In una galassia lontana lontana... di Mex (/viewuser.php?uid=78902)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Porc...perchè tutte a me?? ***
Capitolo 2: *** II capitolo: Tornare a casa ***
Capitolo 3: *** III capitolo: Il Jolly ***
Capitolo 4: *** IV capitolo: Firmare o non firmare, questo è il problema! ***
Capitolo 5: *** V capitolo: Trasloco e saluti ***
Capitolo 6: *** VI Capitolo: Overflow ***
Capitolo 7: *** VII capitolo: Casa ***
Capitolo 8: *** VIII capitolo: I Druyiniani ***
Capitolo 9: *** IX Capitolo: La guerra inizia ***
Capitolo 10: *** X capitolo: I Mietitori ***
Capitolo 11: *** XI capitolo: Scambi ***
Capitolo 12: *** XII capitolo: La richiesta ***
Capitolo 1 *** Porc...perchè tutte a me?? ***
Premetto
che questa è la mia primissima fanfiction e
nonostante sia una grandissima fan di stargate molte cose potrebbero
risultare
inesatte. Aggiungo anche che io non capisco assolutamente nulla di
tecnologia o
computer o fisica, quindi se compariranno strafalcioni o complete
idiozie non
ridete troppo né prendetevela. Godetevi la storia.
I personaggi non mi
appartengono e questa storia è scritta senza scopo di lucro
I capitolo:
“Porc…
perché tutte a me? Dio!”
“Mi sta
dicendo che finalmente è riuscito a trovare
Atlantide?” il professor Sorni si
tolse gli occhiali ed iniziò a ripulirli di nuovo, per la
terza volta, lo
faceva sempre quando era nervoso. I suoi occhietti miopi si puntarono
in quelli
del giovane dottor Daniel Jackson. Sorni aveva collaborato da lontano
al
progetto Stargate, era stato il consigliere di Jackson, ma in
realtà non aveva
mai lasciato la scrivania della sua Università dove
insegnava archeologia.
Jackson, nonostante tutte le cose che aveva visto in dieci anni di
missioni
extramondo, era eccitato come un bambino: “Sì,
professore. Ho trovato l’ottavo
simbolo e, come avevamo ipotizzato, è in un’altra
galassia, Pegaso per la
precisione.” La temperatura nel piccolo studio affollato di
carte e piccoli
oggetti antichi aumentò. “Dunque quello che le sto
chiedendo è solo di venire
per un po’ con me in Antartide per qualche giorno, per vedere
come vanno le
cose. Lì valuterà lei se entrare nella squadra.
Venga a dare un’occhiata è ora
che i suoi sforzi siano ricompensati.” Il professore
aggrottò la sua fronte già
precocemente segnata da profonde rughe. Nei suoi sessantacinque anni di
vita la
sua ipocondria galoppante e la forte paura dei cambiamenti lo avevano
sempre
frenato e ancora adesso, nonostante la voglia di far parte nella
più importante
missione dell’umanità dove solo lui avrebbe
rappresentato l’Italia, le sue
fobie lo frenavano. Daniel sapeva tutto questo, ma era anche
consapevole che
forse solo lui superava Sorni in conoscenze, e lui non poteva far parte
della
missione Atlantis, l’SG1 richiedeva ancora la sua presenza.
“Professore,
oltretutto lei ha anche il gene degli Antichi. Abbiamo bisogno di
chiunque lo
possegga. Professore solo una prova, se non se la sente poi
nominerò qualcun
altro. Ma la prego venga in Antartide, sono sicuro che una volta
là non riuscirà
a dirmi di no” Combattuto dalla sua curiosità di
scienziato e le sue paure da
uomo, il professore fissò lo strano marchingegno che aveva
davanti. La sera
prima aveva impiegato un’ora per concentrarsi
sufficientemente per attivare il
congegno degli antichi col suo gene. Una cosa rara, e preziosa se si
voleva
fare una spedizione per contattare la civiltà che aveva
costruito gli stargate.
L’oggetto era stato ritrovato in Antartide nella base degli
Antichi, scoperta
fortuitamente l’anno prima dall’SG1. Dalle scritte
che lo ricoprivano si era
rivelato un piccolo database dove erano conservate la lingua e alcune
conoscenze base, ma non si poteva sapere quanto era conservato
perché nessuno
alla base né il professore Sorni era riuscito a mantenere la
concentrazione
tanto da far scaricare il materiale nella mente della persona che lo
attivava.
Questo si pensava dovesse fare, almeno secondo Rodney McKay la mente
più
brillante (e presuntuosa) nel campo fisico e tecnologico. Doveva essere
come
una scatola del tempo per quando gli esseri sulla Terra sarebbero stati
pronti
a ricordare il popolo più importante che fosse mai vissuto
dopo che questi
erano ascesi. Avevano già incontrato qualcosa di simile e
Jack quasi ci aveva
lasciato le penne, ma questo doveva essere molto più
contenuto e sopportabile
la mente umana.
“Devo dire
che la cosa mi alletta parecchio, dottore. Sono molto onorato che
pensando alle
persone più preparate tra tutto il mondo abbia scelto
proprio me. Ma devo
ancora pensarci. Potrebbe darmi una settimana?” Daniel
rinunciò e con un
sospiro annuì, se non fosse riuscito a convincere Sorni
sarebbe stato costretto
a mettere qualcun altro al suo posto e sinceramente non sapeva chi.
