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N.d.A.: Primo
capitolo di questa FF che sta nascendo dopo aver visto e rivisto UnderworldEvolution che
personalmente trovo bellissimo. E siccome a volte tendo a preferire i cattivi
(SOLO nei film), a me Marcus
m’intriga da morire O__o (non perché è cattivo ma perché lo trovo figo XD E spesso quelli che trovo fighi,
fanno la parte dei cattivi!)! Cosa comporterà questa
mia passione? Se avrete un po’ di pazienza, lo
scoprirete XD.
E se vi va… recensite!
Bloody
underground
Il sole non
poteva più ferirla. Dopo secoli di buio, poteva guardare sorgere il sole senza
paura di morire. Lui era vivo, lì di fronte a lei. Si avvicinò e la baciò: sì,
era davvero vivo.
−
Credevo di averti perduto. − gli disse lei. L’uomo le
sorrise.
− Sono
tornato per te. Per stare con te, per sempre. −
Lei piangeva, accarezzando quel viso che fino a pochi minuti prima, era
sicura di non rivedere mai più.
− E’
finita, Selene. E tu sei libera di vivere. − le
disse accarezzandole i capelli.
No, non era finita.
Si era solo concluso un capitolo, e presto se ne
sarebbe aperto un altro. Ma non voleva rovinare quel
momento così intenso, e tacque sorridendogli tra le lacrime di gioia.
− Sì, è
finita. Andiamo via da qui, Michael. Portami via.
−
Lui la prese
per mano e insieme si avviarono verso la loro nuova vita. Alla luce del sole.
/---------------/
− Cazzo,
che macello. −
Due uomini si
aggiravano tra i resti di diverse creature, disgustati e increduli davanti allo
spettacolo raccapricciante che si presentava ai loro occhi. Acqua, corpi
straziati, sangue e detriti.
− Amico,
questo posto fa davvero schifo. Non ho mai visto una cosa del genere. Guarda qui, cos’è questo? Un uomo, un animale? Dio, che schifo. − disse uno dei due in risposta all’altro, toccando con un piede quello che
all’apparenza era un braccio. Di che tipo di creatura, però, era difficile
dirlo.
−Senti che odore. E smettila di toccare quella roba, mi fai venire il
voltastomaco. −
L’altro ubbidì
e tornò a guardarsi intorno. C’era fumo ovunque, probabilmente l’elicottero era sul punto di esplodere. Alzò lo sguardo e si ritrovò praticamente sotto il muso dell’elicottero piombato nei
sotterranei aprendo una voragine nel soffitto. Abbassò gli occhi e si accorse
di essere circondato da …resti di qualcosa simile ad un essere umano.
−No davvero, questo
posto fa schifo. Guarda che roba, dove cazzo siamo
capitati? Sto per vomitare. −
−
Rilassati Matt, sta’ calmo. Dobbiamo prendere i
campioni come ci è stato ordinato e poi ce ne andiamo.
−
Ma l’altro maneggiava nervosamente l’arma
che aveva in mano. Quei sotterranei maledetti erano pieni di morte e orrore, e
per di più un elicottero di merda penzolava dal
soffitto, in attesa di piombargli addosso.
− Sì ma
facciamo in fretta. Mi sono rotto di stare tra questi cadaveri puzzolenti.
− disse guardandone uno appeso, imprigionato in
una rete e crivellato di colpi d’arma da fuoco. Lo guardò meglio e pensò che… sembrava un lupo.
−
Sinceramente neanche a me piace stare tra questi cosi, ma se non portiamo a
termine il compito, faremo la loro fine. −
−
Davvero? Sbranati, scannati, crivellati, fatti a pezzi, eccetera? −
rispose Mattprovocatorio.
L’altro lo
guardò torvo. −Sai
cosa intendo, idiota. Quelli non
vanno tanto per il sottile. Forza, sbrighiamoci. −
− Sì ma…
Carl… per curiosità: come pensi di capire quale tra
questi pezzi di merda è Marcus? − gli fece notare,
logicamente.
L’altro si
fermò e dopo aver guardato il collega, alzò lo sguardo sopra di loro. − Ecco come faremo. −
−
L’elicottero? E che c’entra l’elicottero con quel mostro?
− replicò Matt.
− Sei un
vero coglione, Matt. Te lo spiego strada facendo.
Saliamo, avanti. − e lo spinse con il calcio del
fucile.
/---------------/
Raggiunsero
quello che restava del ponte di legno, le assi erano
pericolanti e i due uomini camminavano lentamente per timore di finire
nell’acqua putrida sottostante. Si avvicinarono ai rottami dell’elicottero con
fare circospetto. Avevano paura.
−
Certo che a schifo, questo posto non scherza neanche, eh? Guarda quelle assi.
− disse Matt indicando il sangue rappreso che
aveva inondato i resti del ponte poche ore prima.
−
Bah! Io devo cambiare mestiere. Questo lavoro diventa sempre più ripugnante.
− ribattè l’altro storcendo il naso.
Dopo
alcuni istanti di raccapriccio, i due uomini si avvicinarono all’elicottero. Le
pale erano grondanti di sangue.
−
Le pale lo hanno maciullato. Una bella centrifuga di vampiro. − commentò Carl disgustato.
−
E ora che facciamo qui? − domandò l’altro.
−
Prendiamo i campioni di sangue di Marcus e ce ne andiamo rapidamente. −
Matt sbatté le palpebre, e finalmente capì.
