Devil May Cry di Iria (/viewuser.php?uid=33387)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tears ***
Capitolo 2: *** Damned ***
Capitolo 3: *** Paradise Lost ***
Capitolo 4: *** Angel ***
Capitolo 5: *** Innocent ***
Capitolo 6: *** MoonLight Sonata ***
Capitolo 7: *** Once Upon A Time ***
Capitolo 8: *** Into The Darkness ***
Capitolo 9: *** I Plough My Way ***
Capitolo 10: *** I'm striking out for Paradise ***
Capitolo 11: *** To be the One I am ***
Capitolo 12: *** We're going down to the Devil ***
Capitolo 13: *** Itsuwari (Lies, Bugie) ***
Capitolo 14: *** Osore (Fear, Paura) ***
Capitolo 15: *** Kyoshoku (Vainglory, Vanagloria) ***
Capitolo 16: *** Urei (Pain, Dolore) ***
Capitolo 17: *** Rising ***
Capitolo 1 *** Tears ***
тєαяѕ
“Similis
ero Altissimo*.”
Il giovane era impegnato in
quel momento
nella nobile, come amava definirla, arte della scopata a tradimento.
Era un angelo dall’anima dannata, nera come la bocca dell’Inferno o
come, che
dir si voglia, le meravigliose ali di un Cherubino, il quale spingeva
tra le
braccia di Lucifero un innocente essere umano.
Oddio, innocente fino ad un certo punto visto le colpe di cui in vita
si era macchiato.
Grave compito, il suo, anche se non mancavano momenti di sano
divertimento come
quello.
“Il diavolo non piange.”
Il peccatore aveva avuto la sua ultima occasione di divertirsi e, in un
certo
senso, il nostro demonio si era anche stancato di quel fiacco
giochetto:
persino in un Gamchicolh* la noia avrebbe presto preso il sopravvento…
Impuro, subdolo, tentatore e terribilmente affascinante era il modo
vanesio e
pigro con cui incantava le sue vittime, paragonabile in altre parole
allo
stesso metodo usato anticamente dal muto Astaroth*…
“Degno di un principe dell’Inferno.”
Lasciò che il fumo della sigaretta che aveva acceso investisse il volto
della
sua vittima, che imprudentemente si era avvicinata per concedergli
un
bacio.
“Mh, sei pronto?” Chiese con distacco, ignorando il tossire della
povera
creatura.
“La strada che porta all’Inferno non ha bisogno di segnalazioni:
sono i suoi
abitanti che ti conducono ad esso.”
“Se a condurmi tra le schiere della Stella del Mattino* sarai tu, non
vedo
perché non dovrei essere pronto.” Nella voce del peccatore il demone
leggeva
ironia.
“Non puoi liberarti delle fiamme dell’Inferno, Angelo Caduto.”
Il ragazzo si mise a sedere, scrutando con sguardo intenso l’animo
della
vittima.
“I cry, when angels deserve to die”
In fondo la morte era un avvento naturale della vita.
“Piangi demone?” Chiese ancora l'umano, notando una piccola lacrima
nascere e
morire negli occhi del giovane.
“Il diavolo non piange.” Soffiò l'altro in risposta, portandosi alle spalle della
creatura di
Dio e puntandogli un pugnale d’oro alla gola.
“Rido delle lacrime di fuoco e di ghiaccio che si perdono nei
tuoi
occhi, patetico…”
“Peccato che nel tuo caso non sia così.” Continuò l’anima dannata.
“Le tue ultime parole?” Lo freddò l’abitante dell’Inferno, ignorando quel maligno sibilio.
“In punto di morte c’è tanto di cui si vorrebbe discutere.” Bisbigliò
l'uomo.
“Scegli qualcosa, non ho molto tempo.” Fece ironico il giovane.
La vittima sorrise.
“Le porte degli Inferi si aprono, scende il buio.”
“Scelgo di non scegliere: le costrizioni mi sono sempre state strette.”
Rispose.
“Commovente, peccatore.” Le labbra del ragazzo si mossero appena nel
pronunciare quelle parole.
Le sottili e bianche dita del dannato si strinsero intorno alla gola
della creatura; il respiro veniva meno e Lucifero famelico attendeva il nuovo venuto.
La voce del Diavolo risultava dolce, profonda, sensuale e fredda; le labbra nere
articolavano le parole di un’antica ninna nanna di morte.
Infine, sottile fu la scia di sangue che bagnò il pavimento, sporcando i piedi
nudi del Caduto.
Il sangue bruciò sull’infernale pugnale dorato, mentre la ferita che si apriva
sulla
gola della vittima cicatrizzava: il corpo dell’essere umano giacque sul
pavimento, immobile e morto.
“Mi pagassero almeno.” Fece quello ironicamente -ah, ma d'altra parte era
stata
una sua malsana scelta, quella- e, spegnendo la sigaretta che fino a
quel
momento aveva tenuto tra le labbra nel sangue della vittima, rivolse uno
sguardo disgustato al cadavere del povero Cristo che aveva avuto
la nera
sfortuna di incontrarlo.
Certo, naturalmente anche il nostro demonio pretendeva il dovuto
pagamento, ma
una volta che anche l’Inferno ti aveva risputato fuori dalla sua nera e
sporca
gola, cosa potevi pretendere?
Lanciò un’occhiata al proprio riflesso nello specchio che occupava l’intera
parete
di fronte: ricambiava il suo sguardo quell’essere demoniaco dal
volto
angelico che aveva imparato ad amare ed odiare.
Aprì pigramente le ali scheletriche, liberandole dalla loro prigione di carne e sangue.
“Got lost in the fire”
In Paradiso aveva creduto di amare il freddo e il gelo, ma adesso era
circondato, perso nelle fiamme, inevitabilmente scottato da esse.
La dannazione eterna non era una carica di cui andare fieri e il Grande
Capo
lassù -o comunque gli inetti a lui sottoposti- dava non poche rogne
con il suo
redimere, redimere, redimere, redimere…
Aveva dato la vita all’Inferno cacciando dal Paradiso Lucifero,
qualcuno doveva
pur tenere compagnia a quell’altro scavezzacollo, no?
Sfiorò con la punta delle dita la superficie liscia e perfetta dello
specchio,
sorrise compiacendosi della propria bellezza, peccato per le lacrime che
scendevano
lungo le guance, guastando il quadro di quella perfezione divina.
“Il diavolo non piange!”
Guardò indispettito le gocce di acqua salata che evaporavano, trovando
la
morte, appena nate dagli occhi del demone.
“Le fiamme dell’Inferno ti faranno compagnia, per sempre.”
Quelle erano lacrime.
Lacrime.
Ma il diavolo, no...
Lui, lui non piangeva, o almeno le lacrime non potevano essere
versate…
Già, il diavolo non avrebbe mai versato nulla di simile… gli angeli
avrebbero
riso, gli angeli non avevano il diritto di prendersi il gioco dei
demoni.
Gli angeli erano, forse, creature ancor più immonde dei dannati.
I dannati sceglievano quella via per compiacere i propri istinti, non
importava
quale fossero le conseguenze, anche se un biglietto di sola andata per
l’Inferno era assicurato.
Negli angeli, crudele, sorgeva la malignità quando questi avevano uno
scopo da
raggiungere: fosse anche il più viscido degli inganni.
… E Yurij Ivanov in quell’istante si mostrò non solo per quella grande
troia
quale egli era, ma anche per quel demone piangente che aveva sempre
negato di
essere: sulla ferita della vittima lasciò correre la lingua dove, quasi
un
istante dopo, caddero tre calde lacrime: il più bel fiore con cui un
morto
potesse essere sepolto.
“Non sprecare quelle poche lacrime che ti è concesso di versare.”
Il demone scomparve, il suo sorriso suadente fu l’ultima ombra del suo
corpo a
sparire.
Continua…(?)
(*)Similis ero altissimo: “Sarò
simile
all’altissimo” le parole pronunciate da Lucifero prima di schierarsi
contro
l’Altissimo e fallire.
(*)Gamchicolh:spiriti
d’impurità guidati da Astaroth.
(*)Astaroth: Un principe
dell’Inferno,che appunto seduce con vanità e pigrizia
le sue vittime;è raffigurato come un uomo con mani e piedi di zampe di
drago,grandi ali nere,e tra le mani (o sarebbe meglio dire zampe XDXD)
ha una
serpe;alle volte viene anche rappresentato in groppa a un lupo.
(*)Stella del Mattino:altro
nome con cui si indica Lucifero,colui che era il
più brillante,più bello,più intelligente,fra gli angeli. La Stella del
Mattino
è il pianeta Venere,che è appunto il più luminoso all’alba,come quando
appena
cala la sera (Stella del Vespero),scoperta dovuta al grande (???)
Pitagora XDXD!
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Capitolo 2 *** Damned ***
Ðαмиє∂
“Omnea mea mecum porto*”
Aprì con eccitante sensualità
quegli occhi
di puro cristallo; era comodamente sdraiato sul suo letto e ancora il
sapore
sporco della vittima gli bruciava labbra.
“Oh! Finalmente il principino si è svegliato… credevo di dover
attendere la
prossima Punizione divina!” Una voce divertita parlò al suo risveglio.
Per anni, Yurij aveva ardentemente sperato di non riudire più quelle note taglienti e sibilline... aveva pregato con tutto se stesso, con ogni misero frammento della propria anima!
Oh, ma i demoni hanno un'anima?
“Mh…
Boris, brutto figlio di puttana, lasciami in pace!’’Soffiò irritato,
chiudendo nuovamente gli occhi.
Dio, alle volte
desiderava
ardentemente strappare le corde vocali a quel tizio, ma preferiva non
pagare le conseguenze per un'azione tanto buona come quella…
“Avanti, Angelo! Alzati!” Insistette Boris, sollevando di peso il giovane.
Non aveva mai rinunciato ad apostrofare Yurij con quell'appellativo che tanto sapeva di presa in giro.
Oh, il demone appena giunto conosceva tanto, forse fin troppo sulla natura del giovane dagli occhi cristallini -liquidi, liquidi come la densa lava del buco infernale.
“Cazzo Boris, mollami!” Si ribellò allora l'altro, scalciando furioso.
Con un simile tono perentorio, il demonietto non avrebbe proprio potuto disobbedire ad un ordine tanto diretto. C'erano vizi e maniere che il nobile Yurij ancora non aveva perso.
“Come desidera.”
Se il Caduto, riverso a terra, non fosse stato tanto impegnato a lanciare insulti e colorite ingiurie nei riguardi del Demone, probabilmente Boris non avrebbe avuto neanche il tempo di darsela a gambe...
“Ti odio.” Sibilò Yurij, massaggiandosi le tempie e desiderando di non perdere il proprio adorato autocontrollo.
Tirò un lungo sospiro, per poi osservare il suo ospite con intensità.
“Allora? Si può sapere che diavolo vuoi?” Continuò alterato, dirigendosi
nella sala da pranzo.
Mentalmente, ripeté ogni singola azione compiuta nell'ultimo secolo, ricercando l'eventuale recente errore che aveva spinto Boris a fargli visita.
Dopo un'accurata analisi, si disse che no, assolutamente lui non aveva commesso nulla di deplorevole!
O quasi...
Forse giusto qualche guerra.
“Diamine Yurij! Sono secoli che non ci vediamo! Mi
sarei
aspettato un ‘Come Stai?’ o ‘Come vanno le cose Laggiù?’ o ancora ‘Che
pensa
Lucifero della mia fuga?’, ma immagino di star chiedendo troppo a sua Eccellenza, il Signor Yurij Ivanov…” Ribatté fintamente offeso Boris, seguendo il
rosso.
Ma a quelle parole il Caduto si voltò rabbioso, ed il ghiaccio dei suoi occhi mutò, tramutandosi
nel fuoco dell’Inferno...
“La caduta è una vergogna!”
“Osa ancora chiamarmi in quel modo e giuro che ascenderai al Cielo
rimpiangendo
l’Inferno.” Lo minacciò il Demone, strattonando per la collottola Boris.
“La redenzione per un Demonio è l’umiliazione più grande.”
“Uh paura..!” Esclamò divertito il giovane. Solo con l'Angelo Boris mostrava questo particolare lato del suo, altrimenti serio,
carattere.
Era stato proprio lui, d'altra parte, a fare -o per lo meno ad iniziare
l'opera, poi conclusa da Lucifero- di Yurij quello che era.
Questi lo fissò esasperato, voltandosi nuovamente e lasciando che l'infernale Messaggero
trottasse al suo fianco come un cagnolino obbediente.
“Oh! Certo che sono cambiate parecchie cose dall’ultima volta che sono
salito
al Piano Intermedio..!” Esclamò, osservando curioso un televisore.
Il Caduto sospirò, socchiudendo gli occhi e sperando vivamente -cosa che non aveva mai fatto: la speranza non era sua prerogativa, quindi doveva essere seriamente stressato!- che in quel frangente Boris sparisse.
Peccato che quel Dannato era ancora lì tronfio e sorridente, quando riaprì gli occhi.
Non era mai stato particolarmente paziente...
“Piantala di giocare all’esploratore e dimmi per quale motivo sei
risalito.” Disse Yurij, indicando una sedia a Boris, che si accomodò.
“Sai com’è… avevo bisogno di una vacanza.” Iniziò quello, ma si bloccò nel
vedere
l’espressione furiosa del compagno.
Doveva restringere i tempi, altrimenti sarebbe stato decisamente ridotto in cenere...
Sbuffò scocciato, quindi riprese:
“Lucifero è su tutte le furie, Yurij… stai causando troppi casini e poi,
povero,
si sente piuttosto solo da quando non siedi più al suo fianco.” Spiegò, cercando di leggere l’espressione del Dannato.
Un'ombra si posò mefitica sul volto niveo del giovane, deturpandone i lineamenti: l'oscurità del ricordo, caduta come morte nei suoi occhi accesi ed illuminati da fiamme azzurre, dipinse l'espressione della dannata creatura.
“Brucia ancora, e sempre brucerà il sigillo della purezza spezzata.”
“Che cosa vorresti dire?!” Chiese il Caduto, la rabbia che nuovamente saliva.
Il ghigno di Boris si fece mostruoso.
“Oh, ma niente, Angelo! Credo sia geloso del modo in cui, ehm,‘recluti’,
dannati.” Si interruppe, soddisfatto per l'effetto delle proprie parole.
Dov'era la spavalderia del padrone di casa? Dove si era nascosta tutta la sua irritazione? Ah! Divorata dall'angoscia meschina che quei sussurri penetranti gli infondevano sin dentro il marcio ed avvizzito cuore che vantava.
“Oh a proposito!” Continuò quindi Boris, alzandosi. “Evita per un po’ di fare la troia e modera le spedizioni di peccatori… stanno
sorgendo altre discussioni col Cielo, come se non ce ne fossero
abbastanza. So
che è difficile per te e che è nella tua natura, ma..!” Si bloccò, perché Yurij con un sorrisino tra il malizioso e il crudele
gli si
era avvicinato.
Risvegliare una belva e portarla sull'orlo della follia risultava semplice ai diavoli.
Soprattutto se affrontavano una personalità incrinata come quella che Huznestov adorava stuzzicare.
“Come mi hai chiamato, marmottina?” Domandò il Demone, bloccando il suo interlocutore al muro
con
forza.
Una crepa si aprì nella parete.
Sorrise, rievocando un inebriante ricordo condito dal sangue, dalle grida e dal tocco di quello stesso essere.
“Cosa c’è Angelo? Le provocazioni ti infastidiscono?” Ribatté Boris e, fregandosene altamente del fatto che il rosso gli aveva puntato al
collo la
punta gelida del suo pugnale, mantenne un fastidioso sorrisino di
scherno
sulle labbra.
“Dimmi il vero motivo per cui sei qui…la proposta di redenzione è
ancora
valida.” Bisbigliò dolcemente Ivanov, picchiettando la punta del
pugnale sulla
gola del Demone.
“La supplico, Signore, smetta di giocare con la mia anima.”
“Non l'hai ancora capito Yurij?” Chiese retorico Boris.
Eppure il Cielo stava collassando, ormai i segnali erano sin troppo chiari..!
“Di cosa parli?”
Ah, il Dannato allora non si limitò più a ridacchiare silenziosamente: scoppiò in
una
risata fragorosa, liberandosi dalla presa dell'antico Angelo Caduto.
Ma alle orecchie di Yurij, risultò fastidiosa, quella presa in giro, troppo fastidiosa.
“Non prenderti il gioco dei Diavoli…”
“PIANTALA DI RIDERE!” Gridò, quindi, a pieni polmoni Yurij Ivanov nella sua
forma
demoniaca.
Era meraviglioso anche sotto quell’aspetto disgustoso…
Lo scheletro bruciato, annerito dal fuoco di ali che un tempo erano
state
splendide, lucenti e dal piumaggio morbido aveva strappato la maglia
che il
demone indossava, liberandosi dalla prigione di carne che lo aveva
occultato
nel corpo del Dannato.
La sua pelle, dal delicato colorito, era divenuta livida, grigiastra, bruciata
e morta.
I suoi capelli erano le fiamme dell’inferno.
I suoi occhi di cristallo risplendevano di perfidia ed invitante
crudeltà,
sporcando il candore che li caratterizzava.
“Non ti temo, Angelo…” Sussurrò sicuro Boris, sorridendo amabilmente.
Yurij si morse un labbro e lasciò andare il compagno, indietreggiando.
“Essere vile, strisciante… Vergognati!”
“Vattene, Boris.” Bisbigliò.
“Ti cercheranno, Yurij: avranno bisogno di te.” Continuò il demone.
“Non meritava la pace.”
Boris si sistemò gli abiti laceri da maggiordomo che indossava, impassibile,
sollevando ancora lo sguardo per incontrare il cristallo -nuovamente
lucente- degli occhi di Yurij.
“Non so niente, brutto stronzo maledetto! Se ti degnassi di dirmi
qualcosa..!”
Tentò dunque il Caduto, ma Boris lo interruppe.
“Se le cose stanno così, non mi è concesso parlare.” Decretò infine, assumendo il tono di servitore obbediente che Lucifero tanto lodava.
“Non puoi confidare nelle parole di un Demone.”
“Va' via…” Ripeté, allora, l'Angelo a denti stretti.
Sulle sue membra, lungo tutto il suo marcescente corpo, si incidevano la frustrazione e la consapevolezza che, ancora per una schifosa volta, la sua lunga esistenza aveva preso una direzione decisamente sbagliata.
“Non fare altri danni, non spedirci altre anime, concedi loro la
redenzione:
non puoi nemmeno immaginare il casino che abbiamo…” Gli ricordò Boris,
sospirando.
“Cercherò di fare il bravo.” Si costrinse a sorridere il giovane.
“Un’ultima cosa.” Fece d'improvviso il Messaggero, mordendosi un labbro con fare divertito.
Incrociò lo sguardo di Yurij, beandosi del colore limpido nel quale aveva imparato a nuotare evitandone gli inganni della dannazione.
“Ancora non te vai?” Fece sgarbato Ivanov, pronto anche a staccargli la testa..! Ma le parole che seguirono lo gelarono, e quasi sembrarono acri come sangue tra le labbra, come sudore sulla pelle, feroci come ferite crudeli e profonde.
“Non piangere più, Yurij…”
Il dannato fissò sorpreso il compagno e si portò una mano al volto: non
poteva
essere umido, le lacrime erano bruciate, evaporate al contatto con la
sua cute…
Ma allora..?
Boris lo fissò tristemente, un’espressione quasi umana, la sua.
“Come… come lo sai!?” Chiese indignato Yurij.
Che lo avesse spiato?
“Esiste l’acqua all’Inferno?”
“Non piove molto spesso dalle nostre parti, Angelo…” Con quell'ultimo e lontano sussurro, il Demone si
perse tra le nere fiamme che lo avvolsero, e la sua voce impregnata di biasimo, rombando nelle orecchie di Yurij, inferocì il confuso Dannato.
“VAFFANCULO!” Sbraitò allora, lanciando un soprammobile contro la parete di fronte alla quale
poco
prima vi era l'ospite: l'oggetto si ruppe in mille pezzi,
aprendo
una crepa più profonda nel muro.
Ah! Le risate di Boris risuonavano ancora nelle sue orecchie, la rabbia lo
scuoteva, le fiamme non gli concedevano tregua!
E fu allora, proprio mentre stava per affiorargli alla bocca una maledizione con il Cielo e l'Inferno, che un fruscio lo colse impreparato.
Oh, se fosse stato di nuovo Boris stavolta gli avrebbe staccato la testa..!
“Spero solo di non ricevere lo stesso trattamento.”
Però fu una voce, diversa
dalla
prima, a riportarlo alla realtà e alla lucidità; si voltò, sorridendo con malinconia.
“Kei..?” Bisbigliò, quasi insicuro.
La sua nemesi perduta annuì.
“Possibile che anche gli Angeli lo tormentassero?”
Fine
secondo capitolo.
(*)
Tutte le mie cose porto con me
|
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Capitolo 3 *** Paradise Lost ***
Pαяα∂ιѕє
Łøѕт
"E vi fu
battaglia
nel cielo: Michele e i suoi angeli combatterono col dragone, e il
dragone e i
suoi angeli combatterono, ma non vinsero, e il luogo loro non fu più
trovato
nel cielo. E il gran dragone, il serpente antico, che è chiamato
Diavolo e
Satana, il seduttore di tutto il mondo, fu gettato giù: fu gettato
sulla terra,
e con lui furono gettati gli angeli suoi."
L’Imperatore avanzava con
passo lento ed
elegante nel suo regno di caos.
I suoi angeli neri lo adoravano; adoravano la sua Luce Sporca, cupo
riflesso
della brillantezza di un tempo.
E Lucifero si crogiolava in quell’adorazione, a suo dire, più che
giustificata.
Oh, il suo aspetto angelico era rimasto immutato, come se le fiamme non
lo
avessero mai bruciato, come se sulla sua pelle nivea non si fosse mai
abbattuta
l’Ira Divina.
“Eri pieno di saviezza, di una bellezza perfetta; eri in Eden, il
giardino
di Dio; eri coperto d'ogni sorta di pietre preziose. Tamburi e flauti
erano
al tuo servizio, preparati il giorno che fosti creato.
Eri un cherubino dalle ali distese, un protettore.”
Quelle parole, quelle dannate parole... Lo odiava, odiava la Creatura
a cui
aspirava di arrivare: poter anche solo osare sfiorare il suo
potere, per
poi cadere, ancora…
Ma non poteva non amarLo.
Chi gli aveva donato quella Luce, se non Lui?
Chi lo aveva reso talmente forte?
Lucifero annegava nei suoi pensieri, soffocato dai contrasti tra di
essi.
Non ricordava il Paradiso, quello che la sua memoria conservava ero
solo il
misero raggio di un glorioso splendore ormai cancellato.
“Ti avevo stabilito, tu stavi
sul monte
santo di Dio, camminavi in mezzo a pietre di fuoco.
Tu fosti perfetto nelle tue vie dal giorno che fosti creato, finché non
si
trovò in te la perversità.”
Rise di gusto, rievocando ancora
le Sue
parole.
Perverso. Era forse uno
sbaglio ardire alla Grandezza?
Non riteneva la posizione
in cui era costretto una situazione di svantaggio,
anzi, era pur sempre il Padrone di un mondo che si contrapponeva a
quello del
Suo Signore.
Il Suo Signore… Possibile che avesse
ancora quello stupido vizio di
definirLo tale?
L’Inferno, sconfinato, si
apriva davanti ai suoi occhi.
“Per l'abbondanza
del tuo commercio, tutto in te si è riempito di
violenza, e tu hai peccato; perciò io ti caccio via, come un profano,
dal monte
di Dio e ti farò sparire, o cherubino protettore, di mezzo alle pietre
di
fuoco.”
Sedette sul suo trono,
poggiando pigramente una mano al mento.
Nuovi demoni nascevano dal
fuoco infernale.
Da tempo non accoglieva
Angeli dalle Ali in fiamme tra le sue braccia.
L’ultimo era stato lui.
Ricordava ancora il sangue
che scorreva dalle sue ferite di fuoco e le sue Ali
spoglie.
I suoi occhi di ghiaccio
che si aprivano furenti.
I lamenti che le sue labbra
producevano.
“Perché
sei caduto?” Aveva allontanato dal nuovo venuto le anime dannate che lo
circondavano.
Egli giaceva supino su una
pietra dell’Inferno, il Fuoco ancora avvolgeva le
sue Ali, consumandole, e quel corpo dalla perfezione Divina soffriva.
“Esistono… Infiniti…
Pec-peccati... Qualunque… Sia... L’inganno … A te più…
Gradito… Sappi che quello è la… Mia menzogna e la m-mia… Verità… E la
m-mia
c-colpa…” Sibilò a fatica, penetrando con sguardo rancoroso il profilo
fin
troppo conosciuto di Lucifero. Il suo torace nudo si alzava e
abbassava
velocemente, sostenendo il ritmo frenetico del respiro morente.
Lucifero lo guardò soddisfatto.
“Accetti le Pene che l’Inferno
ha da offrirti ?” Chiese l’Imperatore.
“No.” Disse ferocemente il
Caduto.
“Accetti di sottostare a
Lucifero, Stella del Mattino?” Continuò freddo il
Signore dei Dannati.
“Ancora alimenti la tua Luce
perduta?” Ridacchiò l'Angelo, ma la sua risata morì,
soffocata dalle labbra di Lucifero che si posarono sulle sue.
L'Essere Caduto sigillò gli occhi, disgustato, ma il
suo corpo bruciava -non poteva reagire- e il suo disgusto si trasformò
in dolore: dalla sua bocca non fuggirono più risate, ma solo cupi gemiti di
una
sorda sofferenza.
“Caduto dal Cielo, io ti
assumo all’Inferno.” Bisbigliò.
“Non… ho accettato le
tue… condizioni..!” Esclamò agitandosi il Condannato.
“Non serve che tu la faccia.”
Sussurrò Lucifero sollevandolo e conducendolo
alla sua dimora.
“Il tuo cuore si è
insuperbito per la tua
bellezza; tu hai corrotto la tua saggezza a causa del tuo splendore; io
ti
getto a terra, ti do in spettacolo ai re.”
Rimirava la bellezza dei
lineamenti del
volto che gli era stato conferito, specchiandosi negli occhi dei suoi
Figli.
Nessuno sguardo era, però, come il Suo…
Quegli occhi erano unici e il Suo Signore aveva forse creato una
Creatura che
lo eguagliava.
Forse, appunto.
Ed anch’ella era scivolata via dalle braccia dell’Altissimo.
E com’era stata la Caduta?
Il Diavolo ricordava solo il meschino imbroglio di un calore inebriante
ed
estatico, che si confondeva col dolore bruciante e, come una lenta
tortura,
aumentava il suo tormento, fino alla follia.
E gli umani, sicuramente, avevano assistito a quello spettacolo
bellissimo e
raccapricciante: una stella luminosa risucchiata dall’oscurità.
“Tutti quelli che ti conoscevano fra i popoli restano stupefatti al
vederti;
tu sei diventato oggetto di terrore e non esisterai mai più.”
Oggetto di vanità era stata
anche la sua
fama tra gli uomini.
Tutti ammiravano la sua Luce, proprio quella che accompagnava l’alba e
precedeva la sera.
Si alzò, stancamente.
“Esisto ancora, Mio Signore, non sono scomparso: è l’odio che nutro
verso di Lei a mantenere viva la Luce che con amore mi ha donato.” Bisbigliò,
riascoltando
il lontano sussurro del Signore.
Amava quella voce, lo rassicurava.
Odiava quelle parole, riascoltava la sua condanna.
Perdeva ancora il Paradiso.
Vide cadere tra le orde di corpi nudi e anime dannate un nuovo
‘Compagno di
Sventura’; sospirò.
Recava un taglio sulla gola.
Lo sfregio era bagnato, poteva sentire l’odore delle lacrime così come
quello
della muta pioggia che cadeva, inumidendo il suo viso.
“Il Diavolo non piange.” Sibilò, affidando il Dannato ai suoi simili.
Yurij aveva infranto, ancora, le leggi dell’Inferno.
“Verrà il giorno in cui dovrai scegliere, Angelo.” Soffiò con rancore,
i suoi
occhi erano puntati verso l’alto e rimiravano la pioggia acida, mentre
altri
demoni si avvicinavano per poter godere di quello spettacolo unico.
Fine
terzo capitolo.
In quest’altro misero
frammento di storia abbiamo avuto modo di avvicinarci
leggermente alla figura di Lucifero,che tenterò di analizzare più
approfonditamente
in seguito!Spero vi sia piaciuto!Nel prossimo avremo torneremo da
Ivanov e Kei
ù.u…
Allora vediamo,la scritta
che ho messo ad inizio capitolo è un passo de
‘L’Apocalisse’ di Giovanni,mentre tutto lo scritto che accompagna i
pensieri di
Lucifero sono i pensieri di Dio nella Bibbia,per quanto riguarda la
Caduta di
Lucifero,secondo Ezechiele ^^…
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Capitolo 4 *** Angel ***
Posto il Link del disegno che
la mia cara e
bravissima Hanami ha fatto su Yurij!
http://img98.imageshack.us/img98/4474/img041ei4.jpg
Aиgєℓ
E
vidi un angelo potente che gridava a gran voce: “Chi è degno di aprire
il
libro e di sciogliere i sigilli?” Ma nessuno, né in cielo, né sulla
terra, né
sotto la terra, poteva aprire il libro, né guardarlo.
“Un Bullshot*.” Bisbigliò; e le
sue labbra
rosee si mossero appena.
Pigramente, si perse nei rumori della folla del locale, fra i respiri corrotti dal fumo, dalla droga o dall'eccitazione che come una campana di vetro asfissiavano ogni singolo presente.
Infine, quando gli venne servito il cocktail, quegli occhi di cristallo di cui era il proprietario studiarono il
liquido
dorato della bevanda umana con curiosità.
Che cosa buffa l'alcool e la sua dipendenza!
Ogni volta che assaggiava quella velenosa creazione umana, le sue papille gustative si concedevano più e più capriole, senza lasciarsi sfuggire neanche una singola sfumatura dei sapori umani; costante novità per l'Angelo Caduto.
Dunque, sorseggiò con lentezza
disarmante la bevanda servitagli, ripesando
a ciò che era accaduto ore prima…
“Spero solo di
non ricevere lo stesso trattamento..!” Da quanto tempo non udiva più le
note di
quella voce?
Un triste sorriso curvò le sue labbra e, voltandosi, salutò il nuovo venuto.
“Kei...” Bisbigliò.
Il giovane dagli occhi di
rubino che lo fronteggiava annuì soddisfatto.
Aveva delle meravigliose Ali
candide spruzzate di macchie d’oro e di rosso
fuoco, tipiche del rango di Guerriero.
Scrollandole e rinchiudendole dietro la schiena, senza però farle sparire, gli si avvicinò con cautela.
C'era una certa tensione ad elettrizzare l'aria, e certo non era dovuta ad un'eventuale odio tra i due schierati; anzi, era forse la grande energia gemella dei due che, tornando finalmente completa, saettava gioiosa tra di loro.
“Si può sapere che succede? È
casa mia questa, non un porto di mare.” Esordì
freddamente Yurij, riferendosi alla precedente visita di Boris.
Porre le dovute distanze era non necessario, ma vitale. Il Dannato non poteva più pretendere neanche di influenzare il pensiero di Kei con supposizioni o pensieri: alla corte di un Angelo di alto rango come lui, infatti, risultava essere solo alla stregua di un qualsiasi sporco demonietto imbottito di secondi fini.
“Cerca di capire, manchi
parecchio a tutti noi.” Fece Kei, accomodandosi sul divano.
Avvertiva il disagio nei rigidi movimenti del compagno, e non poteva certamente biasimarlo.
Era dalla Caduta di Yurij che i due non si trovavano tanto vicini! Anche se, in effetti, risultavano essere schierati in maniera diametralmente opposta, l'uno corrotto e divorato dall'Inferno, l'altro forse -ed era ancor peggio..!- maciullato dal Paradiso.
Yurij si sedette di fronte a
lui, guardandolo seriamente.
“Cosa cerchi?” Chiese calmo.
Ogni singolo respiro gli bruciava l'addome ed i polmoni, e supplicava se stesso affinché l'aria da lui emessa non fosse poi così contaminata dalla propria sporcizia di Creatura corrotta.
Kei aveva intuito quel turbamento nei sentimenti dell'antico compagno, ed una piccola parte di sé ne risultò alquanto infastidita.
Yurij pretendeva di insudiciarlo..! Ah, l'aveva per caso scambiato per un piccolo e fragile spirito?
Questo, questo sì che feriva -metaforicamente parlando- il Guerriero.
“La domanda non è cosa cerco
io...” Iniziò allora Kei; ed il rosso lo guardò confuso.
“Ma cosa sei tu, Angelo.”
Concluse in un silenzioso sussurro.
Non voleva essere una frase di scherno, tanto meno cercava di umiliare il giovane dagli occhi azzurri.
Semplicemente, gli aveva chiesto di rispondere a quel mistero che da troppo tempo tempestava i dubbi e le incertezze in bilico di Kei.
“Se sei venuto per farmi la
predica, non ne ho bisogno: la finestra da dove sei
entrato è alla tua destra, puoi rilanciarti da lì.” Ribatté l'altro telegrafico.
Ma le sue mani tremarono e per un attimo si accese il più cupo ed immenso baratro di nera disperazione nei suoi occhi e nei battiti sordi del suo cuore.
“Angelo… Che appellativo
dispersivo.”
“Com’è l’Inferno, Yurij Ivanov?” Chiese con indifferenza Kei, come se il compagno non
l’avesse gentilmente invitato ad andarsene.
Sviava tra i discorsi del Caduto, facendo abilmente slalom tra quegli infidi sentimenti che ricordava e che conosceva a menadito.
“Caldo.” Rispose alla stessa
maniera l'altro, mordendosi a sangue l'interno della guancia.
Quando Kei iniziava una conversazione con le formalità, non c'era nulla, nulla di buono sul suo già nuvoloso orizzonte.
“Oh avanti! Sai cosa intendo!”
“Kei, la mia pazienza ha un
limite e sai quanto sia basso… quindi brutto
pennuto o ti spicci a parlare o giuro che… TI STRAPPO QUELLE COSE DA
DIETRO LA
SCHIENA SE NON LA PIANTI DI SPARGERE PIUME OVUNQUE!” Sbraitò d'improvviso, interrompendo il
discorso, poiché infastidito dal dolce, leggero e meschino movimento delle Ali
del
tatuato che, delicatamente, lasciava cadere sul pavimento piume d’oro.
Per un attimo, un'espressione estremamente divertita si dipinse sul volto del Guerriero, ricordando che, anticamente, alle volte era stato lui a dare di matto nei confronti di Yurij.
Repressa una risata, che però depositò nel proprio cuore e sbuffando, sigillò le ali nella carne della propria schiena.
“Va bene Yurij… da dove vuoi
iniziare: cattiva notizia o pessima notizia?”
Chiese, stavolta intavolando il discorso con tono meschino.
“Di norma la scelta dovrebbe
essere tra una notizia buona e una cattiva.”
Osservò ironicamente il Caduto, sollevando un sopracciglio.
Non che gli andasse di scherzare, considerando che quella fosse la seconda visita di un essere soprannaturale nell'arco di pochi minuti -ed erano millenni che non si facevano vivi-, però non poté considerare le premesse ridicole, se poste in quella maniera.
“Uhm… siamo esseri ordinari, noi? Non mi sembra che tu abbia il cuore caldo di un uomo.”
Kei sapeva sempre dove mirare le proprie frecciate, e gli umani con i loro privilegi su quel mondo che non possedevano, con la perfezione della loro assurdità esistenziale erano uno degli argomenti più cari a Yurij.
“Affatto.” Bisbigliò quindi quello, senza batter ciglio nell'osservare il Guerriero.
Eppure ogni fibra del suo essere avrebbe voluto implodere lì, in quello stesso istante e troncare ogni tipo di contatto con l'antico Angelo.
“Bene, allora scegli!” Sorrise Kei con fare
serafico.
Non che fosse un atteggiamento rivolto a tranquillizzare l'interlocutore, piuttosto il Guerriero voleva semplicemente svelare lentamente le proprie carte, ed in parte divertirsi nel farlo.
“Notizia cattiva…” Sospirò
Yurij, stando al gioco.
L'aveva fatto spesso, una volta in più non avrebbe potuto danneggiarlo... e poi, segretamente, anche lui era divertito da quelle loro piccole e velenose battaglie.
“Gli Angeli, creature di infinita
bellezza.”
“Il Capo -o almeno così
sembra, visto che non si fa vivo da tempo- ti rivuole
al suo servizio…” Soffiò Kei, senza pensarci su due volte.
Con occhi scintillanti e divertiti, studiò le contrastanti emozioni formatesi sul viso di Yurij: si sorprendeva sempre della grande quantità di sensazioni che il suo simile era in grado di irradiare. “C-cosa?” Balbettò, infatti, perplesso.
Il respiro gli si mozzò, ferendo come un tizzone ardente la sua gola.
“Sveglia, Yurij! Ti rivuole in
Paradiso!”
Kei, d'altra parte, era completamente immerso nell'attento studio sul volto del Caduto.
I millenni non ne avevano mutato una singola linea, anche se il cereo grigiore dei dannati era facilmente individuabile agli occhi dell'Angelo: la loro cute non poteva vantare lo splendore del diafano.
“Di luminosa crudeltà.”
“Non tornerò in Paradiso, non
nelle sembianze di un Novizio o di un Angelo
dell’Ultima Sfera*!” Ribatté, quindi, velenoso.
Sarebbe stato umiliante,
tremendamente umiliante e ne aveva abbastanza di vedere le proprie membra messe a servizio di Chicchessia padrone infernale o celeste.
Da stupido, aveva guadagnato la propria masochistica libertà.
Da idiota, cercava di redimersi da colpe sin troppo antiche.
“Mpf..!Sei Caduto dal
Paradiso, fuggi dall’Inferno… non accetti di tornare
tra le braccia del Signore: hai le idee un po’ confuse, non ti pare?” Lo schernì il Guerriero.
Yurij aveva sbagliato ogni singolo passo della propria esistenza e Kei lo sapeva bene.
Lui aveva cercato di condurlo con sé alla ragione, eppure la testardaggine di quella testa rossa aveva avuto la meglio fino alla fine.
“Meglio poter vantare un briciolo di potere all'Inferno, piuttosto che tornare alla mia schiavitù Celeste. Cos'ero, Kei? Cosa, se non uno degli esperimenti meno imperfetti di Dio? E questo, questo dovrebbe fare rabbia anche a te!” Disse aspro il Demone, iniziando a rigettare ogni singola frustrazione.
Ma Kei lo bloccò, sollevando una mano con fare perentorio.
“Taci. La tua opinione non è altro che frutto di rabbia e rimorso. Che potere puoi avere all'Inferno, se hai sputato sul ruolo di Principe che Sua Altezza Illuminata Lucifero ti avrebbe concesso? Sei un servo ben più sporco nella gola del Diavolo! Mentre in Paradiso eravamo noi a...” Ma non ebbe il tempo di terminare quel discorso furioso.
Le sue parole furono ingoiate dal ruggito aspro di Yurij.
“Non dirlo.”
“Conosci la gerarchia
dell’Inferno?”
Kei, allora, si limitò a fissarlo in silenzio con fare indispettito, per poi tirare un lungo sospiro nel quale impresse quanta più pazienza fosse in grado di infondere.
“Bocca cucita.” Affermò infine, tornando ad uno stato di relativa calma.
Ma i loro due cuori battevano all'unisono, e sarebbero stati in grado, con la forza di quel suono, di sfondare le pareti.
“Sono pronto per la pessima
notizia.” Annunciò, poi, il Dannato.
Oh, era proprio quello che Kei desiderava sentire.
“Il Tempo è Scaduto.”
Bisbigliò semplicemente.
A quelle parole, sembrò quasi che Yurij congelasse; restò ad occhi spalancati e a labbra schiuse per qualche secondo, poi il calore circolò nuovamente nel suo corpo, rendendolo quasi febbricitante.
“Ha… ha trovato un Sostituto?”
Chiese con voce strozzata, quando recuperò il dono della parola.
“No, ecco perché ti
rivuole: ti creò per questo.” Rispose quindi Kei, guardando
attentamente il Demone.
Questi tremava rabbioso e, senza che se ne fosse reso conto, una lingua di fuoco nero scaturì dalle sue mani, chiaro segno che ormai era giunto al limite della sopportazione.
Non poteva ascoltare oltre, non ne sarebbe stato fisicamente capace.
“Perché ha mandato te e non
uno stupido Messaggero di terzo ordine!?” Gridò a quel punto -ma la sua voce suonò simile ad un docile lamento-,
puntando alla gola dell’Angelo la fiamma infernale.
L'occhiata accondiscendente di Kei parve spiegare, senza bisogno di parole, che nessun altro sarebbe stato in grado di portare a compimento tale gravosa missione.
“Perché avresti eliminato quel
povero Novizio.” Rispose indifferente, non
badando al Fuoco che lo minacciava; ed anzi era rilassato, come se
discorresse
piacevolmente con un amico innanzi ad una tazza di tea.
E allora Yurij, nonostante ancora fremesse carico di rabbia, richiamò a sé il Fuoco, allontanando quell'inutile minaccia dal compagno.
Il suo cuore sorrise, d'altra parte era cambiato poco tra di loro...
