Potter Pan: il Musical-Parodia.

di cri86
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo, Preludio, Proemio o Pilot che dir si voglia ***
Capitolo 2: *** I - Un'idea di Joanne ***



Capitolo 1
*** Prologo, Preludio, Proemio o Pilot che dir si voglia ***


Nota dell'autrice: Una parodia-crossover fra il musical di Peter Pan di Maurizio Colombi, e la saga di Harry Potter... un racconto comico ma scritto con il cuore e che vuole essere il mio omaggio a questo musical e al suo grande cast! La storia si svolge in un futuro immaginario e non meglio precisato in cui i personaggi della saga del maghetto (che, in realtà, dopo aver interpretato i loro "ruoli" nei libri vivono tutti in un castello in Scozia insieme alla loro autrice-manager, la Rowling) rimangono così colpitidal musical di Peter Pan che decidono di metterne su una loro versione... ovviamente in chiave umoristica e per niente seria! XD

Potter Pan; il Musical-Parodia
by cri86

(liberamente ispirato a
"Peter Pan: il Musical"
una produzione Ati Il Sistina, Teatro delle Erbe e Officine Smeraldo
con Manuel Frattini, Claudio Castrogiovanni, Alice Mistroni, Riccardo Peroni
e le musiche di Edoardo Bennato
a cura di Maurizio Colombi, Giovanni Tallon, Arturo Brachetti e Fabrizio Carbon
e alla saga di
"Harry Potter" & co.
© J.K. Rowling, Warner Bros, Bloomsbury e Salani.
Tutti i diritti riservati. Questa parodia non è a scopo di lucro né affiliata in alcun modo con i suddetti)

Prologo, Preludio, Proemio o Pilot che dir si voglia

Gli Inglesi, si sa, amano molto il teatro. Che siano inglesi britannici o americani non fa differenza; i britannici hanno il West End, gli americani Broadway, ma tant’è, la sostanza non cambia.

Anche J. K. Rowling, l’autrice della fortunata saga di Harry Potter, in quanto inglese non faceva eccezione. Ecco perché accettò con tanto entusiasmo, quando alcuni amici la invitarono alla prima di un nuovo Musical che, a sentire la stampa, aveva già sbancato i botteghini di mezza Europa. L’appuntamento era per una bella serata di Maggio, e lo spettacolo (sempre a sentire la stampa) si preannunciava a dir poco strabiliante.

Già il titolo era bastato a incuriosire la fervida mente della Rowling. Si trattava di un adattamento in stile musical di “Peter Pan”, la celebre favola scritta da James Matthew Barrie nel 1904. Magie, voli, fate, pirati, duelli, gli scenari incantati dell’Isola che non c’è, oltre naturalmente al protagonista, il Ragazzo-Che-Non-Voleva-Crescere… tutti elementi narrativi che a lei erano familiari, dopo aver scritto le avventure del suo maghetto occhialuto per più di dieci anni. Praticamente, la “mamma” di Harry Potter non aveva potuto resistere; non dico che avesse proprio contato i giorni che la separavano dalla fatidica prima, però c’era andata molto vicino. In effetti, non l’aveva fatto solo per non essere derisa dai suoi personaggi, che dopo l’uscita di tutti e sette i libri della Saga erano diventati delle vere e proprie star e abitavano con lei in una delle sue multiproprietà in Scozia. Nonostante fossero le sue creazioni, e lei fosse l’Autrice, Harry e compagni non si sentivano affatto in dovere di trattarla con il rispetto che qualsiasi personaggio letterario degno di tal nome avrebbe dovuto riservare al proprio artefice. Anzi, erano piuttosto prepotenti; le facevano ogni sorta di dispetti, la rimbeccavano, pretendevano di leggere la posta dei fan, avevano sempre da ridire su tutto (dai vestiti che lei faceva indossare loro nei libri al colore delle copertine) e, quanto a rispettarla, non ci pensavano proprio. In un paio di occasioni la Rowling si era persino domandata se anche gli altri personaggi letterari fossero così impossibili nei confronti dei loro autori… o se piuttosto non fossero solo i suoi a farla diventare matta. “Ho creato un mostro!”, avrebbe detto il dottor Frankenstein, e J. K. cominciava a capire perché.

Non potendo contare i giorni sul calendario, la Rowling si era quindi ingegnata a ingannare l’attesa cercando notizie dello spettacolo su Internet (il computer in teoria avrebbe dovuto essere proprietà esclusiva di Dudley Dursley, il cugino di Harry, ma J. K. era una donna previdente e aveva preso l’accorgimento di lasciare il frigo aperto tutte le volte che il pc serviva a lei. Invariabilmente, Dudley recepiva il messaggio e spariva in cucina, guidato dal prodigioso radar del suo stomaco. A quel punto, la Rowling poteva accomodarsi alla tastiera con la certezza che il legittimo proprietario non avrebbe sollevato obiezioni. Anche il signor Weasley, il papà di Ron, faceva la corte al computer quando Dudley era “in pausa pranzo”, ma l’Autrice era più veloce e riusciva sempre a pilotarlo verso la porta con l’ordine tassativo e categorico di andare a farsi un giro da qualche parte, “magari a Heathrow”. Nel tempo che ci sarebbe voluto al signor Weasley per smontare l’intero aeroporto e scoprire “come fanno gli aeroplani a star su”, lei avrebbe senz’altro finito di lavorare al computer.)

Aggirati gli ostacoli di Dudley e del signor Weasley, J. K. ne approfittò per setacciare il Web alla ricerca di tutto ciò che fosse riuscita a scovare sul conto di quella promettente pièce teatrale. Apprese così che lo spettacolo era tutto italiano, con un cast eccezionale e degli effetti speciali formidabili. Ogni stagione era stata un clamoroso successo di pubblico, ormai non si contavano più le repliche. Sempre più infervorata, la Rowling visitò i siti Web dei produttori e del cantautore che aveva curato la colonna sonora, spulciò le biografie degli attori, stampò le foto del cast. Arrivò perfino a registrarsi di nascosto su alcuni forum (sotto falso nome, ovviamente; chi li avrebbe sentiti, i suoi agenti, se lei si fosse mostrata a sorpresa in pubblico? Ma soprattutto, chi ci avrebbe creduto??) per leggere le opinioni dei fan che avevano già assistito allo spettacolo. Poi le veementi proteste di Ron, Lumacorno e Grop davanti al frigo vuoto (Dudley aveva appena finito di azzannare l’ultimo muffin rimasto) la costrinsero sul malgrado a staccarsi dalla rete.

