Indagini congiunte di Akane (/viewuser.php?uid=27)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un caso difficile ***
Capitolo 2: *** reciproche conoscenze ***
Capitolo 3: *** sulla strada giusta ***
Capitolo 4: *** le strade si intracciano ancora ***
Capitolo 5: *** I gruppi si formano ***
Capitolo 6: *** Spettacoli ***
Capitolo 7: *** Come volevasi dimostrare ***
Capitolo 8: *** A rotta di collo ***
Capitolo 9: *** Salvezza ***
Capitolo 10: *** La tensione si scioglie ***
Capitolo 11: *** coppie congiunte ***
Capitolo 1 *** Un caso difficile ***
TITOLO:
Indagini congiunte
AUTORE:
Akane
SERIE:
crossover: NCIS, Criminal Minds e Numb3rs
GENERE:
azione, sentimentale
TIPO:
yaoi sicuro ed in prevalenza, poi, forse, se mi sento, se mi va
qualcosa di etero. Ma vediamo...
RATING:
per ora metto arancio, poi in caso se cambia avviso.
PAIRING:
GibbsXDiNozzo, MorganXReid sono le coppie sicure... altre sono
sorprese... Non vi dico i personaggi presenti, sorpresa anche quella!
PARTI:
qualche capitolo, non troppi, credo, ma chissà!
AMBIENTAZIONE:
la stessa dei rispettivi telefilm. Per NCIS siamo dopo la 5^ stagione
ma non accenno a nessuno spoiler se non quello che salterà
da
solo agli occhi e che già sanno tutti, ovvero che la squadra
di Gibbs si è ricomposta. Per CM non è
specificato,
direi 3^ stagione così non ci sono spoiler nemmeno qua. Per
Numb3rs inizio 3^ stagione, Charlie non sta ancora con la sua amica e
non si sa nulla di Colby.
DISCLAMAIRS:
i personaggi e le ambientazioni non sono miei ma degli aventi diritti
dei vari telefilm da me presi solo in prestito per inventare questa
storia per puro divertimento.
NOTE:
allora... una domenica pomeriggio guardavo Numb3rs pensando a NCIS e
poi a Criminal Minds... e mi sono detta: che figata sarebbe se alcuni
dei personaggi di questi tre bei telefilm si incontrassero per un
caso molto difficile e pericoloso!
Ed
ecco qua che la mia testa è partita immaginando il caso in
questione, i personaggi che farei incontrare, come, perché,
le
varie relazioni... ed è saltato fuori questo. Non so di
preciso cosa sarà, non ci sono tutti i personaggi di tutti e
tre i telefilm, ma solo quelli che preferisco. La carenza di donne
è
dovuta al fatto che io sono una donna, sono etero e preferisco gli
uomini. ^_^
Aspettatevi
un po' di tutto, comunque...
Buona
lettura. Baci Akane
RINGRAZIAMENTI:
ringrazio chiunque leggerà e commenterà!
DEDICHE:
a Taila che adora tutte e tre queste serie e ad altri come lei a cui
piacciono una o entrambe.
INDAGINI
CONGIUNTE
CAPITOLO
I:
UN
CASO DIFFICILE
/
In
the air tonight - Nonpoint /
Un
senso di frustrazione risalì in entrambi con la stessa
potenza, facendoli sospirare, contrarre le mascelle ed i muscoli
insieme allo spasmo dei rispettivi stomaci che si chiusero nuovamente
a doppia mandata. Frustrazione e impazienza nonché fastidio
e
ansia.
Le
cose stavano loro sfuggendo di mano ed era una cosa così
plateale che presto si sarebbero messi a prendere a pugni chiunque
arrivasse sul loro cammino.
Eppure
la notizia era arrivata loro chiara e limpida, senza lasciare alcuna
possibilità di aver capito male.
Era
un incubo.
Tutta
quella situazione lo era.
Un
terribile incubo senza via d’uscita, almeno al momento.
Era
da molto che non si sentivano così, da quando era morta
Jenny,
o quando Gibbs aveva rischiato di morire abbandonandoli o ancora
quando avevano tutti creduto che Tony fosse morto.
Era
passato molto tempo, tutto sommato, ma loro continuavano a ripensarci
quando le sensazioni che provavano sul loro cammino, somigliavano
terribilmente a quei momenti atroci.
Ora
le cose stavano andando male ma la consapevolezza che sarebbero
andate sempre peggio se non avessero subito fatto qualcosa, era
incombente.
La
colpevolezza che sentivano dentro fino all’osso,
l’incapacità
di procedere nelle indagini e fermare quel massacro che si stava
compiendo intorno a loro era pietrificante. Come potevano permettere
che assassinassero così facilmente dei marine?
Così
tanti in così poco tempo, con lo stesso metodo freddo e
sbrigativo ma unico, delle firme che attirassero l’attenzione
di
tutti, qualcosa che prendeva la coscienza di chiunque spingendo
l’intera città e oltre a farne un caso di stato.
Quello
o quegli assassini continuavano ad agire indisturbati e loro a
brancolare nel buio come non mai era accaduto.
Sembrava
sempre arrivassero vicini, ad un soffio da loro, e poi si scontravano
con un altro errore inciampando in una buca che non doveva essere
lì.
No,
le cose andavano sempre peggio e nonostante loro proseguissero in
quella che sembrava la giusta direzione, quello non bastava. Dovevano
trovare un altro metodo per arrivare a loro.
Assolutamente.
Fu
così, che all’ennesima brutta notizia di un nuovo
cadavere
di un marine ucciso inequivocabilmente dallo stesso killer, Vance, il
nuovo direttore dell’NCIS, diede l’ultima occasione
a sé
stesso e alla squadra per porre termine a quei massacri gratuiti
senza senso e significato.
Era
quello il punto.
L’unica
connessione era che le vittime erano tutte marine, per il resto non
avevano collegamenti o similitudini, nulla di nulla.
Come
se la divisa bastasse per uccidere degli uomini.
Dopo
aver ricevuto risposta positiva, Vance convocò Gibbs per
comunicargli la sua decisione, consapevole che non sarebbe stato
contento. Del resto non aveva scelta, era l’unica
possibilità
per prendere quel killer che continuava quasi indisturbato a fare i
propri sporchi comodi.
Quando
il capo squadra con fare impaziente entrò
nell’ufficio del
direttore, già dalla sua espressione capì che
doveva
trattarsi di qualcosa che non gli sarebbe piaciuto.
Come
minimo si aspettava di venir sollevato dal caso ma non glielo avrebbe
permesso. Non avrebbe mollato a nessuno quello che ormai spettava a
lui di diritto.
Prendere
quel dannatissimo essere immondo che con un passo sempre avanti a
loro uccideva i marine.
Stava
diventando una questione personale, non mollava da giorni senza
riposarsi e far riposare la sua squadra, facevano degli orari
rigidissimi e praticamente nemmeno mangiavano, non si concedevano
tregua, lui nella fattispecie. Non esisteva che lui avrebbe mollato
senza fermare e prendere quell’assassino. Non
l’avrebbe mai
permesso e risoluto nonché parecchio rabbioso, si
preparò
a rispondergli male e a fare di testa sua come al solito.
Tuttavia
Vance lo precedette con risolutezza e fermezza:
-
Visto come sta procedendo il caso ho deciso di chiedere una
consulenza speciale con una squadra particolare dell’FBI che
normalmente opera su tutto il territorio americano. È unica
nel suo genere e molto in gamba nonché utile, si tratta
dell’Unità di Analisi Comportamentale. Hanno
risposto
positivamente, manderanno a breve alcuni agenti della squadra per
aiutarci a prendere questo killer di marine. Ci serve un ulteriore
metodo per trovarlo e il profilo psicologico che ci forniranno ci
aiuterà. Non è una richiesta, la mia, non hai
possibilità di rifiutarti. L’unica scelta che hai
è
di collaborare con loro o sarò costretto ad affidare il caso
ad un'altra squadra. Visto poi che fino ad ora non ci sono stati dei
buoni risultati non sei nella posizione di trattare la questione. Il
caso rimane nostro ma dovrete offrire piena collaborazione agli
agenti che arriveranno condividendo ogni informazione. Questo
è
tutto, agente Gibbs. –
Detto
questo distolse completamente la sua attenzione da lui, spostando gli
occhi dallo sguardo diretto e severo sulle carte poste nella
scrivania, Gibbs rimase a fissarlo ancora qualche istante pensando
peste e corna aiutato dai fulmini che saettavano dalla nuvola nera
sopra la sua testa e dentro ai suoi occhi azzurri, ma si trattenne e
contraendo per la millesima volta la mascella in segno di
contrarietà, nonché ingoiando storicamente il
duro
boccone da digerire, semplicemente si girò uscendo
dall’ufficio, senza dire assolutamente nulla.
“Sarà
tutto da vedere!”
Questo
fu l’unico conclusivo pensiero mentre con passo spedito e
andamento
parecchio contrariato e seccato, si diresse dai suoi che lavorando
più attivi che mai, attendevano impazienti, curiosi e
intimoriti il verdetto del Direttore e la motivazione della
convocazione di Gibbs.
Naturalmente
erano tutti sicuri che gli avessero tolto il caso ma sapevano bene
che il loro capo non gli avrebbe dato retta continuando imperterrito
per la sua strada.
E
loro, naturalmente, sarebbero stati incondizionatamente con lui a
qualunque costo, fino alla fine, seguendo qualunque sua decisione.
Perché
ormai al punto in cui erano non si poteva che fare così.
Perché
erano una squadra ed una famiglia e si sarebbero sempre sostenuti.
Sempre.
In
qualunque caso.
Quando
Gibbs arrivò in poche falcate alla scrivania circondato dai
suoi, ognuno alla propria che lo guardavano ansiosi, disse secco,
sbrigativo e con poche parole, più dei latrati che altro:
-
Stanno per arrivare alcuni membri dell’Unità di
Analisi
Comportamentale dell’FBI per aiutarci a stendere il profilo
psicologico del killer. – Per lui sarebbe bastato questo, ma
Ziva
fu la prima impavida a parlare senza pensarci un attimo, scattando
dritta sulla sedia e gesticolando con aria di chi non capiva:
-
Profilo psicologico? Ma noi non l’abbiamo mai
fatto… e poi
Duky... -
A
quel punto si beccò solo l’occhiata più
fulminante
che Gibbs riuscì a tirare fuori, qualcosa di paralizzante di
per sé, quindi dopo un attimo di silenzio di tomba dove ogni
singola sillaba o respiro sarebbe stato superfluo, si sentì
un
violento sbattere di mani sulla scrivania e il proprietario schizzare
pressoché infuriato di nuovo via dalla sua postazione,
dirigendosi furente di rabbia verso la toilette.
-
E’ più nero del solito… - Disse McGee
guardando come gli
altri la direzione in cui era sparito in un lampo. –
Cioè,
di solito in queste situazioni difficili in cui è
già
più nero del suo normale… - Pensiero reso
contorto
dall’ansia che gli aveva inflitto lo stato d’animo
iroso del suo
capo, di cui aveva un ovvia e naturale paura.
Tuttavia
mentre Ziva cercava di capire il senso di quella frase strana, Tony
non si preoccupò nemmeno di prenderlo in giro e alzandosi a
sua volta in fretta sgusciò silenzioso anche lui verso la
toilette, dove si era rinchiuso Gibbs.
Una
volta dentro con un certo sensato timore di vedersi arrivare non solo
un fulmine ma anche un pugno vero e proprio, notò che la sua
mano destra stava sotto l’acqua corrente del rubinetto,
mentre il
resto del viso gocciolava bagnato evitando comunque lo specchio.
Tony
si fermò alla porta immaginando che il muro era stato
vittima
del suo sfogo fisico, quindi ringraziò sé stesso
per
essere riuscito a venire al momento giusto senza beccarsi lui il
diretto sul naso.
Si
mordicchiò il labbro e si concesse una breve smorfia di
difficoltà mentre si chiedeva il modo giusto per approciarsi
a
lui.
Di
solito a lavoro gli stava alla larga, o meglio non lo cercava molto
se non per questioni professionali, ad entrambi non piaceva
confondere vita privata con il resto, non volevano che quel che erano
a casa influenzasse in qualche modo quel che facevano col distintivo
in mano, separavano le due cose con fare molto maturo, Ma talvolta
capitava che l’uno avesse bisogno dell’altro e non
si poteva
evitare di stargli accanto, anche solo scaldarlo col proprio sguardo
che traboccava tutto il sentimento che provava.
Quei
momenti in cui si lasciavano appena appena andare a ciò che
erano realmente anche in privato, erano quelli in cui serviva esserlo
e non si infastidivano di aver ceduto e rischiato di essere scoperti.
Tony
non fece nulla se non osservarlo sciacquarsi la mano e respirare a
fondo.
Sapeva
che non gli piaceva nulla di quella situazione, a partire dai marines
morti, dai loro buchi nell’acqua e dal killer che continuava
indisturbato a fare i suoi comodi per finire ora con questa nuova
squadra che veniva ad aiutarli. Per lui era un fallimento un aiuto
simile, tanto più che tutto ciò di cui si fidava
era la
sua squadra ed il suo istinto.
Accettare
un aiuto esterno, per di più di una squadra che si affidava
al
profilo psicologico del criminale, era una specie di sconfitta o
comunque un segno di debolezza.
Capendo
tutto quello che gli si agitava dentro, dopo tutto il tempo che lo
conosceva e quanto stavano insieme poteva dire di riuscirci, gli si
avvicinò lentamente e chiudendogli il rubinetto lo
lasciò
girarsi verso di sé, quindi guardandolo dritto negli occhi
senza il minimo timore o esitazione così da vicino tanto da
fargli sentire il respiro sul suo viso, mormorò:
-
Vedrai che saranno delle persone in gamba e che ci aiuteranno a
prendere quel bastardo. Entro stasera sarà tutto finito.
–
Di solito Tony non faceva la parte dell’ottimista che lo
tirava su
di morale, o meglio sì, era quello che cercava di tirare su
di
morale gli altri ma lo faceva sdrammatizzando facendo il buffone
della situazione.
Difficilmente
lui perdeva la testa arrabbiandosi anche se c’erano i casi
che lo
coinvolgevano molto o i momenti in cui agendo impulsivamente si
trovava in qualche guaio.
Però
quando fece questa parte con Gibbs, in quell’istante, il
respiro
parve tornargli leggermente più regolare e come per magia
qualcosa davvero funzionò in quel piccolo e semplice gesto
da
parte del suo uomo.
Non
seppe dire cosa di preciso funzionò ma tornandogli il sangue
freddo chiuse istintivamente gli occhi appoggiando la fronte su
quella di Tony, piegò appena le labbra in un cenno di
consapevolezza, qualcosa di molto dolce che fra loro era raro. Dopo
qualche minuto di silenzio in cui non si erano nemmeno più
guardati negli occhi ma solo toccati con le fronti, si staccarono
senza nemmeno sfiorarsi con le labbra.
Non
era il luogo né il momento.
Ora
andava bene così.
Il
bacio sarebbe arrivato alla fine di quel caso, quando avrebbero
chiuso quell’assassino in obitorio!
-
Andiamo. – Mormorò invece Gibbs scambiandosi un
ultimo breve
e fugace sguardo con quello che era il suo uomo da tempo, ormai.
Quindi
precedendolo uscirono insieme dalla toilette più calmi e
concentrati di prima, con un'altra luce più determinata ma
lucida e ragionevole.
In
un modo o nell’altro avrebbero preso quel criminale e se per
riuscirci dovevano appoggiarsi all’aspetto psicologico
fornito da
altre persone, allora sarebbe andato bene.
L’importante
era comunque arrivare a lui e Gibbs sapeva che l'avrebbe avuto fra le
mani, prima o poi.
E
da lì non ne sarebbe più scappato.
L'auto
nera con a bordo solo tre uomini stava ormai per giungere a
destinazione viaggiando con un andatura sostenuta fra il traffico di
Washington. Alla guida era il più bello fra i tre, un gran
bel
ragazzo di colore che con gli occhiali scuri per coprirsi dal sole di
quel giorno, faceva sfoggio del suo fisico atletico grazie ad un
abbigliamento che gli donava molto evidenziando i muscoli giusti al
punto giusto. La sua bella voce bassa con un tocco costante di
sensualità naturale, come ogni altra parte di sé
stesso, stava parlando con gli altri due uomini chiedendo particolari
sul caso che si apprestavano ad affrontare con i federali della
marina.
A
rispondergli erano a turno entrambi i suoi colleghi, uno il suo capo
seduto a fianco vestito di tutto punto con un aria estremamente seria
e severa, l'altro più magro e pallido, di gran lunga diverso
da tutti. Lui era il ragazzo più giovane il cui
abbigliamento
lasciava un bel po' a desiderare, i biondi capelli lunghi che
coprivano dolcemente il collo erano lasciati a sé stessi e
si
presentavano un po' arruffati, così come lui nell'insieme.
Consultava delle carte sciorinando una serie di statistiche che gli
altri due uomini ascoltavano e commentavano.
Di
norma la squadra di Analisi Comportamentale dell'FBI era composta da
più persone però al momento avevano dovuto
dividersi
ricevendo due urgenti richieste importanti.
Il
killer di marine era stato il caso di cui si erano fatti carico
Hotchner, Morgan e Reid mentre Rossi, Prentiss e JJ si erano diretti
altrove. Non era raro che si dividessero ma nemmeno molto frequente.
Del
resto Reid era il più indicato per i criminali che
uccidevano
così tanto e da lui né il capo né
l'altro
compagno si separavano mai. Se potevano preferivano affiancarlo.
Normalmente non lo facevano entrambi ma solo uno dei due,
però
potendo scegliere si sentivano più tranquilli
così.
-
Eccoci arrivati. - Disse Morgan parcheggiando il SUV nero dai vetri
oscurati nel parcheggio dell'NCIS. Reid chiuse la cartella che stava
consultando e raccogliendo tutto quello che si erano portati inerente
al caso scesero dall'auto dirigendosi a passo sicuro e spedito
all'ingresso.
Sarebbe
stato un caso difficile, lo sentivano a pelle ed ormai erano abituati
a fidarsi delle sensazioni anche se non le esprimevano mai
poiché
lo ritenevano superfluo. Loro malgrado con seria
professionalità
attesero di essere condotti dalla squadra in testa alle indagini
consapevoli che ad essere complicato non sarebbe stato tanto il caso
in sé quanto collaborare con altri agenti federali.
Quando
i tre uomini completamente diversi fra loro uscirono dall'ascensore
condotti dall'agente che li aveva scortati, si fermarono aspettando
di essere presentati, guardandosi discretamente attorno per farsi
subito una prima idea dell'ambiente in cui avrebbero lavorato.
Bastò
uno sguardo per capire subito con chi avrebbero lavorato e capirono
anche quanto provati fossero dalle indagini.
Reid
si avvicinò istintivamente di più a Morgan mentre
Hotch
aspettava un passo avanti a loro in attesa di ricevere l'altro capo
squadra o il direttore e in quella breve attesa tutti capirono che
oltre ad essere dei giorni difficili, quelli, sarebbero stati anche
dei giorni diversi da quelli che di solito erano abituati a vivere e
affrontare. Nemmeno lì sarebbero stati in grado di spiegare
il
motivo di quelle sensazioni, però si sentirono
così e
subito preferirono concentrarsi su quel che stavano per fare.
Si
riscossero dai rispettivi pensieri insoliti quando un uomo
dall'andamento sbrigativo e deciso, nonché visibilmente
seccato, andò loro incontro. Subito capirono che si trattava
del responsabile delle indagini quindi Hotch andò lui
incontro
ricambiando senza problemi lo sguardo diretto che ricevette
immediatamente.
-
Voi siete la squadra di Analisi Comportamentale dell'FBI, suppongo. -
Disse con voce bassa e controllata che non mascherò
minimamente il suo stato d'animo molto contrariato e scontroso. Il
moro tese la mano abbozzando un sorriso tirato ma professionale che
non fu ricambiato nonostante la mano fu presa e stretta con
sicurezza.
-
Agente Speciale Hotchener, lui è l'agente Reid e lui
l'agente
Morgan. - Presentò altrettanto sbrigativo concordando con
lui
sull'andare al sodo e non perdersi in sciocchi convenevoli.
All'inizio era difficile per tutti, poi collaborando le cose
sarebbero cambiate, conoscendosi meglio, approfondendo...
-
Vi do il benvenuto a nome di tutta l'NCIS, la mia squadra vi
offrirà
la massima collaborazione e qualunque cosa vi serva non avete che da
chiedere. Mi auguro che... - La voce del Direttore che era arrivato
intromettendosi fra i due capi squadra, fu a sua volta interrotta da
Gibbs che senza peli sulla lingua dimostrò apertamente quel
che pensava, fin troppo:
-
... che tutto questo non sia una perdita di tempo! - Detto questo
ignorò gli sguardi increduli ed interessati dei presenti,
quindi si voltò verso gli altri alle scrivanie che
osservavano
da lontano parlottando fra loro senza perdersi un solo istante e
facendo loro un unico cenno col dito indicò di avvicinarsi.
Ziva, Tony e McGee quindi scattarono e arrivando lì in
fretta
affiancarono Gibbs e Vence dinnanzi ai tre membri dell'FBI che si
presentarono tendendo le mani e scambiandosi tutti uno sguardo chi
diretto, chi significativo, chi ironico, chi gentile e chi di
ammirazione.
McGee
era contento di indagare con una squadra che sembrava tanto
interessante, visto il loro metodo particolare, Ziva invece era di
natura sospettosa, un po' come Gibbs, mentre Tony era incuriosito.
Non si precludeva mai nessuna strada, prima voleva studiare la
situazione a modo suo e solo dopo decidere se gli sarebbe piaciuto o
meno.
Lo
sguardo fine e assassino che Vance diresse a Gibbs fu molto chiaro e
cristallino, non servirono parole, tuttavia prima di andare
sibilò:
-
La totale collaborazione. - Non ci fu bisogno di altro. Sapeva che
l'altro non avrebbe mai risposto.
Una
volta soli i sette continuarono a guardarsi ancora brevemente ognuno
a modo proprio, poi Gibbs voltò loro le spalle senza dire
nulla se non: - Tony! - che fece scattare il nominato già
preparato a quel che doveva fare pur non essendosi messi d'accordo
precedentemente:
-
Mi occupo di loro. - Disse infatti, poi aggiunse: - Prego, seguitemi.
- Non c'era bisogno di chiedere di cosa avevano bisogno, era ovvio
che come minimo serviva loro una stanza in cui sistemarsi anche
perché difficilmente Gibbs avrebbe accettato di condividere
la
sua scrivania con qualcun'altro.
Hotchener
e gli altri si scambiarono una breve occhiata fra di loro, un
occhiata che disse tutto, quindi semplicemente lo seguirono senza
emettere alcun suono.
-
E' uno che si nota! - Sussurrò Reid a Morgan senza farsi
sentire da nessun altro.
Morgan
alzò un sopracciglio e incuriosito chiese: - Chi? - capendo
che poteva trattarsi sia del capo squadra che dell'agente che ora li
conduceva.
-
L'agente Gibbs. Ha una personalità molto forte. Sembra
diffidente verso il genere umano ma dei suoi agenti si fida tanto che
loro capiscono al volo le sue richieste ancora prima che le esprima.
E non ha il minimo timore del suo capo, il direttore. - Era tipico di
Reid subire il fascino di coloro che avevano una personalità
forte ed analizzarli subito con la stessa facilità con cui
si
indossano i calzini. Morgan sorrise compiaciuto che il suo cervello,
tanto per cambiare, fosse già in movimento anche se non per
il
caso.
-
Si... un tipo interessante... ha l'aria di riservare molte sorprese.
Non sarà affatto male lavorare qua. - Lo disse con ironia ed
una luce più che divertita negli occhi scuri che pur
parlando
di uno fissavano insistentemente un altro, ovvero Tony. Reid
seguì
incuriosito la linea del suo sguardo e alzò entrambi i
sopraccigli disorientato da ciò che capì Morgan
stava
guardando: il sedere di quell'agente oggettivamente di bella
presenza. Istintivamente ingoiò a vuoto e preferì
non
dire nulla anche se avrebbe potuto; al contrario il suo cervello,
naturalmente, si mise a pensare ad una velocità supersonica
che 'l'interessante' di Morgan era diretto a quel ragazzo piuttosto
che al capo squadra di cui stavano parlando.
“Bè...
“ Iniziò
poi
rallentando un attimo e soffermandosi anche lui sulla visione che in
effetti non era poi tanto male: “non
che lui sia meno
interessante dell'altro... ma per un motivo diverso! “
Si
stupì lui stesso dei pensieri che si trovò a
fare,
quindi decidendo di concentrarsi su altro ascoltò
ciò
che l'oggetto del suo 'interesse' stava dicendo con una certa
allegria nella voce. Un allegria scanzonata ed ironica ma non pesante
o fuori luogo. Ricordava molto il modo di fare di Morgan anche se non
era proprio uguale.
-
Vi abbiamo assegnato una stanza, immaginando che ne avrete bisogno
per sistemarvi... - Poi piegò l'angolo della bocca
all'insù
accentuando l'ironia che già vibrava molto in lui: - Vi
consiglio di stargli alla larga il più possibile e di
rivolgervi a me per qualunque cosa... lui è molto peggio del
killer che stiamo cercando... - La piccola battuta più o
meno
innocente non fu molto apprezzata da Hotch che ignorò
totalmente l'ultima frase, mentre Morgan ridacchiò
inquadrando
al volo il tipo decidendo che gli piaceva e che avrebbero instaurato
un ottimo rapporto. Reid rallentò ancora corrugando la
fronte
chiedendosi se fosse serio, non trovando risposta (quel genere di
cose le capiva solo Morgan) si affrettò a seguirli entrando
insieme agli altri nella stanza delle riunioni dalle medie dimensioni
fornita di un lungo tavolo, di sedie, di finestre e di un televisore.
Stanza con lo stretto necessario.
Tony
si mise da parte a lato della porta e allargando le braccia li fece
entrare continuando con naturalezza a parlare, sembrava che non
subisse nessuna tensione per il caso difficile che stavano
affrontando o per la loro presenza. Avevano notato che tutti erano
nervosi e seri, tranne lui. Un altro tassello andò a
comporre
quell'interessante individuo e Morgan gli scoccò un sorriso
che la disse lunga su ciò che pensava in quel momento con
quello scambio di sguardi. Tony lo notò e non se ne
imbarazzò,
lo accettò di buon grado ricambiando allo stesso identico
modo, quindi come se gli avessero inserito una monetina per farlo
funzionare cambiò repentinamente senza apparente sprone e
rivolgendosi ad Hotch con serierà, tornò al
motivo per
cui erano lì:
-
Non so cosa vi abbia fornito Vance, cosa sappiate già e cosa
vi serva, tuttavia possiamo organizzare una prima riunione
preliminare con l'intera squadra per scambiarci tutte le informazioni
e gli aggiornamenti prima di iniziare. Non so come lavorate di solito
quindi aspetto le vostre richieste che, ripeto, vi conviene fare a me
se volete ottenere qualcosa di utile e non un ringhio... sapete...
Gibbs comunica con quelli e con gli scappellotti, la mia nuca ne sa
qualcosa. Ad ogni modo... - Lo sproloquio sarebbe andato avanti a
lungo fra le cose serie e sensate e quelle demenziali ad inutili
sparate tutte con lo stesso tono, se Hotch non lo avesse interrotto
impaziente e brusco per procedere senza perdere altro tempo:
-
Si, è una buona idea la riunione preliminare
d'aggiornamento.
- Sperando che nessuno gli desse man forte. Speranza vana.
-
Se non si rischia troppo la vita... - Fece infatti Morgan col
medesimo tono usato da Tony. Questi spostò lo sguardo su di
lui notando che oltre ad essere decisamente un bel tipo dannatamente
sexy, stava anche al suo umorismo, cosa essenziale affinché
qualcuno gli piacesse.
-
Per questo vedrò cosa posso fare, ma non vi assicuro
nulla...
con Gibbs l'unica sicurezza è che per rimanere interi
bisogna
stargli alla larga! - Morgan ridacchiò divertito e complice
mentre Reid continuò stupito ed incuriosito a studiarli, era
molto colpito dalla sicurezza che trapelava da loro. Insieme
avrebbero fatto scintille, ne era certo. Però gli sembrava
così strano incontrare un altro simile a Morgan... ma
soprattutto vederli così presto complici fra loro. Doveva
ancora capire se sarebbe stata una cosa positiva.
-
Va bene, grazie. Vi aspettiamo per l'aggiornamento. - Interruppe il
siparietto Hotchener che cominciava a nutrire seri dubbi sul fatto
che fosse stata una buona idea far venire anche Morgan. Del resto non
poteva immaginare che ci sarebbe stato un altro simile a lui con cui
fare comunella. Quei due insieme, lo capì subito, gli
avrebbero dato dei grandi grattacapi ma si fidava di Morgan e sapeva
anche che per avere dei buoni risultati, da lui, bisognava lasciarlo
libero di agire come si sentiva, come il suo istinto gli diceva di
fare.
-
Bene. - Disse Tony con aria enigmatica girandosi per andarsene.
-
Già! - Lo fermò Morgan con quest'esclamazione
insolita,
l'altro si girò nuovamente in sua direzione quindi lo vide
avvicinarglisi e a voce bassa che lo fece rabbrividire
continuò:
- Tutti abbiamo un 'Gibbs' in famiglia! - Il modo in cui si
guardarono e sorrisero simbioticamente con malizia e ironia fu
qualcosa che a Reid non piacque e lo sentì con
più
chiarezza solo in quel momento.
Ovviamente
non seppe spiegarselo ma sapeva che prima della fine di quella
collaborazione l'avrebbe capito.
|
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Capitolo 2 *** reciproche conoscenze ***
INDAGINI
CONGIUNTE
*Ecco
qua il secondo capitolo di questo crossover che ricordo comprende
NCIS, Criminal Minds e Numb3rs. Anche qua i personaggi di Numb3rs non
ci sono ancora ma arriveranno nel prossimo capitolo, credo. Intanto
ringrazio tantissimo chi ha già commentato e chi ha letto.
Vi
auguro ancora buona lettura. Baci Akane*
CAPITOLO
II:
RECIPROCHE
CONOSCENZE
/
Sidedish friend – Rachel Yamagata /
La
riunione ebbe luogo prima del previsto e Tony stesso si sorprese
della collaborazione di Gibbs, era sicuro che non avrebbe mai rivolto
la parola a nessuno di quei tre, accettare addirittura di vederli in
una riunione di aggiornamento era davvero sensazionale!
Dopo
qualche minuto erano tutti lì nella sala che avevano
riservato
ai consulenti dell’FBI a parlare del caso.
Portavoce
fu ancora una volta Tony dal momento che era troppo pretendere che
Gibbs si abbassasse a tanto.
“Probabilmente
vuole capire quanto siamo validi… è qui solo per
questo, per
sapere se possiamo servirgli davvero o meno. Il fatto che si conceda
un istante per comprenderlo è positivo, onestamente non
pensavo l’avrebbe fatto!”
Fu
il pensiero di Reid mentre al contempo registrava per filo e per
segno ogni parola che veniva emessa dalle affascinanti labbra del
bell’agente dell’NCIS.
Il
capo, infatti, era a braccia conserte, impettito,
nell’angolino
della stanza, proprio sulla porta pronto ad andarsene il prima
possibile con un aria scura nel volto affascinante.
Hotchner
e Morgan, dal canto loro, seppure notassero ogni singolo dettaglio,
erano maggiormente concentrati sulle informazioni particolareggiate
che forniva Tony. Il fatto che non facesse più
dell’ironia
pur lui fosse chiaramente tipo da farla sempre, denotava quanto seria
fosse la faccenda.
Ziva
e McGee stessi erano colpiti da questo particolare.
Colpiti,
certo, ma umani in quanto nonostante fossero tesi per il caso il
tempo per squadrare i nuovi collaboratori e apprezzarli lo trovarono!
Ziva,
ovviamente, fu subito profondamente attratta da Morgan, cosa
più
che normale visto che si trattava esattamente del suo tipo ideale,
McGee invece fu colpito da Reid, quel ragazzo giovane magrolino,
sciupato ma con l’aria così diversa da tutti,
doveva essere
molto intelligente.
-
E questo è quanto. Domande? – Concluse ancora
apparentemente
serio, congiungendo le mani e strofinandosele in segno di
soddisfazione verso sé stesso. A questo punto Reid, che era
abituato a fare mille cose insieme, una domanda la trovò
quindi quando fece per aprire bocca col dito da saputello alzato, fu
subito fermato di nuovo da Tony che con ironia velata batté
una mano sulla spalla del collega: - Rivolgetele pure al McGenio,
sarà preciso ed esauriente come una pettegola dalla
parrucchiera! – Un paragone insolito che per una volta non
tirò
in ballo nessun film. Fu qui che i tre nuovi alzarono i sopraccigli
interdetti, quindi guardarono McGee che con aria severa ammoniva
l’amico con un’occhiataccia. Sembrava abituato.
Però fra
tutti ad intervenire per primo fu Reid che deviò la domanda
che voleva fare su una più spontanea ed incuriosita:
-
McGenio? – Naturale visto che di norma la parola
‘genio’ era
affiancata a lui!
-
Certo, lo capirete presto anche voi che lui è meglio di
qualsiasi computer o enciclopedia! – Decisamente sconvolgente!
“Ma
guarda un po’! Qualcuno ha rubato il trono a Reid! Voglio
proprio
vedere che farà!”
Pensò
divertito Morgan senza intervenire, studiando attentamente il collega
che si sforzava di non fare alcuna espressione particolare.
-
Stavi per dire? – Chiese McGee quindi per riportare tutto
alla
normalità prima di far stizzire Gibbs, cosa che mancava
poco.
-
Si… - Si riprese il biondino dalla pelle pallida e le solite
occhiaie sotto gli occhi mettendosi le mani in tasca e smettendo di
gesticolare come un professorino. – Potrei avere una mappa
con
tutte le località delle aggressioni evidenziate? –
Già
dal tono saccente di natura si capì subito che tipo doveva
essere e a Tony non piacque già. Se era uno di quei
‘so-tutto-io’, non sarebbe potuto mai andare
d’accordo con lui.
Non come sarebbe sicuramente successo con quel magnifico ragazzo di
colore!
-
Certamente, te ne fornisco subito una. – Detto questo
sparì
fuori dalla stanza come un fulmine immaginando già cosa
volesse fare con quella mappa.
-
Posso chiedervi cosa ne pensate così di primo acchito?
–
Chiese quindi Tony notando che Gibbs e Ziva continuavano amabilmente
a farsi i fatti loro, era inoltre sinceramente curioso di sapere se
fossero stati utili o meno, come lavoravano insomma. Fu lì
che
Hotchner prese la parola cominciando a porre la prima più
ovvia ipotesi che sarebbe stata presto da avvalorare. Non fu
interrotto e tutti ammirarono il tono di comando e l’aria
seriosa
nonché estremamente sbrigativa con cui parlava. Tutti lo
capirono con una sola occhiata. Quell’agente capo squadra era
estremamente simile a Gibbs. Tanto simile che avrebbero probabilmente
fatto scintille… e non proprio in senso buono!
Tony
notò subito la tensione del suo uomo, dietro di
sé; non
gli piaceva che qualcuno tentasse di prendere il suo posto e non ci
voleva un genio per capire che la tendenza di quel tipo fosse proprio
quella.
Decise
di allentare subito la pesantezza con una battuta solita ma fu
preceduto da Reid che andò in sostegno del proprio capo
sciorinando una serie di esempi di casi famosi ed analoghi per
spiegare il tipo di SI con cui probabilmente avevano a che fare,
seguì con delle statistiche ed una serie di altre parole da
star mollate alla velocità di un missile.
Non
solo Tony ma anche Ziva fece un espressione di completo stupore
mentre nel frattempo McGee che era rientrato con la mappa dai punti
evidenziati, non potè trattenere un sorriso
d’ammirazione e
di felicità. Sorriso che per fortuna non fu visto da Gibbs
che
non fece una piega sulla performance di Reid.
A
reagire per primo fu naturalmente Tony il cui viso ormai viaggiava
dallo stupito allp schifato allo spaventato, poi colse al volo
l’opportunità di alleggerire la situazione tesa e
nervosa
con la sua solita ironia:
-
Abbiamo un altro McGenio! Mi ricorda… - quando
elencò una
serie di protagonisti di diversi film che gli ricordarono quel
giovane spaventosamente fuori dal comune, un ovvio scappellotto si
infranse con la sua nuca e il silenzio cadde ad eccezione del suo: -
Scusa capo. – sottile. O per lo meno in apparenza. Ad ogni
modo
l’indisciplinato agente tacque nell’immediato e
senza ribellione
alcuna sfoderò un viso contrito e pentito.
Il
sorrisetto di Ziva non fu trattenuto in concomitanza alle espressioni
incredule e prese alla sprovvista degli altri tre federali. Non
avevano mai visto un capo squadra assumere metodi simili per
disciplinare i propri agenti... quel tipo era davvero pericoloso! Al
contrario di tutti McGee decise che era il momento di rimettere tutto
a posto prima di qualche altro scoppio più grave.
-
Eccoti la mappa… pensi di riuscire a ricavare qualcosa di
utile
servendoti delle tue statistiche? O magari pensavi di creare un
algoritmo sulle possibili zone a rischio? –
-
No, guarda, prima di tutto bisogna capire come il Soggetto Ignoto
sceglie le vittime. Lavora su zone specifiche e quindi colpisce
qualunque marine che passi, oppure studia un minimo
l’obiettivo e
dunque il luogo è casuale ogni volta ma significativo per le
persone colpite? L’algoritmo lo posso fare comunque ma non
è
detto che sarà utile poiché magari l’SI
non agisce su
luoghi prestabiliti ma su persone prestabilite. Però tentare
non nuoce. Da questa mappa si può notare come i crimini
rimangano circoscritti all’interno di una zona specifica.
Statisticamente, se parliamo di SI che… - Da qui
proseguì
all’infinito su teorie e spiegazioni varie a cui
riuscì
stare dietro solo lo stesso McGee che senza perdersi una sola parola
fu anche in grado di intervenire con spunti interessanti e utili.
Mentre loro, su un misto fra fastidio e stupore degli altri, si
appartarono parlando e mettendosi subito al lavoro, Morgan decise di
aver pietà dell’espressione esterrefatta e quasi
schifata di
Tony che si sentiva non solo tagliato fuori ma anche un pesce fuor
d’acqua.
“Mica
saranno tutti così… io mi sparo!”
Pensò
solamente avendo già bisogno di un colpo in testa per
riprendersi dallo shock che quel tipo gli aveva causato.
-
No, non siamo tutti così, lui è un eccezione ma
non
devi necessariamente lavorare con lui… -
Questa
battuta distesa fu altamente gradita da Tony che gli si
avvicinò
impercettibilmente per allontanarsi dai due geni all’opera
piegati
sulla mappa stesa sul tavolo.
-
Non sai che peso mi togli! – Disse spontaneo con liberazione
e
sollievo.
