Dirty game

di Novelist Nemesi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1st - Prologo ***
Capitolo 2: *** Giro ***
Capitolo 3: *** 3rd - Intrusione ***
Capitolo 4: *** 4th - Finzione ***
Capitolo 5: *** 5th - Sorveglianza ***
Capitolo 6: *** 6th - Considerazione ***
Capitolo 7: *** 7th - Dubbi ***
Capitolo 8: *** 8th - A Un Passo ***
Capitolo 9: *** 9th - Testimonianza ***
Capitolo 10: *** 10th - Decisivo ***
Capitolo 11: *** 11th - L ***



Capitolo 1
*** 1st - Prologo ***


-Ti prego, cerca di resistere!-
Neanche la pioggia poteva coprire il disgusto che circondava quelle due fanciulle.
Un lampione rovinato, un terreno scivoloso, una scia di sangue, delle lacrime facevano da sfondo alla vicenda che stava accomunando quelle ragazze con una sola cosa in comune. Anzi, due: il lavoro e la disperazione. Una via di fuga, questo balenava nella mente delle due, seppure una non riusciva a parlare.
La ragazza che cercava di trovare aiuto, dando sfogo alle proprie corde vocali, barcollava sui propri tacchi a spillo di almeno dieci centimetri, senza più avvertire il freddo che abbracciava le sue gambe scoperte e la camicetta sbottonata ormai diventata tutt’uno col suo petto.
Anche chiamando l’ambulanza, erano in alto mare. I soccorsi tardavano ad arrivare e alla ragazza non restò scelta che caricarsi la compagna sulle spalle, cercando di non farle ulteriormente male.
A metà strada l’ambulanza la raggiunse, arrivarono in tempo all’ospedale. Ma per la sua compagna non ci fu niente da fare.
La pioggia continuava a cadere, accompagnato da qualche lampo, come se volesse comunicare la propria tristezza su quell’ospedale.
-Signorina, deve aiutarci a rintracciare i parenti…-
-Io non so chi fosse quella donna- rispose senza emozione la ragazza
-E’ un problema. Dovremo chiamare la polizia-
Solo allora la ragazza si mostrò di nuovo agitata –No, no, niente polizia! ve ne prego… Me ne occuperò io. Me lo ha detto lei stessa, ha lasciato tutto a me…-
Poco dopo arrivò un’altra ragazza, con un occhio nero e la voce che si stava rovinando di urla. Sdraiata su una barella, in un lenzuolo coperto di sangue. Nonostante la scena raccapricciante, riuscì a riconoscere la ragazza sui tacchi che la guardava impressionata. Pregò di farla entrare in sala, per assisterla.
-Cosa ci fai anche tu qui?-
-Aaaaaaaaaaah! Ugh! A… Aiutami! T-t-ti prego…-
-Cosa vuoi che faccia?-
-Io… Io devo tornare… Waaaaaaaaah!-
-No! Approfittane ora! Appena hai risolto qui, scappa!-
-M… Mi troverebbero… E allora sì che sarebbe un guaio… Aaaaah!-
Mentre un pianto genuino travolse la sala, la ragazza le promise che avrebbe pensato lei a tutto. E stavolta c’erano i medici testimoni.
Anche quel giorno pioveva. Ma l’ambiente esterno non importava, era un qualcosa da lasciare lontano, ancora per un po’.
Nessuno, in quella grande casa, avrebbe pensato a un nuovo iscritto piuttosto particolare, e piuttosto fuori età.
Davanti alla porta una ragazza con abiti leggeri e un cesto in mano supplicava di farla entrare per affidare ciò che teneva nella culla.
-Signorina, non possiamo fare entrare chiunque…-
-Ve ne prego! Non potete lasciarlo su una strada… Mi hanno detto che questo istituto avrebbe offerto le migliori qualità per la sua crescita…-
Il signore con gli occhiali e attempato sembrava inflessibile –Non è mia la responsabilità…-
-Fatemi parlare col direttore!-
-Io sono il direttore, ma non è comunque mia la responsabilità. O almeno, solo per una parte-
La ragazza insisteva per parlare con qualcuno. Giurava che avrebbe sfondato la porta.
-Non peggiori le cose, signorina. Si cerchi un altro posto…-
Altra gente assisteva a quel battibecco. Per lo più bambini.
-In questo momento- continuava il signore –Il proprietario di questo posto è in Thailandia. Quindi capisce che è impossibile parlare con lui-
-Ma vive qui, no? Datemi il suo indirizzo-
-E’ impossibile rintracciarlo. Ora, per favore, andate via…-
No. Non sarebbe finita così –Prendete almeno lui per stanotte. Domani tornerò a prenderlo-
Era passato un mese da allora.
Ci troviamo sempre allo stesso istituto, in una giornata di sole.
Al proprietario del posto venne detto solo che davanti alla porta era stato trovato un bambino.
La voce però era girata in fretta, e siccome molti informatori erano dei bambini, le cose venivano ingigantite.
-Dunque, mi stai dicendo che questo bambino è stato portato da un alieno che voleva conquistare l’istituto e, non potendolo fare, ha lasciato un’arma di distruzione totale che ha le sembianze di un neonato?-
-Sissignore! Io l’ho visto. Era alto altissimo e guardava il signor Roer con occhi di fuoco!-
-Grazie, Tim. Sei stato molto in gamba-
Per il signore era giunto il momento di partire di nuovo.
La macchina però presentava qualche problema. Non partiva, la benzina sembrava andata e la macchina faceva un rumore strano.
Scese per controllare, ma appena si chinò verso il cofano, si trovò davanti al collo un pezzò di legno lavorato in modo da tagliare la gola.
-Se fate un passo vi sgozzo-
Il signore, in tutta calma, chiese semplicemente chi fosse l’attentatore.
-Siete voi il responsabile di quell’orfanotrofio?-
-Proprio così. Quillsh Wammy- rispose l’anziano, alzando di poco il cappello –E voi, signorina?-
-Mi chiamo Erin. Ora ascoltatemi attentamente- prese una pausa –Innanzitutto, come sta il bambino?-
-Intendete il nuovo arrivato? Dunque siete stata voi a lasciarlo lì-
La ragazza rise –Dovevo immaginarlo che vi avrebbero detto così. Comunque come sta-
-Sta bene, anche se piange ogni notte-
Ci fu un’altra pausa. La ragazza sembrava esitare stavolta –Ora ho bisogno di trovare una certa persona, che voi mi dovrete indicare-
-Di chi si tratta?-
-Oh, questo me lo dovete dire voi. Lui si fa chiamare… L. E tenendo sotto controllo questo posto per un mese, ho scoperto che solo voi potete contattarlo. Dove si trova adesso?-
-Immagino vogliate il suo aiuto per un caso-
-In un certo senso… E, a tal proposito, guai a voi se chiamate la polizia o i servizi segreti-
Il signore ci pensò su un attimo, e la risposta fu decisamente inaspettata dalla ragazza –Credo che L si interesserà molto a ciò che vorrete dirgli-
Una telecamera inquadrava distintamente l’anziano Wammy, accompagnato però da una sconosciuta ragazza bionda.
-Watari…-
-E’ tutto sotto controllo. Questa ragazza vorrebbe esporti un caso interessante-
Sapeva di poter fidarsi di lui.
E finalmente potè incontrare la persona che si faceva chiamare L, colui di cui non si sa nulla, nemmeno il volto, la persona che ha risolto più casi di quanto si possa immaginare. A vederlo sembrava avere la sua stessa età, ma non volle rischiare. Anche perché, se pure lo avesse chiesto, di certo non ci sarebbe stata risposta.
-Mi chiamo Erin. Piacere di conoscervi, signore- si inchinò –Vi prego di ascoltarmi…-
L non rispose alla presentazione. Si limitava ad osservarla con occhi circondati da occhiaie. Tuttavia la fece accomodare su una comoda poltrona.
-Ha l’aria di chi ha passato diverse notti in bianco-
-Sono innumerevoli le notti passate in bianco…-
Watari, senza essere interpellato, portò dei biscotti e una tazza di tè caldo alla ragazza. Lei ringraziò e nascose parzialmente il suo viso con la tazza fumante. Non potè fare a meno di notare come si sedeva quel ragazzo, e come guardava le persone. Inoltre portava spesso le dita alla bocca.
-Dunque?- chiese L
-Mi dispiace informarvi che non posso pagare il lavoro che sto per offrire. Il mio lavoro non lo permette-
-Tanto per cominciare, che lavora fa?-
L ragazza esitò, più che mai. Arrossì, e con voce debole e impercettibile disse –La prostituta-
Quel tale, L, non sembrava minimamente toccato, lasciando che la ragazza continuasse –Per questo non posso chiedere aiuto alla polizia… Mi arresterebbero. E vi prego di non farne parola con loro…-
L non esitò minimamente ad acconsentire –Watari, fai in modo che questa ragazza non venga trovata dalla polizia- prese una tazza di tè e vi versò una diversa quantità di zucchero –Continui, Erin. È forse scappata? La stanno cercando?-
-Lavoro per delle persone insospettabili, davanti alla facciata di impresa edile. Hanno costruito un paio di appartamenti dove i clienti vengono. Clienti insospettabili anche loro, non voglio fare nomi. Noi ce ne stiamo sempre in quegli appartamenti, i nostri capi ci fanno pubblicità e ci portano i clienti. Nell’arco di una giornata abbiamo anche sette o otto clienti… Abbiamo tregue solo la mattina presto e cinque minuti tra un cliente e l’altro…-
-Da come parla si direbbe che lei è straniera-
-Sono inglese, ma ho passato gran parte del tempo a studiare in Spagna. Ero tornata qui per cercare un lavoro, e sono stata avvicinata per un colloquio come assistente di questa “impresa”. Fanno in modo che sia tutto legale, che siamo noi a scegliere questa strada-
-E’ forse riuscita a scappare?-
-Innumerevoli volte ci proviamo. Ma uscire da quegli appartamenti è una follia. Qualche ragazza viene picchiata fino alla morte, oppure abbandonate sui marciapiedi e fatte arrestare con accuse assurde. Un mese fa un nostro capo si è infuriato con me e una ragazza incinta, era al nono mese e stava per partorire. Loro non tollerano che teniamo bambini, quindi o ci fanno abortire o ce li portano via una volta nati. Questa ragazza non voleva, io mi sono messa in mezzo al litigio e siamo fuggite per farla partorire altrove. È stata colpita diverse volte, massacrata di botte. È morta in ospedale, e poco dopo anche il bambino- cercò di trattenere le lacrime –Nello stesso ospedale c’era un’altra ragazza che è scappata e ha partorito, ma è stata riportata lì. Ha lasciato il bambino a me, e io non sapevo dove andare… Non sapevo a chi chiedere aiuto. Poi, ho saputo dell’orfanotrofio, la Wammy’s House, ma continuavano a dirmi che non potevano tenerlo. E, nel giro di pochi giorni, sentivo parlare dell’investigatore L. E ho pensato che solo voi potevate aiutare me e tutte quelle ragazze…- si sporse di poco, con le mani giunte –Vi prego… Aiutatemi…-
-Da quanto tempo lavora per questa gente?-
-Due anni-
L restò in silenzio per un po’. Aveva risolto moltissimi casi, ma non gli era mai capitata una cosa simile. Inoltre L di solito si muoveva solo per casi eccezionali. Stando a quanto diceva Erin, sulla polizia non si poteva contare.
-Di solito la polizia concede la grazia alle persone come lei. Dopotutto, lei è una vittima… Ciò significa che forse anche nella polizia c’è qualche persona che collabora con questa gente. Non può fidarsi di nessuno, e l’esapserazione l’ha portata qui…-
-Dunque, mi aiuterete?-
-E sia. Risolverò io il caso. Lei però, non deve farne parola con nessuno. Vi trasferirete in un appartamento che le procurerò io, Si tingerà i capelli e vivrà sotto la custodia di Watari. Lo chiami sempre così, e porti anche il bambino con lei. Non posso lasciare che sospettino anche di un solo orfanotrofio-
-E’ tutto sistemato. La ragazza si è trasferita lì- disse il signor Wammy con un sorriso, dopo aver risolto le sue faccende.
-Avevi ragione, Watari. Il caso è piuttosto interessante. Se riesco a giocarmi bene le carte, posso arrestare mezzo corpo di polizia in un colpo solo. Intanto cerca di trovare degli agganci con questo giro di prostituzione- disse L accovacciandosi sulla poltrona. Sorrideva, mettendosi un pollice davanti alla bocca, e vedeva delinearsi già diverse idee.

Ed eccoci qua, con primo capitolo! Dunque, che ne pensate? Sono abbastanza indecisa sul raiting, ma per il momento azzarderò con l'arancione! Attendo i vostri commenti, spero che via piaccia comunque questa mia nuova storia! Alla prossima!

