Tainted Dragon.

di kamy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap.1 Ljula ***
Capitolo 2: *** Cap.3 Untoched ***
Capitolo 3: *** Cap.2 Misteri svelati e celati ***
Capitolo 4: *** Cap.3 Il viaggio prosegue ***
Capitolo 5: *** Cap.4 Here you are ***
Capitolo 6: *** Cap.5 Il male si rivela ***
Capitolo 7: *** cap.6 bene e male, il confine ***
Capitolo 8: *** Cap.7 La storia di Kuriza ***
Capitolo 9: *** Cap.8 L'alba di una nuova minaccia ***
Capitolo 10: *** Cap.9 Soul child ***
Capitolo 11: *** Cap.10 Baby-Cargot arriva sulla Terra ***
Capitolo 12: *** Cap.11 L’invasione delle Fusion ***
Capitolo 13: *** Cap.13 I due Vegeta I° parte ***
Capitolo 14: *** Cap. 14 I due Vegeta II° parte ***
Capitolo 15: *** cap.15 I due Vegeta III° parte ***
Capitolo 16: *** Cap16. Dall'altro Vegeta I° parte ***
Capitolo 17: *** Cap.17 Jr. vs Baby-Gohanks ***
Capitolo 18: *** cap.18 il ssj4 ***
Capitolo 19: *** Cap.19 Una nuova minaccia ***
Capitolo 20: *** cap.20 pausa pranzo ***
Capitolo 21: *** cap.21 Sulla Terra intanto ***
Capitolo 22: *** Cap.22 La situazione si stabilizza ***



Capitolo 1
*** Cap.1 Ljula ***


Cap.1 Ljula

Prima di iniziare con il Gt vero e proprio, voglio approfondire il rapporto MiraixMary e chiudere alcuni conti in sospeso lasciati in MajinEvil.

Ringrazio anche solo chi legge.

Tainted Dragon.

Cap.1 Ljula

 

Un tempio, o meglio quel che ne rimaneva, si ergeva nell'oscurità, rischiarato solo dalle fiamme che lo stavano ardendo interamente, facendolo rovinare su se stesso. Una stupenda statua raffigurante un uomo, bellissimo, con le braccia alzate al cielo in segno di preghiera, stava a terra abbattuta. La superficie lattea era scheggiata, e ombre scure giocavano dietro di essa su ciò che restava della parete crollata. In mezzo a quell’inferno rovente, una ragazza dai lunghi capelli neri di nome Ljula scappava silenziosamente. Non sembrava umana per quanto era bella; aveva l’aspetto di una creatura tanto stupenda da non poter esistere nel mondo terreno, ma era consumata, come se il fuoco che ardeva il tempio le fosse entrato nel cuore distruggendo anche lei. Tutti correvano da un lato, ma lei, confusa, come a rallentatore rispetto a quella gente terrorizzata, fuggiva dall’altra parte.

Sapeva dove andare, seguiva l’unica flebile speranza per la sua razza, ormai destinata ad una prossima estinzione.

I vestiti strappati in più punti e la capigliatura che mulinava nell’aria le davano quasi l’aspetto di uno spettro. Con disperazione spingeva sul pavimento i piedi, feriti ed arrossati, ignorando le gocce di sangue scuro che lasciava dietro di sé ad ogni passo. Il suo pianeta era divorato da fiamme che si levavano alte e nel delle quali il riflesso si proiettava nei suoi occhi viola lucidi di pianto, facendoli brillare nel buio di una sinistra luce di distruzione. Il fumo nero si alzava acre come l’odore della morte. La gente gridava, le persone morivano.

Era la sacerdotessa, era suo compito sopravvivere almeno lei, per tornare un giorno a casa e aiutare la sua gente a rinascere.

Suo padre l’aveva lasciata scappare. Suo padre con cui non si era mai capita. Suo padre che aveva voluto rimanere lì fino all’ultimo. Suo padre che non comprendeva i suoi sogni. Suo padre che non aveva accettato la sua unione con un giovane sacerdote del tempio, né il frutto di quell’amore che ancora teneva in grembo…

Ljula sentì un urlo. L’urlo dell’unico uomo ad averla davvero cresciuta, ad essergli sempre rimasto vicino. Sentì il suo cuore spezzarsi, e capì che lontano dal suo mondo non sarebbe vissuta a lungo. Nel suo ventre però c’era la figlia sua e di Misha. Il suo compagno le era morto davanti, ed ora giaceva ai suoi piedi, il viso pallido, gli occhi spenti, i capelli d’oro che ricadevano scomposti. Crollato come la statua del tempio, spezzato come un fragile stelo d’erba, riverso a terra come un oggetto inanimato. Arrabbiata, si asciugò le lacrime con il gesto stizzito di una mano. Si inginocchiò e velocemente cominciò a scavare. Le mani delicate, non abituate a un simile lavoro, impregnate di magia, si graffiarono. Sottili linee rosse scivolarono sulla pelle nivea, pallida più della luna, mentre continuava a grattare il duro terreno. Le lunghe e curatissime unghie si spezzarono, lasciando scorrere altro sangue, quando finalmente riuscì a vedere nella scura terra una lastra di ferro arrugginita. Afferrò un’apertura e con la forza della disperazione, che nemmeno sapeva di avere, riuscì ad aprire il passaggio. Scese la scala buia, puntando alla sua ancora di salvezza. Una vecchia navicella, di quelle appartenenti ai secoli di luce, prima del buio che era sceso in quel popolo troppo pacifico per difendersi da una terribile invasione come quella. Eppure in quel buio si sentì sola, stanca, braccata. Suo padre, l’uomo che amava, la sua gente, tutti se n’erano andati, rimaneva solo sua figlia, che aveva anche iniziato a scalciare, quasi in lei si riflettessero le sue ansie. Tra le lacrime la giovane sacerdotessa salì sulla navicella, impostando a caso le coordinate. Crollò subito dopo stremata, ferita e semi-incosciente sul sedile. Non si accorse del tempo che trascorse durante il viaggio e non poté neppure guardare un’ultima volta il suo pianeta per potergli dire addio…

La Terra, un pianeta azzurro pieno di pace, simile a com’era stato il suo mondo prima dell’attacco. Abbandonò la navicella e, senza sapere dove andare. si mise a correre a casaccio, con i vestiti laceri, con gli occhi rossi, con i piedi scalzi. Il destino volle che andasse a sbattere contro un giovane sorridente che, sebbene un po’ spaccone, si prese cura di lei. “Calmati piccola, ci penso io a te, andrà tutto bene!...” la rassicurò quello che il mondo in futuro avrebbe conosciuto come il campione Mr. Satan.

 

Anni dopo…

 

Un’altra statua, ben diversa da quella che un tempo costituiva il nucleo centrale del tempio di Ljula, si ergeva in un albergo appena costruito. Una giovane ragazza dai corti capelli neri fissava alquanto triste quell’effige. Suo padre non sapeva cosa fosse il contegno, ed era proprio l’enorme affetto che nutriva per lui a farla soffrire in quel modo. Sua sorella Mary, come sempre, era stata più decisa di lei. A quella pagliacciata non aveva voluto assistere e se n’era andata. A volte si chiedeva se realmente fossero state sorelle. Si, entrambe assomigliavano a loro madre, ma i loro caratteri erano troppo diversi. Una il giorno, l’altra la notte, nonostante avessero in comune il sangue indomito e una buona dose di testa dura. Peccato che la stupenda donna dagli occhi viola che le aveva messe al mondo se ne fosse andata così presto, consumata da qualcosa che nessuno, nemmeno Mr. Satan, si era mai riuscito a spiegare. Non era malata, ma come una pianta appassita senza radici, pian piano era essiccata nonostante le cure quasi ossessive del marito follemente innamorato. Forse era per quello, che il campione del mondo inseguisse stupidamente ogni gonnella negli ultimi anni... O forse era solo la sua natura. Si era proclamato il salvatore della Terra ingiustamente, come aveva fatto contro Cell, dando spiegazioni strampalate del perché le vittime, come la volta precedente, fossero misteriosamente tornate in vita. La giovane Videl sospirò, lanciando una capsula da cui uscì un velivolo per una sola persona. Si vergognava da morire, ma la voglia di vedere Gohan era troppa e anche una scusa come quella poteva andare bene.

 

 

“Corro…Continuo a correre. Sento il fiato che mi esce pesantemente dalla bocca. Mi manca l’aria, non mi sono mai sentita così stanca. No, non è possibile. Sono una guerriera, eppure sento un’immensa paura in me, non riesco a pensare ad altro. Dietro di me urla e fuoco. Non voglio voltarmi o nei miei occhi rivedrei danzare le fiamme. Non conosco questo luogo, eppure questo mondo sconosciuto una parte di me lo definirebbe casa. Non capisco, mi fa male la testa, non riesco a pensare. Poi sento una voce gentile che mi chiama. Alzo il viso e vedo un bellissimo uomo biondo. “Vieni da me, figlia mia”mormora sorridendomi. Mi fermo e inizio ad indietreggiare. Dietro di lui un tempio distrutto e ovunque cenere. No, lui non è mio padre. Vorrei scappare via da lui, ma la sua voce è così gentile. Come posso non fidarmi di una creatura simile? Scoppio a piangere, non so che altro fare. Sono così confusa. “Torna a casa, il nostro pianeta ha bisogno di te… torna a casa”mi ripete suadente. Scuoto la testa. Io sono già a casa, sulla Terra, con mia sorella, mio padre, il mio cane Bay. “Fidati, piccola mia, hanno bisogno di te”. Riconosco questa voce e, tra le lacrime che mi offuscano la vista, la scorgo. Mia madre, quanto mi è mancata. Ero piccola, ma lei era l’unica veramente a capirmi. “Torna a casa, è il tuo destino, sei una sacerdotessa”. Sento di me la consapevolezza che questo non è soltanto un sogno. “Come faccio? Io non so aiutare neppure me stessa”mormoro. Mi asciugo le lacrime. Questi sentimenti non sono miei. Io non piango, io non ho paura. Al contrario, il sentirsi inadatta è parte di me, sono diversa da tutti, l’ho sempre saputo. “Torna a casa e lì ritroverai te stessa”mi dicono entrambe le figure. Annuisco, me ne andrò oggi stesso. Non voglio soffrire in un addio, me ne andrò in silenzio. Magari mi odieranno per averli abbandonati e sarà meglio così…

Mi dico questo e mi sveglio, riemergendo come se fin’ora fossi stata in apnea. Mi alzo, tanto è giorno e sono già vestita, mi ero assopita sul divano. Mi stropiccio gli occhi e guardandomi la mano vedo un qualcosa di incredibile che mi conferma che era tutto vero. Incisa nella pelle, come un marchio, delle coordinate. E so anche dove trovare una navicella”.

 

 

 

Due navicelle saiyan attraversavano lo spazio, tanto veloci da dare l’impressione d’uscire da un buco nero che conduceva a un’altra dimensione. Un effetto ottico che avrebbe fatto rabbrividire, ma mai quanto la loro stessa vista. La razza saiyan si era estinta, per quanto ne sapevano tutti non esisteva più nessun membro che la componesse. Eppure quei veicoli spaziali, bianchi, sferici e lucidi, erano nuovi e vitali. Avrebbero fatto tremare per vari motivi, come demoni usciti direttamente dagli inferi. Nessuno si sarebbe chiesto chi in realtà vi si celasse e se realmente fossero una minaccia. Si sapeva solo che procedevano spediti, quasi fossero loro in realtà a scappare, terrorizzati da qualcosa. Mille congetture in esse, nel loro mistero e nell’oscurità che rossa e tenebra celava il viso di chi era seduto al suo interno. Lasciavano dietro di sè una scia azzurra, come comete sperdute nel cielo alla ricerca di un luogo dove svanire rimanendo ghiaccio destinato a consumarsi in polvere stellare. Il cielo nero, come mare notturno, continuava a sembrare incresparsi, nonostante ciò fosse un semplice effetto ottico dovuto alla velocità. In lontananza un innocuo pianeta azzurro stanziava nel cosmo. Era lì la loro meta.

 

 

Son Goku guardò trucemente il terreno appena dissodato, tenendo in mano la zappa e poggiandosi sul manico di essa con entrambe le mani, come uno scolaro annoiato farebbe su un banco in una lezione noiosa. “Ah, e io che avrei voluto allenarmi”si lamentò rammaricato, guardando il cielo azzurro sopra di lui e le delicate nuvole bianche che si rincorrevano veloci. “Ehi, Chichi?”chiamò, lasciando che le sue emozioni trasparissero dal tono, facendo intendere che a lui quella pareva un’ingiusta punizione, “Visto che prendiamo già soldi da Mr. Satan, perché dobbiamo fare un lavoro del genere?”domandò. La donna si rialzò indispettita nel suo solito kimono giallo, si sistemò il foulard viola e aprì la bocca per ribattere. “Ha ragione, fa caldo. Anche io sono stanco”lo appoggiò Turles, anticipandola. In quel momento, carnagione a parte, sembrava di avere a che fare con due gemelli. Chichi li fissò in cagnesco, in mano una ciotola di legno grezzo. “Vergognati Goku, e lo stesso vale per te, Turles!!”li sgridò, muovendo il capo e agitando un mestolo di legno di cui entrambi i saiyan non riuscivano a capire l’improvvisa provenienza. Che li tenesse nascosti nella manica pronta a tirarli fuori nei momenti peggiori? “Dovreste apprezzare il duro lavoro!”affermò poi alzando un dito seriosa, mentre con l’altra mano si puliva dalla terra che si era posata sui suoi vestiti quando con le ginocchia era adagiata sullo scuro terreno appena arato. “Io lo apprezzo, ma se è un duro allenamento”si lagnò il giovane dalla pelle scura. “Io mi sto arrugginendo nel frattempo”mugolò con uno sguardo basso e triste come quello di un cucciolo il Son. Chichi si avvicinò alla ciotola di legno e prese uno dei semi che conteneva, mettendolo poi in faccia al marito, dopo aver zittito il fratello di Kakaroth con uno sguardo omicida. Il seme aveva la forma e il colore di un fagiolo, ma non era sicuramente normale. In un certo senso, si poteva dire avesse una faccia. “Datti da fare, tuo fratello ha già iniziato a piantare questi “ravanelli””disse. Iniziò dura, ma poi penso di cambiare tattica. Sbatté le lunghe ciglia un paio di volte, catturando l’attenzione del suo uomo. “Come vuoi Chichina”disse lui, ma mentalmente si annotava di ammazzare quel “radicchio” di suo fratello, che gli aveva fornito quegli strani semi capaci di germogliare subito, che lo stavano costringendo a un lavoro così noioso. Radisch nel frattempo, da tutt’altra parte, sentì le orecchie fischiare.

 

Gohan si trovava tranquillamente a passeggiare per il bosco, quando un velivolo atterrò proprio davanti a lui. Lo riconobbe immediatamente, mentre inconsciamente tentava di sistemarsi il ciuffo ribelle. Il cuore iniziò a battere forte, ma cercò di nascondere il rossore. “Videl!!”gridò, vedendo la sua fidanzata scendere e correndo ad aiutarla. Lei fece finta di cadere, solo per farsi prendere qualche attimo in braccio dal giovane Son. Solo per lui, valeva la pena di soffrire qualsiasi pena, si disse la ragazza. “L’Hotel di mio padre è finito”disse, piegando la testa di lato. “Dopo soli due anni? Urka”esclamò il giovane, imitando inconsciamente il gesto paterno nel si grattarsi la testa ridacchiando. “Si, ma ha deciso di fare un galà-party per vantarsi della sua vittoria. L’ho convinto che fosse giusto far partecipare chi realmente ha combattuto contro Kid Bu e quell’altro mostro”disse la giovane, giocherellando con un ciuffo di capelli. Si vedeva che era in imbarazzo per l’orgoglio e la pomposità del padre nuovamente ingiustificati.  “Non preoccuparti! Vieni, tra poco sarà ora di pranzo, resta da noi a mangiare!”la invitò il giovane.

Nel frattempo il duro lavoro dei due figli di Bardack era completato e affamati come due lupi voraci aspettavano che Chichi servisse il pranzo. “Papà, non ci credo!!!”commentò Gohan entrando, vedendo che il genitore indossava una maglietta nera. L’uomo sorrise e salutò cordialmente la fidanzata del primogenito, ignorando la frase detta dal suo figliolo. “Jr. dice che suo padre quella maglietta ancora la sta cercando”ridacchiò May facendo il suo ingresso, scendendo pian piano e con grazia dalla scala. “Papà l’ha solo presa in prestito. Tanto il signor Vegeta non lo sa!”difese il genitore il piccolo Goten, scendendo dalla medesima scala come un euforico tornado. Una volta sedutisi tutti a tavola, Videl ripeté l’invito. Chichi era imbarazzata, ma Turles disse in modo più diretto quello che gli passava per la testa: “Non mi va di andarci”. “Nemmeno a me. Poi stasera volevo riposarmi”gli fece eco Goku, ingurgitando un orrida lucertola abbrustolita. “Dai papà, io voglio andarci!!”gridacchiò May, mentre riceveva da Videl una dolce carezza sui capelli corvini. “Si, dai”aggiunse Gohan. Goku rispose in maniera fin troppo paterna per non nascondere semplicemente la voglia di non andarci: “Ragazzi state buoni”. “Pensare che c’è un banchetto…”inizio Gohan. A quella frase May saltò spaventata in braccio a Videl, mentre Chichi si avvicinava alle due pronta a proteggerle a qualsiasi costo. Gohan faceva la faccia del finto tonto, voltato dall’altra parte, ma con un occhio puntato non visto sulle reazioni di suo padre. Turles era rimasto immobilizzato, gli occhi sgranati, mentre ogni tipo di mela gli passava davanti allo sguardo e una leggera scia di saliva colava dalle sue labbra. “Ha detto potete mangiare di tutto”rincarò la dose quell’incosciente di Gohan. Son Goku si bloccò, dopo aver deglutito l’ultimo boccone. Rimase immobile come una statua, manco pareva respirare. Nessuno poteva vedere la sua visione. Un Goku felice come mai lo era stato, con la sua immancabile tuta arancione, circondato da ogni cibo anche solo lontanamente pensabile. “Se proprio insistete…”cominciò, sbattendo le mani sul tavolo e facendo tremare l’intero edificio, “Andiamooooooo!!!!!!!!!!!!”gridò. Le polpette rotolarono a terra, mentre un vetro si incrinò miseramente. Manco quando rimaneva supersaiyan tutto il giorno nel periodo Cell aveva avuto un effetto così devastante. La povera Chichi sussurrò: “Ma Goku…”, ma fu sovrastata dal grido. Gohan protesse la fidanzata conscio di meritarsi un disastro simile, aveva scatenato gli istinti peggiori del padre. May abbracciata a Videl, ridacchiò divertita da quello spettacolo. Turles invece, spostato dall’onda d’urto prodotta dal suono si ritrovò spiaccicato contro il muro dietro di se. “Siiiiiiii!!!!!!!!”si mise a gridare Goten saltellando. Ancora una volta si dimostrò un piccolo Goku in miniatura e anche la sua portata di voce era invidiabile vista la sua tenere età. In quel finimondo, la porta si spalancò ed un preoccupatissimo Junior face capolino trafelato. “Un attacco?”chiese il namecciano, tappandosi le delicatissime orecchie. Aveva sentito prima la forte manifestazione d’aura e poi le urla anche dalla foresta dove aveva fissato la sua dimora, e aveva pensato che realmente ci fosse qualche pericolo. Ancora aveva molto da imparare sulla particolarissima famiglia Son.

Non ci volle molto prima che il messaggio che Videl lasciò su tutte le segreterie dei loro amici venisse sentito. Ben presto, in vari modi, tutti si presentarono alla porta di quella sperduta casetta nei monti Paoz. I primi ad arrivare furono Gwendy, Crilin e la piccola Marron festante, ovviamente in volo. Con un vecchio macinino fumante, schiacciato dall’eccessivo peso del suo passeggero, si fece ovviamente vivo Juma, che prendeva ogni scusa possibile e immaginabile per poter vedere i suoi adorati nipotini. Goku corse a infilarsi la tuta e salvare la sua maglietta preferita. Non sia mai che il legittimo proprietario si accorgesse che la sparizione fosse avvenuta proprio dopo un allenamento a causa della predilizione che Chichi aveva per i capi neri addosso al marito, che il finto tonto Goku non esitava a utilizzare per ricevere qualche coccola in più dalla consorte, e se mai si fosse messo di mezzo l’imbarazzo, da tempo aveva scoperto che il supersaiyan era davvero molto meno timido. Chichi si mise un capo rosa e bianco panna che le donava, nonostante fosse bastata una semplice capigliatura più libera per far risaltare la sua bellezza per nulla sfiorita, che invece tendeva a nascondere invecchiandosi. May e Goten si misero la loro tutina da combattimento sotto i vestiti eleganti che aveva dato loro la madre, non si sapeva mai. Gohan invece si vestì elegante, rompendo poi la testa al povero namecciano per farsi dire se era abbastanza elegante per piacere a Videl, per poi dimenticare ogni cosa quando la giovane uscì dal bagno della casupola con il vestito che si era portata dietro in capsula. Era così bella agli occhi del Son, che il suo sensei dovette chiudergli la bocca prima che l’interessata si accorgesse di quel bizzarro comportamento. Nello stesso aereo c’erano Yamcha, fidanzata e gelosissimo Pual che si inseriva con la sua codina azzurra pelosa tra le effusioni dei due, dicendo al suo migliore amico di non distrarsi dalla guida. Genio arrivò a bordo di una scassatissimo motorino volante, con degli occhialetti da aviatore di qualche secolo prima e un’allegrissima tartaruga dietro. Tenshinhan e Lunch arrivarono in ritardo, la giovane dai capelli blu scuro presentava un pancione inequivocabile.

Muten si avvicinò subito a Chichi. “Ciaooooooooo vecchio!!!!!”gli gridò Turles in un orecchio, mentre Goku con un po’ meno enfasi e più amicizia lo faceva nell’altro. Roshi, seppur confuso, non si lasciò distrarre dal suo obbiettivo. Dopo aver fatto un infelice commento con idee idiote in mente, Chichi rossa come un pomodoro lo sistemò con una terribile padellata in faccia, avvalorando la tesi dei due figli di Bardack sul fatto che tenesse quegli strumenti da cucina nascosti addosso, da usare  come armi improprie.  Oscar si ritrasformò, dimostrando di essere stato lui il motorino, e con aria di sufficienza guardò l’arzillo vegliardo a terra, con il naso sanguinante e gli amati occhiali da sole rotti, fortuna che ne portava sempre più paia tutti uguali. Goten e May, dopo due anni che non vedevano zio Crilin, stritolarono il povero migliore amico di Goku. Tutti salirono a bordo dell’altro velivolo in capsula che Videl portava con sè, dove poterono entrare tutti, anche se il namecciano preferì procedere in volo, anche per non sentire Goku che come un disco rotto aveva cominciato a ripetere: “Cibo, preparati, sto arrivandoooooo!!!!!!!”.

 

Mr. Satan accarezzava quello che adottato come cucciolo di cane trovato ferito anni fa, salvato quasi per miracolo, adesso assomigliava più a un immenso cagnone. Era preoccupato per la figlia maggiore, che aveva esplicitamente detto di non voler venire. Sospirò, non glielo aveva mai detto, ma non era figlia sua. Aveva sempre saputo che sua moglie non era normale, dotata dei poteri incredibili che a fatica nascondeva, sicuramente era aliena e prima o poi la primogenita, così somigliante alla donna che aveva amato, sarebbe sfuggita dalle sue mani. Alzando lo sguardo vide che fortunatamente ancora i fotografi seminati poco prima non erano riusciti a scovarlo. Amava la folla, essere osannato, ma i tipi che aveva invitato era meglio non pubblicizzarli troppo.

Vegeta stava appoggiato ad un anonimo muro di mattoni sotto una statua dorata di Mr. Satan che gli dava seriamente sui nervi. Nonostante fosse distratto a pensare a Mirai, che per la prima volta da un anno a quella parte, da quando aveva deciso di vivere da solo nell’appartamento in città, non aveva telefonato a casa per dire come stava; percepì immediatamente l’aura di Goku. “Come sei conciato Kakaroth?”domandò, tentando di mantenere un tono neutrale. “Hai intenzione di combattere?”domandò poi, e le sue intenzioni belligeranti si mostrarono ugualmente. “Vegeta, anche tu hai la divisa da battaglia, no?”fece Goku squadrandolo confuso. Il principe dei saiyan si voltò dall’altro lato e stringendo ancora di più le braccia incrociate, infastidito che da dopo Majinbu l’altro si fosse fatto così amichevole, rispose: “Questo è l’abito formale di un saiyan”. “In tal caso, anche il mio lo è”commentò l’altro ridendo serio. Radish, che osservava da lontano, ebbe le lacrime agli occhi. Ogni giorno di più il suo fratellino diventava un saiyan. Pensieri che durarono ben poco perché Nappa lo riattaccò, in fondo mai distrarsi in un combattimento tra saiyan o il rivale non ci va tanto alla leggera, soprattutto se si tratta di un peso massimo come il pelatone. Anche Chichi e Bulma osservavano i mariti sconsolate, le due amiche assistettero a una tipica scena tra i due. Manco il tempo di battere le ciglia, che entrambi erano in posizione di combattimento pronti a combattere. “Vuoi sfidarmi?”domandò Goku. “Sempre!”rispose il principe con un ghigno malvagio. “Perché va sempre a finire così?”domando Bulma sbuffando. “Si incontrano, si scontrano” le fece eco Chichi sconsolata, con le mani sui fianchi. Quando due rumori orribili, gutturali e cavernosi si alzarono nello stesso momento facendo sgranare gli occhi alle due donne. Chichi si portò un dito alla bocca. Riconosceva il rumore dello stomaco di Goku quando era affamato, ma quando mai si era sdoppiato? “Aspetta Vegeta, mangiamo prima un boccone. Sto morendo di fame!”disse concitatamente Goku massaggiandosi la pancia. “Tsk…”iniziò Vegeta e stava già per uccidere il morale del minore. “Non quanto me!”affermò invece, sincero. A quell’affermazione le due donne ebbero uno svenimento all’unisono. Ora era ufficiale, quei due passavano decisamente troppo tempo insieme.

 

“Fregato, mi sono lasciato fregare”pensava Mirai inferocito. Ingannato da due occhioni azzurri. Azzurri erano gli occhi di sua madre, di suo fratello e anche i suoi, ma era un azzurro diverso quello che l’aveva ingannato. Mary, la giovane che amava, era arrivata così agitata in casa sua. Per la prima volta quella ragazza forte e dura che gli aveva rubato il cuore, era sembrata fragile, scossa. Si era sentito in dovere di proteggerla, rincuorarla. Un deficiente, ecco cos’era stato. Un colpo al collo mentre aveva abbassato la guardia e mentre lui era svenuto incosciente, si era fregata la capsula con l’astronave. Poco male, aveva preso un vecchio modello e proprio di recente sua madre gliene aveva dato un’altra da sperimentare. Aumentò la velocità in quel volo interstellare, l’avrebbe raggiunta a qualsiasi costo.

Continua...

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Capitolo 2
*** Cap.3 Untoched ***


Cap.3 Untoched

Dedicato al compleanno di Claudia.

Ringrazio anche solo chi legge.

 

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Cap.3 Untoched

 

 

La partenza arrivò così in fretta da rapirli quasi, come se in un battito di ciglia si fosse deciso già tutto.

Ognuno salì con i suoi tempi, salutando, preparandosi o semplicemente pensando a se stesso.

Fu questo il caso di Radisch, che insieme con altri come C17, pensò solo alle proprie azioni come se si fosse dimenticato del resto del gruppo.

Un saiyan in fondo, resta pur sempre un saiyan.




“Quasi dimenticavo quanto mi rilassano i viaggi spaziali. Eppure non riesco a dormire sdraiato su questo morbido letto. Non è la solitudine siderale, non è l’oscurità a impedirmi il sonno. Forse sarà il russare del colosso che dorme nel letto accanto al mio. Dimmi tu se è giusto che Nappa dovesse finire proprio nella mia stessa stanza. E’ il mio migliore amico, ma per una volta speravo di avere un compagno di stanza decente.

Credo di sapere qual è la realtà. In questa nuova vita non ho mai ripensato al passato. Ora che sono qui, se chiudo gli occhi, rivedo i flash di ciò che è stato. Se fosse andato diversamente adesso, in quel pianeta tranquillo e pacifico che è la Terra non sarei da solo. Sarei con lei…

Mi mordo un labbro mentre nei miei ricordi una cascata di capelli d’oro mi sfiorano il viso. Un paio di sfacciati occhi color ossidiana. Preso com’ero da un sogno che non ho mai realizzato, ho perso una delle cose più importanti che io abbia mai avuto.

E’ difficile vivere nell’ombra di un genitore così potente com’era mio padre. E’ difficile essere una misera terza classe dalla potenza minima, quando sei sempre stato convinto di avere un eroe di fronte a te. Il generale Bardack, con la sua squadra, così coraggioso, bello da conquistare una guerriera incredibile come mia madre Cauli...

Io al suo confronto mi sono sempre sentito inadatto, sbagliato. A sottolinearlo mi basta uscire da qui e andare a cercare Kakaroth e Turles, perché sono l’unico dei figli a non aver preso da lui nemmeno l’aspetto.

Certo, con il mio aspetto così simile a quello di mia madre ho sempre potuto avere tutte le donne che volevo. Mi basta voltarmi per trovare una fila incredibile di spasimanti e alcune di loro sono anche bellissime. Eppure nessuna di loro avrà il mio cuore, sono sincero, da me possono avere solo un corpo se proprio lo desiderano. Ho sentito quel terrestre di nome Yamcha invidiarmi questa bellezza. Gli avrei riso in faccia se avessi potuto. Mi ha preso forse per quel superficiale di Zarbon?

Mi hanno sempre preso in giro sul mio pianeta, la bellezza non deve essere mai una caratteristica saiyan lì dove manca la potenza o potresti finire in un brutto giro, le donne saiyan non si sono mai fatte scrupoli di sorta. Forse è per difendermi che sin da bambino ho portato i capelli così lunghi.

Da bambino però ero più ingenuo e la spiegazione era più semplice e vergognosa.

Se mai mi fosse scappata una lacrima, nascondevo il viso dietro gli spessi capelli e mio padre non mi rimproverava per la mia fragilità. Mi voleva bene e non capiva perché soffrissi tanto.

Mi sentivo così solo allora, forse era davvero stupidità. Ormai è troppo tardi per tornare indietro…

Da bambino passavo le giornate ad allenarmi, attendendo con ansia di poter partecipare a una vera missione. Era come se fossi solo. Mio fratello Turles, esattamente com’era successo a me e poi come sarebbe capitato a Kakaroth, era stato mandato appena nato su un pianeta per dimostrare sopravvivendo che sebbene il suo infimo potenziale se la poteva cavare.

Ero convinto, che mio padre in me non avrebbe mai potuto vedere un guerriero. Per dimostrarglielo sarei stato così folle da sfidare il re in persona, ingoiando lacrime amare per la mancata e cieca obbedienza al mio signore.

Allenarmi forse non mi sarebbe servito a niente allora, ma sebbene io fossi stato solo un bambino, era un’ossessione per me. No, non era la potenza, né niente di quello che seguivano gli altri saiyan. Gli altri bambini mi deridevano, sebbene io avessi nascosto le mie vere passioni.

Ho bruciato le ricette che mi piaceva cucinare, smisi di chiedere a mia madre un po’ di attenzione finendo per non elemosinare nemmeno le rare parole del mio eroe.

Sebbene adesso potrei tirare fuori da un cassetto tutti i veri sogni che a malincuore avevo dimenticato, non debba più ingoiare sofferenze, ho dimenticato come si fa a vivere un po’ più a fondo la vita.

Non c’era spazio allora per un cuore mezzo buono, per un'anima mezza pura e mezza malvagia come la mia. Umiliazioni su umiliazioni, sorrido pensando che alla fine forse mi sono reso degno, in fondo alla faccia di tutti quelli io sono sopravvissuto e ho una famiglia.

Se allora lo avessi potuto sapere. Ho dimenticato quante volte sono scappato da casa per temprare il mio spirito.

Quante volte mia madre tornava stanca da una missione e doveva venirmi a cercare riportandomi a casa ferito, o bagnato o addirittura in fin di vita?

Hiemer…Quasi lo aveva dimenticato questo nome, eppure quando ero bambino, lo odiavo con tutte le mie forze. Era il figlio di una seconda classe e mia madre aveva rifiutato suo padre per scegliere il mio. Ovviamente a me sembrava una cosa giustissima, ma a lui pareva una grave lacuna nel suo orgoglio di guerriero. Lui e la sua banda non perdevano giorno per massacrarmi di botte.

Un giorno arrivo “lui”, Rayach.

Ricordo la sua bandana azzurra, i suoi occhi decisi, la sua potenza.

Mi salvò la vita e, una volta afferratomi per mano, mi portò via da quel bullo.

Inconcepibile che un mezzosangue nato da un’unione vergognosa tra un saiyan e una delle tante schiave fosse così potente.

Aveva la coda di un saiyan, i vestiti, la potenza, il sorriso, gli occhi di ossidiana, l’orgoglio. I suoi lunghi capelli però erano biondi e la pelle troppo pallida.

Non m’importava, divenne ben presto il mio migliore amico. Due perdenti da una potenza insolita, avremmo dimostrato a tutti quanto valevamo. Forse non fu una vera amicizia, ma potevamo contare uno sull’altro.

