Il demone e il carillon di hotaru (/viewuser.php?uid=42075)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Due strane melodie inseparabili ***
Capitolo 2: *** Tenebre profonde ***
Capitolo 3: *** Danzare sul mondo per l'eternità ***
Capitolo 1 *** Due strane melodie inseparabili ***
1- Due strane melodie inseparabili
Dato che si tratta di una song-fic, questa storia
andrebbe letta ascoltando “Carillon”
dei Magic Box.
Il demone e il
carillon
Due strane melodie inseparabili
Last night I had a dream
Where I was all alone walking on the street
My carillon and me
Were two inseparable strange melodies
[La scorsa notte ho fatto un sogno
In cui ero tutto solo a camminare per la strada
Il mio carillon ed io
Eravamo due strane melodie inseparabili]
Da piccolo aveva aperto il minuscolo coperchio di velluto che celava il
meccanismo, curioso di conoscerne i segreti più reconditi.
Aveva osservato a lungo il moto delicato delle piastrine di metallo:
urtavano contro le minuscole punte del rullo girevole, producendo le
note di quella continua melodia. Non servivano pile, né
elettricità: bastava caricare il meccanismo, girando la
chiavetta che si trovava sotto il piedistallo, perché lei
continuasse a danzare all’infinito.
Un altro sistema, altrettanto semplice ma ingegnoso, le permetteva di
danzare in eterno sull’acqua, umana ma elegante quanto
l’animale in cui si trasformava.
Ed era allora che il cervello iniziava a pulsare e la bestia a ruggire.
Di norma quella musica lo calmava, riuscendo a sedare il mostro almeno
finché non lo riportava sotto il suo controllo. Quel che non
aveva capito in tempo era che quella cosa si tranquillizzava solo
perché era lei a danzare, per lui e soltanto per lui.
“È bella.”
- Sì, lo è -.
“E affascinante.”
- Già -.
“Trovala.”
Non era in grado di opporsi ai suoi ordini. Non lo era mai stato. Se
voleva qualcosa, lui l’avrebbe messa in pratica senza
discutere.
Specialmente se, per una volta, i loro desideri erano sulla stessa
lunghezza d’onda.
- Mio Dio, Tem, hai letto? -.
- Che cosa? -.
- Stanotte hanno ucciso una ragazza -.
- Come? Stai scherzando? -.
- Magari. Senti qua – Kankuro iniziò a leggere,
mentre la
sorella si sedeva di fronte a lui con la tazza del
caffé in mano – “Ritrovato stamani nella
zona del
porto il corpo di una giovane donna di nazionalità cinese.
Liang
Ten Ten, questo il nome della vittima, era arrivata da Hong Kong su una
nave per il trasporto animali. Stava occupandosi in questi giorni di
uno speciale carico di cigni di un’antica razza cinese,
destinati
ad andare ad adornare i laghetti di ricchi giardini borghesi. La
scientifica ritiene che sia stata strangolata ieri sera in tarda ora,
mentre rientrava da un ultimo controllo ai pregiati animali”
-.
- Fantastico. Ci mancava soltanto un altro pazzo maniaco –
commentò la ragazza, passandosi una mano fra i capelli
scompigliati.
- In realtà non credo sia un maniaco. Qui scrivono che
“dall’autopsia non è risultata alcuna
violenza di
tipo sessuale. Non sono presenti nemmeno tracce di percosse: il corpo
è inviolato, eccezion fatta per i segni intorno al
collo”
-.
- Non l’ha stuprata? – domandò Temari,
piuttosto sorpresa.
Kankuro scosse la testa.
- Anzi, sembra quasi che abbia avuto anche qualche attenzione per lei.
Qui dice che “la ragazza, la cui abituale pettinatura era
costituita da due codini, è stata ritrovata con i capelli
sciolti. La polizia sostiene che sia stato l’assassino, che
le
avrebbe anche lisciato i capelli con le dita”. Pazzesco -.
- Sì, davvero – convenne Temari – Senti,
vado a vedere che fine ha fatto Gaara -.
- Come, è ancora a letto? Di solito a quest’ora
è già sveglio da un pezzo -.
- Lo so anch’io. Per questo vado a vedere -.
Dopo aver bussato, Temari aprì piano la porta della stanza,
non
stupendosi più di tanto quando trovò il fratello
seduto
alla scrivania.
- Gaara, la colazione è pronta -.
- Sì -.
La ragazza lanciò un’occhiata al letto
praticamente
intatto e al pigiama sul cuscino, che sembrava essere stato solo
stropicciato.
- Hai dormito, stanotte? -.
- Ho sognato -.
Temari annuì, anche se quando rispose un impercettibile
sospiro si intrecciò alla sua voce.
- Se hai fame, vieni in cucina. Tra un po’ sparecchio -.
Gaara non diede segno di averla nemmeno sentita, ma la ragazza non vi
badò e uscì dalla stanza.
- Allora? – domandò Kankuro una volta che fu
tornata in cucina, alzando gli occhi dal giornale.
- Credo abbia passato un’altra notte davanti a quel carillon.
Non si è nemmeno cambiato -.
- Quello della mamma? – indagò lui.
- Già -.
- Dopo tutto questo tempo, mi sorprendo che funzioni ancora -.
Temari scrollò le spalle.
- Lo tratta con cura. Credo che, se si rompesse, lo saprebbe perfino
riparare -.
Kankuro non commentò, ripiegando il giornale e portando la
propria tazza nel lavello.
- Beh, è ora che vada -.
- Ti ricordi che oggi ce lo devi accompagnare tu dallo psicologo, non
è vero? – indagò la sorella, alzando un
sopracciglio.