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Capitolo 2
*** Giro ***


Le cose erano partite immediatamente. Stavano già elaborando un piano, anche se la ragazza che rispondeva al nome di Erin non veniva messa al corrente di tutto. Aveva paura a uscire di casa. Nonostante la tinta, sentiva che in qualunque momento avrebbero potuto sfondare la porta, trascinarla per i capelli, picchiarla per punizione e rimessa al suo appartamento. Un senso di colpa non indifferente, poi, affollava la sua mente, nei confronti delle ragazze rimaste. Aveva fatto davvero bene a supplicare l’aiuto di una persona che conosceva solo di fama? E la madre di quel bambino?
L’aveva conosciuta qualche mese addietro, confidandosi il disagio reciproco per quel lavoro. La sua compagna di sventure si chiamava Caroline e aveva poco più di 20 anni. con ogni probabilità in quel momento stava lavorando. Lavorare… Che disgusto usare la parola lavoro per quella circostanza! Che orrore pensare a come si erano fatte fregare quelle ragazze!
Il suono del campanello distolse quei tristi pensieri, e una voce riecheggiò lievemente.
-Sono Watari. Ho portato il pranzo-
La ragazza tolse la catenella dalla porta e lo fece entrare, ma subito notò che c’era qualcosa che non andava.
-Il latte?-
-Qui dentro-
-Non so ancora come ringraziarvi…- Erin sospirò e si accasciò sulla poltrona, prendendo dalla culla accanto il bambino, di cui non conosceva nemmeno il nome.
Che tristezza notare che piangeva quasi sempre. Persino dargli il latte era difficile.
-Ha bisogno del latte materno… Dobbiamo portarlo da lei- constatò Erin
-L sta già organizzando tutto. Presto troveremo una soluzione- anche Watari si accomodò –Piuttosto, signorina, i patti erano che avrebbe dovuto collaborare con noi-
Un tremolio nella voce la tradì –Ma è quello che sto facendo…-
-Pensa forse che, rivelando il suo vero nome, potremmo metterla nei guai?-
L era degno della sua fama, a quanto pare –Non me la sento di rivelare il mio nome…-
-Anche perché sicuramente L l’ha già scoperto- una frase che la irritò –Ora mi scusi, ma vado a ultimare i preparativi-
L’ambiente non era certo molto amichevole, in parte se l’era cercata lei. Doveva stringere i denti. Dopotutto, i beni primari c’erano, aveva un tetto, un letto, una casa. Non le era proibito nemmeno di uscire, era lei che aveva paura.
Appena tornato Watari si trovò a dover sbrigare delle ricerche. Fino a quel momento avevano scoperto solo i nomi e i volti dei pesci più piccoli. La difficoltà era riuscire a prendere dei contatti.
-Inoltre dubito che si lascino delle prove dietro, quindi tra clientela e dipendenti vaghiamo in alto mare…- disse L giocherellando con un dito –Potremmo infiltrarci approfittando di un’ora di buco, oppure intrufolarci di nascosto… Ma se Erin dice che sono loro a contattare i clienti e a cercarli, suonerebbe strano se andassimo avanti noi. Tuttavia, non possiamo nemmeno lasciare le cose così come stanno…-
Watari se ne stava in silenzio, vagando con passo deciso e silenzioso.
-Watari, per favore, portami un gelato- chiese L –E accompagna qui Erin-
Erin, vestita di tutto punto e con il bambino in braccio, si sedette sul comodo divanetto della stanza d’hotel dell’investigatore, disorientata da tanto sfarzo.
-Chiedo scusa, ma vivete sempre in albergo?-
-Per la nostra incolumità sarà meglio stare in un albergo- L versava in una tazza di caffè molti cucchiaini di zucchero, mescolando lievemente. Teneva la posata come se fosse sporca, afferrandola solo col pollice e l’indice –Veniamo subito al sodo. È sicura del fatto che sono i suoi capi a cercare clienti?-
-Sì-
-Quindi è escludo che possiamo avvicinarci noi-
-Sì. Inoltre non cercano persone qualunque. Abbiamo dei prezzi piuttosto altini…-
-I soldi non credo saranno un problema-
La conversazione venne interrotta a causa del pianto del bambino. Di nuovo. Nonostante Erin cercasse di tenerlo buono, non accennava a diminuire. L osservava in silenzio, mescolando indifferente il caffè. Non lo voleva dire, ma lo seccava parecchio essere interrotto mentre parlava.
Poterono di nuovo parlare una volta che il bambino si addormentò
-Non conosce il nome del bambino?-
-Conosco la madre-
-Nel frattempo mi dia i dati di questa donna-
Watari nel frattempo raccoglieva informazioni e salvava tutto sul computer.
-L, forse ho trovato qualche contatto nella malavita-
-Grazie, Watari- guardò Erin –In tutta sincerità, l’ideale sarebbe farla tornare per poterci passare informazioni. Ma, se le mie ipotesi sono esatte, o la ammazzano o le estorceranno con la tortura il perché è fuggita e su dove si trovava. Non mi va di lasciarmi morti dietro le spalle, senza contare che poi il bambino resterebbe di nuovo solo oppure verrebbe ucciso-
-Grazie per la sensibilità-
L non restò a indagare se era sarcasmo o cosa –Mi serve però la sua collaborazione per spargere delle voci. Ci sarà molto utile, e poi non dovrà nemmeno faticare. Solo, ci vorrà un po’ di tempo. Direi almeno due settimane-
Non era un problema per Erin. Bastava che si agiva.
Durante quelle due settimane vagava per la città accompagnata da Watari, che si fingeva una specie di maggiordomo. Il bambino stava bene, gli facevano tutte le cure possibili e non gli facevano mancare nulla.
Soprattutto, per erin quelle due settimane servirono per pensare a tutto quello che stava succedendo e fare mente locale. L aveva assicurato che non le sarebbe successo qualcosa, ma alo stesso tempo aveva paura di tradirsi in qualche atteggiamento. Ai come in quel momento si sentiva angosciata. Anche il solo chiamare a casa poteva essere pericoloso.
La preoccupazione salì quando Erin seppe di un nuovo giro di prostituzione, ma L era tranquillissimo.
-Stia tranquilla. È tutto sotto controllo. Ho fatto io in modo che si venisse a sapere di un giro nella stessa zona. La buona notizia è che non è stato necessario nemmeno aspettare due settimane. presto la polizia si metterà sulle tracce si questa nuova banda, o almeno lo faranno i poliziotti coinvolti, mentre la sua organizzazione sarà costretta ad abbassare il target della clientela e a cercare un po’ dappertutto. A quel punto basterà farsi vedere di poco per farsi avvicinare. E lei, come le ho detto, non correrà alcun rischio-
Effettivamente poteva funzionare. Aveva pensato proprio a tutto –E per il bambino? Ha bisogno della madre-
L rivolse un veloce sguardo verso il neonato –Farò in modo di portarlo dalla madre senza essere scoperti. A questo proposito, le sarei grato se gli compraste un ciuccio-

Wow! Certo che è difficile trovare un modo soddisfacente per continuare! E' una storia mai affrontata prima, e ho sempre paura di non fare del mio meglio... Spero che vi piaccia questa mia nuova avventura, anche se siamo solo al secondo capitolo! @ Saku: Wow, mi fa enormemente piacere leggere di nuovo i tuoi commenti! ^^

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Capitolo 3
*** 3rd - Intrusione ***


-Ho portato ciò che mi avevi chiesto-
-Grazie, Watari-
-Vado a portare l’occorrente a Erin-
-Mi raccomando, Watari. Tienila sempre d’occhio-
Sin dall’inizio L avvertiva qualcosa di strano in quella ragazza. Come se stesse nascondendo più del dovuto. Per intenderci, anche lui non si stava comportando granchè bene, oscurandola di tutti i suoi ragionamenti. Ma lui era fatto così, era abituato a stare da solo. L’unica compagnia era Watari. Quanti anni passati insieme… Watari era una specie di ombra. E cos’è un uomo senza ombra? Una specie di fantasma, questo si rispondeva sempre L.
Si era mostrato in viso davanti a una perfetta sconosciuta solo perché accompagnata da Watari. Stando a quanto aveva detto lui in gran segreto, all’inizio era stato colto di sorpresa col rischio di rimanere sgozzato. Forse era quello che aveva inconsciamente convinto entrambi ad aiutare quella disperata di Erin.
In città, nel frattempo, si era ormai fatta strada la fama di questa nuova banda di prostituzione. Era incredibile di come bastava una piccola spinta per creare una reazione a catena simile. Erin però era sempre più preoccupata. L’avrebbero cercata per paura? Pensavano che lei fosse passata a quel nuovo, fasullo, giro?
Solo in quel momento di rese conto che L la stava esponendo anche troppo al pericolo. Altro che faticare poco!
All’ora di pranzo, puntuale, Watari le portò una borsa.
-Dentro ci sono dei documenti falsi. Da questo momento lei sarà Emily Morgan e si fingerà mia nipote. Anche io mi sono procurato dei documenti falsi. Inoltre c’è anche l’occorrente per il bambino. Dovrà fingere che il bambino sia suo fratello. L ha inoltre predisposto un’ottima facciata per farla vagare tranquillamente per Londra-
-Grazie- si limitò a rispondere lei –E per Caroline…?-
-Non corra, signorina. L le assicura che è questione di poco. Ora si prepari, dobbiamo uscire-
-Per andare dove?-
-Ha bisogno di vestiti nuovi. Non vorrà continuare ad andare in giro con quegli stracci, vero?- Watari si fece scappare una risatina.
Forse la sua era solo suggestione, ma si sentiva osservata. Maledizione. I suoi capi potevano essere a un passo da lei! Come faceva a camminare tranquilla?
-Erin, stia calma- disse sottovoce Watari –Non si faccia suggestionare-
Erin annuì impeccertibilmente.
Già, era una parola… Soprattutto quando vennero fermati da una coppia di poliziotti. Delle semplici informazioni, niente di che, su un bambino rapito.
Erin tenne stretta a sé il piccolo.
-Mi spiace, non sappiamo nulla- era Watari a tenere le redini della conversazione
-Ne è sicuro? Anche un dettaglio ai suoi occhi inutile potrebbe essere determinante-
-Le assicuro, agente, che io e mia nipote non sappiamo nulla. Viviamo fuori città, in completa pace col mondo. Posso solo dire che mi dispiace per quel bambino, e mi auguro che lo troviate presto-
I poliziotti lo guardarono un po’ di sottecchi –Va bene, signore. In futuro potremmo tornare-
-La polizia è sempre benvenuta-
Quando furono certi di essere lontani da orecchie indiscrete, poterono formulare delle ipotesi.
-Guarda caso vengono proprio da noi a chiedere di un bambino…-
-Non immaginavo che in una settimana appena si potessero muovere così tanto. Tuttavia, potrebbe essere troppo frettoloso azzardare ipotesi come queste… La accompagno a casa, Erin-
Quando fu L, invece, a sapere di quei poliziotti, sorrise –Stanno facendo più in fretta di quel che credessi…- con una certa soddisfazione, prese dei dolcetti al cioccolato e crema e se li mangiò, masticando piano –Watari, credo che sia giunto il momento di agire. Mi presteresti un impermeabile?-
Quei giorni sembravano non passare mai. Che si trovasse in uno di quegli appartamenti, o da L, Erin si sentiva comunque in balia di qualcuno. Erano giorni di sconforto totale per lei, come se la libertà fosse solo un lontano ricordo.
-L, sei sicuro? Potremmo mandare qualche criminale di nostra conoscenza-
-Ci vorrebbe troppo tempo per organizzarsi, e nel frattempo potrebbero accorgersi che la “concorrenza” non esiste. È tutto sotto controllo. A proposito, il bambino?-
-Come sempre- rispose semplicemente Watari
-Capisco…-
Bastarono un paio di giorni, che già si erano fatte avanti delle proposte. Divertimento assicurato a buon prezzo. Che schifo di slogan.
-Come avete fatto a farvi avvicinare così…?-
-Vede, quando c’è di mezzo una presunta concorrenza bisogna adeguarsi a certe cose. Come le ho già detto, è bastato andare come se nulla fosse in qualche pub e dare l’impressione di essere… Mmh…-
-Maniaco?-
-E’ così che definisce i clienti?-
-Non lo sono, forse?-
-Va bene, vada per maniaco. Comunque, basta sembrarlo di poco, per farsi avvicinare-
Erin non volle nemmeno pensare a come avesse fatto L a sembrare un potenziale cliente. Anzi, non credeva nemmeno che L fosse sceso in qualche pub
-Immagino sia stato Watari a fare da tramite…-
-Qualcosa del genere. Ora stia bene a sentire. Tra poco andremo direttamente in uno di questi appartamenti. Se chiedessi una ragazza in particolare, avrebbero da ridire?-
-No… Di solito i clienti si scelgono le ragazze… Sempre che non sia occupata in quel momento-
-Perfetto- L sorrise –Ora le chiedo di lasciarmi il bambino. Lei torni pure a casa-
Erin accettò, un po’ a malincuore, perché aveva notato una certa diffidenza in L verso i bambini. Più che altro, era sicura che non sapeva cambiare nemmeno un pannolino. Ma d’altronde, che poteva fare? Per quanto potesse essere sospetto, quello strampalato detective era l’unico che poteva fermare quella gentaglia.
A vederlo da fuori non sembrava affatto una casa chiusa. Era tutto pulito e ben curato, Erin lo aveva avvertito. Sembrava una specie di albergo, alla propria destra, una volta entrati, c’era una specie di reception. Erin spiegò che era lì che prendevano gli appuntamenti con le ragazze.
A passo calmo, si avvicinò, con un cappello, un impermeabile e una pancia non indifferente, chiedendo con voce flebile –Buongiorno. Un mio sottoposto ha preso appuntamento qui a nome mio-
-Vi siete…?- chiese un uomo mezzo pelato, dagli occhiali tondi.
-Nicholas Lewis-
Il signore controllò su una specie di registro –Sì, risulta-
-In particolare, avevo richiesto una certa Caroline-
-Sì, non c’è problema. Firmi qui cortesemente-
Al signore della “reception” scappava quasi da ridere. Quello che stava firmando muoveva la pancia in modo strano, come se si stesse contenendo dal fare qualcosa di vergognoso! Evidentemente era la prima volta che si presentava a una cosa simile, e cercava di farsi riconoscere il meno possibile. Oltretutto, era davvero grasso.
-Stanza 230. Buon divertimento, signor Lewis-
-Grazie-
La porta, semiaperta, mostrava una ragazza in accappatoio dal corpo esile, provato, seduta davanti a uno specchio. Riflesso in esso era il viso di una ragazza dai lineamenti fini, con un cerotto sulla fronte e il trucco pesante appena fatto. I capelli, leggermente scompigliati, erano raccolti in una treccia malfatta.
-Chiuda la porta, per cortesia- disse la ragazza senza voltarsi.
Lui obbedì e fece qualche piccolo passo verso di lei.
La ragazza si girò appena. Un ciccione. Le capitavano spesso. Sbuffò, alzandosi in piedi.
-Io sono Caroline-
-Lo so- lui si sbottonò l’impermeabile.
-Non perde tempo, vedo- lei fece un sorriso di circostanza
-Infatti- si tolse anche il cappello, liberandosi di quell’abito ingombrante. Notava già l’espressione della ragazza –Non urli-
-Ma lei chi…-
-Togliendosi l’impermeabile, tolse finalmente dei cuscinetti e un panno che copriva un bambino col ciuccio, che guardava disorientato dappertutto.
La ragazza, senza riuscire a trattenere le lacrime, prese in braccio il bambino.
-Chi è lei…?- chiese, poi
-Sono qui per aiutarla. Quindi cerchi di collaborare, per favore- rispose il ragazzo con le occhiaie.