“Adesso mi
aggiorni su come vanno le cose da voi” Stava per farlo quando
sentì un forte
rumore di qualcosa che cadeva fuori dalla porta ed una voce che diceva:
“Porc…
perché tutte a me? Dio!” Daniel che capiva
perfettamente l‘italiano insieme ad
altre ventidue lingue, rimase sorpreso che ci fosse qualcuno fuori e
soprattutto del linguaggio non certo accademico. Era l’ora di
pranzo e aveva
scelto proprio un momento in cui era certo che non ci fosse nessuno,
ovvero un
giorno di agosto inoltrato. Si girò con aria interrogativa
verso il professore “Oh,
tranquillo Jackson. È la Satriani, una mia studentessa che
mi fa da segretaria
dal momento che la mia è andata in maternità.
Geniale, ma un po’ imbranata, ma
ha una grande testa, anche se a volte sembra uscita da
chissà quale epoca.
Forse se fosse stata più vecchia e avesse già
finito gli studi avrebbe potuto
portare lei. Nonostante abbia finito solo il primo anno promette bene,
peccato.
Ma adesso nasconda il suo giocattolo” Jackson prontamente se
lo infilò in
tasca, dopotutto non era più grande di un telefono
cellulare. Pochi secondi
dopo si sentì bussare alla porta: “Scusi
professore, qui ci sono i fogli che mi
aveva chiesto. Mi scusi non sapevo che avesse ospiti”. Era
una ragazza mora,
con la coda di cavallo, maglietta raffigurante wolverine e jeans
lunghi,
nonostante il caldo. Non proprio magra, anzi più rotondetta
che secca, il
classico corpo mediterraneo da matrona romana, pensò Daniel
anche se non così
abbondante. Le piacque, il modo impacciato della ragazza, gli ricordava
lui una
ventina di anni prima, prima di passare dieci anni nell’SG1.
Aveva un che di
casual, di fuori dagli schemi ed assolutamente fuori moda. Posò le carte
sulla scrivania e poi si girò
per andarsene, ma esitò combattuta dalla sua naturale
timidezza. Alla fine fece
un profondo respiro ed in un inglese reso zoppicante
dall’agitazione chiese a
Daniel diventando del colore dei pomodori maturi:
“Le…lei è il professor
Jackson, vero? Quello della teoria della comunione delle
razze?” Daniel si
aggiustò gli occhiali sul volto simpatico e fece un sorriso
rassicurante: “Sì
sono io fa piace sapere di essere letti anche all’estero.
Molto piacere
conoscerla”.
Si alzò per
stringerle la mano ma appena si avvicinò il
“cellulare” che aveva in tasca
iniziò a scaldarsi a tal punto da bruciarlo. Fu un movimento
istintivo che lo
portò a mettersi la mano in tasca e lanciare
l’oggetto incandescente il più
lontano da sé. Ma questo una volta a terra iniziò
ad emanare luce e scaldarsi
ancora di più fino a lasciare una bruciatura nel prezioso
tappeto persiano.
Tutto questo non era durato che qualche secondo, non abbastanza da far
allontanare la povera ragazza che guardava con gli occhi spalancati
l’oggetto e
troppo pochi anche per farla spostare fuori dalla traiettoria del
raggio di
luce che la investì.
Si alzò a
fatica dal pavimento e vide davanti a sé il dottor Jackson
che la guardava
inginocchiato davanti a lei e Sorni che le stava versando un
po’ del suo
famigerato brandy che nascondeva nello stipo del suo armadio. Daniel le
passò
il bicchiere da cui lei bevve un sorso: “Cosa, diavolo,
è successo?” Una fitta
lancinante le perforò il cervello ma come era venuta se ne
andò via, non senza
averla lasciata senza fiato. Iniziò a tempestarli di
domande, ma invece di
risponderle i due la guardavano sorpresi. Il primo a parlare fu Sorni:
“Jackson,
sono pazzo o anche a lei questo sembra Antico?” Daniel
annuì: “Sì incredibile,
mi sono solo avvicinato e lei è riuscita a scaricare le
informazioni, senza
neanche concentrarsi- le prese il viso tra le mani- adesso
ascoltami…” Vedendo
il suo viso terrorizzato chiese a Sorni come si chiamasse di nome:
“Alice” “Alice,
ascoltami. Concentrati, separa i dati, ci puoi riuscire,
tranquilla” La
ragazza, gli fissò gli occhi, e piano piano si
calmò. Il respiro le tornò
normale e fu aiutata a sedere sulla poltrona di pelle in uno degli
angoli dello
studio. Jackson prese una sedia e la trascinò davanti a lei:
“Adesso riesci a
distinguere le idee che hai in testa?- e al suo cenno di assenso
continuò- sai
che cosa ti è successo?” la ragazza fece un
profondo respiro: “Sì so che
cos’è
il Tremigal” “Si chiama così?
Tremigal?” “Sì, si chiama
così dal nome del suo
inventore. La conoscenza che era contenuta nel Tremigal è
dentro di me, adesso.”