- Sì, sì, tranquilla –
replicò lui, seccato
da tale mancanza di fiducia – L’ho mai dimenticato?
-.
- Non si sa mai – ribatté Temari, aprendo
l’acqua
bollente e gettando la spugna nel lavandino –
C’è
una prima volta per tutto.
Now that I am awake
I’m still feeling the call that I won't forsake
It's an elusive love
That you contain into seven strange notes
[Ora che sono sveglio
Sento ancora il richiamo a cui non rinuncerò
È un amore sfuggente
Che contieni in sette strane note]
Quel candore l’aveva sempre affascinato. Forse
perché
aveva passato insonni migliaia di notti, ma aveva notato che la pelle
della ballerina aveva lo stesso biancore della luna.
Si era chiesto se fosse porcellana, alabastro o anche avorio. Di certo
non plastica dipinta, di questo era sicuro.
Un tempo adorava sfiorarla con le dita, seguendone le linee eleganti
delle braccia alzate, ma ora quasi non osava più. Aveva
paura di
scalfirla, rovinarla, o anche solo danneggiarla col sudore della pelle.
Lui taceva, in quei momenti.
Ammirava le sottili increspature dell’acqua sotto i suoi
piedi
delicati- sui malleoli ancora tracce delle piume candide che si stavano
trasformando.
La splendida creatura che ogni sera si liberava dalla prigionia del
corpo di un mostro.
Se un cigno si poteva definire tale.
- Senti, Gaara – gli disse Kankuro quel pomeriggio, mentre
salivano in auto dopo la seduta – Ti secca se facciamo un
giro
più lungo per tornare a casa? -.
Il fratello si bloccò davanti alla portiera aperta,
guardandolo
con gli occhi acquosi che tanto contrastavano con le profonde occhiaie.
- Non fare quella faccia, vorrei solo andare a trovare
un’amica.
Sta lavorando qui vicino, deve occuparsi dei fiori da piantare lungo il
laghetto nel parco cittadino. Ti ricordi di Ino, vero? -.
- Il laghetto? – chiese lui, senza badare alla domanda.
- Sì, quello col nido dei cigni. Ci andavamo spesso una
volta,
ma forse eri troppo piccolo – Kankuro fece una pausa, mentre
Gaara sembrava cercare quei ricordi nella sua memoria –
Allora?
Che ne dici? -.
Il fratello minore aprì la portiera e si sedette accanto al
posto del conducente.
- Andiamo a casa – disse, come a constatare un dato di fatto.
Kankuro sospirò, ma non ribatté. Avrebbe comunque
incontrato Ino il giorno dopo.
Peccato solo che non sarebbe più stata in grado di respirare.
La pelle poteva essere quella giusta, priva di imperfezioni e candida
al punto giusto. Anche il collo, esile e delicato, aveva
quell’eleganza tipica dei cigni.
Ma il resto era completamente sbagliato. A partire da occhi e capelli-
così disgustosamente solari-
per finire col carattere da oca,
piuttosto che da cigno.
Pensare che lei, quando l’aveva incontrato nei pressi del
laghetto, dopo il primo spavento l’aveva addirittura accolto
con
un sollevato “Oh, sei tu! Com’è che tuo
fratello non
si è fatto vedere, oggi?”.
Un sollievo durato poco.
Quando ebbe finito, lo sentì ringhiare dal profondo.
“Il posto giusto. Il momento giusto.”
Non obiettò. Effettivamente era una nottata splendida.
“Ma un’oca al posto del cigno.”
Aveva ragione anche in questo.
“Gettala dentro. È comunque un uccello acquatico
più dell’altra.”
Prima di obbedire, però, le sciolse i lunghi capelli biondi.
Erano lunghi fino alla cintola, morbidi, ma alla luce lunare apparivano
quasi sbiaditi. Niente a che vedere col meraviglioso nero lucente che
stava cercando.
Pochi secondi dopo, il corpo senza vita di Ino Yamanaka scivolava
dolcemente nell’acqua.
Dato
che questa storia è un’AU, ho voluto caratterizzare
Shukaku più come una “voce” nella testa di Gaara.
Qualcosa che sente perché soffre di una specie di schizofrenia,
e che solo lui riconosce come un demone.
È
stata una bella sorpresa arrivare prima al “90’s
dance contest” indetto da Bambi88 e LalyBlackangel,
anche se alla fine è rimasta solo Laly a fare da giudice.
E
sono
anche contenta di aver vinto il Premio per la miglior Trattazione della
Canzone! Che tra l’altro non conoscevo, e sono rimasta
piacevolmente sorpresa sia dalla musica che dal video. Vi consiglio
davvero di vederlo.
Grazie
alla giudice e complimenti a tutte le partecipanti!
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Capitolo 2 *** Tenebre profonde ***
2- Tenebre profonde
Tenebre
profonde
Last
night I had a dream
Where
I was all alone walking on the street
My
carillon and me
Were
two inseparable strange melodies
[La
scorsa notte ho fatto un sogno
In
cui ero tutto solo a camminare per la strada
Il
mio carillon ed io
Eravamo
due strane melodie inseparabili]
- E Kankuro
come sta? – domandò Sakura dopo un respiro
profondo, tormentandosi gli occhi ancora rossi di pianto.
Temari scosse
la testa.
- Non
è ancora uscito dalla sua camera. Non vuole mangiare,
né parlare con nessuno. Non si perdona soprattutto di non
essere
andato a trovarla il giorno prima che ne rinvenissero il corpo -.
- Avevano un
appuntamento? -.
- No, ma era
da quelle parti con Gaara e avrebbe voluto farci un salto.
