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Se qualcuno di voi era stato precedentemente interessato a questa storia, ma non aveva
potuto leggere per via del rating rosso, sono lieta di annunciare che ho preso la
decisione di abbassarlo. Non vi preoccupate, perché la storia è sempre la
stessa, ma alla fine ho ritenuto che per qualche parolaccia fosse eccessivo. Ci
sonofic molto più violente
e spinte che non hanno rating più bassi.
Per il resto, anche se la storia è già
finita, se avete voglia di lasciarmi comunque un commento, magari in un
capitolo che vi è piaciuto particolarmente oppure alla
fine, è molto gradito e ben accetto. Anche perché sto provvedendo alla
correzione degli errori che mi sono sfuggiti e all’aggiunta di qualche canzone,
quindi riposterò tutti i capitoli (scriverò quali di
volta in volta nella presentazione della storia).
Per il resto, l’unico avvertimento che
posso darvi è che il tema trattato a un certo punto non sarà particolarmente allegro, ma credo di aver affrontato la cosa in modo da non
urtare i sentimenti di nessuno.
Non mi resta che augurarvi buona
lettura, e sperare che gradiate.
Lhea
Capitolo
I
Ore 7,00 – Casa
La sveglia iniziò a
trillare forte nel buio della stanza. Solo uno spiraglio di luce filtrava tra
le imposte della finestra, disegnando lame luminose sul pavimento della camera.
I numeri rossi sul display lampeggiavano insistentemente, segnando l’inizio di
una nuova giornata.
Irina, sdraiata
supina nel letto, alzò un braccio e a tentoni spense
la sveglia, lasciandosi scappare un grugnito scocciato, le mani che
stropicciavano il volto. Trasse un sospiro prima di aprire gli occhi: i
numeri sul display della sveglia segnavano le 7,01. Si girò a pancia in su, scostando bruscamente il lenzuolo, poi scese dal
letto. Ancora intontita accese la lampada che aveva sul comodino e tirò su le
persiane, lasciando entrare la luce di aprile nella camera da
letto.
Nella stanza regnava il caos più totale, perché la sera prima non aveva
avuto il tempo di rimettere tutto in ordine. Non aveva nemmeno guardato l’ora,
quando era rientrata in casa, ma dovevano essere state più o
meno le quattro del mattino…
Moriva dal sonno, ma come ogni volta che faceva tardi
avrebbe resistito. Ormai era abituata a quel tipo di vita. Si stiracchiò,
sbadigliando, poi gettò un’occhiata al lettino che era incastrato in un angolo
della stanza: suo nipote dormiva ancora.
Infilatasi le ciabatte, Irina scese nella cucina disordinata: nel
lavandino c’erano ancora i piatti della sera prima da lavare. Preparò la
caffettiera e la mise sul fuoco, poi accese il televisore dopo aver trovato il
telecomando dentro il cassetto delle posate. Stavano trasmettendo il
telegiornale del mattino.
<< Anche questa volta il gruppo di pirati della strada è riuscito
a sfuggire alla polizia >> stava dicendo il mezzo busto sullo schermo, un
certo P.J. Friedman <<
Le autorità però assicurano che stanno facendo tutto il possibile per sgominare
la banda, il cui numero di componenti sembra vari da zona a zona…
Fortunatamente, la gara clandestina non ha causato incidenti sull’autostrada,
ma ha gettato nel panico gli ignari automobilisti, che si sono visti sfrecciare
di fianco diverse auto a velocità inaudite >>
Irina sbuffò: non avrebbero mai preso nessuno di quei piloti
clandestini, semplicemente perché la polizia stessa li copriva. La gente di Los
Angeles credeva che quei pazzi criminali avessero ormai i giorni contati, ma si
sbagliava di grosso. Lei, che era nel giro, lo sapeva bene.
Intanto, sullo schermo trasmettevano le immagini, riprese da un
elicottero della polizia, di cinque auto che correvano a una velocità folle
sull’autostrada: tutte macchine di grossa cilindrata, tra cui una Porsche
gialla in testa alla gara. Notò subito un’auto bianca che superò a destra un
lungo Tir che trasportava bestiame, e che sfrecciò via nel giro di dieci
secondi. “Bè, sono stata brava” pensò con un mezzo
sorriso sul volto.
Mentre il mezzo
busto annunciava un altro servizio, si voltò e cercò in un cassetto un biberon
e lo riempì di latte caldo, lasciandolo raffreddare sotto l’acqua corrente.
Andò a vestirsi in
camera, infilandosi un paio di jeans e una maglia scura. Poi si mise le scarpe, un paio di mocassini beige, e si chinò sul
lettino di suo nipote. Dentro, dormiva un bimbo di circa due anni, dal viso
tondo e i capelli chiari. Era Thomas, il figlio di suo fratello.
Prese il bambino in
braccio, svegliandolo dolcemente. Lui appoggiò la testa sulla sua spalla,
stringendole con una manina una ciocca di capelli, senza l’intenzione di
svegliarsi. Con Tommy tra le braccia scese di nuovo in cucina, gettando prima
un’occhiata alla porta chiusa della camera di suo padre, e preparò la borsa con
il cambio del bimbo per la giornata.
<< Ciao
piccolo >> disse, vedendo Tommy che si svegliava << Vuoi fare
colazione? >>.
Gli porse il
biberon che lui prese con le manine e che portò subito alla bocca. Irina lo
fece sedere sul seggiolone, bevve in fretta il caffè e aggiunse la tazza alla
pila di piatti da lavare.
Sul bancone
strapieno di stoviglie gettate alla rinfusa, vide i due cellulari con cui
andava sempre in giro: il Nokia per le comunicazioni personali, e il Motorola
ultimo modello per farsi trovare quando era ora di gareggiare. Due oggetti che
rappresentavano il suo modo di essere.
Il display a colori
del Motorola lampeggiava, con la dicitura “Nuovo messaggio”. Irina lo prese e
lesse.
“Consegna la posta a Gulliver. Il pacco è già
nella tua auto”
Il mittente era
William, che le dava il lavoro per quella giornata. Doveva averle lasciato il
pacco nel bagagliaio la sera precedente, prima di fare la gara.
“Consegnare la posta”
aveva un significato ben preciso, e lei sapeva quale. E anche cosa si intendeva per “pacco”.
Dando un ultimo
sguardo al televisore, accese il Nokia e lo mise nella borsa, poi vestì Tommy,
controllando ogni tanto l’orologio.
In quel momento,
entrò in cucina suo padre, un uomo dalla calvizie incipiente e dalle mani
grandi come badili. Si passò una mano sulla faccia e aprì il frigo, facendo un
grugnito, i piedi che strisciavano per terra dando il nervoso
a Irina.
<< Devi
andare a fare la spesa >> disse lui.
Irina non lo degnò
nemmeno di uno sguardo: “Devi andare a fare la spesa”, “E’ finita la birra” e
“Ho fame” erano le uniche frasi coerenti che Todd era in grado di pronunciare.
Per il resto, passava la giornata a bere seduto in soggiorno.
Di lavorare suo
padre non ci pensava proprio. Disoccupato cronico, sbandato, praticamente
sempre arrabbiato, trascorreva le sue giornate in giro per la città a condurre
loschi affari, o semisdraiato davanti alla TV. Irina non lo odiava, ma non
poteva nascondere di sopportarlo a stento, certe volte. Era il prezzo da pagare
per salvare la vita a lui e ai suoi fratelli.
Dieci minuti dopo,
Irina chiudeva a chiave la porta di casa con Tommy in braccio e raggiungeva il
garage.
Ad attenderla,
affiancate l’una vicino all’altra, c’erano le sue due
auto, le uniche cose che al momento rappresentavano la sua vita. Una era
un’Audi TT nero lucido, cerchi in lega ribassati e tettuccio in vetro apribile.
L’altra, nascosta
sotto un telo scuro, era “la
Belva”, come la chiamavano tutti quelli che erano del suo
stesso giro. Una Grande Punto bianco lucido, cerchi da 21’ a sei razze, pneumatici
ribassati Pirelli. Paraurti sportivi e minigonne laterali. Assetto
ribassato e sospensioni specifiche. Spoiler posteriore e
scanalature sul cofano per far respirare il potente motore. Fari allo
xeno con luci di posizione azzurre. Scarico cromato e specchietti retrovisori
con calotta nera. Sulla fiancata, l’aerografia nera di una fenice stilizzata.
E sotto il cofano,
un motore che non conservava nulla dell’originale. Un 2.8
litri da 255 cavalli, capace di spingere quella vettura a 250 km/h e
oltre.
Irina fissò un
attimo la macchina nascosta sotto la stoffa scura, poi aprì la porta della TT e
fece sedere Tommy nel seggiolino con un po’ di difficoltà. Quell’Audi non era
proprio il genere di macchina che si addice a una ragazza con un bambino.
<< Arrivo
subito >> disse dolcemente a Tommy. Lui la guardò sparire in silenzio,
come faceva sempre.
Tolse il telo alla
Grande Punto, e aprì il bagagliaio. Dentro c’era un pacco quadrato, ricoperto
da carta marrone, senza alcuna scritta. Era droga, la droga
che lei doveva consegnare.
Afferrò la scatola
e richiuse il baule con uno scatto, poi ricoprì l’auto con il lenzuolo. Nascose
“la posta” sotto il sedile anteriore della TT, e uscì dal garage, diretta da
“Gulliver”.
Con una silenziosa
frenata, l’Audi TT si fermò davanti al cancello in
ferro battuto di una grande villa con vista sul mare, a nel quartiere di Play
del Rey. Il sole del mattino faceva brillare le
vetrate della casa, e anche da fuori si sentiva lo scrosciare dell’acqua della
piscina.
Un inserviente fece
aprire il cancello appena la vide, e Irina entrò nella tenuta a passo d’uomo.
Le pietre del selciato scricchiolavano sotto le gomme ribassate della TT.
Tommy non c’era: lo
aveva già lasciato all’asilo nido. Guardò l’orologio: era in perfetto orario.
Normalmente non era lei a recarsi da Gulliver, ma evidentemente Patrick aveva
altro da fare, quella mattina.
Un uomo di circa
cinquant’anni uscì dalla porta vetrata della villa, vestito in un completo di
lino bianco e occhiali da sole vecchio tipo. I corti baffetti a spazzola
sembravano tagliati con la squadra, e gli davano l’aria di un perfetto uomo
d’affari.
<<
Buongiorno, Fenice >> la salutò cordialmente, mentre Irina scendeva
dall’auto.
<< Buongiorno
a lei, signor Woodhook >> rispose la ragazza.
Gulliver era un
soprannome. Per evitare di svelare qualche informazione riservata nel caso i messaggi
di William venissero intercettati, tutti i clienti
dello Scorpione erano conosciuti con un soprannome. E lo stesso valeva per i
piloti della BlackList,
oltre che per un altro alto numero di persone che voleva far parte del giro di
William.
<< Ecco la
posta di oggi >> disse Irina, consegnando il pacco all’uomo, << Ha
già pagato, vero? >>.
<< Come
sempre >> ribatté l’altro, << Come mai Patrick non è venuto, oggi?
>>.
<< Non ne ho
idea >> rispose la ragazza, stringendosi nelle spalle, << Immagino avesse
qualcosa di urgente da fare… >>
<< Oh… Posso
offriti un caffè, allora? >> domandò Woodhook,
facendole cenno di entrare in casa.
<< No, la
ringrazio >> disse Irina, << Devo andare a lezione. Arrivederci
>>
Senza aggiungere
altro, la ragazza risalì sulla TT e uscì dal cancello, lasciandosi in pochi
minuti alle spalle la villa.
Oltre che fare la
pilota clandestina, Irina era anche uno dei “corrieri” di William Challagher, che si occupavano di consegnare la droga che
lui trattava. Era sorprendente scoprire quante persone insospettabili avessero
vizi del genere. Woodhook era uno di quelli.
Mezz’ora dopo,
Irina parcheggiava l’Audi davanti all’università, incastrandola con un abile
manovra tra due pick-up dopo aver cercato per venti minuti buoni un parcheggio.
Per fortuna non ci andava quasi mai in macchina, visto che
non distava molto da casa sua.
Scese dall’auto con
la borsa dei libri in spalla e guardò l’orologio. Erano le 9.30, giusto in
tempo per la lezione di marketing.
A passo veloce
entrò nella Universityof South California, dalla bella facciata in mattoni
chiari. I corridoi erano gremiti di studenti che si spostavano per cambiare
aula, parlando animatamente tra loro. Incrociò un paio di ragazzi che conosceva
di vista e li salutò con un cenno del capo, ignorando le occhiate che qualcuno
le aveva lanciato: anche lì c’era gente che sapeva chi era.
Raggiunse l’aula 12 con il fiato corto. Entrò, cercando con lo sguardo le sue
tre amiche, sedute a metà della stanza. Una, Jenny,
era una ragazza minuta, dai capelli neri e il viso affilato; Katy aveva i capelli biondo scuro, un fisico molto robusto
e un paio di occhiali dalla montatura viola; e poi c’era Angie,
la “secchiona” del gruppo, magra magra e dai capelli
castani perennemente legati.
<< Eccomi!
>> disse Irina, sedendosi vicino a Jenny e gettando la borsa dei libri
sotto la sedia.
<< Ciao
>> la salutò la ragazza, << Appena in tempo, il professore sta per
iniziare >>.
Irina si voltò verso
la cattedra dell’insegnante, per vedere che l’uomo stava afferrando il
microfono intimando il silenzio all’aula gremita da almeno duecentocinquanta
studenti. Si sedette di scatto, tirando fuori il quaderno per gli appunti.
Era una fortuna che
il lunedì le lezioni iniziassero alle 9.30: per lei era sempre un giorno
critico. Normalmente aveva un fine settimana di notti
brave da smaltire.
Jenny, KatyedAngie
erano le sue migliori amiche, e come tali sapevano che era una pilota
clandestina e il giro che frequentava. Si conoscevano da molto prima che lei
fosse costretta a iniziare la sua vita da criminale, ma aveva rivelato loro il
meno possibile su quello che faceva. Sapevano che gareggiava con auto
potenziate, che partecipava alle feste della gente più potente della città, ma
non sapevano altro sulla sua doppia vita. Per loro era sempre l’Irina che avevano conosciuto al College, la ragazza dalla
famiglia scapestrata e il sorriso perennemente sul viso. Bè,
si sbagliavano di grosso. Erano cambiate tante cose da allora.
Mezz’ora dopo
l’inizio della lezione, Irina ascoltava distrattamente il professore, la testa
appoggiata sulla mano sinistra, mentre con l’altra cercava di prendere appunti.
Nonostante il caffè, aveva sonno.
Jenny le diede una
gomitata, e lei si riscosse.
<< Ragazze,
ho bisogno di un altro caffè >> disse reprimendo uno sbadiglio <<
Che ne dite se nella pausa facciamo un salto al bar?
>>
Jenny annuì.
Nell’aula il brusio
aumentava, segno che ormai gli studenti iniziavano a cedere alla stanchezza e
alla noia. Alla fine, il professore decise di lasciargli fare una pausa,
sperando si dessero una calmata. Molto probabilmente
il lunedì non era un giorno critico solo per Irina.
Le quattro ragazze
si alzarono, lasciando penne e quaderni sui banchi. Un attimo dopo camminavano lungo il corridoio che portava al bar
dell’università, insieme a un altro bel gruppo di studenti.
<< A che ora
sei tornata ieri sera? >> chiese Katy.
<< Alle
quattro >> rispose Irina, infilandosi nel bar affollato e mettendosi in
coda alla cassa << Sai che mi piace la vita movimentata >>.
Jenny ridacchiò.
“Movimentata” non era proprio il termine giusto.
Ore 14,30 – Autostrada
Alexander Went sfrecciava sull’autostrada in direzione Sud, a bordo della
sua BMW M3 bianca. Con la radio che trasmetteva una canzone dei Linkin Park a tutto volume, si piazzò lungo la corsia di
sorpasso sapendo di star infrangendo tutti i limiti di velocità consentiti. Era
uno dei privilegi di essere un agente speciale.
La sua destinazione
era Los Angeles, la più grande città della California e centro di una delle più
pericolose organizzazioni criminali degli Stati Uniti, che controllava praticamente tutta la regione. Un luogo conosciuto per i
tanti divertimenti, ma anche per i fiumi di droga che scorrevano nei locali più
famosi ed esclusivi… E per le innumerevoli gare clandestine di auto.
Xander appoggiò il gomito
del braccio sinistro vicino al finestrino, poi cercò gli
occhiali da sole Ray Ban nel portaoggetti. Li
inforcò rapidamente, e guardò l’orologio. Ancora un po’ e sarebbe arrivato alla
sua nuova casa.
Essere uno dei più
giovani agenti dell’F.B.I. aveva i suoi pregi: per uno
come lui, cresciuto in una famiglia più che benestante, non si trattava di
denaro, bensì di regole che poteva infrangere senza troppi problemi. Non aveva
mai amato le imposizioni, e per entrare nell’F.B.I.
aveva dovuto abbassare un po’ la cresta, ma aveva guadagnato il privilegio di
far parte di una missione come quella, che comprendeva gare clandestine di
automobili per cui lui aveva un certo talento.
Inserì l’indicatore
di posizione e superò a destra una grossa utilitaria argentata. Arrivava da San
Francisco, e aveva una certa fretta. Guardò il navigatore satellitare attaccato
al parabrezza, che indicava 50 chilometri alla meta.
Era curioso di
vedere la casa che il suo capo gli aveva affittato. Sperava fosse un bel posto,
visto che a Los Angeles ci era già stato diverse volte
e amava quella città soleggiata solcata dal mare: da giovane vi aveva
frequentato il College, prima di seguire il padre a New York.
La missione era
stata affidata solamente a lui, ma poteva contare sull’aiuto di un amico che
faceva l’informatico per l’F.B.I., e che molto
probabilmente si sarebbe fatto vedere spesso a casa sua. O
molto più verosimilmente ci si sarebbe direttamente trasferito.
Fermandosi in coda
al casello, Xander frugò dentro il portaoggetti,
estraendo un fascicolo senza nessuna intestazione. Lo sfogliò velocemente: erano
tutte le poche informazioni di cui disponeva per portare a termine la sua
missione.
Il suo compito era
uno solo: infiltrarsi tra i piloti clandestini, diventare uno di loro e far
arrestare lo “Scorpione”, il loro boss. Preso lui, avrebbero avuto in pugno
tutti gli altri.
Non sarebbe stato
poi così difficile, se le informazioni che avevanon fossero state così poche. Non si sapeva praticamente niente di loro, se non i soprannomi dei piloti
più famosi e qualche foto fatta di sfuggita. Oltretutto, il fatto che la
polizia di Los Angeles stesse dalla loro parte non aiutava.
Era stupito.
William Challagher, lo Scorpione, aveva messo su
un’organizzazione perfetta: solo chi passava una serie di controlli da parte
dei suoi scagnozzi entrava nel gruppo, e praticamente
mai nessuno era riuscito a conoscere lui di persona. Ecco perché non erano mai
riusciti a catturarlo.
Tra i vari fogli
del fascicolo, trovò una foto che quando aveva visto la prima volta lo aveva
lasciato a bocca aperta: era una ragazza dai bei lineamenti e i capelli
castani, che veniva chiamata “Fenice”. Era Irina, e
anche se erano passati tanti anni dall’ultima volta che l’aveva vista, non
poteva non riconoscerla.
Era stata
fotografata mentre scendeva da un’auto italiana, una Fiat Grande Punto bianca,
molto probabilmente importata. I capelli scuri le ricadevano in onde morbide
sulle spalle, il corpo magro e scattante delineato dai
jeans aderenti. Doveva essere dimagrita, in tutti quegli anni.
“Non avrei mai pensato di incontrarti di
nuovo” pensò, “Soprattutto
in una situazione del genere”.
Ore 15.00 – Garage di Max
Maximilian passò una mano
sulla fiancata della Fiat Punto, sopra il graffio che sfregiava la portiera.
<< Non è
niente >> disse, << Verrà via in un minuto >>.
Lui e Irina erano
nel suo garage, che durante gli anni era diventata una vera e propria officina
specializzata in elaborazioni di auto. In fondo c’era un ampio bancone pieno di
attrezzi, e sotto una mezza dozzina di pneumatici usurati Bridgestone. La saracinesca
era chiusa, per evitare che occhi indiscreti vedessero la Grande Punto nota
alla polizia di Los Angeles.
Il ragazzo si alzò.
Aveva ventitre anni, ma nel mondo delle corse
clandestine era considerato poco più che un ragazzino, anche se non era certo
il più giovane. Aveva i capelli castani, gli occhi scuri e un viso dai tratti
dolci dall’espressione perennemente incuriosita.
Max era entrato nel
mondo delle auto da corsa a quindici anni, quando aveva iniziato a lavorare
come meccanico nell’officina dello zio. A diciotto aveva comprato la sua prima
auto, una Volkswagen Golf blu, e aveva tentato di entrare nel giro delle gare
clandestine. Purtroppo per lui non aveva dimostrato grande bravura nelle corse,
ma non era passato inosservato: tutti avevano notato la sua attitudine
all’elaborazione delle auto.
Nel giro di qualche
mese, complice qualche amicizia giusta, era entrato nel giro ed era diventato
uno dei meccanici più bravi e famosi in tutta Los Angeles. E poi, quello di
Irina.
Al momento si
guadagnava da vivere lavorando come meccanico specializzato nell’officina che
aveva aperto insieme a un amico, e il tempo libero lo passava nel suo garage
facendo elaborazioni alla sua attuale Golf rossa.
Irina fissò il
graffio sulla portiera della Punto, e sbuffò: << Quanto ci vorrà per riparalo? >>.
<< Due ore al
massimo e torna come nuova. Non devo nemmeno portarla da me: ho già tutto il
necessario qui >> rispose Max, appoggiando una mano sull’auto e guardando
lei.
<< In soldi,
intendo >> disse Irina.
<< Bè, considerando che passerò sopra solo la vernice e gli
darò una spazzolata, non più di 200 dollari >>. Max la guardò di
sottecchi, e aggiunse: << Stai bene, Irina? >>.
La ragazza si
sedette su uno sgabello lì vicino, sbuffando. Era uscita dall’università e poi
era scappata a casa per prendere la Punto e portarla da lui: non aveva nemmeno
mangiato.
<< Si, sto bene. Sono solo un po’ stanca >> rispose,
<< Hai sentito il notiziario, no? >>.
<< Per poco
non vi facevate prendere… >> disse Max, << Come
hai fatto a scappare? >>.
Irina giochicchiò
con le chiavi che aveva in mano. << C’erano anche gli altri, e nel casino
sono riuscita a dileguarmi sull’autostrada. William mi ha dato una mano, perché
voleva i poliziotti per sé. Aveva voglia di divertirsi >>.
Max prese una
bomboletta dal bancone in fondo al garage, e iniziò a spruzzare il contenuto
sulla fiancata della Punto. << A che ora sei tornata? >> domandò.
<< Alle
quattro >> rispose Irina.
<< Mentre ti
rimetto a nuovo la macchina puoi andare in camera mia
a dormire, se vuoi >> propose Max, guardandola. << Quando ho finito ti vengo a chiamare >>.
Irina sorrise.
<< No, grazie Max, ma dormire non mi rimetterà a nuovo… Non è il sonno
che mi manca, nonostante tutto >>.
<< William
che ha detto? >> chiese il ragazzo.
<< Niente,
come al solito >> rispose Irina, << Si è
preso i suoi soldi, poi è arrivata la polizia e siamo scappati tutti >>.
Nell’ora che seguì Irina osservò l’amico rimettere a posto la fiancata della
Punto, poi gli diede i 200 dollari che si meritava e prese la macchina, diretta
a casa. Sperava di non incontrare poliziotti, perché la sua auto non sarebbe
passata certo inosservata: di solito si muoveva di notte, ma
questa volta aveva voluto sbrigarsela in fretta e riportare la Punto subito a casa.
Arrivata in garage,
coprì la Punto
con il suo telo scuro e tornò in casa a recuperare le chiavi della TT per
andare a prendere Tommy all’asilo.
Trovò Harry e
Dennis, i suoi due fratelli maggiori, in soggiorno a guardare la tv mangiando
un pacchetto di patatine. Harry, ventiquattro anni, capelli neri e naso
spaccato più volte, faceva lo scaricatore al porto di Los Angeles, e quel poco
che guadagnava lo spendeva in sigarette. Denis, ventidue anni, al momento stava
cercando un impiego dopo essere stato licenziato dieci volte in dieci posti
diversi: la parola “lavoro” aveva un particolare significato, nel suo
dizionario.
Vedendola passare
per il corridoio, Harry gridò: << Ci serve la macchina stasera. Lascia le
chiavi a portata di mano >>.
Sbuffando, Irina
uscì di casa e attraversò il vialetto. Odiava prestare
la TT ai suoi fratelli, perché di solito gliela riportavano sempre con una riga
o un’ammaccatura. Ma piuttosto che averli in casa
spaparanzati sul divano con i piedi sul tavolino, era disposta ad
accettare quel rischio.
Ore 16.00 – Casa di Xander
<< Allora?
Che ne pensi? >> domandò Jess, allargando le
braccia nel grande soggiorno della villa con piscina che il loro capo aveva avuto
la fantastica idea di affittargli. Era un ragazzo dai capelli rossi e il naso a
punta, più basso di lui ma anche più magro: decisamente
una corporatura da informatico fuori di testa quale era.
Xander guardò la sala,
soffermando gli occhi azzurri sul televisore ultrapiatto Sony, i divani di
pelle blu e il tavolino in cristallo che da soli dovevano costare almeno 15.000
dollari. Le porta-finestra davano sul giardino ben
tenuto in cui era incassata una grande piscina, al momento vuota. In fondo al
soggiorno c’era una larga scala che portava al piano di sopra.
<< Direi che
non è per niente male >> disse Xander,
guardandosi intorno soddisfatto. << A proposito… Che ci fai già qui? Non
dovevi venire domani? >>.
Jess si strinse nelle
spalle, facendo un cenno verso le scale. << Ero curioso di vedere dove ti
avevano piazzato. Tra parentesi, la stanza che da sulla
piscina è la mia >> rispose.
Jess era una di delle
nuove leve dell’F.B.I.: ventiquattro anni come lui, e
uno spiccato talento per mettersi nei guai. A differenza di Xander,
però, era un informatico, e sapeva praticamente tutto
di computer. L’avevano reclutato quando era quasi riuscito a entrare nel
database della CIA, e piuttosto che farselo nemico lo
avevano arruolato tra loro. Condividevano lo stesso ufficio al Quartier
Generale di San Francisco.
Xander salì le scale, ed
esplorò la casa da cima a fondo, prendendosi la stanza
che dava sul vialetto. Vedeva la BMW bianca parcheggiata davanti al garage,
scintillante nel sole di aprile.
Posò a terra i due
borsoni in cui aveva infilato a forza tutte le sue cose ed esaminò la camera. Armadi dalle imposte nero lucido, letto matrimoniale e comodini con
lampade bianche. Vicino alla finestra c’era una poltrona di cuoio nero
con tanto di pouf coordinato.
<< Tra un po’
dovrebbe arrivare Nichole >> disse Jess, di sotto.
Nichole era la loro
domestica, che provvidenzialmente il capo gli aveva assunto: due come loro
nella stessa casa avrebbero fatto decisamente casino.
Oltretutto, Jess non sembrava conoscere il vocabolo
“ordine”.
Ore 17.00 – Casa
Il telefono
cellulare Motorola squillò prepotente, e Irina lo afferrò pulendosi le mani
sulla maglietta ormai sporca di omogeneizzato. Posò la forchetta sul bancone,
mentre sentiva Tommy lamentarsi seduto sul seggiolone. Suo padre Todd, e i suoi
fratelli Harry e Denis, erano seduti a tavola a mangiare le sue frittelle belle
calde. Era assurdo come il telefono squillasse nei momenti meno opportuni.
<< Pronto
>> disse, controllando di non bruciare nulla.
<< Sono
William >> disse una voce dall’altra parte della linea. Anche se
l’interlocutore non si fosse identificato, lo avrebbe riconosciuto lo stesso:
aveva una voce che le faceva gelare in sangue nelle vene, certe volte.
<< Ciao
>> disse lei porgendo a Tommy un succo di frutta.
Harry gridò
qualcosa riguardo al bere, ma Irina gli diede le
spalle e si tappò un orecchio per riuscire a sentire meglio. Il volume alto
della televisione certo non aiutava.
<< Cosa c’è?
>> domandò.
<< Stasera
c’è una gara a coppie, aperta, e tu devi venire >> spiegò William,
<< Andiamo a dare uno sguardo a qualche pivellino >>.
<< Senti, io
non so se ce la faccio. Sono stanca, non puoi gareggiare con Hanck? Non dovrebbe essere difficile… >>. Gara aperta
significava gara facile, per lei. Era riservata agli
“aspiranti piloti” che volevano diventare qualcuno.
<< No
>> la interruppe William, << Io voglio che sia tu a gareggiare… E
dopo si va al Gold Bunny
>>.
Irina sentì lo
stomaco stringersi, ma non perse la calma. I suoi ordini non si discutevano,
lei lo sapeva bene, ma a volte dimenticava quella regola fondamentale nella
speranza di potergli stare alla larga.
<< Ho appena
fatto mettere a posto la macchina >> disse,
<< E sinceramente non ho voglia di gareggiare. Mi è bastato
l’inseguimento di ieri sera >>
Sentì William
ridacchiare dall’altra parte del telefono. << Irina, non discutere.
Stasera vieni, perché ci divertiremo. Voglio la mia pilota preferita, con me.
Mi sembra una richiesta legittima, non credi? >>.
Left
broken empty in despair Wanna breath can't find air
Thought you were sent from up above
But you and me never had love
So much more I have to say
Help me find a way
And I wonder if you know
How it really feels
To be left outside alone
When it's cold out here
Well maybe you should know
Just how it feels
To be left outside alone
[ LeftOutside
Alone – Anastacia ]
Ore 16.00 – Casa di Xander
<< Allora,
c’è una gara questa sera a mezzanotte, spiaggia di Dalton Beach >> disse Jess, davanti al pc acceso che
mostrava l’home page di un sito di auto modificate,
<< Ho scoperto dove si trova solo perché si tratta di una gara “aperta”,
vuol dire che tutti possono parteciparvi… Altrimenti avremmo faticato a
scoprire qualcosa >>
Xander fissò il monitor
senza vederlo. Non credeva fosse così difficile entrare in quel maledetto giro
di corse clandestine. Era tutto sempre sotto lo stretto controllo dello
Scorpione: ecco perché non erano ancora riusciti a incastrarlo.
<< Devo
andarci >> disse Xander, << E’ l’unico
modo per entrare senza dare troppo nell’occhio. Il piano prevedeva che contattassi subito la ragazza, ma forse… Chiamo White
>>.
Prese il cellulare
e cercò nella rubrica il numero del suo capo.
<< Agente Went, come va da quelle parti? >> rispose subito
l’uomo dall’altra parte della cornetta.
<< Bene,
signor White >> disse Xander, << Devo dire che non poteva scegliermi una casa migliore… >>.
<< Sono
contento che le piaccia >> disse White, << Ma si ricordi che non è
lì per divertimento >>.
<< Infatti
>> Xander fece una smorfia: quell’uomo non gli era mai stato particolarmente simpatico, << Il
piano iniziale prevedeva che contattassi subito Fenice… Bè,
questa sera c’è una gara a Dalton Beach, una cosa facile per principianti.
Penso che ci farò un salto, giusto per farmi un’idea.
Dopo chiamerò la ragazza >>.
White tacque un
momento, per pensare. Xander reputava valida l’idea:
gli permetteva di dare uno sguardo in giro prima di iniziare a correre. Niente
di troppo pericoloso, nessuno si sarebbe accorto di lui.
<< D’accordo,
agente Went, è autorizzato ad andare >> rispose
il capo, << Niente gare, però. Rischia di dare
troppo nell’occhio, e non è consigliabile. Veda un po’
come stanno le cose, poi se ne torni a casa e segua il piano originale. Niente
colpi di testa, intesi? >>.
<< Bene,
arrivederci >>.
Xander chiuse la
telefonata; Jess lo stava guardando.
<< Ha detto
che sono “autorizzato ad andare” >> spiegò, appoggiando il cellulare sul
tavolino, << E che devo evitare i colpi di testa >>.
Jess ridacchiò, e Xander fece altrettanto.
Frank White era il
capo della loro divisione, un uomo in grado di inquadrare chiunque al primo
sguardo. Era lui a seguire la missione di Xander,
dall’ufficio di San Francisco.
Xander trovava quell’uomo
insopportabile, forse per il fatto che aveva capito
già che tipo era: aveva sempre odiato le regole, e di solito seguiva l’istinto
più che gli ordini che gli venivano dettati. Il fatto che nelle missioni
precedenti avesse avuto successo, lo facevano sentire
nel giusto, certe volte. Riconosceva di essere imprevedibile, ma non era
avventato. Sapeva perfettamente fin dove poteva
spingersi, e quando doveva fermarsi. Forse per quel motivo White non gli
piaceva: era bravo nel suo lavoro, ma era il suo capo. E lui non aveva mai
affinità con i capi e le loro regole.
<< Quindi andrai >> disse Jess,
digitando qualcosa sulla tastiera del pc, <<
Credi ci sarà anche Fenice? >>.
Xander si strinse nelle
spalle. << Non lo so. Potrebbe essere, visto che penso sia lei a tenere
d’occhio i “nuovi entrati”… Non mi farò notare, comunque. Non posso rischiare
di far vedere in giro che ci conosciamo >>.
Jess gli rivolse
un’occhiata maliziosa. << Pensi si ricorderà ancora di te? >>
domandò, divertito.
Xander sorrise. <<
Dubiti, forse? >> ribatté.
<< Bé, una
così ne avrà visti di ragazzi, in tutti questi anni… >> disse Jess, assumendo un’aria angelica.
Xander guardò la foto di
Irina nel fascicolo che si era portato dietro. Fisicamente era cambiata molto,
in cinque anni, e non era di sicuro più una bambina… Aveva perfettamente capito
cosa intendeva Jess. Tuttavia, dubitava che non si ricordasse di lui: da
adolescente era stato davvero un grandioso casinista, ed era difficile per lui
passare inosservato in quel periodo. Era famoso in tutta la sua scuola, per le
cose che combinava.
<< Cosa ne
pensi? >> chiese Jess all’improvviso, serio
<< Del fatto che ci sia in mezzo anche lei, intendo.
Hai detto che la conoscevi pochissimo, ma non ti sembrava la tipa da corse
clandestine >>.
Xander afferrò la
bottiglia di birra Heineken davanti a lui e ne bevve un sorso, prima di
rispondere. << Sinceramente non so cosa possa averla spinta a
invischiarsi in qualcosa del genere… Soprattutto perché tanta gente ci ha
rimesso la pelle. Spero solo che se riuscirò a incontrarla, non si insospettisca troppo… >>.
Era davvero curioso
di sapere perché lei fosse lì. E voleva anche scoprire quale sarebbe stata la
sua reazione quando se lo sarebbe visto comparire davanti.
Ore 24.00 – Dalton Beach
Irina parcheggiò la
Punto bianca dietro la linea di partenza segnata da una ragazza in abiti a dir
poco succinti, in piedi a bordo della strada, e spense il motore. Di fianco
alla sua auto c’era la Porsche Boxster gialla di
William: le ci volle un attimo per capire che si trattava di una gara facile, e
molto probabilmente segnata da incidenti. Di solito alle gare “aperte”, quelle a cui tutti potevano partecipare, lei non prendeva mai
parte. Si limitava a guardare.
Si chiese perché
mai William volesse partecipare a una corsa del genere: non si abbassava mai a
scontrarsi con i pivellini. Molto probabilmente non aveva di meglio da fare,
quella sera.
Dalton Beach era
una lunga strada che costeggiava la spiaggia, e che terminava in una piazzola
con un parcheggio che di giorno era usato dai bagnanti, ma che di notte si
trasformava nel punto di ritrovo di piloti e auto modificate.
Con un leggero
vento salmastro che le scompigliava i capelli, Irina chiuse la portiera della
macchina e si diresse verso William, in piedi appoggiato allo steccato che
divideva il marciapiede dalla spiaggia.
Il parcheggio era
quasi tutto pieno, e un sacco di ragazzi gironzolavano
ammirando le auto e parlando animatamente sotto la luce dei lampioni. Dalle
casse montate su un’Audi A3 grigia proveniva musica
house sparata a tutto volume, che copriva lo scrosciare del mare a pochi metri
da loro. Qualcuno le gettò un’occhiata, ma lei fece finta di niente e continuò
per la sua strada.
William l’aspettava con le braccia incrociate e gli occhi fissi su
di lei. Intorno a lui c’erano Hanck, Josh e Dimitri, i suoi tre amici, e poco lontano Sebastian,
il suo meccanico. Erano tutti più grandi di lui, ma gli portavano rispetto
perché nonostante avesse solo venticinque anni era lui
che comandava, da quelle parti.
Suo padre era il
multimilionario George Challagher, proprietario di
mezza Las Vegas e di tutti i casinò nei dintorni di Los Angeles. Come fosse
riuscito ad arrivare in così poco tempo così in alto
non era un mistero per coloro che facevano parte del giro di William: Challagher era stato per anni il boss di un’organizzazione
criminale che spacciava droga e organizzava gare di auto clandestine. Adesso a
controllare il giro erano lui e suo figlio William.
William era alto e
con un fisico asciutto e muscoloso. Aveva gli occhi verdi e i capelli scuri, e
il sorriso beffardo che gli solcava perennemente il viso. Sul collo abbronzato
si vedeva benissimo la W tatuata in nero, e la maglia Emporio Armani scura e
aderente delineava le spalle larghe allenate tutti i
giorni in palestra.
L’aspetto di
William rispecchiava perfettamente ciò che era in realtà: bello, ricco e
soprattutto un gran bastardo. Irina lo sapeva meglio di tutti.
<< Ecco la
mia pilota >> disse William vedendola arrivare.
La squadrò da capo
a piedi, incrociando le braccia sul petto. Lo faceva sempre, come se
controllasse che ogni parte del corpo di Irina fosse al suo posto. Sorrise.
Irina, con una
smorfia, gli si fermò davanti. << Cosa devo
fare? >> domandò, secca. Odiava quando la guardava in quel modo.
William continuò a
sorridere e gettò un’occhiata ai suoi amici. << Vai di fretta, eh?
>> disse, << Sai cosa devi fare: vincere. Stammi dietro e non mi intralciare, e fai attenzione a non farti sbattere fuori…
>>.
Ricevute le dovute
istruzioni, Irina si voltò per andarsene, ma William l’afferrò
per un braccio e la fece girare. Se lo ritrovò appiccicato alla faccia prima
che potesse ritrarsi.
<< E non
scappare come hai fatto ieri… >> le soffiò sul viso, << Perché non
mi seminerai facilmente come hai fatto con la polizia >>.
Le diede un bacio a
fior di labbra e tornò dai suoi amici, che ridacchiarono.
Irina tornò alla
sua macchina, furiosa. Detestava quando faceva così, perché si sentiva usata, e
anche presa in giro. Appoggiò la mano sul tetto di vetro della Punto e cercò di
calmarsi.
Cercando di
distrarsi, vagò con lo sguardo sulla strada, e vide un’auto nuova, che non
aveva mai visto da quelle parti. Non poteva certo passare inosservata, anche in
quel marasma. Almeno per lei.
Era una BMW M3 bianca,
dai cerchi super ribassati e il tetto in vetro nero. La vernice iridescente
brillava sotto la luce dei lampioni, e i finestrini oscurati nascondevano il
suo proprietario alla vista.
Decisa a scoprire
di chi fosse, si avvicinò, ma notò che era vuota. C’erano solo tre ragazzi che
stavano commentando le performance dell’auto. Irina passò delicatamente un dito
sulla carrozzeria, notando i particolari cromati degli specchietti e delle
fiancate.
Amava la sua Grande
Punto, ma doveva ammettere che quell’auto esercitava su di lei un certo
fascino. Le piaceva molto, bassa e sinuosa com’era. E la forma dei fari le ricordavano gli occhi di un felino.
<< Bell’auto,
eh? >> domandò una voce alle sue spalle.
Era Max.
<< Che ci fai
qui? >> chiese Irina.
<< Sapevo
della gara >> rispose lui con una scrollata di spalle << E poi, non
posso perdermi una corsa della mia pilota preferita >>.
Irina sorrise
divertita, e si guardò intorno in cerca del proprietario della BMW. Nessuno
sembrava aver notato che si era pericolosamente avvicinata alla delicatissima
vernice bianca dell’auto. Attese qualche minuto, poi si voltò per vedere
William farle un cenno con la mano.
<< Vado
>> disse rivolta a Max, << Non aspettarmi, dopo la gara. Torna a
casa >>.
Max le rivolse
un’occhiata preoccupata, ma non disse nulla. La seguì con lo sguardo mentre si
allontanava diretta alla macchina, gli occhi a terra. Molti la guardarono
passare: non si vedevano spesso William Challagher alias lo Scorpione, numero uno della Lista Nera,
e Irina Dwight, la Fenice, numero tre, gareggiare insieme, anche se tutti
sapevano che erano in rapporti abbastanza “stretti”. E pochi osavano correre
contro lo Scorpione.
Irina montò
nell’auto e inserì la chiave. Alla sua destra, William le fece un cenno con la
testa e sorrise malizioso. Con un rombo, il motore della Punto si avviò, pronto
a scattare. Schiacciò l’acceleratore con la lancetta del contagiri che si
muoveva nervosa. Trasse un respiro per calmarsi, inserì la prima e attese.
A gareggiare
c’erano altre tre coppie di auto. Vide un ragazzo molto giovane alla sua
sinistra, alla guida di una Ford Focus argentata. Stringeva convulsamente il
volante, e sembrava nervoso. Girò la testa verso di lei, e le rivolse un
sorriso che voleva essere minaccioso, ma agli occhi di Irina appariva solo
tirato. Aveva paura, perché chiunque ne aveva quando a gareggiare c’era anche
lo Scorpione.
La ragazza abbassò
il finestrino destro della Punto e fece un cenno a William. Il vetro della Porsche
calò silenziosamente, e lui la guardò. Il braccialetto che aveva al polso
scintillò sotto la luce dei lampioni.
<< Vacci
piano, William >> disse Irina, << Sono terrorizzati. Non c’è
bisogno che tu gli distrugga l’auto… >>.
Lo Scorpione
sorrise malignamente. << Tu pensa ad arrivare al traguardo insieme a me >> ribatté soave, << Quello che ho
intenzione di fare sono affari miei >>.
Irina strinse il
volante di pelle, spostando lo sguardo davanti a lei. Non poteva permettersi di
dare ordini a William, ma non voleva che qualcuno di
quei ragazzi finisse ammazzato per colpa loro. Non amava le manie distruttive
dello Scorpione, nonostante per se stessa non avesse
nulla da temere.
<< Non fare
lo stronzo >> disse, << Hanno paura, e lo sai meglio di me che non
hanno speranza di vincere… >>.
<< Appunto
>> disse William, << Rendiamo la gara un po’ più movimentata
>>.
Irina stava per
rispondere, ma il finestrino della Porsche si era richiuso silenziosamente.
Fissò arrabbiata lo Scorpione, poi tornò a guardare davanti a lei.
La stessa ragazza
che lei aveva visto delineare la linea di partenza
andò al centro della strada, con in mano un fazzoletto rosso. I motori delle
auto rombarono, e la gente si posizionò sul
marciapiede per assistere alla partenza.
Irina controllò che
tutto fosse a posto: serbatoio pieno, olio alla giusta temperatura, marcia
ingranata. Spense la radio che era rimasta accesa fino a quel momento, e
attese.
La ragazza alzò il
braccio, e Irina contò mentalmente.
1…
2…
…3
La ragazza calò la mano
con il fazzoletto rosso, e Irina scattò avanti come un felino. La Porsche
gialla schizzò davanti a lei, tagliando la strada a una Mitsubishi Eclipse rossa. L’auto frenò di colpo, mentre la Grande
Punto schivava una vecchia Ford Fiesta nera.
Irina sterzò a
destra, imboccando la strada che portava in centro. Nello specchietto
retrovisore vide William fianco a fianco alla Fiesta.
Distolse lo sguardo e tornò a fissare davanti a sé.
Con uno stridio, la
Fiesta sbandò e finì in testacoda, andando a sbattere contro un palo della
luce. La Porsche deviò a sinistra e si diresse verso la Eclipse rossa, pronta a sbatterla fuori.
Irina frenò, girò a
destra lungo la 5° strada e rallentò l’andatura. Era in testa, ma sapeva che
William voleva vederla combattere un po’…
La Focus argentata le si affiancò a sinistra, e lei accelerò. La Ford cercò di
schiacciarla contro il marciapiede, ma Irina frenò di
colpo, lasciandosi superare. Gettò un’occhiata allo specchietto, per vedere
anche l’Eclipse finire fuori gara. William si stava
divertendo da matti.
La Focus,
guadagnata la prima posizione, accelerò per ottenere un po’ di distacco. Irina
gli si mise dietro, sfruttando la scia e tallonandolo per renderlo nervoso. Non
c’è n’era bisogno, lo sapeva, ma era quello che William si aspettava facesse.
Il tachimetro
segnava i 170 km/h quando con una brusca frenata la Focus rallentò per girare a
sinistra. Irina inchiodò e sterzò, infilandosi tra lo spazio tra l’auto e
l’angolo della strada. Superò la Ford e accelerò.
Dallo specchietto,
vide William superare la Focus e tentare di speronarla. Dietro di lui c’era
anche una Volvo blu scuro, che cercava di farsi strada
senza riuscirci.
Due avversari erano
andati, e Irina credeva che William si fosse divertito abbastanza, per quella
sera. Non poteva distruggere tutte le auto, nemmeno lui che dettava le regole
in quel posto.
Frenò, costringendo
la Focus e la Porsche a dividersi per non andarle addosso. La Volvo ne
approfittò per superare tutti e passare in testa. Voleva costringere William a
passare avanti ed evitare al ragazzo che guidava la Ford un
brutto incidente.
Vide William
lanciare un’occhiata alla Focus, poi gettarsi all’inseguimento della Volvo.
Irina attese qualche secondo prima di seguirlo, assicurandosi che la Ford verde
fosse dietro di lei. Non la vide.
Con uno scatto, il
ragazzo le si era affiancato e ora la stava superando.
Irina schiacciò a fondo l’acceleratore, schizzando avanti a velocità inaudita.
Vedeva i fari posteriori rossi della Porsche di William a qualche decina di metri da lei sparire dietro una curva.
Scalò marcia e
svoltò a sinistra, sapendo che il traguardo non era molto lontano. Schivò per
un pelo la Volvo ferma a bordo strada con il paraurti posteriore sfondato, e
seguì William, piazzandosi di fianco a lui. Dietro di loro, troppo distanti per raggiungerli, c’erano la Focus verde e un’altra auto.
La Punto e la
Porsche procedettero lungo il rettilineo illuminato dai lampioni fianco a fianco, e William la guardò, incitandola a fare di
più. Voleva dimostrarle ancora una volta che era più forte di lei.
Irina accelerò
ancora, sentendo il rombo del motore che invadeva l’abitacolo. La Porsche le
rimase a destra, finché entrambi non videro il traguardo. William schizzò
avanti e lei gli si mise dietro, tagliando il traguardo uno dopo l’altro.
La Grande Punto
inchiodò con un sibilo, mentre le ultime due auto superstiti superavano la
linea di partenza proprio in quel momento. Irina spense il motore e scese dalla
macchina come una furia. Raggiunse la Porsche gialla prima ancora che William
uscisse.
<< Cosa ti
avevo chiesto?! >> lo aggredì, << Sei un
bastardo! Non c’era bisogno di sbatterli tutti fuori! Potevi ammazzarli!
>>.
Lo Scorpione la
guardò con i suoi occhi freddi, ora palesemente arrabbiati.
<< Ti ricordo che qui comando io, bambolina >> sibilò gelido,
<< E tieni a freno la lingua, se non vuoi guai, chiaro?
I soldi della gara di stasera vanno a me… Per come hai corso, non te li meriti.
E adesso, seguimi al Gold Bunny >>.
Irina ammutolì,
sapendo che non poteva rivolgersi in quel modo allo Scorpione: lei più di tutti
doveva portargli rispetto.
<< Ah, non
parlarmi mai più in quel modo, chiaro? >> aggiunse William prima di tirare
su il finestrino dell’auto.
Ore 24.37 – Dalton Beach
Dalla sua
postazione, appoggiato alla staccionata di legno della spiaggia, XanderWent vide la Porsche
gialla tagliare il traguardo a tutta velocità e fermarsi con una sgommata. A pochi
metri da lui fece lo stesso una Punto Bianca con l’areografia di una fenice
sulla carrozzeria, che gli si affiancò. Parecchi secondi dopo, arrivarono altre
due macchine, le uniche superstiti della gara. Le altre erano state buttate
fuori una dopo l’altra.
“Allora sei davvero brava, Irina” pensò Xander, osservando la Fiat bianca.
La ragazza fu la
prima a scendere dall’auto, e si diresse rapidamente verso la Porsche gialla.
Disse qualcosa al suo pilota, e da come parlava
sembrava arrabbiata. La risposta di William Challagher
la zittì subito, e rimase un momento immobile davanti all’auto. Poi, girò sui
tacchi e tornò alla Grande Punto, accendendo il motore.
Un ragazzo bruno si
avvicinò alla Porsche con una mazzetta in mano, che William afferrò senza tanti
complimenti e gettò sul sedile anteriore della sua auto. Un altro ragazzo, dai
capelli castani, salì al posto del passeggero, mentre altre due auto, una Audi A3 grigia e una Lamborghini Murcielago
arancione, si affiancarono alla Punto.
Con una sgommata,
la Porsche partì diretta verso la periferia, seguita da Irina e dagli altri
due. La gente li guardò andare via, per poi lasciare lentamente la spiaggia.
Xander tirò fuori dalla tasca
dei jeans le chiavi della BMW e si diresse verso la macchina, circondato da
altri ragazzi che commentavano la gara. Vide la Volvo andare via lentamente,
mentre una decina di persone si dirigeva verso la Fiesta nera, che era riuscita
a tornare indietro, per vedere se il pilota stava bene.
Non si era più di
tanto impressionato: più che bella, la gara era stata “distruttiva”. Challagher sembrava divertirsi un mondo a mostrare la sua
superiorità, e da boss quale era, non si preoccupava
di fare danni.
Lo sorprendeva
molto di più l’abilità della ragazza. Non credeva che potesse essere così
brava. Gli aveva dato l’idea di non essersi impegnata più di tanto, per
vincere.
Xander montò sulla M3 e
accese il motore. Aveva visto abbastanza: poteva iniziare a entrare in azione.
Ore 01.30 – Gold
Bunny
Irina parcheggiò
l’auto nel piazzale davanti al Gold
Bunny, il locale di proprietà di William e di suo padre. Scese dalla macchina
mentre Hanck, con l’Audi A3, e Dimitri, con la
Lamborghini, si fermavano uno alla sua destra e l’altro alla sua sinistra.
William aveva lasciato la Porsche davanti all’ingresso.
Una grande insegna
luminosa che mostrava un coniglio in stile giapponese indicava l’entrata del
locale, da cui proveniva musica ad alto volume. Diverse persone stavano
entrando, ridacchiando tra loro. Irina vide Hanck e
Dimitri chiudere le auto e avvicinarsi all’entrata. Li seguì a breve distanza,
sapendo già che la aspettava la solita serata di bagordi e alcool.
<< Allora?
>>.
Irina si voltò di
scatto. William la sovrastava con lo sguardo furente puntato su di lei. La
medaglietta con il suo soprannome che portava al collo brillò per attimo sotto
la luce dell’insegna al neon.
Lungo la schiena
della ragazza passò un brivido: era arrabbiato, lo sapeva.
<< Non puoi
distruggere tutte quelle auto, quando gareggi >> disse lei, cercando di
essere il meno minacciosa possibile, << Tutte le
volte rischiamo di farci beccare dalla polizia… >>.
Era una stupida
scusa, perché in realtà a lei non importava nulla che la polizia li arrestasse.
Solo non voleva che William rischiasse di ammazzare qualcuno provocando qualche
incidente a catena. Lo aveva già fatto, si sapeva.
Lo Scorpione
sorrise. Alzò una mano e le mise una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
Sarebbe stato un gesto affettuoso, se a farlo non fosse stato lui.
<< Bambolina
>> disse, << Lo sai che la polizia sta dalla nostra parte… I loro
sono solo inseguimenti di facciata: li pago troppo bene, e non si azzarderanno
a farmi un torto. Dì piuttosto che ti stanno a cuore quegli idioti pivellini…
>>.
<< Non mi
piace il tuo comportamento, lo sai >> ribatté Irina, << Sai che la
gente ti porta rispetto, non c’è bisogno che li terrorizzi ancora di più
>>.
William la prese per un braccio e la spinse in modo da allontanarli
dall’entrata, per non far sentire a nessuno che discutevano.
<< La gente
mi rispetta proprio perché li terrorizzo >> disse gelido, << E se
continui a fare di testa tua, potrei anche incazzarmi. Continua a parlarmi come
hai fatto prima, e sarò costretto a punirti. Non approfittare del fatto che
lavori per me, perché non sono disposto a tollerare ancora i tuoi
comportamenti. Chiaro? >>.
Irina abbassò lo
sguardo come faceva ogni volta che lui la minacciava. Era vero, essendo la sua
pilota godeva di un sacco di privilegi da quelle
parti, ma era costretta anche a seguire tante regole. La
prima era proprio quella di non contraddire mai William Challagher.
<< Ti sto
solo dicendo che non era necessario >> disse piano, << Non puoi rischiare di far fuori qualcun altro… Il capo del
distretto sarà anche tuo amico, ma non può coprirti sempre >>.
<< Hai paura?
>> domandò William, fissandola dall’alto.
Irina distolse lo
sguardo. Si sentiva piccola, minuscola, davanti a lui.
<< Non ho
paura >> rispose, << Ma almeno io una coscienza c’è l’ho >>.
William ridacchiò.
<< Non è morto nessuno >> disse, << Se li voglio fare
veramente fuori, sai che non fallisco… Mi limito a rifargli la carrozzeria
>>.
Irina si allontanò
di qualche passo, incrociando le braccia.
<< Posso
andare a casa? >> domandò.
<< No
>> rispose William, accendendosi una sigaretta.
Irina sospirò.
<< Domani ho lezione… >> disse, <<
Non posso tornare a casa tardi… >>.
Stava cercando di
fuggire, perché voleva stare il più lontana possibile
da William. Era stanca, e aveva bisogno di dormire.
<< Nessuno ti
ha obbligato a iscriverti all’università >> disse lo Scorpione, <<
E ancora non capisco perché tu ci tenga tanto…
Comunque, salterai la lezione, se necessario. Abbiamo un paio di affari da
trattare, stasera >>.
Lui non capiva
perché lei avesse voluto proseguire con gli studi, ma lei lo sapeva benissimo:
era l’unica cosa che dava una parvenza di normalità alla sua sgangherata vita.
L’unica cosa che le permetteva di dimenticare quale fosse la sua vera
esistenza.
<< Ah, tra
l’altro… >> aggiunse il ragazzo, fissandola, << Domani devi andare
da Nichols… E’ indietro con i pagamenti. Fagli una visitina di cortesia >>.
Irina annuì
stancamente, passandosi una mano tra i capelli.
William si avvicinò
e le mise un braccio dietro la schiena, il fumo della Marlboro che le arrivava
alle narici. La attirò a sé, conscio che diverse persone all’entrata del Gold Bunny li stavano guardando.
<< E adesso
baciami >> sussurrò. << Fatti perdonare l’insulto di prima
>>.
La ragazza abbassò
lo sguardo, appoggiando le mani sul suo petto per mettere distanza tra loro.
Non voleva farlo, non le andava proprio per niente.
<< Avanti
>> sibilò William, << Baciami >>.
Irina esitò. Odiava
sentirsi usata in quel modo: William lo stava facendo apposta. Voleva che gli
altri vedessero che quella ragazza gli apparteneva, esattamente come un’auto,
un oggetto qualsiasi.
Deglutì, poi
avvicinò la bocca a quella dello Scorpione e lo baciò sulle labbra, sentendo il
gusto amaro del fumo della sigaretta. Un attimo dopo si staccò, guardando da
un'altra parte.
<< Mettici un
po’ più d’impegno, bambolina >> disse William.
Irina si divincolò
e lo spinse via, allontanandosi da lui come se si fosse scottata. Già per lei
era insopportabile stargli così vicina, e per di più lui la riprendeva pure.
<< Non
chiamarmi bambolina >> sibilò, avvicinandosi alla porta finestra.
William sorrise
sardonico. << Posso chiamarti come mi pare, bambolina… E adesso entra
>>.
Irina gli rivolse
un’occhiataccia ben sapendo che ribattendo qualcosa non avrebbe fatto altro che
mettersi nei guai. Come ogni volta, in silenzio, seguì gli ordini dello
Scorpione.
Traduzione:
“Lasciata spezzata, vuota, disperata
Vorrei respirare ma non trovo l’aria
Pensavo tu fossi mandato dal cielo, ma tra
noi non c’è mai stato amore
Avrei molto di più da dire, aiutami a
trovare il modo
E mi chiedo se tu sai davvero come ci si
sente ad essere lasciati fuori da soli, quando qui
fuori da freddo
Beh, almeno dovresti saperlo
Almeno come ci si sente a essere lasciati
fuori da soli”
Irina aprì la porta
di casa sua e gettò le chiavi sulla mensola dell’entrata. Il silenzio che
regnava le diceva che non doveva esserci nessuno, e che suo padre e i suo fratelli erano usciti.
Posò la borsa a
terra ed entrò in soggiorno: il tavolino davanti al televisore era invaso da
cartacce e bottiglie vuote. Molto probabilmente i resti della
colazione di suo padre.
Si sedette sul
divano, il volto tra le mani. Era esausta, e aveva un cerchio alla testa. Per
fortuna Sandra, la signora che le faceva da baby-sitter, le aveva tenuto Tommy
per la notte e poi lo aveva portato all’asilo, perché lei era davvero troppo
stanca per occuparsi di lui. Erano due giorni che non riusciva a dormire nemmeno
il minimo indispensabile.
Intanto, un’altra
lezione era andata. Non le piaceva fare assenze all’università, più che altro
perché le scombinava tutta la giornata… Non che i suoi giorni fossero normali,
ma almeno riusciva ad avere una sorta routine.
Con un sospiro si
alzò e raggiunse il bagno al piano di sopra. Accese la luce della specchiera e
si guardò.
I capelli castani,
leggermente mossi, le ricadevano spettinati sulle spalle, e il viso era
palesemente affaticato. Sotto gli occhi scuri c’erano ombre nere, a testimoniare il fatto che nelle ultime notti non avesse
dormito molto.
Scostò una ciocca
di capelli, e con fastidio notò un segno rosso sul collo sottile, un segno che le aveva lasciato William. Passò una mano sopra,
come sperando di poterlo cancellare, e aprì il rubinetto del lavandino.
Un’altra notte se
n’era andata, l’ennesima notte a fare la parte della ragazza dello Scorpione, a
indossare la maschera che in quanto numero 3 della BlackList doveva portare. Nella
lista delle regole che doveva rispettare c’era anche quella: fare esattamente
tutto quello che lo Scorpione voleva, e lui voleva che
lei fosse la sua ragazza. Gli apparteneva, lo sapeva, e non poteva tirarsi
indietro. In gioco non c’era solo la sua vita…
Il cellulare
squillò, rompendo il silenzio e i pensieri di Irina. Per un momento pensò di
non rispondere, poi andò in camera sua e lo afferrò senza nemmeno guardare chi
fosse.
<< Cosa c’è?
>> disse, seccata.
<< Ma dove cazzo sei finita, Irina?! >> gridò Max dall’altra
parte del telefono, << Perché non rispondevi?!
>>.
<< Stavo
dormendo >> mentì lei, << Non ho sentito il telefono. E comunque ti
avevo detto di non aspettarmi, dopo la gara >>.
Max sembrava
furioso e preoccupato al tempo stesso. La ragazza si accorse che si tratteneva
a stento.
<< Dove eri?
>>.
<< Sono
rimasta al Gold Bunny fino
alle cinque, poi sono tornata a casa >> mentì Irina, << Mi sono
addormentata e mi sono svegliata poco fa >>.
Era solo una
piccola parte della verità. Erano rimasti al Gold Bunny fino alle quattro, poi erano andati a casa
di William…
<< Mi hai
fatto preoccupare da morire >> disse Max, << Stai bene? >>.
<< Si, sto bene… Ma smettila di chiedermi se sto bene, non ho
due anni >> rispose Irina, cercando di apparire dura. << Perché mi
chiami adesso? >>.
Max non rispose
subito. << Bè, stamattina mi ha telefonato un
tipo… Diceva che ti ha visto ieri sera alla gara, e che vuole parlarti…
>>.
<< Sei
sicuro? >> ribatté Irina, perplessa, << Chi era? >>.
<< Non lo so,
e sinceramente non so nemmeno come ha fatto ad avere
il mio numero di telefono >> disse Max, seccato, << Mi ha detto che
ti conosce, e che ha bisogno di vederti >>.
<< Tu cosa
gli hai detto? >> chiese Irina, curiosa.
<< Gli ho
detto che se aveva tutta questa fretta di incontrarti doveva venire questo
pomeriggio alla mia officina, ma che non sapevo se saresti venuta o no
>>.
Irina tacque un
attimo, poi disse: << A che ora? >>.
<< Alle tre
>>.
<< Aspettami,
ci sarò. Sono curiosa di vedere chi è >>.
Irina chiuse la
telefonata, e lasciò il cellulare sul letto di camera sua. In realtà non le
importava molto di sapere chi fosse il ragazzo che diceva di conoscerla: più o meno tutti quelli che stavano nel giro delle corse
clandestine sapevano chi era. Lei, invece, voleva solo chiudere quella
conversazione con Max, perché non stava affatto bene. Aveva
voglia di andarsene a dormire veramente, per scoprire che quello che stava
vivendo era solo un brutto sogno.
Andò in bagno e
aprì il rubinetto della doccia, e senza nemmeno aspettare che l’acqua si
scaldasse si infilò sotto il getto.
C’erano due
fissazioni, nella vita di Irina: una erano le mani, che curava in modo maniacale, con le unghie sempre perfettamente limate a smaltate
di rosa perlato, e l’altra era quella di lavarsi.
Era fissata con la
doccia: la faceva almeno una volta al giorno, anche se
non ne aveva bisogno. E a volte passava ore dentro l’acqua, lo sguardo perso e
la mente spenta, cercando di sentirsi più pulita di quanto in realtà non fosse.
Forse pensava che le gocce gelide che scivolavano sulla sua pelle potessero
cancellare il tatuaggio a forma di fenice che aveva sulla schiena, poco sotto
il collo, con il quale si era inflitta da sola e
consapevolmente la sua condanna; o quello sul fianco, minuscolo e visibile solo
quando era completamente svestita, a forma di fiore nero, che la marchiava come
proprietà dello Scorpione. Oppure… Oppure pensava solo che l’acqua potesse
lavare la sua anima e farla tornare quella di una volta.
Ma in quel momento,
l’unica cosa che le veniva in mente era che il suo era un mondo fatto di bugie
e segreti, tenuti stretti dentro la sua anima perché troppi per
poter essere rivelati.
Due ore dopo, Irina
si alzava dal letto, diretta al ristorante di Larry Nichols,
nella periferia est della città.
L’Audi TT nera
sfrecciava sul lungomare, i finestrini aperti e la radio accesa che trasmetteva
una canzone di Anastacia, la sua cantante preferita. Il sole splendeva sulla
spiaggia e l’odore salmastro del mare arrivava alle narici di Irina come un
balsamo tentatore. Ancora qualche settimana e il tempo sarebbe
stato perfetto per fare il bagno.
Lasciò l’auto
parcheggiata sotto una palma, sapendo che le ci sarebbe voluto poco tempo per
sbrigare la faccenda. Attraversò la strada e raggiunse il ristorante “La
Lanterna sul mare”, un locale piccolino ma ben tenuto. L’insegna diceva
“chiuso”, ma lei bussò comunque alla porta.
Un attimo dopo, un
uomo anziano comparve sulla soglia, il grembiule bianco sporco e l’espressione
spaventata.
L’anziano annuì e
la fece entrare nel locale. Subito dopo chiuse in fretta la porta, controllando
che nessuno li avesse visti.
Irina guardò la
sala del ristorante, con l’arredamento nuovo e perfettamente pulito. Non c’era
nessuno a parte loro due, ma sentiva il rumore di stoviglie lavate provenire
dalla cucina.
<< Ehm…
>> cominciò Nichols, stringendosi le mani preoccupato, << Lo so che sono indietro, ma…
>>.
Irina guardò
quell’uomo in là con gli anni, che tentava disperatamente di mandare avanti la
propria vita, quando lei vi aveva rinunciato tanto tempo prima. Sospirò.
William aveva
prestato del denaro a Nichols, per permettergli di
aprirsi quel piccolo ristorante insieme alla moglie. Il problema era che il
tasso che lui applicava era quello dello strozzino. La somma iniziale era di
25.000 dollari; ora gliene doveva 100.000.
<< Lo
Scorpione vuole i suoi soldi >> disse, << Avrebbe dovuto pagare due
settimane fa, giusto? >>.
Non c’era minaccia
nella sua voce, ma il vecchio sembrò comunque terrorizzato. Si strinse ancora di più le mani, balbettando.
<< Lo so, ma…
Ma non ci riesco a pagare tutto… Il ristorante non fa molti affari… Pagherò, ho
solo bisogno di tempo… >>.
A Irina fece pena
quell’uomo: aveva creduto di rifarsi una vita con quel ristorante, ma aveva
sbagliato già dall’inizio. Chiedere un prestito allo Scorpione era l’ultima
cosa che avrebbe dovuto fare.
<< Si calmi,
per favore >> disse Irina, << Non sono qui per farle del male… Le
sto solo dicendo che deve sbrigarsi a pagare, altrimenti rischia di trovarsi
molto presto faccia a faccia con lo Scorpione
>>.
Odiava fare la
parte della strozzina, e William lo sapeva. L’aveva mandata lì per punirla del
fatto di avergli risposto male la sera prima.
Nichols sembrava sull’orlo
delle lacrime. << Io… Io… Non farà del male alla mia famiglia… >>
mormorò, << Non ho i soldi, in questo momento, ma
pagherò! Lo giuro >>.
Irina sospirò.
Sapeva cosa voleva dire avere problemi di denaro: lei stessa ogni mese doveva
fare i conti con le spese che a mala pena riusciva a coprire con gli introiti
delle gare. E sapeva anche cosa voleva dire avere un debito da pagare…
<< Senta, il
massimo che posso fare è ritardare ancora un po’ il pagamento >> disse,
<< Posso darle altre due settimane, ma non di più. Trovi i soldi, in
qualche modo. Per quindici giorni può ancora tirare un sospiro di sollievo, ma
la prossima volta potrei non essere io a venire a trovarla >>
L’uomo annuì
vigorosamente, mostrando un sorriso tirato. Era terrorizzato dalla sua
presenza, perché chi era in affari con lo Scorpione
sapeva che lei era una delle persone più vicine a lui. Ma
diversamente da William, lei non era nata per fare la criminale: davanti a
quell’uomo spaventato non era in grado di infierire. Lo avrebbe aiutato, se
solo lei stessa non avesse rischiato la pelle.
Irina sorrise
timidamente, cercando di apparire dolce. << Non si preoccupi. Per due
settimane le prometto che non nessuno verrà a trovarla >> disse, <<
Lei cerchi di trovare i soldi, intanto io farò tutto il possibile per evitare
che la prossima volta venga lo Scorpione stesso… Se riesco
tornerò io, va bene? >>.
Irina si schernì.
<< Non mi ringrazi >> mormorò, avviandosi verso l’uscita dal
locale, << Non ha proprio nulla di cui essermi grato. Piuttosto, cerchi
di trovare quei soldi… Ah, mi chiami per nome, per favore >>.
Senza aggiungere
altro, uscì dal ristorante, tornando sul marciapiede sgombro. Raggiunse l’auto
a passo rapido e salì.
Un’altra faccenda
era stata sbrigata. Ora poteva tornarsene a casa e dormire ancora qualche ora.
Si ricordò
all’improvviso di una cosa, e prese il cellulare che aveva lasciato sul sedile
in bella vista.
“Sono tornata tardi ieri sera. Ci vediamo domani a lezione” scrisse, poi inviò
il messaggio a Jenny. Molto probabilmente avevano immaginato perché non fosse
andata all’università, ma era sempre meglio avvisarle. Potevano anche pensare
che avesse avuto qualche incidente.
Ore 15.00 – Officina
Irina aspettava davanti
alla saracinesca aperta del garage dell’officina di
Max, mentre lui era chino sul cofano aperto di un pick-up rosso scolorito,
cercando di capire perché continuasse a fermarsi ogni tre chilometri. Antony, il suo amico e socio, si era infilato sotto una
Chrysler 300c, e al momento di lui si vedevano solo i
piedi e la cassetta degli attrezzi.
Dopo aver sbrigato
la faccenda di Nichols aveva
dormito ancora qualche ora, e poi si era recata all’officina dell’amico,
lasciando la Punto ben nascosta nel garage di casa.
<< Cosa avete fatto ieri sera? >>
chiese Max, gettandole una rapida occhiata prima di tornare a esaminare il
motore del pick-up. Si era guardata allo specchio, quella mattina, e
sapeva di non avere un bell’aspetto.
<< Siamo
andati al Gold Bunny, come
al solito >> rispose Irina, << Alla fine si sono ubriacati tutti, e
me ne sono andata prima che crollassero addormentati sui divanetti… >>.
Guardava l’albero
del vialetto senza vederlo. Odiava mentire, ma non voleva che Max sapesse tutto
quello che faceva…
<< Almeno ti
sei divertita? >> chiese Max.
Irina si rabbuiò.
L’ultima volta in cui si era divertita non la
ricordava nemmeno. << Un po’ >> rispose, evasiva.
Antony sbucò da sotto
l’auto, la faccia nera e le mani unte di olio. Aveva i capelli lunghi e come
sempre spettinati, di uno strano color castagna; la carnagione scura e gli
occhi come due pozzi bui, e il naso schiacciato che lo faceva assomigliare a un
peruviano. In realtà era messicano.
<< Dannata
macchina >> borbottò, cercando di pulirsi la faccia, << Quello
spende cinquantamila dollari di auto, e poi non gli fa cambiare le pastiglie
dei freni… >>
Irina ridacchiò
davanti all’espressione scocciata di Antony, ma
soprattutto davanti alla sua faccia tutta nera. Il ragazzo si ripulì le mani e
salì sulla Chrysler.
<< Vado a
fare un giro di prova >> disse, << Ci vediamo tra poco >>.
Proprio mentre la
300c spariva dietro un angolo, Irina sentì il rumore di un motore provenire
alle sue spalle. Si voltò, e fu piacevolmente stupita di vedere che l’auto che
sopraggiungeva sinuosa come un felino era la BMW M3 bianca che aveva avuto l’onore di sfiorare
la sera prima.
Si stampò in faccia
un sorriso beffardo e aspettò che l’auto si fermasse nel vialetto davanti
all’officina di Max, assaporando il lieve rombo del motore da 420 cavalli, in
quel momento tenuto al minimo. I vetri neri le nascondevano il pilota, e non
poté fare a meno di provare un po’ di curiosità.
La portiera si aprì
senza un rumore, e il misterioso ragazzo uscì dalla BMW. E lei non poté fare a
meno di spalancare gli occhi.
Alexander
Went chiuse la porta della macchina con un movimento
fluido, uguale e al tempo stesso diverso da come lei lo ricordava. Alto,
capelli neri spettinati e occhi di un azzurro ghiaccio, era bello come lo era
stato al College. Era cresciuto ancora di qualche centimetro, ma aveva sempre
il suo solito bel fisico muscoloso e asciutto. Sorrise,
mostrando i denti perfetti e bianchissimi, nel suo intramontabile ghigno
lupesco.
<< Tu?! >> esclamò la ragazza, sorpresa.
Xander la guardò
divertito, poi rispose: << Avevo detto di conoscerti >>.
Irina aveva
conosciuto Xander al College, e lui era più grande di
lei di quattro anni. Il ragazzo era sempre stato il più bello dell’istituto,
oltre che un incredibile combina guai, ma complice
l’avvenenza e la simpatia, riusciva sempre a cavarsela nelle situazioni più
assurde. Si conoscevano poco, e solo perché lei era diventata complice per qualche
minuto di uno scherzo del suo gruppo ai danni di un loro compagno veramente
rompiscatole. Da quella volta si salutavano per i corridoi, con enorme invidia
delle sue amiche. Quando poi lui aveva finito il College, non lo aveva più
rivisto da quelle parti. Dovevano essere passati almeno cinque anni.
<< Cosa ci
fai qui? >> chiese Irina. Si sarebbe aspettata di tutto, ma non di certo
lui.
<< Mi sembra
evidente che non sono il bravo ragazzo che sembravo a scuola >> rispose Xander, senza abbandonare il suo sorriso divertito.
Max scrutava Xander come se fosse un intruso venuto da Marte. Era
evidente che non fosse felice di vederlo, anche se non sapeva di chi fosse.
<< Vi
conoscete? >> domandò, rivolto a Irina.
Lei annuì. <<
Non dirmi che ti sei dato alle corse clandestine! >> aggiunse poi,
guardando il nuovo arrivato.
<< Bé,
nemmeno tu mi sembravi il genere di ragazza che si
diverte a fare scorribande notturne per la città >> ribatté Xander, strappandole un sorriso.
Irina abbassò un
attimo la testa, riconoscendo nelle sue parole un fondo di verità, poi disse:
<< Credevo fossi andato a lavorare con tuo padre in qualche multinazionale
automobilistica, o una cosa del genere… Non mi aspettavo di vederti ancora qui
in mezzo a noi comuni mortali, dopo il College >>.
Xander rise. << In
un certo senso, ho molto a che fare con le auto >> rispose, dando una
manata alla BMW, << Ti ho visto ieri sera. Sei davvero brava >>.
<< Lo sono
abbastanza da non farmi ammazzare >> disse lei, incrociando le braccia,
<< Ma non sono nulla in confronto ad alcuni
piloti di qui >>.
Era la verità: veniva considerata molto brava, nel suo giro, ma c’era gente
contro cui lei non si sarebbe mai messa. Se lei si faceva degli scrupoli,
quando gareggiava, altri non facevano altrettanto.
Max sembrava morire
dalla voglia di inserirsi nella conversazione, e disse rivolto alla ragazza:
<< Vuoi entrare dentro? >>.
<< Sì, è meglio… >> disse Irina, << Ti dispiace se parliamo
all’interno? >>.
Xander annuì e la seguì
dentro l’officina, nella parte dove prima c’era la
Chrysler: sul pavimento campeggiava ancora una grossa chiazza d’olio. Irina
afferrò uno sgabello e ci si sedette, mentre Max chiudeva il cofano del pick-up
e abbassava la saracinesca.
<< Come mai
tutta questa segretezza? >> chiese Xander, più
divertito che preoccupato.
<< La persona
per cui lavoro potrebbe passare di qui e vederti. E potrebbe pensare che ti
stia aiutando, visto che intuisco che vuoi gareggiare >> rispose secca
Irina.
Xander sembrò non capire,
ma lei lo zittì prima che potesse chiedere spiegazioni. << E’ così, vero?
>>.
<< Sì
>> rispose lui, mentre Max tirava fuori da un piccolo frigorifero
incastrato in un angolo alcune birre << Voglio entrare nel giro >>.
Irina afferrò la
bottiglia di Corona che il meccanico le porse, poi disse: << Qui non si
scherza. Se vuoi veramente entrare “nel giro” devi
darti da fare. E soprattutto ti servono parecchi soldi >>.
<< Quelli non
mi mancano >>.
Irina fece una
smorfia: era sempre stato particolarmente benestante. L’auto da ottantamila e passa dollari lo dimostrava. << Lo sapevo già. Il
punto è che hai due possibilità: o rimani tra le file dei piloti da quattro
soldi oppure, se sei veramente bravo, puoi entrare del giro dei “big”, e farti
una reputazione. Ma sei vuoi diventare qualcuno devi
mettere in conto che qui comanda lo Scorpione… >>.
<< E sarebbe?
>> chiese Xander, interessato e per niente
intimorito.
<< William Challager. E’ il numero 1 della
lista dei ricercati, ed è lui che fa le regole. Tra noi piloti ci chiamiamo
tutti con soprannomi, per evitare di farci riconoscere dalla polizia. Lui è lo
Scorpione. Finché non lo conoscerai di persona dovrai
chiamarlo così. Non credo di svelarti una novità dicendoti che è il figlio di
George Challagher, il proprietario di mezza Las Vegas
e di tutti i casinò di queste parti >>.
<< Lo so già.
Prima di venire qui mi sono informato un po’ in giro.
Non è certo la prima volta che gareggio >>.
Irina accavallò le
gambe, incrociando le braccia dietro la testa. << Qui non è come dalle
altre parti. I piloti più forti che ci sono fuori dallo Stato non durerebbero
nemmeno un giorno. Qui non si fanno problemi a sbatterti giù da un burrone
mentre gareggi… Qui anche la polizia ha paura di loro >>.
<< Non mi
spaventano >> ribatté Xander, << Non sono un novellino. Sono anni che corro >>.
Irina guardò
l’espressione sicura del ragazzo, in piedi davanti a lei. Ritrovarselo davanti
era già di per sé una sorpresa; sapere che voleva anche gareggiare era ancora
più insolito.
<< Qual è il
tuo obiettivo? >> domandò Irina, cercando di capire cosa volesse da lei. <<
Di preciso, perché vuoi correre da queste parti? >>. Gli sembrava
assurdamente sicuro di sé, e la cosa quasi la divertiva. Prese il suo bicchiere
in attesa della risposta.
<< Voglio
spodestare Challagher dal primo posto della BlackList >>.
Irina si soffocò
con un sorso di birra. << E’ impossibile! >> disse. << Potrai
anche essere bravo, ma non puoi sperare di battere
William. Nessuno ci riesce da anni >>.
<< Perché non
dovrei riuscirci? >> domandò Xander, beffardo.
<< Perché lui
è spietato! Tu non hai idea di cosa sia capace di fare, quando corre. Se non ti
batte per bravura, ti batte in astuzia. Per lui non
esistono regole, quando gareggia: non si fa problemi a
farti fuori, se vuole >>. Irina lo guardò, sperando che lui scherzasse,
ma Xander non diede segno di spaventarsi.
Era la verità,
quello che aveva appena detto. Da quando era entrata a far parte del giro dello
Scorpione, William non aveva mai perso una gara. Già arrivare a lui era
difficile; batterlo diventava quasi impossibile.
<< Sembri
conoscerlo bene >> ribatté Xander, provocatorio.
<< Qui lo
conoscono tutti, almeno di fama >> disse lei, piccata, << Questo
semplicemente perché è lui che decide se puoi o non puoi
fare parte del suo gruppo. Controlla tutte le gare clandestine dello Stato,
oltre ad avere una rete di affari da far impallidire chiunque. Tra lui e suo
padre controllano tutta la regione >>.
Attese che Xander mostrasse qualche sorta di sorpresa, ma lui rimase
impassibile.
<< Sei sicuro
di quello che vuoi fare? >> chiese, guardandolo di sottecchi.
<< Non sarei
qui, altrimenti >>.
La ragazza lo fissò
per un momento, cercando di capire se Xander in
quegli anni avesse per caso perso il senno della ragione. Le sembrava lucido, e
anche troppo sicuro: poteva essere anche bravo, ma nessuno, nemmeno lei,
avrebbe mai osato sperare di battere William Challagher.
Non così presto.
C’erano diverse
cose che non le tornavano: possibile che uno come lui
si divertisse a fare gare clandestine rischiando il carcere? Oltretutto, perché
tornare proprio a Los Angeles, quando faceva la bella vita a New York?
<< D’accordo
>> disse alla fine Irina, << Se è quello che vuoi, non sarò io a
fermarti. Ma non dirmi che non ti avevo avvertito
>>.
Xander sorrise.
<< Non
capisco però perché hai voluto vedere me >> continuò Irina, << E
non credo sia solo una rimpatriata tra vecchi compagni di scuola >>.
<< Ho bisogno
che tu mi dia qualche dritta >> rispose Xander,
<< Sono nuovo del posto, e devo sapere come funzionano le cose da queste
parti. Oltretutto, mi sembra di capire che qui siete, diciamo, un po’ “chiusi”
>>.
Irina capì a cosa
si riferiva: per poter sfidare i piloti più forti
della regione bisognava avere una certa reputazione. E anche solo per correre
nelle gare organizzate dallo Scorpione bisognava avere
le conoscenze giuste. Tutto per evitare la polizia, ed eventuali infiltrati.
<< Di regola
non dovresti essere già davanti a me, infatti >> disse Irina, << Io
incontro solo quelli che arrivano abbastanza in alto… Non certo i nuovi arrivati
come te >>. Sorrise, sapendo che aveva capito che non stava dicendo sul
serio. In realtà era una bugia: se poteva, cercava di incontrare e far
desistere da propositi impossibili tutti i piloti che arrivavano lì e
decidevano di entrare nel gioco. Ma questo William non
lo sapeva.
<< Quindi stai ai piani alti? >> chiese Xander, divertito.
<< In un
certo senso… >>
Max
ricomparve all’improvviso, mentre fuori si sentiva il motore acceso di un’auto:
doveva essere Antony: << Sono le quattro
passate… >> disse rivolto a Irina.
Lei guardò
l’orologio: doveva andare a prendere Tommy all’asilo. << Mi ha fatto
piacere rivederti, ma in questo momento ho un impegno che non posso rimandare
>> disse alzandosi, << Se vuoi veramente gareggiare, ci sono un
paio di regole che devi conoscere, e che posso spiegarti. Domani a casa mia,
alle due e mezza di pomeriggio. Max ti darà
l’indirizzo e il mio numero di telefono >>.
Raggiunse Max che
apriva la saracinesca, inondando di luce l’officina.
<< Dagli il numero del Nokia, non l’altro, per favore >>
gli disse.
Max annuì ed
entrambi la seguirono fino alla TT, parcheggiata dall’altro lato della strada.
<< Ci vediamo domani, allora >> disse Irina, rivolta a Xander << Puntuale, per favore >>.
Stava per chiudere
la portiera dell’auto, ma la voce di Xander la fermò.
<< Ehi, un’ultima domanda >>, disse serio, << E tu cosa ci
fai qui? >>.
Irina non lo guardò
mentre rispondeva, ma fissò il contagiri della macchina. << Sicuramente
non sono qui per il tuo stesso motivo >> rispose, e chiuse la porta.
Senza aspettare
altro, infilò la prima e partì diretta a casa.
Ore 17.12 – 5° strada
Xander percorreva la 5°
strada ben al di sopra del limite di velocità imposto
dai segnali. Era diretto a casa sua, e teneva il cellulare ancora in mano.
Aveva appena comunicato alla centrale che era riuscito a entrare in contatto
con la ragazza e che era andato tutto come previsto.
Il piano originale
prevedeva che lui si facesse strada tra i piloti a
suon di gare, facendosi notare ed entrando nel giro giusto di conoscenze, fino
ad arrivare allo Scorpione. Quando però aveva scoperto che Irina, alias Fenice,
era tra i piloti clandestini, lui e White avevano deciso di provare a entrare
in contatto con lei, sperando di velocizzare la cosa, visto
che lei sembrava avere una certa influenza, da quelle parti.
Doveva ammettere però
che era rimasto colpito. Prima di qualche settimana non avrebbe mai immaginato
di trovare Irina invischiata in qualcosa del genere. Non la conosceva alla
perfezione, ma sapeva che non era il tipo da diventare una criminale. E la
frase che gli aveva detto poco prima di andarsene confermava il suo sospetto
che lei non fosse lì per piacere.
La ricordava come
una ragazza allegra e forse un po’ timida, e con un carattere abbastanza forte.
Sapeva che aveva alle spalle una situazione familiare non facile, ma non era
mai stata una ribelle. A scuola si era sempre comportata bene, senza mai
catalizzare l’attenzione su di sé.
Adesso sembrava
tutto il contrario.
Aveva un’auto
italiana bianca, che già di per sé attirava l’attenzione. Disputava gare
clandestine con un’abilità al volante inusuale per una
donna. Ed era invischiata in un giro di droga e affari loschi come una delle
peggiori criminali.
“Dì anche che è diventata
davvero bella”
pensò.
Sorrise,
ritrovandosi a pensare una cosa del genere. Non aveva mai notato quella cosa,
all’epoca del College, forse perché in quel periodo era attirato da ragazze più
stupide e decisamente più “facili”. Era stato un
adolescente cretino anche lui.
E molto
probabilmente non era l’unico a pensarlo. L’espressione del suo amico Max
mentre si sforzava di dargli il numero di telefono e l’indirizzo di Irina, era
stata molto eloquente.
Svoltò a destra,
ripensando alla faccia che aveva fatto Irina quando lui sembrava voler chiedere
spiegazioni riguardo alla sua sicurezza. Sembrava stanca, ed era evidente che
non volesse svelare molto di sé. Forse si stava sbagliando, ma quella ragazza
nascondeva qualcosa, e di sicuro non era più quella che ricordava lui all’epoca
della scuola.
Ore 17.12 – High Street
Irina guidava
diretta a casa, il cellulare nella mano sinistra e la destra che stringeva il
volante. Seduto nel suo seggiolino, Tommy mangiucchiava la sua merenda con il
biberon pieno di succo di frutta nella manina.
<< Perché lo
hai invitato a casa tua? >> chiese Max al telefono, << Rischi di
farti beccare da tuo padre >>.
<< Mio padre
e i miei fratelli domani non ci sono, vanno via tutta la giornata. Non mi interessa cosa fanno, basta che non ci sono in casa. E
poi è l’unico posto sicuro che conosco, dopo casa tua >>.
<< Appunto,
perché non a casa mia? >> ribatté Max. << Non lo conosci nemmeno.
Potrebbe essere pericoloso… >>.
<< Non dire
scemenze, Max >> sbottò Irina, << Lo conosco. Andavamo a scuola
insieme, ed è uno a posto. Almeno, lo era. Comunque, non ha importanza. Voglio
capire perché è qui, e perché vuole cercare di spodestare William >>.
<< E’ solo un
riccone senza cervello >> disse Max, << Non ci sono altre
motivazioni. E’ esattamente come tutti quelli del nostro giro: vuole solo farsi
vedere. Probabilmente spera che tu lo aiuterai a scalare la lista. Non è il
primo e non sarà di certo l’ultimo >>.
<< Non credo.
Sono sicura che c’è qualcosa sotto… nessuno con un po’
di cervello si getterebbe a capofitto in una serie di gare qui a Los Angeles
senza essere più che preparato >> Irina controllò Tommy nel suo
seggiolino. << O è diventato uno sventato, oppure ha in mente
qualcos’altro >>.
In effetti, Xander era sempre stato particolarmente spericolato, ma non
era certo stupido. Non poteva non sapere di stare rischiando della grossa.
<< Vuoi che
venga da te, domani? >> chiese Max.
<< No, se ci sei anche tu sicuramente non mi dirà nulla di più di quanto
non abbia detto oggi >> rispose Irina, << E comunque ho un idea. Ci
sentiamo >>.
Mezz’ora dopo, parcheggiava la TT davanti a un negozio di informatica
dimesso e trascurato. Prese Tommy in braccio ed entrò dentro,
richiudendosi pesantemente la porta alle spalle.
<< Ehila, bambina >> disse con voce strafottente l’hacker Greg Thile, vedendola
entrare. Era chino sul lungo tavolo che occupava quasi tutto il negozio, sopra quello che poco prima doveva essere un pc
fisso ma di cui rimaneva solo lo scheletro vuoto.
Quando sentì come
l’aveva chiamata, Irina fece una smorfia. Aveva tanti di quei soprannomi, in
giro, che ormai aveva perso il conto: li odiava tutti,
dal primo all’ultimo, e avrebbe tanto preferito che la chiamassero per nome,
una buona volta. Tuttavia, quello era quello che detestava di più: la
chiamavano bambina, quando bambina non lo era mai
stata.
<< Ciao Greg
>> lo salutò lei, di malavoglia.
Greg Thile era un informatico di trentacinque anni, e viveva con
gli introiti che quel negozio di computer gli dava. Tanti anni prima aveva
allargato il suo business a qualcosa di più lucroso e decisamente
fuori legge: la ricerca di informazioni su chiunque e su qualunque cosa.
Thile si alzò e tirò
fuori un portatile Sony di ultima generazione da una borsa nera nascosta in un
angolo, adagiandolo sul tavolo.
<< Chi cerchiamo
questa volta? >> chiese, sardonico.
Tommy guardava
meravigliato i vari componenti informatici che c’erano
sugli scaffali, mettendosi le mani in bocca. Molto probabilmente avrebbe tanto
voluto toccarli, se Irina non lo avesse tenuto in braccio.
<< Alexander Went >> disse lei, tirando fuori il portafogli.
<< Alexander Went… Bene, bene >> borbottò Thile,
pigiando sulla tastiera, << Nuovo di queste parti? >>.
<< Forse
>> rispose evasiva Irina, << Voglio sapere da dove arriva, se ha
gareggiato da altre parti, e se è noto alla polizia. Le solite cose >>.
Thile porse la mano
aperta, e la ragazza vi appoggiò un fascio di banconote.
<< Come al solito non ti ho mai vista da queste parti, ne ho mai
sentito parlare di Alexander Went >> recitò,
intascando i soldi, << Ti telefono quando ho trovato qualcosa >>.
Annuendo, Irina
uscì dal negozio e tornò in macchina.
Il perché di tutta
quella segretezza era solo uno: William.
Irina lavorava per
lo Scorpione, ma lo faceva per necessità. E lui sapeva che nonostante l’avesse
in pugno, non poteva fidarsi completamente di lei.
Ore 19.00 – Casa
Il telefono squillò
crudele mentre Irina tentava di aprire la porta di casa con Tommy in braccio e
le buste della spesa tra le mani. Adagiò velocemente le borse in cucina e prese
il telefono.
<< Pronto
>>.
<< Sono Greg,
Irina >>.
<< Hai già
fatto? >> chiese lei, stupita.
<< Sì, e ho
scoperto delle cose interessanti >> rispose Thile.
<< Sembra che questo Alexander abbia un parco
macchine più vasto di un autosalone >>.
<< Cosa intendi? >>.
<< Mi sono
infilato nei siti di gare clandestine estere, e sembra abbia disputato un
numero incredibile di corse: è stato a New York, a Boston… >> spiegò Thile, << E, cosa ancora più importante, le ha vinte
tutte. Da quello che però risulta, ha usato almeno una decina di macchine
diverse >>.
Irina rimase
colpita, ma non si preoccupò più di tanto. Non era poi molto strano che avesse
soldi a palate e che fosse un talento. Le premeva sapere altro.
<< E negli
archivi della polizia hai guardato? >> chiese.
<< Non c’è
alcun dato su di lui >> rispose Hacker, <<
Sembra che non sia mai stato segnalato da nessuno. Ho controllato bene, ma
nemmeno un’auto che ha usato è stata registrata. Deve essere veramente bravo a
dileguarsi, perché negli ultimi tempi ci sono stati diversi arresti dalle parti
in cui è stato >>.
Irina non ci mise
molto a giungere alla conclusione più ovvia, la stessa
che aveva fatto qualche ora prima.
<< E’ un
poliziotto >> disse, più che altro a se stessa.
<< No,
bambina, non lo è >> ribatté Thile, << Ho
guardato la lista dei membri del corpo di polizia, e
lui non c’è. Quello che ti ha dato potrebbe essere un nome falso >>.
<< No, ci
conoscevamo già anni fa. Il nome è giusto >> Irina appoggiò sul ripiano
della cucina una scatola di biscotti, sovrappensiero. << Sei sicuro che
non ci siano segnalazioni da parte della polizia locale? Nemmeno William
potrebbe essere in grado di eludere così bene gli sbirri… >>.
<< Bé, a
essere sincero, una segnalazione c’è >> disse Thile,
con una strana voce, << Sul sito della polizia federale gli pende una
taglia di 1.000.000 di dollari >>.
Irina si immobilizzò. “Non è
possibile” pensò, “Solo William ha
una taglia del genere”.
<< Stai
scherzando, vero? >>.
<< No, non
scherzo. Quel tipo potrebbe essere più forte dello Scorpione, ma è come un fantasma.
Sembra pulito. Non ci sono sue tracce da nessuna parte. Dove passa non rimane
nulla su di lui >>.
Irina guardò fuori
dalla finestra, scioccata. Xander stava nascondendo
qualcosa, e lei voleva capire cosa. C’erano già stati poliziotti infiltrati tra
di loro, ma erano tutti iscritti nella lista che aveva controllato Thile…
<< Grazie
>> disse, << Se scopri qualcos’altro di interessante,
telefonami >>.
<< Che hai oggi, Irina? Mi sembri un po’ sovrappensiero >> disse
Jenny, sottolineando di rosso la parola “strategia”
che aveva appena copiato dalla lavagna luminosa che campeggiava appesa al muso.
Irina si riscosse e
guardò l’amica. Appoggiò la penna sul banco e si stiracchiò: nell’aula semivuota
regnava il silenzio, e gli unici suoni a romperlo erano il ronzio del
proiettore e la voce dell’insegnante. Il professore di Business Administration stava spiegando qualcosa riguardo alle
strategie d’impresa.
<< Uhm… >>
mugugnò la ragazza, << In effetti stavo
pensando… >>. Tornò a fissare il testo proiettato sulla parete bianca,
cercando di fare in modo di non attirare troppo l’attenzione delle amiche sul
suo strano comportamento.
<< A cosa?
>> domandò Katy, curiosa, minando la sua
“strategia” già dall’inizio.
Stava pensando a
cosa ci facesse Xander da quelle parti, e come mai
c’erano tante cose strane sul suo conto.
<< Al nuovo
arrivato… >> rispose Irina, riprendendo in mano la penna e mettendosi a
scrivere sul suo quaderno quasi vuoto.
<< Al nuovo
arrivato?! >> disse Jenny ad alta voce. Angie, seduta di fianco a lei, la guardò malissimo, e metà
della gente intorno fece altrettanto, attirata dalla sua voce squillante.
<< Opsss! >> aggiunse poi abbassando la voce, la mano
davanti alla bocca, << Al nuovo arrivato?!
>>.
Irina capì subito
la reazione di Jenny: molto probabilmente aveva inteso le sue parole in un modo
sbagliato, come faceva sempre quando si parlava di ragazzi.
<< Ma cosa
hai capito?! >> sussurrò sottovoce, << Mi
sembra strano che sia qui… E’ quello, che stavo pensando… >>.
Jenny assunse
un’aria da so-tutto-io.
<< Uhm, già, e io ci credo pure… >> disse,
la matita in mano come una bacchetta pronta a punirla di fronte a una bugia, <<
Comunque, parliamo di cose serie… E’ carino? >>.
Angie la guardò di nuovo
male, mentre Irina sorrise. Jenny era fatta così: passava la sua vita alla
perenne ricerca del ragazzo ideale, e nel frattempo valutava tutti gli altri
perché sapeva benissimo che l’uomo perfetto non esisteva.
<< Sì, è
carino >> rispose Irina, con un mezzo ghigno, << Molto carino
>>.
Sapeva di aver
appena sganciato una bomba. Jenny la fissò a occhi spalancati, e molto
probabilmente si stava trattenendo dal gridare.
<< Carino??? >> disse, << Ma allora deve essere un gran figo, perché tu hai i gusti più difficili del mondo!
>>.
A quel punto
persino il professore smise di parlare e guardò dalla loro parte. Jenny arrossì
di colpo e si zittì subito. Metà dell’aula la stava fissando in cagnesco. Fece
finta di tornare a guardare sul suo foglio, ma appena il professore riprese a
parlare, disse: << Allora? Come si chiama? >>.
Irina sorrise e
tornò a scrivere sul quaderno degli appunti. << Alexander >>
rispose.
<< Uhm… Bel
nome >> commentò Jenny, guardando Katy,
<< Dicci altro, dai >>.
Irina cercò di
assumere un’aria distaccata. << Jenny… >> disse, << Smettila
di prendermi in giro. Non è il primo novellino di cui ti parlo. E comunque sai
che non te lo presenterò mai: non è gente per te >>.
<< Bè, ma è il primo che dici che è carino >> ribatté
Jenny, maliziosa << Quindi sono curiosa >>.
<< Smettila
di stressarla >> intervenne Katy, <<
Tanto non ti dice nulla, lo sai >>.
Angie si voltò verso di
loro, l’aria preoccupata. << Ragazze, se continuate così
il proff vi sbatte fuori >> le ammonì
seriamente. I suoi appunti erano due volte più lunghi
delle altre: lei era una di quelle che voleva seguire la lezione.
Jenny sbuffò.
<< D’accordo… Ma tanto mi ricordo. Non mi scappi, lo sai >>.
Irina ridacchiò.
Era abituata agli interrogatori dell’amica: tutte le volte che incontrava un
ragazzo nuovo, voleva sapere tutto. Lei rispondeva
alle sue domande, anche perché era divertente vederla fantasticare e cercare di
immaginare come fossero le persone con cui aveva a che fare, ma sapeva bene che
non gli avrebbe mai permesso di avvicinarsi al suo giro nemmeno per scherzo.
Troppo pericoloso per brave ragazze come loro, anche se le tre la pensavano diversamente, soprattutto Jenny.
Scrisse rapidamente
gli ultimi appunti sul quaderno, poi tornò a perdersi nei suoi pensieri.
Era preoccupata, e
la sua apprensione derivava da ciò che aveva scoperto di Xander.
C’erano troppe cose strane, per i suoi gusti.
Ore 14.00 – Casa
Irina aspettava
l’arrivo di Xander affacciata alla finestra del
soggiorno, tesa. Teneva la mano sulla tenda scostata, fissando la strada
davanti a casa sua, deserta e silenziosa.
Suo padre, Harry e
Denis non c’erano. Non sapeva dove fossero, e a dir la
verità non le interessava nemmeno. Le avevano detto che non ci sarebbero stati,
il giorno dopo, e a lei bastava. Finché erano fuori casa,
poteva stare tranquilla e in pace.
Thile non aveva
chiamato, e ciò voleva dire che non aveva scoperto altro. Aveva rimuginato
tutto il giorno sulle informazioni che le aveva dato
l’informatico, ed era giunta alla solita conclusione: Xander
collaborava con la polizia. Il fatto che non avesse segnalazioni lo rendeva
evidente, ma non si riusciva a spiegare il fatto che
fosse iscritto nella lista dei ricercati della polizia federale.
La polizia aveva
cercato già altre volte di infiltrare uno dei loro agenti tra le file dei
piloti clandestini, ma tutti erano stati scoperti ed eliminati prima di creare
danni. La polizia locale, in seguito alle morti del personale in “strani incidenti
stradali”, aveva deciso di lasciar stare William e la sua banda, perché si erano dimostrati più forti del previsto. L’ultimo capo del
distretto era addirittura diventato amico dello Scorpione, e ora il 1° della BlackList poteva contare sull’appoggio
della polizia di Los Angeles.
Se Xander era un poliziotto sarebbe
sicuramente venuto fuori, ma lei non voleva aspettare. Era finita in quella gabbia
di matti per necessità, e non avrebbe fatto ammazzare persone innocenti. Se poteva avrebbe cercato di salvargli la pelle, come aveva
fatto già con due altri poliziotti sprovveduti che avevano cercato di
infiltrarsi tra di loro.
Vide la BMW bianca fermarsi nel
vialetto di casa sua e spegnere il motore. Xander
scese dall’auto guardando la casa incuriosito, come
per farsi un’idea di che genere di vita conducesse, poi si avviò alla porta di
ingresso.
Irina scese
nell’entrata ancora prima che Xander alzasse la mano
per suonare il campanello. Aprì la porta e lo salutò con un sorriso.
<< Ciao
>>.
<< Ciao Irina
>> disse lui.
<< Potresti
parcheggiare l’auto del garage, per favore? >> domandò Irina, indicando
la saracinesca lasciata aperta.
La ragazza
ridacchiò e guardò la M3 infilarsi dentro il garage, vicino alla TT. Xander gettò una rapida occhiata dentro l’Audi mentre scendeva
dalla BMW, poi la guardò, in attesa.
<< Vieni in
casa? >> chiese lei, imbarazzata. Doveva ammettere che era in grado,
stranamente, di metterla in soggezione. Era abituata a trattare con gente di
altro genere, e lui sembrava assurdamente “normale”.
Irina lo condusse
in soggiorno, dove lo fece sedere sul divano, poi sparì in cucina e tornò con
un vassoio con due birre Corona, la preferita di ogni pilota clandestino e che
per precauzione teneva sempre ben nascosta a suo padre. Il ragazzo si guardò
intorno, prima di chiedere: << Non vivi da sola qui dentro, immagino
>>.
La ragazza
ringraziò di aver avuto l’idea di dare una riordinata prima che arrivasse,
perché Xander sembrava uno che non si faceva sfuggire
niente.
<< No
>> rispose lei, stappando una bottiglia, << Sto con mio padre e i
miei fratelli >>.
Xander non chiese dove fosse sua madre, che era morta qualche anno
prima, però le rivolse un’occhiata incuriosita. Prese la bottiglia e bevve un
sorso, poi sorrise complice.
<< E loro
sanno cosa fai? >> chiese, alludendo al passato
burrascoso di suo padre.
<< Certo
>> disse Irina, divertita, << Diciamo che mi hanno addirittura
incoraggiato >>.
Rise, anche se
forse non c’era nulla da ridere. Prese la birra e bevve anche lei, lasciando
che per qualche istante nel salotto non ci fu altro che silenzio.
<< Allora sei
proprio convinto di quello che fai? >> chiese, appoggiando la bottiglia
ancora quasi tutta piena sul tavolino.
<< Sì, e non
cambierò idea >> rispose Xander, << E ho
anche intenzione di gettare un po’ di scompiglio da queste parti >>.
Sembrava sicuro di
sé, e Irina decise di aspettare prima di arrivare al punto.
<< Cosa vuoi sapere? >> domandò.
<< Tutto
>>.
<< Bene
>> Irina si alzò e prese una piantina della città da un cassetto del
mobile vicino all’ingresso, << Come sai qui i migliori piloti sono
riuniti in un’unica lista, la
BlackList,
appunto. Sono dieci, e sono uno più forte dell’altro. Devi
batterli tutti per arrivare allo Scorpione. Se vuoi sfidarli
devi prima fare un po’ di gare in giro e farti una “reputazione”: così si dice
da queste parti. Se ti dimostri bravo potrebbero
essere addirittura loro a chiamarti per una sfida, ma è successo poche volte
>>.
<< Chi sono?
>>.
<< I piloti
della BlackList vogliono
essere conosciuti con i loro soprannomi, e io ti dirò
proprio quelli. Dovrebbe essere una questione di sicurezza, e i nuovi arrivati
non possono conoscere i loro veri nomi. In realtà, che si sappiano o meno non ha importanza: la polizia ha rinunciato a
catturarli >> dispiegò la cartina e indicando i vari quartieri della
città li elencò << Allora… Al decimo posto c’è il Toro, poi Aquila Bianca,
Cavallo Pazzo, Vipera, Lupo Grigio, Dragone, Cobra, Fenice, Mastino, e al primo
posto, lo Scorpione >>.
<< Bella
fantasia >> sghignazzò Xander, sporgendosi per
guardare la mappa, << Quanto ci hanno messo a inventarsi dei nomi del
genere? >>.
Irina lo guardò, per
un istante perplessa, ed effettivamente gli diede
ragione. Alcuni erano nomi veramente stupidi. Si mise a ridere, poi continuò:
<< Ti conviene fare qualche gara prima di sfidare il Toro, giusto per
capire come sono qui le corse. Non è molto forte: si trova nella lista solo
perché è amico dello Scorpione. E preparati a scappare dalla polizia. Hai mai
fatto inseguimenti? >>.
Era la prova che
serviva per capire il suo gioco.
<< Sì, e non
sono mai stato preso >> rispose Xander. Non
c’era nessuna nota compiaciuta nella sua voce, né nel suo sguardo.
“Sta con la polizia” pensò Irina, “Ma ho bisogno di qualche altra conferma… Non può avere una taglia così
alta e non aver mai visto uno sbirro…”.
<< Bene
>>. Assunse un’espressione distaccata e continuò: << Qui esistono
vari tipi di gara. C’è il circuito, due o tre giri, e lo
sprint di un solo giro; di solito sono disputati in città. La corsa tra i
caselli, invece, si basa sul tempo. Vince chi percorre il tracciato nel minor
tempo possibile, e si controllano i foglietti lasciati dai caselli
autostradali. L’ultima, ma anche la più pericolosa, è il canyon: vince chi
arriva primo senza cadere in un dirupo >>.
Guardò la faccia di
Xander, cercando qualche emozione. Lui sembrò
impassibile come una statua di pietra.
<< Il canyon
non l’ho mai fatto… Deve essere bello >> commentò solo.
Irina strabuzzò gli
occhi. << Hai una strana concezione del pericolo. Un sacco di gente ha
rischiato di cadere giù, per questo non le facciamo quasi mai… >>.
<< Tu hai mai
partecipato? >> domandò lui.
<< Sì, tre
volte. E fortunatamente non mi sono ammazzata >> rispose secca Irina,
<< E per evitare che lo faccia tu, vorrei vedere una tua gara prima di
poterti dare l’ok. Non voglio averti sulla coscienza >>.
Lui la guardò
malizioso. << E dovrei avere il tuo permesso per gareggiare? >>
domandò.
<< No, ma ti
conviene. Se sei bravo come dici posso portarti subito
dal Toro, senza inutili corse facili >> Irina posò il bicchiere che aveva
in mano, << Vedremo se la tua taglia da 1.000.000 di dollari dice la
verità >>.
Xander la guardò negli
occhi, serio. Non sembrava particolarmente stupito dalla sua scoperta, e rimase
un attimo in silenzio prima di dire la sua.
<< Allora hai
scoperto da dove arrivo >> disse, quasi divertito, << Non sapevo fossi anche brava in questo genere di cose >>.
<< Non so da
dove arrivi, ma so che non hai alcuna segnalazione
della polizia locale >> disse Irina, << E non capisco perché
dovresti avere una taglia di 1.000.000 di dollari sulla tua testa se la polizia
non ti ha mai visto >>.
<< Tu cosa
pensi? >> domandò Xander, incrociando le
braccia, quasi volesse testare la sua intelligenza.
<< Che non
sei un poliziotto, ma che potresti essere dalla loro parte. Non saresti
certamente il primo >>.
Forse era stato
catturato, e la polizia aveva stretto un patto con lui: se li aiutava a
catturare lo Scorpione, loro avrebbero eliminato il suo fascicolo, facendolo risultare pulito come un agnellino.
Xander giochicchiò con
qualcosa che aveva in tasca, poi disse: << Infatti non sono un poliziotto,
e non collaboro con loro. So benissimo che la polizia di qui è corrotta… Perché
hai fatto ricerche su di me? >>. La guardò con i suoi occhi di ghiaccio,
curioso ma non minaccioso.
<< Perché lo
faccio con chiunque viene qui. Se posso, cerco di
evitare che degli sciocchi si caccino nei guai per nulla. Non hai idea di
quanti poliziotti sono stati fatti fuori nelle gare, facendo
sembrare tutto un incidente. Se sei un poliziotto lo
sapranno di certo, e non ci metteranno molto a sbatterti fuori… >>.
Irina si alzò,
cercando di rimanere calma. Misurò a grandi passi il soggiorno, guardando il
pavimento.
Non poteva rivelare
altro di lei senza fargli capire che aveva sperato mille volte che qualcuno riuscisse
a minare le fondamenta dell’organizzazione di William, che riuscisse a
catturarlo, liberandola della condanna che si era inflitta da sola. Ma quando tutti avevano fallito, aveva smesso di sperare che
qualcuno riuscisse ad aprire le porte della sua prigione.
<< Sto
cercando di aiutarti >> disse, << Ho smascherato altri poliziotti
prima che loro stessi se ne accorgessero, e sono riuscita a buttarli fuori
prima che fosse troppo tardi. Se sei uno di loro
dimmelo… >>.
<< Non sono
un poliziotto >> la interruppe lui, << E ho più esperienza di
quanto tu possa immaginare. Ne ho visti a bizzeffe di piloti come voi >>.
Irina lo guardò,
cercando di cogliere qualche sfumatura nella voce del ragazzo. Doveva
assolutamente cavargli la verità, ma lui non sembrava disposto a cedere.
<< Potrai essere il più grande pilota di questo mondo >>
disse, << Ma qui essere bravi con le auto non è l’unica cosa che conta.
William e suo padre controllano un giro di affari sporchi che fa impallidire la
mafia russa. Se hai intenzione di mescolarti con loro, sei un pazzo. Non ne
usciresti vivo >>.
Xander fece un sorriso
mesto. << Come mai ti interessi tanto alla mia
incolumità? >> chiese, << Non ci conosciamo
così bene da giustificare il fatto che tu stia insistendo tanto nel salvarmi la
pelle >>.
Irina si voltò,
dandogli le spalle. Già, perché doveva darsi tanto da fare? Lei stessa non era
mai stata salvata da nessuno, anche se ci aveva sperato per tanto tempo. Troppe
volte si era illusa di poter avere la speranza di
tornare a vivere una vita normale, smettendo di essere Fenice. Nessuno l’aveva
mai aiutata… Perché non lasciare stare le cose com’erano?
Perché non riusciva
a darsi pace, ad accettare la sua esistenza per quello che era… una criminale.
“Perché tu continui a sperare” si disse.
Si girò verso Xander e lo guardò, incerta. Forse era il fatto di
conoscerlo che le dava quella strana sensazione di fiducia… Forse lo sguardo
azzurro, per niente freddo, posato sul suo viso combattuto. Forse
l’atteggiamento sfrontato che aveva in quel momento, che lo faceva sembrare
molto più navigato di quanto lei si aspettasse…
Poteva sbilanciarsi
e rivelargli qualcosa in grado di fargli dire che cosa aveva in mente? Non
l’aveva mai fatto, con nessuno. Poteva rischiare?
<< Sarò
sincera con te >> disse, sospirando, << Io non sono entrata nel
giro per mia volontà. Ho dovuto farlo perché era l’unico modo per salvare
qualcosa a cui tenevo. Mio malgrado ho
scoperto che mi piaceva, ma ho anche capito che se voglio uscirne non
posso farlo, se non da morta. Ci sono persone che non vogliono rischiare che i
loro affari vengano a galla >>.
Xander appoggiò i gomiti
alle ginocchia, e guardò in terra per un momento. << Lo sospettavo
>> disse, << Ha a che fare con la tua famiglia? >>.
Irina esitò, poi
annuì. << So benissimo come funzionano le cose da queste parti, e so che
un semplice infiltrato non può sperare di catturare lo Scorpione e smontare la
sua organizzazione. E’ inutile sprecare tempo prezioso per qualcosa che non ha
speranze di riuscire >>.
<< E se ti
dicessi che io faccio parte di qualcosa di molto più grosso della
polizia? >> disse Xander, fissandola.
Lei rimase zitta,
incrociando le braccia. << Qualcosa di quanto grande? >>.
<< Abbastanza
da giustificare il fatto che abbia potuto usare più di
una dozzina di auto… Immagino saprai anche questo >> disse il ragazzo.
“Allora deve essere qualcosa di veramente grosso” pensò Irina. E
nella sua mente si accese una speranza: forse Xander
poteva farcela. Se era veramente venuto per catturare William, e aveva a
disposizione fondi illimitati e un appoggio al momento invisibile, aveva
qualche possibilità. Forse questa volta le forze in gioco si eguagliavano.
<< E se
avessi qualcuno all’interno, potrei avere meno difficoltà >> aggiunse
lui. << Qualcuno che mi aiuti ad avvicinarmi allo Scorpione e a entrare
nelle sue grazie… >>
Lei. Lei era la
persona che poteva aiutarlo, perché era una delle persone più vicine al capo.
<< Vuoi il
mio aiuto, vero? >> domandò, in piedi e con le braccia incrociate.
<< Se vorrai
darmelo >> ribatté lui.
Irina rimase in
silenzio. Sarebbe stata una pazza a farlo: se William l’avesse scoperto,
avrebbe ammazzato prima lei e poi tutto il resto della sua famiglia. Ma se Xander non falliva, poteva
chiudere con quel giro, farsi qualche anno di galera e poi tornare a fare la
sua vita. Aveva ancora speranza, oppure no?
<< Ti posso
aiutare, Xander >> disse lentamente, << Farò
tutto il possibile per farti arrivare allo Scorpione, ma nemmeno io so cosa
passa per la sua testa. Io non so di preciso cosa tu
voglia fare, se limitarti a batterlo o tentare di arrestarlo… Se inizia a
sospettare qualcosa, siamo finiti, sia tu che io. Devi promettermi che
cercherai di non fallire, perché ci stiamo giocando la pelle… >>.
<< Hai la mia
parola >> promise Xander, poi sorrise. <<
Non ho intenzione di fallire, in ogni caso >>.
<< Quando
vedrai come vanno le cose da queste parti, capirai che non è così facile come
sembra >> ribatté Irina, guardando fuori dalla finestra.
Lo aveva fatto,
aveva accettato di aiutarlo. Era una pazzia, ne era conscia, soprattutto perché
sapeva che William la controllava. Ma cosa aveva da
perdere? Nulla.
<< Quando si
comincia, allora? >> domandò Xander.
Irina si voltò di
scatto. << Devi partecipare alla prossima gara aperta che ci sarà
>> rispose, << Non posso portarti subito
dal Toro senza che nessuno ti abbia mai visto: desterebbe troppi sospetti
>>.
<< E quando
sarebbe la prossima gara aperta? >> chiese Xander.
<< Non lo so…
>> rispose la ragazza, << Aspetta un momento… >>.
Salì in camera sua
e prese la borsa con il computer portatile HP, poi tornò in salotto. Appoggiò
il pc sul tavolino e lo accese.
Davanti allo
sguardo incuriosito di Xander, disse: << I
piloti di queste parti hanno accesso a un blog su Internet, che ci consente di
far sapere in giro quando ci sono delle gare… Anche questo è sotto stretto
controllo dello Scorpione, naturalmente. Per entrare è necessaria una password
segreta, che divulghiamo solo a chi vuole veramente gareggiare… Ah, ecco. Sei
fortunato. Domani sera, alle 23.00, a Hyde Park…
Fatti trovare lì in orario, e vedremo quanto sei bravo >>.
Ore 17.00 – Casa di Xander
<< E’
superfluo che io ti dica che hai fatto una delle più grandi cazzate della tua
vita, vero? >> disse Jess, seduto in soggiorno
fissando Xander, << Cioè, ok, è una bella
ragazza, ma non puoi aver ceduto così presto… Cosa ha
fatto per meritarsi tutta questa fiducia? >>.
<< Sospettava
qualcosa >> rispose Xander, fissando il monitor
del pc portatile che aveva davanti, << E’ stata
furba. Ha fatto ricerche su di me… Credeva fossi un poliziotto >>.
<< E le hai
chiesto di aiutarti perché pensava fossi uno sbirro? >> fese Jess, perplesso, << Scusa, ma non ha tanto senso. Se
pensava veramente che fossi un poliziotto, avrebbe dovuto sbatterti fuori
subito, no? >>.
Xander si lasciò scappare
un sospiro esasperato. Il ragionamento di Jess era
più che logico, se non avesse intuito che Irina non sembrava proprio fedele al
suo capo. Lei stessa lo aveva detto: era lì per necessità.
Stava guardando la
Lista Nera, pubblicata sul blog che aveva usato Irina per gli aggiornamenti
sulle corse, con le relative gare vinte e la taglia che “orgogliosamente” ogni
pilota poteva vantare. Al primo posto, naturalmente, c’era lui, lo Scorpione,
con la taglia record di 1.000.000 di dollari e 378
gare vinte.
Irina, alias
Fenice, era al terzo posto, ma la sua taglia non era molto elevata: 150.000
dollari, una delle più basse della lista. Le gare che aveva
vinto però erano notevoli: 183. Utilizzava una sola auto, una Fiat Grande Punto
d’importazione, diversamente dagli altri piloti che avevano
almeno due macchine.
Il fatto che avesse
una taglia così bassa gli suggeriva che molto probabilmente non aveva preso
parte a molti inseguimenti, o che comunque stava nel giro da poco tempo. Oppure
doveva essere molto brava a eludere la polizia.
Però era strano. Se era
forte come aveva dimostrato nella gara dell’altra sera, e se stava veramente ai
“piani alti” non poteva avere una taglia così bassa…
In effetti, aveva
notato che c’era qualcosa di strano, in Irina. Qualcosa che aveva colto pochi
minuti dopo essere entrato in casa sua, e che non poteva sfuggirgli: quella
ragazza non era felice di stare dove stava. Non era lì
per piacere, lo aveva ammesso. Ma c’era qualcos’altro
che non aveva voluto dire, che teneva nascosto.
Ecco perché le
aveva chiesto di aiutarlo. Era stata una mossa avventata, ne era consapevole:
si era sbilanciato veramente troppo, con lei. Ma non
aveva potuto fare a meno di non fidarsi: c’era qualcosa, nella sua espressione,
che lo assicurava che Irina lo avrebbe aiutato.
Il rischio che
stava correndo era enorme: poteva benissimo aver preso un abbaglio. Irina poteva
anche aver finto, per cercare di capire se era un poliziotto o meno e riferire
tutto a Challagher. Poteva aver fatto la parte della
vittima, quando in realtà non lo era.
“Non stava fingendo. Si vedeva” si disse.
<< Era lei
che sbatteva fuori gli infiltrati della polizia prima che riuscissero
ad arrivare da qualche parte >> disse Xander,
<< Per quello ci avevano detto che sarebbe stato difficile entrare. Il
loro sistema è chiuso, è vero, ma lei sta agendo autonomamente. Ritiene che un
semplice poliziotto non possa sperare di far arrestare Challagher…
Era lei che li teneva fuori dal gioco >>.
<< E perché
dovrebbe prendersi questo disturbo? >> domandò Jess.
<< Perché non
è entrata nel giro per sua volontà >> rispose Xander,
<< Ha dovuto farlo, a causa della sua famiglia… Non mi ha detto altro
>>.
Jess rimase un momento
in silenzio, poi disse: << Con White, che farai? Glielo dirai? >>.
<< No
>> rispose Xander, risoluto, << Gli dirò
che la ragazza non sospetta nulla >>.
<< Stai
rischiando, lo sai, vero? >>.
Lo sapeva, lo sapeva benissimo. Ma rischiare era sempre stato il suo
mestiere: un po’ dell’incoscienza adolescenziale era rimasta,
in lui. L’istinto gli diceva di aver fatto la cosa giusta.
<< Bé,
speriamo che tu non ti stia sbagliando >> continuò l’informatico,
<< Come di solito succede sempre, tra l’altro… Me la presenterai, un
giorno? >>.
Xander fissò Jess, poi scoppiò a ridere. << Forse >>
rispose, << Ma credo tu sia troppo insignificante, per i suoi standard
>>.
<< Ah ah ah, spiritoso. Tu sei meglio,
vero? >>.
<< Non ho
questa pretesa >>.
<< Adesso fai
anche il finto modesto? >>.
<< Tu mi stai
provocando… >>.
<< D’accordo,
vedremo >>.
E scoppiarono tutti e due a ridere.
Ore 18.00 – 5° strada
Irina percorreva la
strada sopraelevata a velocità sostenuta, la radio accesa con il suo cd
preferito e Tommy seduto nel seggiolino posteriore. Il guard-rail sfrecciava
alla sua sinistra, il cielo azzurro a fargli da sfondo.
Il dito della mano
destra picchiettava continuamente sul pomello del cambio, segno che era nervosa. Guardò nello specchietto retrovisore per vedere se
qualcuno sopraggiungeva alle sue spalle, poi superò con uno scatto l’auto che
le stava davanti. Il suo stato d’animo si rifletteva anche nella sua guida.
Non riusciva a
toglierselo dalla testa.
Alexander.
Non poteva credere
che si fosse presentato lì con l’idea di infiltrarsi tra loro per sfidare
William… E lei lo avrebbe pure aiutato.
Si stupiva di se
stessa. Non aveva mai permesso a nessuno di inculcarle la speranza nella testa.
Lui ci aveva messo un attimo a farlo. Era riuscita a convincerla a dargli una
mano, qualunque cosa volesse fare.
Presto si rese
conto che forse aveva commesso un errore, un errore
madornale che rischiava di peggiorare in modo esponenziale la situazione già scomoda
in cui si trovava. Se William l’avesse beccata, era finita.
Parcheggiò l’Audi e
spense il motore. Uscì dall’auto e fece scendere Tommy, tenendolo per mano.
<< Andiamo a
trovare la nonna? >> disse sorridendogli.
Il bambino la
guardò con i suoi occhietti vispi, e guardò dietro di loro.
L’entrata
dell’immenso cimitero di Los Angeles si apriva davanti a loro, i cancelli in ferro battuto spalancati nella luce di aprile. Lunghe
file di croci si susseguivano nel camposanto, fiori di mille colori punteggiavano
quel paesaggio altrimenti spoglio e tetro.
Con un sospiro,
Irina si avviò verso l’entrata, sempre tenendo per mano Tommy. Varcò i cancelli
e con passo svelto si diresse a destra, proseguendo dritto per un paio di
minuti, finché non la trovò.
Elisabeth McChinnon,
diceva la scritta in rilievo sulla lapide di marmo scuro e lucidissimo. La data
di morte risaliva al giugno di quasi cinque anni prima.
<< Ciao,
mamma >> mormorò Irina, guardando la foto. Ritraeva una donna
grassottella, dal viso dai tratti dolcissimi e i capelli scuri a caschetto.
Indossava un bell’abito a fiori, e si trovava su una delle spiagge di Los
Angeles, il mare piatto come una tavola alle sue spalle.
<< Nonna?
>> disse Tommy, guardando prima la foto, poi lei.
<< Sì, è la
nonna >> rispose Irina, abbassandosi e abbracciando il bambino.
Come
era
bella, la sua mamma. Lo aveva sempre pensato, e ora che non c’era più le sembrava ancora più bella.
Erano passati più
di quattro anni dalla sua morte, ma la sua assenza rimaneva ancora una ferita aperta, nel cuore di Irina. Credeva che il tempo avrebbe
diminuito il dolore di quella perdita, ma si era sbagliata. Ora più che mai
sentiva la sua mancanza.
Ricordava tutto
come se fosse stato ieri.
Ricordava di come
sua madre si alzasse prestissimo la mattina per andare a lavorare, di come
fosse sempre disposta a fare qualsiasi cosa per il bene della sua famiglia. Di
come tornava a casa la sera, esausta ma soddisfatta, pronta a chiederle come era andata la giornata e la scuola. Ricordava con
quanto amore accudisse lei e la sua famiglia, nonostante Todd fosse un emerito buono a nulla.
Tante volte si era
chiesta perché una come sua madre si fosse innamorata
di uno come lui. E non riusciva a trovare alcuna risposta, soprattutto quando
vedeva Elisabeth ubbidire agli ordini di suo padre con un sorriso triste e
sopportare in silenzio le sue scenate scatenate dal continuo bere. Avrebbe
potuto abbandonarlo, andarsene con Irina e i suoi tre fratelli, e lasciarlo
marcire nella povertà e nell’alcool. Non lo aveva fatto, mai.
Eppure, Irina
ricordava con quanta difficoltà arrivassero alla fine del mese, con i pochi
soldi che sua madre guadagnava. Di quando, un giorno, vennero
sfrattati dalla misera casa in cui avevano vissuto fino a quel momento, nella
periferia della città. A quel punto, i genitori anziani di Elisabeth, li
avevano ospitati a casa loro, finché anche loro non erano morti,
lasciando tutto alla loro unica figlia.
Sua madre aveva
deciso che non avevano altra scelta se non rimanere a vivere lì, perché di soldi
non c’è n’erano. E lei continuava a lavorare, a
spaccarsi la schiena per loro, per vedere la sua famiglia che ogni giorno che
passava andava sempre più in pezzi.
Todd non lavorava,
dipendeva dall’alcool e dormiva tutto il giorno; Harry e Denis avevano smesso
di andare a scuola e si erano fatti una brutta cerchia di amici; Dominic, il fratello maggiore, non c’era mai a casa, e
nessuno sapeva quello che faceva; e poi c’era lei, la piccola di casa, Irina,
che guardava di nascosto la mamma versare lacrime vedendo i suoi figli
imboccare le strade sbagliate, e che si chiedeva cosa avesse di così sbagliato
per avere un padre così idiota.
Ricordava ancora
quanto sua madre le volesse bene, quante piccole gentilezze riservasse solo a
lei, e di quando metteva i soldi da parte e la portava al parco a mangiare un
gelato, solo loro due.
<< Devi
studiare, bambina mia >> le diceva sempre, << Sei intelligente,
puoi fare molta strada. Non voglio che tu ti riduca
come me, capito? Devi studiare e diventare qualcuno >>.
Elisabeth contava
tanto sulla sua bambina, e Irina non la deludeva mai. Studiava, portando a casa
sempre bei voti, che a suo padre non interessavano ma che a sua
mamma aprivano un sorriso luminoso sul viso. E l’aiutava,
quando poteva: teneva in ordine la casa, preparava da mangiare per i suoi
fratelli, faceva la spesa. Era brava, e sua madre glielo diceva sempre.
Proprio perché la
riteneva speciale, le aveva dato quel nome così
inusuale dalle loro parti: Irina. Un nome misterioso, affascinante, adatto alla
sua bambina più di qualunque altro.
Poi,
all’improvviso, Elisabeth se n’era andata. Come un fulmine a ciel sereno, una
malattia l’aveva portata via.
Irina aveva
quindici anni quando si rese conto che in sua madre c’era qualcosa che non
andava. Era dimagrita, aveva ombre scure sotto gli occhi e ogni minimo gesto la
affaticava. Diverse volte era rimasta a casa da
lavoro, sdraiata sul letto con la scusa di una piccola influenza.
Non era vero. Era
malata, ma aveva tenuto nascosta a tutti la verità. Quando Irina si rese conto
di quello che aveva, ormai era troppo tardi: nel giro di due mesi, Elisabeth
era morta.
Nonostante il
dolore, nonostante la perdita, Irina era riuscita ad andare avanti. Con
difficoltà, troppo giovane per essere abbandonata a sé
stessa, aveva voltato pagina e aveva cercato di tornare a vivere.
Ma non c’era solo
lei, c’era anche ciò che rimaneva della sua famiglia. Per qualche mese
riuscirono a campare con i risparmi che sua madre aveva messo da parte di
nascosto, che sarebbero serviti a permetterle di continuare a studiare. Poi
anche quelli erano finiti, e i suoi fratelli erano stati costretti a cercarsi
un lavoro.
Fu Dominic, il maggiore tra loro, a sbrogliare un po’ la
situazione, trovando un lavoro fisso in una fabbrica da quelle parti. I soldi
che guadagnava erano pochi, ma bastavano a fare la
spesa e pagare le spese ordinarie.
E poi…
Bé, e poi Dominic era scappato. Ma quella
era un’altra storia.
Tommy le strattonò
un braccio, e Irina tornò finalmente alla realtà. Gli
sorrise e lo prese in braccio, guardando la foto di sua madre.
<< Sarebbe
stata una nonna fantastica, lo sai? >> gli disse.
<< Nonna?
>> disse il bambino, indicando la lapide.
“Nonna” era una di
quelle poche parole che suo nipote aveva imparato a pronunciare, nonostante
avesse già due anni. Lo aveva portato da un medico, che le aveva detto di non
preoccuparsi troppo: a volte, quando la situazione familiare di un bambino non
era proprio serena, poteva capitare che ci mettesse un po’ di più a imparare a
parlare.
Fissò la lapide di
marmo, e con un sospiro guardò l’orologio: erano quasi le sette, e avrebbe
fatto meglio a tornarsene a casa. Prese Tommy in braccio e si avviò verso
l’uscita del cimitero, senza sentirsi più tranquilla di quando era arrivata.
Non ci riusciva,
sentiva di aver fatto un errore enorme: aiutare Xander
era una follia. Soprattutto per la situazione in cui si trovava lei.
<< Dove sei
stata? >> domandò Todd quando Irina mise piede in casa.
<< Dalla
mamma >> rispose lei, entrando in cucina e iniziando ad apparecchiare la
tavola. << Voi dove siete stati? >>.
<< Non sono
affari tuoi >> ribatté suo padre.
Irina incassò la
risposta senza nemmeno guardarlo, abituata com’era ai suoi comportamenti. Attraversò
il corridoio e fece sedere Tommy sul seggiolone in cucina, cercando con gli
occhi la tovaglia.
<< Ha
telefonato William >> continuò suo padre.
<< Davvero?
Perché non mi ha cercato sul cellulare? >> disse Irina, poco interessata,
mettendo la pentola sul fuoco.
<< Non
rispondevi >>.
Irina si bloccò. A
essere sincera, non aveva sentito squillare il Motorola. Andò a prendere la
borsa e tirò fuori il cellulare: cinque chiamate senza risposta, tutte di
William. Era talmente sovrappensiero che non se n’era nemmeno accorta.
<< Cosa voleva? >> chiese.
<< Voleva che
andassi da lui per sistemare alcune faccende >> rispose Todd.
Irina tornò a
preparare la cena. Si era risparmiata una di quelle riunioni di William e dei
suoi “fedelissimi”, come li definiva lei, in cui discutevano gli ultimi affari
riguardo alla droga e alle auto rubate. Non avevano avuto modo di appiopparle
nessun compito ingrato, questa volta.
Con un grugnito,
suo padre lasciò la cucina e si mise a parlare con Harry e Denis.
Si era sempre
chiesta perché suo padre la disprezzasse tanto. Non ricordava di aver mai fatto
qualcosa che avesse potuto offenderlo. Forse non aveva accettato che fosse una
femmina, o che fosse completamente diversa da loro. Aveva smesso di chiederselo
quando aveva capito che alla fine non le importava più di tanto, e aveva imparato
a ignorarlo.
Terminò di
preparare la tavola, e avvicinò il seggiolone di Tommy al tavolo. Della sua
famiglia, lui era l’unico a cui tenesse veramente.
Irina aspettava la
partenza della gara seduta su una panchina a bordo strada, le strisce argentate
delle Nike che portava ai piedi che riflettevano la luce dei lampioni, la Punto
parcheggiata non molto lontano da lì vicino alle altre auto dei ragazzi che
erano venuti ad assistere alla gara.
Davanti
a lei, una fila di sette macchine schierate una di fianco all’altra, con la
scintillante BMW M3 di Xander al centro. Sprint, cinque
chilometri di tracciato e sei avversari agguerriti. “Vediamo se sei veramente bravo” pensò la ragazza.
Con il piede che si
muoveva a tempo della musica che qualcuno teneva a tutto volume, Irina guardava
la gente che si muoveva lì intorno. Tutti ragazzi giovani e
poco esperti, che aspiravano a entrare nel giro dello Scorpione, ma che
alla fine si sarebbero dovuti accontentare di rimanere a guardare da lontano. Individuò
un’Audi A5 rossa che lei conosceva bene, seminascosta dal suv
scuro da cui proveniva la musica. Il suo proprietario, Robert O’Correll, numero 6 della BlackList, era appoggiato
all’auto, pronto ad assistere alla corsa.
A tutte le gare
aperte c’era sempre un membro della lista a tenere d’occhio i nuovi arrivati e
a comunicare allo Scorpione se c’era qualcuno che meritava di entrare nel suo
giro o che poteva risultare interessante per qualche
incarico poco pulito. E farsi notare in quelle dispute era l’unico modo per
avvicinarsi a William.
O’Correll la vide e le rivolse un cenno con il capo,
senza però dare segno di volersi avvicinare. Meglio così: non avrebbe dovuto
spiegare il motivo per cui si trovava lì.
Tra i piloti della BlackList, Irina non era ben
vista. Il mondo delle corse clandestine era prettamente maschile, e lei era
l’unica donna ad essere arrivata così in alto. Si
mormorava che fosse riuscita a piazzarsi al terzo posto utilizzando metodi poco
puliti, e che “l’intima amicizia” con lo Scorpione l’avesse aiutata. In realtà,
Irina era brava davvero, e alla maggior parte della gente non andava giù che
una ragazza così giovane fosse anche così forte, soprattutto agli uomini. O’Correll era uno di quelli che non
era ancora riuscito ad accettare il fatto di essere stato sconfitto da una
ragazzina come Fenice.
Senza ulteriori sguardi, Irina concentrò la sua attenzione sulla
strada. Vide Clark, l’uomo che lavorava per William, che raccoglieva le scommesse poco lontano. Notò Xander
appoggiato alla BMW, le braccia conserte e lo sguardo serio.
Per un momento, a
Irina ricordò William. Xander aveva un certo fascino,
doveva riconoscerlo; lo stesso fascino che aveva lo Scorpione: tenebroso,
risoluto, e decisamente virile. L’espressione del suo
sguardo, a volte beffarda a volte di sfida, gli conferiva un’aria che aveva
qualcosa fuori dal comune.
Le venne da
sorridere. Aveva pensato la stessa cosa di William, la prima volta che lo aveva
visto. Salvo poi scoprire che era tutto il contrario di ciò che era apparso…
Xander le rivolse
un’occhiata, impassibile, ma lei riuscì a notare un barlume di divertimento,
nei suoi occhi azzurri. Voleva dimostrarle quanto si stava sbagliando, sul suo
conto.
“Se non vuoi
destare sospetti, è meglio che tu faccia finta di non conoscermi” gli aveva
detto.
Clark diede il
segnale dell’inizio, e Xander salì sulla BMW. Anche
gli altri piloti fecero altrettanto.
Il motore della M3
si avviò senza esitazioni, pronto a sprigionare tutta la sua potenza. Salì
velocemente di giri per un paio di volte, mentre anche le altre auto si
avviavano. Un tipo su una Ford Focus arancione lo guardò minaccioso, premendo
sull’acceleratore. Xander non lo degnò di uno sguardo
e ne approfittò per gettare un’ultima occhiata a Irina.
Clark si parò
davanti alla linea di partenza, la mano alzata. Abbassò una a una le dita, poi quando chiuse il pugno calò la mano, e le
macchine partirono a tutta velocità.
La BMW passò subito
in testa, portata avanti dai 420 cavalli del suo motore. La Focus gli si mise dietro,
cercando lo spazio per sorpassarlo. Poi le macchine svoltarono a destra, oltre
la vetrina di un negozio, e sparirono alla vista, lasciandosi dietro solo il
sibilo degli pneumatici sull’asfalto.
Irina dovette
aspettare circa cinque minuti prima di vedere in lontananza, sul ponte di St. Carrile, l’auto di Xander
inchiodare violentemente e rimanere ferma, il motore sempre acceso. Allarmata, si alzò in piedi, sentendo qualcuno commentare il
fatto, poi vide la Focus
arancione sorpassare la BMW
bianca a sinistra; a quel punto la M3
schizzò di nuovo avanti e si gettò all’inseguimento.
Irina tirò un sospiro di sollievo, e continuò a guardare Xander inseguire l’avversario. Si era fermato di proposito,
lo aveva capito.
Due minuti e trentasette
secondi dopo, la BMW
tagliò il traguardo compiendo a tutta velocità una mezza derapata e inchiodando
proprio davanti a lei. Ci volle un’altro minuto prima
di vedere la Focus
e le altre macchine giungere al traguardo, inesorabilmente perdenti.
Xander abbassò il
finestrino, mentre Clark si avvicinò porgendogli una mazzetta di denaro. Il
proprietario della Focus scese dalla macchina e sbatté violentemente la
portiera, infuriato.
“Non una rissa, per favore” pensò Irina,
preoccupata, “Tutto ma non una rissa”.
Il tipo fissò
arcigno Xander per qualche minuto, poi si voltò e si
allontanò.
Decisa a evitare
problemi, Irina si avviò verso la
Punto, gettando una rapida occhiata a Xander.
Lui la vide e scese dalla macchina, mettendosi a parlare con un ragazzo. La Punto si allontanò nella
notte, i fari azzurri accesi e il motore al minimo.
Come avevano pianificato, Irina aspettò Xander
a Dalton Beach, ferma nel parcheggio deserto. Era giovedì, e le corse in quel
posto di solito si tenevano solo la domenica. Aspettò mezz’ora, chiusa in
macchina e con la radio accesa, fissando ls spiaggia
buia e deserta oltre lo steccato.
Finalmente vide
nello specchietto retrovisore i fari accesi della BMW, che si piazzò di fianco
alla Punto, sinuosa come un felino. Gettando una rapida occhiata dei dintorni,
Irina scese dalla sua auto, poi salì sulla M3.
<<
Esibizionista >> fu la prima cosa che disse.
Xander sembrava
divertito, e girò la chiave per spegnere il motore. La strada davanti a loro
cadde nel buio. << Ti avevo detto che non sono un novellino >>
ribatté. << E non mi sono neanche impegnato >>.
Irina era colpita:
aveva conosciuto poche persone in grado di guidare in quel modo, e una di
quelle poche era William. Riconosceva il talento,
quando lo vedeva. Appoggiò il braccio sulla portiera, e disse: <<
D’accordo, sei bravo. Forse hai qualche speranza di arrivare allo Scorpione
>>.
<< Voglio
sfidare subito il Toro >> disse Xander,
<< Non voglio perdere altro tempo con gare inutili >>.
Irina lo guardò,
pensierosa. In effetti il Toro non era così forte: lei
stessa non aveva fatto fatica a batterlo. << Va bene >> disse,
<< Farò in modo che vi incontriate. Lasciami il
tuo numero di telefono, e ti chiamerò per dirti giorno e ora >>.
Xander avvicinò la mano
al cassetto portaoggetti della macchina, e Irina spostò le gambe per
permettergli di aprirlo. Lui la guardò con la coda dell’occhio, poi tirò fuori
un cellulare Nokia e glielo diede.
<< Tieni
questo >> disse, << La linea è sicura, e
non verrai intercettata da nessuno. Il mio numero è nella lista >>.
<< Grazie
>> Irina prese il telefono e lo mise in tasca. << Credo di averti
sottovalutato, sai? >> aggiunse.
<< Non è la
prima volta che lo fai >> disse lui, divertito.
<< Perché
dici questo? >>.
<< Quando
andavamo a scuola, non mi consideravi altro che un figlio di papà, o sbaglio?
>> Xander sembrava divertirsi da morire
facendole ammettere di essersi sbagliata.
Lei sorrise e
rispose: << Sì, hai ragione. Però devi ammettere che la tua auto è proprio quella di un figlio di papà >>.
Xander scoppiò a ridere.
<< E a te piace >>.
<< D’accordo,
hai ragione anche su questo >> ribatté Irina, divertita. Guardò
l’orologio e poi sbadigliò. << Credo che sia ora di tornarmene a casa…
Molto probabilmente gli altri si saranno infilati in qualche locale… Magari
puoi andare con loro >>.
<< Uhm… Forse
>> rispose Xander, << Ah, il tipo
dell’Audi rossa chi era? >>.
<< Il Lupo
>> rispose Irina, << Il numero 6 della
Lista. Credo ti abbia notato: non stupirti se ti chiederanno di gareggiare
ancora, o se cercheranno di contattarti. E’ così che
lo Scorpione recluta i suoi piloti >>.
<< Tu sei una
di loro, vero? >> domandò Xander. Era serio.
Irina annuì.
<< Lavoro per lui, ma ci sono molte cose che non mi piacciono >> disse, << E non sono l’unica a pensarla in questo
modo. William lo sa, per questo devo fare attenzione a quello che faccio >>.
Aprì la portiera
dell’auto, sicura di aver detto troppo. Rivolse un ultimo sorriso a Xander, per dargli l’idea di non dare
troppa importanza alle sue parole, e lo salutò.
<< Ti chiamo
per farti sapere qualcosa sulla gara >> disse, poi salì sulla Punto e un
attimo dopo era già lontana.
Ore 00.59 – Green Boulevard
Xander stava tornando a
casa, solo. Era abbastanza soddisfatto per la vittoria, ma sperava si trattasse
di una cosa un po’ più combattuta. Se i piloti da quelle parti erano tutti
così, non sarebbe stato più difficile che nel resto degli Stati Uniti.
<< Oh,
Fenice, la bambina… Non farti strane idee, su di lei. E’ roba riservata, non si
tocca >>.
Non riusciva a togliersi
dalla testa la frase che il tipo delle scommesse gli aveva detto quando aveva
guardato Irina allontanarsi a testa bassa. Non era stato l’unico a seguire i
suoi movimenti sinuosi con lo sguardo. Altri cinque ragazzi le avevano gettato
occhiate languide, ma nessuno aveva osato apostrofarla.
<< La
bambina? >> aveva chiesto lui, perplesso.
<< Qui la
chiamiamo così >> aveva risposto l’uomo, e non sembrava stesse scherzando, << Quando è arrivata, era poco più
che una bambina… E lo rimane ancora adesso: è la pilota più giovane dello
Stato. Se ci tieni alle palle ti conviene stargli
lontano >>.
<< Perché? >>
aveva domandato, incuriosito.
<< Lavora per
lo Scorpione >> aveva risposto l’uomo, con un mezzo sorriso, << E
lui non si limita a farle fare delle gare, se capisci
quello che intendo >>.
“Allora sei finita tra i pezzi grossi, Irina” pensò Xander, “Ecco perché
sembra che tu abbia tanta influenza da queste parti”.
Xander inserì la quinta
con impeto, schiacciando la frizione. Ok, lui era in missione e aveva dei
segreti che doveva tenere nascosti, ma voleva scoprire cosa ci faceva Irina in
mezzo a quel casino, e soprattutto fin dove era arrivata.
“Forse per questo che non vuole essere vista con
qualcun altro”
pensò, “Qualcuno potrebbe pensare che stia tradendo il suo… capo? Ragazzo? Fidanzato?”.
Non capiva: la
gente parlava di Irina come se fosse proprietà esclusiva di Challagher,
come se tra loro ci fosse un rapporto molto stretto, molto più di quello tra un
capo e il suo pilota… Eppure Irina gli aveva fatto capire che detestava lo
Scorpione, che avrebbe fatto a meno di lavorare per lui.
C’era qualcosa di
molto strano. O Irina stava facendo il doppio gioco, oppure Challagher
aveva un certo controllo su di lei. Le possibilità erano quelle.
Forse si era lasciato
ingannare dalla sua faccia pulita e angelica, e non poteva fidarsi di lei come
aveva creduto. Magari voleva incastrarlo in qualche modo…
Non ci voleva
pensare, e non perché avrebbe compromesso la missione. Non voleva pensarci
perché si fidava veramente di lei. Perché la sua espressione aveva detto molto
più di tante parole.
Ore 7,30 – San Pedro Street
Irina suonò il
campanello di casa Greenn, aspettando sotto il
minuscolo porticato. Un attimo dopo, la porta venne
aperta da una donna di circa cinquant’anni, molto robusta e dai capelli rosso
scuro, a boccoli. Sandra, la baby-sitter, le sorrise con benevolenza.
<< Vieni, vieni, entra, cara >> disse, scostandosi e facendo
entrare la ragazza in casa.
Sandra Greenn era stata, molti anni prima, un’amica di sua madre,
e si conoscevano da diverso tempo. Da piccola, quando sua madre faceva i turni
di notte e non voleva lasciarla a casa sola con suo padre i suoi fratelli, la
mandava a dormire da Sandra, in modo che potesse passare del tempo con i suoi
due figli, un maschio e una femmina, che avevano qualche anno più di lei. Aveva
passato dei bei momenti con loro, e aveva goduto di
qualche ora di stabilità familiare di cui normalmente non disponeva. Alla morte
di Elisabeth erano rimaste amiche, e molte volte la donna si era offerta di
aiutarli: Irina aveva rifiutato gentilmente, perché sapeva che le sue
condizioni economiche non erano poi molto migliori delle loro. Aveva però
accettato di affidarle Tommy, quando aveva bisogno, soprattutto perché, ora che
i due figli erano andati a vivere per i fatti loro, aveva poco da fare.
Per il resto,
Sandra non sapeva di quello che lei faceva in realtà: credeva che Irina la sera
e la notte lavorasse per guadagnarsi da vivere, e non
che fosse una pilota clandestina. Non le era mai passato per la testa che la
figlia della sua vecchi amica fosse una criminale.
<< Vuoi un
caffè? >> domandò Sandra, facendola entrare nel suo piccolo e dimesso
soggiorno. Tommy era seduto sul divano, davanti alla tv accesa che trasmetteva i
cartoni animati.
<< No,
grazie, l’ho già preso >> rispose Irina, poi si avvicinò al nipote,
<< Ciao, piccolo. Andiamo all’asilo? >>.
Tommy rise e alzò
le manine, segno che voleva essere preso in braccio. La ragazza lo accontentò,
facendogli una carezza sulla guancia. Odiava lasciarlo sempre solo, sbattendolo
di qua e di là, ma non poteva fare altrimenti.
<< Vuoi
lasciarlo ancora qui, per oggi? >> chiese Sandra, guardandola
preoccupata, << Lo sai che mi fa piacere tenerlo, sono sempre da sola…
>>.
<< No
>> rispose Irina con un sorriso, << Ti ringrazio, ma ti ho già disturbata abbastanza, in questi giorni >>.
<< Sei
sicura? >> insistette la donna, << Mi sembri stanca… Dovresti
trovare un altro lavoro: questo ti sta sfiancando. Farti fare
i turni di notte, e senza neanche qualche giorno di avviso… >>.
“Lo farei, se potessi”, pensò la ragazza.
<< Non sono
stanca, mi manca qualche ora di sonno, tutto qui >> disse, << Ci
vediamo la prossima volta, e grazie ancora >>.
Prese la borsa di
Tommy e uscì, diretta alla TT. Fece sedere il bambino del seggiolino,
guardandolo poi dallo specchietto retrovisore. Gli dispiaceva da morire
abbandonarlo ogni volta come un pacco, perché gli voleva troppo bene. Non era
suo figlio, ma avrebbe voluto crescerlo come se lo fosse.
Un’ora dopo, Irina
era di nuovo seduta al solito posto nell’aula dell’Università, il professore
che spiegava senza notare che metà dei suoi allievi stava facendo altro.
<< Ragazze,
oggi proprio non ho voglia di seguire… >>
borbottò Jenny, sfogliando il giornale che si era procurata, << Con
questo bel sole… Ci vorrebbe una giornata al mare. Ah, leggiamo l’oroscopo!
>>.
Irina la guardò
divertita, mentre Katy si sporse per osservare la
pagina del quotidiano. Commentarono il loro oroscopo sotto le occhiate
perplesse di Angie, che non smetteva un momento di
prendere appunti, poi passarono a quello di Irina: << Allora, Acquario…
Uhm, oggi sarà una buona giornata. Incontri inaspettati dopo pranzo… Devi
vedere qualcuno? >>.
<< No
>>.
Jenny osservò il
foglio con aria critica. Nessuna delle tre credeva negli oroscopi, ma leggere
le assurdità che a volte venivano scritte era una
delle loro occupazioni preferite, durante le lezioni noiose. << Qui dice
che devi fare attenzione alla salute… Mangiare rape… Mangiare rape?!Ma che razza di consiglio è?
>>.
Irina scoppiò a
ridere, e Jenny e Katy fecero lo stesso. Persino Angie ridacchiò.
<< Bah…
>>. Ripiegando il giornale, Jenny le guardò pensierosa, << Che ne dite se ci facciamo una capatina in spiaggia, oggi
pomeriggio? Mangiamo un panino al volo uscite da qui, e poi andiamo >>.
<< Io sono in
macchina, oggi >> disse Irina, << Possiamo andare a Dalton Beach,
se vi va >>.
Forse qualche ora
seduta sulla spiaggia le avrebbe fatto bene, levandole quella strada sensazione
che aveva dalla sera prima. Era una cosa che non riusciva a spiegarsi, e
nemmeno a capirne la fonte.
Terminate le
lezioni, Irina e le tre amiche uscirono dall’Università, e raggiunsero l’Audi
TT parcheggiata dall’altro lato della strada.
<< Io sto
davanti! >> gridò Jenny, con un sorriso da un orecchio all’altro,
aggredendo la maniglia dell’auto.
<< Lo
sappiamo già… >> borbottò Katy.
Irina sorrise. A
Jenny piaceva un sacco la TT che aveva, e tutte le
volte che saliva in macchina con lei c’era da morire da ridere: si sentiva
chissà chi, su quell’auto.
<< Quanto mi
piace… >> esalò Jenny, gli occhi che brillavano,
<< E’ così… così… >>.
<< Sappiamo
anche questo, Jenny >> disse Katy, stancamente,
<< Lo avrai detto un centinaio di volte, almeno
>>.
Katy e Angie salirono dietro, mentre Irina richiudeva il baule
dove avevano lasciato le borse. Era proprio la giornata perfetta per andare a
fare una passeggiata sulla spiaggia: l’aria era calda e il cielo limpidissimo.
<< Allora,
che mi dici del nuovo arrivato? >> chiese Jenny, guardando
la costa sfrecciare oltre il finestrino dell’auto.
<< Non ho
proprio niente da dirti >> ribatté Irina, con un lievissimo sorriso che le si disegnava sulle labbra, << Dovrei, forse?
>>.
Si fermò al
semaforo e guardò l’amica. Jenny però stava rivolgendo la sua attenzione a
qualcos’altro, oltre il vetro.
<< Che fai?
>>
La ragazza salutò
qualcuno, sorridendo a trentadue denti. Irina si spostò e vide che affiancata a loro c’era una Mercedes cabrio, con due ragazzi
che guardavano chiaramente nella loro direzione, gli occhi nascosti dietro gli
occhiali da sole all’ultima moda.
Irina scoppiò a
ridere.
<< Vuoi
smetterla di fare la scema? >> chiese, controllando il semaforo.
<< E dai,
fammela tirare un po’… >> protestò Jenny. << Questi due ragazzi, in
giro tutti soli… >>.
I due sembravano
disposti ad attaccare bottone, e Jenny lo era
altrettanto. Katy, seduta dietro, alzò gli occhi al
cielo.
<< Jenny, sei
sempre la solita >> disse Angie, <<
Guarda che tipi sono… >>.
Irina li aveva già
catalogati: figli di papà, auto potente e intelligenza zero. Uno sguardo e
aveva capito di che pasta erano fatti.
“Adesso mi tolgo uno sfizio” pensò.
<< Se ci
tengono tanto, dovranno raggiungerci >> disse.
Ingranò la marcia e
quando scattò il verde partì a razzo con tanto di sgommata,
proprio mentre Jenny iniziava ad abbassare il finestrino. Dallo specchietto
retrovisore vide le facce allibite dei due ragazzi, ancora fermi al semaforo.
<< Ma no! >> protestò Jenny, << Ma tu li spaventi,
i ragazzi! >>.
<< Ah, perché
non so guidare come te… >> sospirò Katy.
Ridacchiando, Irina
raggiunse in un batter d’occhio Dalton Beach. Parcheggiò l’auto e scesero.
La spiaggia era
quasi deserta, a parte un paio di signori anziani che camminavano sulla
battigia, mano nella mano. Più lontano scorsero un
ragazzo che giocava con il suo cane, il suono del mare che si
infrangeva sulla riva che si mescolava alle grida e alle risate.
Irina si tolse le
scarpe e camminò sulla sabbia tiepida, assaporando la sensazione straordinaria
che le dava. Gettò in terra la coperta che aveva recuperato dal baule della TT
e lasciò sedere le amiche.
<< Ancora
qualche settimana, e possiamo fare il bagno >> disse Angie,
inforcando gli occhiali da sole, << Non vedo
l’ora >>.
<< Stavamo
dicendo? >> disse all’improvviso Jenny, gettando a Irina un’occhiata
eloquente. Non si era dimenticata del discorso di prima.
<< Oohh, la smetti? >> ribatté lei, << Perché
dovrei raccontarti qualcosa se non c’è niente da raccontare? >>.
<< Non mi
sembra proprio… >> disse Jenny, << Sono un paio di giorni che sei
pensierosa… Proprio da quando ci hai detto di lui >>. Fece la faccia di
una che la sa molto lunga.
<< Non è vero
>> protestò Irina.
<< Invece sì
>>.
<< Non è a
lui che pensavo >>.
<< Già,
dicono tutti così >>.
Irina si voltò e
guardò l’orizzonte, il mare piatto come una tavola. Aveva pensato a Xander? Sì, ci aveva pensato, ma non nel modo in cui
credeva Jenny. Era preoccupata per quello che voleva fare…
Solo che sapeva che
l’unico modo per far smettere Jenny di punzecchiarla era toglierle la
curiosità.
<< Cosa vuoi che ti dica? >> chiese, esasperata.
<< Lo hai
visto di nuovo? >> domandò Jenny.
<< Sì
>>.
<< E’ carino?
>>.
<< Me lo hai
già chiesto… >>
<< Jenny, la
pianti di stressarla? >> si intromise Katy, << Fai sempre così che ti parla di qualcuno.
Sembra che tu voglia piazzarla a tutti i costi >>.
<< Non voglio
piazzarla >> ribatté Jenny, << Sono solo curiosa. Non capita spesso
che definisca qualcuno “carino”, non ti pare? >>.
Irina scosse il
capo, divertita. Voleva cambiare argomento, perché parlare di Xander le metteva ansia.
<< Non ho
voglia di parlarne >> disse, risoluta, << Cambiamo discorso
>>.
Le tre la fissarono
preoccupate, ma Jenny non insistette.
Tra loro c’era un
accordo, un accordo che sapevano di dover rispettare:
niente domande inopportune. Quando Irina era entrata nel mondo delle corse,
aveva troncato i rapporti con quasi tutte le persone che conosceva, per evitare
di mettere in pericolo qualcuno. Aveva provato a farlo anche con loro, ma Jenny
era stata più caparbia di lei: era disposta a frenare la lingua, piuttosto che
perdere la sua amicizia. Irina gli aveva detto solamente che intendeva
diventare una pilota di gare clandestine, e che non lo faceva per piacere. Non
sapevano altro di lei, e qualunque altra domanda era bandita. Meno sapevano, meno rischiavano. Loro tre avevano accettato il
loro accordo, e lei gli era profondamente grata: era
riuscita a conservare almeno qualche amica.
<< Dobbiamo
venire in spiaggia, una domenica >> disse Katy,
guardandosi intorno.
Irina annuì, poi si
abbassò per arrotolare l’orlo dei pantaloni. << Vado a bagnarmi i piedi.
Qualcuno viene con me? >>.
<< Io
>> si offrì Angie.
Le due raggiunsero
la battigia, osservando le onde che si infrangevano
sulla sabbia lasciando una scia di schiuma bianca. L’odore della salsedine le
pungeva le narici.
<< Pronta?
>> chiese Angie.
<< Quando
vuoi >>.
Irina infilò i
piedi in acqua, scoprendo che non era fredda quanto si aspettava. Le lambì le
caviglie, dandole subito una sensazione di refrigerio e sollievo. Si voltò
verso le amiche rimaste sedute, e fu allora che lo vide, appoggiato alla
staccionata di legno.
Xander la stava
guardando. Le sembrò di vederlo sorridere, poi la salutò con la mano e se ne
andò.
Xander aveva guardato
Irina per mezz’ora, indeciso se farsi vedere o meno.
Per puro caso aveva riconosciuto la sua auto mentre passava da Dalton Beach, e
si era fermato per curiosare.
Quando l’aveva
vista insieme alle amiche sulla spiaggia, si era chiesto cosa ci facesse lì.
Per un attimo aveva pensato di avvicinarsi, poi aveva cambiato idea. Magari non
le andava incontrarlo, visto che non era sola.
La cosa migliore
sarebbe stata andarsene, ma non ci era riuscito. Irina lo incuriosiva troppo:
voleva vedere come si comportava con gli altri, quando stava in mezzo alla
gente normale.
Come aveva scoperto
in quei giorni, era una ragazza che sorrideva molto. Sembrava una di quelle
persone perennemente allegre, che non si lasciavano scalfire da nessuna
disgrazia.
Sembrava, appunto.
Se tutti i sorrisi
che gli aveva rivolto fossero stati veri, avrebbe
potuto anche pensarlo, ma non era così. C’era una nota di stanchezza nella sua
voce, quando parlava. E non guardava mai nessuno negli occhi, se poteva farne a
meno.
“Vorrei tanto sapere cosa nascondi”.
Continuava a porsi
quella domanda, mentre ritornava a casa a bordo della BMW. Ma
soprattutto, iniziava a preoccuparsi per se stesso.
La sua missione era
quella di catturare lo Scorpione, e non poteva
permettersi distrazioni di altro genere. Ogni minuto in più che passava a Los
Angeles aumentava il rischio che la copertura saltasse.
La curiosità verso
Irina era proprio una di quelle distrazioni che non poteva permettersi. Per
quanto volesse sapere cosa ci faceva lì, qual’era il rapporto che la legava
allo Scorpione, perché sembrava far parte dei pezzi grossi, non poteva perdere
tempo con lei.
Irina si appoggiò
al tavolo di legno lucido, guardando Sebastian, il meccanico di William, che si
era infilato nel cofano di una Mercedes SLK McLaren argentata e stava
trafficando con un paio di chiavi inglesi. L’enorme garage sotterraneo di Casa Challagher era illuminato dalle lampade al neon, il
pavimento bianco lucido che brillava. Una decina di auto erano
parcheggiate l’una di fianco all’altra, tutte macchine di una certa
potenza e di un certo calibro: tra loro, una Porsche Boxter,
una Audi R8, due Lamborghini, una Aston Martin. Solo
una era coperta da un telo nero. Alle pareti, poster di
macchine da corsa o modificate.
William, appoggiato
alla R8, passò in rassegna i volti di Hank, Josh e
Dimitri, l’ultimo bottone della camicia azzurra slacciato, che lasciava
intravedere la medaglietta argentata.
<< Allora, il
prossimo carico di auto dall’Europa arriverà lunedì notte >> disse,
<< A Terminal Island. Tutte BMW e Mercedes, versioni M
e AMG. La metà sappiamo già a chi venderle, le altre possiamo usarle per
il mercato dei pezzi di ricambio… Chi si occupa della cosa? >>.
<< Io
>> si propose Hanck, << Non dovrebbe
essere un problema rubarle, se sono poco controllate come l’altra volta. Mi
serve qualcun altro, però, che mi faccia da palo >>.
<< D’accordo,
sbrigatela tu, questa volta. Se fila tutto liscio, puoi anche tenerti una
macchina >> disse William, estraendo una Marlboro dalle tasche dei jeans,
<< Rimane solo Arthur, a cui bisogna fare una
visitina di cortesia… >>.
Si voltò verso
Irina, e la ragazza lo guardò truce. Non aveva alcuna intenzione di andarci, se
era quello che aveva in mente lo Scorpione: non voleva maltrattare ne
minacciare nessuno solo per qualche soldo.
<< Non
guardare me >> sibilò, secca.
William ridacchiò.
<< Non ci penso neanche, visto che non sei riuscita a farti pagare
nemmeno da un vecchio bacucco come Nichols >>
ribatté serafico.
<< Ci vado
io, allora >> si propose Dimitri.
William ridacchiò
divertito. << Sì, forse tu hai un po’ più di… come dire? Di influenza, sulla gente >>. Lanciò uno sguardo alla
ragazza, senza aggiungere altro.
Dimitri Goryalef, il russo numero 2 della BlackList soprannominato il
“Mastino”, era conosciuto in città per la sua spiccata propensione a fare a
pezzi auto e a farsi pochi scrupoli quando era ora di minacciare qualcuno.
Irina lo sapeva bene, perché stava quasi sempre con lo
Scorpione, e aveva imparato a temere il russo e a stargli più lontana
possibile.
Hank, Josh e Dimitri lasciarono il garage, e Sebastian li seguì
poco dopo. Nella stanza, nel più completo silenzio, rimasero solo Irina e
William, lei seduta sul tavolo, lui ancora appoggiato sulla R8.
La ragazza
aspettava quel momento per introdurre l’argomento che le premeva: far sfidare il
Toro a Xander. Fu lui però a
cominciare il discorso.
<< Robert O’Correll mi ha detto che c’è un tipo nuovo, da queste parti
>> disse, apparentemente disinteressato, << Dice che è
impressionante, quando guida… >>.
<< Sì, l’ho
visto gareggiare anche io >> ne approfittò
Irina, << E’ davvero molto bravo: si è lasciato dietro gli altri come
niente >>.
<< Come mai
eri alla gara aperta dell’altra sera? >> chiese William, il tono di voce
perfettamente calmo. Lei però capì al volo che stava indagando su i suoi
comportamenti.
<< Avevo
intenzione di gareggiare >> mentì prontamente, << Ma poi ho
cambiato idea. Troppa gente in giro, per i miei gusti. E comunque non sapevo
che ci sarebbe stato O’Correll >>.
William sembrò
credere alle sue parole. Si staccò dalla R8 e raggiunse l’auto coperta dal telo
nero.
<< Da quello
che mi hanno raccontato, sembra davvero molto bravo >> disse, <<
Con una sola gara, è riuscito a catalizzare l’attenzione su di sé… Non capita
spesso, vero? >>.
<< No, ma
posso garantirti che potrebbe dare del filo da torcere
a molti membri della Lista >> disse Irina, dosando la voce per cercare di
apparire neutra, << Anche a me, forse >>.
Lo Scorpione puntò
i suoi occhi verdi su di lei, sorridendo. << Lo credi davvero? >>
domandò, divertito, << Mi stai dicendo che
potrebbe essere un degno avversario anche per Dimitri? >>.
<< Anche per
te, se è per questo >>.
Gli occhi di
William si ridussero a due fessure. << Non toccare questo tasto >>
disse, ma non era arrabbiato, << Sai quanto desidero trovare qualcuno che
sia veramente alla mia altezza… Potrei anche crederti, sai? >>.
Irina capì di aver
centrato l’argomento giusto: da quando lo conosceva, lo aveva sentito
lamentarsi spesso che ci fosse poca gente in grado di correre contro di lui.
Amava mettere alla prova il suo talento, e amava altrettanto sapere di essere
il migliore.
Con un colpo secco,
William tolse il telo nero dall’auto e la scoprì. Era una Pagani Zonda R, una delle auto più potenti del mondo. Ne
esistevano solo altri diciannove esemplari tutti numerati, e quello che
possedeva lui era il numero 1. Rubato, naturalmente.
La Zonda era bassissima, con i paraurti che distavano
pochissimi centimetri dal suolo. Le ruote enormi dai cerchi in lega lasciavano
intravedere i giganteschi freni a disco in ceramica, in grado di fermare
quell’auto dalla stratosferica velocità di 350 km/h. Non aveva nemmeno la
targa, perché non era omologata per circolare su strada.
Irina aveva paura
di quell’auto, una paura che forse non aveva senso, ma
non riusciva a fare a meno di provare. Non trovava altro modo per definire
quella macchina se non “cattiva”. Le dava l’impressione di essere un’auto
creata per cacciare e distruggere altre auto, dalla potenza esorbitante e quasi
inconcepibile. Era l’unica macchina che non avrebbe mai voluto guidare.
<< Ti ricordi
l’ultima volta in cui l’ho usata? >> domandò William, girando intorno
alla Zonda con aria soddisfatta. La stessa aria che
aveva quando guardava lei.
Irina annuì. Era
stato più di un anno prima, contro un ragazzo di cui lei ricordava ancora nome
e cognome: Larry Foreman.
Lo ricordava perché
ci aveva deliberatamente e spudoratamente provato con lei, nonostante la
ragazza gli avesse fatto capire che non era il suo tipo e che comunque non le
interessava proprio. Qualcuno lo aveva messo in guardia sul fatto che girare
intorno alla numero 3 della BlackList non fosse una buona idea, ma lui era stato così
idiota da continuare per la sua strada.
Quando Larry, una
sera, aveva toccato Irina in modo poco educato, e William lo aveva beccato, lo
Scorpione aveva deciso di dargli una lezione. Lo aveva sfidato, con la Zonda.
Irina si ricordava
quella gara: era stata spaventosa. William aveva giocato fino all’ultimo,
finché Larry non si era schiantato contro un muro, morendo sul colpo. Lo
Scorpione aveva ritenuto che l’occasione fosse abbastanza importante per usare la sua auto preferita.
<< Se è forte
come dici, non sarà per lui un problema sfidare il Toro, non credi? >>
disse William, guardandola mentre passava una mano sulla carrozzeria nera nella
Zonda.
<< Stando a
quello che ho visto, non dovrebbe >> rispose Irina, cauta. Non voleva
dare l’impressione a William che sapeva molto di più di quello che dava a
vedere. Per fortuna Xander era riuscito a destare la
sua curiosità, altrimenti sarebbe stato impossibile introdurre l’argomento
senza fargli capire che si erano già incontrati.
<< Questo
tipo mi incuriosisce >> ammise William,
divertito, << E’ comparso una sola volta e ha già fatto parlare di sé.
Potrebbe essere un buon pilota… Che auto guida? >>.
<< Una BMW M3
bianca >>.
William aprì la
portiera della Zonda. << Uhm, bella macchina…
Facciamo così: dirò a Horne di trovarlo e sfidarlo.
Andrò alla loro gara e mi farò un’idea… Vediamo se è davvero bravo
quanto dicono >>.
Irina si sarebbe
profusa in un grido di trionfo: lo Scorpione aveva appena fatto quello che lei
voleva. Non si era dovuta scoprire, ammettendo di aver già visto Xander, e lui avrebbe sfidato il Toro. A stento represse un
sorriso.
William salì sulla Zonda e chiuse la porta. << Vado a fare un giro sul
circuito… Ci vediamo alla “grande sfida” >>.
Un rombo assordante
invase il garage quando la Zonda si avviò senza
esitazione, e con la sinuosità di un felino si diresse verso la rampa che
portava fuori. La ragazza la seguì con lo sguardo, poi raggiunse le scale e
tornò di sopra.
Casa Challagher si trovava sulla costa, e aveva una splendida
vista sul mare. William ci abitava da solo: suo padre stava a
Las Vegas, ad amministrare i suoi affari loschi e non, e la moglie lo aveva
seguito. Aveva però una schiera di domestici tutti a sua disposizione, senza
contare la possibilità di fare quello che gli pareva in casa senza doverne dare
conto a nessuno.
Con passo rapido,
Irina guadagnò il corridoio principale e uscì nel cortile dov’era parcheggiata
la TT. Sentiva il rumore della Zonda provenire dal
circuito privato che William aveva fatto costruire sul suo terreno.
Un po’ più
rilassata di quando era arrivata, uscì da Casa Challagher
e appena fu a una distanza che reputava di sicurezza, prese il Nokia che Xander le aveva lasciato. Cercò il suo numero nella rubrica
e attese.
<< Pronto?
>>.
<< Xander, sono Irina >>
<< Ciao. Sai
qualcosa sulla gara? >> domandò il ragazzo.
<< Sì. Ho
parlato con lo Scorpione >> rispose Irina, << E’ venuto a sapere di
te, e vuole vederti gareggiare. Sarà lui a organizzare la corsa. A breve
dovrebbe chiamarti lo stesso Toro per chiederti di sfidarlo… >>.
<< Allora ho
attirato l’attenzione del capo >> scherzò Xander,
<< Immagino sia un bene >>.
<< Per dove
vuoi arrivare tu, è proprio quello che ci voleva >> disse Irina, <<
William sembra interessato. Fagli una buona
impressione è sei in barca >>.
<< D’accordo.
Quindi ci vediamo alla gara? >>.
<< Sì, a
presto, allora >>.
Ore 22.00 – Jefferson Park
Irina guardò la Lotus Europa blu metallizzato accendere il motore sulla
linea di partenza. Gregory Horne, il Toro, un omone
tutto muscoli e niente cervello, premette un paio di volte sull’acceleratore,
in attesa. La BMW M3 bianca, al suo fianco, fece lo stesso. Tutto intorno a
loro, il parco scarsamente illuminato dai lampioni si stagliava deserto, a
parte gli spettatori venuti ad assistere alla gara. Le chiome
degli alberi si muovevano nella leggera brezza, il suono del vento coperto dal
rumore dei motori e dal vociare della gente.
<< Qualcuno
ha scommesso che non arriverà a fine gara >> disse William, alla sua
destra, la maglietta firmata che gli fasciava le spalle.
Come promesso, era
venuto a vedere la gara. Xander doveva incuriosirlo
davvero molto, se si era fatto vedere.
Irina sentì una
vaga inquietudine impossessarsi di lei. Ora che era lì a gareggiare con il
Toro, si rese conto che forse lo aveva sopravvalutato. Era stata troppo
sbrigativa: sarebbe stato meglio fargli fare qualche
altra corsa. Magari non era davvero in gamba come le era
parso, poteva essere stato tutto un caso…
<< Horne non è bravo come pensa la gente >> disse la
ragazza, sentendo la mano di William insinuarsi attorno ai suoi fianchi.
<< Ma non è nemmeno un pivello >> ribatté lo Scorpione,
<< Ma tu tifi sempre per i nuovi arrivati, vero? >>.
Succedeva spesso
che William la prendesse in giro in quel modo, ma lei non gli dava ascolto. Era
abituata alle sue provocazioni: era il suo passatempo preferito punzecchiarla
su tutto ciò su cui lei non era d’accordo. Sapeva benissimo che non si sarebbe
ribellata.
Clark raggiunse il
centro della strada, facendo un cenno ai due partecipanti. Horne
rispose dando un colpo di acceleratore, e gettando uno
sguardo a Xander. Gli disse qualcosa, ma l’altro non
rispose.
<< Quanto è
idiota… >> disse William, divertito, << Ogni giorno che passa, mi chiedo come abbia potuto permettere a Horne
di stare al decimo posto… >>.
Ogni istante che
passava Irina si sentiva sempre più agitata. L’attesa la stava snervando,
perché credeva di aver commesso un errore, portando Xander
davanti al Toro. Vide che William aveva notato un vago nervosismo in lei, così
cercò di darsi una calmata. Trasse un respiro profondo, poi vide le due auto
partire.
Xander schiacciò
sull’acceleratore, portando subito la BMW in testa. La Lotus non fu in grado di
competere contro la sua progressione bruciante, ma gli rimase comunque
attaccata, il muso alla sinistra del suo posteriore.
Se doveva farsi
notare, non ci avrebbe pensato due volte a farlo. Voleva dare spettacolo e far
capire allo Scorpione che aveva trovato un degno avversario.
Svoltò a destra,
chiudendo il Toro in modo da tagliargli la strada, e con un rapido colpo al
freno a mano riguadagnò la traiettoria desiderata. Accelerò di nuovo,
distaccando Horne di parecchi metri, i fari che
risplendevano nel suo specchietto retrovisore…
Ore 22.27 – Jefferson Park
La M3 inchiodò
oltre la linea di partenza con uno stridore di pneumatici, proprio nella
direzione di Irina e William. Anche da quella distanza la
ragazza poté notare l’espressione divertita e soddisfatta di Xander, diretta proprio a lei.
Quarantacinque
secondi dopo, la Lotus si fermò di fianco alla BMW, una delle fiancate rigate dove la vernice blu si era scrostata.
<< Davvero
notevole >> disse William, osservando Xander
parcheggiare l’auto a bordo strada, << Ha vinto con un distacco
impressionante… Avevi ragione >>.
Irina tirò
mentalmente un sospiro di sollievo, maledicendosi per
essere stata così sciocca da credere che Xander non
potesse farcela. Guardò la BMW
bianca ferma davanti a lei, mentre il ragazzo scendeva dall’auto avvicinandosi
alla Lotus del Toro.
<< Non credo
che il nostro amico accetterà la sconfitta tanto facilmente >> disse
William, divertito, spingendo Irina avanti. << Vai a calmare gli animi,
bambolina >>.
Il Toro, intanto,
era uscito dalla macchina e puntava Xander
minaccioso, la faccia larga e squadrata contratta dalla rabbia. Era un tipo piuttosto
rissoso, e avrebbe sicuramente pestato Xander appena
ne avesse avuto l’occasione.
L’uomo alzò un pugno, ma Irina lo fermò. << Fermo, Horne! >> gridò, << Scatena una rissa e finisci
a raccogliere scarti di auto per tutto il resto della tua vita! >>.
Il Toro le rivolse
un’occhiata sprezzante, pronto a rispondere per le
rime, ma si trattenne. Era meglio non provocarla, se c’era lo Scorpione nei
dintorni. Si voltò e raggiunse la sua macchina, mentre William si avvicinava a Xander.
<< Hai
talento. Non si vedono spesso gare di questo genere… >> disse lo
Scorpione, affabile, << Da dove arrivi? >>.
<< New York >>
rispose Xander, avvicinandosi.
<< Come ti
chiami? >> William sembrava molto interessato al nuovo arrivato,
diversamente dalle altre volte.
<< Alexander Went >> rispose il ragazzo, porgendogli la mano.
William la prese,
stringendola con vigore. << Piacere di conoscerti, Alexander. Io sono
William Challager, lo Scorpione e il numero 1 della BlackList
>>.
Irina guardò
William, stupita. Non si era mai presentato così in fretta ad
un nuovo arrivato: probabilmente reputava Xander
davvero forte. Guardò la BMW bianca
compiaciuto, passando una mano sulla carrozzeria.
<< Bella
macchina >> sentenziò, << E nemmeno un graffio. Immagino che a te
piaccia >> Si voltò verso Irina, guardandola.
Lei annuì, sperando
che lui non facesse altri commenti.
<< Lei è
Irina, Alexander >> disse William, << La mia pilota di fiducia >>.
I due si strinsero
la mano, facendo finta di non conoscersi. Lo Scorpione non perse un attimo di
vista lo sguardo del nuovo arrivato, per decifrare la sua espressione mentre le
veniva presentata la ragazza.
<< Non si
trovano molti piloti come te, in giro >> continuò William, << Hai
intenzione di continuare la tua scalata, vero? >>.
<< Certo,
sono qui per questo >> Xander sembrò
comprendere lo Scorpione, << Tempo di fare qualche gara e sfiderò il nono
pilota >>.
William sorrise.
<< Mi piaci, sei ambizioso. Domani sera ci sarà una festa al Gold Bunny, sulla spiaggia. Una
cosa per piloti come noi. Vieni se vuoi. Ci faremo quattro chiacchere
insieme>>.
Ore 14.30 – Garage di Max
<< Allora
William lo ha preso in simpatia >> disse Max,
seduto vicino al bancone degli attrezzi, << Non capita spesso che faccia
“amicizia” così facilmente, no? >>.
Irina lo guardò
leggermente perplessa. Contro ogni previsione, William aveva davvero preso in
considerazione Xander come un degno avversario. Non
lo aveva mai visto presentarsi così in fretta e con così
tanto piacere. Lo aveva addirittura invitato alla sua festa…
Tommy ridacchiava
seduto sul sedile anteriore della Golf di Max, facendo finta di guidare. Era
domenica, e lei se lo era portato dietro per non doverlo lasciare sempre da
Sandra.
Aveva raccontato
brevemente a Max che Xander aveva intenzione di
scalare la Lista, ma aveva tralasciato il fatto che
lui volesse farlo per tentare, o almeno così aveva capito lei, di farlo
arrestare. Meno gente coinvolgeva, meglio era. Il meccanico non aveva
sospettato nulla: erano abituati a vedere piloti che dichiaravano di voler
battere lo Scorpione, e che poi non arrivavano nemmeno a metà lista.
<< Però devi
ammettere che è strano >> disse Irina, camminando per il garage, <<
Non capisco cosa abbia in testa William… >>.
<< Sei
preoccupata? >> chiese Max, intuendo subito il suo
problema. << Capisco che tu conosca quell’Alexander già da prima,
ma non credo che se si limiterà a correre e magari a battere qualche membro
della Lista corra qualche pericolo. Mi sembra che tu la stia facendo più grossa
di quello che in realtà è… >>.
“Perché in realtà la cosa è veramente grossa” pensò la ragazza,
fermandosi un momento.
Preoccupata era preoccupata,
su quello era sicura. Se per lei o per Xander, non lo
aveva ancora capito; molto probabilmente lo era per entrambi.
<< Andrai
alla festa di stasera? >> chiese Max, cambiando argomento. Non era in
pensiero quanto lei, almeno.
Irina annuì.
<< Voglio vedere come si comporterà Xander…
>> disse.
Max alzò gli occhi
al cielo. << Lascialo perdere >> disse,
<< Farà qualche gara e poi sono sicuro che se la darà a gambe… E’ solo un
figlio di papà. E sai meglio di me quanto durano quelli come lui… >>.
Ore 22.00 – Casa di Xander
Con un ultimo
sguardo allo specchio, Xander uscì dal bagno e scese
in soggiorno. Jess stava guardando la
Tv spaparanzato sul divano. Raccolse le chiavi dell’auto dal tavolino e
salutò l’amico.
<< Quanto ti invidio >> disse l’informatico, << Peccato
che non possa venire… >>.
<< Avanti, ti
rifarai la prossima volta >> disse Xander, dandogli
una pacca sulla spalla, << Ti lascio qualche ragazza per te, ok?
>>.
Jess fece una smorfia e
Xander si mise a ridere: naturalmente scherzava, ma
l’informatico lo prendeva sempre sul serio, quando si trattava di donne.
Raggiunse la BMW e
mezz’ora dopo era davanti al Gold
Bunny.
Entrò nel locale
guardandosi attorno per farsi un’idea di che gente ci fosse. La maggior parte
erano piloti, perché il parcheggio era pieno di auto da corsa
modificate, ma c’era anche un buon numero di ragazze. Vide in fondo il bancone dove servivano da bere, e più in là la pista da
ballo, dove la musica era sparata a tutto volume.
A uno dei divanetti
poco lontani da lì vide William Challager con un paio
di amici, uno dei quali sembrava russo. Gli fece un cenno con la mano e lo
raggiunse.
<< Siediti,
Alexander >> gli disse, indicandogli il posto vuoto davanti a lui,
<< Alexander Went, ragazzi. La nostra giovane
promessa >>, continuò lo Scorpione, rivolto ai due amici. Il suo tono era
chiaramente canzonatorio, e Xander lo trovò odioso.
<< Giovane
promessa? >> disse con un finto sorriso.
<< Mi hai
stupito, l’altra volta >> ammise William, << Ne ho
visti pochi che guidano come te. Arriverai in alto, te lo garantisco. Hai
trovato difficili le gare, da queste parti? >>.
Xander si strinse nelle
spalle. << No, per il momento >> rispose.
<< Lo
immaginavo >> sorrise lo Scorpione, << Usi solo la BMW? >>.
Stava per
rispondere, quando notò una ragazza venire verso di
loro. Indossava un paio di pantaloni bianchi aderentissimi che lasciavano
intravedere le sue belle gambe lunghe e snelle, rese ancora più seducenti dalle
scarpe nere con tacchi a spillo vertiginosi. Gli ci volle un attimo per capire
chi era.
Irina.
Era
irriconoscibile, sotto tutto quel trucco. Gli occhi scuri erano resi felini
dalla matita nera e dal mascara, le labbra delineate dal rossetto rosso. I
capelli legati in una stretta coda alta, che doveva ammettere, le donava molto; dimostrava dieci anni in più di quelli che in
realtà aveva. Era assolutamente e innegabilmente sexy.
William notò la sua
espressione e seguì il suo sguardo. Sorrise quando capì di cosa si trattava.
<< Non male
la ragazza, vero? >> disse maliziosamente.
Xander sorrise, cercando
di apparire distaccato. Era davvero bella, ma forse per lui era stato più uno
shock, che un piacere. Il cambiamento era così radicale che si rese conto che
forse ci avrebbe messo un po’ per poterla giudicare in modo lucido.
<< Forse non
è esattamente il mio tipo… >> rispose, sapendo che era quello che lo
Scorpione voleva sentirsi dire.
William si produsse
in un ghigno, proprio mentre Irina raggiungeva il loro tavolo e si fermava lì,
in piedi.
<< Tanto
meglio >> disse lo Scorpione. Afferrò la ragazza per il top e la baciò
sulle labbra, tornando poi a guardare Xander con aria
soddisfatta.
Senza scomporsi, Xander sorrise, ma riuscì a notare l’espressione disgustata
di Irina. Senza dire una parola, la ragazza si sedette di fianco a William, e
non lo guardò.
Uno dei camerieri
arrivò con un vassoio e servì a tutti da bere: un Martini per Xander, un Bacardi a William e delle birre per i suoi
amici. Solo Irina non prese niente.
<< Dicevamo…
Solo BMW? >> domandò di nuovo William, mettendo un braccio intorno alle
spalle di Irina. La ragazza continuava a evitare il suo sguardo.
<< Al momento
ho solo quella >> rispose Xander, << Ma
ho intenzione di prendere qualcos’altro… >>.
<< Cosa?
>>
<< Una
Maserati, forse >>.
<< Roba di
lusso, allora >> sorrise lo Scorpione, << Oltretutto italiana… Se
ne vedono poche, da queste parti. La mia ragazza ha un’auto italiana, ma niente
a che fare con quelle >>.
Dicendo questo,
William fece un cenno per indicare Irina, ma lei non disse nulla. Sembrava
imbarazzata, come se trovarsi lì fosse l’ultimo posto in cui avrebbe
voluto stare.
<< E’ il
pilota che fa l’auto >> disse Xander, guardando
deliberatamente Irina, << Almeno, è quello che penso io >>.
Finalmente la
ragazza le rivolse un’occhiata, così rapida che forse solo lui la colse.
Sorrise impercettibilmente, poi tornò a fissare il bicchiere dello Scorpione.
William ridacchiò.
<< Ottima teoria >> disse, << Se il pilota è valido, allora
hai ragione >>. Tirò fuori il suo palmare e poi guardò l’ora. Tolse il
braccio dalle spalle di Irina, poi le disse: << C’è Hanck,
fuori. Vai a vedere cosa vuole >>.
Senza farselo
ripetere due volte, la ragazza si alzò e sparì tra la gente, seguita da diversi
sguardi. Anche questa volta nessuno osò apostrofarla.
Xander rimase ancora
mezz’ora a parlare con William, e riuscì a percepire l’interesse che aveva lo
Scorpione per lui. Sembrava che stesse cercando di capire quanto fosse bravo,
chiedendogli quante gare aveva vinto in precedenza e contro chi aveva corso.
Solo quando fu soddisfatto si alzò, dicendogli di
servirsi di tutto quello che desiderava perché era tutto a spese sue.
Una decina di
minuti più tardi, quando andò a prendersi qualcos’altro da bere, vide di nuovo
Irina. Era seduta al bancone, e parlava con il barman. Aveva l’aria stanca, e
sorseggiava qualcosa che sembrava un succo di frutta.
Stando a quello che
aveva capito, non era saggio avvicinarsi a lei quando nei dintorni c’era
William. Troppa confidenza tra loro avrebbe destato qualche sospetto, e non era
il caso.
Scoprì però che non
riusciva a staccarle gli occhi di dosso. Dopo lo shock iniziale, ora cominciava
a capire alla perfezione perché i ragazzi la fissassero in quel modo a dir poco
lascivo. Aveva due gambe davvero notevoli, che si notavano nonostante indossasse i pantaloni, e il fisico non era da meno. Troppo
sensuale per passare inosservata. E molto
probabilmente era quello che voleva lo Scorpione.
Si capiva che
William la stava esibendo come un trofeo, pronto a metterla in mostra a tutti e
altrettanto pronto a fare in modo che nessun’altro
potesse toccarla. E immediatamente l’aveva definita “la sua ragazza”.
Su quello Xander aveva qualche dubbio. La faccia scocciata di Irina
quando l’aveva baciata non gli era sfuggita, e nemmeno con quanto sollievo si
era alzata ed era uscita, quando lui glielo aveva chiesto. Era chiaro che c’era
qualcosa di strano.
Rimase a guardarla
seduta per altri dieci minuti buoni, senza che lei nemmeno se ne accorgesse. La
vide portarsi una mano alla testa e sospirare. Disse qualcosa al barman che le
porse un bicchiere e lei lo mandò giù tutto d’un sorso.
Poi, finalmente, notò che la stava guardando.
Irina fissò Xander seduto dall’altra parte del bancone, troppo distante
per potergli parlare. Rimase un
momento interdetta: si aspettava fosse ancora con William.
Distolse lo
sguardo, puntandolo sul suo bicchiere vuoto. Aveva mal
di testa, e non vedeva l’ora di andarsene a casa. La serata però si prospettava
ancora lunga.
<< Va un po’
meglio? >> chiese Mark, il barman trentenne, disponendo
dei bicchieri vuoti sul bancone.
Irina fece una smorfia.
<< Più o meno… >> rispose. Il rimedio che
le aveva dato cinque minuti prima consisteva nel bere tutto d’un
fiato mezzo bicchiere di vodka mescolato con succo di limone: una cosa da dare
il voltastomaco, e sul cui funzionamento Irina aveva qualche dubbio.
<< Forse è il
caso che esci a prendere una boccata d’aria >> disse Mark, riempiendo in
bicchieri di rum.
<< No, tanto
fra un po’ mi passa >> disse Irina.
Gettò una rapida
occhiata a Xander, per scoprire che la stava ancora
guardando. Cercò di fare finta di niente, ma il suo sguardo la imbarazzava. Era
consapevole che era quasi impossibile riconoscerla, quando usciva con William e
i suoi amici, e non si sentiva mai a suo agio. Chissà cosa stava pensando di
lei, in quel momento…
Non era abituata a
vestirsi in quel modo, e nonostante cercasse di essere spontanea, odiava
attirare gli sguardi su di sé. Sapeva che in lei non c’era niente di bello: la
guardavano solo per la scollatura e i pantaloni aderenti. Con altri abiti
nessuno l’avrebbe filata.
Controllò di nuovo Xander: continuava a tenere i suoi occhi azzurri puntati su
di lei.
“Avanti, girati da un’altra parte… E’ già
abbastanza imbarazzante così”.
<< Dammi una
vodka al melone >> disse una voce femminile al suo fianco, rivolta al
barman.
Irina si riscosse
guardò la ragazza che si era appena seduta di fianco a lei: ventisei anni, la
carnagione abbronzata e i capelli scurissimi che ricadevano sulle spalle in
perfetti boccoli morbidi e setosi.
<< Toh,
guarda che si vede >> disse, rivolta a Irina, il tono canzonatorio,
<< La nostra troietta di fiducia… Ops, scusa, intendevo pilota…
>>.
Perfettamente
impassibile, Irina tornò a guardare di fronte a sé. Tra lei e Vera Gonzalez, numero sette della BlackList, non correva buon
sangue, lo sapevano tutti.
<< Ciao, Vera
>> la salutò Irina. << Anche tu da queste parti, guarda caso
>>.
<< Sono
libera di andare dove mi pare >> ribatté l’altra.
<< Non lo
metto in dubbio >>.
Tutte le volte che si incrociavano, Vera cercava in ogni modo di provocarla:
credeva fosse arrivava al terzo posto della Lista dopo essere andata a letto
con tutti i suoi membri, e forse non era nemmeno l’unica a pensarlo. Irina lo
aveva capito, ma non ci teneva ad abbassarsi al suo livello e scatenare ogni
volta che si vedevano una rissa. I suoi insulti le risultavano così stupidi che le scivolavano addosso.
<< Come mai
qui seduta tutta sola? >> domandò Vera, ingurgitando la sua vodka e
chiedendone un altro bicchiere. << Nessuno da accalappiare? >>.
<< Non ho
voglia di stare a sentire le tue stronzate, Vera >> disse Irina, secca,
già nervosa per via del mal di testa, << Se vuoi William, è laggiù. Vai
pure a prendertelo. Sinceramente non me ne frega nulla >>.
La spagnola la
guardò con occhi di fuoco, poi ribatté: << Immagino quanto possa
importartene… Chissà quante volte ci sei andata a letto, ma continui a rimanere
al terzo posto. Almeno lui ha capito cosa sei…
>>.
Punta sul vivo,
Irina appoggiò violentemente il bicchiere sul bancone. Vera non sapeva niente
del rapporto che c’era tra lei e William, come chiunque altro. Tutti pensavano,
tutti immaginavano, tutti credevano… Ma nessuno, nessuno tranne loro due sapeva la verità. Perché lei stava zitta: l’umiliazione era
troppo grande per essere rivelata. Ma
soprattutto, era inutile parlare quando la causa era già persa dall’inizio…
<< Non è
colpa mia se non sei nessuno, da queste parti >> disse gelida, cercando
di controllare la voce, << E se credi che andare a letto con tutti i
piloti ti possa far avanzare, fallo tu. Io non ne ho bisogno… E, tra parentesi,
non sono lesbica >>.
Detto questo, si
alzò e lasciò il bancone, diretta all’uscita del locale. Avrebbe dovuto
ascoltare prima il consiglio di Mark.
Il Gold Bunny aveva un’apertura che
dava su una grande terrazza sul mare, con tavoli e sedie per chi voleva
lasciarsi per qualche minuto la musica alle spalle. Si sedette su una
poltroncina, passandosi una mano sul viso.
Non erano gli
insulti, a farle male. Era ciò che pensavano gli altri di lei a ferirla.
L’immagine che avevano di Fenice era totalmente
distorta, perché vista attraverso la gelosia e la rabbia. Lavorava per lo
Scorpione, faceva la parte della sua ragazza, trattava i suoi affari, e tutto
per salvare se stessa e ciò che rimaneva della sua famiglia. Ma
quello lo aveva scelto lei, di fare. C’erano cose che non avrebbe
mai accettato volontariamente… Cose a cui non si sarebbe mai abbassata, nemmeno
sotto minaccia…
Rimase seduta per
dieci minuti buoni, ascoltando il suono del mare che si infrangeva
sui piloni della terrazza. C’erano stati problemi con il furto delle auto al
porto, e molto probabilmente William se ne sarebbe andato. Appena fosse
sparito, se ne sarebbe andata anche lei.
Quando le sembrò
che il mal di testa le fosse passato almeno un po’, si alzò e tornò dentro. Per
fortuna non incrociò più Vera, che doveva essersi scelta un’altra parte del
locale. Vide lo Scorpione una decina di metri più in
là farle un cenno. Lo raggiunse.
<< Me ne
vado, bambolina >> disse, << Problemi al porto >>.
La spinse contro il
muro, appoggiando una mano sopra la sua testa e la baciò sulle labbra, con
passione. Lei rimase assolutamente immobile, poi gli mise una mano sul petto
cercando inutilmente di allontanarlo. Si staccò sentendo ancora il sapore amaro
del rum che lui aveva bevuto in bocca.
William ghignò.
<< Hai bevuto vodka e limone? >> domandò.
Irina fece una
smorfia e non rispose. Si spostò di scatto, infastidita.
Senza aggiungere
altro, lo Scorpione si voltò e guadagnò l’uscita del locale, portandosi dietro
Dimitri e Josh. Finalmente se ne poteva andare anche lei.
Xander vide Irina
infilarsi il maglioncino nero e tirare fuori il cellulare. Aveva visto che
William se n’era andato, e decise che poteva avvicinarsi.
<< Ehi, vai
via? >> domandò, attirando la sua attenzione.
La ragazza si voltò
di scatto. << Ehm… ciao >> disse, imbarazzata, << Sì, me ne
vado… Sono un po’ stanca >>.
In effetti, si
vedeva. << Non pensavo ci fossi >> disse, << Non ho visto la
tua auto, nel piazzale >>.
<< Sono
venuta con William >> rispose Irina, cercando un numero sulla rubrica del
telefono, << Adesso chiamo un taxi e me torno a
casa >>.
L’occasione fa
l’uomo ladro, e Xander voleva approfittarne. Sorrise.
<< Posso accompagnarti? >>.
Irina puntò i suoi
occhi da gatta su di lui, e per un momento sembrò tentata dall’offerta. Rimase
un attimo in silenzio, come a valutare la richiesta.
<< Posso
tornare in taxi, non è un problema… >> disse.
<< Non è un
problema per me accompagnarti >> ribatté Xander,
sorridendo davanti alla sua ritrosia. Non aveva alcuna “strana idea”: voleva
avere solo qualche minuto per fare due chiacchere con
lei e capire perché sembrava avere qualcosa di strano. << Avevo
intenzione di andarmene anche io, tanto >>.
<< Se non ti
disturba… >> disse Irina, esitante.
<< Nessun
ragazzo sano di mente ti lascerebbe andare in giro da sola di notte >>
disse, studiando la sua espressione per vedere come reagiva al complimento. Lei
rimase assolutamente impassibile, ma poi abbassò per un momento lo sguardo,
imbarazzata.
<< D’accordo…
grazie >> disse alla fine.
Uscirono nel
piazzale, avendo prima controllato che William o qualche suo amico non fossero nei paraggi, poi raggiunsero la BMW parcheggiata non
molto lontano. Xander la vide zoppicare sopra i
tacchi vertiginosi.
<< Male ai
piedi? >> domandò, aprendole la porta.
<< Non hai
nemmeno idea di quanto >> rispose Irina, sedendosi nel lato del
passeggero e guardandolo entrare in auto.
<< Nessuno ti
costringe a metterle >> disse Xander,
divertito, accennando alle sue scarpe.
<< No, ma
William vuole che mi vesta in “un certo modo” quando esco con lui… >>
rispose lei, massaggiandosi le caviglie, << E lui è un maniaco dei
tacchi… Per non parlare delle gonne corte >>.
Xander mise in moto la
macchina e fece retromarcia, uscendo dal parcheggio ancora quasi tutto pieno.
Nel tono di voce della ragazza c’era qualcosa che gli sembrò stranamente
timore: stava tentando di sdrammatizzare qualcosa che rivelava quanto fosse
vicina al pilota più pericoloso della BlackList, e Xander se ne accorse.
<< L’avevo
notato >> disse, inserendo la quarta e superando un’auto blu, <<
Sei la sua ragazza? >>.
Era l’ultimo dubbio
che voleva togliersi.
Con la coda
dell’occhio vide passare sul volto di Irina un lampo di dolore. Ci mise un
momento a rispondere, e farlo sembrò costarle molto. << Sì >> disse
solo, in tono piatto.
Notando che
sembrava non parlarne volentieri, lasciò l’argomento in sospeso, anche se era
chiaro che anche lì c’era qualcosa di strano. Fece un cenno verso le sue
scarpe.
<< Toglile,
se vuoi >> disse.
<< Posso?
>> disse lei, stupita.
<< Non credo
che mi rovinerai la macchina, se stai scalza >> scherzò Xander.
<< Grazie
>>.
Irina si tolse le
scarpe, rimanendo a piedi nudi. Xander ridacchiò
divertito, poi svoltò a destra. Le sembrava un po’ meno imbarazzata di prima:
al Gold Bunny non aveva
spiccicato parola; adesso almeno rispondeva alle sue domande.
Aveva l’insana
tentazione di capire cosa pensava Irina di William, visto che
le sue parole erano incoerenti con i suoi comportamenti.
<< Un tipo
particolare, lo Scorpione… >> buttò lì, con aria noncurante.
<< Non sai
quanto >> ribatté lei, guardando fuori dal finestrino.
<< Soldi,
auto di lusso, feste… Ha tutto quello che vuole. Deve fare affari, con le gare
>> continuò Xander.
<< Tra lui e
suo padre hanno tanto di quel denaro che non oso nemmeno immaginare >>
disse Irina, << E i soldi aiutano… Comunque mi sembra tu gli abbia fatto
una buona impressione >>.
Aveva cambiato
argomento, quindi non voleva parlare del “suo ragazzo”. Altra cosa strana.
<< Posso
sperare di passare già al nono della Lista? >> domandò Xander, capendo che non era il caso di insistere.
<< Penso di
sì. Lasciamo che sia lui a vagliare l’ipotesi >> disse Irina, mentre la
BMW si fermava davanti a casa sua. << Grazie mille, Xander…
Ci vediamo a qualche gara >>.
Senza
infilarsi le scarpe scese dall’auto, e in punta di piedi percorse il vialetto
di casa.
Con un mezzo sorriso, Xander la guardò raggiungere la
porta scalza e tirare fuori le chiavi. Lo salutò con la mano e poi sparì dietro
la porta.
Irina varcò la
soglia di casa con la testa bassa, pentendosi di aver risposto in quel modo alla
domanda di Xander riguardo a lei e William. “Non potevi dirgli altro” si disse, “Era la
risposta che gli avrebbero dato tutti gli altri”.
Sì, in effetti, lei
per Los Angeles era la ragazza dello Scorpione, la più giovane pilota della
città e l’unica donna ad essere arrivata così in alto
nella BlackList. Ma per se stessa cos’era?
Una stupida sciocca che non era in grado di guadagnarsi la libertà da
sola. Lei apparteneva a William, non era la sua fidanzata. Finché non avesse
saldato il suo debito, o finché lui non si fosse stancato di lei, era di sua
proprietà.
Si accorse solo in
quel momento che suo padre la stava fissando appoggiato al muro dell’ingresso,
gli occhi due fessure nere.
<< Chi cazzo era quello? >> chiese, furioso.
Dal tono alterato capì che aveva bevuto.
Irina sentì un moto
di panico invaderla: l’aveva vista con Xander. Cercò
una scusa plausibile, sperando di fregarlo.
<< Era un
amico di William >> rispose, << Mi ha accompagnato perché lui è
dovuto andare via per qualche affare… >>.
Senza preavviso, suo
padre la afferrò per il collo della maglia, con violenza. << William
continua a lamentarsi dei tuoi comportamenti >> disse, arrabbiato
<< Smettila di fare la furba, chiaro? >>.
<< Non sto
facendo la furba >> ribatté lei, sapendo che al momento Todd non era
molto in sé.
<< No? Bé fai
in modo che smetta di lamentarsi, hai capito? >> disse suo padre,
<< Visto che sei la sua troia personale, cerca di farla bene. Fatti
scopare da tutti i suoi amici, se necessario, ma fai in modo di non deluderlo
>>.
La lasciò andare di
botto, sparendo in cucina e borbottando qualcosa che assomigliò tanto a:
<< … puttana come sua madre… >>.
Imbambolata, Irina
salì lentamente le scale diretta in camera sua. Sperava
solo che non sarebbe trapelato nulla, e che Todd si dimenticasse
tutto in fretta.
Nel giro di una
sola serata, due persone l’avevano definita una
“troia”. Quante volte l’avevano chiamata con quell’epiteto?
Scoppiò in lacrime,
ferita nel profondo.
Nessuno sapeva
quanto di ci stava male, soprattutto se quell’insulto veniva dal suo stesso
padre. Era troppo incosciente per capire la verità,
troppo sbandato per chiedersi quanto sua figlia stesse perdendo in quella
situazione, quanto pagasse per tutti loro. Quanto ormai sopravviveva della sua
anima sempre più martoriata, schiacciata, piegata.
Forse era
un’ingenua, una sciocca, una senza scrupoli, una venduta, ma non era una
puttana. Avrebbe accettato qualsiasi insulto, ma non quello. Semplicemente
perché la verità era tutta un’altra, ma nessuno l’avrebbe mai saputo, perché
lei stessa non aveva il coraggio di rivelarla.
Irina sorpassò a
destra una macchina grigia, schiacciando sull’acceleratore. Si posizionò nella corsia di sorpasso e guardò nello
specchietto retrovisore: la BMW la seguiva a ruota, senza perdere terreno, la
striscia bianca sull’asfalto che scorreva velocissima sotto di loro.
Il tachimetro
segnava i 190 km/h e non accennava a fermarsi. Con una manovra secca schivò un
furgoncino passandogli vicinissimo, e la
M3 fece lo stesso. Finalmente vide il segnale che preannunciava il casello autostradale, e schiacciò a fondo
l’acceleratore, continuando a notare con la coda dell’occhio la vernice
scintillante della BMW di Xander nello specchietto.
Lo aveva portato a
provare una gara a tempo, sull’autostrada che portava a Nord, verso San
Francisco. Visto che la sfida con il numero 9 della BlakList si preannunciava
vicina, aveva pensato di fargli vedere tutti i tipi di gare che poteva
disputare, per cercare di dargli un piccolo vantaggio.
Presto si era
accorta che molto probabilmente era inutile: Xander
era davvero bravo. Nonostante fosse partito dietro di lei, non era mai riuscito
a distaccarlo di molto. Le era rimasto appiccicato
tutto il tempo, sorpassandola diverse volte.
A duecento metri
dal casello, Irina premette vigorosamente il freno, rallentando e mettendosi in
coda. Vide la BMW dietro di lei, l’espressione di Xander
rilassata mentre aspettava di avanzare. Ritirò il foglietto e prese l’uscita
dell’autostrada, procedendo lentamente per aspettarlo. Quando lo vide comparire
nello specchietto, accelerò e raggiunse uno spiazzo lì vicino. Parcheggiò e
lesse rapidamente i suoi orari di entrata e di uscita.
<< Vediamo
quanto abbiamo fatto >> disse Irina. Xander
controllò la sua ricevuta, poi gliela passò.
Entrata: ore
14.39,27
Uscita: ore 15.03,18
La ragazza fissò il
foglietto, stupita. Facendo un rapido calcolo, capì immediatamente che lui ci
aveva messo meno di lei: un distacco di pochi secondi, ma pur sempre un distacco.
<< D’accordo, hai vinto >> disse con un sorriso, restituendogli la
ricevuta, << Non me lo aspettavo, devo essere sincera… >>.
Xander sorrise. <<
Continui a sottovalutarmi >> commentò.
<< Meglio
sottovalutarti e poi scoprire che sei bravo, che il contrario, non credi?
>> ribatté Irina, controllando l’ora. << Ammetto anche che non mi
sono impegnata, però >>.
<< D’accordo…
>> convenne Xander, ridacchiando, <<
Quando lo farai, allora? >>.
<< Quando ne
varrà la pena >> rispose Irina, poi aggiunse: << Abbiamo tempo per
andare a vedere un canyon… Ti va? >>.
<< Non mi
lasci fare nemmeno una pausa? >> chiese Xander,
canzonatorio.
Risalì sulla Punto
e aspettò che lui facesse lo stesso con la BMW. Ripresero
l’autostrada e si diressero fuori città, verso le
montagne. Il luogo in cui voleva portarlo non distava molto da lì: sarebbe
riuscita a tornare in tempo per andare a prendere Tommy all’asilo.
Continuava a
guardare il cellulare sperando che William non telefonasse e chiedesse dove si
trovava. Fortunatamente, forse proprio per merito dell’alcool, suo padre
sembrava aver dimenticato l’episodio di due sere prima, dopo averla vista
tornare con qualcuno che non era lo Scorpione. L’apprensione rimaneva comunque,
perché William poteva venirlo a sapere da qualcun altro, ma le possibilità
erano piuttosto remote: aveva fatto attenzione, prima di seguire Xander.
Si stava mettendo
nei guai, ne era consapevole. Aveva sbagliato quella sera a farsi riaccompagnare,
ma l’errore non le era servito: aveva avuto la folle
idea di rincontrarlo per fargli vedere delle gare. Però,
ogni cosa che poteva fare per aiutarlo lo avrebbe portato sempre più vicino
allo Scorpione…
Mise la freccia a
destra e prese l’uscita per lo Sky Canyon, l’unico usato per le gare. Era una
strada di circa sette chilometri, con curve a gomito e vari strapiombi decisamente profondi. Ci vollero circa venti minuti per
arrivare in cima.
Irina parcheggiò
l’auto in uno spiazzo sotto un costone di roccia e smontò, avvicinandosi alla
M3. Xander scese dalla macchina guardandosi intorno,
lo sguardo nascosto da un paio di occhiali da sole Ray-Ban.
<< Cosa ti
sembra? >> chiese lei, guardando la strada che proseguiva tutta curve fino a valle.
<< Il problema
principale è la strada stretta >> rispose Xander,
<< Se passi dietro è difficile poi sorpassare… Tu hai gareggiato qui? >>.
<< Sì, tutte
e tre le volte che ho fatto un canyon >> disse Irina, << E’ l’unico
che viene usato per fare delle gare: gli altri sono
troppo pericolosi. Ti ricordi la terza curva a gomito, salendo? Ho rischiato di
cadere giù, la prima volta >>.
<< Mi hai
detto che i canyon si fanno raramente >> disse Xander,
guardandola da dietro gli occhiali, << Perché mi hai già portato qui? >>.
Irina aggirò la
macchina a braccia incrociate, come per mettere una certa distanza tra di loro,
e rispose: << Ti ho portato perché penso che quando arriverai a sfidare
William lui ti chiederà di gareggiare qui. Se non addirittura il Mastino >>.
Era stata chiara e
sincera, e lo sapeva. Credeva veramente che lui fosse in grado di arrivare allo
Scorpione. Xander era bravo, sicuramente più bravo di lei. Non poteva negarlo. Si era accorta con quanta
facilità l’aveva battuta poco prima.
<< Lo credi
davvero? >> disse lui, prendendola in giro. << Non mi sembra che la
pensassi così, fino a poco fa >>.
Irina sorrise,
sapendo che aveva ragione. << E’ vero, ma lo faccio per non illuderti. E
comunque, hai ancora un po’ di strada da fare >>.
“E me che non voglio
illudere, in realtà”.
<< Allora
posso avere l’onore di una gara contro di te? >> domandò Xander, abbassando il capo in segno di finto rispetto e
mettendosi a ridere.
<< Sì, ma
solo quando avrai battuto tutti gli altri membri della BlackList >> rispose lei, << Io sono Fenice, e
ti mancano ancora diversi piloti, per arrivare a me >>.
<< Agli
ordini, Fenice >> disse Xander, ridacchiando.
Irina guardò di
nuovo l’orologio.
<< Devo
scappare >> disse, aprendo la porta della Punto, << Ci vediamo per
la prossima gara >>.
<< Scappi
sempre >> ribatté Xander, << Dove corri
tutte le volte? >>.
Irina sorrise.
<< Ho una vita piena di impegni, io >>
rispose, << Non ho mica sempre tempo da perdere con voi novellini
>>. Accese il motore dell’auto, lo salutò un’ultima volta e iniziò la
discesa.
Ore 17.00 – Officina
Irina scese dalla
TT e prese Tommy in braccio. Entrò nell’officina, dove Max stava lavorando a
uno scarico cromato insieme a Antony. Il meccanico
sembrò non notarla, così lei lo salutò.
<< Ah,
finalmente ci facciamo rivedere >> disse Max, acido.
Irina si bloccò,
fissandolo. Capì che era arrabbiato per qualcosa, ma non sapeva per cosa.
Rimase in silenzio, aspettando che lui dicesse altro. Antony
gli gettò un’occhiata, perplesso anche lui.
In silenzio, il
meccanico le fece cenno di seguirlo fuori, a debita distanza da orecchie
indiscrete.
<< Hai finito
di andartene in giro con Alexander e fargli da guida? >> domandò, ora un
po’ meno arrabbiato.
Ecco cosa non gli
andava giù: lo aveva trascurato per diversi giorni. Cercò di non sembrare
divertita, e disse: << Non gli sto facendo da
guida. E’ bravo, può battere William. Gli sto solo dando una mano >>.
Max appoggiò la sua
al muro e ringhiò: << Allora è per questo che è
qui. E’ un poliziotto >>.
<< Lui mi ha
detto di non esserlo >> disse Irina, << E
io gli credo. Ha a disposizione troppe auto per essere un infiltrato qualsiasi…
>>.
<< E allora
da dove arriva? >> chiese Max, scocciato.
<< Non lo so,
ma credo che sia qualcosa di grosso >>.
Max la guardò,
perplesso. << Lo sai che se è veramente un poliziotto e riesce nel suo
intento, tu finirai dietro le sbarre, con me e tutti gli altri? Lo stai
aiutando per farti arrestare? >>.
Irina abbassò lo
sguardo, sapendo a cosa lui si riferiva. << Anche tu mi hai detto che odi
il sistema di William. Tutti lo odiano, ma nessuno ha il coraggio di opporsi…
Io per prima. Ha troppi soldi, troppo potere per sperare di potercisi
mettere contro. Non ho paura di finire in prigione, e sinceramente certe volte
penso che sia meglio stare dietro le sbarre, che continuare a fare la vita di
adesso. Mi basta che lui la finisca di ammazzare gente e di dettare le regole
in questo posto. Se ci finisco in mezzo anche io, me
ne importa poco. Non ho niente da perdere, lo sai >>.
Il meccanico la
guardò, e il suo sguardo si addolcì. << Non ti illudere,
Irina >> disse, << Ti farai di nuovo del male, lo so. Anche se ci
sei tu ad aiutarlo, ci sono pochissime possibilità che riesca a battere
William. Deve prima arrivare a lui, e se rappresenterà una minaccia, sai che ha i suoi metodi per togliersi i problemi di torno… Finirai
per rimanerci male, quando ti renderai conto che non può farcela >>.
La ragazza si girò,
scuotendo leggermente il capo. Max era come un fratello maggiore per lei, e si
fidava dei suoi giudizi. Come ogni volta, aveva ragione: si stava illudendo che
qualcuno riuscisse a togliere di mezzo William al posto suo. Tutte le volte che
si era permessa quella speranza, era sempre rimasta
profondamente delusa. Non poteva essere diverso dalle altre volte.
<< Ci spero
meno di quanto credi >> mentì, mettendo Tommy a
terra, << Mi ha solo convinto più degli altri. E’ l’ultima volta che ci
provo: se fallisce anche lui, lascerò perdere
>>.
Max sospirò.
<< Non voglio toglierti ogni speranza, sono solo preoccupato per te
>> disse, << Se non sapessi che poi ci starai male, non mi importerebbe nemmeno poi tanto >>.
Irina sorrise
tristemente: perché i suoi veri fratelli non erano come lui?
<< Non ti
preoccupare, ci ho fatto il callo >> disse.
Il cellulare
squillò all’improvviso. Cercò rapidamente nella borsa, per scoprire che era il
Nokia di Xander.
<< Xander >> disse Irina, gettando un’occhiata a Max.
Rispose.
<< Pronto?
>>.
<< Ciao, sono
io >>
<< Ciao.
Novità? >> chiese la ragazza.
<< Ho
incontrato William oggi pomeriggio >> spiegò Xander,
<< E mi ha chiesto se voglio sfidare il Dragone, tra qualche giorno >>.
Irina strabuzzò gli
occhi. <Ma è il quinto… E gli
altri?>>.
<< Pensa che
sia inutile sfidarli, dato che ha visto che ci so fare >> disse Xander, << Sono le sue testuali parole >>.
<< E tu cosa
gli hai detto? >> Irina controllò Tommy per cercare di capire perché le
stesse tirando un braccio.
<< Gli ho
risposto che andava bene, se per lui non era un problema >>.
Irina fece una
smorfia. << Bé, bene >> disse, << Sei appena entrato nel Club
di William… Devi essergli simpatico. Ehi, no! >>.
Tommy le era appena
sfuggito di mano e correva diretto verso la strada. Riuscì ad afferrarlo prima
che fosse troppo tardi.
<< Che
succede? >> domandò Xander allarmato.
<< Niente
>> rispose Irina, afferrando il bambino con un solo braccio, << Mi
stava sfuggendo la situazione di mano… >>
Xander non commentò la
sua strana frase.
<< Allora ci
vediamo… Quando? >> continuò la ragazza.
<< Sabato
>> rispose Xander.
<< Farai qualche
altra gara, nel frattempo? >>
<< Non credo.
Vado fuori città per un paio di giorni >>
<< Oh,
d’accordo. Quindi a sabato. Ciao >>.
Chiuse la
telefonata, con Max che la guardava curioso.
<< Ha detto
che William vuole fargli sfidare il Dragone >> disse.
Il meccanico venne colto di sorpresa. << Stai scherzando? >>.
<< No
>>
<< Non durerà
ancora molto, allora, questa storia. O piace veramente a William, oppure ha
intenzione di farlo uscire dal gioco il più in fretta possibile >>
Ore 18.00 – San Francisco, Sede F.B.I.
Xander tirò su il
bilanciere con un colpo solo, sentendo una goccia di sudore colargli sulla
fronte. I muscoli allenati delle braccia si gonfiarono sollevando il peso di
quaranta chili. La luce del neon risplendeva sopra la sua testa, nella palestra
semideserta, la musica tenuta a basso volume diffusa nell’ambiente.
<< Devo
togliermi il dubbio >> disse, rivolto a Jess, in piedi di fianco a lui, nella grande palestra del
quartier generale dell’F.B.I. di San Francisco. << Devo capire se Irina
sta mentendo oppure se posso fidarmi veramente di lei >>.
<<
Trentaquattro… >> contò Jess, che non ci
pensava proprio a fare ginnastica, << Sei stato tu a chiederle di
aiutarti… Trentacinque… Ora ti fai venire i dubbi? >>.
<< L’istinto
mi dice una cosa >> disse Xander, << Ma devo capire se mi dice la cosa giusta >>.
<< Trentotto…
Cosa intendi fare? >>
<< Cercare
informazioni su di lei. Voglio scoprire perché è invischiata in questa storia.
Quanto siamo? >>.
<< Quaranta…
>> rispose Jess, controllando l’orologio,
<< E se non ne esce niente? >>
<< La
affronto >>
Jess continuò a contare
in silenzio, poi disse: << Posso fare una prova. Dalla mia postazione ho
accesso a tutto: posso trovare qualsiasi cosa su Irina, ma non ti garantisco
che sia quello che vuoi sapere tu >>.
<< Non
importa. Magari ne esce comunque qualcosa di utile >>. Xander appoggiò il bilanciere al suo posto e si mise a
sedere. << Ho appuntamento con White, fra mezz’ora. Magari dopo cena ci
troviamo in ufficio e vediamo cosa riusciamo a fare >>.