Giorni passati ad allenarci ed io, ogni volta che festeggiavamo un lungo periodo passato insieme, inventavo una tecnica che racchiudesse il tempo. Mesi, giorni, anni, periodi immortalati per sempre.

Le sue tecniche avevano sempre nomi esotici, della razza di cui portava metà sangue, non mi disse mai di qual era.

Arrivò il giorno del torneo. Mio fratello Turles era tornato a casa da un po’ e sebbene alla fine non fossimo altro che tre marmocchi ci iscrivemmo. Avremmo potuto cambiare le nostre vite.

Mio fratello non seppi per parecchio tempo che strada prese. Divenne parte della flotta esterna e anni dopo avrebbe avuto un gruppo tutto suo. Avrebbe girato l’universo piantando alberi della vita, conquistando e potenziandosi.

Vinsi prendendo i miei avversari per la coda, usando colpi bassi, accecandoli, perché i miei allenamenti non bastarono. Non m’interessò, riuscii a passare, avrei affinato la mia potenza con il tempo. Divenni uno dei membri della guardia reale.

Rayach vinse con le sue sole forze, arrivò al secondo posto, mi lasciò vincere la finale. Fu arruolato con me.

Dal giorno dopo fummo chiusi in accademia. Ricordo il giorno in cui in una rissa litigai con un gigante. Era un nobile, senza genitori. Re Vegeta lo aveva preso sotto la sua tutela. Eravamo ragazzini e il re ci pareva un grande e saggio uomo, in realtà lui e mio padre erano solo giovani uomini che coraggiosamente combattevano una guerra sanguinosa più grande di loro.

Peggio per me, adesso e lì che russa ed io sono in balia dei ricordi invece di riuscire a dormire.

Sospiro, ricordando come siamo diventati grandi insieme io e Rayach. Era sempre più agile di me, ma pian piano la potenza s’invertì. Eravamo ragazzi di vent’anni la prima volta che riuscii a sconfiggerlo.

Stupido!!! Stupidoooo!!!!

Mi alzo seduto, mentre regolo il battito del mio cuore.

Ero così incentrato sulla mia vita che non mi accorsi del suo cambiamento. Diventava pallido ogni giorni di più, il suo respiro si faceva rarefatto, diventava più debole.

Si era ammalato. I suoi anticorpi mezzi alieni non avevano sopportato una stupidissima malattia che a un saiyan normale non avrebbe fatto niente.

Io e Nappa fummo tra i primi saiyan a essere reclutati da Lord Freezer, forse è questo che ci ha salvato. Questo non voleva dire che non continuassimo a essere guardie del re.

Ogni volta che tornavo, sempre più raramente, andavo a trovarlo.

Finché un giorno, correndo eccitato come al solito per raccontargli le mie avventure, non lo trovai.

 

“Mi dispiace. Abbiamo dovuto ricoverarlo, molto probabilmente le conviene correre”mi disse quell’alieno inferiore con un sorriso derisorio in faccia. Ricordo la corsa, la disperazione, ma quello che feci dopo sembra quasi confuso. Credo di aver rimosso tutto quel dolore. Forse persino allora da quel momento in poi non contò più niente. O semplicemente tutti gli alcolici che cominciai a bere di continuo mi confusero la mente tanto da rendere la mia intera esistenza una sbornia infinita.

Ogni giorno si fece uguale e forse se non avessi incontrato quel pestifero bambino che era il principe, la mia vita e quella di Nappa sarebbe finita consumata tra donne e alcool a litri.

 

Ricordo le visite a Rayach. Persino allora riusciva lui a consolare me.

Cominciai ad avere seri dubbi sulla mia salute mentale quando cominciai a sentire bisogno della sua presenza di continuo. Desideravo l’odore dei suoi capelli, i suoi sorrisi tirati e le mani gelide in contrasto alla fronte bollente a causa della febbre.

Il giorno in cui mentre dormiva gli sfiorai le labbra, decisi di dire a Nappa che evidentemente o era meglio uccidermi perché avevo cambiato abitudini in fatto di gusti o che era meglio darmi un colpo in testa e vedere se rinsavivo perché era solo stress.

 

Fu una notte che capii la verità su Rayach.

Mi ero addormentato al suo capezzale e, quando mi svegliai, era già notte. Le due lune come silenti specchi come uniche spettatrici, non v’era nessun altro.

“Sai, penso che domani a quest’ora sarò morto”. Non mi aspettavo la sua voce all’improvviso e svegliandomi trasalii.

“Che dici?!!!”gi domandai inferocito.

Lui sorrise. Un sorriso sincero come non ne aveva mai fatto e con dolore capii che non scherzava.

Si levò la maglia e scoprii che era tutto fasciato.

Aprii la bocca confuso, mentre lui si levava la bandana.

Sotto la luce della luna capii. Spalancai gli occhi e balbettai.

“Perdonami…”mi disse Rayach. Mi disse lui? No, mi disse ‘lei’.

Sarei dovuto essere arrabbiato, inferocito, mi aveva mentito da tutta una vita.

Al contrario le sorrisi prendendole una mano.

“Baciami…”mi pregò.

“Ma…” protestai debolmente.

“Ti prego Radisch…Voglio essere viva almeno una volta, prima che sia troppo tardi…”. Le donai un bacio, ma non ci fermammo lì. Tra le mura di quell’orribile ospedale, puzzolente dei macchinari, bianco, immacolato, al contrario delle nostre anime per quanto giovani, andammo avanti.

Adesso non conosco più il senso del pudore. Adesso per me con una ragazza è solo fisico.

Allora era tutto così diverso, lei era diversa. Mi ricordo che già al tocco elettrico delle nostre mani arrossii. I suoi occhi brillavano sotto la luce di quella luna.

Era così pallida, così intatta, così mia. Nessuno l’aveva mai vista in quel modo, accarezzata, baciata.

Mi sono sentito impazzire, come se fossi stato solo allora realmente vivo. Eppure soffrivo. Era la prima e l’ultima volta che diventavamo una cosa sola e lo sapevo.

Piangevo e ridevo insieme, mentre sentivo le sue mani accarezzarmi. Era la prima volta che non combattevamo, che non ci soffrivamo, ma che tiravamo fuori sentimenti più veri.

Quante domande non dette? Quante risposte mai date? Abbiamo perduto un’esistenza.

Se ci ripenso adesso, è come se guardassi tutto attraverso un vetro opaco dimenticato da troppo tempo, che come lenti da occhiali di una misura diversa, deformano ogni cosa compiuta dopo nella mia vita.

Maledizione, spero di arrivare presto a questo pianeta del cavolo. Hanno detto che ci vorranno sei mesi e che è un pianeta anche con regole assolutamente sballate.

Mi concentro, interrompo i miei ricordi con pensieri più futili.

Se solo servisse e ancora, come da bambino mi nascondo tra i miei capelli ignorando le lacrime.

Perché la morte me l’ha portata via? Persino nell’aldilà non ci siamo potuti ricongiungere perché in mezzo all’intero popolo saiyan non riuscii mai a ritrovarla.

Non m’interessa se fu la scelta giusta, se fu solo per una volta. Diventammo un tutt’uno e ora che vivo la mia vita forse come volevo, porto un pezzo di lei in me.

Chiudo gli occhi mentre sussurro il suo nome e anche stavolta si perderà nello spazio e nel silenzio: “Pamela…”

 

Sbuffo. Mi sta venendo mal di testa, che noia rivangare il passato. Prendo la bottiglia da sotto il letto e la bevo di nascosto al colosso.

Nappa si sveglia di colpo e mi guarda: “Ho sognato che sul pianeta di quella ‘palla’ sono tutte come lei”. “Speriamo di no, io voglio divertirmi con qualche bella ragazza”gli rispondo.

Sarà meglio che vada a prepararmi i capelli.

Preparatevi ragazze, arrivo. C’è posto per tutte stupende, ho decido di dedicare la mia vita a voi, rifacendomi di ogni torto.

Ho già voltato pagina, perché sono tornato indietro? Bà, dimentichiamolo.

 

 Continua...

Ringraziamenti:

stellina86: ihih, hai ragione la faccia di Vegeta era tutta un programma.

Sono felice ti piacciano le immagini. Comunque lì l'ho riutilizzata per un altro momento, ossia quando Vegeta incontra il personaggio Kamy di un'altra mia ff. ihih ecco spiegato il mio nick.

No, no, anzi sono felice che sei così interessata alla storia.

(Io non sono mai scappato Nd Vegeta TD) (Si riferisce a me NdVegeta DBZ) (Tsk, c...inizia il Vegeta di TD, ma viene bloccato da me prima che si scateni una lotta tra Veggy AHAHAH).

ihih Vegeta, fermati o avremo un altro figlio ancora ihih.

Al prossimo, kisssssss

ka93: Sono felice ti sia piaciuto, fammi sapere per questo.

Si, scenette davvero spassose.

ciau tvb.

Luna_07: Oh si, ma non so fino a che punto lo consoli, per Veggy, Bulma è la più bella di tutte cmq ihih.

No, mi dispiace, ho promesso a Tarble che almeno qui non gli eliminavo la moglie ihih.

hehh, non pensi che Vegeta, contando anche Bra, non abbia abbastanza figli?

Cmq non temere, ugualmente ci saranno molti personaggi in più hehh.

ci sentimo, kissoni.

Vale_93: perdonami di non averti aspettato.

hehh già, ci divertiremo, anche se adesso io parto da capo uffy.

A presto, spero tesò.

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Capitolo 3
*** Cap.2 Misteri svelati e celati ***


cap.2 TD Mi scuso con la mia Beta-reader. Sottolineo che il chappy precedente lo ha corretto lei, più un aiuto "fulminante". (=_=" NdVale_93). No vabbe, grazie come sempre Vale ^^.
hehh avevo messo la presentazione della ff nel mio account, ma la mia testolina bacata si è scordata di rimetterla anche qui. Prima di arrivare al vero e proprio Gt, devo per forza concludere lo "z". Non ci metterò molto, anche se mi sto rifacendo come vedete all'ultimo oav di dbz, che ho adorato da morire, hehh però senza copiare alla fine, perchè la storia ha tutt'altra piega XP.
Inoltre ringrazio anche solo chi legge e Vale_93 che ha corretto il capitolo.
Scusate il ritardo, l'università mi sta prosciugando tutto il tempo


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Cap.2 Misteri svelati e celati


La casa era immersa nel silenzio. Vi abitava famiglia numerosa, un sacco di gente strana, ma alla fine v’era un’armonia, seppure raggiunta con fatica. Ora invece stava per giungere un elemento destabilizzante a rimettere tutto in discussione.

Una donna dai capelli azzurri, seduta sull’angolo della vasca da bagno, era in lacrime. Teneva in mano un test di gravidanza, positivo.

Un bambino avrebbe dovuto essere una gioia, e difatti lo era, ma lei aveva paura.

Paura che lui non capisse.

Però era troppo tardi ormai, il test mostrava chiaramente che il piccolo già si trovava al terzo mese, e nulla avrebbe potuto cambiare quella scritta che pareva un’implacabile condanna.

 

 

Mr Satan si vantava dell’edificio che in tutta la sua bellezza si stagliava alle sue spalle, battezzato col modesto nome di “Hotel Super Lussuoso del Grande, Incredibile, Straordinario Mr. Satan, il Trionfante Difensore della Terra contro Majinbu”. Videl guardava annoiata il padre, tentando nuovamente di mandare un messaggio per comunicare con la sorella. Niente, il cellulare di Mary era spento o irraggiungibile. Sbuffò ancora una volta. In quella giornata nera, almeno era con il suo Gohan. Il resto del gruppo stava seduto ad aspettare il pranzo e l’unico a retta al terrestre campione del mondo era il Dai Kaioh. Strano a dirsi, ma quei due così diversi, avevano in un qualche strano modo fatto amicizia quasi all’istante. Lunch era seduta tra gli ospiti quel giorno, ma vedendo quel branco di giornalisti novellini e imbranati, dopo aver starnutito ed essere diventata bionda, si buttò nel mezzo. Nessuno poteva eguagliarla nel suo nuovo lavoro, perché come ladra era eccezionale, ma come giornalista era anche meglio. Ignorando il povero Ten che le ripeteva che nelle delicate condizioni in cui si ritrovava, forse era meglio che stesse tranquilla e seduta, cominciò a darsi da fare per mostrare a quel mucchio di principianti cosa sapeva fare una vera giornalista. Una scenetta divertente che però non riuscì a distrarre nessuno dei saiyan, che sentivano la fame crescere in maniera continua ed esponenziale. Crilin e Yamcha invece avevano avuto la stessa idea. Erano entrati di nascosto nel bagno per cambiarsi, ed eccoli uscire con due perfette tute arancioni, identiche a quelle di Goku. Peccato che gli effetti furono contrari. Crilin stava immensamente meglio e i capelli neri a caschetto si intonavano così tanto con quelle vesti, che persino Gwendy fu costretta a dire che gli donava, mentre Marron batteva le manine felice. Al contrario Marion sbuffò inviperita a quell’esempio di anticaglia fuori moda, prese per l’orecchio lo pseudo-fidanzato e se lo portò via. Evidentemente frequentare certi posti gli faceva male, perciò scombussolato il giovane del deserto, inseguito da Pual, fu costretto ad abbandonare la festa.

 

 

Mariska si sistemò i biondi capelli, proseguendo spedita nella grande strada della città. Stava portando i suoi tre pargoletti, tre gemellini addormentati, a fare una passeggiata nella loro culletta. Era una splendida giornata di sole e il cielo era azzurro. Anzi alzò il capo a rimiralo, lasciandosi cullare da splendidi sogni. Suo marito sarebbe tornato presto dal viaggio d’affari, e avrebbero organizzato una meravigliosa cena con tutti gli amici... Di colpo, a distoglierla dai suoi pensieri, nelle lenti nere dei suoi occhiali da sole si rifletterono due astronavi. Erano bianche, tondeggianti. Aprì la bocca in un grido di terrore represso e abbassò il capo. Il vento fortissimo che la sferzò le fece capire che lei e i suoi bambini avevano evitato l’impatto per poco. Abbracciò i tre piccoli che si svegliarono piangendo, alzando terrorizzata lo sguardo su quegli strani oggetti volanti.

Le due navicelle proseguirono in linea retta, ignorando ogni cosa ci fosse sul loro passaggio. Macchine, palazzi e strade furono demolite. Non si capiva se accadesse volutamente, o semplicemente perché chi era alla guida non era ferrato a controllarle. Fuoco, fumi e incendi si alzarono, ma il vero terrore nella folla che correva come impazzita era l’apparizione di quelli che sicuramente erano alieni. Nessuno si rese conto però, che nonostante il putiferio, non ci furono né morti, né feriti gravi. I veri danni forse furono creati dal caos a cui loro stessi avevano dato vita.

 

 

 

Le due navicelle atterrarono in una landa desolata. Con un rumore meccanico, nello stesso momento si spalancarono. Un forte fumo nero, dovuto all’impatto, si alzava da esse. Dalla prima uscì una mano, guantata, non molto grande a dire il vero. Una figura maschile. Profondi occhi ossidiana, risplendenti di una luce quasi gioiosa, e su uno di essi la lente azzurra di uno scouter. In pochi secondi i dati di potenze sconvolgenti, gli riportarono gli obbiettivi del suo lungo viaggio. “Sono tutti in un solo luogo. Non ho tempo da perdere!”disse, stringendo i pugni deciso, come chi ha una missione, senza sapere che con un tono simile si era presentato, anni prima, un giovane proveniente dal futuro; che in quel momento invece aveva lasciato la Terra alla volta di un viaggio interstellare.

Nell’ombra si stagliava la sua fisionomia. Non si riusciva ancora a scorgere il volto, ma si capiva che era un ragazzino. A coprire il corpo minuto, una battle suit azzurra con le protezioni da battaglia di vecchio tipo, come quelle che si usavano ai tempi di Freezer.

 

 

 

Junior non poteva mangiare, ma non voleva nemmeno sembrare un asociale più del solito. Perciò stava bevendo dell’acqua calda in un piatto, travestita abilmente da zuppa. Quando avvertì un’energia, il suo riflesso nel cucchiaio pieno di liquido parve tremolare; mentre anche tutti gli altri si alzavano. Si avvertiva un’aura potente e sconosciuta, e spalancarono tutti gli occhi o preoccupati o eccitati di fronte alla nuova sfida. Chi non poteva percepire le auree, non capiva quegli improvvisi cambi di umore. C’era anche chi, come Chichi, all’oscuro di tutto, continuava la barzelletta che stava raccontando. Solo Vegeta si accigliò, pensando: “No ditemi che è…”.

 

Corsero tutti fuori, come un sol uomo, mentre il piccolo Trunks si metteva a gridare per spiegare agli altri che “c’era uno nuovo”.  Poteva essere una minaccia o un possibile alleato, ma come sempre in questi casi corsero quasi tutti fuori. Lunch e il marito, ma in generale anche tutti quelli provenienti dal mondo dei morti e gli stessi Kahioshin, rimasero al sicuro nel ristorante. Anche Jirobait, genio e molti altri decisero che la curiosità avrebbe potuto essere fatale e non si mossero, lasciando ai guerrieri più forti il compito di capire cosa stesse succedendo. Dende avrebbe voluto andare a dare un occhiata, ma Mr. Popo lo riportò alla ragione.

C17 spintonò Radisch per cercare di arrivare prima, facendo in questo modo cadere a terra il povero Jeet. Giniu Rana saltellava, ma ben presto si ritrovò stanchissimo e chiese un passaggio a Turles. Zarbon e Sauzer sgomitavano assai poco signorilmente, sperando di trovarsi davanti qualche stupenda ragazza o almeno una creatura dalla bellezza divina. Goku fu il primo a raggiungere le scalinate, fermandosi in attesa. “Gohan!!”gridò Junior, accorgendosi che il suo allievo, per vedere meglio, stava tentando, nonostante la sua età avanzata, di arrampicarsi sulle sue spalle. Videl, rossa come un pomodoro, fece scendere il fidanzato. Crilin si prese in braccio la piccola, mentre Gwendy socchiudeva i suoi occhi color cielo. Goten e Trunks si misero davanti al maggiore dei Son, mentre il povero Jr. veniva bloccato per un braccio dalla madre Bulma e la povera May non riusciva a liberarsi dalla solida presa della madre Chichi.

 

Il ragazzino atterrò davanti a loro, con aria risoluta. “Ha la coda”notò Gohan, mettendosi in posizione di combattimento, mentre la fidanzata si esaltava a quel comportamento indomito. “E’ un saiyan!!”gridò Crilin, mentre moglie e figlia sospiravano, il tappetto era un vero fissato di quella razza. Nessuno si accorse che, dietro al giovane, stava una figura più bassa. Aveva la testa grande e tondeggiante, la pelle candida e strane braccia che parevano quasi robotiche. Portava un paio di scarpette e un vestitino unico viola. Una grande cintura, tondeggiante come lei, mostrava che l’addome non era magro quanto le scheletriche gambette e braccine. In compenso aveva un sorriso dolce e due occhioni neri che facevano capire quanto fosse, almeno apparentemente, dolcissima.

Il ragazzino aveva invece capelli all’insù, neri, come tutti i saiyan. La fronte era spaziosa, ma non si notava grazie a un ciuffetto ribelle che ricadeva, facendolo un po’ assomigliare a Gohan.

“Tarble!”.

Era stata la forte voce di Vegeta a pronunciare quel nome, con una sfumatura a metà tra il sorpreso e il seccato. Tutti saltarono per aria, voltandosi poi verso il principe dei saiyan, che rimaneva in cima alle scale dietro tutti. Accanto a lui solo un annoiato Nappa, che decisa di sedersi contro il muro, appisolandosi di colpo. Sembrava che il colosso riuscisse a rendere ridicola ogni situazione, ma questa volta non accadde. Tutti rimasero, con i volti stravolti dalla sorpresa, a fissare il serioso principe, che con le braccia incrociate sembrava anche parecchio arrabbiato. “Che cosa?!”chiesero come un sol uomo tutti quanti, mentre la faccia di Crilin sopra tutte avrebbe potuto vincere un premio per quanto era buffa. Strano che nessuno, nemmeno gli alieni che erano stati alla base di Freezer, nemmeno i saiyan che conoscevano Vegeta da tantissimi anni, sapessero niente. Vegeta li ignorò, e visto che proprio davanti a lui si era spianata la via, scese le scale. Abbassò le braccia e, anche lui un po’ sorpreso per ben altri motivi, si avviò verso il giovane. “Che ci fai qui?”chiese. Bulma mollò Chichi a cui si era abbracciata e notò che nel tono del marito c’era un che di sospirante, come se quella situazione non fosse altro che un’immensa scocciatura. Il giovane saltellò sul posto, dimostrando di non essere malvagio minimamente. Un sorrisone gli illuminò il volto di ragazzino, mentre gli occhi sorridevano anch’essi. “Fratellone!!!”gridò alla volta di Vegeta. Il resto del gruppo, guardando il principe dei saiyan ormai in mezzo al loro, spalancò gli occhi con aria quasi spiritata. “Fratellone?!”ripeterono basiti, allontanandosi dal saiyan dal sangue blu quasi avesse addosso una malattia incurabile. L’uomo arrivò fino alla fine della scalinata, appoggiando gli stivaletti bianchi sulla morbida erba bagnata. Il ragazzetto sembrava aver toccato il cielo con un dito nel trovarselo davanti. “E’ bello rivederti, fratellone Vegeta”. Il principe dei saiyan si ritrovò in imbarazzo, ma cercò di non mostrarlo. Si voltò da tutt’altra parte, incrociando nuovamente le braccia quasi a schermarsi dai sentimenti che quel fratellino così dolce suscitava. Sembrava che l’oscurità fosse scesa sul maggiore, ma chi lo conosceva sapeva bene che era tutta scena. Guardando dall’altro lato sbottò bellicoso:“Ma nostro padre non ti aveva mandato su una stella remota, perché tu non potevi combattere?”. Il giovane tirò fuori il labbro assumendo la migliore espressione da cucciolo bastonato del mondo. “Ho sentito da un namecciano che tu eri venuto sulla Terra dopo aver sconfitto Freezer” pigolò. Subito dopo allungò le braccia, indeciso se afferrare per un braccio l’amato fratellone o continuare a implorarlo. “Sai, il pianeta su cui abito è stato ripopolato dopo che la precedente popolazione era stata distrutta proprio dalla nostra razza. Però mi hanno accolto e siamo stati in pace per molti anni, e adesso è arrivato un mostro. Tu sei diventato supersaiyan, il leggendario guerriero e…Da noi la situazione è critica. La gente muore e io sono stato eletto loro re dopo aver sposato la giovane regina…”cominciò a spigare il mocciosetto. Crilin scoppiò a piangere silenziosamente, la voce supplichevole del saiyan quasi bambino, vista la sua giovane età, stava facendo commuovere un po’ tutti. Persino Jr. si voltò dall’altro lato, per non far vedere che i suoi occhioni blu stavano divenendo lucidi. “…Il mostro sta seminando il panico nel mio pianeta. Io non riesco a farcela contro di lui, mi ha umiliato…”. A queste parole invece si notò finalmente l’aria di famiglia. Strinse i pugni, ferito nell’orgoglio. Abbassò il viso assumendo un espressione di rabbia e frustrazione mai sopita, non riuscendo più a guardare negli occhi il maggiore, mentre i suoi occhi di ossidiana divenivano freddi e distanti, persi in chissà quali terribili ricordi. “Ti prego aiutaci!!!”gridò, ritrovando il coraggio. Strinse più forte i pugni, guardando intensamente Vegeta.

Tutti erano immobili. Solo Goku si mise vicino all’amico, lanciando via l’osso di tacchino appena finito di spolpare. “Dai Veggy…”iniziò. “Non chiamarmi così, Kakaroth!”gli gridò contro l’altro. “Se è così forte ci conviene”continuò questi, ignorando l’interruzione, mentre Vegeta si avvicinava al fratello con sguardo critico. “Hai ancora lo scouter? Quegli affari non servono a niente, si può nascondere il vero potenziale e la forza combattiva può cambiare facilmente”. Appariva seriamente una rimproverata da fratello maggiore e il giovane Tarble si disfece immediatamente dello strumento, prendendo come oro colato ogni cosa che il suo fratellone gli diceva. “E’ vero! Te lo dimostro” esclamò gentilmente Goku. Vegeta si voltò dall’altro lato, annoiato da quello che stava per succedere. Sotto gli occhi sconvolti del giovane saiyan, avvenne la trasformazione in supersaiyan. Persino Turles si lamentò, accorgendosi di come Goku stesse soltanto facendo il ganzo con un marmocchietto. “Piantala Gokuccio!!”gli gridò Chichi, e ridacchiando ebete il Son tornò normale. “Visto?”chiese alla fine. “E’…è stupendo!!!!”gridò il principino. “Non fare il patetico come sempre. Non ti agitare. Ora vengo con te sul tuo pianeta e me ne occupo io”lo rassicurò Vegeta. Bulma sorrise, a parte che così stava dimostrando di volere bene al piccolo Tarble, era anche geloso e non voleva che il fratellino potesse trovare migliore Goku. In fondo, il suo Vegeta era sempre il solito, duro fuori e tenero dentro; o almeno lei la vedeva così.

“Noooo! Non è giustoooo!”protestò il Son, dimenandosi come un bambino di due anni rimasto senza giocattolo. “Che vuoi, Kakaroth? E’ un problema mio e di mio fratello!”lo rimbeccò Vegeta, facendo una smorfia davanti a quella dimostrazione di immaturità. Peccato che Goku non fosse l’unico a pensarla così. “Forte! Vengo anch’io ad aiutare lo zio Tarale, papà!”gridò Trunks eccitato alzando la mano. “Anche io!”si associò il piccolo Goten. “Umph, voglio vederlo, io vengo!” aggiunse Jr. “Pure io, posso andare vero mamma?”chiese May a Chichi. “No, tu resti con me e Bulma” negò subito madre, spezzando le sue speranze. “Credo che mi unirò anch’io” affermò Crilin alzando la mano intimorito e guardando la moglie in cerca di conferla. “Guarda che non c’è alcuna ricompensa” fece notare lei, scettica. “Però quello è un principe, di sicuro ce li ha i soldini!” esclamò eccitata la piccola Marron, mentre il povero Crilin cominciava a pensare che la figlia fosse decisamente troppo simile alla madre. “Mi aggrego anch’io” disse Gohan, alzando a sua volta la mano. “Evviva, vengo anch’io così potrò provare il nuovo costume di Great Saiyagirl! Saremo perfetti insieme!”strillò Videl, abbracciandolo felice. “Umphf, sarà meglio che venga anch’io.  Sei ancora troppo buono”disse Junior, guardando severo quello che fino alla fine avrebbe considerato sempre il suo allievo. “Ci andrei anch’io…”si unì Radisch, mentre risvegliava Nappa. “Andiamo!!! Dove va il mio principe vado io!!!”gridò il colosso svegliandosi tutto d’un colpo e facendo tremare l’intero edificio. “Andiamo, sembra eccitante, e magari troviamo cosmetici esclusivi!” si unirono Sauzer e Zarbon, tirandosi dietro anche il povero Jeet, che diceva addio con la mano al suo capitano Giniu, che invece di certo non poteva venire. “Lo batterò io!”si vantò Turles. “No, io”gli rispose a tono 17, mettendosi davanti a lui.

“Un momento! Ma lui è solo uno, non facciamo la figura dei prepotenti?”chiese Goku dubbioso. “E’ troppo potente per uno solo!”fece notare il piccolo saiyan. Vegeta gli si mise davanti scettico, con una smorfia poco convinta in volto. “Tarale, chi è questo coso con te?”. La piccola creatura sorrise per niente offesa, mentre Tarble arrossiva. “Oh si, scusami. Questa è mia moglie”disse sorridendo orgoglioso. La faccia di Vegeta assunse un’espressione come mai prima di allora: gli occhi spalancati e la bocca leggermente socchiusa, assolutamente sconvolto. Non riusciva a crederci, quella a malapena sembrava la femmina di qualche giocattolo o di una pallina da ping pong, manco era sicuro fosse una cosa vera… “Tua…moglie…?”domandò con voce tremante. Quella gentilmente si piegò in avanti. “Vostra altezza Vegeta, sono orgogliosa di conoscerla. Il mio Tarble mi parla sempre del suo fratellone. Io mi chiamo Gure”. Vegeta indietreggiò, muovendo in maniera confusa le mani. Subito dopo però si rese conto di stare infangando l’etichetta saiyan. Era pur sempre il principe e sebbene il loro popolo fosse ufficialmente estinto, doveva comportarsi come era giusto che fosse, in fondo suo padre da bambino glielo ripeteva sempre. “No, l’onore è tutto mio”disse, rispondendo all’inchino. Certo, la voce ancora gli tremava, ma tutti si sentirono punti nel vivo. Perché non erano mai riusciti a trovare le parole giuste per rendere Vegeta così educato?

“E’ molto strana”commentò Bulma all’amica. “Si, ma è tua cognata”disse la mora, a cui Gure stava simpatica.

 

 

L’equipaggio era pronto. Goku teletrasportò tutti alla Capsule corp.. Con dolore abbandonava il banchetto, ma un po’ aveva mangiato e poi un combattimento come quello che l’aspettava non si trova tutti giorni. Perciò Bulma tirò fuori la navicella. Avrebbero dovuto aspettare solo un paio d’ore, per far sì che lei potesse ingigantirla per poter far viaggiare tutti loro, e ben presto l’essere che terrorizzava il pianeta di Tarble avrebbe trovato pane per i suoi denti. Certo, tutti assieme l’avrebbero sistemato per le feste.

Una sola cosa turbava l’azzurra, una cosa che poteva sembrare banale ma la inquietava più della minaccia di qualunque mostro: ancora non aveva detto a Vegeta d’essere incinta…

Continua...





Ringraziamenti:


stellina86: ^^ non preoccuparti, il tempo è tiranno, lo so bene. Sono felice ti sia piaciuta la fine di MajinEvil. ^^ eh si, ma una versione italiana del film un pò sballata, già a iniziare che qui i personaggi sn diversi ihih. EVVIVA!!!! Tra i preferiti al primo colpo!!!! Cmq chiamiamola saga in 4 volumi XD.
(Ma ero svenuto!!! Io chiamo sempre alla stessa ora, ma ero svenuto stavolta!!! NdMirai in lacrime che vuole il suo papà e Vegeta lo guarda schifato).
Amo tanto le tue recensioni, sono davvero simpatiche ^_^. bacioni

Vale_93: Noi ci divertiremo di sicuro. hehh ero convinta di averti messo i soliti ringraziamenti, hehh. Non vedo l'ora di finire questo "inizio" e passare ai veri cattivi **. Draghi *ççç*. ihih, mi devo stare zitta o spoilerizzo ahah. a presto tesò.

Luna_07: Evviva, sono felicissima che tu la stia seguendo. Ormai non so veramente come farei senza le tue rece, **.
Yes, è un rifacimento del Gt. Soltanto che prima devo concludere alcune cose. Perchè devo finire di mettere insieme alcune coppie, per fare spuntare poi tanti pargoletti e tanti nuovi livelli dopo. Perciò è una specie di fine z. (ad esempio. Se nel Gt tu avessi visto Ub senza prima vedere la fine dello Z, come l'avresti presa? ihih). Siamo daccordo, Tarble è troppo carino. Poi Goku ha tutti e due i fratelli, non sarebbe giusto che Veggy non avesse niente U_U.
Esattamente, è proprio quello il fulcro del problema. Fai male a sminuirti, perchè invece ra proprio Mary a parlare in prima persona.
Ti aspetto al prossimo chappy, me lo auguro proprio, kiss!!!


Ka93: ^_^ appunto, meglio tardi che mai. yes, l'ho messo come appunto infatti, perchè mi sono accorto che nell'account nessuno l'aveva letto ihih. Parto da lì, ma poi mi allontano molto. Diciamo meglio partire da lì, piuttosto dalla vera fine z che non sopporto XP.
Sono felice che ti piaccia l'idea della madre di Mary, perchè è quello il vero fulcro della storia, il resto invece è solo uno scorcio di quotidiano prima della tempesta. Ci sentiamo, kiss

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Capitolo 4
*** Cap.3 Il viaggio prosegue ***


Cap.4 Il viaggio prosegue

Ringrazio anche solo chi legge

Cap.4 Il viaggio prosegue

 

“Sono alla guida di questa navicella, accanto a me sta seduto Tarble. Sembra che stia cercando di far di tutto per darmi il nervoso. Come se non avessi già i miei problemi senza questo moccioso petulante.

Vorrei gridare a quelli dietro di stare zitti, ma metterei il dito nella piaga.

Junior sta cercando di spiegare un concetto abbastanza semplice sia a Crilin che a Kakaroth, ossia che  il pianeta in cui stiamo andando ha un periodo di rotazione doppio rispetto alla Terra, quindi anche i giorni saranno lunghi il doppio. Il terrestre invece di ascoltare sbadiglia, segno che al namecciano vuole solo far perdere tempo. Al contrario quella terza classe proprio non capisce. Se fossi il muso verde avrei già lasciato perdere. Questa tortura che stava mettendo a dura prova i miei nervi viene interrotta quando finalmente Kakaroth capisce che potrà mangiare cinque volte in un giorno e, saltellando come un moccioso di due anni, si porta via quel decerebrato del suo migliore amico.