Nei giorni che seguirono questa scena si ripeté diverse volte (Ron arrivò a minacciare di chiedere l’affidamento a casa di Jessica Fletcher; da lei, assicurò, se non altro il cibo non mancava). Alla fine, però, giunse la tanto agognata sera della prima a teatro, con gran sollievo di tutti gli interessati (una fra tutti?... J. K. che aveva dovuto riscontrare per l’ennesima volta quanto il carattere dei suoi personaggi potesse peggiorare dopo ogni incursione di Dudley nel frigo. Grop aveva espresso il suo malumore scaraventando la tv dalla finestra – per fortuna che abitavano in campagna e di sotto non stava passando nessuno!!! – e le povere innocenti begonie dell’Autrice non erano più state le stesse dopo che il collerico gigante le aveva calpestate in preda alla rabbia).

Prima di uscire, la donna raccomandò loro di non fare troppo chiasso e soprattutto di non far saltare in aria il maniero in sua assenza. Non si fidava affatto di lasciarli lì da soli, ma che scelta aveva? A teatro con lei non poteva certo portarli; per ospitarli tutti non sarebbe bastato un intero campo di Quidditch, e poi… J. K. stava andando a vedere uno spettacolo, non a metterne in scena uno (naturalmente, se Joanne avesse potuto prevedere il futuro, si sarebbe guardata bene dall’usare quelle parole. Ma del resto la realtà molto spesso può essere più assurda e imprevedibile della fantasia… come lei avrebbe avuto modo di scoprire). Comunque, si consolò pensando che lo spettacolo l’avrebbe distratta dal pensiero del suo castello in mano a quella banda di pazzi; decisamente, aveva bisogno di svagarsi un po’. Fece ancora qualche raccomandazione di rito ai più turbolenti della ghenga (gemelli Weasley e Malandrini in primis), diede un’ultima occhiata malinconica alla sua dimora (chissà se al suo ritorno l’avrebbe ancora trovata in piedi…), prese il soprabito e uscì.

"Alla buon’ora" borbottò Ron, approfittandone per spedire Dudley sul soffitto con un Incantesimo Levicorpus.


La Rowling raggiunse il teatro con discreto anticipo… e meno male, perché davanti alla biglietteria si era già formata una fila pazzesca. Be’, se non altro così riuscirò a confondermi tra la folla senza attirare l’attenzione, pensò. Ormai aveva trascorso tanto di quel tempo sotto i riflettori da temere che la gente la riconoscesse anche quando era in incognito.

Quella sera, per non dare nell'occhio, aveva nascosto i capelli sotto una parrucca con i ricci ossigenati (gentilmente prestatale dal chitarrista delle Sorelle Stravagarie). Indossava un soprabito color salmone lungo fino ai piedi (che in origine era appartenuto a Zia Petunia), stivaloni di pelle alti fino al ginocchio (che invece appartenevano a uno dei gemelli Weasley), guanti di pizzo bianco (che aveva trafugato dall'armadio di Narcissa Malfoy), una sfilza di mantelline e foulards (che un occhio allenato avrebbe potuto riconoscere come quelli di Sibilla Cooman), un bel paio di occhialoni da sole (erano di Dudley) e, dulcis in fundo, una sciarpa per nascondere il viso (nella fretta aveva preso una sciarpa con i colori di Corvonero; inutile dire che i suoi personaggi l'avevano derisa - al grido unanime di "Secchiona! Secchiona! Secchiona!" - finché lei non era riuscita miracolosamente a chiudersi la porta alle spalle). Vestita così era praticamente irriconoscibile... anche se non si può dire che passasse proprio inosservata. Pazienza, si consolò. Se non altro la mia privacy è al sicuro. Nessuno si aspetta che proprio io, J. K. Rowling, mi nasconda dietro un travestimento così strampalat - ehm, umile.

Mentre il suo gruppo aspettava di raggiungere la cassa, lei si allontanò dagli amici per gironzolare intorno alle locandine e curiosare un po’ fra il materiale pubblicitario che il teatro metteva a disposizione. Le piacque particolarmente una locandina doppia, piuttosto bella, che sfumava dal nero all’azzurro; raffigurava un Peter Pan stilizzato davanti alla sagoma della luna e del Big Ben, con in calce i nomi di tutti i protagonisti e di coloro che avevano collaborato al progetto. Poco più in là, una bacheca di vetro proteggeva una serie di articoli tratti da varie pubblicazioni italiane e straniere che avevano dedicato ampio spazio all’evento.

Avrebbe voluto fermarsi a leggere, ma in quel marasma di gente non ci riuscì. Sembrava impossibile che un solo teatro riuscisse a contenere tutte quelle persone; persino J. K., che modestamente se ne intendeva, rimase di stucco davanti a un pubblico così eterogeneo e numeroso. Non mi meraviglia che abbiano fatto il tutto esaurito in mezza Europa… si disse l'Autrice, divertita. Diede un'ultima occhiata alla locandina, e stava già per tornarsene dal suo gruppo quando, in un angolo, scorse un chiosco che vendeva souvenir, gadget e merchadising assortito. Anche il chiosco, come del resto tutto quanto il teatro, era gremito di gente. Alzandosi sulla punta dei piedi per vedere meglio, J. K. riuscì a scorgere sopra il mare di teste un cartello scritto a caratteri cubitali, che annunciava "Il DVD ufficiale del musical, in edizione cofanetto ultra-deluxe con tre dischi, contenuti speciali, copertina doppia, foto gallery, interviste live da tutto il mondo, dietro le quinte e con le firme di tutto quanto il cast impresse su ciascun disco! Occasione irripetibile!”

"In realtà sono tre dischi Blu-Ray, sa" le spiegò una donna, che a poca distanza da lei osservava il chiosco con espressione commossa. "Dei normali DVD non sarebbero mai bastati a contenere tutto quel materiale. Pensi che ci sono pure le testimonianze dei fan di tutto il mondo e le novità introdotte in ogni tourneé. Un disco è dedicato esclusivamente ai video con le apparizioni in tivù del cast, inoltre…"

"E allora come mai sul cartellone si parla di DVD?" obiettò la Rowling, confusa.

"Perché dire ‘il DVD ufficiale’ è tutta un’altra cosa" rispose l’altra, sventolando la mano ingioiellata con un gesto elegante. "Per di più ogni disco sarà collegato in tempo reale con il sito ufficiale da dove si potranno scaricare le ultime novità, le date dei nuovi spettacoli, le raccolte di screensaver, le icone per il desktop… Lo sapeva?"

"Veramente no" ammise l’Autrice. Quindi aggiunse, incuriosita: "Lei deve essere una fan di lunga data, vero? L’ha già comprato, il DVD o Blu-Ray o quello che è?"