−
Ah lo prendiamo da qui! Ecco cosa siamo venuti a fare qua
sopra. − realizzò.
Il
collega lo guardò con un sorriso di scherno.
−
Sì! L’hai capito, Einstein! Cosa credevi, che
avremmo preso un pezzo qualsiasi di quei cadaveri e gliel’avremmo
portato? Sei proprio un idiota patentato, e ti mettono sempre in coppia con me,
porca puttana.− l’altro si indignò.
−
Ehi ma che cazzo vuoi? Non so tu ma
io non è che mi metto a pensare a che parti del corpo di un morto devo portare in
laboratorio! Guarda tu questo stronzo… −
−
Se hai finito di starnazzare, io comincerei il
prelievo… − e gli buttò in braccio una valigetta nera. Matt l’afferrò imprecando.
−
Già che ci sei buttamela direttamente nei denti! − protestò.
−Zitto cazzone. Aprila e avvicinati, qui c’è tanta roba
interessante… −disse
guardando le pale dell’elicottero.
Un
sangue scuro, denso colava dal metallo: un sangue che non sembrava neanche
umano.
Matt borbottò qualcosa e si avvicinò al
collega aprendola la valigetta. Carl ne tirò fuori
una provetta, tolse il tappo e con un bastoncino di legno vi fece cadere alcune
di quelle gocce viscose, richiuse la provetta e la ripose nella valigetta. Ne
prese un’altra e ripeté l’operazione in un altro punto.
−
Guarda guarda…. questa mi sembra pelle… − e prendendo un’altra
provetta, raschiò quella che in effetti sembrava qualcosa simile alla pelle
umana.
− Che porcheria…− fu il
commento disgustato di Matt.
−A te fa schifo
questo… a me fa più schifo ciò che vogliono fare quei pazzi. − confessò Carl riponendo l’ultima provetta.
Matt richiuse la valigetta. − Bene,
finalmente possiamo andarcene da questa merda? −
chiese ansioso.
−
Certo, non vorrai restare in compagnia di questi signori, spero. −
−
Neanche per tutto l’oro del mondo. Saranno pure morti ma
mi spaventano ugualmente. Ce n’è uno lì sotto che sembra guardarti. −
Carl scosse il capo. − Sei proprio un
fifone del cazzo, amico. −
− Già perché tu invece sei un
leone. −
−
Taci cazzone, se avessi almeno la metà del mio
coraggio saresti un eroe nazionale. −
I
due uomini continuarono ad insultarsi per tutto il tragitto fino all’uscita dai
sotterranei, cercando di evitare di calpestare quei corpi maciullati qua e là
sommersi dall’acqua.
− Certo che quella troia ha fatto
proprio un casino.
− commentò Matt guardando il corpo martoriato
di un lycan.
Carl guardò il cadavere. − Beh meno
male, meno di queste cose pelose ce ne sono in giro e meglio è. Dai usciamo da qui, c’è una puzza terribile. −
Indossarono
le maschere per l’ossigeno e si immersero nell’acqua,
uscendo da quei sotterranei disgustosi.
/---------------/
−
Avete portato a termine la missione? − chiese loro un uomo in camice
bianco.
−
Sì signore, abbiamo i campioni. − rispose Carl
mostrandogli la valigetta.
L’uomo
la guardò per poi spostare lo sguardo su quei due di fronte a lui.
−
Siete sicuri si tratti di MarcusCorvinus? −
−
Abbiamo trovato questi campioni sulle pale dell’elicottero che l’ha fatto a
pezzi. Dubito che possano essere di qualcun altro. Abbiamo seguito le nostre
informazioni. −
L’uomo
in camice sorrise soddisfatto.
−
Molto bene ragazzi. Avete fatto un buon lavoro. Potete andare. −
I
due si congedarono e uscirono dal laboratorio.
Rimasto
solo, l’uomo in camice venne raggiunto da un altro
uomo che fino a quel momento era rimasto nell’ombra.
−
Abbiamo il sangue di Marcus. − annunciò quello
che il cartellino sul camice denunciava come “Dott.Wiet”.
−
Proceda come programmato, dottore. − rispose l’altro.
Il
dottore annuì e posò la valigetta su un tavolo, l’aprì e prese una delle provette contenente il sangue.
La
sollevò guardandola controluce mentre il contenuto
scivolava lentamente sulle pareti di vetro.
N.d.A: Grazie a tutti coloro che
stanno leggendo questa ff e un grazie particolare
agli autori delle recensioni. Spero vi piaccia questo secondo e romantico
(oddio io romantica?? =__=) capitolo!.
A presto e… se vi va…. Recensite! Baci!
Willyoumarry me?
“Possiamo andarcene di qui, se vuoi.”le disse Michael
accarezzandole il viso.
“E dove? Per fare cosa?”
la voce di Selene era ancora rotta dall'emozione.
Michael si stinse nelle spalle.“Dove vuoi tu, amore
mio. In Inghilterra se ti va, oppure in America. Ovunque tu voglia. E per quanto riguarda cosa faremo, beh.. ricominceremoa
vivere la nostra vita.”
Selene sospirò, sorridendogli con dolcezza.
“Sai bene che non è possibile Michael, non potremo
mai vivere una vita normale. Noi non siamo semplici umani, il nostro posto non
è tra loro.”Michael si oscurò, realizzando quanto lei avesse ragione.
“Allora cosa faremo, Selene?”le chiese allargando le braccia.