Siamo sinceri, in questo momento mi dà fastidio tutto. Distruggerei persino tutti quegli asteroidi che piccoli e lontani si vedono nell’oscurità spaziale di fronte a me. Vorrei fare a pezzi ogni cosa, mentre alla mente tornano violenti i ricordi di ciò che è successo prima della nostra partenza.

 

““Vegeta, senti…”. aveva iniziato mia moglie, mentre metteva a punto la navicella.

L’avevo guardata dubbioso, lasciandole intendere che aveva attirato la mia attenzione con un cenno, mentre ero intento a controllare se il veicolo fosse abbastanza grande per quella banda da circo che mi sarei dovuto portare dietro. L’avevo detto che sarebbe stato meglio se ci fossi andato da solo, anziché fare un esodo per un nemico qualunque.

“Torna presto, perche vedi…”aveva mormorato, con voce tremante. Non era il solito modo di fare che ha quando sto andando a combattere, perciò non poteva essere la tipica paura che io non possa tornare intero a casa che la assale di consueto.

“Tsk, sai che odio quando giri intorno a un discorso. Parla chiaro!” l'ho spronata, incrociando le braccia.

“Sono incinta”. L’aveva detto tutto d’un fiato, quasi alzando la voce. Nonostante il cielo fosse azzurro, sereno, di una banalità incredibile, è stato come se un fulmine mi avesse preso in pieno”.

 

Ecco, come se non avessimo già abbastanza figli. Un asilo nido potremmo mettere su.

I miei nervi, perciò, sono tesissimi. A malapena riusciamo ad andare dietro a Jr. e a Trunks, e tra l'altro ora anche Mirai mi sta facendo preoccupare. Che fine a fatto quel ragazzo? Non riesco a mettermi in contatto in nessun modo. Che nervoso!! Oh, ma se lo prendo!!!”.

 

“Ormai non dovrebbe mancare molto al mio arrivo sul pianeta.

Sento una profonda ansia nel cuore, mentre chiudo il cellulare, senza rispondere all’ennesima chiamata. E’ un cellulare particolare, mia madre me l’ha inviato modificando il suo fax, stanca di non poter sentire la mia voce. Ovvio che, essendo inter-dimensionale, riesca a prendere il segnale anche nell’infinito spazio.

Scusami papà, ma non posso proprio risponderti.

Il mio cuore è carico di sensi di colpa, ma devo diventare un uomo. Devo occuparmi da solo di questa faccenda. Per quanto io possa volere bene alla mia famiglia, sono io che sono stato fregato con fin troppa facilità e sono io che devo porvi rimedio.  Se lo scoprisse il mio fratellone Veg mi prenderebbe in giro fino alla fine dei miei giorni. Il mio maestro Gohan mi ripeteva sempre di essere vigile, e ora comincio a pensare parlasse in generale, non solo riguardo ai cyborg.

Oh Mary…Perché mi hai fatto questo?

Vorrei essere arrabbiato con te come lo sono con me stesso. In fondo però mi interessa solo ritrovarti sana e salva. Ogni stella che vedo sembra rifulgere come la luce nei tuoi occhi, mentre l’oscurità mi richiama soltanto il nero dei tuoi capelli.

Sto venendo a prenderti, perché ho capito che ti amo veramente…”.

 

Mary sospirò, mentre si aggirava da sola tra le rovine. Sentiva quasi nostalgia di quel luogo, come se le fosse sempre appartenuto, e solo ora che l'aveva ritrovato si sentisse veramente integra. Si era ricongiunta con un passato di cui non poteva avere memoria.

Davanti a lei il tempio, e ora ricordava i mille sogni fatti da bambina.

Si muoveva silenziosamente, guardando i resti della statua distrutta, di vite spezzate.

Tentava di rimanere lucida, ma nemmeno davanti a Broly lei e sua sorella avevano tremato tanto.

In quel momento sentì la mancanza dei piccoli Trunks e Goten. Era sempre stata con quelle due pesti quando si era messa nei guai, e anche al ritorno del supersaiyan della leggenda si era sentita protetta da quei mocciosi.

Anche se in realtà in quel momento i suoi pensieri correvano più che altro a Mirai. Le era sembrato incredibile quando con Gohan era arrivato a salvarla, era stato un momento davvero magico.

Ed adesso, mentre riusciva a leggere con disinvoltura scritte in una lingua che a rigor di logica avrebbe dovuto essergli aliena, sentiva il bisogno di lui come non mai.

Voleva i suoi sinceri occhi azzurri, i suoi lunghi capelli lilla da accarezzare, il suo sorriso timido o fin troppo saiyan che in ogni caso gli illuminava il viso.

Sua madre era stata chiara, quando per l’ultima volta le era apparsa in sogno con suo padre, proprio al suo arrivo sul pianeta.

Una grave minaccia incombeva sull’universo,  e solo lei avrebbe potuto spezzare l’incantesimo che la costituiva senza che una vita innocente venisse sacrificata…


Continua...




Ringraziamenti:

Luna_07: Non preoccuparti ^^. Davvero ti è piaciuta la storia di Radisch? Ne sono contentissima ^_^. Ho fatto scoprire dopo che era una donna, perchè molto probabilmente al contrario conoscendo il fratello di Goku, non l'avrebbe molto considerata XP. Mi dispiace, niente lieto fine qui, ma il Radisch di Na è con Pamela che si sposa. AHAH.
kiss tvb

ka93: U_U verissimo. si, ma in fondo neanche Bardack o Turles sono tanto normali come saiyan. (neanche Kamy XD).
alla prossima, ciauuuuuu 

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Capitolo 5
*** Cap.4 Here you are ***


Cap.4 Here you are Ringrazio anche solo chi legge.


Cap.4 Here you are

“ Preparati Mary, sono finalmente arrivato ed ora verrò a prenderti, che tu lo voglia o no. Scendo dalla mia navicella. So che sei qui, non pensavi che ti avrei seguito e hai lasciato la tua navetta in bella vista, anziché ritrasformarla in una capsula e portarla con te. Meglio, non dovrò stare a cercarti per tutto questo pianeta. Anche se, a dire il vero, ti avrei ugualmente trovata subito: non sento auree della tua stessa portata. Il pianeta non è disabitato, ma gli abitanti non hanno una potenza paragonabile alla tua, la loro forza spirituale è appena percettibile.

Solo un’altra aura riesco ad avvertire facilmente. Non mi è chiara la sua reale potenza, ma l’oscurità che emana non mi piace per niente. Questo luogo non è sicuro, devo portarti via da qui al più presto.

A grandi falcate,  procedo in mezzo a tutta questa distruzione. Dev'essere passato parecchio tempo da quando in questo luogo s'è abbattuta la catastrofe che l'ha ridotto così. L’erba è ricresciuta, ma rimane il silenzio.

Abbasso il capo, chiudendo per qualche attimo i miei occhi azzurri. Questo posto mi ricorda come ho lasciato la Capsule Corporation nel mio vero tempo. I segni della distruzione erano dovunque in città, metà della cupola era distrutta, ma la vita sembrava ugualmente scorrere, i fiori e le piante in giardino si riprendevano lo spazio che gli uomini gli avevano rubato.

Scuoto il capo, cercando di soffocare la tristezza e la nostalgia che guardare questo tempio semidistrutto mi suscita.

Di colpo, un suono attrae la mia attenzione. Seguo il rumore di passi affrettati e di parole che non capisco. Riconoscerei questa voce ovunque, comincio a correre mentre mi torna alla mente il ricordo del torneo in cui l’ho sentita la prima volta.

Ti ho trovata, finalmente, adesso non potrai più sfuggirmi. Silenzioso apro l’ultima porta, come quando da bambino giocavo a nascondino con Veg.

Ed eccoti di fronte a me. Osservo i tuoi capelli, la tua fisionomia e per un attimo sento vacillare le mie motivazioni. Solo un attimo, poi la rabbia per essere stato giocato così facilmente torna a montare.

Ti volti, colta di sorpresa, lasciando cadere le carte che tieni in mano. Hai paura di me? No, minimamente. Eppure dovresti averne. Resto pur sempre un saia, e al momento sono incavolato di brutto. Stringo i pugni, diventando supersaiyan, mentre continuo ad avanzare verso di te. “Perdonami…”inizi. No, bella mia. I tuoi occhioni dolci non mi faranno capitolare nuovamente.

Mi avvicino e ti afferro con forza per un polso.

“Ora vieni con me, torniamo a casa!”ordino. Comincio a farmi paura da solo, forse ho usato un tono troppo alto. Mi volto per non farti vedere che sono arrossito, farei una pessima figura, ma odo un tuo singhiozzo e mi sento un verme.

“N-no, scusa…”comincio, voltandomi, mentre i miei capelli tornano normali perdendo l’oro della trasformazione. Sto balbettano, non so che fare. I tuoi occhi sono colmi di lacrime mentre ti butti tra le mie braccia. Che stupido che sono stato, a non capire che a spingerti qui fosse stato qualcosa di serio. In fondo conosco bene mio padre, anche lui apparentemente è malvagio, ma è bastato che gli dessi fiducia e mi ha contraccambiato in affetto.

“Sono venuta qui…a cercare le mie origini…”mi spieghi. Ti abbraccio con forza, stringendoti al petto. Ti accarezzo i capelli corvini, mentre tu mi racconti del tuo incubo e di ciò che sei venuta a sapere. Ti stringo più forte, ora ci sono io a proteggerti.

Ora che ci penso, a proposito di mio padre, non ho risposto a nessuno dei suoi messaggi. E tra l'altro con te non ho risolto nulla. Questo vorrà dire che quando ci rincontreremo mi farà fuori senza esitare, e c’è pure da dargli anche ragione.

Ti scosto da me, tu che così facilmente sei riuscita a ridurmi ad un docile sciocco. Ti alzo il viso tra le mani e ti guardo negli occhi.

“Solo per questo mi hai ingannato? La mia fiducia vale così poco da essere tradita alla prima occasione? Non merito neppure di sapere la verità?” ti domando incupendomi.

Scuoti il capo.

“No, affatto! Su questo pianeta c’è un mostro. Sono l’unica che può fermarlo. C’è in ballo la vita di un innocente…” mormori, mentre cerchi il contatto in un abbraccio.

“Sono così felice che ci sia proprio tu”aggiungi, cercando di far smettere di tremare la voce e salvando il tuo carattere solitamente così forte.

“Mary…io ti…amo” sussurro. Sai, se fossi rimasto nella mia dimensione, probabilmente non avrei mai avuto il coraggio di dirti queste parole. Perché in un mondo devastato dalla distruzione, simili sentimenti erano un lusso che non mi potevo permettere.

Ora come ora invece, sarebbe un errore continuare a tenermi tutto dentro. Non voglio che per timidezza o egoismo, la felicità che ho raggiunto si possa disintegrare davanti ai miei occhi.

Ciò che ho guadagnato faticosamente voglio che mi rimanga, resta con me Mary.

“Oh, anch’io, Mirai”mi rispondi baciandomi.

Forse valeva la pena, di fare questo viaggio spaziale.

Papà, non avercela a male, ma mi sento in paradiso!!!”

 

 

““Mi fischiano le orecchie”commenta Vegeta.

Oh, almeno per un attimo ha perso il suo tono ringhiante, meno male, le mie delicate orecchie non sopportano i suoi accessi di ira o durezza. Forse comincia ad abituarsi a questa situazione, non so.

Di certo, a me personalmente non interessa. Anche se ammetto che un petulante mocciosetto come quel saiyanucolo che si ritrova come fratello non lo sopporterei neppure io.

La mia bellezza e quella di Sauzer stanno traendo giovamento da questo viaggio. Ogni volta mi scordo quanto l’eccitazione di una sana avventura possa fare bene alla mia pelle e alla folta chioma del mio amico.

Certo, il nostro centro estetico sentirà la mancanza di due fondatori abili come noi, ma non penso che ci metteremo molto. Chiunque sia la minaccia, non troverà scampo con tutti i guerrieri che sono venuti, e non sarà difficile che facciano tutto il lavoro loro, mentre io trarrò solo i benefici, bisogna vedere se il mio splendido amico ha invece voglia di affrontare in un corpo a corpo il probabile avversario.

Mi auguro sinceramente non sia un esempio di bruttezza, ho lo stomaco delicato, io.

“Zarbon, siamo arrivati?!!!”mi chiede per la millesima volta Jeet, quasi avesse scambiato il tutto per una gita al parco giochi.

Che lieve seccatura”.

 

 

Una figura oscura stava seduta sul suo trono, nascosto a ogni sguardo dall’oscurità.

Non si riusciva a scorgere niente di lui, solo due occhi color rubino e le labbra piegate in un sorriso maligno. Nella mano destra teneva un calice colmo di liquido di un rosso intenso, simile a sangue.

“Mio signore, sta tornando sua altezza Tarble, e con lui c’è il principe Vegeta…” mormorò un giovane soldato dalla pelle violetta, inginocchiato tremante di fronte a lui.

“Bene, avrò la mia vendetta!” esclamò la creatura, ridendo selvaggiamente con immensa soddisfazione.

“Mio signore, la navicella è immensa. Non penso siano soli”aggiunse il poveraccio. Sentiva il cuore in gola e la nausea del terrore.

Nessuna risposta venne, mentre calava un gelido silenzio. Un’onda rossa, simile a una spada sottile trafisse il guerriero, che cadde in terra privo di vita senza nemmeno un gemito.

“Non importa, ucciderò comunque quegli sporchi scimmioni”concluse il malvagio signore, stringendo i palmi.

Aspettava da troppo tempo ormai, di poter mettere la parola estinti vicino alla parola saiyan.

Piegò la testa all’indietro, chiudendo gli occhi rossi come rubini, mentre una scura aura nera e viola si dipanava da lui come in volute di fumo, che si arricciavano svanendo e ricomponendosi senza un ordine preciso.

Continua...



Ringraziamenti:

ka93: emh, abbiamo proposto la camomilla, ha fatto saltare la tazza XP.
Secondo me non ha capito comunque, però a lui basta il cibo ed è felice così.
Junior poveraccio ha fin troppa pazienza. Secondo me non tenta di eliminare il Son solo per non far dispiacere Gohan U_U.
^^ Già, finalmente Trunks si è ritrovato con Mary.
ci sentiamo, kissoni

Luna_07: Hehh, io sono impicciata con gli esami invece =.=.
Allora, essendo io una scrittrice sadica, non ti dicò cosa dovrà fare Mary U_U. ihih.
Ancora per Bra si dovrà attendere, sono contenta che l'ira funesta del pelide Veggy ti abbia divertita.
grz e alla prossima. kix, tvb

stellina 86: Urka, che festa. Evviva!! A sti livelli devo aggiornare più presto XP.
U_U hai capito esattamente i pensieri di Veggy, povero Trunks, io gli chiederei scusa in ginocchio ihih.
Vegeta ha i suoi dubbi, ma vedremo quando ci sarà la piccola Bra cosa ne penserà AHAH.
Grz e in ritardo ricambio. ciauuuuuuuuuuu

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Capitolo 6
*** Cap.5 Il male si rivela ***


Cap.5 Il male si rivela Ringrazio anche solo chi legge.


Cap.5 Il male si rivela

Il pianeta si era rivelato piccino, rispetto alle loro aspettative. Il palazzo, di conseguenza, era minuto.

Il gruppo z si sentiva soffocato, quel luogo era anche più piccolo della loro navicella. Bisognosi d’aria, aveva convinto il giovane principe a fargli da guida.

Eccoli, perciò, in visita in quel luogo alieno.

 

Il vocione tonante di Nappa risuonava ripetendo sempre: “Mi scusi, mi scusi”. La sproporzione con i minuti abitanti era evidente e il rischio di calpestarne uno era alto.

Radisch aveva fatto colpo su parecchi abitanti del gentil sesso, che lo assediavano da ogni parte. Peccato che, agli occhi del capellone, rassomigliassero a delle ‘palline’.

Il principe Vegeta continuava a ignorare il comportamento privo di dignità dei suoi padrini, anche se, in fondo, trovava la scenetta divertente.

Agli occhi dei sudditi di Gure, Junior era terrificante. Rispetto alle loro minute proporzioni, era gigantesco e la pelle verde non contribuiva a migliorarne l’effetto. I poveri abitanti del pianeta, nel vederlo andavano nel panico e gridando, si nascondevano nelle loro dimore.

Ugualmente il namecciano, si premurò di assestare due colpi ben assestati a Jeet e a C17 . I due, infatti, confabulavano sul possibile prezzo delle ‘creaturine’ sul mercato nero.

Sauzer e Zarbon stavano in disparte. Paravano fitto tra di loro, ma i pochi pareri udibili non erano certo gentili nei confronti della popolazione.

Turles sproloquiava sulla vitale importanza degli alberi della vita, tentando di convincere il nipote Gohan. Quest’ultimo al contrario, vestito ancora da Great Saiyamen, si preoccupava quando il costume di Great Saiyagirl donasse a Videl.

La risata cristallina della piccola Marron risuonò una volta ancora. Crilin non riusciva a rimanere sveglio e, per colpa del fuso orario, si addormentava in piedi. La moglie Gwendy, perciò, era costretta a schiaffeggiarlo per farlo riprendere.

Tarble camminava di fianco al fratello maggiore. Come garbato e abile oratore spiegava le caratteristiche del suo piccolo regno, non accorgendosi che nessuno gli prestava attenzione.

 

 

“Non riesco a crederci. Sono con mio fratello, dopo tanti anni l’ho ritrovato.

Non è come lo ricordavo, anche se è passato molto tempo, troppo. La memoria mi riporta i dispetti che mi faceva da piccolo. Io correvo da nostra madre a farmi consolare e lui era geloso. Era davvero legato alla regina, c’era affinità tra loro...

Stava sempre da solo. Rimaneva immobile per delle ore guardando il vuoto con occhi gelidi.

Chissà se sapeva che nostro padre lo avrebbe venduto a Freezer…Che per sua mano quel mostro sarebbe stato sconfitto...

Ho sempre saputo che sarebbe diventato il leggendario supersaiyan. Come ho sempre creduto che non fosse malvagio, era lui a non saperlo.

Mio fratello maggiore…il mio eroe…Non vedo più nei suoi occhi la stessa tristezza ghiacciata.

Peccato che, quasi sicuramente, mi consideri un debole. Mi sono fatto sconfiggere da un nemico che, in confronto a loro, è d’infimo livello. Mi vergogno di me stesso.

Persino Kakaroth, nonostante mio fratello ribadisca nei suoi confronti un odio profondo, si è meritato il suo rispetto.

Gure si avvicina. Nascondo il rammarico, lei non mi abbandona mai. Non permetterò che le facciano del male, è soprattutto per lei che ho combattuto, nonostante non ami farlo.

Il gruppo pare irrequieto. Una parte di me non vorrebbe fidarsi, soprattutto di alcuni. Ugualmente li accetto. Se mio fratello li considera degni di fiducia, io non sarò da meno.

Certo, i miei nipotini e il loro amico Goten sono simpatici. E’ la loro potenza che mi preoccupa. Come fanno a un’età così tenera, a essere tanto potenti? Per non parlare di Jr., è identico a mio fratello a quell’età.

Lui si che è il perfetto discendente della stirpe, non un inadatto come me.

Il grido di una mia sentinella mi strappa dai miei pensieri: “Vostra altezza, vostra altezza!! Il villaggio a nord è stato attaccato!!!”.

Stavolta sono pronto, proteggerò la mia Gure e non mi lascerò umiliare”.

 

 

Il pianeta era quasi del tutto pianeggiante. C’era solo una catena di colline violacee non troppo alte, ma quelle per gli abitanti erano le terribili: “Montagne del nord”.

Da lì stavano provenendo le onde che, una per una, distruggevano senza pietà le piccole abitazioni indifese.

Un esercito vestito di nero, composto dai pochi mercenari, rimasti di Cooler e Freezer, sopravvissuti a Goku e Vegeta. Erano rimasti nascosti, ma nel loro nuovo signore, speravano di riguadagnare la loro terribile vita. Incuranti delle morti che procuravano, si divertivano a sentire le grida di terrore delle vittime.

Per ultimo si fece vedere il loro capo. Il mostro si muoveva lentamente, con passo studiato. La placca sanguigna sul suo capo, al pari dell’armatura, brillava di luce riflessa. Lui stesso lanciava qualche onda dall’indice, più per dare il buon esempio.

Avvertiva le auree dei suoi avversari, presto sarebbero giunti. Convinto di poterli sconfiggere tutti, si mise a ridere. Inizialmente fu la tipica e terribile risata malvagia, ma ben presto divenne innaturale. Perse il controllo, mentre in preda alle convulsioni, continuava a ridere sempre più forte; il mantello si muoveva seguendo il corpo ormai piegato in due, mentre stringeva le mani tremanti.

I suoi uomini, sconsolati, alzarono il capo, avvezzi a quello strano modo di fare.

“Signore, facciamo prigionieri?”domandò uno dei suoi soldati.

La risata del mostro, come se una secchiata d’acqua gelida l’avesse colpita, si arrestò di colpo.

Il malvagio si massaggiò il braccio, facendo tintinnare il bracciale. Il suo corpo fu circondato da una potente aura nera.

Il soldato che aveva osato parlare si ritrovò privo di vita. Il gelo distaccato dell’assassino svanì presto, mentre era colto da un’ira innaturale.

“Qualcun altro vuole risparmiare questi insetti?”ringhiò.

Tutti i mercenari abbassarono il capo spaventati, mentre calava il silenzio.

“Bene”ribatté il loro signore, tornando a concentrarsi sulla battaglia.

 

 

 

 

Due bambinetti alieni correvano con tutta la loro forza, nel tentativo di scampare al massacro. Erano due fratellini, le testoline bianche più grandi del corpo sporche e i vestitini strappati.

“Corri Rim!!!”gridò il fratellino maggiore, accorgendosi che l’altro non riusciva a stargli dietro.

“Io non ce la faccio, Haichi”ribatté il piccino affaticato.

Un soldato gli si parò davanti. Sorrise cattivo e commentò: “Che cosa abbiamo qui?”.

Haichi si parò davanti al fratellino.

Il mercenario per risposta alzò il braccio e lo puntò. Non ebbe esitazioni a sparare, mentre il piccolo Haichi capiva che per lui era finita.

L’onda fu lanciata. Ci fu una piccola esplosione e ci volle qualche attimo perché il fumo si diradasse.

Il mercenario sgranò gli occhi. Non solo il suo colpo non era arrivato a destinazione ma davanti a lui c'era un giovane guerriero. Era vestito con abiti ridicoli, ma con un colpo solo aveva deviato la sua onda.

“Non li sopporto i gradassi come te”commentò Son Gohan levandosi il casco.

Non ci furono balletti o frasi. Al contrario, stupidamente, il soldato attaccò ancora. Il secondo raggio ritornò indietro, facendolo ricadere senza vita. Il figlio di Son Goku, ignorando l’avversario ormai sconfitto, mormorò: “Che razza di mostro può prendersela con dei bambini?”.

Nel frattempo i due fratellini si accorse di altri due bambini che li avevano salvati. Rim si ritrovò protetto da un sorridente bambino dai capelli a cespuglio, mentre Haichi era stato spinto via da un tipetto dai capelli color glicine.

“Tutto bene?”s’informò Goten solare.

“Andate via, ci pensiamo noi qui”ordinò invece Trunks.

 

 

 

 

In pochissimo tempo, da massacratori, i mercenari si trasformarono in sconfitti.

L’intero gruppo, con il teletrasporto di Goku, era arrivato appena in tempo. Persino Tarble ci stava mettendo tutto se stesso. Non tutti però la stavano prendendo abbastanza seriamente.

Nappa e Radisch litigavano a chi dovesse sconfiggerne di più.

Capitavano anche scene insolite.

Junior aveva salvato una simpatica vecchina che, cieca come una talpa, si comportava come una nonnina con il nipotino.

 

 

 

“Che scempio”commentò tetro Son Goku. Il suo sangue purosangue, unito alla sete di giustizia, celava una grande rabbia.

“Bene, bene. Siete arrivati, finalmente”lo riportò alla realtà una voce.

“E’ lui…”commentò Tarble riconoscendo il loro nemico.

Il giovane principe stava già partendo alla carica, ma fu lo stesso Vegeta a fermarlo.

 

 

La creatura saltò in mezzo a loro, mostrandosi.

Vegeta ebbe conferma delle sue ipotesi. Un simile avversario poteva sconfiggerlo anche da solo.

“Benvenuti scimmioni”li salutò ironico l’avversario. Successivamente, allargò le braccia e s’inchinò, continuando però a guardarli con i suoi sfacciati occhi rossi.

“Ma…ma…tu…sei…Free…”iniziò Goku.

“No, non può essere, si è ridotto”lo interruppe invece Tarles con un volto similmente sconvolto.

“Permettetemi di presentarmi. Io sono Kuriza, figlio di Lord Freezer”.

 

Continua...






Ringraziamenti:

Luna_07: Sono felicissima che la coppia MaryxMirai ti piaccia così tanto. Emh, tesò, per quanto riguarda Pan, aspettati una sorpresa che sicuramente ti piacerà XD.
Finalmente si comincia a profilarsi il motivo di tanto scompiglio U_U.
A presto, tvb.


Ka93: Diciamo che Mirai è assolutamente timido ihih. Al contrario, nella sua dimensione oltre alla timidizza, sarebbe subentrato lo sconforto. Sai, è difficile pensare di metter su una famiglia felice quando la gente muore e tu stesso potresti essere fatto fuori dai cyborg hehh.
Non temere, quei due penso siano più attaccati della colla XP.
a presto tvb, kissssss.

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Capitolo 7
*** cap.6 bene e male, il confine ***


Cap.6 Bene e Male, il confine.

Dedicato al compleanno del mio fratellino, in ritardo.

Cap.6 Bene e Male, il confine.

 “Apro gli occhi lentamente. Le palpebre pesanti ci mettono qualche attimo. La stanchezza, come una nebbia leggera, si sta diradando.

Sorrido, sentendo sotto di me qualcosa, o meglio, qualcuno.

Non riesco a crederci. Mi sembrava di essere caduta in un incubo e invece mi trovo qui, con lui.

Mi alzo a sedere, il pavimento non è esattamente il massimo di comodità.

Lo guardo dormire. Profondamente assopito, sembra indifeso, quasi un bambino; i lunghi capelli si sono sciolti e ora gli ricadono anche sul viso. Il suo petto muscoloso, però, tradisce la sua vera natura; nel suo alzarsi e abbassarsi continuo.  Non immaginavo avesse sofferto tanto, è pieno di cicatrici e segni di vecchie battaglie.

Mi piego su di lui e senza svegliarlo lo bacio. E’ insolito che mi comporti così, sono troppo cocciuta e fastidiosa per essere banalmente gentile o romantica. Con lui è diverso, è sempre così dolce.

Vorrei sentire il suo profumo sempre e conoscere i suoi pensieri uno a uno.

Il mio respiro si mozza, quando mi ricorda cosa ci faccio qui. Oh no. Quanto ho dormito? Forse è già troppo tardi. Presto mi devo preparare, prendere gli oggetti e vestirmi da gran sacerdotessa per il rituale.

Trafficando e rumoreggiando in quel modo disordinato che tanto fa arrabbiare la mia sorellina Videl inizio a correre di qua e di là.

I sensi del mio Trunks scattano immediatamente mentre si sveglia di colpo. E’ già in piedi ed afferra la spada, ma è un gesto involontario, visto che ancora sembra dormire.

Gli tirò la casacca addosso, che gli arriva in piena faccia.

“Dobbiamo sbrigarci”gli ordinò con il cuore a mille. Lui mormora qualche parola senza senso e obbedisce come uno zombi. Guarda tu il morto di sonno, con i ciuffi che gli coprono gli occhi, sembra perfetto per recitare un film dell’orrore.

E’ certo, non potevo fare una scelta migliore, mio padre Satan dovrà farsene una ragione, ho trovato quello giusto”.

 

 

 

Videl, nonostante la buona volontà, non aveva potuto partecipare allo scontro. Qualcuno doveva pur tenere a bada la piccola Marron e perciò, intristita, rimaneva a guardare dalle finestre del palazzo. Avrebbe voluto combattere, era andata fino a lì per quello. Non era certo volenterosa di fare la balia. Sarebbe potuta scappare, ma la verità era lampante. Per quanto Gwendy fosse gentile e come lei una semplice terrestre, non era saggio farla arrabbiare mettendo in condizioni di pericolo la sua bambina.

“Uffa, non è giusto”mormorò la figlia di Mr. Satan sbuffando. Riponeva un ultima speranza in quel viaggio. Pregava con tutta se stessa di poter finalmente vincere, in quei momenti da soli nell’oscurità del cielo, le ultime resistenze di Gohan.

 

 

 

 

La luce accecante dei supersaiyan brillava sotto la luce del sole. I più piccoli erano rimasti indietro e con loro Nappa. La potenza dei due supersaiyan più grandi e del guerriero, che insieme a Mirai, era riuscito a vincere Cell; era inimmaginabile.

Il loro nemico eppure, come solo l’ultimo dei folli o degli sciocchi sa fare, non tremava e non li temeva. Sicuro della sua vittoria si sopravvalutava, come forse troppo spesso, sebbene in modo meno appariscente, aveva fatto suo padre errando.

In ogni caso tutti gli altri sfidanti si erano fatti indietro, lasciando la preda ai tre saiyan, che come fiere sembravano pronti al balzo. Le loro auree incredibili, ma erano i loro occhi a riflettere una purezza e una potenza enigmatiche, tanto da rapire lo sguardo in eterno.

 

 

 

Vedendo chi era l’avversario,  Zarbon, Sauzer e Jeet si tirarono fuori dai giochi. Non rimaneva tracce di fedeltà per il loro signore, ma ugualmente rispetto sì.

C17 si rese conto che come trofeo, per quanto quell’avversario potesse essere potente, non valeva i suoi sforzi. In fondo aveva già annientato parecchio soldati e con la discontinuità che alle volte mostrava negli scontri, si era già stancato della situazione.

Junior invece non si fidava e in ogni caso stava pronto ad agire. Quella creatura sembrava troppo sicura ed era già nell’ultima forma, quella che Freezer aveva sfoggiato per ultimo, segno che forse ne nascondeva altre o che in ogni caso poteva rivelare qualche sorpresa.

Gwendy era troppo stanca per continuare e per quanto gli costasse fatica ammetterlo, anche Crilin si sentiva affaticato. Gli avversari si erano rivelati di numero superiore alle aspettative.

Nappa e Radisch, nonostante non arrivassero al secondo livello, avrebbero voluto contribuire con i loro supersaiyan. Eppure loro, forse più di ogni altro, avevano capito che Vegeta non voleva essere intralciato ed era da considerare un grande sforzo di orgoglio se aveva permesso agli altri due di combattere al suo fianco. Voleva vendicare il fratello, reputava inaccettabile che un changelling battesse un principe dei saiyan, ne aveva fatta una questione personale.

Il povero Tarble era rimasto bloccato a una simile dimostrazione di potenza, sentendosi non solo escluso, ma anche inutile. Come poteva competere con tanto splendore? Era la leggenda che si manifestava sotto i suoi occhi. Turles in ogni caso si era avvicinato al principino, incoraggiandolo. Sapeva cosa provava, sentiva anche lui quella sensazione, ma allo stesso un profondo orgoglio. In quei momenti in Kakaroth vedeva suo padre ed era come se fosse lo spirito stesso di Bardack a manifestare ancora il suo coraggio nelle gesta del figlio.

 

 

 

Lo scontro contro Kuriza non assomigliava a nessuno di quelli che avevano vissuto fino a quel momento. Era come se andasse a singhiozzi. In alcuni momenti l’aura oscura del nemico toccava gli apici, mentre dimostrava una potenza inimmaginabile. Non era difficile capire che codice genetico ci fosse in quelle vene e lo stesso Freezer avrebbe dovuto andarne fiero.

Eppure quella ceca ira e forza sovraumana, cessava all’improvviso com’era arrivata, mentre si diradava l’aura nera visibile. In quei momenti Goku si faceva incerto e titubante. In alcuni momenti pareva di combattere con un ragazzino e se il primo si sentiva in colpa a sfidare in tre una creatura che toccava quegli apici minimi di potenza vergognosa, il secondo lasciare fare Gohan perché era un offesa rispetto al suo onore massacrare così un moccioso.

Era una situazione di stallo insostenibile, ma si capiva che in ogni caso, alla fine di quell’accendi-spegni, Kuriza si sarebbe trovato in una condizione di stanchezza e di svantaggio totale.

Al contrario né Gohan, né Vegeta, si facevano alcun tipo di scrupoli, il principe dei saiyan vedeva solo un mostro ed erano problemi suoi se era così imbranato da non riuscire nemmeno a controllare la sua aura.

“Gohan, io e te smettiamo di combattere”mormorò Goku ritrasformandosi. No, a quel gioco lui non avrebbe giocato, a quelle condizioni non ci stava.

Vegeta, con una smorfia delusa sul volto, stava per fare la medesima cosa anche se per altri motivi, si stava sinceramente annoiando. Era veramente un peccato che Tarble si fosse battere da quell’avversario, vuol dire che aveva ragione suo padre, come guerriero era fin troppo debole. Forse un tempo gliene avrebbe fatto una colpa, ma dopo aver visto con che premura si occupava dei suoi sudditi, aveva dimostrato di possedere altre qualità.

“Ma papà…”cercò di rispondere il primogenito di Chichi.

“Non discutere figliolo”lo tirò indietro l’eroe della Terra, toccava al principe dei saiyan continuare a combattere.

