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Ero
circondata dalla
vegetazione, così fitta e opprimente che mi sentivo
soffocare. L’agognante
avanzare dettato dal desidero di raggiungerlo spingeva avanti le mie
gambe
senza che io potessi farci nulla. Come fossero scollegate dal cervello.
Sì,
perché la mia testa era troppo
occupata a pensare a ciò che stava succedendo.
Il mio cuore, che pompava veloce a causa della fatica, mi bruciava,
caricandomi
di un dolore insostenibile. Lo avevo perso, e probabilmente per sempre. E di chi
era stata la colpa?
Mia, mia, ovviamente mia. Solo e soltanto mia.
Sembravo una vera campionessa, la numero uno nel ferire chi mi amava,
passare
sopra i sentimenti altrui, senza guardare in faccia nessuno.
Ero disgustata da me stessa.
Pensai con ironia a una situazione piuttosto simile che avevo
già vissuto:
un altro addio, in un'altra vita, che in quel momento mi sembrava
lontanissima,
nonostante ce l’avessi incollata addosso, marchiata a fuoco
sulla mia pelle.
Quella volta mi avevano ferito. Questa volta era accaduto l'estatto opposto.
Però il dolore e il senso di perdita c’erano lo
stesso. Mi soffocavano.
E la voragine si era spalancata di nuovo, ma la profondità
era raddoppiata,
così come il dolore che ne conseguiva.
Continuavo a fatica ad avanzare nel verde, invocando il suo nome,
disperata.
Alzai il volto verso l’alto, provando immediatamente un
freddo pungente, un
brivido gelato che mi attraversò da capo a piedi. Il Sole non
c’era.
Se mi fossi voltata, se avessi premuto le labbra sulle sue
spalle nude... Sapevo benissimo cosa sarebbe successo. Senza
difficoltà. Quella sera non ci sarebbe stato bisogno di
spiegazioni.
Ma potevo farlo? Potevo tradire il mio cuore assente per salvare una
vita patetica?
Quella
domanda continuava a tormentarmi in quell'istante preciso di confusione
e indecisione.
Ormai sapevo che Edward non sarebbe tornato mai più. E,
nonostante si facesse vivo nei momenti di pericolo sotto le fattezze di
una dolce illusione, ero consapevole
del fatto che ormai il mio sogno eterno si era frantumato. Eppure, non
riuscivo a spiegarmi perché, nonostante tutto, reputavo
quell'iniziativa un tradimento.Tradire me stessa, però, non
equivaleva forse a conquistare un briciolo di felicità? Dopotutto, Jake mi aveva aiutato a
uscire dalla depressione, ed ero sempre contenta di passare le mie giornate con lui. E di certo, il nostro rapporto aveva superato ormai da tempo il confine dell'amicizia.
Nonostante in quel momento provassi a convincermi che prendere in considerazione quell'alternativa era solo un modo per ringraziare Jacob di tutto quello che aveva fatto per me, sapevo bene che non era esattamente così. Dentro di me, molto in profondità, al centro della mia voragine, sentivo che ciò che mi spingeva a vagliare quella possibilità era
qualcosa di più forte, quasi inspiegabile. Ma ovviamente, non me ne resi conto subito.
«Bella... », sussurrò Jacob.
Io non risposi, ma voltai la testa in direzione della sua voce. In
pochi istanti, i nostri volti si ritrovarono
vicinissimi l'uno all'altro. Nella penombra del pick-up, trovai gli
occhi color pece di Jake che brillavano nell'oscurità.
Non avevo mai fissato Jacob così a lungo, e il suo sguardo
magnetico quasi mi intrappolò.
Jacob mi prese il viso tra le mani febbricitanti e lo
avvicinò al suo, sempre senza staccare gli occhi dai miei.
Mi sfiorò delicatamente le labbra, e
quell'azione improvvisa mi sconvolse. In quel momento, dentro il
mio petto vuoto, sentii uno strano calore, come un rivolo di luce che presto mi inondò le vene e che mi
salì in gola. Le mani cominciarono a tremare, e il
respirò si fece irregolare.
Allontanò il volto per un brevissimo istante, e
cercò qualcosa nel mio sguardo. Forse, il permesso di baciarmi di nuovo.
In quella situazione totalmente folle e irrazionale, per tutta risposta
chiusi gli occhi e sporsi, impercettibilmente,lelabbra.
Sentii le sue mani che avvicinavano la mia testa al suo viso, poi
qualcosa di caldo mi sfiorò di nuovo le labbra. Appena
percepii il
contatto, mi aggrappai al suo collo con le mani e premetti le labbra contro le
sue. Un'emozione indescrivibile, inaspettata e mai provata, mi travolse.
Quell'esplosione di calore di poco prima continuava a espandersi dentro
di me. Quel fuoco splendente...Era come se divorasse la
voragine,rimpicciolendola.Jacob continuava a baciarmi, in maniera dolce
e decisa insieme, mentre
le sue mani mi arruffavano i capelli e mi accarezzavano il volto. Io mi
facevo trascinare da quella passione che mi aveva travolto potente.
Non riuscivo a staccarmi da lui, dentro di me non trovavo la forza, o
la voglia, di fermarmi.Non so dire di certo come mi sentissi in quel
momento, ma era una
sensazione bellissima e poco familiare. Era... Felicità. «Bella»,
sussurrò Jake sulle mie labbra.
Continuai a baciarlo, ignorandolo e serrando ancora di più
le abbra contro le sue.
«B-Bella, sta per tornare
Charlie».
"Charlie" fu la parola magica che mi riportò alla
realtà. Scostai le labbra dalle sue e mi allontanai. «Ops! Sarà meglio
che rientri in casa», dissi distrattamente,mentre continuavo
a tremare. «Bella, come ti senti? Voglio
dire, sta meglio la tua gola?», chiese Jacob premuroso.
Sorrisi. «Sì. Ora va molto
meglio», mormorai guardandolo negli occhi.
Sfoggiò il suo sorriso che mi piaceva tanto. «Bene.Sarà meglio
che vada». «Sì»,
dissi. Mentre stavo per scendere dalla parte del passeggero, Jacob mi
avvolse
con le sue lunghe braccia e mi strinse contro il suo petto.
Con una
mano mi alzò il viso verso il suo e mi diede un rapido bacio
sulle labbra. Poi mi
lasciò andare, scese dal pick-up e sparì
nell'oscurità.
Rimasi immobile per qualche istante. Poi mi ripresi e entrai in casa.
Dopo una ventina di minuti rientrò Charlie : era sconvolto,
sembrava assente e gli occhi avevano un'espressione spenta.
Dopotutto, Harry era il suo migliore amico.
Lo abbracciai. «Oh, papà. Mi
dispiace tanto». «Grazie Bella»,
sussurrò stringendomi a lui, «Harry... Mi
mancherà tanto». «Lo so papà...Su,
coraggio». Lo abbracciai ancora più forte.
Lo sentii sospirare al mio orecchio. Non lo avevo mai visto
così. «Papà... Se vuoi, la
cena è pronta», mormorai piano.
Mi lasciò andare e mi accarezzò i capelli. «Grazie Bells»,
disse, poi si trascinò in cucina, con me al suo fianco.
A tavola non disse una parola, e non toccò cibo, quasi. Era
davvero a pezzi.
Forse cominciai a capire cosa aveva provato lui nel vedermi depressa,
mesi prima. Era davvero una sensazione orribile vedere qualcuno che ami
soffrire.Quando si alzò da tavola, meccanicamente si diresse
in salotto e
accese la tv, ma si capiva dal suo sguardo che con la mente era
lontano. Sistemai la cucina, gli diedi la buonanotte e mi
diressi in camera mia, per lasciarlo solo.
Appena fui nella mia stanza, mi buttai sul letto. Nonostante fossi
preoccupata per Charlie, un pensiero più urgente mi
investì: ciò che era successo quel
pomeriggio.
Io e Jacob ci eravamo baciati, e in quell'attimo mi ero sentita strana.
Il ricordo della meravigliosa sensazione che avevo provato nel momento
in cui le mie labbra si erano unite a quelle di Jake e le sue braccia
mi avevano avvolto
continuava a tormentarmi. Ma era una tortura diversa. Mi emozionava e
mi rendeva felice.
Forse... Forse era davvero la scelta giusta provare a essere felice al
fianco di Jacob. Avevo capito ormai da tempo i suoi sentimenti, l'unica
cosa che rimaneva da chiarire era ciò che provavo io nei
suoi confronti. Ormai, mi
era impossibile immaginare la mia vita senza Jacob, era diventato una
parte di me, un tassello fondamentale della mia esistenza. Tuttavia, i
miei sentimenti nei suoi confronti erano ancora confusi.
In quel momento, sentii grattare contro il vetro della finestra. Subito
sobbalzai e mi rizzai a sedere sul letto, ma quando vidi Jacob mi
tranquillizzai e scoppiai a ridere. «Ehi Bella, sono io!».
Gli andai incontro ridendo e aprii la finestra. «E tu che ci fai qui?», chiesi allegra.
Scavalcò il davanzale e entrò. Poi,
inaspettatamente, mi abbracciò. «Sono
venuto a controllare che lei stia bene, signorina Swan», mi
sussurrò all'orecchio, con la sua voce roca che mi dava i
brividi. «Le
ho già detto che sto bene, signor Black. In questo momento,
ho
ben'altre preoccupazioni», mormorai contro il suo petto. «Beh, se ti stai riferendo a
Victoria...Non temere. Ci penseremo noi». «E'
proprio questo che mi tormenta. In fondo,sapere che c'è un
branco di licantropi scalmanati che rischiano la vita per me
non
mi lascia del tutto serena». «Ti
preoccupi delle cose sbagliate, sciocca umana», disse con
fare
irrisorio, ma i suoi occhi neri che mi scrutavano pieni di dolcezza
facevano scemare il suo tono sarcastico. «Stupido»,
bofonchiai incontrando il suo sguardo. Senza pensarci, gli sfiorai il
volto con una mano e gli sorrisi. Quando mi specchiai nei suoi occhi,
sentii nascere in me una nuova certezza. In quel momento,
però, mi era parsa
così scontata da sentirmi persino stupida per non aver
capito
prima. Ormai, ciò che provavo per Jacob era chiaro.Mi
tornò in mente ciò che era successo quel
pomeriggio e
Jake, ancora una volta, sembrò essere sulla stessa
mia lunghezza d'onda, i suoi pensieri in armonia ai miei. «Bella, ecco...
Penso proprio che dovremmo parlare di ciò che è
successo
oggi, tra noi», disse distogliendo lo sguardo, imbarazzato.
Mi allontanai da lui e mi sedetti sul letto, con la schiena contro il
muro e a gambe incrociate. «Vieni qui».
Jake tentennò un attimo, poi mi raggiunse e si sedette
accanto a
me. Mi mise un braccio intorno alle spalle e io mi accucciai contro il
suo
petto. «Allora, parliamone»,
proferii sorridendo, e alzai la testa per guardarlo in volto.
Fece un respiro profondo, aggrottando le sopracciglia, come per
concentrarsi. «Bells... Sono consapevole del fatto che non provi i miei stessi
sentimenti, ma sono sicuro anche che io non ti
sia indifferente.
Penso che tu non mi voglia bene come lo si vuole a un amico o a un
fratello. Ti prego, correggimi se sbaglio, ma... Posso dirti che...
Beh...», farfugliò, distogliendo lo sguardo.
Non l'avevo mai visto così imbarazzato, mi faceva tenerezza.
Sorrisi. «Arriva al punto, Jacob
Black», dissi, impassibile.
Sbuffò, esibendo un'espressione corrucciata, e
guardò fuori
dalla finestra. Poi girò la testa di scatto e
tornò a
guardarmi negli occhi. «Penso
che tu sia innamorata di me Bella. Non potrei spiegare altrimenti il
tuo comportamento di oggi pomeriggio»,disse
ridacchiando, poi tornò serio. «So che l'amore che provi per
me non
è paragonabile all'amore che provi per lui, ma non
c'è
problema, Bella. Non mi importa.Me ne basta un pò, quel poco
che riesci a darmi. E sono felice,
e posso ritenermi fortunato a ricevere anche quella piccola parte di
affetto. Sono in paradiso, davvero».
Mi vennero le lacrime agli occhi: non l'avevo mai sentito parlare
così, e mi resi conto che non mi ero mai accorta del fatto
che
Jacob fosse così dolce. «Oh,
Jake», mormorai stingendomi a lui. Il suo calore mi dava
sollievo
e le sue braccia che mi stringevano mi facevano sentire amata, e
ciò mi rincuorò. Rimanemmo in silenzio
per un pò, poi ripresi a parlare. «Ecco
Jake, io non so da che parte iniziare. Ho una tale confusione in testa
che non immagini.Ma una cosa la so: lui non tornerà
più.
Ho passato troppi mesi ad aspettarlo, riducendomi uno straccio,
allontanandomi dalla vita. Tutto aveva perso significato. Poi,
però, sei arrivato tu: il tuo sorriso, la tua
simpatia e la luce che sprigionavi mi hanno salvato, mi hanno regalato
un briciolo di speranza. Io ti devo la vita, Jacob».
«Quindi... Diciamo che sono il tuo Sole personale? O
solamente,
una lampadina gigante?», mi schernì lui, ma dalla
voce si
capiva che era felice di quelle parole.
Risi. «Ecco, tu sei
esattamente il mio Sole personale. E, dato che la Terra non
può vivere senza il Sole...», lasciai in
sospeso la frase,permettendogli di arrivarci da solo.
Non mi ero mai sentita così sicura in vita mia.
Lui ci pensò un secondo, poi si illuminò. «E, dato che la Terra non
può vivere senza il Sole...», ripetè,
poi aggiunse, «Tu non puoi vivere senza di
me». «Purtroppo
per te, è così», risposi, sorridendo e
sfiorandogli
una guancia con la mano. Lui l'afferrò e me la
baciò. «Vedrò di farci
l'abitudine», sussurrò contro le mie labbra,
facendo spallucce. Strinse la mia mano nella
sua, poi mi fece stendere sul letto mentre mi costellava la fronte di baci. Allacciai le braccia al suo collo e lo trascinai sul
materasso, sopra di me. Mi guardò negli occhi per un
istante,
poi prese a baciarmi il collo, passando per la guancia e trovando,
infine, le mie labbra. Il mio respiro accellerò, e
il battito frenetico del cuore di Jacob faceva da sottofondo mentre mi
baciava con la stessa passione di quel pomeriggio.
Le emozioni che stavo provando in quel momento erano molto diverse da
quelle che provavo quando Edward mi baciava, diverse come il modo
stesso di baciarmi. Jacob era passionale, deciso, ma al tempo stesso
delicato e dolce, quasi
timido. Lui non doveva stare attento con me, è
ciò mi
rendeva più partecipe e, con il coinvolgimento, aumentava
anche
la felicità. Le sue mani calde che mi accarezzavano il viso
e le
sue braccia forti che mi stringevano mi mandavano in paradiso.
Non so di preciso per quanto rimanemmo così, ma immagino si
fosse fatto tardi, perché non riuscivo a tenere gli occhi
aperti
dal sonno, nonostante Jacob continuasse a baciarmi e a coccolarmi.
Probabilmente se ne accorse.
«Bella, stai crollando dal sonno. E' meglio se ti metti a
dormire», mi
sussurò all'orecchio mentre ero allacciata a lui,al suo
fianco. «Non ho sonno», replicai
debolmente.
«Come no, e io so
volare», disse, e la sua risatina eccheggiò nel
buio.
«Beh, sai saltare alto... E'
come se volassi...», ormai sparlavo, non capivo il
significato delle mie stesse parole. «Bella,
davvero, mettiti a dormire. Non sai nemmeno cosa stai
blaterando», disse accarezzandomi il braccio e baciandomi la
fronte. «Non voglio dormire. Voglio
stare con te. Non voglio che tu te ne vada», mormorai affondando il viso
nell'incavo della sua spalla. «E
chi se ne va? Resterò qui, tutta la notte, tutta la vita.
Non ti
lascerò», mi promise stringendomi a sè.
Non potevo dubitare di parole così sincere. «Lo so. Grazie»,
mormorai, felice. «Dormi, piccola»,
sussurò dolce al mio orecchio. Mormorai un «sì» e mi
accoccolai a lui.
Prima di perdere conoscenza, sentii che mi chiamava. «Bella?». «Sì?», sospirai. «Ti amo».
Sorrisi e sprofondai nel sonno.
Angolo autrice ~ Ehm, salve a tutti ^^"
Allora, sono un pò emozionata perché è
la prima long fic su Twilight che pubblico *-*
Mi sono sempre chiesta cosa sarebbe successo se Bella non avesse mai
sentito la voce di Edward
che le diceva "Sii felice", cosa sarebbe successo se lei avesse voltato
la testa e avesse incrociato lo sguardo di Jake, vicinissima a lei.
E il primo capitolo è il risultato ^^ Non so bene che strada
prenderanno gli eventi, ma vi avviso subito che questa storia non
sfocierà mai
in una Edward/Bella anche perché a me Edward non
piace per niente e per me poteva benissimo stare dov'era, in New Moon
ù.ù
Sì, sono una di quelle Twilighters che ama la coppia
Jacob/Bella,e sono anche fiera sostenitrice del Team Jacob.
Di conseguenza, in questa fic Jake sarà maltrattato il meno
possibile, se non per niente. Anzi! [risata da cospiratrice >:3]
Beh, non mi resta che salutarvi e chiedervi di essere clementi nelle
recensioni ^^"
Un bacione,
Bea
[AVViSO : QUESTA STORiA NON é UNA SHOT! STO FiNENDO Di SCRiVERE iL SECONDO CAPiTOLO E LO PUBBLiCHERO' iL PRiMA POSSiBiLE]
Quando la mattina mi svegliai,
trovai Jacob al mio fianco, che dormiva beatamente.
L'espressione che gli si dipingeva sul viso nel sonno era di una
dolcezza e di una serenità singolari.
Sembrava
quella di un bambino che sognava sempre cose meravigliose. Era
bellissimo vederlo sognare, e sarei rimasta a guardarlo per ore.
La
sue espressione beata mi trasmetteva serenità. Gli sfiorai
la guancia
col dorso della mano, e sorrisi quando lo vidi sbuffare nel sonno,
voltando il viso verso il mio. Dopo pochi secondi, i suoi occhi si
schiusero, per poi socchiudersi, e infine fissarmi. «Buongiorno»,
sussurrò sorridendo, con la voce ancora impastata dal sonno.
Il suo sorriso era bellissimo anche
se si era svegliato da poco. «Scusa.Ti ho svegliato», biascicai
appoggiando la fronte contro il suo mento. «Mmm... A volte la
realtà è meglio dei sogni», disse
baciandomi i capelli,«E non è
così male svegliarsi. Non con te accanto», concluse
ridacchiando. Risi con lui. «Beh,
neanche io me la passo male», dissi guardandolo
negli occhi. «Solo che... Sto morendo dal
caldo», mormorai piano.
Lui si rizzò a sedere sul letto, mi squadrò per
un istante e scoppiò a ridere. «Oddio, scusa
Bella!», disse senza smettere di ridere. «Guardati! Sei
fradicia!», guaì passandomi un dito sulla fronte.
Sembrava quasi che mi stesse prendendo in giro. «Come se tu non centrassi
niente con tutto questo!», sbottai inviperita voltandogli le
spalle. Lui mi abbracciò
da dietro, baciandomi un orecchio. «Okay,
è colpa mia. La prossima volta, però, evita di
coprirti.
Non servono le coperte quando hai al tuo fianco un caminetto
umano», disse ridendo. «Vedrò
di tenerlo a mente», sussurrai voltandomi verso di lui.
I nostri
sguardi si incontrarono, e io mi persi ancora nel nero dei suoi occhi.
Poi, le nostre labbra tornarono a unirsi.
Jacob se ne andò verso le otto, dicendo che il branco lo
aspettava.
«Ci vediamo più tardi, a casa di Emily», disse abbracciandomi, vicino
alla finestra. «Non vuoi fare
colazione? Posso cucinarti qualche frittella», dissi di
buonumore. Rise. «Wow, proposta
davvero allettante, ma no, grazie. Devo andare», rispose, poi si
avvicinò al mio viso. «Magari, qualche
volta
mi delizierai con una cenetta squisita a lume di candela»,
mormorò vicinissimo alle mie labbra. «Mmm...
Non mi sembri il tipo da romanticherie del genere. Qual è
stata
la cosa più romantica che hai fatto? Buttarti da uno scoglio
tenendo una ragazza in braccio, stile Superman?», chiesi
ridacchiando. «Potremmo provarci! Non
è una cattiva idea», disse, scoppiando a ridere. «Per ora ne ho
abbastanza di tuffi dagli scogli».
Il suo volto si scurì. «Hai ragione»,
asserì, poi il sorriso tornò sulle sue labbra. «Meglio dedicarsi solo alla
moto». «Sono d'accordo»,
dissi annuendo. «Bene. Ora vado, ci vediamo
dopo», disse, chinandosi per baciarmi sulla fronte. «Sì.
State attenti», mi raccomandai, guardandolo seria negli
occhi.
L'idea che facendo la ronda con Sam potesseincontrare Victoria mi
terrrorizzava ancora.
«Stiamo
sempre attenti, Bella. E comunque non preoccuparti : faccio solo un
giretto per vedere se nel bosco
è tutto okay»,rispose tranquillo.
«Mi fai sempre preoccupare.
Se ti dovessi perdere, io...», mormorai stringendo ancora di
più le braccia intorno ai suoi fianchi. «Se continui a preoccuparti
così ti scoppierà la testa»,
sussurrò guardandomi negli occhi.
Poi mi lasciò andare e si avvicinò alla finestra
per
saltar giù, ma io lo afferrai per un polso, nel tentativo di
fermarlo.
«Puoi
anche uscire dalla porta! Charlie se ne è già
andato», brontolai, dando un' occhiata al parcheggio vuoto
dove Charlie era solito
posteggiare l'auto. Chissà cosa avrebbero pensato i vicini
vedendo un ragazzo volar giù dalla mia finestra... «Nah,
preferisco volare!», esclamò ridendo. Poi, facendo
un
passo indietro,aveva preso lo slancio e, saltando, era arrivato ad
abbracciare l'abete. Scivolando agilmente lungo il tronco dell'albero
finì per toccare terra.
«A dopo!», mi aveva
salutato sbracciandosi dal prato di casa mia, mentre io lo salutavo a
mia volta.
E ora mi trovavo lì in cucina a fare colazione, mentre
fissavo
il piatto vuoto davanti a me, dove un tempo c'era la mia brioche.
Sentivo tutto così strano, lo percepivo in maniera diversa.
Io per prima mi sentivo strana. Sentivo che ero cambiata.
Ero più serena, mi sentivo più felice, leggera
come una
piuma. Il mio cuore...Dopo tanto tempo, riuscivo a sentirne le
pulsazioni,
riuscivo
a sentire i battiti che si susseguivano regolarmente uno dopo l'altro.
Li sentivo scandire il tempo, che finalmente aveva ripreso a scorrere.
Come il sangue nelle vene, che scorreva caldo; o la piacevole aria
che era tornata a circolarmi nei polmoni.
Ero rinata. Come la Terra dopo un periodo di glaciazione. Finalmente il
Sole era tornato a splendere, e i suoi forti raggi avevano
sciolto tutto il ghiaccio che c'era in me, quel deserto freddo
di dolore e disperazione che aveva sostituito il mio cuore.
Avevo finalmente ripreso a vivere. Quella nuova certezza mi diede una
strana carica. Mi elettrizzò.
Appena finii di fare colazione e sistemare la cucina, mi fiondai al
piano di sopra — sempre attenta a non
inciampare per le scale — e mi preparai
per andare a La Push. Ero impaziente, non vedevo l'ora di ritrovarmi
con Jacob, non vedevo l'ora di ritornare a La Push, che era diventata
un pò come la mia seconda casa.
Mentre guidavo verso la riserva, mi domandai se Jake avesse detto, o
mostrato attraverso i pensieri, al branco di noi due. Poi
però, ricordai che forse i ragazzi non
fossero proprio in vena di festeggiamenti, non dopo la morte di Harry.
In quel momento realizzai che, probabilmente, anche Charlie si trovava
a La Push per aiutare a organizzare il funerale e per confortare Sue. Il
fatto che fosse al sicuro anche lui, nonostante le
circostanze fossero
tutt'altro che felici, mi confortava. Quando arrivai, parcheggiai
davanti all'abitazione di Emily e, prima che scendessi, trovai Jacob
sulla soglia di casa : il rumore assordante
del mio pick-up era un valido segno di riconoscimento. Mi corse
incontro e mi abbracciò. Fui sollevata nel vedere che era
ancora
vivo e vegeto, così lo strinsi
ancora più forte a me.
«Ciao»,
sussurò al mio orecchio.
«Ciao», risposi
sorridendo contro la sua maglietta nera.
Si abbassò verso il mio viso per baciarmi sulle labbra, per
poi allontanarsi e cingermi la vita col braccio.
«Su, entriamo», disse
trascinandomi dentro la piccola casetta.
Nel salottino c'erano Emily e Sam abbracciati sul divano, mentre Jared,
Paul e Embry avevano la schiena appoggiata al muro vicino alla
finestra. L'atmosfera era sempre calda e familiare, ma la tristezza si
sentiva comunque.
Stavano discutendo, ma catturai la
loro attenzione non appena spuntai da dietro il corpo enorme di Jacob. «Ciao ragazzi»,
li salutai,poi spostai lo sguardo verso Emily. Aveva lo sguardo spento,
ma la metà intatta del suo viso mi sorrise. «Ciao Bella», disse con voce
soave. Mi avvicinai al divano e mi piegai su di lei per abbracciarla. «Mi
dispiace tanto Emily», le dissi sincera, alludendo a suo zio
Harry: me l'aveva detto Charlie che erano parenti, qualche tempo prima.
Lei si limitò a
sorridermi, triste. Poi mi sollevai e guardai gli altri. «E
mi scuso con tutti voi, per ieri. Mi dispiace di avervi dato una noia
in più in un momento così... Sbagliato», dissi abbassando
lo sguardo, imbarazzata. «Scusatemi».
Jacob mi diede un buffetto sul braccio, per incoraggiarmi. Embry venne
verso di me, con un gran sorriso stampato sul volto bronzeo. «Nah,
non preoccuparti Bella. Più che noia, è stata una
preoccupazione», mi rassicurò. Jacob gli
sferrò una
gomitata nel fianco, guardandolo
con espressione severa.
«Ehi, intendevo dire che
eravamo preoccupati per lei!», sbuffò Embry,
aggrottando la fronte e arricciando le labbra.
Feci un risolino. «Grazie, Embry... E grazie a
tutti, ragazzi», e cinque paia di occhi mi guardarono,
sorridenti.
Mi rivolsi a Jake. «Allora, come è
andata la tua ronda del mattino?», chiesi per informarmi. Lui
alzò le spalle. «Niente sanguisughe, purtroppo»,
sospirò,
con un tono di voce tra l'irritato e il dispiaciuto. Feci una smorfia. «Già, che
peccato», sbottai ironica.
Lui rise, e schioccò un sonoro «tsk» con la lingua.
Poi afferrò una sedia dal piccolo tavolo da pranzo, la
avvicinò al divano e, sedendosi,
mi trascinò sulle sue ginocchia, come una bambina
che sta
in braccio a un adulto.Mi circondò la vita con le braccia,
poi
si sporse oltre la mia
spalla per rivolgersi a Sam.
«Di
cosa stavamo parlando?», disse, accucciando il mento sulla
mia spalla. Mi sentii arrossire. «Victoria»,
disse, guardandomi per convolgermi nel discorso. Un brivido mi scosse,
violento. «Non siamo ancora
riusciti a prenderla... Stanotte
eravamo molto vicini a farlo, stava per scontrarsi con Paul, ma si
è dileguata all'ultimo momento, come al solito. Sembra quasi
che
abbia un istinto speciale per la fuga». Jacob strinse i
pugni,
frustrato. «Maledizione.
Perchè non riusciamo mai a catturarla?». «Te
l'ho detto, penso che abbia questa strana dote nello scappare. Ma la
prossima volta saremo più pronti : ormai conosciamo le sue
tattiche
di fuga, e questo è indubbiamente un vantaggio. Allargheremo
il
perimetro di controllo, e alla prima sua distrazione la
prenderemo».
Uno strano luccichio brillò negli occhi di ogni singolo
componente del branco. Io ed Emily ci guardammo, e nei suoi occhi non
lessi altro
che paura e preoccupazione per la sorte della sua famiglia, che ormai
era diventata anche mia. «Non
vedo l'ora di farla a pezzi. Quella sanguisuga mi deve un paio di
fendenti», sibilò Paul.
Lo guardai spalancando gli occhi. «V-vi
siete scontrati?»,
dissi, la voce intrisa di orrore. Paul
annuì. «Stanotte.
E' un peccato che Jake si sia perso lo spettacolo», disse
allusivo, guardando Jacob con un'occhiata maliziosa. «Dov'eri
tu, Jackie?», chiese Jared beffardo, seguito dalla risata di
Embry. Jake li incenerì con lo sguardo, mentre io avvampavo,
rossa di vergogna.
«Vi
conviene chiudere il becco, se volete arrivare allo scontro con la
succhiasangue tutti interi», ringhiò Jacob, con un
ghigno
di sfida. «Okay,
basta con queste schermaglie, altrimenti niente pranzo»,
li minacciò Emily, aggrottando le sopracciglia e alzandosi
in piedi, con una mano
chiusa in quella di Sam.
Mi alzai dalle ginocchia di Jake. «Vuoi che ti aiuti,
Emily?», dissi.
«Oh, grazie Bella. Puoi aiutarmi ad apparecchiare mentre
cucino per questi lupi incoscienti?»,
chiese, abbozzando un sorriso. «Certo»,
risposi, sorridendo. «Le
due ragazze lupo che cucinano insieme per i loro licantropi... Che
bella scenetta», commentò Jared sghignazzando.
Io abbassai gli occhi, imbarazzata, ma mi sfuggì una
risatina. Emily, mentre tirava fuori gli utensili per cucinare, disse
con molta calma : «Sai Jared, non mi ci vuole niente a
lasciarti senza pappa, cucciolotto». Tutti i presenti
scoppiarono a ridere, mentre Jared mugugnava parole incomprensibili.
Mentre guardavo i ragazzi mangiare, rievocai le parole di Jared, e
sorrisi tra me e me : ora ero una ragazza lupo a tutti gli effetti.
Provavo affetto per i miei nuovi protettori, ormai mi sentivo una di
loro, erano la mia nuova, splendida famiglia, e con loro al mio fianco,
non dovevo più temere nulla. Non ero più sola. E
tutto questo era merito di Jacob.
Grazie a lui, avevo ricordato cosa significasse vivere, e avevo
ritrovato di nuovo il significato nell'amore, nella vita.
A Jake, il mio Sole personale, dovevo davvero tutto.
Angolo Autrice ~
[Mi SCUSO TANTiSSiMO PER iL RiTARDO >.<] Okay,
anche il secondo capitolo è andato. Accidenti, questo
è stato davvero difficile da
scrivere! Non trovavo dialoghi adatti ><
Spero di aver fatto qualcosa di decente -.-" La parte centrale e
più importante del capitolo, comunque, è quella
in cui
Bella si rende conto di essere finalmente rinata [Rebirth, n.d.a]
grazie a Jake :] La seconda parte la reputo abbastanza
inutile, concentratevi sulla primaaaaaaa XD
Volevo tanto ringraziarvi perchè le vostre recensioni mi
hanno veramente fatto piacere, e non vedevo l'ora di scrivere
il seguito del primo capitolo *-*
Un grazie immenso a :
matrix :
Eccoti il continuo ^^
Anche a me sarebbe piaciuto tanto che Bella e Jake finissero insieme,
perchè per me sono perfetti.
Beh, puoi sempre consolarti con la mia storia :) Un bacio =*
ranyare : Grazie per i complimenti ^^ Sono felice di
essere riuscita a entrare in sintonia con una mente complicata come
quella
di Bella... Che
per me è impossibile da concepire ù.ù
Spero che
anche questo inutile capitolo ti sia piaciuto :] Un bacio =*
venusia : Beh, non posso che dirti GRAZiE! Sono
davvero felice di avere uno stile di scrittura 'accattivante'
e che invoglia una
persona a leggere i miei scleri. Spero che questo capitolo sia stato
altrettanto piacevole da leggere ^^
E poi, sono d'accordo con te : Jacob è una
persona meravigliosa,
difetti compresi! Tutta la perfezione di Edward... Mi annoia!
Un bacio =*
Fissie : Okay, a questo punto mi devo sforzare anche io
per rispondere alla tua recensione in modo decente!
Davvero, non sai quanto il tuo
parere mi abbia fatto piacere! Mi ha fatto così felice che
avrei
voluto incorniciarlo!
Posso
rispondere ai tuoi due punti? Altrimenti, davvero, non saprei
proprio cosa scrivere! Magari, seguendo la tua traccia,
riuscirò
a dire
qualcosa di sensato.
1)
Beh, sono contenta e
sorpresa di avere uno stile di scrittura così interessante.
Sinceramente, non sapevo proprio
di
possedere un 'dono' del genere. Ma così non fai che gonfiare
il mio egoooo >.< E comunque il merito non è
soltanto mio
: Jake e Bella
hanno
fatto la loro parte, perché insieme sono dolcissimissimi.
E la
zia Steph ha ampliato i miei orizzonti e ha arricchito
moltissimo il mio stile di scrittura... Spero comunque di non apparire
come
una plagiatrice XD Anche
perché non mi permetterei mai di confrontarmi con la grande
Stephenie Meyer ù.ù
2) Ah
ah, fangirla anche io!
Ma tu non sai questa storia da che viaggi mentali nasce... Oddio XD
Comunque, sì anche io mi sono chiesta tante,
tantissime volte
cosa sarebbe successo se Bella e Jake si fossero avvicinati così
prima...
E
questo è il
risultato. Spero davvero di riuscire a non deluderti, se aspetti da
tanto di leggere una fic come la mia ^^
Anche
tu mi ispiri tantissima simpatia, veramente! *-* Un bacione =*
Balenotta :
Sono contenta che la mia storia piaccia, che abbia uno stile leggibile
:) Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto ^^
Un bacio =*
Ah,
poi volevo scrivere qualcosa in merito all'avviso che c'è
nel
riassunto, ovvero che Bella potrebbe risultare un pò OOC.
Nessuno sa come si sarebbe comportata se si fosse decisa a scegliere
Jacob, in New Moon, se sarebbe stata così tanto coinvolta da
lui.
Credo però che se Edward non fosse tornato, lei sarebbe
stata felice anche
al fianco di Jacob. Non so come spiegarmi, però penso che se
Edward avesse aspettato a rovinare tutto, Bella si 'sarebbe rassegnata'
e sarebbe passato una vita serena anche con Jake. Se lo avesse baciato
in NM, con Edward lontano e la possibilità di
ritrovarsi con lui molto scarsa... Penso che le cose tra lei e Jake
sarebbero state molto diverse. Ma dato
che non so come si
sarebbe comportata, ho preferito mettere l'avviso di OOC ^__^ Poi
giudicate voi e ditemi se è il caso che lo tolga o no :)
Al prossimo capitolo! Un bacione, Bea ^.__.^ [<-
Questa è la
mia interpretazione per la faccina per i licantropi, dato che sono
stufa di trovare dappertutto *,..,* Werewolves Rulez XD]
Passammo il resto della mattinata a casa di Emily, e dopo pranzo, Jake
si offrì di accompagnarmi al negozio dei Newton in moto. Quando si fermò,
scesi dal mezzo. Trovai Mike che mi guardava dalla vetrata del negozio;
mi salutò con la mano.
«Newton comincia davvero a
darmi sui nervi», sbottò Jacob, mentre ricambiavo
il saluto di Mike.
«Non mi dirai che sei geloso,
vero?», lo provocai, ridacchiando. Istintivamente, mi mise una
mano dietro alla schiena, come ad accentuare quel fatto innegabile.
«Gelosia o no, non mi va che ti
guardi in quel modo», sibilò tra i denti,
lanciando a Mike un'occhiataccia.
«E' ora che tracci il mio
territorio», disse con un ghigno, parlando tra sè
e sè. Lo guardai interrogativa.
«Che cosa vuoi
dire?», chiesi, aggrottando le sopracciglia.
«Questo», disse tutto
d'un fiato, prendendomi il viso tra le mani e baciandomi con passione.
Cercai di divincolarmi dalla stretta bollente che avvertivo sulle
guance.
«Jake!», mugugnai con
le sue labbra serrate sulle mie. Si staccò per un attimo,
respirandomi in bocca.
«Che
c'è, Bella? Ti vergogni di me?»,
sussurrò sulle mie
labbra. Rabbrividii al suono della sua voce così seducente.
No, certo che no. Come potevo vergognarmi di lui? Se fosse stato per
me, sarei rimasta tutto il pomeriggio
a baciarlo in quel parcheggio. Le sue labbra morbide e calde mi davano
alla testa.
«N-non mi sembra carino... nei
confronti di Mike», bisbigliai, tremante.
Il suo tono di voce si fece più dolce. «Sei così
tenera a preoccuparti dei sentimenti di quel viscido», disse
ridacchiando e scompigliandomi i capelli. Mi scostai da lui, irritata. «Potresti sforzarti di essere
un po' più sensibile, non credi?», sbottai.
«Mi viene dietro da una vita, poi arrivi tu e gli soffi la
ragazza. Prova a pensare a come ti sentiresti nella sua situazione», lo difesi. La
sua voce si inasprì, e aggrottò la fronte.
«So
benissimo come si sente Newton. Ho provato la stessa cosa quando stavi
con lui», esclamò
facendo un chiaro riferimento a una persona precisa. Jake, notando la
mia espressione, sviò subito il discorso. «Non è colpa mia se
si illude ancora di avere una chance con te»,
cercò di difendersi, arricciando le labbra.
«Hai ragione, ma non mi sembra
il caso di infierire in questo modo, poverino», mormorai
ridacchiando.
«E, soprattutto, non mi sembra
il caso di essere così gelosi e possessivi. Non ce
n'è alcun
bisogno», aggiunsi, sorridendo.
Fece un sorriso maligno, posandomi le mani sui fianchi e avvicinandomi
a sè. «Ah, lo so, ma mi
piace fare la parte del fidanzato geloso».
Mi colpii la parola che aveva usato. Fidanzato.
Non l'aveva mai usata, prima di quel momento. A dire la
verità,
non avevamo chiarito "ufficialmente" di stare insieme oppure no. Ma la
verità era evidente. Stavo
con Jake. «Uh, il maschio
dominante», dissi ironica, stringendo le braccia attorno ai
suoi fianchi. Rise. «Comunque,
credo che Newton abbia finalmente capito come stanno le cose, ora», disse, guardando
verso il negozio. «Se
invece non gli è ancora entrato in testa, la prossima volta
verrò qui trasformato. Un po' di paura è quello
che gli ci vuole», aggiunse scoppiando a ridere. Lo guardai
contrariata. «Sei cattivo, Jacob Black. Non
ti facevo così perfido», dissi, senza nascondere
una risatina. Alzò gli occhi al
cielo. «Non è colpa mia se tutti si innamorano di
te. Devo fare attenzione alla
concorrenza», sussurrò prima di darmi un bacio
sulle labbra. «Vai ora, o Mike Newton
esploderà», disse guardandomi negli occhi. «Sì»,
dissi sospirando. Mi staccai da lui e mi voltai verso il negozio. Mi
girai per
salutarlo, mentre metteva in moto la Harley e sfrecciava via.
Quando entrai nel negozio, feci finta di nulla. Mike stava alla cassa,
in silenzio. Non mi degnò di uno sguardo.
«Ciao, Mike», lo salutai come
se niente fosse, sorridendo. I suoi occhi rimasero incollati al
volantino che fingeva di leggere.
«Ciao», rispose,
freddamente.
E fu così per quasi tutto il resto del pomeriggio. Non mi
rivolse la parola. Dovevo averlo ferito veramente, e mi sentivo in
colpa.
Poco prima che finissi il turno, quando stavamo sistemando le ultime
cose, mi si avvicinò, mentre mettevo sugli scaffali i nuovi
arrivi. «Bella», mi
chiamò. Mi voltai verso di lui. «Dimmi Mike. Cosa
c'è?», chiesi sorridente. «Cos'era il teatrino di prima,
nel parcheggio?», chiese, una forte nota sprezzante nella
voce. Io non risposi.
«Avevi detto che non uscivi con nessuno, che lui era solo il
tuo migliore amico», sbottò
arrabbiato. «Mike...»,
mormorai.Provai a iniziare un discorso, ma non avevo la minima idea su
cosa dire. «State insieme?»,
chiese, con la fronte aggrottata. «Sì», risposi, a occhi
bassi, ma senza esitazioni.
Lui non disse niente, si limitò a spostare lo sguardo
altrove. Cercai di rassicurarlo, disperata. «Mike, ascoltami», proferii, sfiorandogli un
braccio. Lui si scostò bruscamente. Ritirai la mano,
rassegnata. «Mi dispiace di non provare
quello che provi tu. Insomma, per me sei sempre stato un amico, ma
nulla di più. E non è
giusto che tu perda tempo dietro un'imbranata ed egoista come me,
davvero»,
continuai, cercando di essere il più delicata e convincente
possibile. Non volevo ferlirlo ancora di più. «Bella», disse
all'improvviso, fissandomi inespressivo. «Sei
innamorata di lui, o è solo un rimpiazzo al tuo amato Edward
Cullen?», chiese, sfacciato e crudele. Sentii un dolore
insopportabile all'altezza del petto, come se qualcuno mi avesse dato
una pugnalata al cuore. Ecco che il suo nome tornanva a ferirmi, a
torturarmi. E ora che Jake non era vicino a me, faceva ancora
più male. Il silenzio che era
improvvisamente calato fu subito spezzato dal rumore prodotto dalla mia
mano che si schiantava contro la guancia di Mike.
Lacrime di rabbia mi accecarono, e dopo tanto tanto che non accadeva,
sentii ancora il dolorante pulsare della ferita. «Mike Newton»,
sibilai a denti stretti, guardandolo dritto negli occhi. «Non
osare mai più dire una cosa del genere. Tu sei solo geloso,
perchè non provo quello che vorresti. Se proprio vuoi
saperlo,
sì, amo Jacob!», strillai, furiosa.