“Hai tutta la conoscenza degli Antichi?” Sorni si
asciugava con il fazzoletto
la fronte imperlata di sudore. La ragazza scosse la testa:
“No, è…come posso
dire…come se fosse un libro delle elementari,
c’è un pezzo della loro storia e
della loro lingua. L’avete trovato a Spirmit, cioè
in Antartide? Cosa diavolo
sta succedendo, ho conoscenze di un popolo che viaggia per lo spazio,
ma non ha
senso. Cosa diavolo sta succedendo?”
Sorni si chinò per raccogliere il Tremigal
ormai inutile avendo portato
a termine il suo compito. “Sei nei pasticci piccola Satriani,
ecco che succede”
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** II capitolo: Tornare a casa ***
Bene siamo al secondo capitolo, un
po’ più lunghetto dell’altro.
Da adesso in poi appariranno molti personaggi di entrambe le serie,
spero di aver colto nel pieno le loro caratteristiche. Se mi fate
sapere sarò più che felice di sapere
com’è andata. Tanti saluti e buona lettura. Ciauuu
II capitolo: Tornare a casa
Quello che il dottor Jackson le stava dicendo sembrava impossibile, ma
dopotutto lei aveva scaricato nel cervello la conoscenza di un popolo
vissuto più di diecimila anni prima, quindi cosa si poteva
ormai dire impossibile? Certo era sconvolgente venire a sapere del
programma stargate, che la città perduta di Atlantide in
realtà non solo non era un mito, ma era addirittura situata
in un’altra galassia e che su tutto questo incombeva il
massimo grado di segretezza che potesse esistere. Alieni, altre razze,
altre galassie, astronavi… Alice strappò di mano
a Daniel il bicchiere di brandy e lo buttò giù di
un colpo. “Segreto… non è che adesso mi
studierete come una cavia da laboratorio nell’aria 51, o come
diavolo si chiama, e poi mi ucciderete o mi rinchiuderete in un
manicomio, come in quei film sugli alieni da quattro soldi,
vero?” Daniel sorrise “Sai, tu piaceresti al mio
amico Jack. No, ma naturalmente dovrai venire con noi, non sappiamo
quali effetti potrà avere su di te il congegno
cioè il Tremigal, né quanto possa durare in te la
conoscenza. Vorrei che venissi con noi in Antartide per farti vedere
dai maggiori esperti di questo settore e per collaborare con
noi.” Lei sembrò pensarci un po’ su
“Io…insieme a tutte quelle menti?
Perché dovrebbero dare retta a una ragazzina di
vent’anni? A Spirmit? È necessario?”
Daniel annuì: “Sì, dobbiamo partire il
più presto possibile, questa sera sarebbe meglio. E poi
attualmente tu sei la maggiore esperta del più grande popolo
che sia mai esistito.- le sorrise- Coraggio, ti fidi di me?”
Lei si raddrizzò sulla poltrona: “Professore ho
detto di avere vent’anni non quattro, anche se ho ancora
alcune paure di quando ne avevo tre, per esempio le cose fuori
dall’ordinario” “Scusami, hai ragione. Ma
il problema è che o vieni con me, o ti verrà a
prelevare una squadra speciale facendo irruzione a casa tua.
Perché dovrò dire il motivo per cui il Tremigal
ha perso la sua energia” Alice ci pensò un
po’ “Va bene verrò con voi in Antartide,
ma non prima di dopodomani. Devo avvisare i miei e preparare le valigie
e…e…non prima di dopodomani”
“Per me va bene, naturalmente non dovrai dire niente ai
tuoi” “Naturalmente, dirò che il
professore Sorni mi deve portare ad un congresso all’estero
come sua segretaria. Sperando che se la bevano. I biglietti chi li fa?
E dove si prende un biglietto per l’Antartide?” una
ragazza pratica, meno male, pensò Daniel “Sono
venuto qui con un elicottero per venir a prendere il professor Sorni,
quindi useremo quello. Una macchina ti passerà a prendere
dopodomani alle quattro di mattina e ti porterà alla base
militare dove ci aspetta l’elicottero. Porta solo
l‘essenziale, l‘equipaggiamento te lo forniremo
noi.” Lei annuì di nuovo fissando la bruciatura
sul pavimento: “Devo essere pazza a fidarmi del primo venuto,
ma non ho altra scelta vero? Cielo sembro la protagonista di un film di
terz’ultima categoria!” Il professor Sorni
interruppe i suoi pensieri: “Quindi Jackson, se porta lei di
me non ha più bisogno?” Daniel annuì
“Per adesso sì, ma voglio sapere cosa mi dice
della squadra. In una settimana, Carlo, non di più”
Quando finalmente uscirono fuori era ormai sera. Si separarono, Daniel
salì su un taxi che lo riportò al suo albergo,
Sorni girò l’angolo e si trovò davanti
a casa sua, Alice prese i mezzi fece tutta l’ora e mezza di
tragitto scrivendo appunti sul suo quaderno, appunti che sperava
risultassero utili agli studiosi, per quanto riguardava lei sicuramente
l’aiutarono a non pensare in che cosa si fosse cacciata. La
cena a casa Satriani fu temuta da Alice come poche cose nella vita.