“Non c’è alcuno sfizio con
te.” Si lamentò.
Kei a quelle parole sorride soddisfatto, poi
lanciò uno sguardo al volto di Yurij.
Il Caduto aveva la testa china,
gli occhi socchiusi ed un’espressione di
profondo dolore ed infinita tristezza dipingeva il suo viso, rendendolo
quasi più
vecchio, stanco, mettendo effettivamente in luce la sua vera età.
“Perché non hai richiesto tu
quel Compito?” Chiese piano, alzando gli occhi.
Oh, Kei si aspettava quella domanda, non era forse stata una delle poche promesse cui non era stato in grado di adempire adeguatamente..?
“Yurij, siamo
esseri talmente antichi e pericolosi… il nostro
potere è infinito, apparteniamo alla stessa stirpe generata dallo
stesso
sangue, ma il Compito affidatomi fu ben diverso dal tuo. Non posso
pretendere
il tuo Potere perché non mi appartiene…” Bisbigliò infine, come a volersi scusare, ed aprendo le grandi
Ali.
“Il volo degli Angeli è uno
spettacolo unico…”
Yurij gli sorrise, divertito:
“Nelle tue mani stringi la
Verga della Giustizia, ma… Da quando sei così
saggio, Guerriero?” Chiese.
“Da quando ho potuto ammirare
la Caduta di un amico…” Rispose tristemente.
Il Demone rise sprezzante, gli
occhi di cristallo chini: “Non permettere mai
che le tue Ali brucino, Kei…” Disse mostrando ciò che rimaneva del suo
Orgoglio
di Angelo.
Il ragazzo dagli occhi di
rubino gli si avvicinò, lasciando passare
delicatamente due dita sullo scheletro duro e annerito di quelle che
erano
state ali magnifiche.
Posò le labbra sull’ombra di
quella gloria, baciandone le ossa e sorrise
debolmente:
“Mai…” Bisbigliò.
Yurij ricambiò il sorriso,
richiudendo la sua Vergogna e la sua Condanna
(Orgoglio e Benedizione).
“Addio, Kei…” Sussurrò mentre
l’Angelo apriva le Ali piumate.
“No, Yu… Arrivederci.”
Ribatté, decollando.
Ivanov lo osservò piroettare
nel cielo tristemente, e posò lo sguardo di
ghiaccio su una delle piume dorate che l’Angelo aveva lasciato cadere;
la
raccolse, ammirandone lo splendore e la purezza.
“Gli Angeli… Sono gli eletti del
Signore?”
Finì il suo cocktail ed alzò
lo sguardo
studiando il locale e gli Esseri presenti in quel posto…
Che stupida razza gli uomini: trovavano rifugio nell’alcool (che a suo
dire era
alquanto disgustoso), sfogavano i propri istinti sessuali su poveri
ragazzi o
ragazze, si drogavano o vendevano quella roba, ma, soprattutto,
uccidevano…
Erano comportamenti che sfioravano la sottile barriera che,
attraversata,
trasformava l’Essere Umano in Bestia…
E così era quella la razza che il Nostro Signore aveva creato a Sua
Immagine e
Somiglianza?
Qualcosa di cui essere davvero orgogliosi, senza dubbio…
Due braccia sottili avvolsero il collo del Dannato, sottraendolo a
quelle
riflessioni insensate,prive di uno scopo, ma fondamentali per la Sua
Causa…
Il tempo in quel momento parve fermarsi.
“Ciao, Yurij…” Una voce di donna risuonò sensualmente al suo orecchio.
“Lilith*…” Sibilò infastidito il rosso.
Cazzo! Era la terza volta in una giornata che un essere sovrannaturale
decideva
di fargli una visitina! Possibile che non volessero lasciarlo in santa
pace..!?
Sbuffò disgustato da quel tocco.
“Mmh! Ma Yu!” Protestò la Donna, avvertendo l’irritazione del giovane.
Si sedette elegantemente sul bancone, accavallando le lunghe e
meravigliose
gambe:
“Non dirmi che ti dispiace vedermi!” Continuò, avvicinando il suo volto
a
quello del Dannato.
Lilith era una creatura meravigliosa…
Aveva un volto ovale, liscio e perfetto, due grandi occhi verdi, lunghi
capelli
corvini che le sfioravano il sedere, una pelle lattea, forme morbide e
delicate
ed una sensualità talmente sporca ed innocente da risultare ingannevole
e
incantatrice...
“Perché non sei con Lucifero?” Chiese aspro il Demone, senza lasciarsi
imbambolare e concentrando il discorso su di lei…
Se esisteva un vizio che le donne condividevano in massa, indubbiamente
era
quello dell’egocentrismo: parlare delle loro passioni, dei loro valori
le
eccitava più di qualsiasi altra cosa…
O almeno era questo quello che Ivanov credeva…
La Donna scrollò le spalle.
“Preferisco divertirmi qui sulla Terra… Gli esseri umani sono creature
talmente
affascinanti!” Disse, scendendo dal bancone e avvicinandosi ad un uomo
fermo
nella posa di estrarre un accendino dalla tasca.
La Tentatrice passò la lingua sulla guancia della sua futura vittima.
“Non capisco perché nessuno si sia ancora lamentato di te…” Bisbigliò
divertito il Demone, osservando come la Donna risultasse appassionata
nell'atto di scegliere le prede del suo dolce, ingannevole e malefico
gioco…
“E’ il mio Compito…” Ribatté alla stessa maniera Lilith.
“La donna, reincarnazione del Peccato…”
La Sposa del Diavolo gli si avvicinò, ancora, sollevando il volto del
Dannato
per poter fondere i loro preziosi occhi.
“Verrà il giorno in cui Inferno e Paradiso si schiereranno contro la
causa
comune, quando questo accadrà da che Fronte arriverai? E quando infine
Dannati
e Angeli si scontreranno nei Cieli con chi combatterai, Astro Caduto e
crudelmente Esiliato?” Proferì con una nota di sarcasmo nella dolce,
sibilante
voce.
“Credo che quel giorno mi prenderò una vacanza..!” Rispose Yurij,
alzandosi.
“Gli Angeli ti cercano, i Demoni ti pretendono, gli Uomini ti
desiderano; versi lacrime… Dov’è il tuo orgoglio, Misera Creatura?” Infierì la
Donna.
Il Demone sospirò, nascondendo al mondo i suoi occhi acquamarina.
“Non puoi fuggire per l’Eternità ed ormai è tutto pronto.” Bisbigliò,
ancora,
Lilith.
“Piantala di decretare inutili sentenze, torna dal tuo Signore,
lasciami in
pace…” Disse il rosso voltandosi.
Lilith scosse la testa, desolata…
“Hai rinunciato alla pace ancor prima di essere generato…” Sussurrò.
La Donna scomparve silenziosa, una piuma nera si posò leggera tra le
mani
dell’Angelo Caduto…
“Così diversa dalla tua piuma, Kei. Eppure… Non riesco a percepirne la
differenza: le colpe ed il sangue di cui sono sporche hanno la stessa
consistenza…”
Fine quarto capitolo.
(*)Bullshott: è un cocktail e
fa parte
della stessa famiglia del Bloody Mary!Quindi con una base di Vodka ^^!
(*)Ultima Sfera: approfondirò
più avanti
l’argomento quando illustrerò la gerarchia del Paradiso e dell’Inferno
^^!Comunque sia l’ultima Sfera (o Terza sfera) è quella a cui
appartengono
Principati,Arcangeli e Angeli ^^!
(*)Lilith:Allora vediamo…Molti
sostengono
che Lilith sia l’entità femminile di Lucifero,altri invece che ella sia
una
Donna,prima sposa di Adamo e in seguito moglie del Diavolo,in questa
Fics
Lilith è la seconda,quindi un essere completamente diverso da
Lucifero,caro ^^!
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Capitolo 5 *** Innocent ***
Prima Sfera:Serafini, Cherubini, Troni.
Seconda Sfera:Dominazioni, Virtù, Potestà.
Terza Sfera:Principati, Arcangeli, Angeli.
Ho voluto inserire la Gerarchia anche perché servirà a farvi capire,
più o
meno,d ove porrò Yurij… Bene, vi lascio al capitolo!
Dedicato a Pad per il suo
compleanno.
Iииø¢єит
"...Dio infatti non
risparmiò gli angeli che avevano peccato, ma li
inabissò, confinandoli in antri tenebrosi per esservi custoditi per il
giudizio"
Silenzio.
Teneva il capo chino e gli occhi chiusi, un meraviglioso sorriso,
invece, gli
curvava le sottili e splendide labbra…
La terra era desolata e sotto i suoi piedi, ancora agonizzante, il
Demone
combatteva.
L’arma nella mano destra splendeva, mentre il sangue scivolava lungo la
lama,
bagnando l’arido terriccio.
Rise malvagio, aprendo le grandi ali e sollevando la spada.
Il Dannato arrancava, schiacciato sotto il peso dell’Angelo.
“Non puoi sfuggire a quel che ti è stato destinato, arrivi dalle
Fiamme: coi
tuoi peccati e la tua impurità contamini il Paradiso che Nostro Signore
ha
creato per i giusti e i buoni… Non sei né l’uno, né l’altro e la Bocca
Dell’Inferno pretende il sacrificio della tua vita. Giunto a noi,
sapevi che
saresti tornato all’Impuro meno che corpo e ancor meno che anima.”
Proferì la
Sua Condanna.
Il Demone fissò inespressivo l’Angelo, ridendo, poi, malignamente.
“La razza Alata è... impura quanto noi…” Bisbigliò a fatica il
Condannato.
“Taci!”
Recise la gola al Dannato, strappando la testa all’anima impura e
portandola
davanti agli occhi.
“Non esiste redenzione per chi ha tradito il Signore…” Bisbigliò,
sfiorando le
labbra semiaperte dell’Essere con la punta della spada e portando lo
sguardo
sui suoi occhi rovesciati.
Il sangue scorreva, bagnando e bruciando i piedi dell’Angelo.
Disgustato, lasciò cadere il capo del Demone sulla terra; indietreggiò
di qualche
passo,mentre ancora insuperbito fissava il cadavere.
“Uriel*, credo che ti sia divertito abbastanza…” Una voce parlò alle
sue
spalle.
Sospirò piano, voltandosi.
Il Guerriero era davanti a lui, gli occhi richiamavano le fiamme
dell’Inferno,
i capelli argentei la sporca purezza del Paradiso, le Ali di oro e di
rosso
erano fiera rappresentanza del suo rango.
“Sei appena risalito dalla Terra, respira e cerchi di non scocciarmi in
ogni
momento…” Ribatté l’Arcangelo, infilzando allegramente la spada nel
capo del
Dannato e fissando l’arma al terreno.
“Una chiara provocazione, disgustosa direi, come il modo con cui hai
infierito
sul suo corpo ormai Condannato.” Osservò con calma snervante Kei,
indicando
l’ombra del Demone che scompariva lasciando solo una chiazza di sangue
nero a
macchiare il terreno.
“Teme che possa accadere qualcosa di simile al suo amico se si
avvicinasse?”
Chiese con cattiveria Uriel.
“Affatto, sarei preoccupato più per te che per lui.” Disse
semplicemente Kei,
provocando l’ira dell’Angelo.
“Prende posizione per poter riaccogliere in Cielo un Caduto! Se questo
non è
tradimento, mi dica cos’è?!” Ringhiò, puntandogli un dito contro.
“Si sta preparando una Grande Battaglia…” Bisbigliò semplicemente Kei,
ignorando le parole di Uriel.
L’Inferno bruciava di una fredda luce…
Il calore delle Fiamme, che tormentavano le Anime dei Dannati, si era
affievolito.
Lucifero chiuse i suoi occhi di freddo cobalto, mentre Lilith sua sposa
lo
cullava.
“So ciò che senti…” Bisbigliò la Donna, posando una mano sul petto
dell’Impuro
laddove, forse, vi era un cuore.
Lucifero prese la mano della sua Sposa, carezzandone la pelle nivea
dell’arto
delicatamente, assorbendone la pura morbidezza e baciandola
silenziosamente.
“L’Inferno è un impero troppo piccolo per due sovrani, Stella del
Mattino, e lui
non ha ancora fatto una scelta.” Continuò la Donna.
“Shhh…”
La zittì il rivale di Dio, posandole un dito sulle soffici
labbra.
“Si
risveglieranno presto…”
Continuò sorridendo, malvagio.
Strinse a sé Lilith, il calore sporco della Sposa lo confortava…
E infondo del sangue versato dagli Angeli non gli importava.
La Razza Alata decadeva, lentamente ed inesorabilmente, le piume delle
loro
meravigliose Ali, che con fierezza aprivano, si tingevano di rosso…
Condusse Lilith alla sua Dimora.
E nel frattempo la sua anima sporca e dannata risplendeva in una luce
turbata,
timorosa ed eccitata da ciò che sarebbe potuto accadere versando il
Sangue
degli Eletti…
La sala di cristallo era
circolare ed
aveva alte pareti intarsiate da magnifici ghirigori.
Cinque troni nascevano dalle mura magnifiche: il cristallo diveniva
argento e
poi oro, il metallo più puro e prezioso…
I seggi erano decorati da intarsi accurati e minuziosi, scene di pace e
distruzione
erano richiamate ed incise sulla loro superficie.
L’Angelo dalle Ali infuocate entrò nella sala…
Alle spalle del trono più meraviglioso e magnifico tre grandi specchi
si
affacciavano sui Mondi.
Paradiso, Terra, Inferno.
Sospirò stancamente, lanciando uno sguardo al Libro sigillato
nello
schienale di un seggio.
“Non conviene rimanere qui…” Bisbigliò una voce alle sue spalle.
Kei si voltò sorridendo con asprezza.
“A nessuno è concesso entrarvi…” Ribatté il Guerriero.
Il nuovo venuto chinò il capo, annuendo con un dolce sorriso.
“E’ accaduto qualcosa che la turba? Lei non ama la compagnia di altri
suoi
simili, ma raramente accade che si rifugi in questo luogo…” Osservò
curioso
l’Angelo.
“Nulla che tu non conosca.” Bisbigliò Kei.
Studiò la sua immagine riflessa nei tre specchi.
Il Paradiso lo mostrava come fiero e giusto Angelo che alzava con
orgoglio e al
contempo velata umiltà lo stendardo di una Nuova Guerra…
Sulla Terra era un giovane freddo e calcolatore, un ragazzo che
nonostante
l’indifferenza e l’apparente egocentrismo portava nel cuore il vero
senso
della giustizia (attuato nella vendetta demoniaca…).
L’Inferno non mostrava alcuna immagine del Guerriero: lucido e
splendente lo
specchio rimase immutato.
Kei sospirò stancamente, portando una mano all’elsa della spada legata
al suo
fianco.
“Ho visto Uriel, poco fa…” Soffiò in tono grave.
“Era al confine?” Chiese il suo interlocutore.
“Sì, e aveva ucciso… Quello è territorio neutrale, non si dovrebbero
commettere
di questi atti!” Disse indignato Kei, scuotendo il capo.
L’ultimo venuto portò lo sguardo sul magnifico trono, il Libro
intrappolato
nello schienale vibrò ed egli ghignò soddisfatto, mentre il Guerriero
intravedeva negli occhi dell’Eletto un’avida luce.
“Ha fatto o detto altro?” Chiese improvvisamente.
“Ah! Secondo il suo ‘modesto’ parere sarei un traditore…” Aggiunse con
cautela
Kei.
Non capiva ciò che stava accadendo: possibile che il Paradiso fosse
talmente
corrotto? Si morse un labbro, deluso, amareggiato e confuso.
“Vuole che torni” Proferì con una certa calma l’Angelo, fissando le sue
iridi
dorate nel fuoco del Guerriero.
“Esattamente.” Sibilò l’interpellato.
Non riusciva a trattenere quella rabbia e quell’odio incontrollati.
Non voleva (o meglio non poteva) dimenticare la sofferenza e la
disperazione causate da battaglie né vinte e né perse.
“E’ un caduto, signor Kei! Bruciato dalle fiamme, macchiato dal
peccato.
L’Inferno lo avrà accolto spalancandosi senza indugio sotto la Luce
corrotta
che lo avvolgeva…” Disse aspro e cattivo l’Angelo.
“Il Giudizio a cui è stato sottoposto era corrotto! Il Processo che si
è svolto
non è durato molto: il tempo, immagino, che egli si sia ribellato agli
ordini
del Consiglio e che quest’ultimo l’abbia condannato!” Disse Kei,
infiammandosi.
Strinse i pugni ed i muscoli si tesero, vibrando per poi rilassarsi ed
il
Guerriero tremò.
Perché ciò che amava era scomparso?
Perso…
Ricordava quella mano tesa.
“Non aveva alcuna colpa, era Innocente e lo avete proclamato Colpevole
di un
viscido inganno e di una crudele congiura…” Bisbigliò, mentre pregava
affinché
quelle immagini si dileguassero.
Ne era sempre stato tormentato…
Sì, sempre: si riteneva responsabile di ciò che era accaduto.
Non aveva fatto nulla per evitarlo.
Ma avrebbe mai potuto? Il suo intervento avrebbe cambiato qualcosa?
“Innocente..? La sua anima sporca era percepibile al solo sguardo…”
Disse il
suo compagno, ridestandolo da quelle tristi riflessioni.
Kei scosse il capo, ridendo amaramente ed avviandosi all’uscita.
“Il Consiglio ti cerca…” Disse infine l’Angelo, prima che il tatuato
uscisse.
Quest’ultimo sorrise: allora era quello il motivo per cui
l’aveva
cercato.
Sul suo volto prese forma una maschera di comica ironia ed annuì
silenziosamente.
Lo specchio dell’Inferno riflesse una cupa oscurità alla presenza
dell’Angelo.
Un tunnel buio, dove le fiamme suadenti sussurravano dolci e sibilanti
inviti,
pregandolo di bruciare con loro.
Belial* attendeva seduto su una roccia con le braccia incrociate il suo
arrivo.
I capelli castani gli sfioravano dolcemente le spalle, ricadendo in
morbidi
boccoli ed i grandi occhi verdi, così innocenti, studiavano
viziosi il
terreno circostante.
Le labbra erano curvate in un fanciullesco sorriso spensierato e cattivo,
ma talmente affascinante.
Belial era meraviglioso.
Meraviglioso nel suo aspetto angelico, in cui ombre demoniache
prendevano il
sopravvento.
Le sue due grandi ali argentee si muovevano pigramente.
Meraviglioso in quell’atteggiamento arrogante.
Meraviglioso nella velata crudeltà espressa dal suo giovane e
bellissimo viso.
“Finalmente sei arrivato…” Bisbigliò, voltandosi in direzione del nuovo
venuto,
che gli sorrise.
Yurij gli si avvicinò: in quel territorio poteva addentrarsi senza
avere
problemi e si sedette accanto al compagno.
Le ali scheletriche del Caduto si rinchiusero all’interno del corpo del
proprietario, che ammirò con desiderio le ali piumate d’argento
del
Demonio.
Belial portò lo sguardo sulla schiena nuda del rosso, dove quattro
cicatrici si
aprivano a deturpare la pelle diafana del Dannato.
“Solo questo è rimasto di ciò che eri?” Chiese in un sussurro il
giovane,
sfiorando le ferite.
Yurij rabbrividì sotto quel gelido tocco: il calore dell’Inferno non
scaldava i
corpi dei Diavoli e rise, poi, amaramente.
“Già, ho restituito ciò che mi era stato affidato…” Fece ironico. “E
non mi
rimane che l’ombra di ciò che fu…” Aggiunse tristemente.
Belial lo strinse a sé, cullandolo dolcemente.
“La caduta per te non è stata una vergogna o una disgrazia… Ma una
liberazione.” Disse piano, specchiandosi negli occhi di cristallo del
giovane
davanti a lui.
Chi ha detto che i demoni non possono provare sentimenti?
“Non meriti di essere sottomesso a stupide regole e tanto meno di essere
lo schiavo dell’Altissimo.” Continuò.
Possibile che siano… Più umani
degli Angeli?
“Questo perché l’Altissimo non merita di avere uno schiavo come te…”
Concluse,
bisbigliando amorevolmente quelle parole all’orecchio del
rosso.
Yurij rise, allontanandosi piano, sfidando con una certa malizia e
ironia il
Demonio davanti a lui.
“Merito, quindi, di essere lo schiavo di un Re dell’Inferno?” Azzardò
con
garbo.
Belial scosse il capo, ghignando.
“Sei il più Dannato degli esseri*, Yurij.” Mormorò con calma snervante.
“Oh! Con questi complimenti mi lusinghi.” Fece il Caduto.
I Demoni stanno al gioco, partecipando attivamente, vincendo,
perdendo e
vendicandosi…
“L’inferno gela, Angelo... E tutti attendono la tua decisione: quando
l’Innocenza fu mascherata in Colpevolezza non combattesti, rassegnato
ad un
destino non tuo. La Guerra sarà dura, sono furiosi e non siederai più
in
Paradiso per calmare la loro collera.” Proferì, sollevandosi. “E quel
che è
peggio è l’Alleanza che ne potrebbe nascere: è una cosa che non
voglio.” Un
capriccio, era un capriccio quello di Belial.
Yurij chinò il capo sospirando tristemente.
“L’universo non gira intorno al tuo ego, mio caro.” Bisbigliò. “E
ovunque mi
schieri, la mia partecipazione non gioverà né l’una,né l’altra fazione.
In
Paradiso si narra dei gravi torti che ho inflitto al Signore e Lucifero
freme
di riavermi al suo fianco solo per potermi spezzare l’osso del collo.”
Rise di
gusto, alzandosi anche lui.
Belial volse gli occhi in alto.
“E’ un luogo a cui tutti i Demoni agognano, in fondo…” Confessò,
riferendosi
chiaramente al Cielo.
“Ma che temono di raggiungere, impreparati alla delusione che
potrebbero
ricevere…” Continuò Yurij.
“Esattamente…” Concesse con garbo il Re.
Belial sorrise ancora a Yurij; gli occhi verdi del giovane si
illuminarono di
una luce troppo pura per essere reale. Tese una mano verso il volto del
rosso,
carezzandogli delicatamente una guancia.
“Scegli con cura il tuo ruolo.” Soffiò, sorridendo dolcemente, mentre
una luce
malvagia alimentava quelle iridi di smeraldo.
Il Caduto si rilassò a quel tocco, sfiorando con la punta delle dita la
mano
del compagno.
“Farò il possibile…” Rise, mentre le labbra di Belial sfioravano con
delicatezza le sue.
Il Re si allontanò, aprendo le grandi ali argentee: un carro su cui
ardeva il
fuoco infernale si materializzò al suo fianco.
Yurij scosse il capo esasperato.
“Esibizionista…” Si ritrovò a pensare
mentre ammirava la scomparsa del compagno.
Le fiamme dorate sfioravano quei delicati e forti lineamenti, senza
ferirli…
Sospirò, riaprendo dolorosamente le sue ali scheletriche.
Spiccò elegantemente il volo, abbandonando quella terra di mezzo dove
la testa
mozzata di un Demone era la muta testimonianza che la neutralità di
quel luogo
era stata spezzata…
Che scorra! Che il sangue innocente degli Angeli bruci su questa
terra!
Fine quinto
capitolo.
*Uriel: è un Arcangelo tra i
più
conosciuti insieme a quegli altri tre Gabriel,Raphael e Michael U_U
*Belial: è un re,procura al
mago onori e
favori,l'appoggio dei potenti,è una delle energie più forti, si dice
sia sorto
subito dopo Lucifero. E'il demonio della sodomia (Lo ammetto,l’ho
scelto anche
per questo n/////n). E' lo spirito più vizioso dell'inferno. E' un
demonio
bellissimo, pieno di grazia e di dignità. E' però molto cattivo e
crudele; il
suo nome significa "ribelle e disobbediente". Spesso si manifesta
come un angelo bellissimo seduto sopra un carro di fuoco. Comanda 80
legioni di
diavoli.
* ‘Sei il più Dannato degli
esseri’:
citazione da ‘Scelti dalle Tenebre’ di Anne Rice,parole di Marius a
Lestat.
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Capitolo 6 *** MoonLight Sonata ***
MøøиŁιﻮђ† รøиα†α
“Tutto il
mondo giace
sotto il potere del maligno”
Avanzava silenzioso in
quella
casa umana, un sorrisino di scherno gli curvava le dolci labbra.
Si risistemò pacatamente la leggera giacca di seta bianca, ripiegando
le
maniche della camicia nera al di sopra di essa ed i pantaloni dello
stesso
tessuto del soprabito erano semplici ed eleganti, risaltando il fisico
atletico
e ben fatto della figura.
Nella mano destra recava un bastone nero dalla punta sottile al capo
del quale
vi era un intarsio d’oro bianco dalle sembianze serpentine…
I suoi piedi nudi non lasciavano trasparire alcun suono poggiandosi sul
pavimento di marmo.
Dietro di lui vi era, però, una scia di orme infuocate, macchiate di
sangue
nero…
Entrò nella camera da letto.
Lui dormiva…
Il candido lenzuolo copriva il suo bel corpo, il respiro era regolare e
nulla
turbava la quiete di quell’attimo così sovrannaturale.
La grande finestra era spalancata e la gelida aria notturna entrava
prepotentemente nella stanza.
Il Caduto i mosse pigramente nel sonno: ogni misero movimento pareva
calcolato
affinché in questo vi fosse quella giusta dose di malizia, sensualità,
innocenza e cattiveria…
La luce della luna per un attimo illuminò l’intera camera e
l’attenzione
dell’intruso fu catturata dal meraviglioso ed elegante strumento
presente nella
stanza.
Un pianoforte, delizioso…
Con un elegante movimento della mano appostò il bastone di fianco allo
strumento, accomodandosi poi alla tastiera.
Con lentezza disarmante le sue mani scivolarono sui tasti d’avorio e le
prime
dolci note furono accennate.
Accompagnava con lievi cenni del capo il suono.
I capelli neri che sfuggivano alla bassa coda gli ricadevano ordinati
ai lati
del bel volto ovale e liscio.
Gli occhi cobalto studiavano i tasti e si perdevano in quella musica
così
incantevole.
“Sonata al Chiaro di Luna di Ludwig Van Beethoven…” Bisbigliò una voce
delicata
alle sue spalle.
Il suonatore sorrise a quel sussurro, annuendo col capo, senza
deconcentrarsi,
mentre le sue mani continuavano una lenta danza sui tasti.
Yurij Ivanov si sedette al suo fianco ed il sorriso sul volto
dell’intruso si
trasformò in un’espressione deliziata.
Lo sguardo del rosso si perdeva, affascinato, in quella successione di
dolci e
tristi note e in quell’istante la luna illuminò il viso diafano
dell’essere.
“Non era forse il violino, lo strumento del Diavolo..?” Mormorò
divertito il
Caduto, mentre le note prendevano un ritmo più deciso, per poi scemare
ancora
in quella disperata dolcezza…
“Qualsiasi strumento il cui suono sia prodotto quasi come se fosse
innaturale
viene definito di mia fattura…” Bisbigliò in risposta.
La Sonata assumeva le sue sfumature più romantiche.
“E chi ha davvero venduto l’anima alla tua persona per ottenere abilità
nell’arte?” Continuò il Demone.
Il Diavolo rise.
“Parecchie, forse troppe, sono le leggende e i miti degli umani…”
Quella risata era così pura ed innocente proprio come il bianco che
amava
indossare.
“Puoi negarle?” Chiese ridendo il Dannato.
L’imperatore dell’Inferno non rispose; continuava nella sua opera,
mentre il
risolino di Yurij lo invitava ad andare avanti.
Rimasero in silenzio, mentre la musica soffocava prepotentemente l’aria
nella
stanza.
Il Caduto aveva chiuso gli occhi, assaporando ogni lieve inclinazione
delle
note e il Diavolo... Il Diavolo si fondeva con esse come un amante
appassionato
ed ardeva, ardeva silenzioso di quella passione, rievocando immagini ed
emozioni con ogni movimento delle dita lunghe e sottili che con estrema
agilità
e delicatezza si muovevano sulla tastiera ancora e ancora…
La sonata si concluse con due tristi note scure, le labbra
dell’esecutore erano
curavate ancora in un dolce (infido) sorriso (ghigno).
“Meraviglioso, Lucifero… Meraviglioso.”
Concesse Yurij.
Teneva gli occhi ancora chiusi, perso com’era nel suono ingannevole
prodotto
dal Diavolo.
L’Imperatore chinò leggermente il capo in un lieve inchino che
rappresentava un
muto ringraziamento e nei suoi occhi blu le Fiamme dell’Inferno
bruciavano
pigramente.
“A cosa devo quest’onore? Come mai Satana avanza in una notte umana
nella mia
casa, suonando il mio pianoforte..?” Chiese il rosso, estremamente
divertito.
“Per romperti l’osso del collo, magari…” Si pronunciò Lucifero.
“Oh, vedo che sai già del mio incontro con Belial.” Osservò con un
cipiglio
infastidito Ivanov.
“Sono pur sempre l’Imperatore..!” Disse il Diavolo, allargando le braccia
come ad
indicarsi, recuperando poi con un abile gesto il suo bastone.
“Non hai risposto alla mia domanda, Lu…” Cantilenò Yurij,
marcando
l’espressione su quel diminutivo alquanto ridicolo, rispetto alla
magnificenza
che avvolgeva il nome di Lucifero.
Questi sorrise, accarezzando pensoso i tasti bianchi del pianoforte, riparando alcune imperfezioni dovute al tempo.
“Raccontami ciò che accaduto…” Bisbigliò, infine, pochi attimi dopo Satana, ignorando quel nomignolo con
una smorfia.
“Conosci già tutto ciò di cui hai bisogno.” Ringhiò Yurij in risposta,
intuendo
ciò che il Diavolo voleva sapere.
“No, invece: so naturalmente della tua partecipazione alla Guerra...”
Disse
calmo “Come dimenticare..?” Aggiunse, poi, divertito al ricordo di ciò
che
accadde. “E del tuo ruolo, naturalmente.” Continuò Lucifero, con quella
freddezza inquietante.
Il Caduto lo fissò con un certo disgusto, come spesso era successo
quando
l’Inferno era stato la Sua Dimora e quando ancora tentava, vanamente,
di
instaurare un qualche rapporto o punto di incontro col Diavolo.
“Ma non mi hai mai accennato le cause della tua Caduta, Angelo.”
Concluse,
concentrando quei meravigliosi occhi cobalto nelle iridi turchine del
giovane
dai capelli vermigli.
Era vero, in fondo…
Yurij non aveva mai fatto parola con Lucifero di ciò che era accaduto
quando
era stato scacciato, nonostante più volte il Signore dell’Inferno
avesse
chiesto spiegazioni… Che naturalmente non aveva mai ricevuto.
E in quel momento come non mai sembrava che il Suo Signore necessitasse
di
quelle informazioni quasi fondamentali per il destino della Nuova
Guerra…
Il Dannato sospirò, chiudendo gli occhi e portando il volto verso
l’alto.
“Il Paradiso è talmente perfetto da sembrare truccato in ogni
particolare.”
Mormorò il Demone. “Un Inferno di Angeli…” Concluse con cupa convinzione.
“Ti trasmetterò immagini, emozioni, sensazioni… Non sono un bravo
oratore ed il
racconto impiegherebbe troppe ore umane.” Continuò il rosso, sedendosi
elegantemente sul letto, incrociando le braccia e accavallando le gambe.
Fissò per un interminabile istante Colui che lo fronteggiava e sorrise…
Sorrise
senza un apparente motivo.
“Mio Signore..?”
“Si?”
“Perché gli Angeli sono così crudeli?”
Belial, silenzioso, rimirava
dall’alto il
suo regno di Fiamme, sospirando...
“E’ con lui, dannazione, E’ CON LUI!” Sbraitò, lanciando lontano la
coppa d’oro
da dove stava bevendo.
“Si consoli Signor Belial, si consoli sapendo Kei nelle mani del
Consiglio.”
Bisbigliò una voce alle sue spalle.
“Michael*..!” Esclamò, aprendo i grandi occhi verdi in un’espressione
di
infinita sorpresa, che lo fece apparire così simile ad un bambino.
L’Arcangelo sorrise, compiaciuto.
“L’Inferno non è il luogo che più ti si addice…” Continuò il Re,
avvicinandosi
al nuovo venuto, il cui volto si contrasse in una smorfia divertita.
“No, non lo è…” Concesse l’Angelo, ridendo di gusto -e morendo
dolorosamente
nel profondo del suo cuore.-, fissando intensamente il compagno.
Due occhi smeraldini nell’oscurità videro la scena e la figura sospirò.
“Ti sei fatto troppi nemici, Angelo…” Bisbigliò, scuotendo il capo e
sorridendo
tristemente.
Fine sesto capitolo.
(*)Michael: Arcangelo.
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Capitolo 7 *** Once Upon A Time ***
Ho da dirvi ancora una cosa DAVVERO
IMPORTANTE: questa FF
non si rifà in alcun modo alla Bibbia; è tutto frutto
della MIA FANTASIA. Quindi se alcune, MOLTE, cose non
risponderanno ai racconti Biblici ne conoscerete i motivi. Vi dico
questo in modo
da non creare né disguidi, né polemiche ^^… Non dico che la mia FF sia
perfetta, ma ha bisogno delle mie idee malate e perfettamente
incoerenti con
qualsiasi altro testo religioso per andare avanti XD!Poi vediamo…
Questo carattere –Angelo-:
verrà usato negli spezzoni tra passato e presente e
rappresenta il presente ^^, e nei dialoghi del presente utilizzerò
questo
carattere –Angelo-.
Questo carattere -Angelo-: verrà
usato per rappresentare il racconto passato ^^.
Øи¢є
υρøи α
тιмє
“Allora il dragone... andò a
far guerra a quelli che... osservano i
comandamenti di Dio e custodiscono la testimonianza di Gesù”
Emise un lungo sospiro nel
silenzio,
tenendo gli occhi celati.
Lucifero lo osservava
affascinato, attendendo paziente la scarica dei ricordi
del suo Angelo…
Un sorriso meraviglioso si
dipinse sul volto del Diavolo, quando tutto,
finalmente, accadde.
Avanzava
per gli alti e dorati corridoi circolari, tenendo lo sguardo fiero e
gelido.
I capelli di fuoco gli ricadevano in morbidi boccoli ai lati del viso,
sfiorando con eleganza le spalle.
Possedeva lineamenti affilati ma dolci allo stesso tempo ed occhi così
taglienti ed inespressivi che assumevano luci brillanti e vivaci.
Tre paia di ali spruzzate di prezioso nevischio e inutile oro si
aprivano sulla
schiena dell’Angelo, affiancato dal Guerriero.
“Sei irritato?” Chiese ridendo l’Eletto dalle ali di fuoco.
“Cosa te lo fa credere?” Ribatté l’altro, sorridendo e studiando una
piuma
dorata di Kei, che elegantemente si era posata sul palmo della sua mano.
“Il Consiglio ha disturbato il riposo del Guardiano… Normale che
quest’ultimo
ne sia risentito.” Rispose indifferente il tatuato. “Perdi la testa
solo per
simili sciocchezze…” Aggiunse, poi, ghignando.
“Conosci troppo di me…” Soffiò il rosso, stringendo con furia la piuma
in una
morsa di pietra: era stato un atteggiamento rozzo, che stonava con i
modi di
fare del Guardiano..! Movimento che corresse, poi, non appena lasciò
libera la
piuma con un elegante e morbido gesto della mano.
Quest’ultima spirò, scomparendo in lievi scintille di fuoco…
Kei
scosse il capo, sorridendo lievemente e fermandosi, infine, col
compagno
innanzi alle grandi porte ad arco che li sovrastava.
Eleganti e magnifici, gli
altorilievi raffigurati rappresentavano la gerarchia angelica.
Rami di un albero genealogico
umano si districavano dal punto più alto in labirinti di nomi e di
gradi, di
livelli e di importanza…
“Quanta futilità, come se
avessero avuto bisogno di leggere su di uno
stupido schemino chi tra loro fosse il più potente!” Le riflessioni
disgustate, stizzite ed amareggiate di Yurij spezzarono il flusso dei
ricordi.
“Questa è alterigia, Caduto…” Rise Satana.
“Oh, è un vizio di molti
eletti Eletti, Lucifero…”
Soffiò il rosso,
accompagnando con una lieve risata cristallina quelle parole.
L’Angelo
dalle
sei ali sfiorò con la punta delle sottili dita bianche il suo nome,
posto poco
sotto l’Altissimo…
“Posizione considerevole… Se cadessi, ci sarebbe un gran bel botto
sulla Terra,
non trovi?” Ironizzò, ridacchiando il rosso.
“Non scherzare, piuttosto, siamo in ritardo…” Sviò il discorso il
compagno.
Il Guardiano annuì sbadigliando e con un gesto scocciato della mano
aprì le
grandi porte…
Lo spettacolo che gli si presentava dinnanzi ogni volta che
oltrepassava quella
soglia (rare, poiché spesso e volentieri preferiva di gran lunga
sonnecchiare
nelle sue stanze ed inviare Messaggeri al suo posto) era sempre lo
stesso.
Monotono…
Litigi e discussioni che non lo toccavano minimamente sorgevano ad ogni
parola
pronunciata ed alla stessa maniera giudizi e processi si svolgevano
nella
quotidiana e luminosa apatia di quei luoghi.
Sospirò
pazientemente, lanciando uno sguardo alla grande sala ovale e a coloro
che
occupavano i seggi posti su tribune di diverso livello.
“Finalmente ci degna della sua presenza..!”
Esclamò un Angelo dai meravigliosi occhi nocciola e dai capelli ramati
sfumati
dall’oro dei campi di grano.
Planò dinanzi al rosso, accogliendo Yurij e sorridendogli dolcemente.
“Raphael*…” Lo salutò con
gentilezza il Guardiano.
L’Arcangelo in questione chinò
lievemente il capo: sapeva di essere nelle grazie della creatura che lo
sovrastava.
In effetti Raphael era uno dei
pochi Eletti che Yurij davvero apprezzava…
“Non l’abbiamo convocata qui per
inutili convenevoli, Signore!” Esclamò un Angelo dalla folla.
“Se il tuo Compagno è stato così
educato da salutarmi, non vedo perché io non dovrei ricambiare il
saluto,
Uriel…” Rispose tranquillo il Guardiano.
“Salutarla…” Una smorfia di
disgusto si dipinse sul volto dell’interpellato. “Non meriterebbe
nemmeno di
mettere piede in questa sala!”
“Uriel… Che spirito, Lucifero
che
spirito..!” Sospirò
Yurij, improvvisamente.
“Cosa intendi, Angelo..?” Chiese il Diavolo, le iridi di
cobalto
concentrate sui lineamenti del viso del Caduto.
Cos’era cambiato in quel
volto, dopo la Dannazione..?
“Avresti dovuto vedere i suoi
occhi mentre pronunciava quelle parole che
avrebbero dovuto ferirmi e umiliarmi… Quegli smeraldi lanciavano
scintille di
fuoco, tentando di sciogliere la corazza che circondava la mia
posizione.”
Rispose con sentimento il rosso.
“Il suo spirito di Eletto è
quindi prossimo alla caduta.” Continuò il
Diavolo, interpretando in quel modo le parole del suo interlocutore.
“Oh, Lucifero… La sua anima,
ne saresti saziato..! Ma Uriel è rimasto troppo
a lungo a crogiolarsi nelle sue convinzioni di malata santità, restando
avvelenato da questi principi, macchiato… Non cadrà, non cadrà
semplicemente
perché è un Caduto dal principio.” Rispose con calma Yurij.
“Capisco
il tuo turbamento, Uriel, ma adesso ti prego di accomodarti.” Disse,
poi si
rivolse al resto delle Creature Alate. “Che tutti voi prendiate il
vostro
posto.” Li invitò cordialmente, per poi rinchiudere le porte alle sue
spalle.
Aprì pigramente le sei grandi ali, attendendo che tutti si fossero
accomodati
e, con un sorriso di circostanza, si portò al centro della stanza.
“Avete urgentemente richiesto la mia presenza… Illustratemi i motivi e
spero
siano validi.” Disse a gran voce l’Angelo.
“Signore, come mai tutta questa riluttanza a presentarsi innanzi al
Consiglio?”
Un Angelo dai capelli d’ebano e gli occhi di giada aveva pronunciato
quelle
parole con calma, senza scomporsi o mostrare il minimo timore…
Eppure quella frase era suonata talmente arrogante e accusatoria..!
“Semplicemente perché non avete bisogno della mia presenza per giudizi
e
sentenze." Spiegò tranquillamente Yurij.
“Il Consiglio non ha solo questa funzione!” Ribatté l’altro.
“Ma usufruisce solo di questo potere, Gabriel*.” Disse fermamente il
rosso, poi
continuò.
“Se mi avete chiamato a voi solo per questo, non vedo il motivo per
continuare
a rimanere in questa sala… Se non vi dispiace, ho un letto che attende
solo di
essere scaldato nelle mie stanze…” Disse sorridendo affabile, mentre le
occhiate astiose di Gabriel e shockate di Uriel lo trafiggevano,
lasciandogli
una piacevole sensazione di soddisfazione.
“Non potevano far nulla, se non
squadrarmi e rimirare la mia forza e il mio potere in eterno…”
Bisbigliò
Yurij, ridacchiando.
Che essere meraviglioso era
stato…
“E tu, naturalmente, non
facevi nulla per nascondere queste tue qualità..!”