Lui rimase allibito per qualche istante, poi si riprese, massaggiandosi
la guancia con un sorriso beffardo. «Andiamo Bella, non mi dirai
che tutto a un tratto non ti importa più niente di Cullen», disse. Cominciai a sentire
improvvisamente caldo. Affondai le unghie nei palmi. «Diavolo... Sei un
verme! Non devo delle spiegazioni a nessuno, soprattutto a te! Edward resterà sempre
nel mio cuore», gridai,in preda a spasmi di furia, «ma lui mi ha lasciata, e non
posso continuare ad essere infelice per tutta la vita!
Grazie a Jake ho capito che è ora che ricominci a rifarmi
una vita! E sono sicura che tu preferiresti vedermi ancora morire di dolore, piuttosto
che accettare che ho trovato di nuovo un briciolo di
felicità insieme ad un'altra persona che non sia
tu!».
Lui sbarrò gli occhi e spalancò la bocca, colpito
in pieno da quelle quelle parole così vere.
Presi la borsa con le mie cose, e mi diressi nello stanzino, nel retro
del negozio, dove c'era il telefono.
Prima di telefonare a Jake per farmi venire a prendere, mi asciugai le
lacrime e feci tre respiri profondi per calmarmi, il tutto sotto lo
sguardo
indecifrabile di Mike. Composi il numero di casa Black, sforzandomi di
avere una voce normale. Dopo il secondo squillo, mi rispose Jacob. «Pronto?». «Jake, sono io»,
dissi, con voce più normale che potevo, «Dovresti venirmi a
prendere». «Okay Bells. Ma che
è successo? Hai una voce strana, hai pianto?», chiese apprensivo. «No, tranquillo, è
tutto okay», risposi, lanciando un'occhiata a Mike. «Vieni?». «Sono subito
lì», assicurò, riattaccando. Misi
giù la cornetta. «Per oggi ho finito»,
dissi a Mike, senza degnarlo di uno sguardo, uscendo dal negozio.
Aspettai qualche minuto, finchè non sentii la moto di Jake
avvicinarsi. Derapò e si fermò a pochi centimetri
da me,
poggiò la moto al muretto e scese. Mi avvicinai a lui,
buttandomi tra le sue braccia, nascondendo il viso. Ancora una volta,
la sua presenza fu un anestetico perfetto al dolore e al senso di
perdita. «Ehi Bella, che è
successo?», chiese, sopreso dal mio comportamento. «Parliamone dopo, ti
prego», mormorai, cercando di controllarmi. «Voglio solo andare a
casa».
Mi strinse forte per un momento, baciandomi i capelli. «Okay, a casa»,
asserì, aiutandomi a salire sulla moto e partendo a tutto
gas verso casa mia. Quando arrivammo sulla soglia
di casa, mi strinsi di nuovo a lui. Aveva sicuramente capito che c'era
qualcosa che non andava.
Senza lasciarmi, mi aiutò a salire al piano di sopra, e mi
stese
sul letto, facendomi accoccolare al suo petto e tenendomi stretta.
Io non osavo spiccicare parola, e rimasi a godermi il calore emanato
dal suo petto. «Bella»,
proferì lui dopo un po'. «Vuoi spiegarmi
cos'è successo?», chiese,
accarezzandomi un braccio. Strinsi leggermente le labbra,
mordendomi le guance. «Mike Newton mi ha fatto imbestialire», sibilai. «Benvenuta nel club»,
disse Jake ridendo. «Mi ha detto delle cose
veramente tremende», dissi, affondando le unghie nei palmi. «Si è arrabbiato
perchè non provo i suoi stessi sentimenti».
Jacob corrugò la fronte. «Beh,
c'era da aspettarselo. Mi sa che avevi ragione: avrei fatto meglio a
non baciarti davanti a lui. Scusa», disse baciandomi sulla
fronte. «Lui lo ha sempre saputo che
non avrebbe mai avuto speranza con me. Mi ha detto delle cose veramente
orribili», mormorai arrabbiata.
Mi strinse una spalla con la mano e posò il mento sopra la
mia testa. «Per esempio?». «Ha insinuato che, per me, tu
sei solo un rimpiazzo di Edward e che... Non ti amo veramente. Pensa
che stia con te per colmare il vuoto che... lui ha lasciato
nel mio cuore», sussurrai. In quel momento, avrei fatto di
tutto, pur di non vedere l'espressione di Jacob o sapere ciò
che pensava mentre pronunciavo quelle parole. E non sapevo
perchè. Avvertii un leggero tremolio nascere dal corpo di
Jacob e attraversare il letto, ma non dissi niente e aspettai che si
calmasse.
Dopo qualche attimo di silenzio, sentii Jake rilassarsi di nuovo e
stringermi come poco prima. «Newton parla perchè
ha la bocca. È geloso, e questo lo porta a
sparare cazzate», disse spensierato, baciandomi i capelli.
Sospirai sollevata, rilassandomi tra le sue braccia. «E comunque»,
aggiunse poco dopo, «non credo a una sola parola di
quello che ha detto. Sai già ciò che penso. Io lo
so che a modo tuo mi ami, e Newton può pensare quello che
gli pare, non cambierò idea. Tu mi ami, io ti amo. Stop. Non
mi importa se nel tuo cuore hai ancora spazio per Edward.
Continuerò a starti ugualmente vicino: finchè mi
vorrai al tuo fianco, io ci sarò», disse,
stringendomi ancora di più.
All'improvviso, il peso che sentivo sul cuore sparì di
colpo. Jacob era davvero meraviglioso. Non gliene era importato niente
di ciò che aveva detto Mike, e non mi aveva nemmeno
chiesto cosa gli avessi risposto. Non mi aveva chiesto spiegazioni.
Doveva amarmi veramente tantissimo. Sorrisi, incontrando il suo sguardo. «Lo so. Non sai quanto quello
che hai appena detto mi renda felice», dissi, dandogli un
bacio a fior di labbra, che lui si impegnò subito a
prolungare. «Ah, comunque»,
mormorò sulle mie labbra, tra un bacio e l'altro, «non ho intenzione di farla
passare liscia a Newton. Questa volta lo sbrano»,
minacciò con aria seria, ma senza smettere di baciarmi. «Signor Black, le dispiacerebbe
chiudere il becco, per favore? Se non l'ha notato, io la starei
baciando», sbottai, con finto tono seccato. «Mi scusi, Signorina
Swan», sussurrò ghignando e, riavvicinando le labbra alle
mie,abbandonòmomentaneamente i piani di
vendetta per dedicarsi a un'attività che
preferivamo entrambi.
Angolo autrice ~ Ok, mi
chiedo da dove arrivi tutto questo coraggio di farmi vedere dopo ben 2
mesi che non aggiorno ç__ç
Davvero, scusatemi tantissimo! Il fatto è che avevo delle
robette scritte sul pc, ma non mi soddisfavano e piuttosto che
aggiornare tanto per, ho preferito non pubblicare niente e aspettare di
scrivere qualcosa di meglio. E oggi, magia, mi è tornata
l'ispirazione. Non so, forse sarà stato il trailer ufficiale
di New Moon che ha riacceso la passione e la voglia di scrivere su Jake
e Bella [santo Dio, Jacob versione lupo è meravigliosoooo
*ç*], passione che nei mesi precedenti si era affievolita
per colpa di tutta questa commercializzazione. Mi rendo conto che il
capitolo non è niente di che, ma mi piaceva e ho deciso di
sistemarlo e pubblicarlo XD Ancora non ci sono stati avvenimenti
decisivi, ma prestò succederà qualcosa, e mi sto
appunto scervellando per decidere cosa accadrà. Ho un'idea
che mi ronza in testa... Ma preferisco non anticipare nulla :)
Piuttosto, passiamo alle recensioni e ai ringraziamenti vari.
Grazie per aver lasciato una recensione a: virgi_lycanthrope:
oh ti capisco cara >_< Anche a me riesce difficile
sopportare Edward.. Ma non poteva restarsene dov'era? Grazie mille per
i complimenti ^^ Spero che anche questo capitolo sia di tuo gradimento!
Un bacione <3 matrix: Grazie mille! Sono davvero
contenta di riuscire, almeno un po', a catturare i sentimenti, sia dei
personaggi che dei lettori ^^ Spero che questo capitolo non abbia
deluso le tue aspettative. Se sì, non esitare a dirmelo u_u
Un bacione <3 Sbranina : [Io nata
per scrivere? Oddio, grazie mille! Che bel complimento T^T]
Sì, Bella è una povera stupida! Come ca..spita
fai a buttarti da uno scoglio per seguire la voce di un tizio che non
vedi da sei mesi, e soprattutto, come fai a rinunciare a un ragazzo
meraviglioso come Jake?? Io fatico a capirti, Bella Swan -.-" Pensa,
anche io sono gelosa della mia stessa Bella.. Caaaaavolo,
perchè tutte le fortune vanno a lei?? Uffi T.T Comunque, ti
ringrazio tantissimo per i complimenti e per la recensione, e ti saluto
sperando nel tuo perdono per ave aggiornato così in ritardo
*si inchina implorando perdono*. Spero comunque che questo capitolo ti
sia piaciuto e spero di riuscire a mantenere la promessa silenziosa di
aggiornare prima la prossima volta XD Un bacione <3
Uh, fermi tutti! Mi stavo dimenticando di ringraziare tutti quelli che
hanno aggiunto questa storia ai preferiti!
Un grazie enorme a: celia FRINGLIT LiLy_Scorpius4ever matrix
ninfea_82 Raky venusia ysellTheFabulous
e a ragazza lupo che l'ha aggiunta alle seguite.
Grazie a tutti, davvero, sono commossa! E grazie anche a chi legge
soltanto ^___^
Beh, ora vi saluto! A presto, gente ;)
Chu,
Bea <3
Come nel
mio ultimo sogno, ero nella
foresta che
circondava First Beach, perchè sentivo lo sciabordio delle
onde
in lontananza, ma l'oceano era invisibile, la boscaglia in cui mi
trovavo inghiottita dal
buio e l'oscurità troppo spessa perchè potessi
vedere
qualcosa. Sentii un movimento dietro di me e sobbalzai, ma sospirai di
sollievo
quando vidi il volto di Jacob raffiorare dalle tenebre, illuminato
dalla tenue luce della pallida luna piena. Mi sorrise e mi prese una
mano. «Bella»,
sussurrò, guardandomi negli occhi. Gli
sorrisi e mi avvicinai a lui, ma voltò di scatto la testa
verso
il cuore oscuro della foresta, emettendo un ringhio e scoprendo i
denti. Scavai con gli occhi nell'oscurità, in cerca della
cosa o
persona che aveva attirato la sua attenzione. Jake mi si fece
più vicino e mi circondò con le sue braccia,
protettivo,
mentre inclinava il busto leggermente in avanti, in posizione di difesa
e senza smettere di ringhiare. Le sue braccia nude erano più
bollenti del solito. «Jake, che
cosa c'è?», chiesi, ansiosa. Lui non rispose,
tenendo lo sguardo fisso nel buio. «Jacob!»,
insistetti, strattonandolo appena. «Che cos'hai?». Lui si
limitò a sibilare, furioso : «Vampiro». Non feci intempo a
pensare il nome di Victoria, che la vidi sgusciare
fuori dall'oscurità, gli occhi accesi dalla sete e dalla
voglia
di vendetta. Jacob
cominciò a tremare, spiccò un salto in avanti e
si
trasformò a mezz'aria, mentre io cercavo di trattenerlo. «No, Jake!
Vattene, scappa!», strillai, ma fu come se non avessi mai
aperto bocca
: il grande lupo rossiccio che mi stava davanti, proteggendomi, si
preparò ad attaccare Victoria, che continuava imperterrita a
esibire quel ghigno
agghiacciante. Ma, come qualche sogno
prima, un leggero vento si
alzò, e la chioma di fuoco di Victoria, scossa dalla brezza
lieve, diventò di un tratto bronzea, per poi tornare
del colore
originale. Anche li viso cambiava, come tutto il resto del corpo : a
ogni colpo d'aria, Victoria si strasformava nella figura perfetta
di Edward, che poco a poco prendeva il sopravvento, fino a sostituirla
completamente. Su quel viso bellissimo, però, il ghigno
raccapricciante e gli occhi pieni di sete erano rimasti indelebili. «La mia
Bella!», esclamò Edward, mentre il suo
orribile
sorriso si allargava e la sete accendeva sempre più i suoi
occhi
color rubino. Udire il mio nome pronunciato dalla sua voce angelica fu
come ricevere un pugno nello stomaco. Edward fissò l'enorme
lupo davanti a me per un secondo, poi si piegò in avanti
pronto ad attaccare. Jacob
ringhiò, piegandosi sulle zampe per balzare in avanti e
avventarsi sulla gola di Edward. «NO! Jacob!
Scappa, vai
via!», gridai, inorridita. Sapevo cosa stava per accadere :
Jacob
ed Edward stavavano per scontrarsi. Questo significava solo una cosa,
sapevo benissimo quale, ma, disposta com'ero a non volerla pensare, una
voce dentrò di me suggerì la risposta : Si
battono. Paride muore. Instintivamente, mi
allungai verso Jacob per trattenerlo come potevo, ma era troppo
tardi : il suo manto rossiccio mi frusciò tra le dita e
scivolò via. Dei ringhi assordanti riempirono
l'oscurità, mentre
l'enorme licantropo si avventava sulla creatura bianca e immobile,
l'espressione accesa da una malsana eccitazione. Fu un attimo. Edward
strinse la morsa attorno al corpo di Jake, immobilizzandolo. Subito
dopo inclinò la testa di lato, scoprendo i canini affilati
come
lame, avvicinando il viso al collo di Jacob che si dimenava cercando di
liberarsi. In un batter d'occhio, Edward affondò i denti
nella
carne di Jake, che liberò un ululato di dolore e rabbia. Il ghigno di Edward si
allargò. Abbandonò per
terra il corpo inerme del lupo e si avvicinò a grandi
falcate verso di me. Quando mi fu abbastanza vicino, mi prese il volto
tra le mani, stringendolo così forte che mi parve di sentire
lo
scricchiolio della mascella. Avvicinò
quel viso angelico al mio, sussurrandomi sulle labbra con voce
melodiosa: «Finalmente, ti avrò di nuovo tutta per
me». Uno strillo lancinante
squarciò l'aria, e mi svuotò i polmoni:
«JACOB!
NO!». Mi
svegliai urlante, rizzandomi bruscamente a sedere e, confusa e
spaventata, mi guardai intorno. La mia stanza era avvolta dlla
penombra, illuminata debolmente dalla luce della radiosveglia, che
segnava le ore diciannove e venti. Il cuore continuava a martellarmi
nel petto e il respiro era affannato. Senza pensarci, tastai con la
mano lo spazio vicino a me, e mi sentii sollevata quando avvertii
qualcosa di caldo. «Bella!»,
esclamò Jake allarmato, e lo vidi avvicinarsi a me. Dovevo
averlo svegliato e mi dispiaceva, ma spaventata com'ero, il suo
abbraccio caldo era quello che ci voleva. «Bella, che
ti è successo? Perchè hai gridato
così?», mi chiese affannato, scuotendomi
leggermente. Mi strinsi a lui, sollevata. «Io... Ho
avuto un
incubo orribile», singhiozzai, la voce spezzata. Le immagini
di quel
sogno tremendo continuavano a martellarmi nella testa e il cuore mi
batteva ancora all'impazzata. Erano mesi ormai che avevo gli incubi,
ma, per come stavano le cose in quel momento, nessuno di quelli
precedenti mi era parso più orribile e inaccettabile di
quello. Mentre
ansimavo stretta nel bollente abbraccio di Jake, uno strano
presentimento che in quel momento non seppi cogliere, si fece strada ai
confini della mia coscienza. Tutto d'un tratto mi sentii assalire
dall'ansia, e le braccia di Jacob si erano fatte troppo soffocanti. «S-scusami,
Jake», ansimai, sciogliendo l'abbraccio e
allontanandolo da me. Mi sedetti sul bordo del letto, cercando di
riprendere a respirare normalmente. «Ehi Bella,
tutto a posto?», sussurrò angosciato, lasciandomi
andare ma tenendomi stretta una mano. «Sì,
tranquillo.
È tutto a posto, fammi riprendere fiato un
attimo»,
biascicai, mentre il mio respiro tornava regolare. «Stupidi
incubi», aggiunsi dopo, bofonchiando. Jacob si
avvicinò a me e, delicatamente, mi avvolse da dietro,
stringendomi in un abbraccio leggero. Piegai le gambe sul materasso,
accoccolandomi a lui. «Ma ti
succede sempre così quando ti svegli e hai appena fatto un
incubo, Bells?», domandò leggermente preoccupato. «Più
o meno.
Ormai sono... parecchi mesi che mi sveglio urlante. Però, di
solito, gli incubi li faccio di notte. Bene, adesso cominceranno a
farmi visita anche nel sonnellino pomeridiano», sospirai
sconsolata. Jacob ridacchiò, poi mi fece voltare verso di
lui. «Cosa hai
sognato?», chiese sussurrando, mentre mi accarezzava i
capelli per tranquillizzarmi. «Eravamo nel
bosco di
La Push... All'impovviso è saltata fuori Victoria, che
però poi si è trasfomata in Edward, e ti ha
attaccato.
Poi tu eri a terra, immobile... E io ti ho chiamato, ma non rispondevi
e...», raccontai velocemente, affannata. Le lacrime
cominciarono
a scendere. «Ehi Bella,
calmati. Va
tutto bene ora. Su, non piangere. Ci sono io», disse,
sorridendo
e dandomi buffetti sulla schiena.
«Sembrava
tutto così vero», singhiozzai. «Ho
avuto tanta paura di perderti, Jake». Mi strinsi di
più a
lui, senza smettere di piangere. Lui mi allonanò leggermente
da
sè, e mi prese il volto tra le mani, asciugando le guance
umide. «Ma come
vedi non
è successo, no? Sono qui, mi vedi vero?», chiese
agitandomi una mano davanti al viso e facendomi la linguaccia.
Ridacchiai,
tranquillizzandomi del tutto. «Vedo, ti
vedo», sussurrai, dandogli un bacio a fior di labbra.
«Ora che ci penso, tu che ci fai qui?», domandai,
sorridendo interrogativa. «Beh,
ricordi no che
sono venuto a prenderti dal negozio di Newton? Ecco, dopo siamo saliti
in camera tua e ti sei sfogata perchè quell'ameba di Mike ti
aveva fatta infuriare, così poi mi sono arrabbiato anche io
e
per calmarci a vicenda ci siamo messi ad amoreggiare per scaricare la
rabbia», ghignò sornione.
«Però,
diamine Bella, non pensavo che i miei baci avessero un effetto
così stancante su di te!», aggiunse dopo, ridendo.
Mi
sentii avvampare. «Ti faccio
notare che hai dormito come un sasso fino adesso anche tu!»,
strepitai, rossa come un peperone. «Beh, io
sono crollato per altri motivi», si giustificò,
senza smettere di ridere. «Stanchezza mentale»,
affermò, tichettandosi un dito sulla tempia.
«Piuttosto,
sai dov'è Charlie?», domandò,
ghignando. Accidenti,
Charlie! Pover'uomo, in un modo o nell'altro mi scordavo sempre di lui.
Ero davvero una vergogna, come figlia. «Accidenti,
accidenti,
accidenti!», sbottai allarmata, saltando giù dal
letto e
correndo verso la finestra, controllando oltre il vetro se l'auto di
Charlie fosse già nel parcheggio. «Grazie a
Dio non
è ancora tornato», annunciai, sospirando di
sollievo. Mi
voltai verso Jake, che aveva assistito alla scena sogghignando
divertito e comodamente steso sul mio letto, che ovviamente occupava
tutto. «Tu»,
esclamai, additandolo, «esci
subito dalla mia camera. Se Charlie dovesse beccarci qui insieme,
sicuramente sospetterebbe qualcosa e a quel punto saremo morti
entrambi», lo misi in guardia, seria. «Eddai
Bells, rilassati! Io piaccio a Charlie», affermò
Jake, tranquillo. «Certamente,
ma gli piaci fuori
dal mio letto e possibilmente anche dalla mia stanza!»,
obiettai,
mentre mi dirigevo verso di lui e cercavo di farlo alzare con la sola
forza delle mie esili braccia umane. Ovviamente fallii: non lo smossi
di un millimetro. «Per Charlie
sarebbe
più un duro colpo sapere che sua figlia la pensa
diversamente da
lui, non ti pare?», domandò con nonchalance,
sorridendo
allusivo. «Black, sei
davvero
impossibile!», sbottai, avvampando. Lui rise e, con uno
scatto
repentino, saltò giù dal letto. Si
avvicinò
velocemente a me e mi prese il volto tra le mani, portandolo vicinissmo
al suo. «Swan, sei
davvero
carina quando ti arrabbi», sussurrò ghignando,
stampandomi
poi un bacio sulle labbra che mi fece girare la testa. Dannazione,
le vinceva tutte lui!
Jacob restò
con me
finchè Charlie non tornò a casa. Mentre aspettavo
il
rientro di mio padre, Jake mi aiutò ad apparecchiare e mi
fece
compagnia mentre preparavo la cena. Parlavamo del più e del
meno, spensierati, e Jacob, di tanto in tanto, mi distraeva dalle mie
mansioni stampandomi dei baci da capogiro quando meno me lo aspettavo.
Lo faceva apposta, ne ero certa. «Dannazione,
Jacob Black!», esclamai, mentre cercavo di levarmelo di
dosso, «Vuoi che mandi a fuoco la casa di Charlie?». Per tutta risposta,
cominciò a ridere di gusto. «Beh,
nell'eventualità
che ciò accada, sai benissimo che io e Billy vi
accoglieremmo a
braccia aperte in casa nostra», disse, poggiando le mani
calde sui miei fianchi. «Non ci
staremmo
tutti», bofonchiai, mentre avvicinava il viso al mio,
voltandomi
verso sè. Con una mano tremante, tastai sul piano cottura in
cerca della manovella per spegnere il fornello sul quale cuoceva la
bistecca di Charlie, ma Jake mi bloccò, stringendo la mano
nella
sua. «Vi lascio
la mia
stanza e vado a dormire fuori, come un bravo cagnolino
educato»,
mormorò, prima di unire le sue labbra con le mie. Fu uno di
quei
suoi baci pieni di dolcezza e passione, che mi mandavano il cervello in
panne e sconvolgevano i battiti cardiaci. Strinse le braccia attorno ai
fianchi e mi sollevò da terra, mentre insinuavo le dita tra
i
suoi capelli di seta nera, avvicinandolo ancora di più a me.
Ci
baciammo, a lungo. O meglio, fin quando non sentimmo l'auto di Charlie
rientrare nel vialetto. Jacob mi rimise a terra, dandomi un ultimo
bacio, mentre io, rossa come un peperone, toglievo la cena dal fuoco e
la servivo in tavola. Sentimmo la porta aprirsi con un cigolio e poi
richiudersi, e pochi secondi dopo Charlie fece capolino in cucina. «Ehi
Bells», mi salutò, poi spostò lo
sguardo su Jacob, appoggiato al ripiano da cucina. «Oh,
c'è anche Jake». «Ciao
Charlie», lo salutò lui, sorridendogli amichevole. «Bells,
tesoro, scusa il ritardo», disse, abbandonandosi sulla sua
sedia, «ma ho dovuto aiutare Sue con gli ultimi preparativi
per il funerale». «Non ti
preoccupare, papà. Su, la cena è in
tavola», dissi, indicando il piatto davanti a lui.
Cominciò a mangiare. «Voi due
avete già cenato?», chiese, guardando me e
Jacob. Lo disse con un tono strano, diverso dal solito. Forse stavo
viaggiando troppo di fantasia. «Veramente,
Jake stava
per andarsene», dissi, lanciando un'occhiata eloquente al
ragazzone vicino a me. Con la coda dell'occhio, lo vidi mentre tentava
di di soffocare una risata. Jacob era imprevedibile, e non potevo
permettere che dicesse a Charlie di noi. Almeno, non in quel momento
difficile per il mio vecchio. Lasciai che salutasse
mio padre, poi lo accompagnai fuori, nella veranda. «Ehi Bells,
cos'è tutta questa fretta? Sei impaziente di
uscire per fare la passeggiata serale col tuo Fido?»,
domandò ironico, scoppiando a ridere. «Wow, mi hai
beccata», risposi, sarcastica. Mi stampò un bacio
sulla guancia, ridendo. «Comunque,
mi dispiace, ma questa notte non potrò stare
con te. Sam ha deciso di battere tutta la costa stanotte, per vedere se
è ancora dalle parti del mare»,
annucciò, attento
alla mia reazione. Come quel pomeriggio, mi sentii assalire dall'ansia.
E dalla paura. E ancora dall'ansia, poi di nuovo dalla paura. Tutte quelle emozioni
dovevano essermi passate anche dal viso, perchè mi
abbracciò. «Oh Bells,
quando la
pianterai di preoccuparti così inutilmente? Sappiamo quel
che
facciamo, cosa credi? E comunque, saremmo cinque contro una, come con
Laurent. Se non fosse così abile nella fuga,
l'avremmo già presa, credimi. Siamo più forti di
lei», disse con un tono di voce
confortante, cullandomi stretta. Nonostante la sua voce fosse
così dolce e rassicurante, non riuscì a
tranquillizzarmi
del tutto. Victoria era di marmo, così bianca e granitica da
sembrare indistruttibile, mentre Jake e il branco erano relativamente
umani e più fragili, nonostante trasformati fossero grossi
come cavalli. «Ma io ho
paura lo stesso», mormorai, contro il suo petto.
Si scostò da me quel tanto che bastava per guardarmi bene in
faccia, poi mi prese il viso tra le mani, accarezzandomi le guance con
entrambi i pollici. Mi baciò delicatamente, poggiando le
labbra
leggere sulle mie. «Non
devi», mi apostrofò, sorridendo. «Dormi
serena Bells», disse, dandomi un bacio sulla fronte e poi
stringendomi forte tra le braccia. Dopo poco, mi lasciò
andare e
si voltò verso l'oscurità. «Buona
notte, piccola. Ci vediamo domani», promise, e un sorriso
apparve
radioso sul suo viso. Cercai anche io di sorridere, ma probabilmente mi
era uscita una delle mie solite smorfie. Lo salutai con la
mano. «Buona notte, Jake», sospirai, e in
un secondo sparì nell'oscurità.
~ Angolo di un'autrice
ritardataria >_< Scusate l'ennesimo
ritardo, sono davvero imperdonabile! Non mi
sorprende che alcuni di voi abbiano tolto la storia dai preferiti
ç_ç Avete ragione, ma vedete, prima ho avuto uno
schifosissimo problema col computer, poi quando ho sistemato tutto, non
c'era più uno straccio di ispirazione e piuttosto che
pubblicare
capitoli alla cavolo di lupo (ah ah xD), preferisco non pubblicare
niente. Credetemi, scrivere questo capitolo è stata una vera
faticaccia, perchè è uno di quei capitoli di...
Uhm, come
posso dire, transito? Sì, praticamente, ciò che
succede
in questo capitolo (anche se non sembra) darà il via alla
vera
azione della storia, perchè okay, il romanticismo
è
bello, ma un po' di lacrime, azione e via discorrendo ci vogliono per
dare pepe alla storia *_* Ma se continuo con questo discorso rischio di
spoilerarvi tutto quello che succederà, quindi è
meglio
passare ai ringraziamenti e alle risposte alle vostre fantastiche
recensioni! lady cat:Oh-mio-Dio!
*___* Non ci posso credere! Finalmente qualcuno che odia quell'Eduardo
Cullen dal profondo del cuore come me!! Waaa, che emozione! Cavolo
sorella, ma sai che mi sono ritrovata in tutto quello che hai detto?
Trovo Edward Cullen semplicemente irritante, penso che Bella sia stata
una perfetta cretina a buttarsi da uno scoglio per sentire la voce di
quell'altro coglione là (scusate la "crudezza" x°D)
e trovo
Jacob Black un ragazzo magnificooooo *ç* Diamine, come
cavolo ha
fatto Bella a lasciarsi sfuggire un bocconcino del genere? Bah, queste
Swan d'oggi U_U Uhm, se Edward si
rifarà vivo... Scusa dolcezza, ma a questa domanda
preferirei non rispondere :P Diciamo che può essere
sì, come può essere no, dipende...Comunque ti ringrazio
tantissimo per la recensione, mi hai fatto
davvero felice T^T Spero di non averti deluso con questo capitolo
deludente =.= Alla prossima! Bacioni <3
matrix :
Ecco la recensitrice per eccellenza, quella che mi commenta dal primo
capitolo *-*Vedere
le tue recensioni per ogni capitolo mi fa davvero un piacere immenso,
perchè dimostra che segui la mia fanfiction con passione,
nonostante sia imperdonabilmente irregolare con gli aggiornamenti, e
per questo di chiedo davvero scusa e ti ringrazio T_T Mike è
veramente un pettegolo, vero? Farebbe davvero comunella con quell'arpia
di Jessica XD Irritanti uguali! Comunque, non so te, ma ogni volta che,
nel trailer, spunta Taylor così, all'improvviso, mi metto a
gridare, e non sto scherzando XD O che non sono normale io, oppure
succede così un po' a tutte... Beh, opto per la seconda
:D
Comunque stai tranquilla, il quinto capitolo arriverà molto
prima, spero, perchè ho già le idee chiare su
quello che
succederà, devo solo sistemare alcuni particolari ;) Ancora,
mille grazie, per tutto çAç Bacioniiii <3
marpy
: Più attendibile dell'originale? Beh, per le sostenitrici
della
Jacob/Bella assolutamente sì xD Comunque, grazie davvero per
i
complimenti e per la recensione... Mi hai fatto davvero felice T3T
Spero che questo capitolo non ti abbia deluso e che continuerai a
seguirmi, nonostante sia così tarda negli aggiornamenti.
Grazie
a te, e a presto cara! Bacioni <3
Elfa sognatrice
:
Sono felice che tu condivida il modo in cui ho completamente stravolto
la storia originale XD Presto saprai anche come andrà
avanti, anche se... No, no, devo starmente buona buona ><
Comunque, non vi preoccupate, niente di grave... credo :] Grazie mille
per la recensione, mi ha davvero fatto piacere. Spero che questo
capitolo non ti abba deluso :D Al prossimo capitolo, cara! Bacioni
<3
Quando
mi
richiusi la porta alle spalle, sentii l'ansia tornare alla
carica. Nonostante Jake mi avesse ripetuto più
volte di stare tranquilla assicurandomi
che non avrebbe corso nessun pericolo, non riuscivo comunque a
rilassarmi. Le
sue parole e i suoi gesti confortanti erano ancora impressi nella
testa, nel cuore e sulla pelle, eppure sembrava che, assieme a
Jacob, se
ne fossero andate la tranquillità e la calma che poco prima
era riuscito a
trasmettermi. Mi appoggiai alla porta, che avevo accuratamente chiuso a
chiave.
Dovevo stare calma e tranquilla: a Jacob e ai suoi - miei - fratelli
non
sarebbe successo niente, niente. Loro sono più forti di Victoria, sono fatti apposta
per distruggerla,
continuavo a ripetermi, in un ridicolo tentativo di auto-convincimento.
Dentro di me, sapevo bene che mi sarei calmata del tutto solo quando
avrei
rivisto Jacob il giorno dopo. Al pensiero dell'attesa sentii lo stomaco
stringersi.
Mi diressi in cucina, nella speranza che fare quattro chiacchere
con Charlie sarebbe servito a distrarmi un po'.
Mi appoggiai al piano cucina, mentre Charlie si era
già buttato sulla
cena da un bel pezzo. Probabilmente aveva recuperato l'appetito.
«Ehi papà, come è andata
oggi?», chiesi, cercando di apparire il più
interessata possibile.
Alzò la testa, lanciandomi un'occhiata strana, tra il
sorpreso e il confuso.
«Bene, Bells.
Sono stato a La Push
tutto il giorno, per aiutare la famiglia di Harry», rispose.
Notai l'ombra di
tristezza che era calata nei suoi occhi quando aveva nominato Harry.
«A quanto pare La Push
attira noi Swan
come una calamita», scherzai, cercando di tirarlo su di
morale. «Anche io sono
stata là oggi».
«Con Jake?», chiese, fingendo disinteresse.
Annuii. «Siamo stati a pranzo da Emily. C'erano
anche Sam e il... gruppo
di Jake», aggiunsi. Per fortuna mi morsi la lingua in tempo:
non sapevo come
avrebbe reagito Charlie alla parola 'branco'.
«Vedo che cominciano a starti simpatici»,
affermò, cauto.
«Sì. Mi sa che avevo sbagliato opinione su di
loro», feci
spallucce. «Prima non li conoscevo. Diciamo che
ormai sono una di
famiglia, dato che...». Mi bloccai all'improvviso. Il viso di
mio padre cambiò
istantaneamente espressione.
«Dato che cosa?»,
domandò Charlie, riducendo gli occhi a due fessure.
Merda, avevo detto troppo.
Non risposi, chinando il capo e maledicendomi mentalmente.
«C'è qualcosa che mi devi dire, Bella?»,
indagò, ma dal tono in cui lo disse
sembrava più un'affermazione che una domanda. Non volevo
vedere la sua
espressione, così rimasi
con gli occhi incollati a
terra. Sospirai. Forse era
giunto il momento di dirgli che il legame tra me e Jacob
era mutato. Che non eravamo più solo amici. Piuttosto che
dirglielo da sola,
avrei preferito che ci fosse Jacob al mio fianco, e mi pentii di non
aver
approfittato di quando lui, io e mio padre eravamo nella stessa stanza.
Mi
immaginai Jake, raggiante, che diceva a Charlie di noi due. Calmo,
rilassato e
col sorriso sulle labbra, addirittura con un braccio sulle mie spalle. «Ecco,
papà, vedi... Sì, è un po' difficile
da spiegare», balbettai,
sforzandomi di pronunciare frasi comprensibili. Con la coda dell'occhio
vidi
mio padre a braccia conserte, che attendeva impaziente. Esalai un
respiro
secco. «Vedi, ora... Io e Jacob... Ciò che ci lega
non è più un semplice
rapporto di amicizia», dissi spianando il terreno alla frase
più
importante. «Io e Jacob stiamo insieme»,
sputai infine, tutto d'un fiato,
gli occhi che erano tornati a fissare il pavimento. Mi chiesi quali
tonalità
avesse preso il suo viso, ma non volli accertarmene, così
rimasi muta. Anche
Charlie non disse una parola e rimanemmo in silenzio. «Dici sul
serio?», domandò ad un certo punto Charlie. Il
tono della sua voce
era strano... Alzai lo sguardo, incontrando il viso sorridente di mio
padre.
Sorrideva. Non era diventato blu o viola, non sembrava arrabbiato e
nemmeno sul
punto di avere un arresto cardiaco. E gli occhi gli brillavano. Charlie scoppiò a
ridere, vedendo la mia
espressione sconvolta.
Rideva? «Ehi Bells, cos'è quella
faccia?», domandò,
divertito. «Papà...
Insomma, non...», mormorai. Non riuscii a continuare, la
sorpresa mi
aveva tappato la bocca. «Mi sembri,
ehm, piuttosto... scioccata, tesoro. Come mai?», chiese,
alzandosi
e venendo verso di me. Mise le mani sulle mie spalle. «Io... Non
lo so. È stata la tua reazione. Mi hai
sorpreso», confessai,
abbassando lo sguardo. Rise di nuovo. «Pensavi che
mi sarei arrabbiato?», mi chiese, spalancando leggermente gli
occhi. Non attese la mia risposta. «Bells, sarò
vecchio, ma non certo stupido: ricordo fin troppo bene lo stato in cui
eri
ridotta fino a qualche mese fa, e la differenza è netta tra
la Bella di adesso
e la Bella di prima. Ed è tutto merito di Jake, piccola: lui
ti fa bene,
e gli sono grato per questo. Non mi permetterei mai di tenertelo
lontano, anche
se ora il sentimento che vi lega va oltre l'amicizia. Vi raccomando
solo di
stare attenti e di fare i bravi», concluse, ridacchiando.
Beh, a questo punto
sorpresa era un eufemismo. Improvvisamente, mi resi conto che era stato
stupido
temere una reazione negativa di Charlie. Jacob aveva ragione: il mio
vecchio
voleva bene a Jake. Mi sentii sciocca, e risi sotto i baffi. «Che
c'è?», chiese mio padre, con le mani ancora sulle
mie spalle. Feci
spallucce, sorridendo serena. «Niente,niente», dissi abbracciandolo. «Ti voglio
bene». Mi strinse a sè, goffo. «Anche io, Bells. Comunque, sappi che sono
felice per voi», mormorò,
imbarazzato. Avvertii lo stesso imbarazzo e mi staccai da lui, svelta. Parve sollevato.
«Però... Non mi sembri molto
sorpreso», constatai,
iniziando a sparecchiare la tavola. «In effetti
non lo sono. Sapevo che prima o poi sarebbe successo. Sembri
così
felice da quando hai iniziato a frequentarlo. Inoltre, mi sono accorto
delle
occhiate che vi siete lanciati stasera. E Jacob... È
incredibile il modo in cui
ti guarda, Bells. Sembra quasi che tu sia il
suo
Sole», disse, scuotendo la testa sulle ultime parole,
incredulo.
Sbagliato papà, pensai, è lui il Sole. Il
mio Sole. Mi
limitai a
sorridergli. «Ehi, ma stasera non c'era una qualche finale importante di
non ricordo
cosa?», domandai, lanciando un'occhiata all'orologio. «Gesù,
la finale del campionato di Hockey! Me ne stavo
dimenticando!», esclamò,
dirigendosi verso il salotto in tutta fretta. Scoppiai a ridere e
scossi la
testa, sollevata. Charlie, come aveva previsto Jacob, l’aveva
presa
meglio di quanto mi aspettassi ed era felice per noi. Ero
così felice che avrei
voluto ci fosse anche Jake, in quel momento, accanto a me. Ma ripensare
a lui
non fu una mossa molto saggia: improvvisamente mi ricordai che,
probabilmente,
in quello stesso istante, mentre io ero chiusa in casa, al sicuro, lui
stava
dando la caccia a Victoria. Sentii un brivido scuotermi la spina
dorsale, e per
poco il piatto che avevo in mano non cadde a terra. Dovevo stare calma.
Appena finii di sistemare la cucina diedi la buonanotte a Charlie e
salii in
camera mia. Ero un fascio di nervi, così decisi di fare una
doccia bollente per
distendere i muscoli e rilassarmi, ma purtroppo non servì a
molto. L'ansia, la
preoccupazione e la paura per l'incolumità del branco erano
ancora impresse a
fuoco nella mia testa e non riuscivo a scacciarle. Mi infilai sotto le
coperte
in tutta fretta, aspettando con impazienza l'arrivo del nuovo giorno.
Anche
quella notte sognai ed ebbi un incubo, ovviamente. Però, fu
diverso dagli
altri incubi che avevano popolato le precedenti notti: non ero nel
bosco, bensì
nella cucina di Charlie. E Jacob era lì, in piedi davanti a
me, rigido come una
tavola di legno. Aveva la mascella tesa e l'espressione dura, le
braccia
conserte. Io gli stavo di fronte, testa china, le braccia
premute contro
il petto, raggomitolata nella tipica posizione che usavo per non
sentirmi
sbriciolare. Mi sentivo malissimo, ancora peggio quando incontravo lo
sguardo
furioso di Jake. Qualcosa mi disse che, forse, avevamo litigato. O
comunque,
tra noi si era creata una certa tensione. Ma perchè? Improvvisamente, Jacob
parlò, un tono così tagliente che avrebbe potuto
dividermi in due. «Basta
Bella, chiudiamola qui». Come? Chiudiamola qui? Che diavolo
intendeva dire? Forse mi era sfuggito qualcosa... Qualcosa che proprio
non
riuscivo ad afferare. Mi mancò il fiato e iniziai a
boccheggiare, gli occhi
spalancati che lo fissavano. «Jacob... Ma
che stai dicendo?», chiesi con un filo di voce. Non riuscivo
proprio a capire il senso di quelle parole. «Hai sentito
bene, Bella. Chiuso. Basta. È finita»,
ripetè, lo sguardo infuocato
affondato nel mio. Il dolore che seguì a quelle parole mi
lasciò di nuovo senza
fiato. Sentivo che sarei potuta cadere a pezzi da un momento all'altro
e nella
testa avevo l'inferno. Perchè Jake si comportava
così? Non riuscivo a trovare
una risposta. «No...»,
rantolai, mentre la disperazione mi si scaraventava addosso.
«NO!», ripetei poco dopo, allungandomi
verso Jacob per afferrargli la
maglietta. «Jake, io
non capisco cosa stai dicendo!», mormorai, le dita strette
attorno a
un lembo della sua maglia, il mio sguardo vuoto incollato al suo. Nero.
Furioso. Disperato. La sua espressione mi fece male più di
cento lame
conficcate nel cuore. Sentivo che c'era qualcosa che non andava, ma non
capivo
cosa. Abbassò lo sguardo. «Addio
Bella», disse, senza guardarmi negli occhi. Quelle parole mi
pietrificarono. Le dita mi si aprirono senza che me ne accorgessi e
Jacob ne
approfittò per girare i tacchi e uscire dalla cucina. Sentii
la porta sbattere. Rimasi lì,
immobile. Non riuscii a muovermi di un centimetro. Ma anche se
avessi avuto la possibilità di muovere anche un solo passo,
di sicuro non ci
sarei riuscita. I muscoli non avrebbero risposto ai comandi imposti dal
mio
cervello, perchè anch'esso era K.O. Ero improvvisamente
caduta in uno stato di
trance, che si spezzò quando il telefono iniziò
insistemente a squillare.
Forte, troppo forte. Mi girava la testa. Poi accadde una cosa
strana. Prima di rendermene conto o prima che potessi
eventualmente impedirlo, le mie gambe cominciarono a muoversi in
direzione del
salotto. Avanzavo senza rendermene conto, il mio corpo si muoveva da
solo verso
un punto ben definito, e la testa era un universo a parte. Il telefono continuava
insistentemente a suonare. Compii qualche passo,
poi le mie gambe si fermarono davanti alla porta di casa.
La mia mano sinistra si sollevò, lentamente, fino a
stringere la maniglia.
