Michael Conner guardò fuori dai
lunghi finestroni che davano sull’esterno, incredibilmente limpidi se si
pensava che erano spessi quasi un metro e fatti di strati di vetro corazzato
intervallato da strati sottilissimi di resistentissima fibra di carbon-kevlar. Camminava rapidamente, e nonostante la
maestosità dello spazio esterno in cui si vedeva la grande Terra, origine
dell’umanità, non scordava che un’emergenza gravissima era in atto, e a
ricordarglielo non era solo la coscienza e il peso che gli gravava sul petto,
ma anche l’alone rosso che si spandeva nel corridoio, emesso dalle luci accese
di rosso che illuminavano l’intera stazione
Una atmosfera surreale da film horror pervadeva il
corridoio, a indicare che lo stato di
allerta era massimo per l’ESF, situazione accaduta solo tre volte dalla sua
formazione, e una sola da quando il colonnello vi era entrato come allievo
ufficiale, pensò, con una stretta al cuore e alla bocca dello stomaco.
Represse quei pensieri per ritornare lucido e visualizzare
la situazione in corso: il loro infiltrato scoperto, i capi della alleanza
orientale in allerta e decisi ad accelerare il piano. Temeva ciò che voleva
significare ma tentò di pensare a soluzioni alternative.
In quell’istante entrò nel centro di controllo della
stazione, nonché centro di coordinamento delle varie azioni dell’ESF in atto in
tutto il pianeta. In quelle ultime due settimane però ne aveva controllata solo
una, con la maggior priorità mai vista.
Si era scoperto che l’alleanza orientale aveva messo in
piedi un piano disperato e abominevole per garantirsi la vittoria sulle forze
occidentali nonostante fossero ormai, a rigor di logica, senza speranze
Un piano che andava avanti da anni senza dubbio, altrimenti
non sarebbero stati pronti ad attivarlo così rapidamente.
Si sedette silenzioso e meditabondo sulla poltrona posta al centro della sala, e quasi
trasalì quando una voce di donna disse alla sua destra psitica in arrivo>, ma subito si
voltò verso il suo primo ufficiale, il capitano Sterzi, che gli aveva appena
parlato
La voce ben conosciuta dell’agente Feniette
arrivò attutita e come persa in un sogno, cosa che accadeva sempre quando non
arrivava tradotta dai pensieri istantanei di colui che comunicava. Era questa una tecnologia
segreta sviluppata e da utilizzare solo in casi di estrema emergenza, infatti
era costituita da un trasmettitore collegato a dei rilevatori elettrici all’interno del cranio
stesso, in grado di convertire semplici segnali nervosi in parole da
trasmettere.
fallita… missione fallita… pochi minuti al rilascio dell’arma…
codice alpha69zulu… agente Feniette… attivare CLP..…>
Ecco le parole che mai avrebbe voluto sentire, tanto più che
conosceva l’agente Faniette da anni. Ma proprio per
questo non poteva non prenderle sul serio.
Faniette chiediamo
codice di conferma dispiegamento
arma>, dicce Conner,
come da protocollo, con una voce atona, un’espressione neutra, e gli occhi spenti.
Tramite un piccolo emettitore di vibrazioni, il messaggio
venne recapitato direttamente a incudine martelletto e staffa dell’agente
dall’interno del cranio, così che solo lui potesse sentire.
E così non c’era altra possibilità, o noi o loro, pensò Conner, quindi quasi come un automa ordinò , e le sue parole
furono seguite dalla conferma indifferente della macchina, e un quadrante
olografico si dispiegò davanti ai suoi
«/span>occhi, mentre sullo schermo principale apparve il CPL, nella sua mortale
maestosità, che si attivava e tramite i potenti motori a impulso particellare
accelerava ad alta velocità, spostandosi lungo l’orbita e frenando poco dopo
esattamente sopra quell’isola della Micronesia trasformata nella macchina
dell’inferno per gli occidentali, secondo il piano folle dell’alleanza ribelle,
che aveva creato un virus che avrebbe attaccato tutte le persone del globo
senza un particolare gene inserito nei geni di pochi prescelti dalla stessa alleanza.«/p>
«p class=MsoNormal>In pratica in poche ore la popolazione globale sarebbe scesa
dai quasi 7 miliardi di quell’istante a poco più che 200000 persone.«/p>
«p class=MsoNormal>Mentre «span class=SpellE>Conner«/span> si ricordava ancora
una volta perché«span style='mso-spacerun:yes'> «/span>quello che stava per
scatenare andava fatto, gli immensi pannelli solari del CPL si erano dispiegati
e stavano assorbendo l’energia necessaria a caricare il colpo.«/p>
«p class=MsoNormal>Il«span style='mso-spacerun:yes'> «/span>CPL era l’ultimo
sviluppo della tecnologia di attacco tattico, un satellite lungo quasi 100
metri, costruito in orbita dai tecnici della stessa stazione sulla quale si
trovava, costituito da un acceleratore di particelle caricato a energia solare,
che avrebbe preso un semplice carico di idrogeno, l’avrebbe spinto
nell’acceleratore condensandolo a una densità elevatissima, e l’avrebbe infine
sparato sotto forma di un fascio spesso pochi millimetri a terra.
