura dell'imbecille. Tuttavia si sentiva sollevato da ciò.

Se Rukawa non sapeva perchè aveva perso i poteri, voleva dire che non sapeva nulla del 'tabù degli ibridi' ergo, non sapeva che lui era...

“Allora?” domandò il volpino spazientito.

“Allora cosa?” si riscosse dai suoi pensieri.

“Do'hao! Perchè hai perso i poteri?” ripeté sbuffando. Era davvero un do'hao!

“Oh..giusto...” balbettò a disagio. Cosa poteva raccontargli ora? Non poteva certo dirgli al verità!

“Non hai mai sentito parlare del 'tabù degli ibridi'?” spiegò sospirando. Avrebbe inventato qualcosa...o almeno avrebbe modificato la versione originale.

“Tabù degli ibridi? No mai” ammise scotendo il capo.

“Meglio così...” borbottò sollevato.

“Cosa?” Chiese Rukawa che non aveva udito il sospiro impercettibile del compagno.

“No, nulla... Il..'Tabù' è..” Hanamichi provò a parlare, ma tutto ad un tratto sentì la testa pulsare dolorosamente come se nel suo capo ci fossero centinaia di tamburi. Si portò una mano al capo chiudendo gli occhi nel tentativo di fermare il vorticare della stanza e l'ondata di nausea che l'aveva sopraffatto.

“Io...” gemette premendosi la mano sulle tempia.

“Ehi! Do'hao...” sussurrò preoccupato alzandosi dal bordo del letto dove era seduto, chinandosi su Hanamichi afferrandolo per le spalle.

“Mi sento.. male...” ansimò spalancando gli occhi dalla pupilla dilatata, inarcandosi violentemente dal dolore. I suoi occhi appannati incontrarono due iridi blu terrorizzate e, se possibile, Hanamichi sbarrò maggiormente gli occhi.

Non sentiva nulla, solo il suo corpo pervaso dalle fiamme e il rimbombo del cuore nelle orecchie.

I polmoni bruciavano troppo, non riusciva a respirare, come se un macigno fosse stato gettato sul suo petto impedendogli di dissetarsi d'aria.

Vedeva a fatica quella bocca carnosa e pallida a pochi centimetri dal suo volto pronunciare concitatamente qualcosa, ma lui stava male, non vedeva bene.

Tutto sfumò in sbarluccicanti lucciole fluorescenti, prima che il suo mondo tornasse nero e lui cadesse nuovamente nell'oblio dell'incoscienza.

“Merda!” Rukawa sbottò con tutta la sua furia quando vide gli occhi del rossino spegnersi e venire velati dalle pesanti palpebre.

Non sapeva cosa era successo, ma qualcosa gli diceva che centravano ancora quelle dannate pallottole.

Anche nell'oscurità della sala lo aveva visto sbiancare velocemente e annaspare in cerca di aria.

Si era spaventato e l'unica cosa che era stato in grado di dirgli era di respirare e di stare tranquillo.

Non era più molto sicuro che tra i due il do'hao fosse Sakuragi!

Non era nemmeno sicuro che l'altro avesse udito le sue parole.

“Dannazione!” si sfogò sibilando passandosi nervosamente una mano tra i capelli. Aveva passato la mattina a medicare il do'hao e estrarre le pallottole. Non era conciato bene. La crivellata di colpi lo aveva centrato in pieno e entrambe le ali erano state ferite, per un po', non avrebbe potuto volare. Per quanto riguardava l'ala destra, bene o male, a parte il colore delle piume, era come le sue quindi sapeva come curarle. Il problema era quella sinistra.

Praticamente era un ala di pipistrello!

Lui non aveva mai curato un pipistrello!

Aveva un buco causato dalla pallottola, ma non usciva sangue, sembrava più che altro un foro in una tela nera.

Ma che razza di ala era quella!

Si sentì un verme a pensarlo.

Sakuragi non doveva avere avuto vita facile in quella situazione.

Si sentiva doppiamente un verme.

Gli aveva sempre dato dell'idiota senza sapere nulla del suo passato e di ciò che aveva vissuto. Lo aveva sempre considerato uno stupido, ed era l'unica cosa che non meritava.

“Dannazione..” ripeté guardando Hanamichi che, anche se privo di sensi, aveva sul volto un espressione sofferente che rigava il volto pallido.

Il suo corpo scosso da forti tremiti, il respiro affannoso e spezzato a sollevare sconnessamente il petto.

La pelle bollente e rigata di piccoli ruscelli di sudore.

Rukawa posò una mano sulla fronte del rossino scostando le ciocche umide per sentire la temperatura: purtroppo, come temeva, Hanamichi aveva la febbre.

Era evidente che nonostante la sua celerità nell'estrarre le pallottole, il liquido rilasciato in precedenza stava già facendo effetto e per quello, purtroppo, non poteva fare altro che attendere.

“Prevedo un lunga notte...” sbuffò rassegnato a non chiudere occhio.

Sul suo volto comparse un piccolo sorriso: se solo ieri gli avessero detto che avrebbe passato la notte a vegliare su Sakuragi che stava male, probabilmente si sarebbe messo a ridere ed invece ora non solo si occupava di lui, ma era preoccupato.

Anzi, non preoccupato, la parola giusta era terrorizzato: terrorizzato che potesse non farcela, terrorizzato che soffrisse troppo, terrorizzato dal fatto che non avrebbe mai potuto guarire, terrorizzato che...

...qualcosa o qualcuno avesse potuto portarglielo via.

Scosse la testa, non era quello il momento di pensare a quelle cose.

Si disse che pensava così di Hanamichi perchè aveva scoperto un altro tiensen: erano in così pochi, ormai.

Si sentiva così perchè aveva trovato qualcuno di vicino a lui.

Solo questo.

Unicamente questo.

“Avanti Hana... ce la puoi fare.” sussurrò accarezzando la fronte bollente del ragazzo.

Continua….

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** Tiensen- capitolo III ***


Gigolò

 

Tiensen

III

 

Il sole ferì con le sue lame di luce gli occhi di Hanamichi che mugugnò infastidito. Strano, era sicuro che Rukawa avesse chiuso le imposte...

Quel pensiero sfiorò appena la sua mente appannata dal sonno.

Le maglie vischiose in cui Morfeo lo aveva imprigionato lo richiamavano a sé, intrappolando nelle sua fitta rete la lucidità che avrebbe permesso a Sakuragi di mettere a fuoco la situazione.

Era stranamente stordito, la mente annebbiata, le membra insonnolite.

Parole senza senso e immagini balenavano a scatti nella sua testa scomparendo nell'oblio senza che lui riuscisse ad acchiapparne alcuna. Rukawa?Cosa centrava Rukawa?

Gli facevano male le ali...

Realizzò distrattamente.

Perchè le ali erano libere?

Mugugnò sofferente agitandosi a disagio.

Uomini in nero.

Volevano lui.

Aveva spalancato le ali.

Cercava di fuggire.

Ma poi... Era accaduto qualcosa. Rukawa e i suoi occhi blu...I suoi poteri dileguati.

Il nero.

Nero?

Sì. Nero.

Come i capelli del volpino.

Come il buio che l'aveva avvolto.

Come... le ali di Rukawa.

Ali?

Si. Ali.

Ali nere.

Un Tiensen come lui.

No.

Più forte.

E ancora nero.

“Hai mai sentito parlare del ' Tabù degli Ibridi '?”

“Tabù degli Ibridi? No, mai.”Dolore.

Tanto dolore.

Forte e intossicante.

E ancora buio.

Spalancò gli occhi di scatto. Le maglie del sonno totalmente lacerate dalla sequela di immagini e sensazioni che lo avevano portato a ricordarsi ogni cosa.

Gemette senza riuscire a impedirlo, quando, alzando di scatto la testa fitte lancinanti lo avevano scosso.

Fece ricadere stancamente il capo sul cuscino sospirando esausto.

Era uno di quei momenti in cui la sua natura Ibrida gli dava sui nervi!

Se fosse stato puro a quest'ora le sue ferite sarebbero praticamente guarite.

E invece chissà per quanto avrebbe agonizzato.

Dopotutto, però, non poteva lamentarsi troppo: sarebbe comunque guarito prima di qualsiasi essere umano.

Sbuffò ancora passandosi una mano tra i capelli.

Era nei guai.

In enormi guai.

Da solo con Rukawa, a casa di Rukawa, per giunta.

Non poteva neppure muoversi.

Perfetto!

Non sarebbe riuscito a mantenere il segreto per molto.

Lui, poi, era un pessimo mentitore.

Lo beccavano subito.

E di Rukawa, si poteva dire che era mezzo addormentato, ma stupido, no.

E certamente, anche se il volpino non era loquace, non poteva certo pretendere che non gli facesse domande!

“Ma quanto sono cretino!!” sbottò passandosi le mani in faccia.

Sospirò per l'ennesima volta guardandosi intorno, la sera prima non aveva avuto modo di osservare l'arredamento della stanza: era una piccola camera di quella che sembrava una baita, dato che era interamente in legno. Accanto al suo letto. appoggiata alla parete all'angolo, si trovava una sedia di legno scuro piuttosto grezza, probabilmente era stato Rukawa a portarla lì nottetempo. Accanto alla sedia e, quindi, al letto, vi era un piccolo comodino con una brocca e un bicchiere colmi d'acqua. Sulla parete opposta stava una finestra con le tende bianche aperte che lasciava intravedere un cielo azzurro e un prato verde smeraldo.

L'arredamento della piccola camera si riduceva a questo.”Stai a vedere che ora sbuca Heidi dalla porta...” ironizzò cercando di sdrammatizzare.

Sghignazzò per pochi istanti prima che le sue risa fossero troncate da singhiozzi sempre più crescenti che invano cercava di soffocare. Le mani premute sugli occhi nel vano tentativo di bloccare le lacrime che silenti e implacabili arrossavano la pelle del suo volto con minuscoli ruscelli di acqua salata. Il suo petto si alzava irregolarmente causandogli fitte di dolore puntuali e letali come stilettate.

Tentò senza risultati di ingoiare il magone doloroso che gli ostruiva la gola, che rendeva ogni suo rantolo spezzato un'agonia per il corpo e per l'anima.

Cominciò a tossire causando squarci di dolore al suo ventre, pulsanti come luci intermittenti, costringendolo a tenersi la pancia con entrambe le braccia lanciando indietro la testa. Si ricordò che sul comodino la volpe aveva appoggiato un bicchiere e dell'acqua e con enorme difficoltà, tentando di reprimere i violenti colpi di tosse, si girò sulla destra trovandosi a contatto con le morbide piume della sua ala, ordinatamente ripiegata e fasciata. Allungò con un rantolo il braccio afferrando con mano tremante il bicchiere colmo facendo cadere alcune gocce trasparenti sulla sua pelle pallida. Con difficoltà se lo portò alle labbra secche e screpolate bevendone lunghi sorsi che riaprirono la sua gola ostruita dal magone, sedando, almeno in parte il fuoco di dolore che ardeva nel suo petto. Ansimando per l'enorme sforzo posò malamente il bicchiere sul ripiano lasciandosi poi ricadere sul letto con un rantolo esausto.”Stupido, stupido, stupido! Non devi piangere!” si rimproverò con rabbia e orrore.

“Non devi piangere!” mormorò con un filo di voce coprendosi gli occhi con un braccio. “Gli idioti non piangono. E tu sei il più grande idiota integrale dell'universo...” mormorò con la voce rotta dal magone che nuovamente riaffiorava nella sua gola.

“Perchè tra tutti... proprio lui...”singhiozzò nuovamente in lacrime.

“Non posso stare qui.. non posso... non con lui.” decretò asciugandosi con foga le lacrime sul volto.

