La miniera nel cielo: Prologo

di Mannu
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


La miniera nel cielo: Prologo
1.

Fu il freddo a svegliarla. Si rannicchiò rabbrividendo dentro la cuccetta all'improvviso troppo vuota e si accoccolò su se stessa alla ricerca del calore del proprio corpo nudo, allacciando le gambe su se stesse e stringendosi le braccia al seno. Dove sono i maschi quando servono, sospirò cercando di tornare nel torpore del sonno. Ma l'odore che le arrivò a sbuffi dalla sua stessa pelle, odore di sesso e sudore, sommato alle sensazioni appiccicaticce che le arrivavano dal bassoventre la misero a disagio e le tolsero ogni romantico desiderio di rimanere a crogiolarsi a letto.
Aveva anche un po' di cose da fare oltre a una bella doccia: quello era l'ultimo giorno che Spyro poteva dedicare a darle una mano con la sua corvetta, il suo affezionato Coyote. L'indomani il Raja, terminata una lunga e inevitabile revisione vista l'ultima disavventura, sarebbe ripartito. Strinse le labbra al pensiero: ieri, mentre lei scriveva programmi per i droidi di manutenzione di bordo, Ping e Pong, lui le era scivolato dietro la schiena, le aveva posato le sue grandi mani sulle spalle e aveva cominciato una sorta di massaggio. Spyro non sapeva massaggiare, ma aveva ottenuto ugualmente un piacevole risultato. Poi, quando lei si era completamente distratta dalla programmazione per lasciarsi andare ai piaceri di quei palmi caldi premuti sui muscoli delle spalle e ai brividi dei polpastrelli pesanti e un po' ruvidi che le percorrevano le vertebre cervicali, lui aveva avvicinato le labbra al suo orecchio e le aveva sussurrato la fatidica frase: “vieni con me”.
Ne avevano già discusso a lungo nei giorni precedenti e non aveva cambiato idea. Per rendere più dolce la risposta negativa se lo era stretto forte al seno e lo aveva baciato pizzicandogli le labbra tra le sue. Ci era rimasto male: probabilmente sperava di farle cambiare idea all'ultimo momento, come l'altra volta. Ma lei non poteva ogni volta cambiare un “no” in un “sì” dopo un po' di sesso e di moine. Scema, non è solo per quello, si rimproverò. Però si sentiva colpevole lo stesso per aver opposto un rifiuto a Spyro. Mentre cercava un ingaggio per sé, per guadagnare qualche soldo e soprattutto per volare con la sua corvetta, la sensazione di separazione, allontanamento dall'uomo che l'adorava, l'aveva tormentata. Ma non poteva essere diversamente, se ne rendeva conto. Cambiare vita e correre a stare tra le braccia di Spyro (“che bel destino!” le gridò il cuore) avrebbe significato rinunciare al Coyote, a volare, a stare seduta sulla poltrona del comandante. Non era per quello che aveva tagliato i ponti dietro di sé. Sentì un peso addensarsi al centro del petto: quello che portava a Spyro era un ponte che proprio non voleva tagliare.
Aveva ormai deciso di accendere la luce e affrontare l'ostile climatizzazione della sua cabina quando la voce di Spyro la immobilizzò.
- Pronto?
Poteva sentirlo bene: era sul ponte di comando, a pochi metri dalla sua cuccetta, e nessuna porta era chiusa.
- Ciao bella... bene, e tu?
Aveva una conversazione in cuffia: non poteva capire con chi. “Ciao bella”? La fiamma della gelosia si accese contro la sua volontà, ma riuscì a domarla subito.
- Ma io ti penso sempre... - una breve pausa e poi la sua morbida e sommessa risata. Quella che lei adorava sentirgli fare mentre lei gli teneva la testa sul petto. Fu tentata di sgattaiolare furtiva sul ponte di comando per sbirciare sui monitor l'identità dell'interlocutrice, ma date le ridotte dimensioni del locale non aveva speranza di passare inosservata.
- Ma no, ho chiamato per sentire la tua bella voce! - si trattenne a stento dal catapultarsi fuori dalla cuccetta e piombare sul ponte di comando per fargli una scenata coi fiocchi, nuda e sporca così com'era. Cominciò a pruderle la radice dei capelli, segno che il sangue le stava arrossando di rabbia la pelle. Non si grattò per il timore che il suo movimento facesse accendere la luce. Che mi creda addormentata: voglio proprio vedere fin dove arriva! Strinse i denti e attese, sopportando il prurito e tendendo le orecchie.
- Ah, sei un vero amore! Grazie, tesoro!
Questa me la paga, pensò risoluta a vendicarsi in qualche modo. Attese col fiato sospeso e il cuore che le sbatteva contro il torace che la pausa avesse fine per sentire il resto della conversazione.
- D'accordo, sarò da te in giornata.