Mentre sua madre serviva il primo e c’erano i Simpson alla
tv, Alice attaccò, mettendo in pratica tutto il suo talento
per la recitazione: “Sentite ho una novità. Il
Prof. Sorni, quello di archeologia, sapete quello simpatico che abbiamo
incontrato quella volta al centro commerciale, ricordate?”
Sua madre si accomodò anche lei e disse: “Oh,
certo. Un po’ strano come uomo” il padre lo
ricordò anche lui: “Quello con il bastone dal pomo
d’oro, vero?” Alice annuì e sorrise:
“Bhè, sapete che gli faccio da segretaria da
quando la sua è in maternità. Deve andare ad un
congresso in…in…-perché non aveva
pensato prima ad un paese- in Guatemala- Guatemala? Ma era fusa?-
Sì, in Guatemala. E mi ha chiesto di andare con lui, per
accompagnarlo. Solo dovrei partire dopodomani, mi passerebbero a
prendere alle quattro. E altro problemino, non ci sentiremmo spesso
perché lì non penso che prenda molto il
cellulare. Vi chiamerei io quando posso, ecco” brava, bella
trovata quella del cellulare. I genitori, come Alice poteva prevedere,
erano contentissimi. Il padre gongolava in silenzio, la madre sprizzava
gioia da tutti i pori: “Oh, Alice, hai visto. Questo
è un grandissimo onore, per te che non sei neanche al
secondo anno. Finalmente hai superato le tue paure” La
ragazza si strinse di più nella tuta blu e azzurra
“A quanto pare, sì”
-------
Finalmente quella era l’ultima tappa in elicottero, dopo due
giorni di viaggio Alice non ne poteva più di rimanere con le
cuffie sulle orecchie e i piedi a chissà quanti metri di
altezza. Soffriva tremendamente di vertigine, era tesissima per quello
che le stava per accadere e si sentiva completamente fuori luogo.
Avevano fatto due soste ed entrambe le volte erano atterrati su una
portaerei militare. Odiava essere osservata, ma era inevitabile dal
momento che non si vedeva tanto spesso una ragazzina che sembrava
essersi perduta e che seguiva come un ombra il dottor Jackson.
Fortunatamente Daniel era un ottimo compagno di viaggio, aveva fatto di
tutto per metterla a suo agio, cercando di non farle sentire troppo la
pressione e cercando di evitarle qualsiasi tipo di domande. Tutto
sommato se non avesse avuto la sua fobia per il nuovo sarebbe stato una
bellissima avventura, per lei che non aveva provato molto durante la
sua breve esistenza. Le aveva raccontato delle migliaia di missioni e
pericoli che avevano affondato spiegandole tutto del progetto e delle
scoperte ottenute grazie agli stargate, facendole intendere che
dopotutto se era sopravvissuto lui, chiunque sarebbe riuscito a farcela.
Stava guardando fuori ormai da circa un’ora chiusa in un
silenzio ermetico, l’unica barriera tra lei e una crisi di
panico. Ormai sorvolavano l’Antartide, era uno spettacolo
magnifico, una landa ghiacciata, enorme. Il sole giocava col ghiaccio
accecandola pur con gli occhiali da sole. Si strinse ancora di
più nei suoi vestiti termici che le erano stati dati nella
sua ultima tappa, non erano male. Giaccone nero e blu con cappuccio
bordato da una soffice pelliccetta, guanti in coordinato e comodi
pantaloni, nonché, cosa che Alice adorava, forti anfibi
militari, introvabili normalmente di quel modello esatto. La voce di
Jackson che proveniva dalle cuffie interruppe i suoi pensieri:
“Cosa leggi?” Lei guardò il libro
abbandonato aperto sulle gambe, gli rispose senza sollevare lo sguardo
ma appuntandolo invece alla copertina consumata del libro
“Guerra e pace. È sempre stato il mio libro
preferito, pensavo fosse la cosa migliore da portarmi per
distrarmi” “Sai, mi ricordi tantissimo me quando
avevo la tua età. Andrà tutto bene, è
una splendida occasione per te” Lei gli fece un sorriso
esitante “Lo so e so di essere stata molto fortunata, ma
questo non ferma il mio nervosismo. Pochi giorni e mi
abituerò, sono solo i primi momenti a farmi una paura
bestia” “Spero che la nostra improvvisa partenza
non ti abbia messo nei guai con il tuo ragazzo” Lei
agitò la mano chiudendo il libro e riponendolo nello zaino
“No, nessun problema, anche perché sono,
fortunatamente, libera come l’aria”
“Davvero? Pensavo che quando hai voluto aspettare due giorni
fosse perché dovevi sistemare le cose col tuo ragazzo,
dirgli che partivi.” La ragazza rise, era la prima risata che
le sentiva fare, buon segno voleva dire che non era patologicamente
triste e preoccupata, ma timida sì, dal momento che mentre
gli rispondeva si chinava sull’anfibio destro per
riallacciare i lacci “No semplicemente è che mia
cugina aveva il suo primo concerto e le avevo promesso che ci sarei
stata. È stato uno spettacolo eccezionale e Lel ha fatto un
grandissimo numero. Sa, è come una sorella per me”
“Perché non mi dai del tu, Alice.”