@ Angel Virtues: Sono davvero onorata di ricevere un commento! E ti ringrazio tantissimo per i consigli1 La tastiera, brutta cattivona che non è altro, riesce a sfuggirmi sempre al controllo di tanto in tanto xD Per quanto riguarda la trama in generale, hai ragione ad affermare che è strano che L si mostri così come se nulla fosse. Spero di riuscire a far chiarire i dubbi man mano che la storia prosegue (anche perchè, che divertimento ci sarebbe altrimenti?). Guarda, se ti dicessi le altre ipotesi su come poteva apparire L, scoppieresti a ridere, sono davvero imbarazzanti xD Inoltre hai ragione ad affermare che forse ho fatto le cose con un pò di fretta, ma ho pensato che se non avessi iniziato sin da subito con un qualcosa di eclatante (ovvero buttrsi subito anima e corpo nel caso) non avrei suscitato interesse. Questa storia è molto diversa dalle precedenti, un tema mai affrontato finora, e ho pensato a lungo a come atirare l'attenzione.
Mi auguro che continuerai a seguirmi, grazie ancora! ^^

@ Saku: L si mostra piuttosto insofferente coi bambini xD Ho voluto renderlo un pò più distaccato, non so bene nemmeno io il perchè... Forse perchè si adattava meglio alla storia... Per quanto riguarda watari, spero di approfondire di più su di lui nei capitoli seguenti ^^

@ Lucia Elric: Ti ringrazio tantissimo e spero che la storia ti stia appassionando ^^

Ci vediamo al prossimo capitolo!

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Capitolo 4
*** 4th - Finzione ***


Caroline, tenendo in braccio il suo bambino, indicò il grande letto matrimoniale a baldacchino per far accomodare L. Lei si sedette su una delle due poltrone rivolte davanti a esso, e accarezzò delicatamente la testa del piccolo.
-Come sapeva che…-
-Ho validi informatori all’esterno-
-Qual è il suo nome, signore?-
-Nicholas Lewis- falso. Ma era già stato tanto che fosse andato lì in prima persona.
Notando che il piccolo si lamentava un poco, Caroline si fece spazio, abbassando di poco l’accappatoio.
-Immagino sia dura per lui senza il mio latte…- era come se stesse parlando da sola.
L invece, in tutta tranquillità, si voltò, in faccia al muro spoglio.
Caroline rise –Non c’è bisogno che si gira. Lo sto solo allattando-
-Ne è sicura?-
La ragazza lo esortò a rimettersi com’era prima. L non rivolgeva il minimo sguardo verso il seno di lei, coperto comunque dalla testa del bambino, che appoggiava avidamente le labbra sopra. Lei sorrideva, quasi emozionata, e accarezzava il bambino.
Diceva continuamente che per tutto quel tempo non aveva fatto che pensare a lui, che doveva aver sofferto molto, che era stata una sciocca a farlo partorire. Quella era la cosa che non si perdonava. La voglia di farlo nascere era tanta, ma ne valeva la pena? Fargli condurre quella vita, lontano dalla madre che volgarmente parlando era una puttana?
L ascoltava in silenzio, guardandosi ogni tanto attorno, quando decise di rompere il silenzio.
-Come si chiama?-
-Nathan… Nathan va più che bene-
Certo che ne succhiava parecchio di latte quel bambino, pensò L. Ma fu abbastanza saggio da tacere. Quella dona doveva essere già abbastanza provata, e il minimo che poteva fare, anche su richiesta di Erin, era portare quel bambino, Nathan, dalla mamma.
Sempre buttando l’occhio qua e là, L notò sul comodino degli accessori non proprio comuni: un frustino, delle manette e una scatola di fazzoletti. Notò inoltre che parte dell’accappatoio di Caroline era sporco di sangue.
-Posso sapere quanti anni ha, Nicholas? Sembra giovane…-
-Venti… Ho vent’anni-
-Ah, allora abbiamo la stessa età. Possiamo darci del tu?-
L acconsentì, passando subito a un altro argomento –Ora devi aiutarmi, Caroline. Dimmi tutto ciò che sai e che potrebbe aiutarmi a farci uscire tutte di qui-
Caroline si ammusò, osservando il bambino –Cosa potrei dire? Me ne sto sempre qui, aspetando qualche porco che vuole fare dei giochi con me. Immagino non sia necessario scendere nel dettaglio... Hai notato che ultimamente vanno di moda i frustini?-
-Non vedi dei movimenti sospetti tra le tue compagne o tra i tuoi capi?-
-Dalla mia stanza posso vedere un avanti e indietro dei clienti. Ho solo 5 minuti per riprendermi tra un cliente e l’altro. Puoi immaginare nel resto del tempo cosa faccio…-
-Io però so che hai tentato di scappare-
-Erano solo momenti che mi concedevo per illudermi- si accorse che Nathan aveva finito di nutrirsi. Lo dondolò per poco, alzandosi in piedi. Si diresse verso lo specchio, poi –Poi mi ritrovo sempre qui, e scendo alla realtà. È impossibile andarsene da qui-
-Se parti con questo presupposto è ovvio che da qui non esci-
Caroline si stizzì un po’ –Parli bene, tu. Mica te ne devi stare qua a fare la bambola di ogni sconosciuto, col rischio di beccarti qualche malattia o altro!-
-Così non mi aiuti-
Caroline si voltò, scostando lo sguardo di L –Ti ho già detto quello che so-
-… D’accordo- L si alzò, frugando dappertutto come se nulla fosse –E lo stipendio?-
-Mi pagano una piccola percentuale. I clienti pagano una volta finito, all’uscita. A volte capita che mi diano qualche mancia-
-Di solito che gente viene da te?-
Partì un lungo discorso con descrizioni accuratissime degli uomini che la facevano visita. Ultimamente si era creata dei clienti abituali, dicendo anche gli orari esatti in cui di solito si presentavano. Tuttavia, non poteva ricordare i nomi di tutti, anche perché qualcuno usava uno pseudonimo.
-Come te, del resto. Chissà se ti chiami davvero Nicholas-
-Vuoi vedere i documenti?- disse L senza curarsene troppo
-Non è necessario. La curiosità uccide-
Continuò imperterrita il discorso, rivelando anche da che ambiente provenivano. Raramente a lei si rivolgevano quelli comuni. A volte politici, a volte membri dell’aristocrazia, padri di famiglia.
-Ho capito. Grazie per le preziose informazioni-
-E’ il minimo…-
-C’è altro che devi dirmi?-
-Più che altro un consiglio- poggiò con cura sulla poltrona il bambino e prese l’impermeabile –Stropiccialo un po’, così crederanno che abbiamo fatto qualcosa. E se ti chiedono qualcosa alla reception, sbizzarrisciti pure con tutte le fantasie che ti vengono in mente. Quelli lì se ne approfittano sempre per farsi gli affari nostri, e godono a ogni racconto che gli fanno- con aria sprezzante pensò a tutte le cose poco carine che le rivolgevano.
-Ah, ancora una cosa- disse L prendendo alla lettera quanto diceva lei, stropicciando a più non posso l’impermeabile –Come hanno fatto a convincerti a lavorare per loro?-
-Mi avevano proposto un lavoro in ufficio per l’impresa edile. Dal contratto non sembrava che ci fosse qualcosa che non andava. Quando mi sono ritrovata qui dentro, hanno mostrato altri documenti con la mia firma che attestavano il mio consenso a partecipare, e quindi se avessi sporto denuncia ci avrei rimesso anch’io. non so come hanno fatto a mettere la mia firma lì…-
-Questi documenti immagino lì abbiano tenuti loro-
-Sì, e non se ne disfano, con quelli ci tengono in pugno. Dovrebbe esserci qualche segretario a tenerli in qualche cassetta-
-Ho capito-
Senza rendersene conto lo scambio di informazioni era durato quasi un’ora, e il tempo stava per scadere. Caroline aiutò L a far sembrare tutto regolare, che avessero effettivamente fatto sesso in quella stanza. Addirittura, aveva preso dei fazzoletti, bagnati con la saliva e lasciati per terra in bella mostra.
-Non so come ringraziarti per quello che stai facendo…-
-Non ti preoccupare, è mio dovere- rispose lui. Frugò nella tasca per un po’, tirando poi fuori il portafogli ed estraendo delle banconote. Non ebbe neanche il tempo di allungare la mano con quei soldi che Caroline declinò.
-Non voglio il tuo denaro. Dopotutto, mi sono presa più di 5 minuti di pausa come dovrei. Non ho fatto nulla per meritarmeli-
-Sì, invece- insistette L –E poi, hai detto che non c’è nulla di strano se qualcuno ti dà qualche mancia, no?-
Caroline, dopo un attimo di esitazione, prese le banconote, mettendole nella tasca dell’accappatoio.
-Bene, tornerò appena posso, col bambino- L notò che il bambino se ne stava tranquillo a sonnecchiare –Non l’ho mai visto così calmo da quando ce l’ho sotto il naso, sai?-
-Nessuno può mettersi sullo stesso piano di una madre- disse lei ridendo –Ora vai. Il tempo sta per scadere-
Quando L uscì dalla stanza di Caroline, si era già preparato un discorso nei confronti del ficcanaso che stava all’entrata, pronto a riscuotere il pagamento.
-E’ stato di vostro gradimento, signore?-
-Molto-
-Ci auguriamo il suo ritorno, signor Lewis-
-Sicuramente-
-E… Che resti tra noi, eh? Caroline com’è?- chiese quell’uomo con gli occhiali facendo l’occhiolino.
L ci pensò su un attimo, cercando la parola adatta –E’ una vera bomba- rispose poi. Se ne andò poi in fretta e furia da quel postaccio. Era davvero uno degli ultimi posti in cui sarebbe andato. Troppi ficcanaso, dava u senso di sporcizia non indifferente, e oltretutto trattavano come degli oggetti degli esseri umani.
Però ora era riuscito a sapere qualcosa di più. il problema era scegliere il prossimo passo.

