(Mary) Sue me! di Pudentilla Mc Moany (/viewuser.php?uid=79480)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Di come la nostra eroina è certa che sarà un anno orribile ***
Capitolo 2: *** In cui la nostra eroina odia Al Potter. ***
Capitolo 3: *** In cui le pozioni stimolano la fraternità fra case. ***
Capitolo 1 *** Di come la nostra eroina è certa che sarà un anno orribile ***
FORMALITA’ INTRODUTTIVE DI RITO:
No, i personaggi non sono miei. Fossero miei, Sirius adesso sarebbe
alle Cayman ad evadere il fisco, ma sano e salvo e abbronzato e
bellissimo.
Appartengono tutti a
mamma Row, che dio la benedica, e il copyright è suo e dalla
regia mi dicono che è anche della Warner Bros.
E’ il mio primo
esperimento di long fiction, e il mio ingresso nel territorio vergine
del fandom di Harry Potter. E’ naturalmente ambientata dopo i
fatidici diciannove anni dopo; cinque anni dopo, in effetti, durante il
sesto anno dei frugoletti imberbi dei nostri eroi.
Che dire? Siate pure inclementi; in fondo, la nostra protagonista è una Mary Sue.
( Mary ) Sue me!
Capitolo primo: di come la nostra eroina è certa che sarà un anno orribile.
Respirò
l’aria densa del mattino a King’s Cross in una boccata acre
di fumo e fritto, e mentre si sollevava la sciarpa di Corvonero sul
naso non potè fare a meno di pensare che quell’anno
sarebbe stato orribile.
Era una congettura
all’apparenza del tutto ingiustificata, ma a ben vedere i segni
dell’Apocalisse c’erano tutti.
Faceva un freddo gelido
malgrado fosse solo il primo di Settembre, e l’aria era come
impregnata di pulviscolo impazzito, grigiastra di smog e puzzolente di
fumo dei camini –o di braci infernali, che poi agli occhi
della protagonista di questa storia sarebbe stata la stessa cosa.
Gli allievi del primo
anno sciamavano attorno ai genitori, quelli dell’ultimo
scrollavano le spalle di fronte ai consigli di madri sempre ansiose,
qualcuno esibiva la sua tintarella scoprendo un avambraccio con
lodevole incuranza del clima impietoso.
C’era l’aria
elettrica di quando sta per scoppiare il primo temporale dopo
un’estate torrida, quel sentore di pioggia che intorpidisce le
membra, rende la bocca pastosa e fa venir voglia di mangiare dolcetti
di zucca e leggere un libro di avventure. Che era esattamente quello
che la nostra eroina avrebbe voluto fare, se solo il dovere non
l’avesse chiamata a presentarsi al binario nove e tre quarti,
quella mattina alle otto, per offrire un altro anno della sua verde
gioventù in pasto al sistema scolastico del mondo magico.
Storse il naso
contrariata quando sua madre le stampò un bacio cremisi sulla
guancia, e sbuffò di puro dispetto quando il padre la strinse in
un abbraccio spaccaossa mentre ancora tentava di ripulirsi dal rossetto
della genitrice.
Gettò a entrambi
un’occhiataccia fulminante prima di afferrare la maniglia del suo
baule e incedere fra la folla con poca grazia e una gran copia di
esclamazioni stizzite, in direzione vagone.
Il fatto era, che Mary
Sue Dashwood riteneva che Augusta e Aginulfo Dashwood, gli autori dei
suoi giorni, fossero di gran lunga i peggiori genitori del mondo.
Era
un’affermazione imperativa, ma certo giustificata dal dato
inconfutabile del suo nome kitsch. E dal momento che suo fratello
maggiore si chiamava Gary Stu, bisognerà credere che i coniugi
Dashwood bazzicassero il Colmo dell’Ignominia con una costanza da
brivido.
Qualora
l’onomastica infelice dei genitori della Sventurata non fosse
ritenuta dai lettori di questa storia una circostanza bastevole a
giudicarli crudeli a sufficienza, bisognerà confortare la nostra
tesi precisando che la genetica aveva giocato un brutto tiro alla
nostra Mary Sue, che era secca, pallida e aveva l’aria arcigna di
una vecchia zitella.
Circondata da inglesotte
floride e indiane mozzafiato, costretta a subire il fascino sottile
delle orientali, spiccava per insipidità e malagrazia.
Indossava un paio di
occhiali da vista dalla montatura nera, enormi, senza i quali era quasi
del tutto cieca. Malgrado il primo giorno del primo anno le avessero
detto, per confortarla, che gli occhiali demodé fossero di gran
moda a Hogwarts, non le risultava che nessuno si fosse mai sognato di
inforcare quegli abominii di plastica pesante da babbana.
Aveva i capelli lisci,
sottili e di uno sgradevole color topo, e la frangetta le adombrava gli
occhi enormi e castani facendole assumere un’espressione
inquietante, intimidatoria.
Era acida e freddolosa e
bassa ed era piatta come una tavola. Era una per cui “curve
giuste al posto giusto” significa che su una strada di montagna
nessun gard rail ha ancora ceduto.
Camminava con la testa
incassata fra le spalle, gli occhi fissi a terra davanti a sé
per non inciampare e per non incontrare sguardi indesiderati: era una
solitaria; amava pochissime persone, e quasi la metà le
conosceva sin dal suo primo anno a Hogwarts. Solo con un po’ di
sforzo avrebbe confessato che, malgrado tutto, amava anche quei
genitori squinternati che la salutavano con la mano dalla banchina,
occhialuti e infagottati in verde e marrone.
Consegnò il baule
assicurandosi che lo posizionassero adeguatamente –conteneva
oggetti molto fragili, spiegò al facchino, e salì sui
gradini di lamiera che portavano al secondo vagone.
Era quasi confortata, e il puzzo abituale di nafta la rassicurava col calore di un’abitudine consolidata negli anni.
Una tacita convenzione
voleva che quello fosse il luogo designato alla prima riunione annuale
del gruppo sparuto di Corvonero di cui faceva parte, tre adolescenti
variopinti che erano un’estensione naturale della sua famiglia
quand’era a scuola.
Patrick, Lola e Thelma
erano stati selezionati durante lo smistamento, e Mary Sue ringraziava
ancora la fortunata coincidenza che l’aveva portata a sedersi
accanto a loro durante la sua prima, terrificante cena a Hogwarts.
Aveva scelto le ragazze
per i loro nomi aberranti, e aveva capito di essere loro amica quando
l’aveva ammesso in una confessione forzata e loro avevano riso di
gusto; mal comune mezzo gaudio, si dice, ma quel giorno le era sembrato
che il gaudio fosse completo.