“Va bene, Dottor Jackson” Lui scosse la testa.
Giovane, forse troppo giovane, ma ben presto si sarebbe fatta le ossa e
si sarebbe smalizziata, o così o la pazzia.
“Cos’è che ti ha spinto a studiare
archeologia?” Lei si voltò e questa volta lo
guardò in viso: “Oh, è una cosa che
sento dall‘asilo. Mia madre dice che sono stati i libri di
archeologia che leggeva mentre era incinta di me.
C’è anche da mettere in conto che
all’età di tre anni Indiana Jones è
stato il mio secondo fidanzato”
“Secondo?” il viso le si aprì in un
enorme sorriso sotto gli occhiali da sole “Certo, il primo
è stato Robin Hood, la volpe della Disney” stava
per continuare quando Daniel la interruppe indicandole una cupola quasi
invisibile tra il bianco del ghiaccio “Quella è la
base. Sotto metri e metri di ghiaccio c’è
Spirmit” Lei guardò quello spettacolo a bocca
aperta: “E’ magnifico. Mi sento come se fossi
tornata a casa, strano vero?” il suo compagno di viaggio le
mise una mano sulla spalla.
Erano appena scesi dall’ ascensore che li aveva portati a
Spirmit dalla superficie. Alice si guardò intorno,
l’avamposto era molto cambiato rispetto
all’immagine che aveva nella testa. Ora invece di Antichi i
corridoi ghiacciati erano pieni di scienziati con cartelline in mano,
impegnanti a studiare quel prodigio della tecnologia. Cavi, strumenti
di cui le era impossibile scoprire la funzione erano dappertutto. La
luce elettrica era l’unica fonte di illuminazione. Non fecero
molti passi che un uomo non più giovane, ma nonostante
questo molto affascinate venne incontro a Daniel “Scimmia
spaziale, ben tornato!” e i due si abbracciarono
“Jack che piacere rivederti, tutto bene?” Lui si
mise le mani in tasca e con sufficienza disse: “Oh,
sì a meraviglia Danny, a parte il dottor Beckett che voleva
farci fuori con uno dei droni degli Antichi” alla faccia
sbalordita di Daniel continuò “Oh tutto ok. McKay
voleva provare la sedia di controllo ed il dottor Beckett, che ha il
gene, ha perso un attimo il controllo. Per fortuna avevo con me un
bravissimo pilota. Maggiore Sheppard, si chiama. Bravo ragazzo ma deve
avere qualche problema con il pettine.- e si indicò i
capelli con un gesto della mano- Ah e, ciliegina sulla torta, questo
nostro splendido Maggiore ha anche il gene, pare ad una concentrazione
maggiore della mia, guarda un po’. Ha azionato la sedia solo
sedendocisi sopra, adesso gli stanno facendo i dovuti esami e una
overdose di informazioni, povero ragazzo. Mi piace, mi ricorda me ed il
suo stato di servizio lo prova. Questo è tutto Danny,
è bello essere tornato a casa, vero?” Alice,
sbirciava quell’uomo da dietro Jackson, aveva una faccia
simpatica, per la verità, ispirava fiducia al primo sguardo.
Lui la notò “Ehi, tu devi essere la bambina che ha
avuto la fortuna di essersi scaricata la conoscenza degli Antichi? Te
lo dico per esperienza, non è forte come il dottor Jackson
lo fa passare” Daniel fece le presentazioni “Alice
ti presento il mio buon amico Generale Jack O’Neill, Jack lei
è Alice Satriani” I due si strinsero la mano
sorridendosi “Bhè piccola, benvenuta in Antartide
e nel mondo degli stargate, vedrai impazzirai prima di mezzogiorno,
come tutti noi”
Ringraziamenti:
-Lel: Grazie, love, per avermi spinto a pubblicare questa mia follia
estiva e per avermi aiutato con il cognome della protagonista e con
tutto il resto, naturalmente. Un piccolo tributo per te Lel, per
ringraziarti e ricambiare. Un bacione enorme, proprio sul naso.
OHOHOHOHOHO!
-Najara: Ti ringrazio dal più profondo del cuore. Mi
rallegra che ti piaccia come scrivo, quando il mio stile è
stato definito “baroccheggiante”. Concordo con te
per quanto riguarda Daniel ed anche Sam. La Carter è una
scienziata di primordine e molto più saggia e brillante di
Rodney, solo che quest’ultimo, a mio parere, non ha gli
stessi giusti scrupoli, quindi è più propenso a
sperimentare ed armeggiare con i suoi congegni anche se potrebbero
risultare mortalmente pericolosi. Spero che questo capitolo ti piaccia
tanto quanto il primo e ancora grazie. BYE
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** III capitolo: Il Jolly ***
Greetings: È mezzanotte e
cinque minuti e io vi posto il
terzo capitolo. Perché a quest’ora? Non saprei
assolutamente, ma comunque era pronto e quindi… Bando alle
ciance. Leggete e se trovate errori fatemelo sapere. Che la forza sia
con voi e buona lettura
III capitolo: Il Jolly
Daniel fu raggiunto da uno scienziato in camice che si mise a parlare
fitto fitto con lui. Jack ne approfittò per scambiare due
chiacchere con la ragazza che aveva davanti: “Allora,
piccola. Non ti senti la persona più fortunata di questo
mondo? Avere la conoscenza di quei cervelloni degli Antichi, deve far
sentire dei geni.” “Per la verità mi
sento la persona più sfigata e stupida del mondo. Non
capisco nulla di quanto ho i testa, sono come un ripetitore automatico.