Morgan
si concesse una piccola innocente risata che fu interrotta malamente
dalla voce burbera di Gibbs che finalmente si espresse da dietro
tutti:
-
McGee, va con lui da Abby, lavorerete là su quella cosa
lì!
– Non capendo un acca di ciò che era
‘quella cosa lì’.
Il sottoposto si alzò di scatto quasi spaventato, quindi
riprendendosi subito notò il timore del biondino che aveva
fatto istintivamente un passo indietro nella direzione sicura di
Hotch, visto che Morgan preferiva stare vicino a Tony!
-
Vieni con me. – Disse quindi con gentilezza porgendogli un
sorriso
rassicurante.
Lo
capiva bene, sapeva come ci si sentiva a contatto con gente come
Gibbs, Tony e Ziva… non sapeva a cosa era abituato di norma
ma
sembrava come un esemplare raro cresciuto in cattività al
sicuro lontano da ogni pericolo. Ma forse era solo un impressione.
Però
l’idea che fosse considerato un tesoro dai suoi compagni di
squadra
era lampante.
Quando
furono soli in corridoio, nessuno aveva notato l’indurimento
dello
sguardo di Morgan nel vederli andarsene insieme così in
sintonia, McGee fu libero di tranquillizzarlo amichevole:
-
Non preoccuparti, non morde se gli stai a debita distanza ed indovini
al volo i suoi desideri. Hai il cinquanta per cento di
probabilità
in più di sopravvivere se non sei DiNozzo. E non lo sei.
Quindi sta tranquillo. –
Reid
non seppe se sentirsi sollevato o meno, suo malgrado un sorrisino gli
uscì spontaneo apprezzando le sue parole e la sua presenza.
Erano simili, lo capiva subito, non era certamente abituato a
lavorare con un altro del suo calibro, anche se ovviamente non erano
proprio uguali.
-
Buono a sapersi. Ce l’ha dura il tuo collega con lui mi
sembra… -
Intavolò il discorso con curiosità verso
quell’individuo interessante che rispondeva al nome di
Anthony
DiNozzo.
-
Si però è anche l’unico che ottiene dei
risultati con
lui. –
-
Cioè? – Chiese sempre più interessato
mentre
entravano in ascensore.
-
Bè… se il capo è nervoso è
sta con DiNozzo,
finisce che si sfoga brutalmente con lui, quindi dopo è
più
trattabile! – Reid ridacchiò capendo la fine
ironia del
ragazzo che lo imitò contento che qualcuno aveva capito e
apprezzato il suo modo di scherzare.
-
Vi fa comodo averlo in squadra, allora! –
-
Già… è il miglior capro espiatorio!
–
-
Però ha l’aria di essere anche molto in gamba.
–
-
Chi? Tony o il capo? –
-
Tutti e due ma io mi riferivo all’agente DiNozzo. –
Dopo l’ironia
si concessero un momento di serietà ed entrambi assunsero un
aria posata.
-
E’ vero, ma si monta facilmente la testa. – Altro
piccolo
ghignetto innocente che morì subito: - Comunque lui e il
capo
hanno veramente un rapporto molto stretto. Intromettersi fra quei
due, in qualunque modo possibile, significa rischiare la vita.
–
A
questo punto Reid si sentì di fare una piccola analisi
preliminare per quel po’ che aveva visto:
-
Sembrano diversi eppure allo stesso tempo sono uguali. Sono due che
si completano e per questo sono in simbiosi. Si capiscono al volo
vero? Magari non sembra perché uno è troppo
chiuso e
riservato, l’altro maschera quel che lo riguarda intimamente.
È
così? –
L’espressione
dell’altro fu di totale stupore mentre si perse a fissarlo
come se
fosse un alieno. Li aveva appena visti eppure aveva capito cose che a
lui erano ancora nebulose. Fu lì, col tempo che gli parve
fermarsi, che capì quanto quei tre sarebbero riusciti ad
aiutarli.
E
quanto avrebbero rivoluzionato le vite di qualcuno!
-
Il Dottor Spencer Reid! – Si illuminò quindi
improvvisamente
dopo aver assistito esterrefatto a quella piccola analisi di quei
due.
-
Si? – Disse l’altro stranito non capendo
quest’esclamazione
insolita. Si erano già presentati…
-
Ora ti ho collegato all’articolo che ho letto. Anzi,
più di
uno in realtà! Tu sei QUEL Spencer Reid! Non me ne ero reso
conto, sapevo di conoscerti ma non capivo come! Sicuramente anche
Abby ti conosce! –
-
Abby? – Chiese per spostare la concentrazione su altro che
non
fosse la sua fama.
-
Si, scusa… prima di uscire da questo ascensore devo parlarti
di lei
o ne rimani shockato, penso. –
-
Oh, ne ho viste in vita mia, credimi… -
-
Ad ogni modo lei è la nostra analista di laboratorio.
È
una persona molto intelligente e bravissima nel suo lavoro, ma
è
un po’ eccentrica e particolare… -
-
Particolare? – Chissà perché a quella
descrizione gli
venne subito in mente Garcia.
-
Si… bè, ora capirai di cosa parlo! –
Decise di non
rovinargli oltre la sorpresa e che l’aveva preparato
abbastanza.
-
Non sarà molto diversa dalla nostra informatica…
- Disse a
mezza voce riferendosi a Garcia proprio mentre varcava la soglia
dell’ascensore.
Una
volta uscito seguì il nuovo compagno immersi subito in una
musica assordante e caotica metal. Lui l’avrebbe definita
solo
rumore ma magari sarebbe piaciuta anche a Morgan!
-
Ma riesce a lavorare bene con questa musica assordante? –
“Sempre
che possa chiamarsi musica?”
-
Oh si, tranquillo… lei lavora meglio così!
–
Arrivati
al centro del laboratorio della scienziata che stava lavorando china
su alcune macchine canticchiando la canzone che andava a tutto
volume, Reid si immobilizzò notando
l’abbigliamento che già
da dietro si vedeva perfettamente: stivali ad anfibio in pelle nera
con mille fibbie che arrivavano fin sopra il ginocchio, calze rosse
con tanti teschi, camice bianco (l'unica cosa normale) e dei codini
neri. Da dietro questo vide ma bastò per un quadro completo
nella mente del genietto.
-
Abby… - la chiamò facendola voltare e mostrandola
al
profiler in tutto il suo gotico splendore: - ti presento il Dottor
Spencer Reid. –
Quando
lei puntò la sua attenzione su di lui illuminandosi
improvvisamente, Reid alzò anche i sopraccigli capendo cosa
intendesse McGee con ‘particolare’, soffermando gli
occhi azzurri
sgranati sulla gonna corta stile scozzese gotico e sulla maglia a
rete che si intravedeva sotto il camice. Per il resto borchie,
catene, ciondoli e ciafrusaglie varie evidenziati dal solito trucco
nero.
-
Spencer Reid? – Disse lei mollando di sana pianta tutto
ciò
che stava analizzando per fiondarsi entusiasta e di corsa da lui su
quelle specie di trampoli in pelle che aveva al posto degli stivali.
– Ma io ho letto tutto quello che ti riguardava! Ma tu
pensa… che
piacere conoscerti! Come mai è qui? Siamo in un momento
difficile di grande stress lavorativo, se Gibbs mi becca ad alzare il
muso dalle mie analisi mi spara con uno di quei fucili da cecchino
che usava in guerra! Però che piacere conoscerti. Posso
darti
del tu? Sei più piccolo di me in fondo… - Il
monologo
proseguì ancora per un po’ alla
velocità delal luce
con entusiasmo crescente mentre gli stringeva la mano con vigore
senza mollarlo per poi addirittura abbracciarlo con foga. –
Scusa
ma non posso evitare, sai mi sei estremamente simpatico con tutte le
tue lauree e i tuoi neuroni così sapienti! – Il
siparietto
continuò con un rigidissimo Reid e una oltremodo felice
Abby.
Terminò con McGee che la strappò da lui
riportandola
all’ordine.
-
Abby, devo chiamare Gibbs? – Provò a minacciarla
lui
allontanandola fisicamente dal ragazzo.
-
Provaci ed io gli dico che non mi hai portato il caffè
perché
eri troppo preso da lui e così mi hai fatto lavorare male!
Io
senza caffè non posso lavorare, lo sai! –
-
Se mi consente troppa caffeina non permette di lavorare comunque
bene… bisogna limitarsi ad una dose adeguata e… -
Si intromise
Reid sentendosi subito a suo agio grazie al fatto che quella ragazza
gli ricordava Garcia e McGee gli somigliava un po’.
-
Caro, preferisco leggerti che averti qua di persona! Pazienza,
nessuno è perfetto! – Rispose subito allegramente
Abby con
la sua solita spontaneità. Reid rimase inebetito alla
risposta
diretta, quindi la mora si voltò tornando a quel che stava
facendo prima:
-
Allora, quali novità McGee? Come mai lui è qui?
Non
credo proprio che Gibbs si sia abbassato a chiedere aiuto a qualcuno
di esterno… - Il biondo rimase in parte ancora inebetito a
fissarla
mentre McGee si sistemava appendendo la mappa.
-
Lui no ma il direttore si. Sono dei profiler, analizzano il profilo
psicologico dei criminali. È solo un'altra strada che il
Direttore vuole provare. –
-
Gibbs sarà svisceralmente contrario… -
-
Già ma al volere dei superiori anche lui ha dovuto
straordinariamente piegarsi! –
Dopo
di quello lei cominciò a parlare velocemente e seriamente
del
caso e di quel poco che aveva scoperto in più di prima,
mentre
McGee e Reid spiegarono a lei cosa tentavano di fare rendendola
partecipe delle loro teorie. Tutte tesi a cui la scienziata
riuscì
tranquillamente a stare dietro.
Ben
presto anche lei sulla scia di Tony prendendo ancor più
confidenza con Reid iniziò a prenderlo bonariamente in giro
in
modo da non dare comunque fastidio, aiutandolo anzi a sentirsi a
casa.
Nel
frattempo nella sala lasciata da Reid e McGee con uno sguardo
contrariato di Morgan, Hotchner chiese genericamente ai tre rimasti
ulteriori delucidazioni:
-
L’ideale sarebbe parlare con qualche testimone. –
Andò
dritto al sodo senza perdere tempo in teorie varie che erano
già
state ampiamente spiegate. Gibbs apprezzò la fretta e
lasciò
parlare Tony senza bisogno di fargli alcun cenno:
-
Si, qualcuno c’è in realtà ma dicono di
aver visto
ben poco, non ci sono stati utili. –
-
Vorrei comunque parlare con loro. – Disse educatamente ma
risoluto.
Non ammetteva repliche, aveva deciso e difficilmente si sarebbe
piegato ad un rifiuto. Si capì subito quanto abituato fosse
a
prendere decisioni e comandare e al contrario a non sottostare a
nessun altro.
-
Ziva, accompagnalo. – Disse serafico Gibbs ancora con le
braccia
conserte nell’angolo ad osservare e ascoltare, pronto a
prendere a
scappellotti Tony o mordere qualcun'altro. Ziva annuì
obbediente intrigata suo malgrado di passare del tempo con
quell’uomo
ugualmente interessante, anche se non fantastico e sexy quanto
l’altro di colore. Aveva anche lui un suo fascino ed inoltre
era
forte. Molto forte. Lo capì al volo col suo istinto.
Sicuramente non le era inferiore, cosa essenziale per far parte della
sua lista bianca!
-
Morgan, vittimologia… - Gli disse prima di uscire seguendo
la mora
dalla camminata impettita e decisa. Non gli disse di farsi aiutare da
nessuno, già sapeva che avrebbe lavorato con DiNozzo e che
quel Gibbs avrebbe fatto ancora il solitario per un po’,
facendosi
sapientemente aggiornare dal suo primo agente che delegava in
continuazione a fare le sue veci.
Anche
a lui era bastata un occhiata per inquadrare quel capo squadra.
Sarebbe
stata dura ma solo all’inizio, poi si sarebbero abituati ed
avrebbero messo in piedi un ottima collaborazione.
Lo
sapeva.
Proprio
come da lui previsto Gibbs, una volta soli, lanciò una sola
occhiata al suo primo agente che lo ricambiava già sapendo
perfettamente l’ordine che sarebbe arrivato di lì
a poco, fu
un breve scambio di sguardi molto significativo che diceva
‘controllalo’ ma anche ‘stai
attento’ e ‘tienimi
aggiornato’.
Però
non solo.
Oh,
non solo.
E
quel ‘non solo’ a Morgan non sfuggì
seppur fu solo un
lampo impercettibile.
Poi
l’uomo più grande prima di andarsene dalla stanza
disse
solo:
-
Aiutalo. – Il resto era superfluo.
Tony
già sapeva.
-
Agli ordini capo! – Suo malgrado volle rispondergli con la
sua
perenne scanzonata allegria che a volte si spegneva mutando in rabbia
o tristezza. Raramente in realtà poiché sapeva
controllarsi molto bene davanti agli altri.
Una
volta soli, Morgan e Tony si guardarono squadrandosi finalmente in
libertà, come se il passatempo migliore, di lì in
poi,
sarebbe stato proprio mangiarsi a vicenda immaginandosi fuori dal
lavoro!
-
Bene! – Iniziò quindi l’agente
dell’NCIS con decisione e
un pizzico di entusiasmo nella voce dimostrando di non essere affatto
scontento di essere con lui: - Siamo rimasti noi due. – Come
se
fosse stato necessario sottolinearlo. Il sorrisino però lo
evidenziò ulteriormente e questo cominciò a
stuzzicare
Morgan come non mai, tanto che ricambiò lo stesso con uno
identico. – Cosa ti serve? – Chiese quindi
allargando le braccia
come a dire ‘posso servirti io?’.
Morgan
allora alzò un sopracciglio malizioso e apprezzando
l’azzurrità velata dei suoi occhi indecifrabili
che dicevano
tutto e niente, capì che in lui c’era molto
più di
ciò che non apparisse.
-
Informazioni! – Fece quindi tirando fuori il cellulare per
chiamare
Garcia ed iniziare la sua ricerca sulla vittimologia.
Eppure
quell’affermazione, chissà come mai,
suonò tanto come
qualcosa di personale e non professionale.
Del
resto doveva capire una cosa di cui aveva già avuto sentore
in
quell’ultimo scambio di sguardi.
Qualcosa
che Tony avrebbe fatto bene ad appuntarsi a fuoco nella testa prima
di fare qualunque altra cosa: lui stava con Gibbs e non solo, i due
si amavano.
Prima
di giocare con gli altri, come di norma faceva con le donne per
sviare certe idee altrui, doveva ricordarsi anche che Morgan era un
uomo e che Gibbs di norma già era geloso delle donne,
figurarsi degli uomini cosa sarebbe stato!
E
di quell’uomo poi…
Ma
il loro motto innocente era:
“Gli
occhi li abbiamo per guardare... non facciamo niente di male ad
apprezzare ciò che è bello. Tanto si tratta solo
di
deliziarsi della bella presenza di questa persona. Nulla di
più.”
Ma
questo lo sapevano
solo loro, non certo gli altri che presto avrebbero pensato certe
cose!
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Capitolo 3 *** sulla strada giusta ***
*Ragazzi,
un altro capitolo di questo crossover che, ricordo, è fra
NCIS, Criminal Minds e Numb3rs! Le cose cominciano a delinearsi
sempre più ed i rapporti si incrociano e si sviluppano
ulteriormente, restate sintonizzati su questa storia che riserva
ancora un sacco di sorprese. Non avete idea di quante... bè
del resto di buon materiale ce n'è molto! Grazie a tutti
quelli che hanno letto e commentato il capitolo precedente. Buona
lettura. Baci Akane*
CAPITOLO
III:
SULLA
STRADA GIUSTA
/
One way or another - Blondie
/
-
Pronto, qui è il castello della regina suprema, chi
è
l'umile creatura che richiede i miei preziosi servigi? – La
voce
allegra e sicura, nonché decisamente convinta di quel che
diceva, si levò nella stanza dove erano rimasti solo Tony e
Morgan, fece sorridere il secondo mentre invece l’altro
rimase
inebetito e senza parole, con un sopracciglio alzato ad ascoltare
quella frase così insolita.
-
Ciao bambina, voglio che mi cerchi tutto quello che trovi sulle
vittime di questo caso, ti dico i nomi. – Mentre lui le
dettava i
nomi dei marine morti leggendoli dalle cartelle che aveva sparso sul
tavolo, Tony l’osservava sbalordito costatando che creature
pazzesche ne esistevano ancora e che probabilmente questa informatica
valeva la pena conoscerla, almeno tanto quanto Abby!
-
Ti richiamo appena ho completato il mio capolavoro, mio bel principe
tenebroso! – Rispose quindi poi la voce femminile di prima
con
veemenza chiudendo subito la conversazione.
Sembrava
proprio una tipica telefonata fra i due che al primo colpo si capiva
fossero molto amici ma nulla di più.
Tony,
quindi, si riprese abbastanza in fretta dalla scoperta che esistevano
persone che scherzavano così anche sul lavoro e desiderando
ardentemente di poter lavorare con loro ed averli come colleghi,
disse con un sorrisetto ironico:
-
E’ possibile conoscerla? – Morgan sorrise
divertito, compiaciuto
di essere entrato insieme a Garcia nelle sue grazie, quindi rispose
pronto:
-
E’ impegnata ma penso che sarà più che
felice di
vederti. –
-
E' impegnata con te? – Fece la domanda già sapendo
la
risposta, ma voleva vedere come gli avrebbe detto di no.
-
No, col re, io sono solo il principe. Un principe libero come
l’aria!
– Già, proprio una gran bella risposta se anche
lui fosse
stato altrettanto libero!
Gli
dispiacque un bel po’ ma suo malgrado era più che
contento
che il suo re fosse Gibbs, non avrebbe comunque desiderato altro
anche se gli piaceva scherzare così con gli altri o le
altre.
Non faceva mai seriamente, solo con Gibbs.
-
Voglio farti conoscere la nostra analista di laboratorio, Abby.
–
-
Cerchi di accasarmi di già? – Fece con ironia
dimenticando
per un momento i molti documenti raccolti davanti a sé e
sparsi sul tavolo, inerenti al caso che doveva studiare. Scherzare
con Tony era decisamente più piacevole!
Forse
non era una grande idea farli lavorare insieme. Decisamente.
-
Oh no, sei troppo normale per lei! Ma se vai d’accordo con la
tua
informatica non puoi non conoscere la nostra analista. –
Morgan
alzò un sopracciglio incuriosito da
quell’affermazione,
cominciando ad immaginarsi di chi si potesse mai trattare.
-
‘Troppo normale’? – Chiese quindi.
-
Quando la vedrai capirai… vieni, intanto che aspetti le
informazioni portiamo un caffè ad Abby, poi ci metteremo a
lavoro seriamente. Non puoi non conoscere Abby dopo aver parlato con
la ‘regina’. – Concluse sorridendo
sardonico riferendosi a
Garcia. Già si pregustava la scena dell’incontro,
non vedeva
l’ora di vedere la sua espressione. Sicuramente le sarebbe
piaciuta.
Se
Gibbs lo beccava a portarlo da Abby per puro divertimento
l’avrebbe
strozzato come minimo, ma al momento era sicuramente volato da
qualche parte a seguire le indagini a modo suo, sui limiti
dell'illegalità. Stargli accanto in quei momenti era peggio.
Dopo
di quello sarebbe tornato più serio che mai, lo giurava!
Nel
tragitto i due parlarono mantenendo quell’ironia che
contraddistingueva entrambi con la differenza che Morgan quando
parlava anche in quel modo poco serio, non si faceva problemi a
mostrarsi per quel che era dicendo qualcosa che lo riguardava e
quindi scoprendosi, mentre Tony, di sé stesso, ridendo e
scherzando, finiva per non dire proprio nulla.
Questo
il profiler lo comprese subito e cominciando già a farsi un
idea precisa del tipo che era e di come poteva fare per vedere il
vero Tony, si sentì in breve così ben disposto
nei suoi
confronti da avere un insolita ed inspiegabile
‘sete’ di Reid.
Reid
così diverso da quel tipo che ora gli stava a fianco. Le
ante
dell’ascensore si aprirono facendoli entrare
nell’antro della
Signora della Notte per la quale prima erano passati a prenderle un
caffè con la cannuccia.
Morgan
era cosciente dei suoi sentimenti per il
‘cervellone’, era costui
che li ignorava, probabilmente, ma con la compagnia di Tony
sicuramente sarebbe riuscito a smuovergli qualcosa. Questo,
probabilmente, fu il collegamento.
Ma
la musica lo interruppe, musica punk abbassata per gentile
concessione degli ospiti che aveva con lei in laboratorio per
l’occasione.
-
Di norma è molto più alta… - Disse
Tony riferendosi
alla musica.
-
Ah si? E si concentra bene con quel chiasso? –
-
Oh, non sai quanto in realtà… -
-
Significa che ora sta lavorando male perché è
bassa? –
-
Spero per lei di no, altrimenti Gibbs la brucia sulla forca!
–
Il
dialogo serrato e divertito dei due uomini dalla bellezza diversa ma
per entrambi piuttosto evidente, fu interrotto dal loro arrivo
nell’antro.
-
Abby… ti presento Morgan. – Sapeva che McGee le
aveva già
spiegato tutto. Quando arrivarono nella stanza anche gli altri due
smisero di lavorare sulla mappa e sulle loro lavagne per guardarli,
si chiesero come mai fossero venuti anche loro, che avessero
qualcosa?
Non
fecero comunque in tempo a chiederlo che lo capirono da soli.
Tony
aveva voluto mostrare il ‘capolavoro’ che
rispondeva al nome di
Abby, a Morgan.
E
questi dopo un primo momento di stordimento per il suo look
estremamente dark, prima che lei parlasse intenta a prendere in mano
il caffè che il compagno le porgeva e a radiografare il dio
dalla pelle scura appena entrato, parlò riprendendosi presto:
-
Ti dona davvero molto! – Non aveva problemi a fare
apprezzamenti
laddove sapeva bene di poterli fare. Il sorriso di Abby si
allargò
radioso e felice di aver ricevuto un complimento da quella
meravigliosa creatura che la fissava ammirato, quindi si strinsero le
mani e lei finalmente parlò:
-
Tony, ma che bel regalo… è il mio compleanno? Gli
manca un
mazzo di rose nero e poi è perfetto… tesoro, ho
un po’ di
lavoro ma mi sbrigo in fretta e poi andiamo a giocare con qualcuno
dei miei accessori… sai, i regali non si
rifiutano… - Lo disse
con estrema convinzione, mostrando una sfacciataggine illimitata ed
una parlantina senza precedenti.
Era
simile a Garcia ma perché erano entrambe eccentriche e di un
altro pianeta, sicuramente sarebbero andate molto d’accordo.
-
Se vuoi mentre aspetto vado a prendere le rose… - Fu la
risposta
sullo stesso piano di Morgan, pronto. C’era da aspettarselo
che ci
sarebbe stato al gioco, per nulla imbarazzato sull’avances
ricevuta. Reid scosse il viso contrariato mentre dentro di
sé
si faceva strada quel fastidio nel vederlo non solo ancora con
quell’agente, DiNozzo, ma anche che stava alla corte di
quella
pazza fuori dal comune!
-
Oh, sarebbe meraviglioso! – Disse dunque lei accentuando il
suo
sorriso compiaciuto. Magari tutto quello si sarebbe anche potuto
trasformare in realtà, perché no!
-
Penso che mi hai giudicato ‘troppo normale’, sai?
– Fece quindi
Morgan rivolgendosi a Tony ed al discorso di poco prima che solo loro
due potevano conoscere, Tony rise divertito:
-
Eh già, mi sa che ti ho sottovalutato! – “Del
resto
come biasimare Abby?”
-
Bè, non sei tu il profiler… - lo
giustificò il nuovo
amico. Ormai sembravano conoscersi da secoli, vista l’intesa
e come
scherzavano insieme. McGee non fece fatica a crederci e nemmeno Abby
che ancora era persa dietro ai muscoli perfetti di quel perfetto
individuo che le stava davanti, ma Reid non solo se ne sorprese ma se
ne indispettì stringendo le labbra in un segno ancor
più
contrariato di prima. Non gli piaceva per niente il loro
affiatamento.
A
parte che così sembravano lavorare poco, ma soprattutto
erano
più simili a due che stavano insieme.
“E
che male c’è? Se anche si butta pure sugli uomini
oltre che
sulle donne a te che te ne frega?”
Si
disse da solo il biondo senza avere la forza di staccare gli occhi
dalla scena che a qualche metro da lui si consumava.
Non
gli piaceva.
Non
sapeva definirlo meglio, per una volta, poiché riguardava
lui
ed una parte che si ostinava ad ignorare e a far tacere, nascondendo
ben bene.
Quando
Morgan si accorse di lui e del suo sguardo, decise di dedicargli
tutta la sua attenzione almeno per capire se il suo
‘piano’
improvvisato poteva funzionare.
-
Allora, genietto, come procede la vostra operazione? – Si
avvicinò
quindi ai due geni della situazione lasciando Tony a riattivare Abby
ancora persa in un mondo sicuramente poco casto.
Reid
un po’ si rincuorò di averlo di nuovo per
sé ma si
rese conto che lì di intimità non ce
n’era affatto e
che presto il suo compagno sarebbe scappato di nuovo con un altro
uomo.
Si
rese decisamente conto di quel pensiero poco sensato e molto diverso
dai suoi soliti, ma non poté farci nulla se non cercare di
mascherare con l’esposizione di tutto quello a cui in qualche
minuto di lavoro erano arrivati.
-
Bene, a breve dovremo avere qualcosa su una possibile zona o a
rischio o per lo meno dove lui o loro potrebbero avere la base.
–
-
Lui o loro? – Chiese Morgan colpito dalla sua illuminazione
fatta
quasi per caso, dimenticando presto i suoi intenti sentimentali,
proprio come Reid aveva sperato.
-
Si, non sappiamo ancora con sicurezza che si tratti sempre di uno,
potrebbero anche essere in tanti, magari è un organizzazione
o
sono solo due. In ogni caso non bisogna escludere nulla. –
-
Hai ragione… bisogna capire anche se le vittime erano
collegate in
qualche modo. Ora dovrebbe chiamarmi Garcia per farmi sapere
qualcosa. –
-
Garcia? – Chiese quindi McGee alzando la testa dalla lavagna
su cui
scriveva dati e calcoli in base alle indicazioni evidenziate da
entrambi sulla mappa appesa lì accanto.
-
La nostra informatica, è una maga col computer, trova
qualunque cosa… - il giovane non fece in tempo a dire che
quel
lavoro era capace di farlo anche lui ed infatti l’aveva
già
fatto trovando assolutamente nulla, che Tony lo precedette
dall’altra
parte della stanza, affiancato da Abby. Tutti a due li raggiunsero.
-
Come il nostro McGenio. Anche lui è un mago del computer e
purtroppo quella magia non è riuscito a farla
poiché
non c’è assolutamente nulla che li accomuna,
nemmeno uno
scontrino o le mutande che indossavano! Erano solo tutti marine e
nemmeno delle stesse squadre! – Anche lui era finalmente
tornato
serio e quando lui lo era si poteva star sicuri che finalmente si
poteva parlare del caso in santa pace, senza interruzioni o perdite
di tempo.
-
Già, purtroppo è così… -
Affermò McGee
dispiaciuto.
In
quel momento suonò il telefono di Morgan.
-
Dimmi bambina. – Rispose come al solito quando sapeva che si
trattava di Garcia, guardato stranito da chi ancora non sapeva del
suo rapporto con questa donna.
-
Ma quanti anni ha? – Chiese quindi Abby incuriosita ed
ingenua,
senza staccare gli occhi di dosso da quella visione che stava ancora
in mezzo a loro.
-
Garcia? Mah… avrà… -
-
Non puoi dire l’età di una signora! –
L’ammonì
subito Tony stupito che non avesse capito quale sarebbe dovuta essere
la vera risposta. – Lui ha questo rapporto con lei, ma
è
grande, in realtà. – Spiegò per lui
Tony, attirandosi
le antipatie del biondo che, lanciandogli uno sguardo glaciale, si
girò verso la lavagna tornando al lavoro per non avere la
tentazione di ricoprirlo di frasi poco carine e troppo dotte per
essere comprese e motivo di offesa per il destinatario.
“E
poi a Morgan piace, non va bene che lo tratto male!” Si
disse
fra sé e sé cercando di concentrarsi sui numeri
lasciati in sospeso dal nuovo amico con cui si trovava decisamente
meglio.
-
Per essere un genio non è molto sveglio… -
Rincarò
poco intelligentemente la dose. Tormentare i geni era
l’attività
preferita di Tony e questo non sarebbe mai cambiato di sicuro.
Certo
Reid era abituato a Morgan ma con lui c’era un certo
rapporto, uno
scambio paritario di… di cosa si poteva parlare?
Cosa
si scambiavano, oltre a certe battute e alle loro confidenze?
Cos’era
quello che permetteva a Morgan di prendersi certe libertà
con
lui che ad altri non concedeva nemmeno sotto tortura?
Non
seppe rispondersi quindi preferì far finta di non aver
sentito, ignorando Tony e provocandogli così un maggior
fastidio piuttosto che se avesse risposto qualcosa!
-
Può collegarsi in una videochiamata dal vostro computer?
–
Chiese
Morgan interrompendo per tutti la conversazione poco seria.
-
Certamente! Le do le coordinate. – Dopo alcuni istanti, nello
schermo gigante del laboratorio appariva il viso che era tutto un
programma circondato da ciocche rosa di Garcia. Aveva degli occhiali
dalla forma buffa ed appariscente, ovviamente rosa, e in mano
stringeva una penna del medesimo colore con un pompom peloso sul
tappo. Il silenzio calò nella stanza.
Tony
aveva immaginato una ‘cosa’ del genere, Reid
nemmeno si girò
arrabbiato per causa di Tony, McGee mostrò senza timore lo
stupore e l’incredulità più completa
mentre Abby
rimase abbagliata, come avesse avuto un'altra fantastica visione.
Quella
ragazza sembrava davvero in gamba!
Già
le piaceva!
Siccome
la videocamera di Abby ricambiò l’immagine con la
loro,
anche Garcia poté vederli.
Su
Tony si trovò ad avere certi naturali istinti, su McGee
capì
subito che tipo fosse al primo sguardo e su Abby fu amore anche da
parte sua. Certo avevano stili completamente diversi ma entrambe
traboccavano di personalità e di eccentricità,
qualcosa
di essenziale per entrare nelle loro rispettive grazie.
-
Ehi, sei forte! – Dissero all’unisono le due non
smettendo di
guardarsi!
-
Angelo, avevi ragione, sembrano tutti fantastici! Come vorrei
conoscervi di persona! Ma lei… lei è…
oh, non ho parole
davvero! – Non trovò il modo per definire Abby ma
si fece
benissimo capire anche così.
-
Anche io vorrei conoscerti di persona! Possibile che tu non possa
venire qua? Trovo la mia anima gemella ed è a distanza di
uno
schermo? – Fece la mora saltellando sul posto capricciosa
come una
bambina.
-
Guarda che abitate nella stessa città, ci mettete un attimo
ad
uscire insieme… - Rispose Tony riportandola alla
realtà non
facendo caso al termine usato, cosa a cui invece fece caso McGee
visto che allarmato e svelto disse:
-
‘Anima gemella’? Abby ma lei
è… - Al che l’amica si
girò svelta come un fulmine verso di lui e senza fargli dire
l’ovvietà del secolo l’ammonì
subito inferocita:
-
E' una donna, è allora? Hai pregiudizi sulla
sessualità?
– La risposta non poteva che essere per la sopravvivenza,
quindi
cauto fece alzando le braccia in avanti:
-
No, no, per carità. E chi li ha! – Seppur tutti
più o
meno ridacchiarono alla risposta, alcuni non poterono fare anche a
meno di pensare questo:
“Sollevato
che la pensiate così… “
Questi
furono Morgan, Tony e Reid, il quale si sconvolse di nuovo per la
direzione che i propri pensieri avevano ripreso ad assumere. Qualcosa
di decisamente incomprensibile.
-
Va bene ragazze, vi ho concesso di vedervi perché volevo
vedere la vostra reazione, ma bisogna davvero tornare al lavoro. E
anche di buona lena. – Prese in mano la situazione Morgan,
diventando serio un po’ prima degli altri.
-
Già, o Gibbs trova un nuovo modo doloroso per farmi fuori.
Voi
siete al sicuro visto che se la prende sempre e comunque con me,
però
non trovo carino vedermi ogni volta la vita scorrermi davanti per
colpa sua! Rivedermi vestito da marinaretto è qualcosa che
mi
dà il voltastomaco! – Si lamentò,
ovviamente, Tony.
-
E di chi è il merito? – Chiese McGee continuando a
lavorare
sulla sua pista con Reid che non si era girato per nulla.
-
Ah, non lo so proprio, non riesco nemmeno ad immaginarlo… -
-
Oh, povero caro… - Fece allora Garcia rivolta proprio a lui
che si
lamentava con un aria da finta vittima. – Buona fortuna,
tesoro! –
Concluse con un occhiolino d’intesa divertita dal suo
temperamento
scherzoso nonostante la situazione. – A più tardi,
angeli! –
Salutò anche gli altri ed in seguito chiuse la videochiamata
imitata da un’Abby dispiaciuta per aver potuto approfondire
così
poco quella conoscenza che sicuramente sarebbe stata parte del suo
patrimonio culturale!
-
Sarà meglio che torniamo tutti al lavoro,
ragazzi… - Disse
sconsolata tirando su una considerevole sorsata di caffè.
Eppure
lì sembrava ci fosse così poco da
lavorare…
-
Andiamo anche noi. – Dissero Tony e Morgan insieme provocando
il
fastidio, tanto per cambiare, di Reid che anche se riusciva a fare
tante cose insieme era sempre poco piacevole provare certi sentimenti
mentre cercava di concentrarsi su una cosa così importante.
Lanciando
solo uno sguardo molto penetrante al giovane intento a non
ricambiarlo nemmeno per sbaglio, Morgan fu l’ultimo a
lasciare il
laboratorio nella speranza di capire quanto in là potesse
spingersi per farlo ingelosire e fargli capire i suoi sentimenti.
Una
vera impresa, come tutta quella indagine, a quanto pareva!
Gli
agenti della squadra erano di nuovo quasi tutti intorno alla
scrivania di Gibbs, questa volta, per scambiarsi i risultati delle
rispettive varie indagini. A parlare erano stati Morgan e Hotchner i
quali avevano esposto le loro idee in maniera piuttosto dettagliata,
specificando che la parte importante di Reid sarebbe arrivata a
momenti. Lui e McGee infatti mancavano ancora all'appello per
lavorare sulla mappa e su una probabile zona da setacciare in cui
speravano di trovare qualcosa di utile come la base dell'assassino.
Quindi
fu Hotch con aria seria e professionale a fare il punto della
situazione, in piedi davanti alla scrivania di Gibbs, attorniato
dagli altri che l'ascoltavano attenti capendo che forse non era poi
tanto male aver chiesto a loro:
-
Presumendo, per il momento, che l'SI sia uno solo, il genere di uomo
che cerchiamo non è uno che agisce per vendette personali
verso persone specifiche. Probabilmente è un ex marine lui
stesso rimasto schockato da un fatto del suo passato che l'ha segnato
e fatto soffrire molto, tanto da portarlo a riversare su tutta la
categoria dei marine il suo odio e i suoi rimorsi. È
abbastanza lucido da non lasciare tracce di sé e quindi in
quel senso sa cosa fa, ma non altrettanto da capire che i marine non
hanno colpa della tragedia che gli è capitata, da cui non si
è
ripreso.
Dobbiamo
cercare un uomo bianco dai 45 anni in su, ex marine che ha chiesto
congedo diverso tempo fa in seguito ad un brutto incidente che ha
coinvolto la sua famiglia, probabilmente, o comunque persone a cui
lui teneva molto per colpa di una missione in cui era stato mandato.
Essendo un ex marine avrà anche una certa prestanza fisica,
è
molto forte fisicamente ed in combattimento decisivo. Ora
farà
un lavoro rispettabile e in apparenza non susciterà nessun
sospetto, però probabilmente il suo carattere chiuso gli ha
impedito di esternare in maniera normale e sana il suo dolore e
quindi ora è scoppiato in questo modo. Sicuramente
è
molto difficile averci a che fare nonché estremamente
pericoloso, non si fermerà finché non
verrà
ucciso, difficilmente questo genere di SI si convince a desistere. -
Avrebbe
continuato a lungo a parlare di questo SI che probabilmente era
quello che cercavano loro, peccato che fu interrotto dalle
espressioni esterefatte e shockate di Tony, Ziva e Mcgee. Gibbs al
contrario era ancora impenetrabile nella sua aria perennemente
seccata ed impaziente. Come se dovesse scoppiare da un momento
all'altro.
Quello
era il profilo preciso di Gibbs e tutti i suoi uomini, lui stesso
compreso, se ne resero conto.
-
Che c'è? Conoscete qualcuno che corrisponde al profilo? -
Chiese Morgan capendo subito di cosa poteva trattarsi. Né
Ziva
né McGee osarono proferire parola guardandosi fra loro e poi
rivolgendo il loro sguardo teso sul loro capo che non li
ricambiò
ma rimase immobile a fissare l'altro capo, questi ancora non smetteva
di guardarlo a sua volta diretto allo stesso modo. Come se avesse
capito che potesse trattarsi proprio di lui, una sorta di intuizione.
A
decidere di parlare per tutti fu Tony ma non lo fece davanti a Gibbs
e a tutti gli altri, capì la cosa migliore da fare e
semplicemente con sicurezza e coraggio la fece ma non in nome di
primo agente del suo capo, bensì in nome di fidanzato di
Gibbs.
-
Scusate, posso parlarvi un attimo? - Gibbs capì subito cosa
voleva fare e non lo interruppe con uno sguardo di fuoco, gliene fu
grato, dentro di sé, di sbrogliare lui quella situazione
pesante.
Li
guardò allontanarsi in un angolo dell'ufficio e parlare,
sapeva bene che gli stava dicendo di lui e del suo passato,
così
come sapeva che persone come lui, al mondo, purtroppo ce ne erano fin
troppe. Se avevano ragione e il killer era come dicevano, era davvero
triste e doloroso. Anche lui sarebbe potuto finire in quel modo se
non fosse stato salvato.
Ce
l'aveva fatta però non tutti avevano la fortuna di trovare
le
persone giuste.