<< D’accordo.
Ah, mi è parso di vedere tuo padre, da queste parti >> disse Jess.
<< Davvero?
Non sapevo fosse qui… >> disse Xander,
raccattando il suo asciugamano e asciugandosi il collo, << E’ un po’ che
non lo vedo… >>.
Mezz’ora dopo Xander varcava l’ufficio di Frank White, il suo capo.
L’uomo, i capelli brizzolati perfettamente curati, vestito con una camicia
azzurra e la cravatta mezza slacciata, lo aspettava dietro l’enorme scrivania
di legno di mogano, con alle spalle una grande vetrata
che dava sui parcheggi interni dell’edificio.
<< Agente Went >> lo salutò White, digitando qualcosa sulla
tastiera del computer dal monitor ultrapiatto che aveva davanti agli occhi.
<< Facciamo un po’ il punto della situazione… >>.
Xander si sedette sulla
sedia davanti alla scrivania. Sapeva che a White ogni tanto piaceva mettere in
soggezione i suoi sottoposti, e l’arredamento ricco e supermoderno aveva
proprio quell’intento. Peccato che a lui non facesse nessun effetto.
<< Per il
momento procede tutto bene >> disse, << Sono riuscito a entrare nel
giro abbastanza facilmente… Ho sfidato il Toro, e Challagher
sembra avermi preso in simpatia: vuole che sfidi il numero cinque, saltando
tutti gli altri >>.
White gli gettò
un’occhiata, pestando sulla tastiera del computer. << Bene… Quindi il suo
contatto le sta dando una mano, immagino >> disse.
<< Più di
quanto mi aspettassi >> ammise Xander,
attendendo la reazione del suo superiore.
<< Sospetta
qualcosa? >> domandò White, raccogliendo un foglio dal cassetto della stampante
e firmandolo rapidamente.
<< No. Mi sta
aiutando, ma non immagina nemmeno che io sia dell’F.B.I.
Sembra non approvi molto le idee di Challagher
>>.
White poggiò la
penna sul tavolo, lanciandogli un’occhiata perplessa.
<< Cosa
glielo fa credere? >> chiese l’uomo.
Xander si strinse nelle
spalle. << Il fatto che anche lei sembra temerlo >> rispose,
<< Per questo è propensa ad aiutare chiunque
voglia spodestare Challagher >>.
<< Quindi sta facendo il doppiogioco… >> commentò White,
<< Lavora per lui, ma non gli è fedele… D’altronde, una ragazza così…
>>.
Xander lo scrutò, serio.
Il tono di voce che aveva usato per parlare di Irina non gli piaceva.
<< Cosa intende dire? >> chiese.
White gli mostrò
una foto della ragazza, la stessa che aveva nel suo fascicolo. Sorrise con aria
complice. << Voglio solo dire che si è scelto un bel contatto, davvero…
Immagino che una così non conosca bene il significato della parola fedeltà… >>.
Il significato
recondito di quella frase lasciò il ragazzo un momento spiazzato. Per caso
aveva capito male?
<< Mi sta
dicendo che la definisce una puttana? >> domandòXander,
gelido.
White rise.<<
Non si offenda così,Went. Ma deve riconoscere che della gente di quel giro non ci si
può fidare… >>.
D’accordo, era il
suo capo e doveva portargli rispetto, ma in quel momento Xander
avrebbe voluto insultarlo. Come si permetteva di giudicare Irina senza
conoscerla? Gli aveva appena detto che c’erano ampie possibilità che facesse la
doppiogiochista e che andasse a letto con tutti i membri della BlackList…
<< Per il
momento io mi fido di lei >> disse, la voce di ghiaccio, << Non ha
dimostrato nessuna ostilità nei miei confronti… >>.
White stava ridendo
sotto i baffi, e molto probabilmente aveva intuito che forse teneva a Irina più
di quanto avrebbe dovuto. << Immagino… Non mi resta che dirle che deve
fare attenzione a non farsi ammaliare. Piuttosto se la
porti a letto una volta, e poi chiuda lì la storia >>.
Xander lo guardò basito:
non aveva mai sentito il suo capo parlare in quei termini. “Se la porti a letto
una volta, e poi chiuda lì la storia?”.
All’improvviso
scoprì che quello che stava pensando White non gli piaceva… La sua reazione
poteva assomigliare a una sorta di crisi di gelosia? Sentire parlare così di
Irina gli dava molto fastidio…
<< Dovrei
togliermi lo sfizio? >> chiese, una smorfia disgustata sul volto.
<< Avanti,
non faccia così… >> White sembrava divertito, << Siamo uomini, e
non ragioniamo sempre con il cervello, se capisce cosa intendo. Non mi dica che
si scandalizza per così poco. Non mi sembra il tipo da storie serie, o no?
>>.
Xander avrebbe potuto
accettare quel ragionamento per qualsiasi altra ragazza, ma trovò difficile
collegarlo a Irina. Lui era stato il primo ad adottare, in passato, quella
sorta di “stile di vita”: niente di serio, solo avventure. Poi era cresciuto, e
aveva sviluppato almeno un po’ di cervello.
Conosceva poco
Irina, ma non ci stava a pensarla così.
Si morse la lingua
per evitare di farsi scappare qualche frase poco adatta da rivolgere a un superiore,
e cercò di darsi una calmata. << Seguirò il suo consiglio, se lo riterrò
necessario >> sibilò, poi si alzò, << Ci sentiamo per eventuali
aggiornamenti >>.
Uscì dall’ufficio,
la testa basta cercando di riguadagnare un minimo di lucidità. Il discorso con
White gli aveva fatto venire il sangue alla testa… Ed era un po’ che non
succedeva, parlando di ragazze…
<< Xander! >> lo chiamò qualcuno.
Ebbe
l’irresistibile tentazione di ignorare la voce, ma quanto si rese conto che era
quella di suo padre, si voltò.
<< Papà?
>>
Steve Went, vestito in un bel completo blu, i folti capelli
leggermente brizzolati che gli conferivano un certo fascino, lo guardava
dall’altra parte del corridoio, gli occhi azzurri come i suoi illuminati da un
largo sorriso.
Xander gli andò incontro.
<< Che fai da queste parti? >> domandò, abbracciandolo.
<< Sapevo che
saresti passato di qui, così ho pensato di vedere come procedevano le cose…
>> rispose Steve.
Anche lui, come il
figlio, faceva parte dell’F.B.I., ma aveva abbandonato
le missioni per lavorare in un ufficio, forse più noioso ma molto più comodo, e
aveva lasciato il compito di sfidare “l’ebbrezza del pericolo”, come la
definiva lui, alle giovani leve come suo figlio.
<< Allora,
come va? >> domandò, dandogli una pacca sulla spalla.
<< Bene
>> rispose Xander, << Mi sto facendo strada… La mamma, come sta? >>.
<< Oh,
benissimo >> disse suo padre, mentre camminavano fianco
a fianco lungo il corridoio, diretti alla mensa, << Continua a
preoccuparsi del fatto che forse non mangi abbastanza, o che ancora non hai una
ragazza fissa… I soliti pensieri di una madre >>.
Xander alzò gli occhi al
cielo, mentre suo padre ridacchiava divertito. Pure lui con quella storia?
<< Lo sa che
non ho più quindici anni, vero? >> domandò.
<< Sì, ma lo
sai come è fatta… >> disse suo padre, e forse
notò la leggera durezza nel tono della sua voce, perché cambiò argomento.
<< Quindi procede tutto liscio? >>.
Andarono a cena
insieme, parlando del più o del meno, finché Xander
non si ricordò che aveva appuntamento con Jess nel
suo ufficio. Salutò suo padre e raggiunse l’informatico, già seduto davanti al
suo pc di ultima generazione.
<< Allora,
siamo pronti? >> domandò Xander, sedendosi a cavalcioni sulla sedia davanti alla scrivania dell’amico.
Gli ritornarono subito alla mente le parole di White, e un po’ del nervosismo
di prima si fece risentire…
Jess lo guardò.
<< Cosa cerchiamo? >> domandò.
<< Partiamo
da chi è… >> rispose Xander.
Jess iniziò a digitare
sulla tastiera, gettandogli ogni tanto un’occhiata. Si schiarì la voce, poi
disse: << Che hai? >>.
<< Niente
>>.
Xander non disse altro,
ma più ci pensava più le allusioni di White gli facevano
venire il nervoso. Jess doveva aver notato che era un
po’ più rigido del solito.
<< Posso
essere sincero con te? >> domandò l’informatico, continuando a fissare il
monitor, << Il fatto che tu ti stia interessando così
tanto a quella ragazza non è… come dire… un buon segno >>.
Xander alzò gli occhi su
di lui. Non era la sua giornata, allora.
<< Ti ci
metti anche tu? >> chiese, gelido.
<< Perché?
>>.
<< White mi
ha detto proprio di diffidare di lei >> spiegò Xander,
giocando con una penna, << Ritiene che possa trarmi in inganno… >>.
Jess gli gettò un’altra
occhiata, questa volta divertita. << E’ per questo che
sei arrabbiato? >> domandò.
<< Non sono
arrabbiato… >> borbottò Xander, portandosi le
braccia dietro la testa e poggiando i piedi sull’altra sedia.
<< Cosa ti ha
detto White, di preciso? >> domandò Jess.
Dopo un attimo di
silenzio, Xander gli riferì rapidamente le parole
poco lusinghiere del suo capo. Sul viso di Jess
spuntò un sorrisetto.
<< Allora ho
capito… >> mormorò, << E’ un altro brutto segno, lo sai, vero?
>>.
Xander non rispose.
Cercare di negare non aveva senso: Jess aveva
ragione, ma ammetterlo era un altro problema. Irina lo incuriosiva e basta,
oppure la sua curiosità derivava da qualcos’altro?
<< Hai
trovato qualcosa? >> chiese, per cambiare argomento.
<< Certo…
>> rispose Jess, gettandogli un’altra occhiata
saccente, << Allora… Irina Dwight, nata a Los Angeles, il 23 gennaio 19…,
attualmente iscritta alla Universityof South California, vive con il padre e i fratelli.
La madre è morta quattro anni fa, di malattia… >>.
<< Sì… Poco
usuale tra i piloti clandestini, ma è così >> disse Jess,
<< E risulta anche frequentante… Forse avrà
molto tempo libero… >>
Tempo libero? Ma se
tutte le volte che la incontrava scappava da qualche
parte…
<< Controlla
se per caso, e dico per caso, abbia un figlio >>
disse Xander.
L’informatico lo
fissò. << Ma se ha vent’anni, come fa ad avere
già un figlio? E poi, che razza di domanda è? >>.
<< Fammi
questo favore e guarda >> ribatté Xander,
<< Mi serve per capire a cosa gli serve un
seggiolino per bambini in un’Audi TT… >>.
Lo aveva visto, la
prima volta che era andato a casa sua, e la cosa lo
aveva incuriosito non poco. Oltretutto, lei spariva sempre negli orari in cui i
bambini uscivano dalle scuole… Non era così stupido da fare quel collegamento.
Jess lavorò per qualche
minuto, poi disse: << Ho guardato negli archivi dell’anagrafe e nei
registri degli ospedali. Non ha nessun figlio. Però, e
non so se ti può interessare, l’ultima volta che è stata all’ospedale è per
percosse… Anzi, ci è stata più di una volta >>.
Xander si voltò a
guardarlo. << Dici davvero? >>.
<< Sì. Sembra
si sia presa a pugni con qualcuno, perché le hanno dato dei punti e le hanno
fatto una fasciatura al braccio… Però poteva trattarsi anche di un incidente
d’auto, e ha fatto passare tutto come una rissa per evitare che venisse scoperta. E’ una prassi usuale tra i piloti >>.
Xander dubitò
dell’ipotesi di Jess. Irina non gli era sembrata una tipa da venire alle mani, e
comunque era come un agnellino in mezzo a un branco di lupi: ci avrebbero messo
un attimo a farla a pezzi. L’incidente era plausibile, ma se non era grave difficilmente un pilota avrebbe rischiato di farsi
scoprire così facilmente. Qualche punto e una fasciatura non erano abbastanza per far valere il rischio.
<< Non puoi
cercare da qualche altra parte? >> chiese, << Non mi torna, la
cosa… >>.
Jess lo guardò di
sottecchi, poi tornò a digitare sulla tastiera. << Non credo che se ha veramente un figlio non sia stato iscritto all’anagrafe…
Però forse non è suo… Ha dei fratelli, giusto? Magari c’entrano loro… Uhm…
>>.
Impaziente, Xander continuava a giocare con la penna che aveva in mano,
cercando di capire perché voleva sapere tutto di Irina. La scusa del potersi
fidare di lei reggeva?
All’improvviso,
sperò di scoprire qualcosa che potesse fargli dubitare fortemente del suo
aiuto, che gliela facesse apparire come White gliela aveva descritta:
una doppiogiochista. Sarebbe stato un incentivo in meno a pensare a lei…
<< Xander? >>
<< Uhm?
>>
<< Smettila
di agitarti… >>
Xander si bloccò: forse
stava esagerando con la penna… Gettò un’occhiata a Jess,
poi si ricompose.
<< Allora?
>> disse.
<< Niente…
Forse potrebbe essere di uno dei suoi fratelli. Qui non risulta
nessun bambino… Magari è un fratellastro… Il padre potrebbe averlo avuto da una
relazione… >>.
Xander sospirò: su un
eventuale bambino non c’era nient’altro da scoprire. << D’accordo. Lasciamo perdere. I suoi parenti cosa hanno fatto negli
ultimi anni? >>.
Jess continuò la sua
ricerca. << Allora… Il padre, Todd Dwight, è disoccupato… Ha precedenti
penali per furto, guida in stato di ebbrezza… I fratelli non sono meglio: uno
fa lo scaricatore di porto, l’altro ha lavorato saltuariamente in qualche
locale e si è fatto una notte in cella per rissa. Il maggiore sembra avere
qualche collegamento con le corse clandestine, però >>.
Xander drizzò le
orecchie. << Continua >>
<< Ha preso
diverse multe per eccesso di velocità… >> lesse Jess,
fissando il monitor, << E guida pericolosa… Qualche segnalazione alla
polizia… Però risalgono a più di un paio di anni fa >>.
<< E poi?
>>.
<< Sembra
sparito da Los Angeles… Nessun’altra segnalazione, da quelle parti. Però l’ultima multa che ha preso è stata emessa a Denver, in
Colorado… Potrebbe essersi trasferito >>.
Xander posò lo sguardo
sul portamatite della scrivania. Il fratello maggiore poteva centrare qualcosa…
Era ancora troppo poco, però.
<< Ok, quindi
questo è quello che si sa di Irina… >> mormorò, << Tre fratelli, un
padre disoccupato, studentessa modello, forse un
bambino di accudire… Non ci resta che cercare qualcosa su Fenice >>.
<< D’accordo
>>
Jess ricominciò a
battere sulla tastiera, mentre Xander cercava di
riordinare le idee. Il fratello maggiore sembrava aver lasciato Los Angeles, e
poteva anche essere stato un pilota clandestino. Forse tramite lui Irina era
entrata nel giro…
<< Cosa vuoi sapere di preciso? >> domandò Jess, << La maggior parte delle informazioni su di
lei le hai… >>
<< Voglio
sapere che genere di rapporti ha con gli altri piloti >> rispose Xander.
Jess lo guardò
inarcando un sopracciglio, ma non fece commenti.
<< Devo
guardare sui blog di corse clandestine >> disse, << E’ l’unica
fonte che posso utilizzare, e non è detto che riesca a trovare qualcosa… Cosa intendi “per rapporti”, se non sono indiscreto?
>>
<< Se esiste
qualche legame, che non sia affettivo, tra lei e lo
Scorpione >> spiegò Xander, << Se si
conosce il motivo per cui lei sia entrata nel suo giro >>.
<< Uhm, non
credo troveremo qualcosa >> disse Jess,
dubbioso, << Non avrà sbandierato ai quattro venti perché lavora per lo
Scorpione… Se esiste veramente un motivo >>.
Xander lo fulminò con lo
sguardo. Un motivo c’era, se lo sentiva.
<< Allora… Ci
sono un sacco di cose da andarsi a leggere… Ci vorrà
un po’ >>.
<< Hai
qualcosa da fare? >>.
<< No
>>.
Xander si sistemò, i piedi sempre appoggiati all’altra sedia vuota.
Rimase in silenzio per mezz’ora, fissando il soffitto dell’ufficio, inquieto e
pensieroso. Dopo un po’ arrivò alla conclusione che la sua non era solo
curiosità, era interesse. Inconsciamente, Irina lo aveva affascinato, aveva
attirato la sua attenzione. E al momento non era un bene.
Fu Jess, lanciandogli un’occhiata disinteressata, a rompere il
silenzio tirando di nuovo in ballo l’argomento.
<< Com’è di
persona, questa Irina? >> domandò, continuando a guardare lo schermo del pc.
<< Carina…
>> borbottò Xander, non volendosi scoprire
troppo, anche se lo aveva appena fatto.
<< Daì, sii sincero >> sorrise Jess,
<< Dimmi un po’ che genere di ragazza è… Giusto per togliermi la
curiosità, no? >>.
Xander sapeva che Jess aveva intuito il suo problema, e cioè che c’erano
ampie possibilità che Irina iniziasse a piacergli veramente. Il fatto che lo
stesse velatamente prendendo in giro non gli dava fastidio: il suo unico
pensiero era che la cosa poteva “degenerare”, e non poteva
accadere.
<< Non la
conosco ancora abbastanza >> rispose, << Per quello che ho visto,
però, mi sembra una ragazza normale… >>.
<< Bé,
normale non tanto >> obiettò Jess, semiserio,
<< Trova un’altra ragazza che faccia corse clandestine di auto e sia
anche pure brava… >>.
Xander alzò gli occhi al
cielo, esasperato. << Mi fai finire, o no? >>.
<< Scusa…
Però sono curioso… >>.
<< A volte ti
comporti come una ragazza, lo sai? >> disse Xander.
Jess si strinse nelle
spalle. << Forse… Però serve, in qualche caso, o no? >>. Ammiccò,
sorridendo complice. In effetti, l’informatico era perfetto se si aveva un
problema: non si stancava mai di ascoltarti, e nel caso ti dava una mano a
risolverlo. Caratteristica tipica di una ragazza.
<< Vabbé, non sarà tanto normale, secondo i tuoi canoni, però
a me è sembrata una persona abbastanza semplice >> continuò Xander, << E poi… Boh, in questo momento non saprei
dirti altro >>.
Jess ridacchiò.
<< D’accordo… Mi farai sapere più avanti >> disse, << A cosa
pensavi, quando ti ho visto sospirare? >>.
Xander gli lanciò una
matita, che l’informatico schivò prontamente. << Di sicuro non a te
>> rispose, mettendosi a ridere. Jess, riemerso
da dietro il monitor, fece altrettanto.
<< Vado a
prendere due caffè, va >> si offrì Xander, uscendo dall’ufficio.
Tornò dieci minuti
dopo, con due bicchieri di caffè fumante e anche leggermente più rilassato.
Fare una passeggiata per i corridoi gli aveva evitato di parlare per un po’ del
suo attuale “problema”.
<< Allora,
hai trovato qualcosa? >> domandò a Jess,
porgendogli la tazza.
<< No… E non
credo troveremo nulla >> rispose l’informatico, << Ci sono
informazioni sulle sue gare, video, foto, ma niente che parli del perché si
trovi lì in mezzo… >>
<< Allora non
mi rimane che affrontarla e farle dire la verità
>> disse Xander, serio, << E’ l’unico
modo per scoprire se posso fidarmi di lei o meno >>
C’erano due
possibilità: o Irina stava dalla sua parte, oppure faceva finta. Se veramente
quella ragazza era disposta ad aiutarlo, allora poteva pensare di ottenere
altre informazioni sui piloti e sui traffici dello Scorpione; in più, la
missione poteva procedere più rapidamente del previsto. Se invece Irina si
rivelava veramente quello che White aveva anticipato, allora doveva
allontanarla e fare a meno di lei.
Irina attese che Xander si mettesse in posizione sulla linea di partenza, prima
di gettare uno sguardo verso di lui. HiroKawashima, alias il Dragone, fermò la sua Honda RX7
argentata di fianco alla BMW M3, entrambi i motori accesi.
La ragazza soffermò
il suo sguardo su Xander, sicura che nessuno la stesse guardando. Non sembrava nervoso, ma non degnò il
Dragone nemmeno di un’occhiata. Rimase perfettamente impassibile, il braccio
appoggiato al volante della M3, gli occhi puntati davanti a sé, sulla strada.
Solo una volta lo vide guardare con la coda dell’occhio dalla sua parte.
William girava tra
le auto, parlando con i vari piloti. C’era molta gente in giro, perché la fama
di Xander sembrava aver raggiunto molte persone. Era
il primo a essere autorizzato a correre contro un pilota della BlackList senza aver battuto
quelli prima di lui: non era mai successo, e la cosa era degna di una certa
curiosità.
Irina, a braccia
incrociate a bordo strada, fece qualche passo per avvicinarsi alle due auto, in
modo da riuscire a sentire quello che William diceva a Xander.
<< …Allora Alexander,
con questa gara vedremo quanto sei dotato. Se vinci
entri nella cerchia giusta. Non deludermi >>.
Xander sorrise. <<
Nessun problema. Ci vediamo all’arrivo >>
Lo Scorpione diede
una pacca sul tetto di vetro della BMW e si allontanò, poi fece un cenno a
Irina, indicandole le due auto in attesa.
<< Da’ il via
tu, stasera >> ordinò.
Annuendo, Irina
raggiunse il centro della strada, guardando a terra. Sì, a William Xander piaceva. Evidentemente non lo riteneva ancora
abbastanza pericoloso, perché altrimenti avrebbe certamente cercato di
sbarazzarsi di lui. A dir la verità, però, non c’era
ancora stato nessuno in grado di preoccuparlo seriamente, e non sapeva come si
sarebbe comportato, in un caso del genere.
Si piazzò in mezzo
alle due auto, guardando entrambi i piloti: Hiro, il
giapponese venuto da Tokio, i capelli tirati in alto da una cresta scurissima,
le fece un cenno di saluto con la mano, confermandole che era pronto; Xander, ancora molto simile a una statua di pietra, rimase
zitto, ma l’ultima occhiata che le gettò le apparve strana. Era arrabbiato?
Senza dire niente,
lo guardò un’ultima volta, poi si preparò per dare il via. “Avanti, Xander, so che puoi farcela”, pensò,
più che altro per tranquillizzare se stessa.
Alzò il braccio,
contando con le dita: 5… 4… 3… 2… 1…
La BMW e la RX7
partirono a razzo con uno scatto impressionante, lasciandosi dietro una scia di
fumo e strisce nere sull’asfalto. Sparirono dietro l’angolo in un attimo, ma il
rumore dei motori arrivava ancora fino a loro, nitido nella notte.
Irina si voltò per
tornare sul marciapiede, quando vide, dall’altra parte della strada, Vera Gonzalez: dove essere venuta a seguire la gara. Le rivolse
un’occhiata di fuoco, mischiata alla folla che stava da quella parte. Cercando
di ignorarla, Irina tornò vicino a William, in
silenzio.
<< Secondo te
chi vincerà? >> domandò lo Scorpione, accendendo una sigaretta.
<< Non lo so.
Non lo conosco abbastanza >> rispose lei. Davanti alla sua stringata
risposta, William le gettò una strana occhiata, poi inspirò una boccata di
fumo.
<< Io credo
che vincerà il nuovo arrivato >> disse William, apparentemente
disinteressato.
Irina tacque. Stava
tenendo d’occhio Vera, dall’altra parte della strada, che continuava a fissarla
in cagnesco. Se aveva voglia di litigare, non era serata.
Un
una
cinquantina di metri da loro, Hanck stava seduto
sulla sua Audi A3, lavorando a un pc portatile.
William si staccò dalla staccionata di legno e lo raggiunse, scambiandosi un
paio di parole.
Vera decise che era
il momento di attaccare, così attraversò la strada e con aria noncurante si
appoggiò a cancello.
<< Ciao
puttanella >> disse, senza guardarla.
Cercando di
mantenere la calma, Irina rimase in completo silenzio, fissando la spiaggia
buia oltre la staccionata. Sapeva che Vera era il membro della Lista che molto
probabilmente la odiava di più, e il fatto che l’avesse battuta non gli era mai
andato a genio. Si era sempre vantata di essere l’unica donna della Lista, e
poi era arrivata una ragazzina molto più forte di lei.
<< Come mai
da queste parti? >> chiese la spagnola, ora guardandola con aria
strafottente.
<< Sto
cercando di seguire la gara… >> borbottò Irina.
Vera fece una
smorfia. << Sono curiosa di sapere se stai già progettando di finire nel
letto di Alexander >> disse la ragazza.
Irina le gettò
un’occhiata, divertita. Trovò la situazione ridicola: a Vera molto
probabilmente piaceva Xander… Riteneva avesse puntato
gli occhi su di lui?
<< Oh, non
preoccuparti >> ribatté, con un mezzo sorriso << Non ti toglierò questo privilegio. Ma se devo essere sincera, non
credo che una stronza come te possa piacere a uno come
lui >>.
La gente che stava
lì intorno iniziò girarsi, e la maggior parte sorrise nel vedere che si trattava di loro due. La loro inimicizia era proverbiale.
Anche William si voltò e sulla sua faccia si dipinse un ghigno: probabilmente
pensava stessero parlando di lui.
Vera la guardò
furiosa, poi disse: << Meglio stronza che troia >>.
Irina voltò la
testa e la guardò in faccia. Non era un’attacca brighe, ma la cosa iniziava a
darle sui nervi. E gli insulti gratuiti erano una di quelle cose che sopportava
poco.
<< Senti,
dimmi chiaramente cosa vuoi, e facciamola finita >> sibilò. << Da
quando sono qui non hai fatto altro che provocarmi…
Cosa vuoi che faccia? >>
Vera sorrise.
<< Voglio che tu te ne vada >> disse, << Sei arrivata dove sei ora perché ti sei fatta scopare da tutti i
membri della BlackList…
Levati dai coglioni una volta per tutte, e smettila di fare la principessina di
William >>.
Irina si spostò dal
muretto e la guardò, squadrandola da capo a piedi. << Non ho intenzione
di farlo >> disse, gelida.
Qualcuno rise lì
intorno. William si voltò di nuovo a guardare cosa facevano, poi tornò a
parlare con Hanck. Davano sempre spettacolo, ma
questa volta Irina era decisa a chiudere quella storia che durava ormai da
troppo tempo. Sapeva che Vera invidiava tutto di lei, dalla sua macchina alla
sua reputazione, e che insultarla era l’unico modo che aveva per sentirsi più
forte.
Sentì il rumore di
un’auto che si avvicinava al traguardo, ma non la guardò. Fissò la spagnola, e
disse, secca: << Se è il mio posto che vuoi, Vera, hai solo da
prendertelo >>
<< Stai
tranquilla che lo me lo prendo, ragazzina >> ribatté Vera, facendo un
passo verso di lei, alzando un pugno.
Irina si voltò
verso il traguardo, per notare con sollievo che Xander
aveva vinto. Stava tranquillamente parlando con William, mentre Hiro era fermo a bordo strada, zitto.
<< Ehi!
>> gridò qualcuno.
Irina si voltò di
scatto, e vide Vera trattenuta da due ragazzi. Evidentemente aveva aspettato
che si girasse per prenderla alle spalle. La guardò scettica, e disse: <<
Lo sai che non è bello per una ragazza fare a botte? >>.
Sapeva che con il
suo comportamento la stava facendo imbestialire, ma all’improvviso quella
divenne la sua intenzione. Per chiudere la storia doveva sfidarla di nuovo, e doveva essere lei a chiederlo. E per farlo, doveva farla incazzare.
<< Vaffanculo, troia >> gridò Vera.
A qualche metro di
distanza, Xander si girò a guardare cosa stava
accadendo vicino alla spiaggia, e rimase di sasso vendendo Irina rimanere in
silenzio davanti all’eclatante insulto che la ragazza
spagnola le aveva appena gridato.
Anche William stava
guardando, e sembrava profondamente divertito. E non era l’unico. Ormai tutta
la strada seguiva la scena con un misto di risa e timore. Nessuno aveva intenzione
di intervenire, tranne i due che tenevano ferma la
spagnola, che molto probabilmente se non fosse stato per loro sarebbe saltata
addosso ad Irina.
<< Adesso
scoprirai perché non è saggio far arrabbiare Fenice >> gli spiegò
William, guardandolo, << Sta a vedere… Vedrai
perché la chiamiamo la Belva, certe volte >>.
Senza capire le sue
parole, Xander guardò Irina avvicinarsi a Vera senza
timore.
<< Se vuoi
che me ne vada, sfidami >> sibilò.
L’asiatica rimase
zitta per un momento, come sbigottita da quella frase. Alla fine sorrise e
disse: << Allora io ti sfido adesso >>.
William scoppiò a
ridere, mentre Irina tirava fuori le chiavi della macchina e faceva cenno alla
ragazza di fare lo stesso.
Irina accese il
motore della Punto, e si portò dietro la linea del traguardo. Finalmente
avrebbe chiuso i conti con quella pazza di Vera. Attese che la ragazza si
affiancasse a lei, poi abbassò il finestrino destro. Si girò, mentre William le
bussava al vetro sinistro.
<< Ti lascio
scegliere la gara >> disse a Vera.
<< Sprint
>> rispose secca la spagnola, << Stesso loro percorso. Chi vince si
prende l’auto >>.
Irina si voltò
verso William, e lo guardò. << Lasciami fare questa gara >> sibilò.
<< Con
piacere, bambolina >> ribatté lo Scorpione, sorridendo, << Vedi di
farla a pezzi >>.
La ragazza rialzò
il finestrino e fissò William, che avrebbe dato il via. Attese che la sua mano
si abbassasse, prima di partire di scatto.
Inserì la seconda
talmente in fretta che fu come se non l’avesse fatto. Era talmente arrabbiata
che se la sua coscienza non glielo avesse proibito di sicuro avrebbe ridotto a
un rottame la Mercedes Clk di Vera.
Guardò nello
specchietto retrovisore, e non vide nessuno. Un attimo dopo il muso della Clk comparì alla sua destra. Accelerò e compì una curva
stretta a destra, per impedirle di superarla. Scalò e tornò in terza, poi girò
di nuovo a sinistra.
Vera stava tirando,
e Irina decise di fare altrettanto. Si portò a destra e proseguì dritto
arrivando a 170 km/h,
poi inchiodò e girò a destra. Questa volta la spagnola spuntò a sinistra, così
vicina che per poco non si toccarono.
“Va al diavolo, cretina” pensò.
C’era un lungo
rettilineo dopo la curva, e Irina decise di usarlo per prendere vantaggio.
Scalò di nuovo, girò e premette la frizione per guadagnare velocità, poi mise
la quarta e si lanciò a tutta velocità lungo la strada.
Se era arrivata al
terzo posto della BlackList,
un motivo c’era. Distaccò la spagnola in breve tempo, e guardò Vera affannarsi
dietro di lei dallo specchietto retrovisore. Il resto della gara fu poco combattuta, perché la spagnola non fu in grado di recuperare
il distacco accumulato e dovette accettare la superiorità di Fenice.
Irina tagliò il
traguardo a 150 km/h,
poi inchiodò per vedere l’arrivo di Vera. La vide fermarsi a pochi metri dalla
sua auto, furiosa come una iena, e scendere sbattendo la porta della Clk con violenza.
Irina scese uscì
dalla Punto senza degnare nessuno di uno sguardo, fissando solo Vera, gelida.
Aveva vinto, e adesso non aveva più motivo di sfotterla. La spagnola aveva il
viso contratto dalla rabbia, ma rimase in silenzio.
<< Sei
soddisfatta, adesso? >> gli chiese Fenice.
Vera non rispose,
ma gettò a terra le chiavi della Mercedes e si girò, andandosene a piedi.
Qualcuno fischiò e molti applaudirono. Irina si chinò e raccolse le chiavi e
guardò la Clk.
Non le serviva
un’altra auto, ma poteva comunque venderla e racimolare qualche soldo… Alzò lo
sguardo, guardando le spalle della spagnola. Forse la lezione le era bastata…
Se le rigirò tra le
mani, poi gridò: << Ehi Vera! >> e lanciò il mazzo in aria.
La spagnola si
voltò appena in tempo per prenderle al volo, e la guardò stupita, senza capire.
<< Tieniti
pure la macchina >> disse Irina, ed entrò in auto, senza dare il tempo
alla ragazza di ribattere.
Ore 13.50 – BrodwayStreet
<< Sei stata
grande, Irina! >> aveva detto Max al telefono, << Finalmente hai fatto mangiare la polvere a quella pazza! >>.
Camminando diretta
a casa, appena uscita dall’università, Irina ripensava alla soddisfazione che
si era presa con Vera: dopo un’umiliazione del genere, di sicuro non l’avrebbe
più infastidita. Max l’aveva riempita di elogi, dopo averlo saputo, e si
pentiva di non esserci stato alla gara.
Arrivata davanti a
casa, notò una BMW M3 bianca molto familiare. Allarmata, si avvicinò di corsa, mentre Xander
usciva dall’auto e la aspettava.
<< Ciao >>
disse, titubante << Cosa ci fai qui? >>.
<< Ciao >>
Xander era serio, << Sapevo che non c’eri, così
ti ho aspettato >>.
Irina scrutò il suo
viso, cercando di capire cosa non andava. Pensò di farlo
entrare in casa, ma si ricordò che c’era suo padre, e che non sarebbe stata una
buona idea.
<< Perché sei
venuto? >> chiese.
<< Sali in
macchina, per favore >> ribatté lui.
Irina lo guardò
preoccupata, senza avvicinarsi alla M3.
<< Dobbiamo
parlare… C’è tuo padre in casa, no? >> disse lui, addolcendo di poco la
voce.
La ragazza salì,
anche se con qualche esitazione. Si sedette sul sedile di pelle dell’auto, e Xander fece lo stesso. Accese il motore e si spostò di
qualche isolato, fermando la macchina in una strada deserta.
Irina iniziò a
sentirsi inquieta. Xander era serio e sembrava
arrabbiato. Rimasero in silenzio finché lui non fermò la macchina, mentre la
ragazza cercava di capire dalle sue movenze cosa volesse da lei.
<< Devo
sapere perché mi stai aiutando >> disse Xander,
secco.
<< Te l’ho
detto >> rispose piano lei, intimorita, << Ci sono in mezzo per via
della mia famiglia >>.
<< Non mi
basta >> ribatté Xander, << Devo sapere
qual è il motivo. Se mi devo fidare di te, non posso avere dubbi >>.
<< Lo stesso
vale per me, allora >> disse Irina, << Tu perché sei qui? >>.
Xander la guardò in
faccia, ancora più serio. << Non sto scherzando. Mi stai nascondendo
troppe cose… Il bambino di chi è, per esempio? >>.
Colta di sorpresa, Irina
trattenne il fiato per un attimo, poi sospirò. << Hai fatto ricerche su
di me? >> domandò, seria.
<< Lo hai
fatto anche tu >> ribatté Xander.
La ragazza tacque.
Voleva aiutarlo, perché sperava con tutta sé stessa
che lui fosse in grado di battere veramente William, ma se non era sicuro di
potersi fidare di lei, non avrebbe mai accettato l’aiuto che poteva dargli… E
per guadagnare la sua fiducia doveva essere sincera, raccontargli la verità…
<< Devi
promettermi che nessun altro saprà quanto ti sto per dire, Xander
>> disse, guardandolo negli occhi azzurri per un
momento, << Non voglio che si sappia in giro. Ho già abbastanza problemi
così >>.
<< D’accordo >>.
Irina si fece
coraggio e parlò.
<< Circa
quattro anni fa mio fratello Dominic ha conosciuto
William, ed è entrato nel suo giro. Giocava d’azzardo, faceva scommesse, poi ha
iniziato a frequentare i casinò dei dintorni, che sono tutti controllati da
William. Alla fine si è fatto un sacco di debiti, perché perdeva in
continuazione… Doveva un sacco di soldi allo Scorpione >>
<< Quanto, di
preciso? >> chiese Xander.
Irina deglutì,
prima di rispondere. << Un milione di dollari… >>
<< Un milione
di dollari?! >> sbottò Xander,
stupito.
<< Senti, non
lo so come abbia fatto >> continuò la ragazza, << So solo che è
stato stupido… Forse aveva chiesto dei soldi in prestito a William… Non lo so…
A noi non ha mai detto nulla, anche quando tornava a casa con il denaro che noi
credevamo provenisse dal suo lavoro in fabbrica… Avevamo bisogno di quei soldi,
all’epoca, e non ci siamo chiesti da dove arrivassero. Comunque, per cercare di
racimolare qualcosa e ripagare tutto ha iniziato a correre per William; peccato
che fosse negato. E’ solo riuscito a peggiorare le cose. William gli aveva dato
un ultimatum: o pagava, oppure lo faceva fuori >>
Irina tacque di
nuovo, poi continuò: << Bé, Dominic è scappato.
Non l’abbiamo visto né sentito per settimane, aveva lasciato solo un biglietto dove diceva che lasciava la città e che non
sarebbe tornato. Noi non sapevamo niente, di tutto ciò che aveva combinato… Poi
è venuto William a trovarci, ed era la prima volta che lo vedevamo. Ci ha
chiesto dov’era Dominic, e quando ha saputo che se
n’era andato, se l’è presa con noi… Voleva i suoi soldi, il più presto
possibile… Avevamo due settimane, altrimenti ci ammazzava a tutti… >>
Irina guardò
l’albero mosso dal vento, accorgendosi che Xander la
stava guardando. Cercando di fare finta di niente continuò: << Ti giuro,
non sapevamo cosa fare. Mio padre era fuori di sé dalla rabbia, perché aveva
paura di rimetterci la pelle… Non è mai stato in grado nemmeno di guardare se
stesso, figurati di risolvere un problema del genere…
<< Bé, non
chiedermi cosa mi sia passato per la testa, quel giorno, perché non lo so
nemmeno io. Sono andata in garage e ho preso la macchina di Dominic,
e ho guidato. La sera stessa mi sono presentata a una delle gare e ho chiesto
di poter correre… Non lo avrei mai immaginato, e penso sia stato lo stesso per
gli altri, ma ho vinto. Il giorno dopo William è tornato da noi, e mi ha
chiesto cosa mi passasse per la testa… >>
Se lo ricordava
bene, quel giorno. Si era vista lo Scorpione presentarsi in casa sua, e
chiedere di lei; e non le era sfuggito lo stupore che
aveva letto nei suoi occhi verdi, dei quali era rimasta affascinata… La
situazione era tragica, ma da stupida che era si era lasciata ammaliare da
William: si era fidata, ed era forse l’unico vero errore che aveva commesso.
<< Siamo
scesi a un compromesso >> continuò, << Mi sono offerta di fargli da
pilota e ripagare il debito di mio fratello con una parte dei soldi che avrei
guadagnato con le gare, mentre lui avrebbe lasciato in pace la mia famiglia. E’ per questo che lavoro per lui: o lo faccio, o lui fa
fuori me, mio padre e i miei fratelli >>
Finalmente Irina
trovò il coraggio di voltarsi verso Xander: aveva una
mano appoggiata al volante, e fissava la strada davanti a sé. Non avrebbe
saputo dire se era arrabbiato o deluso.
Rimasero in silenzio
per qualche minuto, con Irina che si sentiva strana. Non aveva mai confidato a
nessuno quella storia, e ora che lo aveva fatto temeva
il giudizio di Xander. Era una venduta, in poche
parole.
Scosse la testa,
per tentare di cancellare il ricordo di quella giornata in cui, da sola e
consensualmente, aveva fissato la sua condanna. Finché il debito non sarebbe
stato pagato, lei era dello Scorpione. Niente, da quel momento, era stato più
come prima. Soprattutto lei…
<< E il
bambino? Chi è? >> domandò Xander,
all’improvviso, rigido come una statua.
<< E’ il
figlio di Dominic >> rispose Irina, << Me
lo sono trovato davanti alla porta di casa due anni fa… Lo ha avuto da una
ragazza… >>
<< E tu lo
hai tenuto >> disse Xander.
<< E’ mio
nipote >> rispose secca Irina, << Cosa dovevo
fare? Lasciarlo in qualche orfanotrofio? >>
<< La madre?
>>
Irina spostò lo
sguardo verso l’orizzonte. << E’ una prostituta, Xander
>> disse, gelida, << Credi che potesse crescerlo in modo decente?
Credo che lei e mio fratello si siano frequentati per un po’; forse pensava che
Dominic potesse toglierla dalla strada, per questo ha
voluto tenere il bambino… Quando se n’è andato, molto probabilmente ha capito
che non c’erano speranze… Lo ha lasciato a noi,
sperando in non so cosa… >>
Irina tacque, in
preda alla tristezza. Ricordava bene quel giorno: le era sembrato che il mondo
le crollasse addosso. Era appena diventata “la pupilla” di William, aveva
appena scoperto che dietro i suoi sorrisi non si celava il ragazzo che lei
credeva, e ora le capitava anche un bambino da accudire… Aveva creduto di
impazzire, di non essere in grado di gestire quell’assurda situazione, ma alla
fine, con sforzi enormi, ci era riuscita. Perdendo tutta se stessa, ma ci era
riuscita.
Nell’auto calò il
silenzio. Irina si abbandonò completamente contro il sedile, troppo depressa per aggiungere altro. Dire la
verità le era costato tantissimo, ma una volta iniziato, si era resa conto che
provava un po’ di sollievo. Si chiedeva solo cosa pensasse Xander
di lei… Ma il ragazzo continuava a rimanere imperscrutabile, immobile e
assolutamente impassibile.
<< E tuo
padre? Non ha fatto nulla? >> chiese lui, la voce neutra.
<< A mio
padre non importa niente di questa storia >> rispose Irina, << E’
sempre stato uno sbandato, e lo sono anche i miei fratelli. Quando William gli
ha detto cosa aveva fatto Dominic, lui si è
preoccupato solo di se stesso… E’ sempre stato così, non è mai stato in grado
di costruirsi una vita normale, figurati risolvere un problema del genere. Si è
girato verso di me e gli altri miei due fratelli e ha detto: “Trovate una
soluzione”. Non si è mai preso le sue responsabilità,
e così ha fatto quella volta. Io la soluzione l’ho trovata, ma faccio quello
che faccio solo per non avere le loro vite sulla coscienza
>>.
<< E sei
diventata la ragazza di William… >> disse Xander.
La sua non era una domanda, più una constatazione.
Irina si voltò a
guardarlo, e disse: << La prima cosa che ho imparato in questo posto è
che devi essere quello che non sei, per non farti calpestare. Ho dovuto fare e
dire cose che non avrei mai fatto se non fossi stata costretta dalle
circostanze. Io non sono la ragazza di William, ma
lavoro per lui, e questo lo autorizza a far credere che io lo sia. E’ lui che
detta le regole qui, e non posso certo farmelo nemico >>.
Xander abbassò lo sguardo
per un attimo, poi lo puntò sul volto di Irina. La ragazza non riuscì a leggere
niente dei suoi occhi di ghiaccio.
<< Il tuo
amico Max cosa sa? >> domandò.
<< Tutto ciò
che ti ho appena detto >> rispose Irina, << Era il meccanico di Dominic, ed è stato lui a prepararmi l’auto. Sa i fatti
perché c’era di mezzo anche lui, altrimenti non gli avrei detto nulla >>.
Irina scrutò il
volto del ragazzo per capire se era soddisfatto, ma non ci riuscì. Sembrava
portasse una maschera.
<< Questa
storia è talmente assurda che ci sono ampie possibilità che sia vera >>
disse, serio, << Se non avessi già sospettato qualcosa, forse non ti
avrei creduto… Ma penso tu sia stata sincera, con me >>
Irina rimase in
silenzio, intimorita dal tono di Xander. Aveva paura
che non le credesse, perché significava rischiare di non poterlo più aiutare. E
lei non voleva.
<< Ti giuro,
ti ho detto tutta la verità >> disse lei,
guardandolo negli occhi.
Lui la fissò per un
momento, poi sorrise e disse: << Lo so. E siccome sei stata sincera con
me, e capisco quanto ti sia costato, lo sarò anche io
con te… Sono dell’F.B.I. >>
La ragazza lo
guardò senza capire, poi registrò le sue parole e spalancò gli occhi.
<< Stai
scherzando? >> domandò.
<< No. Ecco
perché ho così tante auto a disposizione, e tanto
aiuto >>.
Irina sorrise e
guardò fuori dal finestrino. << Ora capisco sì, Xander
>> disse, << Allora hai qualche possibilità in più di arrivare dove
vuoi >>.
Anche Xander sorrise, e riaccese il motore. Fece retromarcia e
tornò verso casa di Irina. Si fermò, lasciando l’auto in folle. La ragazza si
accinse a scendere, ma lui la fermò.
<< Hai già
mangiato? >> chiese, mentre lei metteva piede fuori dall’auto.
Irina si voltò.
<< Veramente no. Quando ti ho visto ero appena
tornata dall’Università >> rispose.
<< Allora ti
va se andiamo a mangiare qualcosa insieme? >>
disse Xander, ghignando come un lupo.
Irina lo fissò per
un attimo, guardò verso casa e pensò: “Come
faccio a dirti di no se mi sorridi in quel modo?”. In un attimo, la
situazione era cambiata: prima c’era un velo di sospetto, tra loro; ora erano tutti e due nettamente più rilassati.
<< Sicuro di
non aver altro di meglio da fare? >> disse, piano.
<< No >>.
<< Alle quattro
e mezza devo andare a prendere mio nipote all’asilo… >>
Irina non voleva fare la guastafeste, ma era la verità.
<< Ti riporto
a casa in tempo, promesso >> disse Xander,
sempre sorridendo.
Irina tornò in
macchina e guardò di nuovo verso casa: alle finestre non c’era nessuno. Xander ripartì con una sgommata, diretto chi sa dove.
<< Dove
andiamo? >> chiese Irina, chiedendosi se aveva preso la decisione
migliore.
<< A casa mia
>> rispose Xander.
Irina si voltò a
guardarlo, stupita.
<< Sicuro? >>
domandò.
<< Ti faccio
vedere dove abito, così se vuoi passare a trovarmi sai dove sono >>
rispose Xander.
Ore 14.25 – Casa di Xander
<< Tu vivi
qui? >> domandò Irina, sbalordita.
Xander la guardò
divertito, aprendo la porta della casa con le chiavi. La BMW era parcheggiata nel
vialetto circondato dal prato curatissimo.
Lasciò entrare per
prima la ragazza, tenendole la porta aperta. Lei si guardò intorno ammirata,
quasi intimorita. Qualcuno si mosse in cucina.
<< Xandèr? Jess? Siete voi? >>
domandò una voce femminile, dallo spiccato accento francese.
Dalla porta della
cucina sbucò una donna grassottella, dai corti capelli boccolosi
e l’espressione gentile. Indossava un grembiule per cucinare, e sembrava
vagamente arrabbiata.
<< ’Giorno, Nichole >> disse Xander.
<< Alla buona
ora >> disse la donna, << Mi hai fato rafredare tute le lasagne! >>.
Poi si accorse di
Irina, che intimorita aspettava in piedi. La guardò con gli occhi spalancati,
poi esclamò: << Ma me lo potevi dire che abiamo
un ospite! >> disse, fingendosi arrabbiata, << Sopratuto
se è una fansciulla! >>.
Xander sorrise, facendo
un cenno con la mano ad Irina di avvicinarsi. <<
Lei è Nichole, la mia domestica >> disse.
<< Irina >>
si presentò lei, stringendo la mano della donna, che le
sorrise radiosa.
<< Cosa vi preparo, miei cari? >> domandò Nichole.
Xander guardò Irina, ma
lei al momento non sembrava in grado di decidere: era visibilmente imbarazzata.
Cercando di non ridere, rispose: << E’ tardi. Qualcosa di leggero, per
favore >>.
Il ragazzo fece strada in cucina, e Irina lo seguì. Forse aveva
ritrovato il dono della parola.
<< Allora,
cosa ti sembra? >> chiese.
<< La
prossima volta avvertimi, per favore >> rispose Irina, quasi seria,
<< Questo posto è una reggia… Cioè, rispetto a casa mia… >>.
Si sedettero a
tavola, uno davanti all’altro, mentre Nichole si affaccendava davanti ai fornelli. Sembrava
sprizzare gioia di ogni poro, nonostante Xandersapesse quanto le dava fastidio quando arrivava in ritardo
per il pranzo. “Dovrei invitare più
spesso a casa Irina” pensò, “Eviterei
qualche tirata d’orecchi”.
<< Vuole che
le dia una mano, signora? >> chiese Irina, alzandosi in piedi.
La francese di voltò e mostrò un sorriso a trentadue denti.
<< Oh no nono!
>> rispose, << Rimani pure seduta, monchery, che ci penso io. E’ il mio lavoro, in fondo >>.
Xander la guardò sedersi
di nuovo, sorridendo. La conosceva ancora poco, ma Irina gli piaceva. Aveva
capito quanto le era costato raccontargli la verità su suo fratello, e non poteva
ignorare quanto dovesse aver sofferto. Nonostante tutto però era rimasta una
ragazza gentile, al di là di chi era quando
gareggiava.
<< Non mi hai
detto nulla della mia gara di ieri sera >> disse, aprendo una bottiglia
di acqua e versandola nel suo bicchiere.
Irina
fece una faccia buffa e rispose: << Che dire: semplicemente fantastica,
per quel che sono riuscita a vedere >>.
<< Perché vi
siete sfidate? >> chiese Xander, curioso di
capire cosa avesse fatto arrabbiare così tanto la
ragazza.
<< Vera è la numero sette della BlackList, ma non gli è mai andato giù che io l’abbia superata >>
spiegò Irina, considerando la cosa come una normalità, << Ha sempre
creduto che avessi guadagnato la mia posizione usando metodi poco puliti >>
si interruppe guardandolo, per vedere se aveva capito il significato delle sue
parole: lui annuì. << E mi ha sempre provocato sotto questo punto di
vista. Le piaceva William, e credo fosse gelosa >>.
<< E vi siete
sfidate per lui? >> chiese Xander, scoppiando a
ridere. Irina fece altrettanto, divertita.
<< No,
figurati >> disse, << Mi voleva fuori dalla lista, così le ho detto
che se lo voleva veramente doveva sfidarmi. Lo ha
fatto, ma ha perso. E penso che per un po’ mi lascerà in pace >>.
Due piatti colmi di
cibo vennero poggiati davanti ai due ragazzi.
<< Et voilà, mon chery >> disse Nichole, << Buon apetito >>.
Xanderprese
coltello e forchetta iniziò a mangiare. Irina fece altrettanto, ringraziando la
francese. Al ragazzo sembrò evidente quanto Irina
fosse fuoriposto in quel posto: era troppo beneducata per essere una criminale.
Si domandò come mai fosse diventata così, vista la famiglia che aveva alle
spalle.
<< Quante
altre ragazze pilota ci sono? >> domandò, versandole un po’ di aranciata
nel bicchiere.
<< Grazie… Sono
molte poche >> rispose Irina, << Io e Vera
siamo le uniche della BlackList.
A occhio e croce dovrebbero essere cinque o sei, non di più >>.
<< Non le
conosci? >>.
Irina scosse la
testa. << No >> disse, << Frequentano in giro diverso dal
mio, e comunque sono tutte più grandi di me. Poi sai come sono fatte le
ragazze: odiano se qualcuna è più forte di loro… Non siamo molto solidali tra
noi, in queste situazioni >>.
Irina stava
sorridendo, e lui non poté fare a meno di fare
altrettanto. Se lo diceva lei, che era una ragazza…
<< Come hai
fatto ad arrivare al terzo posto? >> chiese, << Quando hai capito
che eri portata a correre? >>.
<< Bé, a
essere sincera ho sempre avuto una certa passione per le macchine >>
rispose Irina, << Ma non mi era mai venuto in mente di fare la pilota.
Appena ho potuto ho preso la patente, ma non avrei mai
immaginato di finire a fare la pilota clandestina.
<< Quando Dominic è scappato, ha lasciato la macchina qui e io ho avuto l’idea di provare a correre. Ero portata, alla
fine >>.
<< E la Punto, da dove arriva? >>
chiese Xander.
<< Diciamo
che la macchina di Dominic non mi piaceva >>
rispose Irina con un sorriso, << Aveva una di quelle Mustang anni ’70 modificate, con un’accelerazione strabiliante ma
totalmente inguidabile, almeno per me. L’ho venduta, solo che non ci ho
ricavato poi gran che. Mi serviva un’auto non troppo grande, facile da guidare
e che costasse poco, perché il mio budget era limitato. Il meccanico di William
mi ha fatto vedere tutte le auto che corrispondevano a queste caratteristiche,
e quando l’ho vista ho voluto quella. Le auto italiane
sono le mie preferite, e non potendo comprarmi una Ferrari, mi sono
accontentata di quella. Me la solo fatta importare, ma
ho dovuto modificarla parecchio, perché in Italia non le producono con motori
potenti >>.
<< E tu,
invece? Guidi per questioni di lavoro o per passione? >> domandò infine
Irina.
<< Entrambe >>
rispose Xander, << Sono entrato nell’F.B.I. proprio perché ho un certo talento >>
sorrise per quel suo finto moto d’orgoglio, << E mi hanno scelto per
occuparmi di corse clandestine >>.
<< Monchery >> disse Nichole, sbucando dal corridoio con la borsa in mano,
<< Io vado a fare un po’ di spesa. Xandèr,
tratta bene la nostra ospite >>. Sparì dietro la porta e la sentirono
uscire di casa.
Xander sorrise sotto i
baffi: aveva capito benissimo perché Nichole era uscita, altro che spesa. Il frigo era ancora
pieno. Evidentemente pensava che lui avesse portato Irina a casa per provarci
spudoratamente, ma non era il tipo. Almeno, non per il momento.
<< E’ una
signora molto distinta >> disse la ragazza, guardando verso la porta ora
chiusa.
<< Oh, sì >>
convenne Xander, << Meno male che c’è lei qui,
altrimenti tra me e Jess questo posto sarebbe
tutt’altro che una reggia>>.
Irina lo guardò con
sguardo interrogativo, e lui spiegò: << Jess
lavora con me, ma lui fa l’informatico. E’ rimasto a San Francisco ancora un
paio di giorni per stare in mezzo ai computer… Ci andrebbe anche a dormire, se
potesse >>.
Irina controllò
l’orologio: erano le tre e mezza.
<< A che ora
devi andare a prendere tuo nipote? >> domandò Xander.
<< Alle
quattro e mezza devo essere all’asilo >> rispose
Irina, alzandosi e iniziando a sparecchiare. << Posso almeno lavarti i
piatti? >>.
<< Certo che
no. La lavastoviglie cosa l’hanno inventata a fare? >>.
Mezz’ora dopo Xander si offrì di accompagnarla davanti all’asilo, visto che tanto doveva riportarla a casa. Era curioso di
vedere il nipote di Irina.
Attese in macchina,
mentre lei tornava con un bambino di circa due anni in braccio. Aveva i capelli
chiari e il viso simpatico. La ragazza aprì la portiera ed entrò, facendo
sedere il bambino sulle sue ginocchia.
<< Allora è
questo il tuo misterioso ragazzo… >> scherzò Xander,
arruffando i capelli del bambino. Quello lo guardò interrogativo, poco contento
di essere trattato in quel modo, evidentemente.
<< Lui è
Tommy >> disse Irina, ridendo, << Avanti, dì come ti chiami >>.
Il bambino non
diede segni di voler rispondere, e iniziò a lamentarsi. Si girò verso Irina e
cercò di cingerle il collo con le manine.
<< Uhm, mi sa
che oggi non abbiamo la luna buona >> disse la
ragazza, facendogli una carezza sulla testa.
Xander aprì uno sportello
vicino a posacenere e prese una manciata di caramelle
alla frutta. Le mise davanti agli occhi del bambino e disse: << Vediamo
se con queste cambia qualcosa >>.
Tommy smise di
lamentarsi e prese una caramella con la manina. <> disse Irina, divertita, << Lo stai comprando! >>.
Xander rise e accese il
motore della macchina, avviandosi lungo la strada. Dieci minuti dopo, si
fermava davanti a casa di Irina. Lei scese e mise a terra il bambino.
<< Grazie per
la giornata >> disse, << Adesso ti sei fatto anche un amico in più >>.
E fece un cenno verso Tommy, sorridendo.
<< Già.
Allora ci vediamo presto, immagino >> Xander la
guardava dal finestrino, un’espressione complice negli occhi. << Magari
per una garetta >>.
<< D’accordo >>
disse Irina, << Ma tanto lo sai meglio di me che ti batto >>. Sorrise
maliziosa e prese per mano Tommy. Il bambino lo guardò con gli occhi sgranati e
poi, inaspettatamente, alzò la manina e disse: << Tao >>.
Irina scoppiò a
ridere, e Xander fece altrettanto. Salutò il bambino
e ripartì con una sgommata.
Spazio Autrice
Smemo92: visto? In questo capitolo Irina gli ha
rivelato tutto, e Xander ha finalmente scoperto perché
lavora per Challagher. Sarà proprio tutto, però? O rimane ancora qualcosa da dire? E’ chiaro perché Irina
fa la parte della ragazza dello Scorpione: lui vuole che sia così, e lui è il capo.
Ma lei cosa vuole? Rimane il dubbio… Quanto a Max: sì,
le fa da fratello maggiore, ed è un po’ geloso. La conosce abbastanza da sapere
che è troppo sensibile per sopportare una nuova
delusione. Anche lui sa, ma non tutto. Irina non è stata sincera fino in fondo
con nessuno, forse nemmeno con sé stessa. E White… Bè, fa solo il suo
lavoro: sa con che gente ha a che fare Xander, e lo ha messo in guardia come farebbe chiunque… Magari è stato
un po’ troppo esplicito, però è servito per capire a Xanderqualcosina… Non tutto il male viene per nuocere, no? Grazie
per i complimenti! Un bacio!
<< Quindi vuoi dire che tu l’hai portata qui e non avete fatto
niente? >> sbottò Jess, esasperato, guardando Xander bellamente spaparanzato sul divano.
<< Hai colto
in pieno >> disse il ragazzo, gettando il telecomando sul tavolino.
<< Cioè,
l’hai portata qui mentre io non c’ero… >> Jess
girò intorno al divano, << Casa libera… e niente? >>.
Xander alzò gli occhi al
cielo e appoggiò i piedi al tavolino. << Non fare l’idiota… >>
disse, << Non avevo in mente quello che pensi tu
>>.
“Che potrebbe anche essere strano, ma è così”.
L’informatico si
portò una mano alla fronte, come in preda a un mal di testa. << E allora
perché l’hai portata qui? >>
<< Perché mi
andava >> rispose Xander. Davanti all’espressione
scettica di Jess, sorrise divertito. L’amico
evidentemente non si capacitava della cosa, ma per lui non c’era nulla di
strano: non gli era dispiaciuto stare con Irina, e aveva avuto modo di
conoscerla meglio.
Jess smise
all’improvviso di camminare intorno al tavolo e si lasciò cadere sul divano. Lo
guardò per qualche istante, poi scosse la testa.
<< Ok,
ammettilo, ti ha dato buca >> disse.
Xander scoppiò a ridere.
<< No, non mi ha dato buca. Non ci ho proprio provato, che è diverso >>
<< Non ci credo…
>> mormorò Jess, << Non è nel tuo stile…
>>.
<< Lo stile a cui ti riferisci tu è quello di quando mi hai conosciuto
>> disse Xander, << Quindi più o meno
cinque anni fa… Sai che sono cambiato, da quel punto di vista >>.
<< Uhm,
dubito… Il lupo perde il pelo ma non il vizio >> disse Jess dubbioso.
Xander ghignò, ma non
disse niente. Era vero, era sempre stato uno propenso alle avventure, ma da
quando era entrato nell’F.B.I. aveva cambiato
registro. Quando aveva lasciato Los Angeles per trasferirsi a New York la sua era una vita fatta di molto divertimento e poco lavoro,
finché non aveva iniziato il corso da agente, “spronato” da suo padre. Da quel
giorno tante cose erano cambiate, e aveva smesso di
essere un bambino viziato e scavezzacollo che era stato al College. .
Jess lo aveva
conosciuto proprio cinque anni prima, e avevano condiviso la stanza per diverso
tempo. L’informatico, diversamente da lui, era rimasto sempre lo stesso e si
ricordava ancora di com’era Xander prima di mettere
la testa a posto: i primi tempi aveva faticato a
tenere la testa bassa e a fare delle rinunce. Ogni tanto lo prendeva ancora in
giro, come in quel momento.
<< Come mai
“ti andava” di portarla qui? >> domandò Jess.
<< Mi ha
raccontato di come è entrata nel giro delle corse, e
mi sono accorto che farlo le è costato parecchio >> rispose Xander, << Siccome non sono stato gentilissimo, ho
pensato di farmi perdonare e alleggerire l’atmosfera portandola a mangiare a
casa nostra >>.
<< Ok… Quindi? >>
<< Quindi cosa? >>
<< Avevi
detto che la conosci poco… Adesso la conosci un po’ di
più. Cosa ti sembra? >>
“Mi sembra una ragazza fuori dal comune”
pensò Xander.
<< Forse
avevi ragione… Non è tanto normale >> disse, << Cioè, si sta
sbattendo per salvare la sua famiglia, si è tenuta il
figlio di suo fratello, e mi vuole anche dare una mano. E’ una brava ragazza,
forse troppo per essere dove sta >>.
Per quello che
aveva visto, Irina era proprio fuori posto, lì in
mezzo. Oltretutto aveva notato qualche strano comportamento, da parte sua, per
quello che ci andava cauto, con i giudizi. Quando stava con William, o comunque
in mezzo ai piloti dello Scorpione, gli sembrava distante, quasi fredda. Era
rimasto colpito con quale tranquillità aveva incassato l’insulto di Vera e con
altrettanta tranquillità aveva accettato la sfida della spagnola. Quel
pomeriggio, invece, lontana dalle auto modificate e dalla gentaglia con cui
aveva a che fare, era parsa più rilassata, addirittura
timida.
“La prima cosa che
ho imparato in questo posto è che devi essere quello che non sei, per non farti
calpestare.” Quindi la vera Irina doveva essere quella che lui aveva visto
poche ore prima, quella che sorrideva sempre e che si imbarazzava
per nulla. Quella che con dolcezza infinita sapeva prendere un bambino di due
anni per il verso giusto, e non quella che era in grado di correre a 250
all’ora in autostrada.
Jess tirò un sospiro e
si alzò, diretto in cucina per vedere cosa stava preparando Nichole.
Aveva capito che c’era poco da indagare al momento, o che non gli avrebbe
cavato null’altro di bocca.
Xander cambiò posizione,
fissando il mezzobusto del telegiornale che parlava di maltempo nel sud degli
Stati Uniti, sbuffando.
Si stava auto
analizzando. C’erano delle possibilità che Irina potesse piacergli veramente, o
era solo una sbandata? Se era lì seduto a pensarci, significava che un minimo
gli interessava…
“Facciamo anche abbastanza…”
Normalmente non era
molto razionale: usava più l’istinto, che la testa. In quel momento, però, le
due cose si stavano scontrando l’una con l’altra: una parte gli diceva di
andare avanti, di cercare di conoscerla meglio perché in fondo gli piaceva già
un po’; l’altra, gli intimava di prendere le distanze, perché rischiava di
infrangere una delle regole principali della missione:
non affezionarsi a nessuno per evitare di mettere a rischio la copertura.
E lui era sulla
buona strada per infrangere l’unica regola che fino a quel momento era riuscito a rispettare.
Ore 10.00 – Università
Irina giocava con
la penna che aveva in mano, fissando il professore che camminava avanti e
indietro spiegando qualcosa di cui lei aveva già perso il filo dall’inizio. In
quella giornata di sole avrebbe tanto voluto starsene
in spiaggia, invece che seduta in un’aula affollata. Era stanca già di lunedì,
e lo sarebbe rimasta per tutta la settimana.
Uno dei cellulari
che si portava sempre dietro vibrò all’improvviso, e lei lo tirò fuori. Era il
Motorola, e il messaggio appena arrivato di William. “Raggiungimi al magazzino
di Brentwoodil prima
possibile: consegniamo le auto”.
Sbuffando, Irina
guardò l’orologio e rimise il telefono a posto. Mancava ancora un’ora alla fine
della lezione, poi avrebbe saltato le due ore di Marketing per raggiungere
William. Si voltò verso le amiche, cogliendo Jenny nel bel mezzo di un
colossale sbadiglio.
<< Ragazze,
quando finisce quest’ora me ne vado >> disse,
<< Mi lasciate gli appunti, poi? >>
Angie annuì. <<
Non ti preoccupare. Ti faccio le fotocopie dei miei >>
<< Come mai
vai via? >> domandò Katy.
<< Ho un
impegno >> rispose Irina, evasiva. Le tre compresero al volo e non fecero
altre domande.
Un’ora dopo, Irina
raggiungeva a passo veloce casa e senza nemmeno entrare montò sulla TT,
dirigendosi verso Brentwood, a ovest. Lungo la
superstrada non c’era traffico, così ne approfittò per forzare un po’ il passo,
canticchiando la canzone Sick and Tired
che trasmetteva in quel momento la radio. Arrivò a
destinazione in meno di mezz’ora.
Il magazzino di Brentwood era un grande capannone che risultava
di proprietà di un’azienda locale, ma che lo Scorpione usava come deposito per
le auto che rubava e poi rivendeva. Situato nel centro dell’area industriale,
si confondeva con le costruzioni nei dintorni e gli altri capannoni.
Irina parcheggiò
l’Audi nel parcheggio interno, di fianco alla Aston Martin DB9 blu di William, nel posto che era
riservato a lei. Vide poco lontano un paio di auto modificate, molto
probabilmente dei clienti dello Scorpione.
Entrò nel
capannone, ritrovandosi in un grande spazio dal soffitto alto, illuminato dalle
lampade al neon. Parcheggiate l’una di fianco all’altra, brillanti sotto la
luce artificiale, c’erano una ventina di auto, tutte
BMW e Mercedes, serie M e AMG, le più potenti in circolazione. Vide due ragazzi
girare intorno a una M6 nera cabrio, controllando che tutto fosse a posto. Un
altro stava parlando con William, in fondo al magazzino.
Irina vide una M3
bianca, molto simile a quella di Xander, parcheggiata
proprio vicino al muro, ancora senza proprietario. Rimase a guardarla per un
momento, poi si diresse verso William.
<< Ciao…
Prendi i documenti della SL rossa… Sono nel cruscotto >> disse solo lui.
Irina cercò l’auto
con lo sguardo, poi raggiunse la Mercedes ed entrò nell’abitacolo, afferrando
un plico di documenti falsi appoggiato nel portaoggetti. Nel prezzo pagato per
l’auto, lo Scorpione comprendeva anche i finti certificati di
immatricolazione e acquisto, perché gli piacevano i lavori fatti bene.
Diede i documenti
al ragazzo che parlava con William e le chiavi dell’auto, poi attese che lo
Scorpione intascasse i soldi e il cliente se ne andasse.
William le mise un
braccio intorno alle spalle, e disse con un sorriso: << Visto quante
belle auto? >>
Irina annuì,
vagando con lo sguardo su tutte quelle macchine da centinaia di migliaia di
dollari, che prodigiosamente avevano rubato. Strano che Hanck,
l’autore del furto, non c’era.
<< Perché hai
voluto che venissi? >> domandò.
<< Volevo che
dessi uno sguardo prima che i pezzi migliori se ne andassero… >> rispose
William, << Avanti, prendine una… >>
Irina tacque. Non
era la prima volta che William le voleva regalare un’auto, o un oggetto di
elevato valore. Lei aveva sempre rifiutato, però: aveva abbastanza debiti, nei
suoi confronti.
“Non è così che riuscirai a comprarmi”
pensò, “O a farti perdonare…”
Il suo sguardo però
si soffermò sulla M3 bianca, in bella vista al lato del capannone. Le piaceva,
era tentata…
Alla fine sospirò e
disse: << No, grazie, non mi serve a niente >>.
William l’afferrò per una spalla, guardandola in viso. <<
Avanti… Lo so che ti piace la M3 bianca >> disse, << L’ho tenuta apposta per fartela vedere… Non credi che sia ora di
cambiare quel catorcio della tua Fiat? >>
L’insulto gratuito
alla sua macchina la irritò. << La Punto non è un catorcio >>
sibilò, allontanandosi, << E comunque non la voglio >>
William sembrò
arrabbiarsi, davanti al suo rifiuto. Le gettò un’occhiataccia e lasciò le
chiavi della BMW sul tetto di vetro nero, come a dirle che non avrebbe
resistito alla tentazione di prenderle.
In quel momento entrò un uomo sui quarantacinque anni, vestito in divisa da
poliziotto. Era Edward Barrow,
il capo del distretto di polizia di Los Angeles. Aveva il fisico robusto ma
cadente, e l’espressione idiota. Un ciccione demente,
lo chiama William.
<< Ottimo
bottino, vedo >> disse il poliziotto, guardandosi intorno.
<< Visto?
>> disse lo Scorpione, avvicinandosi a lui con le braccia aperte, per
mostrare la refurtiva.
Era statoBarrow a dire dell’arrivo
del carico di auto al porto a William, e lo Scorpione lo ripagava dandogli una
delle macchine che avevano rubato. Era il loro patto, e a Barrow
conveniva troppo per infrangerlo.
Irina si appoggiò
al cofano di una Mercedes SLK argentata, guardando i due che passeggiavano in
mezzo alle auto.
<< Scegli
quella che vuoi >> disse William, << Tranne Mercedes SL nera che è
di Hanck >>.
Barrow gironzolò per un
po’ tra le auto, sotto lo sguardo irritato di Irina. Non era il primo
poliziotto corrotto che vedeva, ma lui proprio non lo sopportava. Era un
venduto, peggio di lei.
Quando passò vicino
a lei, ancora appoggiata alla Mercedes, le gettò una rapida occhiata pensando
di non essere visto. Lo ignorò deliberatamente, continuando a guardare dritto e
pensando all’ennesima lezione che si era persa.
<< Quella
>> disse infine Barrow, indicando la BMW M3
bianca, con ancora le chiavi appoggiate sul tetto.
William gettò
un’occhiata strafottente a Irina, poi disse: << La M3? >>
<< Sì
>>
Irina guardò il
ciccione salire sulla BMW, chiedendosi come facesse a non rimanere incastrato. Xander faceva tutta un’altra figura, su quell’auto.
Stizzita dal fatto
che quell’idiota di Barrow avesse scelto una delle
sue macchine preferite, incrociò le braccia e lo guardò in cagnesco. L’aveva
rifiutata, ma ciò non voleva dire che il primo cretino che arrivasse dovesse
prenderla.
William la guardò
per qualche istante, immaginando quello che stava pensando. Sorrise e diede le
chiavi al poliziotto: << E’ tua, allora >>.
L’aveva fatto
apposta, per vendicarsi del suo ennesimo rifiuto. Lo sapeva che gli dava
fastidio vedere quell’auto in mano a uno come Barrow, e molto probabilmente lui la pensava come
lei. Non perdeva mai occasione di farle capire chi comandava, come al solito.
Rigida come una
statua, Irina guardò la M3 uscire dal capannone a passo d’uomo, intravedendo la
testa mezza pelata di Barrow dal vetro posteriore.
“Non sarà neanche capace di guidarla”
pensò, arrabbiata.
<< Avevi
detto che non la volevi >> disse William,
avvicinandosi.
<< Infatti
>> ribatté lei, gelida.
William la squadrò
da capo a piedi, e rimasero immobili, l’uno davanti
all’altro. Nel capannone deserto regnava il silenzio.
All’improvviso,
Irina ebbe paura. Detestava William, ma tante volte ubbidiva ai suoi ordini
perché lo temeva. Era lui il più forte tra loro due, e non solo fisicamente.
Qualunque cosa volesse, riusciva a ottenerla, anche da lei. E quando la
guardava in quel modo, voleva solo una cosa…
Irina si spostò di
scatto, aggirando l’auto sulla quale era appoggiata, mettendo una certa
distanza tra loro. Rimase a fissarlo, spaventata e arrabbiata al tempo stesso.
<< Stammi
lontano >> disse.
<< Perché?
>> ribatté lui, ma rimase fermo, << Non posso
avvicinarmi alla mia ragazza? >>
Irina fece una
smorfia, ma non ebbe il coraggio di contraddirlo. Tra loro due, era lui quello
che credeva di avere qualche legame con lei.
<< Ti tratto
da regina, bambolina >> disse William, << Ti lascio fare sempre
quello che vuoi, nessuno osa toccarti o contraddirti. Con te sono stato
clemente molto di più rispetto a chiunque altro… >>
“Tutte stronzate”pensò
Irina, “E’ proprio il soprannome che mi
dai a descrivere ciò che sono: la tua bambola. Hai voluto me solo perché io non
volevo te… E alla fine sei riuscito comunque a ottenere quello che volevi…”
Non ebbe il
coraggio di dire quello che pensava, però. Aveva
troppa paura di lui, e sapeva che si sarebbe arrabbiato.
Per fortuna, Hanck entrò nel capannone proprio in quel momento. Li
guardò stranito per un attimo, poi disse, rivolto a William: << Glielo hai detto? >>
<< No
>> William tornò a guardarla, poi spiegò: << Voglio una macchina
nuova, e mi è giunta voce che stasera passerà dalle nostre parti una bisarca
che trasporta una Lamborghini Revènton… Voglio
rubarla. Dimitri si occuperà di tenere a bada la polizia, Hanck
rallenterà la bisarca. Io e te li seguiremo, e al
momento giusto io salirò sulla Revènton… >>
<< D’accordo
>> disse stancamente Irina, abbassando lo sguardo sul pavimento.
Un altro incarico
ingrato. Rubare una macchina da un milione di euro, un mostro
di potenza da cinquecento cavalli, tutto per togliere uno sfizio allo Scorpione.
<< Ci
troviamo stasera alle nove a casa mia >> disse William, poi le fece cenno
di andarsene.
Senza aggiungere
altro, Irina uscì dal capannone e raggiunse l’Audi, arrabbiata con se stessa e
con il mondo. Era così stupida che non faceva nulla per opporsi allo Scorpione:
era proprio la sua bambola.
Salì sull’auto, poi
fece retromarcia e si avviò verso casa.
Ore 20.00 – Club Red
Xander entrò nel pub poco
affollato, guardandosi intorno incuriosito. Il Club Red era diverso dal Gold Bunny: più piccolo, più
nascosto e anche più losco. Un paio di tipi poco raccomandabili stavano seduti a un tavolo a sniffare quella che era
cocaina.
Cercò con lo
sguardo lo Scorpione, che mezz’ora prima lo aveva chiamato per dirgli di
raggiungerlo al Club Red per parlare di cose “importanti”. Non lo vide da
nessuna parte, così avanzò fino al bancone, dove un cameriere dall’aria gay gli gettò un’occhiata illuminata e mise da parte il
bicchiere che stava lavando.
<< Sono qui
per vedere lo Scorpione >> disse Xander.
Il cameriere lo
guardò da capo a piedi, sorrise e disse: << Il tavolo in fondo >> e
fece un cenno con la testa alle sue spalle. William lo aspettava, solo, seduto
a un tavolo appartato, che beveva da un bicchiere quasi vuoto.
Xander ringraziò il
cameriere e raggiunse il numero 1 della BlackList, sedendosi di fronte a
lui.
<< Ciao Alexander
>> lo salutò William con un sorriso, facendo un segno con la mano al
cameriere di portare altro da bere, << E’ un piacere rivederti.
Bellissima vittoria, la tua >>.
<< Tutto sommato è stato abbastanza facile >> disse Xander.
William ridacchiò.
<< Me ne sono accorto >> ribatté, << Il tuo vantaggio ne era
la prova >>.
<< Come mai
hai voluto vedermi qui? >> chiese Xander,
gettando uno sguardo al locale.
<< Anche questo
posto è mio >> rispose William, << E sapevo
che a quest’ora non ci sarebbe stato nessuno di nostra conoscenza… A me piaci
molto, Alexander, ma non è altrettanto per i miei amici >>.
Xander lo guardò negli
occhi, e scoprì che non stava scherzando. Lui aspettò qualche momento prima di
continuare, serio: << Sei davvero bravo con le macchine. Maledettamente
bravo. Tutti si sono accorti che gli unici che possono darti davvero del filo da torcere sono i primi tre della BlackList, e questo capita assai di rado. Normalmente chi
arriva a sfidare Fenice, o il Mastino, oppure me, ci impiega diversi mesi. Tu
in tre settimane sei già al sesto posto >>.
<< Ma ho saltato tutti gli altri >> obiettò Xander, con un finto sorriso.
William sventolò
una mano con aria noncurante. << Sì, ma anche se io non ti avessi fatto
sfidare subito il Dragone, saresti arrivato a lui nel giro di poche settimane >>
rispose, << Hai talento, e mi interessi. Quando
si è bravi come me è difficile trovare avversari alla
tua stessa altezza. Non nego che sono impaziente di poter gareggiare con te, ma
i miei amici non sono d’accordo: pensano tu sia un pericolo per loro. Si sono
abituati troppo a stare dove sono, e hanno paura di perdere il loro posto… >>.
<< Quindi? >>.
<< Quindi, io
voglio farti arrivare il prima possibile a sfidare me.
Ma prima voglio che tu sconfigga gli altri tre
rimanenti: Cobra, Fenice e Mastino >>.
William sembrava
molto divertito. Mise le braccia dietro la testa e continuò, sorridendo:
<< Avranno paura, e faranno di tutto per batterti. Sarà bello vederli
finalmente darsi da fare, e siccome mi piaci, ti metto in guardia: saranno
pronti a tutto pur di non farti vincere >>.
Xander agitò il contenuto
del suo bicchiere, pensieroso. Irina aveva ragione: stava entrando nelle grazie
dello Scorpione, e in più sembrava reputarlo molto forte. Poteva sperare di
avvicinarsi a lui abbastanza da raccogliere informazioni schiaccianti e poi
farlo mettere dietro le sbarre.
<< Posso già
sfidarli, allora >> disse, bevendo il suo drink.
<< Quando
vuoi >> ribatté lo Scorpione, << Hai il mio numero di telefono.
Quando ti senti pronto, chiamami >>.
Xander annuì, pensando
che la conversazione fosse finita. William però ridacchiò e disse: <<
Devo dire che anche la corsa dopo la tua non è stata
male >>.
<< Ti
riferisci alle due ragazze? >> domandò Xander,
anche se sapeva già la risposta.
<< Sì. Una
era Vera, “la pazza” come la chiamo io >> spiegò William, << Per
quanto riguarda l’altra… Hai avuto modo di conoscere Fenice, la ragazza più
forte che io conosca >>.
Il tono usato dallo
Scorpione per parlare della sua “pilota di fiducia” non era di rispetto o di
orgoglio, ma era di divertimento, quasi di derisione. Non sembrava stimarla poi
tanto, riferendosi così a lei.
<< Per quale
motivo si sono sfidate? >> chiese Xander,
curioso di vedere cosa gli avrebbe risposto il ragazzo.
Lui sorrise.
<< Dovevano chiudere una faccenda tra loro… Si sono sempre detestate.
Cosa ne pensi di Irina, Alexander? >>.
William lo stava
scrutando, pronto a soppesare ogni parola che lui avrebbe detto. Già la volta
precedente aveva capito che la mostrava come il suo trofeo personale, ma che
non autorizzava nessuno a toccarla. Stava sondando il terreno per fargli capire
che non doveva azzardarsi ad avvicinarsi troppo a lei, ma Xander
voleva rischiare.
<< E’ molto
bella >> rispose, << E anche molto forte, stando a quello che ho
visto… Ma non credo che sfidarla sarà un problema >>.
Lo Scorpione
ghignò, divertito. << Forse per te >> disse, << Ma qui la
gente la pensa diversamente. Se si incazza è in grado
di farti capire perché qualcuno la chiama “la belva”… >>
Xander non capì dove volesse andare a parare, con quel discorso. La
stava dipingendo per quella che forse non era. Sorrise, poi disse: << In
fondo è solo una ragazza >>.
William sorrise a
sua volta. << Lo pensavo anche io, prima di
conoscerla >> disse, << Poi mi sono ricreduto. Lo sai perché
nessuno osa apostrofarla? Perché nessuno le manca di rispetto? >>
“Perché tu hai fatto capire chiaramente che faresti fuori chiunque ci provi”.
Xander si strinse nelle
spalle.
<< Perché la
temono… Non puoi domarla se non sei più forte di lei >> disse William,
teatrale.
“Domarla?”” pensò Xander.
Non gli piacque il vocabolo che William aveva usato per Irina, e la sensazione
che ebbe fu la stessa di quando aveva parlato con White…
<< E comunque
>> continuò lo Scorpione, << Irina non si tocca… Non si tocca
perché è mia >>
Ecco dove voleva
arrivare. Stava mettendo in chiaro che se voleva stare nel gioco, c’era una
regola da rispettare: tenersi lontano da Fenice.
Assumendo un’aria
distaccata, Xander buttò già l’ultimo sorso del suo
bicchiere. << Quindi tu sei riuscito a… “domarla”?
>> domandò, indifferente.
William gli lanciò
un’occhiata penetrante, poi sorrise. << Sono l’unico che è in grado di
farlo… Per questo mi appartiene >>
Il discorso stava
prendendo una strana piega, e Xander iniziava a
innervosirsi. Che lo Scorpione parlasse di Irina in quel modo ossessivamente
possessivo gli dava fastidio, soprattutto ora che sapeva che la ragazza non era
della stessa opinione. William voleva dare l’idea che il rapporto tra lui è
Fenice fosse basato sulla vera fiducia, quando era tutto il contrario e lo
Scorpione era il primo a saperlo…
Si morse la lingua
per evitare di dire qualcosa di eccessivamente provocatorio, posò il bicchiere
e poi ghignò: << Ho compreso il problema… >>
“Ma rimango comunque libero di
fare quello che voglio… E lo stesso vale per lei”.
<< Bene,
Alexander >> disse lo Scorpione, alzandosi, ora più amichevole, <<
Ci vediamo presto per la tua prossima gara >>.
E lasciò il locale,
facendogli un cenno di saluto.
Ore 21.00 – Autostrada
<< Andiamo >>.
William chiuse la
porta del lato passeggero della Grande Punto, facendo a Irina un cenno della
testa. Lei accese il motore e i fari allo xeno, poi lasciò l’Autogrill
immettendosi nella corsia di accelerazione dell’autostrada. Dietro di lei,
l’Audi A3 con Hanck e la Eclipse verde guidata da Dimitri.
Premendo sul
pedale, Irina si piazzò sulla corsia di sorpasso e guardò nello specchietto
retrovisore, tenendo d’occhio le due auto dietro di lei.
Lo Scorpione,
perfettamente rilassato, guardò fuori dal finestrino e disse: << E’
passato poco fa… Ci vorrà poco per raggiungerlo >>
<< Ci sono auto della polizia a scortarlo? >> domandò lei,
superando rapidamente un furgoncino.
<< Due, forse
tre >> rispose William, << Ho incontrato Alexander Went, un’ora fa >>.
Irina lo guardò con
la coda dell’occhio, e cercò di rimanere impassibile quando gli chiese:
<< Come mai? >>
<< Gli ho
detto che può sfidare gli altri membri della Lista quando vuole >> disse
il ragazzo, << Ha un certo talento... Sono ansioso di sfidarlo >>
<< Fallo
subito, allora >> buttò lì Irina.
<< No, voglio
tenerlo d’occhio prima >> ribatté William, poi accennò a qualcosa davanti
a loro, << Eccola. Vai bambolina, raggiungiamolo
>>.
A un centinaio di
metri da loro, sulla corsia di destra, c’era una bisarca che procedeva a bassa
velocità, e che trasportava un’unica auto coperta da uno spesso telo nero. Due
auto della polizia la seguivano a breve distanza, le sirene che lampeggiavano
nella notte buia.
Irina rallentò e si
spostò nella corsia centrale, aspettando gli ordini di William. Lui prese la
ricetrasmittente che teneva alla cintura insieme a una pistola, e disse nel
microfono: << Hack, passa
davanti. Devi rallentarli >>.
L’Audi li superò e
andò a piazzarsi davanti al camion, mentre i poliziotti sembravano allarmarsi. La ragazza vide uno di loro parlare al telefono.
<< Chiamano i
rinforzi >> disse, preoccupata.
<< Dimitri,
guardaci le spalle… Preparati a toglierceli di torno >> William guardò
Irina, << Affiancati, dobbiamo fare in fretta >>.
La bisarca stava
rallentando, ormai sotto la soglia dei 50 km/h: Hanck
stava frenando proprio davanti a lei. La ragazza si portò a sinistra del
rimorchio, mentre la Eclipse
iniziava a infastidire le auto della polizia. Furono costrette a spostarsi
nella corsia centrale, lasciando il camion in balia dei nuovi arrivati. Gli
altri automobilisti suonavano il clacson, arrabbiati per l’ingorgo che si stava
formando.
Improvvisamente,
l’Audi inchiodò e la bisarca fece lo stesso. Irina fermò l’auto, scatenando una
serie di frenate a catena, mentre la polizia accendeva la sirena, bloccata da
Dimitri. William scese dall’auto con un guizzo e si arrampicò sul rimorchio. Un
secondo dopo, Irina ripartiva di scatto, sgomberando la strada.
La bisarca tornò a
muoversi, con William che strappava il telo nero e scopriva la
Lamborghini Revènton grigio titanio,
infilandosi dentro l’abitacolo. Hanck andò a dare man
forte a Dimitri, bloccando la polizia lungo la corsia di sorpasso. Le sirene
suonavano incessantemente.
Sempre seguendo il
camion a poca distanza, Irina vide William seduto nell’auto, che riuscì
miracolosamente ad accendere il motore. Abbassò il finestrino, poi tirò fuori
la pistola e mirò al meccanismo che teneva ancorata la Lamborghini, impedendole
di scivolare giù. Sparò un solo colpo, poi Irina vide accendersi la luce bianca
posteriore della retromarcia.
<< Sta
lontana >> gracchiò la ricetrasmittente appoggiata sul cruscotto della
Punto.
La ragazza rallentò
lasciando spazio allo Scorpione. Con il fiato sospeso, guardò la Lamborghini
arretrare e poi scivolare giù dalla bisarca in corsa tra una miriade di
scintille, ma perfettamente integra. Il bassissimo paraurti posteriore strisciò
sull’asfalto con uno stridio, facendo venire via la vernice metallizzata.
Rallentò per un momento, poi accelerò di colpo.
<< Perfetto,
possiamo andare >> disse William, dal microfono.
In quel momento
Irina notò un puntino luminoso nello specchietto, e con orrore si rese conto
che stavano arrivando altre auto della polizia.
<< Ne arrivano
altri! >> gridò nella ricetrasmittente.
La Lamborghini
superò in un attimo la bisarca che si stava fermando nella corsia di emergenza;
le due auto della polizia si gettarono al suo inseguimento, le sirene spiegate.
<< Levatemeli
di torno >> sentì dire William nel trasmettitore, << Finiranno per
rovinarmi l’auto… >>.
Irina raggiunse la
Lamborghini, costringendo uno degli sbirri a una brusca sterzata a destra.
Dimitri si occupò dell’altro, speronandolo così forte da farlo andare in testa
coda. Hanck superò William, aprendogli la strada tra
le auto degli ignari automobilisti, sbalorditi dalla scena a
cui stavano assistendo.
All’improvviso,
nello specchietto retrovisore della ragazza comparvero
una decina di auto della polizia a sirene spiegate, con i lampeggianti blu e
rossi che illuminavano l’autostrada sempre più affollata.
<< Cazzo!
>> sbottò Irina, accelerando.
<< Irina…
>> gracchiò la trasmittente: era Dimitri, << Sbarriamogli la
strada… >>
La
Eclipse e la A3 si affiancarono ai suoi lati, occupando
completamente la carreggiata dell’autostrada e impedendo alla polizia di
seguire la Lamborghini. Con uno scatto impressionante, la Revènton
sparì in un attimo, i fari a led che brillavano nella notte.
Irina controllò
dietro di lei: un poliziotto le stava appiccicato al retrotreno. Guardò Dimitri
alla sua sinistra e lui le fece un cenno: “ognuno per
sé”, stava dicendo. Era ora di tagliare la corda.
Procedettero fianco a fianco per un paio di chilometri, aspettando di
raggiungere la prima uscita dell’autostrada. William doveva essere riuscito a
scappare, perché non c’era più traccia di lui. I poliziotti continuavano a
tallonarli, ma c’erano troppe auto di civili per fargli tentare una manovra
azzardata.
La
Eclipse svoltò bruscamente a destra, imboccando
l’uscita. Un paio di volanti la inseguirono, ma il
resto rimase dietro la Punto e la A3.
La ragazza premette
a fondo l’acceleratore, in ansia. Doveva togliersi di torno in fretta, prima
che i poliziotti riuscissero a organizzarsi meglio. Vide Hanck
alla sua sinistra, che con uno scatto le passò davanti e poi imboccò la corsia
di emergenza. Aveva adocchiato una via di fuga, molto probabilmente.
L’autostrada si
stava svuotando, e gli sbirri iniziavano a diventare più aggressivi. L’Audi A3
sparì all’improvviso, portandosi dietro altre tre volanti, ma le cinque rimaste
le rimasero alle calcagna: tra loro tre era lei quella che aveva la taglia più
alta.
“E adesso che faccio?!”
pensò Irina, esasperata.
Spense i fari per
rendersi meno visibile, affidandosi solo alla luce delle poche auto che erano
rimaste sulla strada. Doveva trovare il modo di uscire il prima possibile, ma
tre volanti le bloccavano ogni via di fuga a destra. Accelerò ancora, sfiorando
i 190 km/h, pronta a fargli mangiare la polvere: non
potevano competere in velocità.
All’improvviso, un
furgone nero le si parò davanti, e lei fu costretta a
una brusca sterzata a sinistra. Sentì qualcosa cozzare contro il suo
posteriore, poi un centinaio di metri più avanti vide due altre auto della polizia,
sbucate da chissà dove.
“Ma quanti sono?!”
Colta dal panico,
tagliò la strada a una Ford bianca, imboccando la corsia di emergenza nella
speranza di superarle. Ci riuscì, ma all’ultimo una volante la chiuse a destra.
La portiera della Punto strusciò contro il guard-rail, così accelerò per
togliersi dall’impiccio.
Un attimo dopo, due
volanti avevano stretto il posteriore della Punto con i musi anteriori delle
auto, nel disperato tentativo di fermarla. Irina digrignò i denti quando sentì
la vernice bianca venire via e i pezzi di vetro dei fari cadere sull’asfalto…
Sperando di
riuscire a liberarsi dalla morsa, inchiodò di colpo poi accelerò di nuovo.
Superò a destra un’auto bianca e cercò di trovare una via di fuga.
Xander vide una Grande Punto
bianca superarlo a elevata velocità, seguita da setto o otto macchine della
polizia a sirene spiegate. Non gli ci volle che un secondo per rendersi conto
che era l’auto di Irina.
“Che diavolo fa?” pensò.
Una dopo l’altra,
le volanti lo superarono, inseguendo la Punto che stava perdendo una parte del
paraurti posteriore.
Xander scalò una marcia e
poi si gettò dietro al gruppo di auto, deciso a intervenire. Stava tornando a
casa da San Francisco, dov’era andato a ordinare l’auto nuova…
Irruppe tra le auto
della polizia all’improvviso, disperdendole. La Punto procedeva a pochi metri
da lui. Afferrò il cellulare e chiamò quello che aveva dato a Irina.
<< Xander! >> gridò lei, dall’altra parte del telefono.
<< Irina,
scappa adesso. Alla polizia ci penso io. Vai a casa. Troviamoci lì >>
ordinò Xander, costringendo una volante a spostarsi a
sinistra, chiudendole la strada.
<< Ma… >>.
<< Muoviti! >>
Chiuse la telefonata
e gettò il telefono sul cruscotto. Controllò che non ci fossero civili a poca distanza
da lui, poi tirò il freno a mano con decisione.
La BMW si girò
tutta da una parte con uno stridore di pneumatici assordante, mettendosi in
diagonale sulla carreggiata. Le volanti inchiodarono e
alcune sterzarono, andando a sbattere l’una addosso all’altra. Sbalorditi dalla
sua manovra, i poliziotti premettero a fondo il freno, cercando di non andargli
addosso. Qualcuno suonò il clacson, tra il caos generale.
Rimase per trenta secondi fermo in diagonale lungo l’autostrada, giusto
il tempo per permettere a Irina di dileguarsi, poi accelerò di colpo, facendo
pattinare le ruote posteriori e ritornò nella giusta direzione. Fumo bianco si
alzò dagli pneumatici quando schiacciò a fondo l’acceleratore, ripartendo a
tutto gas, pronto a darsi alla fuga.
Ore 23.30 – Casa
Irina camminava
avanti e indietro sul vialetto di casa, inquieta. La Grande Punto era
parcheggiata nel garage, le fiancate rigate e i fari scheggiati. Il posteriore
era stranamente deformato, la dove le auto della polizia l’avevano stretta
cercando di fermarla.
Quando finalmente la
M3 bianca comparve sulla strada, perfettamente integra, gettò un sospiro di sollievo. Xander
parcheggiò l’auto vicino al marciapiede, uscì e gettò uno sguardo verso di lei
e poi verso la Punto.
<< Stai bene?
>> le domandò, serio.
<< Sì >>
rispose la ragazza, << Sì… Tu? >>.
Non poteva negare a
se stessa che trovarselo lì davanti sano e salvo le dava un certo sollievo. Con
la coda dell’occhio vide la tenda del soggiorno scostarsi, e suo padre guardare
fuori.
<< Cosa ci
facevi lì? >> chiese Xander, con una nota di
minaccia nella voce.
<< Stavamo…
William voleva… >> Irina non riuscì a finire la frase, perché lo sguardo
gelido di Xander la spaventò. Forse si era giocata la
sua fiducia.
<< Allora
anche i furti di auto sono opera vostra >> disse lui, secco, <<
Dovevo immaginarlo >>.
Irina rimase in
silenzio, senza sapere cosa dire.
<< Gli altri?
>> chiese Xander.
<< Sono tutti
scappati… >> rispose la ragazza, intimorita, << I poliziotti hanno
seguito quasi tutti me… >>
<< Cosa avete rubato? >>
<< Una
Lamborghini Revènton >>
Xander la guardò, e una
strana scintilla passò nei suoi occhi. << Perché non me ne hai parlato?
>>
Irina deglutì,
sperando che le credesse. << Non pensavo che potesse interessarti…
>> rispose lentamente, << Non mi è passato per la testa di dirtelo…
Di norma non vado mai con loro a fare queste cose… Non sono auto per me…
>>.
Vedendola in difficoltà,Xander alzò le mani.
<< D’accordo, non fa niente >> disse, << Non c’è nessun problema,
non importa. Meno male che passavo di lì, altrimenti a quest’ora ti trovavi dietro le sbarre >>.
Il ragazzo sorrise,
segno che non era arrabbiato.
<< Già…
>> disse lei, << Grazie per l’aiuto. Non mi era mai capitato un
inseguimento del genere… Di solito non sono così aggressivi >>
<< Non erano
di Los Angeles >> spiegò Xander, << Erano
della polizia federale, e avevano auto potenziate.
Sapevano che c’era il rischio di incorrere in Challagher
>>, posò lo sguardo sulla Punto con il paraurti cadente, poi tornò a
guardare lei, << Sicura di stare bene? >>
<< Sì, sì,
non mi sono fatta nulla. Forse la macchina non la pensa come me, ma la farò
rimettere a posto… Posso chiederti cosa ci facevi sull’autostrada? >>.
Xander ghignò. << Non
potresti chiedermelo, ma ti rispondo lo stesso. Sono andato a “cercare” una
nuova auto >>.
<< Ehi! >>
gridò qualcuno.
I due si girarono di
scatto, e videro Todd marciare sul vialetto, minaccioso, con una bottiglia di
birra in mano.
<< Cosa ci
fai tu qui? >> chiese.
Irina non capì a
chi di loro due si riferisse. Guardò per un secondo Xander, che ricambiò il suo sguardo, poi rispose: << Cosa
c’è? >>.
<< Non
dovresti essere da William? >> chiese l’uomo.
<< C’è stato
un contrattempo >> rispose Irina.
Suo padre squadrò
da capo a piedi Xander, con un’espressione di
disgusto sul viso. << E tu levati dai piedi >>.
Irina spalancò gli
occhi, colta alla sprovvista dalla frase di suo padre. Xander,
però, reagì in modo del tutto inaspettato. Sorrise, indulgente, e disse:
<< Piacere di conoscerla, signor…? >>.
L’uomo lo guardò
come se lo avesse insultato, e non rispose subito. << Tu chi sei? >>.
<< Alexander Went >> rispose il ragazzo, senza dare segno di non
gradire il comportamento nei suoi confronti.
<< Bene, Alexander
Went >> disse l’uomo, << Vattene >>.
<< Papà! >>
gridò Irina, << Torna in casa, per favore. Ora tornerò da William, ma torna in casa >>.
Era arrabbiata con
suo padre, ma non osava dirgli niente di più. Non voleva peggiorare la
situazione, perché sapeva che lui avrebbe reagito malissimo. La guardò livido
di rabbia per l’affronto che pensava di aver appena subito, quindi si voltò e
tornò in casa.
Xander seguì con lo
sguardo l’uomo finché lui non sparì dietro la porta. Poi tornò a guardare
Irina, con un’espressione indecifrabile.
<< Scusami >>
disse lei, << Mi dispiace, ma l’educazione non è una cosa che mio padre
ha imparato. Ti chiedo scusa per il suo comportamento >>.
Xander la guardò e
sorrise, come se quello che era appena accaduto fosse qualcosa di pochissima
importanza. << Non fa niente, Irina >> disse, << Non è un
problema. Sono abituato a trattare con persone del genere. Sono tutti così, a
casa tua? >>.
Irina annuì,
imbarazzata. << Ora capisci perché non voglio che nessuno venga a casa
mia quando ci sono loro >>.
Guardò l’orologio,
e aggiunse: << Credo di dover andare, ora. William mi starà aspettando
per contemplare la sua macchina nuova >>.
<< D’accordo.
Allora ci sentiamo. Devo farti vedere anche io la mia
macchina nuova >>. Xander ghignò, poi si voltò
e salì sulla BMW.
Spazio Autrice
Smemo92:ciao cara! Certo,
ci sono ancora un sacco di cose da scoprire su Irina,
non è mica finita qui… Ha detto solo parte della verità, e il resto continua a tenerlo
per sé. Xanderlo ha capito,
o almeno lo sospetta. Sul fatto che insieme siano carini… Bé, è il minimo che
possa succedere… (E qui ridacchio come una scema…).
Non dico nient’altro, tanto si è già capito! Grazie ancora per i complimenti! Un
bacio enorme!
Il professore
salutò gli studenti e uscì dalla classe, mentre Irina riponeva dentro la tracolla il quaderno e le penne. Katy, di fianco a lei, tirò un sospiro di
sollievo, stremata.
<< Questa
lezione è stata interminabile >> disse, abbandonandosi contro lo
schienale della sedia, << Vi prego, la prossima volta sparatemi >>.
<< Tranquilla,
ci pensiamo noi >> ribatté Angie, chiudendo lo
zaino e gettandoselo in spalla.
Irina e le tre
ragazze uscirono dall’aula, mischiandosi alla folla di studenti. Una dietro
l’altra uscirono dal palazzo, sotto il sole caldo di
maggio. Diversi ragazzi si avviarono verso il parcheggio del campus, mentre lei
e le tre amiche si fermavano vicino al marciapiede.
<< Ragazze,
domenica prossima andiamo in spiaggia? >>
domandò Jenny, precedendole lungo la strada.
<< D’accordo
>> disse Irina, poi si accorse di qualcosa, o meglio, di qualcuno.
Parcheggiata a una
cinquantina di metri da loro, vide un’auto che non poteva passare inosservata a
un’esperta come lei: una Maserati Granturismo S, nero lucido e cerchi in lega
diamantati. E, appoggiato alla macchina con aria strafottente, c’era Xander. Sorrise e la salutò con la mano.
<< Irina, chi
è quello??? >> chiese Jenny, gli occhi che fra
un po’ le uscivano dalle orbite. << Giurami che non ti ha appena salutato!
>>.
“Ma è scemo?” fu la prima cosa che pensò Irina, poi sorrise nel vedere
la reazione delle tre amiche. Fissavano Xander come
se fosse un angelo sceso dal cielo, e in fondo non poteva biasimarle. A vederlo
lì, con lo sguardo divertito e l’aria da furbo, era davvero carino.
“D’accordo, non è solo carino…”
La ragazza si
riscosse, guardò Jenny per un momento e spiegò: << E’ il nostro novellino
>>.
Jenny strabuzzò gli
occhi, e Irina si trattenne dal ridere. << Quello un novellino? >>
disse, senza fiato, << Sarà anche un novellino, ma è un gran… >>.
Angie la interruppe
prima che potesse finire. << Jenny, falla finita. Asciugati la bava e
andiamo, che Irina ha di meglio da fare che ascoltare le tue cavolate >>.
La ragazza la
guardò con sguardo di fuoco, ma le tre la salutarono con la mano e sparirono in
mezzo agli altri studenti. Con un sospiro esasperato, Irina si avviò verso Xander, che aveva attirato lo sguardo di diverse ragazze, e
non solo. Un gruppo di studenti del terzo anno ammirava da lontano la Maserati
nera.
<< Cosa fai qui? >> chiese Irina, cercando di apparire
arrabbiata: in realtà le faceva piacere che lui fosse venuto.
<< Allora,
cosa ne dici? >> domandò, il ghigno lupesco che
scintillava nel sole di maggio. Allargò le braccia, mostrando la Granturismo.
<< Dico che
sei uno scemo >> rispose Irina, con un sorriso, << Rischi di
mettere entrambi nei guai, venendo qui. E se qualcuno
ci vedesse? >>.
<< Allora
affrettati a salire >> ribatté Xander,
ghignando << Così non ci vedrà nessuno >>.
Irina scosse la
testa, indecisa se arrabbiarsi o mettersi a ridere. Aprì la porta dell’auto ed
entrò nell’abitacolo, seguita dal ragazzo. Vide qualche studente guardarli
mentre partivano, il motore che rombava fluido e corposo.
Xander sembrava
divertito, e Irina lo guardò, cercando di trattenersi dal sgridarlo. Aveva
fatto una cosa avventata, ma nessuno era mai venuto a prenderla all’uscita da
lezione, ed era una novità che le fece piacere.
<< Perché sei
venuto? >> chiese.
<< Ti avevo
detto che avrei dovuto farti vedere la mia nuova auto >> rispose lui.
<< Come
facevi a sapere dove ero, e a che ora uscivo? >>
domandò Irina, curiosa.
<< Posso
scoprire qualunque cosa, se voglio >> ghignò Xander,
divertendosi un mondo a dare risposte enigmatiche. << Cosa
avevano da ridere le tue amiche? >>.
<< Non si vede tutti i giorni uno con una macchina del genere >>
rispose Irina, guardando fuori dal finestrino. << Mi hanno chiesto se ti
conoscevo >>.
<< E tu cosa
gli hai detto? >>.
Fu il turno di
Irina di ghignare. << Gli ho detto che eri il novellino >> rispose.
<< Ah sì? >>
disse lui, << Hanno mai visto un novellino fare un testacoda a cento all’ora? >>.
Irina si allarmò, credendo che lui stesse per fare una manovra del
genere, ma poi si accorse che stava scherzando. Xander
girò a destra, diretto a casa sua.
<< Vuoi
venire a mangiare da me? >> domandò.
<< E’ meglio
che vada a casa >> rispose Irina, << C’è mio padre, e hai visto come è fatto. Forse è anche meglio che mi lasci all’angolo,
così non ti vede >>.
<< D’accordo >>
Xander si fermò sotto un albero, mettendo l’auto in
folle, << Ma uno di questi pomeriggi devi venire
a darmi qualche dritta sulle prossime gare, perché ho l’impressione che non
saranno facili >>.
Irina sorrise.
<< Va bene. Ma questa volta vengo con la mia
macchina, chiaro? >>.
Ore 15.00 – Garage di Max
Irina guardò la Punto rimessa a nuovo, dopo
il disastroso inseguimento di pochi giorni prima. Max stava passando un panno
morbido sulla fiancata, esaminando attentamente la vernice in cerca di graffi.
<< Bé, ti è
andata abbastanza bene >> stava dicendo il meccanico, << Nonostante
ti abbiano pinzato il posteriore, il paraurti non si è
staccato del tutto. Però ho dovuto cambiarlo lo stesso
>>.
Irina sospirò:
quelli erano altri soldi che volavano via dal suo portafoglio, spesi per una
sua disattenzione e che l’allontanavano dall’azzerare
il suo debito.
<< In tutto
quanto c’è da pagare? >> chiese.
<< 2.500 dollari
>> rispose Max, << Ma possiamo pagare con
calma >>.
Irina tirò fuori il
portafoglio, e prese un fascio di banconote: l’importo era esattamente quello
che aveva quantificato, e si era preparata. Porse i soldi a Max, ma lui non li
prese subito.
<< Davvero,
ho anticipato io >> disse, << Puoi ridarmeli senza fretta >>.
<< Non fare
lo stupito >> ribatté secca Irina, << Prendi i soldi e non fare
storie. Non mi piace avere debiti, e poi la macchina è la mia, quindi sono io
che devo pagare >>.
Il ragazzo prese i soldi, ancora riluttante. La guardò si sottecchi,
mentre lei apriva la porta della Punto e si sedeva sul sedile, i piedi a penzoloni.
<< Allora il
tuo amico ha fatto carriera >> disse improvvisamente Max, rimettendo in
ordine il bancone.
Irina lo guardò,
girato di spalle.
<< Sì.
Evidentemente sta piuttosto simpatico a William >> rispose Irina,
cercando di sembrare neutra.
Le parve che Max
facesse una strana smorfia, ma non indagò.
<< Dì pure
che gli stai dando una mano >> disse.
Irina alzò gli
occhi al cielo. << Ancora questa storia. Ne abbiamo parlato
l’altra volta: se hai qualcosa in contrario, non posso farci nulla >>.
Il meccanico si
voltò, quasi stizzito. << Non è questo. Ti stai fidando troppo di lui >>.
Irina lo guardò,
stupita. << Che stai dicendo? >>.
<< Ti conosco
da anni, e non è mai successo che ti facessi portare in giro da uno che conosci
da così poco tempo >> rispose secco Max, offeso, << Ti è
addirittura venuto a prendere all’uscita dall’università, o sbaglio? >>.
<< Come lo
sai? >> chiese Irina, arrabbiata.
<< Perché
guarda caso c’ero pure io, ma non mi hai nemmeno visto >> rispose il
ragazzo, << Avrà anche una Maserati Granturismo, ma io rimango sempre tuo
amico >>.
Irina fece mente
locale, cercando di ricordare se avesse visto una Golf rossa di sua conoscenza
all’uscita dalle lezioni. No, non lo aveva proprio visto.
<< Dov’eri? >>
chiese.
<< Sulla
strada dove di solito passi a piedi >> rispose Max, le braccia
incrociate.
<< E grazie
che non ti ho visto! >> sbottò Irina, << Ti
sei messo in un posto dove ti avrei visto solo se ti
fossi passata di fianco. Avevi solo da venire più vicino… Non ho due anni Max,
e non c’è bisogno che mi controlli come se fossi una bambina >>.
<< Non ti sto
controllando >> ribatté Max. << E comunque non avevi
detto che non ti piace che qualcuno ti venga a prendere all’uscita da lezione?
>>
<< E invece
sì che mi controlli>> disse Irina, sempre più arrabbiata e ignorando la
sua ultima domanda, << Sai cosa faccio, sai chi vedo e sai pure quando
esco e torno a casa. Questo non è controllarmi? Perché lo fai? >>.
Il meccanico si
voltò e guardò il soffitto, sbuffando. << Perché tu sei un’ingenua, Irina
>> rispose, << Ti farai fregare. Xander
non è qui in vacanza: è venuto per farci arrestare tutti, e non gli interessa
minimamente di te, e di nessun altro. Ha solo bisogno del tuo aiuto, ma al
momento opportuno ti volterà le spalle e tu finirai dietro le sbarre proprio
grazie a lui >>.
Irina rimase in
silenzio, ferita da quelle parole. Non voleva credere a ciò che diceva Max, ma
sapeva che in quello che aveva detto c’era un fondo di verità: Xander era lì per lavorare, e non per lei. Per quanto fosse
gentile, per quanto fosse disponibile, era venuto a Los Angeles per conto dell’F.B.I., per arrestare più piloti clandestini possibile.
Come sempre, si era dimostrata la solita sciocca.
<< Più si
avvicina a te, più si avvicinerà ad William >>
disse il meccanico.
Irina alzò lo
sguardo su Max, gli occhi scuri che scrutavano il viso del ragazzo. Non lo
avrebbe mai ammesso, ma le stava facendo male. Le piaceva Xander,
inspiegabilmente riusciva a fidarsi di lui. Non le era mai successo prima.
<< Torno a
casa >> disse, chiudendo la porta dell’auto.
Max si avvicinò, e
dal finestrino aperto disse: << Scusami Irina, ti farà male sentirtelo
dire, ma è la verità >>.
Accese il motore, e
senza una parola uscì dal garage, diretta a casa.
Ore 17.00 – Casa di Xander
Irina parcheggiò la
TT nera davanti a casa di Xander, scese e suonò alla
porta.
Come Xander le aveva chiesto, era venuta per dargli qualche
dritta prima della gara contro il numero quattro della BlackList, Jim Whitman. Aveva lasciato Tommy da Sandra e
poi si era diretta a casa sua, stranamente rilassata.
Xander le aprì la porta,
conducendola in soggiorno, mentre Nichole, la
domestica, si affacciò dalla cucina per salutarla.
<< Bonjour, mia cara >> le disse.
<< Salve signora >> la salutò Irina, << Tutto bene?
>>
<<
Certamente, mia cara… Accomodati in soggiorno, che vi porto qualcosa da bere
>>
Irina si voltò
verso Xander con un sorriso. << Pronto?
>> domandò.
<<
Prontissimo >> rispose lui, sedendosi sul divano di pelle scura.
<< Bene. Il
prossimo che dovrai sfidare è Jim Whitman, il Cobra >> spiegò Irina,
<< E sarà allora che inizieranno le grane. Fin qui i piloti giocano, ma
quanto inizi ad arrivare ai vertici della lista le cose si fanno pericolose.
Non c’è nessuna regola, a parte una: vincere.
<< Le auto
che useranno sono tutte fuoriserie, macchine dalla potenza spropositata. E non si
faranno alcun problema a sfasciarti la tua.
Soprattutto se hanno paura, come in questo caso. Giocheranno sporco, e dovrai
stare attento: o li ripaghi con la stessa moneta, oppure finisci fuori >>.
<< Vuol dire
che mi devo preparare ad un bel po’ di danni? >>
domandò Xander, neanche lontanamente preoccupato.
<< Sì, e non
solo. Il rischio di farti del male sul serio è altissimo >>.
<< Anche tu
sei così cattiva? >> chiese Xander, un sorriso
complice che gli increspava le labbra.
Irina fece un
ghigno. << Lo vedrai quando mi sfiderai >> rispose, << Ma no,
io non ammazzo nessuno >>.
In quel momento
nella stanza entrò un ragazzo dai capelli rossi, magro e dinoccolato. Teneva
tra le mani un computer portatile, e sembrava totalmente immerso nella lettura
di qualcosa. Alzò lo sguardo, e finalmente li vide. Sembrò rimanere un attimo
spiazzato, poi disse: << Scusate, me ne vado >>.
<< No, no,
dove vai? Vieni qui >> Xander
si alzò le lo raggiunse, divertito. Afferrò il ragazzo per un braccio e lo
costrinse ad avvicinarsi. Il nuovo arrivato posò il pc
sul tavolino con aria imbarazzata, e disse: << Ciao >>
Irina sorrise,
divertita dalla timidezza del ragazzo, e gli porse la mano: << Ciao.
Piacere, Irina >>.
<< Jess >> disse lui. Si sedette sul divano, e adocchiò
un sacchetto di patatine nel mobile. << Se sono d’impiccio, me ne vado di
là >>.
Xander lo guardò di
sbieco, e rispose: << Rimani. Sei d’accordo, Irina? >>.
Se lui non aveva
nulla in contrario, significava che Jess sapeva che
cosa stava facendo, e molto probabilmente lo stava
aiutando.
La ragazza guardò entrambi, poi disse: << Non c’è nessun problema
>>.
<< Lui è il
nostro informatico >> spiegò Xander, << La
sua aspirazione è sposarsi con un processore >>.
<< E la tua
con un motore da 500 cavalli >> ribatté Jess.
Irina sorrise
divertita. Le sembrò un tipo simpatico. Xander gli
diede una pacca sulla schiena, scherzoso.
<< Allora tu
sei la pilota più forte in circolazione >> disse Jess,
perdendo d’un tratto tutta la sua timidezza.
<< Sono
abbastanza forte da non farmi ammazzare in una gara >> rispose Irina,
<< Ma c’è molta gente più forte di me >>.
Jess guardò Xander, poi insistette: << Avanti, lui mi ha detto
che sei brava >>.
La ragazza guardò Xander, indecisa se essere lusingata o imbarazzata.
<< D’accordo, sono bravina. Però
anche lui non è da meno >>.
<< Stavamo
dicendo? >> li interruppe Xander, con aria
professionale.
Irina lo guardò,
poi disse: << Stavamo dicendo che d’ora in
avanti i piloti saranno sempre più cattivi, e che saranno pronti a tutto pur di
non farti vincere >>.
<< Hai detto
che devo sfidare il Cobra >> disseXander, << Dimmi quello che c’è da sapere >>.
Jess si sporse verso il
computer e iniziò a digitare qualcosa sulla tastiera.
<< Bè, il Cobra è un tipo piuttosto viscido…Con un nome del
genere, si capisce già. Ha una DodgeViper verde ramarro, ed è uno che ti corre addosso. Durante
la gara ti sta appiccicato, pronto a sbatterti fuori al primo errore. Può
contare su una buona ripresa, ma la sua macchina tende a sbandare molto, quindi
ti converrebbe costringerlo a rallentare in curva e stargli lontano, per
evitare che ti venga addosso… Anche perché se può cerca di stringerti mentre
giri >>.
Jess girò il computer
verso di loro. Lo schermo visualizzava una pagina di Youtube,
con un video che mostrava una Punto bianca e una Viper
correre fianco a fianco.
<< Può essere
utile? >> chiese, conoscendo già la risposta.
<< E’ la mia
gara >> disse Irina, sorpresa di trovarsi su Internet, << Non sapevo fosse su Youtube… >>.
<< A dir la verità, ci sono un sacco di tue gare >> disse Jess.
<< Davvero? >>
Irina inarcò un sopracciglio e si avvicinò al monitor, << Bé, guarda cosa
fa ora >>.
La Viper costrinse la
Punto ad avvicinarsi al muro, tanto da sfiorare le vetrine di
un negozio con lo specchietto. Accelerò, si strinse accora più a destra, finché
lo specchietto della Fiat non volò via con un clangore metallico. Poco più
avanti c’era una curva, e se avessero continuato in quel modo
si sarebbero schiantati.
Poi la Punto accelerò, portando il
muso avanti. La Viper fece altrettanto, finché entrambe
non inchiodarono. La Fiat
però accelerò di nuovo, e con una sterzata brusca riuscì a girare a destra,
facendo quasi schiantare la Viper.
<< Wow
>> sussurrò Jess, colpito, << Come hai fatto? >>.
<< Freno a
mano >> rispose Irina, sorridendo davanti alla sua faccia. Guardò Xander e continuò: << Visto di cosa è capace? >>.
Lui bevve un sorso
di Martini e disse: << Ok, ho capito. E’ un tipo piuttosto appiccicoso,
ma spero di levarmelo subito dai piedi >>.
Irina guardò
l’orologio. Erano le sei e mezza. Tirò fuori le chiavi
della macchina, poi disse: << E’ ora che me ne vada. Ci vediamo domani? >>.
<< Se puoi >>
disse Xander.
<< Credo di
sì >> rispose lei, sorridendo.
Xander guardò la ragazza
uscire di casa e salire sulla TT, poi si girò e vide
che Jess lo stava guardando. Si sedette di fronte a
lui sul divano, mentre l’informatico faceva una strana faccia.
<< Cosa c’è?
>> chiese Xander.
<< Niente
>> rispose Jess, evasivo.
<< Smettila di
fare il santo è dimmi cosa stai pensando >> insistette Xander.
L’informatico
rimase in silenzio, poi rispose: << Quella ragazza è incredibile, Xander. Hai visto come guida? E soprattutto, hai visto,
come direste voi piloti, che “carrozzeria”? >>.
Xander alzò gli occhi al
cielo, con un sorriso. Non era difficile notarlo, a dir
la verità. << D’accordo, devo darti ragione >>.
<< E
finalmente! >> gridò Jess, << Allora
almeno fisicamente ti piace! >>.
Xander rise, sapendo che
non si stava sbagliando. Prese il computer e se lo mise sulle ginocchia, mentre
Jess apriva la credenza in cerca come al solito di cibo. Aprì la pagina di Youtube,
e cercò tutti i video che riguardavano Fenice. Ce n’erano centinaia, e tutti
commentati. Molto probabilmente qualcuno si divertiva a filmare le gare e a
metterle su Internet.
Vide tra i titoli
uno che poteva interessargli. “Scorpione vs Fenice”,
diceva. “Allora lo ha
sfidato, una volta” pensò, incuriosito.
Cliccò sopra e
attese che il video venisse caricato. Notò che lo avevano
visto parecchie persone.
Era notte, e la
gara sembrava uno sprint. La
Punto bianca, senza l’aerografia della fenice, era ferma in
mezzo alla strada, e le si affiancò una Mercedes Slk McLaren argentata Un William leggermente più giovane
scese dall’auto e altrettanto fece Irina.
<< Cosa ci giochiamo, bambolina? >> chiese il giovane.
<< Soldi >>
rispose Irina.
<< Soldi? >>
disse lui, poco convinto, << Di soldi ne ho già
tanti… Facciamo così: se vinci ti prendi i miei soldi, ma se perdi mi darai un
bacio >>.
Irina lo guardò con
un misto di disgusto e rabbia, e non rispose. Rientrò in macchina, accese il
motore e attese.
Come Xander si aspettò, la gara finì con la vittoria di William.
Il video però non si fermò subito, e in lontananza si vide William afferrare la
ragazza per un braccio e trarla a sé con poco garbo. Le sussurrò qualcosa, poi
si girò verso il cameraman e gridò: << Spegni la telecamera, idiota! >>.
Xander rimase lì, con
l’amaro in bocca e una sgradevole sensazione allo stomaco. Forse vedere William
che baciava Irina non gli sarebbe piaciuto, ma non
sapere come andava a finire gli diede fastidio. Scorse la pagina, e lesse i
commenti:
“Grande Scorpione”,
“Quella ragazza è uno schianto!”, “Ma quella è davvero una Grande Punto???”.
Poi c’era un ultimo
commento, che diceva: “Ma alla fine come è andata a
finire?”. E poco dopo una risposta: “Io c’ero. La
baciata e se le portata a casa… Che cazzo di fortuna”.
Xander chiuse la pagina,
arrabbiato per aver avuto la grandiosa idea di indagare su Irina e William. Sì,
gli dava fastidio che la ragazza stesse con lo Scorpione, ma sapeva
anche se lui aveva altro da fare invece che distrarsi in quel modo.
Jess gli mise una mano
sulla spalla, all’improvviso. Stava mangiando qualcosa, e aveva l’aria di chi
la sa lunga.
<< Lo so, Xander, l’amore è una brutta cosa >> disse, << Sei
cotto come una pera >>.
<< Eh? >>
Xander lo guardò con l’aria stranita, senza però
ammettere che forse c’erano ampie possibilità che lui avesse nuovamente ragione.
<< Che stai dicendo? >>.
<< Stavi
guardando i suoi video >> spiegò Jess, <<
E hai spento appena hai visto che lei baciava un altro… Questo dice tutto. Sai,
mi dispiace per te, ma penso che sarà una cosa difficile… Quel tipo con cui sta
è uno tosto, e lei non è da meno >>.
Xander
sorrise divertito
dalle parole dell’amico. Si appoggiò allo schienale del divano e incrociò le
braccia.
<< Come fai a
saperlo? >> chiese.
<< Ho visto
tutti i suoi video, così almeno quando l’avrei incontrata
sarei stato preparato >> rispose Jess con
sussiego.
<< Ah sì? E
poi hai fatto il timidone? >> ribatté Xander, incredulo.
<< Era la
tecnica migliore, secondo me. Ma stai tranquillo
amico, c’eri prima tu. Io non te la tocco >>.
<< Lo sai che
sei completamente fuori? >>.
Xander gli diede una
pacca sulla schiena così forte che il cibo che aveva in bocca quasi lo soffocò.
Jess sembrava un tipo timido e introverso, ma nella
realtà era tutto il contrario: era un furbo nelle vesti di un ingenuo.
<< Spiegami
la storia della tecnica >> continuò, << Sono proprio curioso >>.
Jess assunse un’aria da
esperto professionista. << Bé, è risaputo che alle ragazze toste piacciono i tipi dolci e teneri. Bisogna fare i timidi
e gli impacciati e ti cadono ai piedi dopo cinque minuti. Da vero esperto quale
sono, ho capito subito qual’era la tecnica giusta da
usare con Irina >>.
Xander inarcò le
sopracciglia, indeciso se dargli del pazzo o prenderlo sul serio. Alla fine,
non si trattenne più e scoppiò a ridere.
<< Ma tu non sei tanto normale! >> disse.
<< Parla per
te… >> ribatté Jess, << Hai intenzione di
continuare a guardarla da lontano con la bava alla bocca, oppure ti vuoi dare
da fare? >>
Xander sospirò. Se anche
il suo amico si era accorto che iniziava ad avere un debole per Irina, la cosa
era grave. Non poteva rischiare che si capisse…
<< Non posso,
Jess >> disse piano, << Sono qui per Challagher. Devo concentrarmi su di lui… E poi comunque
stando a quello che dicono, è fidanzata proprio con lui >>.
<< Cazzate
>> sbottò Jess, << Lo hai detto tu che
non sta veramente con lui, e che ti è sembrato che la questa
storia le dia fastidio… >>
L’informatico aveva
ragione: non gli interessava minimamente di Challagher.
Il suo problema era che non poteva mettere a rischio tutta la missione per una
ragazza… Magari alla fine era solo una sbandata, niente di più. Doveva
togliersi lo sfizio come aveva detto White?
“No, non voglio usarla…”
<< Lasciamo perdere… >> borbottò, << Non è il caso
di parlarne… >>
Jess lo fissò. <<
Sei tu che non vuole parlarne >> ribatté.
<< No, non ne
voglio parlare. Non serve. Ho intenzione di ascoltare la mia testa, questa
volta >>
Ore 21.00 – Casa di Xander
Il telefono
cellulare di Xander squillò nel buio della stanza. Lo
afferrò al volo e rispose: << Pronto? >>.
<< Alexander,
sono William >> disse la voce dall’altra parte della linea.
<< Ciao,
dimmi >>.
<< Vorrei che
facessi una cosa per me, prima di darti la possibilità di sfidare il Cobra. Ma
è più sicuro parlarne al Gold
Bunny, fra mezz’ora. Trovati lì >>.
<< D’accordo >>.
Ore 21.30 – Gold
Bunny
Xander entrò nel locale
diretto al tavolo che aveva occupato le altre volte con William. Vide il
ragazzo, vestito in pantaloni neri e camicia bianca, seduto di fianco ad Irina,
completamente trasformata dal trucco e dagli abiti. Anche questa volta, bella e
sensuale come sempre.
<< Alexander,
siediti pure >> disse William.
Xander si sedette e si
fece servire il solito Martini con ghiaccio, e gettò una rapida occhiata alla
ragazza, salutandola con un cenno silenzioso e disinteressato. Lei rispose
nello stesso modo, poi tornò a guardare da un’altra parte.
<< Bene,
passiamo subito al dunque >> cominciò William, << C’è un carico di
droga che arriverà al porto giovedì, e vorrei che tu lo portassi in un posto che
ti indicherò più avanti, naturalmente in auto. La mia
faccia è troppo conosciuta da quelle parti e non posso più andare senza
rischiare di finire in un covo di sbirri >>.
William bevve un
sorso di Baylis e sorrise. << Consideralo come
una piccola prova della tua fiducia prima di lasciarti scalare la BlackList.
Accetti? >>.
Xander gettò una rapida
occhiata ad Irina, per cogliere una sua eventuale
reazione. Lei però continuò a fissare apparentemente disinteressata il suo
bicchiere.
<< D’accordo >>
disse alla fine.
<< Sapevo che
avresti accettato >> disse William, tirando fuori un foglietto ripiegato,
<< Qui ci sono le istruzioni… Mi raccomando, è una cosa importante. Non
sono solito dare un’altra possibilità >>.
Xander passò il resto
della serata a chiacchierare con lo Scorpione, finché lui non si alzò per
andare a parlare con alcuni ragazzi all’uscita dal locale. Nel frattempo Irina
si era alzata, ed era sparita tra la folla.
Si alzò, indeciso
se rimanere o no, e alla fine decise di andare al bancone a prendere
qualcos’altro da bere. Improvvisamente si ritrovò Irina seduta di fianco, con
lo sguardo basso.
<< Ho fatto
bene? >> domandò subito sottovoce lui, riferendosi alla conversazione di
prima.
<< Sì sì, Xander >> disse lei,
facendo finta di osservare il bicchiere, << Se fila tutto liscio sei a
posto >>.
Il ragazzo guardò
l’orologio: erano le tre. << Io credo che me ne andrò a casa. Vuoi che ti
accompagni? >>.
Irina sorrise
triste. << Grazie Xander, ma devo rimanere qui.
William si insospettirà, e non possiamo rischiare che
si accorga di qualcosa >>.
<< Sicura? >>.
Irina sembrò
faticare a rispondere: << Non insistere. Rimango >>.
Poco convinto dalla
sua risposta Xander si alzò e pagò, poi gettò
un’ultima occhiata alla ragazza. Gli dispiaceva lasciarla lì, ed era convinto
che lei sarebbe venuta via volentieri, se qualcuno non
l’avesse trattenuta. Voleva insistere, ma la risposta di Irina lo convinse a
non continuare. Percorse con lo sguardo il locale, e vide William a pochi metri
di distanza, avvinghiato a una ragazza bionda che sembrava molto più grande di
Irina. La stava baciando con tanto trasporto che lei non si era nemmeno accora di stare sfiorando pericolosamente un
bicchiere di vetro. Rimase sconcertato per un secondo, ma si rese subito conto
che doveva aspettarselo da uno come lui.
Guardò nuovamente
Irina, e capì che anche lei aveva visto quello che stava facendo lo Scorpione.
Teneva gli occhi bassi per non incontrare quelli della bionda, che era evidentemente orgogliosa di dove era riuscita ad
arrivare. Doveva sentirsi umiliata, e usata, visto che
William non si faceva problemi a farsela con un’altra ragazza.
Xander si girò di nuovo e
si risedette di fianco ad Irina. Scrutò il suo viso per un attimo, poi disse:
<< E tu saresti la sua ragazza? >>.
Irina si passò una
mano sugli occhi, e rispose: << Lascia perdere, Xander.
Non è una novità >>.
Xander guardò di nuovo
verso William: stava palpando la bionda senza un minimo di contegno. << Voglio
fare una cosa >> sibilò, << Seguimi senza
fare storie >>.
Afferrò la ragazza
per un braccio, facendola alzare e mettendole un braccio
intorno alla vita la condusse lontano dal bancone. Irina, dopo un attimo di
sorpresa, lo seguì fuori dal locale, nel dehor per
fumatori.
<< Perché? >>
domandò.
<< Visto che dovresti essere la sua ragazza, non sopporterà
vederti con un altro >> rispose Xander, tirando
fuori un pacchetto di sigarette. << Fumi? >>.
Irina lo guardò
senza capire, poi scosse la testa.
<< Bé,
nemmeno io >> ribatté lui, porgendole il pacchetto e prendendo lui stesso
una sigaretta, << Ma per stasera fai
un’eccezione >>.
Xander guardò Irina
fissarlo, confusa. Accese la sigaretta e la portò alla bocca: non sembrava la
prima volta, quindi doveva aver già provato prima. Lui fece altrettanto, poi
appoggiò una mano sul bancone, mentre il barista chiedeva loro cosa volevano.
La ragazza si
sedette su uno degli sgabelli, preoccupata. << Finiremo nei guai, Xander >> disse, << Soprattutto io >>.
Il giovane bevve un
sorso dal suo bicchiere, e la guardò. Con tutto quel trucco Irina era
bellissima, e difficilmente in quel locale poteva trovarsi una che attirava gli
sguardi come lei.
<< Tranquilla
>> disse e sorrise, << Non passerai nessun guaio. Al massimo se la
prenderà con me, ma non è un problema >>.
Lei non sembrò
convinta, e volse lo sguardo alla porta. Come si era aspettato, William uscì
nel dehor con una strana espressione, guardando a
destra e sinistra. Irina distolse subito lo sguardo e fece finta di nulla. Xanderle si avvicinò di un passo e
disse: << Lascia parlare me >>.
Lo Scorpione li
vide, e li raggiunse con passo marziale. Li fissò per un attimo, gli occhi
ridotti a fessure, poi chiese, rivolto alla ragazza: << Da quand’è che
fumi? >>.
Xander avvicinò un
posacenere con aria distratta, e rispose: << Era da sola, e le ho chiesto
se voleva accompagnarmi a fumare una sigaretta. E’ un problema? >>.
William lo guardò e
mostrò i denti in un sorriso poco amichevole. << Davvero? Oh no, non è un
problema… >>. Guardò Irina e continuò: << Tanto ho sempre tutto
sotto controllo >>.
William sottolineò con enfasi le ultime sue parole, facendo un cenno
verso il barista. Sorrise, ma il suo era un sorriso gelido. Si girò gettando
un’occhiata rabbiosa alla ragazza e se ne andò.
“Lo so io cosa devi fare” pensò Xander, guardandolo uscire dal dehor,
“Ti devi scopare una delle tue troie…
Stronzo”.
Irina non sembrò
sollevata, e tornò a guardarlo. << Hai fatto una mossa sbagliata >>
disse.
Xander si stupì vedendola
abbattuta. << Fa sempre così? >> chiese.
La ragazza bevve
distrattamente, e guardò il barista avvicinarsi. << Qui tutte sono la sua
ragazza. Non ne esiste una che non sia felice di farsi trascinare a letto da
lui >>.
Il barista, un tipo
dai capelli biondi ricci, le diede un altro bicchiere. << Che figlio di
puttana >> sibilò.
Xander lo guardò
sorpreso, e Irina fece una smorfia che voleva essere un sorriso. << Questa
volta ti è andata bene >> disse, << Lui è Robert, e per fortuna non
farà la spia >>.
Il barista gli fece
un cenno, poi disse: << Sedetevi a un tavolo se volete. Nessuno vi darà
fastidio >>.
I due scelsero un
tavolo in un angolo, poco affollato.
<< Come fai a
sopportarlo? >> chiese Xander.
<< Semplicemente
perché non mi interessa nulla di lui >> rispose
Irina, senza guardarlo. << Voglio solo ridargli i suoi soldi e chiudere
la storia, se mai ci riuscirò >>.
Era triste. Triste
e abbattuta. Xander non riusciva a vederla così senza
cercare di fare qualcosa.
<< Quando verrà arrestato non gli dovrai più nulla >> disse,
cercando di rincuorarla, << Chiuderai anche con le corse >>.
Lei sbuffò.
<< Tu credi? >> disse, << Vorrei avere la tua stessa fiducia,
ma non ci riesco… >>.
<< Dimmi la verità >> esordì Xander,
deciso a capire il suo strano rapporto con lo Scorpione, << Sei veramente
la ragazza di William? >>.
Irina deglutì, e
non rispose subito.
<< No >>
disse alla fine.
<< E allora
perché ti lasci usare come una bambola? >> domandò, ripensando al
soprannome con cui lo Scorpione la chiamava.
<< Perché non
posso fare altrimenti >> rispose la ragazza, << Non è abituato a
sentirsi dire “no”. Non posso disubbidire alle sue regole senza rischiare di
cacciarmi ancora di più nei guai. Minaccia di
raddoppiarmi il debito >>.
Xander sentì la rabbia
montargli addosso. La ricattava? Oltre a essere uno strozzino, era anche un
bastardo di prima categoria.
<< Stai
scherzando… >> disse.
Irina sorrise
mesta. << No. E’ la verità. Ma non posso fare
altro se non gareggiare, e sperare che presto si stufi di me >>.
<< Avanti, ti
riporto a casa >> disse Xander. Non voleva
sentire altro, perché lo avrebbe fatto incazzare veramente troppo.
<< E William?
>> chiese lei, preoccupata.
<< Da quello
che ho capito ne avrà per un po’ >> rispose
secco, << E se ti chiede qualcosa, digli che ti ho rapito >>.
Ore 14.00 – 5° Strada
Irina fermò la TT
al semaforo rosso, picchiettando con il dito sul pomello del cambio, diretta a
casa di William. L’aveva chiamata durante l’ora di lezione, ordinandole
di raggiungerlo immediatamente. Non aveva nemmeno mangiato, per fare più in
fretta.
Era preoccupata. Il
tono con cui lo Scorpione le aveva parlato l’aveva allarmata:
sembrava arrabbiato. Forse aveva scoperto qualcosa su Xander
e su di lei…
Ripartì
rapidamente, maledicendosi per essere stata così stupida. Perché non aveva
insistito con Xander, invece di farsi
portare a casa? Molto probabilmente William si stava accorgendo di qualcosa di
strano, nei suoi comportamenti.
Entrò nel cortile
di casa Challagher, lasciando l’auto nel parcheggio.
Percorse a passo rapido il vialetto e varcò la porta tenuta aperta da uno dei
domestici.
<< Nello
studio >> disse solo quello, facendole un cenno con la testa.
Irina attraversò
tutto il corridoio e salì la scalinata che portava al piano di sopra. La casa
sembrava deserta, a parte il personale di servizio.
La porta dello
studio era aperta, e lei entrò titubante. William, seduto dietro una scrivania
di legno d’ebano lucidissimo, aspettava con le braccia dietro la testa e i
piedi appoggiati al ripiano sgombero. Le finestre alle
sue spalle davano sulla piscina rischiarata dal sole, e lo stereo di ultima
generazione diffondeva una musica soffusa nell’ambiente.
William la squadrò
da capo a piedi con gli occhi ridotti a fessure. Le fece cenno di avvicinarsi e
poi chiese, gelido: << Dov’eri l’altro
pomeriggio? >>
<< A studiare
a casa di un’amica >> rispose Irina. Era stata da Xander.
<< Davvero?
>> fece lui, << Da quando in qua vai a studiare dalle tue amiche?
Tuo padre mi ha detto che non ci vai mai… E all’improvviso ci vai per ben due volte in una sola settimana? >>.
Alla ragazza si
gelò il sangue nelle vene: William sospettava qualcosa. Si diede dell’idiota
per essere stata così imprudente.
<< Fra poco
iniziano gli esami, così ho pensato che sarebbe stato carino rivedere le cose
insieme >> mentì, sperando che lui ci cascasse, << E comunque penso
di essere abbastanza grande da decidere quando posso uscire di
casa >>
William sorrise
divertito. << Già, è proprio questo il problema >> disse, <<
La tua testa funziona troppo bene… Come mai l’altra sera sei sparita? >>.
Irina capì che
doveva essere il più convincente possibile, perché altrimenti lo Scorpione
avrebbe mangiato la foglia. Sospirò, abbassando per un momento lo sguardo.
<< William,
io sono stanca, ultimamente >> disse, << Te l’ho detto
diverse volte, in questo periodo. Ho bisogno di un po’ di riposo… Sono andata
via perché volevo andarmene a casa a dormire. Non
credo di aver fatto nulla di male >>
Il ragazzo la
scrutò, soppesando ogni sua parola. Tirò giù i piedi dalla scrivania e disse:
<< D’accordo, forse hai ragione. Ho preteso un po’ troppo da te,
ultimamente… Questo non toglie però che stai facendo la furba, con me. Mi va
bene che ti piace togliermi dai piedi qualche sbirro, che ti stanno
a cuore i novellini, e che non rispetti tutte le mie regole. Lo accetto. Ma ricordati che qui sono io che comando, chiaro? >>
William si alzò in
piedi, e la guardò negli occhi. Lei rimase in assoluto silenzio, riuscendo
persino a sentire il respiro del ragazzo. Aveva paura, e lui lo sapeva.
<< E credo di
doverti ricordare anche un’altra cosa >> aggiunse lui, gelido, <<
Tu sei mia, non te lo dimenticare… Se ho anche solo il minimo sospetto che tu
stia facendo qualcosa che potrebbe non piacermi, potrei dimenticare all’improvviso
quanti soldi mi hai restituito >>
Irina fissava il
ripiano della scrivania, senza il coraggio di alzare lo sguardo. Se William
l’avesse guardata negli occhi, si sarebbe certamente accorto che i suoi
sospetti erano fondati.
<< Guardami
in faccia, quando ti parlo >> sibilò lui.
Deglutendo, Irina
alzò il volto, cercando di sembrare impassibile. Si guardarono negli occhi per
qualche momento, poi lui sorrise davanti al suo timore.
<< Ma stai tranquilla, bambolina >> disse, addolcendo la
voce, << Era solo un avvertimento, il mio. Sai quanto ti voglio bene
>>.
Aggirò la scrivania
e la raggiunse, stringendola da dietro. Le scostò i capelli dalla spalla
destra, poi la baciò sul collo.
Lungo la schiena di
Irina passò un brivido gelido, come se un cubetto di ghiaccio le fosse stato
passato sulla pelle. La mano del ragazzo si poggiò sul suo ventre, poi sentì il
suo respiro caldo sotto l’orecchio.
<< Devi farti
perdonare per l’altra sera… >> disse, sensuale.
Irina si scostò di
colpo, liberandosi da quell’abbraccio non voluto. Si voltò e guardò William, il
fiato corto e il cuore che batteva all’impazzata.
Odiava quando la
toccava, quando la sfiorava con quelle mani molto più forti delle sue. Odiava
quando le faceva capire che lei era troppo piccola, troppo giovane, troppo
debole per potersi ribellare. Odiava quando lui si prendeva esattamente quello
che desiderava, senza darle alcuna via di fuga…
Gli occhi dello
Scorpione si ridussero a due fessure, e la sua espressione mutò. Detestava
quando qualcuno non faceva quello che lui voleva.
La afferrò per un
braccio e la tirò verso di lui, imprigionandola in un bacio prepotente e
passionale. Spingendola verso il muro, le infilò una mano dietro la schiena,
stringendosela addosso.
Con un gesto
brusco, Irina si staccò, il fiato corto e la paura che le attanagliava le
viscere. Alla fine sarebbe successo, lo sapeva.
<< Mi devi
tutto, bambolina >> le soffiò William, sulla bocca, << Tu sei mia e
basta. Non puoi rifiutarti… Lo sai che voglio te e basta >>
<< Vaffanculo, William >> sibilò lei, << Ti sei
già preso tutto, da me. Ti avrei amato, se non fossi stato ciò che sei >>
“Avrai anche il mio corpo, ma il cuore rimane
ancora mio. Ed è l’unica cosa che da me non avrai mai”.
L’affronto fu tale
per lo Scorpione che le sferrò uno schiaffo così forte da lasciarla senza
respiro. La prese per il mento e la costrinse a baciarlo di nuovo, senza
successo. Era così incazzato che per un momento non si accorse nemmeno che il
cellulare sulla sua scrivania stava squillando.
William la lasciò
di colpo, e rispose al telefono. Irina rimase appoggiata al muro, spaventata e
tramortita. Non riusciva a muoversi, come succedeva sempre. Gettò un’occhiata
al ragazzo, che la fissava maligno.
<< Ho capito
>> stava dicendo, << Cazzo, ma non siete in grado nemmeno di
risolvere una situazione così idiota? D’accordo, vengo io… Ma fate in modo che
quando arrivi non ci sia traccia di lui, chiaro? >>
Gettò malamente il
cellulare sulla scrivania, poi si avvicinò di nuovo a lei.
<< Per oggi
ti è andata bene >> minacciò, << E ricorda cosa ti ho detto >>
Uscì sbattendosi la
porta alle spalle, e lasciando la ragazza sola nello studio.
Irina scivolò a
terra, rimanendo seduta sul pavimento. Scoppiò in lacrime ancora prima di
pensare di poter trattenersi.
Era sua, era sua e
non riusciva a farci nulla. Anche se il suo tocco gelido e possessivo la
disgustava, non riusciva a ritrarsi. Anche se odiava le sue mani addosso a lei,
rimaneva paralizzata. Anche se non voleva averlo vicino, era troppo debole per allontanarsi.
Si asciugò
rapidamente le lacrime dalle guancie e si alzò di scatto. Per risolvere la
situazione, non le rimaneva che una cosa da fare: smettere di vedere Xander.
Spazio Autrice
Smemo92: eh sì, William vorrebbe davvero
Irina… O meglio, vorrebbe che lei ricambiasse ciò che prova per lei, ma ha
sbagliato fin dall’inizio: comprarla non è il modo migliore per conquistarla. L’unico modo per
tenersela stretta è continuare a rinfacciarle il suo debito, che di sicuro non
è meglio. No, non la lascerà andare via volentieri. Anzi, non la lascerà andare
proprio. Hai ragione, meno male che c’è Xander.
Vedrai, ci penserà lui a Irina. Baci!
Il cellulare trillò
all’improvviso, mentre Xander era seduto davanti alla
scrivania della sua stanza. Sentì Nichole passare
davanti alla porta, dicendo qualcosa a Jess.
Afferrò il telefono
e guardò chi fosse: Irina.
<< Pronto?
>> rispose.
<< Xander? Dobbiamo parlare. Passo da casa tua, fra poco
>> disse lei, senza nemmeno un saluto iniziale.
Il ragazzo inarcò
un sopracciglio, perplesso. << D’accordo… Come mai? >>.
<< Te lo
spiegherò quando ci vedremo >> rispose lei, poi mise giù.
Allarmato, Xander posò il telefono sulla scrivania e guardò fuori
dalla finestra. C’era qualcosa che non andava…
Scese in soggiorno,
incrociando Nichole che stava spazzando il corridoio
e con aria truce gli intimò di non sporcare in giro. Uscì nel giardino, deciso
ad aspettare Irina in un posto tranquillo.
Una ventina di
minuti dopo vide la ragazza parcheggiare la TT davanti a casa sua, e le andò in
contro per aprirle il cancello. Era seria, troppo seria
rispetto alle altre volte. Varcò il giardino con passo rapido, guardandosi
intorno.
<< Sei solo?
>> domandò, secca.
<< No
>>
<< Conosci un
posto dove nessuno verrà a ficcare il naso? >>
chiese Irina.
Lui ci pensò un
momento. << Se ci spostiamo in fondo al giardino, non ci sentirà nessuno.
E comunque in casa ci sono solo Nichole e Jess… >>
La ragazza annuì e
lo seguì in un angolo più appartato, in silenzio. Xander
cercò di capire cosa non andasse, ma lei teneva lo sguardo basso. Sembrava
vagamente scossa.
Irina si fermò di
scatto e lo guardò, seria. << Xander, non
possiamo più vederci >> disse.
Il ragazzo rimase
zitto, fissando il viso di Irina per cogliere qualsiasi segno che potesse
giustificargli quella novità. Aveva gli occhi leggermente arrossati… Possibile
che avesse pianto?
<< Perché?
>> domandò, calmo.
<< William mi
ha beccato. Sospetta che stia combinando qualcosa… >> rispose lei, tutto d’un fiato.
<< Cosa ti ha
detto? >>
Irina incrociò le
braccia, chiuse un momento gli occhi e inspirò, quasi a volersi calmare.
<< Che se ha anche il minimo sentore che stia tramando contro di lui è pronto a riportare il debito di mio fratello alla cifra
originaria… >>
Xander colse una nota di
panico nella voce di lei. Preoccupato, fece un passo
avanti, credendo che fosse sull’orlo delle lacrime. Che cazzo le aveva detto
quel figlio di puttana?
<< Ha fatto
il mio nome? >> chiese.
Irina scosse la
testa. << Non so se sospetta anche di te, ma mio padre potrebbe avergli
detto che mi hai accompagnato a casa un paio di volte… >>
Aveva incontrato il
padre della ragazza una sola volta, e gli era bastata per capire che era
un’idiota tanto quanto William. Che facesse anche la spia della figlia lo
mandava in bestia.
Guardò Irina, e non
poté non notare che era spaventata. Lo Scorpione poteva averle anche detto che
avrebbe dovuto ripagare tutto da capo, ma quello non giustificava quella strana
paura che aveva negli occhi… C’era qualcos’altro, sotto.
<< Stai bene,
Irina? >> chiese.
Lei alzò lo sguardo
da cerbiatta su di lui, e rimase zitta. << Sì >> rispose alla fine,
con la voce flebile.
“Ok, ha pianto e decisamente
non sta bene… E non vuole parlare”.
<< Credi che
William possa accorgersi che mi stai aiutando? >> chiese Xander, cercando di capire cosa fosse successo.
<< Non lo so…
>> rispose Irina, << Io… Xander, non
possiamo più incontrarci… Io non posso rischiare così tanto
>>.
<< Dobbiamo
solo fare più attenzione >> ribatté lui.
Irina lo fissò a
occhi spalancati. << No, se non ci vediamo più nessuno dei due corre alcun rischio… E comunque mi sembra che tu non
abbia bisogno di aiuto: sei abbastanza bravo per cavartela da solo >>.
Xander non ci stava.
Forse non aveva bisogno di aiuto, ma voleva continuare a vedere lei. Perché qualsiasi cose le stesse capitando, voleva darle una mano.
Inutile negarlo: gli piaceva, con tutti i rischi che quello comportava…
<< Irina
>> iniziò, guardandola in viso, << Credi davvero che se riuscirai a
pagare tutto il debito di tuo fratello, Challagher ti
lascerà libera di tornartene alla tua vita? >>
“Non sono i soldi che vuole… Lui vuole
te”.
La ragazza abbassò
la testa. << No, non ci credo >> rispose, << Ma continuo a
sperare… E’ l’unica cosa che mi rimane da fare >>
Il suo tono era quello di una persona sconfitta, piegata dagli eventi, che
aveva smesso di lottare. L’altra faccia di Irina stava venendo fuori, la faccia
che copriva con la maschera dei sorrisi.
<< Allora
rischiare non dovrebbe essere un problema >> disse lui, << Sai meglio di me che non ti lascerà in pace. L’unico modo che
hai per liberarti è quello di darmi una mano. Non voglio costringerti, ma più
arriverò vicino a lui, più possibilità avrò di farlo arrestare >>.
Attese che la
ragazza pensasse con calma.
In tutta
franchezza, era disposto a fare qualsiasi cosa per tirarla fuori dai guai.
Avrebbe potuto prenderla e portarla via, in un posto sicuro, se non avesse
comportato la totale compromissione del suo incarico. Poteva farla uscire
completamente pulita, da quella storia. Se lo meritava.
“Avanti, dimmi di sì… Non è per questa dannata
missione, che te lo chiedo. Dammi la possibilità di
aiutarti…”
Alla fine, Irina
alzò lo sguardo su di lui, e all’improvviso se le sembrò ancora più bella. Si
morse il labbro con aria pensierosa, poi disse lentamente: << Posso…
Posso provarci… >>.
Xander sorrise, ma lei
rimase seria.
<< Da oggi in
poi faremo molta più attenzione >> disse, << Non ti caccerai nei guai per colpa mia >>.
Irina rimase ancora
in silenzio, forse non sapendo cosa dire, o forse per non dire
troppo. Lui rimase a guardarla, con la fortissima tentazione di avvicinarsi e
sfiorarla… Si trattenne: non sembrava dell’animo giusto per una cosa del
genere.
<< Che hai?
>> le chiese.
<< Niente
>> rispose prontamente Irina, << Sono solo stanca… >>
Quante volte lo
aveva detto? Troppe, per i suoi gusti. Era veramente solo stanca, o tentava di
mascherare qualcos’altro?
<< Quand’è
l’ultima volta che hai dormito tutta una notte di fila? >> domandò,
scherzoso.
Finalmente Irina
tornò a sorridere. << Non me lo ricordo >> rispose, << E’ una
vita un po’ movimentata, la nostra >>.
<< Avanti, un
caffè lo accetti ancora, no? >>
Lei annuì.
Tornarono indietro,
poi Xander decise che forse sarebbero stati più tranquilli seduti vicino alla piscina, lontano da Nichole e dagli sguardi indagatori e saccenti che Jess avrebbe rivolto a lui.
La piscina era
piena, e l’acqua immobile riluceva sotto il sole forte di maggio. C’era un
tavolino con delle sedie, all’ombra di un basso albero, in un angolo. Le sdraio giacevano abbandonate qualche metro più in là,
dove Jess le aveva lasciate perché non aveva voglia
di rimetterle a posto.
<< Siediti
lì, che arrivo subito >> disse Xander, facendo
un cenno alla ragazza verso i tavolini. Lei annuì.
Il ragazzo corse in
cucina, accese la macchina del caffè e si procurò un vassoio. Dispose un paio
di dolcetti e qualche biscotto, poi preparò le tazzine e attese che il caffè
fosse pronto.
Jess entrò nella stanza
e indicò fuori. << C’è la macchina di Irina o sbaglio? >> domandò.
<< E’ in
giardino >> rispose Xander, senza aggiungere
altro.
Jess guardò prima lui e
poi il vassoio con sole due tazzine. << Non posso unirmi, vero? >>
<< Ehm… No
>>
<< Ok
>>
<< Nichole mi ha detto di dirti che,
se per caso dovessero servirti, ci sono dei pasticcini nel frigo… >>
disse l’informatico, prima di lasciare la stanza.
“Quella non è una domestica, è una spia in incognito…”
Xander spalancò il
frigorifero, afferrò il cabaret dei pasticcini e scelse i migliori. Versò il
caffè nelle tazzine e tornò in giardino.
Irina passeggiava
vicino al bordo della piscina, guardando l’acqua limpida. Non si accorse del
suo ritorno, così ne approfittò per ammirarsela in tutta tranquillità per
qualche secondo.
<< Giornata
perfetta per un tuffo >> disse alla fine, appoggiando il vassoio sul
tavolino.
Irina alzò la testa
e sorrise. << Già… Credo che domenica andrò al
mare, a Redondo Beach, se continua a esserci questo
sole >> disse lei, raggiungendolo.
“Questo me lo devo segnare…”
Era più tranquilla,
finalmente. Guardò il vassoio pieno di pasticcini e disse: << Avevi detto
solo un caffè >>
Xander ghignò. <<
Avevo fame >> disse lui.
Si sedettero al
tavolino, all’ombra dell’albero, contemplando l’acqua invitante della piscina.
Faceva caldo, e Xander si chiese come la ragazza
facesse a resistere con i jeans lunghi e scuri…
Si domandò cosa
fosse successo, per agitarla tanto. C’era ancora un po’ di paura nei suoi
occhi, e voleva capire cosa gli aveva detto lo Scorpione…
All’improvviso, gli
passò per la testa che molto probabilmente Irina doveva essere andata a letto
con Challagher… Come si permetteva di trattarla così,
quando la spacciava per la sua ragazza? Quel pensiero glielo rese ancora più
insopportabile.
Guardò la ragazza e
le porse la tazzina del caffè.
<< Grazie
>>
Irina guardò la
bevanda fumante per un momento, poi scosse la testa, pensierosa.
<< Cosa c’è?
>> domandò Xander.
Lei lo guardò e
sorrise. << Fino a qualche mese fa non pensavo che mi sarei ritrovata in
una situazione del genere… >> disse, << Ti sto aiutando a far
arrestare William, quando non avrei mai sperato che qualcuno ci riuscisse
>>.
<< Lo so
quanto stai rischiando >> disse Xander.
Lei scosse di nuovo
la testa. << No, non è quello. Io rischio tutti i giorni, da quando mi
sveglio fino a quando vado a dormire. Ormai non ci faccio nemmeno più caso. E’
solo che… Bé, non so come tu ci sia riuscito, ma mi
hai convinto >>.
Xander la fissò, mentre
lei gli rivolgeva un sorriso leggermente imbarazzato. Gli aveva appena detto
che si era permesso di farle credere che c’erano delle possibilità che lui
riuscisse nel suo intento, e ciò comportava anche il rischio di illuderla. Si
stava fidando, nonostante alla fine lui non fosse
nessuno.
Non sapeva che
dirle, se non che quella era l’unica cosa che al
momento desiderava: che si fidasse pienamente di lui. Forse non era lì per lei,
ma poterla tirare fuori dai guai lo spronava a fare di più.
<< Ah
>> aggiunse all’improvviso lei, ricordandosi di qualcosa, <<
William sta organizzando un raduno a Las Vegas, tra due settimane… >>.
<< Un raduno?
>>
<< Sì. Un
raduno di auto di lusso, in uno degli alberghi di suo padre a Las Vegas
>> spiegò Irina, appoggiando la tazzina sul vassoio, << Lo fa ogni
anno. Sono ammessi solo coloro che hanno macchine
costose e potenti: Ferrari, Lamborghini, Bugatti, Aston
Martin, Porsche, cose del genere. Al di fuori appare solo come un raduno di
appassionati, in realtà si tratta di gare clandestine. Vengono da tutto il Nord America per partecipare, e lo Scorpione detta le regole
come al solito. Credo ti inviterà, ora che hai una
Maserati… >>
<< Tu verrai?
>>
Lei si strinse
nelle spalle. << Credo di sì, anche se avrò problemi a organizzarmi. Di
solito è una cosa che dura tre o quattro giorni, quindi devo trovare qualcuno
che mi tenga Tommy. Non ho un’auto di lusso, ma William
vuole che venga per organizzare le gare… L’ultima volta però mi ha fatto
gareggiare con una delle sue auto… L’Audi TT l’ho vinta quella volta >>.
<< Ci sono
dei premi? >> chiese Xander, più curioso che
interessato.
<< Dipende…
>> rispose Irina, << A volte mettono in
palio dei soldi, altre volte una macchina. Comunque le gare non sono per niente
facili >>.
<< Come mai?
>>
<< Bé, sono
gare un po’ distruttive… >>
Xander fece un cenno con
la testa e cercò di pensare a come dovesse essere un raduno a Las Vegas… Al
momento gli veniva difficile, però, perché la presenza di Irina lo distraeva
abbastanza. Aveva appena notato che persino le sue manine perfettamente curate
erano le più belle che avesse mai visto…
“Cazzo, la situazione si sta facendo grave…”
<< Credi che
William mi inviterà, quindi? >> chiese Xander, cercando di tornare perfettamente lucido.
<< Penso di
sì. Se gli piaci così tanto, ti vorrà tra i suoi
piloti >> rispose lei, << La organizza proprio perché la ritiene
stimolante >>.
Xander fece una smorfia, dubbioso. Chissà cosa intendeva William, con “stimolante”. Guardò la ragazza, e notò che non aveva toccato
cibo.
<< Assaggia
questo >> disse, indicandogli un pasticcino con la panna e la frutta.
Lei scosse la
testa. << No, grazie. Non mi va proprio di mangiare >>.
Evidentemente non
stava ancora abbastanza bene; doveva essere ancora scossa. Decise di non
insistere più di tanto per non infastidirla.
<< Ogni tanto
mangi, vero? >> domandò scherzoso, << Non sarai
a dieta? Perché più magra di così non ti resta che scomparire… >>
Irina rise.
<< No, non sono a dieta. In realtà sono una gran mangiona, se mi metto
>> disse.
<< Non ci
credo proprio >> ribatté Xander con un sorriso.
Lei guardò
l’orologio e sobbalzò. << Cavolo! Sono già le quattro e mezza! >> Si alzò di scatto e tirò fuori le chiavi
della macchina, << Devo correre a prendere Tommy, mi dispiace >>
In effetti, un’ora
e mezza era passata anche troppo in fretta. Il suo “mi dispiace” gli fece
digerire un po’ meglio il fatto che lei se ne andasse proprio adesso.
<< Ti
accompagno >> si offrì, portandola fino al cancello.
Usciti fuori sul marciapiede, lei si voltò verso di lui e lo guardò
dal basso con aria imbarazzata. Esitò, poi disse: << Bé, grazie per il
caffè… >>
<< Di niente,
è stato un piacere >> ribatté lui, << Quindi? >>.
Si aspettava una
risposta da lei, e Irina capì qual’era.
<< Quindi… Ci vediamo >> disse.
L’aveva detto, e Xander tirò mentalmente un sospiro di
sollievo. << Ci conto, eh? >>
Irina annuì.
<< Fammi sapere se William ti ha chiesto di venire >>.
Poi lo salutò e
corse verso la TT, salendo al posto di guida. Ci mise un attimo a sparire
all’orizzonte, e Xander rimase un momento immobile
con l’amaro in bocca. Per un attimo aveva temuto che lei troncasse con lui ogni
rapporto, ma alla fine era riuscita a convincerla a non farlo. Era un’egoista,
in fondo: la stava mettendo in pericolo solo perché voleva continuare a
vederla…
Rientrò in casa,
molto meno felice di prima. Incrociò Jess per le
scale, e l’informatico gli gettò un’occhiata, senza dire nulla. Doveva aver
capito che non era il momento per battutine sarcastiche.
Xander tornò in camera
sua, e accese lo stereo. Si lasciò cadere sulla sedia con aria stanca, e guardò
il soffitto, preoccupato.
Quindi lo Scorpione
sospettava che Irina stesse tramando qualcosa… Evidentemente non si fidava
completamente di lei, nonostante sbandierasse ai quattro venti che fosse la sua
ragazza. L’aveva minacciata, ma non sapeva se William fosse uno che facesse sul
serio o meno.
“Voleva ammazzare tutta la sua famiglia
perché suo fratello è scappato… Se lui non è un tipo che fa sul serio…”.
Doveva fare più
attenzione, era stato avventato. Non aveva pensato che avvicinarsi così tanto a Irina avrebbe potuto scombinare i suoi piani,
in tutti i sensi.
L’avvertimento di
White era fondato: si era cacciato nei guai da solo. Irina gli piaceva sempre
di più ogni giorno che passava, e per lei stava mettendo a rischio la
copertura. Ma non avrebbe rinunciato ad aiutarla. Non
avrebbe dimenticato la paura che aveva letto nei suoi occhi, la paura che quel
bastardo di Challagher le faceva provare…
Ore 22.00 – Porto di Los Angeles
Xander
percorse lentamente il largo pontile di pietra illuminato fiocamente da un paio
di lampioni cadenti, fermandosi davanti a una piccola costruzione di
cemento grigio. La luce all’interno gli diceva che doveva esserci qualcuno.
Spense i fari e
attese qualche minuto, ascoltando una canzone degli Evanescence
che veniva trasmessa alla radio. Poi la porta della
costruzione si aprì e uscì un uomo barbuto, con un cappello tutto stropicciato
sulla testa calva. Gli fece cenno di aprire il finestrino dell’auto e poi gli
porse un pacchetto in carta marrone, non molto grande. Senza dire nulla, tornò
dentro la sua casupola, e Xander accese di nuovo i
fari.
Il compito che lo
Scorpione gli aveva affidato era quello: prendere in consegna un “prezioso
pacchetto” e portarglielo, nel più breve tempo possibile. Avevano
appuntamento a casa sua, un onore per un novellino come lui.
La BMW uscì dal
porto senza intoppi, e raggiunse l’autostrada. Piazzandosi tranquillamente
sulla corsia di sorpasso, Xander si chiese cosa
contenesse il pacco. Molto probabilmente doveva essere droga, o qualche oggetto
rubato a chissà chi.
Tirò fuori il
navigatore satellitare e impostò l’indirizzo di casa Challagher:
non essendoci mai stato, non sapeva dove si trovasse.
C’erano una ventina di chilometri, quindi ci avrebbe
messo poco.
Un quarto d’ora
dopo usciva dall’autostrada, e seguendo le indicazioni del navigatore, in pochi
minuti arrivò a destinazione.
Come si era immaginato, casa Challagher era
una enorme villa a due piani, immersa in un magnifico giardino verde. Il
cancello d’entrata era controllato da un guardiano vestito in
divisa, che controllò la sua targa e lo fece entrare, dicendogli di
parcheggiare nel cortile apposito.
Xander scese dall’auto
guardandosi intorno: il giardino era veramente grande, illuminato da centinaia
di faretti che delineavano anche il vialetto che
portava all’ingresso. Lo percorse fino a raggiungere
la porta, che venne aperta ancora prima di avere il tempo di suonare.
William lo guardò
con un sorriso e lo salutò. << Hai fatto più in fretta di quanto mi
aspettassi >> disse, facendolo entrare in casa,
<< Ma immaginavo che sarebbe stato così >>.
Anche dentro, casa Challagher rispecchiava la ricchezza del suo proprietario:
mobili di pregio, domestici a tutte le ore del giorno, quadri d’arte moderna
alle pareti. Lo Scorpione aveva gusti raffinati, in
fatto di arredamento.
Xander lo seguì fino
all’enorme soggiorno, ma William lo fece sedere fuori,
sotto il porticato di legno che dava sulla piscina. Si accomodarono a un tavolo
di legno scuro, soli.
<< Allora, il
mio caro pacchetto? >> domandò lo Scorpione, tirando fuori una Marlboro e
offrendone una anche a lui.
Xander gli porse la
scatola, che William prese e mise da parte: non la voleva aprire davanti a lui,
era chiaro. Inspirò una boccata dalla sigaretta, poi disse: << Bene,
Alexander, da questo momento in poi sei autorizzato a sfidare il Cobra e tutti coloro che seguiranno. Complimenti, stai per entrare nel
giro dei grandi >>.
<< Immagino
sia un onore >> ribatté Xander, leggermente
rigido. Gli era appena venuto in mente che quello che aveva davanti aveva minacciato
Irina…
William sorrise.
<< Un onore… Bé, dipende dai punti di vista >> disse, picchiettando
la sigaretta sul posacenere, << Quando si è come noi, rappresenta solo un
fastidio >>.
“Quando si è come
noi”. Lo stava paragonando a lui, quindi lo credeva al suo livello. Avrebbe
iniziato a temerlo?
<< Voglio
fartelo un onore, però >> continuò lo Scorpione, << Fra un paio di
settimane ci sarà un raduno, a Las Vegas. Ci saranno piloti da altri Stati,
tutti molto forti e motivati. Staremo in uno degli alberghi di mio padre,
quindi è tutto a spese mie. Per le gare lo stesso: useremo il circuito che è di
mia proprietà. C’è solo un problema: essendo una cosa riservata, ammetto solo
chi possiede un’auto di lusso e intende partecipare con quella, alle corse… >>.
Lo guardò, come se
gli dispiacesse quello che aveva appena detto. << Sbaglio, o tu hai solo
la BMW? >>.
Xander sorrise. <<
Ho ritirato la Maserati, qualche giorno fa >> rispose.
<< Allora va
bene >> disse William, ma non sembrava molto contento, in realtà,
<< Che Maserati, tra parentesi? >>.
<<
Granturismo S >>
<< Nel tuo
stile >> commentò lo Scorpione, << Io avrei preso una Audi R8, al posto tuo, ma sono gusti >>.
Xander capì che la
conversazione stava volgendo al termine. Challagher
aveva fatto il suo invito, quindi poteva andarsene.
<< Chi ci
sarà? >> domandò, per togliersi una piccola curiosità.
William lo scrutò
prima di rispondere. << Un po’ di gente. Dimitri, Hanck,
e poi vecchie mie conoscenze… Sarà un bel raduno,
vedrai. Auto, feste, donne… Puoi chiedere di meglio? >>.
“Sì, che tu te ne vada a fanculo”.
<< Immagino
di no… Niente ragazza al seguito, quindi? >> disse, sarcastico.
William capì al
volo a chi si riferiva. Fece un mezzo sorriso per niente amichevole e sibilò:
<< Irina? Ci sarà anche lei. E la terrò d’occhio… Molto d’occhio >>.
Xander sorrise, anche se avrebbe preferito prenderlo a botte, in quel momento.
<< Non è difficile tenerla d’occhio, in effetti >> disse, e senza
aggiungere altro si alzò e se ne andò.
Ore 10.30 – Redondo Beach
<< Aaahh, finalmente: mare >> sospirò Jenny, buttandosi
a peso morto sull’asciugamano verde disteso sulla sabbia bianca e sottile della
spiaggia di Redondo Beach. Si mise
le braccia dietro la testa e sospirò di nuovo. << Sole, sole e soltanto sole, oggi >>.
Irina sorrise e
guardò la spiaggia affollata di bagnanti, tutti venuti a prendere il primo sole
della stagione. L’acqua limpidissima riluceva invitante, e il cielo era sgombro
da nuvole. Il bar trasmetteva musica a tutto volume, e il campo da pallavolo
era occupato da un gruppone di ragazzi che giocava.
Tommy scoppiò a
ridere all’improvviso, e Irina abbassò la testa per guardare cosa stava
facendo: si era appena lanciato una palettata di
sabbia addosso, e trovava la cosa piuttosto divertente. Anche Katy si mise a ridacchiare, quando lo vide impanato come
una crocchetta.
<< Ma che fai? >> disse Irina, sorridendo. Lo mise in
piedi e poi lo prese per mano. << Andiamo a
farci il bagno? >>.
Angie alzò lo sguardo
dal libro che stava leggendo. << Vai, ti raggiungiamo dopo… >>
disse.
Irina e Tommy
camminarono fino alla riva, con il bambino che ridacchiava quando con i piedi
sollevava la sabbia. Arrivato davanti all’acqua, però, esitò.
<< Avanti,
fifone >> scherzò Irina, << E’ solo un po’ di acqua. Non ti mangia
mica >>.
Il bambino non
diede segno di voler entrare, così lo prese in braccio e se lo portò dentro con
lei. Dopo un primo brivido iniziale, Tommy ci prese gusto e iniziò a schizzarla
con le manine.
<< Arrivooooo!!! >> gridò qualcuno.
Jenny si lanciò in
acqua con un perfetto tuffo, sollevando una marea di schizzi che investirono
Irina e Tommy in pieno, lavandoli da capo a piedi. Il bambino strizzò gli occhi
per via del sale, e la ragazza si aspettò che scoppiasse in lacrime da un
momento all’altro. Invece, incredibilmente, si mise a ridere.
Un attimo dopo si tuffarono anche Katy, con la
leggiadria di un ippopotamo, e Angie, decisamente
meno casinista.
L’acqua era fredda,
ma dato il caldo che faceva starci dentro risultava molto
piacevole. Irina mise giù Tommy, tenendolo per mano e camminando con lui sulla
sabbia vellutata.
Sceglieva di andare
a Redondo Beach perché era l’unica spiaggia della
costa dove non ci fosse gente che conosceva. I bagni di Santa Monica erano
addirittura di proprietà dello Scorpione, e nonostante avesse ingresso libero e
ogni comodità possibile, preferiva non andarci: si sentiva controllata. Almeno
quando andava al mare con le amiche voleva fare la
ragazza qualunque.
Tornò
all’ombrellone, facendo sedere Tommy sull’asciugamano e gli infilò in testa il
capellino per evitare che si beccasse un’insolazione, poi si sdraiò di fianco a
lui per prendere il sole.
<< Dai,
costruisci un bel castello di sabbia >> disse, guardando le tre amiche
che stavano ancora facendo il bagno.
Ora che si trovava
al mare, si rese conto che giugno era vicinissimo. Troppo vicino, per i suoi
gusti. Gli esami erano alle porte, e sapeva di essere tremendamente indietro
con lo studio, diversamente da Angie, Katy e persino Jenny, che era la
più pigrona del gruppo. Loro potevano contare su una vita decisamente
più tranquilla della sua.
Ci aveva pensato
diverse volte, e in quel momento le sembrò la cosa più saggia da fare: forse
era il caso che abbandonasse l’università. Non poteva sperare di passare tutti
gli esami continuando a tornare a casa tardi, dormendo poco e perdendo ore di
lezione. Già alla fine del primo semestre, a gennaio, aveva faticato a passare
tutti gli esami, e questa volta sarebbe stato decisamente
peggio.
In fondo, ci aveva
almeno provato. Le dispiaceva moltissimo, perché era qualcosa che aveva sempre
voluto fare, per se stessa e per sua madre, ma era troppo stanca per riuscire a superare due mesi di intenso studio in piena
estate. Le sue amiche non sarebbero state d’accordo, lo sapeva, ma al momento
le sembrava l’alternativa migliore.
Con un sospiro,
decise che ci avrebbe pensato al momento opportuno, fra un paio di settimane.
Era un modo per rimandare l’ennesima delusione.
Si alzò in piedi,
proprio mentre Katy tornava indietro.
<< Vado a
sedermi sulla battigia, ok? >> disse Irina.
<<
Tranquilla, guardo io la roba >> ribatté Katy,
sdraiandosi al sole.
Irina prese
l’asciugamano e Tommy e andò a sedersi vicino alla riva, lasciando che il
bambino andasse a riempire il secchiello con l’acqua e si mettesse a fare
pasticci con la sabbia. Si stava divertendo proprio, forse molto più di lei.
Jenny comparve
all’improvviso di fianco a lei e si sedette sul telo, con l’aria soddisfatta.
<< Sai,
pensavo di farmi un tatuaggio anche io >> disse.
<< Che cosa?
>> domandò Irina, interessata.
<< Mah, mi
piacerebbe un tribale… >> rispose pensierosa Jenny, << Una cosa
così, insomma… Fa male? >>.
Irina si strinse
nelle spalle: fare la fenice era stato abbastanza
sopportabile, ma poi era una cosa soggettiva. << Dipende da te >>
rispose, << Io non ho sofferto tanto, anche perché il mio non è tanto
grande. Certo che sei hai intenzione di farti una cosa enorme, sarà doloroso di
sicuro >>.
<< Uhm…
>> Jenny sembrò pensarci su, << Devi dirmi dove sei
andata tu, così ci faccio un salto >>
<< Un giorno
ti ci porto, allora >> si offrì Irina.
A quel punto vennero investite da un’ondata di sabbia: Tommy era
diventato pericoloso, con quella paletta. Se la rideva di gusto mentre ricopriva
l’asciugamano a suon di secchiate, pestando tutto con i piedini.
<< Ma che
combini?! >> gridò Jenny, ridacchiando, <<
Vieni qua, adesso ti faccio vedere io, pulce! >>
Acchiappò il
bambino e lo trascinò in acqua, ingaggiando una “furiosa” lotta a suon di
schizzi, con Irina che li guardava ridendo. Scrollò l’asciugamano dalla sabbia
e poi lo raggiunse.
<< Non negare
che la stai seguendo >> disse Jess, camminando sulla battigia a piedi scalzi e guardando la
gente accampata sulla spiaggia di Redondo Beach.
Xander cercò con lo
sguardo una persona che al momento occupava abbastanza stabilmente i suoi
pensieri, poi rispose: << Non lo nego, infatti >>
<< Allora io
cosa centro? >> domandò l’informatico, << Se ci vuoi provare,
perché ti sei portato dietro pure me? >>.
<< Non ho
detto che ci voglio provare >>
<< No, ma lo
pensi >>
Xander sorrise sotto i
baffi. << Mi servi… Da solo sembrerei sospetto, no? >>
A dir la verità, avrebbe potuto anche andarci da solo, ma
aveva voluto far staccare un po’ Jess da quei dannati
computer, e farsi magari anche quattro risate. Molto
probabilmente Irina, se c’era, era in compagnia delle sue amiche, e in
gruppo le cose erano sempre un po’ più facili.
Finalmente, dopo
un’ora di camminata lungo la battigia, la vide: stava uscendo dall’acqua con il
nipote per mano, e indossava un bel costumino blu che
le donava molto. Con lei, come aveva immaginato,
l’amica piccolina dai capelli neri.
<< Eccola lì
>> disse Jess, gettandogli un’occhiata,
<< L’oggetto dei tuoi desideri… >>.
Avvicinandosi alla
ragazza di spalle, Xander disse: << Bel
tatuaggio, Fenice >>.
Irina si voltò di scatto, gli occhi spalancati. Poi lo riconobbe e sorrise:
<< Xander, anche tu qui? >>.
Lui si strinse
nelle spalle. << Il mondo è piccolo >>
L’amica di Irina lo
stava guardando, e sembrava lo stesse esaminando al
microscopio. Poi venne distratta dall’arrivo di Jess, che pareva appena caduto dalle nuvole.
<< Ciao Irina
>> disse, << Oggi tutti al mare, eh? >>
Lei sorrise, poi si
ricordò di dover fare le presentazioni. << Jenny… Loro sono Alexander e Jess… Ragazzi, lei è Jenny, una mia compagna di università
>>
I tre si strinsero
la mano, poi si avvicinarono anche Angie e Katy, che fecero altrettanto. Chiacchierarono per qualche
minuto, finché Jenny non gli chiese se volessero rimanere con loro…
Quella Jenny doveva
essere una furbetta, Xander lo aveva capito al primo
sguardo. Aveva scrutato la reazione di Irina quando lo aveva visto, e poi aveva
esaminato lui e Jess come per sottoporli a un esame
accurato. Forse il suo intuito femminile gli aveva fatto capire qualcosa, per
questo gli aveva chiesto di rimanere.
Poi si rese conto
che Jess aveva qualcosa di strano: fissava Jenny con
aria stralunata. Xander si trattenne dal ridere,
perché non era una cosa molto educata.
“Ok, ora so che esiste il colpo di fulmine”
pensò, divertito.
Angie e Katy tornarono all’ombrellone, lasciando loro quattro e
Tommy sulla riva. Il bambino lo aveva salutato con aria festosa, molto
probabilmente perché si ricordava delle caramelle
della volta prima.
<< Quindi tu
fai l’informatico… >> stava dicendo Jenny, interessata, guardando Jess, << Wow, anche a me piacciono i computer,
peccato sia negata… >>
<< Non è poi
così complicato >> disse lui con aria professionale, << Basta solo
capire i meccanismi, poi ci va la passione per l’argomento… >>.
Xander gettò un’occhiata
a Irina, e lei sembrò sorridere sotto i baffi. Forse aveva intuito anche lei,
perché non aggiunse nulla e li guardò con la coda dell’occhio. Lo invitò a
sedersi di fianco a lei, sull’asciugamano, mentre il nipote giocava con paletta
e secchiello.
<< Allora,
come va? >> domandò lui, riferendosi alla situazione dell’ultima volta:
da quando era venuta a casa sua per dirgli che non si potevano più vedere, non
l’aveva più incontrata. Ecco perché aveva pensato di andarla a cercare in
spiaggia.
Irina si strinse
nelle spalle. << Bene… >> rispose, << Non l’ho più visto, da
quella volta. Penso sia preso dall’organizzazione di quella cosa di cui ti ho
parlato… >>.
Sembrava più
rilassata, e forse era quello a farla apparire ancora più bella dell’ultima
volta. Pensare che avrebbe anche potuto non rivederla gli sembrava
inconcepibile.
<< Infatti mi ha chiesto di andare >> disse lui, <<
Ma non mi sembrava così contento di avermi fra voi… >>.
Irina si voltò a
guardarlo con aria stranita. << Davvero? >> disse, << Bè, però ti ha chiesto di venire, quindi è già molto… >>
“Io credo di sapere perché non mi vuole più
tanto vicino… “ pensò Xander, ghignando, “Sono troppo interessato alla sua bambolina,
per i suoi gusti…”.
<< E questo
bel tatuaggio, da dove arriva? >> domandò Xander,
accennando alla sua schiena. Non lo aveva visto le altre volte, forse perché
era coperto dalle magliette.
Irina si strinse
nelle spalle. << E’ una cosa normale, tra noi piloti della BlackList… >> disse,
<< Oltre a fare la teppista con le auto, mi faccio i tatuaggi come i
carcerati >> aggiunse scherzando.
Xander sorrise. <<
Non sei la brava ragazza che sembravi, allora… Come mai una fenice? >>.
Irina gettò uno
sguardo a Tommy, che camminava sulla sabbia a poca distanza da loro, poi
rispose, senza guardarlo: << Perché la fenice è un essere che rinasce
sempre dalle sue ceneri… Muore, ma poi ha sempre la forza di tornare a vivere
>>.
Xander la guardò, sorpreso.
Irina alzò gli occhi su di lui e sorrise, continuando: << Mi piaceva
l’idea… Per questo ho scelto quel soprannome >>.
C’era uno strano
silenzio, intorno a loro. La ragazza si voltò, per scoprire che l’amica e Jess erano spariti, e Angie e Katy erano sdraiate
vicino all’ombrellone, troppo lontane per ascoltare quello che stavano dicendo.
Xander gettò un’occhiata
lungo la battigia, ma non li vide. Si strinse nelle spalle, noncurante.
<< Saranno andati a pretendere qualcosa al bar… >> disse.
Irina rinunciò a sapere dove fossero, e tornò a guardare l’orizzonte. Xander rimase incantato davanti al profilo perfetto di quel
viso dai tratti morbidi, gli occhi scuri e la bocca che sembrava disegnata.
Senza un filo di trucco era ancora più bella di quando l’aveva incontrata al Gold Bunny.
<< Cosa hai fatto lì? >> domandò all’improvviso lei,
accennando al suo petto.
Xander abbassò lo sguardo
e lo posò sulla cicatrice che aveva sul torace, lunga più o
meno sette centimetri, che solcava il muscolo del pettorale destro.
Ormai faceva così parte di lui, che dimenticava sempre di averla. Era il
ricordo che gli aveva lasciato la sua vecchia vita.
<< Sono
finito in una rissa >> rispose, tranquillo.
Irina girò la testa
verso di lui, fissandolo stupefatta. << Una rissa? >> domandò.
Xander annuì divertito
davanti alla sua espressione sconvolta. << Sei anni fa >> disse,
<< Non sono mai stato un tipo particolarmente
tranquillo… Io e un paio di amici abbiamo avuto una discussione con un gruppo
di ragazzi, e siamo arrivati alle mani. Loro erano molti più di noi, e hanno
tirato fuori dei coltelli. Alla fine sono stato colpito… Niente di che, perché
il taglio non era molto profondo, ha solo lasciato una cicatrice >>.
Davanti al silenzio
della ragazza, continuò: << Per quello sono
entrato nell’F.B.I. Dopo quell’episodio mio padre mi ha letteralmente preso per
le orecchie e mi ha spedito in un posto dove mi avrebbero certamente messo la
testa a posto… >>.
Sorrise, e Irina
fece altrettanto. << Ci sono riusciti? >> domandò.
<< Più o meno… >>.
<< Quindi anche tu non sei il bravo ragazzo che sembri >>
commentò Irina, scherzosa.
<< Credo
proprio di no… >>.
Tommy si era
avvicinato con la paletta in mano e aveva deciso che doveva scavare un fossato
intorno a loro. Iniziò a spalare energicamente la sabbia, inondando
l’asciugamano dove erano seduti.
Xander aveva voglia di
scoprire qualche cosa in più su di lei, visto che ne
aveva l’occasione, così cercò un argomento di discussione che potesse andare
bene.
<< Vai
all’Università, giusto? >> domandò, alla fine.
Irina si rabbuiò
impercettibilmente. << Sì… >> rispose, << Per il momento
>>.
<< Come mai
così scettica? >>
<< Penso di
aver preso la cosa un po’ sottogamba >> rispose
lei, << Mi piace, ma non riesco tanto a conciliare tutti i miei impegni…
Tra le gare e Tommy, perdo tantissimo tempo e me ne rimane troppo poco per
studiare… Ahi! >>.
Tommy l’aveva
appena inavvertitamente colpita sul naso con la paletta. La ragazza si portò
una mano al volto, mentre il bambino la guardava spaventato.
Xander si sporse,
preoccupato. << Ti sei fatta male? >>
Irina scosse la
testa, senza però scoprire il naso. << Non è niente… >> rispose,
<< E’ di plastica, non fa tanto male >>.
Fece una strana
smorfia e poi scoprì il naso, perfettamente intero. Xander
lo esaminò con aria critica, ma non sembrava essersi fatta nulla.
<< Sei sicura
che non ti faccia male? >> chiese.
Lei incrociò gli
occhi con un’espressione buffissima e si guardò il naso. << Al massimo mi
verrà un livido… >>.
Xander alzò una mano e le
tastò il naso, ma lei si ritrasse come scottata.
<< Avanti,
fammi controllare se è rotto… >> disse.
Era una scusa
stupidissima, perché se si fosse veramente rotta il
naso avrebbe dovuto perdere sangue e gridare di dolore, ma voleva almeno
togliersi lo sfizio di toccarla, una volta.
Irina sbuffò e si
lasciò tastare il naso con aria imbarazzata. Xander
sorrise.
<< No, non è
rotto >> disse, poi guardò Tommy che fino a quel momento era rimasto in
silenzio, << Però mi sa che ti verrà un livido, sì >>.
Irina si scostò
rapidamente, come se non volesse essere toccata. Xander
si stupì di quella reazione, ma non fece commenti.
<< Vuoi del
ghiaccio? >>
Irina lo guardò e
scoppiò a ridere. << No, non mi sto mica dissanguando! >> disse,
<< E’ solo una botta con una paletta, mica un pugno in piena faccia!
>>.
<< Che
succede? >> domandò Katy, comparendo alle loro
spalle.
<< Niente…
>> rispose Xander, << Abbiamo solo uno
scavatore un po’ maldestro… >>.
Katy li guardò
interrogativi, poi prese Tommy per mano e se lo portò
via prima che Irina potesse protestare. Si alzò in piedi e si scrollò la sabbia
di dosso, poi gli gettò un’occhiata.
<< “Fammi
controllare se è rotto”… >> gli fece il verso, divertita,
<< Sei anche un medico, per caso? >>.
<< No, ma ho
fatto un corso di pronto soccorso >> rispose Xander,
<< Insieme a uno di psicologia, chimica e un
sacco di altre cose… Era previsto per entrare nell’F.B.I. >>.
<<
Psicologia? >> domandò lei.
<< Sì, serve
per imparare a interagire con le persone nelle situazioni estreme >> spiegò lui.
“Oltre che per capire dalle loro azioni cosa
prova la gente… E’ per quello che ho capito che mi
stai nascondendo ancora qualcosa”.
Irina annuì e si bagnò i piedi tra le piccole onde della riva. << Quindi dovrò stare attenta anche a quello che dico… >>
scherzò, << Per caso sai anche leggere nel pensiero? >>.
Xander rise e scosse la
testa. << No, ma sto imparando… Andiamo a fare il bagno? >>.
Irina guardò
l’orologio. << Veramente volevo iniziare ad avviarmi a casa… Devo dare da
mangiare a Tommy… >>
“Per quanto simpatico, questo bambino inizia
a fare il guastafeste…”
<< Avanti, è
ancora presto… E comunque, la tua amica s’e l’è appena portato via… >>
disse Xander.
Irina si voltò
verso l’ombrellone, dove non c’erano né Katy, né Angie, né tantomeno Tommy. Guardò intorno, ma non li vide.
“Adesso ti faccio vedere io…”.
Prima che avesse
modo di protestare, Xander la prese in braccio e la
lanciò in acqua senza sforzo. Poi si tuffò a sua volta.
Irina
riemerse bagnata fino alla testa, i capelli scuri incollati al viso. Lo guardò in
silenzio per un momento, poi scoppiò a ridere.
<< Ah, mi
tratti così? >> disse, << Non fare troppo il furbo, sai? >>.
Gli mise le manine
sul petto e lo spinse, facendolo cadere in acqua, solo che lui se la trascinò
dietro senza tanti complimenti. Il contatto con la sua pelle liscia e delicata
gli fece uno strano effetto: aveva un profumo irresistibile, che gli rimase
nelle narici come una sorta di droga.
Stava per
acchiapparla di nuovo, quando la vide portarsi un braccio sul seno.
<< Aspetta!
Fermo un attimo! >>.
Xandersi
immobilizzò di colpo e la guardò, poi notò che le si era appena
slacciato il costume. Forse si era impigliato da qualche parte mentre
giocavano. Ridacchiò davanti al suo palese imbarazzo, e la guardò cercare di
tenere tutta la “carrozzeria” al suo posto.
<< Stupido
costume >> commentò, << Mi succede sempre… >>.
“Chissà perché a me piace un sacco, invece…”
<< Posso? >>
domandò Xander, indicando i laccetti penzolanti.
Lei rimase un
attimo in silenzio, poi annuì si voltò di spalle. Scostò i capelli con l’altra
mano e gli permise di allacciarle il costume. Le sfiorò la pelle e la vide
irrigidirsi stranamente, e non poteva essere un brivido di freddo, visto che era quasi mezzogiorno e il sole particolarmente
caldo…
Mentre con
deliberata lentezza annodava il costume, guardò il tatuaggio della ragazza: una
fenice tribale nera, dalla lunga coda piumata che formava un cerchio intorno
alle ali spiegate. Molto bella, secondo lui.
<< Fatto
>>
Irina si voltò e lo
guardò di sottecchi, arrossendo. << Grazie >> mormorò.
Fece un passo
indietro, come se si pentisse di avergli appena permesso di toccarla. Rimase un
momento immobile, poi sorrise cercando di dissimulare il suo imbarazzo.
<< Andiamo? >> disse, accennando all’ombrellone.
A malincuore, Xander accettò e la seguì fuori dall’acqua, mentre lei
strizzava i capelli fradici con le mani.
<< Adesso
sembrerà che ho messo le dita nella corrente… >> commentò, sorridendo.
<< Vieni qua…
>> disse Xander, afferrandola gentilmente per
un braccio e avvicinandola di nuovo. Le passò una mano tra i capelli umidi
pettinandoli tutti all’indietro e scoprendo il suo bel visino arrossato dal sole.
Irina rimase in silenzio, lo sguardo che non voleva incontrare il suo.
<< Così sei
bellissima >> commentò Xander, lasciandola
libera di allontanarsi.
<< Grazie… Di
nuovo >> disse Irina, rossa come un peperone.
Xander sorrise. Era una
delle poche ragazze che arrossiva ancora davanti a un complimento.
<< Irina!
>> chiamò qualcuno.
Lei voltò di scatto
la testa: Katy e Jenny la stavano chiamando, Jess vicino a loro. Li raggiunsero, e Tommy corse loro
incontro con la paletta in mano.
<< Stammi lontano
con quell’affare, per favore >> disse Irina, prendendolo in braccio,
<< Dai, che andiamo a casa >>.
Xander si rese conto di
quanto fosse strana e inusuale una situazione del
genere: una ragazza di soli vent’anni costretta a crescere un bambino, invece
di vivere la sua giovane età come tutti. Si era sobbarcata così tante
responsabilità che lui non avrebbe mai avuto il coraggio di prendere.
Irina si infilò il vestitino, i capelli bagnati ancora come glieli
aveva pettinati lui, e lo guardò. Le amiche stavano guardando lei, invece.
<< Allora ci
vediamo, Xander… >> disse, dondolandosi sulle
punte dei piedi.
<< Benissimo
>> disse lui, << Non vedo l’ora >>
Non gli interessava
minimamente che le sue tre amiche intuissero che gli piaceva, tantomeno Jess, che sapeva tutto, ormai. Jenny sorrise sorniona e si
girò dall’altra parte. Irina invece gli rivolse un’occhiata a
cui non riuscì a dare un significato, e non disse niente. Raccolse le
sue cose e quelle di Tommy, salutò lui e Jess e andò
via insieme alle amiche.
<< Allora??????? >> Sbottò Jenny, quando furono lontano da
orecchie indiscrete.
Irina gli rivolse
un’occhiata poco amichevole. << Cosa c’è? >> chiese, sapendo a cosa
si riferiva l’amica.
<< Sbaglio o
ti stava mangiando con gli occhi? >> disse Jenny, divertita.
Irina sbuffò. Xander era stato solo un po’ più gentile del solito, niente
di più.
<< Non
saltare alle conclusioni sbagliate >> disse, caricando la borsa nel baule
della TT.
Jenny aprì la Ford
Fiesta azzurra di sua madre, con cui era venuta insieme a Angie
e Katy, e ribatté: << Non sono conclusioni
sbagliate, lei mie >>.
<< Invece sì,
siamo amici e basta >> disse Irina, quasi innervosita.
<< Non si
guardano così le amiche… >> commentò Jenny, << Vero ragazze?
>>.
Angie si astenne dai commenti, maKaty ridacchiò.
<< Dovevi vedere quando le si è slacciato il
costume… >>.
Jenny spalancò gli
occhi. << Cosa?!Nooo,
me lo sono perso! >>.
<< Perché,
dov’eri? >> chiese Irina, irritata per il fatto che
l’avessero spiata.
Jenny assunse
un’aria noncurante. << In giro… >> rispose, evasiva.
Irina la scrutò,
poi collegò la sua sparizione con quella di Jess. << Non mi dire
che… >> sbottò, sbalordita, << Jess?
>>.
Jenny arrossì
leggermente. << Abbiamo chiacchierato… >> disse, << Niente di
che… E’ molto simpatico… >>.
Katy la fissava con
tanto d’occhi, e si stava trattenendo dallo scoppiare a ridere. Anche Angie sembrava sorpresa.
<< Non ci
posso credere >> disse Irina, << Non pensavo proprio che fosse il
tuo genere… >>.
Jenny guardò in
alto, con aria sognante. << Invece è… Non lo so… Perfetto >>.
“E’ assurdo…” pensò Irina, “Il colpo di fulmine esiste, allora”.
<< Vi siete
scambiati i numeri di telefono? >> chiese Katy.
Jenny annuì.
<< Ok,
perfetto… >> disse Katy, << Spero non abbiate
fatto altro, quando vi siete imboscati chissà dove… >>.
<< No no >> assicurò Jenny, ma
Irina si accorse che forse non era proprio la verità, << Non è successo
niente… >>.
Katy e Irina si
scambiarono uno sguardo d’intesa, poi entrarono nelle rispettive auto.
<< Ci vediamo domani a lezione >> disse Irina, allacciando
le cinture di Tommy. Si sedette al posto di guida e accese il motore.
Jenny si avvicinò e
le bisbigliò, sorniona: << E ricordati… “Non vedo l’ora” >>
Irina sbuffò, le
rivolse un ultimo saluto e partì, diretta a casa.
Era leggermente
stupita del suo comportamento: Xander era riuscito a
toccarla… Incredibile, di solito non amava il contatto fisico con nessuno che
non fosse Tommy, o le sue amiche. Persino Max non la sfiorava quasi mai.
Xander assomigliava
troppo a William: nei modi di fare, nel tono della voce, nel modo di porsi con
la gente… E la cosa la spaventò un po’. Proprio grazie al suo fascino
magnetico, lo Scorpione era riuscito a guadagnarsi la sua fiducia per poi
togliersi la maschera e rivelarsi per ciò che era. Lei ci era caduta, a suo
tempo, ed era l’unico errore che non era ancora riuscita a perdonarsi.
Non sapeva se Xander stesse
solo giocando o meno, ma il comportamento di quella mattina l’aveva
lasciata senza parole…
Sorrise, ferma al
semaforo, mentre ripensava alle poche parole che si erano scambiati sulla
spiaggia, e si era sentita stranamente bene, tranquilla, anche se molto
imbarazzata. Da quanto tempo non succedeva?
Due anni… Due anni, da quando aveva incrociato per la prima volta William Challagher… Da quando credeva di essersi innamorata di lui.
Da quando aveva capito che aveva commesso il più grande errore della sua vita,
e che non poteva tornare più indietro. Da quando quella specie di sogno si era trasformato in un incubo…
William e Xander erano uguali: belli, ricchi, intelligenti,
affascinanti… Forse addirittura perfetti, ai suoi occhi. Entrambi in grado di
ottenere sempre quello che volevano, in grado di farsi piacere dalla gente.
Aveva già sbagliato
una volta, e non voleva commettere lo stesso stupido errore. Doveva stare
lontana da Xander, perché sapeva che, se solo avesse voluto, sarebbe riuscito a farla innamorare di lui.
Non voleva scoprire che alla fine aveva sbagliato ancora, come sempre nella sua
vita.
Spazio Autrice
Smemo92: sì, povera Irina. Soffre
in silenzio solo perché ritiene di essere lei stessa la causa dei suoi
guai. Nessuno sa tutto di lei, all’infuori di lei stessa. E Max… Sì, Max le
vuole bene, ma la considera solo come una sorella, e questo lo rende molto più
affidabile. Come vedi, Xander è riuscito a convincere
Irina a continuare a vedersi, nonostante lei abbia comunque paura. E il motivo
è più che chiaro, soprattutto in questo capitolo. Tuttavia, non è così
superficiale da continuare a metterla in pericolo a cuor leggero: si è accorto
che c’è ancora qualcosa che Irina non ha detto, qualcosa che non è ancora
venuto fuori. Ed è disposto ad attendere, ad aspettare. Irina ha tanti segreti,
e lui li vuole scoprire tutti. Quando a William… Bé, lei “gli appartiene”, come
non smette mai di ricordare, e questo comporta molte e troppe cose… Più avanti
sarà tutto più chiaro, come sempre. Un bacio enorme, a te e alla tua fedeltà
alla storia!
EmilyDoyle: bentornata! Non ti preoccupare per non aver recensito,
ti capisco. Comunque, Xander la salverà, questo è
sicuro! E dopo questo capitolo ci metterà molto più impegno, vedrai! Un bacio!
Kicici: benvenuta! Sono molto contenta che ti piaccia la mia
storia, e lo sono altrettanto per il fatto che hai
speso un pomeriggio intero per leggerla tutta! In effetti, come argomento è
abbastanza inusuale, ma mi piaceva troppo l’idea per
non provare. Ogni tanto bisogna anche osare. Lo schema, come dici tu, è già
visto e rivisto, ma ho cercato di renderlo un po’ meno scontato con un’ambientazione
fuori dal comune, cercando di coniugare azione e sentimento in un’unica storia.
Fammi sapere se continua a piacerti! Un bacio!
Jess camminava avanti e
indietro nel soggiorno, il cellulare in mano e l’espressione persa. Xander, spaparanzato sul divano di pelle, lo guardava
perplesso e divertito.
<< Cioè… Io
non capisco >> stava dicendo l’informatico, << Ti giuro, non mi è
mai capitata una cosa del genere… Mi sono imbambolato appena l’ho vista!
>>.
Si stava riferendo
a Jenny, l’amica dai capelli neri di Irina. Da quando erano tornati dalla
spiaggia, gli era sembrato leggermente irrequieto, e aveva capito subito qual’era il motivo.
<< Quindi vi
siete allontanati per poter parlare in santa pace?
>> domandò Xander, il sopracciglio inarcato.
<< Veramente
all’inizio pensavo che lei avesse intuito la storia fra te e Irina… >>
rispose Jess, << Infatti io pensavo che mi
avesse chiesto di seguirla per potervi lasciare da soli… Invece era tutt’altro
motivo >>.
<< Quindi? >> chiese Xander.
<< Quindi ci siamo baciati >> disse Jess.
Xander lo fissò
sbalordito. << Stai scherzando, vero? >>.
<< No
>> ribatté Jess, << Non sono mai stato così sincero in vita mia >>.
“Cazzo, questi due corrono davvero… Non si sono mai
visti in tutta la loro vita e si baciano, e io l’unica
cosa che sono riuscito a fare è sfiorare Irina un paio di volte, in un mese che
sono qui… Inizio a preoccuparmi”.
<< Cosa ti è
preso? >> domandò Xander, ancora sotto shock.
<< Non lo so
>> rispose l’informatico, << Ho perso la
ragione… >>.
Xander si portò le
braccia dietro la testa e sospirò. Almeno Jess non
doveva farsi tutti i problemi che si faceva lui… Lui
era “normale”, e Jenny era una ragazza “normale”. Irina era tutto
tranne che una qualsiasi, invece.
<< Vabbè, i numeri di telefono ve li siete scambiati… >>
disse, << Quindi siete interessati… Telefonale e uscite insieme >>.
Era leggermente
irritato per il fatto cheJess
fosse stato molto più rapido di lui. In quattro e quattrotto
aveva fatto molto più di quello che aveva fatto lui in un mese. Di solito i
ruoli erano invertiti.
Jess si voltò verso di
lui. << E voi? Avete flirtato abbastanza?
>> chiese.
Xander sbuffò. <<
Non abbastanza… O forse non tanto quanto voi >> rispose, secco.
Per fortuna il
cellulare squillò, impedendogli di sentire i commenti sarcastici
dell’informatico. Sperò fosse Irina, invece sul display c’era
scritto “William Challagher”.
<< Pronto?
>>
<< Alexander,
sono lo Scorpione >>
<< Dimmi
>>
<< Ho pensato
che questa sera potresti sfidare il Cobra… Ti senti pronto? >> domandò
William.
<< Certo.
Dove? >>
<< Dalton
Beach, alle 23.00 >>
<< Perfetto,
A stasera, allora >>
Chiuse la
telefonata e guardò l’informatico.
<< Era Challagher… >> disse Xander,
<< Stasera sfido il quarto >>.
Ore 23.00 – Dalton Beach
Irina attendeva la
tanto sospirata gara tra Xander e Jim Whitman
appoggiata alla Punto bianca, parcheggiata a bordo strada. William, di fianco a
lei, parlava con Dimitri e Hanck. In
mezzo alla strada, parcheggiata sulla linea di partenza, la DodgeViper verde ramarro, sola. Xander
non era ancora arrivato.
C’era molta gente,
in giro. Ormai Xander era diventato un fenomeno, e le
scommesse si moltiplicavano a dismisura: qualcuno credeva che ormai il gioco
stesse terminando anche per lui. Il novellino era dato per spacciato.
Il rumore di un
motore giunse alle sue orecchie, e vide comparire in fondo alla strada la
Maserati Graturismo nera di Xander,
i fari accesi nella notte. Si fermò di fianco alla Viper
e il ragazzo scese dalla macchina.
<< Scusate il
ritardo >> disse, << Sono stato fermato dalla polizia per un
controllo >>.
<< Figurati
>> ribatté William, << Nessun problema… Hanck,
chiama Jim >>.
Hanck sparì un momento,
poi tornò insieme a un uomo di circa trent’anni, pelato e dallo sguardo
viscido.
<< Scorpione,
Fenice, Mastino >> salutò rispettosamente, con un cenno del capo, poi si
rivolse a Xander: << Sei tu il novellino?
>>.
Irina guardò Xander rimanere impassibile davanti al Cobra. Provò la
forte tentazione di dire qualcosa, ma rimase in silenzio.
<< Se pensi
che io sia un novellino… Sì, sono io >> rispose lui.
<< Che gara
volete? >> domandò William.
<< Circuito,
due giri >> rispose Whitman.
<< Alexander,
sei d’accordo? >>
<< Mi va
benissimo >>
Le gettò
un’occhiata come se volesse dirle qualcosa, e lei sorrise impercettibilmente.
Non riusciva a togliersi dalla testa la mattinata passata sulla spiaggia…
Xander e Whitman
raggiunsero le auto, mentre William decise di dare il via. Irina rimase
appoggiata alla Punto, vicino a Dimitri.
Il russo la guardò
con la coda dell’occhio, le braccia incrociate.
<< Chi credi
che vincerà? >> domandò con il suo solito tono di voce basso e roco.
<< Tu cosa
pensi, invece? >> ribatté lei.
<< Che molto
probabilmente me lo ritroverò in gara >> rispose secco Dimitri.
<< Pensi che
batterà anche me, allora? >> domandò Irina.
In quel momento, le
due auto partirono a razzo, lasciandosi dietro strisce nere sull’asfalto.
Sparirono dietro l’angolo, seguite con gli occhi dallo Scorpione.
<< Sì, ti
batterà >> rispose il russo, << Anche perché tu mi sembri propensa
a farlo vincere… >>.
Irina si voltò a
guardare Dimitri, gelido come un cubetto di ghiaccio. Che sospettasse qualcosa?
<< Non lo
lascerò vincere >> ribatté secca, << Ma so riconoscere quando
qualcuno è più forte di me… >>.
Dimitri fece una
smorfia. << Anche io, se per questo >>
disse, << E credo che William gli stia lasciando un po’ troppo spazio
libero… >>.
Irina sorrise
mentalmente: il russo iniziava a temere Xander.
<< Paura, Mastino? >> chiese, sarcastica.
<< Non ho
nulla da temere da quel novellino >> rispose Dimitri, << Potrà
battere te, ma non me >>.
Le dava fastidio
sentire Xander chiamato in quel modo. << Penso
tu possa smettere di definirlo novellino. Ormai sta sfidando il quarto, e ha dato prova di cosa è capace >>.
Dimitri le gettò
un’occhiata insospettita, e Irina si pentì di quello che aveva detto.
<< Sta
attenta a quello che dici, Fenice >> sibilò, << Perché potrei
pensare che tu stia sperando che Alexander riesca ad arrivare allo Scorpione…
>>.
“Cazzo, perché non sono stata zitta?”
pensò la ragazza, preoccupata.
Di tutti coloro che facevano parte del giro di William Challagher, Dimitri era l’unico che si poteva dire che
fosse veramente fedele allo Scorpione, al di là dei soldi. Erano amici da tanto
tempo, e avevano scalato la lista insieme. Il russo non l’aveva mai voluta tra
loro, fin dall’inizio. Era una delle poche questioni su cui aveva avuto da
ridire con William: la riteneva solo una ragazzina con un bel fisico e
nient’altro, e secondo lui ridicolizzava loro, i
piloti uomini. Alla fine aveva dovuto cedere, ma Irina sapeva che aspettava
l’occasione di metterla in cattiva luce davanti a Challagher
e farla sbattere fuori. Era uno dei pochi che non rispettava Fenice come
avrebbe dovuto, perché William gli aveva mai detto nulla.
Ora che rischiava
di scoprirsi, Irina decise di soppesare attentamente le parole. << Penso
solo che sia stupido chiamarlo con quel soprannome >> spiegò, neutra,
<< Serve solo a provocarlo, no? Dategli un vero soprannome, visto che lo ritenete così forte >>.
Dimitri gli lanciò
un’ultima occhiata, e rimase in silenzio. In quel momento la Maserati e la Viper passarono davanti a loro, fianco a
fianco, dopo aver terminato il primo giro. William stava seguendo la
gara dall’altra parte della strada, discutendo con Clarck,
l’uomo delle scommesse.
Ancora appoggiata
alla Grande Punto, Irina attese spasmodicamente la fine della gara.
“Avanti Xander, ce
la fai…”.
Sentì il rumore di
un motore, in lontananza. Guardò verso l’angolo della strada, vedendo
baluginare i fari a led di un’auto. Era ancora troppo lontana, per capire chi
fosse, ma con il cuore in gola vide i riflessi verdi sulla carrozzeria…
Si sporse per
vedere meglio, sentendo tutte le speranze che aveva
accumulato fino a quel momento svanire… Era la Viper
di Whitman, con il muso schiacciato e il parabrezza crepato, ma era lei.
“Ha perso…” pensò Irina.
Poi si aggiunse un
altro rumore, un suono che le sembrò musica. Dall’angolo, con una derapata,
comparve la Maserati nera a tutta velocità. Uscita dalla curva, accelerò e raggiunse
in un attimo la Viper, superandola a destra…
L’auto di Whitman,
ridotta a un rottame, non riuscì a fermarlo. Xander
superò il traguardo sotto lo sguardo allibito di Irina, inchiodando davanti a
lei. Si sporse dal finestrino e disse, tranquillo: << Scusate, avevo
sbagliato strada >>.
Persino William
sembrò sorpreso, poi scoppiò a ridere. Raggiunse Xander
mentre Whitman fermava l’auto vicino alla Maserati.
<< Come hai fatto a sbagliare strada? >> chiese, divertito.
<< Mi ha
chiuso in curva, ho dovuto fare una deviazione per evitare di schiantarmi…
>> rispose Xander, scendendo dall’auto,
<< Ho allungato un po’, ma sono arrivato lo stesso >>.
Si avvicinò alla Viper e guardò Whitman uscire con aria dolorante. <<
Tutto bene? >> chiese.
Jim grugnì qualcosa,
poi sventolò la mano e girò intorno alla sua macchina per valutare i danni.
Irina rimase
immobile a bordo strada a guardare Xander e William
che parlavano tra loro, ridacchiando. Gli avrebbe buttato le braccia al collo,
se non ci fosse stato nessuno nei paraggi. Per un attimo aveva creduto che
fosse finito tutto, e poi lui esordiva con un “Scusate,
avevo sbagliato strada” come se niente fosse? Le aveva fatto venire un infarto!
Mentre Xander tornava alla sua auto, le rivolse una strana
occhiata, e lei arrossì di colpo. Imprecando mentalmente si chiese cosa le
fosse preso e si voltò di spalle per evitare di farsi vedere. Dimitri, però,
sembrò notare qualcosa di strano: la guardò con la coda dell’occhio, ma non
disse nulla e raggiunse William.
Xander gettò un’occhiata
a Irina, ma la vide voltarsi di spalle di scatto. Rimase interdetto per un
momento, poi si accorse che era arrossita. Sorrise e salì in macchina,
continuando a guardare la ragazza.
“Ti faccio questo effetto?” si chiese,
divertito.
Era appoggiata alla
Punto bianca, e guardava dall’altra parte con l’aria di non avere nessuna
intenzione si voltarsi dalla sua parte. Forse era imbarazzata per quello che
era successo la mattina…
Quindi non gli era
proprio insensibile. Una reazione del genere non l’avrebbe avuta se non gliene
fosse fregato un fico secco, no?
Challagher e il russo le si avvicinarono, e lei fu costretta a voltarsi. Evitò
deliberatamente di guardare dalla sua parte e scambiò un paio di parole con lo
Scorpione.
“Avanti, digli che vieni… Ti rapisco di
nuovo, e stavolta non ti rilascio per un bel po’…”
Nascosto dietro i
vetri oscurati della Maserati, poteva starla a guardare senza aver paura di
essere beccato da qualcuno. Challagher aveva detto
che sarebbero andati tutti al Gold
Bunny a bere qualcosa, e molto probabilmente stava dicendo a Irina del loro
programma.
In mezzo a quei due, Irina sembrava piccola, troppo piccola per essere
una pilota clandestina. Capì perché la chiamavano “bambina”: tra Challagher, Dimitri e tutti quei mezzi criminali da
strapazzo i suoi vent’anni non erano niente. Era troppo giovane per fare quella vita, così come lo era per badare a un
bambino piccolo… Ed era troppo bella per passare inosservata.
La condanna di
Irina era anche la sua fonte di salvezza: tutti la scrutavano, la mangiavano
con gli occhi, perché lei sortiva l’effetto che hanno
gli oggetti proibiti per coloro a cui è vietato prenderli… E più una cosa viene
proibita, più viene desiderata. Se non fosse stato per il terrore che incuteva Challagher, tanti non ci avrebbero pensato due volte a
portarsela a letto senza tante cerimonie.
“Questo è l’ultimo posto in cui dovresti
stare”
Xander vide Irina
scuotere la testa, e dire qualcosa a William. Lui rimase un momento in
silenzio, poi le rispose. La ragazza aggiunse qualcosa, poi lo Scorpione la
tirò a sé e le diede un bacio a fior di labbra, voltandosi poi proprio verso di
lui.
Xandersi
irrigidì di colpo, ricordando all’improvviso che Irina “stava” con
William… E sapere che lui l’aveva baciata, ci era andato a letto e aveva il
pieno accesso alla sua vita lo mandò in bestia. Cazzo,
era un maledetto figlio di puttana e non si meritava una come lei.
Distolse lo
sguardo, poi vide passare la Punto bianca vicino a
lui. Irina lo salutò con la mano e sparì nel buio.
“Non viene…” pensò, sconfortato.
Scoprire che Irina
non sarebbe venuta al Gold
Bunny gli tolse la voglia di andarci. Sbuffò, infastidito, e attese che William
si avvicinasse a lui.
<< Niente
Fenice, stasera >> disse, secco, << Troviamoci lì… Ah, devi offrirmi da bere: ero l’unico che ha scommesso sulla
tua vittoria >>
Ore 9.00 – Università
<< Quindi ieri sera siete usciti insieme? >> domandò
Irina stancamente, guardando Jenny seduta di fianco a lei.
<< Sì
>> rispose l’amica, euforica, << Siamo andati a mangiare qualcosa…
E’ stato molto carino, sai? >>.
<< Immagino…
>> borbottò Irina.
Jenny e Jess erano usciti insieme, alla
fine. Avevano fatto tutto un po’ troppo in fretta, per i suoi gusti, ma l’amica
sembrava così felice che non poteva darle torto. Era contenta per lei, ma non
riusciva a darlo a vedere. Per la testa aveva altro.
“Io sono la prossima…” le venne da
pensare.
Xander aveva battuto
Whitman, e ora sarebbe toccato a lei gareggiare contro di lui. Non era la
sconfitta, a preoccuparla… Era il fatto che doveva
vederlo di nuovo.
Non era andata al Gold Bunny proprio per quello. Il
comportamento tenuto da Xander in spiaggia l’aveva
spaventata: perché l’aveva trattata così? Era stato gentile, carino, dolce…
Picchiettò la
matita sul banco con aria triste.
<< Che hai?
>> domandò Jenny, a bassa voce.
<< Niente
>> rispose lei.
<< Avanti… Jess mi ha detto che ieri sera hai visto Xander… >> incalzò Jenny.
<< Non ci
siamo parlati >> tagliò corto Irina, << Ha fatto la sua gara e poi
me ne sono andata >>.
Jenny sembrò
stupita. << Perché? >>
<< Perché ho
deciso così e basta >> ribatté Irina, secca.
Jenny diventò
seria. << E’ successo qualcosa? >> domandò, preoccupata.
<< No
>>
<< Allora
perché cerchi di evitarlo? >>
<< Perché non
ho capito cosa vuole da me >> rispose Irina, << Prima mi aveva
chiesto di aiutarlo… E non ne aveva bisogno. Adesso si comporta così… Non
capisco >>.
Jenny sorrise
impercettibilmente. << L’ho visto solo una volta, maXander mi sembra un bravo ragazzo >> disse,
<< Forse vuole solo… Bé, Irina, non hai pensato che potrebbe essere
interessato a te? >>.
Irina scosse la
testa, ma in realtà lo aveva capito. No, non voleva accettare quella ipotesi, perché Xander
rischiava troppo.
Rimase in silenzio,
fissando il foglio vuoto. Ormai gli aveva detto che a Las Vegas ci sarebbe
andata, e non poteva rimangiarsi la parola. Oltretutto, William la voleva lì. Però, avrebbe preferito non andarci: sarebbe stata in
stretto contatto con Xander per diversi giorni…
Jenny la lasciò in
pace a rimuginare sui suoi problemi fino alla fine della giornata. Non disse praticamente nulla, e quando tornò a casa fu felice di
essere completamente sola. Si sedette sul divano, il telefono cellulare buttato
malamente sul tavolino.
Doveva evitare Xander, era la cosa migliore da fare.
Ore 18.00 – Casa di Xander
“Mi sta evitando” pensò Xander, seduto sul divano, solo.
Era da domenica
sera, quattro giorni prima, che non aveva né visto né sentito
Irina. Non si era presentata a nessuna gara, e non l’aveva vista nemmeno
con William. Si era quasi volatilizzata.
Forse aveva
sbagliato, quella mattina in spiaggia. Era stato troppo esplicito? No, non
aveva fatto nulla di particolare, se non qualche complimento. Non aveva gradito
la sua attenzione?
“Ok, adesso prendo la situazione in mano e la
chiamo… Vediamo cosa fa se le chiedo di uscire…”
Afferrò il telefono
e chiamò.
<< Pronto?
>> rispose la ragazza dall’altra parte della linea.
<< Ciao
Irina, sono Xander >>
<< Ciao Xander… >> disse lei, << Di cosa hai bisogno?
>>.
<< Di nulla.
Volevo fare quattro chiacchere con te, dopo domenica.
Non abbiamo avuto modo di parlare della gara… Ti va se usciamo a mangiare
qualcosa insieme? >>.
Irina rimase in
silenzio per un momento, poi rispose: << Ti ringrazio per l’invito, ma
non ho nessuno che mi tiene Tommy… E comunque è meglio così, perché ho paura
che qualcuno sospetti qualcosa >>.
“Perfetto, non vuole vedermi”.
<< D’accordo…
Allora faremo per un'altra volta… >>
<< Va bene.
Ti saluto Xander, ho una cosa da fare >>.
Irina chiuse la
telefonata e guardò fuori dalla finestra di camera sua, amareggiata. Xander l’aveva chiamata e le aveva chiesto di uscire…
Si voltò e rimase
pietrificata: suo padre era in piedi sulla soglia, e la fissava. Aveva sentito
tutto.
<< Che fai
qui? >> domandò, con un filo di voce.
Todd grugnì, le
rivolse un’occhiataccia e se ne andò.
“Sono finita” pensò, “Se lo va a dire a William sono finita”.
Chiuse la porta e
appoggiò l’orecchio sul legno, per sentire se suo padre stava telefonando a
qualcuno. Nel corridoio regnava il silenzio.
Tommy non c’era: lo
aveva lasciato da Sandra, perché aveva intenzione di andare a fare una gara,
quella sera. La motivazione che aveva dato a Xander era
solo una scusa per non vederlo. Meno lo incontrava, meglio era.