Fece Lucifero, divertito.
“Perché avrei dovuto? Mi
temevano e rispettavano… Mi odiavano, ma allo
stesso modo non potevano non amarmi..! Con un solo dito... Un solo dito
e avrei potuto distruggerli.” Pronunciò il rosso ed il suo
sguardo si perse
in ricordi e mondi lontani, dove una spessa parete di pensieri segreti
negava
l’accesso a spiriti indesiderati, laddove il tempo inesorabilmente si
fermava,
perdendosi in epoche oscure e sconosciute.
“Eppure… Eppure adesso sei
qui, spirito impuro e cuore di tenebra, corpo di
cenere e umili ali… Neanche l’ombra di ciò che eri…” Lo canzonò Lucifero.
Yurij sorrise, chinando il
capo in un gesto accondiscendete.
La
risata rassegnata di Kei raggiunse le sue orecchie: il Guerriero rideva
dei
suoi atteggiamenti e delle reazioni dei presenti..!
Non era molto diverso da lui,
affatto.
Ma nonostante questo, infinite
sfaccettature di atteggiamenti e sorrisi,
movimenti e parole mai dette o bisbigliate nel silenzio segnavano,
inevitabilmente,
quella differenza che li poneva uno di fronte all’altro…
“In verità, Signore, l’hanno chiamata qui per me!” Una
voce calda, ma
estremamente fastidiosa ed ironica pronunciò quelle parole alle spalle
dell’Angelo.
Lo sconosciuto era poggiato
all’ombra di un’alta colonna Corinzia, che numerose
adornavano la sala…
Appariva sprezzante,
arrogante, ingannatore e semplicemente adorabile…
Gli occhi verdi dell’essere
scrutavano lucenti il profilo delicato del
Guardiano.
Un sorrisino malizioso e di
scherno curvava quelle meravigliose labbra carnose
e lo sconosciuto aveva capelli di un particolare e prezioso colore,
mentre quel
suo corpo era straordinariamente perfetto e ben modellato.
Teneva le braccia incrociate
al petto e le iridi di smeraldo splendevano; mute
parole vi si leggevano al loro interno, ma ancor prima di comprenderne
il
significato esse sparivano, dando spazio a nuovi e silenziosi dialoghi.
“Un Demone..!” Esclamò
entusiasta Yurij.
Quale eccitante novità era
quella..!?
Gli sguardi disgustati e
stizziti di tutti i presenti non lo sfioravano e con
candida curiosità sorrise all’essere.
“Boris Hustnezov, unico e solo
Messaggero dell’Inferno, servitore
dell’Imperatore Lucifero e di Re Belial al suo servizio, Angelo…” Si
presentò
con orgoglio il Demone, staccandosi dalla colonna, avvicinandosi ed
inchinandosi con una certa eleganza e grazia davanti al Guardiano.
Yurij non poté fare a meno di
mostrarsi piacevolmente sorpreso.
“Era questo il motivo di tanta
urgenza, Signore.” Proferì Raphael con calma dal
suo seggio.
“Il Messaggero del Diavolo
vuole un colloquio con lei, in privato…”
Aggiunse l’Arcangelo che affiancava Raphael.
Michael.
Michael dai dolci occhi
nocciola spruzzati d’oro, dai morbidi e lisci capelli
castani, Michael che possedeva quel sorriso della santa beatitudine…
Le labbra sottili e dalla
forma perfetta, che si curvavano con dolcezza o con
disprezzo, pronunciavano parole di salvezza o di condanna.
Yurij fissò per un istante un
punto
nell’oscurità, perdendosi ancora in ricordi lontani, che non
raggiunsero
Lucifero.
Quei pensieri non
riguardavano ciò che Satana voleva sapere…
Sospirò amaramente.
“Michael…” Bisbigliò con nostalgia.
Il Diavolo non si scompose
e rimase attento,in attesa.
“Lui… Lui fu l’Angelo più puro
che conobbi…” Disse
pacato, velando di
lieve ammirazione quelle parole scelte con cura.
“Ma Raphael... Ciò che mi hai
mostrato…” Tentò
l’Imperatore, ma il
Caduto scosse il capo, interrompendo le sue farneticazioni.
“Raphael fu il più devoto,
colui che più di tutti aveva la forza per opporsi
nella sua astuta diplomazia a sciocche regole, e per questo aveva tutto
il mio
rispetto e la mia ammirazione… Ma Michael... E' impossibile parlarti di
lui
senza soffrirne, senza soffrire al ricordo dell’ingenuità e della
saggezza che
si fondevano in una perfetta alchimia nei sui occhi… Invidiavo Michael,
lo
invidio tuttora…”
Confessò il rosso.
Lucifero lo fissò per un
istante con un'espressione indecifrabile.
Poi il volto dell’Oscuro
Sovrano si addolcì e gli occhi di Yurij assunsero
un’espressione di sorpresa fanciullesca...
“Non
vedo motivo di negarglielo!” Rise il Guardiano, fissando avidamente il
profilo
del Demone, che ricambiò lo sguardo con una malizia che per un attimo
fece
vacillare la sfrenata sicurezza e autorità dell’Angelo.
“E’ un Demone! Per l’Amore di
Nostro Signore! Non dovrebbe neanche sostare
in questo luogo!” Esclamò indignato Uriel.
“Ma rilevante è il fatto che
non abbia mosso alcun attacco o inganno contro di
noi, al momento.” La figura femminea e delicata, ma che nascondeva la
forza di
un Punitore, di Samael* si levò come una nota stonata da tutti i cenni
d’assenso seguiti alle parole di Uriel.
Kai, al fianco del Guardiano,
sorrise soddisfatto in direzione di Samael…
Egli era uno dei più validi
Soldati delle schiere governate dal Guerriero.
“Quanti problemi! Se volessi
uccidere il vostro…” Poi sorrise lievemente,
sbarazzino “Il nostro
Angelo, non avrei indugiato nel trafiggergli il
cuore con un pugnale Infernale, mentre riposava scaldato solo da un
lenzuolo di
seta bianca nel suo meraviglioso letto.” Disse con tranquillità “Non
senza
averne prima approfittato, naturalmente…” Aggiunse con un pizzico di
maliziosa
malvagità.
Ancora una volta lo aveva
sorpreso…
Mai come in quel momento si
sentiva tremendamente in bilico.
Lo aveva spiato, sicuramente,
perché come poteva un Demone sorto dalle Fiamme
più nere dell’Inferno conoscere le sue stanze..?
E quelle parole poi…
“Non senza averne prima
approfittato, naturalmente…”
Un brivido gli risalì lungo la
schiena, e lo tradusse come paura forse, o semplice eccitazione…
Eccitazione, sì, perché per la
prima volta i suoi occhi vedevano il male…
Il male di un vero Dannato dal
potere a lui sconosciuto, ma a cui -e in questo
la sua fredda e spavalda sicurezza appariva più grandiosa che mai.-,doveva essere
per forza superiore.
Paura perché, per la prima
volta, temeva per ciò che gli era stato donato e
temeva di perderlo e il suo attaccamento appariva talmente morboso e
vanesio da
essere definito sporco ed insulso…
Il contrario di ciò che
realmente era.
“Molto bene, Boris Hustnezov,
accetto di parlarti in privato.” Bisbigliò Yurij,
fissando il Demone che gentilmente sorrideva, compiaciuto.
Il silenzio scese bruscamente
e rumorosamente nella Sala a quelle parole, poi
le esclamazioni di sdegno di Gabriel furono zittite da Raphael.
“Questa è la sua decisione,
Signore, se per lei è quella più sensata e giusta
noi non impediremo che si realizzi.” Disse il giovane dai capelli di
rame,
sorridendo al Guardiano.
“Grazie Raphael…” Disse
gentilmente Yurij, poi con un elegante cenno della mano
invitò il Dannato a seguirlo.
“Signore…” La voce di Samael
si levò dalla massa di bisbigli concitati.
“Si..?” Si voltò il rosso.
“Faccia attenzione.” Disse
semplicemente l’Arcangelo.
“Accompagnerò io Yurij,
Samael.” La voce di Kei suonò divertita, paziente e
saggia come il sorriso che gli si dipinse sulle labbra.
Il delicato giovane non poté
che sorridere a sua volta…
Kei, il Suo Signore era forte, Kei il Suo Signore avrebbe
difeso il Guardiano al costo della vita…
Perché Kei e il Guardiano
erano legati, nolenti o volenti…
Perché il Guardiano non poteva
sopravvivere senza la protezione del Guerriero.
Perché Kei e il Guardiano
erano l’Ordine e il Caos, il Giorno e la Notte…
O più semplicemente perché
erano creature allo stesso modo antiche e potenti,
generate dallo stesso sangue e dalla stessa materia, divise da un
potere che si
era rivelato loro alleato, ma soprattutto loro nemico…
Nelle loro differenze e nei
loro difetti, si completavano.
E se era il sorriso ad
illuminare il volto del Guardiano, allora anche il volto
di Kei era incorniciato da quei rari e meravigliosi sorrisi che lo
rendevano bellissimo…
“Ci si vede Pennuti!” Aveva
gridato in saluto Boris, scomparendo col Guardiano
ed il Guerriero.
Fine settimo capitolo.
(*):Tutti
quelli segnati da asterisco sono
Arcangeli,approfondirò più avanti i loro poteri,azioni,carattere e
tutto il
resto!
La frase ad inizio capitolo è tratta dall’Apocalisse di Giovanni!
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Capitolo 8 *** Into The Darkness ***
Iитø тђє
ðαякиєรร
“Apparve
ancora un altro segno nel cielo: ed ecco un gran dragone rosso, che
aveva sette
teste e dieci corna e sulle teste sette diademi. La sua coda trascinava
la
terza parte delle stelle del cielo e le scagliò sulla terra...”
Lucifero sorrise lievemente e si
sporse
verso il giovane seduto con eleganza sul letto:
“Non credevo cedessi così
semplicemente alle richieste di un Demone…” Lo
provocò il Diavolo.
Yurij lo fissò un istante
divertito,incrociando le braccia al petto.
“C’è per caso ambiguità nelle
tue parole..?”ribatté
con lo stesso tono
il Caduto.
E l’elegante essere, che
diede vita all’Inferno, prigione e salvezza per le
anime sporche, rise…
La
presenza di quel Demone lo divertiva…
Kai Hiwatari osservava con attenzione; ed una tranquillità inquietante
incorniciava i lineamenti del volto duro e battagliero.
La fierezza dei suoi occhi di rubino, che si perdevano in sfumature
ametista, si
fondeva con una profonda saggezza, donando al Guerriero una bellezza
senza
tempo, che sostava a metà strada tra l’allegria e la spensieratezza
dell’adolescenza degli uomini e una più profonda maturità, donata e
concessa
solo alle più antiche Creature Alate.
Sorrideva lievemente, camminando poco più indietro rispetto al
Guardiano e al
Messaggero: quest’ultimo fischiettava allegramente accanto a Yurij,
guardandosi
intorno e lasciando trasparire alle volte nelle espressioni del suo
viso un’innocente
e sporca curiosità verso le sculture, i dipinti e le strutture più
meravigliose
che adornavano l’Edificio.
Il corridoio si snodava in un labirinto di sconosciuti percorsi, tutti
apparentemente senza una fine (O forse davvero non vi era via d’uscita
da
quella prigione Paradisiaca?)
Ma Yurij Ivanov sapeva dove condurre il suo particolare ospite…
“Boris fu una scossa alla
monotonia di
quei luoghi.” Bisbigliò
il meraviglioso Caduto.
“Mi parli come se avessi
odiato tutto ciò che ti ha circondato dalla tua
creazione.” Osservò
Lucifero.
“Il punto è che credo di non
aver odiato nulla che non abbia inizialmente amato.”
Ribatté atono il rosso.
“Mi viene difficile associarti
all’amore,Angelo.” Lo
provocò con malizia
l’Imperatore.
Yurij si lasciò sfuggire
una risata ricca di gusto e piacere.
“Non ho voglia di parlare tra
queste quattro mura. Scendiamo in strada, Lucifero.”
Fece, poi, il rosso e il Sovrano annuì.
Yurij Ivanov, vestite le
sue membra di quei volgari abiti moderni (anche se non
poteva di certo negare l’attrazione che provava per i pantaloni di
pelle nera e
per quelle maglie a rete dello stesso oscuro colore), saltò sul
davanzale della
grande finestra aperta: i raggi lunari splendevano sensuali.
Sorrise lievemente,
lasciandosi cadere in strada aprendo le due grandi ali
scheletriche, che lo aiutarono nell’elegante atterraggio sull’asfalto.
Lucifero lo osservò un
istante affascinato, poi facendo roteare in un gesto
quasi giocoso il suo amato bastone, raggiunse in strada il Caduto,
lasciando
che le sue pure ali bianche e grandissime favorissero una discesa lenta
e
aggraziata.
Le porte della grande sala
circolare si
aprirono silenziose.
Il cristallo delle pareti
risplendeva puro e prezioso negli occhi dei tre
esseri, i cinque seggi incisi nell’oro si ergevano magnifici nel loro
insignificante lusso.
Yurij ritirò le sei splendide
ali dietro la schiena, accomodandosi con un
elegante gesto sul trono più luminoso e sfarzoso.
Kai rimaneva in silenzio,
ritto nella sua impassibilità alle spalle del Demone…
Il rosso lanciò una rapida
occhiata al Guerriero.
Lasciare intrecciare i loro
occhi anche se solo per un istante era essenziale
per loro.
Un solo sguardo, un solo gesto…
Comprendevano ed ignoravano i
movimenti attuati dall’uno o dall’altro, e se Kai
alle volte si ritrovava a disprezzare il Guardiano, non poteva non
cedere a
quelle occhiate scambiate nel corso dei giorni: sarebbero stati capaci
di
vivere solo di quel nutrimento che erano le loro iridi.
“Cosa ti ha portato qui?”
Chiese a quel punto l’Angelo, accavallando le lunghe
gambe ed inclinandosi di lato.
Poggiò il gomito su un
bracciolo del seggio, portando una mano sotto al mento e
fissando avido e innocente il Demone.
Boris non rispose subito alla
domanda postagli, piuttosto preferì concentrarsi
silenzioso sui tre specchi che si snodavano alle spalle del Guardiano.
Che meravigliosa luce,
bruciava nell’inferno dei suoi occhi di smeraldo..!
Il Demone dedicò una rapida
occhiata alla sua insana immagine nello specchio
che si affacciava sull’oscuro impero di Lucifero, per poi concentrarsi
sull’incantevole figura del Guardiano, dalla cui espressione traspariva
una
certa nota di confusione mista ad irritazione per l’essere stato
bellamente
ignorato.
Perversi e sensuali gli occhi
del Dannato si accendevano di una muta e
maliziosa domanda…
Poteva quella carne, o forse
più semplicemente quel puro spirito, essere
violato?
Cos’erano gli Angeli?
Un agglomerato di materia
solida, o un soffio di vento candido?
Camminavano l’uno di fianco
all’altro
nella notte ancora lunga e priva di stelle, Lucifero cingeva con un
braccio le
spalle del Caduto e nell’altra mano il bastone accompagnava i suoi
passi.
La strada da loro
percorsa terminava innanzi ad una chiesa rimasta aperta
per la veglia al Santo Protettore del paese che si festeggiava in quei
giorni:
entrambe le creature alzarono gli occhi sulla struttura.
Yurij, fermo nella sua compostezza,
attendeva…
Studiava il volto del
Messaggero, aspettava la sua risposta e non avrebbe
nuovamente pronunciato la sua richiesta: mai si sarebbe ripetuto,
superbo nella
sua posizione elevata ed altissima.
Ed erano solo questi i
sentimenti sporchi che quegli occhi glaciali rivelavano?
Poteva una tale Creatura Divina concedersi il lusso di uno dei sette peccati capitali?
‘”Ho visto
cadere il Diavolo, durante la mia salita…”
”Non puoi aver ammirato la caduta della Stella del Mattino; sei troppo
giovane
e troppo arrogante e… Vanesio.”
”Mi sottovaluti…”
”Lo spero, o saresti una delusione, Angelo mio.”’
Un
solo incantevole sorriso incorniciò il volto del Guardiano, concesso
a chi osava tenergli testa.
“Non è educato tenermi all’oscuro di discorsi che potrei facilmente
cogliere,sapete..?” La voce di Kai risuonò divertita e beffarda,
condita da un
punta di deliziosa gelosia.
E a quel suono Yurij parve destarsi…
“Hai maledettamente ragione” Bisbigliò,ed entrambi gli esseri presenti
in
quella sala la presero come la risposta ad una provocazione che diversa
nelle
sue argomentazioni entrambi avevano pronunciato.
Fu a quel punto che il Dannato prese parola.
La sua voce calda e suadente risuonò come il sibilo di un serpente che
sollecita con col suono del suo delicato verso al peccato.
“All’Inferno si bisbiglia di profezie moleste e immorali, Angelo…”
Comunicò con
un sorriso.
“Profezie..?” Ripeté il rosso e parve irrigidirsi, perdendo per un
attimo la
sua compostezza.
“Lilith pronuncia parole riguardo ad un’alleanza tra Inferno e
Paradiso.” Rispose,
godendo di ogni singola parola pronunciata.
“Può il Diavolo varcare la
soglia della
casa di Dio?”
Chiese
improvvisamente il rosso, voltandosi a fissare Lucifero.
Quest’ultimo sorrise.
“Che stupide le superstizioni degli uomini…” Bisbigliò e Yurij
non capì il
significato di quelle parole.
Rimase in silenzio, attendendo una spiegazione.
“Gli umani credono nella possessione e nell’esorcismo, quando invece
molte,
quasi tutte le volte, ciò che anima i forsennati è solo pazzia. I
Demoni e i
Diavoli non hanno bisogno di possedere corpi per il piacere della carne
o per
lanciare messaggi della loro presenza al mondo: il loro corpo è fatto
di carne,
poiché lo spirito puro ed intoccabile si è tramutato in materia
violabile e
sporca... Sai a cosa mi riferisco, naturalmente…” Si interruppe e
gli occhi
cobalto si velarono di malvagia ironia.
Yurij distolse un istante lo sguardo dalle iridi di Satana, mordendosi
un
labbro.
“Un Demonio può prendere possessione di un corpo per il semplice
divertimento,
un Demonio può voler solo prendersi il gioco del parroco, fingendo
terrore e
paura innanzi ai simboli sacri, che in nessuno modo ci distruggono o
allontanano. Continuiamo a vivere in questo stato poiché è stato il
volere di
Nostro Signore, la Sua Punizione: noi possiamo decidere di vivere in un
involucro di carne -gli umani.- che può divenire spirito insano e
viscido, ben
diverso dalla nostra forma attuale -forma che amiamo e che non avremmo
il
coraggio di tramutare in un immondo essere.- nel caso in cui fosse
strettamente
necessario, ovvio… Solo i Diavoli di quarto ordine si lasciano
impressionare da
idiozie come l'acqua santa. Ecco il perché della loro debolezza.”
Concluse
con un sorriso, voltando con un tenero gesto il mento del Caduto per
poter
guardare il suo volto.
Yurij di conseguenza chinò il capo in un cenno di assenso.
“Allora nulla mi impedisce di varcare quelle porte…” Annunciò
poco dopo,
per poi risalire con calma le scale della chiesa ed entrare seguito da
Lucifero,
che sorrideva giulivo ed estremamente divertito.
Si
sollevò da dove sedeva con uno scatto.
“Stupidaggini, non c’è nulla di vero nelle parole pronunciate
dall’Imperatrice.” Tagliò corto il rosso.
Kai si allarmò: con quell’atteggiamento iroso nessuno avrebbe creduto a
ciò che
diceva.
“Se un’alleanza è possibile, perché non attuarla?!” Si ribellò il
Demone.
“Un’ alleanza romperebbe l’equilibrio prestabilito…” Ribatté con
freddezza
l’Angelo.
“C’è un Equilibrio in tutto questo?” Fece divertito Boris.
“Un equilibrio esiste in tutte le cose.” Intervenne fermamente Kei,
poggiando
una mano sulla spalla del Guardiano in quel momento alterato.
“Il Caos è più soddisfacente dell’Equilibrio.” Iniziò il Dannato
avvicinandosi
al rosso.
“Cosa custodisci, Angelo?” Continuò, poi, carezzando una guancia
all’interpellato.
Freddo.
Eppure si aspettava che in quelle dita che sfioravano la sua pelle vi
fosse
racchiuso il fuoco dell’Inferno.
Yurij scoppiò in una fragorosa risata alle parole del Demone.
“Non sono segreti che meritano di essere svelati ad un semplice
Messaggero
Infernale…” Fece spavaldo il rosso.
Il Demone ritirò la mano, stringendola in pugno come a voler colpire il
Guardiano, che con una luce di ingannevole sfida negli occhi lo
invitava a
farlo.
Sarebbe stata una mossa azzardata,troppo,e non doveva.
Lasciò ricadere il braccio lungo un fianco, arrendevole.
“Hai condannato il Paradiso.” Sibilò malvagio.
“Ho salvato l’Inferno!” Fece con allegra e ironica semplicità Yurij.
“Non sai cosa sia l’Inferno, e potrei mostrartelo in qualsiasi
momento…” Disse
allora il Demone con un leggero movimento per poter afferrare la mano
del
Guardiano.
Yurij fissò smarrito e confuso quel gesto.
Vacillava e desiderava sfiorare quella proposta tesa davanti ai suoi
occhi.
“Basta così.” Kai si frappose fra i due, fissando incattivito Boris.
“Sei stato ascoltato come desideravi e la tua proposta non è stata
accolta, puoi
tornare da dove sei venuto.” Continuò, lanciando uno sguardo al rosso.
Hustnezov sorrise.
“Ti attenderò alle porte dell’Inferno,Angelo mio…” Fece il Demone
inchinandosi
al giovane.
E prima che Kai, furioso per quelle parole, potesse abbattere le sue
due lame
sul corpo di quell’Essere, egli scomparve dissolvendosi ed una risata
divertita
di scherno risuonò attraverso le pareti di cristallo della sala.
La chiesa era colma di fedeli in
preghiera.
Potevano udire i loro
desideri. le loro speranze rivolte al Signore e le
suppliche bisbigliate.
Lanciarono una rapida
occhiata priva di interesse all’ambiente che li
circondava ed in silenzio Lucifero si diresse ad una delle ultime
panche per
sedersi, mentre Yurij, lanciandogli un diabolico e perverso sguardo, si
avviò
ad un confessionale.
La Stella del Mattino
sorrise, compiaciuto e deliziato.
Il Caduto raggiunse la sua
meta e con un movimento aggraziato si inginocchiò innanzi
la grata che lo separava da colui che avrebbe espiato le sue colpe.
Rise tra sé:
“In nomine patris, et filii,
et spiritus sancti.*” Bisbigliò,
facendo il
segno della croce.
Dall’altra parte del
confessionale il prete si mosse in ascolto.
“Perdonatemi padre, perché ho
peccato…” Aggiunse in
un soffio il rosso.
Lucifero poco lontano
socchiuse gli occhi: i sensi erano pronti a cogliere
quella sceneggiata.
“Figliolo, qualsiasi peccato
tu abbia commesso può essere rimesso, se sei
pentito dell’azione…” Disse con tranquillità il padre.
“Ma se il peccato è commesso a
fin di bene e non se ne è pentiti, si può
essere perdonati?”
Chiese Yurij, ma non vi era sarcasmo nella sua voce, solo
cupa serietà.
“Tutto ciò che a fin di bene
non può essere considerato un peccato…”
Ragionò il frate e si ritrovò a provare interesse verso quel giovane e
le
parole da lui pronunciate.
“Io ho peccato per ciò che
ritenevo giusto…E adesso cammino di fianco al
Diavolo. Lei può perdonare chi accompagna i passi di Satana o chi, per
una sola
notte nell’eternità concessagli, ha condiviso qualcosa di più che un
semplice
colloquio?” Rincarò la
dose il Caduto.
C’era una sfumatura di ira
crescente nella voce di Yurij e Lucifero la colse
con estrema chiarezza, ma non ne era rammaricato, piuttosto ciò che
inizialmente lo deliziava in quel momento non poteva non soddisfarlo.
Meraviglioso
Angelo trasformato in abominio, il piacere che
donavi all’Oscuro Signore con quelle parole e con quel tono era ben più
grande
di quello che gli avevi donato col tuo spirito tramutatosi in carne…
“Se il Diavolo ti tormenta, è
a Dio che
devi chiedere aiuto,ragazzo…” Bisbigliò il religioso.
“E se io fossi il Diavolo e stanotte volessi condurla all’Inferno?”
Ribatté
ancora Yurij.
“Non anticiperesti in questo modo le tue intenzioni, Angelo
Perduto.” Rispose con calma, e il Caduto
dall’altra parte della grata, scorse un lieve e dolce sorriso dipinto
sulle
vecchie labbra del frate.
“Adesso và, io ti perdono…” continuò l’uomo.
Yurij rimase un istante intontito a quelle parole e da quella
situazione.
Lucifero definiva gli uomini stupidi e lui stesso li aveva trovati
immondi.
Poteva, quindi, quell’umano, quell’uomo di chiesa, essere
un’eccezione..?
Si sollevò lentamente, ripetendo ancora il segno della croce ed in
silenzio si
diresse al fianco di Lucifero.
Lilith sedeva sul suo trono,
pacatamente.
Boris ritto di fianco a lei la osservava.
“Qualcosa la tormenta, mia Regina?” Chiese
in un sussurro.
“Perché un Arcangelo cammina all’Inferno di fianco ad un Re del
nostro
impero dannato?” Soffiò la donna.
“E’ una situazione alquanto sospetta.” Concesse il Demone.
“Inganna i tuoi alleati, per poter ingannare ancor meglio il tuo
nemico…”
Citò Lilith.
“Una moneta non possiede sempre due differenti facciate.” Intervenne
Boris.
La Sposa del Diavolo rise di gusto.
Dio,quanto aveva ragione…
Osservava dall’alto di una di
quelle
moderne e volgari strutture il mondo degli uomini.
Grattacielo,li chiamavano…
Ma non sfioravano minimamente il regno Divino: quella era una delle
tante
azioni a dimostrare la stoltezza degli uomini.
“L’inferno è la mia casa: questo è
ciò che scelgo, questo è il Regno in cui decido di divenire Sovrano…”
E prese il volo…
Un’oscurità incomprensibile
per quel luogo
sempre così luminoso lo circondava.
Aveva le gote rigate dal sangue…
Dal sangue che si era raggrumato, rinsecchendosi.
Dal sangue che continuava a scorrere.
Mosse una mano verso destra a tentoni ed un bruciore intenso lo colse
di
sorpresa, facendolo gemere.
Sfiorò qualcosa dalla forma sferica e dalla consistenza molle e
appiccicosa.
“Signore, stia calmo…” Una dolce voce gli parlò all’orecchio,
come per
rassicurarlo.
Sorrise lievemente, sollevato…
Finalmente la luce avrebbe visto la
luce.
Lasciò scivolare via il bulbo oculare che stava stringendo tra le mani.
Fine ottavo capitolo.
|
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Capitolo 9 *** I Plough My Way ***
I pℓøuﻮђ
mγ ฬαγ
“Satana
uscirà per sedurre le nazioni che sono ai quattro angoli della
terra...
Per radunarle alla battaglia.”
“Sei soddisfatto delle risposte ricevute?”
La voce suadente del
Diavolo lo riscosse dai suoi pensieri.
Soddisfatto…
Mai lo era stato, in fondo.
Alzò lo sguardo verso
l’altare: il crocifisso morente ricambiava il suo sguardo
pietoso.
‘Perdonali
Padre Mio,perché non sanno ciò che fanno!’
“Tu c’eri, non è vero?” Chiese d’improvviso il rosso,
indicando con un
cenno del capo la croce.
“Può darsi di sì e può darsi
di no…Tu cosa credi?” Bisbigliò
Lucifero.
“Non credo in nulla, ma solo
in ciò che ho vissuto…” Rispose
acido
Yurij.
“Tu non eri presente?” Domandò a sua volta Satana.
“Furono gli Angeli di quarto
ordine ad alleviare le sofferenze del Cristo, i
Superiori non mettono piede sulla Terra; rischiano di venire contaminati…” Disse con
un
mezzo sorriso il Caduto.
Gli
Angeli sono quelle creature per cui si prega di avere
una visione…
Gli Angeli sono un desiderio che realizzatosi lascia l’amaro.
Il popolo alato che solca i cieli…
La razza che vive all’ombra dell’uomo.
I fedeli, come un sol uomo, si
alzarono in
piedi all’entrata del parroco; la messa per il Santo iniziava.
“Vuoi trattenerti ancora?” Chiese dolcemente Lucifero.
Il rosso scosse il capo.
“L’incenso mi dà la nausea…” Fece arricciando il naso,
alzandosi.
Con un cenno divertito del
capo Lucifero si alzò con lui, concedendogli per primo
di passare oltre.
Un sorriso amabile
delineava le labbra del Diavolo.
Cosa
incontri ai confini del Paradiso?
Cosa scorgi nella gola più nera, sporca e fetida dell’Inferno?
…
…
Dio..?
Yurij
sospirò pazientemente, riavviandosi una ciocca di
capelli ramati dietro un orecchio.
Kei lo fissava accigliato ed infastidito.
“Tu!” Fece puntandogli contro una lama.
“Hai dimenticato di dirmi qualcosa, per caso?” Aggiunse beffardo.
Il Guardiano incrociò le braccia al petto, per nulla intimorito da
quella minaccia.
“Cosa te lo fa pensare?” Chiese con un sorriso.
“Il tuo modo di agire.” Spiegò con noncurante freddezza il Guerriero.
“Non posso dirti nulla.” Bisbigliò gravemente Yurij.
“Spero solo che tu sappia ciò che fai.” Si augurò Kei.
Il Guerriero a quel punto fece roteare in alto l’arma: quest’ultima
ricadde
sulla sua mano, che stringeva la parte piana della lama con la punta
nella sua
direzione, mentre l’elsa veniva offerta al Guardiano.
“Esprimerti a parole è troppo difficile?” Chiese Yurij, non capendo
quel gesto.
“E’ da tanto tempo che non combattiamo… Io
e Te.” Bisbigliò il moro.
E a quel punto l’Angelo sorrise, impugnando la lama.
“Si… Andiamo?” Chiese.
Kei annuì, stringendo la l’arma gemella di quella che aveva posto al
Guardiano.
La fredda aria notturna trafisse
nuovamente i polmoni dei due Esseri.
“Cosa nascondevi a Kei?” Chiese Lucifero con calma, il
bastone
continuava ad accompagnare i suoi passi.
“La verità sulla profezia.” Rispose indifferente il Caduto.
Il Diavolo si fermò un
istante a studiare il suo interlocutore, insicuro se
quest’ultimo lo stesse prendendo in giro o meno.
“Custodivo segreti che neanche
ad un Superiore come Kei ne era dovuta la
conoscenza.” Spiegò con
un lieve sorriso Yurij.
“E cos’hai pensato quando
Boris ha accennato alle parole di Lilith?” Chiese
con educata curiosità Lucifero.
“Che ciò che avevo
precedentemente visto aveva la possibilità effettiva
di compiersi…” Disse in
un triste sussurro il Dannato.
Quando
un Angelo guarda su tre mondi è raro che non rimanga
abbagliato da almeno uno di essi…
Ed è così meschino come questi ultimi siano una disgrazia verso Chi li
veglia…
“E sei stato punito per
averlo impedito?” Continuò divertito Lucifero.
“Sono stato punito per averlo
rimandato.” Lo corresse
beffardo Yurij.
Le
ali dei due angeli si muovevano delicate, mentre il
fruscio del vento le scuoteva amorevolmente nei suoi turbini…
Ricaddero con dolcezza sul suolo di un Confine invisibile all’occhio
dell’uomo,
una striscia di terra neutrale tra Inferno e Paradiso.
Il Purgatorio non aveva mai avuto grande importanza per Angeli e
Diavoli.
Questi non si erano mai preoccupati di quelle povere anime sempre in
pena alla
ricerca di una salvezza, o più semplicemente di una condanna.
Contava solo il male assoluto…
E il male che indossava una maschera
di inestinguibile santità.
I due compagni si posizionarono l’uno di fronte all’altro.
Yurij divaricò di poco le gambe (il piede destro posizionato dinnanzi
il suo
corpo.), piegandole leggermente.
Le fibre muscolari vibrarono, inturgidendosi.
Fece roteare la lama prendendo la posizione di guardia.
Kei dal canto suo se ne stava ritto e sicuro, l’arma stretta in una
mano.
Sorrise astuto allo scatto del compagno
verso di lui; evitò l’offensiva diretta alla spalla spostandosi di
lato, mentre
ciò che ricadeva al suolo di quel colpo fallito erano solo poche
ciocche di
capelli argentei.
“Yurij… Quelli erano i miei
capelli, te ne rendi conto, vero?” Fece a quel
punto il ragazzo, mentre il rosso divertito raccoglieva le ciocche,
sventolandole
davanti al Guerriero.
“Hai detto bene: erano.” Disse. “Prendimi
sul serio Kei, io non voglio giocare.” Aggiunse, poi,puntando la lama
all’altezza del collo del compagno.
E a quel punto il Guerriero sorrise…
Il mondo degli umani era anche
divertente,
in tutti i sensi…
Non solo perché era
meravigliosamente soddisfacente tormentare quelle povere e
fragili anime, le quali a poco a poco perdevano sempre più fede verso
lo
spirituale amando e violando la carne e il concreto, ma anche per le
varie attrazioni che essi concedevano al
pubblico.
Locali come bar, pub, night
club…
La scelta era ampia e
piuttosto imbarazzante.
I due si diressero in
silenzio verso uno di quegli affollati bar, in cui si
incontravano uomini di qualsiasi specie…
Quando
la nostalgia coglie anche gli Angeli non è forse
quello il momento dell’Apocalisse?
Lascia che sia solo il tuo cuore a versare lacrime…
Le
lame si incontravano in una danza di sibilanti suoni e scintillii
minacciosi.
Vi fu uno scontro, seguito
dalla vicinanza di due volti che si scrutano
attraverso l’incrocio fatale delle lame.
Sfuggiva qualche sorriso e
delle gocce di sudore scivolavano lungo una gota tatuata o
inumidivano splendide onde ramate…
Il respiro era affannoso e la
concentrazione altissima.
Il Guerriero spalancò le
grandi ali di fuoco, alzandosi in volo.
Uno scatto che Yurij non aveva
calcolato e adesso si ritrovava bloccato al
terreno roccioso.
Fece una flessione sulle
sottili ma forti braccia.
I tendini risultarono
infiammati e doloranti, i muscoli tesi…
Eppure era riuscito a
rinchiudere in una forbice le caviglie di Kei, che aveva
appena poggiato i piedi al suolo.
Il Guerriero rovinò a terra
con un gemito, mentre il compagno, posizionatosi in
verticale e roteando per qualche istante su sé stesso come a voler
ritrovare un
equilibrio, si rimise in piedi dopo una flessione delle gambe.
Kei sorrise divertito, mentre
si rialzava per fronteggiare nuovamente il
Guardiano.
“Sai ancora come muoverti, la
pigrizia non ha atrofizzato i tuoi muscoli.” Lo
prese in giro, beffardo.
“Non sono pigro: semplicemente
preferisco agire con lentezza e quando mi fa più
comodo.” Ribatté quasi indispettito il rosso.
Kei scoppiò a ridere, mentre
con uno slancio deciso si spingeva nuovamente
contro Yurij.
Un colpo venne bloccato
prontamente, un altro evitato d’un soffio ,una ferita
superficiale , invece, si apriva d’improvviso su di un fianco scoperto…
Il Guerriero rimase
profondamente soddisfatto dalla furia che il rosso dimostrò
dopo quell’affronto.
Un balzo deciso e caddero
entrambi a
terra, l’arma del moro scivolò poco lontana dal corpo del proprietario.
Ivanov era sul corpo di Kei e
gli puntava la lama alla gola con sicurezza e
alterigia.
“Ho vinto…” Bisbigliò cattivo
a pochi centimetri dal volto del compagno.
La punta dell’arma premeva sul
collo di quest’ultimo ed una goccia di sangue
scivolò al suolo.
“Sei davvero uno stupido,
Yurij.” Rispose a sua volta Kei.
Con un colpo di reni riuscì a
confondere e a distrarre per un attimo il
compagno e la situazione si capovolse.
Kei, che in quegli ultimi
momenti di lotta aveva recuperato la sua lama e fatto
apparire un pugnale dorato, puntava entrambe le armi alla giugulare del
rosso.
Yurij lo fissava ad occhi
spalancati…
Com’erano meravigliose quelle
iridi riprese in quell’istante…
Confusione, paura, umiliazione,
orgoglio,
rabbia, innocenza, curiosità, incomprensione…
Così tanti sentimenti vi
si leggevano che per un solo secondo Kei rimase
interdetto: non credeva che un Essere Supremo potesse provare così
tante
sensazioni nell’arco di un attimo.
Poi l’espressione del
Guardiano si rilassò in un sorriso, cancellando ogni
dubbio dal cuore dal cuore del Guerriero…
“Hai vinto tu.” Si corresse
con rassegnazione.
“Lo so.” Annuì Kei, posando le
labbra sulla fronte umida e sporca di terriccio
del compagno.
Si rialzò poco dopo quel
gesto, porgendo la mano all’Angelo: Yurij accettò
quell’aiuto, sollevandosi piano.
“Conviene tornare, il
Consiglio sarà furioso del fatto che siamo… Praticamente
fuggiti senza avvertire che il tuo incontro privato si era concluso.”
Rise Kei.
“Oh si… Dannazione, non voglio
sorbirmi Uriel con le sue proteste..!” Si
lamentò il Guardiano.
Una risata cristallina e
serena esplose dalle labbra di Kei, mentre prendeva il
volo seguito dal compagno, altrettanto divertito.
Nasce
un nuovo rogo all’Inferno: il male ha il
calore confortante del fuoco…
Il basso chiacchiericcio colmava
la calda
atmosfera del luogo.
Nei tavoli in ombra si
scorgevano appena le figure in pesanti soprabiti scuri incorniciate
dal fumo di sigarette e sigari.
Lucifero si accomodò con un
sorriso al bancone.
Yurij rimase sulla soglia,
guardandosi intorno: una smorfia di disgusto gli
deformava il volto.
“Io non siederò al fianco
della feccia.” Disse
sibilando.
“Noi siamo la feccia.” Rispose tranquillo il Diavolo.
“La feccia divina, le feci
dell’Altissimo, il Disonore del Paradiso, la Vergogna dei nostri
fratelli
pennuti… Siamo tante cose, Yurij.” Aggiunse, poi, brindando alla
sua
salute con l’alcolico appena servitogli ed il solito sorriso suadente
ad
incurvargli le labbra.
Il rosso lo fissò quasi
scandalizzato…
Dio,che bastardo.
“Leggi nelle menti di questi
uomini, Lucifero. Ciò che alcuni di essi hanno
fatto non ti provoca un senso di ripudio verso questa razza?” Chiese,
accomodandosi al fianco di Satana, rifiutando stizzito l’offerta di
quest’ultimo che gli porgeva il bicchiere.
“Ah Yurij! Tu mi sottovaluti…
Mi presento in tali vesti e inganno chi si para
sul mio cammino, ma sono pur sempre il Diavolo.” Bisbigliò l’Imperatore.
“Con questo cosa intendi?” Chiese il rosso, guardandolo
negli occhi.
“Che sono io a manovrare le
loro esistenze.”
Si sporse verso il Caduto.
“Capisci? Dio è troppo preso
dai suoi prediletti e dai suoi Santini per
badare a queste anime nere.” Soffiò all’orecchio del Dannato con
voce roca
e divertita.
Gli
uomini somigliano agli Angeli…
Si narra che la razza
alata non sia dotata degli stessi sentimenti degli umani e
che anzi non ne possiedano a sufficienza.
Copie malriuscite
dell’essere umano, dicono in tanti.
Copie che nella
misericordiosa pena dell’Altissimo hanno trovato posto tra le
braccia del Signore.
…
Sono solo idiozie: gli
Angeli non sono uomini, non sono santi.
Sono creature che nella
misericordia da loro posseduta si innalzano al fianco
del Nostro Dio spalancando quelle magnifiche Ali piumate.
Questo era un tempo.
…
Dove sono gli Angeli,
adesso?
Entrarono
silenziosi nel Palazzo, guardandosi intorno
circospetti, poi si scambiarono un sorriso colpevole…
Uriel li attendeva sulla soglia, lo sguardo contratto in un espressione
severa.
“Signori, come giustificate il vostro comportamento?” Fece il biondo
per poi
fissare Yurij.
“Ma non capisce quanto ci ha fatti preoccupare? Non possiede un
briciolo di
buon senso?” Sbottò cattivo.
“Oh avanti Uriel…” Rise il Guardiano, entrando a testa alta
nell’edificio.
“Sareste stati così felici se quel Demone mi avesse condotto
all’Inferno. Non
fingere con me.” Disse.
“Il consiglio la attende, vogliono sapere cosa quel Messaggero
Infernale
volesse.” Sviò il discorso l’Arcangelo.
“Questo, amico mio, è un argomento che non è dovuto conoscere né a te
né
all’intero Consiglio.” Bisbigliò Yurij.
“Ma…!?” Tentò di protestare Uriel, ma l’Angelo lo interruppe.