-
Credo che a questo punto, prima che lo scopriate da soli facendo un
pandemonio, sia giusto dirvi che Gibbs corrisponde perfettamente al
profilo tranne che per il fatto che non è l'uomo che
cerchiamo. Gibbs è un ex marine, quando è andato
in
missione lasciando la sua famiglia, moglie e figlia, al ritorno le ha
trovate uccise. Ha lasciato la marina fino a cercare vendetta, ma
è
stato aiutato e salvato da Mike Franks che poi ha fatto di lui
l'agente dell'NCIS che è ora. Anche il suo carattere come
avrete capito è molto difficile e non si convincrebbe mai a
parole, l'unico modo per fermarlo sarebbe certamente abbatterlo, cosa
non facile comunque, ma non è lui poiché il suo
rancore
ormai, in seguito a vari eventi, è stato stanato. Quello,
ormai, è semplicemente il suo carattere, non è
dovuto a
nessun assassinio! -
Disse
Tony seriamente, decidendo di spiegare alla meglio ogni cosa onde
evitare spiacevoli equivoci. Farlo davanti agli altri sarebbe stato
imbarazzante e pesante, così era meglio ma comunque capirono
entrambi che il legame di quest'uomo con Gibbs era davvero superiore
a quello fra tutti gli altri. Non si dissero altro, non
approfondirono mentalmente quella consapevolezza che avevano appena
appreso, solo rimasero colpiti una voltadi più da
quell'uomo.
Anche lui come molti aveva i suoi fantasmi e non era roba da poco.
-
E come avrete capito è particolarmente suscettibile quando
si
parla di certe cose, come la sua storia. - Questo risultò
come
un consiglio.
-
Bene, ci dispiace per ciò che gli è accaduto ed
apprezziamo la chiarezza, noi non possiamo che fidarci di voi sulla
parola, cercheremo qualcun altro corrispondente al suo stesso
profilo. - Disse quindi sempre serio e composto Hotch mentre Morgan
capiva chiaramente che Tony e Gibbs stavano semplicemente insieme,
rassegnato e contento allo stesso tempo. “Che
coppia...” Pensò
infatti senza
riuscire a definirli.
-
Ammesso che sia quello giusto. - Fece allora Tony seguendo una delle
sue illuminazioni apparentemente stupide ed insensate.
-
Che vuoi dire? - Chiese il moro intuendo che invece poteva essere
qualcosa di utile.
-
Si è parlato della probabilità che siano in
più
di uno. Immagino che se sono in due il profilo cambia e se sono in
più muta ulteriormente. -
-
Bè, si. Potremo stendere un profilo per ognuno dei casi... -
-
Si, ma non intendevo questo... - Fece Tony corrugando la fronte,
cercando di seguire quel pensiero che gli era arrivato mettendo
insieme i vari discorsi fatti in precedenza, specie con Morgan.
Quindi senza completare la frase, si girò tornando veloce
dagli altri che li aspettavano per proseguire l'indagine con nuove
direttive. Giunto davanti a Gibbs lo guardò illuminato e
serio
allo stesso tempo, era in una di quelle fasi in cui faceva capire a
tutti come mai lavorasse lì, quindi non fu interrotto.
-
Capo... pensavo... -
-
E' positivo... - Fece lui sorprendendo tutti per l'ironia che
concesse solo al suo primo agente che, senza sorprendersi al
contrario degli altri, continuò allo steso modo di prima
senza
scomporsi:
-
Trovi? - Al suo silenzio eloquente continuò: - Questo
è
quello che sarebbe nel caso se fosse uno, se fossero in due cambia
ancora e se fossero in più sarebbe ulteriormente diversa la
faccenda. Cambia a seconda del numero delle persone implicate in
questi omicidi. -
-
E quindi? - Chiese Gibbs curioso di vedere dove volesse andare a
parare, sperando non tirasse fuori nessun film.
Tony
appoggiò le mani alla scrivania davanti a lui, quindi
continuò
più incisivo:
-
Quindi: e se questo caso non fosse ciò che sembra? Noi ci
siamo basati su quel che abbiamo visto e trovato, seguendo le prove
trovate... -
-
Come facciamo per risolvere tutti gli altri casi... - Si
inserì
Ziva specificando implicitamente che forse stava per dire una
cazzata. Tony non si fermò, si rialzò e
voltandosi
anche verso gli altri che lo ascoltavano allargò le braccia
cominciando a gesticolare con le mani, preso dalla sua teoria che
prendeva forma mentre la esponeva.
-
Ma se abbiamo la visione sbagliata? Cioè sembra un serial
killer che uccide marine perché psicologicamente sconvolto
da
un fatto del passato che l'ha fatto impazzire a lungo andare. Ma
indagando su questa scia non abbiamo ancora trovato nulla di concreto
se non altri cadaveri. E se non fosse un caso di omicidi di marine? -
-
E cos'altro ti sembrano, quelli, se non marine morti? - Disse quindi
Gibbs alzandosi dalla sedia e fronteggiandolo più seccato
che
mai, cominciava a pensare che la vicinanza di quei profiler gli
avessero fuso il cervello.
Ma
fu lì che intervenne Reid che, ascoltato tutto il discorso,
si
decise a farsi sentire profondamente stupito di trovarsi in accordo
con quello che stava dicendo quel ragazzo mal giudicato e mal
sopportato fino a quel momento.
Possibile
che fosse d'accordo con lui e che avesse detto, per una volta, una
cosa giusta?
-
Una copertura. - Tutti si voltarono sentendo la sua voce dal tono
sicuro e saccente, come suo solito. Con lui c'era anche McGee che
reggeva diverse carte che appoggiò sulla propria scrivania.
Quindi il giovane professore dai mille dottorati continuò
facendosi avanti ed avvicinandosi a Tony fino ad arrivargli davanti.
Non lo guardò comunque ma scambiò diversi sguardi
con
tutti quelli che gli stavano intorno, continuando ad elaborare
quell'idea: - Se fosse un organizzazione non avrebbe interesse
personale riguardo ai marine, punterebbe ad una azione di terrorismo
e quello che sta succedendo non rispecchia affato il profilo. Se sono
davvero ben organizzati, per fare quel che davvero puntano a
realizzare, di ben più pericoloso per tutti e non solo per i
marine, cercherebbero di distrarre la popolazione con qualcosa di
diverso da quello che in realtà è. -
A
quel punto intrvenne Morgan capendo il loro ragionamento, dando
miglior forma e voce in modo che la capissero tutti:
-
Cioè potrebbe essere un organizzazione che sta puntando a
qualcosa di più grande e più grave servendosi di
una
copertura di un ipotetico SI che uccide marine per apparenti ed
evidenti motivi personali di vendetta. - Ecco, coì era
decisamente più chiaro.
-
Abbiamo completamente sbagliato direzione delle indagini, cercavamo
una persona e non un organizzazione. - Fece allora Ziva cominciando a
pensare allo stesso modo, sentendosi per questo un idiota.
-
In questo caso le modalità di ricerca e i sistemi sono
completamente diversi... bisogna cambiare del tutto direzione. -
Asserì allora Hotchner abituato a prendere il comando della
situazione, si fermò capendo che questo spettava solo a
Gibbs,
a capo dell'indagine, quindi lo guardò che ancora silenzioso
cominciava a prendere in considerazione anche queta ipotesi, del
resto doveva fare qualcosa o sarebbero sopraggiunti altri morti.
Solo
che l'idea di qualcuno che usava i marine uccidendoli solo per una
stupida copertura per qualcosa di più pericoloso, era ben
peggiore, forse. Persone orribili che usavano le vite umane come
oggetti, come scudi, per i propri porci comodi. Qualcosa di
insopportabile, per lui.
-
Suggerimenti? - Chiese quindi allargando le braccia, usando ancora
una voce molto bassa e penetrante, a stento controllata come il suo
sguardo furente. La mascella contratta insieme ai suoi muscoli.
-
A questo proposito si. Io e il Dottor Reid abbiamo trovato un
possibile posto dove potrebbe trovarsi la loro base. -
Dopo
aver indicato velocemente come e dove, Gibbs aprì con gesti
sbrigativi e veloci il cassetto imitato dai suoi della squadra,
quindi prese la pistola e il distintivo, poi tenendo le chiavi
dell'auto per sé per guidare più veloce, disse
come un
ordine:
-
Tony e Ziva con me. - Poi passò davanti ad Hotchner, si
fermò
un istante e con uno sguardo diretto che mostrò tutta la
pericolosità di quell'uomo che stava per esplodere,
aggiunse:
- Se volete potete venire. - Fu una grande concessione da parte sua,
considerato tutto. Una specie di ringraziamento per l'aiuto che
avevano fornito, non poco in effetti. Sperando che tutto quello li
avesse portati da qualche parte di utile e non fosse solo una perdita
di tempo.
Sperandolo
con tutto sé stesso.
-
Va bene. Morgan, con me, tu Reid continua a lavorare con lui su
possibili altre zone. - Ed anche loro li seguirono in ascensore
pronti all'azione, una azione che tutti sperarono decisiva ed
importante.
Non
avrebbero mai immaginato, invece, che quello sarebbe servito ad
incrociare le loro strade con qualcun'altro ancora.
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Capitolo 4 *** le strade si intracciano ancora ***
INDAGINI
CONGIUNTE
*Vi presento un altro
capitolo della crossover fra alcuni dei miei telefilm preferiti. Ne ho
molte da scrivere ma non ne mollo nessuna, pian piano vado avanti con
tutti. Qua finalmente arrivano quelli di Numb3rs. Per chi non segue il
telefilm sappia che non ho preso tutti i membri della squadra ma solo
quelli che piacciono di più a me; la coppia che riguarda
questa serie è meno accentuata rispetto a quella delle altre
2, però a mio avviso si difende bene. Insomma, la sostanza
è che magari non tutti sono d'accordo con me (vedi Taila) ma
a me piacciono moltissimo insieme e non sono proprio così
inaccettabili o astrusi insieme come qualche altra coppia di cui in
giro si legge (Per Taila: qua invece non mi riferisco ai tuoi gusti, lo
sai che non mi dispiacciono tutto sommato...)! Bè, fatta
questa premessa ringrazio tutti quelli che hanno letto e commentato e
che seguono la storia. Auguro buona lettura. Baci Akane*
CAPITOLO
IV:
LE
STRADE SI INCROCIANO ANCORA
/
Saints of Los Angeles – Motley Crue /
Quando
le due automobili di diverso tipo si fermarono davanti al caseggiato
indicato nella mappa da Reid e McGee, non poterono certamente notare,
parcheggiata appena dietro l’angolo, un altra macchina
dell’FBI.
Lo
stato d'animo di Gibbs sembrava peggiorare di minuto in minuto e lo
si poteva notare da tanti piccoli dettagli che solo chi lo conosceva
davvero molto bene poteva cogliere. Il fatto che si mantenesse
pericolosamente calmo e controllato faceva salire la tensione in chi,
appunto, sapeva che così facendo a breve sarebbe potuto
esplodere se le cose non sarebbero andate almeno un po' meglio. Tony
era perfettamente consapevole che il suo uomo che guidava in quel
modo allucinante, aveva mille motivi per essere furioso. Accettare
l'aiuto di chi lavorava in modo diametralmente opposto al suo era
stata la ciliegina sulla torta; concedere loro il beneficio del
dubbio e lasciarli lavorare con loro, poi, era stato quanto di
più
insolito. Cosa aspettarsi, ora, una volta che sarebbero scesi?
Avrebbe
preferito riuscire a stare un attimo da soli per cercare di far
qualcosa per lui ma anche volendo non aveva trovato un solo momento.
Dopo che quei tre agenti erano arrivati era andato tutto
così
veloce e Gibbs stesso si era defilato. Cosa aveva fatto?
Senza
proferire parola, una volta arrivati, i cinque agenti scesero dai
rispettivi veicoli e seri e concentrati si voltarono verso
l’edificio, una specie di vecchio magazzino in disuso da
tempo. Fu
solo uno scambio di sguardi velocissimo in più rispetto agli
altri, che Gibbs e Tony si scambiarono appena chiuse le portiere. Uno
scambio che sembrava dire ‘occhi aperti’ per uno e
'non
scatenarti' per l'altro. Non servirono altri gesti o parole. Si
compresero al volo e annuendo impercettibilmente, come avessero
comunicato telepaticamente, condussero spediti e decisi il gruppetto
verso il magazzino dalle porte socchiuse.
Quando
le videro così capirono subito che dovevano essere state
aperte da poco. Non che ci fossero plateali segni di scasso o altro,
ma la loro esperienza fece intuire che erano stati preceduti da
qualcuno o che per lo meno dentro dovesse esserci qualcuno.
Sperando
che si trattasse dei criminali che cercavano, estrassero tutti e
cinque in concomitanza le pistole e Gibbs gesticolando secco ed
esperto, diede direzioni ad ognuno di prendere un’entrata
diversa,
quindi trovandosi davanti alla porta principale insieme ad Hotchner,
entrambi con la pistola tesa e stretta pronta per sparare con un
espressione concentrata, quasi omicida, diede segno anche agli altri
di entrare nello stesso istante.
Le
menti sgombre rivolte solo all’azione, pronti a seguire il
loro
istinto. Sentirono l'adrenalina che cominciava ad aumentare il ritmo
e al tempo stesso come se una musica crescesse
d’intensità
intorno a loro. Sapevano che di lì a poco sarebbe successo
qualcosa.
Sperarono
solo si trattasse di qualcosa di buono.
Cosa
ognuno intendesse per ‘buono’, però, era
soggettivo.
Le
porte in metallo sbatterono facendo non poco casino e immediatamente
l’attenzione di coloro che erano all’interno
dell’ampio
magazzino, fu rivolta verso di loro che già pronti a sparare
sembrò come di trovarsi davanti ad uno specchio.
Almeno
per qualcuno di loro.
-
Fermi! NCIS! - - Fermi! FBI! – Le voci aggressive dei capi al
comando delle due spedizioni si sovrapposero mentre ci fu una specie
di ferma immagine pieno di tensione dove tutti credettero di dover
sparare nell’immediato.
Le
pistole puntate da parte di tutte e due le posizioni c’erano,
così
come un’agitazione esplosiva e la sicurezza di non cedere
nemmeno
di un passo per nulla al mondo!
Il
cuore pompava, poteva essere arrivato il momento decisivo ma non
c'era nemmeno il tempo di realizzarlo a pieno. Nessun pensiero,
nessun sentimento che non fosse per la propria sopravvivenza. Nulla
di nulla. Solo istinto. Poi con espressioni e toni identici
l’uno
con l’altro, tornarono a ripetere ognuno le rispettive sigle
d’appartenenza, quindi smisero di non ragionare e si
fermarono.
I
respiri irregolari, i battiti accelerati e quel ritmo sospeso.
Erano
entrambi agenti federali.
Hotchener,
Gibbs e l’altro agente che a quanto pareva era il capo
dell’altra
squadra, continuarono a guardarsi in cagnesco senza abbassare di un
millimetro le pistole, quindi aspettarono che la propria ragione si
riattivasse prendendo il posto dell’istinto, cosa per nulla
facile
almeno per due di loro.
Il
primo ad abbassare l’arma fu il capo della squadra di Analisi
Comportamentale dell’FBI di Washington, quindi fu anche il
primo a
parlare con logica freddezza e diplomazia, come era sua
caratteristica fare. Era estremamente difficile che perdesse la
testa:
- Siamo
tutti dalla stessa parte, mettiamo via le pistole! – Non fu
un vero
e proprio ordine ma nemmeno una richiesta o un consiglio.
Semplicemente fu la cosa più ovvia e sensata da fare che, se
non fosse stata espressa in quel modo, probabilmente nessuno dei due
avrebbe eseguito. Fermo e distaccato.
Fu
allora che anche Gibbs e l’altro agente, entrambi riluttanti,
l’abbassarono senza rimetterla subito nel fodero, sicuri che
sarebbe potuta servire a breve.
I due
continuarono a guardarsi male, poco convinti della legalità
dell’altro, quindi non parlarono ancora, aspettando le
spiegazioni
altrui.
Troppo
simili in realtà su certi aspetti. Entrambi diffidenti sul
mondo intero per partito preso. Entrambi che non cedevano mai per
primi. Entrambi come dei carro armati che andavano dritti per la loro
strada senza sentir ragioni di nessun tipo, o quasi.
Se
fossero stati solo loro due presenti probabilmente il giorno seguente
sarebbero stati ancora là a guardarsi in quel modo poco
umano,
ma la fortuna fu che non erano soli, quindi grazie di nuovo ad
Hotchner che prese la parola, si poté sentire almeno la
prima
parte di spiegazione.
Mentre
lui esponeva breve e conciso cosa ci facevano lì, anche gli
altri agenti con loro misero via le armi senza smettere di guardarsi
diretti e attenti.
Tony,
Morgan e l’unico agente che accompagnava lo sconosciuto,
sicuramente il capo squadra, si trovavano l’uno davanti
all’altro,
gli sguardi che si scambiavano erano eloquenti e seri, di chi sperava
che l’azione non fosse finita lì. Delusi, quasi.
Però
estremamente studiosi e selettivi. Cosa pensavano mentre si
squadravano in quel modo da capo a piedi?
Tony
capì al volo che si trattava di un ex marine, lo
capì
con un solo sguardo. Ormai li riconosceva subito visto che stava con
Gibbs da tempo. Si rese anche conto, come pure Morgan, che non era
affatto male ed inoltre aveva tutta l'aria di essere piuttosto forte
e non solo fisicamente.
“Interessante.”
Si dissero infatti allo stesso tempo osservando infine con attenzione
il colore nocciola dei suoi occhi sottili. Aveva uno sguardo strano e
diretto.
Come se
fosse uno di loro. Della loro stessa pasta, in un certo modo. Diverso
ma uguale in qualcosa.
Non
seppero spiegarsi meglio di cosa poteva trattarsi.
A loro
si aggiunse Ziva che era entrata da un'altra porta, quindi osservando
come i gruppetti si erano divisi capì anche lei al volo che
i
‘club’ si erano già formati a seconda
del carattere!
E che
quei due nuovi agenti non erano affatto male, per nulla!
- Che
succede? – Chiese subito indicando con la testa i tre capi
che si
guardavano chi male e chi semplicemente serio e sostenuto.
- Siete
dell’FBI anche voi? – Chiese allora Morgan al
ragazzo che spostò
riluttante gli occhi da quelli azzurri di Tony ai soggetti poco
distanti da loro che emanavano un aura stranamente oscura!
- Si…
- Disse quindi rimanendo inizialmente sul vago, cercando di capire
cosa avesse in mente il suo capo e quanto ci avrebbe impiegato a
prendere in mano il comando della situazione. Capì tuttavia
che non sarebbe stato molto facile.
- Mi sa
che ci troviamo sullo stesso caso. – Disse allora Ziva
intuendo
come stavano le cose, cominciando a mangiarsi il giovane con quel suo
modo di fare caratteristico. Molto insistente e snudante!
- Di
dove siete? – Chiese di nuovo Morgan sicuro di non conoscerlo
nonostante fosse come lui dell'FBI.
- Los
Angeles. – Fece allora tornando su di loro ben più
contento
e curioso di capire che tipi fossero. Si sentiva strano, non sapeva
bene come e perché ma il suo radar si era attivato.
Era
come se si sentisse in famiglia. Assurdamente.
- Lui e
quello che sta spiegando la situazione sono dell’FBI di
Washington
mentre io, lei e quello che sembra il killer siamo dell’NCIS.
Stavamo indagando sul caso dei marines assassinati e siamo arrivati
qua cambiando completamente direzione di indagini. – Prese
dunque
la parola Tony, mostrando tutto il suo protagonismo e la sua
parlantina. L’azione appena compiuta gli aveva sospeso per un
po’
la funzione demenziale, quindi l’umorismo per il momento era
messo
prevalentemente da parte ma ben presto sarebbe tornato più
attivo che mai.
Fu
allora che sorprese tutti e fece la cosa più sensata che
nessuno aveva ancora pensato di fare. Tese la mano al ragazzo dai
corti capelli castano chiaro e si presentò sorridendo sicuro
che fossero dalla stessa parte e che avrebbero collaborato:
-
Piacere, io sono l'agente molto speciale Anthony DiNozzo, lei
è
Ziva David mentre lui è Derek Morgan. – Fu
implicita la
domanda seguente e l’altro la colse di buon grado con un
sorrisino
sulle labbra per l'umorismo ritrovato, quindi ricambiò un
po’
disorientato e stupito la stretta di mano dicendo finalmente il suo
nome.
-
Agente speciale Colby Granger. Lui è il mio capo squadra,
l’agente speciale Don Eppes. – Non era di molte
parole ma
sicuramente conoscendosi meglio il ghiaccio si sarebbe sciolto e
avrebbe mostrato più disponibilità nei loro
confronti.
Quel sorriso dall'aria ironica lo diceva chiaramente, ed anche quella
stretta di mano vigorosa e per nulla intimorita.
- Siete
solo voi due? – Chiese incuriosita Ziva tornando a guardare
l’altro
uomo che si stava per accingere a spiegare la sua presenza
lì.
- Noi
due e il nostro consulente che al momento è in macchina.
–
Agli sguardi interrogativi ed interessati che ricevette, si decise ad
aggiungere accentuando il sorriso divertito, immaginando il loro
incontro con Charlie. – Consulente matematico, collabora con
noi da
un po’ di tempo e in questo caso particolarmente complicato
ci ha
portati addirittura qui, ma noto che non è stato un viaggio
a
vuoto! – Lì per lì Morgan e Tony non
capirono se si
riferiva all’incontro con loro oppure a qualcosa che avevano
magari
trovato nel magazzino, ma pensarono che scherzasse riguardo al
consulente matematico. Venne naturale dunque alzare un sopracciglio
facendo l'ovvia muta domanda. Consapevole a cosa si potesse riferire
il loro evidente scetticismo decise di limitarsi al caso evitando di
parlare di Charlie, non era il più indicato per difendere la
matematica!
– E’
esattamente questo il posto che cercavamo, la base
dell’organizzazione a cui diamo la caccia da un
po’. Era
completamente fuori dalla nostra sede operativa ma ora grazie a
Charlie e ad altre informazioni l’abbiamo trovata.
– All’udire
ciò Tony si mise subito attento e mettendo di nuovo da parte
il suo umorismo, strinse gli occhi seguendo un’intuizione che
sapeva sarebbe stata giusta:
- Hanno
cercato di attentare prima a Los Angeles? – L’altro
annuì
osservandolo con attenzione, capendo che stava seguendo un
ragionamento da non interrompere. – Non ci sono riusciti e
dunque
si sono riorganizzati cambiando sede. – Diede per scontato
che a
Los Angeles non ci fossero riusciti ma fossero stati abbastanza furbi
da farcela a scappare. Quindi incrociando le braccia al petto
trionfante, concluse la sua esposizione intuitiva della situazione: -
è da un mese che non avete loro tracce, vero? –
Quando
Colby annuì di nuovo confermando i suoi sospetti, Ziva si
illuminò capendo anch’essa, dando quindi voce al
ragionamento:
- E’
da un mese che sono iniziati gli omicidi dei nostri marines!
–
L’agente
dai corti capelli castani, allora, corrugando la fronte in segno
interrogativo, volle capire cosa stessero dicendo quindi chiese di
che parlassero. Fu Morgan, a quel punto, a spiegare degli omicidi e
delle varie indagini condotte per arrivare poi all’ultima
teoria
che ora diventava conferma.
Un
intreccio di indagini veramente unico ed insolito che probabilmente
non era mai avvenuto prima e mai si sarebbe ripetuto.
Quando
fu tutto chiaro anche ai tre capi che ognuno a modo proprio parlava
chiarendo velocemente ogni punto oscuro, tutti si trovarono
inevitabilmente a pensare alla medesima cosa: quel caso continuava a
riservare molte sorprese e tutte sempre più notevoli.
Dove
sarebbero finiti per la fine del caso?
Una
cosa era certa.
Né
Gibbs, né Don avrebbero mollato. Tanto meno Hotchner se ne
sarebbe andato prima della soluzione del caso.
Sia per
principio che per questione personale. Comunque tutti e tre volevano
la stessa cosa, prendere quei criminali.
Cosa
rimaneva dunque?
Solo la
collaborazione più fuori dal comune mai avvenuta prima nella
storia delle indagini congiunte!
/The
racing rats – Editors /
Nella
mente di Don, nell’esatto istante in cui incrociò
la pistola
e quindi lo sguardo con Gibbs gli parve come di trovarsi davanti ad
uno specchio che deformava solo il proprio aspetto rendendolo diverso
ma al tempo stesso uguale.
Sentì
provenire dall’uomo davanti a sé, pronto a
sparare, una
sorta di aura minacciosa pericolosamente simile ad una furia omicida.
Lo capì
che ci era vicino, a quell’estremo stato, perché
anche lui
era esattamente nelle medesime condizioni.
Talmente
sotto pressione per quel caso da così tanto tempo, che ora
che
sembrava essersi avvicinato a coloro che cercava sapeva essere sul
punto di esplodere e se fosse successo nessuno sarebbe stato in grado
di contenerlo.
Lo
frenavano solo due cose: il fatto che se sarebbe
‘partito’ non
sarebbe stato abbastanza lucido da proteggere suo fratello che era
con lui per la soluzione del caso, e che era il capo squadra. Se lui
si lasciava andare poi gli altri si sarebbero trovati in
difficoltà.
Tutti loro contavano su di lui e sulla sua professionalità,
sapevano che era sempre decisivo nelle indagini, così come
lo
era quasi sempre anche Charlie, e nonostante tutti fossero
importanti, lui in special modo era essenziale.
Lo
sapeva e non era solo una questione di ego, per nulla. La
responsabilità di proteggere chi amava, di guidare chi
dipendeva da lui, di fermare dei criminali pericolosi pronti a
seminare ancora morte e distruzione, la rabbia per esserseli fatti
sfuggire la prima e la seconda volta e poi di non aver avuto nulla
per un mese di fila!
Questo
e tanto altro aveva contribuito a far di Don, in quel momento, un
potenziale omicida invece che agente federale.
La
presenza e i modi freddi e contenuti del terzo uomo dai capelli neri,
dell’FBI come lui, l’aveva fatto tornare a fatica
in sé
anche se non ci aveva minimamente pensato a mettere via la propria
arma, esattamente come l’altro agente davanti a lui dall'aria
e
fattezze così fascinose.
Ascoltando
con una parte di cervello la spiegazione sbrigativa ma esauriente di
quello più calmo di tutti, continuava a fissare liberamente
male colui a cui per un pelo non aveva sparato credendolo il capo
dell’organizzazione.
Per un
attimo, quando l’aveva visto improvvisamente davanti a
sé,
aveva scollegato la mente e non aveva né sentito
né
ragionato. Aveva solo creduto di avere il suo obiettivo a portata di
pallottola. Le dita gli si erano informicate ed aveva esercitato una
forza mostruosa su sé stesso e sui propri muscoli per non
andare a fondo sul grilletto.
E
mentre si decideva ad ascoltare e capire cosa succedeva, sapeva che
quell’uomo davanti a sé era nel suo esatto stato
d’animo.
Identico.
Non che
loro due fossero uguali, magari solo simili. L'aspetto era
completamente diverso: Don era più giovane ed aveva un
fisico
più atletico rispetto a Gibbs che comunque era forte e
pronto
a qualunque azione fisica. I suoi capelli inoltre erano più
corti, spettinati e castano scuro come anche gli occhi, mentre
l'altro li aveva quasi tutti bianchi, ormai, e gli occhi erano di un
azzurro che a tratti ricordava il mare o il cielo in tempesta. Anche
i modi di vestire erano diversi. Don in jeans e maglia nera attillati
con occhiali da sole al momento chiusi sul colletto, Gibbs preferiva
abiti più comodi e fuori moda, come spesso diceva Tony
stesso.
Non gli importava come doveva apparire, lui era lui. Nemmeno a Don
interessava ma aveva un impatto completamente diverso, più
di
stile!
Non era
certo l'aspetto che li aveva fatti sembrare simili anche se entrambi
erano in possesso di un fascino analogo, volendo. I visi non erano
classicamente belli, non da modelli come magari potevano esserlo
Colby, Morgan e Tony, però facevano anche loro una gran
figura. Ad essere uguali erano i loro modi e come si sentivano
dentro. Era uguale ciò che stavano vivendo,
l’intensità
pericolosa e spaventosa dei rispettivi sentimenti.
Quanto
sarebbero resistiti senza scatenarsi?
Riluttante,
una volta che colui che si era presentato come Hotchner concluse la
spiegazione, toccò a lui presentandosi a sua volta.
Presentò
anche Colby che parlava con gli altri agenti, quindi si decise a
parlare di questa organizzazione a cui da tempo davano la caccia
là
a Los Angeles, con rabbia sbrigativa disse anche delle due volte in
cui gli erano sfuggiti riuscendo però a stanare gli
attentati
e di come da un mese non avevano più avuto loro tracce.
Infine
parlò della soffiata ricevuta per conto di un contatto
dell’agente Granger e del colpo di genio provvidenziale della
mente
sempre sorprendente di suo fratello.
Hotchner
ascoltò con attenzione senza perdersi un solo dettaglio del
suo modo di esprimersi e di porsi, comprendendo fin troppo bene
quanto fosse coinvolto in quel caso e di quanto ci tenesse a prendere
quei criminali. Non fece altro che osservare e farsi un idea di tutto
ciò che continuava ad accadere, al contrario di Gibbs che si
perse nella furia repressa, anche se per poco, di quel federale che
gli stava davanti.
Comprese
solo lo stretto necessario di quanto gli disse bastandogli il
semplice fatto che le loro indagini li avevano portati fin
lì.
Quel che più gli interessava era venuto ben a galla, per lui.
Erano
sullo stesso caso e quell’Eppes non avrebbe mai mollato
l’indagine,
a costo di mandare a quel paese ogni capo dell’FBI esistente.
Lo
sentiva e non solo lo vedeva nei suoi occhi furenti e pieni di
recriminazioni su sé stesso. Era fuori da ogni grazia divina
proprio come lui, lo sentì così similare a
sé
per quel qualcosa di emotivo e per i modi di fare, che funse
stranamente da calmante e sentendolo parlare, senza ascoltare ogni
cosa, rimise la pistola nella fondina. Dopo quel gesto anche Don
capì
che poteva sotterrare le asce di guerra quindi lo imitò
facendo tirare un considerevole sospiro di sollievo a tutti gli altri
che li osservavano ed avevano temuto il peggio fino
all’ultimo.
Specie
Colby e Tony che conoscevano fin troppo bene i rispettivi capi.
- A
questo punto è evidente che si tratta della stessa indagine
e
che è molto più complessa e intrecciata di quel
che
pensassimo. – Fece dunque Don passandosi nervoso una mano fra
i
capelli castano scuro corti, non nascose minimamente il suo stato
d’animo e distogliendo lo sguardo cercò ancora la
calma per
procedere sensatamente nel suo lavoro.
Non
poteva farsi coinvolgere così.
- Io ho
un caso di omicidi di marines da risolvere e non intendo mettermi da
parte! – Mise subito le cose in chiaro Gibbs decidendosi
finalmente
a parlare per la prima volta. L’aveva fatto continuando a
fissare
diretto e ferocemente determinato Don negli occhi, questi
tornò
a ricambiare lo sguardo cercando di mitigare almeno un po’ la
voglia di prendere a pugni qualcuno, ripetendosi continuamente che
quel Gibbs non c’entrava e che era solo nelle sue stesse
brutali e
critiche condizioni. Dopo la centesima volta che se lo diceva
mordicchiandosi il labbro inferiore con sempre più nervoso
addosso, sospirò pesantemente e allargò le
braccia in
segno eloquente:
- E io
ho un caso di attentati, non cederò certo il passo ora che
ci
sono vicino! – Rispose allo stesso identico modo. Fu allora
di
nuovo Hotch a venire loro in soccorso per mitigare gli animi che si
stavano nuovamente riscaldando e facendo cenno con le mani di
calmarsi tutti e due parlò con maggiore pacatezza e
sicurezza.
Più loro due si agitavano più lui si
‘raffreddava’.
-
Nessuno ha bisogno di farsi da parte. Siamo tutti sullo stesso caso e
non c’è motivo per non collaborare. Cerchiamo gli
stessi
uomini. In quanto a noi della Squadra di Analisi Comportamentale ci
hanno chiesto appoggio e appoggio daremo. – Al silenzio che
interpretò come un ‘sì’, il
moro continuò
sentendosi più un padre severo che sgrida i figli litigiosi,
piuttosto che un collaboratore al loro stesso livello. –
Penso che
sia utile, a questo punto, approfondire tutte le informazioni del
caso in rispettivo possesso e condividerle subito prima di metterci
al lavoro. – Poi si guardò intorno spostando lo
sguardo
sull’interno del magazzino con in piedi un completo
laboratorio per
fabbricazione di bombe. Ci volle appena un occhiata per capirlo che
era la sede operativa di quell’organizzazione e che
ciò a
cui puntavano non erano certo i marines morti. Capirono anche subito
che ciò che stavano cercando di costruire, questa volta, era
qualcosa di davvero grosso e pericoloso e che lì presenti
ormai non c’erano altro che dei resti di qualcosa
probabilmente già
completato.
Però
di loro nessun’altra traccia.
- Direi
che non abbiamo molto tempo. – La conclusione fu quasi
lapidaria,
come una sentenzia di morte, in un certo senso.
Non si
trattava di salvare dei marines, ormai, ma molte altre persone.
Il
punto, però, era che non avevano la minima idea del loro
obiettivo.
Nemmeno
mezza.
- Ho
solo bisogno di un attimo. – Asserì quindi Don
alzando una
mano in segno di ‘stop’, quindi senza aspettare
nessun assenso si
diresse in un angolo chiamando Colby con un ‘ehi’,
tipico suo.
Il
compagno lo raggiunse e appartandosi notò distrattamente che
anche Gibbs aveva approfittato per fare la stessa cosa con il suo
primo agente di cui ancora non conosceva il nome.
Una
volta in disparte lontano da orecchi indiscreti, i due poterono
brevemente parlare liberamente guardandosi dritti negli occhi, senza
perdersi un solo dettaglio del viso che avevano davanti. Ogni singolo
lineamento inclinato in quel preciso modo indicava qualcosa di
particolare che entrambi sapevano interpretare perfettamente.
-
Collaboreremo con loro, hanno un caso di omicidi di marines in corso
causato proprio da loro. Sicuramente l’ordine sarà
di
lavorare con loro qua ma non possiamo far venire anche gli altri,
siamo fin troppi in questo caso, ora. Ci sono anche quelli
dell’Analisi Comportamentale. Sarà già
tanto se dai
piani alti lasceranno noi qua a concludere le indagini. –
Cominciò
Don a parlare a ruota libera esprimendo tutto ciò che gli
frullò nell’immediato nella testa. Colby sapeva
perfettamente tutto ed anche a dove sarebbero finiti, ma
l’ascoltò
assecondandolo sapendo che in quel momento così critico
aveva
bisogno per lo meno di parlare. Quello sfogo, confronto a come si
sentiva, era così insignificante.
Anzi.
Nemmeno uno sfogo in realtà.
Aveva
bisogno di ben altro, Don, per scaricare il suo nervoso ed il suo
stress. Per non parlare della sua rabbia.
Non si
faceva mai sfuggire così tanto qualcuno talmente pericoloso.
Sapeva come si sentiva e desiderava solo poter aiutarlo in qualche
modo a tirare fuori ciò che lo divorava, aiutarlo,
togliergli
quella tensione minacciosa. Un modo per distrarlo e fargli sfogare
quello stress divoratore, in realtà, lo conosceva ed era
qualcosa che poteva utilizzare solo lui con Don, qualcosa che nessuno
a parte Charlie sapeva. Però non era certo quello il luogo e
il tempo adatti.
Per
nulla.
Mordendosi
la lingua per distrarsi da quei pensieri che avevano stranamente
preso una strana direzione, tornò sulle parole del suo capo.
‘Capo’,
per ora, era l’unico termine giusto per definire quello che
Don era
per lui dal momento che il resto era completamente nel caos
più
totale. Eppure un'altra definizione da darsi c’era ma era
così
difficile trovarla… o forse solo ammetterla…
Cos’erano
a parte compagni di squadra?
Don,
oltre ad essere il suo capo, come poteva definirsi?
Certamente
due amici, colleghi o conoscenti non facevano certe cose che loro due
in momenti particolari facevano. Non sempre, solo in stati
d’animo
diversi o critici.
Presto
sarebbe successo di nuovo e la consapevolezza riuscì anche
ad
eccitare Colby.
Don?
Don
aveva la testa in tutt’altra direzione.
- Occhi
aperti, visto che saremo solo noi non voglio che nessuno ci rimetta.
Né mio fratello né tu. Sono stufo di correre come
un
matto a tirarti fuori dai guai! – Disse quindi consapevole
che non
era proprio vero che Colby si cacciava così tanto nei guai.
Non era proprio alla stregua di Tony che se le cercava col
lanternino, ma in un modo o nell’altro finiva sempre per
trovarsi
nelle situazioni più pericolose o rognose e spesso aveva
anche
la peggio!
Doveva
davvero ringraziare il suo capo. Don l’aveva in effetti
aiutato in
diverse occasioni e non poco.
- Io
sono per l’azione! È Charlie l’uomo da
teorie. Io con
quelle mi annoio, devo fare qualcosa di concreto o divento io il
matto! – Ovvio, no?
Quest’uscita
spontanea ed ironica riuscì a strappare un minimo e veloce
sorriso all’angolo della bocca di Don che, concedendogli un
occhiata un pochino più rilassata, lo ringraziò
silenziosamente scuotendo la testa, facendogli capire cosa pensava.
“Non
cambierà mai ma ne sono contento. Mi farà
invecchiare
prima del tempo però va bene visto che nei momenti in cui
sprofondo riesce a tirarmene fuori facendomi dimenticare
tutto.”
Il loro
rapporto non era molto sentimentale ed a parte il lato professionale
c’era anche quello fisico.
Già.
Il
loro, oltre a tutto il resto, era un rapporto decisamente molto
fisico che si era sviluppato a quel modo solo dopo alcuni ultimi
eventi da cardiopalma che aveva visto coinvolti in special modo loro
due.
Non
avevano però avuto occasione e coraggio di approfondire quel
che avevano iniziato a provare, preferendo semplicemente 'fare' quel
che il loro istinto li spingeva a fare quando ne avevano bisogno!
Scoccandosi
degli sguardi che parlarono da soli dicendo finalmente le medesime
cose, il capo si limitò ad un diplomatico: - Fa venire qua
Charlie e vediamo di sbrigarci, non c’è tempo da
perdere!
Ora ha abbastanza dati per fare quel calcolo di cui parlava tanto!
–
Ogni
volta che l’atmosfera sembrava ammorbidirsi o scaldarsi un
po’,
se non potevano dare libero sfogo alle loro voglie improvvise si
mettevano a parlare di ciò che meno alimentava
l’accendere
del loro animo e solitamente era la matematica e quindi Charlie.
Senza
aggiungere altro lasciarono i loro sguardi accarezzarsi al volo,
quindi si girarono andando ognuno nella propria direzione.
La
maratona aveva inizio!
|
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Capitolo 5 *** I gruppi si formano ***
INDAGINI
CONGIUNTE
*
Ecco a voi il nuovo capitolo del crossover fra NCIS, Criminal Minds e
Numb3rs. Spero che chi non segue Numb3rs capisca ugualmente
abbastanza quando parlo dei suoi personaggi, che poi sono solo tre in
questa fanfic. Se ci sono domande fatemele pure! Che altro dire?
