Anime attorno al fuoco

di Caillean
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Uno ***
Capitolo 2: *** Capitolo Due ***
Capitolo 3: *** Capitolo Tre ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quattro ***
Capitolo 5: *** Capitolo cinque ***
Capitolo 6: *** Capitolo Sei ***
Capitolo 7: *** Capitolo Sette ***
Capitolo 8: *** Capitolo otto ***
Capitolo 9: *** Epilogo? ***



Capitolo 1
*** Capitolo Uno ***


…Lontano nella casa echeggiò, con suono dolce, un grande gong, seguito da un rumore simile alla risata di più voci, confusa ad un grande scalpiccio di piedi

 

…Lontano nella casa echeggiò, con suono dolce, un grande gong, seguito da un rumore simile alla risata di più voci, confusa ad un grande scalpiccio di piedi.

   Vaire disse allora ad Eriol, vedendone il volto colmo di lieta meraviglia: Questa è la voce di Tombo, il gong dei bambini, che si trova fuori dall’Aula del Gioco Riconquistato, e suona una volta per chiamarli all’ora di desinare, e tre volte per chiamarli nella Stanza del Fuoco di Ceppo, quando si narrano le storie…” 

 

La Casetta del gioco perduto,

tratto da “ Racconti Ritrovati ”

di J.R.R.Tolkien

 

 

Anime attorno al fuoco

 

Capitolo Uno

 

 

      Attorno al fuoco,

     attorno a me,

     sorrisi…

     racconti…

     tepore…

    Attorno a me, la fine della sofferenza…

    Attorno a me, la pace eterna.

    Questo è quello che ho rincorso,

    questo è quello che ho ottenuto…

così lontano dall’idea che mi ero fatto della felicità…

 

“ Frodo…piccolo amico…”

“ Sto bene, Gandalf. ”

“ Forse puoi riuscire ad ingannare chi ancora non ti conosce, caro Hobbit, ma non me…non me. ”

Con un sospiro, tento un sorriso che possa tranquillizzarlo. Lo stesso sorriso con il quale ho salutato per l’ultima volta Sam,

cercando di convincerlo che sarei stato bene, che tutto sarebbe andato bene.

Per tutta la durata del viaggio ho avuto davanti a me il suo sguardo, i suoi sforzi per ricambiare il mio sorriso, e più nulla ha potuto allontanare il pensiero di quanto fossi stato egoista. Ho cercato soltanto di stare meglio, di annullare il mio dolore fisico, di attenuare l’angoscia che mi travolgeva. Ma sono scappato dal dolore, non ho pensato a quello che aveva provato lui.

Non sono riuscito a godere delle comodità della nave che ci ha condotti qui, sulle rive di Valinor…nonostante la vicinanza di Bilbo non ho potuto annullare la sensazione di esser stato per loro tutt'altro che amico. Per questo mi brucia sapere che Sam, Merry e Pipino mi ricordano come qualcuno di insostituibile. In realtà, più la nave si avvicinava a queste meravigliose terre, più mi rendevo conto che alla Contea staranno molto meglio senza di me, senza i silenzi che non riuscivo più a rompere, senza le crisi che non sapevo più come combattere, né tanto meno come descrivere.

Dove siamo, esattamente? ” trovo la forza di chiedere, quando mi accorgo che tutti si allontanano dal fuoco.

E’ Dama Galadriel a rispondermi: “ Siamo a Tol Eressea, Frodo. Ci troviamo nella Casetta del Gioco Perduto, il luogo dove Lindo e Varie ospitano da sempre le piccole grandi anime. ”

Non le chiedo di spiegarsi meglio.

Non ho il coraggio di mostrare tutta la mia ignoranza, e mi stupisco di come la Dama di Lothlorien riesca a farmi sentire così piccolo, senza il realtà usare alcun tono di superiorità…ma anzi parlandomi sempre con il cuore, con la dolcezza del suo sorriso eterno e misterioso.

Io sono una persona semplice, e la sua bontà da un lato sa mettermi a mio agio, ma dall’altra riporta la mia memoria alla notte in cui scrutai il suo specchio, nella radura ai piedi dell’enorme mallorn, a Lothlorien.

Mi sorride ancora, facendomi pensare che Gimli avesse proprio ragione: la sua bellezza è incantevole, è l’essenza pura della luce.

“ Conoscerai tutti gli abitanti di questa Casa, Messer Frodo. Ne avrai tutto il tempo. ”

Un elfo si avvicina a Gandalf, scambiando con lui parole sommesse, poi esce dalla porta del salone, mentre il mio vecchio amico stregone riattizza con cura il fuoco che - fino a pochi attimi fa - è stato il centro di un grande cerchio di compagni, intenti in danze e conversazioni.

Getta un’occhiata all’anziano Hobbit che sonnecchia su una panca di pietra, coperto da diversi panni elfici.

Bilbo ha bisogno di riposare, Frodo, vi mostro le vostre stanze ” mi dice, allungando la sua mano nodosa come ha fatto per accompagnarmi sulla nave, ai Porti Grigi.

Seguiti dal passo leggero di Dama Galadriel, ci avviamo dando le spalle al fuoco.

Le fiamme riscaldano per un attimo la mia schiena: un tocco piacevole e discreto. Un tocco che mi riporta con la memoria alle serate a Casa Baggins, o a quelle trascorse nella locanda “Al Drago Verde”, in compagnia delle risate di Pipino, delle birre di Rosie Cotton, o delle leggende narrate dal vecchio Gaffiere.

Serate che continuano nella Contea…perché è giusto che sia così.

 

Continua…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo Due ***


Anime attorno al fuoco

Ragazzi, non trovo le parole per ringraziarvi per le vostre recensioni. Questa è una ff alla quale tengo molto.

Lothiriel – che mi ha fatto una bellissima pubblicità sul forum: un mondo di abbracci e di baci sulla fronte per te, amica! Grazie! – Hobbit, Kiko 87, Mel, Argenne.

Spero che questo mio Sogno possa continuare a piacervi, anche quando leggerete l’arrivo del personaggio Sorpresa.

Vi dico solo che il mio non è stato un errore di tastiera: ci sarà davvero un personaggio sorpresa, la cui identità si scoprirà solo all’ultimo capitolo.

Detto questo, volevo precisare che non solo la citazione di apertura, ma anche la ballata cantata dall’elfo è tratta da

“ Racconti Ritrovati ” del Professore.

      Non la trovate magnifica…? Ditemi cosa vi trasmette. 

      Buona lettura!

      Caillie

 

Anime attorno al fuoco

 

      “ Si trovava ora in cima al colle fra le abitazioni e, girovagando, quasi per caso svoltò giù per un vicolo tortuoso, finché – un po’ più in basso, lungo il fianco occidentale – il suo sguardo non si posò su una casa minuscola, con parecchie finestre ordinatamente velate da tendine, che lasciavano trasparire una luce deliziosa e molto calda, come se all’interno vi fossero soltanto cuori felici.

Allora, il suo animo provò una gran voglia di compagnia cortese e in lui morì ogni volontà di viaggiare. Spinto da un forte desiderio, Eriol si diresse verso la porta della casetta, bussò e chiese a chi apriva quale fosse il nome della casa e chi vi abitasse.

Gli fu detto che quella era Mar Vanwa Tyaliéva, la Casetta del Gioco Perduto, e a quel nome Eriol si meravigliò alquanto.

Si stupì ancor maggiormente vedendo le dimensioni della casetta, ma colui che era venuto ad aprire – intuendo i suoi pensieri – dichiarò: “ Piccola è la casa, ma più piccoli ancora sono coloro che vi abitano – perché tutti quelli che vi entrano devono essere davvero piccoli, o di loro spontaneo desiderio devono diventarlo qui sulla soglia. ”

Allora Eriol disse che desiderava con tutto il cuore entrare e chiedere a Vaire e Lindo gentile ospitalità per una notte, se l’avessero gradito. Domandò se poteva di suo spontaneo volere divenire piccolo abbastanza per entrarvi. Al che l’altro lo invitò:

“ Entra! ”

Eriol entrò e, guarda guarda – sembrava una casa assai ampia e deliziosa, e il suo padrone Lindo e la moglie Vaire gli vennero incontro per accoglierlo. Il suo cuore fu più felice di quanto lo fosse mai stato in tutto quel viaggiare, benché da quando era sbarcato nell’Isola Solitaria la sua gioia non fosse stata poca…”

 

                                                                                                                                                      da “ Racconti Ritrovati”

di J.R.R. Tolkien 

 

 

Capitolo Due

 

 

 

La Signora di Lothlorien era entrata dalla porticina sollevando la gonna di stoffa lucente con fare sbarazzino, sul volto la stessa espressione di una bambina, estasiata di fronte a quanto appariva ai loro occhi.

Quello era l’altro lato del suo sorriso.

Quello era l’aspetto così giocoso e squisitamente fanciullesco che aveva rapito l’hobbit - senza che lui potesse rendersene conto – già durante il loro primo incontro, nell’attesa di quel saluto avvenuto poi sulle rive dell’Anduin…nell’attesa di quel bacio ricevuto sulla fronte: un bacio che Frodo avrebbe poi ricordato ogni giorno del suo lungo viaggio verso il Monte Fato. 

Al momento di scendere dalla nave, Galadriel si era avvicinata a poppa, dove Frodo e Gandalf sedevano ai lati di Bilbo, come a proteggerlo con il loro calore dal freddo che il suo corpo di vecchio hobbit sopportava a fatica.

      “ Andiamo, Frodo. ” Era stato allora che quella luce aveva ravvivato ulteriormente ( se questo fosse possibile ) il suo sguardo, e con la vivacità che solo un essere senza tempo poteva possedere, Dama Galadriel aveva promesso di narrare al più presto l’origine di Valinor e in particolare della bellissima Tol Eressea, ma ancora non aveva iniziato i suoi racconti, si era limitata a rassicurarlo: presto la persona più adatta a farlo gli avrebbe parlato di tutto questo.

Immaginando che quella persona sarebbe stata Gandalf, Frodo aveva sorriso. Era stato il suo primo sorriso di sincera meraviglia, il primo che fosse riuscito a superare quel velo di nostalgia poco a poco divenuto come una barriera, un muro pericolosamente in grado di chiudere fuori ogni possibile felicità futura.

Mentre seguiva Gandalf, aiutando a camminare un Bilbo alquanto provato dal lungo viaggio per nave, Frodo ebbe modo di guardarsi un po’ intorno. Concluse che non si sarebbe abituato molto facilmente alla quiete di quei luminosi corridoi, per non parlare delle magnifiche sale ricolme di libri e di strumenti musicali…tutti accessibili, tutti a disposizione di chiunque volesse consultarli, suonarli…o anche semplicemente osservarli.

 Era una delle prime cose che gli fossero state dette, quando aveva varcato la porta di quella casa, gli occhi ancora sgranati di fronte alle meraviglie dell’isola sulla quale si era venuto a trovare… " Tutto quello che vedi intorno a te è tuo, quanto delle persone che vivono qui da tempo. La Casetta del Gioco Perduto è casa, Frodo, per chiunque ne abbia varcato la porta. "

 

Rb

 

“ Avevo quasi dimenticato…” sorrise Sire Elrond, quando dovette chinarsi per entrare da una porta che a Frodo e Bilbo non diede alcun problema, “ Ecco cosa deve aver provato Eriol, quando Lindo e Vaire lo accolsero su questa soglia. ”

“ Lei è qui, veramente? ” chiese invece uno dei suoi figli. Frodo non sapeva a chi l'elfo si stesse riferendo, non era neppure certo se a parlare fosse stato Elladan o Elrohir…ancora non li conosceva abbastanza bene da saperli distinguere. 

Di una cosa fu certo: l’elfo aveva pronunciato quelle parole come una domanda fatta più a se stesso che a chiunque tra i presenti. Il padre, infatti, non sentì il bisogno di rispondere. L’elfo varcò la soglia dopo aver lasciato passare Dama Galadriel e Celeborn.

Era stato allora che i due Signori di Lothlòrien, Elrond e i suoi figli si erano separati da loro. Poco dopo esser giunti nel Salone dominato da quei tre splendidi fuochi, gli Alti elfi avevano seguito quello stesso musicista che ora stava per mostrare a Frodo e Bilbo le loro camere.

Solo Galadriel era tornata attorno al Fuoco, quella sera, per ascoltare la dolce e malinconica ballata cantata da Lindelos.

 

“ Nelle Valli di Aryador

Presso boscose rive ancor

Sono verdi pascoli e prati declinanti

Verso giunchi che frusciano mormoranti

Nel crepuscolo su Aryador

 

Odi le campanelle infinite

Di caprette sulle creste ardite

Dove la valle ruzzola giù dai pini?

Odi i boschi azzurri lamentarsi

Quando il Sole va senz’altro a rifugiarsi

A caccia d’ombre dei monti giù tra i pini?...

 

Essa sui colli vagabonda invano

E lentamente si colma l’altopiano

Di gente delle ombre, tra le felci a sussurrare

E là ancora campanelle infinite

E voci sulle creste ardite

Mentre a Est le stelle cominciano a brillare

 

Uomini ora attizzano fuocherelli

Giù, lontano, tra rivi e ruscelli,

dove dimorano della costa fra i faggeti,

Ma i boschi grandi sulle alture

guardano la luce che a ponente muore

e sussurrano al vento gli antichi segreti

 

di quando la valle nessuno conosceva,

Ma sola ruggendo l’acqua vi fremeva

E la gente delle ombre stava a danzare l’intera notte,

mentre il Sole era in fuga via lontano

verso foreste inesplorate e fuori mano

e colmi erano i boschi di raggi erranti a frotte

 

Voci sulle creste ardite

E spettrali campanelle erano udite

Mentre la gente delle ombre marciava per le vette

Sui monti presso la riva allor,

nella dimenticata Aryador,

c’era danza

e musica si alzava;

la gente delle ombre intonava

i canti di dèi antichi

in Aryador. ” 

  

     

      Ora, percorrendo il tragitto mostrato loro dall’elfo dai capelli color del miele, Frodo si ritrovò a dover sostenere Bilbo, eppure a sentirlo improvvisamente leggero. Compirono ancora un paio di svolte, e finalmente l’elfo che li guidava aprì una porta di legno di mallorn, e indicò il letto che era stato preparato per Bilbo.

Era una camera piccola ma incredibilmente calorosa e vitale, nella sua semplicità: il letto e due tavolini ai lati del cuscino costituivano l’unico mobilio. Le due finestre erano in realtà archi aperti sulla realtà del giardino che circondava la Casa, come avveniva nella bellissima Imladris, ormai lontana. Le pareti erano rivestite di affreschi, raffiguranti intrecci di piante di mallorn e statue che si ergevano davanti a siepi e cascate.

“ La tua stanza è qui accanto, Frodo, la prima porta sulla sinistra. E’ molto simile a questa, Lindo e Varie si augurano possa essere di tuo gradimento. ”

E’ molto accogliente, spero di poterli ringraziare di persona…al più presto, sire… ”

L’elfo fece un piccolo inchino. “ Il mio nome è Lindelos, e non desidero che tu mi chiami Sire. ” Con un sorriso che a Frodo ricordò molto le espressioni di Legolas, l’elfo si rivolse a Gandalf: “ Avevi ragione, Olòrin: gli hobbit sono gente squisita. ” 

Quando tornò a guardare il letto, Frodo sorrise, nel riconoscere sulle coperte il vecchio e logoro zaino con il quale Bilbo aveva iniziato il suo viaggio verso Granburrone. Quella sera, dopo aver interrotto con la sua sparizione i festeggiamenti per il suo 111° compleanno – nel modo che riteneva opportuno per un hobbit amante di sconvenienti avventure – Bilbo si era allontanato da Casa Baggins, rinunciando alla propria aura di invisibilità…passando a Frodo la maledizione del Portatore dell’Unico Anello.

Dopo il saluto di Lindelos, Frodo e Gandalf rimasero nella stanza fino a che il respiro di Bilbo non ebbe dichiarato loro – senza la minima possibilità di errore – che l’hobbit era ormai cullato da un sonno profondo.

Solo allora Gandalf raggiunse nuovamente la porta e strizzò l’occhio a Frodo. “ Se non sei troppo stanco, ora potrai avere qualche risposta…A meno che tu non voglia tempestarmi di nuove domande. ”

No, per questa sera posso risparmiartele. ”

“ Molte grazie, ad ogni modo preferisco non illudermi. Vuoi accompagnarmi ad incontrare vecchi amici? ”

Frodo scese dal letto, lasciandosi alle spalle la figura addormentata del suo caro zio, e seguì Gandalf, chiedendosi chi fossero i vecchi amici ai quali il saggio si riferiva.