"Mio marito sta facendo la coda" rispose quella con un’alzata di spalle. Una frazione di secondo più tardi la raggiunse un uomo che teneva fra le braccia la bellezza di cinquanta cofanetti DVD. "Ah, Filippo, cominciavo a pensare che ti fossi perso" esclamò la moglie, trionfante, aggrappandosi al suo braccio destro e mettendo così a repentaglio l’equilibrio della pila traballante dei DVD. "Vogliamo andare a sederci, mentre aspettiamo?"

"Of course, Elisabetta, cara" rispose il marito, e le fece strada cerimoniosamente attraverso l’atrio.

Elisabetta e Filippo?? pensò la Rowling sbigottita. Sta a vedere che… Non saranno mica… Naaah! Sicuramente non possono essere loro… vero, che non possono? Si girò per dare un’occhiata più da vicino alla coppia, ma quelli erano già scomparsi in mezzo alla fiumana di gente che continuava ad affollare l’atrio.

Un po’ delusa, decise di seguire il loro esempio (ripromettendosi tuttavia di cercare di individuarli una volta in sala) e si accodò diligentemente alle persone in attesa davanti al chiosco. Nel frattempo continuava ad alzarsi in punta di piedi per poter sbirciare sugli scaffali; c’era davvero di tutto, dai tanto agognati cofanetti dvd alle spille, dalle cartoline (che raffiguravano alternativamente Peter Pan e i pirati di Capitan Uncino) al cd-rom con la colonna sonora, dai cappellini alle stelline sbrilluccicanti e luminose. Le ricordarono la Sala Grande di Hogwarts, l’Emporio di Zonko, persino il negozio dei Tiri Vispi Weasley; quest’ultimo si affrettò a scacciarlo dalla mente, perché le bastava pensare ai gemelli per immaginarsi (in termini altamente realistici) il suo castello che esplodeva in una girandola di luci e colori.

Alla fine giunse anche il suo turno. Una commessa le chiese cosa desiderasse comprare, e lei dovette mordersi la lingua per non rispondere a bruciapelo: “Tutto!”. Non era mai stata una spendacciona, ma… come resistere alla tentazione di portarsi a casa una valanga di ricordi di quella serata unica e spettacolare? Non le sarebbe mai più capitata un’occasione simile; la merce sugli espositori sembrava dirle “Comprami! Comprami!”, e J. K, come ogni donna che si rispetti, a un richiamo così esplicito non sapeva resistere.

Per una volta, che la parsimonia andasse pure a farsi friggere.

Entusiasmata, acquistò una cartolina per tipo, tre CD, cinque DVD, quattro cappellini, tre spille e dieci stelline; per pagare si servì della carta di credito di Harry, che tanto era una star internazionale e poteva tranquillamente permettersi di finanziare la sua povera impresaria. Prese anche in considerazione l’idea di comprare una ricca scorta di cappellini e cartoline da regalare agli amici (no, non quelli del suo gruppo; altri amici). Ma poi ci ripensò; non voleva certo finire trasformata in un portafoglio in-pelle-di-autrice. Con un ultimo sguardo carico di rimpianto alla merce rimasta sugli scaffali, emise un sospiro e si accinse a pagare.

I suoi amici, che non vedendola tornare per tutto quel tempo avevano cominciato a preoccuparsi e ormai erano nel panico più assoluto, la accolsero con aria di rimprovero. Lei cercò di blandirli regalando loro una stellina luminosa a testa, ma intanto avevano perso il posto in fila e dovettero aspettare di nuovo in coda per quella che parve un’eternità. Quando alla fine ebbero tutti validato il biglietto e raggiunto la sala, mancava mezzo minuto allo spettacolo; fecero appena in tempo a sedersi prima che le luci si spegnessero, sprofondando il teatro nel buio.

Nota conclusiva dell'autrice: Spero di avervi fatto sorridere... i commenti saranno sempre ben graditi!! Ciao a tutti! Cri

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Capitolo 2
*** I - Un'idea di Joanne ***


Nota dell'autrice: E siamo a quota due! :) Occhio, che questo capitolo è molto più lungo del precedente.

Potter Pan; il Musical-Parodia
by cri86

(liberamente ispirato a
"Peter Pan: il Musical"
una produzione Ati Il Sistina, Teatro delle Erbe e Officine Smeraldo
con Manuel Frattini, Claudio Castrogiovanni, Alice Mistroni, Riccardo Peroni
e le musiche di Edoardo Bennato
a cura di Maurizio Colombi, Giovanni Tallon, Arturo Brachetti e Fabrizio Carbon
e alla saga di
"Harry Potter" & co.
© J.K. Rowling, Warner Bros, Bloomsbury e Salani.
Tutti i diritti riservati. Questa parodia non è a scopo di lucro né affiliata in alcun modo con i suddetti)

I - Un'idea di Joanne.

Gli occhi di J. K. non avevano fatto in tempo ad abituarsi all’oscurità, che subito migliaia di stelle dorate si levarono senza preavviso dalla platea e dagli spalti. Non comparvero una per una come le stelle nel cielo, ma all’improvviso, come se tutti gli spettatori avessero deciso di accenderle nello stesso identico istante. Alla vista di quel mare d’oro che brulicava e lampeggiava attorno a lei, la Rowling rimase senza fiato.

"Wow" mormorò infine, rapita. "E’… è così…"

Ma non c’erano parole in grado di rendere giustizia a quel momento. J. K. sapeva che non sarebbe mai riuscita a spiegare le sensazioni che si affollavano dentro di lei, né quando avesse dovuto fare un resoconto della serata ad amici e conoscenti, né tantomeno ai suoi personaggi. Era qualcosa di unico, di emozionante… quasi di irreale; bisognava essere lì in prima persona per capirlo davvero.

Tuttavia, non esisteva che proprio all’autrice di Harry Potter mancassero le parole. Di conseguenza J. K. si sforzò di trovare qualcosa da dire, e ciò che disse fu:

"E’ ancora meglio di quando abbiamo messo su la Coppa del Mondo di Quiddi…"

"Shhhh!!!"la zittirono gli amici con un’occhiataccia fulminante (gli agenti di Joanne se la sarebbero presa con loro, se avessero saputo che avevano trascinato di nascosto la più celebre impresaria del XXI° secolo in un teatro gremito di gente dove, fra l’altro, lei aveva pensato bene di farsi riconoscere blaterando a voce spiegata di Quidditch e magie assortite).

"… scusate. Polo. Volevo dire la Coppa del Mondo di polo" si corresse frettolosamente Joanne, acida.

Gli amici la stavano ancora guardando in cagnesco (E ridaje…! pensò l’Autrice, ormai stufa marcia di essere sempre incolpata di tutto… e il ritardo al botteghino di qui, e le chiacchiere sul Quidditch di lì, e i cattivi insegnamenti dei suoi libri di su, e i presunti plagi di giù… e che pizza!!) quando, su uno schermo al centro del palcoscenico, comparve un filmato introduttivo al termine del quale si alzò finalmente il sipario, lasciando entrare il Cantastorie con i suoi occhialini argentati.