Metti la monetina e parto a dire cose che non so neanche se stiano in
cielo ed in terra senza poterle comprendere” “Ti
capisco, piccola. Avuto quella esperienza. Almeno tu riesci ancora
comunicare nella tua lingua. Mi è successo per ben due
volte. Ci si sente degli idioti, lo so. Ma tu questo non dirlo in giro.
Ho fatto il sedere a Rodney McKay perché adesso
c’è qualcuno più intelligente di lui e
che ne capisce di più di tutti questi giocattoli. Reggimi il
gioco, ancora per poco” “Certamente,
Generale” “Meglio Jack, piccola. Già
troppa gente mi chiama così” lei annuì.
“Va bene, ma lei mi deve promettere di dirmi come faccio ad
uscire da questo pasticcio visto che lei l’ha già
superato due volte” lui sorrise “Devi sapere che la
prima volta degli esserini alieni tutti nudi e grigi mi hanno aiutato e
la seconda volta sono rimasto congelato proprio qui”
“Quindi lei suggerisce di non seguire il suo
esempio?” Lui si girò verso Daniel, e togliendo
una mano dalla tasca ed indicando con il pollice Alice, gli disse:
“Sai, Danny, trovo simpatica la piccola, qui. Ha spirito e mi
sembra sveglia” la ragazza arrossì e Jackson
sollevando un attimo gli occhi dai fogli che stava esaminando gli
disse: “Bene, l’avevo sospettato. Allora non ti
dispiacerà accompagnarla dal dottor Beckett per gli esami,
io ho da fare qui. Ti dispiace, Alice?” “Non si
preoccupi, Daniel” “Bene, Jack te
l’affido, divertitevi” O’Neill le mise un
braccio sulle spalle “Da questa parte, pulce. Il nostro giro
panoramico inizia. Mi raccomando allaccia le cinture di sicurezza ci
potrebbero essere cervelli vaganti e sotto stress per non essere
riusciti a risolvere un problema. Roba da matti, sono tutti schizzati.
Io l‘ho detto a tutti questi pazzoidi che gli ci voleva
Carter, ma non mi hanno dato ascolto o Carter è molto
più furba di noi, cosa più probabile”
“Sì signore”
Attraversarono alcuni corridoi affollati di gente per poi passare di
sfuggita davanti ad una sala rotonda con una specie di trono in mezzo
“Gen…Jack quella è la sala di
controllo, vero?” “Certo piccola. Scusami se non ti
faccio dare una sbirciatina, ma in questo momento ci impereggia McKay e
non è consigliabile andarci vicino, soprattutto adesso che
irritato perché ci sono altre due persone che posso usare le
apparecchiature, mentre lui non può. Questione di geni, non
è abbastanza evoluto e questo lo manda in bestia.”
In quel momento si sentì una voce urlare: “No, no,
ti avevo detto il primo a destra e poi quello a sinistra. Se vuoi una
cosa fattela da solo! Levati sottospecie di scienziato”
“Meglio andare, pulce. Prima che ci scopra qui e ci
aggredisca” “Concordo”
Arrivarono alla stanza che era stata adibita ad infermeria
“Dottor Beckett, le ho portato un altro prodigio da
analizzare” Si fece avanti un uomo in camice bianco dalla
faccia tonda e simpatica “Eccomi, chi mi ha portato? Oh, tu
devi essere la ragazza che ha accompagnato il dottor Jackson,
vero?” lei stese una mano e si presentò:
“Sì, sono Alice Satriani. Molto piacere di
conoscerla dottor Beckett” lui gliela strinse:
“Piacere mio, Alice. Se ti vuoi accomodare sul lettino libero
ti faccio tutti gli esami di routine. Ci metteremo un po’.
Seguimi” O’Neill si accodò.
“Oh, Sheppard sei ancora qui?” Uno dei due lettini
era occupato da un militare che si stava facendo prelevare il sangue.
Doveva avere circa una trentina di anni, abbastanza alto, con i corti
capelli neri studiatamente in disordine. Alice non poté non
notare che il maggiore era un magnifico esemplare di uomo. Una fitta
alla testa le fece chiudere per un attimo gli occhi. Non
avvisò nessuno, dopotutto erano tre giorni che non dormiva
bene, inutile far preoccupare per nulla.
Quando la fitta passò sentì il Generale che si
rivolgeva ancora al Maggiore “Allora, la dottoressa Weir ti
ha parlato, quando l’ha fatto con me era tutta
entusiasta” lui si rimise apposto la manica della divisa per
poi massaggiarsi il collo mentre rispondeva: “Sì,
l’ha fatto. E la mia risposta è no”
“Non credo proprio. Ma ne parliamo dopo, quando mi porterai
via da questo freezer. Mi stavo dimenticando, lei è Alice
Satriani. Pulce, questo è il Maggiore John Sheppard, un
altro “evoluto” ” lui si girò
verso la ragazza che in quel momento si stava alzando la manica per
farsi prelevare il sangue dopo essersi tolta il giaccone.