 

Continua…

 

 

 

 

 

     

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Capitolo 3
*** Capitolo Tre ***


Anime attorno al fuoco

   

Anime attorno al fuoco

 

Capitolo Tre

 

 

Attraversato uno dei piccoli cortiletti interni alle mura della casa, Frodo si ritrovò a fissare una porta chiusa, decorata con incisioni che seppe riconoscere come parole in Quenya. Pensò tra sé che Bilbo lo avrebbe torturato finché non l’avesse convinto a mostrargliele, se solo gliene avesse parlato.

Il suo accompagnatore stava chiaramente pensando a qualcos’altro.

“ Avrei dovuto immaginarlo…” borbottò lo stregone.

Il suo cipiglio ebbe il potere di riportare Frodo nel passato, quando - di fronte alle Miniere di Moria - Gandalf il Grigio si era lamentato con fare burbero delle sue ossa scricchiolanti e soprattutto della sua memoria sempre più labile.

“ C’è qualche parola d’ordine da pronunciare e che tu hai dimenticato? ” insinuò Frodo, sentendo ritornare un po’ la voglia di duellare con il vecchio amico a suon di ironia.

Gandalf lo fulminò con i suoi occhi chiari. “ Divertente, amico…Voi hobbit avete la memoria davvero troppo lunga. ”

“ E voi stregoni l’avete troppo breve. ”

La mano grande e rugosa gli carezzò la chioma castana. “ Sono felice di sentirti di nuovo ridere, Frodo Baggins…ma non prenderci troppo gusto. ”

Tornarono a guardare la porta di quella piccola dipendenza. Era affiancata da due finestre che – fortunatamente basse – consentirono a Frodo di scorgervi all’interno, su un ripiano di legno scuro, una pila di libri e una candela.

Fu allora, mentre diverse voci li raggiungevano dalla sinistra della casa, che qualcuno accese quella candela, con movimenti lenti, quasi titubanti.

“ La fortuna viene in aiuto alla mia poca memoria, Frodo ” commentò Gandalf.

Le figure alte e sinuose dei figli di Elrond si avvicinarono aggirando le pareti esterne della casetta. Uno dei due elfi recava tra le braccia un piccolo corpicino, avvolto in una coperta molto simile ai mantelli che a Lothlòrien erano stati donati a tutti i membri della compagnia.

“ E’ stata lei ad avvertirci dell’arrivo di questo piccolo, ci credi? ” disse l’elfo, lasciando che Gandalf si avvicinasse per aprire lentamente i lembi della coperta.

Frodo rimase sgomento, nel vedere il volto esangue del bambino, ferito e graffiato in più punti, pallido come un cencio lavato. La tempia che non era appoggiata al petto dell’elfo era ricoperta da una ustione piuttosto estesa, che aveva bruciato anche una grossa ciocca dei capelli biondi del piccolo.

Il cuore dell’hobbit si gonfiò di dolore e compassione, quando lo udirono lamentarsi con la voce ridotta ad un sibilo.

“ Ci credo sì… ” disse Galdalf, sconvolto quanto Frodo. “ Questa è l’opera di orchetti…le ultime zampate del mostro che ci ha quasi dilaniati, tutti quanti…Portiamolo dentro, subito. ”

 

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Seguendo con confusione lo stregone e i due figli di Elrond, Frodo si venne a trovare in un minuscolo e accogliente salottino, dove non era più soltanto una candela ad allontanare l’oscurità dai volti dei presenti.

La donna stava su una bassa poltrona, girata verso il fuoco che scoppiettava nel caminetto di pietra grigia.

Frodo comprese subito che erano state le sue mani, quelle bellissime mani, a prodigarsi per far divampare la fiammella che lui aveva visto accendersi, attraverso il vetro della finestra.

Le dita affusolate si mossero a scostare un ciuffo di capelli dorati dall’orecchio appuntito della loro portatrice, poi circondarono il bracciolo della poltrona e seguirono armoniosamente il movimento del corpo che abbandonava la seduta, rimettendosi in piedi.

In quel momento Sire Elrond comparve dall’arco alla destra dell’ingresso, e con un breve cenno indicò al figlio il divanetto dove avrebbe dovuto sdraiare il piccolo ferito.

Sembrava moribondo.

Frodo non riuscì a dire nulla, si sentiva completamente stregato dalla silenziosa operosità e collaborazione tra Elrond e quella dama elfica. Gli trasmisero subito la certezza che nessuno dei due si sarebbe dato per vinto, che a quel povero bambino sarebbero state prestate tutte le cure necessarie.

“ Potrà guarire? ” sussurrò l’hobbit.

Al suo fianco, Gandalf sospirò. “ Non so, Frodo, non so. ”

Frodo non poté non rabbrividire, quando ricordò la notte in cui era stato pugnalato dal Re dei Nazgùl, a seguito del suo malaugurato primo cedimento al potere dell’Anello. Era successo a Collevento, ed era stato quello il vero inizio del suo viaggio…il momento in cui aveva cominciato a rendersi conto di cosa avrebbe significato portare a termine il suo compito. Mentre Aragorn lo medicava con foglie di una pianta cercata personalmente da lui e da Sam, Frodo aveva cominciato a sentirsi abbandonare da una parte di se stesso…aveva sentito che in un certo senso quella parte non l’avrebbe più potuta recuperare.

Come era accaduto allora al severo volto di Ramingo di Grampasso, adesso la concentrazione alterava leggermente i lineamenti di Sire Elrond e dei suoi bellissimi figli, mentre al volto della donna pareva attribuire ancora maggior serenità. Gandalf posò per diversi minuti la mano destra sulla fronte del piccolo, e lo fece quasi con timore…ad occhi chiusi, esitando per un istante nel venire in contatto con le labbra del taglio che recava appena sopra l’occhio sinistro.

Passarono i minuti, passarono con una lentezza angosciante, poi Gandalf ritrasse la mano e riaprì gli occhi. “ C’è una tenacia incredibile, in questo piccolo guerriero. La tirerà fuori prima di quanto pensiamo…”

“ E’ quello che ho sentito sin da subito ” sussurrò speranzosa la Dama.

“ Chi se non tu potevi vivere in profondità la sua richiesta d’aiuto? Tuttavia…” proseguì Gandalf, “ credo debba intervenire il Padrone di casa Lindo, o quantomeno un Elfo delle capacità di tuo Padre, Dama Celebrian. ”

L’elfo sorrise. A Frodo quel modo di sorridere non fu affatto nuovo, eppure non riuscì a rintracciarne il ricordo, non riuscì a capire chi potesse condividere con la bellissima dama quell’arricciarsi degli angoli della bocca, quella vena di brio che…Non vi riuscì, non prima che a pronunciare di nuovo il nome della dama fosse Elrond.

Allora Frodo seppe che non avrebbe più udito una dichiarazione di amore e dedizione così completa, pur se racchiusa nella semplice pronuncia di un nome.

“ Celebrian…”

Frodo si sentì vacillare.

Sire Elrond aveva appena aiutato la dama a rialzarsi in piedi, dopo che per lunghi attimi erano rimasti entrambi inginocchiati accanto al piccolo ferito. Ora i due elfi erano elementi indivisibili di un unico corpo, anime unite in uno degli abbracci che per secoli si erano potuti avvicendare soltanto nei loro sogni.

E Frodo ricordò, ricordò la notte fresca di Gondor durante la quale, prima del ritorno degli hobbit alla Contea, Dama Arwen li aveva ricevuti personalmente, desiderando che facessero compagnia a lei e al padre, che stavano per separarsi.

“ Sì, Frodo. Lei è Dama Celebrian, figlia di Celeborn e Galadriel…e sposa di Elrond Mezz’elfo, Signore di Imladris. ”

“ …E madre della Stella del Vespro. ”

“ Esatto…” sussurrò Elrohir, assaporando con malinconia la dolcezza del nome con cui era nota la sorella minore, “ la nostra testarda sorellina. ”

Dentro di sé, l’hobbit comprese che Elrond e i suoi figli si erano appena potuti riunire alla Dama. “ Ma come mai si trovava…? Perché non era con loro a Granburrone? ”

“ E’ una lunga storia, piccolo amico ” gli rispose direttamente la Dama dai capelli lucenti…Simile eppure così profondamente diversa dalla Signora di Lothòrien che l’aveva generata. “ Sento già che i ragionamenti rischiano di portarti ad un senso di colpa. Non pensare che potrei mai rimproverarti per essere qui a Valinor, mentre la mia Arwen è rimasta nella Terra di Mezzo. E’ stata una sua scelta…e so che la sta rendendo soprattutto felice. ”

La musicalità di quella voce non aveva eguali. Era un timbro pieno di sfaccettature: di energia, ma anche di stanchezza, di gioia eppure nel contempo di dolore…

“ Sì, Arwen adesso è felice. E io sono quasi riuscita a convincerne mio padre e mia madre…per fortuna. ” Scambiò un’occhiata complice con Elrond, prima di chiamare Frodo accanto a sé e iniziare a raccontare…

      E quando Dama Celebrian cominciò, per Frodo fu come tuffarsi nei giorni lontani di un’altra era, ma fu anche come avere di nuovo attorno a sé il calore di Re Elessar, la burloneria di Merry e Pipino, l’amicizia incondizionata di Sam…la tangibile nostalgia del Signore di Granburrone, la felicità della Regina…velata di tristezza. In quella notte, infatti, Frodo aveva scoperto quanta vita racchiudesse la decisione di Arwen…La scelta più difficile della sua lunga vita era tutta nello sguardo della nuova Regina di Gondor…nei dolori del passato, come nella sua incrollabile fiducia nel domani…

 

Sul Valico di Cornorosso imperversava ancora la tempesta di neve, forti raffiche che impedivano qualsiasi visuale.

I viandanti proseguivano a testa china, lo sguardo fisso sul sentiero, le ginocchia ben strette al fianco dei cavalli, loro amati compagni di una vita. Li sentivano tutti quanti tesi, nervosi…e condividevano appieno il loro stato d’animo.

“ Ci fermeremo per la notte dopo quel picco, Celebrian, ancora pochi passi ” annunciò Haldir alla madre.

Elladan ed Elrohir si scambiarono un’occhiata stanca.

Che quel viaggio verso Lorien si sarebbe rivelato al termine diverso dai precedenti era parso chiaro subito, sin dalla partenza. I giovani figli di Elrond non avevano cuore di parlare tra loro, quel giorno proprio non riuscivano ad accantonare le previsioni nefaste che i loro sensi di elfo coglievano ad ogni lega di percorso.

“ Siete stanchi? ” chiese loro la madre.

Annuirono, tentando però di non mostrare veramente quanto fossero preoccupati, più che stanchi. Certo, lei doveva esserlo ancora di più…proprio per questo non volevano caricare su di lei ulteriori pensieri.

Speravano soltanto che quel viaggio finisse, lo speravano così tanto che non sprecavano fiato nel parlarne con la madre, già troppo dispiaciuta per il fatto di essere ancora così lontana dalla sua piccola, Arwen…e di essere già così lontana dall’amato, il loro padre Elrond, rimasto a Granburrone.

Era lì che Celebrian era voluta tornare, quando aveva sentito che il Bianco Consiglio vi si sarebbe riunito. Le notizie erano pessime, numerosi squadroni di orchi erano stati avvistati nelle immediate vicinanze di Imladris, nell’Hitahiglin a nord-est e nelle Brughiere che cerchiavano l’antico reame di Angmar…troppo vicino, per riuscire a convincersi che non puntassero esattamente a colpire gli elfi di Granburrone.

Nonostante il pericolo immediato, l’Ultima Casa accogliente, rifugio creato da Elrond Mezz’elfo, era rimasto il luogo più adatto ad ospitare i membri del Consiglio, tanto più che quell’improvvisa riunione li aveva visti arrivare dalle regioni più disparate, e li aveva visti varcare stremati – dopo lunghi viaggi – i cancelli della Casa di Elrond.

Mentre loro se ne andavano, diretti a Lothlòrien, consapevoli di quanto sarebbe stato rischioso tutto il loro tragitto. Per questo era stato proprio il capitano Haldir, amico e allievo d’arme di Celeborn e Galadriel, a recarsi a Granburrone per guidarli e proteggerli con la sua pattuglia di esploratori, i più esperti e degni di fiducia.

Ma neppure questo servì a impedire quanto avvenne, neppure la loro indubbia capacità poté impedire l’aggressione improvvisa, nell’evento che per molti secoli a venire sarebbe stato ricordato e maledetto come l’inizio dei Giorni Oscuri.

Elrohir ed Elladan non potevano immaginare, in quell’attimo prima del fischio di frecce e delle grida di battaglia degli orchi,  che per loro i Giorni Oscuri avrebbero coinciso con il disperdersi della loro famiglia. Non potevano immaginare che quella freccia avvelenata avrebbe strappato loro l’amata madre, spingendola sul sentiero della perenne incoscienza.

Non potevano immaginare…poterono solo affrontare l’avverarsi delle loro peggiori paure, e fare del loro meglio per non crollare, fino all’arrivo del loro amato padre, fino al momento di vederlo cullare in lacrime il corpo ferito della sua sposa, che correva incontro alla morte…        

    

Continua…

 

Eccomi di nuovo qui, dopo lo studio delle Appendici del SdA e dei libri annessi per potervi offrire al meglio questo terzo capitolo. La storia di Elrond e Celebrian è una delle più struggenti della Terra di Mezzo, secondo me, e non sarà mai abbastanza trattata per i miei gusti.

Questo chap è la prima parte del mio “tributo” a questa coppia, bellissima e sfortunata.

Alla fine del prossimo chap mi direte se l’avrò resa abbastanza bene, così da non offendere la memoria del Professore.

E che dire del piccolo ferito che ha trovato ospitalità addirittura nelle stanze di Dama Celebrian, ma soprattutto nel suo cuore? Posso solo dirvi…pazientate e restate qui con me, nel mio Sogno!

Emozionata, vi ringrazio per le bellissime recensioni:

* Lothiriel,

* Jenny76,

* Mel,

* Estel21

* Argenne,

* Hobbit * Kiko87

Elen sìla lumenn’ omentielvo – Una stella brilla sull’ora del nostro incontro.

Caillie

 

      

  

     

  

 

 

 

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Capitolo 4
*** Capitolo Quattro ***


Anime attorno al fuoco

 

E’ domenica pomeriggio, e dopo aver fatto una bella passeggiata ho trovato l’ispirazione per completare questo quarto capitolo. E’ per ciascuno di voi, persone fantastiche che apprezzate prima di tutto il mondo del Professore…e che per questo sento già amiche, anzi…Mellon!

Grazie a: Lothiriel, Hobbit, Estel21, Mel, Jenny76, Dama Gilraen, Argenne, Kiko87. 

Allora allora

Anche per questo capitolo ho dovuto un po’ studiare – anche se, come potete immaginare, è stato un vero piacere! Il nuovo nome che incontrerete l’ho “creato” partendo da una delle radici più comuni ai nomi usati nelle Terre di Rohan: “ Fe”, ed ecco a voi…

Un abbraccio da Caillie

 

Anime attorno al fuoco

 

Capitolo Quattro

 

 

 

“ Mamma…”

Elrond avrebbe voluto con tutto se stesso poter cancellare ogni istante dell’ ultima parte di quel viaggio. Aveva affrontato la bufera di neve con la forza della disperazione, quando gli era arrivato il messo del capitano Haldir. Aveva raggiunto con pochi elfi il rifugio dove Celebrian e i loro figli erano stati ospitati al termine dell’imboscata.

Non era riuscito comunque ad arrivare in tempo, e il corpo che aveva stretto tra le braccia le era parso una macabra imitazione della bellezza della sua amata. La freccia era stata subito estratta – del resto si era sempre fidato, e a ragione, di Haldir e degli elfi che lui comandava. Avevano medicato Celebrian e i due figli nel miglior modo concesso dal luogo e dall’imperversare della bufera…Elladan presentava un taglio abbastanza profondo sull’avambraccio destro, Elrohir era graffiato su più punti del volto. Nessuno dei due aveva lontanamente pensato di abbandonare la madre, fino al momento del suo arrivo.