Però, non male quegli occhiali; dovrò ricordarmi di regalarne un paio al Basilisco per Natale… si disse la Rowling, che ben conosceva la passione del lucertolone per qualunque cosa assomigliasse anche solo lontanamente a un paio di occhiali griffati.

Il balletto dei bambini (“Ma Che Sarà”) e quello dei genitori (“Tutti Insieme Lo Denunciam”) erano indubbiamente molto ben fatti e trascinanti, ma – secondo la personalissima opinione della Rowling – forse sarebbero stati più apprezzati se i tecnici avessero abbassato di qualche dozzina di decibel il volume; doveva esserci stato un qualche disguido con gli amplificatori, perché all’arrivo in scena dei piccoli Darling l’Autrice aveva i timpani mezzi fracassati. Vabbé che per lei avere i timpani mezzi fracassati non era una novità, dovendo ascoltare giorno e notte i ruggiti dei draghi che facevano la guardia al suo castello (d’altra parte si sa, i guardiani notturni e gli impianti di sicurezza costano…! I draghi invece sono dispendiosi da mantenere – a meno di non lasciare che si procurino il cibo da soli, e J. K. non osava farlo – ma se non altro non rompono in continuazione le scatole con lo stipendio, le ferie, i permessi di malattia… e neppure con l’assistenza tecnica in caso di guasti).

Comunque riuscì a sentire abbastanza dei due balletti per decidere che Agenore - alias Claudio Castrogiovanni - aveva una voce a dir poco favolosa. Trovò estremamente esilarante anche l’interpretazione di Nana (la prossima volta che avesse sentito dire ‘reciti da cani’ a qualcuno, non sarebbe riuscita a trattenersi dal ridere. E probabilmente avrebbe fatto una gran figura da pirla. Pazienza). Poi i genitori uscirono dalla stanza, le luci si affievolirono, e J. K. si sorprese a trattenere il fiato insieme a tutto quanto il teatro, in attesa che Peter Pan – alias Manuel Frattini – facesse il suo ingresso trionfale.

"Da dove credi che lo faranno entrare?" sussurrò a uno dei suoi amici, mentre si guardava intorno incuriosita.

"Dal camino" rispose quello, sarcastico. "Stiamo parlando di Peter Pan, Joanne, da dove vuoi che entri? Dalla finestra, no?"

"Ma la finestra fa parte dello sfondo, giusto? Non è mica ve…"

Neanche a farlo apposta, in quel momento la finestra si spalancò e… Peter Pan emerse volando – proprio volando, non appeso a una caviglia come la vittima di un Incantesimo Levicorpus, ma sospeso nel vuoto – in una scia di polvere dorata.

L’intero teatro esplose in un applauso fragoroso. Dopo un attimo di sbalordimento, anche J. K. balzò in piedi e prese a battere le mani con foga, fin quasi a scorticarsele (non se le scorticò; in fin dei conti erano pur sempre la sua principale fonte di reddito, a meno che non avesse imparato a scrivere con i piedi).

"Quel Manuel Frattini è un mago!" proruppe. E se lo diceva lei, doveva per forza essere vero.

Lo spettacolo continuò fra uno scoppio di risa e l’altro; gli spettatori si sbellicavano tanto da perdersi praticamente due gag su tre (e meno male, o prima dell’intervallo sarebbero già stati tutti in crisi da carenza di ossigeno).

J. K, quando vide Peter Pan azzuffarsi con la sua ombra sulle note del ritornello della Pantera Rosa, si piegò in due dalle risate.

Quando sentì Wendy – alias Alice Mistroni - presentarsi come "Wendy… Moira… Angela… Darling", e Peter rispondere con un vocino stridulo "E io sono Peter… Peter… Peter… Pan", rise tanto che le lacrimarono gli occhi.

Quando vide Peter prima e Uncino poi cercare di strangolarsi per non sentire più la logorroica parlantina di Wendy “Io-non-sono-una-mamma-ma-quando-sarò-una-mamma-sarò-una-brava-mamma-perché-la-mia-mamma-mi-dice-sempre-che-sarò-una-brava-mamma”, poco ci mancò che le venisse una sincope.

Quando Wendy cercò di spiegare a Peter cos’era un bacio, la Rowling rise tanto che il signore della poltrona davanti si girò un po’ scocciato a chiedere silenzio (mah, eppure non era sembrato infastidito dalla cacofonia dei primi due balletti con gli amplificatori difettosi!).

Quando i pirati attaccarono “Il Rock di Capitan Uncino”, lei si era appena infilata una caramella in bocca e rise tanto da strozzarsi, costringendo i suoi amici a batterle precipitosamente sulla schiena per scongiurare un’accusa di impresaricidio colposo.

In compenso, quando il galeone pirata sparò – proprio, sparò – sul pubblico, J. K. per lo spavento fece un salto di un metro, sbattendo contro la poltrona dello stesso signore di prima; fu così costretta a sorbirsi le lamentele di quel noioso per tutta la durata dell’intervallo, che fortunatamente era molto breve.

Poi gli indiani si aggirarono in mezzo al pubblico (e J. K, che non se l’aspettava, si lasciò sfuggire la locandina e dovette chiedere al solito signore di alzarsi, visto che era rotolata sotto la sua poltrona. Al che il signore, arrabbiatissimo, andò a cercare la maschera più vicina e alla fine riuscì a farsi cambiare di posto. J. K. si augurò che non l’avesse riconosciuta, altrimenti avrebbe senz’altro perso un lettore).

La strepitosa voce di Giglio Tigrato – alias Loredana Fadda - (che Spugna aveva chiamato “Giglio Trifolato”, suscitando una nuova sbruffata da parte del pubblico… e di J.K) nel brano “Non So Darti Torto Ragazzino” inchiodò letteralmente l’Autrice alla poltrona. Il tema dei Bimbi Speduti, “Viva La Mamma”, la vide invece saltare su e giù come un’invasata (meno male che il signore di prima aveva già cambiato posto e stavolta non poté lamentarsi). E quando Peter Pan invitò il pubblico a gridare “Io credo alle fate!” per salvare Trilly in fin di vita, J. K. non se lo fece dire due volte (lei ci credeva per forza, alle fate; ci viveva insieme! E qui potrei raccontarvi delle sue povere tende di velluto che avevano dovuto ospitare un’intera colonia di famelici Doxy con cui nessuno voleva convivere, ma lasciamo perdere.)