“Ok... Ce la puoi fare. “ inspirò profondamente prima di chiudere gli occhi e appoggiare entrambi i palmi delle mani sul materasso. Si fece forza e con enorme sofferenza cercò di tirarsi a sedere facendo leva sulle braccia. Il suo volto contratto dalla fatica e dall’agonia, la dicevano lunga sull'immenso dolore che gli squarciava il petto. Con un grido strozzato riuscì nel suo intento appoggiandosi tremante contro la testiera del letto. Ansimò pesantemente aprendo piano gli occhi aspettando che l'ormai familiare dolore si placasse. Con la mano che vacillava paurosamente si asciugò il gelido sudore che aveva sul volto. Sapendo che, attendendo ancora, forse, non avrebbe più avuto la forza di alzarsi, sfruttò la scarica di adrenalina che la paura gli spediva nel corpo e poggiò i piedi a terra alzandosi di scatto, ignorando stoicamente le varie fitte. Digrignò i denti facendosi forza, cercando di tenersi in equilibrio sulle deboli gambe che sembravano di gelatina. La mano destra era artigliata alla parete di legno e il braccio sinistro stretto attorno al ventre. Nonostante si sforzasse non riusciva a stare in posizione completamente eretta. Il volto improvvisamente sbiancò e un'ondata di nausea lo invase. “Avanti... sei...il tensai...” balbettò cercando di darsi forza. Le lunghe ali abbandonate senza forza dietro la sua schiena toccavano il suolo appesantendolo, ma non poteva ritirarle: erano troppo malconce. Barcollò paurosamente tentando di raggiungere la porta.

Mai era stato così male. Per un momento pensò come si potesse stare peggio di così. Come poteva essere più forte il dolore di un umano? Lui, che da Tiensen aveva i poteri che attenuavano ogni malore, si ritrovava a chiedersi come poteva esserci dolore maggiore.

Ghignò malignamente. Lui era un Ibrido, uno scherzo della natura che la natura stessa disprezzava tessendo per lui ogni possibile punizione per la sua natura impura. Probabilmente maggiore dolore non esisteva, perchè lui come ibrido, soffriva nel peggior modo esistente.

Una fitta più forte della altre gli dilaniò il petto facendogli spalancare la bocca in un muto grido.

Tutt'un tratto sembrava che qualcuno gli avesse tagliato le gambe.

La parete a cui si stava aggrappando disperatamente pareva diventata di ghiaccio liscio, su cui la sua mano non aveva presa.

Si schiantò a terra sulle ginocchia urlando di dolore, le braccia strette in un abbraccio disperato, rannicchiato su se stesso. Il suolo di legno sotto di lui macchiato dalle lacrime.

“Merda...” ansimò con voce strozzata cercando di rialzarsi.

Ma non poté fare altro che ricadere. La nausea lo travolse violenta e inaspettata. Il suo stomaco si contorceva violento, contraendosi e ritorcendosi cercando qualcosa da rigettare fuori.

Ma Hanamichi era a digiuno.

Tuttavia il suo stomaco continuava imperterrito a contrarsi, quasi egli stesso volesse schizzare fuori dalla gola del rosso.

“Non c'è nulla...” parlò incoerentemente “Smettila... non c'è niente...” pregò. Cominciò a tossire convulsamente, quei conati a vuoto gli toglievano il fiato. Artigliò la parete di legno conficcando le unghie nelle travi scure, cercando di ignorare la sua agonia per alzarsi e scappare da quella casa. La porta si spalancò, ma Hanamichi non se ne accorse nemmeno, preso dalle fitte di dolore sordo che lo attraversarono.

Le forze gli mancarono nuovamente mentre il suo corpo ricadeva attratto dalla forza di gravità verso il suolo, decimato di ogni forza. Rukawa lo prese tra le braccia con una violenta imprecazione, impedendogli di cadere.”Sei ammattito?! Vuoi ammazzarti stupido idiota che non sei altro?!” tuonò mentre Hanamichi si aggrappava alla sua maglietta con una morsa disperata.

“Una benda...” rantolò Hanamichi.

“Cosa?” per un momento lo stupore soverchiò la rabbia.”Mi serve... una... benda” ripeté Hanamichi con voce sempre più fievole e forzata. Rukawa superò il momento di stupore sollevandolo tra le braccia e conducendolo a letto. Era pallido, troppo pallido. Questa volta sembrava veramente un cadavere da quanto la sua pelle era bianca.

Ma cosa diavolo credeva di fare alzandosi dal letto?!

“Ti prego... una...benda... non devo vedere...” sospirò debolmente, senza nemmeno avere le energie per parlare mentre Kaede lo posava dolcemente sul letto. Le dita bronzee ancora artigliate alla maglia scura del volpino, quasi avesse il terrore che sparisse. Un gesto incoerente a confronto dei pensieri poco prima fatti che lo volevano lontano da lui.

Gli occhi stancamente chiusi, lo spasmo scompariva piano piano, sopraffatto dalla stanchezza.

Troppo esausto perfino per sentire male, per soffrire.

Dita pallide blandirono le mani congestionate staccandole delicatamente dal tessuto, ormai stropicciato, della maglietta, poggiandole sul letto.

“Riposa ora, do'hao, alla benda, penseremo dopo” disse pacatamente senza tradire la preoccupazione e la delusione che aleggiava nel suo cuore.

“Una benda... promettimi la benda...” gemette Sakuragi spalancando gli occhi vacui senza vederlo realmente.

“Ti prometto la benda, ora riposa, disgraziato” lo rassicurò. Hanamichi, udendo tale risposta, si sentì libero di scivolare in un sonno esausto.

Appena Rukawa vide che Hanamichi si era addormentato di nuovo, si alzò di scatto andando nella stanza attigua chiudendo la porta.

Dopo di che demolì con un calcio rabbioso la sedia di legno che aveva avuto la sfortuna di capitargli accanto.

Kaede era furioso.

Cosa credeva di fare, eh?

Cosa cazzo pensava di fare Hanamichi?!

Scappare! Era evidente che il rossino aveva intenzione di andarsene!

Ma perchè?! Lo odiava così tanto da non sopportare l'idea che fosse lui ad averlo salvato? Che fosse lui a curarlo e ad aiutarlo ora che stava male?

Cosa credeva, che a lui facesse piacere?

Quel do'hao si era fatto scoprire e, per colpa sua, ora sapevano che anche Rukawa era un Tiensen.

Si era scoperto, si era ficcato nei guai per lui e Hanamichi cercava di scappare col rischio di farsi trovare nuovamente.

Era per questo che Rukawa era furioso?

No.

Era una spiegazione credibile.

Eppure non ci credeva neppure lui.

Era più incredibile che a Rukawa non importasse nulla di essere stato scoperto, che lui fosse solo arrabbiato perchè Hanamichi sembrava non curarsi della sua salute. Era grave, forse più grave di quello che sembrava, ma lui si alzava, provava ad andarsene e nemmeno si reggeva in piedi.

Era incredibile, eppure pareva essere quella più vera.

Non era arrabbiato perchè aveva tentato di scappare. Ne era avvilito, addolorato, ma arrabbiato, no, quello no.

Davvero Sakuragi lo odiava così tanto da non voler neppure stare con lui?

Quel pensiero gli fece male.

Era incredibile. Assurdo. Non era possibile.

Ma era vero.

Ma Rukawa scacciò quei pensieri con uno scossone del capo e preferì credere alla versione più probabile, ma meno credibile.

“Cerchiamo questa benda...” cercò di distrarsi setacciando i vari cassetti del suo rifugio alla ricerca di una benda scura da dare al rossino.

Il suo sguardo si posò sui detriti della sedia: un cumulo informe di legna.

“Fantastico...- borbottò sarcasticamente -ne avevo solo due, di sedie...”

****

Hanamichi era sveglio ormai da un po', ma ancora non aveva avuto il coraggio di aprire gli occhi. Avvertiva lo sguardo di Rukawa su di sé, lo sentiva, penetrante e indagatore a chiedersi, probabilmente, come uno stupido do'hao come lui fosse lì, cosa lo avesse spinto a salvarlo.

Sentiva la sua presenza lì accanto, seduto sulla sedia di legno grezzo che ogni tanto cigolava a testimonianza della sua semplice fattura.

Percepiva il suo calore, il suo profumo inebriante, la sua forza.

E non erano i poteri di ibrido a farglieli percepire.

Era inutile negare la realtà, inutile mentire a se stesso. Se anche lo avesse fatto, i suoi poteri avevano un'antitesi tanto incontestabile quanto schiacciante.

Non c'erano cavilli che tenessero.

Così era e così sarebbe stato, inutile rimuginare e cercare di darsi altre spiegazioni.

Forse avrebbe dovuto sentirsi sollevato... Insomma... quella era una delle poche certezze che poteva avere nella vita.

Eppure si sentiva così soffocato. Come se un piccolo sgabuzzino fosse stato costruito attorno a lui senza uscite, senza spiragli né di luce né di salvezza.

In quello sgabuzzino l'aria cominciava a mancare poco alla volta e lui, non aveva vie di scampo.

Poteva dibattersi in quel piccolo stanzino, ma nessuna uscita sarebbe comparsa, né, tanto meno, quelle pareti avrebbero ceduto.

Non poteva scappare.

Ciò a cui era condannato era una lunga ed eterna agonia.

Di tutti, proprio Kaede Rukawa.

Sadica ironia del destino.

No, anzi, sadica ironia della natura.

Ibrido.

Un unica parola che dentro di racchiudeva la condanna di sofferenza eterna.

Stava per rimettersi a piangere, il senso di soffocamento lo invadeva, quella sensazione di claustrofobia che si prova quando sembra che non ci sia scampo.

Non voleva che lo vedesse così.

Eppure ancora avvertiva quelle iridi ipnotiche fisse su di lui.

In quel momento, avrebbe realmente desiderato morire, il giorno prima.

“Per quanto tempo hai intenzione di pensare che io creda che stai veramente dormendo?” chiese bonariamente il volpino.

Hanamichi sorrise imbarazzato.

Una voragine si aprì nel petto, si sentì avvampare ed era certo che era arrossito, o, visto la situazione di salute in cui si trovava, sicuramente aveva preso almeno un po' di colore. Le palpebre fremettero e socchiuse gli occhi, quando Rukawa lo fermò.

“Non aprirli” disse semplicemente “Ho la benda”

Sakuragi sussultò violentemente. Come sapeva della benda?!

Voleva dire che lui... che lui..sapeva.

Il cubicolo in cui aveva la sensazione di essere sembrava essersi stretto maggiormente. Non respirava, si sentiva male. Ansimava pesantemente.

“Ehi! Che hai, stai male?!” scattò Rukawa preoccupato.

“Come sai... come fai a sapere... della benda?!” ansimò disperato aprendo gli occhi, impallidendo più di quanto non lo fosse già.

Rukawa, non sapeva perchè, si affrettò a posare una mano sugli occhi sbarrati di Hanamichi.

Voleva una benda.

Aveva detto che non doveva vedere.

E lui non voleva che stesse male di nuovo.

“Me lo hai detto tu che volevi una benda! Calmati e chiudi gli occhi!” disse cercando di non tradire la nota di ansia che, invece, risuonò chiara nella sua voce.

Il rossino sembrò rilassarsi a quelle parole.

Le dita di Rukawa erano appoggiate sulla sua pelle calda.

Erano fresche, morbide.

Non se ne era mai accorto quando facevano a botte.

Erano fresche. Eppure lui si sentiva accaldare al contatto con la mano del volpino.

Chiuse gli occhi come gli veniva chiesto e sentì le dita diafane abbandonare il suo volto.