Tempestati dalle peggiori sensazioni, avevano così affrontato la parte finale del viaggio verso Lorièn, ed Elrond aveva tenuto faticosamente a bada la propria collera verso gli orchi e le loro maledette frecce avvelenate. Celebrian gli era stata legata dietro, sul cavallo, perché non cadesse. Elladan ed Elrohir avevano insistito per continuare a cavalcare, e li avevano scortati ai lati a capo chino, anche quando la neve aveva cessato di cadere.

Mai il Bosco d’oro lo aveva accolto così tristemente: i primi mallorn che la disperata compagnia si era lasciati alle spalle sembravano aver compreso tutto. Dama Galadriel era venuta loro incontro. Anche lei aveva saputo, in virtù del legame così forte che aveva sempre avuto con la figlia. La presenza di Arwen all’esterno del palazzo aveva richiesto di reagire a sangue freddo: per la Dama di Lorièn era stato un’ancora di salvezza, e nonostante questo Elrond aveva temuto di vederla crollare a pochi passi da lui, quando si era avvicinata al corpo ferito della figlia.

Anche quel momento era passato, ora si trovavano tutti nella stanza dove Celebrian era stata stesa, dove dormiva un sonno dal quale rischiava di non aver risveglio.

Ed Elrond continuava a chiedersi se fosse stato un bene permettere ad Arwen di vederla in quelle condizioni.

“ Mamma…svegliati, ti prego. Devi svegliarti! ”

Gli si avvicinò lo stesso elfo che aveva appena parlato sottovoce con Haldir: “ Olòrin mi ha detto di dirvi, Sire, che resterà lui per un po’ con i vostri figli. ”

Elrond annuì, grato.

Doveva andare a parlare con lui in privato, perché di fronte ad Arwen l’Istaro non aveva avuto cuore di rivelare la gravità delle condizioni di Celebrian. Elrond ne aveva avuto un quadro terribilmente preciso quando si era reso conto che perdeva progressivamente ogni contatto con l’esterno, con i volti di chi le stava attorno e le voci ben note che la richiamavano. Un veleno agiva dentro di lei, un veleno micidiale anche per gli elfi, nel quale gli orchi dell’Oscuro signore avevano intinto quella maledetta freccia.

Ma prima doveva fare qualcos’altro di molto importante. Riempì a passi lenti, pieni di angoscia, la distanza che lo separava dal biondo capitano, e gli prese tra le mani la sinistra stretta in un pugno, abbandonata lungo il fianco.

“ Riposa, amico, e non farti una colpa di quello che è accaduto. Non ho bisogno di chiedetelo, per sapere che hai difeso con la vita le persone che mi sono più care. ”

Haldir irrigidì la mascella. “ In qualcosa ho mancato, però, e Celebrian la sta pagando cara…”

Elrond scosse la testa: “ Non è tutto perduto, e quello che accadrà non cambierà nulla tra noi, te lo assicuro. Non c’è motivo per cui tu ne dubiti. Vai, adesso, anche tu hai una famiglia a cui tornare. ”

Quando l’elfo fu uscito dalla stanza, Elrond trasse un lungo sospiro e si preparò a spiegare l’accaduto alla creatura che fissava speranzosa la madre, che le sedeva accanto sul bordo del letto e continuava ad accarezzarne le braccia abbandonate sulle coperte.

Valar, perché?

 Adar, la mamma guarirà, non è vero? ”

 Arwen, vanimelda…non posso mentirti, siamo tutti molto preoccupati. Potrebbe…” gli si strozzò in gola non solo la voce, ma il fiato stesso. “ Potrebbe rendersi necessario portarla…”

Come dirglielo, come? Con quale forza…  

“ Portarla nelle Terre imperiture? ” terminò per lui Arwen, con il viso terrorizzato ma anche con un filo di speranza nella sua giovane voce, “ …e lì guarirebbe? ”

“ Avremmo molte più possibilità…”

Lei annuì, lottando coraggiosamente con le lacrime che premevano per uscire. Gli era grata, lo sapeva, per averle detto la verità.

“ Guarirà! ”

Arwen, tu…comprendi cosa significherebbe vederla partire? ”

Perderla…conservarne per tutta la sua vita forse solo il ricordo.

“ Non me ne preoccupo, visto che andrò con lei. ”

Arwen, vieni qui ” riprese allora Elrond, ospitando la sua testa mora sul petto e parlandole ad occhi chiusi. Non aveva bisogno di guardare Celebrian: la sentiva dentro di sé, e dalla sua presenza trasse la forza di proseguire.    Le Terre Imperiture non sono un luogo per un elfo che ha appena iniziato a vivere. Non potresti tornare indietro, te ne rendi conto? Mamma, per te, ha sempre desiderato la vita più felice che potesse immaginare…Non sarebbe quella, la felicità che sogna per te, anche se certo non le dispiacerebbe averti accanto a lei. ”

Ma se tu devi proteggere gli elfi di Granburrone, io voglio stare accanto a lei. Non possiamo lasciarla sola! ”

Arwen

Elrond pensò per un attimo che avesse già parlato con Olorin. La fermezza con cui aveva detto – in una sola parola – che comprendeva il suo compito di custode dell’Ultima Casa accogliente, di responsabile di centinaia di vite di fronte al pericolo rappresentato dalle armate di Sauron…La sua era una maturità innata, una profondità e una rettitudine d’animo che non avrebbero mai smesso di sorprenderlo. “ Ne riparleremo, Arwen. Ma tu…pensa a quello che ti ho detto, è quello che vorrebbe anche lei. Non vorrebbe vedere sacrificato il tuo futuro. ”

“ Come puoi sapere quello che vuole lei, ora? ”

Cosa risponderle, adesso? Quanto poteva valere per Arwen una promessa fatta tra di loro, nel momento del ritorno dell’Ombra? Arwen aveva una vita da vivere, e Celebrian non avrebbe mai potuto tornare ad essere felice, sapendo che sua figlia aveva sacrificato quella vita per seguirla in un viaggio senza ritorno. Questo Elrond poteva affermarlo con sicurezza, ma Arwen…?

“ Vai giù da Olòrin, padre…” E non pensare ù di potermi nascondere qualcosa – gli sembrò di averla udita proseguire, anche se con parole non pronunciate.

“ Sì ” , annuì il mezz’elfo, allontanandosi da lei con un’ultima carezza.

 

Ora Frodo comprendeva perché Dama Celebrian si era presa così a cuore la salute del piccolo ferito.

Lo guardò agitarsi nel sonno indotto dall’infuso calmante che proprio la bella madre di Arwen gli aveva fatto inghiottire con pazienza. “ Anche lui è stato avvelenato con una freccia? ”

Dove era stato tratto in salvo? Chi era quel bambino?

“ Non è stata solo una freccia, temo. ”

 Appena entrata nella casetta insieme a Gandalf, Dama Galadriel si avvicinò al capezzale del bambino e indugiò per qualche istante sul suo pallido volto. “ Dopo la distruzione dell’Anello, Nazgul e orchi hanno continuato ad infestare le terre che circondano Gondor, Edoras e i Reami elfici. Altre famiglie sono state catturate e sterminate da questi…esseri, per puro divertimento. Questo piccolo è l’unico sopravvissuto di un villaggio alle porte di Edoras. ”

Aragorn, Merry e Pipino  ti hanno raccontato che non tutti i clan risposero alla chiamata di Re Theoden. Non tutti raggiunsero il raduno di Dunclivo…” disse Gandalf.

Frodo annuì.

Ricordava la durezza con cui gliene avevano parlato i due cugini, in particolare Merry, che aveva prestato giuramento al servizio del sovrano di Rohan.

“ Non deve avere più di sette anni ” rifletté amareggiato, pensando al modo con cui la Gente Alta calcolava l’età.

“ Esatto, forse anche meno. Forse non lo sapremo mai ” considerò Gandalf. “ Comincio ad essere ottimista, sul fatto che si riprenda, ma quanto a ricordare la sua vita prima della cattura…E forse il non ricordare sarà la salvezza della sua mente. ”

Anche Lindo sostiene che non sia opportuno forzare in lui alcun ricordo. ”

“ Non sono d’accordo ” intervenne Dama Celebrian. “ Il ricordo sarà stato cancellato dalla sua mente, come forma di difesa da tutto quell’ orrore…Ma riemergerà, e se in quel momento lui non sarà preparato ad affrontarlo…”

Elrond corrugò la fronte. “ Celebrian, non vorrai costringerlo a rivivere tutto quello che ha subito?!

“ Hai capito bene cosa intendo. Sai qual è stata la peggiore conseguenza di quel veleno? Io sentivo la vostra vicinanza, udivo le vostre voci…Tutto si allontanava, tutto si perdeva. E non riuscivo a recuperarne le più piccole tracce. Se per me non ci fosse stata subito la possibilità di attraversare il mare e giungere qui, nelle Terre Imperiture, avrei smarrito di voi anche il ricordo.

E quali suoi ricordi valgono la pena di esser conservati? ”

“ Il ricordo della madre, tanto per cominciare. Il ricordo della sua famiglia prima del massacro della sua gente: le sole cose che gli potranno dare la forza di affrontare i ricordi più cupi, quando la sua mente glieli ripresenterà. ”

Frodo osservò la chioma riccioluta del bambino, che spuntava dalla coperta tirata fin sopra gli occhi. Sì, sarebbe accaduto…il passato ritorna sempre, presto a o tardi, a chiederti di affrontarlo.

 

 

Ww

 

 

 

I giorni si succedettero nella quiete che per Frodo era una continua scoperta; ogni mattina gli pareva un dono la possibilità di trascorrere ore a osservare il cielo, rischiarato da un’aurora sempre differente e sempre bellissima.

Sì, in quelle Terre il cielo era comunque una continua meraviglia, perché lo si poteva osservare lontani dalla guerra e dalle dolorose scie che essa aveva lasciato dietro di sé. E se all’inizio il senso di colpa aveva sporcato la serenità e la bellezza di quei momenti, ora Frodo sentiva di poter meritare almeno un poco di quella pace. Proprio per l’aver scoperto quella piacevole sensazione, sapeva di non potersi fermare ad essa. Sapeva di doversi meritare la possibilità di restare su quelle rive, in quella casa riscaldata dalla presenza di tanti bambini, di tante anime veramente pure.

Le serate erano scandite dai racconti attorno al fuoco, e in quei momenti i bambini avevano da offrire tanto quanto gli Alti elfi. Le ballate hobbit eseguite attorno al fuoco da lui e da Bilbo incantavano gli sguardi dei piccoli, che subito dopo – sempre un poco controvoglia – seguivano Vaire e Lindo verso le lenzuola, pronte per essere rimboccate.

Anche quando pioveva, il clima ora restava tiepido, permettendo lunghe gite sulle spiagge dorate.

Proprio queste gite erano ciò che più di tutto qualcuno amava farsi raccontare. E il piacere di accontentarlo era il motivo principale per cui Frodo accettava di abbandonare la quiete della biblioteca di Lindo per l’allegra confusione della spiaggia, gremita di testoline accaldate e di figure che passeggiavano con passo leggero ed elegante, le esili caviglie immerse nelle onde che si infrangevano a riva.

Al ritorno da quelle giornate, Frodo sedeva accanto al lettino di Fealen e soddisfaceva ogni sua curiosità sui luoghi visitati insieme a Bilbo, Gandalf, Dama Celebrian ed Elrond.

Per quanto il veleno – scorrendo nel suo corpo – avesse cominciato a raggiungere gli organi vitali, il piccolo ora riusciva a restare alzato per diverse ore ininterrottamente. Il problema principale, per chi trascorreva del tempo con lui, era riuscire a distoglierlo dal ricordo del passato quando esso oscurava la sua mente e la sua innata freschezza. Era pur sempre un bambino, e conservava quella voglia di serenità, di divertimento, che premeva costantemente per uscire e vivere.

Vivere…Quei suoi occhi azzurri te lo chiedevano come un dono, mentre era un suo diritto. Vivere... I suoi sguardi ti chiedevano di narrare, e i racconti erano ciò che lo avrebbe fatto vivere. Erano ciò che più di tutto lo avrebbe fatto volare…al di là del dolore che cominciava a tarpargli le ali.

Vivere…Fealen lo avrebbe meritato più di tante altre persone, eppure quella freccia e le torture subite dagli orchi avevano deciso per lui. Anche la ferita subita da Frodo a Collevento non avrebbe mai smesso veramente di dolere, così come l’aver portato l’Anello gli aveva recato cambiamenti che non si sarebbero mai cancellati.

Ma quanto era accaduto a FealenFrodo lo giudicava davvero ignobile. La sua permanenza nelle loro mani era stata troppo prolungata, e ora la medicina elfica della casa di Lindo poteva soltanto alleviare il dolore che distorceva progressivamente il suo corpo.

Il tempo per Frodo cominciò ad essere scandito dalle tappe di questa nuova, particolare amicizia: per Fealen l’hobbit cominciò a leggere le cronache conservate da Lindo nelle sua Casa, scoprendo che alcune di esse avevano anche viaggiato verso la Contea, a volte trasformandosi in rime delle canzoni tanto amate da Bilbo e dal Gaffiere, da Merry e Pipino.

Per Fealen Frodo chiese a Gandalf e a Sire Elrond di insegnargli più a fondo la lingua degli Alti Elfi, e sempre per Fealen visse la gioia di poter comprendere quasi tutti i testi più antichi conservati dal padrone di casa. Grande, eppure piena di malinconia, fu la letizia di scoprire in uno di questi libri le liriche eliche che Legolas aveva cantato per tutta la compagnia, nei pressi del Nimrodel e di nuovo a Gondor, prima della separazione.

Come era accaduto la sera del suo arrivo a Tol Eressea, a Frodo parve di vedere il volto dell’arciere, Principe di Bosco Atro, nell’atto di ricordare quelle rime, e le righe che ora la sua mente sapeva meglio tradurre riempirono le sue orecchie della voce dell’elfo.

Cosa c’è, Frodo? ” gli domandò una sera Fealen, vedendo che si era interrotto, il libro posato sulle ginocchia, lo sguardo fisso sul cielo che si imporporava al tramonto.

  

  

Continua…

 

 

  

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** Capitolo cinque ***


Anime attorno al fuoco

 

   Non so davvero cosa dire, ragazze!

     Lothiriel, Mel, Gilraen, Hobbit, Estel21, Jenny76, Argenne, Kiko87,

     le vostre recensioni sono un dono incredibile, per me!

     E’ bello che questa mia ff vi piaccia ben oltre quanto avrei osato sperare.

     Prima di immergervi nel quinto capitolo, alcune risposte per voi:

* Le immagini che separano i paragrafi sono piccoli folletti, anche se…è vero, possono ricordare anche le Tengwar elfiche.  

  fanno parte dell’unico download che sono riuscita a fare da un sito, da quando ho riavuto il pc riparato. Perché si veda

  l’immagine che corrisponde alla lettera della tastiera devo ingrandirla un bel po’, ma il massimo renderebbe la pagina davvero

  pacchiana. Così, per le dimensioni che ho scelto alla fine, sembrano delle Tengwar.

    * Per quanto riguarda la partenza di Celebrian, è vero che nelle appendici del SdA viene detto che lei non poteva più sopportare

 di restare nella Terra di Mezzo. Io ho interpretato questo come conseguenza del veleno in cui era intinta la freccia…credo che   

 altrimenti non avrebbe fatto quella scelta. In sostanza, su questo la mia ff si discosta un pochino, è vero. Tu, Gilraen, pensi che 

 debba scrivere AU? Non ci avevo pensato, sinceramente, al momento di descrivere la ff che avevo in mente.

     Ora vi lascio al capitolo cinque.

     Occhi aperti…potrebbero arrivare grosse sorprese!

     Caillie ;)

 

Anime attorno al fuoco

 

Capitolo Cinque

 

 

 

L’aria della sera pizzicava la pelle.

In quel momento, però, non gli riusciva più di coglierne il piacere.

 “ Frodo…”

 L’hobbit non rispose.

Fealen scostò la coperta dalle proprie gambe deboli e ferite. Si avvicinò con enorme fatica alla sedia di Frodo. Da quando lo conosceva, non lo aveva mai visto così assorto.