Qualcosa, nel mondo a se stante della mia testa, mi disse che dovevo aprire quella porta. Non so
quale
forza mi avesse spinto fino a lì e quale istinto mi imponeva
di farlo, ma lo
feci. Abbassai la maniglia e spalancai completamente la porta. Poi lo vidi. E il
cuore mi andò in pezzi. Davanti a me
c’era Edward. Sì, lui, sempre lui. Bello come un
dio, il suo
viso così perfetto e il suo sorriso così
meraviglioso da farmi star male. Ma
nulla, nulla era paragonabile al dolore che provai quando incrociai la
sua
espressione, mentre mi guardava: innamorata, devota, profonda, di puro
oro
liquido. Tutta una menzogna,
tutta una bugia. Edward non mi amava. Mi aveva
lasciata in un mare di solitudine e disperazione, promettendo che non
avrebbe
più interferito nella mia vita. Eppure continuava ad
apparirmi in sogno, o
meglio, incubo, quando invece avrei dovuto sognare solo e soltanto
Jacob. Ed
ecco che il senso di colpa tornò ad investirmi: Jacob mi
dava tanto, Jacob mi
amava tanto e io lo ripagavo così, continuando a sognare e a
stare male per la
persona che più mi aveva ferita. Anche in sogno, mi
sentii orribile. Poi, Edward
allungò una mano verso di me e mi sfiorò la
guancia destra con le
dita fredde. Sobbalzai e mi svegliai, in lacrime.
~ Angolo
autrice.
Anche questo capitolaccio
è andato, evvai! Non vedevo l'ora di togliermi anche questo
dai piedi... Mi dispiace dovervi appioppare così tanti
capitoli 'di transito', ma sono necessari se non volete che vengano
fuori ogni volta capitoli di venti pagine e se volete che la storia
duri di più ^^ E mi scuso per l'ennesimo ritardo, ma sapete
com'è, quando si va in vacanza *smile speranzosa*
Poi, andiamo, sono gli ultimi giorni di vacanza (la scuola inizia il 16
da me, sigh! =__=) e me li vorrei godere un po', finchè ci
sono! Però ammetto che ultimamente l'ispirazione si
è fatta sentire un po' poco... Cioè, ma che devo
fare?? Un abbonamento speciale? Quella cattiva non mi aiuta mai
<_< *sparla*
Comunque, mentre me ne stavo sotto al sole in una spiaggia di Riccione
piena di bei figazzi, mi è venuta la folle idea di fare un
trailer per questa fanfiction, così tornata a casa mi sono
scaricata un programmino di video editing e ho cominciato a lavorarci
*____* Devo ancora finirlo (mi devo sbrigare, diamine! Dura solo 15
giorni °-°), ma credo che sarà pronto per il
prossimo capitolo ^^
Ma ora basta tergiversare, passiamo ai ringraziamenti e alle risposte
alle recensioni (solo dueeee recensioni XD sapevo che quel capitolo
avrebbe fatto cagare ç__ç) mattiuzza: Eeeh, a
chi lo dici! Jacob è... Cavolo, Jacob è Jacob!
Non si ha bisogno di altri inutili aggettivi per descriverlo
ù_ù E anche io sono pazza pazza pazza di lui!
Ogni volta che leggo le sue battute nei libri, ciò che fa,
ciò che prova... Mi brillano gli occhi *___* Esistesse, un
ragazzo così! Comunque, grazie per i complimenti cara ^^
Beh, questo è (lo schifosissimo) seguito, spero ti piaccia!
Alla prossima! Un bacione <3 lady cat:
Diciamo che io sono pronta a fare un Edward-falò
praticamente da una vita! Grrr, quello schifoso succhiasangue mi sta
davvero sulle balle, a differenza dei suoi fantastici familiari che
adoro incommensurabilmente *___* Ovviamente preferisco il
branco di lupacchiotti, ma i Cullen... Dai sono troppo fantastici
(escluso Eduardo, ovviamente ù_ù). Carlisle,
Esme... Alice, Emmett... Direi che quelli citati sono assolutamente i
miei preferiti ^3^ Quel bell'orsacchiotto di Emmett XQ___ Quel
follettino di Alice *w* Il fighissimo Dottor Canino *Q* E quello
zuccherino di Esme **
Okay, mi fermo XD Comunque, come hai visto, l'unico Cullen che, come
te, disprezzo veramente, è Edward
è_é Quell'Edward che vuole tenere Bella lontana
dal suo Sole èAé Cioè, come cavolo si
permette! Guarda carino che è grazie a quel fighissimo lupo
che tu ritieni pericolosissimo che la tua amata Bella è
ancora viva dopo che tu l'hai abbandonata per motivi oscuri e assurdi
u_u Quindi resta al tuo posto e lascia fare a quella povera ragazza
ciò che vuole, dannazione! *sfogo* Okay, adesso basta sul
serio XD Comunque non so che dirti, se non grazie per la tua recensione
*__* Spero che anche questo orrore sia stato di tuo gradimento, anche
se lo dubito XD Un bacione, alla prossima <3
Dopo
essermi risvegliata, le guance rigate dalle lacrime, rimasi immobile a
fissare
il soffitto bianco. Mi sembrava di essere caduta in stato catatonico:
il mio cervello
non riusciva a produrre nessun pensiero, il mio corpo faticava a
muovere anche
un solo muscolo. Ero paralizzata dal dolore. Dal rimorso. Dal senso di
perdita.
Praticamente, ero uno straccio. Sotto sotto, mi resi conto, ero anche
arrabbiata, arrabbiata con Edward. Per un motivo del tutto irrazionale,
il mio
io interiore se la stava prendendo con lui: continuava a tormentare i
miei
sogni, era sempre lì pronto a sfasciare ogni dolce fantasia
che mi portavo
dalla realtà, a eclissare Jacob. Perché mi faceva
questo? Non era stato lui a
raccomandarmi di dimenticarlo, di andare avanti come se non
fosse mai
esistito? Mi rendevo conto che era una cosa del tutto
impossibile da
concretizzare, dato non sarei mai riuscita a cancellarlo dal mio cuore,
ma ci
stavo provando e lui sembrava voler vanificare tutti i miei sforzi.
Mi sentii subito stupida per aver concepito un pensiero del genere:
Edward non
c’entrava niente, lui mi aveva solo
lasciata. Il vero problema ero io, o
il mio subconscio che non voleva staccarsi dalla figura di Edward, la
cui ombra
fluttuava ancora negli angoli nascosti della mia mente e del mio cuore.
Mentre mi
abbandonavo a pensieri così dolorosi, sentii bussare alla
porta della mia
camera.
«Ehi,
Bells. Sei sveglia?», domandò Charlie, piano. Strano,
pensai. Era la
prima volta che mio padre bussava alla porta della mia camera
così di buon ora.
Eppure non avevo urlato – mi sembrò
–, ma anche se l’avessi fatto Charlie
non sarebbe venuto a controllare. Non era in grado di affrontare le mie
crisi
emotive.
Mi
asciugai in fretta gli occhi e, sforzandomi di tenere un tono di voce
normale,
gli risposi. «Sì papà, sono
sveglia», dissi, rizzandomi a sedere. Subito, mio
padre fece capolino nella stanza.
«’Giorno,
Bells», mi salutò, sorridendomi.
Sorrisi a
mia volta. «’Giorno, papà.
Perché mi hai chiamato?», domandai.
«Ecco,
perché, vedi… C’è Jacob di
sotto», rispose, leggermente a disagio.
Mi sentii
investire dalla sorpresa. Cosa? Jacob? A casa mia? Alle –
guardai l’orario
nella radiosveglia - sei e mezza del mattino? Questi quesiti non mi
trattennero
molto: balzai giù dal letto, scansai agilmente Charlie e mi
fiondai giù dalle
scale. Ma se non fossi un’imbranata assurda non mi chiamerei
Bella Swan,
infatti inciampai sull’ultimo gradino, volando direttamente
addosso a Jacob,
che scoppiò a ridere. Mi unii alla sua risata, gettandogli
le braccia al collo,
quasi arrampicandomi, e nascondendo il volto nella sua spalla. Mi
arruffò i
capelli, poi mi circondò la vita con le braccia e mi strinse
dolcemente a sé.
«Mi
sei
mancato», mormorai.
«Anche
tu, Bells», disse, sfiorandomi l’orecchio con le
labbra. Si scostò leggermente
da me, e tenendomi ancora stretta per la vita con un braccio,
sollevò l’altro e
posò la mano sulla mia guancia, alzando il mio viso verso il
suo. Mi guardò coi
suoi occhi che racchiudevano l’essenza
dell’universo, scuri e profondi, e mi
abbagliò con uno dei suoi sorrisi più belli.
Sorridere di rimando fu spontaneo
e avvicinai il mio volto al suo per far toccare i nostri nasi. Chiusi
gli
occhi, respirando il suo profumo e le sue labbra furono subito sulle
mie.
Rafforzai la presa sul suo collo e risposi al bacio, felice di averlo
di nuovo
tra le mie braccia.
Sarei potuta rimanere così per ore, ma la tossetta eloquente
di mio padre mi
fece tornare con i piedi per terra. Jacob sorrise mentre mi stava
ancora
baciando e quando si staccò scoppiò a ridere. Io
nascosi il volto nel suo
petto, imbarazzata.
«Insomma,
datevi un po’ di contegno», sentii borbottare
Charlie, imbarazzato quanto me.
«Scusa
Charlie», disse Jake, senza smettere di sorridere,
«hai ragione».
Mi prese
per le spalle e mi scostò da lui.
«Buongiorno
Bells», disse, dandomi un bacio sulla fronte. Poi
alzò la mano destra, che
stringeva un sacchetto di carta. «Brioches», disse,
sventolandomi il sacchetto
sotto il naso. Lo afferrai sorridendogli, e mi diressi in cucina,
seguita da
Jacob. Lì trovai mio padre che beveva il caffè,
piuttosto di fretta.
«Charlie,
non ti va una brioche?», domandò Jacob, prendendo
posto su una sedia e
poggiando un braccio sul tavolo.
«Grazie
Jake, ma sono di fretta», rispose mio padre indaffarato,
sciacquando la tazzina
nel lavandino. Qualcosa mi disse che, anche se ne avesse voluta una
– la
quantità non era certo un problema: Jacob ne aveva prese sei
-, non sarebbe
rimasto: forse era un po’ a disagio per la piega che aveva
preso il rapporto
tra lui e Jacob? Dopotutto, Jake non era più solo il figlio
del suo amico
Billy, ma anche il migliore amico/ragazzo
di sua figlia.
Quel
pensiero mi fece sorridere.
«Vai
da
Sue?», domandai, infilando quattro brioches nel forno a
microonde.
«Sì,
le
do una mano per organizzare le ultime cose, poi vado al
funerale», rispose
Charlie.
«Okay.
Torni a pranzo?».
«Non
credo, Bells. Penso che ritornerò a casa stasera»,
disse, e lanciò un’occhiata
strana a me, e poi a Jake.
«Beh,
io
scappo tesoro», disse e ci salutò con la mano.
Prima di sparire dietro la porta
di ingresso disse: «Fate i bravi, mi raccomando. Ragazzo, ti
lascio mia
figlia».
Jacob mi
circondò la vita con un braccio. «Mi
prenderò cura di lei, signore», rispose
sorridendo, e schioccò un saluto militare a Charlie. Stava
scherzando, ma il
suo sguardo era serissimo. Mi sentii leggermente insultata: pensavano
che
avessi bisogno di una badante? Che non me la sarei cavata da sola?
«Che
simpatici», borbottai, mettendo il broncio. Charlie si mise a
ridere, seguito
da Jake, e sparì dietro la porta.
Jacob
tornò a sedersi al tavolo e io con lui.
«Jake,
non ti sembra di aver esagerato?», domandai, facendo una
smorfia.
«Mmm?»,
mugugnò lui, senza capire.
«Insomma,
non ti pare di aver preso troppe brioches?», dissi, critica.
«Dimentichi
forse che, con lo stomaco che mi ritrovo, potrei mangiare un orso
intero?»,
puntualizzò lui, ridendo. Risi anche io, poggiando i gomiti
sul tavolo, sporgendomi
verso di lui senza nemmeno accorgermene. Mi prese il viso tra le mani,
avvicinandolo al suo.
«Ora che Charlie non c’è, non mi
dispiacerebbe affatto continuare il
discorso di prima», mormorò malizioso e senza
darmi il tempo di controbattere,
mi baciò.
Una
volta finito di fare colazione, feci una corsa al piano di sopra per
togliere
il pigiama e mettere qualcosa di pulito. Quando tornai di sotto, trovai
Jacob
che non si era mosso dalla cucina e si mise a farmi compagnia mentre
sparecchiavo la tavola. Non dissi nulla, presa com’ero a
rimuginare sul sogno
di quella notte e sulle constatazioni di quando mi ero svegliata.
Jacob, che mi
stava aiutando, se ne accorse.
«Ehi
Bells, che succede? Mi sembri pensierosa», disse, mentre
asciugava il suo
piatto. Trasalii, sorpresa. Ero talmente presa a meditare che mi ero
scordata
di averlo vicino.
«Cosa?»,
dissi, guardandolo stralunata.
«Ti
ho
detto», proferì, avvicinando il suo volto al mio,
come volesse leggermi negli
occhi. «che mi sembri pensierosa. Tutto bene?».
«Oh»,
dissi, abbassando cupa lo sguardo. «Beh, niente. Stavo solo
pensando all’incubo
che ho avuto stanotte», sospirai, asciugandomi le mani.
«Un
altro?», sbuffò Jacob, facendomi un mezzo sorriso
e allungando una mano per
arruffarmi i capelli.
«Sì»,
sospirai.
«Posso
chiederti cosa hai sognato?», domandò, ostentando
indifferenza. Si appoggiò al
piano cucina, a braccia conserte, l’espressione stranamente
concentrata.
A quel
punto, raggelai. Cosa potevo fare? Dirgli la verità? Di
sicuro lo avrebbe ferito…
Cavolo, certo che lo avrei ferito. Ma non potevo continuare a
nascondergli
quanto ancora Edward fosse presente in me. Sarei stata egoista e
meschina a
mentirgli ancora per la paura che si allontanasse da me. Dovevo dirgli
tutto:
perché avevo voluto imparare a guidare le motociclette a
tutti i costi e perché
ero saltata dallo scoglio.
«Io…
Io
ho sognato Edward, Jacob. L’ho sognato, come faccio tutte le
notti», dissi,
abbassando lo sguardo. Avevo la gola gonfia e gli occhi lucidi.
«Beh
non
è una novità, ma lo dici come… Non so,
come se ne fossi imbarazzata», rispose,
perplesso, sfiorandomi una guancia e sollevando il viso verso il suo.
Quando la
sua mano abbandonò il mio volto, la chiuse nella mia mano
sinistra.
«Non
sono
imbarazzata. Mi sento solo… in colpa», ammisi, in
un sussurro inesistente.
Jake
strabuzzò gli occhi, sorpreso. «In colpa? Con
chi?», chiese, avvicinandomi a
sé.
«Con
te,
Jake», risposi, isterica. «Con te! Insomma, ora
stiamo insieme e continuo a
sognare Edward. Sempre, sempre e solo lui».
Jacob mi
abbracciò, ridacchiando. «Ehi, ehi! Calmati,
Bells! Respira», sussurrò al mio
orecchio con la sua voce calda. Mi tranquillizzai un po’.
«E soprattutto»,
aggiunse poi, allontanandomi da sé per guardarmi negli
occhi, «piantala di
sentirti in colpa. Non ce n’è alcun bisogno,
davvero. I sogni non si possono
controllare e, beh… Io lo so benissimo che lui è
ancora una parte di te, ma ti
ho già detto che non mi importa», disse,
accarezzandomi una guancia. «Andiamo,
stai davvero dicendo che ti senti in colpa per una cosa del
genere?», domandò
lui, scettico. Tolsi la sua mano dalla mia guancia e lo guardai,
triste. Mi
allontanai un po’, torturandomi le mani, sulle spine.
«Anche
per quello», dissi, fissando il pavimento.
«ma non è il solo motivo per cui mi sento
così». Lui mi fissò, gli occhi pieni
di interrogativi.
«Io…
mi
sento così male perché ti ho imbrogliato,
Jake», sussurrai, incapace di
guardarlo in faccia. «Con le moto, con la radura e con tutto
il resto. Non ero
venuta da te a La Push perché desideravo sul serio imparare
a guidare una moto,
ma perché , all’epoca, avevo appena scoperto
che… Insomma, ogni volta che
faccio qualcosa di stupido e tento di mettere in pericolo la mia
vita… sento la
sua voce», dissi d’un fiato, stingendo i pugni.
«Cosa?!»,
esclamò, Jacob e il suo tono mi fece sobbalzare. Aveva gli
occhi spalancati e
gli tremavano le mani. «Mi stai dicendo che hai tentato di
suicidarti
molteplici volte solo per sentire la voce di quel
succhiasangue?!», gridò, e
senza darmi il tempo di rispondere aggiunse: «Quindi
è per questo che ti sei
tuffata, l’altro giorno? Volevi ammazzarti?».
Mi
avvicinai svelta a lui, posandogli una mano sul petto, per calmarlo.
«No, Jake,
credimi! Non ho mai avuto l’intenzione di uccidermi, te lo
posso giurare!
Quando mi sono buttata dallo scoglio non è stato un tentato
suicidio,
veramente. Volevo solo divertirmi», gli spiegai, calma e
sincera. La sua
espressione era un misto tra sarcasmo e scetticismo, tipo ‘e
seconde te io ci
credo?’, ma gli occhi erano furenti. Chissà quanto
l’avevo ferito.
«Jake,
ascoltami… Sì, è vero che
all’inizio ti ho
mentito», mormorai, rammaricata, «ma
questa», aggiunsi, prendendogli il viso
tra le mani, «non è una bugia. Non siamo
più io-Bella e tu-Jacob, ora siamo un noi.
E, presto, smetterò anche di pensare a lui. Io
guarirò, Jake, ma solo se ci
sarai tu al mio fianco».
Parve calmarsi. Mi prese le mani che erano ancora sulle sue guance e le
strinse
nelle sue, sospirando e aggrottando la fronte.
«Beh,
non ti lascerò certo per questo, Bells, ma se
permetti sono un po’ incazzato!»,
esclamò, alzando le spalle. «Io non mi
aspetto che tu lo dimentichi, Bella, non voglio chiederti
così tanto. Ma non
voglio che metti la tua vita in pericolo per quel…
lui», disse, incespicando
sulle ultime parole. Di sicuro aveva qualche nome colorito in mente, ma
probabilmente non voleva turbarmi.
«Sul
serio, Bella. Non farlo mai più», disse, tirandomi
verso di sé e stritolandomi in un abbraccio
bollente. Strinsi con forza
la stoffa della sua maglia, ed ero così stretta a lui che
avrei potuto fondermi
con la sua pelle di bronzo.
«Mai
più», promisi, la voce rotta dalle lacrime che
rischiavano di sopraffarmi.
Rimanemmo abbracciati per un tempo che a me sembrò infinito,
immersi in un
silenzio innaturale, quando lo squillare improvviso del telefono ci
fece
sobbalzare entrambi.
Jake sbuffò seccato, e fece per afferrare la cornetta, ma
fui più veloce di
lui. La sollevai e l'avvicinai lentamente all'orecchio.
«Pronto?», mormorai. Dall'altro capo sentii un
rumore strano, come una persona
che tratteneva all'improvviso il respiro.
«Pronto?», ripetei, cercando di rompere il
silenzio. Poi, veloce e potente come
un pugno nella pancia, udii la sua voce.
«Bella!». Mi irrigidii di colpo. Non era stata la
mia testa parlare, la voce
di... la sua voce non era uscita dal mio cervello,
né dai miei ricordi.
Edward era davvero dall'altro capo del telefono, e mi aveva parlato,
aveva
sussurrato il mio nome, con la voce intrisa di sollievo.
Rimasi muta, sbiancando completamente. Persi l'equilibrio.
«Bella, che succede?
Chi è al telefono?», chiese Jake allarmato,
cingendomi con le braccia per
sostenermi e sfilandomi la cornetta di mano.
«Pronto?», disse Jacob, stringendo il telefono
così forte da rischiare di
sbriciolarlo. Edward disse qualcosa che non compresi, e sentii Jake
tremare
dalla rabbia.
«Merda! Che diavolo vuoi, stupida sanguisuga?»,
ruggì Jacob digrignando i
denti. Il suo tono mi fece sobbalzare leggermente.
Edward parlò di nuovo, ma Jacob lo interruppe.
«Idiota», mormorò furioso. Lo sentii
di nuovo parlare dall'altro capo della cornetta.
«Hai sentito, no? Bella non è morta. Non lo
permetterei mai. Ora ci siamo noi a
difenderla», disse Jacob. Edward gli fece una domanda.
«Non sono affari tuoi, disgustosa sanguisuga», fu
la risposta brusca di Jake.
L'interlocutore parlò di nuovo.
Jacob spalancò gli occhi. «Assolutamente no! E'
fuori discussione, parassita!»,
ruggì il licantropo, senza lasciargli il tempo di finire la
frase. Edward alzò
la voce.
«Passamela», sembrò dire Edward. Aveva
alzato il tono di voce. Riuscii a
riacquistare un briciolo di lucidità. Alzai lo sguardo e
implorai Jake di
passarmelo.
«Passami Edward. Ti prego», sussurrai. Il
voltò di Jacob si increspò in
un'espressione addolorata, ma non fece una piega e mi passò
la cornetta, dopo
una breve esitazione.
Perché gli stavo facendo tutto questo?
«Sì?», mormorai con voce flebile,
inesistente. Jacob mi aveva abbracciata da
dietro e aveva nascosto la faccia nell'incavo della mia spalla, come un
bambino
che piange.
Mi sentii terribilmente in colpa. Doveva avere una paura terribile di
perdermi.
Temeva forse che, con quella telefonata, avessi potuto riallacciare i
miei
legami con Edward? Ma io non sentivo proprio nulla, nessuna sensazione,
nemmeno
un debole eco delle emozioni che mi scuotevano quando parlavo, toccavo,
pensavo
Edward. Provavo solo infinito dolore.
«Bella», ripeté Edward. «Mi
vuoi dire che sta succedendo? Quel ragazzo è stato
un po’ confusionario», disse, leggermente irritato.
Non trovai nemmeno la forza
di arrabbiarmi per aver schernito Jake in quel modo. Ero una scatola
vuota.
«Victoria», risposi con voce incolore, cercando di
sciogliere il nodo che mi
bloccava la gola. «Vuole uccidermi». Tremai
nell'udire le mie stesse parole.
Edward ringhiò. «Victoria? », chiese.
«Ma… perché?»,
esclamò, e sembrava
scioccato.
«Perché hai ucciso James. Stavano insieme. E
adesso si vuole vendicare
eliminando me. Compagna per compagno», mormorai, rendendomi
conto di quanto
fosse falsa quella situazione. Io non ero più la compagna di
Edward.
«Capisco», sussurrò, e dal suo tono di
voce sembrava amareggiato. «Mi dispiace
averti messo in tutto questo casino, Bella. Mi dispiace veramente, per
tutto».
Non dissi niente, rimanendo perfettamente immobile.
«Senti, Bella, chi è il ragazzo con cui ho parlato
prima?», domandò. Sembrava
volesse cambiare discorso. Colsi l’opportunità al
volo.
«Jacob». Il mio ragazzo,
aggiunsi mentalmente. Perchè non lo dicevo ad
alta voce?
«Ah», esclamò Edward, sorpreso.
«A cosa si riferiva quando diceva
"ci penseremo noi"?», continuò, spedito.
«Posso dirglielo?», chiesi con voce flebile a
Jake , che non parlò,
continuando a nascondere la testa sulla mia spalla.
Deglutii. «Jake è un licantropo. Il suo branco sta
dando la caccia a Victoria»,
dissi, tutto d'un fiato, mentre il dolore mi trascinava sempre
più giù.
«Branco? Licantropi?», esalò, scioccato.
«Accidenti», ringhiò, per ragioni a me
sconosciute.
«Perchè... Perchè mi hai
chiamata?»,mi sfuggì d’un fiato.
Trattenne il respiro, come poco prima. «Io... Alice ti ha
vista saltare dalla
scogliera, e ha pensato che ti volessi suicidare. Ho voluto...
chiamare, per
verificare».
«Edward», pronunciare il suo nome mi fece male,
molto male. «Non sentirti in
colpa ti prego», mormorai. Non doveva tormentarsi
così per me. Non più.
«Che intendi dire Bella?», chiese, sorpreso.
«Edward, tu mi hai lasciata. Ormai non devi più
sentirti in colpa per tutto
quello che mi succede. Smettila di sentirti responsabile. Ecco, se
fossi
annegata... Non avresti dovuto sentirti in colpa, affatto»,
dissi, decisa.
«Bella, credi che ti abbia chiamato perché mi
sentivo in colpa?», chiese, con
un tono di voce strano. «È così»,
affermai in un sussurro. Non era affatto una
domanda.
Lo sentii gemere. «Sì. È
così », asserì. La voragine nel mio
cuore si spalancò
di nuovo, completamente. Era come se mi risucchiasse l'intero
organismo. Mi
sentivo vuota. «Bella, scusa se ho infranto la mia promessa.
Avevo giurato che
non avresti più sentito parlare di me, che non avrei
più interferito con la tua
vita, invece...», disse, e la sua voce si perse in un oceano
di silenzio e di
freddezza. «Scusa». Riattaccò.
A quel punto crollai. Barcollante, feci qualche passo avanti per
sfilare le
braccia di Jake dalle mie spalle — non riuscivo a respirare
stretta nella sua
morsa bollente — e mi accasciai a terra, coprendomi il volto
con le mani.
Scoppiai a piangere, mentre il mio cuore stava per cedere sotto il peso
di
troppe emozioni, impossibili da sostenere tutte insieme. Turbinavano
così
confuse nel mio cuore che riuscivo a malapena a distinguerle. Stavo
soffrendo,
questo era certo, ma non riuscivo a trovare un senso a tutto quel
dolore. Perché?, continuavo a ripetermi, perché?
Improvvisamente, sentii la porta d’ingresso aprirsi e
richiudersi violentemente
subito dopo. Il mio viso riemerse dalle mani zuppe di lacrime e voltai
lentamente la testa alla mia destra: Jacob non c’era. Jacob
se n’era andato.
~ Angolodi
un’autrice lunatica
Sono lunatica, sì, azzo se lo sono! Ho cambiato di nuovo il
titolo a questa
storia, visto? Insomma, sono approdata ovunque con questo racconto
usando
sempre questo titolo e mi dispiaceva cambiarlo proprio sul sito dove il
mondo
l’ha conosciuto, perciò adesso è di
nuovo Eyes On Fire J
Passando ad
altro, questa volta ho aggiornato presto,
visto? E mi è venuto anche più lungo del solito:
sei pagine al posto di
quattro. Il fatto è che non mi andava di dividerlo di nuovo,
anche perché quel
che è successo qui doveva accadere ben due capitoli fa, ma
poi mi sono
prolungata ù_ù
Ah, mi è venuto in mente ora: è vero che volevo
farvi vedere il trailer di
questa storia, ricordate? Beh, la creatura è nata, anche se
è di qualità
davvero pessima, ma spero vi piaccia comunque ç_ç
Se avete un account You Tube, non mi dispiacerebbe se lasciaste un
commento o
votaste ^^ Anche se fa cchifo, lo so çAç
Ora, piccolo spazietto pubblicitario: ho scritto
un’altra WhatIf, sempre su Twilight, una
‘Edward/Bella’ (tra virgolette J) e non mi
dispiacerebbe se la
leggeste e mi diceste che ne pensate ^^ La suddetta cosa è And
so the lion.. Eats the lamb. So
che dal titolo può sembrare una parodia o cosa
simile, ma non è così, anzi…
°-°
Ripeto, mi farebbe piacere che ne pensate :3 Comunque
tranquille, era una robetta che avevo scritto per noia, e anche
se può essere intesa come una Edward/Bella, sappiate che non
ho intenzione di
scrivere altre storie su di loro ò_ò
Non esiste
proprio ù_ù
Babbè,
passiamo alle risposte alle recensioni:
lady
cat:
Guarda, come ti ho già detto il falò sono pronta
a farlo
in qualunque momento, basta che mi fai un fischio *-*
Certo che è una Bella/Jacob, ma la felicità
questi due piccioncini se la dovranno
proprio guadagnare… ammesso che rimarranno
‘piccioncini’... Ehm ^^”
Non dico ‘spero che questo capitolo ti sia
piaciuto’, ma preferisco un ‘spero
che frenerai l’impulso di uccidermi. Ricordati che se mi
elimini poi come
faccio a sistemare le cose? *occhioni dolci stile Gatto con gli stivali
di
Shrek*
Comunque, grazie per la recensione! Al prossimo aggiornamento, bacioni!
J
marpy:
Sìì, patatine e
birra *w* Portane a palate, cara! Ci sarà da divertirsi!
Okay, non
commento le tue
congetture per non dare troppo spoiler e confido nella tua buona anima,
chiedendoti di non uccidermi dopo quello che ho scritto in questo
capitolo ^^”
Insomma, non può sempre andare tutto rose e fiori, dopo un
po’ la storia
inizierebbe a diventare pallosa ed eccessivamente sdolcinata :D
Spero però, che tu abbia apprezzato lo stesso questo
capitolo e ti ringrazio
per la recensione ^^ Al prossimo aggiornamento, bacioni! J
Come al
solito, ringrazio
tutte le persone che hanno inserito questa storia tra i preferiti (ben 25
*-*) e quelli che invece l’hanno inserita tra le seguite (16
persone
*-*).
A questo punto, non mi rimane che dirvi: ci vediamo al prossimo
capitolo ^__^
Grazie ancora a tutti, anche a quelli che solamente leggono :3
Scattai
in piedi, barcollando, non appena realizzai che era stato Jacob a uscire.
Corsi verso la porta d’ingresso e la spalancai, ignorando bellamente il
bruciore al petto. Gettai un’occhiata veloce al cortile di casa mia e rimasi
impietrita quando, al centro dello spiazzo, trovai un mucchio di stoffa
strappata. Con la mente, ritornai indietro a quel giorno in cui avevo visto
Jake, per la prima volta, trasformarsi in lupo e i vestiti avevano fatto la
stessa fine. Presi le chiavi del pick-up, uscii di corsa infilandomi il
giaccone e, dopo aver raccattato quella montagnola di vestiti ridotti in pezzi,
saltai sul pick-up, meta La Push.
Cercai di ragionare a mente fredda – per quanto le mie facoltà intellettive me
lo permettessero in quel momento – : se Jake si era trasformato in lupo,
sicuramente in quello stesso istante stava correndo per i boschi, perciò mi era
impossibile raggiungerlo. Forse stava andando giù a First Beach, oppure a casa.
Se non l’avessi trovato in spiaggia, mi sarei piazzata davanti a casa sua e
avrei aspettato finchè non fosse tornato. Io dovevoassolutamente
vederlo e chiarire tutta la situazione. Facile pensarlo, ma come avrei potuto
fare se nemmeno io stavo capendo tutto ciò che stava succedendo – o quello che
era
appena accaduto nella cucina di casa mia?
Il modo in cui si erano improvvisamente incrinate le cose tra me e Jake mi
aveva lasciato stordita, confusa e col petto pulsante. Un secondo prima dello
squillo del telefono era tutto perfetto: mi ero appena chiarita con Jacob,
confessandogli tutte le pazzie che avevo commesso per l’altro, e lui, anche se si era arrabbiato, le aveva accettate,
perdonandomi.
E poi quella telefonata, che aveva mandato tutto in pezzi. Una parte di me,
quella irrazionale, tremava ancora al pensiero di aver avuto Edward così
vicino, anche solo per pochi istanti; la parte razionale, quella legata a
Jacob, mi fece sprofondare in un mare di senso di colpa, davanti alla reazione
di quella irrazionale.
Jacob, Jacob, Jacob.
Perché dovevo sempre fargli così male? Chissà come doveva essersi sentito,
mentre lo allontanavo da me per accasciarmi sul pavimento e struggermi per
Edward…
Mi sentii un vero mostro.
Dovevo smetterla di pensare a lui, per la mia sanità mentale e per il bene di
Jacob. Non potevo continuare a ferirlo così, dovevo dare un taglio netto al
passato. Ma, prima di tutto, dovevo scusarmi. Sempre se lui fosse stato
disposto ad ascoltarmi… Beh, dopo quello che gli avevo fatto, se mi avesse
voltato le spalle rifiutandosi di sentire quello che avevo da dirgli, l’avrei
capito. Forse sarebbe stato necessario dargli un po’ di tempo per calmarsi, ma
per quanto sarei riuscita a stare lontana da lui? Era inutile: ormai non potevo
più permettermi di stare lontana da lui. Persa nei miei pensieri, accostai
davanti alla casa dei Black senza nemmeno accorgermene e spensi il motore del
pick-up. Mentre mi apprestavo a scendere, posai involontariamente lo sguardo
sul cumulo di stoffa, che era ciò che rimaneva dei vestiti di Jake. Per un
attimo, mi chiesi se avessi dovuto restituirglieli, poi mi resi conto che non
era il momento di pensarci e saltai giù dal pick-up, correndo dritto verso la
veranda per non prendere troppa acqua, dato che stava iniziando a piovere.
Diedi due colpi secchi alla porta, mentre aspettavo trepidante che Billy mi
aprisse. Dopo nemmeno pochi secondi, che a me sembrarono un’eternità, agitata e
impaziente com’ero, mi sforzai di sciogliere il nodo che avevo in gola.
«Billy!», lo chiamai a voce alta, bussando di nuovo, «Billy apri, ti prego!
Sono Bella!». Poco dopo, la porta si aprì, mentre stavo – inconsciamente –
continuando a bussare, e ne spuntò Billy, con l’espressione tra lo sconcertato
e il perplesso.
«Ehi Bella, che ci fai qui? Cos’è succ–».
«Jacob è in casa?», domandai, interrompendolo. Ero stranamente sulle spine,
preda di una frenesia totalmente irrazionale. Mi sentivo come il protagonista
di un qualche cliché da film, che chiede indicazioni per il luogo in cui si
trova la persona più importante della sua vita. In ritardo, ovviamente, con la
sensazione che, per quanto veloce riuscisse a correre, non sarebbe mai, mai stato abbastanza.
«Beh, no… Veramente pensavo fosse venuto da te», rispose Billy, sempre più
confuso. Merda!, imprecai, ma tra me
e me: ero già stata abbastanza maleducata, anche se in quel momento seguire il
bon ton era l’ultimo dei miei obiettivi.
«Se torna, digli che sono alla spiaggia, per favore. Grazie, e scusami!»,
urlai, voltandomi di scatto e correndo verso la spiaggia. Presa dalla frenesia,
mi ero persino dimenticata di essere arrivata col pick-up – con il quale sarei
riuscita ad arrivare prima a destinazione –, ma in quel momento avevo soltanto
in mente una cosa: Jacob era alla spiaggia, lo sapevo, me lo sentivo dentro. E io dovevo raggiungerlo.
Accelerai l'andamento delle gambe, correndo a perdifiato tra il verde, con la
pioggia che mi scivolava addosso.
Arrivai alla spiaggia così in fretta che a malapena me ne resi conto, e la cosa
che mi sorprese di più fu che non ero inciampata nemmeno una volta. Mi guardai
intorno, togliendo i capelli bagnati che mi si erano incollati al viso,
ansiosa. Il respiro era accelerato in maniera davvero assurda, intorno a me
girava tutto e mi facevano male i polmoni; tuttavia presi a camminare,
nonostante il freddo, per raggiungere il nostro tronco. Se Jake era sceso a
First Beach, le probabilità di trovarlo lì sarebbero state piuttosto elevate.
Iniziai ad incespicare nella sabbia bagnata, mentre la pioggia continuava a
scendere, penetrandomi nelle ossa, facendomi tremare. Corsi per qualche
chilometro, mentre le onde, rabbiose, si abbattevano contro gli scogli e sulla
riva; il paesaggio richiamò alla mente le immagini di qualche giorno prima,
quando mi ero buttata dalla scogliera. Il freddo, il cielo nero, l’acqua gelida
e scura… E poi quella strana fiamma che divampava direttamente dalla
superficie, come se l’acqua stessa avesse preso fuoco. Un’immagine davvero
assurda. Poi, come un lampo, mi tornarono in mente le parole di Jacob: Si è rifugiata in acqua. Il suo
discorso, nella memoria, procedeva a sprazzi. Temevo mi precedesse a nuoto. E ancora, passi talmente tanto tempo sulla spiaggia…
Mi fermai improvvisamente, a pochi passi dal tronco bianco. Ecco cos’era quella
fiamma che avevo visto sul pelo dell’acqua… Non era fuoco, o il frutto di
un’allucinazione: era Victoria. Ci era davvero andata così vicino? A prendere
me? A prendere Jacob? Fui scossa
dalla nausea e le gambe mi cedettero, mentre cadevo sulle ginocchia tra la
sabbia umida, paralizzata dal terrore. Come se non mi sentissi già abbastanza
in colpa per ciò che aveva provocato la mia bravata, al mio cuore tormentato si
unì anche un senso di angoscia assurdo, scaturito dalla consapevolezza di aver
messo Jacob in pericolo. Della mia vita non mi importava molto, ma di quella di
Jake sì.
Mi rannicchiai contro il tronco – vuoto -, in posizione fetale, raccogliendo le
ginocchia contro il petto pulsante. Mi sembrò di essere tornata ai primi mesi
senza Edward, quando ero troppo debole per affrontare il dolore, e perciò
cercavo conforto nell’annebbiamento; e, a quanto pareva, ne avevo ancora
bisogno. Perché?, domandai a me
stessa, stanca.
Forse l’impazienza di raggiungere Jacob aveva sovrastato solo
temporaneamente la reazione del mio corpo a quel breve contatto che avevo
avuto… con… - mi costrinsi a pensare al suo nome -, Edward. Forse il dolore che
si era sprigionato nel mio subconscio era talmente immenso che il cervello –
stravolta com’ero – a mala pena se ne rendeva conto, e il mio corpo reagiva
senza che io riuscissi a fare nulla.
Mi sentii subito avvolgere dalla nebbia di un’incoscienza voluta: la testa
smise di pensare al freddo che mi stava facendo battere i denti, gli occhi
cominciarono a fissare il vuoto e le orecchie cessarono di ascoltare ciò che
c’era intorno a me.
Il tempo si fermò, e io rimasi lì, immobile. Mi risvegliai da quel torpore solo
quando qualcosa di caldo toccò la mia guancia. Avevo completamente perso il
senso del tempo, perciò rimasi stordita quando quel contatto fece scoppiare la
bolla di incoscienza nella quale mi ero isolata.
Sollevai lo sguardo, confusa, e riacquistai lucidità solo quando riconobbi il
viso di Jacob, in piedi davanti a me. Sembrava una montagna, forse perché ero
ancora raggomitolata, la testa contro il tronco.
Rimasi a fissarlo, con gli occhi che mi bruciavano ancora per il pianto,
studiando la sua espressione. Si teneva a distanza, e negli occhi gli leggevo
tormento, rabbia, dolore, freddezza. La sua bocca era una linea dritta e sottile,
inespressiva.
«Alzati, Bella», disse, asciutto.
«S-sì!», esclamai, mentre tentando di rimanere in equilibro mi alzavo. Avevo i
capelli zuppi d’acqua e pieni di sabbia, che mi si era incollata addosso
dappertutto, ma in quel momento non ci badai.
Appena fui sicura di riuscire a rimanere in piedi, feci qualche passo verso di
lui, a braccia leggermente aperte, come per volerlo accogliere in un mio
abbraccio ancora nascosto. Rimase impassibile, e i suoi occhi neri mi
intimidirono a tal punto che abbassai le braccia, mortificata. Mi stava bene,
me lo meritavo.
Lo sapevo, eppure non riuscii a frenare l’ennesima ondata di lacrime che mi
colpì assieme a un dolore così acuto che mi mozzò il fiato.
«Jacob», iniziai, in lacrime, «Jake, mi dispiace tanto. È stata… tutta colpa
mia. Se non mi fossi tuffata…», feci una pausa, e mi accorsi che la voce stava
iniziando a salire di tono, mentre il respiro accelerava. «se non fossi così
insana, così ossessionata da lui – mi presi la testa tra le mani – non ti avrei
mai fatto una cosa del genere. Ti prego Jake, perdonami, perdonami…», ansimai,
mentre crollavo. Prima che riuscissi ad accorgermene, le sue braccia calde mi
avvolsero, improvvise e ardenti. Mi strinse a sé con una forza tale che mi
sentii mancare il respiro, ma non me ne importava un bel niente. Anzi,
desideravo che mi stringesse ancora di più a lui. Non volevo lasciarlo andare.
«Che cosa facciamo, Bella?», sussurrò, triste. Non capii a cosa si riferisse, o
forse sì, ma non mi interessava saperlo. Decisi di rispondergli con l’unica
cosa che desideravo veramente in quel preciso istante, la più importante,
l’unica che in quel momento contasse davvero. Gli avrei risposto così anche se
mi avesse chiesto che ora fosse, com’era stata la mia giornata o come se la
passava Charlie.
«Voglio stare con te», singhiozzai, e sapevo di essere sincera.
Jacob si allontanò un poco da me, prendendomi il viso tra le mani e
accarezzandomi dolcemente le guance. Mi guardò negli occhi, sorridendo triste.
Poggiò la fronte alla mia, dopo avermela baciata.
«Lo so Bells. Anche io. Sei la cosa più importante per me, non dimenticarlo
mai», mormorò.
Poi alzò il mio viso verso il suo e mi baciò, tenero, quasi con eccessiva
prudenza. Forse non si era del tutto calmato e si stava sforzando di mantenere
il controllo, perciò cominciai ad accarezzargli il viso, per tranquillizzarlo.
Non mi avrebbe fatto del male, lo sapevo. Ero io quella che continuava
incessantemente a ferirlo.
«Mai», dissi, senza smettere di piangere. «Perdonami, Jake».
«Sssh», soffiò, e mi zittì con un altro bacio, prima di abbracciarmi di nuovo,
nascondendomi nel suo abbraccio.
Rimanemmo lì, stretti, per non so quanto tempo, mentre il sole, alto sul mare,
si faceva spazio tra la coltre spessa di nubi, incendiandole, illuminando tutto
il resto.
Ancora una volta.
Note dell’autrice: Ennesimo ritardo.
Lo so. Ma in mia discolpa posso dire che, per l’ennesima volta, la mancanza di
ispirazione e il piccì che va a farsi friggere da un black out hanno cospirato
contro di me, facendo comunella e facendomi tardare con l’aggiornamento. Non
sapete quanto mi dispiace! T.T
Però sono qui, e sono così felice di essere tornata ** Scrivere mi è mancato
così tanto in questa settimana di agonia, che mentre il tecnico rimetteva
questo idiota di un computer al suo posto facevo i salti di gioia!