Quanto a Patrick,
sarebbe stato impossibile non sceglierlo: era una checca irlandese dai
boccoli d’oro, e sull’Hogwarts Express l’aveva difesa
da un Malfoy in rotta di collisione. Quando se l’era ritrovato
accanto alla mensa di Corvonero, l’amicizia aleggiava in vapori
rosa nell’aria, e no, non è una citazione di Elton John.
La nostra eroina stava
appunto pregustando le tre ore di chiacchere e i dolcetti comprati a
credito e la risata di Thelma e i golf di angora di Lola e il profumo
dello shampoo di Patrick -che ti si attaccava addosso come un marchio
di infamia, e ti faceva sorridere, quando un’esclamazione
divertita pronunciata da una voce sconosciuta la fece sobbalzare.
La voce misteriosa proveniva dal secondo vagone, scompartimento numero uno.
Si trascinò
gemebonda verso la porta, sul volto l’espressione incredula e
affranta di chi non vuole credere a un dato irrefutabile. Quando scorse
le sagome dei suoi amici più quella di un estraneo attraverso il
vetro, dichiarò a se stessa -ed era già la seconda volta,
quella mattina- che quell’anno sarebbe stato orribile.
Deglutendo pesantemente, fece scorrere la porta a vetri.
<< Mary Sue! >>
Un falsetto giubilante
precedette l’apparizione fra le sue braccia di un delizioso
ometto fasciato in un cardigan blu nel momento stesso in cui
varcò la soglia di quell’inferno familiare, di quella
Caina in cui i traditori affondavano in plaid patchwork fino al collo,
ruminando biscottini e salutandola allegri.
Abbracciò Patrick che la abbracciava solo perché era proprio impossibile non
corrispondere il suo affetto tenero e irruento dopo un’estate di
soli contatti cartacei, ma si guardò bene dal dispensargli la
solita profusione di effusioni, che sostituì con
un’occhiata penetrante. Quanto alle ragazze, evidenziò la
sua perplessità con un inarcarsi dubbioso delle sopracciglia,
che accompagnò a un ringhio gutturale. In quella scena
toccante di ricongiungimento, l’ospite fu ignorato bellamente per
almeno una manciata di secondi.
Per correttezza nei
confronti della nostra eroina, bisogna dire che non era suo costume
esibirsi in quelle scenate da mastino idrofobo.
Al contrario, andava
fiera del suo contegno educato e della sua educazione irreprensibile.
Non rispondeva male ai professori e obbediva ai suoi genitori, e non
litigava mai a meno che non ci fossero dei seri motivi per farlo.
Insomma, era una personcina piuttosto equilibrata, e per nulla al mondo
si sarebbe sognata di trattare male qualcuno per il semplice fatto di
esistere.
Il punto era che il qualcuno che quel giorno veniva a turbare la pace idilliaca del suo quadretto ideale non era un qualunque signor nessuno.
Albus Severus Potter, prefetto di Grifondoro che se ne stava seduto accanto al finestrino a succhiare una caramella, era popolare.
Popolare, nel mondo di Mary Sue, significava guai.
Popolare era una persona
circondata da un nugolo di amicizie superficiali, così distante
dal suo mondo di affetti pacati da essere quasi un alieno, un abominio
che avrebbe fagocitato il suo piccolo gruppo rassicurante e
l’avrebbe ridotto a un satellite della sua galassia.
Mary Sue non aveva
niente di personale contro Albus Severus Potter, che non conosceva se
non per le sue prodezze a quidditch e per il suo padre ingombrante, ma
quel giorno sentì di odiarlo con tutta la violenza del mondo,
perché era venuto lì per corrompere il suo spazio sacro.
Così, quando quello sollevò una mano per salutarla, con
un bel sorriso aperto e la coda di un verme gommoso che gli penzolava
dal lato della bocca, si guadagnò per tutta risposta uno
“ciao” strozzato, e come se non bastasse
l’espressione della giovane Corvonero, che era quella di una che
gli avrebbe volentieri staccato la testa a morsi, bastava da sola a
smentire le minime tracce di calore che solo un’anima candida
come lui avrebbe potuto scovare in quel saluto laconico.
<< Che ci fa lui
qua? >> Sussurò Mary Sue all’orecchio di Lola senza
premurarsi troppo di dissimulare il fastidio, dopo essersi accasciata
al posto di fianco al suo, sulla diagonale opposta
dell’Arcinemico.
<< Oh, era da solo,
e poi è-insomma, è Potter. >> Biascicò
confusa la ragazza, scuotendo la testa veementemente in uno
sbatacchiare di ciocche scure.
<< Questo lo so
benissimo da sola, grazie. Oltre alla volgare evidenza del suo nome di
famiglia avete anche raccolto informazioni sulla sua rendita, in mia
assenza? >>
<< Direi che stai esagerando. In fondo, è uno studente come un altro. >>
Malgrado la lodevole
diplomazia di Thelma, la nostra protagonista non doveva essere
particolarmente bendisposta verso le giustificazioni, quel giorno. La
interruppe con un altro bisbiglio, stavolta accuratamente calibrato per
raggiungere le orecchie di Potter.
<< Non vedo cosa possa farci qui, dal momento che non è un Corvonero. >>
<< Mai sentito
parlare di fraternità fra le case, Dashwood? >> Fra le
caratteristiche dei Grifondoro doveva esserci anche l’orecchio
fino, perché la risposta fu tempestiva e irridente.
<< Non mi pare che
durante l’ultimo incontro di Quidditch dell’anno scorso tu
ti sia dimostrato molto fraterno, Potter. >>
<< In guerra e in amore tutto è lecito, Dashwood.>>
<< Ma in pace bisogna rispettare le regole. Ci puoi stare, qui? >>
<< Essendo un prefetto, direi che posso fare tutto quello che mi pare. >>
Bisognava riconoscere
che il Grifondoro aveva opposto all’imbeccata di Mary Sue
un’argomentazione schiacciante. Nel mondo del quidditch si
sarebbe detto, e non a sproposito, che il punteggio era uno a zero per
Potter.
Quanto a lei, si mosse
un po’ sul sedile, come se improvvisamente fosse diventato motlo
stretto, incrociò le braccia al petto e si rifiutò di
parlare con quei traditori. Se non urlò al sabotaggio fu solo
perché Thelma ebbe il buon cuore di rimboccarle la coperta e
imboccarla di salatini al formaggio, e allora si limitò ad
estrarre un tomo enorme dalla sua tracolla sdrucita, al di sopra del
quale si premurò di gettare occhiate assassine a Potter in
risposta al più pallido tentativo di conversazione.
<< Per farla breve, oserei dire che la manovra centodiciassette bis ha sortito i suoi effetti. >>
Aveva la voce impastat
dalla sigaretta pesante fumata sulla banchina, e i capelli biondi,
liscissimi, gli ricadevano sulle tempie diafane mentre incedeva sicuro,
facendo dondolare fra le dita sottili un bastone da passeggio di lacca
nera.