“Resteremo qui, a Budapest. Noi siamo ungheresi,
apparteniamo a questa terra.”
“Ora sono io a chiedertelo: per fare cosa?”
“Ricominciare Michael, ricominciare.
Sento che non è finita, non completamente almeno. Dobbiamo riorganizzarci.”
Michael si lasciò sfuggire una
risatina nervosa.
“Selene, sono tutti morti. Gli anziani sono morti, persino Marcus è morto, dilaniato dalle pale di
quell'elicottero. Anche William è morto, l'ho ucciso
con le mie mani. E' finita, tesoro. E' finita.”le disse prendendole il viso tra le mani.
Selene avrebbe voluto tanto credergli, convincersi
che era davvero tutto finito, che le congreghe erano solo un brutto ricordo e
che loro erano liberi di vivere come meglio credevano.
Ma lo sapeva, lo sentiva nel profondo del suo essere:
l'incubo non era finito. C’era qualcosa, lo sentiva
nell’aria. Qualcosa di irrisolto, che presto o tardi
si sarebbe palesato in tutta la sua violenza. Aveva la strana certezza che così
come tutto non era cominciato con la nascita di Marcus e William Corvinus, così non poteva finire con la loro morte.
“Michael, credimi, non può essere totalmente finita
qui. Ho visto tante di quelle… cose che davvero non posso credere di aver posto
la parola fine a questa maledizione. Dobbiamo stare attenti, riorganizzarci.”ripeté convinta.
“Cosa intendi per
riorganizzarci? Cosa vuoi fare?” le chiese lui guardandola
attentamente.
Selene rifletté per un lungo
momento, si guardò intorno, puntando gli occhi sulle rovine di quel
maledetto maniero.
Quante morti, quanto orrore custodivano
quei ruderi. Poi alzò lo sguardo verso l’orizzonte, il sole era alto ormai e un
sorriso le affiorò sulle labbra: erano secoli che non guardava
il sole, e l’unico pericolo che ciò comportava adesso per lei, eradi restare abbagliata per qualche secondo:
non sarebbe mai morta a causa di un raggio di sole.
“Cosa farò, mi chiedi?
Cercherò alcuni vecchi amici, Agenti di Morte di cui posso fidarmi ciecamente.
Sono sicura che almeno loro, sono ancora in vita. Creeremo un piccolo esercito
sentinella, e vigileremo.”
Michael annuì poco convinto.
“Carino, ma…le armi? È andato tutto distrutto, se
non ricordo male. Difficile vigilare senza quelle.” osservò scettico.
“Hai ragione. Ma Tanis è molto fornito, e inoltre
ho la sensazione che possegga molto più di quanto non
abbiamo visto. Armi di un certo livello.” affermò la
donna con un sorriso malizioso. Anche Michael sorrise
nello stesso modo.
“Hai ragione, armi notevoli. Certo
che riuscire a creare proiettili UV non è da tutti…”
“Armi micidiali, Tanis è
un essere abbietto. Lo è sempre stato. Arrivista ed egoista.” inveì Selene, non sapendo che Tanis aveva già avuto la sua
punizione per mano di Marcus.
“E dei Lycans? Cosa mi dici di loro?” le chiese l’uomo. Entrambi sapevano
che nei sotterranei della città dovevano essercene ancora, forse pochi oppure a
centinaia. Era comunque un problema a cui pensare.
“Non lo so Michael, se per questo potrebbero essere
aumentati nel frattempo, o magari tutti morti: davvero non lo so. Ma ci
penseremo, avremo tanto tempo per… risolvere il problema.”gli rispose cingendogli la vita con le braccia.
“L’importante per ora, è che siamo insieme. “
Michael sorrise e le passò le dita tra i capelli.
“ Hai ragione Selene. E se
sono qui, è grazie a te. È stato il tuo sangue ad avermi riportato in vita. Mi
salvi di continuo, ultimamente.”considerò
in tono ironico. Selene ridacchiò.
“Per una volta, è la principessa che salva il
principe. Bella favola, vero?”Michael sorrise attirando a sé.
“Già, devo dire che come principe azzurro faccio un
po’ schifo, sei sempre tu a salvarmi la pelle!”
“Allora vorrà dire che la tua pelle sarà mia, per
sempre….”gli annunciò lei in
tono suadente, sfiorandogli il petto con la punta delle dita. Michael
rabbrividì, ma non per il freddo.
“Attenta piccola, se mi parli in quel modo e mi
tocchi anche… risvegli qualcosa di molto pericoloso…” l’avvertì malizioso.
Selene sorrise mostrandogli volutamente i canini.
“Tu non sai quanto posso essere pericolosa io…. posso morderti quando e come voglio…” gli disse guardandolo
in un modo che Michael considerò erotico e che lo fece vibrare, tanto da
abbracciarla forte stringendola contro il proprio corpo.
“Sei una bambina cattiva…. Mi provochi.” l’accusò
lui dandole un bacio.
Quando ruppero quel bacio, entrambi tornarono seri, ma fu Selene a parlare per prima.
“Andiamo Michael, avremo
tempo per…. discutere sulla mia cattiveria.”
Michael annuì sospirando. “Hai ragione. Direi che
come prima cosa… dovremo farci una doccia. O almeno io, ho bisogno di una doccia.” disse
guardando quello che restava dei propri vestiti, vale a dire i pantaloni
strappati e sporchi di terra e sangue.
Lei gli accarezzò i capelli con dolcezza. “A me
piaci anche così, sai? Sei maschio!” lo lusingò, ma
Michael rispose con una smorfia.