“La mia parola non si discute, intesi?” Fece freddamente il rosso,
fulminando
il sottoposto.
“Si, signore.” Concesse a denti stretti, tremando iroso,l ’altro.
Soddisfatto Yurij si ritirò nelle sue stanze, seguito da Kei, che gli
lanciava
occhiate di puro divertimento…
Il
Guerriero e il Guardiano in quei giorni furono costretti
a partecipare ad ogni assemblea del Consiglio…
‘Un modo per farsi perdonare’
Così aveva giustificato quella decisione Kei, ribattendo alle
capricciose
proteste di Yurij.
E in quel momento il Guardiano sedeva nel suo seggio riccamente
decorato al
centro delle tribune: teneva il volto poggiato su una mano e lottava
(invano, oltretutto.)
per reprimere il sonno e gli sbadigli, ignorando le occhiatacce di
Gabriel e
Uriel.
Sospirò stancamente,lanciando poi uno sguardo supplicante a Kei, che
divertito scosse
il capo in senso di diniego.
Rassegnato, portò nuovamente quella che poteva definirsi l’attenzione
alle
parole di un Arcangelo che delirava (a parer di Yurij.) lamentandosi
del fatto
che ad alcuni suoi compagni di rango erano state affidate molte più
legioni che
a lui.
Stava per rispondergli che, francamente, dell’inferiorità numerica del
suo
esercito non gli importava minimamente, quando una figura sulla soglia
delle
grandi porte ad arco attirò l’attenzione di tutti…
Un angelo, o almeno ciò che un tempo aveva avuto quelle sembianze, si
trascinava al centro della sala.
Un foro sulla schiena era la muta testimonianza che gli era stata
strappata un’
ala, l’altra penzolava orribilmente, poiché lo scheletro pareva essere
stato
estratto quasi del tutto.
La tunica bianca era lacerata, il volto livido e ferito.
Aveva le cosce macchiate di sangue, il quale scorreva lungo tutta la
lunghezza
delle due belle e toniche gambe dell’angelo.
Stava per accasciarsi al suolo quando Yurij, allarmato (l’ala non del
tutto
estratta si sarebbe potuta rompere dolorosamente, causando altre
inutili
sofferenze a quel povero essere.), spiccò il volo, atterrando al suo
fianco e
afferrandolo prima che potesse cadere a suolo.
“Cos’è accaduto?!?” Chiese shockato, mentre Kei lo raggiungeva.
Gli altri Arcangeli ascoltavano in silenzio.
Le piume insanguinate cadevano sul pavimento immacolato e l’angelo
sorrise
lievemente con amarezza, avvertendo il suo piumaggio scivolare via.
“Signore… Non so quale proposta lei… Abbia rifiutato… Se lo ha fatto
io… Sono
convinto sia stato per un buon motivo. Ma
l’ In-inferno non lo accetta… D-dichiara… Guerra.”
Bisbigliò, mentre il petto era infranto da pesanti e dolorosi respiri.
“Raphael!” Esclamò a quel punto il Guardiano, e l’interpellato si
avvicinò.
“So cosa volete chiedermi signore, ma non posso farlo, non posso
curarlo.” Disse
l’Arcangelo, chinando il volto impotente.
“E’ stato macchiato, non vi è più purezza nel suo spirito.” Aggiunse,
fissando
il rosso che era scandalizzato a quella parole.
Yurij, allora, portò lo sguardo cristallino, che assunse una sfumatura
di
triste misericordia, al volto dell’angelo che moriva tra le sue braccia.
Sospirò, poi, quando lo spirito che era divenuto carne violata e pronta
per il
macello prese fuoco…
“Samael, Uriel, Gabriel, Raphael, Anael*, Sachiel* radunate le vostre
legioni immediatamente!”esclamò allora Kei, furioso,
voltandosi autoritario verso gli interpellati, che annuirono decisi.
“E tu.” Aggiunse poi rivolto a Yurij, che si sollevava lentamente.
“Resti qui.” Concluse, allontanandosi coi suoi maggiori sottoposti.
I
Diavoli ballano sui corpi dei nemici tranciati…
Gli Angeli pregano altezzosi per le loro vittime.
L’inferno non era quella gola
nera che
aveva sempre immaginato…
Michael sorrideva lievemente sotto i tocchi di Belial, che gli
carezzava con
dolcezza i lisci capelli ramati.
“Signore, scusi il disturbo…” La figura di Boris fece il
suo
ingresso.
Belial lo fissò accigliato.
“Cosa succede Boris?” Chiese infastidito.
“Una visita per lei.” Rispose con un lieve inchino il Demone,
facendo
cenno di avanzare.
Dall’oscurità apparve un’altra figura alata.
Fine nono capitolo.
Ad
inizio
capitolo c’è la solita roba dell’Apocalisse, mentre i nomi con
asterisco sono
quelli di altri Arcangeli, quelli più importanti XD…
Ve li introdurrò prossimamente!
|
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Capitolo 10 *** I'm striking out for Paradise ***
I'm striking out for paradise
“Poi vidi un altro angelo che
volando in
mezzo al cielo recava un vangelo eterno da annunziare agli abitanti
della terra
e ad ogni nazione, razza, lingua e popolo. Egli gridava a gran voce:
‘Temete
Dio e dategli gloria, perché è giunta l'ora del suo giudizio. Adorate
colui che
ha fatto il cielo e la terra, il mare e le sorgenti delle acque.’ ”
‘Signore?’
‘Si?’
‘Gli angeli piangono?’
‘No, gli angeli non
piangono… I Demoni, che non dovrebbero, lo fanno spesso.’
Lucifero studiava
ciò che lo circondava minuziosamente.
Le labbra dell’Imperatore
erano curvate in quello che poteva definirsi un
sorriso di profonda soddisfazione.
“Yurij, non capisci? Gli uomini sono solo Angeli difettosi (bada bene,
difettosi,
non superbi.), la cui vita dovrebbe
essere votata alla ricerca di quel difetto, di quel malfunzionamento
che una
volta trovato verrà riparato al cospetto della Gloria Celeste. Ma gli
uomini
hanno ormai dimenticato la loro discendenza divina e la ricerca non è più nelle loro priorità: sanno che esistono per ritrovare qualcosa, il
problema
è che non ricordano più cosa sia e quale sia il suo peso e la sua
importanza.
Esseri inutili, insomma, senza uno scopo. La creatura più futile che il
Signore
si sia mai dato la pena di creare.” Dichiarò in un silenzioso
sussurro.
“Gli uomini riconoscono il
male, quando lo vedono. Sanno combatterlo.”
Ribatté il rosso.
“Come gli angeli.” Aggiunse dopo una breve pausa.
“Ma non riconoscono il bene.” Iniziò il Diavolo. “Perché non esiste…”
Concluse a un soffio dalle labbra di Yurij.
Le
porte erano
state completamente sigillate.
La figura dalle sei ali ringhiò rabbiosa.
“DANNAZIONE!” Sbraitò, lanciando con violenza contro le grandi porte un
pugnale.
Tirò un lungo sospiro, per cercare di calmarsi, lasciandosi cadere sul
grande
letto pesantemente.
La bianca e lucida seta delle coperte scivolava sotto i tocchi del
Guardino, che
stringeva con forza e frustrazione il prezioso tessuto.
Kei…
Kei che gli imponeva di starsene con le mani in mano.
Kei che teneva per sé tutto il divertimento.
Kei che, semplicemente, voleva proteggerlo.
Sorrise ed un luccichio di divertita e infantile malvagità investì i
suoi occhi,
mentre sotto la forza del duro colpo subito le porte tremavano,
scardinandosi.
Uriel si ripulì dal sangue che
scorreva lungo il
suo sottile mento.
Era caduto a quattro a zampe
al suolo ed uno squarcio si apriva sulla schiena
dell’Eletto tra le due ali ,che nel loro candore risplendevano
argentee, macchiate
di orribili boccioli rossi.
Si lasciò sfuggire un grido di
disperato dolore, quando il Demone suo
avversario, atterrando con velocità dall’alto, lo appiattì al suolo,
premendo
con forza contro la ferita pulsante.
Sentì le braccia schiacciarsi
e rompersi sotto quella pressione, avvertì le
ginocchia frantumarsi.
Percepì quasi con chiarezza il
sangue dirigersi alla sua cavità orale e
premere, per uscirne nella cascata vermiglia che dopo qualche istante
era
sgorgata copiosa dalle labbra livide dell’angelo.
Il Dannato si chinò sul corpo
tremante di Uriel e, sorridendo, ne afferrò le
ali.
“N-no…” Rantolò con rabbia il
biondo, dimenandosi.
Uno strattone.
Un grido.
E mani artigliate strinsero le
sue piume delicate, ma quel gesto fu seguito da
uno sguardo deluso, poiché il Demone non era riuscito a strappare l’orgoglio all’avversario.
“Riproviamo…” Fu il roco
bisbiglio in
risposta a quel fallimento.
Il volto dell’angelo era
premuto contro il terreno roccioso e sopravveniva la stanchezza.
Emise un gemito, mentre una
presa stritolava una delle sue due ali.
Il Dannato rimase
assolutamente deliziato dal
meraviglioso sentore delle ossa che si frantumarono.
Uriel non versò neanche una
lacrima, pur di non porgere soddisfazione alcuna.
“Luce di Dio*…” Soffiò al suo
orecchio l’avversario, e queste parole furono
seguite da un ennesimo strattone.
L’attaccatura delle ali si
inumidiva di sangue, il quale aveva cominciato la
sua corsa lungo tutta la linea della schiena.
“NON TOCCARLO!” Fu
quell’ordine, poco dopo ,a raggiungere il suo udito.
La presa venne allentata, e la
sua vista offuscata fu raggiunta dall’immagine
di un capo mozzato.
“Ra… Raphael?” Chiamò insicuro.
L’interpellato voltò il
compagno delicatamente.
Per Uriel fu come se in quel
momento qualcuno avesse alzato il volume.
Negli attimi precedenti tutti
i suoni, tutte le immagini erano scomparse, e vi erano
stati solo gli odori e i sapori del sangue, del terriccio e quello
salato del
sudore e il dolore crescente.
Vedeva di sfuggita i
movimenti aggraziati di Samael, che con fredda
spietatezza lasciava dietro la sua avanzata file di cadaveri, mentre in
alto
Kei lottava contro quel tale Belial.
Il resto era solo la
confusione della lotta.
Era da tempo che
Raphael non scendeva nel mondo degli umani.
I suoi occhi studiarono le strade buie e acciottolate.
Due giovani si scambiavano tenere effusioni abbracciati su di una
panchina.
Sorrise intenerito, mentre il ragazzo, ridendo, iniziava a solleticare
il
ventre della giovane sua compagna.
Ricordava che nelle ore trascorse con Yurij era stato spesse volte
rapito dai
comportamenti degli umani: li osservava dallo specchio che guardava sul
loro
mondo, affezionandosi a quelle creature…
Allora era molto giovane e inesperto, ma il Guardiano, notando quel suo
interessamento, diede vita all’ordine degli Angeli Custodi, nominandolo
a Capo
di essi.
‘Almeno avrò un aiuto nel custodire la
Terra e gli umani.’
Era stata la risposta di Yurij all’espressione stravolta e sorpresa di
Raphael,
che anche permanendo in Paradiso, a causa dei suoi altri impegni di
Eletto, aveva
l’opportunità di guidare, governare ed adempire a quel gradito compito.
Sospirò, riportando l’attenzione a ciò che lo circondava.
Il Guardiano era ancora lontano.
“Cosa ci fai
tu qui, Michael!?”
“…”
“Guardami, per favore.”
Sollevò il bel volto,
rimanendo in silenzio.
“Il Paradiso non può sostenere
ciò che sta accadendo; e il tradimento non è
una scelta salutare.”
“E’ una mia
decisione.”
“Davvero?”
“Si.”
Il suo tono di voce
pronunciò quell’affermazione con sicurezza.
Ma l’espressione tradiva le
vere intenzioni…
“Perdonami, Cassiel. Perdonami
se ti ho deluso.”
Regnava il silenzio ed era quasi
fastidioso…
La tunica immacolata gli
ricadeva poco sopra le ginocchia, le gambe lunghe ed
affusolate si muovevano agili e sicure.
La veste era fermata in vita
da una spessa cintura d’oro e quest’ultima si
allungava delicata verso il ventre del Guardiano, disegnando un
elegante
triangolo decorato da tanti, preziosi ghirigori.
Su di un lato pendeva il
fodero nero di una spada, dall’altro quello di un
pugnale; uno stesso era stato infilato nei legacci dei sandali che
indossava.
Sorrise compiaciuto.
Forse sarebbe stato davvero
tutto così semplice, forse nessuno era stato
incaricato di sorvegliarlo…
Svoltò con cautela l’angolo di
un corridoio, poi, constatando la desolazione
dello spazio, avanzò tranquillo.
“Signore, dove crede si
andare?” Una voce delicata raggiunse il suo udito.
Si irrigidì, voltandosi
lentamente.
Dannato Kei…
“Michael..!”lo salutò con
un sorriso tirato.
L’interpellato sorrise
divertito.
Gli occhi castani parvero
illuminarsi per un attimo, riacquistando subito dopo
la loro tranquilla consistenza.
Incorniciati da una cascata di
capelli mori, parevano trapassare da parte a
parte il Guardiano.
“Non mi ha risposto,Signore.”
Continuò.
“Io… Voglio raggiungere gli
eserciti.” Soffiò allora in risposta, chinando lo
sguardo.
“Michael era
rimasto a Palazzo?” Intervenne
d’improvviso Lucifero.
Yurij fissò un punto
indefinito davanti a sé e sospirando rispose:
“Michael è il protettore della
luce… Certamente avrebbe preferito il campo
di battaglia: non si direbbe, ma è un gran combattente… Però il ruolo
affidatogli in segreto da Kei era troppo importante.” Bisbigliò con un
risolino.
“Quello di evitare la tua
fuga?” Chiese ancora,
divertito, l’Imperatore.
“Esatto.” Rispose con un sorriso
il Caduto, fissando Lucifero.
Michael sospirò.
“So che è preparato alla battaglia, il tintinnio delle sue armi era
udibile ed
eloquente.” Cominciò.
Yurij sollevò il viso, fissando il volto di Michael.
Udibile…
Eppure sapeva di non aver provocato il minimo fruscio.
“Non dovrei disubbidire al Signor Kei, ma… Credo la lascerò andare, per
quanto
sarà dura accettarlo, convincerò il Guerriero del fatto che ha eluso la
mia
infallibile sorveglianza.” Concluse affabile, posando una mano sulla
spalla del
Guardiano.
Il rosso si lasciò sfuggire una lieve risata.
“Grazie infinite, Michael.” Disse.
“Si figuri e vada… O potrei ripensarci.” Aggiunse.
Con un cenno del capo Yurij prese a correre verso la sua meta.
“Samael! Prendi con te dei
soldati e corri in aiuto
dell’ala destra!” Gridò a pieni polmoni Kei, libero per un attimo dal
combattimento con Belial.
Samael, rivolto lo sguardo al suo signore ed annuendo deciso, recise il
torace
dell’ avversario per volare via.
Scelse trecentotrentatre dei suoi angeli schierati e con un cenno della
mano li
invitò a seguirlo…
Presero il volo.
Gli occhi rossi e scrutatori dell’Arcangelo studiavano con interesse
ciò che
accadeva sotto il volo suo e dei suoi.
“Attenti ad un possibile attacco!” Li avvisò autoritario e il suo
sguardo fu
catturato della crescente difficoltà che i soldati di Gabriel avevano
nel
contrastare gli avversari.
Atterrò con delicatezza di fianco al compagno, che con furia abbatteva
i
nemici; i suoi angeli lo seguirono, attaccando con immediatezza.
“E adesso costringiamoli alla ritirata!” Sorrise Samael.
Fu un attimo…
La lama era scivolata via,
cadendo al suolo tra le orde di combattenti.
Belial lo studiò con
un’espressione di ipocrita pietà.
“Che peccato...” Bisbigliò,
roteando la sciabola nera che stringeva nella mano
sinistra.
Kei ringhiò.
Oh,era in guai seri…
Il suo corpo sfinito e ferito
supplicava per una tregua,il suo animo in fiamme
ed ardente bramava la battaglia ancora e
ancora.
Il Demonio suo nemico con uno
scatto che non riuscì ad intravedere gli si
lanciò contro: già sentiva l’odore del sangue, già intravedeva la scia
di carminio scivolare
lungo il suo braccio destro…
Ed il sangue infatti cadde,
fondendosi a quello versato dai combattenti in
terra.
“Oh Kei, una volta che sarai
morto tu quando credi impiegheremo ad eliminare
l’Angelo?” Sibilò Belial, portandosi alle spalle dell’avversario,
lasciando
scivolare la lama della sciabola sulla gola del Guerriero.
“Mi ritengo offeso!”
Un’esclamazione divertita
arrivò d’improvviso così come un colpo.
Belial fu scaraventato
lontano, cadendo al suolo.
“Non credere sia tanto
semplice sconfiggermi…” Aggiunse Yurij, arrivato appena,
ghignando ed affiancandosi al Guerriero che lo fissava scandalizzato.
Il rosso rivolse lo sguardo
alla terra dove Belial era finito lungo disteso…
Le ali argentee erano
spalancate sotto il corpo del Demonio e le iridi verdi
celate.
Kei portò gli occhi alla
figura del Guardiano, poi seguì la traiettoria del suo
sguardo e li fissò sull’inerme nemico, ed infine li condusse ad
osservare, nuovamente,
il compagno.
“….”
“..?”
Ci fu un attimo di silenzio in
cui l’espressione dapprima confusa e perplessa e
poi furiosa del Guerriero incontrò quella interrogativa del Guardiano.
Infine un’esclamazione.
“Che cosa ci fai qui!?”
“Bhé ecco, vedi…” Tentò di
spiegare il rosso.
“Hai eluso la sorveglianza di
Michael?!” Lo aggredì immediatamente Kei.
“Ascolta…” Riprovò ancora,
sospirando ,l’Angelo.
“No, impossibile! Sei troppo
stupido per poterlo ingannare…” Aggiunse subito
dopo il Guerriero, pensoso.
Yurij si bloccò, fissandolo
incredulo.
“Come?!” Chiese stizzito ed
offeso.
“Lascia perdere.” Tagliò corto
Kei. “Non dovresti essere qui! Ti avevo
espressamente ordinato di startene buono al tuo posto!”
Riprese il
Guerriero,severo.
Così presi dal loro litigio,
non si accorsero che Belial, ripresosi, aveva
inviato contro di loro dei suoi sottoposti.
“Se non fossi arrivato ti
avrebbe ucciso!” Ribatté con espressione quasi ferita
il Guardiano.
“Era tutto sotto
controllo!”rispose a tono Kei, estraendo dal fodero nero
attaccato alla vita del rosso il pugnale del compagno e recidendo al di
sopra
della spalla di quest’ultimo il capo di un Demone che, dietro Yurij,
era pronto
a colpirlo.
“Si, certo… Soprattutto mentre
ti passava la sciabola sulla gola!” Fece
arrabbiandosi il rosso, colpendo al volto con un pugno, una volta che
Kei si fu
spostato di lato, il nemico che lo minacciava.
“Se anche mi avesse ucciso,
non sarebbe cambiato nulla! La guerra sarebbe
continuata e avremmo vinto!” Disse convinto il Guerriero, sgozzando un
demone
lanciatosi contro di loro.
Yurij a quelle parole bloccò
un attacco, rischiando anche di venire ferito dal
suo avversario, che fu prontamente fermato da Kei.
“Rimani concentrato!” Lo
rimproverò a quel punto il tatuato, mentre Belial, furioso,
ordinava la ritirata immediata da tutti i fronti.
“Se ti avesse ucciso Kei,
sarebbero cambiate tante cose.” Soffiò a quel punto
il rosso, osservando dall’alto gli ultimi fuochi di battaglia spegnersi
e gli
angeli rallegrarsi.
“Solo a livello gerarchico,
amico.” Sospirò il Guerriero, col tono paziente di
chi discute con un bambino molto ottuso.
“Non mi riferivo a quello.”
Fece aspro l’angelo dalle sei ali.
Kei non ebbe, però, più modo
di rispondere: Raphael, reggendo Uriel, li aveva
raggiunti in volo con un sorriso; Samael e Gabriel, poco dopo, si
unirono a
loro soddisfatti e sporchi di terriccio; Anael e Sachiel,r idendo come
due
giovani spensierati, li affiancarono in volo.
“Signore ci ha raggiunto anche
lei!” Fece allegro Sachiel, alla presenza di
Yurij.
“Si, ritenevo la mia presenza
indispensabile.” Rispose gentilmente l’Angelo.
Kei scosse il capo, poi disse:
“Ci attaccheranno nuovamente e
sicuramente… E’ solo una battaglia che abbiamo
vinto.”
“Che ottimismo, Signore!” Fece
con una punta di sarcasmo Samael.
“Realismo.” Lo corresse atono
e serio Kei.
“E adesso conviene tornare
all’accampamento, curarci e riposarci.” Aggiunse
infine.
I sei arcangeli accolsero
entusiasti quella decisione, comunicandola dall’alto
con un volo ai loro sottoposti, altrettanto felici.
Povere creature, non si
accorsero del Male che sorgeva della viscere dalla
terra…
Aveva freddo, ma
questo non gli impediva di assumere quel suo portamento fiero.
Il calore del suo fuoco si estingueva, ma sarebbe stato nutrito sempre.
Le gote erano ancora segnate dal sangue raggrumato ed ormai aveva buchi
neri al
posto degli occhi.
“La sua punizione è quasi giunta al termine, resista signore…”
Lilith assaporò
le labbra del demone suo amante.
Gli sfiorò i capelli platinati, per poi stringersi a lui.
“Boris, non potremo mai reggere l’ennesima battaglia.” Bisbigliò
tremante e dai suoi occhi di smeraldo scese una lacrima.
“L’Inferno e il Paradiso scompariranno insieme.” Pronunciò
ancora.
Il demone sospirò, sollevando il volto della sua Regina.
“Non pianga certezze future, non se il presente ci concede più di
una
possibilità.” Disse allora Boris.
E Lilith lo strinse ancora.
Fine decimo capitolo.
(*)Luce di Dio:
Uriel,U-Ra-El,nell'antica lingua egizia la U sta per spazio e Ra per
Sole ed El
per Dio,ovvero Spazio-Sole-Dio e quindi “Luce di Dio”
|
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Capitolo 11 *** To be the One I am ***
To be the one I am
Vidi una porta aperta nel
cielo,e la prima voce,che mi aveva già parlato come
uno squillo di tromba, mi disse: “Sali quassù e ti mostrerò le cose che
devono
avvenire in seguito.”
Gli
Angeli non si sono mai aggrappati a nulla, lo Spirito Santo che li
anima li
rende autosufficienti…
Altro punto che li distingue
dagli umani.
Gli uomini si aggrappano
alla fede nel Signore solo e soprattutto nei momenti
peggiori..!
E gli angeli, questo, non
lo accettano, non lo trovano giusto.
Quando essi tradiscono il
Signore non concede loro il perdono…
E allora perché, Padre
mio, sempre e comunque lo porgi all’infame razza degli
umani, esseri incestuosi e fratricidi?
“Conosci il mito di Narciso, Yurij?”
Il rosso portò sorpreso lo sguardo sull’Imperatore, che in silenzio
guardava
dritto davanti a sé.
“Sì, Narciso era un bel giovane che
tutti i giorni andava a contemplare la
propria bellezza in un lago. Morì annegato, scivolando nello specchio
d’acqua
dove si rifletteva…” Rispose confuso.
“Di lui è rimasta memoria…”
“Sì, un fiore che ha preso
il suo nome.”Acconsentì il Caduto, ancora
più interdetto.
“In tutte le epoche e in tutti i
luoghi il Signore si è sempre mostrato
infinitamente generoso con chi non lo meritava.” Sospirò con un
mezzo sorriso
malizioso Lucifero.
“Non ti capisco.”
“Narciso
è l’esempio più eclatante dell’egoismo dell’uomo, della
punizione e infine della misericordia e del perdono. Tutti avranno
memoria di
lui, rimirando il fiore che porta il suo nome, tutti piangeranno per il
suo
crudele destino… Ma nessuno affermerà mai che il suo fato fosse
meritato: da
colpevole il nostro giovane diviene eroe e vittima di una tragica
vicenda, avanzando
sempre più l’ipotesi che l’uomo non è carnefice del bene, ma vittima
del male che
deriva dai troppi doni sperperati a favore dell’umanità da parte di
Nostro
Signore… E gli angeli sono infelici di ciò: in quest’era nessuno serba
memoria
della loro bellezza e della loro bontà, nessuno piange più la loro
morte incontrata
contro il Demonio nemico dell’uomo, perché la loro esistenza è meno
concreta
rispetto alla tragica morte di un giovane meraviglioso. E lo stesso
Signore
cura più gli inutili affanni della vita dell’uomo, che lo spirito ormai
inquieto dei suoi Eletti.” Spiegò paziente il Diavolo.
Il Caduto allora si sollevò irato.
“Non fare l’offeso, Angelo Mio…
L’invidia è la bestia che divora e brucia
l’anima ed è ghiotta di angeli di Puro Spirito.” Riprese con
cattiva noncuranza
Satana.
“Che gli angeli combattano e si
ribellino a tutto ciò, allora!”
“La penso esattamente alla
tua stessa maniera… Ma essi sono
vigliacchi, e la viltà è una malattia incurabile.” Prese una
pausa, poicontinuò:
“Siamo così simili, Yurij… Io e Te.”concluse,
sollevandosi e avviandosi
all’uscita.
E gli occhi che ardevano, ghiacciati, fulminarono con
disperata cattiveria
l’immacolata figura che li superava…
Raphael
ripuliva dal sangue raggrumato la
schiena di Uriel che , sfinito, era caduto preda di un sonno senza
sogni.
Tutt’intorno all’attaccatura delle ali si era formata una crosta,
laddove
queste erano state tirate con forza e la pelle lacerata.
La lunga ferita, curata, si stava cicatrizzando…
Raphael, grazie a si suoi poteri curativi aveva provveduto
immediatamente ad
utilizzarli per soccorrere il compagno.
Sospirò, spostando una ciocca dorata dal viso dormiente del ferito…
Anael
sbadigliò annoiato, lanciando uno sguardo
disinteressato alle varie tende montate come precario e momentaneo
accampamento.
Come si usa dire, avevano vinto una battaglia… Ma non la guerra.
Le sue legioni avevano perso pochi fanti, fortunatamente, ma il costo
di prigionieri,
più che di vite, era stato alto.
Rabbrividì impercettibilmente…
Meglio la morte alla prigionia infernale, indubbiamente.
Voltò un istante il viso, incrociando il suo sguardo con quello di
Sachiel, che
da lontano gli fece un cenno di saluto.
L’arcangelo in questione camminava al fianco di Gabriel: i due
bisbigliavano
tra di loro, parlando in modo concitato.
Anael sospettava l’argomento della discussione…
Gli sfuggì un risolino divertito e, scuotendo il capo, portò lo sguardo
in
alto, socchiudendo gli occhi e sospirando.
Fissava
con rimprovero il compagno e questi, umiliato ed arrabbiato, si mordeva
il
labbro inferiore frustrato.
“Mi hai disobbedito.” Fece
duramente il Guerriero.
“Lo so.” Rispose in un
sussurro il rosso.
“Sai anche che quando sono io
ad impartirti un ordine tu devi
rispettarlo,vero?” Aggiunse allo stesso modo il tatuato.
“…” Non rispose, stringendo i
pugni tremante di rabbia.
“Parla, Yurij!” Gli impose il
compagno.
“Si.” Sibilò a fatica.
“Spero, inoltre, che tu
ricorda il perché…” Disse ancora Kei, avvicinando il
proprio volto a quello dell’Angelo.
Il Guardiano ricambiò lo
sguardo e le iridi cristalline tremarono, frantumandosi.
“Si.” Rispose, chinando gli
occhi.
“Perché?”
Chiese sorpreso Lucifero, fissando con interesse il
rosso.
Sul volto del Caduto si
disegnò un sorriso amaro, che scivolò via poco dopo, senza
lasciare alcuna traccia del suo passaggio.
“La mia autorità era,
logicamente, indiscussa… E naturalmente doveva pur
esistere un essere in grado, anche se non del tutto, di frenarla: Kei,
appunto.
I suoi ordini, se impartiti per salvaguardarmi o comunque per evitarmi
di
compiere sciocchezze che mettessero in pericolo la mia incolumità, non
potevo
né metterli in discussione né negarvi l’obbedienza. Una delle tante
regole che
permetteva il mantenimento dell’ ‘Equilibrio’. Limitava la mia libertà”
“Una meravigliosa gabbia dorata…” Commentò affascinato l’Imperatore.
“Si, alle volte confesso che…
Ho profondamente odiato Kei per questo potere
che gravava, appunto, sulle mie azioni.” Concluse in soffio il Caduto.
“Devi
tornare indietro.” Disse funereo il Guerriero.
“Stai scherzando?!” Fece il rosso, infervorato ,fissando con astio il
compagno.
“No Yurij, questi sono stupidi rischi che non puoi permetterti di
correre.” Continuò
imperterrito Kei.
“Voglio farmi valere e dimostrare che io ci sono, che lotto con voi!”
Ribatté
l’Angelo, supplicante.
“Tutto quello che devi dimostrare, Yurij, è solo abilità diplomatica:
tu non
sei fatto per combattere, tu non puoi combattere.” Prese una
pausa, lanciando
uno sguardo disinteressato al Guardiano, che lo fissava incredulo.
“In questo campo sei inutile e la tua inutilità è pari solo alla tua
capacità
di farti odiare e disprezzare da soldati validi come Uriel o Gabriel
che, a
differenza tua, sanno ciò che fanno, ne sono consapevoli e soprattutto…
Misurano
le componenti delle loro azioni.” Concluse fermamente.
L’Angelo lo osservava scandalizzato, avrebbe tanto voluto ribattere…
Ma le parole erano nate e morte, incastrate nelle sua gola.
Fissava il compagno, ma in realtà era come se non vi fosse nessuno
davanti i
suoi occhi.
Inutile…
Cos’era quell’improvviso gelo...?
Lo attanagliava, lo soffocava e lo uccideva.
Lentamente, dolorosamente le sue membra tremarono.
A capo chino, superò Kei e scostando la tenda con placida furia,
ignorando il
richiamo del compagno, si ritrovò all’esterno dell’accampamento.
Si portò una mano al volto.
Umido…
Umido di insulse… Come si chiamavano? Ah si,lacrime.
Era la prima volta che ne versava e bruciavano il suo volto.
Spalancò le sei meravigliose ali, prendendo il volo.
Samael
si avvicinò con calma al Guerriero.
“Signor Kei non crede di… Aver
esagerato?” Azzardò, fissando il Superiore negli
occhi.
L’interpellato sospirò, un
sorriso tirato disegnò le sue labbra.
“Affermare la verità non è
esagerazione, mio caro Samael.” Fece sicuro Kei.
“Sbatterla con freddezza e
disinteresse in faccia ad un compagno è irrispettoso
e cattivo. Io credo ferisca più della spada, lei non crede?” Ribatté
pacato, senza
malizia e con una punta di ingenuità,quasi.
“Può darsi…” Bisbigliò l’altro.
Intriso nella convinzione che
nulla potesse scalfire i sentimenti impenetrabili
degli angeli, il Guerriero non si rese conto del male inflitto, anzi,
credeva
di avere agito nel giusto…
“Cassiel?”
L’interpellato si voltò con
aria di sufficienza verso la figura che lo aveva
richiamato.
“Noto con piacere che
l’Inferno è stato caritatevole nei tuoi confronti…”
Un ghigno che voleva apparire come un sorriso di circostanza disegnò
quelle
labbra.
“Il Paradiso non sarà
altrettanto buono con te, temo.” Rispose
tranquillo.
“Come puoi dirlo?” Chiese con una punta divertita
nella voce, scostandosi
dagli occhi una ciocca d’ebano.
“Tu cosa credi faccia Michael
qui?” Chiese, dunque,
retorico Cassiel, prima
di cominciare a percorrere nuovamente il buio corridoio…
Sorrise aspramente, il
povero Condannato, mostrando al suo interlocutore la
schiena livida e solcata da due profonde, nere e sporche ferite sulle
scapole.
Pronunciato
il suo tradimento, Lucifero cadde…
Il meraviglioso Serafino aveva
dimostrato ciò che era, scoprendo il suo volto e
le sue intenzioni.
Il
timore e la paura della rivolta costrinse il Signore alla risoluzione
più
drammatica…
Esilio per quel
meraviglioso essere…
E come pianse il Suo cuore
quando la sua splendida Creatura bruciò di
rimpianto, sofferenza ed amore, ancora e nonostante tutto…
Sospirò
pesantemente, leccando
con la punta della lingua il sangue che scorreva copioso dalle sue
labbra.
Per un attimo meditò su quell’acre sapore.
Metallico.
Che ti disgusta, ma che la curiosità ti costringe ad assaporare ancora.
Sollevò il volto, l’improvvisa percezione del calore sulla pelle gli
fece
capire che erano ormai fuori dai sotterranei.
“Samael spero tu non voglia commettere qualche sciocchezza…”
Soffiò a
fatica.
L’Arcangelo non rispose.
Allontanatosi
dall’accampamento sedeva su un’alta roccia, tremante, le ginocchia
raccolte al
petto.
Teneva il volto, arrossato
dalla poche lacrime, nascosto tra le ginocchia e le
sei ali avvolgevano la sua sottile figura, riscaldandolo e cullandolo.
“Le parole, così infide, così
crudelmente fredde, acide e veritiere. Non
trovi?” Una voce calda parlò alle sue spalle.
Sobbalzò, voltandosi di scatto.
Lo fronteggiava un giovane
meraviglioso: aveva la carnagione chiara, due occhi di un intenso
e brillante blu cobalto ed
i capelli neri,lisci e lunghi erano sciolti nella debole brezza
alzatasi…
Vestiva di bianco ed aveva
appena ritirato dietro la schiene un paio di grandi
ali candide fornite di morbide e lucenti piume.
Si poggiava con grazia ad un
bastone da passeggio nero, arricchito di intarsi
d’oro bianco.
“Lu… Lucifero..?” Balbettò
insicuro.
Come
poteva un tale splendore essere il Re dell’Inferno?
S’aspettava
un essere abbruttito dall’oscurità e dalle fiamme…
L’interpellato avanzò con
grazia a piedi nudi, chinandosi di fianco l’Angelo,
ed avvicinando le labbra all’orecchio di quest’ultimo:
“Mais oui, mon amour… C’est
moi*.” Soffiò, ghigando.
Tornò, poi , a fissare
nuovamente gli occhi smarriti, sorpresi ed impauriti
del Guardiano, carezzandogli con la punta delle dita una guancia ancora
intrisa
di gocce salate.
Poi, si sollevò subito dopo
con un sorriso.
“Vieni con me…” Bisbigliò
impercettibilmente, tenendo la mano tesa per
accogliere il gradito Ospite.
L’invito
del Diavolo arde e confonde, istiga e uccide…
Le candide ali bagnate del
sangue dei peccatori sono la più seducente delle
tentazioni.
Signore e Padrone,il
banchetto è pronto.
Fine undicesimo capitolo.
(*)Il pezzo ad inizio
capitolo è tratto dall’Apocalisse..
La frase in francese
pronunciata da Lu significa: “Ma si amore mio,sono io”.
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Capitolo 12 *** We're going down to the Devil ***
Non credo ci sia niente da
dire...
Riprendo a pubblicare, ma
non credo lo farò con regolarità ^^.
Prima di passare al
capitolo, che mi auguro leggerete e commenterete, volevo
dire un paio di cose: questa fan-fic mi ha consumato, ed è stata solo
la mia dannata
ostinazione a spingermi
al continuarla.
Ormai ho intrapreso una
vera e propria guerra con questo sputo della
natura, che mi auguro di riuscire a vincere.
Al momento il bilancio è di
un pareggio: mi ha sconfitto quando l’ho interrotta
ed io l’ho abbattuta riprendendo la pubblicazione U_U...
Ma le guerre sono lunghe e
sanguinose, e credo che ben presto da una guerra
lampo, passeremo ad una guerra di trincea.... Si prospettano tempi duri.
Mi sono fatta non poche
seghe mentali su questo capitolo: erano estremamente
insicura se pubblicarlo
o meno; ma alla fine la mia testardaggine ha avuto
la meglio.
Mi auguro mi lascerete un commento,o almeno una testimonianza del
vostro passaggio.
Vi lascio al capitolo.
We’re
going down to the Devil
“Poi la morte e il soggiorno
dei morti furono gettati nello stagno di fuoco.
Questa è la morte seconda, cioè lo stagno di fuoco.
E se qualcuno non fu trovato scritto nel libro della vita, fu gettato
nello
stagno di fuoco.”
“Mio Signore, perché?”
“…”
“Mi risponda Mio Signore,
Mio Amato, La prego!”
Sfregiato, ferito,
torturato…
“Brucia nelle fiamme della
tua vanagloria.”
“NO! La supplico!”
Il grido che squarciò
l’aria fu soffocato: soffocato ed annegato dal fuoco che
avvolse la figura dell’esile Serafino.
“Ti ho amato, Lucifero…”
“Signore…”
L’ultimo singulto, poi la
perdizione.
Il Messaggero infernale sostava
di fianco
il trono della sua Regina.
Ascoltava basito le parole
di quell’Essere giunto dal Paradiso e stringeva
spasmodicamente i pugni, indignato da quelle parole.
“Lucifero non riuscirà a
sostenere ciò che vi attende, è troppo impegnato a
gironzolare intorno al Suo Caduto Prediletto: ne è testimone la sua
assenza in
questo momento.” Prese
una pausa, poi continuò: “Mia Regina, consentimi
di affiancare il tuo potere in queste buie ore che annegano l’Inferno
tuo
Regno.” Soffiò ed un
sorriso dipinse il pallido volto.
“Stai vaneggiando.” Cassiel si pronunciò alle sue
spalle.
“Lucifero ha generato lo
stagno di fuoco, che è chiamato Inferno e
Perdizione. Il tuo potere e la tua vita non bastano per alimentarlo.” Continuò
con calma, lo scheletro annerito di due ali recise apparve sulla
schiena del
Dannato, mentre quest’ultimo, attraversando il colonnato, si poneva in
ginocchio innanzi alla Regina.
“Non posso che trovarmi
d’accordo con Cassiel.” La
voce deliziata di
Belial risuonò nella sala e il Sovrano si materializzò, apparendo
ghignante dal
marmoreo pavimento.
“Per quanto io disprezzi i
metodi con cui Nostro Signore Lucifero
amministra l’Impero, certamente mi ritroverei assai mortificato nel
vedere uno come te
Imperatore dell’Inferno.”
Spiegò, lasciando passare una mano tra i ricciuti filamenti castani che
erano i
suoi capelli.
“Inoltre…” E solo quel punto chi aveva
aspirato al governo dell’Impero
si voltò, realmente interessato.
“L’unico minimamente in grado
di sostituire Lucifero e i suoi poteri sarebbe
il Mio Signore Belial, il quale cadde subito dopo la Stella del
Mattino. Tra i
Sovrani Infernali credo sia il più potente.” Le labbra di Michael
pronunciarono quelle parole con serafica tranquillità.
Oh, ma il cospiratore aveva avvertito chiaramente una
nota di disprezzo
vibrare dalle corde vocali dell’Arcangelo.
Belial fece un cenno col
capo, lusingato dalle parole del suo protetto.
Stava per pronunciarsi,
quando Boris intervenne:
“Attenti a ciò che dite,
potreste non rendere felice chi è al di sopra di
voi.” Sibilò stizzito.
Lilith, sospirando
stancamente, a quel punto si sollevò:
“Le vostre parole sono senza
ombra di dubbio interessanti.” Gli occhi
smeraldini della Regina scrutarono i presenti, poi sorrise.
“Ma Lucifero, signori miei, è
il Diavolo.” Concluse,
per poi invitare
Boris a seguirla con un cenno.
Quando
cupe lacrime si infransero sul nero terreno, consumato
dalle fiamme prodotte dal meraviglioso corpo del Serafino, spaccarono
la terra
ormai friabile…
E dopo un gemito,anche il rifiuto terrestre.
“Uriel, credi che la
decisione di Gabriel
sia stata giusta?” Gli
occhi azzurri di Sachiel si posarono sul bel volto dell’Arcangelo
interpellato,
che sospirando metteva da parte la pergamena che, fino a quel momento,
avevo
finto di star studiando.
“Non lo so.” La risposta fu netta e sincera.
“Per quanto ultimamente io non abbia sopportato la condotta del
Guerriero, ammetto
che la richiesta di Gabriel mi sia sembrata estremamente esagerata.”
Fissò i suoi occhi verdi nello sguardo
cristallino
del compagno.
“Raphael è partito.” Continuò ancora Sachiel.
“Ovvio; immagino creda che solo il Caduto possa aiutarci.” Fece
scettico, arricciando il naso.
L’angelo si lasciò sfuggire un risolino divertito a quell’espressione.
“Dovresti avere più fiducia nelle decisioni dei tuoi simili.”
Aggiunse,poi.
“Ho avuto fiducia in Michael, e di lui non vi è più traccia.”
Sibilò
duramente il biondo.