Ringrazio Lucia Elric e Gufo Tave per i commenti, e mi auguro che questo capitolo non abbia deluso le aspettative! Ci vediamo al prossimo capitolo, conto di riuscire a ottenere un capitolo soddisfacente! E a evitare certi errori di battitura! Ciao! ^^

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Capitolo 5
*** 5th - Sorveglianza ***


Erin se ne stava a osservare il cellulare con ansia, da più o meno un’ora. L le aveva promesso di chiamarla appena dopo l’incontro con Caroline. Chissà come stava, chissà che faccia aveva fatto nel rivedere il suo bambino! Chissà cos’era cambiato in quel posto…
Mai come in quel momento fu felice di ricevere una telefonata, anche se non era L a cercarla direttamente.
-Sono Watari. L desidera parlare con lei- sì, sarebbe stato meglio a quattr’occhi.
Non salutò nemmeno quando arrivò nella stanza di L, che noncurante si prendeva una fetta di torta Sacher.
-Allora? Com’è andata? Lei come sta?-
-Buongiorno, Erin- disse L –Si sieda, prego-
Il fiatone di Erin fu la prova che aveva davvero fatto in fretta a venire. Voleva delle notizie immediate. E L non perse tempo.
-Sta bene- disse sorseggiando tranquillamente il caffè –Ci siamo già accordati per un altro incontro-
Erin tirò un sospiro di sollievo –Ha rivelato qualcosa…?-
-Più o meno… Ora dovremo fare un po’ di ricerche. Watari, per favore, trovami tutti i dati sulle persone segnate su questa lista-
Non appena Watari se ne fu andato nell’altra stanza, L tornò a rivolgersi a Erin –Ora veniamo a noi. Lei non sa davvero nulla dei suoi capi?-
-Bè, sì… Ma non vengono mai negli appartamenti, se non per fare qualche giro di controllo nei corridoi mentre noi lavoriamo. Poi se ne tornano nei loro uffici o nelle loro rispettabili case, e ci spediscono la percentuale…-
Dunque era quasi impossibile coglierli sul fatto, a meno che non avessero trovato i documenti di cui parlava Caroline.
Però la lista delle persone denunciate da Caroline era sempre un passo avanti. Dalla clientela potevano sapere qualcosa dell’organizzazione.
-L, sono riuscito a trovare gli indirizzi, sia del lavoro che del privato, di alcuni di loro, con qualche numero di telefono-
-Ottimo lavoro, Watari-
-In particolare, c’è un certo Christopher Thomson degno di attenzione. Avvocato, separato dalla moglie, senza figli. Ha però annunciato da poco che avrebbe rinunciato al suo mestiere, volendosi occupare di altro all’estero. E difatti non risulta più che viva ancora qui a Londra. Del suo nuovo indirizzo purtroppo non si riesce a sapere ancora nulla-
-Grazie, Watari- si limitò a rispondere L. Osservando il liquido sulla tazza del caffè, fece delle considerazioni a voce più bassa del solito. Tra tutti quelli della lista, quel Thomson spiccava particolarmente. Il profilo di Caroline ci stava tutto: rispettabile, insospettabile, con un ottimo mestiere e tanti soldi a disposizione. Inoltre era nella lista.
-Non si sa nemmeno perché ha smesso di fare l’avvocato?-
-L’unica sua giustificazione fu “motivo personale”-
-E se fosse una finta? Magari invece dell’estero se n’è andato in una città vicina, oppure… Non ha mai smesso di fare l’avvocato, e vuole coprirsi…- posò la tazza sul tavolino di fronte –Comunque, ora come ora è impossibile rintracciarlo. Tienilo comunque in considerazione, Watari, e passami gli indirizzi di chi sei riuscito a scovare-
-E nell’intanto io…?- chiese Erin
-Se ne torna a casa. Buona giornata- a volte L riusciva a essere cortesemente insopportabile.
Nel giro di un paio di giorni venne fatta un’altra prenotazione a nome di Nicholas Lewis, e una settimana dopo si rifece vivo il signore “grasso e goffo, con una passione per Caroline”.
-E’ andato tutto bene?- chiese Caroline mentre prendeva in braccio il figlio.
-Tu come stai?-
-Come sempre… Cosa vuoi che ti dica oggi?-
-Parlami di Christopher Thomson-
La ragazza ci pensò su un attimo. Thomson non gli diceva granchè, con tutti quelli che incontrava nel giro di una giornata.
-Un avvocato-
-Ah, ho capito! Sì, era uno dei clienti abituali, e anche tra i più scortesi. Non mi stupisce che la moglie abbia voluto la separazione-
L chiese spiegazioni sul “scortese”
-Ti basti solo sapere che è un fan del frustino. E poi, è uno che non prende mai precauzioni, non si cura minimamente di niente. I primi giorni doveva comunque dare una buona impressione, ma la maschera se l’è tolta ben presto. Neanche salutava, mi buttava direttamente sul letto, rischiando di strapparmi i vestiti, e faceva delle considerazioni poco carine sul mio lavoro. Insomma, un vero porco. Ora che ci penso, è da un po’ che non si fa vivo…-
-Ti ringrazio per le preziose informazioni. E sui tuoi capi sei riuscita a scoprire qualcosa? A parlarne con qualche ragazza, ad esempio-
-Siamo tutte molto diffidenti tra noi, e comunque non avremmo molto tempo per scambiarci informazioni a riguardo. Quando vengono i nostri capi, lo fanno per fare un veloce avanti e indietro per i corridoi oppure per fare le moine ai clienti appena usciti. Anche stamattina sono venuti-
-Capisco…-
Caroline si sedette sulla poltrona, pronta per allattare Nathan. Sorrideva, davvero felice di avere suo figlio in braccio.
-Non è un amore?- disse lei
-Non hai idea di chi sia il padre?-
Lei sospirò –Devi sapere che Thomson non è l’unico a non curarsi di comprare dei preservativi. Diversi clienti ci lasciano sole al nostro destino, come se dessero per scontato che le robacce che ci lasciano nel corpo non possano metterci incinta- continuava a sorridere, tuttavia, alla vista del bambino –Ma lui è comunque mio figlio… Guardalo, è bellissimo… Lui è l’unico… L’unico che può avvicinare così le labbra al mio seno senza darmi disgusto…-
In quel momento L ebbe ben chiaro che fare la prostituta era piuttosto triste. Non che non se ne rendesse conto anche prima, ma vedere quella ragazza madre, costretta a concedersi a tutti col peso di un figlio sulle spalle, era davvero mortificante.
Tuttavia all’improvviso Caroline smise di sorridere, guardando agitata la porta. Si alzò, sicura che Nathan avesse finito, e lo diede a L. Avvicinandosi con un passo leggero, iniziò all’improvviso a simulare degli orgasmi.
L lì per lì pensò che soffrisse di schizofrenia, dimenticando completamente che quel giorno i capi passeggiavano per i corridoi. Evidentemente a volte si appostavano dietro le porte per sentire se effettivamente le loro ragazze stessero lavorando.
-Quelli hanno il passo pesante, per fortuna- constatò Caroline appena certa che fossero andati via. Notò poi la faccia… Più strana del solito di L –Scusami per la scenata-
-No… Affatto…- disse lui facendo finta di nulla. Caroline rise.
Il tempo passò in fretta, L si rimise l’impermeabile e se ne andò, con Caroline alle spalle che lo salutava malinconica, conscia del fatto che quando L se ne andava doveva tornare a lavorare sul serio.
Stavolta non fecero domande a L all’uscita, chiesero solo se si era divertito. Tenere nell’impermeabile un bambino col rischio che pianga era snervante, il ciuccio forse non bastava. Soprattutto, incontrandosi solo con Caroline, on avrebbe ottenuto molte informazioni.
Quando tornò in albergo Watari gli diede una buona notizia –Michael Shane e Richard Ford sono stati avvistati vicino agli appartamenti, e parlare in modo piuttosto riservato con alcune persone. Ho scattato delle foto, ma purtroppo non si riesce a capire molto-
-Grazie mille lo stesso, Watari-
Effettivamente la foto era un po’ sgranata, si poteva distinguere il volto di Ford, ma degli altri non si capiva molto. Erano tutti in giacca e cravatta e due di loro erano di spalle. Uno di loro però, anche se di spalle, si distingueva da una busta che aveva per le mani.
-Che sia uno dei capi di Erin e Caroline…?-
Quella busta conteneva soldi? Documenti? Di cosa potevano parlare quelle persone? Dando per buono che Ford e Shane erano dei clienti, allora quegli altri due erano dei capi?
L decise di seguire quella pista, e tenere d’occhio i due clienti fotografati.
-Watari, so che sarà un po’ seccante, ma ti dispiacerebbe appostarti nelle vicinanze della casa di uno di loro? Ci terremo in contatti via telefono-
Mentre watari si preparava il necessario, L fece una veloce chiamata a Erin.
-Devo raccogliere altre informazioni, ma solo Caroline non basta. Non c’è nessun altra che potrebbe aiutarci?-
-Non conosco tutte- rispose Erin –E anche se ti dicessi i nomi, non saprei dirti se sono affidabili o meno-
-Meglio di niente… Dammi i nomi. Escogiterò qualcosa- rispose L prendendo carta e penna.

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Capitolo 6
*** 6th - Considerazione ***


Vi avviso sin da subito che questo capitolo è leggermente diverso dagli altri!

Quella fu una delle poche volte in cui riuscì a prendere sonno. Sentiva un bisogno impellente di chiudere gli occhi, e lasciarsi andare per un po’ all’incertezza. Il vedere tutto nero, a volte, gli dava un senso di pace. Vedeva in quel nero la curiosità che lo aveva sempre pervaso, che l’aveva portato a divenire il più grande detective del mondo intero, quello che aveva sempre risposte a tutto, con tanto di prove.
Eppure, davanti a quel buio, persino lui si sentiva piccolo, come qualunque essere umano.
A volte si ritrovava a pensare cosa ne sarebbe stato di lui se avesse condotto una vita normale. Frequentare un normale liceo, diplomarsi, uscire con qualche amico, avere un lavoro tutto sommato come tutti.
Più ci pensava e più si convinceva che quella vita gli sarebbe stata stretta, banale. Sin da piccolo non voleva ridursi così. Pochissima gente al mondo si poneva le stesse domande che si poneva lui, quasi nessuno vedeva le cose così come stavano, quasi nessuno era interessato a cercare qualcosa. Delle risposte, ad esempio, su qualunque cosa.
Forse era proprio per questo che era diventato detective. Si avvicinava molto allo “scoprire tutto”.
Caroline disse che la curiosità uccideva. Fino a che punto, dunque, si poteva essere curiosi? Perché la voglia di sapere era spesso vista come un qualcosa di negativo?
Dunque lui era il peccato?
Non vedeva mai nulla di male nel voler smascherare, rendere tutto più chiaro, come la sua pelle. Era sicurissimo che Caroline si sbagliava, non c’era nulla di male in quello che faceva.
Non si sentiva nemmeno ficcanaso. Difatti, andava a scavare solo in cose che lo interessavano a tal punto da provocargli quasi un ossessione.
La domanda che sorgeva dunque era: perché si era talmente incuriosito (a lui fa comodo pensarla così, come una semplicissima curiosità) da quelle prostitute? Certo, era un caso mai affrontato finora. Eppure, non era un caso così complicato, senza neanche farsi pagare come suo solito, o meglio, con una somma molto minore rispetto al suo standard del milione di dollari.
Provava forse compassione per loro, ma di solito quei sentimenti li lasciava nel mondo fuori dal suo lavoro, quello che era diventato una ragione di vita. Una ragione di vita che nessuno capiva, nessuno lo incoraggiava, a parte Watari indirettamente. Nessuno si congratulava con lui ogni volta che portava a termine qualche difficile caso. Però a lui andava bene così. Non cercava riconoscimenti, per quello che gli importava poteva anche lasciare che la polizia o chicchessia si prendesse tutti i meriti. A lui bastava aver risolto il caso, così si sentiva in pace con sé stesso. a lui bastava saziare, anche se per poco, quella curiosità che lo rendeva particolare agli occhi degli altri.
Lasciandosi trasportare da quelle convinzioni, non passò molto tempo che dal buio passò a tante immagini che scorrevano veloci nella sua testa. Vedeva distintamente Caroline con il figlio in braccio, e quelle persone nella fotografia. Queste persone però parlavano, attraverso la foto, e ridevano anche. Parlavano proprio di Caroline e delle altre ragazze, deridendole per quello che facevano tutto il santo giorno. Che tristezza, per quelle ragazze, sottostare ai capricci di quelle persone e farsi anche sottovalutare così!
Lui si aggirava tranquillamente tra quelle immagini, come un fantasma, finchè non capitò nella stanza di Caroline. Non riusciva a riflettersi allo specchio, mentre la figura di Caroline era ben distinta, si pettinava i capelli, li avvolgeva in una treccia e la disfava subito dopo, ricominciando il rito. Quel gesto gli ricordo un libro italiano, in cui la protagonista era dannatamente simile a Caroline. Solo che nel libro questa ragazza lo faceva per scelta, almeno inizialmente. La pratica di pettinarsi i capelli*, però, era tale e quale, ma in quel momento non sapeva dire se per Caroline aveva la stessa funzione.
Anche chiamandola, non riceveva risposta. Decise di lasciarla alle sue beghe e andare avanti per la sua strada, arrivando di fronte alla figura di Erin senza però un volto.
Cercava di toccare quel viso senza espressioni, ma la sagoma gli sfuggiva tra le dita come fumo. Stavolta era contrariato, frustrato nel non riuscire a raggiungere qualcosa, nel raggiungere la verità. Voleva sapere.
Riaprì gli occhi stanchi, con l’incertezza nel cuore, così come si era addormentato. Senza nemmeno pensarci si alzò dalla poltrona, grattandosi la testa, per precipitarsi poi al computer con tutti i dati raccolti finora.
A L non piaceva molto stare a dormire, o almeno non troppo. In primis perché per lui era una perdita di tempo, e poi perché dormire, e quindi sognare, il più delle volte, rendeva ancora più insaziabile la voglia di soddisfare la propria curiosità.