Per quanto il fascio potesse sembrare irrisorio, l’alta
densità e la velocità di fuoco che era pari a quasi metà di quella della luce,
sarebbe stato in grado, a piena potenza, di creare un cratere grande quanto
il Texas.
Ovviamente il satellite era stato studiato per attacchi
chirurgici, ed era in grado, volendo, di uccidere una persona in mezzo a una
folla senza recarvi danno.
Purtroppo il virus sviluppato dall’alleanza era di una resistenza mai
vista, e l’unico modo era vaporizzarlo innalzando la temperatura dello stesso
ad alcune centinaia di gradi. Il problema è che l’unica arma in grado di
colpire era un cannone cinetico, e che per arrivare a tale temperatura si
poteva usare una sola cosa, l’attrito.
Per giungere a tale potenza il cratere sarebbe stato largo
200 km e l’onda d’urto avrebbe provocato uno tzunami
di proporzioni apocalittiche, per quanto fossero in grado di diminuirne la
potenza tramite l’uso delle armi della stazione.
Ma la scelta era tra un milione o due di vittime, o quasi
l’intera popolazione mondiale.
L’agente inviato nella struttura doveva piazzare un
esplosivo all’interno della stessa, uno speciale esplosivo che avrebbe bruciato
tutto ciò che c’era all’interno. Ma purtroppo il piano era fallito.
E ora Conner osservava le sue mani
correre sulla consolle olografica, settando potenza e densità del colpo, e
infine, con un piccolo tentennamento e un sospiro, avviare il caricamento
finale.
Il satellite ci mise poco più di un minuto a caricare il
colpo nell’acceleratore e nella camera di alimentazione, e infine il flusso di
particelle venne sparato.
Sullo schermo principale si vide inizialmente solo una luce
azzurrina, quindi le nuvole che venivano spazzate come se un vento si
originasse dal raggio. E poi quel vento spazzò via anceh
la terra e il mare.
Stranamente quell’arma non provocava luci accecanti o altri
effetti speciali, e tutta la scena si poté vedere alla perfezione con
l’ingrandimento applicato dai sensori visivi della stazione.
Pochi secondi dopo che il raggio colpì il centro preciso
dell’isola la struttura si gonfio per
alcuni attimi come fosse un palloncino, perché le immense pareti di metallo
corazzato resistettero. Ma durò solo un istante. La struttura non esplose, ma
scoppiò esattamente come un palloncino, e l’onda d’urto si propagò subito
intorno, non sulla terra ferma, perché l’isola deflagrò tutto intorno,
lasciando un immenso buco, che cominciò ad allargarsi man mano che l’acqua per
l’enorme calore dell’attrito evaporava formando nubi. Il buco si propagò per
decine di chilometri, ma non era, ma rosso, acceso, come il fuoco, poiché il
fondo marino si era liquefatto diventando magma all’istante.
Quando il profondo baratro dalle pareti liquide, di un blu
intenso e dal fondo rosso fuoco smise di espandersi, aveva un diametro di poco
meno di 200 chilometri, immenso, e la superficie liquida tutto intorno si
increspò, in quello che dalla prospettiva della stazione era un’anda simile a quella di un sasso lanciato in una pozza
d’acqua, ma che in realtà era un muro liquido che anche al largo era alto 15
metri e procedeva a quasi 800 km/h.
Il sistema automatico della stazione si azionò, e i 100
cannoni ionici entrarono in funzione, emettendo la loro massima potenza di
fuoco su punti sempre diversi, strategicamente calcolati a velocità immane dal
computer di bordo.
Passarono quasi20 minuti di tensione nella sala controllo,
prima di vedere l’onda spegnersi e scomparire.
E da quel momento l’effetto che aveva tenuto in piedi il cratere cessò e
le pareti d’acqua vennero risucchiate, o meglio caddero, verso il fondo
oceanico, in un fragore che si sentì su tutto il globo, formando dense nuvole
di vapore che si innalzarono verso il cielo, formando uno strato di nubi
temporalesche e attraversate da centinaia di fulmini per chilometro quadrato.
Quando finalmente quel cataclisma cessò, quasi 30 minuti
dopo aver avuto inizio, un immenso nulla d’acqua si stendeva dove prima erano
state presenti centinaia di isolotti, per un cerchio perfetto di 200 chilometri
dal punto di impatto, mentre le isole investite dalla tzunami
nella sua corsa che era proseguita per quasi altri 200 chilometri prima di
arrestarsi erano state cancellate come se mai nulla vi fosse esistito,
rimanendo nude estensioni, più o meno grandi, di fanghiglia e nuda roccia.
disse come un automa, e pochi
secondi dopo le luci della sala, come quelle dell’intera stazione tornarono
della solita illuminazione neutra, quindi Conner si
alzò e fece per dirigersi all’uscita, colto da crampi allo stomaco e con una
tremenda voglia di stare solo.