Seduta a tavola,
Irina osservava di sottecchi suo padre che mangiava in silenzio guardando la
televisione. Aveva paura che si fosse accorto che si vedeva con Xander, e che potesse dirlo a William…
La bottiglia di
birra che Todd aveva davanti al piatto era vuota, ed era la quarta che beveva.
Voleva cercare di fare conversazione, ma sapeva che quando suo padre si imbottiva di alcool era intrattabile.
Tornò a guardare
nel suo piatto, ascoltando le notizie del telegiornale.
<< Dammi
un’altra birra >> grugnì Todd.
<< Ne hai
bevute già quattro… >> mormorò Irina, << Ti fanno male… >>.
<< Sta zitta
è prendila >> ribatté suo padre.
Irina si alzò e
raggiunse il frigorifero, prese la bottiglia e tornò a tavola. Suo padre la
stappò gettandole uno sguardo di sbieco, senza dire nulla.
Mezz’ora dopo,
Denis rientrò a casa. Irina gli preparò da mangiare poi salì in camera a
vestirsi per la gara. Controllò il cellulare, e scese di sotto senza che nessuno
si accorgesse di nulla.
Todd era seduto in
soggiorno, spaparanzato sul divano. Guardava ancora la Tv, così Irina non lo
disturbò e uscì senza salutarlo. Denis doveva essere in camera sua.
Raggiunse la Punto
parcheggiata in garage, accese il motore e la tirò fuori, fermandosi sul
vialetto. Poi scese per andare a chiudere la saracinesca, ma sentì qualcuno
chiamarla.
<< Ehi! Dove
stai andando? >>.
Irina si voltò. Suo
padre la raggiunse a grandi passi, visibilmente alterato.
<< Cosa c’è?
>> chiese lei.
Senza preavviso,
Todd le rifilò una sberla in faccia, prendendola alla
sprovvista. Indietreggiò, senza parole, finendo seduta sul cofano della Punto.
<< Dove cazzo
stai andando, eh? >> chiese suo padre, sotto
l’effetto dell’alcool, << Con chi ti devi vedere, eh? >>.
Irina cercò di
rimanere calma, ricordandosi di come doveva gestire la situazione. Non era la
prima volta che suo padre aveva una reazione del genere, dopo aver bevuto.
<< Sto solo
andando a fare una gara… >> balbettò.
Todd le diede un
altro schiaffo, infuriato. Irina cercò di evitarlo, ma era talmente spaventata
che rimase bloccata. Finché non sentì lo stridore di gomme sull’asfalto.
Xander inchiodò la
Maserati di colpo.
Vide la Grande Punto bianca
di Irina ferma vicino al ciglio della strada, i fari e il motore accesi. E la ragazza, seduta sul cofano dell’auto, sovrastata da suo padre.
E proprio suo padre la colpì in pieno viso con uno schiaffo che avrebbe fatto
girare la testa a un uomo adulto.
Senza pensarci due
volte, scese dall’auto e lo raggiunse. Afferrò l’uomo per le spalle e lo spinse
via, mettendosi tra lui e la ragazza.
<< Mettile di
nuovo le mani addosso e te le ritrovi da tutta un’altra parte >> sibilò,
incazzato.
L’uomo lo guardò
sorpreso, facendo fatica a metterlo a fuoco. Doveva aver bevuto, perché aveva
il volto arrossato.
<< Xander! >> gridò Irina, mettendosi davanti a lui,
<< Togliti, per favore >>.
Xander la guardò:
sembrava stare bene, ma aveva un leggero rivolo di sangue che le colava dal
naso. Lo fissava risoluta, quasi arrabbiata. La scostò delicatamente e
fronteggiò suo padre.
<< Levati dai
coglioni >> disse quello, << Fatti i cazzi tuoi. Nessuno ti ha
autorizzato a venire di nuovo qui >>.
<< E’ troppo
facile prendersela con una ragazza >> ribatté Xander,
<< Prenditela con me, figlio di puttana >>.
Irina si mise di
nuovo in mezzo. Gli mise le mani sul petto e lo spinse delicatamente indietro.
<< Va’ via, per favore >> mormorò,
<< Non fare lo stupido >>.
In quel momento uscì di casa anche un altro ragazzo, molto probabilmente uno
dei fratelli di Irina. Si diresse verso di loro, confuso.
Xander prese la ragazza
per un gomito e le disse: << Sali in macchina >>
<< Xander… >>
<< Sali in
macchina e basta >> ordinò lui secco.
Irina gli rivolse
un’occhiata spaventata, poi fece per allontanarsi, ma suo padre l’afferrò per un braccio. Prima che qualcuno potesse dire
qualcosa, Xander gli sferrò un pugno in piena faccia,
facendolo cadere a terra.
<< Xander! >> gridò Irina.
Era incazzato come
una belva. Non poteva sopportare che qualcuno mettesse le mani addosso a Irina,
soprattutto se quel qualcuno era suo padre. Il fratello soccorse Todd,
terrorizzato.
<< Quando tuo
padre si sveglierà, digli che non ho finito con lui >> disse minaccioso,
<< E se prova a toccarla di nuovo, il naso sarà il minimo che potrò
rompergli, chiaro? >>.
Girò sui tacchi e
tornò indietro, lasciando i due sul selciato con aria sconvolta. Raggiunse
Irina, in piedi vicino alla Maserati, e la afferrò per un braccio.
<< Sali in macchina
>>.
La ragazza ubbidì,
e lui fece lo stesso. Mise in moto l’auto e partì.
Irina non lo
guardava, continuando a rimanere in silenzio. Aveva il viso rivolto verso il
finestrino, e cercava di nascondere i suoi occhi alla vista.
Xander era talmente fuori
di sé che non riusciva a parlare. Stringeva così forte il volante che aveva le
nocche bianche.
“Calmati”si disse, “Calmati. Sta bene… Sta
bene, ti sei sfogato abbastanza…”.
Inspirò un paio di
volte, cercando di tornare perfettamente impassibile. Quando ci riuscì gettò un’occhiata a Irina, seduta di fianco a lui, in
silenzio.
<< Cosa è successo? >> chiese.
<< Non dovevi
intrometterti >> fu la risposta di Irina.
<< Dovevo
aspettare che ti spaccassero la faccia?! >>
sbottò Xander, ancora livido di rabbia.
<< Adesso
tutti sapranno che ci conosciamo! >> ribatté Irina, << Salterà
tutto, visto che non la pianti di intrometterti nei
fatti degli altri! >>.
Xander afferrò con una
mano il volante, nervoso. Sapeva che Irina aveva ragione, ma non voleva ammettere
che al momento gli interessava più la sua incolumità che la missione che gli avevano affidato. Cercò di cambiare discorso.
<< Non è la
prima volta che succede, immagino >> disse.
La ragazza girò di
nuovo il viso verso il finestrino, senza rispondere. Sembrava che capitassero
tutte a lei: una famiglia scapestrata, un pilota clandestino che la ricattava e
un padre che la riempiva di botte. Voleva arrabbiarsi perché non gli aveva
detto nulla, ma non ci riuscì: in fondo, chi la obbligava a confessarsi con uno
che non conosceva nemmeno da due mesi?
<< Senti,
riportami indietro >> disse Irina, piano.
<< No >>
<< Allora
fammi scendere >>
<< Neanche
per sogno >>.
La ragazza si voltò
a guardarlo, con gli occhi spalancati. Sembrava arrabbiata anche lei. Solo in
quel momento si accorse che perdeva ancora sangue dal naso, anche se in modo
lieve. Aprì lo sportello del portaoggetti e prese un pacchetto di fazzoletti.
<< Tieni >>
disse, porgendoglielo.
Irina lo non prese,
e si voltò di nuovo. Questa volta sembrava si fosse cucita la bocca.
<< Vuoi
sporcarmi la macchina? >> chiese Xander, con un
mezzo sorriso.
<< Allora ti
conviene farmi scendere >> ribatté lei, secca.
Per risposta, Xander accelerò ancora, ma lei non fiatò. Svoltò a destra,
diretto a casa. Quando fu davanti alla villetta, si fermò e disse: << Adesso
puoi scendere >>.
Irina aprì la porta
dell’auto, nervosa, e scese. Guardò la casa, dove c’era solo una luce del piano
superiore accesa.
Xander la prese per un
gomito e la tirò dentro casa, impedendole ogni via di fuga. Spalancò la porta
della cucina e accese la luce.
<< Xander, sei tu?! >> gridò
qualcuno di sopra.
<< Sì, Jess, sono io! >> rispose Xander,
<< Continua pure a fare quello che stai facendo,
che sono ancora capace di muovermi per casa da solo! >>.
Tirò fuori del
ghiaccio dal frigorifero e lo diede a Irina e disse, minaccioso: << Se ti
muovi da qui, giuro che ti tengo chiusa qua finché la
polizia non viene a sfondare la porta, chiaro? >>.
Si fiondò in bagno e prese disinfettante e un po’ di cotone, e tornò in
cucina, dove la ragazza era ancora immobile nel punto in cui l’aveva lasciata,
vicino al tavolo. Senza darle modo di protestare, la prese per i fianchi e la
mise seduta sul ripiano di legno. Lei non fiatò, ma abbassò lo sguardo sul
pavimento.
Xander le prese il mento
con una mano, costringendola a tirare su la testa.
<< Guarda qui
>> disse, << Se fossi arrivato cinque minuti dopo, ti avrebbero
spaccato veramente la faccia >>.
<< Sono
sempre sopravvissuta >> mormorò la ragazza.
Xander tornò serio e la
guardò negli occhi, ma lei abbassò ancora lo sguardo. La costrinse di nuovo ad
alzare la testa, fino a farle guardare il soffitto.
<< Il tuo
naso non è molto fortunato, o sbaglio? >> disse, cercando di stemperare
un po’ la tensione. Poi notò una piccola cicatrice bianca che aveva sotto il
mento. << E questa? >> domandò.
<< Sono
caduta, da piccola >> rispose Irina, e davanti alla sua occhiata
perplessa aggiunse: << Sto dicendo la verità.
Mio padre non mi tocca quasi mai, non so cosa gli sia preso stasera >>.
In quel momento,
entrò Jess che guardava per terra, grattandosi la
testa pensieroso. Andò dritto dritto
verso il frigorifero, senza accorgersi che c’era anche Irina.
<< Ma secondo te dovrei invitarla a cena al ristorante, oppure
in qualche locale… >> stava dicendo.
Poi, alzò la testa
e li guardò uno a uno, sorpreso, e biascicò: << Ok,
ho scelto il momento sbagliato >>.
<< Ecco,
appunto >> ribatté Xander, anche se sapeva che
l’amico non si era accorto veramente di nulla. Aspettò che uscisse, prima di
dire alla ragazza: << Ti fa male? >>.
Lei fece di no con
la testa, e accettò senza fiatare il ghiaccio che lui le posò sul naso.
<< Adesso
cosa facciamo? >> chiese lei dopo un po’, con una strana voce nasale.
<< Per una volta
rilassati, Irina >> ribatté Xander, gettando
nel cestino un fazzoletto sporco di sangue. << Alla soluzione ci
penseremo più tardi. E, soprattutto, ci penserò io >>.
<< Ci sono in
mezzo anche io >> sbottò la ragazza, << E
siamo stati entrambi due stupidi >>.
Xander aprì il
frigorifero, e prese una bottiglia di acqua. Ne versò un po’ in un bicchiere e
lo porse ad Irina.
<< Perché tuo
padre ti ha picchiata? >> chiese.
<< Mi ha
sentito mentre parlavo al telefono >> rispose lei, << E credeva
uscissi con te, immagino >>.
<< E sarebbe
un pretesto per riempirti di botte, questo? >> sbottò, irato.
<< Mio padre
mi odia, Xander, e beve in continuazione… >>
ribatté Irina, come se fosse qualcosa di scarso interesse. << Quelle
poche volte in cui è completamente lucido, mi tiene
d’occhio per conto di William >>.
Xander non si capacitava
di come potesse un padre odiare sua figlia, soprattutto se era una come Irina.
O era pazzo, oppure, molto probabilmente, un gran bastardo.
<< Perché ti
odia? >> chiese, sapendo che forse lei non avrebbe risposto.
La ragazza infatti scese dal tavolo e gli diede le spalle. Sospirò,
poi disse: << Me lo sono sempre chiesto. Non ho mai fatto nulla per farmi detestare. Poi forse ho capito… >>. Tacque,
cercando il coraggio di proseguire, << Credo… Credo che sospetti che io
non sia sua figlia >>.
Xander la guardò,
chiedendosi perché le cose peggiori capitano sempre a chi non le merita.
<< Perché
dovrebbe sospettarlo? >> chiese.
Irina sospirò di
nuovo. << Non so quasi niente di questa storia, solo quello che hanno
voluto dirmi i miei fratelli. Forse mia madre ha avuto una storia poco prima di
rimanere incinta di me… Poi però ha troncato tutto, e non chiedermi perché. Può
essere che mio padre non sia Todd >>.
<< Esiste il
test del DNA >> disse Xander, << Potreste
farlo… >>.
“E se lui non fosse tuo padre, potresti benissimo
andartene senza rimorsi… Anzi, potresti benissimo
venire con me”.
<< No
>> rispose subito secca Irina, << Non lo voglio fare… >>.
<< Perché?
>>
<< Perché io
lo considero mio padre >> spiegò, << Che
lo sia o meno. Se anche non lo fosse, io rimarrei comunque qui. Preferisco non
saperlo >>.
A Xander sarebbe scappato un sospiro di esasperazione, ma si
trattenne. Irina era troppo straordinaria, per essere lasciata al suo destino.
Rimasero a
guardarsi per qualche secondo, poi lei disse: << Riportami a casa, per
favore >>.
<< Per
lasciare che ti riempiano di nuovo di botte? Nemmeno per scherzo >>
ribatté, secco.
<< Non posso
rimanere qui >> disse lei, << Peggioreremo ancora di più la
situazione >>.
<< Ti riporto domani mattina >> disse, sperando di
convincerla.
<< No,
riportami adesso. Se rimanessi qui anche di notte, lo sai cosa penserebbero,
vero? >>. Sorrise.
“Lo so cosa penserebbero… Ma non me ne frega
proprio un cazzo.A
te invece importerebbe”.
Sospirò, poi disse:
<< D’accordo >>.
Ore 24.00 – Casa
Irina varcò la
porta di casa timorosa, sperando che suo padre non sbucasse da qualche parte e
saltasse addosso a uno di loro due. Xander era dietro
di lei, e chiuse la porta con un colpo secco.
Con sollievo,
nessuno sembrava aver voglia di accoglierli, ma notò la luce del soggiorno
accesa. Xander le diede una leggera spinta, invitandola a guardare nella stanza. Mise la testa
oltre la porta, e vide il padre seduto sul divano con una borsa del ghiaccio
sul naso, circondato dai fratelli. Quando la videro, Harry si alzò di scatto,
ma si immobilizzò di colpo appena vide Xander dietro di lei. Nessuno osò dire una parola, e suo
padre si levò il ghiaccio dalla faccia per guardarla.
<< Cosa ci
fai qui? >> domandò, ogni parola intrisa di
odio.
<< Senti,
papà, facciamo finta che non sia successo niente… >> esordì Irina,
cercando di evitare una litigata.
<< Esci da
casa mia >> la interruppe lui. << Esci da casa mia immediatamente >>.
<< Sei tu che
devi uscire da casa sua >> si intromise Xander, la voce minacciosa, << Tu e quelli che
dovrebbero essere i suoi fratelli >>.
Irina si voltò di
scatto verso di lui, fulminandolo con lo sguardo. Non conosceva suo padre, e
non sapeva cosa stava rischiando. Lo costrinse ad arretrare di qualche passo,
poi disse: << Xander, non intrometterti. Lascia
fare a me >>.
Lui tacque, ma
sembrò costargli molto. Abbassò la testa, tirando un profondo respiro e attese.
Irina si voltò di nuovo, e guardò il padre, con il viso ancora sporco di
sangue. Voleva sapere se aveva chiamato William per raccontargli cosa era
successo, ma non poteva sperare di chiederglielo senza farlo infuriare, o
peggiorare ancora di più la situazione.
<< Vattene in
camera tua >> disse suo padre, senza guardarla.
Irina sospirò. Non
sembrava avere intenzione di intavolare una discussione, e forse era meglio
così. Si voltò lentamente, trovandosi faccia a faccia
con Xander, che la scrutava con gli occhi blu. Non si
aspettava una vicinanza simile, e la cosa la imbarazzò. Gli mise le mani sul
petto e lo spinse nel corridoio, un po’ per farlo uscire, un po’ per
allontanarlo da sé.
<< Adesso
puoi andare >> gli disse.
<< Questo lo
chiami risolvere la situazione? >> ribatté lui.
<< L’ha presa
meglio del previsto >> rispose Irina, ignorando la sua frecciata,
<< Spero solo che non abbia chiamato William… Ma non credo lo abbia
fatto, altrimenti sarebbe stato già qui >>.
<< D’accordo,
me ne vado >> disse infine Xander, << Ma
tieni il cellulare acceso, e chiamami in qualunque momento e per qualsiasi
cosa, chiaro? >>.
<< Chiaro >>
disse Irina con un sorriso, divertita e lusingata da quanto fosse preoccupato
per lei.
Xander si girò, ma prima
che lei potesse fermarlo, si infilò in soggiorno e
disse, con una voce così minacciosa che lei stessa si spaventò: << Mettetele
le mani addosso, e giuro che vi ammazzo >>.
Poi uscì dalla
stanza e infilò la porta, senza aggiungere altro.
Irina, ancora
sconcertata, sbirciò nel soggiorno per vedere la reazione di suo padre e dei
suoi fratelli: stavano ancora fissando la porta, ed era chiaro che provavano un
po’ di paura.
Decise che era
meglio defilarsi, e salì in camera sua.
Spazio Autrice
Smemo92: a Las Vegas ne succederanno delle belle. Vedrai,
ci sarà da ridere! Per il resto, Xander è Xander: troppo furbo per non rendersi conto che c’è ancora
qualcosa che non va. Gli servirà tempo per capire, anche perché Irina non ha
alcuna intenzione di sbottonarsi. Ritiene di aver sbagliato troppe volte per
rischiare ancora. William è stato l’ultimo sbaglio che si è concessa, un errore
che non è ancora riuscita a rimediare. Grazie per i
complimenti! Un bacio!
EmilyDoyle: eh sì, Irina scappa e Xander
la insegue, però per il momento lei rimane la più veloce! Per quanto ancora
resisterà? Abbastanza per aspettare che Xander se ne vada, oppure cadrà prima? Eh eh, Las Vegas riserverà molte
sorprese! E poi, senza la nuova coppia Jess/Jenny nei
dintorni… Cosa succederà? Baci!
'Cause I'm not that kind of girl.
And it's not my kind of world,
no it's not for me
not where I wanna be.
[ Not a kind - Anastacia ]
“Perchè io non sono quel tipo di ragazza
e questo non è il mio genere di mondo
No, non fa per me
non è il posto in cui voglio stare”
Ore 10.00 – Casa Challagher
William chiuse il
bagagliaio della Mercedes SL McLaren argentata, dopo aver caricato l’ultima
valigia. Irina attendeva vicino alla portiera, osservando Sebastian, il
meccanico dello Scorpione, chiudere il grosso camion che trasportava la
Lamborghini Revènton che aveva intenzione di usare
per le gare. Dimitri aspettava insieme a Hanck al
volante della Lamborghini Murcielago arancione, a
pochi metri da loro.
Era giovedì, il
giorno previsto per la partenza verso Las Vegas, e come promesso,
Irina ci sarebbe andata. Sandra le avrebbe tenuto Tommy, e aveva
informato le amiche che per qualche giorno sarebbe stata fuori città. William
aveva ritenuto che non fosse necessario che venisse con la sua auto, visto che per lei non ci sarebbero state gare.
<< Possiamo
andare >> disse William, montando in macchina. Irina salì nel lato
passeggero e partirono.
Raggiunsero
l’autostrada, imboccandola rapidamente, uno dietro
l’altro. La Mercedes si piazzò sulla corsia di sorpasso, seguita dalla Murcielago, accelerando ben oltre il limite di velocità. Il
camion con la Lamborghini rimase subito indietro, e come da accordo li avrebbe
raggiunti con più calma.
Irina sedeva in
silenzio, ascoltando la radio che lo Scorpione teneva a medio volume. La guardò
con la coda dell’occhio e disse: << Alexander ti ha già chiesto di
sfidarlo? >>.
<< No
>> rispose Irina, << Pensavo lo facesse, ma non mi ha ancora
chiamato… >>.
<< Bene
>> disse William, << Avrai ancora un po’ di tempo per allenarti
>>.
Irina sospirò. Da
una settimana lo Scorpione l’aveva costretta a correre nel suo circuito
privato, dicendole che doveva prepararsi per la sfida con Alexander. Non si era
mai comportato in quel modo, e forse iniziava a rendersi conto che il nuovo
arrivato aveva le capacità per batterlo. Non le era
sembrato preoccupato, ma poteva anche nasconderlo.
<< A che ora
è il ritrovo? >> chiese lei, per cambiare discorso.
<< Alle
cinque, alParadise Hotel
>> rispose William, << Stesso posto dell’anno scorso >>.
Irina guardò fuori
dal finestrino, vedendo sfrecciare via le auto che lo Scorpione superava senza
difficoltà. Si mise comoda nell’avvolgente sedile di pelle rosso scuro della
Mercedes SL e distese le gambe. Tutto sommato,
sarebbero stati quattro giorni abbastanza riposanti, per lei. Niente gare,
niente lezioni, niente bambini o familiari a cui
badare… Avrebbe dovuto solo prendere parte a qualche festa, ma la mattina
avrebbe avuto tutto il tempo di recuperare il sonno perduto. Era una sorta di
piccola vacanza.
<< C’è anche
Boris? >> chiese Irina, appoggiando il braccio sulla portiera.
<< Sì
>> rispose William.
Irina alzò gli
occhi al cielo e sbuffò. Boris era uno dei tanti parenti di Dimitri che
vivevano ancora in Russia, uno zio di secondo grado che spacciava droga nei
dintorni di Mosca. Lei lo detestava: era una delle persone più viscide, più
rozze e volgari che avesse mai conosciuto.
William le mise una
mano sulla coscia e sorrise.
<< Lo so, lo
odio anche io >> disse, stranamente comprensivo,
<< Ma in fondo è lo zio di Dimitri… Facciamo buon viso a cattivo gioco
>>.
<< Tienimelo
lontano >> disse Irina, << Altrimenti non mi faccio
problemi a mandarlo a quel paese… >>.
William ridacchiò.
<< D’accordo… Ma sai meglio di me che ha un debole per te… Gli piace
provocarti >>.
<< Allora
digli di non farlo >>.
Tutte le volte che
qualcuno le dava fastidio, lo Scorpione prontamente lo faceva tacere. Era uno
dei pochi vantaggi di “essere la sua ragazza”: se gli chiedeva di tenergli
lontano qualcuno, soprattutto se sembrava dimostrare un po’ troppa simpatia nei
suoi confronti, William lo rimetteva subito al suo posto.
<< Chi cazzo è questo? >> borbottò all’improvviso
William, guardando nello specchietto retrovisore.
Irina si girò e
guardò oltre il lunotto posteriore: una Maserati Granturismo nera li seguiva a
ruota, i fari abbaglianti che lampeggiavano. Sorrise, vedendo Xander farle un cenno divertito.
<< E’
Alexander >> disse la ragazza, tornando a guardare davanti, ancora sorridendo.
William ridacchiò.
<< Poteva essere solo lui… >> commentò.
Rallentò
leggermente, mentre la Maserati si affiancava alla loro destra. Irina salutò Xander con la mano e lui rispose nello stesso modo.
Diversamente da
Boris, era contenta che ci fosse anche Xander. Anche
se era lì solo per lavoro, le faceva piacere averlo vicino, perché le dava una
stranissima sensazione di sicurezza. Dopo la vicenda di suo padre, una
settimana prima, aveva conquistato un posto particolare tra i suoi affetti,
inutile negarlo. E poi era troppo bello quando le sorrideva in quel modo tutto
suo.
William fece
qualche gesto silenzioso verso la Maserati, poi sorrise.
<< Adesso ci
divertiamo un po’… Rendiamo questo viaggio un po’ più movimentato >>
disse, sghignazzando.
Premette a fondo
sull’acceleratore, sfiorando i 240 km/h. La Maserati li seguì a ruota,
mettendosi dietro di loro. Irina alzò leggermente il volume della radio,
appoggiò la testa sul sedile e si rilassò completamente. La capacità di guidare
era l’unica cosa su cui poteva contare, in William.
Ore 14.00 – Las Vegas, Paradise Hotel
La Mercedes SL si
fermò davanti all’Hotel Paradise, dietro di lei la
Maserati nera e la Murcielago. Una mezza dozzina di inservienti in uniforme li attendevano sulla gradinata
dell’enorme albergo dalla facciata bianca e dalle ampie finestre a specchio,
che riflettevano la luce intensa del sole.
Irina scese
dall’auto, guardandosi intorno come faceva ogni anno. Non era cambiato niente,
dall’ultima volta in cui ci era stata. Las Vegas rimaneva sempre la stessa: la
città dei divertimenti, dello svago e degli eccessi. I casinò, i colorati
locali alla moda e gli alberghi di lusso si stagliavano all’orizzonte,
incorniciati dal cielo azzurrissimo.
Tre degli
inservienti dell’albergo si occuparono delle valigie,
mentre gli altri tre portarono via le auto. William andò incontro a Xander con aria divertita.
<< Siamo
arrivati con largo anticipo >> disse, << Che fai
già qui? L’appuntamento era alle cinque >>.
Xander si strinse nelle
spalle. << Ho imparato che chi arriva si prende
la stanza migliore >>.
Irina gli sorrise senza farsi vedere, mentre William rise.
<< Già, hai ragione. Entriamo >>
La ragazza raccolse
la sua borsa e li seguì dentro, insieme a Dimitri ed Hanck. Senza farsi notare da nessuno, Xander
le fece l’occhiolino.
Appena misero piede
nella hall dell’albergo, tirata a lucido e piena di poltroncine accoglienti,
venne loro incontro un uomo di circa cinquantacinque anni, con radi capelli
scuri e gli occhi verdi. Indossava un impeccabile completo
giacca e cravatta blu scuro, con la camicia azzurra e i gemelli che
tenevano i polsini delle maniche d’oro scintillante.
<< William!
>> gridò, abbracciando il figlio con calore.
Irina guardò George
Challagher scrutare lo Scorpione con aria allegra,
poi posare il suo sguardo molto simile a quello del figlio su di lei. Le baciò
la mano con gesto galante e la salutò: << Bentornata, Irina. Sono felice
di vederti >>.
Lei fece un cenno
con la testa, poi si fece da parte e attese che William presentasse Xander, guardando come reagiva davanti alla finta
gentilezza di Challagher senior. Lui fu altrettanto
affabile, ma le gettò un’occhiata per dirle che aveva capito che quell’uomo era
tale e quale a suo figlio.
<< Prego,
prego >> disse George, facendoli avvicinare al grande bancone degli
arrivi, dove un altro inserviente in uniforme li accolse cordialmente, <<
Fatevi dare i badge per le stanze… Poi scendete a prendere un caffè >>.
Irina attese che
l’uomo le consegnasse la sua tessera magnetica: camera 245, la stessa dell’anno
prima. William gli diede la sua, della stanza 246, e il suo cellulare con il
portafoglio e le disse: << Portameli su in camera. Vado a fare due chiacchere con mio padre >>.
Irina annuì e prese
in consegna gli oggetti, mettendoci più tempo del previsto per aspettare Xander, che stava ritirando la sua chiave. Dimitri e Hanck li precedettero a uno degli ascensori, e sparirono
dentro.
<< Stanza 211
>> lesse Xander sul badge, affiancandosi a lei,
<< Piuttosto lontani, eh? >>.
<< Sei al
piano di sotto >> disse Irina, divertita, << William ti tiene
d’occhio >>.
<< Già…
Chissà perché >> ribatté Xander, soave.
Irina premette il
tasto dell’ascensore ed entrarono dentro.
<< Ti ha dato
una suite, sai? >> disse Irina, ricordandosi solo in quel momento che la
stanza 211 era esattamente sotto quella di William.
Xander le gettò
un’occhiata. << Davvero? Come mi tratta bene… In che camera sei tu?
>>.
<< 245, di
fianco a William >> rispose Irina, poi aggiunse maliziosa, <<
Perché lo vuoi sapere? >>.
<< Nel caso
soffrissi di insonnia… >> ribatté Xander, ridacchiando.
Irina scoppiò a
ridere, sapendo che entrambi stavano scherzando. << Sarà il caso di farti
portare una camomilla, allora >> disse.
L’ascensore si
fermò, e Xander le disse: << Ti aspetto sotto
tra dieci minuti… >>.
Senza neanche
pensarci lei annuì, poi pigiò il tasto del piano superiore. Raggiunse la stanza
numero 245, aprì la porta ed entrò.
La camera era
grande, dalle pareti color crema e l’arredamento moderno. Un grande letto
matrimoniale campeggiava al centro, con sopra un pacco avvolto in carta rossa e
un biglietto. La porta di vetro si apriva su un terrazzino che dava sulla
piscina.
Incuriosita dalla
scatola, Irina prese il bigliettino e lo aprì.
“Per la mia
bambolina… Indossalo domenica sera per la festa”
Irina aprì il
pacco: era un vestito, blu oceano, dalle spalline sottili e il corpetto
aderente, con piccoli brillantini sullo scollo diritto. Bellissimo, ma forse
troppo provocante per lei.
Sospirò. Tutti le
dicevano che con il blu stava benissimo, perché faceva un bel contrasto con la
sua pelle chiara, ma lei non si piaceva. Né con il blu, né con nessun’altro colore. Né quando indossava abiti normali, né
quando si agghindava per andare alle feste. Rifiutava qualsiasi parte del suo
corpo, e metterlo in mostra per lei era solo fonte di imbarazzo
e irritazione. Ma William questo non lo aveva mai
capito, come troppe altre cose.
Ripiegò l’abito e
lo rimise nella scatola, riponendola nell’armadio insieme ai suoi vestiti,
tirati fuori dalle valigie che aveva trovato già in camera. Si ricordò di dover
lasciare il telefono e il portafogli di William nella sua stanza, così uscì ed
entrò nella camera 246.
La suite di William
era grande il doppio della sua camera, e il bagno ne occupava almeno un terzo.
Era dotata di ogni confort possibile, e in un angolo era incassato un grosso
frigobar sempre a sua disposizione.
Irina lasciò il
telefono e il portafogli sul letto, uscì e si richiuse la porta alle spalle.
Guardò l’orologio e raggiunse l’ascensore, sapendo che sotto la stava
aspettando Xander.
Lo trovò nella
hall, solo, che parlava al telefono con qualcuno, forse con Jess.
Le fece un cenno e le disse di aspettare un momento, così lei attese in
silenzio appoggiata al muro.
<< Sì, ci
sentiamo stasera >> disse Xander, << Stai
tranquilla… Va bene, ciao >>.
Sentire che stava
parlando con una donna le fece venire in mente una cosa: magari aveva una
ragazza, nascosta da qualche parte. Un tipo come lui difficilmente si sarebbe
ritrovato da solo.
<< Scusami
>> disse Xander, << Ho finito >>.
Irina sorrise.
<< Figurati… La fidanzata è preoccupata? >> domandò, divertita e un
po’ curiosa.
Xander la guardò,
sorpreso. << Oh… No. Veramente era mia madre… >> spiegò, come se la
cosa lo infastidisse, << A volte è un po’ invadente… E comunque, se
avessi una ragazza sarebbe molto meno preoccupata…
>>.
Irina sorrise e
raggiunsero il grande bar della piscina, dove William e suo padre stavano
parlando seduti a un tavolino di metallo, sorseggiando un drink con ghiaccio
sotto un ombrellone.
<< Vieni, mia
cara >> disse George, cedendole galantemente la sua sedia, <<
Siediti. Cosa gradisci? Qualcosa di fresco? >>.
<< Sono a
posto così, signor Challagher >> rispose Irina,
infastidita dalla finta cortesia che quell’uomo ostentava sempre con lei,
<< La ringrazio comunque >>.
Xander si sedette di
fianco a loro, mentre William domandava a lei: << Ti è piaciuto il mio
regalino? >>.
Irina annuì
stancamente, e notò che Xander la stava guardando.
<< Quindi tu sei l’ultimo arrivato >> disse George,
guardando Xander ammirato, << Maserati
Granturismo, auto di classe… Arrivi da New York, vero? >>
Xander annuì, senza
aggiungere altro.
<< Come mai
da queste parti? >> chiese George.
Irina gettò
un’occhiata a Challagher senior, poi guardò Xander per vedere cosa avrebbe risposto. Lui sorrise con
aria noncurante, poi rispose: << Mi sono fatto le ossa a New York, e sono
stato anche a Boston… Le gare non erano abbastanza combattute, per i miei gusti
>>.
George ridacchiò.
<< Capisco… Bé, qui di certo hai trovato pane per i tuoi denti >>.
Guardò l’orologio e poi aggiunse: << Vi devo lasciare… Ho un paio di cose
da sbrigare >>.
L’uomo si alzò,
salutò tutti quanti e sparì nella hall dell’albergo. Anche William sembrò
volersene andare.
<< Vado a
vedere se è arrivato Sebastian >> disse, << Così scarichiamo
l’auto… Ci pensi tu, se arriva qualcuno? >>.
Irina annuì, poi lo
Scoprione gettò un’occhiata eloquente a Xander e se ne andò. La ragazza tirò un sospiro
di sollievo, e bevve dal bicchiere che le era stato posato davanti.
Appena William fu sparito dalla circolazione, sorrise.
<< Allora,
come ti sembra questo posto? >> chiese.
<< Non posso
lamentarmi di certo >> rispose Xander,
appoggiandosi allo schienale della sedia, << Ci sarà da divertirsi
>>.
<< Vedrai…
Non a caso William ha scelto Las Vegas >> disse Irina.
Vide qualcuno
muoversi oltre la vetrata della hall, e riconobbe la testa nera e la barba
altrettanto scura di Boris Goryalef, l’enorme anello
d’oro con uno smeraldo incastonato infilato nel dito della mano destra che
scintillava alla luce del sole.
<< Oh no, ma
è già qui? >> borbottò Irina, alzandosi in piedi.
<< Chi?
>> domandò Xander, seguendo il suo sguardo.
Irina sbuffò.
<< Oh, lascia perdere… Arrivo subito >>.
Si diresse verso la
hall a passo rapido, entrò e trovò Boris insieme ad
altri due ragazzi, forse cugini di Dominic, alle
prese con una dozzina di valigie. L’uomo la vide e sorrise, e si intravide uno dei suoi molari d’oro.
<< Fenice,
eccoti di nuovo qui! >> esclamò, senza tentare di nascondere il suo
fortissimo accento russo.
<< Stessa
stanza dell’anno scorso >> lo interruppe Irina, senza nemmeno salutarlo,
<< Fatti dare le chiavi all’ingresso >>.
Si voltò e fece per
andarsene, ma sentì Boris ridacchiare. Si girò di scatto per vedere che aveva
da sghignazzare tanto, e si rese conto che ne aveva approfittato per dare una
sbirciata al suo fondoschiena. Lo fulminò con gli occhi.
<<
Pervertito… >> borbottò, poi tornò fuori, dove Xander
la aspettava ancora seduto al tavolino.
<< Che
succede? >> domandò il ragazzo, vedendola tornare arrabbiata.
<< Niente…
>> rispose lei, sedendosi, << E’ quello stupido di Boris… Lo zio di
Dimitri. Te lo presenterà William stasera: cena di ingresso,
tutti i piloti allo stesso tavolo >>. Lo guardò, poi si ricordò di una
cosa. << Come mai sei venuto prima dell’orario stabilito? >>.
Xander si strinse nelle
spalle. << Così. Ero a casa senza fare niente, e Jess
era uscito con Jenny… Ormai fanno coppia fissa >> rispose, << Ho
fatto male? >>.
<< No
>> rispose sorridendo Irina, << Hai fatto bene. Chi mi avrebbe
tenuto compagnia, mentre aspetto che arrivino tutti? >>.
<< Di sicuro
qualcuno lo trovavi >> ribatté sornione Xander.
Irina rise.
<< Meno facilmente di quanto pensi >> disse, << Non mi si
avvicina nessuno, quando sanno che c’è William nei dintorni >>.
Era una verità di
cui si era resa conto, ma la trovava quasi buffa. In fondo non aveva nulla di
così particolare da attirare l’attenzione della gente, niente di così attraente
da giustificare la gelosia che provava lo Scorpione. Secondo lei non aveva
molto di cui preoccuparsi.
Sorrise, guardando Xander che la scrutava con quegli occhi così azzurri da
lasciarla senza fiato, i più belli che avesse mai visto, così profondi e mai
freddi. Era contenta che ci fosse anche lui, così contenta da capire che le
piaceva. Le piaceva proprio.
<< Perché
stai sorridendo? >> chiese all’improvviso lui.
Irina si riscosse,
arrossì leggermente e distolse lo sguardo. Aveva perso per un attimo la testa.
<< Oh, scusa…
Stavo pensando a una cosa >> rispose, << Niente di
importante >>.
“Invece è importante… E anche tanto”.
<< L’altra
volta non te l’ho chiesto… La situazione non era proprio tranquilla >>
continuò Irina, << Come mai passavi da casa mia? >>.
<< Come mai
stavi uscendo? >> ribatté Xander, sorridendo.
Non se l’era presa, per la sua piccola bugia…
<< Volevo
andare a fare una gara >> rispose Irina, sapendo che doveva essere lei a
dare per prima le spiegazioni, << L’avevo programmata
già da un po’… Sai, volevo approfittarne per pagare ancora qual cosina a
William… >>.
Xander la guardò.
<< Uhm… D’accordo, ti credo >>.
<< E tu
perché eri lì? >> incalzò Irina, vedendo che lui non sembrava
intenzionato a continuare.
<< Andavo a
fare una gara anche io >> rispose alla fine.
Irina annuì, ma non
glicredette. Proprio per
niente. Per la prima volta, non le sembrò sincero. Forse la stava controllando?
Forse non si fidava ancora completamente di lei?
Ore 21.00 – Paradise Hotel
Xander sedeva poco
lontano da Irina, al lungo tavolo della sala da pranzo dell’albergo, vicino a Hanck e Dimitri. Di fianco alla ragazza, William da una
parte, e un russo dalla barba scura dall’altra, un tipo che gli era stato presentato
con il nome di Boris. L’espressione della ragazza era piuttosto scocciata,
segno che avrebbe preferito essere da un’altra parte, in quel momento. Anche
perché era l’unica donna del tavolo, e tutti se n’erano accorti.
Erano una
cinquantina di persone in tutto, e occupavano praticamente
per intero la sala da pranzo. Come aveva detto Irina, si trattava di una cena
di entrata, per conoscere tutti i piloti che avrebbero preso parte alle gare.
Il parcheggio interno dell’albergo infatti era pieno
di auto di lusso.
Alla fine
dell’ultima portata, lo Scorpione tirò fuori un plico di fogli e li porse a
Irina. La ragazza li prese gettandogli una rapida occhiata, poi si alzò e
iniziò a distribuirli. Arrivata vicino al russo dalla barba scura, gli porse il
volantino e l’uomo afferrò il foglio direttamente dalle sue mani; ma appena lei
si fu girata, le rifilò una sonora pacca sul sedere, scoppiando a ridere.
Xander lo fulminò con lo
sguardo. Se solo avesse potuto, quella fottutissima mano se la sarebbe
ritrovata da tutt’altra parte… Guardò lo Scorpione per vedere cosa avrebbe
fatto, ma lui rimase impassibile. Sorrise con aria divertita, mentre Irina
passava in tutta fretta dietro di lui senza dire nulla.
Lo Scorpione però
girò la testa dalla sua parte, e i loro sguardi si incrociarono.
Gli occhi verdi di William erano accesi da una scintilla di pura gelosia, e Xander si rese conto che molto probabilmente quella era
l’unica cosa in cui si sarebbero trovati d’accordo: riempire di botte
quell’idiota di un russo.
Irina arrivò a lui
e gli posò delicatamente il foglio davanti, mettendoci
più tempo del dovuto.
<< Tutto
bene? >> sussurrò Xander
<< Tranquillo
>> mormorò lei, senza farsi vedere, << Non è la prima volta che lo
fa >>.
“Figlio di…”
Irina sorrise e
continuò la sua distribuzione, mentre Xander leggeva
il foglio. Era un programma. Il programma delle gare dei giorni seguenti,
stilato nei minimi dettagli. Lo mise da parte quando si accorse che William
aveva tirato su il bicchiere pieno di champagne, con l’intenzione di fare un
brindisi. Irina era tornata al suo posto, e ora lo guardava con una strana
espressione.
<< A quattro
giorni di puro divertimento e prolifici affari per tutti >> disse lo
Scorpione, poi bevve tutto d’un sorso. Gli altri
commensali fecero altrettanto.
William posò il
bicchiere e poi sorrise. << Bene, ci aspetta una bella serata… Se avete
voglia, avete libero accesso alla piscina. Penso ci sia qualcosa che sarà di vostro gradimento >>. Ridacchiò, poi
lasciò il tavolo parlando fitto fitto
con Boris, mentre gli altri si dirigevano fuori.
La grande e
profonda piscina dell’albergo era illuminata in modo davvero suggestivo
da lampade colorate, e una decina di ragazze in costume da bagno era sparsa qua
e là sui bordi, tutte pronte a mostrare i corpi snelli e provocanti con aria
seducente. La musica proveniente dal bar faceva da sottofondo alla scena.
“Ecco cos’era la sorpresa” pensò Xander, divertito.
<< Gradisci?
>> domandò qualcuno alle sue spalle.
Xander si voltò. Era
William. Fece un cenno verso la piscina, dove un paio di ragazze avevano già puntato le loro prede e stavano passando
all’attacco.
<< Abbastanza
>> rispose Xander, cercando con lo sguardo dove
fosse Irina. Al momento era lei che cercava…
<< Io ti
consiglio quelle due >> disse William, accennando a due ragazze
identiche, dai lunghi capelli rosso scuro, sedute sul
bordo della piscina che li fissavano, << Le gemelle… Due al prezzo di
una. Sapranno dove prenderti >>.
Ammiccò, poi sparì
diretto al bancone del bar.
“Forse un’altra volta” pensò Xander, guardando le due che lo fissavano fameliche, “Ne preferisco una sola, ma decisamente migliore…”.
Si guardò in giro,
poi finalmente la vide. Irina era seduta a un tavolo insieme
a Boris, e teneva in mano un bicchiere mezzo vuoto. Il russo stava
dicendo qualcosa, e lei rispose senza nemmeno guardarlo, evidentemente
scocciata.
Irritato dalla
presenza del russo, Xander andò a sedersi al bancone
e ordinò qualcosa da bere. Con la coda dell’occhio guardava Irina e Boris
parlare, senza lasciarsi sfuggire le occhiate vogliose
che l’uomo le lanciava addosso. Ci sarebbe mancato poco che avesse la bava alla
bocca.
Dopo venti minuti, Xander iniziò a preoccuparsi: Irina era al quarto
bicchiere, e molto probabilmente stava bevendo per cercare di ignorare le
chissà quali proposte del russo; lui però continuava a offrirle drink su drink, ridacchiando.
Forse era il caso
che qualcuno la fermasse, prima che si ubriacasse e finisse veramente nel letto
di quel pervertito. Ci impiegò un attimo a trovare una scusa sufficientemente
credibile, ma in quel momento sopraggiunse Hanck. La
ragazza si alzò un momento, dando le spalle al russo, scambiò un paio di parole
con Hanck, e Xander li
guardò per capire di cosa stavano parlando. All’improvviso si accorse che Boris
stava armeggiando con i bicchieri poggiati sul tavolo, e appena notò il suo
sguardo di ghiaccio posato su di lui, ritrasse rapidamente la mano.
Irina tornò a
sedersi e prima che potesse provare a fermarla, afferrò il bicchiere e bevve un
lungo sorso.
“Cazzo… Cos’era quell’affare?”
Xander si alzò di scatto,
li raggiunse e guardò il russo con occhi di fuoco. Poi domandò a lei: <<
Irina? William vuole vederti… Seguimi >>.
Irina si alzò poco
convinta, portandosi dietro il bicchiere. Appena furono abbastanza lontani, Xander si voltò a guardarla con aria scettica e disse:
<< Per stasera hai bevuto abbastanza, mi sembra
>>. Le tolse il drink dalle mani e lo posò sul bancone. La ragazza lo
guardò senza capire.
<< Forse hai
ragione… >> disse alla fine, << Grazie per avermi liberato di
quello lì… E’ insopportabile… >>.
<< Non lo so
>> Xander si guardò intorno, poi lo vide seduto
insieme ad altre due persone a un tavolo, in disparte.
Lo Scorpione fumava una sigaretta con aria annoiata, e gli fece cenno di
avvicinarsi. << E’ lì… Credo voglia vada da lui >>.
<< Allora non
farlo aspettare >> disse Irina, << Io vado a farmi un giretto nei
dintorni, per schiarirmi le idee… Ha bisogno di un po’ di silenzio >>.
Sorrise e sparì sotto lo sguardo dubbioso di Xander,
poco propenso a lasciarla andare in giro da sola. Non aveva voglia di parlare
con lo Scorpione, né di allontanarsi da lei.
Come ebbe modo di
scoprire, William non aveva nulla di importante da
dirgli: lo tenne seduto di fianco a lui, parlando di argomenti del tutto futili
e a tratti snervanti. Xander ebbe l’impressione che
stesse cercando di tenerlo sott’occhio, ma soprattutto lontano da Irina.
Dopo un’ora di
discussioni che non portarono a niente, Xander riuscì
a trovare una scusa e ad alzarsi. Girò per mezz’ora in cerca di Irina, deciso a
non farsela scappare più per l’intera serata.
Quando ritrovò la
ragazza, capì di aver fatto un errore a lasciarla da sola. Stava camminando sul
bordo della piscina, e barcollava vistosamente. Tutto
quello che si era bevuta iniziava a dare i suoi
effetti, ma almeno la nota positiva era che era riuscita a sfuggire alle
grinfie di Boris.
Senza dare nell’occhio,
si avvicinò e la prese per un braccio, tirandola
lontana dall’acqua.
<< Cosa ti
sei bevuta, ancora? >> le sussurrò nell’orecchio.
Irina lo guardò, e
lui si accorse che forse quella roba che le aveva versato il russo nel
bicchiere aveva fatto effetto più di quanto si aspettasse. La ragazza
ridacchiò, poi gli cinse le spalle con un braccio. Gli avvicinò la bocca
all’orecchio e mormorò: << Non lo so… Non mi ricordo… >>.
Ridacchiò ancora,
rimanendogli aggrappata addosso perché barcollava decisamente
un po’ troppo. Il contatto con quel corpo perfetto risvegliò in lui qualche
istinto non proprio irreprensibile.
“Mi sa che è meglio che ti porti via di qui…”.
Le cinse la vita
sottile con un braccio e la spinse dentro la hall dell’albergo, cercando di non
farsi vedere da nessuno. Irina protestava che voleva rimanere fuori, ma lui la
costrinse a sedersi su una delle poltrone dell’ingresso. La ragazza appoggiò la
testa sullo schienale, ridacchiando.
<< Hai la
chiave della tua stanza? >> domandò Xander, deciso
a riportarla in camera sua.
Irina sorrise, con
gli occhi chiusi, e si frugò nella tasca dei jeans. << Non so dove l’ho lasciata… >> biascicò, << Ma io non
ci voglio andare, in camera… Vieni a fare il bagno con me? >>
Xander la guardò,
divertito: aveva le guancie rosse. Gli veniva da ridere, pensando in che stato
si trovava la ragazza, sempre piuttosto “tenuta”. Questa volta aveva fatto male
i suoi calcoli, e aveva bevuto più di quanto credesse di essere in grado di sopportare.
<< Te ne devi
andare a dormire >> disse lui.
Irina si alzò, forse diretta alla piscina. Xanderl’acchiappò prima che potesse andarsene.
<< No, non
voglio andare a dormire… >> protestò Irina, abbracciandolo, << Non
ci voglio andare… Dai, poi c’è William… >>.
La ragazza gli
stava aggrappata al collo, il viso a pochi centimetri dal suo, con l’aria di
chi sta per crollare da un momento all’altro. Aveva bisogno di andarsene a
dormire, o almeno di starsene in un posto tranquillo per un po’. Qualunque cosa
fosse quella che Boris le aveva versato nel bicchiere, era qualcosa di potente.
Rimanere
nell’ingresso non era una buona idea, così la spinse verso l’ascensore,
sentendola protestare debolmente. Ancora un paio di minuti e si sarebbe
addormentata in piedi. Con un movimento rapido la prese in braccio,
schiacciando con il gomito il pulsante del piano della sua camera. Era l’unico
posto dove poteva portarla, al momento…
<< No…
Andiamo giù… Non ci voglio andare in camera mia…
>> borbottò Irina, agitando i piedini nelle scarpe con il tacco, <<
Non ci voglio andare… C’è William, vicino… >>.
<< Non verrà
>> la assicurò Xander, preoccupato per quelle
strane frasi, << Adesso te ne vai a dormire e
nessuno ti darà fastidio >>.
“Anche perché come ci entro nella tua stanza,
se non ho le chiavi?”.
Irina grugnì
qualcosa, abbandonata tra le sue braccia, con un mezzo sorriso disegnato sul
volto. Xander raggiunse la camera senza intoppi,
entrò dentro e lasciò Irina sul letto.
La situazione era
ridicola. La ragazza aveva fatto di tutto fino a quel momento per non rimanere
da sola con lui, e ora si era lasciata portare in camera sua, e per di più nel
suo letto.
Irina riaprì gli
occhi, lo guardò e sorrise. Sembrava essersi risvegliata. << Sei bello, Xander, lo sai? >> disse.
Xander sorrise. Leggermente
fuori controllo era irresistibile, per lui. << Anche tu >> disse.
Irina ridacchiò, e
appoggiò la testa sul cuscino, continuando a guardarlo. << Sei più bello
di William >> disse, << Lui è cattivo… Invece tu sembri un principe
azzurro… >>.
Xander alzò gli occhi al
cielo. Era proprio andata, stava perdendo ogni freno.
<< Dai,
mettiti a dormire >> disse, esasperato dalla situazione.
<< Vieni
anche tu >> disse, accoccolandosi tra le lenzuola, gli occhi semichiusi.
“Se vengo anche io,
non penso proprio che dormiremo…”.
Aprì la porta del
balcone per far entrare aria, ma soprattutto per raffreddare se stesso. Sperava
si addormentasse in fretta, perché iniziava a sentire gli ormoni che
chiamavano…
Irina si rigirò nel
letto e scalciò via le scarpe. Stava litigando con le lenzuola, e stava anche comicamente perdendo.
<< Ho caldo… >> borbottò.
Xander andò in suo
soccorso e la districò dalle lenzuola. La ragazza ridacchiò e lo afferrò per il
colletto della camicia, tirandolo verso di sé. Aveva i primi due bottoni della
camicetta aperti, che lasciavano intravedere il reggiseno bianco…
Irina lo guardò
negli occhi, poi gli diede un bacio su una guancia con tanto di schiocco. Gli
mise un braccio dietro il collo e lo trattenne, impedendogli di scappare. Xander rimase immobile, sentendo le gambe
di lei sfiorare le sue.
<< Hai un
buon profumo… >> biascicò lei, il suo fiato leggero che gli solleticava
il collo.
“Irina, datti una calmata… Mi stai istigando,
eh”.
Si lasciò scivolare
di fianco a lei, mentre Irina continua a strusciarglisiaddosso mezza addormentata. Era talmente andata che
non si accorgeva nemmeno dell’effetto che gli stava facendo…
<< Xander… >> lo chiamò la ragazza, << Io ho
sempre caldo… >>.
<< Eh, pure
io… >> ribatté Xander.
Irina lo afferrò di
nuovo per la camicia e gliela sbottonò. Miseria, aveva
perso qualsiasi freno!
All’improvviso, la
ragazza si sporse verso di lui, gli mise un braccio dietro il collo e lo baciò
sulle labbra.
Xander fu totalmente preso alla sprovvista, ma si riprese abbastanza in fretta da
rispondere con tutta quella passione che aveva trattenuto fino a quel momento.
Era stata lei a cominciare, dopo averlo provocato fino all’inverosimile…
La prese per i
fianchi e ribaltò le posizioni, imprigionandole le gambe tra le proprie, mentre
lei continuava a rimanergli aggrappata al collo, il corpo snello e formoso
premuto contro il suo. Le baciò il collo, sentendo il suo profumo leggero e
delicato penetrargli nelle narici, mentre lei mormorava qualcosa di incomprensibile.
Ci impiegò un
attimo a sfilarle la camicetta, senza che lei protestasse, e altrettanto fece
con la propria. Si abbassò di nuovo e la baciò sulla bocca, mentre sentiva la
sua mano piccolina sfiorargli la cicatrice sul petto, così delicatamente da
dargli i brividi. La sentiva muoversi sotto di lui, tanto
desiderata da fargli credere di stare sognando…
Il contatto con
quella pelle calda e liscia lo mandò in estasi. Il seno di Irina premeva contro
il suo petto, la manina appoggiata sulla sua schiena muscolosa, tanto leggera
da sembrargli quella di una bambina.
Xander cercò
disperatamente il gancio del reggiseno, mentre Irina continuava a rimanergli
aggrappata al collo, quasi fosse la sua unica ancora di salvezza… Completamente
abbandonata a lui.
Sfiorò la sua
schiena liscia, il tatuaggio della fenice tra le sue spalle, sentendo brividi
percorrere il suo corpo così minuto rispetto al suo. Le loro labbra si
sfiorarono ancora, il respiro leggero e profumato di Irina che gli soffiava
sulla bocca, mandandogli il cuore a mille. Sentiva la sua mano appoggiata sul
suo petto, sopra la cicatrice, fare una leggera pressione… L’afferrò
con la propria.
<< No…
William, no >> sussurrò lei.
Xander si bloccò di
colpo, mettendole una mano dietro la schiena e sentendo un brivido gelido
percorrerla. La ragazza aveva il fiato corto, e continuava a rimanergli
aggrappata addosso. Aveva detto “William?”.
Adagiò Irina sul
letto, accorgendosi che si era quasi addormentata, e rimase a guardarla.
Mormorava qualcosa, il bel viso distorto in una smorfia. Era talmente ubriaca
che forse non lo aveva nemmeno riconosciuto…
No, sapeva chi era…
Prima lo aveva chiamato per nome, lo aveva riconosciuto…
“Cazzo, è ubriaca… Non ha capito quello che
sta facendo… E non mi sarebbe saltata addosso in quel modo, se fosse stata in
sé”.
Rimase immobile,
fissando il ciondolo che Irina portava al collo, che si alzava e si abbassava
piano quando lei respirava, invitante e tentatore.
Non si sarebbe
ricordata nulla, il giorno dopo… Poteva approfittarne,
no? Quando gli sarebbe capitata un’altra situazione del genere? Aveva
cominciato lei, in fondo. Lui non aveva fatto niente. La tentazione di
svegliarla e finire quello che avevano cominciato era troppo forte…
Sospirò e guardò
Irina, sdraiata sotto di lui, ormai bella che addormentata. Continuava a
mormorare, come se stesse sognando qualcosa di spiacevole. Forse non voleva
venire a letto con lui… Forse lo considerava solo un amico, ed era veramente
innamorata di Challagher… Aveva pronunciato il suo nome,
in fondo. Ma allora perché baciarlo?
“Cazzo, cazzo,
cazzo”.
Le era andata bene,
questa volta. La sua coscienza si stava rifiutando di continuare la cosa perché
lei non era completamente in sé. Maledetto autocontrollo… Un’altra delle cose
che aveva imparato nell’F.B.I.
Però le faceva davvero
un bell’effetto. Ci volle tutta la sua forza di volontà per scavalcarla e
scendere dal letto senza svegliarla apposta, o almeno evitando di toccarla.
Rimase in piedi a guardarla, passandosi una mano dove lei lo aveva sfiorato con
le sue manine curatissime.
Non se l’era
aspettato. Per quanto ubriaca a “leggermente” fuori di sé, non aveva pensato
che Irina potesse… Bé, saltargli addosso come aveva fatto in quel momento.
Perché lo aveva
fatto?
Forse l’alcool le
aveva tolto qualche freno, le aveva fatto fare quello che voleva da tempo ma per cui le mancava il coraggio… Poteva illudersi
di piacergli, o no?
Il suo sguardo
percorse il collo sottile della ragazza, il seno abbondante ma della giusta
misura, il ventre piatto e i fianchi morbidi e sinuosi.
Era perfetta, l’unica parola che gli passava per la testa.
“Smettila di guardarla… “
Xander si voltò,
appoggiando la mano sulla parete e guardando per terra. Era assurdo… Sarebbe
bastato un attimo di più e avrebbe perso la testa, e anche tutto il resto.
Cercò di darsi una
calmata, poi tornò a girarsi. Finché ce l’aveva lì,
dentro il suo letto e mezza spogliata, non sarebbe mai riuscito a stare
tranquillo. Tanto valeva approfittare della situazione…
Si sedette sulla
poltrona e appoggiò i piedi sul tavolino, spegnendo la luce a lasciando solo la
lampada sul comodino accesa. Rimase nella penombra, nel silenzio rotto solo
dalla musica che proveniva dalla piscina, a guardare la ragazza dormire
beatamente nel suo letto.
In quel momento
avrebbe dato qualsiasi cosa perché Irina fosse lì per sua spontanea volontà,
sveglia, e soprattutto che l’avesse baciato sapendo pienamente quello che stava
facendo. Invece era tutto il contrario. E molto probabilmente il giorno dopo
non si sarebbe ricordata più nulla, sarebbe tornato
tutto come prima.
Imprecò. Non
riusciva a staccare gli occhi dal ciondolo poggiato sul suo petto, che si
muoveva leggero quando lei respirava. E più lo guardava, più si rendeva conto
di quanto desiderava poter sfiorare quella pelle chiara e morbida, quel collo
sottile, quel corpo così minuto rispetto al suo, così giovane eppure così
femminile… Quanto voleva ancora quelle labbra rosee, quanto voleva
sentirle di nuovo sue…
Lo sguardo cadde
ancora sui suoi fianchi sinuosi, lasciati scoperti dal jeans appena appena abbassato. Notò qualcosa che catturò la sua
attenzione: un tratto di pelle era più scuro del normale, proprio dove il
pantalone lo copriva. Preoccupato, si alzò e si avvicinò alla ragazza che dormiva.
Era da sadici, ma
aveva paura che quello che aveva appena visto fosse un livido. Se suo padre le
aveva di nuovo messo le mani addosso, questa volta lo ammazzava.
Con tutta la
delicatezza possibile, scostò un lembo del pantalone scoprendo il fianco snello
di Irina, dove c’era lo slip bianco…
La ragazza si mosse
nel sonno e grugnì qualcosa. Xander alzò lo sguardo.
<< Ti prego,
non ti svegliare proprio adesso se no mi scambi per un maniaco… >>
sussurrò.
Lei tornò a dormire
beata, e Xander posò di nuovo lo sguardo sul suo
fianco.
Sì, era un livido
bluastro abbastanza recente, e decisamente troppo
grosso per i suoi gusti. Gli tremò la mano dalla rabbia mentre la passava sulla
pelle delicata della ragazza, dicendosi che appena avrebbe rivisto suo padre gliene
avrebbe fatto uno uguale in faccia… Ma c’era anche un’altra cosa: un piccolo
tatuaggio, un fiore nero simile a un giglio, seminascosto dallo slip.
“Allora sono due…” pensò, “Quanti altri ne nascondi?”
Sorrise, gettandole
un’occhiata. Irina era piena di sorprese. Forse i suoi tanti soprannomi erano
dovuti a quello: aveva tante facce, che nascondeva
abilmente dietro il suo visetto dagli occhi da cerbiatta capaci di trasformarsi
in un quelli di una gatta sinuosa e provocante.
Richiuse l’unico
bottone aperto dei pantaloni della ragazza e la coprì con il lenzuolo, poi
tornò a sedersi sulla poltrona. In quel momento il cellulare che teneva in
tasca squillò, lo tirò fuori e guardò chi era. Jess.
“Ci mancava solo lui…”
Uscì in balcone e
rispose.
<< Pronto
>>
<< Ciao Xander, allora come procede? >> domandò allegro Jess, dall’altra parte della linea.
<< Lascia
stare… >> borbottò lui, << Non ti immagini
nemmeno la situazione in cui mi trovo… >>
<< E sarebbe?
>>
Xander gli raccontò
brevemente quello che era successo con Irina, e che al momento stava dormendo
nel suo letto…
L’informatico
scoppiò a ridere, senza riuscire a trattenersi.
<< Non ci
credo… >> biascicò tra le risate, << Xander,
sei incredibile! Mi sa che hai perso un po’ lo smalto… Cioè, dai, non puoi
dirmi che ci siete arrivati vicinissimi e tu hai mollato! >>.
<< Non ho
mollato >> protestò Xander, << Jess, è ubriaca, che faccio? Devo approfittare della
situazione come un mezzo pervertito? Tu che avresti fatto? >>.
<< Ah, non lo
so… Sei fortunato che hai avuto abbastanza
autocontrollo da tenere a bada… bè, hai capito.
Adesso che fai? Aspetti che si sveglia e le dici che ti è saltata addosso?
>>.
<< Immagino
che se volessi metterla in imbarazzo lo farei… Ma siccome non lo voglio, anche
perché secondo me poi farà attenzione a starmi lontana, starò zitto, molto
probabilmente… >>.
<< Seeee, vedremo… Comunque, adesso è meglio che te ne vai a
dormire, prima di saltarle addosso tu… >>
<< Già, e
dove dormo? >> chiese Xander, alzando gli occhi
al cielo.
<< Nel letto
>> rispose tranquillo Jess.
<< Ma se c’è lei… >>
<< E allora?
Il letto è tuo. E’ lei l’intrusa, no? >>
<< Il mio
autocontrollo ha un limite, Jess >> disse Xander, << Tanto vale che la sveglio >>.
<< Appunto
>> disse Jess, << Bé, io me ne vado a
dormire davvero. Buona notte. Se hai qualcosa da raccontare domani, fatti
sentire, eh? >>
L’informatico
chiuse la telefonata e lasciò Xander senza parole.
Tornò dentro e si sedette di nuovo nella poltrona, sorridendo al pensiero di
quello che aveva detto Jess.
Forse se Irina non
fosse stata Irina, di problemi non se ne sarebbe fatti, ci sarebbe andato molto
più tranquillo. Se fosse stata una ragazza qualsiasi,
anche se una pilota clandestina, lo “sfizio”, come lo avrebbe definito White,
se lo sarebbe tolto. Ma non con lei.
L’aveva mandato in
palla, era riuscita a fargli perdere il controllo della situazione.
All’improvviso arrestare Challagher non era più la
sua missione principale; la sua missione era diventata
aiutare lei. Ed era sbagliato. Profondamente sbagliato. Per il resto del mondo,
ma non per lui.
Il problema se lo
era creato da solo. Quando aveva scoperto che Irina faceva parte del giro di Challagher, non aveva immaginato che rivederla lo avrebbe
portato a quella situazione… Non aveva immaginato che fosse in grado di fargli
perdere di vista il suo compito.
Ma Irina era
speciale, non poteva negarlo. Era fuori dal comune, era nata per stupire.
Perché lo lasciava senza parole, a volte, quando nonostante la situazione
drammatica in cui si trovasse, riuscisse a scherzarci su; quando viveva con un
padre alcolista e dei fratelli inesistenti, e continuava ad amarli; quando,
facendogli un sorriso, gli mostrava che in fondo aveva solo vent’anni e troppo
dolore alle spalle.
“Meriti troppe cose che non hai… E qui, tutti
hanno troppe cose che non meritano”.
Appoggiò i piedi
sul pouf, sospirando. Non poteva iniziare niente, con lei, lo diceva il
regolamento. E lui il regolamento non lo seguiva mai. Questa volta sarebbe
stato come sempre. Ma prima, avrebbe rimosso tutti gli
ostacoli che c’erano tra loro, gli ostacoli che impedivano a lei di essere una
normale ragazza di vent’anni. L’avrebbe liberata dei suoi pesi, e poi l’avrebbe
lasciata libera di scegliere. Se cominciare qualcosa con lui, oppure no.
Era un rischio, un rischio enorme che lui avrebbe corso. Un rischio che voleva
correre.
E poi, per ultimo,
c’era Challagher. Lo Scorpione, la causa di ogni
dolore di Irina. Il motivo per cui entrambi erano lì.
Sorrise, guardando
la ragazza dormire silenziosa nel suo letto, il respiro sottile
sottile.
“Tanto non mi scappi, piccola”.
Spazio Autrice
Smemo92: ciao, mia cara! Allora, hai visto cosa è
successo a Las Vegas? Ed è solo il primo giorno! E’ vero, Irina è fuori dal
comune, e Xander se n’è accorto… E’ inizia a perdere
la testa. Oltretutto, ci si mette pure Jess che in
quattro e quattrotto si trova la ragazza e va al
dunque a una velocità inaudita: è normale che si senta un po’ geloso. Solo che
lui deve mettere in conto che la sua missione gli impedisce di affezionarsi a
qualcuno, mentre Irina ha paura di sbagliare ancora. Nel prossimo capitolo
capirai il perché, e non sarà piacevole. Ti ringrazio come sempre per la
recensione! Baci!
Somebody bring up the lights I want you to see
My life turned around
But I'm still living my dreams
I've been through it all
Hit about a million walls
Welcome to my truth.. I still love
Welcome to my truth.. I still love
[ Welcome to my truth – Anastacia ]
*Qualcuno
accenda le luci che voglio farti vedere
la mia vita è cambiata
ma sto ancora vivendo nei miei sogni
attraverso tutto
ho sbattuto contro un milione di muri
benvenuto nella mia verità
Io amo ancora
benvenuto nella mia verità
Io amo ancora*
Due anni prima – Dalton Beach
Irina ferma la
Punto sulla linea del traguardo, guardando nello specchietto retrovisore l’Audi
A5 di Robert O’Correll inchiodare dietro di lei.
L’uomo rimane immobile all’interno dell’auto, stringendo il volante con aria
infuriata, e non accenna a scendere.
In tutta
tranquillità, Irina apre la portiera e scende, guardando verso l’Audi: gli
sguardi di tutta la gente sono puntati su di lei, sbalorditi e ammirati. La
bambina si sta facendo strada più in fretta di quanto
chiunque avesse immaginato.
Dopo aver gettato
uno sguardo a O’Correll, Irina si volta verso la
spiaggia: William Challagherla
fissa appoggiato alla staccionata di legno, un sorriso sornione dipinto
sul bel volto. Le fa cenno di avvicinarsi, e lei lo raggiunge a passi rapidi.
<< Bravissima
>> dice lo Scorpione, << Hai vinto… di nuovo. Ho fatto bene ha farti entrare tra i miei piloti >>.
<< Grazie
>> ribatte Irina, incassando il complimento con una punta di orgoglio.
Dimitri e Hanck li raggiungono, parlando tra loro. Il tono del russo
è sempre basso e roco.
<< Bé, non
credevo vincessi >> disse Hanck, rivolto a lei
<< E’ stata una sorpresa >>.
William sorride,
continuando a guardare Irina. << Non insultare la mia pilota. E’ molto
più dotata di molti altri che sono passati da queste parti >>
I tre ridacchiano,
come se nelle sue parole ci fosse un significato che lei non aveva afferrato.
Irina attende in silenzio il responso dello Scorpione,
pronta ad andarsene.
<< Tieni pure
tutti i soldi della gara >> dice William, << Usali per fare qualche
altra modifica all’auto, e con il resto comprati
qualcosa per te. Domani sera a casa mia, c’è una festa, e programmiamo la sfida
con il numero cinque, che ne dici? >>
Irina annuisce,
anche se sa che è l’unica alternativa che ha.
L’accordo tra lei e lo Scorpione prevede quello: lei deve seguire i suoi
ordini, e lui lascia in pace la sua famiglia. Finché si tratta di prendere
parte a qualche festa, sfidare qualche pilota troppo invadente e consegnare
qualche pacco, le va tutto bene. Però non può negare
di essere quasi contenta, di avere quell’onore riservato a pochi.
Ventiquattro ore
dopo, Irina varca la soglia di casa Challagher,
attraversando il vialetto illuminato dai faretti incassati nel pavimento,
diretta alla piscina. Ci è già stata, non ha bisogno di qualcuno che le indichi
la strada.
<< Come siamo
belli, questa sera >>
Qualcuno le sbuca
all’improvviso alle spalle e la prende per i fianchi, imprigionandola in un
abbraccio muscoloso. Il mento di William si poggia sulla sua spalla lasciata
scoperta dal top scuro.
<< Ciao
>> dice lei, colta alla sprovvista.
Non è la prima
volta che la tocca, anche se non ha mai fatto niente per incoraggiarlo. Per
quanto ne sa, fa così con qualsiasi ragazza. Però non le da
fastidio: il suo tocco è troppo sensuale per poter essere rifiutato.
William la prende per mano e la fa girare, squadrandola da capo a
piedi, sorridente.
<< Stai
lontana dai miei amici, stasera sei tutta per me >> dice, sfiorandole di
nuovo i fianchi.
Insieme raggiungono
la piscina, illuminata a giorno dalle lampade sparse qua e là. C’è tanta gente
in giro, tutti amici di William, ma di HiroKawashima, il numero cinque, nemmeno l’ombra.
Lo Scorpione le
porge un bicchiere, che lei prende. Si guarda intorno stupita, come fa ogni
volta: lui ha talmente tanti soldi che ogni volta si chiede come faccia a
gestirli tutti senza impazzire.
<< Ti piace?
>> domanda William, sorseggiando il suo drink con aria divertita. Nemmeno
per un attimo i suoi si scollano dal suo volto, ora
leggermente imbarazzato.
<< Molto
>>
Il ragazzo la
afferra per un gomito e la conduce dall’altra parte della piscina, dove non c’è
nessun altro a parte Dimitri, solo e con l’aria scontrosa di sempre. Le getta
un’occhiata eloquente, come a dirle che per lui non è la benvenuta, e si
allontana.
Irina e William si
siedono sul muretto bianco, mentre lui beve da una bottiglia.
<< Sei brava
con le auto, Irina >> dice lo Scorpione, << Sei la prima ragazza che
vedo arrivare così in alto… E immagino non ti fermerai, almeno per un po’. Ti
chiamano bambina perché hai solo diciotto anni, ma
bambina non lo sei… Per niente >>. E il suo sguardo indugia di nuovo su
di lei, senza nemmeno che se accorga.
<< No, non lo
sono >> ribatte Irina, sorseggiando dal suo bicchiere, << Mi sono sempre presa le mie responsabilità >>.
William la guarda,
e lei sostiene il suo sguardo. Deve ammettere che ha dei begli occhi verdi, e
che non sono l’unica cosa che sembra perfetta, in lui.
<< Sono solo
due mesi che sono qui, è ho collezionato più nemici che gare vinte >>
dice Irina, per rompere quel silenzio leggermente imbarazzante, << Sarà
più facile che qualcuno tenti di farmi fuori, che arrivare in alto, come dici
tu >>.
William ridacchia.
<< Su quello avresti ragione… Ma nessuno ti ha toccata,
fino ad adesso, no? >>.
Questa volta è
Irina a guardarlo. << No, per il momento no >>.
<< E sai
perché? >> domanda William.
<< No
>>
<< Perché
sono io che ho ordinato di non toccarti. E nessuno disubbidirà al mio ordine
>>.
Irina lo fissa,
stupita. E’ vero, non l’ha mai trattata male, nonostante avesse un debito con
lui, ma questo…
<< Perché?
>> domanda solo, un po’ confusa.
<< Perché hai
attirato la mia attenzione >> risponde lo Scorpione, << Perché qui
sono io che comando, e dalla prima volta che ti ho vista,
ho capito che sei quello che cercavo >>.
Irina è basita,
senza parole. Non capisce il comportamento di quel ragazzo, ma nelle sue parole
c’è qualcosa che non le piace. Qualcosa di strano.
<< Dimmi la verità, Irina, tu hai paura di me? >> chiede
lo Scorpione.
Paura di lui? No,
almeno non come persona. Ha paura di quello che può fare alla sua famiglia, ma
non di lui. In fondo, è solo un ragazzo, nemmeno molto più grande di lei.
<< No
>> risponde secca.
<< Lo
immaginavo >> ribatte William, << Hai rifiutato tutti i regali che
volevo farti, hai rifiutato i favori che volevo
offrirti… Nessuno lo avrebbe mai fatto. Invece tu sì. Mi hai colpito,
sai? >>.
William si
avvicina, scostandole una ciocca di capelli dal viso, e lei rimane ferma. Non
vuole muoversi, perché il fascino che sortisce su di lei è irresistibile. In
fondo, non le ha mai fatto del male, l’ha sempre trattata con riguardo…
Un attimo dopo, lo
Scorpione si sporge e la bacia sulla bocca, e lei risponde. Risponde,
prendendogli il viso tra le mani, completamente abbandonata a quelle labbra che
sanno bene dove andare a cercare, senza pensare che forse tutta la gente
presente può vederli. Senza pensare che forse sta sbagliando, che ha spento il cervello per un
momento. Senza pensare che si è condannata da sola.
Sente la mano di
William percorrerle la schiena nuda, e un brivido le corre sulla spina dorsale.
Il brivido di chi crede di stare facendo la cosa giusta, di chi crede di aver
ottenuto quello che vuole.
Irina si stacca,
sorridendo. William le porge la bottiglia e lei beve, in silenzio. Qualcuno li
guarda. Dimitri, dall’altra parte della piscina, li fissa apparentemente
indifferente, bevendo il suo drink. Il suo sguardo è così strano che Irina non
riesce a trattenersi.
<< Perché
continua a guardarmi? >> domanda, accennando verso il russo.
<< Non ti
vuole da queste parti >> risponde William, << Ma non ti farà
niente. E’ scontroso, ma non ti toccherà >>.
E’ rassicurante
sapere che c’è lui a “proteggerla”: nessuno osa mettersi contro di lei perché
lo Scorpione non vuole. Sorride, appoggiando la bottiglia vuota sul muretto.
Forse si è sempre
sbagliata, su William. In fondo, rivuole solo indietro i suoi soldi, non le ha
mai torto un capello. La sta riempiendo di attenzioni, ed è lui a proteggerla… Lo ha detto lui stesso: l’ha colpito. Lei, Irina, diciotto
anni appena, mai vistosa né appariscente, ha colpito
lui, lo Scorpione. Ha attirato la sua attenzione.
Il suo orgoglio,
sempre tenuto a freno, per un momento prende il sopravvento. Allora non è poi così tanto insignificante come ha sempre pensato, non può
esserlo, se William l’ha appena baciata. Lui è “qualcuno”, lui ha le redini in
mano, ha il potere… Uno come lui sa cosa fa, sa cosa
sceglie… E uno come lui non può sbagliare scelta. Ha visto in lei qualcosa che
non ha visto in nessun altro…
William si alza
all’improvviso, guardando un uomo a pochi metri da loro. Lo stesso fa Dimitri,
dall’altra parte della piscina. Si fanno un cenno a vicenda, poi lui si volta e
le dice: << Torno subito, bambolina. Ho una cosa da risolvere >>.
Lo Scorpione
raggiunge l’uomo, e Dimitri lo blocca dall’altra parte. Entrambi lo afferrano
per le braccia, e quello si guarda intorno spaventato, tentando di
divincolarsi. La gente inizia a guardarli, incuriosita dal loro strano
comportamento.
<< Ed ecco il
nostro sbirro >> dice William, immobilizzando l’uomo a terra, <<
Non pensavo avessi la faccia tosta di presentarti
anche qui >>.
Dimitri tira fuori
una pistola, sotto lo sguardo allibito di Irina. La punta verso l’uomo,
togliendo la sicura.
<< No,
aspetta! >> grida il poliziotto, << Aspetta! >>
<< Aspetto
cosa? >> dice lo Scorpione, << Penso tu abbia già spifferato
abbastanza in giro, per i miei gusti. E’ il caso di chiuderti la bocca
>>.
William lo tira in
piedi e lo tiene stretto per un braccio, con Dimitri a dargli man forte.
Insieme lo trascinano malamente verso il garage sotterraneo, e mentre lo fanno passano vicino a lei. William le getta una strana
occhiata, e dice, a bassa voce: << Questo è quello che succede quando
qualcuno mi tradisce >>.
I tre spariscono, e
la gente torna tranquillamente a bere e ridacchiare, come se non fosse mai
successo nulla. Solo Irina rimane zitta, immobile,
seduta sul muretto, fissando il punto in cui l’uomo è stato gettato a terra.
In un attimo,
William si era trasformato: aveva pensato che le sue minacce fossero solo
dettate dalla rabbia, che in realtà non avesse intenzione di uccidere nessuno.
Si era sbagliata. Lo Scorpione comandava proprio perché era veramente
pericoloso.
Irina scatta in
piedi, come scottata. Qualunque cosa voglia fare William a quell’uomo, deve
impedirlo; deve esserci un’altra soluzione. In fondo,
quel poliziotto sta solo facendo il suo lavoro…
Senza essere notata
da nessuno, percorre la stessa strada che ha fatto William, raggiungendo
l’entrata del garage sotterraneo. L’ha vista diverse volte, ma non ci è mai
stata. Non è arrivata ancora così in alto.
Scende le scale di
fretta, sperando di riuscire a fermarlo. Raggiunge una porta nera, appoggia la
mano sulla maniglia… Ed entra.
E’ un locale
grandissimo, dalle pareti bianche e dal soffitto alto, pieno di auto
parcheggiate. Tutte macchine di lusso, nuovissime e tirate a lucido. C’è
silenzio, non si sente nessuno. Sembra deserto. Poi due voci giungono alle sue
orecchie.
<< Stasera me
la porto a letto >> dice una delle due, che lei riconosce all’istante,
<< Ci starà, vedrai. Ho capito come prenderla… >>.
Irina si blocca di
colpo: sente parlare, ma non sa da dove arrivino le voci.
<< Spero che
dopo che la sarai fatta, la sbatterai fuori di qui >> dice Dimitri, il
tono duro e roco che arriva nitido alle sue orecchie, << Non la vogliamo
da queste parti, e comincia a dare fastidio >>.
William ridacchia.
<< Non ho intenzione di mandarla via. E’ il mio giocattolino,
nessuno me lo toglierà. E poi, non so tu, ma una cos’ì non me la lascio
scappare… Il fatto che sia piuttosto ribelle mi eccita parecchio >>.
<< Io rimango
della mia idea >> continua Dimitri, <<
Prima sparisce, meglio è per tutti… Ho l’impressione che ci darà dei problemi
>>.
<< Correrò il
rischio >>
Irina si volta di
scatto, ritrovandosi faccia a faccia con William e
Dimitri. Gli occhi del russo si riducono a due fessure, ma lo Scorpione sembra
solo sorpreso.
<< Cosa fai qui? >> domanda, tranquillo.
<< Cosa gli
hai fatto? >> chiede Irina, il tono di voce duro e tagliente.
<< A chi?
>>
<< A
quell’uomo >>
William fa una
smorfia. << Gli ho chiuso la bocca >> risponde secco.
E in un attimo è
disgustata da se stessa. Si è lasciata baciare e toccare da quell’assassino
dagli occhi verdi, si è lasciata affascinare dai suoi
modi e dalle sue parole… Quanto è stata stupida! Per un momento ha creduto di
averlo giudicato male…
William sembra
accorgersi che c’è qualcosa che non va. Fa un cenno a Dimitri. << Vai su
>>
Il russo sparisce
per le scale, gettando un’ultima occhiata a Irina, senza aggiungere nulla.
<< Che hai?
>> chiede lo Scorpione.
Irina lo guarda,
sapendo che dai suoi occhi traspare tutto il suo disgusto. << L’hai
ucciso… >> mormora.
William sembra
quasi divertito. << Non è il primo poliziotto a cui
vedrai tappata la bocca, bambolina >> dice, << Qui funziona così: o
stai con me, o stai contro di me >>.
Irina lo fissa,
troppo sconvolta per dire qualcosa. Lavora per un criminale, lavora
per un assassino…
William si
avvicina, le poggia una mano sulla guancia e sorride. In quel momento Irina
ricorda cosa lo ha sentito dire, pochi minuti prima…
Lo Scorpione cerca
di baciarla, ma lei si scosta bruscamente. In un attimo, si ritrova appiccicata
al muro gelido, le mani del ragazzo che la tengono per i fianchi sottili.
Si fissano un istante, in silenzio.
Non vuole avere più
niente a che fare, con lui. La testa è tornata al suo posto, ha capito di aver
fatto uno sbaglio, di non essere innamorata di quel
pazzo criminale. Si è lasciata per un attimo prendere dall’orgoglio,
dall’incoscienza che pensava di non avere.
Lo sguardo di
William cade sul suo corpo, e una scintilla passa per i suoi occhi verdi. Le
afferra il mento e la costringe a baciarlo, mordendole il labbro inferiore.
Irina si stacca di colpo, e gli rifila uno schiaffo in faccia, così sonoro che
nel garage deserto si sente forte e chiaro lo schiocco.
Lo Scorpione rimane
immobile, il capo rivolto a terra. Forse si è reso conto di aver esagerato.
Irina aspetta che alzi lo sguardo, che le chieda scusa.
<< Credo che
tu non abbia capito una cosa, bambolina >> dice invece, gelido.
<< Non
chiamarmi bambolina >> sibila Irina, infuriata.
<< Ti chiamo
come mi pare e piace, bambolina >> ribatte William, poi alza lo sguardo,
<< Perché tu sei mia, lo sai >>.
Continuano a
fissarsi, e Irina capisce di aver paura di lui. Ora che sa cosa è in grado di
fare, ha paura, lo teme… E’ stata stupida.
<< Io non
sono tua >> dice.
<< Abbiamo
stretto un patto >> dice William, << Tu fai quello che voglio io, e io lascio in pace la tua famiglia… >>
<< Riavrai i
tuoi soldi, se è questo che ti preoccupa >>
Irina finge, il suo
tono di voce è duro, ma dentro se stessa prova una profonda paura. Ma è una brava attrice, ha imparato a esserlo, tra loro.
William ridacchia.
<< I soldi che mi deve tuo fratello non sono niente in confronto a quelli
che già possiedo >> dice, << Non sono quelli che mi
interessano >>
<< E allora
cosa vuoi? >>
<< Te
>>
La risposta lascia
Irina sconvolta, ma abbastanza lucida da rispondere. << Non mi avrai mai…
Ho sbagliato, un momento fa, ma non ripeterò lo stesso errore >>.
<< Non mi
conosci ancora abbastanza. Ottengo sempre quello che voglio >>
William la prende
per i fianchi e la costringe a sedersi sul cofano di un’auto parcheggiata
vicino a loro, nascosta da un telo nero. Poi le afferra di nuovo il mento, e tenta
ancora di baciarla.
Anche questa volta,
lo schiaffo raggiunge la sua guancia, così rapido da
non poter essere evitato. Lo Scorpione, però, le afferra la mano violentemente
e gliela immobilizza.
<< Sei mia,
bambolina, che tu lo voglia o meno >> sibila,
arrabbiato, << Sei una ribelle, e mi piacciono le ribelli. So domarle, lo
sai? >>.
La spinge sul
cofano dell’auto, infilando un ginocchio la tra le sue gambe.
Irina tenta di ribellarsi, ma ha le mani immobilizzate da quelle del ragazzo.
Vorrebbe gridare, ma ha gola bloccata, come se fosse diventata muta
all’improvviso. Non vuole essere toccata da quelle mani che hanno ucciso, e
tutte le volte che la sfiorano sente un brivido gelido
correrle lungo la schiena.
Il telo nero si
scosta, rivelando il cofano di un’auto nera, bassa, dai fari piccoli e rotondi,
un’auto che lei non avrebbe mai dimenticato. L’unica auto che non avrebbe mai
voluto guidare.
Si scosta di colpo,
riuscendo a divincolarsi, procurandosi un graffio sul fianco con una delle
prese d’aria. Non si sarebbe abbassata così tanto, non
si sarebbe data a quell’essere solo perché un patto la costringeva a seguire i
suoi ordini. Non si sarebbe donata a lui, quando non si era donata
a nessun’altro.
William l’afferra per un gomito, tirandola verso di lei e
imprigionandola tra le sue braccia. Il suo sguardo ha perso ogni fascino, i
suoi modi non sono più quelli affascinanti che lei ha conosciuto. Le sfiora il
collo con la bocca, il fiato caldo ed eccitato che le solletica la pelle.
<< Sei di mia
proprietà, Irina, e lo rimarrai finché lo vorrò. E questa notte, sarai mia… Che
tu sia d’accordo o meno >>.
La spinge di nuovo
sul cofano della Zonda, con violenza, e le sue mani
prendono possesso del corpo di Irina in un attimo, mani gelide e possessive,
mani di cui lei non si sarebbe mai liberata. Mani a cui non riesce a sottrarsi, perché troppo forti rispetto
alle sue, in tutti i sensi.
E’ ora di pagare il
conto, Irina lo sa. Ha fatto troppi errori, nella sua vita, e il peggiore è
stato l’ultimo. Si è fidata, si è lasciata convincere, si è lasciata
ingannare. Da sola, ha firmato la sua condanna.
<< Vaffanculo, Challagher >>
mormora, prima di sprofondare nell’apatia.
E questa volta è
lei a dover incassare lo schiaffo, violento, forte, tanto da lasciarla senza
fiato. Il primo di una lunga serie, il primo della sua nuova
esistenza fatta di dolore e silenzio, di odio e violenza.
Fenice è sempre
riuscita a risorgere, ma non questa volta. Non questa volta che ha visto sé stessa piegata con la forza, a cui è stata strappata
l’unica cosa su cui aveva ancora il controllo. Il suo corpo. L’unica cosa che
le rimane ancora è il suo cuore, e quello se lo sarebbe tenuta stretta. Per
sempre.
Ore 12.00 – Las Vegas
Irina si svegliò
lentamente, con una forte nausea e la testa che doleva in modo insopportabile.
Si rigirò nel letto, cercando di dare sollievo allo stomaco in subbuglio, ma
non ci riuscì. Aveva sognato di nuovo, e il suo sonno era stato tutt’altro che
riposante.
Scostò il lenzuolo,
poi all’improvviso scattò in piedi e corse verso il bagno a vomitare.
Senza nemmeno
guardare dove si trovasse, tornò indietro e si lasciò cadere nel letto, gemendo
e chiudendo gli occhi. Ora che aveva buttato fuori quel poco che c’era nel suo
stomaco, si sentiva leggermente meglio.
<< Da quant’è
che non dormivi così tanto? >> chiese qualcuno.
Irina aprì di
scatto gli occhi, vedendo galleggiare sopra di lei la testa di Xander, serio. Si mise a sedere rapidamente, rendendosi
conto che non aveva la camicia addosso…
<< Cosa ci
fai qui? >> chiese, frastornata.
<< Veramente
è la mia stanza >> rispose Xander,
ridacchiando.
Irina spalancò gli
occhi e si guardò intorno… Quella non era la sua camera…
“Oddio… cosa ho fatto?”
Saltò in piedi,
spaventata, guardandosi attorno con aria sperduta. Era la suite di Xander, e non la sua camera…
<< Ehi, ehi!
Rimettiti giù, che non sei completamente in quadro >> disse Xander, spingendola sul letto con delicatezza. Irina si
sedette, portandosi le mani alla testa dolorante.
Fece uno sforzo, ma
non riusciva proprio a ricordarsi come fosse arrivata lì… Né che cosa fosse
successo di preciso…
Trattenne il
respiro, ricordandosi all’improvviso che era semivestita. Guardò Xander che rise e le porse la sua felpa con aria
profondamente divertita. Lei l’afferrò e se la mise
addosso, imbarazza.
Rimasero a
guardarsi per qualche secondo, lei rossa come un peperone, lui tranquillo come al solito. Si ricordava che aveva bevuto, e si chiese cosa
l’alcool le avesse fatto fare…
<< Xander… >> mormorò, << Cosa è
successo? >>.
Aveva paura di
sentire la sua risposta, ma chiedere era il modo migliore per togliersi il
dubbio. Lui sorrise.
<< Hai bevuto
un po’ troppo, ma non è colpa tua >> rispose, << Quell’idiota di
Boris ti ha messo qualcosa nel bicchiere e non sono riuscito a fermarti prima
che ne bevessi un po’… >>.
Irina imprecò.
Doveva aspettarselo da uno come lui: per tutto il tempo le aveva offerto soldi
e gioielli nella speranza che andasse almeno una volta a letto con lui.
<< E poi?
>> continuò.
<< Avevi
perso la chiave della tua stanza >> spiegò Xander,
calmo, << Così ti ho portato a dormire qui,
visto che mi sei crollata addosso >>.
Irina arrossì.
<< Ti… Ti sono crollata addosso? >> domandò, imbarazzata.
<< Sì, ma sei
leggerissima >> ribatté lui, sornione.
Se le era crollata addosso, molto probabilmente aveva anche
detto qualcosa di troppo… O fatto qualcosa che non doveva fare…
Si era svegliata
mezza svestita, e fare due più due non era difficile… In più, Xander le piaceva… Attanagliata dalla paura e dalla
vergogna, si decise a fare la domanda che le premeva.
<< Xander… Abbiamo… Abbiamo fatto qualcosa? >>.
Il ragazzo la
guardò e diventò serio all’improvviso, gli splendidi occhi azzurri che la
scrutavano senza ombra di malizia.
<< No
>> rispose solo, e si voltò di spalle.
Irina rimase a
guardarlo, chiedendosi perché fosse diventato serio. Forse aveva fatto qualcosa
di sbagliato…
<< Ho… Ho
detto qualcosa di strano? >> chiese.
Lui fece di no con
la testa, poi si girò di nuovo e sorrise. << Tranquilla, non è successo
niente di strano. Ti sei addormentata e avevi caldo,
per questo ti sei spogliata… >>.
Il suo tono era
talmente convincente che Irina glicredette
subito, anche se la scusa del caldo reggeva poco. Perché levarsi tutta la
camicia?
Abbassò lo sguardo,
sentendo la testa che pulsava sonoramente, come se avesse
preso una forte botta. Aveva bisogno di dormire ancora, di tornarsene in
camera sua per pensare con calma…
<< Sai dove sono le mie chiavi? >> chiese, passandosi una
mano sulla fronte.
<< No, stavo
andando a cercarle, infatti >> rispose lui. La guardò e aggiunse:
<< Non stai tanto bene, vero? >>.
Irina scosse la
testa. La nausea era tornata, e lo stomaco vuoto borbottava. << Cos’era
quella roba che mi ha messo Boris? >> chiese, inspirando ed espirando
lentamente per evitare di farsi venire di nuovo da
vomitare.
<< Penso
fosse una di quelle pastiglie che danno alle ragazze per lasciarsi portare a
letto… Una droga leggera, in pratica >>
Irina spalancò gli
occhi, spaventata. Se lo sentiva, aveva fatto qualcosa di strano, e il minimo
cambiamento nella voce di Xander le fece capire che
non era stato completamente sincero. Perché diavolo non riusciva a ricordarsi?
<< Rimettiti
a dormire >> disse lui, << Vado a vedere se trovo le tue chiavi da
qualche parte… >>.
Qualcuno bussò alla
porta, e si zittirono entrambi. Irina si ricordò di William…
Xander le fece cenno di
nascondersi dentro il bagno, e lei corse rapida chiudendosi la porta alle
spalle. Appoggiò l’orecchio sul legno per sentire chi fosse.
<< Alexander
>> Era William, << Stavi dormendo? >>.
<< Ho avuto
una nottata piuttosto movimentata >> rispose Xander,
ridendo.
<< Bene… Hai
per caso visto Irina da qualche parte? E’ da ieri sera che non la vedo…
>>.
Alla ragazza andò il
cuore in gola. Se era venuto a cercarla lì, allora sospettava qualcosa. Era
stata una stupida: ma doveva combinare un danno del genere già la prima sera?
<< No,
l’ultima volta che l’ho vista stava con Boris… >> rispose Xander, << Che, tra parentesi, stava cercando di
comprarla >>.
<< Ah sì?
>> disse William, << Bé, chiederò a lui… Ci si vede oggi pomeriggio
>>.
La porta venne chiusa e Irina uscì dal bagno, preoccupata. <<
Ho sentito tutto >> disse, << Devo tornarmene in camera >>.
Xander annuì. << Rimettiti
a letto. Vado a cercare le tue chiavi >> disse, mettendo una mano sulla
maniglia della porta per uscire.
<< Xander >> lo chiamò lei, sedendosi nel suo letto
sfatto, << Scusami… >>.
<< Di cosa?
>>
<< Di questa
situazione… Non volevo disturbarti… Devo averti fatto perdere un po’ di ore di
sonno >>.
Xander sorrise,
regalandole un’occhiata così dolce che per un attimo ebbe la tentazione di
abbracciarlo. << Tranquilla, piccola. Non è successo niente di grave… Hai
avuto modo di provare il letto di una suite, no? >>.
Uscì senza darle il
tempo di dire qualcosa, e Irina rimase a guardare la porta, sorpresa.
“Piccola”. L’aveva chiamata “piccola”. Odiava i soprannomi, ma quello che le
aveva dato lui era esattamente quello che la rispecchiava di più. Aveva pronunciato
quella parola con un tono così diverso da tutti gli altri…
Sospirò, rendendosi
conto che bastava una parolina a mandarla in confusione. Aveva bisogno di
parlare con qualcuno, di chiarire un attimino le idee.
Xander tornò dieci minuti
dopo, e la trovò ancora lì seduta con l’aria un po’ confusa. Le diede il badge
della sua stanza, e disse: << Rimani, se vuoi. Non mi dai fastidio
>>.
Lei scosse la
testa. << No, meglio che torni nella mia camera >> si alzò,
leggermente barcollante.
<< Ti accompagno,
allora >> si offrì lui. La prese per un braccio
e la portò fuori, lasciandola solo quando furono davanti alla porta della sua
stanza.
Irina entrò, ma lui
rimase fuori.
<< Se hai
bisogno di qualcosa, chiamami. Ripasso fra un’oretta per vedere come stai, va
bene? >> disse.
<< D’accordo.
Grazie mille Xander >>.
Lui sorrise e se ne
andò. Appena la porta venne chiusa Irina si buttò nel
letto e afferrò il cellulare che aveva abbandonato sul comodino. Doveva parlare
con qualcuno, e quel qualcuno era Jenny.
<< Pronto?
>> fece l’amica, dall’altra parte della linea.
<< Jenny, ho
combinato un guaio >> disse Irina, troppo sconvolta per
pensare di doverla prima salutare.
<< Un guaio?! >> gridò Jenny, << Che hai
fatto di così grave? >>.
Con un paio di frasi,
Irina gli raccontò di come si era svegliata nel letto di Xander,
senza ricordarsi minimamente come ci era finita.
<< E questo
sarebbe un guaio? >> chiese Jenny, esasperata.
<< Cavolo,
non so cosa ho fatto… >> ribatté Irina, << Ho un buco di ore, e mi
risveglio nel suo letto… >>.
<< Non mi
sembra così grave… >> disse Jenny, tranquilla.
<< Si, ma… Chissà cosa ho fatto… O meglio, cosa potremmo aver
fatto… >> mormorò Irina.
Jenny scoppiò a
ridere. << Ma scusa, ti piace o no? >>.
Irina rimase
interdetta, sospirò e poi rispose: << Ehm… Sì, credo di sì >>.
<< E allora
dove sta il problema? >> chiese Jenny, << Qualunque cosa sia
successa, la cosa peggiore che ti è capitata è che non lo ricordi. E poi
comunque lui ti ha detto che non avete fatto nulla, no? >>.
<< Sì, però
l’ha detto in un modo strano… >> ribatté Irina, << E poi mi ha chiamata “piccola”… >>.
<< Questo non
me lo avevi detto prima >> disse Jenny,
interessata.
Irina arrossì, e
ringraziò che c’era il telefono a dividerle. Non se lo sarebbe mai dimenticata
con quale voce l’aveva chiamata Xander, poco prima.
<< Se ti
chiama con un soprannome vuol dire che c’è intimità
>> continuò Jenny, << Quindi… Potrebbe essere veramente successo
qualcosa… >>.
<< Cosa?! >> gridò Irina, allarmata.
Jenny ridacchiava a
sue spese dall’altra parte della linea. << Dai, sto scherzando… Penso te
ne saresti accorta se aveste fatto qualcosa, no? Ti sei controllata addosso?
>>.
<< Sì, non ho
nessun segno… >> rispose Irina, dubbiosa, << Però… Mi sembra un po’
esagerato, a dir la verità >>.
<< Uhm… Io ho
l’impressione che quell’Alexander sia capace di lasciarti addosso
qualchesegnuccio… >>.
<< Ma Jenny! >>
<< Scusa,
scherzo. Prendila così: se è successo qualcosa, non hai più il problema di
rompere il ghiaccio >>.
<< E adesso
che faccio? >> chiese Irina.
<< In che
senso? >>
<< Non credo
riuscirò a guardarlo di nuovo in faccia… Non hai idea di come mi sono
vergognata… Dovevo essere in uno stato pietoso… >>.
<< Invece lo
so benissimo come ti sentivi, ti conosco troppo bene >> ribatté Jenny,
<< E come al solito ti fai problemi inutili.
Smettila di tormentarti, e continua a comportarti come sempre. No, aspetta, non
come sempre… Non continuare a scappargli da sotto il naso, se no come fa a
provarci con te? >>.
<< Jenny, non
mi stai aiutando… >> disse Irina, esasperata, << Se mi dici così,
poi non riesco nemmeno più a parlarci perché quando ce l’ho
davanti mi viene da pensare a quello che mi hai detto tu >>.
<< Allora
preferisci sentirti dire che è tutto un caso? Che è solo un’impressione, quella
che tu possa interessargli? >>.
<< Forse
>> mormorò Irina.
<< Bé, non ho
intenzione di dirtelo, perché sarebbe una bugia. Vedila come vuoi, ma a me
Alexander sembra un tipo a posto. Forse fa il pilota clandestino, ma non mi sembra
un criminale. Non so cosa ti spaventa, ma io ti consiglio di pensarci >>.
Irina rimase in
silenzio. Jenny non sapeva della storia di William, non sapeva
cosa li legava, e non sapeva nemmeno delle mille paure che aveva. Forse, se si
fosse trovata in un’altra situazione, sarebbe stata più tranquilla, ma non
così.
<< Dici?
>> fece, a bassa voce.
<< Dico…
Avanti, hai vent’anni, puoi permetterti qualche divertimento. Tu giocaci un
po’, con Alexander, e vedi che fa… Se ne approfitta, allora vuol dire che gli
piaci. Fammi sapere come procede, perché devo andare a prepararmi… Esco con Jess, mi porta fuori a pranzo >>.
Irina sorrise.
Jenny di problemi non se ne faceva. << D’accordo. Allora buon pranzo, eh?
>>.
<< Grazie
mille. Ti mando un bacio >>.
Chiuse la
telefonata, ricordandosi all’improvviso che erano giorni che non sentiva Max.
Forse non stava completamente in quadro, ma aveva voglia di sentirlo.
<< Ciao Max
>> lo salutò, appena lui rispose.
<< Ehi, ci
facciamo sentire, finalmente! >> disse lui, ma non era arrabbiato. Meno
male. << Come stai? >>.
<< Più o meno >> rispose Irina, spaparanzata sul letto,
<< Notte di bagordi… Come al solito >>. Meglio non accennare alla
storia di Xander… Forse non avrebbe gradito.
<< Allora
stai smaltendo la serata >> disse Max, << Per il resto? >>.
<< Tutto
normale >>, cercò di controllare la leggera inflessione della sua voce,
<< Oggi giornata di gare… Credo che mi annoierò, né approfitterò per
addormentarmi sugli spalti, magari >>.
<< Sì, e io ci credo anche >> ribatté Max, <<
Conoscendoti, sarai lì a fare il tifo per… Alexander gareggia? >>.
Aveva toccato
l’unico argomento di cui non voleva parlare. << Sì >> rispose
soltanto, monocorde.
<< E’ tutto a
posto? >> chiese Max, << Intendo, continui ad aiutarlo? >>.
<< Ehm… Sì,
cerco di fare quel che posso… >> rispose Irina, stringendo il lenzuolo
con aria leggermente preoccupata, << Ma se la cava bene da solo…
>>.
<< E’
successo qualcosa? >> domandò Max, preoccupato.
<< No, no,
figurati >> rispose prontamente Irina, << Sono solo un po’ stanca,
scusami >>.
Max rimase in
silenzio un momento, poi disse: << D’accordo. Allora vai a dormire, dai.
Ti aspetto al ritorno >>.
Irina appoggiò il
cellulare sul comodino e si rigirò nel letto, inquieta. Stava un po’ meglio,
adesso. Decise di andare a farsi una doccia, così lasciò le scarpe nell’armadio
e si tolse la maglia. Era quella di Xander… Avrebbe
dovuto riportargliela…
Sotto il getto
caldo della doccia, le rivenne in mente la conversazione con Jenny. Addosso segni non ne aveva, a parte i due lividi che le
aveva lasciato William… E comunque, quando si era svegliata, non era
completamente spogliata. I pantaloni e tutto il resto li aveva,
le mancava solo la camicetta…
Non poteva pensare
così male di Xander. Si fidava di lui, e se lui aveva
detto che non era successo niente, era di sicuro così. Era lei che si faceva mille problemi per niente.
Però… L’idea di Jenny
la attirava… Era tentata… Poteva giocare con Xander?
Sì, poteva… E
forse, voleva anche. Però
c’erano tante cose che la spaventavano. La prima, era quella di accorgersi che
fosse tutto un abbaglio, e rimanere delusa. La seconda, era quella di rendersi
conto che si era lasciata trasportare troppo dalla
situazione, che magari Xander non fosse quello che
sembrava: non era il primo errore di valutazione che faceva. E la terza cosa,
forse la più importante, era che c’era William, tra loro. Non era per lei, che
aveva paura, ma per Xander. Non era solo la sua
missione, a essere messa in pericolo, ma anche la sua stessa vita. Lo Scorpione
non avrebbe sopportato un affronto del genere.
Qualcuno bussò alla
porta, e Irina si rivestì in fretta, convinta che fosse Xander.
Aprì la porta con un sorriso, ma era William. La guardò serio e chiese:
<< Dov’eri? >>.
<< Dormivo…
>> rispose Irina, pensando subito a cercare una bugia.
<< Sono
passato più di un’ora fa >> ribatté secco William, << E non mi hai aperto… >>.
<< Sono stata
male >> spiegò Irina, << Ieri sera Boris mi ha messo qualcosa nel
bicchiere… Non so cosa fosse, ma mi ha fatto uno strano effetto, così sono
tornata in camera… Sono stata male tutta la notte, e quando mi sono riaddormentata ero talmente stanca che non ho sentito niente
>>.
William la squadrò,
come a valutare le sue condizioni. << Potevi dirmelo, che stavi male…
>> disse.
<< Non ti ho
trovato >> rispose Irina.
William si avvicinò
e le baciò la fronte con quella che per qualcuno sarebbe stata dolcezza.
<< D’accordo, bambolina, ti faccio portare il pranzo in camera, così non devi muoverti. Oggi pomeriggio te la senti di venire a
vedere le gare? >>.
<< Sì
>> rispose Irina, << Ora sto meglio, tanto >>.
William la salutò e
ne andò, lasciandola sola. Venti minuti più tardi venne un cameriere a portarle
il pranzo, che lei non toccò e non degnò nemmeno di uno sguardo. Era troppo
presa da sé stessa per avere fame.
Uscì in terrazza,
cercando di tranquillizzarsi. La testa le faceva ancora un po’ male, ma non era
quello a renderla inquieta. Forse la telefonata a Jenny non era stata una buona
idea…
Passeggiò su e giù per
il balcone, mordendosi ogni tanto il labbro, agitata. Avrebbe voluto picchiarsi
da sola: perché diamine si era ubriacata come una cretina?
Bussarono alla
porta, e le venne il cuore in gola. Questa volta era lui, di sicuro.
Rimase paralizzata
per un momento, poi si riscosse e andò ad aprire.
<< Come ti
senti? >> domandò Xander, entrando nella stanza
senza farsi vedere da nessuno.
<< Meglio
>> rispose solo Irina, e come aveva immaginato
le venne in mente quello che aveva detto Jenny…
Xander la scrutò con aria
critica, poi guardò il vassoio con il pranzo, appoggiato sul comodino.
<< Devi
mangiare >> le disse, accennando al cibo.
<< No, non ho
fame >> ribatté lei.
Non le veniva
nient’altro da dire. Aveva la lingua incollata al palato, e continuava a
evitare lo sguardo di Xander, terrorizzata che
potesse accorgersi del suo turbamento. Però riuscì a
notare che la guardava, e sembrava serio.
<< Sei sicura
di stare bene? >> chiese.
<< Sto
benissimo >> rispose Irina, << Non ho fame, davvero >>.
Xander non insistette
ulteriormente, si sistemò la maglia con aria indifferente e disse: <<
Oggi pomeriggio ci sarà la prima gara… Verrai? >>.
Irina annuì, senza
dire nulla. Aveva lo stomaco pesante come un macigno.
Xander la scrutò, poi
disse, perfettamente tranquillo: << Non ho potuto fare a meno di notare
una cosa… Spero non mi giudicherai male… Sbaglio o hai un livido piuttosto
grosso? >>.
Irina sussultò,
colta alla sprovvista. Come aveva fatto a vederlo? I jeans li aveva…
Arrossì di colpo,
fissando Xander con aria stralunata. Si portò una
mano al fianco, chiedendosi cos’altro avesse visto di lei…
Il ragazzo sembrò
cogliere i suoi pensieri. Sorrise. << Ti ho detto che non è successo
niente >> disse, << Tranquilla >>.
<< Sì, sì,
scusami >> balbettò Irina, << Mi… Stavo solo pensando a quanto
dovessi essere ridicola… >>. Sospirò.
Xander ridacchiò.
<< Forse un po’ ridicola lo eri >> disse, soave, << Ma non
importa. Voglio solo sapere se tuo padre ti ha di nuovo messo le mani addosso
>>.
<< Oh… No,
non mi ha toccata >> rispose Irina, << Non
mi ha fatto niente… >>.
Xander la guardò
sospettoso. << E allora come hai fatto a farti
un livido del genere? >>
<<
Tommy >> mentì prontamente Irina, << Stavamo giocando… Mi ha
accidentalmente tirato un calcio >>.
Xander la guardò per un
momento, in silenzio. Borbottò qualcosa, si passò una mano sulla fronte e alla
fine sorrise di nuovo. << E’ un po’ manesco, il bambino, eh? D’accordo,
ci vediamo dopo, allora >>.
Fece per uscire
dalla stanza ma Irina lo fermò. << Xander?
>>.
<< Cosa c’è?
>>.
<< Ehm… Cos’altro… Hai “notato”? >> domandò, imbarazzata.
Lui finse di
pensarci, poi ridacchiò. << Niente, a parte un altro tatuaggio >>
rispose alla fine.
Irina trattenne il
respiro. Quello era meglio che non lo vedesse. << Ehm… Ti… Ti
dispiacerebbe non farne parola con nessuno? >> chiese.
Xander sorrise. <<
Va bene… >> annuì, poi uscì dalla stanza, lasciandola più confusa di
prima.
Irina rimase seduta
sul letto, fissando la porta. Non ci capiva più niente…
Sospirò e si gettò
all’indietro, atterrando sul soffice materasso. Si sentiva strana… E lo sapeva
il perché.
“Da quanto tempo non accadeva? Pensavo di riuscire a
tenerlo ancora a bada, il cuore. Almeno
quello”.
Spazio Autrice
CriCri88: ciao! Sono contentissima che la storia ti
piaccia! Ci sto mettendo tutta me stessa (e intendo proprio “me stessa” ^.^) perché, anche se può apparire un genere strano,
ci credo veramente! Naturalmente i due personaggi principali, Irina e Xander, sono i miei preferiti, ma devo dirti che
maltratterò Xander ancora per un po’… Cercherò di
farlo impazzire! Grazie mille per i complimenti! Ti mando un bacio!
Mark 90: uh, ti ringrazio
infinitamente! E poi, detto da un ragazzo, è ancora meglio: le auto e le gare
clandestine dovrebbero essere più il tuo “pane” che il mio! ^.^ E grazie anche
di aver inserito la storia tra i preferiti! Comunque, sono una che ha la
passione sfrenata per le macchine (oltre che di NeedForSpeed, dal quale ammetto ho preso l’ispirazione), per questo mi dilungo sulle
descrizioni di modelli e gare. E se mi dici che ti sembra di vedere un film, è
il più bel complimento che potevi farmi: il mio obiettivo era proprio quello! Fammi
sapere se la storia continua a piacerti, se ti va! Un bacio e grazie ancora!
Smemo92: visto? Las Vegas può essere un posto molto
pericoloso… Ma anche decisamente divertente! E la cosa
continuerà anche nel prossimo cap… Come avrai visto,
invece, questo è stato il capitolo forse più duro da “digerire”:
si era già intuito, credo, ciò che ci fosse tra Irina e William, ma finalmente
è tutto chiaro… E molto triste. In ogni caso, non ci si poteva aspettare che
questo ed altro dallo Scorpione: si prende ciò che
vuole, sempre e comunque. E Irina è quello che voleva e che continua a volere,
semplicemente perché lei non vuole lui. Perché è l’unica ragazza che gli abbia
detto no, che ha fatto l’errore di tirarsi indietro nel momento sbagliato. E
lui non lo accetta. Per il resto… Prepara tutte le armi che hai,
conceremo William & Co. per le feste, al momento opportuno! Bacio grande!
Irina era seduta
sugli spalti del grande circuito privato di George Challagher,
immerso in un enorme parco verde che lo rendeva invisibile dall’esterno.
Fissava la linea di partenza e le auto ferme, con i motori accesi. La Maserati
Granturismo di Xander era ferma a destra della
carreggiata, il nero lucido della carrozzeria che brillava sotto il sole cocente, il posto vuoto alla sua sinistra ancora libero.
William stava in
piedi a poca distanza da lei, insieme a Dimitri, Hanck e ad alcuni ragazzi che lei non conosceva. George Challagher era appoggiato alla balaustra, e come lei
guardava le auto pronte alla gara.
Questa volta lo
Scorpione non avrebbe gareggiato. Avrebbe aspettato la sera, e avrebbe corso contro
i vincitori delle tre gare che si disputavano quel pomeriggio. Si trattava di
una sorta di “qualificazione”, come soleva chiamarla lui.
Una Ferrari F430
giallo canarino arrivò proprio in quel momento, l’inconfondibile suono del
motore che arrivava nitido fino alla platea, fermandosi vicino alla Maserati
nera, occupando lo spazio libero. Era Boris.
Irina si alzò in
piedi di scatto. Boris alla guida era un pazzo tanto quanto Dimitri, ed era
forse ancora più pericoloso di lui, perché non possedeva il senso del rischio. Xander non poteva correre già contro di lui…
<< Come mai
Boris si è già fatto vivo? >> domandò George, << Di solito non
gareggia nell’ultima batteria? >>
William si strinse
nelle spalle. << Gli sta sul culoWent >> rispose ridacchiando, << Penso voglia
sfasciargli la macchina >>.
Irina rimase
pietrificata. Dell’auto non le importava nulla, ma di Xander
sì. Guardò le macchine sulla linea di partenza, fissando la Maserati. Se Boris
voleva veramente distruggere l’auto a Xander, non si
sarebbe fatto problemi a fare del male anche a lui…
Doveva fare qualcosa…
Un attimo dopo
schizzò via sotto lo sguardo allibito di William, scese gli spalti e raggiunse
i cancelli del circuito. Attraversò di corsa lo spazio riservato ai box, ora
vuoti, tenendo lo sguardo puntato sui semafori appesi in alto. Le tre luci
rosse brillavano, segnando pochi secondi alla partenza. I motori delle auto
ruggivano, pronti allo scatto.
Prima che qualcuno
ebbe il tempo di fermarla, uscì sulla pista, individuò la Maserati nera e
spalancò la portiera.
La porta dell’auto
si aprì all’improvviso, e Xander fu costretto a
distogliere lo sguardo dai semafori per vedere chi era. Irina era appena
montata sulla macchina, il fiato corto come se avesse corso.
<< Ehi, che
fai qui? >> domandò, sorpreso.
<< Pensa a
guardare la strada >> ribatté Irina, girandosi a guardare Boris dentro la
Ferrari gialla.
Xander vide scattare il
verde e schiacciò l’acceleratore, spingendo avanti la Maserati. Un rumore
assordante si levò sulla pista e fumate bianche invasero l’aria quando gli
pneumatici delle auto pattinarono sull’asfalto.
<< Stai
attento a Boris >> disse Irina, armeggiando con la cintura di sicurezza.
La Ferrari in quel
momento si spostò bruscamente a destra, incollata al suo fianco, cercando di
speronare la Maserati. Con una sterzata brusca Xander
la evitò, ma dovette frenare per non finire contro una Aston Martin che la precedeva.
<< Perché sei
venuta? >> domandò Xander, seguendo il
tracciato che svoltava a sinistra. Nello specchietto retrovisore vide lo
scontro tra una Porsche e una Lamborghini.
<< Boris
vuole distruggerti la macchina >> rispose Irina, << Se ci sono io
dentro non lo farà… O almeno lo spero >>.
Sorpreso per la
preoccupazione che Irina aveva appena dimostrato per lui, accelerò per
raggiungere la Ferrari, al momento era in terza posizione. La superò a
sinistra, poi inchiodò per girare a destra.
<< Sei
impazzita? >> chiese lui, << Rischi di farti male anche tu… Che ti
è saltato in mente? >>.
Sterzò bruscamente,
superò un’altra Aston Martin bianca passando sul
cordolo bianco e rosso che delimitava la carreggiata.
La Ferrari gialla di Boris gli stava attaccata.
<< Non mi interessa se mi faccio male >> rispose Irina.
<< Pensa a guidare >>.
Xander le gettò
un’occhiata, e gli venne da sorridere. Con lei in macchina, nessuno si sarebbe
arrischiato a sbatterli fuori pista, perché William non avrebbe gradito se
qualcuno avesse messo a rischio la sua incolumità. Quella era priorità solo
sua.
La Ferrari gialla
sbucò all’improvviso alla sua destra, e Xander non
poté evitarla. Le fiancate sbatterono violentemente l’una contro l’altra con
uno stridore, e il vetro del finestrino della Maserati si crepò. Irina lanciò
un grido, portandosi la mano sulla testa.
<< Sì, sì
>> rispose Irina, fissando la Ferrari che li precedeva << Vai che
ti ha superato… Figlio di puttana… >>.
Xander accelerò, superò a
sinistra una Porsche, e raggiunse la Ferrari. Gli rimase dietro, incerto se
tentare il sorpasso o meno: non voleva rischiare un altro scontro. Boris non
sembrava farsi problemi per la presenza di Irina. Molto probabilmente la sua era un vendetta per la sera prima.
La F430 gli
sbarrava la strada, zigzagando a forte velocità davanti al suo muso, quasi a
provocarlo. Vedeva Boris sghignazzare dallo specchietto retrovisore.
<< Cosa stai aspettando? >> chiese Irina, gettando
un’occhiata indietro.
<< Non… E se
ci viene di nuovo addosso? >> ribatté lui, colto
alla sprovvista. Averla seduta lì di fianco non lo
rendeva proprio propenso al rischio.
<< E allora?
Vuoi vincere questa gara o no? >> sbottò lei.
<< E va bene
>> disse Xander, << Allora tieniti. E non
dirmi che non ti avevo avvertito >>.
Xander si piazzò dietro
la Ferrari, vicinissimo al suo paraurti giallo. Attese la prima curva, gettando
ogni tanto un’occhiata a Irina: sembrava tranquilla, si stava
fidando. Sapere che non aveva paura di affidarsi a lui in quella situazione lo rese felice come non avrebbe immaginato. Pigiò
l’acceleratore, sterzò a destra e tirò il freno a mano.
Come aveva
previsto, la Maserati sbandò verso destra, ma lui riuscì a tenerla. Si infilò tra la Ferrari e il cordolo a terra e superò Boris
in un attimo. Sentì Irina riprendere a respirare.
<< Vorrei
darti del pazzo >> disse la ragazza, << Ma non ci riesco… Ti prego,
battilo >>.
Xander sorrise, premette l’acceleratore e cercò di staccare la Ferrari.
Boris però poteva contare su qualche cavallo in più, e anche su un peso minore
dell’auto. Gli rimase appiccicato, tanto da riuscire a vedere il dente d’oro
che scintillava tra la sua barba nera nello specchietto.
<< Curva a
sinistra >> mormorò Irina.
Xander guardò la strada,
pensando a un modo per sbarrargli ogni possibile spazio di sorpasso. Non voleva
correre altri rischi, con Irina in auto di fianco a lui.
All’improvviso la
Maserati sbandò di colpo: Boris l’aveva appena speronata. Xander
strinse il volante, cercando di non far andare l’auto in testacoda. Il muso
della Ferrari comparve alla sua destra…
<< Attento!
>> gridò Irina.
Si ritrovò stretto
tra la Ferrari e il guard-rail di metallo. Sentì il vetro del finestrino destro
andare in pezzi, e Irina lanciare un grido, coprendosi la testa con le braccia.
Xander inchiodò di colpo,
lasciando passare avanti Boris. Dal finestrino spaccato sentiva il motore
dell’auto vicinissimo, ma era l’ultima delle sue preoccupazioni. I pezzi di
vetro sparsi sul cruscotto gli caddero sulle gambe mentre svoltava rapidamente
a destra, gli pneumatici che fischiavano.
Irina si scoprì il
volto, ancora perfettamente integro, e guardò la strada, continuando a tenersi
il braccio destro. Qualcosa di rosso le macchiò il pantaloncino chiaro.
<< Irina…
>> iniziò Xander. Era pronto a fermarsi, se
solo lei glielo avesse chiesto.
<< Schiaccia
quel pedale, Xander! >> ribatté lei, imperiosa,
<< E’ solo un graffio… Raggiungilo e datti una mossa! >>.
Il tono
perfettamente lucido della ragazza lo convinse a fare
come gli aveva chiesto. Accelerò, arrivando a tutta velocità alla curva
successiva, tanto da incollarsi al posteriore della Ferrari gialla. Girò, rimandendogli addosso.
Boris iniziava a
farlo incazzare… Aveva visto che in auto c’era anche Irina, poteva stare più
attento… Evidentemente non gliene fregava un gran che.
Accelerò ancora,
sentendo Irina che borbottava qualcosa di fianco a lui. Fece una smorfia
tastandosi il braccio, poi la vide gettare qualcosa dal finestrino.
<< La
prossima è una curva stretta a sinistra >> disse, << Molto stretta >>.
<< Perfetto
>> ribatté Xander. Aveva un’idea.
Si mise dietro la
Ferrari, sfruttando la sua scia, finché in lontananza non vide la curva del
circuito. Come aveva detto la ragazza, era molto stretta, a gomito. Poi i
fanali posteriori della F430 si accesero di rosso, segno che Boris iniziava a
frenare. La Maserati no.
<< Xander… Ho detto a sinistra… Stretta >> mormorò
Irina, preoccupata.
<< Lo so,
l’ho capito >> ribadì lui.
Al posto di
rallentare, accelerò ancora di più, tanto da sfiorare pericolosamente il
paraurti della Ferrari. Vide Irina afferrare la maniglia della porta, nel
panico.
<< Xander! >> gridò.
Vicinissimi alla
curva, Xander sterzò bruscamente, evitando per un
pelo la F340 affiancandola. Frenò, girando il volante, sapendo che andava
troppo forte per sperare che le gomme tenessero la Maserati in traiettoria, ma
sapeva perfettamente cosa fare.
Con la Ferrari alla
sua destra, lasciò che la Granturismo si appoggiasse completamente all’auto di
Boris, spingendola all’esterno della curva. Stava sfruttando la perfetta tenuta
della F430 per affrontare la svolta, costringendola a rallentare. Vide il russo
fare una smorfia terrorizzata, ma continuare a tenere stretto il volante mentre
uno dei suoi specchietti gialli saltava via.
Usciti dalla curva,
Xander premette l’acceleratore e si piazzò in testa,
guadagnando velocità. In un attimo, merito anche dell’effetto sorpresa, riuscì
a distaccare la Ferrari.
<< Non fare
mai più una cosa del genere… >> mormorò Irina, appoggiando la testa allo
schienale e tornando a respirare << Mi hai fatto
morire… >>.
Xander ghignò e si
apprestò a tagliare il traguardo, fermandosi poi proprio sotto gli spalti. Vide
Challagher, Dimitri e un’altra decina di persone a
bordo pista, tutte con l’aria un po’ stranita. Aveva appena vinto, ma qualcuno non sembrava affatto contento.
Appena Irina vide
la faccia di William le si gelò il sangue nelle vene.
Si rese improvvisamente conto della portata di quello che aveva appena fatto:
si era infilata nella macchina di Xander, mentre lui
faceva una gara…
Il dolore al
braccio sparì all’improvviso, sopraffatto dall’enorme senso di colpa che le
cadde addosso. Era stata idiota.
Appena la Maserati
si fermò oltre la linea del traguardo, scese dalla macchina così velocemente
che Xander non ebbe nemmeno il tempo di chiederle
dove andasse. Ignorò bellamente tutti quanti, correndo fuori dal circuito,
tenendosi stretta il braccio sanguinante.
Doveva trovare un
posto tranquillo in modo da poter cercare una scusa plausibile da rifilare a
William. Questa volta avrebbe fatto domande, e tante, anche.
Non poteva andare
in infermeria, era il primo posto in cui sarebbero venuti a cercarla. Voleva
starsene qualche momento da sola e mettere a posto le idee… Perché le saltato in mente di fare una cosa tanto stupida?
Raggiunse l’albergo
sotto gli occhi allibiti di un paio di ragazzi e degli inservienti e salì in
camera, fermandosi solo quando la porta della sua stanza si fu richiusa alle
sue spalle. Rimase un momento appoggiata al muro, il fiato corto e il braccio
che pulsava.
Sperava che nessuno
la trovasse, almeno per un po’. Non poteva certo dire a William che era salita
sull’auto di Xander solo per mostrargli il circuito…
Corse in bagno e
infilò il braccio sotto il rubinetto, lasciando scorrere l’acqua gelida sulla
ferita che si era procurata. Uno dei pezzi di vetro del finestrino della
Maserati le si era conficcato nella pelle, ma almeno
quel pezzo era riuscito a toglierlo… Vedeva ancora qualche piccola scheggia
brillare sotto il getto freddo.
Non era poi così
grave: con una bella fasciatura e magari qualche punto sarebbe passato tutto
senza lasciare cicatrici. Ma avrebbe rimandato a dopo:
ora doveva trovare una scusa.
Rimase con il
braccio sotto l’acqua, fissando senza vederlo il suo riflesso nello specchio.
Lo aveva fatto per Xander, per evitare che si facesse
male… Non era servito a molto, in realtà, ma essere presente l’aveva
tranquillizzata. Non sarebbe riuscita a rimanere impassibile, guardando la gara
da lontano…
Poteva dire che
voleva prendersi una rivincita con Boris… Che voleva far vincere Xander per dar fastidio al russo… No, William non l’avrebbe
bevuta. Se veramente voleva farla pagare a Boris gli
avrebbe chiesto in prestito l’auto e lo avrebbe stracciato lei.
<< Merda…
>> borbottò.
Preferiva essersi squarciata tutte e due le braccia, piuttosto che trovarsi in
quella situazione.
Qualcuno bussò alla
porta, e il cuore le si fermò nel petto. Sperava fosse
Xander, Dimitri, chiunque altro, ma non William.
Il sangue
continuava a colare, il lavandino era striato di rosso, e doveva per forza
andare in infermeria. Prese un asciugamano e vi avvolse il braccio dentro,
facendo pressione, e raggiunse la porta.
“Ti prego, fa che sia Xander…
Solo lui poteva pensare di trovarmi qui”.
Aprì lentamente la
porta, ma gli occhi che incontrò non erano quelli
azzurri e gentili di Xander: erano quelli verdi,
gelidi e minacciosi di William.
Rimase immobile, in
attesa che lui dicesse qualcosa, o che la spingesse violentemente dentro la sua
stanza. Per un lunghissimo momento non accadde nulla, poi lo Scorpione ordinò,
in tono basso: << Andiamo in infermeria >>.
La prese per il braccio sano e la trascinò fuori, fino
all’ascensore, senza dire una sola parola. Era furioso, Irina lo aveva capito,
ma stranamente si stava tenendo. Ed era ancora più allarmante.
Raggiunsero
l’infermeria, dove ad attenderli c’era un medico, anch’esso reclutato e pagato
da William, dall’aria professionale e distaccata. Fece sedere la ragazza su un
lettino, si sistemò gli occhiali sul naso e disse,
esaminando la ferita: << Ci sono ancora delle schegge. Devo rimuoverle
>>.
Mentre William si
sedeva su una sedia, sempre in assoluto silenzio, il dottore recuperò una
pinzetta da un cassetto e si mise all’opera, estraendo una a una
le schegge dalla carne viva. Era una cosa dolorosa, ma
Irina rimase zitta, per non dare a vedere allo Scorpione che in realtà stava
soffrendo.
Per dieci minuti
buoni nessuno disse niente, e il silenzio veniva rotto
soltanto dai pezzettini di vetro che venivano gettati in un contenitore
metallico, appoggiato sul lettino. Irina continuava a lanciare occhiate di
sottecchi a William, seduto con le braccia incrociate, che continuava a
fissarla con aria beffarda, come a godere del suo
dolore. Perché stava zitto? Avrebbe preferito che le urlasse addosso,
addirittura che le tirasse uno schiaffo, perché non voleva
vedere un attimo in più quegli occhi verdi dall’espressione furiosa, talmente
gelidi da toglierle il fiato per la paura.
<< Senti…
>> cominciò lei. Non aveva ancora trovato una scusa valida, ma forse
parlando le sarebbe venuto qualcosa in mente…
<< Sta zitta
>> ribatté secco lui, << Ne riparleremo
dopo >>.
Il dottore esaminò
nuovamente la ferita ora pulita e sentenziò: << Ci vuole qualche punto di
sutura, in modo da non lasciare cicatrici >>.
Irina annuì
stancamente, e sorbì anche quella tortura in silenzio. Avrebbe voluto che ci
fosse Xander lì con lei, non William. Con lui sarebbe
stata in grado di sdrammatizzare un po’ la situazione.
<< Può andare
>> disse infine il dottore, stringendo la fasciatura e lasciandola
scendere dalla barella.
William la prese di
nuovo per il braccio integro e la portò di sopra, in camera sua. La fece sedere
sul letto, rimanendo in piedi, sovrastandola con lo sguardo infuriato.
<< Mi ha
detto che avete scommesso >> disse, gelido.
Irina lo guardò
interrogativa, senza capire.
<< Chi?
>> chiese, confusa.
<< Alexander…
Mi ha detto che avevate scommesso che non avresti mai avuto il coraggio di
salire in macchina con lui, se avesse gareggiato contro Boris >> rispose
William, tutto d’un fiato.
Irina lo fissò, sorpresa. Cosa era saltato
in mente, a Xander?
Non le rimase che
sfruttare quella misera occasione per farla bere allo Scorpione. Sorrise con
aria indulgente e disse: << Oh, sì, scusa, non te lo avevo detto… Mi ha
provocato, ieri sera, così abbiamo scommesso… Una cosa stupida >>.
<< E come mai
sei scappata così all’improvviso dalla trinuna?
>> domandò William.
<< A dir la verità me n’ero dimenticata, per questo non te ne ho
parlato… Solo quando ho sentito che c’era anche Boris mi è tornato in mente
>> rispose Irina, incrociando le dita.
Forse era una scusa
talmente stupida che ci avrebbe creduto. William la fissò in silenzio per un
momento, poi disse, lentamente: << Piantala di
fare scommesse idiote, chiaro? Non mi piacciono… E vedi di tenerti lontana da
Alexander… Niente scommesse, né con lui né con nessun’altro.
Soprattutto se io non ne so niente >>.
<< Va bene,
scusa. E’ l’ultima volta che succede >> disse, alzandosi, << Posso
andare? >>.
Lo sguardo di
William rimase comunque freddo. Aveva accettato la scusa che gli avevano propinato, ma di sicuro non ci credeva. Non era così
idiota. Forse voleva aspettare un altro momento, per ricordarle che era lui che
comandava.
Fece un cenno con
la testa verso la porta e lei gli rivolse un’occhiata, sperando di addolcirlo.
Lui rimase una statua di ghiaccio.
Doveva dargli
l’impressione che si fosse fatto un’idea sbagliata,
che lei e Xander non fossero così in confidenza come
poteva sembrare. Doveva dargli l’idea che non esisteva nemmeno una possibilità
che a lei potesse piacere, quando era tutto il contrario. Doveva fargli pensare
che non si sarebbe mai azzardata a tradirlo.
Si avvicinò a
William, e gli prese delicatamente un braccio con la mano sana. Lui non si
mosse, ma la guardò dall’alto in basso, e nei suoi occhi verdi brillò una
scintilla di sorpresa.
Era disgustata da
se stessa, ma forse era l’unico modo per fargli passare l’arrabbiatura e
distrarlo da quello che era appena successo. Si alzò in punta di piedi, e lo
baciò sulle labbra con delicatezza, mettendoci tutta la forza di volontà che
possedeva. Era un gesto che non aveva mai fatto di sua spontanea volontà, e
riuscì a coglierlo alla sprovvista.
William le mise una
mano dietro la schiena e se la strinse addosso, scostandole una ciocca di
capelli dal volto. Le mordicchiò il labbro superiore, in preda all’eccitazione,
spingendola contro il muro.
Il solito brivido
gelido percorse la schiena di Irina, quando sentì la sua mano venire a contatto
con la sua pelle. Ed era peggio delle altre volte,
perché era stata lei a cominciare, a cercarsela.
La bocca dello
Scorpione si spinse possessiva sulla sua, la lingua a tracciarne i contorni
delicati. Per lei era disgustoso, ma ci stava mettendo tutto l’impegno
possibile. Alla fine si staccò, chiuse gli occhi per dargli l’impressione che
fosse stato piacevole e sussurrò, sorridendo: <<
Posso andare, ora? >>.
<< Vai,
bambolina, prima che mi riprenda completamente e mi incazzi
sul serio >> rispose lui, e sulle sue labbra sottili si disegnò un
sorriso simile a una smorfia. Le aprì la porta e la lasciò uscire,
richiudendola alle sue spalle velocemente.
Irina voleva
vomitare. Aveva appena fatto una cosa così disgustosa da farsi
schifo da sola. Odiava tutto di William, eppure lo aveva baciato solo per
fargli bere una stupida bugia e impedirgli altre domande. La solita venduta.
Tornò in camera sua
con l’aria abbattuta, chiedendosi cosa stavano pensando gli altri. William
l’aveva presa meglio del previsto, e quello era l’importante. Degli altri non
doveva fregargliene nulla, no?
Degli altri… E di Xander? Le aveva appena salvato la faccia, e non sapeva
nemmeno dov’era in quel momento. Non era venuto a cercarla…
Si sdraiò sul letto
fissando il soffitto, sentendo i punti sul braccio tirare. Si aspettava di
sentire qualcuno bussare alla porta, ma attese invano. Rimase da sola per più
di un’ora, pensando a quante cose stupide stesse facendo ultimamente. Voleva
tornarsene a casa, abbracciare il suo piccolo Tommy e portarlo un pomeriggio in
spiaggia, lontana da tutti quei casini.
Decise di alzarsi e
scendere di sotto, nella sala da pranzo. Le era venuta un po’ di fame, e in
ogni caso non rischiava di incrociare nessuno, visto che la maggior parte della
gente era andata ad assistere alle gare.
Raggiunta la hall,
si accorse di una sagoma gigantesca che aspettava seduta su una delle
poltroncine dell’ingresso con aria snervata. Era un uomo dalla carnagione nera,
la testa rasata e due spalle così larghe da non essere contenute dalla
poltrona.
<< Simon?
>> chiamò Irina, guardandolo da lontano.
L’uomo si alzò: era
un gigante. Doveva essere alto almeno due metri. La guardò per un momento, poi
sorrise. << Irina! Che piacere rivederti! >>.
La ragazza gli corse
incontro e lo abbracciò fin dove il suo metro e sessantacinque le permise,
sorridendo. << Pensavo non saresti venuto >> disse, << Sei
arrivato adesso? >>.
Simon le scompigliò
i capelli con una delle sue enormi mani, e rispose: << Sì, sono arrivato ora.
Meglio tardi che mai. Avevo un po’ di cosucce da
sistemare, già in Arizona >>.
Simon Cohen,
quarantacinque anni portati benissimo, era un pilota clandestino anche lui, ed
era uno dei pochi che Irina apprezzava. Nonostante la mole ciclopica e l’aria non
certo da agnellino, era una brava persona. Una volta viveva a Los Angeles, ma
siccome i metodi dello Scorpione non gli piacevano gran che, si era trasferito
in Arizona con qualche amico. Non mancava mai ai raduni, però, perché era una
delle poche volte che potevano incontrarsi. E poi lui diceva di divertirsi a
battere i figli di papà con le loro auto di lusso tirare a lucido.
<< Sempre a
fare la spericolata, eh? >> domandò Simon, accennando al suo braccio
fasciato. << Quando metterai la testa a posto? >>.
Irina sorrise.
<< Questa volta non è colpa mia >> rispose, << Non guidavo
io, almeno >>.
<< Ah sì?
>> fece Simon, interessato, << E chi sarebbe il pazzo che ti ha
portato in macchina con lui? >>.
<< Un amico
>> rispose Irina, << Con una Maserati, tra l’altro >>.
Simon ridacchiò.
<< Sempre gente di classe, eh? Come l’albergo, mi pare. Allora, tu sai
per caso dove sia la mia stanza? Perché è mezzora che
aspetto che qualcuno mi dia le chiavi, ma non mi attendevano tra gli invitati,
sembra >>.
<< Ci penso
io >> Irina raggiunse il bancone dell’ingresso e suonò il campanellino
per chiamare un’inserviente. Dal nulla apparve lo stesso uomo che aveva
consegnato le chiavi a tutti gli ospiti, e con aria tranquilla le rivolse un
cenno rispettoso. Ignorò del tutto Simon.
<< In cosa
posso aiutarla? >> disse, con sussiego.
<< Aggiunga
una stanza alle spese del signor Challagher >>
disse Irina, << Il signore qui presente gradirebbe una camera,
possibilmente con un letto spazioso >>. La ragazza sorrise, mentre l’inserviente
squadrava con aria critica il nero alto due metri.
<< Bene…
Stanza 299 >> disse l’uomo, porgendo un badge con aria stizzita. Simon lo
afferrò.
<< Bè, vado a sistemarmi… Le gare sono già iniziate? >>
chiese, dirigendosi verso l’ascensore.
<< Sì, ma
tanto puoi correre nell’ultima batteria… C’è un posto libero >> rispose
Irina, pensando a Boris.
In quel momento
vide Xander entrare nella hall. Le gettò una rapida
occhiata, poi il suo sguardo azzurro si soffermò su Simon, e ci rimase per un
bel po’, sorpreso. Lo stesso fu per il nero, ma nessuno dei due disse nulla.
Con passo rapido, Xander imboccò le scale, per
evitarli.
Irina rimase in
silenzio, e guardò con la coda dell’occhio Simon. Il gigante aveva gli occhi
ridotti a fessure, e iniziava a sembrare minaccioso.
<< Cosa c’è?
>> chiese lei, preoccupata dalle loro strane reazioni.
Il volto di Simon
si distese, poi rispose: << Niente. Pensavo di conoscerlo, ma mi
sbagliavo… Grazie per la stanza. Ci vediamo stasera >>.
E sparì dentro
l’ascensore, lasciando Irina nell’ingresso, sempre più confusa.
Ore 18.00 – Las Vegas
Xander richiuse
bruscamente la porta della camera alle sue spalle, fissando la vetrata che dava
sul terrazzo.
Che diavolo ci
faceva lì?
Lo aveva
riconosciuto, non poteva dimenticarlo. Simon Cohen era stato un grande amico di
suo padre, e come lui agente dell’F.B.I. Un giorno
però aveva mollato tutto ed era entrato nel mondo delle corse clandestine,
senza un motivo apparente. O forse c’era, ma lo aveva tenuto ben nascosto.
Non era quello il
problema, però. Il problema era che sicuramente lo
aveva riconosciuto, e ci avrebbe impiegato un attimo ad andare da William e
dirgli esattamente chi era. E in meno di un secondo sarebbe saltato tutto.
“Porca puttana… e adesso?”.
Respirò a fondo per
qualche minuto, cercando di tornare lucido. Doveva trovare una soluzione, e in
fretta.
Afferrò il
cellulare e chiamò il primo numero che gli saltò in mente. Irina.
<< Dobbiamo
parlare, adesso >> la aggredì, senza darle nemmeno il tempo di chiedere
perché. << Vieni giù… Subito >>.
<< Va bene, Xander. Vengo >> disse lei, con voce flebile. L’aveva
appena spaventata, ma era talmente preoccupato che al momento l’educazione
l’aveva lasciata in disparte.
Irina varcò la
soglia di camera sua con aria intimorita, il braccio fasciato lasciato inerte
lungo il fianco. Non si era dimenticato che si era fatta male, un po’ anche per
colpa sua, ma la vista di Cohen lo aveva mandato per un attimo in palla. Si
diede dell’idiota e la guardò richiudere delicatamente la porta alle sue
spalle.
<< Cosa succede? >> chiese, a bassa voce.
<< L’uomo con
cui stavi parlando poco fa >> disse Xander,
<< E’ un ex agente dell’F.B.I., lo sai?
>>.
Irina lo guardò
confusa e stupita. << No… >> mormorò.
<< Bé, il problema
è che mi conosce. O meglio, conosceva mio padre. Ci siamo visti solo un paio di
volte, ma sa benissimo chi sono >>.
Irina rimase a
fissarlo, e dalla sua espressione capì che aveva colto le implicazioni. Afferrò
la maniglia della porta come se volesse fuggire di
corsa, ma non si mosse. << Non lo farà… >> esalò, << Non…
>>.
<< Devo
parlare con lui. Adesso. Subito >> disse Xander.
<< Va bene…
Ti ci porto >> disse Irina. Sembrava ancora più sconvolta di lui.
Un attimo dopo erano davanti alla stanza di Simon. L’uomo aprì
immediatamente la porta, e quando lui e Xander si
ritrovarono faccia a faccia, rimase impassibile.
<< Went >> disse, a bassa voce.
<< Cohen…
Devo parlarti. Fammi entrare >> disse Xander,
secco. << Irina è con me >>.
Il gigante si fece
da parte e li lasciò entrare. Poi, appena la porta si fu chiusa, Cohen disse,
sarcastico: << Questa volta hanno anche smosso
l’F.B.I. per cercare di prendere Challagher?
>>.
Xander fece una smorfia.
<< Cosa fai qui? >> chiese.
<< Corro
>> fu la risposta secca di Cohen.
Irina spostava lo
sguardo dall’uno all’altro, con l’aria di capirci poco e niente. Rimase in
silenzio, senza intromettersi nemmeno una volta, forse troppo spaventata per
voler dire qualcosa.
<< Corri?
>> ribatté Xander, << Non mi interessa perché tu lo faccia. Voglio solo capire se hai
intenzione di dire chi sono a Challagher >>.
Il nero lo guardò,
truce. << No, Went, non ho intenzione di farlo.
Non va a genio nemmeno a me, quindi puoi stare tranquillo… Non farò la spia, se
questo intendi >>. Sottolineò la parola “spia”
con una inflessione nella voce.
Xander fissò Irina,
ancora in piedi in disparte. Era per lei che si preoccupava, non per lui.
<< Non sapevo
facessi parte del giro di Challagher >> disse,
gelido.
<< Non sapevo
che l’F.B.I. credesse ancora di poter prendere lo
Scorpione >> ribatté Simon.
Non gli interessava
particolarmente parlare con Cohen, ma voleva essere sicuro che non andasse a
spifferare in giro chi fosse.
<< Come mai
sai chi è? >> domandò il nero, questa volta rivolto a Irina. Non era
minaccioso, solo curioso.
La ragazza deglutì
e gli gettò una rapida occhiata, come a chiedere se aveva il permesso di
parlare. Lui annuì.
<< Lo sto
aiutando >> rispose Irina, << Ci conoscevamo a scuola… >>.
Cohen si lasciò sfuggire
un fischio. << Ora ho capito… Una talpa >>
borbottò, << Ecco perché ti hanno mandato. Bé,
bel piano, davvero >>.
C’era una nota di
derisione, nella sua voce, e Xander non la gradì.
<< Se non ti
piace, non è affar mio >> ribatté.
<< Ah, no,
non è questo >> disse il nero, aprendo distrattamente la finestra della
camera, come se la situazione fosse perfettamente rilassata. << Sai vero
i rischi che corre chi ti aiuta? >>. I suoi occhi guizzarono verso Irina,
ancora in disparte e in silenzio.
A Xander venne improvvisamente un vago senso di colpa: certo
che sapeva cosa rischiava.
<< Cosa stai dicendo? >> disse freddamente.
<< Dico solo
che Challagher è meno stupido di quanto pensi
>> rispose Cohen, gettando un’altra occhiata alla ragazza, <<
Dovete fare attenzione, tutti e due. Soprattutto tu,
Irina >>.
<< So quello
che sto facendo >> disse lei, calmissima, << Conosco William molto
più di voi, lo tengo d’occhio >>.
<< Spero sia
così >> disse Cohen, << Mi dispiacerebbe molto se ti succedesse
qualcosa >>.
Il tono era
sincero, Xander lo capì. Gli stava a cuore Irina, ma
mai quanto a lui. L’avrebbe tenuta lontano dai guai, di quello era certo.
<< Bene.
Credo ci siamo detti quello che ci interessava
>> disse, << Irina, vieni con me >>.
Uscì dalla camera e
la ragazza lo seguì, sempre in silenzio. Forse l’aveva scombussolata un po’
troppo.
Tornarono nella sua
stanza, e lì Xander cercò per l’ennesima volta di
tornare calmo. Gettò una rapida occhiata alla benda sul suo braccio, poi
chiese: << Come stai? >>.
<< Oh
>> Irina sembrò colta alla sprovvista, << Bene… Sono solo un paio
di punti >>.
Xander sospirò, tentato
di dare un’occhiata di persona. No, forse ne aveva date troppe la sera prima,
lei non avrebbe gradito.
<< Come mai
sei salita in macchina? >> domandò.
Irina arrossì
lievemente. << Ehm… William ha detto che Boris voleva distruggerti la
macchina… Con te dentro, naturalmente… Bé, dovevo fare qualcosa, no? >>.
Xander guardò quegli
occhi scuri da cerbiatta fissarlo imbarazzati, e l’unica cosa che gli venne da
pensare era che aveva voglia di sentire di nuovo quelle labbra sulle sue…
“Cazzo. Non adesso, eh… Non
adesso… Mi ero ripromesso niente finché non miglioriamo la situazione… Dannato
testosterone”.
Sorrise. <<
Bé, allora grazie per il pensiero… Ma non dovevo farmi male io? >> disse.
Irina agitò il
braccio, come a dimostrare di poterlo ancora usare, sorridendo. << Non è
niente… Non mi fa nemmeno male, a essere sincera >> disse, << E poi
sono io che me la sono cercata… L’importante è che hai vinto >>.
Xander continuò a
guardarla, intuendo che forse la cosa la imbarazzava. Decise di cambiare
argomento. Era chiaro che era preoccupata per lui, e la cosa gli fece
nuovamente piacere.
<< Come mai
credevi che Cohen non facesse la spia? >> chiese.
<< Non sapevo
che Simon fosse un ex agente, ma è sempre stato un tipo a posto >>
rispose Irina, << E’ una delle poche persone che apprezzo, da queste
parti >>.
Detto da lei, era un’ulteriore conferma. Lo conosceva meglio di lui.
<< Posso
farti una domanda, Irina? >> domandò Xander.
Non c’entrava nulla con quello di cui avevano appena parlato, ma sentiva che
era il momento giusto per affrontare l’argomento.
<< Sì
>> rispose solo lei.
<< Come si
chiama la madre di Tommy? >>.
La domanda sembrò prenderla alla sprovvista, però rispose: << Sally McGragor… Perché lo vuoi sapere? >>.
<< Voglio
rintracciarla >> rispose Xander.
Ci aveva pensato
tutta la notte, fissando Irina addormentata nel suo letto. Per quanto Tommy
fosse adorabile, non poteva continuare a prendersi cura di lui. Non era suo
dovere farlo, non quando aveva altri problemi a cui
pensare. Ed era il primo “ostacolo” che voleva rimuovere tra loro due.
<< Perché?
>> domandò Irina, stupita.
<<
Riporteremo Tommy da sua madre >>.
Irina sembrava sconvolta.
<< Xander, ti ho detto cos’è… Una prostituta
>> esalò, << Se lo ha lasciato sulla
soglia di casa mia, un motivo c’era. Non era in grado di prendersi cura di lui.
Credi che ora lo sia? >>.
<< Lo sarà
>> ribatté Xander.
Irina sembrò
confusa.
<< Il suo
problema sono i soldi, immagino. Posso fare in modo di fargliene avere
abbastanza per prendere una casa in affitto >>
spiegò lui, serio, << Le troverò un lavoro serio, e magari una nuova
identità, se le servirà. Sarà in grado di badare a sé
stessa e a suo figlio >>.
Come soluzione gli
sembrava perfetta. Ci avrebbe impiegato un attimo a chiamare l’F.B.I.
e a ottenere quello che voleva: non era nemmeno molto, a dir la verità.
Irina non sembrò
pensarla come lui, però. Strinse il braccio fasciato
con aria triste, poi disse: << Io… Io non ce la faccio a lasciarlo, Xander. Ho bisogno di lui… E’ una delle poche cose buone
che ho nella vita… >>.
<< Ha il
diritto di stare con sua madre… Come tu hai il diritto di vivere la tua vita
>> disse calmo Xander.
<< Perché
vuoi riportarlo da sua madre? >> chiese Irina.
“Perché sono egoista. Perché voglio eliminare
tutti gli ostacoli che esistono tra me e te, e lui, per quanto simpatico, è uno
di quelli. Perché voglio darti la possibilità di pensare solo a te stessa. Perché voglio… Voglio lasciarti libera di pensare a qualcun altro…
”.
<< Perché non
puoi andare avanti così >> rispose Xander,
<< Ti ho sentito dire decine di volte quanto sei stanca. Non dormi, non
mangi e non stai un attimo ferma. Ti stai sfiancando. Finirai come tua madre
>>.
Irina sorrise
impercettibilmente. << Mia madre aveva cinquant’anni, e quattro figli
alle spalle. Io sono giovane. Cosa vuoi che mi
succeda, se perdo qualche ora di sonno? >>.
<< Che
finisci come ieri sera >> ribatté lui.
Il sorriso appena
nato sulle sue labbra morì all’istante.
“Mossa sbagliata”.
<< Sto
scherzando, Irina >> disse Xander, << Per
favore, pensaci. Oltretutto, pensi che tuo nipote sia più al sicuro tra una
banda di piloti clandestini, o con sua madre? >>.
Irina sospirò.
<< Ci… Ci penserò… La macchina com’è ridotta? >>. Cambiava
argomento.
<< Un vetro
rotto e un po’ di righe. Niente che non si possa aggiustare… Solo che non potrò gareggiare contro William, stasera. Devo portarla a
riparare >>.
La ragazza lo guardò
un momento, dubbiosa.
“Avanti, rimani… Oppure, no, forse è meglio
di no”.
<< Ci vediamo
a cena, Xander >> disse lei, aprendo la porta,
<< Grazie >>.
Uscì, lasciandolo
solo a fissare la maniglia con aria ebete. Grazie di cosa? Le voleva portare
via una delle poche ragioni che la spronavano ad andare avanti… Se lo avesse
insultato, forse si sarebbe sentito meno in colpa.
Spazio Autrice
Allora… Torno a
fare i miei commenti a fine cap… Le poche recensioni
mi hanno leggermente demoralizzata, ma fa niente…
Spero qualcuno colga il mio appello, però.
Comunque, cosa dire…
In questi ultimi cap finalmente è stato svelato il
mistero del “rapporto” tra Irina e William, che non è affatto
quello che appare. E Xander finalmente ha capito cosa
prova e cosa vuole. Peccato che ci siano un po’ di “problemini” fa risolvere… Non
rimane a Irina di capire cosa vuole lei.
Il prossimo cap sarà piuttosto lungo, e denso di azione, e sarà anche l’ultimo
ambientato a Las Vegas… Vediamo cosa ci combina Irina.
Mark 90:aaahhh, sono contentissima che continua a piacerti!!! E mi
fa piacere che apprezzi così tanto i personaggi di Irina e Xander:
credo siano quelli che mi sono venuti meglio fino ad adesso, anche perché “un’Irina”
esiste veramente… Rinnovo il mio invito a farmi sapere se la storia è di tuo
gradimento! Baci!
CriCri88: eh sì, come storia è proprio inusuale. Infatti prima di
pubblicarla ci ho pensato un sacco di tempo! Dici che credi di essere l’unica a cui “ispira” William? Non è detto: magari a qualcun altro piace,
anche perché, come l’ho immaginato io, fisicamente non è proprio da buttare! Caratterialmente,
invece… Uhm, no, non ci siamo proprio. In effetti, lui è veramente innamorato
di Irina, ma in modo malato. Se lei avesse ricambiato, probabilmente l’avrebbe
ricoperta di affetto, di regali, di ogni cosa lei avesse desiderato. Il suo
problema però è la possessività e l’abitudine ad avere sempre tutto quello che
vuole, oltre a non saper rinunciare. Tolto questo, magari si salverebbe: in
fondo, come vedi, ha “protetto” Irina dal mondo, salvo farle del male lui
stesso. Crede di poter essere l’unico che può farlo. Tra
qualche cap però dimmi come la pensi su di lui… Succederanno un sacco di cose su cui pensare! Baci!
Irina era seduta
sul bordo della piscina, dondolando lentamente i piedi nell’acqua limpida e
fredda, sentendo il sole battere sulle spalle nude. La musica del bar era
tenuta molto bassa, appena udibile, per non disturbare chi stava ancora
dormendo. Praticamente tutto l’albergo, visto che la
sera prima, sabato, era stata la notte del giro nei casinò dei dintorni.
Non c’era nessuno a
parte lei, in quel momento. Aveva preferito rimanere in camera, inventa dosi la
scusa che non fosse ancora perfettamente in forma, e William le aveva permesso
di rimanere in albergo. Era riuscita a evitarlo, almeno per un po’.
In realtà, lei
voleva evitare un po’ tutti, anche Xander. Anzi,
soprattutto lui. Il giorno prima non era nemmeno andata
a vedere la sua gara, naturalmente vincente, e aveva preferito fare una
passeggiata tra le vie di Las Vegas, con tanto di carta di credito di William
in tasca. Evidentemente, anche lui voleva tenerla a debita distanza da Xander, e pensava che un po’ di shopping sfrenato le
facesse dimenticare il moro dagli occhi blu, o qualsiasi altra cosa avesse in
testa.
Niente di più
sbagliato. Già era confusa dal comportamento di Xander,
e in più le diceva che aveva intenzione di riportare Tommy da sua madre:
impossibile non pensarci.
Con un sospiro,
agitò i piedi muovendo l’acqua della piscina, fissando la cavigliera d’argento
illuminata dai raggi del sole. Era la soluzione migliore e anche la più logica,
ma lei non riusciva a separasi da quel bambino. Quando
se lo era trovata davanti alla porta di casa credeva
di impazzire, ma alla fine aveva capito che sarebbe diventato la sua unica
ragione di vivere, l’unica cosa per cui lottare. Dopo, cosa avrebbe fatto?
Doveva trovare
qualcos’altro, o qualcuno… Qualcuno per cui valeva la pena rischiare…
<< Già qui,
bambolina? >>.
Irina alzò la
testa, per vedere William avanzare nel suo costume da bagno nero e rosso, il
tatuaggio di uno scorpione bene in vista sul petto muscoloso. Posò
l’asciugamano su una sdraio e si tuffò in acqua,
abbastanza lontano da non inondarla di schizzi. La raggiunse in un attimo e le
poggiò le mani bagnate sulle gambe, facendole venire la pelle d’oca.
<< Niente
bagno, vero? >> disse, guardando la fasciatura del braccio destro.
<< No
>>.
William si issò sul bordo con le braccia muscolose, e si sedette di
fianco a lei. Passò una mano gelida sulla sua schiena, facendola rabbrividire
di nuovo.
<< Cosa hai fatto ieri sera? >> chiese lo Scorpione.
<< Niente… Ho
dormicchiato… Voi? >>.
<< Un paio di
partite a poker >> rispose William, << Poi li ho
persi di vista un po’ tutti. Credo ammirassero le bellezze del luogo >>.
Ridacchiò.
Irina fece una
smorfia. Chiaro cosa intendeva.
Poi si ritrovò a
pensare una cosa inaspettata: anche Xander “ammirava”
le bellezze del luogo?
“Che pensiero idiota… E’ libero di fare
quello che vuole. E immagino lui sia l’uomo che non deve
chiedere mai”.
<< Sentivo la
tua mancanza, ieri sera >> disse William, avvicinandola, << Sai?
>>.
“Sì, come no… E io
ci credo pure. Tu non le ammiri le bellezze del luogo,
vero?”.
<< Cerca
almeno di fingerti sincero >> disse, a bassa voce.
William ridacchiò,
ma non disse nulla. Si rituffò in acqua, nuotando nel suo impeccabile stile
libero, e raggiunse l’altra parte della piscina. Irina non lo degnò di uno
sguardo, quando lui uscì: il suo bel fisico non sortiva più nessun interesse in
lei, da tanto tempo. Lo Scorpione si sdraiò sul lettino a prendere il sole.
Irina sbuffò,
guardandosi intorno per vedere se c’era qualcun altro nei dintorni. Nessuno.
Avrebbe tanto voluto farsi il bagno, ma per via della fasciatura non poteva.
Risistemò i capelli con la pinza e agitò un po’ i piedi.
All’improvviso,
sentì qualcuno spingerla alle spalle, per poi infilarle un braccio intorno alla
vita e tenerla ben stretta, per non farla cadere in acqua. Trattenne il
respiro, e guardò verso la sdraio. William era ancora
lì, e non si era accorto di niente.
<< Paura?
>> le sussurrò una voce nell’orecchio.
Proprio chi si
aspettava.
<< Non farlo
mai più, Xander >> mormorò, << Odio
essere presa alle spalle >>.
Il ragazzo non la
lasciò andare, e ridacchiò. << Niente bagno, per oggi. Peccato, l’ultima
volta mi era piaciuto >>.
Irina arrossì di
colpo, e gli afferrò la mano che teneva attorno ai suoi fianchi. Chissà perché,
era sempre più calda di quella di William…
Prese il braccio di
Xander e lo tirò di colpo, lo costrinse a sporgersi
dal bordo, e con un’abile “mossa finale” lo lasciò cadere in piscina. Per
fortuna, questa volta non si tirò dietro anche lei.
Xander riemerse con
l’aria divertita, mentre Irina rideva di fronte ai suoi capelli completamente
sparacchiati in testa. Si aggrappò al bordo e la guardò,
sornione.
<< Te ne
approfitti perché sai che non ti trascinerò giù, vero? >> domandò.
<< Sì
>> rispose Irina, vedendo con la coda dell’occhio che William li stava
guardando, ora. Si abbassò e sussurrò, in modo che solo lui potesse sentirla:
<< E comunque, ho rinforzato il costume, questa volta >>.
Xander ridacchiò davanti
alla sua battuta, poi lo vide puntare lo sguardo sulla sua caviglia. D’istinto,
alzò i piedi e li tirò fuori dall’acqua, per evitare qualsiasi rischio. Saltò
via dal bordo, neanche si fosse bruciata.
<< Tanto mi vendico, lo sai >> disse lui. << E non ti
servirà rinforzare il costume >>.
Irina arrossì ma
rimase al gioco. Jenny aveva detto di giocare? Allora lei avrebbe giocato.
<< Pensa al
tuo, di costume >> ribatté.
Sentiva lo sguardo
di William trapassarla da parte a parte, e dovette per forza guardare verso di
lui. Lo Scorpione la stava fissando seduto sulla
sdraio, in mano un flacone trasparente. Le fece un cenno con il capo, agitando
la bottiglia.
Irina sbuffò: era
ora del solito massaggio, reso indispensabile dalla vanità dello Scorpione.
Gettò una rapida occhiata a Xander, che nuotava
diretto alla scaletta, e raggiunse William in punta di piedi.
<< Riesci a
farmi un massaggio? >> domandò lui.
La fasciatura non
era un problema: non sentiva dolore, serviva solo a mantenere pulita la ferita.
Annuì, afferrando il flacone di olio e aspettando che William si sdraiasse a
pancia in giù, con la testa rivolta verso la piscina.
Le era venuta
un’idea, forse addirittura un po’ perversa. Si sentiva abbastanza coraggiosa da
osare, visto che come aveva detto Jenny doveva “giocare”.
Due ore dopo si sarebbe pentita della sua sfacciataggine, lo sapeva.
Attese che Xander andasse a sedersi esattamente dall’altra parte della
piscina, e lo guardò dritto in faccia con l’aria strafottente. Scavalcò William
e gli si sedette sulla schiena muscolosa, senza distogliere gli occhi da Xander.
<< Avanti,
usa le tue belle manine d’oro >> mormorò William, senza accorgersi quello
che stava succedendo. Doveva averlo preso alla
sprovvista, normalmente non gli si sedeva addosso, ma lui non disse niente in
proposito. Ovvio che non gli dava fastidio.
Irina prese l’olio,
aprì il tappo e se lo versò sulle mani, il tutto senza distogliere lo sguardo
dagli occhi azzurri di Xander, seduto immobile sulla sua sdraio. Sembrava vagamente sorpreso, davanti alla
sua faccia.
“Vediamo che fa… Jenny vorrebbe essere qui, adesso… E
se lo sa mi prenderà in giro per un mese”.
Si sistemò meglio
addosso a William, sapendo che lui era sorpreso tanto quanto lei per il suo
comportamento, e poggiò le mani sulle sue spalle calde e muscolose.
La reazione di Xander fu perfettamente controllata, ma qualcosa passò nei
suoi occhi blu oceano. Rimase a fissarla, mentre lei massaggiava energicamente
le spalle di William, sempre all’oscuro di tutto. Lo Scorpione si accorse che
ci metteva un po’ più impegno del solito, ridacchiò e borbottò: << Oggi
ci siamo alzate con il piede giusto, eh? >>.
Irina sorrise, ma
continuò imperterrita a guardare Xander, e lui faceva
lo stesso. Sembrava perfettamente impassibile, ma la mascella era più rigida
del solito. Cosa si aspettava che facesse? Non lo sapeva nemmeno lei, a dir la verità.
Mentre passava le
mani sulla pelle abbronzata di William, sentiva le spalle di
lui sciogliersi sotto l’olio che sapeva di cocco. Si abbassò
leggermente, mettendoci tutta la forza che aveva a disposizione. William si
lasciò scappare un gemito di piacere.
<< Cazzo,
Irina… Che ti è preso oggi? >> borbottò, solleticandole una gamba con la
mano, << Dovresti farlo più spesso, sai? >>.
Irina si mosse
appena e gli strappò un altro mugugno soddisfatto, puntando lo sguardo su Xander. Finalmente si era smosso: per un momento aveva
abbassato i suoi occhi sulle sue mani premute sulla schiena di William, poi era
tornato a guardarla. Forse non voleva dire niente, ma almeno non faceva finta
di non vedere.
Se doveva essere
sincera, provocarlo iniziava a piacerle. Le faceva anche dimenticare che sotto
di lei c’era lo Scorpione, e che lui la stava palpando la coscia, sospirando
ogni tanto sotto il suo tocco deciso e quasi esperto.
Dove voleva
arrivare? Si aspettava che Xander si alzasse e
venisse a reclamare la sua parte di massaggio? No, non lo avrebbe fatto di
sicuro, non se c’era anche William nei paraggi. Forse voleva solo attirare la
sua attenzione, vedere se gli fosse completamente indifferente oppure se,
magari, come aveva detto Jenny, aveva qualcosa per la testa…
Forse passò
mezz’ora, non lo seppe esattamente, ma continuarono a guardarsi in faccia senza
che nessuno dei due accennasse qualcosa, senza che Xander
avesse anche solo un fremito. Niente, ma non le staccò per un momento gli occhi
di dosso.
Poi all’improvviso
Irina ebbe una strana sensazione allo stomaco, mai provata prima. Una sorta di
brivido, di farfalle libere di volarle nella pancia, tanto che si bloccò, e cambiò
colore. Abbassò lo sguardo, ma sentiva ancora gli occhi azzurri di Xander puntati su di lei.
Forse aveva
esagerato. Era stata troppo… Troppo… Non trovava le parole giuste. Trattenne il
respiro per cercare di capire cosa le era preso, e
lentamente, molto lentamente, alzò la testa. Xander
la guardava ancora, e mimò qualcosa, in silenzio: “Sto aspettando il mio turno”
diceva.
Irina molto
probabilmente diventò viola. Deglutì in fretta e afferrò il flacone dell’olio
di cocco e lo agitò, mostrando che era vuoto.
“Purtroppo è
finito” mimò, sorridendo.
Si alzò di scatto e
sparì portandosi dietro la bottiglia, dandosi dell’idiota e lasciando William sulla sdraio, sorpreso.
Xander fissò il punto esatto dove Irina era seduta fino a pochi secondi prima,
cioè esattamente sopra la schiena dello Scorpione. Finalmente si concesse un
respiro, e sciolse tutti i muscoli che fino a quel momento erano rimasti in
tensione.
“Se questo non è provocarmi…”.
Assurdo. Era
l’unica parola che aveva trovato per descrivere la situazione. Assurda.
Assurda ma decisamente fantastica.
L’effetto dello
sguardo di Irina mentre massaggiava le spalle di Challagher
era stato peggiore di quello che gli aveva fatto due sere prima, quando lo
aveva baciato sdraiati sul suo letto. Perché c’era qualcosa di assolutamente
sensuale nei suoi occhi da cerbiatta, in quel momento molto più simili a quelli
di una gatta.
All’inizio aveva
pensato a una sorta di errore. Forse stava guardando da qualche altra parte,
poi aveva notato che guardava proprio lui, anche perché in giro non c’era nessun’altro. Quando l’aveva vista salire sulla schiena di Challagher e accomodarsi tranquillamente neanche fosse una
poltrona, gli era venuta una crisi di gelosia. Avrebbe distolto lo sguardo, se
non avesse notato che Irina lo fissava insistentemente.
“Se William vuole fare cambio, mi offro
volontario senza problemi” aveva pensato.
Rigido come una
statua l’aveva guardata versarsi l’olio sulle mani e massaggiare le spalle di Challagher, senza staccare neanche per un momento gli occhi
da lui. Quando aveva sentito lo Scorpione lasciarsi andare a un gemito di
soddisfazione, si era chiesto cosa fosse disposto a dare per trovarsi nella sua
stessa situazione. Cinque secondi dopo si era domandato come facesse a
resistere e non saltarle addosso.
Perché non c’era
niente di innocente, nello sguardo di Irina in quel
momento. O perlomeno a lui era parso così. Niente che dicesse che lo stava
guardando solo per non dover fissare Challagher.
Era rimasto
immobile tutto il tempo, sapendo che dall’esterno appariva perfettamente
impassibile, ma all’interno stava avendo una crisi ormonale in piena regola.
Alla fine anche a
lui era scappato uno sguardo piuttosto eloquente, e a quel punto Irina doveva
essersi resa conto di quello che stava combinando. Aveva cambiato colore e
aveva smesso di guardarlo, puntando lo sguardo imbarazzato sulla schiena di Challagher.
Quando l’aveva
vista rialzare la testa, aveva pensato di farle capire chiaramente quello che
stava pensando, e il “Sto aspettando il mio turno” gli
era uscito del tutto spontaneo. Peccato che lei avesse deciso di tornare a fare
la brava ragazza.
“E’ facile che me la sognerò di notte, ‘sta cosa… E’ stata piacevolmente traumatica”.
William si alzò
all’improvviso, infastidito dall’interruzione a sorpresa del suo massaggio,
guardando il punto in cui era sparita Irina. Solo allora Xander
si accorse che era talmente unto di olio che la pelle abbronzata brillava. Era bello pronto per essere impanato. Ecco perché la ragazza gli
aveva mostrato il flacone vuoto: ci era andata pesante.
Ridacchiando, Xander guardò lo Scorpione allargare le braccia
appiccicaticce con aria infastidita, borbottando qualcosa. Irina si era tolta
due sfizi: aveva provocato lui, e aveva umiliato William. E non era stato lui,
a rimetterci.
<< Credo ti
serva una doccia >> disse Xander, rivolto allo
Scorpione, mettendo le braccia dietro la testa e sdraiandosi sul lettino.
William fece una
smorfia, afferrò il suo asciugamano e se ne andò, con Xander
che continuava a ridacchiare sotto i baffi.
Ore 18.00 – Las Vegas
Irina attendeva
l’inizio dell’ultima gara in piedi a bordo pista, le braccia incrociate e lo
sguardo perso. Di fianco a lei, Simon Cohen parlava con qualcuno al cellulare:
niente finale per lui, non si era “qualificato”.
Ferme in perfetto
ordine davanti alla linea di partenza c’erano quattro auto: la Maserati
Granturismo nera di Xander, la Ferrari F430 gialla di
Boris, una Aston Martin Vanquish grigio metallizzato, e la Lamborghini Revènton color carbonio di William. Tutte a motori spenti.
Simon chiuse la
telefonata e le mise una mano sulla spalla. Non gli aveva ancora chiesto
spiegazioni sul suo passato da ex agente, perché sembrava non avesse voglia di
parlarne. Lui e Xander però si erano ritrovati a
discutere insieme, e molto probabilmente dovevano aver chiarito i motivi del
loro astio. In fondo, lei non centrava niente con loro, non doveva impicciarsi.
<< E’ già
domenica? >> disse, << Sono passati in fretta, questi tre giorni…
Ci rivediamo il prossimo anno, sempre qui a Las Vegas? >>.
Irina si ritrovò a
sperare di no, che un anno dopo lo Scorpione sarebbe stato
dietro le sbarre, e forse anche lei. Ma vedere
la Revènton sulla linea di partenza, pronta a
partire, le fece venire una stretta allo stomaco. William era forte, più forte
di loro. Ed era la prima volta che Xander gareggiava
contro di lui.
<< Non so se
dirti che lo spero o meno >> rispose, e Simon le
gettò un’occhiata comprensiva, << Vai via adesso? >>.
<< Sì, il viaggio
è lungo, e comunque intuisco già il risultato della gara >> rispose il
nero, << Spero di rivederti presto. Puoi passare dalle mie parti, un
giorno >>.
Irina annuì e lo
abbracciò. << Fai buon viaggio, e non correre troppo >> disse.
Il gigante nero
sorrise e la salutò, poi sparì oltre i cancelli del circuito. Irina si voltò e
vide Xander avanzare tranquillo verso di lei, le
chiavi dell’auto in mano.
Le venne in mente
due giorni prima, quando si era infilata nella sua auto per impedire che gli venisse fatto del male. Non era servito a molto, ma… Non
poteva farlo di nuovo.
All’improvviso ebbe
paura, paura per lui.
<< Xander? >> lo chiamò, cercando di non farsi vedere da
nessuno. William era troppo lontano perché la sentisse.
Il ragazzo la
raggiunse con un sorriso stampato in faccia. << Cosa c’è? >>.
Al pensiero di
quello che aveva fatto quella mattina in piscina, Irina arrossì. <<
Lascialo vincere >> esalò.
Xander rimase tranquillo.
<< Perché dovrei? >>.
<< Qualunque
cosa succeda, comunque vada la gara, lascialo vincere >> disse lei,
seria, << Ti prego. Rischierai troppo se dimostri di essere più bravo di
lui… >>.
“Fallo per me… Ho bisogno che tu rimanga qui,
ancora un po’”.
Xander la guardò
dubbioso. << Non c’è motivo di preoccuparsi. Se veramente vincessi io,
sarebbe più contento di avermi come avversario… Rappresenterebbe uno stimolo,
per come la vede lui, no? >>.
Irina si morse il
labbro. Come dirglielo senza sbilanciarsi?
<< Dammi
ascolto, per favore. Sento che è meglio che tu non lo infastidisca, almeno per
il momento >>.
Con la coda
dell’occhio, vide William avvicinarsi a loro, molto probabilmente per dire che
la gara sarebbe iniziata da lì a qualche minuto. Xander
rimase in silenzio, senza annuire ma nemmeno senza negare. La lasciò nel
dubbio.
<< Siamo
pronti a partire >> disse lo Scorpione, e sembrava eccitato << E’
ora di salire in macchina. Irina, monta in auto >>.
La ragazza lo
guardò, stupita, e altrettanto fece Xander. Non era
previsto che lei fosse in auto con lui.
<< Avanti
>> la incalzò lo Scorpione.
Con un cenno, Irina
seguì William fino alla Lamborghini e aprì la porta del passeggero, sedendosi
dentro.
Forse William la
voleva con lei per evitare che facesse di infilasse di
nuovo nell’auto di Xander… Oppure credeva di preservare
dai danni “accidentali” la sua nuova Revènton. O
semplicemente voleva tenerla sotto controllo.
Irina si allacciò
rapidamente la cintura del sedile avvolgente in pelle scamosciata, mentre il
motore si avviava e sul cruscotto simile a quello di un aereo si accendevano le
luci a led bianche. L’indicatore dei giri del motore si mosse un paio di volte,
nervoso, poi rimase immobile. William afferrò il pomello del cambio, inserì la
prima e attese.
Voleva chiedergli
perché l’avesse voluta in auto con lui, ma qualcosa
nella sua espressione concentrata le suggerì di tacere. Sarebbe sembrata
sospetta. Guardò oltre il vetro della Revènton, senza
riuscire a vedere Xander: la Ferrari di Boris gli
copriva la visuale. Il russo sorrise mostrando il suo disgustoso dente d’oro e
le dita poggiate sul volante si mossero
impercettibilmente.
<< Chi c’è
nella Vanquish? >> domandò Irina, guardando
alla loro sinistra. I finestrini erano oscurati, e non si riusciva a
distinguere il conducente.
<< C’è
Richard >> rispose William
Richard
Bravery, detto il Lord per i suoi modi tipicamente
inglesi e le abitudini quasi d’altri tempi. Venuto dritto dritto dall’Inghilterra per correre contro il suo
amichetto Scorpione.
<< Ma non aveva la DB9? >> chiese Irina.
<< Si è portato l’auto di scorta, quest’anno >> ridacchiò
William.
La situazione non
poteva essere peggiore: Boris, lo Scorpione e il Lord tutti insieme. Xander aveva scelto il peggior giorno, per correre.
Oltretutto, sembrava avere l’auto meno potente: solo una Bugatti o la Zonda potevano dare del filo da torcere
alla Revènton; la F430 era una Ferrari, e bastava
solo il nome a far capire che genere di auto fosse; e la Vanquish
era sicuramente modificata. Xander doveva contare
solo sulle sue capacità di guida.
William sembrava
impaziente di iniziare la gara: il suo piede premeva ritmicamente
sull’acceleratore, facendo muovere nervosamente la lancetta del contagiri. Le
dita tamburellavano sul volante mentre fissava i
semafori finalmente diventati rossi.
“Ti prego Xander,
non fare cazzate. Pensa a uscirne vivo, che è già molto” pensò Irina.
All’improvviso
scattò il verde, e la Revènton si fiondò in avanti
con una potenza tale da incollarla al sedile. Sentì il rombo degli altri motori
ai loro fianchi, ma nessuno era impressionante come quello della Lamborghini. Un misto tra il ruggito di un puma e il grido di un falco.
William superò la
prima curva già in testa, gli occhi che scattavano rapidi dalla strada allo
specchietto. Scalò di una marcia e svoltò a destra, gli pneumatici che
fischiavano sull’asfalto asciutto.
Irina non riusciva
a vedere cosa stava accadendo alle loro spalle, ed era anche l’unica cosa che
le importava. La guida di William non la preoccupava finché non decideva di far
ammazzare entrambi.
Cercò di sbirciare
dallo specchietto destro, ma vide solo il bagliore della vernice argentata della Aston Martin.
<< Come
procede, dietro? >> domandò, con una nota di panico nella voce.
<< Benissimo
>> rispose solo William.
A quel punto la
Ferrari gialla sbucò chissà da dove, mentre la Aston Martin tagliava di netto la curva guadagnando la
prima posizione. La Maserati li superò a destra con un guizzo.
<< Era ora
>> mormorò lo Scorpione, ridacchiando.
Come gli altri,
tagliò la curva passando sul prato. Aveva atteso che qualcuno desse il segnale
che la gara era cominciata: niente regole, niente scrupoli.
<< William…
Fa’ attenzione, per favore >> sussurrò Irina, afferrando la maniglia
della portiera.
<< Certo che
farò attenzione >> ribatté lui, mettendosi dietro la Maserati, <<
Paura, bambolina? >>.
<< Abbastanza
>> mentì Irina. O meglio, non era per lei stessa che aveva paura. Forse
dandogli l’idea di non essere proprio tranquilla si sarebbe comportato meglio.
William accelerò,
tallonando la Maserati. Xander superò la Ferrari di
fronte a lui con uno scatto a sinistra, mentre Boris tentava di nuovo si
speronarlo, senza riuscirci. Sia lui che lo Scorpione si misero alle calcagna
della Granturismo, decisa a superare anche il Lord.
L’Aston Martin approfittò di una lingua di cemento che
conduceva ai box per tagliare ancora un po’ di strada, guadagnando vantaggio.
La Maserati invece prese la via del prato, sollevando zolle d’erba verde con le
ruote larghe.
William sterzò di
colpo e con il muso speronò la Ferrari davanti a loro. La F430 andò in
testacoda e finì sul prato, senza subire danni.
<< Scusa,
Boris >> mormorò William ridendo, mentre lo superava facendogli un cenno
con la mano.
Davanti a loro,
Irina vide Xander duellare con l’Aston
Martin, tentando di superarla. Zigzagò per un centinaio di metri, proprio
mentre terminavano il primo giro di tre, poi cercò il sorpasso a sinistra. Con
una manovra secca la Vanquish gli andò addosso,
spingendolo sull’erba. Xander sembrò perdere il
controllo mentre le ruote dell’auto pattinavano sui cordoli, ma poi rallentò e
lasciò Richard passare di nuovo in testa.
Irina aveva il
cuore in gola. Per un attimo aveva creduto di vederlo finire contro il guard-rail, maXander era stato
abbastanza intelligente da interrompere la manovra.
<< Voglio
vedere se ci riprova >> disse William, rallentando leggermente.
Irina avrebbe
preferito che lo superasse, in modo da potergli impedire di stuzzicare Richard.
Rimase in attesa della prossima mossa, con lo Scorpione che sembrava stesse solo
guardando un film interessante.
L’Aston Martin tagliò un’altra curva: ormai procedeva solo in
avanti, senza curarsi di sfasciare il bel prato e le aiuole che contornavano il
circuito. Xander seguì la sua scia, deciso a non
mollare. William, intanto, procedeva tranquillo conscio che la Lamborghini era
in grado di riprenderli in un attimo.
Arrivarono alla curva doveXander aveva fatto
quella manovra che Irina non poteva certo dimenticare, e tentò il sorpasso
un’altra volta. Forse Richard intuì la sua mossa e lo bloccò, stringendo la
curva.
Con uno scatto
impercettibile, il muso della Maserati toccò il posteriore della
Aston Martin, ma bastò a farla andare in
testacoda. La Vanquish finì sul prato, di traverso,
lasciando spazio libero a Xander.
<< Bene, si è
liberato per l’ultimo giro >> disse William, e ingranò la marcia
superiore. << Finalmente un testa a testa
>>.
Irina sentì il
sangue gelarsi nelle vene all’idea di uno scontro diretto. Strinse la maniglia
della porta, pregando che tutto andasse a finire bene.
William raggiunse
la Maserati in un attimo, tallonandola. Zigzagarono
l’uno davanti all’altro, per confondersi a vicenda, poi Xander
prese la curva a tutta velocità, il posteriore che vibrava sulla potenza
sprigionata dalle ruote motrici.
Lo Scorpione si
piazzò a destra e attese la curva seguente, ridacchiando. Si stava divertendo.
“Lascialo vincere… Lascialo
vincere…”
pregava Irina, nella sua testa, senza staccare gli occhi dalla Granturismo,
come a sperare che Xander sentisse le sue parole. Non
dava segno di voler gettare la spugna.
Alla curva
seguente, William approfittò dello scatto bruciante della Revènton
e si affiancò alla Maserati. Insieme, come se fossero perfettamente coordinate,
le due auto svoltarono fianco a fianco, senza toccarsi.
Si sentivano i sibili degli pneumatici sull’asfalto nonostante
l’insonorizzazione dell’abitacolo.
Una curva, poi
un’altra e un’altra ancora. La Lamborghini e la Maserati sembravano divertirsi
un mondo a procedere fianco a fianco lungo la pista,
tanto vicine da riuscire a vedere i numeri sul cruscotto brillare, ma mai
troppo da sfiorarsi. Una perfetta danza sincronizzata.
<< Bé, è
bravo, il ragazzo >> commentò William, stringendo il volante.
Irina non commentò.
Continuava a pregare in silenzio, sperando che William non si decidesse a
mettere fine alla gara. Ancora qualche minuto e sarebbe terminato il supplizio.
William schiacciò
l’acceleratore così a fondo che la Lamborghini schizzò avanti come un missile. Xander gli rimase a fianco, senza l’intenzione di
demordere.
Si superarono a vicenda un paio di volte, e la soddisfazione
sul viso di William era crescente. Si stava divertendo da pazzi,
cosa che non succedeva da un po’.
“Lascialo vincere… Lascialo
vincere…”.
Del tutto
inaspettato, Xander li superò a destra gli tagliò la
strada. William frenò, e la sua espressione cambiò in un attimo. Non era stato
in grado di prevederlo, non se l’era aspettato. Altra cosa che non succedeva da tempo.
Ok, gara chiusa. Xander aveva appena provocato lo Scorpione.
Penultima curva.
William sfidò ogni regola della fisica e superò Xander
a sinistra, tagliando sul prato, così vicino che gli specchietti si sfiorarono
pericolosamente.
Irina si aspettava
l’ultima manovra di Xander, quella che lo avrebbe
fatto sbattere fuori. Ma non lo vide. William superò
il traguardo, con la Maserati dietro.
L’aveva ascoltata,
alla fine. Aveva lasciato vincere lo Scorpione.
Irina scese
dall’auto, reprimendo l’istinto di correre incontro a Xander
e ringraziarlo. Si limitò a guardarlo smontare dalla Maserati, e gli rivolse il
sorriso più grato che fu in grado di fare. Davanti alla sua espressione
raggiante, anche lui si lasciò scappare un ghigno.
Una piccola folla
si stava radunando intorno alle quattro auto: Boris era arrivato quarto e
Richard terzo. Il russo stava commentando nella sua lingua d’origine qualcosa
fissando la Ferrari insieme a Dimitri, molto
probabilmente i danni. Il Lord, con il suo solito aplomb inglese girava intorno
alla Aston Martin
perfettamente tranquillo di fronte alle righe sulle fiancate.
Irina notò che
William guardava Xander, e anche se lo aveva battuto,
nei suoi occhi non c’era compiacimento, ma un vago fastidio. Richiuse la porta
della Revènton e lo raggiunse, con la ragazza che lo
seguì senza farsi notare.
<< Bella gara
>> disse lo Scorpione, sfoderando il suo sorriso trionfante, << Mi sono divertito davvero, questa volta… Peccato non avessi
un’auto all’altezza della mia. Sarebbe stata tutta un’altra cosa >>.
Xander si strinse nelle
spalle con aria noncurante. << Vorrà dire che per la nostra sfida
prenderò un’altra auto >> ribatté, << Magari… Una Ferrari >>.
Irina
sorrise da dietro le spalle di William, rivolgendogli un’occhiata divertita.
<< Come avevo
promesso, stasera festa di chiusura nel più bel locale di Los Angeles >>
disse lo Scorpione, << Ti devo qualche ora di divertimento >>
aggiunse misterioso, con un’occhiata eloquente a Xander.
Poi, prese Irina
per un braccio e se ne andò, lasciando tutti quanti a commentare la gara senza
di lui. Evitando di protestare, Irina lo seguì fino agli spalti, accorgendosi
che William aveva cambiato di nuovo espressione, e sembrava profondamente
irritato. La strattonò per farla voltare e disse, gelido: << Quando torniamo a Los Angeles dovrai darti da fare, chiaro?
>>.
<< Perché?
>> ribatté Irina, alterata.
<< Perché te
lo dico io e basta >> rispose William, << E dovremo
posticipare il più tardi possibile la tua sfida con lui >>.
<< Tanto lo
sai che è più forte di me >> disse Irina, tranquilla, << Si vede. E
poi non avevi detto che non vedevi l’ora di correre contro di lui? >>.
William digrignò i
denti, ma il suo cellulare squillò all’improvviso. Lo afferrò e rispose:
<< Cosa vuoi? >>.
La sua espressione
continuava a essere arrabbiata, così Irina decise che forse era meglio
andarsene. Stava per girarsi quando la sua risposta la incuriosì.
<< Certo che
ho vinto >>.
Qualcuno dubitava
che lo Scorpione potesse trionfare?
<< Dove sei
adesso? >> continuò, << Comunque avevi
ragione… No, voglio aspettare ancora un po’… Vediamoci stasera, alle 8.00, lo
stesso posto dell’altra volta… Che ore sono adesso? Le 7.00… Ce la fai?
D’accordo, a dopo >>.
Chiuse la
telefonata e guardò Irina. << Cos’hai da
fissare? >>.
<< Con chi ti
devi vedere? >> chiese lei, innocente.
<< Devo
chiudere un piccolo affare >> rispose William, mettendosi il cellulare in
tasca, << Niente di importante. Fatti trovare
pronta per le 9 e mezza, che andiamo al Royal… Sai come ti voglio >>.
Si voltò e se ne
andò, diretto alla pista per riprendersi la sua auto. Irina riuscì a sentire la
sgommata sull’asfalto mentre William lasciava il circuito, diretto al suo
appuntamento segreto.
Non era la prima
volta che la teneva all’oscuro di qualche suo affare, primo perché non si
fidava completamente di lei, secondo perché non riteneva dovesse prenderne
parte più del dovuto, e terzo, lei stessa ammetteva che non voleva averci a che
fare. Però questa volta c’era qualcosa di strano.
Doveva essere
qualcuno che non aveva mai visto, perché tra la cerchia degli amici e
conoscenti di William, che lei aveva “l’onore” di conoscere, non c’era nessuno
che avrebbe mai dubitato delle capacità dello Scorpione. Nessuno avrebbe osato
dirgli in faccia che non lo riteneva abbastanza forte.
Oltretutto, quel
qualcuno non aveva assistito alla gara, nonostante fosse a Las Vegas. Chissà
cosa stava tramando William… Forse il furto di qualche altra auto super lusso.
Sbuffando, si
diresse in camera sua, sapendo che la aspettavano due ore di “preparazione” per
la tanto attesa festa al Casinò Royal…
Avrebbe dovuto indossare quel dannatissimo abito blu che William le aveva
rifilato.
Ore 21.00 – Las Vegas
Irina fissava
dubbiosa il riflesso nello specchio del bagno, studiando con aria critica
l’acconciatura dei capelli castani. Li aveva tirati su con un paio di forcine
lasciando un ciuffo a coprirle una parte della fronte, mentre il resto ricadeva
in morbide onde su una spalla. Molto scenografico, ma decisamente
troppo esagerato per lei. Avrebbe passato tutta la sera a litigare con la
frangia.
L’abito, che
infilando aveva scoperto essere di Dior, le calzava a pennello, a dimostrare
quanto William avesse preso bene le misure del suo corpo. Forse le fasciava un
po’ troppo il petto, ma lì non era una questione di taglia: serviva a mettere
in mostra la “carrozzeria”. E la gonna non era poi troppo corta, per gli
standard di William: sopra il ginocchio, meno provocante ma più chic.
Si sentiva decisamente fuori posto, e avrebbe tanto preferito
rimanersene in albergo. Afferrò il telefono cellulare lasciato malamente sul
comodino e chiamò uno dei suoi numeri preferiti.
<< Jenny, mi
sta venendo una crisi di panico >> disse, esasperata.
<< Che stai
facendo? >> domandò l’amica, incuriosita.
<< Mi sto
fissando da mezz’ora nello specchio… Tra poco devo andare a una festa a un
casinò con tanto di russi ricconi e inglesi vecchio stile… E non mi sento a
posto >>.
<< Blu, gonna
al ginocchio, scollatura ornata di brillantini. Dior, oltretutto >>
descrisse Irina, neanche stesse facendo la lista della spesa. Non era la prima
volta che Jenny le faceva da consulente di immagine a
distanza.
<< Cavolo…
Dior. Peccato che rispetto a me tu sia una stangona, se no me lo dovevi
prestare >> disse l’amica, << Vabbè, sono
sicura che è perfetto, con quello che sarà costato.
Poi… Scarpe >>.
<< Decolleté
bianco perla, tacco otto… Oddio, sembrano quelle da sposa… >> borbottò
Irina, guardandosi i piedi.
<< No no, vanno bene. Bianco e blu è perfetto >> ribatté
Jenny, << Borsa? Ricorda, abbinata alle scarpe
>>.
<< Sì, pochette bianco perla… Quello me lo ricordavo >> disse
Irina, gettando uno sguardo alla borsetta adagiata sul letto.
<< Stessa
acconciatura che avevo al tuo compleanno, ti ricordi? Forse i capelli sono
leggermente più mossi… >>.
<< Wow, certo
che me la ricordo! >> disse Jenny, entusiasta, << Hai intenzione di
far svenire qualcuno, stasera? >>.
Irina sorrise
impercettibilmente… Sempre la solita.
<< Tra
l’altro, devi dirmi come sta procedendo… >> continuò la ragazza,
sorniona.
<< Jenny, dai
che ho poco tempo… Ti prometto che quando torno ti racconto tutto quello che
vuoi >>.
<< D’accordo…
Adesso, accessori. Collana? >>.
<< Sempre la
solita. Sai che non la tolgo >> rispose Irina, fissando il ciondolo a
forma di quadrifoglio che portava al collo da sempre: regalo della sua mamma.
<< Ok, te lo
concedo… Però ci starebbe molto meglio un bel collier…
>>.
<< Anche volendo non ne ho uno a disposizione >>.
<< Bene…
Cioè, male, ma non importa. Orecchini? >>
Irina fissò il suo
volto riflesso, poi si fiondò a cercare il piccolo beauty che usava per tenere
i gioielli.
<< Cavolo, me
li ero dimenticati… >> borbottò, scaraventando sul letto un paio di
jeans, << E dire che sono anche la mia fissazione… >>.
<< Testa fra
le nuvole, eh? >> commentò Jenny, << C’è Alexander, vero? >>.
<< Non me lo
ricordare, per favore >> disse Irina, trovando finalmente il beauty sotto
una montagna di magliette.
<< Perché?
>> Jenny ridacchiò.
<< Oh, lascia
stare… Ricordami di non comprare più olio abbronzante al cocco perché mi fa
strani effetti >> disse Irina, aprendo il beauty.
<< Davvero?
Che hai fatto? >> domandò curiosa Jenny, << Va bè,
anche questo tienitelo per quando ci vediamo… Allora, cosa hai a disposizione?
>>.
Irina guardò le
dieci paia di orecchini appoggiati sulla cassettiera davanti allo specchio,
tutti lunghi e con pendagli come piacevano a lei.
<< Due paia neri, due argento, due blu, due bianchi e due rossi
>> disse, << Immagino quelli bianchi, vero? >>.
<< Giusto
>>.
<< Allora…
Cuori o farfalle? >>.
<< Cuori
>> rispose prontamente Jenny, << Tanti bei cuori
>>. E ridacchiò.
Irina infilò
rapidamente gli orecchini, controllando che ore fossero. Ancora dieci minuti.
<< Non credo
proprio >> ribatté Irina, guardando ancora dubbiosa il proprio riflesso,
<< Ti giuro, non mi sento proprio a mio agio… Sarà una serata traumatica
>>.
<< Altro da
dire? >>.
<< Sì, ho una
bella fasciatura al braccio da coprire… >> disse Irina, rabbuiandosi.
<< Una
fasciatura? Che hai combinato? >> chiese Jenny, preoccupata.
<< Niente, un
piccolo incidente in auto… Solo un paio di punti… Come lo posso coprire?
>>.
<< Un copri spalle >> rispose Jenny, << A maniche
lunghe… Però farà caldo… Aspetta… Dimmi che ti sei portata quello che ti ho
regalato io >>.
Irina fece mente
locale. Aprì il guardaroba e frugò dentro. << Sì, c’è l’ho. Però è rosso >>.
Tirò fuori un copri spalle leggero di cotone, fatto all’uncinetto. Le
maglie erano abbastanza piccole da coprire il bianco della fasciatura, ma non
troppo fitte da farla scoppiare di caldo.
<< Non
importa se è rosso >> disse Jenny, << Anzi, meglio.
Staccherà un po’… Mettilo. Com’è l’effetto? >>.
Irina si guardò
nello specchio, mordendosi il labbro coperto dal lucidalabbra rosa.
<< Oddio,
Jenny… Non mi ci vedo proprio >>.
<< Benissimo.
Se mi rispondi in questo modo vuol dire che sei
perfetta >> disse l’amica, tranquilla, << E adesso, riversami
addosso tutti i dubbi psicologici. Quelli di vestiti li abbiamo risolti
>>.
Irina tacque per un
attimo.
<< Non so che
fare… Stamattina ho fatto un massaggio a William con l’olio, in piscina, e… Bé,
mentre lo facevo ho fissato Xander
tutto il tempo. Tutto il tempo, capisci? E lui non mi ha staccato gli occhi di
dosso… Molto probabilmente pensava fossi uscita di
testa… Non posso dargli torto >>.
<< Ehi,
frena! Cioè, tu facevi un massaggio a un altro e lo fissavi? Guarda che io ti
avevo detto di giocare, non di provocarlo così! >>.
<< Eh? Ma scusa, tu mi avevi detto di osare… >> ribatté
Irina, basita e colta alla sprovvista, << Lo sapevo che non dovevo
ascoltare il tuo consiglio. Dopo ho cambiato colore tipo venti volte… >>.
Jenny ridacchiò.
<< Lo farai impazzire. Se la sognerà di notte, quella scena… >>.
Irina avvampò. No,
era impossibile. Non era in grado di sortire quell’effetto su nessuno, meno che
mai Xander.
Bussarono alla
porta. Doveva essere William.
<< Cavolo,
devo andare… Prega che stasera non faccia cazzate, Jenny, o mi avrai sulla
coscienza >>.
<< Perfetto.
Bacia Xander, e non da parte mia, eh? >>.
L’amica chiuse la telefonata senza lasciarle il tempo di ribattere.
Bussarono ancora.
<< Arrivo, arrivo! >> gridò Irina. Recuperò la borsa e aprì la
porta.
William la squadrò
da capo a piedi, indugiò sulla sua scollatura e rimase di ghiaccio. Indossava
uno smoking nero con camicia bianca e cravatta blu. Perfetto anche lui.
<< Bè, la misura era giusta >> commentò.
Irina si voltò per
chiudere la porta, e William le diede una pacca sul sedere.
<< Ahi!
>>.
<< Non ho
resistito >> disse William, sorridendo, << Ti fa un bel culo, questo vestito >>.
<< Tienimi
lontano Boris, allora. Almeno stasera >>.
<< D’accordo,
stasera lo tengo a bada io >>.
Scesero in auto,
tenuta pronta davanti all’entrata dell’albergo da uno degli inservienti. La
Mercedes Slk McLaren era stata tirata a lucido, e la
vernice metallizzata brillava sotto le luci artificiali. Non c’era traccia di Xander, in giro.
Raggiunsero il Royal Casinò per primi; il parcheggio esterno era ancora
vuoto. Un intero piano era riservato a loro, sale da gioco, bar e ristorante
compresi.
Entrarono dentro e vennero accolti da un paio di camerieri, a cui William
rivolse un cenno. Arrivò un uomo vestito con un perfetto doppiopetto nero,
dall’aria molto distinta e gli porse un grosso menù in carta filigranata. Irina
intanto si guardava intorno.
Avevano cambiato
arredamento, dall’anno scorso. L’ingresso era un trionfo di legno pregiato e
tappeti soffici, ornati da piante rigogliose e poltrone di pelle bianca. Tutto
molto… Extra-lusso.
<< Questo è
il menù della cena di stasera >> disse l’uomo in doppiopetto, <<
Tutto come lei aveva richiesto… Ci siamo permessi l’aggiunta di un dessert a
sorpresa >>.
William sorrise
leggendo il foglio. << Perfetto. Mio padre? >>.
<< E’ già di
sopra, signore >> rispose l’uomo, << Vi accompagno >>.
Irina e William
seguirono l’uomo fino a un grande ascensore a specchio, dove lei ebbe modo di
guardarsi di nuovo. Le venne un altro attacco di panico, ma rimase zitta.
L’ascensore si aprì
su di una grande sala, dove tavoli rotondi e perfettamente apparecchiati erano
disposti a intervalli regolari. Al centro c’era un bancone
dove venivano preparati i cocktail, e un ragazzo era già all’opera,
preparando una sangria a opera d’arte.
<< Di là ci
sono i tavoli da gioco >> spiegò il maitre,
<< Più la sua aggiunta >>.
Irina gettò
un’occhiata a William, il viso compiaciuto. L’aggiunta era, come al solito, un certo numero di belle ragazze pronte a finire
nel letto di qualcuno pur di guadagnare un’entrata extra.
<< Scegli il
tavolo che vuoi, bambolina >> disse William, << Vado a dare
un’occhiata >>.
William sparì nella
sala da gioco, e Irina si guardò intorno, cercando il tavolo migliore. Optò per quello vicino alla vetrata che dava sul giardino:
se si fosse annoiata, almeno poteva guardare fuori.
Si sedette al
tavolo con aria stanca, e il ragazzo dei cocktail la raggiunse con in mano un vassoio.
<< Alcolico o
analcolico? >> domandò con un sorriso.
<< Oh… Ehm,
analcolico >> rispose Irina, memore dell’ultima esperienza con il troppo
alcool.
Il ragazzo sorrise
ancora e le indicò tre bicchieri. << Pesca, fragola e melone. Io
consiglio melone >>.
Le porse
gentilmente il bicchiere e lei lo prese. << Grazie >> mormorò.
Il ragazzo ammiccò
e tornò al suo lavoro. In effetti, era molto buono, pensò Irina bevendo il
cocktail. Nel giro di dieci minuti arrivarono un
dozzina di persone, tra cui Boris, che per l’occasione aveva smesso i tipici
abiti da magnate russo e indossava lo smoking scuro che non contribuiva
minimamente a slanciare la sua figura.
Finalmente William
riemerse dalla sala dei tavoli da gioco insieme a suo padre, che evidente aveva
dato “un’occhiata” anche lui, ma aveva iniziato molto prima.
Lo Scorpione si
mise a parlare con gli ospiti già arrivati, mentre Irina guardava nervosa
l’orologio appeso sopra all’entrata. Sarebbe arrivato, prima
o poi. Xander.
Infatti, si
materializzò sulla soglia dieci minuti dopo, da solo, e Irina rimase senza
fiato. Indossava anche lui uno smoking nero, probabilmente opera di Armani, e una bella camicia grigio chiaro, intonata al grigio scuro
della cravatta. Il suo sguardo vagò incuriosito lungo la sala, poi si puntò su
di lei.
Irina trasalì.
Sentirsi quelle iridi color oceano addosso le dava una
strana sensazione. Strana, ma piacevole. Non c’era
niente di strafottente, di provocatorio, di famelico,
nei suoi occhi: era solo uno sguardo amichevole, affettuoso, forse. Tuttavia
non poté fare a meno di arrossire, ripensando a quello che Jenny le aveva detto
poco prima, al telefono. Abbassò gli occhi, imbarazzata, e maltrattò il
tovagliolo che aveva tra le mani.
Lo sapeva, sarebbe
venuto al suo tavolo prima o poi, e quello comportava
che avessero dovuto guardarsi e parlarsi per forza. Ma
le sembrava tutto così difficile, in quel momento, per niente spontaneo. Perché
lui era qualcosa di così vicino alla perfezione da renderla nervosa: sempre
educato, sempre gentile, sempre troppo bello per essere vero.
E lei non poteva esserne all’altezza.
Un attimo dopo, gli
altri otto occupanti del suo tavolo vennero a sedersi ai loro posti: William,
Dimitri, Hanck, Sebastian, Boris, George Challagher, Richard il Lord, e Xander.
Questa volta,
William si sedette alla sua sinistra, e Dimitri venne
invitato a prendere il posto di Boris, alla sua destra. Niente pacche sul
sedere per lei, quella sera. Xander, invece, finì
vicino a Richard, proprio davanti allo Scoprione. E a
lei.
<< Signori, vi invito a dare uno sguardo al menù >> disse George,
afferrando il suo con aria compiaciuta, << Quest’anno è tutto a scelta
nostra… Uh, questo mi piace >>.
Xander diede un rapido
sguardo poco interessato ai piatti proposti, poi tornò a guardare lei,
rivolgendole un enorme sorriso brillante. Irina ricambiò, poi finse di essere
particolarmente presa dai dolci.
Già dopo la prima
portata, Irina era sazia. Aveva lo stomaco chiuso per l’agitazione e le mani
che le sudavano. Xander non aveva smesso di guardarla
per un attimo, nemmeno mentre parlava con William. Forse la trovava ridicola?
Poco prima
dell’arrivo dei secondi, William notò che stava lasciando tutto nel piatto e si
voltò a guardarla.
<< Che hai?
>> chiese.
<< Niente…
Non ho fame >> rispose Irina.
<< Stai male?
>> domandò lo Scorpione, anche se il suo tono appariva scocciato.
<< No, sto
bene… Posso alzarmi un momento per andare in bagno? >> disse Irina,
speranzosa.
William la squadrò
un momento. << Vai. Tra dieci minuti portano i secondi >>.
Irina si alzò in
tutta fretta e chiese al ragazzo dei cocktail dove
fosse il bagno. Lui glielo indicò con gentilezza e lei uscì dalla sala.
Solo davanti allo
specchio ovale che rifletteva la sua immagine si
concesse di respirare di nuovo. Si appoggiò al lavandino di marmo bianco,
cercando di riguadagnare la calma.
Perché Xander le stava facendo quello stranissimo effetto? Non
riusciva nemmeno a parlare! Era rimasta in silenzio come un’ebete fino a quel
momento, neanche fosse nata muta.
Jenny, aveva
bisogno di Jenny… Cercò il cellulare, ricordandosi solo in quel momento di aver
lasciato la borsa appesa alla sedia, in sala da pranzo. Avrebbe dovuto
vedersela da sola.
<< Ok,
tranquilla >> mormorò a sé stessa, sperando che
nessuno entrasse in quel momento, << Tranquilla… Non è successo niente di
grave. Niente. Mi sta solo guardando… Non c’è nulla di strano >>.
Non c’era nulla di
strano? Non la smetteva di fissarla, era perfettamente normale, come cosa?
No.
“Si sta vendicando per stamattina. Lo
fa apposta: vuole che provi la stessa cosa che ha provato lui…”.
Possibile?
Possibile che anche lui si fosse sentito come si sentiva
lei in quel momento? No, decisamente no.
<< Ecco,
allora basta >> borbottò.
Sarebbe tornata di
là come niente fosse e avrebbe finalmente aperto bocca. Perfettamente
tranquilla. Se la gente voleva fissarla, che facesse pure. Se aveva qualcosa di
strano non erano affari loro.
Risoluta, uscì dal
bagno e tornò al suo posto. Il cameriere stava servendo abbondanti porzioni di
gamberi a tutti, e la guardò aspettandosi l’ennesimo rifiuto da parte sua.
Irina sorrise e disse: << Sì, grazie >>.
E adesso, era ora
di affrontare Xander.
Alzò lo sguardo su
di lui, e sorrise accennando al modo buffo con cui il suo vicino di posto
inglese stava aprendo i gamberi: con forchetta e coltello, neanche fossero al
cospetto della Regina. Lui ammiccò e indicò il suo bicchiere di vino bianco,
ancora perfettamente pieno.
<< Per
stasera niente alcool >> disse Irina, << Ne ho
bevuto abbastanza l’altra sera >>.
Xander ridacchiò, ma
William le rivolse un’occhiataccia. Prese il bicchiere pieno e lo scambiò con
il suo, vuoto.
Irina si strinse
nelle spalle con aria noncurante a iniziò a sgusciare
il suo gambero.
Era stata brava. Si
era calmata e aveva sostenuto una brevissima conversazione senza impappinarsi.
Se andava avanti così, poteva anche pensare di passare una bella serata.
Davanti all’enorme
torta servita come dolce, Irina immaginò l’ago della bilancia di casa sua
spostarsi verso destra… Bé, era un po’ che non mangiava dolci: poteva anche
fare uno strappo alla regola.
Mangiata la sua
piccola fetta, osservò gli occupanti del tavolo alzarsi diretti al bancone dei
cocktail, molto probabilmente per servirsi di un digestivo, dopo la cena a dir
poco abbondante. Rimase seduta, aspettandosi l’invito ad alzarsi di William,
che però non venne.
Senza esserne
troppo dispiaciuta, volse lo sguardo alla finestra per osservare il cielo buio
e sereno.
Qualcuno le posò
davanti un bicchierino con un liquido chiaro
all’interno, ornato da una bella ciliegina.
<< La
signorina gradisce un digestivo? >>.
Non era il
simpatico cameriere di prima, come si aspettava, ma Xander.
Irina lo guardò, poi spostò gli occhi sul bicchiere.
<< E’
alcolico, vero? >> domandò.
<< Sì
>>.
<< Allora
forse è meglio che evito… >>.
Xander si esibì in un
fantastico ghigno. << Avanti, ti controllerò io, stasera >> disse,
<< E’ stato piuttosto divertente, l’altra sera >>.
Irina gli rivolse un’occhiata
dubbiosa, poi sorrise. << D’accordo. Se ci pensi tu a contare i bicchieri
che svuoterò stasera… >>. Mandò giù tutto d’un
fiato il “digestivo”. << Ma chi controllerà te?
>>.
<< Tu,
naturalmente >> ribatté lui, sornione.
<< Ah, bé, allora siamo messi bene… >> mormorò Irina,
<< Non vai a farti una partita a… che ne so…
Poker, roulette? >>.
Lui fece un cenno
di diniego con la testa. << Non mi piacciono >> rispose,
tranquillo.
Irina gettò
un’occhiata alla porta che nascondeva la stanza dei “divertimenti”: erano già
quasi tutti dentro, tranne un paio di ragazzi.
<< William vi
ha preparato un regalino >> disse lei, pensando al gruppone
ragazze in costume da coniglietta pronte a far da
assistenti a chiunque. << Ti conviene approfittarne >>.
<< In effetti,
ha detto che potevamo scegliere la ragazza che preferivamo >> ribatté Xander, una scintilla divertita negli occhi. <<
Immagino tu sia compresa, no? >>.
<< Uhm…
Potrei dire che tu mi stia importunando >> disse
lei, stando al gioco, << Ma non lo farò… Ti perdono solo perché mi hai
fornito quel bel digestivo che funziona, sai? >>.
Xander ridacchiò.
<< Bene… Ti andrebbe di svignarcela per un po’? Prima che torni il
pinguino… >>.
Irina inarcò un
sopracciglio. << Il pinguino? >>.
<< William
>> spiegò Xander, << Non ti sembra tanto
un pinguino, con quella camicia bianca e lo smoking nero? Altro che Scorpione…
Manca solo che cammini saltellando e inclinandosi a destra e sinistra, e poi è
perfetto >>.
Irina scoppiò a
ridere. << Oh, bé, sarebbe molto meno…
minaccioso >>.
<< Allora? Ce
la squagliamo? >> domandò di nuovo Xander.
<< Dove vuoi
andare? >> chiese lei.
<< Di sotto.
C’è un bel giardino… Credo di aver bisogno di fumare una sigaretta >>
rispose Xander.
Veramente aveva
detto di non fumare… Comunque, senza fare commenti, Irina acconsentì, sapendo
che non voleva passare il resto della serata in disparte e da sola. Ma forse non era proprio una buona idea…
Si alzò, mentre Xander appoggiò il suo bicchiere sul tavolo. Si voltò a
guardare il ragazzo dei cocktail, che mescolava la sangria con aria annoiata. Però aveva appena smesso di guardarli.
<< Dammi solo
un momento >> disse Xander, dirigendosi verso
il barman e frugandosi nella tasca interna della giacca. Fronteggiò il ragazzo
con aria tranquilla e disse, porgendogli quella che era inequivocabilmente una
mazzetta di denaro: << Non ci hai visti né
sentiti uscire, intesi? >>.
Stupita, Irina
guardò il ragazzo spostare lo sguardo prima dai soldi poi a Xander.
Sorrise tristemente e fece di no con la testa: << Farò finta di niente,
ma non li voglio. Grazie lo stesso >>.
Xander intascò di nuovo
il denaro, lo ringraziò e raggiunse Irina, ancora basita. La prese sottobraccio
come se niente fosse e raggiunsero l’ascensore.
<< Non sapevo
che andassi in giro con delle mazzette così consistenti… >> disse Irina.
<< A volte
possono tornare utili >> ribatté Xander,
ammiccando divertito.
Raggiunsero il bel
giardino situato vicino alla piscina, deserta. Una fontana suggestiva
sgorgava acqua in una vasca a idromassaggio ora spenta, illuminata da una luce
azzurra. Un paio di panchine di legno pregiato si trovavano
sotto il cono di luce di alcuni lampioni in ferro battuto. La
foglie delle alte palme si muovevano leggere nel vento caldo della sera.
Xander tirò fuori una
sigaretta e la accese, portandosela tranquillamente alla bocca. Le porse il
pacchetto in una muta offerta, ma lei fece un segno di diniego.
<< Non avevi
detto che non fumavi? >> chiese Irina, divertita.
Lui si strinse
nelle spalle. << Sono un po’ nervoso, stasera >> rispose lui,
sorridendo.
Nervoso lui? E
quando mai? Era sempre perfettamente impassibile, controllato… Semmai, quella
nervosa era lei.
<< E come
mai? >> domandò.
<< Mi metti
in soggezione >> rispose Xander, ridacchiando.
<< Scemo…
>> mormorò lei, chiedendosi che quella fosse la sua risposta, o se fosse
un modo per sviarla. Lo guardò, perfetto nel suo completo
giacca e cravatta, la sigaretta in mano e lo sguardo divertito.
<< Aaahh, e dammene una anche a me >> sbottò alla fine,
porgendo la mano.
Xander le posò una
sigaretta in mano e gliela accese, sempre ridacchiando sotto i baffi.
<< Non avevi
detto che non fumavi? >> le fece il verso.
<< Sono un
po’ nervosa, stasera >> ribatté lei, soffiando una nuvoletta di fumo,
sentendosi piccata.
Con un gesto
rapido, Xander si levò la giacca e la lanciò sulla
panchina più vicina, allentando la cravatta. Sbuffò, evidentemente infastidito
da tutte quelle formalità, e le sorrise.
<< Perché mi
guardavi, prima? >> chiese Irina, in uno slancio di coraggio.
<< Notavo che
il blu ti dona molto >> rispose, spegnendo la sigaretta.
Irina alzò gli
occhi al cielo. << Questa sera sei in vena di bugie, vero? >>
disse, esasperata.
Lui ridacchiò.
<< No, sono sincero… Tu è da stamattina invece che sei in vena di
provocarmi >> disse, << Non lo sai che il cocco mi fa impazzire, e
che il blu è il mio colore preferito? >>.
<< Adesso lo
so >> ribatté lei, colta alla sprovvista. Lo guardò di sottecchi, con il
suo bel sorriso in mostra. Per togliersi dall’impiccio spense la sigaretta e si
tolse il copri spalle, perché aveva un po’ caldo, e
non era solo la serata.
Un brivido le corse
lungo la schiena, quando sentì la mano di Xander
sfiorare il suo tatuaggio tra le spalle coperte. << Credi che sia ora che
me ne faccia uno anche io? >> lo sentì
domandare.
Irina si voltò, e
si ritrovò faccia a faccia con Xander.
Sentì il cuore andare a mille quando si rese conto che la stava tenendo per i
fianchi, delicatamente. Abbassò lo sguardo sul suo petto, sulla camicia grigia
di stoffa pregiata, sulla cravatta allentata… Poi lo alzò di nuovo gli occhi e
incontrò i suoi, di quell’azzurro ghiaccio che non aveva mai visto in nessun’altro…
<< Mi
chiedevo se sarebbe possibile usufruire di uno dei tuoi massaggi, un giorno
>> disse lui, lo sguardo divertito di chi sta giocando, << A meno che tu non sia brava anche in altre cose… >>.
Irina arrossì di
colpo, ma non fece niente per allontanarsi. Stava troppo bene lì, vicino al suo
corpo possente e al suo fiato profumato che le solleticava il viso. Ma qualcosa di lei rimaneva comunque tesa, qualcosa che non
sarebbe cambiata mai: la paura di fare di nuovo lo stesso stupido e ingenuo
errore di due anni prima. La stessa paura di sbagliare
ancora, di farsi di nuovo del male.
“Se devi provarci,Xander, fallo stasera, fallo adesso… Oppure non lo fare mai
più”.
Lei non si sarebbe
mossa, non avrebbe fatto il primo passo. Era l’unica difesa che le era rimasta:
la volontà di non sbagliare. Ma se fosse stato lui a
cominciare, non si sarebbe opposta, perché in quel momento era la cosa che il
suo cuore bramava di più. Stava abbattendo tutti i muri che si era costruita attorno per proteggere ciò che rimaneva di
lei. Uno per volta, lentamente, ma ci stava riuscendo. Forse perché era la
persona che aspettava da una vita.
<< Dimmi una
cosa, Irina >> soffiò Xander, ora quasi serio,
<< Quante cose ancora mi stai nascondendo?
>>.
Lei lo guardò: cosa
le rimaneva ancora da nascondere? Il dolore immenso che provava? La paura con
cui conviveva da due anni, da vigliacca qual’era? La
consapevolezza di non avere niente sotto controllo, nella sua vita, nemmeno lei
stessa?
<< Che
importanza ha? >> rispose, abbassando la testa, << Tanto le
scoprirai, no? Esattamente come hai fatto fino ad adesso >>.
No, non avrebbe scoperto
più niente di lei, perché sapeva tutto, ormai. Solo una cosa rimaneva chiusa
nel suo cuore, una cosa che non avrebbe mai scoperto perché lei non gliene
avrebbe mai dato la possibilità. Mai.
Xander la prese per il
mento e la costrinse a guardarlo in faccia, delicatamente come ogni volta che
la toccava. La guardò per un momento negli occhi, poi disse: << Irina,
qualunque problema tu abbia, me ne puoi parlare. Qualunque cosa sia, capito? Mi
hai aiutato fino ad adesso, e non ti lascio nei guai da sola. E’ una promessa,
capito? >>.
Irina sorrise,
senza comprendere quella sua uscita. Perché Xander
era in grado di farla sempre sentire spogliata? Sapeva sempre se le stava
nascondendo qualcosa o meno… Era proprio un libro aperto?
<< Xander… L’unica cosa che ti ho chiesto di promettermi è che
non fallirai >> disse, << E’ l’unica cosa che ti chiedo. Di me
ormai sai tutto… Non ti sto nascondendo niente. Sei tu, quello di cui non so
quasi nulla >>.
Sorrise, sapendo di
essere andata a segno. Se aveva architettato tutto per provarci con lei, lo
aveva smascherato. Doveva scoprirsi, chiarire esattamente cosa voleva.
Xander rimase in
silenzio, forse preso in contropiede, ma non la lasciò andare. Abbassò lo
sguardo per un attimo, poi tornò a puntare i suoi occhi azzurri su di lei.
<< Irina, anche io ho smesso di nasconderti chi sono e cosa voglio
>> disse, << Ci siamo scoperti a vicenda. Non ci rimane che capire
se vogliamo la stessa cosa >>.
<< E tu cosa
vuoi? >>.
<< Qualcosa
che non posso avere >>.
Irina rimase zitta,
incerta su come interpretare le sue parole. Le stava dicendo che, per caso…
Jenny poteva avere ragione?
<< E tu cosa vuoi, Irina? >>.
<< Che tu non
fallisca. Perché se non fallisci, posso avere tutto il resto >>.
E lo abbracciò,
troppo presa da se stessa per capire cosa stava facendo. Xander
era la sua unica speranza, l’unica possibilità che le veniva
data per riguadagnare la libertà. L’unica persona in grado di tirarla fuori da
quel gioco perverso e senza uscita in cui si era infilata per necessità. Se lui
portava a termine la sua missione, lei avrebbe chiuso.