Non riuscì a combinare appuntamenti con altre donne, così dovette tornare da Caroline. Quando entrò, imbacuccato fino al midollo, la trovò davanti allo specchio a pettinarsi i capelli, proprio com’era nel sogno.
Lei si girò sorridente, lo raggiunse prima che lui potesse levarsi l’impermeabile, e gli afferrò la testa.
-Bentornato, signor Lewis…- sussurrò lei con voce sensuale
-Cosa…- ma non ebbe il tempo di replicare che le labbra di Caroline si fecero vicinissime al suo collo, posando le mani all’interno dell’impermeabile, dove giaceva addormentata la testolina di Nathan.
-Il tempo è prezioso, signor Lewis. Vogliamo continuare quello che stavamo facendo l’altra volta?- per non rischiare di ritrovarsi spintonata cercò di sussurrare come meglio poteva –Hanno installato delle telecamere-
Merda, questo sì che era un guaio! E adesso? I casi erano due: o lo facevano davvero, o trovavano in qualche rocambolesco modo una soluzione. Fare finta, magari. Ma se c’erano davvero delle telecamere allora L on poteva togliersi il cappotto, costretto a tenere il bambino per tutto il tempo. E se nathan si svegliava? No, no, doveva andarsene, immediatamente!
-D’accordo…- rispose L avvicinando le labbra all’orecchio di lei. Caroline ne approfittò subito, simulando qualche respiro.
-In che direzione?-
Lei fece finta di farsi trasportare, e lo portò vicino al muro dello specchio –Mi sono messa di spalle-
-Perfetto, resta così- facendo qualche passo indietro fece in modo di trovare qualche muro per appoggiarsi. Sbottonò di pochissimo il cappotto, in modo che lei potesse vedere il piccolo.
-Oggi però le devo dare una brutta notizia. Ho un impegno importante e non potrò trattenermi a lungo-
-Allora non faremo fino in fondo- lei fece per abbassarsi, verso il piccolo, assicurandosi che non pianga. Nel frattempo faceva finta di accarezzarlo qua e là, e lui non poteva che fingere di provare piacere.
Dopo un po’ lei si riappoggiò al suo orecchio. Lei era di spalle, lui aveva il cappotto, bastava muovere le vesti di poco per far credere a qualunque che lì dentro una prostituta stesse lavorando.
-Non venire più qui- sussurrò lei –Non farti più vedere in volto-
-Ovvio che no… Lo terrò a mente-
Quando lo ritennero necessario, fecero finta che fosse tutto finito, ed L era già pronto ad andarsene. Non prima di aver ottenuto qualche altra informazione
-Hanno deciso all’improvviso di mettere le telecamere. Se ci ribelliamo ci ammazzano. I clienti non si accorgono che ci sono. E poi, devo ringraziarti…-
-Di cosa?- L guardava di tanto in tanto il punto dove doveva essere la telecamera, assicurandosi che sussurrava abbastanza piano.
-Tu sei l’unico che viene qui senza quelle intenzioni-
-Figurati… Fai attenzione tu. Vi tirerò tutte fuori di qui, tra non molto-
Se ne andò, con un brivido che lo percorreva su tutto il corpo. Aveva forse fatto lui qualche passo falso? Eppure non trovava angoli ciechi nelle sue strategie. Che fosse stato un po’ avventato a mostrarsi così e venire di persona forse sì, ma cosa li aveva spinti ad agire? Forse watari aveva destato qualche sospetto?
Di colpo pensò che solo Erin poteva intralciare notevolmente la sua strada.

* Il libro in questione è Cento Colpi Di Spazzola Prima Di Andare A Dormire, da cui è stato tratto il film Melissa P. Spero che vi sia piaciuto! grazie a tutti voi che leggete, ci vediamo al prossimo capitolo!

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Capitolo 7
*** 7th - Dubbi ***


Avviso: Da brava cattivona quale sono, con questo capitolo ho voluto aumentare i dubbi, o almeno c'ho provato! ^^''

Quando Erin rispose al telefono, si aspettava tutto tranne che L. Di solito lasciava che Watari chiamasse. Ma la cosa che la sorprendeva di più, era che dal tono di voce sembrava parecchio arrabbiato, benché cercasse di nasconderlo il più possibile.
Insisteva per un incontro, della massima urgenza e in gran segreto, durante il quale gli avrebbe comunicato le conclusioni concernenti il caso.
-Avete già trovato una soluzione?-
L riattaccò senza rispondere. Esauriente, non c’è che dire.
Non la salutò nemmeno quando arrivò nella stanza, indicandole la poltrona di fronte. Erin si sedette un po’ preoccupata.
-Erin, non ha niente da dirmi?- disse L che giocherellava con delle zollette di zucchero, senza neanche guardarla in faccia.
Erin, in tutta risposta, fece una faccia stupita.
-E’ sempre stata a casa? È mai stata in posti isolati, pericolosi, sospetti? Si è mai sentita osservata, in questi giorni?-
-No… Sono sempre stata a casa, e quando uscivo ero con Watari-
-Ha tenuto contatti con familiari o conoscenti?-
-Cosa significa tutto questo…?- la voce le tremava un po’ –Sembra che improvvisamente sospettiate di me…-
-Non ho detto questo- ma lo stava pensando.
Erin non faceva che guardarlo con occhi pieni di stupore e paura.
-Erin, sa che sono state installate delle telecamere negli appartamenti delle sue colleghe?-
-Perché?!- chiese lei alzandosi dalla poltrona
L la esortò a riaccomodarsi –Speravo che questa risposta me la deste voi-
-Allora sospettate davvero di me!- non riusciva a stare ferma, si rialzò di scatto dalla poltrona –Come potete?! Io sono venuta a pregarvi in ginocchio di aiutarmi, io vi ho portato il bambino qui, io ho cercato l’aiuto di qualcuno! Come potrei essere così meschina da fingere, proprio io che mi trovo nella stessa situazione?!-
L continuava a non guardarla in faccia, sbriciolando con le mani le zollette –L’unica spiegazione allora è che vi siete fatta seguire o che qualcosa nel vostro comportamento vi ha tradito…-
-Io sono stata attenta! Se davvero mi hanno spiata devono essere stati proprio furbi!-
-E va bene. Torni a casa, e cerchi di non farne parola con nessuno di quanto sta accadendo. Anzi, già che ci siamo, lasci qui il cellulare e qualunque apparecchio con cui può essere rintracciata. Se deve chiamare qualcuno, lo faccia sapere a Watari, che farà in modo di usare un numero cifrato-
-Ma…-
-E’ tutto- si limitò a dire L.
Osservava da diverso tempo il cellulare di Erin, posato sul tavolino. Era piuttosto rovinato, di un rosa spento, a cui era attaccato un coniglietto come strap. Il display esterno mostrava la batteria quasi scarica, lampeggiava di una lucetta rossa e segnava l’ora in caratteri grandi. Prese il telefonino, con cautela, e velocemente premette dei tasti in modo da vedere i messaggi. Nessuno salvato, nessuno tenuto come bozza e nessuno inviato. Anche il registro delle chiamate era quasi vuoto. C’erano parecchie chiamate ricevute della voce “Mamma” e altri numeri non salvati, risalenti comunque a parecchio tempo fa.
-Che ingenua…- disse L sorridendo. Poi si rivolse a Watari, appena tornato –Watari, esiste un modo per recuperare i messaggi o le chiamate cancellati dalla memoria di un telefono?-
-Certo. È possibile anche sentire le conversazioni-
-Perfetto. Questo è il telefono di Erin. Mi raccomando a te-
E se erano fortunati riuscivano a ritrovare il numero di qualche persona importante. in particolare, L ripensava a quel Christopher improvvisamente scoparso. Caroline l’aveva descritto come un uomo rude, un vile, disgustoso. ma aveva anche altro a cui pensare.
Le telecamere, maledette… Perché le avevano messe? E soprattutto, come faceva adesso a vedere caroline e le altre ragazze, semmai ce ne fosse stata occasione? Addio scambio di informazioni, addio tutto. Nel frattempo quelli potevano far sparire tutte le prove compromettenti e lui tornava al punto di partenza.
Poteva far finta di accorgersi per caso delle telecamere sotto le spoglie di Lewis e protestare. Ma coe, e con quale scusa?
Non poteva mica fingere all’infinito di fare sconcezze! Prima o poi se ne sarebbero accorti. E se invece se ne erano accorti già da allora?
-L, alcuni numeri appartengono a degli uomini rispettabili di mezza età, molto probabilmente clienti di Erin-
-Ottimo lavoro, Watari-
-In particolare, c’è il numero di questa persona-
Quando L vide la foto, restò inizialmente sorpreso, ma poi la sua faccia si fece compiaciuta: era uno degli uomini nella foto!
-Quand’è che ha chiamato?-
-Si fa sentire spesso. Ieri risulta che abbia chiamato sedici volte, quasi tutte della durata di cinque secondi ciascuno. L’unica chiamata che dura ben un minuto è dell’altro ieri-
-Significa che Erin non gli ha riattaccato il telefono in faccia…- mordicchiandosi il pollice, si mise ad osservare un punto vuoto della parete. Cosa nascondeva Erin? Cosa aveva a che fare con quell’uomo, e perché lui la chiamava così spesso? Spia? Però era effettivamente strano che lei, corsa disparatamente a cercare aiuto, potesse vendersi così. E con Caroline? Ora che ci pensava, non gli era passato per la testa di chiedere della loro “amicizia”, aveva altro per la testa.
Più che mai aveva bisogno di incontrarla, ma con le telecamere?