D’improvviso però le luci tornarono rosse, l’allarme suonò,
una sirena lugubre nel silenzio della sala, e Conner
si voltò verso lo schermo, e le numerose scie luminose che partivano da gran
parte dei paesi dell’alleanza orientale gli fecero subito capire cosa stava
accadendo prima ancora che il Tenente Colonnello Sterzi parlasse.
Questo era il capitano MacFarnon,
l’addetto tattico, mentre il tenente Salizkiev subito comunicò, con il suo lieve ma marcato
accento russo missili sono
dotati di testate nucleari paragonabili alle vecchie Mark 12>
Un istante dopo i 20 cannoni da intercettazione a lungo
raggio della stazione presero a far fuoco, distruggendo a ogni colpo un
missile, ma si notò subito quanto la situazione era disperata.
I sistemi a terra erano inutili, infatti i missili non erano
agganciabili tramite sensori, grazie a difese antirilevamento, come comunicato
da Salizkiev, e solo i loro cannoni, essendo capaci
di colpire direttamente, senza tempo di intercettazione come per i missili terra-aria,
erano in grado di fermare quei missili.
disse MacFarnon,
con una nota di rammarico nella voce, o
meglio una nota di disperazione.
Conner parlò, quindi barcollò e
ricadde sulla poltrona, immaginando che danni avrebbero fatto quei missili, qualcosa da far impallidire il loro
precedente attacco.
Sullo schermo comparve un vero sciame di caccia orbitali di ltima generazione, usciti dagli hangar della stazione, che
puntarono a tutta velocità verso l’atmosfera.
Ma una luce a terra, al livello dell’Europa centrale,
distrusse ogni speranza.
signore…
ora Parigi, Roma, Milano, Mosca, Pretoria, Pietroburgo…>
e alla fine Salizkiev smise di elencarle e si bloccò,
come tutta la sala controllo, a osservare gli ormai numerosissimi brillamenti
atomici che si diffondevano a macchia d’olio sul territorio dell’unione delle
nazioni.
Africa, Europa e Russia sembravano un macabro albero di
natale mentre sempre più missili giungevano a destinazione, colpendo i loro
obiettivi. Unico territorio lasciato intatto, probabilmente perché troppo
difficile da colpire erano state le americhe, ma
proprio mentre quel pensiero sfiorava la mente di Conner
e degli altri come una vaga speranza, una luce più grande degli altri sbocciò
sulla costa orientale dei vecchi stati uniti.
america, New
York signore, i rilevamenti dicono utilizzando una carica al plutonio a terra,
probabilmente non trasportata da missile>
Sulle guancie del rude colonnello scesero per la prima volta
da anni lacrime, lacrime di disperazione, mentre i brillamenti andavano
scemando, mostrando vaste aree trasformate in desolati deserti.
terra….>
disse ora, fievole
Il tenente colonnello sterzi alzò gli occhi dallo schermo che stava osservando <signore… il centro si trovava a Parigi…
non c’è più…>, disse semplicemente, non più capace
quindi di trattenersi, scoppiò in muti singhiozzi, suo fratello e suo padre
erano proprio in quella città.
ora era Salizkiev a parlare, dopo minuti di silenzio, e senza
attendere risposta lo decriptò e lo inviò al capitano
Al colonnello Conner, dallo stato
maggiore militare e dagli organi di governo dell’unione delle nazioni,
sappiamo che non
potrete nulla per evitare il disastro che sta per compiersi. Come nostro ultimo
atto quindi designiamo lei comandante in capo delle forze dell’ESF, e la
dottoressa Writer presidente dell’unione delle
nazioni. Missive di informativa sono state inviate anche ai civili designati
quali ministri straordinari in attesa che il nuovo presidente scelga di
confermare le loro cariche o li sostituisca. Per le cariche militari invece
confidiamo nella sua esperienza e buon senso. Che Dio sia con voi.
Ammiraglio in capo dell’ESF Gilderoy,
è stato un onore e un piacere averla al mio comando e com
amico.
Addio.
Terminato di leggere il messaggio, la consolle di Salizkiev lampeggiò ancora
signore… chiedono un
cessate il fuoco e di poter parlare>
A quelle parole, sullo schermo principale, al posto della
visuale esterna, comparve un uomo dai tratti asiatici, pareva anziano,
indossava abiti civili.
<Colonnelo Conner,
sono il dottor Ishjama, chiediamo un cessare delle ostilità
immediato… L’esercito dell’alleanza orientale ha
sollevato i capi sopravvissuti al vostro attacco dal comando, sono stato
nominato Presidente dell’alleanza ad interim… basta
con quest atrocità… a nome
del mio popolo… la supplico>
Tutto si era aspettato fuorché questo, ma pensandoci ora, la
mente resa più lucida dalla sorpresa, era una reazione comprensibile.
tutti….>
disse, semplicemente, come se parlasse a un vecchio amico.
disse
annuendo, grave, Il generale Conner, quindi dopo aver
chiuso la trasmissione e dato ordini di mandare il trasporto, stanco come mai
era stato, uscì dalla sala e andò a parlare con il nuovo presidente dell’Unione
delle nazioni.