E così abbiamo il piede in due scarpe, eh? Strinse fortemente le braccia al petto, le mani serrate a pugno. Seguì la fase finale della conversazione: i soliti banali saluti. A darle profondamente fastidio era il tono della sua voce, così caldo e morbido, affettuoso. Un tono che pensava fosse riservato a lei. Invece no.
Passi: pesanti, calmi. Era lui. Chiuse gli occhi e distese più che poté i lineamenti del viso, fingendo di essere ancora addormentata. I passi giunsero fino davanti alla sua cabina e la luce si accese sfarfallando, violenta e fredda.
- Sveglia, pigrona!
Accidenti a te, pensò strizzando gli occhi e mugolando simulando d'essere assonnata. Si voltò per vedere se era entrato nella sua cabina, ma quella era vuota. Lo chiamò “tesoro” mormorando, rendendosi conto che non lo aveva mai chiamato così. Stava già usando a mo' di arma ciò che aveva sentito durante la misteriosa conversazione e si morse un labbro. La vendetta deve essere consumata fredda, si promise con fermezza d'intenti. Sentì i passi tornare indietro.
- Che c'è? - lo vide affacciarsi sulla soglia della cabina e sentì una colpevole stretta al petto. Con lui a bordo, il Coyote rimpiccioliva. Indossava già la sua uniforme kaki da secondo ufficiale del Raja: i pantaloni con la riga affilatissima e la camicia un poco tesa sul petto dai poderosi pettorali e dalle muscolose spalle. Indossava anche la giacca, segno che aveva freddo o che stava per sbarcare.
- Non è così che si sveglia il comandante, sai?
Il largo viso di lui accennò un sorriso mentre le si avvicinava. Si chinò a baciarla e lei estrasse un braccio dalla cuccetta e lo avvinghiò intorno al collo dell'uomo, impedendogli di ritirarsi mentre gli mordeva il labbro inferiore. Non tanto forte, ma abbastanza da fargli sentire i denti.
- Mmh... vuoi che ti porto qualcosa da mangiare? - le chiese vincendo dolcemente la forza del suo braccio. Lei si aggrappò con più forza e gli leccò il mento sbarbato di fresco. Gli sorrise.
- Cosa preferisci? - le chiese dopo averla baciata rapidamente.
Vorrei darti un pugno nei coglioni, pensò. Ma gli sorrise e lo spinse via.
- Niente... mi arrangio io. Devo andare in bagno.
Spyro tornò sull'angusto ponte di comando elencando a voce alta le cose a cui aveva lavorato e che lei avrebbe dovuto controllare. Era stato impegnato dalla riconfigurazione energetica e dall'aggiornamento di qualche sistema che lei non aveva mai avuto il tempo di controllare.
- … e poi ho ottimizzato il ciclo di funzionamento di entrambe le camere di equilibrio. Dovresti provarle con la tuta da vuoto per vedere se i nuovi parametri ti stanno bene.
Se scopro che mi tradisci li faccio provare a te i nuovi parametri, ma senza tuta, pensò strofinandosi le braccia per cercare un po' di calore. Una volta sgusciata fuori dalla cuccetta il freddo le aveva fatto accapponare la pelle e rizzare dolorosamente i capezzoli. Perfino il pavimento di gomma le sembrava freddo sotto i piedi scalzi. Era stato lui ad abbassare il riscaldamento, dicendo che faceva troppo caldo a bordo.
- Miki? Mi stai ascoltando?
- Seee, see... - rispose malvolentieri cercando qualcosa con cui coprirsi. Non voleva vestirsi, sporca com'era, per poi spogliarsi nuovamente mezzo minuto dopo. Quindi dichiarò ad alta voce la sua intenzione di andare in bagno a farsi una doccia calda e con una corsetta lungo lo spinale gelido, difesa solo dalle sue ciabatte di gomma colorata, raggiunse il bagno e si chiuse dentro.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


La miniera nel cielo: Prologo
2.

La doccia bollente, anche se durata meno di un minuto, l'aveva rimessa in pace col mondo, tranne che con Spyro. Si era stupidamente ingelosita per una conversazione che lui aveva avuto e nemmeno sapeva con chi. Si sentiva peggio di quella volta che l'aveva incontrato per sbaglio in quel locale per ragazzini snob, seduto a un tavolo di fronte alla sua provocante, sensuale ex moglie. Forse Spyro aveva chiamato proprio lei. Forse tra i due si era riaccesa la vecchia fiamma della passione. Forse non era vero nulla e quella fiamma non si era mai spenta. Oppure Spyro aveva usato lei per far ingelosire la moglie e riallacciare una relazione interrotta? Ora sto esagerando, si rimproverò. La fantasia stava galoppando sfrenata, alimentata dalla gelosia. Detestava ammetterlo: le piaceva definirsi una ragazza dalle ampie vedute, tollerante, poco impulsiva e molto riflessiva. Eppure, seduta nella poltrona del comandante a bordo della sua nave, non smetteva di tormentare nervosamente i lunghi polsini della grigia maglia termica che aveva indossato sotto la camicia da astronauta a maniche corte. Io tollerante? Non è vero niente: sono gelosa da morire, ecco!