@ Saku: La fan fiction è sempre qua, quindi prenditi pure tutto il tempo che vuoi per leggerla ^^ Come vedi non do ancora delle risposte su Erin e su nessun altro personaggio. Anche di Caroline, in fondo, si sa poco. Ma voglio lasciarvi scervellare ancora un pò xD Grazie mille per i commenti che mi lasci ^^

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Capitolo 8
*** 8th - A Un Passo ***


Watari aveva svolto un lavoro eccellente, recuperato messaggi davvero importanti. Sembrava che Erin ricevesse dei messaggi minatori. Robe del tipo: stai attenta, rischi grosso, non potrai nasconderti per sempre.
Certo, minatorie se le leggevi dal punto di vista della vittima.
E se invece erano solo avvertimenti per coprirle le spalle?
Intanto erano passate due settimane e di Caroline non sapeva più nulla. Mandare Watari era rischioso comunque. L’unica soluzione era disfarsi di quelle orripilanti e fastidiose telecamere. Se Caroline vi avesse messo un panno facendo finta di niente sarebbe stato sospetto, e poi dovevano anche fare in modo di non farsi sentire.
A mali estremi, estremi rimedi, concluse L. Ebbe un’idea che però non sarebbe piaciuta a una certa persona.
Infatti era a dir poco contraria.
-State scherzando?!- disse Erin irritata
-Vuole salvare o no le sue compagne?-
-Ma così è come tornare al punto di partenza!-
-Io non c’ero al punto di partenza- rispose piatto L.
Il piano tutto sommato era semplice: far tornare Erin “pentita” in quegli appartamenti, e scambiarsi informazioni strettamente personali con Caroline e altre ragazze.
-Le telecamere ci riprenderebbero-
-Farete in modo di sussurrarvi le cose oppure userete un linguaggio in codice, usare una parola per intenderne un’altra-
-Ma…-
-Deduco che c’è qualche cosa che la impedisce di accettare… Ebbene?-
-Niente di rilevante, però…-
-Allora affare fatto. Domani mattina tornerà. Non si preoccupi, Watari si apposterà nelle vicinanze, osserverà tutto con dei binocoli e se vedrà movimenti sospetti o cattive intenzioni agirà di conseguenza-
Erin accettò, dopo molta insistenza, e se ne andò amareggiata.
-L, sei sicuro di farla tornare? Potrebbe essere uccisa-
-Ci sarebbe una sorta di giustizia in questo- rispose L con una tazza di tè in mano –Tra poco la richiamerò e farò in modo che mi sputi tutto quello che riguarda i messaggi. Tanto l’ho già innervosita abbastanza con questo piano che la mette in pericolo, se tutto va come previsto basterà poco per farla parlare-
-Ma allora la manderai o no lì?-
-All’inizio la volevo solo usare come scusa per metterle agitazione e farla parlare, ma ora penso che non sia un piano così assurdo. E poi ci sarai tu nelle vicinanze, dovrebbe andare bene-
Watari non fece altre domande e acconsentì al piano. Per quanto potesse mettere becco, L non cambiava quasi mai idea. E poi era un ragazzo che andava capito non poco, le sue idee, per quanto potevano sembrare terribili e assurde, spesso si rivelavano vincenti, come dimostrava la sua fama.
-Dimenticavo- disse L –Le chiamate?-
-Ho raccolto una registrazione- rispose prontamente Watari, andando a prendere il portatile.
Erin rispose al telefono con voce stanca –Cosa volete ancora?-
-Venga subito qui- e L riattaccò.
Erin si accomodò e stavolta non aveva paura di affrontare L –Vi ho già detto che farò come mi dite! Lasciatemi riposare per un po’!-
-Non finchè lei non mi spiega questo-
Fece partire la registrazione della chiamata di Erin. Era lei e un uomo che con tono minaccioso le diceva di stare attenta e avrebbe rischiato grosso continuando così. Inoltre, che si sarebbe fatto vivo presto.
Erin a stento tratteneva le lacrime –Questa è violazione della privacy-
-E la sua è falsa testimonianza- rispose subito L –Allora?-
-Io non ho fatto niente…-
-Erin…- L alzò di poco la voce, mentre lei iniziò a singhiozzare. Bingo.
-Non l’ho rintracciato io…-
-Da quanto tempo la cerca?-
-Poco tempo dopo che ho chiesto il vostro aiuto hanno cominciato a riempirmi di squilli anonimi. Poi senza lasciarmi replicare dicevano che sapevano dov’ero, che avevano capito che, nonostante la tinta e l’aspetto un po’ cambiato, ero io, che stavo facendo la spia… Poi hanno detto che erano vicino casa e pronti a spararmi a distanza se non avessi rivelato con chi mi vedevo, e in particolare chiedevano di Nicholas Lewis. Dicevano che se avessi collaborato avrebbero strappato il mio contratto e lasciato libera…- non riuscì a fare a meno di piangere e coprirsi il volto con le mani.
L però fu impassibile e anche piuttosto duro –Congratulazioni. Grazie a lei sono state messe delle telecamere e le sue compagne vengono torturate più di prima-
-Non dite così…-
-Alla fine ha solo pensato ai fatti suoi… Posso capire come si sentisse, ma avrebbe anche dovuto pensare che non avrebbe avuto senso chiedere aiuto a me-
-Mi dispiace…-
-E Caroline…?-
-Non ho mentito sul nostro incontro. Quello glielo posso giurare e spergiurare-
L sospirò, dopo un sorso di caffè –Il minimo che può fare ora è collaborare sul serio con me e partecipare al piano-
Tra singhiozzi e occhi lucidi lei annuì debolmente.
La mattina dopo arrivò con una certa ansia da parte di tutti. Watari osservava appostato con un fucile l’arrivo di Erin davanti ai suoi capi, e ascoltava grazie a un microfono nascosto nel bottone di Erin. Sua invenzione, naturalmente, adorava architettare quegli oggetti da James Bond che avevano un’utilità grandiosa e inaspettata. Fu proprio grazie a invenzioni come quelle che guadagnò abbastanza da fondare la Wammy’s House, e dare un tetto a tanto bambini intelligenti e destinati a grandi cose. Anche una famiglia.
Grazie al mirino posto sul fucile, Watari osservava muto l’ingresso di Erin, apparentemente riaccolta gentilmente.
-L, Erin è entrata. Si stanno spostando verso un ufficio- voltò leggermente la testa verso l’orecchio destro, dove aveva un auricolare. Al colletto aveva attaccato un microfono davvero minuscolo.
-Bene, non perderla di vista- rispose L tramite il microfono vicino il portatile.
Watari vedeva Erin sedersi su una sedia, gli dava le spalle, mentre gli uomini chiudevano la porta a chiave. Dai discorsi che facevano sembravano magnanimi con lei, ma con qualche doppio senso miravano ad altro, chiedevano informazioni, cosa avesse fatto finora e cosa no. Lei faceva finta di niente e parlava piuttosto del lavoro che le si prospettava.
Forse aveva l’ira facile, perché puntò un coltello sulla gola di Erin e gridava a gran voce –Parla, puttana! A chi diavolo ci hai venduto?!-
-Nessuno! Nessuno!-
-L, intervengo?-
-Non ancora, Watari. Fai come da copione-
Infatti un altro di loro fermò il compagno –Calmati, non c’è bisogno di essere così rudi. Tanto abbiamo spedito tutto, non ci sono prove contro di noi, almeno nelle vicinanze-
Dove aveva spedito? E cosa? I contratti?
-Vi prego, lasciatemi in pace…- supplicava lei.
-potrebbe spifferare qualcosa. Facciamola fuori-
-L…-
-Non ancora, Watari-
-Potremmo semplicemente mandarla nell’altra sede. Scommetto che lassù non avranno nulla in contrario, gli serve gente che “riscaldi” i clienti, col freddo che fa-
-No, no, troppo pericoloso. Potrebbe scappare durante il tragitto-
-Ha ragione. Ma pria diamole un addio come si deve, no? Vediamo se ha perso colpi nel suo mestiere…-
-L!-
-E va bene, Watari. Premi il grilletto, e stai attento a non ucciderli tutti, almeno uno lo voglio vivo-
Dei sei uomini presenti, solo uno rimase vivo, con un proiettile conficcato in ciascuna gamba, come desiderava L.
-Maledetta… Ci hai veramente… Venduto! Ti ammazzo… Giuro che ti ammazzo!-
Erin senza pensarci prese il coltello con cui la stavano minacciando ed era pronta a fuggire, ma quell’uomo la teneva bloccata con le mani.
Neanche fece in tempo a parlare che quell’uomo aveva anche le mani bloccate dai proiettili piombati all’improvviso.
-Watari, avvicinati con cautela, ora. Se la stanza è a pianterreno, entra dalla finestra. Erin dovrebbe raggiungere Caroline-
Infatti così accadde, anche se non come aveva previsto L: difatti Erin entrò senza curarsi delle telecamere, ansiosa, mentre Caroline si girò di scatto confusa e incredula.
-Ma tu…-
-Fuori, fuori! Prendi questo!- le diede il coltello –Io avverto le altre, fuori, fuori!-
-Le telecamere ci vedono!-
-Tu pensa a correre e ad ammazzare chi ti mette le mani addosso!-
Prese entrambe dall’ansia, non ci volle molto perché provocassero il putiferio.
-L, sono entrato. Pare che ci sia molta confusione…-
-Cerca di raggiungerle, e falle il favore di togliergli qualche impiccio- disse L. Non sembrava minimamente coinvolto nella cosa.
Caroline correva su e giù per le scale, da un piano all’altro per far uscire le altre ragazze. Ogni tanto vedeva qualcuno a terra, coperto di sangue, ma, seppure inorridita, doveva correre, glielo diceva Erin e glielo diceva pure l’istinto di sopravvivenza.
Per fortuna non c’erano molti uomini, Watari ebbe poco da fare, tutto sommato. Anche perché trovava degli uomini doloranti e coperti di sangue senza che lui fosse intervenuto.
-L, qui non c’è molto altro da fare- vedeva delle ragazze correre alla rinfusa e spaventate, e anche degli uomini in boxer o addirittura nudi correre –Come facciamo ora?-
-Cerca di tenere la situazione tranquilla. Inoltre trovami caroline e Erin-
Watari vagò per un po’ in quell’edificio, finchè non incappò proprio in Caroline che a momenti lo accoltellava. Lui alzò le mani –Sono qui per conto di Nicholas Lewis-
-Davvero?-
-Posso provarlo-
-E’… Finita?-
-L’aiuteremo. Ma dov’è Erin?-
-Era nella mia stanza…-
La trovarono con gli occhi aperti, assenti, senza espressione, come un fantasma. E il petto che non si alzava di un millimetro, né si abbassava, in mezzo a una distesa di sangue.
-L…- disse Watari –Erin è deceduta. Si è tagliata i polsi, e forse qualcos’altro, non si capisce bene dal sangue che c’è a terra-
-Uscite da lì- disse L dopo un po’ di silenzio.

@ Ninive: Muah ah ah ah ah, a volte non resisto *-*

@ Saku:  Sei sempre gentilissima! Mi auguro che questo capitolo ti sia piaciuto e ti abbia "sconvolto" allo stesso tempo xD Ero tentata di renderle colpevoli tutte e due, ma poi mi sono come al solito lasciata andare ad altro ^^''

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Capitolo 9
*** 9th - Testimonianza ***


Tutta la mattinata la passò con gli occhi fissi su uno schermo, ritrasmettendo costantemente le stesse immagini, gli stessi suoni, gli stessi orrori. Anche quando bussarono alla porta non fece un passo, e nemmeno quando entrò Watari con Caroline, vestita con abiti decenti e non più un accappatoio sporco.
Watari sospirò, rivolgendosi a Caroline –Devo andare a sbrigare le commissioni che mi ha assegnato. Non ci metto molto-
Caroline annuì e con un sorriso salutò Watari, che se ne andò in tutta fretta.
Non ci fu sorpresa quando vide cosa guardava L, ma ora basta. Non poteva continuare così. Prese il telecomando e spense la Tv, gettandolo poi via. L si girò svogliato verso di lei.
-Quando sei arrivata?- chiese
-Dovresti smetterla di intestarditi così. È morta, e ormai si sa come-
-C’è qualcosa che non mi torna nel video-
Ebbene, avevano recuperato il video della telecamera presente nella stanza di Caroline, dove Erin aveva messo fine alla propria vita. Sin dall’inizio L si era convinto che non si trattasse di suicidio, ma dovette ricredersi. Cioè, che si fosse tagliata lei di sua spontanea volontà i polsi era effettivamente vero. Ma il video mostrava che prima di morire era stata picchiata da qualche uomo per farsi dire con chi collaborava, cosa avesse detto. E lei preferì morire, soprattutto per mano sua, piuttosto che parlare.
Quindi, cosa c’era ancora nel video che insospettiva L?
-Il video è un po’ sgranato… A volte i pezzi saltano- disse L, voltandosi verso Caroline –Per favore, vai a prendere il telecomando, così ti mostro-
Caroline lo guardò un po’ stizzita, ma andò comunque a prenderlo. L glielo strappò dalle mani e fece ripartire il video.
-Guarda questa scena- Erin veniva presa a pugni.
-Ebbene?-
L rimandò indietro e fermò il nastro –Il video mostra che sono le quattordici, quindici minuti e trentasette secondi. Ora osserva attentamente- rimandò un po’ avanti e rifermò l’immagine. Caroline spalacò leggermente gli occhi.
-Adesso l’orologio della telecamere mostra le quattordici, diciassette minuti e cinquanta secondi-
-Potrebbe essere un guasto del video-
-La fattura è pessima. Stando alle perquisizioni, non sembravano telecamere scadenti, ne consegue che il video è stato manomesso. Dev’essere successo qualcosa in quei due minuti…-
-Per esempio?-
-Forse qualcuno si è fatto scappare l’altro rifugio…-
-Rifugio?-
-Mentre Erin veniva minacciata, alcuni uomini asserivano al fatto che avevano spedito tutto di là, lasciando anche intendere che era un luogo freddo. Caroline, tu ne sai niente?-
-No… Ci informavano a malapena di quando ci pagavano…-
Doveva immaginarselo. Bè, almeno la cosa sicura era che dovevano cercare un posto freddo. Lì per lì gli vennero i posti più disparati. Siberia? Islanda? Scozia?
-E’ come cercare un ago in un pagliaio-
-Ma l’ago nel pagliaio comunque c’è-
Lei sbuffò. Avrebbe dovuto capirlo che non si sarebbe arreso.
-Comunque, cosa c’è?- chiese lui –Avevi bisogno di qualcosa?-
Caroline sorrise –Volevo solo salutarti-
-Sei in partenza?-
-Mia sorella vive a Cambridge e mi ha offerto un posto nel suo negozio. Per la sistemazione starò da lei finchè non ne trovo una, ma non credo che sarà difficile. E poi ho già comprato lì tutto il necessario per Nathan-
-Posso comunque contare su di te per questo caso? Finchè non li sbatto in galera non posso dire che il caso sia chiuso-
-Onestamente non vorrei averci più niente a che fare…-
-Solo per informazioni. E poi ormai sei libera-
E c’era dell’altro: si sentiva in debito con lui. Non era certo il tipo da voltare le spalle a uno che l’aveva aiutata –D’accordo… Solo per informazioni, però. Piuttosto, sbaglio o qualcuno è sopravvissuto nell’assalto dell’altra volta?-
-Sì, ma non basta. Voglio prenderli tutti insieme. Questi sopravvissuti non hanno aperto bocca a riguardo. Watari comunque sta prendendo le dovute precauzioni, se si ostinano a on parlare li mettiamo dentro-
-Ma hai delle prove?-
-… Qualcuna-
Lei lo guardò di sottecchi, come se avesse detto una cavolata –E dove sono?-
Lui non rispose, congedandola gentilmente –Non dovevi andare?-
Dopo qualche giorno purtroppo quegli uomini rimasti si ostinavano a non parlare: Watari a volte li teneva senza cibo per qualche giorno, nella speranza che crollassero, e invece nulla. Qualcuno si era suicidato, e il resto non potevano fare altro che mandarli in prigione.
-Pazienza, troveremo un’altra strada. Per il momento andiamo a esclusione- disse L, chiedendo a Watari di prenotare un viaggio.