“Certo, come no.
Dite tutte così, poi non appena si va a vivere insieme, pretendete il massimo
dell’ordine e della pulizia!” scherzò l’uomo.
Selene sgranò gli occhi e Michael credette di aver detto qualcosa di sbagliato.
“Che c’è Selene? Stavo scherzando…” cercò subito di rimediare.
“Vivere insieme?” ripeté la donna, ignorando la
domanda di Michael.
“Sì…. Credevo che questa sarebbe stata… beh ecco…. la nostra situazione.” confessò
quasi intimidito.
Le labbra di Selene si distesero in un sorriso così
dolce da fargli battere il cuore più forte.
“Davvero…. cioè, vivere
insieme come….”
“….. marito e moglie. Sì,
perché no? Non ti piacerebbe… se… giocassimo un po’ a marito e moglie? ” finì
l’uomo con un sorriso.
Selene lo abbracciò forte, e di nuovo le lacrime le
bagnarono le guance.
“Sono una stupida… sto piangendo di nuovo.”si lamentò senza smettere di
abbracciarlo.
“Quindi vuol dire, che…. vuoi stare davvero con me?” domandò Michael, come se davvero
avesse dei dubbi a riguardo.
“Certo Michael… voglio stare con te per l’eternità.”le rispose sciogliendo
l’abbraccio.
“Quindi mi sposerai,
Selene? Anche se saremo una coppia strana… mi vuoi
sposare? Sì o no, senza spiegazioni inutili.”
“Sì. Anche se non so come faremo
visto che io non esisto per il mondo. Ma SÌ,
voglio sposarti….”gli rispose con un gran sorriso.
Questa volta fu Michael ad abbracciarla forte,
sorridendo felice.
“Non ci credo…. ho appena
chiesto ad una vampira di sposarmi!” disse lui. Selene scoppiò a ridere.
“Se per questo io ho detto
sì ad un licantropo!”
E risero entrambi restando
abbracciati per lunghi, lunghissimi minuti.
Che cosa stavano facendo, di preciso?
Davvero Michael le aveva chiesto di sposarlo? E davvero lei aveva accettato con gioia di diventare sua
moglie? Avevano forse dimenticato chi erano entrambi, o meglio, cosa erano entrambi?
No. Nessuno dei due l’aveva
dimenticato. Era nel loro sangue, lo sentivano ad ogni
respiro.
Ma si amavano, e volevano
ricominciare.
Selene continuava a pensare che quell’incubo non era finito, ma voleva vivere e combattere: insieme a
Michael, il suo uomo.
Tutto il resto, importava poco.
“Ti amo Michael. Ti amo davvero.” gli dichiarò guardandolo negli occhi.
“Lo so piccola. Non immagini quanto ti amo io.”rispose Michael.
“Lo vedo nei tuoi occhi.”
Sì, era vero. Leggeva l’amore negli occhi di
Michael e sperava tanto che lui lo leggesse nei suoi.
Per la prima volta, dopo tanti secoli, si era
sentita di nuovo semplicemente una donna.
Lentamente la porta si aprì, entrò un ometto tarchiato e con spessi occhiali da
vista.
“Dottore, prego si accomodi. Mi
dica tutto.” lo esortò con un sorriso, sperando in buone
notizie.
Il sorriso gli morì sulle labbra quando il suddetto dottore lo guardò con aria mesta.
“La prego, mi dia buone notizie.”
“Mi dispiace signore... un altro
rigetto.”annunciò
torturandosi le mani.
L'altro colpì la propria scrivania
con un pugno.
“Dannazione! Il sesto rigetto in
un mese? Ma che diavolo fate voialtri in quei
maledetti laboratori?” inveì duramente.
“Mi dispiace
signore, non sappiamo come spiegarlo. Tutte le donnehanno un rigetto non oltre la seconda
settimana.” spiegò il dottore, concitato.
“Beh, riprovate! E' per questo che vi pago, no? Prima o poi
riuscirete a concludere qualcosa di buono, voi stupidi idioti!”
“Ma...”
“Ma cosa?
Si esprimi in modo concreto, dottore.” lo apostrofò
aspramente.
“Le donne a disposizione sono.. terminate. E dubito che con quelle già sottoposte
all'esperimento, rivelatosi fallimentare, riusciremmo
a realizzare il nostro progetto.”
“Usate le altre, allora.”
“Le altre, signore?” domandò
perplesso lo scienziato.
“Sì, le altre. Dalla
cella 201 alla 300. Qualcuna dovrà pure andare bene.” sostenne
con noncuranza, come se stesse parlando di oggetti, o di animali.
“Signore ma... sono umane!”
“E
allora?”
“Non credo che un'umana possa
sopportare... una cosa del genere...”
L'uomo si alzò dalla sua scrivania
e raggiunse lo pseudo-scienziato. La differenza
d'altezza tra i due era impressionante, grottesca.
Il dottore doveva alzare la testa
di parecchi gradi per poter guardare l'altro in faccia, che lo sovrastava di
almeno venti centimetri.
“Dottore, quello che crede lei non
mi importa. Deve solo attenersi agli ordini:
riprendete subito gli esperimenti! Almeno una di quelle femmine deve restare
incinta, e portare a termine la gravidanza! Si dia da fare, dottore: ne va
della sua vita.”lo minacciò
furente.