Mi sono subito rimessa a scrivere, perché volevo postare il nuovo capitolo il
più presto possibile, e ce l’ho fatta! Ci ho messo davvero pochissimo, pensate
che l’ho sistemato in meno di un’ora ** Non mi soddisfa pienamente, però…
Diciamo che non è quello venuto peggio XD Spero °__°
A proposito, una delle mie pare mentali: ho ricevuto sempre molti complimenti
dalle mie fedeli recensitrici e da altre fan della Jacob/Bella, tutte dicono
che è bellissima e che sono bravissima (se, come no xD) a scrivere, e tutto ciò
mi pare un po’ strano! Nulla e nessuno è perfetto, quindi so che nemmeno questa
storia lo è, e se avete qualche critica da fare o qualche consiglio da darmi vi
prego, fatelo! Ovviamente nei limiti della civiltà, ho un cuoricino sensibile
io u_ù
No, davvero, ci tengo :D
Bando alle ciance, rispondiamo alle recensioni!
marpy: Sono qui cara, pronta a sottopormi a qualsiasi punizione ritieni giusta
per punirmi per questo ritardo (_ _) *inchin* Prima di lasciarci andare a
punizioni corporali, lasciati dire un GRAZIE per le parole gentili che mi
regali sempre :°) Spero che questo capitolo non ti abbia deluso ^__^ Alla prossima!
Bacioni <3
Ps: Bella è sempre esagerata nelle reazioni quando si tratta del calippo, vero?
Boooof -.-‘’
_Starlight_: Ecco
la mia topina paVmigiana preferita XD Tralasciando il travagliato incontro
strabordante di gaffes che abbiamo avuto, non posso che dirti grazie per la
recensione che mi hai lasciato! Sono stata io a rimanere così *_* o così O.O
per tutto il tempo, cavolo! Adoro le recensioni lunghissime e sclerate, e
soprattutto quelle piene di complimenti come la tua, anche se immeritati XD E
certo che ti puoi unire al falò Edwardoso, altrochè u_ù
Non scordarti il parmigiano reggiano, però XD
Un bàciònè, e alla prossima <3 *viva le e
aperte XD*
laverde:Sì, ma speriamo che
Bella non vaneggi troppo, se no è finita! o_o Quella tonnazza è davvero brava a
far soffrire il nostro Jake, visto? Ma non preoccuparti, prima o poi si
sistemerà tutto… Spero ^^”
Grazie mille per la recensione, spero che questo capitolo ti sia piaciuto J
Un bacione, alla prossima <3
drakina94: Edward
è sempre pronto a mettersi in mezzo e a rovinare tutto, ma Jake troverà il modo
di vendicarsi, muahaha >:3 Cioè, non proprio Jake… Sto dicendo troppo!
Sei perspicace ragazza, complimenti! Hai notato il fatto del sole, né? XD
Comunque, non è necessariamente una sequenza che rappresenta il possibile
finale, magari si riferisce al suo periodo con Jake… Forse sì, forse no XD
A conti fatti, cioè alla fine della storia, sarà tutto più chiaro! ;)
Grazie per la recensione! Un bacione e alla prossima <3
Ringrazio le 28 persone che l’hanno inserita tra i preferiti e le 18
alle seguite. GRAZIE DI CUORE A TUTTI! *__*
«Bella»,
mormorò Jacob, mentre ero ancora stretta nel suo caldo
abbraccio,
«sei fradicia. Forse è meglio se torniamo a
casa».
Non risposi, limitandomi a tenere il viso ancora affondato nel suo
petto.
Lui sondò la mia testardaggine, e sospirò.
«Okay, dato che
non vuoi collaborare, sarò costretto a riportarti indietro
di
peso», disse e, senza darmi il tempo di acconsentire o
semplicemente dire
qualcosa, mi prese da sotto le ginocchia e mi sollevò. Per
scaldarmi, mi
strinse forte al suo petto, coprendomi parzialmente con la giacca a
vento che
stava indossando.
Non mossi protesta, anche perché non ne avrei avuta la
forza:
improvvisamente, mi sentii stanchissima, e fui travolta da un piacevole
torpore, che rendeva ogni suono o movimento ovattati.
Infatti, mi accorsi appena che Jacob aveva iniziato a muoversi, anche
se
probabilmente stava correndo verso casa sua per non farmi prendere
freddo.
Rimasi inerme tra le sue braccia, muta, per tutto il tragitto.
Quando sentii una porta aprirsi e la serratura cigolare, pensai, pigra,
che
forse eravamo già arrivati a casa sua. Mi sistemò
sul divano,
vicino al termosifone bollente, e quel calore mi fece rinsavire appena.
Focalizzai bene il suo viso, cercando di riacquistare
lucidità: aveva i
capelli bagnati, incollati al viso, e mi sorrideva, dolce.
Si era seduto per terra, di fronte a me, e aveva preso a giocare con i
miei
capelli, ancora zeppi d’acqua.
«È meglio se ti dai un’asciugata, Bella.
Stai
tremando», constatò, assorto nel mio sguardo.
Tremavo? Non me
n’ero accorta. «Vuoi cambiarti?».
«Sì», sussurrai, posandogli una mano sul
viso. Lo attirai a
me per baciarlo.
Mi
restituì il bacio, ma poco dopo si staccò e si
mise in piedi, aiutandomi ad alzarmi. Lo fissai,
contrariata.
Capì al volo. «Bells, non guardarmi
così. Non voglio che tu
ti ammali, tutto qui. Quando ti sarai messa addosso qualcosa di
asciutto,
potremo continuare questo discorso», assicurò lui,
prendendomi per
mano e conducendomi in camera sua. Come qualche giorno prima, decise di
prestarmi una delle vecchie tute delle gemelle, e, una volta
passatamene una
– che accettai di buon grado: stavo morendo dal freddo
–,
uscì dalla stanza per lasciar che mi cambiassi.
Me la infilai in fretta, prendendo in mano i miei vestiti, e uscii
dalla
stanzetta. Una volta in salotto, trovai Jacob seduto sul divano: si
stava
asciugando i capelli, sfregandoseli con un asciugamano.
Improvvisamente, ebbi
una strana visione di lui trasformato in lupo, tutto bagnato, che
scuoteva il
pelo per levarsi l’acqua di dosso. Non riuscii a trattenere
una risata, e
lui si voltò verso di me.
«Che hai da ridere, Bells?», domandò
lui, arricciando le
labbra.
Era
troppo carino con i capelli arruffati. Risi di nuovo.
«Niente, niente», risposi, scuotendo la testa e
andando a sedermi
accanto a lui. Vidi che aveva tirato fuori una coperta quando me la
sistemò sulle spalle e mi strinse contro il suo petto caldo.
In poco
tempo, tutto il freddo che si era accumulato nel mio colpo si dissolse,
lasciando spazio ad una sensazione di piacevole calore.
Jacob non disse nulla, mi abbracciava e basta, e il silenziò
calò
improvvisamente. Con la coda dell’occhio, scrutai il suo
viso: fissava il
vuoto davanti a sé, meditabondo, ma aveva
un’espressione serena.
Chissà a cosa stava pensando…
Mentre seguitavo a fissarlo – attenta a non farmi vedere
–,
cominciai a ripescare ricordi miei e di Jacob. Dai nostri primissimi
mesi di
amicizia fino a quando si era trasformato; quando la nostra separazione
aveva
scatenato un dolore insopportabile, e quando poi ci eravamo
riavvicinati. Fino
a quell’istante stesso che stavo vivendo.
Il cuore iniziò a battere forte, e inizialmente non riuscii
a capire il
perché. Pensavo spesso a noi due, a quello che avevamo
passato e a
ciò che stavamo vivendo, ma non mi era mai successa una cosa
del
genere… Niente stomaco in subbuglio, niente cuore galoppante.
Poi, sentii uno strano formicolio alla bocca dello stomaco, che mi
risalì fino alla gola e mi mosse la lingua, come se stessi
per dire
qualche cosa.
Nello stesso istante, il mio cervello produsse un pensiero che mai,
prima di
quel momento, avevo considerato. Una cosa che per mesi ero stata
incapace di
pensare, ma che in quel momento avrei voluto dire ad alta voce.
Il mio cuore
prese il volo.
Jacob,
ti amo.
Nel momento
esatto in cui quel pensiero, quelle parole
mute vennero a galla, mi sentii raggelare e mi irrigidii dalla
sorpresa. Ti
amo… Non l’avevo più detto a
nessuno, anche
perché ero scettica sul fatto che avrei potuto amare ancora
qualcuno di
quell’amore che avevo sempre e solo provato per lui.
Eppure, l’avevo fatto. L’avevo detto, in un certo
senso. A Jacob.
Jacob, il mio migliore amico, il mio ragazzo, il mio Sole, il mio porto
sicuro…
Già, il mio porto sicuro. Non riuscivo a stare senza di lui,
mi era
impossibile anche solo pensarla una cosa del genere. Ma era davvero
soltanto
per quello che continuavo a volerlo vicino a me? I miei sentimenti si
fermavano
davvero a quel punto? Non avevo mai provato niente di simile, era un
sentimento
che non avevo mai sperimentato prima. Non poteva essere
amore…
Eravamo entrambi consapevoli del fatto che ciò che provavo
per lui non
era paragonabile a ciò che provavo per l’altro. Ma
se non fosse
stato paragonabile proprio perché era qualcosa di totalmente
diverso? E
ugualmente forte? Dopotutto, avevo pensato ti amo,
non ti voglio bene.
La differenza era abissale.
Per una frazione di secondo, avevo desiderato dirgli quelle due
paroline con
tutta me stessa, era stato un desiderio bruciante che mi aveva
sopraffatto per
un istante breve ma infinito.
Una parte di me mi stava spingendo a vuotare il sacco, mentre
l’altra
parte di me la considerava una cosa totalmente sbagliata.
«Jake», lo chiamai senza pensarci e me ne pentii
all’istante.
Cosa gli avrei detto?
«Sì?», rispose, voltando il viso verso
il mio. Piantò
i suoi occhi neri nei miei e attese. Ti amo. Quel pensiero mi riempì
improvvisamente la testa, ma non
riuscii ad emettere nemmeno il suono più insignificante. Era
come se le
parole mi morissero in gola, e allo stesso tempo lottassero per uscire
dalle
mie labbra.
«I-io…», fu il mio rovinoso inizio.
«Io…».
Niente da fare, non ci riuscivo. Mi limitai a fissarlo negli occhi, in
silenzio. Lui iniziò a studiare la mia espressione,
concentrato,
cercando di leggermi dentro. Dopo un poco sorrise, socchiudendo gli
occhi e
inclinando leggermente di lato la testa. Mi posò una mano
sul viso,
avvicinandosi con le labbra alle mie. Prima di annullare la distanza,
mormorò qualcosa in una lingua strana, probabilmente
Quileute.
«Kwop kilawtley». «Cosa?»,
sussurrai, col fiato corto.
«Ti amo», rispose, facendo spallucce, e
appoggiò le labbra
calde sulle mie.
Mi sentii sciogliere. Anche io, Jake. Ti amo anche io. Quelle parole che
rimbombavano nel mio
cuore e mi vibravano in tutto il corpo assieme al calore che mi stava
trasmettendo Jacob mi provocavano un dolore insopportabile,
perché non
riuscivo ad esternarle. Una lacrima, silenziosa come quella
dichiarazione muta,
scivolò dalla mia guancia, bagnando le nostre mani
intrecciate.
Ad un certo punto, quel bacio crebbe d’intensità,
e io mi ritrovai
stesa sul divano, il corpo enorme e caldo di Jake sopra il mio. Le sue
labbra,
che continuavano a cercare le mie con smania crescente, scesero sul
collo,
mentre le sue mani erano affondate tra i miei capelli. Strinsi le
braccia
attorno alle sue spalle, mentre il respiro cominciava a mancarmi.
Rabbrividii
quando sollevò un lembo della mia maglia, toccando la mia
pelle nuda.
Sulle prime lo lasciai fare, ma quando iniziò a tirarmi su
la felpa,
meccanicamente lo bloccai, stingendo il polso della sua mano bollente.
«Jake», sussurrai imbarazzata, con un filo di voce.
Lui capì
all’istante e si allontanò da me, sul viso
un’espressione di
scuse. Guardò altrove, imbarazzato, stringendo
però la mia mano
nella sua.
«Scusami, Bells. Non so che mi è preso».
Sorrisi, per nascondere il disagio. «Non fa niente,
tranquillo». È
solo colpa mia, pensai.
«È che a volte mi sembra ancora di perdere il
controllo»,
ammise, un lampo di dolore negli occhi. «Probabilmente
– mi
sorrise, mesto – anche il mio lato animale ti
desidera»,
sospirò.
Sorrisi, sfiorandogli una guancia. «Io Cappuccetto Rosso, tu
Lupo
Cattivo», sussurrai, scherzando. Lui rise,
trattenendo la mia mano
e stringendosela contro il viso. Rimanemmo in silenzio, a fissarci a
vicenda,
mentre le farfalle che avevo nello stomaco cominciavano a fare strane
giravolte. Gli occhi di Jake mi ipnotizzavano, non trovavo la forza di
staccare
lo sguardo da quei pozzi scuri, mentre altri ricordi di noi due
continuavano a
vorticarmi nella mente.
Dopo minuti interminabili di silenzio, vidi uno scintillio negli occhi
di Jake,
come si fosse ricordato qualcosa. Sorrise, poi disse:
«Aspettami
qui». Si alzò di scatto e sparì nella
sua stanza,
lasciandomi perplessa sul divano. Ritornò poco dopo,
sorridente, con un
braccio dietro alla schiena, come per nascondermi qualcosa. Quando in
me si
fece strada la consapevolezza che, probabilmente, ciò che
celava dietro
la schiena era un regalo, il mio volto si piegò in
un’espressione
terrorizzata.
«No!», esclamai, e Jacob
fermò la sua avanzata,
fissandomi basito.
«Che c’è, Bells?»,
domandò, squadrando la mia
espressione.
«Penso di sapere cosa stai pensando di fare… Beh,
scordatelo!
Niente regali! A maggior ragione dopo quello che ti ho fatto
oggi»,
dissi, mentre sentivo la mia voce spezzarsi sulle ultime parole.
Lui strinse le labbra, aggrottando le sopracciglia. «Oh, per
favore
Bella. Non dire stupidaggini. Sono il tuo ragazzo, e in quanto tale ho
il
diritto di farti dei regali», disse, sedendosi sul divano.
«Non è il mio compleanno», ribattei,
guardandolo acida.
«In
effetti hai ragione... Allora facciamo
così: questo è regalo di compleanno che non ti ho
fatto mesi fa,
va bene?», cercò di negoziare, alzando gli occhi
al cielo.
«Mi sembrava che avessimo deciso che erano le moto il nostro
regalo».
«Non sono un regalo molto sicuro, per te. Con questo non
rischi di
morire, se non altro. Anzi, potrà pure esserti
utile», disse, e
levò lentamente il braccio da dietro la schiena, per pormi
l’oggetto che teneva nel palmo della sua mano destra. Era un
cerchio di
paglia ramata intrecciata, al centro fili di pelle si incrociavano come
in una
ragnatela. Alle due estremità più esterne
pendevano delle piume,
mentre al centro un lungo laccio teneva sospeso un lupo intagliato nel
legno.
Era rossiccio, come il manto di Jacob quando si trasformava.
«Ma questo…».
«È un acchiappasogni. Hai presente, no? Se lo
appendi sopra il tuo
letto gli incubi rimarranno impigliati
nell’intreccio», disse,
mentre io me lo rigiravo tra le mani, sfiorando il piccolo lupo.
«Ho
pensato che ti sarebbe servito… per quando non ci
sarò io»,
disse, cupo, e capii che si riferiva alle notti nelle quali avrebbe
dovuto dare
la caccia a Victoria. Sul suo viso c’era un’ombra,
ma ero sicura
che non si trattasse di paura per la sua sorte, quanto del fastidio che
provava
quando non poteva starmi accanto mentre dormivo. Non seppi che dire.
«Non ti piace?», domandò, dopo una breve
pausa. Continuavo a
fissare l’oggettino che tenevo in mano, perciò
capii solo dal suo
tono di voce che era preoccupato. Stupido.
«È bellissimo, Jake. Io non so davvero come
ringraziarti»,
mormorai, mentre le lacrime iniziavano a salire e sentivo la gola
gonfia.
«Ehi, Bells!», esclamò, scuotendomi
leggermente.
«Perché piangi?».
Mi gettai letteralmente tra le sue braccia, allacciandomi al suo collo.
«Perché mi sento uno schifo, Jake! Continuo a
ferirti e basta,
mentre tu continui a darmi più di quanto io
meriti», singhiozzai,
aumentando la stretta delle braccia, mentre provavo a soffocare il
dolore.
«Bells, ma cosa dici…»,
sussurrò, a voce bassa. Poi
però sentii le sue braccia stringersi attorno al mio corpo,
e lui
affondò il volto nell’incavo della mia spalla.
«Farti sorridere, starti vicino, curare le tue
ferite… È
ciò per cui sono nato, Bells», mormorò,
con la voce calda e
rauca, al mio orecchio. Sembrava che stesse per piangere. «So
che
può sembrare strano, ma è ciò che
sento. Come se io esistessi
solo per provare a farti felice. Me ne rendo conto solo ora».
Le sue
parole, così dolci, così sincere, non fecero che
aumentare la
crisi di pianto che mi aveva travolta, e mi strinsi a lui
più che potei.
Si scostò da me e mi prese il volto tra le mani,
asciugandomi le guance
con i pollici. «E vederti piangere mi uccide.
Perciò smettila di
preoccuparti e piantala di sparare tutte queste cazzate»,
aggiunse, con
una smorfia di dolore sul volto. Annuii, cercando di controllare il
respiro.
Provai a sorridere, e di nuovo mi colpii il forte desiderio di digli
che lo amavo.
Ma, incapace di dire ciò che volevo dire, mi limitai ad
abbracciarlo, e
gli mormorai un «grazie» all’orecchio. Ad
un certo punto, il
brontolio dello stomaco di Jake ruppe il silenzio, e io scoppiai a
ridere.
«Merda», sibilò a denti stretti, dandosi
un leggero colpo
sulla pancia.
«Povero cucciolo», esclamai, divertita,
«Non ti do abbastanza
da mangiare».
Gli sfiorai
una guancia dandogli un bacio a fior di
labbra, poi mi alzai dal divano, avviandomi verso il
cucinotto.
Jacob si
alzò e incrociò le braccia al
petto. «Cosa vedo, vuoi cucinare per me?», disse,
sogghignando.
«Se nella tua dispensa non ritrovo il deserto del
Sahara!». Risi.
«Cosa ti va di mangiare?».
Alla fine optammo per una bella teglia di pasta al forno, della quale
Jake fece
fuori una buona parte, rinnovandomi i complimenti per la mia cucina.
Aggiunse altri
due anni, facendomi avvicinare alla sua
mezza età.
«Accidenti, da quando non facevamo più questo
stupido giochetto? Secoli?»,
disse Jake, ridendo, mentre sparecchiavamo la tavola.
Risi a mia volta. «Ammettilo che ti mancava farmi sentire
vecchia».
Lui fece una smorfia. «Mancava? Starai scherzando, spero!
Questa sfida la
vince chi è più vecchio, e non è stato
saggio da parte mia
regalarti due punti, ora che ci penso. Ti ho avvantaggiata».
«Tragedia!», esclamai in modo teatrale, e intanto
iniziai a lavare
i piatti.
«A parte gli scherzi… Non so, mi ha fatto piacere
giocarci di
nuovo. Mi ha ricordato i bei vecchi tempi, quando ero ancora umano.
Quando era
tutto più facile…». Lo sentii
sospirare, malinconico.
Già, era vero. Era passato tanto tempo da l’ultima
volta che avevamo
giocato al nostro gioco, e in un certo senso mi era mancato. Mi
ricordava quel
contesto di semplicità, di affetto e di calore, e di un
legame che stava
nascendo… Provavo una leggera nostalgia, e avvertii un tuffo
al cuore.
«Ehi Jake, tutto bene?», gli chiesi, quando notai
come guardava
assorto fuori dalla finestra.
«Sì, tutto bene», assicurò,
sorridendomi, e venne
verso di me, abbracciandomi da dietro mentre svuotavo il lavandino.
«Ti manca molto quel periodo?», dissi, sprofondando
con la nuca
contro il suo petto.
«Sì, un po’ mi manca. Però
non tornerei mai indietro,
se devo perdere quello che ho ora – mi baciò i
capelli – Sono
felice così, come sto adesso». Chiusi gli occhi,
e, sorridendo, mi
sfuggì un sospiro. Avevo capito benissimo quello che
intendeva: non
sarebbe mai tornato indietro a quel periodo, perché in quel
periodo non
poteva avermi. Invece ora c’ero. Mi aveva, ero sua. E se
diceva di essere
felice, non potevo pentirmi della scelta che avevo fatto, quella scelta
che all’inizio
reputavo persino sbagliata. Mi rincuorava il fatto che, in qualche
modo, l’avevo
ripagato di tutto ciò che lui aveva dato a me. Almeno in
parte.
E, mi resi conto solo in quel momento, anche io ero felice della scelta
che
avevo fatto.
Non sarebbe
stato facile dimenticare Edward, e
probabilmente non ci sarei mai riuscita, ma potevo comunque vivere una
vita
serena se Jacob fosse rimasto al mio fianco. Ma contavo troppo su di
lui, anche
io dovevo impegnarmi, aiutarlo ad aiutarmi: basta allucinazioni,
ricerca del
pericolo, cose insensate o stupide.
Da quel momento, avrei mantenuto la promessa che avevo fatto a Edward e
sarei
guarita, per me, per Jacob.
Per la mia
felicità. Per la nostra
felicità.
Note dell’autrice. Okay, ringraziate New Moon per questo aggiornamento in tempo
record *__*
(per i miei standard, ovvio u_u)
Sono andata a vederlo ieri sera, e stamattina, già in crisi
d’astinenza
da Jacob-lupi-JacobBella me lo sono scaricato ed è tutto il
giorno che
lo guardo. Bellissimo, lo amooooooo <3
Però la fine mi ha fatto incazzare così tanto che
la mia reazione
è stata… questo capitolo. Proprio così
XD Sentendo tutte le
cazzate che ha detto Bella, mi è venuta voglia di farle dire
cose
più intelligenti… :3
Piccolo appunto: allora, presente le pare mentali che si fa Bella a
inizio capitolo?
Ecco, in quel momento sta cominciando a capire quanto sia realmente
innamorata
di Jacob, solo che la parte di lei che appartiene ancora ad Edward non
le
permette di prenderne pienamente coscienza, e quindi le 'vieta' anche
di
confessare i suoi veri sentimenti a Jacob.
Però, quello che nutre Bella per Edward sono ossessione e
dipendenza,
sentimenti che lei scambia per amore vero. Nella mia storia, Bella
è
innamorata di Jacob, ma per lui prova amore sano, quello che
normalmente
proverebbero due persone che stanno insieme (infatti è per
questo che
non lo capisce, dato che non l’ha mai provato). Ma
l'ossessione che ha
per Edward la rende cieca, e ci vorrà un bel po' per farla
guarire -_-'''
Fine appunto XD
Vi è piaciuta l’idea
dell’acchiappasogni? E quella del ‘ti
amo’ in lingua Quileute (Kukli
laule)?? *_* Tuuuutto
merito
del film, che mi ha ispirata un casino XD Mi sa che lo usero come
antidoto per
eventuali cali d’ispirazione futuri *_*
Devo dire che sono molto soddisfatta di questo capitolo,
perciò spero
che piacerà anche a voi!
E mi aspetto più recensioni stavolta, non due come quelle
dello scorso
capitolo, okay? u_u
Nooo davvero, mi farebbe piacere sentire che ne pensate, del capitolo
ma anche
del film!
Quindi, RECENSITE! XD
Un grazie immenso a marpy e mattiuzza che hanno recensito lo scorso
capitolo: scusate se non vi rispondo, ma è tardi e sono
stanchissima T_T
Al prossimo rispondo, giuro!
Grazie anche ai 31 che hanno
inserito questa storia ai preferiti e alle 23
persone che l’hanno aggiunta alle seguite. Spero che
l’apprezziate,
misteriosi lettori! XD
Ora tolgo il disturbo u_u
Buona notte e alla prossima!
Un mondo di baci e abbracci,
Bea <3
«Jake»,proferii,
sollevando il viso verso il suo. «Perché non mi
racconti qualcosa di più sui
licantropi?».
Eravamo appena usciti da casa Black, appena dopo l’ora di
pranzo, per
fare una passeggiata sulla spiaggia, quando Jake aveva insistito per
sederci un
po’ sul nostro tronco. E così mi ero ritrovata
accoccolata al suo petto,
al caldo tra le sue braccia, con la gamba destra stesa sul tronco e
quella
sinistra che penzolava.
Arricciò le labbra: non sembrava molto contento di
rispondere. «Perché?».
Spostai lo sguardo verso l’orizzonte. Quella domanda che gli
avevo fatto
non era uscita così dal nulla, era da un po’ che
volevo saperne di più
sui licantropi, più di qualche informazione accennata tempo
indietro, per caso.
Ma anche per un altro motivo.
«Beh, sostanzialmente per farti capire un paio di
cosette… Primo, che non
mi interessa se ti trasformi in un enorme cane mutante, e secondo, che
voglio
conoscere anche l’altra parte di te», risposi,
guardandolo in viso e
sorridendogli.
Lui sbuffò. Sembrava a disagio, imbarazzato.«Uffa
Bells, è proprio
necessario?».
«Perché ti da tanto fastidio parlarne?»,
esclamai, ignorando la sua domanda. Mi
scostai dal suo petto, mettendomi a sedere per guardarlo bene in faccia.
«Perché non sono ancora riuscito ad accettare
l’idea di trasformarmi in
un mostro», mormorò, a bassa voce.
«Vorrei essere un semplice umano, senza aver
sempre la paura costante di perdere il controllo. Soprattutto con te.
Non
voglio farti del male».
Gli accarezzai una guancia: era la prima volta che vedevo Jacob Black
così
insicuro di sé. Mi fece tenerezza. «Jake, io mi
fido di te, quante volte te lo
devo ripetere?! Tu non mi faresti mai del male, lo so!»,
esclamai.
«Ma stamattina… Quando Cullen ha
chiamato», proferì, in un sussurro
strozzato: sembrava che le parole gli morissero in gola.
Deglutì e fece un
respiro profondo, lo sguardo piantato verso il basso. Come se si
vergognasse di
ciò che stava per dire. «Sono scappato via
perché ero sul punto di perdere il
controllo. Ti avrei fatto a pezzi la cucina – ebbe un fremito
–
… O peggio, avrei potuto fare a pezzi te! Ero
così furioso, così
posseduto dalla rabbia che...».
«Non mi importa», dissi, prendendogli le mani tra
le mie e fissandolo negli
occhi. «Non mi interessa, Jake. È stata tutta
colpa mia, quindi ora smettila!»,
lo rimproverai, ma allungai le braccia e posai le mani sulle sue guance
calde.
Lui non disse niente, ma continuò a tenere il muso e si mise
a mugugnare
qualcosa. Tra i borbottii, percepii un chiaro «mostro».
Sbuffai sonoramente, alzando gli occhi al cielo. «Jake, quel
terribile mostro
che si cela dentro di te sta salvando la vita a tutti noi!
Perciò adesso
piantala, sul serio! Ma non ti rendi conto che è grazie a te
e agli altri,
all’altra parte di voi se sono ancora viva?!».
Accidenti, da quando era diventato così duro di
comprendonio? Mi faceva
arrabbiare il modo in cui si odiava, il modo in cui odiava il suo
essere
licantropo. Jacob era meraviglioso, non era un mostro.
La sua espressione si rilassò un poco; si tolse le mie mani
dal viso e mi
attirò verso di sé, abbracciandomi. Lo sentii
chiaramente mentre inspirava
l’odore dei miei capelli. Lasciai che mi cullasse.
«Grazie
Bells», mormorò, e sentii le sue labbra
– che aveva posato contro la mia
fronte – aprirsi in un piccolo sorriso.
«Sai, in teoria sarebbe
meglio se non ci vedessimo più, per la tua
sicurezza». A quel pensiero, mi
mancò l’aria e sentii un freddo improvviso.
«Però»,
aggiunse subito, quando iniziai ad agitarmi tra le sue braccia,
«non riuscirei
a starti lontano. È sbagliato, lo so, ma sono…
felice che tu abbia
accettato di stare con me, nonostante tutto».
«Jacob, tu lo sai che non mi importa in cosa ti trasformi, te
l’ho già
detto. Non troverei la forza di starti lontana, anche se in
realtà fossi un
mostro a due teste e sei braccia!», esclamai, la voce
attutita dal suo petto.
Rise, e iniziò ad accarezzarmi i capelli. «Certo,
certo. Ho afferrato il senso.
Che volevi sapere?», domandò.
«Uhm…
Di cosa vi nutrite? Quando siete lupi, intendo», chiesi, un
po’
titubante.
«Selvaggina, tipo cervi o simili», disse, alzando
le spalle. Rimasi in
silenzio, rimuginando. Dopotutto, i licantropi non erano del tutto
diversi dai
vampiri. Dai Cullen, almeno. Ma preferii non dire nulla:
chissà come avrebbe
reagito Jake, a sentirsi paragonato ai Cullen. «E sai
perché voi licantropi siete
più caldi degli umani?». «Veramente no. Forse
perché siamo spiriti muy calienti?»,
rispose con un ghigno, lanciandomi un’occhiata maliziosa. Scoppiai a ridere. Che scemo! «Jake,
dico sul serio!», rantolai
tra le risate. «Sinceramente non lo so. Ma se
giudichi bollente la mia pelle
quando sono così, da umano… Non so che penseresti
se sentissi il fuoco
che mi esplode dentro quando mi trasformo», disse, ed ebbe un
fremito. «Wow», esclamai,
sinceramente meravigliata. «Hai qualche altra
stranezza da raccontare, riguardo i licantropi?», chiesi
così, tanto per. Avevo
finito le domande.
Non mi
parve subito molto felice di rispondere, perché fece una
smorfia strana; ma poi
tornò a sorridere.
«Beh, abbiamo molte stranezze, come hai visto. Una di queste
è che non
invecchiamo», rispose, come se fosse la cosa più
normale del mondo.
Mi sentii gelare. Come? Come? Avevo capito bene? Dovevo avere una faccia davvero sconvolta,
perché mi chiese: «Ehi
Bella, che ti prende? Stai bene?». «Cosa vuoi dire? Sei…
Immortale?», risposi, a voce incolore.
No, non era possibile. Ero l’unica che ogni giorno che
passava si
avvicinava sempre di più alla morte? Ero l’unica
che stava invecchiando? «Jake!», strillai,
scrollandomelo di dosso «TU SEI IMMORTALE?!»,
gridai ancora, isterica, scattando in piedi di fronte a lui e
allargando le
braccia. Si alzò in piedi, allarmato, e mi
posò le mani sulle spalle,
tentando di calmarmi. Mi guardava con un’espressione stranita. «Bella, che hai?
Calmati!», disse, sconcertato. «Non sono
immortale nel vero senso della parola. Nonostante sappia guarire anche
dalle
ferite più gravi, ci sarebbero diversi modi per
uccidermi», spiegò. Parlava
lentamente, rassicurante, come se stesse insegnando quelle cose ad un
bambino
capriccioso. «Semplicemente, non invecchio».
Smisi improvvisamente di agitarmi, e nello stesso istante mi resi conto
di
quanto mi stessi comportando da stupida. Ma capii subito anche il
motivo che mi
aveva spinto a reagire in quel modo: la consapevolezza che Jacob poteva
vivere
per sempre e io no. Dovevo accontentarmi di stare assieme al mio sole
soltanto
per la durata della mia vita umana, mentre lui sarebbe rimasto in vita
anche
dopo la mia morte. Quella situazione mi risultò
mostruosamente familiare, già
vissuta. Peccato che, questa volta, non c’erano vie di mezzo,
scappatoie
per mettermi sul suo stesso piano. Peccato che non esistesse il modo di
trasformarmi in un licantropo.
Tornai a sedermi sul tronco, avvilita. Lui lo notò.
«Bella, piccola», mi disse
abbracciandomi da dietro e facendomi poggiare la schiena sul suo petto.
«Perché
hai reagito così?».
«Scusa», bofonchiai, rossa di vergogna fino alla
radice dei capelli. «Solo che
l’argomento “età”…
insomma, sono sensibile su quella
questione», tentai di giustificarmi.
«Come mai?», chiese, aumentando la stretta.
«Ecco, forse è una specie di punizione
divina», dissi, buttandola sul ridere,
«ma tutti i ragazzi con cui instauro un
rapporto speciale… Sono
immortali, in un modo o nell’altro», dissi
d’un fiato, assaporando
il suo profumo. «Mi rattrista pensare che non
potrò stare per sempre con te»,
conclusi. Lui spostò lo sguardo, addolorato da quel
pensiero. Fece un respiro
profondo e accucciò il mento sulla mia spalla.
«Ma Bella, tu starai per sempre con me. Se davvero lo vorrai,
ti prometto che
invecchieremo insieme. Dopotutto, se imparo a non trasformarmi in lupo
ricomincerò a invecchiare», disse, sfiorandomi
dietro l’orecchio con le
labbra. Mi illuminai, sorpresa e grata che, anche in quel caso, ci
fosse
un’alternativa. Però, due secondi dopo, mi sentii
terribilmente egoista.
«Non
voglio che ti sacrifichi così per me»,
borbottai.
«Ma non dire stupidaggini, quale sacrificio? Pensi davvero
che riuscirei a
continuare a vivere una volta che sarai morta? No. Quando
sarà il momento,
smetterò di trasformarmi», affermò,
sicuro, guardandomi negli occhi.
«Non so Jake… Non mi–», cercai
di controbattere, ma mi ritrovai le
sue labbra sulle mie.«Zitta»,
ordinò, la
bocca incollata alla mia.
Mi lasciai sopraffare da tutta quella foga, divertita. Jake era un vero
campione di comportamenti evasivi. Ma dietro il divertimento di
quell'attimo,
avvertii una gioia indescrivibile di fronte alla promessa che mi aveva
fatto:
sarebbe invecchiato con me.
Risposi al suo bacio con passione, buttandogli le braccia al collo,
mentre lui
insinuava una mano tra i miei capelli per avvicinarmi di più
a sé. Non so come
ma perse l’equilibrio, e mi ritrovai improvvisamente stesa
sul suo petto
caldo: eravamo finiti sulla sabbia umida. Le mie braccia lasciarono il
suo
collo, e, a occhi socchiusi, iniziai a seguire con lo sguardo i cerchi
immaginari che, con le dita, gli disegnavo sulle guance. Le sue braccia
mi
circondarono i fianchi, e iniziò ad accarezzarmi la schiena,
mentre mi
tempestava le labbra e le guance di baci. Fui pervasa da un calore
potente, che
penetrò in ogni fibra del mio corpo e mi sciolse i muscoli.
Rieccola, quella
strana sensazione. Ecco riapparire quell’istinto che mi
gridava di dire a
Jacob ciò che sentivo per lui. Ed ecco comparire anche
l’altra parte di
me, quella che mi urlava di non farlo. Lottavano tra di loro, ed era
come
essere coinvolta nello scontro: in mezzo, a subire tutto il dolore.
Iniziai a
baciarlo con più trasporto, mentre tutto attorno a noi
spariva, si dissolveva
nel nulla. Sentivo solo Jacob.
Le nostre labbra si rincontrarono, cercandosi con molta più
avidità e
impazienza, mentre i nostri respiri diventavano sempre più
veloci. Senza
pensarci e senza smettere di baciarlo, infilai una mano sotto la sua
maglietta,
stringendo le braccia dietro la schiena bollente, direttamente sulla
sua pelle.
Lo sentii rabbrividire.
Era la prima volta che mi spingevo così oltre, non me lo
sarei mai aspettato;
ma in quel momento non me ne preoccupai nemmeno. Sentivo solo il
bisogno di
stringermi a lui più forte che potevo, quasi avessi paura
che potesse sfuggirmi
o scivolarmi dalle braccia.
Sentii la sua mano – come qualche ora prima –
insinuarsi sotto la
mia felpa, e sfiorare la mia schiena.
Aumentai la stretta attorno al suo busto. La sua schiena caldissima, le
sue
mani caldissime, tutto quel calore… Mi facevano sentire in
paradiso. Mi
sentivo così felice, veramente felice, dopo tanto tempo. Con
la piacevole sensazione
di sentirmi amata, quella che per mesi non avevo provato, persa
nell’abbandono. Ma ora c’era, ed era la sensazione
più bella
dell’universo.
Dirgli “ti amo”, essere sincera con lui…
Sarebbe stato un
piccolo modo – non certo sufficiente – per
ringraziarlo di come mi
aveva riportato alla vita, se solo fossi riuscita a esternarlo. Una
metà del
mio cuore lo voleva, lo desiderava ardentemente, e ciò mi
portava a pensare
che, in effetti, ciò che provavo era sincero. Che non era
una semplice reazione
al mio contatto con Edward quella mattina, come avevo supposto in un
mero
tentativo di mentire a me stessa.
Sentii uno strano ringhio nascere dal petto di Jacob, ed ebbi un
fremito quando
la sua mano bollente scivolò dal collo e, una volta superati
gli strati della
felpa e della maglietta, abbassava la spallina del mio top, chiudendosi
sulla
mia spalla. Procedeva lento, prudente, quasi temesse un mio rifiuto,
perché ci
stavamo spingendo oltre i semplici baci. Ci pensai su, ma non provai un
briciolo di incertezza: lo desideravo, come l’aria. Forse era
ancora
troppo presto per compiere il passo successivo – avvampavo al
solo
pensiero – , lo sapevo, ma procedere gradualmente mi sarebbe
servito: per
superare ogni paura e raggiungere pian piano un altro livello di
intimità con
Jacob.
Le mie mani, che erano ancora sotto la sua maglia, scivolarono di lato,
fino ad
aggrapparsi alle sue spalle. Sollevai la testa e mi staccai da lui,
guardandolo
negli occhi. E lui guardò me. Non avevamo bisogno di parlare.
Speravo che Jake fosse davvero bravo a leggermi dentro,
perché capisse da solo
ciò che in realtà avrei voluto dire. Ma
soprattutto, desiderai che ciò che
vedevo nel suo sguardo fosse il riflesso di ciò che
c’era nel mio: volevo
sperare che tutto l’amore che gli leggevo negli occhi
derivasse anche dai
miei.
Mi
sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio,
sorridendomi. Con un dito, tracciai il contorno delle sue labbra.
«Jake», tentai di iniziare, sussurrando. Lui non
disse niente, ma seguitò a
fissarmi, assorto.
Deglutii, mentre percepivo il battito del mio cuore accelerare
improvvisamente,
e uno strano calore pervadermi le guance. Sentii le labbra tremarmi.
Era troppo
difficile provare a dirlo se mi guardava così. Chiusi gli
occhi, strizzandoli,
e chinai il capo contro la sua spalla, la bocca vicino
all’orecchio. Le
sue braccia mi avvolsero i fianchi stringendomi contro il suo bacino.
«Ecco, io…», balbettai di nuovo.
Inspirai profondamente per due volte, e
strinsi le dita contro la stoffa della sua maglia per soffocare
l’isteria.
«Io ti a– ». Nello stesso istante in cui
le parole stavano finalmente per
venire a galla, degli ululati si sollevarono dalla fitta boscaglia
verde che
circondava la spiaggia, e mi interruppero. Affondai una mano nella
sabbia,
chiudendo le dita attorno ai granelli, sconfitta. Avevo perso la mia
occasione.
Chissà tra quanto sarei di nuovo stata sul punto di riuscire
a dirglielo. Col
volto, schiacciai la faccia contro il collo di Jacob, frustrata. Lui
sospirò, e
si alzò, aiutandomi a mettermi in piedi. Guardai verso il
mare, cupa in viso.
«Che palle», brontolò Jake.
«Devo sentire cosa vogliono».
Il nervosismo
lasciò subito posto alla paura, quando mi
resi conto che probabilmente era qualcosa che riguardava Victoria. Io e
Jacob
avevamo passato un pomeriggio bellissimo, una piccola fetta di tempo
solo per
noi due, e mi ero dimenticata della minaccia di una vampira assetata di
vendetta che cercava me, e che nel frattempo metteva in pericolo tutti
coloro a
cui volevo bene.
«Maledizione!», imprecò, stringendo i
pugni. Lo guardai interrogativa.
«Che
c’è, Jake?», domandai, posandogli una
mano sul
petto. Digrignò i denti.
«Non so dove portarti! Billy è al funerale, Emily
pure… Lasciarti a casa
da sola è fuori discussione», disse, spostando
velocemente lo sguardo da una
parte all’altra, come se la soluzione potesse trovarsi in una
roccia o
nel mare.
«Ma il funerale dovrebbe essere già finito.
Portami da Sue», suggerii. «Tornerò
a casa con Charlie». Ci pensò un attimo e mi prese
in braccio. Prima di
iniziare la sua corsa verso la casa dei Black, mormorò al
mio orecchio: «Appena
ho finito col branco, ti vengo a riprendere». Mi sentii
sollevata: sapevo che
mi sarei sentita terribilmente fuori luogo a casa Clearwater, come una
spettatrice indesiderata di un dolore non mio. Se non altro, ci sarei
stata per
Charlie: speravo che in un momento così difficile
desiderasse avere anche
l’appoggio della sua incostante figlia.
In pochi
minuti arrivammo a casa Black. Jacob si mise al
posto di guida del pick up – rimasto lì da quella
mattina – e
partì. Con un braccio al volante e l’altro attorno
alle mie spalle, non
disse una parola per tutto il viaggio, guidando assorto, gli occhi
puntati
sulla strada. Chissà a cosa stava pensando.
Arrivammo presto a destinazione. Nel cortile dei Clearwater erano
parcheggiate
parecchie auto, tra le quali riconobbi quella di Charlie. Jacob
parcheggiò il
pick up dall’altra parte della strada e mi aiutò a
scendere. Mi restituì
le chiavi del furgone, e lanciai un’occhiata
all’acchiappasogni che
avevo lasciato sul sedile. Sorrisi.
Jacob mi prese per mano e mi accompagnò in casa.
Arrivati davanti alla porta, Jake bussò. Ci venne ad aprire
Charlie.
«Che ci fate qui?», esclamò, sorpreso,
ma a voce non troppo alta.