Adesso in casa c’è tanto silenzio che mi sembra di
vivere
da sola, invece che con due persone -.
- Beh, nel mio
caso è tutt’altro che un’impressione -.
Temari si
morse la lingua, sentendosi immediatamente in colpa.
- Sakura, mi
spiace. Io… -.
- No, non ti
preoccupare. Sono io, non tu. È solo che ero
talmente abituata a sentirla lamentarsi per ogni singola cosa tranne
che per la terra sotto le unghie, che mi sembra strano avere intorno
tutto questo silenzio… - la voce di Sakura si
incrinò,
minacciando seriamente di spezzarsi ancora – Dio, ci
conoscevamo
da tanto di quel tempo… è stata la mia prima
amica. Non
ci siamo parlate per anni dopo aver litigato per un ragazzo,
ma…
ma non è mai sparita. Sapevo che, se avessi avuto bisogno,
avrei
potuto andare da lei in qualunque momento, malgrado ci fossimo urlate
addosso il giorno prima… -.
Temari non si
era mai reputata una persona sensibile. Per evitare di
offendere senza volerlo, in certe occasioni preferiva rimanere in
silenzio e lasciar sfogare chi aveva davanti. Come in quel momento.
- Ad un certo
punto è venuta voglia a tutte e due di andarcene
di casa, così abbiamo deciso di dividere un appartamento.
Ero
pronta ad interminabili zuffe quotidiane, invece…
invece…
-.
Temari fece
per allungare una mano verso l’amica, quando questa
strinse il pugno e lo batté violentemente sul tavolo.
- Ma
giuro… giuro
che gliela farò pagare a quel
bastardo… chiunque sia… - ringhiò a
denti stretti,
incurante della presenza di qualcun altro.
- Hai
già… scoperto qualcosa? –
domandò
Temari, grata che perlomeno l’amica stesse riuscendo in
qualche
modo a reagire. Per suo fratello sarebbe stato molto più
difficile, lo sentiva.
- Abbiamo
poco, in mano. Pochi elementi, ma molto particolari -.
- Sarebbe a
dire? -.
- Ino
è stata strangolata, ma ha opposto pochissima resistenza.
Come se non avesse avuto nulla da temere, almeno fino al momento in cui
si è ritrovata una mano intorno alla gola. Inoltre non
c’è… - Sakura deglutì,
stringendo gli occhi
per evitare che si inumidissero ancora - … non
c’è
alcuna traccia di violenza sessuale -.
Temari
annuì. Sakura lavorava alla scientifica, come medico
legale, e sottoporre all’autopsia il corpo
dell’amica non
doveva essere stato semplice.
Ma
all’improvviso le venne in mente una cosa.
- Scusa,
ma… non è accaduto lo stesso con la ragazza
cinese uccisa al porto? Come si chiamava…? -.
- Liang Ten
Ten? Sì, lo strangolamento e lo stupro mancato
corrispondono, ma due vittime soltanto sono troppo poche per affermare
con certezza che si tratti di omicidi seriali -.
-
Quindi… - la voce di Temari suonava inorridita, ma si
costrinse a terminare la domanda - … bisogna aspettare la
prossima? -.
Sakura si
lasciò andare contro lo schienale della sedia, stanca
come se quei pochi giorni fossero stati in realtà
vent’anni.
- Esattamente
-.
Se caricava il
meccanismo per un tempo sufficiente e si sedeva sul
letto, stringendo le palpebre, gli sembrava che la ballerina del
carillon facesse molto più che girare su se stessa.
Ballava.
Danzava davvero sull’acqua, felice di essere libera per
un’altra notte.
L’artista
che l’aveva creata l’aveva colta nel
momento appena successivo alla trasformazione: le piume bianche, ancora
visibili attorno alle caviglie, avevano lasciato posto agli splendidi
capelli corvini che le ondeggiavano attorno al corpo.
Gli occhi
così chiari stavano forse riflettendo la luce della
luna sull’acqua, mentre le braccia volteggiavano ancora come
due
esili ali prive di piume.
“Non
credere che quando l’avrai trovata ti libererai di
me.”
Oh, no. Non
avrebbe mai osato pensarlo.
“Ma
stare insieme potrebbe essere più piacevole.”
Forse. Magari
lei avrebbe capito, visto ciò che aveva passato.
Anche se
trasformarsi in un cigno non era nulla. Nulla in confronto alla sua, di maledizione.
Nobody was around
The silence and the
gloom were so profound
I started to explore
But you were the only
one I was looking for
[Intorno non
c’era nessuno
Il silenzio e le
tenebre erano così profondi
Iniziai ad esplorare
Ma tu eri
l’unica che stessi cercando]
Temari era
esasperata. Kankuro parlava ancora a mugugni e borbottii, e
al contrario di Gaara passava a letto metà della giornata.
Non aveva
detto nulla nemmeno quando la sorella gli aveva comunicato
che gli omicidi erano arrivati a tre. Tutti con le stesse
modalità, quindi la polizia aveva iniziato le ricerche di
quello
che era ormai un omicida seriale.
Frustrata
dall’atteggiamento del fratello, che sembrava
totalmente incapace di reagire, si era ritrovata in camera di Gaara.
Aveva
semplicemente voglia di scambiare due parole, anche con qualcuno
che risultava conciso quanto un muro, ma non si sarebbe mai aspettata
che Gaara potesse avere un tale momento di loquacità.
Non che
l’avesse sommersa di chiacchiere- questo mai- ma quando
lei l’aveva trovato per l’ennesima volta a rimirare
quel
vecchio carillon e gli aveva chiesto se ne conoscesse la storia, lui
l’aveva guardata con un vago interesse negli occhi.