L'altro, pallido come un lenzuolo,
si limitò ad annuire e iniziò a indietreggiare
lentamente, come se avesse paura di voltare le spalle a quell'uomo. Beh, in
realtà aveva davvero paura di voltargli le spalle.
Appena il nanerotto
uscì fuori, l'uomo tirò un profondo sospiro e si avvicinò alla finestra. Il Balaton si estendeva a perdita d'occhio, qua è là qualche
imbarcazione di turisti o troupe cinematografiche: aveva sentito dire che
stavano girando un film da quelle parti.
Un film sui vampiri. Scosse il capo, un sorriso maligno gli affiorò sulle labbra.
Se solo sapessero
quanto erano vere quelle cose, quando vicino a loro era il Male.
Invece, stupidi parassiti senza
cervello, correvano nei cinema a guardare film sui vampiri divertendosi un mondo:
non si sarebbero divertiti tanto, se ne avessero
incontrato uno per davvero. O magari un esercito di
vampiri.
“Poveri, stupidi umani. Non ne avete la minima idea...” mormorò
fissando un punto indistinto del Mare d'Ungheria.
Sì, non ne avevano
idea, ma chissà, con un po' di fortuna il suo casato sarebbe tornato a
splendere come nei secoli passati. Il suo glorioso casato avrebbe di nuovo
comandato su quelle lande.
Sempre che quegli idioti di
scienziati riuscissero nel loro compito.
Aveva qualche dubbio in merito, in
dieci anni aveva.... sostituito già sette esimi
dottori, sospettava che quel piccolo tedesco fifone sarebbe stato l'ottavo. Ma non doveva perdersi d'animo, aveva tutto il tempo che
voleva. Prima o poi sarebbero nati, fosse stato anche
tra mille anni. Non doveva fallire, non poteva
fallire. Per troppo tempo erano rimasti nell'ombra, era
giunto il tempo di tornare a comandare.
“Saremo di nuovo
grandi, e forti. Insieme.”
Tornò a sedersi alla scrivania e
aprì un cassetto, tirandone fuori un dossier. L’aprì e lesse con attenzione, ma
sorridendo.
Selene continuava
a giocare all’Agente di Morte, ora addirittura si era sposata con il
caro Michael Corvin: che bella coppia. Una vampira e
un ibrido, nei secoli passati li avrebbero uccisi senza pensarci due volte.
“Che
decadenza di costumi!” esclamò in tono ironico, richiudendo il dossier con uno
scatto.
Ma presto, lo
sentiva, avrebbe sistemato le cose. Ognuno sarebbe tornato al suo posto, e non
si sarebbero più commessi tali obbrobri.
“Presto nascerà un nuovo re.”
N.d.A.: capitolo breve in quanto “di
transizione”, come li definisco io. Vale a dire serve da ponte ad un altro
periodo. Da notare che il primo film è stato girato nel 2002
ed ambientato pressappoco nello stesso periodo. Il secondo film (benché
girato alcuni anni dopo) si svolge subito dopo, quindi suppongo sempre nel
2002. Adesso siamo nel 2012, sono passati dieci anni. E ne passeranno ancora
molti….
Quando
Michael e Selene erano andati al monastero dove da più di
trecento anni viveva Tanis, quello che avevano trovato era stato solo distruzione
e morte. Marcus aveva ucciso lo storico, che trovarono riverso su un
tavolo in una pozza di sangue. Beh, poco sangue a dire il vero,
perché la maggior parte lo aveva preso Marcus stesso.
Nei
sotterranei trovarono le due vampire morte e oltre a cadaveri di
Lycans morti chissà quando, anche alcune belve in vita che
dovettero abbattere perché fuori controllo. Fortunatamente le
armi c'erano tutte, Corvinus le aveva ignorate, non stimandole
pericolose per sé o per suo fratello William. E con grande
stupore avevano scoperto anche che incredibile tecnologia usava
l'esiliato Tanis, che tanto esiliato non era mai stato.
Dopo
averci pensato bene, entrambi erano convenuti su una importante
questione. Quel monastero abbandonato, sarebbe stato il loro quartier
generale. Troppi i vantaggi per lasciarselo sfuggire, non solo una
posizione strategica, ma anche costose e complicate tecnologie: un
vero colpo di fortuna.
Selene,
come aveva detto, era riuscita a rintracciare diversi Agenti di
Morte, alcuni nascostisi tra Ungheria e Romania, altri più
lontano, ma tutti pronti a riunirsi a lei per formare un esercito
sentinella. E, com'era ovvio che accadesse, il comandante di questo
esercito era Selene. E Michael si era accontentato di essere una
specie di... principe consorte. Ma non gliene era importato nulla, a
lui era bastato poter stare con la sua donna.
E
si erano sposati, in un modo strano forse, ma efficace. Michael
risultava ancora semplicemente un medico trentenne, ma Selene.....
era nata nel 1200.
Documenti
falsi.
Selene
era diventata, per pochi giorni, Ramona Yuvia. Matrimonio civile,
ovviamente, e poi..... brutto incidente nel quale erano periti i
coniugi Corvin.
Così
Michael aveva risolto anche il problema del suo non-invecchiamento,
per una ventina d'anni avrebbe potuto ancora girare indisturbato per
il mondo, ma poi avrebbe dovuto ritirarsi e nascondersi per
l'eternità in quanto Michael Corvin non sarebbe mai stato
dichiarato morto. Così invece, era libero. Erano entrambi
liberi, e insieme.