“Non mi ricordavo di avertela chiesta...” si giustificò.

“Ce la fai ad alzare la testa? Ti metto la benda.” Hanamichi sentì la sedia scricchiolare segno che Kaede si era alzato dalla sedia di legno. Il profumo della volpe gli invase e inebriò i sensi, sentì il suo calore più vicino.

“C...certo...” balbettò facendo come gli veniva detto.

“Non so perchè ti serve la benda, ma vedi di tenerla su. Non vorrei che mi morissi in casa...” disse bonariamente legandogliela dietro la testa.

Hanamichi non capiva più nulla. Il volpino.. era...praticamente sopra di lui.

Sentiva le mani del ragazzo che sfioravano i suoi capelli nel legargli la fascia.

Avvertiva il suo calore anche attraverso il leggero lenzuolo con cui era coperto.

Il suo respiro.

Sentiva un formicolio sulla pelle nell'avvertire la vicinanza di quel corpo.

“B...baka! I...io sono...un oss..s.so duro...” balbettò paurosamente sentendosi tremendamente in imbarazzo. Era arrossito di nuovo.

Lo sapeva dannazione!

Colpa della sua faccia di pongo!

Si capiva subito cosa gli passava nella testa!

“Che si è fatto ridurre a un colabrodo umano! mmm complimenti” lo punzecchiò Rukawa.

Si deliziò del rossore diffuso sulla faccia di Hanamichi e si domandò che espressione avessero i suoi occhi sotto la benda scura.

Tuttavia il rossino non rispose a parole alla sua provocazione: gli mostrò semplicemente la linguaccia per poi sospirare rumorosamente e tentare di mettersi a sedere.

“Ti do una mano?” chiese Rukawa alzandosi nuovamente dalla sedia.

“No.. grazie... io sto meglio.” lo fermò riuscendo a tirarsi su con un piccolo sforzo.

“I miei poteri cominciano a funzionare di nuovo...” spiegò imbarazzato e, nonostante i suoi occhi erano coperti abbassò il volto.

“Meglio così” Rukawa si strinse nelle spalle in un gesto inutile dato che il compagno non poteva vederlo.

Cadde un pesante silenzio.

Un silenzio troppo pesante, carico di imbarazzo.

Un imbarazzo strano dato che i due giovani avvertivano solo il proprio turbamento, non quello del ragazzo accanto.

Rukawa tutto d'un tratto fu colpito da una folgorazione:

“Devi chiamare casa. I tuoi saranno molto preoccupati. Terrorizzati direi. Le ultime cose che sanno di te è che ti hanno sparato”

Hanamichi emise una risata gutturale scotendo la testa.

Un risata triste, con un altrettanto sorriso amaro sulle labbra.

Kaede non poté impedirsi di sollevare un sopracciglio incuriosito e colpito.

Quella non era una risata da Hanamichi Sakuragi, il do'hao.

Era una risata malinconica.

Da far accapponare la pelle.

“Da quanto sei un Tiensen, Rukawa?” chiese voltando la testa verso di lui. Sempre quel ghigno amaro e quel tono enigmatico, quasi di sfida.

Anche se bendato, sapeva che i suoi occhi d'ambra erano velati di tristezza, come quella volta che di sfuggita, li aveva visti mentre parlava con Yohei, il suo amico.

A quel tempo solo distrattamente si era chiesto cosa fosse successo per renderlo così triste, ma immediatamente aveva accantonato il pensiero.

Ora sentiva quello sguardo trapassare la benda nera e puntarsi su di lui.

“Prego?” chiese alquanto confuso.

“Sei un Tiensen da quando sei nato giusto? Le tue belle ali nere provano che tu sei della razza più pura, la più potente-  si interruppe un attimo sospirando. -Già... che ti importa di Ibridi e Tiensen dalle ali bianche? Non sono problemi che ti toccano e scommetto, che se tua madre o tuo padre te ne parlavano, pensavi solamente al basket- lo rimproverò. -O probabilmente mi stai solo prendendo in giro. Ti diverti da impazzire immagino.” sputò con risentimento.

“Perchè mi rifiuto di credere realmente che tu ignori veramente tutto su gli altri Tiensen!” sbottò furioso.

“Do'hao, io non sto prendendo in giro nessuno. Ti ho detto che è semplicemente il caso che chiami casa ad avvertire i tuoi che, a discapito di quanto stiamo dando ad intendere al resto del mondo, non sei trapassato!.”rispose seccamente Kaede.

Hanamichi abbassò nuovamente il volto. Le mani congestionate a stringere la coperta.

“Le madri degli Ibridi muoiono dandoli alla luce. In ogni caso. Che siano Tiensen o umane, non fa alcuna differenza. Mia madre era un Tiensen dalle ali bianche.” sussurrò con voce triste. Hanamichi benedì quella benda che impediva a Rukawa di vedere i suoi occhi lucidi e colmi di lacrime.

“Io...” Non sapeva cosa dire. Non sapeva nulla di questa storia. Il rossino lo interruppe nuovamente.

“Mio padre l'ha seguita un paio di anni fa. Un infarto. Credo. Gli Ibridi sono errori della natura. Praticamente vengono eliminati tutti coloro che possono diffondere nel mondo questa piaga...” disse con ironica amarezza.

“Non credo sia un caso che mio padre sia morto. Nessun Ibrido che conosco ha ancora il padre. A dire il vero...- aggiunse con voce sempre più fioca e incrinata. -Conosco pochi Ibridi ancora in vita. I più muoiono in tenera età. Alcune volte i poteri demoliscono il loro essere, fino a distruggerli. Altri impazziscono per i sensi di colpa per aver ucciso la madre. Altri ancora si riducono ad allegre frittate volando: colpa delle ali. I pesi sono troppo differenti. Quando credi di aver preso il volo... puff! L'ala destra è troppo stanca, non riesci a coordinarle in modo da distribuire il lavoro e...cadi. Semplicemente cadi. E Kami solo sa quante ossa mi sono rotto...e quanti ne ho visti morire. Tanti invece finiscono come me. Usano i loro poteri per difendersi, per... fare qualsiasi cosa e... Il tabù li colpisce, prima che loro se ne rendano conto, che abbiano il tempo di disperarsi o entusiasmarsi...se ne vanno. - sospirò nuovamente -Ti chiederai perchè ti ho chiesto una benda, cosa è il tabù degli Ibridi…e...te le meriti certe spiegazioni. Mi hai salvato e, bada bene perchè il Tensai non lo ripeterà, ti devo la vita e delle risposte. Hai... rischiato la tua vita, ti sei esposto per salvare me. Ed è per questo che non voglio mentirti. Non lo voglio fare. Per questo ti chiedo di non domandarmi nulla. Non sono ancora pronto per spigare tutto e...”

“Ve bene così.” lo interruppe Rukawa. “Mi dispiace, è vero non so molto degli Ibridi, non so praticamente nulla. Non me ne sono mai interessato troppo. Ma né per menefreghismo né per superiorità, questo te lo garantisco. Semplicemente non pensavo... fossero così 'segnati'.” si giustificò.

“Accidenti... non credevo che Rukawa avesse un gemello. Lui non avrebbe parlato tanto!” commentò tentando di risollevare il morale ad entrambi.

“Do'hao...” borbottò Rukawa.

“Ti devo delle scuse, non avrei dovuto aggredirti così. Probabilmente se anche io fossi un Tiensen puro, non me ne importerebbe molto di Ibridi e affini.” Rukawa inclinò la bocca in un sorriso. Altro gesto inutile.

Forse fu proprio il fatto che Hanamichi non potesse vederlo ad indurlo a tale inconsuetudine.

Si alzò avviandosi verso la porta. Prima di sparire oltre la soglia rispose:

“Se sapevo che saresti diventato così remissivo e tranquillo ti avrei sparato io stesso con quelle pallottole”

“Ehi! Kitsune! Guarda che appena sto meglio ti strozzo!” lo avvertì drizzandosi a sedere di scatto. Mugugnò di dolore portandosi una mano sulle parti lese.

“Tutto ok?” chiese il volpino spostando il peso sul piede sinistro, girandosi verso il compagno cambiando la mano con cui impugnava la maniglia.

Il rossino annuì senza fidarsi delle sua voce.

“Preparo da mangiare, immagino tu abbia fame. Qualche preferenza? Qualcosa di leggero però” lo avvertì.

“Dato che cucini tu, mi accontento di qualcosa di commestibile” biascicò distrattamente con la mano ancora premuta contro il ventre ferito.

Rukawa guardava sempre più preoccupato la mano destra del rossino, quella appoggiata sulle fasciature: tremava troppo per i suoi gusti. Non badò neppure alla frecciatina lanciatagli.

“Do'hao sicuro che va tutto bene?” aveva aggrottato le sopracciglia e i suoi occhi si erano stretti.

Imperterrito, l'Ibrido annuì nuovamente.

“Erano avvelenate immagino...” mormorò.

“Già. Ti è andata bene”

Hanamichi sghignazzò: “Sssii-  miagolò poco convinto. -Più o meno, credo di essere fortunato...” Emise un gemito più forte portandosi anche l'altra mano alla pancia chinandosi in avanti per il dolore.

Rukawa fece un passo per raggiungerlo ma Hanamichi non lo fece proseguire.

“Non ti azzardare Kitsune! Questi sono i crampi per la fame! Quindi fila in cucina e portami qualcosa di commestibile, prima che il mio stomaco decida di scappare dai forellini che mi decorano il corpo e di procacciarsi il cibo da solo!” stabilì.

“Sicuro?” domandò dubbioso.

“Oh insomma! Mica ti davi tanta pena per me quando ci pestavamo! Susu! Fila in cucina Ru! E guai a te se mi hai salvato da proiettili e vivisezione per uccidermi con la tua cucina!” Volse verso di lui la testa con la benda a celare lo sguardo soddisfatto.

“Do'hao...” borbottò Rukawa prima di sparire oltre la porta.

 Continua…

 

 

 

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Capitolo 4
*** Tiensen- capitolo IV ***


tiensen IV

 @_ichigo_85: non devi scusarti! Anzi, grazie per aver commentato!:3 grazie per i complimenti, che bello crogiolarsi in lavori già fatti!XD mi fa piacere che ti fermi a rileggere nonostante tu la conoscessi già. Grazie veramente!:3

@Gojina: non preoccuparti!XD ho letto! E visto che me lo chiedi così non posso non prometterti che quella fic verrà ripresa restaurata e finita!:3 promesso!

@Kirara: muahahah si scopre tutto in sto capitolo!^________^ spero ti piaccia!!

@selene: haooo broccoletto della tundra!!!!!!XDXXD

Tiensen

IV

 

Mangiare gli aveva restituito un bel po' di forze.


Nonché un discreto umore. Doveva ammettere che Rukawa ai fornelli non se la cavava poi così male come aveva sempre immaginato.


Anche se bendato non aveva incontrato poi troppe difficoltà a mangiare. Avevano pranzato in silenzio, lui a letto e Kaede sulla sedia accanto al giaciglio. Unico rumore l'applauso saltuario di posate contro piatti.


“Non ti facevo capace di cucinare. Certo non potrai mai superare il tensai ai fornelli, ma ti concedo il fatto che era discreta!” commentò con la sua solita aria da spaccone.


“Do'hao. Se cucini bene come giochi a basket, mi stupisco che tu non sia morto prima...”


“Come osi?! Io sono un fenomeno a cucinare! Non mi batte nessuno!”

“Certo!” rispose ironicamente Rukawa portando via i piatti.

“Torna subito qui volpe! Non ti permetto di offendermi!!! Io sono imbattibile sia a basket che hai fornelli!”