Tuttavia il gruppetto dei suoi amici notò con una certa apprensione come nei suoi occhi si fosse accesa una scintilla che, solitamente, non preannunciava niente di buono. Per inciso, la stessa scintilla che le avevano visto quando era impegnata con un libro, o quando aveva pensato di annunciare al mondo basito che avrebbe scritto soltanto sette copie de “Le Fiabe di Beta il Bardo”. Era uno sguardo obliquo e un po’ sardonico. Non preannunciava decisamente nulla di buono.

L’ultima parte del musical trascorse senza che gli amici di J. K. riuscissero a liberarsi di quel vago, inquietante presentimento. La donna infatti rimase a fissare il duello fra Peter Pan e Capitan Uncino sulla nave pirata con la stessa aria stranita. Non fece una piega neppure quando il mitico Rockcoccodrillo gironzolò indisturbato in mezzo al pubblico (come già gli Indiani prima di lui) e le inghiottì senza preavviso la testa, lasciandola andare un attimo dopo ma, nell’ordine: 1 – facendole cadere gli occhiali, 2 – facendole (quasi) cadere la parrucca, e dulcis in fundo, 3 – facendo venire un infarto collettivo ai suoi amici, che si erano precipitati a raccogliere occhiali e parrucca e glieli avevano calcati frettolosamente in testa alla ben’e meglio. Per colmo di beffa, dopo che il Coccodrillo si fu allontanato verso il palco, la Rowling incominciò pure a fischiettare “L’isola Che Non C’è” come se niente fosse. I suoi amici si guardarono preoccupatissimi; Joanne, infatti, si estraniava così dal mondo solo quando stava scrivendo un nuovo libro o pensando di scriverne uno, mentre a loro non risultava che stesse scrivendo proprio alcunché, al momento.

Terminato lo spettacolo, il gruppetto si accodò diligentemente fuori dai camerini per raccogliere gli autografi del cast. Poi si separarono e ognuno se ne andò per la sua strada, ripensando con nostalgia alle immagini, i suoni, i colori e le luci di quello spettacolo favoloso.

E J. K., sulla via del ritorno, continuò indisturbata a fischiettare “L’Isola Che Non C’è.”


Contemporaneamente, nei camerini del cast…

"L’hai vista quella tizia con la parrucca di traverso e gli occhiali da sole?" chiese un Manuel Frattini quanto mai perplesso ad Alice Mistroni.

"Quella col cappotto color salmone?" lei annuì, aggrottando la fronte. "Un tipo un po’ strano, no?"

"A me ha chiesto l’autografo tre volte" intervenne Claudio Castrogiovanni, che uscendo dal camerino aveva casualmente sentito l’ultimo brandello di conversazione.

Alice si strinse nelle spalle.

"Magari te li ha chiesti per degli amici che non erano potuti venire a teatro…"

"E’ questa la cosa strana, non credo che me li abbia chiesti di proposito" ribatté lui. "Mi ha fatto firmare tre volte la stessa cartolina, e quando le ho detto che il mio autografo ce l’aveva già credo che non mi abbia nemmeno sentito."

"In effetti anche a me è sembrata un po’ distratta" ammise Alice. "Quando ci siamo strette la mano, le ho chiesto se lo spettacolo le era piaciuto…"

"E lei?"

"Ha detto qualcosa come ‘alla luna piacerà senz’altro’, come se stesse parlando da sola."

"La luna?" ripeté Claudio, incredulo. "Ma che razza di risposta è? Cosa c’entra la luna?"

"A me lo chiedi?"

"Più che altro" intervenne pensosamente Manuel, "mi hanno colpito quelli che erano con lei. A un certo punto le è caduta la sciarpa e un tipo del suo gruppo ha cacciato uno strillo e l’ha trascinata via di corsa…"

"Avrà avuto paura che prendesse freddo" azzardò Claudio.

"Ma se non c’è un filo di vento! E gli occhiali da sole al chiuso, poi?"

"Chissà chi era" si chiese Alice. I tre attori si guardarono per qualche istante, perplessi.

"Probabilmente non lo sapremo mai" concluse Claudio. Aprì con noncuranza il giornale che uno degli addetti alla vigilanza aveva scordato in giro, e, incuriosito, sfogliò le pagine dedicata a cinema e teatro.

"A proposito, che novità ci sono?" Alice diede un’occhiata ai titoli da dietro le sue spalle. "Si parla di noi?"

"No, macché. Solo un articolo sull’autrice di Harry Potter che deve ritirare non sono quale premio."

"Eppure" mormorò Manuel, lanciando un’occhiata alla foto che corredava l’articolo, "io sono sempre più sicuro di averla già vista da qualche parte, quella donna con la parrucca…" Rifletté, poi scrollò le spalle. "Mah, sarà di certo solo una mia impressione!"


Più tardi, in casa Rowling…

Tornata al castello (che miracolosamente era ancora in piedi), la Rowling venne accolta da un immancabile nugolo di proteste furibonde.

Durante la sua assenza, Ron aveva infatti scovato nella credenza un pacchetto di wafer avanzati, di cui Grop si era però prontamente impadronito, mandando il rosso su tutte le furie. Alla fine, le proteste (leggi: botte da orbi) degli altri giganti avevano persuaso Grop a dividere il bottino, ma nel frattempo alcune Pasticche Vomitose (di cui i gemelli giuravano e spergiuravano di non sapere proprio nulla) si erano mischiate, non si sa come, ai wafer. Gli sfortunati personaggi si erano così trovati a contendersi all’ultimo sangue il bagno, per giunta allagato da un’isterica Mirtilla Malcontenta che come al solito si lamentava di qualcosa. Intanto Harry e Voldemort avevano litigato furiosamente per il telecomando, dal momento che il primo voleva guardare un servizio sulla Saga al telegiornale, mentre il secondo era ben deciso a rivedersi per l’ennesima volta il DVD de “Harry Potter e il Calice di Fuoco”. Dalle parole erano venuti ben presto alle mani, e l’intera faccenda era degenerata nella solita rissa, svegliando persino il ritratto di quell’altra isterica di Walburga.

Certe volte J. K. si domandava cosa sarebbe cambiato se invece di personaggi adulti avesse scritto una saga con protagonisti solo bambini di sei anni; probabilmente sarebbero stati pure meno turbolenti.

Solo dopo aver ascoltato sfilze e sfilze di lamentele, a cui peraltro era abituata, la donna riuscì a ottenere qualche minuto di silenzio. Ma la luce bellicosa negli occhi dei suoi personaggi lasciava chiaramente a intendere che la pace non sarebbe durata a lunga; J. K. fece quindi loro un rapido resoconto della serata (qualcuno, che dalla voce si sarebbe detto Draco, finse di russare) e, preso un bel respiro, si accinse a spiegare l’idea che le era passata per la testa durante lo spettacolo, e su cui stava tutt’ora rimuginando.