<< Hai penetrato il vallo? >>
L’amico gli si affiancò con un ghigno, e aveva labbra piene e gli occhi di un verde brillante.
Entrambi portavano lo
stemma di Serpeverde sui risvolti delle giacche di buon taglio, e
entrambi avevano l’aria di saperla lunga, e quella classe un
po’ torbida del dandy snob.
<< Quasi. Abbiamo
stipulato un trattato di non aggressione. >> Ammise il biondo,
esaurendo l’argomento in un arricciarsi sdegnato delle labbra
pallide. << Ma è pur sempre un progresso. Come è
andata la tua annessione? >>
<< La mia
annessione è stata molto piacevole, grazie. Ma amice, tu mi
preoccupi. La Polonia non ha ancora ceduto, e mi chiedevo se ciò
non avesse per caso affetto la tua salute mentale. Mi chiedevo se il
tuo sex appeal non stesse per caso…>>
Un colpo di bastone ben
assestato su un polpaccio abortì le congetture dell’altro,
che si esaurirono in un rantolo sordo.
<< Caro mio, non
hai forse fiducia nel sottoscritto? Il mio sex appeal è
immutato. Quella che vedi è una macchina dell’amore.
E’ che la Polonia è troppo-scontata, perché mi
impegni seriamente. >>
<< E’ singolare che una conquista così scontata ti crei tanti problemi. >>
<< Non fare basse insinuazioni, Flegias. Posso ancora avere qualsiasi donna a Hogwarts. >>
<< Oh, lo credo
bene. Ma saresti pronto, giusto per scherzare fra di noi, a- non so,
supportare la tua dichiarazione? Voglio dire, potresti dimostrarmelo
accettando una piccola scommessa. Divertendoti anche, mettendoti alla
prova con una seduzione difficile. >>
<< Ti seguo, Houdini. >>
Flegias Houdini,
Serpeverde del sesto anno, prefetto di Hogwarts, eletto
all’unanimità secondo uomo più sexy di Serpeverde,
si fermò a pochi passi dalla porta del primo scompartimento del
secondo vagone dell’espresso di Hogwarts. Fece un cenno
d’intesa al compagno, poi si appoggiò con una spalla
contro la parete. << Là dentro. >>
Il ragazzo pallido si appostò dietro di lui, spiando dai vetri doppi un po’ appannati.
<< Dovrei sedurre Potter? >> Berciò scandalizzato, il gomito sollevato, pronto a colpire.
<< Guarda meglio.
>> Lo corresse l’altro, la voce carezzevole; era molto
credibile, nel ruolo di tentatore. Fece un cenno col mento verso una
ragazza castana seduta sulla poltrona di fronte al prefetto di
Grifondoro, che in quel momento stava intraprendendo un’animata
conversazione con quel finocchio di Patrick O’Malley. <<
Dashwood la frigida,Corvonero, sesto anno. Purosangue, vergine,
bisbetica. Tu la domi, io sgancio i quattrini. >>
<< Cento galeoni? >>
<< E cinque falci se te la fai entro il semestre. >>
<< Quello che mi
piace di te, Houdini, è proprio questo: la disponibilità
suicida a pagare cifre folli unita a un linguaggio molto elegante.
Accetto, per l’onore di Serpeverde e per la gloria della mia
famiglia. Io trasformerò questa-questa cosa rozza e occhialuta,
questo materiale grezzo, in una vera donna. Non è una scommessa,
tienilo bene a mente: è una missione, e io sono il sacerdote
della Bellezza. Ce la farò. >>
<<
Sacerdote della Bellezza un piffero. Non saresti credibile come
ecclesiastico; le gonne ti donano pochissimo. >> Si voltò
verso il biondo e sorrise, e gli tese la mano. << Ad ogni modo,
è un piacere fare affari con lei, Signor Malfoy. >>
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Capitolo 2 *** In cui la nostra eroina odia Al Potter. ***
mary
DOVEROSE PRECISAZIONI DI INIZIO CAPITOLO: Il copyright non è mio. Ed è un vero peccato.
La nota introduttiva include una richiesta di perdono. Lo so, non ho
aggiornato. E' stata una mancanza di rispetto imperdonabile nei vostri
confronti. Il punto è, che ho avuto una serie di problemi che
non sto qui a raccontarvi; essendo io incapace di fare due cose
contemporaneamente, non potevo fare chiarezza dentro me stessa in
contemporanea alla stesura di questa storia.
Dal momento che adesso ho ritrovato il mio equilibrio psicofisico
(sempre ammesso che ne abbia mai avuto uno), e dal momento che la
clausura pre-esami mi obbliga a una vita da reclusa, immagino che
aggiornerò molto più in fretta. Ci si vede in fondo alla
pagina!
( Mary ) sue me
Capitolo due: in cui la nostra eroina odia Al Potter
<< E’ assolutamente ridicolo, Thelma… >>
Mary Sue
attraversò l’arco rampante dell’ingresso alla sala
grande con un gesto stizzito e l’aria scontenta, il mantello
nuovo ruvido contro le gambe scoperte e violacee di lividi distratti.
<< Gli piaci.
>> L’amica le diede di gomito cantilenando, e aveva il
sorriso enfatizzato da fossette adorabili e gli occhi lucenti di
entusiasmo e i riccioli scuri e scarmigliati e soffici. E Mary Sue era
certa che a lei il mantello nuovo non pungesse affatto, per il semplice
fatto che Thelma Babbington era una specie di meraviglioso angelo
benvestito e beneducato, e cose del genere a quelle come lei non
succedevano.
In effetti, non passava
giorno che Mary Sue non si chiedesse per quale assurdo motivo quella
ragazza alta, magra, bella e proporzionata avesse deciso di scendere
dal suo empireo pivato e posare gli occhi su di lei, comune, goffa
mortale, il primo Settembre di qualche anno prima.
Thelma Babbington era
l’immagine della perfezione. Fonte di massima frustrazione e
ricettacolo del suo affetto più imprevisto, era una così
cara ragazza, ed era la cercatrice della squadra di Quidditch di
Corvonero, un ruolo delicato che richiedeva leggerezza aerea e che
sembrava fatto apposta per lei, così distante dalle orrifiche
mazze da battitrice fra cui lei si barcamenava.
Thelma era brava a scuola e aveva una bella grafia, ed era tanto meravigliosa da mettere in ombra l’orrore del suo nome.
Mary Sue aveva sentito
Patrick parlare di quella coppia di comici babbani, Stanlio e Ollio, e
si era detta che l’impressione che lei e Thelma dovevano dare
quando camminavano fianco a fianco fosse più o meno la stessa:
erano due opposti convergenti per magnetismi ignoti, e l’effetto
era quello di una strana parodia di amicizia.