Allungò una mano e le sorrise: “Io sono qui
perché pensavo che almeno in Antartide sarei stato
tranquillo, tu?” “Per la verità sei qui
perché sei finito sotto corte marziale per aver salvato un
tuo compagno disubbidendo agli ordini di un superiore,
Sheppard” la voce di Jack arrivò fino ad Alice che
alzò gli occhi dal tubicino che progressivamente diventava
sempre più rosso e li puntò in quelli azzurri del
Maggiore: “Consegnavo delle fotocopie riguardanti la denuncia
fiscale del mio professore” Jack si intromise:
“Andiamo ragazzi, mica è così male qui.
Il freddo mantiene giovane la pelle. Per te pulce non
c‘è ancora bisogno, ma, Sheppard, non si inizia
mai abbastanza presto a prendersi cura di sé
stessi” Alice rise ma non poté replicare
perché il dottor Beckett si mise ad armeggiare intorno a
lei. Mentre le controllava le reazioni delle pupille con una pila e
preparava la macchina per la tac disse agli altri due: “Il
maggiore Sheppard può andare. Generale non penso che ci
rivedremo prima della sua partenza, mi ha fatto piacere rivederla. E
lei Maggiore conoscerla” I tre si strinsero la mano. Jack
sconvolse i capelli ordinatamente intrecciati di Alice dicendole:
“Bhè pulce è stato un piacere
conoscerti, ci vediamo presto. Carson” “Arrivederci
Generale, anche per me è stato un piacere conoscerla, anche
lei Maggiore. Buon volo” Sheppard iniziò ad
arretrare, non vedeva l’ora di andarsene via da lì
e tornare ai suoi aerei ed alla sua velocità
“Grazie. Buona fortuna. Non penso avremo ancora occasione di
incontrarci.” Jack strizzò l’occhio ad
Alice “Io non credo proprio, non intendo accettare un no,
Sheppard. Buona fortuna, piccola, e non farti mettere sotto. Se
necessario, mordi”. I due se ne andarono lasciandola nelle
esperte mani di Beckett. “Brava persona il
Generale,vero?” Alice non poté fare altro che
annuire visto che aveva un bastoncino infilato in bocca.
“Vedrai, starai bene qui.”
Si stava rinfilando il pile blu, un’ora più tardi,
quando sentì una voce di donna provenire
dall’entrata dell’infermeria: “Carson? Ha
finito con le analisi?” lui sistemò accuratamente
l’ultima filetta di sangue nel porta provette:
“Venga Elizabeth. Ho finito. Finalmente lascio libera la
nostra ospite”. Una donna dall’aspetto deciso ma
comunque cordiale si fece avanti. Pile rosso, capelli corti mossi, una
quarantina d’anni, doveva essere la famosa dottoressa Weir,
precedentemente nel campo diplomatico, in quell momento a capo del
progetto Atlantis, secondo quanto il dottor Beckett aveva detto ad
Alice. La donna tese la mano alla ragazza: “Piacere di
conoscerti, sono Elizabeth Weir, responsabile del progetto”
Alice fece un piccolo salto per scendere dal lettino “Dai,
vieni. Ti faccio completare il giro, mentre ti spiego un paio di cose,
ti presento agli altri e ti faccio provare la poltrona”
Riattraversarono i corridoi fino alla sala di controllo dove un uomo
tarchiato e con la faccia paffuta e molto comica, anche se in quel
momento era rossa dalla rabbia, stava smanettando con ira su un tablet.
La Weir si avvicinò con cautela, per evitare qualsiasi
scoppio improvviso: “Rodney? Le presento Alice Satriani, sa,
la ragazza di cui ci ha parlato Daniel” Lui non
alzò neanche gli occhi dallo schermo “Oh,
sì,sì tanto piacere- poi sottovoce- ci mancava
solo questa una bambina tra i piedi, non bastavano questi
incapaci!” Elizabeth si voltò verso la ragazza
facendole segno di non badare agli scatti di rabbia di quel genio
“Cos’è successo McKay, questa
volta?” lui finalmente alzò la testa e con una
mimica assolutamente divertente rispose “E’
successo che questi inetti non capiscono quello che dico loro! Da
questa sedia, oltre ad azionare i droni si dovrebbe controllare ogni
cosa. Dovrebbe esserci un qualcosa come un pannello di controllo. Ma
questa gente dal super evoluto gene non è capace di niente
se non di far vedere la nostra posizione nel sistema solare.”
La donna incrociò le braccia: “Perché
non ha chiesto a Sheppard di farlo, ha attivato la sedia con molta
naturalezza” “Per il semplice fatto che quel tizio
lì mi è stato rapito dal Generale e da Beckett
prima che io glielo potessi chiedere” la Weir gli
indicò Alice “Facciamo provare a lei. Dovrebbe
sapere cosa fare, giusto Alice” la ragazza annuì.
Rodney si voltò verso di lei: “E tu chi
sei?” “Il Jolly” e con un po’
di esitazione si sedette sulla poltrona. Appena la toccò,
questa si attivò, inclinandosi indietro. Sapeva esattamente
cosa fare, lo aveva scritto nella mente, non ascoltò neanche
Rodney che cercava di chiederle di far apparire il quadro di controllo.