 

 

 

““Siamo arrivati tardi”mormora Marì.

Siamo giunti qui il prima possibile. Ho volato alla massima velocità e ho dovuto aiutare anche lei per aumentare al massimo l’andatura.

Eppure lo scontro è già iniziato. Non ci posso credere. Sono tutti qui, persino Trunks e Jr. Non è possibile che mi abbiano seguito, deve per forza essere una coincidenza.

“Come facevi a saperlo?”le chiedo, mentre cerco di distinguere l’avversario che vede impegnato solo mio padre. Non capisco un simile spiegamento, se alla fine è un uno contro uno.

“I miei sogni. Io sono la figlia della sacerdotessa, dobbiamo salvarlo”mormora. Normalmente noterei quanto è bella mentre i capelli sono scompigliati dal vento, quanto quella strana tunica le doni, ma al momento rifletto sulle sue parole.

Riesco finalmente a scorgere l’avversario dallo strano pinnacolo rosso sulla punta del suo capo. Assomiglia a Re Cold, questo vuol dire che è della stessa razza di Freezer.

“Mio padre è in pericolo?”chiedo preoccupato.

“No, è il giovane Kuriza che dobbiamo salvare”. Sgrano gli occhi.

Sento fino a qui la sua aura malvagia e quel disastro di sicuro non lo hanno fatto la mia famiglia e dubito che quei mercenari sconfitti fossero agli ordini di uno dei nostri amici.

“Sei impazzita?”le chiedo, mentre con nervosismo, mi levo la giacca.

Lei si mette davanti a me e mi guarda. Rimango un attimo a fissare il suo viso deciso.

“Devi fidarti di me, se mi ami”mormora.

Che follia sto facendo?”.

 

 

 

Vegeta stava per dare il colpo di grazia a Kuriza. Come previsto, in quel modo discontinuo di combattere, aveva trovato la sua fine. Troppo stanco, non riusciva più a difendersi.

Il principe dei saiyan caricò l’onda, ma il colpo non arrivò mai, perché davanti a lui, con la spada in mano, stava Mirai. La spada sguainata, non ci voleva molto a capire chi avesse deviato l’onda.

Il principe dei saiyan in fondo non era così dispiaciuto di essere stato fermato, ma ugualmente si avvicinò a passo di carica al giovane, ignorando che suo figlio era parecchio più alto di lui.

Sotto gli occhi allibiti di tutti, si senti distinto il rumore di uno schiaffo.

“Ahia! Perché papà?!!!”si lamentò il povero glicine massaggiando la guancia arrossata.

“Prima non ti fai sentire…”iniziò a rimproverarlo il principe dei saiyan, incrociando le braccia.

“...e adesso mi impedisci di fare a pezzi quella ‘lucertola’…”proseguì, mentre i fratellini nascondevano a stento le risatine e Goten scuoteva la testa spiegando a Haichi e a Rim che era normale.

“…tutto per una femmina!!!”concluse, mentre Mirai abbassava il capo afflitto.

Si, perché allo sguardo vigile dell’uomo non era sfuggito né il segno di rossetto sul collo del giovane, né la giovane che dietro di lui era accorsa ad aiutare il semi-incosciente nipote di Cold.

“Ma papà…”tentò di portarsi ragione agitando le mani. Era davvero importante per lui Marì e poi doveva capirlo, non era andata esattamente in quel modo. Oh sì? In fondo era vero che tutta quella storia partiva dalla giovane, ma se l’aveva fatto, aveva le sue ragione. L’avrebbe aiutata fino in fondo, anche se gli dispiace che suo padre si fosse arrabbiato a quel modo.

“Vegeta, ma tua per una ‘femmina’, come dici tu, ti stavi facendo ammazzare da Freezer”disse Goku, mostrando la sua ingenuità per l’ennesima volta e finendo di spezzare a tipica tensione di una battaglia.

“Kakaroth, io mi intrometto quando tu rimproveri Gohan?”ribatté quello, con uno sguardo davvero poco rassicurante negli occhi.

“Se non lo rimprovera mai e mi è toccato farlo io, sin da quando Gohan era piccolissimo”pensò Junior, ma si sa, il namecciano sa bene quando parlare e quando no. Perciò si limitò a un semplice:”Umphf” inudibile.

Nel frattempo, la persona meno probabile, si era avvicinato alla sfidante.

“Come puoi aiutarlo?!!! E’ un assassino!!!”gridò Tarble, nascondendo gli occhi lucidi di ira.

La giovane si voltò alzandosi, nelle mani uno strano bracciale a forma di drago viola.

“Aspetta…ti posso spiegare…”cercò di dire la figlia adottiva di Mr. Satan.

“No, è giusto che io paghi se ho sbagliato…”mormorò Kuriza. La voce era la sua, nonostante fosse affaticata a causa delle ferite, ma a essere cambiato era il tono.

Il changelling dalle placche rosse si rialzò con il capo chino.

“Ho sentito parlare di sdoppiamento della personalità, ma mai fino a questo punto…”sussurrò Jeet, raggiungendo Turles che boccheggiava.

“Scusatemi”si scusò ancora il figlio di Freezer, piegandosi in avanti debolmente, in modo così fragile da fare pena.

“Vi posso spiegare. Non agiva per sua volontà, era questo oggetto a controllarlo!!!”spiegò la giovane sacerdotessa mostrando il bracciale che prima il changelling teneva al polso.

“Io e te facciamo i conti poi”concluse nel frattempo il discorso con il figlio Vegeta.

“Vuoi dire che era posseduto da un entità maligna, celata in quel bracciale?”chiese Gohan, riuscendo a strappare uno sbadiglio a Zarbon persino in quella situazione.

“Dovevo immaginarlo. Cooler diceva sempre che suo nipote era privo di spina dorsale”si inserì Sauzer.

“Non proprio, vedete questo oggetto è stato creato da mia madre. Era la sacerdotessa ed è per questo che l’effetto poteva essere annullato da un’altra sacerdotessa”iniziò a spiegare la mora.

Jr., nel frattempo, capendo in anticipo l’antifona, mormorò: “Tsk, fatica e tempo sprecato. Sarà meglio andare a fregare qualche arma da uno di questi mercenari”.

“Perché la tua mamma era cattiva? Tu sei tanto buona”domandò quasi in lacrime Goten.

“Eh?”si interruppe Marì non capendo.

“Se fa oggetti malefici, tanto buona non doveva essere”tradusse Trunks, consolando il gemello di May.

“No, non era un oggetto malvagio. Serve solo a diventare come nostro padre vorremmo che fossimo”ribatté la neo-fidanzata di Mirai.

All’unisono Vegeta e Junior nascosero un tremito al solo pensiero di diventare come i loro padri volevano che fossero.

“Come c’è finito quel ‘coso’, al braccio di Kuriza?”chiese Goku grattandosi il capo. Quella faccenda gli stava facendo venire l’emicrania.

“Vedete…”iniziò il changelling.


Continua...


Ringraziamenti:

ka93: ^^ già, bravo Gohan.
hehe, come vedi in questo caso Freezer avrebbe preferito non avere un seguito alla sua stirpe ahah.
Vediamo se cambi idea su Kuriza.
Ci sentiamo tvb.

Luna_07: Sull'odio per Freezer la pensiamo alla stesso modo, ecco perchè gli ho mandato una simile disgrazia.
Aspetta il prossimo capitolo per giudicare questa nuova lucertola XD
Un bacione, tvb.

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Capitolo 8
*** Cap.7 La storia di Kuriza ***


Cap.7 La storia di Kuriza Scusate se non mi sono fatta sentire per parecchio. Ho avuto una colica renale + appendicite. Uff, tutte a me.
Cmq ringrazio anche solo chi legge. ^^






Cap.7 La storia di Kuriza


“Tristezza, solitudine, freddo.

Queste sono le sensazioni più vivide che riesco a provare.

Non ho fame, forse sono uno dei pochi qui dentro a poterlo dire. Vedo i volti famelici di un po’ tutti. Li vedo guardare con invidia il cibo che mi viene portato ogni volta che lo desidero, mentre lo diventano ogni giorno più magri.

In ogni caso tutti mi portano rispetto. Hanno paura e nei miei confronti hanno un modo di fare che nella vita quotidiana sembrerebbe loro ridicolo.

Peccato che nessuno di essi provi veramente il timore referenziale nei miei confronti come appare.

Hanno tutti paura di mio padre.

Io sono Kuriza, io sono il figlio di Lord Freezer, un marchio e un onore indelebili.

Nessuno mi chiede cosa significhi essere figlio di un mostro. Nessuno si immagina cosa significhi odiarsi ogni giorno come fallimento.

Non ho madre, non conosco bene la mia età. Non ho mai visto praticamente nessuno della mia razza. Non ho amici, conoscenti o volti che privi di paura rimangano per più di qualche secondo.

Ricordo il mio nome, ma non l’ho mai pronunciato. Ho sentito nei suoi confronti mille commenti a mezza voce, ma mille false moine davanti.

Non conosco nemmeno un mondo esterno.

Ho passato sempre tutto il mio tempo nella mia stanza fin troppo ricca e soffocante, guardando dall'oblo lo spazio infinito.

Oppure ho camminato per infinite ore per questi corridoio di metallo infiniti, stretti e soffocanti fino a perdermi e dimenticarmi cosa mi aveva spinto a solcarli.

Mio padre mi ha mandato a chiamare. Passo una mano sulla placca rossa sulla mia testa e mi avvio. Ammettiamolo, sono ancora giovanissimo, un bambino e la mia altezza è a dir poco vergognosa persino rispetto alla sua.

Non è la prima volta che succede e di solito la scena si svolge sempre nello stesso modo. Inizierà un lungo discorso. Non si abbassa a rimproverarmi, ma quel freddo e distaccato elenco dei miei doveri mal o poco mantenuti è solo un modo per farmi capire quanto io sia inadatto.

E’ inutile nasconderlo, ‘lui’ lo sa. Ho difficoltà a uccidere, a punire, a odiare. Sono…’buono’. E’ questa la mia condanna. Ogni giorno vedo dozzine di mercenari e li invidio. Perché loro possono togliere una vita e riderci su. Io la notte non dormo nel terrore di vedere degli occhi tinti di bianco, privi di vita.

Ogni volta non ho idea di quanto duri quell’agonia. Le ore passano e non esistono orologi in questo luogo. E’ una prigione per chiunque sia rimasto invischiato in questa trappola in cui ogni asettico secondo di quotidiana follia omicida è uguale al precedente.

Finirò per sentirmi male. Mia madre era molto fragile, per questo è morta e io non sono più ‘solido’ di quanto lo fosse lei.

Mia madre era molto fragile, per questo è morta. Ho ereditato il suo stesso difetto.

Molti credono che io somigli al mio genitore, ma è pura apparenza. Tra me e lui non c’è niente che ci accumuni, nemmeno l’affetto, solo il medesimo sangue. E’ solo per il suo stesso sangue che scorre nelle mie vene che non mi ha ancora ucciso o punito per il fastidio che gli arreco.

Sempre che quei momenti di pura tensione, in cui finisco per non sentirmi più gli arti a furia di attendere senza avere il permesso di rialzarmi da terra, non siano la peggiore delle punizioni.

 

Lascio che si apra la porta e lo saluto con reverenza entrando.

"Desideravate?"chiedo. Non sono uno dei suoi mercenari, ma il rispetto lo esige anche da me.

Lui sorride e si alza. Rabbrividisco, è successo davvero così di rado che io lo vedessi in piedi.

“Figlio, è tempo che tu renda conto del nome che porti”mi dice sorridendo mellifluo.

Sento il sangue che mi si gela nelle vene. Quel tono fintamente carezzevole e la follia nei suoi profondi occhi che non riesco a incontrare, sento che segnano il passaggio a un nuovo tempo. Vorrei riavvolgere questa giornata all’infinito dal principio mille e più volte, per viverla e fare finta sia stata una lunga e intensa vita. Ho il terrore che in queste tenebre eterne, prime che non troppe ore passino, per me sopraggiunga la fine.

In ogni caso con un leggero cenno del capo ringrazio quando mi viene dato l’ordine di rialzarmi. Deglutisco di nascosto, mentre il mio insigne genitore mi fa segno di seguirlo con la mano.

Usciamo dalla stanza. Non c’è nessuno nei corridoi, come se si fossero svuotati. Non fatico a capirne il motivo. Quando uno sporadico mercenario ci vede da lontano, capendo che il mio signore deve essere in una giornata no dal solo fatto che le sue zampe si posino sul gelido pavimento, entra nella prima stanza che trova o cambia percorso per trovare riparo e mettere più distanza possibile tra se e il suo volubile signore. Io al contrario sono costretto a seguirlo e il mio passo sbilenco fa una ben magra figura rispetto a quello marziale e ritto del mio insigne genitore.

Arriviamo davanti alla porta di una stanza. Una delle tante in cui dormono i mercenari. La porta metallica è uguale a qualunque altra, identica persino alla mia. Ognuna, quando è sigillata richiede una password e solo il proprietario di essa può aprirla, mentre solitamente se è solo accostata si apre come le porte normali di una qualunque casa, anche se in modo più automatico. E’ la prima volta che vedo quella di un mercenario così sigillata. Normalmente è proibito e solo io, per il mio terrore di essere eliminato mentre dormo, ho il permesso a tenerla sempre chiusa totalmente.

Scrive il suo nome digitandolo velocemente, quasi si fosse già annoiato di tutto questo. Rabbrividisco accorgendomi che la porta si sblocca. Questo vuol dire che nessuna password vale veramente? Che è tutto un imbroglio e lui può entrare nella stanza di chiunque di noi quando vuole?

Quante volte avrebbe potuto uccidermi nel sonno, quando dormivo ignaro nel mio letto? Ha sempre avuto nelle sue mani i nostri fati, le nostre vite, ma ora mi rendo conto che qui non c’è nessuna libertà. Siamo tutti suoi giocattoli e ‘lui’ ci osserva e decide per noi, illudendoci. Li ubriaca, li fa divertire con donne e uccisioni, ma imbroglia anche chi come me mantiene la mente lucida.

La porta si apre e in una stanza spoglia, su un letto piccolo dalle coperte che anni orsono dovevano essere bianche e prive di buchi, sdraiato nell’incoscienza c’è un mercenario.

 

E’ un ragazzo…

Non è tanto più grande di me. Ho sempre desiderato avere un amico, magari se ci fossimo incontrati prima sarebbe stato tutto diverso. Non ha l’aspetto cattivo, per niente, anzi al momento sembra parecchio indifeso.

Ha la pelle scura, anche se in questo momento è pallida. Il fisico muscoloso, ma incredibilmente magro, posso contargli le ossa della gabbia toracica. I capelli sono neri, a fiamma e ricadono in modo strano, quasi nella loro compattezza innaturale si stiano sfibrando.

Guardo mio padre e non capisco cosa voglia da me.

“Padre, cosa gli avete fatto?”domando, cercando in modo indiretto di sboccare questa situazione. Il tempo pare si sia fermato e il silenzio che era caduto aveva iniziato a pesarmi.

Il giovane non si muove, non si sveglia. Non sembrerebbe nemmeno ancora vivo se il petto non si alzasse e abbassasse in un respiro regolare. Non ci vuole molto a capirlo.  La pelle non è cianotica e non mostra ferite o segni di alcuna sorta, al contrario gli occhi sotto le palpebre sembrano fremere frenetici. Devono averlo drogato.

“E’ il mio miglior mercenario, nonostante non sia il più forte, c’è qualcosa in più in lui…”mi spiega ridendo malvagio.

Mi accorgo solo a un occhiata più attenta, che intorno alla vita ha qualcosa. In rilievo sul blu intenso della battle suit di ordinanza, c’è qualcosa di marrone e peloso che a malapena tenta di muoversi.

Non ci credo, è una coda. E’ un saiyan, qui, alla base, pensavo si fossero estinti.

Con raccapriccio capisco che si tratta di ‘quel Vegeta’ di cui ho sentito tanto parlare. Tutti lo odiano, tutti lo temono, ma tutti attendo di poterlo prendere alle spalle per ucciderlo. Me lo aspettavo così malvagio da possedere un’aura nera, così brutto da far tremare il cuore e con i tratti simili a quelli del mio temuto padre. A essere sinceri, potevo anche sopportare di vederlo senza tutto questo apparato, ma un assassino di siffatto stampo e di tale crudeltà dovrebbe almeno essere grande e grosso, non un ragazzetto mingherlino e non eccessivamente più alto di me.

“Mio signore, continuo a non capire…”mormoro. Lui afferra il giovane per i capelli, sollevandogli il volto con malagrazia. Con la coda gli sfiora il collo. Nella penombra della stanza non l’ho vista. Scattante potrebbe attaccare e stritolarti fino a portarti via la vita prima ancora che tu possa accorgerti o lamentarti, si sentirebbe solo il crack dell’osso che si rompe uccidendoti.

Sfodera un unghia particolarmente lunga gli incide una guancia. Dalla leggera ferita del viso sgorga del sangue, rosso carminio vivido e mio padre, ignorando il ribrezzo che mi coglie facendomi salire la nausea, lo lecca.

“Secondo gli antichi se uccidi qualcuno, prendi le sue forze, la sua potenza…”mi dice in un soffio carezzevole, prima di lasciar ricadere il corpo esanime di quel giovane, che più tempo passa più mi sembra una vittima.

Strappa un lembo della tuta sul petto del giovane e me lo indica. Me lo sta servendo su un piatto d’argento e vuole che io consumi il mio primo omicidio.

Guardo la furia omicida e il sadico divertimento di quel mostro a cui devo la vita. Nego con la testa senza nemmeno accorgermene. Non voglio ucciderlo…

“Padre…”mormoro impacciato.

“Se è il vostro migliore…”cerco di accampare scuse.

“Uccidilo”ringhia e io indietreggio.

Sospiro e deglutisco chiudendo gli occhi. Io e quel giovane non ci conosciamo, anzi è un assassino pericoloso. Eliminandolo farei un favore all’intero universo. Non sono cattivo, sto solo eseguendo un ordine; anzi, visto il sangue che mi scorre nelle vene mi sembrerà sicuramente divertente. Sì, non ne potrò fare a meno e poi riderò di gusto. Mio padre sarà orgoglioso e dimenticherò quel viso addormentato facilmente.

Alzò la mano e carico l’onda. Gli occhi stretti, paventando una sicurezza che non ho.

Il tempo passa però e io rimango immobile come una statua.

Mi devo decidere…mi devo decidere…devo farlo…

Sento il suo respiro, posso ascoltare i battiti del suo cuore. Deglutisco e abbasso la mano. E’ inutile, non ci riesco. Io non ‘voglio’ farlo. Potrei esserci io al suo posto e lo rispetto.

Mi volto e inizio a scappare.

 

Corro… Sto scappando dal passato, dalla mia vita precedente.

Se mio padre volesse potrebbe uccidermi. Sento il suo sguardo sulla mia schiena, gli basterebbe un raggio e la mia folle corsa si arresterebbe.

Al contrario mi lascia fuggire. Mi faccio largo spingendo tra i volti confusi o irridenti della ciurmaglia che abita questo sozzo luogo. Voglio andarmene il prima possibile e non ci sarà il rischio che mi volterò indietro.

Ho come l’impressione che mio padre lo sapesse. Che quella prova non avrebbe potuto avere altro epilogo se non questo.

Deve essere convinto che da solo, senza protezione o aiuto, finirò per morire. Sì, forse sto correndo verso la morte, ma sarà per mia mano. Se devo morire voglio farlo lontano da lui e dai suoi occhi rossi. Il cuore mi batte a mille, mentre i pensieri si aggrovigliano. Spero solo che quel ragazzo possa stare bene, sopravvivere e riuscire lì dove io ho fallito. Dentro di me so che per lui non ci può essere altro epilogo se non di finire freddo disteso, privo di vita, a causa di un colpo mortale di Lord Freezer. Sì, perché io per lui non sono mai stato nient’altro che una creatura mal riuscita, una macchia indelebile che finalmente si sta allontanando. Io che volevo solo renderlo orgoglioso, ai suoi occhi non sarò mai un figlio e probabilmente mi sta già dimenticando.

Afferrò il telecomando della prima navicella vuota. Mi inserisco in una di queste enormi sfere bianche che come capsule. Mi siedo e mi raggomitolo, ancora sconvolto cerco di regolarizzare il respiro.

Accidenti, non ho idea di come funzionano questi ‘cosi’. Inizio a premere i pulsanti a caso. Voglio solo andarmene da qui il prima possibile. Il dove è secondario, tanto non troverò mai un posto dove mi possano accettare.

Finalmente parte. Mi lascio andare sul sedile, mentre lo spazio come freddo ventre materno mi accoglie. Attorcigliato nella mia coda cercavo una protezione che non potevo avere…”.

 

 

Si interruppe un attimo, riprendendo fiato. Tutti lo guardavano attenti, ma dai loro sguardi confusi, intristiti, annoiati o disinteressati capì che nessuno stava mettendo in dubbio le sue parole. Da esse fuoriusciva un tale coinvolgimento emotivo che veniva davvero difficile che fosse una storia inventata al momento e ancora meno una parte imparata a memoria. Il suo sguardo si fermò soprattutto su quello del giovane principe Tarble, che forse più di tutti mostrava negli occhi neri una scintilla di comprensione. Sembrava che anche lui, in quegli anni di reclusione su quel pianeta, nonostante avesse trovato un popolo adottivo e l’amore, avesse sempre e solo cercato un amico. Riprese il racconto cambiando tempo e portandolo al passato. Aveva intenzione infatti di tagliare i mille dolori e pellegrinaggi successivi a quei tragici momenti, per non riviverli e soffrirli da capo.

 

 

“Non so per quanto tempo ho viaggiato nello spazio. Perduto e confuso, senza un motivo nella mia inutile via insensata. Sono atterrato su mille pianeti, ho girovagato per anni, ma in ogni dove finiva sempre nello stesso modo. Dovevo fuggire, inseguito, braccato, non capito e incommensurabilmente diverso, incapace di contrattaccare, difendermi o semplicemente di essere accolto.

Arrivai in questo luogo che era notte. La navicella aveva finito il carburante e fu un atterraggio i fortuna.

Ero stanco, sperduto e anche se ormai non avvertivo più il freddo sulla pelle nuda, mi sentivo svenire. Il sonno mi colse all’improvviso e dopo che non mi ero allontanato di molto dalla navicella, caddi in terra esanime.

Non mi risvegliai fino al giorno dopo. Indolenzito, mi sentivo bruciare come se la febbre alta stesse scuotendo le mie membra. Mai come in quel momento sentivo la mancanza delle calde e bianche coltri che mi accoglievano ogni notte. Malaticcio come sono passavo ore su ore in quel morbido letto a baldacchino, rimanendo immobile finché non mi si intorpidiva l’intero busto. Le pietre invece mi avevano segnato la pelle e ho trovato un graffietto persino sulla mia placca al mio brusco e atroce risveglio. Non trovai gli abitanti e anche se ne avessi incrociato uno sarei scappato per non essere nuovamente attaccato. Non possiedono navicelle in questo luogo, solo quelle che porto qui il principe che governa il pianeta; ma lo venni a sapere solo dopo.

Non potei fare il pieno al mio mezzo di trasporto e mi toccò rimanere qui.

Fu improvviso. Sentii la pace scorrere in me, le mie membra tremare al cospetto di qualcosa di meraviglioso. Mi sentivo importante e unico a calcare questo luogo dopo tanto tempo, visto che nemmeno i secondi nativi del pianeta vi erano giunti.

Trovai il tempio e questo luogo di distruzione era come la mia anima. Pensai si preparasse la mia rinascita a una vita migliore, come sulla morte dell’antico popolo di questo mondo dovuta ai saiyan era rinato un popolo nuovo e felice.

Fui uno sciocco e un ingenuo, ma quell’oggetto…era così…’ficoo’!”.

Alle ultime parole arrossì come un bambino.

“Mi permise di diventare quello che mio padre voleva che fossi, ma ugualmente ho fallito”concluse abbassando il capo e cadendo in ginocchio prostrato.

 

Alla fine del racconto Vegeta si piazzò davanti al giovane. Il changelling alzò lo sguardo, rimettendosi in piedi ancora titubante. Era pronto a morire, se questo era il volere dello sfidante. Il principe Vegeta rimase fermo fissandolo intensamente negli occhi. Kakaroth si vantava di saper leggere la verità negli occhi di una persona. Voleva provare se ci riusciva anche lui.

“Non vi sto mentendo”balbettò Kuriza imbarazzato. Quei gelidi occhi di ossidiana sembravano volergli leggere fin dentro all’anima.

“Sei sicuro fossi io quel ragazzo?”domandò ancora freddo e distaccato. Kuriza rabbrividì senza nemmeno accorgersene, ma annuì sicuro. Non avrebbe dimenticato quel volto mai più, perché era stato in quel momento che tutta la sua vita era cambiata.

“Una vita per una vita…”recitò a memoria il principe dei saiyan. Tutti i saiyan annuirono, riconoscendo l’antico dettame d’onore della loro razza; mentre Goku riuscì ugualmente a capire cosa a stava a significare.

“Ce ne andiamo”disse poi. Era un ordine che non ammetteva repliche.

Molti che non avevano capito lo guardavano confusi, ma nessuno osò obbiettare. Non solo il principe dei saiyan pareva avere un diavolo per capello, per di più si erano tutti stancati. L’intero viaggio, e la prerogativa di una seria e interessante avventura, si era rivelato una fregatura. Non c’era nessun avversario considerevole da sconfiggere, tutto fumo privo di sostanza.

Perciò si misero tutti in marcia, mentre il Son maggiore lanciava qualche ultima occhiata triste a quella ‘povera creatura’. Gli dispiaceva non poterlo aiutare.

“Ti devo chiedere umilmente perdono, non ero in me…”si scusava intanto contrito il figlio di Freezer nei confronti del fratello di Vegeta.

“Anche io mi devo scusare per non aver capito che eri, bè, un po’ strano nel tuo modo di fare. Ti ho giudicato solo per l’aspetto”ribatté alzando le spalle Tarble. Gli sembrava strano, ma in fondo in quel momento ce l’avevano anche con lui per avergli fatto perdere tempo.

“Mi perdoni, davvero?”balbettò Kuriza con gli occhi luminosi.

“Certo. So cosa vuol dire non essere come si dovrebbe e soprattutto non accettati dal proprio padre per troppa bontà”ribatté il marito di Gure mettendogli una mano sulla spalla.

“Amici allora?”domandò con un pizzico di follia la lucertola.

“Per me è o.k.”rispose imbarazzato il saiyan.

“Tornami a trovare presto fratellone”si rivolse poi al fratello maggiore.

 Ora dovevano tornare al palazzo per riprendere la navicella. Gohan non vedeva l’ora di riabbracciare Videl e Crilin voleva riprendere la figlia.

“Tsk, te lo scordi visto quanto è lontano il pianeta…”ribatté il Briefs acquisito al fratellino.

“Contaci, un posto dove si mangia cinque volte al giorno, torneremo di sicuro”ribatté invece Goku sollevato alzando un braccio in segno di gioia.

 “Kakaroth fatti i cavoli tuoi”gli venne risposto da Vegeta, suscitando le risate di molti.

Già era nervoso. Vedere Tarble e Kuriza andare così d’accordo gli faceva venire il voltastomaco. Era come vedere un se stesso in miniatura andare d’accordo con un Freezer in miniatura. Che orrore!

In fondo aveva fatto preoccupare Bulma solo per una lucertola sballata, quando invece doveva rimanere a casa a badare al nuovo problema in arrivo. Sì, era decisamente incavolato, ma il malcontento era un po’ di tutti. Come si dice? Mal comune, mezzo gaudio.

Bè, non proprio tutti. A quanto pareva Videl e Gohan, per non parlare di Mirai e Mary la stavano prendendo molto bene.

“Tsk, mocciosi…”commentò incrociando le braccia.

 

 

Continua…

Ringrazio:

ka93: U_U verissimo. Mirai ha fatto una figuraccia. Spero la storia di Kuriza ti abbia soddisfatto. A presto, ciau, tvb.

Luna_07: XD concordo. Al prossimo, spero, kiss.

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Capitolo 9
*** Cap.8 L'alba di una nuova minaccia ***


Cap.8 L'alba di una nuova minaccia

Ringrazio anche solo chi legge.

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Cap.8 L'alba di una nuova minaccia


Nameck era un pianeta pacifico. Erano passati innumerevoli anni da quando sanguinose lotte si erano svolte su di esso e il ‘bene’ aveva vinto sul male.

Scolpite nella memoria di tutti quelle vicende. I volti dei saiyan e dei terrestri che avevano camminato su quel suolo, tra l’erba azzurra nessuno li aveva dimenticati. Le facce di tutti gli strani alieni, agli occhi di quelle bonarie creature verdi, si erano mostrate scolpiti nella memoria.

Nonostante tutto, nella pacata vita tranquilla di chi aspetta la crescita e il mutamento delle stagioni, lasciavano correre i sentimenti di paura che allora li avevano animati.

Erano ‘tutti’ felici ma spesse volte nel tutto, c’è sempre chi viene ignorato.

Un giovane namecciano, con la divisa bianca finemente elaborata da guerriero, si stava allenando. Nessun sorriso sul suo volto. Il sudore colava madido dalla sua fronte, tra le antenne abbassate dalla fatica. Una muscolatura perfetta, insolita nella sua razza. Stringeva i denti fino a far calare dolorosamente i canini nelle labbra, assaggiando il suo sangue violetto.

Pareva che avesse un avversario davanti a se ben definito. Continuava imperterrito. Nessuno sarebbe andato a cercarlo, erano da anni che non aveva più rapporti con il ‘nonno’ e ignorava tutti.

A furia di sottoporsi a quel ‘suicidio’ programmato, cicatrici avevano ricoperto il suo corpo. Provò una serie di calci, per iniziare a muoversi con una supervelocità davvero incredibile, concludendo con una gomitata al collo di un essere esistente solo nella sua immaginazione.

A ogni attacco studiato nei minimi dettagli, corrispondeva un acido grido di battaglia. Molto probabilmente il quel momento non comprendeva termini come ‘pace’, ‘pietà’ o semplice ‘felicità’ tanto noti agli altri abitanti di quel luogo.

Quasi a corrispondere alla sua anima tormentata, in quel punto la distruzione di secoli orsono era ancora tangibile. Nessun albero dalle chiome azzurre era cresciuto, lava solidificata dava la sensazione che la stessa terra fosse bruciata impedendo la vita anche ai semplici animaletti o alle sterpaglie.

Nei suoi intensi occhi, bruciava un’energia incredibile.

Nella sua mente, come un’ossessione, le stesse immagini che si ripetevano.

“Io sono Cargot, ricordati il mio nome!!!”gridò forte. Sembrava provare quelle frasi, soppesando il tono da utilizzare. Come un amante che prova le frasi da sussurrare all’amata per dichiararsi davanti a uno specchio. Solo che nel suo caso era solo un odio che voleva soddisfazione.

Furioso aumentò la velocità. Le sue lunghe braccia verdi e rosa smagrite si muovevano rapidamente in una serie di pugni che avrebbero devastato una montagna, se non avesse come un don Chisciotte combattuto contro il nulla. Ce la metteva tutta, come circondato da fantasmi azzurrini della sua anima.

Chiuse gli occhi ricordando, come un demone inquieto che gusta l’immagine della sua vita.

“La morte. E’ un gusto quello del sangue mischiato alla terra, in un’infanzia spezzata prima del tempo, che non dimentichi. Il desiderio di non perderti, mentre è un mostro ignobile ad avertela strappata.

Ti odio Dende. Gemelli, dovevamo essere due immagini speculari di una stessa anima. Tu non hai niente di meglio di me, o almeno non lo avevi allora. A differenziarci non c’era più dolcezza nel tuo musetto spaventato, non più bontà per un’età inferiore. Ugualmente io sono morto e tu sei stato salvato. Non sono intervenuti quando Lord Freezer si è divertito a calpestarmi come una marionetta. Per salvare te invece hanno volato per chilometri senza stancarsi. Ti tenevano tra le braccia, ti sorridevano, ti rincuoravano.

Io con chi sono rimasto? Tra i corpi marci e senza vita, mentre i corvi mi beccavano senza pietà?

Sarebbero potuti intervenire prima se erano dei veri ‘salvatori’ indomiti come tutti li hanno rinominati.

Perché tu hai fatto breccia nel loro cuore. Tu li hai salvati con i tuoi timidi e vergognosi poteri curativi. Tu ti sei mostrato loro amico.

Che io non ne abbia avuto l’opportunità non interessa a nessuno.

Ed eccomi immobilizzato qui. Il mio sogno è sempre stato quello di viaggiare nello spazio. Ti ricordi quando mi fidavo ancora di te? Ci tenevamo la mano sotto un cielo stellato ed io ti raccontavo i miei sogni. Volevo visitare mondi sconosciuti. Abbandonare questo sasso perduto, convinto che mi attendesse un futuro avventuroso. Avrei potuto combattere contro avversari incredibili, mostrare il mio valore. Tu mi sorridevi e non capivi. Mi dicevi che era meglio rimanere qui, sconosciuti come volgari contadini. Perché far rifiorire questo postaccio noioso? Non possiamo nemmeno mangiarle le cose che piantiamo. Facciamo un favore a un pianeta morente che probabilmente non aspetta altro che esplodere solo, stavolta sterminandoci tutti davvero.