“Ho avuto fiducia in Samael, ha liberato il Guerriero. Ho sempre
riposto un
briciolo di fiducia nelle scarse capacità di Yurij e tempo fa mi
deluse. La
fiducia è per i deboli e per chi non crede nelle proprie capacità: aver
fiducia
equivale all’ essere dipendenti di altre creature, io
non voglio esserlo.” Continuò
con serietà.
“Hai dato fiducia a Gabriel…” Osservò acutamente e con
noncuranza
Sachiel.
“Il mio ennesimo sbaglio e la mia ennesima dimostrazione di
debolezza.”
Ammise gravemente allontanandosi.
L’Arcangelo lo fissò desolato.
“Uriel, lo sai che non resta più molto tempo…” Attirò ancora
l’attenzione del compagno.
“Non mi importa.”
“Samael…”
Un grato bisbiglio nacque
da labbra stanche e spaccate.
“Non si sforzi signore.” Avvertì il tocco di un
panno bagnato
sulle guance tatuate.
L’odore del sangue si
ripresentò più prepotentemente alla sue narici, mentre
sentiva la linfa vitale raggrumata resa nuovamente liquida dall’acqua e
scivolare
via.
“Raphael è sulla Terra,
dovremo cercarlo lì signor Kei: solo lui ha la
facoltà di aiutarla.”
“Perché Raphael è sulla Terra?” Chiese sinceramente incuriosito
il
Guerriero.
“Cerca l’Angelo Decaduto Yurij
Ivanov, Signore.”
Rispose con un sospiro.
“Signore…”
Penosa Creatura, il Signore non aveva orecchie
in quegli antri
tenebrosi.
“Padre...”
Le bellissime labbra
scottate accennavano con immane fatica e lacerante dolore
i minimi movimenti di quelle strazianti parole.
Aveva amato troppo e
troppo a lungo, desiderando quindi eguagliare.
Il suo dolore, il suo sbaglio, la sua Condanna.
“Lucifero?”
Yurij attirò
la sua attenzione quasi
apprensivo.
L’Imperatore si voltò a fissarlo, gli occhi
blu
velati di un’antica e inquietante ombra oscura.
Per un istante il Caduto si ritrasse, spaventato.
Il gelo avvertito in quell’attimo lo scosse profondamente:
nell’infinità
oltremare delle iridi del Demonio scorse un’insanabile follia e una
cupa
rabbia albergarvi.
“Perdona la mia distrazione,Yurij.”
Il sorriso che poi dipinse il volto di Lucifero lo tranquillizzò
così
rapidamente che, in seguito, si diede dello stupido: era caduto così
facilmente
nell’inganno, per gli umani mortale, delle labbra dell’Imperatore…
Avendo
lottato per il Paradiso, per vegliare e continuare ad esistere come
sovrano in
quello, creava l’Inferno.
“Vieni
con me…” Bisbigliò impercettibilmente Lucifero, la mano tesa per
accogliere il
gradito Ospite.
Gli occhi azzurri del
Guardiano si posarono ancora lucidi ed indagatori su
quella ghiotta proposta.
La lieve brezza alzatasi
cancellò le lacrime che corrodevano la delicata
porcellana del viso del rosso, lasciandole morire nell’aria.
“Cosa mi prometti?” Chiese
cautamente in un soffio.
Oh, voleva solo divertirsi…
“Cosa desideri?” Ribatté
l’Oscuro Signore,s tando al gioco dell’Angelo.
“Itsuwari, Osore, Kyoshoku,
Urei*” Si
espresse tranquillo, con un pizzico di deliziata e divertita malizia.
Elencando qualcosa di ben più
pericoloso che semplici e peccaminosi desideri
con quelle parole…
“Puoi procurarmi questo?”
Aggiunse subito dopo, fissando intensamente il
Diavolo.
Un leggera risata esplose
dalla labbra dell’interpellato.
“Tutto ciò che vuoLe.” Concesse infine con un elegante
inchino.
Il Guardiano spalancò,
allora, le sei grandi ali, sollevandosi dal
terreno roccioso.
“Prendimi.” Lo stuzzicò a quel punto,
volando velocemente in direzione ovest.
Accettando molto volentieri
l’invito, Lucifero liberò le sue candide ali.
Si inumidì le labbra con la
lingua e decollò con uno scatto, per inseguire la
sua gustosa preda.
Si
rincorrevano follemente ad una velocità impressionante tra scatti
mortali e movimenti
aggraziati….
Disegnavano coreografie di rara bellezza nei Cieli, salendo di quota
per
sfiorare le nuvole e poi cadere giù, col solo e semplice gusto di
sentire
l’aria gelida sferzare sui loro volti, inumidire gli occhi e rendere
secche le
labbra e ricercando, inoltre, il piacere che quell’eccitante gioco dava
loro.
Avrebbero potuto paragonarlo all’estasi sessuale…
Se solo Yurij avesse saputo cosa fosse, al tempo.
I cambi di direzione improvvisi e pericolosi erano accompagnati dalle
risate di
giubilio dei due contendenti.
In fondo erano solo bambini molto immaturi: ciò che volevano era il
malsano
risultato di quel buffo e malvagio rincorrersi.
Risultato che giunse ben presto con quel malizioso finale: Lucifero,
riuscendo
a prevedere l’ennesimo scatto del Guardiano, lo aveva raggiunto e
afferrato per
i fianchi; lo stringeva nei suoi artigli, ove ogni via di fuga era
negata.
“Preso.” L’Imperatore bisbigliò quella parola con sarcastica sensualità.
Giocava col suo ghiotto bottino e con nobile crudeltà ne tesseva una
gloriosa
fine.
Il Guardiano tentò di divincolarsi da quella ferrea presa, ma la sua
antica
forza era così giovane rispetto all’eterna dannazione di Lucifero.
E ciò che esisteva di più Sacrosanto ed Inviolabile fu trascinato nelle
fauci
dell’Inferno.
“Anael!”
Il Guerriero col volto contorto dalla preoccupazione e dalla rabbia si
rivolse
con grande ansia all’Arcangelo, che con autorità impartiva ordini e
dava
maggiori istruzioni ai suoi sottoposti.
“Cosa succede,Signore?” Chiese, sorpreso dall’atteggiamento di Kei.
“Raduna parte delle tue schiere, dobbiamo trovare Yurij!” Ordinò.
“Cosa?” Chiese ancora, disorientato.
“E’ fuggito! Quello stupido è fuggito!” Gridò infine, furioso,
sollevandosi con
forza e violenza dal suolo e prendendo nuovamente il volo.
Se
era stato lui a gridare non poté mai dirlo.
Ciò che il Guardiano in quel momento avvertì chiaramente fu solo la
confusione
di fiamme infernali e di folli sofferenze.
L’odore dello zolfo trafisse le sue narici, stordendolo ed annebbiando
i suoi
sensi.
Trapassato il suo olfatto, quel disgustoso e nauseabondo odore parve
prendere
possesso persino del senso del gusto e, posatosi sulle sue papille
gustative, fu
un sapore metallico e rugginoso a raggiungerlo, dandogli un sentore di
debolezza e mancamento.
Svenne.
Lucifero lo teneva a sé, reggendolo e tenendogli una mano aperta al
centro
della schiena, tra le scapole.
Le ali afflosciate sfioravano il terreno Infernale, il capo era
ricaduto
debolmente su di un lato, i capelli ricciuti gli sfioravano una
guancia, carezzandogli
le labbra, mentre i meravigliosi occhi di zaffiro erano celati.
Un rivolo di sangue gli scorreva lungo mento, deturpando la diafana
pelle di
quel macabro petalo rosso.
Fu allora che (come se il ritorno dell’Imperatore alla sua Dimora con
un gradito
ospite venisse già atteso da qualche minuto, ed Egli fosse giunto
in
ritardo.) un Demone apparve ai piedi di Lucifero, in ginocchio.
“Il signorino è svenuto, Boris… Mi spiace.” Disse in tono mellifluo e
divertito
il Diavolo, anticipando una qualsiasi altra richiesta del nuovo venuto.
“Oh, è davvero un peccato.” Si limitò a commentare il Dannato,
avvicinandosi al
rosso e scostandogli dal viso i capelli.
“Portalo giù, legalo e aspetta che si svegli…” Continuò in un soffio
l’Imperatore, porgendo, quasi come fosse una bambola di pezza, il bel
Guardiano
al sottoposto.
Con un cenno di assenso del capo ed un ultimo inchino Boris si dileguò,
stringendo
tra le braccia il povero Angelo…
La
carne bruciata aveva un odore dolciastro.
Di quelli che ti si attaccano
addosso e credi di continuare a sentire
nonostante non ve ne sia più traccia nell’aria.
Un dolore lontano lo avvertì
che le sue braccia erano state bloccate in una
posizione alquanto scomoda ad una nera parete d’onice.
Spostò il capo da un lato
all’altro, tentando di sgranchire i muscoli
intorpiditi, tesi e doloranti del collo.
Calmò, poi, quel movimento: la
nausea lo aveva colto.
Si lasciò sfuggire un lamento;
e dalla bocca (già riempitasi di quel
sapore metallico che sfumava nell’agrodolce.) aveva lasciato scorrere
via
lentamente del sangue, schiudendo le labbra.
Tirò un lungo respiro
affaticato, disgustandosi ancor più per il fetore
indicibile presente in quel posto.
Avvertiva il sentore del
marcio unito a qualcosa di più amaro ed aspro.
Si rese conto che non vi era
calore.
E stava gelando…
Aprì con lentezza le palpebre
stanche, ridando vita alle iridi cristalline.
Osservando silenziosa la sala,
posò lo
sguardo sui cinque troni, ove su quattro di ognuno di quelli un’unica
ala
d’alabastro sorgeva, infrangendo il cristallo.
Sussurravano,
gli antri oscuri della fredda terra.
Occhi si posavano sulla
fragile e nuda creatura raggomitolata in una grotta
oscura.
Le iridi di cobalto si
levarono stanche ed umide, studiando ciò che le
circondava da dietro una cascata di scuri filamenti.
“Padre…”
Il gemito di una creatura
che muore…
Per permettere la nascita
di un nuovo essere, ben diverso da ciò che fu.
Fine
dodicesimo capitolo.
Grazie a:
-Keila91
-Sybelle
-Padme
-Dreven
-Eagle Fire
-Ben
-Redeagle
-Valery
-DarkHiwatari
-Ele Ivanov/C18_The_Best
-Bladegirl
-Nika
-MeMs
-Nissa e il micio
-Yui00
E’ mostruosamente breve e
disgustosamente
orribile,ma vabbhé ^^.
Ormai si è capito che non
riesco a fare di meglio...
Noticine ^^:
Il pezzo ad inizio capitolo
è tratto dalla solita Apocalisse.
Itsuwari,Osore,Kyoshoku,Urei è un verso della sigla di
chiusura di Death
Note “Alumina” e vuol dire: ‘Bugie,Paura,Vanagloria,Dolore’ mi piaceva
come
suonava nel contesto ^^…
Bhé che altro dire?
Sono tornata ^^...
E vi ringrazio dal più
profondo del cuore per il sostegno dimostratomi.
L’ho apprezzato
tantissimo,e non poso fare altro che continuare ad adorarvi .
Spero di sentirvi presto
x3!E ricordatevi di lasciarmi un commento!
Iria.
|
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Capitolo 13 *** Itsuwari (Lies, Bugie) ***
I
т ร υ ฬ α я เ ~Ł เ є ร †ß υ ﻮ เ є
Rivelazione di Gesù
Cristo,che Dio gli diede per mostrare ai suoi servi le cose che devono
avvenire
tra breve, e che egli ha fatto conoscere mandando il suo angelo al suo
servo
Giovanni.
Egli ha attestato come parola di Dio e testimonianza di Gesù Cristo
tutto ciò
che ha visto.
Beato chi legge e beati quelli che ascoltano le parole di questa
profezia e
fanno tesoro delle cose che vi sono scritte, perché il tempo è vicino!
Rigenerato
dalle fiamme,Lucifero, Sua Maestà Infernale, Signore ed Imperatore
dello Stagno
Infuocato, generato dalla sua insana passione, si rialzò.
Era nudo, nudo e rivestito solo della sua vergogna, così come Adamo ed
Eva lo
furono a loro tempo…
Raphael sedeva non visto, in
ascolto.
Gli Angeli sanno ascoltare.
Ma ancor meglio, riescono a comprendere.
Se i deliri di quel pover uomo fossero fondati su parole ed argomenti
profondamente conosciuti e studiati, questo non seppe mai dirlo; ma
indubbiamente rimase affascinato dai gorgheggi biascicati e isterici di
quell’ubriaco.
“Disobbedienza!” Esclamò con fare teatrale.
“Arroganza, stupidità, ignoranza!” Articolò quegli aggettivi
con le
giuste pause, saggiandone il significato con gusto, ad imitazione di un
bravo
oratore.
“Ci siamo rivestiti di questo, dopo che il Signore Iddio ci spogliò
del
Sapere Immortale a cui avevamo avuto accesso! Sciocchi furono gli
ingenui Adamo
ed Eva a saggiare il frutto dell’Albero della Conoscenza! Subdolo fu il
Serpente! Ciò che Nostro Signore ci aveva nascosto era solo il Male
aldilà dei
Confini del Giardino dell’Eden! E peccando, peccando ci siamo ritrovati
intrisi
di vergogna nella nostra nudità esistenziale: umiliati, siamo in cerca
di un
Perdono…Che non avremo, con l’Inferno che domina la nostra bella Terra.”
L’Arcangelo sorrise.
Sospirando, socchiuse gli occhi nocciola ambrati nella loro
luminosità,poi si
sollevò con un movimento fluido, elegante e bellissimo.
Giunse davanti la panchina dove quell’uomo, inibito dall’alcool, era
sdraiato.
Prese a fissarlo, studiandolo in religioso silenzio.
Il volto era coperto da un berretto lacero di lavorazione scarsa ed
economica, rattoppato
in più punti, di un rosso sporco e unto.
Macchie di sudiciume tempestavano gli indumenti dell’uomo strappati o
sdruciti
in alcuni punti.
Con la punta delle dita, senza quasi sfiorarle, Raphael tracciò il
disegno delle
palpebre chiuse dell’umano…
E quando l’ubriaco, sentendosi osservare, aprì assonnato e pigro un
occhio di
un azzurro così splendente da brillare vivacemente nella poca luce del
posto, sembrò
stesse per pronunciare qualcosa di estremamente strabiliante… O
estremamente
stupido, per descrivere il giovane che aveva davanti.
Una bellezza che non poteva appartenere a quel dannato mondo.
In tutta risposta Raphael sorrise, zittendo immediatamente l’uomo,
ponendogli
un dito sulle labbra carnose, rosse, screpolate e spaccate dal freddo e
che, nonostante
tutto, l’Arcangelo definì splendide.
“Shh… Sogna il Paradiso, continua a maledire l’Inferno, amico mio.
La tua
ricompensa di luce sarà ben più ghiotta di quanto tu, adesso, creda.”
Belial era immerso nella vasca
da bagno
marmorea delle sue stanze.
Osservava con noncuranza la
densa schiuma che andava diradandosi, leccandosi le
labbra, sfiorandole appena con la lingua e chiudeva gli occhi,
lasciandosi
sopraffare dal profumo d’arancia dell’aroma che stava utilizzando.
Lucifero, a suo dire,
perdeva solo tempo prezioso.
E non ne avevano più molto
a disposizione.
L’Imperatore sarebbe andato
su tutte le furie se fosse venuto a conoscenza
delle intenzioni del Traditore del Paradiso.
Ma Lilith, dolce, malefica
Lilith, non ne avrebbe fatto parola.
E lui ne era intenzionato
ancor meno.
Non che non volesse mettere
in guardia il suo sire, questo mai, l’amava troppo;
semplicemente voleva attendere e godere di quell’attesa, per poi
pranzare
ghiottamente coi frutti che ne sarebbero conseguiti.
Ridacchiò lievemente,
lasciandosi sprofondare ancora un po’ nell’acqua calda.
Gli occhi verdi brillavano
perversi.
Oh, sarebbe stato sublime.
“Amami”
“Ti amo”
“Odiami.”
“Non posso.”
“Perché?”
“Oh mio Lucifero, sarebbe troppo facile… Non credi?”
“Yurij…Ti senti bene?”
La voce di Lucifero risuonò
aggraziata e velata da una -quasi inesistente.-, punta
di preoccupazione.
Il Dannato aveva serrato
gli occhi cristallini, ma un lieve gemito era nato
dalle sue labbra schiuse, prima ancora che avesse avuto la possibilità
di
tentare di reprimerlo.
“No, d-devo… Sedermi.” Soffiò, lanciando uno sguardo
intorno a sé, studiando
il parco buio.
Con un movimento aggraziato
pochi secondi dopo riapparve seduto su di una
fredda panchina non molto distante.
Nel silenzio della notte lo
stesso Lucifero si affiancò al rosso.
“Sembri stravolto… Cosa
succede?” Gli bisbigliò
suadente ad un orecchio.
“Non capiresti…” Rispose a stento l’Angelo.
“Parlamene.” Insisté il Diavolo.
“Non comprenderesti. Non prima
che abbia finito.”
Ribatté ancora, a
denti stretti, il Caduto.
In silenzio, l’Imperatore
osservò il profilo del compagno.
I capelli rossi ricadevano
davanti il volto imperlato di sudore freddo del
giovane, il respiro andava regolarizzandosi, nonostante la fatica che
ogni
minima boccata d’aria gli costava.
Pareva soffocare, e l’aria
quasi sfuggiva al suo ricercarla: una morsa si era
stretta intorno al collo perlaceo della Dannata Creatura, provocandogli
dei
lievi (e subito repressi.) attacchi di tosse.
Oh, che meraviglioso spettacolo.
“Ti stai divertendo?” Gli chiese ironico Yurij, con
la voce tremante.
Lucifero si limitò a
ghignare, poi disse:
“Dipende da ciò che intendi
per divertimento, Angelo mio. Il Diavolo non si
limita a trastullarsi degli insulsi peccati degli uomini: io ho bisogno di
attrattive maggiori e di migliori orizzonti su cui posare il mio
sguardo.”
Prese una pausa, fissando con soddisfazione il compagno.
“E credimi, di orizzonti così
superbi non ne ho visti mai…” Concluse con
una nota di sfrenato divertimento a tingere la sua calda voce.
Il Caduto si limitò a
sorridere, sollevando, poi, il volto al cielo nero
trapuntato di rarissime e opache stelle.
“Avrei bisogno di redimermi…” Bisbigliò (e il velato sorriso
non
abbandonò la sua bocca di rosa.), studiando il suono e l’effetto di
quelle
parole.
Una risata alta e
cristallina esplose d’improvviso dalle labbra del Diavolo, causata
da quell’assurda ed insensata frase.
“Allora prega, Angelo. Finché
vivrai, prega…” Lo
prese in giro con
malvagio sarcasmo.
“Mentirei a me stesso,
peccando ancora. E’ così dannatamente semplice e
piacevole fallare.” Ridacchiò
con fare innocente, voltandosi a fissare
intensamente gli occhi cobalto del suo interlocutore.
“Oh Lucifero, sarebbe a dir
poco riprovevole e blasfemo,non trovi?” Chiese
accorato, allacciando le braccia intorno al collo del Diavolo.
“Sono un bugiardo della
peggior specie, non posso pregare e mentire ,mentire
e ancor mentire. E se il mio desiderio di redenzione fosse solo
l’ennesima
menzogna? Desideravo bugie, Lucifero,ricordi? Fu la mia prima richiesta
e
divenne ben presto il primo elemento della condanna che sconterò in
eterno…” Bisbigliò
quelle parole a pochi centimetri
dalle labbra dell’Imperatore.
“Di bugie, imbrogli,
inganni…Ne hai tesi ovunque.” Osservò Lucifero, prendendo
tra due dita il mento del Caduto.
“Non sono malvagio…” Sussurrò Yurij in risposta,
quasi giustificandosi.
Chinò lo sguardo, con fare
mortificato.
“No, non lo sei.” Acconsentì silenziosamente
l’Imperatore.
Le quattro cicatrici sulla
nivea schiena di Yurij s’aprirono, versando così il
sangue sporco e mefitico del Dannato.
Il
Lago di
sangue dal quale sorgesti, bevendo e gustando il dolce nettare vitale
delle tue
vittime, purificò ciò che di malvagio attraversò i tuoi pensieri…
Oh Angelo Nero, i brandelli della tua anima vibrarono, ricercandosi
febbrilmente.
Le delicate piume delle tue deboli ali si posarono al suolo con
disarmante
dolcezza…
Possibile che qualcosa di talmente bello,puro e casto ti appartenesse?
E fu solo una macchia di sangue e deturpare quella candida meraviglia….
Il rado respiro
gli trafiggeva i polmoni, rendendo ogni esalazione una lenta ed aspra
tortura.
Alzando con lentezza gli occhi, reprimendo i continui conati, osservò
ciò che
era visibile nella sua prospettiva: un’alta stanza rettangolare dalla
semplice
ed elegante parvenza.
Le nere arcate d’onice, di cui aveva una completa visione, si
slanciavano verso
l’alto curvandosi su stesse, assumendo le sembianze di una galleria.
Dai colonnati portanti delle arcate serpeggiavano decori e rilievi che,
intrecciandosi
in raffinati ghirigori, viaggiavano verso il centro del soffitto della
sala, trasformandosi
in fantasie floreali là dove pendeva un antico, pesante e spento
lampadario.
E solo allora comprese in quale maniera le sue braccia erano
state
dolorosamente bloccate al nero muro!
Crocefisso.
Aveva i palmi inchiodati contro la parete di fondo della sala, ed in un
minimo
movimento la carne s'era lacerata dolorosamente.
Gridò.
Lo fece con quanto più fiato avesse in gola, mentre le ferite pulsavano
e il
sangue cedeva alla forza di gravità.
Tremori violenti lo scossero e i nervi delle braccia tese al limite
implorarono
pietà.
E poi le gambe…
Se non erano rotte, sicuramente aveva entrambe le caviglie slogate: la
pressione di quell’unico chiodo che bloccava i suoi piedi alla parete
le aveva
piegate in maniera innaturale.
Era spaventato, Yurij; e persino le sue ali erano state rilegate in
strisce di
cuoio che ne stritolavano l’ossatura.
Con un gemito tentò di liberare queste ultime dalla salda presa a cui
erano
state sottoposte (con scarsi risultati.), ottenendo unicamente una
lancinante
fitta di dolore che, per un eterno secondo ,gli oscurò la vista,
causandogli la
nausea.
Sospirò disperato, inarcandosi ed agitandosi…
Le ferite avevano la meglio sul suo fisico debilitato.
E allora gridava, imprecava e offendeva.
Ma quando il suo sguardo, in uno spasmo di debolezza, si soffermò in
basso, Yurij
si immobilizzò, impietrito …
Raphael, alle
grida di Kei, si sollevò di scatto e, abbandonando il capezzale di
Uriel, si
diresse con immediatezza all’esterno della tenda.
“Ma cosa succede?” Chiese serio, cercando con lo sguardo il Guerriero,
che
furibondo aveva preso il volo.
“Il signor Yurij è scomparso. O, per dirla come il signor Kei, è
scappato...” Rispose
Sachiel, con una punta di acidità nella voce cristallina.
L’Arcangelo si limitò a fissare il compagno, per poi chinarsi al suolo
a
raccogliere una piuma rossa schizzata d’oro.
Ritrasse subito dopo con un gemito la mano: una piaga si era formata
sul suo
palmo.
L’essere che del Paradiso custodiva l’Ordine scatenò le fiamme
dell’Inferno.
Yurij...
Se gli fosse accaduto qualcosa...
Non ne conosceva le conseguenze, ma sapeva, avvertiva che sarebbero
state...
...
Apocalittiche
Non
aveva mai
visto tanto sangue e ne rimase sconcertato, intimorito.
Se le protuberanze che a stento distingueva sul pavimento fossero stati
corpi, non
seppe dirlo con certezza, in quell’ istante però riuscì a distinguere
giustamente l’odore che gli perforava le narici: odore di morte, di
decomposizione reso (in modo così nauseante.) agrodolce dalle fiamme
che
bruciavano e divoravano le carni di creature che sperava, si augurava,
fossero
morte.
E’
penoso tutto questo, Angelo Mio...
Sono creature rivoltanti,non trovi?
E indovina... Indovina a chi di diritto appartiene l’oneroso compito di
riportarle a me!
Sono l’Incubo che raggela le tue notti e riscalda i tuoi respiri:
Misero
Angelo, la tua Pura Gloria e il Massimo Grado della tua Divina
Discendenza non
mi spaventano, a suo tempo io ero stato posto ben più in alto di te ed
erano le
Sue braccia che mi cingevano e le Sue parole che mi guidavano.
Iddio che adesso osservi piangente anche la rovina di questo tuo amato
figlio, dì
che m’ami, fallo e ribadiscilo finché non sarò sazio del suono della
tua voce e
di queste parole!
Maledico ciò che di Puro sto per Macchiare.
Oh! E’ il Seme del male che cresce inesorabile...
E la mietitura è prossima.
Deglutì
avvertendo quei sussurri che, come mille voci sibilline, gli
solleticavano
suadentemente l’udito.
La disperazione lo avvolse in sporchi tentacoli.
Le lacrime, silenziose e vane, solcarono il suo volto e l’usura che
provava
alle mani e ai piedi sembrò sparire.
Socchiuse gli occhi e, chinando il capo, altro sangue gli rigò i lati
del
mento.
Padre, non abbandonarmi.
“Oh, povero Angelo…” Si riscosse violentemente a quella voce.
Aveva note maliziose, che stupravano la sua dignità.
Nelle fiamme nere che si diradavano intravide gli occhi smeraldini d’un
volto
conosciuto…
Era Boris.
Il demone lievitava: non possedeva ali e le piante dei suoi piedi
gocciolavano
sangue.
Con infido garbo, il Messaggero prese il mento dell’Angelo tra due
dita, affondandovi
le unghie nere.
“Sei tutto sporco di sangue…” Soffiò critico, a pochi centimetri dalla
bocca
del rosso. “Permettimi di ripulire questo visino.” Aggiunse, poi, in un
ghigno,
passando il pollice sulle labbra del Guardiano e raccogliendovi la
linfa.
La leccò via, stringendo ulteriormente il volto sottile del Custode.
“Non… Toccarmi…” Ordinò con immensa fatica Yurij.
Parlò a stento: aveva la bocca impastata dal sangue che vomitò subito
dopo, ma
nonostante ciò la sua espressione non celava il disgusto che quel
contatto gli
causava.
“Non sei nelle condizioni di dare ordini, Angelo mio, no, no…” Lo rimproverò Boris, sollevandogli in tutta
risposta il viso.
“Devi sapere, piccolo pennuto, che qui poco importa della tua
Discendenza Divina. Sei solo un uccellino spaurito caduto dal nido: i
Diavoli
non aspettano altro che divorarti e macchiare il candore della tua
anima…” Continuò
crudele.
Yurij, dal canto suo, faticava sempre più per restare cosciente:
gemendo, rovesciava
gli occhi verso l’interno della cavità oculare, nel vano tentativo di
mantenersi sveglio.
“Mmh… Il viaggio forzato nei bassi fondi
deve aver sconvolto il tuo organismo.” Osservò con fare esperto il
Demone, schiaffeggiando
il Guardiano, evitando che svenisse.
Rabbia.
Così tanta rabbia lo prese…
Come osava?
Nel tentare di reagire a quell’affronto, il Guardiano si slanciò verso
il
Dannato per mordergli il naso…
Azzardo che gli costò un ennesimo sfregio sui palmi e un grido
straziante di
dolore.
“Uh, passionale..!” Commentò il
Dannato, accompagnando l’affermazione con una risata sguaiata.
Oh, era a un passo dal sollevare quell’inutile tunichetta che
copriva il
corpo dell’indebolito Custode, quando…
“Boris, smettila di prenderti gioco del nostro ospite!” Velato, il
dolce
rimprovero si alzò dallo scempio di sangue che era il pavimento.
Avanzava con movenze lente ed aggraziate, Lucifero: pareva quasi non
toccare la
superficie sanguigna ove era.
I piedi nudi del Diavolo erano macchiati appena dalla porpora
sottostante e, nell’avvicinarsi,
l’Imperatore scacciava via con un colpo annoiato del bastone le mani
viscide che cercavano di afferrargli le
caviglie.
C’era così tanta disperazione nell’agire di quelle povere anime! Il
Guardiano
la percepiva come se fosse la sua.
Inerme e con la vista offuscata dal sangue ammirava la composta
passeggiata di
Lucifero.
“Sire…” Lo salutò il Demone, inchinandosi alla presenza del Sovrano,
mugugnando
appena infastidito dall’interruzione.
L’aria parve inchinarsi al procedere dell’antagonista del Signore.
Quale aura avvolgeva l’ammaliante Serafino!
Era una lanterna nell’oscurità latente della grande sala…
Eppure, l’oscurità stessa pareva nascere dal suo spirito.
Magnifiche, spalancò due ali candide raggiungendo il suo caro
prigioniero.
“Boris, sei stato davvero cordiale ad aver intrattenuto il nostro
Angelo… Ma
ora ti prego di andare: abbiamo molto di cui discutere.” Disse
Lucifero, affabile.
Il Dannato si morse la lingua…
Come desiderava rimanere per qualche altro minuto!
Il tempo di poter concedere a Yurij un degno benvenuto… Ma non
poteva
non ubbidire ad un ordine diretto dell’Imperatore.
Con un inchino scomparve tra le fiamme, non prima di aver rivolto un
eloquente
sguardo al Guardiano.
Yurij rabbrividì: viscidi, quegli occhi erano scivolati lungo tutto il
suo
profilo.
“Mi auguro che
l’accoglienza sia stata di tuo gradimento.” Fece pacato il Diavolo,
lisciandosi
le pieghe dell’abito.
Non giunse risposta.
“Oh,sei un tipo difficile da
accontentare, a quanto vedo!” Esclamò Lucifero, portando
il bastone al volto di Yurij.
Le labbra dell’Angelo
bisbigliavano silenziose preghiere.
Serrò gli occhi, immaginando
che non fosse in presenza di Lucifero… Oh,quasi
rimpiangeva la compagnia di quel Demone volgare!
Tentacoli viscidi succhiavano
il sangue dalle ferite sui suoi piedi e
risalivano lungo le belle gambe…
Ma preferiva fingere di non
avvertire nulla.
“Meraviglioso…” Constatò
Lucifero, dopo aver studiato più attentamente il viso
del Guardiano.
La calma del suo atteggiamento
stonava con la tempesta furiosa che si era
scatenata nel blu di quegli occhi; la rabbia antica e spaventosa
lottava contro
la decenza dei movimenti controllati del Diavolo.
“Squallido,
squallido Serafino…
Quanta rabbia!
Quanta corruzione!
Quanto odio!
…Mi ami ancora, Lucifero?”
L’Imperatore
con lentezza lacerò la veste del Guardiano, lasciandone penzolare
alcuni
brandelli che ne ricoprirono a stento le membra.
Se ne avesse avuto la forza ed
il coraggio, Yurij sarebbe fuggito a
quell’umiliazione, anche al costo di strapparsi le ali e lasciare resti
di
carne inchiodati alla parete.
Ma era un vigliacco, l’Angelo.
“Il Signore ha fatto un ottimo
lavoro su di te, non c’è che dire…”
L’asprezza tingeva
orribilmente le parole di Lucifero, il quale impassibile
affondò nel costato di Yurij la punta del suo bastone.
Il Guardiano non gridò.
Era come se la sua voce fosse
stata soffocata da quel dolore che gli dilaniava
il ventre.
Sentiva quell’arma abilmente
mascherata penetrare e ancor penetrare tra i
muscoli, lottando contro l’ostacolo rappresentato dalle sue costole.
“Divorerà
le tue carni, marcirà il tuo organismo e sarai solo la dimora di sudici
scarafaggi!”
“Buona anche la
resistenza. Indubbiamente, sei il suo esperimento più riuscito.” Sentenziò
infine con gusto, sfilando l’arma dal torace dell’Angelo, che si
ritrovò a
versare ancor sangue.
“Ma abbandonando i convenevoli, c’è un motivo per cui questa sala
è
stata scelta come tuo momentaneo alloggio!” Continuò, affiancandosi a
Yurij e
accomodandosi al suo fianco.
Accavallò le gambe, puntando
il bastone macchiato di sangue verso il macabro
lago sottostante.
Tra gli schizzi rossi un
essere dalle sembianze antropomorfe si fermò a
mezz’aria, lievitando.
La carne cadaverica e marcia
dell’essere era ricoperta di pustole e pieghe ed il
grido senza voce dell’anima fu quanto di più angosciante il cuore di
Yurij
avesse mai udito…
La disperazione si fondeva con
la rabbia… E l’odio brutale divorava affamato
quanto restava dell’umanità dell’effimero dannato.
Gli occhi cavi trasmettevano
una tale pena, la quale era, poi, soprafatta dal
disgusto verso quell’anima.
“Cosa pensi che siano?” Chiese
allora, accattivante, Lucifero.
Yurij scosse piano il capo, in
segno di ignoranza, il ché divertì
particolarmente il Diavolo: il caro Guardiano stava risparmiando le
energie per
sopravvivere.
“Oh tranquillo, non affannarti
nel rispondere. E’ ovvio che tu non
conosca la loro origine.” Fece con un sospiro, portandosi una mano alla
tempie.
“Queste, tesoro mio, sono anime
dannate prelevate da quei cari esserini che sono…” E qui prese una pausa
teatrale. “Gli Angeli
Caduti.” Intonò,
assaporando il suono delle
parole.
Gli Angeli Caduti?
L’espressione di Yurij
devastata dal sangue risultò quasi comica agli occhi del
Diavolo.
“Devi sapere, carissimo che…
Alcuni dei Condannati non accettano la loro
condizione e, anziché godere dei piaceri riservati ai Principi
dell’Inferno, scendono
in terra alla ricerca…” Ma prima che potesse terminare la frase,
scoppiò in una
fragorosa risata. “Oh, ti prego di perdonarmi, ma è assolutamente spassoso.”
Si scusò Lucifero, asciugandosi una nera lacrima di divertimento. Poi si
schiarì la voce. “Dicevo, i miei Angeli Caduti scendono in terra
ricercando una redenzione.” Riprese in un bisbiglio
teatrale, e un con
movimento del bastone fece rivoltare a testa in giù l’anima prelevata
dal
sangue.
“Questi… Esseri schifosi non sono altro che le vittime
della loro caccia
sfrenata: I Caduti sono all’estenuante ricerca dei peccatori e ne
ammazzano il
più alto numero possibile per depurare la razza prescelta dal Signore!
Questi
poveri sciagurati giungono morti tra le braccia dell’Inferno e la loro
essenza
viene condotta qui, ove è nutrita dal sangue degli Angeli Crocifissi. “
Concluse con delicatezza.
L’espressione terrorizzata ed
atterrita di Yurij a quell’ultima affermazione fu
un qualcosa che il Diavolo definì estremamente erotico.
“Inoltre, se l’Angelo sanguina
in tutta la sua purezza, ancor meglio per questi
teneri pargoli!” Sadico, conscio di aver scosso abbastanza il
Guardiano, Lucifero
lasciò ricadere la povera e silenziosa anima ululante nella sua
incubatrice di
sangue.
“Ovviamente, ritengo che la
fatica cui si sottopongono i miei amati figli sia
del tutto vana ed inutile… Ma io sono un Padre ben più comprensivo di
Nostro Signore,
non so se mi spiego.” Sospirò ancora, scuotendo la testa con fare
sconsolato.
“E tu, Yurij, che ne pensi?”
“Che ne
pensi,Lucifero? Che ne pensi degli uomini?”
Orribile.
Inumano.
Sadico.
“Non me ne importa un accidenti del tuo orribile regno e delle sue
disgustose
usanze!” Gridò Yurij frustrato, inarcandosi, per poi piegarsi umilmente
alla
sofferenza che quel movimento gli aveva causato.
Le lacrime scorrevano copiose sul suo viso, lavandolo via dal sangue;
gli occhi
spalancati erano specchi ormai vuoti e profondi.
“Come siamo irascibili!” Commentò stizzito il Diavolo, lievitando
attorno
all’Angelo. “Piuttosto…” Riprese, poi, una volta che ebbe fronteggiando
il
Guardiano.
“Che ne diresti di parlarmi delle tue, di usanze?”
Chiese con un sorriso cortese.
La violenta scarica di divertimento che attraversò le iridi di Yurij
inquietò
per un misero attimo Lucifero.
Era quello, quindi, l’obbiettivo di Sua Maestà?
Sciocco essere viziato!
“Ahah… Io custodisco il Paradiso, cullo tra le mie braccia la Terra,
sfioro con
lo sguardo l’Inferno. Non faccio altro e, comunque sia, a te non è dato
di
sapere niente di più.” Bisbigliò lentamente, con superiorità, Yurij,
misurando
la fatica.
Era una piccola vittoria…
Ma il Diavolo non apprezzò quell’atteggiamento.
“BUGIE!”
Il suo ruggito risuonò negli antri più remoti dell’Inferno e la Terra
si
spalancò alla furia dell’Imperatore.
Calò la maschera sul suo aspetto magnifico…
E fu solo il mostro che era divenuto a risplendere nei suoi antichi
occhi.
“Signor Kei…” Era
teso, Sachiel.
Tremante, si avvicinò a Kei,
il quale solo da poco aveva riacquistato una relativa
calma.
“Cosa succede?”Erano sangue
colato, gli occhi del Guerriero.
“Si è aperta una falda del
terreno… Un grido spaventoso ha scosso l’atmosfera.”
Deglutì, terrorizzato, l’Arcangelo.
Kei chiuse gli occhi.
“Lucifero è furioso.”
Pronunciò.
Nel ridare vita al suo
sguardo, fu l’oscurità ad avvolgere Sachiel.
“Padre,
cenerò
con la carne e lo spirito più puri che mi hai offerto…”
Fine
tredicesimo capitolo.
Volevo,innanzitutto,mettere
in chiaro che le citazioni dell’Apocalisse di ogni
capitolo non sono in ordine come sul testo. Bensì io mi sono rotta la
schiena
sullo scritto per ricercare lo spezzone adatto ad ogni capitolo ^^.
Questo… “Capitolo” è stato
fatto molto alla cazzo di cane (perdonate il
termine).
Il motivo?
Molto semplice: ‘sta roba
l’avevo scritta da circa quattro mesi,e avevo
anticipato altri due capitoli…
Ma visto che il PC mi si è
ammutinato contro,morendo,nella formattazione non si
è potuto salvare niente.
Perso tutto,ho dovuto
riscrive…
Bhé,siamo
all’Inferno,ormai,e da questo capitolo iniziano le torture ^^.
Mi dispiace non aver
descritto la crocifissione,ma ho preferito apparire meno
blasfema di quanto mi dimostrerò nei capitoli a seguire.
Senza contare che nella
versione originale Yurij era incatenato…Ma visto che mi
è stata data la possibilità di riscrivere,ne ho approfittato,rendendo
tutto
molto,molto più soft di quanto avrei voluto.
Lucifero mi è piaciuto
particolarmente…Bhé,lui ha un ruolo particolare nella
fic.
E come avete letto,ecco
spiegato ciò che Yurij faceva nel primo capitolo ^^!
Inoltre,vorrei farvi notare
che questo capitolo si intitola Itsuwari,Bugie.
Ricordate?
Nel capitolo
scorso,Lucifero aveva chiesto a Yurij cosa desiderasse
e,intelligentemente aggiungerei =.=’,il nostro Custode ha risposto
‘Itsuwari,Osore,Kyoshoku,Urei’ (Bugie,Paura,Vanagloria,Dolore).
Da questo capitolo in
poi,per altri tre quindi,sarà presente ognuna di questa
‘richieste’,a partire dal titolo ^.^!
Dobbiamo accontentare il
caro Yurij,eh ^^!
Visto che il tempo è
denaro,purtroppo non me ne resta più tanto <___<’.
Quindi sono costretta a
salutarvi ad uno ad uno e alla prossima,ve lo
giuro,risponderò alle recensioni,ad ogni richiesta,ad ogni quesito
U_U’’’.
Un grazie,quindi, per il
sostegno continuo a:
-Redeagle86
-Ele Ivanov
-Kurenai88
-DarkHiwatari
-Dreven (Nel capitolo
cinque, Innocent,se leggi attentamente c’è la
risposta alla tua domanda x3!E comunque,se non si capisce,basterà
attendere il
prossimo capitolo ^.-!).
-Padme
-Ben
-Sybelle
E a tutti coloro che
l’hanno inserita nei Preferiti o nei Seguiti ^^!
Un bacio,alla prossima (che
si spera arrivi presto =_=’)
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Capitolo 14 *** Osore (Fear, Paura) ***
Ø
ร ø я є ~Ғ
є α я †P α υ я α
«Chiunque adora la bestia
e la sua statua e ne riceve il marchio sulla fronte o sulla mano, berrà
il vino
dell'ira di Dio che è versato puro nella coppa della sua ira e sarà
torturato
con fuoco e zolfo al cospetto degli angeli santi e dell'Agnello. Il
fumo del
loro tormento salirà per i secoli dei secoli, e non avranno riposo né
giorno né
notte quanti adorano la bestia e la sua statua e chiunque riceve il
marchio del
suo nome»
Aleggiava un dolce profumo tra i
corridoi
della reggia; Michael aveva imparato a riconoscerne le sfumature,
apprendendo, in
seguito, la disgustosa origine dell’ingannevole fragranza.