Spyro era sbarcato dicendo di doversi far vedere a bordo del Raja, da cui ultimamente era mancato per stare con lei. Cercava forse di farla sentire in colpa? Era sola a bordo, non riusciva a concentrarsi su quello che doveva fare e non era nemmeno a metà della mattina. Si era innervosita e sarebbe rimasta irritabile per il resto della giornata, ormai ne era certa. Tutto per colpa di un uomo. Quello stupido ammasso di muscoli!
Abbandonò la penna ottica sulla console di comando e la afferrò un istante prima che cadesse. Stizzita, la ripose con poca grazia in un posto migliore. Non era ancora riuscita a trovare una semplice cordicella che le impedisse di rotolare. Si aggiustò le bretelle della pettorina dei pesanti pantaloni da lavoro, tendendole un po'. Era inquieta, non sapeva che fare, aveva la testa piena di confusione. Decise di dare un nuovo sguardo ai conti: il giorno precedente si era spaventata per la bolletta giornaliera e aveva immediatamente abbassato il riscaldamento. Aveva il convertitore massa-energia isolato per manutenzione ed era dipendente dall'energia che il molo di Apollo le forniva. Energia che andava pagata. Stava controllando i consumi voce per voce quando ricevette una chiamata video. Un annoiato impiegato di un'azienda sconosciuta le chiedeva la disponibilità a una consegna straordinaria: era quello che stava aspettando. La sommerse di documenti da compilare, di richieste di certificazioni e la oppresse con la descrizione di mille obblighi contrattuali, ma con tutta probabilità il lavoro sarebbe stato suo. Un bel viaggetto: un piccolo container di deperibili da consegnare presso LV-41, noto anche come Mastodonte: un asteroide gigantesco che seguiva una traiettoria di avvicinamento al sistema solare e che ospitava una colonia mineraria. Non era lontanissimo, ma nemmeno dietro l'angolo. Si diede da fare e, contenta di aver trovato qualcosa cui pensare, si dedicò al noioso compito di sistemare tutta quella mole di scartoffie.

Doversi impegnare per smaltire le richieste burocratiche del suo primo vero committente servì a sgombrarle la testa. Quando ebbe finito era quasi ora di pranzo e si sentiva affamata. Andò a controllare nel locale mensa e trovò ancora del cibo che Spyro aveva comprato il giorno prima: surimi e soia in salsa nera. Ce n'era rimasto poco, ma lo mangiò in fretta dopo averlo scaldato e non desiderò altro. Si era messa in testa di dimagrire e non poteva certo mangiare tutto quello che desiderava. Con quel proposito aveva anche cominciato a frequentare la stessa palestra di Spyro. L'allenatore l'aveva accolta volentieri con la promessa che avrebbe fatto qualcosa per i suoi fianchi troppo carnosi e larghi. L'aveva detestato da subito. Per il momento era riuscito solo a renderla famelica due volte alla settimana.
Le venne voglia di sbarcare: si sentiva in gabbia. Se le avessero affidato il lavoro, avrebbe fatto meglio a fare qualche spesuccia: non aveva alcuna voglia di mangiare razioni per tutto il tempo. Aveva un frigorifero a bordo e intendeva usarlo. Ci pensò bene e decise che avrebbe fatto la spesa anche se non avesse ricevuto l'incarico.
Indossò il bracciale olografico e lo coprì con la manica della maglia termica mentre attendeva la conferma della prenotazione della gabbia motrice. Le fu confermato l'orario di arrivo e vide che aveva appena il tempo di indossare la tua ingombrante tuta EVA. Prese del denaro, lo infilò nella stretta tasca della pettorina e corse all'armadio robot che la aiutò a infilarsi la pesante tuta. Esattamente come si era immaginata, quando il portello esterno della camera stagna si aprì sul vuoto, la gabbia motrice era già lì.
Viaggiare dentro quel marchingegno era sempre un'esperienza, anche se recentissimamente avevano cambiato completamente il pannello di comando e semplificato le cose. Ora anche un bambino avrebbe potuto usarlo. Si godette il panorama: si era spostata al molo 55 per accelerare i tempi della manutenzione e infatti, voltandosi verso la sua nave mentre la gabbia motrice si allontanava manovrando automaticamente, poté vedere come le tute EVA rosse e gialle dei tecnici che ronzavano intorno allo scafo del Coyote fossero ormai prossime a terminare il lavoro. I motori sembravano a posto e, se distingueva bene i dettagli dello scafo in allontanamento, le linee di alimentazione erano state ricollegate tutte. Ora era sufficiente sistemare i condotti del plasma e la manutenzione poteva dirsi conclusa. Si attese una comunicazione da parte del capo dei manutentori di lì a poche ore.