Cominciava a preoccuparsi. Non c’era nemmeno qualcuno che potesse rassicurarlo. Lo zio di Frodo, il vecchio Hobbit che Fealen aveva incontrato solo una volta, doveva trovarsi nella casa principale, mentre dal momento in cui aveva ripreso conoscenza lui era rimasto sempre lì, nella casa di Dama Celebrian.

Il bambino fece un ulteriore passo verso la figura seduta accanto alla finestra. La mano sinistra, quella priva di una falange, era piegata e scompariva parzialmente nel libro che Frodo gli stava leggendo.

Fealen cercò di prenderlo il più delicatamente possibile, poi lo appoggiò sul bracciolo della poltroncina. “ Frodo ” provò a richiamare. Ma gli occhi del suo nuovo amico erano fissi nel nulla. “ Frodo…”

“ C’è qualcuno che…” La voce gli si smorzò in gola.

Da quando si era risvegliato in quella stanza aveva intuito che non sarebbe stato più lo stesso. Il torace gli doleva quasi ad ogni respiro…semplicemente aveva imparato ad abituarsi, ma era un dolore che non se ne sarebbe andato. Per quanto la bellissima Dama Celebrian tentasse di convincerlo di questo, Fealen sentiva che non sarebbe guarito.

Quando lei, i suoi familiari, e soprattutto Frodo erano accanto a lui, però, il dolore passava in secondo piano. Stavano diventando una famiglia, per lui che non l’aveva più. Alla sera riempivano la stanza di allegria, trasportando davanti al suo letto la magia del Salone del Fuoco di Ceppo. Gli presentavano le persone che animavano i loro ricordi, gli parlavano della speranza che aveva distrutto il regno del terrore di Sauron, gli narravano delle bravate di due “piccoli” guerrieri, della scommessa sempre aperta tra un elfo e un nano, degli splendidi fuochi di artificio di una lontana festa di compleanno.

Fealen non avrebbe mai voluto vedere nessuno di loro in quello stato di apatia che ora sembrava aver colto l’hobbit.

Il piccolo malato valutò sul serio la possibilità di chiedere aiuto, urlando se necessario. Possibile che tutti gli abitanti della Casa e i loro ospiti li avessero abbandonati?

Riprese fiato e la voce uscì finalmente un po’ più sicura.

“ Frodo non sta bene, non riesco a…C’è qualcuno? ”

Si portò una mano al petto, dove il cuore batteva furiosamente.

Toccò la fronte dell’hobbit e la scoprì gelida.

Frodo chiuse le palpebre, tremando in maniera incontrollata. Ma restò ancora assente ai suoi tentativi di chiamarlo. Fealen ricordò un gesto di qualcuno che lo aveva cullato, che si era preso cura di lui, e che una notte gli aveva scoperto il collo e dolcemente aveva preso a massaggiarglielo.

Frodo forse non aveva quella difficoltà a respirare che l’anima buona aveva riconosciuto allora in lui…Fealen ricordava soltanto che in quel gesto aveva percepito un amore potente, una delicatezza che gli aveva gonfiato il cuore e aveva scacciato le ombre dell’incoscienza…anche se solo per un momento. All’hobbit non avrebbe potuto fare altro che bene.

Cominciò timidamente a slacciargli i primi bottoni, e fu allora che le sue dita si ritrassero. Scorrendo sulla pelle di Frodo, avevano incontrato una cicatrice. Fealen si ritrovò per un attimo altrove, circondato non più dalle pareti della casetta, con il loro rasserenante color bianco arrossato dai raggi del tramonto, ma da un paesaggio di rocce e vento, sotto un cielo color piombo.

Rabbrividì.

Un Frodo molto diverso, decisamente più giovane, stava sdraiato accanto a lui, la testa riccioluta sostenuta dalla mano di chi – con l’altra mano chiusa a conca – stava per posargli sulla fronte una pezzuola bagnata, bagnata e molto profumata.

Diverse voci cercavano di raggiungere l’hobbit, i cui occhi si andavano progressivamente velando. Tutto il corpo di Frodo era percorso da lunghi brividi di sudore freddo.

Disperato, ancora temendo di arrecargli altri dolori, Fealen tornò a sfiorare il collo e le spalle dell’hobbit. Realizzò all’improvviso che quelle gocce che scorrevano sul proprio viso non erano di sudore. Sussurrando qualcosa intensificò il tocco sulla pelle di Frodo, e la sua mano passò sempre più calore al petto che si alzava e si abbassava con affanno…proprio come il suo.

“ Frodo…” chiamò di nuovo, senza cercare di asciugarsi le lacrime.

La mano sinistra dell’hobbit abbandonò il suo fianco e si aggrappò leggermente al braccio di Fealen.

Gli occhi verdi si fissarono nei suoi, e il bambino temette di scoprirle di nuovo velate, come gli erano apparse poco prima.

Ma non fu così, quando Frodo gli accarezzò la guancia bagnata. “ Mettiti a letto, piccolo amico. ”

Cosa ti è successo? ”

Frodo non rispose a quella domanda.

“ Torna sotto le coperte, ” disse sforzandosi di sorridere, “ devo finire di leggerti il racconto del Sole e della Luna. ”

 

x

 

 

 “ Non sta dormendo, invece! ” disse una voce sempre più vicina alla casetta. “ Le candele sono ancora accese. ” Era una voce di bambina.

 “ E’ vero, ” rispose Dama Celebrian. “ Ma potrebbero essersi addormentati sul libro che Frodo stava leggendo. ”

 “ Addormentarsi su un libro? ” sogghignò Gandalf, inarcando le sopracciglia cespugliose, “ Non è da Fealen…e neppure da Frodo. ”

 “ Lo scopriremo subito ” commentò il vecchio Bilbo.

Sire Elrond pronunciò sottovoce la parola del benvenuto. Si trattava di un antico incantesimo conservato soltanto per garantire nel tempo - prima a Celebrian, e ora a Fealen – la tranquillità della convalescenza…normalmente nessuna delle soglie di Tol Eressea era chiusa con incantesimi.

La prima a far udire i propri passi nel silenzio della casetta fu proprio la bambina. La sua risata fresca e spontanea fendette la quiete della sera, chetandosi soltanto quando Gandalf le ebbe indicato la stanza del piccolo ospite. Furono lui e Dama Galadriel ad accompagnarla. Se non altro perché avevano sopportato per tutto il giorno la sua insistente richiesta di portarla con loro, quando sarebbero tornati dalla spiaggia, a far visita a quel misterioso ragazzo che non poteva mai venire con loro.

Lo trovò molto più sereno di quanto si fosse immaginata.

Il volto pallido era concentrato, posato sul cuscino e inclinato verso la poltrona dove sedeva Frodo, che ancora stava leggendo.

“ La creazione del Sole e della Luna fu il terzo tentativo, da parte degli Dèi, di illuminare luoghi oscuri. Melko aveva portato alla rovina sia le Lampade del Nord e del Sud, sia gli Alberi della pianura. Solo nell’aria Melko non ha alcun potere maligno - disse Manwe - perciò propongo di costruire un grande recipiente, colmandolo fino all’orlo di luce d’oro e della rugiada conservata di Laurelin, e di farlo galleggiare come una nave maestosa, sopra i tenebrosi regni della Terra. Percorrerà vie lontane attraverso le arie, e diffonderà luce su tutto il mondo tra Valinore e le coste orientali.

Manwe aveva stabilito che il tragitto della nave di luce si sarebbe esteso fra l’Est e l’Ovest, perché Melko teneva il Nord e Ungweliant il Sud, mentre all’Ovest c’erano Valinor e i Reami beati, e all’Est vaste regioni di terre buie che desideravano ardentemente la luce.

“ Che Aule e la sue gente si occupino di costruire le Navi di Luce – disse Manwe, al termine del suo discorso. Pochi si mostrarono contrari; si narra tuttavia che Lorien non fosse molto lieto, temendo che l’ombra e i luoghi tranquilli e segreti cessassero di esistere. Vana, grande com’era il suo impossibile desiderio di vedere gli Alberi accendersi di nuovo, seppe ben poco pensare ad altro.

“ Aule promise, allora: Il compito che mi affidate è di estrema difficoltà, ma farò tutto ciò che posso…” Frodo si interruppe per qualche istante, gli occhi sorrisero alla bambina che si avvicinava al letto, mentre Dama Celebrian posava un mazzo di lilla nell’ampolla d’acqua posata sul tavolino accanto alla sua poltrona. 

Il piccolo occupante del letto si volse e incontrò per la prima volta lo sguardo della sua anima gemella.

I capelli corvini ricadevano disordinati e sudati sulle esili spalle. Grandi occhi neri dominavano il viso acceso da quel sorriso.   Fealen fu assai grato a Frodo per aver ricominciato subito a leggere, fornendogli la scusa per distogliere dal viso fatato la sua faccia improvvisamente infuocata.

Perciò Manwe ordinò a Yavanna di usare i propri poteri. Essa era riluttante, ma il clamore della gente la costrinse, cosicché domandò un poco del fulgore bianco e d’oro. Manwe ed Aule si limitarono a concedere solo due piccole ampolle, affermando che – se gli antichi fiotti avessero avuto il potere di guarirli, i due Alberi sarebbero già rifioriti, perché Vala e Lorien ne avevano versato in abbondanza in torno alle loro radici. Allora Yavanna sostò nella pianura, tutta tremante e col viso pallidissimo, per l’enormità dello sforzo che il suo essere compiva, lottando contro il destino.

“ Con la mano destra reggeva l’ampolla d’oro, e con la sinistra quella d’argento; ritta fra i due Alberi le sollevò in alto, e da ciascuna sorsero a mo’ di fiori fiamme rosse e bianche. La terra tremò e si aperse, e da qui, intorno ai suoi piedi, spuntò una massa di fiori e di piante, bianche e blu alla sua sinistra e rosse oro alla destra.

“ Avanzando, Yavanna gettò ognuna delle ampolle sull’Albero cui spettava e intonò i canti della crescita imperitura, nonché una melodia di resurrezione dopo la morte e l’avvizzimento; poi, all’improvviso, tacque. ”

Frodo guardò di sottecchi la mano che la piccola Anìron aveva allungato a sfiorare il braccio di Fealen, steso sulle coperte.

Quel tocco non sembrò dare alcun fastidio al suo attento ascoltatore. Suppose comunque che la sua attenzione si stesse esaurendo. Si azzardò perciò a chiudere il libro. “ Temo di avere la gola un po’ troppo secca per continuare, Fealen. Perché non chiedi alla nostra amica di leggere per te?

 

Continua…

 

 

 

  

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Capitolo 6
*** Capitolo Sei ***


Ecco a voi, ragazzi, il sesto capitolo

   Ecco a voi, ragazzi, il sesto capitolo.

   Le vostre recensioni mi spronano a fare sempre meglio, e spero che alla fine anche voi – come me – possiate essere soddisfatti di questa fiction. Prevedo avrà sette capitoli più un epilogo. Almeno, questa è la mia idea, tutto sta nel vedere se un certo capitolo – per me molto importante – mi piacerà al momento di “revisionarlo”.

 

  * Se volete scaricarvi il font gnomico che sto usando per separare i paragrafi di questa ff andate sul sito:

  www.elfland.it/INDEX_C_ELF_HOME_TRUE.HTM

 

   Bentornati nella mio sogno, e un abbraccio enorme a:

·        Lothiriel

·        Eowyn 2110

·        Hobbit

·        Dama Gilraen

·        Mel

·        Jenny76

·        Argenne

·        Kiko87

   Un bacio, Caillie

  

 

Anime attorno al fuoco

 

 

Capitolo  Sei

 

 

 

Quella notte sono cambiate molte cose, primo fra tutte il mio modo di accettare ciò a cui stavo andando incontro.

Io so che questo luogo, per quanto speciale, non potrà guarirmi. So anche che Frodo, così come Gandalf e Sire Elrond, continua a sperare.

Più di tutti, però, è Dama Celebrian a non rassegnarsi alla gravità delle mie ferite.

Per questo ho smesso di confidarmi con lei, per questo ora cerco di non parlarle di ciò che ho cominciato a ricordare.

      Ora so cosa mi hanno fatto, ora ricordo molto di quella torre. Barad-Dhur, è conosciuta da secoli con questo nome.

Gandalf e Frodo non avrebbero voluto che io scoprissi quel libro. Io invece ringrazio i Valar per averlo portato tra le mie mani. Dopo l’incubo di quella notte so da quale orrore è stata tranciata la mia famiglia.

Adesso so, e vorrei con tutto me stesso abbracciare ognuno di loro – da Lindo, il padrone di questa splendida dimora, al bambino più piccolo che la abita – per il bene che mi donano, senza rendersene conto.

Non avevo più una famiglia, non avevo più un passato…se ora sono ancora in piedi, e se posso guardarmi indietro senza impazzire, lo devo soltanto a loro. Quella notte ho ricevuto in dono da Frodo molto più della solita storia, molto più della sua ‘semplice’ compagnia.

Forse riuscirò, prima di andarmene, a parlargli di cosa ho provato quella notte, quando ho sfiorato la sua cicatrice con queste mie manine di bimbo che non potrà più crescere, di adulto imprigionato in un corpo di fanciullo. Vedere, capire anche solo una piccola parte del suo passato mi ha spinto a volerlo conoscere sempre meglio.

Sono passati molti giorni, da quella notte. In tutto questo tempo Frodo avrà cercato diverse volte di scappare dalle mie domande e dalle mie implacabili richieste. Ma quando lo acchiappavo con una risata anche il suo viso sorrideva. Sbuffava, fingeva di scappare, ma sorrideva…si sedeva e iniziava a raccontare.

Storie…volevo storie.

Ma non mi bastavano più quelle che narrano delle antiche alleanze, anche se tuttora non smettono di catturarmi.

No, volevo conoscere la sua storia, volevo conoscere la Compagnia, volevo conoscere a fondo la Contea, volevo vedere almeno con gli occhi del suo ricordo, volevo conoscere Sam attraverso le sue parole, sentirlo ricordare dalla sua voce bassa ed emozionata.

Volevo mi parlasse del Ramingo che lo medicò a Collevento, della sua meraviglia nel sentirlo intonare alla sua incoronazione una lorica dedicata agli hobbit. Volevo, volevo…e non mi bastavano mai, queste sue storie. Lo ringraziavo ogni volta che terminava di ricordare e mi scusavo, anche, perché spesso riuscivo a scorgere le lacrime prima che lui potesse frenarle.

Non ha mai risposto con un no, a queste mie richieste, ma ha capito perché io continuavo a scusarmi, lo so per certo…perché ieri sera – quando ha chiuso il libro, che in realtà non gli era servito affatto, e lo ha riposto sul tavolino – mi ha guardato con un sorriso da hobbit. “ Io non posso averti parlato della loro amicizia come vorrebbero. ” Mi ha strizzato l’occhio. “ Forse però si può rimediare…”

Cosa vuoi dire? ” ho chiesto io, spiumacciandomi il cuscino e lasciandomi scivolare in posizione sdraiata, sotto le coperte.

“ Ti devo ringraziare, sai? ”

“ Tu devi ringraziare me? ”

“ Sì, per queste storie…Per avermele chieste. ”

“ Per averti perseguitato, vuoi dire? ”

Lui ha scosso la testa. “ Per avermi aiutato ad affrontarle. Sono ricordi bellissimi, Fealen, anche quelli più dolorosi…Ora sono belli perché io sono riuscito ad affrontarli, per poterli rivivere davanti a te. ”

Ho capito benissimo quello che mi stava dicendo…e ho capito anche quello che non riesce a dirmi. Ma non volevo mostrarmi saputello, non con lui…non volevo rovinare quell’amicizia dimostrando di non meritarla. Ho lasciato che mi accarezzasse la testa e gli ho sorriso. “ Allora mi merito una storia in più…”

Gandalf ed io stiamo preparando ben altro, per te. ”

Ho capito che si riferiva a quel rimedio alla sua storia, come se questa avesse mai potuto deludermi. “ Non mi devi niente, Frodo ” ho detto, lasciando da parte qualsiasi tono scherzoso. “ Mi hai anche regalato un’altra amica. ”

Ha alzato un sopracciglio: “ Ah sì, Aniron è una tua…amica? ”

“ Certo…” 

Solo amica? ” Sembrava riflettere sul fatto di potermi credere.

Come ieri, ci troviamo insieme in questa stanza. E' una bella giornata, il sole inonda le coperte, crea strani giochi di colore attraverso le tende. " Sarà meglio che tu vada, Fro..." Un bussare alla porta mi interrompe. “ Fealen…? ”

“ Entra ” rispondo con un leggero brivido alla voce che mi ha chiamato dall’esterno della casetta.