- Sai che
apparteneva alla mamma, non è vero? -.
Il fratello
annuì.
- Lei ci
teneva moltissimo. Vuoi che te ne parli? -.
Quando Gaara
assentì di nuovo, Temari fece per cominciare, ma
rimase letteralmente a bocca aperta quando dalle labbra del ragazzo
uscì anche un: - Per favore -.
Stava quasi
per chiedergli di ripetere, quando si accorse che il
fratello era tornato a contemplare la ballerina del carillon, quindi
lasciò perdere.
- A me la
mamma l’ha raccontato quando avevo cinque anni. Ero
piccola, ma me lo ricordo benissimo. Noi abbiamo sempre abitato qui,
mentre invece lei veniva da un luogo desertico dove c’era
spesso
la siccità. Quel posto aveva un certo fascino, specialmente
quando la luce del tramonto era tale che la sabbia sembrava fatta
d’oro, ma la mancanza di vegetazione si faceva sentire.
Non
c’erano laghi né fiumi, nessuno specchio
d’acqua
in cui potersi riflettere. Pochissima pioggia, niente pozzanghere -.
Se Temari
aveva un dono, era quello di riuscire a ricordare alla
perfezione le parole che ascoltava, ed essere capace di riportarle come
se a parlare fosse la persona da cui le aveva udite.
Perfino lui stava in
silenzio.
- Per questo
quando in un negozietto vide quel carillon, non ci
pensò due volte a comprarlo. Aveva quattordici anni, e ne
era
rimasta incantata. Forse perché la ballerina sembrava
danzare
sull’acqua, forse perché riproduceva un balletto
che lei
adorava -.
-
“Il Lago dei Cigni” – disse Gaara.
-
Sì – Temari non avrebbe mai pensato che il
fratello
conoscesse il titolo di un balletto, ma cercò di nascondere
lo
stupore e andò avanti – Il carillon ne suona la
melodia e
la statuetta rappresenta la protagonista… -.
- Odette
– completò il fratello minore.
-
S-sì – confermò Temari, sempre
più sbalordita.
Poi
continuò:
–
Colei che di giorno si trasforma in cigno a causa di un
incantesimo, ma in realtà è una splendida
principessa
– fece una pausa – Figurarsi se non sono tutte
splendide
principesse… -.
- E alla fine
chi prevale? – la interruppe improvvisamente Gaara.
- Come? -.
- Tra il cigno
e la principessa, chi ha la meglio? –
ripeté pazientemente lui, come se da quella risposta
dipendesse
la sua stessa vita – L’animale o l’essere
umano? -.
Il
demone o l’uomo?
-
Io… veramente non so come vada la storia – ammise
la
sorella – Di solito questi balletti russi finiscono sempre in
tragedia… -.
“Non
farti illusioni, non è che trovandola riuscirai a liberarti
di me.”
No, appunto.
Non illudersi era il modo migliore di vivere.
-
Sì, è così – disse Gaara.
Temari
corrugò la fronte. Stava parlando ancora con lei?
Eppure…
eppure se lei c’era riuscita, se avesse capito, se fosse rimasta con
lui… ?
“Tu
credi? Pensi ancora che siamo due entità
distinte?”.
Gaara
ammutolì di colpo, spalancando gli occhi ingigantiti dalle
occhiaie.
“Hai
ucciso per me.
Perché te l’ho detto io.”
- Gaara? -.
“Ma
l’hai fatto anche per te. Per noi. E allora dove comincio io
e dov’è che finisci tu?”
Urlò.
Più ferocemente di quanto avrebbe mai immaginato, impotente.
“Credi
ancora di essere tu l’umano, e io la bestia? Di vedere le
cose come sono, e non come te le mostro io?”
Temari fu un
lampo nell’aprire il cassetto del comodino e tirare fuori un
flaconcino di pillole.
“E
se quella che stai vivendo fosse tutta
un’illusione?”.
Strinse con un
braccio suo fratello all’altezza delle spalle,
costringendolo indietro, mentre la mano libera gli alzava piano il
mento.
- Avanti,
calmati! Se fai così rischio di soffocarti… -
implorò, mentre sentiva quel corpo magro tendersi
all’inverosimile, fino a rischiare di spezzarsi.
Forse quelle
parole funzionarono, perché le urla smisero e
Temari riuscì a far inghiottire qualche calmante ad un Gaara
sconvolto e ansante, completamente sudato.
Quando Kankuro
fece irruzione nella stanza lei lo teneva ancora fra le
braccia, la testa bionda appoggiata a quella rossa del fratello.
-
Tem… - boccheggiò Kankuro, avvicinandosi al letto.
Fu in quel
momento che Temari si accorse di avere il respiro affrettato
e il cuore ancora in tumulto. Si era davvero spaventata, questa volta.
- Ha
avuto… una crisi – spiegò.
- Una crisi?
Dio, quando l’ho sentito mi è venuto un
colpo! – a giudicare dalla sua aria stravolta, doveva essere
vero.
- Avanti,
aiutami a metterlo a letto. Deve riposare -.
Dopo che
l’ebbero fatto sdraiare sotto le coperte e furono usciti
in corridoio, Temari si appoggiò alla porta chiusa.
- Temari, mi
dispiace. Mi rendo conto solo ora di essere stato
più un peso che un aiuto, in questi giorni… -
cominciò Kankuro.
Ma lei scosse
la testa.
- Tranquillo.
Non sei stato un peso, ma un essere umano. Non tutti sono dei carri
armati come me… -.
Sentì
una mano sulla spalla.
- Tu non sei
un carro armato -.
- Dici?
– avrebbe voluto essere sarcastica, ma non ci riusciva.