E non voleva
distrarlo, né poteva. Qualunque cosa volesse lui, non doveva essere lei.
<< Ti giuro
che farò tutto il possibile >> mormorò Xander,
stringendole le spalle in quell’abbraccio disperato, la sua unica ancora di
salvezza.
<< Grazie, Xander. E io farò il possibile per
aiutarti >> disse lei.
Si staccò e si
guardarono in faccia, sorridendo.
“Se vuoi baciarmi, non farlo, Xander…
Non farlo, perché io non sarò in grado di tirarmi
indietro, adesso”.
Ma non successe
niente. Continuarono a guardarsi, in silenzio, senza che lui accennasse ad
avvicinare il volto al suo…
Il cellulare nella
borsa di Irina squillò, e lei si scostò rapida.
<< Questo è
William >> disse, a bassa voce, << Mi starà cercando >>.
Recuperò il copri spalle e la borsa, e si voltò per guardarlo un’ultima
volta.
<< Scusami
>> disse.
Xander la guardò, un sorriso triste sul volto bellissimo.
<< Scusami
tu, Irina… Per tutto quello che sto facendo >> disse.
Lei sorrise.
<< Stiamo sbagliando tutti e due, Xander >>.
E si voltò per
tornare di sopra.
Spazio Autrice
Uhm, posso dirmi
soddisfatta: il mio appello pro- recensioni sembra funzionare… Mi hanno decisamente risollevato il morale!
Allora, che dire di
questo capitolo… Non particolarmente movimentato, ma decisamente
“sentimentale”: della serie qui si va per le lunghe. E in effetti, chi si aspetta una bella nottata Irina/Xander
dovrà aspettare ancora un bel po’: ci sono un sacco di cose che devono ancora
accadere… Ma non disperate! Tutto a tempo debito (risata malefica…).
Fairy29:ooooh, ma grazie graziegrazie!!! Quindi te l’ha consigliata la mia cara Manu!!! Sono veramente contentissima che l’abbia fatto, se
la storia ti piace così tanto! Alla fine ho scoperto a chi stava pensando l’altra
volta, che faceva l’enigmatica… Ihih. Comunque, non sei l’unica innamorata di Xander… C’è la coda, per incontrarlo! E non ti preoccupare,
ormai siamo a settembre, e ricomincerò ad aggiornare a raffica come facevo all’inizio!
Un bacio enorme!
EmilyDoyle:ehila!!!
Beata te che ti sei fatta un po’ di vacanze… Io sono rimasta qui a scrivere e
aggiornare! ^.^ Visto? Sembrava che i due piccioncini arrivassero “al punto”,
invece… Ci sarà da aspettare ancora un bel po’, eh eh… Quanto a Simon, in realtà è un personaggio che
ho aggiunto così, in un momento di pazzia, quindi non so che ruolo avrà in
futuro… Vedremo… Baci!
CriCri88:Visto che ci
combina Irina? E non sarà l’ultima ne la prima
cavolata che farà! Xander vuole “scaricare” Tommy per
il semplice fatto che crede che Irina non abbia il dovere di prendersi cura di
lui… E anche perché, diciamolo, lo distrae da lui… Furbetto, eh? William invece
lo odierai, vedrai… Non aggiungo altro. Baci!
Kicici: certo, hai ragione. Il fatto che uno non recensisca
non significa che non legga. Però lasciare un commentino anche piccolo piccolo fa molto piacere a
chi scrive: da l’idea che la storia piaccia veramente. Comunque, a parte questo,
Simon è un personaggio che ho inventato sul momento, e sinceramente non so se
avrà un ruolo importante in futuro… Devo vedere come si sviluppa la storia… ^.^
Grazie per la recensione e per i complimenti! Baci!
<< Bé, agente
Went, procede meglio del previsto >> disse
Frank White, prendendo dalle mani di Xander il plico
che conteneva tutte le prove che era riuscito a
procurarsi contro Challagher: foto, conversazioni
registrate e telefonate. << La missione va a gonfie vele, sembra >>.
Xander incrociò le
braccia, con aria di scherno. << Va tutto bene, ma non l’ho ancora
portata a termine >> disse secco, << Credo che sia meglio che si
risparmi i complimenti per quando William Challager
sarà rinchiuso in cella >>.
White stirò le
labbra in un sorriso tutt’altro che amichevole, infastidito dal suo tono
pratico.
<< Da quello
che dice, Went, sembra che lei abbia qualche dubbio
sull’esito della missione >> disse, << Non ha la sua infiltrata a
darle una mano? >>. E ammiccò con aria furba.
<< Appunto >>
disse Xander, << E’ proprio questo quello di cui volevo parlare >>.
<< Ha paura
che stia facendo il doppio gioco? Non dica che non lo avevo avvertito >>
ribatté White, aprendo la busta per esaminare le foto contenute.
<< No, non è
questo… Voglio che venga garantita l’immunità alla
ragazza >> disse Xander, << Se riuscirò
ad arrestare Challagher, voglio che lei ne esca
pulita. E se è necessario, anche una nuova identità >>.
<< E perché?
>> domandò White, interessato.
<< Challagher la sta ricattando >>spiegò Xander, asciutto, << Il fratello ha un debito enorme
con lui, e lei è costretta a ripagarlo. In cambio del suo aiuto, voglio che
Irina risulti incensurata >>.
<< Ce ne
occuperemo quando Challagher sarà dietro le sbarre
>> ribatté White, << Al momento opportuno, quindi. Come ha detto
lei, quando avrà portato a termine la missione >>.
<< Voglio che
me lo garantisca adesso >> disse gelido Xander,
sapendo di apparire minaccioso. << Qualunque cosa succeda, voglio
garantirle una via di uscita >>.
White rimise le
foto che aveva guardato, richiuse il fascicolo e lo infilò in un cassetto della
scrivania. << Non capisco la sua insistenza, ma si può fare. Chiederò a McDonall, e nel caso le faremo sapere. Ho un appunto da
farle, però, agente Went. Io mi fido di lei, ma si
ricordi di una cosa: non può anteporre nessuno alla sua missione >>.
<< Non lo sto
facendo >> rispose Xander, anche se non era
totalmente sincero.
White fece una
smorfia. << Ho l’impressione che lo farà, però, e mi sento in dovere di
ricordargli quali sono le regole. Se avrò anche il minimo sospetto che rischia
di mettere a repentaglio la missione per quella ragazza, sarò costretta a
deporla dall’incarico. Non possiamo rischiare così tanto,
non quando nessuno è mai riuscito ad arrivare così vicino allo Scorpione
>>.
<< E’ merito
di Irina se ci sono riuscito >> ribatté Xander.
<< Di chi sia il merito non mi importa. Challagher
deve essere arrestato, punto e basta. Si ricordi ciò che le ho detto, chiaro?
>>.
Xander lo fissò, per
niente intimorito dalla sua minaccia, e disse: << Chiaro >>.
Si alzò e uscì
dall’ufficio, diretto da Jess.
Era martedì, e il
giorno prima era tornato da Las Vegas. Era venuto a portare a White le proveche era riuscito a
racimolare indossando cimici e microcamere nascoste mentre si trovava nelle
vicinanze dello Scorpione… E grazie a Jess era
riuscito a tagliare le parti che riguardavano i due “incontri ravvicinati” tra
lui e Irina.
Innervosito dalla
discussione avuta con White, raggiunse l’amico informatico, che come sempre era
al computer. Entrò nell’ufficio con aria scontrosa e in silenzio, e si sedette
malamente sulla sedia.
<< Deduco che
hai avuto da ridire con White >> disse Jess.
<< Ha
minacciato di depormi dall’incarico se “antepongo qualcuno alla missione”
>> rispose Xander, il tono disgustato.
<< Gli hai
accennato la tua idea? >> chiese Jess.
<< Certo… Che
bastardo, però. “Chiederò a McDonall, e nel caso le faremo
sapere” >> fece Xander,
<< Non gli costa niente escludere Irina dagli indagati… Vuole solo
riuscire a non darmela vinta >>. Poi gli venne un’idea. << McDonall è qui al quartier generale? >>.
Jess scosse la testa.
<< No. Lo sai, non è quasi mai qui… Vuoi chiederglielo personalmente?
>>.
<< Forse
faccio prima >>.
<< White non
gradirà che tu lo abbia scavalcato >> disse Jess,
razionalmente, << Rischi di peggiorare la situazione >>.
Xander sospirò. Aveva
ragione l’informatico, forse. Meglio aspettare.
<< Hai
trovato qualcosa su Sally McGragor? >> domandò.
<< Sì, sta
nella periferia di Los Angeles >> rispose Jess,
porgendogli un foglio con l’indirizzo scritto sopra, << Un piccolo
appartamento che divide che altre due ragazze… Andrai a trovarla? >>.
<< Sì, le
farò la proposta che ho fatto a Irina. Non mi ha
ancora dato una risposta, ma sa meglio di me che se continua ad aiutarmi il
bambino è a rischio quanto lei >>.
Ore 11.00 – Università
<< Oddio
Irina, cosa ti eri bevuta? >> domandò Jenny, un sorriso a trentadue denti
che le solcava il viso, << Deve essere stata una
scena da film! >>.
Irina sbuffò e posò
il bicchiere vuoto del succo d’arancia sul tavolino del bar dell’università,
sentendo addosso gli sguardi delle tre amiche. Aveva
appena finito di raccontare la scena del massaggio, evitando di dire che
“ufficialmente” lei era la ragazza di William: non ne sapevano niente, ed era
meglio così.
<< E poi?
>> incalzò Jenny.
<< E poi
niente. L’olio era finito e me ne sono andata >> concluse semplicemente
Irina.
Jenny sembrava
scandalizzata. << Lo hai fatto apposta, vero? >>.
Angie e Katy, rimaste in religioso silenzio fino a quel momento,
scoppiarono a ridere, mentre Jenny sembrava aver appena assistito allo sbarco
degli alieni sulla terra.
<< Cosa c’è?
>> chiese Irina davanti al suo sguardo sbalordito, sentendosi presa in
giro.
<< Sei senza
speranze >> esalò Jenny con le ultime forze che le rimanevano. <<
Te lo doveva scrivere a caratteri cubitali su un manifesto? >>.
Comprendendo a cosa
si riferiva, Irina le descrisse brevemente la scena del Casinò, loro due da
soli, appiccicati l’uno all’altra, evitando di raccontare però quello che si
erano detti. Anche quello era tabù.
<< Ma… Eravate veramente soli? >> chiese Jenny, ancora
più stupita.
<< Non c’era
nessuno nel raggio di chilometri >> ribadì
Irina, calma, << Non potevamo essere visti da nessuno. L’ho addirittura
abbracciato, ed è lui che ha cominciato. Niente. Non si è mosso. Non ha
accennato ad avvicinarsi. Credi che se fosse come pensi tu, non ne avrebbe
approfittato? >>.
Ci aveva pensato
tutta la notte che aveva passato, insonne, chiusa nella sua stanza
dell’albergo, a fissare il suo riflesso nello specchio. Xander
non l’aveva baciata, nonostante ne avesse avuto la
possibilità. Non aveva voluto farlo, anche se l’aveva trascinata con una scusa
nel giardino per rimanere da soli. E lei, anche se non lo avrebbe mai ammesso,
ci era rimasta male.
L’amica fissò pensierosa
il suo caffè, mentre Angie e Katy
fissavano a sua volta lei. Probabilmente stava elaborando qualche sua teoria
sul comportamento maschile.
<< In
effetti… Che strano, però >> borbottò, << Dovrei chiedere a Jess… >>.
<< No!
>> la interruppe Irina, << Non chiedergli niente! Non voglio
passare per stupida, ok? >>.
Jenny la guardò,
seria. << Va bene. Rimani nel dubbio >>.
Irina sbuffò e
guardò l’orologio. << Vado a trovare Max >> disse,
<< Ci vediamo domani, ok? >>.
<< Va bene
>> dissero Katy ad Angie,
insieme, << A domani >>.
<< Ciao ciao >> la salutò Jenny,
pensierosa.
Lasciato il bar
alle spalle, e le congetture delle tre amiche, Irina si rabbuiò. Aveva
rimuginato troppo a lungo su quella storia, e non aveva ancora rivisto Xander, da quella sera. Doveva piantarla di pensarci, anche
perché quando si sarebbero rincontrati, non doveva certo dargli l’idea che,
durante quello strano scambio di promesse avvenuto al Casinò, lei avesse
sperato in qualcosa che non era accaduto.
“Ci ho sperato solo quella sera. Non è successo niente,
e va bene così. Non succederà mai più… Ho altre cose a
cui pensare”.
Raggiunse
rapidamente la TT parcheggiata a un centinaio di metri dall’università e
mezz’ora dopo si fermò davanti all’officina di Max e Antony.
Il messicano stava disperatamente tentando di rimuovere una macchia d’olio dal
pavimento, mentre Max era infilato nel cofano di una Ford scura. Presi
com’erano dal loro lavoro, non si accorsero nemmeno del suo arrivo.
<< Ciao
ragazzi! >> li salutò Irina.
<< Ehi,
bentornata tra noi >> disse Max, sorridendo, << Allora? Com’è
andata? >>.
Irina si strinse
nelle spalle. << Bene >> rispose, << Sono arrivata ieri
pomeriggio… Un sacco di emozioni, quest’anno >>.
<< Sì?
>> disse Max, interessato, << Cosa è
successo? >>.
Irina gli raccontò
della gara di William contro Xander, omettendo anche
questa volta qualche informazione. Per esempio, che durante la prima corsa, si
era infilata nell’auto di Xander.
<< Wow
>> disse Max, << Allora ti sarai divertita
un sacco… Xander come ha preso la sua sconfitta?
>>.
Sorpresa dalla
domanda, Irina gli rivolse una strana occhiata.
<< Veramente
glielo avevo chiesto io, di lasciar vincere William >> ammise a bassa
voce.
Il meccanico la
guardò, senza parole. << Glielo hai chiesto tu? E perché? >>.
<< William
non deve considerarlo pericoloso >> rispose Irina. <<
Inizio a pensare che si stia rendendo conto che può veramente dargli filo da
torcere. Se gli dimostrava di essere più forte di lui, rischiava di
rendersi, per così dire… sgradito >>.
Max rimase in
silenzio. Non era un argomento che lo rendeva propriamente amichevole, a
dimostrazione che non apprezzava Xander quanto lei.
Era stato lui a tirare in ballo il discorso, però.
<< Ne abbiamo
già parlato, Max >> disse Irina, prima che lui avesse modo di dire la
sua, << Non continuiamo a discuterne. Ognuno ha la sua idea. Va bene così
>>.
Max sembrò poco
convinto, ma non insistette più di tanto. << Oggi sei uscita prima, o
sbaglio? >> domandò.
<< Sì, non
c’erano le ultime due ore di lezione >> rispose Irina, << Ho
pensato che potevamo mangiare qualcosa insieme, se ti va… E’ un po’ che
trascuro il mio fratellone acquisito >>.
Max sorrise.
<< D’accordo, sorellina. Dove si va? >>.
Ore 18.00 – Casa Challager
Irina sedeva nello
splendido soggiorno di casa Challager, illuminato dal
sole di giugno. Lo stereo HarmanKardon
era acceso e trasmetteva una musica soffusa nell’ambiente moderno e lussuoso.
Davanti a lei, spaparanzato comodamente e con l’aria annoiata, c’era Hanck, lo sguardo fisso sulla ciotola di patatine poggiata
sul tavolino. William e Dimitri, in piedi davanti al camino spento,
sorseggiavano un drink con aria seria.
<< Ti ha
chiesto di correre? >> domandò William, agitando stancamente il bicchiere
nella sua direzione. Il cubetto di ghiaccio si mosse da una parte all’altra,
tintinnando contro il cristallo.
Irina alzò le
spalle, e rispose: << No. Forse aspetta che sia tu a fargli la proposta >>.
<< Uhm… >>
mormorò lo Scorpione, voltandosi. << Sfrutteremo il tempo che rimane per
allenarti… Non deve vincere, questa volta >>.
La ragazza lo
scrutò, preoccupata. Fino a poco tempo non vedeva l’ora che Xander
arrivasse a sfidarlo, e ora voleva fermarlo. Molto probabilmente iniziava a
rendersi conto che aveva tutte le carte in regola per batterlo, oppure
sospettava qualcosa. Quell’improvviso cambio di opinione non era da lui.
<< Non eri tu
che lo avevi preso sotto la tua ala? >> domandò, cercando di apparire
disinteressata. Voleva provare a provocarlo per vedere se riusciva a scoprire
come mai temesse tanto Xander.
<< Già… >>
mormorò William, guardandola in faccia, << Ma non voglio
facilitargli il percorso per arrivare a me >>.
Irina decise di
giocarsi il tutto e per tutto, conscia di quanto stesse per rischiare. <<
Hai paura? >> chiese.
William puntò i
suoi occhi gelidi nei suoi, e sorrise. << No, non ho paura, bambolina >>
rispose, la voce modulata e inespressiva, << Perché dovrei averne? >>.
<< Perché è
bravo >> ribatté Irina, cercando di mantenersi distaccata. << E’
più bravo di quanto molti di noi pensassero. Di quanto tu
stesso pensassi. Te lo ha dimostrato a Las Vegas >>.
Il ragazzo bevve un
altro sorso, e ghignò. Sembrava sicuro di sé, ma le sembrò di cogliere un vaga nota di insicurezza nella sua voce. << E’ bravo,
è vero >> convenne, << A Las Vegas ha dimostrato di non avere
paura, di essere in grado di correre come facciamo noi. Ma non sa fino a che
punto possiamo spingerci… Non sa quali saranno le gare da adesso in poi… Cobra
non era che un assaggino, non credi? >>.
Dimitri lo stava
guardando, gli occhi scuri stranamente distaccati. Poi guardò lei, con il suo
solito misto di disprezzo e insofferenza. << Ti ha lasciato vincere, te
ne sei reso conto, vero? >> disse, rivolto allo Scorpione.
William si voltò a guardare
lui. << Certo che me ne sono reso conto >> ribatté, << Poteva
lottare fino all’ultima curva, ma non lo ha fatto. Ha preferito provocarmi una
volta e poi tirarsi indietro. Il perché non mi è ancora chiaro, però >>.
<< Forse non
voleva scoprirsi >> ipotizzò Hanck,
riempiendosi il bicchiere di birra, << Magari non vuole permetterci di
vedere come guida veramente >>.
Irina fissò il
ragazzo davanti a lei: lo aveva sempre considerato un po’ idiota, ma la sua
ultima uscita gli confermava in pieno quello che pensava di lui.
<< Abbiamo
visto tutti come guida >> ribatté Irina, << Non ha senso quello che
dici >>.
Dimitri fece una
smorfia divertita, poi disse, sempre rivolto a William: << Il novellino
ha capito che non deve darti fastidio, se vuole rimanere nel gioco >>.
Irina si sentì
gelare. Il russo non era stupido, e stava intuendo che Xander
voleva arrivare vicino a William. Forse aveva anche capito chi gli aveva dato
quel suggerimento.
<< Fino ad
adesso mi ha dato fin troppo fastidio >> disse William, << E’ ora
di farlo uscire. Irina, datti da fare, chiaro? >>.
Ore 15.30 – Casa di Xander
<< Devi
sfidarmi >> disse Irina, seduta nel giardino della casa di Xander, guardando il ragazzo con aria seria. << Devi
chiedere a William di correre contro di me >>.
Xander la guardò. Era
preoccupata, e forse anche spaventata. Era venuta da lui appena aveva potuto,
decisa a parlargli.
<< Perché?
Possiamo aspettare ancora un po’ >> rispose lui.
Sapeva che la sfida
con “Fenice” era inevitabile, ma non era così sicuro di voler correre contro di
lei. Aveva paura che durante la gara potesse succedere qualcosa: era pur sempre
una corsa clandestina.
E poi, l’ormai
chiaro e innegabile sentimento che provava per Irina gli impediva di mettersi
contro di lei, anche se solo per una stupida gara. L’avrebbe fatta solo perché
era lui stesso a guidare, e non le avrebbe mai fatto del male.
<< No
>> disse secca Irina, << Dobbiamo sfidarci. Devi arrivare a William
il prima possibile >>. Alzò gli occhi su di lui e continuò: << Sono
tre giorni che mi costringe ad allenarmi nel suo circuito privato. Penso inizi
ad avere paura >>.
<< Dici
davvero? >> disse Xander, stupito.
<< Sì. Ha
cambiato idea sul tuo conto. Se prima non vedeva l’ora
di correre contro di te, ora vuole solo sbatterti fuori il prima possibile. E’
preoccupato: forse crede che tu possa batterlo >>.
Xander rimase in
silenzio. Sì, poteva battere Challagher; erano
uguali, in quanto a talento nella guida. Se la sarebbero giocata alla pari…
<< Cosa credi
abbia in mente? >> domandò.
<< Non lo so
>> rispose tristemente Irina, << So solo che non vuole che tu vinca
la tua prossima gara. Ha paura: dovrai stare attento, perché se ti teme
veramente, potrebbe essere scorretto, e non solo in pista >>.
Irina sembrava
profondamente preoccupata: in fondo, di mezzo c’era anche lei. Challagher aveva cambiato idea solo perché si era conto che
era forte tanto quanto lui? Dov’era andato a finire tutto il suo orgoglio?
Nella mente di Xander iniziò a prendere forma un’idea, a cui forse avrebbe
dovuto pensare prima. Perché Challagher sembrava
imprendibile? Perché sapeva esattamente quali posti evitare, e quali invece frequentare? Perché sapeva cose di cui solo la
polizia era al corrente?
<< Irina…
Credi che possa esserci una talpa? >> domandò.
La ragazza spalancò
gli occhi. << Una talpa? >> ripeté.
<< Il furto
della Revènton… E quello del carico delle BMW e delle
Mercedes… Da chi ha ricevuto le informazioni? >>.
<< Da Edward Barrow, il capo del distretto di polizia di Los Angeles
>> rispose Irina, sicura, << Lo so per
certo. Una delle auto rubate è andata a lui come ricompensa per la soffiata…
>>.
Sapeva che Barrow collaborava con lo Scorpione, ma non giustificava
alcune cose. Forse il capo del distretto di polizia non era l’unico alleato che
aveva…
<< Irina… Barrow non poteva sapere della Revènton
>> disse lui.
<< Perché?
>>
<< Perché
solo i federali lo sapevano >> rispose Xander,
cercando di mettere a posti i pezzi del puzzle che aveva nella testa. <<
La polizia non era stata informata del trasporto. Solo noi dell’F.B.I.
e dei federali sapevamo che tratto avrebbe percorso la bisarca… >>.
<< Vuoi dire che William ha una talpa tra gli agenti dell’F.B.I.?
>> domandò Irina, senza fiato.
Se William avesse
veramente avuto un infiltrato tra loro, avrebbe saputo fin dall’inizio chi era
e quello che voleva fare. Non lo avrebbe mai preso in simpatia come aveva
fatto… Non gli avrebbe permesso di avvicinarsi così tanto
a lui…
<< Non lo so >> disseXander,
frustrato, << Potrebbe essere, però. Giustificherebbe
il fatto che per anni è riuscito a sfuggirci da sotto il naso… Non ha
senso, però. Perché mi ha lasciato entrare, allora? Ti ha mai dato
l’impressione di sapere che sono dell’F.B.I.?
>>.
<< No
>> rispose Irina, << Mai una volta. Non ha mai accennato nemmeno al
fatto che potessi essere un poliziotto… Ti riteneva solo un pilota di talento.
E non mi ha mai nemmeno detto che ha una talpa… In due anni che sono qui, non è
mai venuto fuori… E non sarebbe riuscito a nascondermelo per tanto tempo
>>.
<< Potrebbe
essere qualcuno che gli fornisce le informazioni a sua insaputa >>
ipotizzò Xander, << Magari non una vera e
propria talpa… Avrebbe saputo molte altre cose… >>.
<< Forse ha
solo paura, Xander >> disse Irina, << Non
credo abbia un infiltrato… L’unico alleato che ha è Barrow,
e credo che lui abbia accesso a più informazioni di
quanto pensi. In fondo è il capo del distretto, sarà in contatto con i piani
alti… Ti garantisco che William non sospetta niente. E’ solo preoccupato che tu
possa soffiargli il posto di numero uno della Lista >>. Sorrise, cercando
di rassicurarlo.
Xander la guardò
dubbioso. Irina era vicinissima allo Scorpione: era intelligente, e avrebbe
capito se lui avesse intuito qualcosa. Oltretutto, William le avrebbe impedito
di avvicinarsi a lui anche solo una volta, se avesse sospettato fosse della
polizia. A parte un leggero fastidio quando le girava intorno, non aveva fatto
niente.
O no?
O forse, il
problema era proprio lei. O meglio, il problema riguardava lei.
William ostentava
Irina come il suo trofeo, ma non permetteva a nessuno di avvicinarsi. Anzi,
nessuno osava farlo. Xander, invece, lo aveva fatto…
E lo Scorpione non gradiva, molto probabilmente.
Possibile che
William lo volesse fuori perché si era avvicinato troppo al suo “giocattolino”?
Non poteva
chiederlo a Irina, però, perché farlo lo avrebbe
scoperto troppo. Finché la storia non sarebbe finita, non si sarebbe permesso
nulla: il pericolo per lei era troppo.
<< Spero tu
abbia ragione… >> mormorò, << Ma dobbiamo comunque
fare attenzione… Più passano i giorni, più rischio di farmi scoprire. Hai
pensato a quello che ti ho proposto? >>.
Irina si rabbuiò.
<< Tommy? >>.
Xander annuì.
Irina si lasciò
scappare un sospiro. << Ammetto che riportarlo da sua madre sarebbe la
cosa migliore… Non voglio che gli succeda qualcosa >> disse senza
guardarlo. << Però mi costa tantissimo. Gli
voglio troppo bene… >>.
<< Lo sai
come la penso… >>.
<< Lo so, Xander. Va bene, riportiamo da sua mamma.
Però devi promettermi che potrò andarlo a trovare quando
voglio, e che se mi rendo conto che non sta bene, me lo farai riportare a casa.
Subito >>.
Xander sorrise. <<
Hai la mia parola. Potrai andare da lui quando vorrai
>> disse, << Posso contattare sua madre, allora? >>.
Irina annuì, in
silenzio.
“Scusami se ti chiedo così tanto,
piccola, ma è l’unico modo che ho per ridarti un po’ di libertà”.
Ore 16.00 – Circuito
<< Avanti
Irina, tira ‘sta macchina! >> gridò William dal bordo pista, mentre lei
passava a tutta velocità sulla linea del traguardo per cominciare un altro
giro. La lancetta del tachimetro sfiorava i 230.
La ragazza accelerò
ancora, chiedendosi per quanto sarebbe riuscita ad andare avanti, e infilò la
curva a velocità inaudita. Lo Scorpione sembrava seriamente preoccupato: la
sera prima Xander aveva vinto una serie di gare con
una facilità sorprendente, dimostrando un controllo dell’auto che faceva
impallidire persino lui. La stava spremendo come un limone, e l’aveva costretta
a saltare le lezioni per farla allenare.
Al termine del giro
Irina inchiodò a pochi metri da William, che controllava il cronometro con aria
poco soddisfatta. Esaminò l’auto, e notò che le gomme si stavano rapidamente
consumando. Il cofano era bollente, e la ventola di raffreddamento lavorava a
pieno regime. Per quanto fosse modificata, la Punto iniziava a sentire i segni della fatica, e
rischiava di fondere il motore. Ormai erano tre ore che andava avanti, senza
nemmeno un minuto di pausa.
<< Basta
>> protestò Irina, << Sono stanca e finirò per rovinare la macchina
se continuo così >>.
William si voltò
verso Sebastian, il suo meccanico, e chiese: << Non si può fare qualcosa
per far andare di più quella Punto? >>.
L’uomo scosse la
testa. << Al momento, è potenziata al massimo >> rispose, << Non
è nata sportiva come una Lamborghini o una Porsche: se la modifichiamo ancora,
rischiamo che si disintegri alla prima accelerata. Per farla andare di più
dovremmo alleggerire la scocca e le lamiere, mettere un motore più grosso, e
modificare la parte anteriore per farcelo stare. E’ fattibile, ma ci vorrà
almeno un mese per fare tutto, e verrebbe a costare uno sproposito. Conviene
cambiare auto >>.
William si voltò
verso di lei e disse secco: << Cambia auto >>.
<< No
>> rispose Irina, << Non cambio auto. O la Punto, o lo lascio vincere a
tavolino >>.
<< Dannazione
>> imprecò William.
Era la prima volta
che vedeva lo Scorpione così preoccupato. Se doveva essere sincera, vederlo in
quello stato le procurava un certo piacere: finalmente, aveva trovato pane per
i suoi denti. Per anni aveva ostentato la sua superiorità, e adesso si trovava davanti qualcuno che poteva dargli filo da torcere.
<< Datti da
fare, Irina >> le disse, puntando un dito contro di lei, << Non
puoi farti battere da Went, chiaro? >>.
<< Non avevi
detto che non avevi paura di lui? >> chiese lei, provocandolo.
William si avvicinò
minaccioso, abbassando lo sguardo su di lei e puntando gli occhi di ghiaccio
nei suoi. << Non mi provocare >> sibilò, << Rimango sempre io
il numero uno della Black List. Ricordati che finché
ci sono io qui, tu devi fare quello che ti dico >>.
Irina rimase in
silenzio, troppo arrabbiata per ribattere. In quel
momento arrivò Dimitri al volante della sua Ford GT rossa, seguito dalla Revènton, guidata da Hanck.
William l’aveva
portata nel circuito di proprietà per allenarla per una gara, e non era mai
successo prima. Era stata lì solo all’inizio della sua “carriera”, quando aveva
ancora bisogno di imparare qualche trucco. Prima non l’aveva mai costretta a
una cosa simile.
Davanti alla Revènton, comprese che William voleva solo una cosa: che
vincesse, a tutti i costi. Non gli interessava a quale prezzo.
Lo Scorpione salì
sulla Lamborghini, richiuse la porta e le parlò dal finestrino aperto.
<< Stammi
dietro >> disse, << Vediamo quanto ci impieghi a fare il giro
contro di me >>.
Hanck stava a bordo pista, cronometro in mano, pronto a registrare i
tempi. Con un cenno del capo diede il via, e Irina partì.
Non aveva ancora
avuto modo di scoprire come andasse la Lamborghini, a parte nella gara contro Xander a Las Vegas, ma capì all’istante che quell’auto era
un razzo. Ci impiegò meno di un secondo a distanziarla in modo considerevole, e
fu costretta a tirare le marce della Punto fino al massimo possibile. Si piazzò
dietro la Reventòn grigio carbonio, per sfruttare
la scia, e attese la prima curva per cercare il sorpasso.
Con uno stridore di
gomme, William curvò a destra, in derapata. Irina gli tenne dietro, ma
all’uscita della curva venne distanziata ancora.
Accelerò cercando di rimontare.
Alla svolta
seguente arrivò a tutta velocità, e mentre la Reventòn
rallentava la superò a destra, girando a sinistra scalando in quarta. Uscita
dalla curva, pigiò l’acceleratore, e guardò nello specchietto retrovisore.
William non c’era.
La Lamborghini
spuntò a sinistra del suo campo visivo, e con uno scatto mozzafiato ripassò in
testa. Forse con la stessa auto poteva sperare di riuscire a batterlo, ma non la Punto non aveva speranze.
Tagliò il traguardo
dietro ad William, distaccata di parecchi metri.
<< 4 minuti,
18 secondi e 27 decimi per te William >> disseHanck, << 4 minuti, 20 secondi e 56 decimi, Irina >>.
Non era neanche
lontanamente vicina al record dello Scorpione, 3 minuti e 58 secondi e 13
decimi, ma era già un buon risultato. Non poteva sperare di competere contro
un’auto come la sua, ma aveva comunque battuto il suo record personale di un
secondo.
Dimitri fece
ruggire il motore della Ford, in attesa sulla linea di partenza. William gli si
affiancò a sinistra, e Irina si piazzò vicino a lui. Lo Scorpione abbassò il
finestrino e le disse:<< Tu contro noi due. Non mi
aspetto che tu vinca, ma voglio che tu faccia di tutto per ostacolarci.
Sbattici fuori, se ci riesci >>.
Ore 15.00 – WoodburyRoad
Xander bussò alla porta
di legno chiaro dell’appartamento al quinto piano di una vecchia palazzina alla
periferia di Los Angeles, quella di cui Jess gli
aveva dato l’indirizzo. Attese per qualche momento, poi qualcuno venne ad aprirgli.
Chissà per quale
motivo, l’aveva immaginata totalmente diversa. Sally McGragor
era una ragazza minuta, dai capelli castano chiarissimo e gli occhi scuri,
leggermente a mandorla. Dimostrava molti meno anni dei ventisei che aveva, e
sembrava una ragazza qualunque, dai tratti abbastanza comuni. Struccata, in
abiti di tutti i giorni, non gli diceva proprio niente. Si chiedeva come
apparisse quando si trovava “al lavoro”.
<< Alexander Went, dell’F.B.I. >> si
presentò lui cercando di non apparire minaccioso, << Sally McGragor? >>.
<< Sì, sono
io >> rispose lei, il tono strafottente della voce che non combaciava con
il suo fisico minuto.
<< Le avevano
detto che sarei venuto >> disse Xander.
<< Sì, prego,
entri >>.
La ragazza lo fece
entrare nel minuscolo appartamento disordinato e spoglio. La tappezzeria
dell’ingresso era macchiata e la cucina piccola e fredda. Sembrava sola in
casa, ma la presenza di un altro letto nel soggiorno indicava che lo divideva
con qualcun’altra ragazza.
<< Perché è
qui? >> domandò Sally, la voce dura, << Se sperate che vi faccia
qualche nome di gente che passa da queste parti, vi sbagliate di grosso…
>>.
Era sulla
difensiva, quindi probabilmente non sospettava il perché della sua visita.
<< Sono qui
per suo figlio >> la interruppe Xander,
trovando ridicolo il fatto di darle del “lei”: erano coetanei.
In un attimo,
l’espressione aggressiva della ragazza mutò: gli occhi a mandorla vennero attraversati da quello che a lui parve dolore,
dolore profondo, e abbassò il volto, guardando il pavimento.
<< Cosa è successo? >> chiese, apparentemente
preoccupata.
<< Niente
>> rispose Xander, << Al momento sta
benissimo. Sono venuto per chiederle di riprenderlo con lei >>.
La ragazza lo
guardò come se si aspettasse una brutta notizia. << Conosce Irina?
>> chiese.
<< Sì, la
conosco. Da quanto tempo non la vede? >> domandò Xander.
<< Più di un
anno… >> rispose Sally, abbassando la testa. << Sta bene? >>.
<< Potrebbe
stare meglio, se non avesse un bambino a cui badare >> disseXander. Forse era stato troppo diretto, ma era la
verità.
<< Non posso
riprenderlo >> disse Sally, ma nel suo tono ora triste c’era una nota di
amarezza, << Non posso crescerlo… Non con i soldi che ho e con la vita
che faccio ora. Non avevo altra scelta… >>.
Siinteruppe, come se parlare le costasse molto.
<< Perché lo ha lasciato a lei? Non c’era nessun altro che
potesse darle una mano? >> chiese Xander.
Voleva capire perché quella ragazza avesse scelto proprio Irina, come madre
adottiva di suo figlio.
Sally scosse la
testa. << No… Sapevo che era entrata nel giro dello Scorpione, che stava
facendo un sacco di soldi… Il mio ragazzo era scappato… Era l’unica ragazza a
posto che conoscevo >>.
Xander si rese conto che,
nonostante il mestiere ingrato che facesse Sally, era comunque dotata di
sentimenti. Forse abbandonare quel bambino le era costato più di quando lui
aveva creduto. E sul perché avesse affidato Tommy a
Irina era pienamente d’accordo con lei.
<< Sono
venuto a farle una proposta >> spiegò Xander, <<
Il governo le fornirà una casa, un lavoro decente e anche una nuova identità,
se lo vorrà. In cambio le chiedo di riprendere suo figlio con lei. Le forniremo
un adeguato supporto economico per i primi tempi… Mi sembra una richiesta equa
>>.
Gli occhi della
ragazza si illuminarono. Lo fissò per un lungo
momento, in silenzio, poi mormorò: << Davvero? >>.
<< Sì
>>. Xander tirò fuori dalla tasca una decina di
foto di Tommy, che aveva chiesto in prestito a Irina. La ragazza le afferrò al
volo e le guardò una a una, lentamente. Una lacrima
cadde sul ripiano di legno del tavolo, mentre seduta si portava una mano alla
bocca, reprimendo un singhiozzo.
<< Quanto
tempo ci vuole? >> chiese, la voce che tremava.
<< E’ un sì,
il suo? >> ribatté Xander.
La ragazza annuì.
<< Massimo
due settimane >> rispose Xander, << Due settimane e cambierà vita >>.
Sally trattenne il
respiro, e per un attimo credette si fosse pentita.
Lo fissò con gli occhi inondati di lacrime, stringendo le foto con una mano.
<< Grazie
>> mormorò, << Grazie >>.
Poi scoppiò a
piangere.
Ore 19.00 – Casa
<< Quindi ha detto di sì? >> disse Irina, seduta al
tavolo della cucina, sentendo il rumore della tv accesa che proveniva dal
soggiorno. << Solo due settimane? >>.
Tommy se ne andava,
e con lui una parte del suo cuore. Ma era giusto così.
Aveva una madre, e aveva il diritto di stare con lei.
Guardò il bambino
seduto nel seggiolone, pensando che tra due settimane non lo avrebbe più
rivisto sorridere, tirarle addosso la minestra che
odiava, non lo avrebbe più consolato quando aveva mal di pancia, non si sarebbe
più beccata i suoi colpi sul naso… Le venne da piangere, ma si trattenne.
Sospirò sotto lo
sguardo serio di Xander, cercando di immaginare cosa
avrebbero detto suo padre e i suoi fratelli. Molto probabilmente non avrebbero
fatto una piega. Esattamente come facevano adesso quando vedevano Xander entrare in casa loro.
<< Irina…
>> cominciò Xander, << Lo so che…
>>.
<< No
>> lo interruppe lei, << No, sto bene. Solo che… E’ strano. Ormai
fa parte di me… Sono troppo abituata alla sua presenza >>.
Sorrise, ma
rimaneva comunque triste. Lo sapeva che era giusto così, ma non riusciva a
farsene una ragione. Aveva bisogno di Tommy, ora che iniziava a rendersi conto
che i suoi sentimenti stavano radicalmente mutando: e il fautore di quel
cambiamento era proprio seduto davanti a lei, colui che
gli portava via una delle poche cose belle che aveva nella vita.
Xander la guardò.
<< Avrai un po’ più di tempo libero, allora. Vorrà dire che ti
organizzerò la giornata >>. Sorrise.
Irina si lasciò
scappare un sospiro, e scosse la testa. Non odiava Xander,
in quel momento, tutt’altro. A partire da quella
fatidica domenica sera, ogni giorno lo aveva passato a cercare di capire perché
lui fosse riuscito a far vacillare il muro di difesa che proteggeva il suo
cuore, un muro costruito con la forza della disperazione che si era sbriciolato
come creta quando Xander l’aveva abbracciata. Un muro
che non era più riuscita a ricostruire. E oltre alla
consapevolezza che adesso aveva perso il controllo anche di quella parte di sé
che si era ripromessa di non liberare mai più, c’era il dubbio del
comportamento di Xander. La delusione di quel bacio
che lei aveva sperato, quasi agognato, ma che non c’era stato. Forse, era stato
proprio quello a mandarla in tilt, a farle perdere la
testa… Se fosse accaduto quello che era successo con William, magari sarebbe
finita lì.
Decise di cambiare
argomento, perché c’era un’altra cosa che la preoccupava e che riusciva a
distrarla da quei pensieri.
<< Xander, dobbiamo sfidarci >> disse,
improvvisamente calma, << Entro la fine di questa settimana. Chiama
William e diglielo: il suo orgoglio gli impedirà di dirti di no, se sei tu a
chiederglielo. Non l’ho mai visto così preoccupato… Ha paura >>.
Il ragazzo sembrò
quasi divertito. << Ha paura? Il grande Scorpione, il pilota più forte
dello Stato, pieno di soldi e auto potenti, ha paura? >>.
Irina alzò gli
occhi al cielo, esasperata. << Xander, non sto
scherzando. William ti crede forte, e tu lo sei. Mi sta costringendo ad
allenarmi, e se continuo così la mia macchina finirà alla discarica. Facciamo
questa gara, così potrai occuparti di Dimitri e di William >>.
“E io di me stessa e dei miei
sentimenti”.
<< D’accordo
>> disse Xander davanti alla sua
preoccupazione. << Che gara vuoi fare? >>.
<< William
vuole che io sia in vantaggio, quindi faremo uno sprint. Sa che è la gara in
cui vado meglio >> disse Irina, << Tanto non credo per te sia un
problema, vero? >>. Sorrise.
<< Spero non
mi farai vincere così facilmente >> ribatté lui, ghignando.
<< Infatti non lo farò >> promise Irina, << Ho
intenzione di farti sudare sette camicie. Non sarà una vittoria regalata, la
tua. Correrò al massimo, e nessuno sospetterà niente >>. Sorrise con
falsa aria falsamente altezzosa. << Preparati a conoscere Fenice
>>.
Spazio Autrice
Allora, miei cari
signori, purtroppo il mio pc mi ha lasciato qualche
giorno fa, quindi aggiorno da un computer di fortuna… Per questo per un po’ non
risponderò alle recensioni, ma continuerò comunque a
leggerle e ad apprezzarle (anche se negative). Gli aggiornamenti però
dovrebbero procedere abbastanza spediti, perché molti capitoli sono già pronti
e poi perché ho intenzione di concludere la storia il
più in fretta possibile (mi rincresce, ma purtroppo devo studiare anche io…):
ancora non so di preciso quanti saranno i capitoli, ma credo arriverò con
sicurezza ad almeno 30, quindi ne avrete ancora per un po’.
Irina arrestò la Grande Punto lungo la
linea di partenza, e guardò alla sua destra. La Maserati Granturismo nera era
ferma, il motore spento, i finestrini alzati e la carrozzeria che brillava
sotto la luce dei lampioni. Xander non era dentro.
Lasciò il motore
acceso e scese dall’auto. C’era tantissima gente: erano tutti venuti a vedere
la sfida tra il “novellino”, ormai era il nomignolo che identificava Xander, e la Fenice. Individuò William a qualche metro di
distanza, ma ignorò la sua presenza. Non aveva voglia di sentirsi ripetere che
doveva darsi da fare, se non voleva che il suo bel debito tornasse alla cifra
originaria. Perché le condizioni erano quelle.
Vide Max in mezzo a
un gruppo di ragazzi, e c’era anche Antony. Parlavano
tra loro, presi da chissà quale argomento, con il messicano che stava mimando
qualcosa riguardo a un motore.
Notò subito che
nello sguardo del meccanico c’era qualcosa di strano. Con le braccia incrociate
le fece un cenno di saluto, serio. Poi lasciò il gruppo e la raggiunse.
<< Ciao
>> mormorò Irina.
<< Ciao
>> disse Max, ma non sembrava molto amichevole, << Sei pronta a
lasciarlo vincere? >>.
Irina lo scrutò,
preoccupata. << Non lo lascerò vincere. Dovrà battermi >> ribatté,
leggermente irritata.
<< La gente
mormora, Irina >> sussurrò Max, << Vi hanno visto insieme… Tanti
sospettano che tu lo stia aiutando, e sei fortunata che quelli che lo sanno non
sono amici di William, altrimenti lo avrebbe già scoperto
>>.
La ragazza lo
guardò. Max sembrava in qualche modo felice di darle
quella notizia, anche se non era per niente buona. Aveva capito che Xander non gli era particolarmente simpatico, ma non
pensava che potesse odiarlo a quel modo.
Non sapeva che
dire. In fondo, non avrebbe dovuto essere molto
sorpresa: qualcuno si sarebbe sicuramente accorto che il loro rapporto era
abbastanza stretto.
<< Hai
intenzione di fare la spia, visto che lo odi così tanto?
>> chiese Irina, e le parole le uscirono così in fretta che non si rese
nemmeno conto di quello che aveva detto.
Max fece una
smorfia. << No, non faccio la spia, io >> ribatté, << Ti sto
solo mettendo in guardia, ma sei troppo cocciuta per seguire
i miei consigli. Fai pure quello che vuoi… Non mi intrometterò
di certo nella tua vita >>.
Era quanto di più
vicino a un litigio c’era stato tra loro, in due anni. Non era mai capitato che
la pensassero in modi diametralmente opposti, né che si parlassero in quel
modo. Max era proprio arrabbiato, ma lo era anche lei. Perché poi? Per caso era
geloso?
<< Va bene,
faccio come mi pare >> ribatté lei, perché non voleva dargliela vinta: si
sbagliava, su Xander, << Sono abbastanza grande
per decidere da sola >>.
Si voltò, e si
diresse alla macchina, scossa. Finalmente, tra la folla, vide Xander avviarsi verso la Maserati. Si scambiarono un’impercettibile segno di intesa, poi salirono in auto.
Irina strinse
spasmodicamente il volante, cercando di calmarsi dopo la breve discussione con
Max. Non era finita lì, lo sapeva, però ora doveva concentrarsi sulla gara.
<< Sai cosa
devi fare >> disse William, minaccioso, comparendo all’improvviso, <<
Non fare la dolce con lui, chiaro? Ricordati che sei la mia ragazza >>.
Si allontanò in
fretta dall’auto, lasciando Irina spaventata. Era una sua impressione, o tutti
sembravano sapere che stava aiutando Xander?
Strinse il volante
con una mano, e guardò Xander nella Maserati: almeno
lui appariva tranquillo. Le rivolse un fugace sorriso e tornò a guardare
Dimitri, che avrebbe dato il via. “Tranquilla, non ho intenzione di farti del
male” le aveva detto al telefono, mezz’ora prima, “Dai il meglio di te”.
Ed era quello che
voleva fare: non poteva far pensare che lo avesse aiutato. Accelerò, scaldando
il motore, e attese. Dimitri richiamò con un fischio la loro attenzione, e
Irina puntò lo sguardo su di lui. Aveva le mani sudate: la tensione immotivata
che provava si faceva sentire. Perché aveva quello strano timore?
“Avanti Fenice, fagli vedere chi sei”.
Non era la prima
gara che faceva, e non sarebbe stata nemmeno l’ultima. Non c’era bisogno di
sentirsi nervosi… Non si era mai lasciata prendere dal panico, in quelle
situazioni…
… 1
… 2
… 3
Irina partì a
razzo, fianco a fianco alla Granturismo. La lancetta
del contagiri schizzò in avanti, dritta dritta
alla zona rossa. Il rombo del motore invase l’abitacolo, coprendo i fischi
d’incitamento della gente. La Maserati portò il muso in avanti, e lei tentò una
rimonta.
Alla prima curva si
tenne stretta, cercando di non farlo passare, ma Xander
inchiodò di colpo e cambiò traiettoria in meno di un secondo. Se lo ritrovò a
sinistra, e decise di provare a bloccarlo per costringerlo a rallentare.
Funzionò.
Premendo
sull’acceleratore, Irina cercò di portarsi in vantaggio, sapendo che quello era
solo l’inizio. Qualcosa brillò nello specchietto destro, e vide la Granturismo
affiancarsi a lei. Xander le fece un cenno, poi
scattò in avanti con una ripresa fulminea. Rimase sconcertata dalla sua mossa e
si gettò all’inseguimento.
Xander accelerò ancora, e
lei fece altrettanto. Si mise nella sua scia, e alla prima curva provò a
superarlo a sinistra. Forse la lasciò passare, perché dopo lui
la risuperò a destra, costringendola a rallentare.
Nonostante tutto,
Irina iniziava a divertirsi. Forse era la consapevolezza che nessuno dei due
aveva intenzione di fare del male all’altro, ma ora, a gara iniziata, si
sentiva abbastanza tranquilla per trovare il tutto
molto stimolante.
Decise di provare
una mossa di sicuro effetto. Arrivò alla svolta successiva veloce come un
missile, piazzandosi di fianco a Xander, e al centro
della curva tirò il freno a mano. La
Punto strattonò verso sinistra, e con uno stridore di gomme
si girò di lato, in una curva perfetta.
“Ti ho fregato” pensò divertita.
Ma aveva cantato
vittoria troppo presto. Alla curva seguente, Xander
copiò alla perfezione la sua mossa, superandola di nuovo. Si ritrovarono fianco a fianco, con un lungo rettilineo davanti. Irina inserì
la quinta e schiacciò l’acceleratore, maXander le rimase incollato. Fu in quel momento che una
volante della polizia tagliò loro la strada di netto, costringendoli a inchiodare.
La ragazza rimase
sconcertata: non le era mai capitato di incontrare la polizia in quella zona, e
soprattutto a quell’ora. Guardò nello specchietto retrovisore, e vide l’auto
inseguirli a sirene spiegate.
<< Ci mancava
solo questo! >> sibilò.
Xander la superò a
sinistra, gettandole uno sguardo preoccupato. Poi rallentò impercettibilmente e
la fece passare in testa. Frenò, cercando di ostacolare il poliziotto, poi
accelerò e la raggiunse.
Irina vide il
traguardo, illuminato dai lampioni di Dalton Beach. Probabilmente avevano
sentito le sirene, perché molti ragazzi stavano correndo verso le macchine e si
davano alla fuga. Accelerarono, ma la Maserati la superò a velocità
stratosferica, tagliando il traguardo. Irina lo seguì, senza né volersi né
potersi fermare.
Al momento, l’unica
idea che le venne in mente per seminare gli sbirri era
quella di andare in autostrada, e provare a staccarli in velocità.
Probabilmente anche Xander ebbe la stessa idea,
perché lo vide girare diretto a nord.
Ma il loro fu un errore: al casello li stavano aspettando quattro Ford
Mustang della polizia, in livrea azzurra e bianca. Irina seguì Xander attraverso il casello, sfondando la barra di stop, e
si gettarono a tutta velocità in autostrada.
Le Mustang li
seguivano a ruota, e Irina decise che era meglio separarsi. Vide l’uscita per
il lungo mare, così si spostò a destra, pronta a defilarsi. Una Ford però le
bloccò la strada, impedendole di imboccare l’uscita.
Xander era un centinaio
di metri davanti a lei, tallonato da due auto della polizia. Stavano cercando
di stringerlo in una morsa per farlo rallentare, ma lui schizzò in avanti e si
liberò. Aveva molte più possibilità di fuggire, ma stava stranamente
rallentando.
Irina superò un
furgoncino, poi accelerò, affiancata da una Mustang. Non aveva mai fatto un
inseguimento con quelle auto, e ora capì che non avrebbe mai voluto farlo. Gli
stavano addosso senza preoccuparsi di farla schiantare, e cercavano in
qualsiasi modo di fermarla.
L’autostrada si
stava svuotando, e non era un bene. I poliziotti sarebbero stati più
aggressivi, senza la preoccupazione di coinvolgere civili innocenti. Il suo
cellulare trillò e lei rispose, sterzando bruscamente con una mano per evitare
un’auto.
<< Usciamo
dall’autostrada! >> disse Xander,
<< In città forse abbiamo qualche possibilità di seminarli >>.
<< D’accordo >>.
Irina chiuse la telefonata e si mise dietro la Maserati, pronta a sfruttare la
sua scia.
Xander accelerò e lei gli
rimase incollata, poi imboccarono la prima uscita ed entrarono in città.
Lì si divisero.
Irina a destra e lui a sinistra. La ragazza guardò nello specchietto: due Mustang
la seguivano con le sirene accese, ma rallentarono
quando videro il semaforo lampeggiante. La Granturismo di Xander
le tagliò improvvisamente la strada, e lei perse per un attimo il controllo
dell’auto. Strinse il volante e rallentò, ma una Mustang ne approfittò per
piazzarsi davanti a lei e inchiodare.
Irina sterzò a
sinistra, riuscendo a evitare la volante, ma si ritrovò bloccata tra un grosso
camion e l’altra Mustang. La
Punto si fermò, senza via d’uscita. Incredula, si portò una mano
alla fronte, rendendosi conto di essere appena stata catturata. Uno dei
poliziotti stava per scendere per venirla ad arrestare…
Poi vide la
Maserati dirigersi verso di lei a tutta velocità, i fari accesi che la
abbagliavano. Rallentò a pochi metri da loro e con il muso spinse la Mustang che
le bloccava la strada fino a portarla in mezzo all’incrocio. Pezzi di vetro e
metallo di sparsero sull’asfalto, quando l’avantreno della Granturismo speronò
la fiancata della Ford, prendendo alla sprovvista gli
sbirri.
Approfittando della
nuova via di fuga, Irina ripartì senza pensarci due volte, sgommando.
Riguadagnò la strada e seguì Xander, cercando un modo
che fuggire.
Le tre Ford
continuarono a seguirli, tentando di superarli ma senza riuscirci. Una di loro
sparì dal suo specchietto, girando a destra. Pochi secondi sbucò
davanti al loro dal nulla, tagliandogli la strada per bloccarli. Irina sterzò
abbastanza in fretta per riuscire a evitarla, ma si
ritrovò con il cuore in gola.
Continuarono a
procedere diritti, fianco a fianco, decisi a dividersi
di nuovo appena ne avessero avuto la possibilità.
Poi lo videro
all’ultimo momento: un posto di blocco in piena città, con quattro volanti che occupavano
tutta la carreggiata, i lampeggianti accesi nella notte. Irina cercò
disperatamente una via di fuga, maXander
sembrò rendersi conto che non ce n’erano. Accelerò di colpo, mettendosi davanti
a lei, e puntò dritto dritto
al posteriore di una delle auto della polizia. Voleva sfondare il posto di
blocco.
La Maserati spinse
la volante e aprì un varco, riuscendo a passare. Il muso dell’auto si
accartocciò ancora di più, e sul vetro anteriore si formò una crepa profonda.
Gli agenti rimasti a bordo strada andarono in soccorso dei due sbirri presi in
pieno dalla Granturismo.
Irina seguì Xander, e vide che solo una delle Mustang li tallonava
ancora. Sarebbe bastato dividersi per fuggire facilmente. Con apprensione però
notò che la Maserati era ridotta malissimo, molto peggio che a Las Vegas, e
decise che forse era il caso che se occupasse lei.
Stava per
decelerare per infastidire la Mustang, quando udì un’esplosione. La Granturismo
sbandò e andò in testa coda, gli pneumatici che sibilavano sull’asfalto. Una
delle ruote dietro era scoppiata.
Irina guardò nello
specchietto. Dal lato passeggero della Mustang, un poliziotto mirava con la
pistola alle gomme delle auto. In preda alla rabbia e alla paura, inchiodò, e
quasi la Mustang la prese in pieno. Diede il tempo a Xander
di girare la macchina e cercare una via di fuga, poi ripartì cambiando strada.
La Mustang la
seguiva, e tentò di farla sbandare colpendola nella fiancata, ma lei si scostò
rapidamente. Accelerò, spaventata dallo sparo che sentì dietro di lei, e svoltò
a destra.
Superò una via
laterale, e la Maserati di Xander sbucò
all’improvviso appena lei la ebbe superata, colpendo in pieno la Mustang. La
volante perse il controllo, salì sul marciapiede e si ribaltò, finendo la sua
corsa capovolta contro una pensilina dell’autobus.
Irina osservò la
scena ad occhi spalancati, poi vide Xander
avvicinarsi lentamente: la Maserati era ridotta malissimo, con i vetri
spaccati, il muso schiacciato e il paraurti posteriore che penzolava
tristemente. La gomma bucata faceva uno strano rumore mentre rotolava
sull’asfalto.
La Granturismo si
fermò, e lei corse verso l’auto semidistrutta, incurante del fatto che altri
poliziotti potessero piombarle addosso da un momento all’altro. Non gliene
importava niente che la arrestassero…
<< Xander! >> gridò, afferrando la porta semidistrutta
della Maserati << Stai bene? >>.
Il ragazzo la
guardò spalancare la portiera con aria sorpresa, e uscì dall’abitacolo con le
proprie gambe. Irina lo squadrò da capo a piedi, mentre lui scrocchiava il
collo con un gemito infastidito.
Aveva le braccia
piene di graffi e un taglio poco profondo sul sopracciglio destro, ma sembrava
stare abbastanza bene. Era perfettamente intero e pienamente cosciente, ed era
quello che le importava di più.
A sua volta Xander la guardò, in silenzio. Il suo sguardo azzurro la percorse con occhio critico, e lei non poté fare
a meno di arrossire. Poi, troppo felice di vederlo ancora vivo, gli saltò al
collo.
<<
Tranquilla, tranquilla! >> disse lui, divertito, << Sto bene! Non
mi sono fatto niente! >>.
<< Non
sfondare mai più un posto di blocco in quel modo senza avvertirmi prima
>> mormorò lei sulla sua spalla.
<< D’accordo
>> promise Xander, mettendole una mano sulla
schiena, << Non mi stritolare, però. Risparmiatelo per dopo… Dobbiamo
parlare in un posto tranquillo >>.
Ore 00.50 – Casa di Xander
Irina attese che Xander parcheggiasse la Maserati nel garage, mentre lei
sistemava la Punto
in un angolo nascosto del giardino. La Granturismo era veramente un disastro, e
per un attimo si sentì piangere il cuore. Era ridotta a un rottame.
Il ragazzo scese
con un gemito dall’auto, e richiuse delicatamente la portiera che cigolò
sinistramente. Mise una mano sul tetto della Maserati, con fare gentile.
<< Stai bene?
>> domandò di nuovo Irina, preoccupata.
Lui si voltò a
guardarla, e riuscì anche a sorridere. << Sì, a parte qualche doloretto
qua e la… >> disse, << Però mi dispiace per l’auto… Mi piaceva >>.
Diede un ultimo
sguardo al cofano accartocciato, poi si voltò e chiuse il garage, nascondendo
alla vista ciò che rimaneva della povera Granturismo. Condusse Irina in casa, e
si sedettero entrambi in cucina. Jess non c’era,
doveva essere uscito con Jenny come al solito.
Seduta al tavolo,
Irina guardò Xander prendere uno strofinaccio dal
cassetto e bagnarlo sotto l’acqua del fredda del
rubinetto. Si tamponò il sopracciglio tagliato, e nel frattempo esaminò i
graffi sul braccio.
La ragazza rimase
immobile, mordendosi un labbro, combattuta. Non erano ferite gravi, ma provava
l’impellente istinto di alzarsi e occuparsi lei della medicazione. Però aveva paura che, una volta di nuovo così vicini,
potesse farsi prendere dal panico e arrossire come una bambina. E poi, non l’aiutava certo a fare in modo che la sua
incasinata situazione sentimentale migliorasse.
Alla fine sbuffò,
si alzò e disse: << Lascia stare, ci penso io >>.
Xander sorrise e la
guardò porgere la mano per farsi dare lo strofinaccio. Sembrava divertito, e il
suo sguardo si soffermò più del dovuto sul suo volto.
<< Non hai
del disinfettante? >> chiese lei, cercando di dissimulare il suo
imbarazzo.
<< Nel
cassetto >> rispose Xander, facendo un cenno
con la testa verso la cucina.
Irina recuperò il
disinfettante e anche del cotone, e si avvicinò a Xander.
Ora che doveva toccarlo, aveva di nuovo le farfalle nello stomaco.
Vedendola
titubante, il ragazzo sorrise. << Cosa c’è? Paura del sangue? >>
domandò.
<< No
>> rispose lei, << Ti puoi sedere? Se un po’ alto per me >>.
Era una scusa
proprio scema. Non era certo alto da risultare
irraggiungibile, ma da seduto almeno non avrebbe rischiato di sfiorare
inavvertitamente altre parti del suo corpo con il conseguente mutamento di
colore della sua stupida faccia..
<< D’accordo
>> disse lui, e si sedette sulla sedia che lei aveva lasciato libera.
Senza una smorfia, Xander si lasciò medicare il sopracciglio e non disse
niente. Irina evitava disperatamente i suoi occhi azzurri, nel tentativo di
rimanere concentrata. Inutile dire che, anche se in modo impercettibile, la
mano le tremava leggermente.
Vide Xander sorridere e rivolgerle un’occhiata divertita. <<
Sei brava come infermiera, non te lo ha mai detto
nessuno? >>.
Irina arrossì.
<< No. Normalmente io le ferite le procuro, non le medico >>
rispose, cercando di essere distaccata.
Xander ridacchiò, poi le
mise una mano dietro la schiena e la tirò a sé, costringendola a sedersi sopra
le sue gambe. Irina fu presa troppo alla sprovvista per avere il tempo di
reagire.
<< Allora ti
dovevano chiamare Pantera, non Fenice >> disse, tenendola stretta per
impedirle la fuga.
Irina capì di aver
appena raggiunto una tonalità di rosso che non credeva esistesse, ma riguadagnò
un minimo di contegno. Allora lo faceva proprio apposta, a metterla alle
strette… Però non riusciva proprio ad arrabbiarsi con lui. Il suo viso era così
vicino al suo da annullare qualsiasi istinto poco amichevole nei suoi
confronti.
<< Ho tanti
di quei soprannomi che molto probabilmente “Pantera” sarà
tra quelli >> disse, << Posso alzarmi? Le altre sedie sono libere
>>.
Tranquilla,
controllata e per niente minacciosa. Era riuscita a controllare il tumulto che
aveva dentro con una maestria di cui non si credeva capace. Xander
però sembrava aver capito che stava bluffando.
<< Io sto
comodo anche così >> ribatté, sorridendo.
“Se per questo, non sto male nemmeno io…” pensò Irina, “Però è meglio che mi alzi, se non vuoi che
mi venga un mezzo infarto”.
<< Dai, devo
lottare anche per potermi alzare? >> disse, sorridendo.
<< E va bene…
>> sospirò Xander, lasciandola libera.
Di nuovo in piedi,
e a una distanza “di sicurezza”, Irina ritornò a essere perfettamente lucida. E
comprese che anche questa volta si erano fermati prima che succedesse qualcosa…
Un bene o un male?
<< Mi è
sembrato che la polizia ce l’avesse in modo
particolare con te >> disse Irina, per rompere il silenzio.
Xander diventò
improvvisamente serio. << Lo so… Ed erano lì apposta, credo. Pensi che
William li abbia chiamati per ostacolarci? >>.
A quell’ipotesi
Irina non aveva pensato. In effetti, era plausibile.
<< Può essere
>> disse, << Barrow sta dalla parte di
William, e gli deve un sacco di favori… >>.
Xander scosse il capo con
aria preoccupata. << Challagher ha più potere
di quanto pensassi >> mormorò.
Irina lo guardò:
non l’aveva mai visto così serio. Forse lui stesso iniziava a credere che ci
fossero poche speranze di catturare lo Scorpione.
Il ragazzo alzò lo
sguardo su di lei. << Cosa gli dirai, ora che non hai vinto? >>.
Irina si strinse
nelle spalle: non le sembrava un problema grave, in quel momento. << Lo
sapeva che non avrei vinto. Voleva solo prendere tempo, secondo me >>
Sorrise, un po’ più rilassata, << Bella gara, comunque, non credi? Molto stimolante >>.
Xander ridacchiò, si alzò
e si avvicinò pericolosamente. Lei fece un passo indietro.
<< Allora mi
devi qualcosa, immagino, visto che ho vinto… >> sussurrò.
<< E cosa
vorresti? >> domandò Irina, con fare provocatore.
<< Ah, che
so… Le chiavi della tua macchina, magari >> disse lui, con il suo ghigno
lupesco, << Ma mi accontento anche di quelle di casa tua, se non ti
dispiace >>.
Irina scoppiò a
ridere. << Casa mia è sempre aperta, non avrai bisogno di chiavi >>
ribatté, e con un cenno della mano lo salutò, diretta a casa. Consapevole di
aver appena detto una grande verità.
Ore 15.00 – Casa Challager
<< Dannazione,
ti sei fatta battere come una principiante >> sibilò William, << Ti
avevo detto di darti da fare >>.
Irina stava in
piedi, guardando lo Scorpione muoversi avanti e indietro per il soggiorno della
sua grande casa, nervoso.
<< Hai chiamato tu la polizia, allora >> disse,
arrabbiata.
William si fermò e
si voltò a guardarla, gli occhi freddi come il ghiaccio. Si avvicinò, e prese
Irina per il collo della maglia. << Quello che faccio io non ti riguarda,
chiaro? Avevi sono un ordine: vincere. E tu non lo hai rispettato. Sta zitta, e
non osare mai più rivolgerti a me in questo modo >>.
La lasciò andare, e
la ragazza capì che la situazione stava degenerando: se William si comportava
in quel modo, allora aveva davvero paura. E iniziava ad averne anche lei, per
se stessa ma soprattutto per Xander. Doveva metterlo
di nuovo in guardia, perché Dimitri non sarebbe stato certo come Fenice.
Si voltò, guardando
fuori dalla finestra. Faceva caldo, e ormai erano a metà giugno. Ascoltò
William e Dimitri che parlavano, uno in piedi, l’altro seduto sul divano di
pelle.
<< Ti sfiderà
presto >> disse lo Scorpione, << Quindi
devi darti una mossa a prepararti. Penso che nel giro di una settimana vi
ritroverete l’uno davanti all’altro >>.
<< L’ho visto
gareggiare: non è così forte come credi >> ribatté Dimitri, << Lo
batterò, e sarò spietato. Oltretutto, sarà costretto a utilizzare la BMW, ora
che gli hanno distrutto l’altra. E io non sono certo
come Irina >>.
La ragazza si voltò
a guardarlo. Il russo la scrutava con aria di superiorità, come per prenderla
in giro. Qualcosa brillò nei suoi occhi, e William lo guardò sospettoso.
Dimitri era più furbo di quando avesse sospettato: forse lo Scorpione non aveva
ancora capito, ma il russo sembrava stranamente consapevole di quello che stava
accadendo alle spalle del suo capo. Strano che non gli avesse detto ancora
niente. Sentì lo stomaco stringersi in una morsa, ma tenne strette le labbra
per non farsi scappare nemmeno una parola. Continuò a guardarlo negli occhi, cercando
di capire cosa stesse pensando, finché non lo vide diventare improvvisamente
serio.
<< Ho
intenzione di farlo fuori, se sarà necessario >> continuò, fissandola
inespressivo.
<< Cosa che
Irina non era disposta a fare >> ribatté William, << Ma questo lo
sapevo già… Credo abbia un debole per Went >>.
Lo Scorpione si
voltò, facendo un passo verso di lei, il sorriso gelato che mostrava i denti
bianchissimi. Piantò i suoi occhi in quelli della ragazza e disse: << Mi
sto sbagliando, forse? Ma ti perdono, bambolina, in
fondo sei solo una ragazza >>.
Sottolineò le ultime parole
con un inflessione della voce, e Irina si sentì sperduta. Era vero, era solo
una ragazza, troppo giovane e troppo sciocca per
fregare uno come lui. Stava rischiando tutto inseguendo una speranza che
correva con un’auto di lusso.
Cercò di apparire inespressiva quando rispose: << Ho fatto del mio
meglio… Se non avessi chiamato la polizia forse avrei vinto >>.
William fece una
smorfia. << Ti avrebbe doppiato, cretina, se non avessi chiamato gli
sbirri >> disse, << Ma da gentil’uomo qual è ti ha anche dato una
mano e sbarazzarti di loro… Idiota. Non ha ancora capito cosa siamo in grado di
fare… Come credo non la abbia capito nemmeno tu >>.
Irina sussultò,
incassando la frase senza ribattere. Non poteva farlo, visto che avrebbe perso,
come tutte le volte.
Ore 17.00 – Casa di Xander
<< Sono
sicura che sospettano qualcosa >> disse Irina guardandolo con occhi
spaventati, << Dimitri è pronto a farti fuori,
se non riuscirà a batterti >>.
Xander guardò la ragazza
seduta sul divano, Tommy in braccio che mangiucchiava i biscotti che gli aveva offerto Nichole, ora chiusa
in cucina. Gli sembrava quasi presa dal panico.
<< Non
spaventarti >> disse, << Tranquilla. Mi aspettavo una reazione del
genere, da parte loro. Sono perfettamente in grado di guardarmi le spalle
>>. La sua mente corse involontariamente alla pistola che si portava
sempre dietro, ben nascosta addosso.
<< Tu non
capisci! >> sbottò Irina, e Tommy la guardò perplesso, << Perché
credi che Dimitri sia soprannominato il Mastino? Ha fatto fuori più gente lui
che tutte le gare di canyon messe insieme! >>.
Xander si trattenne dal
ridere: la ragazza era seriamente preoccupata per lui, ma non si sentiva in
pericolo al momento. Guardò fuori dalla finestra del soggiorno, nel giardino
assolato.
<< Vi siete
incontrati? >> domandò.
<< Sì, ieri >>
rispose Irina, << Era furioso. Si sono messi a parlare della vostra gara…
E Dimitri ha fatto una strana allusione… Ha detto che lui non è come me.
Sapevano che non ti avrei fatto del male >>.
Xander ebbe per un attimo
il sospetto che William le avesse fatto qualcosa, ma
poi pensò che stava diventando iperprotettivo.
<< Ha detto
altro? >>.
<< Si è
accorto che mi hai aiutato con la polizia >> rispose Irina, tirando a
sedere accanto a lei Tommy, che nel frattempo si era alzato << Ti ha dato
dell’idiota, dicendo che hai fatto il gentiluomo >>.
Xander inarcò un
sopracciglio, perplesso. Forse William sospettava qualcosa, ma non quello che
Irina credeva. Molto probabilmente lo Scorpione pensava che stesse cercando di
portarle via la ragazza, e non si sbagliava tanto a pensarlo.
<< D’accordo >>
disse, guardando il bambino scendere dal divano e indicare qualcosa in
giardino, << Ma non è che è solo geloso? >>.
Irina rimase
interdetta: lo guardò senza capire, poi soffiò: << Cosa
intendi? >>.
Xander sorrise. << Magari
pensa che io ti abbia aiutata perché crede che stia
cercando di farmi bello ai tuoi occhi >> spiegò.
Irina lo fissò e
sembrò trattenersi dallo scoppiare a ridere. << E perché dovresti farlo? >>.
Sbuffò e lasciò il
discorso in sospeso: non era in vena di provocazioni. Guardò Tommy e disse:
<< Tra un paio di giorni è tutto pronto per farlo tornare da sua madre
>>.
Irina si rabbuiò.
<< Lo porterò io >> disse solo.
<< No, lo porto io >> ribattéXander,
<< E’ meglio, credimi >>.
Irina sospirò.
<< Va bene >> convenne, << Faremo come dici tu… >>.
In quel momento
sentì la porta di casa aprirsi, e comparire sulla soglia Jess
accompagnato nientemeno che da Jenny. L’informatico non era sorpreso della sua
presenza, ma la ragazza sì. Fissò Irina per un momento, poi lui.
Xander gli rivolse un
sorriso. Jenny gli era simpatica, e ormai la conosceva abbastanza da poterla
definire la versione femminile di Jess. L’informatico
l’aveva portata a casa diverse volte, e per lui non
rappresentava una novità: coppia fissa, la loro. Era stato strano all’inizio, e
anche un po’ irritante, ma ora non ci faceva più caso.
<< Ciao Irina
>> salutò Jenny, << Ciao Xander >>.
Li raggiunse in un
attimo e si sedette sul divano, spostando lo sguardo da Irina a lui. Jess stava parlando con Nichole,
in cucina, molto probabilmente per chiedergli di portare qualcosa da bere.
Irina sembrava
imbarazzata, anche perché l’amica la stava praticamente
sottoponendo ai raggi x. E molto probabilmente Jenny si stava dannando perché
non possedeva la facoltà di leggere nel pensiero, in modo da capire che cosa
avessero fatto loro due fino ad adesso.
<< Ragazzi
>> disse alla fine Jenny, come se dovesse rivelargli qualcosa di importantissimo, << Ho deciso di organizzare una
cosuccia per la fine delle lezioni, vi va? >>.
Irina annuì e
sorrise impercettibilmente.
<< Una sera
di queste vorrei che andassimo a mangiarci una pizza tutti assieme… >>
continuò, rivolgendo a Xander uno sguardo piuttosto eloquente,
<< E poi potremmo andare da qualche parte… Che ne so, sul lungo mare…
>>.
“Tu dovresti lavorare in un’agenzia matrimoniale” pensò Xander, ridendo sotto i baffi. Aveva capito benissimo dove
Jenny voleva andare a parare…
<< Oh, va bene >> fece Irina, poco convinta, << Si può
fare… Ne hai parlato con le altre? >>.
<< Certo,
mancavi solo tu >> rispose Jenny, << Xander,
verresti? >>.
Lo fulminò con
un’occhiata, perché la sua domanda era retorica: se avesse solo osato titubare,
lo avrebbe azzannato. << Mi farebbe molto piacere >> rispose con un
sorriso.
Guardò Irina con la
coda dell’occhio, e le sembrò preoccupata. Poi venne
distratto da qualcosa che disse Jenny.
<< Chiedi
anche a Max al suo amico Antony >> stava dicendo, << Più siamo, meglio è >>.
Xander ebbe un moto di
stizza. Pure Max? A essere sincero, non gli stava
proprio simpatico… E doveva essere altrettanto per lui, perché quelle poche
volte che si erano incrociati non gli era parso molto bendisposto nei suoi
confronti.
Irina, invece, sembrò
rilassarsi. << Va bene, glielo chiederò. Chi si occupa di organizzare?
>> domandò.
<< Io,
naturalmente >> rispose Jenny, zuccherosa. << Voi pensate solo a un
modo per venire… Magari organizzatevi per le macchine… >>.
Xander alzò gli occhi al
cielo, ma non disse niente. Irina fissò Jenny divertita e si alzò.
<< Io… Bé, vado >> disse, prendendo Tommy per mano, << Ci
sentiamo >>.
Salutò tutti e
uscì, lasciando Xander in balia dei due piccioncini. Jess apparve all’improvviso e si sedette di fronte a lui.
<< Jenny…
>> cominciò Xander, divertito, << Guarda
che non è necessario che mi minacci… La vado a prendere io, Irina, se è questo
che ti preoccupa >>.
La ragazza fece un
sorriso poco convinto. << Mah, volevo esserne sicura >> disse,
<< Non mi risulti molto prevedibile… Poi lo so
come è fatta, dovrai letteralmente prenderla di peso, perché odia dipendere da
qualcuno… Anche se sei tu, senza offesa naturalmente >>.
Xander ridacchiò. Jenny
era proprio assurda.
<< Spiegami
perché devono venire anche Max e l’altro suo amico, che tra l’altro non ho mai
visto >> domandò lui.
Jenny si strinse
nelle spalle. << Saranno di compagnia… E poi ci sono anche Katy e Angie>> rispose,
<< Più siamo, più ci divertiremo >>.
<< Jenny, lo
stai terrorizzando >> si intromise Jess, << Xander penserà che
tu voglia piazzare chiunque conosci >>.
<< Non voglio
piazzare nessuno >> ribatté Jenny, offesa, << Cerco solo di aiutare
le giovani anime sole in cerca di un cuore da abitare >>.
Xander la fissò per un
momento, e Jess fece altrettanto, sbalordito. Poi
scoppiarono entrambi a ridere.
<< E io sarei una giovane anima da aiutare? >> chiese Xander, continuando a sbellicarsi.
<<
Esattamente >> disse Jenny, seria. << Anche perché se continui
così, la farai impazzire >>.
<< Perché? >>.
<< Ti rendi
conto, vero, che Irina non sa che pesci prendere? >> disse Jenny,
<< Esattamente come te. Tu fai tanto il furbo, però non concludi mai niente… >>.
Preso in
contropiede, Xander diventò serio.
<< Ho i miei
motivi >> disse, calmo, << E Jess li
conosce. Non ti sto dicendo che Irina non piace, anzi, ma per il momento
preferisco fare di testa mia. Non penso sia un problema, no? >>.
<< Ancora non
ho capito questa storia dei “motivi” >> disse
Jenny, piccata, << Quando vi deciderete a dirmi esattamente cosa fate?
>>.
Argomento
top-secret. Jenny non sapeva che erano dell’F.B.I.,
perché Jess non glielo aveva detto. Si fidavano di
quella ragazza, ma non potevano svelarle niente finché non fosse tutto finito.
<< Quando
arriverà il momento, giuro che te lo diremo >> promise Jess, prendendole una mano.
Prima che
iniziassero a sbaciucchiarsi, Xander si alzò e lasciò
la strana coppia alle sue effusioni.
Ore 18.00 – Garage
Irina bussò
delicatamente alla porta del garage di Max, e attese. Di solito a quell’ora lui
si trovava sempre lì, a occuparsi di qualche modifica alla sua auto. Teneva
Tommy per mano, cercando di rimanere tranquilla.
Gli era dispiaciuto
avere quella discussione con Max. Lo considerava come un fratello, e non
sopportava di sapere che lui ce l’avesse con lei.
Sperava di poter chiarire e far tornare le cose come prima. In fondo, era uno
dei suoi pochi veri amici.
Il ragazzo aprì la
porta e la guardò dall’alto in basso, come se la vedesse per la prima volta.
Rimase immobile, bloccandole l’entrata con aria seria.
<< Posso
entrare? >> domandò Irina timidamente. Tommy rivolse un flebile “tao” a
cui Max non rispose.
Grugnì e si spostò,
lasciandola entrare nel garage illuminato dal neon sul soffitto. La Golf rossa
era tirata a lucido, brillante sotto la luce artificiale. Il meccanico si
sedette su uno sgabello e incrociò le braccia.
<< A cosa
devo la tua presenza? >> chiese sarcastico, gettando uno straccio sul
piano di lavoro.
Irina sorrise,
sapendo di avere almeno un po’ di torto.
<< Scusami,
mi sono comportata male con te >> disse, cercando di guardarlo in faccia,
nonostante lui continuasse a evitare il suo sguardo. << Non avrei dovuto
risponderti così… Ma sono stata presa da un po’ di cose >>.
<< Già,
soprattutto dal tuo amico >> ribatté Max, senza guardarla.
Ancora quella
storia. Irina sbuffò: non capiva cosa avesse contro Xander.
In fondo non gli aveva chiesto nulla, non lo aveva scocciato, non si era fatto
vedere. Si erano solo incontrati un paio di volte, e Max aveva sempre fatto
capire di non poterlo sopportare.
<< Dimmi
chiaramente cosa ti da fastidio >> disse Irina, tranquilla,
<< Così cerco di trovare una soluzione >>.
Max si voltò, e la
guardò con gli occhi ridotti a fessure. << Vuoi sapere cosa mi da
fastidio? >> sibilò, << Te lo dico subito. Appena è arrivato lo hai
trattato come un principino, lo hai aiutato e sei
corsa subito da lui quando ti ha chiesto di fargli da appoggio. E perché? Lo so
io il perché. Perché ti piace! >>.
Irina sussultò, e
scosse la testa. << Ma cosa stai dicendo? >>
disse arrabbiata, << E anche se fosse? Non sei mio padre, e credo di
essere abbastanza grande da decidere cosa fare! >>.
<< Certo, ma
ti fai ancora fregare come una bambina di due anni! Non hai capito che non gli
interessa altro che il tuo aiuto? >> sbottò Max, << Ti sta addosso
solo perché non vede l’ora di portarti a letto un paio di volte, e poi lasciare
che tu finisca in prigione >>.
Irina era
sconcertata: non aveva mai visto Max comportarsi in quel modo. Le stava facendo
una scenata di gelosia in piena regola, ma non ne capiva il motivo. Si era
fatto idee assurde riguardo a Xander, che lei non
condivideva minimamente.
<< Non mi ha
mai nemmeno sfiorata! >> disse tra i denti,
anche se non era proprio la verità.
<< Nooo, ha fatto il bravo ragazzo tutto il tempo, eh? >>
ribatté Max, << Te l’ho già detto: la gente in giro vede, e parla. Credi
che nessuno si sia accorto che ti sta praticamente
addosso? E’ come William, Irina, non l’hai capito?>>.
Irina era basita.
Max ce l’aveva proprio con Xander.
<< Ti sbagli
>> ribatté, furiosa, << Tu non lo conosci. Lui è William sono
lontani anni luce >>.
La sua voce tremò
per un attimo: quella era una bugia, che tentava di propinare a Max e anche a sé stessa. Xander e William erano
più simili di quanto lei volesse ammettere. Per questo entrambi
era riusciti a sfondare il muro che la circondava.
<< Certo
>> fece Max, sarcastico, << Lontani anni luce… Dimmi, sei forse
diventata cieca? Non lo vedi che si somigliano? Xander
è come William: fa tanto il perfettino, pieno di
soldi, ma poi è un bastardo di prima categoria … Dimmi se non sto dicendo la verità >>.
Irina rimase in
silenzio. Tommy li guardava spaventato, e sembrava avere le lacrime agli occhi.
Gli strinse la manina e gli rivolse un sorriso per rassicurarlo. Falso.
Come sempre quando
parlava con Max, si accorgeva che lui aveva sempre ragione. Xander
non si era mai sbilanciato con lei: gentile, premuroso, ma non ci aveva mai
veramente “provato”. Però poco dopo la loro gara, quando erano a casa sua,
l’aveva costretta a sedersi sopra di lui… E poi, rimaneva quel vuoto nero
dovuto all’alcool di Las Vegas… Cos’era successo
veramente? Perché di sicuro qualcosa era successo.
Frustrata, si voltò
di scatto. Tommy la seguì, barcollando.
Perché Xander si comportava in quel modo? Perché arrivava sempre a
un certo punto, e poi si tirava indietro?
<< Allora?
>> la incalzò Max, << Perché non rispondi? Perché non lo difendi a
spada tratta? >>.
<< Va bene,
Max, hai ragione >> disse Irina, << Diciamo
che alla fine non gliene importi nulla di me, che come dici tu ha solo voglia
di togliersi qualche sfizio e approfittare della mia stupidità… Hai ragione, è
vero, sono un’illusa. Lo sai meglio di me, no? Ma se ti aspetti che dopo quello che mi hai detto smetta di aiutarlo, ti sbagli di grosso
>> il suo sguardo divenne duro, << Se hai qualche problema con Xander, risolvilo con lui e non prendertela con me, chiaro?
Se pensi veramente che mi stia usando, vai da lui e diglielo >>.
Max la guardò sorpreso,
poi ribatté: << Pensi che non abbia il coraggio di farlo? >>.
<< Sei tu il
duro della situazione. Se pensi di avere ragione, fallo
>>.
Tutti i suoi
propositi di fare pace con Max erano andati all’aria. In un attimo, toccando
l’unico tasto debole, si erano di nuovo ritrovati
l’uno contro l’altra. Era troppo arrabbiata per cercare
di trovare un punto di incontro, ma sapeva che forse Max aveva ragione. Stava
diventando una stupida cocciuta, ma lei non riusciva proprio a pensare male di Xander. Nemmeno per un attimo.
Max si alzò in
piedi, tirò fuori il cellulare dalla tasca e la guardò con l’aria di sfida.
<< Va bene
>> disse, premendo i tasti del telefono con impeto, << Farò a modo
tuo >>.
Confusa, Irina lo
guardò portarsi il cellulare all’orecchio.
<< Alexander?
Sono Max >> disse con la voce che sembrava un cubetto di ghiaccio,
<< Ci dobbiamo vedere. Dobbiamo parlare. Adesso. D’accordo, ci vediamo
alla mia officina >>.
Chiuse la
telefonata e fissò Irina con un sorriso per niente amichevole. Irina lo fulminò
con lo sguardo, prese Tommy in braccio e se ne andò, sbattendo la porta.
Spazio Autrice
Poche righe per dire che continuo ad avere problemi con il pc… Non so nemmeno quando me lo ridaranno. Quindi, ringrazio tutti per le recensioni, e continuate a
lasciarmele che io le leggo e le apprezzo moltissimo. Un bacio grande!
Xander parcheggiò la BMW davanti all’officina aperta
di Maximilian, e spense il motore. Scese dall’auto e
si guardò intorno, incuriosito. Sembrava tutto abbastanza tranquillo. Sembrava,
appunto.
La telefonata del
meccanico lo aveva colto di sorpresa: non si sarebbe mai aspettato che volesse
parlargli, e con così urgenza. Il tono della sua voce gli era sembrato decisamente freddo e irritato. Odiava sentirsi dare degli ordini, soprattutto da uno che conosceva a
malapena, ma si era trattenuto dal ribattergli malamente… Preferiva un faccia a
faccia.
Max lo aspettava
davanti alla porta, le braccia incrociate con aria minacciosa, l’espressione
gelida. Gli fece un cenno con il capo e lui lo seguì dentro, in silenzio,
notando che l’insegna appesa alla porta diceva “Chiuso”. Nell’officina non
c’era nessuno, il suo amico messicano doveva essersene andato.
Il meccanico si
voltò verso di lui e, senza nemmeno un saluto preliminare, esordì: << Credo
tu abbia capito che voglio parlare di Irina >>.
Xander annuì. Poteva
dirsi che Irina era l’unica cosa che al momento li collegasse: era chiaro che
l’argomento sarebbe stato lei.
<< Ci sono
problemi? >> chiese, tranquillo.
<< No… Anzi,
sì, ci sono problemi. Ti sta aiutando perché crede che tu possa far arrestare
William, ma sta rischiando molto più di quanto tu immagini >> disse Max,
aggressivo, << E non mi va che tu la illuda solo per riuscire a
portartela a letto >>.
Xander inarcò un
sopracciglio, leggermente perplesso dall’accusa. Irina gli piaceva, non
l’avrebbe mai negato, e non avrebbe neanche negato che, in effetti, qualche
fantasia poco innocente l’avesse avuta, ma non era certo il motivo per cui aveva chiesto il suo aiuto.
<< Non sto
cercando di portarmela a letto >> rispose con calma, << Non sono
quel tipo di persona… Essere gentili con una ragazza non significa avere
secondi fini. Poi mi pare sia “fidanzata”, e questo dice tutto >>.
Max incrociò le
braccia. << Non è fidanzata >> ribatté, << Lo sai benissimo.
Te lo avrà sicuramente detto. Lei e lo Scorpione non stanno veramente insieme:
lavora per lui, e William vuole che la gente pensi che sia la sua ragazza. Non
puoi negare che ci stai provando >>.
“In effetti è vero” pensò, divertito.
<< Avresti qualcosa in contrario? >> domandò, sapendo di non dargli
una risposta. Iniziava a intuire quale fosse il vero problema.
<< Sì >>
ribatté Max, << Non voglio che uno sbirro come
te le giri intorno >>.
Quindi il meccanico
pensava che fosse un poliziotto… Irina si fidava abbastanza di lui da avergli
accennato qualcosa.
<< Ti ha
detto perché sono qui? >> chiese.
<< Mi ha solo
detto che hai intenzione di sbattere giù lo Scorpione
dal primo posto della Lista >> rispose secco Max, << Quindi presumo
su sia uno sbirro >>.
Il meccanico
continuava a girare intorno alla questione, senza mai arrivare al punto, e Xander iniziò a innervosirsi. Voleva arrivare al sodo, e
chiudere quella discussione che non gli risultava
piacevole.
<< Se sei
geloso che tu lo dica >> sbottò, irritato.
Lo disse più che
altro per provocarlo, ma vide sul volto del meccanico una strana espressione.
Un misto di tristezza e fastidio.
<< Non dirmi
che sei innamorato di lei >> aggiunse Xander,
trattenendosi dal ridacchiargli in faccia.
Max gli lanciò un’occhiataccia.
<< No >> rispose secco, << Almeno, adesso non più… E’ come
una sorella, per me >>.
Xander scrutò il
meccanico. Ci mancava solo questo: una crisi di gelosia da uno che si era preso
una cotta per Irina, e che ora pensava di dargliela a bere dicendo che la
considerava solo come una sorella.
<< E allora
perché non glielo hai mai detto? >> domandò. Non lo faceva certo per
dargli conforto: voleva solo capire se dovesse preoccuparsi o
meno di lui. E anche perché era stranamente interessato alla questione.
<< Perché ho capito che lei non mi voleva >> rispose arrabbiato
Max, come se ammetterlo davanti a lui gli costasse tutta la sua pazienza,
<< Mi vedeva solo come un fratello e basta. E poi, lei non è per me. Non
sarei in grado di darle quello che si merita >>.
Xander fissò il
meccanico, incerto su cosa dire. Le parole di Max erano intrise di una grande
tristezza, dovuta anche al fatto che aveva appena rivelato una parte di sé a un
perfetto estraneo. Però non riuscì proprio a smorzare
la rabbia che provava in quel momento.
<< E adesso?
Continui ad amarla senza dire niente? >> chiese, << Sei così
codardo da lasciare che William la usi come la sua bambolina? >>.
Max sembrò
infuriarsi. << Non sono codardo. Per me è e rimane solo una sorella. Le voglio
bene, ma non la amo come all’inizio. Contento? >>.
<< No
>> ribatté Xander, << Se le vuoi così
bene, smettila di trattarla male. E soprattutto, smettila di ostacolarla. Non
so di preciso cosa ti abbia detto di me, ma sa che con
il suo aiuto posso sbattere fuori di qui Challagher.
Sto solo cercando di aiutarla, non voglio certo portamela a letto >>.
<< Ci andrà
di mezzo >> ribatté lui, << Ci crede, Alexander. Crede veramente
che tu possa aiutarla… Se non ci riuscirai, sarà l’ennesima batosta che dovrà
sopportare. E credimi, fino ad adesso ne ha prese veramente troppe >>.
<< Dimmi una
cosa, Maximilian >> disseXander, << Tu cosa stai facendo, per aiutarla?
La metti in guardia, la controlli? Visto che tieni così tanto
a lei, come mai non ti stai facendo in quattro per darle una mano? >>.
Max lo fissò, e per
un momento credette che gli sarebbe saltato addosso
per prenderlo a pugni.
<< Non vuole
che mi intrometta >> disse, frustrato, <<
Non mi ha mai permesso di capire quello di cui ha bisogno… Non ha mai voluto
che l’aiutassi, fin dal primo giorno. E so che non è stata del tutto sincera,
con me >>.
Allora Irina
nascondeva il suo ultimo segreto anche a Max, che doveva essere uno dei suoi
migliori amici. Continuava a voler fare tutto da sola, a rimanere chiusa nella
sua prigione per cercare da sola la sua uscita.
<< Se non ti
ha permesso di farlo, è perché non vuole metterti nei guai >> disse,
neutro, << Io non sono venuto qui per lei, ma
non ci penso proprio ad abbandonarla lì dov’è. Rischio comunque. Quindi, mettiti il cuore in pace: non la lascerò da sola
>>.
Max lo guardò.
<< Io… >> cominciò.
Xander lo interruppe di
nuovo. << Lasciala in pace. Ha già troppi problemi, e non mi sembra il
caso di litigare per una stronzata come questa. Ci starà male, se continui a
incolparla di qualcosa che non sta facendo >>.
Era deciso ad
andarsene. Quella discussione lo irritava parecchio, soprattutto per via della
novità sui sentimenti di Max. Forse era la verità, però lo infastidiva sapere
che qualcun altro aveva messo gli occhi su Irina, anche se in passato.
Comprese cosa stesse cercando di fare il meccanico: voleva proteggere
Irina fin dove lei gli permetteva di intromettersi. Ed era chiaro che lei
continuava a nascondere troppe cose, persino ai suoi amici.
<< E comunque, tra noi non è successo nulla >> concluse Xander, guardandolo negli occhi << Niente di quello
che stai pensando. Ha troppi problemi per la testa, per pensare a me >>.
“Però le ho rubato un bacio…
E’ non sarò in pace con me stesso finché non glielo avrò detto”.
Fece per andarsene,
quando si ricordò di una cosa. Guardò Max, in piedi di fronte al bancone, lo
sguardo imperscrutabile.
<< Ah… Sei
invitato a una serata in pizzeria. Vedi di esserci. Non lo dico per me, ma per
Irina >>.
Ore 11.00 – Università
<< Allora
>> bisbigliò Jenny, annotando le date degli esami sulla sua agenda,
<< Ho fissato tutto. Sabato sera, alle 9.30, da “ ’O
sole mio”… Devo solo prenotare. Quanti siamo, alla fine? >>.
<< Io ci sono
>> disse Katy.
<< Io anche
>> disse Angie, senza staccare gli occhi dal
suo quaderno coperto di appunti.
<< Idem per
me >> aggiunse Irina, << E conta anche Max. Ha detto che viene
>>.
Irina, seduta a
fissare con occhi funerei le date vicinissime degli esami, ripensò al pomeriggio
seguente. Max si era presentato a casa sua con la coda tra le gambe e le aveva
chiesto scusa per come l’aveva trattata, dicendo di essere stato un po’
superficiale. Scuse accettate, naturalmente, ma Irina non potè
fare a meno di chiedersi cosa gli avesse detto Xander
per fargli cambiare idea. Doveva avergli dato una bella strigliata.
<< Bene
>> fece Jenny, << Perfetto, ci siamo
tutti… >>.
Si mise a parlare
di come organizzare le auto, ma Irina non l’ascoltava.
Stava pensando che quel pomeriggio Xander sarebbe
passato da casa sua per prendere Tommy e portarlo da Sally. La sera prima aveva
preparato due borsoni con tutte le cose del suo nipote, che poi aveva
abbandonato nell’ingresso di casa con aria afflitta. Suo padre le aveva chiesto
cosa stesse facendo, e quando aveva appreso la notizia, come aveva previsto,
non aveva fatto una piega.
<< Irina?
>> qualcuno la chiamò, << Mi stai
ascoltando? >>.
La ragazza si
voltò: a distoglierla dai suoi pensieri era stata, come al
solito, Jenny.
<< Cosa c’è?
>> chiese stancamente.
<< Che hai?
>> domandò Katy, preoccupata.
<< Nulla
>> rispose Irina, << Perché mi chiamavate? >>.
<< Stavamo
pensando che sei l’unica che viene da sola, sabato
>> spiegò Jenny, << Io vengo con Jess, Angie e Katy vengono insieme…
>>.
<< Credo di
essere in grado di guidare da sola fino in pizzeria >> borbottò Irina,
<< Sono piuttosto brava, al volante, sai? >>.
Jenny alzò gli
occhi al cielo. << Non era quello che intendevo >> disse, <<
Stavo dicendo che per una volta potresti scroccare un
passaggio a qualcuno… >>.
Irina capì subito a
chi si riferiva. Jenny voleva che Xander la passasse
a prendere a casa, e di conseguenza la riaccompagnasse
anche.
<< Non vedo
perché debba scomodare qualcuno, quando sono perfettamente in grado di andare e
tornare in tutta autonomia >> disse.
Non aveva voglia di
affrontare il “discorso Xander”: non era dell’umore
giusto per sopportare i tentativi di Jenny di farle ammettere che era
innamorata cotta.
Il professore finì
in quel momento di augurare a tutti gli studenti buone vacanze con tono
ironico, e la gente nell’aula iniziò ad alzarsi. Irina fece altrettanto, e
disse: << Vado a prendere un caffè >>.
<< Aspetta!
>> la fermarono le tre amiche, << Che hai?
>>.
Irina sbuffò.
<< Non ho niente, sto bene >> rispose, anche se non era vero.
Qual’era il suo
problema? Era solo e semplicemente uno: Xander.
Max ci aveva visto
giusto: le piaceva da morire, ma rendersi conto che forse lui non ricambiava la
deprimeva. Le occasioni che avevano avuto erano state tante, ma non era mai
successo niente.
Eppure, in ogni
momento libero, la sua mente vagava sempre nella stessa identica direzione, con
lo testo pensiero fisso. Xander,
Xander e ancora Xander. E
poi sentiva lo stomaco stranamente leggero, il sorriso le affiorava sulle
labbra senza un motivo apparente, era più distratta del solito. Pensava a come era stata bene, tra le sue braccia, quella sera a Las
Vegas…
E poi, da quella
sorta di felicità virtuale, passava alla depressione. Perché si rendeva conto,
che in fondo, non era successo niente, e che molto probabilmente sarebbe
continuato così. La prospettiva della pizza non la rendeva euforica come Jenny:
a cosa sarebbe servita una serata insieme, se sapeva già come sarebbe andata a
finire?
Mandò giù tutto d’un fiato la sua tazzina di caffè, sapendo che le tre
amiche l’avevano seguita in silenzio. Non aveva voglia di parlare, e per
fortuna lo avevano capito.
Il resto delle
ultime due ore di lezione dell’anno, Irina le passò muta come un pesce a
pensare che non era minimamente preparata per
affrontare gli esami troppo vicini. All’uscita salutò rapidamente tutti i
ragazzi conosceva augurando loro in bocca al lupo e sparì diretta all’asilo per
prendere Tommy.
Rientrata a casa
con il bambino in braccio, Irina guardò con apprensione i borsoni adagiati
nell’ingresso. Preparò qualcosa da mangiare solo per Tommy, perché lei non
aveva fame, e poi lo vestì.
Solo in quel
momento si accorse di quante cose avrebbe faticato a rinunciare, di quel
bambino. Quando se lo era trovato davanti alla porta
di casa non aveva che pochi mesi, e adesso stava in piedi davanti a lei e
iniziava a parlare. Lo aveva cresciuto con tutto l’impegno di cui era stata
capace, cercando di garantirgli il minimo indispensabile. Lo aveva visto crescere,
lo aveva quasi considerato suo figlio.
Gli abbottonò i
pantaloncini e il bimbo le mise le manine sul volto, ridendo.
Un
lacrima
le rigò il viso: lo avrebbe rivisto, ma le sembrava tanto un addio. Lo
abbracciò forte e lo cullò per l’ultima volta.
<< Andrai
dalla tua mamma >> mormorò, << Vedrai, starai benissimo… Verrò a
trovarti un sacco di volte >>.
Forse anche Tommy
si rese conto che c’era qualcosa che non andava, perché le strinse il collo con
le braccine e appoggiò la testa sulla sua spalla.
Rimasero così
finché non suonò il campanello, e Irina andò ad aprire. Era Xander.
<< Ciao
>> la salutò, serio.
<< Ciao
>> rispose lei, la voce atona.
Xander entrò in casa, le
rivolse un’occhiata preoccupata e chiese: << Stai bene? >>.
Irina annuì.
<< Lì ci sono le sue cose >> disse indicando i borsoni.
Xander li afferrò e uscì
per portarli in auto. Poi tornò indietro e attese che Irina gli desse il
bambino.
<< Ciao,
piccolo >> lo salutò, dandogli un bacio sulla fronte,
<< Ci vediamo presto >>.
Senza aggiungere
altro, perché non aveva la forza di parlare, lo passò a Xander,
che lo prese in braccio. Tommy la guardò stranito, ma non si mise a piangere.
La stava prendendo meglio di lei.
Irina rimase a
guardarlo, dicendosi che poteva andarlo a trovare quando voleva, ma non riuscì
a trattenere un’altra lacrima. Xander la guardò,
serio, poi con il braccio libero le cinse le spalle e la strinse a sé.
La ragazza rimase
in silenzio, cercando di controllarsi, perché non voleva scoppiare a piangere
proprio davanti a lui. Trasse un paio di respiri profondi, poi si staccò e
sorrise. Tutto sommato, aveva ragione lui: era meglio
che lei non andasse.
<< Vuoi che
torni qui, dopo? >> domandò Xander.
Lei fece di no con
la testa. Si avvicinò a Tommy e gli diede un altro bacio sulla fronte; poi, si
alzò sulla punta dei piedi e ne diede uno anche a Xander,
sulla guancia.
Il ragazzo la fissò
quasi stupito, poi sorrise e disse: << Ci vediamo presto, piccola
>>.
E uscì, portandosi
dietro la luce che aveva illuminato la vita di Irina per due anni a quella
parte.
Ore 18.00 – San Francisco, F.B.I.
<< E queste
sono le chiavi >> disse Franck White, porgendo
a Xander una busta di carta gialla, << Tre come
mi ha chiesto >>.
Xander afferrò il
pacchetto. << Bene >> disse, << Grazie >>.
<< Agente Went, veda di non ridurre quest’auto come la precedente
>> disse White, con aria stanca, << Anche perché questa ci è costata più del doppio, con tutte le modifiche che ha
voluto. Non metto in dubbio che le serva per arrestare Challagher,
ma mi chiedo se fosse proprio necessario scegliere un modello non ancora in
produzione >>.
Xander sorrise. <<
E’ uno sfizio che posso togliermi solo qui >> ribatté, tranquillo,
<< E di sicuro la preserverò come se fosse mia >>.
White grugnì qualcosa,
ma Xander si chiuse la porta dell’ufficio alle
spalle, e percorse il lungo corridoio bianco diretto all’ascensore. Sulla
strada incrociò un volto a lui noto.
<< Ciao
Michael >> salutò.
<< Ciao
Alexander! >> ricambiò l’altro ragazzo, un paio di anni più di lui,
<< Ho saputo che sei riuscito a farti dare una bella macchina, eh? L’ho
vista di sotto >>.
Xander sorrise. Michael, i capelli castano scurissimo e l’espressione intelligente,
era un bravo agente, e a lui stava simpatico. Lo reputava molto in gamba.
<< Sai che le
auto sono la mia passione >> ribatté lui, << Dove stai andando?
>>.
<< Da White
>> rispose Michael, con un’alzata di spalle, << Devo parlargli un
attimo… Sai com’è, vuole sempre sapere tutto… >>.
<< Non dirlo
a me >> disseXander,
<< Adesso vado di fretta, ma magari la prossima volta facciamo due chiacchere con più calma. Su cosa stai lavorando, adesso?
>>.
Michael alzò le
spalle. << Mah, una cosa di poca importanza >> rispose, <<
Qualche strano furto di gioielli… Tu come sei messo, a Los Angeles? >>.
<< Abbastanza
bene >> disse Xander, << Se vado avanti
così, dovrebbe filare tutto liscio come l’olio >>.
Forse appariva
troppo sicuro, ma era meglio non aggiungere altro. Non voleva dare
l’impressione che esistessero delle possibilità che
potesse fallire.
<< Buon per
te >> disse Michael, << Ci vediamo in giro, allora. Buon lavoro,
Alexander >>.
Si salutarono, e Xander corse nel garage sotterraneo. Aveva fretta di
tornare a Los Angeles, perché voleva sapere come stava Irina e soprattutto
doveva convincerla a farsi portare da lui, a mangiare la pizza.
Quando le porte
dell’ascensore si aprirono, la sua nuova auto gli saltò
subito all’occhio, parcheggiata nel posto sempre riservato a lui.
La Ferrari 458
Italia rossa spiccava nitida tra le pareti bianche del garage, un bolide che
sembrava in movimento anche da fermo. Fari allungati e dal taglio spigoloso,
grande presa d’aria frontale e linea sinuosa la rendevano felina e aggressiva;
il cavallino rampante su fondo giallo spiccava sul cofano brillante sotto la
luce dei neon, nascondendo il motore potenziato.
Xander raggiunse l’auto e
salì nell’abitacolo, dicendosi che ne era valsa la pena. Quell’auto era
fantastica. Infilò la chiave nel nottolino e il motore si avviò, inondando il
garage dell’inconfondibile rumore Ferrari.
Con una sgommata,
partì diretto a Los Angeles, deciso a provare sull’autostrada la sua nuova
macchina.
Ore 18.00 – Casa
Irina era seduta
sul divano di casa, sola. Era un po’ depressa per via del silenzio che regnava
nella stanza, segno della mancanza di Tommy. Non aveva nemmeno voglia di
uscire, nonostante quella stessa sera dovesse andare a mangiare la pizza
organizzata da Jenny.
Sentì suonare alla
porta, e si chiese chi potesse essere. Non aspettava nessuno.
Mentre con aria
afflitta percorreva il corridoio, una minuscola parte del suo cuore sperò si
trattasse di Xander. Quando però aprì la porta, non
rimase comunque delusa.
Jenny, praticamente in tuta da ginnastica, stava in piedi sulla
soglia con aria seria, in mano un borsone scuro più grande di lei. Inarcando un
sopracciglio, Irina la salutò. << Che fai qui? >> domandò.
<< Ho pensato
che avresti avuto bisogno di una mano >> rispose tranquilla, mentre Irina
la lasciava entrare in casa.
<< E per
cosa? >> chiese lei, guardandola poggiare il borsone sul pavimento con
aria stanca.
<< Per
prepararti >> rispose con ovvietà Jenny.
<< Ah…
>> fece Irina, senza sapere cosa dire. L’amica era sempre in grado di
lasciarla senza parole. << Ma… A cosa ti serve
quel borsone? >>.
<< Ci sono
dentro delle cosucce che potranno esserci utili >> spiegò Jenny, <<
E quello che mi devo mettere io stasera… Posso prepararmi qui, vero? >>.
<< Niente
“ma” e nemmeno “però” >> la interruppe Jenny, portandosi le mani ai
fianchi, minacciosa, << Tu farai quello che ti dico io. Stasera lo
stenderai come nessun’altra ragazza ha mai fatto >>.
Irina arrossì,
comprendendo al volo le intenzioni dell’amica. Jenny sembrava aver preso la
cosa come un affronto personale ed era pronta a “scendere in guerra”. Sarebbero
state ore di durissime, per lei.
<< Jenny,
credo tu la stia prendendo nel modo sbagliato… >> cominciò,
mentre l’amica apriva il borsone e tirava fuori un beautycase grande come un
casa, << Non penso che la situazione sia quella che credi tu… >>.
<< E no, mia
cara. Io non mi sbaglio mai, su queste cose >> disse Jenny, porgendole un
flacone che Irina non degnò nemmeno di uno sguardo, << Quindi può fare il
duro quanto vuole, ma lo faremo sciogliere come un cioccolatino al sole… Questa
è una sfida >>.
Ci mancava solo che
si facesse dei segni neri sulle guancie, poi Jenny sarebbe
stata pronta per dichiarare guerra a Xander.
Sarebbe scoppiata a ridere, se non avesse saputo che i folli piani dell’amica
purtroppo erano rivolti su di lei.
<< E adesso
>> aggiunse Jenny, << Vai a farti una doccia e mettiti quella
>>.
Irina abbassò lo
sguardo sulla confezione che le aveva dato: crema corpo al cioccolato. Irina
inarcò un sopracciglio, ma non disse niente e si diresse verso il bagno.
<< Posso
frugare nel tuo armadio?! >> gridò Jenny, che
chissà come si era già fiondata di sopra.
<< Sì, fai
come se fossi a casa tua >> rispose Irina.
Mezz’ora dopo,
emergeva dal bagno permeata dal profumo di cioccolata, neanche si fosse immersa
in una vasca di cacao. Trovò Jenny davanti al suo letto, mentre guardava con
aria critica alcuni vestiti.
<< Uhm… Qui
ci vuole qualcos’altro >> disse, si voltò verso di lei e disse: <<
Pronta per i capelli? >>.
Irina alzò gli
occhi al cielo. << Sì >> mormorò, sconfitta. Jenny sapeva essere
molto “convincente”, e lei la conosceva bene. Non aveva la forza morale per
intavolare una discussione.
<< Cosa facciamo… >> mormorò Jenny, a sé stessa, <<
Vediamo un po’… >>.
<< Ti ricordo
che stiamo andando a mangiare una pizza >> disse Irina, seduta al tavolo
e l’amica in piedi dietro di lei.
<< Lo so…
Immagino tu non voglia niente di vistoso, vero?
>>.
<< Sì
>> rispose Irina, stupita che Jenny non insistesse più di tanto, <<
Non posso farmi semplicemente una coda? >>.
<< E sia per
la coda >> disse Jenny, << Però i capelli li lisciamo, così viene
proprio bene >>.
Strano che fosse
così arrendevole. Rimase in silenzio mentre Jenny si occupava dei suoi capelli,
sicura che dopo si sarebbe scatenata. Le aveva dato l’idea di
essere pronta a scatenare il finimondo, e tutte le sue conoscente nel
campo dell’estetica, pur raggiungere il suo scopo.
<< Bene,
adesso passiamo ai vestiti >> disse Jenny, trascinandola in camera sua e
spalancando gli armadi.
Irina osservò
l’amica frugare tra gli abiti, tirando fuori ogni tanto qualcosa e gettandolo
sul letto. Metà della roba erano vestiti che le aveva
regalato William ma che, per quanto costosi e belli, preferiva non indossare:
non rispecchiavano per nulla quello che era lei.
<< Uh, questo
è il famoso Dior? >> chiese Jenny, ammirando il vestito blu che aveva
messo a Las Vegas, << Mamma mia… E’ veramente bellissimo. Chi è che ti ha
regalato una cosa del genere? Costerà almeno diecimila dollari >>.
<< Il mio
capo >> rispose neutra Irina, distogliendo lo sguardo.
Jenny rimise
l’abito nell’armadio, e quando fu soddisfatta di ciò che aveva preso, la guardò
e disse: << Passiamo alla prova >>. Le mostrò una gonnellina di
jeans e un top rosso fuoco, << Mettiti questi,
intanto io mi vesto >>.
Irina si infilò la roba che le aveva dato Jenny, mentre lei tirava
fuori dal suo borsone un paio di short neri e una camicetta bianca leggermente
trasparente. In un attimo era vestita, e guardava Irina allacciare il top
dietro il collo.
<< Uhm…
>> fece dubbiosa Jenny, << Forse… >>.
<< Ma devo per forza mettere la gonna? >> chiese Irina,
guardandosi le gambe scoperte con aria perplessa.
<< Sì
>> rispose Jenny, senza permetterle vie di fuga, << Ai ragazzi
piace vedere le gambe delle ragazze, se non lo hai ancora capito… E tu le hai
pure belle lunghe, quindi meglio di così >>.
<< Ma scusa, perché non la metti tu, la gonna? >> chiese
Irina, indicando gli short dell’amica, << Te ne
presto una io, no? >>.
<< No, perché
sono alta un metro e un tappo, e quindi meglio un paio di pantaloncini, in
quest’occasione >> rispose tranquillissima Jenny, come se fosse una cosa
ovvia, << Slanciano di più e fanno meno nana incazzata… Me lo dice
sempre, Jess >>.
Irina la fissò per
un momento, poi si mise a ridere.
<< Non sei
nana >> disse.
<< Forse no,
ma comunque stasera sei tu quella che non deve passare
inosservata >> ribatté Jenny, << E non passerai inosservata
>>.
<< Dai Jenny, tutto questo è inutile. Lo sai meglio di me che
non si arriverà a nulla >> disse Irina, una leggera nota di tristezza
nella voce, << Si è capito, no? E’ stato solo un errore di valutazione…
Magari si comporta così perché ci conosciamo da prima… >>.
<< Perché mi
sembra che tu sia tanto dispiaciuta di quello che stai dicendo? >> fece
Jenny, un sorriso che le si allargava sul volto,
<< Sarebbe la prima volta che ti esprimi così a favore di un ragazzo
>>.
Irina sospirò.
<< D’accordo, hai vinto, mi piace >> disse, << Però questo
non toglie che, nonostante ci siano state diverse occasioni, non è mai successo
niente… >>.
<< E allora?
Devi essere tu a fare in modo che “succeda qualcosa” >> ribatté Jenny,
infervorata, << Non puoi stare lì e soffrire nel dubbio… Al massimo ti
dice “no, guarda, al momento sono preso da altro…”. Ma
non te lo dirà, posso scommetterci tutto quello che vuoi >>.
<< Sai che
non lo farò >> disse Irina, << Non sono quel genere di ragazza… Ma lasciamo perdere, tanto lo so che non ti
convinco… Cosa devo mettermi? >>.
<< Questo
>> rispose subito Jenny, mostrandole un abitino nero sbucato da chissà
dove, << Lo avevamo comprato insieme, ti ricordi? >>.
Irina annuì. Fare
shopping con lei era sempre indimenticabile. Prese il vestito e se lo mise
addosso, poi si girò lentamente verso lo specchio,
timorosa di quello che vi avrebbe visto.
Tutto
sommato,
non era male. Forse per quello si era lasciata convincere a comprarlo. Le
cadeva addosso non troppo aderente, la scollatura non era eccessiva e la gonna corta il giusto. Molto semplice, nel suo stile, e nemmeno
troppo elegante. Doveva ammettere che si sentiva a suo agio, anche se era
davvero strano.
<< Allora?
Come ti sembri? >> chiese Jenny.
<< Ehm…
Abbastanza bene. Meglio di quanto pensassi, a dirti la
verità >> rispose Irina, << Non vuoi niente di più provocante? Non
è da te scegliere cose così semplici… >>.
Jenny sorrise.
<< Se piaci a Xander,
gli piaci per quello che sei veramente. Quindi è giusto che tu ti senta a tuo agio vestita come ti piaci tu… Non ci metterò più di tanto
lo zampino. Ti farò solo da consigliere, questa volta >>.
Irina la fissò
inarcando un sopracciglio.
<< Hai
bevuto, per caso? >>.
Jenny ridacchiò.
<< No. Avanti, scegli le scarpe >>.
Irina aprì la
scarpiera e passò in rassegna tutto il suo repertorio con aria critica. Optò per un paio di sandali bianchi e dorati con il tatto
non troppo alto, sicura di non avere male ai piedi, e li mostrò a Jenny.
<< Perfetto
>> disse, << Vanno benissimo… >>.
Irina si voltò e
tirò fuori un altro paio di scarpe, questa volta nere e con un tacco
vertiginoso, e le porse a Jenny. << Queste provale tu >> disse.
<< Sono Prada… Che ne dici? >>.
<< Uh!
>> gridò Jenny, << Veramente? Sono bellissime! Veramente me le
presti? >>.
<< Per me
puoi anche tenerle >> disse Irina, contenta di
averla appena fatta felice, << Le ho messe una sola volta e non le
metterò mai più >>.
Jenny la guardò
sconvolta per ben un minuto, senza sapere che dire. Poi l’abbracciò lanciando
gridolini di ringraziamento.
<< Ok, ok,
non mi stritolare >> disse Irina, << Che ore sono?
>>.
<< Le otto
>> rispose l’amica guardando l’orologio, << Siamo
in anticipo, strano… >>.
Alle nove, erano
tutte e due belle che pronte, in attesa dei loro “cavalieri”. Jenny era ancora
euforica per le scarpe. Irina stranamente tranquilla.
Suonarono alla
porta, e Jenny corse ad aprire. << Questo è Jess!
>> gridò nel corridoio, << Gli ho detto di venirmi a prendere qui
da te un po’ prima… Ci vediamo direttamente in pizzeria! >>. Si affacciò
in soggiorno e aggiunse, minacciosa: << E non aspettarlo alla finestra,
chiaro? Rimani seduta li finché Xander
non arriva >>.
Senza capire il
perché di quella strana richiesta, Irina rimase ferma dov’era, adesso in ansia.
Ogni tre secondi guardava l’orologio, chiedendosi cosa
avrebbe fatto quando Xander sarebbe arrivato.
Cambiare cinque o sei volte colore non era una buona idea…
Finalmente il
campanello di casa suonò di nuovo, e Irina schizzò in piedi. Trasse un paio di
respiri profondi e si diresse verso l’ingresso, lentamente.
Quando aprì la
porta, ammutolì. Non si ricordava che Xander fosse
così bello… O forse era perché era qualche giorno che non lo vedeva. Se ne
stava lì con il suo sorriso luminoso, i capelli scuri e gli occhi azzurri, jeans neri e camicia azzurrina, perfettamente perfetto nella
sua perfezione.
<< Chiudi gli
occhi >> disse Xander, senza nemmeno darle in
tempo di riprendere l’uso della lingua.
<< Oh…
Perché? >> chiese lei.
<< Chiudili.
Ho una sorpresina per te >> disse lui, il ghigno lupesco in azione.
Irina sospirò
ancora e poi seguì la sua richiesta, incapace di formulare un pensiero
coerente.
<< Apri la
mano >> mormorò Xander.
Le posò qualcosa di
leggero sul palmo, e lei aprì nuovamente gli occhi.
Era un pacchetto
quadrato, non molto grande, in carta rossa e con un fiocco giallo. Lo fissò per
un attimo senza capire, chiedendosi cosa ci fosse dentro. Alzò lo guardo su Xander, che sembrava molto divertito.
<< Aprilo
>> disse.
Irina
scartò lentamente il pacchetto, le mani che tremavano leggermente. Aveva paura di
quello che ci avrebbe trovato dentro… Sperava non fosse nulla di impegnativo, perché le sarebbe venuto un attacco di
panico.
Aprì finalmente la
scatolina, e scoprì che dentro c’era una chiave. Una chiave con l’insegna di un
cavallino rampante nero su fondo giallo, e che lei riconobbe subito. Però non riuscì a capire dove volesse arrivare.
Xander la prese per una mano e la tirò fuori di casa, e allora la
vide. Parcheggiata a pochi metri da loro, di un rosso inconfondibile, c’era una
Ferrari. Un Ferrari vera, che lei non aveva mai visto
dal vivo, ma che riconobbe all’istante.
Ferrari 458 Italia,
un’auto che non era nemmeno ancora uscita sul mercato, e che forse non era
stata nemmeno presentata ad alcun salone dell’automobile. Bassa, larga e
inconfondibilmente “made in Italy”, sembrava muoversi
anche da ferma. E lo sguardo dei fari allungati le
ricordavano quelli di un felino pronto a scattare per aprire la caccia.
In un attimo,
collegò le chiavi con la macchina. Si girò verso Xander,
gli occhi spalancati.
<< Credo di
aver capito male >> mormorò, senza fiato. << Per caso sei
impazzito? >>.
Xander ridacchiò.
<< No… Lo sapevo che mi avresti dato del matto. Ti sto solo regalando un
mazzo di chiavi, non è poi così tanto >> disse.
Irina guardò il
pacchetto, poi lui. << Lo sai vero che macchina è quella? >>
chiese.
<< Certo.
L’ho scelta apposta >> rispose Xander, <<
Sbaglio, o le Ferrari ti piacciono da morire? >>.
<< Sì che mi
piacciono, ma… Costerà… Non lo so nemmeno quanto, neanche la vendono! >>.
Xander gettò una rapida
occhiata all’orologio che aveva al polso.
<< Andiamo?
>> disse, ignorando le sue proteste.
<< Non mi
puoi regalare niente, nemmeno le chiavi >> disse Irina, facendo finta di
non averlo sentito, << Non le voglio. La macchina è tua, e di sicuro non
ti hanno autorizzato a regale le chiavi in giro >>.
<< D’accordo,
rimane mia, ma sei tu sei “autorizzata” a prenderla, quando ti va >> ribatté sornione, << E poi non seguo mai gli ordini…
E… Lo sai che stasera sei molto carina? >>.
Perfetto, l’aveva
zittita in un attimo. Lo fissò arrossendo, lo precedette verso la macchina e
disse: << Tanto non le prendo >>.
<< Vedremo
chi l’avrà vinta >> disse Xander, aprendole la
porta ridacchiando.
Quando il motore si
accese, Irina rimase in religioso silenzio per godersi quel momento. Uno dei
suoi sogni, salire su una vera Ferrari, si era appena avverato.
<< Sai dove
dobbiamo andare? >> chiese Irina, una volta per strada.
<< Sì, Jenny
ha provveduto a spiegarmi tutto per bene >>
rispose Xander, << Anche troppo >>.
Irina si sentì in
imbarazzo: cosa gli aveva detto Jenny?
<< Scusala, Xander >> disse, << Ma è un po’… Fissata
>>.
Xander non sembrava
essersela presa, e appariva solo divertito. << E’ un po’ buffa, ma è una
brava ragazza >> disse, << Ci tiene parecchio a te… Pensava che non
ti sarei mai venuto a prendere >>.
<< Te lo ha
chiesto lei? >> domandò Irina, a bocca aperta.
<< Sì, ma in
realtà ci avevo già pensato io >> risposeXander, << L’idea delle chiavi è stata mia, non sua
>>.
Irina richiuse la
bocca e abbassò lo sguardo. Quindi era tutta un’idea di Xander…
Allora un pochino pochino le
voleva bene.
Sospirò a si lasciò
andare sull’avvolgente sedile di pelle nera della Ferrari, svuotata.
<< Com’è
andata in questi giorni? >> chiese Xander,
serio, riferendosi all’assenza di Tommy.
<< Più o meno… Mi manca, quello sì. Ma
ci farò l’abitudine >> rispose Irina, << E’ tutto un po’ strano…
>>.
<< Come posso
farmi perdonare? >> chiese Xander.
<< Non hai
niente da farti perdonare >> ribatté Irina, << Sono io che ti devo
ringraziare >>.
Parcheggiarono
l’auto a cinquanta metri dalla pizzeria, sotto gli sguardi allibiti dei
passanti che fissavano la Ferrari con occhi spalancati.
<< Avevi
messo in conto che ci avrebbero guardato tutti? >> chiese Irina,
chiudendo delicatamente la portiera e cercando di non arrossire.
Xander, invece, sembrava
come al solito a suo agio. Ridacchiò, ammiccando a un
passante che fissò entrambi leggermente perplesso.
<< Sì, avevo
immaginato anche questo >> disse, chiudendo l’auto, << Però ne vale
la pena, eh? >>.
<< Se lo dici
tu… >> mormorò Irina, poi Xander le avvolse un
braccio attorno ai fianchi e la spinse verso il marciapiede.
<< Veramente
stanno guardando te >> le sussurrò nell’orecchio.
Irina sussultò e
gli strinse la mano che aveva appoggiata sul fianco.
Poteva avvertirla che si stava avvicinando!
Il cuore le batteva
all’impazzata, e di sicuro se avesse fatto un’altra cosa del genere le sarebbe venuto un infarto.
<< Scemo
>> mormorò, guardando fisso a terra.
Xander la strinse ancora
di più. << Ti ho fatto un complimento >> disse divertito, <<
E mi insulti? >>.
<< Sei un ruffiano >> borbottò Irina, << Lo fai
apposta per farmi stare zitta >>.
<< Mi piace
farti cambiare colore >> ribatté Xander,
<< Lo prendo come un grazie, comunque. E ti va
anche bene perché sono grande e grosso, se no ti avrebbero importunato tutta la
serata, sai? >>.
Irina non sapeva
più che pesci prendere. Il cervello si stava lentamente fondendo, e non
riusciva a capire se la stesse prendendo in giro
oppure no.
<< La vuoi
smettere? >> disse, liberandosi di quella stretta, anche se un po’ a
malincuore.
Xander la guardò
ridacchiando. << D’accordo, scusa >> disse, << Però non sto
facendo il ruffiano, e non dico le bugie. Sei carina,
stasera, ti da fastidio sentirtelo dire? >>.
<< Sì
>> rispose Irina.
<< Allora
continuerò a dirti per tutta la serata che sei brutta come uno scorfano.
Preferisci così? >> ribatté Xander.
<< Sì
>>.
Apparentemente
esasperato, Xander la riacciuffò prima che potesse
fuggire e se la tenne stretta addosso. Irina lasciò perdere
la ricerca di ogni via di fuga, perché tanto non voleva scappare. Proseguirono
insieme fino alla pizzeria.
Jenny, Jess e tutti gli altri erano già arrivati. Stavano in piedi
di fronte all’entrata, parlando tranquillamente tra di loro. Max per un attimo
sembrò non vederla nemmeno.
<< Ciao
ragazzi >> salutò Irina, ricordandosi solo in quel momento che era
appiccicata a Xander. E agli amici quel dettaglio non
era sfuggito.
<< Ciao!
>> l’aggredì Jenny con un sorriso enorme, <<
Aspettavamo solo voi! Entriamo! >>.
Uno dopo l’altro,
entrarono all’interno del locale, accolti da una gentile cameriera, che indicò
loro un tavolo nel dehor esterno, in un angolo
tranquillo. Siccome ci andavano sempre, conoscevano il proprietario, un
italiano doc trapiantato in America, e gli veniva
sempre riservato un trattamento di riguardo. Forse era anche un po’ merito di
Irina, che conosceva un po’ tutti.
<< Irina?
>> la chiamò Jenny.
“Oddio, adesso mi intimerà di
sedermi vicino a Xander. Magari anche direttamente
addosso”
pensò disperata lei.
<< Ti siedi
vicino a me? >> domandò Jenny, gli occhi luccicanti.
<< Oh… Ehm,
va bene >> acconsentì Irina, totalmente presa alla sprovvista.
Gettò una rapida
occhiata a Xander e si sedette a capotavola. Lui fece
lo stesso, ma dall’altra parte.
Jenny si mise a
parlare con Katy, piazzata vicino ad Antony, e Angie, di fronte a Max.
Jess era finito alla sua sinistra, e sembrava
leggermente spaesato.
La sua amica doveva
aver bevuto qualcosa di strano, quel giorno. Faceva esattamente il contrario di
quello che faceva normalmente.
<< Come mai
non hai insistito perché mi sedessi vicino a lui? >> domandò Irina a voce
bassissima, in modo che nessuno la sentisse.
<< Mi sembra
che la tua tecnica funzioni meglio della mia >> bisbigliò Jenny,
sporgendosi verso di lei, << Vedervi arrivare appiccicati è stata una
bella sorpresa… Allora ci ho azzeccato: più scappi, più ti insegue
>>.
<< Non è una
tecnica! >> protestò Irina.
Jenny ammiccò.
<< Lo so. Per questo funziona… Tieni, il menù
>>.
Irina prese il
menù, e guardò istintivamente verso Xander. Stava
parlando in modo abbastanza tranquillo con Max e Antony,
cosa che le fece piacere. Rimase a guardare rapita, vedendolo sorridere di fronte
a una battuta del messicano, poi lui alzò gli occhi su di lei.
Beccata in
flagrante, Irina usò l’unica cosa che aveva a disposizione, il menù, per
coprirsi la faccia ed evitare la figuraccia. Alzò il depliant fino davanti agli occhi facendo finta di scegliere la pizza.
Jenny la guardò con
un sopracciglio alzato, perplessa.
<< Che stai
facendo? >> chiese.
<< Ehm…
>> fece Irina, << Scelgo la pizza? >>.
Jenny le tolse in
menù dalle mani e lo consultò, decisamente più
interessata di lei.
<< Non fare la
scema >> disse, senza guardarla, << Non mi sembra il caso di
nascondersi >>.
Irina sbuffò e fece
finta di niente, anche se sentiva ancora addosso lo
sguardo azzurro di Xander. Era talmente presa da sé stessa che non si accorse nemmeno che Marcello, il proprietario
della pizzeria, era venuto personalmente a prendere le ordinazioni.
<< Buonasera,
ragazze! >> disse Marcello, un uomo alto e pelato con inconfondibile
accento italiano, << Come stiamo, eh? >>.
<< Oh,
benissimo >> rispose Jenny, << Sempre gente, da queste parti
>>.
<< Certo,
modestamente abbiamo la pizza più buona della città >> disse Marcello,
compiaciuto, << Basta pensare da dove mi faccio arrivare la mozzarella…
Comunque, che vi porto, ragazzi? >>.
Passarono alle
ordinazioni, con Irina che ogni tanto gettava un’occhiata a Xander
cercando di non farsi vedere. Inutile, perché lui la beccava subito.
La pizza arrivò
prima del previsto, accompagnata da una rosa bianca per ogni ragazza, molto
probabilmente un’idea di Marcello per le sue affezionate clienti.
Con grande sollievo
di Irina, notò che Xander e Max parlavano abbastanza
amichevolmente tra loro, e si chiese cosa mai si fossero detti quando lei s’e
n’era andata. Dovevano essersi chiariti, finalmente. Sorrise a
entrambi quando le rivolsero un’occhiata fugace, e Xander
ammiccò verso di lei con aria birichina. Non gli andava giù il fatto che fosse
lontana dalle sue frecciatine.
Distolse lo sguardo
per tornare a guardare Jenny, che stava litigando con Jess
a proposito della tipologia di pizza che avevano preso.
<< E’ più buona prosciutto e funghi >> stava dicendo la ragazza,
<< Spiegami che razza di pizza viene fuori se ci metti sopra pure le
patatine fritte… >>.
<< Guarda che
non sai cosa ti perdi >> ribatté Jess, <<
Assaggia e vedrai >>.
Irina li guardò
divertita, Jenny che continuava a ripetere che non ci pensava proprio a
mangiare “quell’obrobrio di pizza pesante come un
mattone”. Alla fine vinse lei e si rivolse a Irina con aria falsamente
disinteressata.
<< Dove si
va, dopo? >> chiese.
<< Non dovevi
decidere tu? >> ribatté lei.
<< Infatti ho pensato di andare a fare una passeggiata sul
lungo mare… >> rispose Jenny, << Poi magari se abbiamo voglia
andiamo in uno di quei locali sulla spiaggia >>.
La prospettiva di
infilarsi nell’ennesimo locale tra alcool e musica sparata a tutto volume non
la rese più di tanto contenta: per lei iniziavano a perdere ogni attrattiva,
visto che ci passava almeno tre sere la settimana. Però
avrebbe fatto uno sforzo.
<
< D’accordo…
>> disse, << C’è un posto carino a Santa
Monica… Potremmo farci un salto: ci faranno entrare gratis >>.
<< Uh,
benissimo >> fece Jenny, estasiata, << Allora sarà un bel posto… A
proposito… Perché Xander mi ha chiesto di dirti di
non guardare dalla finestra quando sarebbe arrivato? >>.
<< Non te lo
ha detto? >> chiese Irina, perplessa.
<< No, ha
detto che era una sorpresa >> rispose Jenny, continuando a guardarla con
insistenza, << Jess lo sapeva, ma non me lo ha
voluto dire… >>.
<< Ehm…
>> Irina si morse il labbro inferiore, chiedendosi cosa avrebbe fatto
l’amica quando avrebbe sentito la risposta, << Mi è venuto a prendere in…
Ferrari >>.
La bocca di Jenny
si spalancò, e per qualche secondo non fu in grado di dire niente. La fissò con
gli occhi fuori dalle orbite, deglutì e poi disse:
<< In Ferrari?! Ma quanti soldi ha? >>.
Gettò un’occhiata a
Xander, impegnato a seguire la descrizione di Antony riguardo a qualche particolare di un’automobile, poi
tornò a guardare lei.
<< Io non ci
capisco niente di macchine >> disse, << Ma
se mi dici Ferrari so che non costano due dollari… E lo so pure io che sono le
tue preferite. Ha intenzione di regalarti un collier di diamanti, entro la fine
della serata? >>.
<< Sempre
esagerata… >> ribatté Irina, anche se iniziò seriamente a preoccuparsi,
<< E’ solo un caso… Prima aveva una Maserati,
che non è che poi costasse molto di meno >>.
<< Vorrei
tanto capire che razza di lavoro fa… Anzi, soprattutto se lavora >> disse
Jenny, << E lo stesso vale per il mio caro informatico qui presente
>>, diede una gomitata a Jess, << Perché
di sicuro lui non lavora solo con i computer, e Xander
non è solo un pilota clandestino… Non sono scema fino a questo punto: ho capito
che c’è qualcosa sotto >>.
La guardò come a
dire “sputa il rospo”, ma Irina si limitò a gettare
una rapida occhiata a Jess, lo sguardo serio di chi
vorrebbe ma non può parlare.
<< Se non te
lo hanno detto loro, io non posso farlo >> rispose Irina, << Mi
dispiace tanto, ma posso garantirti che non sono criminali come la gente che sono abituata a frequentare… Altrimenti non ti avrei mai
permesso di continuare a vedervi >>. Sorrise, accennando a Jess.
Jenny sbuffò ma non
sembrò offesa. << E va bene… In effetti, me lo
hanno garantito anche loro che non sono dei “criminali” >> disse,
<< Però spero che presto si sbottoneranno… Sono molto curiosa >>.
<< Tanto io
non verrò mai a prenderti in Ferrari >> disse Jess,
ridacchiando, << Non saprei nemmeno guidarla >>.
<< Tanto io
non ci salirei mai con te >> ribatté Jenny,
<< Già fai fatica a tenere la BMW di Xander…
Guido meglio io di te, e non è un complimento >>.
Irina ridacchiò:
evidentemente Jess era bravo con i computer, ma non
con le auto.
<< Sarò bravo
in altre cose… >> commentò leggermente sarcastico l’informatico.
Finirono lentamente
la pizza, dopodiché si alzarono e Xander sparì per
qualche momento, per poi tornare mettendo a posto il portafogli. Irina lo
raggiunse.
<< Dove sei
andato? >> gli chiese, sospettosa.
<< A pagare
>> rispose lui, ghignando.
<< E hai
pagato per tutti?! >> domandò Irina.
<< Certo
>> Xander sorrise, << Non posso certo
andarmene in giro in Ferrari e poi far dividere il conto per qualche pizza…
Tanto la carta di credito non è nemmeno mia >>.
Irina lo fissò con
sguardo arrabbiato per qualche momento, poi davanti al suo ghigno si sciolse
come neve al sole. Era uno che faceva di testa sua, inutile discutere.
La prese per la
vita e lei si lasciò trascinare fuori divertita e imbarazzata, aspettando che
Jenny salutasse Marcello per ringraziarlo dei fiori. Lui sorrise ma non disse
nulla.
<< Allora,
dove si va? >> chiese Xander, tenendosi sempre Irina ben stretta addosso. Jenny stava cercando di non
ridere, mentre Irina la fulminava con lo sguardo.
<< Sul lungo
mare, a Santa Monica >> rispose Irina, << Andiamo alla Sirena
Bianca, vi va? >>. Guardò Max e Antony, che
conoscevano già il locale perché una volta ci erano andati insieme: era di
William, ma lui non ci andava mai. La gente era troppo normale, per i suoi
canoni.
<< Va bene
>> disse Max, << Ci vediamo lì o andiamo tutti
insieme? >>.
<< Tutti insieme >> rispose Jenny, gettando un’occhiata a
Jess, << Andate piano, per favore >>.
Xander e Irina tornarono
alla Ferrari, ancora parcheggiata lì dove l’avevano lasciata: nessuno aveva
provato a rubarla, ed era già molto.
Salirono sopra, con
Irina che si sentiva la lingua stranamente annodata. Xander
accese il motore e aspettò di vedere comparire la sua BMW con Jess e la Golf di Max. Le gettò una rapida occhiata
divertita, prima di dire: << Piaciuta la rosa bianca? >>.
<< Oh, si,
molto gentile… >> rispose Irina, appoggiando il fiore sul cruscotto.
<< Pensavo la
preferissi rossa >> disse Xander, << Come
la Ferrari… >>.
Irina lo fissò.
<< E’ stata un’idea tua! >> sbottò.
Xander ridacchiò.
<< Spero ti piaccia lo stesso >>.
Irina arrossì
leggermente. << Certo che mi piace lo stesso… >> mormorò, <<
Anzi, forse mi piace un pochino di più… >>.
Aveva confessato.
Distolse lo sguardo da Xander per puntarlo sulla rosa
bianca, e lo sentì stranamente sospirare.
<< Perché… Perché l’hai regalata a tutte quante, però? >>
chiese lei.
<< Perché mi
avresti ucciso >> rispose Xander, << E
non l’avresti mai accettata. Mi sbaglio? >>. Sorrise.
<< No, non ti
sbagli. Come sempre, d’altro canto… Ecco Max >>.
Una Golf rossa si
avvicinava piano, alla ricerca dell’auto in cui stavano loro due. Xander fece brillare i fari abbaglianti della Ferrari per
un paio di volte, e Irina riuscì a vedere l’espressione stupita del meccanico,
oltre che di Antony, Angie
e Katy.
Xander uscì dal
parcheggio e si mise in testa alla fila di auto, con Irina che gli indicava la
strada. Raggiunsero la Sirena Bianca poco dopo, e lasciarono le macchine nel
grande parcheggio vicino all’entrata. Qualcuno guardò la Ferrari con interesse,
ma nessuno si fece avanti quando videro smontare Fenice dall’auto.
La Sirena Bianca
era un grande locale aperto sulla spiaggia, con un
lunghissimo bancone nero lucido a cui venivano serviti i tanti tipi di drink
preparati sul momento. Una musica ad alto volume, ma che non stordiva, veniva trasmessa dalle grandi casse appese al soffitto. Una
moltitudine di ragazzi si muoveva per il locale con aria allegra, e dietro il
bancone due barman facevano volare per aria bottiglie di vodka riacciuffandole
al volo.
Irina si avvicinò
alla ragazza che stava all’ingresso e si occupava della cassa. Appena la vide
le fece un cenno di saluto, timbrando l’ingresso a un gruppo di nuovi arrivati.
Irina si sporse verso di lei e disse, sovrastando la musica: << Dammi il
posto più tranquillo che hai >>.
La ragazza annuì e
le indicò il fondo della sala, che dava proprio sulla spiaggia. Le disse di
attraversare la pensilina di legno che conduceva a un piccolo gazebo bianco con
divanetto angolare e tavolo rotondo.
Irina la ringraziò,
gli passò una banconota da cinquanta dollari e chiamò gli altri. La seguirono
fino al percorso di legno e raggiunsero il gazebo, dove la musica arrivava più bassa ma faceva sempre da sottofondo. Avevano libero accesso
alla spiaggia, dove alcuni ragazzi passeggiavano tranquilli sorseggiando drink.
<< Uh, ma che
bel posto! >> disse Jenny, accomodandosi sul divanetto.
<< Davvero!
Guarda, si può andare in spiaggia! >> disse Angie.
Jenny prese Jess per mano e lo trascinò a ballare, mentre Irina andava
dal barman per chiedergli di portargli qualcosa da bere e da sgranocchiare.
Poco dopo tornò al gazebo e si sedette di fianco a Xander,
che ridacchiava guardando Jess che ballava con Jenny
non tanto lontano da loro.
All’improvviso
Irina si accorse di una cosa: Max non sembrava calcolarla più di tanto. Aveva
pensato che quando l’avesse vista mezza abbracciata a Xander
l’avrebbe fulminata con lo sguardo, invece sembrava stranamente preso da
qualcos’altro. E quel qualcos’altro era nientemeno che Angie.
Per tutta la serata
avevano parlato tra di loro, con Angie che sembrava a
suo agio più del solito. Si erano visti altre volte, ma non tanto da
giustificare quella strana confidenza che sembrava esserci tra loro.
Irina si sporse
verso Katy, che stava assaggiando un particolare
frutto esotico preso dal grande vassoio che il barman aveva portato per loro.
<< E’ stata
un’idea di Jenny, vero? >> domandò sorridendo, con un cenno verso Max e Angie.
<< No
>> rispose Katy, con la bocca piena. Deglutì
poi continuò: << Questa volta non c’entra niente >>.
<< No?
>> fece Irina, << Strano. Avrei scommesso ci
fosse il suo zampino >>.
Katy ridacchiò.
<< Anche io >> disse, << Ma è troppo
presa dal suo informatico… >>.
<< Di che
state confabulando? >> si intromise Xander.
<< Del fatto
che Jenny e Jess stanno proprio bene insieme >>
rispose Irina voltandosi verso di lui, << E che qui c’è del cocco, lo hai
visto? >>.
Afferrò un pezzetto
di cocco dalla ciotola e lo lanciò verso di lui, che lo prese al volo e
ridacchiò. Poi agguantò lei e se la mise a cavalcioni
sulle gambe con aria maliziosa.
<< No, non
l’avevo visto >> disse, << Però ho notato un’altra cosa… >>.
<< E cioè?
>> soffiò Irina, troppo vicina al viso di lui
per connettere con il cervello.
<< Te l’ho
già detto che sei molto carina, stasera? >> ribatté Xander.
Irina alzò gli
occhi al cielo. << Me lo hai già detto >> sbuffò.
<< Ah, già,
vero >> sorrise Xander, facendo finta di
ricordarsi qualcosa all’improvviso << Sai che sei molto brutta, stasera?
>>.
<< Spiritoso…
>> disse Irina, ricordandosi in quel momento che molto probabilmente Katy non era l’unica spettatrice, << Anche tu sei
piuttosto brutto, sai? Mangiati il cocco, che ti fa bene >>.
Si alzò di scatto,
decisa a cambiare aria. Se dovevano giocare, che lo facessero
lontano dagli sguardi di chi conoscevano. Si tolse i sandali e li lasciò
nel gazebo, e iniziò a camminare nella sabbia calda, raggiungendo la battigia.
Forse era la serata
buona per provare quanto Jenny avesse ragione. Se Xander era in vena di fare il furbo, poteva provarci anche
lei.
Gli gettò
un’occhiata invitandolo a raggiungerla sulla battigia, per non essere a portata
di orecchio di nessuno, nemmeno di Jenny che al posto dell’udito era fornita di
sonar. Xander si alzò portandosi dietro il cocco
sotto lo sguardo divertito di Katy.
<< Tieni
>> spezzò il frutto in due e ne porse una parte a lei.
<< Grazie
>>.
Irina fece qualche
passo allontanandosi dalla musica, poi si sedette sulla sabbia, incurante di
poter rovinare il vestito. Sorrise a Xander che si
sedette di fianco a lei.
Passò qualche
minuto, in cui si udivano solo la musica che proveniva dal locale e il leggero
sciabordio delle onde a pochi metri da loro. Le lanterne colorate rischiaravano
la spiaggia di una luce soffusa.
<< Xander… Perché volevi regalarmi le chiavi della Ferrari?
>> domandò Irina, guardando in lontananza le luci di una nave.
<< Per
ringraziarti di quello che stai facendo >> rispose Xander,
guardando verso il mare.
<< Non ho
fatto molto, in realtà >> obiettò Irina, sincera,
<< E comunque, non così tanto da meritarmi le chiavi di una Ferrari
>>. Sorrise all’indirizzo del ragazzo.
<< Questo lo
dici tu >> ribatté lui, tirando fuori dalla tasca dei pantaloni le chiavi
della 458 Italia e rigirandosele tra le mani. << Lo so quanto hai
rischiato… E quando continui a rischiare >>.
<< Lo sto
facendo consapevolmente e di mia spontanea volontà >> disse Irina,
voltandosi verso Xander, << Non mi aspetto
niente in cambio. L’unica cosa che vorrei sai già qual
è >>.
Stavano di nuovo
toccando quell’argomento, lo stesso dell’ultima sera a Las Vegas. Vide Xander fissare serio la schiuma che si formava sulla
battigia, colorata di lilla dalle lanterne che illuminavano la spiaggia.
<< Sei sicura
che sia veramente l’unica cosa che vuoi? >> domandò.
“No, non è l’unica cosa che voglio… Vorrei
anche sapere perché ti comporti in questo modo… Vorrei sapere cosa ti passa per
la testa”.
<< Ci sono
tante cose che vorrei, ma che non posso avere >> rispose
Irina, << Secondo te cosa potrei desiderare, oltre a riguadagnarmi la
libertà? >>.
Xander tacque e
giochicchiò con le chiavi.
<< La stessa
cosa che vorrei io >> mormorò, piano.
C’era una nota di
tristezza nella sua voce, e Irina la colse all’istante. Si riferiva a ciò che
non poteva avere… Oppure no?
Gli
sorrise.
<< Finché non mi dici cos’è, non posso dirti se
è veramente la stessa cosa che desidero io >> disse, distendendo le gambe
sulla sabbia calda, << Ma tu non me lo vuoi dire… >>. Non capiva
cosa stesse passando per la testa di quel ragazzo dagli occhi azzurri, e continuare
il discorso non le sembrava opportuno: era come camminare al buio. << Ma
tanto le chiavi non le voglio >> aggiunse, per
cambiare argomento.
<< Questo non
mi impedisce di dartele, però >> ribatté Xander, ridacchiando. Con un gesto rapido si avvicinò e le
infilò le chiavi della Ferrari nello scollo dell’abito.
Confusa e colta
alla sprovvista, Irina sentì il metallo freddo scivolare sullo sterno e
fermarsi nei pressi del suo reggiseno. Si portò una mano al petto e guardò Xander allibita.
<< Ehi! >>
gridò, sentendo le chiavi incastrate nel suo abitino nero.
Xander la fissò con gli
occhi che scintillavano divertiti.
<< Bé, se
proprio non le vuoi, posso riprendermele >> disse,
e si avvicinò di qualche centimetro.
Irina indietreggiò.
<< No! >> sbottò, inginocchiandosi sulla sabbia e guardandola
totalmente senza parole.
<< Lo hai
detto tu. Non vuoi che me le riprenda, quindi le tieni >> disse Xander.
Irina sbuffò.
<< Allora lo fai a posta >> borbottò, << Fai un po’ troppo il
furbetto, per i miei gusti… >>. Si guardò nello scollo del vestito, e
individuò le chiavi. Guardò Xander. << Non farlo più… Danno fastidio, sai? >>.
<< Hai
bisogno di una mano per recuperarle? >> chiese Xander.
<< No, ce la
faccio da sola, grazie >> ribatté Irina,
facendogli il verso.
Tirò fuori il
“corpo estraneo” dall’abito, e lo guardò. In fondo, era solo un mazzo di
chiavi, poteva anche prenderlo… Qualcosa però la spingeva a
insistere. Guardò Xander per provare a individuare un eventuale suo punto debole, ma era inutile cercarlo:
era abbastanza grande e muscoloso che avrebbe potuto prenderla in braccio senza
sforzo.
<< Non le
voglio >> ripeté per l’ennesima volta, avvicinandosi.
<< Sei
cocciuta, sai? Sono solo delle chiavi… >> ribatté Xander,
<< Non fare troppo la difficile, eh >>.
Irina si avvicinò
sempre di più, decisa a provare il tutto e per tutto. Lo afferrò per il
colletto della camicia, infilò le chiavi nel taschino e lo fissò, a pochi
centimetri dal suo viso.
<< Non le
voglio >> ripeté, scandendo per bene le parole.
Nella sua frase
c’era un messaggio, un messaggio che Xander non poteva non cogliere: ti sto dando un’occasione,
diceva, coglila fin che puoi.
Negli occhi azzurri
del ragazzo passò qualcosa che Irina non riuscì a decifrare: prima ancora di
avere il tempo di formulare un pensiero coerente, si ritrovò sdraiata sulla
sabbia, Xander sopra di lei che le teneva entrambe le
mani con aria divertita.
<< Invece le
tieni >> disse, abbassandosi verso il suo viso.
Irina cambiò colore
nel giro di qualche centesimo di secondo, conscia della posizione assurda in
cui si trovavano. E anche che Jenny molto probabilmente aveva il radar puntato
su di loro.
<< Se no cosa
mi fai? >> chiese, per provocarlo.
Xander sembrò pensarci un
attimo. Gettò un’occhiata verso il gazebo, poi si abbassò ancora un po’ verso
di lei.
<< Se no ti
bacio qui davanti a tutti >> rispose, ghignando da lupo.
La frase lasciò
Irina senza parole per qualche secondo. Lo guardò, cercando di liberare le mani
dalla sua stretta e senza riuscirci, e si diede della stupida. Era quello che
voleva, no? Voleva provocarlo, e lui sembrava averlo capito. E forse si
aspettava che negasse, che accettasse davanti a quel compromesso.
<< E allora
fallo >> ribatté.
Xander la fissò per un
momento, ed era evidente che quella non era la risposta che si era aspettato.
“Avanti Xander. Non ci vuole
tutto questo coraggio, per baciare una ragazza. E tu
sei uno che non si fa problemi, che fa sempre di testa sua. Se
è quello che vuoi, ti sto dando la giusta occasione”.
Il ragazzo rimase
in silenzio, poi sospirò. Le tenne i polsi con una sola mano, mentre con
l’altra recuperava le chiavi dal taschino. Con un gesto lento e calcolato,
gliele infilò di nuovo nello scollo dell’abito, sfiorando solo per un momento
la sua pelle e provocandole un brivido.
<< Prendi
quelle chiavi, Irina, fammi questo favore >> disse solo, poi la lasciò
libera di alzarsi.
Irina si mise a
sedere, con una consapevolezza nuova e amara: Jenny aveva sbagliato tutto, così
come lei aveva sbagliato a illudersi. Erano tutti
castelli costruiti in aria, supposizioni sbagliate, errori di valutazione: Xander non provava niente per lei, niente che non fosse un
sentimento di amicizia dovuta anche alla loro conoscenza a scuola.
Rimase a fissarsi i
piedi con aria stordita. Quanto era stata ingenua. Xander
era venuto da lei perché aveva bisogno del suo aiuto, e di nient’altro. Max ci
aveva visto giusto, almeno in parte: gli stava addosso solo perché aveva
bisogno di lei…
Eppure, era chiaro
che anche senza il suo aiuto sarebbe comunque riuscito a portare a termine la
sua missione… Perché continuare a vedersi, perché insistere se rischiavano
tantissimo?
Voleva forse
prenderla in giro? Voleva provare a illuderla? Xander
era veramente come William?
<< Che hai?
>> domandò Xander, vedendola turbata.
Lei si stampò un
finto sorriso in faccia. << Niente… Scusami, stavo pensando >>
rispose, << Va bene, prenderò le chiavi, se è questo che vuoi >>.
Si alzò in piedi e
si spazzolò la sabbia dall’abito. Guardò verso il gazebo e vide Jenny salutarla
tutta felice. Voleva andarsene, e sapeva che l’amica l’avrebbe appoggiata
quando avrebbe visto la sua espressione depressa. Senza dire niente la
raggiunse, troppo arrabbiata e delusa da sé stessa per
parlare con colui che l’aveva mandata in crisi e che si era divertito a giocare
con i suoi sentimenti.
Spazio Autrice
Mi limito solamente
a rispondere a Fairy29: non ti
preoccupare, posterò molto spesso, e soprattutto in settimana! Non ti
preoccupare per i papiri: più i commenti sono lunghi, più sono contenta! In questo
momento sono piuttosto impegnata, ma appena mi libero risponderò alle tue
recensioni in modo decisamente migliore! Un bacio!
<< Lascia perdere, Jenny. Non voglio continuare a parlarne
>> disse Irina, appoggiando la tazzina del caffè sul tavolino del bar al
quale lei e l’amica erano sedute. << E’ inutile che ne discutiamo ancora.
Abbiamo fatto entrambe un errore, punto e basta >>.
<< Io invece
non la penso così >> ribatté Jenny, seria, << Magari si è solo
spaventato… Sei stata un po’ aggressiva, quando gli hai detto “E allora fallo”,
non credi? >>.
Irina fece un
sorriso mesto. << Tu mi hai detto di giocare, e
io l’ho fatto. E’ evidente che le sue intenzioni non erano quelle che tu ti
auguravi… Ha solo colto la palla al balzo e si è divertito anche lui, tutto qui
>>.
Guardò i negozi
aperti lungo la strada, dove la gente si divertiva a fare compere. Jenny
l’aveva portata a fare shopping sperando di tirarla su di morale. Da
quell’ultimo sabato, tre giorni prima, aveva perso completamente ogni visione
ottimistica della vita.
Da quella sera, era
passata dallo stato di delusione profonda a quello di indifferenza
totale. Xander aveva giocato, e lei si era illusa di
potergli piacere. In fondo, lei non era niente di speciale, a parte una pilota
clandestina. Al mondo c’erano tante ragazze molto più belle e interessanti di
lei. Ci aveva pensato tutta la notte, quando era tornata dalla Sirena Bianca, e
alla fine si era ripromessa di chiudere quella storia e smettere di pensare a Xander. Non ne valeva la pena, quando a soffrire era solo lei.
Xander non era cattivo,
era lì per fare il suo lavoro. La sua missione era arrestare Challagher, e doveva fare tutto il possibile per portarla a
termine, anche prendere in giro la prima ragazzina che avrebbe trovato sul suo
cammino. Perché lei in fondo era una ragazzina, Xander
aveva venticinque anni belli e fatti, ed essendo un’agente dell’F.B.I.
aveva visto e vissuto molte cose più di lei. A confronto, era una bambina, e
come una bambina si era innamorata di lui credendo che
anche da parte sua ci fosse qualcosa… Non era stata in grado di distinguere tra
semplice gentilezza e interesse.
In fondo però non ce l’aveva con Xander. Tutto sommato, non aveva approfittato troppo della
situazione: doveva essersi fatto solo qualche risata alle sue spalle. Era stato
abbastanza corretto: era lei quella che aveva sbagliato in pieno. E quindi era
lei che doveva mettersi il cuore in pace.
<< Irina
>> disse Jenny, << Non credo che Xander
ti stesse prendendo in giro, se è questo che pensi. Non sarebbe andato così per
le lunghe, se le sue intenzioni non fossero state più che buone. Forse sta solo
aspettando qualcosa… >>.
Irina fece una
smorfia. << Cosa aspetta? Che sia io a saltargli
addosso? >> disse stizzita, << Mi sembra di essere stata abbastanza
esplicita, in spiaggia, non credi? >>.
<< Magari è…
un po’ tonto >> disse Jenny, facendosi scappare un sorrisino.
<< Tonto?
>> ribatté Irina, secca, << Xander non è
tonto, e di sicuro non lo è da quel punto di vista. A lui le cose stanno bene
così. E a me anche. Se si aspetta che sia io a
corrergli dietro, si sbaglia di grosso. Ho chiuso con questa storia, voglio
piantarla di sentirmi ridicola >>.
Il suo tono di voce
era durissimo, molto più di quanto in realtà intendesse. Ma
era determinata a non cadere più nel solito errore: innamorarsi delle persone
sbagliate.
<< Non sei
ridicola >> disse Jenny, << Sei solo… un po’ confusa >>.
Irina non rispose e
guardò Katy ad Angie
venirle incontro cariche di sacchetti. Mentre lei e Jenny si prendevano un
caffè, le due amiche avevano ancora “visitato” qualche negozio.
Per un pomeriggio Angie sembrava aver dimenticato l’esistenza dei libri,
nonostante gli esami imminenti. La novità di Max sembrava averla catapultata in
un nuovo mondo, e per la prima volta la vedevano veramente e completamente
felice. Irina era contenta per entrambi: Angie era
una bravissima ragazza, e Max aveva bisogno di qualcuno come lei. Se la loro
storia fosse decollata, come tutte si auguravano, sarebbero stati bene insieme.
Almeno loro.
<< Credo che
per oggi noi due abbiamo finito >> disse Katy, mostrando i sacchetti dei loro acquisti. <<
Dovrò tirare la cinghia per un po’ >>.
<< Voi dovete
guardare ancora da qualche parte? >> chiese Angie,
sorridente.
Irina fece segno di
no con la testa, ma Jenny rispose: << Sì. Volevo
andare a prendermi un costume nuovo… >>.
Si alzarono, mentre
Irina tirava fuori il cellulare per controllare se fossero arrivati messaggi o
telefonate. Nulla.
Stranamente William
non si faceva sentire da più di una settimana. Non l’aveva chiamata, né si era
fatto vedere. Sembrava essersi eclissato dopo la sua gara con Xander. Molto probabilmente era dovuto al fatto che lei
avesse perso.
Quello però che la
rese più tranquilla, era che nemmeno Xander si era
fatto vivo, non dopo quello che lei aveva fatto la
mattina prima, decisa ad andare avanti con il suo piano per risolvere il
problema sentimenti.
Le chiavi della
Ferrari erano state infilate nella buca delle lettere della casa diXander, senza un foglietto di
spiegazioni, ma con un chiaro messaggio non scritto che chiunque avrebbe colto.
“Smettila di giocare con me”.
Ore 16.00 – Casa di Xander
“Idiota. Cretino. Deficiente che non
sei altro… Stupido”.
Xander fissava le chiavi
della Ferrari che aveva trovato nella buca delle lettere il giorno prima,
seduto sul divano con aria depressa. Non sentiva nemmeno il rumore della
televisione accesa a pochi metri da lui, che trasmetteva notizie in quel
momento poco interessanti per lui.
<< Che c’è, Xandèr? >> domandò Nichole,
posandogli davanti un vassoio con una tazzina di caffè
fumante, << Qualcosa non va? >>.
Il ragazzo scosse
la testa in silenzio. Non gli andava di parlarne con lei, né con Jess. Era solo un problema suo.
Era stato
un’idiota. Irina gli aveva dato una possibilità e lui, al posto di seguire
l’istinto come aveva sempre fatto, aveva deciso di usare il cervello. Che aveva
scoperto di non avere, visto che quando cercava di usarlo sbagliava sempre
tutto.
Si era reso conto
che Irina ci era rimasta male, e saperlo lo rendeva furioso. Si aspettava quel
bacio che lui le aveva scherzosamente minacciato, e che poi aveva preferito non
darle. Credeva fosse la scelta migliore, in quel momento, perché pensava che ci
sarebbe stato un “dopo”… Ma ora capiva che forse non ci sarebbe stato: la
delusione che aveva letto nello sguardo di Irina era un segnale. Gli aveva dato
l’ultima possibilità, e lui non l’aveva colta.
<< Cazzo
>> borbottò, e Nichole sussultò mentre tornava
in cucina. Gli lanciò un’occhiataccia ma disse niente, e lo lasciò solo.
Il fatto che gli
avesse ridato le chiavi, alla fine, gli confermava che Irina non aveva
intenzione di intessere altri legami con lui. Aveva finto di accettarle solo
per fare in modo che la lasciasse in pace, e poi gliele aveva ridate a forza. Se la sua intenzione era quella
di fargli capire cosa si provasse a essere rifiutati, ci era riuscita
benissimo.
Il telefono squillò
e lui lo afferrò con malagrazia, scocciato. Rispose.
<< Alexander?
Sono William >>.
Perfetto. Era la
giornata buona che lo mandasse a quel paese.
<< Dimmi
>>.
<< Se non hai
da fare, ti dispiace venire al BlackCafè, sulla 5° strada? >> chiese William, ma la sua
più che una domanda sembrava un ordine. Il tono non era per niente amichevole.
<< Sì. Come
mai? >>.
<< Vorrei
parlare con te di alcune cose >>.
Perplesso, Xander chiuse la telefonata e mezz’ora dopo era sulla 5°
Strada, la BMW parcheggiata in un angolo a pochi metri dal locale. Raggiunse il
bar che William gli aveva indicato e trovò lo Scorpione seduto a un tavolo
appartato, lo sguardo posato sul bicchiere vuoto che aveva davanti. Dimitri gli
sedeva a destra, e Hanck alla sinistra, tanto da
sembrare le sue guardie del corpo. Gli fecero un cenno e lui si accomodò
davanti a loro, con la strana impressione che lo stessero studiando.
<< Ciao
Alexander >> lo salutò lo Scorpione. Il suo tono gli apparve
improvvisamente strano, quasi formale. << Il solito Martini, vero?
>>.
Xander annuì. Challagher fece un cenno verso il barman, l’unica altra
persona presente in quel momento, e tornò a guardarlo.
<< Stavo
pensando che dovremmo fissare la gara con Dimitri >> disse, << Cosa
ne dici? Mi sembra che tu sia pronto >>.
<< Per me va
bene >> disse Xander, sorseggiando il suo
drink, e contemporaneamente cercando di capire cosa c’era sotto a quello strano atteggiamento distaccato.
<< Quando
vuoi, Dimitri >> disse lo Scorpione, rivolgendosi al numero due della BlackList, << Scegli la
data >>.
<< Fra due
settimane >> rispose il russo, gli occhi che
brillavano << Canyon >>.
Irina aveva
ragione. Il Mastino voleva un canyon, era deciso a farlo fuori.
<< D’accordo
>> disse Xander, tranquillo. Non era
preoccupato, e sapeva che la sua sicurezza avrebbe infastidito lo Scorpione.
William sorrise,
poi gli piantò gli occhi addosso e Xander si rese
conto che forse la sua intuizione era giusta. Stavano finalmente arrivando al
punto di quella discussione stupida e senza senso.
<< Posso
farti una domanda, Alexander? >> disse lo Scorpione, la voce
perfettamente modulata. Hanck si mosse
impercettibilmente al suo fianco, e gettò una rapidissima occhiata a Dimitri.
<< Sì
>>.
<< Cosa ci
facevi sabato sera alla Sirena Bianca con la mia ragazza e i suoi amici?
>> domandò William, e il suo sguardo si fece gelido come il ghiaccio. In
un attimo, la tensione salì alle stelle, rivelando il vero motivo
per cui si trovavano uno di fronte all’altro.
Xander sentì il cuore
saltare un battito. Li aveva visti, quel bastardo.
Aveva occhi dappertutto.
<< Un mio
amico sta con una sua amica >> rispose, facendo una smorfia per il gioco
di parole e cercando di apparire tranquillo, << Mi hanno
invitato con loro, visto che erano in pochi >>.
Sperava fosse la
stessa cosa che gli avesse detto Irina, se William le aveva posto la stessa
domanda. Perché di sicuro ne aveva parlato anche con lei, e questo lo faceva
preoccupare ancora di più.
Il viso dello
Scorpione si contrasse in una smorfia.
<< Ricordi il
discorso che abbiamo fatto un po’ di tempo fa,
riguardo alla mia ragazza? >> disse, sottolineando
le ultime parole, << Bé, penso di non essere stato abbastanza chiaro.
Irina è mia, e non hai avuto una buona idea decidendo di girarle intorno >>.
Hanck si mosse
impercettibilmente, guardando William. Sia lui che il russo lo stavano tenendo d’occhio, segno che si stavano preparando a
qualcosa.
Xander sorrise, cercando
di apparire serio e divertito al tempo stesso. La sua mano destra corse alla
cintura, dove teneva nascosta la pistola. << Davvero? Da quello che ho
capito, sembra che lei non si consideri… Come la definisci tu? Ah… “La tua
ragazza” >>.
William appoggiò il
mento sulle dita, con l’aria di chi ha perfettamente la situazione sotto
controllo. << Quello che dice lei non ha importanza. Lavora per me ed è
mia ragazza, e quindi deve sottostare alle mie regole >>.
<< E’ libera
di fare quello che vuole >> ribatté Xander,
<< Anche di frequentare altra gente che non sia tu o il tuo giro
>>.
Aveva i nervi a
fior di pelle, e altro non chiedeva che un pretesto per litigare. Forse era la
volta buona che lo Scorpione se le prendesse da qualcuno, e quel qualcuno voleva
essere lui. Credeva di essere abbastanza “motivato”.
William incrociò le
braccia, si appoggiò sulla sedia e chiese: << Dimmi, Alexander… Quanti
tatuaggi ha Irina? >>.
La domanda non
aveva senso, ma Dimitri drizzò le orecchie. Sembrava
allarmato quanto lui da quello strano argomento. Xander
conosceva la risposta, ma per un attimo gli parve quasi pericoloso dirla.
<< Due
>> rispose solo.
Qualcosa passò
negli occhi dello Scorpione, qualcosa che era rabbia pura. Scattò in piedi
pronto a saltargli addosso, ma il russo e Hanck si
sporsero per trattenerlo.
<< Scopati la
mia ragazza Went, e ti ammazzo >> sibilò,
livido.
<< E allora
provaci >> ribatté Xander, gelido.
William strattonò i
due, ma Dimitri lo tenne stretto. Forse era l’unico
del gruppo che in quel momento non voleva la rissa, perché sembrava serio e la
situazione non doveva piacergli.
<< William…
>> lo chiamò sottovoce, quasi per cercare di calmarlo.
Lo Scorpione gli
gettò un’occhiata, poi tornò a fissare Xander. Si
guardarono per un momento che sembrò infinito, occhi negli occhi,
come due lupi che si studiano prima dell’attacco.
<< Tu non hai
ancora capito con chi hai a che fare >> sibilò Challagher
con aria assassina.
<< Invece so
benissimo cosa sei >> ribatté Xander, << Sei solo un dannato figlio di puttana
pieno di soldi che crede di poter avere tutto… Irina non è tua, non è di
nessuno >>.
La faccia di
William si distorse in un ghigno. << Irina è mia, Went. Solo ed esclusivamente
mia. Mi deve la vita, oltre che tutto quello che ha avuto fino ad adesso
>>.
<< Non ti
deve un bel niente >> disse Xander, <<
Prenditela con uno della tua stazza, invece che con una ragazza >>.
Il braccio destro
di William si mosse convulsamente, ma Dimitri continuò a tenerlo ben stretto.
<< Avanti, di
cosa hai paura? >> continuò Xander, <<
Con me non fai il furbo? >>.
Voleva provocarlo
per costringerlo a saltargli addosso: in quel momento stava andando solo ad istinto, e l’istinto gli diceva che voleva riempirlo di
botte. Gli bastava solo un cenno, un movimento sbagliato, e Challagher
si sarebbe ritrovato a terra con una pistola puntata alla testa. Chissà come si
sarebbe comportato in quella situazione…
<< Ho un modo
migliore per risolvere questa cosa, Went >>
disse lo Scorpione, producendosi in un sorriso gelido, << Aspettati la
gara più brutta della tua vita, quando arriverai a me… Sempre che ci arrivi >>.
Anche Xander sorrise, freddo tanto quanto lui. << Ci
arriverò, Challager… >> ribatté, << E
continua a minacciare Irina e sarai tu a ricordarla come la peggiore gara della
tua vita… Se ne esci vivo >>.
William fece una
smorfia a metà tra il divertito e l’arrabbiato. << Sapevo che avevi
fegato >> disse, facendo cenno a Dimitri e a Hanck
di lasciarlo andare, << Giochiamoci la ragazza, Went.
Se vinco io la nostra gara, me la tengo e sarò libero di farci quello che
voglio… Se vinci tu, te la puoi scopare quanto ti pare. Ma fino ad allora, stagli lontano >>.
Xander gli lanciò
un’occhiata di fuoco e poi uscì dal locale, salendo velocemente in macchina.
Diede un pugno sul volante, furioso.
Fosse stato per
lui, sarebbe finito tutto in rissa. Per la prima volta da cinque anni a quella
parte, desiderava seriamente fare a botte con qualcuno, perché riteneva che il
motivo fosse abbastanza valido. Solo che non poteva.
Come ogni volta che
William tirava in ballo Irina, gli veniva il sangue alla testa sentendo di come
ne parlava lo Scorpione. Lui non poteva, e a malincuore, vantare alcuna pretesa
su di lei, ma non avrebbe mai accettato che Challagher
la definisse la sua ragazza, o che… o che ci potesse essere andato a letto…
Afferrò il volante
e gli scappò un’imprecazione abbastanza violenta. Stava per venirgli una crisi
di nervi. Aprì la porta dell’auto e fece per scendere: doveva andare da William
e riempirlo di botte. Si fermò quando si rese conto che avrebbe fatto un
casino, così risalì in macchina cercando di calmarsi.
Perfetto, Challagher aveva capito che lui e Irina si conoscevano più
del dovuto. E ancora peggio, credeva che tra loro ci fosse qualcosa… L’unica
cosa che non gli era molto chiara, era l’allusione al
numero di tatuaggi…
Afferrò il
cellulare e chiamò l’unica persona la cui voce sarebbe stata in grado di
infondergli un minimo di calma. In quel momento non gli importava che gli
avesse ridato le chiavi della Ferrari senza una spiegazione: aveva solo bisogno
di sentirla, sana e tranquilla.
<< Pronto?
>> rispose Irina, la voce stranamente distante
<< Ciao…
Posso passare da casa tua un momento? >> chiese Xander,
speranzoso.
Irina tacque per un
momento, poi rispose: << Va bene… Ma c’è mio padre >>.
<< Non fa
niente. Voglio solo chiederti una cosa >> disse lui.
<< D’accordo
>>.
Mezz’ora dopo
parcheggiava l’auto davanti a casa di Irina. Scese e la raggiunse velocemente
sotto il portico d’entrata.
Adesso che la
vedeva, bella come sempre e a debita distanza da Challagher,
si sentiva meglio. La guardò per un momento, e lei sembrò perplessa. Non c’era
il solito sorriso a illuminarle il volto, né lo sguardo dolce e curioso che la
caratterizzava. Per la prima volta gli sembrò distante, molto più simile a
Fenice, che a Irina.
<< Cosa volevi dirmi? >> chiese.
La sua voce
sembrava stranamente distaccata, come se vederlo le desse quasi fastidio. Xander capì che doveva essere ancora “offesa” per quello
che era successo sabato sera.
<< Possiamo sederci un momento? >> domandò lui con un
sorriso.
Irina annuì e lo
condusse in cucina. In salotto doveva esserci suo padre che guarda la tv.
<< Senti…
>> iniziò Xander, guardandola di sottecchi,
<< Per quello che è successo sabato… >>.
<< Non c’è
niente da dire >> lo interruppe Irina, calma, << Tieni le chiavi,
per favore. Non le voglio. Te le ho lasciate nella buca delle lettere perché
non avevo voglia di affrontare di nuovo la questione… Ti ringrazio comunque del
pensiero >>.
Il tono della
ragazza era freddo, ma non sgarbato. Stava cercando di fargli capire che non
gradiva nessun regalo da lui, che forse era meglio mantenere le distanze. Però
non gli sfuggì il vaso di cristallo appoggiato al
davanzale della finestra aperta, con dentro la rosa bianca ancora fresca di
sabato sera. Almeno quella la voleva tenere.
<< Non è per
quello >> disse Xander, cauto, <<
D’accordo, se non le vuoi, non posso obbligarti a prenderle… Solo… Mi chiedevo
se avessi visto William, in questi giorni >>.
<< No
>> rispose Irina, perplessa << A dir la
verità è un po’ che non lo sento… Perché lo vuoi sapere? >>.
Allora Challagher non l’aveva minacciata… Non si erano nemmeno
visti… Meglio. Molto probabilmente aveva ritenuto di dover “avvertire” solo
lui.
<< Solo curiosità… >> disse lui, << L’ho incontrato
poco fa… Abbiamo fissato il giorno della gara con Dimitri >>.
Questa volta, a
sentire nominare il russo, Irina non fece una piega. Niente avvertimenti,
niente preoccupazioni per lui. Si sentì un po’ dispiaciuto per quel fatto:
doveva essere davvero arrabbiata.
<< Quando?
>> chiese solamente.
<< Fra due
settimane >> rispose Xander, << Vuole
farla nel canyon >>.
Irina si lasciò
scappare un sospiro. << Lo immaginavo >> disse solo. Abbassò lo
sguardo sul tavolo per un attimo, poi puntò gli occhi scuri su di lui. <<
C’è altro? >>.
<< Credo… Credo di non essere più il preferito di William >>
disse Xander, studiando la sua espressione. <<
Mi hanno dato l’idea che vogliano farmi secco alla
prima occasione >>.
Irina rimase
immobile, una statua di pietra dall’espressione spaventata. Questa volta non
era riuscita a tenersi, e lui sorrise. Personalmente era troppo incosciente per preoccuparsi di se stesso, ma sapere che invece lei la
pensava diversamente era qualcosa di incoraggiante.
<< Cazzo Xander, che hai fatto? >> chiese solo Irina,
sbuffando.
<< Come hai
detto tu, mi ritiene pericoloso >> rispose lui, deciso a non allarmarla più del dovuto, << Si è stufato di avermi
tra i piedi >>.
Irina si alzò e
chiuse la porta della cucina, per evitare che suo padre riuscisse a sentire
qualcosa.
<< Non credo
di doverti dire che è un male >> disse, << Cosa
farai adesso? >>.
<< Continuo
per la mia strada >> rispose Xander, <<
Entro tre settimane voglio chiudere tutto >>.
Tre settimane.
Erano poche, in fondo. Tre settimane e lei sarebbe
stata libera di tornare a una vita normale, e lui avrebbe dovuto smettere di
trattenersi davanti a lei. Ventuno giorni, e finalmente avrebbe potuto
dimostrarle quello che ormai da tempo provava per lei.
Sarebbero riusciti ad aspettare?
Irina gli rivolse
un’occhiata, e una scintilla di speranza passò nei suoi occhi da cerbiatta.
Anche per lei tre settimane dovevano essere poche.
<< Solo?
>> domandò, a bassa voce.
<< Solo
>> ribadì lui con un sorriso.
<< Posso… Posso chiederti una cosa? >> disse lei, titubante.
<< Tutto
quello che vuoi >>.
<< Fino ad
adesso mi hai sempre detto che sei qui per arrestare William… Però non mi hai
mai detto “come” hai intenzione di prenderlo >>.
Domanda pertinente.
In effetti, non le aveva mai spiegato il piano preciso.
<< Ho
intenzione di arrestarlo durante una gara >> rispose, << La nostra gara. Credo sia l’unico modo per riunire più
piloti clandestini possibile, fare una bella retata e prenderli con le
mani nel sacco. Quando io e Challagher ci troveremo
uno contro l’altro, la polizia e gli agenti dell’F.B.I.
si occuperanno di acciuffare i membri della BlackList presenti, e io bloccherò lo Scorpione. Ci sarà un
elicottero a starci dietro, per evitare che fugga >>.
Irina annuì, poi
sorrise stranamente. << Tutti i membri della BlackList… Quindi anche me, vero? >>.
<< No
>> si affrettò a rispondere Xander, <<
No, non verrai arrestata. Hai collaborato con noi. Ho
chiesto che ti affidino al programma protezione testimoni…
Ne uscirai pulita >>.
Irina lo guardò
dubbiosa e incredula. << Protezione testimoni? >> disse, <<
Ho una taglia anche io, non me la faranno passare
liscia… >>.
<< Ti
aspettavi che ti lasciassi arrestare come una di loro? >> fece Xander con un sorriso.
<< Io sono
una di loro >> ribatté Irina, perplessa.
<< Tu non sei
una di loro. Non lo sarai mai >> disse Xander,
<< Non hai voluto le chiavi della Ferrari, almeno accetta questo
>>.
Irina gli rivolse
il sorriso più bello che le avesse mai visto fino a quel momento. Era
gratitudine quella che vedeva brillare nei suoi occhi, gratitudine per lui e
per quello che stava facendo.
<< Grazie, Xander >> disse solo.
<< E di cosa,
piccola? >> disse lui, raggiante, << Grazie a te che mi hai aiutato
>>.
Improvvisamente
tutto gli sembrava assurdamente facile, persino arrestare uno come Challagher. Farlo per lei aveva tutto un altro
sapore.
Si ricordò della
promessa che si era fatto. Tommy, il primo ostacolo che c’era tra loro, era
stato abilmente rimosso. Adesso doveva scoprire quale fosse il legame tra lei e
quello che definiva suo “padre”.
Gli serviva
qualcosa da cui ricavare il DNA di Todd; per quello di Irina gli bastava solo
un capello, e se lo era già procurato. Lei gli aveva detto di non voler fare
quel test, perciò doveva fare in modo che non si
accorgesse di niente. In base al risultato, poteva decidere se rivelargli
l’esito oppure no.
Si guardò intorno
in cerca di qualcosa che potesse servirgli allo scopo. Rubare un bicchiere da
cui avesse bevuto Todd era un’idea, ma al momento non
ce n’erano nei dintorni…
<< Dimmi…
Come guida Dimitri? >> domandò, cercando di farsi venire in mente
qualcosa.
<< Lui non
guida. Lui distrugge >> rispose Irina, rabbuiandosi all’improvviso.
<< Ti sta addosso finché non ti ha distrutto l’auto… Devi fare
attenzione: farà sul serio. Se ha scelto il canyon sicuramente ha brutte intenzioni >>.
<< Che
macchina ha? Mi sembra di avergli visto una Murcielago…
>>.
<< No, quella
la usa per andare in giro. E’ un regalino di William… Ha una Ford GT, la stessa
che ha usato per venire a Las Vegas >>.
Il telefono
nell’ingresso squillò all’improvviso, e sentirono Todd alzarsi per andare a
rispondere. Grugnì qualcosa, poi chiamò: << Irina! E’ per te! >>.
La ragazza si alzò
di scatto, gli fece cenno di attendere un momento e sparì nel corridoio. Un
attimo dopo, strisciando i piedi, in cucina entrò Todd, una bottiglia di birra
vuota in mano. Gli rivolse un’occhiataccia, poi senza dire niente gettò la
bottiglia nel lavandino e ne prese una nuova dal frigo. Senza degnarlo di ulteriori sguardi, forse memore del naso quasi rotto, tornò
in soggiorno grugnendo.
Xander si precipitò fino
al lavandino, prese la bottiglia e si avvicinò fino alla finestra aperta. Si
sporse abbastanza per guardare fuori e posò il
contenitore vuoto sul prato. Dopo lo avrebbe recuperato; era l’unico modo per
far uscire quella bottiglia di birra dalla casa senza che Irina se ne
accorgesse.
<< D’accordo,
ci vediamo venerdì >> disse Irina, nel corridoio << Ciao >>.
Tornò in cucina con
l’aria leggermente abbattuta e si sedette stancamente al tavolo con uno sbuffo.
<< Che c’è?
>> domandò lui, preoccupato.
<< Era Jenny
>> rispose Irina, << Dopodomani abbiamo un esame… E io non mi sento preparata >>.
Xander sorrise. <<
Tutto qui? Fenice si fa spaventare da un esamino? >>.
Irina lo fulminò
con lo sguardo. << Spiritoso… Guarda che non è mica così facile >>.
<< Ok, scusa
>> fece lui, fingendosi dispiaciuto, << Ci sentiamo
dopodomani, così mi dici come è andato questo “esamone”?
>>.
<< Non lo so…
>> disse Irina. Alla fine sospirò e concluse:
<< Va bene… >>.
Xander la salutò, uscì
velocemente da casa e si infilò nel giardino. Recuperò
la bottiglia senza che nessuno si accorgesse di niente e poi saltò in macchina.
Aveva il capello di
Irina e il DNA di suo padre. Ora non gli rimaneva che far fare
il test.
Si diresse verso
San Francisco, e telefonò a Jess per dirgli che non
sarebbe tornato a casa, quella sera. Imboccò l’autostrada, la radio accesa, e
mentre passava il casello a velocità decisamente
sostenuta, drizzò le orecchie per prestare attenzione al notiziario trasmesso.
<<
Rocambolesco furto d’auto, questa notte a sud di Los Angeles >> diceva il
cronista, << Come è accaduto un mese fa,
un’intera bisarca che trasportava auto è stata depredata nei pressi di una
stazione di sosta lungo l’autostrada da una mezza dozzina di ladri a volto
scoperto. Come per i precedenti, la polizia continua a sospettare si tratti
della stessa banda, che non sono ancora riusciti a identificare… >>.
Xander sbuffò, strinse il
volante e inserì il cd della sua musica preferita.
Ore 22.00 – San Francisco, Sede F.B.I.
<< Credi che si può avere il risultato per domani mattina? >>
chiese Xander a suo padre, mentre l’uomo sigillava in
una busta di plastica trasparente la bottiglia di birra che aveva recuperato a
casa di Irina. La lampada al neon sul soffitto gettava strani riflessi sulla
scrivania di legno chiaro, e il pc fisso perennemente
accesso ronzava lievemente.
<< Uhm… Se
c’è Julia posso chiederle di fare in fretta >>
rispose Steve, alzandosi dalla scrivania e dirigendosi fuori, lungo il
corridoio. << Come mai vuoi tutto subito? >>.
Xander seguì suo padre
fino all’ascensore, salutando rapidamente un paio di conoscenti che facevano le
ore piccole a lavoro.
<< Voglio
togliermi una curiosità >> rispose, << Prima che la missione volga
al termine >>.
Steve ridacchiò.
<< Com’è questa Irina? >> domandò, pigiando un tasto dell’ascensore
vuoto, a parte loro due.
Xander sorrise: visti i
precedenti che aveva avuto, suo padre chissà cosa si aspettava. Per una volta
però poteva dire che nella sua “straordinarietà” era abbastanza normale, a
parte il fatto che era una pilota clandestina.
<< La devi conoscere
per capire >> rispose, << Ti giuro, non ho mai incontrato una come lei >>.
<< Mi
dispiace che sia finita in questa storia >> disse Steve, uscendo
dall’ascensore, << Da come la definisci, sembra davvero una brava ragazza
>>.
<< Lo è,
infatti >> disse Xander, << Mi ha aiutato
davvero tanto, fino ad adesso… A proposito… Ultimamente mi è venuta un’idea…
>>.
Raggiunsero i
laboratori scientifici, ed entrarono in una stanza bianca e asettica. Dietro un
vetro c’era una donna di circa sessant’anni che sbadigliava vistosamente,
i corti capelli grigi acconciati in boccoli vaporosi. Li salutò con un sorriso
a trentadue denti, controllando l’orologio.
<< Cosa posso fare per voi, ragazzi? >> chiese <<
E’ un po’ tardi per invitarmi a prendere il caffè >>.
<< Ciao Julia
>> disse Steve, << Ci serve un test del DNA… Possiamo avere i
risultati per domani mattina? >>.
L’uomo le consegnò
il contenitore con la bottiglia e una scatolina che conteneva il capello di
Irina, e attese che la donna mettesse tutto dentro una busta di carta scura.
<< Domani
mattina? >> disse, guardando il suo registro, << Lo sai che
normalmente ci vuole una settimana… >>.
<< Ci serve
per una ragazza >> ammiccò Steve, gettando un’occhiata verso Xander.
<< Oh, e va
bene >> concluse Julia, ora tutta zucchero,
<< Se è per il nostro caro Alexander, questo e altro… Passa domani
mattina. Mi devi dieci caffè, però >>.
Steve ridacchiò e
annuì.
<< Grazie
mille! >> ringraziò Xander con un sorriso.
<< Uhm… Non
farlo sapere in giro, però >> borbottò Julia, lanciandogli
un’occhiataccia. << Se no poi mi tocca lavorare tutte le notti… >>.
Lui e suo padre
uscirono dalla sala per tornare nell’ufficio, dove Steve si accomodò sulla
poltrona sorseggiando il suo caffè con aria stanca. Xander
guardò fuori dalla finestra, ricordandosi di un argomento di cui voleva parlare
con suo padre.
<<
Ultimamente mi è venuto un sospetto >> disse, sedendosi davanti a Steve.
<< Su cosa?
>>.
<< Sembra che
Challagher e i suoi sappiano un po’ troppe cose… E
non mi riferisco agli affari della polizia >> disse Xander.
Steve drizzò le
orecchie. << Cioè? >>.
<< Sappiamo
tutti che Challagher ha comprato anche Barrow, per questo siamo intervenuti noi >> spiegò Xander, << Gli passa tante informazioni, ed evita che
la polizia di Los Angeles lo infastidisca. Fin qui, niente di nuovo. MaChallagher sapeva del carico di
auto di un mese fa, sapeva della Lamborghini e sapeva anche dell’arrivo di
stanotte delle fuoriserie al porto della città… Teoricamente, solo noi avremmo
dovuto saperlo, no? Faceva parte del piano tenere segrete delle informazioni del genere, per evitare che la polizia che Barrow ne venisse al corrente e dicesse tutto a Challagher >>.
Steve lo fissò,
serio. << So dove vuoi arrivare >> disse,
<< Ma penso che ti stia sbagliando… >>.
<< Challagher ha una talpa nell’F.B.I.
Non sarebbe poi troppo strano… Se ha comprato il capo del distretto di polizia
di Los Angeles, potrebbe anche aver comprato uno di noi >>.
<< E’ grave
quello che stai dicendo >> disse Steve,
appoggiando il bicchiere del caffè vuoto sulla scrivania, << Non puoi
accusare qualcuno senza averne le prove… >>.
<< Non sto
accusando nessuno >> lo interruppe Xander,
<< Sto solo dicendo che dobbiamo fare attenzione. Se c’è una talpa, la
missione rischia di andare a rotoli, e io non posso
permetterlo >>.
<< Sospetti
di qualcuno in particolare? >>.
Xander si portò le
braccia dietro la testa. << No >> rispose, << Potrebbe essere
chiunque. Posso restringere il campo a tutti quelli del nostro dipartimento, ma
non posso individuarlo se non fa un passo falso >>.
Ogni ora che
passava, si rendeva conto di quanto quell’intuizione fosse giusta. Challagher doveva avere per forza una spia tra loro: così
si era procurato tutte le informazioni riservate di cui era a conoscenza, e
così si era salvato dal carcere fino a quel momento. E poi, sembrava avere
occhi ovunque… Come faceva a sapere che erano andati alla Sirena Bianca?
<< Allora
devi chiudere in fretta, se non vuoi che tutto salti
>> disse Steve, << Quanto tempo ti serve, ancora? >>.
<< Mi sono
dato tre settimane >> rispose Xander, <<
Ma farò di tutto per sbrigarmi prima >>.
<< Terrò gli
occhi aperti per vedere se c’è qualcuno che fa cose strane >> disse
Steve, << Anche se dubito che Challagher possa
essere arrivato così in alto >>.
Lo colse
all’improvviso un sospetto, un sospetto che non era
per niente piacevole. La talpa spiegava alcune cose, ma non tutte. Rimaneva il fatto che William era venuto a sapere della sua
uscita con Irina, e lei aveva detto che la Sirena Bianca era un posto sicuro…
Solo una persona molto vicina a lui poteva sapere di tutti i suoi incontri con
la ragazza… Jess.
<< Papà… Jess sapeva dei carichi di auto? >> domandò a bassa
voce.
Conosceva
l’informatico da tanto tempo, e lo considerava il suo migliore amico,
nonostante fossero molto diversi. Dubitare di lui lo faceva vergognare, ma al
momento si rendeva conto che doveva sospettare di chiunque. Ne andava della
missione e anche della vita sua e di Irina.
<< No, non ne
sapeva niente >> rispose Steve, lo sguardo serio << Sai che non gli
interessano queste cose… E comunque, lo conosciamo
troppo bene. Io mi fido di lui, e anche tu. Lo sai meglio di me >>.
<< Già…
Scusami, hai ragione >> disse Xander,
sconfortato, << Ma non so cosa pensare… Vorrei parlarne con McDonall, ma forse è meglio non sollevare la questione…
>>.
<< Infatti. Per il momento lasciamo le cose come stanno.
Potrebbe anche essere un falso allarme… Siamo tanti, qui dentro, ed è facile
che qualcuno parli troppo. Basta che sia venuto a saperlo anche un solo
poliziotto e ne abbia parlato alle persone sbagliate… Pensa a portare a termine
la missione… E a farti una dormita. Domani avrai i risultati di quel test, a cui pensare >>.
Xander fissava il responso del test del DNA con aria perplessa, seduto
nell’ufficio vuoto di Jess, i piedi appoggiati alla
scrivania.
“Quindi è veramente suo padre”.
Aveva creduto il
contrario, ed era stato pronto a giurare che Irina fosse figlia di un altro
uomo… Invece no. Nonostante fossero completamente diversi, nonostante il
disprezzo che Todd provava per lei, nonostante l’indifferenza dei suoi
fratelli, era suo padre.
Avrebbe preferito
che non fosse così, in realtà. Il legame affettivo che Irina provava per la sua
famiglia era giustificato, e lui non avrebbe potuto interferire. Aveva sperato
di poterla convincere a lasciar perdere quello che lei
definiva “suo padre”, ma non poteva, visto che era la verità. Doveva continuare
a lasciarla nel dubbio?
Forse era meglio
così. Dirle che Todd era veramente suo padre non avrebbe fatto altro che
rafforzare la sua convinzione di dover badare alla sua famiglia, e non era
certo quello che lui voleva.
Posò il foglio
sulla scrivania e guardò il soffitto. Aveva ancora un paio di ore per
raccogliere qualche informazione per scoprire chi potesse essere la talpa,
prima di ripartire per Los Angeles.
<<
Soddisfatto del risultato? >> domandò suo padre, portandogli una brioche
appena sfornata.
<< Uhm… No. Ma qualunque fosse stato, non mi sarei mai detto “soddisfatto”
>> rispose Xander.
<< Ho parlato
con White, poco fa >> disse Steve, << Gli ho detto
che hai intenzione di chiudere entro tre settimane… Si è arrabbiato perché non
lo hai detto prima a lui >>.
Xander inarcò un
sopracciglio. << E’ proprio fissato… Deve sempre sapere tutto >>.
“ Vuole sempre sapere tutto… Cazzo… E se fosse lui, la
talpa?”.
Rimase in silenzio,
perché sapeva che suo padre sarebbe scoppiato a ridere, se gli avesse rivelato
il suo sospetto. Era un’accusa ancora più grave: White era il suo capo, stava
in alto e aveva alle spalle anni di onorato servizio nell’F.B.I…. Però tutto combaciava… White era al corrente di
tutte le informazioni, sapeva che si vedeva con Irina… E sembrava stranamente
augurarsi che lui fallisse… Quante volte lo aveva messo in guardia?
Rimaneva solo una
cosa, che non capiva: se White era veramente una spia, Challagher
doveva sapere che lui era dell’F.B.I….
Perché lo aveva fatto entrare nel giro, allora? Perché gli aveva permesso di
avvicinarsi?
Si alzò di scatto,
in silenzio. Suo padre gli rivolse un’occhiata stranita.
<< Che c’è?
>>.
<< Torno a
Los Angeles >>.
<< Ma non dovevi partire tra due ore? >>.
<< Voglio
andare adesso… E d’ora in poi, quando vedi White, non dirgli quello che sto
facendo >>.
Percorse il corridoio,
prese l’ascensore e incrociò di nuovo Michael Cole, che stava andando dalla
parte opposta.
<< Ciao
Alexander >> lo salutò, ma lui non lo degnò nemmeno di uno sguardo.
<< Scusami
Michael, vado di fretta >> disse.
Se White era la
spia, allora da quel momento in poi avrebbe dovuto essere imprevedibile. Doveva
limitare i contatti con il suo capo, e fingere di non poter fare rapporto. Era
l’unico modo per evitare che William venisse a conoscenza
dei suoi piani.
Raggiunse il
garage, diretto alla BMW. Poi vide, parcheggiata nel posto riservato a White,
una Mercedes Sl rossa, nuovissima. Si avvicinò per
guardare dentro, convinto che quell’auto fosse una di quelle rubate il mese
scorso…
Sul sedile di pelle
dell’auto c’era un telefonino, che squillò all’improvviso. I vetri attutirono
il rumore della suoneria, ma il display era ben visibile. E c’era scritto “William Challagher”.
Ore 13.00 – Casa
Irina camminava
avanti e indietro per camera sua, irrequieta. Ancora un paio d’ore, e sarebbe stata
chiusa in una stanza dell’università insieme a un altro centinaio di studenti
per sostenere il primo esame del semestre. Niente di nuovo, nemmeno il fatto di
sentirsi per nulla preparata…
Il ripasso
dell’ultimo minuto era inutile, e serviva solo a confonderle le idee. Aveva
sentito Jenny e le altre, quella mattina. Angie, come
al solito, preoccupata ma anche decisamente preparata,
non aveva niente da temere. Katy la prendeva con
filosofia, e Jenny era l’incosciente del gruppo, perfettamente tranquilla anche se non aveva studiato niente. Beata lei che
se ne fregava.
Suo padre era in
casa, ma dormicchiava sul divano davanti alla Tv accesa, e dei suoi fratelli
aveva perso le tracce la sera prima. Poteva permettersi di ascoltare un po’ di
musica in santa pace.
Da quando Tommy se
n’era andato, era stata costretta a colmare i vuoti che le aveva
lasciato. Avere più tempo per se stessa era molto strano per
lei, ma anche piacevole. Aveva riscoperto il piacere di farsi un bagno
in tutta tranquillità, e di ascoltare musica sdraiata sul letto senza pensare a
niente.
Accese lo stereo e
infilò il cd di Anastacia, l’ultimo uscito, e si lasciò cadere sul letto tra le
note di “I callitlove”. Respirò profondamente un paio di
volte, e inconsciamente le venne da sorridere.
Che scema che era.
Stava cercando in qualsiasi modo di farsi passare quella stupida cotta per Xander, ma più ci provava, più la situazione peggiorava. Si
trovava comica, ma non poteva negare che non riusciva proprio a essere scortese
con lui. Quando era venuto a trovarla, aveva resistito per i primi cinque
minuti, poi era capitolata. Tutti i suoi propositi di allontanarlo erano
svaniti davanti alla sua gentilezza.
Si stiracchiò,
sbadigliando. In fondo, però, non era poi così male… Bastava non illudersi
troppo, giocare se ne aveva voglia e prendere tutto con molta leggerezza.
Dalla strada udì
provenire il rumore di un motore potente, che si fermava proprio davanti a casa
sua. Incuriosita, si alzò in piedi e andò a guardare fuori dalla finestra.
“Possibile che sia Xander? ” pensò, con un sorrisetto che le si disegnava sul volto.
Ma quando guardò
fuori, si rese conto che non era Xander. Era William,
insieme a Dimitri ed Hanck,
che stavano scendendo dalla Mercedes Slk McLaren
dello Scorpione.
Che ci faceva William lì, per di più con i suoi due migliori amici?
Non si era mai abbassato a venire a casa sua, se non un paio di volte.
Oltretutto, erano giorni che non si vedevano né sentivano…
Preoccupata, guardò
i tre attraversare il vialetto, con l’ansia che cresceva. L’istinto le diceva
che doveva essere successo qualcosa… Scese le scale in fretta, per vedere suo
padre, di spalle, aprire la porta dell’ingresso.
<< Buon
pomeriggio, Todd >> disse William, quasi invisibile dietro la mole di suo
padre.
<< Ciao
>> la voce di Todd tremò appena davanti all’uomo che aveva minacciato lui
e i suoi figli. Anche lui era sorpreso di vederlo.
<< Dov’è tua
figlia? >> domandò lo Scorpione.
Irina capì che
c’era qualcosa che non andava. Il tono di William era controllato,
ma gelido: non era lì per piacere, e doveva essere arrabbiato. Todd si
scostò per lasciare entrare lui e i suoi due amici, senza rispondere.
<< Dobbiamo
fare due chiacchere >> disse William, poi gettò
un’occhiata di fuoco a Irina, ferma sulle scale. << Vattene in camera
>>.
Irina rimase
immobile, guardando i tre preoccupata. Il suo
presentimento si stava avverando: era successo qualcosa di grave. Se non fosse
stato importante, William non sarebbe mai venuto a casa sua.
<< Va in
camera tua >> ribadì Dimitri, la voce bassa e
roca, lo sguardo duro.
La ragazza si voltò
lentamente, lasciando suo padre insieme ai tre. Risalì le scale e tornò nella
sua stanza, sedendosi sul letto.
Se William voleva
parlare anche con suo padre, poteva sperare che la cosa non riguardasse lei…
Magari uno dei suoi fratelli si era cacciato nei guai a sua insaputa. Non
sarebbe stata la prima volta, in fondo. Però c’era
qualcosa che le diceva che non era così, che lei centrava sicuramente qualcosa.
Forse lo Scorpione
aveva scoperto cosa stava succedendo alle sue spalle… Forse sapeva di Xander, o almeno sospettava qualcosa… Dimitri doveva
avergli detto qualcosa, ecco perché c’era anche lui…
Se era veramente
così, doveva preparare una scusa plausibile che la aiutasse a uscire da quella
situazione. O almeno a salvare il salvabile.
Prese il cellulare,
pronta a chiamare Xander e
dirgli di fuggire, nel caso William sapesse veramente di lui.
Dalla cucina non
proveniva alcun rumore, e poteva essere una buona notizia. Rimase in silenzio,
in attesa di qualche movimento strano. Aveva paura di quello che sarebbe potuto
accadere.
I suoi pensieri vennero interrotti dalla porta che si apriva. William entrò
nella stanza senza distogliere gli occhi di ghiaccio da lei, e Irina rabbrividì.
La sua espressione era talmente infuriata, che capì all’istante di poter
perdere ogni speranza. Dimitri e Hanck erano dietro
di lui; il russo era serio, e la fissava freddamente. Si alzò di scatto, pronta
a sparare la prima scusa che le sarebbe venuta in mente.
<< E così hai
dato una mano a Went >> disse William, la voce
dura e controllata. Non era una domanda la sua, e Irina rimase in silenzio,
senza la forza di mentire.
<< Dimmi,
credevi veramente di fregarmi? >> continuò lo Scorpione, avvicinandosi di
un passo. << Cosa pensavi di fare? >>.
Irina indietreggiò,
cercando una scusa che ormai non l’avrebbe salvata. << Mi ha solo chiesto
di dargli qualche dritta >> disse, la voce bassa, << Ha vinto per
merito suo, non mio >>.
Strinse il
cellulare che teneva in mano, chiedendosi che avesse anche scoperto che Xander era dell’F.B.I…. Poteva ancora fargli credere che fossero solo
amici.
William gettò
un’occhiata in basso, notando il telefonino. Dimitri, dietro di lui, stringeva
qualcosa che aveva in tasca.
<< Pensavi
che potesse battermi? >> domandò, afferrandole improvvisamente il polso e
strappandole di mano il cellulare, << Che un novellino come lui potesse
sperare di sbattermi fuori? >>.
Gettò il telefonino
a Dimitri, che lo afferrò al volo.
<< Distruggilo
>> ordinò William, gelido.
Il russo si mise il
cellulare in tasca, ma non si mosse. In quel momento arrivò Hanck,
che teneva Todd per un braccio e aveva una pistola in mano.
<< Lo sapeva
che si vedevano >> disse Hanck, strattonando
suo padre, << L’altro giorno era qui >>.
Irina spostò lo
sguardo su quel ragazzo odioso, che non aveva mai sopportato. Gli rivolse
un’occhiata di fuoco, ma riuscì a intuire che forse William non sapeva che Xander era dell’F.B.I…. Credeva che lo avesse solo aiutato a scalare la
lista.
Lo Scorpione tornò
a guardarla, gli occhi che si riducevano a fessure. La prese per il mento e la
costrinse a guardarlo dritto in faccia.
<< Dimmi
perché >> sibilò, << Dimmi perché lo hai aiutato a entrare nel
giro… Speravi di liberarti di me, vero? >>.
Irina sentiva tutti
gli sguardi puntati su di lei, e il respiro affannoso di suo padre a pochi
metri da loro. Non aveva mai assistito a una scena del genere… Chissà cosa
stava pensando… Chissà se si rendeva finalmente conto di quello che sua figlia
stava facendo per loro…
Non aveva la forza
di rispondere, perché aveva troppa paura dello Scorpione per
poter sperare di rispondergli male e di non beccarsi una bella punizione
per la sua insolenza. Abbassò lo sguardo, gli occhi
che fuggivano quelli verdi e tanto odiati di William.
Lo Scorpione le
strinse ancora di più il mento e le alzò la testa. Sul suo viso si disegnò un sorrisetto malvagio, il più orribile che Irina
gli avesse mai visto.
<< Immagino
ti sia fatta scopare come una cagna, dal tuo caro Alexander >> sibilò,
<< In fondo, fare la puttana è quello che ti viene meglio, o sbaglio?
>>.
Irina spalancò gli
occhi davanti a quell’accusa… Era solo quello che William credeva? Che fosse
andata a letto con Xander?
<< Non è vero
>> disse, la voce bassa, << Non è successo niente… Gli ho solo dato
una mano a entrare nel giro giusto… >>.
Lo schiaffo arrivò
così improvviso che Irina non si accorse nemmeno che William aveva alzato la
mano. Sentì la guancia andare in fiamme, ma non fiatò.
<< Non mentirmi, troia! >> gli sputò addosso, e qualcuno
nella stanza sussultò.
<< E’ la
verità! >> gridò Irina, la voce tremante, << Non… >>.
E arrivò un altro
schiaffo, ancora più forte del primo, che la lasciò senza la forza di parlare.
Dimitri, Hanck, ma soprattutto suo padre, assistevano allo spettacolo in silenzio.
<< E allora
come sapeva del tuo tatuaggio, eh? >> domandò William, ormai fuori di sé,
<< Puttana, ti sei fatta portare a letto dal primo idiota che è passato
da queste parti! Che ci facevi con lui alla Sirena Bianca, eh? Tu sei mia
Irina, e te lo devi ricordare, chiaro? >>.
Mentre
indietreggiava ancora, Irina andò a sbattere contro il muro, ritrovandosi senza
via di fuga. Xander era stato uno stupido, aveva
rivelato l’esistenza del suo tatuaggio sul fianco all’unica persona al mondo
che lo sapeva già. Era stato proprio lo Scorpione a farglielo fare, in modo che solo sui ne fosse a conoscenza…
Negare era inutile,
in quel momento. William non le avrebbe mai creduto, lo sapeva. Almeno però non
aveva scoperto che Xander era dell’F.B.I.
<< Da quanto
va avanti? >> domandò William.
<< Will…
>> lo chiamò Dimitri.
<< Sta’ zitto >> sibilò lo Scorpione, << Da quanto
va avanti, eh? >>.
Irina non rispose.
Rimase con il capo piegato verso il basso, in silenzio. Nemmeno l’ennesimo
schiaffo le strappò anche solo una sillaba.
<< Da tre due
mesi >> rispose qualcuno. Suo padre.
Irina guardò Todd,
ancora trattenuto da Hanck con la pistola in mano. Le
venne da piangere, perché l’uomo che doveva essere suo padre non faceva altro
che peggiorare la situazione. L’uomo che avrebbe dovuto difenderla non stava
facendo nulla per aiutarla.
William gli gettò
un’occhiata, poi tornò a lei.
<< Due mesi…
>> disse, << Dall’inizio, allora… Non avresti dovuto fare la furba
con me, bambolina. Ho l’impressione che quando il tuo caro Xander
gareggerà contro Dimitri avrà un brutto incidente >>.
Irina sentì la
rabbia montarle addosso. Strattonò il braccio dalla presa di William e lo
fissò. Doveva dirgli qualcosa, anche se sapeva che nel giro di qualche istante
si sarebbe pentita.
<< Sarà lui a
farlo fuori, stronzo >>.
William si girò
verso il russo. << Prendi gli altri cellulari e distruggili. Hanck, va
giù con lui e rimanici >>.
Dimitri attraversò
la stanza, frugò nei cassetti e prese gli altri due telefonini di Irina,
compreso il Nokia che le aveva dato Xander. Poi
raggiunse la porta, e lì si fermò.
<< William…
>> iniziò, come se non avesse il coraggio di parlare.
<< Avevi ragione, amico. E’ una troia >> disse William con un
leggero sorrisino, << Ma dopo oggi non si azzarderà più a mettersi contro
di me >>.
Lo sguardo di Todd
si puntò su Irina, e lei guardò suo padre venir
trascinato per il corridoio, senza opporre la minima resistenza. Dimitri gettò
un’ultima occhiata allo Scorpione, e poi a lei.
<< Chiudi la
porta >> disse William.
E dandogli le
spalle, il russo se ne andò.
Spazio Autrice
So che questo
capitolo è piuttosto “pesante”… Era uno di quelli che temevo di più, a essere
sincera, però era necessario alla trama. E’ arrivato il momento per Xander di scoprire proprio tutto di Irina, di fare i conti
con la persona che si trova davanti, e soprattutto con se stesso. Il prossimo cap infatti sarà tutto dedicato a
lui: per la prima volta si troverà veramente in crisi.
CriCri88: hai
ragione, lo Scorpione ha proprio orecchie e occhi ovunque, e in questo cap lo ha dimostrato. Irina credeva di aver scelto un luogo
tranquillo, proprio perché quello non era un posto che amava frequentare
William, e tuttavia non può sapere esattamente fin dove
possa arrivare lo Scorpione.
Xander, invece, ha voluto
fare il bravo ragazzo, perché se non fosse stato in quella situazione, non
avrebbe esitato. E’ uno istintivo, e il suo istinto il quel momento non gli
diceva certo di… rifiutare. Sta semplicemente seguendo il cervello, e il cervello gli dice di aspettare. Sta a lui decidere, alla
fine, se ha fatto bene o ha fatto male. In ogni caso,
arriverà anche il loro momento! Baci!
Fairy29: mia cara,
adoro i papiri! E soprattutto non ti credo pazza! Visto che
macchina, che ho dato al nostro Xander? Spero che non
mi faccia fuori anche questa, se no lo mando in giro a piedi… Per il bacio
dovrai attendere, e Manu lo sa meglio di me: sai da quanto aspetta? Già quello di Las Vegas (un bel po’ di
cap fa…) non era previsto: l’ho aggiunto per far
contenti tutti (soprattutto Manu), altrimenti avresti
dovuto aspettare veramente fino alla fine. Lo so, sono sadica, ma farli andare
al sodo subito sarebbe stato troppo facile no? Ci vuole un po’ di questa “tensione”…
Sarà tutto decisamente più bello, ti pare? Bacio!
Il cellulare,
poggiato sul tavolino di vetro del soggiorno, si illuminò
all’improvviso vicino al piede destro di Xander,
iniziando a vibrare insistentemente. Jess cambiò
pigramente canale con il telecomando, senza degnarlo di uno sguardo.
Xander si sporse e prese
il telefono. Con enorme stupore vide che si trattava di Maximilian.
<< Pronto?
>>.
<< Alexander?
>> disse l’altro, << Sei a casa? >>.
Leggermente
perplesso, Xander inarcò un sopracciglio, guardando Jess che non sembrava molto interessato alla sua
telefonata. Fissava con occhi vacui il televisore.
<< Sì,
perché? >> rispose.
<< Irina è
con te? >> domandò Max.
<< No
>>.
C’era qualcosa nel
tono del meccanico che lo fece preoccupare. << E’ successo qualcosa?
>> aggiunse poi, abbassando impercettibilmente la voce.
Max tacque per un
momento, poi rispose: << Mi ha telefonato Jenny… Oggi pomeriggio avevano
un esame, e Irina non si è presentata. Si sono sentite stamattina, e dice che
le aveva assicurato che ci sarebbe stata… >>.
Xander si allarmò.
<< Le ha
telefonato almeno cinque volte, ma non ha risposto >> continuò Max,
<< Così mi ha chiesto se io l’avevo vista, per caso >>.
<< E tu non
l’hai vista >> disse Xander, preoccupato.
<< No
>>, Max sembrava in pena quanto lui, << Ho provato a chiamarla a
casa, ma non risponde… Credevo fosse venuta da te, a questo punto >>.
<< Non la
vedo dall’altro ieri >> disse Xander, <<
Mi aveva detto ci saremmo sentiti stasera… Sicuro che
non sia a casa? >>.
<< No. Ho
chiamato tre volte, l’ultima cinque minuti fa. Non risponde. Non è da lei non
presentarsi a un appuntamento e non avvertire… >>.
<< Sei
passato da casa sua? >> chiese Xander, cercando
le chiavi della BMW nella tasca dei pantaloni.
<< Pensavo di
andarci, se non riesco a trovarla… >> rispose Max.
<< Ci vado io
>> disse Xander, gettando un’occhiata a Jess, che adesso sembrava più interessato. << Ti
faccio sapere più tardi >>.
Chiuse la
telefonata e guardò l’informatico, che lo fissava interrogativo.
<< Irina è
sparita >> disse.
<< Sparita?
>> domandò Jess, incuriosito e preoccupato al
tempo stesso.
<< Non si
trova. Vado a cercarla >>.
Xander salì in camera sua
e recuperò l’altra pistola di cui era fornito, poi tornò di sotto. Doveva essere
successo qualcosa… Gli venne in mente l’avvertimento di Challagher:
forse se l’era presa anche con lei…
<< Rimani qui
>> disse rivolto a Jess, << Ho un brutto
presentimento >>.
Uscì di casa e saltò sulla BMW. Dieci minuti dopo era davanti a
casa di Irina.
Tutte le luci erano
spente, ma alcune delle finestre erano state lasciate aperte. Non sembrava
esserci nessuno, come se la casa fosse stata abbandonata in tutta fretta. Il
garage era chiuso, la tenda al primo piano svolazzava nel silenzio della sera.
Xander tolse la sicura
alla pistola e guardò in alto, verso la finestra della camera di Irina. Era
chiusa, le tende tirate. Arrivò fino alla porta d’ingresso e suonò il
campanello.
Non sapeva cosa
aspettarsi. Irina non sarebbe mai sparita in quel modo senza avvertire nessuno…
Lo stomaco gli si contrasse per la paura, nel timore che le potesse essere
successo qualcosa. Doveva trovarla il più presto possibile e togliersi quella
sensazione a cui non era abituato.
Attese qualche
minuto davanti alla porta, la pistola in pugno, ma era chiaro che nessuno
sarebbe venuto ad aprire. Si guardò intorno, con l’idea di sfondare la porta e
fare irruzione dentro. Poi gli venne un’idea migliore.
Fece il giro della
casa, e raggiunse la porta sul retro. Era aperta, come si era aspettato… Quindi
in casa forse qualcuno c’era.
Varcò l’ingresso
con la pistola puntata davanti a sé, e accese la luce. Non udì nessun rumore;
sembrava veramente tutto deserto. Camminando lentamente raggiunse la cucina e
il soggiorno e sbirciò dentro, senza trovare nessuno. Sul tavolino però c’era
una bottiglia di birra aperta e a metà, come se fosse stata lasciata lì
all’improvviso.
<< Irina?
>> chiamò.
Qualcosa scattò di
sopra, come una serratura che si chiude, poi più niente. Il rumore rimbombò per
qualche istante, poi si spense nel silenzio carico di tensione. Istintivamente
guardò su per le scale, aspettandosi di scorgere un’ombra, ma non vide nessuno.
Sempre tenendo la
pistola alzata, salì uno per uno i gradini, all’erta.
In casa c’era qualcuno, ma non sapeva se fosse pericoloso o meno. Meglio essere
prudenti.
Anche al piano
superiore era tutto spento, e cercò a tentoni
l’interruttore della luce. Quando si accese, notò la porta della camera di
Irina aperta. Abbassò la pistola e guardò dentro.
Era vuota, ma il
letto era sfatto, le lenzuola gettate malamente a terra. Le tende tirate non
lasciavano intravedere l’esterno, ma qualcosa brillò per terra, a pochi metri
da lui. Entrò nella stanza e si abbassò per raccoglierlo.
Era una collanina d’argento
con un ciondolo a forma di quadrifoglio, lo stesso che aveva visto al collo di
Irina molte volte, e che molto probabilmente non toglieva mai. Vederlo lì,
gettato a terra, gli fece scorrere un brivido lungo la spina dorsale.
Era successo
qualcosa di grave, ma non gli interessava cosa. Voleva solo ritrovare Irina
viva, subito. Aveva le viscere contratte, il cuore che batteva più forte del
normale, le mani fredde. Era paura quella che stava provando, e non era
abituato.
Si alzò di scatto,
mettendosi in tasca la collanina, e i suoi occhi si posarono sul letto
disfatto. C’era una macchia di sangue, sul lenzuolo candido.
<< Irina?
>> chiamò di nuovo, il cuore che batteva all’impazzata per la paura.
La sua voce si
spense nel silenzio più totale. Drizzò le orecchie alla ricerca del minimo
rumore, ma non sentì nulla.
“Potrebbe non essere il suo sangue” si disse, cercando
di non farsi prendere dal panico, “Forse
è solo una coincidenza… Magari William l’ha chiamata per qualche gara, per un
furto…”.
Xander tornò nel
corridoio, cercando di pensare a cosa potesse essere successo, a dove potesse essere Irina. Stava per scendere di sotto, quando
uno strano rumore arrivò alle sue orecchie. Durò una frazione di secondo, ma
bastò a fargli capire che qualcuno c’era. E che era nel bagno vicino alla
stanza di Irina.
La porta era
chiusa, e appoggiò la mano sulla maniglia per aprirla. Però
non ci riuscì. Era chiusa a chiave.
<< Irina?
>> chiamò per la terza volta.
Ci fu un momento di
completo silenzio, poi…
<< Vattene Xander >> rispose una voce soffocata, dall’altra
parte della porta. Distante, lontana, ma la sua: Irina.
<< Aprimi,
per favore >> disse Xander, appoggiando
entrambe le mani sul legno e sentendo un’ondata di sollievo invaderlo. <<
Perché stai lì? >>.
<< Vattene Xander! >> ripeté la ragazza, questa volta con voce
più forte.
Lui rimase
immobile, sempre più preoccupato. Perché si comportava in quel modo? Perché
aveva cercato di nascondersi per tutta la giornata?
<< Apri la
porta >> disse, calmo, << Avanti… Cos’è successo?
>>.
<< Te l’ho
già detto,Went! >>
gridò Irina dall’altra parte, e sentire che lo chiamava per cognome lo allarmò. << Torna da dove sei venuto, e lasciami in
pace >>.
Xander batté la mano sul
legno, frustrato. Non voleva perdere tempo in discussioni, voleva
vedere come stava e basta.
<< Apri
questa porta o giuro che la sfondo >> minacciò.
<< Va’ via, per favore >> disse Irina, poi piombò nel
silenzio.
Xander continuò a fissare
quella maledetta porta per mezzo minuto, cercando un modo per aprirla. Poteva
usare la pistola, ma rischiava di fare del male a Irina. Si guardò intorno, e
prese la chiave della stanza della ragazza: di solito, le serrature erano tutte
uguali per poter essere aperte facilmente in caso di
bisogno.
Aprì la porta
lentamente, sentendo che qualcuno stava cercando debolmente di impedirglielo:
forse Irina stava spingendo dall’altra parte per non farlo entrare. Durò
pochissimo, però, perché poi non incontrò più nessun ostacolo.
Il bagno era
pulito, la specchiera accesa, ma nessuna traccia di
Irina. Mise la testa dietro la porta e la trovò lì, seduta per terra con la
schiena appoggiata al muro di ricoperto di piastrelle. Aveva
il volto rigato di lacrime, i capelli che ricadevano disordinati sulle spalle.
C’era qualcosa di
tremendo nella sua espressione, e Xander si sentì
salire il cuore in gola. Forse, avrebbe preferito ritrovarla morta, che in
quello stato. Gli occhi di Irina erano quelli di chi
ha smesso di lottare, di chi si è completamente abbandonato al destino, di chi
è stato sconfitto troppe volte.
<< Cosa è successo, piccola? >> domandò a bassa voce.
Irina non lo
guardò. Abbassò la testa e si strinse le ginocchia con
le braccia, come spaventata dalla sua presenza. Rimase in silenzio, il respiro
corto di chi ha pianto per tanto tempo.
<< Cosa ci
fai qui? >> disse dopo un po’, la voce soffocata tra le sue gambe,
<< Ti ho detto di andare via… >>.
<< Sono
venuto a cercarti >> rispose Xander,
abbassandosi su di lei, << E’ tutto il pomeriggio che ti stiamo cercando… >>. Irina si allontanò di qualche
centimetro.