Il suo passo leggero, il fresco profumo che emana la sua pelle, il suo sorriso…Ora sono io che, vedendo Aniron sedersi accanto a me, arrivo a riflettere su quello che ho appena detto a Frodo.

Nel frattempo, il mio amico hobbit mi bisbiglia un saluto e se ne esce.

“ Che ti succede...? ” mi chiede Aniron, dopo un attimo di silenzio.

Scuoto la testa, “ Niente. ” ma non l’ho convinta, lo so.

“ La smetti di fissarmi così? ” s’inalbera lei. Il suo viso si solleva in un’espressione altera…e buffissima.

“ Come ti sto fissando, scusa? ”

“ Sembra quasi che tu…” Si interrompe, nella sua testolina mora – sempre spettinata dal sudore dei giochi e dal vento delle spiagge esplorate – un pensiero si accavalla all’altro che lo ha preceduto. I suoi occhi brillano di comprensione. “ Hai pensato a quello che ti ho detto? ”

“ Non c’è molto altro da dire, su quello…”

“ C’è molto da dire, invece. Sei tu che vuoi evitare di parlarne. ”

Sospiro, scendendo dal letto e spostandomi lentamente verso la poltroncina dove Frodo mi legge le storie.

Aniron non si avvicina, segue i miei movimenti quasi con stizza. “ Venire con noi ti farebbe bene, Fealen. Non sono la sola, a dirlo. ”

“ Lo so, però…”

Però cosa…di cosa hai paura? La tua salute può solo migliorare, e vedere qualcosa di così bello…poter calpestare la sabbia …vedere davvero il mare, non solo sentirtelo descrivere…”

Le do ragione, come potrei non farlo? Non ricordo nulla del viaggio che mi ha portato qui. Gandalf e Sire Elrond mi hanno detto che ero un mucchietto di ossa e pelle ricoperta di ustioni e ferite. Gran parte di quelle ferite ci sono ancora…e rendono difficile sostenere l’immagine del mio viso riflessa in qualunque superficie.

Per fortuna ho altri motivi per vivere queste giornate…e chi mi circonda continua a cercarne, come se per me non avesse già fatto l’impossibile. Quante volte ho immaginato di camminare con loro – Frodo, Aniron, Bilbo, Dama Galadriel – sulla sabbia, diu sentire le onde accarezzare le mie caviglie e lenire il dolore…O magari poter addirittura correre, poter andare oltre le paralisi che mi procura ogni ricordo…

“ Qual è la tua paura? ”

“ Di conoscere qualcosa che non potrò mai avere per sempre. ”

Ecco, l’ho detto.

Come sa fare solo lei, Aniron mi ha strappato la verità, con una domanda sibillina ma non violenta…che però non mi ha lasciato scampo. Ora che mi sono lasciato sfuggire quelle parole, temo che il suo sguardo per me diventi di pietà.

“ Per sempre? ” mi chiede perplessa. “ Valinor è il Per sempre. ”

“ Non è così, Aniron. Non può curarmi, e lo sai. Anche se più lentamente di quanto sarebbe successo all’est, io…”

Lei rimane a bocca aperta, come tradita dalle mie parole.

“ Vuoi dire che ti sei già arreso? ”

“ Cerco solo di non illudermi. ”

Ma quello che c’è di bello non è un’illusione, Fealen! ”

“ Ma fa male…” Cerco le parole per farle sentire ciò che provo, ogni volta che immagino anche solo un momento insieme a lei, su quella spiaggia…ma non ne trovo di efficaci, “ mi fa male ” riesco a dire solo questo.

Lei non molla.

“ Non puoi vivere solo per quei racconti, Fealen. Frodo, Dama Celebrian, Gandalf, Sire Elrondpossono leggerti all’infinito la storia e le leggende di Valinor e della Terra di Mezzo, ma non è questa la vita. ”

“ Credi che non lo sappia? ”

“ Io penso che tu…sembra che tu senta di non meritare la felicità, neppure la felicità di un momento…perché? ”

Eccoci arrivati alla parte del passato che non ho la forza di raccontarle. Questa resterà sempre dentro di me.

So che lei ha altrettanti segreti, e non meno dolorosi dei miei, nonostante la sua giovane età.

So che lotta contro la maggior parte di essi, anche se mi ha giurato che un giorno saprò, un giorno li condividerà con me. Questa sua promessa aumenta il mio sentirmi così egoista, e spero quasi che possa farlo al punto di spingermi a confidarmi con lei. Tuttavia, sento che non è ancora il momento.  

“ Ti chiedo un dono, Fealen…fallo per me. Un solo pomeriggio…con me, sulla riva. ” La sua mano ricopre la mia, appoggiata all’arco che si affaccia sul giardino esterno.

Non chiedermelo più, la imploro con lo sguardo.

Anche io ho bisogno di crearmi nuovi ricordi ” insiste.

Non ho il coraggio di negarglielo, anche se non comprendo esattamente cosa abbia voluto dire. Annuisco, incontrando i suoi occhi umidi, prima che lei si affretti ad asciugare le prime lacrime.

 

Ss

 

 

     

 “ E’ così ingiusto che lui debba rendersene conto ” commenta Bilbo, rompendo un silenzio che ci accompagnava da molto tempo nelle nostre riflessioni.

Sire Elrond e suo figlio Elladan non sembrano essere d’accordo. “ Non dobbiamo vederla così, mio caro amico ” dice il primo, seduto proprio accanto a me e a Gandalf, “ non rendersene conto vorrebbe dire per lui essere incosciente…non aver conosciuto Frodo, non aver conosciuto Aniron…”

Le forze tornano ad abbandonarlo.  In questo lasso di tempo trascorso nel Salone del Fuoco, la cupa notizia data da Lindo ha aleggiato sopra di noi come una nuvola impietosa.   

 “ Io spero che lei riesca dove non ho fatto nulla io…Che riesca a trasmettergli la sua forza di andare avanti. ”

Gandalf  rinuncia alla sua boccata di erba pipa per guardarmi. “ Tu credi davvero di non aver fatto nulla per lui? ” Non l’ho mai visto così sorpreso, quasi adirato. “ Frodo, hai idea di quello che la tua compagnia gli abbia dato? ”

“ Racconti…” rispondo io, “ leggende, ma non il desiderio di uscire da quella stanza. Ora che potrebbe farlo, anche se poche volte…prima di perdere le forze, ora non lo vuole. ”

Ma la tua amicizia lo ha portato fino a questo punto, Frodo…ti sembra nulla? ”

“ Non dico questo, Dama Galadriel…”

E allora continua a sperare, Frodo…Hai saputo farlo quanto tutto sembrava perduto, o la fiala di luce che ti avevo donato non avrebbe potuto aiutarti alle pendici del Monte Fato. ”

Non so cosa dire, non…Forse il problema è proprio la paura di sperare. E’ quella, che ci sta portando via l’allegria di Fealen.

Oh, sì, lui fa il possibile per non mostrarci tutti i suoi dubbi…ma per noi è impossibile non notare la differenza rispetto anche solo all’inizio della stagione, quando lui parlava continuamente delle passeggiate che avrebbe fatto con me e con Aniron, o con gli ospiti che attendiamo sulle sponde di Valinor.

E’ il passato, è ciò che ora lui non può fare a meno di ricordare…E’ un dolore che noi forse non potremmo mai capire. Lui lo sente, come me, perché condividiamo lo stesso tipo di ferite…per questo non è riuscito a parlarcene. Quello che è accaduto a suo padre, quello che ha visto fare a sua madre…

So che lui ricorda, quando il suo sguardo si perde, rivolto all’esterno della casa, oltre l’angolo dove io siedo a leggere per lui.

Mi ritrovo a pensare che ci vorrebbero i canti di Sam e Rosie, o le bravate di Merry e Pipino…Ci vorrebbe una serata al Drago Verde…ci vorrebbe quello che io non sono più…non del tutto, per lo meno: un hobbit.

“ E’ permesso? ”

Una delle dame che si occupa di medicare le ferite di Fealen si avvicina al fuoco, curvandosi per parlare con Gandalf, che la ascolta con attenzione senza smettere di fumare la sua cara pipa.

Mi sento in allarme, e non cerco di nasconderlo, anche se lo sguardo indulgente di Dama Galadriel mi fa sentire un po’ paranoico. Certe volte, me ne rendo conto, mi comporto come se Fealen fosse mio figlio, e certo non ne ho il diritto.

Gandalf sorride apertamente, alzandosi dallo sgabello e salutando con gentilezza la giovane, che va ad occuparsi di uno dei piccoli elfi ospiti di Lindo.

“ Quali nuove, Gandalf? ” gli chiede Dama Galadriel.

“ Quelle che aspettavamo, amici miei ” mi fa cenno di alzarmi e di accompagnarlo. “ Ci sono persone da accogliere. ”

 

La passeggiata verso la spiaggia dura meno di mezz’ora, e ha come divertente sottofondo dei miei pensieri la serie infinita di urla di Fealen, che implora Elladan di metterlo giù e lasciarlo camminare da solo, e le risate di Aniron e Dama Celebrian, che li seguono di pochi passi, accanto a me.

Il pensiero si impone lentamente, foriero di una nostalgia che mi attira poco a poco, ma in modo inesorabile.

Come li ritroverò? Che aspetto avranno, dopo tutto il tempo che per loro sarà trascorso nella Terra di Mezzo, al di là del mare?

Quando Gandalf, a capo della spedizione di accoglienza, si ferma, l’onda in arrivo mi lambisce le caviglie.

L’imbarcazione è decisamente più piccola di quella che ha condotto me qui a Valinor. Procede quasi esitante, nella nostra direzione…non certo perché chi la conduce non sappia navigare. Piuttosto, sembra che voglia godere ogni istante degli ultimi che trascorrerà di quel viaggio.

Sorrido, mentre le prime parole di quella lorica raggiungono le mie orecchie.

La voce che canticchia è limpida e fresca, ma anche incrinata dall’emozione.   

 

Al Mare, Al Mare!

I bianchi gabbiani chiamano,

il vento soffia

e le bianche schiume danzano.

Ad Ovest, ad Ovest il sole sta tramontando.

Nave, nave grigia,

stanno chiamando

le voci di quelli già arrivati.

Lascerò, lascerò i boschi ove siam nati,

stan finendo i nostri giorni qui,

ed io traverserò non più solo i flutti.

Lunghe sono le onde sull’Ultima Spiaggia,

e dolce l’Isola Perduta che a partire incoraggia.

Ad Eressea, Elfica dimora che mai alcuno scoprire potrà,

ove non cadono le foglie,

terra della mia gente per sempre sarà.

 

“ Orecchie a punta, quando ho accettato di fare il viaggio insieme a te non pensavo che avresti cantato questa canzone per tutto il tempo! ” borbotta una voce altrettanto inconfondibile, prima ancora che dalla balaustra di legno si affacci una lunga barba grigia. “ Pietà, Gandalf, pietà! ”

“ Smettila di lamentarti, Mastro Gimlirisponde Gandalf, “ non avresti potuto ottenere un marinaio migliore, per questo tuo viaggio. ”

“ Eccome, se avrei potuto! ”  

Se avessi messo da parte il tuo spirito critico, avresti notato la modifica che ho apportato al testo…L’ho fatta in tuo onore. ” 

“ Dove…nel punto in cui dici che non sei partito solo? E’ il minimo…”

“ Ah, tu senti questo…! ”

Finalmente, Elladan ha accontentato Fealen, facendolo scendere dalla propria schiena tra le risate generali.

Il mio piccolo amico mi affianca, ad occhi sgranati. “ loro sono…? No…”

“ Sì, Fealen, ” rispondo avvicinandomi all’imbarcazione, “ Mastro Gimli, Signore di Moria e Legolas, sovrano di BoscoAtro. ”  

 

Continua…

 

 

Mi sembra scontato, ma è bello ribadirlo, che il canto di Legolas è in realtà la poesia da lui recitata in uno degli ultimi capitoli del “ Ritorno del Re ”. Vi abbraccio forte forte e vi aspetto – spero ci sarete – al prossimo capitolo: l’ultimo…se si esclude l’epilogo.

Caillie ;)

 

  

 

  

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Capitolo 7
*** Capitolo Sette ***


Anime attorno al fuoco

 

C’è stato un piccolo cambiamento di programma: ho deciso di spezzare in due quello che avrebbe dovuto essere l’ultimo capitolo…prima dell’epilogo vero e proprio.

Perciò…il sogno per voi si allunga, spero che questo possa renderlo ancora più…intenso, sicuramente mi darà modo di approfondire di più le sensazioni dei personaggi.

Leggendo questa prima parte, capirete cosa intendo.

 

Ora arrivo al punto: Grazieee!

Grazie per la bellissima recensione alla storia che mi avete donato sul forum! Ne sono rimasta in un certo senso sconvolta, piacevolmente sconvolta!!! Non mi aspettavo un commento così completo, bello perché accurato, su una mia storia.

Non potrà che stimolarmi a fare sempre meglio!

Sono sempre più felice, poi, che stiate cogliendo lo spirito con cui scrivo e pubblico questa mia dedica al Professore.

Spero che i miei riferimenti a brani che non sono del SdA – ma di altri “stralci” della sua immensa opera di fantasia – vi facciano desiderare di leggerli…Credetemi, sono pura magia, emozione e poesia!

 

GRAZIE A:

Lothiriel

Dama Gilraen

Hobbit

Leyden

Mel

Sara

Stormy

Eowyn2110

Estel 21

Jenny76

Argenne

Kiko87

Semplicemente, ma profondamente, GRAZIEEE!!!

 

 

 

Anime attorno al fuoco

 

Capitolo Sette

 

 

 

“ Voltato l’angolo

forse ancor si trova

un ignoto portale

o una strada nuova;

Spesso ho tirato avanti, ma chissà…”

 

                                                                             Tratto dal capitolo “ I Rifugi Oscuri de “ Il ritorno del Re ”

                                                                                             J.R.R.Tolkien, ed. Bompiani

 

 

“ E’ rimasto deluso, vero? ” sussurra Gimli.

“ Non possiamo biasimarlo, per questo ” sento rispondere da Gandalf.

“ Se avessimo conosciuto almeno il motivo di tutto questo…come questo sia potuto accadere…sarebbe stato anche meno doloroso dargli la notizia ” mormora la voce musicale di Legolas.

Sdraiato su un fianco, fingendomi immerso in un sonno che non è mai arrivato, seguo a fatica le tracce di questo loro dialogo, come un’orma che mi possa condurre fuori da un incubo.

Ma non è un incubo, quello che sto vivendo, è una realtà: Sam è partito anni prima di loro, eppure il suo viaggio per mare non lo ha condotto alla stessa méta dove noi siamo approdati. Perché? E’ una domanda senza risposta.

Ci troviamo ancora sulla spiaggia, il tramonto è ormai alle porte. Mi sembra sia trascorsa un’eternità, dal momento in cui Legolas e Gimli sono scesi dalla barca, costruita da loro stessi ai Porti Grigi.

I Porti Grigi…le Bianche torri…Deve esser stato quello il punto di partenza anche per Sam.

Ma allora perché, perché lui non è arrivato fin qui? Forse lui non lo desiderava a sufficienza? No, è assurdo torturarsi con questo pensiero.

Eppure non posso farne a meno.

L’hai tradito – osserva una voce dentro di me – come puoi pretendere che lui desiderasse riunirsi a te?

E’ la verità, il modo egoista in cui me ne sono andato è stato un tradimento della nostra amicizia. Ho formulato dentro di me la decisione di salire su quella nave, senza renderlo parte di essa fino al momento di attuarla. Come se solo io avessi il diritto di sentirmi stanco, come se solo io avessi il diritto alla pace di Valinor.

E’ naturale che lui sia partito dalla Contea desiderando sì la pace dell’ovest, ma cercandola altrove, lontano da me.  

Questa amara consapevolezza mette in moto i miei muscoli. Mi rendo conto di essermi alzato, di aver voltato le spalle a ciò che resta della Compagnia dell’Anello, e di essermi avviato lungo la spiaggia, in una camminata solitaria che non ha un punto d’arrivo.