La gabbia motrice, una piattaforma attaccata in cima a un complesso e lunghissimo braccio articolato, la portò a destinazione e poté finalmente posare piede su Apollo. Lasciò la struttura di accoglienza del moderno molo 55 e prese uno dei nuovi ascensori che la portò direttamente al quarto settore. Cominciò a passeggiare distrattamente alla ricerca di un supermercato che offrisse qualche promozione sui generi alimentari. Ne trovò diversi e alla fine scelse quello più grande. Passò in rassegna i banchi refrigerati che esponevano cibi freschi e confezionati: valutò le costose verdure di Mu4, lesse con attenzione le etichette di carote belle a vedersi e scelse senza esitare una grossa busta di patate piccole e tonde, più economiche. Pian piano la cesta che aveva prelevato all'ingresso si andava riempendo e quando vide sullo schermo a quanto era arrivato il conto, decise che poteva bastare. Il supermercato era così affollato che dovette fare la coda alle casse. Davanti a lei c'era una signora tarchiata con un bambino che le arrivava alla vita. Lo vide osservarla con attenzione e serietà e si decise a sorridergli. Per tutta risposta il bimbo distolse lo sguardo sdegnato e si dedicò all'espositore dei giocattoli lì vicino. Piccolo antipatico, pensò. Quando fu il suo turno di pagare sollevò il cesto con la sua spesa con una mano sola e posò la card coi soldi sull'apposito ripiano della cassa affinché venisse scalato l'importo. Ricevette i complimenti di una dipendente della sorveglianza del supermercato per l'agilità con cui aveva sollevato quel peso. Miki guardò il cesto pieno di cibo confezionato e ripensò agli analoghi commenti che l'allenatore di Spyro le aveva rivolto quando aveva constatato di cosa lei era capace con le sue braccia paffute e grosse.
- Solo allenamento... – rispose alla donna in divisa che le sorrise di rimando. Impostò su un pannello sensibile al tocco la destinazione desiderata per la sua spesa: un sistema di trasporto a nastro si sarebbe occupato di far giungere la sua cesta piena al deposito della struttura di accoglienza del molo 55. A un prezzo, ovviamente.
Si incamminò nel dedalo di corridoi che portava a una delle uscite del supermercato, un percorso obbligato fra grandi negozi e piccole botteghe dove era possibile sperperare tutto quello che era stato faticosamente risparmiato facendo la spesa con attenzione. Miki passeggiò tra le vetrine, schivando i carrelli della spesa e i marmocchi sfuggiti al controllo dei genitori, superando vocianti e fastidiosi capannelli di giovanissimi che la portarono istintivamente a chiedersi se fosse o no un giorno di scuola, quello. La folla era piuttosto fitta e muoversi in linea retta non era possibile. Quando il bracciale olo cominciò a solleticarle il braccio sinistro con la debole vibrazione che annunciava una chiamata inoltrata dal Coyote, si tirò prontamente da parte. Detestava essere urtata e spintonata, soprattutto se stava parlando con qualcuno. Con la schiena addossata a una piccola parete tra una vetrina e l'altra sollevò il bracciale e lo sfiorò per rispondere.
Coyote – disse atona. Chi la chiamava non poteva sapere che lei non era a bordo. Almeno quello era ciò che ricordava dopo una superficiale lettura del manuale d'uso della radio della sua nave.
- Salve, sono Farnesi, caposquadra della manutenzione del molo 55. L'assemblaggio è completo, i test preliminari hanno dato esito positivo. Avete luce verde su tutto. I reclami si accettano entro dodici ore a partire da adesso.
L'uomo aveva parlato in fretta masticando le parole. Lo comprendeva: era obbligato da contratto a ripetere ogni volta la stessa tiritera con tutti. Miki sapeva perfettamente che era del tutto inutile chiedergli qualcosa. Quella conversazione veniva registrata e doveva seguire il protocollo prestabilito senza deviare.
- Ricevuto, grazie mille – che registrino anche che io sono una ragazza gentile che ringrazia sempre, pensò.
- Buon viaggio, Coyote. Farnesi, chiudo.
Anche il caposquadra è una persona gentile, pensò lei sorridendo mentre chiudeva il canale con la sua nave. Alzò lo sguardo sul fiume di persone che le stava scorrendo davanti, intenzionata a riprendere la navigazione verso l'uscita. Ma sulla sponda opposta qualcosa richiamò la sua attenzione. Oltre la vetrina che consentiva di vedere dentro un negozio di hardware e dispositivi elettronici di largo consumo aveva visto muoversi qualcosa di viola. Qualcosa che le pareva di conoscere. Si alzò in punta di piedi e cercò di sbirciare attraverso gli oggetti in vetrina che offrivano un frastagliato riparo a chi era dentro il negozio. Tra un terminale da gioco e un condizionatore d'aria portatile lampeggiò di nuovo qualcosa. Capelli. Lunghi dread di un vivace e appariscente viola. Guadò il fiume di gente approfittando degli spazi vuoti che si aprivano qua e là e giunse finalmente dalla parte opposta. Si appoggiò alla vetrina, che recava segni di mani e polpastrelli ovunque, e concentrò la sua attenzione sulla gente che era dentro il negozio. Niente. C'era troppa confusione, nonostante fosse uno di quei posti dove bisognava pagare anche solo per entrare. Poteva essere lei? Certo, quella ragazzina impertinente e arrogante non era l'unica a tingersi i capelli di viola. Poteva trattarsi di chiunque. Avrebbe potuto essere stata vittima di un abbaglio. Si era decisa ad andarsene quando all'improvviso un nuovo lampo viola raggiunse i suoi occhi. Fu abbastanza svelta da intravedere la chioma scorrere giù dalla spalla di una giacca verde oliva, ma niente altro. Si allontanò dalla vetrina e si lasciò guidare dal flusso fino a quando raggiunse l'uscita. Dopotutto, si disse, anche se fosse lei, non me ne importa affatto.