“Mpf... do'hao...” e sparì oltre la porta. Hanamichi digrignò i denti e poi mostro la linguaccia con tutta la verve che la sua condizione gli concedeva. Si lasciò cadere sui cuscini con uno sbuffo. Rukawa gliene aveva portati parecchi per farlo stare più comodo. Con un gemito soddisfatto si sfilò la benda lasciandola a penzoloni al collo. Gli occhi restarono socchiusi per alcuni attimi, poi Hanamichi sbatté più volte le palpebre per abituarsi a vedere di nuovo.


Si sentiva bene.

E non fisicamente, non solo.

 

Era sereno lì, con Rukawa, senza litigare più di tanto, punzecchiandosi solamente. Una bella baita in mezzo ai monti.


Sì, si sentiva sereno, uno stato di euforia controllata, da cui traeva gioia e pace. I suoi problemi non lo sfioravano più di tanto.

Inspirò a pieni polmoni e questo gli costò qualche saltuaria fitta ma neppure troppo violenta. Stava evidentemente guarendo.

 

Controllò le ali muovendole lievemente per non creare danni. Rispondevano abbastanza prontamente e l'ala sinistra si stava piano piano rimettendo: lì dove c'erano i buchi esangui lasciati dai proiettili si stavano ricostituendo sottili fibre di pelle scura che collegavano le sponde opposte dei fori ricostituendo la sottile membrana.


Quella destra invece doleva ancora. Al contrario dell'ala demoniaca che era quasi priva di terminazioni nervose, quella destra invece ne aveva. In più era mezza spennata.


“Sembra l'ala di un tacchino il giorno del ringraziamento...” borbottò tra se sperando che le piume crescessero in fretta. Aveva sempre tenuto molto alle sue ali, soprattutto a quella destra che gli ricordava le ali della madre che aveva visto solo in fotografia.


Sentì Rukawa entrare nella stanza e si affrettò a rimettersi la benda nera.


“Come vanno le ali?” chiese ricordandosi che quando era entrato lo aveva visto osservarle scrupoloso.


“Mh? Oh! Molto meglio, quella destra sembra quella di un tacchino spennato, ma non è ridotta malissimo. Quella sinistra ormai è quasi completamente guarita. Credo che tra un paio di giorni sarò come nuovo!” diagnosticò stiracchiandosi.


“Mh... meglio così. Ma resterai lo stesso qui” borbottò.


“Come scusa?” chiese perplesso il rossino.


“Tsk! Non vorrai andartene subito dopo guarito? Non mi va di ritrovarti spalmato sul cemento come burro perchè non avevi la forza di volare. E poi bisogna aspettare che le acque si calmino. Ayako mi ha detto che la situazione è complicata a Kanagawa: troppe domande. Lei e gli altri ti salutano e si raccomandano di guarire che servi per il campionato” raccontò con voce atona, quasi annoiata, come suo solito, come se fosse del tutto indifferente a quello che raccontava.


“Ehi! Come sarebbe a dire?! Io non mi spalmo sul cemento! Hai sentito Ayako?!” domandò sinceramente sorpreso.


“Ho dovuto pur dirle che non avevi tirato le cuoia”


“Maledetta volpastra!!! Volevo parlarci io con Ayako! Perchè non me l'hai passata quando le hai telefonato?!”


“Perchè non le ho telefonato. Sono andato a Kanagawa volando, dove credi che abbia preso il tuo pranzo?”


“Ma allora non sai cucinare un bel tubo! Hai comprato tutto già pronto! Volpe imbrogliona!”


“Io non ho mai detto di saper cucinare né, tanto meno, di aver cucinato. E comunque non scaldarti troppo: se ti agiti non guarisci e io rivoglio il mio letto”


“Come sarebbe a dire il tuo letto?!” chiese confuso.


“Quello su cui dormi è il mio letto” spiegò nuovamente.


“E tu dove dormi?” domandò sorpreso.

 

“Sul divano”


“Credevo avessi un altro letto…”


“Questa è una baita rifugio, non una villa! No che non c'è un altro letto!”

 

Sakuragi scoppiò a ridere sinceramente divertito.


“Cioè...” ansimò con le lacrime agli occhi. “Fammi capire bene: il volpastro malefico dorme...su un divano?! Cioè... conosci la differenza tra un divano e un letto...dopo che sei capace di addormentarti sulla bicicletta e sul banco?!” domandò sconquassato dalle risate, piegato in due mentre si teneva lo stomaco indolenzito.


“Cosa c'è da ridere do'hao?!” ringhiò.


“Oddio... questa è da raccontare: la kitsune detentrice di record mondiale di 'indovina dove mi sono appisolato oggi', dopo aver battuto gli acerrimi avversari addormentandosi sul sellino della bici, si lamenta di trovare scomodo il divano e di voler dormire sul letto!' Non so... hai provato a dormire a cavalcioni su un ramo d'albero? Magari sei più a tuo agio!” lo sfotté.


“Il do'hao detentore del record mondiale di 'indovina quanto l'ho sparata grossa oggi' dopo aver stupito il mondo con le sue affermazioni di genialità in uno sport dove fatica a distinguere la sua metà campo, sostiene ancora di essere un Tensai indiscusso dopo che in cinque secondi netti si è fatto ridurre a un colabrodo umano da dei palombari da terra! Non so, prova a fare lo scolapasta, magari ti va meglio.” rispose sarcastico.


“Ah si? Sei una Kitsune presuntuosa e insopportabile! Snob e glaciale!”


“Idiota”


“Stupida volpe malefica!”


“Do'hao mentecatto”


“Esibizionista!”

“Tsk… il modesto”


“Schiappa!”


“Regina dei falli”


“Spompato!”


“Colabrodo”


“Narcolettico”


“Tinto”


“Cosa?” chiese sconcertato.


“Tinto”ripeté Rukawa sbuffando.


“Io non sono tinto!” rimbeccò offeso.


“Si certo!” Rukawa lo punzecchiò volutamente conscio che l'altro non potesse vedere lo sguardo scintillante nei suoi occhi. Voleva divertirsi un po' e il do'hao era assolutamente meraviglioso quando arrossiva. Ovviamente sapeva che Hana non era tinto, ma il suo piano prevedeva che il piccolo do'hao credesse il contrario.


“Non è vero! Io sono rosso naturale!” insistette Hanamichi.


“Non ci credo”


“Come non ci credi! Guarda che sono veramente rossi naturali! Li ho presi dalla mia bisnonna che era irlandese! Sono rossi ti dico! E ne vado molto fiero!” aggiunse.

“Ah si?” domandò ferino.

“Certo!” asserì convinto.

“Voglio una prova.” pretese Rukawa con voce sempre più inquietante e stranamente sensuale, ma lungi dall'Ibrido accorgersene.

“Una prova? E che prova vorresti sentiamo!” sbuffò seccato. Kaede si alzò dalla sedia sedendosi sul letto accanto ad Hanamichi e avvicinandosi con sguardo divertito negli occhi: tanto l'altro non poteva vedere. Non fece caso al fatto che il ragazzo aveva deglutito a vuoto quando aveva avvertito le molle del letto protestare quando Rukawa ci si era seduto sopra.

 

Sentì il suo calore avvicinarsi e inconsciamente si allontanò.


“Togliti i pantaloni...” sussurrò il moretto suadente al suo orecchio. Come aveva previsto, il rossino avvampò sconvolto.

 

 “C..cosa scusa?!” cominciava a stare male. La testa era troppo leggera, o troppo pesante, non riusciva a capirlo. Sentiva un vago senso di nausea e pareva che i suoi polmoni si fossero atrofizzati.


“I pantaloni, levateli” proseguì il moretto.


“I..io...c..cioè... s.. MA SE IMPAZZITO?!” sbottò strappandosi da viva forza dalla svenevole situazione. “MA TI PAIONO COSE DA CHIEDERE?!” urlò sconvolto ansimando per la vergogna.


Rukawa sogghignò soddisfatto alzandosi dal letto e allontanandosi.


“Scherzavo, do'hao...” gli confesso sadicamente.


“Tu?! Scherzavi?! Tu sai scherzare?!?!?!”


Kaede gli rivolse un sorriso molto malizioso che ovviamente sfuggì al rossino ancora in stato di shock profondo.

“Oh ma io, do'hao, so fare un sacco di cose” gli confidò languido prima di uscire dalla stanza.

Hanamichi rimase allibito e senza parole.

Non sapeva semplicemente cosa dire, né, tanto meno, cosa pensare.

Dire che era sconvolto era poco.


Si riprese dopo pochi secondo dall'uscita del volpino, e, giusto per tentare di recuperare i frammenti minuscoli della sua dignità, urlò di rimando: “E NON CHIAMARMI DO'HAO!!!”


Come era prevedibile, non ottenne risposta.


“Oh Kami...” gemette lasciandosi cadere a peso morto sui cuscini. Si coprì il volto bollente con le mani tentando di riportare il viso ad un colorito naturale, senza riuscirci.
Rukawa lo aveva preso in giro!


Non ci poteva credere! Lui moriva d'amore per lui! In tutti i sensi, tra l'altro, e quello stupido volpino diabolico lo prendeva in giro! Non l'aveva mai fatto, ma proprio ora lui doveva imparare a scherzare!


Logico! Assolutamente matematico!


Insomma, era di lui che si stava parlando! Di Hanamichi Sakuragi, colui che molto  probabilmente quando era nato lo con tutto lo sfavore di cui le stelle erano in grado.


“Muoio...giuro che ora muoio, non l'ho fatto crivellato di colpi, ma lo faccio ora per colpa della volpe!” borbottò sconnessamente.


Quando aveva sentito quelle parole dette dal volpino, al suo orecchio, aveva seriamente temuto di svenire di nuovo.

Per un istante aveva avuto il terrore fossero state vere.

Era un pensiero quasi assurdo, lo sapeva, ma aveva veramente avuto paura.


Lo amava e non desiderava cosa più grande al mondo che poter essere ricambiato ma...

Ma in quel momento, l'idea di poter godere dell'affetto del volpino, lo avevano spaventato.

Insomma...non aveva esperienza, non sapeva come bisognava comportarsi.

Non avrebbe saputo cosa dire, cosa fare, come muoversi.

Per quanto si spacciasse per il duro e puro, era un gran insicuro.


Probabilmente aveva corteggiato quelle ragazzine sapendo che gli avrebbero detto di no.

Non lo sapeva neppure lui perchè, ma aveva paura di essere corrisposto.

Si diede dello stupido: Rukawa stava scherzando, era logico che non facesse sul serio. Era matematicamente impossibile che il volpino si innamorasse di lui.

Era in una botte di ferro.

Nonostante ciò, però, appena le parole scherzose di Kaede gli tornavano in mente, non poteva fare a meno di sentire lo stomaco attorcigliarsi e spargere brividi per tutto il corpo.

Mugugnò demoralizzato portandosi le coperte fin sopra il capo e voltandosi verso il muro tentando di riposare un po'.

“Fantastico...” mugugnò sarcastico “mi sono innamorato di lui, e vorrei che mi ricambiasse, ma ho paura che lo faccia! Complimenti Hanamichi! Sei veramente fenomenale!” continuò schernendosi, infierendo su se stesso.

“Che sta mugugnando?” domandò il volpino rientrando nella stanza senza che Hanamichi, troppo preso dalla sua penitenza, se ne accorgesse. A sentire la voce del moretto così vicina, il rossino scattò seduto in preda al panico.

“Hai sentito quello che ho detto?!”domandò con voce stridula.

Ma quanto era idiota!!! Pensava pure a voce altra ora! E per di più il soggetto dei suoi discorsi era il proprietario della casa, il suo acerrimo rivale, il suo amore impossibile, il suo salvatore, tutto in una persona e soprattutto IN QUELLA CASA!