L'azione vera e propria inizierà nel prossimo capitolo,
questo
è sul comico andante anche se il tentativo di metterci la
parte seria c'è. Qua i gruppi si formano! Grazie a tutti
quelli che seguono la storia e la commentano. Buona lettura. Baci
Akane *
CAPITOLO
V:
I
GRUPPI SI FORMANO
/Seven
nation army –
White stripes/
Quando
Charlie fece il suo poco trionfale ingresso sulla scena accompagnato
da Colby, tutti, ma proprio tutti, si fermarono dal fare qualunque
cosa facessero e puntarono i loro occhi con profondo stupore sul
nuovo arrivato.
Che
era un pesce fuori dall’acqua non era evidente, ma di
più!
Non
solo l’aspetto trasandato coi ricci neri intorno al viso
tutti
spettinati, parlavano, e nemmeno l’abbigliamento poco
giovanile e
poco alla moda, ma soprattutto quel viso dall’aria stralunata
con
un espressione mista fra il timido, il mortificato ed il dubbioso.
Bè,
effettivamente definire di preciso l’espressione di Charlie
non fu
facile…
Se
da una parte essere l’unico senza pistola lo lasciava un
tantino a
disagio, dall’altra si sentiva davvero unico e solo al mondo.
Avevano tutti delle espressioni così decise, così
da
duri, da cattivi!
Fra
tutti spiccava quel tipo dal bell’aspetto coi capelli castani
corti
che lo guardava come fosse un esemplare unico e raro… con
quell’ironia evidente… come se dovesse scoppiare a
ridergli in
faccia da un momento all’altro!
Quello
di colore, altrettanto bello e sicuro di sé, si tratteneva
meglio ma sicuramente pensava qualcosa di simile al suo collega.
La
donna esprimeva tutto il suo scetticismo senza farne mistero, mentre
gli altri due che rimanevano, quelli accanto a suo fratello, che
sembravano essere i capi… bè, fra i due quello
coi capelli
neri era una maschera di pietra, poteva pensare peste e corna che non
c’era verso di capirlo, ma l’altro…
quello coi capelli più
bianchi e gli occhi azzurri… quello era tutto
l’opposto.
Niente
ironia. Niente scetticismo. Niente falsi controlli. Si vedeva fin
troppo bene: se poteva cancellarlo l’avrebbe fatto con un
solo
sguardo e a giudicare dal tipo sembrava esserne capace.
“Sicuramente
pensa che sono una perdita di tempo!”
Pensò
non sapendo se Don avesse parlato di lui.
Si
sentì come l’unico topolino in mezzo ad una
mandria di gatti
affamati!
C’era
chi voleva mangiarselo, chi semplicemente sbranarlo, chi divertirsi
con lui, chi tormentarlo per il gusto di farlo, chi cacciarlo per
partito preso… ma nessuno che volesse dargli fiducia o
considerarlo
utile, ad eccezione di suo fratello!
Istintivamente
si avvicinò di più a Colby rallentando il passo,
stringendo al petto il suo portatile e la valigetta piena di carte e
documenti.
“Dove
sono finito?”
Continuò
timoroso. Non gli era capitato spesso, ultimamente, di sentirsi
così.
Di solito se la cavava ma lì gli parve di essere tornato al
liceo.
Una
sensazione sgradevole lo investì facendolo ammutolire.
Che
era un matematico si vedeva lontano un miglio!
Arrivato
a Don lo sentì dire a gran voce più deciso che
mai:
-
Scusate, vi dispiace venire tutti qui? –
A
quello anche Tony, Morgan e Ziva si avvicinarono a Gibbs, Hotchner,
Don, Colby e Charlie. Ognuno con la sua espressione espressiva
piantata in volto.
Tony
ironico, Ziva scettica, Morgan che cercava di non ridere e Colby
sempre più divertito. Hotch era professionale e ad uno
sguardo
aveva capito che quel ragazzo era come Reid, mentre Gibbs pensava che
a quel punto si stava toccando il fondo e non lo nascondeva per
nulla.
-
Penso che come minimo siano da fare le presentazioni. Non ho ancora
parlato col mio capo ma penso che collaboreremo per questo caso. Dopo
ci scambieremo tutte le informazioni in nostro possesso. Per prima
cosa io sono Don Eppes, capo di una delle squadre dell’FBI di
Los
Angeles di cui presente al momento è solo lui, Colby
Granger.
– Fece indicando con un gesto vago della mano il suo compagno
accanto. Quindi la spostò sul fratello, colui che nessuno
era
riuscito a smettere di guardare, e proseguì spigliato,
deciso
e sbrigativo per perdere il meno tempo possibile: - Lui è
Charlie Eppes, mio fratello, professore di matematica e nostro
consulente. È grazie ai suoi calcoli che siamo arrivati qui.
Per continuare il suo lavoro ha bisogno dei dati che abbiamo appena
trovato! – Concluse allargando le braccia per indicare la
base
operativa dell’organizzazione.
A
questo punto tutti gli altri, Tony specialmente, poterono liberamente
mostrare la loro diffidenza. Quell’indagine si stava sempre
più
trasformando in un caos cosmico. Quasi da pensare di essere su una
Candid Camera!
Come
era possibile che oltre ad essere in tre squadre diverse su un unico
caso, in ognuno c’era il cervellone di turno?
Per
non parlare dei rispettivi capi… uno più da
brivido
dell’altro. Anche se il più pericoloso era senza
dubbio il
suo.
Questo
il pensiero di Tony che credeva di essere finito in un film scadente
di serie Z.
Gibbs,
invece, come anche gli altri due capi, capirono di essere comunque in
una situazione al limite dell’assurdo in cui a dar
più
grattacapi di tutti non sarebbero stati i criminali che cercavano, ma
bensì quei tre, quattro contando Ziva, che per i guai erano
delle calamite!
Bastò
loro uno sguardo per capirlo, specie su colui che con aria da
damerino si presentò come DiNozzo.
Morgan
poteva anche essere quello un po’ più controllato
fra loro,
ma Hotch conosceva la sua tendenza a buttarsi nel pericolo a
capofitto senza pensarci.
“Sarà
un inferno!”
Pensò
infatti Gibbs sempre più nervoso presentandosi con un
ringhio
poco comprensibile.
Ad
Hotchner bastò meno di tutti gli altri per capire come
sarebbero andate le cose e prevedere un difficile futuro.
Fare
il profiler serviva a questo ed altro.
Ben
presto i gruppi si sarebbero formati e sarebbero stati esattamente
questi:
i
capi, lui, Gibbs e Don Eppes; i geni, Reid, McGee e quel Charlie
Eppes; i spericolati altrimenti detti come piantagrane, DiNozzo,
Morgan, Colby Granger e la ragazza, Ziva David.
Ne
era certo.
Sperava
solo che quell’ultimo gruppo sarebbe riuscito ad essere
domato da
quello dei capi!
E
c’era anche da dire che tre capi come quelli in una sola
squadra,
seppure così numerosa e di alto livello, non era uno scherzo!
Quando
sarebbe scoppiata la bomba atomica?
Alla
fine delle presentazioni di tutti, ognuna fatta a modo proprio, chi
naturale, chi personalizzando, a prendere la parola fu Tony sapendo
di fare un favore a Gibbs anticipandolo. Quando era così
stressato e nervoso gli dava fastidio soprattutto parlare.
Prendendo
la parola con fare sicuro e a suo agio, cominciò a parlare
del
caso e di ciò a cui era venuto a capo come se spiegasse la
trama di un film fantascientifico:
-
Da quanto è venuto fuori, la situazione è
esattamente
questa: mesi fa a Los Angeles si presentano questi tizi poco
originali che cercano di attentare la città, tanto per
cambiare. La squadra composta per metà dai due Eppes e da
Granger, riesce a fermarli ma non a prenderli, cose che succedono
anche se non voglio mettere il dito nella piaga. Cosa che sto
comunque facendo ma non per mia intenzione. – Sguardo
assassino di
Gibbs. Tony tossicchia. – Ebbene., dicevo... questi sfuggono
per
diverse volte finché non decidono genialmente di cambiare
sede
sperando che l’aria nuova possa illuminare i loro cervelli
oscurati
come sono quelli che non pagano la bolletta della luce, quindi si
trasferiscono qua. Non sanno che sono finiti dalla padella alla
brace. – Sguardo assassino di Don. Tony si allarga il
colletto
della camicia con un dito sentendo il disagio come un pugnale pronto
a squartarlo: - Suppongo cambino piano ma dovrebbero solo cambiare
cervello. Ad ogni modo: hanno bisogno di un diversivo e si mettono ad
inscenare il killer dei marines. Mentre tutte le forze
dell’ordine
di questa città sono puntate su questo fantomatico killer,
loro hanno tempo e spazio di portare avanti il prossimo attentato.
Sembra più un terno al lotto, come una partita di bowling,
insomma! – Sguardo assassino di Hotchner. Tony comincia a
sudare. –
Si, giusto. Noi, con l’aiuto della squadra dell’FBI
di Analisi
Comportamentale riusciamo a trovare questo posto, la base
dell’organizzazione, ci scontriamo con l’altra
squadra che cerca
le stesse persone e capiamo insieme che gli omicidi dei marines erano
solo delle pietose coperture per fare i loro porci comodi! Essendo
loro non qua al contrario di tutto questo materiale per bombe e chi
più ne ha più ne metta, se ne deduce rimanga
davvero
poco tempo per trovarli e fermarli perché la mia deduzione
da
bravo agente molto speciale è che stanno già per
colpire e affondare! –
A
questo punto il lungo monologo ha termine insieme allo scappellotto
di Gibbs sulla sua nuca.
Nonostante
le sue intenzioni fossero nobili e non volesse infastidirlo facendolo
parlare nello stato d’animo peggiore possibile, farlo lui al
suo
posto e così tanto era stata la solita ciliegina sulla
torta,
proprio l’ultima cosa che avrebbe potuto sopportare!
Per
quello schiaffo Don e Hotch gliene furono grati.
Avrebbe
potuto spiegare tutto questo in pochissime, brevi e concise parole.
Perché perdersi in tanti fronzoli cercando di alleggerire
una
situazione giustamente pesante?
Non
era un gioco. Bisognava prenderla seriamente!
La
verità era che Tony non l’aveva presa troppo alla
leggera ma
cercava solo di non far esplodere quello che era il suo uomo. Sapeva
che quel famoso limite era sempre più incombente. E a
giudicare da uno sguardo anche quel Don Eppes era nelle sue stesse
condizioni!
-
Più parole non potevi usarne? –
Commentò quindi
seccata Ziva leggendo facilmente nel pensiero fin troppo evidente del
suo capo. Tony si massaggiò la nuca guardando male lei e
fintamente mortificato lui. Non si era pentito di aver parlato tanto
visto che aveva evitato a Gibbs il fastidio di doverlo fare!
-
Va bene. Ora che sappiamo tutto della situazione raccogliamo tutto
ciò che c’è da raccogliere qua, dati,
prove e
quant’altro, e continuiamo col lavoro! – Per Colby
il discorso
poteva finire lì. Quel DiNozzo aveva parlato abbastanza
illustrando la situazione in modo più che completo.
Chiacchierare ancora era davvero una perdita di tempo!
Però
doveva ammetterlo… l’originalità con
cui l’aveva fatto
l’aveva decisamente apprezzata!
Non
aveva paura nemmeno di due animali feroci come quel Gibbs e Don!
Con
un sorrisino appena accennato gli lanciò uno sguardo di
evidente compiacimento che fu imitato da Morgan e catturato da Tony
tanto quanto da Gibbs e Don. Anche a Morgan era piaciuto il
siparietto contornato dagli sguardi assassini di quei tre!
A
quel punto Gibbs si trovò ad un bivio: prendere da parte
Tony
e divorarselo per quella complicità fuori luogo con quei due
nuovi personaggi, oppure concentrarsi sul caso?
Il
suo senso del dovere vinse sulla sua gelosia mostruosa, così
prendendo finalmente la parola, disse brusco e deciso:
-
Voi tutti occupatevi di questo posto, finito qua ci vediamo
all’NCIS.
Tony, chiama McGee e quell’altro che vi serviranno.
– Fece
rivolto a Tony, Colby, Morgan, Ziva e Charlie. – Voi invece
con me!
Ho bisogno di tutte le informazioni possibili su questa
organizzazione. – Non specificò che parlava con
Don, era
ovvio, e tanto meno che il capo dell’indagine sarebbe stato
comunque lui. Non ne parlò pensando che andasse bene a
tutti.
Don lo seguì abbassando l’immaginaria ascia di
guerra in via
del tutto provvisoria, acconsentendo a parlargliene da solo in
tranquillità, pensando che comunque questo non significava
che
a condurre il tutto sarebbe stato quel tipo!
Hotch
osservandoli dirigersi all’auto di Gibbs fianco a fianco
mentre
parlavano con un tono di voce identico e sbrigativo, scosse la testa.
“O
finiscono per sbranarsi perché nessuno dei due cede il posto
di dirigente dell’indagine, o scoppia l’amore ed
entrano in
perfetta simbiosi l’uno con l’altro.
Sarà meglio fare
attenzione a questi due perché se scelgono la prima opzione
devo pensare ad un modo per fermarli o scoppia davvero la terza
guerra mondiale!”
Mai
previsione fu più azzeccata.
O
odio totale o simbiosi perfetta.
Cosa
avrebbe vinto?
Quel
confronto diretto e solitario sarebbe stato decisivo.
Quando
suo fratello se ne andò con gli altri due uomini autoritari,
Charlie si sentì sempre più spaurito e solo in
mezzo
alla tana dei lupi. Come un agnellino.
Inghiottì
a vuoto guardando Colby sperando potesse rappresentare la sua ancora
di salvezza ma vedendo quanto in simbiosi era con gli altri, tutti
simili a lui se non peggio ad occhio e croce, capì che da
lui
avrebbe avuto ben poco aiuto!
Del
resto nella squadra lui era sempre stato quello meno di tutti incline
alla sua matematica. Ancora meno di Don, il che era tutto dire!
Se
voleva sopravvivere doveva far leva sul suo cervello e sulla sua
forza!
Concentrarsi
sulla matematica.
Ecco
cosa doveva fare.
Non
si sentiva così a disagio da molto ma doveva sforzarsi e
darsi
da fare.
Guardandosi
intorno ignorò con fatica gli sguardi curiosi e dubbiosi di
quello che si chiamava DiNozzo. Non si preoccupava nemmeno di
nascondere quei sorrisi d’ironia, almeno quel Morgan si
tratteneva!
La
donna sembrava avercela con lui per partito preso, con lei nemmeno ci
si mise… sembrava più una ninja spietata che un
agente, ma
magari poteva sbagliarsi. Magari lei non voleva mescolarsi
né
con una categoria né con un'altra ma non ce
l’aveva con
nessuna delle due nello specifico!
Sospirò
aprendo il suo computer portatile per osservare e categorizzare i
dati necessari per la sua analisi, peccato che più ci
provava
e meno ci riusciva.
-
Charlie… posso chiamarti così, vero? Visto che
sei il
fratello dell’altro Eppes ci si confonde se non usiamo i
nomi. –
Iniziò allora Tony rilassato e divertito, facendo di tutto
all’infuori del proprio lavoro che invece gli altri cercavano
di
svolgere per non attirarsi le ire dei ‘capitani’.
Lui sembrava
non avere quel timore!
-
Si, Charlie va benissimo… - Rispose continuando a scrivere
sulla
tastiera, evitando accuratamente il suo sguardo sentendolo invece
aggirarsi intorno davvero come un lupo che scruta la sua cena.
-
Ascolta… in cosa consiste esattamente il tuo lavoro di
consulente?
Fai le magie come il McGenio che sta per arrivare? – Qua
Charlie
alzò un sopracciglio non comprendendo a pieno la sua uscita,
quindi aprendo bocca per tentare di rispondergli cortesemente, fu
subito interrotto di nuovo da lui: - Ma tu non conosci
McGee…
vediamo, come posso spiegarmi meglio? – Poi si
illuminò
puntandogli il dito contro insieme ad un espressione vittoriosa: -
Sei come Jhon Nash, il personaggio interpretato da Russel Crowe in
Beautefol Mind? È quello ciò che fai? –
A questo
punto si levarono gli sbuffi infastiditi di Ziva e le risate sommesse
di Morgan e Colby.
Ad
intervenire in aiuto del giovane matematico in difficoltà
grazie al compiaciuto agente dell’NCIS, arrivò
l’unico che
lo conosceva più degli altri e che quindi si sentiva in
dovere
di difenderlo almeno un po’, ma con il sorriso divertito
sulle
labbra e nemmeno l’ombra dell’astio contro quel
tipo così
umoristico:
-
No, non è un pazzo visionario che vede codici segreti anche
dove non ci sono, ma fanatico della matematica si. Di uguale a Jhon
Nash ha che tutto ciò che vede e gli sta intorno
può
trasformarlo in numeri ed in calcoli ma sono tutti corretti e
fondati. Portano sempre a qualcosa di giusto. Consiste in questo il
suo lavoro. –
-
Spero che non finisca come lui! – Aggiunse Morgan fintamente
serio
riferendosi al fatto che Jhon Nash poi si rivelava pazzo.
A
questo risero tutti e tre, il paragone che aveva usato Tony era
piaciuto ad entrambi. Colby non era molto tipo da film però
un
minimo ne aveva visti e la storia di Jhon Nash era famosa. Paragonare
Charlie a lui era stato un tocco di genio davvero apprezzabile almeno
quanto quando lui stesso aveva paragonato Don al film intitolato
‘La
sfida’. Il ‘geniale’ Tony notò
l’apprezzamento nello
sguardo sorridente e luminoso che lo puntava, quindi lo
ricambiò
togliendo l’ironia e mostrandosi contento della simbiosi
fulminea.
Capì
che sarebbero tutti andati d’accordo. Forse solo Ziva non
apprezzava al cento per cento quei modi di fare e scherzare. Prendere
in giro qualcuno era così spassoso?
Solo
se si trattava di Tony poteva accettarlo ma quando era lui a prendere
di mira gli altri, quindi sempre, a lei non piaceva.
Nonostante
anche Morgan rise del paragone e degli scambi, si avvicinò a
Charlie che non capiva di preciso se il suo amico l’aveva
aiutato o
no, quindi gli diede una leggera pacca amichevole sulla spalla e in
amicizia gli disse come leggendogli nella mente:
-
Non preoccuparti, nessuno ce l’ha con te. Stanno per arrivare
i
rinforzi, vedrai che ora ti sentirai meglio! –
A
questo Charlie si aggrappò pieno di speranza, chiedendosi se
era il profiler bravo nel suo lavoro oppure lui che era un libro
aperto:
-
Rinforzi? –
-
Si… Reid, un profiler della mia squadra, e McGee,
dell’NCIS, sono
dei geni simili a te. Sanno cosa stai provando perché prima
di
te l’hanno passato loro! DiNozzo a quanto pare non ha
pietà!
– Aveva chiaramente sentito il suo disagio e dispiacendogli
aveva
voluto tranquillizzarlo prima di tornare ad unirsi a quei due che gli
piacevano non poco. Quel Granger, poi, era interessante tanto quanto
DiNozzo. Ironico, sveglio, stava agli scherzi, assecondava
brillantemente le situazioni in cui si trovava… si, sembrava
davvero degno di nota. Insieme sarebbero riusciti ad intraprendere un
sacco di azioni che di norma, trovandosi con persone più
serie
e coscienziose, non era loro permesso di fare!
Charlie
sospirò incerto fra il rassegnato e il contento di non
essere
completamente solo. Si limitò comunque a sperare che questi
due individui arrivassero presto. E comunque…
“Davvero
ci possono essere altri due come me? ‘Simili’ e
‘geni’ sono
termini che dicono tutto e niente… sono matematici?
Studiosi?
Scienziati? Informatici? Cosa sono? Mah… se però
hanno
passato anche loro quel che sto passando io magari qualunque cosa
siano andrà bene purché arrivino! Non mi piace
essere
di nuovo ai tempi del liceo!”
Però
doveva anche ammettere che al di là di tutto, quei tre,
escludendo la ragazza che stava per i fatti suoi ed era piuttosto
inquietante, erano uno più notevole dell’altro,
sia come
aspetto che come personalità. Ne traboccavano da ogni poro.
Colby già lo conosceva ma gli altri due sembravano suoi
fratelli!
Preferì
tornare ai suoi dati esternandosi di nuovo da tutti che avevano
smesso di prenderlo di mira, chi più chi meno, e avevano
preso
ad approfondire la loro conoscenza. Proprio quando sembrava sul vivo
del suo lavoro fu di nuovo interrotto dall’arrivo di altre
due
persone.
Quei
due famosi che aspettava intrepidante!
-
Ecco qua! Il club dei geni è al completo! – Fece
allora Tony
ironico avvicinandosi a Charlie, indicando McGee e Reid che venivano
loro incontro sempre con quelle arie distinte.
Appena
messo piede lì dentro il primo sguardo di Reid fu per Morgan
e
non fu molto amichevole. Il lampo di astio che il destinatario
ricevette fu facilmente interpretabile come un ‘ti diverti
coi tuoi
nuovi amici?’, che gli diede un sano senso di appagamento.
Non era
proprio un piano premeditato ma qualunque improvvisazione avesse
fatto, stava funzionando. Per la fine dell’indagine sarebbe
riuscito a fargli capire i suoi sentimenti e a mettersi con lui. Con
Reid serviva l’ingegno, non ci si poteva semplicemente
buttare
perché finiva per ritirarsi. Però era sicuro che
poi ne
valesse la pena!
Il
sorrisino sbieco appena accennato che si dipinse sulle sue bellissime
labbra carnose fu motivo di calore e fastidio per il giovane Spencer
che preferì distogliere subito il suo sguardo per puntarlo
sul
nuovo arrivato.
Appena
vide Charlie il campanellino d’allarme si attivò
immediatamente ma fu reciproco. Anche Charlie lo riconobbe
nell’immediato. Entrambi erano piuttosto popolari nel loro
ambiente, infatti McGee stesso li conosceva al suo contrario che
nonostante la sua testa e le sue capacità non da poco, aveva
sempre preferito concentrarsi unicamente sul lavoro di agente. Non
gli pesava l’impopolarità, gli bastava sentirsi
realizzato e
giorno dopo giorno era sempre così grazie al suo lavoro e
all’ambiente in cui stava.
Non
gli mancava nulla, solo l’amore di una donna, forse.
-
Il professore Charlie Eppes! – Dissero insieme lui e Reid
sorridendo radiosi e ammirati, stringendogli subito la mano contenti
di quell’occasione. Charlie arrossì appena
sentendosi
imbarazzato per essere stato riconosciuto e diventato centro,
finalmente, di ammirazione sincera; quindi scambiando la stretta
vigorosa con Reid disse a sua volta sorridente:
-
Il dottor Spencer Reid! – Non c’era bisogno di
elencare perché
si conoscevano, loro lo sapevano, era ovvio.
E
mentre intavolavano immediatamente un discorso intricato sui
rispettivi studi e seminari resi famosi, spingendosi anche ai calcoli
e le analisi che potevano compiere in quel posto, cose che potevano
capire solo loro cervelloni, per una volta a sentirsi fuori dal mondo
e sperduti furono Tony, Morgan e Colby che, con la medesima identica
espressione e posizione, uno di fianco all’altro, appoggiati
su una
gamba, mani ai fianchi e testa piegata dallo stesso lato, li
guardavano allibiti e quasi schifati:
-
Ecco… è questo che non sopporto… -
Iniziò Tony
senza il sorrisetto di prima sulle labbra.
-
…sembrano superiori a tutti, poi invece nelle cose pratiche
o nei
rapporti sociali col mondo là fuori… -
Continuò
Morgan con un aria addirittura cupa vedendo il suo Reid felice di
stare con qualcuno che non fosse lui.
-
…sono delle frane! – Concluse schietto e lapidario
Colby
scuotendo il capo fino a distogliere lo sguardo.
A
raccogliere quello spassoso siparietto furono le risa divertite di
Ziva che non aveva visto l’ora del riscatto dei poveretti
presi
sempre di mira!
Ora
che erano tre contro tre i duelli sarebbero stati alla pari e
decisamente più divertenti!
Ricevendo
un occhiataccia indispettita da Tony ed altre interrogative da Morgan
e Colby, la ragazza dai capelli neri raccolti in una coda, con un
ghigno sadico sulle labbra, alzò le mani con gli indici
alzati, quindi disse ironica:
-
Uno a uno palla al centro! –
Da
lì anche gli altri capirono che aveva ragione.
Quello
era solo l’inizio di un duello che sarebbe stato non
interessante
ma decisamente di più!
Chi
avrebbe vinto l’incontro?
I
geni o gli spericolati?
Spettatrice
una Ziva molto divertita!
Nel
frattempo arrivati all’NCIS diretti naturalmente dal
direttore
Vance per informarlo sulla piega di quell’indagine congiunta,
Gibbs
e Don avevano avuto modo di approfondire anch’essi la loro
conoscenza in un primo momento disastrosa ed esplosiva. Arbitrati da
un Hotchner che dava sempre più fondo a tutte le sue
capacità
di psicologo!
Gran
merito lo si potrebbe attribuire senza dubbio a lui, ma altrettanto,
bisogna dirlo, ai criminali stessi che cercavano!
Come?
Bè,
presto detto…
La
voglia di prendere quei bastardi che dai rispettivi resoconti
dettagliati avevano compreso essere davvero delle fecce senza
scrupoli, aveva acceso in loro due la medesima voglia di rivalsa
tanto da capirsi profondamente l’un l’altro e,
udite udite,
riuscire addirittura ad apprezzarsi a vicenda!
In
fondo avevano lo stesso problema, lo stesso sentimento di rabbia
ceca, la stessa voglia di prenderli, gli stessi limiti superati da un
pezzo. Lo stesso incombente pericolo di esplodere.
Si
capivano. Oh se si capivano.
E
parlando in quel breve tratto di strada, orchestrati dal profiler che
si preoccupava di evidenziare i pensieri comuni che i due avevano, si
dimenticarono di chi avrebbe dovuto prendere il controllo delle
indagini e cose simili. Si dimenticarono di avere avuto un istintiva
voglia di spararsi a vicenda. Di essere di due corpi d’ordine
diversi e spesso opposti. Di non essersi piaciuti.
Se
ne dimenticarono ammettendo di non solo avere gli stessi stati
d’animo ma anche molta altra similitudine caratteriale.
Certo,
non potevano essere identici ma in realtà si sentivano
così
vicini e simili da spingersi a guardarsi finalmente non con occhi di
astio ma addirittura d’ammirazione.
Per
quanto entrambi potessero dimostrare della sana ammirazione per
qualcuno in maniera normale!
-
E' gente senza scrupoli che pur di attuare i suoi piani sono capaci
di passare sopra a chiunque. Distruggono vite solo per diversivo. -
Aveva quindi detto Don con un tono di voce pericolosamente calmo e
controllato ma molto preso da ciò che diceva. Lo sguardo
cupo
e la fronte aggrottata denotava quanto sul piede di guerra fosse ma
verso quella gente e non verso Gibbs che, allo stesso modo, solo
più
sotto voce e minaccioso, rispose concorde con lui:
-
Con loro non si ragiona. Si prendono e si abbattono. - E fu
cristallino il significato di 'abbattere'!
Hotchner
fu attraversato dai brividi immaginando cosa sarebbe successo quando
quei criminali sarebbero stati fra le loro mani.
Grazie
a questa conclusione poterono rendersi conto di quanto detto prima.
Non
erano loro due i nemici ma quelle persone che cercavano e che stavano
seminando il panico nel mondo dei marine. Marine che minacciati
mortalmente avevano sempre più intenzione di farsi vendetta
da
soli.
Non
servì nessuno scambio di sguardi fra Don e Jethro, mentre
concluso il dialogo sulle informazioni e giunti quindi al primo passo
l’uno verso l’altro, passo che consisteva nel non
guardarsi come
a voler uccidersi, il profiler poté finalmente sospirare di
sollievo!
Forse
le cose potevano procedere discretamente!
-
Penso che abbiamo iniziato col piede sbagliato. – Disse
allora
Eppes camminando di fianco a Gibbs, mantenendo lo sguardo dritto
davanti a sé e non sull’uomo accanto che faceva
altrettanto.
Nessuno dei due cedeva il passo anche se l’agente
dell’FBI non
poteva conoscere la direzione da prendere. Non ci faceva caso, per
lui era semplicemente naturale camminare di fianco o davanti e mai
dietro a qualcuno. Gibbs?
La
stessa identica cosa.
Non
cedeva il passo quasi mai.
Era
raro lo facesse.
Hotchner
invece non ci teneva molto a gareggiare con persone simili anche
perché non era una gara. Lui non aveva bisogno di stare
fisicamente avanti a nessuno per esserlo davvero!
-
Lo penso anche io. – Rispose quindi Gibbs nel medesimo tono
lapidario ma più calmo di quelli precedenti.
-
Non mi importa nulla di starti davanti o cose simili… -
Proseguì
quindi l’altro sentendosi strano a fare un discorso simile.
Gibbs
rimase attento alle sue parole, stranamente interessato a
ciò
che cercava di dirgli. Non lo interruppe. – Voglio solo
prendere
una volta per tutte quei bastardi. Nient’altro. –
Questa
conclusione piacque a Gibbs e non poco. Tanto che un sorrisino sbieco
si dipinse sulle sue labbra rispondendo incisivo e sicuro:
-
Sono d’accordo. – Solo lì, prima di
entrare nell’ufficio
del direttore dell’NCIS, i due agenti capi squadra si
guardarono
spalleggiandosi. Menti alzati, sguardi sicuri e fieri, espressione
penetrante ed attenta.
E
si dissero così molte più cose piuttosto che se
avessero usato le parole.
“Se
arrivavano a questa conclusione un po’ prima mi evitavano una
notevole fatica! “ Pensò
quindi il terzo capo squadra, quello dell’Analisi
Comportamentale.
Suo malgrado dovette aggiungere con onestà ed ammirazione:
“Sarà
un ottima squadra. Quelle persone hanno i minuti contati!”
A
quel punto entrarono nell’ufficio del direttore e dopo le
dovute
presentazioni e spiegazioni del caso, il direttore diede conferma di
ciò che già tutti avevano dedotto da soli:
-
E’ un caso di giurisdizione di entrambi e siccome dietro
questa
organizzazione ci stavano dietro già Eppes e i suoi, a capo
dell’indagine ci sarete entrambi voi due, ma non credo sia il
caso
di far intervenire in campo altre forze. Se la squadra di Analisi
Comportamentale vorrà continuare a collaborare con noi ne
saremo onorati. –
A
quel punto Vance era semplicemente sicuro di dover contrastare Gibbs
sul ruolo di capo, invece fu davvero shockato nel constatare che il
lupo feroce non emise nemmeno mezzo latrato ma che anzi
annuì
immediatamente dimostrandosi in perfetto accordo, imitato
dall’altro
agente dell’FBI e dalla conferma di collaborazione di
Hotchner.
-
Bene, visto che siamo tutti sorprendentemente d’accordo vi
suggerisco di darvi da fare prima che la fine del mondo abbia inizio,
visto le chiare intenzioni degli individui che cercate! I marine
hanno tutta l'intenzione di farsi giustizia da soli. –
Fu
quindi la sua conclusione congedandoli e rispedendoli al lavoro.
I
tre uomini dall’andatura eretta, fiera e spigliata uscirono
in
silenzio pensando ognuno a qualcosa che sarebbe rimasto per
sé
ma che, loro non potevano saperlo, era identico.
“Il
conto alla rovescia ha inizio!”
Quella,
signori e signore, sarebbe stata una collaborazione che nessuno di
loro si sarebbe dimenticato facilmente.
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Capitolo 6 *** Spettacoli ***
INDAGINI
CONGIUNTE
*Ecco
qua il nuovo capitolo, chiedo scusa per l’attesa ma non
è
facile scrivere di un crossover simile. Comunque eccovi qua. In
questo l’azione ancora non prende piede ma nel prossimo
è
assicurata visto che, come leggerete, alla fine i tre spericolati
hanno un colpo di genio anche loro... Dal prossimo, oltre a maggiore
azione, ci sarà anche una definizione più
specifica del
caso e di quel che stanno combinando, su cosa indagano e cosa
trovano, insomma. Cosa che qua è ancora un po’
vaga per
tenervi sulle spine e per puntare i riflettori sui vari rapporti
(vecchi e nuovi)! Ringrazio tutti quelli che hanno letto e commentato
il capitolo precedente. Auguro buona lettura. Baci Akane*
CAPITOLO
VI:
SPETTACOLI
/Time
is running out – Papa Roach/
Quando
Abby vide Charlie per poco non le venne una sincope!
Non era
uno scienziato famoso ma la cultura della Signora delle Tenebre era
espansa anche ad altre discipline della sua materia, specie se il
matematico in questione aveva finito per farsi un nome grazie a
più
motivi, specie il recente libro pubblicato da lui.
Quando
McGee fece entrare il giovane genio, la donna mollò
istantaneamente tutto ciò che teneva in mano (cosa che
trattandosi del caffè le procurò un discreto caos
sul
pavimento macchiato), sgranò gli occhi, spalancò
la
bocca e lasciò che il proprio viso truccato come al solito
sul
pesante andante, assumesse un espressione di puro stupore ed
incredulità.
Dopo di
che si lasciò sfuggire un ‘no’ a voce
forte e chiara.
- Si. È
lui. – Disse McGee compiaciuto affiancando l’amica
con ancora la
mascella fuori posto. Era normale che fra simili ci si conoscesse di
più rispetto che fra creature di mondi diversi.
Tony e
Morgan non avevano avuto la più pallida idea di chi fosse
questo famoso (per McGee, Reid ed Abby) Charlie Eppes, mentre per
loro sembrava quasi una star!
Non le
ci volle molto, tuttavia, per riprendersi infatti saltò
subito
al collo del moro dai capelli ricci che, interdetto, rimase spiazzato
davanti ad Abby e al suo abbraccio esuberante.
Del
resto come biasimarlo?
Un
tornado gotico che ti stritola senza nemmeno essersi presentato
prima, lascerebbe chiunque esterrefatto!
A
questa scena comica perfino Reid ridacchiò comprendendo bene
come dovesse sentirsi il nuovo momentaneo collega che non sapeva dove
mettere le mani ed alzava le sopracciglia in segno interrogatorio.
Quando
McGee se la fu goduta abbastanza, dopo una risata divertita, si
decise a staccare la mitraglietta Abby che aveva cominciato a parlare
a macchinetta sparando mille parole al secondo su tutto ciò
che aveva letto di lui, specie sul suo libro.
Distinsero
solamente la frase finale: - …se la racconto non mi credono!
Guarda
con chi sono finita a lavorare! – A questo l’amico
le mise
l’altro bicchiere di caffè in mano ficcandole
veloce la
cannuccia in bocca. Non potè non bloccarsi per bere, bere e
bere molte lunghe sorsate capendo lei stessa che doveva calmarsi o
non sarebbe stata in grado di lavorare più.
Certo
il caffè aveva molti poteri su di lei che su molti altri non
aveva…
- Il
professor Charlie Eppes collaborerà con noi per questo caso.
Sul posto, rivelatasi poi la base operativa
dell’organizzazione che
cerchiamo, abbiamo trovato altri due agenti dell’FBI di Los
Angeles
e lui è il fratello e collaboratore di uno dei due. Abbiamo
scoperto nuovi importanti dati, abbiamo molto lavoro da sbrigare ed
anche se siamo in tanti e le forze in campo più che valide,
dobbiamo metterci sotto. Abby… mi stai ascoltando?
– Ma
l’espressione persa della donna gli fece capire di aver
parlato al
vento.
- Ma
certo che ti ascolto, McGee… posso fantasticare sulle mie
fortune,
ascoltarti e bere il caffè in contemporanea. Non ci vuole
molto! Mi avanzano ancora un paio di funzioni, se lo vuoi
sapere… –
Rispose invece lei senza mutare espressione e tono di voce sognanti.
Mentre
lui scuoteva la testa rassegnato abbassandosi a raccogliere diligente
e passivo il bicchiere di caffè caduto e pulendo alla
meglio,
Charlie si avvicinava a Reid trovandosi più simile a lui che
a
lei, quindi interdetto e con la fronte ancora aggrottata chiese sotto
voce per non farsi sentire dall’interessata:
- Ma è
vera? – Veniva da chiederselo davanti alle sue reazioni
esagerate!
- Me lo
sono chiesto anche io… - Fu la risposta illuminante di Reid
che non
era poi tanto pratico di quel mondo chiamato NCIS e dei personaggi
strani che vi stavano dentro!
DiNozzo
era come un illusionista che tirava fuori dal cappello magico sempre
nuove sorprese che attiravano comunque l’attenzione di tutti,
McGee
nella sua apparente normalità era comunque anormale a
riuscire
a convivere con persone come quelle con naturalezza (questi i punti
di vista di Reid e Charlie ovviamente…), l’agente
David solo per
il fatto che fosse del Mossad lasciava interdetti e comunque era la
più inquietante. Gibbs, il capo, era semplicemente
agghiacciante e terrorizzante. Per entrambi i due geni con dei
cervelli fuori dal comune avere a che fare con uno come lui impediva
ai ragionamenti di formarsi in tempi brevi ed anche se Charlie era
abituato col fratello che era simile a lui, reputava Gibbs, ad un
primo sguardo, addirittura peggio di Don. Il che era tutto da vedere.
Per
loro due era davvero difficile concentrarsi e far finta di nulla,
lavorando ai loro massimi. Erano davvero rincuorati dalla presenza
similare di McGee che li aiutava.
Stavano
ancora cercando di riprendersi dai rispettivi shock, nessuno
trascurabile in effetti, che la vociona burbera e secca del
‘lupus
in fabula’ irruppe nel laboratorio che di nuovo cominciava ad
affollarsi non poco.
- Abby,
hai qualcosa? – La scienziata non si scompose e non si mosse,
continuando a guardare sognante Charlie, che imbarazzato ringraziava
il cielo per l’arrivo di suo fratello che lo tranquillizzava
e al
tempo stesso lo malediva per quello di Gibbs che lo terrorizzava,
disse convinta e pronta:
- Si,
ho Charlie Eppes! – E il cielo fu ringraziato da McGee,
invece,
poiché il giovane matematico non era uno dei più
bei
ragazzi che si fosse visto in giro; se lo fosse stato Abby lo avrebbe
risucchiato immediatamente!
Hotchner
e Don, allora, giunti con Gibbs, alzarono entrambi lo stesso
sopracciglio sorpresi chiedendosi se avessero capito bene.
A quel
punto Abby fu osservata e squadrata in modo approfondito dai due
nuovi arrivi. Hotchner non si scompose più di tanto, anche
perché lui era in effetti difficile sconvolgerlo, in fondo
aveva a che fare con Garcia… ma Don che non era affatto
abituato a
certi personaggi rimase indietro a guardarla fantasticare su suo
fratello, non capendo di che tipo di interesse si trattasse…
Che suo
fratello facesse colpo su qualche ragazza non era una cosa
impensabile, certo, ma lei… da dove usciva?
Vestita
e conciata a quel modo sembrava scappata da una sfilata di Halloween
per pazze… e poi quell’uscita… forse
aveva capito male. Non
poteva essere lei la scienziata… no davvero…
- Abby!