"Sono contenta che ci siate tutti" esordì, in un tono abbastanza simile a quello di Percy, "perché ho un annuncio da darvi. Vedete, ho riflettuto molto su quest’esperienza, e sono giunta alla conclusione che…"

"… che sarebbe bello metterlo in scena noi, un musical di Peter Pan" la interruppe Voldemort. Presa in contropiede, J. K. rimase un attimo senza parole. Poi, indignata, esplose:

"Ti ho detto mille volte di non usare la Legilimanzia con me!"

"Spiacente, ma tu stavi andando troppo per le lunghe" ribatté Voldemort. "E noi non abbiamo tutta la giornata da perdere."

"Non è una buona ragione per leggermi nella mente quando non me lo aspetto!"

"E invece sì! Ho già letto tutto!"

Al che il Signore Oscuro le fece una linguaccia. Perfetto, la regressione infantile ti mancava, avrebbe voluto rimbeccarlo la Rowling, ma all’ultimo minuto si trattenne, sia pure a fatica.

"Posso andare avanti, o mi risparmi il fiato e spieghi tutto tu?” gli chiese a denti stretti.

"Prego, fa come se fossi a casa tua" rispose lui sarcastico.

"Ti ricordo che fino a prova contraria, questa è casa mia!" sbottò J. K.

"E io ti ricordo che i soldi per pagarla li hai guadagnati grazie a noi, ingrata d’una Babbana!"

"Senti chi parla di ingratitudine" borbottò disgustata la donna, alzando gli occhi al cielo.

Hermione si schiarì la gola. "Ehm… signora Rowling?" chiese. "Ci stava parlando di mettere in scena…"

"… un musical sulla falsariga di quello che ha visto stasera" intervenne prontamente Voldemort. Purtroppo per lui, J. K. aveva approfittato della domanda di Hermione per afferrare una copia de “Harry Potter e l'Ordine della Fenice" da un tavolino; e, sentendo quelle parole, si girò di scatto e abbatté con forza il libro sulla pelata del Signore Oscuro, il quale non riuscì a spostarsi abbastanza in fretta.

"Spero che ti rimanga il bernoccolo!" sibilò la Rowling.

Se si fosse trattato di chiunque altro, Voldemort l’avrebbe Cruciata senza pietà per quell’affronto. Sfortunatamente, Joanne era anche e prima di tutto la sua manager, e lui non aveva nessuna voglia di mettersi a cercare un nuovo impresario, alla sua età e dopo sette libri (anche se a dirla tutta aveva sentito parlare molto bene di un tale Stephen King, che stando alle sue fonti sarebbe stato in grado di scrivere un ottimo romanzo ambientato ai tempi della Prima Guerra Magica, e di un certo Quentin Tarantino, che di tale libro avrebbe potuto curare la trasposizione filmica).

"Ora che Tommy ha finito di interrompermi" proseguì la Rowling (guadagnandosi un’occhiataccia-con-annessa-parolaccia-in-Serpentese da parte del diretto interessato), "posso…"

"A che ora si cena?" s’informò Dudley, che di tutto il discorso non aveva ascoltato una benemerita mazza.

Gli occhi della Rowling lampeggiarono pericolosamente. Il tempo di un cenno con la testa all’indirizzo di Ron, e Dudley si ritrovò nuovamente appeso al soffitto come un salame lasciato a stagionare.

"Grazie, Ronald" commentò l’autrice soddisfatta, sorridendo con indulgenza al giovane Weasley.

"A buon rendere" ribatté lui in tono d’avvertimento. Maledette sanguisughe!, inveì mentalmente J. K. Possibile che non facciano mai niente per niente?! Era una domanda retorica. Infatti a lei risultava che i suoi personaggi facessero solo ed esclusivamente tutto per convenienza.

"Stavo dicendo" ripartì per la quarta volta, "che mettere in scena questo spettacolo sarebbe davvero un’idea da urlo, secondo me. Voglio dire, il musical italiano è fantastico di suo, e voi siete i mitici, eccezionali personaggi di Harry Potter… Uniamo le due cose, e non può che venir fuori un successo strepitoso!"

In qualunque altro momento, la Rowling si sarebbe guardata bene dall’alimentare il loro già smisurato ego (che comunque non aveva proprio alcun bisogno di essere alimentato). Ma, volente o nolente, il buon esito della sua idea dipendeva in gran parte da quella gabbia di matti, e dieci anni di convivenza forzata le avevano insegnato che il modo migliore per ingraziarseli era fare ricorso a lodi sperticate.

Come aveva immaginato, sentendo le parole ‘successo’ e ‘strepitoso’ parecchi di loro drizzarono le antenne (pur non essendo Animagi), e persino gli occhi porcini di zio Vernon scintillarono con aria avida.

"In effetti, basterebbe già il mio nome nel cast per fare il tutto esaurito" se ne uscì inaspettatamente Allock. J. K. evitò di puntualizzare il cast sarebbe stato scelto dopo lunghi e attenti provini, e che le sue probabilità di ottenere una qualsiasi parte non dico parlata, ma anche solo come controfigura erano vicine allo zero. Per il momento, tanto valeva tenersi buono il gallett… ehm, Gilderoy.

I gemelli Weasley si riebbero una frazione di secondo più tardi.

"Forte!" esplose Fred. "Io ci sto!"

"Anch’io! Ci sarà da divertirsi!" ghignò George. Joanne, che pure non credeva ai cattivi presagi, vedendo i gemelli ghignare in quel modo non poté reprimere un brivido. Quei due avevano il potere di innervosirla anche più di Voldemort e Bellatrix messi insieme.

"Quindi dovremo imparare tutti a cantare?" chiese Luna nel suo solito tono sognante.

A quelle parole, entrambi i gemelli balzarono in piedi di scatto come se lei li avesse appena schiaffeggiati.

"Per la barba di Merlino, non dire quella parola davanti a Percy!" esclamò George orripilato.

"Perce, azzardati a cantare anche solo una strofa e ti diseredo come fratello!"

Percy arrossì tanto che J. K. non si sarebbe stupita di vedere il fumo uscirgli dalle orecchie.

"Sentite, voi due!" disse tra i denti, fulminando i suoi fratelli con lo sguardo.

"Dev’essere proprio una favola Babbana?" sbottò Lucius Malfoy, e la sua voce grondava disprezzo. "A questo punto non potremmo adattare in chiave musical uno dei testi di Beda? Che so, “Lo Stregone dal Cuore Peloso”?"

"Sì, così poi finisce che lo vietano ai minori di quattordici anni, come "Sweeney Todd il diabolico barbiere di Fleet Street"! » ribatté la Rowling.