A te cosa interesserebbe? Tu sei lontano, al sicuro. Dimmi, ti stai divertendo traditore? Non posso nemmeno credere che stai ridendo di me, perché nemmeno ti ricordi della mai esistenza. Al contrario io non posso cancellarti. Ci ho provato, ma la notte mentre dormo sento le tue emozioni. Io provo rancore e solitudine. La tua risata cristallina invece giunge fino a qui. Credevo che un tipo fragile come te soffrisse lontano da casa. Era tutta una farsa, non vedevi l’ora di pugnalarci alle spalle.

Dimmi ‘Supremo’, ti stai divertendo a comandare? Com’è guardare tutti dall’alto? In un palazzo, irraggiungibile, perfetto. Scegli il destino degli uomini che ti devono sembrare formichine. Hai scelto anche il mio? Mi sto rodendo e morirò marciò, come una chiocciola che senza il suo guscio, stesa al sole, si richiude su se stessa seccandosi.

Nessuno ha mai fatto caso a me. Io non sono mai servito a niente. Una creatura invisibile in secondo piano.

Non puoi immaginare la gioia quando mi sono ritrovato vivo. Pensavo che tutto sarebbe tornato come prima, anche meglio. Al contrario. Sotto quel cielo vomitevolmente azzurro, circondato da piante mutanti di un insano verde forte, mi hai escluso.

Ho cercato di parlarti, mi hai rivolto le spalle. Ti sorridevo, tu invece sorridevi al tuo nuovo ‘fratello’. Volevo incoraggiarti e stringerti. Ero un bambino, sciocco come la mia stupidità arrivasse a poter amare uno come te.

Mi hanno trascinato nella casa di una sconosciuta. Un posto alieno, con colori assurdi e creature mostruose, alcune gigantesche e piene di scaglie, altre pelose e ‘miagolanti’. Tutti si divertivano. Io tentavo di portare avanti le mie rimostranze. Ero calpestato, spinto, ignorato, deriso. Il nonno era il primo a socializzare con quei ‘tipi’.

Confusione, urla. La notte tenevo gli occhi aperti, precipitato in un incubo.

Mi aspettavo che ti coricassi e dormissimo come sempre, uno sulla spalla dell’altro. Tu non sei venuto. Dende, che cosa ti avevo fatto? Era così labile il tuo affetto che è bastata una novità perché io diventassi vecchio e fuori moda?

Ho cercato di adattarmi. Mi sistemavo i vestitini e come una bambola elemosinavo un semplice sguardo.

Quel ‘Gohan’, il simbolo delle mie disgrazie. Lui e la sua combriccola, aveva altro da fare. Hanno prediletto te. Quando venivano a invitarti per andare con loro, io accorrevo. Speravo con il cuore trepidante che m’invitasse a giocare. Magari facendo breccia nel cuore di quel ‘bambino’, tu avresti ricordato di possedere un gemello.

Peccato che il mio sorriso non fosse abbastanza mieloso, i miei occhi abbastanza da cucciolo.

Congratulazioni. Mi sono abbruttito nell’invidia. La forza scorre in me.

Vi sconfigger, umilierò e seduto su un trono delle vostre carcasse, mi nominerò Supremo”.

 

“E’ da giorni che ti osservo, chiedendomi se mi potessi fidare di te. L’universo è immenso, ma raramente abbastanza grande da trovare alleati”interruppe la sua quotidiana valanga di pensieri una voce.

Era giovanile, ma risultava fastidiosa e meccanica.

Cargot si voltò di scatto, socchiudendo gli occhi, istintivamente aggressivo. Davanti a lui una creatura insolita, per non dire esotica. Non era molto alto e la pelle era di un intenso blu. Aveva dei copri caviglie di plastica dipinta di oro e rosso, mentre i piedi erano di un azzurro più chiaro rispetto al resto. Anche il petto e la testa cambiavano tonalità e le medesime protezioni si trovavano anche sui polsi, sulle spalle, su un orecchio e in una placca sulla testa. Il capo finiva con una specie di orribile pinnacolo che dopo che si alzava, ricadeva in giù. Non dava la sensazione di essere proporzionato, ma ottimamente dotato di muscoli, sì.

“Chi saresti?”ringhiò poco amichevole il namecciano, immune a quelle moine. Si sistemò la tuta da combattimento, nonostante fosse identica a quella di Nail, era ancora marrone dello stesso colore degli abiti che usava da bambino, quasi a marcare che per lui il tempo si era fermato ‘un giorno’ di allora.

“Io mi chiamo Baby. Creazione della razza Zufuuru. Il mio compito è uccidere i saiyan”si presentò maligno quello con un inchino.

“Ottimo proposito, ma non capisco due cose. Perché non ci stai provando e cosa vuoi da me?”.

“Io non so, dove si sono nascosti”iniziò Baby soffiando come un gatto selvatico al solo pensiero.

“Possiamo però aiutarci a vicenda. Io voglio più potere per eliminare i miei nemici. Tu vuoi quello per uccidere Dende. Potremmo unirci in un solo corpo e creare un guerriero potentissimo”disse esaltato, ma con cognizione di causa, Baby.

“Non credevo che esistessero altre tipi di fusioni, oltre a quelle namecciane”rispose affascinato l’altro.

“Io sono un simbionte. E’ la mia natura cercare un corpo portatore e tu mi sembri il più adatto. Tu potresti diventare il Supremo della Terra ed io rinominarla nuova Plant”comunicò Baby. Avrebbe potuto possedere il guerriero di fronte, ma temeva che con una simile potenza lo indebolisse risputandolo. Cargot non sembrava una creatura facilmente manipolabile. Al contrario, un’alleanza poteva far comodo a entrambi.

“Come vuoi”rispose accondiscendente Cargot.

Baby s’insinuò in lui attraverso una ferita. Il namecciano lo vide diventare fluido e lo sentì gelato come il ferro, prima sulla pelle, e poi dolorosamente scorrere nelle vene. La metamorfosi fu dolorosa. Si piegò in avanti, sudato, mentre il suo organismo voleva scacciare l’elemento esterno.

Gridò, muovendosi in continuazione, mentre linee s’incidevano sulla sua pelle marchiandola.

Gli occhi divennero in principio come quelli giganteschi e mostruosi di Baby, per poi tornare normali. Solo delle linee rosse, come a un obbiettivo, rimasero impresse nell’iride.

Con un ultimo grido disumano, trasformato in una risata demonica, nacque Baby-Cargot.

 

 

Quel giorno, scese la notte su Nameck, mentre Polunga esaudiva tre desideri di un nuovo e potente guerriero nato dall’odio e dal rancore.

Baby-Cargot. Un pianeta di nome Plant risorse come un’araba fenice dalle sue ceneri, mentre un guerriero chiedeva di diventare ‘più forte di ogni saiyan vivente in quel momento’.

Continua...


Ringraziamenti:

Ka93: XP Già, Kuriza non è per niente come il padre.
Eh già, ma come vedi da questo chappy, l'universo è ancora pieno di incomprensi, ma Baby-Cargot non è 'buono' come la lucertolina dalla testa rossa.
Alla prossima e, emh, lo spero anch'io.

Luna_07: Meglio sicuro ^^. Bene, emh hehh, vedremo. XD.
Sì, miracoli che succedono. Kuriza è una lucertola molto dolce. Invece tra i namecciani, non tutti sono pacifici U_U.
Ti ringrazio per il consiglio. Mi hi svelato una cosa a me sconosciuta e ho deciso di applicarla. Grazie mille!!
A prestissimo, ciau kiss tvb.

Vegeta4ever: [Con il cavolo, noi siamo a casa!NdVegeta] [però io e lui adesso siamo amici NdKuriza abbracciato a Tarble] [Nuoooooo NdVegeta orripilato e Goku che gli fa * pat- pat *].
Siamo tutti felici che Freezer sia morto, ma mi sa che è questo nuovo nemico da 'temere' al momento.
Al prossimo!! E, emh, recensisci quando vuoi ^^.

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Capitolo 10
*** Cap.9 Soul child ***


Cap.9 Soul child Ringrazio anche solo chi legge.

Cap.9 Soul child

I raggi del mattino illuminavano quella che sarebbe potuta sembrare o una ragazza, o una visione.

I capelli neri a cespuglio, era freschi e leggeri, ma ugualmente ve ne erano altri che neri come la notte, scendevano fino a metà delle spalle. Gli occhi di onice brillavano di luce propria, di una scintilla di vitalità meravigliosa. Le labbra erano rosse, carnose.  Il fisico era perfetto, quello di una donna per quanto era sbocciato. Nonostante fosse ancora una ragazza e quello che indossava, non cercasse di mettere in risalto le sue forme, chiunque si sarebbe voltato a guardarla. La tuta arancione le calzava a pennello, anzi, sarebbe potuta risultare troppo scollacciata agli occhi del genitore. Le gambe lisce e sode tiravano calci ad altezza di volto a un nemico invisibile. La sua incredibile potenza però si manifestava in una serie velocissima di pugni. Qualche goccia di sudore le imperlava il volto, facendo illuminare la sua carnagione nè troppo chiara, nè troppo scura, in modo così perfetto da farla sembrare una diva truccata.

May Son, la gemella di Son Goten, abituata a vivere tra i maschi, a comportarsi come un maschio, interessata solo a combattere e aumentare la sua già incredibile potenza, ignorava quelle verità e anche se le avesse sapute, non le avrebbe capite e le avrebbe ignorate.

Due occhi azzurri, intensi, indugiavano annoiati su quelle tecniche.  Pareva un rigido istruttore, mentre osservava la migliore amica di sempre allenarsi. Silenzioso come la natura circostante, era perfettamente nascosto dall'ombra che proiettava su di lui il grande albero. Appoggiato sul suo tronco, era così immobile, che non ci sarebbe stato da stupirsi se un qualsiasi animale gli fosse passato vicino senza nemmeno accorgersi del ragazzo.

Jr. rassomigliava davvero al padre, in quella posa a braccia conserte. Il suo carattere era tutto meno che facile, ma non cercava mai la rissa. Sarebbe potuto sembrare annoiato da tutto, disinteressato, ma era solo maschera che si portava in giro. In fondo bastava ben poco per 'accenderlo'.

Quel giorno sembrava non esserci nessuno, ma il giovane poteva solo ringraziare. L'assenza di Son Goku, del grande eroe della Terra, dell'amico-nemico di suo padre e bla bla bla, per lui era la migliore delle cose. Chissà perchè, della figlia era incredibilmente geloso.

"E' anche bruttina"mormorò tra sé e sé il Briefs, senza sapere di parafrasare una 'frase di famiglia'.

 

 

Nella casetta accanto a quella dei Son, costruita da un paio d'anni, si alzavano dei rumorini.

Una giovane donna dai capelli neri e una lunga treccia, stava rassettando la casa.

Son Videl aveva coronato il suo sogno d'amore sposando finalmente Gohan, che sebbene continuasse ad allenarsi sotto le pressioni dei suoi due zii, era diventato uno studioso anche se Turles gli aveva fatto sparire gli amati occhiali dalla montatura nera.

Nel lettino, a gorgogliare felice, c'era Azuki. Il loro figlioletto sembrava il padre in miniatura, ma dimostrava una vivacità che il primogenito di Goku non aveva mai avuto.

Il mocciosetto si portava un dito alla bocca, deluso di non trovare il suo 'giocattolo preferito'. Difatti, preferiva sputare il ciuccio, per ben altre cose. Ogni volta che vedeva Junior, riconoscendo a fatica con i suoi occhi di neonato la fisionomia del namecciano, iniziava a strillare finché 'l'uomo verde' non lo prendeva in braccio. Raggiunto il suo obbiettivo, iniziava a mordicchiare, sbavandolo, la punta della prima immensa orecchia del sensei di suo padre che gli capitava sotto tiro.

 

Di sicuro c'era molta più pace e tranquillità rispetto a casa Briefs.

Tutti, persino Nappa, erano scappati da quel manicomio quando avevano trovato la porta aperta e la via libera.

Mary e Trunks si erano sposati, com'era prevedibile. La giovane aveva sperato con tutto il suo cuore di avere un bel maschietto, per fare felice il re dei saiyan, o semplicemente perchè lei stessa adorava Goten e Trunks.

Non c'era stato verso. Era nata una bambina dall'ugola d'oro, che non faceva altro che piangere notte e giorno. Probabilmente da grande sarebbe diventata una cantante, ma ancora strillava e basta.

Non si dormiva mai, giorno e notte lo stesso acutissimo suono. Il glicine dai capelli lunghi passeggiava ore, con le occhiaie, avanti indietro. La bimbetta afferrava i capelli del genitore, così diversi dai suoi nerissimi, e mentre piangeva, li tirava. Se la prendeva sua madre, invece, aumentavano solo gli strilli.

Bè, come carattere non c'era che dire, era proprio una Brief purosangue.

 

 

Un ultimo nato si era unito alla combriccola. Anche alla Kame House c'era un bel fiocco azzurro. Gwendy e Crilin avevano avuto un figlio. Apparentemente sarebbe sembrato un adorabile Crilin in miniatura, ma Crystal era ben altro. Nonostante non avesse il naso, i suoi occhioni erano identici a quelli della mamma e l'altezza era normale. No, non sarebbe stato un tappo, nonostante i geni paterni.

 

Trunks e Goten, inutile a dirsi, continuavano ad essere attaccati con la colla. Il Son continuava ad assomigliare al padre, dimostrando che May era proprio sua gemella. Il glicine invece, con i vestiti che lo rendevano un ragazzo affascinante, condivideva con l'amico il loro unico e solo interesse.

Accantonati gli allenamenti, mai lasciati totalmente perdere gli scherzi, passavano il tempo a chiacchierare non si sapeva bene di che e sopratutto a giocare ai videogiochi.

Niente da stupirsi se quel giorno si erano messi in testa la medesima cosa. Evocare Sherron e chiedergli cose mature come caramelle, play-station e un intero parco di divertimenti per loro.

Mentalmente erano rimasti dei bambini, nonostante  l'età. Radar alla mano, avevano trovato tutte le sfere.

Sfortuna volle che l'ultima fosse al parco, dove per un pic-nic, tre uomini in fuga si erano dati appuntamento.

Chichi e Bulma chiacchieravano sedute sulle loro stuoiette, mentre Junior, Goku e Vegeta si allenavano. Il Son era morto di sonno per Azuki, il namecciano era stressato dal medesimo pargoletto e il principe dei saiyan stava ormai dando di matto con la 'nipotina' e la ‘figlioletta’.

Il cielo si fece nero, interrompendo la loro sfida, segno che il grande e potente drago era stato evocato. Scorgendo Trunks e Goten più in là, troppo stanchi per ispezionare, non trovarono niente di meglio da fare, che iniziare a litigare verbalmente fra loro.

"Tappo, dovresti tenere meglio d'occhio tuo figlio" aveva ringhiato Junior alla volta di Vegeta.

"Almeno io posso averne figli, spilungone. Tu devi covare le uova"ribatté a tono il saiyan.

"Finitela!!! "si inserì il Son sbuffando.

“Che ti immischi Kakaroth?"commentò il Briefs e il namecciano gli fece eco con un:"Ha ragione Vegeta, fatti gli affari tuoi Goku".

"Io m’immischio perchè di mezzo ci finiscono le mie orecchie"ribattè ad entrambi il figlio di Bardack.

L'immensa sagoma del drago si stagliava. Potente, meravigliosamente stupendo, i suoi occhi rossi guardavano dall'alto, eppure sembrava diverso dal solito, più tenebroso, ombroso. Come sempre chiese quale fosse il desiderio e attese la risposta. Prima però che i due giovani potessero chiedere qualsiasi cosa, delle voci vennero alle orecchie della creatura.

"Oh guardali"aveva detto Bulm all'amica indicando i tre litiganti.

"Se fossero meno bambini"aveva ribattuto Chichi.

Di colpo Sherron esaudì un desiderio mai espresso.

I tre si ritrovarono sospesi dal suolo, in una bolla dorata. I vestiti iniziarono a diventargli grandi. La mente, i ricordi, tutto rimase lo stesso, ma i loro corpi iniziarono a ridursi, ringiovanendosi.

Goku, Vegeta e Junior si ritrovarono d'accordo nuovamente su qualcosa. Iniziarono a urlare terrorizzati.

Trunks e Goten capirono in ritardo quello che stava succedendo.

"Noi non abbiamo espresso nessun desiderio!!!"gridarono in coro i due ragazzi.

"Non avete forse detto "Se fossero dei bambini?"domandò il drago con il suo vocione leggermente impanicato.

"Ti sei bevuto il cervello? Sei cattivo drago. Nessuno ti aveva chiesto di farli tornare bambini"piagnucolò Goten terrorizzato per il danno. Trunks riuscì a zittirlo giusto in tempo, temendo una vendetta del Drago delle sfere.

Quest'ultimo fece una faccia dispiaciuta, si sturò un orecchio con l'immensa unghia di un dito e, ignorando di dover esaudire ancora due desideri, sparì.

Le sfere caddero in terra, pietrificate.

 

Bulma avrebbe dovuto essere arrabbiata. In fondo quella piccola peste di Bra, ancora di soli sei anni, l'impegnava completamente. Ora, persino suo marito si era ridotto, duplicando il problema.

Sì, perchè tutti e tre, in quei vestiti cadenti, così immensi da navigarci, non potevano avere più di sette anni ciascuno, forse meno. Con gli occhi a cuoricino, si avvicinò lentamente, come un animale pronto a fare un agguato.

"Cosa pensi di fare donna?"domandò con voce tremante il principe, anzi ormai principino, dei saiyan. Si ritrovò costretto a parare un assalto della moglie.

"Fatti abbracciare, sei adorabile"commentò lei, mentre lui, incrociando le braccia, la guardava schifato. Quelle cose le odiava da marmocchio vero, figuriamoci in quel momento che era un falso bambino. Spiccò il volo, per evitarla nuovamente. "Tsk, non ci pensare nemmeno"ringhiò, come a chiudere definitivamente il discorso.

Chichi si piazzò davanti a Goku, squadrandolo arrabbiata. Ignorando il fatto che fosse sopratutto colpa sua se era successo tutto quello. Goku si guardò intorno. Era entrato nel panico. Si chiese la sua testa era abbastanza resistente in quelle condizioni per ricevere una mattarellata, o peggio, una padellata.

Osservò Junior, ancora traumatizzato, che si guardava sconvolto. Si era solo ridotto, invece doveva diventare una verde e assassina palletta.

Ignorò il namecciano in miniatura, alla ricerca di una via d'uscita. Conosceva solo un arma a sua disposizione.

Tirò fuori il labbro, piegò la testa e tirò fuori due occhioni da cerbiatto ferito.

"Non l'ho fatto apposta"pigolò. Chichi si sciolse. Goku sorrise interiormente, se l'era cavata.

"Le sfere di Nameck sono state utilizzate. Me lo ha detto Maori, ci tocca rimanere così per un anno!!!"strillava invece Junior. Persino il suo vocione, era stato sostituita da un adorabile vocetta fanciullesca.

"Maledizione"commentò semplicemente il Briefs.

"Urka, che situazione"dovette suo malgrado ammettere il Son.

 Continua...

Ringraziamenti:

Vegeta4ever: [Alla faccia di come non mi dovevano toccare. Guarda come son finito NdVegeta versione miniaturizzata]. [Quella te la sei cercata NdA].
Vedremo che combinerà Baby-Cargot XD.
Al prossimo, ciau ^^

ka93: Qui sono entrambi nuovi, visto che Baby non lo conosce nessuno. AHAHAH.
Vedremo U_U.
No, dai. I poveri namecciani non avranno problemi, 'loro'.
Ci sentiamo. tvb.

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Capitolo 11
*** Cap.10 Baby-Cargot arriva sulla Terra ***


Cap.10 Baby-Cargot arriva sulla Terra Scusate il ritardo vergognoso in questa storia. Era davvero tanto che non l'aggiornavo, ma nonostante sapessi esattamente cosa fare nei capitoli futuri sono stata colpita da un terribile blocco dello scrittore. Chiedo perdono e spero che questo capitolo via piaccia e vi ripaghi dell'attesa, in caso contrario chiedo ancora perdono.
Ringrazio anche solo chi legge.


Cap.10 Baby-Cargot arriva sulla Terra

 

Nappa girovagava per l’immensa Capsule corporation. Era intento in una sua misteriosa ricerca, ma dal viso serio e deciso, si capiva che per lui era importante oltre ogni limite.

In quella casa sembrava di vivere in un incrocio tra un film, uno zoo e un terno a lotto.

Aveva aperto la prima porta, ma vi aveva visto solo una rana ballare su un tavolo con un’immensa tavoletta di cioccolata.

Alla seconda porta si era presentata una vista anche peggiore. Zarbon e Sauzer con ancora la faccia impiastricciata di pomate verdi.

Alla terza si era aperto l’immenso giardino di quella strana casa. Micini correvano nel tentativo di afferrare delle farfalle, sotto lo sguardo attento di mamma gatta intenta a mangiare. La terra tremava sotto i passi di un gigantesco dinosauro e un simpatico pappagallo sul ramo faceva l’imitazione perfetta di Jr. intento a dire: “Pelatone”.

Il colosso, punto nel vivo, nemmeno cercò in quel ‘postaccio’.

Fu un peccato perché la meta della sue ricerche era proprio lì. Nascosto a metà tra dietro una grande corteccia di un albero e le grandi foglie di una pianta tropicale c’era un fanciullo.

La tutina verde era appartenuta a Trunks molti anni prima. Solo che in quel momento a usarla era un bambino totalmente diverso, tranne forse per l’espressione decisa che non cambiava eccessivamente. I capelli neri svettavano verso l’alto, due occhi di ossidiana mantenevano il gelo che sottolineava come fosse improbabile che quella potesse essere la vera età del ‘bimbo’. La pelle era leggermente più scura nella posizione protetta in cui si trovava.

Vegeta Briefs, il grande principe dei saiyan, costretto a nascondersi da Nappa come se veramente il tempo si stesse divertendo a tornare indietro piuttosto che ad andare avanti.

“Aaaahhh!”strillò spaventato, quando sentì qualcuno apparirgli alle spalle. Convinto che si trattasse di uno solo dei membri della famiglia, che stava cercando di evitare come la peste.

Strinse il pugno, voltandosi iroso riconoscendo l’aura.

“Kakaroth io ti ammazzo prima o poi!”ruggì, calando ancor di più le sopracciglia in uno sguardo truce.

Un bambino della medesima età e quasi della stessa altezza ridacchiò spaventato. La tuta di Son Goten gli calzava a pennello, ma solo in quel momento era possibile stabilire con decisione quanto in fondo si differenziasse da suo figlio. C’era qualcosa, nel fondo dei suoi occhi neri, di misterioso e quel sorriso di eterno bambino, nascondeva una ruga di espressione seria da vero saiyan. Per quanto i suoi occhi tondi, giovali e allegri tentassero di smentirlo, c’era molto di suo padre Bardack in lui.

“Urka Vegeta, calmati. E’ una cosa importante”tentò di tranquillizzare l’‘amico’ mettendo le mani avanti e muovendole forsennatamente. Deglutendo, cercò di ignorare la sfilza di minacce.

Visto la loro età, sarebbe potuto sembrare quasi divertente quel modo di fare. Due bambini intenti a litigare, peccato che nessuno dei due avesse preso serenamente quella trasformazione. Non che questo non valesse anche per Junior, che in quel momento stava attendendo entrambi gli ‘scimmioni saiyan’.

“Dimmi quale pericolo ti ha fatto decidere di piombarmi in casa con il tuo teletrasporto”. Prima che potesse iniziare a ingiuriare anche la mosse dell’ex-nemico, complice di una quantità d’indiscreti arrivi a sorpresa del saiyan cresciuto sulla Terra; Goku iniziò a spiegare.

“E’ atterrata una navicella fuori città. Junior dice che è sicuro sia namecciana e al suo interno c’è una forte energia negativa, ma non riusciamo a stabilire chi possa essere…”. Più che spiegare, il padre di Gohan sembrava ripetere un discorso a memoria.

“Ringrazia il muso verde, la ‘sua’ spiegazione era chiarissima”commentò il principe dei saiyan facendo arrossire il Son. Come aveva capito che l’aveva imparata a memoria dall’esposizione del figlio di Al Satan?

 

 

La città era gremita di gente. Il sole brillava alto nel cielo, bambini correvano con i loro aquiloni, fidanzati andavano insieme a prendere un gelato, un venditore di palloncini si tergeva il volto sudato con un fazzoletto. Una giornata perfetta per uscire, al contrario in un negozio di videogiochi, due ragazzi se ne stavano felicemente al buio. L’enorme playstation di almeno due secoli fa consentiva di giocare per ore, a pagamento ovviamente. Il negoziante era stato furbo, non solo vendeva a ottimi prezzi e accettava copie di seconda mano per altre della medesima età e delle medesime condizioni; ma permetteva l’utilizzo di quel rimasuglio del secolo prima.

Uno dei due giovani sembrava particolarmente coinvolto verso quella partita, si muoveva a scatti, partecipando attivamente con tutto il corpo alla sfida. Scalciava, si aggrappava allo joystick, si leccava leggermente le labbra secche, imprecando contro l’omino sullo schermo che lo rappresentava. Ondeggiava seguendo i movimenti che faceva fare al volante della macchina che idealmente stava guidando. Per quanto fosse solo un videogioco, Goten non sapeva che realmente suo padre aveva dimostrato un’abilità distruttiva simile a bordo di un auto-veicolo moltissimi anni prima.

Trunks provava la sua concentrazione con la sola goccia di sudore, dovuta anche alla temperatura tipo sauna del luogo, che scendeva giù tra le tre rughe di espressione che gli si erano formate sul viso.

Si voltarono a un rumore molto forte per le loro orecchie ormai abituate al silenzio interrotto solo da sporadici biiip biiip del videogioco o dalle musichette di varie vittorie o sconfitte. Socchiusero entrambi gli occhi, vedendo la luce improvvisa inondare il luogo.

Battendo le palpebre ci misero qualche secondo a riconoscere le due scure figure davanti all’uscio.

“Avanti spicciatevi, papà ha trovato qualcosa d’interessante, dobbiamo controllare”commentò incolore Gohan, dimostrando che era un ordine in piena regola.

Ai tentativi di entrambi di fargli almeno salvare la partita, Mirai bloccò le spiegazioni del primogenito di Chichi, passando alle vie di fatto. Afferrò i due mezzosangue più giovani, trascinandoli fuori per il colletto delle maglie.

 

 

Non era nemmeno mezzodì, quando davanti alla strana navicella si poteva contare un gruppo piuttosto forbito. Un piccolo namecciano, che dalle vesti sarebbe potuto sembrare Dende, smentito dall’espressione non eccessivamente amichevole; stava in prima linea davanti a tutti.

Trunks e Goten erano passati dal fastidio dell’essere stati costretti all’azione, all’agitazione tipica prima di un combattimento. Chi era il nuovo avversario? Ci sarebbe stato da divertirsi?

Gohan sperava in un incontro pacifico, chiedendosi se il namecciano che sarebbe uscito dalla navicella stava bene o no, visto il tempo che stava impiegando a rivelarsi.

Mirai al contrario aveva un solo nome in mente: “Lord Slug”; sperò di essere solo pessimista come al solito.

Goku e Vegeta stavano iniziando sinceramente ad annoiarsi. Il primo iniziava a lamentarsi della fame, il secondo invece aveva una voglia incredibile di far saltare la navicella e via che fosse sportivo o meno.

 

 

 

All’interno della astro-veicolo una figura scura, di cui si riusciva solo a scorgere la mano verde intenso, stava seduta impettita. Gli occhi puntati sul piccolo Junior. Quell’aspetto non faceva altro che montare la sua rabbia.

“Ti odio Dende”pensava intensamente. Un sentimento analogo albergava il cuore del simbionte dentro di lui che con un solo gesto avrebbe voluto cancellare tutti i saiyan, soprattutto quelli puri, che si trovavano in quel momento di fronte.

“Preparatevi a morire per desiderio di Baby-Cargot”pensò il guerriero nella sua interezza. Era giunto il momento di mostrarsi.

 

 

Uscì dalla navicella con studiata lentezza e si mostrò nel fumo con calma, come un bravo scenografo. Voleva incutere paura in quegli esseri che tanto disprezzava.

“Bene, possiamo attaccare…”commentò Vegeta. Sciolse le braccia che teneva conserte e si preparò a partire all’attacco.

“Non dire sciocchezze. Siamo qui solo come aiuto”lo fermò Goku mettendogli una mano sulla spalla. Vegeta si scostò offeso senza mezzi termini.

“Che cosa vuoi dire Kakaroth?”domandò l’altro confuso.

“Ricordati, siamo solo due bambini adesso”sussurrò il più giovane chinando il capo. Il principe dei saiyan rispose con un secco e astioso “tsk”. Non voleva ammettere che l’altro aveva ragione e poco più in là, sentendo quelle parole con le sue particolari orecchie, Junior aveva a sua volta abbassato lo sguardo rabbioso. Per la prima volta, il drago delle sfere invece di aiutarli aveva firmato per loro una lunga condanna.

 

 

“E’ identico a Dende”. La voce di Junior si alzò chiara, dando vita ai pensieri di tutti. Gli occhi malefici saettarono e il guerriero iniziò a gridare inferocito. Il volto si mutò in una maschera di furia. Iniziò a incrementare la sua potenza. Le linee sottili sul viso lo facevano sembrare una creatura mostruosa e il ghigno dai lunghi canini cui si lasciò andare durante quella manifestazione mostrò la sua natura malvagia. Una torre di oscurità, fatti di sentimenti repressi e ire nascoste, sembrò cambiare il cielo sopra di lui, annuvolandolo. Si fermò soddisfatto infine, ad ammirare quei volti improvvisamente pallidi e preoccupati dei guerrieri innanzi a lui.

“Ha un’aura gigantesca”sussurrò Gohan accigliandosi.

“Ci conviene attaccarlo tutti insieme”commentò Mirai, ma rivolto solo ai figli del Son e a Trunks. Avevano fatto male a non chiamare a raccolta tutti i guerrieri. Namecciano o no, aveva ragione lui, non era amichevole. I due più giovani risposero con un assenso all’unisono.

“Buona idea”commentò invece il marito di Videl. Il grido della trasformazione in supersaiyan di vari livelli, secondo la potenza di ognuno, si levò alto.

Partirono all’attacco come un sol uomo, colpendolo da ogni parte. Il namecciano non rispondeva. Si lasciava percuotere, con un sorriso ben poco incoraggiante. Pareva che niente andasse a segno e in nessun modo potessero scalfire quella pelle adamantina.

 

Troppo veloce, non si riusciva a seguirlo con lo sguardo.

“Ora è il mio turno”commentò. Quasi possedesse il teletrasporto, passava da un guerriero a un altro con rapidità. Li colpiva ripetutamente, massacrandoli con facilità. Se cercavano di aiutarsi a vicenda, spediva il corpo della vittima del momento contro il probabile salvatore. In quello che pareva un gioco per il gemello di Dende, una carneficina agli occhi del gruppo.

“Nessuno di voi può sconfiggermi!!! Ho chiesto a Polunga di diventare più forte rispetto a tutti i guerrieri saiyan!!!!!”strepitò quello nella foga, prorompendo nella tipica risata demoniaca dei malvagi. Non una brutta copia com’era stata quella dell’ultimo avversario. A quella rivelazione cadde il silenzio per un attimo e in quel luogo deserto, parve che solo il vento continuasse a levare il suo grido disperato. Come avrebbero mai potuto sconfiggere un avversario simile?

Ugualmente non potevano fare altro che continuare a combattere. Inutile sarebbe stato, anche se tutti i guerrieri si fossero alleati, in quella sfida la sconfitta pareva l’unica possibilità.

Mirai fu raggiunto da un potente pugno in pancia che lo costrinse a piegarsi in due. Gohan tentò di andare in aiuto dell’amico ma Cargot fu più veloce. Un’onda lo prese in pieno. Lucente e potente, gli strappò i vestiti. Con un urlo di dolore, il figlio di Goku si accasciò in terra incosciente.

Junior si avvicinò all’allievo. Era esanime e pallido, respirava a fatica, ma fortunatamente era solo svenuto. Con un grido di battaglia il namecciano in miniatura partì all’attacco.

Nel frattempo il guerriero impossessato da Baby aveva finito di annientare il giovane del futuro. Aveva colpito con precisione capillare ogni più piccolo lembo di corpo, mille ferite si erano aperte su quel fisico e con un’ultima gomitata al collo, lo aveva fatto crollare in avanti incosciente.

Il makankosappo di Junior dall’alto colpì solo l’aria. L’avversario, infatti, gli era già apparso alle spalle. Lo immobilizzò, afferrandogli il capo. Il figlio di Al Satan tentò inutilmente di liberarsi.

“Questo è per Nail e per aver preferito Dende a me”sussurrò il guerriero, iniziando a volare a tutta velocità verso terra, senza liberare Junior. Con un colpo fortissimo gli sbatté il capo in terra. Il piccolo guerriero perse i sensi istantaneamente in un dolore inimmaginabile. Era un miracolo che non fosse morto, ma al contrario di Mirai e Gohan che si sarebbero potuti riprendere da soli da quegli attacchi, il namecciano era ridotto senza forze e gli sarebbe servito almeno un senzu.

Ormai gli altri guerrieri erano in sua balia. Per quanto Goten e Trunks cercassero di collaborare, si vedeva che con loro se la stava prendendo comoda. Il petto dei due ragazzi era ricolmo di paura, come a quel ‘nascondino’ con Broly di quando erano bambini.