– Tuonò allora Gibbs capendo che stava per perdere
la sua
lavorante migliore. Le si avvicinò sovrastandola con un aria
severa e la consueta scarica elettrica
l’attraversò
facendola risvegliare. Si staccò la cannuccia del
caffè
dalla bocca, sbatté più volte le palpebre come se
si
svegliasse e guardò prima Gibbs, poi Hotchner che si faceva
un
quadro esatto del tipo che lei era, di seguito Don ancora con un aria
stralunata e corrucciata che cercava di capire dove fosse
l’analista
di laboratorio per loro e l’analista della psiche per
lei… e poi
dietro di loro ancora, verso la soglia varcata una volta di
più
dagli unici mancanti all’appello.
Ora sì
che era affollato il posto!
Tony,
Morgan, Ziva e Colby erano arrivati.
E lo si
capì dall’espressione di nuovo sorpresa della mora
che non
si fece problemi a dire di nuovo quel che pensava nonostante davanti
avesse una specie di orco pronto a sbranarla se non fosse tornata
subito attiva!
- Ma
Gibbs! Sei tu che hai qualcosa per me… guarda lì
quanto ben
di Dio… e tutto in una volta! Vuoi forse uccidermi?
– Il
collegamento non fu ben chiaro a tutti e nemmeno si impegnarono per
capirlo.
A quel
punto gli altri si guardarono facendo largo agli ultimi arrivi e con
al centro Gibbs davanti a Abby che si mangiava con gli occhi Morgan e
Colby, ci fu un attimo di sospensione.
- Lei è
la vostra analista di laboratorio? – Disse schietto Colby
senza
trattenere il suo pensiero. La risata divertita di Morgan si
sentì
per prima, dopo ci fu il ringhio di Gibbs.
“Ahia…
qua finisce male…”
Pensò
subito Tony captando le pessime onde oscure del suo compagno poco
distante da lui.
Abby
era andata in tilt e presto il mondo sarebbe finito se qualcuno non
avesse tirato fuori qualcosa in grado di calmarlo.
Ma un
coniglio dal cappello, in quella situazione così caotica ed
affollata piena di sorprese, come poteva pretendere di averlo?
Mentre
allarmato più che mai cercava nella sua mente qualcosa da
dire
inerente al caso, qualcosa che tranquillizzasse momentaneamente
Gibbs, fu Abby a prendere per prima la parola sorprendendo tutti una
volta di più.
- Bè,
visto che siete tutti qua vi illumino sulle mie scoperte… mi
avete
risparmiato mille telefonate… -
Detto
ciò cominciò a sciorinare tutti i dati tecnici e
le
scoperte che grazie alle sue prestazioni precise, complete ed
approfondite era riuscita a trovare.
In
breve mise in campo tutti i conigli da sola e non solo…
anche
colombe, gatti e quant’altro!
Mentre
lei parlava veloce senza quasi respirare, esprimendo cose altamente
serie e professionali in modo ironico e scherzoso, come raccontasse
una barzelletta, tutti gli altri si trovarono a chiedersi per
l’ennesima volta, e questa volta insieme…
“Ma
è vera?” Effettivamente
chi non la conosceva in un primo momento poteva venir messo fuori
strada dal suo aspetto e dai suoi modi anomali, ma poi veniva fuori
tutta la sua effettiva bravura nel fare il suo lavoro.
Specie
Don e Colby rimasero a bocca aperta a guardarla ricredendosi subito
sulla pessima impressione avuta in un primo momento.
Si
ricredettero al punto che si chiesero perché anche loro non
avessero un personaggio simile nella loro squadra. Effettivamente
mancava. Lo ammisero piacevolmente colpiti da lei.
Quando
concluse la sua analisi completa e approfondita, nonché
preziosa, di tutte le prove che era riuscita a studiare e trovare, la
scienziata aprì le braccia mantenendosi di schiena rispetto
a
loro, quindi in segno d’attesa, con la testa piegata di lato
porgendo la guancia a Gibbs lì accanto, disse sfacciata e
allegra:
-
Applausi e ricompense, prego! – Fu così che dalle
espressioni stupite della maggior parte di loro si dipinse un sorriso
spontaneo d’ammirazione, Hotch rimase serio con un vago cenno
di
assenso sul viso mentre Don richiuse la bocca lasciata aperta durante
lo spettacolo, non riuscì a sorridere o fare cenni, rimase
proprio inebetito a fissarla. Quindi Tony diete una pacca amichevole
sulla spalla di Colby notando una netta luce divertita nello sguardo
che diceva quanto gli piacesse Abby.
- Si,
lei è la nostra analista di laboratorio! Ti farei un
paragone
con qualche personaggio di film ma non ce ne sono. Abigail Shiuto
è
autentica ed unica al cento per cento! – Fece quindi allegro
deliziato dalla scena, rispondendo alla sua domanda iniziale.
- Ah,
non ne dubito! – Commentò quindi spontaneamente
l’altro
beccandosi per questo una brutta occhiata da Don che a Morgan non
sfuggì.
“Anche
lui mi sa che è in una situazione simile alla
mia… benvenuto
nel club, amico!”
Gibbs
dunque concluse posando un bacio sulla guancia di Abby che sorrise
radiosa, contenta di non aver deluso il suo papà adottivo,
suscitando ulteriore curiosità negli spettatori e specie in
Reid che si trovò a riflettere di nuovo su
quell’uomo
incredibile. Era un tipo davvero strano e difficile da analizzare, in
effetti. A vederlo non sembrava capace di atti così dolci e
premurosi, pensava sarebbe esploso ed invece lei l’aveva
calmato in
quel modo magistrale dimostrando di meritarsi il ruolo di preferita,
tirandogli fuori quella dolcezza assolutamente spiazzante.
Anche
gli altri ne rimasero stupiti mentre Colby semplicemente si chiedeva
come fare per tirare fuori anche solo l’ombra di quella
amorevolezza da Don.
Non che
lui la volesse in modo spiccato e svenevole, ma una cosa accennata
ogni tanto così come la sua, non guastava.
Il loro
rapporto, del resto, era molto più complicato rispetto a
quello che altri lì presenti avevano e non lo si poteva
spiegare facilmente.
Don, ad
ogni modo, non era capace mai ma proprio mai di quelle attenzioni
tenere. Per lo meno Colby era pronto a scommetterci la testa. Eppure
parlandone con Morgan e Tony, più tardi, si sarebbe sorpreso
di sentirli dire che chiunque poteva stupire, specie persone come Don
Eppes.
-
Ragazzi… - Iniziò timidamente Charlie
riprendendosi in
fretta alla luce delle scoperte della sorprendente scienziata.
– A
questo proposito avrei anche io qualcosa da dire… -
Così
l’attenzione di tutti fu spostata su di lui che
ingoiò e si
fece coraggio dicendosi di far finta di fare solo una semplice
lezione universitaria, lasciando perdere il fatto che tutte quelle
persone lì avevano un’arma a contrario di lui e di
Abby che
comunque sembrava saper benissimo come essere pericolosa anche senza
pistola!
Successivamente
disse la sua esponendo ciò che i suoi calcoli avevano
portato
alla luce fino a quel momento e di come ci fosse una teoria
matematica in grado di attuare alla luce dei nuovi dati trovati.
Ad
aiutarlo nell’esposizione ci furono anche Reid e McGee
amalgamati
con lui come se fossero un tutt’uno da anni.
Davanti
a quei tre cervelli che proclamavano implicitamente la loro immensa
potenza mentale, Tony, Morgan e Colby si sentirono di nuovo non solo
semplicemente infastiditi o messi da parte ma addirittura
svirilizzati.
Proprio
così.
Un
meccanismo strano in effetti considerando la personalità di
spicco e forti di quei tre.
Svirilizzare
persone come loro che non perdevano occasione per ridimensionare i
geni con cui avevano quotidianamente a che fare, ci voleva mica poco.
Però davanti a quelle figure egregie e alle espressioni
miracolosamente e sconvolgentemente compiaciute dei tre capi che
annuivano come se capissero anche solo l’ombra di tutto quel
che
veniva detto, si sentirono proprio delle nullità!
Cosa
insopportabile per loro!
Non
andava bene, decisamente non andava bene così.
Dovevano
tirare anche loro fuori qualche coniglio dal cappello o sarebbero
stati sotterrati dai loro rivali!
Al
termine del loro spettacolo ci furono dei cenni compiaciuti da parte
di tutti e tre i dirigenti dell’indagine, non lo esprimevano
apertamente ma si capiva il loro piacere in quei buoni passi in
avanti grazie a membri della loro squadra.
-
Ottimo. – Dissero infatti in contemporanea Gibbs e Don che si
fermarono e si scambiarono uno sguardo serio ed indecifrabile.
“Ora
si sbranano!”
Pensarono
i tre svirilizzati temendo il peggio per un attimo.
Ed
invece tornarono a spostare la loro attenzione sugli altri con
noncuranza, come niente fosse, continuando il discorso, iniziando a
dividere i compiti fra tutti, lasciando i gruppi così come
si
erano formati naturalmente.
Quando
i capi passarono davanti agli unici rimasti senza parole, non furono
calcolati nemmeno con uno sguardo, come se proprio non esistessero.
Cosa
che li urtò profondamente fino quasi a divorarli lasciandoli
lividi non di rabbia ma di qualcosa di sicuro poco positivo!
Rimasti
lì solo in otto con tre che guardavano in cagnesco altri tre
a
caso che proprio non li calcolavano, immersi già nei loro
nuovi calcoli con una certa frenesia evidente, fu la risata di Ziva a
concludere la scena.
Questa
e la sua voce che squillante e sadicamente divertita annunciava il
successivo punteggio dopo aver assistito all’impagabile
spettacolo:
- Due a
uno per loro, ragazzi! Bisogna che vi diate da fare o rimanete
indietro! –
Ci fu
poi solo una specie di ringhio infastidito da parte di questi che se
ne andarono subito insieme senza aggiungere nulla se non uno sguardo
profondo e significativo di Morgan a Reid.
Quel
caso complicato stava tirando via loro più tempo di quanto
non
avesse mai pensato.
E
nonostante capisse che non poteva mettere davanti la sua vita privata
in una situazione simile, quello era proprio ciò che avrebbe
tanto voluto poter fare.
Per
quanto avrebbero evitato di parlarsi, chiarirsi e approfondire
ciò
che andava approfondito da molto?
Anche
Colby provava un sentimento simile per Don che l’aveva
bellamente
ignorato facendolo sentire inutile per quel caso troppo affollato, ma
non voleva nemmeno provarci a decifrarsi. Era di gran lunga
più
complicato. Non sapeva nemmeno lui di preciso cosa voleva. A tratti
che tutto fosse più definito e stretto ad altri era lui
quello
che tentava di scappare. Del resto avere a che fare con Don non era
una passeggiata.
Tony,
dal canto suo, sperava solo una cosa.
Che
tutto quello sarebbe finito presto.
Quel
caso continuava a strappargli via decisamente troppo del suo uomo
che, buttato anima e corpo nel caso, non vedeva assolutamente altro.
Con
tutta quella gente non poteva nemmeno sostenerlo come faceva di
solito, tutti gli prendevano il posto… no, decisamente
quella
situazione che inizialmente gli era piaciuta e l’aveva
divertito,
ora cominciava a stargli stretta.
Era ora
di concludere tutto in fretta davvero, prima che a scoppiare sarebbe
stato lui e non Gibbs!
-
Posso farti una domanda indiscreta? – Chiese a bruciapelo
Morgan a
Colby, una volta soli in ascensore diretti altrove per poter
riflettere sul caso.
Colby
lo guardò alzando un sopracciglio incuriosito. Si erano
appena
conosciuti eppure sembrava che tutti e tre fossero amici da tempo, si
comportavano con fare confidenziale ed amichevole e veniva loro
naturale, era bello riuscire a stare insieme così bene senza
crearsi problemi per ciò che poteva pensare chi si aveva
davanti. Era come se sapessero di potersi fidare perché in
fondo tutti loro erano della stessa pasta e come modo di approcciarsi
al prossimo erano davvero molto simili.
Anche
Tony li guardò incuriosito dalla domanda che doveva fargli
ed
in un attimo si dimenticarono della frustrazione provato in quel
laboratorio e dei vari shock per la sorprendente Abby.
-
Spara. – Non aveva proprio idea, però, di cosa
poteva
volergli chiedere…
Morgan
così, sapendo che non erano affari suoi, tirò
fuori il
discorso che aveva intravisto da alcuni sguardi velocissimi e appena
accennati.
Non
sapeva perché ma si sentiva di farlo, forse sarebbe uscito
qualcosa di costruttivo, erano simili, si capivano meglio degli
altri, no?
- Tu e
il tuo capo… Don Eppes… - Già da
questo Colby capì
dove sarebbe andato a parare dicendosi che era già arrivato
il
momento. – Avete una storia? – Glielo chiese con
naturalezza come
se fossero le domande che si ponevano di più agli altri.
Insinuare che due uomini avessero una storia, a guardarli,
sembrò
improvvisamente la cosa più normale.
E loro
dopo un primo momento di stupore, si resero conto di quanto quel
profiler fosse bravo nel suo lavoro nonché dannatamente
diretto e schietto. Oltre che sexy!
-
Bè…
- iniziò così Colby allargandosi il colletto
della
maglia attillata che indossava e spostando lo sguardo altrove
pensando a come spiegare ciò che avevano lui e Don.
– In
realtà è complicato. – Disse quindi
tornando con gli
occhi chiari su quelli scuri e penetranti del moro.
- Che
cosa non lo è? – Esordì dunque Tony
preso anche lui
da quei discorsi, riferendosi alla propria storia con Gibbs che ne
aveva viste di cotte e di crude. Si sentì bene
così,
spontaneo, serio e sé stesso. Ormai riusciva a stare in
quella
maniera con pochi.
-
Già…
- Fece eco Morgan d’accordo con loro, pensando a sua volta a
Reid.
Entrambi avevano delle storie difficili, chi appena accennate, chi
consolidate e chi davvero incasinate.
Ma
tutte complicate, in effetti.
- Io e
Don… non stiamo insieme ma c’è stato
qualcosa. Il problema
è capire cos’è quel qualcosa e cosa
vogliamo noi. A
volte sembriamo disposti a chiarirlo, altre no. Siamo delle testacce
dure, insomma. – Tutti e due gli altri capirono, osservando
con
attenzione il bel viso regolare e morbido mentre si esprimeva
così
pensieroso, che quel ‘qualcosa che c’è
stato’ si
trattava di sesso. Non ci fu bisogno di spiegarlo meglio e di andare
nei dettagli, si compreserp di nuovo al volo.
L’ascensore
così si aprì e i tre uscirono con passo sostenuto
ma
non veloce, interessati a quel discorso che avrebbero voluto
approfondire.
Chissà
perché ma si erano sentiti da subito essere simili anche
nelle
vite sentimentali. Per lo meno il genere era lo stesso…
- Si
vede tanto? – Chiese poi a Morgan che si strinse nelle spalle.
- No ma
per me che sto passando una situazione simile è apparso
cristallino cosa fosse lo sguardo del tuo capo rivolto a te.
–
- Non
ti sfugge nulla, eh? –
- Degno
di un profiler… ricordami di non accettare le tue
‘domande
indiscrete’! – Disse Tony ironico precedendoli
verso la sua
scrivania. Gli altri risero divertiti capendo che non aveva voglia di
confidarsi sulla sua relazione con il suo, di capo, rispettandolo per
questo. Bè, che stessero insieme era apparso abbastanza
ovvio,
specie per Morgan.
- Chi,
se posso…? – Chiese Colby a Morgan incuriosito.
- Reid.
– Rispose subito in modo che si capissero solo loro, evitando
tante
orecchie curiose lì intorno.
Dei
loro tre capi nessuna traccia. Si appoggiarono alle scrivanie senza
sedersi, quindi incrociando le braccia al petto decisero tacitamente
di tornare al lavoro, ricordandosi quindi della pessima figura che
avevano appena fatto.
Certo
dovevano aspettare le analisi di Abby sulle nuove prove trovate nel
magazzino e i risultati dei geni insopportabili, ma qualcosa potevano
farla anche loro.
Qualcosa
che effettivamente potevano riuscire a fare SOLO loro, in quanto
normalmente erano quelli che si immedesimavano meglio nei delinquenti
vista la loro indole spericolata ed attiva.
- Però
c’è qualcosa che non mi convince in tutto
questo… - Disse
Tony allora tornando al caso con una certa serietà
sconcertante.
- E’
vero… - Fecero gli altri due insieme assumendo la medesima
espressione pensierosa, seria e concentrata, guardando quindi nel
vuoto.
Ripercorsero
nei particolari tutto ciò che si era detto e trovato fino ad
allora ed infine arrivarono al punto cruciale che iniziò ad
esporre Tony, seguendo un lampo che gli aveva attraversato la mente e
che ancora non aveva avuto modo di elaborare da solo.
-
Eppure se fossi un criminale che deve organizzare l’ennesimo
colpo
ai danni di quante più persone possibili, dopo che sono
stato
fermato molte altre volte, decidendo di inscenare addirittura una
copertura programmerei anche dell’altro. –
- Tipo
un infiltraggio. – Esclamò Colby che fra tutti era
quello
che riusciva a pensare meglio come un delinquente visto il triplo
gioco che era stato costretto a fare per anni. Era ovvio che seguisse
perfettamente il ragionamento di Tony e che ci fosse arrivato subito
alla conclusione.
Lui
stesso, al loro posto, progettando una copertura come il killer di
marine per far riuscire una volta per tutte l’attentato, si
sarebbe
infiltrato laddove avrebbe potuto agire indisturbato e sicuro di
farcela.
Anche
Morgan si illuminò trovandosi perfettamente in accordo con
loro due, quindi diede un profilo ulteriore e completo sulle persone
che cercavano arrivati a quel punto, sui loro obiettivi e sui modi di
agire per ottenerli.
Serio,
deciso e professionale quanto gli altri, tutti e tre veloci,
incalzanti e letteralmente trasformati rispetto a quanto erano
sembrati fino a quel momento.
-
Sostanzialmente queste persone non si fermeranno fino a che non
saranno riuscite ad attuare i loro piani, bisogna capire a cosa
mirino, se uccidere quante più persone possono o quelle
più
importanti. Che tipo di messaggio vogliono dare insomma.
Perché
lo fanno. A giudicare dal quantitativo di bombe costruite e sparite,
quindi già piazzate, mirano al numero ma vogliono la
sicurezza
di riuscirci. Per questo hanno voluto concentrare tutte le forze
dell’ordine e l’attenzione della gente sul killer
di marine. Per
poter agire indisturbati. Ma lo faranno anche perché
infiltrati in qualche ambito che gli assicura il successo della loro
missione.
Loro la
vedono come una vera e propria vocazione, qualcosa di serio e non mi
stupirei sulla loro provenienza, anzi… Non hanno mai mollato
nonostante voi li aveste fermati diverse volte. Sono riusciti a
scappare quindi sono estremamente furbi e pronti a tutti
poiché
hanno deciso di non mollare e continuare finchè non ci
riusciranno. Dobbiamo trovare quello che secondo loro è il
modo migliore per far saltare in aria quante più persone
possibili e di conseguenza l’ambiente in cui si sono
infiltrati. –
La
conclusione fu ovvia e Colby e Tony stavano già lavorando su
quel concetto. Quale poteva essere il loro obiettivo? Dove potevano
aver piazzato tutte quelle bombe fabbricate?
Dove
potevano essersi infiltrati?
E
mentre scartavano alla velocità della luce tutte le
possibilità elaborando tanti piani quanti gli obiettivi che
prendevano in esame, parlandone ad alta voce fra di loro sempre
più
presi ed animati, arrivarono all’ipotesi migliore nello
stesso
momento.
Una
telefonata a Garcia per una conferma che avrebbe potuto trovare solo
lei con una qualche magia informatica (con conseguente stupore
incuriosito di Colby sentendo Morgan parlare così)
e…
- Bè,
vale la pena andare a controllare… magari non è
nulla ed è
solo una perdita di tempo, ma almeno escludiamo questa
possibilità…
- Fece allora Colby staccandosi dalla scrivania a cui era appoggiato,
allargando le braccia e piegando la testa. Si scambiarono tutti degli
sguardi simili e concordi, speranzosi di averci azzeccato.
- Per
me abbiamo una buona possibilità di trovare
qualcosa… -
Aggiunse allora Morgan mettendo le mani sui fianchi, dritto in piedi
fra i due.
- Del
resto pur quei mostri laggiù fanno le loro magie
escludendoci…
facciamo vedere che anche noi siamo capaci di farle… -
Esclamò
allora Tony dando una sorta di ok a quel compito che si erano creati
da soli, lasciando deliberatamente da parte tutti gli altri, specie i
capi che li avevano snobbati.
Senza
aggiungere altro si diressero svelti, con distintivo e pistola, di
nuovo all’ascensore per controllare la pista che avevano
trovato
grazie anche a Garcia e alle sue simpatiche trovato che avevano
alimentato la curiosità di Colby.
Speravano
vivamente di averci preso, normalmente i loro istinti non li
deludevano.
Avrebbero
dovuto avvertire i loro capi dell’intuizione e di dove
stavano
andando, ma non lo ritennero opportuno visto come li avevano trattati
solo pochi minuti prima. Era ovvio che erano infastiditi dal loro non
avere trovato ancora nulla, ma loro lavoravano così. A flash
momentanei, a intuizioni del momento, a piste dell’ultimo
minuto su
cui si buttavano a capofitto senza pensarci meglio prima.
Specie
Tony in effetti. C’era da dirlo.
E poi
dovevano essere prima sicuri di aver trovato il numero principale del
loro splendido spettacolo. Se avessero avvertito tutti ottenendo poi
solo un imbarazzante buco nell’acqua, avrebbero fatto una
figuraccia insopportabile, mentre così, con la sicurezza di
averci preso prima di spiattellarlo ai quattro venti, poi avrebbero
potuto vantarsi con quei tre cervelloni che volevano lasciarli
indietro.
A Tony,
ad ogni modo, continuava ad importare solo una cosa principalmente.
Risolvere
subito quel dannato caso per Gibbs e la sua serenità.
Come
avrebbero potuto immaginare che da un semplice controllo nato da un
intuizione di gruppo, sarebbe scoppiato tutto quello?
|
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Capitolo 7 *** Come volevasi dimostrare ***
INDAGINI
CONGIUNTE
*Eccovi
qua un altro capitolo di questa fanfic crossover fra tre delle mie
serie tv preferite! Ho visto che molti di quelli che leggono la mia
storia, non seguono Numb3rs ma che sono ugualmente interessati e
presi. Ne sono contenta e spero che vi mettiate a seguire anche
quella serie perché a parer mia merita davvero! Specie dalla
seconda in poi! Vabbè, comunque qua abbiamo i tre
spericolati
che finalmente riescono a mettersi nei guai, quindi diciamo che
inizia l'azione! Grazie a tutti quelli che leggono e commentano!
Buona lettura. Baci Akane *
CAPITOLO
VII:
COME
VOLEVASI DIMOSTRARE
/We're
no here - Mogwai/
-
Ma se è davvero quello che abbiamo supposto si tratterebbe
di
un disastro senza precedenti. – Stava dicendo Tony
mentre guidava
la propria auto diretto nel posto da loro deciso.
-
Già. Però dai dati che abbiamo raccolto, tirando
le
somme, non è una cosa campata per aria! L’hanno
detto anche
gli scienziati pazzi che c’erano informazioni e progetti per
un
numero spropositato di bombe. I mezzi per farlo ce l’hanno!
–
Rispose Colby con la mente completamente rivolta al caso,
estremamente serio e preso.
-
Anche da quel che ha trovato Garcia sembra che tutto combaci.
Esattamente due mesi fa hanno fatto quelle assunzioni e i loro file
risultano in qualche modo rovinati. – Fece eco
Morgan
gesticolando sbrigativo componendo anch’egli il puzzle.
-
Non abbiamo prove dirette e ci basiamo su un intuizione che sembra
possa combaciare con tutti i dati che abbiamo, dobbiamo stare attenti
quando andremo da loro e far leva soprattutto su come reagiranno.
–
Riprese Tony calato professionalmente nei panni dell’agente
federale.
Era
strano vederlo così, dopo tutto non era ancora stato serio
da
quando lo avevano incontrato, ma capirono che la situazione lo
richiedeva davvero. Lì videro in lui molto del suo capo e si
chiesero se non nascondesse ancora altre sorprese.
Loro
non potevano certo saperlo ma era vero che l'influenza di quello che
era il suo capo e uomo da molti anni, ormai si vedeva bene.
Non
se ne rendeva conto, si limitava a dire la cosa più sensata
che gli passava per la mente senza accorgersi che era ciò
che
avrebbe fatto presente Gibbs.
-
Ragazzi, non c’era nessuno nella sede, avevano già
tolto
tutte le bombe. Significa che hanno piazzato tutto e che sono pronti.
– Fece notare allora Colby che per gli interrogatori non si
dava
mai problemi dal momento che i suoi finivano sempre in inseguimenti!
-
E’ oggi. Non può che essere oggi. – Lo
sorresse Morgan
anch’egli convinto del fatto. Il viso sempre più
grave
immaginando quanto sarebbe potuto succedere.
-
Si, ma se non è come pensiamo e prendiamo un buco
nell’acqua
ci ritroviamo ad aver perso tempo e poi i nostri capi perderanno le
nostre teste dopo avercele staccate! - Tony continuava
sorprendentemente a far leva su questo quesito come se
improvvisamente non gli premesse più impressionare gli altri
ma bensì fare le cose come si dovevano. E non gli era mai
successo!
-
Stiamo facendo un controllo senza averli nemmeno informarti. Se
è
come diciamo noi avremo subito bisogno di rinforzi mentre se non lo
è
ne avremo bisogno lo stesso perché quelle bestie non saranno
gentili. - Fece eco Morgan rendendosi conto che non aveva torto. Lui
lo sapeva bene ma la sua caratteristica principale era proprio
l'individualità alla quale tendeva nei momenti critici.
Teneva
così tanto alla sua squadra che preferiva finire lui da solo
nei guai piuttosto che trascinarci anche gli altri che gli stavano
accanto.
Specie
Reid che cercava di proteggere molto più di tutti.
Ovviamente
le bestie erano i loro capi e non si era riferito tanto al suo quanto
agli altri due che aveva subito perfettamente inquadrato!
-
Quando uno dei suoi uomini fa di testa propria senza avvisarlo, Don
non lo sopporta. Sia che vada bene sia che vada male, poi sbrana di
brutto chi ha osato tanto. Prepariamoci in ogni caso al peggio. -
Concordò allora Colby riflettendo sui modi poco ortodossi di
condurre la sua squadra. In effetti, a pensarci, Don lasciava loro
sempre poca libertà considerando che quando agivano di testa
loro senza avvertirlo ed aspettare un suo 'ok', poi spesso e
volentieri li riprendeva. E quando si limitava a riprenderli e basta
era anche bene. C'erano volte in cui relegava il malcapitato a
rispondere al telefono per settimane, in punizione!
Le
sue urla di quando si infuriava con uno dei suoi agenti le sentivano
tutti sia nel piano che negli altri. Non era la persona più
comprensiva del mondo e questo perché non solo pensava che
senza di lui il mondo potesse crollare, ma perchè quando
sarebbe successo sarebbe dovuta essere unicamente colpa sua. Era un
modo per sollevare il più possibile la sua squadra da tutti
i
pericoli possibili che facendo quel lavoro potevano incorrere. Certo
sapeva che non avrebbe potuto proteggerli davvero da tutto e per
sempre, ma ciò che era nelle sue possibilità lo
faceva.
Ed
era bello venir salvato in extremis da lui il più delle
volte... avere la certezza che in qualunque casino ci si sarebbe
cacciato, lui ci sarebbe stato ad aiutarlo.
Era
davvero bello.
Solo
per questo Colby si permetteva di fare spesso di testa sua rischiando
consapevolmente grosso, preferendo piuttosto le sue urla ad un nulla
di fatto in un indagine importante.
-
Ma io spero che il peggio in cui ci imbatteremo oggi siano i nostri
capi, perché se abbiamo ragione non dovremmo essere qua solo
in tre… dovremmo anzi agire prima di subito! –
Concluse infine
Tony indeciso se chiamare Gibbs o meno. Con la mano già sul
cellulare, per seguire di nuovo una delle sue intuizioni
dell’ultimo
istante, notò di essere arrivato a destinazione
così
parcheggiando lasciò perdere il telefono scendendo insieme
ai
due colleghi che, senza pensarci un attimo, si erano avviati decisi
all’interno dell’aeroporto internazionale di
Washington. (dunque…
ci sarà un aeroporto là, no? NdAka)
-
Si, ma per farcela devono essere davvero bravi, dannazione…
con
tutti i controlli che ci sono per ogni aereo! -
-
Se sono loro quelli che fanno i controlli e che sistemano ogni aereo
assicurandosi che siano a posto è più che
possibile! –
Stavano
commentando fra loro Colby e Morgan dimentichi, tanto per cambiare,
dei vari protocolli, Tony li seguiva grattandosi nervoso la nuca.
Qualcosa
non andava.
Non
avrebbero in ogni caso dovuto fare da soli unicamente per vendicarsi
di come erano stati trattati.
Lì
per lì era stato il primo a pensare che se lo meritavano, ma
poi al momento del dunque il non averne parlato con Gibbs non gli
piaceva, gli lasciava addosso un profondo fastidio.
C’erano
state molte volte in cui aveva agito a sua insaputa per seguire il
suo istinto, a volte era andata bene, altre male, ma l’aveva
fatto.
Ora
era la stessa cosa, anche se non proprio uguale.
“Dai,
è solo un controllo. Nulla di più. Magari ci
sbagliamo
e non è nulla.”
Giunti
in prossimità del punto di collisione, fu lui a fermare gli
altri due che ancora parlavano delle varie possibilità,
quindi
serio e concentrato disse come fosse un capo:
-
Siamo qua solo per controllare. Indaghiamo discretamente senza far
capire a cosa puntiamo. Una volta trovato qualcosa chiamiamo gli
altri. Devono ancora pensare che tutte le forze dell'ordine siano
impegnate col killer di marine. – Erano cose ovvie che anche
loro
sapevano e che non avrebbero certamente dimenticato, il piano era
quello naturalmente, non avrebbe avuto bisogno di dirlo eppure si
sentì di ricordarlo.
Come
se il problema potesse essere loro…
Quando
il gruppetto dei geni ottenne dei risultati non trascurabili
chiamò
quello dei capi, anch’essi impegnati in prossimità
di una
risposta.
Riuniti
di nuovo quasi tutti nel laboratorio di Abby dove coi suoi soliti
modi fantasiosi aveva continuato il suo lavoro adorando al contempo
Charlie, lui, Reid e McGee iniziarono l’esposizione di
ciò
che avevano nuovamente scoperto.
Un
passo.
Si
trovarono tutti ad un passo dal capire di cosa si trattava, ma un
tassello, l’ultimo, continuava a mancare.
Quello
che avevano trovato i tre che non c’erano
all’appello, coloro che
di norma erano sempre i più in sincronia coi criminali.
Finita
quella che era sembrata una lezione di matematica a cui non tutti
erano ancora abituati, e che pochi effettivamente capirono nonostante
gli aiuti di Reid e di McGee, fu Hotch a tirare i fili dal momento
che era quello più calmo e lucido.
Don
continuava ad andare su e giù per la stanza affollata
passandosi una mano fra i capelli e Gibbs, fermo, pensava alla stessa
identica cosa.
-
Qualcosa ci sfugge. – Borbottò alla fine senza
alzare gli
occhi dal pavimento. Gli altri lo guardarono ma solo suo fratello
rispose capendo al volo ciò che voleva dire:
-
E’ vero. Sembra come se manchi qualcosa. Abbiamo progetti di
bombe
e di molte cose ma ci manca quello in cui intendono piazzarle.
–
-
Deve esserci qualcosa in quel laboratorio che ci è sfuggito.
– Concluse Reid concorde col suo collega. Avevano raccolto
tutto,
ma forse qualcosa era passato inosservato. Doveva essere
così.
-
I progetti di quel che vogliono colpire. Quando fai un piano simile
studi bene il posto che prendi di mira. - Li seguì a sua
volta
McGee perfettamente consapevole di ciò che mancava.
-
Devono essere ancora là. - Disse allora Don fermando la sua
camminata nervosa e scoccando un occhiata decisiva a Gibbs che ancora
non aveva parlato. Non chiedeva nessun parere e nessun permesso ma
gli venne da guardarlo, come avesse intuito che comunque
qualcos’altro non andava oltre a quello che avevano detto.
Anche
lui aveva quella sensazione ma non riusciva più ad
orientarsi
in tutto quello che stava succedendo in fretta.
Una
nota fastidiosa che gli ronzava nella testa e che non lo mollava
alimentando quella pressione che continuava a schiacciarlo di volta
in volta.
E
proprio come Don aveva immaginato, fu Gibbs ad arrivarci.
A
Gibbs non era sfuggito il punto nodale della questione.
Si
guardò intorno come a contare tutti i presenti e a cercare
il
viso di uno nello specifico, quello che a quel punto con una sua
trovata stramba dell’ultimo momento riusciva a trovare la
risposta
decisiva sorprendendo tutti.
Quello
che aveva sempre una risorsa più del diavolo e che riusciva
a
fare la differenza..
-
Dov’è Tony? - In condizioni normali
l’avrebbe chiamato Di
Nozzo, ma lì non ci pensò minimamente a
ciò che
era meglio o no.
Gli
venne spontaneo per nome.
Tutti
si girarono a guardarlo stupiti dal sentirgli fare quella domanda,
quindi di seguito furono precisamente Reid a chiedere di Morgan e Don
di Colby, notando anche le loro assenze.
Stavano
ancora guardandosi interrogativi, inspiegabilmente stupiti della loro
assenza come se fosse strano, cosa che andando per logica non avrebbe
dovuto esserlo, quando Ziva entrò trapelata e con aria grave
disse guardando diretta Gibbs:
-
Capo, c’è un problema! - E dalla
serietà con cui lo
disse, tutti capirono all’istante di cosa si trattava.
Infatti
nel medesimo istante, proprio come se si fossero messi
d’accordo,
Gibbs, Don e Reid alzando gli occhi al cielo con espressione tirata
ed esasperata, dissero rispettivamente i nomi di Tony, Colby e
Morgan.
-
Già… sono spariti. Non si riescono a rintracciare
da nessuna
parte. Ho chiamato poco fa Tony per sapere dove fosse visto che non
era qua e mi ha risposto agitato dicendo di chiamarti che era nei
guai. Però poi è caduta la linea subito e i
cellulari
di tutti loro, che penso fossero con lui, sono irrintracciabili! -
Spiegò sbrigativa Ziva preparandosi alle ire funeste del
capo.
Gibbs
e Don infatti imprecarono allo stesso modo a denti stretti mandando
mentalmente mille accidenti ai rispettivi agenti, mentre tutti e tre
borbottarono di nuovo sull’arrabbiato andante:
-
Sempre lui! - In realtà avrebbe dovuto dirlo Hotch in quanto
capo di Morgan, ma oltre a sapersi controllare meglio degli altri
aveva un coinvolgimento sentimentale diverso. Hotch di suo non
dimostrava comunque mai quel che pensava e provava, difficilmente si
arrabbiava anche se era certamente una persona molto sbrigativa che
non perdeva mai tempo.
Gibbs,
dal canto suo, se avrebbe potuto strozzare Tony l’avrebbe
fatto
volentieri, piuttosto che vederselo tornare a pezzi!
Come
poteva essere che nel momento clou di un indagine dannatamente
difficile ed allucinante come quella, lui sparisse senza lasciare
tracce, dicendo solo che era nei guai?
E
lui cosa doveva fare, ora?
Una
magia?
Per
chi diavolo lo prendeva?
Doveva
per forza fargli perdere anni di salute in quel modo?
Ma
mentre per lui era chiaro il motivo di quell’esplosione
interiore e
di quel sentirsi così esageratamente male, poiché
sapeva di amare Tony, per Don e Reid non fu così facile.
Stare
male, sentirsi togliere il respiro ed il cuore accelerare impazzito e
ripetersi di stare calmi poiché sono agenti molto in gamba
abituati a situazioni simili, dirsi che per loro il rischio non era
un problema e se c’era qualcuno che se la poteva cavare bene
anche
da soli, erano proprio loro... eppure sapere razionalmente qualcosa
non significava tenere sotto controllo anche quella valanga di
emozioni che velocissime li avevano colpiti con la potenza di un
carro armato.
E
non capirono perché stare così male!
Ami
qualcuno senza saperlo e quando gli succede qualcosa la prima cosa
che fai è negare l'evidenza. Aggrapparti al fatto che chi ti
ha dato la notizia si sbaglia. Poi successivamente, quando capisci
che invece è così, preferisci non pensarci e non
parlarne poiché farlo significherebbe crederci troppo e
dover
fare i conti con una serie di altre cose chiamate sentimenti. Coloro
che ti fanno stare così male.
Allora
arrivi al punto in cui ti chiedi perché diavolo stare
così
male? Sono persone come altre, se la sono sempre cavata, riusciranno
ad aiutarli anche quella volta...
Ma
non è quello il punto, o no...
Il
punto è che ogni volta è sempre diversa. Stai
sempre
più male.
Quando
succede qualcosa a LUI tu ti senti sempre peggio fino ad arrivare al
limite, al punto massimo in cui non puoi più far finta di
nulla, non puoi più ignorare che stai da cani e che non
è
normale sentirsi così per qualcuno.
Che
ci si sente così solo se ami.
Ed
allora te lo dici ma hai paura anche solo di realizzarlo velocemente.
Se
lo fai significa che ora stai per perdere la persona più
importante della tua vita e non vuoi, non puoi affrontare
già
quel momento. Non è possibile scoprire di amare qualcuno e
dover già fare i conti con la sua separazione.
Per
cui prima di dirtelo e basta, di dirti che lo ami, aspetti di
riaverlo davanti a te.
E
lotti.
Lotti
come un matto per riaverlo, lotti come non hai mai fatto, andando
contro ad ogni legge se serve, ma facendo di tutto per poterglielo
dire tu stesso.
Per
Don era orgoglio, un caratteraccio davvero troppo duro con
sé
stesso e difficile, per Reid ottusità e chiusura a quello
che
era un mondo semplice ma contorto allo stesso tempo.
Per
entrambi, però, vivere i propri sentimenti, era sempre stato
un dramma.
Certo
la situazione di Don e Colby era ulteriormente diversa da quella di
Morgan e Reid che non avevano ancora avuto alcun contatto in quel
senso. Gli altri due il contatto l'avevano avuto eccome.
Un
contatto molto caldo ed incontrollato subito dopo che Colby si era
ripreso dalla sua quasi morte ed era tornato in squadra.
La
notte in cui si era trovato a dover scegliere dove andare, se di
nuovo nella vecchia squadra oppure lì dove aveva lavorato
sotto copertura per due anni, prima di andare via dall'ufficio Don
gli aveva detto che gli sarebbe piaciuto riaverlo nella sua squadra,
cosa che aveva creduto di sognare dal momento che non si sbilanciava
mai in quel modo. Poi si era visto capitare in casa proprio lui in
piena notte con una strana espressione e dicendogli che voleva
davvero che tornasse, avevano finito per fare sesso. Solo quello.
