Our Lady of Sorrow.

di uchiha_girl e bloodnyar
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lei (85) ***
Capitolo 2: *** Vita (87) ***



Capitolo 1
*** Lei (85) ***


Per Milena, alla quale ho parlato di questa fan fiction tre morti di papa fa (LL).
Perché io posso riuscirci, porca miseria XD: trasformare una Yaoi in una Yuri.
Oh, anche per E-chan, perché era di passaggio (LL) Perché non ti amo? XD


Spieghiamo come cambiano i nomi: Mail diventa Maria per l’assonanza con la pronuncia giapponese, Mihael diventa Angela (con la G gutturale, sono una seguace di Mello tedesco XD) perché era anche il nome di un arcangelo, quindi con l’angelo siamo lì.

Colgo l’occasione per ringraziare chi ha commentato «It’s not my choice
», la Naomi centric: Lady_Nene (Aww, grazie cara <3), Red S i n n e r (Io propongo una battaglia legale contro Raye XD!), Magdalene (La ringrazio per il suo giudizio positivo, miss <3) e la signora Zia (Non so che dire se non grazie, sul serio.)

Buona lettura~



She, my regret.
[85 ~ Lei.]



Matt, alias Maya, alias Maria Jeevas, era sicura, all’alba dei diciassette anni, di non aver rimpianti.
Aveva sempre preso quel che avrebbe voluto prendere, fatto quel che avrebbe voluto fare – soprattutto quando questo equivaleva al   n u l l a   p i ù   t o t a l e   , giocato con quello con cui avrebbe voluto giocare e, a volte, fumato qualcosa di troppo.

Fine dei progetti, fine delle necessità, fine delle preoccupazioni.
Fine delle seccature.

Uno soltanto era il suo tormento, e la situazione non era tanto dissimile dal trovarsi contro un mostro troppo tutto alla fine di un videogame.
Il suo tormento era troppo ambizioso, troppo attivo, troppo forte, troppo fottutamente carismatico. Il suo tormento era troppo «melloso».

Be’, il nome originariamente sarebbe stato Melanie, però certi dettagli si perdono per strada.

Proprio in quel momento, quel tormento si aggirava in quel salotto parlando di quel piano pianificato per quel giorno.
E Matt, la quale aveva passato oltre due anni a farsi credere un uomo e raggirare senza rimorso gente non da poco, era terrorizzata, perché sapeva che il sommarsi di quelle situazioni non avrebbe portato a niente di buono.

«Mel, ma che cazzo stai dicendo?»

Gli occhi azzurri puntati nei suoi, così maledettamente stupiti, erano peggio di una dichiarazione di guerra da parte dello stesso Kira.
«Come?»

La vocina. Dio, la vocina!
Aveva parlato quasi in falsetto, un’innocenza che faceva tremare le ginocchia e implorare pietà i boss mafiosi dell’intera Los Angeles.

«Ho chiesto,» si fermò per deglutire. Dopotutto, sono funzioni corporali necessarie alla sopravvivenza. «cosa stai farneticando?»
Livello successivo. Il sorriso comprensivo.

Maria capì che la fine era vicina nel momento in cui il sorriso comprensivo increspò le labbra sottili della compagna.
«Devo ripetere da capo?»
«N-No, ho capito, però...»

«Bene» la interruppe, voltando le spalle alla finestra ed avvicinandosi a grandi passi. Posò la mano sulla testa di Maya, donando qualche pacchetta sarcastica; dopo questo, la giovane sentì ultimata la sua metamorfosi in cane-di-Mello. Una razza ambita.

«Possiamo continuare».

Riprese a parlare di Misa Amane, il livello della voce tornato normale, il viso alto con arrogante naturalezza.

Matt, alias Maya, alias Maria Jeevas ascoltava quei ragionamenti seduta su quel salotto in quel pomeriggio ad ascoltare quel piano.
Matt, alias etc. etc. ascoltava quei ragionamenti ed ammirava la migliore amica. Perché sì, Mello era la sua migliore amica, nonostante tutto.

La guardò abbandonarsi con un sospiro sul divano, avvicinarsi e poggiare le labbra sulle sue. Un semplice contatto, nemmeno definibile bacio.