Però funzionavano.
<< Thelma.
Ascoltami. Se Al Potter si è degnato di scendere nei nostri
bassifondi impopolari, se l’ha fatto perché era
interessato a qualcuno e non per il semplice gusto di infastidirci e
guardarci dall’alto in basso, sta’ pur certa che è
te, che braccava.>>
<< Ogni tanto potresti anche piantarla di parlare come un libro stampato.>>
Un risolino acuto la
fece sobbalzare, provocandole un sogghigno involontario. Poi si riebbe,
e affibbiò uno scappellotto a Patrick, che si era come
materializzato alle loro spalle con l’aria fiera e il maglione
decorato da quelle strane spillette babbane con le immagini fisse.
<< Secondo me è tipo una barriera. Cioè, tu non ti vuoi proprio fare capire.>>
Il commento new age e
quasi corretto che giunse a sottolineare quanto detto da Patrick fu
quasi esalato dalla vocetta flautata di Lola Lovegood-Longbottom, i cui
genitori dovevano avere una vera passione per l’allitterazione, e
che aveva il musetto da animale stralunato nascosto sotto strati di
lana eco di alpaca sputasentenze tibetano.
<< Sì,
Lola. Perché sono una sociopatica paranoica, d’accordo? E
voi non esistete; vi ha fabbricati il mio cervello perché
potessi non sentirmi troppo sola nelle lunghe notti
invernali…>>
<< Teoria
affascinante ma poco coerente. Non si spiegherebbe perché nelle
lunghe notti invernali Patrick tenda a dileguarsi per sgusciare nel
letto di Castor Belmont.>> L’affermazione semi-categorica
di Thelma pose fine a una conversazione che minacciava di volgere al
brutto, e ebbe il pregio di una sincronia quasi perfetta con
l’arrivo dell’antipasto.
La gelatina alle more
del dessert ondeggiava già sui piatti di porcellana quando il
preside percosse il parquet con uno zoccolo, sollevandosi piano dal
giaciglio che gli era stato preparato al posto centrale del lungo
tavolo dei professori.
L’attenzione si
spostò su di lui con l’acquietarsi del brusìo
generale, e Mary Sue non potè fare a meno di pensare che
Fiorenzo –senza cognome, perché era un centauro-, il cui
accesso alla cattedra di preside aveva fatto tuonare i benpensanti e
salutare gli altri all’alba di una nuova era, quel ruolo ce
l’avesse nel sangue.
<< So quanto poco
vi piacciano i discorsi di benvenuto, e spero teniate ben presente che
nemmeno io vi sono particolarmente devoto. Cercherò di essere il
più breve possibile.>>
Alcuni Serpeverde
ridacchiarono, altri accennarono a un applauso. Flegias Houdini si
tamponava gli angoli degli occhi con un tovagliolo bordato di verde,
provocando l’ilarità un po’ civetta di una bionda
poco distante.
<< Vorrei prima di
tutto augurare un buon anno scolastico agli studenti del primo anno, e
ricordare loro che chi non osserverà diligentemente le regole e
le consegne dei compiti sarà vittima di una violenza
inaudita..>>
Pausa di terrore che
vibrò nella sala ammutolita, prima che il magnanimo professor
Ruf si decidesse a prorompere in un risolino isterico, contagiando
l’intera sala grande.
L’umorismo quadrupede non era sempre ben comprensibile.
<< …Agli
studenti più anziani dico Bentornati. Mi sembra inoltre
opportuno rendervi partecipi di un cambio nell’organico dei
docenti, che ad ogni modo avrete di certo notato.>>
In realtà non
l’aveva notato nessuno; erano tutti troppo impegnati a
chiaccherare animatamente, passarsi il burro e parlare con la bocca
piena delle ragazze conosciute durante l’estate, ma
l’assenza del professor Vitious si fece palese quando la mano di
Fiorenzo si allargò in un gesto ampio, sottolineando la presenza
dell’uomo esile seduto al fianco di Anita Draculia, colei che con
i suoi cinque anni in cattedra era l’insegnante Difesa contro le
arti oscure più longeva della storia di Hogwarts.
Semioscurato dalle forme procaci della vampira rumena, stava un piccolo uomo cinese.
Vestito
all’occidentale, era giovane ma di una gioventù senza
tempo; aveva gli occhi lucidi e vivissimi, e sembrava scrutare la sala
come se non vedesse i singoli volti: coglieva la totalità, in un
modo strano e però quieto.
Portava occhiali
sottili, ovali e dalla montatura dorata, e i capelli lunghi e lisci,
lucentissimi, erano raccolti in una coda bassa e ordinata che gli
scendeva dolcemente lungo la schiena. Aveva il pizzetto come i saggi di
quelle xilografie cinesi, e quasi ci si aspettava che da un momento
all’altro tirasse fuori un gong e cominciasse uno spettacolo
acrobatico.
<< Come certo
alcuni di voi sapranno, il Professor Vitious ci ha lasciato
improvvisamente durante l’estate…>>
Altra pausa imbarazzata
sottolineata da qualche scoppio di singhiozzi, prima che il buon
centauro si decidesse a concludere la frase.
<< …Per
dedicarsi interamente al sogno della sua vita, la redazione degli
annali di Hogsmeade dal 1238 a oggi.>>
Sospiro sollevato dell’intera sala grande e occhiataccia della professoressa Draculia.
<< Al suo posto,
vi prego di dare un caloroso benvenuto al professor Fang Liu, il vostro
nuovo insegnante di incantesimi!>>
Il piccolo uomo cinese
si alzò lentamente e fece un sorriso cortese, rivolto
metà a Fiorenzo e metà alla sala. Si inchinò
rispettosamente con le mani giunte davanti a sé, e malgrado
tutti si aspettassero un discorso si limitò ad arricciare il
naso in silenzio.
Rimase fermo a guardarli
fisso per un paio di estenuanti minuti, e solo quando un paio di
Grifondoro presero a schiarirsi la gola e dal tavolo dei Tassorosso
prese a levarsi un applauso di incoraggiamento, solo allora qualcosa
successe.
Una puzza come di zolfo
si siffuse nell’aria profumata di stufato e patate al forno, e le
gelatine nei piatti di studenti e professori lievitarono e levitarono.
Presero a girare vorticosamente su se stesse diffondendo il panico in
sala, e dopo essersi gonfiate come enormi meduse scoppiarono a
mezz’aria col rumore tipico e allegro dei fuochi
d’artificio. Ricaddero sui tavoli in fiocchi leggeri e
impalpabili di zucchero a velo viola, catalizzando l’attenzione
mentre nei piatti apparivano dolcetti tondi e fragranti.