Cerco di recuperare i lineamenti di Sam, il suo sorriso di soddisfazione negli istanti in cui si prendeva cura delle sue piante, le sue amate piante. Cerco di affrontare per l’ennesima volta il suo sguardo deluso in quel maledetto momento, sul Monte Fato, quando ho realizzato che stavo per cedere, che non avevo più volontà da opporre all’Anello…che era davvero comodo, troppo comodo, smettere di soffrire.

Fosse stata quella l’ultima volta in cui lo avrei deluso! E invece no, avrei rinnovato quell’antico dolore con un nuovo colpo, separandomi da lui e imbarcandomi per Valinor.

Con che falsità ho mentito poco fa a Dama Galadriel, dicendo che la mancanza di Sam non era una sorpresa per me, che non mi sentivo mancare il respiro?! Che razza di bugiardo sono? Un pessimo bugiardo, ecco la risposta.

E poi ho il coraggio di sperare che Fealen voglia un giorno confidarsi con me? Un bugiardo come me non merita nessuna verità…non la riconoscerebbe nemmeno.

Passo dopo passo, sento le loro voci sempre più lontane.

Ma non si allontanano la nostalgia e la tristezza che mi hanno portato le loro notizie. La morte di Merry e Pipino, al fianco di Aragorn…La loro sepoltura nei tumuli di Gondor, ai lati della sua tomba. La partenza di Arwen per il Cerin Amroth

Mi lamentavo della vita che non mi riusciva più di recuperare, di riscoprire mia…uno sfogo che ho scritto persino sulle pagine lasciate a loro, sul libro rosso iniziato da Bilbo. Ma Sam, Merry e Pipino non dovevano forse affrontare nemici altrettanto ostili? Ebbene, io li ho lasciati soli, ad affrontarli. Peggio, ho caricato sulle loro spalle anche i miei pesi.

Il silenzio mi avvolge per lunghi istanti, durante i quali non sento nemmeno i miei stessi respiri.

Poi, nuove voci si fanno udire, questa volta la loro fonte è dinnanzi a me.

Fealen e Aniron si stringono la mano, passeggiando nell’acqua bassa alla mia sinistra. Rimango volutamente indietro e decido di prendere un’altra direzione.

 

 

d

 

 

“ Devi proprio continuare a sorridere così? ” domandò Fealen, tornando faticosamente a sedersi accanto ad Aniron, nel punto dove lei lo aveva atteso, lo stesso punto dal quale lo aveva guardato calciare zampilli di acqua contro il tramonto.

“ Fino a che non avrai ammesso che questa giornata ti sta facendo bene ” rispose lei.

E sia, mi sta facendo molto bene. ”

Aniron annuì.

“ Soddisfatta? ”

“ Sì. Ora sdraiati, chiudi gli occhi. ”

“ Non voglio. ”

Aniron roteò gli occhi al cielo. “ Ci risiamo. ”

“ Non voglio, perché non voglio perdere nemmeno un istante di tutto questo. ”

“ Non sarà l’ultima giornata che passerai qui, Fealen, ne sono certa. ”

“ Tu sei certa di troppe cose. Mi spaventi. ”

Se vuoi saperlo, sono sicura di pochissime cose, in realtà… ” La voce della ragazzina si spezzò. “ …e la certezza dei giorni che si aggiungono agli altri non era una cosa piacevole, fino al mio arrivo alla casa di Lindo. ”

“ Ricordi molto, del tuo passato? ”

Aniron gli nascose il volto, ma non negò una risposta. “ Vivevo con mio padre, quando arrivarono loro. ”

“ Dove…Dove vivevate? ”

“ In un villaggio del Sud. Molti adulti del villaggio furono uccisi solo per aver rifiutato di seguire il capitano di quel plotone. Quelli che hanno ceduto per salvarsi la pelle…saranno morti poco tempo dopo. ”

“ Come fai ad esserne sicura? Chi era il capitano del plotone di cui parli? ”

“ Era un messaggero di Sauron. Questo l’ho scoperto dalla voce di Sire Elrond, sentendolo parlare con Lindo e Vaire. Ero già rinata, avevo già ricevuto il mio nuovo nome – e credevo ancora che fosse possibile sfuggire ai ricordi più cupi. Ero stata accolta a Tol Eressea già da molti giorni, quando ho sentito…”

“ Tuo padre…cosa gli è successo? ”

“ Era uno degli adulti che furono uccisi, per aver detto no.

“ Mi…disp… ”

Aniron scosse la testa. “ Non devi dispiacerti di nulla. ”

“ Mi dispiace di averti portato a ricordare…una volta di più. ”

“ Credi forse che non lo abbia ricordato ogni giorno, da quando è successo? ” Non c’era astio, in quell’ultima risposta. “ Le tue notti non sono meno dolorose, Fealen, lo so. Anche dopo averti conosciuto meglio, non sei diventato la persona adatta sulla quale riversare i miei sfoghi.

Però siamo diventati amici. Non posso obbligarti a confidarti, e forse non potrei nemmeno aiutarti…vorrei provarci, però. ”

“ Mi stai aiutando, Fealen. Oggi ho rivisto la maschera di quel messaggero una sola volta. Ero qui con te, poco fa, quando l’ho vista…e ti ho stretto la mano. E poi…anche se non si può cancellare il passato, parlarne con te lo rende meno doloroso, sai?

Per lunghi attimi rispettarono l’uno il silenzio dell’altra.

“ Una maschera? Portava una maschera? ” si azzardò a dire Fealen.

Aniron annuì. “ Gli lasciava scoperte solo le labbra. ”

Fealen si sentì ghiacciare. “ Lui…” la voce gli si strozzò in gola.

Aniron si alzò a sedere di scatto. “ Cos’hai, Fealen? ”

Lui non ebbe il coraggio di dirglielo. Quella breve descrizione gli aveva appena rivelato spietatamente come i loro passati fossero intrecciati.

Non poteva dirglielo, non sarebbe più riuscito a guardarla in faccia.

Anche se avesse ritenuto giusto dirle tutto, non ebbe il tempo di richiamare a sé il coraggio necessario.

Sarebbe come rinnovare gli orrori che ha subito. Fu questo il suo ultimo pensiero cosciente, prima che la gabbia del ricordo lo imprigionasse nuovamente. 

 

Fealen, dimmi cos’hai! ”

Non poteva accadere tutto in così pochi istanti.

Fealen! ”

Aniron non sapeva cosa fare…non sapeva che tipo di cure prestare all’amico, divenuto improvvisamente cadaverico e, ancor peggio, distante, indifferente a qualsiasi suo richiamo. Non poteva farcela da sola. Il panico la paralizzava, impedendole di fare qualsiasi altra cosa che non fosse accarezzarlo, abbracciarlo, parlargli.

Non si fidava a lasciarlo lì sulla spiaggia, per andare a cercare aiuto. Si erano allontanati troppo dal punto in cui avevano lasciato gli altri a chiacchierare. Erano soli, e lei non sapeva come agire. Non avrebbe dovuto insistere con Fealen per quella passeggiata. Era tutta colpa sua.

Fealen, ti prego…”

Fino a che punto lo avevano sconvolto le ultime sue parole? Erano state davvero quelle a portarlo sul baratro dell’incoscienza, o Fealen stava male e le aveva mentito per tranquillizzarla?

“ Cos’è successo, Aniron? ”

La ragazzina credette di sognare, quando riconobbe la voce di Frodo alle sue spalle. Ma lui era davvero lì, e fu lesto nel correre accanto a lei e a Fealen.

“ Stavamo parlando, e lui…sembrava stare così bene…Frodo, non so cosa…aiutalo! ”

“ Lasciate fare a me, vi prego ” si fece spazio tra i loro corpi un’altra figura.

Entrambi si voltarono all’udire quella voce sconosciuta, così roca e intensa.

Apparteneva ad un elfo dai capelli castani, un elfo che Aniron non credeva di aver mai visto nell’intera Tol Eressea. Lei e Frodo videro lo sconosciuto sollevare Fealen, sussurrandogli parole che non poterono comprendere. Nei suoi gesti, nel suo modo di parlare, qualcosa di incredibilmente antico, una sensazione ancora più intensa di quella che Aniron avesse mai provato con ogni altro elfo.

Chi era?

“ Potete dirci cosa…” iniziò a dire Frodo.

L’irruenza di Aniron la portò a interromperlo: “ Voi sapete cosa gli è successo? ”

“ Temo di sì, ma ora non ho il tempo di spiegarvelo. Se vorrete seguirmi dove lo porterò, dovremo affrettarci. ”

      Camminando il più velocemente possibile per stare al passo dell’elfo, Aniron e Frodo ebbero per un attimo l’impressione di tornare alla Casa di Lindo per una via a loro sconosciuta.

Oltrepassarono viuzze strette e ben curate, animate dalle voci di piccoli - elfi e umani - intenti nei loro giochi…ignari di quello che in lei stava per accadere una seconda volta.

Non era giusto, questo non era affatto giusto!

La mano dalle quattro dita di Frodo si posò sulla sua spalla. “ I Valar lo proteggeranno ” le sussurrò.

Aniron annuì, ma non riuscì a convincersene come avrebbe voluto.

Quando l’elfo che reggeva Fealen si fermò dinnanzi ad un’abitazione alta e stretta, la preoccupazione sul suo volto si era aggravata. “ Devo chiedervi di restare fuori, per il momento. Il padrone di casa farà il possibile per aiutarlo, ma…”

Cosa sta cercando di dirci, che non ce la farà? Che cos’ha? ”

Aniron, calmati ” intervenne Frodo, rivolgendosi subito dopo all’elfo. “ Resteremo fuori. ”

Gli occhi chiari che lo scrutarono erano colmi di tristezza, oltre che di preoccupazione. “ Tenete molto a questo ragazzo. Entrambi. ”

Infatti. Non teneteci all’oscuro, vi prego. ”

Qualcosa di sorprendente accadde in quel momento. Nel momento in cui l’elfo rinsaldava la presa su Fealen e varcava la soglia di quella casa, Frodo ricordò di averlo visto altre volte. Qualcosa gli aveva impedito di rendersene conto fino ad ora, ma il modo con cui l’elfo l’aveva guardato…la profondità e la calma della sua voce, raggiunsero gli angoli della sua memoria e recuperarono il ricordo. Non si erano mai parlati, e Frodo si era addirittura frenato nell’impulso di chiedere qualcosa a Gandalf o a Lindo, a proposito di quel bellissimo e misterioso signore.

Perché ricordava solo ora?

“ Entrate ” disse l’elfo tornato sui suoi passi, ponendo fine alle riflessioni di Frodo, cogliendolo di sorpresa con quel ripensamento.

Angustiati nel vedere che Fealen non riapriva ancora gli occhi, l’hobbit e la ragazzina seguirono l’alta e slanciata figura dello sconosciuto. Si vennero a trovare in una luminosa sala, ancor più luminosa della stanza del Fuoco di Ceppo nell’abitazione di Lindo.

Ad una lunga tavola era seduta una coppia di elfi dalle vesti molto simili a quelle di Legolas, adatte alla vita nei boschi. I due seguirono il gruppetto appena entrato, con una particolare attenzione al ragazzino che giaceva tra le braccia del loro simile. Non parlarono, ma Frodo lesse nei loro sguardi la stessa pena e sincera preoccupazione che aveva scorto negli occhi intensi del loro accompagnatore.

Fealen era stato sdraiato su un letto e l’elfo si chinò ora sul suo viso, sedendosi sul materasso all’altezza della sua vita.

Frodo e Aniron avevano quasi paura di fare domande, perché erano quasi sicuri che le risposte avrebbero sotterrato anche gli ultimi semi di speranza. Tuttavia, le risposte arrivarono, perché erano necessarie.

E l’elfo sembrava temerle ancor più di loro.

 

bB

 

      “ Sapevo sin da subito che quanto gli è stato fatto è irrimediabile, anche dalla medicina dei Valar. O meglio, ” l’elfo li guardava comprensivo, dispiaciuto per le notizie che doveva recare, “ i Valar potrebbero guarirlo, ma non completamente. I Valar non possono intromettersi nelle ferite inferte alla volontà di una persona. ”

“ Ferite…inferte ad una volontà? Non capisco…”

“ Mio buon hobbit, tu che sei stato Portatore dell’Anello dovresti capire più di tutti. ”

“ Come ti stava trasformando l’Unico Anello? Come agiva fin dai primi istanti sulle menti di coloro che lo indossavano? ”

Frodo serrò le labbra, cercando di superare i lunghi brividi nei quali le parole dell’elfo stavano avviluppando le sue membra. Era come essere stretto in una trama di ghiaccio.

“ Modificava la loro volontà, è vero ” ammise.

“ A Fealen è stata fatta una cosa analoga, anche se non per mezzo di un anello o di un manufatto dell’antico potere elfico. Fealen ha sofferto su di sé lo sguardo dell’Oscuro Signore, Frodo. Gli orchi che rasero al suolo il villaggio dove abitava deportarono centinaia di persone. Le rinchiusero a Barad-Dur…”

Frodo si sentì gelare. Gandalf gli aveva già detto che Fealen era stato liberato dalla torre di Barad-dur, ma l’udire quel nome maledetto aveva sempre lo stesso effetto paralizzante, e sospettava che lo avrebbe avuto anche se l’avesse udita per l’eternità.

“ Il padre di Fealen fece tentativi su tentativi per dare al piccolo e alla moglie la possibilità di scappare. Eludere la sorveglianza degli orchi risultò pressoché impossibile. Quando le guardie ripresero per l’ennesima volta la donna e il figlio in fuga, tutta la famiglia venne portata in un grande salone…quello che Fealen rivede nei suoi incubi di ogni notte. Vennero costretti a guardare nel Palantir – a sostenere lo sguardo dell’Occhio di Fuoco. La madre fu la prima a essere immobilizzata davanti all’immonda Sfera…la prima a impazzire. ”

Valar misericordiosi! ” esclamò Aniron, le lacrime che le impedivano quasi di vedere il volto dell’elfo che stava parlando.

Quando il padre di Fealen capì che stavano per sottoporre il suo bambino alla stessa tortura, la forza della disperazione gli consentì un ultimo tentativo di proteggerlo. Fu Sauron stesso, a punirlo, attraverso la sfera. E con il padre riverso a terra, ebbe tutto il tempo di agire sulla mente indifesa di Fealen. Lo illuse che per il padre non ci sarebbero state altre punizioni, se lui avesse cominciato ad ubbidire veramente, senza riserve.

Fealen aveva visto troppo dolore negli occhi della madre e del padre, per non aggrapparsi all’unica possibilità di fare qualcosa per loro. Il padre – e questo si ripete probabilmente anche adesso nella mente ferita di Fealen – gli urlò di chiudere gli occhi e di non guardare più dentro a quella sfera.

“ Gli orchi si avventarono su di lui. Lo ferirono deliberatamente alla bocca, con ripetuti tagli che non si sarebbero mai rimarginati. Tagli procurati da armi avvelenate. La sua condanna sarebbe stata quella di servire Sauron proprio attraverso la sua bocca, come messaggero dell’Occhio di Fuoco. ”

La Bocca di Sauron?…Non è possibile! ” Non voleva crederlo. “ La Bocca di Sauron che Aragorn e gli altri hanno ucciso davanti al Nero Cancello? ”

Colui che mostrò loro la tua cotta di mithryl e le tue vesti, Frodo…proprio lui ” mormorò l’elfo.

“ Era il padre di Fealen? ”

L’elfo annuì cupamente. “ Torturarono padre e figlio l’uno sotto gli occhi dell’altro, sfinendoli per assicurarsi che non tentassero altre volte la fuga. Non mostrarono la minima pietà alle implorazioni dell’Haradrim. Trattarono Fealen come un prigioniero adulto, insistendo a fargli credere che fosse stata la sua disubbidienza a condannare i genitori. Fealen non fu più in grado di evitare l’Occhio, non aveva più resistenza da opporre alle braccia che lo costringevano in piedi, di fronte al Palantir corrotto. ”

Un ragazzino…era solo un ragazzino!

“ Non crediamo che Sauron avrebbe mai veramente sfruttato Fealen come fece con il padre…Forse da lui cercava solo un crudele divertimento. ”

“ E’ orribile…” Aniron scoppiò a piangere, affondando nell’abbraccio dell’Hobbit.