Ancora un po’ e gli occhi le si sarebbero riempiti di lacrime
– Forse hai ragione… non lo sono… -.
La ragazza
ammutolì in fretta, sotto la sua stretta ferrea. Era
più giovane delle altre e non aveva assolutamente nulla del
cigno, con quei capelli carota e i grandi occhi scuri. Ma in quel
momento non gli importava. Se era come lui, tanto valeva esserlo fino
in fondo.
- Moegi!
Moegi, si può sapere dove sei finita? -.
Forse quei
ragazzi stavano cercando proprio lei. Magari avevano
appuntamento a quell’ora per andare da qualche parte, in un
bar o
in una discoteca.
Si nascose in
fretta, mentre ritrovavano fra le urla il corpo dell’amica.
Azzardò
un’occhiata solo quando fu sicuro di non essere visto, e per
poco non si fece scoprire.
Quegli occhi.
Era lei. Gli
occhi erano gli stessi!
Fu tentato di
uscire allo scoperto e andare a prenderla, ma si
bloccò quando vide che fu la prima a riscuotersi
dall’orrore e chiamare la polizia.
Osservandola
più attentamente, si rese conto di aver quasi
commesso un errore. I gesti, il modo di muoversi e di
camminare…
mostravano una persona agile e sicura di sé, pronta e decisa.
Assolutamente
non delicata. Poco elegante, oltretutto.
Gaara strinse
le labbra, mentre dentro lui
gorgogliava.
Non era lei,
anche se ci andava vicina.
- Fate in
fretta, per favore – stava dicendo col telefono premuto
sull’orecchio, pallida quasi quanto l’amica morta
–
Se volete un nome per essere sicuri che non sia uno scherzo, vi do il
mio. Mi chiamo Hanabi Hyuuga -.
martufella87: beh,
se pensi che la giudice ha definito la mia storia
“cattivissima e perfida”… immagina come
potrà
essere! Mi ha sorpreso che la mia fic ti incuriosisse già
dal
forum, spero davvero che ti piaccia!
chandelora: ecco il
seguito, anche se in fondo l’accenno
Hinata/Gaara è minimo; qualcuno potrebbe anche vederlo come
qualcosa di diverso… a voi l’interpretazione
(quando
comparirà Hinata)!
|
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Capitolo 3 *** Danzare sul mondo per l'eternità ***
3- Danzare sul mondo per l'eternità
Danzare sul mondo per l’eternità
I've never had a dream
Where I was singing that strange melody
My carillon and me
Were dancing on the world for eternity
[Non ho mai fatto un sogno
In cui stessi cantando quella strana melodia
Il mio carillon ed io
Danzavamo sul mondo per l’eternità]
Quando era arrivata la polizia, lui non c’era già più.
Aveva il nome di quella
ragazza, era sufficiente. A casa caricò il carillon ancora e
ancora, riascoltandone la melodia che già conosceva a memoria.
La ballerina danzò
sull’acqua a lungo, con lo stesso dolce movimento che anche sua
madre aveva osservato, tanti anni prima. Un pensiero che gli dava
conforto e faceva tacere qualcun altro.
Anche se solo per poco.
“È vicina.”
Sì. Lo era.
“È vicina.”
La mattina dopo a Kankuro
andò quasi di traverso il caffé, quando vide il fratello
venire in cucina a fare colazione. Alle sette.
Ma sia lui che Temari cercarono di non mostrare la sorpresa, continuando coi soliti discorsi mattutini.
Anche se, a un certo punto, Kankuro si zittì del tutto.
- Ce n’è stato
un altro – disse dopo un po’, stringendo il giornale come
se volesse farlo confessare – Una ragazza più giovane,
stavolta, in giro con i suoi amici. Le modalità sono sempre le
stesse -.
Temari non disse nulla,
togliendo senza farsi vedere la moka col caffé dal tavolo. Non
era il caso che Gaara assumesse della caffeina, non aveva di certo
bisogno di combattere il sonno.
- Com’era quello di cui mi avevi parlato tu? – continuò Kankuro – Chi era la vittima? -.
- La figlia di un noto
ristoratore del centro – rispose lei, andando a prendere un
giornale da una pila sotto la finestra – Tieni, ho conservato il
numero -.
- “Sembra essere la
terza vittima di quello che sta diventando un pericoloso omicida
seriale. Figlia del noto proprietario dell’
“Ichiraku”, la giovane Ayame è stata ritrovata morta
ieri sera nel ristorante del padre al termine di un fastoso ricevimento
che aveva occupato l’intero locale. Dato nientemeno che dal
famoso magnate della finanza Hiashi Hyuuga, in onore della figlia
maggiore. Sembra addirittura che il dolce, preparato dalla stessa
assassinata, avesse la forma di un enorme, elegante cigno in procinto
di spiccare il volo” -.
Kankuro gettò il giornale sul tavolo, disgustato.
- Ma come fanno ad inserire
certi particolari di gossip in articoli di cronaca nera? Sono
ripugnanti, non hanno rispetto per niente e nessuno! -.
Fu solo quando fece per
riprendere la tazza del caffé che si accorse che qualcuno aveva
preso il giornale. Gaara l’aveva aperto alla pagina
dell’articolo, e lo stava studiando come se da esso dipendesse la
sua stessa vita.
Kankuro scambiò uno sguardo allibito con Temari, ma non disse nulla.
Hyuuga.
Hyuuga.
Come aveva fatto a non
pensarci, a non rendersene conto? Si era concentrato su colei che aveva
preparato il dolce, senza pensare che doveva essere per qualcuno.
Per lei.
Quando la ballerina,
terminato lo spettacolo, tornò nel proprio camerino,
trovò la sorella già lì ad aspettarla.