Rukawa alzò un sopracciglio corrucciato.

“No... te l'ha mai detto nessuno che hai le patate in bocca quando parli?” lo prese in giro.

“Oh...” commentò l'altro sollevato “Oh..bhe... si.. a me piacciono le patate...”blaterò arrossendo e volgendo il capo da un'altra parte.

Rukawa incrociò le braccia spostando il peso da un piede all'altro aggrottando la fronte, per poi ghignare in modo malizioso, ovviamente senza che l'altro potesse vederlo:

“Do'hao che stavi facendo per sentirti come un ladro con le mani nel sacco?” lo provocò. Sakuragi sussultò arrossendo all'istante.

“N...Nulla... che avrei dovuto fare?”

“Do'hao... Non stavi mica praticando il fai da te nel mio letto?” infierì fingendosi sospettoso e disgustato.


“Ma che diavolo vai dicendo?” chiese Hanamichi con aria confusa.

 

Rukawa rimase sorpreso dall'ingenuità del giovane, o dalla stupidità, per poi scuotere il capo rassegnato e sogghignare un”Do'hao” tra il divertito e l'esasperato.


“Ehi! Come ti permetti! Sei tu che fai domande strane sul Fai da...” si bloccò improvvisamente conscio, solo ora, della vera domanda del volpino. Il volto avvampò come se fosse stata accesa una miccia.


“MA SEI DEFICENTE?!?!?!?!?” Sbottò imbarazzato. “ M...MA CHE TI SALTA IN MENTE?!?!? IO FARE...NEL TUO LETTO POI?!?!” continuò paonazzo col fiato corto.


“E allora che avevi da sobbalzare?” rimbeccò il volpino.


“N...nulla...” mentì abbassando il capo, ritrovando nuovamente il ruolo di inquisito che Rukawa gli aveva affibbiato negli ultimi due minuti.


“Do'hao...” lo rimproverò bonariamente. Vedendo che dalla testa rossa non giungeva risposta, la sua espressione si aggravò.

 

Hanamichi teneva il capo basso e stringeva le lenzuola in modo quasi disperato.


“Hanamichi...?” azzardò avvicinandosi al letto.


“Io...” cominciò deciso a portare a termine quell'agonia. Con un imput di follia e coraggio decise di vuotare il sacco.


Fortunatamente era quasi guarito e quindi avrebbe potuto andarsene subito dopo la sua confessione.


Non voleva più mentire, vivere nell'ombra. Due giorni da solo con la volpe, e già sapeva che non sarebbe più riuscito a mentirgli.

 

Ogni volta che lo sorprendeva a borbottare, a sospirare… si sarebbe sempre sentito come se stesse facendo qualcosa alle sue spalle.


Rukawa lo aveva salvato e non aveva fatto domande come lui aveva chiesto.


Non voleva e non poteva mentirgli ancora.

Non poteva lasciargli credere che veramente lo odiasse.

Non poteva lasciargli credere che le lacrime versate fossero solo per il dolore fisico, che il suo malessere fosse soltanto corporeo.

“Io... mi stavo solo dando dell'idiota.” soffiò.

“Perchè?” lo incitò Rukawa. Hanamichi sorrise amaramente.

“Vorrei parlare fuori, sul prato, se non ti dispiace.” chiese.

“Va bene” accordò il volpino avvicinandosi a lui e aiutandolo ad alzarsi. Sakuragi scostò le coperte sedendosi senza troppa fatica sul bordo del materasso. Inspirò

profondamente e le ali si ritirarono ubbidienti nel corpo del giovane. Kaede si fece passare il braccio sinistro del rossino attorno al collo aiutandolo ad alzarsi.

In silenzio religioso si diressero verso l'uscita del piccolo rifugio lentamente, per non affaticare troppo l'Ibrido ancora in convalescenza.

Rukawa aprì la porta e finalmente Hanamichi respirò l'aria della montagna, fresca e rarefatta che gli carezzava il viso e il torace coperto solo dalle bende. Prese una possente boccata d'aria rabbrividendo al contatto con l'aria forse troppo fresca.

 

Si sentiva meno i trappola ora.

“Sediamoci lì, poi entro a prenderti una coperta. Non è bene farti prendere freddo.” lo informò Kaede avvertendo il suo tremito.


Hana si sedette aiutato dal compagno che sparì nella baita per pochi secondi, prima che lo risentisse uscire e poggiargli sulle spalle una calda coperta.

“Grazie.” disse solo, aspettando che l'altro si sedesse. Si strinse nella coperta sospirando per poi sfilarsi la benda con movimento lento.

“Ehi..” tentò di fermarlo il volpino. Ma il rosso se la tolse, e, senza guardarlo, gliela restituì fissando il paesaggio di fronte a se.

“Tranquillo” lo rassicurò “Non c'è pericolo, finché non ti guardo negli occhi.” confessò abbassando il capo. Rukawa prese la benda titubante, senza fare domande per quelle parole. Sarebbe stato l'altro a rivelare ogni cosa.


“Ti ho chiesto di non fare domande finché non fossi stato pronto a darti risposte, e non me le hai fatte. Ora voglio darti quelle risposte. Mi hai salvato senza pretendere nulla, hai rischiato la tua vita, ti sei scoperto per me, per uno che ha sempre urlato a tutti di odiarti e che nemmeno tu hai mai apprezzato. Eppure mi hai salvato.” cominciò con lo sguardo incatenato ai monti.


“Non so perchè lo hai fatto, ma te ne sono grato.” abbassò lo sguardo sentendo il peso delle sue parole pressargli sulle spalle.

“Non volevo che mi chiedessi nulla perchè non volevo mentirti, e invece, sono finito col farlo lo stesso.” sussurrò colpevole.

Kaede sollevò un sopracciglio non capendo.

“Non ti ho salvato per avere qualcosa in cambio. Non mi devi nulla. Se non ti va di parlare non ti obbligo a farlo.” spiegò Rukawa ostentando calma e indifferenza, quando, invece, era lungi da lui provare ciò.


“Rispondo alle tue domande perchè voglio farlo, voglio darti le risposti che meriti, voglio...liberarmi” ammise. “Mettila così, egoisticamente parlando voglio liberare la mia coscienza.” aggiunse mesto.

“Ti ascolto.”

“Mi davo dell'idiota in camera, pensavo a voce alta perchè... bhe...sono un'idiota. Ho sempre urlato ai quattro venti che ti odiavo, che non ti sopportavo, e solo ora mi rendo conto che non lo facevo per far rendere conto agli altri di questo, in realtà tentavo di convincere me stesso. Solo col senno di poi me ne sono accorto. Esattamente quando sono stato colpito dai proiettili.- sospirò-  Come sai sono un ibrido. Gli ibridi sono creature maledette dalla natura e hanno quello che comunemente viene chiamato 'Tabù degli ibridi'. Una sorta di marchio, di castigo... La lettera scarlatta degli impuri, il marchio dei pirati per noi mezzosangue, oltre all'ala demoniaca si intende.” si interruppe un attimo a respirare. Ora arrivava la parte difficile: affrontare la matassa di dolore e angoscia che aveva nello stomaco.


“Ho perso i poteri e, di conseguenza, sono stato colpito per colpa del tabù. Il tabù dice che... che gli ibridi.- la voce gli si ruppe in gola. Strinse gli occhi e sputò tutto di un fiato raggomitolandosi nella pesante coperta. -Gli ibridi perdono ogni potere se guardano negli occhi la persona di cui sono innamorati! Io... io ho capito quello che provavo per te quando ti ho fissato negli occhi dall'alto, in cielo. L'avevo sempre nascosto a me stesso, ma non posso ingannare la mia condanna. Ti amo. E non lo dico semplicemente perchè ho perso i poteri. Io… ti amo davvero e mi dispiace di averti ingannato, di avertelo tenuto nascosto ma... avevo paura. Avevo paura che quella sottile sintonia che si era creata si spezzasse, che avresti ripreso ad odiarmi che...mi avessi allontanato del tutto. Perdonami Rukawa...”

continua...

 

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Capitolo 5
*** Tiensen- capitolo V ***


tiensen V

Finalmente l’ultimo capitolo. Credevate me ne fossi dimenticata, vero?! Beh, ci avete preso. Sì me ne ero completamente dimenticata… chiedo venia… la vecchiaia avanza e il mio cervello è sempre stato quello che è… Grazie al cielo almeno era già scritto tutto…>_>


 

 

Tiensen

V

Cadde il silenzio.

Hanamichi teneva gli occhi liquidi fissi di fronte a sé, il volto sprofondato nella coperta stretta attorno al proprio corpo fino al naso.

Attendeva la sua condanna finale.

Kaede non poteva amarlo.

Era una dolorosa realtà.

Lui era bello, perfetto, assolutamente... divino.

Che cosa era lui?

Un impuro ibrido, il do'hao.

Hanamichi.

Era solo Hanamichi, non avrebbe avuto niente da dargli, nulla da offrirgli se non la sua goffa persona.

E poi Kaede non era gay.

Aveva stuoli di ragazzine a seguito, certo, alcune erano brutte come carciofi, ma altre erano belle, dolci.

Che speranze avrebbe avuto il teppista dai capelli rossi?

Era stato rifiutato cinquanta volte. Significherà ben qualcosa questo, no?

Non poteva attendersi altro che un secco rifiuto, stizzite parole di disgusto.

Si pentì subito di aver confessato i proprio sentimenti.

Si sentiva come se gli fosse stata tolta una parte di corazza che lo proteggeva.

Si sentiva insicuro e vulnerabile.

Con un angoscia immensa vide la scena in cui il volpino gli strappava la coperta che gli aveva portato ed entrava in casa chiudendo la porta. sbattendola, il tutto coronato con un disgustato: “ sparisci e non farti più vedere!”

Solo immaginarlo lo distrusse a tal punto che le lacrime cominciarono a scendere veloci e implacabili sul suo volto. Si morse le labbra per non urlare di disperazione.

Non voleva farsi vedere piangere, non voleva che Rukawa lo vedesse in quello stato pietoso.

Si alzò barcollando deciso ad andarsene.

Stava troppo male, una disperazione talmente grande che ogni sua cellula doleva in maniera insostenibile.

Il groppo che aveva in gola era talmente doloroso da far aggiungere lacrime alle lacrime.

Lasciò cadere il plaid al suolo rimanendo ancora in piedi, aspettando una qualche parola da parte del giovane seduto poco lontano.

Ma nessun suono giunse al suo orecchio.

Distrutto totalmente da questa delusione struggente, le sue labbra si mossero piano a pronunciare parole semplice, incurante di come incrinate suonassero.

“Grazie di tutto.” mormorò singhiozzando senza poterselo impedire. “Me ne vado.” lo informò spalancando le ancora deboli ali e spiccando il volo che sapeva lo avrebbe portato poco lontano. Una volta che il suolo si fu allontanato Hanamichi si lasciò andare alle lacrime.

Pianse rischiando di soffocare per i singhiozzi violenti che gli sconquassavano il petto.

Volò, non per molto, le ali stanche e doloranti cedettero dopo pochi minuti.

Con una fitta atroce l'ala destra crollò facendo urlare il rosso.

Ignorò il dolore cercando di planare nella maniera meno brusca, non ottenendo, tuttavia, risultato.

Con un ultimo sforzo, spiegò le ali al massimo usandole per sfruttare le correnti per planare, fallendo.

Precipitò, come un proiettile sparato.

Le fronde degli alberi e i rami aguzzi frenarono malamente la sua caduta.

Era ancora troppo debole, troppo fragile.