«Ho una questione urgente da sbrigare, Charlie, ma non mi va
di lasciare Bella
da sola», rispose Jake, dando una pacca sulla spalla a mio
padre, ed entrando
in casa. Il salotto dei Clearwater, molto più largo rispetto
a quello di Billy,
era gremito di persone. Saranno stati una ventina. Alcuni volti erano
sconosciuti, ma riconobbi subito quelli di Seth, Leah e Sue, costernati
dal
dolore. Mi si riempirono gli occhi di lacrime. Vicino al divano
c’era
anche Billy. Jacob si diresse verso di loro, trascinandomi con
sé.
«Ragazzo…», disse Billy, quando si
accorse di Jake. Sue sollevò lo
sguardo, puntandolo su Jacob, che le si avvicinò, chinandosi
su di lei per
abbracciarla.
«Mi dispiace tanto, Sue», mormorò Jacob,
mortificato. «Grazie,
Jake», disse
la donna, in un sussurro. Quando sciolsero l’abbraccio, mi
guardò,
sorridendo debolmente. Aveva gli occhi arrossati e due occhiaie
profonde
spiccavano sulla sua carnagione bronzea. Nello sguardo un dolore
inesprimibile.
«Bella», disse, a mo’ di saluto. Ero in
imbarazzo, non sapevo che dire.
«Le mie più sentite condoglianze, Sue»,
sussurrai, abbassando lo sguardo. «Mi
dispiace tantissimo».
Lei annuì, e si voltò verso Seth, che aveva
– probabilmente –
ricominciato a piangere. Lo abbracciò, mentre Jake gli
arruffava i riccioli
scuri con affetto, sorridendo mesto. Leah se ne stava a fissare il
vuoto,
sembrava che si trovasse in un universo separato. La sua espressione
era
vitrea. Era come isolata dal resto del mondo, quindi, per rispetto,
né io né
Jacob le dicemmo nulla. Jake li salutò e ci dirigemmo verso
la porta.
«Se mi sbrigo, vengo a prenderti prima. Penso che tuo padre e
il mio resteranno
qui fino a tardi», disse Jacob, lanciando
un’occhiata a suo padre, poi
tornò a posare gli occhi su di me. Mi prese il volto tra le
mani e si chinò,
sfiorandomi delicatamente le labbra.
«Ci vediamo dopo», disse, abbracciandomi stretta.
Dondolai sui talloni.
«State attenti», mormorai.
«Certo, certo», disse. Probabilmente – lo
dedussi dal tono della sua voce
– aveva alzato gli occhi al cielo. Sciolse
l’abbraccio, aprendo la
porta e accarezzandomi una guancia mentre usciva.
«Ciao Bells, a dopo».
«Ciao», mormorai, e chiusi la porta con un colpo
secco.
Angolo autrice ~ Mwahaha, aggiornamento
record, sono fiera di me! E anche voi dovreste esserlo,
piccole donnine rompiscatole u.u Sto scherzando! Vi amo tutte <3 Allora, siamo arrivate
al capitolo nove, a 34
recensioni
(vooov *o*), 46
preferite e 32 seguite, meraviglioso! *Aro style XD* Lo scorso capitolo poi
ha avuto parecchio successo, mi sembra ** Nove
recensioni! Non ne ho mai ricevute così tante per un solo
capitolo, e sono
contenta. Adoro le recensioni
lunghe ed articolate, alle quali sono sempre felice di
rispondere, mi realizzano! Perciò, continuate
così! ^w^
Rispostucce! <3
eia:
Contenta che ti sia
piaciuto il capitolo!
New Moon è stato un toccasana per la mia
ispirazione… Spero
che questo capitolo non ti abbia deluso! Un bacione <3
Lucille:
Bonjour,
nuova lettrice! ** Sei la benvenuta anche se apprezzi Edward e pensi
che Jake
sia sprecato con una come Bella (sono d’accordo, eppure mi
piacciono
troppo insiemeee *ç*), tranzolla ^^ Sono contenta che la
storia ti piaccia e
che non la trovi noiosa (mi consola, perché su un altro sito
una me l’ha
definita ingenua e piena di cliché ._. buuuh, cattivi XD), e
felice che trovi
il mio stile di scrittura coinvolgente ** Spero che tu abbia apprezzato
anche
questo capitolo. Sarò stata veloce, né? :D *per i
miei standard, si intende XD*
Grazie <3 Un bacione!
Caty_Mony:
Grazie, sono
contenta che ti piaccia e che l’abbia inserita tra le
preferite *w*
Sììììììììì
Tay senza maglia è da urlo! A tenerlo mezzo ignudo per tutto
il film
e poi ficcarci alla fine Robberto a petto – peloso
– nudo…
bleah, il vampirozzo ci ha sfigurato un casino XD
Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto, e TEAM JACOB ALL THE
WAYYY!
Un bacione <3
Grety:
Beh, sono contenta
che apprezzi questa storia J
Edward e Bella non li sopporto insieme, ho sempre pensato che
Jake sarebbe stato una scelta migliore per lei – anche se non
se lo
merita un ragazzo così u.u –… e questo
è il risultato! Non smetterò
di scrivere, avrete presto anche il decimo capitolo ^_^
Grazie per la recensione :3 Un bacione <3
_Starlight_:
(piccolo sproloquio:
sai che oggi ho veduto la pubblicità del topino del
formaggio ParmaReggio e mi
sei subito venuta in mente? Mi sono rotolata sul divano XD) Ti quoto
per tutto
quello che odi, muahaha ù.ù Ma mo mi fai
piangèreè, mia topina ç__ç
Perché mi
riempi di complimenti
cussìììì?? ><
Basta, basta, mi fai rigonfiare
troppo l’ègo u_u
Mwahah, altro capitolo osè XD Bella mette le mani, in posti
che proprio non
dovrebbe e poi si tira indietro -_-’’
chessstupidaH!
E anche qui, pare mentali, ma sull’età stavolta
e_e Povera, stupida tonna
XD
Purtroppo non ho tempo per commentare per filo e per segno la tua
sclero-recensione al film, ma sappi solo che mi ha fatto sganasciare
dal ridere
XD Ed Eclipseeee?? Ma sai che figata andare a vederlo togheter??
Smadonnare
insieme per la stupidità della tonna, sbavare con
Jake… Rotolarsi
pucciosandosi (nuovo verbo XD) quando si bacerannooooooo?? *____*
Sarebbe… bellissimo! ** Potremmo farci un pensierino, non
abitiamo
nemmeno tanto lontane :D
Spero che ti sia piaciuto anche questo capìttolo (BM style)
donnina paVmigiana
*ç*
Un bacioneeeee <3 *torna con la testa sul mattone de
“I Promessi
Sposi”*
matrix:
Ma
bentornata! ** La tua ri-presenza (bwhaha, nun se dice XD) non
può che farmi
piacere! Sono contenta che continui ad apprezzare la storia, ancora di
più nel
sentirmi dire che miglioro ad ogni capitolo ** Oddio, grazie!
Mamma mia, non mi far tornare in mente quel figaccio di Tay, altrimenti
inondo
tutto quiiiii XQ_____ E, soprattutto, se non vuoi che spacchi qualcosa,
non mi
ricordare tutte le cagate immani che ha sparato Bella alla fine,
perché farei
di certo a pezzi qualcuno, anche il più insignificante
bacillo che passa è_é Ma
io dicooooo, come si faaaaa? >.< *le rimettono la camicia
di forza*
Owww piccolo dolce Jake T_T Anche io sono scoppiata in lacrime quando
ho visto
il suo facciotto triste… buaaaah ç___ç
Ehm, okay mi do un contegno ^^’ Comunque… Grazie
ancora, spero che
anche questo capitolo ti sia piaciuto! :3 Un bacione <3
marpy:
Inutile dire che, se fosse per me, Bella e Jake l’avrebbero
già fatto da
un bel pezzo :Q___ Ma (purtroppo) esiste una cosa che ogni bravo fan
writer
dovrebbe cercare di rispettare: il maledetto, difficile IC
>.< Sai, mi
sarebbe piaciuto moltissimo che Bella fosse riuscita, in questo stesso
capitolo, a dire subito “ti amo” a Jake.
Però mi sono resa conto
che la vera Bella non l’avrebbe mai fatto così,
nel giro di poche ore dal
momento in cui se ne è resa conto… Non sarebbe
stata la stupida,
ignorante tonna che in realtà è
ù.ù Quindi, ho deciso di riservarlo quando
sarà
veramente necessario (però non servirà a nulla
*SPOiLER, SPOiLERRRR!*) T_T
Quoto tutto ciò che hai detto sul film, non mi serve
aggiungere niente, se non
un GRAZIE enorme quanto una casa! *___* Spero che anche questo capitolo
sia
stato di tuo gradimento ^^ Un bacione! <3
leschatnoir:
Posso rispondere per
punti, tanto per non perdermi in divagazioni?? XD
1) Wow, sono felice che il mio stile di scrittura ti piaccia e ti
invogli a
continuare a leggermi! ** Grazie davvero <3
2) Jacob Cottoncandy XD Oddio, quando
l’ho letto mi sono rotolata
per terra, con in testa l’immagine di Jake avvolto da morbido
zucchero
filato e con un fiocco enorme in testa *mente perversa* Bof, Jake
troppo
romantico, stile Eddy-poo? Naaah, non ce lo vedo per niente! Penso che
il
signorino Black sia una persona molto diretta, che esprime i suoi
sentimenti (anche
quelli più romantici) con decisione. Non lo vedrete mai dire
una cosa tipo
“Oh Bella, mio dolce amor, non so vivere senza di te! Non mi
riuscirebbe
muovere nemmeno un passo!” *vomita l’anima* Ha, no,
nella mia
storia NO! -.-’’
Beh, spero di aver aggiornato abbastanza in fretta, no? Non
è passato nemmeno
un mese :3 Hope u liked that XD Un bacione! <3
Anticipazioni! Proprio
così!
Non sono spoiler dal prossimo capitolo (anche perché lo devo
ancora scrivere
XD), ma sulle mie future storie che ho citato nello ‘spazio
vuoto’
nel profilo qui sopra di EFP.
Eternal Moonglow: come già scritto,
è una
what if? di
Eyes On
Fire. Mi spiego: ad un certo punto di questa storia, succede una cosa,
che,
come ogni avvenimento, ha le sue conseguenze. Invece, in EM, avviene
l’esatto opposto, e la storia si stravolge, con risvolti
diversissimi,
finale incluso J Vi
mostro la
copertina, fate pure tutte le elucubrazioni che volete XD http://img22.imageshack.us/img22/5522/pregnancy5555555.jpg
Forever Sunset: Jacob e Leah, seguito di Breaking
Dawn. Jacob non ha mai
avuto l’imprinting con Renesmee *festeggia*, e una volta che
Bella è
diventata vampira, se ne va. Spiego semplicemente come avrei voluto che
finisse
tra loro, senza il mostro di mezzo <.<
Questa la pubblicherò (forseforseforse) dopo che
sarà finita la piccola saga di
Eyes On Fire (il solo pensiero mi intristisce T_T). Ma è
ancora tutto da decidere.
Okay, ora tolgo veramente il disturbo! XD
Baci e abbracci a tutteeee <3
xoxo
Bea :3
Passai
buona parte del resto del pomeriggio a casa Clearwater, stando un po’ con
mio padre e un po’ con Emily. L’atmosfera era pesante e triste come
avevo temuto, perciò fu un sollievo enorme quando vidi Jake apparire sulla
soglia di casa, seguito da Sam – che probabilmente era venuto per Emily
–, entrambi a petto nudo. Mi alzai dal divano e gli corsi incontro,
abbracciandolo ma cercando di trattenere l’entusiasmo per rispetto. Mi
accarezzò i capelli.
«Ehi, Bells», disse, scostandosi da me e piantando lo sguardo nel
mio. Sorridergli fu spontaneo. Alzai una mano per poggiarla sul suo viso.
«Che è successo?», domandai preoccupata, a bassa voce.
«Non ora», disse soltanto, lanciando un’occhiata a Sam, che
stava salutando Emily. Qualcosa, nella sua espressione indecifrabile, mi
preoccupò.
«Vuoi andare a casa?», chiese, tornando a sorridere. Annuii,
prendendogli la mano e consegnandogli le chiavi del pick up. Salutammo i nostri
vecchi, Sam, Emily e ancora una volta Sue, Leah e Seth, poi ci congedammo.
Uscii, e l’aria fredda del tramonto – quasi invisibile, dietro la
pesante coltre di nubi – mi colpì in pieno. Rabbrividii, e Jacob
mi strinse in uno dei suoi abbracci da orso per scaldarmi. Mi sentii subito
meglio.
Occupò il posto di guida e mise in moto, partendo alla volta di casa
mia. Come di consuetudine, mi rannicchiai al suo fianco, schiacciando la faccia
contro il suo petto nudo, non senza arrossire. Lui sorrise.
«Allora, cos’è successo prima?», domandai, spezzando
il silenzio.
Lo sentii fare spallucce. «Niente di che. Abbiamo soltanto fiutato una
nuova traccia, fuori da Forks», disse tranquillo.
«Siete andati a cercarla?», chiesi e fui scossa da un fremito. Lo
sentii mentre digrignava i denti. «Veramente… Quella scia non
è della succhiasangue. L’hanno incrociata Sam e Paul mentre
seguivano quella di Victoria, ma sembra non avere niente a che fare con lei
». Raggelai, e trattenni il respiro, incapace di proferir parola.
Un’altra traccia? Di vampiro? Impedii con tutte le mie forze al mio
cervello di produrre quel pensiero, ma ebbe la meglio lui: e se fossero
tornati? Se lui fosse tornato? Scacciai immediatamente quell’ipotesi
dalla mia testa. No, non erano loro, e non era lui. Dovevo crederci.
Ma se invece mi fossi sbagliata, sarebbe cambiato qualcosa? La consapevolezza
che lui c’era ancora, che mi era vicino, in un certo senso… Mi
avrebbe condizionato? Non seppi darmi risposta. Strinsi un braccio contro il
petto, per alleviare il bruciore della voragine, e gemetti.
Jacob era rimasto in silenzio, fissava la strada davanti a sé. I suoi
pensieri erano in un qualche modo simili ai miei? Scoprirlo mi spaventava,
perciò non dissi nulla, concentrandomi sul paesaggio scuro fuori dal
finestrino.
Quando arrivammo a casa mia, lo invitai a fermarsi da me qualche minuto, e lui
accettò. Mi tolsi il giaccone e lo riappesi all’attaccapanni
– l’acchiappasogni pendeva dalla tasca sinistra –, mentre
Jacob rimaneva fermo all’ingresso. Ci ritrovammo a fissarci, in silenzio,
mentre sul suo viso aleggiava un’espressione illeggibile, e i suoi occhi
neri mi sembravano più duri del solito. Mi avvicinai a lui, e allungai
un braccio per passare le dita tra i suoi capelli corvini.
«Jake, che hai? Tutto bene?».
Lui sorrise, e il suo sguardo si ammorbidì dopo qualche secondo.
«Sì Bells, tutto okay. Scusami, stavo solo
pensando», rispose, guardandomi sereno. Mise le mani sui miei fianchi e
mi attirò più vicina a sé, per baciarmi. Gli posai le mani
sul collo, staccandomi da lui ogni tanto per dargli dei baci sulle labbra o sul
mento. Mi aggrappai alle sue spalle, mentre lui mi circondava la vita per
sollevarmi da terra, stringendomi a sé più forte che poté.
«Jake», mormorai, tra un bacio e l’altro; aveva approfittato
della separazione delle nostre bocche per far scorrere le sue labbra calde sul
mio collo.
«Mmm, sì?», mugugnò, stampandomi un bacio sulle
labbra e fermandosi per guardarmi negli occhi.
«Dato che probabilmente stanotte non potrai rimanere qui… Che ne
dici di addormentarmi adesso?», proposi. Non avevo molta fame, e prima
andavo a letto, prima arrivava il nuovo giorno. Non potevo permettermi di stare
male, pensare a cose che mi ferivano, e addormentarmi tra le braccia di Jake
era un ottimo antidoto ai brutti pensieri.
«Va bene, piccola», asserì, sorridendomi e dandomi un altro
bacio, prima di farmi tornare coi piedi per terra.
«Un attimo», dissi, mentre mi prendeva per mano e si dirigeva verso
le scale. Mi avvicinai all’attaccapanni e sfilai l’acchiappasogni
dalla tasca della mia giacca, poi ritornai vicina a Jacob con un sorriso
soddisfatto in volto.
«Fatto», esclamai.
«Bella, a che ti serve se ci sono io ad addormentarti?»,
domandò, mentre salivamo le scale.
«Non ci sarai per tutta la notte», gli ricordai, alzando un dito
con finta aria saccente. «Scommetto che gli incubi mi salteranno addosso
non appena te ne andrai». Lui alzò gli occhi al cielo, ma non
nascose un sorriso.
«Bella, ma davvero credi che funzionerà?», domandò.
Non era sarcastico o ironico, me lo stava chiedendo davvero, per sapere che ne
pensavo, se ci credevo.
«Tentar non nuoce», risposi, alzando le spalle. Jacob
ridacchiò, aprendo la porta della mia camera, e, una volta entrato, si
mise a sedere sul letto. Io indugiai qualche secondo vicino al comodino,
rigirandomi l’oggetto tra le mani.
«Lo
devo appendere sopra al letto?», domandai, guardando Jacob e
avvicinandomi a lui.
«In teoria», disse, sorridendo. Me lo sfilò di mano e
approfittò del pomello sulla testiera del mio letto per attaccarvelo.
Quando si voltò di nuovo verso di me, gli presi il volto tra le mani e
chinai la testa – non di molto, alto com’era – per baciarlo.
Chiuse gli occhi, posando le mani sui miei fianchi. Mi staccai e fissai lo
sguardo nel suo, sorridendo appena. Appoggiai la mia fronte sulla sua, e
inspirai l’odore meraviglioso del suo viso bellissimo.
«Dammi cinque minuti… mi metto il pigiama, mi do una sistemata e
torno», sussurrai, ravvivando la macchia selvaggia dei suoi capelli.
«Mi
trovi qui», disse, stampandomi un bacio sulle labbra.
Ci misi davvero cinque minuti, al massimo sei, perché ero troppo
impaziente di tornare nel caldo delle sue braccia.
Quando rientrai in camera, lo ritrovai steso sul letto, che fissava il
soffitto, pensieroso. Approfittai della sua distrazione per fiondarmi sul letto
e buttarmi a peso morto su di lui. Gli uscì uno sbuffo quando gli saltai
sulla pancia, poi scoppiò a ridere, stringendomi a sé. Iniziammo
a lottare, rotolandoci sul materasso come due bambini, ridendo di gusto. Da
quanto tempo non mi divertivo così? Con Jacob era tutto così
facile…
Ci
fermammo dopo un po’, esausti e col fiatone. Mi ritrovai Jake sopra di
me, il volto a due centimetri di distanza dal mio.
«Come fai ad addormentarti se ti metti a fare le capriole?»,
domandò a voce bassa, scostando i ciuffi di capelli che mi erano finiti
in faccia. I suoi occhi mi guardavano con un’intensità tale che mi
mancò il fiato. Non risposi, e lui si stese al mio fianco, accogliendomi
tra le sue braccia. Mi accucciai contro di lui, senza coprirmi, strofinando il mio
naso contro il suo collo. Mi sentivo in paradiso, era una sensazione
fantastica. Rimanemmo in silenzio, e io chiusi gli occhi, godendomi quel
calore.
«Bells»,
sussurrò piano, come se avesse paura di svegliarmi. «Vuoi davvero
metterti a dormire a quest’ora?», domandò, la voce
leggermente sconcertata. Lanciai un’occhiata alla radiosveglia sul mio
comodino, e mi accorsi che effettivamente era prestissimo.
«Beh,
possiamo attardare un po’ parlando. Se parlo tanto poi mi stanco»,
risposi, stringendomi di più al suo petto caldo. Anche Jake
aumentò la presa intorno ai miei fianchi, baciandomi i capelli.
Ridacchiò. «E di cosa vorresti parlare?».
Feci una smorfia e incominciai a fissare il soffitto, pensandoci su. «Non
so. Per esempio, del fatto che sei più silenzioso del solito», dissi,
critica. Poi sollevai il volto per guardarlo bene negli occhi. «Si
può sapere che hai, Jake?».
«Ma niente, Bells. Stavo pensando a quello di cui abbiamo parlato oggi in
spiaggia. Pensavo che non ho finito di elencarti le stranezze di noi
licantropi», rispose, facendo spallucce.
«Crescita
fulminea, temperatura elevata, eterna giovinezza… che c’è
ancora?», domandai, con finto tono lamentoso. Lui sorrise con uno sbuffo.
«L’imprinting», annunciò lui in maniera teatrale.
«L’impri-che?», domandai, perplessa. Non l’avevo mai
sentito nominare. Jacob rise, vedendo la mia espressione incerta.
«Im-prin-ting», scandì per bene, divertito.
«È una sorta di colpo di fulmine. Un… dono – storse le
labbra alla parola ‘dono’, per nulla convinto – che aiuta noi
licantropi a trovare la nostra anima gemella, la nostra compagna per la
vita».
«Come
funziona, di preciso?». Rimasi leggermente interdetta. Credevo che quelle
cose succedessero solo nei film.
«Come
posso spiegarti?», domandò più a se stesso che a me,
cercando la risposta nel soffitto di camera mia. «Quando la vedi, quando
la guardi negli occhi… Tutto il resto perde significato, e tu cominci a
vivere solo e soltanto per lei. È un’emozione grandissima, ti
disarma… Lei diventa il tuo centro di gravità, e lo sarà
sempre».
«Però,
conosci bene ciò che si prova», dissi, sospettosa. «Ti
è mai successo? Hai mai avuto l’imprinting?».
Lui
sorrise. «Siamo gelosi, eh?», esclamò, baciandomi la fronte.
Borbottai qualcosa, imbarazzata. «Comunque», continuò Jake,
«l’imprinting è uno solo. E no, a me non
è mai successo».
Quando lo disse, non seppi se sentirmi sollevata o disperata: sollevata,
perché non l’aveva ancora avuto, quindi potevamo stare
insieme; disperata perché non l’aveva avuto con me. Quindi, non
ero io la sua anima gemella. Il suo vero amore era ancora là
fuori, e un giorno l’avrebbe trovato, lo avrebbe incontrato. E a quel
punto, io cosa avrei fatto? Come sarei riuscita a sopravvivere senza Jacob?
Probabilmente, se non ero io il suo imprinting, un motivo c’era: forse
non eravamo nati per stare insieme. Quindi, qual’ora avesse trovato la
felicità con la ragazza giusta, veramente adatta a lui… avrei
dovuto esserne felice. Ma la mia parte egoista irruppe potente, e smentì
quel pensiero, sperando ardentemente che Jake non la trovasse mai.
Mi sentii un mostro.
«Conosco
ciò che si prova perché l’ho visto nella testa di
Sam». Jacob interruppe le mie elucubrazioni, e mi voltai verso di lui,
sorpresa.
«Sam ha avuto l’imprinting? Con Emily?».
«Sì, anche se non è stato per niente facile…»,
mormorò, perso nei suoi pensieri. Rimase muto per qualche istante, per
cui lo esortai a continuare.
«Come
mai? Non hai detto che è una cosa… immediata?».
«Non
è stato difficile in quel senso. Sono state le conseguenze a
quell’imprinting a… complicare tutto», spiegò Jacob,
cupo in viso. «Sam era fidanzato con Leah, ma poi ha incontrato
Emily… E di Leah non gliene è importato più nulla. Continua
a volerle bene, ma lei è ancora innamorata… E lui deve stare con
Emily, non ha alternative». Strinse i denti sulle ultime parole.
«Ma
Emily e Leah sono cugine! Come ha potuto Sam? E in che senso
‘deve’? Lui è costretto ad amare Emily?». Che
situazione orribile! Chissà come deve essersi sentita Leah…
«Sì,
Emily e Leah sono cugine. Certo, Sam è felice col suo imprinting…
Però sì, è un po’ come se fosse obbligato a stare
con lei, tutta colpa di queste stupide magie», rispose, rabbioso.
«Il tutto è stato peggiorato dal fatto che Sam non poteva dire
niente a Leah del suo essere licantropo. È stato difficile anche per
lui, comunque, perché è stato il primo a trasformarsi in lupo, e
non aveva nessuno che gli spiegasse come funzionava. Era completamente solo.
Leah ha perso la testa: Sam è sparito per un po’ di tempo, poi
è tornato, ma non era più lui. Lei sentiva che c’era
qualcosa che non andava, ma Sam non le poteva dire niente. Poi è
successo quel casino dell’imprinting».
«Ma
Emily sa tutto, però», protestai.
«L’oggetto
dell’imprinting può essere messo a conoscenza del segreto»,
ribatté Jacob, facendo spallucce.
Ciò che era successo a Sam, Leah e ad Emily sembrava il pronostico di
ciò che sarebbe successo a noi, più o meno. Mi sentii assalire
dalla nausea e gli occhi mi si riempirono di lacrime.
Jacob se
ne accorse. «Che c’è Bells? Perché piangi?».
Tentai disperatamente di ricacciare indietro le lacrime e attenuare i
singhiozzi, con scarso successo. «È… è una storia
triste», spiegai, ma mentivo.
Appoggiò
la sua testa alla mia, e mi strinse forte. «Lo so», sospirò,
triste.
«E
se… se dovesse succedere a te?», chiesi in un sussurro, vanificando
ogni tentativo di trattenermi.
«Non
succederà», affermò, duro, senza darmi nemmeno il tempo di
terminare la domanda. Aveva iniziato a tremare.
«Ma
mi è sembrato di capire… che sia una cosa incontrollabile»,
balbettai, piano. Rimase in silenzio per qualche secondo, poi il tremolio si
fermò, e il suo viso si espanse in un espressione neutra.
«Infatti
lo è. Ma non per gli alfa purosangue come me».
La sua risposta mi lasciò basita: non avevo idea di ciò che
stesse dicendo. Lo guardai, sorpresa. «Che intendi dire?».
«Un
alfa o chi ha una discendenza pura quando è innamorato e ha un legame
molto forte con una persona con la quale non ha avuto l’imprinting…
ecco, non lo subirà mai con nessun’altra. O se lo subirà,
avrà la forza di contrastarlo», spiegò, con un tono di voce
strano.
«Jake,
ma tu non sei l’alfa. Di discendenza pura sì, però… E
Sam è il capobranco. Se fosse davvero possibile, non credi
che–».
«Sam
non è il vero alfa», sputò, interrompendomi. Aveva la
mascella tesa, sembrava a disagio. Rimasi allibita, a fissarlo con gli occhi
spalancati, sconvolta. Non riuscivo a capire dove volesse arrivare.
«Per
diritto di nascita, come erede di Ephraim Black… Dovrei essere io il vero
capobranco, non Sam. Per questo lui non è riuscito a…». Si
fermò, stringendo le labbra. Era nervoso.
«A
contrastare l’imprinting?».
«Già».
«E… non vuoi essere tu l’alfa?», domandai in un
sussurro.
«No»,
rispose, laconico, abbassando lo sguardo.
«Perché?».
«Sarebbe
soltanto un problema in più. Sam si è trasformato per primo,
perciò è lui l’alfa. Fine della storia», disse,
chiudendo bruscamente il discorso. Rimasi in silenzio, aspettando che si
calmasse, anche se non riuscivo a capire tutta quella ritrosia a reclamare il
suo diritto di vero capobranco. Forse mi era incomprensibile
perché non ero un licantropo, e certe ‘questioni’ non le
potevo capire. Eppure, non riuscii a frenare la fantasia di un Jacob
alfa…
«Capo
Jacob», sussurrai, piegando le labbra in un mezzo sorriso. Jake
ridacchiò.
«Bleah,
suona davvero male», esclamò, con finto tono di disgusto. Scoppiai
a ridere e mi rilassai sul suo petto, pronta ad addormentarmi: come previsto,
parlare mi aveva fatto venire sonno. Sbadigliai.
«Su
Bells, dormi ora», sussurrò, dandomi un ultimo bacio sulle labbra
e accarezzandomi un braccio.
«Sì»,
balbettai, mentre con un piede ero già nel mondo dei sogni.
Quando più tardi se ne andò, però, me ne accorsi: persa
nell’annebbiamento da dormiveglia, lo vidi mentre mi copriva e mi dava un
bacio sulla fronte, per poi sparire, saltando giù dalla finestra. Mezzo
secondo dopo, crollai definitivamente.
Ma quella notte – non saprei dire se grazie all’acchiappasogni o a
Jake – stranamente non ebbi nessun incubo.
Angolo
Autrice ~ Secondo
aggiornamento distante solo 8 giorni da quello precedente *.* Sono un mito! XD
In teoria, adesso dovrei studiare la Costituzione e tutte quelle cagate
là, dato che devo recuperare il 4 della verifica di diritto… Ma
avevo voglia di finire e aggiornare :] Accipigna,
questa volta ho ricevuto solo quattro recensioni T_T Ma io mi chiedo, dove sono
tutti i 47 che mi seguono i 33 che mi preferiscono? Cattivi
ç_ç Scherzo XD
Uh uh, in questo capitolo si è parlato della spinosa
questione dell’imprinting… So può essere un argomento
palloso e che magari alcuni (come me =.=) odiano… Però mi sembrava
giusto spiegarlo alla tonna :] Non sia mai che non si faccia pare mentali per
un capitolo, eh! SACRILEGIO! XD Un avviso, comunque: non prendete troppo sul
serio la storia dell’alfa che riesce a respingere
l’imprinting… perché non è vera J È molto
semplicemente una bugia che si è inventato Jacob, e più avanti
(mooolto più avanti, verso la fine mi sa °_°) capirete il
perché. E comunque, mi è servita per riallacciarmi al fatto che
Jake dovrebbe essere il vero alfa, dato che Bella non sapeva nemmeno questo.
Ecco tutto (:
Ma ora basta indugiare, rispondiamo alle recenZioni, ja! XD
marpy: Oh, Marpiuccia cara, sei sempre
così biscottina :3 Sono contenta che tu abbia apprezzato il modo in cui
io interpretato i pensieri di Bella e le sue ‘ambiguità’. E
concordo su ciò che hai detto di Jake: quel ragazzo d’oro ha di
bello che non vuole sforzare Bella, e secondo me è una cosa
importantissima. E avrà modo di mostrare questa sua qualità molto
presto, anche in questa storia J Grazie ancora, per tutto <3 Un bacione :*
Zio_Legend: Nuooo che figata! Il
mio primo recensore maschioooo *O* Sono gioie che ogni autrice di storie
love-love dovrebbe provare, almeno una volta nella vita *_* (okay, mi
ricompongo).
Comunque, waaa non so che dirti! Ti ringrazio per tutti quei
complimenti *_* Comunque… Direi che no, non cerco assolutamente di
imitare la cara zia Steph, perché non oserei mai fare un confronto
simile. È il mio stile e basta, e sono contenta che voi lo troviate
scorrevole (:
Uhm… Io non ammiro Edward, anzi lo detesto, e detesto la tonna!
Però sull’adorazione/ammirazione per Jake ci troviamo estremamente
d’accordo, che è meglio *il puffo era Quattrocchi XD*
Comunque ho notato che sorvoli molto e scleri parecchio *_* Mi
piaci, ragazzo!
Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto :D Un bacione <333
_Starlight_: Ma io dico: W LE
ARANCE AVARIATE! Caraaaa le tue recensioni sono sempre così spisciose e
sclerate che quando viene il momento di risponderti non so che dirti :D
Come al solito, GRAZIE DI CUORE??? Sono sempre così contenta
dell’entusiasmo che dimostri che non mi sembra vero *_* GRAZIE GRAZIE
GRAZIE! <3
Però la prossima volta che devo descrivere qualcosa ti
faccio un fischio e lo scrivi tu! E smettila di dire che le tue descrizioni
sono bollettini metereologiciiii >< Topina scema <3
Oh, e viva gli scambi equi! XD
Ti voglio bèèèèène FVa :3 Un
bacionèèèèè <333
Caty_Mony: Donna senza fede, mi
sono veramente offesa ù_ù Ma cheee, scherzo :3 Beh, non ci ho
messo tanto ad aggiornare, no? Solo otto giorni, mentre prima pubblicavo un
capitolo al mese, quindi… >:3
However, capiscio la tua invidiaaaa >< anche io voglio essere al posto di
Bella! E anche io adovo Aro *ç* Non trovi che Michael Sheen sia stato
bravo a interpretarlo? *-* Anche se in certe riprese aveva l’aria un
po’ da coglione… bwahahaha XD
Spero che ti sia piaciuto anche quesssssto, adorabile Caty_Mony :3 (chi sei tra
le due? XD)
Un bacione <333
È tutto gente, torno a studiare diritto
-.-’’’
Vi amoooooo! <3
E ti amo, Jake <3
xoxo
Bea :3
Ps: Quel “«Capo Jacob»” l’ho pigliato da Eclipse (:
La settimana
che seguì fu una delle
più serene e gioiose degli ultimi tempi. Vivevo le mie
giornate al
fianco di Jacob con uno spirito diverso: non cercavo più il
pericolo per
sentire la voce di Edward e non mi servivo della complicità
di Jake per
assumere le vesti di ragazza incosciente, ma stavo con lui
perché era
l'unica cosa che volevo, l'unica cosa che mi facesse stare bene. Ed era
molto
più sano che cercare di uccidermi per sentire una voce. I
miei
sentimenti per Edward, tuttavia, non erano scomparsi e la ferita che mi
pulsava
dentro, anche se anestetizzata dall'amore di e per
Jake, c'era
ancora e riuscivo a sentirne la presenza. Faticavo ancora a pronunciare
il suo
nome e cercavo di non pensare a niente che lo riguardasse, compresa
quella
telefonata – della quale io e Jake non parlammo
più –. Ma
amavo Jacob, e avevo bisogno di lui come dell'aria: se prima mi era
difficile
immaginare una vita senza Jacob, da quel momento mi parve
assolutamente
impensabile.
Era una sensazione strana e difficile da spiegare. Era come
se il mio
cuore fosse diviso in due parti: una metà per Jacob e una
metà
per Edward. Una parte sana e l'altra sanguinante. Il mio amore per Jake
maturava di giorno in giorno, e più stavo con lui
più la sua
metà aumentava impercettibilmente, contatto dopo contatto.
Ciononostante
mi sentivo in colpa con Jake, perché mi sembrava di non
dargli in cambio
l'amore che lui donava a me, ma a giudicare da come si comportava
quando
stavamo insieme, non sembrava essere un problema, per lui.
Quando non era impegnato a dare la caccia Victoria
– che sembrava
essersi nascosta a nord – passava con me più tempo
possibile:
facevamo lunghe passeggiate sulla spiaggia, gli facevo compagnia mentre
dava
qualche ritocco alle moto o ci stabilivamo sul divano a guardare la tv
abbandonandoci alla pigrizia. Giovedì si presentò
dopo pranzo a
casa mia annunciando che, avendo preso una “giornata di
riposo”,
avremmo fatto una gita fuori porta, rimanendo a Port Angeles fino a
sera.
Passammo le prime ore del pomeriggio a girare per il centro mano nella
mano,
guardando le vetrine e godendoci il pullulare di persone sui
marciapiedi;
davamo abbastanza nell'occhio: Jacob era un armadio a due ante, alto e
abbronzato – bello
come il sole, tra l'altro – mentre io ero bassa, pallida e
sotto gli
occhi figuravano due belle occhiaie, souvenir ormai abituale degli
incubi
che continuavano ad assillarmi – purtroppo
l’acchiappasogni
non sempre funzionava –. Verso le sei Jacob mi
trascinò al cinema,
perché voleva vedere un film d’azione appena
uscito. Mi venne in
mente quella volta che con noi era venuto anche Mike: il ricordo mi
fece
sorridere, soprattutto quando ripensai a quanta paura avevo di
approfondire il
rapporto tra me e Jacob, quanto mi sforzassi di tracciare confini
chiari.
A circa metà proiezione, Jacob – che aveva finito
il suo
secchiello di pop corn formato famiglia già da un pezzo
– mi
sussurrò che si stava annoiando: non feci in tempo ad
assimilare le sue
parole che mi ritrovai le sue labbra incollate alle mie. Utilizzammo
quel
metodo anti-noia fino alla fine del film.
Una volta usciti dalla sala, Jacob iniziò insistentemente a
lamentarsi
che aveva fame.
«Ma
sei hai mangiato fino adesso», lo
rimbrottai, mentre ci dirigevamo mano nella mano verso la sua
Volkswagen.
«Uffa
Bells, perché dimentichi sempre
che sono un licantropo?», si lamentò, piantando il
muso. Alzai gli
occhi al cielo, slacciando la mano dalla sua e stringendomi a lui; il
suo
braccio mi circondò immediatamente le spalle.
«Perché ti
trovo molto umano», ammisi, sorridendo, e alzai il volto
verso il suo per
guardarlo bene in faccia. Sorrise brevemente, poi tornò a
immusonirsi.
L’avevo capito che scherzava.
«Okay,
molto carino», concesse, sbuffando,
«ma questo non cambia il fatto che sono un licantropo, ed
essendo un
licantropo ho il mio stomaco. Il mio pancino mi grida di mettere
qualcosa sotto
i denti, perciò ora andiamo a mangiarci una
pizza».
Scoppiai
a ridere, notando l’andatura con la quale accelerò
il passo.
«Sei peggio di un bambino, Jake», dissi allegra,
scuotendo la
testa.
Lui mi
guardò di sottecchi, lanciandomi uno sguardo malizioso.
«Ti
piaccio anche per questo, piccola», ghignò
sornione. Arrossii di
botto, aggrottando le sopracciglia. Alla mia reazione imbarazzata si
mise a
ridere. Salimmo sulla Volkswagen, e finimmo per cenare in una pizzeria
che dava
sul molo. Era un locale carino e molto accogliente; la cameriera ci
fece
accomodare al nostro tavolo ‘improvvisato’, e la
incenerii con lo
sguardo quando notai il modo sfacciato in cui fissava Jake. Non dissi
una
parola, e quando ci fummo sistemati piantai i gomiti sul tavolo,
immusonendomi.
Jacob se ne accorse e, ovviamente, approfittò
dell’occasione per
stuzzicarmi.
«Bells,
che hai? Perché sei così silenziosa?»,
domandò, con
aria innocente palesemente falsa. Lo guardai malissimo.
«Niente»,
borbottai, iniziando a fissare il tavolo.
Lui
ridacchiò, sfiorandomi una guancia. «Hai notato
come mi guardava
la tizia?».
«Impossibile
non accorgersene», sputai, fissandolo.
«Ehi,
che centro io?», domandò, alzando le mani come se
fosse stato
accusato di un reato col quale non aveva niente a che fare.
«Non è
colpa mia se sono bello!».
«No,
hai ragione. Non è colpa tua», dissi, acida.
«Infatti!
E non è colpa mia nemmeno se la cameriera mi
fissa», si difese.
Incrociò le braccia al petto, facendo risaltare i muscoli
sviluppati
sotto la pelle ramata. Sentii lo stomaco stringersi. Aveva ragione,
dannazione.
Era davvero bello.
Concentrati,
Bella. Tu sei arrabbiata, pensai.
Adoravo
litigare con Jake, ci faceva sembrare così, come dire, veri.
«Sì,
non è colpa tua».
«Allora
perché ti arrabbi?», chiese, gesticolando.
«Per
come ci sguazzi dentro! Sai che mi ha dato fastidio e ne approfitti per
punzecchiarmi», lo accusai, guardandolo truce.
«Oh,
ma lo sai che adoro farti arrabbiare», disse, avvicinando la
sua sedia
alla mia. Iniziò insistentemente a fissarmi con i suoi occhi
profondi, e
sentii la mia maschera da arrabbiata crollare definitivamente. Per
qualche
secondo mi guardò assorto, poi un lampo tra il divertito e
il malizioso
gli guizzò nello sguardo. Posò una mano sulla mia
guancia e mi
attirò lentamente a sé.
«Sei
ingiusto», sussurrai, poco prima che le sue labbra si
appoggiassero alle
mie. In quel preciso istante, come spesso accadeva quando mi baciava,
dimenticai tutto il resto, e mi lasciai andare con eccessivo trasporto.
Quando
si staccò da me rimasi qualche secondo con le labbra ancora
sporgenti e
feci per dire qualcosa, ma mi bloccai quando vidi la cameriera di prima
che mi
fissava infastidita. Sorrisi sotto i baffi, ringraziando Jake: capii
immediatamente perché mi avesse baciata così
improvvisamente.
«La
signorina desidera qualcosa?», domandò, stizzita,
ma cercò
di sorridere.
Non
guardai nemmeno il menù che mi porgeva. «Una pizza
doppia
mozzarella e una cola», dissi, sorridendo melensa.
«Doppia
mozzarella? Cavolo Bells, vuoi diventare ancora più
bianca?»,
domandò Jacob, guardandomi interdetto. Scoppiai a ridere, e
gli tirai
una pacca sulla spalla. «Scemo!».
La
cameriera aspettava che Jacob ordinasse, seccata. Lui se ne accorse.
«Oh,
mi perdoni signorina», si scusò, sfoderando un
sorriso mozzafiato.
La ragazza spalancò gli occhi, quasi fosse rimasta accecata.
«Allora, io prendo una pizza coi peperoni e una doppia
porzione di
patatine fritte. Da bere… Ma sì, mi porti una
birra», disse
Jake allegro. Lei fece per prendere nota, ma la bloccai, guardando male
Jake.
«No,
signorina, una coca anche per lui». Jacob sbuffò e
provò a
ribattere, ma gli mollai un calcio sotto il tavolo. Mi feci un male
tremendo,
ma strinsi le labbra, lasciandomi sfuggire soltanto un gemito: non
volevo
dargli anche quella soddisfazione. Con la coda dell’occhio,
lo scorsi
mentre ghignava maligno. Sospirai, rassegnata: in un modo o
nell’altro,
l’aveva sempre vinta lui.
Il resto
della serata trascorse piacevolmente e mi divertii moltissimo, come
sempre,
d’altronde: in compagnia di Jacob ridevo spesso e mi sentivo
felice.
Finito di cenare, mi riaccompagnò a casa: il viaggio di
ritorno fu molto
breve, o almeno, così mi sembrò. Forse, speravo
solo che il
momento in cui avrei dovuto salutarlo si facesse sempre più
distante,
invece arrivammo in un batter d’occhio di fronte alla casa di
Charlie.
Sospirai, e scesi dall’auto.