- Hinata, è stato un trionfo! – esclamò entusiasta – Il pubblico sta ancora impazzendo per te! -.
- Non esagerare –
rispose l’altra, togliendo la coroncina bianca dal capo e
sciogliendo i lunghi capelli neri – È lo spettacolo ad
essere meraviglioso, io non gli rendo giustizia -.
- Ma che dici? Se riesci a far entusiasmare persino me, che con il balletto vado d’accordo quanto Neji con i clown! -.
Hinata soffocò una
risata al pensiero di suo cugino alle prese con “quei mostri
impiastricciati da capo a piedi”, come soleva definirli lui.
Poi, toltasi il tutù immacolato, si voltò verso la sorella.
- Hanabi – disse dolcemente – Come stai? -.
- Elettrizzata, te l’ho appena detto. La morte del cigno è stata… -.
- No, Hanabi, sul serio – la interruppe lei, guardandola negli occhi – Ti senti bene? -.
- So a cosa ti riferisci,
ma stai tranquilla – gli occhi erano duri, ma la sua voce tremava
leggermente – Starò bene solo quando prenderanno quel
bastardo -.
Hinata non disse più
nulla, sapendo bene com’era fatta la sorella. Era stata la prima
a chiamare la polizia, l’unica a rimanere per tutto il tempo col
sangue freddo. Ma non stava bene, e lei lo sapeva.
- Neji ci sta aspettando fuori, andiamo a bere qualcosa? – propose la più giovane, riscuotendosi.
- È in macchina? – chiese Hinata.
- Sì, ma ha preso la più sobria e anonima che ci fosse. Non ti riconosceranno, vedrai -.
- Vai tu con lui. Io vi raggiungo a piedi -.
- Ma sei matta? Con quello
che è successo a Moegi? – saltò su la sorella, con
un lampo d’ansia negli occhi.
- Stai tranquilla, la
strada fino al solito locale è più che frequentata.
Andate a prendere i posti, mentre finisco di prepararmi -.
- Guarda che possiamo
aspettarti quanto vuoi, e poi figurati se i camerieri non trovano un
posto per noi! – fece sprezzante, come se uno Hyuuga in piedi ad
aspettare fosse l’ultima cosa che si potesse vedere.
- Hanabi –
ripeté Hinata, dolce ma risoluta – Sono giorni che sono
chiusa in teatro a provare, chiedo solo di prendere un po’
d’aria fresca. Posso? -.
Hanabi sembrò riflettere un momento, prima di dirigersi verso la porta e dire:
- Mandami un messaggio quando esci di qui. Così se entro dieci minuti non sei arrivata chiamiamo la polizia -.
Hinata dovette reprimere un sorriso, anche se sapeva che non c’era nulla da ridere.
- Va bene – disse.
L’aria fresca della sera era ciò che più aveva agognato in quei giorni di prigionia.
Amava ballare, ma la ripetizione costante dei medesimi esercizi durante le prove per uno spettacolo era qualcosa di sfibrante.
Aveva imparato ad allenare
il corpo, quando provava, e a rilasciare poi tutte le emozioni e le
sensazioni durante lo spettacolo vero e proprio. Se durante la
settimana era Hinata a ballare, quella sera era stata Odette stessa.
E qualcuno l’aveva notato.
- Buonasera -.
Si voltò di scatto, sorpresa dalla vicinanza di quella voce.
“È lei.”
- Mi scusi. Non volevo spaventarla, intendevo soltanto farle i complimenti per l’eccellente spettacolo di stasera -.
- Oh… grazie –
rispose lei, sorpresa dall’aspetto insolito del ragazzo che aveva
davanti. I capelli rosso fuoco e gli occhi acquosi contrastavano
notevolmente col pallore della pelle e le occhiaie scure.
Aveva uno sguardo penetrante, ma era abituata a quello del cugino e sapeva che poteva essere solo mera apparenza.
- Ho visto –
continuò il giovane – come alla fine la fanciulla non
è riuscita ad avere il sopravvento sul cigno. È rimasta
prigioniera -.
Hinata lo guardò
più interessata. Solitamente, quando si trattava del balletto,
tutti parlavano solamente dell’amore tra Siegfried e Odette, come
se non ci fosse altro. Qualcuno che si interessasse maggiormente alla
maledizione era un personaggio più unico che raro.
- Io non la vedrei
così – rispose dolcemente – In fondo chi può
dire quale fosse la vera prigionia? Il corpo umano, con le costrizioni
della vita di una principessa, o quello da cigno, libero di volare
ovunque? -.
Era la prima volta che Gaara restava davvero interdetto, la prima volta in una vita intera. Lei stava dicendo che, in fin dei conti, preferiva il cigno alla principessa, l’animale all’essere umano.
“Il demone all’uomo.”
- È un luogo comune
pensare che gli esseri umani abbiano sempre una vita migliore –
ribadì Hinata, quasi amareggiata. Lei ne sapeva qualcosa, di
prigioni dotate di stucchi invece che di sbarre, persino ora che tanti
ostacoli sembrava esserseli lasciati alle spalle.
- Danzerebbe ancora? – domandò improvvisamente Gaara.
Hinata rimase stupita dal repentino cambio di discorso, ma quello strano ragazzo non aveva l’aria di scherzare.
C’era un che di
estremamente serio in quegli occhi color dell’acqua; una nota
quasi disperata che la rese incapace di dire di no.
- Aspetti un momento – disse gentile – Mi lasci solo mandare un messaggio -.