Con quella permanenza
all’Inferno l’Arcangelo aveva imparato come ogni forma di
vita possedesse una maschera…
Fosse la maschera stessa
meravigliosa o oltremodo nauseante… Ed i travestimenti
dell’Impero erano spaventosi.
Rallentò il passo e si
guardò attorno; il gelo lo circondava, danzando con gli
affascinanti aromi nel quale era immerso.
Cadde in ginocchio e su di
lui si addensarono il freddo ed i profumi:
spaventoso come il male riuscisse a cogliere la paura e la fragilità.
L’anima di Michael si era
incrinata: morsa dai dubbi selvaggi che l’avevano
colta tempo addietro veniva lambita dal veleno.
L’Angelo si portò una mano
alle labbra, dalle quali scaturì un singhiozzo e sigillò
gli occhi: non poteva permettere che le sue lacrime nutrissero gli
odori di
quel corridoio.
Le
onde si infrangevano sull’alta e frastagliata scogliera; all’orizzonte
il sole
calava, tingendo di sfumature arancioni le onde spumose.
L’oceano spalancava i suoi flutti ed accoglieva la stella morente nei
neri
abissi.
Un ragazzo, dall’aria stanca e le palpebre pesanti, sedeva sul bordo
della
roccia, osservando con rammarico la scena.
Raccolse dietro un orecchio una ciocca dei lunghi capelli castani mossi
dalla
lieve brezza, mentre distrattamente torturava un foro nei jeans
chiarissimi che
indossava.
Poteva sembrare un giovane turista che si godeva il calore degli ultimi
istanti
di luce, lì a torso nudo e la carnagione lievemente ed amabilmente
dorata.
Rivolse uno sguardo al cielo, mordendosi con forza le labbra; erano
severi, i
suoi occhi spruzzati d’oro, velati dall’amarezza e turbati dalla
delusione.
“Già qui, Michael?” Flebile, il bisbiglio si levò alla sue spalle,
anche se
l’Angelo lo avvertì con estrema chiarezza.
Sussultò appena, poi prese a respirare profondamente.
“Buonasera Lucifero.” Lo salutò voltandosi, ostentando una calma ed una
sicurezza che i battiti del suo cuore gli negavano.
Era davvero bello, il Serafino Caduto…
Cupi i suoi occhi d’indaco, immacolati i suoi abiti, lucenti i suoi
capelli
d’ebano, l’Imperatore rappresentava un quadro molto realistico della
perfezione
divina e del semplice fascino del male.
“Non mi aspettavo di trovarti, avevo deciso di anticiparmi per poter
godere del
paesaggio, ma mi hai preceduto: è uno spettacolo così incantevole!Non
trovi?” Commentò,
allora, accorato, ammirando il volo dei gabbiani.
Socchiuse gli occhi e si lasciò sopraffare dall’odore di salsedine;
poteva
cogliere ogni battito d’ali degli uccelli lontani e percepire le
sfumature
della forza del mare che carezzava e, più volte, schiaffeggiava la
roccia
antica della scogliera.
“Che peccato rendersi conto che tutto questo si sgretolerà…”
Continuò
malinconico, scuotendo la testa.
Ma c’era un velo di meschino divertimento nella sua voce… Divertimento
che si
trasformò in candida sorpresa, quando intravide una fiaccola accendersi
nel
cielo rosato.
“Guarda, Michael!La Stella del Vespero…” Ammirò con voce vellutata.
“Sei… Sei tu?”
“La mia ombra… Cala la sera, Stella del Vespero; sorge il giorno…
Stella del
Mattino.” Pronunciò.
“Due entità opposte unite dallo stesso destino, due volti, due sorrisi
che non
si incontreranno mai. Scissi crudelmente e dolorosamente.” Bisbigliò
con voce
roca, rivolgendo un malinconico sorriso all’Eletto, il quale ammirava
la
stella…
Stella
del
Mattino!
Spalanca le porte al giorno che verrà!
Stella del Vespero!
Illumina la notte che ti divorerà!
“Ebbene.”
Riprese
Lucifero dopo una breve pausa.
“Sono felice che tu abbia accettato (finalmente,aggiungerei!) la mia
convocazione, ma vorrei fare in fretta… Sai, non mi va di lasciare
Lilith e
Boris soli troppo a lungo.” Dichiarò con una risata cristallina.
“Io...” Iniziò l’Angelo, poi portò rapido lo sguardo al cielo, come per
assicurarsi che nessuno lo ascoltasse. “Io
ho…bisogno di risposte.” Pronunciò infine, con un ché di autoritario
che non
sfuggì all’udito dell’Imperatore.
“Risposte? Che genere di risposte?” Chiese cortese il Diavolo.
“Sulla natura degli esseri umani e sul volto della natura stessa… “
Poiché
l’Imperatore restò in silenzio, continuò, prendendolo come un invito ad
andare
avanti.
“Gli uomini nascono fondamentalmente buoni e Il male si impossessa di
loro in
seguito ad una maledizione, ad una possessione o..”
Cercò di incalzare la domanda, ma venne
bruscamente interrotto.
“Basta così.” Ordinò con durezza Lucifero, capendo.
Michael si zittì di colpo, trattenendo il fiato indispettito.
“L’uomo è una bestia, un errore ed un maleficio! La stessa natura cela
due
volti, l’uno dei quali mostruoso. A cosa vorresti arrivare? Cos’è che
veramente
tormenta la tua ragione e fa vacillare il tuo spirito? Il Signore deve
forse
prepararsi a lasciar scivolare via l’ennesimo dei suoi Eletti?” Chiese
con una
sfumatura feroce nel tono, sviando chiaramente il discorso.
“No. Io amo il Padre Mio.” Affermò con calma piatta l’Arcangelo.
“Ma c’è
qualcosa… Qualcosa che non comprendo e che mi sfugge di ciò che fu;
però questo
non significa che non abbia piena fiducia nel Signore.” Disse con
sicurezza
mirabile.
Lucifero trattenne a stento una risata…
Strinse con forza il suo bastone da passeggio, come a volervi imprimere
parte
di una frustrazione appena sorta, e che desiderava cancellare per
sempre.
“La Fiducia non può ripagare la delusione, l’asprezza ed il dubbio,
Michael.
Riponi la tua fede in una Verità di cui non sei pienamente convinto. E’
la sua
verità … “ Sembrò che quelle parole gli costassero uno sforzo immane;
c’era
l’affanno nel respiro dell’Imperatore.
“Ma non è tutta la realtà .” Concluse,in un sospiro.
“Allora in cosa dovrei credere? Nelle carezzevoli menzogne che mi
bisbigli in
sogno?” Lo aggredì l’Arcangelo,
infervorandosi.
Oh ,ricordava bene i sussurri suadenti di Lucifero al suo orecchio e
gli inviti
meschini…
“Tu sei una dolcissima preda, ben più succosa di Gabriel e poi…
Il male
esiste per questo,no? E L’inferno è stato creato per suscitare un certo
desiderio e la più antica tentazione. Sarò ben lieto di accoglierti
alla mia
reggia quando giungerà il momento in cui ti renderai conto che, sì,
stai
vacillando.” Disse noncurante Lucifero, mettendo chiaramente fine al
discorso e
a quello stesso breve incontro.
Non poteva trattenersi oltre…
Indietreggiò sorridendo e, sfiorando con la punta delle dita guantate
il bordo
del cilindro bianco che portava al capo, scomparve in una cascata di
candide
piume.
“Arrivederci, Michael.”
L’Arcangelo rimase lì, impietrito e confuso…
Tremava, ma non per il freddo che era calato: fu la rabbia a scuotere
le sue
membra ed un ruggito possente a lacerare l’aria e a ferirgli i polmoni.
Si sollevò in volo e, raggiungendo l’etere in preda ad una disperazione
che mai
l’aveva lambito, la piuma immacolata che perse andò a posarsi sulla
scogliera.
Quella stessa si infranse, inabissandosi nelle acque ormai blu.
Re Belial, il quale aveva
avvertito fiochi
lamenti levarsi poco fuori la sua porta, si affacciò sul corridoio.
Una tunica rosso sangue
avvolgeva il corpo del sovrano come acqua, descrivendone
i bei lineamenti fanciulleschi e morbidamente mascolini.
Fu sorpreso nel vedere
Michael piegato e preda di un dolore lontano, così
simile all’inquietudine che Belial stesso aveva provato a suo tempo.
Gli si avvicinò con una
certa cautela, che tanto donava alla sua magnifica
regalità.
Fu al suono di quei passi
che l’Arcangelo si riscosse dai suoi pensieri.
Si rimise in piedi,
provando a fingere che nulla fosse accaduto.
“Michael… C’è qualcosa che non
va?” Chiese allora,
mostrando una certa
delicatezza, Belial, il quale gli posò un braccio intorno alle spalle.
“N-no, signore.” Balbettò
l’Eletto, desiderano solo di fuggire a quella morsa.
“Io direi di si,invece.” Ribatté con furbizia l’altro.
“Vieni con me, devi darti una
rinfrescata e poi mi racconterai cos’è che ti
turba.” Continuò, poi,
con fare paterno.
Docile, Michael lo
assecondò.
Mai,
mai rifiutare i dolci inviti dei dannati!
Probabilmente, se Raphel non
avesse
assecondato il richiamo del suo istinto di Guaritore, Kei e Samael non
lo
avrebbero trovato tanto in fretta.
La notte bruciava.
Il Guerriero sentiva la carne morta ed avvizzita delle sue orbite
cicatrizzarsi.
Non sanguinava più, ma la scia umida del sangue rappreso non sarebbe
stata
cancellata facilmente; era testimonianza di una sporca colpa.
Decollò con uno slanciò impaziente, innalzandosi fin sulle nuvole; solo
un
frammento d’universo si intravedeva da quel mondo.
Brillava, la sua luce ancestrale.
Sospeso nella meditazione, abbagliava e scacciava gli uomini curiosi
che
osavano sollevarsi dai letti per ammirare quello strano spettacolo
pirotecnico.
Samael osservava col fiato sospeso quel rilascio d’energie, era uno
sforzo che
lui, povero Arcangelo, non sarebbe mai riuscito a sopportare.
Che meraviglia e quanto calore si espanse in quella piccola zona
sottoposta al
potere di Kei! E quale grido d’aiuto lacerante e doloroso, giunse alle
orecchie
di Raphael!
Accoccolatosi sulla spalla di
Lucifero, Yurij
sospirò stancamente, il sangue aveva macchiato gli abiti immacolati del
Diavolo, ma questi non sembrava darvi peso.
“Gli uomini sono tutti
bastardi…” Disse
d’improvviso il Caduto, con un
debole sorriso.
“Prego?”
Una curiosità divertita
prese possesso degli occhi blu dell’Imperatore, a
quella strana affermazione.
Come poteva essere
altrimenti?
Schietta ed improvvisa, la
confessione di Yurij avrebbe lasciato perplesso
chiunque e, lo stesso Sovrano, non poteva di certo dire d’avere
compreso.
“Sono figli di Dio, o
figli del maschio che ha ingravidato la donna
che li ha dati alla luce? Tu lo sai? Lo sai, Lu?” Precisò
accattivante, inumidendosi le labbra secche con la lingua.
“… Ammetto di ignorare la
risposta a questo particolare quesito.”
Rispose gentilmente Lucifero.
Yurij, allora, gli lanciò
un’occhiata in tralice…
“Oh, sarà l’ennesima risposta
che ti darò.” Disse
dolcemente. “Alla
fine…” Aggiunse
con una carezza.
“Se ne avrò voglia.”
Concluse sulle labbra ghignati di Lucifero.
Aveva spesse
volte cercato di immaginare l’Inferno e vederlo aldilà del vago scorcio
sul
quale posava gli occhi,ma mai… Mai avrebbe creduto che quel
mondo
dannato potesse avere le sembianze di un vero e proprio Impero
medioevale.
Regni, Principati, Ducati, Contee e Marche formavano i vari ranghi
della sua
complessa struttura.
No, non vi erano punizioni per similitudine o contrasto
come
Dante le aveva descritte, ma la vita stessa, in quei luoghi, era
tortura.
L’atmosfera consumava l’organismo… E marce, le carni bruciavano tra le
fiamme, rigenerandosi
in un eterno dolore.
Le grida strazianti dei dannati riempivano l’atmosfera, smuovendo la
polvere
della terra come solo il vento poteva, cantando del dolore e della
perdizione
in ogni più misero antro del vasto Impero.
Nel suo principato, il grande signore, sua altezza il Principe Belzebù,
combatteva
la noia dei secoli tormentando i suoi sudditi.
Orribili e sporchi, gli insetti che nascevano dalle sue fauci
spaventose
devastavano saltuariamente i domini del crudele sovrano per ritornare,
una
volta che anche quello strazio era divenuto troppo noioso, là dove
erano stati
generati.
Devastate e grondanti di sangue erano, invece, le contrade di Arioch,
signore
della guerra, vendicatore senza scrupoli e insaziabile guerrafondaio.
Ovunque nei luoghi a lui sottoposti le ribellioni dilagavano, represse
nel
sangue e nella violenza.
Le sue risate soddisfatte scuotevano il cielo tremante, eternamente
illuminato
dal sole rosso della disgrazia.
Schiene spezzate e carni tranciate disseminavano i sentieri del ducato
di
Vapula, maestro delle arti, signore di ogni mestiere e disciplina:
tortura e
non morte, spettava a chi della fatica non faceva la sua ragione di
vita.
Re Belial, invece, giovane e perverso spirito assaporava alla sua corte
le
carni e i genitali dei giovinetti e delle fanciulle più affascinanti.
Demone deviato, che del sesso e dell’amore aveva scoperto il lato più
idilliaco
e piacevole.
E che importava se i suoi sudditi fossero ormai deformi e istupiditi
dagli
incesti?
A lui e a lui soltanto era riservata la fresca carne delle vittime
lussuriose
crollate tra le sue braccia.
Il sangue di un essere vergine era ben più saporito di quanto i suoi
simili
avessero mai potuto credere…
E Belial sapeva che, sporcandolo di peccato, lo invecchiava come un
vino.
Nelle pene e nel dolore ognuna di quelle terre (e tante altre
affiancate ad
esse.) animavano l’Inferno…
Regno immerso, anticamente, nel puro e ghiacciato silenzio dell’esilio.
La reggia
scrutava dalla sua maestosa altezza i domini di Sua Maestà Infernale,
Signore
di Luce e Ogni Conoscenza, Lucifero.
Luogo sorprendente ed
ammirevole per la sua costruzione, ospitava l’Imperatore
ed i suoi amati sottoposti durante le sfrenate e continue feste cui
nobili si
dedicavano, lasciando alla disgrazia delle proprie maledizioni i loro
sudditi.
Tremava, l’Angelo rinchiuso
nella gabbia posta nell’immerso parco della dimora
di Lucifero.
Riverso al suolo lungo le
sbarre, un collare lo teneva legato ad una croce
posta come palo al centro della stravagante prigione.
La sporcizia e la polvere si
insinuava negli squarci che devastavano i suoi
arti ed il suo corpo.
Le ferite pulsavano,
comunicando ai nervi stanchi dolori ormai lontani, i quali
cullavano il Guardiano in una sinistra sonnolenza.
Il sangue scivolava lento,
posandosi su quegli strati rappresi che avvolgevano
la pelle diafana di Yurij.
Gli occhi del misero
prigioniero erano posati sulle piume velate di brina
ricadute sul pavimento scuro della gabbia.
Piume macchiate di sangue…
Oh, l’ avvertiva chiaramente:
il suo paio di ali centrale era stato scorticato
quasi fino all’osso…
I brandelli di carne che vi
pendevano pesavano come macigni e le altre quattro
ali inchiodate alle sbarre nutrivano lo scempio carminio di
quell’immacolata
beltà.
Lucifugo Rofocal presidiava la
sua prigionia.
Primo Ministro Infernale,
sotto il suo potere stavano le ricchezze
dell’Imperatore Lucifero.
Lucifugo aveva l’aspetto di un
piacente signorotto di mezz’età: i capelli
ricciuti brizzolati incorniciavano due neri calamai d’inchiostro, i
lineamenti
duri e virili venivano carezzati dalle punte d’una barba incolta.
Composto e tranquillo, il
Ministro non aveva l’aria d’esser un feroce diavolo, più
che altro al suo essere si affiancava un certo calore che donava
tranquillità e
benessere.
Il peggiore degli inganni.
Sarebbe bastato osservare con
un pizzico d’attenzione in più il mare oscuro di
quelle iridi, per individuare la scintilla di follia che neanche lo
stesso
Lucifero sapeva mascherare così magistralmente…
Ma con quale forza poteva
Yurij, in quegli attimi, dedicare attenzione a
particolari così futili?
“Signor… Signor Ministro?” Il
suo sussurro si sollevò con fatica dal suolo, per
raggiungere l’udito del nobile.
Lucifugo si voltò lentamente a
guardare quella bambola di pezza riversa nel
sangue; le ali agganciate alle inferriate erano tese dallo sforzo
innaturale
cui quella posizione le sottometteva.
“Cosa ti serve,Guardiano?”
L’atteggiamento del demone
poteva essere interpretato come irrispettoso nei
confronti d’una tale autorità Celeste… Ma cosa avrebbero dovuto temere
i
Diavoli dal Cielo?
E alla fine, quale dignità
restava al Guardiano? Era lì, in trappola come una
meravigliosa farfalla nella tela del ragno che, rassegnata, non
dimenava più le
sue variopinte ali.
“Dell’acqua… Vorrei
dell’acqua, la prego.” Inspirò a fatica.
No, non sentiva neanche più il
peso opprimente dell’umiliazione.
Il ministro sollevò un
sopracciglio, indeciso se considerare o meno quelle
parole come una presa in giro.
Infine, notando che
effettivamente il tesoro fosse alquanto
debilitato, convenne che sì, Yurij aveva bisogno di dissetarsi.
Si avvicinò lentamente alla
gabbia, entrandovi con passi misurati e sicuri, spolverando
le maniche della casacca scura che indossava, per appostarsi, poi, in
ginocchio
di fianco al Guardiano.
“Cosa ti fa credere, Angelo,
che ci sia l’acqua all’Inferno?” Chiese, accarezzandogli
i capelli.
“Cosa ti fa pensare che non
sia stata contaminata dalle emanazioni maligne di
questo luogo nefasto?” Continuò con più ardore, afferrandogli il capo
incrostato dal sangue.
Yurij non rispose.
Voleva solo dell’acqua,dopotutto…
Come quella nella quale si bagnava con Kei.
Fresca e limpida, vi si specchiavano,giocandovi con la spensieratezza
che solo
i bambini potevano avere…
Oh, ma le sue riflessioni
scomparvero presto, sotto il dolore che la stretta
del Ministro sulle sue ali gli causò.
Forse gridò, forse non aveva
più voce e il suo grido fu solo immaginario…
Seppe solo che per un istante
fu cieco.
Con gentilezza il demone lo sollevò dal suo
giaciglio di sporcizia e lo
sistemò affinché assumesse una posizione da seduto.
Fortunatamente, Yurij non vide
il volto di Lucifugo in quegli attimi… O sarebbe
morto di paura.
La pazzia, si sa, trasforma
completamente gli stessi lineamenti di un viso, stirandoli
in ghigni e in smorfie mostruose, simili a maschere allegoriche, e ciò
rende la
follia una mutazione naturale.
Ebbene, questa trasformazione
non prese possesso del profilo del demone… Bensì
unicamente dei suoi occhi.
Le iridi, illuminate da una
luce spettrale, rilucevano di una rossa fiamma di
sadismo, la quale le faceva vive come due corpi distinti e separati,
affamati
di dignità ed orgoglio.
Nella pazzia di tutti i
diavoli la serenità scemava in una rapida scintilla di
rabbia… Ma in quanti di essi la follia rappresentava un morbo di
lucidità
spaventoso?
Il Ministro Rofocal ne era
l’unico, degno e mostruoso rappresentante.
Il demone teneva trattenuto
verso di sé per i capelli il docile Guardiano… Il
sangue soffocava copioso la bella pelle bianca con la sua consistenza
vischiosa.
“Oh Custode, unica fonte di
nutrimento è il calice
del tuo sangue.
Bevanda molto più pura e dissetante rispetto alle avvelenate paludi
infernali.”
Bisbigliò infine con dolcezza il Ministro.
Tra i suoi neri artigli aveva
fatto apparire un calice di cristallo, e per
Yurij fu facile intendere a cosa servisse.
Il bordo liscio e freddo
percorreva il suo corpo sporco, raccogliendo dalle
ferite il sangue, il sudore e la sporcizia che lo insudiciavano… E
Yurij non
oppose resistenza neanche quando il bicchiere gli fu accostato alle
labbra.
Anzi, disperato e in preda al
tormento più grande, si allungò famelico verso
quella nauseante offerta.
Rumorosamente succhiava il
nettare purpureo e salato e disgustoso il sangue
bruciava nel suo esofago, soddisfacendo il tormento della sete che lo
lambiva
nei suoi stretti legami.
Soffocava ed arrancava, e solo
il sangue lo stava salvando dal lugubre sussurro
della morte.
“Ancora…” Annaspò sul bicchiere
lucido quando fu solo macchiato di rosso.
La sete cresceva in
quell’illusione di vana soddisfazione; e difatti allungò la
lingua per ripulire il cristallo dai rimasugli carmini.
Lucifugo, generoso Lucifugo, allora rise, attirando a sé il
Guardiano.
“Come desideri.” Bisbigliò,
girando il viso dell’Angelo verso il suo.
Poteva vederli, quegli occhi
cristallini appena schiusi implorare la salvezza.
E nel riempire nuovamente il
calice col sangue di Yurij, si chinò egli stesso sulle
labbra del Custode, nutrendole ancora del nettare vitale, dal quale
anche lui traeva
piacere succhiandolo e leccandolo via dal corpo e dalla bocca del
Guardiano.
Quale fusione e quale
composizione amorosa!
Era una lotta appassionata,
combattuta per l’ultima goccia, per l’ultima
macchia di sangue…
Quasi violento fu il desiderio
del Guardiano di nutrirsi e dissetarsi, e si
lasciò mordere le labbra e a sua volta morse quelle del suo aguzzino,
che
ansimante ed oltremodo eccitato non poteva non intravedere un ché di
erotico in
quella vicinanza assai pericolosa.
Ma sfumò presto la loro
ambigua lotta…
Una voce beffarda sorse dal
lato opposto a quello ove si mordevano come bestie.
“Ministro Rofocal..!”
Un’ultima nera fiamma si
dissolse, lasciando alla figura di Boris d’avanzare
all’interno della gabbia.
Si inginocchiò innanzi il
nobile, cha ancora stringeva a sé il Guardiano
semicosciente.
“Cosa ci fai tu qui?” Chiese di rimando Lucifugo,
leccando una guancia
ancora sporca del Guardiano.
Stringeva così prepotentemente
le unghie sulla sua carne da farlo sanguinare.
“Sua Maestà mi ha chiesto di
pregarla di tornare al suo consueto compito. Qui
me ne occuperò io.” Disse con umiltà il Demone,sorridendo gentile.
“Ma cosa significa..? Nessuno
è migliore di me!” Si oppose il nobile, abbandonando
al suolo Yurij.
“Proprio per questo Sua Maestà
la rivuole al suo mestiere. Non esiste
tesoro più grande dei possedimenti del nostro sire. Il Guardiano è
adesso
affidato a me.” Ripeté Boris,con più decisione ,con quel ché di
minaccioso che
lo aveva reso il temibile demonietto che era.
Nonostante appartenesse ad un
rango piuttosto basso aveva guadagnato il
rispetto e il timore dovuti ad un nobile.
Lucifugo sembrò riprendere il
controllo delle sue azioni a quelle parole, e la
pazzia tornò a sopirsi nella profondità dei suoi occhi: disubbidire a
Lucifero significava morire.
Seppur seccato, con la classe
tipica degli gentlemen s’allontanò dal
Guardiano, rinchiudendosi il cancello della gabbia alle spalle, non
prima
d’essersi leccato un’ultima volta le labbra e riaver gustato il sapore
di quel
sangue ancor dolce.
E poi scomparve, avvolto dalle
piume grigiastre delle sue ali.
Boris, dal canto suo, si
avvicinò alla croce al centro della gabbia dov’era
legata la lunga catena che imprigionava Yurij, il quale sollevò stanco
lo
sguardo dal pasto che ancora consumava: s’era ridotto a raschiare il sangue
dal pavimento.
Il Messaggero sorrise,
avvolgendo attorno al pugno quel vincolo metallico.
“Anche così sei meraviglioso…”
Commentò, slegando la catena ed avvicinandosi
all’Angelo, che era arretrato in preda a violenti tremori verso le
sbarre.
“Non avvicinarti, ti prego…”
“Nonostante siano devastate…
Le tue ali sono comunque bellissime.” Continuò
deliziato Boris,ignorando quella preghiera ed avvolgendo ulteriormente
attorno
al collo di Yurij la catena.
“Sai, io non ne ho mai avute…
Non sono un Angelo Caduto, un reietto, un
esiliato del Paradiso, no… Non ho mai potuto godere di quella Luce. Sono
nato dalle fiamme e le fiamme m’hanno cresciuto e guidato. Ma le ho
sempre
desiderate…” Disse in tono voglioso, accarezzando con la punte delle
dita i
tessuti piumati tremanti.
“No, ti prego… Qualsiasi cosa, ma
non questo.”
Sì, stava piangendo.
“Sai, credo sia giunto il
momento di tarpare questa meraviglia!” Esclamò
infine, allegramente, Boris.
Aiutato dalla catena avvolta
per due volte attorno al collo del Guardiano, lo
attirò a sé in un violento strattone.
L’urlo disperato che seguì
risuonò in eterno all’Inferno.
Oh
grida…
Grida, amore mio…
E lascia che il tuo grido sazi il mio udito affamato del tuo dolore!
“Signor Kei, è
qui!” La bella voce di Anael si alzò da un’altura poco distante da dove
erano.
Il Guerriero, facendo cenno ai
suoi di seguirlo, volò rapido laddove gli era
stato indicato… E la vide, la falda profonda e lo squarcio orribile su
quella
striscia di terra.
Silenzioso (sì, il suo sguardo
grondava ancora rabbia purpurea.), si chinò
sulla spaccatura, sfiorandone il bordo incandescente.
Poco dopo ritrasse la mano con
un gesto secco: il calore non lo feriva.
“In nomine patris, et filii,
et spiritus sancti. Amen.” Pronunciò in un sussurro
di fredda devozione, poi si voltò a guardare il manipolo dei soldati
scelti per
quel rischioso passo.
“Si va all’Inferno, soldati
miei…” Disse semplicemente, lasciandosi cadere all’indietro
a braccia spalancate.
E fu subito circondato dalle
calde tenebre infernali.
I suoi devoti sottoposti lo
seguirono.
L’Inferno
vi ingoierà, e morirete ancor prima di posare i piedi sul suo consunto
terreno!
“Forse… Forse fu proprio per
quello che mi
faceste, che non riuscii a preservare il mio paio d’ali centrale.” Confessò tristemente Yurij,
riparandosi
dal freddo del vento improvviso allacciandosi al braccio di Lucifero.
“Oh avanti! Ne avevi altre
quattro!” Lo
prese in giro l’Imperatore, ben lieto di
riscaldare il bel Caduto.
“Oh si,si certo… Ma non mi
appartenevano.” Rivelò,con
un aspro sorriso.
E l’animo e gli occhi
stessi del Diavolo si incrinarono.
Padrone
e
Servo Tuo,spogliami dalla purezza e riempimi di peccato.
E che le mie ali di cartapesta possano volare come nei sogni che mi
hanno
agitato nei secoli della Condanna.
Fine
quattordicesimo capitolo.
Allora,allora…
In questo capitolo c’è una nota di shonen-ai un po’ marcata lo ammetto…
E nel
prossimo aumenterà appena, appena x3.
Oh bhé, più o meno.
Inoltre spiegherò qualcosa di importante circa la sessualità degli
angeli x3.
Cioè,non metterò per iscritto l’intero concetto,ma spero verrà inteso,o
comunque lo citerò nel mio discorsetto a fine capitolo x3.
E qui abbiamo avuto Lucifugo x3!
Lucifugo che per il momento ci lascia,ma che tornerà molto,molto presto…
Per la gioia (???) di Yurij XD.
Spero…
Mi piace come signorotto, diciamo che io immagino Don Rodrigo
(Si,proprio il
Don de ‘I Promessi Sposi’), così come ho descritto Lucifugo XD. Mie
seghe
mentali,nulla di preoccupante ^w^.
E cosa avrà voluto dire il nostro Guardiano riferito alle ali con quel “Non
mi appartenevano?”
Le aveva noleggiate °^°?XD
Inoltre ho abbozzato una struttura dell’Inferno un po’ personalizzata:
non
riesco a vederlo come un imbuto,mi spiace. Per me è davvero un
impero
medioevale.
Poi spero di poter approfondire meglio la Corte infernale.
Avevo qualche idea,ma al momento non saprei ancora se metterle giù o
meno °^°.
Abbiamo avuto Osore,paura, in questo capitolo.
C’è la paura di Michael nei confronti di Belial ad aprire il
capitolo,c’è Lucifugo a completarlo e Boris a terminarlo.
E nel prossimo il nostro Boris si divertirà un bel po’ con Yurij!Credo
verrà
parecchio lungo °w°’’’.
Bhé, è tutto per il momento…
Ci si becca in un’altra vita!
X Dark Hiwatari: Bhé, questo
nuovo
capitolo è arrivato in tempi più o meno umanamente comprensibili… Spero
che
anche questo capitolo ti sia piaciuto ^w^. Un bacio!
X Padme86: Salve ^O^! Okay,
non vedevi
l’ora di leggere il nuovo capitolo… Ma credo proprio che questo
capitolo in
questione non è stato particolarmente stimolante X°. Spero comunque
che, in un
modo o nell’altro, ti sia piaciuto U.U’’’.
X Aphrodite: Hi x3. In questo
capitolo ho
abbozzato un po’ la struttura del mio Inferno u.u’’. Ebbene, visto che
il
capitolo mi è venuto più lungo del previsto, dovrai aspettare ‘Urei’
per
avere conferme sul tuo ragionamento riguardante Kei. Bhé, spero che
questo
capitolo non ti sia sembrato una pena assoluta °-°’. Alla prossima!
X Sybelle: Bah… Perché ti
rispondo..? U.U
. Vabbhé, il tuo papiro ha (più o meno) perdonato la lunga
attesa. Le tue
riflessioni mi hanno davvero compiaciuta, nonostante alla fine dei
conti il
capitolo sia stato solo l’ennesima toppa di un vestito scadente. Bhé,
spero che
anche questo capitolo sia stato di tuo gradimento. Alla prossima, amor
mio x3 ♥.
Un grazie anche a chi ha aggiunto
la storia tra i preferiti e le seguite ^^! Aspetto sempre anche un
vostro
parere. ♥
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Capitolo 15 *** Kyoshoku (Vainglory, Vanagloria) ***
K
ץ ø s ђ ø k υ ~ V α ι и g
ℓ ø я ץ † V α и
α g ℓ ø я ι α
«Io conosco le tue opere: tu non sei né freddo né fervente.
Oh,
fossi tu pur freddo o fervente!
Così, perché sei tiepido e non sei né freddo né fervente io ti vomiterò
dalla
mia bocca.
Tu dici: "Sono ricco, mi sono arricchito e non ho bisogno di niente!"
Tu non sai, invece, che sei infelice fra tutti, miserabile, povero,
cieco e
nudo.
Perciò io ti consiglio di comperare da me dell'oro purificato dal
fuoco, per
arricchirti; e delle vesti bianche per vestirti e perché non appaia la
vergogna
della tua nudità; e del collirio per ungerti gli occhi e vedere. Tutti
quelli
che amo, io li riprendo e li correggo; sii dunque zelante e ravvediti.
Ecco, io
sto alla porta e busso: se qualcuno ascolta la mia voce e apre la
porta, io
entrerò da lui e cenerò con lui ed egli con me. Chi vince lo farò
sedere presso
di me sul mio trono, come anch'io ho vinto e mi sono seduto con il
Padre mio
sul suo trono.
Chi ha orecchi ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese».
Accomodatosi su di un divano
foderato di
velluto rosso, Belial osservava in silenzio il profilo di Michael
muoversi al
di là di una tenda opaca.
Sospirò sconsolato e
portando un pollice alle labbra, mordendone l’unghia,
spostò pigramente lo sguardo sulla coppia di gemelli mortali sdraiata
sul suo
letto.
Erano belli, dalle labbra
ancora rosse e gonfie di peccato: caduti nella rete
di Belial, loro cupido, si erano ritrovati all’Inferno
a fare l’amore,
intrecciati in famelici baci e coinvolti in erotiche danze.
E il Re li aveva osservati,
amandoli a sua volta.
“Ribelle e Disobbediente!”
Serrò gli occhi,
riassaporando sulle sue labbra, per un istante, il seme del
maschio e la pelle dei seni della ragazza…
Dio, s’era stato un banchetto
delizioso! E l’aveva colmato nel sangue
imputridito dall’incesto… Il suo preferito.
Giacevano morti e nudi,
quindi, i due teneri fratelli, persi in eterno nel loro
peccato…
“Ribelle e Disobbediente!”
Tremò.
Ed un antico bisbiglio
rievocò peccati mai perdonati; Michael scomparve dalla
visuale dei suoi occhi resi vacui dal ricordo.
Oh, la sua… La sua non era
mai stata oscenità! No, no!
Dio s’era sbagliato.
Aveva sempre ricercato solo
l’amore, glie ne era stato donato tanto, e troppo
in fretta gli era stato crudelmente strappato…
Era divenuto la sua malattia, la sua ossessione!
In eterno, legato ai
piaceri dell’amor carnale.
Lingue di
fuoco dalla consistenza simile a fumo palpabile lo avvolgevano
delicatamente…
Oh, così dolci erano quelle carezze che cullavano con amore il
giovane
Angelo!
La sua pelle vibrava al
soffio silenzioso di quel lento calore immortale: come
un respiro lo sfiorava ovunque,
come una voce
bisbigliava al suo
orecchio parole rassicuranti.
Era un Angelo molto bello,
Belial.
Certo, non eguagliava il
compianto Lucifero, ma… I suoi occhi, le sue labbra ed
il suo volto sembravano essere stati appena modellati dagli artigiani
più
esperti.
Docile, si beava della
Luce che illuminava e riscaldava il suo corpo, godendo
appieno della benevolenza che lenta scorreva su di lui e in lui,
“Quanto ti amo, Belial.”
Non c’erano labbra ad
articolare il suono, ma proprio
le fiamme sembravano emettere dolci note vocali.
… Ed allora lo spirito di
Belial si tramutava in carne e, assumendo le
sembianze di un maschio umano, su quella stessa carne si posavano
le
attenzioni di chi l’ebbe generato.
All’organismo appena
plasmatosi venivano riservate delicatezza e cure che ne
bruciavano i sensi, inibendoli, gemiti nascevano timidi ed
impercettibili da
quelle labbra disegnate e gli splendenti occhi verdi s’appannavano di
un
piacere estatico.
“Angelo,
Angelo mio… E’ vana la condanna del tuo nome: amami
come io ti amo, dunque.”
Quella
dolce nenia era seguita da un improvviso
dolore che costringeva Belial a gridare e a gridare, fino a mutare quel
straziante lamento in affaticati sospiri di eccitazione: solo allora la
natura
delle grida cambiava ancora, colmandosi di piacere.
Un calore, quindi, lo investiva dall’interno, la soddisfazione scuoteva
le sue
membra e con lentezza il suo corpo riacquistava sembianze angeliche.
Con un ultimo, dolce gesto d’amore, lo stesso Yahweh ritornava
ad
essere il fuoco eterno che si sarebbe mostrato a Mosè.
A quel
tempo gli uomini erano semplici e l’evoluzione del mondo procedeva
lentamente;
così agli angeli ne veniva affidato lo sviluppo, affinché guidassero i
figli di
Dio sul giusto sentiero.
Giovane ed inesperto
com’era, tanti angeli (tra i quali un certo
Astaroth) si
ritrovarono a titubare sulla decisione di affidare o meno una
parte del regno del Signore a Belial.
Penava il suo animo vivace
a causa di questa cupa indecisione! Egli si riteneva
maturo, pronto e soprattutto degno a tale responsabilità! Lampeggiavano
furiosi
e frustrati i suoi occhi, e solo i rimproveri silenziosi dell’Entità da
lui amata ne calmavano le saette peccaminose.
Piangendo mortificato, i bracieri del Signore lo cullavano in
quell’estatica consolazione nella quale adorava naufragare.
Infine, dopo qualche tempo, si giunse ad un
compromesso: al dolce angelo sarebbero state date in custodia due città
che
allora nascevano su quel che sarebbe stato, poi, il Mar Morto; Sodoma e
Gomorra.
“Non
deludermi,
figlio mio: nelle tue mani è stato deposto un grande splendore… O
un’orribile
rovina.”
”Non Le potrei mai
arrecare dispiacere, Mio Signore.”
E
così Belial vegliò sulla sorte di quegli
umani.
Li studiava curioso, osservandone i comportamenti, le abitudini… E si
ritrovava
imbarazzato quando scorgeva gli uomini amare le proprie donne.
Ma non capiva…
Lui avvertiva anche il profondo affetto che gli stessi uomini provavano
verso
altri uomini… Ma allora perché non ne davano una dimostrazione?
Belial non avrebbe mai creduto di cadere in errore, mostrando ai propri
protetti quella forma d’amore che l’aveva legato alla sua Luce…
Non sapeva, povero ingenuo, che era un segreto egoisticamente celato
dal Suo
Signore,essendo l’unico modo che Egli aveva per amare angeli come
Belial.
Qualcosa di cui gli uomini non si sarebbero mai dovuti
appropriare,
poiché non comprendendone la purezza, ne avrebbero fatto uso ed abuso
in Terra,
giungendo allo scempio.
E difatti fu ciò che accadde.
“Ribelle
e disobbediente.”
La
furia Divina non aveva avuto tempo d’abbattersi sul corpo del povero
Belial; a
Sodoma viveva un discendente d’Abramo che andava salvato: Lot.
Tre angeli s’erano,
quindi, arrischiati a presentarsi alla casa dell’uomo per
avvertirlo del pericolo che correva a restare in quello squallido bordello
a cielo aperto.
Poveri angeli…
Giunti lì per la salvezza
di un misero uomo, rischiarono la condanna ed il
dolore dell’eterna umiliazione.
Nella notte, infatti, gli
uomini della città si affollarono intorno alla casa
di Lot, dicendo:
“Dove sono quegli uomini
che sono entrati da te questa notte? Falli uscire da
noi, perché possiamo abusarne!”(*)
E allora non vi fu più
neanche il tempo d’un battito di ciglia.
Fuoco, fiamme e zolfo.
Non più una traccia dei
due corrotti semi del male!
Anche se l’impronta della loro
corruzione sarebbe
sopravissuta nei secoli…
“RIBELLE!”
“Mi perdoni…”
“DISOBBEDIENTE!”
“La prego…”
“Brucia nella tua
corruzione!Nella tua blasfemia!Nella tua sacrilega oscenità!”
“Per favore…”
“E che la violenza di ciò
che hai generato ti trascini all’Inferno ad
affiancare Lucifero il Superbo!”
“Era amore! Amavano! Così
come Lei mi ha amato!”
“No, non è stato così…
Dov’era l’amore in quella massa informe di corpi nudi?”
“La supplico…”
“M’ hai deluso e m’hai
ferito. Io ti amo Belial, ma sei condannato.”
Impalato.
Ali sigillate.
Sangue.
Cosa ricordava della
caduta?
Solo il fuoco puro del suo
spirito imbrattato di peccato che, scivolando via da
quel corpo, si spegneva dopo averlo avvolto in spire dolorose.
Michael
apparve tremante dai tendaggi, stringendosi in una tunica indaco.
Sollevò lo sguardo sul suo protettore, e rimase davvero perplesso da
ciò che
vide: il Re nascondeva il volto tra le belle mani affusolate, con un
ché di
penosamente disperato.
“Signor Belial?” Lo chiamò, con fare sinceramente preoccupato.
Il Diavolo non piange.
Belial era un demone nobile, non poteva più permetterselo.
Ma lo desiderava.
Però…
A cosa serviva versare lacrime cupe e vuote, destinate a dissolversi
ancora
prima di infrangersi?
Non fu l’ingenuità a condannarti, Belial: semplicemente, fu la follia
scaturita
dalla tua ossessione per l’amore.
La figura di Raphael apparve
inizialmente
sbiadita, poi finalmente il suo corpo prese forma e consistenza… E solo
allora
Samael s’accorse che l’Arcangelo non era solo.
Seduto al suolo, teneva
poggiata sulle gambe una giovane donna dalle labbra
rosse e i capelli corvini; l’accarezzava amorevolmente, perso nella sua
giovane
bellezza, così come solo un amante avrebbe potuto.
Osservandola più
attentamente, il giovane Arcangelo che accompagnava il
Guerriero notò dei fori sulle braccia fragili della giovane.
“Cosa… Cosa sono?” Domandò ingenuamente, e il suo
volto si dipinse di
terrore, quando notò un grumoso liquido nero fuoriuscire dalla cute
della
ragazza, renderla nera e posarsi sugli abiti umani di
Raphael.