Il giovane Trunks si ritrovo quel ‘brutto muso verde’ davanti all’improvviso. Indietreggiò, ma fu preso alla gola. Sollevato, per quanto si agitasse, rischiava solo di consumare aria. Goten tentò di aiutare l’amico, ma la serie di onde e colpi disperati con cui colpiva l’avversario fallivano sistematicamente, sembrava invincibile.

“Lascia stare mio figlio”. Il grido di Vegeta era stato inconfondibile, per quanto l’avesse lanciato quasi contemporaneo di quello della trasformazione in supersaiyan. Inferocito, concentro tutta la sua energia in quel volo. Con la stessa rapidità che Gohan da bambino aveva dimostrato in una testata devastante contro lo zio Radisch per proteggere il padre, andò a sbattere contro il braccio del nemico. L’arto dell’avversario si tranciò, liberando la carotide dell’ormai cianotico Trunks.

Peccato che con quella semplice mossa il guerriero bambino avesse consumato tutte le sue energie. Il braccio di Cargot ricrebbe, lasciando che la sua attenzione fosse calamitata totalmente dal supersaiyan in miniatura. Il viso era lo stesso, l’età la medesima dell’epoca. Il cuore nero pulsante di Baby, una specie di spora gigantesca nel corpo di Cargot, iniziò a pulsare.

“Sua altezza il principe Vegeta”divenne l’unico pensiero, oscuro e ottenebrante. Gli zufuuru avrebbero avuto la loro vendetta, perché le colpe dei padri ricadono sui figli. Il bimbo guerriero non fece in tempo a rimettersi in piedi che fu colpito da un pugno alla pancia che lo immobilizzò a terra. Il saiyan lanciò un grido lancinante, sentendo il corpo devastarsi, bloccato al suolo. Con l’altra mano Cargot iniziò a proseguire la devastazione.

Sia Trunks sia Goten tentarono di intervenire, ma furono spediti lontano, nella medesima direzione, da due onde ben piazzate, lanciate semplicemente con occhi e bocca. Scomparvero dietro una montagna e Cargot si convinse di aver spedito anche loro nel ‘mondo dei sogni’.

Goku non era rimasto certo a guardare. Trasformandosi era partito all’attacco anche lui. Colpiva al viso, ma non riusciva a ottenere alcuna reazione dal guerriero, che pareva divertirsi a vedere il principe sputare sangue.

Il Son, forte del suo aspetto o della rabbia che in quel momento stava afferrando il suo animo, gli tirò forte un’antenna, con il rischio di strappargliela via dal capo.

Il nemico lasciò finalmente andare il martoriato Briefs, per passare a ridurre ai minimi termini l’altro bambino. Con un calcio a spirale al volto se lo staccò di dosso, per poi passare a una serie di ginocchiate nel petto.

Baby-Cargot sorrise nuovamente, in un’ilarità perfida che solo un malvagio i cui piani si stanno realizzando può conoscere. Non poteva sperare di meglio, gli unici due avversari realmente preoccupanti, erano ridotti a due bambini indifesi. Pareva che il caso avesse deciso di collaborare con lui, a scapito dei due guerrieri più forti dell’universo. Un solo colpo e Goku fu raggiunto da un colpo devastante alla schiena. In realtà si era tratta di un’onda d’aura particolarmente potente. Rovinosamente, aveva sbattuto contro il terreno e sotto l’effetto ancora attivo del colpo, aveva scavato un profondo solco. La sua corsa si era arrestata contro un masso due volte più grande di lui. Aveva sentito un dolore lancinante, mentre il capo dai neri capelli a cespuglio cozzava con forza. Gli occhi neri si fecero lontani e una luce bianca, lucida, li coprì come un velo. Non riuscì a rialzarsi, lasciandosi invece ricadere sulle macerie create dall’impatto.

 

Ormai Baby-Cargot aveva tutto il tempo per passare a eliminarli uno a uno.

Una fastidiosa luce si alzò in un tripudio pallido e dorato in una potenza eguagliante la sua torre di oscurità. Da dietro una roccia apparve un guerriero sconosciuto. Assurdamente era composto dalle due auree dei ragazzi sconfitti poco prima.

“Hai detto di ogni saiyan, non di una ‘fusion’ di saiyan. Ti presento Gotenks”commentò il nuovo venuto. Indossava dei pantaloni di tela bianca e una casacca, come quando era bambino e come allora arrivava al terzo livello. Si capiva però, che da allora, non era solo diventato un adolescente, ma anche un guerriero notevolmente più potente e padrone di sé. Avrebbe potuto anche lasciarsi sconfiggere dalla sua stessa voglia di giocare, ma bastò che i due occhi azzurri del guerriero in grado di vivere solo mezz’ora si soffermassero sugli amici e parenti devastati, perché questo non avvenisse.

“Ora che trucco sarebbe questo?”commentò Baby-Cargot, pronto al combattimento.

Continua...


Ringraziamenti:

Vegeta4ever: Come vedi, la miniaturizzazione in sé non gli ha fatto male, ma quello che comporta molto XP. Spero che riuscirai a collegarti presto tesò. ciau

stellina86: Non preoccuparti, come vedi anche io adesso sono in ritardo terribile ^^. Un bacione e se ci riesci fammi sapere.

Luna_07: hihi. Non preoccuparti, non c'è bisogno che ti dilunghi nelle recensioni, mi basta sapere se ti è piaciuto. kiss, tvb.

ka93: e la situazione come vedi peggiora XD. Spero gradira il chappy, baci.

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Capitolo 12
*** Cap.11 L’invasione delle Fusion ***


Cap.11 L’invasione delle Fusion

Ringrazio anche solo chi legge. Scusate se ho fatto passare così tanto tempo, ma non ne ho avuto molto per scrivere hehh.

Spero che il capitolo sia di vostro gradimento ^^.

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Cap.11 L’invasione delle Fusion

 

 

“Ha detto di tutti i saiyan, non di tutte le fusion saiyan. Per di più quasi sicuramente avrà detto di quelli ‘esistenti’ e le fusion non sono creature ancora esistenti, per nascere lo sai che vanno evocate”. Questa era stata la frase esatta che Trunks aveva detto riprendendosi, nascosto dall’immensa roccia. Come ai tempi contro il supersaiyan della leggenda trasformato in un bio-combattente, il glicine prima dei muscoli, tentava di usare il cervello. Goten aveva sorriso, capendo immediatamente il piano dell’amico di sempre.

Gotenks aveva conservato in sé quel ricordo recentissimo che l’aveva portato alla vita. Come dentro di sé conteneva sempre i ricordi di entrambi i componenti.

 

La fusion aveva iniziato subito ad attaccare Baby-Cargot, senza provare pietà. La situazione si era ribaltata istantaneamente. Il namecciano non poteva nulla contro l’avversario. Una a una sperimentò tutte le tecniche che avevano portato alla sconfitta Kid Bu e anche di nuove. A quanto pareva il giovane guerriero non si faceva scrupoli a utilizzare tecniche di altri. Doveva ringraziare che Trunks e Goten fossero stati costretti dal lato paterno della famiglia a continuare gli allenamenti. Non solo la loro forza non si era indebolita nel tempo, ma anzi con quel fisico energico dovuto ai loro prestanti anni, si era duplicata. Sentivano che potevano andare oltre al terzo livello con qualche altro anno di allenamento e quella sferzata di energia e di convinzione rispetto a una loro superiorità, gli permise di ridurre ai minimi termini l’avversario che fino a poco prima li aveva umiliati.

Solo che persino in un combattimento perfetto come quello, non tutte le mosse possono essere parate. Il gemello di Dende potenziato dall’odio, aveva dimostrato di avere qualche ultimo asso nella manica. Ed era riuscito perciò a ferirli. Un taglio profondo si era aperto sulla muscolosa spalla della fusion e il simbionte capì che quello era il momento. Un’alleanza inutile non sarebbe servita a niente. Lui voleva distruggere i saiyan, ma anche piegarli al suo volere come marionette, non sembrava poi un’idea così cattiva.

 

Vegeta e Goku si erano ripresi. L’uno più stordito dell’altro, avevano dimostrato che anche da bambini avevano la testa più dura degli altri e metterli K.O. a lungo era un’impresa. Sentivano il richiamo della battaglia e l’unico modo per tenerli buoni probabilmente era ucciderli, ma su quello, Re Yammer aveva i suoi dubbi accurati.

“I ragazzi lo stanno facendo a pezzi”sussurrò Goku ridacchiando, pulendosi il musetto sporco di sangue.

L’altro ragazzetto rispose con un semplice ‘tsk’. Entrambi facevano finta di non notare le condizioni dell’altro e soprattutto tacevano entrambi il fatto che come sempre in battaglia erano stati propensi a salvarsi la pelle a vicenda.

Il principe dei saiyan si sedette a terra incrociando le braccia e il figlio di Bardack ne seguì l’esempio, iniziando però a lamentarsi e a massaggiarsi il capo lì dove aveva sbattuto.

Nessuno dei due immaginava quello che stava per succedere e lo stesso valeva per Gotenks che convinto della sua superiorità, aveva iniziato a sottovalutare l’avversario. Un difetto che aveva congenito nel sangue e che nemmeno allenandosi per secoli sarebbe riuscito a ovviare.

Sotto gli occhi azzurri del biondo guerriero, accadde l’impensato. Sarebbe dovuto essere felice perché la sua vittoria fu sancita dalla caduta in terra di Cargot. Il suo avversario era crollato, aveva vinto. Peccato che in contemporanea fosse successa una cosa molto diversa. Un’immensa creatura metallica, presa forma di una mano gigantesca, aveva ghermito la fusion.

“Vegeta, che sta succedendo?!!!”domandò gridando il Son. Non si spaventava davanti a niente, ma era sempre stato ben propenso a preoccuparsi se l’incolumità in pericolo era quella dei figli. Salvo poi mandarli a combattere con mostri mille volti più potenti per fiducie infuse che non stavano né cielo, né in Terra.

“Kakaroth, che accidenti vuoi che ne sappia!!!!”gridò in uno stato d’animo simile il saiyan di nobile casata.

Baby s’intrufolò velocemente nella ferita aperta di Gotenks. Sotto gli occhi esterrefatti dei genitori dei due giovani che si erano fusi, la creatura prese possesso del potente guerriero. Strane linee coprirono gli occhi e il viso del guerriero e le iridi scomparvero in una specie di schermata unica che occupò tutto il bulbo oculare.

Baby-Gotenks neanche era nato, che attaccò con un’onda devastante, senza rimorsi o ritegno, i due ragazzetti che saltarono di lato. Fu per puro miracolo che non furono presi in pieno, viste le loro condizioni, a malapena si tenevano in piedi.

“Pensi quello che penso io?”domandò il marito di Chichi, abbassando le sopracciglia, cercando di assumere una serietà che si confaceva a una situazione tanto drammatica. Purtroppo Vegeta aveva capito esattamente cosa frullava nel capo dell’altro adulto trasformato.

“E’ una follia. Non saremmo ugualmente abbastanza forti”mormorò il principe dei saiyan, tenendosi con forza l’addome. Quel colpo l’aveva realmente devastato, ma il suo orgoglio rimordeva troppo per dimostrarlo.

“Tanto vale tentare. Quelli sono i nostri ‘figli’, non possiamo lasciarli in balia di un mostro”ringhiò Goku stringendo i pugni. Non gli interessava la propria condizione fisica, doveva tirare fuori quel mostro dal corpo del suo Goten a tutti i costi.

“Non darmi del pessimista portatore di sfortuna quando si scoprirà che avevo ragione io”commentò il Briefs per poi mettersi in posizione. Rosso in volto, aveva dimenticato quanto fosse umiliante quella tecnica. Non importava che fosse un bambino e non ci fosse nessuno a vedere mentre si metteva in quelle pose una più ridicola dell’altra. Si concentrò sul sorriso demoniaco di Gotenks e rivide una scena del passato. Era un se stesso di molti anni fa. Come sempre in casa sua si stava svolgendo un finimondo. Aveva trovato pace solo nella Gravity Room è lì aveva iniziato ad allenare un Gotenks bambino. Sorrise a ripensare a quel piccolo discolo che da solo era arrivato al terzo livello. Aveva fatto la sua parte, aveva salvato il mondo, ma bastava mezza parola, una minaccia di aver fatto il sederino rosso e obbediva come un bambino solare e allegro. In fondo Gotenks non era né Trunks, né Goten, ma a quella fusion voleva bene quanto al suo glicine e al figlio del rivale a un tempo. No, andava bene anche farsi massacrare, umiliarsi, solo per proteggere quella creatura così pura.

 

In un fenomeno ridotto e quasi tenero, più che spaventoso, avvenne la creazione di una seconda Fusion. Gogeta non era immenso e potente come nella sua prima apparizione. Era più che altro un bambino ‘caruccio’. A farlo notare il povero saiyan nato dalla tecnica, avrebbe perso molto della fiducia che lo caratterizzava. Il volto serio e truce non era più spigoloso e mascolino ma liscio e tutto sommato delicato. I vestitini sembravano quelli di un bambino vestito da carnevale e lo sguardo scuro, incorniciava gli 'occhioni' decisamente troppo grandi e dolci.

Non fu un caso se Baby-Gotenks iniziò a ridergli in faccia senza ritegno.

Il piccolo guerriero si guardò. D’accordo, la fusione era riuscita perfettamente. Non era né la versione grassa e incapace, né quella magra che nemmeno stava in piedi. Peccato che Vegeta avesse avuto ragione. C’erano poche probabilità che la fusion in miniatura riuscisse a vincere. Ugualmente il suo onore prese a rimordere. Non era tipo da lasciarsi prendere in giro tanto facilmente. Raggiunse a sua volta il terzo livello, facendo sì che i capelli divenissero più lunghi di lui e partì all’attacco.

 

Provò un calcio al viso volante, ma fu raggiunto da un pugno all’addome da Baby-Gotenks. Riuscì a evitarlo, appoggiando le manine sulle nocche prima che il colpo arrivasse. Utilizzando una capriola si lanciò verso terra e da lì, dopo aver toccato il suolo, con una capriola si rimise in piedi e tentò una spazzata alle gambe dell’avversario. Baby-Gotenks vide il colpo quasi a rallentatore e spiccò il volo. Dalla posizione di vantaggio, iniziò a lanciare una serie di ki blast dorati. Non erano eccessivamente potenti, ma abbastanza veloci. Gogeta normalmente non avrebbe avuto problemi a schivarli o a distruggerli tutti, ma rallentato dalla trasformazione li stava prendendo tutti in pieno. Lo scontro si prospettava assai svantaggioso per la fusion bambina.

 

 

 

Come prima Baby-Cargot aveva umiliato i suoi avversari, così Baby-Gotenks inizio a distruggere in tutti i sensi, l’avversario. Dopo averlo immobilizzato con i suoi anelli dorati, lo aveva colpito a ripetizione con i fantasmi del Kamikaze-attack. Gli spettri non avevano più la simpatica aria infantile avuta un tempo e sebbene potesse sembrare infantile, vedersi un fantasma esplosivo dal viso truce e un ghigno satanico a poco dal viso, non era certo una bella esperienza.

Non erano passati nemmeno quindici minuti dei trenta concessi alla Fusione, che il giovinetto era già a terra privo di sensi. Ugualmente Gogeta si poté rendere conto di una sgradevolissima notizia. Quando il simbionte entrava in una fusione, questa non si scioglieva più e rimaneva stabile. Non solo si era creato un avversario temibile, ma per Goku e Vegeta si prospettava una terribile situazione. Avrebbero perso per sempre sia Goten, che Trunks e l’unico modo per salvarli, era vincere un combattimento ormai già perso.

 

 

Baby-Gotenks aveva preso in braccio l’avversario, come mille volte avevano fatto i due saiyan con i loro figli quando erano piccoli. Solo che la situazione era, oltre che inversa, anche ben lontana. Nella sua drammaticità era quasi ironica mentre Gotenks, tenendo stretto con una mano il piccolo Gogeta, con l’altra stretta a pugno lo tempestava di colpi. Il corpicino straziato era percosso e tremava, mentre nuove ferite si aprivano a danno della piccola fusion.

Non ci volle molto prima che Gogeta si sciogliesse. Goku e Vegeta si separarono, mentre incoscienti cadevano in terra, debilitati. Il Son a viso in aria, abbandonato, mentre il principe dei saiyan si raggomitolava tenendosi l’addome senza riuscire però a risvegliarsi. I due ‘bambini’ erano in balia dell’avversario.

 

 

Mirai fu il primo ad aprire gli occhi. Con un mugolio, tentò di rialzarsi. Cercò poi con lo sguardo gli altri.

 Il primogenito del saiyan cresciuto sulla Terra aprì gli occhi subito dopo. Gohan, osservò confusamente il glicine del futuro che arrancando si rimetteva in piedi. Ondeggiando, con la testa che scoppiava, ne seguì l’esempio.

“Quello…è Gotenks…”sussurrò il giovane del futuro confuso.

“E’ impazzito per caso?!”gridò invece Gohan, accorgendosi per primo di quello che stava facendo quella fusione. Nessuno dei due poteva sapere che quella trasformazione, controllata da Baby, era andata ben oltre la mezz’ora e finché il simbionte fosse rimasto al suo interno, non si sarebbe potuta mai sciogliere.

Sotto i loro occhi solo la visione dei loro fratelli che massacravano i loro padri con gusto. I due purosangue saiyan rimanevano inerti e incoscienti. Erano raggiunti a turno e si facevano sbalzare e umiliare incapaci anche solo di riprendere conoscenza. I loro corpicini erano straziati in una scena che aveva del triste e del raccapricciante insieme.

Senza saperlo sia Mirai sia Gohan seguirono lo stesso ragionamento che avevano fatto i loro genitori. Anche se per loro si trattava di una novità assoluta, tentarono la Fusion. Il più grande ricordava il rapporto che lo aveva legato al suo maestro e perciò non gli fu difficile trovare una perfetta sincronia con il primogenito dei Son. Dal canto suo il figlio di Goku aveva sempre considerato Mirai una guida e un fratello maggiore, dimostrando che i paradossi temporali esistono, ma non sono sempre una cosa negativa.

Un ennesimo scontro si profilava all’orizzonte.

“Fermati”gridò un’ennesima voce doppia.

“Saresti?”ridacchiò Baby-Gotenks, dando un ultimo calcio al povero Goku incosciente.

“Io sono Gohanks, fratello”rispose l’altra fusion.

“Quanti accidenti di trucchi hanno ancora a disposizione questi maledetti saiyan?”si domandò Baby che cominciava ad averne piene le tasche.

Continua...

Ringraziamenti:

ka93: E si va a 'migliorare' come vedi XD. Anche a me Vegeta in miniatura sembra una cosa bellissima da vedere *_*. Come vedi la Fusion Polunga non l'aveva proprio considerata. Questi draghi non ne fanno una giusta, ma stavolta è stato meglio AHAH. Baci!!!

Vegeta4ever: T.T Se l'è presa con il piccolo Gogetino. Questo è un vero crimine!!! E ovviamente mi riferisco a Baby. E' lui il vero cattivo U_U. Li consolo io ttt gli altri, persino Junior e Goku in miniatura sono tenerini XP. Spero di sentirti presto, tau!

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Capitolo 13
*** Cap.13 I due Vegeta I° parte ***


Cap.13 I due Vegeta I° parte

Scusate per l'immensa assenza, ho avuto davvero moltissimo da fare, ma vedrò di aggiornare più velocemente. Ringrazio anche solo chi legge.

Cap.13 I due Vegeta I° parte

Jr. si sistemò meglio. La caverna non solo era scomoda, ma era anche umida. In fondo si trovava dietro una cascata, non c’era niente da stupirsi. Provò un altro paio di posizioni, scurendo lo sguardo. Le rocce gli stavano segando la schiena e ciò non faceva certo diminuire il suo nervoso.

“Tsk”mormorò seccato stringendo più forte le braccia. Il mondo intero era posseduto, erano rimasti solo lui e May in loro. Baby aveva proprio fatto un buon lavoro, ma non aveva fatto i conti con la cocciutaggine e la bravura nella fuga che solo dei testardi mezzosangue saiyan possono avere. La figlia di Goku tossì, i suoi meravigliosi occhi erano velati dalla stanchezza. Ancora si chiedevano se la loro non fosse stata solo fortuna, ma anche un miracoloso. Si erano ridestati in tempo prima che avvenisse la tragedia. Gohans aveva fatto la stessa fine di Gotenks, era stato posseduto e ora era in lui il Baby originario. Chi lo immaginava che sarebbe diventato il nuovo cattivo, non solo era potente, ma pareva aver fatto esplodere e palesare il lato oscuro che i due saiyan avevano nascosto tutta la vita. Entrambi timidi con le ragazze, facili all’imbarazzo, seri, studiosi, intelligenti, Mirai e Gohan avevano lasciato che nascesse un cattivo con un cattivo gusto da motociclista nel vestire, con una passione insana per le donne portata all’esasperazione più di quella di Genio o Olong, con intelligenza vasta ma prettamente pratica. I ridotti Goku, Vegeta e Piccolo erano stati ancor più fortunati, li aveva teletrasportati via uno dei Kahioshin.

Il primogenito di Vegeta chiuse gli occhi. Gli mancava da impazzire suo padre, nemmeno lui poteva dire quanto. Il loro non era un rapporto idilliaco, entrambi avevano un pessimo carattere, ma di notte era il loro regno. L’ex mercenario di Freezer e il ragazzo dagli intensi occhi azzurri sembravano capirsi solo quando le tenebre calavano.

 

 

Il principe dei saiyan stava seduto a petto nudo davanti alla televisione. Era appena uscito dalla doccia, intorno al collo teneva l’asciugamano bianca ed era ancora un po’ umido. Uno dei rari momenti in cui la casa era finalmente vuota e poteva esserne il padrone. Sentì bussare alla porta, con fare impaziente. Decise che ignorare chiunque fosse era la scelta migliore, dimenticandosi che per una volta non ci sarebbe stata la moglie ad andare ad aprire. Rimaneva tranquillamente seduto immobile ad aspettare e rimase sorpreso quando sentì la porta cadere in terra con un tonfo.

"Fatto"commentò con voce dura il Brief. Il tono di Jr. era quasi sempre gelido, al contrario di quello fin troppo gentile dell’altro.

“E’ la porta di casa nostra”lo rimproverò Mirai, ma era sempre troppo ‘dolce’ nei confronti di quello che gli ricordava il maggiore perso in un futuro disgraziato.

Gli occhi neri dell’adulto si assottigliarono, i suoi movimenti erano impregnati del silenzio di un mercenario. Un passo che pareva ricoperto della polvere del passato, ma ancora letale. Il padre si guardò i figli seccato, rimettendo in piedi la porta per poi sbatterla. Mirai arrossì, ben sapendo che erano nei guai tutti e due.

“Non dovevate rimanere fuori?”domandò quasi ringhiante il più grande.

“Veg, mi dispiace, non ce la faccio a venire. Papà con me ci va pesante quando mi allena. Non so, alle volte penso che sia perché adesso gli assomiglio di più, o forse perché Goten fa il lavativo”. Erano state le esatte parole con cui May gli aveva dato buca, ma Veg ovviamente non lo disse.

“In questo sasso di pianeta non c’è mai niente da fare”commentò invece. Sapeva che quello avrebbe calmato il pare. Il solo ripensare alle mappe spaziali che si era dovuto studiare quando lavorava per Freezer, facevano sudare freddo il genitore tanto da distrarlo totalmente sul discorso precedente.

“Ora non provate a scappare. Vi aspetto nella Gravity Room per allenarvi”. Ringhiò l’uomo, ignorando che fino a quel momento da solo non aveva fatto altro. Mirai sospirò e accompagno il silenziosissimo minore, dovevano entrambi infilarsi le tute di combattimento. Il giovane del futuro non faceva storie solo perché sapeva che a casa lo aspettava una neonata urlante, si limitò ad alzare gli occhi azzurro chiarissimo al cielo.

Sin da fuori si sentivano i rumori tipici di un allenamento ed entrando nella stanza trovarono il genitore già in attività. Vegeta guardava davanti a sé, colpendo più volte un avversario invisibile con calci e pugni a una velocità eccessiva. Non si era rimesso la battle suit e perciò si potevano vedere svettare le impressionanti cicatrici, un centinaio tutte uguali svettavano sulla sua schiena, mentre sul petto ce n'era solo una, ma dal segno di striscio profondo.

Veg inizialmente rimase in silenzio, osservando il genitore come se volesse assorbirne ogni movimento per memorizzarlo.

Per quanto i due giovani migliorassero, l’adulto non era da meno. Però, mentre per Mirai anche solo sfiorare il più grande in combattimento pareva utopia, Veg alle volte si poteva vantare di metterlo parecchio in difficoltà sempre più spesso ma senza mai poter supporre una vittoria.

 Vegeta era così concentrato che andò avanti per una buona ora senza mai fermarsi, quasi che nemmeno respirasse. Si era praticamente dimenticato che li aspettava lì, perciò per un attimo rimase sorpreso di trovarseli lì. Mirai pareva ci fosse rimasto male di essere stato beccato, stare lì a non fare nulla gli andava più che a genio.

“Ti stai facendo silenzioso come un mercenario”. Si complimentò ridacchiando il principe dei saiyan.

“Mirai, se sbadigli vi sento”. Rimproverò invece il più grande che fece una smorfia. Voleva anche lui la considerazione del genitore. In compenso ricevette un pugno del più grande che lo aveva preso in contropiede. Jr. riuscì a scansare riparando dietro Mirai senza alcuno scrupolo.

L’allenamento andò avanti per delle ore, anche perché prima della tarda notte Bulma non era rientrata. Mirai ne aveva approfittato per sparire esausto dopo cena, mentre Trunks era rimasto a dormire da Goten come sempre. C’era invece da stupirsi che a quell’ora, dopo aver ingurgitato tutto ciò che avevano davanti, i due Vegeta se la fossero svignati in giardino per continuare lo scontro. La povera azzurra non sapeva più che cosa fare con loro.

 

 

"Tsk, dovresti andare a dormire". Fu la frase del padre, intento a sistemarsi la buttle suit finalmente.

“Mi sono dimenticato di risponderti prima. Sono semplicemente silenzioso come ogni guerriero dovrebbe essere". Si vedeva che la risposta l’aveva avuta prontissima sin da allora, ma farlo parlare davanti a chiunque che non fosse il genitore, persino i fratelli, era un’impresa titanica.

"E non ho sonno". Aggiunse deciso. Il genitore ghignò.

"Non si dorme perché si ha sonno, perché di solito, quando questo viene, non possiamo dormire"commentò enigmatico.

"Scommetto che vuoi allenarti". Aggiunse. Anche per lui era più facile confrontarsi, era come guardare se stesso, solo gli occhi erano diversi, ma questo lo faceva paradossalmente stare meglio.

"Già"confermò Veg.

"E' l'unico modo per schiarirmi le idee"confessò.

"Uno scambio di tecniche, niente di più semplice. Vediamo quanto resisti"disse il maggiore. Non partì all'attacco immediatamente, lasciò che il giovane facesse la prima mossa. Senza Mirai, l’allenamento diveniva molto più incalzante, l’uomo smetteva di andarci piano insomma. Era continuo, senza pause e sebbene si fosse allenato fino a quel momento, era riposato. Al contrario, dopo mezz'ora il più giovane iniziava a essere stanco. Non distrutto però, in fondo lo aveva allenato sin da piccolo in modo ineccepibile. Accrescendo la soddisfazione paterna che per quanto non detta, era palese. Lo faceva innervosire solo l’espressione strafottente che fin troppe volte il suo ragazzo si lasciava sfuggire, andava bene non ammettere di essere esausto, ma c’era un limite ai modi di fare.

Si fermarono nel momento in cui lo decise il genitore, ben sapendo che altrimenti quell’orgoglioso di suo figlio si sarebbe fatto male veramente. Si appoggiò a un albero a braccia incrociate.

Il figlio si mise lì vicino attendendo quello che succedeva sempre dopo gli scontro: le chiacchierate con suo padre. Erano a strani sfondi filosofici, a dire il vero non sapeva bene che fossero, sua madre gli diceva che semplicemente a furia di prendersi a pugni si friggevano il cervello in quelle ore. In realtà sapeva che suo padre diventava riflessivo perché guardava un lembo di cielo dove c’erano due stelle e tanti anni prima c’era stato anche Vegeta-sei.

"Dimmi solo una cosa. Perché combatti?"chiese il maggiore enigmatico. Le sue aspettative non erano state tradite.

"Perché?"domandò a sua volta, quasi sorpreso.

"Io…". Chiuse gli occhi, come a cercare una risposta.

"Quando lo faccio sto bene"disse.

"E se non lo faccio, ne sento la necessità.  Mi piace, voglio diventare più forte, sempre di più". Ogni volta cercare di rispondere a quei discorsi gli risultava difficile, non era da lui intavolare discussioni e perciò spesso le sue parole all’inizio erano incerte e confuse.

 

“E' un po' difficile da spiegare bene". Sbuffò, pentendosi di non avergli detto semplicemente che lo faceva perché glielo diceva proprio suddetto genitore. Ben sapendo che una bugia così grossa non riusciva a dirgliela.

"Ma sento che se non mi alleno, se non divento abbastanza forte, un giorno mi vedrò sparire tutto da sotto gli occhi". Concluse.

"Hai dato due risposte. La prima è il voler essere il migliore, il più forte, il più potente. Ed è una motivazione che ti entra nelle vene come una droga, ti acceca. Lo so perché mi ha quasi portato alla distruzione". Iniziò a rispondergli Vegeta. Era difficile schiacciare i ricordi di Nameck, molto difficile, era il periodo che gli aveva cambiato la vita, ma ancora ricordava come aveva rischiato tutto.

"La seconda invece è più semplice. Combattere per salvare tutto ciò che ritieni tuo. Ed è la motivazione che spinge quasi tutti lì quelli che combattono per questo sasso. Ha spinto anche me, ma non è meno pericolosa". Aggiunse e stavolta alla mente venne la sua esplosione contro Kid Bu.

"Te ne vengono altre?"domandò nuovamente.

"Io non intendevo che combatto per proteggere delle persone"commentò. In un certo senso lottava anche per May, un po’ meno per i fratelli e per gli altri solo ufficialmente; ma sarebbe stato falso dire che era proprio quello a spingerlo.

"Sento di dover difendere qualcos'altro". Non disse cosa, anche se era chiaro che lo sapeva.

"Altre?"chiese a sua volta.

"Beh, ti sembrerà ridicolo, ma non ci ho mai pensato. Ho iniziato a combattere prima ancora che a camminare, non mi sono mai chiesto perché. Giorno dopo giorno, desideravo solo fare di più". Vegeta alzò gli occhi al cielo, se lo ricordava quel periodo. Nemmeno sapeva camminare, che gli volava per casa, all’epoca era la sua piccola peste suprema.

"Tsk, quando sarai pronto a dirmi qualcosa in più, riprenderemo questo discorso"rispose Vegeta, pulendosi con le mani la battle suit dalla terra di cui si era sporcata. Sapeva quando smettere, se provi troppo a distruggere un guscio, questo si solidifica.

"Ora, se ti va, riprendiamo"concluse con un ghigno di sfida. Il concetto di andare a dormire, era totalmente sfuggito a tutti e due ormai.

"La libertà"disse, improvvisamente. Il padre non aveva insistito e questo lo aveva colpito, perciò continuò.

"E' stupido, infantile, sciocco e quello che ti pare, ma sento di doverla difendere, perché qualcuno la reclamerà". Poi ghignò strafottente.

"Fammi vedere qualcosa d'interessante"sfidò, come se non avesse mai fatto il discorso precedente.

Gli occhi del maggiore si illuminarono intensamente. Non avrebbe potuto dirgli niente di più o niente di meglio. Per la libertà era sempre stato pronto a tutto, persino a perdere se stesso e sapere che scorreva anche nel sangue del figlio, lo esaltava.

"Come vuoi"disse e partì all'attacco trasformandosi in un supersaiyan, un cuore libero, ma esaltato dall’ira che rischia di perdere il controllo, la forma che gli aveva permesso di spazzare via il simbolo della sua schiavitù.

Il giorno dopo, quando una pseudo alba si alzò, i due avevano appena finito.

"E' molto interessante". Il ragazzo ansimava appena, ma solo perché l'orgoglio che aveva nel DNA gli impediva di annaspare come un disperato. Quando suo padre arrivava al secondo livello lo colpiva sempre.

"La prossima volta che combatti, ora che sai la tua motivazione, tirala fuori e sfruttala fino all'ultimo grammo"concluse Vegeta guardando Veg negli occhi.

Lui annuì.

"Però mi piacerebbe t'impegnassi anche durante gli altri allenamenti"osservò.

“Sennò non c'è gusto"si lamentò, mantenendo un tono solo apparentemente pacato.

"Gradirei non farmi vedere a combattere a questi livelli con te"commentò Vegeta.

“Non vorrai farmi uccidere da tua madre”. Scherzò.

"Anzi, direi di smettere per oggi". Aggiunse.

To be continued...

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Capitolo 14
*** Cap. 14 I due Vegeta II° parte ***


Cap. 14 I due Vegeta II° parte

Ringrazio anche solo chi legge.

Cap. 14 I due Vegeta II° parte

La loro era una prassi così consolidata che si ripeteva ogni volta medesima. La notte successiva iniziarono ad allenarsi, come la volta precedente, ma stavolta il principe dei saiyan volle provare delle combinazioni e lo stesso indusse a fare Veg.