Ringrazio tutti voi che state leggendo!!

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Capitolo 10
*** 10th - Decisivo ***


Forse non era ancora il momento giusto per prendere un aereo e andare. Andare dove, poi? Purtroppo non c’erano molti indizi su cui lavorare.
Forse, se avesse trovato quei due minuti mancanti del video… La risposta, o gran parte di essa, doveva celarsi lì, senza dubbio. Aveva rispedito in fretta e furia Watari in quell’edificio a recuperare altre cassette, ma ormai la polizia era intervenuta, aveva sequestrato tutto e messo i sigilli sulle porte. Anche dicendo che agiva per conto di L (e comunque tutti sapevano che Watari gli faceva da intermediario) era stato parecchio complicato ottenere delle cassette, o almeno dei duplicati. Chissà se c’era da fidarsi anche dei duplicati. L si ricordò che anche qualche poliziotto, con ogni probabilità, era coinvolto.
Come, ormai era su quell’aereo, diretto per la Scozia. Almeno da qualche parte doveva pur cominciare.
E se invece si fosse trattato di una finta? In fondo, perché prendere per oro colato quello che dicevano delle persone simili? Se solo Erin fosse stata ancora viva…
Quando si fece spedire via mail le copie dei video da Watari purtroppo ebbe la conferma ai suoi sospetti: a vederli, anche quei video sembravano ritoccati. E comunque non mostravano nulla su Erin. Era per stare sicuri che non si trovasse nulla? Inoltre alcune immagini sembravano parecchio sgranate, così come i rumori di sottofondo sembravano molto confusi.
L, interessantissimo da quei video, non si preoccupò neanche di prestare un minimo di attenzione ai suoi vicini di posto che lo guardavano sconcertati, convinti che si stesse guardando un porno. Bè, non che ci fosse molta differenza…
Quando arrivò nella sua lussuosa stanza d’albergo che Watari aveva ordinato per lui capì che forse il suo era stato un viaggio inutile. Avrebbe dovuto pensarci di più. nonostante facesse il detective da tanto, c’era sempre qualcosa che non andava nel suo operato, e questo non riusciva mai a perdonarselo.
Mai più mi mostrerò in volto così facilmente. Mai più mi muoverò senza certezze. Questo si diceva, mentre revisionava i video hard.
Fino a tarda notte restò impalato davanti alla TV. Finchè… Ma come?!
Sorrideva.
Come aveva fatto a essere così stupido?! E dire che la risposta ce l’aveva sotto il naso!
Quei particolari determinanti a cui nessuno dava credito… Finalmente sapeva dove cercare il resto delle prove!
Non c’era un secondo da perdere. Prese di corsa il cellulare e chiamò Watari.
-Sto partendo subito per Londra, nella massima segretezza. Nessuno deve sapere che sto tornando. Capito? Nessuno. Tantomeno la polizia. Anzi, se chiedono di me svaga un po’, digli che sono andato in Siberia a indagare. Nel frattempo trasferisciti in una stanza d’albergo vicino la questura, e tieni d’occhio tutti gli agenti, anche quelli in borghese, gli ispettori, gli uomini delle pulizie. Ti ringrazio-
Ma prima di arrivare a Londra aveva bisogno di comunicarlo a qualcuno. Una sorta di vendetta personale per gli sguardi scettici che si era beccato fino a quel momento.
Non pensò minimamente a prepararsi un discorso, a scusarsi per l’ora tarda, a pensare a cosa dire per giustificare quell’improvvisata, bussò senza pensarci e grattandosi di poco la chioma nera disordinata.
Trovò quasi risibile la sua faccia, sorpresa, stupita, confusa. Felice.
-Cosa ci fai qui?-
-Ciao, Caroline-
Lo fece accomodare, gli offrì del tè e dei biscotti, gli mostrò di sfuggita il monolocale dove si era trasferita da poco con Nathan, a pochi passi dal negozio della sorella dove lavorava. Lui le chiede un po’ della vita che faceva ora, e lei col sorriso gli raccontò quasi ogni cosa, che la vita andava avanti con una tranquillità sorprendente per lei, che era felice.
-E tu, invece?- chiese lei alla fine dei suoi discorsi –Ancora a dare la caccia a quelli…?-
-Stavolta so dove cercare la prova decisiva-
Lei annuì, senza nessun pensiero particolare.
-Però tranquilla. Non sono passato a chiedere informazioni…-
Lei rise –Vorresti farmi credere che la tua è una semplice visita di cortesia, Nicholas?-
Lui si ammutolì, per qualche secondo, senza poter dare risposta. Il fatto che lo chiamasse ancora Nicholas lo lasciava interdetto.
-Caroline… Dovresti averlo capito che…-
-Che non ti chiami Nicholas sul serio? Certo che l’ho capito. L’ultima volta quel signore anziano ti ha chiamato L…- non sembrava arrabbiata per avergli nascosto il nome –Sapevo fin dall’inizio che Nicholas Lewis era uno pseudonimo. Ma non ho mai chiesto quale fosse il tuo nome. Sai come la penso…-
-La curiosità uccide-
-Già, in effetti tu dovresti essere già morto!-
Anche se leggermente, anche L sorrise a quella battuta. Non aveva mica tutti i torti.
-Partirai subito?-
-Ho noleggiato una macchina ed è tutto il giorno che guido… Sono un po’ stanco-
-Allora non ti trattengo. Immagino abbia prenotato una stanza, no?-
-A dire il vero no…-
-Allora rimani- stavolta il tono fu quasi supplichevole. Però a L conveniva, quindi perché no?
Caroline si alzò e lo accompagnò nel salotto –Il divano è anche letto- spiegò lei –Io vado in camera mia. ah, se senti piangere non preoccuparti, non scomodarti nemmeno. Fai come se fossi a casa tua-
-Ti ringrazio, ma non è necessario…-
-Dormire su un divano è scomodo, sai?-
Durante la notte, quando fu sicuro che Caroline dormisse, restituì al divano la sua forma originaria, e si sedette alla sua maniera, piegando le ginocchia vicino al mento. Restò a fissare il vuoto per un po’. Un po’ si sentiva a disagio. Era piombato a casa sua come se niente fosse, e ora se ne stava lì a far niente. era meglio guidare anche durante la notte, pensò.
Fece un leggero sobbalzo  quando la luce si accese all’improvviso senza la sua volontà.
-Non riesci a dormire?- chiese Caroline, in camicia da notte
-Se sono sveglio… Tu, invece?-
-Ho sete- rispose semplicemente lei –Tu vuoi niente?-
-No, grazie-
Osservava la sua figura disinvolta prendere il bicchiere e riempirlo d’acqua del rubinetto, per poi dissetarsi in un solo sorso. Lei si diresse poi verso di lui, con un espressione serena. Si sedette, senza chiedere nulla.
-Volevo ringraziarti… Ancora…-
-Non devi- rispose lui –E’ mio dovere-
-Quando mi sono trasferita qui pensavo che non ti avrei più rivisto… Però, d’ora in poi, appena hai tempo torna a farmi visita. Anche Nathan ne sarebbe contento-
-Appena ho tempo- rispose subito L –Promesso-
-Vedi di mantenere la parola!-
Sorrisero entrambi. Lei si rialzò di nuovo, approfittando per dare una pacca sulla spalla di L.
-Buonanotte…-
-Buonanotte-
La mattina seguente fu abbastanza sbrigativo, partì all’alba salutando velocemente Caroline e senza vedere il bambino. Così come era arrivato, era sparito nuovamente dalla sua vita, e forse non sarebbe tornato. Caroline non lo sapeva, ma difficilmente L sarebbe riuscito a mantenere la promessa.
Perché lui aveva già promesso a sé stesso di farsi più invisibile agli occhi della gente.

Vi ringrazio ancora tantissimo per l'attenzione che dedicate alla fanfiction! Al prossimo capitolo!

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Capitolo 11
*** 11th - L ***