E
così erano passati più di vent'anni, e adesso, nel
2024, stava per nascere il loro primo figlio....
/-----/
“Fatemi
entrare!”
Michael
scalpitava fuori dalla loro camera da letto, mentre Selene dentro di
essa stava partorendo. Urla disumane risuonavano per tutto
l'edificio, e il padre del nascituro continuava a chiedere di poter
andare da sua moglie.
“Io
sono un medico!” ripeté per l'ennesima volta “Posso
aiutarla!”
Karl,
un ex Agente di Morte bicentenario, riusciva a trattenerlo a stento.
“Ragazzo mio, guarda che non è la stessa cosa. La
nascita di un.... piccolo vampiro è decisamente....”
“Orribile
e sanguinoso. Più della nascita di un umano.” intervenne
una donna accanto a loro. “Dacci retta, Mike, lascia lavorare
le nostre levatrici. La medicina umana, con noi, non vale. E non
preoccuparti delle urla” lo rassicurò posandogli una
mano sulla spalla “è normale, io ai miei tempi ho urlato
così forte che con tutta probabilità mi avranno sentito
fino a Praga.”
Michael
si sforzò di sorridere. “Dici che è normale...
tutto questo?” domandò dopo l'ennesimo urlo di Selene.
“Sì”
annuì Monique “è normale, e oltretutto è
il primogenito. Gli altri saranno meno dolorosi.” gli disse
strizzando un occhio.
“Altri?”
ripeté aggrottando la fronte. “Ancora non è nato
questo e già mi parlate di altri figli? E' un miracolo se ne
usciamo vivi.”
Karl
lo guardò perplesso. “E tu che c'entri? Non stai
partorendo tu, ragazzo.” gli fece notare sarcastico.
L'altro
annuì. “Sì ovvio, ma se continuo a sentire tutte
quelle urla... e la nascita ritarda ancora... a me verrà un
colpo.” gemette Michael serio. Gli altri due si guardarono e
scoppiarono a ridere.
“Ancora
non ha capito che non può morire!” esclamò Karl.
“Dagli
tempo, è uno di noi da due decadi soltanto.”
L'interessato
stava per rispondere qualcosa, quando un vagito di bambino ruppe
l'aria facendo saltare tutti e tre.
“Oh
mio Dio! E' nato!” urlò Michael entusiasta.
La
porta della camera si aprì e uscì una delle levatrici.
“Entra, ragazzaccio. Così la smetti di strillare come
una vecchia megera!”
Michael
non se lo fece ripetere due volte.
Si
precipitò nella stanza e corse accanto al letto. “Selene!”
disse rivolto alla moglie che lo guardavano sorridente.
Era
stravolta, coperta di sudore ma raggiante, e aveva in braccio un
fagottino pallido.
“Vieni
a vedere nostra figlia.” lo invitò.
“E'
una femminuccia?” chiese sedendosi sul letto.
Selene
annuì. “Sì, una bellissima femminuccia, guarda.”
e spostò il lenzuolo che l'avvolgeva.
Le
guance paffute, il nasino piccolo e pochi capelli sottili e
nerissimi. Aprì gli occhietti rivelando un bel colore verde.Il
neo papà restò in silenzio per un po', ma poi iniziò
a piangere per l'emozione.
La
mamma invece scoppiò a ridere. “Che fai? Io non ho
pianto e lo fai tu adesso?” lo canzonò.
Lui
scrollò le spalle. “Che ci posso fare? E' troppo bella
per non piangere. Guarda che occhi...” disse prendendo una
manina della piccola.
“E'
praticamente umana, sai?”
Michael
guardò sua moglie con aria interrogativa. “Cosa?”
“Sì..
cioè... non propriamente umana ma non è neanche un
vampiro o un Lycan.”
L'uomo
guardò allora le levatrici che stavano osservando la tenera
scena familiare.
“Che
vuol dire?” chiese a loro.
“E'
normale” iniziò la più anziana “i nostri
figli, cioè quelli nati da vampiri, nascono con poche
caratteristiche tipiche del vampiro, che poi svilupperanno da grandi.
Vostra figlia tuttavia, sembra non averne nessuna, sembra essere nata
da... umani.”
“E
questo è un bene o un male?” domandò Selene.
La
donna fece spallucce. “Ragazza mia...sono mille e trecento anni
che faccio nascere bambini della nostra specie e sono tutti nati come
ti ho spiegato. La tua piccolina è una novità. Ma
sicuramente, il fatto che sia nata in perfetta salute, è un
buon segno.”
I
due genitori si guardarono. “Andrà tutto bene amore
mio.” la rassicurò Michael accarezzandole i capelli.
Lei
sorrise. “Sì, andrà tutto bene.”
La
piccola emise un mugolio, quasi volesse attirare l'attenzione su di
sé.
“Come
la chiameremo?” chiese il papà guardandola adorante.
“Che
ne dite di Nadine?” intervenne Monique dalla porta.
Selene
si illuminò. “E' bellissimo! Che ne dici Michael?”
gli domandò con un sorriso.
L'uomo
annuì. “Sì. mi piace. E a te piace?” chiese
alla piccola prendendole una manina.
“Nadine”
ripeté la mamma “benvenuta amore mio... benvenuta al
mondo...”
Ma Nadine non fu l'unica nuova
creatura a vedere la luce in quegli anni. Qualche tempo prima, dieci
anni per la precisione, i terribili esperimenti che si eseguivano
nella piccola isola di Tihany portarono gli scienziati a risultati
concreti.