«Ehi,
Bells», mi chiamò lui, allungandosi e sporgendosi
verso il mio
sportello. «Nemmeno un bacio?».
Lo
guardai, confusa. «Non ti fermi cinque minuti?»,
domandai.
Lui
abbassò lo sguardo, dispiaciuto. «Purtroppo no. Ho
promesso a Sam
che non appena fossi tornato da Port Angeles, mi sarei
trasformato»,
ammise, attento alla mia reazione. Tornai a sedermi sul sedile e mi
avvicinai a
lui, buttandogli le braccia al collo. Sentii la sua mano affondare tra
i miei
capelli e spostare la mia testa dalla sua spalla. Mi baciò,
mentre io
stringevo le braccia dietro alla sua schiena. Cercai di assorbire dal
suo corpo
più calore che potevo, per affrontare con più
coraggio la notte
che mi attendeva, e lo strinsi forte.
Era uno
di quei nostri baci un po’ amari, quelli che precedevano una
“separazione” indesiderata. Jacob aveva un compito
pericoloso, e
quel bacio era sempre un po’ più intenso degli
altri… non
osavo nemmeno pensarci, ma sapevamo entrambi perché lo
facevamo in un
certo modo: casomai fosse stata l’ultima volta che ci
vedevamo…
Rabbrividii e tesi la mascella, mentre sentivo gli occhi gonfiarsi
inspiegabilmente di lacrime. Trattenni a stento un singhiozzo. Jacob si
separò da me, e mi asciugò una lacrima dispettosa
che stava
scivolando sulla mia guancia fredda. «Bells, su, non
piangere»,
mormorò dolce, dandomi un bacio sulla fronte.
«No,
scusa», balbettai, sfregandomi gli occhi col braccio per
scacciare le
lacrime. Lui mi sorrise, triste: la voglia di stare con me gliela
leggevo negli
occhi, ed ero sicura che nel mio sguardo c’era lo stesso
desiderio.
«Dai,
ti lascio andare», borbottai, voltandomi per scendere. Quando
fui fuori
dall’auto chiusi la portiera e Jake abbassò il
finestrino,
sporgendosi verso di me. «Bells… Credo che da
domani non riusciremo
più a vederci molto spesso», mi disse, cupo in
viso. «Ho
chiesto qualche giorno di vacanza a Sam per non trascurarti
troppo… Ma la
prossima settimana ricominci la scuola, e spero che non ti dispiaccia
passare
questi tre giorni da sola», spiegò.
«Tranquillo,
Jake. Non preoccuparti, me la caverò», affermai,
per nulla
convinta; gli sorrisi, cercando di rassicurarlo.
«Però…
Almeno un paio di telefonate per assicurarmi che stai bene me le
farai?».
«Ma
certo, tesoro!», esclamò, come se la questione
fosse scontata. Gli
sorrisi, allungandomi verso di lui per dargli un breve bacio. Quando mi
staccai, gli passai una mano tra i capelli.
«Buonanotte,
Jacob. State attenti», sussurrai.
«Come
sempre, Bells. Fai bei sogni, piccola», disse, e mi
baciò la mano
che era scesa sulla sua guancia.
Annuii,
cercando di sorridergli, e mentre metteva in moto mi salutò
con una
mano. Poi si allontanò con l’auto,
finchè i fari posteriori
non divennero invisibili nel nero della notte.
***
Quei tre
giorni senza Jacob si rivelarono, come previsto, un vero inferno. Era
come se
il tempo avesse cominciato a scorrere in una maniera esasperatamente
lenta,
mentre mi sentivo soffocare dalla solitudine. Per occupare quel vuoto e
impedire all’ansia e ai brutti pensieri di assillarmi, avevo
deciso di
impegnare tutte le mie energie nella montagna di compiti che mi era
stata
assegnata per le vacanze di primavera, che sarebbero terminate quel
lunedì.
Ma, come
al solito, anche i compiti si rivelarono troppo pochi, e mi ritrovai a
passare
il sabato e la domenica a girovagare per casa come un fantasma.
Charlie
era preoccupato, e pensava che quella lontananza da Jacob fosse stata
la
conseguenza di un litigio.
«Bells»,
mi disse, sabato mattina, mentre me ne stavo accucciata sul divano a
fingere di
guardare la televisione. «Ma tu e Jacob… Insomma,
va tutto bene tra
di voi?».
Lo
guardai perplessa. «Sì, papà,
perché?».
«Beh,
è da giovedì che non vi vedete… Avete
litigato per caso?
Non è che vi siete lasciati? Ti ha fatto
qualcosa?».
L’indecisione con la quale aveva iniziato la frase aveva
subito lasciato
posto all’agitazione, probabilmente dettata dalla paura che
un probabile,
secondo abbandono mi avrebbe di nuovo annegata nella depressione. Risi
debolmente. «No, papà, con Jake va tutto a
meraviglia, stai
tranquillo». Charlie sembrò tranquillizzarsi,
quindi
continuò a prepararsi per andare a pesca.
In quelle
giornate particolarmente grigie, gli unici momenti di
serenità erano
quando Jacob mi telefonava la sera. Parlavamo poco di Victoria, giusto
le
informazioni necessarie; più che altro, mi chiedeva cosa
avevo fatto
durante il giorno. E quando lui parlava, non prestavo molta attenzione
a
ciò che diceva, ma mi concentravo sul suono della sua voce,
che mi
mancava così tanto. Sapevo che avrebbe preferito venire di
persona, ma ero
a conoscenza del motivo per cui mi telefonava: si prendeva quei minuti
di pausa
prima per chiamarmi, poi per riposarsi un po’.
Dopo che
mi aveva dato la buonanotte, gli dicevo “ti
amo”… ma solo una
volta che lui aveva riattaccato, alla cornetta muta, in un sussurro
inudibile. Stupida, mi ripetevo.
E poi gli
incubi tornavano a perseguitarmi, tutti dello stesso stampo: Edward,
buio,
foresta, Victoria.
Mi
mancava Jacob, tantissimo; non lo vedevo da troppo tempo, per i miei
gusti:
perciò, quando me lo trovai lunedì mattina alla
porta di casa
mia, pensai che fosse una visione.
«Ehi
Bells, potresti anche abbracciarmi», esclamò
sorridente –
quanto mi era mancato il suo sorriso! –, quando vide che non
riuscivo a
spiccicare parola. Ma quando, finalmente, realizzai che Jacob era
davvero
lì di fronte a me, gli saltai al collo col cuore in gola.
«Jake!»,
esclamai, stringendomi a lui. Sentii le sue braccia attorno ai miei
fianchi, la
terra che mi spariva da sotto i piedi. Lui non disse una parola, mentre
le sue
labbra risalivano lungo il mio collo, mi sfioravano la guancia e
incontravano
la mia bocca. Mi baciò, passionale, e mi tolse il fiato.
«Mi
sei mancato», balbettai, nei pochi momenti nei quali le
nostre labbra si
separavano. «Tanto».
«Anche
tu, Bells, anche tu…», disse, ansimando.
«Ehi,
figliolo! Dov’eri finito?». La voce di Charlie ci
fece sobbalzare,
e Jacob mi rimise subito giù, ma non mollò la
presa attorno ai
miei fianchi. Affondai il viso nel suo petto caldo, decidendo di
ignorare
bellamente ciò che mio padre e Jake si sarebbero detti. Non
mi
interessava.
«Ho
avuto un sacco di impegni, Charlie… Scusa se ti ho smollato
questa
rompiscatole in casa per tre giorni di seguito», disse Jacob,
scoppiando
a ridere. Mi uscì una specie di ringhio dalla gola, e anche
mio padre si
mise a ridere.
«Ti
fermi a fare colazione?», gli chiese Charlie, mentre Jake mi
spingeva in
casa.
«Pensavo
solo di accompagnare Bella a scuola. Sarei venuto anche più
tardi, ma
non ce la facevo a starle lontano», disse, per niente
imbarazzato,
cercando il mio sguardo. Charlie borbottò qualcosa, a
disagio.
«Deve ancora fare colazione…».
«Non
importa, papà. Esco», dissi, gli occhi ancora
immersi in quelli di
Jacob. Sbattei le palpebre, per concentrarmi. Andai a prendere lo
zaino, mi infilai
la giacca e diedi un bacio a mio padre, prima di uscire, mano nella
mano, con
Jake.
Salimmo
sul pick-up, alla guida. Nel tragitto verso la scuola parlammo di tante
cose,
quasi volessimo recuperare tutto ciò che non
c’eravamo detti nei
giorni di lontananza. Arrivammo molto presto, il parcheggio era quasi
vuoto, ma
andava bene così. Avrei avuto più tempo per stare
con lui.
«Cavolo,
Jake, siamo proprio venuti ad aprire la scuola», dissi,
voltandomi verso
di lui, sorridente. Jacob scoppiò a ridere.
«In
effetti, avrei dovuto insistere e obbligarti a fare
colazione»,
proferì, prendendomi il viso tra le mani e avvicinando il
suo. «Ma
con Charlie attorno non avrei potuto fare questo»,
sussurrò a un
centimetro dalle mie labbra, per poi coinvolgermi in un appassionante
bacio.
Emisi un suono di assenso, mentre il cuore accelerava i suoi battiti,
riempiendomi le orecchie. Lentamente, sentii il mio corpo adagiarsi
contro
qualcosa di morbido, e mi ritrovai parzialmente stesa sul sedile del
pick-up,
con Jake sopra di me che continuava a baciarmi.
«J-Jacob»,
balbettai, rossa come un pomodoro, cercando di concentrarmi.
«Ci
v-vedranno tutti».
«Chi
se ne importa», ruggì piano ghignando, mentre le
sue labbra
scendevano bramose lungo il mio collo. Buttai uno sguardo fuori dal
finestrino,
e notai quanto il parcheggio stesse cominciando a riempirsi. Quanto
tempo era
passato?
«Dai,
Jake», dissi a voce un po’ più alta,
posandogli le mani sul
petto, cercando di sollevarlo. Lui si fermò, immergendo gli
occhi neri
nei miei. «Scusa», sussurrò, e rimanemmo
lì,
immobili, a fissarci. Cercai di riprendermi, e gli posai una mano sulla
guancia. «Mi accompagni fino
all’entrata?», gli chiesi,
sorridente.
«Ma
certo», disse, e si sollevò. Mi sistemò
una ciocca di
capelli dietro l’orecchio, e mi sorrise, divertito.
«Cavolo, Bells,
non riesco a far altro che saltarti addosso –
sospirò – Mi
sa che è stata la lontananza…».
Ridacchiai
e afferrai lo zaino, apprestandomi a scendere. «Pronto a
presentarti al
mondo come nuovo ragazzo di Bella Swan?». Lui mi
guardò,
emozionato, e dentro di me avvertii un moto di compiacimento, quando mi
resi
conto che ero felice che tutti sapessero di noi.
«Dici
sul serio?», domandò, incredulo.
«Ovviamente
no», dissi, fingendomi seria e alzando gli occhi al cielo.
«Dai,
scherzavo!», mi affrettai a rassicurarlo, quando vidi la sua
espressione.
«Allora, sei pronto o no?».
«Io
sono nato pronto», affermò, con finta arroganza e
un ghigno di
sfida sul volto.
Scendemmo
dal pick-up tra le mie risate, e mi fu subito accanto, la mano stretta
alla
mia. Lo guardai, sorridendogli, e ci avviammo verso
l’ingresso.
All’istante, sentii su di noi le occhiate curiose degli
studenti, e mi
sembrò quasi di sentire i loro pensieri, ovviamente pieni di
incredulità.
Mi misi a fissare l’asfalto sotto i miei piedi,
finchè non
avvertii un paio di braccia sottili circondarmi il collo.
«Bella!»,
esclamò Angela, a mo’ di saluto. Lasciai la mano
di Jake, per
ricambiare l’abbraccio.
«Ciao,
Angela», dissi, sorridendo imbarazzata. Notai lo sguardo che
lanciò a Jacob, e poi quello che lanciò a me:
entrambi molto
eloquenti. Notai Ben dietro di lei, e lo salutai con la mano.
«Ciao,
sono Jacob», esclamò Jake, amichevole, offrendo
una mano ad Angela
mentre mi circondava la vita con un braccio.
«Piacere,
Angela», ricambiò, educata e leggermente timida, e
prese la mano
di Jake, squadrandolo. «Mi sembra di averti già
visto…».
«First
Beach, forse? L’anno scorso, quando siete venuti a La Push?
La prima
volta che ho rivisto Bella, mi sa», ipotizzò
Jacob, sorridendo.
«Esattamente…
Cavolo, non ti avevo riconosciuto», ammise Angela,
ridacchiando, poi
prese Ben per mano. «Noi entriamo. Ci vediamo a spagnolo,
Bella»,
mi salutò, poi guardò Jacob, sorrise e mi
lanciò un’occhiata
maliziosa. «Ciao, Jacob», disse, senza staccare lo
sguardo dal mio.
Sospirai, pensando all’interrogatorio al quale Angela mi
avrebbe
sicuramente sottoposto più tardi: che stesse seguendo le
orme di
Jessica? Mi sentii male.
«Forse
è meglio che vada anche io», dissi, con una
smorfia. Jake rise del
mio tono sconsolato, e mi si parò davanti, prendendomi il
volto tra le
mani, accarezzandomi le guance per consolarmi. «Tu non vai a
scuola?»,
domandai, stringendo la sua mano contro la guancia destra.
«Non
con quella succhiasangue che continua a girare indisturbata»,
sussurrò, poggiando la fronte alla mia. «Adesso ho
cose più
importanti da fare che scaldare il banco a scuola», disse,
abbracciandomi. Scoppiai a ridere.
«Okay,
ti concedo la pausa finché non catturate Victoria.
Però sappi
che, una volta che tutto questo sarà finito, ti
rispedirò a
scuola a calci nel sedere», lo avvertii, seria. Non volevo
che
compromettesse la sua istruzione per certe faccende da lupi…
Mi sentivo
un po’ una mamma.
«Rompiscatole»,
disse, e mi baciò con una tale intensità che mi
dovetti staccare
per riprendere fiato. Lui rise e mi lasciò andare.
«Ti
vengo a prendere dopo la scuola, se riesco», promise,
arruffandomi i
capelli. «Bye bye, piccola», mi salutò,
soffiandomi un
bacio. Lo salutai con la mano, rimanendo a fissarlo come
un’idiota mentre
se ne andava. Cercai di riprendermi, e mi tirai uno schiaffo leggero
sulla
guancia, per svegliarmi. Poi girai i tacchi ed entrai, pronta a subirmi
tutte
le occhiate dei pettegoli della scuola. Sapevo che sarebbe stata una
giornataccia, e ci beccai in pieno: arrivai a fine lezioni stremata
psicologicamente, dopo essermi sentita osservata per tutto il giorno.
Tra le
occhiate che mi avevano lanciato gli studenti in sala mensa e le
domande
insistenti di tutti i miei compagni di pranzo (escluso Mike,
ovviamente, al
quale tenevo ancora il muso), l’orario scolastico mi era
parso
incredibilmente lento, e fu una gioia uscire da scuola. Ovviamente, non
appena
uscii nel parcheggio, mi guardai attorno, per trovare la figura di
Jacob. Il
mio cuore mancò un battito quando scorsi una persona dalla
pelle bronza
che, di primo acchito, mi sembrò Jake. Mi avvicinai
sorridendo, quasi
mettendomi a correre, ma rimasi sorpresa quando scoprii che, appoggiato
al mio
pick-up, non c’era il mio Sole, bensì Quil.
«Ehi
Quil!», esclamai, abbracciandolo. Era da tanto tempo che non
lo vedevo,
ed era cambiato veramente molto. «Sei venuto a prendere la
tua ragazza?»,
domandai, maliziosa.
Lui
scoppiò a ridere. «Wow, non sapevo che fossimo
fidanzati!»,
esclamò, e a quel punto arrossii di botto, facendo crescere
le sue
risate. «Comunque, no, la mia ragazza non frequenta questa
scuola».
Sorrisi,
squadrandolo dalla testa ai piedi. «Accidenti, sei diventato
altissimo»,
esclamai.
Incrociò
le braccia al petto, mostrando orgoglioso i suoi muscoli. Come al
solito. «Prova
a immaginare il perché», disse, e mi
guardò, eloquente. Mi
ci volle poco tempo per arrivarci.
«Così…
Anche tu…», sussurrai, sconvolta.
Chissà come l’aveva
presa Jacob…
«Già,
alla fine anche io mi sono unito alla festa», disse, uno
scintillio
eccitato negli occhi.
Pensare a
Jacob mi fece venire in mente ciò che mi aveva promesso, ma
alla fine
non si era fatto vedere. Provai una momentanea delusione, offuscata
immediatamente da un’altra questione: che ci faceva
lì, Quil?
«Mi
devi ancora dire cosa fai qui», dissi, cercando di sorridere.
Non so
perché, ma avevo un brutto presentimento.
Il suo
sguardo si fece serio e contrasse la mascella. «Jake mi ha
chiesto di
venirti a prendere».
«Perché?
Che è successo?», dissi, a voce troppo alta, quasi
isterica.
«Ecco,
stamattina… Io, Jacob e Paul abbiamo trovato una traccia che
conduceva a sud,
poi ci siamo divisi. Jacob si è diretto a Goat Rocks, ma
Victoria aveva
lasciato parecchie scie per confonderci. Però lui ha trovato
quella
giusta, e lei era ancora lì… Sono arrivati ad uno
scontro».
Fece una pausa, studiando il mio viso per un secondo infinito.
«Jacob
è rimasto ferito».
Angolo
Autrice ~
Ho pure
aggiornato con un giorno di anticipo, che volete di più,
dico io? U_U
Comunque… Yep, siamo già all’undicesimo
capitolo! *.* Ed
è venuto più lungo del solito! *.*
Vi avviso che nei prossimi succederà il cataclisma,
perciò
preparatevi (: Il periodo di pace è finito,
purtroppo… Come
canta Nelly Furtado, why do all good
things come to an end?
C’est
la vie, miei tesori :] Ma non preoccupatevi troppo, okay? Nemmeno per
Jake, che
si è fatto la bua, povero amore :°(
Ma ora passiamo ai ringraziamenti e alle recensioni!
Allora, ringrazio le 52 persone che
hanno inserito questa storia ai preferiti
e le 39 che la seguono
*.*
E adesso
recenZioni! Scusate se non mi dilungo tanto ma ho molto sonno =_=
(dorme sulla
tastiera)
Caty_Mony:No no, Jake non avrà l’imprinting con
nessuna J
Per un secondo ho
pensato di farglielo avere con Angela, ma era solo un pensiero come un
altro
(Aro Quote *ç* Coccoloso & Inquietante! <3),
e orribile XD Ma
ammettetelo, che per un momento lo avete pensato, quando Angela lo
guarda! O
no? ._. Però tranquilla, farò soffrire la tonna
in altri modi…
Bwhahah, sarò un vero mostro >:3 Grazie mille per la
recensione,
Cate! *.* Sono felice che continui a seguirmi, e spero che questo
capitolo non
ti abbia deluso ^^ Un bacione!
MihaChan:Non posso che essere d’accordo sul fatto
dell’amore
per Jacob e l’antipatia per la tonna (non piace nemmeno a me!
Troppe
segheeee, la cocainomane!), siamo uguali, ragazza! E non posso che
ringraziarti
di cuore per tutti i complimenti che mi hai fatto *///* Uffiiii
siete tutte così biscottose
<3 Ehm, okay,
momento pucciosità
over =.= Babbè,
spero che questo capitolo ti sia piaciuto :3 Un bacioneee
<3
_Starlight_:FVaaaa, amoVinamiaaa T_T Cacchio,
possibile che non sia ancora
riuscita a recensirti il capitolo secondo?? Accipigna, questa settimana
è stata un casino totale, ed è un miracolo se
sono riuscita ad
aggiornare! Domani recensisco, anzi, ORA, seduta stante! (Ore 23.55
spaccate
ù_ù). Tralasciando i miei scleri… so
che posso sembrare
noiosa e ripetitiva, ma… GRAZIE, davvero. Grazie mille per
il sostegno e
l’affetto con cui continui a seguirmi… Cavolooo
sei fantastica, e ti voglio bèèèène
topina mia *w* Davvero, grazie ancora per tutto <3 Mi auguro che
anche
questo capittòlo
sia stato di tuo gradimento :3
Un bacione <3
eia:Okay, adesso mi sento il mostro della palude ._. Mi dispiace
tantissimo di aver scritto quelle cose, davvero! Spesso parlo a
sproposito,
quindi non fateci caso, io scherzavo… Comunque, te lo dico:
non sentirti
obbligata a recensire se il pairing
non è di
tuo gradimento, dico sul serio! Capisco cosa provi, e so che al tuo
posto e a
parti invertite mi comporterei allo stesso modo, perciò ti
prego, non
sentirti obbligata in nessun modo. Se vuoi continuare a seguirmi non
può
che farmi piacere, ma non voglio che tu ti senta costretta a recensire J
Comunque,
su una cosa siamo d’accordo:
l’odio per la tonna è_é
Scusami ancora tantissimo! Un bacione <3
marpy:
Tranquilla
Marpiuccia cara, Jake non avrà l’imprinting
con nessuno più avanti (: Yeah,
i nostri due
amati piccioncini cominciano davvero a rilassarsi un po’ ed
andare
leggermente oltre i limiti imposti dalle turbe mentali della nostra carssssissima Bella (seee
come no =.=), ma la meta è ancora lontana, e i problemi
d’ora in
avanti saranno molti. Ma tutto, in qualche modo, si
sistemerà…
Penso :3 Spero che questo capitolo ti sia piaciuto ^^ Alla prossima, e
grazie
di tutto! Un bacione <3
Anche
per questa settimana ho dato,
gente XD
Al prossimo capitolo, il 12 *.*
Vi amo, ricordatelo ù_ù STARFISH IS LOVE YOU!
*sparla*
«Bella!»,
mi chiamò Quil, mentre aggiravo il pick-up di corsa e mi
mettevo al posto di
guida, con le lacrime agli occhi. Jacob è ferito, Victoria gli ha fatto del male,
continuavo a pensare ininterrottamente
e quel pensiero mi stava soffocando. Quil picchiò sul
finestrino, facendomi
sobbalzare, mentre con le mani tremanti cercavo le chiavi del furgone.
«Fermati, Bella!».
«No! Voglio andare da Jacob», gridai, disperata,
tentando di mettere in moto.
«Non puoi guidare in quello stato», disse, salendo
dalla parte del passeggero.
«Io devo andare da lui!», gli urlai di nuovo
addosso. Perché non voleva
capirlo?! Improvvisamente, mi strinse, per tenermi ferma.
«Ascoltami, Bella», mi ordinò, serio.
«Jacob sta bene. Si è rotto spalla
braccio e destri, ma mio nonno lo ha già curato. Sta
dormendo, adesso». Le sue
parole mi calmarono un po’, perciò cercai di
riprendere il controllo di me
stessa.
Mi resi conto che forse avevo esagerato. Quil mi lasciò
andare e prese il mio
posto al volante, facendomi scivolare nel posto del passeggero. Mise in
moto e
partì a velocità moderata, meta La Push.
Il viaggio fu molto silenzioso, con lui che teneva gli occhi ben
piantati sulla
strada e io che guardavo fuori dal finestrino, preoccupata. Il mio
flusso
incoerente di pensieri venne interrotto dalla voce di Quil, che mi
aveva detto
qualcosa. «Accidenti,
Bella… Non
pensavo che tenessi così tanto a Jacob!»,
esclamò, sorpreso. Io lo
guardai di sbieco. Come poteva affermare che non tenessi abbastanza a
Jake per
preoccuparmi per lui? Jacob… ormai Jacob era tutto per me. «Pensavi
male», dissi, indispettita. «Cioè, non
fraintendermi, Bella. So che gli vuoi bene, però…
Oh, al diavolo! Scusami, non
avrei dovuto dire quelle cose», disse alla fine,
impacciato. Io
sospirai, decisa a sorvolare, però lui parlò di
nuovo. «Il fatto
è che ho visto nella mente di Jake che
state insieme… Come state insieme… E pensavo
fossero solo delle sue fantasie»,
ammise, ridacchiando.
«Maledetta telepatia lupesca», borbottai, rossa
come un pomodoro. Quil
scoppiò a ridere. «Sì, è una
bella seccatura. Ma devi prendertela con Jake, se
pensa a te in continuazione», aggiunse, lanciandomi
un’occhiata di intesa, che
non voleva essere per nulla maliziosa. «Anche lui
è sempre nei miei pensieri»,
confessai di getto, sorridendo imbarazzata.
Quil mi diede una pacca leggera sulla spalla.
«Non l’avrei mai detto che sareste arrivati a
questo punto! Cioè, avevo capito
che era Jake quello più coinvolto, sin dalla prima volta che
vi ho visto in
garage», disse, un guizzo divertito negli occhi scuri.
Probabilmente si stava
ricordando di quanto lui ed Embry lo avevano preso in giro. Risi anche
io. «Ma Jake mi aveva raccontato della tua
situazione di allora, perciò
pensavo che sareste stati sempre e soltanto amici»,
continuò, attento alla mia
reazione. Probabilmente sapeva, sempre grazie a Jacob, che non era
facile per
me parlarne.
«Le cose cambiano», affermai, serena e con
noncuranza.
«Concordo», asserì, un po’
malinconico. I suoi occhi, per chissà quale motivo,
si fecero tristi. Cercai di distrarlo.
«Ehi, ma tu hai l’età giusta per
guidare?», gli domandai critica, indicando con
un dito le sue mani, che stringevano il volante, con fare accusatorio.
Lui alzò gli occhi al cielo, e mi ricordò
immediatamente Jacob.
«Diciamo di sì», disse, calcando molto
sulla parola “diciamo”.
«Ricorda che mio padre è un poliziotto…
potrebbe farti una multa», lo avvertii,
fingendomi seria.
«Allora dovrebbe farla anche a Jacob»,
ribatté, furbo, lanciandomi un’occhiata
maliziosa. «E non mi riferisco solo al fatto di guidare senza
patente».
Sentii il mio viso andare a fuoco, e voltai di scatto lo sguardo,
stringendo le
labbra imbarazzata. Quil esplose in una risata sguaiata, poi si fece
improvvisamente serio.
«Eccoci», mi avvisò quando ci ritrovammo
davanti alla casa di Emily.
Scesi in fretta, tenendo fisso lo sguardo sull’abitazione;
Quil si materializzò
al mio fianco e mi posò una mano tra le scapole, per farmi
avanzare verso
l’ingesso. Non sapevo in che condizioni era Jacob, e avevo
paura di vederlo,
magari, sofferente… Deglutii rumorosamente e bussai.
Ovviamente, venne ad aprirmi Emily. «Bella», disse,
e mi abbracciò.
«C-come sta?», mormorai, con un groppo in gola. Lei
si scostò da me, sorridendo
per metà.
«Dorme», mi assicurò, mentre nello
stesso istante allungavo il collo oltre la
sua spalla per cercarlo. Emily mi intercettò.
«L’abbiamo sistemato in camera mia»,
disse, prendendomi per mano. «Sul divano
non ci stava».
«Perché non l’hanno portato da
Billy?», domandai, ansiosa. Stavamo
attraversando il soggiorno, per infilarci in un corridoio abbastanza
piccolo,
dove si affacciavano delle porte.
«Era da mia zia, come sempre», mi
informò, aprendo la più vicina.
Una rapida occhiata e lo trovai, steso sul letto matrimoniale di Emily,
a petto
nudo, con gli occhi chiusi e delle fasciature che gli avvolgevano la
parte
destra del corpo. Aveva il bendaggio tipico di chi si era rotto un
braccio. Mi
avvicinai a lui, piano, e mi appostai sul bordo della sua parte di
letto,
attento a non scuoterlo. Era pallido, o meglio, meno abbronzato del
solito.
«Sembra stravolto», dissi, sull’orlo
delle lacrime. Gli sfiorai leggermente le
occhiaie che gli si erano formate.
«Era parecchio stanco», sospirò Emily,
posandomi una mano sulla spalla. «E
questo ha giocato a suo sfavore… è svenuto, poi
si è risvegliato, ma Quil ha
dovuto riaddormentarlo per spezzargli le fratture». Ebbi un
fremito,
immaginando quanto il mio Jacob potesse aver sofferto. Amore, pensai, quando gli accarezzai una guancia.
Chinai la testa e mi
sfuggì un singhiozzo.
«Bella», proferì Emily, dolce.
«Non devi preoccuparti: Jake starà bene. Si
rimetterà presto… È in questo stato
perché ha accumulato stanchezza, ma lui è
forte. Licantropo, ricordi?».
«Sì», mormorai debolmente. Le sorrisi,
imbarazzata. «Posso stare un po’ da sola
con lui?».
«Certo», disse Emily sorridendomi, mentre Quil
annuiva con convinzione.
Uscirono dalla camera e mi lasciarono sola con Jake. Iniziai a
toccargli il
viso, gli passai le mani tra i capelli corti, seguii il contorno delle
sue
labbra. Guardai per bene il suo viso stanco, e mi sentii uno schifo:
Jacob
aveva rischiato la vita e si era pure fatto del male per me…
Dannazione, perché
trovavo sempre il modo di ferirlo, sia fisicamente che emotivamente?
Una parte
di me si rendeva conto che era un sentimento del tutto irrazionale,
eppure non
riuscii a soffocarlo.
Mi sentii attanagliare lo stomaco da una morsa, quando ipotizzai
ciò che
sarebbe potuto accadere al mio sole, e mi sentii sbriciolare. I miei
pensieri
macabri si interruppero quando lo sentii mugugnare, e vidi mente
stringeva gli
occhi, segno che si stava svegliando. Gli serrai una mano nelle mie con
la
forza di una piuma, mentre aspettavo che aprisse gli occhi, impaziente.
Sembrava
confuso, e riprese conoscenza poco a poco; mi squadrò per
qualche istante, poi
parlò, incerto e roco:
«Bells…».
Io annuii, le lacrime agli occhi. «Sì,
sì Jake, sono io». Mi sporsi verso il
suo viso e non resistetti all’impulso di dargli un bacio. La
sua mano sinistra
mi toccò la guancia e mi scostò: ritrovai il suo
sguardo perplesso a pochi
centimetri di distanza. «Ma… dove mi
trovo?», chiese, con la voce impastata.
«Sei a casa di Emily… Sei rimasto ferito in uno
scontro con Victoria», gli
raccontai, rabbrividendo. «Mi hai fatto venire a prendere da
Quil, non
ricordi?». Sembrò pensarci su, e strinse gli occhi
per cercare di ricordare.
«Non molto».
«Come ti senti?», gli domandai, ansiosa. Lui fece
segno di stendermi accanto a
lui, dalla parte sana del suo corpo. Annuii e girai intorno al letto,
sistemandomi accanto a lui cercando di scuoterlo il meno possibile.
Posai la
testa sulla sua spalla e stringendogli il braccio sinistro.
Sospirò, sorridendo. «Adesso sto bene. Anche se mi
sento un po’ stanco».
«Dirò a Sam di darti qualche giorno di
pausa», dissi, aggrottando le
sopracciglia. Se Uley lo avrebbe rimandato al
“lavoro” subito il giorno dopo,
se la sarebbe vista con me.
«Non preoccuparti, Bells. Probabilmente mi basterà
fare una bella dormita e
domani sarò già in forma splendida»,
disse, baciandomi la fronte; sembrava
sincero. Effettivamente lui era un licantropo, e probabilmente aveva
bisogno di
meno tempo per rimettersi in sesto.
Lo sapevo, eppure mi opposi fermamente. «No. Tu riposi per
qualche giorno, non
voglio sentir ragioni», replicai, alzando la voce, cercando
di essere decisa.
Lui si mise a ridere, scompigliandomi i capelli. «Sei davvero
una piccola
rompiscatole», mi prese in giro, ghignandomi provocatorio.
Piantai il muso. «Scusa tanto se mi preoccupo per
te», dissi, riducendo gli
occhi a due fessure per fissarlo, truce; lui, per tutta risposta,
continuò
imperterrito a esibire quel sorriso di sfida. Allora mi alzai col
gomito
destro, chinandomi su di lui, e gli posai la mano sinistra sul volto.
«Non farmi arrabbiare», ringhiai.
Poi, a sorpresa, lo baciai con passione, felice del fatto che era di
nuovo lì,
con me. Che non gli era successo nulla. Si alzò fino ad
appoggiare la schiena
contro la testiera del letto, e infilò una mano tra i miei
capelli, giocandoci
per avvicinare ancora di più il mio volto al suo. Dopo un
po’ si staccò
ansimante, e temetti di aver esagerato.
«Scusa», sussurrai, le guance cosparse di un lieve
rossore.
«Cazzo Bells, dovrei farti arrabbiare più
spesso!», esclamò, senza fiato e con
gli occhi luccicanti.
Risi, annaspando. «Idiota», ansimai, stringendogli
i capelli e riprendendo a
baciarlo. Travolta da quel bacio così intenso, non mi ero
nemmeno accorta di
essermi alzata sulle ginocchia: praticamente ero più
“alta” di Jake, e lui ne
aveva approfittato per posare la sua mano bollente direttamente sulla
pelle dei
miei fianchi. Al contatto, sentii sorprendentemente gli occhi
arrovesciarsi
all’indietro, e un brivido violento percorrermi la spina
dorsale. Le nostre
labbra diventarono sempre più bramose, mentre i nostri
respiri accelerati
battevano l’uno sull’altro. Gli strinsi i capelli
con entrambi le mani per
avvicinarlo e portargli il volto contro il mio collo, come se volessi
guidare
le sue labbra. La mano sinistra abbandonò quel disordine
selvaggio e scese sul
suo petto nudo.
Sentii una fiammata di caldo soffocante avvolgermi. Nella foga, feci
risalire
le mie dita, che andarono a stingere la sua spalla infortunata; quando
sentii
il suo lamento provocato dal dolore, mi fermai immediatamente,
riprendendo il
controllo di me stessa.
«Oddio, Jake, scusami!», lo implorai, sfiorandogli
cauta il punto dove lo avevo
colpito. «Quanto sono cretina?!», imprecai,
arrabbiata. Lui scoppiò a ridere.
«Non preoccuparti, Bells», cercò di
rassicurarmi. «Non mi dispiace… Anzi,
ripeto: dovresti farlo più spesso».
Lo fulminai con lo sguardo, regalandogli una linguaccia e incrociando
le
braccia al petto.
«Se solo queste bende non mi fossero
d’intralcio…», si lamentò,
incupendosi.
Risi della sua espressione corrucciata.
«Non metterti in testa strane idee, ragazzino in balia di
tempeste ormonali»,
lo presi in giro, quasi rimproverandolo.
«Ti faccio notare che sei stata tu ad assalirmi con la tua
furia distruttrice»,
osservò, sorridendo sornione. Arrossii, spostando lo sguardo
altrove, senza una
frase pronta per controbattere: aveva ragione, ero stata io a saltargli
addosso. Provai un immediato imbarazzo, chiedendomi cosa accidenti
mi
fosse preso.
«Forse è meglio se vado a casa e ti lascio
riposare», sussurrai, abbassando lo
sguardo. Feci per scendere dal letto, ma lui mi afferrò un
braccio.
«No, ti prego, resta qui un altro po’»,
mi implorò, il volto supplicante. Mi si
strinse il cuore, perciò ritornai tra le sue braccia, con un
sospiro.
Iniziammo a parlare del più e del meno, sereni, avvolti
dalla nostra bolla di
pace: tutto ciò che ci turbava o tutte le cose brutte che
incombevano su di noi
sembravano lontane anni luce.
Questa era una cosa che amavo di Jake: quando ero insieme a lui, tutte
le
preoccupazioni e le paure sparivano, anche se per un tempo non
abbastanza
lungo.
Scoppiata la bolla, si riversavano su di noi immediatamente.
Eppure, non riuscivo a scoraggiarmi del tutto…
Finché avessi avuto Jacob al mio
fianco, nulla mi avrebbe spaventato davvero.
Me ne andai un paio d’ore dopo, quando notai lo sforzo immane
di Jacob a tenere
gli occhi aperti. Cercò di assicurarmi che stava bene, ma
stavolta non mi
lasciai convincere.
«Dormi, Jake», dissi, alzandomi dal letto. Lui
sporse il labbro inferiore e
aggrottò le sopracciglia.
«Ma devo passare la notte qui?», domandò
Jacob, in tono lamentoso. Girai
intorno al letto, raggiungendo il suo capezzale. Mi chinai per
accarezzargli
una guancia e gli baciai la punta del naso. «Chiedo agli
altri se ti portano da
Billy, quando stai meglio. Fai il bravo, Jake, mi raccomando. Poi sappiatemi dire se
sei qui o da Billy,
così domani ti vengo a trovare».
«Certo, certo», disse, sorridendomi e dandomi un
bacio. Mi staccai dopo un po’,
avviandomi verso la porta della camera; lo salutai con la mano e uscii
dalla
stanza, chiudendomi la porta alle spalle.
Me ne andai dalla casa di Emily, dopo aver salutato il branco, che si
era
riunito lì: avevano deciso di riportare Jacob da Billy
quella sera stessa. Li
ringraziai e uscii, dirigendomi in fretta verso il pick up per non
prendere
troppa acqua: pioveva.
Tornata a casa, mi misi subito al lavoro per preparare la cena a me e a
Charlie, che aveva finito di lavorare. Billy doveva avergli detto che
Jacob si
era fatto male, perché mio padre si informò sullo
stato di salute del ragazzo.
Mi inceppai un po’ quando mi domandò come aveva
fatto a rompersi il braccio e
la spalla, e me la cavai addossando la colpa a un banale incidente in
palestra.
Quando finimmo di cenare, iniziai a fare i compiti, che, come al
solito, erano
troppo pochi. L’ora di andare a dormire arrivò,
così diedi la buonanotte a mio
padre, mentre l’ansia da incubi mi si riversò
addosso non appena salii il primo
gradino delle scale. Cercai di attardare facendomi la doccia e
lavandomi i capelli,
ma il momento di infilarmi sotto le coperte arrivò,
inesorabilmente. Baciai,
come facevo tutte le sere, il piccolo acchiappasogni che dondolava
sopra il mio
letto. Era un gesto sciocco, talvolta un po’ inutile,
perché quell’oggettino
sembrava non voler funzionare. Forse perché
l’unico che riuscisse veramente a
tenere lontano gli incubi era Jacob… Sì, era un
gesto sciocco, ma che mi
infondeva comunque un po’ di serenità, appunto
perché mi ricordava la persona
che me l’aveva regalato. Posai la testa sul cuscino, facendo
un respiro
profondo e serrando gli occhi, pronta a farmi assalire dagli incubi.
Sembrava passata solo una manciata di secondi, quando riaprii gli occhi
dentro
il mio incubo.
Vedevo la mia immagine riflessa in uno specchio dalla cornice dorata,
molto
simile a quello dell’incubo che avevo avuto per il mio
compleanno. Ero così
immobile da sembrare una statua. Girai improvvisamente di scatto la
testa alla
mia destra, ritrovando Edward in piedi di fronte a me, che mi
sorrideva. Rimasi
impassibile alla sua presenza, anche quando, in un battito di ciglia,
lo
ritrovai seduto al mio fianco, sopra un vecchio divano polveroso in
stile
imperiale. Lo specchio sempre di fronte a noi. Mi baciò il
collo, scostando
dolcemente i capelli dalla mia spalla destra, ma anche in quel caso non
feci
una piega: fissavo soltanto il vuoto davanti a me. Avevo freddo.
Edward scostò le labbra dal mio collo, portandole vicino al
mio orecchio.
«Bella, sei un incanto», sussurrò, con
la sua voce vellutata e suadente. «Guardati»,
disse poi, poggiandomi un dito sulla guancia e facendo voltare il mio
viso
verso lo specchio.
Concentrai tutta la mia attenzione sulla superficie, e mi ritrovai a
fissare
una creatura stupenda, dalla pelle diafana, il viso perfetto
incorniciato da una
cascata lucente di capelli scuri. Era bellissima, straordinariamente
perfetta,
se non per un dettaglio terrorizzante, che mi fece gelare il sangue: i
suoi
occhi erano di un rosso vivido e acceso, divampante come le fiammelle
dei
carboni ardenti.
L’orrore si triplicò, espandendosi dentro di me,
quando mi resi conto che
quella persona bellissima e terrificante ero io.
A quel punto, non riuscii più a trattenere il terrore e
urlai.
Angolo
autrice. Ho
cercato di
aggiornare il più in fretta possibile, prima della mia
partenza per il mare –
non andrò in spiaggia! – che avverrà
domani. Rimarrò a Riccione per qualche
giorno, e sarò senza computer fino al tre
gennaio… quindi ci risentiremo
nell’anno nuovo :)
Sono un po’ di fretta, quindi scusatemi se non rispondo uno
per uno alle vostre
recensioni… anzi sì, vi ringrazio uno per uno e
rispondo, al diavolo inglese!
matrix:
Capisco tutto il tuo
disappunto e la tua incredulità per la scelta idiota della
tonna =.= Vabbé, non
vuole Jake? Nessun problema, non si butta certo via XD
Comunque, per quel che ritorno del bastoncino di pesce… Mi
spiace signorina,
non abbiamo nessun volo prenotato per Forks che parte dal Brazil :) Ma non si sa mai…
Grazie mille per la recensione ^///^ e non preoccuparti se non riesci
ad
aggiornare sempre, capisco ;)
Un bacione, e tanti auguri per un bel 2010!
Zio_Legend:
Ecco, scoperto ciò che
è successo a Jake! : D Comunque, ci vorrà un
po’ prima che Bella riesca a
confessare i suoi sentimenti, però, come hai letto in questo
capitolo, comincia
già ad avere certi sbilanciamenti… Eheheh *.*
Ma non
preoccuparti se ti sei dimenticato una recensione >w<
Anzi, grazie mille
per aver continuato a seguirmi (: Tantissimi auguri di buone feste e
auguri per
un fantastico 2010! Un bacione <3
Grety:Mah, secondo
me il Natale viene festeggiato
un po’ dappertutto, anche a Forks penso! Ssseh, ma io volevo
Jake sotto
l’albero! Uff, Babbo Natale non mi esaudisce proprio mai,
eh?? >.<
Oddio, perdona ‘sti scleri pessimistici =.= Sono felice che
pensi che renda
bene Bella e Jacob… l’OOC è la cosa che
temo e aborro di più °_°
Grazie mille per la recensione ^^ Questo è
l’ultimo aggiornamento per il 2009,
quindi… a te i miei più cari auguri per un buon
anno nuovo! Bacioni <3
_Starlight_: Cavolo topina mia, tu sei sempre
troppo
lusinghiera >_< Maledetta, mi fai pure
pubblicità! è_é
Comunque… sono stra-felice che questa storia ti continui a
piacere! E anche che
ti attizza il profumo di guai XD Beh, sarai accontentata amoVe,
perché dal
prossimo capitolo le cose inizieranno a precipitare :)
Eccerto che Jacob nella mia fic ha 16 anni! Cavolo, Bella oltre che
tonna è
pure una pedofila °-° Anche se poi, il più
delle volte è lui a violentare lei…
ma vabbè, sicchè! XD
However, fino all’anno prossimo non mi vedrai ronzare qui
intorno, mwahahaha!