Now that I am awake
I’m still feeling the call that I won't forsake
It's an elusive love
That you contain into seven strange notes
[Ora che sono sveglio
Sento ancora il richiamo a cui non rinuncerò
È un amore sfuggente
Che contieni in sette strane note]
Era una sera parecchio ventosa, che costrinse Temari a fare il giro delle stanze per chiudere tutte le finestre rimaste aperte.
Sia Kankuro che Gaara erano usciti, e in fondo non le dispiaceva avere la casa tutta per sé, una volta tanto.
Quando chiuse con un colpo
secco la finestra della stanza di Gaara, rimase per un po’ a
guardare il cielo scuro spazzato dal vento. In quelle notti le stelle
sembravano splendere di più, soprattutto perché mancava
la presenza ingombrante della luna ad oscurarle.
Voltandosi per uscire, lo
sguardo le cadde sulla scrivania del fratello minore, e l’oggetto
che vi era posato sopra la fece bloccare per un attimo.
Prese la sedia e si
sedette, osservando alla luce del lampione che dalla strada inondava la
stanza quel vecchio carillon appartenuto a sua madre.
Gaara passava ore intere a guardarlo, e in certi momenti le sembrava di capire il perché.
Allungò un dito,
accarezzando piano i capelli e le piume di quella bambolina tanto
delicata. Un cigno in versione umana, che nella realtà non
poteva sicuramente esistere.
In fondo non aveva mai
capito perché i cigni avessero tanta presa
sull’immaginario collettivo. Erano creature bizzose e colleriche,
uccelli che potevano arrivare a correrti dietro starnazzando come una
qualsiasi oca arrabbiata.
“Stava occupandosi in questi giorni di uno speciale carico di cigni…”.
Si bloccò un
istante. Perché le erano venute in mente quelle parole?
D’accordo che quegli articoli di cronaca nera stavano diventando
uno peggio dell’altro, ma…
“Ino Yamanaka stava lavorando alle piante attorno al laghetto dei cigni…”.
Non si mosse. Immobile. Esterrefatta. “No…”.
“Sembra
addirittura che il dolce, preparato dalla stessa assassinata, avesse la
forma di un enorme, elegante cigno…”.
Ma allora… quella ragazzina? Aveva i capelli rossi, cosa c’entrava con i cigni?
“Ma…”
iniziò a dire una vocina nella sua testa “È stato
subito dopo la crisi… potrebbe anche non aver avuto un motivo
preciso…”
- No… no! – suo fratello aveva tanti problemi, d’accordo, ma non era… non era…
Un assassino. No, questo no.
“E allora” continuò la vocina, insistente “Dov’è adesso?”
Gaara non ricordava di essere mai salito sul palcoscenico di un teatro. Mai, in tutta la sua vita.
Ma quella giovane donna che
per strada sembrava tanto impacciata, giunta lì sopra pareva
aver perso tutta la sua goffaggine.
Era tornata nel suo
ambiente naturale, e a quel punto poco importava che non ci fossero
né un lago né la luna nel cielo notturno.
L’orchestra non
c’era; a quell’ora i musicisti erano tornati tutti a casa.
Tuttavia la ragazza attaccò la spina di uno stereo ad una presa
e mise su un CD.
Le note che iniziarono a librarsi, Gaara le conosceva perfettamente.
Non aveva indossato il costume di scena, ma non serviva.
Le braccia; le gambe; i
movimenti del capo: tutto, del suo corpo, la rendeva un cigno con
sembianze umane. I capelli, raccolti in una crocchia veloce, sfuggivano
ad ogni salto, piroetta o arabesque.
La musica si alzava. Potente, inarrestabile.
E all’improvviso fu
come se il lago sorgesse dalle poltrone del teatro, dalle assi stesse
del pavimento; e la luna si stagliava nell’oscurità,
eclissando quell’unico faro acceso.
Danzava. Danzava.
Gaara taceva.
E il demone ribolliva.
“L’hai trovata.”
La ballerina del carillon che aveva preso vita. Chissà cos’avrebbe detto sua madre, se l’avesse vista.
L’essere umano diventava cigno, e l’istante dopo le piume scomparivano sotto i lunghi capelli neri.
Il posto giusto. La persona giusta. Il momento giusto.
All’improvviso gli sembrò che a suonare non fossero le trombe ed i violini, ma le note tintinnanti del carillon.
Forse aveva ragione lei. Forse non era così terribile avere due nature.
Forse un demone non era un mostro, in fin dei conti.
Magari aveva semplicemente sempre visto le cose dalla prospettiva sbagliata.
- Kankuro, hai idea di dove si trovi Gaara? -.
- Non era uscito? -.
- Sì, ma… ti ha detto dove andava? -.
- A me no. Pensavo l’avesse detto a te -.
- Kankuro, maledizione! -.
- Ma… per una volta che esce… si può sapere che succede? -.
Il collo era candido, esile, quasi sinuoso nei movimenti eleganti che imitavano quelli di un cigno.
Le braccia lunghe si muovevano come ali, mentre l’uccello compiva la sua ultima danza.
Il suo ultimo canto, ma muto.
“Prendila.”
Chi era lui per disobbedire?
Si avvicinò piano,
mentre il cigno eseguiva gli ultimi, delicati movimenti. E quando si
accasciò al suolo, morente, i capelli caddero leggeri fino alla
cintola, sciolti dalla passione di quegli ultimi istanti.
A Gaara, che si trovava esattamente dietro di lei, il profumo di quei capelli arrivò intenso e fragrante.
Leggero, ma indimenticabile.
Quegli splendidi capelli
neri nascondevano il collo sottile, ma lui sapeva perfettamente che
c’era, dietro quella cortina color della notte.
Sarebbe bastato scostarli.