Dopo
d'allora non avevano avuto altri contatti simili se non qualcosa che
ci era andato molto vicino parecchie volte, però non si
erano
chiariti e lui semplicemente era tornato in squadra.
Eppure
qualcosa da chiarire, ora lo sapeva anche Don, c'era davvero.
"Non
voglio che non torni più di nuovo. Se mi fa ancora questo
scherzo giuro che lo trovo ovunque sia e in qualunque stato
è,
lo ammazzo!"
Una
sorta di preghiera, probabilmente, a modo suo.
-
L’hanno combinata grossa questa volta… - Disse
Abby dopo aver
trovato il segnale dei loro cellulari staccato proprio come aveva
detto Ziva, e aver tentato un paio di altre tracce a vuoto. Sapeva
che non era ora di scherzare e anche lei era onestamente preoccupata
per Tony a cui era particolarmente affezionata.
Inoltre
era certo uno spreco perdere due belle presenze come Colby e Morgan!
-
Su cosa lavoravano? - Chiese Hotch tornando primo fra tutti a
ragionare freddamente. Rendendosi conto che non ne avevano idea,
McGee si inserì seguendo un idea del momento e spodestando
Abby svelto dalla tastiera, si mise a fare una veloce ricerca sulle
chiamate che avevano fatto da lì all’ultima ora.
-
C’è Morgan che ha chiamato solo il vostro ufficio
informatico… - Disse allora senza sapere se potesse essere
utile o
meno.
-
Richiamalo! - Rispose Hotch immaginando che Garcia avrebbe potuto
avergli dato qualche pista da seguire.
Nella
speranza che fosse proprio così, un Reid che cominciava a
paralizzarsi all’idea di cosa fosse successo a Morgan, un Don
con
il desiderio di spaccare qualcosa e un Gibbs con un fortissimo
istinto omicida verso il proprio uomo, attesero impazienti di
scoprire qualcosa di utile.
“Io
lo ammazzo questa volta… “
Pensarono
all’unisono nuovamente tesi e sempre più nervosi.
Arrivati
coi rinforzi dovuti in aeroporto, dopo aver segnalato il probabile
pericolo, ritrovarsi davanti all'auto di Tony senza nessun'altra loro
traccia in tutto l'enorme e spazioso posto, aveva ingigantito di
molto la rabbia e l'ansia che li divorò facendoli reagire
davvero male.
Sbattendo
la portiera del veicolo, dopo aver appurato che dentro non c'era
nemmeno un biglietto o un indizio, Gibbs quasi la ruppe, quindi con
forza e ira crescente colpì il tetto del veicolo con il
palmo
della mano accompagnato da un ringhio incomprensibile. Un latrato
quasi.
-
DOVE DIAVOLO SONO?! - Gridò invece Don arrivandogli incontro
come una furia, con braccia larghe ed un espressione tempestosa.
Ecco
una delle sue famose sfuriate che però avrebbe dovuto
trattenere ancora poiché gli interessati non erano presenti.
Farla
ad un suo pari non avrebbe avuto certo senso.
I
due uomini con eguale furore negli occhi e nelle espressioni che
mettevano paura, si fissarono in cagnesco senza provare nemmeno un
lontano conforto nel trovarsi davanti ad una propria copia quasi
perfetta.
Nessuno
dei due era più o meno arrabbiato dell'altro e l'agitazione
che li pervadeva era alla pari. Lì si guardarono di nuovo e
si
videro sullo stesso piano, sentendosi però non molto meglio
per quello.
Avere
innanzi uno all'altezza della situazione non aiutava comunque molto.
Fu
un attimo breve in cui entrambi strinsero le labbra esasperati per
trattenersi ed un respiro marcato uscì dalle gole come una
sorta di ringhio.
In
un attimo intorno a loro ci furono anche Hotch, Ziva, Reid, Charlie e
McGee, mentre tutti gli altri agenti di rinforzo chiamati
setacciavano al millimetro la zona.
Ovviamente
degli uomini che erano venuti a controllare gli altri tre fenomeni
nemmeno una traccia. Misteriosamente spariti.
-
Non ci sono. Devono averli scoperti e portati via di qua! - Disse
allora il capo dei profiler freddo, razionale e deciso.
-
Sono tre agenti in gamba, non possono esserci riusciti come niente
fosse! Qualcuno deve aver notato qualcosa! - Fece Ziva convinta che
non potevano semplicemente essersi volatilizzati. Già l'idea
che non se la fossero cavati da soli come il più delle volte
riuscivano a fare, la diceva lunga su chi li aveva presi.
-
Va con McGee a interrogare la gente! Chiunque, non me ne frega da
cosa iniziate! Andate e trovate qualcosa di utile! - Ordinò
subito Gibbs senza perdere altro tempo. Le mani puntate sui fianchi,
la schiena dritta e i muscoli tesi.
Esattamente
come Don.
-
Io e Reid torniamo alla loro base a cercare la parte mancante,
qualunque cosa che ci aiuti a capire dove possono essere andati, un
magazzino, un secondo ritrovo, qualunque cosa. - Si inserì
subito dopo Hotch scambiandosi uno sguardo diretto e penetrante con
gli altri due capi che ricambiarono senza muovere un solo muscolo, in
un muto assenso.
-
Charlie, va con loro. Cerca di fare qualcosa con... - Ma Don non
dovette finire la frase poiché il fratello aveva capito
perfettamente cosa voleva da lui, così annuì e
seguì
all'istante gli altri due agenti già avviati mentre nella
sua
mente si formava una domanda riguardo lui e Colby.
Era
certo di non aver mai visto Don così fuori di sé
per
qualcosa che riguardava il suo agente... non dopo il casino che aveva
fatto mesi prima fingendo di aver tradito tutti, scoprendosi poi
sotto copertura e dalla loro parte.
Quella
volta Don si era rivelato davvero ossessionato da lui fino a che non
aveva stupito tutti fidandosi nonostante tutto di quello che
improvvisamente si era rivelato una spia agli occhi dell'interno
Paese, senza sapere se potesse effettivamente farlo. Solo
perchè
Colby gli aveva chiesto aiuto rivelando che avrebbe ormai messo la
propria vita solo nelle sue mani!
Rimasti
soli di nuovo, i due agenti supervisori, sempre con la medesima
terribile espressione di morte per chiunque si sarebbe frapposto sul
proprio cammino, cominciarono ad avviarsi veloci e spediti verso
l'interno:
-
Qualunque cosa sia successa ormai avranno avviato il loro progetto. -
-
Dobbiamo fermare il disastro. -
-
Bloccare tutti i voli e far atterrare immediatamente quelli
già
decollati, porre sotto controllo completo gli aerei, mettere al
sicuro la zona... -
-
Non abbiamo prove che sia come diciamo, non ci lasceranno fare una
cosa simile... -
-
Certo, le prove saranno gli aerei che esploderanno in volo con tutti
i passeggeri a bordo! - A questo punto un lampo attraversò
la
mente di Gibbs pronta e reattiva alla ricerca di qualche intuizione
da seguire. Si fermò all'istante e come se ci vedesse tutto
chiaro e nitido, disse: - Oh merda! - Don si fermò a sua
volta
e si girò a
guardarlo
interrogativo e sempre più nervoso: - Non li avranno mica
messi su uno di quei voli che esploderanno! - L'idea che potesse
essere davvero concretamente così, fu per loro qualcosa di
ben
peggiore dell'attentato stesso.
Quando
lì i loro occhi si fissarono rispecchiando la medesima
consapevolezza e paura, paura di perdere la persona più
importante, il tempo si fermò pugnalandoli nel momento in
cui
realizzarono la verità successiva:
-
Il volo sarà già partito! -
-
Sempre che sia solo uno e non li abbiano divisi! Dannazione! Dobbiamo
impedire a quelle bombe di esplodere! - Come se potessero avere una
bacchetta magica e fare il miracolo.
Come
se fossero gli eroi di sempre e bastasse capire come stavano le cose
per metterle a posto in un attimo.
Come
se avessero i poteri di sistemare tutto.
-
Non abbiamo prove di questo disastro ma loro non lo sanno e non
devono saperlo o non faranno mai quel che vogliamo! - Sebbene fosse
stato Don a dirlo, dimostrando ancora una volta l'insana intenzione
di calpestare nuovamente le regole per ottenere quel che contava,
Gibbs si trovò perfettamente concorde e senza aggiungere
altro
corse dentro con l'altro.
Fare
in tempo, con qualunque mezzo, in ogni modo possibile.
Era
questo tutto ciò che premeva ad entrambi.
Solo
questo.
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Capitolo 8 *** A rotta di collo ***
INDAGINI
CONGIUNTE
*Ecco
a voi un altro capitolo di questo crossover, scritto di getto in un
attacco di ispirazione insperata! Non avevo ben in mente che
scrivere, mi ci sono solo messa su ed ecco cosa è uscito in
un
lampo. Ora ho la mente illuminata, mi è tutto chiaro! So
perfettamente e precisamente ciò che devo fare! Bene bene,
spero che vi piaccia almeno quanto io mi sono esaltata a scrivere (e
chi mi conosce sa cosa significa quando io mi esalto...). Vorrei
però
dire che io non me ne intendo per nulla né di aerei,
né
di motori, né di bombe, né di aeroporti... quel
che ho
scritto qua è tutto improvvisato ma è possibile
che ci
siano alcuni piccoli passaggi magari non molto realistici.
Passatemeli per buoni perchè se perdevo tempo a fare
ricerche
questo capitolo non arrivava più! Ringrazio molto chi segue
la
fic e commenta, continuate a seguirmi che siamo nel clou dell'azione!
Buona lettura. Baci Akane*
CAPITOLO
VIII:
A ROTTA
DI COLLO
/The
sniper at the gates of heaven - The black angels/
Quando
riaprì gli occhi gli parve di essere ad uno di quei concerti
havy metal a cui andava Abby.
La
sensazione che sentì fu proprio quella.
Come se
le casse gli mandassero dritte al cervello una batteria, un basso ed
una chitarra elettrica a tutto volume con un ritmo sempre
più
incalzante e rimbombante, il tutto accompagnato da una voce profonda
da perdizione.
La voce
che gli pareva di sentire non era nemmeno male anche se, doveva
dirselo, quella del suo uomo era meglio!
Cercando
di aggrapparsi a questi pensieri frivoli riprese conoscenza e
possesso delle sue facoltà mentali, per quel che rimaneva di
esse...
Gli
occhi azzurri erano appena velati, fece fatica a mandar via la patina
bianca che aveva davanti, quando ci riuscì rimase solo quel
mal di testa martellante proprio dietro la nuca!
Facendo
mente locale su ciò che era successo prima del buio che
l'aveva colpito, il pensiero più coerente che ebbe fu un
confuso:
"Ma
in quanti erano?" Poi
il successivo, quando fu più sveglio: "Cazzo,
Gibbs mi farà fuori quando mi trova!"
Dopo di
chè cercò di darsi da fare per capire come minimo
dove
fosse.
La
prima idea fu di essere in un furgone, ma poi quando si rese conto
del rumore di motori troppo grossi, così come dello spazio
molto ampio che aveva intorno, capì che invece doveva
essere...
Lo
realizzò sgranando gli occhi ed alzandosi di colpo,
provocandosi quindi un giramento di testa molto forte che lo fece
barcollare e appoggiare a qualcosa di metallico.
"Sono
in un aereo! Oh merda... sarà uno di quelli che devono
esplodere... cazzo, allora mi trovo a mille miglia dal suolo in una
trappola di morte... praticamente a tre metri dall'Aldilà!"
Non
trovò un modo migliore per dirselo. Quando la testa
attenuò
un po' i suoi giramenti mentre ancora gli batteva come una matta, si
guardò intorno con la luce di servizio che gli permetteva di
vedere appena.
Era nel
reparto dei bagagli.
Legato,
naturalmente.
E dal
dolore lancinante che aveva in specifico sulla nuca, probabilmente
sanguinava per il colpo che gli avevano dato. Si sentì
bagnaticcio sul collo e sulla schiena, deducendo a sua volta che
aveva anche dovuto sanguinare.
Essendo
sulla testa era normale fosse uscito molto sangue ma non era quella
la sua priorità.
"Non
si sono nemmeno preoccupati di uccidermi! E Colby e Morgan? Qua non
li vedo... saranno in altri aerei... se ci facevano fuori era una
perdita di tempo, sarebbero stati scoperti facilmente. Mettendoci uno
per aereo-bomba risparmiano tempo e forze!
Quei
bastardi ora staranno aspettando il momento propizio per farci
saltare in aria... cosa posso fare? Loro forse non pensano che io
possa svegliarmi... devo cercare il modo di liberarmi e disinnescare
la bomba!
Dannazione,
se ci fosse Ziva sarei tranquillo... figurati se quella non ce la
farebbe!
Che
ne so io di come si disinnesca una bomba? Bè, intanto devo
trovarla... poi penserò a che farne! Devo solo sperare che
non
siano stupidi kamikaze perchè se lo sono uno di loro
è
fra i passeggeri ad assicurarsi che il tutto proceda bene. Ma non
credo che lo siano. Se non ci sono posso salire e chiedere
collaborazione. Se sono fortunato riesco a chiamare Ziva che mi
spiega come diavolo scollegarla! Intanto liberiamoci!"
Pensando
veloce cercando di non farsi prendere dal panico, Tony
cominciò
ad armeggiare con la sua cintura dalla quale tirò fuori una
piccola lama.
"Fortuna
che una delle regole di Gibbs mi salverà di nuovo... dovrei
fare un monumento a questa! Tenere sempre un coltello, sia pure
piccolo, addosso!"
Certo
ricordarsi il numero esatto della regola sarebbe stato impossibile,
ma il fatto che si ricordasse che c'era, era una buona cosa.
Liberandosi
le mani dallo scotch che si erano sprecati a mettergli intorno ai
polsi e alle caviglie, si trovò in breve in piedi alla
ricerca
della fantomatica bomba.
Probabilmente
sarebbe stata in uno dei bagagli.
Come
avevano fatto ad architettare indisturbati una cosa simile?
Dovevano
aver avuto infiltrati anche fra quelli che si occupavano delle
valigie...
Corrugando
la fronte sentì il campanello dall'arme nella propria mente
e
ripercorrendo velocissimo il piano definitivo di questi criminali, si
disse che sarebbe stato troppo.
Non
poteva essere così. Troppi implicati in questa operazione.
Con
tutti gli aerei da manomettere non potevano avere uomini anche fra i
facchini.
Si
fermò e cercò di pensare dicendosi che
sicuramente
Gibbs al posto suo ci sarebbe già arrivato.
Si
cercò per puro scrupolo nelle tasche sperando in un atto di
idiozia di quelli che l'avevano messo lì, però
con sua
previsione non trovò nulla.
Allora
con una smorfia si grattò la nuca costatando che
effettivamente sanguinava ancora copiosamente. Si appoggiò
alla parete metallica sentendosi via via sempre più con meno
forze.
Se
quelli erano i meccanici, allora la bomba poteva essere solo nel
motore... e quello come lo si poteva raggiungere?
Oltre a
Ziva ci voleva un meccanico di aeronautica... magari McGee o uno di
quegli altri genialoidi... lui poteva riparare un automobile ma
vivisezionare un aereo per di più in volo non era certo una
cosa alla sua portata!
Capire
dove fosse la bomba e non poter comunque fare un emerito nulla fu il
colpo di grazia, fu allora che la tensione che gli aveva permesso di
alzarsi e muoversi ancora lo abbandonò nuovamente
lasciandolo
scivolare a terra per quel che era... ferito alla nuca, sanguinante
da molto e senza una possibilità di salvare nessuno.
-
Gibbs... devo riuscire a contattarlo... - Biascicò mentre le
forze gli venivano a meno e la testa gli girava al punto da farlo
sembrare ubriaco. I sensi si confusero vorticandogli impazziti ed il
suo stesso corpo cominciò a diventare di piombo.
Forse
questa volta l'aveva fatta davvero grossa... aver capito il piano ed
i dettagli non era bastato. E nemmeno essersi trovato faccia a faccia
coi criminali.
Ogni
cosa.
Avevano
previsto ogni cosa.
Questa
volta il loro piano non aveva fatto una sola piega.
E a
pagarne le conseguenze oltre a lui sarebbero state un sacco di
persone...
"Se
solo ne avessi parlato prima con Gibbs... sono certo che avrebbe
preso subito le dovute precauzioni e che non sarei in questa
situazione di merda! Ma perchè ci riesco sempre a ficcarmi
in
guai ogni volta più seri? Non riuscirà a salvarmi
sempre, dannazione!"
Ma
mentre lottava contro sé stesso e la coscienza che voleva
fuggirgli di mano, si rendeva conto che in realtà credeva
ben
in altro...
Ovvero
che Gibbs anche quella volta ce l'avrebbe fatta.
Una
fede disperata, forse, portata dall'ennesimo scontro con la propria
morte. Oppure dal suo solito istinto che, come quello di Gibbs, ormai
era diventato infallibile.
"No,
lui lo saprà già... starà dando ordine
ai piloti
di atterrare e avrà preso quei bastardi prima che facciano
esplodere tutto a distanza!"
Ma
forse il termine giusto per definire quel che stava facendo, era
preghiera.
Una
preghiera che fino alla fine gli fece pensare alla persona che amava,
l'unica che avrebbe voluto rivedere prima di andarsene.
-
Merda... - Borbottò Morgan cercando di alzarsi mentre un
occhio non voleva saperne di aprirsi.
Aveva
opposto resistenza una volta capito cosa stava per succedere, per
questo non erano riusciti a colpirlo alla nuca con un solo gesto
secco, come avevano fatto con Tony dopo.
L'occhio
gonfio era quasi chiuso grazie al calcio della pistola che si era
visto infine arrivare contro, quindi il sopracciglio stesso si era
messo a sanguinare copiosamente bagnandogli di rosso tutta
metà
del suo viso deformato in una smorfia che era un misto di dolore e
rabbia.
La
sensazione di essersi fatto giocare così facilmente era per
lui insopportabile, anche se 'facilmente' non era il termine adatto
visto il segno che il suo pugno era riuscito a lasciare sul viso di
uno di loro.
Per lo
meno un piccolo aiuto a Hotch e compagnia l'aveva dato... se non
altro quando li avrebbero trovati, avrebbero anche avuto la certezza
di essere davanti alle persone giuste!
Quel
pensiero non fu molto consolatorio, però.
Con la
testa dentro ad un campanile che suonava a ripetizione, si morse il
labbro cercando di concentrarsi solo sulla sua difficile, pericolosa,
disperata e precaria situazione.
Fare
l'elenco di tutto il piano non servì a molto, specie per il
fatto che in qualità di profiler arrivò
immediatamente
al piccolo particolare che la bomba poteva essere solo nel motore!
Non
perse energie e forze a cercarla, appena riuscì a liberarsi
tentò subito di salire nella parte superiore con l'unico
obiettivo intelligente rimasto, arrivato a quel punto.
Avvertire
i piloti e tentare un atterraggio immediato di fortuna.
Non
dopo aver chiamato Hotch e gli altri e averli avvertiti.
La sua
certezza riguardo il fatto che quelli non fossero kamikaze fu
immediata, non gli fece nemmeno porre la domanda.
Era
solo una lotta contro il tempo.
Impanicare
la gente sarebbe stato inutile, doveva cercare di non farsi vedere da
loro, specie in quelle condizioni, ma soprattutto senza documenti
poteva solo sperare di convincere le hostess che non era un pazzo!
Riguardo
quell'ultimo punto non si sentì così sicuro ma
sapendo
di non poter far altro che quello, andò di sopra.
Mentre
lo faceva, però, non poté fare a meno di pensare
a Reid
che come in un flash gli arrivò lampante.
Lui
avrebbe saputo come arrivare al motore, probabilmente, e con un
qualche tocco di genio sarebbe arrivato laddove lui, per una volta,
non poteva arrivare...
Perché
loro due erano così... complementari... ciò che
non
aveva uno aveva l'altro. Se i suoi limiti lo bloccavano in un punto
Reid poteva arrivarci. Erano così diversi che solo insieme
potevano essere davvero forti, arrivare fino in fondo ovunque
volessero.
Solo
insieme.
"Sono
solo un idiota... aspettare che sia pronto, che si svegli, che lo
capisca, che lo voglia anche lui... non è da me avere tutta
questa pazienza! Solo perché lui è Reid e ci
tengo
troppo e non voglio che per paura e per fretta mia se ne scappi, non
posso lasciarmelo sfuggire così lo stesso.
Sono
un perfetto imbecille!
Appena
torno da lui glielo dico subito, lì dove sono! Nulla
potrà
trattenermi più! Questa volta si fa a modo mio!"
Fu
questa decisione a dargli la forza necessaria, infine, a non fermarsi
e ad andare avanti comunque, buttando giù qualunque
ostacolo.
Nemmeno
una bomba a mille miglia di distanza dal suolo, l'avrebbe fermato.
Lui la
parola arrendersi non sapeva ancora cosa fosse.
Doveva
riuscirci per poterglielo dire.
Prenderlo
e baciarlo.
Doveva.
Fu con
questa determinazione dentro che andò avanti.
-
Dovevano fare di meglio... - Borbottò a denti stretti Colby
dopo aver messo sotto sopra tutti i bagagli dell'aereo.
Con un
nulla di fatto si alzò dopo diverso tempo che cercava senza
successo, quindi grattandosi la nuca dove i corti capelli erano
bagnati di sudore, come il resto della sua pelle, continuò a
parlare da solo sempre più seccato ed infastidito dal fatto
di
non aver trovato quel che cercava.
Il
tempo scorreva, non poteva perdere ancora tempo.
Doveva
sbrigarsi.
- Dove
diavolo è quella bomba? - Ringhiò alzando gli
occhi in
ogni centimetro del posto in cui si era svegliato, fra le valigie dei
passeggeri ancora ignari di tutto il casino che stava per scoppiare.
Corrugò
la fronte e assottigliò gli occhi chiari. Né sul
viso
né sulla nuca non c'era alcuna ferita, si era svegliato poco
dopo con un fastidioso dolore alla bocca dello stomaco, non era certo
stato facile atterrarlo abituato com'era a certi corpo a corpo, ma
non erano riusciti a colpirlo in testa nemmeno una volta. Gli aveva
dato molto filo da torcere, per questo poi a Tony erano andati dritti
alla sua zona occipitale!
Fra
Colby e Morgan che avevano posto resistenza, prima di lui,
ricambiando i favori con dei colpi niente male, quei simpaticoni
avevano pensato che non c'era altro tempo da perdere, per cui col
povero agente rimasto, una volta arrivato a vedere che fine avessero
fatto i suoi due colleghi, si era beccato il calcio della pistola
dietro il cranio.
- Un
regalo per Don... - Aveva detto con un ghigno riferendosi ai chiari
segni di lotta che aveva lasciato su uno di loro, però il
fastidio del non aver trovato subito quella dannata bomba era sempre
più grande!
-
Eppure deve essere da qualche parte! Sono certo che non hanno avuto
tutte le forze del mondo a loro disposizione... infiltrarsi come
meccanici deve essere stato ben complicato, non possono averci
infiltrato altra gente. Allora questa maledetta bomba... -
Continuando a parlare da solo ad alta voce, si bloccò
immediatamente giungendo finalmente all'unica conclusione sensata...
C'era
solo un posto, andando per logica, dove avrebbe potuto essere.
- Il
motore! - Illuminandosi si scurì immediatamente dopo.
Arrivare
al motore, trovare la bomba e disinnescarla senza provocare lui
stesso un disastro non era certo la cosa più facile!
Perfino
Don avrebbe vacillato, a quel punto!
Il
pensiero di quello che avrebbe voluto fosse il suo uomo lo sospese
per un attimo. Non capì come avrebbe dovuto sentirsi a quel
punto.
Sapere
tutto e non avere la certezza di farcela, quindi poter morire, non
era certo il peggio che potesse accadergli...
Naturalmente
gli seccava che venissero con lui un sacco di altre persone, ma quel
che lo impensieriva maggiormente, che gli toglieva il fiato quando il
suo pensiero ci andava sopra, era Don.
Don
distante da lui che forse nemmeno sapeva dove fosse.
Soprattutto
non sapeva che anche se stava per morire non era questo ciò
che gli seccava di più, bensì non aver
più fatto
l'amore con lui, essersi sempre e solo limitato al sesso occasionale,
non averlo baciato dimostrandogli quel che provava, non essersi
scoperto davvero con lui.
Aveva
sempre tenuto ben salda una corazza in modo da non venir ferito nel
caso Don non lo ricambiasse. Aveva sempre pensato che per lui fosse
solo sesso e basta, per questo non aveva mostrato alcun altro lato di
sé stesso se non il proprio corpo.
Ma lì,
in quell'esatto momento antecedente alla sua probabile fine,
realizzò
che andarsene senza averlo baciato togliendosi la propria corazza di
dosso, era di gran lunga peggio della morte in sé.
- Forse
dovrei rivalutare le mie priorità! Ma che ci posso fare? E'
colpa di Don! -
Sospirò
sconfortato, cercando dell'ironia in quel momento pesante per non
farsi prendere dal panico e non fermarsi.
Fisicamente
sapeva di essere quello che stava meglio, rispetto a Tony e a Morgan
che sicuramente erano in altri aerei, sperava solo che loro se la
stessere comunque cavando. Quel che poteva fare lui era unicamente
una cosa.
Pensare
a come tornare vivo da Don.
Magari
con tutti gli altri passeggeri intatti!
"Bè,
non mi resta che arrivare da quella dannata bomba! La mia fortuna in
qualità di ex marine che ha fatto la guerra ed ex infiltrato
nei servizi segreti cinesi è che so perfettamente come si
arriva ad un motore e come si disinnesca una bomba! Non è
una
passeggiata, ma so di poterci riuscire! Datti da fare, Colby! Dopo di
questo ti spetta una missione ben più dura, cioè
Don!"
Fu con
questo spirito sicuro di sé che andò incontro ad
una
delle cose più rischiose della sua vita.
"Tanto
Charlie gli avrà detto dove sono... quello sa sempre tutto,
con quella sua matematica! Non so come fa, ma lo fa! Saprà
anche in quali aerei siamo!"
Quando
il telefono di Reid squillò, il giovane era quasi preda di
un
attacco di panico!
Nel
laboratorio dell'organizzazione insieme ad Hotchner e a Charlie
cercava un qualcosa che non sapeva bene nemmeno lui cosa potesse
essere, senza comunque trovarlo.
E il
pensiero che Morgan fosse chissà dove in chissà
quali
condizioni, lo stava gettando nel caos più completo.
Di
minuto in minuto il suo stato mentale peggiorava e fra tutti e tre
era diventato stranamente il meno utile, cosa che di norma era
l'opposto poiché solitamente nei momenti decisivi era
proprio
lui a tirare fuori un coniglio dal cappello magico!
Gli
altri due avevano naturalmente mantenuto la calma ed un certo
distacco.
Certo
erano preoccupati per i rispettivi amici e colleghi ma non al punto
di Reid che guardandosi intorno non era in grado di utilizzare
assolutamente nulla per ricavare informazioni utili!
Persino
Charlie riusciva a trovare qualcosa su cui poter magari lavorare,
anche se in maniera approssimativa... certo non era una gran
novità... lui trovava ovunque materiale su cui poter
lavorare!
Il
paragone con Jhon Nash era decisamente calzato a pennello!
Charlie
era ovviamente in pensiero per Colby col quale era amico, ma non
aveva un coinvolgimento emotivo particolare, così come Hotch
non l'aveva nei confronti di Morgan, anche se c'era da dire che anche
se l'avesse avuto quello non sarebbe mai stato capace di dimostrarlo!
Quando
il cellulare del biondo squillò, egli saltò quasi
sul
posto come se gli avessero gridato improvvisamente in un orecchio.
Quindi cominciando a tremare ancor di più lo prese in fretta
e
senza guardare il chiamante, rispose con un ansia che lo stava quasi
facendo scoppiare.
Non
riusciva a pensare.
Non
riusciva a pensare assolutamente a nulla.
Il suo
cervello geniale che non si fermava mai era al momento in panne, per
così dire, e non riusciva ad elaborare assolutamente niente
di
niente!
Solo
sperare che Morgan si facesse vivo dicendo che non gli era successo
nulla...
Quando
sentì la sua voce dall'altro capo del telefono il cuore gli
mancò un paio di battiti e i suoi polmoni si dimenticarono
di
respirare... trattenne in sé qualunque cosa potesse, ogni
funzione vitale sospesa e tesa a sentire la sua voce agitata che lo
chiamava cercando di capire se Reid lo sentisse.
-
Spencer! Ehi, piccolo, mi senti? - Quando lo chiamò in quel
modo una scarica elettrica l'attraversò ed insieme agli
occhi
lucidi, il suo cervello riprese circa a funzionare, quindi rispose
tremante con un filo di voce, quasi non ci credesse:
-
Morgan... - All'udire il suo nome anche gli altri due si avvicinarono
cancellando in fretta quel momento di intimità che avrebbe
potuto crearsi.
Lo
guardarono ansiosi cercando di capire da ogni suo sguardo cosa stesse
dicendo, quindi Morgan parlò in fretta e sbrigativo, volendo
in realtà poter perdere del tempo per dirgli dell'altro:
-
Ascolta, siamo nei guai fino al collo... l'organizzazione si
è
infiltrata nell'aereoporto di... - Ma Reid lo interruppe per non
fargli dire cose inutili che ormai avevano capito. Solo che l'altro
riprese con voce più alta e decisa, secco: - No, loro sono i
meccanici degli aerei! Avranno ormai già messo le bombe in
tutti gli aerei interessati e saranno spariti! Io mi trovo su uno di
loro e DiNozzo e Granger saranno su altri due... dovete assolutamente
trovarli e fermarli prima che quei bastardi facciano esplodere le
bombe, si trovano nel motore! Inoltre fermate tutti i voli e fate
atterrare quelli che sono già decollati! Priorità
assoluta! -
Pensando
che questo fosse quanto di più importante, fu Reid a
ricordargli cosa contava davvero... sussurrando ancor più
piano, cercando di trattenere a stento il nodo che gli stava uscendo
e che lo paralizzava:
- M-ma
tu cosa pensi di fare, ora? -
Come se
temesse che potesse fare ciò che già un'altra
volta
aveva tentato di fare... per salvare tutti si era quasi fatto
esplodere con la bomba, incapace di disinnescarla...
- Non
posso arrivare alla bomba senza rischiare di fare di peggio, non so
nemmeno come sia... posso solo sperare che... - Ma sapendo cosa stava
per dire, Reid lo interruppe di nuovo cercando di far leva sulla
propria ragione, di far funzionare la sua mente bloccata:
-
Quelle bombe sono tutte a innesco a chiamata... quando loro
chiameranno il cellulare che ci hanno attaccato, la bomba
esploderà!
Sono tutte così! -
L'imprecazione
di Morgan fu peggio di una pallottola. Soffrendo lui stesso nel
comunicargli una cosa simile, cercò con tutto sé
stesso
di dirgli qualcos'altro di utile ma nemmeno con lo sforzo
più
totale ce la fece, fu così che mentre gli stava per dire che
non voleva che morisse, Hotch prese in mano la situazione come era
solito fare, afferrandogli il cellulare e parlando lui stesso col suo
sottoposto:
-
Morgan, possiamo fare solo una cosa... mentre tu tenti immediatamente
un atterraggio e fai scendere i passeggeri portandoli in salvo, noi
cerchiamo dove sono ora tutti loro! Credendo di aver fatto il loro
lavoro se ne saranno andati dall'aeroporto, non sanno che sono
arrivati i vostri rinforzi e non devono saperlo o non aspetteranno il
momento giusto per far esplodere gli aerei... Gibbs ed Eppes stanno
già facendo atterrare i voli partiti e stanno bloccando
quelli
ancora a terra. Sta attento. - Concluse così, quasi freddo
ma
a modo suo premuroso. Quindi ad un suo 'si' veloce, chiuse la
comunicazione restituendo a Reid il cellulare. Un Reid non
più
tranquillo di prima.
Hotch
allora gli mise una mano sulla spalla e notando lo stato peggiore di
prima cercò di calmarlo, per quanto potesse essere
possibile.
Ora non ci voleva un genio per capire il loro legame...
-
Vedrai che andrà tutto bene... ma io ora ho bisogno di te,
della tua testa. Riprenditi che altrimenti non possiamo aiutarlo! -
Furono forse queste parole a svegliarlo o forse qualcos'altro, ma
pensando di dover assolutamente fare qualcosa per Morgan, per poterlo
riabbracciare e dirgli... dirgli qualcosa che nemmeno lui sapeva
bene... riprese a pensare circa con lucidità!
- Ok...
allora, vediamo... sanno che abbiamo trovato il loro laboratorio? -
-
Essendo che non ci sono più tornati è probabile
di
si... -
-
Questo non ci aiuta... accelereranno i tempi... -
- Ma
non sanno che abbiamo scoperto il loro obiettivo... pensano di aver
sistemato gli agenti che erano arrivati a loro, credono che tutti gli
altri siano dietro al killer di marine... -
- Ma
qualcosa non mi convince... - Si inserì allora Charlie
guardando il materiale rimasto in sede come se cercasse qualcosa di
particolare che non c'era. Gli altri due lo guardarono, quindi lui
continuò svelto con un ritmo crescente che toglieva ormai il
fiato anche a lui: - Quando Don e Colby sono arrivati qui era
già
tutto abbandonato, non c'era nessuno, non ci hanno visto arrivare...
non potevano sapere che li avevamo scoperti. Nessuna organizzazione
abbandona mai il proprio covo operativo, c'è sempre qualcuno
che rimane al controllo. C'erano solo alcuni progetti di bombe e poco
altro. I progetti degli aerei, ad esempio, mancavano, così
come altro materiale. Perchè? - Il quesito del professore fu
probabilmente il più interessante. Ed essenziale.
Reid ed
Hotch si guardarono accigliati, quindi tornarono su Charlie che
continuava a cercare come un matto qualcosa che sapeva doveva
esserci. Qualcosa che Reid capì solo allora con
un'illuminazione che aveva colpito anche lui.
- Ma
certo! - Fece allora scacciando del tutto il panico e riattivando al
cento per cento il proprio cervello chiamando però Garcia
per
velocizzare la corsa.
- Dimmi
tutto tesoro! - La sua voce squillante e decisa era di chi sapeva che
la situazione era critica ed era pronta per essere d'aiuto, come solo
lei in certi momento poteva essere:
- Ho
bisogno che mi dai gli indirizzi delle persone che hai trovato prima
per Morgan... - Passò un istante brevissimo al termine del
quale lui non la fece parlare sapendo che li aveva già
trovati. - Elencameli! -
Charlie
gli aprì una cartina della città pronto a
lavorare su
quei nuovi dati che avrebbero decisamente dovuto venirgli in mente
molto prima. Quando Reid li ebbe segnati ed ebbe chiuso la
comunicazione, i due giovani geni si adoperarono per cercare secondo
anche quanto detto da Garcia quale potesse fungere da base migliore.
- Ma
perché hanno cambiato sede, se non sapevano di essere stati
scoperti? - Si chiese Hotch non capendo come loro potessero essere
giunti a quella conclusione. Il suo cervello di norma era molto
veloce ma il loro era davvero una macchina da Formula 1!
- Si
chiama incognita imprevista! - (nome assolutamente inventato da me,
passatemelo che non so un H di matematica a quei livelli! NdAka)
Iniziarono allora Charlie e Reid all'unisono, usando perfino il
medesimo tono sbrigativo da professori.
Non si
guardarono nemmeno, fu Charlie quello che si interruppe un attimo per
spiegargli la teoria matematica così come aveva fatto mile
volte con gli altri della sua squadra. Ora doveva farlo a qualcuno
che non conosceva in presenza di un altro che con grande
soddisfazione sapeva perfettamente di ciò che parlava. Gli
sembrò strano non essere davanti ai soliti...
Quando
però lui ebbe finito e il moro ebbe capito come ci fossero
riusciti a comprendere una cosa simile solo con l'uso di quella
materia piuttosto lontano dal suo essere, anche se non tanto quanto
lo era da Morgan, Colby e Tony, il pallido biondo coi capelli
scompigliati intorno al viso, indicò vittorioso un punto
sulla
mappa vicino al quale si vedevano dei calcoli che lui stesso aveva
appena scritto a matita su due piedi.
-
Devono essere qua! Secondo i miei calcoli questo dovrebbe risultare
la zona migliore rispetto a tutte le altre, considerando tutte le
variabili e i loro stessi bisogni... è nel punto ideale sia
per arrivare dall'aeroporto che per scappare ed uscire dalla
città
in fretta e furia! Hanno pronti tutti i mezzi per fuggire! -
- Ecco
perché questo non gli andava più bene... non
forniva
loro quel che gli serviva al momento! - Borbottò Hotch
prendendo il cellulare in mano ed uscendo di corsa seguito dagli
altri due.
La
porta fu spalancata con un calcio e i due agenti a capo del caso
entrarono spediti come schegge ignorando le urla degli uomini di
sorveglianza che gli avevano cercato di proibire di entrare in sala
comandi dove vi stava il gestore dei voli e dell'aeroporto stesso,
colui che controllava che tutto andasse liscio, che chi doveva
partire lo facesse senza problemi nell'orario giusto lasciando il
posto al prossimo aereo in arrivo... tutte le operazioni che si
svolgevano in quel posto erano super visionate e approvate da lui.
Arrivare
da quell'uomo era stato un po' complicato, per Don e Gibbs, e
nonostante i loro buoni propositi di non alzare troppi polveroni per
non accelerare i tempi di esplosione da parte dei criminali che non
sapevano se fossero ancora lì o meno, di casino ne avevano
fatto abbastanza per arrivare fin lì.
A
partire da quando avevano sbattuto uno della sicurezza contro il muro
ed avevano dovuto puntare la pistola contro un'altro che voleva
fermali.
Tirati
fuori i distintivi non avevano avuto vita molto più facile
ma
alla fine erano riusciti ad arrivare da chi lì dentro
contava
e stralunati come non mai, non avevano perso tempo a cercare di
convincere e spiegare un bel nulla.
Avevano
subito dato ordini:
-
Dovete fermare tutti i voli immediatamente e far atterrare nel giro
di subito quelli che sono partiti! - Richiesta più assurda
non
potevano porla!
Il
direttore li guardò come se fossero pazzi e guardando gli
altri agenti che stavano dalla loro parte, fuori dalla stanza, che
fermavano i suoi, si chiese se l'attacco non fosse proprio quello!
- Io
non faccio proprio nulla, siete forse impazziti? E poi chi diavolo
siete? - Chiese sostenuto e secco.
Don e
Gibbs fecero la medesima espressione con sbuffo, impazienti ed
insofferenti per star perdendo tempo inutilmente mentre i loro uomini
erano là sopra in chissà quale volo a rischiare,
tanto
per cambiare, la vita.