Stava oziando con le mani in tasca, passeggiando svogliata lungo una strada affollata ricca di negozi e altre attività commerciali quando il suo bracciale olo vibrò nuovamente. Lo scoprì e quello proiettò per un breve istante l'ologramma del simbolo di un messaggio ricevuto. Il sistema informatico del Coyote era collegato a quel bracciale, anche se poteva usufruire solo di poche delle funzioni a cui aveva accesso tramite il terminale di bordo. Non riuscì quindi a visualizzare gli allegati al messaggio, ma capì che si trattava della conferma del suo primo incarico. Si sentì bene: aveva una nave, un carico, una destinazione. Perfino una scadenza e, ovviamente, una paga che l'aspettava. Sentì stringersi il petto per l'emozione e la gioia: avrebbe volato col suo Coyote e, con un po' di fortuna, non ci avrebbe rimesso nemmeno tanto denaro. L'unico neo che una sottile, discordante voce dentro di lei le mostrò evidente era che sarebbe stata da sola. E solo lei sapeva quanto aveva bisogno di compagnia, soprattutto da quando Spyro le aveva confessato, a modo suo, ciò che provava nei suoi confronti.
Il pensiero le tornò prepotentemente al secondo ufficiale del Raja, anche se lei ne avrebbe fatto volentieri a meno. Non era ancora partita e già sentiva la sua mancanza. Tornò con la mente alla conversazione che aveva udito di nascosto quella mattina e il pensiero che lui avesse un'altra stavolta le straziò il cuore, anche se solo per un attimo. Pensò di poter affrontare la cosa e di uscirne senza danni. Ma chi vuoi fregare, si disse quando il solo immaginare Spyro tra le braccia di quella splendida stronza della moglie sembrò poterle dividere in due il petto.
Doveva trovare qualcosa da fare, altrimenti la sua testa si sarebbe spaccata a forza di pensare a lui. Saltò su un nastro pedonale e si lasciò portare verso l'ascensore che l'avrebbe condotta al molo dove la sua corvetta la stava aspettando.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


La miniera nel cielo: Prologo
3.

Impossibile ignorarlo. Duecentotrentanove centimetri d'altezza: era evidente come un dito in un occhio lì, nella zona dello spazioporto. Indossava la sua solita tuta speciale bianca che lo aiutava a sopportare la gravità artificiale di Apollo, che pure era poco meno di nove decimi di quella terrestre. Ma si ricordò subito che gli spaziali come lui si trovavano bene solo da sei decimi in giù. In piedi ritto come un palo e altrettanto immobile, non fu certo che l'avesse vista fino a quando non chinò la testa verso di lei.
- Ciao, Miki.
- Adso, ciao... che ci fai qui? - al contrario, lei doveva gettare la testa all'indietro per guardarlo in viso.
- Ti stavo aspettando – l'albino aveva un modo di parlare lento e ponderato, come se le parole avessero un costo e lui pochi soldi in tasca.
- Me? E perché? - si meravigliò lei. Pensò subito che un certo ufficiale secondo in comando non avesse il coraggio di dirle qualcosa di persona, ma scacciò il molesto pensiero.
- Verresti con me? - scandì lui. Miki intuì che avesse difficoltà respiratorie e suppose che fosse per via della gravità.
- Certo – rispose lei sicura. Si fidava dell'albino: aveva imparato che era una persona corretta fino al masochismo. Si ricordò di quando si era messo a rapporto dal Comandante del Raja trascinando anche lei e tutto il resto dell'equipaggio. Doveva ancora finire di scontare la punizione, ora che ci pensava.
Camminare a fianco di uno spaziale era uno dei modi migliori per essere notati, anche lì nella zona del porto dove di gente stramba se ne vedeva parecchia. Adso procedeva lentamente per darle modo di stargli al fianco, ma ogni passo dei suoi equivaleva a due o tre di quelli di Miki e ciò era imbarazzante per entrambi. Nonostante gli spaziali col loro fisico sottile e la loro altezza a volte esagerata non fossero una novità da molto ormai, vederne uno era sempre motivo d'interesse, oltre che una cosa piuttosto rara. Cercò di fare conversazione come se niente fosse, anche se non era affatto facile: le veniva il fiato corto in fretta.