Così,
una mattina di Novembre del 2014, vennero alla luce due gemelli,
maschi e in perfetta salute.
O
quasi.
Uguali
nell’aspetto, un po’ meno geneticamente. Ma era un
problema che avrebbero affrontato con calma, quando se ne sarebbe
presentata la necessità. Per ora sia gli scienziati che il
promotore di tali esperimenti, poteva ritenersi soddisfatti e gioire
del buon esito dei loro intenti.
I
due neonati vennero chiamati Felix e Aleksander. Corvinus,
ovviamente.
Perché
i due piccoli ignari bambini, erano i cloni di Marcus Corvinus, il
capostipite di tutti i vampiri d’Ungheria.
Usando
il sangue del suddetto patriarca, erano stati creati in laboratorio e
impiantati nel ventre di un’umana, visto che tutte le donne
della specie più idonea abortivano nel giro di poche
settimane.
Ma
probabilmente proprio a causa di questa variante, Felix e Aleksander
nacquero con due precise differenze. Il primo, era semplicemente…
umano. Non mostrava cioè alla nascita nulla che dichiarasse la
sua origine quanto meno abominevole. Un neonato normale, che
necessitava di latte come ogni creatura nata da un mammifero.
Aleksander
invece, pur essendo normale all’apparenza, era già un
mostro. Rifiutava il latte prediligendo… sangue. Era nato
vampiro e allo stesso tempo aveva in sé una parte Lycan. Era
un ibrido: non era mai successo, nemmeno con Selene e Michael.
Era
ufficialmente nata una nuova razza e l’ideatore di questo
scellerato piano non poteva che essersene orgoglioso. Dopo anni di
lotte, era riuscito a ricreare la fonte, due gemelli speciali come lo
erano stati Marcus e William. Anche se solo il tempo, avrebbe
dimostrato fino a che punto sarebbero stati degni dei loro potenti e
terribili antenati.
Sicuramente,
l’ibrido prometteva molto bene…
/-----/
Tihany
– Ungheria - 2025.
“Io
non ti capisco..” ammise, disgustato nel vedere il fratello
trangugiare con piacere orribile pasto.
“Cosa
non capisci?”
Felix
si strinse nelle spalle. “Ma non ti fa schifo bere sangue? È..
ferroso, viscido… mi viene da vomitare al solo pensiero!”
Aleksander
rise pulendosi la bocca con una mano. “Tu sei strano
fratellino. Qui tutti bevono sangue, tutti quelli della nostra razza
voglio dire. Solo tu fai il prezioso!”
L’altro
strinse i pugni e lo guardò accigliato. “Io non faccio
il prezioso” obiettò indignato “io stavo per
morire l’ultima volta che hanno provato a farmelo bere! Tu fai
cose strane, tutti fate cose strane! A me piace il cibo normale, non
queste cose…. da vampiro!”
“Ma
noi lo siamo!”
“No!
Tu lo sei, io no!” e corse via, ferito dall'ennesima
affermazione circa la sua identità che lui rifiutata con tutto
sé stesso.
Suo
fratello era fiero di essere.. quella cosa, Felix no. Non aveva
neanche undici anni eppure aveva letto moltissimo su quelli della sua
razza, e non gli piacevano affatto.
Erano
cattivi, violenti, sanguinari e perversi. E Aleksander era sulla
buona strada.
Era
strano vedere come due gemelli, identici fisicamente, fossero tanto
diversi in tutti gli altri ambiti della vita.
Entrambi
con capelli rossi e occhi azzurri, stessa statura e costituzione
fisica. Ma uno pasteggiava allegramente a sangue e derivati, se
necessario. L'altro adorava hamburger e patatine. E se solo sentiva
l'odore del sangue, veniva colto da nausea.
Avevano
provato ad iniziarlo al consueto pasto a base di sangue, ma per poco
non morì e decisero di lasciar perdere, almeno per il momento.
Doveva essere un difetto genetico, povero caro, a renderlo
intollerante al sangue!
Questo
era l'unico neo sullo splendido esemplare di clonazione umana. Anche
se era un neo da non sottovalutare. E soprattutto, si doveva
combattere contro la sua voglia di umanità, di normalità.
Perché Felix, pur nutrendosi come un comune bambino, non era
davvero umano.
Lui
lo sapeva ma non lo accettava, dovevano farglielo accettare.
Così
una mattina, Felix si svegliò e non trovò suo fratello
che dormiva accanto a lui.
“Alek?”
lo chiamò alzandosi “dove sei? Se è uno dei
stupidi scherzi, questa volta le prendi sul serio!” minacciò
agitando un pugno in aria.
Ma
suo fratello non era lì, e non era nemmeno nell'attigua stanza
che loro usavano per giocare. Aveva una terribile sensazione,
Aleksander non si allontanava mai senza di lui, se si svegliava prima
lo aspettava seduto sul letto, non lo lasciava da solo.
Corse
da Jan, l'unico di quei vampiri un po' meno vampiro, anche se beveva
sangue come gli altri, ma neanche lui sapeva dove fosse suo fratello.
“Calmati
ragazzo mio, vedrai che sarà andato a fare un giro nei
laboratori, lo fa sempre!” gli disse cercando di
tranquillizzarlo.
“Ma
non senza di me! È successo qualcosa... lo so, lo sento!”
affermò agitato.
Forse
era il famigerato legame tra fratelli gemelli, ma Felix sentiva
davvero che qualcosa non andava.