Arrivò la mattina presto a Londra, incontrandosi in gran segreto con Watari, il quale gli comunicò che non era successo nulla di sospetto in questura. L invece aveva già un piano in mente.
-Ti fingerai un uomo al quale è stata sottratta la macchina. Mentre fanno la denuncia, guardati un po’ intorno. In particolare, voglio sapere se c’è un passaggio che porta ai sotterranei-
-Sotterranei?-
-Insomma, vedi se ci sono-
Watari fece come da copione, scrupolosamente approfittò della denuncia per guardarsi intorno. Effettivamente c’erano dei movimenti particolari verso una qualche scala che portava di sotto. Pensando che doveva esserci qualcosa sotto come forse sospettava L, fece una piccola commedia.
-Signore, non può scendere qui- disse un agente vedendo che scendeva le scale
-Ah, no? Il bagno non è da questa parte?-
-No, signore, il bagno è da quella parte…-
-Oh, le chiedo scusa… Però vedo che ci va molta gente, e ho pensato…-
-Quelli sono uffici privati. Ora mi segua-
L fu soddisfatto, anche troppo, quando Watari gli fece il resoconto. E quando Watari chiese spiegazioni, L contento gli fece rivedere i video, fermando l’immagine quando un cliente si stava rivestendo.
-Guarda sulla giacca… E’ una specie di spilla o ricamo…-
-Hai ragione…- notò Watari –E sembra della polizia!-
-Proprio come pensavo. Anche la polizia è coinvolta. Non mi stupisco che hanno subito messo i sigilli alle porte, e ovviamente non c’era ragione di rendere pubblico che dei poliziotti erano coinvolti in prima persona. Sono certo che in questura ci siano i documenti e i video originali. E saranno sicuramente al piano di sotto dove non ti hanno fatto entrare. Era così facile… Come ho fatto a non accorgermene?-
-Ora però come ci muoviamo?-
-Non ci resta che intrufolarci lì dentro di notte. Però non andrai tu. Se vedessero che quello stesso vecchietto che ha fatto la denuncia si aggira di notte nel loro territorio ci scoprirebbero. Andrò io-
Era rischioso. Si era promesso di non scendere più in campo in prima persona. Trovò paradossale quella situazione. Non riusciva mai a mantenere neanche una sola promessa.
Comunque, sarebbe stata l’ultima volta che si sarebbe intrufolato così in un edificio. Tanto poi sarebbe stato inutile.
Per avere solo vent’anni era un giovane intraprendente, del tutto particolare rispetto ai suoi coetanei, che normalmente a quell’ora della notte se ne stavano in un pub davanti a una buona birra con gli amici o con qualche fidanzata. Lui invece aveva pochissime occasioni di andare a bere qualcosa, tantomeno la birra, lui preferiva il tè, o il caffè, gli alcolici on erano il suo forte, ma non perché non ci sapesse resistere molto. Trovava l’odore del caffè più inebriante della birra. Poi gli dava fastidio sentire la schiuma della birra, o qualche sapore strano dei cocktail. Da bravo inglese qual’era, era dedito al tè. E poi l’alcool gonfiava, si diceva sempre. Una cosa che faceva sempre ridere Watari.
Inoltre a lui piaceva sentirsi… Strano. Diverso. Chi se ne fregava degli altri, detto sinceramente.
Non ebbe difficoltà a entrare. Come pensava, almeno la questura era sicura di notte. Il problema sarebbe stato entrare di sotto. Meglio camminare attaccato ai muri, casomai ci fossero state le telecamere attivate.
Era arrivato, strisciando tra i muri, davanti a quelle scale. Scendendo piano, gradino per gradino, sentiva vociare. Bingo!
Però non sentiva bene. Doveva scendere ancora.
E invece si girò di scatto, lanciando un calcio. Colpì in pieno il mento di una persona, un uomo vestito con la divisa da agente.
Non era poi così tranquillo come sembrava. Per fortuna aveva riflessi pronti e aveva imparato qualche stile di lotta. Non si faceva mancare nulla.
Sicuramente non era passato inosservato il suo ingresso. Nel caso fossero arrivati altri agenti, sarebbero stati guai grossi.
L’importante era prendere quei documenti, in un modo o nell’altro.
Poco dopo sentiva passi sempre più pesanti e frequenti, era costretto a nascondersi ad ogni angolo e sgattaiolare ogni volta. Dovette anche abbandonare le scarpe per essere più silenzioso, e poi sarebbe servito da diversivo.
Per fortuna il piano sotterraneo non era così grande, e c’erano pochi uffici, abbandonati dagli agenti in cerca dell’intruso.
Comportarsi da ladro non era certo una cosa ortodossa per un investigatore, ma doveva o no mandare in galera quella gente? Poi, c’erano dei poliziotti che se ne andavano tranquillamente dalle puttane, quindi tanto vale ripagarli con la stessa moneta. Era così che la pensava. Occhio per occhio, dente per dente. O come preferiva dirlo lui: non c’è colpo che non renda.
Faceva piuttosto freddo, là sotto. Proprio come pensava. Il fatto che nei video erano presenti dei poliziotti e che vociferavano su un posto freddo dove erano stati spediti i documenti faceva supporre che gli incartamenti si trovavano molto pi vicino di quanto L non pensasse. Per freddo si poteva intendere anche un frigorifero o una stanza con l’aria condizionata.
Sentiva anche delle voci spaventate. Delle ragazze. A quanto pare persino sotto la questura veniva sfruttata qualche prostituta.
Comunque, prima dei documenti era bene cercare i video originali, quelli non tagliati. Non ci volle molto a trovare una sala video, e non ci volle molto nemmeno a trovare le cassette, ma le avrebbe visionate con calma una volta fuori. Ora, i documenti.
Sul cammino incrociava qualche agente che doveva tramortire, oppure capitava che entrasse “per sbaglio” nella stanza di qualche porco che non si era accorto che stava succedendo il putiferio. Bastava tramortirli un po’. E quelle povere ragazze almeno se ne potevano andare, approfittando della confusione.
-Eccolo!-
Ora cominciavano anche a sparare, merda. Nascondersi dietro l’angolo non l’avrebbe aiutato di molto. Bastava una svista o fare leggermente capolino per beccarsi una pallottola. E un colpo infatti gli arrivò, alla gamba e allo stomaco. Non sembrava grave, ma doveva correre, più che mai.
Anche volendo le tracce di sangue non riusciva a cancellarle del tutto, e muoversi si era fatto sempre più faticoso. Merda, doveva starci più attento! A vent’anni si era fatto fregare come un allocco!
Comunque, alla fine fu un successo: trovò i documenti. Si era chiuso a chiave, approfittando per prendere in fretta il cellulare e comporre un numero.
-Hai la voce stanca… Ansimi… Che ti è successo?-
-Sto… Bene…- disse L –Watari… Non c’è tempo… Ora… Vieni subito qua… Ho… Le prove…-
Qualcuno si accorse che era lì. Stavano cercando di forzare la serratura. Cercò di spostare il mobile davanti, ma le forze gli mancavano.
-Sono ai piani sotterranei… Stanza… 271… Dal piano di sopra non sarà difficile aprire un buco per te… O… Una cosa… Simile…-
-Arrivo subito! Cerca di resistere!-
Mentre aspettava, cercò di spostare ancora il mobile, quel tanto per non far aprire la porta. Ma la vista si annebbiava, e dovette appoggiarsi sul mobile per riprendere fiato. La gamba non se la sentiva più, mentre il resto del copro sembrava dirgli addio. Si tenne lo stomaco per un attimo, lasciando che la mano si sporcasse di sangue, e imprecando tra sé e sé per il dolore.
-Watari… Corri… Merda…-
Dopo non capì più niente. chiuse gli occhi.
Quando li riaprì era in una stanza d’ospedale, pronto a ricevere un operazione. Watari era accanto a lui, con una valigetta, circondato dai medici.
-Va tutto bene. Ti sono solo rimasti dei proiettili nel copro, ora te li levano. Per fortuna non hanno colpito organi vitali-
No, farsi toccare no. Per niente al mondo. Non voleva assolutamente farsi toccare, aveva paura.
-Aaaaah!- non si vergognò minimamente di manifestare la sua sofferenza davanti ai medici che toccavano la sua gamba, anche se con delicatezza.
-Cristo santo…-
-Stai calmo…- diceva Watari
-Aaaaaaagh! Aaaah!-
-Bene- disse un medico –Abbiamo trovato il punto. Ora le facciamo l’anestesia e procediamo-
-Non potevate farla prima, maledizione?!-
-Se l’avessimo resa insensibile non avremmo saputo esattamente dov’era il proiettile. Ora stia calmo-
E dopo sarebbe toccato allo stomaco. Non avrebbe passato una nottata felice. Ma il pensiero che dopo sarebbe stato meglio lo rasserenava un po’. E poi, aveva trovato le prove. Sicuramente Watari li aveva messi nella valigetta.
Quando si risvegliò, dopo l’operazione e con dei punti nella gamba e nello stomaco, Watari era sempre vicino a lui. Era un po’ intontito, ma almeno riusciva a parlarci.
-Quando sei… Arrivato?-
-Poco dopo la tua chiamata. Ero appostato vicino alla questura, come d’accordo. Ho preso una cartina della questura e non è stato difficile dal piano di sopra trovare la tua stanza e farci un buco. Ti ho visto svenuto a terra e tutto insanguinato, mentre la porta era sull’orlo di cadere. Hai fatto fatica a metterci il mobile davanti?-
-Abbastanza… Poi che è successo?-
-Ti ho portato d’urgenza qui e nel frattempo ho preso le cassette e i documenti- disse indicando la valigetta
-Ottimo lavoro, Watari-
-Io invece ti darei uno schiaffo-
-C’è tempo per quello… C’è tempo…-
Ora voleva solo dormire. Davvero. Mai come in quel momento voleva dormire.
La clinica privata in cui si trovava aveva accordato con Watari il fatto di tenere segreta l’identità del paziente speciale, e solo le alte sfere sapevano che si trattava di L. Nel frattempo L si riprendeva, snervato dall’atmosfera ospedaliera, soprattutto perché gli avevano imposto una dieta idrica con tè che non sapeva di nulla. E senza zucchero.
Ma aveva anche altro a cui pensare.
-Watari… Quando uscirò di qui, organizza una conferenza stampa. Devo mostrare le prove sul caso-
Ci volle un po’ di tempo prima che si potesse riprendere del tutto. Se lo aspettava. Quello che non si aspettava era una visita all’infuori di Watari.
-Ma tu…-
-Che ti dicevo? La curiosità uccide- disse Caroline, prendendo una sedia. Aveva portato anche Nathan. Lui sospirò
-Stavolta hai davvero rischiato-
-Vorrei parlare d’altro, per favore-
-Ok, ok. Non ho intenzione di infierire. Ti ho portato un regalo-
-A me?-
-A te- prese una busta, in cui c’erano un pacco di biscotti e panna –Immagino sia dura stare sempre qui a mangiare quello che vogliono loro-
-Sì… Grazie- Nathan non era cambiato di una virgola –Lui come sta?-
-Benone! Mi da sempre un gran da fare! Vuoi tenerlo?-
-Non credo di essere nelle condizioni…-
-Comunque, fuori i medici dicono che presto uscirai. Potrai definitivamente chiudere il caso e tornare alla tua vita-
Non disse niente, si limitò ad annuire con la testa.
-E’ buffo vederti su un letto d’ospedale, sai?-
-Perché?-
-Così, lo trovo buffo- disse lei ridendo.
Mentre parlavano L la trovava diversa, sia dentro che fuori. Fuori aveva cambiato acconciatura, modo di vestire, aveva più colorito. Dentro la vedeva sempre più contenta e serena. Anche se la sua faccia in quel momento si fece amara.
-Io ora devo andare…-
-Capisco…-
-E’ un peccato salutarsi in questa circostanza-
-Non ti seguo-
-Immagino tu non possa mantenere la tua parola di tornare a trovarmi…-
Merda, l’aveva capito.
-Caroline, io…-
-Va bene così- fece spallucce e sorrise –In fondo non posso pretendere molto da un detective. Stammi bene e metticela tutta. E vedi di non morire la prossima volta-
Sorrise anche lui, stavolta. Però era un saluto davvero amaro.
-Avvicinati, Caroline-
-Mh?-
-Avvicinati…-
Si erano capiti tutti e due, nel profondo. Lei non fece nessuna obiezione, si chinò lentamente, con Nathan in braccio, mentre L posò lentamente una mano tra i suoi capelli spuntati. Forse in quel modo il saluto sarebbe stato meno amaro. Teneva la mano sempre più stretta su quella nuca, per evitare che scostasse la testa, evitare di interrompere bruscamente quel… Bacio. Gli era venuto quell’impulso, ma non l’amava. Era certo al 100% che non la amasse, e nemmeno lei lo amava. C’era una specie di attrazione, ma diversa. Degli amici speciali, ecco. E comunque non restarono molto a pensarci, mentre si scambiavano quel bacio sensuale. A loro andava bene così. Tanto non si sarebbero più rivisti.
Il bacio finì allo stesso modo di com’era iniziato: lentamente. Se lo erano goduto finchè potevano.
-Caroline… Non fraintendermi. Io non ti amo-
-Lo so-
-Non vorrei che questo ti abbia resa triste-
-No, affatto. Anzi. Guarda che nemmeno io sono innamorata di te-
-Meglio così-
-Almeno così avrai un ricordo diverso da me rispetto alla prostituta che hai conosciuto-
-Io non ti ho mai considerata una persona simile. Anche Nathan se ne renderà conto-
-Grazie, Nicholas. Grazie davvero-
Addio, Caroline.
Il caso finì in modo eccellente. I documenti c’erano, i video anche. E anche registrazioni. Ebbene sì: quando Watari si era appostato per sorvegliare Erin che si era introdotta lì e la stavano minacciando, attaccato al fucile c’era un microfono direzionale con un registratore. E con tutte quelle prove, parte della polizia non poté che costituirsi e andare in galera. Le ragazze erano libere da quello sfruttamento, e tutto tornò alla normalità.
Sempre più spesso di sentì parlare di L, nel corso degli anni. Sempre meno era concesso vederlo. Aveva imparato la lezione. Aveva aguzzato la prudenza, e col passare degli anni continuò il suo lavoro di detective. Mentre di Caroline non ne sentì più parlare, non ne ebbe più notizia.
Ma almeno lei aveva modo di sapere di lui.
A modo suo, aveva mantenuto la promessa.

Un'altra storia giunge al termine.
Il rapporto tra Caroline e L rimarrà così: "sospeso". E tengo a precisare che non si amano.
Li ho fatti baciare per rendere meno triste il finale, e poi per come sono fatti loro due penso che sta bene.
Sono contenta di come l'ho conclusa, dai xD
Ringrazio tutti voi che avete letto e seguito la mia storia, grazie ai nuovi arrivati e ai miei vecchi compagni di efp che hanno letto e recensito!
Spero di tornare presto con una nuova storia!
Grazie mille!

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