- FBI
ed NCIS! C'è un attentato in corso, non possiamo perdere
tempo
a discutere dei dettagli... - Iniziò Don furente con una
vena
d'impazienza che pulsava alla tempia.
- Né
a convincervi che abbiamo ragione! Dovete solo fare quello che vi
diciamo e subito! Comunicate coi piloti e dite di atterrare! Se sono
troppo lontani da qua in un altro aeroporto, dovunque, ma subito! -
La sua voce era rabbiosa e si stava sempre più alzando,
Gibbs
di suo non aveva pazienza e quando c'era di mezzo Tony la perdeva
totalmente diventando pressoché intrattabile!
L'uomo
che stava loro davanti cominciò a sudare preoccupandosi
seriamente. Innanzi a reazioni simili si chiese se non dovesse
davvero fare quel che dicevano senza chiedere di saperne di
più
ed avere in mano almeno una certezza che in corso ci fosse davvero un
attentato. Certo con quella parola di mezzo doveva bastare anche il
solo dubbio a fermare tutto, a costo di mandare nel panico miliardi
di persone, ma non era una richiesta da poco.
Gli
chiedevano davvero una cosa senza precedenti. Di lì a breve
si
sarebbe scatenato il caos.
Ma ad
un'occhiata più attenta all'esterno gli fece capire che quel
numero spropositato di agenti e forze dell'ordine ormai il caos
l'aveva già gettato e che se non c'era almeno un fondamento,
non avrebbero dispiegato così tanta gente.
Dovette
pensarci e ragionare in fretta e mentre lui lo faceva Gibbs e Don si
vedevano con la mente i propri uomini saltare in aria.
Perdita
di tempo.
Era
tutto solo una perdita di tempo... essere con loro sarebbe stata
l'unica cosa davvero utile, anche se magari tutto ciò che
avrebbero potuto fare concretamente sarebbe poi stato solo morire
insieme.
Ed
invece no. Erano lontani, separati e dovevano cavarsela da soli...
l'idea che potessero vederli esplodere da lì sotto li
mandava
in bestia, non potevano mollare così e lasciarli al loro
fato,
sperare che dopo tutto se la cavassero.
Qualcosa
in loro potere doveva esserci!
E a
costo di scomodare il presidente in persona, l'avrebbero fatta!
Era
stato tutto così veloce, improvviso ed incalzante... ad aver
tempo avrebbero usato chi di dovere per ottenere quel che serviva, ma
così su due piedi non avevano potuto fare nulla
più di
quanto già stavano facendo.
Quando
il cellulare di Gibbs squillò e lui rispose immediatamente
come se l'avessero insultato, fu Don a rimanere a mettergli pressione
continuando sulla strada del 'se non fa subito quel che dico
l'arresto per complicità e ostacolo della giustizia!',
quindi
la voce di Hotch che l'aggiornava velocissimo sulle ultime
novità
gli diede voglia di urlare!
Capendo
così anche gli ultimi particolari che erano rimasti
insoluti,
rientrò nella sala e ringhiando brusco:
-
Allora!? Devo arrestarla, forse? - fu sollevato di sentirsi dire dal
collega che il direttore stava già eseguendo i loro ordini
dando le dovute comunicazioni. Non sarebbe stata una cosa veloce e
facile e di lì a breve si sarebbe scatenato il putiferio fra
la gente già in allarme per tutti quegli agenti federali
lì,
ma non c'era altra scelta.
-
Andiamo! - Disse quindi a Don indicando invece a McGee di restare in
sala comando e aZiva di andare all'indirizzo che gli aveva dato
Hotch.
- Che
c'è? - Chiese l'altro seguendolo in quella che ormai era una
corsa a rotta di collo.
- Gli
infiltrati erano i meccanici ma se ne saranno già andati.
Non
hanno capito che li abbiamo scoperti. Reid e tuo fratello hanno
scoperto dove si sono spostati ora per concludere l'operazione. -
- Per
far esplodere le bombe e scappare... - Dedusse Don brusco capendo
lentamente anche lui il quadro completo della situazione allucinante.
- Sono
bombe che esplodono quando il cellulare che è legato addosso
suona. Decidono loro quando innescarla... - Spiegò Gibbs.
Non
fu una comunicazione confortevole ma non era capace di dare le
notizie... - Si stanno dirigendo là con altri agenti per
fermarli. Se vuoi andare a concludere l'operazione rimango io qua...
- Disse ancora stupendo il collega che rallentò appena
standogli ugualmente dietro. Si chiese se anche per lui ci fosse un
motivo più importante per restare seppure ormai dovesse solo
aspettare che gli aerei atterrassero di nuovo.
- No io
devo rimanere... c'è qualcosa di più importante
di cui
mi devo assicurare che torni integro. - Borbottò brusco con
un
tono che Gibbs udì appena mentre usciva in pista guardando
in
alto. Di aerei ce ne erano molti fermi, molti che si stavano fermando
e alcuni partiti da poco che stavano cercando di ritornare
giù.
Chissà
se fra quelli ci sarebbero stati i loro uomini...
-
Già... un motivo più importante per rimanere... -
Rispose Gibbs nel medesimo modo selezionando uno ad uno veloce gli
aerei che atterravano. - Ed è lassù, su una di
quelle
maledette trappole di morte! - Sussurrò concludendo con un
cipiglio penetrante verso il cielo ignaro di aver usato lo stesso
termine con cui Tony li aveva chiamati.
Da qui
Don capì che erano davvero più simili di quel che
non
avessero ancora pensato.
Ma
mentre per Gibbs era più chiaro il motivo per cui si sentiva
così male, per Don fu una sorpresa.
Un
viaggio forzato dentro sé stesso.
Un
viaggio che cercava sempre di evitare e che ormai non poteva
più.
Fu lì.
Esattamente lì. Mentre aspettava che Colby uscisse da uno di
quegli aerei appena decollati e riatterrati, che comprese quel che
ancora gli mancava.
E si
chiese quanto tempo avesse finto di non vedere ciò che era
limpido e cristallino davanti ai suoi occhi.
No
davvero, non si poteva scappare per sempre, specie dalle cose
complicate che ti obbligavano a scoprirti e spogliarti.
"Non
so come si chiami. Se sia amore o che. Non penso di averlo mai
provato davvero. So solo che se non torna da me vivo io questa volta
impazzisco. Ci tengo. Gli voglio bene come non ho ancora voluto bene
a nessuno. E voglio che torni. Torni da me."
Ma si
sa, le cose più difficili sono sempre quelle che poi danno
più
soddisfazioni e fanno star meglio, una volta che le affronti e le
superi.
E lui
come Gibbs, le difficoltà sapeva affrontarle bene!
A quel
punto, senza spiegarsene il motivo, di punto in bianco girò
lo
sguardo a qualche metro da lui come se si fosse sentito chiamare.
Nessuno aveva pronunciato il suo nome e nessuno si era davvero mosso.
Però
lui aveva spostato i suoi occhi castani e penetranti, tesi ed in
ansia, su un uomo a qualche metro da lui con le mani ai fianchi ed
una tuta da meccanico.
Il viso
contuso da una lotta fresca.
Fu lì
che Don capì in un flash simile al lampo di un fulmine.
E
proprio come il tuono successivo, lui reagì immediatamente.
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Capitolo 9 *** Salvezza ***
INDAGINI
CONGIUNTE
*Eccovi
qua ancora un altro capitolo di questo crossover. Ci stiamo
lentamente avviando alla conclusione. Penso ci saranno all'incirca
ancora due capitoli su per giù, ma in questo il caso si
conclude. Anche se lascio ancora in sospeso la questione su una
coppia... quale sarà? Bè, lo leggerete... Ad ogni
modo
la canzone della prima scena si riprende nell'ultima, mi piaceva fare
questo piccolo collegamento con i due momenti più d'azione,
mentre ogni coppia ha una sua canzone (non per i testi ma per la
musica). Spero vi piaccia il capitolo e di aver fatto un discreto
lavoro. Grazie a tutti quelli che seguono e leggono. Buona lettura.
Baci Akane*
CAPITOLO
IX:
SALVEZZA
/A
pain that I’m used to – Depeche mode/
Quando
gli occhi castani di Don si posarono sulla figura del meccanico con
il volto tumefatto a causa di un recente contrasto fisico, gli parve
come se il tempo si cristallizzasse per un istante. Breve o lungo che
fosse, tutto si fermò. Non sentì più
la voce
dall'altoparlante che avvisava che tutti i voli erano stati
cancellati e che per motivi di sicurezza gli aerei decollati
sarebbero atterrati nuovamente, non captò l'aria fresca sul
viso o il sole che lo riscaldava. Il suo stesso cuore sembrò
non battere più mentre il respiro gli veniva meno. Il sudore
smise di scendergli e le rughe di tensione che solcavano la sua
fronte si distesero brevemente mentre il suo volto si pietrificava.
Gibbs
notò subito questo suo bloccarsi immediato e capendo che
qualcosa non andava si girò per guardare cosa avesse visto,
ma
non fece in tempo a realizzarlo e nemmeno a fare qualunque altra
cosa. Prima che potesse anche solo pensare che lui era uno degli
uomini che avevano organizzato tutto, Don era contro di lui a
colpirlo con una serie di pugni potenti, una raffica senza sosta che
non lasciarono il tempo a nessuno di reagire.
A
cavalcioni sopra di lui che era caduto a terra per la sorpresa e
l'impatto, scaricava tutta la rabbia repressa in quelle ore di
angoscia pensando solo che per colpa sua, innegabilmente sua, Colby
rischiava di morire.
Non
era poca.
Una
sorta di esplosione inarrestabile in realtà, qualcosa che
non
aveva paragoni e che stupì per primo Gibbs che assisteva a
pochi metri a quella scena che di sicuro non avrebbe mai pensato di
trovarsi davanti.
L'aveva
creduto incapace di un totale non controllo simile.
Anche
se in effetti lo comprendeva bene, l'istinto di farlo ce l'aveva
avuto anche lui.
Capendo
che lasciandolo fare l'avrebbe ucciso e non gli sarebbe più
stato utile, si decise a scattare anche lui e afferrando Don per le
spalle da dietro, strattonò con forza tirandolo via.
-
Basta! - Ringhiò stupendosi di fermarlo per una cosa che
onestamente avrebbe voluto fare lui stesso. Erano davvero
più
simili di quel che pensavano ma non del tutto. Gibbs sapeva
controllarsi alla fine, erano rari i momenti in cui si lasciava
andare a quel modo brutale e terribile. Succedevano, certo, ma
bisognava sperare che non arrivassero!
Di
norma era comunque letale anche se si controllava...
Don
era diverso, sapeva perdere la testa molto più facilmente
nonostante fosse un capo squadra.
La
cosa poteva stupire e ci si finiva per chiedere: se lui era
così,
com'era il resto della sua squadra? Di norma il capo è
quello
meno testa calda del gruppo...
Tralasciando
questi lampi che gli avevano attraversato per un attimo la testa, una
volta liberato l'uomo steso a terra che si copriva il volto dolorante
e sanguinante, Gibbs con il famoso controllo suddetto estrasse la
pistola, mise il piede sul suo petto e schiacciando con forza
premette la canna fredda alla tempia, quindi chinandosi fino ad avere
il viso vicinissimo a quello dell'altro che lo fissava con un certo
terrore oltre che sofferenza, chiese con una fredda calma che celava
una profonda malvagità pericolosa:
-
Sei tu uno di quelli che ha combinato tutto questo casino con gli
aerei e coi marine? - Don accanto a loro ancora tremava violentemente
dalla rabbia. Quando l'aveva visto si era sentito andare in fiamme ed
ogni sinapsi era andata in tilt. Non aveva capito più nulla.
Il sangue gli era ribollito furiosamente nelle vene e salito in massa
alla testa non aveva tenuto più il proprio corpo che si era
mosso d'istinto da solo con una tale velocità e forza che
solo
una cosa gli era costantemente passata per la mente annebbiata
dall'ira: quell'uomo aveva tentato di uccidere Colby.
Vedendo
che paralizzato dalla propria vita che si vedeva probabilmente
passare davanti agli occhi, il meccanico ancora non parlava ma anzi
tremava, Gibbs capì che era proprio uno di loro ma non certo
il capo e che se la stava facendo sotto.
Non
era il pesce grosso. Avrebbe parlato.
Quindi
mantenendo la sua calma, sforzandosi di non pensare a Tony a mille
miglia sospeso in aria con una bomba pronta ad esplodere, premette
ulteriormente la pistola sul suo viso pieno di lividi, gli occhi
stretti, le labbra piegate in una smorfia di paura.
Pietoso.
Ecco
cos'era... e voleva andare in giro ad ammazzare la gente!
Prima
doveva imparare per lo meno cosa significava essere uomini!
Ecco
perché non li sopportava quelli così... erano
solo
degli idioti incapaci di stare al mondo, non degni di essere chiamati
per quello che in teoria erano.
Avvicinò
ulteriormente il viso cupo e sempre più basso, penetrante e
minaccioso, disse fissandolo come fosse un insetto:
-
Lo sappiamo che lo sei. Ora hai due possibilità: vivere o
morire. Parli e vivi, non parli e muori. A te la scelta. Sappi
però
che io non ho problemi se scegli la seconda! - La verità era
che al 90% avevano preso gli altri responsabili ed ormai rimaneva
poco per mettere in salvo anche i passeggeri. La squadra artificieri
per disinnescare le bombe sugli aerei era già in arrivo. In
breve si sarebbe risolto tutto lo stesso. Quella persona
rappresentava solo un risparmio di tempo, oltre che un buono sfogo!
Lui
sembrò capire questa cosa e cercando di ragionare si disse
che
ormai era finita, per lo meno per lui. E se lo era per lui allora
tutto il resto poteva andare a quel paese!
Così
quando gli chiese di nuovo con quel tono da brivido più
simile
ad un killer spietato che ad altro: - Sei tu che hai messo su quegli
aerei i nostri agenti? - lui si decise tremante e convulsivo a
rispondere annuendo:
-
Si, sono stato io con altri come me che ora però non ci
sono.
Mi hanno lasciato qua a controllare che tutto procedesse secondo i
piani. -
Molto
più di quanto non avessero sperato. Fu qua che Don
intervenne
di nuovo premendogli la sua di pistola sulla fronte ringhiando:
-
Quali voli? - Il ragazzo guardò perplesso Gibbs pensando
fosse
il più ragionevole, non sapendo nemmeno di preciso cosa
sperare, quindi lui con un guizzo d'ironia fece piegando la testa di
lato:
-
Io al tuo posto risponderei... ha una gran voglia di ammazzare
qualcuno, proprio come te. Solo che lui si dedica alla feccia! -
Dopo
un ultima occhiata a Don dove una luce omicida albergava, si decise e
rispose con precisione anche a quella domanda fornendo il numero dei
voli in cui erano stati messi i tre agenti.
Fu
a malincuore che Don e Gibbs si alzarono per farlo portare via da un
agente che era nei pressi... del resto c'era qualcosa di più
importante da fare, ora!
/Just
breathe – Pearl Jam/
Dopo
aver chiesto a McGee di indicargli quali voli fossero quelli elencati
dall'uomo e dove stessero atterrando, Gibbs indicò con un
gesto brusco uno dei tre aerei da controllare per primo mentre lui si
diresse ad un altro.
Don
non si fece dire altro, si fiondò immediatamente capendo
cosa
intendesse, quindi sperando ardentemente di aver beccato quello
giusto, andò incontro all'enorme velivolo che ormai si stava
per fermare.
Per
colpa del sole si era messo gli occhiali scuri ed il cappellino
cercando di non perdersi un solo movimento di quel che sapeva gli
interessava, quindi rimase lì ad aspettare con la tensione
che
cresceva a livelli storici.
Ormai
era fatta, si ripeteva. Era in salvo. Certo che lo era. Non poteva
che essere così. Certo Colby aveva una capacità
incredibile per avere la peggio in tutto quel che faceva, ma se se
l'era cavata quella volta che aveva tutti contro ed era creduto un
traditore dal mondo intero, non poteva non cavarsela anche ora!
Ripetendosi
sempre più ansioso queste cose, Don provò una
morsa
allo stomaco capace di farlo vomitare se solo non fosse stato
abituato a quel genere di sensazioni. Le conosceva. Sapeva che di
lì
a poco, vedendo Colby, si sarebbe calmato.
Quando
finalmente l'aereo si fermò e con più fretta
possibile
i passeggeri cominciarono a scendere dalla scaletta anteriore e
posteriore, accolti da altri agenti accorsi con lui secondo gli
ordini, le sue iridi castane corsero veloci su tutti quelli che
uscivano e non vedendo nessun giovane dai capelli castano chiaro, gli
occhi color mare e un fisico prestante, si tolse stizzito cappellino
ed occhiali rivelando i suoi capelli leggermente più lunghi
del suo solito taglio rado, tutti mossi e spettinati che gli stavano
sciacchiati e sudati sulla testa.
-
Ma dove diavolo è!? - Ringhiò sul sentiero di
guerra
non resistendo più fermo, poi ci pensò meglio
grazie
alla sua qualità di saper ascoltare il proprio istinto
specie
nelle situazioni più critiche, e capì. - Ma
certo, non
lo avrà messo fra i passeggeri... - Dicendosi questo corse
nella parte relativa ai bagagli e gridando impaziente a chi di dovere
di aprire la portiera ancora chiusa, salì senza pensarci.
In
fretta e furia rovistò in quello che ormai era un ammasso di
valigie e borsoni buttati per aria, infine riprese in mano
l'illuminazione di prima.
-
Il motore! - Poi si fermò e corrugando la fronte aggiunse
incredulo: - Ma non può aver davvero tentato di disinnescare
la bomba con un aereo in volo... è matto? -
Però
non concluse la frase che un ombra si fece strada proprio dal luogo
che stava fissando.
Con
la luce che veniva dall'esterno potè finalmente vederlo e
con
la camicia mezza sclacciata e completamente scarmigliato, sudato,
sporco ma stranamente non visibilmente ferito, stava Colby, colui che
più di tutti aveva sperato di vedere!
Si
paralizzò momentaneamente credendo di vederci male, quindi
senza più controllare la sua mimica facciale che in questo
momento presentava un espressione di puro stupore e ansia al
contempo, si trovò a mormorare interdetto il suo nome.
Il
compagno mosse stanco ma tranquillo i passi che rimanevano fra loro,
quindi asciugandosi la fronte con l'avambraccio senza toccarsi con le
mani sporche di nero, giunse da lui e fissandolo dritto e fiero, con
una luce di ironia, disse soddisfatto:
-
Questo ormai è a posto! - In un secondo istante Don
registrò
la sua uscita capendo cosa significasse, quindi dimenticandosi di
chiedergli se stava bene riprese la sua aria severa e accigliata:
-
Cosa? Hai disinnescato la bomba in volo?! Da solo? - A questa
reazione che Colby si aspettava, sorrise divertito puntando i dorsi
delle mani ai fianchi, cercando di sporcarsi il meno possibile, si
appoggiò su un piede e piegando la testa di lato rispose
schernendolo bonariamente:
-
Certo che sì, quando si va a fare la guerra ti insegnano ad
uccidere e a sopravvivere... saper fare e disfare le bombe era
nell'addestramento! -
Però
vederlo così contrariato e tormentato per lui era qualcosa
di
impagabile, come una cura che né ospedali né
psicologi
potevano dargli!
Rischiare
la vita così non era mai un gioco, lo segnava sempre, ma
mentre pensava a cosa poteva fare di concreto per sopravvivere e lo
attuava, ciò che gli permetteva di non fermarsi e non farsi
prendere dal panico era la consapevolezza che una volta finita quella
brutta storia i suoi compagni sarebbero arrivati. E lì
l'aveva
raggiunto una consapevolezza in più, quella che Don
sicuramente stava facendo il diavolo a quattro per lui.
Benzina
migliore non l'aveva ancora trovata!
-
Tranquillo, sapevo cosa facevo, è tutto sotto controllo! -
Lo
rassicurò vedendolo ancora poco convinto. Però
dopo di
quello non avrebbe comunque mai pensato, e non l'avrebbe nemmeno
chiesto, che il suo capo squadra avrebbe finalmente reagito come un
normale essere umano con dei sentimenti e non più come un
maturo e responsabile dirigente che pensava prima al dovere e poi al
piacere!
Sentendo
la sua mano sul proprio volto che lo toccava per assicurarsi che
stesse bene e che quelle macchie fossero solo sporco, gli chiese con
delicata attenzione:
-
Stai bene, tu? - Stupendosi del fatto che avesse rinunciato a
rimproverarlo per l'enorme rischio che aveva corso, si disse che
qualcosa in Don era cambiato. E ad un'occhiata più attenta
alla sua espressione tirata ed ansiosa lo capì. Quella
cupezza
nascondeva una preoccupazione per lui che di norma non aveva per gli
altri, ad eccezione di suo fratello. Non a quei livelli per lo meno.
Lavorava
con lui da un paio d'anni e lo conosceva. Più di un
sbrigativo
'stai bene?', non indagava mai.
Però
quegli occhi, quella mano sudata che aveva appena smesso di tremare e
quella vicinanza esagerata per scrutarlo nei dettagli, non mentiva.
Quella
sensazione, non mentiva.
Don
aveva passato le pene dell'inferno, per causa sua, ed invece che
dispiacersene si trovò addosso una tale felicità
che
aveva dell'incoscienza!
-
Si... - Poi con ancora la sua mano sulla guancia che cercava di
pulirgli un punto, aggiunse addolcendo il proprio volto, rendendosi
così ancor più inconsapevolmente affascinante: -
Ti ho
fatto passare dei gran brutti momenti, eh? - E mentre lo diceva con
la sua voce roca ma carezzevole ripensava a quanto avrebbe voluto
essere con lui quando invece era stato solo a doversela vedere con
una bomba. A ciò che aveva pensato per darsi forza,
ciò
che aveva ricordato per non fermarsi e per andare avanti. A quanto
ormai era coinvolto in quello che si ostinavano a non chiamare
relazione.
E
allora cos'era il desiderio di rivedere l'altro subito e di impazzire
all'idea che potesse succedergli qualcosa?
Don
si fermò ma non abbassò il braccio, quindi
riportò
le sue iridi penetranti e tenebrose su quelle chiare, gentili e
addirittura dolci dell'altro.
-
Non ne hai idea... - Ammise finalmente. Colby ripensò
inevitabilmente anche alle volte in cui nessuno era mai riuscito a
tirare fuori da lui più di un 'ottimo lavoro' o 'grazie'.
Questo superava di gran lunga ogni aspettativa!
Non
mascherò il suo stupore, quindi sgranando gli occhi prese la
sua mano mentre stava per ritirarla, la portò senza pensarci
alle labbra e senza baciarla o che, mormorò avvicinandosi
ulteriormente a lui, sfiorando il suo corpo col proprio. Mille
brividi li percorsero.
-
Grazie per avermi trovato ancora. - ripensandoci si sarebbe
vergognato di quel gesto così strano, ma in quel momento gli
venne spontaneo.
Eppure
credendo che ancora una volta la cosa finisse lì e che da
lui
avesse già preso più di quel che avrebbe mai
osato
sperare, lo lasciò andare senza riuscire a muoversi e
smettere
di guardarlo con intensità.
Fu
allora che Don lo stupì di nuovo e non poco.
Calore.
Si
accorse che stava accadendo dal calore che sentì alle
labbra,
quindi si trovò le sue sulle proprie che dolcemente e
delicate
le stava accarezzando mentre entrambe le mani gli tenevano fermo il
viso.
Non
foga, non passione, non bisogno o impulsività. Solo un gesto
ragionato, voluto e cercato.
Chiuse
gli occhi cercando di catturare quel sentimento troppo grande per
lui, quindi lo prese per i fianchi, l'attirò a sé
e si
aggrappò per non cadere sentendo finalmente la tensione e la
stanchezza scioglierlo.
Come
se gli avessero tagliato i fili e dentro di sé non ci fosse
più nemmeno un osso!
Si
lasciò sorreggere da Don mentre la lingua si faceva strada
nella sua bocca e quando finalmente trovò la propria si
allacciarono fondendosi lentamente e sensualmente, con una dolcezza
che, ne erano certi, non sarebbero più riusciti ad usare.
Si
scambiarono un breve bacio prima di staccarsi, appoggiare le fronti
l'una all'altra e schiudere gli occhi annebbiati per guardarsi
vicinissimi e ansanti, scossi dalle forti sensazioni che provavano
ancora.
Fu
Don, di nuovo, a stupirlo fino in fondo...
-
Penso di starmi innamorando di te. Che ne dici di provare a stare
davvero insieme? -
Nemmeno
fra i pensieri più reconditi di Colby, avrebbe sperato di
sentirglielo davvero dire.
E
un'ondata di emozione gli arrivò da dentro esplodendo,
annodandolo.
Il
bacio con cui rispose e rimase appoggiato sulle sue labbra immobile,
fu la risposta migliore.
Colby
e Don avevano trovato la loro strada.
/Teardrop
– Gonzales/
Non
così fortunato fu Gibbs che appostato davanti ad un aereo
già
atterrato da cui i passeggeri stavano scendendo di gran carriera
scortati da altri agenti, notò sulla portiera anteriore,
sopra
la scaletta, il ragazzo della squadra di Analisi Comportamentale.
Morgan
tutto sudato e scarmigliato con un occhio chiuso e gonfio e il
sopracciglio spaccato che sanguinava su metà del viso
contratto, esortava i passeggeri a sbrigarsi con un aria fremente e
dolorante. Da lì capiva che non aveva disinnescato la bomba
e
che aveva convinto i piloti a tornare indietro e atterrare
immediatamente.
E
che non era quello l'aereo in cui stava Tony.
Vederlo
in quelle condizioni gli permise di chiedersi in quali condizioni
fosse il suo uomo.
Strinse
contrariato ed infastidito le labbra, quindi con un gesto stizzito si
girò in direzione del terzo aereo che il meccanico gli aveva
indicato, era atterrato anch'esso e stava aprendo le portiere dei
passeggeri.
Senza
pensarci oltre e nemmeno imprecare, corse velocissimo in quella
direzione stringendo gli occhi nella speranza di vederlo scendere da
solo.
“Se
non è riuscito a contattarmi significa che non era di sopra
con gli altri... dev'essere sotto, fra i bagagli.”
Pensò
andando diretto nella parte interessata ordinando bruscamente di
aprirla.
L'ansia
cresceva in lui e detestava stare così, non lo sopportava.
Era
meglio affrontare criminali pericolosi e rischiare la propria vita...
almeno poteva fare concretamente qualcosa per contrastarli. In quel
caso non poteva far altro che sperare che Tony stesse bene e di
trovarlo subito. Però avere a che fare con i propri
sentimenti
che gli toglievano il fiato e minacciavano di esplodere, non era una
passeggiata per lui.
Finalmente
riuscì a salire e calciando le valigie che incontrava sul
suo
cammino aguzzò la vista che nella penombra non gli
permetteva
di vedere bene quel che cercava. Quando la luce dall'esterno
l'aiutò
a visualizzare meglio le forme che erano in quel posto buio,
sentì
un colpo netto al petto, come se l'avessero fisicamente trafitto,
cosa che non era vera. La sensazione però fu quella e senza
respirare ancora si precipitò verso l'angolo in cui l'aveva
visto.
Una
forma immobile stesa a terra a faccia in giù.
-
Dannazione... - Ringhiò evitando di pensare che tanto per
cambiare la peggio ce l'aveva avuta lui. Lo prese svelto per le
spalle e lo girò non dopo aver notato il sangue sulla
schiena
e sul collo che proveniva da una brutta ferita alla nuca. Aveva perso
molto sangue ed il forte trauma in una parte così delicata
della testa non gli aveva permesso di fare molto. Il fatto che fosse
riuscito a liberarsi era notevole. Se avesse avuto più forze
sarebbe riuscito anche a fare qualcosa di più per l'aereo.
Con
una mano sulla sua nuca tamponando alla meglio la ferita, lo
voltò
sorreggendolo senza perdersi un solo particolare del suo viso. Non
aveva altre ferite ma era sudato, pallido e affaticato.
Avvicinò
il volto al suo e lo chiamò con preoccupazione e dolcezza
allo
stesso tempo, dimenticando tutto il casino che era stato prima, la
storia dei marine morti che l'aveva fatto quasi uscire di testa, il
pericolo in cui si era incoscientemente messo da solo... dimenticando
che avrebbe voluto sgridarlo e dirgli di tutto per non avergli detto
nulla prima di andare in aeroporto.
Premeva
solo una cosa. Che Tony si svegliasse.
-
Tony... ehi... - Cercò di essere meno brusco possibile, ma
non
era sicuro di esserci riuscito.
In
realtà il sussurro della sua voce bassa era stato quanto di
più delicato avesse mai tirato fuori.
Quello
era proprio il tono che il suo ragazzo adorava, gli trasmetteva
sempre dei brividi da capo a piedi, come tante scosse elettriche.
Solo la sua voce che bassa e penetrante, carezzevole, lo chiamava con
fare intimo.
-
Avanti… - Mormorò quindi a denti più
stretti e con
l’ansia che tornava ad impadronirsi di lui proprio come
quando
aspettava fuori il suo aereo.
Ce
l’aveva lì e non si sentiva per niente
meglio… cosa poteva
fare?
Un
breve senso di impotenza lo invase e per contrastarlo si
sforzò
di pensare da agente e non da fidanzato, quindi contrariato prese il
cellulare e sbrigativo fece per chiamare qualcuno che potesse
aiutarlo, qualcuno di più competente.
Non
poteva davvero essere così grave… con cosa
l’avevano
colpito?
Mentre
se lo chiedeva e componeva il numero il lamento di colui che reggeva
lo fece sussultare, abbassò di nuovo gli occhi azzurri
più
tendenti al grigio e lo scrutò teso con un bisogno enorme di
vederlo sollevare le palpebre e venir guardato da lui.
Mentre
si dimenticava della telefonata e lasciava la voce dall’altro
capo
parlare da sola, puntò tutta la sua attenzione su Tony che
finalmente si muoveva facendo una smorfia di dolore. Un altro lamento
flebile dalla sua gola.
-
Tony… - Avrebbe voluto dire qualcos’altro ma non
gli uscì
altro, sentendosi stupidamente le corde vocali annodate.
Non
percepì nulla di sé stesso, troppo preso da
captare
ogni singolo ed insignificante cenno dell’altro.
Appoggiò
senza accorgersene il cellulare a terra, quindi mise la mano libera
sul suo viso affaticato, l’accarezzò cercando di
richiamarlo
in ogni modo possibile, e portando il volto sul suo fino a sentire
l’uno il respiro dell’altro, sussurrò
ancora:
-
Mi senti? – A quello una specie di mugolio che in un secondo
momento fu percepito come una risposta. – Eh? –
Chiese non avendo
capito ed avendo invece un gran bisogno di riuscirci. Allora Tony
raccolse le sue forze e con voce meno biascicata e più
chiara
ma sempre affaticata, ripeté:
-
Se parli si… - Tipica risposta da scappellotto!
Lui
era preoccupato e passava le pene dell’inferno e quello si
permetteva di sminuire tutto con una specie di ironia del cavolo!
Eppure
nonostante la propria contrarietà si sentì anche
stranamente contento di sentire che aveva ancora la forza di
rispondergli a quel modo, seppure con fatica!
Il
sorriso di rimando che gli venne fu luminoso anche se leggermente
velato di preoccupazione. Gli occhi lucidi vennero subito nascosti
dalle palpebre che si abbassarono in fretta mentre di slancio si
abbassava ulteriormente per posargli le labbra sulla fronte. Un lieve
bacio spontaneo di sollievo e ringraziamento.
-
Tutto qua? – Si lamentò allora Tony riprendendo
meglio
possesso di sé e della propria coscienza. Gibbs non
riuscì
a non staccarsi per ridacchiare, quindi con un espressione
indecifrabile si alzò dalla sua fronte per guardarlo meglio.
Aveva aperto gli occhi e lo guardava, erano arrossati e si capiva gli
girava ancora la testa, la ferita dietro la nuca era davvero brutta,
ma si sforzava di rimanere sveglio e attivo. Ci riusciva tanto da
chiedergli un bacio migliore!
Con
una felicità che non provava da giorni a causa di quella
dannata organizzazione, si trovò a pensare che era meglio
che
Tony non cambiasse, dopotutto.
Quindi
borbottò cercando di controllarsi:
-
Magari ti meriti qualcosa di più… - Una specie di
ammissione
che da un lato aveva fatto circa un buon lavoro, anche se
dall’altro,
appena si sarebbe rimesso, gliene avrebbe dette di tutti i colori per
l’incoscienza dimostrata!
Dopo
quel che anche lui stesso si era meritato per ciò che aveva
patito!
Senza
aspettare oltre adagiò leggero e delicato le labbra sulle
sue,
quindi accarezzandole un po’ gliele aprì facendosi
strada
con la lingua. Trovatolo constatò che non stava poi tanto
male
visto che gli era venuto incontro cercandolo e ricambiando. Fu un
bacio lento, calmo e con una certa sensualità per la
scoperta
che nonostante tutto riuscivano ad avere. Scoperta di alcuni
sentimenti che fino ad un momento prima li avevano quasi fatti
impazzire e che ora li curavano avvolgendoli in un assurdo senso di
benessere incontaminato.
Il
bacio durò alcuni istanti che parvero lunghi, tolse ad
entrambi il fiato e la coscienza del proprio corpo. Gibbs
lasciò
che la mano sul suo viso rimanesse lì per tenerlo fermo e
voltato verso di sé, mentre l’altra cercava ancora
di
fermare il sangue sulla nuca.
Per
essere uno che se l’era vista brutta, se ne concedeva di cose!
“Tu
mi farai morire…”
Pensò
l’uomo più grande mentre finalmente si sentiva
meglio
avendolo nella sua bocca che lo cercava e lo tratteneva a
sé.
Quando
si staccarono lentamente a malincuore, la smorfia di Tony fu per il
dolore che non riusciva più ad ignorare, ma nonostante
quella
alzò la mano e posandola sulla guancia del compagno che
l’osservava preoccupato e accigliato, mormorò
ancora con un
filo di voce, imponendosi di riuscirci:
-
Grazie… - Ogni altra aggiunta sarebbe stata superflua,
così
come le odiate ‘scuse’ e simili. Andava bene
così. Loro
sapevano per cos’era quel ‘grazie’ e cosa
comprendeva. Gibbs in
risposta appoggiò la fronte sulla sua sudata e
mormorò
con un forte senso di sollievo e al tempo stesso bisogno di dirlo,
come se sancisse la fine di quel terribile caso:
-
Ti amo. – Qualcosa che avevano imparato a non dare mai per
scontato
e a non vergognarsi di dire. Le labbra di Tony si incurvarono in un
sorriso a suo modo dolce e felice al tempo stesso, nonostante il male
che sentiva, quindi disse a sua volta nel medesimo tono:
-
Anche io ti amo. – Tutto qua.
Semplicemente.
Il
resto, ora, lo si poteva finalmente affrontare.
Tony
e Gibbs si erano ritrovati.
/A
pain that I’m used to – Depeche mode/
L’adrenalina
era alta e il tutto durò poco rispetto a quanto ci avevano
messo per capire ogni cosa, chi fossero, cosa volessero fare e dove
fossero.
Però
l’importante era che ora ce l’avevano fatta e che
non avevano
sbagliato di nuovo.
Con
una musica che era cresciuta d’intensità nelle
loro menti e
che ora esplodeva insieme a loro, Hotchner accompagnato da Ziva, Reid
ed altri agenti richiamati per l’occasione, fecero irruzione
nel
secondo rifugio identificato.
Con
soddisfazione constatarono che questa volta non si erano sbagliati e
senza la minima esitazione, gridando chi fossero e di non muoversi,
arrestarono gli uomini colti di sorpresa che reagirono pur non
aspettandosi di essere trovati a quel punto.
Ci
fu una sparatoria ed il momento che seguì fu di caos, la
scena
in sé si consumò in pochi atti e senza nemmeno il
tempo
di realizzare cosa stava accadendo, chi sparava a chi, chi uccideva
chi e chi veniva ferito.
Con
le giuste precauzioni si poteva ottenere con sicurezza il risultato
voluto e tutto finì in fretta.
Abbassando
ancora tesi e fortemente provati le rispettive arme, i tre della
squadra che avevano collaborato per risolvere quel difficile caso,
poterono constatare con ancora il sangue che ribolliva nelle vene e
l’adrenalina che li scuoteva fortemente, che era tutto finito
e che
ce l’avevano fatta, anche se a discapito di molte vite
innocenti di
marine che non avevano avuto alcuna colpa.
Disarmandoli
e assicurandosi che nessuno potesse più innescare alcuna
bomba, li arrestarono portandoli immediatamente via. Erano un numero
di persone non indifferenti, tutte americane.
Ne
rimasero colpiti anche se Reid, Hotch e Morgan se lo erano aspettato
dall’inizio della loro analisi.
Eppure
nonostante tutti provarono un immediato sollievo nel mettere la
parola fine a quell’indagine tremenda che aveva preso da
tutti
molte energie e forze, uno fra loro rimaneva ancora cupo e
preoccupato. La tensione di Reid non si allentò per nulla ed
anzi dovette far fatica a non lasciarsi andare ad un potente conato
di vomito. I nervi pronti a saltare da un momento all’altro e
il
pensiero unicamente rivolta a colui che ora come ora contava
maggiormente per lui.
Anzi.
Forse
l’unico che contasse davvero.
Senza
aspettare oltre prese subito il suo cellulare in mano e con
l’istinto
di fare il numero di Morgan, si fermò rendendosi conto che
non
l’aveva più con sé dopo essere stato
rapito e messo
su quell’aereo.
Chi
poteva chiamare per sapere come stava?
Non
aveva il numero di nessuno degli altri che probabilmente erano sul
posto… e chiedere a Hotch che lo facesse per lui era
pesante. Si
sentiva paralizzato, le corde vocali atrofizzate e il terrore di
sentire una notizia terribile gli impediva di muoversi e parlare
sensatamente, cercando magari anche di nascondere ciò che
provava.
Fortuna
però che il suo capo sembrava leggergli nel pensiero e
mettendogli una mano sulla spalla e stringendo in modo significativo
per dargli coraggio, chiamò Gibbs avendo preso il suo numero
per tenersi informati.
Quando
rispose aveva un tono molto strano che nemmeno con la sua spiccata
bravura nell’analizzare gli altri, riuscì a
decifrare.
Suo
malgrado lo informò dell’azione andata a buon fine
e senza
ancora crederci lui stesso che finalmente era finita, chiese:
Fu
mentre lui sentiva la risposta con la solita espressione seria e
tirata, che a Reid parve venire un collasso. Se non sapeva
immediatamente qualcosa probabilmente sarebbe svenuto!
-
Va bene, ci vediamo in ospedale. – Già a quelle
parole il
famoso collasso parve coglierlo davvero e barcollando pericolosamente
si appoggiò alla prima cosa che trovò, quindi
fissando
spaventato il proprio supervisore, chiese con una muta domanda cosa
gli aveva detto.