*_*
Seh, sono scema =.=
AuguVissimi mea topinaaaa! Ti voglio tanto tanto
bèèèène! Felice 2010 ammove
<3
Lea__91: Mo grazie, che gentile! *_* Sono
felice che questa storia ti piaccia… Beh, non posso che
augurarmi che anche
questo capitolo ti sia piaciuto e augurare a te un sereno 2010 :3 Un
bacione,
alla prossima!
marpy: Sì, far ragionare
Bella sarà un vero parto…
Questa stupida tonna combinerà un casino dopo
l’altro, e quando finalmente
verrà illuminata da qualche sorta di intelligenza oscura
sarà troppo tardi…
forse.
Come sempre, ti ringrazio per tutto l’affetto che dimostri
per la mia storia…
Grazie di cuore! E tanti auguri per un felicissimo 2010 *-* Un
bacioneee <3
MihaChan:
Owww
sì, io li adoro insieme,
anche se non riesco a sopportare la tonna <3 Sono troppo
perfetti, è un
amore così umano… kyaaa >w<
E capisco perfettamente i tuoi sentimenti, quelli del tipo “Wooooohooooooooooo
VOGLIO ESSERCI IO AL POSTO DI QUELLA
Lìììì” XD
Hahah, fortissima! X°°
Niente, spero che ti sia piaciuto anche questo e ti faccio i migliori
auguri
per un felice anno nuovo! Un bacione <3
Un enorme grazie anche alle 53 persone che hanno
aggiunto questa storia
ai preferiti e alle 38 che l’hanno
aggiunta alle seguite :3 Grazie di
cuoreee <3
Uh uh, qualche novità!
Sono approdata anche nel fandom americano, e ho deciso di pubblicare
questa mia
storia su FanFiction.net :D Questo è il mio account, col
primo chap in inglese
*_* http://www.fanfiction.net/~blackietj
Mentre
qui ho il link del teaser-cortissimo-trailer dello pseudo-seguito di
questa storia,
Eternal Moonglow: http://www.youtube.com/watch?v=yes2WJC3IDY
[volate al minuto 1:11 per vedere il trailer!].
Poi, se volete join (XD) c'è anche la pagina online di Eyes On Fire, dove posterò pezzi e anteprime esclusive (oooh *o*) sulla mia storia :) Ecco il link! http://www.facebook.com/group.php?gid=218334739378#/group.php?gid=218334739378
Oooh ragas, questo è l’ultimo post del 2009 *_*
quindi, ci ribecchiamo nel 2010!
Tante care cose <3
Un bacione,
Mi
risvegliai di soprassalto, tremante e fradicia, col cuore che correva a mille.
Rizzai a sedere sul letto, con gli occhi spalancati dal terrore. Mi guardai
intorno, facendo scivolare lo sguardo nel buio opprimente della mia camera, da
un angolo all’altro, cercando di calmarmi.
In quel nero, vedevo ancora i miei occhi di rubino brillare, perciò
accesi la lampada sul comodino, per dissolvere l’oscurità.
Che
cavolo ero andata a sognare? Io paurosamente perfetta e immortale? Io vampira?
Assieme a Edward?
Assurdo.
Quanto in
là voleva ancora spingersi la piccola, rumorosa e fastidiosa parte di me
che lo voleva ancora? Di nuovo, quella lotta interna che, lentamente, mi stava
consumando. Era tutto così frustrante… Come riuscivo a ipotizzare
di volerlo di nuovo se assieme a Jacob stavo così bene? Se tutto il
giorno non facevo altro che pensare al mio lupo? Eppure, sapevo benissimo
quanto quella creatura perfetta che avevo amato – amavo ancora –
tanto fosse così presente in me. Non c’era nulla da fare. Ma era
la prima volta che un sogno rimaneva così vivido anche da sveglia, che
si trascinasse anche nella realtà.
Me ne resi conto quando sentii un freddo pungente sulle guance, quasi avessi
schiacciato il volto contro una lastra di ghiaccio. Feci un respiro profondo e
cercai di asciugarmi il sudore dalla fronte con la coperta, lanciandola poi
via. Avevo caldo, anche se tremavo.
I rami dell’albero fuori dalla mia finestra si agitavano appena,
dondolandosi, neri e secchi come artigli. Immaginai ci fosse del vento,
là fuori.
Mi alzai dal letto e aprii la finestra, sporgendomi per respirare una boccata
d’aria fresca, che non arrivò. L’aria era statica, e
conservava la tipica frescura di una notte che seguiva un giorno piovoso. Ma
non c’era un filo di vento.
Cercai
con tutte le mie forze di non pensare a ciò che l’altra
parte di me stava gridando – con gioia – a squarciagola.
Ovviamente,
quella mattina, mi alzai col piede sbagliato. Mi trascinai giù per le
scale, cupa, per preparare la colazione a me e a Charlie, che mi diede, solare,
il buongiorno.
«Ehi Bells, ben svegliata», trillò, sorridendomi, mentre si
stava preparando il caffè.
«’Giorno», mugugnai, tirando fuori i cereali e una tazza.
Sentii lo sguardo di mio padre sulla schiena. Effettivamente mi era uscita una
voce orribile, sembravo moribonda. La mia riconosciuta incapacità di
mentire aveva colpito ancora.
«Tesoro, qualcosa non va?», domandò Charlie, preoccupato.
«No,
tutto a posto. Sono in ansia per Jake. Tra poco lo chiamo», dissi, di
getto, provando a sorridere. Per risultare più convincente e
cancellargli dal volto quell’espressione incerta, mi diressi
immediatamente al telefono, componendo il numero di Billy. La risposta arrivò
dopo pochi squilli.
«Pronto?», rispose Billy.
«Ehi, ciao Bill. Sono Bella», lo salutai.
«Oh, buongiorno Bells. Ti passo Jacob?». Sorrisi nell’udire
il suo nome.
«Sì, grazie». Attesi qualche secondo, poi la voce di Jacob
risuonò nella cornetta.
«Ehi
Bells!», esclamò Jake, il solito tono solare di sempre.
«Come va, piccola?».
«Bene», mentii, cercando di controllare la mia voce. «Tu come
stai, tesoro?», domandai all’istante, ansiosa. Il mio cuore
sussultò quando mi resi conto di come l’avevo chiamato, e sussultò
di nuovo quando mi resi conto che in realtà stavo per dire
“amore”. Sorrisi, inebetita, mordendomi il labbro inferiore,
leggermente in imbarazzo.
«Come se non fosse successo nulla», mi assicurò. Mi sembrava
di vederlo ghignare furbo, e incrociare le braccia al petto per farsi vedere
indistruttibile. Il mio Jake…
«Tra poco verrà il nonno di Quil per togliermi le
fasciature», annunciò, felice.
«Sono contentissima! Però rimani a casa lo stesso e ti riposi,
okay? Verrò io da te», dissi tutto d’un colpo, impaziente.
«Bella…», cercò di lamentarsi Jacob, ma non gliene
diedi il tempo.
«No, Jake, non si discute. Dai, ti prego, fallo per me», lo pregai,
tenendo un tono di voce che, se avessi avuto Jacob davanti a me, avrebbe fatto
il paio con uno sguardo supplichevole. «Promettilo».
Lo sentii
sospirare, sconfitto. «E va bene, te lo prometto».
«Bravo
bambino», sussurrai, ridacchiando. «Come hai passato la notte?
Voglio dire, il braccio ti ha fatto male?», gli domandai poi,
preoccupata.
«No
Bells, tranquilla. Ho dormito come un sasso da ieri sera verso le otto –
quando Sam e gli altri mi hanno riportato a casa – fino a cinque minuti
fa».
«Sono
felice che, finalmente, sia riuscito a riposarti. Sembravi stanchissimo,
ieri».
«Sì, effettivamente non dormivo da un bel po’»,
ammise, ridacchiando.
«Sam
dovrebbe smetterla di farti fare gli straordinari», mi lamentai,
irritata.
Jacob
rimase in silenzio per qualche secondo. «Ecco, forse non è tutta
colpa di Sam…», proferì incerto. Lo sentii respirare
profondamente. «Sono io che gli chiedo gli straordinari».
Rimasi sbalordita. «Cosa?! Jacob Black, che diavolo–».
«Voglio
solo che questa storia con la succhiasangue finisca presto! E voglio che tu sia
finalmente al sicuro, libera da sanguisughe vaganti che cercano di farti fuori»,
si giustificò lui, concitato.
«Te
l’ho già detto che non voglio che rischi la vita per me»,
mormorai piano, sgridandolo. «Io sono al sicuro, Jake. Ho fiducia in voi,
e so che prima o poi riuscirete a catturarla. È veramente un
pensiero… dolce, da parte tua», gli concessi, sorridendo tra me.
«Ma se tu perdessi la vita – tremai – in uno scapestrato
tentativo di farla finita in fretta… Allora avrai accelerato i tempi per
niente».
«Ma–»,
cercò di controbattere, ma lo interruppi, frustrata.
«Lo
capisci che non posso permettermi di perderti così?».
Sospirò.
«Sì, lo capisco». Rimasi in silenzio per qualche istante.
«Lo
sai che mi manchi?i», sussurrai, abbassando lo sguardo angosciata.
«Anche tu, Bella», mormorò piano. Sentii un groppo in gola e
gli occhi inumidirsi, in un improvviso bisogno di averlo lì con me. Ma
non volevo fargli pesare nulla. Aveva bisogno di riposarsi. Se avessi ceduto,
se fossi stata debole e avessi cominciato a pregarlo di venire lì da me
perché avevo bisogno di lui… sarei stata un’egoista.
«Jake… ci vediamo oggi», dissi, asciugandomi gli occhi.
«Sì.
Ciao Bells. Ti amo», mi salutò, e riattaccò
all’istante.
Sospirai,
dirigendomi in cucina. Mi sentivo strana, come se avessi avuto un peso sul
cuore.
Era una sensazione orribile che mi attanagliava lo stomaco, e non riuscivo a
darle una qualche spiegazione che non centrasse col sogno che avevo
fatto.
Cercai di non pensarci e mi preparai per andare a scuola, lasciando perdere la
colazione.
La mattinata al liceo di Forks fu pesante come avevo temuto. Stavo uno schifo,
e la mia concentrazione non riusciva a gravitare su nient’altro che non
fosse ciò che era successo quella notte. Il sogno, i rami che
oscillavano nonostante non ci fosse un filo di vento, quel freddo sulle mie
guance… Che fosse tutta opera della mia immaginazione – o
dell’immaginazione della mia parte “difettosa”? Forse, ora
che i miei sentimenti per Jacob cominciavano a rafforzarsi e a diventare sempre
più veri, tentava di ribellarsi, di correre ai ripari facendomi
ricordare l’altro con insistenza e frequenza assidue.
Probabile.
Perché era impossibile. Non poteva essere… Lui non era tornato. Mi
aveva telefonato, ma perché si sentiva in colpa. E io gli avevo
assicurato che stavo bene, che era tutto perfetto… Non doveva più
preoccuparsi per me.
Ero felice, adesso, stavo bene: con Jacob andava tutto alla perfezione, non
c’era una virgola da cambiare in quel presente. Sì, ero felice e
al sicuro.
Tutta via il passato, oltre che incancellabile, era ancora lì,
perché ci facevo i conti ogni notte.
Forse i sogni, i presentimenti… era tutto un desiderio del mio
subconscio, al quale mancava Edward e desiderava disperatamente il suo
ritorno…
Ma io amavo Jacob, ne ero sicura al cento per cento. Me lo sentivo, non potevo
sbagliare.
Che casino. Era diventata una guerra continua, uno scontro tra due parti
contrastanti di me, una lotta che, a lungo andare, mi avrebbe logorata. Era in
quei momenti che avrei desiderato sparire, annullarmi. Se non fossi stata a
scuola, probabilmente mi sarei rannicchiata su me stessa, stringendomi la testa
tra le mani e sperando di attenuare la frustrazione che mi stava consumando.
La solitudine e la lontananza da Jacob non mi facevano per niente bene, lo
sapevo, ed ero certa che, una volta tra le sue braccia, tutto si sarebbe
sistemato. Dovevo resistere.
Il suono
della campanella, che annunciava la fine delle lezioni, risuonò alle mie
orecchie come un coro di voci angeliche, e mi diressi quasi di corsa al
parcheggio.
Avrei fatto un salto a casa mia per liberarmi dello zaino, poi sarei filata a
La Push. Avevo troppo bisogno di vederlo.
Salii sul
pick-up e misi in moto, partendo alla velocità che permetteva il mio
mezzo, diretta a casa.
Il
tragitto fu più lungo di quanto mi aspettassi, forse perché avevo
fretta. Quando vidi sbucare casa mia dal vialetto mi parve davvero una visione
estatica. Chissà che cavolo mi prendeva… Mi sentivo strana.
Arrivata quasi al posteggio di casa mia, sentii lo stomaco stringersi. E provai
un freddo incalcolabile, identico a quello di quella notte. Inspiegabilmente,
cominciò a battermi forte il cuore, e l’aria iniziò a
mancarmi. Forse ero solo ansiosa di tornare da Jacob…
Presi un respiro profondo e aprii la portiera, saltando giù dal pick-up
e portandomi dietro lo zaino. Avanzai verso l’entrata di casa mia il
più lentamente possibile, quasi volessi evitare un qualcosa che sarebbe
successo una volta varcata quella soglia. Che cosa stavo temendo, poi?
Infilai le chiavi nella serratura e aprii l’uscio, spalancandolo violentemente
e mi guardai attorno. Il salotto di Charlie era deserto. Sospirai – di sollievo
– e mi apprestai ad andare in cucina a poggiare lo zaino sulla solita
sedia; ero così di fretta che non avevo nemmeno chiuso la porta. Compii
pochi passi per raggiungere il cucinotto, tenendo lo sguardo fisso all’ingresso,
per controllare che non entrasse nessuno. Dovevo sbrigarmi.
Poi girai il volto e appena focalizzai con lo sguardo impallidii. Tutte le
cellule del mio corpo si bloccarono, ogni muscolo si tese e le mie mani
lasciarono la presa, facendo cadere lo zaino.
Tutti i sensi si azzerarono, e dentro di me si espanse solo un’unica
consapevolezza, che mi annientò.
Niente
allucinazioni, niente visioni: Edward era davvero lì, davanti a me, lo
sguardo dorato, dolcissimo, nel mio. Perfetto e tanto bello da togliere
il fiato. Mi guardava, estasiato, sollevato, con quegli occhi pieni d’amore,
gli stessi che avevo sognato, reputandoli tutti una grossa, enorme bugia.
Ed ecco di nuovo quella sensazione di freddo, mentre sentivo la sua metà
pulsante del mio cuore infiammarsi, e l’altra parte di me spingermi verso
di lui.
«Bella», sussurrò, prima che il suo sguardo liquido
diventasse triste e contrito e lui mi volasse accanto. Nel giro di pochi
secondi, sentii le sue braccia avvolgermi, assieme al suo profumo che non avevo
sentito da mesi. Mi pianse il cuore quando mi resi conto di quanto mi era
mancato. Non solo il suo profumo, ma tutto di lui: nell’istante esatto in
cui il mio corpo si strinse contro al suo, quella parte di me che avevo cercato
di rinnegare con tutte le mie forze prese il sopravvento, sconvolgendo ogni mia
emozione.
Strinsi
le braccia attorno alla sua schiena e premetti il volto contro il suo petto,
scoppiando inesorabilmente in lacrime. Infilò una mano nei capelli,
stringendomi più forte a lui.
«Bella…
Sono qui. Bella, perdonami», sussurrò frenetico al mio orecchio,
con la voce spezzata.
Provai a
dire qualcosa, ma avevo la gola secca e non uscì alcun suono: ero
troppo, troppo sconvolta.
Dopo un
lasso di tempo che mi parve infinito, quando finalmente i miei singhiozzi
sembravano volersi placare, Edward mi scostò da sé, prendendomi
il viso tra le mani.
Mi guardava, sorridendo triste, ma tutto ciò che gli leggevo negli occhi…
Sembrava sincero. E sembrava tutto per me.
«Bella», proferì, a pochi centimetri dal mio viso. «Ti
prego, perdonami. Mi dispiace, per tutto. Per averti abbandonata, per averti
mentito e averti lasciata senza protezione», si scusò lui,
chiudendo gli occhi addolorato.
«M-mentito?»,
domandai in un sussurro, quasi incapace di parlare. Sentii le mie palpebre
tremolare.
«Sì…
Io ti ho mentito su una cosa, Bella. Non ci arrivi?», domandò,
sorridendo amaro.
Scossi la
testa, senza forze.
Appoggiò la fronte alla mia, e quel contatto mi fece rabbrividire. «Bella»,
pronunciò il mio nome come se fosse il suono più bello dell’universo.
«Io ti ho detto che non ti volevo più, che non ti amavo…
Tutte bugie, amore, tutte menzogne. Ti amo, Bella. Ti amo». A quel punto,
rischiai veramente di svenire. Allora era così. Lui mi amava ancora…
Ciò che prima aveva tentato di trasmettermi era reale. Lui mi amava. Ecco
perché mi aveva chiamata: mi sembrava l’unica possibilità esistente,
in quel momento. Non si sentiva in colpa, voleva solo assicurarsi che non fossi
morta davvero, perché… mi amava. A quel punto, quella motivazione
si riallacciò a tutto il resto: la sua voce che mi redarguiva,
preoccupata e bellissima nei momenti di pericolo… A pensarci bene,
però, forse quello era solo un’altra prova di quanto fossi pazza.
Ed ero così stordita che non seppi nemmeno se sentirmi felice. Che poi,
dovevo crederci davvero?
«Ti amo, Bella. Sei la mia vita. Non ti lascerò mai più,
amore mio», disse e, senza darmi il tempo di dire qualcosa, mi
baciò lasciandomi senza fiato, senza parole, senza tutto. Avvertire le
sue labbra granitiche e gelide dopo tutto quel tempo fu qualcosa di
assolutamente strano, che per un pelo sfuggì alla mia comprensione. Ma
fu un attimo. Le mie labbra si adattarono immediatamente alle sue, spinte da
una forza sconosciuta, mentre rafforzavo la stretta attorno al suo collo liscio.
Il mio corpo si riabituò presto alla sua temperatura, superando in poco
tempo il brivido freddo che mi aveva scosso non appena lo avevo toccato.
Fu un bacio totalmente diverso da qualunque altro mi avesse dato nella nostra
vita passata: mi baciò con forza, insinuando le mani tra i miei capelli,
mentre respirava il mio odore. Lo sentii deglutire, ma non mi fermai, e neppure
lui. Respiravo a malapena, mentre il battito accelerato del mio cuore produceva
un fastidioso ronzio che mi rimbombava nelle orecchie.
Avevo
totalmente perso il controllo, arrivando a un punto di non ritorno, senza
nessuna ragione apparente che mi spingesse a tornare indietro.
Poi qualcosa riuscì a trafiggere il ronzio che mi riempiva le orecchie:
un ringhio raccapricciante, che riuscì a catturare la mia attenzione e,
evidentemente, anche quella di Edward, perché voltò il volto
verso destra, scostando il viso dal mio.
Lo guardai confusa, la vista appannata, mentre sentivo le sue braccia farsi
ancora più strette e la presa ancora più ferrea attorno al mio
corpo.
Voltai la testa verso ciò che Edward stava fissando così
vacuamente, e il mio cuore si sbriciolò.
Venni improvvisamente risucchiata nel vortice della ragione e del senso di
colpa mentre, maledicendo me stessa e chiedendomi cosa diavolo avevo fatto, il
mio sguardo si allacciò a quello di Jacob, nero e duro, che ci fissava.
Furioso.
Tradito. Addolorato. Jacob.
Jacob: ecco l’unica ragione per la quale tornare indietro.
Angolo
Autrice.
Primo
aggiornamento del 2010 *stappa lo champagne* BUON ANNO A TUTTi! *.*
Sono molto sorpresa da questa uppata… Non pensavo di aggiuornare così
presto *_* Meglio così! Non vedo l’ora di scrivere il prossimooo
>_< Sempre se rimango in vita ^^’’’
Infatti, appello: Vi PREGO NON UCCIDETEMi! Come dico sempre, dovete tenere a
mente che se mi fate fuori… poi come posso sistemare le cose? (:
Mwhaahaha e_e
Random: una certa persona saprà dove mettersi a ridere X°°°
Nota per
il titolo: all’inizio il titolo doveva essere “Separation”,
ma si addiceva poco agli avvenimenti di questo capitolo (voleva solo accentuare
per l’ennesima volta lo sdoppiamento di personalità di Bella :D),
per cui ho scelto “Back” A) perché Edward comes back e_e B) riferito
all’ unica ragione per tornare indietro (indietro in
inglese = back).
Come
sempre, ringrazio i 54 che hanno aggiunto questa storia ai preferiti e i
40 alle seguite *.* Grazie di cuore <3
Ora
passiamo, con mia somma gioia e letizia (Seee XD vero FVa?) alle risposte alle
recensioni (:
marpy: Tutti i tuoi dubbi sono stati –
purtroppoahimèouch – chiariti ç_ç Jacob è
tornato in forma, a quanto pare… Ma viene annientato di nuovo dalla
stupidità della tonna.
Mi
dispiace tanto T_T Spero che comunque ti sia piaciuto… Grazie <3 Un
bacione.
MihaChan: La tua recensione mi ha fatto
morire XD E mi è dispiaciuto soffocare così la tua euforia per la
messa in moto dei neuroni di Bella che, come vedi, non è servita a molto
ç__ç
Spero che, comunque, abbia gradito anche questo capitolo :3 Un bacione e grazie
<3 Buon anno anche a te! *.*
leschatnoir: Bella vampira??? Ossignore, ma
anche no! °_° Ci mancherebbe! Su questo puoi stare tranquilla *annuisce
con convinzione*, non sia mai che esaudisca un desiderio a questa stupida
idiota deficiente! Comunque, grazie: io invece leggo sempre le tue recensioni
con sommo piacere (: Un bacione <3
_Starlight_: Ammove, quei tuoi trattini
avanzati mi hanno fatto morire XD Che le tue recensioni mi fanno sempre un
piacere assoluto, lo sai. Che ti voglio benissimo e che ti adoro, pure. Ora
devo soltanto evocare il tuo perdono a gran voce… per aver reso Bella
più odiosa e insopportabile del solito T_T PeVdonami ammoVeeeee
ç_ç Ti voglio tanto tanto bene! Guarisci presto <3 Un
bacionèèè <3
Okay,
cinque minuti per plagiare!
Angolo pubblicità occulta fregato alla mia adorabile _Starlight_: infatti,
consiglio tutte le sue shot (in particolar modoDamn Phone!&Unsaid agreementche tolgono
davvero il fiato *_*) e la sua long Comin' back home*_* (bello sto
lillino, né FVa? <3)
Se non filate a leggerle siete dei puzzoni ù_ù
Ma vi amo
lo stesso.
Grazie di
cuore, per tutto, e buon anno! <3
xoxo
Bea :3
EDIT: I LINK NON VANNO, DANNAZIONE! CERCATE COMUNQUE SU EFP Starlight E LE SUE STORIE, VERAMENTE, SONO DA INFARTO <3
«Jacob»,
strillai, coprendomi la bocca con una mano, cercando di divincolarmi
dalla
presa ferrea di Edward. Ma lui non mi lasciò andare. Jake
capì in un istante le
intenzioni del vampiro. «Toglile.le mani.di dosso»,
sibilò, sporgendosi in
avanti, come se stesse per attaccarlo.
«Stai indietro, Bella», mi ordinò
Edward, parandosi tra me e Jacob, che aveva
iniziato a tremare. In lacrime, tentai di convincerlo a lasciarmi
raggiungere
Jake.
«No, Edward, ti prego. Lui non mi farà del
male», tentai di convincerlo, senza
staccare gli occhi da Jacob. Non gli toglievo gli occhi di dosso,
seppur il suo
sguardo pieno di rabbia e dolore mi trapassasse. Soffrivo, e mi stava
bene.
«Sta
perdendo la testa, Bella. È pericoloso», rispose
Edward, impassibile.
Jacob ringhiò, stringendo i pugni. «Io non
le farei mai del male,
succhiasangue!».
Ed era vero. Mi fidavo di Jake: non avrebbe mai perso il controllo con
me, mai.
Nemmeno dopo le molteplici volte in cui l’avevo ferito
– tipo quella –, mi
avrebbe mai fatto del male, aggredendomi. Fisicamente,
perché con le parole, se
trovava quelle giuste, avrebbe potuto uccidermi. Non chiedevo altro,
non
aspettavo altro che si arrabbiasse con me e mi dicesse quanto ero
disgustosa;
volevo che mi facesse soffrire tanto quanto io avevo fatto soffrire
lui, come
era giusto che fosse.
«Edward,
ti prego, lasciami andare», lo pregai di nuovo, tentando di
superarlo, ma lui
mi strinse forte, dando le spalle a Jake.
«Mi
fai
male», mi lamentai, irritata. Lui allentò
leggermente la morsa, ma non mollò la
presa.
«Ti avviso, bastardo: se non la lasci andare adesso,
giuro che ti
spedisco fuori di qui a calci e che ti troverai senza
braccia», lo minacciò
Jacob, furioso, facendo un passo avanti.
Edward
ringhiò, facendomi di nuovo scudo col suo corpo. A quel
punto, iniziai a
perdere le staffe.
«Edward,
lasciami andare», gli intimai, freddamente.
«Ora!».
«No», replicò lui con durezza. Lo vidi
mentre scopriva i canini e si piegava in
avanti, in posizione d’attacco.
«Edward,
lasciami andare da Jacob», gli ordinai ancora, dandogli un
leggero colpo sulla
schiena arcuata.
«È
ciò
che vuole!», ringhiò Jake. A quel punto, il
tremore di Jacob si fece sempre più
intenso, finché il suo corpo iniziò ad essere
scosso da spasmi.
«Vattene Bella, sta perdendo il controllo»,
sibilò Edward, dandomi una spinta
che mi fece indietreggiare di qualche passo.
«Così lo fai arrabbiare ancora di più!
Lasciami andare da lui!», gridai,
isterica, riavvicinandomi a lui a grandi falcate e strattonandolo per
la
giacca. Edward voltò la testa di scatto, fulminandomi con lo
sguardo. Mi fece
venire i brividi.
«Ho
detto
che te ne devi andare», tuonò, e fece gesto di
spingermi di nuovo, ma stavolta
con più violenza. Chiusi gli occhi, cercando di ripararmi
con le braccia, in
attesa del colpo, che non arrivò. Quando li riaprii, riuscii
a vedere Edward
che si scagliava contro Jacob, le fauci spalancate, e Jake che gli si
faceva
incontro ghignando e emettendo un ringhio spaventoso. Fu tutto
velocissimo, e
accadde in un battito di ciglia. Rimasi sorpresa, infatti, nel vedere
Jake, a
terra, in mezzo ai vetri rotti della finestra che c’era
vicino alla porta. Lo
stipite era piegato, spezzato e deformato dall’urto che il
corpo di Jacob aveva
provocato. Gridai, cercando di raggiungere Jacob, ma di nuovo Edward mi
fu
d’intralcio.
«Jacob!»,
gridai, terrorizzata. «Ti sei fatto male?», gli
domandai ansiosa, sull’orlo
delle lacrime.
Lui, mentre, barcollante, tentava di rialzarsi, mi lanciò
uno sguardo nero
pieno d’odio. Si era
tagliato
il braccio sinistro, e mi vennero i brividi quando vidi che si
strappava i
alcuni pezzi di vetro dalla ferita aperta. Sanguinava.
«No, Bella», disse, regalandomi una smorfia di
disgusto, mentre ricominciava a
tremare. «Sto da dio», aggiunse, amaro.
Mi
scoccò
un ultimo sguardo indecifrabile, prima di varcare la soglia di casa e
sparire.
Al quel
punto, le gambe mi cedettero, e mi ritrovai in ginocchio sul parquet
del
salotto di Charlie, a fissare vacua l’entrata di casa. Nel
cuore, una certezza
che mi uccise lì, seduta stante: avevo perso Jacob, e quella
volta per davvero.
E per sempre, me lo sentivo, perché non sentivo
più il cuore nel petto. Per un
istante infinito, dentro di me non ci fu nulla.
La voce di Edward mi riportò alla realtà.
«Bella, Bella stai bene?», domandò,
ansioso, e mi accorsi che era in ginocchio di fronte a me, che mi
scuoteva per
le spalle. Focalizzai il suo volto, e annuii. Scostarmi da lui fu
istintivo,
perché il suo contatto mi provocò un brivido.
Poi
qualcosa, nella mia mente, scattò. Improvvisamente, provai
tanta rabbia: per me
stessa, certo, ma anche per Edward. Aveva promesso che non sarebbe
più tornato,
che non avrebbe più interferito con la mia vita…
Per mesi non si era fatto
vivo, e adesso che stavo costruendo qualcosa di concreto con Jacob si
era
deciso a ritornare. Sembrava che lo facesse apposta, che volesse
separarci ad
ogni costo. In più, aveva fatto del male a Jacob.
E poi, un’intuizione, che fece mi ribollire il sangue nelle
vene e colorare la
mia vista di rosso.
Mi
scostai bruscamente da lui, alzandomi in piedi, nonostante mi
tremassero le
gambe.
«Tu…», cercai di iniziare, urlando e
puntandogli un dito contro, per accusarlo.
«T-tu lo sapevi! Sapevi che era lì, sapevi che
stava arrivando!». Scoppiai a
piangere, in preda a una reazione isterica. «Tu mi hai
baciato apposta per
farlo soffrire!».
Probabilmente,
Edward aveva sondato i pensieri di Jacob mentre si stava avvicinando, e
probabilmente mi aveva capito come stavano le cose tra me e Jake.
Con le mani cercò il mio viso. «Bella,
amore…», disse, nervoso, cercando di
calmarmi.
«Non
toccarmi!», gli strillai contro, facendo un passo indietro.
Mi presi la testa
tra le mani, cercando di ragionare a sangue freddo: dovevo andare da
Jacob,
seduta stante. Di nuovo, per scusarmi e per farmi annientare.
Maledizione, era
tutto uno schifosissimo deja-vu…
Sempre con le mani premute contro le tempie, aggirai Edward,
dirigendomi verso
l’uscita.
Ovviamente,
in un lampo mi fu davanti.
«Cosa stai facendo, Bella?», domandò, la
mascella tesa.
«Mi
sembra ovvio», risposi, aspra. Non lo
guardai nemmeno. «Vado da Jacob».
Allargò
le braccia, per impedirmi di passare. «No».
«Oh,
sì
invece! Fammi pure a pezzi, non mi importa! Ti giuro che
riuscirò ad uscire di
qui, Edward Cullen, in un modo o nell’altro», lo
minacciai, fissandolo truce.
«Ti
farai
male. Ti farà del male»,
ribatté, duro. A quel punto, persi la testa.
«Oh,
no!
Lui non mi farà del male!», gli urlai contro,
«LUI NON È TE!». Non appena
pronunciai quella frase, vidi i suoi occhi color topazio indurirsi di
dolore, e
mi sentii in colpa. Iniziò a fissarmi, con uno sguardo
indecifrabile e, senza
un motivo, iniziai a piangere, coprendomi il volto con le mani. Sentii
le sue
braccia avvolgermi, ma non le allontanai. Anzi, mi strinsi ancora di
più a lui.
In quel momento volevo solo essere abbracciata.
Non so per quanto tempo rimanemmo così, ma quando si
scostò da me, mi sembrò di
aver finito le lacrime, e avevo gli occhi che bruciavano.
«Come stai, Bella?», domandò Edward,
asciugandomi gli ultimi residui di pianto
dagli occhi.
Lo fissai con intensità. «Voglio andare da lui,
Edward».
«Questo
è
fuori discussione, Bella. È troppo pericoloso, per te,
non-».
Lo
interruppi, irritata. «No, Edward, tu non capisci. Io devo
parlargli! Non
perderà il controllo, davvero! Non l’ha mai fatto,
con me vicino».
«Potrebbe
farlo, oggi. Era furioso», ribatté mugugnando,
spostando lo sguardo dal mio.
«Chissà perché…».
Lo dissi con fare accusatorio. L’altra parte di me, quella di
Edward, ovviamente si fece sentire, provocandomi dolore per come lo
stavo
trattando.
Sospirai, e gli presi il volto tra le mani. «Per favore, per
favore: fammi
andare da lui, Edward. Ti prego», lo supplicai, guardandolo
negli occhi,
sperando che ci potesse leggere la voglia che avevo di andare.
Il suo sguardo si addolcì, poi sospirò.
«Va bene, ma prima lasciami ripulire
questo casino», disse, voltandosi verso la porta.
«Poi ti accompagnerò».
«Ma… tu non puoi entrare nel territorio Quileute.
Infrangeresti il patto»,
dissi, allarmata. Si voltò, guardandomi in modo strano.
«Ne
sai
più di quanto pensassi», disse, sorridendo amaro.
«Vorrà dire che ti
accompagnerò al confine. Prenderemo il tuo pick-up,
così non dovrai andare a
casa Black a piedi».
«Okay»,
sussurrai, fissando il pavimento. Volevo parlare con Jake, ma che avrei
potuto
dirgli?
Edward era tornato, e non sapevo se sarei stata capace di ignorare quel
fatto…
In quel preciso momento, mi resi conto quanto il detto
“lontano dagli occhi,
lontano dal cuore” fosse veritiero. Finché Edward
era stato via, la mia vita
aveva ripreso un equilibrio, assieme a Jake. Ma ora che era tornato,
quell’equilibrio era stato spezzato con conseguenze
sconosciute. Come mi sarei
comportata? Sarebbe cambiato qualcosa tra me e Jake, ora che Edward era
tornato? Sarei stata costretta a una scelta?
Mi
raggomitolai sul divano cercando, in quei cinque minuti, di svuotare la
mente e
fare ordine nel mio cuore.
Caddi in
una specie di incoscienza, dalla quale venni risollevata quando Edward
mi
parlò.
«Bella»,
mi chiamò, a voce bassa. «Svegliati, amore. Ho
spostato tutti i pezzi di vetro
all’interno, per sembrare che qualcuno sia entrato
in casa, e ho piegato lo
stipite dalla parte opposta», mi spiegò,
aiutandomi ad alzarmi dal divano. Mi
circondò le spalle col braccio, ma mi scostai da lui.
Sospirò. «Quando tornerai
a casa, con Charlie fingerai di non sapere niente, e dirai che sei
stata tutto
il giorno da Jacob, okay? Ti ho messo lo zaino sul pick-up»,
continuò,
spingendomi fuori casa. «Ho anche fatto un po’ di
confusione in camera tua e in
quella di Charlie».
«Ho capito, grazie», dissi, atona. Salimmo sul
pick-up, lui al posto di guida,
e partimmo alla volta del confine. Durante il viaggio non parlammo, e
l’atmosfera
nell’abitacolo si fece cupa. Avrei voluto sparire, fuggire da
tutto quello che
stava succedendo. Strapparmi il cuore... o forse solo una parte di esso.
Ad un certo punto, Edward arrestò il pick-up: probabilmente
eravamo arrivati al
confine. Aspettai che scendesse, ma se ne stava lì a
fissarmi. Io non sapevo
che dire. Poi, fulmineo, si avvicinò a me e mi strinse tra
le braccia,
baciandomi la fronte. «Stai attenta, Bella. E perdonami, se
puoi».
«Sì», dissi soltanto, e cercai di
sorridergli. «Grazie». Mi sorrise a sua
volta, triste, sfiorando le mie guance con le dita fredde, poi scese
dal
pick-up e sparì.
Scivolai
immediatamente al volante, ingranando la marcia e partendo a
velocità eccessiva
per la casa dei Black. Arrivai in pochi minuti a casa di Jacob e, per
mia
immensa fortuna, lo avvistai proprio nel momento esatto in cui sbucava
dalla
boscaglia che attorniava casa sua.
Saltai giù dal furgone.
«JAKE!», urlai, correndogli
incontro. Mi fermai a pochi metri da lui, mentre il suo sguardo nero
stava già
affondando nel mio: i sentimenti in esso non erano cambiati di una
virgola. Cadde
un silenzio pesante, e mentre mi arrovellavo le cervella pensando a
cosa dire,
notai le cicatrici sul suo braccio sinistro provocate dai frammenti di
vetro
della mia finestra.
«Cosa vuoi, Bella? Ho fretta», disse, con durezza.
Non mi guardava nemmeno.
«Io…
volevo… accertarmi che stessi bene», mormorai,
abbassando lo sguardo. Sentii un
suono gutturale uscirgli dalla gola. Era un intermezzo tra una risata
sarcastica e uno sbuffo.
«Come vuoi che stia?», sbottò,
allargando bruscamente le braccia. «Corro
a casa tua tutto contento, felice e pimpante come un idiota pensando:
“le farò
una bella sorpresa” e poi scopro che la sorpresa
l’hai fatta tu a me». Mi
lanciò uno sguardo carico di dolore.
«Sinceramente, Bella, come cazzo credi che
stia?!». Mi mancò il fiato, e gli occhi mi si
riempirono di lacrime. Iniziò a
piovere.
«M-mi
dispiace da morire, Jake… credimi», dissi, con la
voce spezzata. Mi sentivo la
gola gonfia e non riuscivo a parlare. Singhiozzai, affondando il volto
nelle
mani.
«Oh,
piantala di piangere! Davvero, sei l’ultima che
dovrebbe piangere»,
borbottò, lanciandomi veloci sguardi. Sembrava a disagio,
combattuto.
«Scusami»,
dissi a voce troppo alta, ma invece di provare a calmarmi, piansi
ancora più
forte.
«Merda»,
imprecò lui, raggiungendomi a grandi falcate e facendo gesto
di volermi
abbracciare. Mi tuffai contro il suo petto nello stesso istante in cui
le sue braccia
si stringevano attorno a me. Continuai a piangere a dirotto, mentre
inzuppavo
il suo petto nudo, le mie lacrime che si mischiavano alla pioggia che
continuava a caderci addosso, infiltrandosi ovunque e inzuppandoci.
«Jake…
Jacob, mi dispiace, mi dispiace…», mormorai di
continuo, stringendomi a lui con
tutte le mie forze.
«Bella... Questo non cambia nulla»,
sussurrò, la voce carica di dolore. Ebbe un
fremito. «Avrei dovuto seguire il tuo consiglio e arrendermi
quando ancora ero
in tempo… Sapevo che non avrei mai, mai potuto competere,
Bella». Rise
amaramente. «Lo sapevo, eppure ho voluto ficcarmi in questo
cazzo di casino
ugualmente».
Mi scostai da lui. «C-competere?», domandai,
guardandolo negli occhi. «Jake,
che stai…?».
«Oh, andiamo, Bells», sbottò, arrabbiato.
«Lo sai benissimo a cosa mi riferisco».
«No, non è vero. Non capisco»,
sussurrai, atona, guardandolo senza capire.
«I
sentimenti, Bella. I tuoi sentimenti per me», rispose,
abbassando lo sguardo e
aggrottando le sopracciglia, in una smorfia di dolore. «Non
sono mai
stati comparabili a quelli che nutri per lui, Bella…
Mai».
«No,
non
è vero. Ti stai sbagliando», affermai decisa,
fissandolo corrucciata. Si
arrabbiò, e mollò la presa attorno al mio corpo.
Il suo calore si distaccò da
me, lasciandomi solo un gran vuoto. E tanto freddo.
«Cazzo
Bella, perché continui a mentire a te stessa?!»,
gridò, esasperato e stringendo
le dita tra i suoi capelli fradici.
«E
perché
tu continui con quella storia del confronto, Jacob?»,
strillai.
«Perché
è
la verità!», rispose, brusco, senza aggiungere
altro. Rimanemmo a fissarci
truci per qualche secondo. Quel cortissimo lasso di tempo mi
servì a trovare la
forza di fare una cosa che, prima di quel momento, non ero mai riuscita
a fare.
Mi sentivo pronta, finalmente. Quella volontà
riempì il mio corpo, facendomi
sentire piena: se non l’avessi esternato, probabilmente sarei
esplosa.
«Jacob»,
proferii, fissandolo negli occhi, seria. «Io ti
amo».
Per qualche secondo, nell’indecifrabilità del suo
sguardo rigido, vidi una luce
di indecisione, di sbilanciamento. Che, purtroppo, si spense subito.
Schioccò con la lingua, ghignando sarcastico.
«Certo, ora che hai paura di
perdermi ti torna utile dirmelo, vero, Bells?».
La sua
constatazione mi ferì, e mi sentii vacillare. Che fosse
davvero così? Difficile
da dire, nella situazione in cui mi trovavo. Non ero più
sicura di niente,
ormai… tranne, in quel preciso istante, di ciò
che provavo per Jake.
«Non
capisci niente», mormorai, tra le lacrime, arrabbiata.
«No,
Bella», scosse la testa, affranto. «Capisco tutto
fin troppo bene. Io ti
conosco, Bella, forse anche più di quanto tu conosca te
stessa».
«Invece
no! Sei sordo per caso? Io ti amo, Jacob! Ti amo!», sbuffai,
scandendo per
bene.
«Forse.
Ma
ami anche lui».
A quel
punto, non seppi che dire, e abbassai lo sguardo. Jacob si fece
più vicino, e
sollevò il mio volto, per portarlo a pochi centimetri dal
suo. I suoi occhi di
onice mi fecero perdere la concentrazione.
«Dimmi
una cosa, Bella: l’hai dimenticato del tutto? Riusciresti a
vivere come se
niente fosse anche ora che lui è tornato? Sii sincera. Con
te stessa e con me».
La parte legata a Edward protestò, spingendomi a negare,
mentre quella di Jacob
cercava di farla tacere. Provai a restare fuori da quel conflitto
interiore.
Abbassai lo
sguardo. «Non… non lo so».
Chiuse gli occhi, aggrottando le sopracciglia, come se cercasse di non
piangere. La sua voce tremò. «Ho
capito». Mi lasciò andare, facendo gesto di
voltarsi.