<< Cosa è successo? >> aggiunse poi, guardandola in viso.
Lei fuggì i suoi
occhi, il capo abbandonato sulla parete, e disse: << Non possiamo più vederci, Xander >>.
<< Perché? >>.
Irina aveva la voce
rotta, e mormorò: << Perché deve essere così e basta. Va via e lasciami
in pace >>.
<< William ci
ha scoperto? >> chiese Xander, capendo che era
così, << Lo sa? >>.
Irina si passò una
mano sul viso, esausta, prima di rispondere: << Sì >>.
Ecco perché non
voleva vederlo. La sua missione era in pericolo, ma al momento non gli
interessava sapere se William aveva scoperto se era dell’F.B.I.:
voleva solo capire cosa era successo ad Irina. E sapeva già che era qualcosa di
grave.
<< Cosa ti ha
fatto? >> chiese dolcemente, sperando che rispondesse alla sua domanda.
Si avvicinò un po’, ma per tutta risposta lei si rannicchiò contro il muro e
qualche lacrima tornò a rigarle il viso.
Xandersi
inginocchiò e le prese il viso fra le mani, guardandola negli occhi, e
mormorò: << Ti ha messo le mani addosso, eh? Ti ha fatto del male? >>.
Irina si liberò
dalla presa e scoppiò a piangere, senza però cercare conforto in un abbraccio.
Appoggiò la testa contro il muro, lasciando che le lacrime silenziose cadessero
sulla sua maglietta stropicciata.
Xander capì che il suo
presentimento era fondato. Poi, finalmente si rese conto dell’errore madornale
che aveva fatto, di quanto era stato stupido… Tutto, con orrore, andò al suo
posto.
Irina aveva paura
degli sguardi dei ragazzi, non amava farsi toccare… Era la ragazza di William,
ma non voleva esserlo… Mai l’aveva vista avere un atteggiamento gentile verso
di lui, e mai aveva visto lui trattarla per quello che era: una ragazza. Era il
suo giocattolo, la sua bambolina… Era sua. Il letto sfatto, le macchie di
sangue…
I lividi non era quelli che le aveva lasciato suo padre… I lividi erano
quelli che le aveva lasciato lo Scorpione.
Il sangue gli si
gelò nelle vene, il freddo si insinuò nel suo cuore
come un veleno mortale. Per tutto quel tempo non aveva letto i segni, era stato
cieco. Era stato idiota, stupido, superficiale.
Abbassò il viso
all’altezza di quello di Irina, e cercò di avvicinarla lentamente. Lei gli mise
una mano sul petto, bloccandolo, senza permettergli di avvicinarsi ancora di
più.
<< Irina, ti
prego, dimmi cosa è successo >> disseXander.
La ragazza non
rispose ancora, e il suo silenzio lo spaventò a morte. Lo sapeva, lo sapeva cosa era successo, e sperava solo che lei gli dicesse
che si era sbagliato, che non era quello che pensava lui… Sperava che quello
fosse solo un incubo, nient’altro.
<< Ti ha violentata, Irina? >>.
Le parole gli
uscirono dalla bocca inespressive, eppure così
pesanti. Qualcosa dentro di lui si spezzò, e Xander
provò per la prima volta il panico, il panico vero di
chi si trova in una situazione che non sa come gestire. Di chi non vuole
credere, ma che si trova di fronte la pura e dolorosa realtà.
Irina finalmente lo
guardò, gli occhi arrossati puntati nei suoi. Era
terrore quello che leggeva nel suo sguardo da cerbiatta, paura e vergogna. E
senza preavviso, scoppiò di nuovo a piangere.
Xander la tirò verso di
sé, incurante se lei volesse o meno abbracciarlo. Si
sentiva tremendamente in colpa, perché non aveva capito subito quello che le
succedeva. Le aveva chiesto troppo, fino a quel momento, e lei non gli aveva
voluto dire cosa stava pagando.
Perché? Perché non
gli aveva detto nulla? Perché era stata zitta?
Irina stava
smettendo di piangere, anche se il suo respiro rimaneva ancora irregolare. Lo
spinse delicatamente via, e si asciugò una lacrima con il dito. Xander le prese il mento e la guardò, per scrutarle il
volto. Aveva un segno rosso sul collo sottile.
<< Irina…
Perché…? >> mormorò, sconvolto.
La ragazza chiuse
gli occhi per un momento, poi trasse un respiro profondo, forse per non ettere alla sua voce di remare.
<< Xander, ti prego… Non dire niente >> sussurrò.
Lui rimase a
guardarla per qualche secondo, ma gli sembrava di avere il cervello spento. Non
riusciva a ragionare, a formulare un pensiero coerente.
“L’ha violentata… Quel figlio di puttana l’ha
violentata fino ad adesso, e io non lo sapevo…”.
Era l’unica frase
che gli rimbombava per la testa, che gli faceva capire
di essere ancora cosciente. Non c’era rabbia in lui, in quel momento, perché il
dolore era l’unica cosa che riusciva a provare. Dolore e
vergogna per non essersene accorto da solo, per non averci mai pensato.
<< Puoi
andartene >> disse Irina all’improvviso, riscuotendolo dai suoi pensieri.
Lo guardava, ancora seduta per terra, la schiena appoggiata al
muro freddo, perfettamente in sé, o almeno molto più di lui.
<< Non me ne
vado di qui senza di te >> ribatté Xander,
inginocchiandosi sul pavimento per rimettersi in piedi.
Iniziava a
riprendersi. Tornava a ragionare, a pensare coerentemente. Doveva farlo per
lei, perché se c’era qualcuno che aveva bisogno di aiuto, in quel momento, era
Irina, e lui doveva essere in grado di darglielo.
<< Xander… Vattene >>. La voce di Irina voleva essere
controllata, ma apparve solo esausta. << Non ho bisogno di te >>.
Quell’ultima frase diede il colpo finale all’autostima di Xander:
non aveva bisogno di lui… Non lo voleva più vedere… Come biasimarla? Era per
colpa sua se si era cacciata nei guai, per la sua stupida insistenza…
<< Gli ha
detto del tatuaggio, vero? >> domandò Irina, senza guardarlo.
<< Sì…
>>.
Irina sospirò.
<< Perché lo hai fatto? Ti avevo chiesto di non dirlo a nessuno…
>>. Sembrava solo molto delusa, ma non arrabbiata.
“L’ho fatto perché sono uno stupido… Perché volevo
dimostrargli che ti conosco meglio di lui… Ma non era vero”.
Si era comportato
come William: per poter dimostrare di essere legato a
Irina in qualche modo non si era curato della sua volontà. Lei sapeva cosa
significava quel tatuaggio nascosto che portava: era il marchio che lo
Scorpione aveva impresso su di lei per poterla controllare fino in fondo, per
fare in modo che solo lui possedesse Fenice, che nessun’altro
usasse il suo giocattolino senza che lui lo sapesse.
Per quello Irina gli aveva chiesto di non dirlo a
nessuno…
<< Sono stato
un’idiota >> disse Xander, << Non mi è
passato per la testa che… >>.
<< Non
importa >> lo interruppe Irina, continuando a tenere gli occhi inchiodati
al pavimento, << Non mi interessa… Avrei dovuto
dirti perché non volevo che nessuno sapesse… Va bene così… Va via, adesso
>>.
<< Stai bene?
>> domandò Xander, anche se era perfettamente
inutile. Non se ne sarebbe andato nemmeno se lo avesse minacciato: non sarebbe
stato stupido per due volte consecutive.
<< Sì, sto
bene >> rispose Irina, muovendosi leggermente come per allontanarsi.
Anche la sua era una frase fatta, una risposta
automatica che la sua bocca era abituata a dare.
<< Vuoi
uscire di qui, adesso? >> chiese Xander, dolcemente.
Irina non rispose,
ma tra le labbra le scappò un sospiro. Non stava bene, lo sapeva, perché lei
aveva la brutta abitudine di mentire, quando si trattava di sé
stessa.
<< Ti porto
in ospedale >> disse Xander, prendendola in
braccio.
<< No, sto
bene >> protestò Irina, ma non aveva la forza di opporsi. Si lasciò
trasportare fuori dal bagno, e qualche lacrima tornò a rigarle il viso. Gli
strinse la maglia con una mano, troppo esausta per tentare
la fuga.
Xander scese le scale e
attraversò l’ingresso, poi uscì fuori di casa e
raggiunse la BMW. Aprì la portiera e adagiò Irina sul sedile dell’auto.
<< Xander… >>.
<< Andrà
tutto bene, piccola >>.
Xander era seduto nella
sala d’aspetto, solo, lo sguardo che correva ogni due secondi alla porta
dell’ambulatorio. Sentiva l’infermiera a pochi metri da lui battere sulla
tastiera del pc, che ronzava nel silenzio della
stanza.
William era morto.
Si stava scavando da solo la fossa. Poteva accettare tutto: che la ricattasse,
che la spacciasse per la sua ragazza, che… anche che ci andasse a letto
assieme, ma non poteva accettare quello. Non poteva accettare che lui la
costringesse, che la usasse a proprio piacimento come una vera e propria
bambola.
Ci aveva pensato
centinaia di volte a quel particolare, roso dalla gelosia, ma mai aveva pensato
che lei non fosse d’accordo. Mai. Aveva sempre e solo sperato che non le
piacesse, per rendere il suo tormento meno doloroso, per potersi dire che non
c’era niente tra lei e lo Scorpione, che egoisticamente Irina aspettasse solo
lui. Non si era mai chiesto cosa ci fosse dietro quello strano rapporto, dietro
quel modo possessivo con cui William trattava la sua Fenice. E ora che lo
scopriva, ora che sapeva, si chiedeva perché Irina era stata zitta, perché non
gli aveva detto niente.
L’istinto, quell’istinto da cui si era lasciato guidare per tutta la vita,
gli diceva di alzarsi, raggiungere lo Scorpione e come minimo spezzargli
entrambe le mani. A tenerlo inchiodato lì c’era solo lei, Irina, dietro quella
porta bianca, l’unica cosa al mondo in grado di fargli perdere ogni certezza,
di mandargli in crisi l’istinto.
Nella vita aveva
visto tante cose, incontrato tante persone, ma mai qualcuno come lei. Nessuno
lo aveva mai fatto sentire così stupido, così in colpa, così… umano. Perché lui
era Alexander Went, agente dell’F.B.I.,
che non sbagliava mai, che non si lasciava prendere dalla situazione, che
sapeva sempre cosa si doveva fare, che seguiva l’istinto che gli indicava
sempre la strada giusta. Abituato ad avere tutto, ad avere il controllo della
situazione. Abituato a non commettere errori. Mai.
Con Irina, invece,
aveva sbagliato su tutti i fronti. Aveva fatto un errore all’inizio, quando
aveva deciso di avvicinarla, sperando nel suo aiuto, senza pensare, senza
immaginare, che cosa sarebbe diventata per lui. E poi, aveva sbagliato quando
aveva deciso, per una volta, di usare la testa e non l’istinto, sicuro che
aspettare fosse la cosa migliore. E ancora, aveva commesso l’errore di pensare
di sapere tutto di lei, di aver imparato a conoscerla,
a prevederla, ad amarla per quello che era: una semplice ragazza di vent’anni.
E adesso, mentre
aspettava seduto in quella fredda sala d’ospedale, aveva paura. Aveva paura che
quando Irina sarebbe uscita da quella porta bianca,
lui non fosse in grado di reggere quella vista. Aveva paura che tutti i
problemi che si trascinava dietro quella ragazza
potessero in qualche modo spegnere la scintilla che fino a quel momento aveva
arso dentro il suo cuore, che potessero spaventarlo a tal punto da fargli
smettere di amarla.
Perché lei? Perché proprio Irina, tra tutte le ragazze che aveva incontrato
nella sua vita? Perché non una qualsiasi, carina, semplice, normale? Perché non
una che passava il suo tempo a ridere con le amiche, a fare shopping in centro,
a vivere la sua perfetta e banale vita da ventenne? Perché proprio
Irina, una pilota clandestina, bella, dolce, pericolosa in quanto legata
allo Scorpione, gli aveva trafitto il cuore?
La risposta, per la
prima volta, non la sapeva. Non sapeva, non capiva perché aveva scelto Irina. O
forse la sapeva… Lo sapeva, ma aveva paura di dirlo.
Irina era unica…
Così unica da aver fatto perdere la testa a lui, a Challagher,
a Max e a chissà quanti altri. E lo era perché era umana, era fragile, era
indifesa. Era una ragazza che nonostante tutto, nonostante l’odio, la paura, la
tristezza, continuava ad amare, continuava a essere
quello che era. E cioè qualcosa che lui non poteva meritare, dopo quell’errore
madornale, dopo quella cazzata fatta per orgoglio.
Finalmente,
dopo un’ora e mezza di attesa, vide la porta bianca aprirsi lentamente. Il dottore, un
uomo di circa cinquantacinque anni, dai capelli neri brizzolati, gli fece cenno
di avvicinarsi. Xander si alzò e lo raggiunse.
<< Lei è?
>> domandò il medico, guardandolo da sopra gli occhiali cerchiati di
metallo.
<< Un amico
>> rispose Xander, evasivo.
Il dottore gli
rivolse un’occhiata perplessa, poi continuò con tono professionale: << La
ragazza ha subito una violenza sessuale, ma non le sto dicendo niente di nuovo,
immagino >>.
Xander annuì, impaziente.
<< Come sta?
>> domandò.
<<
Fisicamente posso dire che si riprenderà in fretta >> rispose il dottore,
<< Ha qualche escoriazione, ma l’abbiamo medicata. Psicologicamente è
abbastanza provata… Non è la prima volta che succede, a quanto pare. Dovrà
stare solo un po’ a riposo >>.
Xander sentì la rabbia
montare di nuovo, mentre il dottore lo fissava con aria minacciosa. Si schiarì
la voce e poi continuò: << Personalmente avrei
dovuto denunciare il fatto alla polizia, ma la ragazza mi ha pregato di non
farlo. Se però tornerà qui per lo stesso motivo, non esiterò
un momento a chiamare le autorità competenti >>.
Xander annuì. Aveva
parlato con un tono minaccioso, quasi pensasse che l’autore del fatto fosse
lui. Il medico lo salutò e tornò nell’ambulatorio. Un attimo dopo vide la porta
bianca riaprirsi e rimase immobile, pronto ad affrontare quel momento che
temeva tantissimo.
Irina fece
capolino, lo sguardo che vagò incerto per la sala d’aspetto e che poi si posò
su di lui. Gli occhi da cerbiatta scrutarono il suo volto, non più spenti, solo
stanchi. Il viso era tornato del suo colore naturale, le labbra rosee e morbide
come sempre. Si era aspettato di vederla diversa, invece era sempre uguale.
Sempre lei.
Chiudendosi
delicatamente la porta alle spalle, Irina fece un passo avanti e poi si fermò,
forse senza sapere bene cosa dire. Alla fine, stringendosi le manine, gli sorrise timidamente.
In un secondo,
tutte le paure che Xander aveva provato fino a quel momento
crollarono. Crollarono davanti a quel sorriso semplice, vero, intimidito. Sì,
era sempre Irina. I suoi occhi non avevano smesso di vederla come l’avevano
sempre vista fino ad ora. Tutto andò al suo posto, e
comprese perché il suo cuore avesse scelto lei.
L’aveva cercata per
venticinque anni, l’aveva cercata nei volti delle ragazze che aveva incontrato, nei loro occhi, nei loro sorrisi, nelle
loro parole. Era lei che voleva senza nemmeno sapere che la stava cercando. La
sua metà, la parte che mancava alla sua mente, al suo cuore, alla sua anima. La
ragazza che continuava a sorridergli, che era in grado di continuare a vivere
dopo quello che gli era successo. La ragazza che aveva
tanti volti, uno più bello dell’altro, e che lui aveva finalmente scoperto
tutti. La ragazza che lo faceva sentire debole e invincibile al tempo stesso.
Gli si avvicinò e
la strinse in un abbraccio, sentendo le sue manine poggiarsi sulla sua schiena.
Sospirò, e lei si lasciò cullare tra le sue braccia senza dire niente. Con sorpresa
Xander si accorse che sembrava fatta per combaciare
con il suo petto, che il suo corpo sottile fosse fatto per sfiorare il suo.
<< Possiamo
andare? >> chiese Irina da sopra la sua spalla.
<< Sì
>>.
Xander si staccò e le
mise un braccio intorno alle spalle, conducendola fuori dall’ospedale, fino
all’auto, senza dire niente, in un silenzio carico di domande e di
comprensione. Solo quando furono entrambi seduti dentro la BMW, Irina tornò a
parlare.
<< Non mi
porterai a casa mia, vero? >> domandò, e un piccolo sorriso le increspò
le labbra.
<< No
>>.
Irina trasse un
sospiro e non aggiunse niente. Xander mise in moto
l’auto e uscì lentamente dal parcheggio. Aveva mille domande da farle, mille
cose da chiederle, ma qualcosa gli diceva che era meglio stare zitto, per una
volta. Ogni dieci secondi le gettava un’occhiata
furtiva, come se da un momento all’altro potesse sparire.
Sentì
improvvisamente il cellulare nella sua tasca squillare, e lo tirò fuori
rapidamente.
Guardò il display: era Maximilian.
<< E’ il tuo
amico meccanico >> disse, guardandola per un momento.
<< Non dirgli
niente >> soffiò Irina, spaventata.
Xander rispose, tenendo
l’altra mano sul volante.
<< L’hai
trovata? >> chiese Max, preoccupato, << Ti ho chiamato quattro
volte… >>.
<< Sì,
scusami, stavamo parlando >> rispose Xander,
cercando di sembrare tranquillo, << Non ho
sentito il cellulare squillare >>.
<< Dov’era?
>>.
Xander cercò una scusa.
<< In spiaggia >>.
<< Ah… Cos’è successo? Perché non rispondeva al telefono? >>.
Xander guardò con la coda
dell’occhio Irina, che stava con il volto rivolto verso il finestrino chiuso.
<< Ha… Ha
litigato con suo padre >> mentì Xander,
<< E’ uscita di casa senza portarsi via niente >>.
<< Ha
litigato con suo padre? >> ripeté il meccanico, << Sta bene?
>>.
Di fronte a quella
domanda, Xander non se la sentiva di mentire di
nuovo. E oltretutto, sapere che nemmeno il migliore amico di Irina era al corrente di che cosa le faceva Challagher
lo imbestialiva.
<< Senti, è
qui con me. Te la passo >>.
Diede il telefono a
Irina e si concentrò sulla strada, cercando di controllare la rabbia. Max
conosceva Irina da più di due anni, sapeva che fingeva di stare con lo
Scorpione… Non gli era mai passato per la testa che potesse esserci qualcosa di
strano? Non si era mai accorto di niente?
<< Sì, sto
bene Max >> disse Irina, la voce stanca, << Scusa se non ho
risposto… No, non ho voglia di parlarne adesso. Lascia
perdere, ok? Sto bene, c’è Xander… D’accordo,
ci vediamo >>.
Gli ripassò il
cellulare, e lui parcheggiò l’auto davanti a casa. La luce del soggiorno era
accesa, quindi Jess doveva essere ancora sveglio. Non
era poi molto tardi, in effetti.
<< Xander… >> lo chiamò Irina, guardando le finestre
illuminate, << Voglio andare a casa mia… Non serve che… >>.
<< Non serve
tornare a casa tua, se non sei al sicuro >> ribatté Xander,
<< Dov’era tuo padre, a proposito? A ubriacarsi da qualche parte?
>>.
Negli occhi di
Irina passò un’ombra di dolore, abbassò la testa e rispose: << Non voglio parlarne, Xander. E
comunque, non mi succederà niente >>.
<< Non vuoi
parlarne?! >> sbottò Xander,
<< Non ti succederà niente?! Irina, non puoi
fare finta che non sia successo niente! Quel figlio di puttana ti ha… ti ha…
>>. Non riuscì a finire il resto della frase, le parole gli si impigliarono in gola.
<< Ho sempre
fatto finta di niente >> replicò Irina, la voce ferma ma bassa, <<
Non serve piangermi addosso… E comunque, non voglio parlarne ora… >>.
Xander la fissò. Perché
si ostinava a far finta di niente? Perché voleva
tenersi tutto dentro?
<< Dov’era
tuo padre, Irina? >> domandò di nuovo.
Lei si voltò.
<< Non chiedermelo… Non voglio parlarne, chiaro? >>.
<< Irina…
Cristo Santo, ma perché ti chiudi sempre su te stessa? >>. Xander aggirò l’auto e la raggiunse, << Perché non me
lo hai detto? Perché non lo hai detto a nessuno? >>.
A quel punto la
ragazza si voltò, gli occhi velati di lacrime. Era
provata, lo vedeva… Forse non era il momento adatto per tormentarla…
<< Ti prego,Xander, non adesso >>
soffiò.
Lui sospirò, ma
alla fine cedette. << Va bene, Irina, entra in casa, allora >>.
Jess li guardò entrare,
e probabilmente intuì che qualcosa non andava, perché non fece domande. Li
salutò entrambi e poi andò a dormire, stranamente silenzioso.
<< Ti lascio
la stanza per gli ospiti >> disse Xander,
conducendo Irina al piano di sopra, << Ti serve qualcosa? >>.
La ragazza fece
cenno di no con la testa.
La camera era
ampia, con un bel letto a due piazze e gli armadi di legno scuro. Irina guardò
la stanza, poi raggiunse la finestra.
<< Mettiti a
dormire >> disse lui, e fece per uscire.
<< Xander… Aspetta >> Irina lo guardò negli occhi,
seria. << Per favore… Non fare niente. Non… Non andare da William
>>.
Gli aveva letto nel
pensiero.
<< Perché non
dovrei? >> domandò lui.
<< Perché non
serve. Metti solo a rischio la tua missione. Ti ricordi cosa ti ho chiesto,
vero? >>.
Di arrestare Challagher… Ma lui non voleva più arrestarlo… Voleva ammazzarlo, fargli patire la stessa cosa che aveva
patito lei…
<< Io…
>>.
<< Per
favore, Xander >> scandì lei, seria.
<< Va bene.
Però adesso dormi, ok? >> disse lui, uscendo
dalla stanza ma lasciando la porta aperta.
Scese in cucina,
senza sapere bene il perché. Di sicuro non sarebbe riuscito a dormire, e
nemmeno a sostenere una conversazione con Jess, che
per fortuna se n’era andato a letto. Gli tremavano le mani al solo pensiero di
quello che era successo.
<< Figlio di
puttana… >> mormorò, << Bastardo… Se mi capiti tra le mani, ti
uccido… >>.
Camminò avanti e
indietro, il sangue alla testa, furioso. Doveva fare qualcosa, non poteva stare
fermo lì. Non poteva lasciar correre tutto.
La pistola nella
tasca era pesante, quasi per ricordargli che poteva e voleva usarla. L’ordine
era arrestarlo… Forse non poteva ucciderlo, ma ridurlo a pezzi…
Chi lo avrebbe
fermato? Nessuno. Jess dormiva; Irina forse ancora
no, ma non avrebbe comunque avuto la forza per impedirgli di andare… Conosceva
il luogo dove stava Challagher,
bastava entrare a casa sua e regolare i conti, una volta per tutte…
Sapeva che lo
Scorpione non era mai da solo, sapeva che rischiava la pelle, ma non gli
interessava in quel momento. Trovava assurdo rimanere fermo lì, accettare la
cosa in silenzio.
Allora perché non
riusciva a muoversi? Perché rimaneva inchiodato lì?
“Non… Non andare da
William”. Era stata Irina a chiederglielo, e non riusciva a non esaudire la sua
richiesta.
<< D’accordo,
non ci vado… >> sussurrò Xander, appoggiando le
mani sul tavolo, il capo chino.
Però c’era un'altra
cosa, che non era ancora riuscito a chiarire. Dov’era
il padre di Irina? Dov’era quel bastardo che non faceva niente dalla mattina
alla sera, che viveva alle spalle di sua figlia?
Afferrò le chiavi
della BMW e uscì di casa. Venti minuti dopo era
davanti a casa di Irina, credendo di trovarla vuota. Invece la finestra del
soggiorno era accesa.
Bussò alla porta, e
ad aprirgli venne uno dei fratelli di Irina, Harry. Lo guardò e sul volto gli
si dipinse un’espressione di terrore.
<< Dov’è tuo
padre? >> chiese Xander, gelido.
<< Perché… ?
>> borbottò Harry.
<< Senti, non
ho alcuna voglia di discutere >> disse Xander,
minaccioso, << O mi dici dov’è, o avrai bisogno
di una plastica >>.
<< Non lo so
dov’è! >> rispose in fretta Harry, << Forse… Forse è al bar, quello
sulla 5° strada… Non lo so, non lo vedo da ieri! >>.
Xander gli voltò le
spalle e risalì in auto, diretto sulla 5° strada. Stringeva il volante tanto
che le nocche gli erano diventate bianche, e fissava la strada deserta. Poi lo
vide, seduto su una panchina, nel cono di luce di un lampione. Sembrava
stranamente assente, perso nei suoi pensieri.
Fermò l’auto in
mezzo alla strada sgombra, vicino al marciapiede, poi scese. Vide Todd
adocchiarlo, sempre nel suo stato di trance. Molto probabilmente era ubriaco.
Con passo marziale Xander raggiunse il padre di Irina, senza sapere bene cosa
volesse fare. Lo fissò dall’alto in basso, gli occhi
che dardeggiavano. Fosse stato per lui, lo avrebbe sbattuto in prigione
buttando via la chiave, dopo averlo riempito di botte senza tanti complimenti. Ma Irina non glielo avrebbe mai perdonato.
Todd rimaneva
zitto, ma c’era qualcosa di strano nella sua espressione. Qualcosa che non
poteva essere dovuto all’alcool.
<< E’ tua
figlia, cazzo >> disse Xander, << Irina è
tua figlia… Sei suo padre, idiota >>.
Todd lo fissò, e un
lampo di comprensione passò nei suoi occhi scuri e piccoli quanto il suo
cervello bruciato dall’alcool.
<< Come…?
>> biascicò, senza finire la frase.
<< Ho fatto
il test del DNA >> rispose Xander, gelido,
<< Sei suo padre, figlio di puttana… >>.
Si voltò di scatto
e tornò alla macchina, troppo infuriato per poter
sperare di resistere ancora. Risalì in auto e vagò per mezz’ora lungo le strade
buie e vuote di Los Angeles, senza sapere dove andare
né cosa fare per calmarsi. Alla fine svoltò a destra e si diresse verso casa,
preoccupato. Irina aveva bisogno di lui.
Parcheggiata l’auto
nel vialetto, risalì di corsa le scale, ma la sua paura era infondata. Irina
era ancora lì, sveglia, nella camera dove l’aveva
lasciata.
<< Xander! >> gridò, e il suo tono era angosciato.
<< Dove sei andato? >>.
<< In giro…
>> rispose evasivo lui, notando quanto fosse preoccupata. << Non
dormi? >>.
<< Ti ho
visto uscire… >> mormorò lei, << Avevo paura che… >>.
<< Non sono
andato da Challagher >> disse Xander, << Mi avevi chiesto
di non farlo. Non l’ho fatto, per quanto mi costi. Ti serve qualcosa? >>.
Irina scosse il
capo e si sedette sul letto. << E’ tardi, dovresti andare a dormire anche
tu >> disse dolcemente.
<< Non ci
riesco >>.
La ragazza gli sorrise. C’era qualcosa che Xander
voleva fare, che aveva bisogno di fare per poter
riguadagnare un po’ di calma, ma che aveva paura di chiedere. Forse era
infantile, stupido, ma era qualcosa che lo avrebbe reso un po’ più tranquillo.
<< Irina…
Lasciami dormire con te >> disse tutto d’un
fiato, sperando di non spaventarla.
La ragazza lo
guardò, gli occhi da cerbiatta che vagarono sul suo viso in cerca di qualcosa.
Alla fine sorrise timidamente.
<< Hai paura
che scappi? >> domandò.
“Se questo è un incubo, voglio svegliarmi accanto a te…
Non voglio provare di nuovo quell’orribile sensazione
di averti perso…”.
Davanti al suo
silenzio, Irina si scostò leggermente dal letto e disse a bassa voce: <<
Va bene, Xander… Rimani, se vuoi >>.
Aveva capito che
era più sconvolto di lei. Xander sparì per qualche
minuto e andò in camera sua per infilarsi la prima tuta da ginnastica che trovò
nell’armadio, poi tornò da Irina. Era sdraiata a pancia in su
sul letto, che guardava il soffitto, la luce della lampada sul comodino che le
illuminava il volto. Era strano a dirlo, ma sembrava più calma di lui, come se
non le fosse mai successo niente. Si era allenata bene a fare finta di niente.
<< ‘Notte Xander >> disse
solo, mentre lui occupava il posto alla sua sinistra.
<<
Buonanotte, piccola >>.
Lei spense la luce,
e piombarono nel buio. Xander udiva il respiro
regolare di Irina al suo fianco, e si sentì stranamente meglio. Riuscì però a cogliere la stranezza di quella situazione.
Fino a poche ore
prima, avrebbe pagato oro per ritrovarsi nello stesso letto insieme
a Irina; adesso avrebbe preferito trovarsi a chilometri di distanza da
lei, ma saperla al sicuro e tutta intera.
Sentì una mano
muoversi vicino alla sua, le dita di Irina sfiorare delicatamente le sue.
<< Xander? >> sussurrò lei, senza muoversi.
<< Cosa c’è?
>>.
<< Grazie…
per stasera. Grazie per non essere andato da William, e per…
avermi fatto compagnia >>.
Xander le strinse la
mano, sentendo le sue dita sottili intrecciarsi con le sue. Era la cosa più
bella che avesse mai provato fino ad allora, meglio di
quel bacio che le aveva rubato a Las Vegas, di cui conservava ancora il sapore
sulle labbra; meglio di quell’abbraccio nella sala d’aspetto dell’ospedale,
quando aveva capito che finalmente l’aveva trovata e non l’avrebbe mai persa.
<< Dormi,
piccola. Domani ci sarà tempo per parlare >>.
Xander si svegliò di
soprassalto, la luce che filtrava tra le imposte delle finestre che illuminava
la stanza. Guardò istintivamente a destra, ma il letto era vuoto. Irina non
c’era.
L’orologio segnava
le 13.00 quando lui scese in cucina, credendo di trovarla lì. Ma l’unica persona che trovò fu Jess,
seduto in soggiorno davanti al pc.
<< Dov’è
Irina? >> domandò Xander.
<< E’ andata
via stamattina >> rispose Jess, tranquillo.
<< Come?
>>.
<< Si è
svegliata presto ed è andata via >> rispose Jess,
<< Ti ha lasciato una cosa, però. E’ sul tavolo
della cucina >>.
Xander tornò in cucina, e
sul tavolo trovò un piatto con una bella torta dall’aspetto squisito. C’era un
foglietto ripiegato, che prese subito.
“Torta al cocco… Mi sembrava di aver capito
che ti piacesse, vero? Grazie per ieri
sera… Non preoccuparti per me, sto bene. Scusami se non ti ho svegliato per
salutarti, ma mi sembravi stanco…
Un bacio.
Irina”.
Xander fissò il
foglietto, poi guardò la torta con un sorriso triste. Era scappata di nuovo… Per non dover affrontare il discorso, per non
dover rispondere alle sue domande, per continuare a fare finta che non fosse
successo niente. Che fosse solo tutto un incubo che la perseguitava di notte,
come lui aveva visto. Ma era tutto vero, e continuare
a fuggire non serviva a niente.
Spazio Autrice
Fiuuuhh… E anche questo è
fatto. I capitoli più “deprimenti”, e quelli che temevo di più, sono andati… Da
adesso in poi, niente più segreti tra i nostri due eroi, il che contribuirà ad
avvicinarli decisamente di più. Come si è visto, Xander ha avuto una sorta di crisi mistica, che gli ha
fatto capire che nemmeno lui è perfetto, che compie degli errori come tutte le
persone normali. Ha peccato di orgoglio, volendo dimostrare quanto conosceva di
Irina, e lei ci è andata di mezzo: il suo primo obiettivo era proprio di
proteggerla, e invece ha contribuito a fargli del male. E’ la prima volta che
commette un errore così madornale, e deve fare i conti con il senso di colpa.
Quanto a Irina, nel
prossimo cap si capirà meglio
cosa pensa lei, ma è chiaro che se Xander vuole
indagare sulla faccenda, lei invece desidera sorvolare. Anche lei dovrà fare i
conti con una crisi interiore abbastanza forte.
Bene, non mi resta
che ringraziare tutti coloro che leggono e che
commentano. Un bacio enorme a tutti quanti, e sappiate che se ci riesco magari domenica aggiorno già, se non
lunedì!
Il telefono di casa
squillò all’improvviso, mentre Irina rifaceva il letto di camera sua in
silenzio. Rimase immobile, ascoltando i trilli che rimbombavano tra le pareti,
insistenti, ma non andò a rispondere. Sapeva esattamente chi era.
Dopo cinque
squilli, il telefono smise di suonare, e lei accatastò le lenzuola nella cesta della biancheria da lavare, con un sospiro.
Raggiunse il bagno e buttò tutto in lavatrice, poi scese in cucina, e lì si
sedette a tavola, sola.
Nessuno aveva mai
saputo che cosa accadeva tra lei e William, perché lei non aveva mai voluto
rivelarlo. Fingendo che non fosse mai successo niente, che i segni che le lasciava addosso lo Scorpione non fossero altro che
illusioni, era sempre riuscita a nascondere a tutti la verità, una verità di
cui si vergognava da sempre. Né Jenny, né Katy, né Angie, né suo padre e i suoi fratelli, e nemmeno Max,
avevano mai sospettato nulla. Mai, perché lei preferiva stare zitta, vivere nel
suo mondo fatto di illusioni e incubi, di speranza e
dolore.
Se c’era una cosa
di cui aveva paura, era la compassione degli altri. Non sarebbe mai stata in
grado di vivere sotto lo sguardo del mondo, se il mondo
avesse saputo. Come l’avrebbero guardata, se lei avesse parlato? Come
l’avrebbero considerata se non avesse nascosto la verità? Per tutti sarebbe
stata una povera ragazza vittima di sé stessa, dei
suoi errori, delle sue debolezze, delle sue paure. Troppo
stupida per tirarsi fuori da sola dai guai, troppo sciocca per difendersi
da sé.
E adesso che Xander sapeva, non sarebbe riuscito a guardarlo in faccia.
Non ci sarebbe riuscita, perché aveva paura di vedere pena, compassione negli
occhi azzurri che aveva creduto di amare. E poi, avrebbe dovuto affrontare le
decine di domande che le avrebbe fatto, rievocando
ricordi che facevano male, che pesavano nel suo cuore come macigni di ghiaccio.
E ricordare non l’avrebbe aiutata a dimenticare, quando dimenticare
era l’unica cosa che voleva.
Guardò l’orologio.
Non aveva fame, e si sentiva solo tutta indolenzita e dolorante. La testa le
faceva male perché il suo sonno era stato piuttosto agitato, e poi perché
ricordava bene il dialogo avuto con il dottore, poco prima che la lasciasse
uscire dall’ospedale.
<< Dovrebbe
smettere di prendere per un po’ la pillola anticoncezionale >> le aveva
detto, << Per questo si sente spesso stanca… Deve sospendere almeno per
qualche mese >>.
Irina lo aveva
guardato, seria, prima di annuire tristemente.
Adesso, seduta in
quella cucina, avvolta dal silenzio, fissava la confezione della pillola che
l’aveva salvata tante volte.
Non poteva
rischiare così tanto, sperando che non accadesse più…
Non poteva e basta.
Però… Sapeva che non
avrebbe rivisto William per un po’… Che dopo quella punizione esemplare,
l’avrebbe lasciata stare. Era troppo infuriato per desiderarla ancora, e lo
sarebbe stato almeno fino alla gara di Xander contro
Dimitri.
Sospirò, prese la scatola e
la ripose al sicuro nella mensola della cucina. In quel momento sentì la porta
di casa aprirsi.
Suo padre entrò in
cucina, e la guardò in modo strano. Soffermò i suoi occhi sul suo volto, come
se la riconoscesse solo in quel momento, e Irina sentì una fitta al cuore al
ricordo del giorno prima. Voleva ancora considerarlo suo padre?
<< Ciao
>> disse lui, a bassa voce.
<< Ciao
>> mormorò Irina.
Rimase seduta al
tavolo, la testa appoggiata alla mano, lo sguardo perso. Non aveva voglia di
vederlo, di parlare con lui, di averlo davanti agli occhi dopo quello che era successo. Chissà se si rendeva conto di
quello che aveva fatto…
Todd continuava a
stare fermo nell’ingresso, lo sguardo puntato su di lei, come se volesse dire
qualcosa. Irina sbuffò e si alzò di scatto, decisa ad andarsene in camera sua.
Aggirò suo padre e risalì le scale, senza dire una parola. In quel momento lo
odiava come non lo aveva mai odiato in tutta la sua
vita.
Stare ferma non la
aiutava, ma non aveva voglia di uscire. Avrebbe dovuto
andare a fare la spesa, ma voleva solo rimanere chiusa tra le mura di casa, da sola
con il suo dolore. Chiudersi a riccio era la cosa che sapeva fare meglio,
perché era troppo vigliacca per avere il coraggio di
parlare con qualcuno. Lei i problemi li dimenticava,
oppure… Li lavava via. Entrò in bagno e si gettò sotto la doccia, lasciandosi
scorrere addosso l’acqua calda, desiderosa di sentirsi
più pulita di quanto non fosse.
Perché era stata
così stupida da permettere a Xander di entrare nella
sua vita? Perché gli aveva permesso di aprire quella porta che aveva sprangato
con tutta la determinazione di cui era capace? Perché gli permetteva di mettere
in pericolo entrambi?
“Non si può… Non posso
lasciare che si metta nei guai per colpa mia”.
Se c’era qualcosa
di cui era sicura, era che William non voleva più Xander
tra i piedi. Era pronto anche a ucciderlo, se fosse stato necessario, e lei non
poteva lasciare che accadesse.
Un’ora dopo,
sdraiata a fissare il soffitto della sua camera, continuava a pensare a come
risolvere quella situazione, a cercare di decifrare i suoi sentimenti contrastanti.
Avrebbe dato qualsiasi cosa, in quel momento, per poter
essere una ragazza “normale” e potersi permettere di prendere una sbandata per
qualcuno, di fare qualche errore, di non essere legata a niente. Se così fosse
stato, si sarebbe lasciata andare, si sarebbe anche scoperta, con Xander. Perché negare che gli piacesse, se era vero?
Ma lei non era
normale, e non poteva permettersi niente che una qualsiasi ragazza di vent’anni
potesse fare. Nemmeno provare ad amare una persona, non quando c’è qualcuno che
ti controlla. E che è molto più forte di te.
Sentì il telefono
squillare di sotto, e udì suo padre rispondere. Sperava non si trattasse di Xander, perché non sarebbe stata in grado di sopportare una
conversazione con lui.
Todd fece capolino
dalla porta e disse, la voce stranamente bassa e stentorea: << E’ la tua
amica Jenny… Vuole parlarti >>.
Irina si alzò
stancamente e scese di sotto.
<< Ciao Jenny
>> borbottò.
<< Irina,
perché non rispondi al cellulare?! >> la aggredì
l’amica, preoccupata, << Cosa è successo? Perché
non sei venuta? E perché non ti facevi trovare? >>.
<< Jenny…
Cosa ti ha detto Jess? >> disse Irina.
<< Che hai
litigato con tuo padre >> rispose la ragazza, << Ma questo non
toglie che ci hai fatto preoccupare da morire! Potevi avvisarci che non saresti
venuta! E poi lo sai che se hai un problema puoi benissimo parlarne con me
>>.
<< Lo so… Ma
non mi andava, volevo stare da sola >> rispose Irina.
Jenny colse la nota
amara della sua voce.
<< Cosa è successo? Voglio saperlo >> disse.
<< Non voglio
parlarne, adesso >> rispose Irina, gettando un’occhiata verso la cucina.
Suo padre poteva essere in ascolto.
<< Non
possiamo vederci? >> domandò Jenny, << Così parliamo
con calma >>.
Irina si morse il
labbro. Non voleva vedere nessuno, perché sapeva che l’avrebbero subissata di
domande.
<< Oggi no.
Devo… devo andare a sbrigare una faccenda >>
rispose.
<< Sei
sicura? >>.
<< Sì
>> sbuffò Irina, << Penso di sapere ancora se sono occupata o meno
>>.
Davanti al suo tono
infastidito, Jenny decise di non insistere. << D’accordo… Ci sentiamo,
comunque. Se hai bisogno di qualcosa, sai che ci sono, eh >>.
Irina chiuse la
telefonata e si guardò intorno, alla ricerca di qualcosa da fare per davvero.
Adocchiò le chiavi della macchina, le afferrò al volo e uscì di
casa. Le era venuto in mente qualcosa che voleva fare da un po’ di tempo.
Ore 16.00 – Pasadena
Irina parcheggiò la
TT davanti a una piccola casetta con giardino, recintata da uno steccato
bianco. Modeste villette si stagliavano lungo una strada diritta, sotto un
cielo azzurro e sereno. Un paio di ragazzine giocavano
in bicicletta poco lontano, e un signore con un cane passeggiava dall’altra
parte della via.
Irina guardò la
casa davanti a lei, le finestre spalancate e il piccolo cancello lasciato
aperto che portava all’ingresso. Sentiva le risate di un bambino che
provenivano dal retro, risate familiari che aveva
udito tante volte. Bussò alla porta, e dopo poco venne ad aprirle una ragazza
che non vedeva da tantissimo tempo.
Sally le sembrava praticamente uguale a due anni prima, tranne che appariva
più smagrita. L’espressione dei suoi occhi, però, era totalmente diversa: ora
erano più maturi, più consapevoli, e più felici. Indossava abiti normali, da
persona qualunque, e teneva i capelli legati in alto sulla testa con una pinza.
Era stupefacente vederla ora, e sapere che cosa aveva fatto per sopravvivere.
La ragazza la
guardò per un momento, stranita, come se non la riconoscesse. Poi disse,
stupita: << Irina! Co… Cosa fai qui? >>.
<< Sono
venuta a trovare Tommy >> rispose Irina, con un lieve sorriso davanti
alla sua faccia.
<< Oh…
>> fece Sally, facendosi da parte per farla
entrare. << Ehm… Vieni, entra >>.
Irina varcò
l’ingresso, e trovò la casa, anche se non grande, molto accogliente. C’era
un’atmosfera che da lei non aveva mai regnato: calma e serenità. Sally la fece
sedere in soggiorno, l’aria leggermente imbarazzata di sa
di aver fatto un danno e non sa come chiedere scusa.
<< Come… Come
stai? >> domandò.
<< Bene
>> rispose Irina, neutra. << Tu? Ti hanno dato
un bel posto, in cui stare… >> aggiunse poi con un sorriso, accennando
alla casa.
<< Oh, sì
>> disse Sally, << Sono stati molto gentili… Mi hanno dato tutto
quello di cui avevo bisogno. Lavoro a qualche isolato da qui, in un piccolo
negozio di alimentari >>.
Irina spostava lo
sguardo in tutto il soggiorno, alla ricerca di suo nipote. Sally comprese ciò
che voleva, e uscì un momento in giardino.
Tommy entrò in casa
mano nella mano con sua mamma, in braccio un grosso
orsacchiotto e l’espressione scocciata per essere stato interrotto nei suoi
giochi. Quando però la vide, i suoi occhietti si illuminarono
e corse verso di lei, gridando: << Irina!!! >>.
La ragazza lo prese
in braccio sorridendo, sorpresa di sentirlo pronunciare il suo nome alla
perfezione.
<< Ciao,
piccolo >> disse, accarezzandogli la testa, << Come stai, eh? Mi sei mancato un sacco, lo sai? >>.
Tommy le strinse
con il collo con le braccine, ridendo. Sally li
guardava sorridendo.
<< Ha detto
così tante volte il tuo nome che ha imparato a dirlo correttamente >>
disse, << Non capivo cosa volesse, le prime
volte >>.
<< E’ stato
difficile, all’inizio? >> chiese Irina, tenendolo
sempre in braccio e dondolandolo con aria divertita.
<< Sì… Ha
pianto per tutta la giornata, quando è arrivato qui.
Voleva te… Ci è voluto qualche giorno, ma poi si è
abituato… Adesso ha capito che sono io la sua mamma >>.
Sally disse
l’ultima frase con un po’ di orgoglio, come a ricordarle che solo lei poteva
vantare l’affetto di quel bambino. Irina lo mise a terra, continuando a tenerlo
per mano.
<< Però… >> continuò Sally, << Devo… Devo
ringraziarti. Mi dispiace averti creato tutti quei problemi, con Tommy, ma…
Veramente, non sapevo cosa fare… >>.
Irina sorrise e la
guardò. << Non fa niente >> disse dolcemente, << Non sono qui per pretendere le tue scuse. Volevo solo vedere
come stava il bambino. Sono sempre sua zia, no? >>.
Le due ragazze si
guardarono per un momento in silenzio, poi entrambe sorrisero. Da quel momento
in poi, nella casa regnò un’atmosfera molto più rilassata.
<< Chi era
quell’agente dell’F.B.I. che si è presentato a casa
mia? >> domandò Sally, offrendole da bere, << Si chiamava Alexander
Went, e mi ha dato l’impressione di conoscerti molto
bene… >>.
<< In realtà
è un mio amico >> rispose Irina, anche se alla parola “amico” la sua voce
ebbe un’inflessione, << Ha voluto sapere di Tommy, e l’idea di riportarlo
da te è stata sua… Ha l’abitudine di intromettersi
negli affari degli altri >>.
Sally sorrise.
<< Però è servito, questa volta… Hai sentito Dominic, per caso? >>.
Irina alzò gli
occhi su di lei, perplessa. << No… Sono due anni che non lo sento più…
Immagino che anche per te sia morto >>.
Sally sembrò
leggermente imbarazzata. << Ehm… Sì, in effetti… >>. Decise di
cambiare argomento, e Irina sospettò le nascondesse qualcosa. << Stai
sempre con William? >>.
Irina annuì, e
bevve dal bicchiere, gettando uno sguardo fuori dalla finestra. Tommy le si sedette in grembo, giocando con una ciocca dei suoi
capelli.
<< Quindi adesso sei a posto >> disse, << Hai un
lavoro, una casa, una vita normale… >>.
Sally sorrise
radiosa. << E’ stato il regalo più grande che potessi farmi >>
disse, << Credevo che non sarei mai riuscita a uscirne… E’ stato come
rinascere un’altra volta >>.
Irina guardò quella
ragazza minuta, che sembrava addirittura più giovane di lei, e si ritrovò a
pensare che in fondo si assomigliavano: anche lei era stata prigioniera di un
mondo da cui credeva di non uscire mai più, ma alla fine un angelo era piombato
sulla sua strada e l’aveva salvata. Lo stesso angelo che aveva incontrato lei.
Chissà perché,
però, Irina sentiva la speranza che l’aveva posseduta all’inizio
stava piano piano scemando. Sentiva che non sarebbe
stata fortunata come Sally, che per lei la strada sarebbe stata molto più
difficile.
Abbracciò Tommy
un’ultima volta, poi decise che era ora di andarsene. Il suo umore era
piuttosto mutevole, ultimamente.
<< Scusami
per essere piombata qui senza preavviso >> disse alzandosi, << Però
avevo proprio bisogno di vedervi >>.
Sally sorrise.
<< Non ti preoccupare. E’ stato un piacere per me vederti. Ho anche avuto
modo di ringraziarti… Non osavo telefonarti, a dirti
la verità >>.
<< E’ stato
bello anche per me >> disse Irina, << Vieni a trovarmi se vuoi. Mi
farebbe molto piacere >>.
Alla fine le due
ragazze si abbracciarono, e Irina diede un ultimo bacio a Tommy, poi uscì e
raggiunse l’auto. Si sedette al posto di guida e rimase immobile, le mani sul
volante, lo sguardo perso.
Era stato bello
rivedere Tommy e ritrovare Sally, ma non poteva fare a meno di sentirsi triste.
Aveva paura che a lei non sarebbe mai toccato vivere
quel cambiamento, tornare a condurre un’esistenza normale. Le sembrava
impossibile, dopo quel pomeriggio da incubo passato con William…
Accese l’auto e
ripartì verso casa. Sperava di non trovare nessuno, perché aveva il
presentimento che Xandernon
l’avrebbe lasciata in pace. Era sicura che lui volesse affrontare il
discorso che invece lei voleva evitare.
Parcheggiò la TT
nel vialetto di casa e scese. Quando rientrò, si accorse che Harry e Denis
stavano guardando la Tv in soggiorno, ma suo padre
stranamente non era con loro. Infilò la testa in cucina, e la trovò
incredibilmente… in ordine.
Incredula, Irina
guardò il ripiano sgombro dai piatti, il lavandino vuoto e persino gli stracci
appesi ai loro ganci. Quando era uscita, c’erano ancora i piatti da lavare… Si
diresse verso il frigo e lo aprì: era pieno. Qualcuno che non era lei aveva
fatto la spesa.
Uscì dalla cucina,
in cerca dell’unica persona che forse non avrebbe voluto vedere. Trovò Todd sul
retro, nel ripostiglio, che stava cercando qualcosa. Non si accorse nemmeno che
lo stava guardando.
<< Papà?
>> lo chiamò lei, incerta.
Todd si bloccò, ma
non si voltò a guardarla. Rimase di spalle e borbottò: << Uhm… >>.
<< Hai… Hai
fatto tu la spesa? >> chiese Irina.
<< Sì
>> mormorò suo padre, poi tornò a cercare quello che non era ancora
riuscito a trovare.
Irina guardò le
spalle di suo padre, stupita, ma non aggiunse niente. In silenzio tornò in
casa, diretta in camera sua.
Non si spiegava il fatto che suo padre si fosse sforzato di andare
a fare la spesa. Forse aveva talmente fame che aveva deciso che ne valeva la
pena. Ma i piatti… Suo padre aveva mai lavato i
piatti, in tutta la sua vita? No, decisamente no.
Sentì il telefono
di sotto squillare ancora, e si precipitò giù per le scale. Se era Xander, era intenzionata a non farsi trovare. Attese in
piedi sugli ultimi gradini che Todd andasse a rispondere, e gli disse: <<
Se è Xander, non ci sono >>.
Guardò suo padre
alzare la cornetta, sperando che seguisse la sua richiesta.
<< Pronto?
>> rispose burbero, << No, non c’è adesso. Va bene, glielo dirò
>>.
Mise giù il
ricevitore e la guardò. << Era quel tuo amico, Went. Ti stava cercando, mi
ha detto di chiamarlo appena puoi >>.
Irina annuì.
<< Grazie >> mormorò, poi risalì in camera.
Ore 14.00 – Casa
Irina aprì
cautamente la porta, lasciando entrare Jenny e controllando che non ci fosse nessun’altro nei dintorni. L’amica si fece largo
nell’ingresso, poi si voltò a guardarla, seria.
<< Allora? Cosa sta succedendo? >> domandò.
<< Niente
>> rispose Irina, conducendola in soggiorno e lasciandosi cadere
stancamente sul divano.
<< Niente non
mi sembra il termine giusto >> ribatté Jenny, sedendosi di fronte a lei,
<< Hai un bel po’ di cose da spiegarmi >>.
<< E cioè?
>> disse Irina.
<< Cioè come
mai non mi hai avvertito che non saresti venuta all’esame, facendomi
preoccupare da morire >> cominciò Jenny, irritata, << Cioè cosa
diavolo è successo e soprattutto perché non ti facevi trovare nemmeno al
cellulare… Angie ha chiamato Max per sapere se lui ti
aveva vista o sentita. Pensavamo avessi avuto un
incidente! >>.
<< Ah, come è andato l’esame? >> domandò Irina, cercando di
sviare il discorso.
<< Bene…
>> rispose Jenny, << Ma non cercare di cambiare argomento >>.
<< Chi ti
dice che sia successo qualcosa? >> ribatté Irina, tranquilla.
<< Lo vedo, e
comunque Xander lo sa e non me lo vuole dire >>
rispose Jenny, arrabbiata.
Irina fece una
smorfia. << Hai parlato con Xander? >>.
<< Sì che ci
ho parlato. Sono andata da loro, ieri sera. Dice che lo stai evitando, e mi
sembrava parecchio scosso. Cosa è successo? >>.
<< Non erano
affari suoi >> mormorò Irina, << Non si doveva impicciare >>.
<< Hai
veramente litigato con tuo padre? >> chiese Jenny.
Irina la guardò per
un momento. << No >>.
<< Allora
cosa è successo? >>.
<< Questa è
una di quelle domande a cui non posso rispondere
>> ribatté Irina, << Sai qual’erano i patti, no? >>.
Jenny sbuffò,
spazientita. << Allora perché eviti Xander?
Avete litigato? >>.
<< Sono stufa
che si impicci dei miei affari >> rispose Irina,
incrociando le braccia, << Da quando è qui non fa altro che girarmi
intorno, sempre pronto a farsi gli affari miei… Ci stiamo cacciando nei guai
entrambi >>.
Jenny addolcì lo
sguardo. << Irina, lo sai perché si comporta così… >>.
<< Lo so? No,
non lo so perché si comporta così. Cosa diavolo vuole, eh? Gli ho persino detto
“Baciami!”, e lui non si è mosso di un millimetro >>.
Stava parlando più
con se stessa che con Jenny, e immaginava che l’amica non ci capisse molto. Si
stava arrabbiando, perché odiava la gente che si impicciava
dei suoi affari, per di più quando lei faceva di tutto per nasconderli. Era
capace di stare zitta, perché lui voleva sapere sempre tutto? Non poteva
lasciarla in pace, visto che l’aiuto che voleva glielo
aveva dato? Si era anche resa ridicola, cosa voleva di più?
<< Non
capisce cosa sta rischiando… >> continuò, << Non capisce che io non
ho bisogno di lui… Me la cavo benissimo da sola… L’ho
sempre fatto. Arriva lui e devo spiattellargli tutto come se fosse il mio
diario personale… >>.
Jenny la guardava
confusa. << Io… Non capisco, lo sai, vero? >> disse, titubante,
<< So che non vuoi mettermi nei guai, ma se vuoi
che ti aiuti devi spiegarmi cos’è successo… >>.
Irina la guardò,
desiderosa di condividere tutto con l’amica, ma sapendo di non poterlo fare.
Scelse un compromesso.
<< Jenny, io
sono una pilota clandestina >> disse, la voce perfettamente controllata,
<< Non faccio la commessa in un negozio. La gente con cui ho a che fare
vive nella più completa illegalità. Lo sai perché non mi è mai successo niente,
fino ad adesso? >> La voce tremò per un momento. << Perché sono
ancora viva? Perché sto ai piani alti, perché quello che la gente chiama “lo
Scorpione” è il mio capo, e devo rispondere solamente a lui. E lui detta le
regole che vuole. Xander non può starmi vicino,
perché rischia troppo. E quando dico rischia,
significa che c’è di mezzo la sua vita… E anche la mia >>.
L’amica la fissò
con gli occhi sgranati, immobile come una statua. Irina attese che si
riprendesse, cercando di riguadagnare la calma. Senza un motivo le erano venute
le lacrime agli occhi, e qualcosa le si era stretto
nello stomaco.
<< Irina…
>> mormorò Jenny, << Io… >>.
<< Non mi
aspetto che tu mi capisca >> ribatté lei, << Ci sono dentro per
necessità, lo sai. Ma non sono una qualsiasi, dentro
il mio giro. Per certi versi mi è anche andata bene, ma non mi fa certo piacere
stare dove sono >>.
<< Non
capisco cosa centri con Xander… >>.
<< Xander è venuto qui per cacciarsi
nei guai >> disse Irina, << Vuole arrivare il più vicino possibile
allo Scorpione, e ha scelto di farlo attraverso me. Solo che non ha messo in
conto che allo Scorpione questo non fa per niente piacere. Non lo vuole qui, e
non bisogna scherzare con lui. Deve starmi lontano, se non vuole finire male
>>.
Non era della sua
vita, che si preoccupava. Era sapere di mettere in pericolo Xander
che la terrorizzava. Ora che William credeva che fossero andati a letto
insieme, che tra loro ci fosse qualcosa, era questione di tempo: lo Scorpione
lo avrebbe fatto fuori il prima possibile. E lasciarlo
avvicinare ancora lo metteva ancora di più nei guai.
Jenny la guardava,
sconvolta. Non era mai stata così esplicita con lei, e forse non avrebbe mai
dovuto esserlo.
<< Cosa ha fatto Xander? >>
chiese.
<< Non posso
né voglio più vederlo >> rispose solo Irina, << Ha giocato con me e
ci ha messo entrambi nei casini. Più mi sta lontano meglio è per tutti
>>.
Si alzò di scatto e
raggiunse la finestra, agitata. Una parte di lei
voleva negarlo, ma un’altra le stava dicendo che era colpa di Xander se era successo tutto quello che era accaduto. Se
lui non avesse fatto lo stupido con lei, se non l’avesse illusa come aveva
invece fatto, William non si sarebbe mai accorto di nulla. Nessuno dei due
sarebbe stato in pericolo come lo era adesso.
Jenny rimase in
silenzio, senza sapere cosa obiettare.
<< E’ per questo che ci hai sempre voluto tenere fuori?
>> chiese a voce bassa.
<< Sì
>> rispose Irina, << Purtroppo non è un gioco. Finché non ci sei
dentro, non lo puoi capire. Devi stare attento a quello che fai, a quello che
dici, con chi ti vedi. Soprattutto per una come me. Xander è bravo, inizia a dare fastidio alla gente che
conta. Per lui è un bene, ma il rischio che corre è grandissimo. Io non posso
stare vicina a lui perché mi metto in pericolo, e lui non può stare vicino a me
perché mette in pericolo se stesso. E oltre a rischiare, mi fa anche male
>>.
Lo aveva detto, era
stata sincera. Stargli vicino e sapere che lui non provava niente se non
l’affetto di una semplice amicizia la faceva soffrire. Forse in modo sciocco,
ma soffriva. Se tra loro non era successo niente e non sarebbe mai successo niente, perché continuare a vederlo, a parlargli, e
farsi così male?
<< Io non
credo che stia giocando >> disse Jenny, <<
Forse ha solo paura… Se rischiate così tanto, magari teme che possa succederti
qualcosa… >>.
<< Allora non
avrebbe dovuto comportarsi come ha fatto fino ad adesso >> ribatté Irina,
stizzita, << Non sarebbe dovuto venirmi a prendere a lezione, non avrebbe
dovuto portarmi a casa sua… Non avrebbe dovuto dare l’idea che ci tenesse a me,
no? >>.
Si stava
arrabbiando, ma lo stava facendo con se stessa. Era
stata così stupida da illudersi da sola, e ora ci stava anche male! Quando
avrebbe imparato a smettere di essere una stupida
bambina ingenua?
<< Se lui non
fosse mai venuto a cercarmi, a quest’ora non sarei così incasinata >>
continuò, la voce che ogni tanto si impigliava in
gola, << A quest’ora… non ci starei così male, cazzo! A quest’ora non mi
sarei innamorata di lui, e non sarei qui a soffrire come un’idiota che non sa
che cosa vuole! >>.
Si sedette sul
divano, sotto lo sguardo di Jenny, meno preoccupata di prima. Aveva capito
almeno in parte il suo problema.
<< Perché
dici di non sapere cosa vuoi? >> chiese dolcemente.
<< Perché io
non lo voglio più vedere… >> rispose Irina, confusa << Tutte le
volte che lo vedo non faccio altro che illudermi, e ci sto male. Ma quando ce l’ho davanti, mi sembra sempre tutto così perfetto… Credo
di essere innamorata di lui, ma voglio dimenticarlo… Questo stupido gioco è
andato avanti per troppo tempo. Non voglio continuare a farmi male >>.
Jenny sorrise e si
avvicinò a lei. Irina aveva le lacrime agli occhi, le viscere attorcigliate e
si sentiva profondamente triste: dire la verità non
l’aveva aiutata.
<< Se credi
sia meglio così, è giusto che tu faccia quello che
vuoi >> disse, << So solo che mi dispiace vederti così >>.
<< Non lo
voglio vedere, Jenny >> disse Irina, risoluta, << Se lo vedi, diglielo. Digli che non deve più mettere piede nella mia
vita >>.
Qualche ora dopo,
Irina era ancora seduta su quel divano, la televisione accesa e lo sguardo a
terra, silenziosa. Aveva pianto mezz’ora dopo che Jenny se n’era andata, preda
dello sconforto più totale e della confusione. Non sapeva se piangeva perché
aveva paura, perché si sentiva una stupida o perché sapeva di essere
prigioniera. Stava lì, chiedendosi se veramente non voleva vedere Xander perché era innamorata di lui, o perché voleva
evitare le sue domande. O tutte e due.
Fosse stato per
lei, non avrebbe nemmeno mangiato, ma suo padre era tornato poco prima e di
sicuro aveva fame. Si alzò e raggiunse la cucina, tirando su con il naso.
Qualcosa le colpì
le narici, e si trattava del profumo di uova in padella. Che lei non aveva
preparato, su questo almeno era sicura. Varcò con circospezione la soglia della
cucina, e si guardò intorno.
Todd era di spalle,
davanti ai fornelli accesi, intento a guardare il contenuto di una padella che
emanava un odore squisito. Prese un contenitore di plastica trasparente e salò
quello che stava preparando con qualche incertezza. Irina rimase immobile, in
completo silenzio, osservando suo padre che preparava la cena, da solo.
Il tavolo era
apparecchiato per due, e sopra, incredibilmente, non c’era nessuna bottiglia di
birra. Niente. Solo la caraffa dell’acqua, due bicchieri, due
piatti e le posate, adagiati sulla tovaglia a righe.
Irina si schiarì la
voce per avvertire della sua presenza. Todd si voltò di scatto, ma tornò subito
a guardare le uova che cuocevano, emettendo solo un borbottio.
<< Credevo… Credevo fossi in giardino… >> disse Irina.
Suo padre grugnì
qualcosa, poi aggiunse con voce più chiara: << E’ quasi pronto. Se hai
fame, siediti >>.
Irina si avvicinò
al tavolo, lentamente, come se si aspettasse che da un momento all’altro la
padella volasse per aria dritta verso di lei. Il comportamento di suo padre era
troppo strano per farla sentire tranquilla.
Si sedette, sempre
senza staccare gli occhi dalla schiena di Todd. Cosa gli era preso? Per caso
aveva battuto la testa da qualche parte?
Suo padre si voltò,
la padella in mano, e le versò nel piatto l’uovo preparato con il sugo di
pomodoro, poi fece altrettanto nel suo piatto e rimise la padella sui fornelli.
Afferrò il telecomando, accese la tv e si sedette a tavola.
<< Grazie…
>> mormorò Irina, guardandolo di sottecchi.
<< Buon
appetito >> grugnì lui, e iniziò a mangiare.
Con sorpresa e
nonostante il poco appetito, Irina scoprì che era buono. Un piccolo boccone
dopo l’altro, gettava occhiate incuriosite e stupite verso suo padre, senza
capire perché si comportasse in quel modo.
<< E’… E’
molto buono >> disse, per rompere il silenzio infranto solo dall’uomo del
telegiornale.
<< Ce n’è
ancora, se lo vuoi >> disse Todd, accennando verso la padella.
<< No,
grazie, non ho molta fame >> replicò Irina, sperando di non offenderlo.
Rimasero in
silenzio a guardare il telegiornale, finché Todd le gettò un’occhiata rapida e
disse: << Li lavo io i piatti >>.
Irina lo guardò con
tanto d’occhi, troppo stupida per riuscire a dire
qualcosa. Annuì in silenzio e osservò suo padre sparecchiare e occuparsi dei
piatti, senza dire una sola parola.
Lo strano
comportamento di Todd durò anche nei due giorni seguenti, senza che Irina ne
riuscisse a capire il motivo. La mattina usciva e tornava l’ora di pranzo,
lucido, e se non si occupava di preparare da mangiare, si offriva di lavare i
piatti. Il pomeriggio stava nel retro, metteva a posto il ripostiglio o si
occupava del giardino. Il tutto senza toccare nemmeno una volta una bottiglia
di birra.
Il cambiamento risultava molto positivo, ma Irina non si sentiva troppo
tranquilla. Aveva altro di cui preoccuparsi, che pensare a cosa faceva suo padre, e non capire perché si comportasse in quel
modo non l’aiutava.
Jenny venne a trovarla
un’altra volta, insieme a KatyedAngie, ma evitarono di parlare dei suoi problemi. Le
fecero passare un bel pomeriggio e riuscirono anche a farla
uscire di casa, portandola a prendere un gelato sul lungomare. Chiacchierano
allegramente e dimenticò per qualche ora il suo tumulto interiore.
Ritornata a casa,
sbrigò un paio di faccende e poi incrociò suo padre che continuava a fare le
pulizie nel retro.
<< Ha
chiamato quel tuo amico… >> disse, riferendosi a Xander,
<< E poi… Sally >>.
Irina annuì e se ne
andò in camera sua, chiedendosi perché Sally l’avesse chiamata… Forse voleva
passare a trovarla.
Il telefono di casa
squillò ancora, come faceva troppo spesso in quei giorni, e lasciò che suo
padre andasse a rispondere. Ma questa volta non era né
Xander né Sally.
<< E’
William… >> disse Todd.
Irina afferrò il
ricevitore con il cuore in gola, chiedendosi cosa volesse lo Scorpione. Era
sicura che non lo avrebbe sentito ne visto almeno per
una settimana…
<< Cosa c’è?
>> chiese solo, la voce bassa e fioca.
<< Vieni a
casa mia >> disse William, gelido, << Adesso. Devo darti una cosa
>>.
<< Va… Va bene >> disse Irina.
Chiuse la
telefonata, per un istante pensò di non andarci, ma poi cambiò idea. Fuggire
non era la cosa migliore. Recuperò le chiavi della TT e mezz’ora dopo si
fermava nel parcheggio interno di Casa Challagher.
Una di fianco
all’altra, c’erano tre auto: una Lamborghini Murcielago,
di Dimitri, una Mercedes SL rossa e… una BMW M3 bianca. Stupita, si chiese cosa
ci facesseXander a casa di
William, e il cuore iniziò a battere insistentemente nel suo petto. Poi notò
che la targa era diversa… Non era lui. Doveva essere l’auto di Barrow.
La Mercedes le risultava familiare, ed era sicura che l’avesse vista da
qualche altra parte… Era la stessa che faceva parte di quel carico di auto che
avevano rubato un mese e mezzo prima? Ricordava dovesse essere di Hanck…
Si diresse
rapidamente verso l’ingresso, dove uno dei domestici le disse di attendere un
momento nell’ingresso. Anche da li riusciva a sentire le voci che provenivano
dal soggiorno.
<< … devo
portare la Zonda >> stava dicendo lo Scorpione,
<< E’ l’unica che non posso lasciare qui… Sì? E’ arrivata? Bene >>.
Dal soggiorno Irina
vide sbucare William, l’espressione beffarda che aveva sempre dopo che le
dimostrava di non essere nessuno. Le fece un cenno con il capo e la condusse in
un’altra stanza, quella che usava per giocare a carte con gli amici. Lei non
disse una parola, perché aveva ancora addosso la paura
che aveva provato qualche giorno prima.
<< Lo hai
visto? >> chiese lo Scorpione, riferendosi a Xander.
<< No
>> rispose subito Irina.
Lui le gettò
un’occhiata, poi prese da un mobile una scatola nera e la appoggiò sul tavolo.
Da essa tirò fuori un cellulare Nokia ancora incartato, lucido. Tolse la
pellicola e lo accese, rigirandoselo tra le mani.
<< Gli ho
fatto fare una piccola modifica >> disse, guardandola, << Non puoi
aggiungere né chiamare nessun numero che non abbia inserito io in rubrica… E
con questo saprò sempre dove sei, chiaro? Tienilo
acceso anche di notte, e portatelo dietro dappertutto >>.
Glielo diede in
mano, e Irina lo fissò.
<< Credo che
tu abbia capito che devi smetterla di fare la furba >> continuò William,
rimettendo a posto la scatola, << Ho occhi dappertutto… >>. Il suo
sguardo si fermò al suo collo, e aggiunse, addolcendo la voce: << Dov’è
la tua collana? >>.
Irina si portò
istintivamente la mano dove lui aveva indicato. Il
quadrifoglio che portava addosso non c’era più, non lo trovava da quel
pomeriggio…
William le afferrò
il polso e lo avvicinò a lui, senza dire niente. Da una tasca tirò fuori una
scatola di velluto blu. La aprì delicatamente, tirando fuori un braccialetto
d’oro bianco, sottile, con un piccolo zaffiro incastonato. Le gettò un’occhiata
prima di legarglielo al polso, con una strana delicatezza.
<< Non fare
come con tutti gli altri regali che ti ho fatto >> disse, <<
Tienilo, questa volta >>.
<< Lo sai che
non lo voglio >> ribatté Irina, secca.
William emise un
sospiro esasperato: sembrava stesse cercando di non perdere la pazienza.
<< Perché fai così? Ti avevo chiesto una sola cosa, all’inizio: essermi
fedele. Ti ho sempre lasciato libera di fare quello che volevi… Perché ti
ostini a comportarti in questo modo? >>.
Irina lo guardò, disgustata. Voleva farle credere di sentirsi in
colpa? Di essere dispiaciuto per averla trattata come un oggetto? Prima le
metteva le mani addosso, e poi le faceva dei regali? Rimase in silenzio, come
se non avesse nemmeno sentito quello che aveva detto. Non lo guardò nemmeno,
tanto era arrabbiata e impaurita.
William le prese il
mento e le alzò il volto.
<< Irina, io
non ho mai trovato nessun’altra ragazza come te >> le soffiò sul viso,
<< Sei perfetta… Perché non vuoi capire che siamo fatti per stare
insieme? Perché mi odi così tanto? Perché mi fai
diventare così? >>.
“Diventare così”
era l’espressione migliore che potesse usare. Irina rimase in silenzio, lo
sguardo rivolto alla finestra, il volto imprigionato a pochi centimetri da
quello dello Scorpione, ponendosi la stessa domanda. Perché era così fissato
con lei?
<< Dimmi cosa
ho sbagliato >> continuò William, << Spiegami perché mi disprezzi così tanto… Ho tutto quello che una ragazza possa
desiderare: soldi, potere, locali… >>.
<< Lasciami
in pace >> disse solo Irina, cercando di allontanarsi. Era così pieno di
sé che non sapeva nemmeno dove aveva sbagliato…
<< Non posso
sopportare di saperti tra le braccia di qualcun altro >> disse William,
avvicinandole ancora di più il volto al suo, percorrendo con gli occhi verdi il
profilo del suo viso, << Lo capisci? Sei l’unica che desidero veramente,
l’unica che ogni volta che vedo mi piace sempre di più… Cosa
posso darti per fartelo capire? Sono pronto a regalarti qualsiasi cosa…
>>.
Questa volta lei lo
guardò, sapendo che dai suoi occhi trapelava solo disprezzo.
<< Non voglio
nessun regalo. E’ questo che non riesci a capire >> disse, << Non mi interessano i soldi, o il potere. Non li ho mai voluti
>>.
<< E allora
cosa vuoi? >> chiese William, gli occhi inchiodati ai suoi.
<< Voglio
rispetto >> rispose Irina, gelida, << Voglio che mi lasci in pace.
E’ questo che non capisci. Pensi che io voglia gioielli, auto, vestiti… Ma ti
sbagli. Non mi interessano i soldi. Voglio che tu
smetta di trattarmi come un oggetto, come la tua bambolina… Voglio che ti
fermi, quando io ti dico “no” >>.
Lo Scorpione la
fissò con gli occhi spalancati, e lei fu certa di aver commesso un errore. Era
stata troppo diretta, troppo esplicita. William diminuì leggermente la
pressione sul suo mento, gettò una rapida occhiata alle sue labbra e poi
domandò, serio: << E’ questo quello che vuoi? >>.
Quella discussione
le riportò alla mente quella fatta con Xander, a Las
Vegas, una sera che sembrava ormai appartenere a un’altra vita. Una sera in cui
aveva sperato, in cui aveva quasi pregato per un bacio che non era venuto… E
che desiderava ancora.
Il volto di Irina
sfiorò quello dello Scorpione, senza che lei dicesse niente. Annuire
significava fargli intendere che poteva dargli un’altra possibilità; negare,
invece, che non gliela voleva dare. Il silenzio era la migliore risposta che
poteva dargli senza scatenare la sua ira.
La mano di William
percorse la sua schiena, e inspirò a fondo quasi volesse catturare la sua
essenza. Chiuse gli occhi per un momento, la bocca vicina alla sua, poi li
riaprì e la guardò con dolcezza.
<<
Ricominciamo tutti da capo, allora >> disse, << Da zero. Cercherò
di darti quello che desideri. Ti renderò mia cercando di essere quello che tu
vuoi che sia >>.
“Non puoi essere quello che non sei. Non
puoi essere quello che non vuoi essere”.
Davanti al suo
silenzio, William le passò un dito sul mento e sorrise. La sua mano si mosse
leggera sulla sua schiena, attirandola più vicino.
<< Ti prego,
riproviamoci. Sei la mia droga, non posso fare a meno di te >>.
<< Impara a
farlo, allora >> ribatté Irina.
A quel punto,
William la baciò con tanta delicatezza da lasciarla stordita. Per la prima
volta, le lasciò la possibilità di ritrarsi, di sfuggire a quelle labbra che
disgustava con tutta sé stessa. Ma
Irina non lo fece, rimase incollata alla sua bocca, preda di qualcosa che era
solo disperazione.
Aveva agognato
tanto quel bacio, e ora che lo aveva veniva dalla
persona sbagliata. Eppure non riusciva a sottrarsi, non riusciva a non pensare
che William aveva appena fatto quello che Xander non aveva fatto. Quello che Xander
non voleva fare.
Disperata, si
aggrappò a quelle labbra che odiava e amava al tempo stesso, cercando di dirsi
che non era William, quello che la teneva delicatamente per la vita, che la
stava accarezzando con dolcezza… Cercando di immaginare che fossero di Xander, quelle labbra che stava
assaggiando…
Una lacrima le rigò
la guancia, e un singhiozzo la costrinse a staccarsi da William. Lui la guardò,
e passò un pollice sulla striscia salata sulla sua pelle.
<< Cos’hai? >> chiese a bassa voce.
Irina scosse il
capo, ritrovando il controllo.
<< Lo vedi?
>> disse lui, sorridendo, << Sono stato quello che mi hai chiesto…
Non sono il mostro che mi credi >>.
Irina si lasciò
scappare un altro singhiozzo, e prima di scoppiare in lacrime prese il
cellulare e si voltò, scappando fuori dalla stanza e guadagnando l’uscita con
la vista offuscata, senza voltarsi indietro. Per paura di aver sbagliato
ancora.
Quando Irina arrivò
a casa, aveva ancora gli occhi lucidi e il respiro corto, come se avesse fatto
di corsa tutta la strada. Era troppo sconvolta per chiedersi
di chi fosse l’auto parcheggiata a pochi metri dal vialetto, un’auto che non
aveva mai visto.
Solo quando entrò
in soggiorno e vide chi c’era seduto sul divano, tornò al mondo reale.
Todd, Harry e Denis
parlavano con un ragazzo che Irina non vedeva da due anni… La causa di tutti i
suoi problemi… La causa di tutto il suo dolore. Che aveva scelto di tornare
adesso.
Dominic.
Spazio Autrice
Voilà… E anche Dominic è tornato, per incasinare ancora di più il già
troppo caotico mondo di Irina.
Che dire… la nostra
povera Fenice inizia a crollare. Le sta sfuggendo tutto di mano, e non è mai
stata confusa come lo è adesso. Vuole una cosa, ma ne può ottenere solo
un’altra.
Xander e William. Le due parti in cui Irina è divisa, a cui è legata suo malgrado da sentimenti di amore e odio,
di amicizia e paura. Perché in fondo, li ama e li odia entrambi, perché sono
troppo simili, per certi versi.
Non mi dilungo
troppo, oggi. Ho di nuovo problemi il pc, quindi non
so quando riuscirò ad aggiornare… Ringrazio tutti quelli che recensiscono
sempre e mi fanno sempre tantissimi complimenti, che mi riempiono di gioia! Un
bacio grandissimo!
Irina guardò suo
fratello Dominic, seduto sul divano, i capelli più
lunghi di come li ricordava, l’espressione meno sbruffona di quella a cui era abituata. Rimase pietrificata, la lingua incollata
al palato, il cuore che sembrava essersi fermato. In un attimo, le lacrime che
le avevano offuscato la vista di asciugarono,
permettendogli di vedere la scena in modo anche troppo nitido.
<< Cosa fai tu qui? >> chiese, la voce molto simile a un
rantolo.
Dominic si alzò,
rivelandosi anche più alto di Todd, e allargò le braccia come per invitarla ad
avvicinarsi.
<< Ciao Irina
>> disse con un mezzo sorriso.
La ragazza continuò
a rimanere immobile, fissando il fratello con gli occhi spalancati. Aveva
pregato di non rivederlo mai più, di non incrociarlo di nuovo sulla sua strada,
e ora era lì davanti a lei. Di nuovo.
<< Cosa ci
fai qui? >> domandò ancora, afferrando lo stipite della porta come per
sorreggersi.
Dominic la scrutò in
faccia per un momento. << E’ un po’ di tempo che non ci vediamo… >>
mormorò.
<< Vattene
>> disse Irina a voce bassa, sentendo che per quel giorno non poteva
sopportare altro.
<< Irina… So
cosa hai dovuto fare >> iniziò Dominic,
<< Mi sono giunte voci, giù in Messico… >>.
La ragazza lo guardò
con occhi di fuoco. In quel momento, era la persona che odiava di più al mondo.
Si permetteva di fare il pentito?
<< Tu non sai
un cazzo >> sibilò, in preda alla rabbia << Non sai niente di
quello che è successo quando te ne sei andato… Non ti sei fatto nessuno
scrupolo a svignartela come un coniglio… Perché sei tornato? >>.
Dominic si avvicinò, quasi
volesse abbracciarla, ma Irina fece un passo indietro. << Stammi lontano…
Perché sei qui? >> ringhiò.
<< Volevo
vedervi >> rispose lui.
<< Bugiardo
>> ribatté Irina, << Non te ne è mai
fregato niente di noi. Hai qualche altro debito da pagare? Ti sei ficcato di
nuovo nei guai? >>.
<< No
>> rispose Dominic, << Non ho altri debiti… >>.
<< Da quanti
giorni sei qui? >> chiese Irina.
<< Due
>>.
La ragazza ci mise
un attimo a collegare il fatto che Sally le avesse
chiesto se lo aveva visto o sentito. Lei sapeva già del suo ritorno.
<< Sei stato
da Sally, vero? >> domandò, gelida.
Dominic non rispose, ma
dalla sua espressione Irina capì che era così.
<< Sei andato
da lei, vero? Hai saputo che si era sistemata >> disse, arrabbiata,
<< Cosa pensavi di fare? Di tornarci insieme,
adesso che ha una casa e un lavoro serio? >>.
<< Irina…
>> iniziò Dominic.
L’espressione di
finto dispiacere che vedeva campeggiare sul volto di suo fratello la mandava
ancora di più in bestia. Lo conosceva, e sapeva che non faceva mai niente per
niente. Gettò un’occhiata a suo padre e a Harry e Denis, seduti impietriti sul
divano, prima di gridare: << Sta zitto, Dominic!
Non azzardarti a tornare nella loro vita! Stanno meglio senza di te, come lo
sono stata io fino ad adesso! Tornatene nel tuo buco a nasconderti! >>.
Dominic sembrò
arrabbiarsi. << Sono tuo fratello >>
disse, << Non puoi trattarmi così… >>.
A quel punto Irina
esplose. << Dominic, te ne sei andato
lasciandoci tutti nei casini! >> gridò, << Non hai
idea di cosa ho dovuto fare per pagare tutti i tuoi debiti! Dopo quello che hai fatto, ho giurato di non voler più rivederti!
Hai persino abbandonato tuo figlio! >>.
Per un momento
pensò di chiamare William e dirgli che Dominic era
tornato: se gli avesse chiesto di mandarlo via, lo avrebbe certamente fatto. In
fondo, niente poteva essere peggio di quello che era successo a lei.
<< Dominic, vattene immediatamente da qui o chiamo William
>> disse, minacciosa. << Hai il coraggio di farti vedere da lui?
>>.
Suo fratello fece
un passo indietro, spaventato. << Non fare la stronza >> disse,
<< Non penso di meritarmi questo ricatto
>>.
<< Non lo
pensi? >> ribatté Irina, << Che cosa sai di me, eh? Che “voci” ti
sono giunte fino al tuo buco? >>.
<< So che sei
la terza della lista >> rispose Dominic,
<< Che sei la favorita dello Scorpione… Anche dalle nostre parti si sa
che sei la pilota donna più forte in circolazione >>.
<< Ah, è
questo che sai? >> disse Irina con una smorfia, << Chi te lo ha detto, eh? >>.
<< Simon
Cohen >> rispose Dominic.
Irina lo fissò,
sbigottita. << Lo conosci? >> boccheggiò.
<< Mi ha dato
una mano a nascondermi, quando sono fuggito in Messico >> rispose Dominic.
Irina scosse il
capo, incredula. Allora era stato in Arizona, e conosceva Simon…
<< Perfetto…
Adesso vattene >> disse, sull’orlo di una crisi isterica.
<< Irina…
>>.
<< Vattene o
chiamo William >>.
Dominic le rivolse
un’occhiata furiosa, poi indietreggiò e infilò la porta, senza salutare
nessuno. Irina lo guardò sparire, sentendo sbollire la rabbia in un attimo.
Volse la testa verso suo padre e i suoi due fratelli, che la guardavano con
tanto d’occhi.
<< Spero non
abbiate niente da dire >> disse minacciosa, poi
entrò in cucina e si sbatté violentemente la porta alle spalle.
Quella non era la
sua giornata. Prima William, ora Dominic. Cosa
diavolo volevano da lei?
Suo fratello era
un’idiota: era tornato perché era sicuro di non rischiare niente, ma non si era
chiesto se lei voleva vederlo. In effetti, aveva sempre pensato che non sarebbe
più tornato… E poi, Simon. Doveva essere stato lui a raccontare a Dominic quello che stava facendo… Perché non le aveva detto
di conoscerlo?
E ora cosa doveva
fare?
“Niente. Non devo fare niente. E’ tornato a suo rischio
e pericolo, non posso stargli dietro come a un bambino… Ho fatto anche troppo,
fino ad adesso. Se la deve cavare da solo, ora”.
Passeggiò avanti e
indietro per la cucina, cercando di tranquillizzarsi. Non erano problemi suoi,
in fondo. Non più. E poi Dominic doveva aver imparato
la lezione: non avrebbe commesso di nuovo lo stesso errore, per di più sotto il
naso dello Scorpione…
Già, lo Scorpione.
Irina non lo avrebbe avvertito, anche se molti altri lo avrebbero fatto. Se Dominic riteneva di poter farsi vedere da lui, erano solo
affari suoi.
In quel momento le
tornò in mente quello che era accaduto poco prima, quello che l’aveva sconvolta a tal punto da farla tornare a casa in
lacrime.
Stava impazzendo.
Lo aveva baciato, cercando in lui Xander. Aveva praticamente accettato la sua proposta di ricominciare tutto
da capo… Di dimenticare tutto e voltare pagina… Di lasciarsi ammaliare di
nuovo, di perdonarlo per tutto il male che aveva fatto.
Una smorfia le
deformò il volto, e si accasciò sulla sedia. Ormai stava crollando. Tutte le
vicissitudini che aveva passato la stavano portando sull’orlo della follia. Quanto ancora poteva sopportare?
Ore 16.00 – Casa di Xander
<< Cosa sta succedendo, eh? >> chiese Xander,
minaccioso.
<< Jenny mi
ha detto che sono due giorni che non esce di casa
>> rispose Jess, in piedi nel soggiorno, teso,
<< Non lo so cos’abbia… Non lo sa nemmeno lei, a dir la verità. Dice che
non vuole vedere nessuno… >>.
<< Devo
parlare con lei >> ribatté Xander, arrabbiato,
<< Devo vederla. Cosa le ho fatto per meritarmi la minaccia di non
entrare più nella sua vita? >>.
Jess sospirò. <<
Senti, Jenny mi ha pregato di convincerti a starle lontana >> disse,
<< Io non so cosa sia successo, ma mi sembra preoccupata… >>.
<< Non me ne
frega niente >> ribatté Xander, << Mi avete tenuto lontano da quella casa per cinque giorni… Vi ho
ascoltato, ma ora mi sono stufato >>.
Per i suoi
standard, era stato più paziente del solito. Aveva accettato di aspettare solo
perché c’era di mezzo Irina, altrimenti la sua
pazienza sarebbe finita già da un pezzo.
Afferrò le chiavi
dell’auto e infilò la pistola nella cintura dei pantaloni. Era infuriato oltre
ogni dire, e ogni minuto che aveva passato lontano da Irina lo aveva reso
sempre più nervoso. Doveva vederla assolutamente.
<< Xander… >> disse Jess.
<< Fermami
>> lo aggredì, minaccioso, << Ho cercato di usare la testa, ma come
vedo non è servito a niente… Torno a fare come mi dice l’istinto >>.
Girò sui tacchi e
uscì di casa. Un quarto d’ora dopo fermava la BMW vicino ad
una Golf rossa che sapeva essere di Max e una Fiesta che doveva essere di
Jenny. Irina non era da sola.
Non scese
dall’auto: sapeva che se fosse andato a suonare, Irina non sarebbe venuta ad
aprirgli. Lo aveva già fatto una volta. Guardò le finestre, senza vedere
nessuno in soggiorno. Dovevano essere in cucina.
Attese mezz’ora,
aspettando che Max e Jenny uscissero di casa per
andargli incontro e costringergli a dire come stava Irina e soprattutto perché
lei non voleva vederlo.
Finalmente, vide la
porta di casa aprirsi, e il meccanico uscire insieme a
Jenny. Notarono subito la BMW
bianca parcheggiata a poca distanza da loro, e rimasero inchiodati dov’erano.
Xander scese dall’auto e
li raggiunse, ma sul volto di Max si dipinse un’espressione inferocita. Gli
venne incontro, lasciando Jenny sulla porta d’ingresso, sorpresa.
<< Che cazzo
le hai fatto, eh?! >> gli gridò, pronto a
spingerlo. Non riuscì nemmeno a toccarlo, che Xander
lo aveva preso per un braccio e glielo aveva torto
dietro la schiena, immobilizzandolo.
<< Non
saltarmi mai più addosso in questo modo, o la prossima volta il braccio te lo
spezzo >> ringhiò Xander, infuriato, << E
in ogni caso, io non le ho fatto proprio niente >>.
Max si liberò con
uno strattone, e lui lo lasciò voltarsi verso di lui. << Cosa ci fai qui?
>> domandò minaccioso.
<< Voglio
incontrare Irina >> rispose Xander.
<< Sei
l’unica persona che non vuole vedere, in questo momento >> ribatté Max.
<< Non mi interessa. Devo parlare con lei >>.
Jenny si avvicinò
con aria triste, e gli gettò un’occhiata. << Xander,
è meglio che tu te ne vada >> disse, << Davvero. Non serve
discutere… >>.
<< Perché
all’improvviso non mi vuole più vedere, eh? >> ringhiò lui, sempre più
arrabbiato.
Jenny strinse le
labbra, come per impedirsi di dire qualcosa. Guardò per un momento Max, poi
tornò a fissare lui.
<< Senti, non
è facendo così che migliorerai la situazione >> disse, << Lasciala
stare per un po’ di tempo, e tutto si sistemerà >>.
<< Si
sistemerà? Non è evitandomi che risolverà il suo problema, qualunque esso sia
>> ribatté Xander, << Non posso stare qua senza sapere come sta e soprattutto che
cos’ha… >>.
“Non posso stare qui dopo che so che cosa le ha fatto
quel bastardo… Non la posso lasciare da sola”.
Sul viso di Jenny
si dipinse un minuscolo sorrisetto, poi fece cenno a Max di andare via.
<< Vai pure,
ci penso io a lui >> disse.
Era chiaro che
voleva mandare via Max per potergli dire qualcosa a
quattrocchi, perché se sperava di convincerlo ad andarsene si sbagliava di
grosso. Con sguardo dubbioso, il meccanico si allontanò ma si voltò un paio di
volte prima di risalire in macchina e poi partire diretto a casa. Solo a quel
punto Jenny riprese a parlare.
<< Xander… Lo sai che il problema sei tu, vero? >>
disse, quasi divertita.
<< Non era
difficile da immaginare >> ribatté lui, serio.
<< Allora lo
ammetti anche tu che ti stai comportando in maniera strana, con lei >>
continuò Jenny.
Xander sbuffò. <<
Non è questo il problema >> disse, << E’ un altro. Non vuole che mi intrometta nella sua vita, nonostante abbia bisogno di
aiuto >>.
<< E’ una
scusa, questa >> disse Jenny, << Irina è solo enormemente confusa.
Ed è colpa tua. Non ti vuole vedere perché la stai confondendo >>.
Xander non ci credeva
molto. Secondo lui Irina voleva solamente evitare che si impicciasse
nei suoi affari.
Jenny cambiò
improvvisamente espressione, e diventò seria.
<< Senti,
penso tu sia un bravo ragazzo, anche se non ho ancora capito che cosa ci fai
qui >> disse, << Ma Irina è la mia migliore amica, e non mi va di
vederla soffrire in questo modo. Quindi se stai solo
giocando, ti prego di smetterla perché non è la ragazza da una notte e via,
capito? >>.
Xander la fissò,
sbalordito. Era tutto lì il suo problema?
<< Io non sto
giocando >> ribatté, << E lei lo sa. Non sono qui per fare lo
stupido, tanto meno con lei. Se la sto confondendo mi
dispiace, ma non posso fare altrimenti: abbiamo già combinato troppi casini.
Per questo devo parlare con lei >>.
<< Di cosa
dovete parlare? >> domandò Jenny.
<< Di quello
che è successo ultimamente >> rispose Xander,
secco, << Di quello che vuole ignorare… >>.
<< E che a me
non vuole dire >> concluse Jenny, << Lo so
che è successo qualcosa, Xander, e so anche se
nessuno dei due ha intenzione di parlarne con me… So che non faccio parte del
suo giro, e che mi vuole tenere fuori per evitarmi dei guai… >>.
<< Non è per
quello >> la interruppe Xander, << Solo
che mi ha chiesto di non dirlo a nessuno, quindi non posso tradire la mia
parola. Se lo facessi mi odierebbe davvero >>.
Jenny lo guardò per
un momento, poi gettò uno sguardo alla casa.
<< Le ho
promesso di aiutarla >> disse, << E mi ha chiesto di tenerti
lontana da lei… Non posso farti entrare… >>.
<< Se le hai
davvero promesso di aiutarla, allora il migliore aiuto che puoi darle è
convincerla a incontrarmi >> ribatté Xander.
Jenny sospirò e si
avviò verso la porta d’ingresso. Era stata troppo arrendevole, e lei non lo era
mai: molto probabilmente pensava anche lei che Irina non dovesse rimanere da
sola.
<< Non farmi
pentire di quello che sto per fare >> disse.
Quando Irina aprì
la porta di casa e si ritrovò davanti Jenny, si disse che forse doveva aver dimenticato
qualcosa. Poi vide Xander, e allora rimase
paralizzata, lo sguardo che correva dall’amica al ragazzo.
Come se lo avesse
programmato, nella sua testa riaffiorò il ricordo di quella sera, quando Xander l’aveva trovata seduta per terra, tra le lacrime,
sola a piangere il suo dolore. Della sua faccia di quando aveva capito,
dell’espressione che aveva avuto in ospedale… Sapeva che sarebbe accaduto, se
lo avesse rivisto.
<< Cosa ci
fai qui? >> gli domandò, la voce di ghiaccio. Stava tentando in tutti i
modi di non apparire turbata, ma non ci stava riuscendo.
<< Perché mi
eviti? >> ribatté Xander, stagliato sotto lo
stipite della porta, sempre troppo alto e troppo perfetto per una come lei.
<< Ragazzi,
per favore… >> si intromise Jenny, <<
Manteniamo la calma… >>.
Irina gli lanciò
un’occhiata di fuoco, poi si fece da parte per lasciarla entrare in casa, anche
se non avrebbe voluto farlo. Xander si autoinvitò e
la seguì.
<< Perché mi
stai evitando? >> la aggredì subito, arrabbiato,
<< Cosa ti ho fatto questa volta, eh? >>.
Irina si voltò a
guardarlo, poi gettò una fugace occhiata a Jenny.
<< Non ti sto
evitando >> ribatté. Era una bugia bella e buona, ma non era disposta a dirgli la verità, non in quel momento.
Xander fece una smorfia.
<< Certo… Allora come mai mi hai minacciato di non entrare più nella tua
vita? >> disse.
<< Credo che
dovresti capirlo da solo >> ribatté Irina.
<< Peccato
che mi è impossibile >> rispose Xander, e gettò
un’occhiata eloquente a Jenny. Voleva che se ne andasse, anche Irina lo capì.
L’amica spostò lo
sguardo da una all’altro e poi disse, imbarazzata ma con un impercettibile
sorrisetto: << Credo che sia meglio che vi lasci da soli >>.
Senza aggiungere
altro, Jenny uscì dalla stanza, con Irina che iniziava a innervosirsi
veramente. Se rimaneva, Xander non avrebbe mai fatto
domande scomode…
Il ragazzo puntò
gli occhi azzurri su di lei, trapassandola da parte a parte.
<< Allora?
>> disse.
<< Allora
cosa? >>.
<< Smettila
di evitare il discorso >> disse Xander,
arrabbiato, << Per una settimana non mi hai voluto vedere, non hai
risposto alle mie telefonate, hai cercato di scappare per evitare tutte le mie
domande… Perché non mi hai detto che cazzo stava succedendo, eh? >>.
Aveva centrato
subito la domanda a cui Irina non voleva rispondere: come sempre, sapeva meglio
di lei quali erano i suoi punti deboli.
<< Perché non
era necessario >> disse solo.
<< Dovevo
aspettarmelo >> fece Xander, con un sorriso
triste, << Quando riguarda te stessa, niente è mai necessario, vero?
>>.
<< Sì
>> ribatté Irina, in tono di sfida, << Ti crea qualche problema il
fatto che io non voglia creare problemi? >>.
<< Sì, mi da fastidio >> rispose Xander,
<< Mi da fastidio sapere che ti lasci usare solo perché pensi che non ti
meriti la considerazione di qualcuno, chiaro? Mi da
fastidio che quel dannato figlio di puttana di metta le mani addosso e io non
lo sappia, ok? Mi da fastidio sapere che pensi che non
me freghi niente di te, quando è tutto il contrario >>.
Irina rimase in
silenzio, a fissarlo cercando di registrare il significato delle sue parole. Le
sembrava sincero, ma… Ma rimaneva il fatto che tra
loro non c’era mai stato niente, ed era stato lui a volerlo.
<< Sono
comunque fatti miei >> disse, gelida.
<< Sono anche
fatti miei, invece >> ribatté Xander, <<
Sono io che ti sto mettendo… >>.
<< Dimmi una
cosa, Xander >> lo interruppe lei, << Chi
credi di essere per poterti intromettere nella mia vita, eh? Non sei mio padre,
non sei mio fratello… Forse non sei nemmeno un amico. Cosa ti fa credere che io
ti debba venire a raccontare tutti i fatti miei, eh? Cosa ti fa pensare che io
ti debba venire a confessare tutti i miei problemi? >>.
<< Allora
perché non lo hai detto a Max, o a Jenny, o chiunque altro?!
>>.
<< Perché
tanto non sarebbe servito a niente >> ribatté Irina, abbassando il capo
per non permettergli di vedere il dolore nei suoi occhi, << Mi avrebbero solo guardata come una povera stupida… E non è la
commiserazione degli altri, che voglio >>.
Improvvisamente, si
sentì stanca, svuotata. Come aveva fatto per tutti quei giorni, alternava stati
di rabbia a fasi di apatia e depressione. Troppe cose stavano sfuggendo al suo
controllo, troppi cambiamenti stavano sconvolgendo la sua vita. Si sentiva
spaesata, sola, abbandonata in un mondo di problemi che avrebbe voluto
risolvere da sola.
Sentì la mano di Xander afferrarle delicatamente il mento e tirarle su la
testa.
<< Irina, tu
non sei una povera stupida >> disse, << Ti avrebbero aiutato, lo
sai >>.
<< Si
sarebbero solo messi nei guai >> disse lei, a voce bassa, <<
William avrebbe fatto del male anche a loro >>.
La mano di Xander tremò impercettibilmente per un istante. <<
Allora perché non me lo hai detto a me? Io non ho paura di Challagher…
E’ lui ad avere paura di me >>.
Irina si staccò
bruscamente e gli diede le spalle. Doveva dirgli la
verità? Che aveva paura di vedere la pena nei suoi occhi?
<< Lascia perdere… >> mormorò.
<< No, non lascio perdere >> ribatté lui, << Perché?
>>.
Irina sentì la
rabbia montare di nuovo. Insisteva. Insisteva nel voler sapere tutto di lei.
<< Non ha
importanza >> disse.
<< Irina…
>>.
La ragazza si voltò
di scatto. << Come mi avresti guardato, eh?!
>> sbottò, << Cosa avresti pensato di me?
Faccio tanto la furba, e poi mi caccio nei guai come una sciocca bambina. Sono
così stupida da cercarmele da sola… >>.
<< Non è
colpa tua, Irina >> disse Xander, serio,
<< Non hai fatto niente per meritarti una cosa
del genere… >>.
<< Invece sì,
Xander! >> disse lei, e qualcosa le pizzicò
agli angoli degli occhi, << Sono io che me la sono cercata! Se non fossi…
Se non avessi… >>.
Se quella volta,
quella sera in cui aveva creduto di essersi innamorata di William, avesse fatto
finta di niente, se avesse accettato lo Scorpione per quello che era, non
sarebbe mai successo nulla. Se non avesse fatto la
difficile, molto probabilmente sarebbe stata questione di una sola notte, poi
William si sarebbe stufato di lei…
Le lacrime
iniziarono a colargli lungo le guance, mentre lei cercava invano di
combatterle. Non poteva piangere davanti a lui, non poteva
mostrarsi di nuovo così debole…
<< E’ tutta
colpa mia, Xander… Sono solo una stupida. Me la sono
meritata… Non dovevo innamorarmi di lui… Non avrei mai dovuto fare questo
errore >>.
Si voltò di spalle
per non vedere l’espressione che si sarebbe dipinta sul volto di Xander, cercando ancora di trattenere le lacrime, ma la
voce ormai le tremava. Non riusciva a resistere, aveva bisogno di sfogare tutto
quello che aveva provato nei giorni precedenti, tutta la rabbia, il dolore e la
paura.
<< Irina…
>> mormorò Xander, e la sua voce era strana.
Chissà cosa pensava di lei, ora che gli aveva detto
che una volta era stata così idiota da innamorarsi dello Scorpione. Si girò,
anche se aveva paura di vedere la sua faccia.
Xander sembrava stupito.
Stupito e in qualche modo addolorato. Sembrava volesse dire qualcosa, ma rimase
in silenzio, gli occhi azzurri che scrutavano il suo viso.
<< Visto Xander? >> disse lei, << Sono una sciocca… Mi
sono lasciata ammaliare da lui, e poi mi sono tirata indietro. E’ colpa mia.
Sono stata io a provocarlo >>.
<< No
>> sbottò Xander, afferrandola per le spalle,
<< No, Irina. Qualunque cosa tu hai fatto, non è colpa tua… Forse hai
fatto un piccolo errore a fidarti di lui, ma questo non vuol dire che ti sei
meritata la punizione. Voglio solo sapere perché non me lo hai detto >>.
Irina lo guardò
negli occhi, cercando di controllare la voce.
<< Xander… Io mi vergognavo… Avevo paura di quello che avresti
pensato… >> disse lentamente.
Il ragazzo le
accarezzò una guancia. << Non ce n’era nessun motivo, lo sai… Posso
pensare tutto di te, ma non che sei una stupida >>.
Irina deglutì,
continuando a guardarlo. Vide il suo sguardo indugiare per un momento sulla sua
gola, poi tornare ai suoi occhi.
<< Perché non
mi volevi vedere? Solo perché ti vergognavi di quello che è successo? >>
chiese dolcemente.
Irina annuì in
silenzio, anche se era solo una parte della verità. Xander
continuò a scrutarla.
<< C’è
dell’altro >> disse, e non era una domanda.
Irina sospirò e si
allontanò, diretta alla finestra.
<< Chi c’era
l’altra volta, Irina >> domandò Xander.
Lei si voltò per
guardare fuori.
<< Non me lo
chiedere >> rispose.
<< Voglio
sapere come è andata >>.
Non poteva
chiederle di ripensare a quel giorno. Eppure le ritornò subito in mente la
paura che aveva provato… Il terrore che aveva sentito scorrere nelle vene al
pensiero che William, una volta finito con lei, andasse a cercare Xander…
<< Perché?
>>.
<< Perché
quando me lo ritrovo davanti, lo ammazzo >> ribatté Xander,
la voce così gelida da metterle paura.
<< No Xander, lascialo stare >> disse lei, << Stagli
lontano, per favore >>.
<< Io non gli
voglio stare lontano! Io lo ammazzo appena me lo ritrovo davanti… Rimpiangerà
anche si averti solo sfiorato! >>.
Irina si voltò
verso di lui. << Xander, sarà lui ad ammazzarti
se gli darai fastidio! >> gridò, e poi scoppiò in lacrime, senza più riuscire a trattenersi.
Il ragazzo la
abbracciò con forza, accarezzandole la testa.
<< Mi ha
giurato che ti farà fuori >> continuò lei, tra i singhiozzi, << Xander, William è pericoloso… >>.
<< Non mi
farà niente >> disse Xander, cercando di
tranquillizzarla, << So essere pericoloso quanto lui… Avanti, come è andata? >>.
<< Credeva
solo che fossimo andati a letto insieme… >> rispose Irina, la voce
bassissima.
<< E poi? Chi
c’era ancora? >>.
<< C’era
Dimitri… Ma è rimasto di sotto, con mio padre… >>.
A quel punto, la
voce di Irina venne meno. Un’enorme peso nel cuore le
impediva di continuare, un peso con cui condivideva la vita da due anni, e che
non riusciva a togliersi.
<< Non è
colpa tua, piccola >> mormorò Xander.
A quelle parole,
Irina singhiozzò più forte. Diceva che non era colpa sua… Allora perché non
riusciva a togliersi quel peso che si portava nel cuore? Perché non riusciva
mai a sentirsi a suo agio, in pace con se stessa? Perché non riusciva mai a
stare ferma senza che qualcosa le tornasse a invadere la testa?
<< Irina…
Raccontami come è successo la prima volta >>.
Improvvisamente, la
lingua si sciolse di fronte a quella voce calda e dolce che riusciva sempre a
farle fare quello che voleva… Nel suo petto, qualcosa
iniziò a premere con forza, desideroso di uscire. Questa volta non sarebbe
stata in grado di tenerlo a bada, di sbarrargli l’uscita come aveva sempre
fatto.
Irina era crollata.
Aveva resistito per due anni, tenendosi dentro tutta la paura e il dolore che
aveva provato, ma ora, di fronte a tutto quello che stava succedendo, la sua
anima non riusciva più a sostenersi da sola. E l’unico sostegno che voleva, era
il suo, quello di Xander. Perché così come aveva
abbattuto tutti i muri con cui si era circondata, era
anche riuscito a sfondare la porta chiusa a chiave del suo cuore.
Lentamente,
mangiandosi le parole, bagnando di lacrime la maglietta di Xander,
raccontò per la prima volta quella notte di due anni prima, di quel garage
pieno di auto di lusso che era diventato la tomba
della sua anima. Di come aveva capito che alla fine lei non fosse nessuno, solo
una stupida ragazza troppo giovane per stare in quel
posto.
Poi tacque,
continuando però a piangere, stordita per quella sensazione di vuoto che aveva
addosso, di completa apatia. Forse non era nemmeno cosciente del fatto che Xander stesse stringendo convulsamente il bordo della sua
maglia. Non si riscosse nemmeno quando lo sentì prenderla da sotto le
ginocchia, issandola in braccio come una bambola di pezza, e si andò a sedere
sul divano, con lei ancora seduta sopra di lui.
Irina rimase così,
immobile, imbambolata, aggrappata al suo collo, il suo profumo che le arrivava
potente alle narici, abbandonata sulle sue ginocchia come una bambina. Era
esausta, e spaventata per aver perso così tanto il
controllo… Però finalmente riusciva a sentirlo di nuovo. Il suo cuore. Il suo
cuore adesso era libero da ogni peso, e riprendeva a battere, ferito, lacerato,
ma tornava a vivere.
E l’unica
sensazione che riusciva a provare era tranquillità. Finché fosse rimasta tra le
braccia di Xander, non le sarebbe successo niente… Si
sentiva protetta come mai prima di allora, e non voleva che cambiasse. Si era
sempre chiesta cosa si provasse nel poter fare affidamento su qualcuno, nel
poter credere che non si era completamente da soli… Aveva sempre avuto paura di
mostrarsi debole, perché essere deboli significava
essere indifesi… Ma davanti a Xander, non aveva più
paura. Non l’avrebbe abbandonata.
Sentì Xander muoversi, ma non la lasciò andare. Continuò a
tenersela stretta addosso, gettandole un’occhiata forse per vedere la sua
espressione. Riusciva a sentire il suo cuore battere all’unisono con il suo, il
petto che premeva contro quello muscoloso di lui.
<< Promettimi
che aspetterai >> mormorò Xander, giocando con
una ciocca dei suoi capelli.
Irina non colse
appieno il significato di quelle parole. Stava lentamente scivolando in un
mondo fatto di oscurità e oblio… Non si chiese nemmeno cosa potesse fare suo
padre, che stava rientrando in quel momento in casa, quando li avrebbe visti…
Sentì Xander dire qualcosa, ma il suono della sua voce era
lontano… Non stava parlando con lei, comunque. Qualcun altro borbottò qualcosa
che lei non riuscì ad afferrare, poi fu tutto silenzio.
Quando Irina si
svegliò, la prima cosa che si chiese fu quando si era addormentata, e
soprattutto perché in quella strana posizione. Poi si ricordò, e si staccò di
botto dal collo di Xander.
<< Ciao piccola. Dormito bene? >> chiese lui con un
sorriso luminoso.
<< Oh…
Scusami… Io… >> borbottò lei, in imbarazzo.
Xander le prese il viso
tra le mani e le schioccò un bacio sulla fronte. << Niente scuse >>
disse, << Anzi… Forse però potevi scegliere un posto più comodo >>.
Irina sorrise,
stranamente tranquilla. In quel momento le andava bene tutto, persino quel misero
bacio sulla fronte. Provava un po’ di vergogna nell’essersi mostrata così
debole, ma ormai non poteva andare peggio di così: Xander
l’aveva conosciuta per quello che era, e non l’aveva abbandonata. Quello era
l’importante.
Si alzò e guardò
l’orologio, sentendo gli occhi di Xander che la
scrutavano. Lo vide frugarsi in tasca e tirare fuori un cellulare argentato.
<< Oh no,
anche tu? >> chiese Irina, divertita.
<< Perché
dici così? >> disse Xander, perplesso.
<< Me ne ha
dato uno nuovo William >> rispose Irina con un
sorriso, << Quelli che avevo me li ha distrutti tutti… >>.
<< Un motivo
in più per regalartene un altro >> ribatté Xander,
<< Che terrai accesso, per favore >>.
Glielo porse e
Irina lo prese, guardandolo. Anche quello ultimo
modello e super accessoriato.
<< Immagino
che dentro ci sia una microspia o una cosa del genere >> disse
ridacchiando.
<< Può darsi
>> rispose evasivo Xander, tirando fuori
qualcos’altro. Era un involto bianco, che aprì e da cui uscì una pistola.
<< E questa… La sai usare? >>.
Irina diventò
seria. << Ho provato qualche volta, ma non ho intenzione di usarla
>> rispose, << E comunque, di quelle
William se ha una stanza intera… Non credo che servirà molto, se vuole farmi
fuori >>.
<< Non ti
ucciderà, perché altrimenti non avrà più nessuno con cui giocare >>
ribatté Xander, funereo, << Ma potrebbe sempre
servirti. Sono più tranquillo se la tieni >>.
Irina scosse il
capo, ma la prese comunque, lasciandola nel suo involto bianco. Davanti allo
sguardo affettuoso di Xander, però, ritrovò subito il
sorriso.
<< La torta
che mi hai lasciato l’altra volta era davvero buona, te l’ho detto? >>
chiese lui.
<< No, ma lo
sapevo già >> disse Irina, << Mi piace cucinare, e sono anche brava
>>. Lo guardò per un momento, poi aggiunse: << Xander…
Posso dirti una cosa? >>.
<< Certo
>>.
<< E’ tornato
mio fratello Dominic >> disse Irina.
Xander le gettò
un’occhiata, poi sbuffò.
<< Vedo che
le cose vanno sempre peggio… >> borbottò, << Qualcos’altro?
>>.
<< Mio padre
si comporta in modo strano… >>.
<< In che
senso? >>.
<< E’ un po’…
Come dire… Servizievole >>. Irina trovò buffa quella parola associata a
suo padre. << Pensavo fosse una cosa passeggera, invece va avanti da un
po’… Si è messo a fare i lavori di casa… L’altra sera ha persino preparato la
cena >>.
Sul volto di Xander si dipinse un’espressione di compiacimento. <<
Una spiegazione c’è >> disse, << L’altra sera mi hai promesso di
non andare da Challagher, e non ci sono andato… Però
ho trovato tuo padre, e gli ho sbattuto in faccia che sei veramente sua figlia
>>.
<< Oh… Co-Come lo sai? >> fece Irina, sbigottita.
<< Test del
DNA >> rispose semplicemente Xander, <<
L’ho fatto di nascosto… Mi dispiace di non avertelo detto, ma volevo scoprire
la verità >>.
Irina non riuscì ad
arrabbiarsi davanti alla sua espressione gentile, anche perché era troppo presa
dalla consapevolezza che quello che aveva considerato suo padre per anni alla
fine lo era davvero. E anche il dubbio che sua madre lo avesse tradito
scompariva. Ecco perché Todd ora sembrava considerarla un essere vivente.
<< Sei
preoccupata per tuo fratello, vero? >> domandò Xander.
<< Sì… Dovrei
odiarlo, ed era quello che pensavo di provare fino a poco tempo fa… >>
rispose Irina, << Ma non ci riesco. Ho paura che si cacci nei guai
>>.
<< Ci hai
parlato? >>.
<< Praticamente no. L’ho sbattuto fuori di casa appena me lo
sono ritrovato davanti… >> rispose Irina, leggermente imbarazzata.
<< E’
comprensibile, ma forse è il caso che vi incontriate…
E mettiate in chiaro un po’ di cose >>.
Ore 18.00 – 5° Strada
<< Ti sei
nascosto in Messico >> disse Irina, seduta al tavolino rotondo del bar
dove di solito andava con le amiche. Dominic, di
fronte a lei, sorseggiava il suo drink con aria strafottente. << Come mai
proprio lì? >>.
Alla fine Xander era riuscito a convincerla a incontrare suo fratello
per metterlo in guardia, e per cercare di capire come mai avesse deciso di
tornare proprio ora. Irina trovava la cosa un po’ fastidiosa, ma doveva
ammettere che aveva ragione: era meglio controllarlo per evitare che si
cacciasse nuovamente nei guai.
<< Non sei la
ragazza di Challagher? >> domandò a sua volta Dominic, facendo un cenno con il capo verso la
BMW M3 bianca parcheggiata poco lontano,
con Xander dentro, nascosto dai vetri scuri. Aveva
voluto accompagnarla, per “tenerla d’occhio”, come aveva detto lui. << Te
la fai anche con quello lì? >>.
<< Tu cosa
pensi? >> ribatté Irina, con aria di sfida.
<< Penso che sei abbastanza furba da farti passare come la ragazza di
William, ma in realtà non lo sei >> rispose Dominic
con un mezzo sorriso. << Sbaglio? >>.
<< Non
sbagli. La gente pensa che io lo sia, ma non è così. Continuo a fare di testa
mia… Allora, come mai in Messico? >>.
<< Non lo so
>> rispose Dominic, scrollando le spalle,
<< Mi sono diretto da quelle parti, e ho trovato un paio di persone che
erano disposte ad aiutarmi, se avessi lavorato per loro… Da quelle ci sono un
sacco di corse clandestine. Ho fatto l’organizzatore e anche qualche gara,
visto che lì non sono bravi come a Los Angeles >>.
<< E Simon?
Quando lo hai incontrato? >> chiese Irina.
<< Qualche
mese dopo >> rispose suo fratello, << E’ un tipo strano, ma si è
interessato a me. Mi aveva chiesto come mai me ne fossi andato da Los Angeles, e io gli ho spiegato la situazione. Poi mi aveva raccontato
che c’era una ragazza da queste parti che si faceva chiamare Fenice e che stava
scalando la Listaad una velocità sorprendente… >>.
<< Ero io
>>.
<< Ma io non
lo sapevo… E non lo immaginavo nemmeno, a dirti la
verità >> continuò Dominic, << L’ho
scoperto solo qualche tempo dopo. Simon è venuto da me e mi ha detto che Fenice
era mia sorella. All’inizio non ci credevo, ma mi ha detto che ti aveva
incontrato di persona e che eri veramente tu >>.
In effetti, chi lo
avrebbe mai immaginato? Lei stessa era stupita per ciò che era diventata…
<< Mi hai
detto che ti aveva aiutato >> riprese Irina, << Che ti aveva dato
una mano a nasconderti >>.
<< Sì,
all’inizio mi aveva trovato qualche lavoretto non troppo sporco da fare
>> spiegò Dominic, << Secondo lui non
dovevo dare troppo nell’occhio… Quando però ha
scoperto che stavi ripagando i miei debiti, ha detto che non ce n’era più
bisogno… Si è arrabbiato molto nel sapere che vi avevo lasciato da soli, però
ha continuato a farmi lavorare per lui >>.
<< E’ un ex
agente dell’F.B.I. >> disse Irina, << Lo
sapevi? >>.
<< Sì, girano
alcune voci sul suo conto >> rispose Dominic,
sempre molto tranquillo << Anche se quasi nessuno crede siano vere.
Dicono che una volta era un infiltrato, ma poi ha mollato tutto quando hanno
ammazzato la sua donna… Lui però non me ne ha mai parlato, quindi non credo sia
vero >>.
Irina annotò a
mente tutto quello che suo fratello le stava dicendo: era piuttosto interessata
alla faccenda di Simon, soprattutto perché lui a lei non aveva mai detto nulla.
<< E’ stato
Simon a dirti di Sally, quindi? >>.
<< Sì. Mi
aveva detto che aveva una casa e un lavoro… E che… Che
Tommy era di nuovo con lei >>.
C’era stato un
cambiamento nella voce di Dominic, un cambiamento che indicava che almeno si sentiva in colpa per
come aveva trattato suo figlio.
<< Perché non
ti sei portato anche Sally,quando sei scappato?
>> chiese Irina, << Potevate andarvene insieme, rifarvi una vita da
qualche altra parte… Sapevi che era incinta >>.
<< Certo che
lo sapevo! >> sbottò Dominic, appoggiando
bruscamente il bicchiere sul tavolo << Ma me lo aveva detto quando ormai
non stavamo quasi più assieme… Oltretutto, non ero pronto ad avere un figlio,
cazzo! Lei lo voleva tenere, e io ero pieno di debiti. Quando sono scappato non sono stato lì a pensare alle conseguenze
>>.
“E hai fatto male” pensò Irina.
<< Spero solo
che tu ti sia pentito di aver mollato Tommy qui >> disse.
Dominic abbassò lo
sguardo, e Irina capì che anche lui era dotato di un istinto paterno che
finalmente era venuto fuori.
<< Non
immaginavo che Sally lo lasciasse a te >> disse, ma non sembrava sentirsi
in colpa per quello.
<< Eravamo
tutti nei guai >> disse Irina, << Ha fatto la scelta che le
sembrava migliore… E forse lo è stata. Cosa hai
intenzione di fare, adesso? Rimani o te ne vai di nuovo? >>.
<< Credo di
poter rimanere >> rispose Dominic, << Se
ci sei tu a proteggermi, William non dovrebbe farmi niente. Da quanto ho
capito, sei un pezzo grosso… >>.
Irina fece una
smorfia. << Non abbastanza da assicurarti che nessuno ti faccia niente
>> ribatté, << E comunque, non ho ancora pagato tutti i tuoi
debiti, quindi potrebbe benissimo prendersela ancora con te >>.
Cercò di
spaventarlo, giusto per prendersi una piccola rivincita. Dominic
aveva il vizio di dare sempre tutto per scontato, compreso il fatto che lo
Scorpione avesse cambiato bersaglio: in realtà era così, ma era meglio che lui
non lo sapesse. La frase ebbe il suo effetto, perché suo fratello abbandonò un
po’ della sua spavalderia.
<< Stai
diventando come loro… >> borbottò.
Irina cambiò
posizione e fece un sorrisetto. << E’ il prezzo da pagare per averti
salvato la pelle >> ribatté, << Tieniti fuori dai guai e il più
lontano possibile dallo Scorpione. Se vuoi rimanere, metti in conto che non ti tirerò fuori dai casini un’altra volta >>.
<< Quindi non dirai a William che sono tornato? >>
domandò Dominic.
<< No, non lo
farò >> rispose Irina, << Ma te lo ripeto: non cacciarti nei guai. Cosa ha detto Sally quando ti ha visto? >>.
<< Era
sorpresa, però… Mi è sembrata abbastanza contenta di vedermi… Forse… Bè, potremmo ricominciare da capo… >>.
Irina guardò
l’espressione di suo fratello, e comprese che, nonostante il suo comportamento,
amava ancora Sally. Forse era tornato proprio per lei, ma non voleva
ammetterlo.
<< Rimani da
lei, allora >> disse, << Trovati un lavoro serio e ricominciate da
capo… Al resto ci penso io >>.
“E a me, quando tocca ricominciare?”.
Gettò un’occhiata
verso la BMW
ferma, e si alzò. La conversazione era durata abbastanza, e aveva voglia di
stare insieme a qualcun altro.
<< Ci
vediamo, Dominic >> disse, << E ricordati
cosa ti ho detto >>.
Fece per andarsene,
ma suo fratello la chiamò.
<< Ehi,
Irina, aspetta un attimo >>.
La ragazza si
voltò.
<< Quel tipo
chi è? >> domandò, accennando alla BMW.
<< Quello che
potrebbe salvare la pelle a me, a te e a tutti quanti >> rispose Irina.
<< Bè… >> fece suo fratello, chiaramente confuso,
<< Digli che tuo fratello lo tiene d’occhio. Non
mi piace, quel tipo… >>.
Irina fece una
smorfia. << E’ lui che tiene d’occhio te >>.
“Idiota…Non
hai nemmeno idea di che cosa è in grado di fare…”.
Poi si voltò e
raggiunse Xander, seduto in auto con la radio accesa.
Si accomodò di fianco a lui, notando che Dominic
stava ancora guardando dalla loro parte.
<< Allora?
>> chiese Xander, accendendo il motore.
<< Rimane qui
>> disse Irina, << Sapeva di Sally… Glielo ha detto Simon Cohen… A
proposito, non mi hai mai spiegato bene come mai era un’agente dell’F.B.I…. >>.
Xander uscì dal
parcheggio. << Dominic cosa sa? >>.
<< Mi ha
detto che ha lasciato l’F.B.I. per via di una donna…
>>.
Il ragazzo svoltò a
destra, poi fermò l’auto in riva alla spiaggia. Guardò per un momento il mare
calmo e azzurro stagliato sotto il sole che si andava via via
abbassando, e poi si decise a parlare.
<< Cohen era
stato mandato in Messico a fare l’infiltrato, circa otto anni fa >>
disse, << Doveva occuparsi di una rete di trafficanti di
droga che si procurava la droga dal Sudamerica e la esportava in tutti gli
Stati Uniti. Purtroppo, nessuno sapeva che dietro c’era George Challagher, il padre di William >>.
Irina ascoltò in
silenzio, senza stupirsi. Sapeva fin dove arrivava il potere della famiglia Challagher.
<< Era
riuscito a racimolare un po’ di informazioni, e stava
iniziando a entrare nel giro >> continuò Xander,
<< Andava a rilento, però la missione procedeva abbastanza bene… Aveva
iniziato anche a correre nelle gare clandestine… Poi però ha incontrato una
donna >>.
Xandersi
interruppe stranamente, fissando il volante con aria fin troppo seria.
<< Credo si
chiamasse Magdalena… Era una ragazza del posto, che non centrava assolutamente
niente con la gente con cui aveva a che fare. Non so nemmeno
dove l’abbia incontrata. So solo che si era innamorato di lei, e che
aveva iniziato a trascurare la missione… Mio padre all’epoca era suo amico, sa
meglio di me come sono andare le cose. Comunque, pare che avesse
fatto delle promesse che non era disposto a mantenere, e sai meglio di me
quanto i Challagher possano essere bastardi. Gli
intimarono di andarsene, se non voleva guai, ma lui rimase… Una mattina trovò
Magdalena morta, uccisa con un colpo di pistola alla testa e il chiaro
messaggio che il prossimo sarebbe stato lui >>.
Irina guardò
l’espressione di Xander, turbata, fissa
sull’orizzonte. Era la prima volta che lo vedeva così: non le stava nemmeno
rivolgendo lo sguardo.
<< A quel
punto ha mollato tutto e ha abbandonato l’F.B.I.: la
sua intenzione era quella di ammazzare Challagher,
appena lo avesse trovato >> concluse.
<< Quindi
alla fine non vi ha traditi? >> domandò Irina.
<< No. Il suo
intento era solo quello di uccidere Challagher… Non
ci è mai riuscito, però. Mi ha detto che è troppo
protetto… Continua a sperare, comunque >>.
<< E’ questo
che vi siete detti a Las Vegas? Appena dopo che vi siete incontrati? >>
chiese Irina, a voce bassa.
<< Sì… Per
questo non mi intralcerà. Non gli interessa che vengano arrestati, lui vuole solo Challagher
senior >>.
C’era qualcosa di
assurdamente inquietante, in quella storia. Irina rimase turbata nello scoprire
il passato di quel gigante alto due metri che lei aveva sempre trovato molto
simpatico, e che era sempre stato gentile con lei. Anche Xander
sembrava colpito, e molto preoccupato.
<< Stai bene?
>> gli chiese, vedendolo troppo silenzioso.
<< Sì… Voglio
solo fare quella maledetta gara con Dimitri >> rispose.
Spazio Autrice
Come avevo detto,
aggiorno il più in fretta possibile. Aspettatevi gli altri capitoli in breve
tempo, perché devo assolutamente avviarmi alla fine…
Ringrazio tutti coloro che commentano e leggono sempre! Un bacio grande!
Irina stava in
piedi nella piazzola dove attendeva l’inizio della
gara. Era nervosa, e continuava a passeggiare avanti e indietro, nel tentativo
di darsi una calmata. Vicino alla Punto c’erano parcheggiate la Ford GT di Dimitri e la Mercedes di William. Più
in là, sparsi un po’ ovunque, c’erano decine di ragazzi, venuti per assistere a
una delle gare più pericolose per un pilota.
Era pieno
pomeriggio, e il sole estivo rischiarava l’intera vallata sotto di loro. La
strada del canyon si dipanava in strette curve a gomito e tornanti, muovendosi
sinuosa lungo un paesaggio mozzafiato, con il mare blu all’orizzonte e
l’azzurro del cielo terso a fare da cornice. Tutto molto bello e suggestivo, ma in quel momento Irina provava tutto tranne
che meraviglia.
Non si era
aspettata che la gara di Xander le mettesse così
tanta agitazione. Aveva paura che gli succedesse qualcosa, e lo sguardo gelido
di Dimitri la terrorizzava. Il russo sembrava determinato nel suo intento: far
fuori Xander in un bell’incidente. E di solito
raggiungeva sempre il suo obiettivo.
In quel momento
stava parlottando con William, appoggiato alla Ford GT con le braccia
incrociate. Erano entrambi seri, isolati dal resto del gruppo.
Irina guardò
Dimitri, e lui ricambiò il suo sguardo. Sembrava distaccato, ma l’occhiata che
le lanciò diceva tutto: considerava la faccenda solo una scocciatura,
oltretutto dovuta a lei.
William volse lo
sguardo dalla sua parte.
<< Non era
necessario che venissi >> disse, serio.
<< Volevo
vedere come sarebbe andata >> ribatté lei.
Si sentì il rombo
di un motore provenire da sotto di loro, poi la Ferrari 458 Italia sbucò
da dietro un costone di roccia, i fari a led accesi. Qualcuno fischiò con
ammirazione mentre Xander si fermava vicino alla GT.
Non scese nemmeno dall’auto, rimanendo nascosto dietro i vetri scuri della
Ferrari. Irina stava cercando di immaginare l’espressione che doveva aver
assunto alla vista dello Scorpione.
William si avvicinò
e il finestrino della Ferrari si abbassò lentamente, mostrando il volto di Xander. Era una maschera di ghiaccio, gli occhi così freddi
che trapassavano lo Scorpione da parte a parte. Sembrava totalmente
impassibile, ma la vena sul suo collo pulsava fin troppo visibile. Vederlo perdere
il controllo doveva essere spaventoso.
William gli disse
qualcosa, e Xander rispose con un cenno. A quel punto
Dimitri salì sulla Ford e si andarono entrambi a posizionare
al centro della strada.
La prima cosa che
pensò Xander quando vide Challagher
a pochi metri da lui, fu di scendere dall’auto, andargli incontro e tirargli un
pugno in faccia. Avrebbe tanto voluto sfogare quella rabbia che aveva represso
fino a quel momento, e il solo pensiero che avesse sfiorato Irina con le sue
mani gli mandava il sangue alla testa. Con lei poteva approfittare della sua
forza fisica, ma non con lui.
Come Irina gli
aveva chiesto, si era tenuto lontano da lui, ma tra i due era lo Scorpione a
dover temere il loro incontro. Ora che se lo vedeva li
davanti, lo sguardo tronfio e l’espressione tranquilla, sentiva la rabbia
montare come non mai. Con Irina a pochi metri si comportava come se non fosse
mai successo niente, come se non le avesse mai fatto nulla. Come faceva a
guardarla in faccia, dopo tutto il male che le aveva fatto?
Senza che lo
volesse, il pensiero di quelle mani che scorrevano sulla pelle chiara e
delicata di Irina senza che lei lo volesse gli invase la testa. Anche solo
l’idea che quegli occhi gelidi percorressero il corpo della ragazza, che le
loro labbra si sfiorassero gli fece accelerare i battiti del cuore. Non era
solo gelosia, quella provava, ma anche furiosa rabbia per quello che ormai lui
non poteva più cambiare.
Voltò la testa
verso la Ford GT,
dove Dimitri stringeva il volante e fissava la strada davanti a sé. Sembrava
tranquillo, ma il dito che picchiettava sullo sterzo indicava che aveva fretta
di cominciare.
Alla sua sinistra
comparve un’ombra, e lui si voltò di nuovo. Irina si era abbassata sull’auto, e
lo guardava seria e preoccupata.
<< Stai
attento >> sussurrò, << Dimitri è spietato… Piuttosto lascialo
vincere, ma escine vivo >>.
Xander sorrise. <<
Tranquilla, mi conosci >> disse, << Raggiungimi al traguardo appena
puoi, piuttosto >>.
Irina annuì, poi
guardò qualcosa che stava appeso allo specchietto retrovisore della Ferrari.
Era la sua catenina con il ciondolo a forma di quadrifoglio, che Xander aveva trovato quella sera in casa sua e che aveva
dimenticato di darle. Sapeva che non se ne separava mai.
<< Scusami,
ma ero un po’ preso da… altro >> disse, << Mi sono scordato di
ridartela >>.
<< Allora la
avevi tu… >> mormorò Irina, poi sorrise, << Bé, meno male, credevo di averla persa… Tienila pure: ti servirà un po’ di
fortuna >>.
Qualcuno la afferrò
per un braccio e la scostò bruscamente di lato. William entrò nel suo campo
visivo, lo sguardo di ghiaccio. Xander sentì il cuore
accelerare di nuovo.
<< Allora,
sei pronto? >> chiese freddamente lo Scorpione.
<< Quando
vuoi >> ribatté Xander.
William guardò
Irina. << Vai tu a dare il via >> disse, poi si allontanò, diretto
al lato della strada.
La ragazza passò
lentamente accanto alla Ferrari, e nel farlo sfiorò delicatamente la mano di Xander, appoggiata sul fianco dell’auto. Si voltò e gli
rivolse un impercettibile sorriso, poi scappò al centro della strada per dare
il via.
Irina raggiunse la
linea di partenza, e si mise di lato, pronta a dare inizio a quella gara che sapeva sarebbe stata spietata.
Avrebbe voluto
fermare Xander, costringerlo ad andarsene di lì il
più in fretta possibile. Dimitri non era come lei, e nemmeno come Jim Whitman,
il Cobra: il Mastino era pronto a farti fuori, se solo lo voleva.
Irina non aveva mai
gareggiato contro di lui, perché William le aveva concesso di arrivare solo
fino al terzo posto, ma dubitava che se anche ci avesse provato, avrebbe avuto
qualche speranza di vincere. Il russo era uno di poche parole e che amava fare
fatti. Forse proprio per quello si era guadagnato
l’amicizia dello Scorpione, ed era praticamente il suo braccio destro.
Per un momento
esitò: finché non si fosse mossa, Xander era salvo.
Sentì gli occhi di tutti addosso, il mormorio di chi commentava l’esito della
gara, e lo sguardo impaziente dello Scorpione.
<< Muoviti
>> disse freddamente, le braccia conserte, appoggiato al muretto di
pietra che lo separava dallo strapiombo di sotto.
Irina guardò la Ferrari rossa ferma a
pochi metri da lei. Il motore della Ford GT rombò impaziente.
“Ti prego Xander, non mi interessa che tu vinca… Voglio solo che arrivi alla
fine”.
La sua mano si
abbassò, e le due auto sfrecciarono ai suoi fianchi, facendola barcollare.
Rimasero l’una accanto all’altra fino alla prima curva, poi svoltarono a
sinistra iniziando la rapida discesa, sparendo alla vista.
Irina corse verso
il parapetto, sporgendosi oltre per vedere di sotto. Sbiancò non appena vide la
Ferrari sbandare sul ciglio della carreggiata che finiva sullo strapiombo di
sotto. La GT la stringeva cercando di farla cadere, spingendola di lato.
Sentì il cuore
fermarsi per un momento, poi però la Ferrari inchiodò lasciando passare Dimitri
in testa. Si piazzò dietro di lui e poi cercò il sorpasso a destra.
<< Forse è
meglio che non guardi >> disse qualcuno alle sue spalle, la voce
leggermente divertita.
Irina si voltò,
guardando William raggiungere il parapetto e appoggiarsi con aria tranquilla
per guardare di sotto.
<< Hai
chiesto a Dimitri di farlo fuori, vero? >> sibilò Irina, tra i denti.
<< Hai
qualcosa in contrario? >> ribatté William.
<< Perché?
>> chiese Irina, cercando di controllare la voce, anche se avrebbe tanto
voluto urlargli addosso, << Lo vuoi ammazzare
solo perché pensi che sia interessato a me? >>.
William continuò a
guardare di sotto, e Irina non ebbe il coraggio di imitarlo. Aveva il terrore
di sporgersi e vedere qualcosa che non sarebbe stata in grado di accettare.
Forse era davvero meglio che non guardasse.
<< Non lo
penso, lo so >> disse lo Scorpione, << E tu non terresti così tanto a lui, se non te ne importasse niente >>.
Si era tradita da
sola, ma non le importava. Dimostrare che era preoccupata faceva capire che lo
era davvero.
<< Dimmi
perché non lo vuoi più tra i piedi >> disse Irina, << Solo perché
credi che siamo andati a letto insieme? >>.
William questa
volta la guardò, e nei suoi occhi passò una scintilla. << Avevamo detto
di ricominciare tutto da capo, ricordi? Di dimenticare tutto quello che è
successo. Io sto dimenticando… E se mi dici che non c’è stato niente tra te e Went, voglio crederti. Questo non toglie però che non lo
voglia più tra i piedi >>.
<< Hai paura
di lui >> concluse Irina, << Sei
terrorizzato dal fatto che possa essere più forte di te… Che ti costringa a
lasciare il tuo trono… >>.
La vena sul collo
di William pulsò, ma questa volta non le tirò uno schiaffo, come faceva quando
lei lo metteva alle strette. La sua mano però tremò, e sembrò faticare a
rimanere immobile.
<< Smettila
di provocarmi, Irina >> disse, << Stai facendo di tutto per farmi arrabbiare e per costringermi a essere cattivo con te…
E lo so il perché. Non ti sono indifferente, l’ho capito. Non mi avresti
baciato in quel modo, l’altra volta, se tu mi avessi veramente odiato. Stai
facendo di tutto per costringerti a disprezzarmi, ma non ci riesci, vero? Tu mi
vuoi quanto io voglio te, solo che non vuoi ammetterlo
>>.
Irina rimase
impalata, fissando con gli occhi spalancati lo Scorpione, un sorriso
soddisfatto dipinto sul bel volto. Sentì qualcuno gridare mentre la gara
continuava di sotto, ma arrivò tutto ovattato, alle sue orecchie.
William le aveva
appena detto una verità che stentava a credere, che
voleva rimuovere ma che in parte era esatta. Era vero, stava cercando di
trovare ogni pretesto per odiare a morte lo Scorpione, eppure c’era qualcosa
che al contempo la attirava, in lui. Qualcosa che le l’aveva spinta a baciarlo
come mai aveva fatto prima di allora…
Stava
definitivamente impazzendo. Possibile che il suo desiderio di poter essere
ricambiata da Xander la spingesse a scegliere proprio
la persona che avrebbe dovuto odiare di più al mondo? Possibile che, nonostante
tutto, subisse ancora il fascino di William?
Aprì la bocca per
qualcosa, ma non ci riuscì.
<< Avanti,
ammettilo >> disse William, avvicinandosi, << So che non riesci a
resistermi, se divento quello che vuoi tu… >>.
Le passò il pollice
sul mento, senza che lei riuscisse a muoversi. Era terrorizzata di scoprire che
le parole di William erano vere, che in fondo lo amava ancora… Però qualcosa
scattò prima che il suo viso sfiorasse quello dello Scorpione.
L’unica cosa di cui
aveva bisogno era amore. Semplice affetto. Aveva bisogno di sentirsi protetta,
di sentirsi apprezzata, di sentirsi amata. E William
era riuscito a dargli quell’illusione, comportandosi da gentile con lei. Ma era sempre e solo un’illusione… L’unico che era riuscito
a darle quella vera sensazione era stato Xander…
Si scostò di scatto
e raggiunse di corsa la macchina, salendo sopra e chiudendo violentemente la
porta.
“Sto uscendo fuori di testa…”.
Sentì delle grida
provenire da poco lontano, e vide William correre verso l’auto. La gara doveva
essere finita, oppure doveva essere successo qualcosa.
La Mercedes partì sgommando sparendo oltre la curva, diretta di sotto.
“Xander!”.
Senza pensarci due
volte, accese il motore e poi seguì William a valle, il cuore che batteva
all’impazzata. Molto probabilmente batté ogni suo record, perché quando arrivò
al traguardo le sembrava fossero passati solo pochi
secondi da quando era partita.
Vide la Mercedes di
William ferma a bordo strada, mentre lui correva verso il ciglio del dirupo.
Irina si catapultò giù dalla macchina, lasciando il motore acceso, pronta a gettarsi per vedere come stava Xander.
Però non fu necessario.
La Ferrari 458 era ferma oltre il traguardo, la fiancata rovinata, ma
apparentemente vincitrice. Xander, vivo e vegeto,
scese dall’auto con aria arrabbiata, mentre tutti andavano a vedere oltre il
dirupo.
La Ford GT era
caduta nel fossato, fortunatamente non troppo profondo, ed era incastrata tra
alcuni alberi. Il motore fumava, i vetri erano spaccati, ma Dimitri sembrava
ancora essere cosciente.
<< Tiratelo
fuori di li! >> gridò William.
La gente presente
iniziò a darsi da fare per tirare su la macchina, mentre Hanck
recuperava un cavo metallico per agganciare l’auto e trascinarla fuori. Lo
Scorpione si voltò a fissare Xander con rabbia, poi
tornò a guardare verso Dimitri.
Irina rimase
immobile per un istante, anche se sapeva esattamente dove voleva andare. Girò
sui tacchi e raggiunse Xander. Prima di dargli il
tempo di dire qualcosa, gli saltò al collo stritolandolo in un abbraccio stritola-costole.
<< Cosa è successo? >> domandò.
<< Per tutta
la gara ha cercato di buttarmi giù… L’ultima volta però
ha sbagliato le misure >> rispose Xander.
Irina si staccò e
sorrise. Si girò per vedere come procedeva il recupero della Ford GT, in parte
anche per nascondere il suo imbarazzo.
Quattro ragazzi
erano riusciti a liberare il russo dalle lamiere, e ora era seduto per terra.
Aveva un taglio profondo sulla fronte, il naso sanguinante e sembrava parecchio
scosso, ma non era grave. Ebbe anche la forza di scostare bruscamente la mano
di Hanck che gli chiedeva se stava bene. Guardò Xander e gli fece un gestaccio.
William rimase a
guardare per qualche istante l’auto semidistrutta, poi si voltò e li raggiunse.
Era furioso, e la vena sul collo pulsava vistosamente.
<< Hai vinto,Went >> ringhiò.
<< Il
prossimo sei tu, Challagher >> disse Xander, gelido.
William si avvicinò
ancora, l’espressione minacciosa.
<< Non fare
troppo il furbo, Went. Non hai idea contro chi ti sei messo >>.
Xander fece un passo
avanti. << Sei tu quello che se la prende con una ragazza >> disse,
<< Mettile di nuovo le mani addosso e ti farò pentire anche solo di
averla sfiorata >>.
William alzò un
pugno, pronto a saltargli addosso.
<< Lei è mia
>> sibilò, << Togliti di mezzo >>.
<< Avanti,
dimostramelo >> lo incitò Xander.
William fece per
scagliarsi verso di lui, ma Irina si mise in mezzo. Cercò di spingerlo
indietro, con l’unico risultato di riuscire solo ad abbracciarlo per tenerlo
fermo.
<< No! Sta
calmo! >> disse, poi gettò un’occhiataccia a Xander.
Non la aiutava comportandosi in quel modo.
<< Levati
>> disse William, prendendola per le braccia per spostarla.
Irina gli puntò le
mani sul petto, cercando di tenerlo lontano da Xander.
Lo Scorpione abbassò lo sguardo su di lei, le mise un braccio intorno alla vita
e le stampò un bacio piuttosto violento in bocca.
La ragazza si
scostò, disgustata, e cercò di allontanarsi senza riuscirci. Gettò un’occhiata
supplice a Xander, che fissava William con due occhi
da fare paura. Lo Scorpione sorrise malignamente.
<< Prova a
fare la stessa cosa >> disse in tono di sfida.
Irina si liberò e
guardò William, arrabbiata. << Vattene >> disse lei, gettandogli
un’occhiataccia. Era piuttosto sfacciato da parte sua, ma non voleva che si
scatenasse una rissa e che Xander ci andasse di
mezzo. Valeva la pena di rispondergli male.
William si limitò a
squadrarla, furioso, con la chiara intenzione di rifilarle una sonora sberla come al solito, ma si trattenne di nuovo. Stava
davvero cercando di tenersi, di darle l’idea che voleva cambiare… Che bravo
attore.
Si voltò verso Xander, puntando un dito minaccioso su di lui.
<< Non vedo
l’ora di gareggiare contro di te >> disse, poi se ne andò, percorrendo la
strada che lo separava dalla Ford GT a passo rapido e senza girarsi nemmeno. Xander lo fissò, gli occhi che mandavano lampi, la mano
appoggiata alla Ferrari come a volersi trattenere.
<< La
prossima volta non provare di nuovo a dividerci >> ringhiò, infuriato.
Irina sorrise.
<< Lui è superiorità numerica >> disse, decisa a non farne un
dramma, << Ci sono tutti i suoi amici… Sarai anche palestrato, ma non
credo che tu possa vedertela con una dozzina di persone assieme >>.
Xander si voltò a
guardarla, e un sorrisetto gli affiorò sul volto. << Mi stai prendendo in
giro, per caso? >>.
<< Scusa, non
volevo ferire il tuo orgoglio >> disse Irina, ridacchiando, << Mi
fai ridere quando fai tutto il duro… >>.
<< Spiritosa…
>> ribatté Xander, << Tu
però non sei in “superiorità numerica”… Potrei prendermela con te, sai?
>>.
Irina gli sorrise e si diresse verso la Punto. << D’accordo.
Allora ci vediamo più tardi >>.
Ore 22.00 – Dalton Beach
<< Non farmi
pentire di averti portato a gareggiare >> disse Irina, scendendo dalla
Grande Punto e raggiungendo Dominic, seduto nella sua
Mustang blu del ’75, parcheggiata a lato della strada. Le cromature argentate
brillavano sotto la luce gialla dei lampioni, e riflettevano le sagome distorte
delle persone che camminavano nei dintorni.
<< Tanto mi hai detto che William ormai sa che sono qui, quindi…
>> disse suo fratello, spegnendo i fari dell’auto e smontando a sua
volta.
<< Appunto…
>> disse Irina, << Ti ricordi ancora come si guida, spero >>.
Alla fine, com’era
prevedibile, William era venuto a sapere che Dominic
era di nuovo in città, ma la cosa non lo aveva interessato più di tanto. Non
aveva nemmeno voluto incontrarlo, e aveva solo chiesto a Irina il motivo del
suo ritorno; dopodichè era tornato ai suoi affari,
come se niente fosse mai accaduto. La spiegazione era semplice: era Fenice
quella che gli interessava veramente, e il debito era una semplice scusa per
tenerla legata. Che suo fratello fosse o meno nei
dintorni, e soprattutto sempre senza denaro, non lo toccava minimamente.
Dominic le aveva detto che
aveva bisogno di soldi, e le aveva chiesto di poter gareggiare per guadagnare
facilmente qualche centinaio di dollari. Per evitare che si facesse
altri debiti, Irina aveva deciso di gareggiare con lui per farlo vincere, visto
che non era particolarmente dotato.
<< Certo che
mi ricordo >> disse suo fratello, << E’ te
che sono curioso di vedere… Non ti immagino proprio in testa a una gara…
Oltretutto con quel ferro vecchio di auto che hai. Che modello hai detto che è?
>>.
<< Una Fiat
Grande Punto, e non è un ferro vecchio >> rispose Irina, infastidita,
<< Pensa a quella cosa decrepita che chiami Mustang… Durante la gara
preoccupati di stare lontano dagli altri. Appena ti faccio passare davanti, mi
occupo io di farti arrivare intero alla fine, ok? >>.
Stava guardando in
giro per vedere se Xander era arrivato. Le aveva
promesso che sarebbe venuto a vederla, quando gli aveva detto che aveva
intenzione di gareggiare con suo fratello. Vide la BMW bianca non troppo distante
da loro, e sorrise.
<< Di nuovo
lui? >> fece Dominic, decisamente
poco contento.
<< Fammi un
favore, lo vedi quello lì? >> disse Irina ignorandolo, indicando un uomo
che teneva in mano un foglio di carta, << Vai da lui e iscrivici alla
gara… Ricordati che io sono Fenice >>.
Lasciò suo fratello
senza un’altra parola e corse verso Xander,
trovandolo come al solito appoggiato all’auto con aria
tenebrosa.
<< Ciao
>> disse.
<< Ciao
>> sorrise Irina, e all’improvviso non seppe più cosa dire… Aveva una
sorta di nodo in gola che non riusciva a spiegarsi… O sì?
<< Vuoi che
corra io al posto tuo? >> domandò Xander,
gettando un’occhiata alle sue spalle.
Irina scosse la
testa. << Se continuate tutti a trattarmi come una bimbetta, rischio di
perdere la mano >> rispose, divertita, << E poi devo solo far
vincere mio fratello… Non credo sia troppo difficile >>.
Xander guardò di nuovo
oltre le sue spalle. << Ci sta fissando… Sbaglio o penso di non
piacergli? >>.
Irina si voltò e trovò
Dominic che li scrutava da lontano.
<< Lascialo perdere… >> disse, << E’ solo un
bambino. Fa tanto il gradasso ma poi appena può scappa
con la coda tra le gambe… Grazie di essere venuto, comunque >>.
<< Lo sai che
non mi perderei nessuna delle tue gare >> disse sorridendo Xander, << Avanti, aspettano solo te. Vai, che prima
inizi e prima torni da me >>.
Irina ridacchiò e
corse verso la Grande Punto, sedendosi al posto di guida con un sorrisetto che
le campeggiava sul volto. Lo sapeva bene che quella strana sensazione di
euforia dipendeva dal fatto che lui le avesse detto “e prima torni da me”… Si
diede della sciocca, ma non volle negare che le piaceva sentirsi… coccolata.
Accese il motore e
attese la partenza. Aveva un motivo in più per chiudere in fretta la gara.
Xander guardò la Grande
Punto tagliare il traguardo, dietro alla Mustang blu che aveva lasciato
deliberatamente passare all’ultimo minuto. Solo a quel punto tirò un sospiro di sollievo: nonostante Irina fosse brava, aveva
sempre paura che le succedesse qualcosa.
Non le staccò gli
occhi di dosso nemmeno per un secondo, aspettando pazientemente che lei andasse
a riscuotere il premio con il fratello. Ora che sapeva completamente tutto di
lei, gli sembrava straordinario il modo con cui riusciva a relazionarsi
con le persone, i gesti da cui non traspariva niente di quello che passava e
che aveva passato. Non credeva potessero esistere persone del genere, eppure
doveva ricredersi, anche perché si era innamorato proprio di una di quelle
persone.
Irina lo raggiunse
di nuovo, il sorriso sul volto perfetto, e disse, allegra: << Visto? Già
fatto >>.
Forse colse
qualcosa nella sua espressione, perché diventò seria e domandò: << Cosa succede? Sei preoccupato, o è solo una mia impressione?
>>.
Inutile negarle il
problema. Anzi, forse lei poteva darle una mano.
<< Credo di
aver scoperto chi è la talpa che passa le informazioni a Challagher
>> rispose Xander, facendo attenzione a tenere
il tono di voce basso.
<< Chi è?
>>.
<< Il mio
capo, Franck White >> disse Xander.
Irina si morse il
labbro inferiore. << Cavolo… Allora la faccenda è grave >>.
<< Più che
grave… Soprattutto se si sono visti anche ultimamente >> disse Xander, << L’altra volta ero a San Francisco, e nel
parcheggio del quartier generale ho visto una Mercedes Sl
rossa… Dentro c’era un cellulare che squillava, e sul display c’era chiaramente
scritto William Challagher >>.
<< Una
Mercedes Sl rossa? Potrebbe essere la stessa che ho
visto io l’altro giorno, a casa di William… >> disse Irina, preoccupata,
<< Cioè una di quelle che faceva parte del carico di auto rubate qualche
mese fa. Io però credevo fosse di Hanck… >>.
<< Questo
significa che Challagher e White si sono visti
ultimamente >> disse Xander, << E che
quindi lo Scorpione è preparato… Peccato che White non sappia più niente di me
da un paio di settimane >>.
Irina lo guardò
senza capire, ma la sua espressione era ancora più preoccupata.
<< E’ già da
un po’ che sospetto di White >> spiegò Xander,
<< Quindi non gli ho più comunicato le mie mosse… Non sa di preciso cosa ho intenzione di fare, né di quando voglio
catturare Challagher >>.
Irina lo guardò di sottecchi, gli occhi da cerbiatta stranamente umidi.
<< Cosa c’è?
>> le chiese.
<< Xander… >> mormorò lei, << Ho paura… >>.
<< Di cosa?
>>.
<< Per te.
Stai rischiando troppo… >>.
Xander sorrise. Sapere
che si preoccupava per lui lo rendeva felice. Le sfiorò delicatamente una
guancia.
<< Ti ho già
detto che devi stare tranquilla. Sono abituato a rischiare, fa parte del mio
carattere >> disse.
<< Appunto
>> ribatté Irina, sospirando. << Quanto tempo ci vuole ancora,
prima che tu la finisca di rischiare la pelle? >>.
<< Il tempo
di organizzare la cattura di Challagher >>
rispose Xander, << Dopo avrò
un sacco di tempo libero >>.
Irina sorrise.
<< Penso che sarò lo stesso per me… >> disse, << Sempre se
riesco a non finire dietro le sbarre >>.
<< Non ci
finirai >> ribadìXander.
Si guardò intorno per accertarsi che nessuno li vedesse. << Ah proposito…
Serata libera, stasera? >>.
<< Penso che
dovrò controllare che mio fratello non si cacci nei guai >> rispose
Irina, facendo un cenno con il capo verso Dominic,
<< Però domani dovrei uscire con Jenny… E c’è anche Jess. Ti puoi aggregare, se
vuoi >>.
Forse era solo una
scusa, ma non se la prese: Irina doveva avere paura di farsi vedere in giro con
lui, dopo che Challagher li aveva beccati. Non era da
biasimare.
<< D’accordo…
Anche se credo che farò più da conforto a Jess… Jenny
ha intenzione di fare shopping, immagino >>.
Irina ridacchiò.
<< Sì >>.
Poi si alzò in
punta di piedi e gli diede un lieve bacio sulla guancia. Xander
non riuscì a trattenersi e le mise una mano dietro la schiena, trattenendola a
pochi centimetri dal suo viso. Le guancie della ragazza si tinsero di rosso, e
lui sorrise sornione.
<< Xander… >>.
Rimase a fissare le
sue labbra, sentendo le mani di lei appoggiate sul suo
petto. Non lo stava respingendo, e non sembrava averne l’intenzione…
Alla fine sospirò e
la lasciò andare, anche se gli costò tutta la sua forza di volontà.
<< Scusami
>> disse.
Irina lo guardò
stranamente, senza sapere bene come comportarsi. Sapeva di averla di nuovo
confusa, ma non poteva farne a meno: ogni ora che passava, il desiderio di
sentire nuovamente le sue labbra sulle sue diventava sempre più insopportabile.
Una sola volta gli era bastato a trasformarla nella
sua droga personale.
<< Scusami
piccola >> disse di nuovo, << E’ colpa mia >>.
Irina gli gettò
un’occhiata ancora più confusa, le guancie leggermente arrossate che la
rendevano sempre più bella. Forse iniziava a comprendere il perché dei suoi
strani comportamenti, perché si avvicinava e poi si tirava indietro…
“Dimmi che hai capito… Che hai capito
che lo sto facendo per te, che mi sto tenendo come non ho mai fatto prima
d’ora… Dimmi che sei disposta ad aspettare ancora solo pochi giorni…”.
Lo sguardo di Irina
cercava di trapassarlo da parte a parte, ma era chiaro che non ci stava
riuscendo. Rimase in silenzio, gli occhi inchiodati ai suoi, che poi, improvvisamente,
si illuminarono di una luce…
La ragazza si aprì
in un timido sorriso, finché non voltò la testa indietro: suo fratello
continuava a guardarla da lontano, come a controllare i suoi movimenti. Non
c’era situazione peggiore per mostrarsi vicini.
<< Allora… a
domani >> sussurrò, e scappò verso la Punto, sotto lo sguardo divertito
di Xander.
Ore 16.30 – Los Angeles
<< Allora?
Vedo che hai ripreso a parlare con lui… >> mormorò Jenny, guardando
distrattamente i vari abiti appesi all’interno del ventesimo negozio che
stavano visitando, dentro il più grande centro commerciale della città.
Irina fece finta di
nulla, ma lo sguardo le corse comunque verso la
vetrina. Oltre il vetro riusciva a vedere Xander e Jess che parlavano tra loro, leggermente esasperati. Le
avevano seguite, o meglio, avevano seguito Jenny, in
ogni negozio che incontrava, anche se ne avrebbero fatto volentieri a meno.
<< Non fare
finta di non sentirmi, eh >> continuò Jenny, << Come mai adesso non
gli stai più alla larga, eh? >>.
<< E’
importante che tu lo sappia? >> ribatté Irina, esaminando con finto
interesse una camicia.
<< Certo!
>> fece Jenny, e una signora sussultò a pochi
passi da loro, << Ti vedo molto più rilassata del solito, e questo vuol
dire che… >>.
<< Vuol dire
che sto bene >> concluse per lei Irina, << Non mi sembra una cosa
strana >>.
In realtà, non era
strano che dicesse di stare bene; lo faceva sempre, anche quando era tutto il
contrario. Ma il quel momento era vero, ed era davvero inusuale.
Si sentiva stramente leggera, svuotata di ogni preoccupazione…
<< Tutte le
tue minacce del tipo “Non entrare mai più nella mia vita” dove le hai messe?
>> domandò Jenny, divertita.
<< Spiritosa…
Abbiamo parlato, va bene così? >> disse Irina, dandole le spalle.
<< Solo
parlato? >>.
Irina alzò gli
occhi al cielo. << Sì >>.
<< E di cosa?
>>.
<< Sei
invadente, lo sai? >> disse Irina, lanciandogli un’occhiataccia.
<< E dai… Ti
vedo così… Felice? Tranquilla? Sei diversa, si capisce >> disse Jenny,
tutta contenta.
Irina sorrise,
cercando di non farsi vedere.
<< Diciamo
che ho chiarito un paio di cosette, ok? >> disse, << Per il resto,
si vedrà >>.
Jenny ridacchiò.
<< D’accordo, non indago oltre >> disse, << E tuo padre? Si
comporta ancora in modo strano? >>.
<< Sì… Forse
si è addirittura trovato un lavoro, sai? >> rispose Irina.
In effetti, suo
padre continuava a essere stranamente premuroso con lei, e ultimamente usciva e
rientrava a casa a orari sempre uguali, il che voleva dire che aveva degli impegni
piuttosto regolari. Oltretutto, non le chiedeva più i soldi per la spesa,
quindi da qualche altra parte doveva prenderli…
<< Allora è
proprio rinsavito >> fece Jenny, un po’ più seria. << Era ora
>>.
Il ritorno di Dominic non aveva colpito molto Todd, che lo trattava
abbastanza freddamente. Forse non era contento di rivederlo, dopo che li aveva
abbandonati in mezzo a tutto quel casino… Per fortuna che Dominic
stava da Sally.
<< Irina,
pensi che possa starmi bene? >> domandò Jenny, tirando fuori da chissà
dove un vestitino estivo da spiaggia a fiori.
<< Ehm…
>>. Irina si voltò di scatto: stava guardando Xander,
fuori dal negozio, che ridacchiava insieme a Jess. << Ehm, penso di
sì… >>.
Jenny fece una
strana faccia, poi disse: << Ok, lascia stare. Comunque anche lui ti guarda, lo sai vero? >>.
<< La smetti?
>> disse Irina, spingendola verso i camerini prova, << Guarda che
se continui a prendermi in giro non ti faccio più
salire sulla TT >>.
<< Ma siete ridicoli! >> gridò Jenny da dietro la tenda
dello spogliatoio, << Continuate a mangiarvi con gli occhi a vicenda come
due bambini… Dovreste saltarvi addosso, invece! >>.
Irina alzò di nuovo
gli occhi al cielo, sperando che nessuno le sentisse.
<< Non sono
precipitosa come te, lo sai >> disse.
<< Tu no, ma
lui… Credo abbia un carico di ormoni da sfogare… Se continua così
scoppia >>.
<< Jenny!
>>.
<< Scusa… A
proposito, lo sto che stai guardando ancora dalla sua
parte, eh >>.
Irina guardò la
tenda rossa che la separava dall’amica. Ormai le riusciva a leggere anche nel
pensiero… E forse non era proprio una bella cosa.
Spazio Autrice
Ed ecco finalmente
la gara Xander vs. Dimitri, che si è
conclusa ( sai che novità ) in favore del nostro bel moro dagli occhi
azzurri. Adesso non rimane che vedere la gara contro lo Scorpione, e non
pensate che sarà tutto così semplice. Il prossimo capitolo sconvolgerà tutta la
storia, complicando ancora le cose, che già così non sono per niente semplici. Vi
aspettavate una semplice sfida tra i nostri due fascinosi piloti? Troppo facile…
Mi piace rendere tutto molto più combattuto e difficile. Anche perché manca
ancora un po’ alla fine!
Ringrazio
infinitamente tutti coloro che mi hanno voluto
lasciare un commento, e che seguono la storia con molta trepidazione! Un bacio
grandissimo a tutti!
Il telefono
cellulare, appoggiato sul tavolino di vetro, squillò all’improvviso. C’era
qualcosa di insistente nel suo modo di trillare,
qualcosa che diede a Xander una strana sensazione. Jess era seduto di fianco a lui, sull’altro divano, con in grembo il pc portatile e
l’aria annoiata.
Xander guardò il display
del cellulare: sopra c’era scritto Franck White.
Jess lo guardò, serio.
<< Cosa aspetti? Rispondi >> disse,
<< Hai già evitato le sue telefonate per troppo tempo… Rischi che si incazzi ancora di più >>.
Xander prese il telefono
in mano, indeciso. In effetti, nelle due ultime settimane non aveva più
risposto alle telefonate di White, ignorandole completamente. Continuare a
rendersi imprevedibile era il suo scopo principale, ma non poteva rischiare che
White iniziasse a rendersi conto che forse sospettava qualcosa…
<< Pronto…
>> rispose alla fine, sotto lo sguardo serio di Jess.
<< Agente Went >> disse solo White, la voce controllata, da cui
però traspariva bene la nota di fastidio che provava, << Si è deciso a rispondere, finalmente >>.
<< Ho avuto
da fare >> disse Xander, guardando
l’informatico al suo fianco.
<< Bene… Ho
solo una cosa da dirle: torni a San Francisco >> disse
White.
Xander pensò di non aver
compreso appieno le parole del suo superiore.
<< Come?
>> fece, atono.
<< Torni a
San Francisco, Went. Lei è sollevato dall’incarico >> ripeté White,
tombale.
Xander saltò in piedi.
<< Come?! >> gridò, << Lei non può!
Mi manca solo una settimana… Non ha senso… >>.
<< Invece sì
che ha senso, agente Went >> lo interruppe
White, << La sua copertura è saltata. Sanno che è dell’F.B.I.,
sono pronti a farla fuori appena la incontreranno >>.
Per forza che aveva
senso: White era in contatto con Challagher. E
proprio ora che era arrivato così vicino allo Scorpione lo sollevava dalla
missione per mettere al sicuro quel criminale…
<< Come fa a
sapere che la mia copertura è saltata? >> sibilò tra i denti.
<< Non è
l’unico agente che abbiamo mandato, Went >>
rispose White, << Michael Fowler la sostituirà
da questo momento in poi >>.
Ecco perché aveva incontrato Michael diverse volte, nel suo
dipartimento. Ecco spiegato cosa ci facesse da quelle parti…
Xander sentì il cuore
fermarsi. Non poteva andarsene, non adesso che era praticamente
arrivato alla fine. Non poteva andarsene e lasciare Irina da sola… Poteva
accettare di lasciare libero Challagher, ma non
poteva accettare di abbandonare lei.
<< Mi…
spieghi cosa è successo >> disse.
Jess aveva capito,
perché si era bloccato e ormai sul monitor del pc
campeggiava il salvaschermo colorato. Stava ascoltando la conversazione con le
orecchie tese.
<< Quando mi
sono reso conto che iniziava a mettere in pericolo la missione, ho deciso di
mandare un altro agente nel caso ce ne fosse stato bisogno… Quella ragazza l’ha
tradita, Went.Challagher sa tutto >>.
Troppo facile dare la colpa a Irina: non era lei a fare la
doppiogiochista.
<< Perché non
ho mai visto Fowler da nessuna parte? >> chiese
Xander, deciso a scoprire fino a che punto si
spingessero le bugie del suo capo.
<< A
differenza sua, si è fatto strada facendo meno
clamore, e senza nessuna gara… E aveva l’ordine di non farsi scoprire, nemmeno
da lei. Sapevo che non avrebbe mai accettato il fatto che
il suo operato venisse messo in dubbio >>.
Improvvisamente, Xander capì quanto fosse stata furba la scelta di White:
Michael non si era mai occupato di quel campo, risultava
abbastanza inesperto per poter essere tenuto sotto controllo… Per quello aveva
mandato lui: sapeva che non sarebbe riuscito a dare fastidio allo Scorpione.
Difficilmente sarebbe sfuggito al loro controllo.
Sul volto gli si
dipinse una smorfia disgustata: il piano di White era quasi perfetto. Non aveva
messo in conto però che lui odiava seguire gli ordini… Soprattutto quando di
mezzo c’erano persone che amava.
<< Io non me
ne vado da qui >> disse, << Soprattutto adesso. Non me ne frega un
cazzo dei suoi ordini… Non me ne vado. Dovrà mandare qualcuno a prendermi
>>.
<< Segua gli
ordini, Went >> disse White, << A quanto
ne soChallagher verrà a
cercarla, e questa volta la farà veramente fuori. Torni immediatamente qui, lei
e anche Stone. C’è Fowler a occuparsi della cosa,
adesso >>.
<< Come fa a
sapere che Challagher sta vendendo qui, eh? >>
chiese Xander.
<< Fowler è arrivato in alto tanto quanto lei >> rispose
White, << Mi ha avvertito pochi minuti fa che Challagher
ha scoperto chi è… Se ne vada immediatamente, se non vuole rimetterci la pelle
>>.
Xander gli chiuse il
telefono in faccia, infuriato. White aveva anche la faccia tosta
di volergli dimostrare che stava tentando di salvargli la vita.
<< Bastardo…
>> imprecò. Poi guardò Jess. << Ci hanno beccati… O meglio, White vuole che torniamo a San Francisco.
Subito >>.
<< Cosa?
>> gridò Jess, << Aspetta un attimo, non
è possibile! E non ha nemmeno senso, adesso che… >>.
<< Ci
rivogliono indietro, ma questo non vuol dire che andremo >> lo interruppe
Xander, << Non mi muovo
da qui. Ha detto che Michael Fowler mi ha sostituito
>>.
<< Fowler? Ma sono impazziti? Il
massimo di cui si è occupato è il contrabbando di gioielli… Non è abbastanza
esperto per essere mandato la in mezzo! >>.
Jess sembrava sorpreso
quanto lui, ma la spiegazione era chiara.
<< White ha
mandato Folwer proprio per questo: è sicuro di
poterlo tenere sotto controllo, e sa che non è in grado di dare fastidio a Challagher. Può anche darsi che lo uccidano, appena me ne
andrò da qui >>.
Jess sbiancò. <<
Cazzo, siamo tutti nei guai. Non possiamo andarcene adesso! >>.
Il telefono
cellulare squillò di nuovo, ma questa volta non era White. Il display diceva
Michael Fowler.
<< Pronto
>>.
<< Alexander,
non sto scherzando >> disse Michael, senza nemmeno un saluto preliminare,
<< Devi andartene immediatamente. Challagher si
sta preparando… Non sarà da solo, quando verrà a cercarti >>.
<< Michael,
perché non mi avevi detto che c’eri di mezzo anche tu? >> lo aggredì Xander.
<< Erano gli
ordini >> rispose lui, apparentemente spaventato, << Ho parlato con
White. Torna a San Francisco finché sei in tempo. Non serve che tu rimanga qui…
>>.
Xander gettò il cellulare
sul tavolino, chiudendo la telefonata. Non se ne voleva andare, punto e basta.
<< Cosa facciamo? >> chiese Jess,
mettendo da parte il portatile.
<< Non lo so…
Devo pensare. White non mi vuole qui perché sa che posso arrestare Challagher… >>.
Xander iniziò a camminare
avanti e indietro, cercando di calmarsi. Doveva trovare una soluzione che gli
permettesse di rimanere dov’era, catturare lo Scorpione e salvare Irina.
Il cellulare
squillò per la terza volta, ma non guardò di chi si trattava. Lo lasciò
trillare, deciso a non voler parlare né con White né con Michael. Da quel
momento in poi avrebbe risposto solo a se stesso. Il vecchio Xander, quello che amava fare di testa sua, che disubbidiva
agli ordini era tornato, e questa volta nessuno lo avrebbe fatto ragionare.
<< Xander… >> lo chiamò Jess.
<< Non ho
intenzione di rispondere >> ribatté lui.
<< Ma è tuo padre… >>.
Xander afferrò il
cellulare.
<< Xander! Che stai facendo? Torna indietro immediatamente!
>> gridò Steve, preoccupato, << Non fare lo stupido! >>.
<< White mi
vuole far tornare lì per lasciare il campo libero a Challagher,
papà! >> ribatté Xander, << Non mi muovo di qui! >>.
<< Devi
tornare indietro. Non puoi rischiare così tanto… Non
serve farti ammazzare! >>.
<< Non me ne
frega un cazzo di Challagher, papà! >> ribatté Xander, esasperato, << Non me ne frega se riesce a
rimanere fuori prigione… Io non lascio Irina qui da
sola! Porca puttana, è possibile che nessuno capisca che se rimane qui rischia
più di me? >>.
Steve rimase per un
momento in silenzio, davanti allo sfogo di suo figlio. Non poteva essere più
chiaro di così.
<< Ok… Ho
capito >> disse piano, << Ascoltami Xander.
Farti ammazzare non salverà Irina… Se veramente White è la talpa dello
Scorpione, dobbiamo indagare a fondo. E per farlo devi tornare qui… >>.
<< Non…
>> iniziò Xander.
<< Fammi
finire. Prepara la macchina e tornate qui. Avremo White sott’occhio, e potrai
fare tutte le indagini che vuoi. Ormai Challagher sa
chi sei, e non rischierà una gara con te. E’ inutile che tu rimanga lì, se non
puoi portare a termine il piano originario. Dobbiamo studiarne un altro. Irina
è al sicuro, Michael ci terrà informati su tutti i piani che lo Scorpione avrà
su di lei >>.
Le parole di suo
padre erano sensate. Però mettere troppa distanza tra
lui e Irina non gli piaceva, come idea. Era vero, Challagher
non avrebbe mai ucciso Irina: non si sarebbe mai privato del suo giocattolino. Ma non voleva
comunque lasciarla lì.
<< La porto
con me >> disse.
<< Va bene.
Convincila e venire con te, se questo servirà a farti andare via di lì. Datti
una mossa, però >>.
Xander chiuse la
telefonata, poi guardò Jess.
<< Ce ne
andiamo >> disse.
<< Ma… >> iniziò l’informatico, preso in contropiede
dalla sua nuova decisione.
<< Ho un’idea
>> disse Xander, << Posso ancora
rimettere a posto le cose >>.
Un piano si stava
formando nella sua testa, un piano che forse poteva aiutarlo a chiudere quella
storia….
<< Non è
quello… >> mormorò Jess, << E’… Jenny
>>.
Xander capì cosa stava
provando l’informatico in quel momento: era la stessa cosa che sentiva lui.
L’idea di staccarsi dalla ragazza che amava gli sembrava dolorosissima…
<< Jess, torneremo >> disse per rassicurarlo, <<
Non so se ci vorrà un giorno o una settimana, ma
torneremo indietro. Non deve essere un vero addio, il nostro, ok? Prendi la
BMW, vai da lei… Tra un’ora dobbiamo trovarci di nuovo qui. Per quanto doloroso
ti possa sembrare, Jenny non deve sapere che torneremo… Ho un piano, fidati di
me >>.
Jess annuì in silenzio
e prese al volo le chiavi dell’auto.
Ore 13.22 – Casa di Irina
Irina aspettava sola
nel soggiorno, camminando avanti e indietro davanti alla tv spenta, nervosa. La
telefonata sbrigativa di Xander non le annunciava
niente di buono, nonostante lui le avesse solo detto che passava da casa sua
tra dieci minuti.
Quando il
campanello suonò, raggiunse la porta di corsa e la spalancò. L’espressione
seria e preoccupata di Xander le confermò i suoi
sospetti.
<< Cosa succede? >> domandò, spaventata.
Xander entrò in casa
guardandosi alle spalle, poi richiuse la porta e la seguì in cucina. Rispose
solo quando furono l’uno di fronte all’altra.
<< Devo
andarmene >> rispose, secco.
Irina rimase
impietrita, fissandolo.
<< Cosa?
>> esalò.
<< Devo
lasciare Los Angeles. Mi hanno sollevato dall’incarico >>.
<< Perché?
>> domandò solo, la voce un sussurro.
<< Mi hanno
scoperto >> spiegò Xander, << C’era un
altro agente infiltrato, e ha riferito che William sa che sono dell’F.B.I. Me ne devo andare prima che il piano salti
completamente >>.
Irina guardò Xander, e sentì qualcosa crollare dentro di lei. Le stava
dicendo che doveva lasciare Los Angeles… Che doveva
andarsene…
<< Io…
>> mormorò, scossa, << Non… Non ne sapevo niente, William non ha…
>>.
<< Non
importa >> disse Xander, << White ha
iniziato a fare il suo gioco, e tutti e due sperano di
farla franca mandandomi via >>.
<< Cosa farai? >> domandò Irina, guardandolo imbambolata.
<< Torno a
San Francisco e cerco di incastrare White >> rispose Xander,
<< E poi… >>. Si interruppe, e Irina capì
che nemmeno lui sapeva cosa fare.
Erano arrivati così
vicini alla fine, che non aveva mai pensato che tutto potesse saltare. L’uscita
di quel tunnel sembrava prossima, a portata di mano… Non era possibile…
Ora capiva cos’era
quella strana sensazione che la stava percorrendo, che le gelava il sangue e la
rendeva muta: era la delusione. Fino alla fine ci aveva creduto, si era convinta
che esistesse la possibilità di arrestare lo Scorpione…
Abbassò lo sguardo
sul pavimento, e le venne da piangere per la frustrazione. Ci era caduta di
nuovo, si era lasciata di nuovo ingannare. Delusa e abbandonata per l’ennesima
volta. Di nuovo, come un castello di carte, tutti i suoi piani crollavano
lasciando solo macerie.
Congelata, alzò gli
occhi sulla persona che era riuscita a farle credere di avere una possibilità
di uscita, che le aveva promesso…
Gli occhi azzurri
di Xander incontrarono i suoi, e questa volta non
sentì il solito brivido che le percorreva la schiena. Non era quella sensazione
di piacere a cui era abituata quando lo guardava… Era
arrabbiata, arrabbiata con se stessa per essersi lasciata di nuovo abbindolare
come una stupida. Anche lui si era preso gioco di lei… Con stile, con dolcezza,
con furbizia… Ma anche lui alla fine l’aveva presa in giro.
<< Irina…
>> sussurrò Xander.
<< Non dire
niente >> ribatté lei, perfettamente controllata, << Sono stata
sciocca a credere di poter liberarmi così facilmente di William… Ma tu… Bé, tu
avevi promesso >>.
Le parole le
uscirono di bocca piatte, fredde, esattamente come si
sentiva lei in quel momento. Non era stata l’unica a sbagliare; Xander non avrebbe dovuto prometterle qualcosa che non
poteva mantenere. Avrebbe voluto provare odio per lui, rabbia, ma riusciva a
essere solo profondamente delusa… E non le piaceva.
<< Infatti,
avevo promesso >> disse Xander, << E ho
intenzione di mantenere la parola data >>.
<< E come?
>> lo interruppe Irina, << Lo sai meglio di me cosa comporta il fatto che tu te ne vada: hai fallito la
missione. William ha mangiato la foglia, e non si lascerà ingannare per due
volte. Come pensi di arrestarlo, eh? >>.
L’espressione di Xander non cambiò, anche se ciò che aveva appena detto
poteva risultare molto doloroso. Gli stava dicendo che
era stato un’incapace, che si era scoperto da solo. Forse non era colpa sua,
forse c’era davvero White dietro, ma comunque lui era fuori.
<< Al mio
posto ci sarà un altro agente >> rispose il ragazzo, << E’ pronto a
portare a termine ciò che ho cominciato io >>.
Irina dubitava che
potesse esistere qualcun altro al di fuori di Xander
in grado di dare del filo da torcere allo Scorpione.
Chiunque fosse il suo sostituto non aveva speranze.
<< Allora vai
>> disse lei, facendo un cenno con la testa. Che sparisse
dalla sua vista, subito.
<< No
>>.
L’espressione di Xander era seria, risoluta. I suoi occhi azzurri non erano
mai stati così profondi. Rimase fermo dov’era, la mascella contratta e il volto una maschera di granito.
<< Vuoi
aspettare che William venga qui e ti ammazzi? >>
domandò Irina, esasperata. Oltre che bugiardo era anche stupido?
<< No… Voglio
che tu venga con me >> rispose Xander.
Irina lo guardò,
perplessa. Voleva continuare a prenderla in giro?
<< Vattene Xander >> disse lei, la voce dura, << Vattene
di qui e non farti mai più rivedere, se ci tieni alla pelle >>.
Il ragazzo fece un
passo avanti. << Non ti lascio da sola >>.
Irina fece una
smorfia. << Se te ne andrai, io non correrò nessun pericolo >>
disse, << Il problema per William eri tu. Se te ne andrai
farai un piacere sia a me che a lui >>.
<< Io non ti
voglio lasciare qui >> disse Xander, <<
Non ti abbandono, dopo la promessa di liberarti. Non voglio lasciarti da sola
>>.
Voleva che se ne
andasse, che la lasciasse in pace. L’aveva illusa, riaprendo tutte le sue
ferite, si era fatto spazio nella sua vita in cerca di qualcosa che lei non
aveva ancora capito… E adesso continuava a tormentarla, credendo ancora di
farle un favore promettendole qualcosa che non poteva più avere.
<< Io sono
già sola, Xander >> ribatté lei, in preda alla
rabbia, << Lo sono sempre stata. Me lo stai dimostrando anche tu
>>.
Un attimo dopo,
Irina si ritrovò seduta sul ripiano della cucina, le labbra di Xander incollate alle sue, le mani che la trattenevano per
i fianchi.
Xander la stava baciando.
Dopo mesi di attesa, di speranza, di agonia, finalmente Irina riceveva quello
che desiderava di più al mondo, ma che in quel momento era
forse l’ultima cosa che avrebbe voluto. Eppure lasciò che le labbra di Xander prendessero possesso delle sue, così dolci da
sembrarle cosparse di zucchero, bramate come un bicchiere d’acqua nel deserto.
Sentiva la tensione
che percorreva il corpo di Xander, le sue mani che la
stringevano delicatamente ma anche con forza. Era come se fino a quel momento
si fosse tenuto, come se si fosse costretto a non fare niente… Come se avesse
represso il suo istinto fino a pochi secondi prima, e
che ora aveva finalmente lasciato andare…
Uno dei bicchieri
poggiati sul tavolo cadde per terra, spaccandosi in mille pezzi sul pavimento.
Solo allora Irina allontanò Xander, lo sguardo
incollato al suo, la mano appoggiata sulla sua guancia. Rimase un attimo in
silenzio, osservando il disegno delle labbra di Xander,
fino a qualche secondo prima appoggiate sulle sue. E nonostante dovesse
sentirsi felice, riusciva solo a provare amarezza.
<< Adesso è
troppo tardi, Xander >> sussurrò.
In quel momento,
voleva solo che se ne andasse. Che dopo averla presa in giro, dopo averla
illusa, infilasse quella porta e sparisse per sempre, come fosse stato un semplice e stupendo sogno. Non poteva sopportare
ancora quel dolore, il dolore di vederselo sfuggire
tra le dita come sabbia al vento.
Xander le prese
delicatamente la testa tra le mani, e i loro occhi s’incontrarono ancora.
<< Ascoltami
Irina >> disse, << Scusami per non averlo fatto prima, per averti confusa in quel modo… Non potevo, lo capisci? Non me n’è mai importato niente di Challagher,
o delle sue stupide gare. Non volevo metterti nei guai più di quanto non lo
fossi già >>.
Nemmeno nei suoi sogni più ottimistici Irina aveva immaginato parole
del genere. Aveva sperato tanto, troppo, ed ora che
aveva ciò che voleva, Xander doveva andarsene.
<< Non ti
lascio qui, hai capito? >> continuò lui, << Non ti lascio nelle
mani di quel figlio di puttana… Ti porto via con me >>.
Irina lo allontanò.
<< Non posso
>>.
<< Challagher non saprà dove sei. Non ti troverà mai >>
disse Xander.
<< Non posso
>> ripeté Irina, << Non posso e non voglio
>>.
C’era la sua
famiglia da salvaguardare. Non poteva andarsene sapendo che William sarebbe
andato da loro… Se non li aveva ancora uccisi era solo
perché lei lo avrebbe odiato per il resto dei suoi giorni.
<< Dominic non si è fatto problemi. Si arrangeranno da soli,
questa volta >>.
Xander le aveva letto nel
pensiero. I suoi occhi riuscivano come sempre a trapassarla da parte a parte.
<< Io non
sono mio fratello, Xander >> disse gelida, <<
Non me ne andrò condannandoli a morire… Non li abbandonerò >>.
Il ragazzo spalancò
gli occhi, e rimasero a fissarsi, in un silenzio carico di tensione. Faceva
tutto troppo facile, troppo semplice. Lui non aveva nessuno di cui doversi
prendere cura, non doveva preoccuparsi di niente al di
fuori di se stesso…
<< Vattene Xander, prima che William venga qui
>> disse Irina, << Ormai è tardi per cercare di mettere a posto le
cose >>.
<< Non voglio
mettere a posto le cose… Voglio che tu venga con me
>> ribatté lui.
<< Non verrò
da nessuna parte con te. Sei tu che hai sbagliato, e tu te ne devi andare… Con
te lontano io non corro nessun pericolo >>.
Xander rimase in
silenzio, ferito dalle sue parole. Gli aveva appena detto che tutto ciò che
aveva passato e che stava passando era colpa sua.
<< Non avevo
immaginato che finisse in questo modo… >> mormorò, << Non che mi
odiassi così tanto… >>.
<< Cazzo Xander, va via di qui! >> gli gridò Irina,
esasperata. << Io non ti odio, e non voglio che William ti ammazzi!
Vattene prima che ti venga a cercare! >>.
Xander la fissò per un
istante, poi la afferrò per il mento e la baciò di nuovo, con più passione di
prima. E non la lasciò andare, nemmeno quando lacrime salata rigarono le
guancie di Irina, abbandonata a quelle labbra di cui capiva di non poter fare a
meno. Lo odiava e lo amava al tempo stesso per tutto il dolore e la gioia che
le aveva fatto provare. Non voleva continuare, ma contemporaneamente non voleva che finisse. Aveva perso tutto
ancora prima di averlo.
<< Ti giuro,
Irina, torno a prenderti >> le sussurrò lui sulla bocca, << Arresto
White, e poi torno a liberarti da tutto questo… E se solo Challagher
ti ha anche solo sfiorata, lo ammazzo >>.
“Bugiardo… Mi farai ancora più male…”.
<< Non fare
promesse che non puoi mantenere >> disse Irina, << Non tornare mai più qui… >>.
<< Te lo
giuro sulla mia stessa vita, Irina >> mormorò Xander,
il suo fiato caldo che le solleticava le labbra, << Ti ho cercata per venticinque anni, e non ti perderò di nuovo. Se
tu non vuoi seguirmi, sarò io a tornare da te. Ma non
ti lascio da sola, hai capito? >>.
Irina chiuse gli
occhi, assaporando con tutta se stessa le dolci parole che quella voce le
sussurrava, sapendo che le sue erano promesse vuote. Non poteva tornare, se non
voleva morire.
<< Va via
>> disse Irina, << Lascia la città il
prima possibile e non voltarti indietro. Posso continuare a vivere come ho
sempre fatto. Non ho bisogno che ritorni >>.
Eppure stava
piangendo, stava piangendo perché lo amava e non
voleva che se ne andasse. Ma non voleva nemmeno
seguirlo. Il dolore che aveva dentro era così grande che desiderava solo di non
averlo mai conosciuto, di non averlo mai rincontrato… Di non avergli mai
permesso di entrare dentro il suo cuore.
Sentì che Xander le metteva qualcosa in mano, mentre continuava a
tenerle il viso a pochi centimetri dal suo.
<< Sono le
chiavi di casa mia >> disse, << E quelle della BMW… Qualsiasi cosa
succeda, puoi andare lì… E puoi anche prendere la
macchina. Se ti succede qualcosa, lo saprò. Non so quanto ci metterò a tornare,
ma stai pur certa che Challagher ha le ore contate
>>.
Irina guardò le
chiavi che le aveva messo in mano, e si asciugò una lacrima.
<< Va via e
nasconditi >> sussurrò, << Non farti trovare… >>.
<< Sarò io a
cercare lui >> disse Xander, passandole un
pollice sulle righe salate sulla sua pelle, << Il tempo di capire se
White sta veramente dalla sua parte, e metterò lo Scorpione dietro le sbarre…
Dimmi solo che qualunque cosa succeda mi chiamerai, ok? Voglio essere sicuro
che stai bene… >>.
Continuare a
rimanere lì, a dilungare quell’addio era insopportabile. Lo spinse verso la
porta, senza però riuscire a smuoverlo di un solo centimetro.
Per un attimo credette che Xander la prendesse
di peso e la caricasse in macchina contro la sua volontà, e dallo sguardo che
le rivolse capì lo aveva pensato davvero. Però si limitò a sospirare e a prenderle il mento,
costringendola a tirare su la testa.
<< Dio,
Irina… Ti amo. Ricordatelo >> disse, prima di baciarla di nuovo lasciandola
senza fiato.
Poi infilò la porta
e senza voltarsi indietro sparì. Un attimo dopo il rumore di una Ferrari che
percorreva la strada si dissolse in lontananza.
E Irina seppe che
era finita davvero, questa volta. Era finita ancor prima di cominciare…
Ore 14.02 – Autostrada
Xander percorreva
l’autostrada appena imboccata in direzione San Francisco, superando a destra e
sinistra le auto che procedevano molto più lente di lui. Jess,
seduto di fianco, rimaneva in silenzio, l’espressione triste e il volto
pallido.
Non c’erano parole
per descrivere come si sentisse in quel momento. Il piano che aveva in testa
gli sembrava insignificante rispetto al fatto di dover lasciare Irina da sola,
di nuovo. Sapeva perfettamente cosa doveva fare, e che forse lasciare la
ragazza lì contribuiva a tutto ciò che aveva in mente…
Sapeva che Irina
non avrebbe mai accettato di fuggire. Non lo aveva mai fatto, in due anni,
perché farlo ora mettendo in pericolo tutti quanti?
Eppure aveva comunque sperato che accettasse… Che lo seguisse. Se fosse venuta
con lui, non gli sarebbe importato più niente di Challagher.
Jess non si stava
lamentando della sua guida piuttosto nervosa, segno che anche lui era scosso.
Gli rivolse una rapida occhiata, poi domandò, riferendosi a Jenny: <<
Com’è andata? >>.
<< Ha pianto…
>> rispose l’informatico, la voce atona, << Non voleva. Aveva
capito che c’era qualcosa di strano, ma non voleva che me ne andassi. Aveva
paura mi succedesse qualcosa >>.
<< Almeno tu
sai che lei non corre alcun pericolo >> grugnì Xander,
<< Io ho dovuto lasciare Irina da sola in mano a… >>. Il piede
premette ancora più a fondo l’acceleratore.
<< C’è
Michael… >> disse Jess.
<< E’ un tipo
a posto, ma dubito che possa veramente aiutarla >> ribatté Xander.
“Chi può farlo se non io, che so esattamente quello di
cui ha bisogno?”.
Un’auto comparve
nello specchietto retrovisore della Ferrari, e Xander
sentì la rabbia montare. Era una Audi A3 grigia,
quella che lui sapeva essere di Hanck.
<< Figlio di
puttana… Credevi pure di potermi seguire? >> sbottò.
<< Cosa c’è?
>> domandò Jess.
<< Challagher ha mandato qualcuno a pedinarci >> rispose
Xander, imboccando la corsia di sorpasso.
Jess si voltò a
guardare dietro, mentre l’Audi avanzava. Xander
accelerò di colpo e scartò un’auto prima di svoltare sulla rampa di
accelerazione che lo avrebbe portato nella direzione opposta. Credevano di
fregarlo così facilmente?
Tenne d’occhio lo
specchietto retrovisore, in attesa di veder sbucare una delle auto di William; l’Audi però rimase l’unica a stargli dietro.
“Avanti, fatti vedere… Mi risparmieresti la fatica di
tornare”.
In effetti, veder
comparire alle sue spalle la Revénton grigio carbonio
dello Scorpione sarebbe stato il massimo, in quel momento. Gli avevano intimato
di andarsene, ma non temeva uno scontro diretto con William… Anzi, una gara
sarebbe stata la cosa migliore per chiudere in un attimo la faccenda.
Quando si rese
conto che Challagher molto probabilmente non si
sarebbe fatto vedere, decise di seminare l’Audi. Schiacciò a fondo
l’acceleratore e in un attimo sparì lungo l’autostrada affollata.
Ore 14.15 – Casa
<< Se n’è
andato >> disse Jenny, le lacrime agli occhi, seduta sul divano di casa.
<< E’ andato via, all’improvviso… Io non capisco… >>.
Irina guardava la
sua migliore amica, l’espressione impaurita e triste. In tanti anni che la
conosceva, non l’aveva mai vista in quello stato: Jenny era sempre stata una
che prendeva le cose alla leggera, che difficilmente perdeva
il sorriso. Sembrava ancora più sconvolta di lei per l’improvvisa fuga di Xander e Jess.
Poco dopo che Xander aveva varcato la porta lasciandola sola, il telefono
si era messo a squillare, rivelando una Jenny
disperata e in lacrime. Jess era passato da lei
dicendole che doveva andare via immediatamente, e non poteva fornire alcuna
spiegazione. Quindici minuti dopo l’aveva raggiunta a casa sua.
Davanti all’amica
con il trucco sfatto, gli occhi arrossati e l’espressione impaurita, Irina si
rese conto di quanto fosse forte il legame tra lei e Jess.
Tante volte li avevano presi in giro per come avevano
fatto tutto di fretta, di come parlassero l’una dell’altro, ma loro si amavano
veramente. Il loro era stato un colpo di fulmine, ma
di quelli veri, che accadono una volta sola nella vita e a poche persone. E lo
avevano dimostrato, perché nonostante fossero pochi mesi che si conoscevano,
sembrava che avessero passato insieme tutta la vita.
<< Jenny, lo
so come ti senti >> disse Irina, sedendosi di fronte a lei, << Lo
so che hai paura, ma è andandosene che sarà al sicuro, mi capisci? >>.
Sapeva
perfettamente che anche lei sentiva quel vuoto allo stomaco, quel gelo dentro al cuore… Quella morsa che le attanagliava le viscere, la
paura che Xander e Jess non
riuscissero a fuggire…
<< Allora
perché non ha voluto che andassi con lui? >> chiese Jenny, tirando su con
il naso.
Irina fissò
l’amica, sorpresa. Xander aveva chiesto a lei di
seguirlo, mentre Jess aveva fatto tutto il contrario
con Jenny…
<< Volevi
andare con lui? >> domandò.
L’amica annuì.
<< Quando mi ha detto che doveva andare via, gli ho detto che ero
disposta a seguirlo… Ma lui non ha voluto. Ha detto che non potevo andare con
lui, ma non mi ha spiegato il perché… Ho paura che gli succeda qualcosa
>>.
Irina si strinse le
mani, a disagio. Tutto era successo per colpa sua e di Xander,
e Jess non doveva andarci di mezzo. Nemmeno Jenny.
Decise che forse ora poteva dire alla sua migliore amica la verità.
<< Jenny… Xander e Jess sono dell’F.B.I. >> disse, a voce bassa, << Erano qui
per arrestare il mio capo… Li ho aiutati ad avvicinarsi allo Scorpione, gli ho
dato le dritte per farsi una certa reputazione da queste parti… Mi dispiace di
non avertelo detto prima >>.
La ragazza la
guardò per un momento, gli occhi spalancati, e Irina credette
che scoppiasse di nuovo a piangere. Invece Jenny deglutì e tirò su con il naso.
<< Ecco
perché facevano tanto i misteriosi, e perché ti fidavi di loro >> disse
semplicemente, quasi divertita.
<< Jess non centrava niente >> spiegò Irina, << E’
solo venuto per dare a Xander un supporto
informatico… Non è in pericolo quanto Xander, e
comunque stanno tornando a San Francisco. Nel giro di qualche ora saranno
completamente al sicuro >>.
Questa volta fu lei
a deglutire, chiedendosi quanto ancora avrebbe resistito: stava male anche lei,
ma fingere che non lo fosse era il suo piano per
dimenticare più in fretta. Il solo pensiero che William potesse essere sulle
tracce di Xander le chiudeva lo stomaco.
Era inutile negare
che non avesse versato lacrime, che non avesse avuto paura; forse da quel punto
di vista soffriva ancora più di Jenny, perché lei era consapevole di quello che
poteva succedere, ma aveva lasciato sfogare quel dolore solo per poco. Come
sapeva fare bene, lo aveva soffocato dicendosi che era inutile piangere su ciò
che non poteva cambiare: Xander se n’era andato, e
lei era convita che non sarebbe tornato.
Quando si fosse
reso veramente conto di quello che correva, avrebbe cambiato idea. E se lui
credeva di voler tornare per lei, molto probabilmente si sbagliava: al mondo
c’erano ragazze migliori, più belle, più brave e più intelligenti di lei. E’
vero, aveva promesso, ma le sue parole erano state dettate dal momento,
dall’incoscienza che lo caratterizzava. L’unica promessa che gli aveva chiesto
non l’aveva mantenuta… Perché doveva succedere diversamente?
<< Ti ha
detto che sarebbe tornato? >> domandò Irina.
Jenny scosse la
testa. << No. Non ha parlato di un suo possibile ritorno >>.
Irina si chiese
perché i due si fossero comportati in modo diametralmente opposto. Forse Xander aveva voluto darle l’illusione che potesse esserci
ancora una speranza… Ma Jess? Perché Jess non si era opposto? Se amava così
tanto Jenny, perché non le aveva detto che avrebbe fatto il possibile
per fare in modo che si riunissero?
Mise una mano su
quella dell’amica, cercando di confortarla, anche se lei stessa era la prima ad
aver bisogno di rassicurazioni.
<< Starà
bene, vedrai. Tornerà da te, ne sono sicura >>.
Il cellulare
appoggiato su una delle mensole squillò sonoramente, e Irina corse a prenderlo.
Il display diceva “William”.
<< Pronto?
>>.
<< Fatti
trovare a casa tra dieci minuti >> disse lo Scorpione, la voce minacciosa
dall’altra parte della linea, << Dobbiamo parlare >>.
William chiuse la
telefonata, e Irina fissò il telefono in silenzio. Poi alzò di scatto la testa
e guardò Jenny.
<< Torna a
casa >> le disse, << Subito >>.
<< Ma… Cosa succede? >> domandò l’amica, ancora più
spaventata.
<< Non ti
preoccupare >> disse Irina, << Vai, per favore. Ti prometto che
appena avrò loro notizie te lo farò sapere >>.
Jenny raccolse in
fretta la sua borsa e andò via, lasciando Irina sola in casa, a misurare a
grandi passi il soggiorno.
Questa volta
William l’avrebbe ammazzata, se lo sentiva. L’aveva tradito, e lo Scorpione non
ammetteva i tradimenti. Forse sarebbe dovuta scappare anche lei, ma il senso
del dovere la teneva inchiodata dov’era. Se qualcuno doveva pagare, quella era
lei.
Finalmente, la
porta lasciata aperta venne spalancata, ed entrarono
William, il suo amico Josh e un altro ragazzo che
Irina aveva visto poche volte. Dimitri doveva essere ancora a letto per
l’incidente durante la gara con Xander.
<< Tu lo
sapevi? >> chiese lo Scorpione, puntandole l’indice sul petto,
minaccioso, << Sapevi che era dell’F.B.I.? >>.
<< No >>
mentì Irina, pronta a salvare il salvabile, << Non lo sapevo. Credevo
fosse solo un pilota pieno di soldi >>.
William le tirò una
sberla in pieno viso. << Non mentirmi, puttana >>
sibilò, << Lo sapevi. Lo sapevi e gli hai dato una mano. E io che credevo di averti dato una bella lezione, l’ultima
volta. Dov’è andato ora? E non dirmi un’altra bugia,
altrimenti appena lo prendo lo ammazzo davanti ai tuoi occhi >>.
<< E’
scappato >> rispose Irina, << Mi ha telefonato dicendomi che
avrebbe lasciato la città… >>.
William scoppiò a
ridere. << Davvero? >> disse, << Credevi non lo sapessi, che
è fuggito? E’ scappato come un coniglio appena ha capito che l’avevamo
scoperto… E tu credevi che uno come lui potesse mettermi i bastoni fra le
ruote? Quanto sei stata stupida. Ma tanto lo
ritroverò, e lo farò fuori… Dimmi dov’è andato >>.
<< Non lo so
>> rispose Irina, secca, << Non mi ha detto dove
si sarebbe nascosto >>.
“E poi, tu dovresti saperlo già…”. Stava cercando di
confonderla, di farle ammettere che sapeva tutto fin dall’inizio… Se White era
veramente la sua talpa, doveva già sapere che Xander
stava tornando a San Francisco.
William assunse una
strana espressione, poi si voltò verso Josh. << Telefona a Hanck.
Chiedigli a che punto è >> ordinò.
L’amico fece come
aveva detto. Scambiò qualche parola con Hanck, poi
chiuse la telefonata e disse, rivolto allo Scorpione: << Lo aveva
trovato, ma lo ha perso sull’autostrada. Andava più veloce di lui >>.
William fece una
smorfia, poi si voltò di nuovo verso di lei.
<< Speravi
che potesse sbattermi in prigione, vero? >> domandò,
la voce innaturalmente dolce. << Non ci sarebbe mai riuscito, bambolina,
perché anche io ho i miei infiltrati. Ti sei
comportata male, lo sai vero? >>.
<< Mai quanto
te >> sibilò lei, in risposta.
Lo Scorpione la
bloccò contro il muro, e con fare gentile le scostò una ciocca di capelli dal
viso. Sorrise, senza che i suoi occhi di ghiaccio di
accendessero.
Tutti i propositi
di ricominciare, di riprovare tutto dall’inizio, erano già andati in fumo. Come
faceva sempre, lo Scorpione prometteva senza mai mantenere. Le sue erano state
solo scuse per ingannarla ancora, per darle l’impressione di essere ciò che lei
voleva. Rimaneva sempre e comunque William Challagher,
il numero uno della BlackList.
<< Ho capito
che serve un altro tipo di punizione con te >> sussurrò, la bocca a pochi
centimetri dalla sua, << Forse quando ti renderai conto che non hai alcun
modo di scappare da me, ti comporterai un po’ meglio >>. Si girò verso Josh e l’altro ragazzo. << Bruciatele la macchina >>.
<< No! >>
gridò Irina, cercando di divincolarsi. << La macchina no! >>.
Toglierle l’auto
era l’unico modo per impedirle di pagare il debito di Dominic
e renderla prigioniera. William lo sapeva. Lasciarla senza la Punto significava
negarle ogni possibilità di essere autonoma, di far parte del giro. Significava
toglierle ogni possibilità di libertà.
Irina cercò
disperatamente di liberarsi, ma William la tenne ferma. Sorrideva, come se si
stesse divertendo da morire. Le afferrò il viso con la mano, costringendola a
guardarlo negli occhi.
<< Te la sei
cercata tu, bambolina >> disse, << Ti avevo
avvertito. Ora voglio sapere una cosa, e voglio che tu mi dica
la verità. Ti eri innamorata di Went, vero? >>.
Irina lo guardò con
tutto il disprezzo di cui era capace, e non rispose. Come poteva essersi
innamorata di uno che l’aveva appena abbandonata? Ma
qualcos’altro in lei aveva la risposta, una risposta che non sarebbe mai uscita
dalla sua bocca.
<< Vaffanculo >>.
William sorrise di
nuovo, quasi quell’insulto fosse un complimento, per lui.
<< Sei stata
una sciocca >> disse, << Ti piaceva, eppure ti ha abbandonata. Davvero coraggioso, vero? Al primo ostacolo se
l’è data a gambe… Cosa aveva di così speciale da
convincerti ad aiutarlo? Non dirmi che era meglio di me, a letto… >>.
<< Sta zitto >>
sibilò Irina.
William la lasciò
andare, e lei scivolò a terra. Lacrime amare le scesero sulle guance, lacrime
che lei voleva stoicamente combattere, ma che stillavano dai
suoi occhi subdole e cattive.
Era finita. Ci
aveva provato, aveva sperato, ma non poteva scappare. Era prigioniera, e non
aveva alcuna via di fuga. Le avevano tolto tutto: la dignità, la felicità,
l’amore di suo nipote, e ora le toglievano l’unica
cosa che la rendeva in grado di provvedere a se stessa: l’auto con la quale era
diventata la numero tre della BlackList.
Si alzò di scatto, diretta al garage. William tentò di afferrarla, ma
lei lo evitò e raggiunse Josh e l’amico, che ormai avevano iniziato il loro lavoro. La Grande Punto bianca
bruciava, emettendo volute di fumo nero che invadevano il garage, rischiando di
appiccare il fuoco a tutta la casa. Josh chiamò i
pompieri, ma era chiaro che quando fossero arrivati, ormai sarebbe stato troppo
tardi per l’auto.
I tre si guardarono
in faccia, compiaciuti, e si voltarono per andarsene. Solo all’ultimo William le si avvicinò e le sussurrò, prima di risalire sulla Murcielago, parcheggiata a pochi metri da loro: << Tu
sei mia, ricordatelo >>.
E Irina rimase lì,
guardando l’auto che l’aveva resa ciò che era bruciare, con le lacrime che
silenziosamente le rigavano le guancie. Due anni di fatiche, di dolore, di
speranza stavano andando in fumo, lasciandosi dietro solo la delusione e l’amarezza.
Con quella macchina, veniva distrutto anche ciò che
rimaneva di Irina, l’unica parte che era riuscita a preservare durante gli
anni: il suo cuore.
Ore 16.00 – Casa
Irina teneva il
telefono in mano, lo sguardo fisso oltre la finestra, sulla carcassa della
Grande Punto abbandonata nel garage annerito. Cercò nella rubrica il numero di colui che le aveva già predetto tutto, che come un oracolo
le aveva annunciato dolore e sofferenza.
<< Se n’è
andato >> mormorò a Max, la voce piatta, << E’ andato via >>.
Il meccanico,
dall’altra parte della linea, tacque per un istante. Sicuramente
stava cercando il modo dire: “Te lo avevo detto. Ti ha ingannata”.
Ma l’unica parola che
pronunciò fu: << Perché? >>.
<< Ha detto
che l’avevano scoperto. Che sapevano chi era. L’F.B.I.
l’ha sollevato dall’incarico >> rispose Irina, atona.
<< Dove sei
ora? >> chiese il meccanico, lucidamente.
Irina deglutì. Non
gli aveva telefonato per dirgli quello, per confermargli che aveva sempre avuto
ragione. Lui era l’unico che poteva ancora aiutarla.
<< A casa mia…
>> rispose, poi aggiunse, la voce che tremava: << Max, William mi
ha bruciato l’auto >>.
Spazio Autrice
Immagino che
qualcuno vorrà ammazzarmi… Chi di voi si aspettava un’evoluzione del genere? Su
su, siate sinceri… Chi di voi avrebbe immaginato che Xander fosse costretto alla fuga? Cosa pensate farà ora? Ma soprattutto, come si
comporterà Irina?
Oggi sono di buon
umore, quindi rispondo alle recensioni! Prossimo
aggiornamento? Venerdì va bene a tutti? Ih Ih
Supermimmina: ciao! Sono veramente lusingata del fatto che tu mi
abbia lasciato una recensione! Anche io sono una
lettrice “silenziosa”, quindi immagino debba averti colpito molto la mia storia.
In effetti, come trama io la definisco “assurda”, perché solo a una come me poteva venire in mente una fic
del genere! Mi dici di essere avanti con l’età? Bè,
allora credo che ci siamo trovate… Io al momento sono quota 20
anni (spero nessuno legga quest’ultima riga!), quindi anche io dovrei aver
passato la fase critica chiamata adolescenza… Dico “dovrei” perché mi definisco
una eterna adolescente, e immagino lo sarò finché scriverò fic…
Se vuoi continuare a lasciarmi qualche commento, ne sono ben contenta… E magari
fammi sapere se mi superi in età! ^.^ Grazie mille per i complimenti! Un bacio!
CriCri88:ah ahah, allora sei proprio cotta di William, eh? In effetti, l’ho
sempre considerato un personaggio davvero affascinante, quindi un po’ ti
capisco. Come non resistere a un tipo possessivo come lui? In uno dei prossimi
capitoli credo che ti stupirai del suo comportamento… Non dico altro. Bacio!
Xander fermò la Ferrari
nella piazzola dell’autogrill, inchiodando a pochi metri da una
Aston Martin blu metallizzato, i cerchi in
lega che brillavano al sole. Appoggiato all’auto c’era
Michael Fowler, lo sguardo nascosto da un paio di
occhiali scuri Carrera, le mani infilate nelle tasche dei jeans.
<< Alexander!
>> disse, appena lui e Jess smontarono
dall’auto. Si tolse gli occhiali, rivelando
un’espressione piuttosto preoccupata.
<< E’ questa
l’auto che ti ha dato White per prendere il mio posto?
>> domandò Xander, facendo un cenno verso l’Aston Martin.
<< Stai
tornando a San Francisco, spero >> disse Michael, ignorando la sua
domanda piuttosto aggressiva, << Ho parlato con White… >>.
Xander si appoggiò alla
Ferrari, incrociando le braccia. Non dava a Michael nessuna colpa, ma non
poteva fare a meno di avercela con lui per non avergli detto niente riguardo
alla sostituzione. Gli aveva telefonato poco prima chiedendogli di incontrarsi
lungo l’autostrada, e lo aveva fatto solo per chiedergli una cosa.
<< Ascoltami,
Michael >> disse, << Mi fido di te, so che sei un bravo agente, ma
non posso fare a meno di metterti in guardia: di norma non sei abituato ad
avere a che fare con gente come Challagher e i suoi
amici, ed è la prima missione di questo genere che affronti. Devi fare molta
attenzione, e soprattutto ti chiedo un favore: devi tenere d’occhio per me la
ragazza che viene soprannominata Fenice >>.
Michael ebbe un
fremito al suono di quel nome. << So chi è >> disse, << La
ragazza di Challagher… E’ lei che ti stava aiutando,
giusto? >>.
<< Sì. Non
voglio che le succeda nulla >> rispose Xander,
serio, << E che nulla intendo assolutamente niente. Se venissi a sapere
che Challagher ha qualche piano su di lei, devi
dirmelo. Non mi interessa se disubbidiresti agli
ordini di White, chiaro? Me ne sto andando solo perché devo mettere a posto
alcune cose a San Francisco… Ma ho intenzione di tornare il
prima possibile >>.
Michael sorrise:
doveva aver colto cosa si celava dietro la premura di Xander
per Irina. Sembrò divertito, ma non fece alcun commento a riguardo.
<< D’accordo
>> disse, << Non c’è problema. Non è un soggetto difficile da
tenere d’occhio: Challagher è piuttosto geloso di
lei. E comunque mi sembra che frequenti abbastanza spesso il giro >>.
Xander ebbe un fremito
nervoso al pensiero, e colse l’occhiata che Jess gli
rivolse.
<< Fai in
modo che non le succeda nulla >> continuò, << E che Challagher le stia lontano il più possibile… E stai attento anche tu. E’ gente che fa sul serio >>.
L’agente annuì.
<< Farò del mio meglio. Sono riuscito ad avvicinarmi abbastanza allo
Scorpione da essere considerato un suo amico… Mi crede un meccanico piuttosto
promettente, oltre che a un corriere piuttosto efficiente. Lo terrò d’occhio
>>.
Xander annuì e aprì la
portiera della Ferrari. << Hai controllato che nessuno ti abbia seguito?
>> chiese.
<< Sì. Sono
impegnati nelle tue ricerche, non hanno pensato a me >> rispose Michael,
<< Ero da Challagher quando ha saputo che eri dell’F.B.I.: ha ricevuto una telefonata e poi mi ha chiesto
di andarmene… Immagino fosse il suo informatore >>.
Xander fece una smorfia.
<< Bene. Ci sentiamo per eventuali aggiornamenti >>. Risalì in auto
seguito da Jess e ripartì sgommando verso San
Francisco.
<< Perché non
gli hai detto di White? >> chiese l’informatico qualche minuto più tardi,
mentre sfrecciavano già lungo la corsia di sorpasso dell’autostrada.
<< Perché
nessuno deve sapere cosa ho intenzione di fare >> rispose Xander, << Sicuramente mi avrebbe dato del pazzo… E
lo sto diventando >>.
Xander spense il motore
della Ferrari, lasciandola parcheggiata nel garage sotterraneo del quartier
generale. Smontò velocemente, con Jess che lo seguiva
di corsa.
<< Voglio proprio
vedere la faccia di White >> disse, << Sarà contento di avermi
eliminato di torno… >>.
L’informatico di
fianco a lui rimase in silenzio. Presero l’ascensore, arrivando al decimo
piano.
Quando le porte si
aprirono, si ritrovarono faccia a faccia con Steve Went, in giacca e cravatta e l’espressione preoccupata.
<< Alexander?
>> disse, sorpreso. << Sei già qui? >>.
<< Devo
vedere White >> disse Xander, superando a
grandi passi suo padre, diretto in fondo al corridoio, << Adesso
>>.
<< No!
>> dissero all’unisono Jess e Steve.
Xander si voltò, fissando
i due con aria scocciata. Entrambi si rivolsero un’occhiata che a lui parve
eloquente, e la cosa gli diede piuttosto fastidio.
<< Aspetta un
momento >> disse Steve, cercando di apparire conciliante, << Cerca
di calmarti… >>.
<< Sono calmo
>> ribatté Xander, anche se non era vero. Non
voleva solo incontrare White, voleva mettergli le mani
addosso, che era leggermente diverso. Ma suo padre lo
conosceva troppo bene.
<< Cosa vuoi fare? >> domandò Steve, tranquillo.
Xander si voltò di spalle
e proseguì diretto all’ufficio di White, con un’idea ben chiara nella mente:
costringerlo a rimandarlo indietro. Sentì Jess e suo
padre seguirlo in silenzio, molto probabilmente preoccupati.
<< Xander… White in questo momento non è qui >> disse
suo padre, tranquillo, << Qualsiasi cosa hai in mente, dovrai rimandarla
a domani >>.
Xander si voltò verso
Steve, gli occhi spalancati. << Cosa? Non è qui? E’
dove è andato?! >>.
Poi si rispose da
solo: << Ah già… Immagino abbia da sbrigare alcuni affari con Challagher >>.
<< Sappiamo
per certo che non è a Los Angeles >> ribatté suo padre, << E’ a New
York per conto del vicepresidente… Torna domani,
quindi dovrai aspettare >>.
La sua idea era
stata tutta un’altra: voleva tornare a Los Angeles già quella sera, dopo aver
costretto White a confessare, o almeno dopo averlo messo alle strette. In quel
modo era costretto a rimanere dov’era, e cioè sempre troppo lontano da Irina.
Sbuffando con aria
irata, si voltò e si diresse verso la sua stanza, pronto a una delle più lunghe attese della sua vita.
Ore 11.00 – Casa
Irina fissò la
carcassa della Grande Punto, ferma tra le pareti annerite del garage, mentre
Max girava intorno all’auto con aria critica. Le gomme si erano sciolte
addensandosi in una poltiglia sul pavimento, il muso era completamente
bruciato, i vetri si erano disintegrati e dei sedili sportivi non rimaneva
altro che lo scheletro. La vernice bianca iridescente si era scollata, e
l’aerografia della fenice era ormai un ricordo. Il posteriore era messo meglio,
ma risultava comunque irrimediabilmente compromesso.
<<
Tecnicamente si può rimettere a posto >> disse Max, << Basta
sostituire i pezzi… Il problema è che il 70% dell’auto è bruciato… Il motore è completamente
andato, così come tutta la parte anteriore. Si è salvato davvero poco >>.
<< Ma c’è qualche possibilità, allora >> disse Irina,
speranzosa.
<< Se davvero
la vuoi rimettere a posto, ci vorranno mesi… Bisogna reperire
i pezzi, e per un’auto come la tua non sarà facile. Dobbiamo farli arrivare
dall’Italia. Oltretutto, ci sarà da spendere un sacco di soldi. Converrebbe
acquistarne una nuova… >>.
Irina sospirò. Le
parole del meccanico non le giungevano nuove: lei stessa sapeva che l’alternativa migliore era quella di comprare un’altra Punto e
modificarla, ma sapeva anche che non sarebbe stata la stessa. Era solo un
oggetto, ma faceva parte della sua vita, e non era facile per lei pensare di
sostituirla.
<< Quanto ci
vorrebbe? >> chiese.
<< Almeno
70.000 dollari… E sto facendo una stima per difetto >>.
70.000 dollari
erano davvero tanti, soprattutto considerando che l’auto sarebbe stata da
rimettere a nuovo. Acquistarne un’altra e modificarla forse sarebbe
costato di meno.
<< Mi serve
il più in fretta possibile >> disse Irina, << Quanto tempo ci impiegheresti per renderla di nuovo guidabile? >>.
<< Contando
che dovrei ordinare i pezzi… Due mesi circa… Forse uno e mezzo >>.
Troppo tempo… Come
avrebbe fatto a tirare avanti per due mesi? L’auto le serviva per gareggiare,
per portare a casa un po’ di soldi, ma soprattutto per
rimanere nel giro… Senza la Punto era finita.
Le rimaneva l’Audi
TT, ma non era la stessa cosa. Anche quella era da modificare, perché così com’era non poteva compere con le altre macchine. L’unica alternativa che aveva era comprare un’auto già pronta, ma
lei non ne aveva l’intenzione. La Punto era e sarebbe stata la sua unica auto.
<< Cosa vuoi fare? >> chiese Max, preoccupato, <<
Non cacciarti di nuovo nei guai, spero >>.
<< Lascia perdere. Non parliamone… Avevi ragione tu anche
questa volta >> Irina passò una mano sul tetto di vetro della Punto,
ormai disintegrato, << Vorrei solo che William non mi avesse tolto
l’auto. Avrei preferito qualsiasi altra cosa a questo >>.
<< Se vuoi posso cominciare a farci qualche lavoretto sopra
>> disse Max, << Passo a prenderla con Antony
con il carro attrezzi e inizio a vedere cosa si può recuperare… La parte più
difficile è il motore, ma possiamo pensarci più avanti… Se vuoi anticipo io per
te, se ti va… >>.
<< Non sono i
soldi, il problema >> disse Irina, << E’ il tempo. Non posso
rimanere due mesi senz’auto… >>.
Max sembrava
desideroso di fare qualcosa, ma c’era ben poco da fare. Senz’auto era come
zoppa, ed era quello che voleva William: renderla prigioniera, senza via di
fuga. Era la sua punizione per aver cercato di fregarlo.
<< Inizia a
portarla da te >> disse Irina, guardando tristemente la Punto, <<
Vedi se riesci a trovare qualche pezzo che sia sopravvissuto, e poi deciderò.
Anche se penso che sarò costretta a cambiare auto… O a uscire dalle corse
>>.
Pronunciò le ultime
parole con voluta rassegnazione, ma dirlo a voce alta sembrava inaccettabile.
Aveva sempre creduto che il giorno in cui avrebbe smesso di correre, il giorno
in cui avrebbe smesso di essere Fenice, sarebbe stato quello della sua
liberazione… Invece, era tutto il contrario. Sarebbe stata dello Scorpione
finché lui non si sarebbe stufato di lei.
Max scosse la
testa, e Irina tornò in casa.
Nel giro di pochi
giorni, tutto era crollato. Per l’ennesima volta. E in più, questa volta ci
aveva guadagnato anche uno squarcio al cuore di cui non aveva bisogno.
Andò in cucina,
finalmente decisa a mangiare qualcosa: il giorno prima non aveva toccato cibo.
Todd stava lavando qualcosa nel lavandino, e la tv accesa diffondeva l’ennesimo
telegiornale.
Suo padre grugnì
per attirare la sua attenzione, e Irina si sedette a tavola, aspettando che
parlasse.
<< Si può… Si
può fare qualcosa per la macchina? >> domandò,
titubante.
<< Molto
probabilmente sarò costretta a cambiarla >> rispose Irina, atona.
Era strano vedere
sul volto di suo padre preoccupazione per lei, ma per quanto sembrasse assurdo,
era vero. Da quel giorno in cui finalmente aveva scoperto quale fosse il legame
tra lei e lo Scorpione, era cambiato e continuava a cambiare.
Lo faceva lentamente, ma iniziava a interessarsi a sua figlia e a ciò che
faceva.
<< Forse…
Forse è meglio che tu smetta di correre >> disse Todd, esitante, quasi
avesse paura che si infuriasse con lui.
Irina distolse lo
sguardo. << Non è quello che vorrei fare >> ribatté.
Suo padre sapeva
che Xander se n’era andato; Irina glielo aveva detto
cercando di apparire distaccata, ma non lo era per niente.