Hinata, completamente presa
dalla danza, non aveva fatto più caso a nient’altro. Il
teatro avrebbe potuto prendere fuoco, e lei non se ne sarebbe accorta.
Fu solo dopo la morte del
cigno che ritornò in sé. Ancora seduta a terra, accaldata
e coi capelli sciolti, mormorò piano:
- Dicono che qui finisca ogni cosa. Ma io non lo credo -.
Si voltò,
sorprendendosi un poco nel vedere quello strano ragazzo proprio dietro
di lei, ma non si scompose. Quando ballava sul serio si estraniava da ogni cosa: lui avrebbe potuto chiamarla con un megafono, e forse non l’avrebbe nemmeno sentito.
Arrossì un po’, e non solo per il caldo che sentiva.
- La principessa forse
è morta. Ma la sua anima no: è volata via, sotto forma di
cigno. Continua a vivere, più libera di quanto sia mai stata -.
Non sapeva dove andare, cosa fare, chi chiamare. Lei, che era sempre la prima a prendere in mano la situazione.
Temari si accasciò sulla sedia, davanti alla scrivania, e alzò debolmente lo sguardo sul carillon.
- Mi sto sbagliando. Mi sto
sbagliando – ripeté come un mantra, cercando di
convincersi – È mio fratello. Non posso pensare questo, di
lui. Mi sto sbagliando, non è vero? Non è vero…
mamma? -.
Hinata inclinò piano la testa, incuriosita.
Perché ora quel ragazzo si era seduto di fronte a lei, abbassando il capo ma senza smettere di guardarla negli occhi?
Lì, seduti sulle
assi del palcoscenico, uno davanti all’altra, sembravano due
bambini. Isolati dal resto del mondo: due bambini rimasti soli, che
possono contare soltanto l’uno sull’altra.
Le sembrava che quel
ragazzo le somigliasse, in un certo senso. Vedeva nei suoi occhi il
riflesso di qualcosa di nascosto, che la maggior parte della gente non
sarebbe mai riuscita a vedere.
- Mia madre aveva un carillon con questa musica -.
- Davvero? Ne avevo uno anch’io -.
Gaara alzò la testa, chiedendosi se stesse scherzando. Anche lei…?
- Quando lo si carica, c’è una ballerina che gira, come se danzasse -.
Hinata sorrise piano.
- Nel mio, invece, c’era un cigno con le ali spalancate, in procinto di spiccare il volo -.
Il demone…? Lei aveva il demone?
- Quand’ero piccola, avrei tanto voluto essere al suo posto. Era bellissimo -.
Gaara la scrutò in viso, accorgendosi che stava parlando al passato.
- Perché era? -.
Lei sorrise colpevole.
- Beh, l’ho ascoltato
così tante volte che ad un certo punto il meccanismo si è
inceppato. Le puntine del carillon si sono quasi consumate, e non
c’è stato verso di ripararlo. Avrei voluto tenerlo
comunque, ma la cameriera ha pensato che una cosa rotta fosse da
buttare -.
Gaara raddrizzò la schiena.
- Non l’ho più
trovato – concluse Hinata – E credo sia stato allora che ho
pensato che avrei potuto esserci davvero, al suo posto. Danzare come il
cigno. Spiccare il volo -.
Ed era così che aveva cominciato a ballare, arrivando fin lì.
Quel ragazzo non aveva
più parlato. Tuttavia Hinata aveva l’impressione che
l’avesse non solo ascoltata, ma anche capita.
Non si vedevano orologi, dal punto in cui si trovavano. Quindi potevano essere passati pochi minuti, o forse un’ora.
Dopo un tempo indefinito, Gaara disse:
- Così, sei diventata il carillon -.
Era passato dal “lei” al “tu”, ma nessuno dei due ci fece caso.
Hinata sorrise. Le piaceva, parlare con quel ragazzo.
- Oh, no. Ho deciso di essere io a suonarlo -.
I am a carillonneur and I play the carillon
I am a carillonneur and I play the carillon
Che cosa significa questa storia? A dire il vero, non ne ho la più pallida idea. Però mi piace.
È la prima volta che tratto
Gaara e i suoi fratelli, e sinceramente è così che me li
immagino. Sono talmente realistici che potrebbero esistere davvero, per
quel che mi riguarda.
È una Hinata/Gaara, ma anche
no. Dipende da come la si legge, ma possono essere interpretate anche
come due persone fin troppo simili che si incontrano al momento giusto.
Dato che questa storia sembra piacerle, visto che l’ha messa nei Preferiti, la dedico a eringad. Sperando che le piaccia anche l’ultimo capitolo.
Senza le tue meravigliose fic sul team Suna, questa non sarebbe mai stata scritta; quindi grazie. ^^
Sayaka3DG:
sono contenta che ti piaccia l’impostazione che ho dato alla
storia attraverso la canzone. A dire il vero, prima del contest non la
conoscevo, anche se poi quando l’ho ascoltata mi sembrava di
averla già sentita… Trovo che sia davvero molto
evocativa, e anche il video è così onirico… non si
capisce se sia un sogno o cosa.
martufella87:
sì, quella della “famiglia disastrata” era proprio
l’impressione che volevo dare… che poi è una
famiglia come le altre, a mio parere, solo con certi problemi
particolari a cui far fronte, e che non è facile tenere sotto
controllo. Ne conosco, di situazioni simili, e non è facile.
Nemmeno a me la musica dance piace
molto, ma mi sono fissata su “Carillon” non appena ho letto
il titolo… e quando ho visto il video, era fatta. Le altre
canzoni non le ho praticamente considerate!
Spero che il finale ti sia piaciuto, malgrado rimanga piuttosto aperto. ^^
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