In un attimo di pausa, mentre Vegeta senior gli insegnava quanto per un saiyan è importante bere freddo, perché non rischiavano le congestioni come i miseri umani, gli domandò qualcosa di inconsueto, era iniziata l’altra discussione.

"Quanto sai del perdono?"domandò il padre e tra le sue labbra sembrava stonare nemmeno fosse stata una parolaccia, eppure intendeva proprio quella.

"Perdono?"chiese infatti il figlio pensando lo stesse prendendo in giro.

"Sono abbastanza vendicativo, in realtà". Ghignò appena, sapendo che il genitore era come lui su quel punto.

"Non esiste vendetta senza perdono"ribatté quello, con il medesimo tono. Forse riusciva a fare quel discorso proprio per essere vissuto per anni sotto lo stesso tetto di gente che un tempo odiava, come Zarbon o Jeet e a cui alla fine si era affezionato.

"Allora, del vero perdono, cosa sai?"domandò ancora.

Era una domanda difficile, ma quel ragazzo era sveglio.

"Il perdono è questo, ridare fiducia a una persona che ti ha fatto un torto". Continuò a pensarci su, come se quella risposta non gli piacesse.

"Ottima risposta, ma ora se ti va ti voglio raccontare la storia di qualcuno che conosco". Iniziò il maggiore sorseggiando la bibita fresca.

"Ti va?"domandò guardando il cielo nero, ma meno dei suoi occhi adamantini.

"Sì, mi va"assicurò il giovane, curioso.

"Era così ossessionato dalla vendetta, che ne era diventato schiavo. Non pensava ad altro e questo aveva finito per avvelenargli le notti, i sogni. Ogni cosa sapeva di sangue e non respirava nemmeno se non per portare avanti quel suo disegno". Iniziò, giocherellando con la lattina.

"Pensi che sia riuscito ad ottenerla? La storia non è finita, solo per vedere che ne pensi"domandò.

"No"disse, sicuro.

"Chi insegue la vendetta per odio, ne diventa schiavo e alla fine non ci riesce e se ci riesce si ritrova senza un motivo per vivere".

"Esattamente. Il perdono è un’arma di chi lo usa, per quanto amara. Non parlo di risparmiare un mostro e nemmeno che andrò a perdonare Freezer come farebbe Kakaroth. Semplicemente il perdono è una forma di libertà dallo schiavismo dell’odio, il saper dimenticare”concluse. Finì la lattina e la schiacciò completamente.

"Continuiamo"domandò poi riferendosi all'allenamento.

"Non so se riuscirei a perdonare chi mi ha privato della libertà"ammise il ragazzo.

"Sì, continuiamo, magari con qualcosa che mi può servire".

Vegeta sorrise. Capiva cosa intendeva. Le tecniche che mostrò Vegeta al giovane erano parecchio interessanti, facendogli vedere anche cose che non aveva usato mai in battaglia. Tecniche che i proprietari nemmeno sapevano di avergli donato, come avversari sconfitti di altri mondi o la semplice velocità di Thenshinan. E Veg apprendeva. Gli bastava guardare la tecnica una volta, per farla sua.

"Papà, è normale?". Dopo aver spiegato quella sua capacità, lo chiese apparentemente senza intonazione, eppure aveva sempre voluto saperlo. Era normale riuscire ad apprendere tutto solo guardandolo una volta?

"No, non lo è. Dipende dalla persona. E' una caratteristica dei saiyan bambini, ma in alcuni permane per sempre. Te lo posso dire, perché avviene anche a me"rispose il senior, infilando una mano nei capelli scuri come ali di corvo. Il ragazzo annuì, finalmente soddisfatto di aver trovato qualcosa di chiaro in quella faccenda.

"Ieri mi hai detto che il potere acceca"provò ad aprire un discorso, il ragazzo. Per lui non era granché semplice, anzi, sarebbe stato più facile sconfiggere un Super Saiyan di quarantesimo livello che chiacchierare, per quel che lo riguardava. Il padre lo guardò, la luce dei ricordi nei suoi occhi di ossidiana.

"Dammi del tu, se mio figlio non un estraneo, non fare passi indietro invece che avanti"ribatté.

Capiva che era difficile instaurare un discorso, aveva lo stesso problema.

"Come ti senti quando hai tanto potere nelle vene?"domandò.

"Che sensazioni provi?". Andò nello specifico.

"E'…". Il ragazzo cercò le parole, ma non servivano. I suoi occhi, diamanti neri purissimi, danzavano eccitati solo all'idea del potere che scorre nelle vene.

Cancella tutto non è vero? Ti sei mai chiesto se non cancelli anche te? Pensi davvero che sei tu a comandare? Dimmi, nel caso che provassi un energia pura e meravigliosa, vorresti tornare normale? Vorresti davvero smettere di provare quella sensazione?"domandò l'uomo serio.

"No"la risposta fu così immediata, che sembrò quasi che non fosse stato il ragazzo a pronunciarla.

"Non vorrei"si corresse, subito.

"Ma se capissi che sto perdendo me stesso, rinuncerei anche a quello"ammise, come fosse una colpa orribile.

"Non accetterei mai di perdere il controllo delle mie azioni, per nulla al mondo”. Pareva battere in ritirata.

"Ho visto l'esitazione del tuo cuore"disse Vegeta stringendo un pugno con forza. Avevano smesso di duellare e nemmeno se n'erano accorti. Stavano l'uno di fronte all'altro.

"Sai, Kakaroth non sa una cosa…"ammise l’uomo.

Il ragazzo aspettò in silenzio che il padre concludesse la frase. In cuor suo, intanto, si chiedeva se davvero avrebbe saputo rinunciare al potere.

"Una volta mi sono trovato d'innanzi alla vera potenza, non era mia, ma mi stava venendo offerta. Un'energia pura, fluida, che batteva con il mio cuore. Avrei potuto essere il più potente del mio universo, senza limiti, costrizioni. Ne venni accecato come se fosse quella la vera libertà che avevo sempre agognato. Lo sai perché ora sono qui e non ho tradito tutto? Perché non mi sono lasciato trascinare? Non avevo ideali come Kakaroth e sono egoista anche quando penso alle persone per cui morirei”. La sua voce era strana, dolce amara, come se parlasse di un antico peccato e pareva cercare la M del Majin sulla fronte.

Il ragazzo strinse i pugni, come gli fosse stato appena fatto un affronto personale.

"Non è quella la libertà". Quasi urlò. Si sentiva quasi preso in giro.

"La libertà non viene dal potere altrui! Non importa quanto te ne da, non importa se ti offre vendetta, non importa se ti rende invincibile, quella non è  libertà". Sembrava quasi sul punto di battere i piedi, parlava veloce, arrabbiato.

"E' quella che ti guadagni, ogni istante, anche ora. E' quella per cui sudi, sputi sangue, perdi, cadi, ti rialzi e ricominci". Respirò a fondo, calmandosi.

"Io voglio quella!!".

"Esatto. Perché finiresti schiavo di te stesso. E la sai cosa assurda? Gli risposi la stessa cosa". Rise.

“A voce dissi anche che non avrebbe spezzato il mio corpo”. Aggiunse e rivide la faccia demoniaca di Babidy nel corpo di quello che era stato Darbula. Era la prima volta che rideva, eppure si sentiva soddisfatto.

Il ragazzo si sentì decisamente ridicolo. Non era da lui sbottare così, esprimere quello che sentiva in modo così emotivo. Sembrava quasi si aspettasse di essere preso in giro per quella che considerava una debolezza.

"Ricordatelo. Il potere è un fine per raggiungere la libertà, non è liberta. Devi porci un limite anche quando viene da te"lo rassicurò invece Vegeta riprendendo serietà.

"Lo so"assicurò il figlio, riprendendo la calma.

"Desidero il potere. Ma bramo la libertà, e se devo scegliere a una cosa da rinunciare, scelgo di rinunciare al primo". Ora sì che era sicuro di aver fatto una figuraccia, ma ormai era in ballo e tanto valeva ballare. Non tirava indietro la mano dopo aver lanciato il sasso.

"Per difendere la tua libertà, saresti disposto a lottare anche contro chi ti fa sentire libero, solo per liberarlo?"domandò il maggiore. In fondo era la domanda che si poneva sempre, nel caso un giorno battendo la testa Goku si potesse trasformare in Kakaroth.

Il ragazzo inclinò il capo, cercando di comprendere a fondo la domanda.

"Cioè?"chiese, non riuscendo a capire.

"Fai conto che una persona a cui tieni, non fosse più in sé. Ti attaccasse e tu sapessi che l'unico modo per liberarlo è attaccarlo, realmente ci riusciresti?"domandò il maggiore socchiudendo gli occhi in un espressione corrucciata.

"Non so"fu la risposta sincera.

"Non ho scrupoli, di solito, ma con una persona a cui tengo…". Ci pensò.

"Però, lo farei"assicurò.

"Forse ci metterei un po', ma lo farei, perché se tengo a quella persona voglio assolutamente sia in sé". Era la risposta più logica che gli veniva da dare.

Il padre lo guardò cupo.

"Ti auguro di non dover mai scegliere"disse sincero.

"Se qualcuno a cui tengo…"mormorò.

"No. Se Mirai o Trunks non fossero più in sé, mi sentirei un completo idiota, fallito, imbranato"mormorava, con tono pacato, come se cercasse di osservare la situazione da un'altro punto di vista.

"E mi sentirei così idiota da non ricordare nemmeno come si fa un ki blaster. E non riuscirei a difendermi, probabilmente. Anche se poi mi sentirei in colpa a vita li colpirei, per riaverli". Riaprì gli occhi che aveva chiuso. Neutrale, sembrava non aver mai aperto bocca.

"Dovevo chiedertelo"ammise Vegeta.

"Bene, se non hai altre domande…"domandò implicitamente il maggiore.

Il ragazzo provò a parlare, ma il pensiero era così contorto anche nella sua testa, come un fiore che non vuole sbocciare, che si limitò ad un: "Quand'è che farai sul serio?". Il ragazzo sospirò quasi deluso.

"E io che speravo di divertirmi". Aggiunse.

"Inizia a prendermi realmente sul serio e poi vediamo"rispose il maggiore, ricominciando la sfida.

Fino a quel momento si erano basati, per quanto complesse, su mosse fisiche. Quasi ad addestrare i loro corpi a essere le prime spietate macchine, anche se solo per la sconfitta del nemico. Adesso stavano passando alle onde base. Lo stesso Goku, però, a vedere tutte quelle strane tecniche si sarebbe grattato la testa sorpreso. O forse si sarebbe solo infervorato, sentendosi seriamente preso in giro.

“Non posso prenderti sul serio"rispose, tra un colpo e l'altro il ragazzo.

"Non prendo sul serio chi non lo fa a sua volta"specificò.

"Chi ti dice che io stesso mi prenda sul serio?"ribatté l'altro.

 La verità è che le poche volte che aveva veramente sperimentato i suoi poteri, ne era rimasto scottato. Lo stesso Goku non se n'era mai accorto, eppure era quello che lo conosceva meglio. Come mai, aveva dimostrato il potere di controllare la tempesta al loro primo incontro, e si era limitato a usare lo Oozaru anche malamente? Eppure il principe dei saiyan continuava a tenere nascoste le sue potenzialità, strano anzi che con il figlio, si stesse scoprendo un po’ di più, stesse rischiando.

"Ecco una cosa che non soffro"borbottò Veg, come se lo riguardasse personalmente.

"Quando si possiede tanto potere, ma allo stesso tempo si ha timore di usarlo per perdersi". Lo aggiunse solo mentalmente, come se la spiegazione della sua frase fosse scontata e superflua. Gli occhi del maggiore ebbero un guizzo. Nessuno se n'era mai accorto, nemmeno la sua donna. Era davvero tanto simile quel 'moccioso', a lui. Il principe dei saiyan si concentrò.

"Guarda"commentò, sparendo alla vista del giovane per qualche attimo.

Il ragazzo non si mosse, ma era evidente che cercava di seguire i movimenti. Più che quelli fisici, si concentrava sull'aura, eppure intanto si chiedeva cosa avesse spinto il padre a fare una mossa simile. Nello stesso tempo, elaborava una difesa nel caso di attacco. Insomma, mille procedimenti insieme si svolgevano nella sua testa, ma Vegeta non si mostrò. Al suo posto si sentì qualcosa, ma era in una tonalità così bassa che Veg non riuscì a capire. In un battito di ciglia e intorno a lui c'era una fitta rete. Era di un materiale come non ne aveva mai visti. Di un blu intenso ed essenziale, vitale, sarebbe stata bellissima se non fosse stata intorno a lui, così fitta da impedirgli i movimenti.

"E' inutile che ti dimeni, ti faresti male. Prova a distruggerla"lo incoraggiò l'uomo riapparendo.

Pareva diventato un tutt'uno con la notte, come se in essa potesse apparire e svanire.

"Non ho mai pensato di dimenarmi". Fu la risposta, prontissima. Infondo, anche se l'avesse pensato, non l'avrebbe ammesso.

Per quante prove facesse, la rete era ancora lì. Assurdo, nemmeno quel genere di poteri poteva resistere a dei loro simili, o almeno così credeva. Il principe dei saiyan mise una mano su di essa e si trasformò in una semplice sfera di energia.

"La sua specialità è non distruggersi mai, finché il creatore non la richiama"commentò tetro.

Il ragazzo quasi scattò.

"Rimettila"ordinò, perentorio. Vegeta sorrise.

"Non è difficile, una volta che si impara. In realtà nasce come una cosa benevola.

"Te l'ho mostrata per spiegarti un'altra cosa. Mettiamo il caso che io l'avessi creata prima di imparare a richiamarla, per sbaglio, per salvare un amico. E questa fosse finita nelle mani sbagliate? Quante gente pensi che abbia ucciso, senza che io volessi?"domandò.

Gli occhi di Freezer parvero brillare nei suoi ricordi, insieme alle urla di Turles. Gli aveva fatto credere che l'amico fosse morto e quello stupido, in ogni caso, si era fatto ammazzare da Goku, o meglio, da uno dei suoi alberi.

"Centinaia di migliaia"fu la risposta, ancora indignata, del ragazzo. Non gl'interessava se era indistruttibile, non accettava che gli fosse stata tolta la possibilità di provarci fino all'esaurimento. Era un cocciuto cronico, e quella era una sfida al suo orgoglio.

"Esatto"commentò. Non aveva mai ucciso donne e bambini, ma quanti di riflesso c'erano andati di mezzo ugualmente? Quanto sangue bagnava le sue mani per colpa di quegli stupidi poteri?

"Vuoi veramente usarli? Allora prima devi conoscere"commentò il maggiore schiarendosi la voce.

Per poi avvicinarsi e mostrargli il semplice giochetto di base.

"Non mi serve"fu il commento, quasi oltraggiato, del ragazzo.

"Mi è bastato vederla, so già farla"probabilmente se la sarebbe legata al dito in eterno.

Il maggiore rise.

"Cocciuto"commentò.

"Provaci"lo sfidò.

Era un umiliazione e lo sapeva, ma alle volte fanno bene anche quelle. Doveva capire la pericolosità di una cosa simile, ma nel caso la tecnica si fosse ritorta contro il creatore, ci avrebbe pensato lui. Sospirò. Perché cavolo Nappa aveva un potenziale così basso? Come istruttore non era male, ma in quanto a cervello lasciava a desiderare parecchio.

"Non è questione di cocciutaggine"mormorò il ragazzo, quasi a se stesso.

"E' una questione di principio". Aggiunse, mentre si destreggiava a gestire la rete lanciata contro un qualcosa di inanimato, giusto per evitare danni. Gli risultava facile e naturale, come tutto quanto del resto. Non aveva alcun problema, anzi, sembrava quasi divertirsi. Il problema? La tecnica svaniva nel tempo esatto in cui svaniva un ki-blast.

"Ti manca il principio"gli fece notare il padre.

Jr. aveva osservato il giochetto di base, ma, cocciuto, non aveva voluto metterlo in atto. 

"Ma se non lo faccio, non serve"si ricordò. Non era tanto semplice accantonare il suo orgoglio, ma si ricordò che così imparava a non fare il bambino. Quindi, con tanta pazienza, mise in atto tutti i procedimenti.

“So che non dovrei andarci così pesante, ma mi ricordo come reagivo io a un consiglio e devo fargli capire che in quel modo non si fa”pensò il saiyan dal sangue blu.

"E poi più leggero di così si muore"commentò distrattamente il ragazzo, che sapeva esattamente a che conclusione era arrivato il genitore. Ora che si era deciso a fare come aveva detto il padre, la tecnica era perfetta.

Vegeta sorrise. In fondo era semplice. Bastava sentirsi l'oggetto, immedesimarsi in esso, in fondo l'onda veniva da se stessi. Per fare la rete, bastava pensare di abbracciare quel tratto di luogo, che si scorgeva con la vista, ma soprattutto con la mente.

"Ora, ti va di imparare seriamente?"commentò il senior avvicinandosi. Era una domanda esplicita. Lo sai mettere da parte l'orgoglio, per abbastanza tempo per copiare i miei gesti?

"Guarda che non ripeterò due volte". Aggiunse inoltre.

"Una basta"fu la risposta. Era un chiaro sì, di un ragazzo forse orgoglioso ma bramoso d'imparare sempre di più.

Gli insegnò tecniche che Goku avrebbe bollato come 'tradimento assoluto', ma Freezer sarebbe proprio salito su tutte le furie, gli aveva fatto credere di non essere mai riuscito a fargliele entrare in testa. La tecnica per bloccare un avversario, anche in volo, in un campo di forza. Quelle per controllare le rocce, le montagne persino. Non risparmio né acqua, né lava, nemmeno l'aria. Con i movimenti si potevano leggere le menti addirittura, bastava aumentare la lettura dell'aura per stabilire un fugace contatto mentale, era labile come una bolla di sapone.

"Stanco?"chiese a un certo punto il maggiore, sentendo l'aura dell'altro calare. In fondo lo stava tartassando da ore.

"Per nulla"fu la risposta immediata.

“Semplicemente, parlando di contatti mentali, stavo pensando che Goten e Trunks sembravano averne uno e dopo la fusione anche tu e Kakaroth. Mi chiedevo perciò, in cosa consistesse la fusione esattamente”. Aggiunse, spiegando il calo.

"E' una tecnica che ti permette di diventare un'unica persona insieme a un altro guerriero con simile altezza e quasi stesso potere. Ne esistono due, una è inscindibile e si rimane uno in eterno e a seconda delle razze si fa in modo diverso. Io ad esempio, dovrei usare degli orecchini chiamati Potara. L'altra è la metamoru e si attua attraverso una specie di danza. Se non avessi avuto la caratteristica di imparare una tecnica vedendola una volta sola, ovviamente in modo concentrato, molto probabilmente non sarei qui a spiegartele"spiegò. Certo, errori ne aveva fatti, ma quello più per il fatto che lui e Goku non riuscivano a essere coordinati.

"Danza?" fu il commento disgustato del ragazzo. Non sapeva perché, ma s'immaginava a ragione qualcosa di indecoroso.

"No, a dire la verità chiamarla danza è un complimento"ammise tra sé e sé Vegeta.

"Era solo una curiosità". Il ragazzo alzò le spalle, come se la domanda non l'avesse fatta lui.

"Avanti, continua, non dirmi che hai già esaurito le tecniche da insegnarmi". Disse desideroso.

"No, ma sto per mostrartene una, che temo mi giocherà il brutto scherzo di rammollirmi per un po’"commentò il padre prendendo un profondo respiro. Era come l'onda energetica. Tutti potevano impararla e quando ci provava lui, usciva un poco dignitoso puff. Fece una serie di procedimenti e di spiegazioni che Veg si segnò mentalmente velocemente come se fosse stato un calcolatore. Il principe dei saiyan si portò due dita alla fronte sudando e scomparve, per riapparire da tutt'altra parte. Solo che riapparve lui, ma non le sue forze. Gli occhi chiusi e una stanchezza innaturale, per una tecnica che il Son invece conosceva meglio delle sue tasche.

"Teletrasporto?"chiese, Veg. Ne aveva sentito parlare, ma non sapeva si facesse in questo modo.

"Ehi, ci converrebbe smettere, se mia madre non mi trova a letto mi ammazza". La verità era che il padre gli pareva esausto, ma non voleva di certo farglielo notare e ferire quell'orgoglio che sapeva caratterizzare quelli con il suo nome.  Vegeta si pulì il viso. Era uscito del sangue dal naso senza che nessuno l'avesse colpito.

“Tranquillo, tra un po’ starò a bene, mi serve qualche attimo per riprendermi”. Lo tranquillizzò il genitore.

"Ora, questo allenamento non ti piacerà troppo e molto probabilmente ai livelli di Kakaroth su questo punto nessuno ci arriverà mai, ma tieniti pronto"commentò il principe dei saiyan. Sospirò, non che gli andasse più di tanto. Senza mezzi termini afferrò la povera coda di Veg, che per rimando, perse immediatamente le forze.

"Liberati"commentò il maggiore, tenendolo stretto e tenendo ben ferma anche la coda. Quando era toccato a lui, era stato un trauma, ma Radisch era morto perché non sapeva controllarla. Il ragazzo mormorò un mezzo insulto, mentre tentava di dimenarsi. Non si era mai allenato da quel punto di vista, però da bravo testardo continuava a scalciare come un cavallo selvaggio.

Il primogenito di Vegeta continuava a lottare contro la sua stessa natura, che premeva per svenire e mettere fine a quel tormento. Ma lui, testardo, continuava a dimenarsi. E se il padre l'avesse lasciato, si promise che l'avrebbe ammazzato. Voleva farlo da sé. Vegeta non sembrava intenzionato assolutamente. Anzi, se proprio doveva aumentava la stretta.

"Io ci sto andando leggero, tenteranno di staccartela dalla spina dorsale, perché contiene la nostra forza"spiegò anzi.

"E allora vacci pesante". Fu il commento acido del ragazzo, che imperterrito si dimenava e scalciava. Poco ma sicuro, non si sarebbe dato per vinto.

Vegeta sorrise ripensando che di sicuro ai livelli di Nappa, 'pesante', non poteva andarci. Nonostante tutti gli allenamenti, era bastata la stretta del colosso per metterlo k.o., meno male che ora era pronto anche per quello.

"Come vuoi"commentò innaturale e diede uno strappo talmente doloroso, che per un attimo le braccia del più giovane si rilassarono in uno spasmo involontario. Eppure si riprese. Eh no, non si sarebbe dato per vinto, a costo di farsela strappare. Ansimava, come se sentisse solo ora e tutta insieme la stanchezza di quelle due notti d'allenamento senza sosta. Tornò a scalciare, ci mancava poco mordesse anche.

"Controlla il tuo corpo. Ricorda che il dolore non esiste è solo un campanello d'allarme"gli ricordò il maggiore.

"Decisamente assordante come campanello". Non si capiva bene dove trovasse ancora la forza di ribattere. Si fermò, riacquistando il contegno e la calma perdute. Ogni movimento che faceva era una fitta per la sua povera coda e quindi forze in meno, ma deciso cominciò ad attaccare frontalmente, infondo erano così vicini che anche se gli attacchi non erano alla solita potenza dovevano essere comunque parati per non causare danni.

"Devi usare la stessa coda per liberarti"ribatté Vegeta stringendo ancora più forte.

"Sta reagendo benissimo. Io ci ho messo tre giorni per arrivare a quel punto” pensò soddisfatto il genitore. Ci stava tenendo davvero tanto. Il ragazzo all'ulteriore stretta annaspò. No, stava sprecando troppe forze. L'idea di attaccare e costringere quindi chi teneva la coda a lasciarla per difendersi non era poi malvagia, ma si appuntò di ricordarsi che era comunque avventato.  Anche se gli doleva da morire, cominciò a dimenare la coda, roteandola quasi. Quello sì che era decisamente faticoso, contando la stretta.

"Dai che ci riesci. Certo, le nostre code non saranno mai come quella di Kakaroth che prendono vita e salvano il proprietario, ma se ci provi un altro pò ci riesci"pensò Vegeta guardandolo con profonda serietà. Cercando di dimenticare che se la coda di Goku non era di questo tipo, sarebbe rimasto impossessato di Baby e vincitore per sempre, che orrore. Quando sentì la coda sfuggirgli dalle mani ormai sudate, strinse ancora un po’, riducendo il giovane in ginocchio.

"Se resisti ancora un po’. E' fatta"pensò. Cavolo, si stava cominciando a sentire male lui di riflesso.

Il ragazzo, annaspando, fece forza per rimettersi in piedi. Eh no, potevano chiederli tutto, ma in ginocchio non ci restava. Mentre senza forze si rialzava e prendeva aria, quasi stesse soffocando, continuava con più foga a roteare la coda, anche se non ce la faceva più. Un ultimo strattone e la coda fu libera.

"Ce l'hai fatta"mormorò Vegeta soddisfatto.

Ora sarà meglio che tu vada a dormire"aggiunse poi con voce paterna.

Vegeta Jr. quasi perse l'equilibrio, ormai esausto.  Orgoglioso, riuscì a tenersi in piedi anche se sembrava essere uscito dallo scontro con l'essere più potente dell'universo.

"Figurati"fu il suo commento sfinito, ma pieno di soddisfazione per essersi dimostrato forte davanti al genitore.

"Posso reggere il doppio". Aggiunse, deciso. Non  era sua intenzione stancarsi per 'così poco'. Se fosse capitato in battaglia, nessun avversario gli avrebbe dato il tempo di riposare.

"Vedrai che da ora in poi, potranno anche calpestarla la tua coda, non sentirai più niente. C'è solo un nemico che dovrà temere"disse l'uomo e sembrava serio, si, ma il suo sguardo per niente.

“Ah sì?"chiese il figlio.

"Se mai avrai una donna tua, tieni la tua coda lontana da lei a costo della vita; se non vuoi ritrovarti a farle le fusa"commentò quello, mentre sul palmo appariva una venuzza.

"Sopratutto, non dire a nessuno che succede". Aggiunse. Ci mancava che Bulma lo scoprisse dopo tutta una vita che glielo teneva nascosto. Il ragazzo si trattenne dallo scoppiare a ridere, non si capì bene se per rispetto o per stanchezza.

"Me lo ricorderò"promise.  Prese un altro paio di respiri. Cominciava a sentirsi meglio.

"Comunque, vogliamo andare avanti o no? Io non sono stanco". Non si meravigliò al colpo che gli tirò al collo il padre amichevolmente, come rimprovero.

"Domani avremo modo di continuare. Sta vai a letto, questo 'vecchio' vuole rimanere solo"commentò Vegeta.

To be continued...

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Capitolo 15
*** cap.15 I due Vegeta III° parte ***


Cap.15 I due Vegeta III° parte

Cap.15 I due Vegeta III° parte

Per poi allontanarsi e andarsi a sedere in una collinetta poco più in là. Pareva dovesse solo fissare il cielo. Il ragazzo, decisamente, ignorò l'ordine. Rimase lì. Non per spiarlo, ma osservandolo soltanto, come se stesse cercando di risolvere il mistero della creazione dell'Universo. Una goccia cadde in terra silenziosa. Una, dopo l'altra, si trasformo in pochissimo tempo in uno scrosciare continuo. Cadeva come se il cielo stesso stesse dando il suo meglio. Un leggero sorriso increspò il volto del ragazzo. Si allontanò dalla finestra, come a dichiarare a chi li guardava che lo spettacolo era finito. Appena abbastanza lontano, sollevò il capo, lasciando che la pioggia lo bagnasse, scorrendo come quelle lacrime che il suo orgoglio non avrebbe mai versato. Non lo sapeva, ma anche il padre anni addietro aveva compiuto quel gesto. Il principe dei saiyan sorrise.

"Lo sai perché piove? Sonnambulo". Lo prese in giro.

"Piove quando qualcuno che non può piangere desidera uno sfogo"fu la risposta, serissima, del ragazzo. Ovviamente conosceva i fenomeni che scatenavano la pioggia, ma quella versione la preferiva di gran lunga. Vegeta ghignò appena e il ragazzo proseguì.

"Da sollievo a molti"rispose.

"Forse non quanto un pianto vero, anche se non posso saperlo, ma comunque sollievo". Che strano, non avrebbe mai pensato di fare certi discorsi.

"Non tutte le lacrime ti liberano"commentò Vegeta senior.

"Invece questa pioggia mi illude ci possa essere redenzione per chi non la merita. Dopo uno scontro, la pioggia lava sempre il sangue". Aggiunse, il più grande, respirando piano.

"Non lo leva dalle mani di chi ha ucciso". Sussurrò il minore.

Il padre fece una smorfia. Parlando ebbe la voce roca: “Uccidere è come lanciare un sasso in un lago. Apparentemente l'acqua poi si cheta e i cerchi in essa svaniscono, ma ormai quel sasso rimane lì. Non lo toglierai, ma parlandone forse, lo vedrai per quello che è realmente"commentò il principe dei saiyan.

“Tu non me ne hai mai parlato papà”sussurrò il figlio chinando il capo.

“Nemmeno tu”commentò il genitore, dimostrandogli che sapeva delle perdite di controllo del figlio, anche se la cosa gli doleva paradossalmente. Il ragazzo lo guardò intensamente, era un argomento delicato che non aveva mai trattato e sinceramente non era sicuro di riuscire e sapeva che anche il genitore non sapeva se negarsi per la propria salvaguardia o esporsi per il bene del giovane. Alla fine il senior si decise a paròare-

"Ufficialmente la prima volta fu un animale. Mi lasciarono da solo, nel deserto di Vegeta-sei. La conosci la procedura per i primogeniti della casata reale. Era un lupo e, guarda la fortuna, un lupo sacro. Portai la zanna a mio padre, ma in realtà nonostante quello che dicevano, non fu quella la prima volta”sussurrò con aria cupa.

Il principe dei saiyan riprese fiato, era complicato.

"La prima volta che ho ucciso avevo circa due anni"lo disse con calma, quasi per cercare di alleggerire l'atmosfera. Aveva capito che per il padre era difficile. L'uomo adulto sorrise amaramente. Aveva la stessa età, ma per motivi diversi. Si chiese se continuare, facendo passo passo con il giovane, non sapeva. In fondo si era sempre tenuto tutto dentro.

"La prima volta era una giornata uggiosa, erano rare su Vegeta-sei, avevamo ben due soli. Mio padre entrò nella mia gabbia dorata e mi portò con sé. Chissà che mi aspettavo"sputò amaramente.

"Mi condusse alla prigioni e mi mostrò una giovane donna dai tratti stupendi". Respirò, cercando di trovare il coraggio.

“Ti chiese di ucciderlo”sussurrò il giovane, sua madre gli aveva detto spesso che suo nonno era un tipo spregevole di nascosto al padre. Non che Vegeta senior ne parlasse persino con l’azzurra, ma la donna si era fatta un’idea dalle poche che erano sfuggite al marito.

Il più grande annuì lentamente.

“Ed io obbedii, per ammirazione, per affetto, perché non avevo altra scelta, o per orgoglio. Fatto sta che mi chiesi: "La colpa è uguale se obbedisci a un ordine?”. Rimasi lì, seduto accanto al corpo non so per quante ore.

Non era ancora la mia prima battaglia, fu facile, un colpo e via. Ebbi modo di riflettere…"commentò. Soppesando o meno se concludere.

Il ragazzo era in silenzio e aspettava paziente, ascoltando ogni parola. Non pretendeva certo che il padre andasse avanti se non voleva, ma restava comunque in silenzio, per fargli capire che lui non l'avrebbe di certo giudicato. Vegeta gliene fu grato.

"Non ho idea di cosa stessi aspettando, ricordo solo che allora indossavo una battle-suit bianca e più il tempo passava, più diventava rossa, assumendo il colore di quel sangue. Fino a che arrivò mia madre. Non ricordo bene come ci finimmo, mi ricordo solo che mi fece il bagno. Ne mio ultimo ricordo ero in silenzio e lei che inutilmente tentava di consolarmi, non a parole, solo con la presenza, pettinandomi i capelli. Ricordo solo l'acqua intorno a me, ma non erano le mie lacrime, nemmeno era pioggia, solo l’acqua nella vasca"concluse strofinando la punta di un dito con un altro. Era ufficiale, si sentiva un emerito idiota.

“Io e Trunks ci eravamo nascosti nella navicella. La facemmo partire, mio fratello scese per avvertire Mirai, senza sapere che quella si sarebbe alzata lasciandolo a terra. Il fratellone non giunse in tempo, mi sono sentito abbandonato sul pianeta in cui sono finito. Mi sono sentito come se tutti si fossero scordati di me" disse all'improvviso Veg. Aveva promesso anni prima che non lo avrebbe mai detto al genitore, ma sarebbe rimasto un segreto con suo padre. Vegeta non lo guardò direttamente, ma si fece attento. Sospese ogni giudizio, ogni pensiero, ascoltando semplicemente.

"Puoi tranquillamente commentare"lo invitò invece il figlio.

Vegeta si schiarì la gola. Quando era diventata così secca non lo ricordava, forse semplicemente non se n'era accorto.

"Non ti dirò buono, cattivo, giusto, sbagliato. Persino Kakaroth, che tutti definiscono il bene, ha ucciso la persona che più amava al mondo e a tutt'oggi lo sento gridare la , nei sogni. Il bene e il male dipendono dagli occhi di chi le rende tali…". Iniziò Vegeta. Lui sapeva invece che l’amico dell’altro saiyan era come il suo, solo che lo celava meglio, ma erano più identici di quanto la gente potesse anche solo capire.