“Era un’eroinomane.” Disse semplicemente l’altro,
dando per
scontato che Samael ne conoscesse il significato.
“Che vuol dire?” Si ritrovò a chiedere, allora,
ancora più perplesso.
La ragazza sembrava morta
tra le braccia del Guaritore, ma Samael avvertiva il
soffio vitale scorrere incessante nei suoi vasi sanguigni.
“L’eroina è una droga, Samael.
E come ogni droga lacera corpo, mente e
spirito, avvelenandoli. Gli uomini non hanno più bisogno di temere le
piaghe
del Signore, se le creano di propria mano.” Intervenne Kei,
lievitando a braccia incrociate a pochi centimetri dal suolo, le ali
grandi e
bellissime spalancate; il volto privo d’occhi fieramente sollevato.
“Esattamente.” Commentò Raphael con un sorriso,
senza levare lo sguardo
sul Guerriero.
Si chinò sulla ragazza,
baciandone le labbra appena tiepide ed assaporandone la
morbidezza con la dolcezza di chi già l’ha provata e teme di perderne
l’essenza.
“Buonanotte, bocciolo di
rosa.” Bisbigliò
infine, ad un soffio da
quella bocca che lentamente andava dissolvendosi, seguita dal corpo.
L’aveva restituita ai genitori
finalmente pura.
Qualche attimo dopo il
Guaritore sollevò lo sguardo per affrontare il Guerriero
che l’aveva richiamato ed il suo accompagnatore.
Ma troncò sul nascere le
difese innalzate a giustificare la propria situazione,
quando vide il volto di Kei.
Potevano
ritenersi fortunati: lui ed i suoi sottoposti s’erano ritrovati ad
atterrare in
un regno molto vicino alla meta che si erano predisposti.
Oh si, la reggia di sua Maestà Lucifero si trovava proprio alle spalle
del
colle rosso e sabbioso del conte Astaroth.
S’era ridotto a quello il dominio del Signor Conte: la sete di potere e
vendetta aveva consumato l’atmosfera alla pari di un acido.
Cosa restava, dunque?
Solo il trono in marmo sul punto più alto del colle ove egli sedeva
immobile,
cullato dalle carezze della sua consorte Astarte.
Sul suo viso era adagiata una maschera bianca spaventosa ed
inespressiva, dai
lineamenti incredibilmente realistici.
Pareva essere stata fatta apposta per il volto del suo indossatore:
incise e
bene intarsiate erano le labbra carnose, alti e pronunciati apparivano
gli
zigomi, non v’erano fessure per le narici o per gli occhi, e ciò
rendeva quel
quadro stranamente macabro.
Astarte, seduta anch’ella sul suo trono, da brava moglie lo accudiva,
bisbigliandogli parole all’orecchio, sfiorando quella maschera e
sorridendo.
“Non c’è più sangue, non c’è
più vita, mio amato.
Tranquillo, tranquillo…
Non agitare il tuo debole cuore!Non affaticare il tuo corpo martoriato!
Sono solo insetti; li schiacceremo assieme, moriranno e i loro resti
nutriranno
il nostro terreno: le anime che periscono all’Inferno, all’Inferno
resteranno.”
Spaventoso,
quel sussurro trasportato dal vento si tramutò in un impetuoso
ammonimento
rivolto a Kei ed ai suoi angeli.
“Avanziamo.”
Ribatté il Guerriero senza
esitazioni.
Annegare.
Sarebbe stato semplice farlo
nel proprio sangue.
Le piume delle sue ali
galleggiavano sul grumoso strato rosso nel quale era
immenso e la brina che le ricopriva si scioglieva, fondendo la propria
purezza
all’arido suolo infernale.
Inizialmente non riuscì a
capire se stesse tenendo gli occhi chiusi o aperti.
C’era buio, di questo era
convinto.
La pressione sulla sua schiena
aumentava e la carne quasi non ricopriva più le
ossa delle due ali centrali.
Immobile.
Nudo.
Quell’ultimo straccio
insanguinato che l’aveva ricoperto era scivolato via… E
in quello stato onirico di doloroso dormiveglia provò vergogna.
Boris era su di lui.
Lo dominava.
“Angeli
cadono dal cielo! Raccoglili, feriscili e dona loro la dannazione, mio
Lucifero.”
Cantava
flebilmente, il Demone e la sua voce non aveva il suono soave dei cori
degli
angeli…
Sepolcrale e rude, irritava il
suo udito, accompagnando con carezze e parole
oscene il suo bisbiglio, senza staccare gli occhi dal suo lavoro.
Il sarto
dell’Inferno.
Quel soprannome non era stato
dato a caso, al carissimo Boris: il nostro
Messaggero era molto, molto
abile con ago e filo.
Quali meravigliose
composizioni di stracci umani, aveva creato! E quanti di
questi esseri deturpati camminavano all’Inferno!
Nei suoi stessi abiti da
maggiordomo scorrevano fibre tessili umane… Fossero
state queste ricavate da apparati venosi o strati sottili di cute.
E anche allora stava filando
quella che avrebbe definito la sua tela più
grandiosa!
Fil di ferro penetrava la
schiena del Guardiano.
Lentamente l’ago affondava
nella carne, scivolando con macabra naturalezza
sotto la pelle diafana; gli ultimi brandelli carnosi lasciati apposta
attaccati
alle ali servivano semplicemente per facilitarne la cucitura alla
schiena!
“Ti prego, basta…”
Sapeva che sarebbe morto
presto.
I suoi occhi erano aperti, ma
non distingueva più la luce: troppo sangue li
annebbiava.
Piangeva.
In silenzio, non visto, certo…
Ma piangeva.
Il vuoto accorreva: un freddo
diverso da quello corporale… E questo lo
spaventava, intrappolandolo in crudeli reti che, stringendolo, lo
tagliavano a
pezzi.
Le quattro ali semplicemente
spezzate erano state impalate al terreno… Oh,
nulla di cui preoccuparsi: erano recuperabili, potevano guarire! Era
questa la
sua disperata ed agonizzante speranza! Ma la tortura che strappava le
sue
carni, quelle ferite… Oh, Dio! Sarebbero state permanenti,
poiché
inflitte dall’impura abilità demoniaca d’un essere infernale.
La sua schiena era uno scempio
di carne maciullata e sangue.
La pelle quasi non respirava
sotto la strato carminio secco che continuava ad
essere alimentato dagli squarci ed, invitante, il suo odore aveva
risvegliato
la fame e la voglia che Boris aveva di quelle carni, divenute banchetto
perfetto per i Demoni.
Debolmente, tentò privo di
speranze di liberare le mani dalle catene roventi
che lo legavano ad un paletto al centro della gabbia…
Quel Diavolo s’era mosso su di
lui, iniziando a
sfiorargli la schiena in
massaggi che non avevano nulla di benefico.
Avvertì chiaramente la bocca
di Boris posarsi sulla sua pelle e la lingua
lambire le estremità di uno squarcio sulla schiena, prima di scivolare,
con
intrepida malizia, lungo la sua spina dorsale, mordendo, succhiando e
ripulendo
via il liquido ematico.
Giunto agli occhi di Venere, i due
sensuali solchi che
caratterizzavano il fondo schiena del Guardiano, Boris giocò col fil di
ferro
già cucito tra le sue carni, allentandone la morsa.
“Perché non mi uccidi..?”
La grazia della morte.
Ecco cosa significava…
Eccitato dai delicati gemiti,
che al suo udito assunsero le sfumature più
erotiche, concentrato su ciò che era il sapore di quel pregiato sangue
Angelico, il Messaggero afferrò le natiche di Yurij, stringendole
indecentemente.
“Verifichiamo… Verifichiamo
quale sesso ha deciso di donarti il Tuo
Signore.”
“Ti prego… No…”
S’alzò
il vento, turbinando e sollevando, nella sua violenza, la polvere rossa
che
ricopriva la landa desolata.
S’alzò Astaroth, imponente angelo nero mascherato.
S’alzò Kei, imperiosa
Creatura, scoprendosi all’infernale Conte.
Sorrise Astarte, dannata e
crudele vampira.
E rigidamente, come se il suo
corpo demoniaco non fosse stato fatto di carne e
sangue, Astaroth puntò un dito contro il Guerriero.
Le labbra perlacee della
maschera s’aprirono.
“Tu,
Angelo ridicolo, osi attraversare il dominio mio?”
Un
suono sepolcrale, rimasto celato per millenni, investì la schiera degli
angeli.
“Quella… Quella non è una
maschera…” Balbettò stentatamente, Anael.
Così rimase l’oscuro signore,
cinto in vita dalle amorevoli e fragili braccia
della sua contessa.
“INGIUSTIZIA!”
Scalpitava, l’angelo dai lunghissimi capelli rossi: il suo sguardo
ardente
inceneriva le catene che osavano sfiorare le sue carni per
intrappolarlo.
“Ho concesso a Belial l’arbitrio su Sodoma e Gomorra solo dopo una
decisione
unanime! Non sono l’unico responsabile.”
Oh, che essere ingenuo! Indebolito per l’inutile lotta e per le ferite
che s’erano
aperte sulle sue carni, si lasciò sopraffare; gemette e non oppose più
resistenza: sarebbe stato ancora più dannoso.
“Non possiamo condannare l’intero Consiglio… E tu ne eri il
rappresentate.”
Funeree e subdolamente veritiere, giunsero le parole dell’angelo dai
capelli
d’ebano che l’osservava dall’alto.
“Ma… Gabriel…” Fu troppo fioca la sua protesta, per essere udita.
“Questo è il volere del Signore.”
Astaroth chinò il capo, digrignando i denti in preda alla frustrazione
per
quell’ultima affermazione.
Dalla caduta di Lucifero, il Cielo Supremo era divenuto follia pura.
Ed erano state appena generate due nuove creature, definite coloro
che
avrebbero portato l’equilibrio in quel momento di puro caos.
“Ho ancora diritto affinché la mia ultima parola, nello scegliere un
successore, venga rispettata.” Disse allora, con la consapevolezza
della
sconfitta.
Gabriel s’accigliò a quella pretesa, ma non poté protestare, d’altronde
Astaroth aveva dannatamente ragione.
“ E sia.” Concesse con grande fatica.
Il volto del condannato, allora, s’addolcì nel ricercare gli occhi
fermi e feriti
del suo prediletto: sorrise, conscio del fatto che quella sarebbe stata
l’ultima espressione che si sarebbe disegnata sulle sue labbra.
“Uriel.”
Bruciando, non gridò.
Vide il suo corpo mutare e
separarsi in due entità ben distinte… Oh, sì; si
scisse, plasmando involontariamente un nuovo organismo con l’energia
spirituale
che stava liberando.
E non poté non innamorarsi all’istante della nascitura
creatura la
quale, dormiente, precipitava con lui.
L’avvicinò e, avvolgendola
nella furia della Caduta, si strinse a lei.
Ricercava l’affetto nel
fuoco freddo che tingeva il suo corpo di
caratteri maschili… E fu proprio allora che, preda del dolore e di
ultime
lacrime, si fece una promessa: mai più, mai più avrebbe usato il potere
delle sue dannose parole.
Sarebbe spettato tutto a
quella dea dai capelli di sangue.
“Astarte.”
E s’aprì l’Inferno.
La terra si sgretolava sotto i loro
piedi.
Gli angeli aprivano le ali,
certo, ma la corrosione consumava tutto.
E s’era sviluppata alle parole
dell’immobile conte.
“Astaroth non deve più paralare!”
Il grido di Kei s’era levato
assieme al doloroso coro dei suoi soldati, i
quali, improvvisamente, s’erano ritrovati le carni arrossate…
“Le sue parole ed i suoi lamenti
hanno distrutto la contea.”
Cominciarono a sanguinare…
Appena la corrosione era
penetrata più in profondità, il sangue aveva iniziato
a macchiare i volti, i corpi e gli abiti dei poveri esserini alati.
Privi di forza e, soprattutto,
di coraggio, in tanti s’accasciarono al suolo
friabile… Altri, invece, rimasero sospesi a mezz’aria.
E Kei?
Oh, il Guerriero volava veloce in direzione dell’altura ove
Astaroth era
fermo.
L’energia spirituale innalzata
a protezione del volto a stento poteva
combattere il potere del conte, ma almeno i suoi occhi erano al sicuro…
La cute implodeva.
Ogni lembo di pelle straziata
gridava pietà.
Si consumava.
Alla lama sguainata, che
appesantiva il suo povero braccio supplicante,
era stato applicato lo stesso trattamento d’energia trasferito sul
volto.
Le sue carni bruciavano.
Gli strati di cute più
superficiali scivolavano via come sporco, rendendolo
vulnerabile; ma Astaroth
era vicino: poteva
specchiarsi nell’opacità del
volto vitreo che aveva innanzi.
Oh, quell’immobilità gli faceva
pena… Ed Astarte s’aggrappava a
quella triste statua con una tale gelosia, che quasi gli si stringeva
il cuore.
Il sangue scorreva.
Nel puntare la lama contro il volto cereo del Conte, evitò di lasciar
cadere lo sguardo sulle proprie braccia: sapeva che ormai poteva
distingue fin
troppo chiaramente l’apparato
sottocutaneo.
Gli tremava il respiro.
Ed Astarte piangeva, soffocando le lacrime tra i
lunghi capelli
dell’amato.
“Sei coraggioso, Guerriero.”
Bisbigliò la donna tra i singhiozzi, confondendo
le gocce purpuree tra le crini.
“Ed il mio fragile signore è
soddisfatto.”
“L’Ingiustizia
condannò l’anima che possedevo, così come la
mia sentenza aveva proclamato la fine di due città. Parole pericolose,
quelle
da me pronunciate…
Sono Astaroth, Conte
Infernale, pronto a consumarti col veleno delle mie spine.
Astarte, la rosa mia
bella, la mia Vampira, generata dalle mie
membra,m’affianca.
Curami, dolce bambina,
l’immobilità della condanna mi corrode dall’interno.
E tu, Angelo sbruffone,
fuggi pure via… Prima che del mio pensiero muti la
natura.”
“Dov’è il mio corpo..?”
Yurij era rivestito di sangue.
“Dov’è il mio corpo..?”
Si tastò l’addome, i fianchi, il petto… Il respiro mozzato lo soffocava.
Portandosi le mani davanti gli occhi, notò che le ferite al centro dei
palmi
sembravano guarite.
Spaventato, si toccò nuovamente i pettorali, come a voler acquisire una
piena
consapevolezza del proprio corpo, ma sbiancò, sentendo la consistenza
di due
lisci e sodi seni riempirgli le mani.
D’istinto, si portò una mano al basso ventre, sfiorando con la punta
delle dita
i radi e ricciuti peli pubici appena apparsi.
Le labbra del nuovo organo formatosi vibrarono dolorosamente,
preda
degli spasmi.
Non udì il suo grido di terrore e dolore.
Non aveva emesso suono.
E questo, probabilmente, lo spaventò ancor più dell’avvertire il
proprio torace
tornare piatto.
La sofferenza prese a dilaniarlo alla base del bacino
C’era freddo, nella grande stanza indefinita .
Era coperto di sangue.
Non c’erano più ali.
Non c’erano più ferite.
Ed era bagnato.
Il
suolo della gabbia appariva ruvido.
Strusciava avanti e indietro con un lato del volto su di
questo,
succube del ritmo violento al quale accondiscendeva, immobile.
Veniva ferito da quel continuo
sfregare, che graffiava la bella pelle bianca
della sua guancia destra.
“Dov’è il mio corpo..?”
Soffrivano le sue ali.
Esplodeva ovunque il dolore
delle ferite.
Il sospiro estasiato
dell’aguzzino che stringeva le sue cosce, affondandovi gli
artigli, penetrava crudelmente l’udito
dell’Angelo, riducendo in
brandelli l’ultimo straccio di dignità del Guardiano.
“Dov’è… Il mio… Corpo..?”
Fredde mani, d’improvviso, si
strinsero attorno alle sue vincolate, sfiorandone
delicatamente gli squarci.
Fu più profondo il colpo.... Oh
si, quel demone violento aveva tutta
l’intenzione di spaccarlo!
Aprii stentatamente gli occhi,
ed il sangue si riversò d’un colpo dalle sue
labbra, assieme alla saliva e alla bile che aveva fino ad allora
trattenuto.
“C-Cassiel..?”
Pronunciò tra gli ansiti,
riconoscendo, attraverso le lacrime ed il sangue, il
volto di quell’Arcangelo morto macchiato tra le sue braccia.
“Stia tranquillo, Signore…
Finirà presto.” Disse, allora, l’umile
dannato, pieno di compassione.
Accarezzava dolcemente le mani
del Guardiano, tenendo basso lo sguardo sulle
ferite del prigioniero: non
aveva il coraggio d’alzare lo sguardo su Boris.
E, tanto meno, avrebbe potuto
fermarlo.
Osservandolo, Yurij non poté
non sorridere felicemente
disperato,
nonostante quello fosse il momento meno opportuno.
“Grazie.”
Rotto da un gemito e scosso
dai tremori, s’alzò, inaspettato, quel flebile
sussurro.
“Scorre
in me con ferocia, frantumando ciò che resta delle
mie membra.
Mi umilia, leccando via il
sangue sporco di sesso che m’ha costretto a versare.
Ed io gemo e grido e non
posso fare niente altro.
Ebbene, mio Dannato,
continua… Continua pure.”
Fine quindicesimo capitolo.
*Riprende a respirare*
Ehm…
Yurij: è.é
Ehm…
Yurij: è_é
Lo confesso sono colpevole ç_ç!
Me l’ero detto, ridetto e stradetto, ma…
Ma dopo aver perso questo schifo di capitolo per ben tre volte
anche i
miei saldi nervi saltano ed ho dovuto sfogare in qualche modo
ç_ç!
Ho combinato un casino!
…
Bhé, ma tornando seri u.ù…
Yurij: … -.-
Come già anticipato, ho trattato un po’ del sesso degli angeli.
In questa storia sono, sì, esseri asessuati, ma che assumono fattezze maschili
o femminili durante un atto d’amore puro (Belial e Dio), o un
atto
sessuale squallido (Yurij e Boris).
Boris, nascendo come demone, ha un sesso definito: è un maschio.
Gli angeli, durante la caduta, assumono la loro forma sporca
(Astaroth e
Lucifero, per esempio, sono maschi, ma Astaroth a sua volta ha generato
Astarte,
che è una donna), pur essendo immacolati.
Una volta marchiati da un Demone gli angeli non possono
restare in
Paradiso, ecco perché Cassiel è caduto.
Ecco perché Yurij cadrà –con l’aggravante di un altro motivo-.
Inoltre la situazione per il nostro caro Guardiano a livello sessuale
sarà particolare…
Ed i motivi vi saranno chiari col procedere della storia ^^!
Grazie infinitamente a:
-Drev.
-Syb.
-Pad.
-Darky
E a tutti coloro che hanno aggiunto questa storia tra i
preferiti e
le seguite!
Ci sentiamo al prossimo capitolo, mi auguro lascerete un commento
=).
Il Pezzo ad inizio cap è tratto
dall’Apocalisse.
(*)Un pezzo della Bibbia
O.ò...
|
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Capitolo 16 *** Urei (Pain, Dolore) ***
U я
є ι ~
P α ι и † D ø
ℓ ø я є
«Tu
sei degno di prendere il libro e di aprirne i sigilli, perché sei stato
immolato e hai acquistato a Dio, con il tuo sangue, gente di ogni
tribù, lingua, popolo e nazione, e ne hai fatto per il nostro Dio un
regno e dei sacerdoti; e regneranno sulla terra».
Lilith si spazzolava i capelli con serafica
calma, incantandosi innanzi al suo stesso riflesso.
Fremevano gli occhi verdi della Regina, compiacendosi per la
meravigliosa immagine di cui potevano godere.
Non che Sua Maestà fosse una creatura vanesia o piena di sé, ma Boris
era a conoscenza della consapevolezza che la donna aveva
riguardo le sue grazie… E d’altronde come poteva essere negata una tale
evidenza?
Sospirò, fermo lì dov’era nell’ombra, intimorito dal pensiero di poter
offuscare con le sue goffe membra l’armonia di quella creatura.
“Vieni avanti Boris, non ti divoro… Non te.” Ironizzò
Lilith, spostandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio e posando
la spazzola sul ripiano della toilette.
Il demone si fece avanti con lentezza, constatando che i suoi logori
abiti da maggiordomo ridicolizzassero ulteriormente la sua presenza al
fianco di quell’angelo.
La donna gli sorrise attraverso l’immagine nello specchio.
“Sai Boris, riflettevo…” Cominciò, lisciandosi le pieghe della
veste azzurrognola che le fasciava il corpo.
“Riguardo cosa, mia Signora?” Domandò con delicatezza l’altro,
lo sguardo disperso lungo tutto quel profilo seducente.
“E’ vicino il tempo delle scelte: posso
avvertire nell’aria l’attimo della svolta! Eppure, mio caro, finora non
ci siamo mai realmente curati della personalità contro
la quale sarà destinata questa vergognosa alleanza.” Lilith
si espresse con un pizzico d’ironia, continuando a lanciare sguardi
ammaliati al suo riflesso.
Boris assunse un’espressione sconcertata ed i suoi occhi per un istante
smisero di colmarsi d’ammirazione e desiderio, mostrandosi interessati
e in allerta.
“Gabriel cammina tra noi agognando al potere, Michael sembra
che giaccia con Belial… Tu che ne pensi?”
Uriel
non aveva mai particolarmente amato la luce di quei luoghi.
Anche quando era stato un misero novizio, nella sua rigida sensibilità,
tale dimostrazione di purezza lo aveva spesso reso perplesso.
Lo stesso Astaroth, suo antico maestro, aveva condiviso quel sentimento
assai fondato.
Infatti, tante volte le parole dell’ormai dannato Conte gli tornavano
alle labbra, risuonando come una filastrocca stonata ed insistente.
“Solo quando la luce è più
spessa delle tenebre, bisogna covare dubbi sulla reale entità delle
cose.”
Rise di
cuore, socchiudendo gli occhi verdi e stanchi.
Non riposava da diverso tempo…
Non che ne sentisse l’incessante bisogno, però sul suo fisico quella
continua veglia aveva avuto effetti devastanti.
Aveva perso Gabriel.
Aveva perso Michael.
Aveva perso Raphael.
Aveva perso Samael.
Anael si era allontanato.
Sachiel lo fissava deluso.
Cassiel non esisteva più da millenni, ormai…
Che ne
era stato dei sette Arcangeli portanti?
Ignorando l’emanazione d’energia spirituale della sala dei troni, la
quale diveniva ogni giorno sempre più insopportabilmente potente, si
diresse in quello che tutti gli angeli chiamavano “L’Androne dei
Bisbigli.”
Uriel credeva che tale nome fosse dovuto alla particolare struttura ad
archi della sala ampia: difatti, appena adombrata, questa si slanciava
in arcate continue e consecutive verso l’alto, creando un perfetto
equilibrio in grado di facilitare la trasmissione del suono.
Lamenti, pianti, preghiere e forse risposte sembravano
ripetersi all’infinito in quel luogo.
Si sentiva piuttosto stupido, lui, rappresentante del Consiglio
e massima autorità (dopo il Guerriero) a credere alla presenza di Dio
in quel luogo.
Lui c’era da qualche parte…
E questo
gli era stato insegnato con passione ed accuratezza.
Ma da troppo tempo non sussurrava personalmente parole di conforto agli
Angeli.
Già, era divenuta concezione quasi comune tra gli spiriti minori del
completo abbandono del Signore.
Uriel, però, sapeva bene (o almeno, così gli era stato detto) che
l’assenza del Signore fosse dovuta unicamente alla sofferenza che ogni
giorno lo feriva e lacerava.
Provenisse quest’ultima dalla Terra, dall’Inferno o dal Paradiso stesso.
In un moto di confusa disperazione, l’angelo s’inginocchiò sfinito ed
abbattuto al duro suolo, grattando con le unghie il pavimento fino a
spezzarle, fino a farle sanguinare.
“Mio Signore…Se davvero esiste una traccia
di Lei in questo luogo, mi liberi! E’ un peso troppo grande, lo reggo da troppo tempo, l’ho ricevuto troppo presto… Basta.” Singhiozzò in preda ai tremori
delle lacrime.
E continuò a piangere lì,
tra le braccia sottili di Anael il quale, avendolo raggiunto in
silenzio, inginocchiato alle sue spalle lo cullava dolcemente.
Yurij non
avrebbe mai creduto di cadere, un giorno, in una dimensione onirica.
Difatti, il sogno non è prerogativa degli angeli, poiché è la sola fuga
concessa agli umani dai loro legami terreni; e fu proprio questo ad
intimorire il Guardiano.
Avanzava insicuro lungo uno stretto corridoio di pietra bianca ,
volgendo lo sguardo tutt’intorno: non riusciva a capire se quel luogo
fosse freddo o fosse caldo; era nudo certo, ma la sua pelle né si
rizzava, né sudava.
Il cammino si fece ad un certo punto più ripido e l’angelo, scivolando
sul suolo divenuto bagnato, sollevò lo sguardo su di un liscio specchio
d’acqua.
Scorreva in senso verticale, senza incrinare la limpida superficie.
Yurij, ancora disteso, si alzò con fatica: la prima cosa che lo
impressionò, specchiandosi distrattamente nell’acqua, fu notare il suo
volto annerito dalla terra e dalla polvere; sbuffò, allungando le mani
verso quella fonte per ripulirsi.
Ma si allontanò di scatto, rabbrividendo per l’intenso e, soprattutto,
inaspettato gelo… Ed allora osservò il proprio corpo in tutta la sua
interezza.
Rimase stranito da ciò che vide: qualcosa di alieno ed
estraneo si era formato tra le sue gambe, laddove poco prima era stato
liscio e informe.
Pendeva orribilmente, inorridendolo.
Quell’organo gli trasmetteva un tale senso di incompletezza e disagio
che quasi lo nauseava!
Si sfiorò, poi, quelle macchie di carne più rosee
apparse sul suo petto e nel toccarle serrò gli occhi, schiudendo le
labbra.
Un fastidioso piacere l’aveva scosso ed autonome le sue mani, rapite in
quell’attimo di subdola inibizione, catturarono il neonato membro
accaldato, per poi spostarsi a palpare le sue natiche già umide.
In lui qualcosa annegava, bagnandogli le gambe e macchiando il suolo
bianco del corridoio in pietra.
Tremando e gemendo, cadde in ginocchio con un tonfo sordo, lamentandosi
piano per il calore tra le sue cosce…
E, sicuramente, sarebbe rimasto piegato su stesso a contorcersi
nell’impossibilità di soddisfare quel desiderio ancora a lungo,
se una risata non l’avesse distratto.
Sollevò lo sguardo umido, guardando nello specchio d’acqua.
Ancora sanguinavano, quando Kei
ed il suo manipolo di angeli atterrarono innanzi l’entrata della dimora
di Sua Maestà Illuminata, Lucifero.
“Non ci sono guardie?” Chiese in un bisbiglio speranzoso Sachiel,
lanciando uno sguardo alla reggia oltre la spalla di Gabriel.
“Non credo ce ne sia bisogno.” Rispose atono quello, impietrito.
Infatti, contorcendosi in una smorfia di dolore o derisone (questo
dubbio li tormentò sempre) il grande portone bianco scomparve
placidamente, offrendo loro l’entrata libera all’androne in marmo della
Dimora.
“E’ un invito piuttosto esplicito…” Commentò Samael, rabbrividendo.
Il Guerriero non mosse un solo muscolo; fermo a gambe divaricate, i
sandali immersi nel terriccio secco, fissava con una serenità quasi
stonata quella buia tana.
Si voltò con lentezza verso i suoi sottoposti e parlò:
“Dovremo dividerci.” Cominciò con tranquillità. “In
gruppi da dieci ognuno di noi si dirigerà in direzioni opposte: io con
il mio seguito andrò a nord, Gabriel verso ovest, Sachiel ad est, Anael
ad ovest e Samael a sud.” Elencò con praticità, giocherellando con le
lame gemelle ed ostentando una noncuranza quasi artificiale.
“E’ così necessario separarci?” Domandò allora Anael, perplesso.
“Se vogliamo avanzare più velocemente, direi di sì.” Sussurrò Kei; si
aspettava una domanda del genere, posta non a torto.
“Ognuna di queste direzioni porta ai giardini, certo, ma dobbiamo
cercare di arrivarvi tutti. Avanzare come un unico gruppo risulterebbe
faticoso e svantaggioso di fronte a ciò che ci troveremo di
fronte.”
“E’ solo una Reggia vuota..!No? Bisognerà semplicemente evitare
Lucifero.” Sbuffò con leggerezza Gabriel, portandosi in spalla la sua
spada.
“Affatto.” Bisbigliò Kei.
Il
buio androne risuonò di risate, prima di illuminarsi.
La sala era un meraviglioso arcobaleno di colori e per un attimo gli
angeli restarono sorpresi, persi nell’ammirare quell’elegante ed
inaspettato particolare.
Il viola delle pareti si illuminava di oro in un gioco di luci ed
ombre, dove l’oscurità assumeva i toni del rosso più acceso.
Il verde sorgeva d’improvviso, brillando come un lampo lungo tutto il
perimetro dei muri, per andare a spegnersi in quel rosa che, caloroso,
esplodeva in mille scintille dallo spettro tendente ad un più cupo
bordeaux.
Infine l’azzurro, ultimo lento barlume, si rifletteva placidamente in
ogni angolo della sala.
“E’
bellissimo.” Pensò amaramente
il Guerriero, specchiandosi nei raggi cremisi del luogo. “L’Inferno
sa come accogliere i propri nobili.” Si disse ancora, cinicamente
divertito.
“E’ spaventoso.” Deglutì d’improvviso Samael al suo fianco e, subito,
gli occhi di Kei si puntarono sulla figura del giovane eletto: il
Guerriero si era sorpreso a quel commento, così dissimile dalle sue
mute riflessioni.
Osservò lo sguardo del giovane angelo, quasi in lacrime, spostarsi
angoscioso da una parete all’altra.
“Vorrei essere cieco solo per non dover subire quest’infima tortura. E’
un inganno pauroso, e ne siamo attratti come falene. L’oscurità
dell’oblio è più dolce e piacevole, se confrontata a quest’esplosione
di colori ingannatori.” Fece agitato quello, contraendo il volto in una
smorfia di dolore.
E Kei sospirò, posandogli una mano sulla spalla.
“Sono le sette depravazioni umane, Samael: Superbia, Avaritia,
Luxuria, Invidia, Gula, Ira et Accidia. Sono state generate da
Lucifero con la sua caduta, e con Lucifero stesso abitano questi
luoghi. Guardatevi le spalle, ora che ci allontaneremo gli uni dagli
altri… Sono creature capricciose… Ma potremmo essere fortunati e non
incontrarne alcuna… Preghiamo che sia così.” Spiegò con un sorriso, poi
strinse le sue lame. “Vi aspetto tutti fuori, signori.”
Dichiarò infine, invitando il proprio gruppo a seguirlo.
C’era spavalderia in quei modi di fare e sicurezza nella luce di quegli
occhi rossi come i riflessi appena ammirati, ma doveva ammetterlo, Kei,
che non era più così sicuro di sopravvivere.
Sette essenze s’erano scisse dal corpo di Lucifero, incarnando ciò che
erano state le turpi azioni del Serafino.
Sette
Satana, figure diverse e personificazioni
distinte del medesimo Essere: essi accerchiavano certamente Lucifero,
ma osavano prendersi un’indipendenza impensabile per gli altri nobili.
Anche se gli ordini di Sua
Maestà fossero stati, paradossalmente, di risparmiarli, i Satana non
avrebbero affatto esitato a cancellare le tracce della loro esistenza.
Il respiro del Guerriero era
profondo e sereno, ed avrebbe potuto ingannare chiunque, poiché rappresentava in maniera
eccellente un adagio inesistente…
Ma i palmi delle mani erano
gelati, le gambe tremavano impercettibilmente e gli occhi, fuggiaschi,
saettavano in ogni angolo del corridoio che si tingeva di rosso.
“Ira al suo servizio, messere
Kei.”
Ed era proprio ciò che il Guerriero
temeva avvenisse.
L’ombra cupamente scarlatta,
che tingeva le pareti inseguendo i loro passi, altro non era che la
materializzazione della Depravazione alla quale più desiderava sfuggire.
Si fermò di colpo, bloccando
con un gesto della mano anche l’avanzare dei suoi.
Qualcuno alle sue spalle si
lamentò, altri chiesero spiegazioni, ma Kei non li udiva: splendido, il rosso del sangue sembrava
essere in grado di illuminare la sala nella quale, inavvertitamente,
s’erano ritrovati.
Il liquido purpureo si
diradava dai loro fianchi e, sfiorandoli, scorreva lungo il pavimento
lucido fondendosi al centro di esso; lì vi si intrecciava e mischiava,
esplodendo in ipnotiche e macabre coreografie, fino a quando lentamente
e con serafica serenità, i primi abbozzi di una forma dalle sembianze
umane presero vita dal groviglio carminio innanzi a loro.
Kei sentiva di essere solo.
Ovattato sorgeva qualche
grido, di sfuggita scorgeva candide piume cadere imputridite dal sangue.
“Ira è qui solo per lei,, messere Kei.”
C’era un sorriso a mezz’aria, ed
era spaventoso.
Una donna dai
lunghissimi capelli rossi, gli occhi di un brillante azzurro ed i seni
prosperosi lo fissava sorridendo dall’altra parte.
Fino a dove un minuto prima c’era la sua immagine di uomo nudo e
debole, adesso si rifletteva quella di una bella creatura
maliziosa ed intrigante.
“Chi sei..?” Domandò con la spontaneità dei bambini, sollevandosi con
una certa fatica dal suolo.
Avvertiva il proprio corpo pesante e goffo, come se non gli
appartenesse.
“Potrei essere te.” Rispose quella, avvicinandosi a fronteggiarlo
dall’altra parte.
Una sua mano si poggiò alla superficie d’acqua, quasi invitando Yurij a
fare lo stesso.
Il Guardiano si disse che era davvero bella.
Le labbra sembravano disegnate, tanto delicata era la maniera in cui si
delineavano ed i capelli, mossi ed arruffati, le coprivano le belle
forme femminili con ché di vagamente pudico.
Le gambe lunghe, dalle caviglie sottili e delicate, si slanciavano in
una linea armoniosa verso cosce agili dalla muscolatura soda, al centro
delle quali l’organo femminile, coperto da radi peli pubici, donava un’ovvia
identità a quel bell’essere.
Neanche Lilith, si disse l’Angelo, poteva aspirare a tanta perfezione.
“Me?” Bisbigliò, poggiando con timore la mano sulla superficie acquosa
laddove era quella della donna.
Con piacere, notò che non avvertiva il gelo dell’acqua, bensì
unicamente il calore del palmo di lei.
“Questo è uno specchio… E cosa fanno gli specchi?” Domandò retorica,
avvicinando anche il volto allo strato d’acqua.
Come attratto da quei gesti e da quel modo di fare, il Guardiano si
avvicinò al viso della giovane riflessa, in maniera impulsiva e senza
alcun timore.
Restò zitto, tanto sarebbe stata ovvia la risposta, e si ritrovò anche
ad essere irritato da quel modo di fare così simile al suo.
La ragazza rise ancora, con lo stesso dolce suono di qualche attimo
prima.
“Sei molto bello Yurij ed anche io ti piaccio…” Affermò con estrema
convinzione.
I suoi occhi brillarono, illuminandosi quasi gioiosamente a quella
constatazione fatta proprio da lei: sembrò quasi che aspettasse di
pronunciare solo quelle parole!
“Resteresti con me?” Disse, allora, timorosamente.
L’angelo osservò quelle labbra muoversi al suono della richiesta fatta:
erano rimaste schiuse per tutta la frase, solo i denti e la lingua
avevano giocato nella pronuncia delle parole, poi quei petali s’erano
sigillati d’improvviso e poi, ancora, subito si erano socchiusi e così
fermati, supplichevoli.
“Io… Io non posso.” Deglutì quello, indietreggiando con un accenno poco
convinto.
Per un istante la lucidità l’aveva colto e, ammonitrice, gli aveva
bisbigliato all’orecchio che quello non era luogo per lui, che la sua
coscienza non sarebbe dovuta sfuggire alla realtà e che da qualche
parte, oltre le pareti di roccia di quel sogno ingannatore, il suo
corpo marciva in preda alla corruzione.
“Ti prego, non lasciarmi qui da sola… Fanno male, tanto male.”
Yurij avrebbe voluto chiederle cosa la facesse soffrire e perché,
soprattutto, una creatura come quella dovesse sentire –ingiustamente a
suo dire- dolore.
Poi le vide di sfuggita e quasi per puro caso: appena illividite
sottili cicatrici le solcavano i polsi.
Sussultando, levò la mano dalla superficie d’acqua e si rese conto che
non ne avvertiva il gelo solo perché il sangue raggrumato sui palmi
della ragazza lo riscaldava… Senza contare le gocce della stessa linfa
rossa che scorrevano alle spalle di lei.
Quelle ferite così familiari su tali estranee membra lo spaventarono e, contemporaneamente, gli trasmisero
una profonda pena.
Ben presto, però, constatò che quella stessa pena fosse unicamente autocommiserazione
ed allora si odiò profondamente.
Il suo corpo sano e virile rifletteva l’immagine sfregiata e
leggiadra di una donna abusata come angelo dalle ali tranciate.
Si chiese cosa dovesse scegliere, si interrogò silenziosamente su
quella stramba questione.
La ragione, la voglia di lottare e di scacciare il seme del Messaggero
dal proprio corpo si scontrava col desiderio di stringere quel bel
riflesso e baciarlo a lungo, sino a quando il sonno non fosse calato su
quelle palpebre.
Sarebbe stato bello fuggire, quasi desiderava inspirare nuovamente la
soffocante aria infernale, piuttosto che l’umidità di quella nivea
caverna!
Ma così come agognava a reali respiri, non metteva in dubbio
che l’illusione di poter assaporare il profumo della fanciulla
fosse invitante…
Una forma molto perversa di Narcisismo che egli stesso, in cuor suo,
non provava vergogna nel definirlo tale.
Infine, sembrò trovare un compromesso: allungò una mano alla figura
dall’altra parte dello specchio, attraversandone le acque cristalline.
L’altra, silenziosa, sorrise ancora: un accenno di insana vittoria ne
illuminò per un istante gli occhi azzurri, ma Yurij non lo notò,
concentrato com’era a lottare contro l’istinto che gli gridava e lo
supplicava di fuggire.
La ragazza fece un passo e poi due nello strato di sangue rappresosi ai
suoi piedi, stringendo la mano che il Guardiano gli offriva.
“Saremo una sola cosa, tesoro…”
Raphael ben
conosceva le punizioni inflitte a coloro che osavano sfidare il
Consiglio.
Nonostante il Guerriero fosse un’autorità indiscussa, il potere era
concentrato, d’altra parte, nelle mani di quei tali Angeli che vantano
cariche dall’importante spessore.
“Siano cavati
gli occhi a chi ha contemplato il peccato.” Citò divertito il
Guerriero, intuendo dal silenzio calato che Raphael fosse rimasto piacevolmente
sorpreso innanzi al truculento spettacolo del suo viso.
“P-Perché?” Chiese in un
soffio l’arcangelo, sollevandosi.
Non era mai stato bravo con le parole, lui.
Il suo compito, limitato a dolci gesti, lo aveva rilegato in un mondo
di amori ed affetti silenziosi, che lo nutrivano di volta in volta
attraverso sguardi e sorrisi.
Raphael aveva visto ogni tipo di male e ne conosceva le conseguenze,
atroci o meno che fossero: la sua vita di Guaritore e di Guida degli
Angeli Custodi era stata arricchita, d’altra parte, proprio da queste
esperienze.
Aveva asciugato tante lacrime e baciato un’infinità di ferite aperte,
ma ancora non comprendeva perché gli esseri viventi, terresti o
ultraterreni, sentissero il bisogno di farsi del male.
In tutti quegli anni -millenni indefinibili- aveva, quindi, messo a
punto una stramba teoria, secondo la quale nelle diverse creature vi
fosse insito un perverso spirito di sopravvivenza che prevalesse sulle
coscienze, spingendo all’azione del male fisico.
Questo comportamento, per la sua mente estremamente razionale,
rappresentava qualcosa di davvero bestiale.
“Il governo del Cielo sta assumendo tanto
le sembianze di una dittatura.
Sai, le parole ed il significato di esse pesano tanto, e pagarne le
conseguenze per la loro semplice esposizione pare una risoluzione assai
adeguata. Mi sono pronunciato in favore di Yurij, il mio antico
Compagno; l’ho dichiarato innocente ed ho condannato, invece, il
giudizio a cui fu sottoposto. Uriel già mi aveva additato come
traditore, Gabriel, cercandomi, mi aveva semplicemente invitato innanzi
al Consiglio.” Era stato un bisbiglio frenetico, quello di Kei.
Raphael avrebbe potuto paragonarlo ai deliri dei folli, da com’era
stato impastato di rabbia e furore.
“Siano cavati
gli occhi a chi ha contemplato il peccato.” Ripeté ancora una
volta il Guerriero.
“Ha un ché di estremamente poetico, non
trovi?” Aggiunse con
un sorriso sornione.