Hotch
capendo al volo le sue condizioni lo prese per le spalle, lo
raddrizzò e trasmettendogli di nuovo forza e sicurezza, lo
fissò deciso rispondendogli svelto:
-
Stanno tutti bene, chi più chi meno. Qualcuno è
ferito.
Li stanno portando in ospedale. Ci vediamo tutti là, ora.
–
Poi notando la brutta cera del ragazzo che già di norma non
splendeva di una forte salute, si affrettò ad aggiungere: -
Forza Reid, va tutto bene. È finita. – Ma la mente
del
giovane dai capelli biondi e scarmigliati che arrivavano un
po’
ondulati fino alle spalle, era rimasta all’ospedale!
L’uomo
più grande comprese che qualunque cosa gli avrebbe detto,
sarebbe stato inutile, quindi stringendo dispiaciuto le labbra per
non potergli essere più d’aiuto, lo cinse
protettivo come un
padre e lo condusse fuori alla macchina.
-
Andiamo da Morgan. – L’unica cosa davvero utile.
Morgan
e Reid aspettavano di rivedersi.
|
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Capitolo 10 *** La tensione si scioglie ***
INDAGINI CONGIUNTE
*Vi presento con gioia
il penultimo capitolo del crossover. La prima parte l’ho
scritta l’altro ieri e mi aveva soddisfatto e sorpreso da
subito, non avevo immaginato di scrivere ciò ma mi piace. La
seconda parte invece è di ieri sera e non ero convinta, ma
rileggendolo oggi mi rendo conto che ero solo addormentata (capirete
che l’ho scritto alle 11 passate finendolo praticamente a
l’una di notte… e l’indomani sveglia
alle 7! Grande!). Ma ora posso dirlo: era proprio quello che volevo:
sono piuttosto soddisfatta. Il prossimo sarà
l’ultimo ma ho già pensato per bene al seguito che
non riguarda lo stesso caso, ovviamente, ma uno che non vedo
l’ora di fare! Ok, entusiasmi a parte, grazie a chi segue
questa serie che dedico in special modo a Taila, Yukino, Jaspe ma sopra
ogni cosa a mia mamma Parsifal perché oggi, in questo
momento preciso, è sotto i ferri in ospedale per rimuovere
utero e compagnia bella! Al suo risveglio si trova una bella sorpresa!
Buona lettura. Baci Akane*
CAPITOLO X:
LA TENSIONE SI SCIOGLIE
/
Dice - Finley Quaye/
Fu come
correre su una lama affilata.
L’idea che
potesse essergli successo qualcosa di grave e di non saperlo era
angosciante quanto il non avere idea di dove fosse e se fosse vivo.
Però non era
morto o glielo avrebbero detto.
Per tutto il tempo del
viaggio Reid non poté far altro che pensare a questo.
Ragionevolmente parlando potevano essergli successe molte cose e la sua
mente provvedeva premurosa ad elencargli tutto, mentre istintivamente
sperava solo che Morgan fosse fra quelli che, per una volta, se
l’erano cavata senza un graffio.
Sapeva che non poteva
essere così poiché lo conosceva e uscire integro
da un’azione era un’utopia, però
sperarlo era tutto ciò che gli rimaneva. Anche se, come
già detto, la sua testa non faceva che esporgli tutte le
ragioni contrarie.
Sempre più
impaziente e teso, nemmeno Hotchner riuscì a
tranquillizzarlo e nemmeno ci provò. Si limitò a
guidare in fretta fino all’ospedale di Washington.
Ziva e Charlie erano
con loro ed in silenzio non osavano parlare notando la preoccupazione
alle stelle del giovane dottore plurilaureato.
Nessuno di loro era
così, ormai si sapeva che erano tutti vivi e chi
più chi meno stavano bene. Era chiaro che era in quelle
condizioni per un motivo particolare.
Quando lo vide da
lontano con quell’occhio bendato un tuffo al cuore gli fece
mancare un battito. Si fermò trattenendo il fiato. Si
sentiva terribilmente sciocco ma non riusciva proprio più a
controllarsi. Eppure ce la faceva sempre. Anzi, di norma non provava
nulla di speciale, era raro che sentisse cose particolarmente forti da
sbatterlo in quel modo.
Nella maggior parte dei
casi era sempre per colpa di Morgan, comunque.
Rendendosene conto non
poté evitarsi la domanda:
“Ma
perché sempre lui?”
Ed era davvero ora che
se lo chiedesse!
Non mosse
più alcuno passo nel corridoio dell’ospedale,
lasciando che gli altri con lui andassero avanti.
Ziva andò a
cercare Tony mentre Charlie suo fratello.
Hotch lo precedette
lasciandogli il tempo che gli serviva per riprendersi, quindi
andò da Morgan.
Quando questi lo vide
la prima cosa che fece fu cercare Reid frenetico con l’occhio
sano.
L’ansia di
non vederlo accanto ad Hotch lo bloccò
all’istante, ma appena lo vide indietro che lo fissava
sconvolto e più pallido del solito, capì che
doveva aver patito le pene dell’inferno.
Eppure sebbene da un
lato gli dispiacque, dall’altro l’idea gli piacque.
Finalmente il
ghiacciolo trattenuto che non riusciva a dimostrare nessun sentimento
umano, nella maggior parte dei casi, sembrava tutto l’opposto
e solo per lui!
Rispondendo vago alla
domanda del suo capo lo indirizzò da Gibbs e Don per
conoscere i dettagli, quindi appena fu solo sgusciò dalla
stanza dove era appena stato medicato e a passo spedito e sicuro
arrivò subito da Reid.
Gli era quasi sembrato
di impazzire standogli così lontano senza sapere se ce
l’avrebbe fatta prima di dirgli cosa provava.
Prima di essere
riuscito a baciarlo almeno una volta.
Sorrise e mentre
cercava di capire cosa fosse meglio dire, già stava parlando
con ironia e disinvoltura:
- Ehi, non dirmi che
sono riuscito a farti preoccupare così tanto! - Che lo era
si vedeva lontano un miglio!
Il biondo avrebbe
voluto tirargli un pugno ma non essendo un gesto da lui si
limitò ad ingoiare cercando la lucidità per
rispondergli qualcosa di decente.
Eppure nonostante ci
mettesse tutto il suo impegno, il suo cervello super veloce smise
ancora una volta di funzionare.
E, tanto per cambiare,
era proprio colpa di Morgan!
- Si. -
Riuscì a malapena a dire con un filo di voce tremante. Gli
occhi castani rispecchiarono il suo tono incerto ed impaurito, ancora
non credeva che se la fosse cavata senza serie ripercussioni. - Cosa ti
hanno fatto? - Chiese subito toccando la benda leggero, senza riuscire
a trattenere quell’impulso irrefrenabile!
Il giovane dalla pelle
scura e l’aria sbattuta, smise di scherzare e divenne
seriamente sorpreso di quella sua reazione. Si era aspettato un
rimbecco dei suoi, invece quell’ammissione e quel gesto
delicato e premuroso… gli piaceva. Gli piaceva da matti e
forse poteva azzardarsi a pensare che questa volta Reid aveva capito
cosa provava per lui.
- Il calcio di una
pistola in pieno occhio. Non ci vedrò per un po’
ma poi tornerà come prima. -
- Ti hanno fatto
qualcos’altro? - Chiese ancora preoccupato non importandogli
più di quanto sembrava strano:.
- Tre punti al
sopracciglio. Sarò più affascinante di prima! -
Sembrava una sciocchezza, sembrava tutto facile e di poco conto.
Sembrava non ci fosse
bisogno di apprensione ma per il biondo qualcosa cominciava a
ribellarsi dentro.
Non era così
facile!
Lui aveva passato
l’inferno aspettandolo, non era affatto così
facile!
Come poteva scherzarci
su e prenderla alla leggera?
Con un moto di
contrarietà ritirò la mano e incrociò
le braccia al petto, rimanendo sempre con quella tendenza al curvo
seppur fosse indispettito:
- Non è una
sciocchezza, Morgan! Non devi scherzarci su! -
Qua l’altro
colse al volo l’occasione e nella confusione di quel
corridoio d’ospedale, continuò a punzecchiarlo con
malizia ben sapendo a cosa poteva arrivare con un po’ di
fortuna:
- Ah no? - Sapeva bene
quanto era stato male per colpa sua, ma voleva solo che lo
dimenticasse, che si voltasse pagina, che si tornasse sereni come
sempre.
E che lo ammettesse ad
alta voce, per una buona volta.
Che si volevano bene!
- No! - rispose allora
secco Reid. A Morgan piaceva ancora di più, sembrava un
bambino offeso ed era delizioso. Specie quelle labbra piegate
ostinatamente verso il basso. - Non è stato un gioco! E
nemmeno una passeggiata! - Continuò vedendo che non voleva
fare la persona seria nemmeno in una situazione simile. Davanti alla
sua reazione, la propria angoscia lo faceva sentire solo un idiota. Lui
si era preoccupato davvero ed ora veniva preso in giro! Si sentiva
immensamente stupido, ecco perché punto sul vivo, ricordando
i brutti momenti passati solo fino a pochi secondi prima, non
mollò ribattendolo con un tono che di distaccato non aveva
nulla: - Io ho passato l’inferno ad aspettarti, sai? Non
sapevo dov’eri, che fine avevi fatto, se eri vivo…
e anche quando mi hai chiamato… avevo una certezza in
più che la possibilità di rivederti era minima!
Ti trovavi in uno di quegli aerei-bomba! Ti rendi conto di come mi sono
sentito io? E tu stai lì a ridere e a prenderti come sempre
gioco di me! - Morgan non spense il sorrisino, era oltre ogni sua
aspettativa. Questo, per i suoi canoni, considerando che si trattava di
Reid, era una confessione d’amore bella e buona. - Ma cosa te
lo dico a fare? Non lo capirai mai, cosa ho provato! -
Concluse nervoso e al
limite il giovane girandosi e facendo un gesto di stizza con le mani.
Era andato poco lontano
quando si sentì afferrare per un braccio e trascinare con
forza in uno dei bagni lì vicino.
Sentì la
serratura scattare e la luce accendersi in automatico.
Poi il tutto fu molto
più veloce del suo cervello, il che era solo da vedere.
Prima di cominciare a
mettere in moto le sue percezioni e la comprensione di quanto accadeva,
si trovò con delle labbra carnose e calde sulle sue. Labbra
inconfondibili.
Non le aveva mai
provate ma le aveva osservate così nei dettagli che il tatto
gli bastava e avanzava per capire che erano proprio quelle.
Però la
prova superava di gran lunga ogni sua aspettativa, non che se ne fosse
concesso molte…
Capì che
Morgan lo stava baciando quando il cuore tornò a battergli,
anche se all’impazzata, e le sue mani continuavano a reggerlo
per le braccia senza mollarlo un istante.
Aveva una presa forte e
sicura che solo lui gli trasmetteva.
Mise a fuoco con gli
occhi socchiusi il suo viso e trovandolo più sexy del solito
li richiuse in fretta con le palpitazioni che andavano a mille.
I respiri erano
affannati e le ginocchia gli si piegavano, probabilmente sudava e le
sue funzioni vitali erano alle stelle; tutto in confusione, troppe
informazioni da catturare e comprendere per catalogarle e coglierle.
Lasciò che la testa partisse per conto suo e si
concentrò solo su quella bocca che si amalgamava con la
propria, sulla lingua che lo cercava e trovandolo lo torturava
stimolandolo a rispondergli.
E gli rispose.
Oh, se gli rispose.
Prima ancora di capire
che lo stava facendo, era là aggrappato alle sue spalle e
ricambiava il bacio giocando con la sua lingua.
Capendo solo una cosa.
Era proprio questo che
voleva e da molto!
Si staccarono dopo
interminabili attimi di quello scambio incredibile che non erano mai
riusciti a dare vita per una marea di motivi. Quali fossero,
però, ora non se lo ricordavano più.
Con le fronti
appoggiate e i respiri irregolari che si mescolavano, con ancora i
rispettivi sapori in bocca, si guardarono con emozione, quindi fu
Morgan a sussurrare seriamente con una voce roca e sensuale:
- Allora, ti ho capito
bene? -
Questa volta Reid
sarebbe caduto se l’altro non avrebbe continuato a reggerlo e
tenerlo stretto. Le ginocchia completamente molli e un calore che si
espandeva su tutta la pelle lo rendeva di un colorito delizioso.
- Si… -
Boccheggiò imbarazzato ma spiazzato.
Era contento di essere
stato compreso un volta di più da lui. Era sempre stato uno
dei pochi a riuscirci bene e questo perché non aveva mai
tentato di gareggiare col suo cervello visto che lui si era sempre
creduto superiore a quello!
Dopo di ché
non poté che nascondere il viso contro il collo pulsante del
compagno che l’accolse fra le sue braccia forti e protettive
come aveva sempre fatto e mai avrebbe smesso.
- Sono innamorato di
te, Reid. -
- Anche io…
credo… - Il suo mormorio sommesso giunse tremante ed
insicuro e Morgan non avrebbe potuto che immaginarlo così.
In risposta rafforzò la presa lasciandosi invadere da una
gioia incontaminata.
Quello era un gran bel
premio per le pene che aveva dovuto patire in quell‘indagine!
/
I just wanna live - Good Charlotte /
Non era
stata un cosa davvero programmata.
Gibbs aveva invitato i
tre di Los Angeles a dormire almeno una notte a Washington offrendo
loro vitto e alloggio, Tony aveva invitato i suoi due nuovi amici,
Colby e Morgan, a fare la serata a casa sua e ad entrambi aveva detto
di estendere l’invito ai rispettivi uomini!
Nel suo piano perfetto
per divertirsi tutti insieme almeno una notte con chi gli interessava,
aveva trascurato il povero matematico di fama internazionale che
sarebbe rimasto escluso, ma visto che Don alla fine aveva deciso di
accettare l’invito di Gibbs, anche Charlie aveva finito per
unirsi al gruppo. Chiedendosi però, effettivamente, che cosa
mai avrebbe potuto fare visto che era rimasto l’unico senza
dolce metà!
Oltre a loro gli altri
avevano avuto tutti altri impegni e Hotchner aveva declinato
l‘invito ancora prima che potesse essergli fatto, decidendo
che era abbastanza stanco, per quella volta, da andare a casa.
Non era stato fermato
dal momento che Ziva si era offerta di accompagnarlo per lasciare
l’auto agli altri suoi due colleghi!
A tutti erano note le
preferenze dell’israeliana per gli uomini dalla
personalità forte!
Ritrovati tutti i
rimanenti a casa Gibbs, i due inquilini si erano guardati interrogativi
non capendo la presenza di tanta gente, poi Tony aveva felicemente
spiegato la sua brillante idea. Al che l’altro fulminandolo
si era trattenuto dal chiedergli di chi fosse la casa.
Per quieto vivere degli
ospiti aveva deciso di lasciar correre, cosa che stupì Tony
convinto di beccarsi una brutta frecciata oltre che il suo sguardo che
parlava da solo.
“L’ennesima
morte scampata da me lo ha rabbonito o gli è improvvisamente
spuntato il senso dell’ospitalità? No,
perché escludo che si tratti del suo cuore… lui
ce l’ha solo per certe cose, per altre non esiste proprio!
Non
capisco… che gli piaccia questo Don al punto da mostrare
rispetto ed evitare l’ammonimento di rito? Certo, se lo dice
si sentirebbero tutti di troppo… bè, in questo
caso ne approfitterò fino in fondo! Quando mi capita di
poter tirare così tanto la corda e rimanere
integro?”
Così
pensando, senza l’ombra della gelosia, Tony sorrise furbo
quindi indicò agli ospiti dove potevano accomodarsi
cominciando a fare gli onori di casa con gran sfacciataggine:
Fu allora che anche chi
ancora non lo sapeva, capì che Tony e Gibbs stavano insieme
ed addirittura convivevano!
Non poterono non
chiedersi se prima o poi sarebbero arrivati anche loro a quella fase
delle rispettive relazioni, ma non si fecero film mentali. Rimasero
quasi affascinati dall’osservare quella coppia
così in avanti rispetto a loro da essere invidiabili. Oltre
che quello c’era anche il fatto che si vedevano quanto in
simbiosi fossero, il loro legame era molto solido ed incredibilmente
affascinante di per sé.
Reid specialmente si
perse ad osservare ogni particolare che parlava di loro, ogni gesto che
avevano l’uno nei confronti dell’altro ed anche
cose che apparentemente non significavano nulla.
Morgan capì
il suo stato d’animo e mentre dopo cena, una pizza
naturalmente, si trovarono tutti seduti nei divani fra una birra e
l’altra a parlare amichevoli socializzando a vista
d’occhio come non erano ancora riusciti a fare, non
poté fare a meno di notare questa sorta di invidia positiva
nei loro confronti.
Era visibilmente
affascinato da loro due, come stavano insieme e la loro relazione.
Nella sua mente i loro
profili si tracciavano sia come individui che come coppia e mano a mano
che le conversazioni procedevano serenamente ed anche con una certa
ilarità grazie agli elementi che c’erano, capiva
sempre più di loro.
Fu allora che una
certezza si fece strada in tutti loro: quella conoscenza non sarebbe
finita lì.
- Oh certo, Reid
è infallibile in tutto! Specie nelle sparatorie! - Stava
dicendo Morgan per rispondere all’ammirazione che Charlie
aveva espresso sul giovane dottore plurilaureato. Questi si
raddrizzò a quella frase tornando al presente, quindi
guardò accigliato ed incredulo il compagno accanto che
appoggiato allo schienale del divano teneva le gambe allungate ed una
mano sulla sua schiena curva. Lui era al contrario coi gomiti
appoggiati alle ginocchia e si era come svegliato solo in quel momento.
- Cosa vuoi dire? - Lo
rimbeccò col suo tono saccente pronto a correggerlo.
Morgan rise senza farsi
il minimo problema, quindi proseguì sotto preghiera di Tony
che non vedeva l’ora di sapere qualche aneddoto imbarazzante
che rendesse quel genio un essere umano!
- Si dai
racconta… vuoi dire che è un comune mortale anche
lui? -
Reid guardò
sconvolto anche Tony pensando di non aver sentito bene: mica ce
l’aveva con lui?
- Certo! Ha una pessima
mira! Prima di prendere l’abilitazione all’uso
delle armi Hotch ha penato mica poco! E pensate che quando è
riuscito a prenderla aveva mirato alla gamba di un S.I., finendo per
colpirlo poi in mezzo agli occhi! - L’accaduto lo ricordava
bene, il biondino, ma aveva sperato che evitasse di spiattellarlo ai
quattro venti!
Le risate si levarono
fra tutti e mentre c’era chi chiedeva se fosse vero e chi
voleva sapere più particolari su questa parte del giovane
genio, la mano appoggiata sulla schiena del proprio compagno stizzito
che aveva piantato il muso senza più dire nulla, si era
disinvoltamente infilata sotto la maglia riuscendo a trovare il
contatto con la sua pelle liscia e calda. Questo trasmise mille
scariche elettriche a Reid che si raddrizzò girandosi di
scatto a guardarlo come se fosse impazzito. Non erano mica
soli… però notò subito anche come gli
altri non fecero caso a quanto succedeva fra loro. Anzi.
Solo allora, mentre li
scorreva frenetico con gli occhi, notò che pure le altre due
coppie avevano cominciato a dare segni altrettanto disinvolti.
Ad esempio il braccio
di Gibbs era posato casualmente sullo schienale del divano proprio
dietro a Tony comodamente appoggiato, e accoccolato, contro di lui che
concedeva molti dei suoi rari e preziosi sorrisi di divertimento. Anche
gli altri due si abbandonavano a dei vaghi ma evidenti segni
d’affetto, a modo loro. La mano di Colby era posata sulla
coscia di Don che si lasciava incredibilmente accarezzare come fosse
naturale. Per i loro canoni era un gran segno d’affetto visto
che il capo squadra non aveva mai permesso assolutamente nulla.
Lasciarglielo fare senza eliminarlo con lo sguardo era un enorme passo
in avanti!
Charlie stesso se ne
stupiva ma non era intimidito od in imbarazzo per quei segni che ormai
tutte e tre le coppie dimostravano, non erano invadenti o esagerati, si
stava bene. Sembrava che tutti loro non avessero fatto altro che stare
in compagnia in quel modo.
- Bè, non
è il solo a non essere perfetto nonostante lo sembri! -
Disse allora Don con un ghigno malefico in viso. Qua il fratello
scattò e guardandolo come se bestemmiasse, sbottò
subito:
- Cosa vuoi dire? -
- Si, cosa vuoi dire?
Dai, anche lui è umano? - Tony, naturalmente. E le risatine
sommesse degli altri.
- Certo che lo
è… - Iniziò Colby senza staccare la
mano dalla gamba del compagno: - dovete sapere che, per dirne una, ogni
volta che Don si ferisce, per una strana ragione contorta Charlie
finisce per addossarsi la colpa ed in risposta impazzisce su qualche
caso finché non rimedia, sempre dal suo famoso contorto
punto di vista, aiutandoci a prendere qualche criminale grosso! -
Questo non era poi molto imbarazzante… Reid capì
perfettamente il motivo di quel comportamento.
- Ma è
ovvio, essendo fratelli e lavorando insieme sono portati ad essere
molto protettivi l’uno verso l’altro. Quando uno
dei due se la vede brutta, l’altro di conseguenza si sente in
colpa e reagisce cercando di scontare o compensare questa colpa che si
sente addosso. Non è una cosa strana! - Charlie non sapeva
se ringraziarlo o fulminarlo… prima di poter capire che tipo
di intervento fosse quello, se d’aiuto o cosa, Don intervenne
decretando così la sua fine sicura:
- Ma non
c’è mica solo questo! Posso fare un libro su
questo argomento! Charlie è molto ingenuo ed ottuso in campo
sentimentale! Prima di capire che era innamorato della sua attuale
ragazza ci ha messo una marea di anni, non vi dico poi per dirglielo!
Lei ha dovuto rischiare di andarsene per farglielo dire! Pensate
che… - Ma fu a quel punto che Charlie scattò in
piedi annunciando a gran voce:
- Ok, questo
è il momento in cui io vado a dormire! Mi sembra che siamo
arrivati in un punto pericoloso per me! Buonanotte! -
All’udire ciò delle risate più forti
delle altre si levarono all’unisono che
l’accompagnarono finché non fu sparito nella
camera che gli era stata offerta.
- Bé? E
Gibbs non ha nessuna pecca da rivelare? - Chiese sfacciato Morgan
mentre veniva sostenuto da Colby. Don si zittì senza
però spegnere il suo sorriso divertito, consapevole che poi
sarebbe toccato a lui, mentre Reid divenne più interessato
alla risposta.
- Oh, qualcosa
c’è… è difficile trovarlo,
lo ammetto… sa nascondere bene i corpi del reato, ma a me
non sfuggono certe cose… - Disse Tony andando a nozze
all’idea di poter punzecchiare il suo uomo perennemente tutto
d’un pezzo!
A questo
però la mano che si artigliò sulla sua spalla lo
fermò… solo per un istante!
- Non mi lascio
intimidire… sai che non mi puoi fermare! - Disse allora
rivolgendosi a Gibbs che lo guardava come se fosse un uomo morto.
Sembrava che nell’intimità e nel privato, Tony non
avesse davvero paura di lui e la cosa era molto giusta, oltre che
bella.
Tanto che gli
scappellotti Gibbs glieli dava solo al lavoro!
- Dovresti, visto che
di te ce ne sono molte di più e decisamente peggiori! -
Disse allora il più grande senza mollare presa e sguardo
assassino!
L’altro
piegò la testa in modo da sminuire la cosa:
- Oh, fa
nulla… sono evidenti da sole tutte le mie
‘imperfezioni’! Anche se le racconti non faranno
clamore! Non come le tue! - La luce nel suo sguardo era pericolosa e
maligna, sembrava profondamente lanciato in quella sua missione di
‘spiattellamento’!
- Ma non sai dove
potresti dormire poi stanotte! - Quella frase era quanto di peggio
avesse potuto fare!
Nell’istante
successivo Tony rimase proverbialmente in silenzio senza parole, cosa
unica e rara!
Tutti stupiti ed
increduli lo guardarono chiedendosi se davvero fosse stato vinto, poi
lo videro seriamente soppesare cosa fosse meglio fare; alla fine si
arrese e allargando le braccia disse con espressione tragicamente
seria, in realtà solo più buffa di sempre:
- Mi dispiace, sono
pronto a tutto ma non a questo! È un colpo basso ma sa dove
darmi giù! -
La risposta
però soddisfò comunque i presenti che ebbero
ancor modo di ridere fin quasi alle lacrime!
- Non so se ti
è di conforto saperlo ma quello è il punto debole
di tutti noi! - Lo rassicurò Morgan dandogli
un’amichevole pacca sulla spalla. Colby concordò
serio:
- Ha proprio ragione!
Non ti biasimiamo! È per questo che mi sono preso il tuo
numero di telefono… così potrai dirmi quello che
non puoi ora! -
- E trasferirti da lui,
visto che qua non metterai più piede, dopo! - Concluse
altrettanto serio e deciso Gibbs. Quanto scherzasse e quanto no, solo
Don, forse, poté lontanamente intuirlo visto che spesso
anche lui parlava così per prendersi gioco degli altri.
Era divertente e
ammiccandolo gli fece capire che era completamente dalla sua.
- No, non
dirò niente su di te, Don! Non serve che mi ricatti
così anche tu! - Si affrettò a dire Colby
guardando il suo compagno che rise a sua volta alimentando
quell’atmosfera speciale che proseguì per gran
parte della notte.
Risultato? Dopo una
certa ora tarda in un camera c’era ovviamente Charlie, in
un’altra Gibbs e Tony, un’altra ancora Don e Colby
mentre nel divano del soggiorno avevano deciso di fermarsi Morgan e
Reid distrutti e impossibilitati a guidare fra stanchezza, ferita
all’occhio per uno e troppa birra contro volontà
per l‘altro!
Ma la notte era giovane!
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Capitolo 11 *** coppie congiunte ***
*Ragazzi,
questa è la fine… sig… ci ero
affezionata a questa fic. Però forza, ho in mente
già il seguito di cui non posso proprio fare a meno. Penso
che sarete d’accordo con me! Ad ogni modo questo
capitolo voleva essere solo una coccola per tutto quello che ho fatto
patire a sti poveracci! Sono la solita sadica! Proprio un gran bel
gruppetto, vero? Hanno fatto un ottimo lavoro!
Va bene,
ringrazio tutti quelli che hanno letto e commentato la fic, spero sia
piaciuta fino in fondo.
Alla prossima e
buona lettura. Baci Akane*
CAPITOLO XI:
COPPIE CONGIUNTE
/Drift
away - Dobie Gray /
- Ti
dispiace non tornare a casa? - La voce di Morgan giunse
all’orecchio di Reid come un sussurro delicato. Il giovane si
trovò a pensare che quella sua versione era nuova e tutta da
scoprire e che sarebbe stato molto interessante addentrarcisi. Certo,
una sorta di campo minato, a volte se ne sarebbe pentito, ma era
sicuro, lì fra le sue forti braccia protettive, che ne
sarebbe comunque valsa la pena.
-
No… si sta molto bene anche qua. - Era una sorta di limbo.
Come una culla. Il luogo che aveva permesso il loro avvicinamento. A
dire il vero si erano messi insieme in ospedale e grazie ad un indagine
fuori dal comune, ma quella era come la casa della pace dove chiunque
poteva semplicemente essere sé stesso. Persino uno come lui.
Morgan sorrise
dolcemente comprendendo il senso di quella risposta, quindi si
sistemò meglio sul divano accoccolandosi il proprio ragazzo
sopra. Sentì le sue mani piccole e delicate rispetto alle
proprie poggiarsi sul petto avvolto da una maglietta prestata da Tony,
nonostante non ci fosse nessun contatto diretto della loro pelle,
l’innesco ci fu e il cuore di Reid cominciò, in
quel silenzio, a galoppare agitato, consapevole che quello era il
momento in cui si sarebbero dati la buonanotte e che avrebbero potuto
andare oltre ai baci… che fin’ora ne avevano
contato solo uno. Uno molto lungo, ma sempre uno era stato!
Fosse stato per
il biondino si sarebbero sistemati ognuno in divani diversi ma Morgan
naturalmente non aveva nemmeno chiesto, se l’era preso e
coricato addosso!
Il rossore
delle sue guance era stato delizioso così come il suo
imbarazzo. Sapeva che stava lottando fra il desiderio di osare di
più e quello di ritirarsi, ma quel suo impaccio era quanto
di meglio potesse avere da lui quella sera. Non l’avrebbe
forzato di più, quindi poteva rilassarsi.
-
Ehi… rilassati… tutto ha il suo tempo, no? -
Finché non glielo avrebbe detto, probabilmente, sarebbe
rimasto teso contro di lui. All’udire quella frase
chiarificatrice Reid si stupì, nemmeno quello era da
Morgan… ma ne fu felice. Fu felice di quei nuovi aspetti
nascosti che sfoderava in privato per pochi eletti.
Per
ringraziarlo della pazienza che aveva intenzione di mostrare, il
giovane si tirò su e raggiungendo le sue labbra le
sfiorò con timidezza ed esitazione. Le sue mani che corsero
grandi e calde sulla propria schiena esile, l’accarezzarono
stringendolo ulteriormente a sé ed in breve le bocche si
unirono in quello che era appena il loro secondo bacio.
Dolcemente
schiuse, sinuosamente aperte, languidamente le lingue a contatto,
eroticamente muoversi insieme, caoticamente perdere la connessione col
mondo. Sensazioni contrastanti, piacevoli e nuove si affacciarono per
entrambi.
La voglia di
proseguire oltre, la pura di lasciarsi andare, il desiderio crescente,
quel piacevole indefinito qualcosa. Stare bene solo per un semplice
bacio.
L’istinto
di Morgan di infilare le mani sotto i vestiti di Reid fu molto forte ma
si trattenne consapevole che facendolo, il piccolo riccio si sarebbe
ritirato. Così si rassegnò a prendere per il
momento solo quello che lui era disposto a dargli.
Però
con quel bacio gli tolse il fiato.
“Non
so di chi sia merito se ci siamo sbloccati ed ora stiamo insieme, non
so di preciso cosa l’abbia permesso… so solo che
questa indagine congiunta non la dimenticherò mai.”
Quello fu il
loro ultimo pensiero prima di perdersi l’uno
nell’altro e non capire più nulla per il resto
della notte.
Le bocche fuse
in un divorarsi continuo e frenetico, le lingue svelte a compiere di
continuo quella danza ubriacante, carezze intime provocatrici di
piaceri senza pari, mani impegnate in un viaggio cieco su ogni
centimetro di pelle accaldata, i corpi forti ed atletici tesi
attraversati da continue scariche elettriche, gemiti rochi e sospiri
incontrollati si levavano nella stanza.
Un unione
fisica ma anche intima e spirituale.
Così,
in quel modo intenso e sconvolgente, non si erano mai sentiti facendo
l’amore.
E si dissero,
immersi l’uno nell’altro, che era quella la
differenza. Non stavano più facendo solo del semplice sesso
fine a sé stesso.
Assaggiare il
sapore dell’altro che il viaggio della bocca sul corpo
rimandava, era quanto di più nuovo.
Anche le
rispettive erezioni a contatto e stimolate dal compagno si eccitavano
come fosse la prima volta.
Ogni cosa
arrivava nuova nonostante l’avessero già fatto.
Essere in un
letto sconosciuto con la possibilità di venir sentiti da
qualcuno non aveva importanza per loro, stavano bene e immersi
l’uno nell’altro non trovavano forza né
voglia di calmarsi e smettere.
Di
più, la ricerca di un piacere maggiore, un modo per andare
sempre oltre, avere l’altro fino in fondo, in ogni modo
possibile, senza riserve, senza fermarsi, senza ragionare. Puro istinto
erotico, puro desiderio, puro sentimento.
Dopo aver
esplorato e posseduto ogni parte del suo corpo, le mani di Colby
presero il viso di Don attirandolo a sé, labbra contro
labbra lo guardò febbrile ricambiato allo stesso modo. Erano
entrambi irruenti ma lì c’era qualcosa di diverso.
Ansiti, i cuori
battevano impazziti, le menti nel caos.
- Prendimi, ti
prego… - Il bacio successivo che ne scaturì fu
uno di quei fattori scatenanti che scollegano la realtà.
Si baciarono
come lo facessero per la prima volta da anni, come se non
l’avessero fatto di continuo nell’ultima
mezz’ora.
Infine dopo
averlo preparato, Don scivolò deciso in lui togliendogli una
volta di più il fiato.
Storditi si
fusero insieme cominciando a salire, flash di momenti passati si
susseguivano nelle loro menti, le mani si cercavano stringendosi e
intrecciandosi, le labbra continuavano a sfiorarsi schiuse senza
premersi, i respiri si fondevano, i gemiti si alzavano,
un’esplosione in loro in mezzo a quel piacere intenso, con
quel ritmo crescente, coi sensi confusi.
Non sapevano se
era amore, se lo sarebbe diventato né come potevano
definirsi. Sapevano solo che volevano provare a fare sul serio e stare
insieme ancora. Non provarono a dirsi nulla nonostante
l’istinto di farlo l’ebbero.
Con la voce
soffocata nel bacio, raggiunsero insieme l’apice facendosi
attraversare da mille scariche elettriche, tremanti e sconvolti ma
immersi in una sensazione che, ne erano certi, non avevano mai
posseduto.
Ansanti, dopo
un tempo indefinito in cui ripresero contatto con la realtà,
aprirono febbrili gli occhi, cercandosi spostarono appena i loro visi
ancora vicinissimi. Potevano sentire i respiri dell’altro
contro la propria pelle sudata e accaldata, le pagliuzze di un colore
più intenso nelle iridi testimoni di un orgasmo
meraviglioso, i cuori ancora impazziti che non trovavano pace.
- Sono questi i
sentimenti? - Sussurrò Colby seguendo un pensiero fulmineo
del momento. Don non increspò nemmeno un po’ il
suo viso dai lineamenti decisi e affascinanti, quindi come lo capisse
perfettamente rispose con l’accenno di un sorriso raro e
quasi dolce:
- Immagino di
sì… - Semplicemente questo. Non si dissero nessun
‘ti amo’ o ‘ti voglio bene’,
non sarebbe stato da loro. Però questo parlò
più di mille dichiarazioni stucchevoli.
Il loro strano
e singolare cammino poteva proseguire, ma nemmeno loro avrebbero mai
dimenticato quell’indagine e le persone incontrate.
“Che
sia merito loro direttamente o indirettamente non ha
importanza… sono certo di dovergli molto ugualmente. Spero
di rivederli.”
Pensandolo, non
avevano idea che il loro desiderio sarebbe stato esaudito.
Due corpi fusi
in un’unica entità, un solo respiro, un solo
gemere continuo, un solo sapore mescolato, un solo intreccio di dita,
un solo cuore a battere impazzito, un solo ritmo crescente ed intenso,
un solo piacere profondo e violento, un solo pensiero, lo stesso:
‘ti amo’.
Un’unica
cosa mentre anche l’orgasmo che raggiungevano era uno solo,
sconvolgente, indimenticabile come ognuno di quelli che avevano.
La possessione
totale di loro stessi, il confondersi l’uno
nell’altro, non trovare più una propria
identità, essere totalmente fuso nella persona amata, non
avere più contatto con il mondo improvvisamente sparito, i
sensi alterati, la realtà distorta.
Gibbs e Tony
ebbero l’orgasmo insieme e tremanti lasciarono che i corpi si
scuotessero fin da dentro a quelle scariche indescrivibili che li
rendevano vivi. Una giusta ricompensa al piccolo inferno passato in
quei giorni.
La stanchezza
improvvisamente cominciò a gravare sulle loro spalle
appesantendoli, appannando le loro menti non più per quel
piacere cieco ma bensì per quanto fatto fino a quel momento.
La mano di
Gibbs carezzò lieve la nuca di Tony sulla ferita bendata,
una luce di fastidio attraversò i suoi occhi azzurro mare
mentre si perdevano in quelli più chiari del compagno sotto
di sé.
Sorrise sereno,
quindi prendendogli il viso fra le mani l’attirò
posandogli un dolce bacio sulle labbra. Intrecciarono ancora una volta
le lingue, lente, stanche ma immerse nel sapore e nel piacere per quel
piccolo gesto.
Dopo essersi
carezzati con lingue e labbra, si staccarono a malincuore con la mente
sempre più pesante e i corpi di piombo.
Gibbs si
separò da Tony stendendosi accanto, quindi l’altro
si sistemò poggiando la testa sul suo braccio che lo cinse.
Stretto contro di lui, si coprirono con le lenzuola allacciando anche
le gambe. Ogni parte di loro fremeva ancora eccitata
dall’amore che avevano appena fatto.
Tutti quei
contatti naturali non erano mai scontati per loro e nemmeno mai come la
volta precedente. Sembrava che tutto potesse rinnovarsi sempre ma al
tempo stesso rimanere come loro volevano.
Lo stato in cui
erano giunti era di un amore maturo e consapevole, una sorta di
obiettivo per le altre nuove coppie che certamente avrebbero raggiunto.
Ovviamente
nemmeno per loro era stato facile arrivare a quel punto, ma vedendo la
loro storia da lì, ogni cosa aveva avuto il suo motivo di
esserci. Anche quelle più dolorose.
- Che indagine
strana, no? - Disse Tony prima che il sonno se lo prendesse del tutto,
volendo parlare delle nuove persone incontrate.
- Dura. -
Rispose Gibbs facendo uno sforzo per rimanere sveglio nonostante la
stanchezza.
- Ma anche
bella per certi versi… - Sapeva cosa intendeva e che non
voleva mancare di rispetto a tutte le vittime innocenti, fin troppe per
i suoi gusti, quindi non lo riprese ma bensì
annuì:
- Direi di
sì… -
- E’
gente in gamba… - Questa non era una domanda, era ovvio
fossero d’accordo.
- Molto. - Col
pensiero carezzarono Morgan, Reid, Don e Colby ma anche Hotchner e
Charlie. Un gruppo riunito per caso che aveva dato dei frutti
insperati, trovando una sintonia non da poco, specie fra alcune
persone.
- Spero di
rivederli tutti. - Concluse poi Tony con un sorriso sereno e beato,
chiudendo gli occhi mentre le dita di Gibbs sulla sua schiena nuda lo
cullavano facendogli dimenticare tutti gli ostacoli che aveva dovuto
affrontare per quel caso.
-
Sarà di certo così. - La sua voce,
però, gli giunse lontana mentre il sonno se lo prendeva
dolcemente con quella sensazione di protezione scaturita dalle braccia
sicure del suo uomo.
“E’
stata davvero molto dura, ad un certo punto ho pensato che tutto
sarebbe andato storto e che ci sarebbe andato di mezzo, come sempre,
Tony. Ma alla fine ce l’abbiamo fatta e solo ora posso
guardare all’indagine riuscendo a vedere i suoi lati
positivi.
Le
persone che abbiamo incontrato non sono certo gente qualunque. Non mi
trovo a pensarlo spesso, ma questa volta devo ammetterlo.
È
finita bene.”
FINE
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