Chiuse gli occhi e intorno a lei apparvero le proiezioni dei comandi.
“Fantastico, c’è riuscita”
McKay era tutto concentrato a decifrare i valori che apparivano sul suo
schermo. Alice disse: “Illuminazione artificiale …
attiva” e luci bianche si accesero per tutto il perimetro
delle pareti. Qualcuno doveva chiamato all’auricolare la
dottoressa perché questa rispose: “Tranquillo,
dottore. Spegnete pure il generatore per le luci. Adesso è
attiva quella dell’avamposto. Ci saranno degli altri
cambiamenti non preoccupatevi, è tutto sotto
controllo” Intanto la ragazza continuava a maneggiare lo
strano materiale gelatinoso all’estremità dei
braccioli “Sensori a lungo raggio … attivi.
Nessuna astronave rilevata in tutto il sistema. Allarme di
prossimità … attivo. L’avamposto
è sicuro. Elicottero in allontanamento. Classe Sikorsky
UH-60 BlackHawk. Trasporta due persone, entrambe col gene. Sensori
interni … attivi. Sono presenti duecentocinquanta persone,
quarantasette delle quali possiedono il gene degli antichi, queste sono
rappresentati da puntini blu, gli altri sono rossi. Ora è
possibile comunicare tramite il sistema dell’avamposto.
Download delle informazioni … completato. Panino al
prosciutto e formaggio … pronto” Rodney
alzò la testa di scatto: “Davvero? Ho un piccolo
calo di zuccheri…” la poltrona si
rialzò ed Alice aprì gli occhi: “No,
scherzavo.” “Ma… ma è
fantastico, adesso abbiamo tutte le informazioni scaricate nei nostri
computer. Abbiamo la visuale del nostro sistema solare con i sensori, e
quella della base. Ed oltre tutto il consumo di energia è
diminuito del settanta percento. Ma è fantastico!”
La Weir incrociò le braccia: “Allora, ancora
sicuro che non abbiamo bisogno di questa bambina?” lui
cercò di smorzare il suo entusiasmo iniziale:
“Bhè, diciamo che semplicemente lei l’ha
fatto con più velocità. Ci sarei arrivato
comunque, ero sulla buona strada, è solo che Carson non
voleva collaborare” “Mmh, sì. Vieni
Alice, finiamo il giro”
Si erano fermate alla mensa per mettere sotto i denti qualcosa dopo
aver completato la visita alla base ed Elizabeth le stava parlando
della missione che intendevano fare su Pegaso “Sarebbe la
missione più importante della storia
dell’umanità. Il problema è che
l’energia richiesta per attivare il portale tra le due
galassie è immensa e potrebbe essere un viaggio di sola
andata. Ma siamo quasi certi che dall’altra parte riusciremo
a trovare un altro ZPM, per creare un altro ponte per fare una capatina
a casa, di tanto in tanto” vedendo la faccia perplessa della
ragazza seduta davanti a lei “Lo ZPM è la nostra
fonte di energia. Per i dettagli chiedi a McKay, ti
spiegherà tutto, quello che è importante
è che sviluppa una tale energia quanto nessun congegno
umano” “Oh, allora ho capito di cosa sta parlando.
Gli Antichi lo chiamavano in altro modo, ma penso che ZPM sia
più facile da pronunciare. Certo che sarebbe una cosa
fantastica portare a termine questa missione, ma capisco
perché alcuni siano reticenti a partire, il non tornare
più a casa non è una bella cosa. Nel database che
ho in testa di Atlantide c’è molto poco, a parte
che fu una spedizione per portare la vita in un’altra
galassia, nulla di più. Il Tremigal deve essere stato creato
quando ancora il progetto non era stato avviato. È
rischioso, ma sono sicura che riuscirà a trovare tutto il
personale che le serve, dottoressa” lei annuì. In
quel momento arrivò Daniel tutto trafelato:
“Cercavo proprio voi. Allora piaciuto il giro?”
“Sì, grazie Daniel. Qui è tutto
fantastico e strano” “Bene, bene. Ho saputo che hai
dato una mano a Rodney, adesso potresti dare una mano anche a me. La
miriade di dati che hai scaricato ha bisogno di una traduzione, con te
sarebbe molto più semplice” “Certo,
vengo subito, grazie dottoressa per il pranzo” e
seguì l’archeologo. La Weir, finché non
lasciarono la mensa, non staccò loro di dosso gli occhi,
sorridendo sotto i baffi e mormorando: “Ed un altro
è trovato, dovremmo essere al completo, così.
Certo Sumner non sarà molto contento.”
Saluti: Un grazie per tutti coloro che leggono questi capitoli.
Scrivere è bello anche se nessuno legge quello che scrivi,
ma se ci sono dei lettori…tutta un’altra cosa.
Quindi ringraziamenti a profusione. Per Najara e Lel farei anche degli
inchini stile giapponese, ma andrebbero persi dal momento che non
sarebbero visti da nessuno se non dal Synyster Gates appeso in camera
di mia cugina. Alla prossima allora.
|
|