Samael aveva tenuto lo sguardo basso per tutta la durata del discorso:
era vergognoso ammetterlo, ma l’espressione che quel volto assumeva pur
senza alcuno sguardo lo inquietava e spaventava profondamente.
Lo faceva sentire piccolo, sciocco e miserabile, poiché tale forza
veniva sprigionata anche senza il potere che gli occhi, in una
qualsiasi creatura, vantavano.
Infatti, per fare un esempio, lui stesso era in grado di imporre la
propria autorità solamente attraverso gli sguardi e Kei spesse volte lo
aveva rimproverato per la sua incapacità nei gesti e nelle parole: il
Guerriero era, infatti, la dimostrazione che l’influenza ed il
magnetismo d’un capo non si fondasse solo ed unicamente sulla violenza
dell’agire.
Raphael avanzò verso il guerriero, allungando le mani verso quel volto
sporco di terra e sangue.
“Il Male è in Cielo, in Terra e sotto la
Terra. In Paradiso il potere di ciò che è stato sigillato freme
impaziente d’esplodere: se deve’esservi un’Alleanza, che sia
così! Sono disposto a danzare col Diavolo e a morire, purché sia
restituita dignità a ciò che fu puro. Cerchiamo Yurij, cerchiamo
l’Illuminato Lucifero! E che le schiere Infernali diventino nostre
legioni!” Dichiarò
infine, prendendo tra le mani quelle di Raphael.
Samael, rabbrividendo a quelle penetranti, seppur basse, parole sollevò
il capo, constatando quanto l’alba fosse così spaventosamente vicina.
“Stella del Mattino…” Deglutì,
rimirando l’istantaneo e morente splendore del primo lume che calava
all’orizzonte.
Allora il Guaritore, dai palmi caldi e ricchi di quell’aura curativa
che stava ricostituendo le fibre cellulari degli occhi di Kei, serrò le
palpebre.
“Si, signore.”
Anael era uno
degli angeli più belli.
Aveva i capelli molto più lunghi rispetto ad altri suoi simili che,
lisci e dalle sfumature cenere, gli ricadevano elegantemente ai lati
del volto ed erano motivo della sua –segreta.- vanità.
Nella luce di quegli occhi castani -tante volte distratti o persi in
contemplazioni lontane.- si riflettevano serietà ed un’infinita
spensieratezza, che non poteva non risultare buffa in
confronto all’aria apparentemente solenne dell’angelo.
Se Anael fosse stato un demone o un essere umano, sicuramente avrebbe
assunto forme femminili.
Il suo aspetto dolce, infatti, dava proprio questa parvenza, così come
le curve morbide dei suoi fianchi sui quali si posavano le linee degli
abiti.
Uriel, ad esempio, aveva già un aspetto più rigido ed affilato, che
lasciava intravedere una certa mascolinità nei tratti somatici.
Ma queste sottili e particolari caratteristiche avevano ben poca
importanza tra gli Eletti, asessuati com’erano.
Tremava Uriel, e lo faceva tra le sue braccia.
Provava un’estrema vergogna per quell’umiliazione che si stava
infliggendo con la stessa violenza dei brividi che lo scuotevano…
Fiero, burbero e scontroso, solo quando era in solitudine e disarmato
s’abbandonava alle preoccupazioni, ai tormenti ed ai ricordi che
scioglievano la debole ed infima barriera da cui era avvolto…
E, in quel mentre, lo stesso calore di Anael aveva avuto proprio
quell’identico effetto causato dai suoi ritiri di silenziosa
riflessione.
“Mi hanno ingannato…” Bisbigliò
con un filo di voce appena udibile.
L’altro angelo non commentò, aumentando semplicemente la stretta
attorno le membra del compagno.
“Uriel, ti prego, calmati.” Tentò quello,
ma l’altro lo allontanò con forza e furia, fissandolo ardendo.
Troppe volte aveva represso il suo istinto di forte guerriero: legato
all’essenza che alimentava l’elemento della Terra, si era sempre
mostrato coerente, costante e cauto nelle sue scelte.
Eppure, la Terra stessa all’interno della sua dura barriera possedeva
un cuore di fuoco pronto ad esplodere..!
Dunque, questa caratteristica della sua personalità dalle sfumature
bipolari era sempre stata sedata dallo stesso angelo, che privilegiava
la riflessione all’agire sconsiderato.
Oh, ma in quel momento si sentiva accaldato, rovente e preda di una
crescente pressione paragonabile unicamente a quella dei vulcani.
“Non posso calmarmi, non posso! E’ marcio
questo luogo, sono marce queste mura, sono marci i nostri animi. Noi
abbiamo covato in seno una serpe ben peggiore del crudele Diavolo… Hai
visto la sala dei troni? Hai visto le ali? E dove sono i nostri
compagni?All’Inferno tra le braccia di Signor Lucifero, disgustoso
essere dalla bava sanguinante e dalle lacrime dolci! La maggior parte
dei nostri Angeli ignorano ciò che sta avvenendo… E con chi credi che
si alleerebbero, allo scoppiare delle forze? A questo punto mi basta
morire, o meglio ancora udire la voce penetrante e pericolosa del mio
Conte Astaroth..!” Avrebbe
aggiunto altro veleno alle sue parole, se Anael non lo avesse
schiaffeggiato con violenza.
“Sei uno stupido ed un egoista. Noi sei
l’unico ad essere stato abbandonato sia da Dio che dal Diavolo. A
condannarti è stata la maniera in cui ti sei lasciato influenzare dalla
presenza di Gabriel, e tu ben sapevi, stupido –e te lo ripeterò
all’infinito, dannazione!- che il suo temperamento era peccaminoso e
roso dall’Invidia nei tuoi confronti!”
A quelle parole veritiere, Uriel
chinò lo sguardo come ad aver ritrovato la propria compostezza ed il
suo fare pacato…
Si toccò la guancia in
fiamme, ripetendo a sé stesso quanta ragione contenesse il discorso di
Anael…
Eppure, aveva sempre e solo desiderato un compagno fidato a
cui fare riferimento.
“Tu! Qual è
il tuo nome?”
“Inganno, mio Signore.”
“Cosa porti con te?”
“La giusta battaglia, la sottomissione e la volontà di Dio, mio
Signore.”
“Io ti dono la vita.”
“Grazie, Portatore di
Luce.”
“Tu! Qual è
il tuo nome?”
“Guerra, mio Signore.”
“Cosa porti con te?”
“Violenza, stupri e sangue, mio
Signore.”
“Io ti dono la vita.”
“Grazie, Portatore di
Luce.”
“Tu! Qual è
il tuo nome?”
“Carestia,
mio Signore.”
“Cosa
porti con te?”
“Fame, disperazione
e follia, mio Signore.”
“Io ti
dono la vita.”
“Grazie,
Portatore di Luce.”
“Tu! Qual è il tuo nome?”
“Morte, mio Signore.”
“Cosa porti con te?”
“Cadaveri, vermi e putrefazione, mio Signore.”
“Io ti dono la vita.”
“Grazie, Portatore di Luce.”
Fine
sedicesimo capitolo.
ewe.
Riuscirò mai a concludere questa storia?
E’ una domanda che in molti si pongono e che si pongono da tempo
immemorabile.
In questo capitolo avrei dovuto liberare Yurij, ma… Sarebbe venuto
decisamente troppo lungo, la storia è già pesante di per sé, dunque ho
concluso prima… Molto prima.
E mi sono incasinata anche con i Peccati Capitali, visto che loro
sarebbero dovuti comparire più avanti…
Ma meglio delineare la cerchia di Lucifero caro adesso, no?
Allora, la donna che Yurij vede riflessa nell’acqua è la sua stessa
immagine, ovviamente! Nel prossimo capitolo acquisterà una forma
demoniaca particolare… Che credo in molti abbiano intuito XD!
Kei si è rotto le scatole (come me.) e prenderà in mano la situazione
u.ù!
In questo capitolo ho lasciato un po’ in intimità Yurij e Lucifero (eh,
bhé, poveri cari!), ma torneranno nel prossimo u.ù!
La storia ormai è delineata e credo parecchie cose si siano capite, da
questo momento in poi tocca solo far venire tutti i nodi al pettine.
Spero che questo capitolo possa esservi piaciuto e mi auguro lascerete
un commento X3!
Baci, grazie a tutti.
Iria.
X Ben: Boris prende parte attivamente alla
rovina del nostro caro Yu. Eh, era anche giusto, povero il nostro Bob
u_ù! Mi fa piacere che il passato di Belial sia stato di tuo
gradimento: ci ho lavorato parecchio ed ho ponderato a lungo circa il
modo per disegnarlo nella maniera meno blasfema possibile XD. Astaroth
tornerà presto, accompagnato dalla sua bella Astarte e da qualche altro
gradito demone! Nel frattempo, spero che questo capitolo ti sia
piaciuto. Un bacio X3!
X Dark: Sì, capisco che
potreste rimanere confusi in alcuni momenti, ma pazienta per qualche
altro capitolo (due al massimo.) e vedrai che tutto sarà chiaro
X3. Ti ringrazio per il commento, spero che anche questo capitolo ti
sia piaciuto ^ò^! Un bacio X3.
X Drev: Seh, genio un tubo XD.
Comunque sia, era necessaria trascrivere la storia di Belial, in modo
tale da dare un ruolo attivo ad il personaggio –indovina un po’
chi è?- che muove tutto e che si rivelerà alla fine.
Mi fa piacere che sia stata chiara per quanto riguarda il sesso degli
angeli. Biblicamente queste figure sono asessuate, ma, purtroppo, per
dare un senso alla mia storia avevo bisogno di inventarmi qualcosa di
solido sul quale creare solide base. Credo di esserci riuscita abbastanza
bene. Alla fine mi contento di come sono riuscita a trasmettere l’idea.
Yurij non si è scoperto donna solo per quell’istante.
E, certamente, dopo questo capitolo avrai intuito qualcosa.
Spiegazioni riguardo il suo sesso nel prossimo capitolo, al massimo tra
due.
Bon, mi auguro che anche questo capitolo possa esserti piaciuto X3. Un
bacio X3.
X Syb: Oh, i tuoi commenti lampo sono quasi più
soddisfacenti dei papiri u.ù
Dunque, credo che, obbiettivamente, dare del “magnifico” allo scorso
capitolo sia “esagerato”, ma comunque lo apprezzo tantissimo e ti
ringrazio per la lusinga.
Spero che anche questo capitolo possa dimostrarsi all’altezza X3. Un
bacio X3.
X
Pad: Mi fa piacere che il capitolo
ti sia piaciuto. In generale, è stato complicato strutturarlo, però che
alla fine tu sia riuscito a capirlo e a comprendere alcune cose mi ha
fatto piacere X3. Belial, sì, ha una storia particolare alle spalle, ma
già da angelo il suo nome ne aveva decretato la “condanna”.
Astaroth ricomparirà presto
al fianco di Lucifero, e di altri suoi sottoposti: siamo quasi arrivati
alla risoluzione di tutti i problemi e alla nascita di altri ben più
gravi.
Per quanto riguarda Yurij
donna… Credimi se ti dico che non è ancora finta X°D.
Bhé, mi auguro che questo
capitolo possa esserti piaciuto come il precedente, un bacio X3!
EDIT: A causa di un mio errore di memoria avevo invertito di un
posto la sequenza dell'apparizione delle quattro Figure citate alla
fine del capitolo, che ora ho aggiustato! Ringrazio Ben per avermi
fatto notare l'errore ^w^! Il Falso Profeta non è stato citato per una
mia scelta "strategica" a livello di trama ^ò^! Un bacio a voi tutti!
Iria.
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Capitolo 17 *** Rising ***
† Rising
«Degno
è
l'Agnello, che è stato immolato, di ricevere la potenza, le ricchezze,
la
sapienza, la forza, l'onore, la gloria e la lode».
E
tutte le creature che sono nel cielo, sulla terra, sotto la terra e nel
mare,
e tutte le cose che sono in essi, udii che dicevano: «A colui che siede
sul
trono, e all'Agnello, siano la lode, l'onore, la gloria e la potenza,
nei
secoli dei secoli».
La
notte stava morendo, arrendendosi alle prime ferite che lame di luce
infliggevano al manto indaco ancora trapuntato di rade stelle.
Qualche
temerario uccellino già provava a canticchiare, zittendosi, poi, al
duro
silenzio restituitogli dal crepuscolo che precedeva l’alba.
Le
ultime gocce della fresca atmosfera della notte solleticavano ancora
piacevolmente
i nasi di Yurij e Lucifero.
L’Angelo
Caduto si era completamento abbandonato sulla grigia panchina: aveva
spiegato
faticosamente le ali scheletriche, ricadute sull’asfalto polveroso e
–come se
fosse stata la monotonia di un’azione ripetutasi nell’eternità- prese a
contarne i rivoli di sangue che scivolavano con un tenero suono al
suolo.
“Tremila…” Esalò
in un gemito, sotto il muto sorriso di Lucifero.
“Manca ancora molto? Sai, ho il
timore
che tu possa morire prima di rivelarmi ciò che mi interessa.” Lo
prese in giro l’Imperatore, posandogli una mano su
una guancia.
Immobili,
gli occhi del Diavolo lo fissavano senza alcuna espressione:
splendevano
marmorei nella cupa luce, riflettendo il lontano calore delle stelle.
Sua
Altezza non aveva più alcun interesse fisico o carnale sulle membra
disgraziate
del Decaduto.
Sì,
proprio così; rispondendo a quelli che erano i canoni dei più
stereotipati
clichè, l’Illuminato era una creatura estremamente capricciosa e
voluttuosa.
Si
era stancato da secoli di Yurij, dannazione..!
Ma
era stata più una sete di cupa conoscenza che l’aveva spinto a cercare
il
fuggiasco in quell’ultimo e disperatissimo periodo.
“Via quegli artigli, caro
Lucifero! Non
sono un misero animaletto da divorare; e poi sai che la tua forma
demoniaca mi
disgusta!”
Aveva esclamato il Dannato,
schiaffeggiando la mano del suo, ipoteticamente parlando –ah!-
Signore.
“Hai artigli neri, lunghi e
sporchi!
Definirli anti-estetici e poco igienici sarebbe come sminuirne
l’orrore..!”
Ad
un qualsiasi altro essere sovrannaturale, potesse appartenere
quest’ultimo
anche ad un alto rango, un simile affronto
sarebbe costato la testa… E non solo.
“Pelle sudicia, zampe caprine,
capo
deformato da due simpatici corni, piume oscure dalla consistenza
simile a cuoio ed occhi neri e vuoti. Disgustoso, davvero disgustoso.” Bisbigliò
allora l’antico Guardiano, afferrando subito la mano di Lucifero e
stringendola
tra le sue, carezzandola dolcemente.
Era
grande quel palmo, morbido, caldo ed aveva un ché di rassicurante nel
suo apparire
così divinamente caritatevole.
“Gli esseri umani sono creature
davvero stupide,
ma possiedono una fantasia grottesca e spaventosa ed è incredibile come
abbiano
indovinato l’ombra di Sua Maestà.” Continuò,
stringendo con più fermezza la
mano del Diavolo.
Pulsava
di vita e nessuno l’avrebbe mai considerata come una terribile arma di
disgrazie.
Sembrava
l’arto di un giovane gentile, volenteroso e pronto ad aprirsi verso il
prossimo, ammansendolo o allietandolo col calore di quella dolce
stretta.
Yurij
considerò quanto Lucifero fosse un abile ingannatore…
Lui
non riusciva a muoversi facilmente tra gli umani: per quanto a lungo li
avesse
silenziosamente osservati non era mai stato in grado di mimetizzarsi
del tutto
con quelle creature.
Magari
a causa di una parola di troppo o di una completa assenza di dialogo,
diveniva
ovvia la sua mostruosa identità; ed allora mandava in rovina le anime
Condannate, senza sondarne le sfumature o ricercarne una luce offuscata.
Cosa
poteva importargli, d’altra parte?
Non
era più il Custode, ancor meno un Angelo ed il destino che accoglieva
le anime da
lui collezionate non era poi così
tremendo: d’altronde non vi era nulla di doloroso nel rigenerarsi in
bagni di
sangue angelico.
Orribile
era il loro aspetto e, forse, straziante la fame
che li divorava…
Ma
il tormento di quei mostri era
limitato unicamente all’attendere nell’eternità le vie Crucis di
innocenti
Eletti che, saziandoli col loro sangue di angeli crocefissi, li
avrebbero
destinati ad una completa rinascita in forma d’anime infernali.
Altri
sudditi per Lucifero, altri sudditi per la sua nobile e crudele corte!
Morte
e sciagura, infine, si sarebbero abbattute sulla povera Creatura Alata
caduta
imprudentemente tra gli artigli crudeli dell’Inferno.
Oh,
Yurij era la prova vivente di tale infame fato e, guarda caso, tutto
era iniziato
proprio a causa di quelle splendide ed ingannevoli mani…
La sua rovina, la sua condanna.
Dunque
il Guardiano, da viscido Caduto che s’era costretto persino all’esilio
dall’Inferno stesso per la propria eterna indecisione e ricerca di
perdono –che
in verità poco pesava su quella volubile anima-, aveva considerato
d’essere
divenuto –o forse lo era sempre stato- una Creatura estremamente
inadattabile.
Lucifero
si inginocchiò al tenero gesto del
Dannato
ed invertì quella carezza, prendendo lui fra le proprie mani quelle
affusolate e
delicate di Yurij che poco prima lo stringevano e, d’improvviso, esse
gli
parvero simili a sottile cristallo.
Fragili
e belle, cercavano in una lotta non pronunciata di vincere la presa
salda
dell’Imperatore, impaurite com’erano da quel calore che già le aveva
divorate.
Ma
Sua Maestà le trattenne a sé, baciandole e poi portandole sul proprio
petto
all’altezza del cuore.
“Non
avere paura…”
Ovviamente,
nessun battito cardiaco scosse il petto di Lucifero e nessun calore
vibrò al di
sotto di quel tocco forzato.
“Non ne ho infatti... In realtà,
credo
sia l’istinto di sopravivenza a giocarmi brutti scherzi.”
Rise il giovane, abbandonandosi alle attenzioni del
Diavolo.
L’Imperatore
ghignò, artigliandogli le mani.
“Sono vicini.” Continuò
Satana, intrecciando le dita con quelle di
Yurij in un gesto di preghiera.
Lentamente,
le labbra di Lucifero si curvarono in un insano sorriso, che ne
trasfigurò i
lineamenti del volto.
L’ombra
umana del Demonio,
la quale si allungava
innanzi alla luce nascente, scomparve, deformandosi mostruosamente
nell’arco di
un misero attimo: durante quel lampo in cui il riflesso fu fuori dal
controllo
dell’Oscuro Signore, mutarono anche i virili lineamenti di Sua Altezza.
“Lo sento.”
Fremette Yurij.
Le
carni del suo compagno si fecero
ruvide e quasi pensò che l’orrore di quella cute potesse tagliare e
sfigurare
persino la parvenza della sua
morbida
pelle.
Il
primo e freddo raggio solare sfiorò appena il volto di Lucifero.
“Sarai il loro strumento?”
La
bocca del Sovrano era sempre stata bella e, nonostante Yurij alla pura
luce del
giorno ne intravedesse i trucchi e gli
inganni, considerò che quei
mortiferi
canini –i quali esaltavano la dentatura improvvisamente
irregolare e bestiale di Lucifero-
potessero essere definiti estremamente sensuali.
“Fui oggetto nelle mani di Dio,
lo sono
stato tra le tue fauci… Perché non dovrei
concedermi anche ai miei
antichi compagni?”
Yurij
aveva imparato ad adorare le
illusioni; lo facevano sentire al sicuro e protetto: infatti, se ben
salde,
anche venendo scalfite dalla più pungente verità, restavano lì ferme ed
immutabili come degni scudi protettori di animi fragili o ottusi.
Lui,
Yurij, non era né fragile né ottuso –così si definiva, almeno-, ma
proprio la
sua stessa vita s’era trasmutata in illusione… Dunque perché
interrompere tale flusso di false pulsazioni?
Quindi,
quando il bel Lucifero tornò ad essere il meraviglioso Serafino
splendente, si preoccupò
ben poco del suo bacio dall’antico sapore
di morte –cupo riflesso di una cruda verità.
Neanche
all’Inferno aveva mai assaggiato quell’aroma prelibato: le labbra e la
lingua del Diavolo, infatti, gli erano
sempre parse fresche e gradevoli…
Eppure
apprezzò intensamente il sudicio atto che avvelenò la sua bocca.
Sorrise
tra l’umida saliva che ancora univa le loro labbra, catturandone
agilmente i
filamenti con la lingua.
“Il
Cielo sta implodendo…”
“Il peso dei peccati
del Paradiso grava sulle
membra degli uomini.”
Mai
nella sua vita aveva considerato di poter
temere il buio… o meglio, di poter temere l’oscurità illuminata
dal sangue.
Il sorriso apparso a mezz’aria s’era diradato
lentamente, dente aguzzo dopo dente aguzzo, ricadendo al suolo in una
pioggia
di sudici canini che, appena si immersero nel sangue spumoso e pregno
di piume
insudiciate, divennero polvere.
Kei tremò.
I
suoi muscoli si contrassero, la pelle si drizzò,
le pupille si dilatarono.
Il Guerriero poteva avvertire ogni singolo spasmo
del proprio cuore che, contraendosi, quasi lo feriva!
Lo si poteva definire come uno dei paradossi più
improbabili; eppure la vita, pur di non spegnersi in un battito d’ali,
pareva
disposta ad imporsi sofferenza e punizione.
E Kei non era mai stato un individuo
particolarmente masochista.
Anzi, spesso e volentieri tendeva a ferire con
quanta più potenza gli fosse concessa, solo per poter risollevare
quello
spirito imperfetto che il Signore tanto meschinamente gli aveva
influsso.
Oh, questo
era uno dei segreti più neri
del Guerriero!
“Giovane
angelo, a te la forza, le legioni, la
rigenerazione allo sfiorare il sangue!”
“È crudele, Signore.”
“A te l’Ira Divina e la rivendicazione, a te la
saggezza e l’ebbrezza della battaglia!”
“È crudele, Signore.”
“Ricevi la corona della Guerra e stringerai
sempre la verga della giustizia; dunque, per espiare le tue colpe e le
tue
empietà non avrai alcun bisogno di preghiere bisbigliate.”
“È crudele, Signore.”
Temeva
profondamente l’essenza di Mastro Ira.
Oh, non era per una questione di inferiorità nel
combattimento o di ferocia nell’umiliare l’avversario… Era, piuttosto,
proprio
la loro grande somiglianza in tali nefandezze
a spaventarlo.
Ira rappresentava uno scarto, il traboccante
marciume dell’universo; ed allora come poteva Kei sovrapporre tanto
facilmente
la propria anima a quella sudicia del Satana?
Impronta di furia e frustrazione, il Guerriero era
stato partorito dal bisogno di rivalsa e di equilibrio dell’Eterno
Padre; e,
d’altra parte, Ira non era forse nato dallo scindersi e del fondersi
delle
personalità più violente e furiose di un Lucifero giustiziato e
disperato?
La fiamma della loro esistenza veniva alimentata da
simili origini, e nulla più di quell’opprimente particolare gravava
sulla coscienza –se così poteva
considerarsi
l’alternarsi di un unico dubbio per volta- di Kei.
Perché
proprio lui, essere divino ed
incorruttibile, avrebbe dovuto condividere lo spirito e la nascita del
Satana
più putrido dei sette?
“Non può odiare se
stesso… è uno dei peccati
peggiori, o sbaglio?”
Al
suo orecchio, una voce di donna, mutando
gradualmente nel tono basso d’un maschio maturo, bisbigliò suadente con
un ché
di serpentino.
Kei strinse le due lame
tra le mani, ed il sangue
si riversò tra informi fauci spalancate ai suoi piedi.
“Nel sangue è
nascosta l’essenza dell’anima.
Nel sangue che bolle si insinua il mio spirito.”
Il respiro del Guerriero
si fece più fievole d’una
brezza estiva, riducendosi ad uno fischio udibile appena.
Le emozioni provate nell’arco della sua intera vita
potevano essere contate sulla punta delle dita, e tra quelle fino ad
allora non
aveva mai realmente preso il proprio e doveroso posto la paura.
No, non la stupida, semplice e tanto banale
sensazione di vuoto che gelava il petto e mozzava il fiato… Ma quella
che si
insinuava nelle viscere come un veleno, quella che portava alla nausea
e ad
avvertire il sapore del sangue nella gola ormai secca.
Due occhi come pece presero forma a pochi
centimetri da quelli di Kei, e così un viso che si definì lentamente.
“Messere
Kei,
non scapperà!”
L’alito caldo del Satana
gli carezzò la pelle
fredda, sporca e ferita.
Le labbra carnose e nere
articolarono ogni singola sillaba con lentezza, muovendosi
ritmicamente nel buio.
Nel riflesso di quello sguardo opaco, Kei vide se
stesso coperto di sangue in
preda all’euforia
della morte , all’estasi del combattimento, all’ebbrezza della guerra.
Le sue ali di fuoco rilucevano nel cielo solforoso
dell’Inferno, splendendo come una stella pochi attimi prima della morte.
Il petto era bruciante di gioia.
La voce risultava roca a causa delle sguaiate
risate.
Le sue braccia e le sue gambe erano brandelli di
carne inutili, e non importava che
il
Guerriero fosse ormai mutilato.
L’eccitazione pervadeva la sua anima, la furia
scalciava nel suo ventre.
La
violenza
partorita ripagava tutte le ferite.
Demone del
Paradiso,
si ergeva sui Diavoli.
E nel volto contratto dalla funesta gioia, l’ombra
del Peccato Furioso riluceva sbieca.
“Lei crede, Mastro Ira, di potermi impedire
l’avanzata.” Iniziò l’Eletto, sorridendo ironico.
Avvertì le membra del Satana che, sciogliendosi e
ricadendo simili a pioggia al suolo, scivolarono via come acqua
paludosa.
“Ma i suoi infami artigli non riusciranno nemmeno a
sfiorarmi il cuore.” Pronunciò infine, fieramente.
Si voltò, e lanciò la sua lama a trafiggere la
densa e sanguigna oscurità che era
Ira, ed Ira stessa nutriva.
“Saremo una sola cosa,
tesoro…”
Il sangue gli rombava nelle orecchie: impetuoso
come una tempesta, lo rendeva sordo alle suppliche del suo io cosciente.
Ah, il
signor Yurij era sempre
stato un dannato testardo, poiché
aveva bisogno di andare a sbattere contro un pericolo almeno per tre
volte,
prima che potesse considerare valido e sensato l’ammonimento che gli
era stato
eventualmente –e sicuramente- fatto
in precedenza.
La bella giovane aveva stretto la mano che l’Angelo
le porgeva, mentre l’altro braccio l’aveva allungato per abbracciare
docilmente
l’Eletto e sentire il calore della sua salata pelle maschile
avvolgerla tutta…
Sadico mostro, sollevò lo sguardo per potersi
specchiare negli occhi azzurri e smarriti dell’altro.
“Ti faccio paura?”
Yurij avvertì quel bisbiglio solleticargli l’udito,
mentre ancora stringeva il fragile corpo della ragazza a sé.
Lo specchio d’acqua alla sue spalle si era
dissipato non appena l’ultimo purpureo capello della donna era
scivolato via ad
intrecciarsi sulle sue braccia, cedendo posto ad una semplice parete di
pietra
bianca.
Il Guardiano non rispose.
La gola gli si era seccata e la lingua gli pareva
quasi incollata al palato.
I suoi occhi, come preda d’un delirio sconosciuto,
fuggirono l’intensità di quelli dell’altra, sollevandosi verso il
cielo; e solo
allora notò che non vi fossero soffitti rocciosi a proteggerli dallo
sguardo Celeste.
Ma cosa
importava?
Il
respiro della creatura che si stringeva contro
il suo torace forte rincuorava
lo
scuotersi violento dell’anima dell’Eletto.
E nel
frattempo il Paradiso sarebbe potuto anche crollare e l’Inferno
sprofondare in
se stesso..!
Lui era lì, al sicuro.
La sua unica preoccupazione era baciare con quanta
più grazia e delicatezza possibile la sua bella compagna.
Il suo solo affanno era accarezzare ed esplorare
placidamente la cute morbida ed appena palpabile di quella stramba
ninfa.
E poi morderla.
E poi divorarla.
E, ancora, divenire
nutrimento e carne succosa.
“Sei sempre stato disgustoso e
ripugnante: sin
dal tuo primo respiro, hai iniziato a smembrare la tua stessa essenza.”
“Allora perché mi ha messo al mondo? Perché mi
ha permesso di vivere?”
“Continua a maciullare le
tue carni, continua a
tranciare il tuo spirito. Non sei abbastanza amato per poter avere
l’ardire di
parlarmi.”
“Basta
soffrire.” Il
sangue zampillò dalla bocca della giovane sul suo collo ridotto ad una
poltiglia di carne informe.
Era strano come tutto, improvvisamente, si fosse allontanato
da loro, lasciandoli galleggiare nell’oscurità.
Come disgustato a quella scena, il luogo del loro
incontro si era accartocciato su se stesso, vorticando lontano
dall’amplesso
sanguinante dei due Esseri.
In tutta risposta, Yurij sorrise, affondando i
denti in uno dei seni della ragazza, succhiando forte il liquido
ematico che si
riversò dalle ferite aperte.
Lei gemette e si strinse con più forza al corpo
fremente del Guardiano, come a volersi imprimere sulle ormai corrotte
membra…
E fu proprio allora che il cuore dell’Angelo batté
due volte, poi una, ed infine si fermò, gonfio di furore.
“Ora
brucia.”
Una strana disperazione
prese possesso della psiche
di Yurij, consumandone l’equilibrio già
precario…
Buio.
Luce.
Un ghigno.
Poi, ancora, l’oscurità.
Quando
aprì gli occhi, tutto era stranamente
immobile.
L’atmosfera tempestosa dell’Inferno s’era placata
e, dilatando le narici, era stato in grado di distinguerne ogni singolo profumo.
Le sue mani erano ancora stranamente intrecciate
con quelle di Cassiel, ma se fino a qualche attimo
prima erano state le dita di Yurij a tremare furiosamente dalla
disperazione,
ora erano le membra dell’altro Angelo decaduto a contorcersi
dal terrore; il Guardiano, quindi, le strinse
energicamente e Cassiel gemette, preda del dolore.
Boris, invece, era ancora sul corpo immobile
dell’Eletto quando, spostando i lunghi capelli rossi dal viso della sua
vittima, bisbigliò:
“Ehi, Angelo
mio, ti sei risvegliato..?”
Giunse solo un grido in risposta che, spaventoso,
dai profondi ed oscuri toni baritonali diveniva più acuto d’uno stridio.
Gli
artigli di Ira scavavano nella sua pelle,
perforandogli l’anima.
Kei era solo; arrancava su di un terreno gelato
pregno di sangue e disseminato di cadaveri, ma neanche un lampo di
disperazione
o terrore illuminava i suoi occhi.
Egli rideva, ben consapevole che la pioggia avrebbe
ripulito quel macello; che le viscere ancora calde dei suoi compagni lo
avrebbero riscaldato…
“Oh, Mastro Ira! È tutto inutile…” Biascicò con una
punta d’euforia nella voce stanca.
Poggiò il volto al suolo e, continuando a
sorridere, si considerò ben disposto anche a nutrirsi dei morti; senza
che
neanche una scintilla di rabbia e frustrazione s’accendesse nel
profondo del
suo cuore.
Il Peccato aveva ben
compreso quanto sarebbe stato infruttuoso
sfidare l’Angelo a singolar tenzone,
in quanto la suprema abilità di entrambi si traduceva nel semplice ed
eccitante
corpo a corpo.
Dunque, perché
non ferire il Guerriero laddove
avrebbe avuto meno possibilità di difendersi?
I demoni sapevano
che agli Angeli nati dopo la
caduta di Sua Maestà non era stato fatto dono di una forte psiche.
Essi, infatti,
possedevano solo una misera porzione
di coscienza che si traduceva nell’amore di Dio e che solo in Dio erano
le loro
scelte, le loro azioni e loro parole.
Però, certamente, non avevano
previsto che persino l’Onnisciente sarebbe potuto cadere nell’errore di
produrre due fantocci difettosi…
“Perché non riesco a
penetrare abbastanza a
fondo nei suoi pensieri?”
Ira
e Kei, in quel momento, sedevano l’uno di
fronte all’altro, separati da una tavola riccamente imbandita.
Probabilmente, ad un primo sguardo, le pietanze
fumanti offerte ai due commensali sarebbero potute sembrare gustose
leccornie.
Eppure…
L’Angelo
rimase in silenzio, squadrando con intensità
prima l’aspetto sudicio del Satana e poi i vassoi d’argento distribuiti
sul
tavolo.
In ognuno di essi scorgeva le membra dei sottoposti
che aveva condotto alla morte; i dispersi nella contea di Astaroth
ormai un
tutt’uno con l’Inferno e le ignare vittime di Ira.
Sospirò, avvertendo l’oscurità farsi più intensa,
comprendendo come ormai la poca pazienza del suo avversario fosse
giunta al
limite…
“Perché non è in grado di giocare con le mie
emozioni. Sappia che io non sono uno spiritello
da quattro soldi!”
Kei dunque, pronunciate quelle parole si sollevò e,
scagliandosi sul Satana, avvicinò il proprio volto a quello deformato
dell’altro, sorridendo.
“Mia è la Gloria del Cielo! Il sangue versato in
battaglia non mi divora per i rimorsi, ma rigenera la mia essenza nella
giustizia! Ergo, le sue illusioni sono del tutto inutili!”
Il silenzio calò per un attimo fra i due.
Si potevano udire i loro
respiri ironicamente
sincronizzati, come se fossero appartenuti ad un’unica e grottesca
entità.
“OOooh,
impressionante!”
Nonostante s’avvertisse
fin troppo chiaramente il suo fastidio, Ira
ruppe
la calma, ridacchiando senza scomporsi.
“A quanto sembra, mio adorato Messere Kei, lei è
molto più disgustoso di quanto
credessi… Impedirle l’avanzata verso Lucifero sarebbe come negarmi lo
spettacolo di una battaglia..!”
La
voce del Satana si fece come quella di una
bambina vivace, e sembrò quasi che fossero due piccole manine ad
afferrare il
volto del Guerriero e tanti piccoli denti a mordergli a sangue le
labbra.
L’Angelo a quel gesto si allontanò di scatto con il
cuore in gola e con la mente annebbiata da qualcosa di molto simile
allo
spavento.
Si sfiorò la bocca inumidita dal sangue e per un
istante s’agitò in lui il desiderio di sopprimere con quanta più
violenza
possibile la vita di quel viscido essere che ancora tratteneva, che
ancora si
prendeva gioco di lui.
Eppure, qualcosa sedò la
furia che era montata nel
suo animo; una piccola scintilla di luminoso buon senso che gli
sussurrò di non
lasciarsi intrappolare dalla sottile rete di inganni e tranelli del
Peccato…
“La aspetterò,
Messere. Un giorno anche lei
verrà rilegato in questa reggia disgustosa.”
Gli occhi neri di quello
che Kei riconobbe essere
un uomo brillarono, risucchiando l’oscurità che fino a quel momento li
aveva
avvolti in una totalità così spessa da togliere il respiro.
Solo allora il Guerriero, immerso nuovamente nella
luce, si guardò frenetico tutt’attorno, osservando sparire il sorriso
della Depravazione.
E così come quell’immagine si dissipava, in lui
s’acquietava il tormento, poiché anche la verità della sua natura era
tornata a
riposo e per un po’ avrebbe persino potuto continuare a preoccuparsi
vanamente
della salvezza altrui, piuttosto che della propria sporca anima…
Quando il Custode
acquietò il suo grido, Boris fu
davvero scosso da ciò che vide: si separò tremando da quell’essere,
lasciando
che si sollevasse.
Per un attimo, il
Messaggero ritornò ad essere quel
demonietto appena nato, privo d’esperienza ed in balia degli spiriti
maligni
superiori, che era stato agli inizi della sua mera esistenza.
Comprese che era
accaduto qualcosa di molto più
spaventoso di quanto avesse previsto…
Credeva, povero
ingenuo, che seviziando un Angelo
d’alto rango sarebbe potuto arrivare ad ottenere persino un
sottoposto..!
D’altra parte,
non era affare comune per un demone
come lui avere tra le mani un’anima simile a quella che era stata
dell’Eletto.
Ma come poteva
realizzarsi un simile desiderio,
quando la propria vittima s’era rivelata essere un vero e proprio
mostro?
Cosa fosse,
inizialmente né Boris né Cassiel lo
compresero.
Ma inquietava e
scuoteva i loro cuori turbati,
rendendoli vulnerabili.
La mano
dell’angelo decaduto era ancora stretta in
quella di Yurij che, nera e sporca, aveva ora lunghe dita simili ad
affilati
artigli.
Il suo corpo
sembrava non avere acquisito alcuna precisa traccia dell’identità
sessuale
che avrebbe dovuto macchiare un Eletto condannato.
Coperto da un
unico e sottile straccio sudicio, un
liscio pettorale d’uomo forte era affiancato da un seno invece scoperto
e
prosperoso; e questa visione lasciò intendere che anche i genitali,
nascosti
proprio da quell’unico brandello di tunica, presentassero la stessa dualità.
I fianchi sottili
conferivano eleganza al suo
profilo, mentre le braccia forti imprimevano una certa dignità di
portamento al
suo sostare lì, immobile e guardingo.
“Ti ringrazio.”
Soffiò quella nuova Creatura,
rivolgendosi con dolcezza a Cassiel; e la sua voce parve simile ad una
melodia dove
cori di voci maschili si fondono armoniosamente ai virtuosismi dei toni
femminili.
Quindi, piano,
quasi attento a non spaventarlo, gli
accarezzò una guancia con delicatezza, ricambiando lo sguardo confuso
ed
inquieto del dannato con un sorriso….
Poi, lentamente,
si voltò verso Boris.
Allora, inclinò
il viso su di un lato e, mutando i
lineamenti della sua espressione in un ghigno talmente largo da
deformargli
l’elegante linea delle labbra, gli puntò un dito contro.
“Ti ammazzo.”
“Peccaminoso e puro.
Quale destino migliore per
colui che regge l’artefatto del Diavolo?”
Nella
grande sala dei troni i tre specchi che in un’epoca antica avevano
donato al
Guardiano la possibilità di osservare silenziosamente la Terra,
l’Inferno ed il
Paradiso s’erano incrinati, divenendo completamente neri.
Una
fanciulla sedeva sul seggio più imponente, carezzando con la punta
delle dita
un libro poggiatole in grembo.
Per
lungo tempo restò ferma, rimirando come ogni singola ala nata da
quattro dei
cinque troni ne avesse sgretolato le superfici preziose.
“Questo non dovrebbe essere il
mio
posto.”
Sui
suoi piedi nudi scivolarono alcuni frammenti del cristallo dei nobili
sedili
che la circondavano.
Fremette,
mordendosi le labbra con la furia di chi aveva subito un’ingiusta
punizione.
“Lucifero… Giuro che
sarò presto tua.”
“Sono
il Caos Primordiale, colui che dalla
sovrabbondanza del suo esistere e definirsi
ha dato vita all’universo.”
“Sono l’Ordine delle
cose, colui che ha
trapuntato il cielo di stelle, che ha
eretto il Paradiso e concesso all’uomo la Conoscenza.”
*Fine
capitolo diciassette*
Sono terribile, me ne
rendo
conto.
Beh, mi scuso profondamente
per i miei continui ritardi e spero che chi sia ancora in ascolto sia
almeno un
po’ contento di questo ritorno.
Abbiamo visto Lucifero e
Yuyu, abbiam visto Kei ed Ira, abbiam visto Yuyu nelle sue sembianze
demoniache
ed infine un nuovo personaggio...
Per non parlarvi del super
spoiler che vi ho fatto alla fine del capitolo e_e.
Ma sì, sono stata fin troppo
buona u_ù.
Bhé, sono iniziate le
vacanze, quindi spero di poter sfornare un altro aggiornamento a breve,
ma non assicuro nulla!
IMPORTANTE:
volevo
dire che ho modificato la parte finale dello scorso capitolo,
eliminando
“Pestilenza” ed introducendo “Inganno”.
Diciamo che sono stata
confusa da un paio di cose, compresa anche la fretta della partenza
l’estate
scorsa quando ho aggiornato, e che ho risolto in ritardo solo
riprendendo
qualche giorno fa la storia!
Infatti non mi trovavo più
coi miei schemi ò_ò’’.
Ma la colpa, ovviamente, è
solo mia e di non aver riportato bene nero su bianco le mie intenzioni
e non di
chi, giustamente, mi aveva fatto notare delle imprecisioni tremende
u_ù’’.
I Cavalieri dell’Apocalisse
sono quattro; il primo avanza su un cavallo bianco: rappresenta il
falso
Cristo.
Il secondo, sul cavallo
rosso, la Guerra.
Il terzo, sul cavallo nero,
la Carestia.
L’ultimo, sul cavallo verde,
la Morte –compresa di pestilenza!
Eh, bhé, credo sia tutto e_e.
So che potrebbe ancora
confondervi la cosa, ma se continuerete a seguirmi giuro che vi porterò
chiarezza e_e!
Un bacio, ed un grazie dicuore a
tutti coloro che
leggeranno e soprattutto che
recensiranno ^^!
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