- Hai visto il Secondo oggi, per caso? - chiese fingendo di passare da un argomento all'altro in modo del tutto casuale.
- Certo. È salito a bordo a metà mattina circa.
Quindi non è andato da “ciao bella”... non subito, rimuginò lei. Come portare Adso sull'argomento senza insospettirlo? Forse sapeva se Spyro aveva un'altra donna, così come aveva saputo della relazione tra lei e Spyro senza che nessuno dei due lo avesse informato. Cercò di carpirgli qualche indizio senza smascherare il proprio gioco.
- Mi sembra un po' affaticato ultimamente, non vorrei che non stesse bene. Non mi dice mai niente!
- Il Secondo gode di ottima salute, che io sappia – sentenziò lapidario lo spaziale.
Sarà dura cavare fuori qualcosa da Adso, pensò guardandosi le scarpette. Cambiò ancora discorso.
- Mi dici dove stiamo andando? Ti affaticherai camminando così tanto.
- Laggiù – lui stese un braccio smisuratamente lungo e indicò un locale notturno chiuso. A Miki sembrò che, nonostante la distanza dall'ingresso fosse di qualche decina di metri, l'albino potesse arrivare a bussare alla porta da lì.
Raggiunse il posto che in effetti non era chiuso. Sembrava un locale notturno come altri, lì nella zona del porto. Avrebbe preferito non trovarsi a passare da quelle parti da sola, ma per il momento non si vedevano in giro facce preoccupanti.
Ma ugualmente non fu molto contenta di entrare nel locale: era avvolto nella penombra. Tutto era spento, buio e silenzioso. Apparentemente non c'era nessuno. Il cuore che aveva cominciato ad accelerare ancora prima di spingere la maniglia ed entrare dalla porta trasparente, ora le batteva furiosamente.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


La miniera nel cielo: Prologo
4.

Non si avvide del gradino e vi inciampò sopra. Si aggrappò a Spyro che la teneva a braccetto ed evitò la caduta.
- Sei ubriaca.
Colse una nota di vago divertimento nella sua voce.
- No che non sono ubriaca. Sono solo un po' allegra. Mi sono divertita. Non come te, musone.
Si aggrappò meglio al braccio dell'uomo, stringendogli il voluminoso bicipite con una mano. Si sentiva la testa leggera e il ventre pesante, le veniva da ridere per un nonnulla, era così allegra da sentirsi sciocca e percepiva i piedi come staccati dal resto del corpo, lontani, autonomi. Dovette riconoscere che forse sì, era ubriaca. Dopotutto si era da poco conclusa la sua festa di compleanno, del quale si era completamente dimenticata. Non era nemmeno la prima volta che le accadeva.
Adso l'aveva portata in quel locale dove di nascosto si erano radunati tutti per farle una sorpresa. Torta, vino e ospiti speciali. C'era il muscoloso e scuro Mak, vestito quasi bene per una volta: sembrava intenzionato a far esplodere la camicia da astronauta dentro cui era riuscito a entrare. Pensò che probabilmente l'aveva chiesta in prestito a qualcuno un po' troppo più piccolo di lui. C'erano Spyro e Adso ovviamente, e anche il chiassoso Navigatore. Non avrebbe mai detto che una IA si sarebbe trovata bene a una festa di compleanno. Certo, lui si era trovato bene; gli altri un po' meno, avendo intorno un droide da combattimento armato di tutto punto. La fama di quelle macchine infernali era indistruttibile, proprio come loro. A lungo lei aveva rassicurato gli altri che non si trattava di un droide di sicurezza vero e proprio, ma non poteva dire di esserci riuscita.
Poi a sorpresa era apparsa anche Ilah. Ci aveva visto giusto al supermercato ed era rimasta molto soddisfatta di ciò. La smorfiosa, vestita da randagia con gli stessi straccetti che aveva indosso l'ultima volta che l'aveva vista, le era corsa tra le braccia per farle gli auguri e, cosa inedita, si era mostrata affettuosa e cordiale con lei e con tutti gli altri. Stranamente non erano riuscite a litigare, nemmeno quando le aveva cantilenato le solite insopportabili sciocchezze da compleanno.
Ma il livello della sorpresa era destinato a salire: Spyro le si era avvicinato e le aveva sussurrato nell'orecchio un allarmante “questo qui non mi piace, ora lo butto fuori”. Lei l'aveva fermato subito: si riferiva a quel pancione di Morgan che dopo averla chiamata a voce alta “tette di zucchero” un paio di volte si era comportato quasi bene.