Non aveva energie per lottare, non ne aveva la voglia.

Cadeva e non gli importava.

Si abbandonava totalmente alla forza di gravità che maliziosa lo trascinava al suolo.

La sua caduta era ostacolata da perfidi coltri degli abeti che lo ferivano, lo consumavano, lo massacravano.

Sempre più giù fino a strisciare a lungo al suolo, bramoso di raschiare la sua pelle ambrata, assetato delle sue lacrime e del suo sangue.

Sbatté violentemente contro un tronco senza emettere gemito.

Gli occhi vacui svuotati di tutto.

Non aveva voglia di nulla.

Né di piangere né di disperarsi.

Era vuoto, totalmente inanimato.

Per qualche folle istante aveva cullato la speranza che Rukawa lo raggiungesse, salvandolo ancora una volta dal suolo.

Ma non era arrivato nessuno.

Nessun Kaede.

Nessun Lucifero dalle ali nere a salvarlo.

Alla fine, pensò, il destino di un ibrido era sempre e solo uno: orfano, destinato ad un amore impossibile.

Condannato ad una morte in atroci sofferenze.

Nessun sollievo, nessuna gioia.

Solo castighi, per quei figli impuri.

Per quanto avesse lottato per sopravvivere, per quanto avesse stretto i denti e tenuto duro, era stato tutto inutile.

Si era aggrappato alla vita con tutte le sue forze per non rendere il sacrificio dei suoi genitori vano.

E invece, vano, era stato tutto quello che aveva fatto.

Sarebbe morto lì, in quella pineta, col cuore straziato e l'anima in cancrena.

Eppure non gli importava di nulla di ciò.

Il suo ultimo ironico pensiero fu 'Ayako si arrabbierà molto per quello che ho fatto...', poi, per la prima volta, fu felice nel vedere il buio e l'oblio avvolgerlo totalmente.

**************

Rukawa ascoltò quelle parole in silenzio, pensando.

Cosa provava per lui?

Cosa provava per Hanamichi?

Perchè l'aveva salvato?

“Perdonami Rukawa...”

Sussultò a quelle parole.

Hanamichi si scusava.

Si scusava di avergli tenuto nascosto la verità: lo amava.

Ma lui, cosa provava per il rossino?

Sentiva una strana angoscia crescergli dentro.

Cosa provava per lui??

Quale sentimento lo legava al do'hao?

Sentiva di dover fare in fretta, di dover al più presto capire cosa aveva nel cuore.

Doveva fare in fretta a capire per…salvarlo?

Da dove veniva quel pensiero?

Lo aveva già salvato, lo aveva curato per ben quattro giorni.

Eppure averlo lì non gli aveva dato fastidio, anzi...

“Grazie di tutto, me ne vado”

Sussultò.

Hanamichi stava piangendo, i singhiozzi facevano tremare troppo la sua bella voce in genere calda, ora, solo stridula e spezzata.

Kaede si girò verso di lui vedendolo prendere il volo. Si alzò di scatto senza capire cosa lui stesso volesse fare, se non limitarsi a guardarlo mentre si allontanava da lui.

Era la sua ultima occasione, pensò. Eppure non riuscì a muoversi.

E sempre quella stessa premente domanda nella testa: Cosa provo per lui?

Osservò impotente quel puntino allontanarsi sempre di più da lui fino a scomparire dalla sua visuale.

Il cuore gli martellava nel petto senza un motivo preciso.

Se ne era andato, aveva il suo letto, non avrebbe più dovuto darsi pena per il do'hao.

Tutto quello che Sakuragi avrebbe compiuto da quel momento in poi non era più affare suo.

Di fronte ai suoi occhi vorticò trasportata dall'aria una piuma bianca: una piuma delle ali di Hanamichi.

Alzò distrattamente la mano catturando la penna tra le dita sottili, osservandola.

Ripensò a tutto quello che era successo in quei giorni assurdi.

Al momento in cui aveva visto Hanamichi crivellato di colpi, al suo colpo di testa grazie al quale lo aveva salvato.

Rivide la sua sofferenza, i suoi occhi pieni di dolore e angoscia, quello strazio che aveva deturpato i suoi lineamenti.

L'agonia straziante di quel corpo scultoreo, la sofferenza che Hanamichi aveva sopportato in quanto Ibrido.

La sua confessione.

In quei momenti, Rukawa avrebbe tanto voluto fare qualcosa di più per il suo compagno.

Abbracciarlo quando gli raccontava della madre e del padre morti, prendere per se tutta quella pena e quella tristezza, poter anche solo donargli un po' di sollievo...

Tutto questo perchè?

Solo per il suo sorriso?

No, non esattamente.

Lui non faceva tutto quello per UN sorriso o per il SUO sorriso. Lui avrebbe fatto tutto quello per avere la certezza che quei sorrisi fossero la conseguenza della sua felicità, non una maschera per occultare il dolore.

Strinse quella piuma tra le mani con forza.

No.

Non l'avrebbe lasciato andare.

Voleva quel sorriso solo per se. Voleva esserne l'unica causa.

Aveva la risposta.

Perchè aveva fatto tutto ciò per Hana?

Perchè se ne era innamorato...

Spalancò le ali nere come la pece spiccando il volo, viaggiando più veloce che poteva.

Lui era molto più rapido del do'hao, lo avrebbe raggiunto subito.

Sbatteva le ali freneticamente, i suoi occhi abituati all'aria scrutavano indagatori il cielo alla ricerca di Hanamichi, senza vederlo.

“E' debole cazzo!! Non può volare trop...” una folgorazione lo colpì improvvisamente: Hanamichi era debole e...forse non era stato in grado di volare...

“No...” le parole di Hanamichi gli martellavano in testa: “Quando credi di aver preso il volo... puff! L'ala destra è troppo stanca, non riesci a coordinarle in modo da distribuire il lavoro e...cadi. Semplicementi cadi. “

Kaede si abbassò violentemente volando a rasoterra.

“Merda, merda, merda!!!” imprecò. Vide di fronte a se una pineta. Vi si inoltrò schivando agilmente le fronde nemiche.

Si stupì distrattamente della sua prontezza di riflessi.

Ritirava e spiegava le ali per evitare i rami che si intricavano in maniera troppo fitta.

“Dove sei Hana...” mormorò.

Pregò che stesse bene, che la sua lentezza nel capire i suoi sentimenti non fosse costata la vita al suo do'hao.

“Ti prego, ti prego ti prego...” implorò al cielo.

E qualcuno lo ascoltò: vide un corpo ai piedi di un pino, un corpo accasciato scompostamente, martoriato, le ali malconce.

“No!!” ripiegò le ali lasciandosi cadere a terra, inciampando e rischiando di cadere.

I suoi occhi inchiodati a quella creatura dai capelli rossi che giaceva a terra apparentemente senza vita.

“Hana..” gemette raggiungendolo inginocchiandosi con premura accanto a lui.

“Kami no...” implorò voltando delicatamente il rossino.

Il cuore gli faceva male.

Le sue mani tremavano spaventosamente.

I suoi occhi bruciavano.

Non poteva averlo perso ora che aveva capito...

Non poteva averlo veramente lasciato..

“...cadi. Semplicementi cadi.” la sua mente ricordò.

“Dio solo sa quanti ne ho visti morire...” continuò.

Guardò con occhi lucidi il volto graffiato e pallido, i solchi delle lacrime a sfregiare le guance cineree.

“Hanamichi?” lo chiamò piano accarezzandogli il volto con mani gentili.

“Hana? Apri gli occhi piccolo...” implorò facendo poggiar il capo sulle sue ginocchia. Hanamichi rimase in balia dei movimenti del volpino senza reagire, senza aprire gli occhi, senza svegliarsi.

“Avanti do'hao!” urlò, ma il rossino rimase inerme, immobile. Rukawa ruggì aggrappandosi alla disperazione: non poteva lasciarlo morire, Hanamichi non DOVEVA morire, ora che lui...ora che lui lo aveva trovato. Lo prese in braccio come pochi giorni prima correndo verso una piccola radura che sapeva essere poco lontana da li.

“Ru..kawa..?” il volpino si fermò di scatto sentendo il suo nome sussurrato dalla voce del rossino. Abbassò il volto osservando con occhi pieni di stupore il fardello tra le sue braccia. Hanamichi col volto pallido e stanco lo guardava con gli occhi socchiusi debolmente, come se non avesse nemmeno la forza per tenerli aperti. Rukawa si inginocchiò posandolo a terra. Nel suo petto il cuore pareva una grancassa.

“Sei vivo...” ebbe solo la forza di dire. Ora che la paura per la sua incolumità si era dissolta, si sentiva distrutto.

Hanamichi chiuse stancamente gli occhi. La sua mente era ancora confusa e il suo cuore ancora infetto dal dolore.

“Ru...kawa..?” ripetè con voce stanca, scossa.

“Kami sama sei vivo...” ansimò carezzandogli il volto con veemenza, quasi ad accertarsi che fosse veramente reale ciò che vedeva.

Hanamichi gemette di dolore chiudendo gli occhi quando le ferite sul suo corpo gli ricordarono di essere ancora vivo.

Provò a dire qualcosa, a chiedere spiegazioni di cui necessitava assolutamente, disperatamente.

“shh... non parlare, non parlare... chiudi gli occhi e riposa, alle tue ferite penso io...” lo rassicurò Rukawa. Hanamichi voleva replicare, ma si sentiva troppo esausto, troppo stanco. Perse nuovamente i sensi, l'ultima cosa che ricordava era l'erba morbida sotto di lui, e il potere caldo del volpino lenire le sue ferite, e forse, il tepore di quel gesto, avrebbe curato il suo cuore.

Lo accarezzava, come si accarezza la più bella delle creature terrene.

Lo lusingava con le sue mani pallide, come se fosse delicato, come se temesse che le sue dita avrebbero potuto rovinarlo.

Le ferite curate, i graffi assorbiti e gli ematomi sgonfiati. Il suo potere era abbastanza potente da curare semplici ferite come quelle, fortunatamente.

L'unica grande ferita era la sua debolezza. Era ancora troppo presto per tornare a volare e Hanamichi ne pagava le conseguenze.

Lo aveva adagiato sull'erba fresca della piccola radura. Non si era sentito di riportarlo nella baita, meno il rossino stava in aria, meglio era per la sua salute.

E ora vegliava il suo sonno ristoratore, adagiato accanto a lui, stringendolo con le sue braccia, scaldandolo col suo corpo per supplire alla frescura dell'aria di montagna.

Quanti piccoli baci a sfiorare la sua pelle morbida.

Non era come cristallo, né la sua pelle morbida come seta, né pregiato come una bambola di porcellana.

No, quelle futili cose erano fredde e inanimate, prive di anima. Hana era caldo, con un grande cuore e con una forza di vivere brillante come il riverbero del sole sulla sua pelle.

“Ti amo piccolo... perdonami...” sussurrò all'orecchio del dormiente, sperando di donare al sonno del suo piccolo do'hao immagini allegre, diverse da quelle che il suo silenzio di poco prima aveva probabilmente suscitato.

Quanto avrebbe desiderato tornare indietro a recuperare quella coperta abbandonata al suolo e usarla per scaldare il suo corpo reso freddo dalla frescura di montagna.

Prendere quel plaid lasciato cadere come lui aveva fatto cadere le sue speranze.

Scaldarlo con la lana grezza, come il suo amore avrebbe potuto fare con quel cuore.

Ma non aveva coperte li con se, e non voleva muovere Hanamichi.

Accarezzò delicatamente le piume candide dell'ala ripiegata con cura.

Non aveva una coperta, pensò, ma aveva qualcos'altro...