Ron, nel frattempo, sembrava piuttosto perplesso. Si girò verso sua moglie e bisbigliò:

"Quindi, se ho capito bene, questo Peter Coso…"

"Pan, Ron! Peter Pan!" lo corresse Hermione.

"Sì, lui… è un ragazzino che vive su un’isola, deve combattere contro una banda capeggiata da un tizio con una mano sola, riunisce intorno a sé una banda di suoi coetanei e in più incontra anche una specie di grosso serpente?" Ron si accigliò. "Sono solo io che vedo qualche somiglianza di troppo con la nostra Saga?"

"Ron!" sbuffò la moglie.

"Scusa, Peter Coso si vede lontano un metro che è la brutta copia di Harry, gli manca solo la cicatrice e poi è uguale!" proseguì lui indignato. "L’isola ci scommetto il Deluminatore che è Azkaban, il tizio con la mano sola è Codaliscia, che in realtà non comanda proprio nessuno… Non è che questo Babbano ha letto i libri in ordine sparso e poi ha provato a scopiazzare?"

"Dubito molto" ribatté Hermione, alzando gli occhi al cielo, "visto che è morto!"

"Chi ti dice che non l’abbia fatto fuori Voldy perché nella sua versione della storia l’ha rimpiazzato con quell’insulso Codaliscia?" insistette lui.

"Insomma, Ron, è assurdo…!"

"Magari potremmo inaugurare la prima al Wizarding World di Orlando" stava dicendo intanto Harry con aria meditabonda. La Rowling riconobbe che in effetti non era una cattiva idea.

"Sì, ultimamente ci è mancato il contatto con i fan" intervenne James. Buono a sapersi, allora le novemilaseicentocinquantatre lettere giornaliere devono essere tutte indirizzate al mio cane… avrebbe voluto rispondere Joanne.

"E poi, vuoi mettere conoscere dal vivo i nostri ammiratori… e le ammiratrici?" ammiccò Sirius. Le voci dei gemelli si alzarono immediatamente in un coro di approvazione.

"Ben detto, Sir! Diventeremo gli idoli delle teenag – AHIA!"

Nel marasma generale poco ci mancò che Angelina non accoppasse il povero George. Al malcapitato non restò che darsi alla fuga come meglio poteva in mezzo a tutta quella calca, cercando di depistare la moglie e urlando: "Ma no cara, era tanto per scherzare! Lo dicevo nel senso buono, non te la prendere!!"

"Piuttosto che recitare in una commedia Babbana, io mi faccio rinchiudere ad Azkaban per altri trent’anni!" borbottò Bellatrix, storcendo la bocca.

Voldemort, che si stava ancora massaggiando il bernoccolo, fino ad allora era rimasto in perfetto silenzio, come se la cosa non lo interessasse più di tanto. Improvvisamente, però, sorrise. Un sorriso astuto e serpentesco.

"Secondo me invece la nostra manager non ha tutti i torti" sibilò. Sentendo quelle parole, sia Bellatrix che la Rowling si girarono a guardarlo sbalordite.

"Padrone, siete sicuro di sentirvi bene?" balbettò la prima.

"Sì, forse la botta in testa è stata troppo forte…" asserì preoccupata la seconda.

"Sto benissimo" ribatté gelido l’Oscuro Signore. A Bellatrix scoccò un’occhiata che diceva chiaramente ‘Tieni chiuso il becco!’, mentre a J. K. rivolse un sorriso falso. "Non ho detto che mi piaccia quel testo idiota da cui è tratto il tuo musical Babbano. Dico solo che non hai tutti i torti."

"Sì, ma…"

"Soprattutto" la interruppe Voldemort, in tono pericolosamente dolce "considerando il fatto che nei libri io sono morto." La Rowling ebbe l’impressione di cogliere una vaga sfumatura di minaccia nella sua voce. Una sfumatura ancor meno rassicurante dell’entusiasmo dei gemelli Weasley. "Non vorrei annoiarmi, capisci? Quindi, se recitare in questa farsa è l’unico mezzo che ho per tornare sotto le luci della ribalta…"

Il Signore Oscuro lasciò la frase in sospeso, ma i suoi occhi rossi come il sangue si strinsero pericolosamente, e J. K. – che scema non era – ritenne più saggio non fare altre domande. Certo, la inquietava un po’ il fatto che lui avesse accettato così repentinamente; fino a quel momento aveva creduto che convincerlo a partecipare sarebbe stato perfino più difficile che convincere i Dursley. Comunque, meglio così, si disse.

"Allora" concluse Voldemort, lanciando a Bellatrix un’altra occhiata di avvertimento, "direi che la questione è risolta."

Mundungus Fletcher, che era il più pratico del gruppo, sollevò un sopracciglio e grugnì:

"Quanto?"

La Rowling lo guardò con aria interrogativa.

"Quanto ci guadagniamo, noi?" ripeté Mundungus, spazientito. Dalla folla di maghi e Babbani si levò un mormorio di assenso; nella curiosità generale, non avevano pensato a quel fondamentale aspetto della vicenda.

"Ehm…" J. K. deglutì nervosamente. "L’ammirazione universale di centinaia di fan?"

"Quella ce l’abbiano già" le fece notare Lucius Malfoy, in un tono che non ammetteva repliche.

"Tanta pubblicità gratuita?" azzardò di nuovo l’autrice. Fred e George fecero schioccare la lingua in segno di disapprovazione, e tutti gli altri personaggi rumoreggiarono solidali.

"L’onore? La gloria?" Ormai la Rowling si stava arrampicando sugli specchi. "Una scorta di Whisky Incendiario a vita?"

Lo sguardo di Potter & soci non avrebbe potuto essere più eloquente.

"E va bene, maledette sanguisughe!" gettò la spugna l’autrice, a denti stretti. "Facciamola breve, cos’è che volete in cambio?"

"Così su due piedi?" Harry sorrise mefistofelico. "Vediamo… che tu scriva un ottavo libro, per esempio."

"C’è già l’Enci…" Di fronte ai loro sguardi assassini, la Rowling si zittì e finse di osservarsi le punte dei piedi con grande interesse. Ne avevano già discusso, in passato; stando ai suoi personaggi, un’Enciclopedia e un altro romanzo non erano assolutamente la stessa cosa.

"Allora siamo d’accordo. Un ottavo libro. Con le gesta mie e di Ron da Auror… ohiiii!!!" gridò Harry all’improvviso, perché sua moglie Ginny gli aveva appena tirato una gomitata fortissima nelle costole.

"Non ti stavi dimenticando qualcosa, amore?" ringhiò.

"Cara lasciami finire!!! Stavo dicendo… un ottavo libro con le nostre gesta, i nostri matrimoni, e naturalmente la mia vita insieme a te…" disse Harry in fretta. Il cipiglio di Ginny si addolcì un poco.