L’applauso questa
volta fu generale e colmo di approvazione; scrosci di mani e di risa si
diffusero virulenti fra i tavoli, e presto il nome del professor Fang
fu sulla bocca di tutti, insieme ai suoi pasticcini al loto.
L’oggetto di tanta
ammirazione, per tutta risposta, si inchinò nuovamente e sorrise
e riprese posto fra la professoressa Draculia e il professor
Longbottom, la prima che scuoteva la testa di fiera disapprovazione e
il secondo che prendeva a stringergli calorosamente la mano, mentre
l’altra esibiva ancora un pollice sollevato in direzione della
figlia.
Pochissimi ci fecero
caso, ma Mary Sue notò che il professor Fang aveva un’aria
molto dolce, qualcosa che faceva pensare all’innocenza. Non
c’era traccia di cinismo nel suo sorriso, e la ragazza sorrise a
sua volta e non si accorse che il suo sguardo era stato intercettato da
Al Potter, che le fece l’occhiolino e sicuramente pensava che
fosse una scema.
Avvampò e
tuffò il naso nel suo dolcino, e per tutta la conclusione della
cena –che per fortuna volgeva al termine- non la si sentì
più dire una parola.
<< Io odio Al Potter.>>
Quando Lola
riuscì finalmente a cavarle una parola di bocca, fu tutto quello
che ebbe a dichiarare circa il suo mutismo momentaneo.
Si erano arrampicati
sulla torre di Corvonero subito dopo cena, e dopo giubilanti momenti di
chiacchere assortite nello splendore della sala comune avevano preso la
saggia decisione di chiudersi nel dormitorio femminile, Patrick
incluso, perchè Mary Sue era sparita poco dopo l’incidente
del dessert e non poteva che essere lì.
Come da programma
l’avevano trovata sul letto, rigida come uno stoccafisso e con le
braccia incrociate sul petto a fissare il tetto, e dopo numerosi,
inutili tentativi di rianimazione Lola aveva deciso per la tortura e
aveva preso a solleticarla insistentemente, cosa che aveva appunto
indotto Mary Sue alla chiarificante affermazione di cui sopra.
<< Mi sembra una novità essenziale.>>
Fu il commento della ragazzetta esile ancora accovacciata su di lei.
<<…Credo
che gli piaccia.>> Questa era Thelma, che si limava le unghie sul
pavimento con la schiena appoggiata al letto. E proprio quando
Mary Sue stava per prorompere in una piccata difesa della sua
inaccessibilità al genere maschile, fu Patrick a rompere il
silenzio, un flacone di smalto rosa in una mano e uno blu
nell’altra.
<< Ma questo
è assolutamente impossibile. Ha detto a Ron Cowen, che ha detto
a Cumberlaine Harris, che ha detto a Castor che ha detto a me... >>
E qui ci fu una pausa perché il congestionato Patrick
riprendesse fiato. <<…Che non avrebbe mai, mai chiesto a
Mary Sue di uscire nemmeno per tutto l’oro del mondo.>>
<< Io odio Al Potter!>>
Stavolta il coro fu collettivo, e in contemporanea.
Come avrete notato, in questo capitolo non succede assolutamente nulla.
Ad ogni modo, c'erano
personaggi che mi faceva piacere farvi conoscere. Nel caso vi steste
chiedendo che fine abbia fatto la timeline ufficiale... Beh, vi
confesserò che sono un'inetta.
Non sono bravissima a
fare ricerche su internet; fondamentalmente sono quasi convinta di non
aver scritto nulla che fosse in contrasto con la linea del tempo
semiufficiale del lexicon; nel caso ci fossero errori, potete scegliere
di fare uno sforzo di gentilezza e ometterli o di fare uno sforzo di
onestà e farmeli sapere, così che possa porvi rimedio.
Grazie mille!
Procedo qui sotto a
rispondere ai commenti, come vuole il rituale (e poi perchè mi
fa spudoramente piacere che abbiate letto questa cosa °w°).
DiraReal:
Troppi complimenti potrebbero causarmi un bug ai circuiti-davvero.
Più ch montarmi la testa, mi eplode, proprio. Sono lusingata, e
credo di averti già detto che essendo la scrittrice meravigliosa
che sei, non posso che essere ancora più onorata. Posso
approfittare di questa sede per scusarmi del ritardo nel leggere e
commentare la tua fanfiction? Mi è rimasta in sospeso, ma
colmerò presto il vuoto! °w°
Angel666:
Sono contenta che la trovi originale! E sono contenta che tu abbia
apprezzato il tentativo di ironia. Spero che resterai con noi, anche se
no, non ho aggiornato in fretta ç__ç
altovoltaggio:
Credo che il tuo sia il complimento migliore che si possa fare a
un'aspirante scrittrice. Non hai idea, avrò riletto il tuo
commento tre volte prima di convincermi che no, non avevo capito male.
°3° Inoltre mi fa piacere che tu abbia considerato la storia
banalotta: era il mio intento primario, in realtà! No, non mi
sto arrampicando sugli specchi. E' che speravo che avesse quel sapore
un po' speniserato delle commedie tipo My Fair Lady. Inoltre, la trama
è un omaggio spero non così vago a un certo romanzo di
una certa Jane Austen, che è inevitabilmente l'archetipo delle
commedie romantiche, e-e beh, questo. Spero che sarai di nuovo qui a
commentare; ci tengo davvero al tuo parere.
Un grazie, grazie di cuore a tutti gli ammiratori (?) nell'ombra, a chi segue e a chi preferisce: mi fate felice! °3°
(DiraReal merita una
menzione speciale in quanto mia salvatrice. Uso Nvu, ma avevo
dimenticato di controllare tutti gli errori di battitura. Come tutte
sappiamo, le parentesi uncinate senza spazi eliminano il loro stesso
contenuto, e-beh, ecco spiegato il motivo. Grazie mille per avermi
avvertita! Spero che non ci siano più imbarazzanti imprevisti.
Ehm, ecco a voi il secondo capitolo, reloaded.)
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Capitolo 3 *** In cui le pozioni stimolano la fraternità fra case. ***
mary
DISCLAIMER:
Non sono miei, non sono miei! O meglio. I personaggi belli e i luoghi
ben descritti sono di mamma Row. Quanto al resto, beh, suppongo che sia
opera mia.
Becatevi questo! Direi
che sto migliorando coi tempi dei post, e direi anche che la storia
forse, forse comincia a delinearsi. Ci vediamo sotto!
(Mary) sue me!
Capitolo tre: in cui le Pozioni stimolano la fraternità fra case.
Le prime due settimane
di scuola erano passate in quell’incredulità canonica di
quando si viene catapultati nella routine dopo tre mesi di letture al
sole e frullati gelati.
Avevano portato via con
sé l’estate e tutti i racconti; quando si torna a scuola,
già una settimana dopo è chiaro per tutti che
l’estate non è mai esistita.