Si inginocchiò accanto al corpo di Hanamichi, inarcando la schiena liberando le ali nere come l'ebano.

Prese il rossino privo di sensi tra le braccia, il corpo mollemente abbandonato lo inteneriva e lo affascinava.

Il suo angelo in balia di un demone.

Avvolse i loro corpi tra le piume scure sdraiandosi poi nuovamente sul prato, intrecciando le gambe con le sue per scaldarlo lì, dove la ali non arrivavano, fece posare il capo rilassato nell'incavo della sua spalla, approfittandone per baciare la chioma rossa.

“Non avrai più freddo piccolo” gli promise chiudendo stancamente gli occhi, deliziandosi con la dolce melodia del suo respiro regolare, del calore della sua pelle, del suo buon profumo.

Cullato da questa serenità scivolò addormento anch'egli, incurante del pericolo di essere visti da qualcuno di sgradito, di essere scoperti.

Aveva lì con se Hana, tutto il resto non contava.

********************************************

Si svegliò senza sapere dove si trovasse, né, tanto meno, cosa fosse accaduto.

Non ricordava cosa fosse successo, l'intorpidimento creato dal sonno rallentava ancora il fluire dei suoi ricordi.

Si sentiva così al sicuro.

Inconsciamente si accoccolò verso quella fonte calda di serenità, incurante di cosa o chi fosse a donargliela.

Non gli importava nulla, in quel momento voleva solo stare in pace.

Ancora con gli occhi chiusi, sospirò beatamente inspirando un profumo famigliare.

Troppo famigliare...

Aprì stancamente gli occhi, punto dal quell'inebriante aroma.

Ancora stordito inquadrò a fatica la pelle nivea su cui poggiava il capo.

“Rukawa...” sussultò riconoscendo il volto divinamente bello del moretto che placidamente dormiva stringendolo tra le braccia e proteggendolo con le grandi e maestosi ali.

“Oh Kami...” ansimò quando i ricordi lo investirono come un fiume in piena. Preso dal panico e dalla confusione ritrasse in fretta le ali e cercò di divincolarsi dalla stretta del volpino continuando a domandarsi: ma cosa sta facendo?! Cosa succede?!

Ma il suo dimenarsi concitato non porto altro risultato se non quello di svegliare Rukawa che, mugugnando, lo strinse maggiormente a se aprendo gli occhi cobalto puntandoli in quelli nocciola del rossino tremendamente angosciati.

“Ti sei svegliato...” constatò premuroso. “Come ti senti?” chiese dolcemente allungando una mano per accarezzare il volto bronzeo, ma Hanamichi si ritrasse di scattò rifiutando la sua carezza.

“Che stai facendo?” domandò con voce tremante il rossino.

Rukawa per tutta risposta ritrasse le ali nere mettendosi a sedere sull'erba e osservando il compagno con sguardo tra il divertito e l'esasperato.

“Ad un occhio inesperto potrebbe sembrare una banalissima partita a rubamazzo con un fungo porcino...” rispose sarcastico.

“Non è divertente.” rimbeccò offeso e sinceramente arrabbiato il numero dieci.

Non poteva comportarsi così! Prima lo rifiutava e poi come se nulla fosse lo stringeva lo coccolava...Kami l'aveva perfino salvato! Di nuovo! Credeva forse che solo perchè lui era Kaede Rukawa potesse permettersi di prendersi gioco di lui così? Di schernire i suoi sentimenti.?

“Ti ho trovato a terra, ai piedi di un albero, più morto che vivo e ti ho curato.”

“E perchè l'hai fatto? Pensavo che di me non te ne importasse più nulla dopo quello che ti ho detto!” lo aggredì furioso per nascondere l'enorme dolore che provava.

“Pensavi male.” rispose con voce tranquilla l'asso dello Shohoku.

“Come scusa?”non era sinceramente sicuro di aver capito molto bene le sue parole...

Ma Rukawa con le parole non era bravo come che con i fatti. Affondò le dita nei serici capelli di Hanamichi troppo sconvolto per reagire e lo baciò. Posò le morbide labbra su quelle del rossino in una tenera lusinga, le accarezzò con la lingua cercando di forzare la bocca carnosa tanto timida quando dolce.

Hanamichi spalancò gli occhi incredulo.

Rukawa lo stava baciando, non ci poteva credere, non ci VOLEVA credere.

E se non fosse altro che un atto di scherno? Se solo si fosse illuso anche solo un attimo e si fosse scoperto che era tutto una presa in giro ne sarebbe morto.

Non voleva soffrire ancora. Si scostò piano da quelle carezza così sensuali e piantò il suo sguardo in quello di Kaede. Non aveva mai abbassato lo sguardo di fronte a nessuno, non lo avrebbe fatto con lui.

“Che stai facendo?” domandò pacato Sakuragi.

“La finale di rubamazzo con una begogna....” ansimò chinandosi nuovamente su di lui, ma anche questa volta Hanamichi si fece negare.

“Smettila! Ti diverti tanto a prenderti gioco di me?!” sbottò.

“Non ti sto prendendo in giro, do'hao.” sospirò.

“Ah no? Io... Io ti confido tutto e tu non fai una piega, anzi, sembri quasi disgustato, precipito e svengo e mi ritrovo te accanto che dopo pochi secondi ci prova con me, io non sono un idiota come credi! Ho una dignità, un orgoglio! Non intendo farmi umiliare così!” urlò alzandosi.

“Posso accettare un tuo rifiuto, farmene una ragione...ma questo, questo è troppo. Non accetterò di essere preso in giro, nemmeno da te.” si voltò e cominciò ad allontanarsi.

“Qualsiasi cosa io faccia, ti ferisco comunque, vero?” quella domanda dal tono amaro bloccò la sua camminata. Non si voltò, ma sentì distintamente la camminata felina di Rukawa che si avvicinava a lui.

“Ho rischiato di perderti per ben due volte.” sussurrò il volpino cingendogli la vita con le braccia “ ed entrambe le volte è capitato perchè sono stato troppo lento a capire quello che volevo. Non succederà ancora.” Il rossino si voltò in quell'abbraccio caldo osservandolo con incredulità negli occhi blu.

“Cosa stai cercando di dirmi....?” balbettò speranzoso per poi aggiungere con un sorriso forzato “ E guai a te se tiri fuori una partita di rubamazzo con chissà chi perchè giuro che ti prendo a testate...”

Le labbra di Kaede si arricciarono in un tenero sorriso prima di sussurrare: “Ti amo, do'hao” suggellando quelle parole con un bacio.

Hanamichi non riusciva a crederci.

Kaede aveva detto proprio 'Ti amo'. Lo aveva chiamato anche do'hao, ma su questo poteva passare sopra.

Poteva crederci?

Ma questo pensiero sfiorò a malapena la sua mente: da quando in qua si fermava a riflettere?

Rukawa si era dichiarato, lo stava baciando, aveva già perso troppo tempo a rimuginare.

Strinse le braccia attorno alla vita del volpino rispondendo impacciato al bacio.

In quell'istante pensò che il cuore si fosse realmente fermato nel suo petto.

Quelle labbra dal sapore così dolce lo stavano cullando come se fosse la creatura più bella del mondo intero, la sua lingua accarezzava la sua con una tale delicatezza che pareva quasi avesse paura di offenderlo.

Le sue mani sprofondate nei suoi capelli rossi. Lo stava trattando come qualcosa di veramente prezioso, a cui realmente teneva.

Questa sensazione gli sciolse il cuore. Lo strinse ancora di più.

Andò incontro alle labbra del suo eterno rivale, lasciando che le proprie venissero succhiate e lambite.

Rukawa si staccò dal compagno lasciando le mani sulle guancie.

Per qualche istante rimase incantano: la sua bocca era così rossa e gli occhi socchiusi e lucidi.

I capelli così sensualmente arruffati e le gote imporporate lo rendevano tremendamente sexy.

 “Sei bellissimo...” sussurrò incantato Kaede per poi tornare a baciarlo.

Un bacio passionale.

Questa volta le labbra del volpino divorarono quelle del compagno, la sua lingua lottò senza fine, si staccavano per brevi istanti riprendendo fiato.

Le mani di Kaede sparivano sotto la maglia mezza sbrindellata del rossino toccando, massaggiando accarezzando tutto ciò che le sue dita erano in grado di raggiungere.

Hana gemeva nella sua bocca, ansimava perchè quelle mani pallide avevano il potere di far vibrare ogni sua cellula, come al comando di una bacchetta magica: lì dove veniva toccato si sprigionavano brividi di piacere.

“Ru…” ansimò quando questi lo spinse sul prato sdraiandosi su di lui. Il moretto separò le sue labbra da quelle del rossino guardandolo negli occhi. Era stupendo con i capelli rosso fuoco in contrasto con l'erba smeraldina, il suo volto arrossato, le labbra gonfie per le sue premure, gli occhi nocciola liquidi.

Abbandonato, sotto di lui, nel petto  avvertiva il cuore palpitare a velocità folle contro il proprio.

“Se non vuoi, io non continuo...” lo rassicurò con voce roca. Hanamichi avvampò circondando il suo collo con le braccia e tirandolo a sé affondando il proprio volto nella spalla del compagno.

“Ti amo...” ripeté. “Ma io... io non ho mai...” Rukawa riuscì a sentirlo arrossire e sorrise dolcemente staccandolo da sé per guardarlo negli occhi insolitamente sfuggenti.

Lo baciò in una casta carezza.

“Sarei onorato di essere il primo” sussurrò accarezzandogli il volto. Il rossino sorrise imbarazzato. “E anche l'unico...” lo avvertì. Il numero dieci lo fisso per poi ridere.

“Primo e unico...” lo rassicurò facendosi baciare, abbandonandosi a quelle mani alabastrine che scoprivano pezzi di pelle bollente.

Le labbra del volpino abbandonarono quelle di Hanamichi cominciando lentamente a suggere la pelle delicata della mandibola, per poi scendere ad assaggiare la consistenza di quella del collo. Le labbra dell'ibrido lasciarono libero un lungo gemito di piacere nell'avvertire la bocca fresca dell'altro solleticargli il collo.

Rukawa, nel frattempo, infilò un ginocchio tra le gambe del compagno che le divaricò istintivamente.

“Dei...” ansimò inarcandosi.

Il timpano di Rukawa fu deliziato a tal punto da quel sospiro di piacere che una serie di brividi lungo percorsero la sua schiena. Con un movimento secco delle mani strappò la stoffa della maglia bianca che indossava Hanamichi, liberando il suo petto dall'indumento ormai inutilizzabile.

“La tua maglietta...” ansimò il rossino.

“Era già rotta” lo tranquillizzò levando anche la propria che andò a posarsi sull'erba verde con un fruscio. Hanamichi poté, finalmente, ammirare il petto candido del moro che si ergeva, inginocchiato su di lui, in tutta la sua maestosa bellezza. E Rukawa calò su di lui, assaggiando la pelle dei pettorali, mordendo, leccando, scendendo sempre più verso il basso.

“Ru...” invocava senza controllo, gli occhi non potevano stare che chiusi, la luce era troppo forte, gli bruciavano...

Le sue dita artigliarono i fili d'erba che gli facevano da giaciglio.

Tutti i suoi sensi erano concentrati nei punti sfiorati da quella lingua impertinente che raccoglieva le piccole gemme di sudore che inevitabilmente si formavano su quella pelle ambrata. Il suo membro pulsava come un secondo cuore nei suoi pantaloni, bramoso di ricevere attenzioni da quel dio alato sopra di lui.

“Kae... ti prego...” implorò il suo carnefice.