Un addio del genere
non lo aveva mai immaginato. Né che il bacio che le aveva dato Xander potesse rimanerle impresso sulle labbra com’era
accaduto. Lo aveva desiderato per tanto tempo, e gli era parso ancora più bello
di quello che aveva immaginato.
Cercò di scacciare
il pensiero dalla sua testa, perché le riportava sempre le lacrime agli occhi.
Erano solo un giorno che aveva lasciato la città, eppure gli mancava da morire.
Le mancava la sensazione di sicurezza che le dava, l’illusione di essere amata
davvero per la prima volta. Sapere che era durato solo il tempo di un bacio le
faceva sanguinare il cuore.
Il suo cellulare
squillò e lei lo prese. Sapeva già di chi si trattava.
<< Sei riuscita a salvare la macchina? >> domandò
William, sardonico, dall’altra parte della linea. << Finalmente sarai costretta
a cambiare quel catorcio di auto italiana >>.
<< Cosa vuoi? >> chiese Irina tra i denti.
<< Niente…
Vorrei che tu passassi da casa mia >> rispose William, << Mi
piacerebbe presentarti una persona >>.
<< Non mi interessa >> ribatté Irina, << Non voglio
conoscere nessuno dei tuoi amici. Ho altri problemi, in questo momento
>>.
<< Invece
passerai di qui. Dobbiamo discutere sulla tua posizione nella BlackList >> disse
William, e le chiuse il telefono in faccia.
L’Audi TT si fermò
nel parcheggio di casa Challagher, di fianco ad un’Aston Martin blu e alla Murcielago
arancione di Dimitri. Irina scese dall’auto e vide il maggiordomo indicarle il
garage sotterraneo.
Mentre raggiungeva
le scale che l’avrebbero portata di sotto, si chiedeva cosa volesse ancora
William da lei. Le aveva tolto la macchina, Xander se
n’era andato, e ormai lei non aveva più speranze di potersi riscattare… C’era
di peggio?
Varcò la porta
bianca e si ritrovò per l’ennesima volta nel grandissimo garage di William, illuminato
dalle lampade al neon che gettavano bagliori sulle carrozzerie delle
innumerevoli auto dello Scorpione, parcheggiate tutte in bella mostra. Lui,
Dimitri e un altro ragazzo erano in fondo, e chiaccheravano
tra loro a bassa voce.
Qualcosa le saltò subito all’occhio: mancava un’auto. E
non una qualsiasi, ma la Zonda, sempre nascosta sotto
il suo telo bianco. Non c’era, e il suo spazio era stato lasciato vuoto.
Raggiunse
lentamente William, mentre i tre la guardavano in silenzio, tanto da permetterle
di sentire i suoi passi rimbombare sul pavimento. Trovò la cosa particolarmente
inquietante.
<< Cosa volevi? >> domandò,
rivolta a William. Gettò a Dimitri una rapida occhiata, quel tanto che bastava per notare che sul sopracciglio gli era rimasta una cicatrice,
e ignorò del tutto l’altro sconosciuto.
<< Cosa si è
salvato dell’auto? >> chiese William, tranquillo.
<< Le hai
dato fuoco per distruggerla >> ribatté Irina, << Ora ti interessa sapere in che stato è? >>.
Il ragazzo che non
conosceva ebbe un singulto, e si accorse che aveva ridacchiato e che non voleva
farsi vedere. Irina continuò a ignorarlo, perché per il momento non gli
interessa chi fosse.
William non batté
ciglio, e si limitò a incrociare le braccia.
<< Volevo
capire se quella che hai può essere ancora considerata un’auto, oppure solo un
ammasso di metallo fuso >> disse, << Niente auto, niente BlackList >>.
Irina strabuzzò gli
occhi. << Cosa? >>.
<< Se non hai
un’auto, non puoi rimanere nella Lista >> disse lo Scorpione, calmo,
<< Come gareggerai se non hai una macchina?
>>.
La ragazza lo
fissò, completamente paralizzata. << Non puoi farlo… >> balbettò.
<< Non posso?
>> fece William, soave, << Posso eccome, bambolina. Sono io che
comando, e io che decido. A meno che
tu non riesca a trovare un’auto entro poche ore, sei fuori dalla Lista
>>.
<< Lo sai che
non posso >> ribatté Irina, << L’unica macchina che volevo guidare
me l’hai distrutta… >>.
<< Allora non
ti resta che comprarne un’altra >> disse William, ghignando malignamente,
<< Oppure prenderne una delle mie >>.
Irina comprese in
pieno l’idea che aveva lo Scorpione: regalarle una delle sue auto significava
costringerla per la prima volta a cedere, e legarla ancora di più a lui. Sentì
gli occhi di Dimitri e dell’altro ragazzo su di lei, ma continuò a fissare
arrabbiata William.
In effetti, se
voleva rimanere nella Lista, accettare una delle auto dello Scorpione era
l’unica alternativa che aveva, per il momento. Poteva
sempre essere una cosa temporanea, finché non avesse rimesso in sesto la Punto…
<< Vorrei
presentarti una persona >> disse William all’improvviso, come a darle il
tempo di pensare alla cosa. Fece un cenno verso il ragazzo sconosciuto, con
aria divertita. << Lui è Michael Fowler, il mio
nuovo meccanico >>.
Irina guardò per la
prima volta il ragazzo, l’aria spavalda e gli occhiali da sole Carrera
agganciati alla polo firmata. Le sembrava un tipo a posto.
<< Irina
>> si presentò lei, << Sono Fenice >>. E lo disse gettando
un’occhiata sprezzante a William, a pochi centimetri da lei.
<< La ragazza
prodigio >> disse lui, con un sorriso gentile sulle labbra, << Ho
sentito parlare di te, in giro >>.
<< Non sei il
primo né l’ultimo >> disse William, compiaciuto. << La mia Fenice
si fa notare, se vuole >>.
Michael le gettò
uno strano sguardo, come se volesse ridere ma cercasse
di trattenersi. Irina ignorò entrambi, poi rimase in
silenzio. Non aveva voglia di intavolare una discussione, in quel momento.
Voleva solo risolvere la questione BlackList con William.
William si congedò
da Dimitri e Michael, e con lei si allontanò quel
tanto che bastava per non far sentire cosa dicessero.
<< Allora,
quale vuoi? >> domandò, facendo un cenno verso le auto parcheggiate nel
garage.
<< E’ un modo
per riscattarti dell’altra volta? >> ribatté Irina, << Vuoi farti
perdonare in questo modo? >>.
William sorrise.
<< No, non è il mio modo per chiedere scusa >> disse, << Sei
tu quella che si è comportata male… Se vuoi una delle mie auto, devi venire a
letto con me >>.
“Che bastardo…”.
Irina lo fissò
disgustata, e involontariamente fece un passo indietro.
<< Non mi
sembra una richiesta esagerata >> continuò lo Scorpione, quasi
ridacchiando, << In fondo, con quel coglione di Went
ci sei andata, e per molto meno >>.
L’insulto a Xander la fece andare in bestia, e si trattenne dal dargli
un ceffone. Stava pensando a quanto avesse bisogno di un’auto, e a quanto le
faceva rabbia quella richiesta. William non poteva essere più stronzo di così.
Rinfacciargli le
sue promesse non sarebbe servito a nulla, se non a confermargli
quanto lei era prigioniera di lui. Irina lo squadrò da capo a piedi, poi si
voltò e uscì dal garage sbattendosi la porta alle spalle.
Raggiunse l’Audi TT
a passo rapido, senza voltarsi dietro e con il cuore che batteva all’impazzata.
Odiava William, lo odiava a morte per il modo in cui
cercava di piegarla al suo volere. Anche questa volta le aveva chiesto qualcosa
in cambio.
Si sedette
sull’avvolgente sedile della TT, fissando il giardino perfettamente tenuto
davanti a sé. Le dita strinsero la corona del volante, e le nocche le
diventarono bianche.
Non si sarebbe mai
abbassata a una cosa del genere, non lo aveva mai fatto in due anni che
conosceva William. Già di per sé era disgustata da se stessa per essersi sempre
lasciata usare come una bambola, e andare a letto con lui, volontariamente, significava cedere completamente. Tutto per una stupida macchina, un oggetto senza significato.
Ma non poteva farsi
sbattere fuori dalla BlackList…
Non adesso che rimaneva l’unica a mettersi contro lo Scorpione…
“Non posso fare una cosa del genere… Non ci riuscirei
nemmeno”.
Strinse ancora di
più il volante, dandosi nella stupida. Era di nuovo da sola, e da sola doveva
risolvere quel problema.
<< Smettila
di provocarlo >> disse qualcuno.
Irina volse la
testa verso la fonte di quella voce, e scoprì che si trattava di Dimitri. Il
russo la fissava dall’alto, l’espressione gelida.
<< Da quando ti interessa quello che faccio? >> ribatté Irina,
seccata. Con la coda dell’occhio vide Michael dirigersi verso la Aston Martin e guardare dalla
loro parte.
<< Non mi è
mai interessato ciò che fai >> rispose Dimitri, la voce roca e dura,
<< Ti sto solo dicendo che ti sbatterà veramente
fuori dalla Lista se continui a sfidarlo… Non fai che incitarlo, in questo modo
>>.
Irina squadrò il
russo, leggermente confusa. Voleva essere un
avvertimento, il suo?
<< Non era
quello che volevi? >> domandò Irina, << Non mi hai mai voluta tra voi… Finalmente sarai contento, no? La ragazzina
si toglie dai piedi >>.
Accese il motore e
fece retromarcia, senza aggiungere altro.
Ore 17.00 – San Francisco, Sede F.B.I.
Xander era seduto
immobile come una statua nell’ufficio di suo padre, la musica dello stereo che
Steve teneva sempre acceso che suonava soffusa nella stanza. Picchiettava
nervosamente sul ripiano della scrivania, cercando di controllare l’impazienza.
Suo padre, seduto dall’altra parte che premeva lentamente i tasti del pc, gli gettava ogni tanto un’occhiata di sbiego.
White doveva
tornare in ufficio quella mattina, ma non si era fatto vedere. Aveva avvisato
che si fermava qualche ora a casa sua, e che poi sarebbe tornato al lavoro. La
sua assenza però stava durando un po’ troppo, per i suoi gusti.
“Mi starà odiando a morte, in questo momento. L’ho lasciata lì, da sola… Non mi vorrà più vedere…”.
A intervalli
regolari, il suo pensiero si dirigeva verso Irina, sola a Los Angeles e in
balia di quella banda di matti, ma soprattutto tra le mani di quel bastardo di Challagher… Se solo fosse venuto a sapere che le aveva
fatto qualcosa, era la volta buona che lo faceva fuori sul serio.
Il telefono sulla
scrivania squillò, e Steve lo prese lentamente in mano. Annuì una sola volta
poi rimise a posto la cornetta.
<< White è
nel suo ufficio >> disse solo.
Dieci minuti dopo Xander era già dall’altra parte dell’edificio, il sangue
che ribolliva per il nervosismo. Non si era programmato alcun discorso, perché
la sua lingua si sarebbe mossa da sola… E molto probabilmente sarebbe andata
dritta al punto.
Aprì la porta
dell’ufficio senza nemmeno bussare, trovando White seduto alla sua scrivania
che stava compilando un modulo con aria piuttosto annoiata. Alzò la testa e lo
guardò leggermente sorpreso.
<< Agente Went… >> disse, << Ora dimentica anche di bussare?
>>.
Xander entrò nell’ufficio
e si parò davanti al suo capo, senza nemmeno l’intenzione di sedersi.
<< Perché ha
mandato Fowler? >> chiese.
White inarcò un
sopracciglio. << Perché me lo ha chiesto lui
>> rispose, << Quando ha saputo che cercavo qualcuno da mandare a
Los Angeles, si è offerto volontario >>.
Xander fece una smorfia.
<< Certo… >> disse, << Non ha mai partecipato a missioni del
genere, e lei lo manda tranquillamente a fare il mio sostituto… Cosa aveva in mente? >>.
<< A essere
sincero, agente Went, non credevo ci fosse bisogno di
un sostituto >> disse White, tranquillo << Credevo portasse a
termine la missione da solo… L’ho sopravvalutato, per una volta >>.
Xander sentì montare la
rabbia. Voleva farlo passare per un’incompetente quando era lui a fare il
doppio gioco.
<< Cosa aveva in mente? >> ripeté, fissando il suo capo
con l’aria inferocita.
<< Cosa aveva in mente lei, quando ha evitato le mie telefonate
per due settimane >> ribatté White, ora anche lui arrabbiato, <<
Cosa pensava di fare, rendendosi irreperibile? Si è andato a divertire con la
sua amichetta, mentre lei continuava a stare dalla parte di Challagher?
>>.
Per caso voleva
fargli credere che fosse stata Irina a tradirlo? Era così stupido da credere di
fregarlo in quel modo? Era chiaro che c’era qualcosa che non andava.
<< So
benissimo chi sta facendo il doppiogioco >> ringhiò, << E quella
non è di sicuro Irina… Lei lo sa meglio di me >>.
<< Cosa sta insinuando? >>.
<< Sto
dicendo che sono a conoscenza del fatto che è in contatto con William Challagher >> disse Xander,
tutto d’un fiato.
L’espressione
assurdamente stupita di White gli confermò che la cosa lo lasciava senza
parole. Non si era aspettato che lo venisse a scoprire, molto probabilmente.
Rimase per un momento in silenzio, poi abbassò lo sguardo e sorrise.
<< D’accordo,
posso capire che il fatto di aver fallito possa averla sconvolta >>
disse, con il tono che si usa con un bambino capriccioso, << Lei non è abituato a perdere… Ma l’accusa che mi sta lanciando è
davvero stupida >>.
La mano di Xander tremò, ma rimase comunque appoggiata alla scrivania
del suo superiore.
<< Non mi
tratti da idiota >> disse, << Non è così che si salverà
le spalle. Da chi altri Challagherpoteva
sapere dei carichi d’auto? E come mai si è sempre salvato, fino a questo
momento? Ha qualcuno che gli fa da talpa qui dentro, e quello è lei >>.
White lanciò verso
di lui un plico di fogli. << E’ libero di pensare quello che vuole, agente Went >> disse,
<< Ma finché non ci sono prove a mio carico, le sue accuse risultano
infondate… Quella è la sua prossima missione >>.
Xander fissò i fogli,
cogliendo il piano di White: voleva spedirlo all’altro capo del mondo in modo
che non gli desse fastidio. La destinazione scritta a chiare lettere sul
fascicolo era Londra… città abbastanza lontana da renderlo inoffensivo per un
po’.
<< Non ci
vado >> disse, a denti stretti, e nel frattempo cercava un modo per
scovare una prova che inchiodava il suo capo.
<< La mia non
è una richiesta, è un ordine >> ribatté White, freddo, << Faccia le
valigie e parta per Londra. Presto si dimenticherà di tutta questa storia, e
anche della sua amichetta… Il suo aereo decolla fra cinque ore >>.
<< Non mi
muovo da qui >> disse Xander, fissando White.
<< Non
discuta. Segua gli ordini >>.
<< Non ne ho
l’intenzione >>.
<< Smetta di
fare il ribelle. Si sta comportando come un bambino. Non mi costringa a
sospenderla >>.
Xander scostò malamente
il plico di fogli sulla scrivania. << Non voglio quella missione. Faccia
tornare Fowler qui e riconsegni tutto a me >>.
<< Si farà ammazzare,Went >> ribatté
White.
<< Non è
quello che volete lei e Challagher? >> domandò Xander, provocatorio.
<< Se ne vada
a Londra e non si faccia rivedere per un po’… Non sono disposto a sopportare
ancora i suoi colpi di testa >>.
<< Vada a
farsi fottere, White >> ribatté Xander, << Lei e Challagher
non mi terrete lontano da Los Angeles >>.
Il suo capo lo
guardò sbalordito, chiaramente spiazzato da tutta quell’aggressività. Si alzò
di scatto e aggirò la scrivania, puntando un dito contro di lui.
<< Continui
così e la faccio sbattere in cella per un po’ >> lo minacciò, <<
Sta dimenticando con chi sta parlando, immagino >>.
Ci sarebbe voluto
ancora un secondo, dopodiché Xander lo avrebbe
afferrato per il colletto della camicia e lo avrebbe sbattuto su quella
scrivania che lui usava pensando di mettere timore ai suoi sottoposti,
costringendolo con la forza a confessare tutto. La rabbia che ribolliva dentro
di lui al pensiero di essere stato costretto a lasciare Irina da sola lo
rendeva particolarmente poco tollerante…
<< Mi
sospenda, allora >> ringhiò, << Mi farebbe solo un favore >>.
Qualcuno si schiarì
la voce, ed entrambi si voltarono verso la porta. Howard McDonall,
il vicecomandante dell’F.B.I., il personaggio più
importante dopo il Presidente degli Stati Uniti… L’unico capo che Xander non si sarebbe mai sognato di sfidare.
L’uomo li guardò
con aria tranquilla, il vestito giacca e cravatta grigio
scuro perfettamente stirato, il volto segnato e gli occhi scuri e
profondi. Ogni suo tratto denotava severità, a partire dai
corti capelli pettinati impeccabilmente.
Stava in piedi
davanti alla porta, con alle sue spalle Jess e Steve con le espressioni piuttosto preoccupate.
Dovevano essere venuti ad assistere alla sua “conversazione” con White…
<< Agente Went >> disse McDonall, il
tono duro, << Il suo comportamento è intollerabile. Mi segua nel mio
ufficio. Lei è fuori dall’F.B.I. >>.
Ore 20.00 – Garage di Max
Irina contemplava
la Punto sfasciata con l’aria abbattuta. I quattro cerchi in lega erano
appoggiati in fila vicino al muro, anneriti dal fuoco, insieme ai pochi pezzi
che potevano essere recuperati.
Max stava smontando
i sedili dell’auto, incastrato tra il cruscotto e la porta con i vetri
spaccati. Gettò una chiave inglese per terra, poi guardò Irina con l’aria
seria.
<< C’è molto poco da salvare >> disse, << Costerà più
del previsto rimetterla a posto >>.
Irina sospirò e si
sedette su uno sgabello lì vicino. Ogni speranza di poter rimanere nella Lista
si affievoliva.
<< Cosa vuoi fare? >> domandò Max, << Vuoi provare
a rimetterla a posto? >>.
<< Mi serve
un’auto >> rispose Irina, << Altrimenti sono
fuori dalla Lista… >>.
<< Cosa?! >> gridò il meccanico, << William ti sbatte fuori?
Non può farlo… >>.
<< Invece
può, e lo ha già fatto >> disse Irina, <<
E’ il suo modo per punirmi ancora per averlo tradito… >>.
Sentì un groppo in
gola, ma non era dovuto alla tristezza. Era arrabbiata per essere stata così
idiota, e per essersi lasciata ricattare.
Si alzò di scatto e
disse: << Vado da Jenny >>.
Max la guardò
uscire dal garage con l’aria confusa, ma lei non aggiunse altro e salì sulla
TT.
Spazio Autrice
Come avevo
promesso, aggiorno oggi.
Bene, che ne dite?
La situazione si complica davvero… Xander è da una
parte, sta perdendo la testa e rischia di essere sbattuto fuori dall’F.B.I., Irina dal un’altra che si ritrova praticamente
sola e fuori dalla BlackList.
Peggio di così non può andare? Forse… Diciamo che mi sto scervellando per
complicare tutto ancora di più di quanto già non lo
sia…
Non so quando
aggiornerò, però potrei fare un pensierino per domenica… Vediamo un po’ se
riesco, eh!
Supermimmina: ma mia cara, allora sei
ancora una bambina! E io che pensavo chissà che! Trent’anni
non sono niente! Sono contenta di averti stupito: non mi piaceva rendere tutto
troppo facile e scontato. Anche perché il finale di questa storia non sarà per
niente scontato! ^.^ Ho in mente ancora tante avventure da far passare ai
nostri eroi! Bacioni e buon lavoro!
CriCri88: lo so, lo so,
stare dalla parte dei cattivi non è mai semplice. Soprattutto se il cattivo in
questione non è niente male, come il nostro carissimo William… Ci sarà qualche
momento carino anche per lui, soprattutto nel prossimo capitolo (risata
malefica)! Quanto ai due… Bé, diciamo che non hanno avuto il tempo di chiarirsi
moltissimo, ed è normale non capire le loro reazioni: dovremmo trovarci nella
stessa identica situazione per sapere come ci comporteremmo realmente. A
presto! Baci!
EmilyDoyle: visto? Colpo di scena che mette tutto in discussione! Eh
eh, vedrai che ci combinano
i nostri eroi, adesso… Altro che povera Irina: non sai che farà nel prossimo cap! Baci!
Fairy29:ciaoooo! Ma figurati, stai tranquilla! Mi basta che tu ti sia ripresa
abbastanza per leggere! Comunque, visto
che casino? Sono brava a complicare le cose, eh? Nel prossimo cap ne vedrai ancora delle belle, anche perché Irina tirerà
fuori di nuovo le unghie, e William riceverà la prima vera batosta della sua
vita! Non ti dico altro se no ti tolgo tutta la sorpresa! Baci!
I
thought I saw you late last night
But it was just a flash of light
An angel passing
But I remember yesterday
Life before you went away
And we were laughing
We had hope and now it's broken
And I could see it clearly once
When you were here with me
And now somehow all that's left are
Pieces of a dream
[ Pieces Of A Dream – Anastacia ]
[Credevo di averti visto l'altra notte sul tardi
ma è stato solo un flash,
un angelo che stava passando
ma ricordo il passato, la vita prima che
te ne andassi via, e noi stavamo ridendo
avevamo sperato e adesso tutto è finito
ed io riesco a vedere tutto chiaramente
per la prima volta, da quando eri qui con me e adesso in qualche modo tutto ciò che è rimasto
sono solo pezzi di un sogno]
Ore 20.00 – San Francisco, Sede dell’F.B.I.
Xander rimase inchiodato
dov’era, il sangue che lentamente si gelava nelle vene. McDonall
lo aveva appena buttato fuori dall’F.B.I., e tutto
perché non sapeva tenere a freno la lingua.
<< Mi segua
nel mio ufficio, per favore >> ripeté McDonall,
facendo un cenno verso il corridoio, << Oppure devo
farla ammanettare, prima? >>.
Xander seguì lentamente
il vicepresidente fuori dalla stanza, sotto gli sguardi allibiti di suo padre e
di Jess. In completo silenzio raggiunse l’undicesimo
piano del quartier generale, dandosi dell’idiota a ogni passo. Era stato troppo
sfrontato, e ora avrebbe perso ogni speranza di poter tornare a Los Angeles.
<< Entri
>> disse McDonall, tenendogli la porta aperta.
Xander varcò l’ampio e
luminoso ufficio del vicepresidente e andò a sedersi davanti alla scrivania,
pronto a difendersi con le unghie e con i denti. Forse era stato aggressivo,
maleducato, irrispettoso, ma un motivo c’era.
McDonall si accomodò con
deliberata lentezza. Appoggiò sul ripiano un plico di fogli e lo guardò.
<< Sapevo che
qualcuno la definiva una testa calda, ma non credevo arrivasse a insultare così
apertamente un suo superiore >> disse.
<< Ho buoni
motivi per farlo >> ribatté Xander.
<< Davvero?
Perché pensa che White meriti i suoi insulti? >> domandò McDonall, e nei suoi occhi passo
una strana scintilla.
<< Credo che
stia facendo il doppio gioco >> risposeXander, secco. Era pronto a prendersi
tutte le responsabilità che derivavano dalle sue parole, per quanto fossero
pesanti.
McDonall rimase in silenzio
per qualche momento, guardandolo in modo strano. Poi disse, lentamente:
<< E’ un’accusa grave, la sua >>.
<< Me lo hanno già detto >> disse Xander,
<< Non ho prove, quindi credo che questa discussione possa finire qui
>>.
Ora che era fuori,
aveva una strana voglia di andarsene e non mettere più piede in quegli uffici. McDonall non gli avrebbe mai creduto sulla parola, visto che la prassi richiedeva almeno una serie di prove
reali che in quel momento lui non aveva. Però almeno
poteva sperare di poter tornare a Los Angeles come semplice “civile”.
McDonall gli rivolse
un’occhiata perplessa. << Era da un po’ che tenevo d’occhio la sua
missione, agente Went >> disse, << L’ho
sempre trovato un ottimo elemento, anche se impulsivo, a volte. Per questo mi
facevo aggiornare costantemente sulle sue mosse… E mi ha stupito
il fatto che sia stato scoperto >>.
Xander tacque, in attesa
che McDonall dicesse chiaramente cosa voleva.
<< Mi dica, a
che punto era? >> domandò il vicepresidente.
<< Dovevo
solo più sfidare Challagher >> rispose Xander, << Avevo appena battuto il numero due, e
avevo pronto il piano per arrestare lo Scorpione… >>.
<< Come
immaginavo >> disse McDonall, << Era praticamente arrivato alla fine… Quindi aveva deciso di
rendersi irreperibile per evitare di far sapere a White cosa fosse pronto a
fare… Perché lei crede che White stia dalla parte di Challagher,
giusto? >>.
Xander annuì. << Mi
sono sempre chiesto come avesse fatto Challagher a
non farsi arrestare per tutto questo tempo. Il fatto
che abbia comprato il capo della polizia di Los Angeles lo giustificava in
parte. Sapeva cose che conoscevamo solo noi all’F.B.I.,
e l’unica spiegazione che mi sono potuto dare era che aveva una talpa >>.
<< Quindi ha
aggredito White per questo >> disse McDonall,
<< Lo ha insultato, ha messo in discussione la
sua autorità e lo ha accusato di tradimento… Piuttosto sfrontato, da parte sua.
Come ho già detto, dovrei radiarla da qui e mandarla a fare il poliziotto
addetto al traffico >>.
<< Lo ha già fatto >> ribatté Xander,
incrociando le braccia.
<< Gli altri
credono che io l’abbia fatto… Ma in realtà lei non è sospeso
>> disse McDonall.
Xander lo fissò. Per caso
aveva capito male?
Il vicepresidente
sorrise e assunse una posa più rilassata.
<< Se le dico
che non è l’unico a sospettare di avere una talpa tra noi, la colgo di
sorpresa? >> domandò.
<< Quindi lo pensa anche lei? >> chiese Xander, confuso.
<< I fatti lo
dimostrano >> disse McDonall, << Se la missione
stava andando bene come sembrava, e se la sua amica pilota
non lo ha tradito, come lei sembra convinto, allora qualcuno ha fatto la spia.
Il che significa che abbiamo una talpa tra noi >>.
Non si era
aspettato che McDonall si schierasse dalla sua parte;
nemmeno suo padre lo aveva fatto apertamente.
<< Però… >> iniziò, poi si rese conto di ciò che stava
facendo il vicepresidente.
<< Ora tutto
il distretto la crede fuori dall’F.B.I. >>
spiegò l’uomo, << Quindi sono convinti che lei non abbia più alcun
privilegio, da queste parti. Tutti pensano che sia innocuo, in questo momento…
>>.
<< E io non lo sono >> concluse Xander
per lui, cogliendo il piano che McDonall stava per
illustrargli.
<< Esatto.
Nessuno sa che io non la sospenderò veramente, quindi nessuno potrà riferirlo a
Challagher >> disse McDonall,
<< Chiunque sia la talpa, non riceverà questa informazione, perché noi
due saremo gli unici a saperlo. A
meno che uno di noi due non sia la talpa, ma mi sembra poco probabile
>>.
<< Allora
posso tornare a Los Angeles? >> domandò Xander,
eccitato. Al momento era l’unica cosa che gli interessava veramente, qualunque
fosse il piano che il suo superiore avesse in mente.
<< Calma,
agente >> disse McDonall, << Mi faccia
spiegare. Lei crede che White sia la nostra talpa, ma non ne abbiamo la
conferma. Potremo anche sbagliarci… Tuttavia, sicuramente qualcuno che fa il
doppiogioco c’è, ne sono convinto quanto lei. Se vogliamo scoprire chi è,
dobbiamo indagare a fondo. Lei vuole tornare a Los Angeles, e
io la farò tornare, ma prima tutti dovranno credere che è diventato
completamente inoffensivo. Dovrà dare l’impressione che non si muova da qui…
>>.
<< Credo di
non aver capito >> disse Xander. Qualcosa in
quel piano non gli piaceva.
<< Rimarrà
qui e cercherà di capire chi è la talpa >> spiegò McDonall,
<< Appena sapremo chi è, potrà tornare a Los
Angeles e arrestare Challagher. Intanto tutti
penseranno che si trova in una sorta di “punizione”, e
chiunque sia la talpa riferirà allo Scorpione che per qualche tempo non si
potrà muovere da qui >>.
<< Devo
tornare subito >> protestò Xander, << Non
posso aspettare >>.
<< Perché?
>>.
L’occhiata
eloquente del suo superiore lo spinse a chiedersi se era il caso di dirgli che
aveva disubbidito a una delle prime regole della missione: non affezionarsi a
nessuno.
<< La ragazza
che mi ha aiutato… Quella che ho scelto come contatto >> disse
lentamente.
<< Irina
Dwight >> disse McDonall, << Ho tenuto
d’occhio anche lei, oltre a Challagher e a tutta la
sua banda >>.
<< Sì, lei…
Bé, ho scoperto che non è lì per piacere. Challagher
le ha messo le mani addosso, e non posso… >>.
<< Ho capito
>> lo interruppe McDonall, << Ho capito.
Il fatto che abbia preso a cuore quella ragazza dovrebbe renderlo meno
affidabile, ma io penso sia il contrario. Capisco che le costa molto stare
lontano da Los Angeles per un po’, ma dare l’impressione a Challagher
che lei non tornerà lo renderà più tranquillo e più
facile all’errore. Dobbiamo dargli l’idea che la missione sia completamente
fallita, se vogliamo catturarlo >>.
Il piano era ben congegnato, maXander continuava a
essere restio. Capiva cosa intendeva McDonall, e che
forse con lui lontano Irina era meno in pericolo di
quanto credesse.
<< Cosa devo fare? >> domandò stancamente.
<< Vada da
White e gli dia le chiavi dell’auto e della casa >> rispose McDonall, << Gli dica che l’ho sospeso e che rimarrà
a fare lavori d’ufficio per un po’… Dopodiché cerchi di capire chi sta facendo
il furbo da queste parti, e mi riferisca le sue indagini. Ci consulteremo per
vedere come va tra qualche giorno… Accetta? >>.
Xander rimase in silenzio
per un po’, rimuginando sul piano di McDonall.
Rimanere fuori dall’F.B.I., disarmato, senza auto né
alcun supporto ma completamente libero di fare quello che voleva e rischiare il
carcere, oppure stare lontano da Irina ancora qualche giorno ma rendere
praticamente certa la cattura di Challagher e della
talpa, e quindi salvare anche lei?
<< Accetto
>> disse alla fine, << Accetto. Però
voglio la sicurezza che appena saprò chi è la spia, mi farà tornare
immediatamente a Los Angeles >>.
McDonall sorrise. <<
Ha la mia parola, agente Went >>.
Ore 21.00 – Casa di Jenny
<< Sei riuscita a sapere qualcosa? >> domandò Jenny
quando Irina mise piede in casa sua. Aveva il volto tirato e l’espressione
triste e trascurata, di chi non esce da diversi giorni.
<< No, non so
niente >> rispose Irina, a malincuore, << Sono solo passata a
vedere come stavi >>.
Jenny la lasciò
sedere sul divano, e si accomodò vicino a lei. Una scatola di fazzoletti
troneggiava sul ripiano di vetro del tavolino.
<< Mi manca
>> disse l’amica, guardando il tappeto, << Mi manca tantissimo. E
sono preoccupata. Ho paura che gli possa essere successo qualcosa… >>.
Era davvero venuta
a vedere come stava, e ora si rendeva conto che forse poteva aiutarla. Non ci
aveva mai pensato, ma aveva i mezzi per venire a sapere come stava Jess.
Tirò fuori il
cellulare che le aveva dato Xander, e che fino a quel
momento aveva tenuto spento. Non lo voleva più sentire, visto che sapeva che
non sarebbe mai tornato. Però forse per Jenny poteva
fare uno sforzo…
<< Tieni
>> le disse, << Prova a chiamarlo >>.
Jenny fissò il
cellulare con aria confusa. << Non capisco… >>.
<< Telefona a
questo numero. Ti risponderà Xander: chiedigli di Jess >> disse Irina, la voce piatta e gli occhi
rivolti da un’altra parte, con l’intenzione di sembrare perfettamente
distaccata.
L’amica la guardò
qualche istante, forse senza capire bene le sue parole. In realtà sapeva che
cosa stava provando, in quel momento, e la domanda che fece le sembrò quasi una
provocazione.
<< Perché non
lo fai tu? >> chiese a bassa voce.
<< Perché non
lo voglio sentire >> rispose Irina, fissando senza vederlo il ripiano di
vetro del tavolino, << Non voglio parlarci… Se ti chiede di me, digli che
ti ho lasciato il telefono oggi pomeriggio e che… non sono qui, ora. Sto meglio
senza di lui >>.
Parlare di Xander non l’aiutava, visto che la
sua intenzione era quello di toglierselo dalla testa una volta per tutte.
Mentire faceva ancora più male, soprattutto quando l’amica sapeva benissimo che
non era la verità, quella che cercava di mostrarle.
Jenny prese il
cellulare continuando a guardarla. Per un istante sembrò voler dire qualcosa,
ma alla fine rimase in silenzio. Premette il tasto di chiamata e si portò il
cellulare all’orecchio.
<< Xander? Sono Jenny >> disse la ragazza, puntando lo
sguardo su di lei, << No… Sta bene, non è successo niente… Non è qui, mi
ha lasciato il suo telefono per chiamarti… Volevo solo sapere come sta Jess… Bene… Oh, davvero? Gli dirai di telefonarmi?
D’accordo, grazie… >>.
Jenny si interruppe, e rivolse un’occhiata eloquente a Irina.
<< No,
davvero, non è qui con me… >> disse alla fine, << Non mi ha
lasciato detto niente… Va bene… >>. Jenny sembrò raccogliere il coraggio
a due mani, poi domandò, cauta: << Xander…
Tornerete? >>.
L’espressione
addolorata che si dipinse sul volto della ragazza lasciò Irina congelata, ma
anche poco stupita. Guardò l’amica annuire e poi poggiare il cellulare sul
divano.
<< Ha
risposto che non lo sa >> disse solo.
Irina fece una
smorfia e si alzò di scatto. << Era un no >> mormorò, più che altro
a se stessa << Tieni il telefono… Me ne vado. Ci sentiamo >>.
Infilò la porta a
tutta velocità, tanto che Jenny rimase seduta sul divano senza sapere che fare.
Montò di nuovo sulla TT e raggiunse casa.
Trovò suo padre e Dominic a parlare tranquillamente in soggiorno davanti alla
tv accesa, e Denis e Harry in cucina a mangiare. Non degnò nessuno di uno sguardo
e raggiunse camera sua, infilò il cd di Anastacia nello stereo e si lasciò
cadere sul letto.
Era sola,
completamente sola. Xander
non sarebbe tornato, le sue erano state solo promesse vuote… Nemmeno lui,
bravo, dotato, forte e sfrontato era riuscito a fregare lo Scorpione. Ci era
arrivato molto vicino, ma aveva fallito anche lui. Come tutti, ma soprattutto
come lei. Che alla fine era rimasta con un pugno di mosche come una ricompensa.
Cosa
doveva
fare? Abbandonare definitivamente tutto? Scappare come aveva fatto Dominic? Continuare a essere Fenice, o almeno a cercare di
esserlo? Cedere e diventare veramente la ragazza dello Scorpione? Farsi
rinchiudere in una prigione dorata, vittima e carnefice di se stessa?
Guardò l’orologio.
Ventiquattro ore. Si sarebbe data ventiquattro ore di tempo per trovare una
soluzione che le consentisse di rimanere nella BlackList… Ma poi, voleva rimanerci ancora? Cosa le serviva fare
la pilota, quando sapeva che William non l’avrebbe lasciata andare
anche se avesse ripagato due volte il debito di suo fratello?
“Perché te ne sei andato? Perché ti sei preso gioco di
me? Almeno prima avevo qualcosa per cui andare avanti, qualcosa per cui
combattere… Prima c’era Tommy, poi ci sei stato tu… E adesso sono di nuovo da
sola…”.
Lasciò che le
lacrime le colassero sulle guance, silenziose, rigandole il viso come avevano
fatto tante volte. Piangere non serviva, ma era l’unica cosa che le era rimasta
da fare.
“Mi ero innamorata di te… Stupida, come al solito. Ti ho creduto… Stupida di nuovo. E ora cosa
faccio? Tanto sono troppo sciocca per potermi mettere
contro qualcuno… Non so guardare nemmeno me stessa… Pensavo ci fossi tu, a
guardare me”.
Ore 11.00 – San Francisco, Sede F.B.I.
Xander bevve tutto d’un fiato il quarto caffè della mattina, e continuò a
fissare la serie di pile di fogli che aveva davanti, sbuffando. Rimise in
perfetto ordine l’ultimo plico e raggiunse l’ufficio di White, gettando
malamente il suo lavoro “poco qualificato” sulla scrivania del suo capo.
<< Bene… Le
farà bene un po’ di sano lavoro d’ufficio >> disse White, ridacchiando,
<< Servirà a tenerle a freno la lingua >>.
Xander grugnì qualcosa e
uscì, senza dire niente. Quella notte non aveva praticamente
dormito, e la cosa lo rendeva particolarmente nervoso. Il pensiero della
conversazione con Jenny, e il fatto che Irina non lo voleva più sentire gli rodevano lo stomaco.
Tornò nel suo
minuscolo buco e prese i tabulati telefonici di White, da cui voleva partire
per le sue indagini. Era un plico di circa mille fogli, e per esaminarli tutti
ci sarebbero volute ore. Non poteva contare nemmeno sull’aiuto di Jess o di suo padre, perché McDonall
gli aveva proibito di fare parola con alcuno del suo piano. Era praticamente da solo.
“E non sono l’unico…”.
Irina era da sola,
e il pensiero non lo abbandonava nemmeno per un attimo. Non aveva ricevuto
alcuna notizia da Michael, e ciò voleva dire che stava bene, ma comunque non
poteva certo starle dietro o seguirla in continuazione…
Prese il cellulare,
con un’idea. Doveva togliersi quel pensiero in modo da poter indagare
concentrandosi solo su White…
Al momento, c’era
solo una persona di tutte quelle che facevano parte del giro delle corse
clandestine di cui potesse fidarsi, esclusa Irina, e a cui
potesse chiedere di fare ciò che aveva in mente. Oltretutto, quella stessa
persona poteva risultare piuttosto utile in diverse
circostanze, anche se… Bé, era considerato un traditore.
<< Pronto?
>> disse una voce profonda dall’altra parte del telefono.
<< Simon Cohen? >> domandòXander.
<< Alexander Went?! >> esclamò il
nero, stupito, << Perché mi hai chiamato? >>.
<< Ho un
favore da chiederti >> disse Xander,
tranquillo, << Riguarda Irina >>.
Gli spiegò
brevemente di come mai era dovuto andare via, e che aveva il sospetto che ci
fosse una spia tra loro. Simon non lo interruppe nemmeno una volta.
Da quella volta a
Las Vegas, non si erano più rivisti nemmeno una volta, ma in quelle due ore
passate insieme Xander era
riuscito a chiarire il perché del tradimento di Simon. Quando aveva sentito di
cosa si trattava, in parte era riuscito a giustificarlo… E ora che si trovava
in una situazione simile, lo capiva ancora di più.
<< Devi
tornare a Los Angeles e tenere d’occhio Irina per me >> disse alla fine,
<< In più, voglio che controlli anche Challagher
e i suoi amici… C’è un nostro agente da quelle parti, ma ho paura che non sia
abbastanza… competente >>.
<< Come mai
lo chiedi a me? >> domandò Simon, serio. << Sono un traditore, per
voi. Potrei fare il doppiogioco, no? >>.
<< Perché ti
lascerò George Challagher, alla fine >> rispose
Xander, << Se riuscirò a prendere Challagher, avrai suo padre tutto per te. E anche perché so
che tieni a Irina quanto ci tengo io >>.
Simon rimase in
silenzio per qualche momento.
<< Accetto,
Alexander >> disse, << Accetto, ma lo faccio per lei… E anche per
te. Non voglio che finisca come è accaduto per me e
per Magdalena >>.
L’allusione fece
gelare il sangue nelle vene a Xander. Non sarebbe
finita in tragedia… Non avrebbe lasciato morire Irina, nemmeno se gli fosse costato la sua stessa vita. Non avrebbe permesso a nessuno
di portargliela via prima ancora di renderla sua.
<< Non
accadrà >> disse, << Quanto tempo impiegherai
per andare a Los Angeles >>.
<< Non posso
essere lì prima di qualche giorno >> rispose Simon, << Non posso
sparire all’improvviso e ricomparire a Los Angeles senza sembrare sospetto… E
Irina si insospettirà comunque, quando mi vedrà
arrivare >>.
<< Cerca di
metterci meno tempo possibile. Quando sei arrivato, telefonami >>.
Ore 20.00 – Casa Challagher
Irina parcheggiò
l’’Audi TT nel cortile illuminato, scese e raggiunse il soggiorno senza essere
notata da nessuno. Solo i domestici le rivolsero un’occhiata poco interessata:
era sempre stata autorizzata a entrare e uscire quando voleva. Percorse il
corridoio, e salì le scale diretta alla stanza di
William.
A metà strada
incrociò Dimitri, l’aria annoiata e il petto scoperto bagnato di sudore, con un
bell’asciugamano sulle spalle a completare quell’incontro del tutto casuale e
poco gradito a entrambi. A giudicare dall’aspetto, doveva essere appena uscito
dalla palestra ed era diretto alla doccia.
<< Cosa fai qui? >> le domandò il russo, il tono poco
interessato.
<< Devo
parlare con William >> rispose lei.
Il russo la squadrò
da capo a piedi, e le fece cenno di andare nel suo studio. William stava
guardando la tv a schermo piatto, seduto alla sua bella scrivania di legno
scuro che non gli serviva praticamente a nulla, tranne
cercare di dargli un’aria più intellettuale di quanto in realtà non fosse.
Teneva i piedi appoggiati sul ripiano pregiato, continuando a fare zapping tra
i vari canali.
Quando la vide
sulla porta, sorrise e appoggiò il telecomando, lasciando sul telegiornale
della sera.
<< Cosa fai qui, bambolina? >> domandò, rimanendo seduto.
Irina non rispose.
Aveva preso la sua decisione… O meglio, aveva scelto l’unica alternativa
che le era rimasta.
Senz’auto non era
più nessuno, e una delle auto dello Scorpione non era ciò che voleva.
Soprattutto se significava dargli vinta anche quella. Non voleva cedere al suo
ricatto… Almeno per il momento. Non aveva più uno scopo che le desse la forza
di lottare, di continuare a sopportare, e rimanere nella Lista era
completamente inutile, quando sapeva che William non si sarebbe mai
accontentato solo dei soldi…
In ventiquattro
ore, ciò che prima le sembrava di vitale importanza, era diventato l’ultima
cosa a cui teneva. Perché ci aveva pensato, ci aveva pensato tutta la notte, rendendosi conto di quanto tutto ciò
che aveva fatto fino a quel momento fosse stato inutile, di quanto si era
complicata da sola la vita…
Avrebbe smesso di
correre.
Niente più gare,
niente più sfide. Abbandonare per sempre il suo soprannome,
Fenice, e lasciarla morire per l’ultima e definitiva volta. Rinunciare
con dolore a una parte di se stessa e smettere di soffrire… Aspettare che
William, un giorno o l’altro, si stufasse di lei.
<< Lascio la BlackList >> disse Irina,
atona.
William la guardò
per un istante, e quella che aveva appena udito sembrava non essere la risposta
che si era atteso. Si alzò in piedi e la raggiunse, rimanendo a qualche passo
da lei.
<< Non lo
vuoi veramente >> disse, guardandola negli occhi. In quel momento il suo
tono era impossibile da decifrare.
<< Invece si
>> ribatté Irina, anche se non era la verità, << Smetto di correre
>>.
<< Perché?
>> chiese William.
<< Lo hai
detto tu. Non ho più un’auto, sono fuori dalla Lista >> rispose Irina,
abbassando lo sguardo sul pavimento, << Niente macchina, niente gare
>>.
Gli occhi di
William si ridussero a due fessure. << Puoi comprare un’altra auto
>> disse, << Puoi usarne una delle mie… Perché uscire
completamente? >>.
Nel suo tono c’era
qualcosa che sembrava quasi supplica. Non si era aspettato che decidesse di
chiudere con le corse clandestine, e non sembrava volerlo. Forse non aveva
pensato che decidesse veramente di mollare.
<< Sono stufa
>> disse Irina, << Voglio smettere… Non ho più voglia di correre
>>.
William si avvicinò
e le prese il mento con le dita, facendole alzare la testa. Scrutò il suo
volto, serio, e nei suoi occhi verdi passò una scintilla.
<< Tanto non
serve a niente, no? >> disse Irina, << Tanto vinci sempre tu, no?
>>.
Un sorriso increspò
le labbra dello Scorpione, meno strafottente del solito. Era strano, quasi
dispiaciuto per quello che la stava costringendo a fare.
<< Hai
ragione, bambolina mia >> sussurrò, << Ma io penso che tu non
voglia veramente smettere di correre… Vero? >>.
Irina non rispose,
e spostò lo guardo lontano dai suoi occhi. Sentì una mano di William insinuarsi
su i suoi fianchi… e metterle qualcosa nella tasca dei jeans. Le chiavi di
un’auto.
La ragazza rimase
immobile, e tornò a guardarlo negli occhi. William le passò un dito sotto il
mento, disegnando il profilo del suo viso. Sorrideva, divertito dalla sua
reazione di fronte a quel gesto che non sembrava aver previsto.
<< So che le
vuoi, bambolina >> le sussurrò a pochi centimetri dalla bocca, << E
so anche che non me la vuoi dare vinta… Mi piaci proprio perché sai essere testarda e orgogliosa, quando vuoi. In fondo
penso di averti punito abbastanza, no? >>.
Irina non
indietreggiò, non si mosse nemmeno di un millimetro. Rimase ferma a cercare di
comprendere il significato di quelle parole mormorate a pochissima distanza da
lei, e che le sembravano impossibili, per uno come William.
<< Ti ha abbandonata, Irina >> continuò lo Scorpione, parlando
sempre a bassa voce, << Ti ha lasciata qui… E’ scappato. L’unica persona
che non ti lascerà mai è qui davanti a te, perché nessuno può mettermi in
difficoltà… Sai che se voglio, posso fare in modo che nessuno ti tocchi, che
nessuno ti dia fastidio. Posso darti qualsiasi cosa, e ora ti sto dando proprio
quello che vuoi. Ti sembrò così cattivo? >>.
Irina continuò a
rimanere in silenzio. Non capiva cosa sperasse di ottenere da lei,
comportandosi così. Prima le diceva che la sbatteva fuori dalla Lista, e ora le
regalava le chiavi di un’auto… E per la prima volta da quando si conoscevano,
non la stava costringendo a baciarlo, non la stava
costringendo a niente… Rimaneva a pochi centimetri da lei, perfettamente
controllato, assurdamente gentile…
Ricordò quel patto
che avevano fatto: ricominciare da capo, riprendere
tutto dall’inizio. Qualche sforzo lui lo aveva fatto, Irina doveva
riconoscerlo, anche se poi era ricaduto sempre negli stessi errori… Come lei,
d'altronde. Forse proprio perché erano uguali, il destino non sembrava volerli
separare…
William voleva
darle amore, e amore era quello che lei cercava.
Perché non accettare il suo? Perché continuare a pretendere troppo? A volere
ciò che non si poteva avere?
Perché non cedere?
Ormai aveva abbandonato tutto, aveva lasciato morire ogni speranza… Perché non
accettare quello che aveva? Perché non diventare finalmente sua e rendere
almeno uno dei due felice?
“Tanto ho perso tutto… Anche
me stessa. Tanto vale fare le cose per bene”.
Prese il volto di
William tra le mani e iniziò a baciarlo all’angolo della bocca, senza chiedersi
se fosse la cosa giusta, se veramente volesse fare ciò che aveva in mente, e
che fino a poche ore fa le faceva orrore. In fondo, prima o
poi sarebbe accaduto… Perché non essere lei stessa a iniziare?
Forse William non
se lo aspettava, perché ci mise qualche istante più del solito a reagire. La
afferrò per la vita e la spinse lentamente fino alla scrivania. La issò sopra
il ripiano, lasciando cadere a terra un paio di penne a sfera, e le allargò le
ginocchia per lasciarlo avvicinare di più.
Irina non sentiva
nemmeno più la voce del giornalista alla tv, tanto era presa da quello che
stava facendo. Per la prima volta non voleva fermarsi, perché sapeva che quella
era l’unica alternativa che le era rimasta. E poi,
forse, era meno peggio di quello che credeva.
<< Era ora,
bambolina mia >> disse William qualche istante, la lingua che percorreva
le sue labbra, famelica << Volevo almeno un bacio, per la Revènton… Ma anche se mi dai di più, sono
contento lo stesso >>.
“Ti darò tutto quello che vuoi, purché tu mi faccia
dimenticare lui… Purché tu mi faccia smettere di
sentire tutto questo dolore”.
Era pura follia, ma Irina in quel momento voleva veramente essere
sua. Per due anni aveva lottato, ma ora che aveva deciso di cedere, voleva fare
tutto sul serio. Forse dopo si sarebbe detestata, ma William le serviva per
dimenticare, e per cominciare la sua nuova esistenza.
Gli mise la mano
dietro il collo, e infilò l’altra sotto la sua camicia, solleticandogli la
pelle del fianco. Lo avvicinò ancora, tanto da poggiare la fronte contro quella di lui e riuscire a sentire il soffio del suo fiato
sulle labbra. Si fissarono negli occhi per un istante, un istante
che bastò allo Scorpione di aver appena vinto l’ultima battaglia che combatteva
contro di lei.
Con un gesto secco
si sfilò la camicia e la gettò per terra, scoprendo il petto possente e solcato
dal tatuaggio di uno scorpione nero. I muscoli erano perfettamente delineati, troppo simili a quelli di Xander.
Non le diede il tempo di indugiare su quel pensiero, e le scostò i capelli dal
collo, impossessandosi di ogni centimetro libero della sua pelle chiara.
Irina gli cinse il
con un braccio, e sfiorò quelle spalle possenti e allenate, la pelle abbronzata
tesa sotto i muscoli rigonfi. Quando la sua mano passò a pochi centimetri sotto
il suo collo, sentì le labbra di William incresparsi in una smorfia.
Allungando il
collo, Irina riuscì a vedere ciò che aveva dato fastidio a William. Tra le
spalle, la pelle era arrossata per via di un nuovo tatuaggio, che doveva
risalire a pochi giorni prima. Un tribale nero, elaborato dal disegno
complesso.
<< Ti piace?
>> sussurrò William vicino al suo collo, avvinghiandola per la vita.
L’unica risposta
che Irina riuscì a dare fu quella di passare un dito sul tatuaggio, piano, come
se potesse lacerarlo con un gesto così semplice. Questa volta, William si
lasciò percorrere da un brivido di piacere.
Nel completo
silenzio della stanza di sentiva solo la voce del
conduttore del telegiornale che lanciava l’ennesimo servizio sui problemi del
governo. Nello stesso momento William la spinse ancora di più sulla scrivania,
ogni respiro denso di eccitazione.
Finalmente otteneva
quello che voleva. A Irina non importava più nulla di quello che stava facendo,
tanto non aveva più nessuno con cui fare ammenda dei propri comportamenti.
L’unica persona che era rimasta nella sua vita, che non era fuggita, era il suo
più acerrimo nemico, la persona che odiava di più al
mondo. E che si ritrovava ad amare, alla fine, per dare ad almeno uno dei due
il sapore della vittoria.
Quando sfiorò di
nuovo con un dito la pelle della schiena di William, sentì la sua mano sinistra
stringersi sulla sua coscia con forza, quasi dolorosamente. La destra le scoprì
il ventre, dandole un brivido che lui interpretò come impazienza.
Un attimo dopo
Irina si ritrovò sdraiata sulla scrivania, le labbra di William che le
percorrevano il collo, fino ad arrivare alla sua bocca. Le sentì piegarsi in un
sorriso, mentre le dita di lui trovavano i bottoni dei
suoi jeans.
<< Ti
pentirai di non averlo fatto prima >> le sussurrò, << Sei l’unica
che sia stata in grado di farmi provare amore, Irina >>.
Amore, possesso,
era la stessa cosa. Poteva fare quello che voleva, tanto non le importava più
di niente. Non le interessava nemmeno se Dimitri o uno dei domestici li avesse
trovati lì, su quella scrivania che aveva odiato dal primo giorno, uno sopra
l’altro.
Sentì il fiato di
William farsi sempre più corto, mentre cercava di sfilarle la maglietta e
contemporaneamente imprigionarla tra le ginocchia, e Irina gli solleticava la
schiena con le dita sottili. Entrambi avevano ancora i pantaloni, la stoffa dei
jeans che li separava.
Trovò la fibbia
della cintura e iniziò ad allentargliela, mentre coglieva la sempre più
impetuosa eccitazione di William. Sentì la sua mano stringere con troppa forza
il suo seno ancora coperto dal reggiseno, e le scappò un gemito di fastidio. I
gesti dello Scorpione erano sempre troppo possessivi, anche in quel momento.
William riuscì
finalmente a sfilare di dosso la maglia, che gettò malamente di lato, e la
tenne ferma mentre si issava sopra di lei,
accomodandosi sopra la scrivania. Si abbassò e iniziò a baciarla sulle labbra,
mentre infilava la mano sotto la sua schiena, cercando il gancetto del
reggiseno.
<< … Larry Nichols… >>.
L’uomo del
telegiornale aveva appena pronunciato quel nome, e Irina si bloccò di colpo. Lo
conosceva.
<< E’ stato
ritrovato questa mattina nel suo locale a Los Angeles, insieme alla moglie e a
uno dei figli, tutti e tre freddati con un colpo di pistola alla testa. Tutto
fa pensare a una vera e propria esecuzione, tipica di altri delitti risalenti a
diversi episodi… >>.
Irina spinse
William via, che nel frattempo, mentre lei ascoltava, era quasi riuscito ad
aprirle il reggiseno, costringendolo ad allontanarsi da lei.
<< Hai ucciso
Larry Nichols?! >>
gridò.
<< Non mi
sembra il momento per parlarne… >> mormorò William, stringendo la sua
mano ancora appoggiata sul tatuaggio dello scorpione.
“Che stai facendo? Vuoi andare a letto con un
assassino? ”.
In un attimo, tornò
pienamente consapevole di quello che stava per fare… Di quello che per qualche
istante voleva fare.
Irina spostò lo
sguardo dal petto nudo dello Scorpione al suo, quasi libero dal reggiseno. Con
un gesto rapido, sgusciò da sotto il corpo di William e scese dalla scrivania,
continuando a fissarlo arrabbiata.
Aveva ammazzato un
povero vecchio che voleva solo guadagnarsi da vivere con un piccolo locale, e
con lui aveva fatto fuori anche la sua famiglia, che centrava poco e nulla. Non
era il primo, e non era nemmeno l’ultimo…
<< Perché lo
hai ucciso? >> domandò, rabbiosa.
I muscoli delle
spalle di William si tesero. << Dall’ultima volta in cui tu lo hai visto non ha più pagato >> rispose.
<< Lo sai che
non aveva soldi >> ribatté Irina, << Il locale non andava bene… Non
potevi aspettare? >>.
William fece una
smorfia. << Ho aspettato anche troppo >> disse, gelido, << Il
patto era uno solo: o pagava, o moriva >>.
<< Che
bisogno c’era di uccidere anche la moglie e il figlio?!
>> gridò Irina, furiosa. << Non ti avevano fatto niente… >>.
<< Non
mettere in discussione ciò che faccio >> ringhiò William, avvicinandosi,
<< Non azzardarti a dirmi cosa devo fare o cosa non devo
fare… >>.
<< Sei solo
un bastardo >> gli sputò addosso Irina, <<
Sei solo un figlio di puttana senza cuore >>.
Rimase a guardarlo,
comprendendo all’istante l’errore madornale che stava per fare. Si riallacciò i pantaloni, conscia di aver sbagliato un’altra
volta… Ma quella era l’ultima volta. Non sarebbe mai stata la ragazza dello
Scorpione, nemmeno se quello le costava la libertà. E nessun’altro
sarebbe morto per mano sua, se poteva evitarlo.
Di nuovo, in pochi
attimi, tutto quello di cui era convinta si ribaltava. Se fino a poco prima era
decisa a legare per sempre la sua esistenza a quella dello Scorpione, ora
l’unica cosa che voleva era farlo sparire dalla faccia della terra.
<< Da che
pulpito viene la predica >> sibilò William, << Parla la puttana che
si è fatta scopare da mezza città, e da quello sbirro di Went. Vuoi darmi una lezione
quando sei tu la prima a fare cazzate? >>.
Irina si frugò
nella tasca dei jeans e tirò fuori le chiavi che lui le aveva infilato.
<< Forse hai
ragione >> disse, << Sono una stupida, ma non sono un’ipocrita. Non
farò niente che non voglio fare. Soprattutto con uno
stronzo come te. Trovati un’altra troia da portarti a letto >>.
William fece un
passo avanti e le tirò un ceffone in pieno viso, che Irina incassò senza batter
ciglio. Era abituata ai suoi gesti violenti, ma questa volta non riuscì a
spaventarla come faceva sempre. Tornò a guardarlo con più odio di prima, senza
provare paura. L’unica cosa che trasparì dai suoi occhi fu voglia di sfida.
<< Tieniti le
tue chiavi >> sibilò, gettandole per terra, << E buttami fuori
dalla Lista, adesso >>.
Si voltò e uscì
dalla stanza, percorrendo a grandi passi il corridoio, finché non raggiunse la
TT. Per un istante credette che William la seguisse,
la afferrasse per un braccio e la trascinasse di nuovo nello studio, per finire
a modo suo quello che avevano iniziato su iniziativa di lei. Invece la lasciò
libera di andarsene, forse perché anche lui si sentiva stupido, questa volta.
Aveva cantato vittoria troppo preso: non aveva vinto per davvero.
Non avrebbe
permesso a William di dettare ancora le regole a Los Angeles, di fare quello
che gli pareva passandola sempre liscia. Era arrivato il momento di fargli
capire che non poteva continuare ancora a lungo…
C’era una sola
persona che lo conosceva abbastanza per sapere come si sarebbe comportato, una sola che aveva sempre sottovalutato perché
troppo debole rispetto a lui. Una sola persona tra tutte quelle che conosceva
che voleva davvero rinchiuderlo dietro le sbarre. Lei, Irina. Fenice.
Avrebbe fatto
quello che nessuno era riuscito a fare fino a quel momento, senza tenere conto
dei rischi che avrebbe corso. Aveva perso tutto, non aveva nient’altro a cui rinunciare. Poteva riuscirci perché lo Scorpione non
se lo sarebbe mai aspettato da lei, il suo giocattolino, la ragazza su cui aveva il pieno controllo.
“Ti farò arrestare, William.
Fosse l’ultima cosa che faccio… E se non ci riesco, vorrà dire che faremo la
stessa identica fine. Insieme”.
Velocemente, nella
sua mente prese forma un piano, un piano che poteva
attuare per chiudere quella storia che durava da troppo tempo. Non le rimaneva
che una cosa da fare: trovare un’auto. E ora sapeva quale avrebbe preso.
Accese il motore e
tornò a casa, ormai pienamente convinta di quello che voleva fare. Lasciò la TT
vicino al ciglio del marciapiede senza nemmeno chiuderla, salì in camera sua e
si abbassò sotto il letto.
Era ancora lì dove l’aveva lasciata l’ultima volta, qualche settimana
prima. Una valigetta ventiquattro ore nera, chiusa da
una combinazione che conosceva solo lei e nascosta dove sapeva che né suo padre
né i suoi fratelli sarebbero mai andati a cercare.
La aprì
rapidamente, svelandone il contenuto. La pistola che Xander
le aveva dato giaceva vicino alle chiavi di casa sua e della BMW, tutte e tre
adagiate sopra fasci di banconote da cento dollari tenute assieme da elastici
di gomma.
Eccolo
il “tesoro” di Irina: quasi centomila dollari raccolti mettendo da parte i
soldi vinti durante le gare e i proventi di qualche auto venduta. In due anni,
aveva preparato la “rata finale” di tutto ciò che doveva a William: quando le sarebbero rimasti solo centomila dollari da ripagare, li
aveva già pronti per riprendersi in fretta la sua libertà e impedirgli di
aumentare il suo debito con qualche stupida scusa. O almeno era quello che
aveva sempre pensato, e che ora vedeva solo come una sciocca speranza.
Ora il suo piano
era un altro, e quei soldi li avrebbe utilizzati in
modo diverso. Appoggiò le chiavi e la pistola sul letto, e tirò fuori i fasci
di banconote, facendo un rapido conto. C’erano tutti, e sarebbero di certo
bastati a mettere a posto la Punto.
Richiuse di scatto
la valigetta e si rialzò. Prese le chiavi e uscì di
nuovo di casa. Risalì sulla TT e cercò il cellulare nella tasca, cercando il numero di Max nella rubrica.
<< Cosa c’è?
>> chiese il meccanico.
<< Prepara
una lista dei pezzi che servono per la Punto >> disse Irina, << Tra
un’ora sono da te >>.
Chiuse la
telefonata, e partì sgommando verso casa di Xander.
Quando raggiunse la
villetta e la trovò vuota, per la prima volta si soffermò su ciò che stava
provando. Sentì qualcosa farsi pesante a livello dello stomaco, e si rese conto
di quanto le mancasse. Entrò nel giardino con lentezza, come se si stesse
introducendo in casa di sconosciuti. Arrivò alla porta del garage e cercò la
chiave giusta.
Quando la
saracinesca venne tirata su, trovò la BMW M3 bianca
parcheggiata perfettamente al centro, la bella vernice iridescente che brillava
sottola luce del neon. I fari allungati e felini scintillarono come gli occhi
di un gatto, e Irina sentì un groppo alla gola.
Quella era stata la
sua auto. Quella con cui si era presentato, con cui aveva dato inizio alla sua
missione e quella con la quale era riuscito a entrare
nella sua vita. La stessa che a lei piaceva moltissimo, e la stessa che William
aveva cercato di regalarle.
Appoggiò una mano
sul cofano e la fece scorrere lungo la fiancata, compiendo con lentezza tutto
il giro intorno all’auto. Era perfetta come il primo giorno in cui l’aveva vista,
esattamente come Xander l’aveva lasciata. Mentre
disegnava il profilo di uno degli specchietti, scorse il suo volto riflesso nel
finestrino oscurato, ma non si soffermò a studiarlo.
Per un solo
istante, sperò che quel finestrino si abbassasse e mostrasse Xander, sorridente e sfrontato come sapeva
essere solo lui, e che con dolcezza le dicesse che era stato tutto solo un
brutto sogno, che non s’e n’era andato, che era ancora lì per lei, pronto a
proteggerla quando aveva bisogno di lui.
“Invece non ci sei… Spero solo che tu stia bene… O
almeno, che tu stia meglio di me”.
In quel momento si
pentì di tutte quelle occasioni che non aveva colto, di tutte quelle volte che
erano rimasti da soli e in cui lei non si era fatta capire… Forse, se si fosse
confessata, quel bacio sarebbe arrivato prima… Forse…
Scosse la testa.
No, era stato meglio così. L’addio sarebbe stato ancora più doloroso in quel
caso. Sarebbe riuscita a dimenticarlo, con il tempo.
Aprì la porta della
BMW e si sedette al posto di guida, sul morbido sedile di pelle marrone.
Afferrò il volante e cercò di premere la frizione.
Scoprì di non
arrivarci. Sorrise, ricordandosi quanto Xander fosse
più alto di lei, e avvicinò il sedile quanto le bastava per arrivare ai pedali.
Mise a posto gli specchietti, e infilò la chiave, indugiando per un momento.
Quella BMW non sarebbe
mai stata la sua Punto, però era comunque una macchina che per lei aveva un
significato, e che in qualche modo poteva considerare parte della sua vita. Era
stata di Xander, e Xander
era comunque entrato nel suo cuore, lasciando un segno indelebile dentro di
lei. Usare la sua auto per il piano che aveva era
anche un modo per non sentirsi completamente da sola.
Girò la chiave nel
nottolino, e il motore si accese senza esitazioni. I quattrocento cavalli della
BMW ruggirono nel silenzio del garage, gridando tutta la loro voglia di essere
scatenati. Accese i fari a led e sfiorò il pomello del cambio, con la stessa
dolcezza che aveva usato con William poco prima; poi, ingranò la prima marcia.
Lenta, quatta e
sinuosa, la M3 uscì dal garage come un felino esce
dalla sua gabbia, le pietre del vialetto che scricchiolavano sotto le gomme
larghe e dentellate. Raggiunse il cancello, e Irina cercò il telecomando per
aprirlo.
Qualche secondo dopo,
la BMW si lasciò alle spalle la villa, i fari accesi che illuminavano la notte,
diretta al garage di Max.
Ore 22.00 – Officina
Irina fermò la BMW
davanti alla saracinesca dell’officina di Max, la luce accesa che illuminava il
marciapiede. Il meccanico la stava aspettando appoggiato alla porta d’ingresso,
l’espressione leggermente scocciata per essere stato costretto a lavorare anche
a quell’ora.
<< Quella non
è l’auto di … >> iniziò lui, facendo un cenno verso la BMW.
<< Sì, è la
sua >> lo interruppe Irina, prima che potesse pronunciare quel nome che
le faceva tremare il cuore, << Hai preparato ciò che ti ho chiesto?
>>.
Max tirò fuori un
foglio dalla tasca dei pantaloni.
<< Sì, ho
fatto l’inventario >> disse, scorrendo il foglietto con gli occhi,
<< Ci sono un bel po’ di cose da comprare… >>.
Irina gli tolse la
lista dalle mani e iniziò a leggerla. Ci impiegò qualche momento.
<< Dove li
troviamo? >> chiese alla fine.
<< Dipende.
Possiamo ordinarli, oppure andare a prenderli di persona… Ci metteremmo decisamente di meno, ma bisogna andare fuori città >>.
<< Dammi i
vari indirizzi >> disse Irina.
Max la guardò
perplesso.
<< Se li
andiamo a prendere bisogna pagarli subito, lo sai
vero? >> disse, << Contanti >>. Fece il gesto di contare un
fascio di banconote.
Irina gli rivolse
un’occhiata. << Li ho >> disse solo.
Max la fissò, gli occhi scuri spalancati. << Cosa vuol dire li hai? >> domandò.
<< Quanti ne
servono? >> ribatté lei.
Max deglutì.
<< Almeno settanta mila… >> rispose a bassa voce.
Irina prese la
valigetta ventiquattro ore, la appoggiò sul cofano della BMW e la spalancò,
mettendo in bella mostra tutti i fasci di banconote fruscianti.
<< Questi
sono centomila dollari >> disse, << Entro una settimana voglio la Punto come nuova. Anzi, meglio di come era prima >>.
<< Do-dove li hai presi? >> boccheggiò Max, fissando la
valigetta.
<< Li ho
messi da parte facendo le gare e con la vendita delle due auto che avevo vinto
>> rispose Irina, << Dovrebbero bastare >>.
Max le rivolse
un’occhiata, e in un attimo tutto il suo stupore fu sostituito da qualcosa che
assomigliava a perplessità.
<< Irina, non
posso rimettere a posto la Punto in una settimana >> disse, << Se
fosse un lavoro di sola carrozzeria potrei anche riuscirci,
ma il motore è completamente andato… E i pezzi non sono facili da trovare
>>.
La ragazza richiuse
di scatto la valigetta, e lo guardò in faccia, mai così tanto
sicura di quello che stava facendo.
<< Voglio che
ti occupi di tutto, tranne del motore. A quello ci
penso io >> disse Irina.
Sul volto di Max si
dipinse un’espressione preoccupata.
<< Cosa hai in mente? >> chiese, serio.
“Sfidare William e farlo arrestare… Ecco cosa ho in
mente”.
<< Non fare
domande, e non ti dirò bugie >> ribatté Irina,
aggirando la BMW e rimettendo la valigetta nel baule.
<< Non ho
intenzione di farti cacciare nei guai un’altra volta >> disse Max,
<< Dimmi cosa vuoi fare. E anche come pensi di poterti occupare del
motore di un’auto >>.
<< Rivoglio
solo la mia macchina >> mentì Irina, l’espressione più innocente che
riuscì a trovare, << Mi serve. Userò quella di Xander
finché ne avrò bisogno, ma rivoglio la mia, in fretta… E per il motore, ti
spiegherò quando avrai finito con il resto >>.
<< Non mi
freghi >> ribatté Max, << Dimmi tutto, o non ti rimetto a posto
proprio niente >>.
Irina decise di
dirgli solo una parte della sua idea, per dargli l’impressione di averla
convinta davvero, con la sua minaccia.
<< Voglio
solo la mia auto per rimanere nella BlackList >> disse, << Se rimango fuori, tutti gli
sforzi che ho fatto finora risulteranno inutili. Devo
continuare a tenere lontani di qui gli sbirri… Come promesso, Xander era l’ultimo, no? E per il motore… Si può montare
quello di un’altra auto sulla Punto, vero? >>.
Max strabuzzò gli
occhi. << E di quale? >> domandò, spiazzato.
<< Di questa
>> rispose Irina, indicando la BMW bianca.
<< Bè… Si, si può fare >> disse
Max, cauto, << Ma non posso garantirti che funzioni… Sono due auto molto
diverse… >>.
<< Ma almeno tentiamo >> disse Irina, << Voglio
provare. E’ l’unica alternativa che ho per riottenere
in fretta la mia auto… >>.
I due si
guardarono, e Irina capì che Max se la stava bevendo. Voleva davvero istallare
il motore della BMW sulla Punto, ma voleva farlo per una sola ragione: sfidare
William e sbatterlo definitivamente in prigione, anche a costo di rischiare la
vita.
<< Ci vediamo domani mattina per metterci d’accordo sui pezzi
>> continuò Irina, << Ci divideremo e andremo a comprarli di
persona. I soldi li abbiamo. Dopodiché ti occuperai di rimettere a posto la
Punto… E io del resto >>.
Montò in macchina
sotto lo sguardo ancora dubbioso di Max, poi accese il motore e fece
retromarcia.
“E’ arrivato il momento di mostrare che quando Fenice si incazza è davvero pericolosa… Persino per il suo capo”.
Spazio Autrice
Ok, ora voglio
sapere chi di voi ha creduto che Irina arrivasse fino in fondo… Sono curiosa di
capire cosa avete pensato.
Come si vede da
questo capitolo, Irina inizia veramente a dare di testa. E non è la sola, perché
anche Xander comincia a perdere la pazienza. Per
fortuna non è stato espulso dall’F.B.I. (cosa anche
abbastanza prevedibile), ma è costretto a rivedere i suoi piani: deve prima
scoprire chi è la spia, e poi deve tornare a Los Angeles.
E poi, bé, Fenice sta tornando. Irina ha tirato fuori di nuovo le
unghie ed è decisa a mettere lei stessa la parola fine
a questa storia. In effetti, chi meglio di lei conosce lo Scorpione e i suoi
punti deboli? La delusione l’ha portata a fare una scelta difficile e
pericolosa, ma a questo punto non ha più niente da perdere…
Per il prossimo aggiornamento… Bè,
ci sto pensando… Vediamo se riesco a fare per martedì?
Irina sfrecciava
lungo l’autostrada, direzione Sud, verso i fornitori che Max gli aveva
indicato. Il navigatore portatile che aveva trovato nel portaoggetti della BMW
le indicava con precisione la strada da percorrere.
Superò a destra un
paio di utilitarie, e gettò un’occhiata sul sedile del passeggero. I
cinquantamila dollari che aveva con lei erano dentro
la valigetta ventiquattro ore, pronti per essere utilizzati. Gli altri
cinquanta li aveva Max, diretto invece a Nord, come
lei in cerca dei pezzi di ricambio per la Punto.
Anche dopo averci
dormito sopra, il suo piano le sembrava perfetto.
Sfidare William in una corsa, per poi chiamare la polizia e cercare di
bloccarlo lungo la gara per fare in modo che gli sbirri riuscissero a fermarlo…
Poco importava se veniva catturata anche lei.
L’unica cosa che
all’inizio non aveva pensato era che molto probabilmente prima avrebbe dovuto
sfidare Dimitri: la regola imponeva che bisognava
battere tutti i piloti prima di correre contro lo Scorpione.
In passato aveva
considerato la cosa come preoccupante, ma al momento le sembrava solo una
perdita di tempo. Conosceva Dimitri, il suo stile di guida, il suo modo di
trattare gli avversari. Forse era più forte di lei, ma dalla sua aveva una
determinazione che prima non aveva mai avuto. Poteva batterlo, se voleva. E
questa volta lo voleva veramente.
Inserì la freccia e
uscì dall’autostrada, seguendo le indicazioni del navigatore. Si ritrovò
davanti a quello che pareva un’enorme sfasciacarrozze, chiuso da una cancellata
in ferro arrugginito. Sembrava abbandonato, ma l’uomo
grassoccio che stava scaricando pezzi di auto da un furgone doveva essere il
titolare. Appena sentì il rumore del motore della BMW
si voltò e guardò verso la macchina, leggermente allarmato.
Irina smontò dalla
M3 e gli rivolse un’occhiata.
<< Cosa stai cercando? >> gridò l’uomo, ora più
tranquillo dopo aver visto che si trattava di una ragazza.
<< Mi servono
dei ricambi >> rispose Irina.
<< Da dove arrivi?
>> chiese l’uomo, avvicinandosi alla cancellata.
<< Los
Angeles >> rispose Irina. << Sono la
numero tre della BlackList
>>.
“O almeno, lo ero fino a qualche ora fa…”.
L’uomo aprì
rapidamente il cancello e le fece cenno di entrare. Irina risalì sulla BMW e si introdusse all’interno, parcheggiando la macchina in uno
spazio libero. Dentro, lo sfasciacarrozze era pieno di carcasse di auto, pezzi
sparsi ovunque e pile di pneumatici vecchi.
<< Di
preciso, chi saresti? >> domandò l’uomo, strizzando gli occhi per
guardarla meglio. Portava un grembiule macchiato e un paio di guanti da lavoro.
<< Mi
conoscono con il nome di Fenice >> rispose Irina, tranquilla, << Ne
hai mai sentito parlare? >>.
<< Aaah, Fenice >> fece l’uomo, ora rilassato, <<
Certo. Non ho mai visto il tuo capo, ma lo conoscono tutti anche da queste
parti… Chi non lo conosce, d’altronde? Mi ha commissionato parecchi ordini,
qualche mese fa… >>.
Irina annuì, poco
interessata. << Mi servono dei pezzi per un’auto europea >> spiegò,
tirando fuori il foglietto che le aveva dato Max, << Italiana, per la
precisione. Una Fiat Grande Punto >>.
L’uomo la guardò
per un momento, sbatté le palpebre e poi scoppiò a ridere. << Una Fiat
Grande Punto? Con tutte le auto che ci sono in giro, ti sei presa una Fiat?
>>.
Irina gli rivolse
un’occhiata incendiaria. << Con quell’auto sono diventata la numero tre della BlackList. Datti una mossa, non sono qui per farmi deridere la
macchina >>.
L’uomo smise di
ridere all’istante davanti al tono di ghiaccio di Irina. << D’accordo
>> borbottò, e prese la lista che le teneva in mano, << Vediamo
cosa possiamo fare >>.
Scorse lentamente
l’elenco con occhio critico, poi disse: << Forse qualcosa abbiamo… Però
per sicuramente alcuni li dovremo far arrivare dall’estero… >>. Si guardò
intorno, poi chiamò: << Jack! Vieni qui!
>>.
Un ragazzino
magrolino sbucò da dietro una pila di quelli che sembravano paraurti di vecchie
auto, l’aria leggermente imbarazzata. Trotterellò vicino a loro, lo sguardo a
terra. Irina capì che non osava guardarla, come se avesse paura di farlo.
<< Guarda un
po’ se trovi questi per la nostra signorina >> disse l’uomo, mostrandogli
la lista, << Fai in fretta, che non stiamo qui ad aspettare te >>.
Jack annuì, poi
sparì diretto a un grosso casolare dimesso. L’uomo tornò a guardarla, con
rinnovato interesse.
<< Come mai
tutti quei pezzi? >> domandò, << La BMW M3 non è decisamente
migliore, rispetto a una Fiat? >>.
<< La BMW non
è mia >> disse Irina, infastidita dalla velata critica alla Punto,
<< Rivoglio la mia auto, che al momento non è in grado di gareggiare… Ah
proposito, quali sono i pezzi che dovrei ordinare? >>.
L’uomo le mostrò
ciò che aveva barrato sulla lista. << Questi >> disse, indicandoli,
<< Non li abbiamo, e difficilmente li troverai da altre parti… Non è
un’auto molto comune, da queste parti, quindi dovrai farteli importare
dall’Italia >>.
<< Voi potete
occuparvene? >> chiese Irina.
L’uomo ridacchiò.
<< Certo >> disse, << Smerciare parti di ricambio di auto
rubate è il nostro mestiere… >>.
<< E quando ci tempo ci vorrà? >> domandò Irina.
<< Almeno due
settimane >> rispose l’uomo, stringendosi con
noncuranza nelle spalle, << Però potrebbe volerci anche di più >>.
Irina gli rivolse
un’occhiata eloquente, poi tirò fuori una mazzetta di banconote da cento
dollari. La sventolò sotto il naso dell’uomo e sorrise: << Pago tutto in
contanti. Se riesci a farmeli avere entro tre giorni, potrei decidere di
lasciarti una congrua mancia per il disturbo >>.
<< Credo… Credo che potrei riuscirci >> balbettò l’uomo, alla
vista di tutto quel denaro in una sola volta.
<< Bravo…
>> disse Irina, infilandogli la mazzetta della tasca del grembiule con
aria soddisfatta, << Lo Scorpione sarà contento di sapere che tratti bene
la sua signorina >>.
In quel momento
tornò il ragazzino di nome Jack, che trasportava a fatica un grosso scatolone
di cartone. Ansimava per lo sforzo, e anche questa volta evitò di guardarla.
<< C’è molto poco >> disse, << Ho preparato un altro
pacco, ma… >>.
<< Va bene, va bene >> lo interruppe l’uomo, << Carica tutto
sull’auto mentre io le faccio il conto >>.
Irina guardò il
ragazzino avviarsi verso la BMW con lo scatolone in mano, ma l’uomo attirò la
sua attenzione. Teneva in mano una calcolatrice.
<< Allora…
>> borbottò, << Quello sono 100, la griglia fanno
150… Dunque, in tutto sono… >>. Le mostrò la calcolatrice, che indicava
una bella cifra a tre zeri.
Irina tirò fuori
un’altra mazzetta e gliela porse. L’uomo le sorrise e intascò tutto molto
velocemente.
<< E’ un
piacere fare affari con voi di Los Angeles >> disse.
Irina fece una
smorfia. << Immagino… >> disse, e si avviò verso la macchina,
<< Voglio quei pezzi tra tre giorni… Non uno di
più, chiaro? >>.
<<
Chiarissimo, signorina >> ribatté l’uomo, e a Irina non sfuggì il leggero tono ironico della sua voce.
Il ragazzino stava
ancora cercando di caricare il secondo scatolone nel baule della BMW, ma
sembrava essere troppo pesante per lui. Irina lo guardò per qualche istante,
mentre lui cercava in tutti modi di evitare di guardare dalla sua parte e al
contempo di tirare su quel pacco. Alla fine decise di intervenire, e lo aiutò a
caricare i pezzi nella BMW.
<< G-Grazie
>> balbettò il ragazzino.
“Non sapevo di essere così spaventosa…” pensò Irina,
davanti allo sguardo intimorito di Jack. Doveva essere l’effetto della parola
“Scorpione” associata a lei a renderla così temuta.
Richiuse il baule,
e con la coda dell’occhio guardò il ragazzino, che stava ammirando la M3 con
sguardo sognante. Sorrise e si voltò verso di lui.
<< Tieni
>> disse, mettendogli in mano qualche banconota da cento, poi risalì
sulla BMW e si avviò verso l’uscita. Dallo specchietto riusciva a vedere
l’espressione di pura gioia sulla faccia del ragazzino.
Attese che il
cancello venisse nuovamente aperto, poi fece sgommare
l’auto e ripartì diretta di nuovo all’autostrada, pronta per un’altra tappa
alla ricerca di altri pezzi.
Ore 14.00 – San Francisco, Sede F.B.I.
Niente. Nessuna schifossissima notizia.
Xander fissava accigliato
il cellulare poggiato sulla scrivania a cui era legato
da ventiquattro ore, e che odiava già. Michael non si era fatto ancora sentire,
non gli aveva detto niente riguardo a Irina. Il che doveva essere una buona
notizia, perché significava che non era successo niente. Ma
il suo istinto gli diceva che quando riguardava Irina, “niente” significava
moltissimo.
Prese il telefono e
compose il numero. Michael rispose solo dopo quattro squilli.
<< Pronto?
>> disse.
<< Sono io
>> disse Xander, << Non mi avevi ancora telefonato… Come vanno le cose? >>.
Michael fece una
pausa, prima di rispondere. << Bene. Sto raccogliendo un po’ di prove per
incastrare Challagher… >>.
<< Hai visto
Irina? >> lo interruppe Xander.
<< Sì, Challagher me l’ha presentata ieri >> rispose
prontamente Michael, << Credo di essere a buon punto, se mi ha fatto
conoscere la sua ragazza… >>.
Xander digrignò i denti
di fronte a quell’espressione. “Piano con
le affermazioni… Irina non è ancora la ragazza di nessuno”.
<< Come ti è
sembrata? >> domandò.
<< Bé, carina… Oddio, forse è riduttivo… >>.
<< Intendo se
stava bene >> disse Xander, esasperato, alzando
gli occhi al cielo.
<< Oh, sì, mi
è sembrata a posto >> rispose Michael, << Ha scambiato qualche
parola riguardo alla BlackList con Challagher, poi è andata
via… >>.
<< Hai
sentito di cosa parlavano? >>.
<< No, si
sono allontanati >> rispose Michael, << Non sono
riuscito a sentire niente… E poi c’era Dimitri vicino a me >>.
<< Ok, non fa
niente. Un’ultima domanda: hai notato strani comportamenti da parte di White?
>> chiese Xander.
<< White?
>> fece Michael, perplesso, << No, mi è sembrato normale… Perché?
>>.
<< Non fa
niente. Ci sentiamo più avanti. Fammi sapere se succede qualcosa di strano
>> disse Xander, e chiuse la telefonata.
Non era ancora
riuscito a trovare qualche prova contro White, e la cosa lo innervosiva
abbastanza. Il suo capo doveva essere molto furbo, perché non aveva lasciato
indizi da nessuna parte: i tabulati telefonici non dicevano nulla su possibili
collegamenti con Challagher. Però poteva aver
utilizzato altri telefoni di cui lui non conosceva il numero, come quello che aveva visto dentro la Mercedes rossa… Oppure poteva averlo
fatto attraverso Internet, con il computer del suo ufficio: in quel caso,
doveva riuscire ad accedere a quello e sbirciare tra le sue mail, e su tutto
ciò che lo riguardava… Ma per farlo, aveva bisogno di un informatico.
In quello stesso
momento entrò Jess, una tazza di caffè in mano e
l’espressione incuriosita.
<< Vuoi?
>> domandò, indicando la bevanda.
Xander annuì. McDonall gli aveva detto che doveva evitare di svelare il
suo piano a chiunque, ma di Jess sapeva di potersi
fidare. Oltretutto, anche lui aveva una persona che voleva rivedere, a Los
Angeles.
<< Puoi
accedere a un pc degli uffici? >> domandò Xander, diretto.
Jess lo guardò.
<< Dipende cosa devi fare… >> disse, << Non è il caso che ti
cacci di nuovo nei guai… >>.
Xander gli rivolse
un’occhiataccia. << Tu rispondimi e basta >> disse.
<< I pc dei superiori sono tutti protetti… Per accedervi dovrei
collegare il mio portatile ai loro e decrittare le password. Potrebbe volerci
un po’, ma credo si possa fare >> spiegò Jess,
guardando il soffitto con aria concentrata. << Cos’hai
in mente? >> aggiunse alla fine.
Xander valutò
attentamente cosa poteva e non poteva dire, ma poi
decise che almeno con il suo migliore amico poteva essere sincero.
<< McDonall non mi ha sospeso >> disse, << Voleva
solo che tutti credessero fossi realmente fuori dall’F.B.I…. Sospetta anche lui che ci sia una talpa, e mi ha
detto di indagare >>.
Jess lo guardò per un
momento, poi alzò gli occhi al cielo. << Aaaah,
giusto… Tutto regolare >> disse, << Mi sembrava un po’ troppo
strano che te ne stessi qui tranquillo a fare l’impiegato… Oltretutto Alexander
Went non fa mai le cose come tutti, no? Se non c’è il
rischio di rimetterci la pelle e se non bisogna essere
agenti sotto copertura e pieni di segreti, mica si scomoda… >>.
Xander ridacchiò.
<< Spiritoso… Comunque me la dai una mano o no? >>.
<< Certo
>> disse l’informatico, << Da dove vuoi
cominciare? >>.
<< Quanto
tempo credi ci voglia per entrare nel pc di White?
>> domandò, << Devo saperlo, perché la prima volta che non c’è ne approfittiamo… >>.
<< Non lo so
>> rispose Jess, l’aria professionale, <<
Dipende dal tipo di protezione che utilizza. E se ha qualcosa da nascondere,
stai sicuro che sarà una cosa piuttosto lunga >>.
<< Ok, allora
nel frattempo escogiterò qualcos’altro… >> disse Xander,
<< Ah proposito, hai telefonato a Jenny?
>>.
L’informatico si
rabbuiò. << Sì, certo… >> mormorò, << Solo che… Bé, non è
piacevole sapere che sta male >>.
Xander gettò la penna
sulla scrivania, sospirando. << Credi che io stia meglio? Irina non mi ha
voluto parlare… E posso scommettere che era con Jenny, quando hanno telefonato
>> disse.
L’unica cosa che lo
avrebbe consolato era sapere cosa pensava di lui Irina. Sapeva che molto
probabilmente l’aveva delusa, che forse lo detestava… Ma non si era ritratta da
quel bacio che alla fine aveva dovuto darle, pena la pazzia eterna, o almeno
non lo aveva fatto subito… E fermarsi era stato piuttosto difficile, visto che si era tenuto per settimane… Però quando le aveva
detto “Ti amo” lei non aveva risposto, non aveva detto nulla… Lo aveva lasciato
nel dubbio.
Forse se lo
meritava. Non si era comportato bene con lei… Lui l’aveva lasciata crogiolare
nella confusione per settimane, e ora doveva ripagare nello stesso modo…
“Tanto torno indietro e ti vengo a prendere… Anche se
quello che mi sentirò dire sarà un no”.
Ore 19.00 – Officina
<< Allora,
cosa manca? >> domandò Irina, fissando l’officina cosparsa di pezzi di
auto, Max e Antony che fissavano il pavimento
analizzando il materiale su cui dovevano lavorare.
<< Nulla… Se
non il motore, e i pezzi che arrivano domani >>
rispose Max, << Possiamo cominciare, credo >>. Rivolse un’occhiata
ad Antony.
<< Si, anche se a me sembra una cosa da pazzi… >> disse
dubbioso il messicano, << Sei sicura di quello che vuoi fare? >>.
<< Sì, più
che sicura >> rispose solo Irina, << Allora domani vado a ritirare gli ultimi pezzi, e poi ve li porto.
Cominciate pure >>.
Si avviò verso
l’uscita, ma sentì Max seguirla fuori.
<< A me non
sembra >> disse Max, << Da quando Xander
se n’è andato sei strana… E non mi hai detto come ha
reagito William, a parte che ti ha bruciato l’auto… >>.
<< C’è poco
da dire >> disse Irina, << Credeva lo
avessi aiutato… E mi vuole fuori dalla BlackList >>.
<< E’ per questo che rivuoi la macchina? >> domandò Max,
<< Per non uscire dalla Lista? >>.
Dal tono era chiaro
che aveva capito che non era così.
<< Sì
>> rispose Irina, e si voltò per andarsene.
<< Aspetta…
Lo so che stai tramando qualcosa >> disse Max, << Non voglio
vederti stare male di nuovo… >>.
<< Tanto sto già male, Max >> sbottò Irina, tornando a
guardarlo. << Non posso stare peggio di così. Lo avevi previsto, no? Se
ne sarebbe andato, e io sarei rimasta delusa…
Previsione perfetta. Lasciami in pace, e non ricordarmi che sto male, ok?
>>.
“Stavo per andare a letto con William… E’ questo dice
tutto”.
Risalì sulla BMW e
si lasciò l’officina alle spalle. Non voleva continuare a pensare a quella
cosa, a quanto si sentisse vuota. A quanto si sentisse sola, senza di lui…
Scacciò il pensiero
e si diresse verso il Gold
Bunny, dove era sicura di trovare William quella sera. Non si erano più visti
da due giorni prima, quando avevano avuto quel contatto fin troppo ravvicinato.
E nemmeno nessuna telefonata. Lo Scorpione doveva essersi sentito davvero
un’idiota, e la cosa rendeva Irina piuttosto orgogliosa.
Ora non le rimaneva
che capire se era veramente fuori dalla Lista oppure
poteva sperare di essere ancora considerata la numero tre… Molto probabilmente
no. William doveva essere furioso con lei, quindi la considerava fuori…
Parcheggiò l’auto e
scese. C’erano poche macchine perché era ancora
presto, ma individuò subito quella di William lasciata vicino all’ingresso.
Doveva trovare il coraggio di affrontarlo, prima o poi.
Entrò nel locale e
chiese a uno dei camerieri dove fosse lo Scorpione.
Lui gli indicò il retro, e Irina si avviò, passando vicino al bancone.
Appoggiata con aria
annoiata c’era Vera Gonzalez,
la numero sette della Lista. Uno dei riccioli scuri le ricadeva sul volto,
dandole un’espressione piuttosto selvaggia. Da quel giorno in cui l’aveva sconfitta nuovamente non l’aveva più vista bazzicare da
quelle parti.
Le passò davanti
con l’intenzione di ignorarla, ma la spagnola non riuscì a resistere e le
rivolse la parola.
<< Fenice
>> disse, << Non è ancora presto per te? Già qui a quest’ora?
>>.
<< Anche per
te è presto >> ribatté Irina, trovando il tono della donna meno
strafottente del solito, << Cosa fai qui da
sola? Non dovresti essere con i tuoi amici? >>.
<< William
aveva bisogno di soddisfare i suoi istinti… >> rispose serafica, <<
E’ sempre così instancabile, a letto? >>.
<< Se mi hai
fermato per dirmi questo, non è cosa che possa interessarmi >> disse
Irina, << Gliel’ho detto io di trovarsi un’altra
troia… >>.
<< Ho saputo
che ti ha sbattuto fuori dalla Lista >> disse Vera, senza cogliere
l’insulto, << Went era uno sbirro… E’ la
verità? >>.
<< Sì, sono
fuori >> rispose Irina, << Ma ancora per poco… William voleva darti il mio posto, per caso? >>.
Vera fece una
smorfia. << No… Sembra che tu il tuo terzo posto te lo sia guadagnato
>> disse, il tono di voce strano, << Volevo solo sapere se era vero
>>.
Irina squadrò la
spagnola senza capire dove volesse andare a parare… In più, non l’aveva
insultata come faceva di solito.
<< Se non ti
dispiace, avrei da fare >> disse, e si defilò.
Trovò William
seduto a un tavolo che fumava tranquillamente da solo. Sul tavolo c’erano un paio di bicchieri vuoti, mentre il posacenere era pieno
di mozziconi.
<< Cosa fai qui? >> domandò William, senza guardarla.
<< Devo
parlarti >> rispose Irina, sedendosi con un po’ di apprensione.
<< Parla
>>.
<< Devo
considerarmi fuori dalla BlackList?
>> chiese Irina, gettando uno sguardo alla pila di mozziconi di
sigarette. William era nervoso.
<< Dimmelo tu
>> ribatté lo Scorpione, << Credi di essere ancora la numero tre oppure no? >>.
<< Ho
un’auto, adesso >> rispose Irina, << Quindi non sono fuori. A meno che tu non abbia deciso che lo sono >>.
William spense la
sigaretta nel posacenere e le lanciò un’occhiata. << Non amo essere preso
per il culo >> disse, << E non mi
piacciono i doppiogiochisti… Per me sei fuori, e lo rimarrai anche se hai
un’altra auto >>.
<< E se
rivolessi indietro il mio posto? >> domandò Irina.
<< Devi
sfidare di nuovo tutti i membri della Lista >> rispose William,
accendendosi l’ennesima sigaretta.
Irina si accorse
che era più strano del solito. Il tono con cui le parlava era distaccato e poco
interessato, ma era chiaro che doveva essere furioso con lei. Praticamente non la guardava, e continuava a rimanere
concentrato o sulla sua sigaretta o sul bicchiere vuoto che aveva davanti.
Oltretutto era solo, ed era una cosa inusuale… Di
solito Dimitri era sempre nei paraggi…
La conversazione
sembrava finita, per lui, eppure non le aveva ancora detto di andarsene, come
normalmente avrebbe fatto. Rimasero seduti l’uno di fronte all’altra per
qualche minuto, in completo silenzio.
Alla fine William
soffiò una boccata di fumo in direzione del soffitto e disse, sempre evitando
il suo sguardo: << Come ti sei sentita quando te ne sei andata?
Soddisfatta? Te l’eri studiata, oppure ti è venuta sul momento? >>.
Irina lo guardò, e
si rese conto che lo Scorpione, forse per la prima volta in tutta la sua vita,
era rimasto male per qualcosa. Stranamente, stava quasi ammettendo di essere
stato preso in giro, di averla bevuta… E l’artefice di tutto quello era lei,
una ragazzina stupida e indifesa. William Challagher,
perfetto, con soldi e potere, rispettato e temuto, era stato gabbato da una
ragazza di soli vent’anni.
<< Non mi ero
studiata proprio niente >> rispose Irina, << Ero venuta solo per
dirti che volevo smettere di correre… Il resto è successo per caso >>.
William le rivolse
un’altra occhiata, e avvicinò il posacenere. Irina si chiese se sarebbe
arrivata fino in fondo, se non avesse sentito il telegiornale… Con un brivido,
si disse che sì, quella volta avrebbe avuto il coraggio di farlo.
<< Per caso?
Ah… >>. Lo Scorpione spense la sigaretta e la guardò, questa volta a
lungo e negli occhi.
“Avanti, incazzati… Arrabbiati, insultami
come fai di solito. Mettimi le mani
addosso, tanto siamo solo io e te… Perché ti comporti
in questo modo? Perché ti limiti a fare il distaccato?” pensò Irina, sempre più confusa.
Sotto lo sguardo di
William, le venne la pelle d’oca. Non capiva come mai fosse così strano…
<< Vattene
>> disse lui alla fine, con un mezzo sorriso.
Irina si alzò di
scatto, e senza ulteriori indugi uscì dal resto e si
avviò verso l’uscita.
Bene, se voleva
sfidare Dimitri e poi William, doveva di nuovo scalare tutta la Lista… E ci sarebbe voluto
tempo, tempo che lei sentiva di non avere. C’era
un’unica soluzione per togliersi da quel impiccio…
Sfidare gli ultimi
sette tutti insieme, in un'unica gara.
Vera era ancora dove l’aveva lasciata, da sola, a sorseggiare un
drink. Le passò davanti, ma la spagnola la fermò di nuovo.
<< Allora?
Sei definitivamente fuori? >> domandò.
Irina si voltò a
guardarla. << Sì… >> rispose, poi le rivolse un’occhiata divertita,
<< Contenta di saperlo? >>.
L’espressione di
Vera rimase indecifrabile. << Cosa farai?
>> chiese.
<< Mi
riprenderò il mio posto >> rispose Irina, tirando fuori il cellulare,
<< Anche se devo sfidarvi di nuovo tutti… Sabato sera, Dalton Beach, alle
undici. Vedi di esserci >>.
Si girò e iniziò a
cercare il numero di Gregory Horne, il numero dieci della BlackList.
<< Aspetta un
momento… >> sbottò Vera, << Cosa vuol dire
sabato sera a Dalton Beach? >>.
Irina si voltò di
nuovo verso di lei. << Te l’ho detto… Vi sfido. Tutti
insieme >> disse, e lasciò il locale.
Ore 23.00 – Dalton Beach
Irina fermò la BMW
su quella che doveva essere la linea di partenza per la sua gara suicida. Notò
quanta gente si fosse radunata vicino alla spiaggia, e con piacere vide diverse
auto dei membri della BlackList
parcheggiate a pochi metri da lei, già pronte alla partenza.
Era chiaro che
l’atmosfera era quella delle grandi occasioni, perché la gente sembrava
eccitata. Molti fischiarono quando videro la BMW fermarsi nei paraggi,
ridacchiando.
Scese dalla M3 e
subito le vennero incontro Jim Whitman, Robert O’Correll
e Logan Milay, rispettivamente il quarto, il sesto e
l’ottavo della Lista, le espressioni scocciate.
<< Cosa significa, Fenice? >> la aggredì Logan Milay, << Perché ci hai fatti venire tutti? Non sei
fuori, o sbaglio? >>.
<< Infatti
>> rispose Irina, tranquilla, << Rivoglio il mio terzo posto. Vi
sfido tutti insieme >>.
I tre rimasero in
silenzio, sbalorditi dalla sua pazzia. Nel frattempo si erano avvicinati anche
tutti gli altri membri della Lista: HiroKawashima, Brett Goldsmith, Gregory Horne
e Vera Gonzalez.
<< Non puoi
farlo… >> disse Kawashima.
<< Non posso?
>> fece Irina, guardandolo con aria di sfida, << Per riavere il mio
posto devo battervi tutti, ma non devo per forza farlo
separatamente… Vi ho già battuti tutti una volta: se oggi vinco di nuovo,
significa che rimango ancora più forte di voi >>.
I membri della
Lista si guardarono tra loro, leggermente a disagio. Ricordargli che una
ragazza li aveva stracciati non li rendeva molto orgogliosi. Solo
Vera rimase tranquilla, in disparte.
<< Sei stata
esclusa >> disse Whitman, aggressivo, << Quindi devi seguire le
regole come tutti gli altri… >>.
<< Non credevo
che ci fossero regole, tra i piloti della BlackList >> ribatté Irina, << Per caso avete paura di essere battuti anche tutti insieme? >>.
Rimasero tutti in
silenzio, finché Irina non vide con la coda dell’occhio una Revènton
grigia fermarsi a pochi metri da loro. William scese,
un sorriso sardonico sul viso.
<< Allora è
questo che avevi in mente… >> disse, avvicinandosi, << Non mi sarei aspettato niente di meno da te, in effetti >>.
Tutti si voltarono
verso di lui, esclusa Irina, che rimase immobile, dandogli le spalle.
<< Fate
questa gara >> continuò William, << Voglio proprio vedere se riesce
a farvi il culo anche questa volta >>.
Tutti i membri
della Lista si guardarono tra loro, poi si avviarono lentamente verso le auto.
Gli ordini dello Scorpione non si discutevano mai, nemmeno in quel caso. Vera
però rimase immobile, guardando Irina.
<< Io non
gareggio >> disse, tranquilla.
<< Perché?
>> chiese Irina.
<< Penso che
il terzo posto rimanga comunque tuo. Non c’è bisogno di un’altra gara, secondo
me >>.
Irina guardò la
spagnola, stupita. E non fu l’unica, dato che era
risaputo quanto le due si odiassero… William ridacchiò.
<< Sei libera di ritirarti, Gonzalez
>> disse, << Cerca di sgomberare il campo in fretta >>.
Il fatto che la
chiamasse per cognome lasciò Irina perplessa. Erano andati a letto insieme, a
quanto pareva, perché tutta quella freddezza tra loro?
Vera se ne andò e
raggiunse la sua auto, appoggiandosi alla fiancata per assistere alla gara.
Irina la guardò per qualche momento, sorpresa per quello strano scatto di
solidarietà da parte della spagnola.
<< Quindi è quella la tua nuova macchina >> disse
William, attirando la sua attenzione. Stava guardando la BMW. << Quella
di Went… Dovevo immaginarlo. Bè,
almeno non è un catorcio come quella stupida Punto >>.
“La Punto la tengo buona solo per te” pensò Irina.
Salì in auto e
attese che tutti i membri della BlackList si posizionassero sulla linea
di partenza. Alla sua destra, Gregory Horne
con la Lotus Europa blu, Brett Goldsmith con la Shelby
GT2000 grigia e Logan Milay con la Ford Mustang
arancione. Alla sua sinistra, Robert O’Correll con l’Audi A5 rossa, HiroKawashima con l’Honda RX7 grigia e Jim Whitman con la
DodgeViper verde.
Irina accese il
motore, strinse il volante e attese che tutti gli altri facessero altrettanto.
Teneva d’occhio William, che aveva intenzione di dare il via.
In quel momento
vide Max correre verso di lei, arrabbiato e spaventato al tempo stesso. Abbassò
il finestrino per sentire cosa aveva da dire.
<< Irina! Che
cazzo fai?! >> gridò il meccanico, << Era
questo che mi stavi nascondendo? >>.
<< Levati di
mezzo, Max >> ribatté Irina, << Lasciami fare questa gara >>.
<< Ma sei
uscita fuori di testa? Ti farai ammazzare! >>
urlò Max.
Irina sentì i motori
delle auto vicino a lei rombare. Da un momento all’altro sarebbero partite.
<< Levati da
qui o ti investo! >> gridò Irina, poi premette
l’acceleratore.
La BMW schizzò in
avanti, lasciando Max stordito in mezzo alla strada. Le altre sei macchine la
seguirono a ruota, facendo stridere le gomme.
Irina ingranò la
marcia e cercò di portarsi in testa, affiancata da Whitman con la Viper. Lo vide ridacchiare tra sé mentre il muso della Dodge superava quello della BMW. Subito dietro di lui,
approfittando della scia, c’era O’Correll con l’Audi.
Gli unici a essere rimasti dietro erano Horne e Milay.
Sterzò a destra,
cercando di chiudere la strada a Whitman e O’Correll,
in attesa della prima curva. Appena vide la svolta, rallentò e si preparò a
girare.
Come aveva
previsto, si ritrovò la Viper incollata alla
fiancata, ma l’A5 rimase indietro. A sinistra aveva Kawashima,
dietro la Shelby di Goldsmith.
Controllò
rapidamente il tachimetro, che stava superando i 150 km/h… Prossima curva a
sinistra…
In trenta secondi
doveva capire che strategia usare: la Mustang e la Lotus non erano più un
problema, perché le vedeva dallo specchietto retrovisore, troppo distanti dalla
mischia per essere di qualche fastidio… E la BMW si equivaleva con la Honda e la Shelby… I due più
problematici erano l’Audi e la Dodge, che infatti le
stavano alle calcagna.
Irina frenò di
colpo, decisa ad affrontare la curva seguente il più
stretta possibile. Sfiorò il marciapiede a sinistra, e sentì uno dei semafori
barcollare, colpito dalla fiancata dell’Audi. Si ritrovò a sinistra la Viper, che ne approfittò per stringerla contro il muro
della palazzina lì vicino. Irina rallentò e lo lasciò passare avanti, scorgendo
subito dietro Whitman il muso dell’Audi rossa.
Le ci volle un
secondo per capire che Whitman e O’Correll si
dovevano essere messi d’accordo per non farla arrivare alla fine della gara.
Molto probabilmente volevano vendicarsi per la sconfitta subita in passato, ed
erano disposti a giocare insieme contro di lei.
“Adesso vi frego io…”.
Alla curva seguente
lasciò passare anche l’Audi, e guardò O’Correll
piazzarsi davanti a lei, i fari rossi accesi nella notte. L’A5 e la Viper si ritrovarono presto fianco a
fianco, la BMW a una decina di metri da loro.
Irina gettò
un’occhiata allo specchietto retrovisore: la Mustang e la Lotus sembravano aver
ingaggiato tra loro un duello che non c’entrava niente con la gara, ed erano
comunque troppo distanti per rappresentare un
problema. Notò la Shelby e la Honda
subito dietro di lei, decise a darle filo da torcere.
Nello stesso
istante, si accorse che davanti a lei l’Audi e la Viper
continuavano a rimanere fianco, superandosi a vicenda. O non sapevano chi dei
due dovesse passare davanti, oppure nessuno dei due voleva rimanere dietro.
Come Irina aveva previsto,
nel giro di pochi istanti Whitman e O’Correll
ingaggiarono un duello, dimenticandosi completamente di lei. Se si erano uniti
per ostacolarla, ma la rivalità li aveva comunque divisi, alla fine.
Tirò il freno a
mano e lasciò che la BMW scivolasse a sinistra, l’Honda che cercò di infilarsi
nell’angusto spazio che aveva lasciato libero, senza però riuscirci. Tenne
d’occhio Kawashima e si preparò al sorpasso.
In quel momento
Whitman stava chiudendo la strada a O’Correll,
costringendolo a rallentare. Uno degli specchietti dell’Audi volò via,
schiantandosi contro il muso della M3.
Irina scartò di
lato, sfruttando la scia della Viper. Lo stesso stava
facendo Kawashima dietro di lei.
“Ok… Adesso vediamo come far fuori questi tre idioti…”.
Se aveva calcolato
bene il percorso, le rimanevano ancora circa cinque minuti prima di arrivare in
vista del traguardo. Doveva sbarazzarsi del giapponese e superare i due davanti
a lei.
L’Audi speronò la Viper, spingendola verso sinistra. Irina cercò di
approfittare dello spazio vuoto, ma le due auto ritornarono al centro della
carreggiata, continuando ad andarsi addosso. Kawashima
molto probabilmente stava aspettando il momento giusto per aspettare
il sorpasso, perché continuava a rimanere dietro di lei.
Curva a destra… La
seguente a sinistra. Rettilineo e semaforo…
Irina passò
l’incrocio a tutta velocità, conscia della luce rossa
fissa che brillava nella notte e che significava solo “stop”… Kawashima passò subito dopo di lei, sempre nella sua scia.
Dietro di lui, la Mustang e la Lotus…
Come al
rallentatore, Irina vide dallo specchietto le due auto attraversare l’incrocio
a tutta velocità nello stesso istante in cui una volante della polizia si
apprestava a fare lo stesso.
Le tre auto si
schiantarono l’una contro l’altra con un boato assordante, lasciando
sull’asfalto le strisce degli pneumatici. Dallo specchietto, Irina riuscì a
vedere la Mustang capovolgersi su se stessa, presa in pieno dalla polizia. La
Lotus finì contro uno dei pali della luce, abbattendolo.
Tornò a guardare
davanti a sé solo perché doveva vincere quella gara a tutti i costi, ma
comprese quanto fosse grave quell’incidente… Sentì un boato fragoroso e vide
una pira di fuoco stagliarsi proprio dove c’era la Mustang capovolta…
Per un attimo l’Audi
e la Viper smisero di lottare, forse spaventati
quanto lei dall’incidente, senza però lasciarle libero un passaggio.
“Avanti, avanti… Due curve e siamo alla fine, cazzo!”.
Accelerò di colpo
raggiungendo l’Audi, quasi fino a toccarne il posteriore con il muso. Doveva
superarla prima della curva seguente, altrimenti non avrebbe avuto più
possibilità di vincere.
“Ok, o la va o la spacca…”.
Schiacciò
l’acceleratore, si spostò leggermente a sinistra fino a trovarsi esattamente in
vista nello spazio, largo circa un metro, tra la Viper
e l’Audi… Senza esitazioni, aumentò la velocità e spinse le sue auto fino ad
aprirsi un varco.
Sentì la
carrozzeria stridere mente strisciava contro quella
verde della Dodge e quella rossa della A5,
digrignando i denti al pensiero di quello che stava facendo all’unica macchina
che per il momento aveva a disposizione… Però riuscì a passare, infilandosi tra
Whitman e O’Correll e costringendoli ad allontanarsi
da lei.
Quando vide
l’ultima curva, accelerò ancora, riuscendola a passare
rimanendo in testa. Appena però raddrizzò il volante, sentì la BMW spostarsi
violentemente di lato. Fece appena in tempo a vedere la Viper
toccarle con il muso il posteriore, poi la M3 andò in testacoda.
L’auto girò su se
stessa, urtando l’Audi da una parte e la Dodge
dall’altra, mentre l’Honda rimase incastrata in mezzo senza la possibilità di
spostarsi.
Irina premette il
freno a fondo, sentendo le fiancate della BMW scontrarsi con quelle delle altre
tre auto. Tenne stretto il volante finché la macchina non si fermò
completamente.
In preda al panico,
Irina si ritrovò incollata al sedile, il muso della M3 dalla parte sbagliata e
il traguardo ben visibile dal suo specchietto retrovisore… Esattamente al
contrario di come si sarebbe dovuta trovare.
Gettò un’occhiata
di lato, per scoprire che anche l’Audi, la Viper e la Honda erano messe esattamente come lei, i fari davanti
spaccati e le fiancate rigate. La RX7 aveva anche il parabrezza crepato, e Kawashima si stava tenendo la testa con una mano.
Vide che Whitman le
rivolse un’occhiata, e si rese conto che stava per ingranare la marcia per
tagliare il traguardo prima di lei. O’Correll
stava per fare lo stesso.
“Cazzo! Questa non ci voleva!”.
Vide Whitman e O’Correll ingranare la prima per rimettersi dritti… Non
poteva girare la macchina e sperare di arrivare prima… Ci sarebbe voluto troppo
tempo…
Schiacciò la
frizione e ingranò la retromarcia, senza chiedersi se fosse la cosa migliore da
fare. Premette l’acceleratore fino in fondo, sentendo il motore salire di giri
con un ruggito.
Le ruote della BMW
pattinarono per un istante, prima di farla schizzare a marcia indietro verso la
linea di partenza segnata sul terreno. La lancetta del contagiri schizzò
impazzita verso la zona rossa, portando il motore da quattrocento cavalli al limite…
Nello stesso
istante in cui Irina tagliò il traguardo, vide la Viper
di fianco a lei, ma indietro rispetto alla BMW… Indietro abbastanza da
considerarla vincitrice.
Irina si abbandonò
sul sedile, e tirò un sospiro di sollievo. Un sorriso le si disegnò sul volto mentre aspettava che il cuore
tornasse a battere regolarmente, conscia di essere tornata a essere la numero
tre della BlackList…
Con la coda
dell’occhio vide Whitman scendere dall’auto e sbattere la portiera, senza però
avvicinarsi a lei. O’Correll, il viso
una maschera di ghiaccio, rimase sull’Audi senza guardarla. Intanto, si
godette lo spettacolo della Honda RX7 e Shelby arrivare lentamente, quasi si trattasse di una
passeggiata…
<< Stai bene?
>> domandò qualcuno, vicino al finestrino.
Irina si voltò,
aspettandosi di vedere Max, ma quello che si ritrovò davanti era William. Lo
Scorpione teneva una mano appoggiata al tettuccio di vetro, e la guardava quasi
volesse trapassarla da parte a parte. I suoi occhi verdi non erano mai stati
così imperscrutabili come in quel momento.
La ragazza annuì,
confusa. Fece per aprire la porta dell’auto, ma
William lo aveva già fatto per lei. Smontò dalla BMW e si guardò intorno.
L’Audi e la Viper, insieme con la Honda e la Shelby, erano ferme a pochi metri da loro, danneggiate ma
non abbastanza da non terminare la gara. All’appello mancavano solo la Mustang
e la Lotus, che molto probabilmente non sarebbero mai arrivate.
<< Cosa è successo? >> chiese William.
<< Milay e Horne sono stati
coinvolti in un incidente con una volante della polizia… >> rispose
Irina, << Penso sia una cosa grave >>.
William annuì e
fece un cenno a qualcuno, che Irina non riuscì a vedere. Fece per girare la
testa, ma si fermò subito: in effetti, il collo le faceva un po’ male.
<< Porca
puttana Irina, hai quasi fatto fuori mezza BlackList >> disse lo Scorpione, anche se il suo tono
suonava più come esasperato che arrabbiato, << Dovevi fare tutto questo
casino? >>.
La ragazza gli
rivolse un’occhiata arrabbiata. << Hai autorizzato tu la gara >>
ribatté, << E comunque hanno cercato di farmi
fuori… Non sentivo di doverli trattare con i guanti >>.
Irina si scostò e
cercò con lo sguardo il suo meccanico: per lei la conversazione era finita. Lo
individuò a qualche metro da lei.
<< Tu sei una
pazza furiosa! >> gridò Max, andandole incontro, << Fra un po’ ti facevi ammazzare! >>.
Irina lo spinse
verso il marciapiede, per evitare a tutti di sentire la scenata. Sentì lo
sguardo di William sulla nuca, ma lo ignorò.
<< Sono viva,
Max. Ho vinto e non mi sono fatta niente >> disse, tranquilla.
<< Non ti sei
fatta niente?! E tu pensi che io ti voglia rimettere a
posto la Punto? Al massimo ti do una bicicletta! Se vai avanti così ti farai ammazzare sul serio! >>.
Irina guardò verso
la gente che stava discutendo dall’altra parte della strada, in modo concitato.
William stava in mezzo e parlava al cellulare, mentre Whitman sembrava
arrabbiato con qualcuno. Gli altri membri della Lista sembravano spariti.
<< Max, ce ne
dobbiamo andare >> disse Irina, << Due di noi sono
stati coinvolti in un incidente grave, fra poco qui si riempirà di sbirri… E
anche se William è loro amico, non penso che ci lasceranno andare
tranquillamente. Torna a casa, e continua a lavorare alla Punto >>.
Max la guardò
imbronciato per il fatto che non lo aveva praticamente
ascoltato, ma non disse niente e se ne andò. Irina iniziò a camminare verso la
folla per capire cosa stava succedendo. William la prese da parte e le rivolse
un’occhiata.
<< Milay ci ha rimesso le penne >> disse solo. <<
Vattene di qui prima che arrivino gli sbirri >>.
<< Horne come sta? >> chiese Irina.
<< Male
>> rispose William, << Per favore, va via >>.
Irina rimase di
sasso nel sentire lo Scorpione dire “per favore”… Lo guardò stranita per un
momento, poi fece un passo indietro, pronta a ritornare verso la macchina. Alla
fine però si fermò: aveva un’ultima domanda da fare.
<< Sono di
nuovo la numero tre? >> chiese.
William le gettò
una strana occhiata, poi rispose: << Sì. E se avessi saputo che avresti
fatto tutto questo casino, avrei evitato di sbatterti fuori >>.
Irina si voltò e
raggiunse la BMW, stordita. C’era qualcosa nel comportamento di William che non
andava… Da quella sera in cui era andata da lui per dirgli di voler smetter di
correre qualcosa era cambiato… Lo Scorpione non era più le stesso di prima, con
lei.
<<
Complimenti, Fenice. Di nuovo la numero tre >>.
Appoggiata alla BMW c’era Vera, lo sguardo divertito puntato su di lei.
Irina si ricordò all’improvviso di quello che era successo prima della gara.
<< Vera…
Perché non hai voluto correre? >> domandò, aprendo la portiera dell’auto.
<< Te l’ho
detto, per me è inutile. So cosa sei in grado di fare,
esattamente come lo sa lui >> rispose la spagnola, facendo un cenno con
il capo verso William.
Irina assunse
un’espressione perplessa. Cosa voleva dire con quello?
<< Sai,
pensavo che non avessi niente di speciale… >> continuò Vera, << Mi
sei sempre sembrata solo una ragazzina… Forse perché sono una donna… >>.
<< Cosa vuoi dire? >> chiese Irina, senza capire.
Vera fece un altro
cenno verso William. << E’ venuto a letto con me solo perché doveva
sfogare la sua frustrazione con qualcuno… E lo ha
fatto perché tu non sei voluta andare con lui. Lo sai quante volte ha fatto il
tuo nome? E’ ossessionato da te… Delle altre ragazze non gliene frega un cazzo,
gli servono solo per farci sesso. Ma con te… Credimi,
hai su di lui un potere che nemmeno immagini >>.
Irina rimase
paralizzata di fronte alle parole della spagnola, non per il loro significato,
ma proprio perché era stata lei a dirle. Si erano sempre odiate, e
all’improvviso Vera le diceva che William in realtà voleva solo lei, quando
aveva sempre sperato il contrario?
<< Non ho
nessun potere su di lui >> disse a bassa voce.
<< Invece sì,
solo che non lo vuoi usare >> ribatté Vera, << Se solo volessi, potresti ottenere da lui qualsiasi cosa… Perché non
ne approfitti? Perché lo detesti così tanto? Se io
fossi al posto tuo… >>.
<< Perché io
non voglio niente da lui >> rispose Irina, << Non voglio i suoi
soldi, non voglio il suo potere… Non voglio niente di
quello che ha. Tu non lo conosci, non sai di cosa è capace… Tu non sai cosa mi
ha fatto. Se lo ami, continua ad andarci tu a letto… Il sesso è l’unica cosa che
puoi ottenere da uno come lui >>.
Risalì in macchina
e mise in moto, senza dare il tempo alla spagnola di poter dire altro. Ripartì
diretta a casa, superando rapidamente le auto che le intralciavano la strada.
Non capiva. Perché
tutti si stavano comportando in modo strano? Perché non continuavano a fare i
bastardi, i criminali, i pazzi assassini, invece di mettersi a fare discorsi
strani e mettendo in mezzo lei? Perché all’improvviso
tutto sembrava capovolgersi?
Vera era un conto…
Forse aveva parlato così solo per confonderla… Ma se davvero quello che aveva
detto fosse vero? Possibile che lo Scorpione la amasse veramente, e non la
volesse e basta, come aveva sempre creduto?
“No, non è possibile… Abbiamo provato a ricominciare…
Mi aveva promesso di cambiare, ma è rimasto lo stesso…”.
Parcheggiò la BMW
davanti a casa e rimase seduta sul sedile, e si abbandonò a un sospiro.
Ormai era in barca,
aveva cominciato con il suo piano, ma si chiese se era davvero la cosa giusta
da fare… E se William, dopo la sua “lezione”, fosse veramente cambiato? Lei
cosa avrebbe fatto?
“Sei ancora innamorata di lui o no, Irina? Questo è il punto… Dicevi di aver fatto un errore, di aver
sbagliato a innamorarti di lui… Ma davvero non lo sei più?”.
“No, non lo amo più… Semplicemente perché non l’ho mai
amato… L’unica persona che posso amare non è qui… Ed è per colpa di William che
ho sofferto così tanto. E’ solo colpa sua. Mi sento
così confusa solo perché sono da sola… E perché Xander gli assomiglia. Ma l’unica cosa
che voglio, è farlo arrestare”.
Spazio Autrice
Fiuuuu, ce l’ho fatta… Davvero, è stata una giornata piuttosto
stressante, quindi trovo solo ora il tempo di postare: consideratevi fortunati.
Purtroppo oggi non
mi dilungo per rispondere alle recensioni, ma prometto che la prossima volta lo
faccio, anche perché sinceramente non so quando posterò il prossimo capitolo…
Spero di riuscire a farlo entro la fine della settimana… Pregate che l’università
mi dia tregua!
<< Cavolo,
guarda che roba… >> disse Jess, fissando
strabiliato le immagini che passavano sul televisore e mostravano la carcassa
bruciata di una Mustang arancione e di un’auto della polizia, insieme a una
semidistrutta Lotus; il tutto circondato da decine di volanti e tre ambulanze,
con le luci intermittenti accese che brillavano nella notte di Los Angeles.
<< …
Nell’incidente, avvenuto ieri sera verso mezzanotte, sono state coinvolte due
auto che molto probabilmente stavano partecipando a una gara clandestina
>> stava dicendo il giornalista, <<
Purtroppo, Logan Milay, a bordo della Ford Mustang, è
morto sul colpo, insieme a uno dei due poliziotti presenti sulla volante.
L’altro pilota clandestino, Gregory Horne, noto alle
autorità per essere uno dei piloti che fanno parte di quella che viene conosciuta come BlackList e che raccoglie i piloti più ricercati della polizia,
è ricoverato in gravi condizioni all’ospedale di Los Angeles, in coma
farmacologico… >>.
Xander rimase seduto alla
scrivania, guardando con gli occhi sgranati le auto distrutte… Lo sapeva, se lo
sentiva, che c’era di mezzo anche Irina, in quella storia… Era troppo strano
che due piloti della BlackList
gareggiassero insieme. Soprattutto se non erano da soli, come aveva capito.
Prese il cellulare
a chiamò Simon Cohen.
<< Quando hai
intenzione di partire? >> chiese Xander,
innervosito, << Mi sembra che la situazione a
Los Angeles stia degenerando… >>.
<< Hai visto
anche tu il telegiornale, allora >> disse Cohen, quasi divertito,
<< Lo so, è strano che due piloti della Lista gareggino contro di loro, a meno che non abbiano deciso di sfidarsi per il posto… Però
mi sembra abbiano detto che non erano gli unici, che le auto erano molte
>>.
<< Appunto
>> ribatté Xander, << Sono sicuro che c’è
in mezzo anche Irina, e non mi sento tranquillo. Quando parti? >>.
<< Tra tre giorni >> rispose Cohen, << Andrò in
auto, quindi mi ci andranno circa quindici ore di viaggio… >>.
<< Non puoi
prendere un aereo? >> domandò Xander.
<< No. Si insospettirebbero se mi vedessero arrivare senza auto… In
fondo sono un pilota anche io >> rispose Cohen, << Quando arrivo ti
chiamo… E comunque penso che Irina non corra alcun pericolo: quella ragazza ha
più fegato di quanto pensi >>.
“Infatti è questo che mi
preoccupa…”.
Cohen mise giù e
lasciò Xander frustrato e nervoso. Guardò Jess e disse: << Diamoci una mossa… Voglio tornare
laggiù il prima possibile >>.
Ore 11.00 – Casa
Irina si mise a
sedere di scatto, gettando il lenzuolo di lato. Si guardò intorno, nella stanza
semibuia, rischiarata solo dalla flebile luce che filtrava dalle imposte. Aveva
il fiatone, come se avesse corso, e una strana sensazione allo stomaco…
Scattò in piedi e
corse verso il bagno, per vomitare. Dopo qualche minuto uscì, sorreggendosi
allo stipite della porta, il fiato corto. Rimase per un momento ferma, cercando
di controllare il respiro, e chiedendosi come mai avesse quella forte nausea,
nonostante non avesse mangiato nulla la sera prima.
Fece mente locale,
cercando di ricordare se avesse fatto qualcosa che potesse provocarle quella
reazione… In effetti, aveva ben poco da vomitare, visto che non aveva mangiato
niente… Non aveva bevuto niente, né assunto cose strane.
Raggiunse il letto
e si sdraiò di nuovo, tenendosi una mano con la fronte. Non aveva la febbre, ma
le faceva un po’ male il collo… Forse la botta della sera prima si faceva
sentire in quel modo…
Rimase sdraiata,
guardando il soffitto, stanca come se non avesse
dormito per giorni. Sentì qualcuno bussare sullo stipite, e guardò chi fosse.
<< Stai bene?
>> domandò suo padre, guardandola in apprensione.
<< Sì…
>> rispose piano Irina, << Non dovresti
essere a lavoro? >>.
<< Oggi è
domenica… >> disse Todd.
Irina chiuse gli
occhi e inspirò profondamente, preda di un altro
attacco di nausea. Sentiva lo stomaco brontolare, ma non aveva voglia di
mangiare niente. Voleva solo capire perché stesse male… E nei giorni precedenti
era stata troppo occupata per accorgersi di qualche sintomo.
<< Ho solo
bisogno di dormire >> disse, girandosi su un fianco.
Sentì i passi di
suo padre scendere le scale lentamente, ma rimase ferma. Ora le girava anche la
testa… Di male in peggio.
Un’ora dopo, Irina
era ancora a letto, a guardare il soffitto buio e studiare il lampadario
spento: però almeno si sentiva meglio. Forse era solo stanchezza. Suo padre
tornò di nuovo e le lasciò una tazza di latte caldo sul comodino. Lo guardò
uscire silenziosamente dalla stanza e lo ringraziò.
Si mise a sedere e
prese la tazza, ma l’odore le diede il voltastomaco, così lasciò stare. Forse
era meglio rimanere a digiuno. Si vestì in fretta e andò in bagno per guardarsi
allo specchio.
Era più pallida del
solito e aveva il viso sbattuto, ma per il resto non sembrava stare troppo
male. Si diede una pettinata, si lavò la faccia con l’acqua gelida per darsi
una svegliata e decide di andare a trovare Jenny per vedere come stava.
Quando scese di
sotto, alla luce del sole si accorse che la BMW aveva il paraurti rovinato e i
fari scheggiati. La vernice bianca sulle fiancate si era scrostata. La sera
prima era stata troppo presa della felicità di aver riguadagnato il suo terzo
posto per curarsi dei danni.
All’improvviso ebbe
un altro giramento di testa, ma scosse il capo e passò subito. Si conosceva
abbastanza da sapere che di lì a qualche minuto sarebbe stata meglio. Salì in
auto e si diresse verso casa di Jenny.
<< Come va?
>> chiese all’amica, quando arrivò a casa sua.
<< Più o meno… Irina, hai una brutta c’era >> disse
Jenny, facendola entrare in casa, << Sei sicura di stare bene? >>.
<< Non lo so…
Stamattina ho vomitato >> rispose Irina, << Mi gira un po’ la
testa, ma adesso sto meglio… >>.
Jenny la guardò in
faccia, come per farle una diagnosi. La squadrò da capo a piedi, poi tornò a
fissarla in viso.
<< Cosa ti
senti? Sei pallida… >> disse.
<< Ho un po’
di nausea, e mi sento stanca >> rispose Irina, << Ma sto bene. Non
è niente… Anzi, in realtà la nausea mi è passata. Forse devo solo riposarmi un
po’… >>.
<< Vuoi
mangiare qualcosa? E’ mezzogiorno, in effetti >> disse Jenny, guardando
l’orologio.
<< Non
parlarmi di roba da mangiare >> rispose Irina, scuotendo la testa,
<< Ultimamente non è qualcosa con cui vado molto d’accordo… >>.
<< Si vede.
Se continui così, diventerai trasparente >> disse Jenny ridendo, <<
Almeno sei immune alle voglie di dolci… Io mi sono
mangiata mezza torta al cioccolato, pensando a Jess.
Sembravo una donna incinta… >>.
Il parlare di
voglie fece venire in mente a Irina una cosa, e in un attimo le
si gelò il sangue nelle vene. Strinse il bracciolo e guardò Jenny, gli
occhi sgranati. L’amica le rivolse un’occhiata perplessa, poi sbiancò anche
lei.
<< Cazzo
Irina, non dirmi che… >> mormorò, fissandola, << Sei in ritardo?
>>.
Irina rimase
paralizzata dov’era, facendo un rapido calcolo a mente. Nel giro di qualche
secondo, il gelo che sentiva nello stomaco divenne puro panico.
<< Non è
possibile… >> biascicò, << Ho preso la pillola… Non… >>.
Qualcosa di enorme
le crollò addosso, facendola sprofondare nel più puro terrore. Le aveva passate
tutte, e quella era la prima cosa che aveva pregato mai le succedesse. Aveva
sempre preso tutte le precauzioni possibili, perché la sua vita era già troppo
incasinata per contemplare un… bambino.
Jenny l’afferrò per un braccio e la trascinò fino al bagno.
Imbambolata, Irina la guardò frugare febbrilmente nei mobiletti bianchi,
tirando fuori tutto quello che c’era dentro.
<< Ok,
tranquilla >> mormorò, come se volesse tranquillizzarla, ma era agitata
quanto lei, << Tranquilla, facciamo la prova… Ma sono sicura che è tutto un falso allarme… Non siete andati a letto insieme,
non me lo hai detto, no? >>.
Intendeva Xander, era chiaro. Ma non era Xander
l’oggetto della preoccupazione di Irina… Lui non c’entrava
affatto… Era William che…
<< Ma non sono andata a letto con lui… >> mormorò così
piano che forse Jenny neanche la sentì.
<< Tieni
>> disse Jenny, mettendole la scatoletta in mano, << E’ un test di
gravidanza. Fallo. Adesso >>.
Ore 16.00 – San Francisco, Sede F.B.I.
Xander scese nel garage
senza farsi vedere, e seguì a distanza White, che camminava diretto verso il
parcheggio. Lo vide salire su una normale utilitaria scura, e non una Mercedes
SL rossa.
“Allora avevo ragione… Ha cambiato macchina perché lo
sa che sospetto di lui…”.
Si voltò e
raggiunse l’auto di suo padre, una Mercedes argentata. La Ferrari gli era stata sequestrata, quindi al momento era a piedi. La
mise in moto e attese che White passasse per uscire dal garage, poi lo seguì benedicendo la silenziosità del motore della sua auto.
Seguì White fuori
dal garage, cercando di non farsi vedere. Lo lasciò allontanare quel tanto che
bastava che non farsi vedere, e continuò a tallonarlo per scoprire dove andava.
In qualche modo
White doveva pur comunicare con Challagher, e se non
lo faceva via telefono forse si incontravano di
persona. Già una volta aveva saputo tramite Irina che la Mercedes era
parcheggiata nel giardino di casa Challagher, quindi
era molto probabile che stesse andando da lui. Los Angeles era lontana, troppo
per permettere a White di andare e tornare nel giro di qualche ora, ma magari
era lo Scorpione a venire dalle loro parti…
White svoltò lungo
la strada statale, diretto verso Sud. Lo seguì per circa venti minuti, poi
prese una via tra numerose villette signorili. Parcheggiò davanti ad una con un
bel giardino e scese, entrando in casa.
Xander fermò la macchina
a pochi metri di distanza, e aspettò. White era tornato a casa, e ci rimase per
le quattro ore seguenti, mentre lui ascoltava la radio a basso volume e
sorseggiava la scorta di caffè che si era portato dietro. L’unico movimento che
scorse fu l’arrivo della moglie di White, che tornava
dal lavoro. Il suo capo sembrava non avere alcuna intenzione di uscire, né per
raggiungere Challagher né per qualunque altra
ragione.
Decise di dare uno
sguardo nei dintorni, così scese dall’auto e sbirciò nel giardino di casa
White. Riuscì a scorgere il garage, e notò che era vuoto: White aveva nascosto
la Mercedes rossa da qualche altra parte.
Tornò in auto e
aspettò ancora un po’, chiedendosi cosa stesse facendo Irina in quel momento, e
soprattutto se stesse bene. Le mancava un sacco il suo
sorriso, il suo modo di fare troppo da brava ragazza…
Sentì squillare il
cellulare e rispose.
<< Come
procede? >> chiese Jess.
<< Non si è
ancora mosso >> rispose Xander, << Tu
come sei messo? >>.
<< Male
>> rispose l’informatico, << Non sono
riuscito a entrare nel suo ufficio… L’ha chiuso a chiave e in più ogni due
minuti passa qualcuno per il corridoio… Bisogna essere in due per fare questa
cosa >>.
<< Ok
>> sospirò Xander, << Lascia stare.
Rimango qui ancora qualche ora, ma credo che non andrà
da nessuna parte, stasera… >>.
<< Perché?
>>.
<< E’ da solo
con la moglie… >> rispose Xander, guardando
verso le finestre della casa.
Jess ridacchiò.
<< Ah, ho capito… >> disse, << Ci vediamo
domani, allora >>.
Ore 12.00 – Casa di Jenny
Irina fissò l’esito
del test, sentendo il cuore perdere un battito. Afferrò il lavandino con la
mano libera, così forte da far sbiancare le nocche.
Negativo.
Era negativo. Non
era incinta.
Si sedette sul
bordo della vasca, tenendo ancora in mano la scatola bianca che le aveva dato
Jenny. Rimase a fissare la parete piastrellata di bianco, e si lasciò andare a
un sospiro di sollievo.
Per un attimo,
aveva creduto che il mondo le crollasse di nuovo addosso, come quel giorno che
si era ritrovata Tommy da accudire… Questa volta però
era stato decisamente peggio, perché lei era al centro di tutto. Lei e William.
<< Irina,
esci di lì che sono in ansia! >> gridò Jenny da
dietro la porta.
La lasciò entrare e
la guardò per un momento: l’amica sembrava davvero spaventata. Si rilassò solo
quando vide Irina sorridere leggermente.
<< Tutto a
posto >> disse, << Negativo >>.
Jenny alzò gli
occhi al cielo e sospirò. << Porca miseria, mi è venuto malissimo…
>> mormorò.
Irina gettò la
scatoletta nel cestino e uscì dal bagno, seguita dall’amica. Quel drammatico
cambiamento di programma le aveva fatto scordare che non era molto informa. Però almeno ora sapeva che dipendeva solo dal suo fisico
maltrattato.
<< Cos’era la
storia che mi hai detto prima? >> domandò Jenny, sospettosa, << Hai
detto che… >>.
<< Lascia
stare >> la interruppe Irina, scuotendo la mano, << L’unica cosa di
cui sono sicura e di non esserci andata a letto… >>.
<< Che hai
combinato? >> domandò Jenny.
Per un momento,
Irina fu tentata di raccontarle tutto, di spiattellarle quello che pativa da
quando aveva iniziato a essere Fenice, di permetterle di entrare nella vita della pilota clandestina che lei non conosceva. Poi si rese
conto che farlo non sarebbe servito a niente, se non a far sentire Jenny
inadeguata e forse anche arrabbiata con sé stessa per
non aver mai sospettato nulla.
<< Jenny, la
mia vita non è così facile, lo sai >> disse lentamente, << E’ meglio che evito di raccontarti ciò che fa la gente del mio
giro… Piuttosto, hai sentito Katy e Angie? E’ un po’ che non le vedo… E naturalmente non è colpa
loro >>.
Jenny assecondò
qual cambio di argomento. << Sì, stanno bene >> rispose, << E
stanno dando tutti gli esami… Credo che noi due saremo
quelle destinate a rimanere indietro >>. Un sorrisetto le increspò le
labbra.
<< Anche tu
poca voglia di studiare, eh? >> fece Irina, guardandola. << O forse
è meglio dire poco tempo, nel mio caso >>.
Jenny annuì,
triste. << I miei non sono contenti, ma proprio non riesco a concentrarmi
in questo momento >> disse, << Vorrei solo sapere se un giorno
tornerà, oppure no >>. Continuava a stare male per Jess.
“Forse è meglio che tu ti metta il cuore in pace, amica
mia. Forse non torneranno… Ed è meglio così, per certi
versi”.
<< Non lo so
>> disse Irina, << E per me non ha più importanza. Ho capito che se
si vuole una cosa, è meglio farla da sé… >>.
<< Cosa vuoi dire? >> domandò Jenny, preoccupata.
<< Che non ho
più bisogno di Xander >> rispose Irina,
distaccata, << E che preferisco non ritorni >>.
Jenny la guardò, e
sembrò ferita dalle sue parole. << Tu sai se torneranno o no, vero?
>> chiese.
Irina scosse la
testa. << No, non lo so. Ma sono sicura che non
torneranno… Il rischio è troppo alto, questa volta >>.
Si alzò e
lentamente si avviò verso la porta, decisa a tornare a casa. Riportare in ballo
l’argomento la rendeva lunatica. Salutò Jenny e uscì, lasciandosi indietro un
altro pezzo di se stessa.
Quando parcheggiò
la BMW davanti al garage chiuso, si rese conto che stava di nuovo male. Pensare
ad altro l’aveva distratta, ma ora che era di nuovo sola con i suoi pensieri,
si accorse che continuava ad avere una flebile nausea e che si sentiva molto
debole.
Si sedette sul
divano, davanti alla tv spenta, e guardò le lancette dell’orologio compiere
lentamente il loro giro.
Ora che deciso cosa fare, che aveva un piano e la determinazione per
portarlo a termine, il fisico iniziava a cedere. Anche se era giovane e non
aveva mai avuto problemi di salute, il corpo cominciava a dare i primi segni di
cedimento, dovuti alla vita sregolata che da due anni a quella parte conduceva:
poche ore di sonno, alimentazione sregolata e troppo,
decisamente troppo, stress.
Non si era mai
presa particolarmente cura di se stessa, e all’inizio non ne aveva avuto
nemmeno il tempo. Aveva la sua famiglia a cui badare,
e a Tommy… Il tempo era sempre stato qualcosa che per lei aveva una concezione
particolare: quando ne serviva, volava via sempre troppo in fretta, e quando
ogni attimo era agonia, indugiava sempre troppo.
Rimase seduta
dov’era, fissando senza vederlo il teleschermo spento. Più di una volta udì suo
padre passare davanti alla porta del soggiorno e guardare dentro, senza però
dire niente.
Era di nuovo la
numero tre della BlackList,
e ora poteva cominciare a mettere in atto il suo folle piano. Doveva sfidare
Dimitri e batterlo, per poi vedersela con William… Ma nelle condizioni in cui
si trovava in quel momento, si rese conto che non sarebbe arrivata
da nessuna parte. Aveva bisogno di rimettersi in sesto, e ritornare in forma.
Si sdraiò sul
divano e prese il telecomando, con l’idea di guardare un po’ di tv. Non era una
cosa che faceva spesso, soprattutto in quelle ultime settimane. Fece zapping
per qualche minuto, poi lasciò su film in abiti settecenteschi, che sembrava
parlare di intrighi alla corte del Re. Per fortuna risultò abbastanza noioso da farla addormentare entro cinque
minuti.
Quando si
risvegliò, più o meno un paio di ore dopo, si accorse
che suo padre era seduto vicino ai suoi piedi, e che guardava la tv
apparentemente interessato. Appena si accorse che era sveglia, voltò la testa
verso di lei.
<< E’ passata
l’ora di pranzo, ma se hai fame ti ho lasciato
qualcosa da parte >> disse.
Irina guardò
l’orologio: erano le tre e mezza passate. Sentiva lo
stomaco vuoto, ma non aveva voglia di mangiare. Scosse la testa e si mise a
sedere.
Si sentiva vuota,
sola, così decise di fare una cosa che faceva spesso
quando aveva bisogno di conforto. Andare da sua madre.
Si alzò, sentendosi
la testa stranamente leggera, e si infilò le scarpe,
sotto lo sguardo di suo padre.
Era abituata a
vedere Todd lanciarle occhiate di disprezzo o di fastidio, e davanti alla sua
espressione preoccupata, così diversa dal solito, si rese conto che qualcosa in
lui era veramente cambiato. E che forse, non era più proprio sola.
<< Vado a
trovare la mamma >> disse, << Vuoi venire? >>.
La richiesta sembrò
spiazzare Todd più che un insulto gridato a pieni polmoni. La guardò per un
momento, poi balbettò: << Va-Va bene… >>.
Irina attese che
suo padre si andasse a vestire, chiedendosi perché lo avesse invitato. In
fondo, forse voleva stare da sola… O forse aveva solo bisogno di sentire
qualcuno vicino a lei, anche se quel qualcuno era una delle persone che le era
stata più lontana durante tutta la sua vita.
Qualche minuto più
tardi, Todd scese dalle scale, vestito molto meglio
del solito: sembrava essersi curato come non faceva da tempo. Guardò Irina come
se si aspettasse che scoppiasse a ridere, ma lei gli fece solo cenno di uscire.
Quando entrambi
salirono sulla BMW, lei al lato guida e suo padre da quello del passeggero,
Irina si rese conto che Todd non era mai stato in auto con lei. Nonostante sua
figlia facesse la pilota clandestina, suo padre non aveva mai nemmeno visto
come guidava.
Partì lentamente
verso il cimitero, la radio accesa che rompeva il silenzio che regnava
nell’abitacolo. Irina era tranquilla, ma suo padre sembrava a disagio.
<< Questa è
l’auto del tuo amico? >> chiese Todd, e nel pronunciare le parole “tuo
amico” non usò il solito tono di disprezzo.
<< Sì, è di
Alexander >> rispose Irina, e questa volta pronunciare il suo nome non le
fece male. << Mi aveva detto che potevo prenderla, se mi serviva
>>.
Todd annuì in
silenzio e tornò a guardare la strada. << Ho visto il telegiornale,
questa mattina >> disse, << Ieri sera c’è stato un incidente,
durante una gara… C’eri anche tu? >>.
<< Sì
>> rispose solo Irina.
Il resto del
viaggio proseguì nel silenzio più totale, senza che nessuno dei due proferisse
parola. Irina non trovava la situazione particolarmente pesante: era abituata
ai lunghi silenzi di cui era fatto il rapporto con suo padre, e non era quello
a renderla sorpresa. Ciò che la stupì, in tutta quella cosa, era che per la
prima volta apprezzava la presenza di Todd.
Parcheggiò l’auto
vicino all’entrata, ed entrambi scesero. C’era poca gente, anche perché faceva
molto caldo e il sole picchiava piuttosto forte. Irina comprò un mazzo di rose
bianche ad uno dei banchi di fiori che c’erano sempre
all’ingresso. Entrarono nel cimitero in silenzio, avvolti in quella strana
atmosfera di rispetto e tristezza che regnava in quel luogo.
Camminarono fianco a fianco lungo il camposanto, con Irina che procedeva
sicura e diretta alla tomba di sua madre. Todd sembrava meno convinto di dove
stesse andando.
<< Non
ricordo molto bene dove si trova… >> ammise, a disagio.
Irina indicò con un
dito una lapide bianca e con molti fiori, anche se diversi erano appassiti e si
stavano afflosciando. La raggiunsero in fretta e si lasciò andare a un sospiro
quando vide nella foto il volto sorridente di sua madre.
“Scusami mamma, ti ho trascurato, ultimamente” pensò, e si
abbassò sulla tomba per mettere da parte i fiori secchi.
Mentre si adoperava
per trovare una collocazione alle rose che aveva
comprato, notò che suo padre era rimasto impalato a guardare la lapide con aria
spaesata. Irina si alzò e provò un po’ di compassione per quell’uomo dalla vita
sregolata tanto quanto la sua.
<< Credevi
veramente ti avesse tradito? >> domandò, ma non c’era nota d’accusa nella
sua voce.
Todd distolse lo
sguardo, e percorse con gli occhi il camposanto. << Perché non avrebbe
dovuto farlo? >> disse amaramente, << Sono sempre stato un fallito.
Qualunque uomo sarebbe stato meglio di me >>.
Irina rimase di
stucco, ma questa volta fu certa che suo padre stava cambiando. C’era voluto
qualcosa di molto drammatico per smuoverlo, ma ora sembrava volesse migliorare.
Però aveva ragione, nessuno avrebbe biasimato sua
madre.
<<
L’importante è capire i propri errori >> disse Irina, << E cercare
di porvi rimedio. Nessuno di noi è perfetto >>.
<< A volte
può essere troppo tardi >> ribatté suo padre, lo sguardo di chi si sente
veramente un fallito.
<< Non è mai
troppo tardi per migliorare >> disse Irina, e un sorriso sincero le
spuntò sul volto. Si chinò tornando a sistemare i fiori, e per lasciare a suo
padre il tempo di pensare su ciò che aveva detto.
In quel momento, se
suo padre glielo avesse chiesto, Irina era pronta a dargli un’altra
possibilità. Rappresentava tutto ciò che rimaneva della sua famiglia, ed era
disposta a sopportare qualche altra delusione per riaverla.
Qualche secondo
dopo, Todd si abbassò a sua volta e la aiutò a sistemare il grosso mazzo di
rose, gettando ogni tanto uno sguardo alla foto di Elizabeth, il volto paffuto
sorridente. Sembrava quasi si sentisse esaminato da quegli occhi che non vedeva
brillare da tanto tempo.
<< Era… era
una brava donna >> disse Todd, e qualcosa nella sua voce sembrò
incrinarsi.
<< Lo so
>> ribatté Irina, << Ha fatto molti sacrifici, per noi >>.
<< Già…
>>.
Con la coda
dell’occhio, Irina riuscì a scorgere suo padre passarsi una mano sul volto e
rialzarsi con un sospiro. Lo lasciò solo con i suoi pensieri per qualche
istante, poi lo guardò.
<< Mi
dispiace >> disse Todd, << Mi dispiace per
tutto quello che è successo… Per quello che è successo a te >>.
Irina gli mise una
mano sul braccio, e cercò di non lasciar trasparire troppo dolore nella sua
voce. << Non credo che continuare a pensarci possa cambiare le cose
>> disse, << Ormai è passato… L’unica cosa che possiamo fare è
evitare che succeda di nuovo >>.
“E quella che deve mettere le cose a posto sono io”.
Todd la guardò per
un istante che parve infinito, poi lentamente si avvicinò e la abbracciò.
Per un momento,
Irina rimase interdetta, quasi infastidita, di fronte a quel gesto, ma dopo un
secondo ricambiò l’abbraccio di suo padre, un abbraccio
che le era mancato per tutta la vita. Poco importava se arrivava solo adesso,
se nel frattempo lei aveva perso se stessa e la speranza; l’importante era che,
alla fine, Todd tornava a essere suo padre, e lei sua figlia.
<< Andiamo?
>> disse dopo qualche minuto, sorridendo.
<< Va bene
>>.
E l’uno di fianco
all’altro, più vicini di quando erano arrivati, ripercorsero
a ritroso la strada che avevano percorso poco prima, finalmente come padre e
figlia.
Ore 14.00 – San Francisco, Sede F.B.I.
<< Allora,
andiamo? >> chiese Xander,
guardando Jess raccogliere un gruppo di cavi e il suo
pc portatile.
<< Arrivo
>>.
White era andato a
pranzo, e l’ufficio era più deserto del solito. Non c’era occasione migliore
per cercare di carpire qualche informazione dal suo computer.
Xander e Jess percorsero il corridoio in punta di piedi e,
guardandosi intorno con aria circospetta, raggiunsero la porta dell’ufficio di
White. Che naturalmente era chiusa a chiave.
<< Come
facciamo? >> domandò Jess a bassa voce,
controllando che non arrivasse nessuno.
<< Ci penso
io >>.
Xander tirò fuori un
grosso mazzo di chiavi, che aveva “preso in prestito” da quella che doveva
essere la donna delle pulizie, ma che in realtà poteva
benissimo essere una spia in incognito, visto tutti i pettegolezzi di cui
veniva a conoscenza. Aprì la porta in un minuto ed entrarono.
L’ufficio era
perfettamente in ordine, la scrivania al suo posto e il computer in stand-by.
Poggiato sul ripiano di legno c’era un telefono
cellulare, ma non era quello che Xander aveva visto
squillare sulla Mercedes parcheggiata in garage.
Jess si mise subito
davanti al computer, e lo collegò al portatile attraverso i cavi che si era
portato dietro. Xander frugò dentro i cassetti sotto
la scrivania.
<< Allora,
vediamo un po’… >> mormorò Jess, pigiando sulla
tastiera del portatile, concentrato.
<< Quando
riesci a entrare, fammi sapere >> disse Xander,
aprendo l’ultimo cassetto e guardando dentro.
Chiuse in una busta
di carta marrone, c’erano le chiavi della Ferrari. Per
un momento ebbe la tentazione di riprenderle, ma si trattenne e continuò a
ficcanasare. Trovò diversi plichi di fogli di varie missioni, e tutti i
rapporti dei compiti portati a termine dai sottoposti di White.
<< Uhm,
password a sessantaquattro bit… >> stava borbottando Jess,
guardando fisso sul monitor.
<< Problemi?
>>.
<< No, devo
solo trovare la password di accesso… >> rispose l’informatico, digitando
qualcosa con aria assorta.
Xander tornò a guardare
nel cassetto, ma non trovò nulla di compromettente. Non che si aspettasse
qualcosa: sicuramente lasciare incustoditi nei cassetti le prove del suo
tradimento non era nello stile di White.
Gli venne in mente
che da qualche parte dovevano esserci i suoi rapporti di quando ancora era in
carica nella missione, e quindi tutte le prove che incastravano Challagher. Quelle potevano tornargli utili.
Lasciò
perdere
i cassetti e si concentrò sul grosso armadio in cui White di solito teneva i
documenti più importanti o quelli archiviati. Lo aprì e cercò un grosso dossier
che recava la scritta “Operazione 657”, che era quella che lo riguardava.
Appoggiò il grosso
plico di fogli sulla scrivania, gettando prima un’occhiata a Jess, e poi lo aprì. Conservate in una busta c’erano le
varie foto che gli aveva mostrato White prima della
missione, le stesse che mostravano lo Scorpione e alcune delle sue auto, e
anche un paio di Irina. La sua attenzione venne
catturata dal volto della ragazza, e per un istante sentì un peso allo stomaco.
Da quando aveva
visto per la prima volta quella foto, mesi prima, tante cose erano cambiate.
Non aveva mai pensato che una volta incontrata, sarebbe stata in grado di
sconvolgere così tanto la sua vita. Eppure Irina era
qualcosa che non si sapeva spiegare, e di cui non poteva più fare a meno.
Come se potesse
sbriciolarsi da un momento all’altro, tirò fuori la foto di Irina, quella in
cui scendeva dalla Grande Punto, e la guardò. Si rendeva conto che non le rendeva giustizia, che dal vivo era molto più bella e anche
molto meno distante di quanto appariva.
Mise da parte la
foto, e continuò a sfogliare il fascicolo. Altre foto, alcuni documenti
riguardanti le auto che aveva “preteso” per prendere
parte alla missione… E fogli bianchi.
Per un istante,
pensò di aver visto male. Al posto dei suoi rapporti, dettagliati e pieni di informazioni riguardo a Challagher
e ai suoi affari, c’erano solo pagine bianche. Andò fino in fondo, sperando di
trovare il plico che aveva dato a White dopo essere tornato da Las Vegas, che
conteneva prove schiaccianti riguardo allo Scorpione. Non c’era nemmeno quello.
“Figlio di… Ha fatto sparire tutto”.
<< Che c’è?
>> domandò Jess, vendendolo immobile come una
statua.
<< White ha
fatto sparire tutti i rapporti che gli avevo fatto >> rispose Xander, << E anche le prove che avevo raccolto…
>>.
L’informatico gli
tolse dalle mani il fascicolo e lo sfogliò a sua volta, mentre sul suo volto si
dipingeva un’espressione crescente di quello che sembrava terrore.
<< Magari li
ha mandati in archivio, di sotto >> propose Jess,
anche se era chiaro che non credeva a ciò che stava dicendo, << Erano
troppo importati per essere lasciati nel suo ufficio…
>>.
<< Vado a
controllare >> disse Xander, e guardò
l’orologio, << Anzi, vado dopo. A che punto sei con il pc? >>.
<< Sto
entrando adesso nella sua mail >> rispose Jess,
<< Ma non ho ancora trovato nulla di compromettente >>.
Xander aggirò la
scrivania e guardò il monitor. La pagina di posta di White campeggiava sullo
schermo, ma riportava solamente i messaggi che mandava ad alcuni dei suoi
colleghi e uno scambio di e-mail con Fowler, che
risaliva a diverse settimane prima. Niente che potesse tornargli utile.
<< C’è altro?
>> domandò.
<< Non mi
sembra >> rispose Jess, << Ho controllato
le ultime pagine che ha visitato in Internet,
eventuali blog che potrebbe aver contattato, ma non c’è niente… Sembra tutto
pulito, a parte che ama i siti un po’… Posso definirli “osè”?
>>.
Xander fece una smorfia.
<< Va bene, ho capito che non caviamo un ragno dal buco, se continuiamo
in questa direzione >> disse, << Andiamocene. Credo che tra un po’
White avrò finito di pranzare… Non mi resta che controllare gli archivi, e
riferire tutto a McDonall >>.
Ore 18.00 – Officina
Irina passeggiò
intorno alla Grande Punto, le lamiere a vista e senza gomme, compiacendosi del
fatto che Max sapeva fare il proprio lavoro. La sua auto piano piano stava tornando ad avere una forma.
<< Cosa ti
sembra? >> domandò Max, sbucando da dentro la Punto.
<< Sta
venendo bene >> rispose Irina, con un sorriso. Passò una mano sulla
lamiera argentata, che poi sarebbe stata coperta dalla nuova vernice e dalla aerografia della fenice. << Quanto tempo ci
vuole ancora, per poterla mettere su strada? >>.
<< Antony mi sta da dando una mano,
quindi credo che entro la fine della settimana sarà pronta >> rispose
Max, << Il problema rimane il motore. Se veramente vuoi mettere quello
della BMW, non sarà facile farlo entrare dentro il
cofano della Punto, e ci vorranno almeno altri tre giorni >>.
Max posò una chiave
inglese sul bancone e guardò Irina, serio. Era da
quando era arrivata che sembrava voler affrontare un discorso che lo rendeva
irrequieto.
<< Stasera
hai intenzione di sfidare Dimitri, vero? >> chiese, accennando alla M3
parcheggiata fuori.
<< Sì
>> rispose Irina, << Sto andando al Gold Bunny. So che lui e William sono lì, stasera
>>.
<< Farai
un’altra gara come quella dell’altra volta? >> domandò il meccanico,
<< Qualcuno deve rimetterci la pelle? >>.
<< Non se non
è necessario >> ribatté freddamente Irina, << Voglio far vedere di
che pasta sono fatta… E Dimitri si dovrà togliere di
mezzo, questa volta >>.
Max scosse il capo,
poi disse: << Ti farai ammazzare, questa volta. William non sarà disposto
a perdonarti un’altra volta… >>.
<< Allora
aiutami >> ribatté Irina, << Dammi una mano. Non voglio che William
continui ad andare in giro ad ammazzare persone, e dettare regole che nessuno
dovrebbe seguire… E io non voglio continuare a essere
una delle sue pedine. O lo faccio arrestare, o vorrà dire che sarò io a finire
dietro le sbarre >>.
“O peggio…”.
<< Ci hanno
già provato in tanti >> disse Max, << E nemmeno il tuo amico ci è
riuscito… William conosce troppa gente, non si farà fregare >>.
<< Allora
credi che io non possa riuscirci, vero? >> domandò Irina, roteando le
chiavi della BMW.
<< Non ho
detto questo >> rispose Max, << Sto solo dicendo
che rischi di farti male… >>.
<< Non mi interessa >> disse Irina, chiudendo il discorso,
<< Finiscimi la macchina. E’ l’ultimo favore che ti chiedo >>.
Uscì dall’officina
e salì sulla BMW. Mezz’ora dopo era davanti al parcheggio del Gold Bunny, la luce al neon del
coniglio giapponese che brillava nel cielo tinto di viola. Come si era
aspettata, poche macchine erano ferme davanti all’entrata, ma la Porsche gialla
di William campeggiava in bella vista vicino alla Gallardo
arancione di Dimitri. Tra loro, però, c’era una Mercedes SL rossa che Irina
aveva già visto, e che stando a ciò che aveva detto Xander,
doveva appartenere a White, il suo capo.
Entrò nel locale,
notando subito Dimitri e William parlare tra loro, insieme a
Michael, il ragazzo che le era stato presentato qualche giorno prima. Li
raggiunse.
<< Ciao Irina
>> la salutò William, il tono di voce perfettamente controllato, <<
Siediti >>.
La ragazza occupò
il posto libero lasciato sul divanetto e guardò prima lo Scorpione e poi
Dimitri. Per un istante si sentì come a un esame.
<< Hai altri
casini da piantare? >> domandò secco il russo, gettandole un’occhiata
sprezzante. << Qualche altro membro della Lista da far fuori? >>.
<< Non mi
sembra che tu sia conosciuto per farti tanti scrupoli nel far
fuori qualcuno >> ribatté Irina, gelida.
<< Ma almeno io non ammazzo i membri della BlackList >> rispose Dimitri, furioso.
<< Sono i
rischi che si corrono durante una gara >> disse Irina, gettando una
rapida occhiata a Michael.
Dimitri fece per rispondere,
ma William lo fermò.
<< Finitela >> disse, tranquillo, << Non mi è
sembrata una perdita così grave, considerato anche che Horne
si riprenderà. Cosa fai qui? >> domandò alla
fine, rivolto a Irina.
<< Voglio
sfidare Dimitri >> rispose lei.
Ci fu un momento di
completo silenzio, nel quale Michael guardò William, e Dimitri fissò Irina,
l’espressione imperscrutabile. Lo Scorpione, però, avvicinò il posacenere e si
accese una sigaretta, senza lasciar trasparire alcuna emozione.
<< Quando?
>> chiese solo.
<< Adesso
>>.
Con fare
perfettamente controllato, William si portò la sigaretta alla bocca e guardò
Dimitri. << A te la decisione >> disse.
Il russo si esibì
in un sorrisetto. << Deve solo tener conto che non ci andrò piano perché
è la tua ragazza >> rispose.
<< Nemmeno
io, se è per questo >> ribatté Irina.
William ridacchiò,
e lo fece anche Michael. << D’accordo, la gara sarà tra due ore >>
disse lo Scorpione, << Il tempo di dare a Dimitri la possibilità di
andare a prendere la Ford. Michael, avverti Hanck e Josh, e fa riunire un po’ di gente >>.
Il russo e l’altro
ragazzo si alzarono, ma Dimitri le rivolse un’occhiata imperscrutabile, ed era
chiaro che la cosa lo stava infastidendo. Però non
disse nulla e si dileguò. Irina fece per alzarsi, decisa a sgombrare anche lei
il campo, ma William la fermò: << Aspetta
>> disse, << Rimani >>.
Irina si sedette di
nuovo, e attese che lo Scorpione parlasse. Anche questa volta lui si limitò a
soffiare in aria una boccata di fumo, e poi si decise a dire qualcosa.
<< Se dovessi
battere Dimitri, sfiderai anche me, immagino >>.
<< Sì
>> rispose solo Irina, sentendosi a disagio: non era abituata a un William così tranquillo e accondiscente.
<< Vuoi usare
la mia macchina? >> chiese lo Scorpione, senza guardarla.
Irina credette di aver capito male, infatti
strabuzzò gli occhi e fissò William senza sapere che dire.
<< No
>> esalò alla fine, senza aggiungere altro.
Rimasero in
silenzio entrambi, con Irina confusa e William stranamente tranquillo e quasi
divertito. La ragazza spostò per un momento lo sguardo sul bicchiere vuoto che
aveva davanti, poi disse: << Sembra quasi che tu voglia che io vinca
>>.
<< Se te lo
meriti, sì >> rispose William. Non stava mentendo.
<< Perché non
ti arrabbi? >> domandò Irina, esasperata per il suo strano comportamento,
<< Sto mettendo in discussione la tua autorità, no? >>.
William sorrise e
spense la sigaretta nel posacenere. << Lo fai da quando sei qui >>
disse, << Non è una novità >>.
<< Allora
perché non mi fermi? Mi avevi detto che non mi avresti mai fatto sfidare
Dimitri… >> chiese Irina. << Perché non ti incazzi?
>>
William la guardò,
gli occhi verdi per la prima volta sinceri. <<
Semplicemente perché non ci riesco >> rispose.
Era quello il
potere di cui le aveva parlato Vera? Il fatto che William accettasse qualsiasi
cosa da parte sua? Ma non era vero, non aveva mai
accettato i suoi “no”…
<< Mi hai
insegnato una cosa, Irina >> continuò lo Scorpione, << Una lezione
che ammetto è stata dura da digerire. I soldi non comprano
tutto. O almeno, non possono comprare una cosa: l’affetto delle persone. Me lo
hai dimostrato tu stessa, tantissime volte. Nessuno aveva mai avuto il coraggio
di farlo, perché tutti hanno troppa paura di me. Tu no, invece. Mi hai mandato
a fanculo tante di quelle volte che ho perso il
conto, e l’ho tollerato. Sai perché? Perché tu sei il mio punto debole, Irina
>>.
La ragazza rimase
pietrificata, lo sguardo fisso in quello di William.
<< E io sono così idiota da essermi innamorato del mio unico punto
debole >> terminò lui. Chiaro, diretto e conciso come era
nel suo stile.
Irina lo guardò, la gola chiusa e il cervello in panne. Non poteva
farlo, non poteva dimostrarle di essere cambiato
proprio ora, quando lei aveva deciso ciò che voleva… Non poteva confonderla di
nuovo in quel modo, gettandole l’ennesima ancora di salvezza in quel mare in
burrasca, dopo essere stato lui a gettarla in acqua…
Cercò di calmarsi,
decisa a riguadagnare un po’ di lucidità. Ci era caduta
un sacco di volte, in quel tranello… Doveva solo dimostrarle che non era
stupida, che questa volta non l’avrebbe fregata.
<< L’amore è
diverso dalla voglia di possesso >> ribatté, gelida.
<< Allora
dimmi se è normale che mentre vado a letto con
un’altra ragazza la mia testa pensa a te >> disse William, come se la
cosa lo stesse divertendo molto.
Irina avrebbe
voluto tapparsi le orecchie, scappare per non sentire ciò che stava dicendo.
Quel discorso era diverso da tutte le altre volte, e non voleva che per qualche
minuto lui riuscisse ad ammaliarla.
<< E’ inutile
che cerchi di convincermi di essere cambiato >> disse, << Non è
solo con me che devi cambiare. Devi smettere di essere un criminale >>.
Si alzò di scatto e
se ne andò, perché non sarebbe stata in grado di sopportare ancora quella
conversazione. Non amava William, non lo avrebbe mai amato, nemmeno se avesse
smesso di essere lo Scorpione… Semplicemente perché lui avrebbe continuato a
essere sé stesso, sempre e comunque. Le persone non
cambiano, e quelle come lui non possono cambiare.
Uscì dal locale e
si sedette dentro la BMW, in attesa. Voleva fare quella gara, saltare
quell’ultimo ostacolo che la separava dalla parte finale del suo piano. Prima
che la testa e il fisico cedessero di nuovo.
Passò l’ora
seguente ad ascoltare la radio, mentre davanti ai suoi occhi la piazzola del
parcheggio del Gold Bunny si
andava riempiendo di gente, venuta ad assistere alla gara. Tra alcuni ragazzi,
riuscì a intravedere Vera, che si defilò dentro il locale appena arrivò.
Finalmente, la Ford
GT rossa di Dimitri si fermò a pochi metri da lei, i fari accesi e i cerchi in
lega che brillavano alla luce dei lampioni. Il russo scese, guardò dalla sua
parte e poi rientrò nel locale.
Irina posizionò la BMW davanti a quella che sapeva sarebbe stata considerata
la linea di partenza, e poi attese.
Con una lentezza
esasperante, accarezzò il pomello del cambio e poi il volante, cercando di
guadagnare un po’ di concentrazione. La BMW era inferiore alla GT, ma quell’auto l’aveva portata alla vittoria, qualche
giorno prima… E poi, era stata di Xander.
“Avanti, Irina, ci sei quasi. Fagli vedere che non sei solo una
ragazzina”.
Dall’ingresso del Gold Bunny sbucarono Dimitri e
William, fianco a fianco, discutendo un po’ più animatamente del solito tra
loro. Anche da lì, Irina riuscì a cogliere l’espressione quasi arrabbiata di
Dimitri. Forse riteneva la gara solo una perdita di tempo.
Un istante dopo, il
russo salì in macchina e abbassò il finestrino, gettandole un’occhiataccia.
<< Non mi interessa chi sei, Fenice >> disse, gelido.
<< Sta zitto
e guida, Dimitri >>.
Irina ingranò la
marcia e fece ruggire il motore.
“E adesso andiamo…”.
Seguì con lo
sguardo Clark, lo scommettitore di fiducia di William, che si andò a mettere in
mezzo alla carreggiata. Con la coda dell’occhio, riuscì a vedere lo Scorpione
che si avvicinava per una frazione di secondo alla Ford e diceva qualcosa,
prima di schiacciare a tavoletta l’acceleratore.
Come un missile, la
Ford GT scattò in avanti, facendo stridere gli pneumatici sull’asfalto. La BMW
rimase indietro, ma sfruttò la scia della GT per rimanerle incollata al
posteriore.
I fari tonti della
Ford tinsero la carrozzeria bianca della BMW di luce rossa, mentre Irina
studiava in un secondo il piano per far mangiare la
polvere al Mastino.
Tracciato di cinque
chilometri e quattrocento metri, due giri, compresa
una sopraelevata che costituiva un pericolo per lei. Poche curve a destra, e
molte strette a sinistra.
Contando che
Dimitri era pronto a metterle fuori uso la macchina e che avrebbe sfruttato
tutte le occasioni possibili, doveva dargliene davvero molte poche. Quindi, o rimaneva dietro fino all’ultimo e poi lo superava,
oppure passava in testa e si dileguava. Entrambe alternative molto difficili da
mettere in pratica.
Scalò di una marcia
e svoltò a sinistra, tenendosi ben lontana dal Mastino. Uscì dalla curva e gli
si rimise dietro, continuando a sfruttare la sua scia per guadagnare terreno.
Poco dopo, la GT
iniziò a zigzagare a destra e sinistra, facendo scodare pericolosamente il
posteriore vicino al muso della BMW. Irina diede un colpo
di freni e poi si spostò tutta a destra, pronta per la curva successiva.
Quando si accorse
che Dimitri aveva sbagliato la traiettoria della curva, ne approfittò e tentò
il sorpasso, ricordandosi solo in quel momento che la sopraelevata era proprio lì dietro. Vide il muso della GT proprio di fianco a
lei avvicinarsi pericolosamente, fino quasi a sfiorare la sua fiancata. Frenò e
lo lasciò passare.
Percorse la
sopraelevata appiccicata al posteriore della GT, conscia che Dimitri,
nonostante le sue minacce, ci stava andando piano. Non la voleva far passare,
ma non stava nemmeno cercando di sbatterla fuori, come normalmente avrebbe
fatto.
L’orgoglio le
diceva che doveva arrabbiarsi per quello, ma sapeva che in quel caso doveva
cogliere l’occasione. Tutto ciò che voleva era
arrivare a William, e per farlo doveva battere Dimitri, anche se non lealmente.
Scalò di una marcia
e si piazzò o sinistra, cogliendo l’occhiata che Dimitri le aveva lanciato
dallo specchietto retrovisore. Attese la curva e poi lo sorpassò, infilandosi
nell’angusto spazio tra il marciapiede e la Ford. Schiacciò a fondo
l’acceleratore e si portò avanti.
Non le sfuggì l’espressione sorpresa e scocciata di Dimitri, ma si concentrò
per guadagnare il più ampio vantaggio possibile. Alle sue spalle sentì il
motore della GT ruggire mentre si gettava al suo inseguimento.
Il Mastino sfruttò
la maggiore potenza della sua auto e le si piazzò di
fianco proprio mentre superavano la linea di partenza per cominciare il secondo
e ultimo giro.
Irina si accorse
che la GT andava di più della BMW, così strinse Dimitri a destra per impedirgli
di superarla. Il russo però non si spostò di un centimetro, e le due auto si
toccarono.
Con uno stridio, lo
specchietto laterale della M3 cozzò contro quello
della GT e il vetro si crepò, sbriciolandosi in mille pezzi. Dimitri le lanciò
un’occhiataccia, poi sterzò leggermente e spinse la BMW, senza darle il tempo
di spostarsi.
Facendo una smorfia
nel sentire la fiancata andare definitivamente a pezzi, Irina toccò il freno e
lasciò passare di nuovo Dimitri. Con una mossa rapidissima però si spostò a
destra e lo superò di nuovo.
Fu una mossa del
tutto inaspettata per il Mastino, perché Irina ebbe il tempo di guadagnare una
decina di metri e percorrere la curva seguente abbastanza stretta da non
permettergli di passare. Imboccò la sopraelevata e schiacciò l’acceleratore a
tavoletta.
In un attimo, vide
i fari anteriori della GT brillare nel suo specchietto retrovisore. Cominciò a
zigzagare per sbarrargli la strada, poi sterzò bruscamente a sinistra e si
lasciò alle spalle la penultima curva.
Tenne d’occhio
Dimitri, ma comprese che non l’avrebbe superata. L’avrebbe lasciata vincere
perché molto probabilmente William gli aveva ordinato così.
Tirò mentalmente un
sospiro di sollievo, imboccò l’ultima curva e vide il
traguardo davanti a lei. Un secondo dopo, qualcosa guizzò alla sua sinistra, e
il muso della GT superò di mezzo metro il suo.
Colta dal panico,
Irina pigiò con forza sull’acceleratore, sentendo la BMW schizzare avanti, fianco a fianco con la Ford. Le ci volle un secondo per
capire che Dimitri aveva voluto darle l’impressione di volerla
lasciare vincere, quando invece era il contrario. E comprese anche che non
aveva speranze di superarlo, perché ormai la GT le stava quasi completamente
davanti.
Con uno stridio
assordante, però, a pochi metri dal traguardo, Dimitri inchiodò di colpo,
fermando il muso della Ford qualche centimetro dalla linea di partenza… E la
lasciò vincere.
La ragazza fermò di
colpo la BMW, rendendosi conto che aveva appena vinto la gara. Rimase
paralizzata nel sapere che il Mastino le aveva appena regalato la vittoria.
Scese dall’auto, e
si accorse che la gente intorno era ammutolita e fissava Dimitri, senza capire
il suo comportamento. William, a qualche metro di distanza, le braccia
incrociate, si esibì in una smorfia.
Irina guardò il
russo, a metà tra lo sbalordito e lo scettico, ma poi comprese: Dimitri l’aveva
lasciata vincere solo perché lo Scorpione aveva voluto così, ma le aveva
dimostrato che in realtà, tra loro due, quello che aveva effettivamente vinto
la gara era lui. Inchiodando proprio davanti al traguardo, e con la vittoria praticamente certa, aveva fatto vedere a tutti che lui
rimaneva il più forte.
La Ford GT si
spostò dalla linea del traguardo e si andò a parcheggiare lì dove prima c’era
la Mercedes SL rossa, che ora era sparita. William andò incontro a Dimitri e
iniziarono a parlare tra loro.
Irina rimase disparte,
in silenzio, controllando i danni alla BMW: non si diede pena di quantificarli,
tanto quella era l’ultima gara che faceva con la M3. Era ora per la Punto di
tornare a correre.
“Perfetto, ci siamo. Ora non rimane
che lo Scorpione”.
Con una certa soddisfazione,
Irina si rese conto che ormai il piano era quasi completamente portato a
termine. E forse doveva ringraziare Dimitri, per quello.
Guardò il russo
parlare con William, e non sembrava più arrabbiato, solo particolarmente
infastidito. Era sempre stato un tipo strano, a suo dire, e si era sempre
chiesta come potesse essere il migliore amico dello Scorpione, quando erano in
realtà molto diversi.
Rientrò nella BMW e
la mise in moto, lasciando il parcheggio senza essere notata. La gente stava
ancora chiedendosi perché il Mastino avesse palesemente lasciato vincere
Fenice.
Cercò il cellulare
e chiamò Max.
<< Prepara la
Punto >> disse, << Domani mattina ti porto il suo nuovo motore
>>.
Spazio Autrice
Ta-daaaa!!! Allora, che ne
pensate tutta questa faccenda? William diventa sempre più incomprensibile… Sarà
innamorato? Non sarà innamorato? Si accettano scommesse… Intanto Dimitri ha
lasciato vincere Irina: lo avrà fatto sotto ordine dello Scorpione? Bella
domanda…
Prossimo
aggiornamento: sinceramente? Non lo so!!! Spero di
sbrigarmi!
Allora, passo alle
recensioni:
Supermimmina: ciao! Grazie mille per i complimenti!!!
Sono contenta che la storia continui a piacerti! Bacio!
CriCri88: tifavi per William? Come vedi, il nostro
Scorpione sta cambiando registro… Sarà una cosa duratura oppure no? Dimmi un
po’ se questo William in versione “zuccherata” ti piace o no… Anche perché
credo che non durerà ancora per molto… Gustatelo finché sei in tempo! Ih Ih… Bacio!
Fairy29: Ti sto lasciando senza parole? Uhm, buon
segno allora! A parte gli scherzi, sono sempre felicissima di sapere che ciò
che scrivo piace. E William… Bé, sembra proprio cotto, soprattutto in
quest’ultimo capitolo… Ma lo sarà veramente? Ti conviene comprare un kit di
unghie finte… Prima della fine ne succederanno, di cose! Bacio!
<< Quindi le prove contro Challagher
sembrano sparite… >> disse McDonall, la mano
poggiata sul mento e l’aria assorta. La luce del lampadario gettava sul suo
volto strane ombre, rendendolo più minaccioso di quanto non fosse.
<< Tutte
>> disse Xander, << Ho controllato
nell’archivio, ma non ci sono. C’erano informazioni anche su George Challagher, oltre che su suo figlio. Praticamente
dovrei ricominciare tutto da capo >>.
McDonall si sedette più
comodamente sulla sedia, e aprì un cassetto della scrivania. Ne tirò fuori una
grossa busta di carta marrone.
<< Proprio
dall’inizio no >> disse serio, << Per fortuna ho
avuto la prontezza di fare una copia di alcuni suoi rapporti. Questo però non
toglie che la sparizione dei documenti sia gravissima. Ciò significa che la
spia che c’è tra noi non si limita a passare informazioni a Challagher,
ma lo sta coprendo, forse anche da moltissimo tempo… Cos’altro ha scoperto?
>>.
Xander sbuffò. <<
Niente >> rispose, << Sono entrato nel pc
di White, ho controllato tutte le sue comunicazioni, l’ho anche seguito… Ma non
ho trovato niente contro di lui. E’ più furbo di quanto pensassi >>.
<< Potrebbe
anche non trattarsi di White >> disse McDonall,
<< Lei si sta concentrando su di lui, ma potrebbe essere tutto una falsa
impressione… >>.
<< Poco tempo
fa nel garage sotterraneo c’era una Mercedes SL rossa, una di quelle che era
stata rubata qualche mese fa >> disse Xander,
<< Ed era parcheggiata nel posto riservato a White. Mentre passavo sono riuscito a vedere un cellulare, all’interno,
che stava squillando… E il nome che c’era scritto sul display era chiaramente
“William Challagher”. Non può essere un caso
>>.
McDonall guardò il soffitto
con aria assorta.
<< Quindi il
candidato è lui… >> mormorò, << Possiamo chiedere a Fowler se sa qualcosa, se lo ha
visto da quelle parti… >>.
Xander annuì: oltretutto,
non aveva da un po’ informazioni su Irina. << D’accordo >>.
<< Quanti
giorni sono passati? >> chiese all’improvviso McDonall,
<< Da quanto ha lasciato Los Angeles? >>.
Un tempo che
sembrava un’eternità. Dieci giorni lontano da Irina, senza poter rivedere il
suo volto, sentire la sua voce… Senza essere scrutato da quegli occhi da
cerbiatta che sapevano diventare quelli di una gatta, senza poter respirare
quel profumo che ormai era diventato la sua fragranza preferita…
<< Quanto
tempo si è dato, ancora, Went? >> chiese McDonall, lanciandogli un’occhiata preoccupata.
<< Non più di
una settimana >> rispose Xander, << Tra
sette giorni, che io sappia chi è la talpa o meno, sono di nuovo a Los Angeles
>>.
Ore 9.00 – Casa
“Avanti Irina, alzati e datti una mossa… Non devi
cedere di nuovo”.
Con un gemito,
Irina si mise a sedere sul letto. Si sentiva di nuovo a pezzi, ma almeno non
aveva la nausea. Si infilò e la ciabatte e scese in
cucina, questa volta intenzionata a fare veramente colazione.
Suo padre era
uscito di casa per andare a lavorare, così si prese
tutto il tempo per scaldarsi una bella brioches nel
forno. Era giunta alla conclusione che non mangiare
forse non contribuiva al suo benessere fisico.
Accese la
televisione e si accomodò a tavola, sorseggiando il suo caffè con calcolata
lentezza. Dopo la sera prima tutto aveva un nuovo sapore.
Era alla fine. Era
riuscita a scalare la BlackList
e ad ottenere la possibilità di sfidare lo Scorpione,
di farlo arrestare sul serio. Ormai non poteva più sbagliare: doveva studiare e
perfezionare il piano che aveva in mente da tempo,
perché non avrebbe avuto un’altra possibilità. Non sapeva nemmeno se ne sarebbe
uscita viva oppure no.
Tornò in camera sua
e tirò fuori la valigetta ventiquattrore che per diverso tempo era stata la
cassaforte del suo tesoro. La aprì e mise da parte la pistola che Xander le aveva dato; poi contò rapidamente quanto era
rimasto.
Tutto
sommato,
rimettere a posto la Punto non era costato poi tantissimo: aveva ancora a
disposizione trentacinque mila dollari, ma rimaneva il motore da sistemare, e
di sicuro ci sarebbe voluto ancora qualcosa. Raccolse diecimila dollari e se li
infilò nella borsa, per pagare le ultime modifiche della Punto.
Si vestì in fretta
e poi nascose per bene la pistola e la valigetta sotto il letto, per evitare
che qualcuno accidentalmente le trovasse. Prese il cellulare e scese di sotto,
dove la BMW bianca era parcheggiata a bordo strada. Alla luce
del giorno si rese conto di averla trattata davvero male.
Ora che doveva
portarla “al macello”, Irina ebbe un tuffo al cuore. Nonostante tutto, a
quell’auto ci era affezionata, soprattutto ora che
aveva rappresentato una parte della rinascita di Fenice. Lasciò vagare lo
sguardo sulla fiancata distrutta per qualche istante, e poi sui fari crepati e
lo specchietto mancante.
“Xander mi avrebbe ucciso per
questo…”
pensò, “Mi ha lasciato la sua macchina, e
guarda come gliel’ho ridotta…”.
Salì sulla M3 e
raggiunse l’officina di Max, già aperta. Il meccanico la stava aspettando
davanti all’entrata; le aprì la saracinesca e lei parcheggiò la M3 all’interno,
proprio al centro.
<< Tutto
pronto? >> chiese Irina, quando vide Antony
vicino al bancone con una grossa cassetta degli attrezzi.
<< Tutto
pronto >> rispose lui.
Max girò intorno
alla BMW, esaminandola con sguardo critico. Gettò un’occhiata in tralice a
Irina, poi aprì il cofano leggermente piegato della M3. Non concordava ancora
con il suo piano, ma sembrava volerle almeno fare il piacere di ricostruirle la
macchina.
<< Ho saputo
di ieri sera >> disse, guardando il motore dell’auto.
<< Ho vinto,
alla fine >> tagliò corto Irina, << E sono ancora qui per
raccontarlo >>.
Max iniziò a
smontare qualcosa all’interno del cofano, ma lo sbuffo che fece si sentì
benissimo. << Già >> disse, << Lo sanno tutti che Dimitri ti
ha lasciato vincere >>.
Irina si sentì
punta nel vivo. Era vero, il russo l’aveva lasciata vincere, e la cosa non le
andava a genio: l’orgoglio le diceva che non se l’era meritata certo per
bravura. Tuttavia, era arrivata al punto di considerare la cosa di poca
importanza se la portava dritta dritta
verso William. Il fine giustificava i mezzi, in quel caso.
Ignorò il meccanico
e si diresse verso la Punto, nascosta sotto un grosso telo bianco. Voleva
scostarlo per vedere a che punto era l’auto, ma decise di riservarsi la
sorpresa per quando fosse definitivamente pronta. Cercò uno sgabello e si
sedette, osservando Max e Antony che si occupavano del motore della BMW.
Il messicano lanciò
un fischio. << Ragazzi, che roba… >> disse, brandendo in mano una
chiave inglese, << Non sarà per niente facile… Come lo facciamo entrare
‘sto mostro dentro il cofano della Punto? >>.
<< Si può
fare, ma dovremo modificare l’anteriore… >> rispose Max, voltandosi verso
Irina, << Potrebbe anche non essere esattamente come prima >>.
<< Ma io voglio che sia meglio di prima >> ribatté lei,
serafica, << Anche se comporta qualche modifica estetica >>.
<< D’accordo,
se è quello che vuoi… >> borbottò Max, tornando al lavoro.
Un’ora dopo, Irina
decise di lasciare in pace i due meccanici e andarsene. Senz’auto sarebbe
dovuta tornare a casa a piedi, ma non aveva voglia di prendere un taxi. Una
bella passeggiata sul lungomare non poteva farle male.
Lasciò
l’officina sentendosi particolarmente felice: avrebbe finalmente riavuto la sua
auto.
Percorse una stradina laterale e poi si ritrovò su quella che percorreva il
lungomare di Los Angeles.
Era una bella
giornata di sole, e molta gente ne aveva approfittato per andare in spiaggia a
prendere il sole e a fare il bagno, anche se era lunedì mattina. Guardò la
sabbia chiara e l’acqua cristallina, e le tornò subito in mente quel giorno
sulla stessa spiaggia… Quel giorno in cui stava per
perdere metà del costume, e c’era stato Xander a
rimetterglielo a posto…
Sorrise tra sé. “Eh no, Irina, non si fa così… Cerca di non
pensarci, eh”.
Riprese a camminare
a passo lento, assaporando quella strana sensazione di pace che aveva preso
possesso di lei. Passeggiare su quella strada piena di ricordi non le faceva
male, come avrebbe dovuto. Forse ormai si era rassegnata, e ripensare a ciò che
aveva perso non le pesava più.
“O forse, ci stai ancora sperando…”.
Scosse il capo e
continuò a camminare, lasciando che il leggero venticello che proveniva dal
mare le scompigliasse i capelli. Le auto sfrecciavano veloci lungo la strada, e
dai bar proveniva la voce degli animatori che intrattenevano i bagnanti.
Circa venti minuti
più tardi passò davanti al bagno che apparteneva a
William, il bar in stile moderno quasi vuoto. Il bagnino era seduto da solo
sulla battigia, a fissare assorto il mare; solo un paio di persone occupavano le sdraio blu disposte ordinatamente sulla
spiaggia.
Irina si fermò e
sbirciò tra i tavolini, per assicurarsi che non ci fosse nessuno di sua
conoscenza. Poi entrò, decisa a bere qualcosa di fresco.
Seduto di spalle al
bancone tirato a lucido, trovò Michael Fowler, che
sorseggiava un drink da solo, l’aria annoiata. Non lo aveva visto perché era
nascosto da una delle colonne bianche, ma non lo considerava una vera e propria
conoscenza. Oltretutto, credeva di essere ancora libera di bere qualcosa in
santa pace. Lui non si accorse del suo arrivo, nemmeno quando il barista fece
un cenno di saluto a Irina e le chiese cosa volesse da bere.
<< La cosa
più fresca e meno alcolica che hai >> rispose la ragazza, sorridendo e
sedendosi sullo sgabello.
<< Succo di
frutta, allora >> disse il barista, ridacchiando.
Michael si girò e
la guardò per un momento senza riconoscerla. Poi ebbe un sussulto e posò
rapidamente il bicchiere sul bancone.
<< Ciao
>> disse.
<< Ciao
>> salutò Irina, un leggero sorriso sul volto. Prese il bicchiere che il
barista le poggiò davanti e iniziò a sorseggiarlo.
<< Bella
gara, ieri sera >> disse Michael, forse volendo intavolare una
discussione che sarebbe stata meno imbarazzante di un lungo silenzio.
<< Non
sforzarti di dire cose che non sono vere >> ribatté Irina, tranquilla,
<< Mi sembra chiaro che Dimitri mi ha lasciato vincere >>.
<< Ah…
>> fece Michael, << Bè, però non è stata
male comunque… >>.
Irina fece una
smorfia. Non le sembrava molto furbo, quel ragazzo. Forse era un bravo
meccanico, ma non era di sicuro perspicace.
<< Sei da
solo? >> domandò lei, lasciando il bicchiere vuoto sul bancone e
guardandosi intorno.
<< Sì
>> rispose Michael, << Tu? >>.
<< Anche
>> disse Irina.
L’espressione di
Michael la incuriosì: sembrava spaventato, come se fosse stato colto in fallo.
Lo guardò per un momento, poi il cellulare del ragazzo prese a squillare. Lui
lo tirò fuori e guardò il display.
<< Scusa un momento
>> disse, e si allontanò.
Irina lo guardò
dirigersi verso il retro, dove nessuno poteva sentirlo. Rimase un momento a
fissare il punto in cui era sparito, poi qualcosa la spinse a seguirlo. Strano
che si trovasse lì da solo, senza William o Dimitri…
Lo vide fermarsi
vicino ad alcuni tavolini isolati, e lei si nascose dietro una colonna,
abbastanza vicina da riuscire a sentire la sua voce.
<< … No, non
ne so niente io… >> stava dicendo, << White non mi ha dato nulla…
>>.
A quel nome, Irina
drizzò le orecchie. White? Ma…
In un attimo, si
ricordò di ciò che le aveva detto Xander: c’era un
sostituto che prendeva il suo posto… Se n’era
completamente dimenticata…
Rimase in disparte
ad ascoltare la conversazione, che durò solo pochi secondi. Michael si guardò
alle spalle per un istante, poi liquidò il suo interlocutore.
<< Ok, ok, ti
faccio sapere >> disse, << Devo andare. Il
posto in cui sto non è sicuro >>.
Chiuse la
telefonata e poi si voltò. Irina rimase nascosta dietro la colonna, e appena vide
sbucare Michael lo chiamò.
<< Ehi,
aspetta un momento >>.
Il ragazzo si voltò, lo sguardo pietrificato. Irina gli fece cenno di
uscire insieme a lei dal bar.
<< Tu conosci
Alexander Went, vero? >> disse,
appena misero piede sul marciapiede del lungomare.
Michael si guardò
intorno con aria preoccupata. << Un attimo… >> borbottò, a disagio.
<< Sei tu il
suo sostituto, allora? >> chiese Irina.
<< Io… Cioè…
Sì >> rispose alla fine Michael.
Irina sorrise.
<< Tranquillo, non ho intenzione di fare la spia >> disse, <<
Mi ero solo dimenticata che doveva esserci qualcun altro, al posto suo…
>>.
Michael si rilassò.
<< Oh, ok >> disse, << Scusa, ma in teoria dovevo rimanere in
incognito… Mi aveva detto di te, ma credevo non dovessi saperne nulla…
>>.
Irina gli fece
cenno di spostarsi. << Allontaniamoci da qui, non è abbastanza sicuro
>>.
Camminarono per una
cinquantina di metri lungo il marciapiede, abbastanza lontano dal bar di
William per non essere ascoltati dai baristi.
<< Come hai
fatto a diventare amico di William? >> chiese Irina, incuriosita.
<< Ho finto
di essere un meccanico >> rispose Michael, << Ho chiesto in giro se
qualcuno ne avesse bisogno, e William si è interessato. Mi ha fatto modificare
una delle sue auto, ed è rimasto molto soddisfatto, così… Eccomi qui, nel club
dello Scorpione >>.
Per quanto trovasse
simpatico quel ragazzo, Irina trovò il suo piano decisamente
meno coinvolgente di quello di Xander, ma si rese
conto che forse era un po’ di parte… Più che sapere cosa avesse intenzione di
fare, era interessata ad altro, al momento.
<< Hai
sentito Alexander, negli ultimi giorni? >> chiese, seria.
<< Sì, quello
al telefono prima era lui >> rispose Michael, << Perché me lo
chiedi? >>.
<< Vorrei che
tu non gli dicessi niente, di ciò che sto facendo >> disse Irina,
<< Che sono stata buttata fuori dalla Lista e ho sfidato Dimitri…
Soprattutto con la sua macchina. Se ti chiede di me, digli che sto bene e sono
tranquilla, ok? >>.
Michael la guardò
per un momento, sorpreso, ma non fece domande. Chissà se sapeva tutta la
storia, oppure no…
<< Ehm, va
bene >> disse alla fine, << Ok. Non c’è problema… Solo non capisco
il perché… Ma credo di non potermi impicciare, esatto? >>.
Irina sorrise.
<< Esatto >>. Stupido non troppo.
Riprese a camminare
per il lungomare, decisa ad andarsene. Prima però la sua coscienza le disse di
fare un’altra cosa.
<< Michael…
>> disse, << Mi dispiace che sia toccato a te, venire qui. Quindi fai molta attenzione a
ciò che fai, ok? William e i suoi amici non sono gente con cui scherzare
>>.
Il ragazzo annuì.
<< Ok, grazie >>.
Irina lo salutò e
proseguì diretta a casa, continuando a sentirsi sempre stranamente leggera.
C’era qualcosa che le diceva che, forse, questa volta, tutto sarebbe finito per
il meglio… Proprio come voleva lei.
Ore 18.00 – San Francisco, Sede F.B.I.
“Ok, oggi Cohen parte… E io
posso stare più tranquillo”.
Xander sedeva rigido alla
scrivania di McDonall, osservando il Vicepresidente
che batteva qualcosa al computer. Vide che l’uomo gli gettò un’occhiata in
tralice e poi disse: << Mi sembra un po’ nervoso, agente Went.
Qualcosa non va? >>.
<< A parte
che tutta questa faccenda inizia a stufarmi, sto bene >> rispose Xander, << Vorrei solo scoprire chi è questa dannata
talpa… >>.
<< Forse è il
caso che si prenda qualche giorno di pausa >> suggerì McDonall,
<< E’ più di una settimana che praticamente vive
qui dentro… >>.
<< No
>> rispose Xander, senza alcuna esitazione,
<< Non posso perdere troppo tempo… >>.
McDonall fece un sorrisetto,
e continuò a scrivere. Dalla stampante uscì rapidamente un foglio che firmò e
passò a Xander.
<< Questa è
la sua autorizzazione >> disse, << Avrà accesso a tutto quello che
potrebbe tornarle utile… Archivi, database, linee telefoniche. Trovi quella talpa,
in fretta >>.
Xander prese il foglio e
uscì dall’ufficio, diretto in quello di Jess. Lungo la strada incontrò White, una tazza di caffè in
mano, che portava un grosso plico sotto il braccio. Diede una sbirciata, ma non
si trattava di quello che interessava a lui.
<< Come
procede il lavoro da segretaria? >> chiese il suo capo, ridacchiando.
<< Molto bene
>> ribatté Xander, << Certamente meglio del suo >>.
Infilò la porta dell’ufficiò di Jess e se la
chiuse alle spalle, giusto un secondo prima di lasciarci andare a una
parolaccia davvero poco fine. L’informatico alzò lo sguardo su di lui, l’aria
perplessa.
<< Che c’è?
>>.
<< White…
>>.
Xander si sedette e
mostrò il fogli che gli aveva dato McDonall.
<< Adesso possiamo fare quello che ci pare >> disse, << Se
non lo smaschero adesso… >>.
Jess esaminò il foglio
con aria critica, poi lo guardò.
<< Ok,
diamoci da fare. Da dove cominciamo? >>.
Ore 15.00 – Casa
“Sono a Los
Angeles. Caffè sulla 5° strada?”.
Irina sorrise
leggendo l’sms che era appena arrivato sul suo telefonino. Simon Cohen era
tornato in città inaspettatamente e senza preavviso, e come al
solito si faceva sempre distinguere.
“Ok. Ci vediamo lì” rispose lei, e inviò.
Mezz’ora dopo,
Irina parcheggiava l’Audi TT vicino al bar che erano
solito frequentare lungo la 5° strada, e subito le saltò all’occhio il gigante
nero seduto pacificamente a un tavolino che dava sulla spiaggia.
<< Ehi! Cosa fai qui? >> lo salutò allegramente Irina,
andandogli incontro.
<< Ciao
Irina! >>. Simon si alzò, rivelandosi sempre altissimo, e la strinse in
un enorme abbraccio. << Come stai? >>. La squadrò da capo a piedi,
soffermandosi sul suo viso. << Sei pallida, sai? >>.
<< In
confronto a te sono sempre pallida >> sorrise Irina, sedendosi al tavolino.
<< Già, anche
quello è vero >> convenne lui, ridendo.
<< Allora,
cosa fai da queste parti? >> chiese Irina, << Come mai piombi qui
senza avvisare nessuno? >>.
Simon si strinse
nelle spalle. << Sono venuto a cercare un’auto nuova… >> rispose
evasivo, accennando alla Nissan Silvia rossa parcheggiata poco lontano,
<< E mi faceva piacere venire a vedere come stavi. Sbaglio, ho è successo
qualche casino? >>.
<< Alexander
è dovuto scappare >> rispose Irina, neutra, << William ha scoperto
chi era… Non ne sapevi niente? >>.
L’espressione di
Simon si fece seria. << No, non lo sapevo. Lo Scorpione credo che non si
sia dato da fare per far sapere in giro questa cosa…
Essere ingannato non gli va molto genio, immagino >>.
Irina annuì,
lasciando che il cameriere le poggiasse davanti la sua
tazzina di caffè.
<< Hanno
anche scoperto che lo hai aiutato? >> chiese Simon.
<< Purtroppo
sì >> rispose Irina, guardando il liquido caldo che fumava dalla sua
tazzina, << Mi hanno bruciato l’auto… >>.
Gli occhi di Simon
si spalancarono. << Cosa?! Ti hanno bruciato
l’auto?! >>.
<< Si, ma tanto l’ho fatta rimettere a posto >> spiegò
Irina, calma, << Mi è costato un po’, ma Max la sta facendo tornare come
nuova… >>.
Simon la squadrò di
nuovo, e Irina si accorse che la stava esaminando, come se volesse farle una
sorta di check-up. Iniziò a pensare che fosse una strana coincidenza che il
nero fosse lì per comprare un’auto, e poi proprio in quel momento… Non si era
mai presentato a Los Angeles se non era strettamente necessario. E poi perché
venire a cercare una macchina proprio lì?
<< Davvero
nessuno ha saputo quello che è successo? >> aggiunse, sospettosa.
Poteva anche
credere al fatto che William avesse voluto tenere per sé la notizia di un
agente dell’F.B.I. infiltrato tra i suoi piloti, che
gli rubava credibilità, ma le sembrava davvero strano che nessuno fosse venuto
a sapere che Fenice aveva perso il suo terzo posto, che Milay
era morto in una gara che era sembrata più una rissa, e che Dimitri aveva
lasciato vincere Fenice davanti a tutti. Oltretutto, tutti
eventi legati da un unico filo conduttore: Irina, la presunta ragazza dello
Scorpione.
<< Vivo
lontano da Los Angeles >> rispose Simon, << Da noi le notizie non arrivano così in fretta come credi… Cos’altro è successo?
>>.
L’espressione
eccessivamente curiosa nel nero le diede la pensare. “Sono sicura che non è qui solo per l’auto…
C’è dell’altro, sotto”.
<< Niente…
>> rispose evasiva, << Qualche gara un po’ movimentata, per il
resto tutto tranquillo… >>.
L’occhiata che
Simon le lanciò le confermò che in realtà stava facendo il finto tonto. Sapeva
qualcosa, ma voleva scoprire il resto da lei. Il motivo però le sfuggiva. In
ogni caso, decise di non rivelare niente nemmeno a lui del suo piano:
sicuramente avrebbe cercato di fermarla. Avrebbe scoperto tutto da qualcun
altro.
<< E tu, come
mai hai deciso di venire proprio qui, per un’auto nuova? >> chiese Irina.
Simon si strinse
nelle spalle. << So che qui si possono concludere
ottimi affari >> rispose. << Hai saputo se c’è un altro agente dell’F.B.I. tra voi? >>.
<< Certo
>> rispose lei, << L’ho visto… E non credo arriverà mai da nessuna
parte, purtroppo >>.
<< Irina, sei
sicura di stare bene? >> chiese all’improvviso Simon, preoccupato,
<< Mi sembri un po’ provata… >>.
<< E’ la
stanchezza >> rispose Irina, << Ho dormito poco in questi giorni…
>>.
Simon rimase in
silenzio per un istante, poi disse: << Guarda che lo so che hai sfidato
tutti i piloti della BlackList…
Credi davvero che non lo sapessi? Cosa stai combinando?
>>.
Irina gli rivolse
un’occhiata. << Tu cosa fai qui? >> chiese.
<< Prima
dimmi cosa ti sta passando per la testa >> ribatté il nero, <<
Perché è chiaro che non me la conti giusta… >>.
<< Rivolevo
semplicemente il mio posto >> rispose Irina, secca, << Ho fatto
qualcosa di male? >>.
<< A parte
rischiare di farti ammazzare e inimicarti definitivamente tutti i membri della BlackList… No, non hai fatto
niente di male >>. Simon fece una smorfia. << Vorrei solo capire se
hai finito qui, oppure se hai in mente ancora qualcosa >>.
<< Perché lo
vuoi sapere? >> domandò Irina, sospettosa. Poteva anche sbagliarsi, ma
Simon magari stava cercando di sondare il terreno per qualcuno, e quel qualcuno
poteva anche essere William… O Xander.
<< Sono
venuto qui è ho saputo di tutto questo casino >>
rispose Simon, << Sembra che tu stia catalizzando l’attenzione su di te…
Volevo solo capire se ti stavi cacciando nei guai o no. Sono
pur sempre tuo amico, no? >>.
La cosa la
convinceva ancora poco, ma decise di fare buon viso a cattivo gioco. Sorrise,
anche se continuare a mentire non le piaceva. <<
Non ho in mente nient’altro >> disse, << Penso di aver già fatto
abbastanza rumore… Per un po’ me ne starò tranquilla >>.
“Finché la mia auto non sarà definitivamente pronta…”.
<< Bene
>> disse Simon, << Anche perché non mi sembri così in forma per
metterti a fare pazzie… Non l’hai presa bene, vero? >>.
Irina capì subito
che si riferiva a Xander e al fatto che se ne fosse
andato. Abbassò il capo, fissando la tazzina di caffè vuota.
<< Me ne sono
fatta una ragione >> disse lentamente, << Credevo davvero fosse in
grado di far arrestare William… Ci era quasi riuscito. Ma
lo Scorpione conosce troppa gente per farsi fregare così facilmente >>.
<< Non era
quello che intendevo >> disse Simon, guardandola.
Irina sospirò.
Aveva capito cosa intendeva, e si chiese come avesse fatto a intuirlo. <<
Mi sono fatta una ragione anche per quello… Con il tempo mi passerà. Con il
tempo passa sempre tutto >>.
Simon sorrise
dolcemente, mostrando i denti che in contrasto con la sua carnagione scura
sembravano ancora più bianchi. << Tornerà, vedrai >> disse solo.
All’improvviso
Irina ricordò che Simon e Xander si conoscevano… Gli
aveva raccontato la storia di come lui aveva lasciato l’F.B.I.
per vendicare la donna che amava…
<< Come mai
vi conoscevate? >> chiese, curiosa.
<< Ero un
amico di suo padre >> rispose Simon, e sembrò rattristarsi, << Un
grande amico… Prima di iniziare la mia missione, poi sono successi un po’ di
casini e ci siamo persi di vista… Xander mi conosceva
perché qualche volta sono andato a casa sua, quando era piccolo >>.
Sorrise e fece un segno con la mano. << L’ultima volta che lo avevo visto
era alto così… Ed era una vera peste >>.
Irina ridacchiò,
cercando di immaginare come dovesse essere un piccolo Xander
piantagrane. Le riusciva difficile, perché le sembrava impossibile che uno come lui potesse essere stato un bambino ingenuo e come
tutti gli altri: per lei rappresentava qualcosa di molto vicino alla
perfezione, e figurarselo alto nemmeno un metro che correva per casa combinando
pasticci era quasi impossibile.
Ordinò
qualcos’altro da bere e poi Irina ricordò qualcosa che forse non avrebbe mai
dovuto dimenticare: Dominic, quando era tornato dalla
sua fuga solitaria, aveva menzionato Simon…
<< Conosci
mio fratello Dominic, vero? >> chiese
all’improvviso, dura, << Sei stato tu ad aiutarlo quando è fuggito. Me lo ha detto lui… E’ tornato a Los Angeles, lo sai? >>.
Simon sembrò a
disagio. << Sì, sono stato io ad aiutarlo >> rispose lentamente,
<< E sapevo anche che sarebbe tornato… >>.
<< Perché non
mi hai mai detto che eri in contatto con lui? >> domandò Irina, stizzita.
<< Perché mi
aveva chiesto di non farlo… >> rispose il nero.
Con enorme
amarezza, Irina si rese conto che le persone di cui poteva veramente fidarsi in
quel mondo di pazzi criminali erano davvero poche. Anzi, in quel momento non
c’è n’era nemmeno una. Anche se Simon era suo amico, capì che aveva fatto bene
a mantenere il segreto anche con lui: se non poteva essere certa di chi poteva
fidarsi o meno, era meglio rimanere nel silenzio.
Gli rivolse
un’occhiata più che altro delusa, ma decise di non continuare a parlare di
quella storia. Ormai apparteneva al passato: Dominic
non c’entrava praticamente più niente. Aveva dato il
via a quella faccenda che l’aveva coinvolta suo malgrado, ma ne era uscito
forse perché era stato più furbo di lei… Ora conduceva la sua nuova vita senza
farsi troppi problemi, come d’altronde aveva fatto per tutta la sua esistenza.
Buttò giù tutto d’un sorso il suo succo, poi si alzò.
<< Mi ha
fatto piacere rivederti >> disse, << Cerca di non cacciarti nei
guai, mentre sei qui >>.
Lo salutò, forse un
po’ freddamente, e raggiunse la TT. Solo quando fu a casa
si soffermò a pensare a tutta quella storia, che continuava a rimanere strana.
Ore 17.00 – San Francisco, Sede F.B.I.
<< Posso
dirti di averla vista provata >> disse Simon
dall’altro capo del telefono, il tono di voce serio, << Non era proprio
in forma, ecco >>.
“Centra quel figlio di puttana… Se le ha rimesso le
mani addosso lo ammazzo.
Xander strinse
preoccupato la penna che aveva in mano. << Cos’altro
hai scoperto? >> chiese.
<< Qualcosa
che non ti piacerà >> disse Simon, << Challagher
l’aveva buttata fuori dalla Lista, e le aveva bruciato la macchina… >>.
<< Cosa?! >> gridò Xander,
scattando in piedi.
<< Le ha
bruciato l’auto dopo che ha scoperto che eri dell’F.B.I.
e che ti aveva aiutato >> continuò Simon, imperterrito, << E c’è
dell’altro: si è procurata un’altra macchina e ha sfidato tutti i membri della BlackList in un’unica gara per
riprendersi il suo posto… E poi ha anche gareggiato contro il Mastino >>.
<< Cazzo…
>> mormorò Xander, << Non può aver tirato
su tutto sto casino da sola… E’ impazzita, per caso? >>.
<< Non lo so
>> disse Simon, << So solo che a me non voleva raccontare nulla,
all’inizio. Solo quando le ho detto che sapevo quello che era successo ha
dovuto ammettere che lo aveva fatto… Dice che rivoleva solo il suo posto…
>>.
<< E poi?
>>.
<< Mi ha
assicurato che non ha nient’altro in mente >> continuò Simon, <<
Che starà tranquilla… Credo il suo fosse solo un modo per vendicarsi dell’auto
>>.
Xander maledisse l’idea
di lasciarle le chiavi della BMW… Perché era sicuro avesse usato quella.
<< Ok, va
bene… L’importante è che sia viva >> disse, forse più a se stesso che a
Simon, << Tienila d’occhio, perché non sono pienamente sicuro che non
abbia qualcos’altro in mente… >>.
“Non può aver sfidato Dimitri solo per vendetta… Si
sarebbe fermata al terzo posto, esattamente dove stava prima… Se ha gareggiato
anche contro di lui, significa che ha qualche idea per la testa. Forse vuole solo infastidire Challagher…”.
Era sicuro che
Irina non sarebbe mai stata così folle da sfidare William, soprattutto perché
non avrebbe avuto alcun senso e perché sapeva benissimo che era più forte di
lei. Non avrebbe mai osato così tanto contro di lui,
non quando era completamente da sola.
Il pensiero lo fece
rabbrividire. Salutò velocemente Cohen e fissò il monitor spento del pc.
Ora che ci pensava,
c’era qualcos’altro che non gli quadrava. Michael non gli aveva detto niente…
Eppure era stato chiaro: doveva riferirgli tutto quello che riguardava Irina.
Prese il telefono e
compose il numero di Folwer, decisamente
arrabbiato. Non c’era nessuno che facesse quello che diceva, in quella gabbia
di matti.
<< Perché non
mi hai detto quello che stava succedendo lì, eh?!
>> lo aggredì non appena Michael rispose al telefono, << Dove cazzo
stavi guardando, per aria? >>.
Il ragazzo
dall’altra parte tacque per qualche istante, preso totalmente alla sprovvista.
<< Scusa… Ma lei mi aveva chiesto di non dirti niente, e… >>.
<< E tu
ascolti anche i suoi ordini? >> sbottò Xander,
<< Ti avevo detto di tenerla d’occhio. Fra un po’ si fa ammazzare, e tu
ascolti pure quello che ti dice? >>.
<< Ma sta bene! >> protestò Michael, << Non le è
successo niente, no? >>.
<< Incapace
>> disse Xander, e gli chiuse il telefono in
faccia.
Rimase seduto alla
scrivania, cercando di calmarsi. Già il fatto di non riuscire a trovare prove
contro White lo rendeva nervoso, e aggiungere anche la
preoccupazione che Irina si facesse ammazzare lo faceva diventare
particolarmente intrattabile.
Forse doveva
cambiare soggetto. Forse White non c’entrava veramente nulla… Ma non poteva
ignorare le occhiate divertite e soddisfatte del suo capo, quando lo vedeva dibattersi in quel problema senza trovare la
soluzione. E poi c’era l’auto, non poteva dimenticarsene.
“Tanto ti incastro, bastardo…” pensò.
Ore 11.00 – Hermosa Beach
Irina uscì
dall’acqua gettandosi uno sguardo alle spalle, sentendo le goccioline salate
che le scorrevano sulla schiena. Il mare era piatto come una tavola, e riusciva
a vedere all’orizzonte un paio di yacht che si muovevano lenti sulla superficie
cristallina.
Raggiunse la
battigia e strizzò i capelli per eliminare l’acqua salata, poi volse lo sguardo
verso il bar deserto, da dove proveniva soffusa una musica abbastanza
rilassante, accesa solo per lei. Il barista e un paio di camerieri stavano
preparando i tavoli per il pomeriggio, quando sarebbe stato aperto per la gente
“comune”, ovvero gli esclusi dalla cerchia di William Challagher.
Anche il bagno di Hermosa Beach era dello Scorpione, ed era uno di quei posti
che usava per le sue feste in riva alla spiaggia. Se il sabato e la domenica era sempre pieno, durante la settimana non c’era mai
nessuno. William non ci veniva mai, perché preferiva andare a Redondo Beach, molto più affollata, ma non era solo quello
il motivo per cui piaceva molto a Irina.
La bella spiaggia
era stata lasciata libera per permettere ai bagnanti di stendere i propri
asciugamani in tutta libertà, a meno che non si
volesse una delle sdraio del bagno. Poco più in là si estendeva un enorme
gazebo di legno e paglia, che di sera veniva usato per
le feste, e che di giorno fungeva da tettoia per i tavolini del bar, tutti
fatti in foglie di banano. Era una combinazione di stili che a Irina piaceva
molto.
Si sedette
sull’asciugamano, a godersi i caldi raggi del sole che le battevano sulla pelle
bagnata. Non c’era meglio di qualche ora al mare per tornare in forma e passare
qualche momento in tutta tranquillità.
Canticchiò qualche
strofa della canzone che aveva come sottofondo, poi si mise a disegnare con le
dita sulla sabbia cerchi concentrici.
Ad un certo punto
iniziò ad avere la sensazione che qualcuno la stesse osservando. Era una cosa
piuttosto sgradevole, ma non ebbe il coraggio di guardarsi intorno per scoprire
che magari si trattava proprio dell’ultima persona che voleva vedere, ovvero William. Rimase con le dita nella sabbia calda,
gettando ogni tanto un’occhiata verso la battigia.
Resistette
mezz’ora, dopodiché si voltò per vedere che si trattava proprio dello
Scorpione, appoggiato al piccolo steccato che separava il gazebo dalla
spiaggia, in costume da bagno. Un paio di occhiali da sole Ray-Ban gli nascondevano lo sguardo, un sorrisetto che gli increspava le
labbra.
Irina lo ignorò e
tornò a guardare verso il mare, scocciata. Aveva pensato che almeno lì non si
sarebbe fatto vedere, ma era chiaro che la fortuna non stava dalla sua parte.
Non riusciva a starsene da sola nemmeno una volta.
Ad un certo punto
sentì qualcuno avvicinarsi e poi abbassarsi su di lei. Era uno dei camerieri,
che con un sorriso le disse: << William mi ha detto
di dirti che rischi di bruciarti, se continui a rimanere sotto il sole… E che
vorrebbe offrirti qualcosa da bere >>.
Per un momento
pensò di fare finta di niente, ma poi si rese conto che William non se ne
sarebbe andato finché non avesse ottenuto ciò che voleva. Si alzò con uno
sbuffo scocciato e raggiunse il bar.
Lo Scorpione era
seduto a un tavolino, il tatuaggio in bella vista sul petto muscoloso,
sorseggiando il suo drink con aria annoiata.
<< Cosa c’è?
>> chiese Irina, poco affabile.
<< Siediti
>> disse lui, facendole cenno verso la sedia vuota davanti a lui.
Irina si accomodò,
senza distogliere un momento lo sguardo da lui. Il bar era deserto, a parte
loro due. Non c’era nemmeno Dimitri, nei dintorni.
William si tolse
gli occhiali e le avvicinò un bicchiere. << Non è alcolico >>
disse, << Non bevi alcolici di mattina, no?
>>.
Irina guardò il
bicchiere ma non lo prese. << Cosa fai qui?
>> chiese.
<< Avevo
voglia di vederti >> rispose William, ghignando. << Ho lasciato
detto di chiamarmi, se fossi venuta qui >>.
Irina gli rivolse
un’occhiata in tralice. << Perché hai detto a Dimitri di lasciarmi
vincere? >> domandò, seria. Aveva accettato la cosa, ma voleva capire
perché.
<< Chi ti ha
detto che io l’abbia fatto >> ribatté William con un leggero sorriso.
<< Avrebbe
vinto lui, lo sanno tutti >> disse Irina, << Si è fermato davanti
al traguardo per far vedere che era lui il più forte. Non lo avrebbe mai fatto,
se tu non glielo avessi ordinato >>.
William si accese
una sigaretta con aria tranquilla. << Voglio solo vedere fin dove arrivi >> disse serafico.
<< Cosa vuoi dire? >>.
<< Hai
qualcosa in mente, ma non so cosa >> continuò lo Scorpione, <<
Quando ti incazzi sei assolutamente fenomenale, quindi
mi incuriosisce sapere fin dove ti spingerai. E poi, sono sicuro che tu voglia
sfidarmi, prima o poi >>.
Irina guardò
William, il tatuaggio dello scorpione che spiccava sul petto muscoloso, e si
rese conto che lui era convinto di saper prevedere le sue mosse.
<< Se
decidessi di sfidarti, tu accetteresti? >> chiese lei, un finto sorriso
sul viso. << Sai benissimo chi tra noi due vincerebbe,
no? >>.
<< Se
accetterei? >> fece lui, gettando la cenere della sigaretta, <<
Certo che accetterei. Piuttosto, tu me lo chiederesti mai? Anche tu sai chi tra
noi due vincerebbe, no? >>.
<< Vinceresti
tu >> disse Irina, << Lo sappiamo entrambi. Voglio solo sapere se
tu correresti contro di me, se te lo chiedessi >>.
William sorrise.
<< Sì, gareggerei. Ma chi ti dice che io non
voglia lasciarti vincere? >>.
<< Non lo
faresti >> disse Irina, sorpresa dalla sua ultima frase.
William gettò il
mozzicone e la guardò, un ghigno sul volto. <<
Invece potrei farlo >> disse, incrociando le braccia, << Se mai lo
facessi, cambierebbe l’idea che tu hai di me? >>.
<< No
>>.
<< Allora
cosa devo fare per evitare il tuo odio? >>.
La conversazione
non aveva assolutamente senso per Irina. Perché William stava lì chiederle cosa
doveva fare per fare in modo che lei lo amasse, quando
si prendeva sempre tutto senza il bisogno di chiedere niente a nessuno? Aveva
già tutto di lei, a cosa gli serviva avere il suo cuore?
<< Non hai
bisogno di me >> disse, << Quello che volevi da me te lo sei già
preso. Cosa ti serve che io ti ami? Non lo capisco >>.
William scosse il
capo e divenne serio. << Mi ci hai costretto tu >> disse, <<
Non sono abituato a ricevere dei no. Però ho imparato…
Non mi sto comportando come tu mi hai chiesto?
>>.
Irina lo fissò, gli occhi spalancati. Era ancora convito di essere
dalla parte del giusto… Lei lo aveva costretto? Ma che
cazzo di ragionamento era?
<< Potrai
anche essere il più buono del mondo, con me, ma rimani sempre il solito
criminale che sei sempre stato >> ribatté, gelida.
William si produsse
in una risatina. << Credo di aver capito dove sta il problema >>
disse, << Tu mi odi così tanto perché hai paura
di innamorarti di me. Dimmi se mi sto sbagliando >>.
Irina lo fissò con
gli occhi spalancati. Innamorata di lui? Non poteva certo esserlo, non quando
si era innamorata di qualcun altro…
Si alzò di scatto e
tornò sulla spiaggia, lasciando William da solo al suo tavolo. Non poteva
negare si essere stata scossa, dalle parole dello Scorpione, perché aveva paura
che ci fosse un fondo di verità. Da quando Xander era
entrato nella sua vita, e poi ne era uscito in modo così inaspettato, c’erano
troppe cose che non erano più le stesse, che sfuggivano al suo controllo.
Sperò che William
se ne andasse, ma dopo poco se lo ritrovò di fianco, seduto su un
bell’asciugamano blu che stese senza dire una parola. Le rivolse solo
un’occhiata, poi rimase in silenzio a guardare l’orizzonte.