Il freddo gelido e
insolito era digradato in un tepore più propriamente
settembrino, un caldo un po’ impastato che rotolava verso
l’Autunno con le ultime gocce di pioggia del pomeriggio, e tutti
si erano adeguati a quel clima clemente presentandosi in lezione in
maniche di camicia, e approfittando dei rari momenti di sole per
stravaccarsi sull’erba del prato davanti al lago.
Mary Sue non faceva
eccezione a questa regola. Le maniche arrotolate sugli avambracci e i
capelli raccolti in una crocchia un po’ rigida da vecchia
istitutrice, caracollava per i corridoi sotto il peso di una tracolla
colorata che tintinnava di boccette e flaconi. Era in anticipio per la
lezione di pozioni, e si stava prendendo il suo tempo, camminando un
po’ svagata nella perfetta solitudine dei corridoi freschi che
portavano ai sotterranei; stringeva al petto tre o quattro grossi
volumi che il professore le aveva prestato per l’estate, e che
aveva puntualmente divorato in una settimana.
Pozioni era la sua
materia preferita; persino doverla frequentare da sola non le
dispiaceva, dopo che i suoi amici si erano categoricamente rifiutati di
proseguire uno studio così complicato e inutile e-e
maleodorante, sì, dopo i G.U.F.O.
Quanto a lei, si era
meritata una O e l’approvazione generale, e un articolo sulla sua
brillante esecuzione della Pozione Inibisciacne sull’Urlo di
Hogwarts, che poi era il giornaletto della scuola e la redattrice era
Lola e non c’era così da stupirsi.
Tutti, o meglio, tutti
quelli che avevano avuto l’onore di essere informati dei suoi
piani, sapevano che dopo la scuola avrebbe seguito un master in Cina
per studiare con i migliori alchimisti del mondo, e poi sarebbe
diventata un’autorità in quel campo e chissà-magari
avrebbe potuto insegnare a Hogwarts, come il famoso Severus Piton e
come il professor Mjollnir.
Stava appunto vivendo
nella sua testa il momento di gloria in cui Fiorenzo la presentava agli
alunni con un gesto ampio del braccio e un sorriso stentato, quando un
forte colpo alla spalla interruppe il suo discorso di benvenuto, un
accorato elogio dell’arte sottile delle pozioni.
Perse l’equilibrio
e lo riprese, ma un tonfo secco la avvertì che i libri del
professore erano rovinati a terra, scompaginati e miserrimi ma
miracolosamente intatti. Si lasciò sfuggire dalle labbra
un’imprecazione, a prescindere; poi lanciò
un’occhiataccia supplementare alla saetta bionda che
l’aveva travolta.
La saetta in questione
l’aveva superata, incapace di frenarsi nella sua folle corsa. Poi
doveva avere sentito il tonfo anche lui, perché si era bloccato
come congelato, e poi si era voltato verso di lei con un’aria
solerte e un’implorazione di perdono scritta negli occhi grigi.
Si era inginocchiato e le aveva sorriso, e a Mary Sue si erano
appannati gli occhiali.
La saet-Scorpius Malfoy,
visto da vicino, aveva il sorriso più bello del mondo. E Mary
Sue era appunto intenta in queste amene considerazioni quando la mano
di lui sfiorò la sua casualmente, nel porgerle Pozioni mediche: gotta, emorroidi e altri orrori.
Il tremito lieve fu d’obbligo, così come un
borbottìo di scuse che altrimenti non le sarebbero mai sfuggite.
Contro ogni aspettativa,
Scorpius le sorrise ancora: probabilmente voleva punirla con un infarto
per quel suo atroce peccato di essersi trovata sulla sua strada.
<< Scusa. Temo di non aver calcolato bene le distanze fra te e il muro. Probabilmente sono solo ingrassato…>>
Mary gli perdonò
l’assoluta mancanza di alcunchè senso dell’umorismo:
aveva capelli bellissimi mentre se li scuoteva dagli occhi e si alzava
in piedi, e la voce grave e un po’ vibrante di un fumatore
convinto; in più le tendeva la mano, aspettandosi-perbacco!,
aspettandosi che lei la prendesse.
Cosa che la nostra
eroina fece, beninteso. Dopo dieci secondi di interminabile imbarazzo,
e solo quando la minaccia dell’iperventilazione fu debitamente
sventata.
<< F-figurati. Non stavo guardando, è colpa.. Cioè, è colpa tua, ma io dovevo essere più-oh, non, non volevo dire che era colpa tua, io->>
<< Mary Sue.>>
E poi, pronunciò
ilsuo nome. La prima idea che frullò nella testa di Mary Sue fu
che non sembrava così orribile, pronunciato così, con
quell’inflessione nobile e quel ghigno serafico, e
quell’aria come a dire “calma, tesoro”. Poi
l’irrealtà della scena la colpì di sorpresa:
insomma, Scorpius Malfoy sapeva il suo nome. Scorpius Malfoy che a
Hogwarts tutti conoscevano e che era bello come il sole.
Si convinse di essersi beccata un trauma cranico, e decise di dare poco peso a quell’allucinazione visiva.
Stava appunto per fare
un gesto vago con la mano e schiaffeggiarsi, quando un altro sorriso di
Scorpius “raggio-di-sole” Malfoy la investì in pieno
volto, con tutta la luminescenza di quei denti perfetti e un po’
aguzzi. Oh, aveva una mascella bellissima.
<< Mary Sue, stai bene?>>
Domanda superficiale:
era ovvio che stesse male, molto, molto male. C’era chi dopo una
botta in testa vedeva gli uccellini. Evidentemente lei doveva
appartenere all’altra categoria di persone, quelli che sentono il
loro nome pronunciato dal bello della scuola.
Dovette ripeterlo, poi sfiorarle la testa con un buffetto. Forse- non era più sicura delle sue impressioni.
<< Devo andare, adesso; dovevo parlare con Mjollnir prima della lezione e se arrivo in ritardo mi ammazza.. >>
Scorpius Malfoy scosse
di nuovo la testa, e di nuovo fili d’oro catturarono i raggi
fiochi del sole; poi le voltò le spalle e si allontanò, e
lei rimase paralizzata in mezzo al corridoio per un paio di minuti
buoni, prima di prendere a correre come una forsennata verso i
sotterranei; poco ci mancava che arrivasse in ritardo alla lezione.
<< …E per questo, non consiglierei di ingerire una radice di Macrobonio.>>
I Serpeverde e i
Corvonero prendevano appunti forsennati nei sotterranei umidi e
profumati di pozioni appena fatte. Quanto ai Tassorosso, non ce
n’erano.