"Ti dirò solo di non diventare mai uno stupido, come me. Uccidere non porta a niente, né soddisfazione, né appagamento. Il sangue non spezza le tue catene, ma ti soffoca. Ti chiedo solo una cosa…”. Era difficile fare una richiesta, non era un ordine, ma nemmeno una supplica, ma non faceva parte nemmeno dei consigli.

"Dimmi"lo invitò, pacatamente il figlio. Cercava di renderla più facile, anche se per lui era complicato.

"Pensa sempre che al suo posto potresti esserci tu"concluse. Non poteva chiedergli di non uccidere o di raggirare il suo orgoglio con codardia. Anche se gli doleva dire quelle parole, in fondo Goku si divertiva semplicemente a massacrare il nemico umiliandolo invece di rompergli l’osso del collo, forse si poteva arrivare a un compromesso come quello. Il ragazzo ci pensò un po' su, poi annuì.

"Non lo faccio spesso, infatti"ammise Jr.

"Mi è capitato raramente, solo quando raggiungo il limite. Aggiunse, sua madre non avrebbe gradito scoprirlo.

"Bene, ora fai quello che vuoi. Io ci vado veramente a letto"concluse Vegeta, smettendo di fissare con intensità un pezzetto di cielo. Più che altro quelle frasi, gli erano costate più di una  di allenamenti.

"Buona notte"lo salutò il figlio. Lui avrebbe continuato ad allenarsi, gli si leggeva in faccia.

"Gioventù"commentò Vegeta sorridendo.

Il figlio fece una smorfia.

“Non mi hai mai fatto vedere dove tu e Goku vi siete sfidati la prima volta”. Si impuntò il minore e da bravo figlio curioso, continuò finché il padre non si fu convinto.

“Però dopo andiamo a letto”. Lo ammonì per poi condurcelo in volo, Jr. aveva un ghigno soddisfatto lungo venti metri.

Il deserto di notte era sicuramente più suggestivo.

“Tua madre mi ucciderà per colpa tua una di queste volte”si lamentò l’uomo atterrando seguito a ruoto da Jr. che si guardava intorno interessato.

“Mi dici come ti hanno battuto? Che imbroglio hanno usato?”fu la domanda del giovane. Fu ben strano che Veget non gli urlasse come minimo addosso o attaccasse solo per averlo detto. Dal canto suo il figlio si aspettava anche di peggio.

"Tu combatti e io te lo dico"lo sfidò invece il senior mettendosi in posizione di combattimento.

"Volentieri". Veg sorrise, sapeva che il sangue saiyan del padre non avrebbe potuto rifiutarsi dal combattere proprio in quel luogo.

Lo scontro si rivelò interessante. Il genitore gli mostrò una serie di trucchi e di astuzie da usare in combattimento. Niente di sleale, ma di quelle regole che solo con l'esperienza si potevano acquisire. Con un po’ di furbizia riusciva a mettere in confusione l'avversario, evitando o attaccando in modi insoliti. Quando Veg cominciò a seguire quel medesimo ritmo, inventandosi nuove combinazioni, lo scontro cambiò. Vegeta iniziò ad ammantarsi della notte stessa, come se fosse la sua dimora naturale. Divenne invisibile e silenzioso. Un assassino perfetto e imprevedibile, un mercenario cresciuto nello spazio tanto da rendere l'ombra la sua realtà.

Ci vollero due ore piene prima che Veg potesse iniziare a muoversi veramente in quel nuovo elemento, come un pesce che impara a camminare, ma ci riesce diventando anfibio. Il principe dei saiyan lo guidava come si guiderebbe un cieco, coprendolo con il suo stesso manto di tenebra. Alla fine, fu l'adulto a interrompere.

"Per questa  basta"disse semplicemente, riapparendo.

"Va bene". Veg annuì, mentre i suoi occhi danzavano eccitati da tutte quelle nuove scoperte.  Se fosse stato per lui, non avrebbe mai smesso.

L'alba quasi li scoprì colpevoli, ma rientrarono prima che Bulma li scoprisse fuori.

To be continued...

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Capitolo 16
*** Cap16. Dall'altro Vegeta I° parte ***


Cap16. Dall'altro Vegeta I° parte

Ringrazio anche solo chi legge. Non ho potuto pubblicare prima perché sono stata senza internet negli ultimi mesi -.-'. E' una cosa che odio dover seguire linee inesistenti con chiavette che funzionano solo se si ricordano, ma non sono qui per lamentarmi XD.

Per chi stesse aspettando 'FALLEN MOON' sappia che forse tenterò di partecipare a dei contest con i suoi capitoli e questosarà motivo di altri ritardi, ma non temete, non mi sono scordata le mie storie ^_^ 

Cap16. Dall'altro Vegeta I° parte

Da tutt’altra parte dell’universo un bambino dagli occhi di un nero più intenso di quello dello spazio siderale, stava seduto su una roccia pensando la medesima cosa. I suoi capelli sparati in alto in modo tale da ricordare una fiamma lasciavano sfuggire un paio di ciuffi che gli ricadevano sulla fronte spaziosa, facendogli avere una frangetta di cui non c’era ricordo nella sua età più adulta. Vegeta stava pensando le stesse cose del figlio, pur non essendosi minimamente ridotto. Si trovava con Goku su uno strano pianeta con un centinaio di lune, terreni più resistenti e colori leggermente alterati. Più che un mondo alieno, pareva un parco giochi un po’ scialbo ai suoi occhi. I Kahioshin li avevano salvati teletrasportandoli lì e ora tutti insieme, in un modo che a Vegeta ricordava un pollaio chiassoso, stavano cercando di venire fuori dalla situazione. Goku era in mezzo a loro. Il moro sbuffò ignorando l’infantilismo ebete che sapeva avere Kakaroth, ben sapendo invece che quello lo scemo lo faceva apposta e mica lo era davvero. Decisamente preferì concentrarsi di più sui suoi ricordi, tanto per lasciar scorrere il tempo.

 

 

Il ragazzo il giorno dopo si stava allenando come sempre in maniera intensiva. Ugualmente contava le ore, interiormente, che lo separavano dai discorsi con il padre.

Forse fu per quello che si presentò prima del solito, mangiando ancor più velocemente, cosa che pareva impossibile quando si parlava dei saiyan.

"Sei in anticipo"fece infatti notare il padre, senza però stupirsene più di tanto.

“Visto che non sei entrato a cenare, mamma ha cucinato di meno”. Cercò una scusa il ragazzo, ricevendo un segno del capo da parte del genitore che pareva non avere difficoltà a crederci. L’adulto continuò ad allenarsi per fatti suoi e solo dopo un’oretta iniziò a duellare con il figlio. Non si fermarono finché non furono totalmente ricoperti di sudore, con i capelli fuori posto e i vestiti a brandelli.

Vegeta diede lo stop dopo aver preso un respiro profondo. Non era dignitoso per lui ammetterlo, ma se si combinavano peggio di quel modo Bulma lo avrebbe ucciso. Era meglio non tirare troppo la corda con sua moglie.

"Bene ragazzo, direi che per questa sera, può bastare"disse invece con il suo solito modo di fare. Scese dalla roccia su cui era salito per interrompere l’allenamento, ma in fondo anche perché combatteva meglio dall’alto, riusciva a tirare meglio i calci tra le altre cose.

"Ho sentito dire che tu e Mirai avete fatto una strana discussione tempo fa"disse. Il sentito dire significava solo che il glicine con il nonno la bocca chiusa non riusciva a tenerla.

“Non è una cosa normale per i tuoi canoni”. Aggiunse l’uomo per spiegare il fatto che ne fosse rimasto sorpreso.

"Ah, perché, da noi succede mai qualcosa di normale?"domandò, ironico, il giovane. Non gli si poteva dare torto

"Ti posso assicurare, che se hai come conoscente Kakaroth, le cose più assurde diventano la normalità"ribatté il maggiore ironico, mentre il Son dovette scostarsi un attimo da Chichi perché gli fischiavano stranamente le orecchie.

"Ci siamo fatti una chiacchierata"disse il ragazzo, ma non ricordava molto bene. In realtà faceva più parlare il fratello maggiore.

L’uomo sperò che non gli facesse domanda sui fratelli. Lui non era esattamente molto bravo in quel senso e bastava vedere che pessimo maggiore era nei confronti di Tarble. Inoltre aveva esperienza strane di fratelli in generale. Radisch, Kakaroth e Turles erano l’esempio dell’assurdità e c17 e c18 era meglio non pensarli proprio.

“Più che altro parlavamo del fatto che io metto barriere ai miei poteri, al contrario lui cerca di diventare sempre più forte distruggendo quelle che gli pone davanti la natura. Ed è anche il punto più interessante”disse il giovane facendo tirare un sospiro di sollievo al genitore.

“Se chiudi gli occhi cosa vedi?”chiese quest’ultimo.

"Tsk, quale delle due ti è sembrata la più insulsa?"domandò il maggiore, ma nei suoi occhi si leggeva una domanda chiara e tonda. Era il suo modo per far intendere, che era lì per spiegare quella che l'aveva lasciata più confuso, senza offendere il più giovane.

“Beh, capire perché Trunks parla di barriere quando tu non lo hai mai fatto”rispose prontamente il figlio, anche se era difficile come sempre inoltrarsi in quei discorsi. Il più grande non tardò a chiedergli:"Se chiudi gli occhi cosa vedi?"chiese il maggiore al ragazzo.

"Con gli occhi chiusi? Nero, ovviamente". Eppure, quella risposta tanto normale, gli suonava….beh, 'troppo' normale. Era una legge della fisica: se chiudi gli occhi, non vedi nulla.

"Come un tunnel, in cui cammini verso una luce bianca anche se sai che non la raggiungi”.

"Bene"commentò il maggiore. Lui aveva avuto bisogno degli incubi da ragazzo per vedere quel fenomeno; mentre quel ragazzo lo vedeva sempre.

"Pensi che ci sia un limite arrivati a quella luce bianca o la strada per raggiungerla sia infinita?"domandò.

"Infinita"lo disse senza ombra di dubbio. "E anche se non lo fosse, se si potesse raggiungere, dopo ci sarebbe l'infinito".

"E' tutto lì il punto. Non importa se realmente il vuoto dei tuoi poteri è infinito o puoi aumentare ancora. Se raggiungessi quel massimo, sarebbe più un infinito. Capisci?"domandò sentendosi come un animale simbolo. Faceva strano parlare in quel modo, ma non era un enigma, era la verità.

Il ragazzo non rispose subito, ci pensò su un attimo. Non voleva dire di aver capito, se così non era.

"Sì" assicurò, alla fine

"Dimmi un'ultima cosa…"fece come ultima domanda. "L'idea di non avere limiti, di avere un destino totalmente aperto, di essere circondato solo da questa nera  ti spaventa?"chiese.

Per un secondo, l'idea di non rispondere sfiorò la mente del ragazzo. Gli sembrava una domanda di quelle fatte apposta per imbarazzarlo. "L'idea di essere circondato solo dalla  non mi spaventa"cominciò dalla più semplice. "Infondo, il 'mio' vuoto vi somiglia molto". Aggiunse. "Di avere un destino totalmente aperto, ne sono lieto. Anche se forse scegliere da soli è più difficile, potrò dire di aver scelto io"ora c'era quell'ultimo punto, più spinoso. "L'idea di non avere limiti…". Non finì la frase. "Ti ricordi che ti dissi, che non sopportavo chi ha paura di mostrare la propria potenza?"chiese. Sì, quell'ultimo punto era decisamente troppo complicato. Il re dei saiyan annuì, ma non c'era giudizio in lui, anzi voleva che il ragazzo non si facesse alcun problema a parlare. In fin dei conti, aveva imparato a sue spese, che alcune cose andavano dette. In ogni caso, Veg non sapeva di avergli fatto un complimento, perché il vuoto faceva veramente parte anche di lui.

"Beh, mi riferivo anche a me stesso". Abbassò un attimo lo sguardo, imbarazzato. "Qualcuno più intelligente ne avrebbe usufruito senza limiti, di quell'infinito. Ma, io, non volevo e non voglio prendermelo così. Quindi, ho costruito da me barriere per ricordarmi di non andare oltre un certo limite". Scosse il capo e rialzò gli occhi d'onice, fissando quelli ossidiana dello zio. C'era il lieve timore di un giudizio negativo, negl'occhi del giovane.

"Quella non è intelligenza, quella è follia. Fidati"commentò Vegeta. C'era qualcosa nel suo sguardo, come se si riferisse a qualcosa in particolare, ma bastò un battito di ciglia perché in quegli occhi di ossidiana si lesse solo ammirazione e, in quel gelo, in modo ben celato, affetto per il giovane che gli stava di fronte.

"Certe volte mi sembra una scelta stupida"ammise. "Chi me l'ha fatto fare di costruirmi limiti, se per natura sono nato senza?"si chiese. Sembrava una filastrocca imparata a memoria. "E la risposta era sempre la stessa, sarà sempre quella”. Il sorriso di un bambino biricchino, che fa una domanda della quale conosce già la risposta, gli ornò le labbra per un po'.

"Non domandarmi cose di cui conosci la risposta"sembrò dire lo sguardo di Vegeta, contento di vedere che il giovane alla fine si era lasciato andare almeno a un sorriso.

Stavano per ricominciare ad allenarsi in un combattimento più tranquillo quando un terzo incomodo, meglio conosciuto come Son Goku o per gli altri saiyan Kakaroth, apparve dal nulla.

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Capitolo 17
*** Cap.17 Jr. vs Baby-Gohanks ***


neko 3132 Ringrazio anche solo chi legge. E' davvero da tanto che non aggiorno, ma tra crisi dello scrittore, le altre storie che seguo, l'università non ho avuto tempo e modo. Certo, potrei stare qui a scusarmi per ore e a voi non interesserebbe, spero solo vi possa piacere il piccolo capitolo.



Cap.17 Jr. vs Baby-Gohanks

Baby Gohanks appoggiò la testa contro lo schienale del trono dietro di lui. Strofinò il capo contro il cuscino rosso morbido e sorrise. Sciolse le braccia incrociate, assottigliò gli occhi e osservò Goten dare un calcio al cane blu davanti a lui. Il re spodestato uggiolò e ricadde all’indietro. Fu raggiunto da un calcio al fianco di Trunks.

-Non avrei mai pensato di impadronirmi di un corpo così … meraviglioso. E’ posso far durare questa fusione in eterno!- pensò. Si leccò le labbra e ticchettò su bracciolo in legno con l’indice. Gonfiò il petto e rabbrividì. Abbassò il capo e osservò Videl strusciarsi contro la gamba. Il ventre piatto si fletteva, spingeva il bacino in avanti. Le perline del suo top dorato da odalisca ondeggiando tintinnavano e il velo che le copriva il viso mostrava solo gli intensi occhi azzurri. La fusion ridacchiò e si voltò verso l’altra gamba. Mirai Bulma gli accarezza la scarpa con la mano, stava sdraiata su un fianco e teneva le gambe accavallate. I corti capelli azzurri le ricadevano di lato, ma un ciuffetto era finito sulle labbra rosse e carnose. Gohanks alzò il capo e si girò. Chichi gli stava accarezzando la spalla e i suoi lunghi capelli neri strofinavano con la giacca di pelle nera che il giovane indossava. Mary gli soffiò nell’orecchio e lui rabbrividì. Si girò verso la porta sentendola sbattere. Una serie di passi pesanti rimbombarono nel salone. Baby-Gohanks vide avanzare Nappa, dal petto in su era coperto da un’ombra. Il saiyan gigantesco dimenò la coda e lo si sentì deglutire.

“Guardi così abbiamo catturato …” sussurrò.

-Che strano comportamento, pare che il prigioniero lo spaventi- rifletté il saiyan posseduto da Baby. Schioccò le dita e una serie di luci si accesero illuminando di rosso la stanza. Si alzò i guanti senza dita di pelle che indossava e si sporse verso sinistra. Afferrò il manico di una lunga catena legato al grosso pomello del bracciolo in legno e se lo legò intorno al polso. Sentì la catena strattonare una serie di urli. Intravide il turbante di Junior volare e si sentì uno strillo femminile. I passi di Nappa si fermarono e si sentirono dei passi meno rumorosi e più veloci. La fusion si voltò e si trovò gli occhi azzurri di Vegeta Jr. a fissarlo.

“Tu qui??” domandò rendendo la voce gutturale Baby-Gohanks.

“Mi sono ricordato di un insegnamento che mi venne dato negli anni. Perciò se speri di possedermi, perderai tempo e lo stesso varrà per me” disse con voce roca Jr. Socchiuse gli occhi, si fermò e incrociò le braccia. Baby-Gohan ridacchiò.

“E perché mai sei venuto?” domandò. Si sentì un altro strillo e spostò la mano sentendo qualcosa che lo mordeva al polso.

“Ho sentito l’aura di May. La rivoglio indietro” sancì il figlio di Vegeta.

“Tirami fuori da questa gabbia di matti!” strillò una voce femminile. Veg ghignò, sporse di lato il capo e osservò la mora scalciare. La vide mordere le catene e tentare di colpire al viso con un calcio il rapitore.

-L’aura non mi ha ingannato, ma tanto valeva seguire gli strilli – pensò.

“Bellezze, spostatevi …” sussurrò Baby-Gohanks. Mise i piedi a terra, si diede la spinta e si alzò in piedi. Scese un paio di gradini e diede una serie di strattoni per tirarsi dietro la figlia di Goku.

“Lasciami andare s**onzo!” ululò la ragazza. Afferrò la scarpa con il tacco e la lanciò contro la fusion colpendolo alla schiena.

“Mi dispiace, ma non credo di volerti lasciare la boccuccia di rosa della tua fidanzata

“Non è la mia fidanzata” disse indurendo il tono Jr.

“Non sono la sua fidanzata!” ringhiò May. Lanciò la seconda scarpa verso Goten. “Siamo gemelli animale! Rinsavisci!” strepitò. Gli occhi le pizzicavano e le iridi erano verdi scuro con sprazzi nere, languide.

Baby-Gohanks si legò intorno al polso il manico della catena e si portò entrambe le mani alla fronte, con un palmo sopra l’altro.

“Masenko!” urlò. Jr. venne colpito in pieno dall’onda, l’esplosione lo fece volare all’indietro. May gridò e il ragazzo s’incastrò nella parete sbattendo il capo. Un rivolo di sangue gli scese lungo i capelli neri e sentì le ossa della schiena scricchiolare. Chiuse gli occhi, fece una smorfia e abbatté il muro e la porta con un incremento d’aria. Si rialzò in piedi e avanzò. Ghignò e riaprì gli occhi, le iridi azzurre gli brillarono. Attivò l’aura e il Bukujutsu, volò a tutta velocità verso l’avversario. La Fusion fece una smorfia e con un braccio si parò dal pugno e con l’altro raggiunse il nemico con un pugno al viso. Il Briefs volò all’indietro e strisciò con la schiena lungo il pavimento con un sibilo. Baby-Gohan lo osservò rialzarsi.

“Odio i cocciuti come te, ti ridurrò a pezzi” sibilò. Jr. ridacchiò.

“Che frase nuova …” sussurrò ironico.


CONTINUA ...

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Capitolo 18
*** cap.18 il ssj4 ***


cap.18 tainted dragon

Scusate il terribile ritardo, ma non avevo il coraggio di pubblicare questo capitolo.

Ringrazio vivamente anche solo chi legge, sperando di non rovinavi la giornata XD.

Cap. 18 Il supersaiyan 4

Baby-Gohanks si leccò il labbro, piegò il capo e ghignò.

“Questa però è nuova” sussurrò. Si voltò, raggiunse May e l’afferrò per il collo premendo le labbra su quella della giovane. Gli occhi di Jr. da azzurri si tinsero di nero. Gettò indietro la testa e ululò di rabbia. La fusion si staccò dalla giovane, si voltò e indietreggiò. Il giovane fu circondato da un alone rossastro, i capelli a fiamma gli tremarono. I vestiti si strapparono, l’aura s’incremento investendo le persone all’interno. Vibrò e si stabilizzò, la Fusion si coprì il viso con un braccio. Sentì il corpo formicolare, un rivolo di sangue gli colò dal naso e le orecchie gli fischiarono. Si sentirono una serie di tonfi, May fu l’ultima a crollare priva di sensi.

pensò. Il giovane s’inginocchiò, spalancò la bocca e i denti gli si allungarono. Sgranò gli occhi e ruggì con il verso di un Oozaru. Dimenò la coda, la pelle pallida gli si ricoprì di peluria rossastra. Si diede la spinta, si alzò in piedi e scattò in avanti. Raggiunse la fusion con una serie di pugni all’addome, le frustò il viso con la coda. Il guerriero rotolò a terra, sputò sangue e gridò venendo raggiunto alla schiena da una gomitata a braccia unite. Vegeta jr. lo raggiunse con un calcio al mento e lo costrinse a rotolare nell’altra direzione. Allungò il braccio e sparò una serie di onde allungate. Sulla schiena gli apparvero delle ali di energia dorata. Spiccò il volo, ruggì di nuovo e lanciò un fasciò di luce rossastra. La fusion si scisse, Gohan rotolò in avanti, Mirai scivolò a braccia e gambe aperte a stelle poco più avanti. Il saiyan ghignò, lanciò una sfera e distrusse Baby. Atterrò, chiuse gli occhi e perse i sensi. Ricadde in avanti, la coda, la peluria e le ali scomparvero.

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Capitolo 19
*** Cap.19 Una nuova minaccia ***


Cap.19 Una nuova minaccia
 
Vegeta allungò la mano e lanciò un’onda energetica facendo esplodere l’albero vicino al Kahioshin più grosso. Questo gridò, saltò all’indietro e rotolò facendo muovere il lungo mantello viola.
“Ehy! Attento!” strillò la Kahioshin femmina. Il più alto ringhiò, la cresta di capelli rossi gli si mosse con il vento. Sciolse la corda, Goku cadde a terra e si massaggiò la coda appena ricresciuta. Fece un paio di passi e cadde a terra.  Vegeta saltò giù dalla roccia e raggiunse l’altro bambino, si abbassò e afferrò per il braccio l’altro saiyan.
“Non farti vedere debole da questi inetti” borbottò. Goku alzò il capo, sorrise e annuì. Vegeta si voltò e avanzò, tenendo il capo sollevato, una folata di vento gli fece muovere la lunga cintura di stoffa.
“D’accordo galline, se pensate che mi tirerete fuori la coda con una pinza e mi umilierete vi sbagliate di grosso” sibilò. Si slacciò la cintura, scese i pantaloni e infilò la coda nella fessura dove era il moncherino di coda. Lo afferrò, gridò trasformandosi in supersaiyan e la tirò fuori. La vista gli si appannò, le gambe gli tremarono e Goku si alzò in piedi. Lo afferrò per le spalle e gli avvicinò le labbra all’orecchio.
“Urca, non vorrai contraddire il tuo consiglio” bisbigliò. La mano di Vegeta si sporcò di sangue, lasciò andare la coda totalmente fuoriuscita e alzò il capo.
“Bene, ora siamo pronti, riportateci indietro” ringhiò il principe dei saiyan. Goku sorrise e Vegeta si rialzò i pantaloni e riallacciò la cintura. Si voltò, guardò Goku e sbuffò.
“Rivestiti Kakaroth!” ordinò. Goku rise più forte.
“Mi dispiace dirvelo” l’interruppe un Kahioshin. I due bambini si voltarono.
Il secondo Kahioshin più grasso si passò l’indice sui baffetti grigi e sorrise.
“L’aura di Baby è scomparsa, tutti stanno tornando in sé e nessuno ricorda cosa è successo. Cargot sta andando da Dende, sarà meglio non farà più l’errore di dividere due gemelli, perciò sarà meglio che voi non diciate niente” spiegò. Goku si sbatté le mani sulla pancia e sorrise.
“Meglio, potrò mangiarmi i manicaretti di Chichi” disse. Vegeta digrignò i denti.
“Tutto questo per niente?” sibilò. Goku ghignò, gli strinse le mani sulle spalle.
“Io lo sapevo già, ho sentito l’aura di tuo figlio incrementare all’improvviso e poi scendere. Però ho sentito anche una nuova aura malvagia, non siamo ancora fuori pericolo” sussurrò.

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Capitolo 20
*** cap.20 pausa pranzo ***


Pausa pranzo

 

“Volete farmi credere che sia assolutamente normale che mi sono risvegliato qui malconcio, senza ricordare assolutamente nulla di quello che è successo. E come se non bastasse il gemello di Dende è apparso qui dal nulla e a sua volta non ha ricordi” disse Junior. Infilò il cucchiaio dentro la minestra e appoggiò i gomiti sul tavolo, le antenne gli tremarono. Si girò e guardò il cielo azzurro fuori dalla finestra circolare del tempio del Supremo.

“Non ti voglio far credere niente” ribatté Vegeta. Si sporse e afferrò con le bacchette un pezzo di pesce nel piatto accanto al suo.

“Vegeta!” ululò Goku. Si sporse e afferrò un pezzo di carne dal piatto del principe dei saiyan con la forchetta e se lo mise in bocca. Vegeta gli diede una testa, dagli occhi di entrambi i saiyan ridotti uscirono una serie di scintille e di saette. Digrignarono i denti e i peli delle loro code marroni si gonfiarono.

“Kakaroth, molla, quello era il boccone migliore!” gridò Vegeta.

“Anche io mi ero lasciato il meglio per ultimo” ribatté Goku. Vegeta ringhiò, abbassò il capo infilandolo nella ciotola e si mise, diede una serie di dentate al cibo e masticò rumorosamente.

“Sarà, ma mi chiedo perché qui siano tutti imbecilli” si lamentò Junior. Fece girare il cucchiaio dentro il brodo guardando il suo riflesso deformato nell’acqua. Goku addentò un cosciotto, staccò la carne e masticò rumorosamente, un rivolo di olio gli colò dal labbro.

Fi fondo …”. Inghiottì l’ultimo boccone di carne, si leccò le labbra e sorrise.

“Voglio dire, in fondo credono che Mr. Satan ha salvato la terra” disse. Appoggiò l’osso spolpato accanto a un’altre trentina e prese una ciotola di ramen.

“La gente vede quello che vuole vedere. In fondo scegliamo tutti i dettagli importanti. E i terrestri non sono solo imbecille, sono anche codardi” ribatté Vegeta. Morse una palla di riso e deglutì, incise con i denti l’alga e deglutì velocemente.

Goku ruttò, si mise la mano sulla pancia rigonfia e guardò la pila di ciotole.

“Urca, che mangiata” disse. Scoreggiò rumorosamente e dimenò la coda.

“Goku, stai cercando di ucciderci?!” si lamentò Junior. Vegeta mise i piedi sul bordo del tavolo e spinse all’indietro la sedia facendola cigolare.

“Vado a cercare Mr. Popo, qualcuno dovrà pur aprire la finestra prima che questo idiota ci asfissi con le sue puzze animalesche” borbottò. Ghignò e ridacchiò, Junior lo fece a sua volta e Goku scoppiò a ridere.

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Capitolo 21
*** cap.21 Sulla Terra intanto ***


Ringrazio anche solo chi legge.


 

Cap.21 Sulla Terra intanto

“Perché per tutti questi anni tu non me l’hai mai detto?” domandò con voce tremante Zarbon. Strinse le mani a Sauzer che abbassò il capo e tirò su con il naso. Si voltò e le guance azzurre gli avvamparono, il vento che entrò dalla finestra gli fece tremare il ciuffo.

“Pensavo che una splendida creatura come te non avrebbe a quel punto mai potuto accettarmi” sussurrò e la voce gli risultò fievole alla fine.

“No, non capisci. Siamo entrambi creature meravigliose. Venire a vivere qui ha realizzato tutti i nostri sogni, avresti dovuto dirmelo” biascicò. La pelle azzurra di entrambi si riempì di sudore e i capelli verdi dell’ex-mercenario di Frezeer oscillarono.

Radisch sbatté gli occhi e continuò a guardare dal buco della serratura.

“Secondo te quei due hanno finalmente deciso di dichiararsi?” domandò bisbigliando. Sentì il rumore di un conato di vomito e si voltò, ridacchiando vedendo Nappa bluastro piegato in due.

“Ebbene sì!” gridò Sauzer. Il fratello di Goku ghignò e si voltò di nuovo, tenendo con una mano la macchina fotografica. Alzò l’altra appoggiandola sulla maniglia.

-Speriamo, così ricatterò Zarbon in eterno. Con tutti quei soldi potrò conquistare donne in eterno- pensò.

“Sono il cugino di primo grado di Jeeth” disse l’ex-mercenario di Cooler. Radisch socchiuse gli occhi e schioccò la lingua sul palato.

“Voi due!” si sentirono entrambi chiamare. Si voltarono e videro Gohan togliersi gli occhiali e pulirli con il bordo della maglietta.

“Mi sapete dire perché ci siamo ritrovati tutti svenuti e alcuni seminudi senza un cavolo di ricordo mezz’ora fa?” domandò. Nappa sporse il labbro inferiore e si grattò la testa pelata.

“Io devo ancora capire dov’è finito il principino” biascicò.

“E credo pulire, o la moglie di quest’ultimo ti lincerà a vedere il vomito sul suo tappeto” ribatté Radish.

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Capitolo 22
*** Cap.22 La situazione si stabilizza ***


Ringrazio anche solo chi legge.



 

Cap.22 La situazione si stabilizza

 

Citta dell’Ovest

 

Crilin premette l’acceleratore un paio di volte girando ripetutamente la chiave nel cruscotto della macchina, dal motore proveniva un ronzio. L’uomo strinse le labbra fino a farle sbiancare, le gambe gli davano una serie di fitte. I ticchettii della pioggia contro il parabrezza gli rimbombavano nelle orecchie, socchiuse gli occhi e le iridi nere gli si scurirono. Si leccò le labbra sentendole screpolate e passò la punta umida sul palato secco. La portiera del posto del passeggero si aprì e si richiuse con un tonfo. La moglie sospirò e si massaggiò il collo. L’acqua le inumidì la maglietta a righe facendogliela aderire al corpo, i lunghi capelli biondi gocciolavano. Si mise una ciocca dorata dietro l’orecchio, rivoli d’acqua scendevano lungo il suo viso pallido e i suoi color ghiaccio brillarono.

“Abbiamo due figli a casa ad aspettarci. Non capisco perché non possiamo andare in volo” si lamentò. Si appoggiò alla portiera dell’autovettura. Ticchettò con il piede per terra, alzò il capo e osservò il cielo plumbeo. Socchiuse gli occhi, avvertì delle fitte alla schiena. La pioggia scendeva oltre i suoi piedi, scendeva lungo l’asfalto della strada e precipitava oltre le grate semi-arrugginite di un tombino. Il marito lasciò andare il volante e sbuffò.

“Che giornataccia! Nessuno si ricorda cosa è successo, abbiamo lasciato i ragazzi soli e adesso la macchina ci ha pure lasciato a piedi!” gridò fino a rendersi rauca la voce, sentì la gola raschiata bruciarli. La donna girò intorno alla cinquecento bianca e si mise davanti alla parte posteriore. Il metallo surriscaldato sopra il motore faceva evaporare le gocce d’acqua in una serie di rivoletti di fumo biancastri. Il fiato si condensava davanti al viso della bionda.

“Dai tesoro, spingiamola fino a quel ponte. Così sarà al coperto e potremo andare a casa in volo” disse. Il marito uscì le chiavi dal cruscotto, sbuffò e abbassò la frizione mettendo in folle.

“Hai ragione, non possiamo fare altro” borbottò.

 

Satan City

 

“Fermo! TI ho detto di non muoverti! Non muoverti!” gridò il malvivente. Sparò, Great Saiyamen parò tutti i proiettili con indice e medio. Il malvivente vide le cartucce accartocciate cadere sul terreno erboso e gridò. Lanciò l’arma alzando le braccia, si voltò e si allontanò correndo. Percorse tutta l’aiuola davanti alla banca, dimenando le braccia. Great Saiyagirl si piegò di lato, socchiuse gli occhi e lanciò una lattina vuota mezza piegata. Quest’ultima colpì con un forte botto e un rumore di alluminio spaccato la testa del ladro che cadde in avanti privo di sensi.

“Bravi, bene! Di nuovo!” gridarono tutt’intorno. Le grida successive si trasformarono in brusio quasi del tutto coperto dagli applausi. Quando questi cessarono si udirono diverse voci.

“Ehi, ma Great Saiyagirl sembra incinta!”. “Auguri!”. Furono le urla che spiccarono tra le altre. Gohan afferrò la mano della moglie e si piegò allargando le braccia, lei si appoggiò su di lui.

“Avresti potuto invitare Mirai, visto che era sconvolto anche lui per la perdita di memoria di tutti” mormorò la donna all’orecchio del moro. Le fasce delle loro bandane si muovevano a destra e a sinistra sposati dal vento. Lui la sollevò per la vita e la fece girare, si allontanarono lasciandosi la mano. Lui si mise le mani sul capo tenendo i gomiti in fuori e camminò sulla punta degli stivaletti. Videl saltò ripetutamente aprendo le braccia, si piegò in avanti e dimenò le braccia. Si rizzò e Gohan la raggiunse da dietro stringendola.

“Voleva tornare a casa ad aiutare sua madre, sai, problemi causa Bra” le bisbigliò all’orecchio.

“Speriamo che Pan sia dolce come nostro figlio Azuki” sussurrò lei.

“La giustizia trionferà sempre!” gridarono in coro i due. La folla applaudì nuovamente, Gohan prese la moglie in braccio e spiccò il volo.

 

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