Con la coda
dell’occhio, Irina tenne d’occhio William, seduto e come immerso
nei suoi pensieri. Stava diventando sempre più incomprensibile per lei,
soprattutto da quando Xander se n’era andato.
Rimasero l’uno di
fianco all’altra in silenzio per quella che sembrò un’eternità, poi William si
decise ad intavolare una conversazione.
<< Guarda che
rischi di ustionarti per davvero >> disse.
Irina gettò uno
sguardo verso le sue spalle, per notare che in effetti
erano leggermente arrossate. Spostò lo sguardo su William, la cui già marcata
abbronzatura lo preservava da ustioni a cui lei non
riusciva a sottrarsi nemmeno dopo un mese di mare, e trovò irritante che
facesse finta di preoccuparsi per lei.
<< Non fa
niente >> disse, e tornò a fissare l’orizzonte.
William sembrò
emettere uno sbuffo, si alzò e tornò dopo qualche minuto, lasciando sul suo
asciugamano quello che era un flacone di crema solare, e che Irina non degnò
nemmeno di uno sguardo. Voleva solo che se ne andasse.
Un istante dopo, lo
Scorpione si diresse verso la battigia per andarsi a fare il bagno, lasciandola
sola. Per evitare di averlo davanti agli occhi, Irina si sdraiò a pancia in giù
e cercò di dimenticare per qualche minuto di essere in compagnia di William.
Chissà se lo
Scorpione si rendeva veramente conto di quanto la infastidisse, oppure se lo
faceva apposta… Perché poi fissarsi con lei, quando poteva avere qualsiasi
altra ragazza?
“Tanto durerà ancora poco…”.
Qualcosa di gelido
le colò sulle spalle, facendole scappare un’esclamazione di sorpresa. Aprì gli
occhi e cercò di alzarsi, ma un paio di braccia decisamente
più forti delle sue la costrinsero a rimanere ferma dov’era. Quando capì che
William le si era appena seduto addosso venne colta
dal panico, e cercò disperatamente di fare forza sulle braccia.
<< Non voglio
farti niente >> disse William, il tono volutamente dolce, << Stai
ferma un attimo… >>.
<< Levami le
mani di dosso >> ringhiò Irina, << Giuro che… >>.
Si
interruppe
a metà frase quando si rese conto che William le aveva versato sulle spalle
arrossate la crema solare e gliela stava spalmando con deliberata lentezza. Le
sue mani si mossero con delicatezza sul tatuaggio della fenice, sui muscoli
tesissimi delle spalle…
Suo malgrado, doveva ammettere che William ci sapeva fare. Stava riuscendo
a farle apprezzare quel gesto che non aveva né calcolato né desiderato.
<< Non mi
piace solo riceverli, i massaggi… >> le sussurrò nell’orecchio,
abbassandosi su di lei. << Questo non lo sapevi, vero? >>.
<< Vorrei
alzarmi >> ribatté Irina, cercando di sgusciare da sotto le sue gambe.
<< Vuoi stare
un attimo ferma? >> ridacchiò William, << Non ti faccio
niente… E non dirmi che non è piacevole… >>.
Irina si odiò in
quel momento, ma non poteva negare che lo Scorpione stava riuscendo a farla
rilassare… Era piacevole sentire finalmente i muscoli delle spalle un po’ più
sciolti, quelle mani che aveva tanto odiato e che ora
le davano quella bella sensazione. Era frustrante ammetterlo, ma le piaceva.
Sentì le mani di
William solcare di nuovo la fenice, per poi scendere lente fino a metà della
sua schiena, incontrando il laccetto del costume, lo stesso che Xander le aveva riallacciato non tanto tempo prima, sempre
su una spiaggia assolata come quella. Con un gesto lento, le dita dello
Scorpione si insinuarono sotto il laccetto e
iniziarono a scioglierlo.
Irina sussultò, il
cuore che iniziava a battere troppo forte per la paura. Non si poteva muovere,
non si poteva alzare, e quel leggero brivido che prima era stato
quasi piacevole ora si trasformava in puro terrore.
<< William…
>> riuscì solo a dire, e fu più che altro un sussurro.
Lo Scorpione si
fermò e si abbassò su di lei, il fiato caldo che le soffiava sulla spalla.
<< Non voglio farti niente >> mormorò, << Voglio solo
dimostrarti che non sono l’animale che credi… Che se voglio
posso essere quello che cerchi >>.
Le parole di
William servirono solo a farla arrabbiare: voleva ribattere, ma sapeva che non
sarebbe stata una mossa saggia. Rimase in silenzio, cercando di controllare i
battiti del cuore, mentre lo Scorpione le slacciava il costume, facendole
scorrere un brivido di paura lungo la spina dorsale.
Non sapeva che cosa
volesse fare, né se da un momento all’altro avrebbe cambiato registro. Erano su
una spiaggia, ma erano da soli. Il barista e i camerieri non contavano:
lavoravano per lui, e gli avrebbero lasciato fare quello che voleva. Qualsiasi
cosa avesse in mente, Irina era completamente alla sua mercé, e ne era
consapevole.
Qualche minuto
dopo, quando William ebbe terminato quel massaggio che voleva essere
rilassante, ma che per Irina era stato terribile, riprese i laccetti del
costume e li riallacciò con lentezza quasi esasperante. Poi, senza dire una
parola, si alzò e la lasciò libera.
Con uno scatto
degno di un felino, Irina si mise a sedere e lo fissò, arrabbiata e spaventata
al tempo stesso. William sorrideva, come se la cosa lo divertisse molto. Cosa
diavolo voleva dimostrarle? Che sapeva tenersi? Che oltre a spogliarle,
le ragazze, sapeva anche rivestirle?
<< Sono stato
così mostruoso? >> domandò.
<< Non…
>> mormorò Irina, << Lasciami stare… >>.
Si portò le mani alla testa, frustrata. Ormai non sapeva più
come comportarsi, con lui. Più gli dimostrava di odiarlo, più lui cercava di
conquistarla; più tentava di accettarlo, più lui faceva in modo di farsi detestare. E poi continuava a confonderla, a darle
l’idea di poter veramente cambiare e poi di non poter mai migliorare. Proprio ora che aveva deciso di farlo sbattere in galera.
<< Che cosa
c’è? >> chiese William.
Irina deglutì,
cercando di trattenere le lacrime che le avevano invaso gli occhi. Non poteva
sopportare ancora per molto di sentirsi così persa, vuota… Stava crollando di
nuovo, e questa volta non c’era Xander a sorreggerla.
<< Cosa… Cos’ho che fa in mondo che tu sia fissato così tanto con me?
>> domandò, << Cos’ho di speciale, eh?
>>.
William sorrise.
<< Il fatto che non ti piace sottostare a nessuno, e che non lo mandi a
dire? >> rispose divertito, << Che non te ne frega un cazzo di
quanti soldi abbia, di quanto potere possieda? Che non sai essere falsa?
>>.
Detto da lui era
strano, e Irina se rese conto. Però non riuscì a
comprendere come quello potesse essere qualcosa di attraente… Gli piaceva solo
perché aveva il coraggio di insultarlo, di dimostrargli che lo odiava?
Abbassò il capo per
un istante, e con la coda dell’occhio notò qualcuno muoversi nel bar. Voltò la
testa, e vide che si trattava di Michael e Dimitri, appoggiati sul cancello di
legno a guardare proprio dalla loro parte. Il russo sembrava più scontroso del
solito, mentre Michael ridacchiava.
<< Ignorali
>> disse William, infastidito. Forse non aveva programmato che ci fossero
anche loro, e per Irina rappresentavano un’altra fonte di preoccupazione.
Spostò lo sguardo
sullo Scorpione, indecisa su cosa fare. Non lo capiva, e non sapeva come si
sarebbe comportato. Lui si sporse verso di lei e le scostò una ciocca di
capelli dalla spalla, indugiando con gli occhi sul suo collo.
<< Dov’è la
tua collana? >> chiese.
<< Ehm… Credo
di averla persa >> rispose Irina, a disagio. Sapeva benissimo che l’aveva
ancora Xander… Avrebbe potuto ridargliela, quando s’e
n’era andato…
<< Dove?
>>.
<< Non lo so
>>.
William continuò a
guardarla, come se sperasse che da un momento all’altro Irina
gli saltasse addosso, ma lei voleva solo andarsene. La situazione stava
diventando pesante per lei.
Si alzò e si
scrollò di dosso la sabbia. Lo Scorpione non le staccò gli occhi di dosso.
<< Devo
andare >> disse lei, infilandosi l’abitino predisole
e piegando l’asciugamano il più rapidamente possibile.
<< D’accordo
>> fece solo William, e senza protestare la lasciò andare.
A testa bassa Irina
rientrò nel bar e passò davanti a Dimitri e Michael, senza degnare nessuno di
uno sguardo.
Doveva portare a
termine il suo piano prima di impazzire per davvero.
Ore 15.00 – San Francisco, Sede F.B.I.
<< Sembra
proprio che Irina e lo Scorpione si stiano riappacificando >> disse
Michael dall’altro capo del telefono.
<< Raccontami
di nuovo la scena >> disse Xander, nervoso.
<< Bé, erano
in spiaggia >> spiegò il ragazzo, << Quando siamo
arrivati erano già insieme… Lui gli si è seduto sulla schiena e le ha slacciato
il costume. Dopodiché le ha fatto un bel massaggio senza che lei protestasse.
Anzi, sembrava piuttosto rilassata… >>.
<< E poi?
>>.
<< E poi
niente. Sembravano più “intimi” del solito… Girano voci che Irina stia davvero
con lui, adesso. O che almeno siano in rapporti più stretti del solito
>>.
Michael sembrava
compiaciuto di essersi ricordato di informare Xanderdi tutto quello che faceva Irina, ma lui non era della
stessa idea. Quella era una delle poche cose che non avrebbe voluto sapere.
Non ci credeva, ma
Michael era uno che risultava affidabile. Irina non
poteva aver ceduto, alla fine. Non con Challagher…
Non poteva aver accettato di stare con lui dopo quello
che le aveva fatto…
“Possibile che mi abbia dimenticato così in fretta?”.
<< Si sono
baciati? >> chiese.
<< No
>>.
Almeno quella era
una nota positiva…
<< Però lui era particolarmente affettuoso… E lei non troppo
infastidita >> aggiunse Michael.
<< Vuoi stare
zitto? >> sbottò Xander, infastidito e mise giù
il telefono.
Era roso dalla
gelosia e dal dubbio. Se davvero Irina aveva deciso di diventare veramentela ragazza di William, significava che non era
disposta ad aspettarlo… O che non avesse altra scelta. Forse lo odiava per
averle fatto promesse che non aveva ancora mantenuto…
Forse non voleva più rivederlo.
“L’unico modo che ho per sapere la verità è tornare
indietro… E per farlo, devo capire chi sta facendo il
doppiogioco. Se davvero mi odi, Irina, vorrei che tu me lo
sbattessi in faccia… Forse me lo merito”.
Ore 10.00 – Casa
Il telefono squillò
improvviso e Irina lo afferrò al volo, lasciando a metà la torta che stava
preparando. Guardò l’orologio, chiedendosi chi potesse essere a quell’ora.
<< Pronto
>> disse.
<< Irina…
>>. Era Max. << La Punto è pronta >>.
Spazio Autrice
Allora, che dire…
Niente, a parte che Xander non va ne
avanti ne indietro, e che Irina ormai è davvero al limite. Poi c’è William,
sempre più incomprensibile… E forse anche sempre più cotto della sua fenice. Sta
facendo di tutto per conquistarla, peccato che Irina proprio non ci stia. Ormai
ha il suo piano, ed è intenzionata a seguirlo, anche se ogni ora che passa si sente sempre più confusa: che l’idea di William sia
proprio questa? Di confonderla per farla cedere? Mistero…
Il prossimo
capitolo è in corso di lavorazione, e spero di finirlo al più presto: sarà decisamente più movimentato di questo!
Irina fissò la
Grande Punto senza parole, parcheggiata al centro dell’officina, la luce dei
neon a illuminarla come se si trovasse nel bel mezzo di uno show-room.
Esattamente come la
fenice, il soprannome che portava, la Punto era rinata migliore di prima. Il
muso arrotondato era attraversato dalla griglia di areazione in metallo
argentato, i fari a led bianchi che brillavano di nuova luce. Il cofano, una volta perfettamente liscio, ora era solcato da alcune
nervature che permettevano al potente motore di respirare, leggermente curvo
per ospitare i quattrocento cavalli che erano stati della BMW. I cerchi in lega grigio fumè montavano
pneumatici ribassati, l’alettone si stagliava non troppo vistoso sul portellone.
La fenice rossa attraversava la fiancata e il tetto, infuocata come la
ricordava lei. Il tutto, perfettamente in tinta con il colore della
carrozzeria: non più candido bianco, ma nero. Il nero
più scuro, più lucido e più profondo che Max era
riuscito a trovare.
<< E’
perfetta >> sussurrò solo, rapita da quella visione.
<< Trasferire
il motore non è stato facile >> spiegò Max, << Abbiamo dovuto
montare delle sospensioni anteriori diverse da quelle posteriori, e non avevamo
contato il fatto che la BMW era a trazione posteriore…
Per fortuna Antony ha avuto un colpo di genio e siamo
riusciti a farla funzionare >>.
<< Cos’altro è cambiato? >> chiese
Irina, girando intorno alla Punto e lasciando scivolare la mano sulla
carrozzeria lucidissima.
<< Fondamentalmente
è la stessa >> rispose Max, << Le componenti
rimangono quelle originali. Cambia solo il motore, anche se sono riuscito a
recuperare alcuni dei vecchi pezzi: ora hai molti più cavalli, ma potresti
anche avere qualche problema sulla tenuta delle ruote dietro. Il maggiore peso
davanti si farà sentire >>.
<< L’hai già
provata? >> domandò Irina, guardando il meccanico.
<< Ho fatto
un giro nei dintorni, per mettere a posto le ultime cose >> rispose,
<< Però la pilota sei tu, quindi devi dirmi tu se è la stessa di prima
>>.
Le lanciò le chiavi e Irina le prese al volo, felice come non
lo era da diverso tempo. Salì in macchina e percorse con lo sguardo
gli interni, completamente rimessi a nuovo.
Sembrava che alla
Punto non fosse mai accaduto nulla: ogni parte era esattamente come la
ricordava, e persino la radio era la stessa. L’unica cosa che cambiava era il
numero di chilometri percorsi indicati nel display illuminato di azzurro:
segnava zero.
<< La
macchina è la stessa, ma il motore è nuovo >> spiegò Max anticipando la
sua domanda, << Così ho pensato che avrebbe
avuto più senso farlo ricominciare da capo >>.
Irina annuì, poi
infilò la chiave e la girò, chiudendo gli occhi come se temesse di non sentire
niente. Sembrava tutto troppo perfetto per funzionare.
Con un ruggito, la
lancetta del contagiri scattò in alto e il motore si accese, inondando
l’officina di un suono diverso dal solito: più basso, più pieno, come il sordo
ringhiare di un felino.
Schiacciò il pedale
della frizione e ingranò la prima, scoprendo il cambio più morbido e preciso di
quanto ricordasse. Accese i fari, abbagliando Max davanti a lei, e attese che
il meccanico alzasse la saracinesca.
Quando la luce del
sole colpì in pieno la Punto, che sinuosa si mosse verso l’uscita, fu come se
il motore ruggisse tutta la sua felicità per essere tornato a vivere. Sgusciò
fuori rapida e sorprendentemente agile, senza incertezze.
Irina lanciò
un’occhiata estasiata a Max, e lui le fece cenno di andare. Con un colpo di
acceleratore, partì sgommando diretta verso l’autostrada, l’unico posto in cui
poteva provare le potenzialità della sua nuova auto.
Le ci volle qualche
minuto per capire che questa volta il meccanico aveva superato se stesso: la
Punto era sempre la stessa, ma inspiegabilmente sembrava anche migliore.
L’agilità, la reazione alle manovre brusche, la maneggevolezza erano sempre
quelle, ma ora lo scatto da fermo era bruciante, la ripresa era migliore e il
motore ancora più pronto.
Imboccò
l’autostrada, accelerando appena fu dentro. Le ci volle un secondo per
raggiungere l’auto che le stava davanti e per superarla a destra. Si infilò tra un furgone e un’utilitaria e sgusciò in mezzo
con sorprendente velocità. Poi si mise sulla corsia di sinistra e scatenò tutti
i cavalli che erano stati imbrigliati fino a quel momento.
150… 180… 210… La
Punto non sembrava volersi fermare, decisa a recuperare tutto il tempo perduto.
Arrivò a sfiorare quella che era sempre stata la sua velocità massima senza
alcuno sforzo, e solo allora Irina decelerò lentamente, conscia che il limite
della vecchia Punto era ormai un ricordo. Per sfruttarla fino in fondo le ci
sarebbe voluta una pista.
Torno indietro,
assaporando tutti i particolari che le erano mancati di quell’auto, gettando
ogni tanto un occhio al contachilometri. Accese la radio e si godette il
viaggio di ritorno.
Quando inchiodò
davanti all’officina, l’unica cosa che fu in grado di fare fu uscire di corsa dalla macchina e abbracciare Max, travolgendolo.
<< E’
perfetta! >> gridò, << Assolutamente perfetta! Hai fatto un
miracolo! >>.
Max ridacchiò.
<< Almeno così sono sicuro che hai qualche
possibilità di sbattere William dietro le sbarre >> disse, << E’
diventata mostruosa, quell’auto >>.
Irina sorrise e
saltellò come una bambina fino alla Punto. Sì, questa volta niente poteva
andare storto. Persino la sua macchina era tornata per darle una mano.
<< Lavori,
oggi pomeriggio? >> chiese.
<< Sono qui
in officina, ma spero che per una volta non venga nessuno >> rispose Max,
<< Vorrei riposarmi un po’… Ho lavorato come un pazzo, per farla tornare
nuova il più in fretta possibile >>.
“E ho intenzione di farti un regalo, per questo” pensò Irina.
<< Allora può
essere che passi a trovarti, oggi >> disse, << Grazie mille per
tutto quello che hai fatto. Ci vediamo >>.
Risalì sulla Punto
e si diresse a casa.
Ore 13.00 – San Francisco, Sede F.B.I.
<< Allora,
Mark Conrad lo abbiamo controllato >> disse Xander,
scorrendo una lista di nomi che aveva davanti, << Risulta pulito e
tranquillo... Jonathan Megiver lo abbiamo fatto?
>>.
<< Già visto
>> rispose Jess stancamente, <<
Dipartimento antidroga. Perfettamente a posto: anzi, negli ultimi mesi era
persino in ospedale… Voglio proprio vedere come faceva a essere a Los Angeles…
>>.
Xander sbuffò e gettò la
lista sulla scrivania.
McDonall gli aveva
suggerito di indagare su altri membri dell’F.B.I.,
perché riteneva che forse era sbagliato concentrarsi solo su White. Avevano
fatto un elenco di tutti quelli che potevano essere entrati in contatto con Challagher o che si erano trovati a Los Angeles negli
ultimi mesi. Nessuno però sembrava essersi mosso in modo strano o aver lasciato
qualche indizio.
<< Ma è possibile che non siamo riusciti a scoprire nulla?
>> sbottò, arrabbiato.
<< Forse ci
stiamo concentrando sulle persone sbagliate >> ipotizzò Jess, << Magari non abbiamo centrato la questione…
>>.
<< Se è come
dici tu, allora la spia potrebbe essere qualcuno molto vicino a noi, o qualcuno
che abbiamo escluso a priori >> disse Xander,
pensando.
Jess sembrò colto da
una rivelazione. << Non è che magari si tratta
di McDonall? >> disse, << E’ stato lui a
incaricarti di trovare la talpa, e guarda caso ti sta facendo perdere tempo a
indagare su mezza F.B.I… In
più, lui aveva una copia delle prove contro Challagher…
Potrebbe non essere un colpo di fortuna, il suo… >>.
Xander ci pensò su. In effetti, l’informatico poteva anche avere ragione:
magari McDonall stava solo cercando di allontanarlo
dall’obiettivo… Ma allora perché non dargli completamente ragione, quando gli
aveva detto che sospettava di White? Rappresentava un buon diversivo: poteva
sfruttare il sospetto che manifestava verso White per allontanarlo da lui…
McDonall poteva essere uno
dei sospettati, ma a quel punto non era l’unico. Cercò di calcolare chi
avessero escluso dalle indagini, e capì che si trattava di poche persone, ma
era gente di cui lui si fidava e di cui non riusciva a dubitare. Tra loro c’era
anche suo padre, e non poteva immaginare la reazione di Steve se avesse saputo
che sospettava anche di lui.
Si alzò e uscì nel
corridoio seguito da Jess, con l’intenzione di andare
a mangiare qualcosa. Forse dopo aver fatto una pausa
sarebbe stato abbastanza tranquillo da farsi venire qualche idea.
<< Hai
ricevuto notizie da Los Angeles? >> chiese Jess, prendendo uno dei vassoi di plastica sul bancone e
mettendosi in coda.
<< Non hai
più telefonato a Jenny? >> domandò Xander,
osservando cosa ci fosse per pranzo.
<< Sì, ma
sembra che Irina sia piuttosto irreperibile, in questi giorni >> rispose Jess, serio. << L’ultima volta che l’ha vista ha
detto che non stava tanto bene… Si fa vedere poco anche da lei >>.
Tacque, come se non volesse aggiungere altro. Xander
sospettò sapesse qualcosa che a lui non era noto, ma non doveva essere così
importante, altrimenti glielo avrebbe sicuramente detto.
<< Lo so
>> disse, << Cohen me lo ha detto. Spero
solo non si cacci nei guai… >>.
“E sono sicuro che lo sta facendo…”
.
Non guardò nemmeno
quello che la cuoca gli mise nel piatto, tanto era preso dai suoi pensieri.
Qualunque cosa stesse facendo Irina, l’unica speranza che aveva era quella che
William non l’avrebbe mai uccisa, perché era troppo egoista per
privarsi del suo giocattolino preferito. Per
quanto lo odiasse, ora ringraziava il fatto che lui
fosse innamorato di lei: era un bastardo, ma era così possessivo che non
avrebbe permesso a nessuno di farle qualcosa. Era un privilegio che riservava
solo per se stesso.
Ore 16.00 – Casa
Irina divise le
banconote che aveva davanti in tre grossi fasci, che legò con un elastico. Diecimila dollari per Max, cinquemila per Tommy e Sally, e altri
cinquemila per lei. Li infilò nella borsa e rimase a fissare il tavolo
della cucina, in silenzio.
Il piano definitivo
era pronto.
Le serviva una sola
gara, una gara in cui correre contro William e dargli
l’impressione di voler vincere. E poi, chiamare i Federali, nel bel mezzo della
corsa. Bloccare lo Scorpione per non farlo fuggire e poi
sperare di avere il tempo di scappare… Oppure lasciarsi arrestare.
Forse non era
intelligente, forse non era facile da mettere in pratica, ma quella era l’unica
idea che aveva per incastrare William. Sapeva che durante la gara si sarebbe
divertito a giocare con lei per dimostrarle che era più forte, e che non aveva
paura di avere qualche auto della polizia tra i piedi.
L’unica cosa che non poteva immaginare era che Irina non gareggiava per
vincere, ma per sbarrargli la strada e ogni possibile via di fuga.
Come sarebbe
andata, non lo sapeva. Sperava di poter riuscire a fuggire, per poi lasciare la
città ed evitare la rabbia di tutti i membri della BlackList… Altrimenti, si sarebbe lasciata arrestare anche
lei, per fare la fine che si era sempre immaginata. Non la spaventava finire
dietro le sbarre, a vivere sola con i propri fantasmi, quando alla fine sola
era sempre stata.
Doveva solo
aspettare il momento giusto. Nessuno doveva sospettare quello che voleva fare,
ma soprattutto quando. Niente avvisi, niente formalità: sarebbe andata dritta
da William e gli avrebbe imposto di gareggiare subito, senza dare il tempo a
nessuno di provare a fermarla o intuire quello che aveva in mente.
I soldi che erano
avanzati le sarebbero serviti per pagare Max per il
suo impegno, per migliorare la situazione di Sally e Tommy e per darle una
possibilità di fuga. Lasciare Los Angeles per sempre, cercare altrove un’altra
vita… Cinquemila dollari erano pochi, ma sarebbero bastati per qualche mese…
Guardò le tre
mazzette di denaro infilate nella borsa.
“Seriamente Irina… Credi davvero di riuscire a fuggire?
Credi davvero di uscirne viva?”
“No…”.
Prese i cinquemila
dollari che pensava di tenere per lei e li mise da
parte. Ci avrebbe pensato… Avrebbe deciso tutto all’ultimo. Per il momento però
poteva chiudere le ultime cose.
Afferrò la borsa e
scese di sotto, gettando uno sguardo verso il garage chiuso, che nascondeva la
Punto. Salì sulla TT e si diresse verso Pasadena.
Mezz’ora più tardi
parcheggiava davanti a casa di Sally, notando che la finestra era aperta. Da
dentro proveniva il suono di una tv accesa. Suonò il campanello e attese.
<< Irina! Che
bella sorpresa! >> la salutò allegramente Sally, lasciandola entrare in
soggiorno, << Accomodati >>.
La ragazza trovò Dominic seduto sul divano, che giocava con Tommy facendo
correre sul tavolino delle auto giocattolo. Sembrava molto contento di dividere
il tempo con suo figlio, e Irina rimase colpita dall’espressione dolce che suo
fratello stava riservando al bambino.
Quando si accorsero
della sua presenza, smisero di giocare e il nipote le
corse incontro; Dominic rimase seduto sul divano.
<< Ciao
piccoletto >> disse Irina, prendendo in braccio Tommy, << Come va, eh? >>.
<< Noi tutto
bene >> rispose Dominic, e qualcosa nel suo
tono glielo fece apparire stranamente più adulto. << Tu? >>.
<< Abbastanza
>> rispose Irina, porgendogli Tommy, << Mi hanno
detto che ti sei trovato un lavoro serio >>.
Dominic scrollò le spalle.
<< Mi sembrava il minimo… Ho un bambino da mantenere >>.
Irina lo guardò, al
colmo della meraviglia. Anche lui iniziava a cambiare, come suo padre. Allora
non erano proprio irrecuperabili.
Sorrise e si aspettò delle domande su quello che aveva combinato nelle
ultime settimane, ma Dominic rimase in silenzio. Non
doveva più aver frequentato il vecchio giro, altrimenti avrebbe sicuramente
saputo…
<< Vuoi
qualcosa da bere? >> chiese Sally.
<< No, ti
ringrazio >> rispose Irina, voltandosi verso di lei, << Rimango
solo pochi minuti… >>. Si sporse verso di lei e sussurrò: <<
Possiamo parlare un momento da sole? >>.
Sally annuì sorpresa
e la portò in cucina.
<< Dimmi
>>.
<< Credo che
mio fratello stia cambiando, ma non so quanto ancora posso fidarmi di lui
>> disse Irina, cercando nella borsa la mazzetta di denaro, <<
Voglio che tu prenda questi e li metta da parte per usarli quando ne avrete
bisogno, ok? >>.
Le porse i soldi, e
Sally li guardò come se fossero qualcosa di pericoloso.
<< Ma… Perché? >> chiese, quasi spaventata.
<< Li avevo
messi da parte per una cosa, ma non mi servono più >> spiegò rapidamente,
<< Tienili. Non me ne faccio niente, non li voglio nemmeno. Prendili e
usali per comprare qualcosa che possa esservi utile >>.
Sally indugiò.
<< Non posso… >> disse, << Hai già fatto tanto per noi…
>>.
<< Se non li
vuoi per te, almeno prendili per Tommy >> insistette Irina, <<
Mettili da parte per lui… Fallo studiare, non lo so… Ma prendili, per favore
>>.
Sally accettò le
banconote con l’espressione preoccupata, e la ringraziò a bassa voce. Irina
sorrise e chiuse la borsa.
<< Non farlo
sapere a Dominic, almeno per un po’ >> disse,
<< Non vorrei che ricadesse nel suo vizio…
>>.
<< Va bene,
ma… >> iniziò Sally, incerta.
<< Non devi
sentirti in debito >> disse Irina, << Sono davvero pochi, e mi fa
piacere darveli… Potranno tornarvi utili un giorno, ne
sono sicura >>. Si diresse verso la porta per andare via, ma prima gettò
un’occhiata nel soggiorno: Tommy e Dominic stavano
ancora giocando insieme, proprio come un qualsiasi padre con il
proprio figlio.
<< Mi ha
fatto piacere rivedervi >> disse, indugiando con lo sguardo su Tommy,
<< Devo andare >>.
Senza aggiungere
altro infilò la porta e uscì, sentendosi davvero triste. Ora capiva cosa
significava rischiare di non rivedere più nessuno, di dire addio alle poche
cose belle che aveva. Risalì sulla TT senza guardarsi indietro e si diresse
verso l’officina di Max.
Quando parcheggiò a
bordo strada stava ancora cercando di scacciare quella
orribile sensazione che aveva alla bocca dello stomaco. Entrò nel negozio e
trovò il meccanico da solo, seduto al bancone ad ascoltare la radio, in mano
una rivista di auto.
<< Come va la
macchina? >> chiese quando la vide arrivare.
<< Sempre
bene, naturalmente >> rispose Irina, un finto sorriso sul volto, <<
Non può che essere altrimenti >>.
Si sedette sul
bancone di fianco a lui, guardandolo canticchiare allegramente la canzone che
stava trasmettendo la radio. Ecco un’altra cosa bella a cui
doveva dare addio.
<< Senti Max…
>> iniziò Irina, dondolando le gambe seduta sul bancone, << E’
stato carino da parte tua rimettermi a posto la
macchina, anche se non ti andava… Lo apprezzo davvero >>.
Il meccanico la
guardò, serio. << Non è che non mi andava…
>> disse, << Solo che so cosa comporta che tu abbia di nuovo la tua
macchina. Gareggerai contro William, e non voglio che ti succeda qualcosa…
Sarebbe colpa mia >>.
Irina sorrise e gli
diede una pacca sulla spalla. << Non sarebbe colpa tua >> lo
rassicurò, << Sono abbastanza grande da prendermi
le mie responsabilità. E poi chi ti dice che farò una gara
contro William… Ho riottenuto il mio posto, in fondo >>.
<< Allora
promettimi che non lo farai >> disse Max, guardandola negli occhi.
Irina abbassò la
testa. << Non posso farti una promessa che non sono sicura di poter
mantenere >> disse, << Sono cambiata, Max, e sento che devo
iniziare a prendere una posizione. Non posso continuare a vivere accettando
quello che mi viene imposto senza fiatare, fare e
sempre solo la comparsa. Non continuerò a fare il burattino. Se davvero quello
che fa non mi va bene, lo devo dimostrare >>.
<< Non è
necessario che sia tu a provarci >> disse Max, << C’è molta altra
gente più preparata di te per questo… >>.
Irina si lasciò
andare a un sorriso amaro. << Chi? >> chiese, << L’unica
persona che pensavo fosse in grado di metterlo in difficoltà è dovuta andare
via. Non c’è nessuno che possa fare questa cosa, se non io. William non ha
paura di me, e mi considera abbastanza stupida da non avere il coraggio di fare
una cosa del genere. Non se lo aspetterà mai, non da me >>.
<< Non hai
paura di quello che potrà succedere? >> domandò Max, alzandosi.
<< Paura?
Forse. Tanto cosa potrebbe mai succedere? Posso
perdere, posso vincere, o al massimo rischio la pelle… Cose a
cui sono abituata >>.
In realtà aveva
paura, e negare era l’unico modo che aveva per esorcizzarla. Aveva pensato a
tutte le implicazioni, ed erano talmente tante che non poteva
considerarle tutte. Se avesse fallito, sperava solo che William se la prendesse
esclusivamente con lei, e lasciasse in pace tutti gli altri.
Scese dal bancone e
recuperò la borsa che aveva lasciato in un angolo. Non era venuta per parlare
della sua sfida con lo Scorpione.
<< Posso
darti una mano, se vuoi >> propose Max.
<< No, hai
già fatto abbastanza >> disse Irina, sorridendogli.
<< Ma l’altra
volta mi avevi detto di smettere di ostacolarti e di
darti una mano, se mi andava >> protestò il meccanico.
Irina tornò seria.
<< Mi hai rimesso a posto la macchina, ed era
l’unica cosa che volevo >> disse, << Il resto sono fatti miei. Non
voglio mettere nessuno in mezzo, perché non so come andrà a finire >>.
<< Quando,
allora? >> domandò il ragazzo, esasperato.
<< Non lo so
>> rispose Irina, << Quando sarà il momento… >>
<< Allora è questione di settimane >> ipotizzò Max, << Non
vorrai farlo subito. Dovrai fare calmare le acque, prima… Devi
riprendere confidenza con la macchina… >>.
Irina gli lanciò
un’occhiata. “Questione di settimane?”
pensò, “Al massimo di giorni…”.
<< Sì
>> rispose solo, senza guardarlo per non fargli capire che stava
mentendo.
Max sembrò
tranquillizzarsi, e Irina ne approfittò per cambiare argomento.
<< Ti ho
portato una cosa >> disse, tirando fuori il fascio di banconote. <<
Un regalino… >>. Gli porse i soldi e Max inarcò un sopracciglio.
<< Hai già
pagato >> disse, << Per la macchina siamo
a posto… >>.
<< Non sono
per la macchina, sono per te >> spiegò Irina, con un sorriso, <<
Per il disturbo >> aggiunse.
<< Stai
scherzando, vero? >> ribatté il ragazzo, senza avvicinarsi.
<< Uffa, Max,
prendi questi soldi e non fare troppe storie >>
sbuffò Irina, << Non sono tutti per te. Dividili con Antony.
Avete lavorato come matti, per aggiustare la Punto. Ve li
meritate. Sono quelli che avanzano, e a me non servono >>.
Max porse
lentamente la mano e Irina gli lasciò il fascio di banconote, osservando la sua
espressione indecifrabile. Lo guardò contare il denaro, e ogni secondo la sua
faccia diventava sempre più incredula.
<< Ma sono diecimila dollari! >> gridò, << Non ti
sembra di esagerare? >>.
Irina sorrise.
<< No… E poi se devi continuare a uscire con Angie
ti ricordo che devi pagare tu… Vuoi fare l’uomo o no? >>.
Max scosse la
testa, ma sorrise anche lui. Il pensiero forse lo rendeva felice.
<< Allora?
State ancora uscendo insieme? >> chiese Irina, divertita, << Mi sono dimenticata di voi due, in questo periodo… >>.
<< Sì, ci
stiamo vedendo >> rispose Max, leggermente a disagio, << Abbastanza
spesso, anche >>.
<< Bene, sono
contenta >> disse Irina, << E’ un po’ che non la incontro.
Lei ha gli esami e io sono stata impegnata in altro…
Mi fa piacere che continuate a vedervi >>.
Voleva chiedere
altro, ma si rese conto che magari sarebbe risultata
impicciona. Guardò l’espressione felice di Max al pensiero di Angie, e capì che forse le cose andavano bene. Almeno per
loro.
Uscì dall’officina
e raggiunse la TT, gettando un ultimo sguardo a quel luogo che rappresentava
molto per lei. Senza Max non ci sarebbe stata nessuna
Punto, e forse nessuna Fenice. Anche quella era una parte della sua vita.
Risalì in auto e
salutò il meccanico con la mano, poi partì. Pochi minuti più tardi udì squillare il cellulare, e rispose.
<< Sono
William, bambolina >> disse la voce dall’altra parte.
<< Dimmi
>>.
<< Stai bene?
>> chiese lo Scorpione.
<< Sì. Devi
dirmi qualcosa? >>.
<< Domani
sera c’è una festa, al Gold
Bunny >> spiegò William, << Ci sarà un bel po’ di gente. Ti va di
venire? Mi farebbe piacere averti tra noi >>.
Irina fece una
smorfia. Quanto sapeva essere falso… Dietro quella
esasperata cortesia era sempre lo stesso, se lo sentiva. In un’altra situazione
avrebbe detto di no, ma questa era l’occasione che aveva invocato, e che non le
sarebbe più capitata.
<< Ci sarò
>> rispose solo.
Ore 21.00 – San Francisco, Sede F.B.I.
<< Sto
andando alla festa che hanno organizzato al Gold Bunny >> spiegò Michael, dall’altro capo
del telefono, << Sembra che si sarà un po’ di gente. Forse faranno un
paio di gare >>.
<< Bene
>> disse Xander, anche se sapeva già della
festa, << Tieni d’occhio Irina e chiamami se succede qualcosa. Anche se
li trovi a letto insieme e lei ti fa promettere di non dire niente, ok?
>>.
<< Va bene
>>.
Chiuse la
telefonata a guardò l’ora. Cohen aveva telefonato
pochi minuti prima di lui per dirgli la stessa identica cosa, rivelandosi molto
più affidabile del loro infiltrato. Anche il nero sarebbe andato alla festa per
controllare cosa sarebbe successo. E tra i due, Xander
si fidava più di Cohen, in quel momento.
Improvvisamente, si
rese conto di una cosa… In effetti, il comportamento di Michael era strano. Gli
aveva dato un ordine ben preciso, ma non si era
attenuto a ciò che gli era stato chiesto… Non gli aveva detto niente di Irina,
e lui aveva scoperto tutto da qualcun altro… Solo quando era stato messo alle
strette aveva ammesso di saperlo…
Si alzò di scatto e
uscì dall’ufficio, diretto a quello di White. Incrociò Jess
a metà strada, che vedendolo così preoccupato, chiese: << Trovato
qualcosa? >>.
<< Credo di
aver capito >> disse solo, e sparì dentro l’ascensore.
Doveva chiedere a
White una cosa… Forse si era davvero sbagliato… Jess
aveva ragione, avevano escluso le persone insospettabili…
Senza bussare entrò
nell’ufficio del suo capo, che gli rivolse un’occhiata incendiaria. Era seduto
davanti al computer. Xander gli si parò davanti,
minaccioso.
<< Dove sono
i documenti che gli avevo consegnato e che contenevano le prove contro Challagher? >> chiese.
<< Li ho dati
a McDonall. Voleva vederli prima di metterli in
archivio… >> rispose White, perplesso.
<< Che auto a
dato a Fowler per andare a Los Angeles? >>
domandò Xander.
<< Una
Chevrolet Camaro… Perché me lo sta chiedendo?
>>.
Xander gli rivolse
un’occhiata. << Lei ha visto con che auto è venuto quando era qui?
>>.
<< No. Avrei
dovuto? >> ribatté White, infastidito da quell’interrogatorio, <<
Gli ho detto di parcheggiare nel mio posto… Non guardo mica come va in giro
>>.
Tombola. Aveva
capito.
Si voltò di scatto
e per fare più in fretta prese le scale. Arrivò davanti all’ufficio di McDonall e spalancò la porta. Il vicepresidente era al
telefono, e gli rivolse un’occhiata leggermente infastidita per il suo ingresso
decisamente irruento.
<< Può
attendere un momento in linea, per favore? >> disse al suo interlocutore,
poi si rivolse a Xander: << Cosa
succede? >>.
<< A chi ha
dato i documenti dopo averli ricevuti da White? >> chiese Xander.
<< Avevo
detto a Fowler di dargli un’occhiata prima di partire
per Los Angeles >> rispose McDonall, poi sembrò
colto da un’illuminazione.
<< E’ Michael
Fowler la talpa >> concluse per lui Xander.
Ore 21.00 – Casa
Irina guardò il suo
riflesso nello specchio, illuminato dal lampadario appeso al soffitto della
stanza. Osservò attentamente l’espressione della ragazza che
la fissava, chiedendosi quanto la rappresentasse realmente.
Quella che si
faceva chiamare Fenice puntò gli occhi felini, cerchiati di nero, su di lei,
l’espressione di sfida che balenava nelle iridi scure. I capelli trattenuti in
una coda alta lasciavano scoperto il viso dai tratti resi duri e affilati dalla
luce soffusa, le labbra immobili in una posa di ghiaccio. Sul collo lasciato
scoperto dal top nero mancava la collana che aveva
sempre brillato sul petto di Fenice e che le aveva sempre portato fortuna, ma
il tatuaggio della fenice era in bella vista, pronto a ricordare a tutti chi
era lei.
Ecco la ragazza che
voleva William. Quella nello specchio era l’Irina che
lui aveva sempre bramato di possedere, che aveva cercato di fare sua con la
forza, che aveva plasmato con la violenza. La stessa che ora gli si ritorceva
contro, esasperata per essere costretta a diventare ciò che non era. La stessa
che amava e che voleva condannarlo a scendere dal suo trono.
Doveva mostrarsi
sicura, non doveva far vedere che aveva paura, e per farlo doveva mostrarsi il più aggressiva possibile. Si avvicinò allo specchio e
studiò gli occhi, che aveva reso profondi e minacciosi
con la matita nera, e si compiacque dell’effetto che era riuscita a
imprimergli. Per la prima volta si trovò davvero provocante.
Gettando un’ultima
occhiata al suo riflesso si voltò e guardò ciò che c’era appoggiato sul letto:
una borsa vuota, i cinquemila dollari legati con l’elastico, il cellulare che
le aveva dato Xander e la pistola che le aveva
lasciato e che non aveva mai avuto intenzione di usare.
Infilò il cellulare
nella borsa insieme ai soldi, poi afferrò la pistola e la esaminò con
attenzione. Era passato molto tempo dall’ultima volta che era stata costretta a
impugnarne una, ma ricordava ancora come si faceva. Controllò che fosse carica,
tolse la sicura e prese la mira guardando il suo riflesso nello specchio.
“Forse sono pronta anche a questo” pensò, “Se qualcosa andasse storto, potrei anche
pensare di ucciderti, William”.
Ripose velocemente
la pistola nella borsa e controllò l’orologio. La festa doveva essere già
cominciata, ma il suo ingresso comprendeva anche quel ritardo calcolato. Era
pur sempre la presunta ragazza dello Scorpione, e attirare l’attenzione doveva
essere il suo mestiere.
Scese di sotto,
trovando suo padre che lavava i piatti in cucina e Denis e Harry davanti alla
tv. Era surreale come si trovassero tutti lì, proprio ora che era l’ultima
volta che metteva piede in quella casa.
Todd la squadrò da capo a piedi, quasi non la riconoscesse, poi
chiese: << Dove vai? >>.
<< Esco
>> fu la laconica risposta di Irina, prima di rendersi conto che forse
non voleva dire addio a suo padre proprio in quel momento.
<< Oh, ok
>> fece Todd, << Non tornare troppo tardi, però >>.
<< D’accordo
>>.
Irina gettò
un’occhiata nel soggiorno, senza che Denis e Harry si preoccupassero di lei.
Come sempre per loro rappresentava meno di zero, ma rimanevano comunque i suoi
fratelli.
Rimase qualche
istante a fissarli in silenzio, poi tornò a guardare suo padre. Almeno lui
stava cambiando… Forse poteva sperare di rifarsi una vita.
Tornò di sopra e
tirò fuori il fascio di banconote. Lo osservò per un istante, poi cercò un
foglio bianco e lo avvolse dentro. Prese una penna e scrisse sopra: “In caso di
bisogno”. Lasciò il pacchetto sul letto e chiuse la porta. Quando suo padre
sarebbe entrato lo avrebbe trovato; non era necessario
che sapesse.
<< Avevo
dimenticato una cosa >> disse, quando tornò di sotto e vide lo sguardo
interrogativo di Todd posarsi su di lei. << Buona serata. Harry, Danis… Ciao >>.
Uscì di casa e si parò davanti alla saracinesca del garage, illuminata
fiocamente dal lampione vicino. La tirò su e osservo la Punto, la sua “Belva”.
La carrozzeria nera
brillò sotto il neon, quasi volesse dimostrare quanto fosse cattiva. I fari
ammiccarono come a farle capire che aspettava quel momento da molto tempo. Il
suo voltò si rifletté sul parabrezza scuro, rivelando la sua espressione dura e
determinata.
“E così finalmente ci troveremo faccia
a faccia con lui. Sei rinata solo con questo scopo…
Dimostrami che non è imbattibile”.
Salì in auto e
accese il motore, poi sgusciò fuori dal garage per raggiungere la sua meta: il Gold Bunny.
Ore 21.10 – San Francisco, Sede F.B.I.
<< Allora è
lui >> disse McDonall, << Tutto combacia.
Ha detto di aver cercato nel suo ufficio e di non aver trovato nulla… >>.
Xander, McDonall, Jess, White e Steve
erano riuniti intorno allo stesso tavolo, le espressioni preoccupate e i volti
tirati.
<< E’ lui, ne
sono sicuro >> disse Xander, << Ha
chiesto lui di subentrarmi in caso di fallimento… Era già in contatto con Challagher in quel momento. Questo spiega come faceva a
sapere dei carichi di auto, come ha fatto a sfuggirci fino ad adesso. Molto
probabilmente sapeva di me già da prima… >>.
<< Ha fatto
il finto tonto fino ad adesso, allora >> commentò amaramente White,
<< Lo credevo un tipo a posto… >>.
<< Anche io, se è per questo >> disse Steve, << E’
chiaro che ci siamo sbagliati… >>.
Anche Xander trovava difficile che Michael fosse la loro talpa:
lo aveva considerato sempre un bravo agente, e gli aveva perdonato gli errori
che stava commettendo in quel momento solo perché non era del campo… Altro che
errori, i suoi: stava con Challagher,
ecco perché non gli aveva detto di Irina.
<< Cosa si
fa? >> chiese Jess.
<< Devo
tornare indietro >> disse Xander, <<
Anzi, prima devo avvertire Irina >>.
Ore 21.13 – Gold
Bunny
Irina fermò la
Punto al centro del parcheggio, proprio davanti all’ingresso del Gold Bunny, fregandosene di aver
occupato la strada e di intralciare il passaggio. La sua auto doveva essere lì
quando William sarebbe uscito fuori per gareggiare.
Spense il motore e
notò gli sguardi divertiti della gente che stava entrando nel locale in quel
momento. Forse tra loro intravide un paio di membri della BlackList, ma non li degnò di uno sguardo e salì
rapidamente la gradinata, ignorando anche i fischi poco carini che qualcuno le
indirizzò.
Il locale era
pieno, e la musica a tutto volume. Strizzò gli occhi per individuare William,
ma non lo vide. Chiese a uno dei baristi dove fosse e lui gli indicò in fondo,
dove la musica arrivava più soffusa ed era possibile parlare. Attraversò la
pista, notando che la gente la lasciava passare e che le gettava sguardi
intimoriti.
Quando fu in vista,
venne notata subito da William e dalla dozzina circa
di ragazzi che erano seduti con lui allo stesso tavolo, tra cui c’erano
naturalmente Dimitri, Hanck e Michael. Andrò dritta
verso di loro a passo deciso, lo sguardo fisso sullo Scorpione, sul cui volto
si dipinse un’espressione divertita. La squadrò e sorrise.
<< Ciao
bambolina >> disse.
Qualcuno ridacchiò,
e Irina percorse con lo sguardo tutti i presenti. Un ragazzo che non conosceva
ebbe la bella idea di squadrare le sue gambe con un sorrisetto idiota. Prima
ancora di aver finito il suo esame, Irina afferrò il bicchiere che aveva in
mano e glielo rovesciò addosso, lasciandolo spiazzato a grondare alcool sul
tavolo. L’occhiata gelida che lanciò bastò a zittire tutti. Solo William si
arrischiò a commentare.
<< Dava
fastidio anche a me, in effetti >> disse.
Irina appoggiò le
mani sul tavolo, sentendo tutti gli occhi su di lei.
“Non mostrare che hai paura… Non fargli vedere che lo
temi… Sei sempre stata brava a farlo…”.
<< Voglio
gareggiare contro di te, adesso >> disse.
L’atmosfera di
divertimento che aveva aleggiato fino a quel momento si dissolse in un attimo,
facendo posto all’incredulità. Michael edHanck si voltarono verso lo Scorpione, insieme a molti
altri, quasi si aspettassero scoppiasse a ridere. Solo Dimitri continuò a
tenere gli occhi grigi puntati su di lei, distaccati.
William sorrise e
allontanò il bicchiere che stava davanti a lui.
<< D’accordo
>> disse, << Non mi aspettavo già stasera,
ma va bene >>.
Si alzò e la
raggiunse, indugiando con lo sguardo sul suo collo scoperto. Le fece cenno di fargli strada, e Irina si voltò e si diresse verso l’uscita.
Un attimo dopo sentì il trambusto degli altri che si alzavano e gli correvano
dietro.
Quando raggiunsero
l’uscita e la Punto nera si parò davanti a loro, vide
il sorriso dello Scorpione incrinarsi. Fissò l’auto senza riuscire a nascondere
la sorpresa e il fastidio. Non se lo era .
<< Ma…
>> disse Hanck, di fianco a loro, << L’avevamo bruciata… >>.
<< Una fenice
rinasce sempre >> ribatté Irina, serafica. La reazione di
incredulità dei presenti le diede coraggio.
<< A questo
non avevo pensato >> disse William, facendo tornare il suo sorriso
fastidioso, << Almeno il colore è migliore di quello di prima >>.
Irina lo ignorò e
scese le scale, raggiunse l’auto e gli disse di trovarsi all’incrocio lì vicino.
Salì e mise in moto, lasciando il parcheggio sotto lo sguardo stupito di tutti
i presenti.
Rapidamente cercò
il cellulare nella borsa e vide che qualcuno l’aveva chiamata: era stato Xander.
“Ormai è tardi per fermarmi,
mio caro”.
Cancellò le chiamate
ricevute e compose il numero della polizia federale. Gettò un’occhiata nello
specchietto retrovisore e riuscì a vedere, da lontano, Simon Cohen fissarla con
gli occhi spalancati.
“Lo ripeto: è tardi, ora”.
<< Distretto
federale di Los Angeles >> disse la voce di una donna dall’altro capo del
telefono, << In cosa posso esserle utile? >>.
<< C’è una
gara clandestina lungo la 18° strada. Al Gold
Bunny troverete qualche persona di vostra conoscenza >> rispose Irina,
tenendo d’occhio Simon dallo specchietto, << Datevi una mossa, vi sto
offrendo la BlackList su
un piatto d’argento >>.
Poi chiuse la
telefonata e distolse lo sguardo dallo specchietto, per vedere il muso della
Lamborghini Revènton sbucare alla sua sinistra.
Ore 21.22 – San Francisco, Sede F.B.I.
<< Porca
puttana, non risponde! >> disse Xander,
fissando il cellulare che teneva in mano. << Sta succedendo qualcosa, lo
so >>.
<< Riprova di
nuovo >> disse Jess, << Magari non lo ha sentito… >>.
<< Non vuole
rispondere, questa è la verità >> ringhiò Xander,
fissando prima McDonall poi suo padre, << Non
vuole rispondere perché non vuole farci sapere cosa sta facendo… Da quando me
ne sono andato non ha mai risposto alle mie
telefonate, e ha chiesto a Fowler di non dirmi che
cosa stava facendo… Non voleva che sapessi cosa aveva in mente… >>.
<< Riprova
>> disse Steve.
Nello stesso
istante in cui Xander prese di nuovo in mano il
cellulare, quello si mise a squillare. Era Simon Cohen.
<< Pronto
>>.
<< Irina ha
sfidato Challagher! >> gridò il nero, <<
Vuole correre contro di lui! >>.
<< Cosa ci giochiamo, Fenice? >> domandò William, fermo di fianco
a lei, il finestrino oscurato della Revènton
abbassato per permettergli di parlarle.
<< Se vinco,
sono libera >> rispose Irina, << Se perdo, sono tua >>.
William si esibì in
un sorriso soddisfatto. << D’accordo >> disse, << Che gara vuoi? >>.
<< La stessa
della sfida con Dimitri >> rispose Irina, stringendo il volante della
Punto, << Ma un solo giro >>.
Lo Scorpione annuì.
<< Bene. Buona fortuna allora, Fenice >>.
“Prega che la fortuna sia dalla tua”.
Irina tirò su il
finestrino e scaldò il motore. Gettò uno sguardo allo specchietto retrovisore,
cogliendo solo con la coda dell’occhio Dimitri che stava al centro della strada
e che avrebbe dato il via. Stava guardando Simon, che parlava al telefono e che
all’improvviso si mise a correre verso di lei.
Un secondo più
tardi, vide il russo dare il via. Senza chiedersi cosa volesse Simon, Irina
premette a fondo l’acceleratore e schizzò in avanti.
Spazio Autrice
Lo ammetto, mi
sembra scontato: Michael Fowler è la spia… Immagino
di non avervi colto troppo impreparati. Qualcuno credo avesse già intuito di
chi si trattasse. Comunque, la parte importante ora è la sfida Fenice vs
Scorpione, che è appena cominciata. Chi vincerà? Ma
soprattutto, ci sarà un vincitore, in questa gara? Bè,
lo scoprirete nel prossimo capito…
Ah, vorrei chiedere a tutti voi un parere: mi è venuta
l’idea di raccontare una piccolissima parte di uno dei prossimi cap dal punto di vista di William… Rappresenterebbe
l’occasione per scoprire come vede Irina e cosa esattamente pensa di lei, al di là di tutto quello che si è visto fino ad adesso.
Ditemi cosa ne pensate…
Il prossimo cap non so quando lo posterò, ma mi sto dando da fare…
Spero di terminare entro qualche giorno.
<< E’
partita! >> gridò Xander, gettando il cellulare
sulla scrivania, << E’ partita! >>.
Si voltò verso Jess, Steve, White e McDonall,
pietrificato. Irina aveva iniziato la sua gara, e nessuno poteva più fermarla…
Stava andando a farsi ammazzare.
Nel silenzio della
stanza, un cellulare squillò troppo violentemente. McDonall
lo tirò fuori dalla tasca e rispose. Annuì una paio di
volte, poi guardò Xander.
<< Hanno
ricevuto una chiamata da Los Angeles… >> disse, << Qualcuno gli ha
fatto una soffiata su una gara sulla 18° strada… Era una ragazza >>.
“Era lei… E’ stata lei a chiamarli… Vuole far arrestare
Challagher…”.
Xander fissò il
vicepresidente senza vederlo. Stava pensando a cosa fare, come trovare una
soluzione a quella situazione… Come fare a salvare Irina prima che si facesse
ammazzare. E il suo istinto, in quel momento, gli diceva solo una cosa: torna
indietro. Torna indietro e fermala.
<< Mi serve
una macchina >> disse solo, << La più veloce possibile >>.
Sapeva di non poter
mai arrivare in tempo: Los Angels distava centinaia
di chilometri, e quando sarebbe arrivato in città la
gara ormai sarebbe terminata. Ma poteva cercare un
modo per evitare il peggio… Doveva arrestare Challagher,
prendere quel maledetto Fowler e trovare Irina.
White e McDonall si guardarono, poi il vicepresidente aprì un
cassetto e gli lanciò un mazzo di chiavi… Quelle della Ferrari.
<< Vada
>> disse, << Ci preceda… Manderò tutte le unità che ho a disposizione
>>.
Xander annuì. << Jess, vieni con me? >> domandò.
L’informatico
annuì. << Prendo il portatile, potrebbe servire >> disse.
Xander lo guardò uscire di corsa dall’ufficio e gettò uno sguardo a McDonall. << Dica agli agenti che stanno andando
sulla 18° strada di non fare del male alla ragazza… Guida una Fiat Grande
Punto. E avverta Cohen… Non so quanto tempo ci impiegherò, ma al mio arrivo
voglio trovarla ancora viva >>.
Ore 21.27 – Gold
Bunny
La Fiat Grande
Punto schizzò in avanti, facendo pattinare le ruote anteriori. Gli pneumatici
fischiarono, lasciando strisce nere sull’asfalto e sollevando una nuvola di
fumo nero.
Senza strappi e
senza esitazioni, Irina cambiò marcia a una velocità inaudita, sentendo il
grido lacerante del motore della Lamborghini alla sua sinistra. Fianco a fianco, le due auto superarono la prima curva,
lasciandosi alle spalle il piazzale del Gold Bunny
stipato di gente.
Irina gettò uno
sguardo allo specchietto retrovisore, sentendo che tutta la paura che aveva
provato fino a quel momento stava scemando. Ormai aveva cominciato, e non
poteva tornare indietro. Non le rimaneva che dare fondo a tutte le sue
capacità, e sperare di farcela.
Premette la
frizione e scalò di una marcia, William ancora alla sua sinistra. Come aveva
previsto, la sua intenzione era quella di giocare, di
provocarla… Chissà se aveva anche intenzione di farla vincere.
Alla curva
successiva si tenne stretta, nella speranza di costringerlo a rallentare per
seguire la sua scia. Lo Scorpione invece le rimase attaccato al fianco,
allargando la traiettoria in modo perfetto, senza esitazioni.
Inutile dire che
William era sicuramente più forte di lei, ma non era su quello che puntava
Irina. Ormai la polizia federale doveva essersi mossa, e non aspettava altro
che il loro arrivo per rendere dura la vita allo Scorpione. Finché fossero
rimasti solo loro due, poteva fingere di voler vincere.
Schiacciò a fondo
l’acceleratore, guardando la lancetta del tachimetro schizzare in alto,
superando i 150… La Lamborghini rimase sempre al suo fianco, ma indietreggiò di
qualche metro, come sopraffatta. Impossibile, per un’auto di
quel calibro.
Irina guardò nello
specchietto laterale: William stava parlando al cellulare con qualcuno, e la
sua espressione era furiosa.
Prima di avere il
tempo di chiedersi cosa fosse successo, Irina venne
distratta dal lampeggiare di una luce proprio davanti a loro. Una luce azzurra
che brillava nella notte cittadina, insieme al suono incessante di una sirena.
Una volante della
polizia federale.
Ore 21.35 – San Francisco
Xander imboccò
l’autostrada a tutta velocità, tagliando la strada a un paio di utilitarie che
suonarono il clacson per quella brusca manovra. Lasciò la Ferrari percorrere la
corsia di destra, per poi gettarsi sulla sinistra e accelerare improvvisamente.
Jess al suo fianco si teneva alla porta, il pc portatile in grembo.
<< Cosa vuol dire che sei dovuto scappare? >> chiese Xander, il cellulare nella mano libera.
<< Fowler era lì, e mi ha visto parlare al telefono >>
rispose Cohen, il tono agitato, << Ha capito che ero in contatto con te…
Deve aver collegato che stavo tenendo d’occhio la situazione per te, ma quando
ha iniziato a inseguirmi sono arrivati i federali. Siamo scappati tutti e due, ma in direzioni opposte… >>.
<< Hanno
preso qualcuno? >> domandò Xander.
<< Sì, credo
abbiano arrestato un paio di membri della BlackList >> rispose Cohen, << C’era un sacco di
gente, e il casino era troppo perché tutti riuscissero a scappare. Il russo e Fowler però se la sono data a
gambe, compresi tutti gli amici di William >>.
Xander cercò di mantenere
la calma. << Ok… I federali si occuperanno di loro, finché non arrivo
>> disse, << Non farti prendere, ma controlla Irina… Qualsiasi cosa
succede, voglio saperla, chiaro? >>.
Gettò il cellulare
sul cruscotto e con la coda dell’occhio vide Jess
aprire il pc portatile e iniziare a digitare qualcosa
sulla tastiera.
<< Cosa fai? >> chiese, mentre il rumore del motore della
Ferrari invadeva l’abitacolo.
<< Irina ha
ancora il cellulare che le hai dato… >> mormorò Jess,
concentrato, << Posso tracciarlo… Sapremo dov’è in ogni momento >>.
Ore 21.38 – 18° Strada
La volante della
polizia si parò davanti a loro all’improvviso, bloccandogli la strada. Irina
inchiodò di colpo, sentendo che la Lamborghini, pochi metri dietro di lei,
faceva altrettanto.
Scattò di lato e
cercò di speronare William, intenzionata a fermarlo.
La Revènton la scartò e poi riuscì a passare alla sua
destra.
Nonostante
l’oscurità, Irina riuscì a vedere l’espressione dello Scorpione, non più
divertita o quasi rilassata, ma infuriata. Infuriata come non l’aveva mai
vista.
La volante si gettò
al loro inseguimento, e fu subito raggiunta da altre tre, sbucate dalle vie
laterali. Con le sirene accese di misero sulla loro scia,
intimando l’alt dagli altoparlanti.
Irina guardò
William che stringeva il volante con una sola mano, lo sguardo fissò davanti a
sé. Decise di riprovare. Sterzò bruscamente a destra e toccò la Lamborghini,
sfiorando lo specchietto esterno con il suo. Lo Scorpione fu costretto a
spostarsi e salire con due ruote sul marciapiede.
Altre due volanti
sbucarono davanti a loro, e Irina cambiò direzione per evitare di prenderne una
in pieno. William, invece, inchiodò e poi speronò il posteriore di dell’altra,
facendola finire in testacoda.
Un secondo dopo,
Irina svoltava a destra, la Lamborghini dietro di lei, seguita a ruota dai
federali.
Come un missile, una Audi A3 grigia si parò davanti ai suoi occhi,
costringendola a rallentare. Poi, dall’altra parte della strada, la Ford GT
rossa di Dimitri sbucò dal nulla, affiancandosi alla Revènton.
Nel giro di qualche
secondo, si ritrovarono circondati da tutte le parti: auto dei federali davanti
e dietro di loro, pronte a mettere in atto un posto di blocco mobile.
Irina si portò
vicino a William, cercando di capire come fare per intralciargli la strada.
Dimitri fece uscire fuori strada una volante,
liberando un passaggio per permettere a loro la fuga.
Presa alla
sprovvista, Irina si parò davanti allo Scorpione, impedendogli di sfruttare il
passaggio che il russo aveva appena aperto. La Lamborghini le toccò il
posteriore, come a volerla spingere, ma Irina toccò i freni e rimase dov’era.
William capì
all’istante qual’era la sua intenzione, e per tutta
risposta accelerò ancora, prendendo in pieno il posteriore della Punto, facendo
schizzare la Fiat avanti. Nel frattempo, l’Audi di Hanck
era finita al lato della strada, fuori dal cerchio delle
volanti.
“Non ti lascio scappare, non questa volta”.
Fregandosene di
cosa sarebbe accaduto alla Punto, Irina iniziò a zigzagare davanti alla
Lamborghini, sempre vedendo davanti a sé la Ford GT. Era pronta a fare
qualunque cosa pur di fermare William, di bloccarlo e lasciarlo catturare dalla
polizia.
Solo allora notò
davanti a loro, distante ma non abbastanza per non essere visto, un posto di
blocco formato da fuoristrada della polizia federale. Non c’era di meglio per
costringere William a fermarsi.
Controllò che non
ci fossero strade laterali in cui lo Scorpione poteva infilarsi, e gli chiuse ogni via di fuga: da una parte lei, dall’altra la
polizia. Hanck riuscì a defilarsi a un incrocio,
mentre Dimitri rimase davanti a loro.
La Punto strinse la
Lamborghini lungo la sinistra, costringendola a proseguire per forza diritto.
L’unica via di fuga che lo Scorpione poteva sfruttare era quella che lei gli
stava chiudendo: la svolta dell’incrocio segnalato da un semaforo rosso.
All’improvviso, la
Ford GT rallentò bruscamente, proprio davanti a lei. Irina frenò di colpo, ma
non abbastanza per evitare di toccarla. I fari
anteriori andarono in mille pezzi, insieme a quelli
posteriori della Ford. Un pezzo di vetro volò sopra il suo parabrezza e poi sul
tetto.
Irina scartò di
lato, senza capire cosa volesse fare Dimitri. Gli si mise di fianco, ma il
russo le andò addosso, lasciando libero William.
La Punto venne spinta di fianco, così forte da sentire la portiera
destra accartocciarsi. Il posto di blocco era ormai vicino, non poteva mollare
e lasciare allo Scorpione la possibilità di svoltare e fuggire…
Accelerò, ma la
Ford fece altrettanto, e la spinse con violenza verso il marciapiede. Il
finestrino della Punto si crepò, e lo specchietto volò via in una nuvola di
scintille.
Irina fu costretta a
girare, sempre spinta dalla GT rossa, e seguita da
ruota dalla Lamborghini. Le volanti gli rimasero addosso, cercando di
superarli.
Capì subito che la
presenza del russo era un problema: senza di lui, forse le sue possibilità di
fermare William sarebbero state maggiori. Doveva essere intervenuto quando
aveva capito il piano di Irina.
Gettò uno sguardo
verso Dimitri, e lo vide parlare al cellulare. Un secondo dopo, la lasciò
avanzare, e Irina si ritrovò alla testa del gruppo di auto. Dallo specchietto
vide la GT farsi superare anche dalla Lamborghini, che si piazzò dietro a
Irina.
Con un colpo di
freni, la ragazza cercò di farlo rallentare, ma la Revènton
si spostò a destra e le si affiancò, pronta a farla
andare in testa coda. Irina si allontanò velocemente, superando l’incrocio e
sfiorando il marciapiede.
Un secondo più
tardi, un frastuono assordante le arrivò alle orecchie, e guardò nello
specchietto. Tre grosse auto, una Aston
Martin blu, una Audi A3 grigia, e una Mercedes SL rossa erano sbucate dall’incrocio
tagliando la strada alle volanti della polizia. Due si schiantarono l’una
contro l’altra, mentre le altre inchiodarono e quelle che seguivano gli
finirono addosso, tamponandole. Una, forse speronata
dalla Mercedes, si ribaltò e rotolò su se stessa per un centinaio di metri,
fermandosi vicino alla vetrina spenta di un negozio.
Irina venne colta dal panico. In un solo attimo, tutte le auto dei
federali erano state messe fuori gioco dagli amici di William. Sperò ne
arrivassero altre, ma si rese conto che forse ormai era tardi…
Lo Scorpione aveva i suoi scagnozzi a dargli una mano…
No, non poteva
finire così… Non poteva arrendersi già adesso… Se non
poteva farlo arrestare, allora poteva…
Si ritrovò la Lamborghini a destra e la Ford a sinistra; dietro,
la Mercedes, l’Audi e la Aston Martin. Lo sguardo che
le rivolse lo Scorpione le face capire che volevano
fermarla, costringerla a farle chiudere la gara. Avevano capito il piano che
aveva in mente, il perché della sua sfida contro Dimitri e poi contro William…
Si sarebbero vendicati, in qualche modo.
“Non mi arrendo… Non ancora”.
Con una manovra
brusca e inaspettata, andò addosso alla Revènton,
piegandogli la porta e facendola sbandare. E poi di nuovo… Due, tre volte,
cercando di distruggere la macchina, cercando di farla
finire fuori strada…
La GT si spostò,
forse per lasciare campo libero ed evitare di vedersela venire addosso.
Raggiunse le auto che la seguivano e rimase in attesa di un suo nuovo attacco.
Senza dare il tempo
a William di capire cosa volesse fare, lo speronò di nuovo, fino a far
esplodere in mille pezzi il finestrino della Punto. Le fiancate stridettero
l’una contro l’altra, le lamiere che sfregavano emettendo scintille.
Irina guardò
William, lo sguardo furente puntato su di lei. Stringeva il volante, pronto a
incassare un altro suo colpo.
Forse aveva solo un
modo per fermarlo…
Si portò una mano
alla cintura, ed estrasse la pistola senza che William se ne accorgesse. Poi
alzò il braccio e la puntò dritta dritta
verso di lui, continuando la loro folle corsa a tutta velocità, fianco a
fianco.
Gli occhi verdi
dello Scorpione, gli stessi che all’inizio aveva amato
e poi odiato con tutta se stessa, si riempirono di sorpresa, e di quella che
era paura. Rimase pietrificato, continuando a stringere il volante in modo
convulso, forse troppo stupito per fare qualcosa.
“Addio, William… E’ questa la fine che ti meriti”.
Alzò il dito per
premere il grilletto, decisa a mettere fine a quella
storia…
Con una manovra
furiosa, William le andò addosso così forte da farle perdere la presa sul
volante. La Punto sbandò, le gomme che stridevano sull’asfalto, per poi finire
in testacoda…
La pistola le cadde
di mano mentre cercava di riprendere il controllo dell’auto. Prima di
rendersene conto, era ferma a bordo strada, la fiancata distrutta.
Stordita, scosse la
testa per riguadagnare lucidità, la vista annebbiata. Recuperò la pistola sul
sedile e spalancò la portiera, pronta ad affrontare William, dovunque fosse.
Qualcuno la afferrò
con violenza e la tirò fuori dall’auto, strappandole di mano l’arma.
Un ceffone la colpì in pieno volto, tanto forte da farle sanguinare il naso e farle perdere l’equilibrio.
<< Che cazzo
volevi fare, puttana?! >> le gridò addosso William, prendendola per il collo e sbattendola
contro il cofano della Punto, << Pensavi di ammazzarmi, eh? >>.
Irina non riuscì
nemmeno a vedere il secondo schiaffo che arrivava, tanto era stordita.
Si rese solo conto si essere sdraiata sul cofano nero della sua auto, macchiato
di sangue. Prima di avere il tempo di tirarsi su, lo Scorpione la prese per il
top e la costrinse a girarsi, fissandola in faccia, l’espressione furiosa come
non l’aveva mai vista.
<< E’ la
volta buona che ti ammazzo, troia >> le ringhiò in faccia, << Non
dovevi nemmeno provarci… Che cosa volevi fare, eh? >>.
Fece un cenno verso
Dimitri, che si avvicinò e gli porse un rotolo di nastro adesivo nero. William
lo afferrò e le legò le mani così stretto da farle male. Poi la prese malamente
per le spalle e la costrinse a guardarlo in faccia.
<< Ti ammazzo, Irina. Questa volta di ammazzo…
>> mormorò.
Il cellulare nella
sua tasca squillò, e lo Scorpione rispose.
<< Lo so
>> disse, continuando a tenerla ferma, << Se Went
è sulla strada per Los Angeles non ci faremo trovare… >>.
Irina spalancò gli
occhi. Xander stava tornando indietro? Non era
possibile… Non…
Si accorse che
Dimitri la stava fissando, gli occhi grigi e gelidi puntati su di lei. Forse
stava valutando l’ipotesi di prendersi la sua vendetta contro Xander…
<< Bene,
liberati di loro… >> continuò William, << D’accordo, a dopo
>>.
Mise il cellulare
in tasca poi la spinse verso la Revènton, facendola
sedere dal lato passeggero. Poi recuperò ciò che c’era nella Punto: la pistola
e il cellulare che le aveva lasciato Xander. Li gettò sul cruscotto, poi disse, rivolto agli
altri: << Troviamoci dove abbiamo detto l’altra
volta >>. Risalì sulla Lamborghini e guardò Irina, gli occhi piedi di
odio. << Hai avuto fegato… Ma hai giocato
troppo, con me >>.
Ore 22.30 – Autostrada
La Ferrari
sfrecciava a 230 all’ora sulla corsia di sorpasso dell’autostrada, superando a
destra e sinistra le auto che le intralciavano la strada.
<< Finiremo
ammazzati… >> sussurrò Jess.
Xander lo ignorò.
<< E’ ancora ferma? >> chiese, gettando un rapido
sguardo al display del computer.
<< No, si
muove… >> rispose Jess, << E’ stata ferma
solo qualche minuto… >>.
Il cellulare che Xander aveva gettato sul cruscotto squillò, illuminandosi
nell’abitacolo buio. L’informatico glielo passò e lui rispose.
<< Sono Cohen
>> disse il nero, << C’è un problema: Challagher
ha saputo che stai tornando indietro. Sta scappando, e con lui c’è Irina
>>.
Xander sentì il cuore
accelerare. Aveva immaginato che William venisse a sapere subito del suo ritorno,
ma non così in fretta.
<< Allora è
ancora viva… >> mormorò, << Cosa è
successo? >>.
<< Sono solo
riuscito a vedere una parte della scena >> rispose Cohen, << Il
russo e un altro paio di auto hanno aiutato Challagher a sbarazzarsi della polizia, poi l’hanno
bloccata e l’hanno caricata a forza nella Lamborghini… >>. Il nero
tacque, come se non volesse continuare.
<< Vai avanti
>> lo incitò Xander.
<< Challagher deve essere fuori di sé… E’ stato piuttosto
violento >> disse Cohen.
Xander strinse il
volante. Irina aveva ostato troppo, questa volta, e lo Scorpione forse per la
prima volta non aveva accettato. Se stava scappando con lei, allora o la voleva
usare, o gliela voleva far pagare con più calma…
Xander guardò il
navigatore, che segnava la distanza da Los Angeles: mancavano
ancora più di quattrocento chilometri… Anche se avesse viaggiato a
duecentoventi all’ora senza fermarsi, gli sarebbero servite ancora almeno due
ore, per arrivare in città.
<< No,
aspetta… >> disse Jess all’improvviso, <<
Ha cambiato strada… Procede verso nord, ora… Viene verso di
noi! >>.
Xander premette
l’acceleratore, lanciandosi lungo l’autostrada buia, senza curarsi di
rispettare il codice della strada. Se Irina era su quella strada, lui l’avrebbe
trovata.
Ore 22.50 – Autostrada
Irina sedeva in
silenzio sul sedile del passeggero della Lamborghini, i polsi che pulsavano
dolorosamente. La testa le faceva male per il colpo ricevuto, ma il naso almeno
non sanguinava più. Ma oltre al dolore fisico, c’era qualcos’altro che rendeva Irina muta e vuota, abbandonata su quel sedile avvolgente.
Aveva miseramente
fallito.
Dopo aver speso
tempo e denaro per rimettere in sesto la sua auto, riguadagnare il suo posto
nella BlackListed avere la possibilità di sfidare lo Scorpione, aveva
mandato tutto all’aria. Nonostante tutti i propositi che si era fatta, la
determinazione che aveva sfoderato, non era riuscita nel suo intento.
William, di fianco
a lei, guidava lungo l’autostrada con una maschera di ghiaccio sul volto, ma la
vena che pulsava sul suo collo muscoloso era un chiaro segno della sua rabbia.
<< Cosa credevi di fare, eh? >> chiese lo Scorpione, dopo
il lungo silenzio che aveva regnato fino a quel momento.
Irina rimase in
silenzio, la testa bassa di chi si sente sconfitto e inizia a sentire la paura.
<< Rispondi!
>> ringhiò William, << Credevi di riuscire a farmi arrestare, o
pensavi di ammazzarmi? >>.
La ragazza
sussultò. << Volevo farti finire in carcere… >> mormorò, lo sguardo
incollato sul cruscotto in titanio della Lamborghini.
William si lasciò
andare a una smorfia. << Che stronza… >> disse, << Davvero.
Mi sarei aspettato di tutto da te, ma non questo… Molto coraggiosa, ma anche estremamente stupida >>.
Irina rimase zitta,
osservando la strada scorrere velocissima al suo fianco. Vide brillare le luci
della GT di Dimitri dietro di loro, l’unica delle auto
a non aver cambiato strada.
Questa volta niente
l’avrebbe salvata, né quella fissazione che William aveva per lei né la
fortuna. Aveva davvero osato troppo, e lo Scorpione non era uno che perdonava…
L’aveva messo in
conto, alla fine. Fin dall’inizio aveva saputo che la morte poteva essere
l’unica cosa a cui andava incontro… Forse se lo era
anche sentito, altrimenti non avrebbe mai lasciato i soldi a suo padre…
La Lamborghini
imboccò l’uscita dell’autostrada, fermandosi in una piazzola vuota e buia,
rischiarata solo da alcuni lampioni. Ad attenderli, parcheggiate l’una di
fianco all’altra, l’Audi A3 grigia e l’Aston Martin
blu: appoggiati alle macchine leggermente rovinate, c’erano Hanck
e Josh, le espressioni serie sui volti scocciati.
William fermò
l’auto a pochi metri da loro, lasciando il motore acceso. Irina rimase chiusa
dentro, senza riuscire ad avvicinare le mani alla maniglia della porta. Lo
Scorpione si mise a parlare con i due, a cui poi si
aggiunse Dimitri. Il russo gettò uno sguardo verso di lei, prima di tornare a
guardare verso la strada alle loro spalle.
Una Mercedes SL
rossa avanzava a fari accesi nella notte, la stessa che Irina aveva visto
diverse volte e che aveva aiutato lo Scorpione nella fuga. La stessa che doveva
appartenere al capo di Xander, la loro talpa…
William sorrise e
la raggiunse, aprì la portiera dell’auto e la tirò fuori bruscamente, tenendola
per le braccia. La costrinse a girarsi verso la Mercedes, e disse, serafico:
<< Adesso ti faccio conoscere la nostra spia…
Quella che ha fatto scappare il tuo caro Went
>>.
Irina puntò lo
sguardo verso l’auto rossa, in attesa. Chiunque fosse, lo odiava ancora prima
di conoscerlo.
La porta della
Mercedes si aprì, e una figura scura uscì dall’abitacolo, una figura che dapprima Irina non riconobbe. Poi, quando si
avvicinò, sotto la luce dei lampioni vide avanzare Michael Folwer.
In un secondo, le
ultime cose di cui Irina era sicura svanirono. Michael Fowler,
lo stesso che aveva sostituito Xander nel suo
incarico, era la spia di William. Lo stesso che lei credeva incapace di fregare
lo Scorpione, che le aveva promesso di non far sapere niente a Xander di quello che stava facendo…
Se davvero Xander stava tornando indietro, ora che sapeva che la talpa
non era altri che uno di loro, uno dell’F.B.I., ogni
speranza le sembrava perduta. Forse Fowler non era
l’unico, forse William poteva contare su altri… Se Xander
stava tornando, veniva solo per rischiare la pelle…
<< Sorpresa?
>> le sussurrò William nell’orecchio, riscuotendola.
Irina ringhiò e
cercò di liberarsi, ma invano. Michael venne verso di
loro, un sorrisetto stampato in faccia, l’espressione divertita di fronte a
quella arrabbiata e spaventata di Irina. Le sfiorò una guancia con una mano,
quasi volesse accarezzarla.
<< Non te lo
aspettavi, vero? >> disse, << Nemmeno Went,
credo >>.
Irina gli rivolse
un’occhiataccia. << Allora sei tu che ti sei venduto… >> disse.
William la spinse
verso la Lamborghini, per togliersela dai piedi. << Dobbiamo
andarcene il più in fretta da qui >> disse, << I federali hanno
arrestato Whitman e O’Correll, e stanno dando la
caccia a tutti gli altri. Se Went sta tornando, si
porterà dietro un sacco di sbirri. Dobbiamo sgombrare il campo per un po’… Sapete dove siamo diretti >>.
Qualcosa disse a
Irina che William si era preparato… Aveva un piano già pronto per la fuga…
<< Dobbiamo
far perdere le nostre tracce >> disse Michael, << Went ci starà dietro, ora che sa che abbiamo la ragazza con
noi… Dobbiamo confonderlo >>.
William sorrise.
<< Ci penso io >>.
Prese il cellulare
di Irina e glielo mostrò. << Questo è il regalino che il nostro agente ha
lasciato alla sua bambolina >> disse, << E lo starà sicuramente
usando per rintracciarci… >>.
Ore 23.10 – Autostrada
Il cellulare, di
nuovo appoggiato al cruscotto, suonò. Xander lo prese
e si accorse che sul display c’era scritto “Irina”.
Con un tuffo al
cuore, rispose alla chiamata.
<< Pronto…
>>.
<< Buonasera,
Went >>.
La voce fredda,
divertita e bassa di William Challagher gli giunse
alle orecchie, facendogli andare il sangue alla testa. Strinse il volante tanto
da far diventare le nocche della mano bianche. Jess
si accorse subito che qualcosa non andava.
<< Che cazzo
stai facendo, figlio di puttana? >> ringhiò.
<< E tu dove
stai andando? >> ribatté lo Scorpione, << Mi stai
cercando, per caso? >>.
<< Sì, per
farti a pezzi e spaccarti quel brutto muso che ti ritrovi… >> rispose Xander, << Dov’è Irina? >>.
William ridacchiò.
<< La tua piccola puttana è qui, Went, di
fianco a me >> rispose Challagher, << Ed
è ancora viva, se è questo che ti interessa. Vorrei
solo che tu sappia che non è una buona idea continuare a cercarci… Potrebbe
succederle qualcosa di spiacevole, sai? >>.
<< Toccala e
ti uccido, Challagher >> lo minacciò Xander, << Se sei tanto coraggioso, allora esci allo
scoperto e affrontami. Te la stai prendendo con la persona sbagliata. Sei solo
un coniglio >>.
<< Potrei
pensare di farlo, Went >> ribatté Challagher, << Ma per il momento preferisco godermi
lo spettacolo… Non ci troverai mai. E non mi accusare di essere codardo: chi è
quello che è scappato a gambe levate quando è stato scoperto? >>.
La rabbia ribollì
in Xander così forte da fargli perdere per un istante
il senno. Era colpa sua, se Irina si trovava in quella situazione, se rischiava
la vita… Aveva seguito un ordine che il suo istinto gli aveva sempre detto di
non ascoltare.
<< Fammi
parlare con lei >> ringhiò.
<< No
>> rispose Challagher, << Non ti farò parlare con lei. Però mi sta
dicendo una cosa: non far vedere più la tua faccia dalle nostre parti, se ci
tieni alla pelle >>.
Una voce soffocata,
bassa e spaventata arrivò alle orecchie di Xander
nonostante il rumore del motore della Ferrari. Era Irina.
<< Sta mentendo,Xander! >> gridò,
<< Non farti ingannare! Trovalo e… >>.
La voce si interruppe all’improvviso, ma almeno Xander
seppe che era veramente viva e stava abbastanza bene da essere in grado di
gridare qualcosa. William borbottò contro qualcuno, poi riprese a parlare:
<< Ok, Went, telefonata finita. Smetti di
cercarci o sono guai >>.
La chiamata venne interrotta bruscamente, e Xander
gettò il telefono sul cruscotto, infuriato.
<< Dove sono?
>> chiese, rivolto all’informatico.
<< Vicino
all’autostrada, ma sono a circa quaranta chilometri da Los Angeles >>
rispose Jess, << Sono molto lontani da noi…
Però sembra che non si muovano… Forse si sono nascosti da qualche parte…
>>.
<< Quanti
chilometri? >> chiese Xander.
<<
Trecentoventicinque >> rispose lapidario Jess.
Xander premette
l’acceleratore fino in fondo, lasciando la Ferrari prendere velocità lungo la
corsia dritta dell’autostrada. La lancetta del tachimetro schizzò in alto,
illuminata di bianco.
Se c’era una cosa
di cui era sicuro, era che quella notte non sarebbe mai morto in uno stupido
incidente d’auto.
Ore 23.15 – Autostrada
William gettò il
cellulare a terra e guardò Irina, gli occhi che mandavano lampi. Il telefono
rimbalzò un paio di volte prima di smontarsi in un paio di pezzi in mezzo alla
piazzola buia.
<< Rifallo un’altra volta e… >> ringhiò.
<< Cosa fai? Mi ammazzi?! >> gli
gridò Irina, << Fallo, allora! Non sto aspettando altro! >>.
Dimitri la tenne
per le braccia, per impedirle di saltargli addosso. Anche se non lo avesse
fatto, sarebbe stato comunque di poca utilità: aveva ancora le mani legate.
<< Bendatela
>> ordinò, rivolto a Michael, << Percorriamo strade diverse per non
dare troppo nell’occhio. Ci troviamo là >>.
Qualcuno le calò
sul volto una benda scura per coprirle gli occhi, fino a renderla completamente
cieca. Venne scaraventata di nuovo in un’auto, che
doveva essere sempre la Revènton, e sentì qualcuno
sedersi di fianco a lei.
<< Se vuoi
che ti uccida, non credo che dovrai aspettare poi molto >> disse William,
alla sua sinistra, lapidario. Ingranò la marcia e partì sgommando, senza che
Irina riuscisse a vedere niente.
Qualcosa che era
terrore si insinuò dentro di lei, come ghiaccio
liquido. Aveva paura, forse non solo per lei… Aveva paura per Xander. Temeva che se si fosse fatto vedere a Los Angeles,
se avesse continuato a cercare William, lo Scorpione lo avrebbe ammazzato.
Non poteva
assumersi anche quella colpa. Era lei ad aver sbagliato, lei ad averlo sfidato,
e lei sola doveva pagare. Non Xander, che aveva fatto
tanto per tirarla fuori dai guai… Non lui che lei continuava ad amare.
Ore 01.30 – Autostrada
Xander fermò la Ferrari
in una piazzola buia, rischiarata solo dalla luce fioca di alcuni lampioni. Era
deserta, completamente deserta.
<< Sei sicuro
che sia qui? >> domandò rivolto a Jess.
Strizzò gli occhi
nell’oscurità, cercando qualche presenza umana. Era stanco, e aveva il collo
rigido: guidare a duecentoventi all’ora per tutto quel tempo richiedeva molta
concentrazione, soprattutto per schivare le altre auto lungo l’autostrada.
L’informatico controllò
sul computer portatile. << Sì, il segnale dice che sono qui… >>
rispose. Dal tono si capiva che dubitava anche lui della presenza di Challagher da quelle parti. Non c’erano altre strade, se
non quella che conduceva all’autostrada, e nessun posto dove nascondersi.
Xander scese dalla
Ferrari, guardandosi intorno. Il segnale del cellulare di Irina proveniva
proprio da lì, ma non c’era alcuna traccia di lei.
Continuò a guardare
in giro, in cerca almeno di un indizio. Solo dopo un po’ vide per terra, a
pochi metri da loro, un oggetto nero che riconobbe subito: era il telefono di
Irina.
Si avvicinò e lo
raccolse. Era stata lì, ed era da lì che Challagher
lo aveva chiamato, facendogli sapere che si stava dando alla fuga. Chiamò Jess e glielo fece vedere.
<< Sono
passati di qui >> disse l’informatico, << Sapevano che stavamo usando questo telefono per seguire i loro movimenti,
allora… >>.
Non era quello che
preoccupava Xander. Quel cellulare era l’unico modo
che avevano per ritrovarla… Adesso come avrebbero fatto? Avevano un vantaggio
di ore, su di loro… Dovunque fossero andati, quella mossa era servita
confonderli, a portarli nel posto sbagliato… Challagher
era stato furbo: sapeva che aveva usato quel telefono per tenere d’occhio
Irina…
Improvvisamente si
rese conto di quanto la situazione fosse disperata: l’unico oggetto che lo
poteva portare da Irina era quel cellulare che ora aveva in mano…
Era stato stupido:
se non se ne fosse mai andato, se avesse seguito l’istinto fin dall’inizio,
niente di quello che stava accadendo si sarebbe mai verificato. Se avesse preso
Irina di peso, l’avesse caricata sulla macchina e l’avesse trascinata a San
Francisco, non ci sarebbe mai andata di mezzo. Forse lui non avrebbe mai
catturato Challagher, ma almeno avrebbe salvato lei…
Che alla fine era l’unica cosa che gli importava veramente.
Appoggiò le mani
sul tetto della Ferrari, cercando di pensare a come ritrovarla. Non si sarebbe
arreso finché non avesse avuto lo Scorpione tra le mani e lei al sicuro.
<< Xander… >> iniziò Jess,
cogliendo il suo malessere.
<< Devo
ritrovarla >> mormorò lui, << Devo ritrovarla o divento pazzo… Sono
stato un’idiota… Anche se ci impiegherò mesi, non mi interessa…
Riuscirò a capire come rintracciarla… >>.
<< Cosa facciamo? >> chiese Jess,
titubante.
<< Torniamo a
Los Angeles >> rispose Xander, risalendo in
auto.
Spazio Autrice
Allorsss… E la situazione
si complica ulteriormente. Se pensavate che bastasse una semplice gara per
mettere lo Scorpione dietro le sbarre, vi sbagliavate. Irina è sola, ma lui no.
Può contare sull’aiuto dei suoi amici, e della sua talpa.
Ho notato che la
domanda “Volete un capitolo con il punto di vista di William?” ha riscosso molto successo: quindi nel prossimo ci sarà il
sospirato POV dello Scorpione… Scopriremo finalmente cosa pensa la sua mente
contorta… Vi piacerà oppure no?
Say a Prayer, to yourself
he says close your eyes
sometimes it helps
and then I Get, a Scary thought
that is here means he is never lost
And You can See
My Heart Beating
You Can See it through my chest
said I’m Terrified but
I’m Not leaving
know that I must
Pass This test
So Just Pull The Trigger
[Russian Roulette – Rihanna ]
*Dì
una preghiera, per te stesso
lui mi dice "chiudi gli occhi"
a volte può aiutare
e poi mi passa per la testa
un pensiero spaventoso
cioè che se lui è ancora qui
significa che non l'ho mai perso
E puoi vedere il mio cuore che batte
puoi vederlo attraverso il mio petto
ho detto che sono terrorizzata
ma non me ne sto andando...
so che devo assolutamente
riuscire in questa prova
Quindi premi il grilletto*
Ore 01.58 – XXX
Irina sentì l’auto
rallentare per poi fermarsi, rimanendo con il motore acceso, forse in attesa di
un segnale. Da dietro la benda non riusciva a vedere niente, a parte delle
macchie più chiare che indicavano che si trovavano in un posto illuminato. Dopo
qualche istante, la Lamborghini ripartì lentamente, superando un dosso sul
terreno e scendendo quella che doveva essere una rampa. Dopodiché si fermò
definitivamente, spegnendo il motore.
William le tolse la
benda dagli occhi, e per un attimo rimase abbagliata dalla luce. Ci mise
qualche istante a mettere a fuoco quello che aveva
davanti. Erano in un garage sotterraneo dalle pareti grigie, rischiarato da un
paio di lampade appese al soffitto, avvolte in qualche ragnatela. Era vuoto, a
parte un armadio di metallo chiuso da un grosso lucchetto e un’auto bassissima,
coperta da un telo scuro.
Vide alla sua
destra la Ford GT rossa fermarsi, insieme alla Mercedes SL. Il russo scendendo
dalla sua auto le gettò un’occhiata, ma andò a parlare con Michael. Attese per
qualche minuto che qualcuno le aprisse la porta, poi Dimitri la venne a tirare
fuori dall’abitacolo. La prese per le spalle e la spinse verso il centro del
garage. William aveva appena aperto l’armadio e stava dando a Josh, Hanck e Michael quelle che
erano pistole dal grosso calibro.
<< Dove
siamo? >> chiese Irina, mentre veniva condotta
alla porta che conduceva fuori dal garage sotterraneo. William gettò
un’occhiata alla Lamborghini semidistrutta.
<< Non sta a
te saperlo >> rispose lui, il tono duro, << Cazzo, mi hai sfasciato
la macchina… Se decido di non ammazzarti, me la dovrai ripagare per intero…
>>.
Dimitri la spinse
su per una rampa di scale, fino a che non si ritrovano davanti a una porta
bianca. La varcarono, per ritrovarsi nel retro di una villetta anonima ma molto
grande, con un giardino poco illuminato e la porta a vetri che conduceva nella
cucina ben arredata.
<< Portatela
dentro >> ordinò William, spalancando la vetrata per farli entrare,
<< E legatela a una sedia… Voglio fare due chiacchere
con lei >>.
<< Siamo
sicuri che non ci ha seguito nessuno? >> chiese Hanck, guardando verso la porta del soggiorno. La luce
dentro era accesa, insieme alla televisione. C’era qualcuno.
<< No
>> rispose Michael, serio, << Went avrà
seguito la traccia del cellulare. E non ho visto sbirri da nessuna parte
>>.
<< E’ solo il
nostro informatico >> spiegò William, accennando al soggiorno, <<
Gli avevo detto di rimanere qui, per sicurezza >>.
Dalla porta aperta
sbucò un uomo, un uomo che Irina conosceva bene: Greg Thile, l’informatico che aveva fatto per lei innumerevoli
ricerche per scoprire i poliziotti infiltrati. Lo stesso che aveva consultato
per scoprire chi era Xander.
<< Anche tu…
>> mormorò Irina, definitivamente abbattuta.
Thile si strinse nelle
spalle. << Cosa vuoi… Lui pagava meglio >>
ribatté, facendo cenno verso lo Scorpione.
Michael recuperò
una sedia dal tavolo della cucina e lasciò che il russo la facesse sedere
sopra. Le legò le mani, già avvolte nel nastro adesivo, dietro lo schienale,
senza possibilità di fuga.
<< Quanto
rimaniamo qui? >> chiese Josh, aprendo il
frigorifero per cercare qualcosa da bere.
<< Il tempo
di trovare un volo che ci porti il più lontano possibile >> rispose
William, poi si rivolse a Thile, << Funziona
tutto? >>.
L’informatico
annuì. << Non ci rintracceranno mai, se non saremo noi a dirgli dove
siamo… Abbiamo un collegamento a Internet che ci permette
di essere invisibili: possiamo telefonare ovunque senza essere trovati. Usiamo
il satellite… Niente cellulari, altrimenti ci beccano >>.
William ghignò
soddisfatto. << Perfetto. Tanto non avevo intenzione di usarli >>.
Si voltò verso gli altri. << Spegneteli, così risolviamo il problema. Se
dobbiamo chiamare da qualche parte, usiamo il pc
>>.
Irina li guardò
spegnere tutti i telefoni, e nel farlo Dimitri puntò lo sguardo verso di lei.
Ricambiò l’occhiata, sicura che stesse gioendo per la situazione in cui si
trovava. Venne distratta da William che prendeva
un’altra sedia e si metteva di fronte a lei.
<< Levatevi
dai piedi >> disse ai suoi amici, << Voglio parlare con lei…
Dimitri, sei vuoi tu puoi rimanere >>.
Gli altri uscirono
dalla cucina per andare in soggiorno, raccontando a Thile
cosa era successo. Si chiusero la porta alle spalle, lasciando Irina sola con
William e Dimitri.
Lo Scorpione la
fissò con un sorriso maligno sul volto, e lei sentì il sangue gelarsi nelle
vene. Questa volta era davvero arrabbiato.
<< Da quanto
tempo avevi in mente di farlo? >> domandò lui.
<< Da quando Xander se ne andato >> rispose Irina, cercando di non
far trasparire la sua paura.
William ridacchiò.
<< E pensare che io mi preoccupavo di Went… Non me lo aspettavo, sai? Dimitri aveva ragione:
dovevo fare più attenzione a te >>.
Il russo incrociò
le braccia, senza aggiungere niente. La sua espressione rimase perfettamente
distaccata. Doveva essere molto compiaciuto di averci visto giusto.
<< Pensavo di
averti convinto >> continuò lo Scorpione, << Pensavo stessi
finalmente cedendo… Credevo che la fuga di Went ti
avesse aperto gli occhi, ti avesse fatto capire chi sono veramente… >>.
<< So già chi
sei >> ribatté Irina, << Sei solo un figlio di puttana… >>.
William si lasciò
andare a un ghigno. << Non è vero, bambolina >> disse serafico,
<< Non lo sai chi sono, perché appena sono diventato quello che volevi
tu, sei andata in confusione. Mi sto sbagliando, forse? Stavi venendo a letto
con me, l’altra volta… E non lo stavi facendo per l’auto >>.
Irina lasciò cadere
nel silenzio quelle parole, notando che il russo continuava a rimanere una
statua di ghiaccio. Forse William in parte aveva ragione, ma ora era cambiata:
non era più vittima del suo fascino. In passato, quando era troppo giovane per capire, si era lasciata abbagliare. Ma
ora, ora quello che provava verso di lui era solo disprezzo.
<< Alla fine
però non l’ho fatto >> disse, << Perché so benissimo chi sei…
>>.
William scosse il
capo. << Dimmi una cosa, Irina >> disse,
<< Cos’ha Went che io non ho? Cos’ha di così
particolare? Siamo molto simili, per certi versi… Cosa lo differenzia da me?
>>.
Irina fece un
sorrisetto di sfida. << Cos’ha che tu non hai? >> ripeté, quasi
divertita, << Un cuore, William… Lui ha un cuore
e tu no >>.
Osservò
l’espressione dello Scorpione, seduto davanti a lei, per cercare di cogliere
una sua reazione. Si chiese se avesse capito cosa intendeva, perché per un
istante le parve di aver parlato con un muro. Alla fine William inarcò un
sopracciglio.
<< Quindi
credi che io non abbia un cuore… >> disse, e non era una domanda,
<< Me lo hanno detto in tanti, sai? >>.
Irina rimase in
silenzio, senza capire dove volesse andare con quel discorso. Decise di
togliersi una curiosità.
<< Quando hai
scoperto che Xander era dell’F.B.I.?
>> domandò, << Lo sapevi già da prima, vero? >>.
William incrociò le
braccia e si appoggiò allo schienale della sedia. << Sapevo fin
dall’inizio chi era >> rispose, << Fowler
mi fa da talpa da prima della sua missione… Mi aveva avvertito che avrebbero
mandato qualcuno >>.
<< Allora perché
hai fatto finta di niente? >> chiese Irina, senza capire.
William fece una
smorfia. << Avevo intenzione di farlo fuori appena si fosse presentato
qui >> spiegò, tranquillo, << Ma quando ho visto di cosa era capace
ci ho ripensato. Rappresentava un bel passatempo: volevo vedere se riusciva ad
arrivare veramente a me >>.
<< Sapevi che
ti avrebbe arrestato, se ti avesse sfidato… >> disse Irina, << Lo
hai persino aiutato… >>.
<< Went è bravo, Irina. Era molto tempo che desideravo un
avversario del genere >> rispose secco William, come se la questione
fosse scontata, << Avevo Fowler dalla mia
parte, e non correvo nessun pericolo. Almeno, lo credevo finché non ho scoperto
che lo stavi aiutando >>.
Irina lo guardò,
incredula. Davvero non lo sapeva?
<< L’ho
scoperto per caso >> spiegò William, << Sapevo che Went aveva un contatto tra di noi, ma Fowler
non era riuscito a capire chi fosse. Così ho parlato Thile,
è ho scoperto che avevi fatto ricerche su Went…
Dopodiché Fowler è riuscito ad avere la conferma dal
suo capo: eri tu il contatto >>.
<< Quando lo
hai scoperto? >>.
<< Qualche
settimana dopo l’arrivo di Went >> rispose
William.
Irina rimase in
silenzio, piena di amarezza. Lo Scorpione sapeva tutto dall’inizio, quando lei
aveva pensato che questa volta c’erano speranze… Aveva sbagliato di nuovo i
calcoli.
<< Perché ci
hai lasciato fare, allora? >> chiese, << Perché non hai ammazzato
me e Xander subito, al posto che farci arrivare fino
alla fine? >>.
<< Mi
eccitava vedere fin dove sareste arrivati >> rispose William, << E
poi, a dirla tutta, non ti ho mai voluta morta. E non
potevo uccidere Went se non volevo tutta l’F.B.I. qui a Los Angeles. Volevo giocare un po’, prima di
smascherarvi entrambi >>.
<< Allora
quando hai capito che Xander ti avrebbe dato
fastidio, hai detto a Fowler di far sapere al suo
capo che avevi scoperto tutto… Così è dovuto andare via, e tu te lo sei tolto
dai piedi >> concluse Irina per lui.
<< Esatto
>>, William sorrise, << Peccato che non avessi calcolato cosa
avresti potuto fare tu >>.
<< Non hai
pensato che avessi qualche piano, visto che ho voluto
sfidare Dimitri? >> chiese Irina.
<< Immaginavo
avessi un piano >> rispose William, << Ma non credevo avessi
addirittura il coraggio di uccidermi… >>. Sorrise, come la cosa non fosse
nemmeno degna di nota.
<< Mi hai
lasciato vincere, allora… >> disse Irina.
<< Mettiamola
così >> disse William, << Ci ho messo lo
zampino… >>.
Dimitri, rimasto in
silenzio fino a quel momento, si mosse appena e guardò fuori dalla finestra.
Irina gli rivolse un’occhiata, notando la sua espressione truce: fosse stato
per il russo, non sarebbe mai uscita viva dalla loro gara.
Tornò a guardare
William, rendendosi conto che la stava fissando piuttosto insistentemente.
Stava covando qualcosa, perché coglieva nei suoi occhi lo sguardo di chi non
accetta l’affronto. Per quanto cercasse di apparire divertito, il suo
tradimento e la fuga precipitosa lo avevano turbato.
<< Avremo
modo di parlare ancora, noi due >> disse, << Prima devo risolvere
un paio di cose… Dimitri, chiudila in qualche stanza in modo che non possa
fuggire. E non slegarla >>.
Il russo la mise in
piedi e la spinse verso le scale, portandola di sopra. Poi spalancò la porta di
quella che era una camera da letto e la lasciò lì,
chiudendola dentro.
Ore 04.00 – Los Angeles, Stazione di Polizia federale
<< Li stiamo
interrogando >> disse Bernard Polman, il capo
del distretto, accennando al vetro alle loro spalle, << Ma dicono di non sapere niente su dove possa essere fuggito Challagher. E se sanno qualcosa, non credo che cederanno
facilmente >>.
Xander fissò il vetro che
lo separava dalla stanza attigua, dove erano seduti Jim Whitman e Robert O’Correll, ammanettati e seduti davanti a una lunga scrivania
e tenuti sotto torchio da due poliziotti.
Era arrivano a Los
Angeles a tempo di record, e aveva scoperto che un paio di membri della BlackListerano
stati catturati. Aveva sperato di riuscire ad avere altre notizie su Irina, ma
si era dovuto ricredere: nessuno pareva sapere dove potesse trovarsi.
<< Gli altri?
Sono fuggiti tutti? >> chiese, sorseggiando il caffè che teneva in mano. Jess era seduto a fare la stessa cosa, preoccupato e stanco
quanto lui.
<< Ci sono
posti di blocco in tutti i punti caldi della città >> rispose Polman, << Ma non possiamo
essere dappertutto. Intanto siamo riusciti ad arrestare anche Barrow, quindi possiamo avvalerci anche dell’aiuto della
polizia locale, ora, ma rimaniamo comunque pochi per battere tutta la città.
Possiamo sperare che qualcuno di loro commetta un passo falso >>.
<< L’unico
che dobbiamo veramente prendere è Challagher, e ormai
credo sia fuori città >> disse Xander, <<
Posso provare a parlare io, con loro? >>. Fece cenno verso Whitman e O’Correll.
<< Va bene,
ma… Non li tocchi >> disse Polman, << Non
siamo autorizzati a usare le maniere forti, con loro.
Almeno per il momento >>.
Xander annuì e uscì dalla
stanza, per poi entrare in quella che fino a pochi istanti prima aveva visto
attraverso lo specchio. I due poliziotti si voltarono di scatto per vedere chi
fosse, e gli fecero un cenno. I due piloti invece rimasero immobili dov’erano.
<< Devo
parlare con loro >> disse Xander, e i due
agenti si fecero da parte, << Potete andare, sono armato >>. Posò
la mano sulla pistola che portava alla cintura, e i due annuirono. In silenzio
uscirono dalla stanza, lasciandolo solo.
<< Guarda chi
si vede… >> disse O’Correll, rivolgendogli
un’occhiata in tralice, << Lo sbirro… Non pensavamo di vederti ancora da
queste parti, dopo che te la sei data a gambe… >>.
Xander ignorò il suo
commento e si sedette davanti a loro, per poi piantargli gli occhi addosso. Non
era in vena di giocare, e nemmeno di perdere tempo.
<< Dove si
trova William Challagher? >> domandò, secco.
<< Non lo
sappiamo >> rispose Whitman.
Xander sospirò e si
sedette più comodo sulla sedia.
<< Non lo
sapete, o non me lo volete dire? >> chiese, tranquillo.
<< Non lo
sappiamo… >> ripeté Whitman, << E anche se
lo sapessimo, non te lo diremmo >>.
<< Davvero?
>> fece Xander, falsamente divertito, <<
Gli siete così fedeli? Sbaglio, o non vi ha inserito nella sua fuga
programmata? Siete rimasti a Los Angeles tentando di nascondervi, per poi farvi
beccare dalla polizia… Lui se l’è data a gambe: avrebbe potuto avvertirvi, no?
Non vi riteneva abbastanza importanti per essere
salvati… >>.
I due si
scambiarono uno sguardo, forse riconoscendo un fondo di verità nelle sue
parole.
<< In ogni
caso esiste una regola, tra noi piloti >> disse Whitman, << Ci
copriamo l’un l’altro… Qualunque cosa succeda, nessuno di noi farà la spia. E’
l’unica regola che abbiamo >>.
Xander fece una smorfia.
<< Regola… E’ ridicola. So bene che lo fate solo per evitare di
ammazzarvi tra di voi >> disse, << Soprattutto per quanto riguarda
lo Scorpione. Non esiterebbe a farvi fuori se venisse a sapere che avete fatto
la spia… E lui è il pesce più grosso, tra voi. Avete solo paura di parlare,
questa è la verità >>.
<< Non fare
la predica a noi, Went >> ribatté O’Correll, << Anche tu sei un codardo… >>.
Xander gli rivolse
un’occhiata, sentendo montare la rabbia. Forse era stato stupido, ma non
codardo.
<< Mettiamola
così >> disse, << L’unica cosa che voglio sapere in questo momento
è dove si trova Challagher. Se voi lo sapete, e me lo
dite, potrei pensare di farvi un piccolo sconto sulla pena che vi spetta… Non
credo che verrà a cercarvi dietro le sbarre per ammazzarvi, se lui stesso sarà
chiuso in una cella. Mi sembra uno scambio equo >>.
Whitman guardò O’Correll, come se volesse consultarlo. Il Lupo però rimase impassibile.
Fissò Xander e disse, a bassa voce: << Se lo
sapessi davvero, Went, te lo direi, e lo farei per
vendetta. Ci ha mollati qui, dimostrandoci che ci ha sempre e solo considerato
delle pedine del suo gioco… Ma non so dove si trova
>>.
Xander guardò per qualche
istante O’Correll, e capì che stava dicendo la verità. Whitman scosse la testa: forse avrebbe
voluto approfittare della situazione e mentirgli, ma alla fine avrebbe comunque
scoperto che fingevano.
<< D’accordo
>> disse alzandosi, << Ripasserò quando avrò l’autorizzazione ad usare le maniere forti… Pensateci ancora un po’ >>.
Era una finta, ma
vide Whitman sbiancare. O’Correll
non lo guardò mentre si allontanava lentamente, ma disse: << Tanto non
cambierebbe niente comunque >>.
Xander uscì dalla stanza
e raggiunse Jess, dall’altra parte. Aveva assistito
alla scena attraverso il vetro, ma gli chiese comunque cosa pensava.
<< Non lo
sanno >> ripose Xander, << Challagher è stato così furbo da non dire niente a nessuno,
nemmeno ai membri della BlackList.
Ha salvato solo chi riteneva di importanza… Immagino
che avesse programmato tutto da un bel po’ >>.
Si sedette di
fianco all’informatico, guardando il monitor del pc
portatile senza vederlo. Stava male, stava male perché
aveva paura di non rivedere più Irina, di saperla sola con Challagher,
indifesa. Era stata avventata, ma non doveva pagare di nuovo. Aveva cercato
solamente di fare quello che nessun’altro aveva il
coraggio di mettere in atto, e come sempre era stata sfortunata.
Si passò una mano
sul volto, sbadigliando. Erano le quattro del mattino, e non era l’unico ad
avere bisogno di dormire. Jess sembrava sul punto di
crollare, anche perché il viaggio in autostrada era stato piuttosto sfiancante.
<< Dov’è
andato Polman? >> chiese Xander.
<< Forse hanno preso qualcun altro >> rispose Jess, << Credo sia andato a vedere di chi si tratti…
>>.
<< Vado anche io, allora >>.
Xander si alzò e si
diresse verso l’ufficio di Polman, una piccolissima
speranza che gli cresceva dentro. Magari Challagher
si era lasciato sfuggire qualcosa con qualcuno…
A qualche metro di
distanza, sentì un trambusto provenire dal corridoio. Si affacciò per scoprire
che Vera Gonzalez, la numero
sette, si divincolava trattenuta da due poliziotti, i capelli ricci che si
muovevano come dotati di vita propria. Allora era lei l’ultima
arrivata.
<< Lasciatemi, sbirri del cazzo… >> stava dicendo,
<< Levatemi immediatamente le mani di dosso… >>.
Quando vide Xander in fondo al corridoio, si bloccò immediatamente e
gli gettò un’occhiata.
<< Went… >> disse solo.
<< Ti hanno beccata, allora >> disse Xander,
avvicinandosi, << Credevo che facessi parte del gruppo di Challagher… >>.
<< Quel
bastardo figlio di puttana non mi riteneva abbastanza importante >>
ribatté Vera, inviperita, << Gli interessavo solo quando era ora di
scopare… >>.
Xander rimase stupito nel
sentire parlare così la spagnola: pareva avesse sempre avuto un debole per Challagher. Le cose dovevano essere cambiate, da quando se
n’era andato…
<< Sai dove possa essere andato? >> chiese.
<< No
>> rispose seccata Vera, << Non lo so. Te l’ho detto, non gliene
fregava un cazzo, di noi. Si sarà nascosto in qualche
buco fuori dallo Stato… >>.
<< Possiamo
portarla via? >> chiese uno dei poliziotti, che fino a quel momento
avevano trattenuto la spagnola.
Xander fece segno di sì
con la testa, e si voltò per andarsene. Era inutile interrogare Vera, se
dimostrava di essere così arrabbiata con Challagher:
non sapeva niente nemmeno lei.
<< Went >> lo chiamò Vera, all’ultimo, continuando a
divincolarsi.
Lui si girò, l’espressione interrogativa.
<< Ti
conviene darti una mossa a trovarli >> disse lei, << Questa volta
la ammazza… Per davvero >>.
Ore 08.00 – XXX
William sedeva al
tavolo della cucina, solo, avvolto in una nuvola di fumo. Gettò l’ennesimo
mozzicone nel posacenere, ormai pieno, e mandò giù tutto d’un
sorso il bicchierino di whiskey che aveva davanti. Sentiva il rumore della
televisione accesa che proveniva dal soggiorno, dove Michael, Hanck, Josh e Thile
si erano addormentati sul divano. Dimitri doveva essere l’unico sveglio, a
parte lui.
Era incazzato, incazzato nero ed era riuscito a dormire solo un paio di
ore, tanto sentiva la rabbia circolargli addosso.
Aveva previsto che
un giorno Went sarebbe tornato, e che avrebbe dovuto
nascondersi per qualche tempo, ma non così. Non aveva immaginato che i membri
della BlackListvenissero catturati, e che i federali sguinzagliassero i
loro agenti in tutto lo Stato per dargli la caccia. Non aveva previsto che
Irina si azzardasse a fare una mossa del genere.
Sbuffò
e appoggiò i piedi sul tavolo, giocando con la pistola che aveva sottratto a
Irina: doveva essere un regalino di Went… L’unico che
lui non aveva mai voluto farle: sapeva di non potersi fidare al cento per cento
di lei.
Per sicurezza aveva sempre voluto lasciarla disarmata.
Doveva ammettere
che era colpito: quella ragazza aveva fegato. Non si era aspettato che osasse
sfidarlo, e che cercasse di ammazzarlo… Che lo tradisse in quel modo.
La odiava, la odiava più di Went, in quel
momento. La odiava perché lei era stata l’unica a fargli capire di essere
debole, in qualche modo. La odiava perché gli aveva dimostrato di non poter
avere tutto. La odiava perché la amava veramente.
Il primo giorno che
se l’era trovata davanti aveva solo pensato che era bella, e che poteva
rappresentare una delle tante ragazze che si sarebbe portato
a letto. Ma quando gli aveva chiesto di correre per
lui, quando l’aveva vista sfidare i membri della BlackList senza un minimo di paura, aveva capito che non
era una qualunque.
Ne era rimasto
affascinato. Irina era giovane, ma se voleva aveva le
movenze di una donna, lo sguardo di una gatta, l’espressione di sfida che non
aveva mai visto in nessun altro. Si era scoperto attratto da lei, attratto dal
suo modo di fare, dal suo modo di essere. Attratto dal
suo corpo in una maniera inconcepibile, che non aveva mai provato per
nessun’altra ragazza. Era la sensazione di essere una da domare, di essere una
che non avrebbe ceduto subito, a catturare la sua attenzione e tutti i suoi
pensieri.
Ci aveva provato,
aveva cercato di arrivare a lei sfoderando le doti che avevano fatto cadere
qualunque donna ai suoi piedi. Aveva tentato di affascinarla, di conquistarla,
e per un attimo ci era riuscito davvero. Quel bacio che si erano
dati la prima volta, seduti sul muretto del suo giardino, aveva avuto per lui
il sapore della vittoria… Ma poi, quando lei gli aveva sbattuto dritto in
faccia il suo rifiuto, come nessuno osava fare, non aveva capito più niente…
Otteneva sempre tutto quello che voleva, e lei doveva confermare la regola. Non
accettava la sconfitta da parte di una ragazza…
Non poteva
descrivere la sensazione che provava quando riusciva a sottometterla al suo
volere, a dimostrarle che lui era il più forte, che si prendeva sempre tutto
ciò che voleva… Era qualcosa che assomigliava a una droga, che lo mandava in
estasi e che poi lo lasciava insoddisfatto… Più la possedeva, più la voleva…
Per due anni aveva
lottato con lei, per due anni aveva alternato le buone e le cattive maniere per
farla cedere… Per due anni si era accontentato di averla solo per sé, di
mostrarla come il suo trofeo personale, quando nemmeno lui in realtà era mai
riuscito a vincerla…
Poi era arrivato Went, lo sbirro dell’F.B.I.. Went, che aveva chiesto
aiuto a lei, e lei glielo aveva dato… Lei, che alla fine si era innamorata di
lui, nonostante se ne fosse andato… Lei, che preferiva un poliziotto allo
Scorpione…
E se prima aveva
desiderato solo il suo corpo, ora desiderava anche la
sua testa, la sua mente, la sua anima. L’arrivo di Went
gli aveva fatto capire cosa voleva veramente da lei: li aveva visti, vedeva lo sguardo di Irina quando lo guardava, e vedeva gli
occhi di Went quando lui guardava lei. E lui voleva
la stessa identica cosa, solo ed elusivamente per se stesso.
Voleva che fosse
Irina a venire da lui, voleva che fosse lei a baciarlo, voleva
che fosse lei a cercarlo. Voleva sentire su di lui lo stesso sguardo che Irina
rivolgeva a Went, voleva sentire le sue mani
sfiorarlo con dolcezza, con quella dolcezza che non
aveva mai usato con lui. Voleva che lo amasse, che lo amasse
veramente.
Ammetterlo era
dura, ma tutto ciò che conosceva di Irina lo attirava come una calamita, tutte
le sue mosse catturavano sempre il suo sguardo. E rodeva, quando la vedeva
rivolgere lo sguardo verso qualsiasi altro ragazzo che non fosse lui, rodeva
vedendola parlare con qualcuno usando un tono molto meno aggressivo che con
lui. Bramava la sua attenzione più di altra cosa, ma quello che riusciva a
ottenere da parte sua era solo disprezzo.
Dimitri glielo
aveva detto, lo aveva avvertito che quella ragazza sarebbe stata una
scocciatura. Ma nemmeno lui aveva previsto che si innamorasse
di lei… O forse era proprio per quel motivo che lo aveva messo in guardia. Il
russo dal cuore di ghiaccio aveva capito prima di lui quale potesse diventare
il problema…
Quando Went se n’era andato, aveva colto la palla al balzo. Irina
si era sentita tradita, ed era il momento migliore per dimostrarle ciò che
provava, per dimostrarle che si era sbagliata. Si era
abbassato, le aveva lasciato campo libero, si era sforzato di essere quello che
lei voleva… Aveva lasciato a lei le redini del gioco, nella speranza di
convincerla di averlo valutato male, di disprezzarlo ingiustamente… Ormai era
diventata il suo punto debole, il chiodo fisso che gli stava facendo perdere di
vista tutto il resto… Per lei era disposto anche a rendersi ridicolo, proprio
come stava facendo, mostrando a tutti quanto dipendesse da lei…
Ma lei lo aveva
ingannato, ingannato due volte: prima lo aveva illuso, facendogli credere che
finalmente avesse ceduto, e poi aveva tramato alle sue spalle. Aveva cercato di
farlo arrestare, di farlo fuori.
In quel momento,
quando si era visto puntare in faccia quella stessa pistola che ora teneva in
mano, aveva capito. Aveva capito che Irina rappresentava davvero il suo unico
punto debole, e i punti deboli vanno eliminati.
La odiava perché in
qualche modo dipendeva da lei. La odiava perché lo aveva preso in giro. Eppure
continuava a desiderarla, a desiderarla in modo
morboso e ossessivo. La voleva e basta, la voleva per
toglierla a Went e per farle capire che lei non era
nessuno… La voleva per riservarsi il pensiero di essere stato l’unico in grado
di piegarla…
Tirò giù i piedi
dalla scrivania, e guardò Dimitri entrare nella stanza, l’espressione scontrosa
come sempre. Lo vide uscire in giardino a fumare, nervoso forse quanto lui.
Negli ultimi tempi
il suo rapporto con lo Scorpione si era andato deteriorando: il russo non aveva
mai accettato il fatto che avesse deciso di giocare
con Went. Riteneva tutto troppo pericoloso, e
continuava ad additare Irina come una traditrice… Forse avrebbe dovuto dargli
ascolto, ma lasciare Fenice libera di entrare nel loro giro era stato più forte
di lui. Quanto a Went, ormai il problema si stava
risolvendo.
Si ritrovò a
pensare cosa stesse facendo lo sbirro dell’F.B.I.: era
sicuro che si stesse sbattendo per ritrovare Irina, che stesse vagando per
tutta Los Angeles in cerca di loro tracce… Sorrise, sapendolo forse in preda
allo sconforto e al panico.
“Tanto lei è mia, Went… E’
stata solo mia e lo rimarrà… Pagherà per essersi presa gioco di me. Se la devo
uccidere, allora lo farò dimostrando a entrambi che non ci si mette contro di
me. Mai”.
Ormai aveva solo
più uno scopo, uno scopo che lo avrebbe reso davvero
spaventoso. Non gli interessava più nulla se non dimostrare chi era, cosa
poteva essere in grado di fare. L’unica cosa che voleva, in quel momento, era
ottenere la sua vittoria: piegare definitivamente Irina, e portare sull’orlo
della follia Went.
Si alzò e raccolse
la pistola, poi andò in soggiorno. Svegliò con uno scossone Thile,
addormentato in modo scomposto sul divano, che lo guardò con gli occhi gonfi di
sonno.
<< Possiamo
fare una videochiamata? >> domandò lo Scorpione.
Thile annuì. << Ci
serve solo sapere dove farla >> disse l’informatico.
<< Allora
preparati. Voglio giocare un po’… >>.
Ore 08.30 – Los Angeles, Stazione polizia federale
<< Li
troviamo… Li troviamo… >> stava dicendo Jess, collegando vari cavi al pc
portatile lasciato aperto sulla scrivania, << Li troviamo, li troviamo,
li troviamo… >>.
Xander guardava
l’informatico affaccendarsi per tenersi pronto a tracciare la telefonata di Challagher e scovare dove si trovassero. McDonall e Steve, arrivati da poco, erano fermi vicino a
lui, che parlavano tra loro e facevano ipotesi sul
perché lo Scorpione volesse parlare con loro.
“Non è con voi che vuole parlare… Lui vuole
vedere me…
Xander aveva un orribile
presentimento: Challagher non era stupido, e non
avrebbe rischiato di farsi trovare se non fosse stato più che sicuro di non
correre alcun pericolo. Voleva mostrargli qualcosa, e lui aveva capito cosa… O
meglio, chi.
<< Ok, ci
siamo >> disse Jess, << Sono pronto.
Appena chiamano, li troviamo >>.
Rimasero in attesa,
in silenzio. Puntuale come aveva annunciato, alle 08.45 comparve l’avviso di
chiamata sullo schermo del pc, da un numero
sconosciuto. Jess gli lanciò un’occhiata, poi
premette un tasto e si fece da parte.
Sullo
schermo comparve un’immagine, leggermente sgranata e scura, ma perfettamente
distinguibile.
Il ghigno di Challagher si stagliava al centro di
quello che sembrava il soggiorno di una casa.
<< Che accoglienza
>> disse lo Scorpione, << Non pensavo che
addirittura il Vicepresidente dell’F.B.I. si mobilitasse per me… >>.
Xander sentì McDonall muoversi alle sue spalle, ma rimanere in silenzio.
Qualcuno gli mise una mano sulla spalla.
<< Cosa vuoi, Challagher? >>
chiese.
Lo Scorpione si
strinse nelle spalle. << Qui con me c’è una persona che dovresti
conoscere… >> disse, e fece cenno a qualcuno di avvicinarsi, <<
Qualcuno che credo tu voglia vedere… >>.
Michael Fowler comparve nella sua visuale, l’espressione divertita.
<< Non te lo aspettavi, eh? >> disse, << Mi consideravi troppo stupido per portare a termine una
missione del genere… Ma chi è lo stupido, ora? >>.
Xander sentì la vena sul
collo iniziare a pulsare, e l’unica cosa che fu in grado di dire senza perdere
il controllo fu: << Vaffanculo, Fowler. Tu sei forse anche peggio di Challagher…
>>.
Lo Scorpione
ridacchiò, poi disse: << Uhm, no. Non è lui che vuoi vedere… Devo essermi
sbagliato >>. Lo vide mettere le mani sul pc e
spostarlo per cambiare la visuale. << Lei invece ti interessa
di più, giusto? >>.
Pallida, stanca ma
viva, Irina comparve al centro dello schermo, i capelli legati in una coda e il
trucco che le incorniciava gli occhi non ancora sfatto. Era legata a una sedia,
le mani dietro la schiena, il collo scoperto dove
mancava qualcosa che era solita portare. La mano di Xander
corse alla sua tasca, dove teneva ancora la sua collana: l’aveva tenuta, forse
come monito a ricordagli che un giorno sarebbe
comunque dovuto tornare.
Per un istante si
sentì sollevato, ma poi venne di nuovo sopraffatto
dall’angoscia. Era viva, sembrava stare abbastanza bene, ma dov’era?
<< Non è
possibile… >> mormorava Jess, pestando sulla
tastiera dell’altro computer in modo convulso, << Come
fanno a… >>.
<< Cosa succede? >> domandò Steve, guardando
l’informatico.
<< Non riesco
a trovarli… >> rispose Jess, mortificato,
<< Non ci riesco… Forse stanno usando un satellite, ma non so come fanno…
>>.
Xander voltò la testa
verso di lui, gli occhi spalancati. Come non riusciva a trovarli? Lui doveva
scoprire dov’erano… Era l’unica possibilità che avevano per salvare Irina…
<< Xander… >>.
La voce della
ragazza gli giunse distante, bassa, flebile, ma era la sua. Stava guardando
dritto nello schermo, gli occhi da gatta pieni di preoccupazione.
<< Stai… Stai bene, Xander? >>
domandò.
<< Certo che
sto bene >> rispose lui dolcemente, << Sai dirmi dove vi trovate?
>>.
Irina scosse il
capo. << No, non lo so… Mi hanno bendata, prima
di portarmi qui… >>.
Challagher ricomparve alle
spalle della ragazza, sventolando una pistola. Le girò intorno per una volta,
come un felino intorno alla sua preda. Xander capì
all’istante la situazione, e decise che era una cosa che doveva fare da solo.
Qualunque cosa avesse in mente lo Scorpione, era una cosa che riguardava solo
loro due.
Persino McDonall non discusse quell’ordine che non aveva l’autorità
di dare, ma la situazione era talmente pesante che compresero cosa stesse provando.
Solo Jess lo guardò, come a chiedergli se anche lui
fosse compreso.
<< Rimani e
trovali >> disse solo Xander.
In un attimo, la
stanza fu vuota. Tornò a guardare lo schermo, senza staccare gli occhi da
Irina. Continuava a guardare verso di lui, un ciuffo di capelli che era
sfuggito alla coda e le ricadeva sulla fronte. Si vedeva che era spaventata, ma
stava comunque cercando di mantenere la calma.
<< Veniamo a
noi, Went >> disse Challagher,
strisciando la pistola che teneva in mano sulla spalla scoperta della ragazza,
<< Vorrei fare un patto, con te… >>.
<< Non lo
ascoltare >> lo interruppe Irina, << Xander,
non lo ascoltare… >>.
Challagher si sedette dietro
di lei, l’espressione divertita. Sfiorò il suo collo con la canna della
pistola, mentre lei deglutiva lentamente per non perdere il controllo. Tremò
impercettibilmente, il metallo gelido che premeva sulla sua pelle. Xander rimase impietrito, sperando che da un momento
all’altro lo Scorpione non premesse il grilletto.
<< Invece mi
ascolterà, bambolina mia >> continuò lo Scorpione, << Mi ascolterà
se vuole che non ti uccida… E scommetto che non lo vuole, vero? >>.
<< Parla Challagher >>.
<< Devi
smettere di cercarmi >> disse lo Scorpione, << Smettila di darmi la
caccia, e io non la ucciderò… Continua a cercarmi e ti
farò trovare al più presto il suo cadavere >>.
Xander sentì il sangue
gelarsi nelle vene. Era per quello che lo voleva vedere: sapeva che aveva poche
possibilità di scovarli, e voleva approfittare della situazione. Voleva farlo impazzire,
voleva prendersi gioco di lui, e farlo attraverso
Irina.
<< Perché te
la stai prendendo con lei? >> ringhiò, << Non ti ha fatto nulla…
Non centra niente… Sono io quello che è venuto per arrestarti… >>.
Challagher ridacchiò.
<< Non centra niente? Invece lei è fondamentale… E’ lei che mi ha
tradito, che ti ha aiutato… E lei che ci siamo giocati fin dall’inizio, no?
>>.
<< Allora non
metterla in mezzo… >> disse Xander.
Challagher ignorò le sue
parole, e tirò fuori dalla tasca dei pantaloni un oggetto che strinse nel palmo
con aria divertita. Poi aprì la mano e mostrò di cosa si trattava.
Era una collana
d’argento, con un piccolo quadrifoglio come ciondolo. Lo sventolò davanti agli
occhi di Irina, e sul suo volto pallido si dipinse un’espressione confusa. Era Xander ad avere il suo…
<< Guarda che
cosa avevo preparato per te >> disse Challagher,
legandogliela al collo con fare falsamente dolce, << Sono stato così
gentile da farne fare una identica a quella che non
avevi più… Sapevano tutti quanto ci tenevi >>.
Irina chiuse gli
occhi mentre le mani dello Scorpione le sfioravano il collo nudo e rabbrividì
quando il ciondolo toccò lo sterno lasciato scoperto dal top scollato. Challagher si alzò e si spostò di fianco, come per vedere
come stava.
<< Non sono
poi così cattivo, Went >> disse, << Vedi?
Ti chiedo solo uno scambio: non mi cercare, e lei rimarrà in vita >>.
Irina trasse un
respiro profondo, poi disse: << Sta mentendo, Xander.
Mi ucciderà comunque… Prenderà il primo aereo che lo porterà fuori dallo Stato…
Sta bleffando… >>.
Challagher la zittì con uno
schiaffo in faccia, così forte da lasciarla senza fiato. Xander
scattò in piedi, sapendo di essere impotente.
<< Non ti
avevo autorizzato a parlare >> ringhiò lo Scorpione, << Apri bocca
di nuovo e la lingua te la strappo… >>.
<< Non
toccarla Challagher >> lo minacciò Xander.
<< E cosa mi fai,Went? >> ribatté lo
Scorpione, << Mi vieni a prendere? Non sai dove sono, e non puoi trovarmi… E dì pure al tuo amico
di smettere di tentare di rintracciarci >>.
Xander gettò uno sguardo
a Jess, per dirgli di non ascoltarlo. L’informatico
continuava a pestare sui tasti del pc, senza degnare
nessuno di uno sguardo.
C’era qualcosa di
orrendo in quella situazione, qualcosa che rodeva Xander
fin nel midollo. Mai nella sua vita si era sentito così impotente, così stupido
e così inutile. Non poteva fare assolutamente nulla, se non stare al suo gioco.
Challagher tornò a sedersi
dietro a Irina, e le puntò la pistola sul collo. Sorrise e avvicinò la sua bocca
all’orecchio di lei.
<< Dimmi una
cosa, Went >> sussurrò, un ghigno perverso sul
volto, << Cosa faceva quando è venuta a letto
con te? Sono curioso di sapere cosa fa, quando si lascia scopare da uno sbirro…
>>.
Xander digrignò i denti.
Non poteva accusarla di qualcosa che non aveva fatto, qualcosa che non era mai
successo…
<< Non è
venuta a letto con me… >> disse, a bassa voce.
<< Ah, no?
>> Challagher sorrise, << Che peccato…
Non l’hai toccata nemmeno una volta? Sono sorpreso… Vorrà dire che è un privilegio
che è spettato solo a me. Allora, cosa vuoi fare? Cosa decidi?
>>.
Xander sudava freddo. Non
gli interessava che Challagher riuscisse a scappare,
a fuggire in qualche posto sperduto fuori dallo Stato… Voleva solo ritrovare
Irina, ovunque si trovasse, e a qualsiasi prezzo. Ormai la sua missione era
passata in secondo piano, ma non poteva lasciare scappare Challagher,
se lei rimaneva con lui. Non poteva accettare se voleva rivederla.
Con un gesto
brusco, lo Scorpione afferrò da dietro la collana d’argento che Irina portava
al collo e la costrinse ad alzare la testa, mostrando la gola. Puntò la pistola
sulla pelle morbida e appoggiò la guancia alla sua, ghignando.
Irina tossì, la
collana d’argento che le segava il collo quasi fino a soffocarla. Riuscì ad
abbassare la testa quel tanto che bastava a guardarlo.
<< Xander >> disse, il tono di
voce sicuro nonostante la situazione, << Non lo ascoltare. Cercalo e
sbattilo dentro, hai capito? Trovalo e mettilo dietro le sbarre per il resto
della sua vita… L’unica cosa che non devi fare è pensare a me >>.
Challagher la lasciò andare,
e sul suo volto si dipinse un’espressione di rabbia pura. Afferrò Irina per il
collo e le puntò la pistola alla tempia. Xander
scattò in piedi, preso dal panico.
<< Calma, Challagher! >> gridò, << Trattiamo… >>.
Lo Scorpione puntò
lo sguardo verso lo schermo, gli occhi che brillavano.
<< Io non
voglio trattare >> disse, << Ti ho fatto la mia proposta: o la
accetti, o non la accetti >>.
<< So che non
la ucciderai >> disse Xander, cercando di
guadagnare tempo per pensare, << Non lo hai mai fatto, non lo farai adesso >>.
Challagher sogghignò.
<< Ti sbagli,Went.
Sono arrivato a pensare che mi ha creato troppi
problemi, fino ad adesso >> disse, << Credo che sia meglio
eliminarla, prima che sia troppo tardi… >>. Girò attorno a Irina, che
rimase in silenzio, quasi impassibile. << Sarebbe un peccato, lo ammetto…
Facciamo così: ti lascio qualche ora per pensare. Nel frattempo, io e lei ci
divertiamo ancora un po’… Ho un po’ di tempo libero da dedicarle >>.
Senza nemmeno
lasciargli il tempo di dire qualcosa, fece cenno a qualcuno che stava con lui,
e la telefonata venne interrotta. Xander
rimase pietrificato davanti al pc, gli occhi
spalancati per il significato intrinseco di quelle parole.
<< Xander… >>.
La voce di Jess gli arrivò distante, quasi soffocata. Voltò lentamente
la testa verso di lui.
<< Sta zitto
>> disse solo.
Poi tornò a fissare
lo schermo vuoto, sentendo solo il rumore della porta che veniva
prima aperta e poi chiusa, lasciandolo completamente solo con i suoi incubi.
Ore 09.00 – XXX
William chiuse il pc e guardò Dimitri, che era seduto in disparte sul divano,
impassibile come sempre. Non sembrava nemmeno sentire la mancanza di sonno:
aveva assistito a tutta la conversazione con scarso interesse, gli occhi
puntanti su loro due.
<< Ci sono
stati problemi? >> domandò lo Scorpione, rivolgendosi ora a Thile.
<< No
>> rispose l’informatico, guardando il monitor del suo pc, << Ho monitorato tutta la telefonata: hanno provato a rintracciarci, ma non ci sono riusciti
>>.
<< Bene
>>. William guardò la pistola che teneva in mano, poi spostò lo sguardo
su Irina.
La ragazza lo
fissava, gli occhi da gatta pieni di quello che era disprezzo. Se aveva paura,
stava cercando in ogni modo di non darlo a vedere.
Per quanto la
odiasse, provò verso di lei un’attrazione incredibile. Era bella, anche in
quello stato; era provocante, senza nemmeno saperlo. Il suo sguardo indugiò
prima sulla sua bocca, poi scivolò sulla gola e infine sul ciondolo appeso al
suo collo.
<< Tanto di troverà comunque >> disse lei.
Non riuscì a
trattenersi e la colpì con uno schiaffo, arrabbiato. Tutto a un tratto ricordò
quanto la odiasse. Voleva vedere quella baldanza sparire dai suoi occhi,
quell’espressione di sfida svanire dai suoi lineamenti.
<< Smetti di
sperare, puttana >> sibilò verso di lei, e sentì gli sguardi di tutti
addosso a lui. Lo sapevano quanto era fragile di fronte a quella ragazza, lo
sapevano che rappresentava il suo punto debole. Doveva dimostrare che era il
contrario.
La aggirò e le
slegò le mani; poi la mise in piedi, e la afferrò per il top, portando la sua
faccia a qualche centimetro di quella di lei.
<< Credi che
ti troverà? >> le sussurrò, << Credi che possa prendermi? Cosa pensavi di fare, dicendogli che avrei preso un aereo
per fuggire dallo Stato? >>.
Irina piantò gli
occhi nei suoi, e rispose, quasi con rabbia: << Smettila di pensare di
essere il più furbo. Hai solo paura di lui, lo so >>.
William digrignò i
denti, poi le tirò un’altra sberla in faccia, fino a
farla finire per terra, lasciandola stordita. Era stufo di sentirsi sfidato da
quella ragazza, stufo di combattere con lei per avere l’ultima parola. Era
finito il tempo in cui accettava da lei qualunque affronto.
Nessuno si mosse né
parlò. Solo Dimitri si spostò, rimanendo fermo davanti a Irina, e spostando lo
sguardo prima su di lui, poi su di lei. La ragazza tossì, e si
issò sulle braccia, cercando di rimettersi in piedi. Alzò la testa e
incontrò lo sguardo del russo, che continuava a fissarla.
<< Che hai da
guardare, eh? >> fece, il tono sprezzante, quasi fosse lei ad avere il
controllo della situazione.
La nota di sfida
nella sua voce lo eccitò. Era assurdo come cercasse di conservare il coraggio
anche in quel momento. La prese per le spalle e la tirò in piedi, poi la
trascinò fino al piano di sopra, lo sguardo del russo ancora su di loro.
<< Smetterai
di fare la furba, Irina >> ringhiò, sentendo montare la rabbia dentro di
sé, << Ti pentirai di esserti messa contro di me >>.
Doveva dimostrarle
l’errore che aveva commesso, rifiutando tutto ciò che gli aveva offerto, e
tentando di fregarlo. Doveva farle capire che era solo una stupida ragazza che
non doveva giocare con il fuoco, che per lui non rappresentava più nulla…
La trascinò fino
alla camera da letto, tenendola per i polsi ormai
violacei. La stanza era semibuia, le tapparelle quasi del tutto abbassate,
l’unica luce quella che filtrava dalle imposte e che illuminava la polvere
nell’aria. Chiuse la porta alle sue spalle e la prese per il mento,
costringendola a guardarlo in faccia.
<< Nessuno di
voi due ne uscirà vivo >> sibilò, facendo
scorrere la pistola sul suo collo nudo, << Voglio solo decidere chi per
primo voglio fare fuori… >>.
<< Allora
ammazzami >> disse Irina, gli occhi da gatta inchiodati ai suoi, <<
Ammazzami e scappa. O hai paura che Xander ti trovi?
>>.
William sentì il
sangue andare al cervello, e la sua mano scattò così rapida da stupire anche se
stesso. Irina incassò il colpo e andò a sbattere contro il muro, tenendosi la
guancia, il naso che perdeva sangue.
La raggiunse prima
che si lasciasse cadere a terra, e la prese per i fianchi. Le strappò il
ciondolo e lo gettò a terra, poi la afferrò per il collo, facendo pressione
abbastanza da farle morire ogni parola in gola.
<< Ti
ucciderò Irina >> sussurrò, << Ma prima farò fuori lui, e ti farò vedere il suo cadavere. Non lo sopporterai, vero?
>>.
Non gli interessava
di farle male, non gli interessava più di niente.
Voleva solo vedere sparire dai suoi occhi tutto quel coraggio, voleva sentirla
chiedere pietà. Voleva piegarla definitivamente, per dimostrarle che non era
più il suo punto debole.
Sorrise, vedendo la
paura balenare per un istante nei suoi occhi. Infilò la mano nello scollo del
top e tirò fino a strapparlo, fino a scorgere la stoffa del suo reggiseno. Le
sciolse i capelli, poi la afferrò di nuovo per il collo e la sbatté sul letto,
sedendosi sopra il suo bacino.
<< Avanti
Irina, chiedi aiuto >> le sussurrò, abbassandosi su di lei, <<
Chiama il tuo Xander. Digli di venire a salvarti… Digli di venire a prendermi >>.
<< Puoi farmi
che cazzo ti pare, tanto morta o viva ti troverà
comunque >> ribatté Irina.
Questa volta,
quando la sua mano la colpì in faccia, si lasciò andare a un gemito di dolore.
La sentì piegarsi, tenendosi la guancia ormai quasi viola.
<< Smettila
di sfidarmi >> disse William, poi le imprigionò i polsi con le mani.
Sentì il cuore di
Irina accelerare, battere in modo forsennato nella sua cassa toracica. La vide
chiudere gli occhi, forse cercando di non lasciarsi sopraffare dal panico.
Vedeva il suo petto alzarsi e abbassarsi velocemente, il fiato profumato che
arrivava fino a lui.
<< Implorami,
Irina >> mormorò sorridendo, la bocca sul suo collo, << Implorami…
Pregami di andarmene. Pregami di non ucciderti… Pregami
di non ucciderlo >>.
La ragazza rimase
in silenzio, il respiro sempre più accelerato. Sfiorò con la mano la pelle
sottile del collo, fino a scendere al livello del seno. Lei rabbrividì, e
qualcosa che sembrò un singhiozzo uscì dalla sua gola.
Con piacere,
William vide il terrore nei suoi occhi, terrore che
però non avrebbe mai ammesso. Sapeva che non gliela avrebbe mai data vinta, che non si sarebbe mai abbassata, e questo lo
eccitò più di ogni altra cosa. Le liberò le mani e si tolse la maglia, sentendo
la pelle calda della ragazza sfiorare la sua.
Conosceva a memoria
ogni centimetro del suo corpo, ogni singolo millimetro. Lo aveva desiderato, lo
aveva posseduto, lo aveva cercato in altre ragazze. Eppure, mai come in quel
momento si rese conto di quanto lo bramava, di quanto
solo lei riusciva a ottenere quell’effetto su di lui.
<< Lo so che
hai paura >> sussurrò, facendo scorrere la bocca sul suo collo,
respirando il suo profumo a fondo, << Lo so che sei spaventata da me.
Dimmelo… Voglio sentirti dire che sei terrorizzata,
che hai paura. Dimmelo, Irina >>.
Voleva piegarla, voleva umiliarla per fargliela pagare di averlo reso debole.
Voleva dimostrarle quanto fosse più forte di lei, quanto dovesse temerlo.
La afferrò per i
fianchi e la tenne stretta, poi iniziò a baciarla sul collo, impossessandosi di
ogni centimetro libero della sua pelle. Irina inarcò la schiena e cercò di
spingerlo via, le mani calde sui suoi muscoli
possenti.
Non si sarebbe
fermato, non si sarebbe mai fermato. Ora che sentiva
il suo sapore sulle labbra, che l’eccitazione aveva preso il sopravvento, non
si sarebbe fermato. Già una volta avevano lasciato le
cose a metà… Già una volta l’aveva lasciata fare, per poi sentirsi pugnalato
alle spalle…
Mordicchiò la pelle
sottile della spalla, morbida come burro. In quell’istante sentì qualcosa
penetrargli nella carne della spalla, a qualche millimetro dal tatuaggio tribale
che l’ultima volta lei aveva sfiorato provocandogli un brivido.
Si alzò di scatto e
guardò Irina, afferrandogli malamente la mano. Gli aveva appena conficcato le
unghie nella pelle, lasciandogli tre strisce rosse, brucianti.
Fissò per un momento
quelle mani piccole e perfette, le unghie smaltate di rosa, poi intrecciò le
dita con le sue, un gesto che Irina non avrebbe mai fatto di sua spontanea
volontà, e che lui invece aveva sempre desiderato ardentemente. Nel silenzio
della stanza sentiva il respiro di Irina farsi sempre più affannoso, ormai
quasi presa dal panico.
<< Ti amavo,
Irina >> disse, un ghigno che gli si disegnava sul volto, << Ti
amavo per davvero… Mi hai reso debole, ma ora hai smesso di essere il mio punto
debole >>.
Ore 10.00 – Los Angeles, Stazione di Polizia federale
Xander sedeva immobile
alla scrivania, continuando a fissare lo schermo nero che un’ora prima gli
aveva mostrato il volto di Irina.
Non sentiva più né
la fatica né il sonno, non sentiva assolutamente nulla. Forse non vedeva
nemmeno la luce che filtrava dalla finestra, che illuminava la sua mano
appoggiata al ripiano di legno, che stringeva la collana d’argento di Irina.
Aveva sbagliato,
aveva sbagliato fin dall’inizio. Ammetterlo non gli
faceva nemmeno più male, tanto si odiava, in quel momento. Era stato stupido e
incosciente.
Non avrebbe dovuto
pensare a lei, quando aveva scelto la persona che gli avrebbe fatto da contatto
a Los Angeles. Avrebbe dovuto scegliere qualcun altro, qualcuno che non gli
aveva mai rappresentato niente, che non aveva mai visto.
E poi, quando aveva
capito che stava diventando il suo punto debole, avrebbe dovuto chiudere la
storia subito. Invece, egoista com’era, aveva voluto giocare, aveva voluto continuare… Credeva di poter gestire tutto, di fare
la cosa giusta…
“Avrei dovuto portarti via la prima volta che mi hai
detto perché eri qui… Avrei dovuto costringerti ad andartene…”.
E ora lei pagava, pagava per tutti. Pagava per se stessa, pagava
per lui, pagava per gli altri. E l’unica cosa che era stata in grado di fare,
quando lo aveva visto attraverso quello schermo, era stato
chiedergli come stava. Come stava lui.
“Dovresti odiarmi, Irina. Dovresti detestarmi più di chiunque altro…”.
Rimase immobile,
spostando lo sguardo sul bicchiere di caffè vuoto, i sensi spenti.
“Rimanere qui seduto non servirà a niente… Non la
troverai piangendoti addosso…”.
Si alzò di scatto,
ritrovando in un attimo tutto se stesso. Non si sarebbe arreso, non poteva e
non voleva farlo. Non era da lui gettare la spugna.
Dovunque fossero li
avrebbe trovati. Non potevano sparire dalla faccia della terra, e in qualunque
buco si trovassero li avrebbe scovati.
Uscì dall’ufficio e
incrociò McDonall, gli occhi cerchiati di scuro per
la mancanza di sonno. Lo guardò come se si aspettasse che da un momento
all’altro andasse in escandescenze o avesse una crisi isterica.
<< Blocchi
tutti gli aeroporti >> disse Xander, << E
tutte le dogane. Nessuno esce e nessuno entra finché non lo decido io. Mettete
sotto sequestro la villa di Challagher e tutte le sue
auto. Voglio posti di blocco su tutte le autostrade >>.
Si aspettò che McDonall lo riportasse all’ordine per il tono perentorio
che aveva appena usato, ma il Vicepresidente si limitò ad annuire.
<< Cosa vuole fare, agente? >> domandò.
<< Li trovo.
Li trovo ovunque siano >>.
Spazio Autrice
Ed ecco finalmente
cosa passa per la testa dello Scorpione… Amava veramente Irina, e desiderava
avere il suo affetto per sé. E’ stato Xander ha
fargli capire che quello che provava verso Irina era davvero amore: voleva che
lei lo trattasse come l’agente dell’F.B.I., voleva il
suo affetto e non solo il suo corpo.
Bè, cosa mi dite? Il
viaggio nella mente di William è stato di vostro gradimento? Ha contribuito a
farvelo detestare ancora di più, oppure in qualche modo lo capite?
L’unica domanda che
vorrei porvi è: secondo voi ama ancora Irina, oppure
no?
Prima di lasciarvi,
vi anticipo che userò anche nel prossimo cap ci sarà
qualche evento narrato con il Pov di William, perché
il viaggio nella sua psiche contorta non è ancora completamente
finito. Ci sono ancora un paio di cosine
interessanti, che non riguardano solo il suo rapporto con Irina, che credo
vadano esplorate.
E naturalmente ringrazio tutti coloro
che mi lasciano sempre la loro recensione e continuano a seguire la storia.
Credo che questo sia l’unico capitolo in cui “pretenderei” un commento: fatemi
sapere se vi è piaciuto, eh!
William gettò il
mozzicone della sigaretta oltre la vetrata, massaggiandosi il collo. Sentiva
ancora i graffi sulla pelle pulsare dolorosi. Si sedette meglio sulla sedia e
chiuse gli occhi per un momento. Aveva dormito un paio di ore, ed era abituato
a passare le notti in bianco, ma questa volta Irina era stata particolarmente
combattiva: quelli sulla spalla non erano gli unici graffi che le aveva
lasciato.
Sentì qualcuno
muoversi vicino a lui, e riaprì gli occhi per vedere di chi si trattava: era
Dimitri, un bicchiere pieno di liquore in mano e l’espressione corrucciata.
<< Hai
parlato con Sebastian? >> chiese, prendendo il pacchetto di sigarette dal
tavolo e accendendosene una.
William chiuse di
nuovo gli occhi, sentendo crescere l’irritazione. Gli aveva appena riportato
alla mente la conversazione con il suo vero e unico meccanico, rimasto a Los
Angeles per dirgli quello che stava succedendo e tenerlo aggiornato sulle mosse
degli sbirri.
<< Certo che
ho parlato con lui… >> borbottò, << Hanno sequestrato casa mia e
tutte le auto in garage, come avevo previsto. E’ stata una fortuna che abbia
portato qui la Zonda per precauzione… >>.
Aveva sempre avuto quella casa, pronta in caso di bisogno. Riteneva che era meglio avere un luogo sicuro e anonimo in cui
nascondersi, se le acque di Los Angeles fossero state troppo agitate. Portare
lì la Zonda era stata una decisione presa solo
qualche settimana prima: era l’unica auto che voleva veramente salvare, tra
tutte quelle che possedeva, e non era certo di facile reperimento.
<< E poi?
>> fece il russo, respirando una boccata di fumo, gli occhi grigi puntati
sulle piante del giardino.
<< Stanno
bloccando tutti gli aeroporti, e ci sono posti di blocco ovunque >> continuò
William, sempre più irritato, << Ci sono problemi anche alle dogane:
controllano tutti. Gli sbirri si stanno dando da fare… Anche mio padre sta
cercando di nascondersi >>.
<< Hanno preso qualcun altro? >> domandò il russo.
<< A parte
Whitman e O’Correll, hanno arrestato la Gonzalez e Kawashima >>
disse William, appoggiando i piedi sul tavolo.
Notò l’occhiata che
Dimitri gli rivolse, quando pronunciò il cognome di Vera, la
numero sette. Forse pensava che fosse preoccupato per lei… Anche se lo conosceva
abbastanza da sapere che l’aveva considerata solo un passatempo momentaneo.
Rimasero in
silenzio, a sorseggiare in tutta tranquillità i loro drink, come se si
trovassero in vacanza. Avevano sempre avuto entrambi un perfetto sangue freddo,
e anche se la situazione li irritava, non si sarebbero lasciati prendere dal
panico. Forse per quel motivo William si fidava di Dimitri.
La prima volta che
si erano incontrati, ormai parecchi anni addietro, non
facevano nemmeno parte della BlackList. Il russo era un pilota che si era fatto le ossa in
tutti gli Stati Uniti, e William il figlio del boss pronto a prendere
il potere. All’inizio lo Scorpione aveva trovato Dimitri troppo freddo e sicuro
di sé, ma quando poi si erano ritrovati a gareggiare assieme, avevano capito di
poter fare grandi cose.
William gettò
un’occhiata al russo, che fumava guardando fuori dalla vetrata, l’espressione
corrucciata, gli occhi grigi gelidi. Sogghignò.
La gente lo aveva
sempre trovato strano, e per certi versi anche lui faticava a capirlo, a volte.
Soprattutto in fatto di ragazze… Girava voce che fosse gay,
ma William sapeva benissimo che non era così: Dimitri aveva solo gusti
davvero difficili, e in più sembrava considerare le donne come qualcosa di
scarsa importanza. Se in tutti quegli anni lo Scorpione aveva perso il conto di
quante ragazze erano passate nel suo letto, quelle di
Dimitri si contavano sulle dita delle mani.
Non che la cosa gli
desse fastidio, ma la trovava per certi versi buffa e curiosa: chissà cosa
passava per la testa di quel russo dal cuore di ghiaccio. Sorrise ricordando
quando, un giorno, gli aveva chiesto cosa pensava di Irina, e lui con un tono
quasi scocciato gli aveva risposto solo che aveva dei bei lineamenti,
considerandola per il resto piuttosto comune.
Sbuffò e si accorse
di sentire di nuovo quella sensazione che provava sempre quando pensava a lei:
insoddisfazione. Nonostante tutto, non era ancora contento di come erano andate le cose.
Cercò di scacciare
il pensiero e si accese un’altra sigaretta, irritato.
<< Gli altri
stanno ancora dormendo? >> chiese, per cercare di distrarsi.
<< Thile è sveglio, e Michael si sta guardando un film
>> rispose Dimitri, << Gli altri sono svaccati come al solito >>.
Parlare di Fowler gli fece venire in mente una cosa. << Lo stai
controllando? >> domandò.
<< Sì
>> fu la laconica risposta del russo. << Hai intenzione di
ucciderlo, vero? >> aggiunse, senza nessuna emozione.
William ghignò.
<< Non mi piacciono i doppiogiochisti >> rispose, <<
Soprattutto se sono degli sbirri. Appena non ci serve
più ce ne liberiamo… Sinceramente avrei preferito portare Sebastian, al posto
che lasciarlo a Los Angeles. E’ sicuramente più utile di lui >>.
Dimitri gettò la
sigaretta fumata solo a metà nel posacenere, e gli rivolse un’occhiata.
<< Lei dov’è?
>> chiese, disinteressato.
<< L’ho
chiusa nel bagno di sopra >> rispose William, calmo, << Credo stia
dormendo, in questo momento… Oppure piangendo, che è più probabile >>.
Ridacchiò e buttò giù un sorso dal suo bicchiere.
<< Che vuoi
farne di lei? >> chiese il russo, senza guardarlo. La cosa lo stava
toccando poco.
<< Per il
momento rimane dov’è >> rispose William, << Mi serve per usarla
contro Went. Finché sa che è con me, non farà niente
di avventato. Quando saremo pronti a sparire definitivamente la uccido
>>.
Quello era il suo
piano. Tenerla viva finché gli fosse stata utile, e poi piantarle una bella
pallottola in testa e liberarsi di lei. Smettere di provare quella sensazione di insoddisfazione e attrazione che provava nei suoi
confronti.
Dimitri fece una
smorfia, che per lui era quello che rappresentava un sorriso.
<< Pensavo la
facessi fuori subito… >> disse, quasi divertito.
William gli rivolse
un’occhiata. In effetti, aveva programmato di ucciderla quella mattina stessa,
ma aveva rimandato tutto. Riteneva più utile tenerla in vita ancora per un po’,
e magari togliersi ancora qualche sfizio.
<< Hai fretta
di trovare un posto per il suo cadavere? >> disse,
il tono deridente.
<< Forse… Sai
che non l’ho mai voluta tra noi >> disse il russo, << Voglio solo
sapere per quanto tempo ancora dovremo sopportare i tuoi cedimenti con lei… E’
piuttosto pesante sapere che la stai violentando nella stanza attigua.
Oltretutto, hai tolto il sonno a tutti… C’era Fowler
che sembrava voler partecipare alla cosa >>.
C’era un tono quasi
d’accusa, nella sua voce. William si ritrovò a guardarlo con gli occhi ridotti
a fessure, ricordando poi che il russo era l’unico da cui accettava le
critiche. Anche perché era uno dei pochi che aveva il coraggio di fargliele.
<< Sai che
aveva bisogno di una lezione >> ribatté, divertito, << Dì a Thile che tra qualche ora richiamo Went…
Voglio proprio vedere la sua faccia >>.
Ore 14.00 – 18° Strada
Xander aggirò la Punto nera semidistrutta e abbandonata in mezzo alla
strada, Simon Cohen che attendeva in silenzio in disparte. Le auto intasavano
la carreggiata, rallentando, la gente che guardava incuriosita l’auto da corsa
che bloccava il passaggio. Un segnale diceva che la corsia era bloccata, ma le
persone continuavano ostinatamente a voler passare da quella parte.
<< Hai detto
che sono andati verso l’autostrada? >> chiese Xander, osservando i segni neri lasciati sull’asfalto dagli
pneumatici di diverse auto. << Che macchine avevano? >>.
<< Challagher la Revènton, il russo
con la solita GT rossa e poi c’erano anche una Audi A3
grigia e una Aston Martin blu. Immagino fossero Hanck e Josh… >> rispose
Simon, grattandosi la testa, << Però ho visto che si sono divisi, a un
certo punto. Forse non volevano dare troppo nell’occhio… Ah, c’era anche una
Mercedes SL…>>.
<< Una
Lamborghini incidentata non può non dare nell’occhio >> disse Xander aprendo con cautela la porta della Punto e
recuperando le chiavi, << Qualcuno li avrà sicuramente visti >>.
Tirò fuori il
cellulare e digitò il numero di McDonall.
<< Sulla 18°
c’è un’auto da portare via >> disse al Vicepresidente, << Una macchina italiana. Fatela trasportare in deposito:
potrebbe tornarci utile… Ah proposito, avete avvertito il padre di Irina?
>>.
<< Sì, agente
>> rispose McDonall, << Abbiamo mandato
alcuni poliziotti a casa sua per spiegargli la situazione. Naturalmente nemmeno
lui sa dove possano essere andati… Poi è venuto da noi
un certo MaximilianDobson:
credo si tratti del meccanico della ragazza. Gli abbiamo fornito qualche
spiegazione, poi lo abbiamo mandato via… >>.
<< D’accordo,
avete fatto bene. Gli telefonerò più tardi >>.
Xander lo salutò e poi
guardò il nero. Stava pensando a come si sarebbe comportato se fosse stato Challagher, se avesse dovuto nascondersi dalla polizia. Cosa avrebbe fatto, se avesse avuto la polizia alle calcagna
e una ragazza che non voleva rilasciare?
Sicuramente avrebbe
cercato un posto tranquillo, e anche molto anonimo. Ma c’erano migliaia di posti tranquilli e anonimi a Los Angeles e fuori
città.
Risalì sulla
Ferrari e lasciò il tempo a Simon di fare lo stesso, poi accese il motore.
All’improvviso gli
venne un’idea: se avevano preso l’autostrada, sicuramente erano passati dai
caselli. E nei caselli c’erano sempre delle telecamere…
<< Forse ho
un’idea >> mormorò, poi partì sgommando verso l’autostrada.
<< Cosa vuoi fare? >> chiese Simon.
<< Credo di
poter capire la direzione che hanno preso. Devo
parlare con i casellanti >> spiegò Xander.
<< E farmi dare le registrazioni delle videocamere di sicurezza…
>>.
Ore 17.00 – XXX
Plick.
L’insistente
gocciolio del lavandino era l’unico suono che rompeva il silenzio di quel bagno
piastrellato di azzurro, la luce forte del pomeriggio che filtrava attraverso
la tenda bianca appesa davanti alla finestra.
Irina sedeva per
terra, la schiena appoggiata alla porta chiusa a chiave dall’esterno, le
braccia raccolte attorno alle ginocchia. Respirava piano, pianissimo, cercando
di controllare quella sensazione di panico che l’aveva dominata fino a pochi
istanti prima. Singhiozzò un’ultima volta, poi scosse lentamente il capo per
liberarsi del cerchio che sentiva pulsare intorno alla testa.
Aveva
male
dappertutto: le guance le bruciavano, un po’ per gli schiaffi un po’ per le
lacrime salate, e sentiva lividi che presto si sarebbero anche fatti vedere. In
più, aveva di nuovo la nausea.
Aveva pianto fino a
poco prima, per disperazione e per paura. Credeva che William la uccidesse, una
volta finito il suo gioco perverso, invece si era sbagliata.
Lo Scorpione aveva deciso di prolungare ancora un po’ la sua agonia, di
lasciarla annegare nel dolore di sapere che Xander
stava rischiando la vita.
Sperava davvero che
lui riuscisse a trovarla, che venisse a prenderla, ma aveva anche paura di
quello che il suo intervento comportava. Si sarebbe trovato faccia
a faccia con William, e lei non voleva che accadesse: aveva il terrore
che potesse andarci di mezzo. Sapeva che Xander era
l’unico che poteva mettersi contro lo Scorpione, ma l’idea di poterlo perdere
era mostruosa. Non poteva permettergli di farsi del male per colpa sua.
Distese lentamente
le gambe, sentendo i muscoli rilassarsi, e si portò una mano al petto, sotto il
seno. Premette in un punto preciso e le sfuggì un
gemito: forse aveva una costola incrinata. William ci era andato pesante,
questa volta.
Si alzò in piedi
piano, cercando di non fare movimenti bruschi, e incontrò immediatamente la
propria immagine riflessa nello specchio.
Aveva il visto arrossato,
e lunghe strisce nere di mascara le solcavano le guance. Il top stracciato
lasciava intravedere il reggiseno, e sul collo c’era una macchia giallastra che
presto si sarebbe trasformata in un livido violaceo.
Aprì l’acqua del
rubinetto e si bagnò i polsi che si stavano lacerando,
poi si lavò la faccia, cercando di rimuovere tutto il trucco rimasto. Faceva
tutto velocemente, come se avesse avuto fretta. Esattamente come faceva sempre,
sentendosi macchiata dentro e fuori.
Guardò il suo
riflesso, poi sentì le gambe cedere e si sedette sul bordo della vasca. Si
tenne la testa, in preda alla spossatezza, cercando di controllare il respiro:
più affannoso era, più risultava doloroso.
Si sentì scivolare
per terra, la testa che girava, troppo debole per tenersi
in piedi. Non mangiava ne beveva da ore, e sentiva ogni parte del corpo dolere.
Il suo fisico martoriato era arrivato al limite.
“Dai Irina, sei viva, ed è già
molto… Non lasciarti andare”.
Cercò di rialzarsi
di nuovo, ma lasciò perdere quando si rese conto che
non ci sarebbe riuscita. Chiuse gli occhi, cercando di ritrovare qualche
energia, ma non ne aveva. Le ultime che le erano rimaste le aveva
usate per lottare contro William, ed erano finite subito anche quelle.
Sentì dei passi
avvicinarsi, poi la porta venne aperta, senza che lei
avesse la forza e la voglia di riaprire gli occhi e vedere di chi si trattava.
Preferiva rimanere nell’apatia, così ogni sensazione dolorosa sarebbe sparita…
Ogni preoccupazione si sarebbe dissolta…
<< Hai finito
di piangere? >> domandò William, il tono deridente.
Irina non rispose.
Si lasciò afferrare per le spalle e trascinare per le scale, senza nemmeno
capire bene dove stesse andando. Quando ritrovò la forza di riprendere possesso
del suo corpo, si accorse di essere seduta su una
sedia, in soggiorno, le mani di nuovo legate dietro la schiena. Gli sguardi di Hanck, Josh, Thile,
Michael e Dimitri erano puntati su di lei, quasi le stessero facendo una
radiografia.
Non si soffermò a
chiedersi cosa stessero pensando, né perché la guardassero in quel modo. Vide
solo il computer portatile appoggiato sul tavolo, e William che sceglieva una
delle pistole appoggiate sul ripiano.
<< Telefona a
Went >> disse solo, dandole le spalle.
Ore 17.30 – Los Angeles, Stazione di Polizia Federale
<< Ok,
riproviamoci >> disse Jess, guardando il
monitor del pc portatile che aveva davanti, <<
Non so se otterremo qualche risultato, e soprattutto
dobbiamo sperare che la comunicazione duri abbastanza da rintracciarli…
>>.
Xander guardò l’amico
informatico, l’espressione corrucciata. Dubitava che riuscisse a rintracciare Challagher, maJess diceva di aver trovato un programma abbastanza
potente da poter risalire al mittente delle telefonate via Internet: l’unico
problema era che era molto lento, e per ottenere qualche informazione era
necessario che la comunicazione fosse piuttosto lunga.
In ogni caso, era
più fiducioso di prima. Le sue ricerche avevano dato buoni
risultati: era riuscito a ricostruire i movimenti della Lamborghini Revénton per un discreto pezzo di strada, e aveva scoperto
in quale direzione in realtà si era mossa: al posto di dirigersi a Nord, come
aveva dapprima pensato, Challagher si era diretto a
Est, e aveva toccato una piccola cittadina di nome Victorville.
C’erano ampie possibilità che si trovasse nei
dintorni.
Guardò l’orologio.
Simon si stava occupando di reperire tutti i video
delle telecamere di sorveglianza dei caselli attorno, nella speranza di
scoprire se avesse veramente abbandonato lì l’autostrada o se invece avesse
proseguito.
Cercò di calmarsi,
in vista della nuova telefonata di Challagher. Sapeva
che sarebbe stata sicuramente peggiore della prima, ma sapeva anche che doveva
cercare di prolungare il più a lungo possibile la comunicazione, per fare in
modo che Jess riuscisse a trovarli. Dipendeva tutto
da lui, dalla sua capacità di sopportazione ormai arrivata al
limite.
All’improvviso, il
display del pc lampeggiò per un istante, e
l’informatico di preparò per fare il suo lavoro. Traendo
un respiro profondo, Xander premette il tasto di
risposta e attese che le immagini comparissero sul monitor.
Di
nuovo scura e leggermente sgranata, la figura di William Challagher
apparse in tutta la sua baldanza. Lo Scorpione stiracchiò il collo e sorrise
malignamente.
<< Passato
una buona mattinata, agente Went? >> chiese,
appoggiando la pistola con falsa noncuranza sul tavolo.
<< Ce ne sono
state di migliori >> ribatté Xander, una
smorfia sul volto.
<< La mia
invece è stata assolutamente appagante >> rispose Challagher,
portandosi le mani dietro il collo, << Piena di soddisfazioni… Come
procedono le tue ricerche? >>.
<< Credi
davvero che non possa trovarti? >> chiese Xander,
incrociando le braccia e ghignando.
“Hai fatto male i conti, figlio di puttana… L’unico
modo che hai per sparire realmente è morire”.
<< Questione
di punti di vista >> disse Challagher, poi
aggiunse: << Hai pensato alla mia proposta? >>.
<< Fammela
vedere >> ribatté Xander, gelido.
<< D’accordo…
Ma non sarà un bello spettacolo, forse >>.
La frase di Challagher gli fece gelare il sangue nelle vene, ma quando
vide il volto di Irina dall’altra parte, gli occhi chiusi
ma il respiro regolare, si sentì ancora peggio. Era troppo diversa dall’ultima
volta che l’aveva vista, poche ore prima.
Aveva il viso
pallidissimo, le guance rosse e i capelli bagnati. Ombre scure le
incorniciavano gli occhi non più truccati di nero, e sul collo sottile c’era un
grosso livido viola. Il top stracciato lasciava intravedere il petto che si
alzava e si abbassava lentamente, il respiro lento e troppo controllato.
Xander sentì lo stomaco
attorcigliarsi, la mano afferrare la pistola quasi potesse sperare di riuscire
a sparare a Challagher anche attraverso lo schermo.
Lo sapeva cos’era successo, lo sapeva e voleva
ammazzare lo Scorpione.
Irina aprì gli
occhi, e fissò per un istante il monitor, lo sguardo leggermente appannato.
Sbatté più volte le palpebre, poi guardò Challagher,
come se si aspettasse una sorta di spiegazione.
Xander non riuscì a
staccare gli occhi da quella vista, troppo angosciato per
poter dire qualcosa. Fu come rivivere quella sera nel bagno di casa sua,
quando l’aveva trovata seduta per terra, in lacrime… Quella volta aveva potuto
toccarla, consolarla, abbracciarla… Ora poteva solo lasciare
che soffrisse da sola, troppo lontana da lui…
“Parlami, piccola. Ti prego, dì
qualcosa… Dimmi che sei ancora viva…”.
Irina era viva, il
suo cuore batteva ancora, ma era la sua anima che rischiava di non
sopravvivere. Troppe volte aveva sofferto sola, in silenzio, troppe volte si
era lasciata abbattere… Forse non aveva più le forze per rialzarsi, per
ricominciare… I suoi occhi lo dicevano: non aveva più speranza, si stava
lasciando morire… Era di nuovo da sola, perché lui l’aveva abbandonata…
<< Irina…
>>.
La ragazza sembrò
riscuotersi. Deglutì una volta, poi disse, la voce flebile: << Xander… Non voglio che mi vieni a
cercare, hai capito? >>.
Challaghersi
inserì nel suo campo visivo, deliziato da quella situazione. Si stava
divertendo a far soffrire entrambi.
<< Visto? Te
lo sta chiedendo… Smettila di cercarmi >> disse, << Nemmeno lei ti
vuole da queste parti… >>.
<< Ti ucciderà,Xander! >> gridò
Irina, disperata, << Ti ucciderà! Ci ucciderà tutti e
due, lo capisci? Non mi interessa se ammazza
me, ma tu non devi morire… >>.
Xander guardò
l’espressione spaventata di Irina, gli occhi che lo imploravano di smettere di
cercarli. Non era per se stessa che aveva paura, aveva paura
per lui… Ma lui non poteva lasciarla lì, e non gli interessava di correre
rischi…
<< Ti vengo a
prendere, te lo prometto, Irina >> disse, << Ti vengo a prendere,
ok? >>.
<< No!
>> protestò lei, << No, Xander! Ti prego, non lo fare… >>.
Challagher si mise davanti
allo schermo, coprendo la ragazza. Sorrise malignamente.
<< La scelta
mi sembra chiara, Went >> disse, << E’
morta, se continui per la tua strada… Sei pronto per trovare il suo cadavere?
>>.
Xander digrignò i denti,
e gettò un fugace sguardo verso Jess. Non sapeva di quanto tempo aveva ancora bisogno.
<< Dimmi, Challagher… Se sei così sicuro che non ti possa trovare,
perché mi stai chiedendo di non cercarti? >> disse.
<< Perché mi
piace giocare, Went >> rispose lui, ghignando,
<< Mi piace vedere il tuo sguardo, mi piace
l’idea che stai impazzendo… Voglio farti sentire cosa significa essere
impotenti. Irina è mia, e tu non puoi fare niente per cambiare le cose. Irina è
mia e lo rimarrà >>.
Qualcosa in quella
frase fece capire a Xander che William non era ancora
disposto ad uccidere Irina. Stava cercando di convincere
tutti che era pronto a farlo, ma in realtà quella
doveva essere la sua ultima spiaggia… Continuava a dipendere da lei, e non lo
voleva ammettere.
<< Ti ho già
trovato, Challagher >> disse Xander, << So dove sei
>>.
Era un bluff vero e
proprio, ma voleva dimostrare che anche lui era disposto a tutto. Lo Scorpione
non gli avrebbe creduto, e proprio per questo si sarebbe sentito più sicuro…
Avrebbe sbagliato, prima o poi…
<< E quando
ti avrò tra le mani, ti castrerò come un cane… Ti piace l’idea? >>.
Challagher ridacchiò.
<< D’accordo, agente >> disse, << Allora ti aspetterò… In
fondo, qui non ho molto da fare, se non scoparmi la nostra cara bambolina. Sai
che c’è un sacco di gente che vorrebbe partecipare? Per il momento ci siamo
limitati a noi due… Non sembra apprezzare molto le cose in gruppo… >>.
Xander sentì la rabbia
montare. Chiunque avesse osato anche solo sfiorare Irina avrebbe poi dovuto
vedersela con lui. Anche se era lontano chilometri e
non sapeva dove fossero.
<< Sta
attento a ciò che fai, Challagher >> ringhiò,
<< Tu e i tuoi amici. Quando non ci sarà più uno schermo a dividerci, non
farete più tanto gli sbruffoni. Vi dimostrerete i
conigli che siete e sarete sempre >>.
<< Stiamo
divagando, Went >> disse lo Scorpione,
fingendosi annoiato, << Non hai ancora risposto alla mia domanda:
smetterai di cercarci, oppure no? >>.
<< No
>>.
Era un rischio, ma
qualcosa gli diceva che Challagher non l’avrebbe
uccisa. Perlomeno non ancora. Avrebbe continuato a giocare finché non si fosse
sentito davvero in pericolo, e per il momento era tranquillo…
<< Perfetto,
agente >> disse, << Ti indicherò dove
trovare il suo corpo >>.
Chiuse di scatto il
monitor del pc, e Xander
rimase inchiodato dov’era. Sentì Jess imprecare. La
telefonata era durata troppo poco.
Forse aveva
esagerato, forse era stato avventato, ma il suo istinto gli aveva detto di fare
così, e lui era deciso a seguirlo. Si alzò di scatto e uscì dall’ufficio.
Ore 17.45 – XXX
Irina sentì William
chiudere di scatto il monitor del portatile, come in preda a un attacco d’ira.
Lo vide voltarsi verso di lei e fissarla con occhi di fuoco, per poi imprecare.
<< Continuerà
a cercarci >> disse Dimitri, freddo, << Non te lo aspettavi, vero?
>>.
Michael passò lo
sguardo prima sul russo e poi su William, per poi fermarlo su Irina. Aveva un
che di famelico.
William gettò
malamente la pistola sul tavolo, ringhiando. Le cose non stavano andando come
voleva lui, evidentemente. Fece qualche passo avanti e indietro, cercando di
controllarsi.
<< ‘Sta zitto >> sibilò, << Tanto non ci trova…
>>.
Irina riuscì a
cogliere l’espressione preoccupata dello Scorpione, ma sentì la testa pesante.
Stava male, e aveva paura, ma voleva continuare a sentire cosa si sarebbero
detti. Non voleva sprofondare nel buio proprio in quel momento.
<< Sei stato
un’idiota >> disse Dimitri, << Ti avevo detto
di non giocare, cazzo… >>.
William incassò
l’insulto rivolgendogli una smorfia. << Allora ce ne andiamo >>
disse, << Ce ne andiamo, e anche se ci trova lo
ammazzo >>.
Irina sentì il
sangue gelarsi.
<< E dove
andiamo, eh? >> chiese Dimitri, il tono arrabbiato, << Lo sai
meglio di me che ci sono posti di blocco ovunque, e che l’unico aereo che può
portarci abbastanza lontano parte domani… >>.
William e il russo
si guardarono in faccia, le espressioni furiose. Irina
non li aveva mai visti parlarsi in quel modo.
<< Ti ho
detto che tanto non ci può trovare >> ringhiò lo Scorpione.
Dimitri gli gettò
un’occhiataccia. << Tanto è colpa tua >> disse, indicandolo,
<< Sei stato uno stupido. Tutto questo solo per una ragazza… >>.
William si voltò
verso di lui, gli occhi spalancati. Dimitri lo aveva appena fatto arrabbiare
veramente. Afferrò la pistola, poi guardò tutti i presenti.
<< D’accordo…
>> mormorò, togliendo la sicura all’arma, << D’accordo… Allora la
ammazzo >>.
Irina puntò lo
sguardo su di lui, ma stava troppo male per avere paura. I presenti guardarono
William, che fissava Dimitri senza battere ciglio. Michael e Hanck si scambiarono uno sguardo preoccupato.
<< Uscite
>> disse lo Scorpione, << Uscite tutti, immediatamente >>.
Thile fu il primo a
lasciare la stanza, portandosi dietro il pc
portatile, seguito poi da Josh e da Hanck. Michael e il russo, invece, rimasero fermi
dov’erano.
<< Uscite
>> ripeté William tra i denti.
Michael gettò uno
sguardo a Dimitri, poi si voltò e uscì dalla stanza. Il russo fece una smorfia,
come se la situazione fosse ridicola.
<< E’ un po’
tardi, non trovi? >> disse, << Avresti dovuto farlo molto tempo fa
>>.
William digrignò i
denti, innervosito. << Non eri tu a volerla morta? >> ribatté,
agitando la pistola.
Dimitri si strinse
nelle spalle. << Fa quello che vuoi >> disse solo, e uscì dalla
stanza, lasciandoli completamente soli.
Appena la porta si
chiuse, Irina tornò a guardare William. Lo Scorpione scosse il capo nervoso,
quasi volesse rispondere al russo ma non ne avesse la voglia. Le gettò
un’occhiata, e si sedette sul divano, la pistola ancora in mano. Sbuffò,
mettendosi comodo sul divano.
<< Non avevo
idea che finisse in questo modo… >> disse, come se si trattasse di una
normale conversazione.
Irina rimase in
silenzio, guardando lo Scorpione senza capire. Continuava a rimanere strano.
Lui si lasciò
andare a un sorriso amaro, fissando la pistola come se fosse qualcosa che lo
disgustava.
<< Sai una
cosa? >> disse, << Forse sarebbe stato più semplice non lasciarti
entrare nel nostro giro… Forse sarebbe stato meglio se non ci fossimo mai
incontrati >>.
Irina lo fissò,
cercando di capire quale significato recondito avessero
le sue parole.
<< Non
pensavo che le cose sarebbero andate in questo modo, che riuscissi addirittura
a rendermi così stupido… >> continuò William, misto tra il divertito e
l’amareggiato, << Mi dispiace solo che tu continui a pensare che io non
abbia un cuore >>.
Irina continuò a
guardarlo, senza aggiungere niente. Voleva continuare ad ascoltare cosa avesse
da dire, prima di farla fuori. Fino a punto fosse arrivato il suo livello di
pazzia…
<< Io ce l’ho un cuore, Irina >> disse lo Scorpione, puntando
gli occhi verdi nei suoi, << E sei stata tu a tirarmelo fuori, a farmelo
scoprire… Sei stata tu con il tuo odio a farmi ammettere di averlo… A farmi
cadere come uno stupido idiota… Sei diventata il mio punto debole, ma continuo
ad amarti comunque >>.
Irina capì che
William non era mai stato così sincero: per la prima volta la stava guardando
con gli occhi di un ragazzo, e non dello Scorpione. Si ritrovò a voler
continuare a sentire cosa avesse da dire, per capire il perché dei suoi
comportamenti… Per capire chi fosse in realtà… Se qualcosa di umano era rimasto
in lui.
<< Se mi
amassi veramente, non mi avresti mai… >> disse lei piano, e le parole le
morirono in gola.
William scosse il
capo e guardò per terra. << Cazzo Irina, non lo sapevo… Non l’avevo
capito. Ti volevo e basta… Credevo solo che fosse una cosa passeggera, ma
quando ho capito che c’era anche Went, di mezzo… >>. Fece una pausa, come per trovare le
parole giuste. << Ti giuro, non me ne sarebbe fregato un cazzo, se non ti
si fosse avvicinato… Mi sarei limitato a sbatterlo fuori il
prima possibile… Volevo esattamente quello che stavi dando a lui, lo capisci?
>>.
Irina rimase senza
parole, di fronte a quella sorta di dichiarazione del
tutto inaspettata. William stava davvero dicendo la
verità, stava davvero ammettendo che l’amava. E voleva con tutto il cuore che
lei ricambiasse.
<< L’ho
capito quando è arrivato qui >> spiegò lo
Scorpione, << L’ho capito quando ho visto come vi guardavate… Non volevo
solo il tuo corpo, volevo anche il tuo cuore, cazzo… Volevo sentirti dire che
mi amavi, che in qualche modo dipendevi da me… >>.
In quel momento,
William le sembrò un ragazzino, un ragazzino che
confessa la sua prima cotta quasi con timore e rabbia. Quasi si vergognasse a
mostrare ciò che era veramente, ciò che bramava… Persino lui non capiva perché
si comportava così.
<< Perché me
lo stai dicendo, William? >> chiese lei, a voce
bassa.
Lo Scorpione puntò
di nuovo gli occhi su di lei. << Perché a qualcuno dovevo dirlo >>
rispose, << Tanto vale che te lo dicessi >>.
Questa volta non
era stato sincero; stava mentendo. Aveva un altro motivo che non voleva
rivelare.
Si alzò di scatto e
le si parò davanti, la pistola in mano, l’espressione
imperscrutabile.
<< Perché mi
hai tradito? >> domandò, tornando a essere il pezzo di ghiaccio che era
sempre stato.
<< Perché
voglio che tu smetta di uccidere la gente e dettare le tue regole >>
rispose Irina.
<< Ed eri
anche disposta ad ammazzarmi, vero? >>.
<< Se fosse
stato necessario, sì >>.
Era inutile mentire,
visto che ormai il suo destino era segnato. E poi, erano tutte cose che lo
Scorpione sapeva già: non poteva farlo arrabbiare più
di quanto non aveva già fatto.
William alzò la
mano che impugnava l’arma, e le puntò la pistola alla tempia. Il metallo gelido
toccò contro la sua pelle accaldata, provocandole un brivido.
In un attimo, il
cuore di Irina balzò a mille. Era stata avventata, incosciente, ma aveva paura
di morire. Non voleva lasciare niente e nessuno, anche se aveva molto poco di buono nella sua vita. Moriva senza nemmeno
essere riuscita a farlo arrestare…
Chiuse gli occhi,
il fiato corto, il petto che si abbassava e si alzava velocemente. Avrebbe
dovuto fare i conti con il proprio operato? Si sarebbe
ritrovata a percorrere in un lampo tutta la sua misera esistenza? Era di quello che aveva più paura: di rivedere la sua vita e
rendersi conto di non aver fatto niente di buono, di aver lasciato dietro di sé
solo errori.
<< Hai paura, Irina? >> fu la sola domanda che le arrivò alle
orecchie. Una domanda non deridente, ma seria, quasi spaventata.
<< Tu cosa
risponderesti? >>.
Nel silenzio della
stanza, Irina riuscì a sentire il rumore metallico della sicura che veniva tolta. Trasse un respiro, sperando che almeno non
facesse male, ma le scappò comunque un singhiozzo. Un singhiozzo al pensiero di
non poter più vedere Xander.
Passò un istante,
poi un altro ancora. William esitava… Oppure voleva solo prolungare la sua
sofferenza, quell’attesa interminabile che la stava logorando. Irina si ritrovò
a pregare per premesse in fretta quel grilletto.
<< Ammazzami
>> sussurrò alla fine, esasperata, le palpebre ancora abbassate.
William si mosse, e
lei sentì strisciare qualcosa contro le sue ginocchia. Riaprì gli occhi, per
scoprire che si era inginocchiato, lo sguardo puntato nel suo, la pistola a
pochi millimetri dalla sua tempia.
La prese per il
mento, l’espressione seria, decisa, sicura, e si guardarono
un istante. Voleva vederla morire, voleva vedere i
suoi occhi spegnersi per sempre…
<< Io ti devo
uccidere, Irina >> disse lo Scorpione, << Ma non ti voglio morta
>>.
Ore 18.00 – Los Angeles, Stazione di Polizia Federale
Xander gettò un’occhiata
a Jess, abbattuto. La telefonata non era stata
abbastanza lunga da permettergli di rintracciarli… E Irina continuava a
rimanere sola, in pericolo.
<< Non fa
niente >> disse Xander, cercando di non far
sentire in colpa l’informatico, << Non dipendeva da te… Mi sono lasciato
prendere… >>.
Guardò il monitor
spento e sospirò. In ogni caso, non avrebbe abbandonato. Non aveva ancora una
precisa pozione, ma sapeva dove si era diretto Challagher. Ci sarebbe voluto più tempo del previsto, ma li
avrebbe comunque trovati.
Poteva chiedere il
supporto di un elicottero… Poteva chiedere di sorvolare l’area, e bloccarla, in
modo da evitargli ogni fuga…
Si alzò, per
dirigersi da McDonall. In quell’istante, però, sentì
il suo cellulare squillare. Per un momento pensò di ignorarlo, visto che aveva
cose più importanti da fare, così si limitò a guardare chi fosse.
Sul display
illuminato, c’era un numero che non poteva non riconoscere… Un numero che aveva
cancellato dalla sua rubrica perché non serviva più, ma che conosceva a
memoria… Un numero che non doveva più esistere, perché il cellulare che lo
utilizzava era stato distrutto…
Il vecchio numero
di Irina.
Il vecchio numero
di Irina lo stava chiamando.
Ore 18.05 – XXX
William guardò
Irina come se la vedesse per la prima volta, come se non volesse perdere un
solo suo minimo dettaglio. Accarezzò con il pollice il profilo del suo mento,
l’espressione combattuta. La pistola era ormai appoggiata sulle sue gambe, per
il momento inoffensiva.
<< Non ti
voglio uccidere, Irina >> sussurrò, << Non lo voglio
fare… >>.
<< Lo hai
detto tu che devi… >> disse lei, confusa e
sempre più spaventata.
<< Devo farlo
perché sei pericolosa per me, bambolina >> disse William, il tono
amareggiato, << Non posso lasciarti vivere, se continui a essere il mio
punto debole, lo capisci questo? >>.
<< Allora uccidimi, cazzo! >> gridò Irina, con le lacrime agli
occhi, << Smettila di farmi aspettare così tanto!
>>.
Aveva paura, e
continuare a indugiare la terrorizzava ancora di più che la morte in sé. Voleva
finirla, oppure rischiava di impazzire…
Sentì le lacrime
scendere sulle guancie, la testa farsi pesante… William le prese il volto tra
le mani e lo portò vicino al suo.
<< Ascoltami
>> disse, e lo fece come se implorasse, << Ascoltami… Non voglio
ucciderti, Irina. Devi solo dirmi cosa vuoi che faccia… Dimmi
cosa vuoi che faccia affinché tu mi ami… Dimmelo e ti porto via con me…
>>.
Irina non riuscì a
combattere contro le lacrime che ormai le colavano dagli occhi, non riuscì
nemmeno a guardarlo in faccia. Ancora qualche minuto, e sarebbe sprofondata
nell’oscurità.
<< Avanti,
Irina, dimmi cosa vuoi… >> continuò William, << Posso darti
qualunque cosa… L’unica cosa che ti chiedo è di non
tradirmi… Dammi una scusa per non doverti uccidere… >>.
Irina sentì il
mondo crollarle addosso, la terra sbriciolarsi sotto i suoi piedi già tremanti.
Non poteva chiederle una cosa del genere… Le stava dando la possibilità di
salvarsi la vita, e il prezzo era fingere… Fingere di
amarlo, fingere di essere sua con la testa e con il corpo… Fingere di provare
qualcosa per lui…
Per quanto lo odiasse,
per quanto avesse detestato la sua voce, le sue mani, il suo modo di fare, non sarebbe stata in grado di infliggergli quella condanna…
Nemmeno lui meritava quell’illusione, anche se le aveva fatto del male… Non
sarebbe stata in grado di fingere su quello, anche se aveva sempre finto quando
si trattava della sua vita… Della sua, non di quella degli altri.
Scoppiò a piangere,
sentendo le mani calde di William sulle sue guance, i suoi occhi verdi puntati
nei suoi, più umano di quanto lo aveva mai ricordato…
<< Non posso!
>> gridò lei, disperata, << Non puoi
chiedermelo! Ci faremo del male tutti e due! >>.
<< Non mi interessa! >> ribatté William, << Non me ne
frega un cazzo, hai capito? Non voglio essere io a ucciderti! Non posso
lasciarti vivere e saperti con qualcun altro… Non posso lasciarti vivere se non
posso averti, lo capisci? Piuttosto continua a
odiarmi, ma rimani con me! Non mi tradire, e sarai libera… Ti lascerò fare
tutto quello che vuoi, ti darò qualsiasi cosa vorrai…
>>.
Nella sua testa,
Irina cercò una scusa qualsiasi che le rendesse aberrante quella proposta. Non
poteva accettare, se voleva vivere in pace con se stessa… Non poteva condannare
entrambi solo per salvare se stessa…
Ma forse, esisteva un
motivo per farlo… Forse qualcosa poteva spingerla a infliggersi quella pena,
qualcosa che non era per lei… Per qualcun altro…
<< Allora non
lo uccidere… >> sussurrò, << Non uccidereXander… >>.
Negli occhi di
William passò un lampo, e il suo volto si fece di pietra. Le iridi rimasero
inchiodate alle sue, folgorate… E Irina capì che quella era l’unica cosa che
non poteva chiedergli.
<< No
>> disse solo.
<< Allora
uccidimi >> ribatté Irina, sperando di aver chiuso finalmente quella
discussione.
Ore 18.15 - Los Angeles, Stazione di Polizia Federale
Xander afferrò il
cellulare e lo portò all’orecchio.
<< Pronto?! >>.
L’unica cosa che
sentì fu il più assoluto silenzio. Un silenzio carico di tensione, senza alcun
rumore a spezzarlo.
<< Pronto!
>> ripeté, sperando di sentire la voce di Irina dall’altra parte della
linea, ma continuò solo a sentire silenzio.
Guardò Jess, preoccupato. Qualsiasi cosa volesse dire quella
telefonata, non era di sicuro nulla di buono… Ma quel telefono non doveva più
esistere…
<< Scopri da
dove arriva la telefonata >> disse Xander, e Jess cominciò a digitare qualcosa sulla tastiera, le dita
che si muovevano quasi impazzite.
Non aveva senso…
Quel telefono non doveva esistere… Irina non poteva averlo… Chi lo stava
chiamando?
In un attimo, si
ritrovò a pensare una cosa, una cosa che non gli era
mai passata per la testa… E se… E se Michael avesse solo finto di tradirli? E
se fosse lui, in quel momento, ad averlo chiamato, per permettergli di trovarli prima che uccidessero Irina? Ma
perché non parlare… Perché non mandargli un messaggio…
<< Xander… >> lo chiamò Jess.
Il suo cuore si
fermò. Forse non riusciva a trovarli… Forse non poteva… Si voltò a guardarlo,
pronto alla cattiva notizia.
<< Sono a Barstow >> disse Jess,
<< A duecentocinquanta chilometri da qui… >>.
Xander lo fissò, e per un
attimo non capì cosa gli avesse detto. Poi sbatté le palpebre una volta.
<< Dammi le
coordinate precise. Vado a prenderli >>.
Ore 18.20 – Barstow
<< Non puoi
chiedermi questo >> disse William, il tono ora di ghiaccio, << Non
puoi chiedermi questo… >>.
Staccò le mani dal
viso di Irina e scattò in piedi, il respiro affannoso.
Puntò la pistola contro di lei, pronto a fare fuoco.
<< Se non posso
averti, non posso lasciarti libera… >> disse.
Irina guardò la
pistola, e una smorfia di amarezza le increspò le labbra. Alla fine, era sempre
lo stesso… Alla fine, era sempre lo Scorpione.
Puntò lo sguardo su
di lui, notando nei suoi occhi la scintilla della follia… Stavano impazzendo
entrambi, ed era una cosa che si stavano infliggendo da soli…
La porta venne spalancata improvvisamente, e William si girò di
scatto. Thile, sulla soglia, lo sguardo terrorizzato,
disse: << Ci hanno trovati! >>.
Spazio Autrice
Bene, ed eccoci
arrivati al 34° capitolo… Avete avuto modo di esplorare la mente dello
Scorpione, anche se immagino vi abbia detto poco. Forse è stato molto più significativo il tentato omicidio di Irina…
E’ chiaro che ormai
sia William, sia Xander, sia Irina siano
sull’orlo della pazzia, ma lo Scorpione è quello messo peggio di tutti. Sa che
deve uccidere Irina proprio perché rappresenta il suo punto debole, ma non ci
riesce. Semplicemente perché non vuole. Nonostante l’abbia messo in questa
situazione, nonostante lo abbia tradito, continua ad amarla veramente, ed è
disposto a qualsiasi cosa per poter essere ricambiato:
è persino disposto ad accettare di fingere, di fingere che Irina lo ami davvero
quando sa benissimo che non è così. Glielo ha chiesto, le ha quasi implorato di fare finta di provare qualcosa per lui, nella
speranza che quell’illusione si trasformasse in realtà… Ma lei non ha
accettato, perché ha ritenuto che quella fosse una punizione troppo estrema,
persino per la persona che odiava di più al mondo. Sa cosa significa essere
illusi, sa cosa si prova quando si è creduto in
qualcosa e sa quanto può fare male. E sa anche che continuando a stare vicini
non fanno altro che farsi male a vicenda: in fondo, si
sono amati per davvero entrambi, ma in momenti diversi. Irina all’inizio,
quando ancora non sapeva niente di lui, quando né era rimasta affascinata
perché ancora troppo ingenua per capire chi aveva
davanti. William, invece, ha capito di amarla solo quando ha capito
che gliela stavano portando via, nello stesso istante di quando aveva compreso
cosa voleva veramente da lei. E per questo che non riusciva a ucciderla.
La loro è una storia strana, dolorosa, fatta di molte ombre. Una
storia che li ha fatti crescere entrambi, che ha fatto
capire loro come va il mondo… Forse in modo totalmente diverso, ma ha
contribuito a renderli ciò che sono.
E questo ha
dimostrato che anche William, lo Scorpione, è umano. Ha sempre cercato di non
esserlo, di far vedere quanto fosse perfetto, nato e cresciuto fra ricchezza e
potere. Ha vissuto seguendo solo le sue regole, convinto di poter ottenere
tutto, in un modo o nell’altro. E alla fine ha capito che ci sono cose che non può comprare: il cuore delle persone. E il resto, si è
visto.
Mi chiedo ora cosa
pensiate di lui. Personalmente l’ho sempre pensato come un personaggio ricco di
fascino, anche se, per così dire, rappresentava il “cattivo”. E non credo che
in fondo lo sia davvero così tanto: qual cosina di
buono c’è anche in lui, e lo ha dimostrato facendosi vedere così umano da
Irina. Non ha accettato la sua richiesta di lasciare stare Xander,
ma le aveva comunque offerto qualcosa. E alla fine credo che sia meglio di
niente.
Dopo questo lungo discorsone, penso che vi siate fatti un’idea
ben precisa di William, e se me la volete esporre sono contenta di leggerla.
Altrimenti, continuate ad apprezzare in silenzio! ^.^
Kicici: ciao! Si, forse potresti aver
ragione: tutto il discorso di William potrebbe essere scontato, ma credo che
non lo sia. In fondo, è difficile entrare nella sua testa, e non penso sia
proprio immediato pensare che la ami davvero. Visto da
fuori ritengo sia più propenso pensare che la sua sia
solo possessione. E su quello che mi hai suggerito, come vedi
ci avevo già pensato: William ha totalmente ceduto e ha detto tutto a Irina, in
un modo tutto suo. E non l’ha ancora uccisa, come speravi. Vedrai come si
evolverà la situazione, e stai pur certa che il lieto fine
ci sarà. Sono cattiva, ma non fino a questo punto! Un bacio e grazie per la
recensione!
CriCri88: forse non sei l’unica sostenitrice di
William, lo sai? Sembra che il tenebroso cattivone
abbia un certo fascino, perché ci sono altre lettrici che lo adorano ( e in fondo nemmeno io lo disprezzo poi tanto! ). Per il resto, sì, è interessante entrare nella sua testa:
poveraccio, è davvero innamorato di Irina, ma ha sbagliato davvero tutto con
lei. Talmente tanto da non riuscire a ucciderla e a domandarle una scusa per
non farlo… Immagino ormai che tu lo abbia preso a cuore per davvero, dopo
questo capitolo. Si è dimostrato più umano di quanto abbia mai dimostrato. E
nei prossimi cap dovrò tormentarlo ancora un po’, ma
dopo è tutto tuo! Un bacio grande e grazie per le recensioni!
Marty_odg: ti ringrazio. In effetti, non volevo rendere William
il solito personaggio cattivo e “piatto”: l’ho studiato bene prima di dargli un
volto, perché doveva essere in qualche modo affascinante, attraente nella sua
“cattiveria”. E ti capisco quando mi dici che preferisci Xander:
lui è tutta un’altra cosa, e io lo adoro! Anche Jess mi è simpatico, anche se ha un ruolo non molto
centrale. Ti ringrazio ancora! Un bacio!
Baby_birba: e sì, questa volta l’ho “pretesa”! Ti ringrazio per
aver raccolto il mio invito minaccioso! Non ti preoccupare, non sei l’unica fan
di William: ci sono un sacco di lettrici che
stravedono per lui! E’ un gran bastardo, ma davvero un fascino magnetico (ed
era mia intenzione che venisse così). Come vedi, ti ho accontentata:
anche qui c’è il suo Pov, e alla fine credo sia meglio
del primo! Fammi sapere, eh! Un bacio e grazie ancora!
EmilyDoyle: uhm, decisamente sei una che
non ha subito il fascino dello Scorpione. Dai, in fondo è solo un po’…
antipatico. Lo so, non è proprio in grado di capire, quando ci si mette, ma
quando ti dico che ama Irina, lo dico per davvero. E’
proprio cotto, ma non è abituato a sentirsi dire no, e la cosa lo rende poco
simpatico. In ogni caso, continua a seguirmi! Un bacio!
William fissò Thile senza battere ciglio, gli occhi spalancati. Rimase
paralizzato dov’era, la pistola ancora puntata su Irina, il dito sul grilletto.
<< Come è possibile? >> disse solo.
<< C’è un
telefono vicino a noi che sta chiamando… >> rispose Thile,
<< Me ne sono accorto perché c’era un’interferenza… Qualcuno… Qualcuno ci
ha traditi >>.
<< Spiegati
>> ringhiò lo Scorpione.
<< Credo che
qualcuno abbia utilizzato un cellulare per chiamare Went
e abbia lasciato la telefonata aperta per consentirgli di trovarci >>
disse velocemente Thile, << L’interferenza
proviene da questa casa, quindi è stato uno di noi… >>.
William passò in
rassegna tutti, l’espressione furiosa. Digrignò i denti, quasi aspettandosi che
il colpevole si palesasse. Irina spalancò gli occhi, stupita, e guardò i
presenti per capire chi potesse essere stato. Un altro tradimento era
inconcepibile, per William.
Lo Scorpione
abbassò la pistola e si avvicinò al tavolino. Trasse un paio di respiri come a
volersi calmare, poi disse, a bassa voce: << Sono stufo di questa storia…
Se doveva andare così, allora deciderò io come dovrà finire… >>.
Alzò lo sguardo su
Irina, e ghignò malignamente. Poi si rivolse a Dimitri: << Went starà venendo qui, ora che sa
dove ci troviamo… Lo sfido. Lo sfido e lo ammazzo. Gli vado incontro e lo
faccio fuori. Nel frattempo preparatevi a scappare… Finché non torno, sei tu
che dai gli ordini, chiaro? >>.
Il russo annuì in
silenzio, poi gettò un’occhiata a Irina. William si abbassò di nuovo su di lei,
ma questa volta non c’era dispiacere nei suoi occhi. Solo odio profondo.
<< Ti avevo
offerto un’ultima possibilità, bambolina >> disse, e si rialzò. <<
Ho un piano ben preciso, ma se non dovessi tornare entro quattro ore,
uccidetela >> aggiunse, rivolto a Dimitri.
<< William,
ti prego, non lo fare! >> gridò Irina, <<
Lascialo stare! Uccidi me, piuttosto. E’ per colpa mia che è andata così…
>>.
Lo schiaffo dello
Scorpione la zittì subito, lasciandola stordita. Era troppo per il suo corpo
ormai esausto e per la sua anima lacerata.
<<
Preoccupati per te stessa, puttana! >> le sibilò addosso, << Hai le
ore contate come lui… Prega che non faccia male >>.
Irina lo guardò, le
lacrime che le rigavano le guance ormai rosse. Sentì la disperazione
sopraffarla all’idea che Xander stesse venendo a
cercarli. Era l’unica cosa che gli aveva chiesto, l’unica speranza che aveva
conservato: almeno lui doveva sopravvivere. Non importava che lei ci andasse di
mezzo, visto che aveva sempre saputo che le cose
sarebbero andate a finire in quel modo.
Xander non doveva morire,
perché altrimenti lei sarebbe morta due volte.
Ore 18.30 – Los Angeles
Xander uscì dal garage,
tirando le marce della Ferrari fino a sentire il motore ruggire al massimo.
Imboccò la strada a tutta velocità, superando l’incrocio con il semaforo rosso,
ignorando persino i suoni dei clacson.
<< Sto
andando là >> disse, al telefono, << Voglio quell’elicottero il prima possibile sulla zona. Non possono scapparci di nuovo, perché non avremo altre possibilità… >>.
<< Vedrò cosa
posso fare >> disse McDonall, << Sto
richiamando le unità disponibili per farle convergere verso Barstow…
>>.
<< D’accordo,
ma fate il prima possibile >>.
<< Agente, ha
idea di chi possa aver tradito Challagher? >>
chiese McDonall.
<< No
>> rispose Xander, << Ma potrebbe essere
stato Fowler… Forse il suo tradimento era solo una
copertura per arrivare davvero vicino a Challagher…
Avrebbe senso, immagino. In ogni caso, lo scoprirò quando sarò lì >>.
Salutò il
Vicepresidente e lanciò il telefono sul cruscotto, seguendo le indicazioni del
navigatore, che segnava duecentocinquantadue chilometri alla meta. Imboccò
l’autostrada e sentì il cellulare squillare di nuovo.
Questa volta era Challagher.
<< Ok, Went >> disse lo Scorpione, << Sei stato molto
fortunato… Adesso, se non vuoi che succeda niente alla tua bambolina, ci
troviamo al casello di Victorville, ok? Facciamo
quella gara che avremmo dovuto fare mesi fa >>.
Al suono della sua voce,
Xander sentì la rabbia montare. << D’accordo, Challagher. Sto arrivando >> disse solo.
Era così che doveva
andare: solo loro due a regolare quella storia che era iniziata per una cosa e
che finiva per una persona. La stessa che li aveva fatti incontrare, e la
stessa che li aveva messi l’uno contro l’altro. Se battere Challagher
sul suo stesso terreno era l’unico modo per riportare
Irina a casa, avrebbe fatto anche quello.
Ore 19.00 – Barstow
Irina singhiozzò
un’ultima volta, appoggiando la testa alla parete. Ogni volta che respirava aveva male al petto, oltre che al cuore. William
l’aveva lasciata lì per terra, in mezzo al soggiorno, sotto lo sguardo dei suoi
amici in modo che la controllassero a vista, le mani legate come se avesse qualche
possibilità di scappare.
<< Finiscila
di piangere, porca puttana… >> ringhiò Hanck,
infastidito dalle sue lacrime. Sbuffò e poggiò i piedi sul tavolino, guardando Josh in cagnesco. Da quando William se n’era andato, tra
loro era regnata un’atmosfera piuttosto tesa: chi fosse il traditore era destinato a fare una brutta fine, appena lo Scorpione avesse
scoperto chi fosse.
Irina non gli diede
retta, e continuò a singhiozzare, sempre più disperata. Ogni secondo che
passava, William si avvicinava sempre di più a Xander…
Qualche minuto dopo, sprofondò nell’apatia, esausta e senza più nessuna
forza. Smise si piangere e si lasciò andare su quel muro freddo e duro,
sperando che saltasse tutto, che Xander in realtà
stesse bluffando…
Dimitri rientrò nella
stanza, lo sguardo gelido che percorse i presenti con singolare rabbia, per poi
soffermarsi su di lei. Indugiò sul suo volto, tanto da spaventarla. Poi si
voltò di scatto e guardò tutti gli altri.
<< Tenetevi
pronti a partire in qualsiasi momento >> disse, distaccato, << Non dobbiamo lasciare nessuna traccia di noi, in questa casa,
chiaro? >>.
Si sedette sul
divano, mentre Hanck e Josh
si guardarono tra di loro, a disagio.
<< Chi è che
ci ha traditi? >> chiese Hanck.
Tutti gli sguardi
si puntarono in automatico su Michael, seduto sulla sedia che fino a poco prima
era stata occupata da Irina. Lui li guardò male.
<< Che cazzo
volete da me? >> ringhiò, << Non sono mica
così coglione… >>.
Irina abbassò il
capo, disinteressata alla conversazione. Non le importava
chi di loro avesse contribuito a dare una mano a Xander,
perché voleva solo sparire e dimenticarsi di tutto. Non li ascoltò parlare tra
di loro su un eventuale doppiogiochista, di come potevano fare per dirigersi il
più velocemente all’aeroporto e scappare senza troppi problemi. Aveva un solo
chiodo fisso che le impediva persino di perdere i sensi: Xander.
E se fosse morto? Cosa avrebbe fatto lei? Sarebbe impazzita di dolore, per poi
fare la sua stessa fine… Oppure per dispetto William l’avrebbe lasciata in
vita, prolungando a tempo indeterminato la sua agonia?
“Ti prego, Xander, vattene,
scappa il più lontano possibile… Non voglio che tu muoia per colpa mia…”.
William salì sulla
Pagani Zonda nera, il sedile avvolgente che lo accolse
alla perfezione. Infilò le chiavi nel nottolino con violenza, e premette la
frizione.
Con un vero e
proprio grido, il motore da seicento cavalli della Zonda
si accese, inondando il garage con un rumore assordante. Solo a quel punto lo
Scorpione riguadagnò un po’ di calma.
Sorrise
sentendo la pelle liscia del volante sotto le mani, le spie colorate accese sul
cruscotto in carbonio. Amava quell’auto, la amava alla
follia: era spropositata, cattiva, unica e spaventosa, esattamente come
lui. Forse per quel motivo Irina l’aveva sempre odiata e ne aveva paura,
proprio come chiunque se l’era ritrovata contro.
Accese i fari a led
e fece retromarcia, il motore che sibilava al minimo della sua potenza. Uscì
lentamente dal garage e si diresse verso l’autostrada, l’abitacolo invaso dal
silenzio. In quell’auto fatta per correre non c’era nemmeno la radio.
Aveva desiderato
decine di volte di usare la Zonda per far vedere a Went di che pasta era fatto. Nemmeno una Ferrari poteva
fargli paura, nemmeno se si trattava della 458 Italia potenziata dello sbirro dell’F.B.I..
Gettò uno sguardo
alle due pistole cariche e pronte a sparare che giacevano sull’altro sedile
vuoto. Una era quella che aveva sottratto a Irina, la stessa che voleva
utilizzare per ucciderla…
Strinse il volante
rendendosi conto che non era riuscito ad ammazzarla. Come uno stupido era
caduto di nuovo, aveva pregato di riuscire a trovare una scusa per non
eliminarla… Era caduto così in basso da chiederle di amarlo anche per finta,
piuttosto di saperla con lui…
Fece una smorfia.
No, Irina doveva morire. Insieme a Went.
E se lui non era in
grado di ucciderla, lo avrebbe fatto qualcun altro al posto suo.
Il russo, l’unica
persona di cui si fidava veramente.
Ore 21.00 – Autostrada, Casello di Victorville
Xander fermò la Ferrari
al casello deserto. L’unica persona che c’era era il
casellante, che gli rivolse una occhiata incuriosita quando lo vide accostarsi
poco prima dell’uscita, a lato della carreggiata. In effetti, in una cittadina
così piccola come Victorville, non doveva vedersi
molto spesso una Ferrari come la sua.
Controllò la spia
del carburante per accertarsi di avere benzina a sufficienza, poi scese
dall’auto e si guardò intorno. L’unico segno di vita erano i due lampioni
accesi che illuminavano l’ingresso dell’autostrada. Un paio di anonime
utilitarie scure entrarono e uscirono, rallentando
solo per gettare una fugace occhiata alla macchina.
Challagher aveva intenzione
di farlo aspettare, evidentemente. Le coordinate che erano segnate sul
navigatore dicevano infatti che mancavano circa
cinquanta chilometri alla meta, e sicuramente lo Scorpione non poteva metterci
così tanto. Farlo attendere faceva parte della sua
strategia, ma a Xander non faceva alcuna impressione.
Aveva la tentazione
di andarsene e raggiungere direttamente Barstow,
lasciando Challagher ad aspettarlo lì, ma sapeva che
lo Scorpione aveva sicuramente studiato il suo piano, ed era meglio non
rischiare. Doveva stare al gioco ancora un po’, nella speranza di capire cosa
avesse in testa. C’era la vita di Irina in mezzo, e le precauzioni non erano
mai troppe.
Finalmente,
mezz’ora dopo, iniziò a sentire il grido lacerante di un motore, e la Zonda spuntò all’ingresso dell’autostrada, i fari accesi
nella notte. Bassa, nera e assolutamente estrema, Xander
vide per la prima volta l’auto che aveva reso famoso lo Scorpione per la sua
spietatezza. La sbarra del casello si alzò per farla passare, con l’addetto che
sembrava avere gli occhi fuori dalle orbite. Quatta come un felino, la Zonda si fermò di fianco alla Ferrari.
Alla vista di Challagher, l’istinto di Xander
gli gridò di prenderlo per il collo e sparargli, senza
pensare alle conseguenze. Era intollerabile averlo davanti sapendo quello che
era successo a Irina, vedere la sua espressione di trionfo e di derisione.
<< Buonasera Went >> disse serafico lo Scorpione, scendendo
dall’auto con una pistola in mano.
Non aveva perso la
sua solita baldanza, e Xander avrebbe tanto voluto
riempirlo di botte. “Sta calmo” pensò,
“Sta calmo…
Niente colpi di testa, o finisce tutto a puttane…”.
<< Hai
finalmente avuto il coraggio di far vedere la tua faccia… >> ringhiò,
estraendo anche lui la pistola. Non era stato così stupido da venire disarmato.
William ridacchiò.
<< E tu la tua, agente Went >> disse,
<< Sei pronto? Sfida secca: chi arriva prima al casello vince tutto
>>.
Xander gli rivolse
un’occhiata. << Le condizioni? >> disse, << Perché immagino
che ci siano… >>.
William sorrise.
<< Infatti. I miei hanno l’ordine di uccidere Irina
se non mi vedranno tornare entro le prossime due ore, e lo stesso vale se si
vedranno arrivare gli sbirri a casa. Quindi, non
provare ad arrestarmi o a fregarmi in qualunque modo, perché c’è in gioco la
vita della tua cara Irina. Il minimo sgarro e non ti
rimarrà che trovarle una tomba >>.
“Maledetto” pensò Xander.
Aveva escogitato davvero un bel piano. Che lui avesse vinto o perso non
cambiava: lo Scorpione aveva sempre la situazione in mano.
<< Di ai tuoi di non farsi vedere >> disse William,
<< Digli che non devono nemmeno avvicinarsi a quella casa, altrimenti la
ragazza muore… Sono armati quanto voi, e decisamente più spietati >>.
Xander lo guardò: si
stava divertendo come un matto a farli impazzire, e a far
soffrire lui. Ma non aveva idea di quello che lui era
in grado di fare quando perdeva la pazienza…
Prese il cellulare
e chiamò Jess.
<< Jess >> disse, << Ascolta. Fai fermare tutte le
unità. Finché non ricevete la mia chiamata, non fate assolutamente nulla. Dillo
a McDonald: niente movimenti finché non vi do io il via libera >>.
<< Perché?
>> fu la sola domanda di Jess.
<< Chiudo la
partita >> rispose Xander, << E chi vince
prende tutto>>.
Jess tacque un momento,
poi disse: << Non fare cazzate, Xander. Non è
facendoti ammazzare che la aiuterai… Cerca di essere prudente, ok? >>.
<< Certo
>>.
Chiuse la
telefonata e guardò Challagher, in piedi a pochi
metri da lui, l’espressione divertita.
Era stato estremamente furbo. La gara gli serviva per impedirgli di
arrivare a Irina, e lo costringeva a vedersela prima con lui. Era sicuro che la
sua intenzione era quella di ammazzarlo alla prima
occasione, e gli impediva di fare sul serio con la minaccia di uccidere Irina.
A quel punto, vincere o perdere non aveva alcuna
differenza: la situazione rimaneva sempre in mano allo Scorpione.
Risalì in macchina
e lui e lo Scorpione si posizionarono davanti al
casello, fianco a fianco. Dallo specchietto vide il casellante guardarli con
aria preoccupata: doveva aver capito a cosa si trovava davanti, ma anche se
chiamava la polizia nessuno sarebbe intervenuto.
L’ordine di attendere lo aveva dato proprio lui.
Vide Challagher abbassare il finestrino, il cellulare in mano.
Lo portò all’orecchio e disse: << Dimitri, se non mi vedi tornare entro
un’ora e mezza, uccidi Irina, chiaro? Uccidila e digli
che Went la raggiungerà il più presto possibile
>>.
Xander strinse il
volante, e attese che lui posasse il telefono sul sedile dell’auto.
<< Pronto,
agente Went? >> chiese, sardonico.
Ore 21.40 – Barstow
Irina vide Dimitri
chiudere il telefono cellulare, e poi lo gettò sul divano. Nessuno osò dire
niente, perché tutti sapevano cosa stava per fare William.
Michael gettò un
rapido sguardo al russo, poi tornò a fissare lei, come aveva fatto nella mezz’ora
precedente. Irina lo aveva ignorato, troppo presa da se stessa per cogliere le
sue occhiate languide.
<< Smettila
di guardarla >> ordinò Dimitri all’improvviso, attirando l’attenzione di
tutti.
Michael si voltò
verso di lui. << Non accetto ordini da te, russo >> ribatté,
scontroso, << Faccio quello che mi pare >>.
Dimitri sembrò
arrabbiarsi, ma rimase gelido come sempre. << Continua a guardarla e ti
pianto una pallottola in testa, chiaro? >> disse.
Michael si alzò di
scatto. << Minaccia qualcun altro, russo… Immagino abbiate giocato un po’
tutti con lei no? Tanto la dobbiamo ammazzare, posso anche approfittarne anche io, mi pare >>.
Negli occhi grigi
di Dimitri passò una scintilla. Afferrò la pistola che teneva in tasca e si
diresse verso Irina, sempre seduta per terra in un angolo del soggiorno.
<< Alzati
>> disse.
Irina non si mosse,
perché non né aveva l’intenzione né la forza. Lo guardò spaventata,
accorgendosi che Dimitri era più turbato del solito. Il russo gettò un’occhiata
a Michael, poi si abbassò e la tirò su di peso, trattenendola quando le gambe
le cedettero. La prese rudemente in braccio e la portò verso la cucina.
<< Ehi, che
stai facendo? >> chiese Hanck.
<< Sta zitto
e fatti i cazzi tuoi >> ribatté Dimitri,
chiudendosi la porta della cucina alle spalle.
Lasciò Irina sulla
sedia, in preda al panico. Forse voleva ucciderla sul serio, questa volta.
Forse voleva prendersi qualche rivincita su di lei…
Il russo le rivolse
un’ultima occhiata, poi tirò fuori da un cassetto un paio di forbici. Si avvicinò, gli occhi di ghiaccio, e la aggirò con una strana
espressione sul viso.
Un attimo dopo,
Irina sentì i polsi più liberi, e si chiese se per caso stesse sognando. Il
russo gettò a terra il nastro adesivo nero che William aveva usato per legarle
le mani, poi la aggirò di nuovo e aprì il congelatore. Ne tirò fuori del
ghiaccio che mise rapidamente in un sacchetto e che le porse.
Irina rimase a
guardarlo senza capire, certa di aver perso qualcosa. Dimitri la fissò senza
dire una parola, gli occhi grigi inespressivi.
<< Mettiteli
sui polsi >> disse alla fine, quasi la considerasse un’idiota.
Irina prese il
ghiaccio, titubante, aspettandosi una reazione violenta da un momento
all’altro. Il russo si voltò di scatto, proprio mentre qualcuno entrava nella
stanza.
<< Ehi! Che
ti passa per la testa? >> chiese Michael, lo sguardo su Irina. Quando si
accorse che aveva le mani slegate disse: << Perché l’hai liberata?
>> domandò.
Dimitri tirò fuori
un bicchiere, e mescolò qualcosa dentro, poi guardò Michael. << E’ solo
una ragazza…Hai
paura che ti aggredisca? >>. Lo disse con un tono piuttosto sprezzante,
come se volesse far capire a entrambi che valevano meno di zero, come aveva
sempre pensato.
Irina appoggiò
delicatamente il ghiaccio sui polsi ormai sanguinanti, senza capire cosa stesse
succedendo. Michael continuava a guardarla con insistenza, gli occhi piantati
su di lei.
<< Bevi
questo >> disse Dimitri, secco, avvicinandole il bicchiere.
Irina lo guardò
interrogativa e spaventata: non capiva cosa avesse in testa, ed era uno che le
aveva sempre messo un po’ di soggezione. William non l’aveva mai uccisa perché
aveva un debole per lei, ma Dimitri l’aveva sempre detestata, e non si sarebbe
fatto problemi a farle del male.
<< E’ acqua e
zucchero >> spiegò il russo, innervosito, << Bevi, prima di svenire
completamente >>.
Irina prese il
bicchiere, incerta. Dimitri aveva qualcosa che non
andava, non era difficile capirlo. Annusò il contenuto e bevve un piccolo solo,
sentendo il sapore dolce sulla lingua. Si accorse che il russo la stava
fissando, lo sguardo che indugiava sul suo collo, il livido bluastro che
pulsava dolorosamente.
Con un gesto secco
girò il capo verso Michael, anche lui gli occhi puntati su di lei. I due si
guardarono un’istante in
completo silenzio, le espressioni minacciose. All’improvviso Dimitri afferrò la
pistola e si avviò verso il soggiorno, continuando a fissare Michael.