Un sorriso divertito sul viso, serena eccitazione.
Perché sì, Mello era una contraddizione addirittura nel respiro. Matt aveva elaborato una teoria secondo la quale, se si fosse scoperto che tutti prima inspirano e poi espirano, la bionda si sarebbe costretta ad imparare a espirare prima e inspirare poi.

«Hai capito questa volta?»
«Ovviamente no, capo».
«Perfetto».

Non sapeva come né come sarebbe finita la sua vita – perché sì, sarebbe finita.
Però per questo, almeno per questo aveva un progetto.
Voleva Mello. Voleva Angela.

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Capitolo 2
*** Vita (87) ***


Stessa raccolta di «She, my regret», però totalmente differente.
Non hanno legami, a parte il gender bender. È ispirata a un paio di fan art davvero da cuoricini negli occhi XD: perché sì, io ho anche Mello/Near sul pc (LL).
Come al solito scrivo le note prima della fanfic, quindi non so cosa ne uscirà XD, però l’idea era più o meno questa: Mel, povera bistrattata XD, veniva «affittata» spesso dal facoltoso signor L., che le faceva studiare complicate nozioni, insieme con psicologia e altre arti utili alla conversazione. Morto L, trova una rivale non da poco nella giovane e delicata compagna del capo, Natalie. Chi è Natalie? Eeeeh...
Alcune espressioni potranno sembrare un po' di parte, ma non è così, dato che Near è il mio personaggio preferito *O*: solo, essendo appunto i protagonisti Mello e il rivale, non può essere tutto pacegioiamorecoccole, no? XD

La seconda citazione è di Henry Bergson, mentre la prima, come specificato, è di Eraclito.

Avrei voluto aspettare un poco prima di postare questa, però non avevo voglia di lasciare per troppo tempo in sospeso questa raccolta °A°.
Ringrazio BloodNyar per la sua recensione ed auguro una buona lettura ^^.




She, my lack of understanding.
[87 ~ Vita.]


Odio: sentimento di avversione nei confronti di un individuo, un oggetto inanimato, una situazione, non sempre sostenuto da motivazioni plausibili.

Melanie Keehl ufficialmente odiava Natalie River, probabilmente senza conoscerla sul serio. Questo non era importante, nel momento in cui la suddetta ragazzina si era permessa di rubarle i privilegi del «trono».
Mel si era trovata da un giorno all’altro privata delle attenzioni di Rod, il padrone del bordello. Così, senza una motivazione degna di questo nome!

Natalie, giovane americana emigrata in Inghilterra – non era forse sempre successo il contrario? – debole di salute e finita in mezzo alla strada per i problemi di tossicodipendenza della madre, appena arrivata era già sotto l’ala di Rod.
Povera cara, povero angelo caduto! Circondata dal marcio, con quella sua pelle candida e gli occhi capaci di raddolcire il peggiore degli assassini... Eppure, l’odio che Mel aveva visto sul bel visetto il primo giorno era stato tanto, tanto più di quello che albergava nel peggiore degli assassini.

Be’, doveva riconoscerlo: quella del farla scendere dalla prima posizione in così poco tempo era stata un’impresa degna di nota, però quell’affronto non doveva farlo. Non a lei.


«Oh, la tua doveva essere una famiglia ricca... Dove hai studiato?»
Si era mostrata cordiale, senza qualcuno al suo livello intellettuale, la vita al bordello era terribilmente noiosa.

«Mio fratello ha studiato a Yale, io ho imparato tutto sui suoi libri e dalla sua stessa bocca».

Il sorriso generoso era sparito immediatamente dalle labbra di Mel.
«Voi, invece: dove avete imparato a parlare così bene?».


Dio, il signor L. sicuramente si sarebbe rigirato nella tomba!
All’epoca, uno sguardo era bastato a carpire la reciproca intelligenza: quasi due anni di lavoro, studi altrimenti irraggiungibili per lei... Quasi due anni di soldi buttati al vento solo per donare un futuro a quella talentuosa sconosciuta, e con una singola frase quella... bambina si era permessa di distruggere tutto!

Non avrebbe sopportato un giorno di più la silenziosa sfida che – solo lei – leggeva negli occhi della rivale vittoriosa.

«Buongiorno Melanie»
«!»