Corse
dall'uomo che lui chiamava zio, ma del quale in realtà non
sapeva nulla, neanche il nome.
“Non
trovo Alek, sai dirmi dov'è?” gli domandò
timoroso. Quell'uomo, che aveva reso possibile la sua nascita e lui
lo sapeva, lo spaventava.
“Felix”
iniziò sospirando “dobbiamo parlare.” e gli posò
una mano sulla spalla.
“Di
cosa?” Un brivido di terrore percorse la sua schiena.
“Questa
notte Aleksander si è sentito male. Si è alzato e ha
raggiunto la prima stanza occupata da qualcuno... poi è caduto
a terra, e non si è più rialzato. Mi dispiace ragazzo
mio.”
Felix
lo guardò impietrito, doveva per forza aver capito male. “E'
una bugia! Mi avrebbe chiamato se si fosse sentito male!”
L'uomo
scosse il capo. “Non so che dirti figliolo. Forse non voleva
spaventarti o la paura lo ha spinto a cercare aiuto esterno... so che
è dura ma...”
Il
ragazzino si liberò da quella mano che non sentiva amica e
fece un passo indietro. “No tu non sai niente! Lui era mio
fratello, lui mi amava! E anche se era un mostro che beveva sangue,
io lo amavo! Tutti siete dei mostri, tutti quanti! E io vi odio, vi
odio!”
Così
dicendo, corse fuori, in quel giardino che aveva creato appositamente
per loro. Raggiunse uno degli alberi e iniziò a prenderlo a
pugni. Non beveva sangue, amava il cibo umano, ma aveva una forza a
dir poco demoniaca.
La
corteccia si sbriciolò ben presto e tutto l'albero tremò
sotto la furia dei suoi colpi.
Pianse
lacrime amare, sentendo come se una parte di lui fosse morta insieme
a suo fratello.
Era
vero, lo amava anche se ai suoi occhi umani faceva cose orribili, e
non riusciva ad accettare la sua morte. Lui, l'unico essere vivente
che poteva considerare come famiglia, era morto in silenzio senza
dirgli una parola.
Le
sue mani iniziarono a sanguinare ma non accennava a fermarsi, tanto
che iniziò anche a prenderlo a calci, sfogando l'incontenibile
rabbia che forse nasceva anche da tutto il resto e non solo dalla
misteriosa e prematura dipartita di suo fratello.
Sapeva
di essere stato creato per qualche scopo, non glielo avevano mai
nascosto, sapeva di non avere genitori e di essere la copia di
qualcun altro, e lui odiava profondamente tutto ciò.
E
ora aveva perso l'unico legame che aveva con il mondo, ritrovandosi
da solo in quella specie di prigione.
“Basta!”
urlò Jan raggiungendo il ragazzino.
“Sparisci,
non sono affari tuoi!”
“Felix,
smettila!” ripeté prendendolo per le braccia. Lui si
divincolò e lo spinse lontano, facendolo cadere.
“Ti
ho detto di lasciarmi in pace!”
Jan
non si arrese, si alzò e lo raggiunse afferrandolo di nuovo
per le braccia. “E'
quello che vogliono, smettila!”
gli sussurrò con un filo di voce.
Felix
lo guardò ansimando e corrugò la fronte. “Che
diavolo vuol dire?”
“Fidati.
È quello che vogliono... smettila di fare questa dimostrazione
di forza!”
“Dov'è
Alek? È davvero morto?”
domandò sussurrando a sua volta.
“Non
lo so, non credo. Ma non possiamo parlarne qui. Fidati ragazzo mio,
quello che vogliono è toglierti la tua umanità.
Smettila e torna dentro.”
Il
ragazzino annuì alzando gli occhi verso le finestre
dell'edificio. Qualcuno lo stava spiando e sapeva benissimo chi era.
Lo
zio, ovviamente, compiaciuto di aver saputo scatenare la naturale
violenza insita nel DNA di quella creatura. Tutto secondo i piani.
In
un certo senso, era sempre stato suo fratello a mantenere viva la sua
umanità, poiché quando gli vedeva fare ciò che
lui considerava orribile, si rifugiava nel suo stupido sogno di
normalità. Ora, senza quell'intralcio, Felix sarebbe cambiato.
Ne era sicuro.
Lo
guardò rientrare con un ghigno soddisfatto sulle labbra.
“Eh
sì caro ragazzo, da ora in poi le cose cambieranno...”
Il
giovane Felix, addolorato e arrabbiato, si rinchiuse nella sua camera
e lì restò per giorni, rifiutandosi di uscire. Parlò
solo con Jan, che gli spiegò che qualunque cosa fosse successa
a suo fratello, era stata fatta per lui, per modificarlo come non
erano ancora riusciti a farlo.
“Non
ci riusciranno” affermò convinto “io non sono come
loro, non sono un mostro.”
Si
fermò e rifletté a lungo, poi alzò lo sguardo e
lo puntò oltre la finestra. “Io non sono Marcus
Corvinus. Io sono Felix.”
L'uomo
di fronte a lui annuì sospirando.
Sarebbe
stato difficile per quel ragazzo non perdersi nelle pieghe della
malvagità.
Era
nato per questo, e difficilmente si sarebbe sottratto al suo destino.
Ma
lui lo avrebbe aiutato in ogni modo possibile.
a/n: grazie alle persone che
leggono e che hanno messo questa storia nei preferiti/seguiti. Spero
che continui a piacervi.