<< Non la
toccare, chiaro? >> lo minacciò, la voce bassa e
roca, << Se ti avvicini ti ammazzo, ci siamo
capiti? >>.
Irina posò il
bicchiere ora vuoto e guardò il russo con tanto d’occhi. Era impazzito? Da
quando gli interessava la sua incolumità? Anche Michael sembrava pensare la
stessa cosa, perché spalancò gli occhi, ma non aggiunse nulla.
Dimitri ritornò un
paio di minuti dopo, lo sguardo di ghiaccio e una maglia scura in mano. La
porse a Irina e disse: << Mettitela >>.
La ragazza rimase
di sasso. C’era qualcosa che davvero non quadrava… Prese
titubante la maglia e continuò a guardare il russo, ma notò che i suoi
occhi grigi evitarono i suoi. Le fece cenno di infilarsela, e si voltò verso la
vetrata.
Irina lasciò che il
maglione le ricadesse sulle spalle scoperte, troppo grande per lei e con
inconfondibile profumo maschile addosso. Non capì il gesto di Dimitri, ne perché si stesse comportando in quello strano modo. Si
rese solo conto che rappresentava un aiuto, in quella situazione.
<< Cosa significa? >> domandò all’improvviso Michael,
facendo un cenno verso di lei, << Perché lo hai fatto? >>.
Dimitri si voltò
verso di lui, lo sguardo truce. << William la vuole morta, ma non adesso
>> rispose, << Vuole che la uccidiamo, ma non prima del tempo. E se
lui torna qui e la trova morta quando non ci ha ancora chiesto di eliminarla, siamo
noi ad essere finiti. Ti è chiaro, il discorso?
>>.
Michael lo guardò,
perplesso. E anche Irina, aiutata dallo zucchero, capì che il discorso del
russo non era proprio corretto… Cosa significava tutto
quello? Tanto la dovevano ammazzare, cosa serviva che rimasse viva ancora per
un po’?! Le parole dello Scorpione erano state chiare:
prima o poi l’avrebbero uccisa, cosa cambiava se prima
o dopo?
<< Vattene di
là con gli altri >> disse Dimitri, rivolto a Michael, << E non
rientrare in questa stanza per nessun motivo. Tenetevi pronti a scappare, se è
necessario >>.
Michael gli rivolse
un’occhiataccia, ma obbedì e uscì. Irina rimase in silenzio, senza sapere bene
cosa comportarsi. Si sentiva un po’ meglio, ma aveva comunque paura.
<< Dimitri…
>>.
Il russo le fece
cenno di tacere, e si accese una sigaretta. Aspirò un paio di boccate e poi la
guardò, in piedi, gli occhi grigi che continuavano a rimanere imperscrutabili.
La squadrò come per valutare le sue condizioni, poi si appoggiò contro la
parete.
<< Hai fame?
>> chiese, la voce roca.
Irina rimase
interdetta. << No… >> rispose solo, perché al momento la fame era
l’unica cosa che non sentiva, anche se erano giorni che non mangiava un pasto
come si deve.
Guardò di sottecchi
il russo, pronta a una sua qualsiasi reazione. Doveva
avere in mente qualche strano piano.
<< Perché…
Perché mi hai slegato? >> chiese, la voce flebile.
<< Se
preferisci che ti lego di nuovo, ti accontento >> ribatté Dimitri.
Irina tacque. Si guardò i polsi lacerati e sanguinanti, e poi gli gettò
un’altra occhiata. Sembrava tranquillo. Voleva fargli qualche altra domanda, ma
sapeva che il russo non era conosciuto per la pazienza. Oltretutto, stava
ancora pensando che Xanderstava
rischiando la vita…
<< Hai
fegato, Irina >> disse all’improvviso Dimitri.
Lei lo guardò.
<< Quanto tempo aspetterete prima di ammazzarmi? >> ringhiò.
Dimitri fece una
smorfia. << Abbastanza da essere sicuro di doverti uccidere >>
rispose.
Ore 21.45 – Autostrada, Casello di Victorville
L’autostrada per
fortuna era deserta, ma con il buio la visibilità era scarsa. Xander guardò William dall’altra parte, il finestrino
ancora abbassato, il sorriso sardonico che non aveva abbandonato il suo volto.
<< Dimmi Went >> disse, divertito, <<
Per cosa stai gareggiando? Per arrestare me, oppure per lei? Sono curioso…
Glielo dirò, prima di ucciderla… Così saprà quanto è
stata stupida a fidarsi di te, e a pensare che potessi fermarmi >>.
Xander sorrise,
nascondendo tutta la rabbia che aveva in corpo. << E tu per cosa gareggi?
>> ribatté, << Perché sei terrorizzato dall’idea che ti possa
seguire per il resto dei tuoi giorni per farti patire le pene dell’inferno, o
perché ti rode che per te Irina non abbia mai provato altro che disprezzo? >>.
Il sorriso sparì
dal volto di Challagher. << FottitiWent >> sibilò, << Non ho paura di te >>.
Xander gli rivolse
un’occhiata di fuoco. << Allora non mi conosci abbastanza >> disse.
Con uno scatto
bruciante, William partì senza attendere il via e prendendolo in contropiede.
Lui lo seguì a ruota, premendo a fondo l’acceleratore e facendo schizzare
avanti la Ferrari, il rombo del motore che invadeva l’abitacolo e gli
pneumatici che fischiavano sull’asfalto.
In un attimo, si
rese conto di quanto la Zonda fosse potente, e di
quanto era stato bravo il meccanico che aveva modificato la Ferrari. Le due
auto raggiunsero in una manciata di secondi una
velocità incredibile, i motori che gridavano tutta la potenza dei loro cavalli.
Erano nate per correre e lo sapevano dimostrare.
La Zonda superò a destra un’utilitaria grigia, e la Ferrari
fece altrettanto a sinistra, evitando per un soffio la fiancata dell’auto. Si ritrovarono uno dietro l’altro, incolonnati per evitare una
serie di grossi tir, illuminati a giorno dalle luci bianche e rosse ai lati.
Superata la
colonna, Xander si affiancò allo Scorpione,
accelerando e tentando il sorpasso. La Zonda però fece
altrettanto, il muso nero che rimaneva a filo del suo, i fari che illuminavano
la strada davani a loro.
Poi, senza
preavviso, Challagher lo speronò tentando di mandarlo
fuori strada. Si spostò appena in tempo per evitarlo e accelerò, sentendo la
rabbia che montava. Era il segnale che aspettava per iniziare davvero a fare
sul serio, per mostrare allo Scorpione che quando si incazzava
era pericoloso quanto lui.
Sterzò e le
fiancate delle auto strisciarono l’una contro l’altra mandando scintille. Si
staccarono solo per evitare un’auto davanti a loro, poi tornarono a correre a
velocità folle. La Ferrari toccò il posteriore della Zonda,
cercando di mandarla in testa coda, maChallagher riuscì a evitarlo e inchiodò, costringendolo a
una manovra diversiva. Fianco a fianco, si lanciarono
un’occhiata carica d’odio, poi fu Xander ad andargli
addosso con tutta la violenza di cui era capace. Lo specchietto della Ferrari
volò via in una nuvola di scintille.
Il piano dello
Scorpione gli impediva qualsiasi mossa avventata, ma non per questo lui era
disposto a lasciarlo vincere. Se voleva riportare a casa Irina, c’era una sola
cosa che poteva e voleva fare: ucciderlo. Doveva portare a termine la gara
prima del previsto, rendere Challagher inoffensivo e
raggiungere Barstow in meno tempo possibile,
altrimenti rischiava di non avere più possibilità di
salvare Irina.
Era un piano
avventato, ma era l’unica alternativa che aveva.
Mettere a rischio la propria vita non era un problema, quando Irina lo aveva fatto diverse volte per lui. Era sempre stata più
preoccupata per lui che per se stessa, e fare altrettanto era il minimo. E poi,
aveva un motivo in più per voler rischiare così tanto:
l’idea di non rivederla più era intollerabile, soprattutto quando era stato
così stupido da metterla in quella situazione.
La Zonda si spostò a sinistra, stringendolo verso lo spartitraffico
e sperando di farlo schiantare contro i piloni di cemento. Un paio di auto si spostarono rapidamente di lato, spaventante dallo loro
velocità e aggressività.
Xander inchiodò, passò
dietro alla Zonda e la superò a destra, tentando la
stessa mossa. Ma dovette rinunciare, perché fu costretto a un repentino cambio
di direzione dovuto a un furgone che viaggiava decisamente
più lento di loro.
L’autostrada era
discretamente trafficata, ma i pochi civili che viaggiavano rappresentavano un
pericolo per entrambi, oltre che per se stessi. Xander
avrebbe cercato di evitare incidenti, ma non poteva dirsi lo stesso per lo
Scorpione. Challagher aveva intenzione di ucciderlo,
e per farlo non si sarebbe fatto alcuno scrupolo.
Forse poteva provare a chiamare McDonall e chiedergli
di far chiudere l’autostrada…
In quell’attimo di
distrazione, Challagher ne approfittò per provare a
spingerlo lungo la corsia di emergenza, senza riuscirci. Rapidissimo, sgusciò
tra un paio di utilitarie e accelerò sperando di staccarlo, o forse con un
piano ben congegnato in mente.
Xander gli rimase
attaccato, continuando a vedere davanti a sé i fari rotondi della Zonda. Per quanto la Pagani andasse forte, la Ferrari non
era da meno, e lui non aveva alcuna intenzione di rallentare. Se credeva di
spaventarlo costringendolo a correre a quelle velocità, lo Scorpione si
sbagliava di grosso. Se c’era una cosa di cui non aveva paura, era proprio quella di rischiare.
240, 260, 280, 300
km/h… In pochi attimi, le barriere laterali dell’autostrada si trasformarono in
un’unica linea argentata, le luci delle altre auto nebulose e sfocate.
Era da folli
correre a quella velocità in mezzo ai civili, ma entrambi avevano abbastanza
esperienza da riuscire a evitare le altre auto, ed erano abbastanza fuori di testa per non rendersi conto del pericolo che
stavano correndo.
Si affiancarono l’uno all’altro, approfittando del fatto che
l’autostrada andava svuotandosi. Xander riuscì a
vedere lo sguardo divertito dello Scorpione, le mani strette sul volante, un
lieve ghigno sul volto. Lo stava incitando a continuare.
Xander premette ancora di
più l’acceleratore, la lancetta del contagirini che
si avvicinava inesorabilmente alla zona rossa, quella del tachimetro che
superava i 300. Stava raggiungendo il limite, ma la Zonda
sembrava averne più della Ferrari.
Un attimo dopo, Xander capì il piano dello Scorpione: portarlo ad una velocità estrema, per poi farlo sbandare e
coinvolgerlo in un incidente che sarebbe risultato sicuramente mortale.
Digrignò i denti e si spostò leggermente a destra, abbastanza distante da poter
evitare una mossa repentina di Challagher.
Lo Scorpione capì
che aveva intuito la sua idea, così rallentò leggermente e si avvicinò, quasi
non volesse farsi vedere. Xander strinse il volante e
lo superò con uno scatto repentino, portandosi a sinistra.
Qualcosa di nero
gli sfrecciò di fianco, poi un piccolo furgoncino bianco sbandò di lato e perse
il controllo. In un attimo, si ribaltò su se stesso proprio davanti alla
Ferrari, mentre la Zonda si dileguava di lato.
Con una sterzata brusca,
Xander riuscì a evitare il furgone, e guardò nello
specchietto altre due auto inchiodare di colpo, dando il via a una serie di
tamponamenti a catena. Riuscì appena a sentire i colpi di clacson, coperti dal
motore della Ferrari.
Accelerò e raggiunse
la Zonda. Un cartello giallo che dava indicazioni
cadde a terra per lo spostamento d’aria, quando gli passarono di fianco a
velocità assurda.
Challagher approfittò dello
stupore di Xander per l’incidente, e lo strinse di
lato, toccandogli la fiancata. Lo specchietto esterno si agganciò a ciò che
rimaneva di quello della Ferrari, le scintille che volavano per terra dietro di
loro.
Xander cercò di
spostarsi, ma si ritrovò chiuso tra la Zonda e lo
spartitraffico centrale dell’autostrada. Gettò un’occhiata a Challagher, divertito per il suo giochetto, e guardò
avanti.
Lo specchietto
sinistro cozzò contro lo spartitraffico, la fiancata che strisciava contro il
cemento. Un istante dopo, Xander si accorse che
proprio davanti a lui, a circa cinquecentro metri,
segnalato da un grosso cartello giallo, c’era un restringimento della
carreggiata… E lui ci stava andando proprio addosso.
Riuscì a cogliere
il ghigno perverso che si dipinse sul volto di Challagher,
quando si rese conto che aveva capito. Lo aveva imprigionato in quel modo per
evitargli ogni via di fuga e farlo schiantare contro il pilone di cemento.
C’era solo un modo
per uscire da quella situazione, e Xander lo
individuò due secondi dopo, proprio alla sua sinistra: un’interruzione dello
spartitraffico centrale, usata di solito durante i lavori lungo l’autostrada o
per le emergenze e che collegava con la carreggiata di fianco, quella che
andava nella direzione opposta.
“Adesso ti frego io, figlio di puttana”.
Appena fu in vista
dell’apertura, sterzò a sinistra e si infilò nella
corsia opposta, a pochissimi metri dal pilone di cemento, lanciandosi
dall’altra parte con la muta preghiera di non incrociare nessuno.
In un attimo, si
ritrovò contromano e a folle velocità sulla corsia opposta dell’autostrada.
Incrociò un paio di auto che proseguivano nella direzione opposta e che
suonarono il clacson alla sua vista, ma per fortuna erano della corsia più
esterna, fuori dalla sua portata.
Era la mossa più
azzardata e pericolosa cheXander
avesse mai fatto, e si se ne rese conto subito. Percorse altri cinquecento
metri in contromano, gli occhi puntati avanti per evitare chiunque gli si fosse
parato davanti.
Gli bastarono pochi
secondi per arrivare alla seguente apertura dello spartitraffico, abbastanza per fargli venire in mente un’idea… Riuscì a vedere i fari
della Zonda brillare dall’altra parte, proprio alla
sua destra. Con un colpo brusco, infilò l’apertura dello spartitraffico e
ritornò sulla corsia giusta, ritrovandosi di fianco Challagher.
Forse Challagher rimase sorpreso dalla sua mossa, perché non
riuscì a evitare la Ferrari, quando Xander gli andò
addosso, sperondandolo a tutta velocità nella fiancata.
La Zonda sbandò violentemente, gli pneumatici fischiarono
sull’asfalto, le ruote che avevano perso la loro presa. Challagher
non riuscì a riprendere il controllo, e schiacciò a fondo i freni nella
speranza di fermarsi, ma sbandò ancora e si girò su se stessa. Pattinò per un
centinaio di metri, girata in diagonale lungo la strada, il fumo che usciva dalle
ruote bloccate, poi, con un fragoroso boato, andò a sbattere contro il
guard-rail dell’autostrada.
Pezzi di
carrozzeria e vetri volarono in aria, mentre la Zonda
continuava la sua corsa senza controllo lungo il lato della strada, le lamiere
che si piegavano per l’urto.
Xander inchiodò di colpo,
mentre la Pagani nera si fermava con il muso distrutto e i vetri spaccati a un
centinaio di metri da lui. La raggiunse, accendendo le quattro frecce per
evitare che qualcuno potesse venirgli addosso, per poi guardare nello
specchietto retrovisore: dietro di lui, la strada era vuota.
Fermò al Ferrari e
scese di corsa, per vedere da vicino la scena. La Zonda
era distrutta, il parabrezza completamente spaccato, l’alettone a qualche metro
da loro. Gli airbag davanti, visibili per la mancanza del vetro, erano esplosi
e occupavano gran parte degli interni. Il motore si era spento, e ora la Zonda giaceva silenziosa e innoqua
a bordo strada.
All’improvviso, Challagher spalancò la porta e si trascinò fuori, ancora
vivo ma malconcio, e si appoggiò all’auto, un profondo taglio sulla fronte che
colava sangue. Barcollò, guardandosi intorno, sperduto.
Senza nemmeno
dargli il tempo di riprendersi, Xander gli andò
incontro e lo afferrò per il collo della maglia, spingendolo contro la fiancata
della Zonda.
Challagher, stordito, si
lasciò sbattere con violenza contro la sua auto, poi riguadagnò lucidità e
cercò di colpirlo con un pugno. Xander lo schivò e lo
colpì a sua volta, facendogli sanguinare il naso.
<< Figlio di
puttana… >> mormorò, << Hai finito di fare il furbo con me…
>>.
Lo
sbattè contro il posteriore della Zonda,
per poi lasciarlo cadere a terra con un gemito. Non gli
interessava quanto sentisse male, né se stesse facendo la cosa giusta. Voleva
sfogare su di lui tutta la rabbia che aveva provato fino a quel momento, tutto
il dolore con cui aveva dovuto convivere per colpa sua.
Gli tirò un calcio,
facendolo rotolare per qualche metro, poi lo costrinse a voltarsi a pancia in su, per vederlo in faccia. Gli mise un piede sul petto ed
estrasse la pistola, puntandogliela dritta verso il cuore.
Challagher sputò un grumo di
sangue, poi puntò gli occhi su di lui. Si guardarono in silenzio per un
momento, poi disse: << Ammazzami Went, hai
vinto >>.
Xander rimase immobile,
l’arma puntata contro di lui, il cuore che batteva troppo forte e la rabbia
pulsava forte nella sua testa. Lo voleva uccidere, lo voleva morto, dopo tutto quello che era successo.
Rimase fermo,
fissando ciò che rimaneva dello Scorpione: l’aveva
battuto, lo aveva scalzato dal suo trono di paura e lo aveva in pugno. Quello
che aveva davanti non era nessuno, se non un criminale che ormai non aveva più
alcuna possibilità di fuga. Alla fine, anche lui era caduto, era stato
sconfitto. Nemmeno lo Scorpione era imbattibile.
“Avanti, ammazzalo… Uccidilo, non perdere tempo. Irina ti sta aspettando…”.
C’era qualcosa,
dentro Xander, che voleva la morte di Challagher. Una morte meritata, per tutti i crimini che
aveva commesso; una morte che molti si erano augurati,
e che lu stesso voleva. Era il modo migliore per
chiudere quella storia…
Eppure, qualcosa
gli diceva che non era necessario eliminare Challagher…
Ora che lo aveva sconfitto, non rappresentava più un pericolo…
Ma aveva fatto del
male a Irina… L’aveva tenuta prigioniera per anni, l’aveva terrorizzata,
l’aveva violentata… Non poteva non fargliela pagare…
In un attimo, gli
montò addosso tutta la rabbia che aveva sentito scorrere quando aveva capito qual’era il rapporto tra lo Scorpione e Irina, quando aveva
scoperto quello che le aveva fatto. Il solo pensiero di sapere quelle mani
sulla pelle delicata del corpo di Irina, quei muscoli che l’avevano costretta a
qualcosa che non voleva, lo mandò in bestia.
Le aveva fatto
qualcosa che non si poteva dimenticare… Non sarebbe stata mai più quella che
era, perché lo sapeva che Irina si sarebbe portata nel cuore quel ricordo per
sempre… L’aveva ferita, e quella ferita non si sarebbe mai rimarginata…
Solo che sapeva, sapeva come l’avrebbe pensata lei… Non era uccidendolo che
avrebbe riportato tutto alla normalità… Non era uccidendolo, che Irina avrebbe
dimenticato tutto…
Era stata lei a
soffrire, a patire per tutto quel tempo… Era stata lei che aveva visto l’inizio
di quella storia… Spettava a lei decidere cosa fare di Challagher,
perché lei aveva patito quel dolore. Spettava a lei scegliere se lasciarlo
vivere, oppure no.
Xander fissò Challagher, steso sotto il suo piede, il volto
insanguinato. Anche in quella situazione non abbandonava la sua aria
strafottente, anche nella sconfitta che non sapeva accettare e che non avrebbe
mai accettato.
Abbassò l’arma e
afferrò lo Scorpione per il colletto, per poi issarlo in piedi. Tirò fuori le
manette e gli legò le mani, poi lo agganciò alla carcassa della Zonda, in modo da impedire che fuggisse. Dopodiché si
abbassò e lo guardò in faccia.
<< Perché non
mi ammazzi,Went? >>
chiese Challagher, un mezzo ghigno nonostante il
sangue che gli colava dal naso. << Hai paura di farlo? >>.
<< Sarebbe
troppo facile >> rispose Xander, gettandogli
un’occhiata sprezzante. << Non sono io che devo decidere… >>.
Era la scelta
migliore, lo sapeva. Era giusto che fosse Irina a decidere, che fosse lei a
scegliere la fine dello Scorpione, quando lui aveva scelto la fine per lei.
Cercò il cellulare,
con l’idea di costringere Challagher a telefonare al
russo e ordinargli di non toccare Irina. Poi però si rese conto che sarebbe
stato troppo facile: lo Scorpione non lo avrebbe mai lasciato vincere, e
rischiava solo di peggiorare la situazione.
<< Prova a
muoverti di qui, e sei finito >> lo minacciò Xander,
<< Chiaro? Verranno a prenderti, e ti consiglio di non opporre
resistenza, se non vuoi passare altri guai >>.
Cercò il numero di McDonall, e guardò l’orologio: aveva ancora un’ora prima
che il tempo scadesse e Irina venisse uccisa… Poteva
farcela, bastava sbrigarsi…
<< Sono Went >> disse al telefono, << Ho preso Challagher. E’ fermo lungo l’autostrada, al chilometro duecentoquartantacinque… Ci sono stati degli incidenti,
bloccate le entrate finché non avete sgomberato tutto. Io vado a Barstow. Voglio tutte le unità lì, ma non intervenite
finché non arrivo >>.
Senza nemmeno
attendere che McDonall parlasse, chiuse la telefonata
e si diresse verso la Ferrari.
<< Tanto non
arriverai mai in tempo >> disse Challagher, la
voce rauca, << Troverai solo il suo cadavere… >>.
Xander si voltò, per
vedere sul volto insanguinato dello Scorpione un ghigno perverso. Era finito,
eppure continuava a voler essere il più forte. Non era
più nessuno, e il fatto che fosse lì seduto per terra, il volto deturpato e il
sangue che colava sugli abiti, lo dimostrava: era pur sempre una persona, e non
era invincibile, come tutti. Anche per quelli come lui, un giorno arrivava la
fine.
Fece un passo verso
Challagher, gli occhi di ghiaccio, l’espressione di
puro disgusto sul viso.
<< Prega che
riesca a ritrovarla viva, altrimenti torno qui e ti uccido per davvero >>
disse, poi si voltò e salì sulla Ferrari, << E questa volta lo faccio
>>.
Gettò un’occhiata
al navigatore, poi sgommò e ripartì, diretto a Barstow.
“Sto arrivando, Irina. Sto venendo a prenderti”.
Spazio Autrice
Allors… Che mi dite? Ho
notato che il Pov di William suscita un sacco di
riflessioni… Ed era proprio quello che volevo. Ora inizia la fase del “E se…”.
Bè, fatevi pure tutte
le domande che volete: e se William si fosse posto in modo diverso? E se Irina
quella famosa sera di due anni prima non avesse assistito a quella scena? E se
lo Scorpione fosse veramente cambiato, per lei? Eh eh, la risposta non è facile da dare, per niente.
Sarebbero successe tante cose, se le cose non fossero
andate come sono andate… Che risposta, eh?
A parte gli
scherzi, credo che sia impossibile fornire una risposta, o perlomeno è molto
difficile. Anche se potrei sforzarmi e potrei dare una
mia ipotesi: in fondo, sono io che faccio muovere Irina, no? Oltretutto,
caratterialmente mi assomiglia molto, quindi…
Per il momento,
però, vi lascio alle vostre supposizioni: mi riservo tutte le spiegazioni per
la fine!
Ah, tra l’altro…
Dimitri… Continuate a leggere e scoprirete! Si aprono le scommesse per chi
pensa sia un’agente dell’F.B.I.!
Marty_odg: già, William è proprio complicato. E’ un personaggio
su cui ho lavorato molto, perché non volevo che fosse il solito cattivo,
grosso, brutto e “piatto”. Volevo che avesse una propria personalità, e che
fosse in grado di affascinare, a suo modo. Spero di esserci riuscita! Per
quanto riguarda Xander, anche su di lui ho fatto lo
stesso ragionamento: tutto troppo scontato. E non ti preoccupare se scrivi un
papiro: hai proprio ragione, gongolo quando vedo queste recensioni che non si
limitano a un semplice “Bel capitolo…” eccetera eccetera. Quindi ti
ringrazio! Un bacio!
Emily Doyle: eh eh, ti lascio nel dubbio…
Guarda il comportamento di Dimitri in questo capitolo e dimmi… E William, sì,
la ama per davvero, e come dici tu lo fa ne modo sbagliato. Ormai comunque è
troppo tardi per mettere a posto le cose. L’ha persa per sempre, e non gli
rimane che ucciderla… Se ci riesce. Ti ringrazio per i complimenti! Sembra
strano, ma cercare di mantenere lo “standard” di narrazione credo sia una delle
cose più importanti in una storia, e la mia preoccupazione principale è sempre
quella: meno male che me lo hai confermato! Un bacio!
CriCri88: non avrei potuto spiegare la situazione meglio! Hai ragione, Irina ha spinto William a far uscire la
vera parte di sé, lo ha costretto a sfoderare tutte le
carte che aveva a disposizione pur di ottenere il suo cuore. E non ci è mai
riuscito perché non ha mai capito la lezione più importante: non si può
comprare l’amore di una persona, perché è una cosa che si deve meritare. E lui
non è ancora riuscito ad afferrare questo concetto, perché è sempre stato
abituato ad avere tutto alla propria portata, a ottenere sempre ciò che vuole,
in un modo o nell’altro. Alla fine, incontrare Irina gli è servito per capire
che nemmeno lui vive su un piedistallo, che alla fine è umano esattamente come
tutti gli altri. Hai ragione nel dire che ora è facile chiedersi “E se…”, ma
come ho scritto prima, dare una risposta è difficile: ci sono troppe cose da
considerare. In ogni caso, ci proverò più avanti… Giusto per togliere la
curiosità a qualcuno! Un bacio!
Supermimmina: ciao! In effetti, ho notato la tua assenza dalle
recensioni… Mi stavo preoccupando! No, bè, non
costringo nessuno a recensire, sia chiaro. E ho anche letto la tua mail, così
ho deciso di postare adesso, vista l’impazienza! Sono scoppiata a ridere quando
ho associato Corona a William, sai? Non mi era mai passato per la testa che
potessero assomigliarsi, ma devo darti ragione: qualche lato in comune secondo
me lo hanno! Quanto a Irina e Xander,
non provare a trovare qualcuno che gli assomigli: Irina è Irina, e penso che
sia giusto che ognuno la immagini esattamente come vuole… Oltretutto, ci sono
due lettrici che sono mesi che cercano di trovare qualcuna che le assomigli, ma
non ci sono ancora riuscite… (Forse perché l’unica che le si
avvicina è proprio la sua creatrice… ^.^ Anche se non ho la presunzione
di pensare di essere bella come lei!). E Xander… Bé, Xander credo sia qualcosa di inqualificabile…
Vorrei poter dire di aver preso ispirazione da qualcuno, ma purtroppo ho avuto
la fortuna (o sfortuna… ) di incontrare solo una persona che di simile aveva
solo gli occhi azzurri e lo stesso sguardo… Davvero ti ho costretto a portare
il portatile con te in vacanza? Wow, non credevo di avere questo effetto! Bè, allora ti ringrazio per la fedeltà! Un bacio grande! Ps.: buon lavoro!
Kirafv: ciao! Non ti preoccupare per non aver recensito: come
dico sempre, l’importante è che leggiate e che vi piaccia! Vedo che anche tu
sei nella fase “E se…”: credo proprio che per il momento dovrai continuare a
fare le tue elucubrazioni mentali, perché ci sono ancora un sacco di punti da
chiarire… Vedrai. Quando a manca alla fine, mi chiedi? Bé, penso più o meno tre capitoli… Quindi non manca poi molto! Un
bacio!
<< … Sono
quasi passate due ore… >> disse Michael, innervosito, seduto sul divano,
gli occhi puntati su Dimitri.
Irina lasciò
ciondolare la testa di lato, abbandonata sul divano morbido, troppo stanca per
riuscire a tenere gli occhi aperti. Le palpebre le si erano
chiuse, nonostante cercasse in tutti i modi di combattere il sonno… Erano più
di ventiquattro ore che non dormiva, e sentiva il fisico ormai al limite.
<< Chiamerà
quando lo riterrà opportuno >> disse Dimitri, il tono di voce
perfettamente controllato, seduto poco lontano da lei. Hanck
e Thile erano in giro per casa, forse a dare una
controllata. Josh stava in piedi vicino alla porta.
<< Secondo me
dobbiamo andarcene >> disse Michael, << E’ meglio darsela a gambe
finché ne abbiamo il tempo… >>.
Irina ignorò le sue
parole, e si lasciò scappare un gemito. La costola le faceva male, e sentiva la
testa pulsare dolorosamente. Non le interessava minimamente di quello che
stavano dicendo.
<< No
>> ribatté il russo, << Non ci muoviamo finché non sappiamo cosa
succede >>.
<< Allora se
si fa prendere William, ci facciamo prendere tutti?
>> ringhiò Michael, << Eh? Bella roba… >>.
Irina riaprì un
momento gli occhi, per cogliere l’atmosfera tesissima che aleggiava. Era chiaro
che Dimitri voleva seguire alla regola le disposizioni di William, ma gli altri
sembravano pensarla diversamente, soprattutto l’ex agente dell’F.B.I.
<< … Forse
dovremmo prepararci >> propose Josh, titubante.
<< Se arriva e dobbiamo scappare… >>.
<< Starà solo
cercando un posto per il cadavere di Went… >>
ribatté Hanck, entrando nella stanza in quel momento
e facendosi scappare un ghigno.
Irina spalancò gli
occhi e lo guardò. Dimitri le rivolse un’occhiata, poi si voltò di scatto e
uscì dal soggiorno, il telefono cellulare in mano.
<< Allora gli
telefono io >> disse solo.
Ritornò un paio di
minuti dopo, l’espressione indecifrabile.
<< Rimaniamo
qui >> scandì a chiare lettere.
Hanck e Michael si
guardarono. << Cosa ha detto? >> chiese
l’ex agente dell’F.B.I.
<< Went è morto >> rispose Dimitri, << William sta
tornando qui >>.
Ore 23.15 – Autostrada
“Avanti, avanti, sto arrivando…”.
Xander guardò l’orologio,
sentendo la speranza svanire ogni istante che passava. Sfrecciava lungo
l’autostrada, la Ferrari al massimo e la strada sgombra, eppure era convito che
il tempo si era deciso a scorrere troppo in fretta. L’ora stava scadendo, e lui
non era ancora arrivato.
Era disperato. Se
fosse arrivato a Barstow e avesse trovato Irina
morta, non sapeva cosa avrebbe fatto… Non poteva vivere senza di lei, ora che
l’aveva trovata… Non poteva sopportare di averla persa prima ancora di averla
avuta per un po’ di tempo per lui…
Gettò uno sguardo
al navigatore, i chilometri che lo separavano dallo
meta che diminuivano costantemente. Doveva farcela, dovevafarlcela assolutamente, altrimenti sarebbe impazzito.
Sentiva il suo
cuore battere troppo veloce, la paura che piano piano
gli attanagliava le viscere. Era a metà dell’opera, non poteva fallire proprio
ora… Non poteva andare tutto così male…
Guardò lo strada sgombra davanti a lui, e strinse il volante.
“Arrivo… Arrivo, Irina”.
Ore 23.15 – Barstow
Irina spalancò gli
occhi, fissando Dimitri, pietrificata. Le parole che aveva pronunciato arrivarono troppo velocemente al suo
cervello, troppo rapide e dolorose. In un secondo, tutto crollò come un
castello di carte, il suo cuore saltò un battito e qualcosa di
insopportabile si insinuò nel suo petto.
<< No…
>> sussurrò, << No… Non può… Non… >>.
Lacrime calde e
salate iniziarono a colarle lungo le guance, mentre sentiva quella che era vera
e propria disperazione impossessarsi di lei. Xander
non poteva essere morto… William non poteva averlo
ucciso… Non era possibile… Aveva pregato che non accadesse…
Un gemito disperato
le sfuggì dalle labbra, e in un attimo si ritrovò a piangere senza freni, le
mani sul volto, cercando di dimenticare quello che era appena successo…
Quell’incubo che diventava realtà.
Xander era morto… Xander era morto per salvare lei…
Per colpa sua.
<< No!
>> gridò, inginocchiandosi a terra, gli occhio
chiusi e le mani strette a pugno sul pavimento, << No! Xander… >>.
Era dolore, quello
che sentiva, dolore che partiva dal cuore e arrivava a
tutto il corpo, un dolore insopportabile che si faceva sempre più forte a ogni
singhiozzo, a ogni lacrima che stillava dai suoi occhi. Sprofondò in qualcosa
di oscuro, nero, un pozzo senza fondo da cui non poteva più risalire, non ora
che la luce che vedeva sopra di lei si era spenta… Non
ora che se n’era andato.
Lanciò un grido
disperato, fregandosene che qualcuno potesse vederla o sentirla, fregandosene
di quella costola incrinata che doleva ogni volta che singhiozzava. Non poteva
aver perso anche lui… Sarebbe impazzita, non avrebbe retto anche a quello…
<< Che cazzo
le prende? >> chiese Michael, avvicinandosi di un passo.
Irina lo ignorò e
rimase in ginocchio sul pavimento, mordendosi le labbra nel tentativo di non
gridare. Voleva farlo, voleva lasciar uscire tutto quello che aveva dentro, ma
sapeva che sarebbe stato inutile… Questa volta non avrebbe retto, non avrebbe
resistito a quel dolore lancinante… Xander, colui che le aveva fatto ritrovare il suo cuore perduto, era
morto… Non c’era più…
Era stata una
stupida, un’idiota… Lo aveva messo in pericolo, gli aveva permesso di mettersi
contro lo Scorpione… William l’aveva ucciso perché lei era stata così folle da
tradirlo…
<< Possiamo
andarcene, allora >> disse Michael, forse rivolto a Dimitri, << Challagher ci verrà incontro all’aereoporto,
no? >>.
<< Gli aereoporti sono bloccati >> ringhiò il russo,
<< Non possiamo prendere nessun aereo… >>.
<< Allora
iniziamo ad andarcene >> ribatté Michael, << Challagher
ci seguirà, tanto ha la sua auto… Prima ce la svignamo, meglio è. Ora che ha fatto fuori Went, tutta l’F.B.I. ci starà addosso… >>.
<< No, non ci
muoviamo di qui >> rispose Dimitri, gelido.
Irina non si
accorse dell’atmosfera di sospetto che calò in quel momento: rimase a piangere
sul pavimento, presa solo dal suo dolore. E da qualcosa che era follia, forse.
Non poteva
accettare tutto quello senza fare niente… Non poteva accettare la morte di Xander piangendo e basta… Doveva fare qualcosa…
Adocchiò la pistola
che Hanck portava alla cintura, poco distante da lei.
Stava guardando verso Dimitri, e non badava a lei.
Non poteva
lasciarsi ammazzare così facilmente… Non poteva
permettere che la uccidessero senza che lei facesse nulla… Qualcuno doveva
pagare per la morte di Xander…
Qualcosa scattò
nella sua testa, e una scarica di energia le si propagò
nelle membra. Più rapida di quando pensasse di essere capace, afferrò la
pistola dalla cintura di Hanck e la puntò verso
Dimitri.
Fu un attimo. Il
tempo di mettere il dito sul grilletto, che Michael l’aveva afferrata per il
braccio e l’aveva sbattuta per terra, togliendole di mano l’arma,
le braccia intrappolate dietro la schiena.
<< Che cazzo
fai, puttana?! >> gridò, puntandole la pistola
alla tempia, il metallo freddo che premeva contro la sua pelle.
Irina fece per
rispondere, ma Dimitri si intromise.
<< Lasciala
stare >> disse stancamente.
<< Cosa?
>> disse Michael, << Ma non hai visto?
Voleva spararci… Avevi detto che non era pericolosa! Questa ci vuole fare
secchi a tutti, altro che ragazzina! Ammazziamola e andiamocene, prima che l’F.B.I. arrivi qui >>.
Dimitri si avvicinò
e gli fece cenno di spostarsi. << Non ce ne andiamo >> disse,
<< Aspettiamo che William ritorni >>.
Michael ridusse gli
occhi a due fessure, ma la lasciò andare e abbassò la pistola. Senza guardarla
la lanciò a Hanck. << Sta più attento a dove la
tieni >> disse, poi tornò a sedersi sul divano, le braccia incrociate.
Irina si tirò in piedi, ma Dimitri la afferrò prima e la costrinse a sedersi
di nuovo nell’angolo, senza degnarla di uno sguardo. Solo allora riprese a
piangere, senza curarsi di niente, se non si di quel vuoto che sentiva nel
cuore, di quel vuoto profondo che nessun’altro poteva
colmare…
Ore 23.45 – Barstow
Xander inchiodò la
Ferrari davanti a quelle che erano quattro volanti della polizia federale,
ferme di fronte a una villetta anonima e dalle luci accese. Nel buio colse le
finestre illuminate del primo piano. Riuscì a scorgere McDonall
che parlava con un paio di agenti, e Jess, in piedi
vicino al Vicepresidente.
<< Xander! >> gridò, correndogli incontro, << Cosa è successo? >>.
Xander lo superò per
raggiungere McDonall. << Challagher
ha avuto un’incidente, è
rimasto sull’autostrada… Si sono mossi? >>.
<< No
>> rispose Jess, << Sono ancora in casa,
ma non sappiamo se si sono accorti di essere circondati… Abbiamo tenuto i
lampeggianti spenti proprio per fargli credere che sia tutto tranquillo…
>>.
Strano che non
fossero fuggiti, quando si erano resi conto che Challagher
non chiamava… Era la cosa più logica da fare, visto che l’F.B.I.
li aveva trovati… Xander rimase perplesso da quel
comportamento, ma ringraziò che non se ne fossero andati: Irina era ancora con
loro.
<< Agente Went >> disse McDonall,
l’espressione tirata, << Cosa vuole fare?
>>.
Era una domanda
retorica, perché in realtà doveva essere il Vicepresidente a decidere come
agire. Forse voleva lasciargli un po’ più di autonomia, come aveva fatto fino a
quel momento…
<< Entro in
quella casa >> rispose secco Xander, <<
Ho perso troppo tempo. Avevano l’ordine di ucciderla, se Challagher
non fosse tornato… >>.
La voce gli morì in
gola. Sapeva che il tempo era scaduto, ma sperava ancora che gli amici di Challagher non si fossero ancora mossi. In fondo, non erano
sicuri che lo Scorpione avesse perso, o che fosse stato arrestato…
McDonall lo guardò,
accertandosi delle sue condizioni.
<< E’ sicuro?
>> chiese, << E’ molto provato… Possiamo lasciar fare ai nostri
agenti… >>.
Xander scosse il capo.
Era stanco, ma poteva ancora farcela. Non gli rimaneva che entrare in quella
casa e portare fuori Irina, anche se aveva paura di quello che poteva trovarsi
davanti… Doveva farlo lui.
<< No, entro io >> disse solo.
Guardò la dozzina
di agenti della polizia federale schierati vicino alle auto, tutti gli occhi
puntati su di lui. McDonall gli aveva lasciato carta
bianca, e avrebbe approfittato ancora di quella situazione.
Fissò la villetta
per qualche secondo, studiando ogni particolare. Era una normalissima casa, il
cancello di metallo che circondava un giardino poco curato, le luci del secondo
piano tutte spente. Gli ci volle un secondo per studiare un piano.
<< Voglio
otto di voi >> disse, rivolto agli agenti, << Scavalchiamo il
cancello ed entriamo, ma fate andare avanti me. Non si
devono accorgere che siamo dentro, quindi occhio a ciò che fate e seguite i
miei ordini. Voglio trovarli e costringerli a consegnare la ragazza, chiaro? Non sparate finché non ricevete il mio ordine
>>.
Gli agenti si
guardarono tra loro per qualche istante, poi attesero un cenno di McDonall. << Fate ciò che dite. Mi prendo
io la responsabilità >> disse il Vicepresidente.
<< Ok…
>> disse l’informatico, lo sguardo preoccupato, << Buona fortuna…
Ma se…>>.
<< Se non torno, entrate dentro e ammazzateli tutti >>.
Xander si diresse verso
una delle volanti e attese che gli venisse data
un’altra pistola. Controllò che fosse carica, poi guardò la villetta, le finistre illuminate solo al piano di sotto, avvolta dal
silenzio.
“Sto arrivando, piccola. Vengo a prenderti”.
<< Saranno
qui, da un momento all’altro >> disse Michael, << Dobbiamo
andarcene… Se William ha vinto non ha più senso
rimanere >>.
Irina alzò lo
sguardo sull’ex agente dell’F.B.I., la vista
appannata. Le parole le arrivavano distanti, soffocate, troppo basse per ridestarla dal suo dolore. Sapeva solo che nella stanza
c’erano solo lei, Dimitri e l’ex agente… Gli altri
erano spariti, o forse stavano solo di guardia alle porte…
<< Mi
sembrava di essere stato chiaro >> ribatté Dimitri, impassibile.
Michael, in piedi
vicino alla finestra, scostò leggermente la tenda per guardare fuori. La richiuse immediatamente e imprecò.
<< Secondo me
sono già qui >> disse, << E’ tutto troppo tranquillo… >>.
Irina si lasciò
scivolare ancora di più lungo la parete, senza più
lacrime. Aveva dato tutto, e ora versava in quella sorta di apatico dolore,
senza chiedersi nè pensare più nulla. Se volevano
ucciderla, che lo facessero pure, tanto non le interessava più di niente.
Voleva solo smettere di soffrire in quel modo assurdo, di pensare che era rimasta completamente da sola…
<< Non ci
muoviamo, è chiaro? >> ringhiò Dimitri, la mano sulla pistola e lo
sguardo di ghiaccio su Michael.
<< Vuoi farti
arrestare? >> ribatté l’ex agente, furioso. << Non voglio finire
dietro le sbarre per colpa vostra… L’F.B.I. piomberà
qui e non avremo possibilità di fuga. Ammazziamo la ragazza e andiamocene
>>
Dimitri arricciò il
labbro, come se volesse ringhiare. << Per il momento rimane viva >>
disse, << E metti giù quella pistola.
Immediatamente >>.
Michael aveva
estratto l’arma e guardava Dimitri, l’espressione decisa.
<< Allora io
me ne vado. Subito >> disse.
<< Allora
fallo >> ribatté il russo, << La porta è là… Vattene e cerca di
fuggire abbastanza in fretta prima che qualcuno di noi ti venga dietro e ti
ammazzi >>.
Sul volto di
Michael si dipinse un sorrisetto. << Ma io mi
porto dietro la ragazza >>.
Xander fece un cenno
verso gli otto agenti che stavano vicino a lui, poi si voltò verso la villetta,
il cancello di metallo che sbarrava loro la strada.
<< Quando
saremo dentro, voglio che chiunque di voi abbia la possibilità di portare fuori
la ragazza lo faccia immediatamente >> disse, << Niente errori da
parte di nessuno di voi, altrimenti rischiamo di mandare tutto a rotoli. Non mi interessa che uccidiate gli altri, voglio solo fuori di
qui quella ragazza al più presto possibile >>.
Senza aspettare un
cenno di assenso, ruppe con il calcio della pistola il lucchetto che chiudeva
il cancello ed entrò, seguito dagli agenti.
Nel giardino trascurato
era tutto tranquillo, ma le luci non giocavano a suo favore. I lampioncini
erano stati accesi per evitare che ci fossero punti oscuri, e per individuare
chiunque si fosse intrufolato dentro. Percorse a passo rapido
il perimetro della cancellata, facendo cenno agli altri di seguirlo in
silenzio.
Nella penombra
individuò l’entrata secondaria, chiusa. Si avvicinò e provò a girare la
maniglia, ma come si aspettava era chiusa
dall’interno. Guardò verso la vetrata che dava sulla cucina, vuota, sperando
che nessuno entrasse.
<< Qualcuno
può aprirla senza fare troppo rumore? >> sussurrò agli agenti con lui.
Uno di loro si fece avanti e iniziò a trafficare con la serratura. Nel giro di
qualche secondo la porta si aprì con un leggerissimo cigolio.
Entrò ritrovandosi
in un corridoio ben illuminato. Sentiva le voci di qualcuno che parlava
animatamente in qualche stanza lì vicino…
Un secondo dopo, vide a pochi metri da lui, di spalle, quello che
doveva essere Josh, una pistola in mano. Prima che si
accorgesse della loro presenza, Xander scattò verso
di lui e lo tramortì con un colpo solo, la mano davanti alla bocca per
impedirgli di fare rumore. Adagiò il corpo di Josh a
terra e poi fece cenno agli agenti di seguirlo.
Non sapeva quanta
gente ci fosse in quella casa, ma decise di fare più attenzione. Dovevano
essere di guardia per evitare di essere presi completamente di sorpresa. Questa
volta gli era andata bene, ma non poteva rischiare di farsi scoprire.
<< Tre di voi
esplorino la casa >> ordinò, << Gli altri
con me >>.
Tre agenti
annuirono e sparirono in direzioni diverse, mentre Xander
proseguì verso il soggiorno. Poi sentì qualcuno parlare dall’altra parte della
porta chiusa, forse del soggiorno.
<< Metti giù
quella pistola >>.
<< Metti giù
quella pistola >> ordinò Dimitri, afferando la
sua e fissando Michael, gli occhi di ghiaccio.
<< Allora
lasciami prendere la ragazza >> ribatté Michael, facendo un cenno verso
Irina. << Se non la volete ammazzare, allora la userò come ostaggio… Me
ne voglio andare di qui, immediatamente >>.
Irina guardò l’ex
agente spostarsi lentamente di lato, tenendo Dimitri sotto tiro. La raggiunse e
la tirò su di peso, per poi cingerle il collo con un braccio e puntandole la
pistola alla tempia. Irina sentì la testa girare di nuovo, e non si rese
nemmeno conto di quello che stava succedendo.
<< Non fare
cazzate >> ringhiò Dimitri, alzandosi in piedi, << Se te ne vuoi
andare fallo, ma la ragazza rimane qui… Se te la porti dietro, William ti verrà
a cercare e ti ammazzerà… >>.
Irina chiuse gli
occhi. Non voleva rivederlo… Non voleva rivedere William, non sarebbe riuscita
a sopportare di averlo davanti… Che la uccidessero, tanto vivere o morire a
quel punto era la stessa cosa…
<< Invece tu
ora mi lasci passare e mi dai le chiavi della tua auto >> ribatté
Michael, stringendo il collo a Irina, quasi fino a soffocarla, << Mi
nasconderò da qualche parte, e non credo che nemmeno voi riuscirete a trovarmi…
Avevo già progettato tutto: sapevo che Challagher
voleva farmi fuori >>.
Irina rivolse lo
sguardo verso Dimitri, la vista appannata. Non si teneva nemmeno più in piedi,
perché legambe
non la reggevano… Cercò di allentare la presa di Michael, ma senza nessun
risultato. Il russo puntò la pistola verso di loro, gli occhi di ghiaccio.
<< In
effetti, avevamo in progetto di ucciderti >> disse, << E non credo
che cambierò idea… Metti giù quella pistola, perché non ho paura di spararti
>>.
I due si fissarono,
le armi puntate uno contro l’altro, i volti tirati. Irina annaspò in cerca di
aria, la stretta di Michael che si faceva sempre più forte per via della
tensione che provava… Ancora qualche secondo, e sarebbe sprofondata nel buio…
<< Allora
faccio fuori prima lei, d’accordo? >> chiese Michael, stringendo ancora
di più il collo di Irina, << Mi pare che tu non la voglia morta, vero? Lasciami uscire immediatamente da questa stanza,
oppure le spezzo il collo >>.
<< Lasciami
uscire immediatamente da questa stanza, oppure le spezzo il collo >>.
Xander sentì forte e
chiara la voce di Michael, oltre la porta del soggiorno, e si rese conto in un
attimo che c’era qualcosa che non andava… Irina era viva, ma poteva esserlo
ancora per poco…
Afferrò la pistola,
fece cenno agli agenti di attendere e si appoggiò con le spalle alla parete, in
ascolto. Doveva aspettare il momento opportuno per entrare in quella stanza…
Il rumore di uno
sparo ruppe il silenzio del corridoio, insieme a un grido strozzato e a un
tonfo.
Qualcosa scattò
nella testa di Xander, e senza pensarci due volte spalancò la porta. L’unica cosa che riuscì a vedere fu
Irina, sorretta da Micheal, al centro della stanza,
gli occhi aperti, lo sguardo perso, ma viva… Poi, un altro sparo, e qualcosa di
gelido e bruciante lo raggiunse alla spalla sinistra, costringendolo a tornare
dietro il muro.
<< Cazzo…
>>.
Si portò la mano
alla spalla, sentendo il sangue caldo colare sotto le dita. La ferita bruciava,
ma non era troppo profonda: il proiettile lo aveva
solo colpito di striscio, per fortuna.
<< Non fare
mosse azzardate, Went >> lo minacciò Fowler, da dentro la stanza, << Lo so che sei li dietro… Non dovevi essere morto? >>.
Xander rimase immobile,
appoggiato alla parete, la pistola in mano e pronta a sparare. Morto? Perché
doveva essere morto?
<< Calma >>
disse, cercando di sbirciare oltre lo stipite della porta, << Lasciala
andare e andrà tutto bene >>.
<< VaffanculoWent, non ci penso
nemmeno >> ribatté Fowler, << Fammi
uscire di qui o le pianto una pallottola nel cervello >>.
<< Non ce n’è
bisogno >> disse Xander, deciso a trattare,
<< Lascia Irina e poi te ne puoi andare…
>>.
<< Esci fuori
di lì, intanto >> disse Fowler,
<< Fatti vedere e butta la pistola a terra… >>.
Vide gli altri
agenti, pronti a intervenire, gettargli un’occhiata. Lui fece cenno di non
muoversi, perché doveva risolvere quella situazione da solo.
<< D’accordo
>> disse.
Lentamente si mostrò, le mani in alto e la pistola puntata contro il
soffitto.
La prima cosa che
fece fu guardare Irina. La ragazza aveva gli occhi spalancati, puntati su di
lui, come se vedesse un fantasma. Aveva il viso bianco
e annaspava quasi, il collo stretto dal braccio di Fowler.
<< Bravo,
agente >> disse Michael con un sorrisetto, << Appoggia la pistola a
terra, ora >>.
Xander si abbassò
lentamente, senza distogliere gli occhi da Irina, cercando di farle capire che
era lì per portarla a casa, sana e salva. Solo allora, con la coda dell’occhio,
vide qualcuno a terra, appoggiato con la schiena contro la parete. Era Dimitri,
e si teneva la gamba, il pavimento inondato di sangue, una smorfia di dolore
sul volto.
<< Siete
circondati. Non puoi andare da nessuna parte >> disse Xander,
cercando di rimanere tranquillo, rialzandosi lentamente, << Se non
opporrai resistenza potresti risparmiarti qualche anno di carcere… >>.
Michael spalancò
gli occhi. << Non sto scherzando, Went >>
sibilò, << L’ammazzo, se non la pianti di
parlare… Voglio andarmene di qui, e non sarete voi a fermarmi… >>.
Xander guardò
l’espressione sofferente di Irina, gli occhi ora chiusi. Era allo stremo, forse
non era più nemmeno cosciente… Doveva chiudere in fretta…
<< Allora
lascia Irina >> disse, << Lasciala e ti faremo uscire senza
toccarti… Sono disarmato e ferito, non vedi? Non posso farti niente >>.
Era una bugia. Non
era disarmato: dietro la schiena, appesa alla cintura, aveva l’altra pistola. E
ci avrebbe messo un attimo a prenderla…
<< Non
prendermi per il culo, Went
>> ribatté Fowler, << So che non mi
lascerai andare… La tua ragazza mi serve: con lei come ostaggio, non ti
azzarderai a fare mosse pericolose… >>.
Aveva ragione, ma
non aveva messo in conto che Xander questa volta era venuto per portare a casa Irina, e non era disposto a perderla
di vista un’altra volta…
Fece un passo
avanti, lentamente, tenendo ancora le mani alzate. Gettò una rapida occhiata a
Dimitri, ancora per terra e cosciente, e disse: << Non fare lo stupido…
>>.
<< Cazzo, Fowler, lasciala andare! >> interevve
Dimitri, << Non puoi andare da nessuna parte, e lo sai. Siamo circondati,
idiota >>.
Il tono di voce del
russo risultò stranissimo, quasi esasperato, come se
attendesse con ansia, esattamente come Xander, di
porre fine a quella vicenda… Lo guardò, senza capire perché si comportasse in
quel modo…
Fowler però sembrò non
apprezzare. Strinse ancora di più Irina e indietreggiò, verso la cucina.
<< Sta zitto,
russo >> ringhiò, << Ringrazia che ti ho beccato solo di striscio…
Non ho intenzione di farmi sbattere in prigione… >>.
Fece qualche altro
passo indietro, raggiungendo la porta a vetri della cucina. Trascinava Irina,
ormai completamente abbandonata tra le sue braccia, il respiro sempre più
flebile.
<< Te lo dico
per l’ultima volta >> disseXander,
sentendo la ferita pulsare sulla spalla, << Lasciala andare e non ti
faremo niente… >>.
Qualcosa nello
sguardo di Fowler gli fece capire che ormai l’ex
agente stava perdendo il controllo di sé. Aveva ancora qualche minuto prima che
facesse qualcosa di avventato…
<< L’ammazzo! >> gridò Michael, il tono quasi isterico, <<
Lasciami andare o l’ammazzo! >>.
<< Getta la
pistola e lascia la ragazza, è l’ultimo avvertimento che posso darti >>
disse Xander.
La mano di Folwer, la pistola puntata alla gola di Irina, tremò. I
suoi occhi indugiarono sull’uscita, il respiro corto di chi si sente in
trappola. Stavolta era pronto a ucciderla.
Xander abbassò lentamente
una mano. Aveva fatto tutto quello che era previsto, aveva trattato… Non era
disposto ad attendere ancora…
Fu talmente rapido
che Fowler non capì nemmeno cosa accadde. Estrasse la
pistola e prese la mira…
Il proiettile prese
in pieno Fowler e cadde all’indietro trascinando
Irina con lui, schiantandosi contro la porta finestra e mandando in mille pezzi
il vetro. La sua mano però si mosse, premendo il grilletto…
Il colpo non andò a
segno. Il bossolo si conficcò nello stipite della porta, mentre Xander si spostò di lato imprecando. Con un tonfo, il corpo
di Fowler si schiantò sul pavimento, e la pistola
volò via dalla sua mano senza vita, finendo sotto il tavolo…
Un secondo dopo, Xander lo raggiunse. Scostò bruscamente il corpo di Fowler da Irina, perché gli era caduto addosso, e la tirò
rapidamente di lato. Non si accorse nemmeno che la spalla continuava a sanguinare
copiosamente.
Quando sentì la
pelle morbida di Irina sotto le dita, la tensione che aveva accumulato in quei
due giorni si sciolse. Era viva… L’aveva ritrovata…
Stesa a terra,
malconcia, esausta, Irina era ancora lì, non l’aveva persa… Aveva i polsi lacerati,
lividi sul collo, il viso bianchissimo, ma era viva…
Le prese il mento
con delicatezza e girò il volto verso di lui, ignorando completamente tutto il
resto. Era lì solo per lei, non gli interessava altro se non sentire la sua
voce…
Irina rimase
perfettamente immobile, gli occhi chiusi, il respiro regolare ma flebile. Un
grosso maglione nero, non suo, avvolgeva la sua figura minuta e aggraziata. Le
mise una mano dietro la schiena e la alzò leggermente, avvicinando il volto al
suo. Sentì il fiato di Irina solleticargli il mento.
<< Irina,
avanti, è tutto finito, svegliati… >>.
Le passò una mano
sulla fronte, e la ragazza sembrò riscuotersi leggermente. Gemette, poi aprì
gli occhi, e non sembrò riconoscerlo.
<< Ciao piccola >> la salutò Xander,
con un sorriso.
Irina sbattè le palpebre, poi lo mise a fuoco. Gli strinse un
braccio con una mano, come per testare se fosse qualcosa di reale, poi gridò:
<< Xander! Sei vivo…>>.
Un attimo dopo, lo abbracciò
così forte da togliergli il fiato e scoppiò a piangere. Xander
le cinse la schiena, sentendo la spalla bruciare, e strusciò il mento contro i
suoi capelli.
<< Tranquilla
>> mormorò, << Tranquilla, è finita. Sono qui, sono venuto a
prenderti… >>.
Irina continuò a
piangere, sussultando come in preda a una sorta di attacco di panico. Le rimase
aggrappata addosso, stringendo con le manine la sua maglia, il viso affondato
nella spalla ancora buona.
<< Ehi, ehi, non ti lascio >> le disse, continuando a
sorridere, << Non me ne vado, ora che ti ho trovato… >>.
Irina non diede
nemmeno segno di aver sentito le sue parole. Singhiozzava disperata, e non
accennava a volersi staccare da lui.
Forse era talmente
stanca e spaventata da non rendersi nemmeno conto che era tutto finito. Persino
lui prestava pochissima attenzione agli agenti che si muovevano intorno a loro,
occupandosi del cadavere di Michael e di Dimitri.
<< Ti porto via, ok? >> sussurrò, cercando di alzarsi e
contemporaneamente tenerla in braccio.
La spalla ferita
gli mandò un grido, ma per fortuna resse. Con Irina ancora aggrappata al collo,
si diresse lentamente verso la porta finestra dal vetro spaccato, sentendo le scheggie rompersi sotto i suoi piedi. Non badò a nessuno,
nemmeno al folto gruppo di poliziotti che entrò nella villetta e iniziò a
mettere sotto sequestro l’area. Sembrava tutto rallentato e sfocato, come in
uno strano sogno.
A pochi metri dalla
Ferrari, vide due ambulanze parcheggiate, i lampeggianti blu accesi nella
notte. Andò verso di loro, proprio mentre Jess
correva verso di lui.
<< Xander! State bene? >> domandò.
<< Abbastanza
>> rispose lui, << Forse è solo esausta… >>.
Jess fece per chiedere
qualcos’altro, ma Xander lo zittì prima che potesse
parlare. << Le domande dopo, Jess >>
disse, << Se McDonall mi cerca, sono
nell’ambulanza, ok? >>.
Gli infermieri lo
videro avvicinarsi, con Irina in braccio, e aprirono la porta del veicolo,
preparando la barella. Xander sentì la spalla dolere,
ma la ignorò e adagiò la ragazza sul lettino, senza riuscire a staccarsela di
dosso. Continuava a piangere ininterrottamente.
Lanciò un’occhiata
a uno degli inferimieri, un uomo sui circa
quarant’anni, e lui aprì una borsa del pronto soccorso.
<< Deve
essere sotto schock >> spiegò, tirando fuori
una siringa, << Conviene darle un calmante… >>.
Xander continuò a tenere
abbracciata Irina, mentre l’infermiere le scopriva il braccio e le iniettava un
liquido trasparente nella vena, senza che lei nemmeno se ne accorgesse. Poco
dopo lo lasciò andare, afflosciandosi su se stessa. La adagiò sulla barella,
tenendola per una mano.
Irina smise di
piangere, e il suo respiro si fece regolare. Guardò confusa il soffitto
dell’ambulanza, poi puntò gli occhi da cerbiatta su di lui. Sembrava
stranamente stordita, ma era cosciente, ora. Le sorrise.
<< Non te ne
andare… >> mormorò lei, << Non andare via,
per favore… >>.
Xander si avvicinò,
accarezzandole una guancia arrossata. << Non me ne vado più, piccola. E’
una promessa >>.
Irina sorrise, gli
occhi che le si chiudevano. Xander
le strinse la manina, mentre l’infermiere le girava intorno e le tastava il
petto. La vide distorcere il volto in una smorfia, quando la toccò poco sotto
il seno.
<< Credo
abbia una costola incrinata >> disse, << La portiamo
in ospedale per accertamenti… >>.
Xander annuì, poi sentì
qualcosa di freddo che gli veniva poggiato sulla
spalla, procurandogli un po’ di sollievo. L’altro infermiere gli aveva appena
messo sulla ferita una garza imbevuta di qualcosa che doveva essere disinfettante.
<< Ci
vorranno dei punti, per quella >> disse, << Tenga stretta la benda,
così smette di sanguinare >>.
Xander annuì, poi vide
stagliarsi sulla soglia dell’ambulanza McDonall,
l’espressione seria sul volto tirato.
<< Ottimo
lavoro, agente >> disse, << Ha infranto tutte le regole del nostro
Dipartimento, ma è stato molto bravo… Ha anche messo in discussione la mia
autorità, ma ho ritenuto opportuno lasciarla fare… >>.
C’era una nota
divertita, nel tono del Vicepresidente. Xander la
colse subito, e sorrise. Sapeva di aver fatto cose per cui normalmente sarebbe
stato punito, ma almeno aveva arrestato Challagher e
tutti i suoi amici.
<< PeròFowler è morto… >>
mormorò.
<< Lo so
>> disse McDonall, << Ma credo abbia
fatto il possibile per evitare di ucciderlo… Credo che alla fine sia il meno…
>>.
Xander guardò gli
infermieri dell’altra ambulanza uscire di corsa con la
barella, in direzione della villetta. Forse stavano andato a prendere Dimitri.
Spostò lo sguardo
su Irina, e scoprì che si era addormentata. Continuava però
a stringergli la mano, il respiro leggero.
<< Penso che
avremo tempo per parlarne, comunque >> disse McDonall,
facendo un cenno verso la ragazza, << E’ meglio
che andiate entrambi a farvi dare un’occhiata… >>.
Xander guardò Irina che
dormiva tranquilla, l’infermiere che le girava intorno e le metteva una borsa
con del ghiccio sul naso. Ora che tutto era finito,
sentiva anche lui la stanchezza, e la ferita alla spalla pulsava in modo
abbastanza sgradevole. Aveva bisogno di riposare, ma voleva rimanere lucido
fino a che non avesse capito veramente come stava Irina… Dopo, avrebbe dormito.
<< Possiamo
andare? >> chiese l’infermiere.
Xander annuì. <<
Andiamo… >>. Guardò McDonall, << Ci
sentiamo più tardi, Vicepresidente… >>.
McDonall gli fece cenno con
la testa. << Si prenda qualche ora di riposo, al resto pensiamo noi…
Buona notte >>.
L’infermiere chiuse
le porte dell’ambulanza, e un attimo dopo il veicolo partì, le luci e la sirena
accese nella notte, diretto all’ospedale.
Xander appoggiò la testa
contro la parete dell’ambulanza, chiudendo gli occhi.
Era finita, era finita per davvero… Pochi mesi prima aveva creduto che
portare a termine quella missione non sarebbe stato troppo difficile, ma quando
Irina era entrata prepotentemente nelle sue priorità, tutto era cambiato. Il
lavoro era passato in secondo piano, e tutto aveva iniziato a gravitare intorno
a lei…
Ma alla fine, non era
importante tutto quello che era successo. Non era importante che per terribili
istanti aveva creduto di averla persa per sempre, non
era importante che avesse rischiato la vita, che avevesse
arrestato Challagher… L’importante era che aveva
ritrovato lei, e che non avrebbe corso più alcun pericolo.
Aprì gli occhi e
guardò Irina, le palpebre abbassate e il petto che si muoveva piano al ritmo
del suo respiro. Era viva, ed era quello che contava di più.
Sorrise, e si
sporse per scostarle una ciocca di capelli dalla fronte. Ora aveva tempo, aveva
tempo per imparare tante altre cose da lei, aveva tempo per dirle
tutta la verità, aveva tempo per dimostrarle cosa provava… E lei, lei aveva
tempo per pensare e decidere.
Spazio Autrice
Allora, finalmente
i nostri due eroi si sono ritrovati!!!
A parte gli
scherzi, la storia come avete capito è arrivata alla fine… Ci
è voluto un po’, ma Xander ha ritrovato Irina,
sana e salva, e la riporterà a casa come ha promesso.
Il punto più
controverso, ora, è il comportamento di Dimitri: come mai ha mentito su William
e Xander? Perché aveva detto che lo Scorpione aveva
vinto?
E’ chiaro che forse
ha voluto dare una mano a Irina, in fondo… Cosa lo ha
spinto a farlo, però? Esponetemi le vostre congetture, e nel prossimo capitolo
avrete le risposte su questo strano punto. Capirete cosa ha pensato Dimitri in
quel momento.
Per il resto… Bé,
la fic è arrivata alla fine: ancora due capitoli
(credo) e ci saluteremo… Che tristezza, però. Ormai
Irina e Xander, e tutti voi, naturalmente, facevate parte del mio quotidiano…
Siccome avevo promesso di addentrarmi nell’universo del
“E se…”, vi invito a farvi qualche domanda sulla
storia e su i suoi personaggi: nel prossimo o nell’ultimo capitolo me le
potrete porre, così risponderò a tutti, se avete qualche curiosità da
soddisfare.
Sarà interessante, credo.
E ora… Buona giornata
a tutti! E un grande bacio!
Supermimmina: sono contenta che ti sia piaciuto! Come vedi, ho
soddisfatto la tua richiesta e ho pubblicato il cap!
Per il prossimo non so però quanto dovrai aspettare…
Spero di terminare in fretta! Ah, tra l’altro, ho letto la tua “pubblicità”
sulla mia fic: ti ringrazio davvero, perché mi fa
molto piacere! In effetti, le originali vengono un po’ snobbate, perché tutti
preferiscono quelle su Harry Potter o Twilight, che
per quanto belle, credo che dopo un po’ inizino a stufare… In ogni caso, magari
qualcuno seguirà il tuo consiglio e darà un’occhiata: la mia storia non va
male, anzi, quando l’ho pubblicata pensavo molto
peggio. Chi ha iniziato a leggere ha continuato per tutta la fic, e rappresenta, per così dire, un “pubblico
consolidato”: sono pochi ma buoni! Un bacio!
Marty_odg: visto quanto è indecifrabile Dimitri? In questo cap è stato ancora più “misterioso”… Chissà cosa gli passa
per la testa… Tu cosa pensi? Baci!
CriCri88: Preparati, perché tra un po’ ti manderò William!
Sì, forse poteva migliorare, con Irina vicino… Ma l’ha avuta vicina per due
lunghi anni, e non è stato in grado di capire come comportarsi… Esploreremo
questo punto quando mi dedicherò alle risposte su ogni domanda del tipo “E
se…”. Baci e grazie per i complimenti!
Emily Doyle: non ti
preoccupare, chiarirò tutto su di lui… E’ un personaggio che mi piace, quindi
gli darò un po’ di spazio. Baci!
Marty89: figurati! Mi piacciono le recensioni
lunghe! Per il resto, sì, William fa un po’ pena: il suo più grande difetto e
non saper accettare le sconfitte, e questo lo rende cocciuto e a volte
infantile. Ed è geloso di Xander proprio perché lo
vede molto simile a lui, ma al tempo stesso diverso… E’ anche per questo motivo
che lo ha lasciato “avvicinare”: lo considerava una persona interessante, ma
non si aspettava che riuscisse dove lui aveva fallito… E Dimitri, forse lo
aveva capito meglio di lui: questo cap ha svelato
qualcos’altro sul russo, anche se il suo comportamento verrà
spiegato nel prossimo cap… Baci!
Fairy29: ciao! Ma
figurati, tranquilla! Come vedi Dimitri continua a comportarsi in modo strano… Xander ha risparmiato William, e per un istante anche io ho pensato che lo uccidesse… ^.^ Bé, no, lo sapevo
che non l’avrebbe fatto, anche perché ucciderlo sarebbe stato davvero troppo
semplice… Meglio farlo soffrire piano piano,
lasciarlo cuocere nella consapevolezza che aveva perso Irina… Molto perfido,
eh? Baci!
Irina si svegliò lentamente, una strana sensazione di pace addosso. Rimase
con gli occhi chiusi, cercando di riportare alla mente qualcosa che voleva
essere prepotentemente ricordato… Si mosse appena, il lenzuolo morbido che
strusciava contro il suo braccio…
Un attimo si
silenzio, e spalancò gli occhi, ricordando tutto. La gara, William, il dolore,
Michael che la prendeva per il collo, i colpi di
pistola… Xander.
Si mise a sedere,
ritrovandosi in quella che era la stanza di un’ospedale… Bianca, pulita, silenziosa, ma non
vuota… Nel candore di quel luogo, una figura scura spiccava contro la luce che
proveniva dalla finestra dalle tende scostate.
Xander era appoggiato al
letto vuoto di fianco al suo, gli occhi azzurri puntati su di lei, il braccio
sinistro appeso al collo, il volto leggermente tirato. Era perfettamente fermo,
quasi una statua di pietra lasciata lì a controllarla.
Quando i loro occhi
si incontrarono, Irina sentì un brivido percorrerle la
schiena… Non lo ricordava così bello, né così assurdamente tenebroso… Non lo
ricordava così perfetto, come lo vedeva in quel momento.
Irina rimase zitta,
ammutolita, a guardarlo, ricordando cosa aveva provato quando le avevano detto
che era morto… E cosa aveva sentito quando lo aveva visto entrare in quella
stanza, vivo. In quel momento aveva davvero creduto di impazzire, di essere
uscita completamente fuori di testa… Aveva creduto che
il suo cervello iniziasse a volerle fare scherzi del genere per vederla
soccombere per il dolore, per distruggerla completamente.
Voleva parlare, ma
la lingua le si era come annodata: non sapeva che
dire, perché avrebbe voluto parlare di tante cose tutte insieme…
<< Ciao…
>> mormorò solo.
<< Ciao
>> rispose Xander, sorridendo leggermente,
<< Come ti senti? >>.
Irina abbassò lo
sguardo sulle sue gambe, coperte dal lenzuolo, poi sui polsi fasciati di
bianco, e infine sul pigiama che qualcuno le aveva infilato addosso.
<< Bene
>> rispose alla fine.
Xander alzò gli occhi al
cielo. << Bene quanto? >>.
Irina sorrise. Si
sentiva davvero bene, non stava mentendo. Sembrava tutto assurdamente
meraviglioso che non sentiva nemmeno più il dolore.
<< Tanto
>> disse, << Tu? >>.
Scrutò la sua
spalla fasciata, ricordando che lo avevano colpito… Aveva sentito il suo sangue
caldo sotto le dita, mentre lo stringeva in preda al panico.
<< Bene
>> rispose Xander, << E’ solo un graffio…
La fanno più lunga di quanto in realtà non sia >>.
Irina scostò il
lenzuolo, decisa a scendere da quel letto. Stava
troppo bene per continuare a rimanere ferma.
<< Dove vai?
>> chiese Xander, ansioso, quando la vide
mettere i piedi scalzi per terra.
<< Da nessuna
parte >> rispose sorridendo lei, << Voglio solo alzarmi >>.
Xander rimase fermo
dov’era, ma diventò serio. << Aspetta un momento, credo che dobbiamo
parlare… >> disse.
Irina si pietrificò
all’istante. Per caso era successo qualcosa? Era qualcosa di grave?
Xander sembrò diventare
stranamente agitato, anche se cercava di conservare una parvenza di
tranquillità. Colse l’occhiata strana che le rivolse, e la cosa la spaventò…
Era successo qualcosa a qualcuno?
<< Irina…
>> iniziò lui, facendo una pausa, << Mi dispiace per quello che è
successo… Mi dispiace da morire. Non me ne sarei dovuto andare, non avrei dovuto nemmeno pensarci… >>.
<< Non è
colpa tua, Xander >> disse Irina, preoccupata,
<< Nessuno poteva sapere quello che sarebbe accaduto… Non… >>.
<< Fammi
finire >> la interuppe
lui, << Mi sono comportato da stupido… Non avrei dovuto metterti in
pericolo in quel modo… >>.
Irina trovò quasi
ridicolo che Xander si facesse tutti quei problemi
per quello che era successo. Non aveva nulla per cui chiedere scusa, anche
perché era venuto a salvarla… Doveva essergli grata, non certo disprezzarlo.
<< Non sei
stato stupido >> disse, << Anzi. Se non ci fossi stato tu, a
quest’ora chissà dove sarei stata >>.
<< Non è per
quello… >> disse Xander, voltandosi per un’istante, << E che… Bé, ti
ho presa in giro, non credi? >>.
Irina lo guardò,
incuriosita da quella strana paura di parlare che aveva Xander.
Non era imbarazzato, ma sembrava temere in qualche modo le conseguenze delle
sue parole… Doveva forse rivelarle qualcosa?
In effetti,
dovevano mettere un momento in chiaro quello che era
successo tra loro due. Irina continuava ad amarlo, e sicuramente più di prima. Ma lui? Lui cosa pensava? Forse quel bacio che le aveva dato
prima di andarsene era stato una sorta di errore? Magari nel frattempo aveva
cambiato idea… Magari voleva dirle che c’era stato un malinteso, che in realtà
lei aveva capito male…
Attese in silenzio
che Xander continuasse a parlare, pregando che niente
fosse cambiato dall’ultima volta… O che almeno non fosse così doloroso da
accettare.
<< Ti ricordi
di quello che è successo a Las Vegas? >> chiese Xander,
gli occhi azzurri che scrutavano il suo volto.
Quando si era
svegliata nel suo letto mezza spogliata e senza ricordare niente, e aveva
passato tutta la giornata terrorizzata per quello che poteva essere successo?
Certo che se lo ricordava…
<< Sì
>>.
<< Avevi
paura che fosse successo qualcosa, ricordi? >> continuò Xander.
Irina annuì. Il
tono serissimo del ragazzo le fece venire un dubbio… Allora era davvero
successo qualcosa!
<< Mi hai
baciato >> concluse Xander, e rimase a guardare
la sua reazione.
Irina rimase a
fissarlo, la bocca leggermente aperta, il cervello che si azzerò per un attimo.
Se aveva capito bene, si erano baciati, ed era stata lei a cominciare…
<< E poi?
>> sussurrò.
<< E poi ti
sei addormentata >> rispose Xander. C’era una
nota divertita nella sua voce.
Irina deglutì.
Scosse il capo per un momento, e sorrise.
<< Era questo
che ti agitava tanto? >> chiese, divertita.
Xander annuì.
Irina scese dal
letto, cercando di trattenersi dal ridere. Trovava la cosa molto divertente:
aveva desiderato tanto un bacio da lui, e non aveva mai saputo di aver avuto il
coraggio di andarselo a prendere da sola… Trovava buffo che si facesse tutti quei problemi, proprio quando lei non aveva
voglia di farsene. In fondo era solo un bacio, e non doveva essere stato
nemmeno gran che, visto che era ubriaca!
<< Perché non
me lo hai detto prima? >> chiese.
<< Perché non
era il momento… >> rispose Xander, << Non
potevo metterti in pericolo… E poi non sapevo come avresti reagito… Credevo
potessi pensare che avessi approfittato del fatto che fossi un po’ brilla… >>.
<< Quindi hai aspettato? >> fece Irina.
<< Credevo
fosse meglio così. Avrei evitato di metterti in pericolo >> rispose Xander, << Anche se in realtà alla fine è stato peggio… >>.
Irina scosse il
capo, esterefatta. << Fammi capire… Il tuo
intento era quello di non mettermi nei guai? Hai fatto
finta di niente per quello? >>.
Xander continuava a
rimanere serissimo, come se considerasse la cosa di enorme importanza. <<
Non potevo permettere che qualcuno venisse a sapere che… che non volevo che ti
accadesse qualcosa… Ho sbagliato, perché è successo tutto il contrario di
quello che volevo… >>.
<< E tu pensi
che sia arrabbiata con te per questo? >> chiese Irina, trannenendosi dal ridere.
<< Non ti
biasimerei, se lo fossi >> ribatté lui.
Irina scosse
nuovamente il capo. Era davvero assurdo, ma trovò Xander
dolcissimo: si sentiva in colpa per quello che era successo, ma non aveva nulla
di cui farsi perdonare. Lo guardò di sottecchi, preoccupato e quasi teso, e
sorrise. Si alzò e lo raggiunse.
Lo aveva fatto già
una volta, poteva provare a farlo di nuovo, no? Era un po’ più lucida della
prima volta, e sicuramente sarebbe stato meglio… Lui poteva sempre scostarsi,
se voleva.
Si alzò sulla punta
dei piedi e lo baciò sulle labbra, solo per qualche istante, ma giusto il tempo
per fargli capire che se lui voleva poteva continuare. E lo fece.
Fu un bacio del
tutto diverso da quello che si erano scambiati quando
lui se n’era andato: quello aveva avuto il sapore amaro di un addio,
dell’ultimo sorso di acqua prima della sete senza fine, ma questo… Questo aveva
il gusto di qualcosa che si ritrova dopo tanto tempo, e che si sa che non si
lascerà mai più…
<< Mi dispice di non essere arrivato prima, piccola >>
mormorò Xander, un attimo dopo, << Challagher non ti avrebbe toccata,
se… >>.
Irina chiuse gli
occhi, cercando di scacciare quel pensiero orribile, e appoggiò la fronte
contro il suo petto. Non voleva riportare quella cosa alla mente, voleva solo dimenticare ora che William sarebbe finito in
prigione.
<< Non
importa, Xander >> disse, << Non mi importa di niente. Non mi devi nessuna scusa, né adesso
né mai. Mi basta che sei vivo… E poi mi hai mantenuto l’unica promessa che ti
avevo chiesto >>.
Era vero: gli aveva
chiesto di liberla di William, di farlo arrestare. E
lui lo aveva fatto.
<< Lo so, ma…
>> disse lui, cincendole la vita con il braccio
sano, << Credo di aver sbagliato tutto, fin dall’inizio… Non ho mai fatto
tanti errori tutti in una volta… >>.
<< Cosa posso fare per farti smettere di sentirti in colpa?
>> chiese Irina con un sorriso.
<<
Ricominciamo da zero >> rispose Xander.
Irina si scostò e
lo guardò in faccia. Non ricordava che i suoi occhi azzurri fossero così belli.
<< Stai
scherzando, vero? >> chiese, << Io sto troppo bene così come sto… Non ci penso proprio a ricominciare da zero! >>.
Scoppiarono a
ridere tutti e due, poi Xander
la spinse verso il letto e la fece sedere. Le mise un dito sotto il mento e le
alzò il volto, per poi sfiorare le labbra con le sue, ridacchiando.
<< Io invece
sì >> sussurrò, << Mi piace farti impazzire, lo sai? Diventi molto
intrigante… >>.
Qualcuno aprì la
porta della stanza all’improvviso, e Irina fu costretta a interrompere quel
gioco piuttosto divertente. Sulla soglia si stagliò
una signora dai capelli biondo scuro, gli occhi scuri e nonostante l’età ancora
molto avvenente. Guardò entrambi a occhi spalancati, sapendo di aver interrotto
qualcosa, poi si soffermò su Xander.
<< Ah, sei
qui! >> disse, e sorrise sorniona.
<< Dove
pensavi fossi, mamma? >> ribatté Xander
stancamente.
Irina guardò la
signora entrare nella sua stanza, rendendosi conto con stupore che si trattava
della madre di Xander.
<< Sono
contenta che ti sia svegliata, Irina >> le disse dolcemente, << Xander stava diventando insopportabile… Sono Anne Went: è un piacere conoscerti >>.
Irina strinse la
mano alla donna, soffermando lo sguardo su di lei. Colse nella forma del naso e
nel taglio delle labbra una certa somiglianza con Xander,
in effetti. Quando però ricordò di essere tra le braccia del ragazzo, arrossì
di colpo e distolse gli occhi.
<< C’è un po’
di gente qui fuori che vorrebbe vederti, Irina >> disse Anne, un bel
sorriso a mostrare i denti bianchi, << Te la senti? >>.
La ragazza annuì,
ma Xander non sembrava molto d’accordo.
<< Proprio
adesso? >> disse, scocciato.
Anne rise. <<
Finiranno per entrare comunque >> disse, << E comunque è orario di
visita… Tra l’altro, l’infermiera mi ha detto di ricordarti che ti è stata
assegnata una stanza… Magari potresti utilizzarla, qualche volta >>.
Xander diede un bacio
sulla fronte a Irina e tornò a sedersi sul letto vuoto di fianco, aspettando in
silenzio che entrassero i visitatori.
Quando Anne uscì
dalla stanza, la prima ad entrare fu Jenny,
l’espressione decisamente fuori di sé, gli occhi arrossati e i capelli neri in
disordine.
<< Voi due!
>> gridò, il dito puntato contro di loro,
<< Siete due incoscienti! Ma che vi è saltato in testa, eh?! Per poco non vi facevate ammazzare! >>. Guardò
Irina, << E tu… Tu sei una scema! Non mi hai detto niente di quello che
volevi fare! >>.
Poi la abbracciò
forte, mentre Irina sorrideva e guardava dalla sopra la sua spalla Jess, Angie e Katy,
e poi Max entrare uno dopo l’altro, tutti con l’aria sollevata.
<< Sei una
pazza… >> disse Jenny, << Assolutamente fuori di
testa… E quell’altro che è andato contromano in autostrada… Siete
veramente due incoscienti >>.
Irina guardò Xander sbalordita, ma lui fece finta di niente e ridacchiò.
<< Allora,
come stai? >> chiese Jess, agguantando Jenny
per impedirle di stritolarla.
Irina si strinse
nelle spalle. << Io mi sento bene >> rispose, << Un po’
stanca, ma tutto a posto >>.
Si accorse che
mancava qualcuno all’appello. Suo padre non c’era… Si chiese se forse stava
aspettando fuori. Decise di attendere prima di chiedere di
lui.
Passò la mezz’ora
seguente a raccontare più o meno come erano andate le
cose, senza soffermarsi troppo su quello che era successo a lei. Vide Xander rivolgerle un’occhiata in tralice, ma non dire
niente. Non avrebbe rotto il suo segreto, per il momento… Spettava a lei
decidere quando farlo.
Quando l’infermiera
venne a sbattere tutti fuori, stava ancora ridendo per le battute di Jenny. Li
salutò e aspettò che rimanessero soli lei e Xander
prima di parlare di Todd. Forse lui sapeva qualcosa.
<< C’è mio
padre? >> chiese.
Xander fece cenno verso
la porta. << E’ qui fuori >> rispose secco. Non considerava la sua
presenza come qualcosa di gradito.
<< Abbiamo…
Abbiamo fatto pace >> disse cauta Irina, << Quando sei andato via,
abbiamo parlato un po’… E’ cambiato >>.
Xander la guardò.
<< Può anche essere cambiato, ma rimane il fatto che
non abbia mai fatto niente per aiutarti >> ribatté, freddo.
Forse stava
chiedendo troppo: già per lei era strano che suo padre si fosse finalmente reso
conto della vita senza senso che aveva condotto fino a quel momento, e per Xander doveva essere ancora più difficile. Decise di non
insistere troppo per cercare di convincerlo.
<< Posso
vederlo, per favore? >> chiese.
Xander grugnì il suo assenso.
<< Io rimango fuori, però >> disse. Uscì dalla stanza, e qualche
secondo dopo Todd si stagliò sulla soglia, lo sguardo preoccupato e
l’espressione tirata.
<< Vieni
>> disse Irina, sorridendo.
Suo padre entrò
lentamente, e si richiuse la porta alle spalle. << Come stai? >>
chiese.
<< Bene…
>>. Irina si alzò e lo raggiunse. Voleva solo abbracciarlo, e dimostrarli
che gli voleva ancora bene.
Todd la scrutò in
volto, poi guardò verso la porta. << Volevano venire anche Dominic, Harry e Denis, ma ho pensato fosse meglio non
disturbare troppo… >> disse.
<< Allora
salutameli e digli che non si devono preoccupare… Credo che mi faranno uscire
presto >> disse lei.
Fu strano, ma Irina
trovò piacevole la presenza di suo padre in quella stanza, e gli raccontò abbastanza
sommariamente cosa era successo. L’infermiera venne a mandarlo via già dopo
dieci minuti, dicendo che l’orario di visita era terminato. Lo salutò e guardò Xander tornare dentro la stanza, l’espressione abbastanza
infastidita.
<< Cos’altro è successo mentre ero via? >> chiese,
incrociando le braccia.
Irina sorrise e gli
si sedette vicina sul bordo del letto vuoto. Erano successe tantissime cose,
alcune delle quali in quel momento sembravano solo buffe, e non drammatiche
come in realtà erano state.
<< E’ tornato
mio fratello Dominic >> disse Irina, guardando
il soffitto e sentento lo sguardo di Xander puntarsi su di lei, << Poi… Bé, non ha molta
importanza >>.
Decise di evitare
di dirgli che per qualche terribile istante aveva anche creduto di essere incinta,
perché Xander non avrebbe retto. Sorrise e lo guardò.
<< E a te,
cosa è successo? >> chiese, come una bimba che aspetta il suo regalo.
Lui ghignò.
<< Niente di importante… Ho solo battuto lo
Scorpione in una gara sull’autostrada >> rispose.
<< Ah proposito…
Sei andato in contromano sull’autostrada?! >>
disse Irina, arrabbiata.
Xander la prese per il
mento e appoggiò la fronte sulla sua. << Ha importanza, adesso? >>
sussurrò. Sfiorò le labbra con le sue e sorrise.
Irina chiuse gli
occhi. L’aveva fregata. No, alla fine non era importante… L’importante era che
lui fosse lì, e che quel bacio che si erano dati prima
che se ne andasse non fosse stato l’ultimo. Quello che era successo, quello che
sarebbe accaduto, erano superflui.
<< Ti amo,
piccola >> disse Xander, fissandola con gli
occhi azzurri piantati nei suoi.
<< Anche io >> rispose lei.
Era tutto troppo
bello, troppo perfetto perchè fosse vero. Irina aveva
paura che tutto finisse da un momento all’altro, ma il respiro di Xander sulla sua bocca non poteva essere un sogno. Era
troppo dolce, troppo reale per poter svanire.
<< Gli altri?
>> chiese lei, per cercare di riportarsi alla realtà, << Li avete presi tutti? >>.
Xander le passò una mano
sulla schiena. << Sì… Anche George Challagher
>> rispose, << Ma avremo modo di parlare
anche di tutto questo >>.
Si abbassò e la
baciò sulle labbra, in tempo per zittirla. Sorrise. << Tempo al tempo, Irina. Smettila di preoccuparti per gli altri… Mi
piacerebbe che ti preoccupassi un po’ per me, ti pare? >>.
Ore 15.00 – Ospedale di Los Angeles
<< Sei
pronta? >> chiese Xander, mentre Irina
recuperava le ultime cose dalla sua stanza e salutava l’infermiera. Raccolse la
borsa da terra ma Xander gliela sfilò di mano,
afferrandola con il braccio buono.
<< Sì,
andiamo >> disse lei. Prese il maglione nero che era appoggiato sul letto
e gli rivolse un’occhiata. << Devo passare a ridare questo a Dimitri…
>>.
Xander la guardò. Irina
aveva insistito molto nel voler vedere Dimitri, e per certi versi la capiva. Il
russo si era comportato in modo davvero strano, e non era l’unica a voler
capire cosa gli fosse passato per la testa. Ne avevano parlato, e si era anche
fatto raccontare cosa aveva fatto durante il loro
“soggiorno” a Barstow… Una storia che lo aveva reso
ancora più perlesso.
<< D’accordo,
andiamo >> acconsentì lui, seguendola lungo i corridoi, fino a
raggiungere una stanza piantonata da due agenti di polizia. Il vetro
trasparante mostrava Dimitri sdraiato a letto, sotto le lenzuola bianche, un
po’ più pallido del solito, ma sempre con gli occhi di ghiaccio.
Xander guardò Irina
bussare delicatamente alla porta e aprirla, e decise di seguirla. Voleva
sentire anche lui cosa si sarebbero detti. La vide indugiare sul
russo quasi intimorita, mentre Dimitri li fissava in silenzio, quasi
sperasse di ucciderli con lo sguardo.
<< Cosa volete? >> chiese.
Irina appoggiò la
maglia nera sul comodino, e rispose a bassa voce: << Questa è tua
>>.
Dimitri la guardò,
poi spostò gli occhi su Xander. Fece una smorfia ma
non disse niente, quasi si aspettasse una loro visita. Irina fece un passo
indietro, e poi si decise a porre la sua domanda.
<< Perché ti
sei comportato in quel modo? >>.
Dimitri sembrò
irritarsi. << Mi andava così >> ribatté, caustico, << Almeno
non finivamo ammazzati tutti quanti… >>.
Xander trovò la risposta
inadeguata, e molto probabilmente pensò altrettanto Irina,
perché gli rivolse un’occhiata di sbieco. Guardò con interesse il russo, per
capire cosa lo spingesse a non voler dire la verità.
<< Perché mi
hai detto che Xander era morto? >> chiese
Irina.
<< Cosa vuoi da me, Fenice? >> ribatté Dimitri, <<
Hai ottenuto quello che volevi, vattene ora >>.
Irina rimase in
silenzio di fronte al tono aggressivo del russo, e si allontanò. Non era
spaventata, ma sembrava aver capito che se Dimitri non aveva intenzione di
parlare, non lo avrebbe fatto. << D’accordo >> disse, <<
Grazie, allora… Non so perché tu l’abbia fatto, ma ti ringrazio per avermi
aiutato… >>.
Il russo seguì con
lo sguardoIrina, senza che dai suoi
occhi grigi trasparisse alcunché. Xander
cercò di cogliere invano qualcosa che potesse fargli capire perché avesse
deciso di aiutarla, perché si fosse lasciato arrestare. Lo vide fare una
smorfia, quasi una sorta di amaro sorriso, mentre la ragazza si avvicinava alla
porta, dove Xander era appoggiato a braccia
incrociate.
<< Comincia
ad andare >> le disse lui, << Ti raggiungo tra poco, ok? >>.
Irina gli sfiorò il
braccio con la mano e annuì. Xander entrò nella
stanza e si chiuse la porta alle spalle. Voleva capire cosa passava per la
testa del russo, anche se sapeva sarebbe stato
difficile farlo parlare.
<< Cosa vuoi, Went? >> domandò
Dimitri, << Anche tu hai voglia di infierire? >>.
<< No, voglio
solo sapere perché hai fatto in modo che non vi muoveste da Barstow
>> disse Xander.
Dimitri fece
un’altra smorfia. << Perché ti interessa? Potrei
anche dirti una balla, sarebbe la stessa cosa >>.
<< Perché hai
fatto in modo che vi trovassimo? >> chiese Xander,
<< Sei stato tu, vero? >>.
Ci aveva pensato un
po’, e alla fine era giunto alla conclusione che fosse
stato proprio il russo a far squillare il suo cellulare, utilizzando quello
vecchio di Irina. Da quello che lei stessa gli aveva raccontato, Dimitri
sembrava l’unico a non volerla uccidere.
<< Sì, sono
stato io >> rispose solo il russo, incrociando le braccia sul lenzuolo,
la gamba immobilizzata.
<< Perché?
>> domandò Xander.
<< Se credi
che sbavi dietro aIrina, ti sbagli, Went >> rispose secco Dimitri, lo sguardo di sfida.
<< Non era
quello che intendevo, ma mi sono comunque tolto un altro dubbio >> disse Xander, << Voglio solo una spiegazione del perché tu
abbia deciso di farvi arrestare… Potevate salvarvi, se foste fuggiti >>.
Dimitri fece
l’ennesima smorfia. << Fuggire… Non fuggo mai,
se posso evitarlo >> disse, << I rapporti tra me e Challagher non andavano così bene come tutti pensavano, Went. Ed è tutto iniziato quando lei è arrivata tra noi
>>.
<< Cosa vuoi dire? >> chiese Xander,
sospettoso.
<< La gente
pensava che non volessi Irina nella BlackList perché la consideravo una sorta di macchia per la
nostra reputazione >> disse freddo Dimitri, << Tutte cazzate… E’
vero, mi dava fastidio che una ragazzina fosse la
numero tre della Lista, ma non era per quello che ho avuto da ridire con Challagher. Non la volevo perché sapevo
sarebbe finita in questo modo… Sono rimasto colpito da lei, Went
>>. L’espressione del russo era quella di uno
che ammette qualcosa che non voleva rivelare. << Mi ha stupito come si
sia offerta di ripagare i debiti del fratello, facendo la pilota clandestina…
Tra noi non esiste questa forma di altruismo, Went.
Ha colpito tutti… Ancora di più quando l’abbiamo vista sfidare i membri della BlackList senza alcuna paura. E Challagher non ha capito più niente, da quel momento. Sapevo
che sbagliava a darle tutta quella libertà, perché l’ha resa forte… E’ stato
lui stesso a trasformarla nel suo punto debole >>.
<< Questo non
spiega perché tu abbia deciso di aiutarla >> disse Xander.
<< Non sapevo
che la violentasse. Non lo sapeva nessuno >> ribatté Dimitri, <<
Non ci ha mai rivelato che era arrivato a quel punto, con lei. Sarebbe stato
come ammettere che l’aveva battuto… Quando ho saputo
era caduto così in basso, quella volta che siamo andati a casa di Irina dopo
aver scoperto che vi vedevate, ho capito che la situazione stava degenerando.
Sono un bastardo, Went, ma non fino a questo punto. Challagher stava diventando insopportabile, e lei ci stava rimettendo troppo… >>.
Xander lo guardò
sbalordito. Il russo fece un’altra smorfia.
<< Sì, Went, hai capito bene >> continuò, << Ho detto
che ci stava rimettendo troppo… Riconosco che non meritava una cosa del genere,
per quanto mi desse fastidio e per quanto potesse rappresentare un problema. La
gente la odiava perché la vedeva come la ragazza dello Scorpione, perché aveva
più potere su di lui più di quanto ne avesse qualsiasi altra persona, ma io non
la odiavo. Volevo solo che se ne andasse, prima che finisse male sia per lei che per noi… >>.
<< Allora lo
avevi premeditato? >>.
<< No. Non
sapevo come sarebbero andate le cose. Quando ho visto che ci stavate alle
calcagna, che avevate bloccato tutte le vie di fuga, ho capito che sarebbe
stato meglio chiudere quella storia in fretta… Dopo tutto
quello che era successo, non saremmo mai potuti tornare a Los Angeles e
rimettere le cose com’erano prima. In ogni caso eravamo finiti. E a nessuno
piaceva più il sistema dello Scorpione. Ho solo capito prima degli altri che
farci beccare era la cosa migliore per tutti >>.
Xander guardò il russo,
che aveva sempre considerato un pezzo di ghiaccio pronto a fare fuori chiunque.
Doveva ricredersi: aveva appena dimostrato più cuore di tutti quelli che
facevano parte del giro di Challagher. In un attimo,
lo rivalutò: grazie a lui aveva ritrovato Irina.
<< Credo che
debba ringraziarti, allora >> disse, << Anche se mi costa molto, a
essere sincero… >>.
<< Non dirmi
grazie, Went >> ribattè
il russo, << Dì grazie a te stesso… Il fatto che tu mi abbia battuto mi
ha fatto capire che sei uno a cui posso portare
rispetto. Forse è anche per quello che ti ho dato una mano: meritavi di avere
la tua ragazza, se era quello che volevi. Oltretutto, saresti tu il numero uno
della BlackList… E stando
a questo, dovrei rispettare i tuoi ordini >>.
Il tono era sarcastico, ma Dimitri era sincero. Xander
fissò il russo per qualche istante, ricordando la loro gara… Nonostante tutto,
era stata bella. Lo aveva sempre trovato poco simpatico, ma ora si rendeva
conto che non era poi così male. Forse avrebbe dovuto conoscerlo meglio.
<< Hai fatto
vincere Irina perché te lo aveva chiesto Challagher?
>> chiese.
<< Sì, ma non
volevo farlo >> rispose Dimitri, << Sono stato costretto: non
potevo inimicarmi Challagher, ma avevo capito cosa
avesse in mente Irina… Era la volta buona che la ammazzava, ed è quasi arrivato
a farlo >>.
<< Pensi
fosse in grado di farlo veramente? >> domandò Xander.
Era curioso di sapere il parere del russo, che conosceva Challagherdecisamente meglio di lui.
Dimitri fece una
strana smorfia. << No, non ne era capace >> rispose, << Ormai
era talmente ossessionato da lei che non sarebbe mai riuscito a liberarsene. Infatti ha lasciato a me il compito di farlo, quando è
venuto a gareggiare con te. Ci ha provato, però. Ha
provato a puntarle una pistola alla testa, a spararle, ma l’unica cosa che è riuscito a fare era implorarla di amarlo, anche per finta
>>. Il russo si produsse in un sorriso stranamente amaro.
Xander rabbrividì al
pensiero di Irina con la pistola di Challagher
puntata alla testa, ma ancora di più all’idea di
implorare un’illusione come quella che aveva chiesto lo Scorpione.
<< C’è altro
che vuoi sapere, Went? >> chiese ad un certo punto Dimitri, il tono scocciato, <<
Vorrei essere lasciato in pace, adesso >>.
Xander scosse il capo.
<< Mi sono sbagliato su di te >> disse, << Non ti credevo in
grado di pronunciare parole del genere… Né che saresti stato capace di tradire Challagher. Non sarà felice di vederti, in carcere, quando
saprà che sei stato tu… >>.
<< Non me ne
frega un cazzo >> ribatté Dimitri, << Non ho mai avuto paura di
lui, e continuo a non averne. Forse è per questo che
siamo stati amici, una volta, prima che iniziasse a perdere la testa… O forse
prima che capissi che lui non aveva amici, ma solo scagnozzi. Potete anche
metterci in cella insieme: di tempo ne avremo per chiarirci, immagino >>.
Xander fece per uscire.
<< Forse potresti ottenere un piccolo sconto >> disse, << Ti
devo pur sempre qualcosa >>.
Aprì la porta, ma Dimitri lo fermò. << Non mi devi niente, Went >> disse, secco, << Hai vinto, e chi vince
prende tutto. Erano questi i patti della gara, no? So ancora riconoscere la
sconfitta… Fa parte dei pochi valori che ho >>.
Xander si voltò a
guardarlo, e un vago sorriso gli si disegnò sulle labbra. Quel russo era una
fonte di sorprese, e l’idea di mettere una mezza buona parola per lui con il
giudice che avrebbe firmato la sua e la condanna di Challagher
non gli parve più tanto sbagliata.
<< Ci rivedremo, credo >> disse, << Magari nemmeno fra
tanto tempo… >>.
<< Goditi la
tua vittoria, Went >> disse Dimitri.
Xander uscì dalla stanza,
con la strana sensazione addosso di non aver più il controllo di quello che
stava succedendo. Scoprire che il russo non era quello che aveva sempre pensato
però gli faceva piacere: dimostrava che si può cambiare, che c’è qualcuno che è
in grado di capire che ha imboccato la strada sbagliata e che vuole cambiarla.
Trovò Irina ferma
in mezzo al corridoio, davanti a un’altra stanza, che lui riconobbe subito. Era
quella di Challagher. La ragazza era ferma e guardava
oltre il vetro, lo Scorpione adagiato sul letto bianco, solo l’ombra di ciò che
era stato. La testa era appoggiata sul cuscino, gli occhi chiusi,
l’elettrocardiogramma che suonava ritmicamente.
Rimase a studiare
la sua espressione impaurita e addolorata, mentre lei rimaneva immobile davanti
a quel vetro che ora la separava dal suo più grande incubo. Aveva ancora il
naso scuro, il livido sul collo ben visibile, ma non era mai stata così bella…
Né così triste.
Lo sapeva che
sarebbe stato difficile. Sarebbe stato difficile per lei tornare a essere una
ragazza qualunque, a vivere, come una ragazza
qualunque. Quello che si portava dentro era qualcosa che non poteva essere
dimenticato facilmente, che l’avrebbe condizionata per sempre…
Odiò Challagher soprattutto per quello. Poteva anche averla
chiusa in una gabbia, prigioniera di un debito che non era nemmeno suo; poteva averla costretta a essere quello che non era,
facendola diventare Fenice, ma le aveva anche fatto qualcosa che si sarebbe
portata dietro per tutta la vita. Le aveva inflitto una ferita che avrebbe
impiegato moltissimo tempo a guarire, che avrebbe fatto sempre male, e che
avrebbe lasciato una cicatrice indelebile nell’anima di Irina. Una cicatrice
che poteva essere nascosta, ma che non si poteva cancellare.
Si avvicinò e le
cinse le spalle con il braccio. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per aiutarla, per farla tornare quella che era… Quella che lui aveva
conosciuto.
<< Andiamo,
piccola >> disse.
Lentamente la
condusse verso la porta, mentre Irina guardava il pavimento. Forse trovava
strano vedere Challagher così debole, così “normale”:
era sempre stata abituata a doverlo temere, a subire i suoi soprusi.
<< Xander? >> disse lei, piano.
<< Dimmi
>>.
<< Lo
rivedremo mai più? >>.
Xander la strinse.
<< Forse… Ma se tu non vuoi, non lo vedrai di nuovo >> rispose,
<< Non lo vedrai mai più… >>.
Irina lo abbracciò.
<< Allora no, Xander… Non voglio più vederlo.
Voglio solo dimenticare >>.
Xander ricambiò la sua
stretta e lasciò che appoggiasse la testa sulla sua spalla. << D’accordo,
piccola >> disse, << E’ finita… Finché ci sono io, nemmeno il tuo
passato verrà più a cercarti >>.
Ore 20.00 – Casa
<< Xander, tu non potresti guidare >> disse Irina, un
mezzo sorriso davanti al volto di Xander, stagliato
sulla porta di casa sua, il braccio non più appeso al collo, le chiavi della
Mercedes di suo padre che penzolavano nella mano destra.
<< Di solito
non guido con le spalle >> ribatté lui, ridacchiando, << Mi servono solo le braccia. E quelle mi sembra
funzionino >>.
La acchiappò per la
vita e la strinse, stampandole un bacio sulle labbra. Irina fece finta di
arrabbiarsi e si scostò. << Non è meglio che andiamo con la mia macchina?
>> chiese.
<< No. Non mi
fido di come guidi >> ribatté Xander,
ghignando.
Irina alzò gli
occhi al cielo. Era passata una settimana da quando erano usciti dall’ospedale,
ed era la prima volta che Xander le chiedeva di
uscire. Avevano avuto un po’ di cose da fare, soprattutto lui, e avevano
cercato di rimettersi il più possibile… L’unica nota positiva era che Irina non
aveva più il naso nero.
<< Papà, io
esco >> disse in mezzo al corridoio, sperando che dalla cucina Todd la
sentisse.
<< Ok…
>> gridò lui, << A che ora torni? >>. Si affacciò per guardarli, l’espressione seria e vagamente di rimprovero.
Irina lo guardò,
colta alla sprovvista. Aveva capito benissimo cosa stava pensando suo padre… Si
voltò verso Xander, che si stava trattenendo dallo
scoppiare a ridere, e aspettò che le dicesse qualcosa. Si limitò a scrollare le
spalle, come a dire: “Decidi tu”, e ghignò.
<< Ehm… Non
lo so >> rispose Irina, guardando suo papà. << Non mi aspettare,
comunque >>.
Si voltò per
evitare di far vedere a Todd che aveva cambiato colore e uscì di casa, diretta alla Mercedes scura parcheggiata davanti al
vialetto. Xander la seguì, ridendo.
<< Non lo
sai? >> la prese in giro.
Irina si sedette
sul sedile dell’auto, indecisa se arrabbiarsi o ridere. Trovò la cosa
imbarazzante, perché lo sapeva che quello era un punto abbastanza controverso,
per lei… Voleva passare la notte a casa sua oppure no?
<< Dove
andiamo? >> chiese, per cambiare argomento.
Xander mise in moto
l’auto. << C’è un posto dove vorresti andare?
>> chiese.
<< Uhm… No.
Basta che non sia troppo impegnativo >> rispose lei, allacciando la
cintura.
Svoltò a destra, e
proseguì diritto per un po’. Come sottofondo a quel silenzio avevano
la musica della radio, che proveniva soffusa dalle casse. Irina guardò con la
coda dell’occhio Xander, sentendosi un po’ imbarazzata.
Era strano sapere
che tutto quello che aveva sperato si era trasformato in realtà. Fino a qualche
settimana prima, aveva sempre pensato che si sarebbe dovuta accontentare di
quel bacio scambiato in tutta fretta e dal sapore di disperazione… E ora, ora
lui era lì…
Sorrise, guardando
la strada che sfrecciava fuori dal finestrino. Erano sul lungomare, lo stesso
che per Irina aveva sempre rappresentato un’oasi di pace. Lo stesso sul quale
di rifugiava per dimenticare per un po’ i suoi
problemi.
Xander parcheggiò vicino
a un locale che Irina conobbe subito. Era quello in cui erano andati quella
sera in cui Xander le aveva voluto dare le chiavi
della Ferrari e in cui lei gli aveva quasi minacciato di darle un bacio.
<< Ti ricordi
vero di questo posto? >> ammiccò lui.
Irina annuì.
<< Certo >> disse solo.
Era già aperto,
anche se c’era poca gente. Scesero dall’auto e si diressero verso l’entrata.
Uno dei camerieri la riconobbe e la salutò, indicandogli un tavolo libero
vicino alla spiaggia. Xander però la prese per mano e la portò sulla spiaggia, facendo segno al
cameriere di raggiungerli dopo poco per portargli qualcosa da bere.
Si sedettero sulla
sabbia calda, uno di fianco a all’altro, in silenzio.
Irina rivolse gli occhi all’orizzonte, dove il sole era già tramontato
ma si vedeva ancora una linea violetta proprio a livello del mare.
<< Cosa vi
porto? >> chiese il cameriere, sorridendo.
<< Un Martini
per me… E niente di alcolico per lei >> rispose Xander
ghignando, << Non vorrei poi fare la figura di
quello che approfitta… >>.
Il cameriere rise,
e Irina fece altrettanto. GuardòXander,
gli occhi azzurri che brillavano, e si chiese perché riuscisse sempre a sapere
quello che voleva. Doveva avere qualche sorta di capacità che gli permetteva di
leggerle nel pensiero.
<< Mi pare di
ricordare che tu mi abbia fatto una specie di proposta indecente, quando siamo venuti qui l’ultima volta… >> disse Xander, quando il cameriere se ne fu andato, <<
Ricordo male? >>.
Irina si avvicinò.
<< No, non ti ricordi male >> disse, << Ma mi sembrava che
non volessi accettare… >>. Sorrise ammiccando.
Xander ghignò. <<
Potrei averci ripensato… >> disse, << Lo stesso potresti
aver fatto tu per queste >>. Le sventolò davanti agli occhi un mazzo di
chiavi con il cavallino rampante della Ferrari in bella vista.
Irina scostò la sua
mano. << Ti sbagli… E poi non dovrebbe essere distrutta, ormai? >>.
<< L’ho fatta
mandare in riparazione >> rispose Xander,
<< McDonall mi ha fatto questa sorta di
regalino… >>.
<< Lo sai che
non sono le chiavi di un’auto, quello che voglio >> disse Irina,
sorridendo. << Nemmeno se si tratta di una Ferrari >>.
<< Potremmo
fare uno scambio, no? >> propose Xander,
avvicinandola, << Io ti do queste, e tu mi dai…
>>. Si interruppe, e Irina arrossì. << Un
bacio. Mi accontento di un bacio >> concluse lui, sorridendo.
Avvicinò il viso al
suo e la baciò, infilando le chiavi della Ferrari nello scollo della sua
camicetta, esattamente come aveva fatto la prima volta. Irina gli afferrò la
mano e lo spinse sulla sabbia, appoggiandosi a lui. Sentì la costola incrinata
dolere per un momento, e le scappò un piccolo lamento.
<< Male da
qualche parte, piccola? >> domandò Xander,
preoccupato. << Ahi… Ti sei appoggiata sulla spalla sbagliata… >>.
Irina si scostò di
scatto, terrorizzata di avergli fatto male, e abbassò lo sguardo. Sentì Xander ridacchiare.
<< Siamo
messi un po’ maluccio, vero? >> scherzò, << Ci vorrà ancora qualche
settimana, per tornare in forma >>.
Irina annuì e
sospirò. << Perché mi volevi dare quelle chiavi, l’altra volta? >>
chiese.
Xander si sistemò meglio
sulla sabbia, le braccia dietro la testa, completamente a suo agio.
<< Credevo
potessero farti capire che non ti stavo prendendo in giro >> rispose.
<< E come?
>>.
<< Cosa aprono le chiavi, Irina? >> ribatté paziente Xander.
La ragazza lo
guardò. << Le porte >> rispose.
Poi comprese.
Quelle chiavi rappresentavano l’accesso a qualcosa che apparteneva a Xander… Un accesso che aveva permesso solo a lei, forse.
Quelle non erano le chiavi di un’auto, erano le chiavi…
del suo cuore.
Irina fissò Xander, sbalordita. Era una cosa stupenda, profonda, molto
romantica. Le aveva dato le chiavi per farle capire che doveva solo aspettare,
che c’era già qualcosa… Peccato che lei non l’aveva capito.
<< Potevi
essere un po’ più chiaro, però… >> mormorò imbarazzata.
<< Più chiaro
di così… Te lo dovevo scrivere a caratteri cubitali davanti alla porta di casa?
>> ribatté lui, << Dovevi capirlo solo tu, mica tutto il mondo…
>>.
<< Bé, io
però sono stata più esplicita… >> disse Irina.
<< Quella era
una minaccia >> rise Xander, << “Baciami,
se ne hai il coraggio”… Se l’avessi fatto molto probabilmente
mi avresti picchiato… >>.
<< Non è
vero… >> disse Irina, << Però forse mi sarei
arrabbiata… >>.
Xander si mise a sedere.
<< Ci sei rimasta male, vero? >> disse divertito.
<< No
>> mentì Irina, per non dargli la soddisfazione di avere di nuovo
ragione.
<< No? Non
sai quanto sono stato male io quando mi hai ridato le chiavi… >> disse
lui, << Però mi faccio perdonare, d’accordo? >>.
Le mise un dito
sotto il mento e la baciò di nuovo. Irina gli poggiò la mano sulla guancia,
troppo presa dalla voglia di continuare a sentire il suo sapore sulla lingua…
L’aveva agognato per tanto tempo, e non sarebbe riuscita a farne a meno.
Il cameriere poggiò
il vassoio con i due bicchieri sulla sabbia, senza interromperli. Chi se ne
importava se tutti stavano vedendo la scena… Che guardassero pure!
Xander sorrise. <<
Ahi ahiahi >> disse, << Cedi già al primo
appuntamento? Dovresti fare la difficile, tirarla un po’ per le lunghe…
>>.
Irina gli diede una
pacca sulla spalla sana. << Spiritoso… >> disse.
Xander le porse il
bicchiere e poi prese il suo. Fecero cin cin, poi
Irina gli tolse il Martini dalle mani e ne bevve un sorso, sfidando a
riprendersi il suo drink.
<< Mi
provochi, vero? >> disse lui, divertito.
<< Sì
>>.
<< Guarda che
non ho intenzione di cedere >> ribatté lui, << Uno di noi due deve fare la persona seria, non credi? >>.
Irina sorrise. Xander voleva giocare, esattamente come le aveva chiesto:
voleva cominciare tutto da zero, come se non ci fosse mai stato niente. Forse
poteva essere divertente, alla fine. Si strinse nella
spalle e si allontanò, decisa a fare come voleva lui.
Un attimo dopo si
ritrovò sdraiata sulla sabbia calda, le labbra di Xander
sulle sue, il suo respiro che le arrivava dritto dritto alle narici. Sentì la sua gamba scavalcarla,
il suo corpo sopra il suo, che la sfiorava solo, senza schiacciarla, senza
costringerla.
<< Scusa, ma
non ho resistito >> sussurrò lui.
Si spostò di lato,
sdraiandosi di fianco a lei e lasciando che poggiasse la testa sopra la sua
spalla.
<< Sei
incoerente >> mormorò Irina, ridendo.
<< Lo so… Ma
mi piace >> ribatté lui.
Irina si mise
comoda, fissando il cielo nero sopra di loro, le stelle che brillavano lucenti,
il rumore del mare in sottofondo, la musica del bar che arrivava soffusa. Non
poteva chiedere di più, e non avrebbe voluto altro.
<< Xander? >>.
<< Sì?
>>.
<< Adesso
cosa farai? >> chiese Irina.
<< In che
senso? >>.
<< Hai
portato a termine la tua missione >> disse Irina, << Hai arrestato
lo Scorpione… Adesso? Tornerai a New York? >>.
Ci aveva pensato
diverse volte. Xander non viveva lì, viveva a New
York, ed era venuto a Los Angeles solo per arrestare Challagher…
Prima o poi se ne sarebbe andato.
<< Non ho
intenzione di andarmene >> rispose lui, serio, guardando il cielo,
<< Almeno per un po’… Finché le cose non saranno tornate completamente
apposto. In ogni caso, potrei anche decidere di lasciare Los Angeles, ma non di
lasciare te >>.
<< Cosa intendi? >>.
<< Che o
rimarrò qui, oppure se tu vorrai potrai venire con me
>>.
Irina rimase in
silenzio, ad assaporare il significato di quelle parole. Non se ne sarebbe
andato, e anche se lo avesse fatto sarebbero rimasti
insieme, perché lei poteva seguirlo ovunque. Se quella era la strada che aveva
davanti, non poteva che sentirsi euforica.
Sorrise e appoggiò
la guancia alla sua spalla, sentendo il petto di Xander
alzarsi e abbassarsi. Chissà cosa ne sarebbe stato di lei, se quel giorno non
avesse deciso di incontrare il pilota “fuori di testa”
che voleva battere lo Scorpione… Chissà cosa sarebbe successo, se non gli
avesse mai permesso di entrare nella sua vita e di sconvolgerla…
Chiuse gli occhi,
tranquilla come non lo era mai stata. Xander c’era e
sarebbe rimasto, glielo aveva detto: e lei gli credeva. Aveva sempre mantenuto
le sue promesse, sempre.
<< Sei stanca? >> chiese Xander,
all’improvviso, guardando l’orologio.
<< Un po’…
>> mormorò Irina. Il tempo era davvero volato…
<< Ti riporto
a casa, allora >> disse lui, << Hai bisogno ancora di qualche
giorno di riposo, credo >>.
Si mise a sedere,
massaggiandosi la spalla sinistra. Irina sbuffò: stava davvero troppo bene,
perché interrompere quella cosa?
Si guardò intorno,
per notare che il locale iniziava a riempirsi di gente, e che qualcuno guardava
incuriosito dalla loro parte. In effetti, non era più un luogo molto
tranquillo…
Si alzò e seguì Xander fino al parcheggio, verso la Mercedes scura.
Salirono in macchina, e Irina notò che continuava a massaggiarsi la spalla, una
leggera smorfia sul volto.
<< Ti fa
male, vero? >> chiese, preoccupata.
<< Non tanto
>> rispose Xander, mettendo in moto, <<
Forse devo cambiare la fasciatura… E’ la garza che mi
da fastidio >>.
<< E fai
tutto da solo? >> domandò Irina.
<< Sì… Non ho
ancora un’infermiera personale >> rispose lui, sorridendo.
<< Posso
farlo io, se vuoi >> si offrì Irina.
Xander ghignò e le lanciò
uno sguardo. << D’accordo… >> disse, e fece retromarcia, << Poi però ti riporto a casa >>.
Irina si appoggiò
soddisfatta al sedile dell’auto, felice di essere riuscita a trovare una scusa per poter stare ancora un po’ insieme a lui.
Poco dopo, Xander fermava la Mercedes nel giardino di casa sua, le
finestre tutte scure. Non doveva esserci nessuno,
nemmeno Jess.
<< E’ uscito
con Jenny >> spiegò Xander, aprendo la porta di ingresso e accendendo la luce. << Aspettami in
soggiorno, che arrivo subito >>.
Irina si andò a
sedere sul divano, aspettando che Xander tornasse. Lo
vide entrare con un vassoio in mano, una crostata di frutta in bella vista e decisamente invitante. La appoggiò sul tavolino.
<< Non sono
venuta per mangiare… >> disse lei, ridacchiando.
<< Invece tu
mangi >> ribatté Xander, << Quanti chili
hai perso dall’ultima volta che ci siamo visti, eh? >>.
Irina sbuffò.
<< Se continui a farmi mangiare in questo modo, ti sfonderò le
sospensioni della Ferrari… >> disse. Lo guardò con insistenza, per
ricordargli che doveva svolgere la sua parte da infermiera.
<< Prima
mangi >> disse lui, porgendole una grossa fetta di crostata.
Irina la prese e la
assaggiò: era davvero buona. Doveva essere opera di Nichole…
Era da molto che non la vedeva: chissà come stava.
<< Fatto
>> disse lei dopo poco, spazzolandosi le briciole dai pantaloni.
Xander alzò gli occhi al
cielo, poi le fece cenno di andare di sopra. << Vado a prendere le cose…
>> disse, << Scegli tu dove dobbiamo
metterci >>.
Irina scattò in
piedi e si diresse sicura verso la sua camera. Accese la luce e attese.
Xander tornò poco dopo,
la valigetta del pronto soccorso in mano e l’espressione divertita. Tirò fuori
una compressa di garze pulite e la guardò.
<< Sicura che
non ti fa impressione? >> chiese.
Irina annuì. Xander le gettò un’ultima occhiata, poi si sfilò la maglia,
gettandola sul letto. La spalla sinistra era avvolta in una spessa benda
bianca, ma i muscoli sembravano sempre in ottimo “stato”. Cosa che Irina colse
subito.
<< A te
l’onore >> disse lui, porgendole un paio di forbici e sedendosi sul
letto.
Irina le prese e
iniziò a tagliare la benda, lasciandola cadere per terra. Piano, per evitare di
fargli male, scoprì lentamente la ferita, accorgendosi però che la garza era
rimasta incollata, rossa di sangue. Vide Xander fare
una smorfia.
<< Si è
appiccicata… >> sussurrò Irina, << Per questo ti faceva male… Non
sei proprio capace di medicarti da solo… >>.
Irina mise da parte
al forbice, e per la prima volta sfiorò la pelle di Xander con le dita. Sentì il sangue affluire al volto,
arrossendo di colpo, il respiro lentissimo. C’era qualcosa di decisamente invitante nel calore che emanava…
Xander le rivolse
un’occhiata, e sembrò turbato anche lui. Si mosse appena mentre Irina tirava
delicatamente la garza, fino a scoprire la ferita ancora fresca, i punti che
risaltavano sulla carne. Sanguinava ancora un po’, e doveva essere anche
piuttosto dolorosa.
<< Non è
proprio una cavolata… >> mormorò Irina, sentendosi improvvisamente in
colpa, rendendosi conto di essere la causa di quella ferita. << Ti
rimarrà la cicatrice, vero? >>.
I suoi occhi
corsero subito a quella che aveva sul petto, ricordo di un errore giovanile.
Lui annuì in silenzio.
<< Un’altra…
>> sussurrò lei.
Xander le mise una mano
sulla guancia e la fece sedere di fianco a lui. << Ascoltami, Irina
>> disse, << Che non ti salti in mente di sentirti in colpa,
capito? E’ la volta buona che mi arrabbio davvero… Non centri nulla. E’ solo
una stupida cicatrice… Non me ne importa assolutamente nulla, se è l’unica cosa
che mi rimane dopo averti ritrovata viva, ok? Niente
sensi di colpa. Anzi, sono contento di averla: mi ricorderà un altro dei miei
errori, che non si deve ripetere >>.
Irina abbassò lo
sguardo e annuì.
<< Avanti,
finisci >> la invitò lui sorridendo, << Sei brava a fare
l’infermiera, te lo ricordo… >>.
Irina sorrise
leggermente e continuò il suo lavoro, sentendo lo sguardo di Xander su di lei, e cercando di non farsi distrarre. La sconcentrava quando la guardava in quel modo…
<< Finito
>> disse, fissando la garza con un punto metallico, << Questa volta
non ti farà male >>.
Xander la prese per il
mento e la baciò all’improvviso, cogliendola alla sprovvista. La imprigionò in
un qualcosa che era denso di passione, di desiderio… Decisamente
diverso dalle altre volte.
Irina non oppose
nessuna resistenza quando lui la spinse sul letto, fadecendola sdraiare,
continuando a rimanere incollato alla sua bocca, il respiro che si faceva
stranamente più pesante… Le sue mani si poggiarono sul suo petto, la cicatrice
sotto le dita, la pelle calda e i muscoli tesi…
Xander si staccò un
momento e le rivolse un’occhiata, le iridi azzurre più brillanti
del solito. Irina aveva il respiro accelerato, una strana sensazione allo
stomaco e il cuore che batteva a mille. Solo in quel momento di rese conto di
essere sdraiata sotto di lui.
<< Ti devo
qualcosa in cambio, per il servizio? >> ghignò lui.
Irina gli mise una
mano dietro il collo e lo tirò giù, catturandolo di nuovo in un bacio che
voleva dirgli di smettere di giocare…
La mano di Xander corse ai bottoni della sua camicetta, aprendoli uno
dopo l’altro, in fretta. Gliela sfilò in un secondo, scoprendo la pelle chiara
e ancora segnata di Irina. Le sue dita percorsero le costole, ancora troppo
visibili, e arrivarono ad afferrarle i fianchi, delicatamente, per poi tornare su.
Poi, secco,
improvviso, del tutto inaspettato, un dolore sordo arrivò al petto di Irina, un
dolore che partì dalle sue costole ma arrivò dritto dritto al cuore. Un lampo, e tutto le tornò in mente troppo
nitido, troppo straziante.
Lei… Lei e William.
Il suo cuore
accelerò ancora, questa volta per paura. Ricordava troppo bene quella
sensazione di terrore, di impotenza, di completa
inerzia… Era un dolore sia fisico che mentale, un dolore che aveva paura di
riprovare…
Xandersi
immobilizzò, le dita che erano arrivate al suo ombelico, l’espressione
preoccupata.
<< Io… Io credo
di non riuscirci… >> sussurrò Irina, in preda al panico.
Xander rimase a
guardarla, gli occhi che brillavano, il respiro leggermente affannato. I
muscoli delle spalle si sciolsero, il fiato che si faceva meno pesante.
Irina rimase
paralizzata, in attesa. Forse non poteva chiedergli di fermarsi… Forse non poteva pretendere che si accontentasse di quello… In fondo,
aveva cominciato lei.
Xander si mosse appena, e
diventò serio.
<< Scusami…
>> sussurrò Irina, << Lo so che… >>.
<< Sapevo che
saremmo arrivati a questo punto >> disse lui, e sorrise, << Lo
sapevo… Per questo avevo in mente di riportarti a casa, invece che farti venire
qui. Non ti devi scusare: è colpa mia. Mi ero
ripromesso di fare la persona seria >>.
<< Xander… Mi… Mi dispiace >> mormorò Irina, sentendosi
una stupida, << Non credevo che sarebbe stato
così… Che avessi paura di una cosa del genere… >>.
Si morse il labbro,
trattenendo le lacrime. Era assolutamente senza speranze: perché non poteva
essere una ragazza normale? Perché doveva sempre avere decine di stupidi
problemi? Xander non era William… Non sarebbe stato
uguale…
Eppure aveva paura
lo stesso. Era una paura infondata, stupida, inutile, eppure non riusciva a
togliersi dalla mente tutti i ricordi che aveva…
<< Irina
>> disse Xander, << Ascoltami. Lo so è
che presto, capito? Lo so che non posso chiederti una cosa del genere… Lo
sapevo anche prima. Non farti strani complessi, ok? Sarei un bugiardo se
negassi che mi piacerebbe davvero tantissimo fare l’amore con te, ma sono disposto
ad aspettare, capito? Tutto il tempo che ti serve, tutto il tempo
che vuoi… Niente forzature >>.
Sorrise a suggello
di quelle parole, ma Irina continuò a sentirsi
inadeguata. Lui la lasciò mettersi a sedere, guardandola cercare di trattenere
le lacrime. Era frustrante, terribile, avere quella stupida paura… E lo era
ancora di più sapere che Xander si ostinava a darle
ragione.
Si fissò le mani, cercando di capire se si meritava davvero
quella comprensione. Xander le prese il mento e la
costrinse a guardarlo, un bel sorriso sul volto divertito.
<< Posso
farti una domanda, piccola? >> chiese.
Irina annuì.
<< Sei mai stata a letto con qualcun altro, a parte… >> si fermò
prima di pronunciare il nome di William.
Irina fece cenno di
no con la testa. Anche in quello si confermava la solita bambina. Il sorriso di
Xander si allargò ancora di più.
<< Mi fa
piacere, lo sai? >> disse, << Davvero >>.
Irina lo guardò, e
si aprì in un leggerissimo sorriso. Forse la stava prendendo in giro, ma non
importava.
<< Sarò
ancora più paziente, sai? >> scherzò lui, e le baciò il naso. <<
Almeno a dormire rimani? >>.
Irina annuì.
<< Mettiti
questa, allora >> disse lui, porgendole la sua maglia, << Io non ti
forzo, ma tu non forzare me, eh >>.
Irina sorrise e lui
le fece una carezza, ridendo.
In fondo, aspettare
non sarebbe stato così difficile. Aveva bisogno solo di un po’ di tempo, di
rimettere a posto qualche cosa in sè
stessa, e poi tutto sarebbe tornato normale. Lei per prima. il
tempo avrebbe guarito anche quella ferita, senza lasciare cicatrici. Non
sarebbe stato facile, non sarebbe stato veloce, ma sarebbe tornata a essere
Irina, quella che aveva lasciato morire il giorno in cui aveva deciso di
diventare Fenice, il giorno in cui aveva smesso di essere una ragazza
qualunque.
Spazio Autrice
Ok, oggi non mi dilungo troppo… Lascio tutto all’ultimo capitolo. Vi informo che la prossima volta posterò l’ultimo
capitolo e l’epilogo, quindi non abbandonate le speranze sulla tanto
sospirata “notte” tra i nostri due eroi… Vi accontenterò, e voi avete capito
cosa intendo…
Per il resto, spero
sia stato chiaro cosa ha spinto Dimitri ad aiutare
Irina. Lo ha fatto semplicemente perché sapeva che Xander era più forte di loro, e soprattutto era più forte
dello Scorpione. Lui non era fedele a William, ma al numero uno della BlackList… E quando ha capito
che Xander lo sarebbe in qualche modo diventato, ha
deciso di fare la cosa migliore: lasciarsi arrestare e dare ad almeno uno di
loro, Irina in questo caso, la possibilità di salvarsi. E’ un ragionamento
contorto, ma questa è la mente di Dimitri, e io non
posso farci nulla.
Ora, non so quando
posterò l’ultimo cap + epilogo, ma spero di fare in
fretta. Dopodiché vi lascerò il tempo di pensare prima di postare i
ringraziamenti, in cui risponderò a qualsiasi vostra
domanda, e magari vaglierò l’ipotesi di un seguito… A voi i restanti commenti.
Vi
invito
quindi a pensare se c’è qualcosa che vi è poco chiaro e che siete curiosi di
sapere su qualche personaggio. La prossima volta potrete farmi tutte le domande
che volete!
Il giudice Foreman
raggiunse il suo scranno con lo sguardo a terra, l’espressione seria. La toga
nera frusciò sulla sedia, quando si sedette e gettò un rapido sguardo verso la
gente che occupava la sala del Tribunale di Los Angeles e che borbottava
rumorosamente. Le telecamere dei giornalisti si puntarono immediatamente sul
giudice, in attesa.
Xander sentì Irina
stringergli la mano, in piedi di fianco a lei, gli occhi bassi. Stava tentando
in ogni modo di non guardare nella parte sinistra della sala, per evitare di
incontrare gli occhi dell’ultima persona che voleva vedere.
William Challagher.
Xander girò la
testa verso lo Scorpione, seduto con l’espressione strafottente sul volto, le
mani ammanettate, i due agenti della polizia che lo controllavano a vista.
Qualche metro più in là, c’era Dimitri, in disparte, perfettamente tranquillo.
William continuava a guardare dalla loro parte, gli occhi fissi su Irina, un
vago sorriso che non cercava nemmeno di nascondere.
Xander si mosse
appena, nervoso. Le aveva detto che non l’avrebbe più rivisto, ma Irina era
stata chiamata a testimoniare contro Challagher, per raccontare la sua su tutti
gli eventi che li avevano coinvolti. L’aveva fatto solo per infliggergli una
condanna ancora peggiore, ma era stato molto difficile per lei.
Quando l’aveva
vista seduta di fianco al giudice, lo sguardo basso e il tono di voce flebile,
mentre rispondeva alle domande degli avvocati e dello stesso giudice, si era
sentito morire. Era stata costretta a raccontare tutto, per filo e per segno,
tutto quello che aveva vissuto con lo Scorpione… E mentre lui soffriva in
silenzio, seduto vicino al loro avvocato, Irina aveva lo sguardo addolorato di
chi proprio non ce la fa più.
“Smettila di guardare da questa parte, figlio di
puttana” pensò
Xander, fissando con occhi di fuoco Challagher, “Ti chiuderanno dentro a vita, e allora l’unica cosa che avrai da
fissare saranno le sbarre… E te stesso”.
Si voltò verso Irina,
e le mise un braccio intorno alle spalle. Le aveva chiesto molto, lo sapeva, ma
era stata molto coraggiosa: aveva accettato di rivederlo, di sentire il suo
sguardo su di lei, e di parlare di quello che era successo.
All’inizio era
stato tragico. Jenny e Jess avevano assistito alle prime sedute del processo, e
l’amica era scoppiata a piangere appena aveva capito cosa gli aveva nascosto
Irina per anni. Era corsa fuori dalla sala, sconvolta, senza la forza per
continuare ad ascoltare. Irina era rimasta pietrificata quando aveva visto la
sua reazione, ma non aveva avuto modo di fare niente, se non continuare a
rispondere alle domande del giudice con voce stentorea. L’unica nota positiva
in tutta quella cosa era che i giornalisti non avevano assistito a quella parte
del processo, perché Xander aveva preteso che avvenisse a porte chiuse.
Il giudice si
schiarì la voce, e guardò tutta la sala da sopra gli occhiali.
<< Bene
>> disse, << Silenzio, per favore >>.
Si schiarì un’altra
volta la voce e continuò: << Questa Corte, esaminate le prove a carico
degli imputati, valutati i racconti dei testimoni, condanna William Challagher
alla reclusione in carcere a vita, regime di massima sicurezza, per i reati di:
omicidio premeditato, violenza sessuale, spaccio di droga, traffici illeciti,
gare clandestine… >>.
Xander abbracciò
Irina, ritornando a respirare. Il giudice continuò a elencare i reati per i
quali era condannato Challagher, mentre Irina rimaneva in completo silenzio,
abbandonata sul suo petto. Guardò lo Scorpione con soddisfazione, invitandolo a
mostrare ancora la sua faccia tosta.
L’unica reazione di
Challagher fu quella di arricciare il labbro, fissando Foreman con occhi di
ghiaccio, quasi fosse convinto che sarebbe crollato a terra. Poi gettò
un’occhiata a Dimitri, che lo guardò senza lasciar trasparire nulla dalle iridi
grigie. Teneva le braccia incrociate, in attesa della sua condanna.
<< Questa
Corte, esaminate le prove a carico dell’imputato, valutate le testimonianze,
condanna Dimitri Goryalef alla reclusione in carcere per anni quindici, per i
reati di: omicidio colposo, gare clandestine, traffici illeciti… >>.
Quindici anni…
Erano tanti, ma sempre meno di quelli che gli sarebbero spettati se Xander
stesso non avesse testimoniato a suo favore… Guardò il russo e gli fece un
cenno con il capo.
Rimasero in
silenzio ad ascoltare le condanne di tutti, presenti e non presenti, e alla
fine la sala eruppe in un applauso. Xander strinse la mano al loro avvocato e
fece un cenno a Jess, seduto qualche fila indietro, Jenny di fianco a lui.
Prese per mano
Irina e insieme seguirono la folla che lasciava la sala, Challagher scortato
verso le volanti della polizia insieme a Dimitri, Simon Cohen che si occupava
di loro, dopo aver deciso di tornare nell’F.B.I.
<< Irina!
>> gridò Jenny, e le corse incontro abbracciandola, le lacrime agli
occhi. Le due ragazze rimasero appiccicate, mentre Jess dava una pacca sulla
spalla a Xander.
<< E’ andata
bene, alla fine >> disse, << Meglio di quanto immaginavamo
>>.
Dire che era andata
bene era una magra consolazione. Challagher sarebbe rimasto in carcere per il
resto dei suoi giorni, ma niente avrebbe cancellato la cicatrice di Irina. Se
n’era reso conto quando aveva scoperto che dal momento in cui aveva
acconsentito a testimoniare contro di lui, e quindi a rivederlo, di notte era
perennemente assalita dagli incubi…
<< Andiamo a
prendere un caffè >> disse Xander, << Credo sia meglio pensare ad
altro >>.
Irina non aveva
ancora parlato, e Jenny continuava a tenerla per mano, cercando invano di
consolarla. Nonostante tutto, però, sembrava sollevata. Quella era davvero
l’ultima volta che vedeva Challagher.
<< Ti va, o
preferisci andare a casa? >> le chiese.
<< Va bene
>> disse piano Irina, << Penso di aver bisogno di qualcosa di
fresco >>.
Xander si mise
d’accordo con Jess su dove andare, poi lui e Irina raggiunsero la Mercedes
scura e salirono sopra, in silenzio. Solo allora Irina si lasciò andare a un
sospiro.
<< Stai bene?
>> chiese Xander, mettendo in moto.
<< Sì, sto
bene >> rispose lei stancamente, << Sto bene… Mi ha fatto piacere
che tu abbia messo una buona parola per Dimitri… In fondo lui non mi ha mai
fatto niente >>.
Xander si diresse
verso il lungomare, il sole di agosto che batteva sul tetto di scuro dell’auto,
i finestrini aperti da cui entrava la brezza del mare.
Irina aveva
ragione: il russo non le aveva mai fatto niente, non l’aveva mai toccata. E poi
alla fine li aveva anche aiutati: gli erano riconoscenti entrambi per quello,
forse in modo diverso, ma lo erano davvero.
Xander parcheggiò
l’auto, e scesero. Quello che ormai era diventato il loro bar li aspettava
appollaiato sulla spiaggia, i tavolini luccicanti che davano sulla battigia,
gli ombrelloni colorati che rallegravano l’atmosfera. Irina sembrò riprendersi.
<< Avanti,
sorridimi. Fammi questo regalo >> le disse, e lei si aprì in un
meraviglioso sorriso, anche se qualcosa nei suoi occhi continuava a rimanere
oscuro.
<< Ho voglia
di un gelato >> disse Irina, sfiorando le labbra con le sue.
<< Tutto
quello che vuoi, basta che continui a sorridere >> disse Xander,
spingedola verso uno dei tavoli.
Sentirono Jenny e
Jess arrivare qualche minuto dopo, discutendo su qualcosa che la ragazza
riteneva di massima importanza.
<< Secondo me
bisogna dirglielo… >> stava mormorando.
<< Ci pensa
Xander >> ribatté Jess, chiudendo il discorso. << E’ opera sua, non
nostra… >>.
Irina guardò
curiosa Xander, ma lui ammiccò e non disse niente. Non voleva rivelarle nulla,
perché aveva in mente una cosa… Le fece cenno di non fare domande, e lei
sorrise.
<< Ah,
eccovi! >> disse Jenny, << Stavo pensando che ci vorrebbe qualcosa
di fresco… Sto morendo di caldo, voi? >>.
<< Gelato?
>> propose Irina, facendole spazio accanto a lei.
Xander la guardò, e
si rese conto che alla fine niente poteva andare meglio di così. Challagher
sarebbe finito in una cella a vita, senza fare del male più a nessuno, e lui
aveva ritrovato Irina. Non poteva chiedere di meglio, in quella giornata… Non
poteva chiedere di più, in quella vita.
Cosa sarebbe
successo dopo, non lo sapeva, e forse non era nemmeno importante. Per la prima
volta si trovava a dover sperare che lei non si stufasse di lui, perché era
sicuro che il contrario non sarebbe mai accaduto. Per il momento le ferite si
stavano rimarginando, con fatica, con pazienza, ma almeno si stavano ricucendo…
Di tempo ne avevano, ora.
<< Avanti,
Irina, sbrigati >> disse Jenny, aspettandola nel corridoio, impaziente.
<< Arrivo
>>.
Irina scese le
scale e prese le chiavi della macchina, sotto lo sguardo indagatore dell’amica.
Quando si accorse che Jenny aveva un sopracciglio inarcato e l’espressione
scettica, si fermò di colpo.
<< Che c’è?
>> chiese, guardandosi. Indossava i soliti jeans e aveva messo una
camicetta lilla, niente di strano, a suo parere.
<< Mah…
>> fece Jenny, << No, no niente… Stavo solo pensando che al posto
di quei jeans io ci vedrei una gonna… >>.
<< Ma stiamo
andando solo a casa di Xander >> disse Irina, dubbiosa.
<< Appunto
>> ribatté Jenny.
Irina alzò gli
occhi al cielo e tornò di sopra, per mettere la tanto sospirata gonna. Scese di
nuovo e guardò Jenny, in attesa del suo ok.
<< Bene, ora
va meglio >> disse lei, << Adesso possiamo andare… Andiamo con la
mia macchina >>.
<< Oh…
>>. Irina lasciò le chiavi della TT sul mobiletto e salutò suo padre, poi
seguì Jenny fuori. Era chiaro che le stava nascondendo qualcosa, e che non
voleva dirle nulla… Doveva avere a che fare con la cosa che l’aveva sentita
confabulare con Jess quella mattina, e prima che Xander la riportasse a casa,
senza stranamente chiederle di passare il pomeriggio insieme…
Mezz’ora dopo,
parcheggiavano la Ford azzurra di Jenny nel giardino della casa di Xander.
Irina notò subito che doveva esserci qualcun altro, perché sentiva delle risate
provenire dal punto esatto dove c’era la piscina… E poi c’era qualche auto di
troppo: la Golf rossa di Max e diverse macchine che non aveva mai visto.
“Credo di essermi persa qualcosa…”.
Suonarono alla
porta, e venne ad aprirgli Jess, vestito con una bella camicia azzurra,
l’espressione divertita di fronte allo sguardo incuriosito di Irina. Scambiò un
bacio con Jess e poi le fece entrare.
<< Andate in
giardino… C’è una bella sorpresa >> disse.
Jenny ridacchiò, e
lei e Irina raggiunsero la piscina.
I lampioncini erano
accesi, rischiarando il giardino con una luce delicata e soffusa. Sui bordi
della piscina e sull’acqua limpida, c’erano decine di candeline colorate, che
bruciando pervadevano l’aria di un dolce profumo di frutta. Un paio di tavoli
erano stati riempiti di bottiglie e di cibo, circondati da decine di persone
che parlavano tra loro, ridendo e scherzando. Mentre si rendeva conto di
conoscere bene le canzoni che lo stereo, appostato a un angolo del giardino,
stava trasmettendo, individuò Max, Angie, Katy e Antony dall’altra parte della
piscina. La salutarono ridendo della sua espressione confusa. Si era veramente
persa qualcosa…
<< Ti piace?
>> domandò una voce alle sue spalle.
Si voltò di scatto,
incontrando gli occhi azzurri e luccicanti di Xander. La camicia bianca gli
stava benissimo, e appeso al suo collo brillava qualcosa che Irina conosceva
bene, e di cui per un po’ si era dimenticata dell’esitenza: il suo ciondolo,
quello che gli aveva dato, o forse quello che aveva strappato dalle mani di
William…
<< Cosa vuol
dire? >> chiese lei sorridendo e facendo cenno verso quella che era
chiaramente una festa, << Non mi avevi detto nulla… Non è mica il mio
compleanno >>.
<< Infatti…
E’ il mio, di compleanno >> rispose lui, ghignando.
Irina rimase di
sasso, presa alla sprovvista. Guardò il datario dell’orologio, e si rese conto
che si era dimenticata del suo compleanno… Colpa della sentenza del giudice,
del pensiero del processo…
<< Perché non
me lo hai ricordato? >> balbettò, imbarazzata.
Xander sorrise.
<< Perché eri presa da altro… Non volevo che ti preoccupassi anche di
questo >> rispose, << Il mio compleanno è solo una scusa per fare
tutto questo >>.
Irina sorrise e gli
diede un bacio a fior di labbra. Non gli aveva portato nemmeno un regalo…
Si accorse che
qualcuno li guardava divertito, così si voltò verso la piscina e rivolse
un’occhiata fintamente arrabbiata a Jenny: lei sapeva tutto e non le aveva
detto niente.
<< Ci sono un
sacco di persone che non conosco… >> mormorò Irina, << Ah, quelli
sono i tuoi. Vado a salutarli >>.
Individuò Anne e
Steve che si servivano da mangiare in un piatto, tutti contenti per essere
presenti alla festa del figlio. Parlavano con altre persone che Irina non aveva
mai visto, ma dovevano essere colleghi dell’F.B.I.
<< Ciao Irina
>> la salutò allegramente Anne, << Come stai? >>.
<< Bene,
signora >> rispose Irina, << Non sapevo che Xander avesse
organizzato tutto questo… L’ha fatto apposta per farmi trovare impreparata
>>. Sorrise.
Anne lanciò
un’occhiata complice al marito. << L’importante è che tu ci sia >>
disse.
Irina li salutò e
andò verso Angie per scambiare quattro chiacchere. Le cose con Max sembravano
andare a gonfie vele, e il meccanico si era ripreso dal senso di colpa per non
averle impedito di gareggiare contro William e aver così evitato tutto quel
casino. Katy, l’unica venuta non “accompagnata”, sembrava perfettamente a suo
agio, e adocchiava famelicamente la torta che era stata lasciata incustodita su
uno dei tavoli.
<< Quando sei
impreparata sei più bella >>.
Xander ricomparve
di nuovo come un fantasma alle sue spalle, ma Irina non si voltò, per dargli
l’impressione di essere arrabbiata con lui. Sentì la sua mano scostarle una
ciocca di capelli dalla spalla.
<< Come ti
senti? >> le chiese, avvolgendole la vita con le braccia.
<< Bene
>> rispose Irina, << Troppo bene… Avrei voluto solo ricordarmi del
tuo compleanno: ti avrei fatto un regalino… >>.
<< Il tuo
regalo me lo hai già fatto >>. Le mise davanti agli occhi il ciondolo a
forma di quadrifoglio. << Me lo lasci, vero? >>.
Irina fissò la
catenina d’argento, dubbiosa. Quell’oggetto rappresentava per lei molto,
moltissimo: era un pezzo della sua anima, perché era un dono di sua madre. Era
la cosa a cui teneva di più… Chi meglio di lui poteva conservare un pezzo di
lei stessa?
<< E’ già tuo
>> rispose.
Xander la fece
girare e la baciò sulle labbra, incurante di avere sua madre a pochi metri da
loro. Sorrise quando la vide rivolgere un’occhiata alla donna, imbarazzata.
<< C’è tua
mamma… >> sussurrò.
<< E allora?
Non le da mica fastidio, sai? >> ribatté Xander, senza l’intenzione di
staccarsi.
<< A me sì,
però >> disse Irina, cambiando colore.
Xander le sospirò
proprio sulla bocca, e la lasciò andare. Anne ridacchiò e Irina capì da chi
Xander avesse preso il suo famoso ghigno lupesco.
<< Finalmente
ti sei trovato una ragazza seria >> commentò la donna, guardando il
figlio, << Per i tuoi canoni è una novità… Almeno, l’ultima ragazza che
mi hai presentato risale a prima che diventassi agente dell’F.B.I… >>.
Irina guardò
Xander, curiosa e sorpresa. Chissà che genere di ragazze aveva avuto, prima…
Lui alzò gli occhi al cielo, e non disse niente.
<< Una volta
è venuto a casa con una spogliarellista >> sussurrò Anne ridendo, in modo
che solo loro tre potessero sentire, << Per fortuna che è durata solo una
settimana… Dopo ha cambiato gusti >>.
Irina guardò a
occhi spalancati Xander. Non era gelosa, era solo… Bé, Xander non le sembrava
proprio un tipo da spogliarelliste!
Lui sbuffò e disse:
<< Lasciamo perdere… Ero un ragazzino idiota… >>.
Irina sorrise
quando si accorse che Xander trovava la cosa imbarazzante: era la prima volta
che lo vedeva a disagio per qualcosa, e lo trovò davvero tenero. Gli scoccò un
bacio sulle labbra e si allontanò, per dargli il tempo di prendersela con sua
madre, se voleva.
La serata passò
davvero velocemente, tra una chiacchera e l’altra; le vennero presentate
diverse persone, ma dopo mezz’ora aveva già dimenticato tutti i nomi così, per
evitare figuracce, decise di andarsi a sedere vicino al bordo della piscina,
assaporando quel profumo fruttato che proveniva dalle candele ancora accese.
Verso mezzanotte se
ne andarono tutti, e rimasero solo Jenny e Jess. Xander si allentò i bottoni
della camicia e si sedette di fianco a lei, ridendo della faccia rossa di Jess,
che aveva bevuto qualche goccetto di troppo. L’informatico era piuttosto
allegro, e canticchiava una canzone che sembravano conoscere solo loro due.
Jenny lo prese per
un gomito. << Dai, scemo… Te ne devi andare a dormire, prima di
cominciare a dire cavolate… Hai una reputazione da agente dell’F.B.I. da
difendere… >>.
Scoppiarono tutti a
ridere, e Irina e Xander li guardarono rientrare in casa, con l’informatico che
ghignava più del solito. Faceva davvero ridere.
Ad un certo punto
Xander si sfilò la camicia e la lasciò sulla sdraio, e guardò Irina, una luce
maliziosa negli occhi azzurri.
<< Bagno di
mezzanotte? >> propose.
<< Ehm…
>>.
Jenny avrebbe
potuto almeno dirle di portarsi il costume…
<< Avanti…
Non ti vede nessuno… >> ghignò Xander, avvicinandosi, << Fa un po’
caldo, non trovi? >>.
Non le diede
nemmeno il tempo di rispondere, perché la prese per i fianchi e la spinse oltre
il bordo della piscina, scarpe comprese, e si tuffò di fianco a lei.
Irina riemerse un
secondo dopo, i capelli incollati alla faccia, il leggero trucco che doveva
essersi sciolto. Guardò Xander fare un paio di bracciate e raggiungerla,
ridendo. La spinse verso il bordo e la imprigionò tra le sue braccia, il volto
a pochi centimetri dal suo.
<< Non potevi
avvertirmi, vero? >> disse lei, scocciata, l’acqua gelida che le mulinava
intorno alle gambe.
<< No, non
sarebbe stato altrettanto divertente >> ribatté lui, abbassando lo
sguardo sulla sua camicetta bagnata, che era diventata trasparente. Le passò
una mano tra i capelli e ghignò. << Dai, perdonami… E’ il mio compleanno,
in fondo >>.
<< Sbaglio, o
è il tuo compleanno solo quando serve? >> ribatté Irina, ma sorrise.
Poteva perdonargli
tutto, anche quello. Xander non era mai eccessivo, quando la prendeva alla
sprovvista: mai niente di troppo pesante. Faceva parte di uno dei suoi
innumerevoli pregi.
<< Davvero
sei stato con una spogliarellista? >> chiese, giusto per metterlo di
nuovo in imbarazzo.
<< Sì… Ma
avevo diciannove anni… Ero ancora un cretino >> rispose lui, << Mia
madre è una scema, non sa tenere la lingua a posto… >>.
<< Non mi da
mica fastidio sapere che sei stato con altre ragazze >> disse Irina,
ridacchiando, << Però, bè… Potrebbe venirmi qualche complesso >>.
Xander le rivolse
un’occhiata maliziosa. << In realtà, nemmeno una delle ragazze con cui
sono stato potrebbe reggere il confronto con te nella prova “maglietta
bagnata”, sai? >>.
Irina gli diede un
finto schiaffo, arrossendo per la sua sfacciataggine, ma poi si lasciò mettere
a sedere sul bordo della piscina senza protestare. Xander si issò di fianco a
lei, grondando acqua da tutte le parti, e le passò un asciugamano, avvolgendola
stretta in un abbraccio che le scaldò anche l’anima.
<< Mi fai un
altro regalo? >> domandò.
Irina annuì.
<< Rimani di
nuovo a dormire? >>.
<< Certo
>>.
Rientrarono in
casa, e Irina andò in bagno a cambiarsi. Ormai aveva lasciato un cambio per
ogni evenienza, perché era capitato spesso che si fermasse a dormire da Xander.
Cercò la sua camicetta da notte azzurra e se la infilò, asciugando rapidamente
i capelli con il phon.
Trovò Xander che
accendeva la lampada sul comodino, che stava spegnendo il cellulare. Le rivolse
un’occhiata e si sdraiò nel letto, facendole cenno di raggiungerlo.
Mentre si sedeva di
fianco a lui, Irina venne presa da un pensiero: Xander aveva venticinque anni,
ed era stato con diverse, se non molte, ragazze prima di lei… Lei, invece, dal
basso dei suoi vent’anni, era una bambina… Che oltretutto non riusciva ancora a
vincere le sue paure.
Sospirò e appoggiò
la testa sulla spalla di Xander. Quello era un altro problema, che doveva
risolvere al più presto… Quanto tempo era passato da quando Xander le aveva
promesso niente forzature?
Un mese… Un lungo mese
nel quale Xander non le aveva mai fatto pesare la questione, non era mai più
tornato sull’argomento. L’unica cosa che le aveva chiesto, e lo aveva fatto
scherzando, era di non mettere troppo alla prova il suo autocontrollo, cosa che
Irina non avrebbe mai fatto anche se lui non glielo avesse mai detto.
<< ‘Notte,
piccola >> sussurrò lui, spegnendo la luce.
<< ‘Notte
>>.
Irina si svegliò di
soprassalto, preda di nuovo del suo incubo che ormai da un mese faceva parte
della sua notte. Si mise a sedere, guardando la stanza fiocamente illuminata
dalla luce dell’alba che filtrava tra le finestre. Trasse un respiro profondo,
cercando di calmare il cuore che batteva all’impazzata e guardò Xander, di
fianco a lei, che dormiva tranquillo.
Rimase immobile
sperando di non svegliarlo. Non voleva rovinargli l’ennesima notte di sonno per
uno stupido sogno di cui non riusciva a disfarsi… Tutte le volte si era alzato
cercando di tranquillizzarla.
Xander però si
accorse di lei, si stiracchiò e le cinse i fianchi con un braccio. Era come se
inconsciamente fosse collegato a Irina, che avesse un legame che gli
consentisse di sapere sempre cosa provava.
<< Di nuovo?
>> domandò solo, serio.
<< Torna pure
a dormire >> disse Irina, passandosi una mano tra i capelli, << E’
solo uno stupido sogno… La solita storia >>.
Xander non le
credeva, e non considerava stupido il suo sogno. Lo sapeva che quello che aveva
passato non era facile da dimenticare…
<< Vieni qui
>>.
La tirò giù di
fianco a lui, e rimase a guardarla, intenerito dalla sua espressione spaventata
e dal suo viso dai tratti morbidi. Soffriva nel rendersi conto che non riusciva
a farle passare quella cosa, anche se era con lei.
<< E’
irrazionale >> mormorò Irina, fissando il soffitto, << Non riesco a
liberarmene. Nemmeno adesso che lo chiuderanno in una cella e butteranno via la
chiave… >>.
Xander se la tirò
vicino, abbracciandola. << Non fa niente, Irina. Sta tranquilla, ci vorrà
del tempo, ma vedrai che passerà >>.
La ragazza si mosse
verso di lui e lo baciò sulle labbra, appoggiata al suo petto. Quando la
tranquillizzava in quel modo, si rendeva conto che senza di lui non sarebbe mai
riuscita ad andare avanti. Riusciva a farla sentire al sicuro, perché sentiva
che finché ci fosse stato lui non le poteva succedere niente…
Si issò sopra
Xander, sentendo la sua mano accarezzarla leggera la schiena coperta dalla
camicetta da notte. La prese per i fianchi e la fece sedere sul suo bacino,
senza nessuno sforzo. A quel punto Irina si staccò.
In un mese, non era
ancora riuscita a liberarsi di quella paura stupida e senza senso che si era
portata dietro per due anni. Xander le rivolse un’occhiata preoccupata, poi le
scoccò un bacio sulla fronte. Era frustrata, lo vedeva, e non voleva tirare
fuori l’argomento, perché sapeva che sarebbe stato ancora peggio…
<< Avanti,
torna a dormire >> disse Xander, sorridendole.
<< Xander,
sono un’idiota >> disse lei, << E’ possibile che io sia l’unica
ragazza al mondo che non ci riesce? >>.
<< E’ inutile
parlarne >> disse Xander, mettendosi comodo, << Lo sai come la
penso. Non mi aspetto che tu ti senta a tuo agio solo dopo qualche settimana.
Ci sono ragazze che impiegano anni a liberarsi del problema. Non ho nessuna
fretta, capito? >>.
Le sfiorò
delicatamente una guancia. Era vero, poteva aspettare anche se era difficile, e
l’unica cosa che lo faceva soffrire era il fatto che lei si sentisse
perennemente in colpa per non riuscire a lasciarsi andare.
<< Ma… Ma tu
te lo meriti, cavolo! >> sbottò Irina, arrabbiata per la sua solita
comprensione, << Hai fatto di tutto… >>.
Xander si issò sui
gomiti. << Io non mi merito niente, Irina. Tutti gli uomini che hanno
fatto parte della tua vita ti hanno abituata a sentirti considerata un oggetto,
ma per me non lo sei. Hai un corpo, ma anche una testa e dei sentimenti. Sono
disposto ad aspettare tutto il tempo necessario >>.
Le rivolse
un’occhiata per farle capire che il discorso era chiuso.
Irina lo guardò,
grata. Continuava a non volerle far pesare quella cosa, a dimostrarle che non
voleva forzarla… Proprio per quel motivo era determinata a risolvere il
“problema”.
In fondo, di cosa
doveva avere paura? Non certo di lui… Le aveva salvato la vita, era tornato a
prenderla… Non le avrebbe mai fatto del male, su quello era sicura…
Si sporse e lo
baciò sulle labbra con tanta foga da costringerlo a stendersi di nuovo sul
cuscino.
Xander lasciò che
Irina si abbassasse su di lui, accorgendosi che sembrava intenzionata a
tentare… Si chiese se fosse il caso di lasciarla fare… Era ancora troppo
presto…
Quando le dita di
Irina sfiorarono la cicatrice sul petto, insinuandosi sotto la sua maglietta,
dovette cedere: amava troppo quel gesto, proprio perché era l’unica a cui lo
permetteva. Era egoismo, ma voleva darle corda…
La spinse leggermente
indietro quel tanto che bastava a liberare il bacino, e lei si lasciò tirare
giù senza protestare. Si guardarono negli occhi per un momento, lui con la
tacita domanda nello sguardo: sicura?
Irina gli
mordicchiò il labbro, sfilandogli la maglietta e lasciandola cadere di lato…
Non aveva le farfalle nello stomaco perché si vergognava, ma perché desiderava
Xander come mai prima di allora. La paura rimaneva, ma voleva sconfiggerla…
Lui la baciò sul
collo, il respiro controllato di chi è ancora perfettamente cosciente di quello
che sta facendo, e si issò sopra di lei, imprigionandola tra le sue gambe. La
prese per i fianchi e la spinse sui cuscini, leggermente titubante. Irina se lo
trascinò dietro tirandolo per le spalle.
Sentiva di essere
spaventata, di collegare incosciamente ogni gesto con quelli che aveva vissuto
con William, ma cercava in ogni modo di non riportare alla mente nessun
ricordo. Xander non era lo Scorpione, era Xander e basta… Non poteva
comportarsi come lui…
Gli mise un braccio
dietro il collo e lo baciò di nuovo, avvolgendo la sua gamba con la sua. Il
tocco delicato delle sue mani gli stava dicendo che voleva che continuasse.
Xander decise che
forse poteva provare. Era pronto a fermarsi in qualsiasi momento, se lei avesse
dato segni di insicurezza. Era troppo presto, se ne rendeva conto. Ma il
desiderio che si stava impossessando di lui era troppo forte per renderlo
pienamente altruista… Gli stava chiedendo una prova di autocontrollo che
sarebbe stato difficile superare, anche per lui.
Lentamente, iniziò
a sfilarle la camicia da notte, tenendo d’occhio l’espressione di Irina. I
capelli sciolti le cadevano sulle spalle morbidi e profumati, gli occhi fissi
nei suoi, un leggero sorriso imbarazzato sul volto dai tratti delicati… Ma non
sembrava volere che si fermasse.
Piano, come se
fosse fatta di porcellana, le tolse di dosso quell’indumento che lo separava da
lei. Contemplò per un attimo il corpo perfetto di Irina, la pelle candida che
profumava di quel sapore di cui lui non era più riuscito a liberarsi, l’intimo
rosa confetto che le ricordava quanto fosse inesperta, ancora…
Irina si sentiva
strana, questa volta. Gli occhi di Xander che percorrevano il suo corpo non le
ricordarono quelli di William, non avevano nessuna luce morbosa che brillava
sinistra… Le sue mani erano più delicate, meno possessive, più rispettose… Era
diverso, e lo scopriva solo adesso.
Si strinse a
Xander, desiderosa di sentire la sua pelle calda contro la sua, di sentire i
suoi muscoli possenti premere contro il corpo così minuto rispetto al suo.
Iniziava a capire la differenza, a smettere di temere le sue reazioni…
Xander ormai stava
perdendo ogni briciolo di lucidità, ma contemporaneamente lottava per non
perdere il controllo. Irina si stava fidando, gli stava dimostrando che non
aveva paura di quello che sarebbe successo, e non poteva sbagliare. Doveva
calcolare ogni movimento, perché sapeva che anche un solo errore avrebbe
spaventato Irina e l’avrebbe fatta fermare. Non poteva rischiare di
allontanarla proprio ora che lei sembrava pronta.
Si issò sulle
braccia, e la guardò in viso per capire cosa stava provando. L’unica cosa che
riuscì a leggere nei suoi occhi da cerbiatta era solo un po’ di imbarazzo, ma
non c’era paura. Non più.
<< Ti prego,
se in qualunque momento cambierai idea, fermami, piccola >> sussurrò,
<< Capito? Ti giuro che se non te la senti, sono pronto a fermarmi qui,
adesso. Ti prometto che non ti costringerò a niente… >>.
Era dura, difficile
pronunciare quelle parole, quando sentiva potente il desiderio di averla per
davvero solo sua. Era quasi doloroso farle una promessa del genere, ma l’amava
davvero troppo per costringerla a qualcosa che non si sentiva di fare…
Irina sorrise, lo
prese per le spalle e lo baciò, senza dire niente. Non voleva che si fermasse,
voleva andare fino in fondo anche se rappresentava un passo molto lungo e non
ancora programmato.
La mano di Xander
corse al gancio del reggiseno, e lei attese che facesse il suo lavoro. Glielo
sfilò di dosso con delicatezza, e finalmente entrambi sentirono il petto
dell’altro premere sul proprio. Il ciondolo che lui portava al collo brillò
nella penombra.
Per un momento,
nella mente di Irina ritornò il ricordo di qualche episodio passato, quando
ancora la speranza di liberarsi di William le sembrava un miraggio. Si irrigidì
inconsciamente, il suo respiro si fece più rapido e portò istintivamente la sua
mano su quella di Xander, appoggiata sul lenzuolo.
Xander comprese in
un attimo cos’era successo, e si chiese cosa avesse sbagliato… Sentiva il corpo
di Irina rigido, improvvisamente meno caldo.
<< Xander…
>> mormorò Irina, stringendogli la mano.
<<
Tranquilla, piccola, va bene così. Fermiamoci >> sussurrò lui,
allontandosi dal suo corpo per riguadagnare il controllo che aveva quasi perso.
Irina deglutì mentre si stendeva di fianco a lei.
<< No,
aspetta… Ho solo bisogno di un attimo… >> mormorò.
Xander contemplò il
viso della ragazza per un momento: era tesa, addolorata, frustrata, però non
spaventata. Quel misto di dubbio e paura faceva parte anche del fatto che per
lei rappresentava quasi una prima volta… Poteva provare a metterla più a suo
agio…
Alzò la mano libera
e la poggiò sul ventre morbido di Irina, solleticandole la pelle sotto
l’ombelico. Piano piano, disegnando segni concentrici con le dita, si diresse
in alto, sotto il seno, saggiandola come se fosse fatta di vetro e potesse
rompersi da un momento all’altro.
Un brivido percorse
il corpo di Irina quando sentì scorrere la mano calda di Xander sullo sterno,
un brivido piacevole e assurdamente potente. Lentamente, il suo respiro si fece
più lento, più rilassato. La mano del ragazzo le sfiorava la pelle così
delicatamente da sembrare quasi un sogno, ma la sensazione che le trasmetteva
era così forte da stordirla.
Poi, le dita di
Xander le sfiorarono il seno, e capì all’istante che stava facendo la cosa
giusta: il suo tocco delicato era totalmente diverso da quello a cui era
abituata. Era piacevole, era eccitante. Sorrise, lasciandogli libera l’altra
mano e si girò, mettendosi a cavalcioni sopra di lui.
Xander sorrise
vedendola finalmente più rilassata, troppo felice di essere riuscito a farle
capire che poteva fidarsi di lui per riuscire a dire qualcosa. La ragazza tornò
a sfiorargli la cicatrice sul petto, e poi quella sulla spalla, e lo imprigionò
le sue labbra in un bacio che non aveva più nulla di casto. Era solo potente,
selvaggio desiderio.
Le dita di Xander
scorsero sulla schiena di Irina, dal tatuaggio fino a quell’ultimo indumento
che segnava il limite della distanza dei loro corpi. Un sospiro di piacere
sfuggì dalle labbra della ragazza, soffiando sulla sua bocca il suo fiato caldo
e dolce, mandandolo in estasi.
Irina stava
perdendo ogni paura. Finalmente, imparava a essere partecipe di quei gesti di
cui era sempre stata vittima, e ne scopriva tutto il piacere, sia fisico che
mentale. Ne era stata terrorizzata, ma ora non voleva fermarsi. E sapeva che
Xander era l’unica persona al mondo che poteva darle quella sensazione.
Con un colpo di
reni, il ragazzo ribaltò le posizioni, e le lasciò un momento per capire fin
dove stavano arrivando. Si abbassò su di lei e le baciò il collo, tenendola per
i fianchi quasi fosse convinto di vedersela sfuggire.
Irina gli prese il
mento e lo guardò per un momento negli occhi azzurri, quegli occhi che avevano
catturato tutto il suo essere con un solo sguardo. Quegli occhi che le avevano
dato speranza, che le avevano dato libertà… E che le avevano dato amore.
Xander fissò Irina,
rendendosi conto all’improvviso che gli stava sorridendo. C’era qualcosa, in
quel viso dai tratti perfetti e delicati, che lo aveva catturato, qualcosa che
sapeva non avrebbe mai trovato in nessun’altra ragazza. L’aveva cercata per
venticinque anni, e ora l’aveva trovata nell’ultimo posto in cui si sarebbe
aspettato.
La mano di Irina si
portò sulla sua schiena, e scese lentamente, le dita sottili e leggere che si
fermarono sul bordo del boxer nero. Le unghie curate si insinuarono sotto
l’elastico, ma Xander la fermò prima che potesse continuare.
Sorrise davanti
allo sguardo imbarazzato di Irina: forse pensava di aver sbagliato. Era bella
oltre ogni dire, e l’unica cosa che voleva era farle capire quanto l’amasse…
Era incerta, impacciata, ma non era quello l’importante… L’importante era che
c’era.
<< Irina…
>> sussurrò sul suo collo.
Lei si lasciò
scappare un sospiro, quando qualcosa le si serrò nello stomaco dandole una
sensazione assurda, così piacevole di lasciarla senza fiato. Aveva solo
pronunciato il suo nome, ma era come se le avesse fermato il cuore, come se le
avesse catturato l’anima con una sola parola.
Quando la mano di
Xander raggiunse i suoi slip, sentì una fitta di piacere attraversarle la
schiena. Voleva che la spogliasse di tutto, dei suoi vestiti e di ogni suo
pudore… Che la vedesse per quel che era.
Anche questa volta,
le mani di Xander si mossero leggere e delicate, quasi a lasciarle il tempo di
capire cosa stava facendo, e le sfilò gli slip, gettandoli dove la camicia da
notte attendeva solitaria. E dove fu raggiunta in un attimo dai boxer neri.
Irina si sentiva
tranquilla, imprigionata sotto quel corpo muscoloso, statuario e perfetto,
senza paura se non quella di non essere all’altezza. Arrivata a quel punto, non
aveva nient’altro da temere.
Xander guardò il
corpo sottile, delicato e fragile di Irina, estasiato. Era nuda, spogliata di
ogni difesa e di ogni timore, e non era mai stata così bella. Tanto bella da
togliergli il fiato, tanto bella da lasciarlo senza parole. Ed era sua, perché
con tutti coloro che poteva scegliere, con tutti coloro che avrebbero fatto
carte false pur di stare con lei, Irina aveva scelto lui, lui soltanto. Perché
Xander era l’unico che aveva abbattuto tutti i muri che la circondavano, tutti
i silenzi che aveva usato per difendersi, tutto quel dolore che la teneva
lontana dal mondo. Si era fatto strada fino al suo cuore, e di lì non sarebbe
mai uscito.
La prese per i
fianchi e si abbassò su di lei, il viso a pochi centimetri dal suo, il fiato
che gli solleticava le labbra.
<< Ti farò
provare cosa significa essere amati veramente >> sussurrò sorridendo
sulla sua bocca.
Irina si svegliò
lentamente con una splendida sensazione addosso. Si sentiva svuotata, libera, e
stranamente soddisfatta.
Qualcosa le
solleticava la pelle della schiena, disegnando cerchi concentrici sui suoi
muscoli rilassati. Sotto l’orecchio sentiva il suono forte di un cuore che
batteva regolare, la testa che si abbassava e si alzava dopo ogni respiro.
Aprì lentamente gli
occhi, e osservò per un momento la stanza rischiarata dalla luce che proveniva
dalla finestra. Poi spostò lo sguardo sulla cicatrice che si muoveva a pochi
centimetri dal suo naso. Aveva la testa appoggiata al petto di Xander, e lui
sembrava dormire beatamente con il braccio che avvolgeva il suo fianco.
Piano piano,
attenta a non svegliarlo, Irina cercò di girarsi verso il comodino per vedere
che ora era, ma scoprì di non riuscirci. Xander l’aveva avvinghiata proprio per
bene.
<<
Buongiorno… >>.
Irina tornò a
guardarlo: gli occhi azzurri erano spalancati e perfettamente svegli.
<< Ciao…
>> mormorò, << Che… Che ore sono? >>.
Xander alzò il
mento per guardare oltre la sua testa. << Mezzogiorno passato >>
rispose.
Irina si voltò a
guardare l’orologio, stringendosi il lenzuolo addosso. Aveva dormito così
tanto? Tornò a guardare Xander: le stava sorridendo, e continuava a sfiorarle
la schiena nuda con le dita.
Le sue guancie si
imporporarono leggermente al ricordo della notte appena passata, notte in cui
aveva capito il senso di tante cose. E in cui aveva finalmente smesso di avere
paura.
<< Hai fame?
>> chiese Xander, ignorando il suo imbarazzo.
<< Un
pochino… >> rispose lei, sistemandosi meglio sopra il suo petto caldo e
muscoloso. << Tu? >>.
<< Anche
>> rispose Xander, prendendole il mento con una mano, << Aspetta
qui… Vado a preparare la colazione >>.
Le diede un bacio a
fior di labbra e si alzò. Irina lo guardò uscire dalla stanza, rendendosi conto
di quello che era successo quella notte… E che fosse ancora completamente
spogliata, mentre lui si era già rivestito. Doveva essersi svegliato molto
prima di lei…
Non fece nemmeno in
tempo a individuare la sua camicia da notte, appoggiata alla sedia, che Xander
era già tornato, accompagnato dal fragrante profumo di croissants al cioccolato
e caffè. La guardò drappeggiarsi il lenzuolo addosso e sorrise.
<< Buon
appetito >> disse, sedendosi di fianco a lei e servendosi di caffè.
<< Grazie…
>>.
Si accorse subito
che Xander continuava a guardarla divertito, gli occhi che brillavano. Cercò di
sbirciare sotto il lenzuolo, e le passò un dito sulla fenice. Irina per poco
non si strozzò con la brioches…
<< Dai, sto
mangiando! >> protestò, imbarazzata e divertita al tempo stesso.
<< Ero
curioso di sapere se reagisci sempre così quando ti sfioro… Tremi >>
disse lui, ghignando, << Sono così mostruoso? >>.
<<
Sei-Uno-Scemo >> scandì Irina, dandogli una spinta, << E smettila
di tentare di guardare sotto il lenzuolo >>.
Xander la trasse a
sé e la baciò sulle labbra, scoprendole una gamba e ritrovando subito il suo
tatuaggio a forma di fiore sul fianco, come se l’avesse studiata così bene da
poterlo ritrovare a occhi chiusi. Lo sfiorò di nuovo, e a Irina mancò il
respiro…
<< C’era
buio, stanotte >> sussurrò, << Non ho visto tutto per bene…
>>.
Irina lo spinse via
e si alzò. Era divertita, ma non era il caso… C’erano Jenny e Jess in casa!
<< Vado a
farmi la doccia >> disse, portandosi dietro il lenzuolo e dirigendosi
verso la porta del bagno collegato alla stanza.
Solo l’acqua fredda
le fece riprendere un momento il controllo, e si ritrovò a sorridere come una
scema. Tutto aveva un sapore diverso, ora. Sembrava tutto meraviglioso, adesso
che era completa.
Si infilò
l’accappatoio blu di Xander, ancora umido per la sua doccia, e si guardò allo
specchio.
La ragazza che la
guardava dall’altra parte era finalmente lei stessa, era Irina. Niente ombre
sotto gli occhi, niente oscurità e dolore nello sguardo, niente segni sul suo
corpo… Niente, se non il sorriso che le illuminava il viso.
Si voltò e si ritrovò
Xander appiccicato, gli occhi azzurri su di lei, le mani intorno ai suoi
fianchi. Ghignò, poi le diede un bacio sulle labbra, e le scoprì una spalla,
provocandole un altro brivido…
<< Jenny e
Jess sono usciti… >> mormorò, << E io sono a casa, oggi… >>.
Irina sorrise,
lasciando che Xander slegasse la cintura dell’accappatoio, e gli mise le
braccia intorno al collo.
<< E va bene…
Ma solo perché ieri era il tuo compleanno >> sussurrò.
<< Penso di
averle chiesto abbastanza, signorina >> disse il professor Brown, guardando Irina da sopra gli occhiali cerchiati
d’argento. Aveva l’espressione serissima, le labbra strette, e muoveva
convulsamente la penna che teneva tra le dita. << Credo sia chiaro il
voto che merita… >>.
Irina sentì il
cuore battere all’impazzata… Anche quell’esame era finito… Come sarebbe andata?
Il professore
trasse un respiro, poi appoggiò la penna sulla scrivania. << Trenta.
Accetta? >>.
Irina emise un sospiro di sollievo, poi annuì energicamente, al settimo
cielo. Trenta! Non si aspettava così tanto!
Attese che il
professore segnasse il voto sul suo libretto, poi guardò verso Jenny, che la
stava aspettando in fondo alla sala insieme agli altri studenti che dovevano
ancora sostenere l’esame. L’amica le fece un cenno di vittoria e sorrise.
Qualche minuto
dopo, Irina la raggiunse.
<< Di nuovo
trenta… >> disse Jenny, << Stai diventando una secchiona
come Angie… >>.
Era assurdo come in
un solo mese le cose fossero cambiate: era riuscita persino a fare tutti gli esami in tempo, sfruttando la sessione di
settembre… Niente vacanze, ma almeno ora era in pari con tutti gli altri.
Sembrava veramente un miracolo, quando fino a poco tempo prima l’unica alternativa che aveva era quella di abbandonare tutto.
<< Dai, mi
sono solo data da fare >> disse sorridendo,
sotto lo sguardo incuriosito e ammirato degli altri studenti lì intorno.
Frugò nella borsa e
prese il cellulare. “Ho finito ora… Ti raggiungo a casa”. Destinatario: Xander.
Non fece nemmeno in
tempo a mettere il telefono in tasca che trillò sonoramente, e gli altri
ragazzi tornarono a guardarla. Fece finta di niente e lesse la risposta: “Sono
qui fuori…”.
Irina sorrise e
prese la borsa, e insieme a Jenny uscì
dall’Università, percorrendo i corridoio affollati della facoltà. Qualche suo
compagno di corso le fece un cenno di saluto, a cui
lei rispose allegramente. Era un’altra bella giornata in cui niente poteva
andare storto.
Il sole di settembre
illuminava il giardino verde dell’Università e il parcheggio affollato di
macchine e studenti che erano venuti a sostenere gli ultimi esami o a
informarsi sull’inizio dei nuovi corsi. Faceva ancora caldo, e l’atmosfera non
sembrava proprio quella di fine estate.
Stagliata in mezzo
a tutte le altre, la vernice rossa che brillava vistosa
e inconfondibile, c’era un’auto che conosceva fin troppo bene. La Ferrari 458
Italia che aveva contribuito a salvarle la vita era ferma al centro del
parcheggio, completamente rimessa a nuovo, la carrozzeria tirata a lucido, i
cerchi in lega bruniti che catturavano i raggi del sole.
Appoggiato alla
fiancata della Ferrari, a braccia incrociate, lo sguardo tenebroso che solo lui
poteva fare, c’era Xander, in attesa. Fissava dalla
loro parte, gli occhi azzurri che rivolgevano tutta la loro attenzione solo su
di lei, incuranti del gruppetto di ragazze che lo guardavano estasiate
dall’altra parte della strada.
<< Non
perderà mai il vizio di fare l’esibizionista… >> mormorò Jenny, di fianco
a lei.
Irina sorrise.
<< No, non credo >>.
Glielo aveva
chiesto diverse volte, di non venire a prenderla con
la Ferrari… Dava troppo nell’occhio, soprattutto davanti a un Università, e lei
trovava la cosa imbarazzante. Lui, naturalmente, era di tutt’altro avviso: lo
faceva apposta perché trovava la cosa molto divertente, soprattutto se c’era di
mezzo anche Irina.
La ragazza allungò
il passo e lo raggiunse, rivolgendogli un’occhiata di rimprovero. Xander la squadrò, le braccia ancora incrociate,
l’espressione imperscrutabile.
<< Quanto hai
preso? >> chiese solo.
<< Trenta
>> rispose Irina. Jenny sparì verso una BMW scura, che doveva essere
quella si Jess…
Si guardarono per
un momento in silenzio, poi Xander alzò gli occhi al
cielo e sorrise. << E brava la mia pilota secchiona…
>>. Si avvicinò e la baciò sulle labbra.
<< Intanto ho
finito tutti gli esami… >> ribatté lei, piccata. Non le piaceva proprio
essere chiamata “secchiona”.
<< Per forza…
Non mi hai fatto nemmeno andare in vacanza >> disse lui, ma scherzava,
sfiorandole il mento con le dita.
Un paio di ragazzi passò loro di fianco e salutarono Irina allegramente, per
poi gettare uno sguardo prima alla Ferrari e poi a lui. Lei ricambiò,
accorgendosi che Xander non sembrava proprio tanto
contento. Da quando non faceva più la pilota clandestina, la gente sembrava decisamente molto meno spaventata da lei…
<< Sai, sto
notando che gli altri ragazzi ti guardano un po’ troppo… >> disse serio,
<< Credo sia ora di trovare una soluzione… >>.
Irina lo guardò
tirare fuori una scatolina di velluto blu, che lui mostrò con un sorriso
lupesco. Sentì il cuore accelerare, rendendosi conto che era sicuramente quella di qualcosa di molto costoso… Xander
la guardò di sottecchi, poi aprì la scatolina: dentro c’era una fedina d’oro
bianco con tre piccoli zaffiri che brillavano nel sole di settembre, lucidi e
preziosi, quasi dello stesso colore dei suoi occhi in quel momento.
Irina rimase senza
fiato, in attesa che lui continuasse a parlare. Alzò lo sguardo, il volto
vicino al suo, il respiro lento per cercare di controllare l’emozione… La stava
guardando dritta negli occhi, con intensità, senza lasciar trasparire nessuna
emozione.
<< Posso
presentarti ufficialmente come la mia fidanzata? >> chiese lui alla fine,
ghignando.
Guardò prima
l’anello, con incisa all’interno la parola “Alexander” in una calligrafia
sinuosa ed elegante, e poi lui. Ignorò qualsiasi cosa le accadesse intorno,
anche se sapevano che si trovavano in mezzo a una
strada sotto lo sguardo di tutti, e oltretutto appoggiati a una Ferrari, e
ascoltò il suo stesso cuore che batteva all’impazzata.
<< D’accordo,
esibizionista >> soffiò poi, aprendosi in un sorriso radioso.
Xander le infilò l’anello
al dito, con deliberata lentezza, e le rivolse uno sguardo divertito. Non aveva
avuto uno sguardo espressivo come in quel momento, e nemmeno così dolce. La
guardava accarezzandole il collo con delicatezza, senza dire niente.
<< E tu?
>> chiese lei all’improvviso. << Solo io devo portare un’anello per ricordare a tutti
che sono fidanzata? >>.
Xander tirò fuori dalla
maglietta la collana d’argento con il ciondolo a forma di quadrifoglio che lei
le aveva lasciato, e mostrò appesa alla catenella la stessa fedina d’oro bianco
con i tre zaffiri, il nome Irina inciso dentro e ben visibile.
<< Stai traquilla che non la perdo, io >> disse divertito.
Irina gli mise un
braccio dietro al collo e lo baciò di nuovo, poi sentì il suono di un clacson
arrivare da dietro le loro spalle.Si
voltò per vedere chi l’avesse interrotta sul più bello: Jenny si stava
sporgendo dal finestrino della BMW, ridacchiando.
<< Avete
finito? >> gridò, divertita. << Non possiamo aspettare che finiate
tutte le vostre cosucce, eh! >>.
<< No
>> disse Xander, ridendo. Tirò fuori dalla
tasca dei jeans una busta di carta bianca, che porse a Irina. << Aprila
>>.
La ragazza guardò
dentro, curiosa: erano due biglietti aerei, ma non riuscì a leggere la
destinazione. Guardò Xander confusa.
<< Possiamo
andare in vacanza, adesso? >> disse lui, << Gli esami li hai
finiti. Ho mantenuto la mia promessa: ti ho lasciato studiare in pace… Ora possiamo prenderci qualche giorno solo io e te? >>.
Irina sorrise,
senza saper resistere a quel finto sguardo da cane bastonato che Xander aveva imparato a fare con lei, e che funzionava fin
troppo bene. << D’accordo… >> acconsentì, solleticandogli il collo
della maglietta << Dove andiamo? >>.
<< In un
posto isolato >> rispose Xander, << Dove
non c’è nessuno, tipo un’isola deserta… >>.
Irina alzò gli
occhi al cielo. << Ma non puoi fare come tutti
gli altri ragazzi che alle loro fidanzate regalano… Che ne so… Completi intimi,
o cose del genere, e non gioielli, chiavi di auto e biglietti aerei per isole
deserte? >> disse.
<< Lo sai che
non mi piacciono, i completi intimi… E poi non servono a molto. Tanto li devi
togliere, no? >> ribatté Xander, sornione.
Irina rise a sua
volta, finchè non sentì di nuovo Jenny protestare
alle loro spalle.
<< Allora,
andiamo? >> gridò.
Irina rivolse
un’occhiata maliziosa a Xander, poi lo baciò prendendolo alla sprovvista e gli rubò le chiavi della
Ferrari dalla tasca.
<< Oggi guido
io >> disse, scappando dalle sue grinfie e raggiungendo la portiera della
Ferrari.
Stava tradendo la
sua Grande Punto, tornata bianca e ora parcheggiata nel garage di casa di Xander, ma quando si trattava di una Ferrari poteva anche
concedersi quello strappo alla regola. E ormai andava davvero tutto troppo bene
per rovinare una giornata come quella.
Aveva finalmente
imboccato la strada giusta, quella che l’avrebbe portata ad
una vita normale, o almeno molto più vicina a quella di una ragazza qualsiasi.
Due anni non potevano cancellarsi facilmente, ma non era da sola. Xander c’era, glielo aveva dimostrato e continuava a dimostrarglielo. Piano piano,
passo dopo passo, stava riacquistando un suo
equilibrio, stava ritornando a essere quella che era prima di diventare Fenice,
prima di decidere di crescere con troppe responsabilità. Stava tornando a
essere Irina.
In un solo mese,
tante cose erano cambiate, soprattutto da quando aveva cominciato a sentirsi in
pace con se stessa. Quella strada che le era sempre
sembrata in salita non era poi così ripida, anche se continuava a essere ancora
lunga. Tutto quello che era successo, che sembrava stampato in modo indelebile
nella sua anima, cominciava a dissolversi, a smettere di perseguitarla. Ora la
gente non aveva paura di lei perché era la ragazza dello Scorpione, perché era
una criminale o perché faceva parte della cerchia sbagliata. Non doveva più
nascondere niente, né a se stessa né ai suoi amici, e non doveva fingere di
essere quello che non era. Era strano, a tratti difficile, ma si stava
abituando a fare cose normali, a essere normale, anche se stare con Xander non era proprio una cosa da
poco… Lui era tutto tranne uno qualunque.
Salì sulla Ferrari,
e sorrise mettendosi al volante della 458. Xander, al
suo fianco, le rivolse un’occhiata divertita. Accese il motore, fissando la
lancetta del contagiri che si muoveva nervosa. Il parcheggio venne
invaso dal suono di quel motore potente e inconfondibile, e la gente si girò
subito a guardare. Premette un paio di volte l’acceleratore, assaporando il
rombo sordo e quasi musica per le sue orecchie, e compiacendosi anche un po’
degli sguardi ammirati che stava suscitando: in fondo, era sempre una ex pilota di corse clandestine.
<< E poi mi
dice che faccio l’esibizionista… >> mormorò Xander,
ridacchiando.
Irina si sporse
verso di lui e lo baciò. Finché Xander ci fosse
stato, non le serviva una Ferrari o un anello per sentirsi felice: le bastava
solo lui. E in fondo era anche solo quello che veramente desiderava. Poteva
perdere di nuovo tutto, ma non avrebbe mai perso se stessa, se lui fosse
rimasto. Era grazie a lui che era libera, che non era
più Fenice… Era grazie a lui che era tornata a vivere.
<< Ti amo
>> sussurrò.
<< Anche io >> mormorò Xander.
Irina si staccò e
guardò davanti a lei, il volante che scivolava sotto le sue mani. La strada era
ancora lunga, perché i ricordi rivivevano ancora dentro di lei, e anche se
erano più sfocati e oscuri, c’erano ancora. Facevano ancora male, a volte, ma
le ferite si stavano rimarginando, anche grazie a lui.
Sorrise, mentre Xander alzava il volume della sua canzone preferita. Sì, la
meta era ancora lontana, ma con una Ferrari… Bè,
poteva sperare di metterci molto di meno.
Spazio Autrice
Ed eccoci alla
fine.
E’ molto triste
dirlo, ma è così. Anche questa storia è arrivata alla fine… Ma non buttiamoci
giù già adesso: mi riserverò tutti i commenti di questo tipo per i
ringraziamenti. Ora voglio solo chiedervi di espormi tutte le vostre domande,
considerazioni, dubbi, perplessità su questa storia e su i suoi personaggi.
Come vi avevo già detto, risponderò a ogni vostra domanda, compresi i “E se…”:
quindi spero vi sia venuto in mente qualcosa da chiedere.
E poi, spero che
chi ha letto fino a questo momento questa storia senza
lasciare un commento, ed è quindi arrivato alla fine insieme a me, mi lasci una
piccola recensione: mi farebbe molto piacere, davvero. Non credo di chiedere
moltissimo.
Bene. Credo che
pubblicherò i ringraziamenti e tutte le risposte alle vostre domande verso la
fine della prossima settimana, così tutti avranno tempo di leggere l’ultimo
capitolo.
Vi ringrazio quindi
tutti, tutti voi che avete letto e che avete seguito la storia di Irina e anche
la mia. Vi ringrazio e vi aspetto per gli ultimi commenti finali.
Grazie a tutti voi.
Lhea
P.S.: qualcuno sta per caso gridando “seguito”?! Mi pare di sentire una voce, laggiù, lontano… Molto
lontano… Mah, magari… Potrei anche pensarci, sapete?
NON SOLO RINGRAZIAMENTI…
Ed
eccomi di nuovo qui, per chiudere definitivamente questa fiction, e nel disperato
tentativo di non mettermi a piangere…
Allora, da dove
cominciare?
Bè, partiamo con il
rispondere alle vostre domande, che è poi la parte più importante di questi ringraziamenti. Ho copiato pari pari le vostre domande, quindi chi le ha poste penso
si riconoscerà. In più, ne ho aggiunta io qualcuna a
cui magari non avevate pensato, giusto per togliervi qualche curiosità.
1.E
se William si fosse accorto prima di amarla, e non l'avesse mai violentata? Cosa sarebbe successo, all'arrivo di Xander,
se i due si amavano? Allora… Posso dire semplicemente che senza
l’arrivo di Xander, molto probabilmente William si
sarebbe accorto molto più tardi che ciò che provava per Irina era amore. Quando
si sono incontrati, Irina rappresentava solo una sorta di “sfida” per lui: era
giovane, bella, determinata, e per uno come lui,
abituato ad avere a che fare con ragazze facili e opportuniste, era una novità.
Ne è rimasto colpito, come tutti d’altronde, e ha deciso di iniziare a giocare,
convinto che Irina facesse lo stesso con lui, quando invece non è stato così. E
ha continuato a essere una sorta di macabro gioco finché non è arrivato Xander: all’improvviso, ha compreso cosa volesse veramente
da lei. Non era il suo corpo, che voleva; voleva che
Irina lo trattasse come faceva con Xander, che lo
amasse per davvero. Per quello si sentiva sempre insoddisfatto, e non si
decideva a lasciarla perdere: non aveva ancora capito
cosa significava amare qualcuno, sperare di essere l’oggetto dei suoi desideri.
Tutto molto nuovo per lo Scorpione. Non era necessario che arrivasse Xander: bastava chiunque altro in grado di far innamorare
di sé Irina, perché è stato proprio questo a far accendere la lampadina allo
Scorpione. Se fosse accaduto così, la storia non sarebbe cambiata poi molto,
perché William l’avrebbe violentata comunque, semplicemente perché lei non
avrebbe amato lui.
2.E
se Irina non fosse mai entrata nel giro delle corse, ma fosse scappata fin da
subito? William li avrebbe cercati? E avrebbe mai incontrato Xander? Premettiamo che Irina
non sarebbe mai scappata, ma diciamo che lo abbia fatto… Sarebbe sicuramente
fuggita con suo padre e i suoi fratelli, ma William li
avrebbe comunque tenuti d’occhio. Se Dominic non
avesse pagato (perché voi siete veramente convinti che William non avesse nemmeno
un vago sentore di dove fosse Dominic?) era pronto ad
andare da loro e minacciarli, come ha fatto. E avrebbe incontrato Irina… E
credetemi, in quel frangente l’avrebbe uccisa davvero, perché ancora non la
conosceva. Quanto a Xander, lo avrebbe incontrato
comunque, perché l’F.B.I. aveva pianificato da tanto
tempo di mandare un proprio agente da quelle parti.
Già
che ci sono, rispondo alla domanda che vi ho posto: William veramente non sapeva dove si trovava Dominic?
Non precisamente, ma lo Scorpione aveva tenuto un minimo d’occhio i suoi
movimenti… Quando Irina gli è piombata davanti dicendo di voler correre per
lui, ha scelto tra i due con cui voleva avere più “a che fare”… Decisamente preferiva Irina.
3.Dimitri:
e se lui avesse convinto fin da subito William a lasciar
perdere Irina? Los Angeles sarebbe rimasta in mano allo Scorpione? William
non poteva ignorare Irina finché fosse rimasta nel loro giro: come poteva farlo se l’aveva davanti agli occhi? Dimitri avrebbe dovuto
convincerlo a mandarla via, ma non ci sarebbe mai riuscito: ormai Fenice era
entrata in gioco, e William si divertiva troppo per interrompere tutto. Se Los
Angeles sarebbe rimasta in mano sua, questo è un domandone:
tutto dipendeva dall’arrivo di Xander. Sono anche
l’autrice, ma qui non saprei proprio che dire! Scusate!
4.E
se Irina si fosse arresa, se avesse deciso di fingere di amarlo? Cosa sarebbe successo? Sarebbero riusciti a scappare, dalla
casa? Se Irina avesse deciso di fingere, William avrebbe
ucciso Michael subito, e poi in un momento di distrazione dell’F.B.I.
si sarebbe dato alla macchia con lei, finché le acque non si fossero calmate.
Poi sarebbe tornato per rimettere le cose a posto a Los Angeles, pagando fior
di quattrini per comprare la polizia e forse la stessa F.B.I.. L’unico problema sarebbe rimasto Xander…
5.E
se Irina non avesse mai sfidato lo Scorpione? Il
ritorno di Xander sarebbe avvenuto più tardi, ma in
ogni caso William avrebbe comunque portato Irina dietro, primo per averla con
sé, e secondo per prevenire qualsiasi azione di Xander
contro di loro, sapendo che non avrebbe rischiato di fare del male a lei. Il
tutto sarebbe stato ridartato di qualche settimana al
massimo, ma Irina non avrebbe rischiato di essere
uccisa da William, perché gli avrebbe fatto l’affronto di sfidarlo.
6.In che modo le cose
sarebbero potute cambiare tra William e Irina? Bè, qui ci addentriamo in un territorio piuttosto difficile.
Naturalmente, le cose sarebbero potute andare diversamente, ma Irina e William
sarebbero rimasti comunque loro stessi: con questo
voglio dire che Irina non avrebbe mai amato lo Scorpione, e che in ogni caso
avrebbe capito chi era veramente. Purtroppo, la domanda è molto generica, ma
posso dire che se Irina si fosse “sforzata” di farsi
piacere William per quello che era, forse le cose le sarebbero andate
leggermente meglio… Ma in quel caso, Irina non sarebbe stata la “nostra” Irina,
quindi credo che sua storia non sarebbe stata quello che è stata… D’accordo,
ammetto che questa domanda era difficile. Accettatemi questa risposta, và…
7.Xander ha un soprannome?Mi chiedono se
a Xander è stato appioppato un soprannome, come
“Fenice” per Irina, o “Scorpione” per William. In realtà no, Xander non ha alcun soprannome, a parte quello di
“novellino”, datogli all’inizio della storia: primo perché non è un membro
della BlackList, anche se
ha sconfitto tutti i suoi piloti; e secondo… Bè, non
c’era bisogno di darglielo. A dir la verità, ci ho
pensato qualche volta, così, per sfizio, ma non sono riuscita trovarne uno che
mi piacesse… In teoria si sarebbe dovuto trattare di un animale, e non ne ho
trovato nessuno che gli si addiceva. Cosa volete, Xander è così perfettamente perfetto… : P
8.Cosa
sarebbe successo se Xander fosse stato veramente sospeso dall’F.B.I. e fosse
tornato a Los Angeles? Ah bè, le cose si sarebbero
incasinate di sicuro… Ricordo che William sapeva chi era, e la sua intenzione
era proprio quella di mandarlo via. Vederlo tornare
indietro, solo con l’intenzione di prendersi Irina, lo avrebbe spinto ad
affrontare Xander subito: ciò significa che Xander, solo, senza nessuna copertura da parte dell’F.B.I., sarebbe stato veramente nei guai. William
avrebbe cercato di ucciderlo, aiutato dai suoi scagnozzi… Non voglio pensare
che Xander in quel caso sarebbe morto, ma ci sarebbero
state ampie possibilità che accadesse così.
9.La decisione di
William di lasciar entrare Xander nel suo giro: perché? Allora, questo è molto importante ai fini della storia. Quando William
ha saputo dell’arrivo di un agente dell’F.B.I. dalle
loro parti per tentare di arrestarlo, si aspettava qualcuno della stessa forza
dei poliziotti idioti e sprovveduti che fino a quel momento avevano cercato di
infiltrarsi senza successo tra di loro, e non certo uno come Xander. Lui stesso lo aveva detto: aveva sempre voluto
qualcuno alla sua altezza con cui confrontarsi. Lo Scorpione si credeva forte,
attorniato dalla sua BlackList
e forte dei suoi soldi: poteva rischiare, lasciare che Xander
gettasse un po’ di scompiglio dalle loro parti per movimentare la vita di Los
Angeles che secondo lui stava diventando troppo tranquilla, e toglierselo dai
piedi quando si sarebbe stufato della cosa. Non aveva previsto che Irina
diventasse così importante, in tutta questa vicenda, esoprattutto non aveva previsto che
rappresentasse il suo punto debole: quando ormai lo aveva capito, Xander era già vicinissimo a lui. Non poteva ucciderlo,
perché avrebbe rischiato di ritrovarsi tutta l’F.B.I.
addosso, e non poteva nemmeno sfidarlo, perché rischiava la sconfitta; così ha
deciso di far sembrare che lo avesse scoperto in modo da costringerlo ad
andarsene. C’è poco da dire: aveva fatto proprio male i calcoli.
E adesso, parliamo
di quello che mi frulla in testa già da un po’…
Il possibile e
fantomatico seguito.
Se devo essere sincera,
ho iniziato a pensare a un “seguito” già da un po’, e se devo essere ancora più sincera, qualche idea mi gira già per il
cervellino bacato che mi ritrovo… Molte, in realtà. Troppe, forse.
Alcune riguardano
naturalmente il seguito di questa storia, che se ci sarà, avrà sicuramente
ancora come protagonisti Irina e Xander. E poi, in
questi giorni, mi sono venute alcune idee riguardo al passato di William e alla
sua vita prima di tutto questo… Ho notato che molti (o meglio, MOLTE) chiedono
una possibile storia su di lui… Allora mi sono detta: perché non raccontare la
sua storia, di come è diventato lo Scorpione, il
numero uno della BlackList?
E poi ci sono tanti
altri progetti che ho in mente, che non riguardano questa fic,
e che mi piacerebbe mettere davvero nero su bianco ( e
sono davvero tantissimi… Ne avrei almeno per altre tre storie, di cui una di
queste divisa in diverse parti… )… Anche se lo ammetto: il Gioco dello
Scorpione rimarrà la mia preferita, e vorrei davvero scrivere un seguito.
Dove sta il
problema, allora?
Bé, il problema sta
nel tempo. Non sono una che può vantare una vita piena di impegni
di ogni genere, dal fidanzato alle uscite con gli amici, ma nonostante questo
mi sono trovata a dover fare i conti con i giorni che passavano: a ottobre
avevo detto che volevo chiudere la storia in fretta, invece sono arrivata fino
a dicembre inoltrato… Metà del mio tempo l’ho passato all’Università, tra una
lezione a l’altra e il disperato tentativo di non farmi prendere dal panico da
esami, e l’altra metà l’ho passata a scrivere come una pazza… La mia già
vacillante “vita sociale” ne ha risentito abbastanza. Vi basti sapere che sono
una che finché non ha scritto ciò che le passa per la testa non riesce a
levarselo di mente: vi faccio un esempio? Questa notte (e non sto scherzano) mi
sono svegliata alle tre e mezza di notte folgorata da
una sorta di idea riguardo a Irina e Xander, e non
sono più riuscita ad addormentarmi… Mi sono calmata solo poco fa, perché ne ho
approfittato per metterla nera su bianco.Questo vi faccia capire a che livello di follia mi trovo…
Eppure, voglio davvero far tornare Irina, anche perché alla fine in
qualche modo vivo anche attraverso di lei… Continuare ad avere qualcosa da
scrivere su di lei significa lasciarmi la possibilità di sfogarmi…
Ah, che dilemma:
credetemi, è una settimana che ci penso. Mi butto di nuovo nel mondo di Irina
(o in generale in quello della scrittura) a mio rischio e pericolo, sapendo di
perdere un sacco di tempo e rimanere esattamente dove sono ora, solo per il
gusto di vivere fuori dall’ordinario come Fenice, oppure chiudo tutto e prendo
in mano la mia vita, quella vera?
Per il momento, una
decisione l’ho presa: mi prenderò un periodo di riposo, almeno fino a febbraio,
giusto il tempo di fare i miei esami in tutta
tranquillità, e poi sceglierò… Quindi, per il momento, “esco dalle scene”, e
lascio vivere un po’ in pace i nostri due eroi. Dopo, vedrò se li vorrò di
nuovo scomodare.
Ho solo una cosa da
dire, però… Mi conosco troppo bene per non darvi questo
avvertimento: tenetemi d’occhio, perché in qualsiasi momento potrei ricomparire
dal nulla per stupirvi con “effetti speciali”… E lo farò proprio quando meno ve
lo aspettate!
Ora è arrivato il
momento di rispondere alle vostre recensioni… Spero solo che chi ha letto solo oggi l’ultimo capitolo e l’epilogo voglia
lasciarmi un commentino. Anche se la storia è finita
mi fa sempre piacere…
Supermimmina: ti ringrazio per
il complimento, ma credo che se fossi veramente una
grande non sarei qui… In ogni caso, grazie per avermi seguito e per aver
apprezzato la mia storia. Come credo avrai letto, il seguito potrebbe esistere,
e forse non solo quello, ma per il momento mi prendo la mia pausa di
riflessione… E sappi che tra tutti, io sno quella che
spera veramente di più in un ritorno dei nostri eroi. Si vedrà… Questa storia è
stata una delle poche note positive di questo anno
decisamente sfigato, quindi sono molto propensa a riprenderla. Vediamo come
sarà la Lhea del 2010… Ti ringrazio ancora per avermi
seguita, e soprattutto per avermi definito
“scrittrice” nel tuo ultimo commento: era il complimento migliore che potevi
farmi! Un bacio grandissimo!
Annalisa70: ti ringrazio infinitamente per i
complimenti, e ancora di più per aver recensito almeno una volta. Fa piacere
sapere cosa ne pensano i lettori alla fine della storia. Quanto allo scrivere,
no, non credo che mi stancherò mai, è una delle poche cose che mi piace
davvero! Un bacio grande, e incrocia le dita per un seguito.
CriCri88: eh, l’ultima frase me la sono studiata
per bene… Avessi io, una Ferrari… Alla tua domanda ho risposto sopra, quindi mi
dedico al resto. Aaaah, allora eri tu quella che
gridava “seguito!!!!”… Mi sembrava familiare, infatti…
A parte gli scherzi, anche a questo ho dato risposta, e sto anche valutando
l’idea di dedicare qualcosa solo a William, che poveretto in questo momento se
ne sta al fresco… Magari se riesco te lo faccio mandare, consolalo un po’ tu,
se ci riesci. Quanto al rivederci… Lo spero anche io,
ma non so se dopo la mia pausa sabbatica deciderò di tornare sulle scene. Sento
che ho bisogno di cambiamenti, e forse passeranno anche dallo smettere di
scrivere… Cosa molto difficile, visto che è l’unica
cosa che mi da qualche soddisfazione. Si vedrà… Tienimi, d’occhio comunque,
potrei risorgere come Fenice. Un grazie enorme per avermi seguito e per tutti i
complimenti che mi hai fatto. E’ stato un vero piacere averti come lettrice.
EmilyDoyle: solo perché ti
sei commossa ti perdono il fatto che la tua recensione
è di una sola riga… Naturalmente sto scherzando! Non mi permetterei mai di
pretendere qualcosa da voi lettori, quando già usate il vostro tempo prezioso
per leggere ciò che scrivo. Però mi faceva piacere
salutarti e ringraziarti per avermi seguito fino alla fine! Un grande grazie e un abbraccio.
Marty89: come vedi sto
valutando l’idea di una storia con William… Vedremo se avrò la forza e
soprattutto il tempo di scriverla. Per il resto, ti ringrazio per i complimenti
e sono contenta di non essere caduta nel banale, o almeno credo. Quindi, un grande grazie a te che hai apprezzato la mia
storia. Un bacio grandissimo!
Fairy29: per la risposta alla tua domanda vedi
sopra, per il resto… Bé, il tuo FAVOLOSA mi ha lasciato senza parole, quindi
grazie per l’enorme complimento! E anche per avermi seguito sempre con
entusiasmo, insieme aEma,
con cui credo vi siate divertite a immaginare Xander
in modo… Sorvoliamo, va’. Sono contenta che ti sia piaciuta, e ti dico ancora
grazie per i complimenti! Un bacio enorme!
Elypar: non ti
preoccupare per non aver recensito. Lo dico sempre: l’importante è che tu abbia
letto e che ti sia piaciuta. Sono contenta che tutto ciò che ho
scritto sia stato chiaro e soprattutto sia arrivato a voi lettori, oltre
che essere riuscita a far trasparire i caratteri dei personaggi più importanti.
Il ragionamento di Dimitri mi è venuto in mente un giorno, e credo che sia
davvero nel suo stile. Purtroppo è un personaggio a cui
non ho dato molto spazio, ma se scriverò un seguito sarà uno a cui mi dedicherò
di più. Per certi versi lo trovo più affascinante di William… Saranno gusti.
Per il resto, grazie per i complimenti e un bacio grande!
E adesso, passo ai ringraziamenti veri e propri (come vedete ho anche cambiato scrittura…).
Un
grazie enorme come sempre a mia sorella,
che ha sopportato i miei scleripre
e post fiction, e che mi ha guardata giocare alla Playstation a NeedForSpeed
in cerca di ispirazione mentre avevo la musica sparata a tutto volume nelle
cuffie e non mi ha dato della matta…
Un grazie gigantesco a tutti quei cantanti che
inconsciamente mi hanno ispirata con le loro canzoni, tra cui occupa un posto
speciale Anastacia… Se dovessi farvi l’elenco della mia play list, finiremmo domani mattina.
Un grazie a tutti i film e i videogiochi da cui ho
preso spunto e ispirazione, e da cui ho palesemente compiato
l’idea della BlackList… Lo
ammetto, quella non è farina del mio sacco.
Un grazie a tutte le auto che si sono rese in qualche modo protagoniste della mia
storia, tutte reali e con un loro fascino… Senza la Punto, l’Audi TT, la BMW
M3, la Ford GT, la Maserati Graturismo, la
Lamborghini Revènton, la Pagani Zonda
e lei, la Ferrari 548 Italia, il massimo che avrebbero potuto fare i nostri
eroi era gareggiare in bicicletta…
Un grazie a quel… ehm… “vampiro” che cerca di uccidermi con gli occhi tutte le volte che
mi vede, e a cui ho rubato lo sguardo per donarlo a Xander… A qualcosa sei pur sempre servito, mio caro
vampiro.
E poi…
Bé, un grazie gigante a quelledue gemelline
che fanno di nome Emanuela e Luana, senza le quali il soggiorno a Las Vegas
sarebbe stato “leggermente” diverso… E che hanno atteso mesi per leggere
l’ultimo capitolo… Le uniche a cui la storia del vampiro non sarà del tutto
incomprensibile. Grazie ragazze, per il vostro supporto morale e per la
pazienza… Grazie a Luana per aver scoperto “i miei precedenti”, e grazie a
Emanuela per aver avuto il “coraggio” di contattarmi...
Non avrei mai pensato che questa fic mi avrebbe
portato a voi due. Vi aspetto per portarvi a fare un giro con la mia TT nera…
Quando avrò i soldi per comprarla! Un bacio grandissimo!
E ancora…
Un grazie a voi lettori,
che avese seguito questa storia nonostante non sia
stata facile né leggera, che avete amato Irina, adorato Xander
e siete rimasti affascinati da William… Senza di voi, non sarei arrivata a
questo punto. Vi ringrazio per non avermi mai dato della matta e per aver
sopportato i momenti più bui di Irina, che molte volte coincidevano con i miei.
Grazie per aver accolto la storia con entusiasmo e di avermi riempita di
complimenti, anche quando non li meritavo.
E ora, arrivederci a tutti. Ripeto: tenetemi d’occhio,
perché sono abbastanza imprevedibile!
Un bacio grande a tutti voi! Spero che se tornerò sulle
scene, ci incontreremo ancora!
La vostra
Lhea
P.S.: se vedete passare per strada una che fa jogging anche
in pieno inverno vestita come una rapinatrice a cui
manca solo il passamontagna, la coda che svolazza a destra e sinistra, e che se
siete in auto vi fissa con interesse, non vi preoccupate: non sto guardando
voi… Sto guardando la vostra macchina.
AVVISO
Bè, prima di tutto mi sembra doveroso
ringraziare tutti coloro che hanno contribuito a far
entrare “Il gioco dello Scorpione” tra le storie scelte di EFP: lo considero un
onore, e posso dire che non potevate farmi regalo più bello. Sapere che la mia
storia è stata apprezzata fino a questo punto mi rende molto felice!
Come
vedete, ho deciso di abbassare il rating, perché dopo averci pensato un po’ credo sia eccessivo, anche perché alla fine non sono
stata cruenta o violenta come credevo: a parte il tema e qualche parolaccia qua
e la, penso che non meriti il rating rosso. Se qualcuno non è d’accordo con me,
me lo faccia sapere. In ogni caso, metterò un apposito
avviso che mette in guardia i lettori. Mi direte che forse avrei potuto
pensarci prima, ma la verità è che ci ho pensato solo adesso…
Terzo,
ma non meno importante, riposterò tutti i capitoli
per correggere tutti gli errori che mi sono sfuggiti nella “prima pubblicazione”,
e mi limiterò ad aggiungere qualche canzone che ho dimenticato di mettere e che
ritengo rifletta la storia. Non toccherò niente nella trama, quindi potete
anche non rileggere… Anche se, bé… Magari una
rinfrescatina vi farebbe bene, non si può mai sapere…
Bene,
vi ho detto tutto quello che avevo da dire… O forse
no?
Chiedetevi
come mai ho pubblicato questo avviso, e tenetemi d’occhio.
Easy for a good girl to go bad
And once we gone
Best believe we've gone forever
Don't be the reason
Don't be the reason
You better learn how to treat us right
'Cause onces a good girl goes bad
We gone forever*
[ Good Girl Gone Bad – Rihanna ]
<< Mi limiterò ad andare a
duecentocinquanta, oggi >>
Sono
passati due anni da quando lo Scorpione è finito dietro le sbarre…
Due
anni da quando Irina è tornata a essere una ragazza normale…
Due
anni da quando tutte le cose sembrano andare per il verso giusto.
Ma
il passato è una cosa difficile da lasciarsi alle spalle,
e Irina lo sa meglio di tutti.
“Afferrò il volante con la mano, il
pomello del cambio sotto le dita, la lancetta del contagiri che si muoveva
nervosa…
Il
ruggito del motore che le invadeva le orecchie…
Lo
sapeva, si comportava esattamente come se dovesse gareggiare,
come se fosse ancora una pilota
clandestina…”
Si
può rinnegare,
Si
può nascondere,
Si
può scordare,
ma il passato non si può cancellare.
Perché
rimane lì, a ricordarti ciò che sei stata e ciò che sei diventata
Rimane
lì, a farti capire ciò che hai perso e ciò che hai guadagnato
Per
dimostrarti che in ogni caso, nel bene e nel male, fa parte di te.
“Non posso dimenticare ciò che sono
stata… Non voglio dimenticare…
Forse
se non avessi preso quella strada, non sarei ciò che sono ora…
Se
l’ho fatto, è perché volevo farlo… Non sono solo stata
costretta…
Ma
ho perso troppo, tutto. Stavo
perdendo anche me stessa…”
E
poi…
Il
passato torna
E
quando torna, un motivo c’è sempre.
<<
Signorina Dwight, ho una proposta da farle… >>
E
se all’improvviso Fenice rinascesse?
E
se le venisse offerta la possibilità di unire due cose
che aveva sempre ritenuto inconciliabili?
E
se si rendesse conto che alla fine il suo passato non lo hai mai dimenticato,
che ha sempre vissuto all’ombra di ciò che era stata?
“Non posso tirarmi indietro, se sono
l’unica che può farlo…
Se
voglio crescere, devo affrontare le mie paure, e l’unico modo che ho è
accettare…
Anche se so che cosa comporta…”.
Questa
volta Irina deve fare una scelta che può cambiare definitivamente il suo mondo,
il suo modo di vedere e di vivere…
<<
Non la potete mandare laggiù da sola! L’ammazzeranno
alla prima occasione!
Non
ho rischiato la vita per vederla tornare tra loro! >>
Una
scelta che la dividerà da tutto e da tutti,
e che sarà la sua unica possibilità
per lasciarsi veramente il suo passato alle spalle…
<<
Ovunque tu sia, ovunque tu ti nasconda, io ti troverò Irina…
Quando
sarò fuori di prigione, chi mi ha tradito avrà i giorni contati…
E
tu sarai mia, perché lo sei sempre stata.
Anche
se questo vorrà dire ucciderti… >>.
Per
poi scoprire che in due anni molte cose cambiano,
comprese le persone che hanno
fatto parte della sua vita.
<<
Non sei quella che ricordo… Mi hai stupito, Fenice >>
<<
Anche tu, Dimitri… >>
Questa
volta, il passato torna per sconvolgere tutti,
Per
dimostrare che si cade e che ci si rialza;
Per
dimostrare che si perde e che si vince;
Per
dimostrare che il bene e il male sono solo due visioni relative…
<<
Forse le persone cambiano davvero, bambolina…
Anche
quelle come me >>
Questa
volta il passato torna,
per dimostrare che alle
volte le parti s’invertono,
e ti mostrano quello che veramente
c’è da vedere.
- 26 Febbraio 2010 -
Russian
Roulette
Prossimamente su EFP
Ok, vorrei vedere le vostre facce,
perché sono sicura che vi state trattenendo dallo
scoppiare a ridere… E’ una baggianata, ma io mi sono divertita un casino a
farla… Vorrei tanto assomigliasse a un “trailer”, ma non so cosa ne sia venuto
fuori. Non importa, anche se fa schifo potete far
finta di non averlo mai letto…
La mia intenzione era solo quella di darvi una data in cui vedrete il primo
capitolo del seguito, e di farvi “fremere” un pochino… Naturalmente non credo
che ci riuscirò(non ho questa pretesa), ma anche se vi ho fatto fare due risate
va bene lo stesso. Lo so, sono fuori di testa, ma che
vi devo dire: per scrivere storie del genere non bisogna esserci tanto con il
cervello… In questo io sono una campionessa.
Come vedete, il titolo sarà “Russian Roulette”, altra cosa ridicola, ma mi piaceva è
quindi ho scelto quello: oltretutto, è anche una canzone di Rihanna
(comparsa tra l’altro nel Gioco dello Scorpione…), esattamente come “Good girl gone bad”. Non le ho
scelte a caso, quindi meditate, gente.
Credo lo abbiate già capito che
quelle a sinistra sono frasi tratte dal seguito, o che comunque ne rispecchiano
alcune parti, e immagino che qualcuna vi darà da pensare. Soprattutto l’ultima…
Ah sì, se ne vedranno delle belle
davvero. Se torno, torno per stupirvi, quindi non aspettatevi niente di scontato.
La mia pazzia sta raggiungendo livelli di cui non prevedevo l’esistenza…
Ora non mi resta che fare l’appello:
-Fan
Club di Irina… Preparate gli striscioni perché ci vorrà
tutto il tifo possibile.
-Fan
Club di Xander? Sì, vi vedo… Curiosi di sapere
qualcosa sul suo passato? Perfetto, ci sarà da ridere (forse…). Naturalmente Xander è disponibile all’uscita per firmare gli autografi…
Chiede solo di non essere “aggredito” perché pare che la sua creatrice sia un
po’ gelosa… Boh, io non ne so nulla, chiedete a lui…
-Fan
Club di William? ……………. Ehi, ehi, calme, non mi
travolgete! Allora, se lo avete amato in passato, ora lo adorerete davvero…
Sarà più affascinante e cattivo di quanto sia mai stato… Anche lui è
disponibile per gli autografi, e anche a farsi aggredire, se per questo. Dovete
solo prendere il numero.
-Fan
Club di Dimitri? Sì, dai, lo so che ci siete ma vi nascondete… Ecco, bravi,
alzate la manina… Bé, vi riscatterete, in questo seguito. Non dico altro…
Dimitri non è né disponibile per gli autografi, né per farsi aggredire… Ha
lasciato detto che chi gli si avvicina rischia di trovarsi a dover camminare
sulle mani… Consiglio di lasciarlo stare per un po’…
Bene, dimentico qualcuno? Non mi
sembra… Ah, ringraziate Lady Gaga e Rihanna per quello che succederà in Russian
Roulette, perché in gran parte è anche merito (o colpa…) loro… Certe volte sono
proprio tamarra, lo so, perdonatemi.
E adesso vi mando un bacio enorme, e
vi aspetto per il primo capitolo! Fatemi sapere se vi ho
incuriosito, eh!
Lhea
P.S.: se lo festeggiate (beati voi…),
vi auguro un buon San Valentino…
*Traduzione:
“E’ facile per una brava ragazza
diventare cattiva,
e una volta che lo siamo diventate,
meglio credere che lo saremo per sempre.
Non c’è bisogno di una ragione,
Non c’è bisogno di una ragione.
E’ meglio che impari a trattarci nel
modo giusto,
perché una volta che una brava ragazza
diventa cattiva,