L’elfo si era voltato a guardare Fealen. “ Ora capite perché il nostro piccolo amico sente di non meritare i giorni futuri? Gli hanno fatto credere - nel modo peggiore e più convincente - di aver determinato la fine della sua stessa famiglia. Hanno penetrato la sua mente a livelli troppo profondi, persino per la magia di Tol Eressea…Purtroppo è la sua volontà, adesso, a non cercare più la pace. Su questi livelli di coscienza i Valar non possono agire, perché il Creatore li ha legati alla promessa di lasciare ai viventi il libero arbitrio sulle scelte che riguardano la propria anima. ”

“ Non mi sembra che questo dimostri una bontà divina…” ringhiò una voce burbera alle loro spalle.

Gimli, si disse Frodo ancor prima di voltarsi a guardare il volto del nano.

Non aveva pensato che gli altri lo avrebbero seguito nel suo breve pellegrinare sulla spiaggia. Quando aveva prestato il primo soccorso a Fealen, ad essere sincero, l’urgenza aveva portato in secondo piano qualsiasi pensiero, oscurando quel magone avvertito fino a pochi istanti prima per la lontananza da Sam, per il suo mancato arrivo.

In quel momento scoprì di essere sorpreso, ma anche incredibilmente grato della presenza di Gimli, Gandalf e gli altri in quella casa estranea – per quanto sempre accogliente.

“ Mastro Nano, ” rispose l’elfo, apparentemente indifferente al tono rabbioso usato da Gimli, “ io più di tutti voi vorrei poter aiutare questo fanciullo e riportarlo alla vita come la desideriamo noi. ”

Gimli e Legolas si erano fatti avanti nella stanza, lasciandosi alle spalle le alte figure di Gandalf ed Elrond.

Frodo si rese conto di pensarla come Gimli. Il magone si stava trasformando in rabbia, una rabbia che non avrebbe potuto cambiare la situazione di Fealen, e che anzi provocava anche in  lui un malore devastante.

Ma allora non c’è la minima possibilità di aiutarlo? ” domandò Legolas, rivolgendosi anche a Gandalf e al Signore di Granburrone, persone che stimava quasi quanto chi gli aveva dato la vita.

Gandalf si avvicinò a lui e a Gimli, posando una mano sulla spalliera dell’armatura leggera, identità di guerriero alla quale il nano non rinunciava mai. “ Non ha detto questo, amici. Io sono convinto che chi ne ha il potere stia già cercando di aiutare Fealen. Non ci è dato di sapere come, ma sento che è così. ”

 

Cosa gli sta succedendo, esattamente? ” La domanda di Aniron scosse i presenti per il tono di rassegnazione con cui venne pronunciata. “ Sta soffrendo? ”

“ Non credo, Aniron ” rispose Gandalf. Con quelle parole, aveva comunque chiarito di non poterne essere certo, e questo rinnovò l’angoscia di Frodo, che fissava il suo piccolo amico ormai da lunghi istanti.

La notte era ormai prossima a sbocciare, ma questa volta non gli riusciva di cogliere nessuno dei suoi doni: nessun suono, nessun colore portato dalle ombre era più in grado di alleggerire le sue ansie.

Tutto era ricominciato: un vortice di sensazioni dalle quali non riusciva a tirarsi fuori. Continuare a rimuginare sulle proprie paure non era d’aiuto a Fealen, lo sapeva perfettamente. Ma non poteva farne a meno…non trovava la via d’uscita.

Le espressioni addolorate di Gandalf e Legolas gli suggerivano che non dovevano sentirsi meno sfiduciati e rassegnati. Quanto a Gimli, sembrava dispiaciuto per quello che si era lasciato sfuggire…ma anche irritato dalla calma proverbiale degli elfi, che ancora una volta faceva risaltare l’irruenza dei nani.

Quando le luci della casa si spensero, il misterioso padrone di casa se ne andò con discrezione dalla stanza. A quanto pareva, considerava naturale e giusto il loro desiderio di vegliare Fealen tutti insieme.

Il respiro del ragazzino era sempre più debole. Gli ultimi cenni di vita in quel corpo erano il debole sbattere delle palpebre e l’alzarsi e abbassarsi pressoché impercettibile del piccolo petto.

“ Frodo, vieni a fare due passi con noi ” mormorò ad un certo punto Gimli, tornato insieme a Legolas sulla soglia della stanza.

Più che un invito, all’hobbit parve uno strano ordine.

Guardò il letto dove si trovava Fealen, poi Gandalf, poi Elrond.

Aniron si era sdraiata sulle coperte, accanto all’amico. Lentamente si era addormentata, le ultime lacrime versate prima di cedere al sonno si stavano asciugando sulle gote arrossate.

Pur se ancora indeciso, Frodo seguì il nano e l’elfo nel corridoio, poi fuori dalla casa.

 

Continua…     

 

 

 

 

 

 

 

  

 

 

 

  

 

 

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Capitolo 8
*** Capitolo otto ***


Anime attorno al fuoco

 

Oddio, siamo davvero quasi alla fine.

Questa ff per me è stata davvero un viaggio onirico, sapete?

Il fatto che sia piaciuta anche singolarmente a ciascuno di voi è il dono più grande.

Spero che anche questo…inizio di conclusione possa continuare a farvi dire: E’ valsa la pena di leggerla.

Ma soprattutto spero che possa aver avvicinato anche solo una persona in più alla meravigliosa creatività di Tolkien.

Grazie a tutti: Dama Gilraen, Lothiriel, Hobbit, Mel, Estel21, Eowyn 2110, Jenny76, Elfa, Sara, Stormy.

Spero di non aver dimenticato nessuno! 

Elen silumenn omentielvo, Mellon!

Con il cuore!

Caillie

 

 

Anime attorno al fuoco

 

“ Voltato l’angolo forse ancor si trova

Un ignoto portale, una strada nuova;

spesso ho tirato oltre, ma chissà…

Finalmente il giorno giungerà…

E sarò condotto dalla fortuna

A est del Sole, a ovest della Luna. ”

                

             Da “ Il Ritorno del Re ”

                                     J.R.R.Tolkien

 

 

Capitolo otto

 

 

 

“ Avresti ragione ad essere deluso…o arrabbiato. ”

Frodo si girò verso Gimli con un’espressione di assoluto stupore. “ Perché…perchè dovrei essere arrabbiato con qualcuno? Certo non lo sono con voi…”

Il nano e Legolas lo guardavano come se si aspettassero una sfuriata da un momento all’altro.

“ C’è qualcosa che dovrei sapere? ” chiese allora l’Hobbit.

“ Non abbiamo segreti, Frodo…” rispose Legolas. “ Ma ci siamo resi conto della tua delusione, quando hai saputo della partenza di Sam. ”

“ Non penso siate stati voi ad impedirgli con la forza di venire qui. Nessuno glielo ha impedito. ”

Legolas fissava la notte calata sulla stradina, voltando le spalle alla porta della casa che si erano chiusi dietro. Frodo aveva seguito lui e Gimli senza riuscire a immaginare di cosa volessero parlargli. Ora più che mai sospettava che sapessero molto più di quanto sostenessero, riguardo il mancato arrivo di Sam a Tol Eressea.

“ Siamo stati gli ultimi a parlare con Sam, Frodo. E siamo rimasti sorpresi quanto te di non vederlo al nostro arrivo…Stiamo solo cercando di immaginare come devi sentirti, e vorremmo aiutarti.

“ Non ce n’è alcun bisogno, davvero. Comincio ad avere un’idea del perché lui non sia arrivato nello stesso luogo. E comunque continuare a fare supposizioni sarebbe solo più doloroso.

Gimli si incupì.

“ Non puoi negare di stare male per questo, Frodo ” si intromise la voce di Gandalf.

Lo stregone uscì come loro nell’aria fresca della sera, reggendo la sua amata pipa colma di erba di Pianilungone. “ Ti devo le mie scuse, per non averti detto subito tutta la verità su Fealen. Le sue origini non sono quelle che credevi di conoscere. ”

“ Immagino il motivo per cui non hai detto subito tutta la verità, Gandalf…Non devi preoccuparti per avermi taciuto le origini di Fealen. Non sono comunque la cosa più importante. ”

“ Già…” Gandalf aspirò un’ampia boccata di erba-pipa. “ Io continuo ad essere ottimista ” dichiarò dopo attimi di silenzio.

Riguardo a cosa? – fu sul punto di chiedergli Frodo.

Era ancora tremante per le terribili immagini che le parole di quell’elfo avevano evocato. Era ancora sconvolto dal significato di quella scoperta: quello che avevano dovuto subire Fealen e i suoi genitori era ignobile. E il destino del padre…

E’ ancora…Risulta tutto così incredibile! ” commentò a mezza voce Legolas, facendo concludere a Frodo che l’elfo stesse pensando le sue stesse cose.

“ Ho detestato quell’essere, la Bocca di Sauron, con tutto me stesso ” disse Gimli, “ e non provo vergogna nel dirlo. ”  Dopo un’occhiata furtiva a Gandalf – quello che forse avrebbe potuto rimproverarlo per questo suo sfogo, ma che in realtà era ben lontano dal volerlo fare – il nano si rivolse a Frodo. “ Davanti ai cancelli di Moria ha giocato con il nostro dolore…con l’affetto che provavamo per te, e questo…non potrò mai dimenticarlo… ” Trasse un lungo sospiro. “ Dovevi vedere gli occhi di Aragorn, quando ha mostrato i tuoi vestiti…quando ci ha detto che ti trovavi a Minas Morgul. Ha combattuto come in preda ad un demonio, fino al crollo del Nero Cancello. ”

Frodo avrebbe voluto dire qualcosa, ma il tono di Gimli lo stava letteralmente spiazzando. Non aveva mai visto il nano ammettere in quel modo le paure vissute.

“ Neanche quando abbiamo scoperto che tu e Sam eravate vivi…neanche allora l’angoscia di quei momenti si è dissolta. Quell’essere ci aveva fatto troppo male. Ed ora…scopriamo quello che era stato fatto a lui, quello che l’ha portato ad essere così…Non so cosa pensare, davvero.    

      Frodo aveva sempre percepito l’affetto enorme di cui era capace il nano, soprattutto verso lui e gli altri amici hobbit, che Gimli aveva protetto quasi con fare paterno per tutta la durata del viaggio, fino alla separazione della compagnia. Davanti alla disarmante sincerità di quelle confidenze, non riuscì a fare altro che stringere il braccio dell’amico.

      “ Credo che Sauron abbia trovato il modo di dannare le nostre vite anche dopo la sua fine. ”

Gandalf gli batté una mano sulla schiena: “ Hai tenuto tutto dentro di te per troppo tempo, piccolo amico ” disse, “ e sappiamo perché e soprattutto per chi lo hai fatto. Adesso è venuto il momento di pensare anche un po’ a te stesso. ”

“ Ho pensato fin troppo a me stesso, Gandalf…forse è per questo che non meritavo più l’amicizia di Sam…e che non sono riuscito ad aiutare Fealen come avrei voluto. ”

Alla fine lo aveva fatto: lo sfogo era uscito dalle sue labbra con tutta l’intensità che lo aveva fatto crescere dentro di lui.

“ Adesso basta, Frodo ” si fece avanti Legolas. “ Ricordo bene il nostro ultimo dialogo con Sam, e ti posso assicurare che non c’era in lui neppure un briciolo di rancore verso di te. Non sono un Valar e non posso dirti perché lui non sia arrivato su queste sponde, ma…Guardami, Frodo, lui non ti colpevolizzava di nulla. ”

“ Non ne avrebbe avuto motivo ” aggiunse Gimli. “ La tua scelta di salpare dai Porti Grigi è stata sicuramente dolorosa, per lui…ma l’ha capita fin dall’inizio. E certamente è partito con il desiderio di riunirsi a te. Ha lasciato il Libro Rosso a Cioccadoro e ha visitato per l’ultima volta le tombe di Merry, Pipino e Grampasso. 

“ Ben detto, Mastro nano! ” disse Gandalf.

E ha salutato noi…con il sorriso ” aggiunse Legolas. 

“ Ma non è venuto qui. ”

Ho una proposta, Frodo ” riprese Gimli, dopo un istante di riflessione: “ Cammina per un po’ da solo, resta un po’ con te stesso. Accetta gli errori che hai commesso, ma non condannarti senza appello. Tu non sai quanti errori – e molto gravi – ho commesso io come nuovo Signore di Moria. E quanti ho l’impressione che non mi siano stati fatti notare. ”

“ Non giudicarti, Frodo ” lo rimproverò bonariamente Gandalf, come se gli avesse letto nel pensiero ancora una volta.

“ Seguirai il mio consiglio? ” indagò Gimli.

Frodo annuì silenziosamente.

“ Bene, staremo noi con Fealen ed Aniron, per un po’. Torna quando ti sentirai di farlo, solo così potrai restare accanto a loro e aiutarli davvero. ”

Frodo si allontanò dagli altri, anche se mantenere la promessa appena fatta risultò penoso sin dal primo istante.

All’inizio di quella camminata dovette dominarsi diverse volte per non mandare tutto all’aria e tornare subito dentro. Non riusciva a non pensare a Fealen. Se non avesse ripreso conoscenza, se non avesse potuto salutarlo un’ultima volta…non se lo sarebbe mai perdonato.

Tuttavia, doveva riconoscere la saggezza di Gimli, che lo aveva colpito moltissimo per la semplicità con il quale era riuscito a toccare corde intime e nascoste dei suoi pensieri. Era vero, in quello stato di confusione e disorientamento in cui si trovava adesso, non sarebbe stato certo utile a Fealen ed Aniron. Ora avevano bisogno di sperare.

Le strade gli sembrarono tutte uguali, ottimamente curate e abitate da persone accoglienti e pacifiche. Sapeva ormai che era del tutto inutile sforzarsi di calcolare la distanza di quelle viuzze dalla Casetta del Gioco perduto. Sull’Isola di Tol Eressea il concetto del tempo e dello spazio era completamente diverso da quello che aveva sempre percepito nella Contea o nella bellissima Minas Tirith.

Cercò di abbandonarsi al senso di pace che cullava l’ambiente, ma si accorse di non essere nello stato d’animo giusto.

Apprezzava il consiglio degli amici, ma dubitava di poter metterlo in pratica.

Non poteva più fuggire. Era salpato dai Porti Grigi per trovare una pace che non sarebbe potuta mai arrivare, se non fosse stato capace di fare qualcosa per gli altri. Forse era solo un tentativo di sopprimere propri sensi di colpa…ma era quello che sentiva, e voleva almeno tentare di costruire qualcosa di buona, sulla propria amarezza.

Non avrebbe più potuto ottenere il perdono di Sam, ma avrebbe potuto offrire a Fealen e ad Aniron il poco di positivo che sapeva esser rimasto in lui. 

Deciso a tornare al più presto accanto ai due ragazzi, si rese conto di non sapersi orientare per quelle stradine e gli altri. Si voltò e tentò almeno di percorrere a ritroso gli ultimi passi e le svolte più recenti. 

L’immagine del ragazzino su quel letto gli offuscava la mente, trasmettendogli l’ansia di arrivare eppure intorpidendo i suoi ragionamenti.

Gli occorse diverso tempo per ritrovare l’abitazione. Quando giunse al basso muretto dell’ennesimo giardino, riconobbe la veste di Elrond e il bastone di Gandalf. I due stavano parlando con due figure esili e assai più basse – perfino più basse di lui – e i cui tratti erano celati da mantelli argentei.

Frodo attese che i due estranei si allontanassero e compì gli ultimi passi verso l’ingresso della casa.

“ E’ servito? ” chiese semplicemente Sire Elrond.

L’hobbit annuì: quella solitudine gli era servita, in fondo, a capire cosa avrebbe dovuto fare.

Fealen ha ripreso conoscenza, Frodo, ” lo avvertì Gandalf, “ anche se non so quanto potrà durare. L’elfo che lo ha soccorso sta parlando con lui ci ha chiesto di mandarti da loro, appena saresti arrivato. ”

Frodo annuì ed entrò nuovamente. Salutò con un cenno caloroso Bilbo – scoprendosi nient’affatto sorpreso che il vecchio zio fosse lì. Quando si ritrovò accanto al letto, vide che Fealen era sofferente, ma finalmente sereno. Aniron gli teneva una mano scarna, e non cercava più di nascondergli le proprie lacrime.

L’elfo che doveva essere il padrone di casa voltava le spalle alla porta, intento a versare in un calice un liquido incolore.

Quando riportò su Fealen i suoi occhi notò la presenza di Frodo e gli sorrise.