“Come vuole il mio do'hao...” sussurrò sul punto che aveva appena leccato. Un gemito ricompensò il suo gesto, questo gli diede il permesso di infilare le sue mani nei pantaloni del ragazzo che prese a dimenarsi inarcando la schiena con un urlo strozzato.

“Sei sensibile...” lo sfottè il moro affondando la lingua nel suo ombelico.

Hanamichi urlò nuovamente spalancando gli occhi quando la mano impertinente infilata saldamente nei suoi boxer impugnò il membro caldo.

Rukawa gli disse qualcosa, ma il rombo del sangue che scorreva come un fiume in piena gli impedì di sentire le sue parole.

Il cuore nel petto martellava impazzito, se non fosse stato così impegnato a godere, avrebbe certamente temuto di morire.

Avvertì il volpino sfilargli delicatamente gli ultimi indumenti rimasti utilizzando solamente una mano dato che l'altra ancora stringeva il sesso pulsante del rossino.

Hanamichi sollevò un braccio portandoselo a coprire il volto mentre il suo respiro andava a trasformarsi sempre più in una serie di rantoli irregolari.

Sentì la mano che lo aveva tanto a lungo tenuto in pugno muoversi lentamente costringendolo a tremare ed ad arcuarsi spingendo di riflesso il bacino l’alto. Rukawa riprese a tempestargli il volto di mille piccoli baci e l'orecchio dell'ibrido di ansiti spezzati.

Sentì a malapena la mano che gli accarezzava i glutei, il dito dispettoso che si intrufolava stuzzicando l'apertura vergine senza mai violarla veramente.

“Kaede....” ansimò ormai perso nel piacere.

Finalmente il dito lo penetrò, ma Hanamichi nemmeno se ne accorse continuando a gemere senza controllo.

Un secondo dito raggiunse il primo strappando ai due un gemito.

Rukawa era basito... il do'hao era così stretto...così caldo...

Se fino a quel momento era riuscito a tenere il controllo nulla gli garantiva di riuscirci anche ora.

Vedere Hanamichi totalmente nudo in sua balia sotto di lui stava mandando letteralmente al massacro il suo autocontrollo. Per non parlare del fatto che il suo corpo era così deliziosamente stretto e bollente. L'idea che tra poco sarebbe entrato in quella guaina di carne fremente lo faceva impazzire.

“Tra poco amore, tra poco” lo rassicurò. Hanamichi lo fissò negli occhi blu e Kaede seppe che, in quell'istante, il suo cuore era fermo. Mai aveva visto gli occhi del do'hao così lucidi e pieni di passione. Le iridi color cioccolato erano screziate d'oro.

“Splendido...” sussurrò sulle labbra gonfie baciandolo con passione riprendendo il suo massaggio al membro duro di Sakuragi. Lo violò con un terzo dito e il rossino si inarcò aggrappandosi alle sue spalle emettendo un gemito non propriamente di piacere.

“Rilassati...” lo rassicurò. Il do'hao annuì cercando di respirare lentamente, chiudendo gli occhi, concentrandosi sul piacere che le mani dell'amato gli donavano, la dolcezza con cui le sue labbra lo lusingavano. Si rilassò e Rukawa prese a muovere le dita con delicatezza strappandogli un ansito.

“Ru...” Rukawa lasciò il membro di Hanamichi che diede voce al suo disappunto con un gemito. Ma Kaede non aveva intenzione di lasciare a metà il lavoro iniziato. Scese, assaggiando i pettorali marmorei. Contro le sue labbra avvertì il battito del cuore del rossino e si soffermò a suggere la pelle particolarmente sensibile in quel punto. Mosse nuovamente le dita dentro di lui e, questa volta, Sakuragi ansimò di piacere.

Riprese il suo cammino verso il basso fino a raggiungere il membro eretto la cui punta era imperlata di tante goccioline bianche. Ne baciò la punta con riverenza facendo urlare il ragazzo sotto di lui. Ne leccò tutta la lunghezza, lo baciò.

Quando capì che il rossino era pronto, sottrasse le dita da lui il quale protestò con un gemito spezzato.

Si sfilò rapidamente i pantaloni per poi stendersi totalmente sul corpo bronzeo dell'amante. Al contatto i due emisero un lungo lamento di piacere.

“Pronto piccolo?” Hanamichi annuì titubante aggrappandosi alle sue spalle, allargando le gambe in modo che Rukawa potesse sistemarsi meglio tra di esse. Ansimarono entrambi pesantemente quando i due membri entrarono in contatto.

Rukawa infilò una mano tra i due corpi prendendo nuovamente a masturbare il compagno, mentre, lentamente, premette la punta del suo membro sul piccolo orifizio. Entrò, dolcemente, allargando poco alla volta quella carne bollente che lo avvolgeva.

Brividi di piacere puro trapassarono le sue ossa.

“Kami...” ansimò tendendosi e stringendo, d'impulso la presa attorno ad Hanamichi facendolo urlare.

Nello stesso istante in cui il numero undici entrò completamente nel calore dell'altro Hanamichi venne inarcandosi con violenza e boccheggiando sconvolto.

Luce.

Fu la prima cosa che percepì entrando in quell'anfratto dal calore intossicante.

Mai si era sentito così completo. Nulla poteva toccarlo in quel momento, tutto era assolutamente perfetto.

L'urlo di Hana che veniva tra di loro corpi lo riscosse dallo sconvolgimento.

Avvertì le mani che gli arpionavano le spalle mollare la presa cadendo sul prato con un fruscio.

Il respiro del rosso farsi sempre più pesante e difficoltoso.

Kaede rimase immobile qualche istante per farlo abituare alla nuova presenza nel suo corpo.

“Tutto...tutto bene...?” si preoccupò con voce paurosamente incrinata.

L'amante annuì senza forze cingendogli nuovamente le spalle. Forte di quel segno il volpino assestò la prima delicata spinta che strappò un urlo di dolore all'amato.

“Andrà meglio...ora...” lo rassicurò spingendo nuovamente sussultando di piacere.

Non sapeva quanto ancora avrebbe resistito.

Affondò nuovamente, con più forza, ricevendo un ansito non certo di dolore dal compagno.

“Fallo ancora...” lo implorò. L'eccitazione di nuovo alle stelle, il sangue tramutato in lava bollente e il desiderio impellente di sentire Kaede muoversi dentro di lui, di completare quel puzzle perfetto che erano i loro corpi.

E Rukawa perse ogni freno.

Prese a spingere con foga sentendo nelle sue orecchie le urla di piacere del rossino che si sovrapponevano alle sue.

E Hanamichi che urlava e si contorceva cercando un contatto ancora più approfondito col corpo del volpino sopra di lui che spingeva aprendolo in due donandogli piacere allo stato puro.

L'ultima violenta spinta lo fece inarcare di scatto, i suoi spolmoni si svuotarono urlando mentre il suo corpo si liberava sul ventre del compagno e i suoi occhi diventavano troppo sensibili alla luce per restare ancora aperti.

Avvertì il seme di Kaede invaderlo, riempirlo, marchiarlo lì dove nessuno sarebbe arrivato mai, decretando l'unione tra i due.

Si accasciarono l'uno sull'altro senza più forze, i respiri concitati che si rincorrevano, i corpi bagnati intrecciati.

Rukawa trovò la forza di sollevarsi e liberare l'ibrido della sua presenza per poi lasciarsi cadere accanto a lui circondandolo con le braccia e baciandone la chioma umida.

“Come ti senti?” domandò premuroso.

“Mai volato tanto alto...” si sentì rispondere in un sussurro. Sorrise a quelle parole baciandogli ancora la fronte.

“Ti amo”

“Anch'io.” cadde di nuovo il silenzio, le parole sostituite dalle carezze.

“Non possiamo restare qui: ci prenderemo una broncopolmonite.” constatò il tiensen dalle ali nere.

“Lo so...”

“Dovremmo alzarci...”

“Già...”

“Prenderemo freddo....”

“Ho sonno Kit...” gemette chiudendo gli occhi e strofinando la guancia sul petto dell'altro.

“Anche io, ma veramente, qui non possiamo stare... Dormiremo a casa...” cercò di convincerlo e di convincersi il volpino. Di alzarsi non aveva la minima voglia. Il rosso sbuffò facendosi forza sulle braccia mettendosi a sedere seguito a ruota dal compagno.

Raccolsero i vestiti di malavoglia infilandoseli pigramente. Hanamichi stava dando le spalle all'amante, quando questi notò dei segni sulla schiena del do'hao, che prima non aveva visto. Vi posò sopra una mano percorrendo le due cicatrici con le dita sentendo il ragazzo fremere sotto le sue carezze.

“Quando te le sei fatte?” volle sapere preoccupato.

Sakuragi si voltò sorridendogli, abbracciandolo e lasciandosi cullare.

“Sono i ricordi dei due interventi...” spiegò.

“Quali interventi?” chiese sempre più allarmato stringendolo con maggiore forza a sé.

“Questa estate, alla schiena.”

“Non sapevo ti avessero operato....”

“Non lo sa nessuno, a parte Anzai, ovvio.”

“Ti ha fatto molto male?”

“Dopo che mi hanno sparato, sinceramente, sembra una bazzecola..” scherzò.

“Ora però stai bene, vero?” Hanamichi annuì contro la sua spalla.

“Perfettamente guarito! Sono il tensai dopotutto” ma queste sue parole non avevano il tono dei suoi soliti sproloqui, un tono dolce, vellutato.

I due si staccarono e Kaede raccolse le due magliette sbrindellate: liberare le ali le aveva rotte praticamente del tutto.

“Mi sa che ce la prendiamo lo stesso la broncopolmonite...” borbottò Hanamichi ricevendo una scrollata di spalle in risposta.

“Basta che ci muoviamo a tornare a casa prima che faccia buio.... a piedi!” specificò quando vide il rossino prepararsi a spiegare le ali.

“Cosa?! Ma ci impiegheremo una vita!” contestò.

“Non se ne parla neanche! Sei troppo debole!”

“No che non lo sono!” ma l'occhiata intransigente dell'altro lo fece capitolare. Forse non aveva tutti i torti. “Uffa...” brontolò incamminandosi.

“Che gusto ci sarà ad avere le ali se tanto non posso usarle, dico io!” Non fece in tempo a girarsi per dire a Kaede di muoversi che, in un turbinio di piume nere il compagno lo sollevò in braccio da terra volando sopra la pineta ad elevata velocità.

“Ehi!!! Non sono invalido!!!” urlò per farsi sentire.

“Zitto e reggiti forte!” Borbottando insulti alle stupidi volpi megalomani Hana si avvinghiò al collo dell'amante lasciandosi cullare dal suono regolare con cui le ali sbattevano e il profumo inebriante del compagno che lo stringeva a se con forza e dolcezza.

Si sentiva protetto, da tutto e da tutti.

Strinse inconsciamente la presa su Kaede pensando a come ora, fosse finalmente felice.

Aveva l'amore della sua volpe, Rukawa lo amava veramente, non gli aveva mentito. Si preoccupava per lui, gli dedicava mille attenzioni e lo guardava come se lui fosse il suo mondo.

E mentre il suo amante sfrecciava nel cielo riportandolo alla baita, si addormentò, con il sorriso sulle labbra pensando al fatto che mai era stato così contento di essere un Ibrido...

FINE

E’ stata un’agonia rivedere sto capitolo…>_> le lemon proprio non riesco ad affrontarle più… Mi sa che non ne scriverò più… o per lo meno, non così’ esplicite… vabbè staremo a vedere! Scusate ancora il ritardo, me ne ero sinceramente dimenticata. Però se può farvi felice… ho ritrovato l’incipit del seguito di questa storia. Quindi magari presto ne vedrete il sequel!XD Buona domenica a tutti!:3

 

Iceriel

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