Il culmine lo aveva raggiunto pochi secondi dopo aver riconosciuto la testa pelata e il viso luciferino di Morgan: alto, vestito elegantemente ma completamente di nero, seducente con il suo viso tranquillo ormai intaccato dalle prime rughe della vecchiaia e con la sua sicurezza innata. Anton, il capo delle guardie del corpo di sua madre. L'aveva vista crescere nella lussuosa villa di sua madre dove lui prestava servizio e i suoi capelli erano già grigi quando lei era scappata definitivamente. Assicuratasi che Spyro la stesse guardando, gli era corsa incontro e, appesa al suo collo, gli aveva stampato sulle labbra un bacio breve ma intenso.
Il braccio di Spyro si irrigidì comunicandole la sua intenzione di fermarsi. Miki si rese conto di essere appoggiata su di lui come un'ubriaca e si costrinse a cercare una condizione d'equilibrio sulle proprie gambe.
- Sei sicura di voler tornare a bordo? Prendi un alloggio qua vicino e...
- No, no, no! Ho da fare! Devo preparare la partenza, le operazioni di carico, le... le...
- Sei troppo sbronza per lavorare – la rimproverò nuovamente, a voce bassa. Erano davanti all'ingresso della zona di accoglienza del molo 55 e c'era un po' di viavai di gente che trascinava bagagli. Evidentemente c'era un charter attraccato da poco da quelle parti.
- Non sono sbronza, ho detto! - scattò lei senza controllare la voce. Gli occhi accennarono a chiudersi poco dopo e lei si dovette sforzare per impedirlo.
- Adesso torno a bordo, dormo un paio d'ore e poi mi metto a lavorare. Mi manca poco, sai? Solo poche cose, carico e parto.
- Ce l'hai l'equipaggio?
- Lo trovo – si strinse nelle spalle. Se n'era dimenticata.
Spyro storse la bocca: era chiaro che la situazione non gli piaceva.
- Cos'è quella faccia? - lo aggredì. Non attese la risposta - Lo so io cos'è. Vuoi a tutti i costi che venga con te sul Raja.
- Voglio stare con te, ti desidero – le disse lapidario. Miki riconobbe la tattica: la stava mettendo di proposito sul sentimentale. Ora l'avrebbe baciata e lei avrebbe dovuto cedere, rinunciando al Coyote per imbarcarsi con lui. L'ultima volta aveva funzionato bene.
- Cazzo, allora perché non vieni con me? Non ti va di fare l'equipaggio? Ti faccio fare il secondo ufficiale, sai? Tranquillo, è una promessa!
Si rese conto in ritardo che la voce le era divenuta stridula. Lo stava prendendo in giro, ma così la conversazione rischiava di sfuggirle di mano.
- Scherzi? Fra venti ore il Raja deve lasciare l'approdo, ha la stiva quasi piena!
- E il Coyote parte fra... molto meno! - non si ricordava più quante ore mancavano all'appuntamento con l'azienda che l'aveva messa sotto contratto.
- Che testa dura, hai! Soffrirò per tutto il tempo, lo sai? Dai, ti accompagno ancora per un po' – le offrì nuovamente il braccio da bravo cavaliere e lei lo accettò, rammaricandosi di aver sbagliato previsione ma felice di averlo convinto delle sue esigenze. Avevano affrontato più volte quel discorso negli ultimi giorni e forse quella era l'ultima.
La accompagnò fino al meccanismo trasportatore a carosello che si occupava di portare dentro e fuori dal sistema di manutenzione e immagazzinamento le tute da vuoto. Non dovette attendere molto: la sua era una tuta EVA pesante e ingombrante e necessitava di un tipo di imbragatura poco usato: erano molto più comuni le tute da vuoto “leggere”, prive cioè del modulo di volo fondamentale per quelle come la sua.
Si accomodò con cautela sulla vicina panchina: doveva togliersi solo le scarpe per entrare nella sua tuta. Non era vestita molto elegantemente per una festa di compleanno, ma in modo molto pratico per usare una tuta da vuoto. Miki tornò per un istante al momento in cui le si era svelata la sorpresa: si era sentita avvampare dalla vergogna. Si era pettinata in fretta come una scolaretta svogliata ed era certa di sembrare una pazza con i capelli arruffati e raccolti alla bell'e meglio da infantili mollette colorate. Senza trucco poi era certa di sembrare una strega. Per un attimo aveva avuto la sensazione che tutti potessero vedere che sotto i pantaloni con la pettorina, indumento più adatto a un'officina che a una festa, portava le pantacalze termiche e le mutandone, né eleganti né sexy ma molto calde.
Si accorse con estremo disappunto che non riusciva a chinarsi. Aveva mangiato troppo ed esagerato col vino, e ora la pancia gonfia le doleva anche soltanto stando seduta. Al primo tentativo di chinarsi in avanti un improvviso, infuocato reflusso gastrico la sconsigliò vivamente dal riprovarci. Con un po' di fatica appoggiò i piedi sulle ginocchia, ora l'uno ora l'altro, e si tolse le scarpe stando ben attenta a non piegarsi. Le erano venute le lacrime agli occhi per il bruciore che tardava a scemare. Sollevò per un attimo lo sguardo e si odiò: Spyro la guardava senza perdersi una sua mossa e probabilmente aveva capito tutto.