L’unico esemplare
di Grifondoro presente in aula se ne stava gomito a gomito con Mary
Sue, e rimestava lentamente il contenuto di un calderone pesante di
ghisa, qualcosa di verde che ribolliva a fuoco lento. Guardava un
po’ il professor Mjollnir un po’ il libro aperto davanti a
sé, e aveva i capelli mossi e neri che gli si appiccicavano alla
fronte, la punta della lingua appena penzolante dalle labbra: sembrava
un cane anoressico con delle orecchie molto flosce.
<< Potter, potresti metterti un cerchietto, la prossima volta.>>
<< ..Dici che il transessuale sarà la moda dell’inverno?>>
<< Dico che voglio che la mia pozione induca euforia, Potter, non il disgusto che sarebbe d’obbligo, se ci finisse un tuo capello lurido.>>
<< Credevo fosse la nostra pozione, Dashwood.>>
<< Ancora quella storia della fraternità fra case?>>
Si chinò sul
pentolone inspirandone a fondo l’odore un po’ acre; quando
sentì che non profumava di terriccio o di Grifondoro sudato si
convinse definitivamente che no, non avrebbe corso alcun rischio.
In via del tutto
cautelativa, però, aggiunse del gelsomino triturato alla
mistura, cosa che le guadagnò un’alzata di occhi al cielo
da parte di Potter.
<< Signorina Dashwood, gradirei che si fermasse a parlare con me alla fine della lezione.>>
Si ricordò di
ringraziare mentalmente Lola per averle insegnato
quell’incantesimo isolante perché i vapori non le
facessero appannare gli occhiali; era certa che lo sguardo azzurro e
penetrante di Mjollnir l’avrebbe trapassata da parte a parte, se
non si fosse praticamente tuffata nel calderone per evitarlo.
<< S-signorsì, Professore.>>
Doveva essere per il
borbottìo di imprecazioni confuse che esalava da lei e Potter.
Doveva essere perché i libri che gli aveva posato sulla
scrivania con la solita malagrazia si erano rovinati nella
caduta… Doveva essere perché aveva deciso che c’era
un errore, e improvvisamente non era più la sua alunna
preferita, la più talentuosa esecutrice di pozioni di Hogwarts.
Quanto a questa
affermazione – un’affermazione mentale, ovvio-, a rigor di
logica bisogna dire che non era neppure troppo veritiera. Perché
sebbene Mary Sue fosse la ragazza
più talentuosa del suo corso di pozioni, c’erano altri due
concorrenti al ruolo di miglior studente di pozioni di tutti i temp-
dell’anno.
Uno si trovava di fianco
a lei, e Mary Sue proprio non capiva com’era che Albus Severus
Potter fosse così dannatamente bravo in una materia che
richiedeva cervello prima di tutto. Al quinto anno aveva deciso che
tutta la sua abilità doveva venirgli dagli influssi positivi del
suo secondo nome, ma non si poteva dire che se ne fosse fatta una
ragione.
Il secondo aspirante mago era una vista decisamente più piacevole.
Elegantemente reclino
sul suo calderone, Scorpius Narcissus Malfoy aveva le guance appena
rosate dal calore della pozione. Impercettibili gocce di vapore acqueo
gli si erano condensate sulla fronte alta, e doveva essersi infilato
una mano fra i capelli per riavviarli, perché gli si erano
sistemati in quel modo strano e terribilmente affascinante.
Aveva le maniche della
camicia arrotolate sui gomiti, vene guizzanti sugli avambracci in cui
scorreva sangue più blu del cielo, e Mary si morse la lingua per
quella similitudine orrenda che doveva aver letto in qualche romanzetto
rosa. Ad ogni modo, aveva muscoli leggeri e un bracciale di conchiglie
attorno al polso sottile, e il colore vagamente ambrato di
un’abbronzatura tropicale che andava sparendo. La cravatta
allentata, aveva le labba strette per la concentrazione: gli era stata
assegnata la preparazione della Pozione Cuorcontento, che era complessa
quanto inutile.
In effetti, e qui la
nostra eroina si riebbe dalla sua ammirazione grazie a un pugno che
Potter le affibbiò sulla spalla, in effetti, a ben pensarci, non
è che Draco Malfoy fosse più un avversario temibilissimo.
Dalla prima lezione
dell’anno non ne aveva combinata una giusta, ed era finito in
fondo alle classifiche del talento a Pozioni con la velocità
impressionante che una sfiga assoluta poteva conferire.
Aveva fatto esplodere
calderoni, tinto i capelli di Mjollnir di fucsia e si era trasformato
in un cardellino. Al test di ingresso aveva avuto un Orribilmente
Insufficiente: solo Molly Floppy aveva fatto di peggio, e Molly Floppy
era scema e frequentava quelle lezioni solo per vedere lui, insomma.
Mary Sue emise uno
sbuffo contrito mandando indietro una ciocca di capelli umidicci, poi
lasciò cadere una goccia di asfodelio nella sua pozione.
Un alzarsi graduale
della soglia del rumore inversamente proporzionale al livello della
soglia dell’attenzione segnalò la fine della lezione.
Mjollnir era passato fra
i banchi e aveva approvato e denigrato pozioni le cui tonalità
andavano dal vivace all’inquietante; aveva sorriso ad Al Potter e
scosso gravemente la testa quando era toccato a Scorpius Malfoy. La
pozione di Molly Floppy non l’aveva neppure controllata: lo stato
pressocchè solido che aveva raggiunto lasciava sperare ben poco,
del resto.
Mary raccattò i
suoi libri e le sue boccette personali –mai, mai andare in giro
senza un po’ di girillacco, e si agganciò la tracolla
della borsa alla spalla. Emise un mezzo sospiro e lasciò andare
lo sguardo sulla schiena di Scorpius Malfoy che si allontanava, e stava
per ingaggiare una lotta di sguardi con Potter e varcare l’arco
dei sotterranei quando la grossa mano vichinga di Mjollnir la
bloccò sul posto, posandosi sulla sua spalla con una cautela che
non la rendeva un minimo meno pesante.
<< Dove crede di andare, signorina Dashwood?>>
Il tono nella voce
dell’omone biondo non prometteva niente di buono, e la ragazza
gli dedicò un sorriso particolarmente contrito e vago, a
metà fra il copevole e l’inconsapevole. Anche
perché era certa di aver combinato qualcosa, ma cosa fosse quel qualcosa non ne aveva idea.
Detestò
particolarmente il fatto che Albus Potter fosse ancora lì e non
manifestasse la minima intenzione di schiodarsi senza un valido motivo,
e non ebbe alcun dubbio sul fatto che volesse godersi la scena per
raccontare un po’ in giro di come la pupilla del professore fosse
stata umiliata davanti ai suoi occhi.
<< Potter, fuori di qui.>>
..Aveva già detto che amava Mjollnir e il suo senso tutto scandinavo della privacy?