River! Chi le aveva dato l’autorizzazione di rivolgerle la parola?
Chi era il fottutissimo stronzo che—

«Buongiorno Natalie,» sollevò il capo dalla sua colazione, rivolgendole un sorriso sprezzante. «dormito bene?»
«Sono ancora un po’ stanca, riposerò nel pomeriggio».
Keehl la guardò ancora un secondo, poi tornò con gli occhi sulla tazza che aveva di fronte.

Riposare nel pomeriggio.
Ancora un po’ e Mel sarebbe stata messa a battere alle sette di sera, e la signorina veniva a parlarle di riposare nel pomeriggio.

«A dire il vero, ora che ti ho trovato vorrei farti una domanda:» portò avanti il discorso da sola, recuperando un foglietto dalla manica destra. «sapresti spiegarmi il significato di questa frase? Ho provato a chiedere a Rodd, però so benissimo che è inutile cercare una risposta in simili individui».

Nel momento in cui si rese conto che la bambina-prodigio aveva bisogno del suo aiuto, il fatto che le stesse dando del tu pur avendo oltre quattro anni e molta meno esperienza di lei passò in secondo piano.
Ghignò dentro di sé, sporgendosi verso il ritaglio. Non c’era contesto, solo una frase ritagliata con cura da un libro e graziosamente sottolineata.

«È difficile combattere con il desiderio del proprio cuore. Tutto ciò che desidera lo compera al prezzo dell'anima».


Lesse a mezza voce, parlando a sé stessa, assaporando ogni parola.
«Questo è Eraclito» constatò, alzando gli occhi verso l’altra.
«Ne sono consapevole, quel che mi sfugge è il significato più stretto».

Melanie chiuse per un momento gli occhi, ripetendo nella propria mente quelle poche parole.
Natalie, Natalie così colta, Natalie così bella, Natalie così dannatamente perfetta... stava chiedendo il suo aiuto? Voleva fosse lei, figlia di un’operaia e un ubriacone, cresciuta in strada, che tutto doveva a uno sconosciuto eccelso scrittore morto suicida pochi anni prima le spiegasse quella lezione di vita?

«Significato più stretto... Quanti anni hai, River?»
La giovane rispose esitando un istante. «Diciassette».
«Diciassette...» ripeté in un sussurro, lasciando le sillabe scivolassero morbide.
Cercando lo sguardo, cercando il momento in cui la stella si sarebbe finalmente allontanata dalla Luna quel che bastava per poter tornare alla ribalta.

Si alzò lentamente, ergendosi al di sopra dell’avversaria.
Attenta a non perdere di vista la misteriosa curiosità sul viso dell’altra, avvicinò i loro volti. Senza chiudere gli occhi unì le loro labbra, approfittando della sorpresa per raggiungere e render propria la lingua incredibilmente dolce.
Questo le riportò alla mente per un istante l’unico bacio che avesse mai chiesto a L, l’unico bacio che avesse mai chiesto a qualcuno, l’ultimo giorno in cui erano stati insieme.

Il ricordo scomparve nel momento in cui le palpebre di Melanie si chiusero.
Il ricordo scomparve nel momento in cui il confine fra Melanie e Natalie si era dissolto, sensuale carezza di labbra.

La più piccola si appoggiò con la delicatezza che la contraddistingueva alla vita della compagna, mettendosi in punta di piedi pur di avere maggiore accesso alla bocca dell’altra, la quale non si chinava per poterla raggiungere, la quale ricambiava l’ardore stringendo i pugni dietro alla schiena e impedendosi di rispondere appieno.
L’entusiasmo smorzato dalla mancata collaborazione allontanò l’americana, che cercò poi una qualsiasi soluzione all’enigmatico sorriso sulle labbra dell’altra.

«L’intelligenza è caratterizzata da una naturale incomprensione della vita» citò Mel, sorpassandola e dirigendosi verso la propria camera.

E mentre sfilava con movimenti studiati i guanti di pizzo scuro, mentre abbassava le spalline dell’abito nero permettendo a questo di scivolare elegantemente a terra, scoprire e lasciare nudo di fronte allo specchio il corpo ben sviluppato, mantenne quel suo piccolo ghigno di soddisfazione.

Quella era solo la prima di una lunga serie di vittorie – si disse.
Dopotutto, senza qualcuno al suo livello intellettuale, la vita al bordello sarebbe stata terribilmente noiosa.

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