Si alzò in piedi con le scarpe in mano e si diresse verso la sua tuta che l'attendeva nella rastrelliera robot, pronta per ospitarla. Aveva uno scomparto per i bagagli che improvvisamente le rammentò...
- La spesa! - esclamò trasalendo teatralmente ma sincera. Chiese a Spyro di andare a prenderla per lei, esibendo i suoi migliori occhi dolci. L'uomo sbuffò annoiato ma si arrese subito.
Miki si diede da fare per entrare nella tuta prima che lui tornasse, ma si rese conto di essere davvero troppo ubriaca per farlo. Ciò che la fece davvero infuriare era che la sua sbronza stava peggiorando anziché migliorando. Il ritorno del suo uomo la colse a metà strada, incapace di portare anche l'altra gamba dentro la tuta senza avere un capogiro.
- Non stare lì impalato! Dammi una mano, no?
Con l'aiuto del paziente secondo ufficiale del Raja riuscì a entrare nella tuta, collegare al sistema di sostegno vitale la valigia a prova di vuoto da lui noleggiata per trasportare la sua spesa e a calare correttamente il casco sulla flangia di serraggio.
- Che stai facendo? - Spyro aveva azionato il trasportatore a carosello.
- Ti accompagno.
- Non serve. Ci sentiamo dopo per radio, ciao.
Con la tuta le sembrava di muoversi meglio, come se fosse la tuta stessa a guidarla. Si recò verso la camera d'equilibrio della gabbia motrice e dovette mettersi in coda: c'era gente. La cosa dapprima la spazientì, poi la preoccupò: sentiva la vescica tesa mandarle segnali inequivocabili e non aveva certo messo il catetere. Ci mise così tanto tempo per salire sulla gabbia motrice insieme a una dozzina di tute da vuoto “leggere” che il Secondo ebbe il tempo di raggiungerla comodamente, chiuso dentro una logora tuta a noleggio di un brutto colore arancione sporco.
Finalmente la gabbia motrice portò entrambi davanti alla camera d'equilibrio del Coyote. Miki ne comandò l'apertura e attesero in silenzio il termine della compressione. Con l'aiuto del suo armadio robot e quello dell'uomo si sfilò volentieri la tuta EVA in fretta e furia: doveva correre in bagno. Tornò poi nello spinale, intenzionata a cacciare alla svelta la spesa nel frigo e poi mettersi a letto per un paio d'ore. Ah, che stupida: devo mettere prima l'inserzione per l'equipaggio, si ricordò. Sentiva Spyro seguirla con indosso la tuta noleggiata. Non era certo pesante come la sua, ma nemmeno gradevole da tenere addosso in un ambiente così ristretto.
- Miki... - si sentì afferrare per un braccio da un guanto poco rinforzato. Si voltò a guardarlo negli occhi.
Ridusse la distanza a zero, abbracciandola goffamente. Nonostante il collare fosse stretto poiché la tuta era dotata di un casco a bulbo apribile, una zaffata puzzolente le salì fino alle narici. Non riconobbe l'odore acre di quell'uomo, che ben conosceva. Era la tuta a puzzare: cattiva manutenzione. Dalle tute a noleggio non ci si poteva aspettare il massimo.
Lui con una mano spinse indietro il collare metallico: forse aveva visto la smorfia sul suo viso, forse temeva di darle fastidio. Premette le labbra contro quelle di lei, assaporandole con forza e dolcezza insieme. Miki ansimò un poco ma poi lottò contro la lingua di lui che le voleva esplorare la bocca. Quello se ne accorse e si ritrasse, perplesso: non capiva. Tutto sommato lei ci aveva visto giusto: era giunto il momento del bacio appassionato.
- La scopata non mi farà cambiare idea – gli disse con tono duro. Un attimo dopo si chiese se fosse davvero il caso di trattarlo male.
- Perché fai così, ora?
Stupido uomo, proprio non capisci? Le venne voglia di piangere e diede la colpa al troppo vino. Non gli rispose: non si fidava della propria voce.
- Voglio solo stare con te – proseguì Spyro, mesto. Lasciò cadere le braccia, come se fossero divenute troppo pesanti. Miki era libera, ora. Ma riuscì solo a distogliere gli occhi.
- E va bene. Venti ore. Se cambi idea...
Al diavolo la puzza, si disse Miki fermando Spyro un attimo prima che entrasse nella camera di equilibrio per andarsene. Lo abbracciò e lo baciò focosamente, scoordinata per via dell'alcol, sperando che lui non percepisse il cattivo sapore che lei si sentiva in bocca. Quando si staccò per riprendere fiato, sul viso dell'uomo c'era un sorriso luminoso.
- Buon viaggio – gli sussurrò. Quella luce si spense.

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