La schiena di Potter che
usciva dall’aula fu una vista quasi più piacevole di
quella del ben noto Serpeverde, e Mary Sue si sentì più
leggera e bendisposta, quando si appoggiò sul banco più
vicino alla cattedra per ascoltare Mjollnir. Che, del tutto
inaspettatamente, le sorrise il suo bel sorriso. Gli si formavano delle
rughette deliziose agli angoli degli occhi azzurri quando sorrideva,
notò distrattamente la nostra eroina.
<< Non stia tutta
impaurita, Dashwood. Non ho nessuna intenzione di riprenderla per aver
macchiato di the il saggio sui mille usi del girillacco che le avevo
prestato.>>
L’aveva macchiato di the?
Mary si concesse un momento di puro orrore prima di ridacchiare,
stringersi nelle spalle, e accennare a un “ops” fugace
fissando intensamente le punte delle sue scarpe.
<< Volevo parlarle di Scorpius Malfoy, piuttosto.>>
Che uomo perspicace!
Aveva capito tutto di quella sua cottarella senza nessuna importanza e
si preoccupava per lei! Voleva rassicurarla, probabilmente voleva darle
qualche consiglio, suggerirle di orientarsi verso qualcosa di
più facile, comunicarle che tutti se n’erano accorti,
provvederla di un biglietto di sola andata per la Kamchatka…
<< Professore, non deve assolutamente preoccuparsi per me. Ho la situazione sotto contr..>>
<< Allora è già stata messa a parte della mia decisione.>>
<< La Kamchatka è un luogo molto freddo, la prego di volere orientarsi verso climi più miti!>>
<< ..Di cosa stai parlando, Dashwood?>>
Il professore era
così perplesso e- divertito, anche, che dimenticò di
usare il lei, troppo impegnato a emettere un borbottìo come una
risata dal naso.
Mary Sue battè il
suo record di maledizioni mentali al secondo, e si ripromise che
quell’anno avrebbe dovuto fare qualcosa per la sua tendenza poco
opportuna alla diarrea verbale nei momenti di tensione.
<< Non- pensavo ad alta voce, professore. La prego di avere pietà di me e-e continuare.>>
Mjollnir le
scoccò un altro sorriso e uno scuotere lieve della testa, che
gli spostò i capelli lunghi e biondi sul petto. Non era
difficile credere alla voce che avesse una storia con la professoressa
Draculia: aveva abbastanza fascino da rendere plausibile
l’ipotesi che la vampira si fosse innamorata di lui. Per dirla
con Patrick, Mjollnir sembrava una rockstar.
<< Trovo che sia
un vero peccato, perdere così un talento come il suo. Quel
ragazzo è fenomenale, e credo che sia semplicemente un
po’- err- distratto.>>
<< Non.. Sta andando troppo bene, vero?>>
Mary fece un tentativo,
cercando di capire dove volesse andare a parare. Per tutta risposta,
Mjollnir osservò malinconicamente le punte ancora fucsia dei
suoi capelli.
<< E’ molto
diplomatica, signorina Dashwood, ma direi che ha varcato la soglia del
“non sta andando troppo bene” tre lezioni fa.>>
<< Non vorrà escluderlo dal corso avanzato.>>
L’aria agghiacciata e trepida nella voce di Mary Sue dovette convincerlo a parlare chiaro, una volta per tutte.
<< No, Dashwood. Vorrei che lei gli desse ripetizioni.>>
Il mondo era un posto
meraviglioso e pieno di giustizia: i fuochi d’artificio che
avevano cominciato a esploderle in testa sembravano approvare.
E poi i fuochi d’artificio irruppero nella classe in un tornado rosso e oro e inferocito.
<< Professore, non può, non può fare una cosa del genere!>>
<< Potter, stava origliando, per caso?>>
Un moto di sincera
devozione nei confronti del professore fu necessario: riusciva a
mantenere la calma in un momento del genere, insomma. Quanto a lei,
avrebbe volentieri tirato il collo al Grifondoro che stringeva i pugni
davanti a lei.
<< Io- non.. Forse!>> Ammise. << Ma resta il punto che è una cosa- insomma..!>>
<< Mi sembra che
il professore sia più che qualificato a prendere decisioni del
genere, Potter.>> E qui Mary cercò di isinuare in quel
cognome quanto più disprezzo potesse. Arrivò quasi a
ringhiarlo, le braccia conserte.
<< Non mi dirà che è geloso.>> Proseguì Mjollnir, imperturbabile.
<< E di chi?>>
Beata innocenza. Albus esalò quella domanda con gli occhi spalancati, le labbra socchiuse e-era un tic nervoso, quello?
<< Ma di Malfoy,
ovviamente. Che bella cosa, siete come Romeo e Giulietta.. O come Romeo
e Mercuzio. Oh, beh. Ad ogni modo, bastava che me lo dicesse, che
voleva essere lei a dargli ripetizioni.>>
Adesso Albus Severus Potter era congestionato.
Borbottò qualcosa e arrossì fino alle orecchie e
subì il risolino perfido di Mary Sue, poi si piazzò
accanto a lei lasciandosi cadere sul banco.
<< Mi sembra un
no. Allora è deciso. Dashwood, sono sicura che sarà
all’altezza del suo compito. Quanto a lei, Potter, temo che
dovrò togliere cinque punti a Grifondoro. Questo suo
atteggiamento non incoraggia affatto la fraternità fra
case.>>
Decisamente, nel
patrimonio genetico dei Potter doveva essere marchiata a fuoco la
capacità di fare togliere punti alla propria casa.
SALUTI, BACI E ABBRACCI: Eh, beh. Anche il terzo è finito. Vedremo di non farvi aspettare troppo per il quarto, sono certa che quegli sbadigli esprimano eccitazione. Vero? Vero?
Al solito, vorrei ringraziare chi legge e chi segue e chi preferisce.
Al solito, vorrei ringraziare meglio chi recensisce, perché si sa, sono raccomandati.
DiraReal:
Non credo che ti ringrazierò mai abbastanza per avrmi fatto
notare i problemi nell’html. Ti promuovo mia beta ad honorem: non
dovrai fare nulla che non sia cazziarmi per la mia palese
inutilità.
altovoltaggio:
Grazie per essere rimasta con noi! Non hai idea di quanto mi faccia
piacere rivederti, e… E beh, suppongo che presto sarà la
fanfiction stessa a spiegarti lo strano caso della Austen citata,
quindi mi diverto a non svelarlo. Anche perché poi si capirebbe
dove voglio andare a parare, eh!
Termino comunciandovi
che le “rughette delizose” che si formano intorno agli
occhi di Mjollnir non sono altro che una citazione dal Favoloso mondo
di Amélie, e che-devo proprio dirvelo, non riesco a
trattenermi… Io Mjollnir me lo immagino così.
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