"Nel libro deve esserci anche mio figlio Scorpius!" rettificò Draco, minaccioso. "E voglio che ai suoi G.U.F.O prenda voti molti più alti rispetto a sua figlia!" aggiunse, indicando Ron con un cenno sprezzante del capo.

"Sì, ti piacerebbe!" borbottò l’altro. "Scorpius non ha speranze contro Rose, devo ricordarti che lei ha ereditato l’intelligenza di sua madre? I misteri della genetica, eh Malfoy?"

"Me ne frego della genetica! Fino a prova contraria chi comanda la baracca è la signora Autrice, qui" ribatté Draco, puntando l’indice contro J. K.. "Se lei dice che mio figlio straccerà quella Weasley ai G.U.F.O, vuol dire che mio figlio straccerà quella Weasley ai G.U.F.O."

"Draco…" cercò di interloquire la Rowling.

"Altrimenti io non ci sto!" la zittì Draco con un ringhio.

"E io esigo di tornare in vita da morto e prendermi la rivincita su Potter" minacciò Voldemort, raddrizzandosi in tutta la sua considerevole altezza.

"Nella Saga i morti non tornano in vita, non siamo mica nel "Signore degli Anelli"!" lo rintuzzò Harry.

"E’ forse paura quella che sento nella tua voce, Potter?"

"Ragazzi…" cominciò la Rowling.

"Paura? Te lo sogni, uomo rettile. Ti ho già sconfitto una volta."

"Non sarebbe successo, se una certa scribacchina dei miei stivali non avesse avuto la bella idea di farmi fare la figura del deficiente!"

"Ti illudi che il pubblico volesse veder vincere te?"

"RAGAZZI!" sbottò l’Autrice, troncando sul nascere quella che prometteva di diventare l’ennesima filippica Potter-Voldy.

"Scusa" borbottarono i due, in coro.

La Rowling li stava ancora guardando male, quando Silente intervenne:

"Far recitare maghi e Babbani in un’opera di questi ultimi ha un che di simbolico. Naturalmente, signora Rowling, lei ha tutto l’appoggio della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts…"

Sì! Era quello che Joanne voleva sentire. Che caro ragaz… ehm, che persona affabile che è Silente! Con tutto quello che gli ho fatto capitare nei libri, non mi porta alcun rancore! Guai a chi me lo tocca, dovrebbero essere tutti come lui! si disse l’autrice.

"Allora diciamo che si può fare?" chiese. Dalla fiumana di personaggi - che si erano appiccicati a lei su quel fatidico treno da Manchester a Londra, e che come il Vecchio del Mare non era più riuscita a togliersi dalle spalle – si levò un brusio indecifrabile. Alcuni sembravano particolarmente su di giri, altri ancora dubbiosi, altri scettici; qualcuno addirittura la fischiò, anche se la Rowling non era particolarmente brava a riconoscere le voci e avrebbe potuto tranquillamente imputare quella fischiata ad almeno dieci persone fra cui Orfin Gaunt, zia Muriel e Zacharias Smith.

Silente si schiarì la gola.

"Forse sarebbe il caso di procedere per alzata di mano" suggerì.

"Giusto… gente, un po’ di silenzio in sala!" sbottò la Rowling.

Manco per l’anima. Dopo innumerevoli, vani tentativi di zittire quei pettegoli, la povera donna fu costretta a implorare Silente affinché lanciasse un Incanto Sonorus su Golgomath, che aveva la voce più forte di tutti. Solo quando il ruggito spaccatimpani del Gurg dei giganti rimbombò per il castello facendolo tremare peggio di una scossa sismica dell’ottavo grado, i brusii finalmente si spensero di colpo.

"Grrrazie” ringhiò la Rowling, togliendosi le dita dalle orecchie. "Come ha detto Silente, vediamo cosa ne pensa la maggioranza. Chi è convinto che il musical sia una buona idea alzi la mano – NO, FRED, GEORGE, BASTA UNA MANO SOLA!" aggiunse, perché i gemelli avevano già cacciato in aria entrambe le braccia (e George si stava contorcendo su una gamba sola per votare anche con un piede). Anche gli altri personaggi obbedirono, alcuni prontamente, altri – tra cui Peter Minus - guardandosi intorno titubanti come a volersi prima accertare dell’opinione dei vicini.

Contare le mani alzate si rivelò più problematico. La Rowling perse il filo tre volte; alla fine chiese aiuto alla gentile professoressa Vector che, poverina, impiegò un’ora a tirare le somme. E nel frattempo i personaggi insorsero, lamentandosi di non sentire più le braccia, a furia di tenerle per aria; qualcuno abbassò addirittura la propria mano, costringendo una Vector sull’orlo della crisi di nervi a un riconteggio dell’ultimo minuto. Ma alla fine, bene o male, si appurò che la maggioranza dei personaggi voleva che il musical si facesse.

"Allora direi che ci aggiorniamo a domani per l’organizzazione" sentenziò la Rowling. "Avremo modo di guardare insieme il DVD del musical italiano e poi vedremo di stabilire un calendario per le audizioni e un cast tecnico. Per stanotte nel frattempo, se avete qualche idea in proposito vi invito a discuterne fra di vo…"

Non aveva finito di parlare che da qualche parte nel marasma scoppiò un’ennesima disputa, e in capo a cinque minuti i personaggi o si stavano facendo i fatti loro, o avevano preso le sue parole un po’ troppo alla lettera e si stavano nuovamente azzuffando.

"Toglimi una curiosità" chiese la Rowling a Silente, guardandoli preoccupata. "Ma erano così anche da ragazzi?"

Imbarazzato, il vecchio ex-Preside tossicchiò.

"Non ha mai chiesto a Mastro Gazza di dare un’occhiata ai suoi archivi, vero?"

"Sarebbe un sì?"

Il silenzio dell’anziano mago rispose per lui.

"Temo che ne vedremo delle belle" deglutì la Rowling, tetra.

Nota conclusiva dell'autrice: I testi delle canzoni sono naturalmente (c) Edoardo Bennato, così come le battute tratte dallo spettacolo sono (c) di chi di dovere.

Una nota riguardo al cast del musical; nella mia fanfiction è quello delle prime due stagioni, questo non perché io abbia niente contro i nuovi interpreti (Massimiliano Pironti, Marta Rossi, Nicolas Tenerani ecc.) ma semplicemente perché quando sono andata a vedere io il musical il cast era quello vecchio, e sono stati loro a farmi innamorate di questo spettacolo ^^

Spero che vogliate lasciarmi un parere, anche negativo se trovate che qualcosa non va... così si può migliorare nei prossimi capitoli! Alla prossima! :)

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