“ Il nostro amico vuole parlarti della sua decisione ” disse sedendosi e allungando il calice alle labbra esangui del malato.

Frodo guardò Aniron, e vederla così rassegnata fu per lui una pugnalata nello stomaco.

Presto dovette riprendersi, perché Fealen si raschiò debolmente la voce e richiese la sua attenzione. “ Avevo paura di non svegliarmi più…di non potervi salutare. ”

Frodo cercò di rassicurarlo. “ Siamo tutti qui. Vorrei solo poterti togliere il dolore…”

Gli occhi profondamente infossati recuperarono barlumi dell’antiva vitalità. “ Ma non c’è più dolore, Frodo…adesso che ho deciso. ”

Cosa, Fealen? Cosa hai deciso? ”

“ Ho deciso di accettare la proposta dei Valar. ”

Confuso, Frodo implorò all’elfo una spiegazione. “ Adesso i Valar hanno a cuore quello che gli sta succedendo? ”

“ Non lo hanno mai trascurato, Frodo, per quanto possa non sembrarti così…”

Frodo stava per dire qualcosa, ma Fealen lo interruppe: “ Lui non è un nemico, Frodo…” disse con estrema fatica, ma deciso a placare una tensione crescente. “ Ci ho messo del tempo, per capirlo, ma ora so chi è, e so che mi è sempre stato vicino…come lo siete stati tu ed Aniron…e Dama Celebrian, Gandalf…tutti voi. ”

L’elfo era ora lo specchio della tristezza e della più sincera compassione, e quando parlò a Frodo lo fece con una profondità di tono mai udita. “ Sì, vi sono stato vicino. Vi ho incontrati nel mio peregrinare sulla Terra di Mezzo, e da allora le vostre anime non mi hanno mai del tutto ignorato. 

“ Non posso aiutare Fealen come tutti vorremmo. Non posso promettergli che non dovrà più soffrire…ma sono venuto ad offrirgli un dono che i Valar non fanno a tutti: la possibilità di custodire quanto di più bello c’è dentro di lui, e di donarlo agli altri. ”

Frodo spalancò gli occhi, tornando a sperare. “ Quando? Vuoi dire che lui può…? ”

Aniron stava a testa china, le labbra che sfioravano la mano di Fealen…l’amico che avrebbe voluto accanto a sé in molti altri giorni sulla spiaggia…e che invece doveva affrontare ricordi orribili e dolori che lei non poteva nemmeno immaginare.

“ No…io non voglio più stare male, Frodo…ti prego. ”

Frodo si sentì lo stomaco annodato.

“ Non voglio più perdere conoscenza…chiedendomi se mi risveglierò mai. No, non voglio…”

Era il ricordo della prigionia a Barad-Dur, che Fealen non voleva più dover affrontare. Frodo – che pure l’aveva vissuta sicuramente per meno tempo – comprendeva perfettamente.

Ma quale libertà dal dolore potevano offrire i Valar, se non guarirlo, o…

“ Qual è la soluzione che lui ha accettato? ”

“ Un’altra vita, piccolo amico ” gli rispose l’elfo.

E in quegli istanti, i suoi tratti si rivelarono pienamente. Il padrone di quella casa non era esattamente un elfo. Era un Valar.

“ Ho ascoltato le preghiere che Fealen ha espresso ai Valar, quando si è trovato sulla spiaggia insieme alla sua amica…Ho sofferto per la pace che non gli riusciva più di trovare…così come ho vissuto le pene di molte altre anime che varcano la mia Aula, l’infinito Oceano…anche se solo con il pensiero, anche se non lo ricordano. ”

Frodo lo fissò, sconcertato. “ T-Tu…Voi siete un…”

Ulmo…” rispose per lui Fealen. Sul suo volto di ragazzino, percorso da gocce di sudore e segnato dalla sofferenza, spuntò un sorriso birichino. “ Il ricordo delle tue letture mi ha aiutato a riconoscerlo. ”

Se siete un Valar, perché non volete aiutarlo? ” proruppe Aniron, “ Lui non ha colpe, e non ne aveva neanche suo padre…perché hanno dovuto soffrire così tanto?! ”

Frodo si sentiva dilaniare dall’impossibilità di trovare una risposta a questa domanda, sempre presente anche in lui.

Aniron…” provò a parlarle Fealen.

Ma lei si scansò, ferita. “ Mi dispiace, Fealen…Ho cercato di…Io vorrei, ma non posso accettarlo! ” Se ne andò in lacrime fuori dalla stanza, e Frodo capì dai rumori e dai gemiti che seguirono che la corsa della ragazzina si era fermata contro qualcuno, un altro abitante od ospite di quella casa a lui ancora così estranea.

“ Vieni, Aniron, ” sentì dire dalla voce di Bilbo, “ prendi un bicchiere di acqua fresca e portala al tuo amico. ”

Bilbo…Era impagabile il tatto con il quale gli riusciva di trattare i bambini, anche se a volte si dichiarava irritato dalla loro irruenza. Era sempre stato così anche nella Contea, ricordò pensando ad una ormai lontana festa di compleanno.

Con un sospiro Frodo tornò a rivolgersi all’elfo, e comprese che non sarebbe mai più stato semplice pensare a lui come aveva fatto fino a qualche istante prima.

“ Di quale dono stava parlando? ” gli chiese, intimorito.

“ Il dono che Fealen ha sempre desiderato di possedere, e che ha trovato in te e in chi adesso gli sta attorno. ”

“ Io non ho doni che Fealen possa invidiarmi…”

“ Ti sbagli, e lo sai bene. ”

La parte insofferente e ribelle di Frodo trovava assurdo essere lì, impotente e per di più incapace di interpretare quelle parole. Avrebbe voluto poter rendere speciali gli ultimi istanti di vita di quel ragazzino. Guardandolo, però, vide che Fealen aveva chiuso le palpebre, tremendamente affaticato, forse in procinto di perdere nuovamente conoscenza.

Aniron sarebbe tornata in tempo, prima che…?

Frodo non voleva che i due dovessero separarsi in quel clima di dolore assoluto, senza speranza.

“ Tutto si compirà, Frodo. Gli ultimi brandelli di oscurità stanno abbandonando le vostre vite. ”

Aniron stava rientrando in quel momento nella stanza, portando con sé acqua fresca e limpida con la quale bagnò le labbra di Fealen. La figura che la accompagnava si era fermata sulla soglia. Con mani tremanti la ragazzina appoggiò il calice e si liberò il collo sudato dalla lunga coda di capelli corvini. “ Scsami…” sussurrò all’amico.

Fealen non rispose, ma le sorrise.

Le loro mani si riunirono, come erano state sulla spiaggia…l’una nell’altra.

Improvvisamente Frodo sentì di dover fare qualcosa, per i due compagni di giochi ma anche per se stesso.

Con le lacrime agli occhi prese a guardarsi intorno, alla ricerca di un libro da leggere ad alta voce.

L’elfo…no, il Valar se ne era andato.

Frodo si fermò davanti ad una libreria.

 

Il tempo si era cristallizzato nelle emozioni delle amate leggende.

Mentre proseguiva la lettura della storia di Beren e Luthien, Frodo si accorse del respiro sempre più flebile di Fealen…dei singhiozzi di Aniron…di come i caratteri del libro risultassero sempre più incomprensibili al di là delle proprie lacrime…della figura rimasta immobile sulla porta.

Non riuscì a terminare.

Chiuse il libro e lo pose accanto alla mano di Fealen, che si spostò lentamente per arrivare a sfiorarlo.

Si sedette accanto al morente e davvero ogni parola gli divenne insensata, inutile, nell’attimo in cui affiorava alle labbra.

Alla fine rinunciò a dirgli addio con altre parole, e si affidò al tocco della mano.

Vinse l’agghiacciante sensazione di tenere strette pure ossa, sorrise tra le lacrime della gratitudine che gli occhi di Fealen ed Aniron esprimevano.

Nell’istante in cui Fealen chiudeva per sempre le palpebre, Frodo fu avvolto da un’ombra.

Ancora prima di scrutarne il volto, seppe che la persona che gli si era avvicinata avrebbe accolto il suo dolore. Pensò confusamente che doveva trattarsi di Gimli…No, l’altezza non era quella giusto. Forse era di nuovo Bilbo, forse dopo aver accompagnato Aniron era tornato nella stanza…Anche lui si era affezionato a Fealen…Nella Casetta di Lindo tutti avevano imparato a conoscere Fealen…e le sue insaziabili richieste di racconti e leggende.

Frodo si ritrovò a piangere contro il giustacuore di quella rassicurante e calorosa presenza, che riusciva a infondergli la convinzione che le lacrime avrebbero un giorno lasciato il posto a nuovi sorrisi.

E allora sentì di potere andare oltre a quelle lacrime, sentì di poterci provare da subito.

Un paio di occhi nocciola, circondati da rughe di saggezza, rifletterono la sua incredulità.

Sam…”

Il calore di quelle mani…l’ondata di sentimenti che erano sempre stati capaci di esprimere, convinsero Frodo che la Speranza lo aveva sempre atteso…Aveva sempre atteso che lui trovasse la forza di perdonare se stesso…di sentirsi degno di correrle incontro.

 

Continua…

 

 

 

 

 

    

  

 

 

     

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Capitolo 9
*** Epilogo? ***


Anime attorno al Fuoco

 

Per voi.

Caillie

 

Anime attorno al Fuoco

 

Epilogo?

 

 

“ Ora non puoi più tirati indietro, Sam ” dichiarò Bilbo, mentre si sistemava addosso la coperta che gli aveva allungato Aniron.

“ Esatto, devi dirci il motivo per cui ti sei fatto attendere. ”

Per un attimo l’aria serena di Sam se ne andò. Fu un attimo, poi l’hobbit tornò a sorridere. “ Padron Frodo, anche ad un giardiniere deve essere concesso di avere segreti. ”

Ma tu non sei un giardiniere, Sam…sei prima di tutto un amico. ”

Sam avrebbe potuto usare tutte le parole della Terra di Mezzo, per cercare di distoglierlo da quei pensieri.

“ Vi ringrazio, Padron Frodo, ” disse infatti, strizzando l’occhio alla piccola Aniron, “ la mia bocca resta sigillata. ”

“ E’ inutile, Frodo, sprechi il tuo tempo ” osservò Dama Celebrian, raggiungendo il nutrito gruppetto di amici attorno al Fuoco dei racconti.

La casa di Lindo era cullata nell’abbraccio della sera inoltrata.

Il Gong era stato fatto vibrare, e fatta eccezione per Aniron tutti i bambini - anche i più restii - si trovavano ora sotto le coperte.

“ Io non mi rassegno, invece ” si impuntò Gimli. “ Visto che sei stato proprio tu a chiederci di restare svegli in questo salone…adesso spiegherai tutto. ”

“ A me risulta che fossimo qui per salutare Fealen nella maniera più opportuna…” osservò Sam, inarcando un sopracciglio.

“ Sì? Beh, almeno ho tentato. ”

Legolas gli assestò una pacca sulla schiena, tra le risate generali.

Il nano evitò accuratamente di incontrare lo sguardo di Dama Galadriel…che non avrebbe mai smesso di tirare fuori il suo lato più sensibile all'imbarazzo.

“ Mi dispiace, Gimli, ” insistette l’hobbit, incorruttibile. “ Temo che il motivo lo conoscerà soltanto Ulmo, al quale non avrei  potuto nasconderlo neanche volendo. ”

Perché? ” cercò di aggirare l’ostacolo Frodo.

“ Niente da fare, ho detto. Dovrete accontentarvi di questo mio dono. ” Così dicendo Sam estrasse dalla propria sacca un libro dalla copertina color sabbia, decisamente voluminoso e ben curato.

“ Ti sei messo a scrivere memorie anche tu. Samvise? ” domandò Bilbo, “ Noi Baggins ti abbiamo proprio contaminato. ”

“ Queste non solo memorie solo mie, Padron Bilbo. Guardate…”

Frodo ricevette dall'amico il volume e vi diede una prima scorsa insieme a Legolas e Gandalf che gli erano seduti accanto.

Spalancò la bocca, stupefatto: “ Questo è…”

“ Il libro Rosso dei confini occidentali…" esclamò Legolas, prevenendolo. " Ma…” scosse la testa, divertito, “ non lo avevi lasciato a tua figlia, a Cioccadoro? ”

Questa è in realtà una sua trascrizione, che Sire Aragorn ha commissionato ai migliori scrivani di Minas Tirith, dopo aver saputo che un giorno sarei partito anche io per i Rifugi Oscuri. ”

“ Incredibile. Quanto tempo avrà richiesto? ”

“ Dovendo attendere che anche Pipino e Merry si degnassero di scrivere qualcosa…molto tempo, vi assicuro. ”

Nel pensare ai due cugini hobbit, tutti quelli che li avevano conosciuti – anche indirettamente, attraverso i racconti – risero di gusto. Da parte sua, Gimli era invece piuttosto offeso. “ Grampasso ha trovato il modo di mantenere la sua promessa. Mi aveva giurato che ci avrebbe stupito anche dopo la sua morte. Sicuramente avrà fatto ricopiare su quel libro anche una delle sue eterne liriche. ”

“ Oh, puoi scommetterci, Mastro Nano! ” commentò Sire Elrond.

“ Bene, " disse Sam, richiedendo con un cenno il volume, " allora…direi di leggere al nostro Fealen qualcosa di nuovo. Qualcosa che Frodo non può avergli ancora raccontato. ” 

 

* * *

 

Un tempo sapevamo quella terra, Tu ed Io.

E una volta là vagando siamo andati

Nei lunghi giorni da lungo tempo nell’ oblìo,

una bimba bruna,

un bimbo dai capelli dorati.

Forse per i sentieri del pensiero al focolare

Nella stagione fredda e bianca,

o nelle ore intessute di blu crepuscolare

di piccoli letti presto rimboccati

d’estate nella notte stanca,

nel Dormire tu ed io viaggiammo sicuri

e là ci siamo incontrati,

sulla vestina bianca i tuoi capelli scuri

e i miei biondi arruffati?

 

Camminavamo timidi per mano,

in sabbia d’oro tracce di bambino,

 raccoglievamo perle e conchiglie nei secchielli

e tutt’intorno cantavano gli uccelli,

usignoli alti tra le fronde.

Scavammo a cercare argento con le pale

Cogliendo scintillii di sponde,

poi corremmo a riva lungo ogni radura erbosa

per scoprire la tiepida viuzza tortuosa

che ora non sappiamo più trovare,

tra gli alti alberi e il loro sussurrare…”

 

                                                                                                Mar Vanwa Tyaliéva,

                             La Casetta del Gioco Perduto

 

 

29 Aprile 1915

59, St. John’s Street, Oxford

 

Lasciò da parte il quaderno sgualcito, concluso il giorno prima, e lo fece perdendosi una volta di più sui caratteri che formavano il suo nome.

Riprese la lettera iniziata per Edith.

Come spesso capitava, uno degli amori per lui più importanti doveva rivaleggiare con l’altro per avere la sua attenzione.

Di nuovo avrebbe dovuto rimediare, perché non era capace di mentirle…neppure per lettera.

Ogni volta si trovava a cercare le parole per scusarsi con lei…ogni volta dubitava di averle scelte con efficacia.

Ma forse la sua Edith conosceva davvero bene la persona che aveva scelto…Conosceva il suo bisogno quasi fisico di narrare…

Forse era riuscito davvero ad esprimerle ciò che sentiva ogni volta che le parole…lettera dopo lettera…componevano e descrivevano Quel Mondo…Il giovane studente sperava tanto che fosse così.

Sicuramente le aveva aperto il suo cuore, parlandole dei personaggi che abitavano i suoi sogni, confidandole la sua netta sensazione che non fossero solo tali.

Le aveva parlato della bellezza di un’amicizia, che non era mai stata un rapporto tra padrone e servitore…di quella purezza di legame che solo le difficoltà avevano saputo far emergere…

Le aveva descritto l’angoscia della tentazione del potere, del tradimento.

Le aveva parlato della regalità dimostrata anche dalla persona più semplice.

Le aveva parlato dei luoghi incontaminati che la sua fantasia aveva visitato, dei Valar che li avevano fortemente desiderati e così generati

Le aveva parlato della promessa che aveva fatto – forse a se stesso, o forse a qualcuno di molto più importante – la promessa di non smettere mai…mai di raccontare. 

 

Fine

 

 

 

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