«Mi
sa
proprio che è finita».
Spalancai
gli occhi, mentre avvertivo un dolore acuto schiantarsi nel mio petto,
e la
terra crollarmi sotto i piedi. Il respirò iniziò
ad accelerare, mentre le sue
parole si imprimevano nel mio cervello, dilaniandomi.
«NO! Jake, no!», strillai, in lacrime.
«Non puoi lasciarmi! Io ti amo, ho
bisogno di te. La mia vita sei tu adesso!». Scattai in
avanti, poggiando le
mani sulla sua schiena nuda. Se avesse avuto la maglia, mi sarei
aggrappata
senza dubbio, anche a costo ti strappargliela.
«Che
scelta ho, Bella?!», urlò, esasperato, e si
voltò di scatto verso di me. Cercai
il suo viso con gli occhi, e vidi ciò che non avrei mai
voluto vedere: gli era
scesa una lacrima, scivolata da quegli occhi che celavano un tormento e
un
dolore insostenibili. Non era una goccia di pioggia.
Era
disperato e frustrato. «Mi piacerebbe dirti che non mi
importa, che ti resterò
accanto anche ora che lui è tornato, anche se tu volessi
tornare con lui. Te l’avevo
promesso, che ti sarei stato vicino, comunque, qualunque persona
avresti amato.
Ma…», riprese fiato, boccheggiando. «Non
ce la faccio, Bella. Non riuscirei a
sopportarlo. Vedere che lo baciavi in quel modo, anche solo per un
istante… Mi
ha ucciso».
Fece una pausa, fissandomi, tormentato. Io non riuscivo a smettere di
piangere:
le sue parole erano come coltelli al centro del mio cuore, che mi
trapassavano
squarciandolo, una sillaba dopo l’altra.
«Perciò
ti prego, Bella, se davvero mi ami», disse, supplicando e
lanciandomi un
ultimo, fatale sguardo. «non costringermi a morire altre
infinite volte».
Detto questo mi voltò le spalle e corse verso gli alberi dai
quali era sbucato,
trasformandosi a mezz’aria prima di sparire tra la
vegetazione.
Angolo
autrice. Aggiorno
velocemente ** Aggiornamento record, due capitoli in due giorni, mica
male! E’
che non volevo farvi stare troppo sulle spine…
Sono di fretta perché non voglio essere ammazzata, e vi
prego anche di andarci
piano con insulti a mio carico. Me li merito tutti, ma, insomma, ho un
cuoricino tenero ç__ç
E non pensate che sia stato orribile solo per voi vedere Jake soffrire:
mi sono
letteralmente odiata per ciò che gli ho fatto.
Ma abbiate fede, tutto si sistemerà J
Ringrazio in
una volata i 55 che hanno aggiunto questa storia ai preferiti, i 44
alle
seguite e marpy,
Rein94, eia, MihaChan e
_Starlight_che hanno recensito lo
scorso capitolo.
Niente,
è
tutto.
Al prossimo capitolo.
E ricordate che vi voglio bene e che amo Jake. Toglietevi dalla testa
che
faccia rimettere Bella col polaretto, assolutamente no. Ve lo dico.
xoxo
Bea :3
(Alexandre
Desplat - Break up)
Appena
vidi Jacob sparire
nel verde, il mio primo, incontrollabile istinto fu quello di seguirlo.
Probabilmente non sarebbe servito a nulla, ma il mio corpo pretendeva
che mi
muovessi e che mi fiondassi nella foresta, il più veloce
possibile. Era
una necessità, come respirare, così potente che
non potei fare a
meno di soddisfarla, come se fosse stata una questione di vita o di
morte.
Ed era davvero così.
Mentre iniziavo a correre, inoltrandomi nel bosco fitto, un turbinio di
pensieri mi si affollò nella mente, senza impedire alle mie
gambe di
continuare ad avanzare.
La
sofferenza sul volto di Jake era ancora impressa a fuoco nel mio
cervello, ma
nemmeno il dolore mi rallentò; quella volta ero determinata
a non
mollare, perché in ballo c’era qualcosa di troppo
prezioso.
Che fosse un gesto totalmente inutile e stupido lo sapevo bene: non
sarei mai
riuscita a raggiungerlo, mai. Primo, perché correva a una
velocità che il mio corpo non poteva raggiungere; secondo,
perché
non sapevo dove fosse diretto. Me ne rendevo conto, mentre continuavo a
correre
e inciampare nelle radici degli alberi o in qualche sporadico
cespuglio, eppure
non mi fermai: non potevo fermarmi. Stavo cercando
di impedire al sole
di spegnersi, e lo rincorrevo, bramandolo e desiderandolo con tutte le
mie
forze. Se quel Sole fosse imploso, la mia vita non avrebbe
più avuto
alcun senso, avrebbe perso quel significato che mi
aveva riportato in
vita. Il Sole non era soltanto Jake: il Sole era anche la vita che
stavo
cercando di costruire assieme a lui, prima che la Luna tornasse ad
oscurarlo,
rompendo l’equilibrio celeste che eravamo riusciti a
raggiungere.
Pensai
con ironia a una situazione piuttosto simile che avevo
già vissuto: un altro addio, in un'altra vita, che in quel
momento mi
sembrava lontanissima, nonostante ce l’avessi incollata
addosso,
marchiata a fuoco sulla mia pelle.
Quella volta mi avevano ferito. Questa volta era accaduto l' esatto
opposto.
Però il dolore e il senso di perdita c’erano lo
stesso. Mi
soffocavano. E la voragine si era spalancata di nuovo, ma la
profondità
era raddoppiata, così come il dolore che ne conseguiva.
Continuavo a fatica ad avanzare nel verde, invocando il suo nome,
disperata.
Alzai il volto verso l’alto, provando immediatamente un
freddo pungente,
un brivido gelato che mi attraversò da capo a piedi.
Il
Sole non c’era.
Pensai
bene di non associare quel fatto a una certezza che stava sfregando
insistente
alle porte della mia coscienza, altrimenti il dolore mi avrebbe
oppresso del
tutto, e io non sarei più riuscita a correre.
Quel
giorno capii finalmente una cosa, che si mostrò ai miei
occhi sotto la
luce di una rivelazione – e mi sentii tanto stupida per non
averlo capito
prima: la Terra poteva benissimo riuscire a vivere senza la Luna
– e io
ce l’avevo fatta –, ma non sarebbe mai riuscita a
vivere senza il
calore e la vita che il Sole poteva donarle. Senza il Sole, sarebbe
stata la
fine, la mia vita si sarebbe trasformata in un inverno eterno. Non
potevo
mollare.
Nonostante la mia testardaggine e fermezza ad andare avanti,
però, gli
occhi accecati di lacrime iniziarono a diventare un problema
– faticavo a
vedere il percorso -, mentre la sensazione di continuare a girare
intorno e
quella di smarrimento si facevano sempre più forti dentro di
me.
Mi fermai improvvisamente, appoggiandomi al tronco di una enorme
quercia
secolare, annaspando; ero peggiorata, faticavo anche a respirare. Oltre
al
dolore opprimente che avvertivo nel mio petto, mi sentivo stanchissima.
La
vista cominciò ad appannarsi, mentre cercavo di riprendere a
respirare
normalmente. Jacob, Jacob, pensa a Jacob. Devi andare da lui, pensa a Jacob. Cercai di farmi forza con quel pensiero che continuava a
scorrermi nella
testa, quasi come fosse una ninna nanna per bambini. Chinai la testa
per
inspirare ed espirare profondamente, poi la risollevai con decisione.
Non
appena mossi un passo per riprendere il mio viaggio, un rumore
spezzò il
silenzio della foresta. Sembrava il suono prodotto dalle felci quando
vengono
pestate, quello scricchiolio di rametti e foglie. Quel rumore mi
stordì,
e sobbalzai, voltandomi di scatto.
Trattenni
a stento un urlo, spalancando gli occhi, terrorizzata.
A
pochi metri da me, la chioma leonina che contrastava col pallore
della carnagione e gli occhi di un nero cupo e terrificante, si ergeva,
in tuta
la sua ferocia, la figura di Victoria. Era ancora più
spaventosa di come
l’avessi mai sognata, anche negli incubi più
orribili. Ghignava,
crudele, pregustandosi il momento in cui avrebbe raggiunto il suo
scopo, ovvero
uccidermi. Le gambe cedettero, e mi dovetti aggrappare con le mani
all’albero e poggiarvi la schiena per non crollare.
«Ciao,
Bella», disse. In mezzo al terrore, si fece
strada dentro di me la sorpresa: da una come lei, mi aspettavo una voce
graffiante, crudele, che potesse fare il paio coi suoi occhi
spaventosi;
invece, dalle sue labbra, un tono melenso e modulato riempì
l’aria
dello spazio che ci divideva. La trovai ugualmente
agghiacciante.
Non seppi
che dire, forse perché mi riscoprii assolutamente incapace
di parlare.
La paura mi aveva bloccata del tutto.
«Sei
tutta sola, tesoro?», mi domandò, dolce e
palesemente falsa. Avanzò di un passo verso di me.
«Dove sono i
tuoi cani da compagnia?».
Lo
scherno col quale aveva nominato i branco mi irritò.
Deglutii.
«N-non lo so», ammisi, in un sussurro flebile. Ma,
ovviamente, lei
mi sentì lo stesso.
«Se
vuoi te lo dico io», disse, compiaciuta.
«Vedi, cara Bella, i tuoi amici sono così fissati
con l’idea
che possa essermi cacciata lontano da qui, che continuano a cercarmi
chilometri
fuori da Forks, seguendo le mie false scie». Roteò
gli occhi,
sprezzante, mentre si avvicinava a me, ancora. «Non
è fantastico?
Siamo solo io e te, finalmente».
A
quelle parole, venni assalita da una nausea che non
c’entrava nulla con lo stomaco, ma era il semplice frutto
della paura che
stavo provando. In un pensiero totalmente opposto a quello in cui stavo
sperando pochi istanti prima, pregai che anche Jacob fosse lontano da
La Push.
Sotto quel verso, le parole di Victoria mi sollevarono, e provai per un
secondo
il suo stesso piacere.
Avanzò
di nuovo verso di me, stavolta arrivandomi di
fronte; sentivo il suo respiro freddo sul suo viso. Stava inspirando il
mio
aroma, e gli occhi le si accesero.
«Sai,
piccola», ringhiò, serrandomi il mento
con una mano. «Mi piacerebbe moltissimo prometterti che
farò in
fretta, che non sentirai nulla… Ma non mi va». La
sua mano scese
sul mio collo, serrandolo in una morsa che mi tolse il fiato.
Boccheggiai,
mentre mi sollevava da terra, facendo strisciare la mia nuca contro la
corteccia ruvida.
«È
soltanto colpa tua se il mio James è
morto», sussurrò, in un sibilo infuriato.
«E, adesso, anche
il tuo Edward capirà cosa significa vivere senza la persona
che
ami».
La parte più egoista di me si fece subito sentire, e volle
costringermi
a dire la verità, cioè che tra me e Edward quel
legame non
c’era più. Che il suo gesto era totalmente
inutile. Ma se avessi
parlato, allora Jacob sarebbe stato in pericolo, perché,
probabilmente,
la vendetta di Victoria si sarebbe riversata su di lui. E io non volevo
assolutamente che venisse fatto del male a Jake. Avrei dato la mia vita
cento
volte, pur di salvare lui. Tanto che senso aveva vivere, ormai, se il
mio Sole
non avrebbe più scaldato la mia esistenza? Nessuno.
Victoria mi staccò dal tronco, voltandosi a
velocità disumana e
scagliandomi contro un altro albero. Il volo durò un
istante, e
l’impatto fu così violento che mi tolse il fiato.
Sentii nascere
un dolore incredibile nella schiena, come se la colonna vertebrale si
fosse
spezzata in due. Quando mi ritrovai accovacciata per terra,
all’ombra di
quell’abete, tossii, e la mia mano si macchiò di
sangue. La mia vista
si appannò. Mi accorsi a malapena di Victoria che avanzava
verso di me a
grandi falcate; poi, mi assestò un calcio nella pancia,
così
violento che urlai. L’aria smise di entrarmi dentro, e non mi
sentii
più i polmoni. Il dolore all’addome era
lancinante, e si
unì nel mio cervello assieme a quello della schiena,
facendomi urlare
ancora di più. Tremante, mi alzai in ginocchio, avvertendo
in bocca il
sapore del sangue; forse, quello che il mio stomaco stava rigettando.
Mi
sentivo distrutta, spezzata, lacerata… La vista si faceva
sempre
più offuscata, mentre, debolmente e in vano, stringevo le
braccia sulla
pancia, come a volermi proteggere. Capii che, lentamente, stavo
perdendo i
sensi, e ne fui felice: quella sofferenza era troppa da sopportare, e
speravo
che la morte arrivasse in fretta. Anche la testa aveva preso a girare,
perciò mi accasciai di nuovo sul terreno, sperando di
calmare i
giramenti.
Continuavo
ad ansimare e ad annaspare, senza aria.
Vidi
– non molto chiaramente – Victoria che si chinava
su di me, prendendomi per il colletto della giacca vento e sollevandomi
di
nuovo. Mi sorrise, spietata, prima di farmi sbattere violentemente la
testa
contro il tronco. A quel punto, tutto iniziò a farsi buio,
mentre il mio
cervello e il mio cuore – ancora intatto – si
riempivano di un
solo, ultimo pensiero. Perdonami, Jacob. Ti amo.
***
Jacob
Black POV
Correvo, cercando di concentrarmi sul verde che mi sfrecciava attorno.
Correvo,
provando a tenere libera la mente, a concentrarmi sulla
velocità.
Correvo e basta, senza una meta precisa.
Se
fossi tornato indietro, l’avrei fatto a pezzi,
l’avrei ucciso in ogni maniera possibile, e Bella mi avrebbe
odiato per
sempre. Perché doveva importarmene ancora qualcosa, poi? Lei
si era
fatta qualche scrupolo, con me? Si era forse preoccupata dei miei
sentimenti?
No.
Eppure, non riuscivo ad odiarla. Ero incazzato da morire,
sì, con lei e
quel fottutissimo succhiasangue che aveva avuto la splendida
idea di
tornare, ma continuavo comunque a provare quell’amore
disperato nei
confronti della mia Bells. Che non era più mia, ormai.
Quel
pensiero mi uccideva ogni volta che faceva capolino nel
cervello, come un insetto fastidioso e insistente. E mi faceva star
male. Il
dolore era così forte che impediva ai miei polmoni di trarre
aria dalla
gola, bloccata da un nodo che non riuscivo a sciogliere.
Non
odiavo lei, ma quel bastardo di Edward Cullen sì.
Perché l’aveva ferita, abbandonata, buttata tra le
mie braccia e
poi se l’era ripresa. Dove cavolo aveva trovato le palle di
farsi vivo,
dopo tutto quello che le aveva fatto? Forse un giorno avrei dovuto
chiederglielo. Non quel giorno, perché se me lo fossi
ritrovato davanti
lo avrei ucciso senza scrupoli. E ciò avrebbe portato solo
casini.
Che
poi, davvero era la giornata giusta per essere diplomatici?
Non ne ero sicuro.
Ero
sicuro soltanto di una cosa: l’amore fa schifo.
Perché prima ti fa sentire al centro esatto del paradiso con
la persona
che ami, quella giusta per te, e l’attimo dopo ti fa stare da
cani, col
cuore a pezzi. E ti fa odiare te stesso, tanto, perché non
riesci a
detestare la persona che ami e che ti ha ferito.
E soffri,
tanto. Si prova un dolore impossibile da spiegare. Dall’alto
della mia
montagna di dolore, sperai che anche Bella stesse soffrendo. Non era un
pensiero affatto carino, ma io non ero uno stinco di santo come Edward
Cullen.
Lui avrebbe continuato a strisciar dietro a Bella anche se lei
l’avesse
trattato peggio di come aveva trattato me, ci avrei scommesso.
E, da quel che era successo, per lei era la stessa cosa. Evidentemente,
Bella
aveva scordato come l’aveva ridotta… Ero
disgustato. Forse pensava
di illudere se stessa sulla storia “lo amo, è
tutta la mia
vita”, ma io non ero cieco come lei: non ne era innamorata,
ne era
ossessionata.
L’amore vero, semplice e naturale, era quello che io e Bella
avevamo
vissuto mentre Mister Iceberg non c’era. Un legame nato da
un’amicizia profonda, maturata col tempo nel sentimento che
ci aveva
uniti.
Non quella specie di dipendenza che aveva Bella nei confronti del
succhiasangue.
Avevo provato a disintossicarla da quella ossessione malata, ma tutto
quello
che avevo costruito era andato a farsi fottere quando la sua droga era
tornata.
Il suo viso disgustosamente perfetto, il suo colorito cadaverico,
l’odore
nauseabondo… Che diavolo ci trovava in un tizio simile?
Tutto ciò
che riguardava lui mi faceva venire il voltastomaco. Sarebbe stata
proprio
l’ultima persona che avrei voluto incontrare quel giorno,
perciò
maledissi quello spiritosone che me lo fece apparire davanti, mentre
correvo
nella foresta. Non avevo idea di dove fossi arrivato, ma sicuramente
non nel
territorio proibito ai Cullen, perché altrimenti Edward non
sarebbe
stato lì. Mi fissava, con quella faccia slavata che mi
faceva venire una
gran voglia di prenderlo a pugni. O fargli di peggio. Che cazzo ci fai qui?, ringhiai mentalmente,
approfittando del fatto che
riuscisse a leggermi nel pensiero. Sperai che anche vedesse quanto
fossi
incazzato con lui.
«Potrei
farti la stessa domanda, Jacob. O meglio ancora,
potrei chiederti dove si trova Bella», rispose, arrogante,
guardandomi di
sbieco. Sembrava infuriato, e aveva il tono di chi stava insinuando.
Per
quale motivo dovrei saperlo? Pensavo che fosse tra le tue
braccia di ghiaccio da un bel po’,
ribattei, sarcastico e brusco. Che diavolo
voleva ancora da me? Pretendeva che badassi ancora a lei ora che non
era
più mia? Non riusciva a badarle da solo? Se non
sai starle dietro,
pagale una balia.
Lui ringhiò. Oh, il signorino non apprezzava le battute.
«Credevo
fosse con te, cane». Sì, prima era con me. Prima che
tu ti mettessi in mezzo,
fetido parassita, ringhiai, scaldandomi. Lui mi
ignorò,
riacquistando la sua compostezza da bamboccio congelato. La sua
perfezione e
apatia mi facevano rizzare il pelo. Stavo per dire qualcosa, quando la
violenta
intromissione della coscienza di Sam nella mia testa mi
bloccò.
Jacob,
mi interpellò, stranamente agitato. Abbiamo fiutato
una nuova scia di Victoria, mi informò.
E
allora?
Edward
ascoltava, invadente e concentrato.
Devi
venire subito, mi
ordinò col doppio timbro dell’alfa. Cercava
– forzato
– di concentrarsi sulla corsa, come se mi stesse nascondendo
qualcosa.
Sam,
che succede? Dove siete tu… - controllai
chi ci fosse con lui – Jared ed
Embry?
L’abbiamo
trovata, disse,
frenetico. Poi pensò: Embry, più veloce!
Il suo
pensiero tornò a me. Abbiamo avvertito
un’altra scia assieme a
quella della succhiasangue. Si interruppe un attimo, poi
continuò.
È di Bella. Victoria l’ha trovata.
Fu un
attimo. Le zampe mi si gelarono e rimasi immobile per una frazione di
secondo,
mentre vedevo il succhiasangue diventare, se possibile, ancora
più
bianco. Lo shock non ci trattenne a lungo: in un secondo, eravamo
già
piuttosto lontano da dove c’eravamo messi a
“chiacchierare”. Seguivamo,
silenziosi e concentrati, le indicazioni che Sam ci stava dando,
scoprendo che
il posto in cui si trovava Bella era vicino, a pochi minuti di
distanza. Nel
frattempo, la mia mente era troppo occupata a pensare, ma le mie zampe
si
muovevano comunque scattanti sul tappeto di foglie.
Era tutta colpa mia. Non avrei mai dovuto lasciare Bella da sola, senza
prima
assicurarmi che fosse al sicuro. Ma come potevo pensare che mi avrebbe
seguito?
Era forse pazza? La rabbia e l’odio verso me stesso mi
accecarono per un
momento, nello stesso istante in cui sentivo un ringhio nascere dal
petto di
Edward. Aveva sentito tutto, ma non me ne fregava un accidente.
Man mano che ci avvicinavamo alla meta – Sam era ancora
indietro,
rispetto a noi – sentivamo l’odore di Bella e della
succhiasangue
diventare sempre più forti, le scie sempre più
consistenti.
Un urlo agghiacciante ci fece accelerare, e liberai un ruggito mentre
mi
fiondavo a una velocità che non avevo mai raggiunto prima.
Non appena scorsi la figura della rossa – che aveva attaccato
Bella
contro un albero –, senza fermarmi a pensare, spiccai un
salto,
piombandole addosso. Nello spazio di un secondo, vidi sul suo volto la
sorpresa, prima di intrappolarla contro il terreno, sotto di me. La
atterrai e
le staccai velocemente la testa, senza darle il tempo di difendersi. Le
strappai via le braccia e gli arti inferiori, facendola a pezzi. Lo
stridio
della sua pelle granitica che si lacerava riempì il bosco.
In bocca
avevo un sapore disgustoso, che dimenticai facilmente.
Dalle
fuoco!, gridai
mentalmente a Edward, che stava soccorrendo Bella.
«Dobbiamo
portarla all’ospedale, subito! Non ce la
farà», urlò lui, prendendo Bella tra le
braccia. Era
coperta di graffi e segni, e le sanguinava la testa. Non riuscivo a
guardarla,
e dovetti sforzarmi per non pensare che fosse tutta colpa mia.
«Prima
bisogna procedere con la respirazione bocca a bocca e
il massaggio cardiaco».
Mi ritrasformai, fregandomene del fatto che potesse vedermi nudo.
«Ci
penso io», dissi, avvicinandomi, veloce. Non c’era
tempo. Bella
continuava ad ansimare, non aveva ancora perso del tutto i sensi. I
suoi occhi
bianchi ruotavano dietro le palpebre socchiuse.
Lui ringhiò, posando Bella tra le mie braccia,
squadrandomi.
«Potresti almeno vestirti*»,
sibilò, basso, mentre si alzava e tirava fuori
dalla tasca un accendino. Lo ignorai, posando delicatamente Bella sul
terreno,
e iniziai col massaggio cardiaco e la respirazione.
Non potevo permettermi di fallire, se l’avessi persa non
sapevo che avrei
fatto. Perciò non persi tempo ad essere pessimista e auto
flagellarmi,
ma agii.
Il suo cuore batteva ancora e la sua bocca sapeva di sangue. Respiravo
dentro
di lei e cercavo di rianimarla, premendo sui suoi polmoni.
Inizialmente,
faticò a riprendersi, ma dopo un po’ il battito
sembrò
tornare regolare. Aveva lo stesso bisogno urgente di andare
all’ospedale,
però.
«Okay,
dobbiamo portarla via immediatamente»,
sussurrò Edward, nervoso. Aveva già finito.
«J-Jacob», sussurrò Bella, flebile e con
la voce spezzata.
Tremava tra le mie braccia, agitandosi, e teneva gli occhi socchiusi.
Il mio
cuore perse un battito, gonfiandosi dentro il mio petto, e
all’improvviso
sentii gli occhi bruciare.
«Amore, sono qui», mormorai, cercando di
tranquillizzarla. Vicino a
noi, Edward batteva il piede impaziente.
«Jake…
mi dispiace tanto», disse, mentre vedevo
i suoi occhi opachi brillare. Stava per piangere, ma perse i sensi.
Edward me
la strappò dalle braccia, mentre io non sapevo cosa fare o
dire. Rimasi
lì, immobile.
«La porto all’ospedale»,
borbottò, prima di partire in
quarta e sfrecciare via.
E
restai da solo, con un dolore immane nel cuore.
Forse era la scelta giusta, lasciarla a lui. Come potevo ancora
guardare in
faccia Bella dopo quello che le era successo, a causa mia? Non avrei
mai
potuto, perché avevo infranto ogni proposito che mi ero
fatta nei suoi
confronti: mai metterla in pericolo, mai farle del male, mai
abbandonarla. Li
avevo infranti tutti e tre, in un giorno solo.
Eppure,
il desiderio e la voglia disperata di starle vicino
continuava a vorticarmi nella testa… La voglia di restare al
suo fianco e
non lasciarla mai più. Il desiderio soffocante di far
sparire Edward
dalla faccia della terra e tenermi Bella solo per me.
Avrei
potuto farlo.
Ma non l’avrei fatto.
Perché, altra cosa schifosa dell’amore, sa
privarti di ogni
egoismo.
Come
potevo uccidere Edward se ciò le avrebbe recato
sofferenza? E – forse peggio ancora – come potevo
obbligarla a
stare con me se era felice solo al fianco del succhiasangue?
Normalmente, non mi sarei mai arreso.
Ma il senso di colpa e l’amore che provavo per lei sembrarono
davvero
soffocare la mia parte egoista.
L’unica
soluzione era andarmene, ma non subito. Prima mi
sarei scusato e avrei chiarito con Bella, poi, quando non sarebbe
più
stata mia, me ne sarei andato. Avrei lasciando che vivesse la sua vita
come
desiderava e al fianco di chi voleva.
Ma
di una cosa ero certo, sicuro al cento per cento: ovunque mi
fossi diretto, in qualunque posto sarei scappato, il mio cuore sarebbe
rimasto
a lei. Per sempre.
Angolo
autrice.
Eccomi
qui, tesorucci miei *_* Anche stavolta mi è sembrato
di aggiornare abbastanza presto, no? Cavolo, sono arrivata a un punto
della
storia che ho una marea di idee *__* E le voglio usare tutte! Quello
che poi si
è rivelato essere il capitolo numero 16 l’avevo
già scritto
taaanto tempo fa, quindi penso che, con qualche correzione e una bella
sistematica, avrete presto anche quello! **
Ho
messo una musichetta inizio capitolo, visto? Vi consiglio la
lettura di questo con quella di sottofondo, perché
è magnifica
çwç Sia nel Bella POV che nel Jacob POV
ù_ù
Ho
voluto sperimentare il POV di Jake, e sono abbastanza
soddisfatta del risultato, ma ovviamente mi piacerebbe sapere che ne
pensate
voi ^^ All’inizio non è stato per niente facile
“calarsi
nella parte” di un personaggio così ironico e
complesso,
però mi piace abbastanza come è saltato fuori.
Però, come
si dice… ai posteri l’ardua sentenza!
(*)
So che questa frase potrebbe sembrare un po’ (molto)
OOC: Bella è lì mezza morta e Edward si preoccupa
del vestiario
di Jake? Potrebbe darsi… Ma ho pensato: il polaretto
è così
ossessivo, maniacale e geloso che quando ha visto Jacob avvicinarsi
completamente ignudo a Bella gli attributi hanno cominciato a
girargli…
In quel punto, poi, subito dopo che Edward fa
quell’osservazione, avrei
voluto far pensare a Jake: “Che c’è,
paura del confronto,
succhiasangue?, ma per fortuna mi sono bloccata in tempo XD
E Jacob
aveva cose più importanti da fare in quel momento che dar
retta a un
Frigidaire che dà di matto ù_ù
Io sono commossa! 83 recensioni, 58
preferiti e 46 seguite
*.* Sono felicissima che questa storia piaccia, sul serio! Quando sono
partita
e ho pubblicato il primo capitolo, nel lontano 3 febbraio del
duemilaotto, non
pensavo che questa storia mi avrebbe regalato così tante
soddisfazioni!
Perché nulla mi fa più piacere di leggere i
vostri commenti di
consenso… e non mi riferisco alla parte dei complimenti
eccetera: mi
batte forte il cuore quando mi spiegate le emozioni che
questa fan
fiction a cui ho dato cuore e anima vi suscita.
Quindi, per l’ennesima volta, GRAZIE! <3
Ma
stavolta non ci penso nemmeno a lasciarvi senza le risposte
alle recensioni, perciò iniziamo! +w+ valef1995: No no, tu
sei del Team Edward,
quindi sparisci ù_ù Ahaha, ovviamente scherzo J
Benvenutissima tra i recensori, cara ^_^ Ma no,
qui nessuno ti uccide perché sei del Team Edward, anzi, ti
accolgo con
un caloroso abbraccio (mi sa che storceremo un po’ il naso
entrambe XD)
perché non sei una di quelle fans dispotiche e che dicono di
odiare
Jacob, magari soltanto perché è
d’intralcio alla coppia
Edward/Bella ._.
Sono
contentissima che tu stia imparando ad apprezzare Jake, e ancora di
più
*me sadica, muahuahuahah!* che la tua ferma decisione stia vacillando
*w*
Comunque, sulle tue constatazioni su Bella sono assolutamente
d’accordo
con te ù_ù E sì, Jacob ha fatto bene a
lasciarla!
Contrariamente a te, non è che il personaggio di Bella mi
piaccia molto,
altrimenti non la chiamerei tonna XD
Comunque
hai ragione, dai, non è tutta colpa di Edward…
Tutti, e dico
tutti, in questa storia hanno commesso gli errori o compiuto scelte
sbagliate
che poi hanno portato alla catastrofe XD Nessuno è perfetto,
nemmeno i
vampiri ;) O licantropi ù_ù
Grazie ancora per la recensione e per i complimenti, sai? Ho
apprezzato,
piccola Edwardina ^^
Un bacione, e alla prossima spero!
lalli85: Okay,
innanzi tutto lasciati dire che io adoro la tua
storia su Jake e Bella e che sto maledicendo la mia minore
età per non
poter leggere i nuovi capitoli che hai postato e quelli che posterai
çwç E scusa se non ho mai aggiornato, ma sono
piuttosto priva e
abbastanza negata a recensire ^^’’’
Comunque, sappi che AMO
la tua storia e il modo in cui scrivi ù_ù
Poi…
cavolo, grazie per aver sprecato energie per recensire ogni singolo
capitolo
°ç° Deve’essere stata una fatica
enorme, non dovevi
^^’’’
Sono contenta comunque che la mia storia ti piaccia, sul serio *w* E
che pensi
che il dialogo tra Jake e Bella sia da oscar
X°°° Esagerata
ù_ù Non so che altro dirti, se non GRAZIE DI
CUORE! Spero che ti
sia piaciuto anche questo capitolo (: Un bacioneee <3
Zio_Legend: No, no, ti
capisco! E’ bello vedere che un
personaggio, nonostante la stazza e la forza fisica, riesca a piangere
e a
esternare i propri sentimenti… Pasticcìno Jacob
çwç
Sì, questa storia è una Jake/Bella, ma non per
questo Jacob (come
hai visto) è destinato a non soffrire…
ç__ç Ma tutto
si sistemerà, abbi fede! ^w^ Un bacione <3
__cory__:
Sì, Edward ritorna e Bella ci ricasca! Bah,
scemini entrambi! >< Spero che ti sia piaciuto questo
capitolo (: Un
Bacione! <3
Marty95: Ecco, le
quarantotto ore di dubbio o curiosità
sono finite (: Se torneranno insieme, dici? Non so, vedremo come
va… ^^
Un bacione e grazie per la recensione! <3
matrix: Mi associo
per la santificazione di Jacob! La TonnaBella
ha un po’ avuto quello che si meritava e che tutte le sue
oppositrici
segretamente speravano… Una bella manica di botte! XD
Ora manca lo Swarowski da sistemare +__+ Chissà come
andrà a
finire… Mwahahah! XD
Niente, comunque, grazie come al solito, sempre troppo gentile :3 Un
bacione e
un fantastico
2010
anche a te! <3
Rein94:
Anche io avrei voluto prenderlo a schiaffi
mentre scrivevo, credimi =ç= Odio odio odio far soffrire
Jake e lasciare
che Edward faccia il lecca culo con Bella >.< GRAAAH|
Grazie mille per la recensione, mi auguro che anche questo capitolo ti
sia
piaciuto :3 Un bacione <3
eia:
Sì, il dolore è sentimento di
passione… allora vuol dire che Jake ne prova tanta, povero
cucciolo
çwç Non preoccuparti comunque, presto anche lui
smetterà
di soffrire, mi auguro ><
Grazie mille per la recensione e per non avermi maledetto :3 Un bacione
<3
marpy: Certo che
non mi offendo, che domande! Puoi entrare e
prenderla a calci quanto ti pare, sul serio >< E anche
per quel che
riguarda Edward… hai carta bianca ù_ù
Sono felice che pensi che il dialogo d’addio mi sia venuto
bene! Ci
tenevo molto a quella parte, e sono contenta di aver trasmesso
ciò che
volevo *.* Grazie di cuore, come sempre <3 Un bacioneee :3
_Starlight_: Ammove mio,
come al solito la tua sequela di
insulti alla tonna mi ha fatto sganasciare, così come i tuoi
piani per
liberarti di gentaglia poco desiderata, eh eh +W+
Però… mi
è dispiaciuto vedere quelle faccine lacrimevoli,
sì sì
çwç Spero che ti sarai sentita un po’
“vendicata”, dopo aver letto che succede a
Bella… mwahahah
*_* Ammetto che la tua cortezza mi ha lasciata un po’ basita
e ho pensato
“oddio, l’ho distrutta se non ha scritto una
recensione
chilometrica e super sclerata!” XD Ma credimi, l’ho
apprezzata
ugualmente tantissimo, come tutte le volte <3 E lo sai che ti
amo
ù_ù E che sono felice che continuerai a parlarmi,
sì
sì *.*
Ti voglio tanto
bèèèènè FVa
<3 E anche al
tuo piedone >w<
Bacionèèè <3
Anche per
questa volta direi che è tutto…
Ah, vi avviso che ci stiamo avviando alla fine T_T Credo che
sarà dura spostare
la crocetta del “completa?” da
“no” a “sì”
çwç Anche se non sarà veramente una
fine… eh eh eh <3
Ero sicura al
cento per cento di essere morta. Ne
erano una prova l’assenza totale di dolore e il fatto che
fossi immersa
in un nero profondo e opprimente. Non sentivo più il mio
corpo.
Victoria
aveva fatto più in fretta di quanto
avessi mai potuto sperare, e gliene fui grata.
Così
era quella, la morte. Chissà
perché la gente aveva così paura di
affacciarla… era uno
stato di assenza completa, dove non si prova né sofferenza
né
dolore.
Ma forse non
era davvero la morte. Perché,
ogni tanto, riprendevo lucidità. Brevemente, per due o tre
secondi al
massimo. Ed era un lasso di tempo orribile. Tremavo e avevo male
ovunque. La
prima volta non ero riuscita ad aprire gli occhi, ma avevo sentito un
ruggito assordante,
e il rumore di strappi e lacerazioni tremendo. E avevo riperso
coscienza.
Poi, la seconda, avevo udito delle voci. Erano ovattate, confuse, e non
ero
riuscita a distinguerle chiaramente. Avevo freddo, e sentivo il mio
corpo
fremere convulsamente, nonostante fossi circondata da qualcosa di
caldo. Le
voci, ma soprattutto una di esse, cominciarono ad acquistare chiarezza,
e il
mio cuore – che sentivo debole – mancò
di un battito: era la
voce di Jacob. Provai, con tutte le forze che mi erano rimaste, ad
aprire gli occhi.
Avevo un disperato bisogno di vedere il suo viso, anche solo per un
secondo.
Strinsi le palpebre, e cominciai lentamente a schiudere gli occhi, che
però rimasero socchiusi. Riuscii comunque a vedere qualcosa,
anche se
offuscato. Vedevo la sagoma ramata di Jake, e provai a chiamarlo.
«J-Jacob»,
mormorai, in un
sussurro, sperando che mi potesse sentire. Avvertii la sua presa farsi
leggermente più stretta attorno a me.
«Amore,
sono qui», disse,
la voce dolce e tormentata al tempo stesso. Amore, mi aveva chiamata
amore… La sorpresa mi lasciò di stucco: come
poteva chiamarmi
ancora così dopo tutto quello che gli avevo fatto? Come
poteva, la sua
voce, essere ancora così amorevole e tranquillizzante nei
miei
confronti?
«Jake…
mi dispiace
tanto», sussurrai, mentre il mio cuore si stringeva in una
morsa di
dolore autentico. Sentii gli occhi riempirsi di lacrime e i sensi mi
abbandonarono di nuovo.
Tutto
ripiombò nel buio, ma
quella volta non mi risvegliai tanto presto.
Dopo un lasso
di tempo indefinito, finalmente
riuscii a riemergere da quel baratro oscuro che sembrava non lasciarmi
scampo.
Riaprii gli occhi, lentamente e a fatica.
Tutto intorno a me era confuso e troppo luminoso, e ci misi un po' per
focalizzare bene ciò che mi circondava. Quando ci riuscii,
mi ritrovai
su un letto d'ospedale, e dal collo in giù non sentivo
niente. Mi
sfuggii un mugolio, infastidita da tutta quella luce.
«Bella!»,
esclamò una voce
sollevata, poco distante da me. Girai il viso verso la voce e gelai sul
posto
quando mi trovai a pochi centimetri dal viso di Edward, che mi fissava
con un
gran sorriso stampato in volto. Non risposi, guardandolo stralunata e
muta.
«Devi essere molto confusa, vero amore? Non
preoccuparti, ora va
tutto bene. È tutto finito», mormorò
con dolcezza, sfiorandomi
una guancia con la punta gelata dell'indice. A quel contatto,
rabbrividii,
scostando d’istinto il volto da lui. Mi guardai intorno,
smarrita,
cercando di abituarmi a quell’ambiente fin troppo luminoso.
Deglutii, ma
non fu affatto una buona idea: sentii qualcosa raschiare nella mia gola
e farmi
sobbalzare dal fastidio. Probabilmente mi avevano infilato nel naso un
tubicino
per farmi respirare meglio. Mi accorsi anche di avere la gola riarsa e
le
labbra secche.
«Quanto…»,
provai a
dire, ma fu doloroso, e ripresi fiato. Lui capì, facendomi
segno di
calmarmi.
«Sei
stata assente per quattro giorni,
Bella», disse, incupendosi. Mi
strinse una mano, delicato, sfoderando il suo sorriso sghembo che,
incredibilmente, non mi fece effetto.
Poi, come un fulmine improvviso, un pensiero colpì il mio
cervello,
scuotendo la mia memoria, risalendo al ricordo dell’ultima
persona che
avevo visto prima di perdere conoscenza.
Jacob.
Jacob.
Dov’era Jacob?
Deglutii
improvvisamente, e presi un
respiro. Guardai Edward negli occhi.
«D-dov’è
J-Jacob…?», sussurrai, flebile.
Lui
si irrigidì, lo sguardo
indecifrabile impiantato nel mio. Mi parve di sentirlo ringhiare piano.
«Jacob
se ne è andato,
è andato via», disse, attento alla mia reazione.
Rimasi immobile,
lasciando la sua mano. Piombò un gran silenzio, nel quale
riuscii
chiaramente a sentire il mio cuore che si fermava. Sentii gli occhi
riempirsi
di lacrime.
«C-cosa?
Perché?»,
gli chiesi in un sussurro spezzato, senza fiato.
«Perché Jake se
n’è andato?!», dissi a voce
più alta. La gola mi fece
male.
Edward
mi guardò ma non disse
nulla, e il suo sguardo era illeggibile.
«Rispondimi!»,
gridai
infine, per quanto le mie corde vocali addormentate me lo
permettessero. Sentii
un bip farsi più insistente e frequente, e a quel punto
capii che ero
collegata a una macchina che controllava i miei battiti cardiaci.
Dovevo
calmarmi.
Lui
strinse i pugni. «Non lo so,
Bella, non lo so!», sputò, arrabbiato.
Abbassò lo sguardo,
cupo, lanciandomi un’espressione di scuse.
«Perdonami»,
disse.
Sprofondai
nel cuscino, muta; i battiti
tornarono regolari, ma mi sentivo soffocare.
Forse
quel “amore” che
avevo sentito uscire dalle sue labbra era stata soltanto
un’impressione,
forse avevo capito male io… L’avevo annientato e
fatto soffrire,
era impossibile che potesse chiamarmi ancora così.
L’avevo tradito
con Edward, ero ricascata in quel ciclo di dipendenza che mi legava a
lui. Mi
aveva lasciata, e aveva fatto bene. Probabilmente, non mi avrebbe mai
più voluto con sé, ma si era fatta viva in
me la flebile
speranza che un giorno sarebbe riuscito a perdonarmi… che
saremmo potuti
rimanere amici. La sua assenza nella mia vita, ormai, mi sembrava
qualcosa di
totalmente inconcepibile, tant’è che sarei
riuscita ad accettare
di averlo anche solo come amico – pur amandolo sempre e per
sempre.
Ma
non mi aspettavo certo che sarebbe
andato via. Che avrebbe lasciato La Push.
Quel
pensiero mi annientò, e fu
come se il mio cuore sparisse del tutto. Che senso aveva possederne uno
se
Jacob non c’era, se non poteva riempirlo anche solo con la
sua presenza?
A
quel punto, fu come se tutto il mondo
che mi circondava diventasse qualcosa di assolutamente estraneo,
lontano anni
luce da dove mi trovavo io. Avevo accanto chi era stato la ragione
della mia vecchia
vita, ma i miei polmoni e la mia stessa essenza avevano bisogno di
quella
nuova. Non potevo vivere senza Jacob. Perciò, non vissi.
Passai
tre giorni nellapatia
più totale: non parlavo o parlavo lo stretto necessario,
mangiavo poco e
niente. I medici cercarono di tranquillizzare Charlie e
Renée, dicendo
loro che probabilmente ero rimasta scioccata da ciò che
avevo subito
– secondo loro ero stata aggredita da un animale. Edward,
nonostante le
vive proteste di mio padre – che, vedevo, gli lanciava sempre
sguardi
accusatori pieni d’odio – non mi mollava un attimo,
tranne quando
finiva l’orario di visite, o lasciava il posto a mia madre,
che aveva
lasciato di tutta fretta Jacksonville per venire da me.
Preoccupatissima,
tentava di farmi
parlare in ogni modo, ma io rispondevo a monosillabi e controvoglia.
Non osava
chiedermi di Jake, non dopo aver assistito a una crisi di pianto
scaturita
dalla sua domanda: “Bella, amore, ma
dov’è Jacob?”.
E
Charlie… ci mancava poco che
perdesse la testa: aveva saputo da Billy che Jacob non tornava a casa
da quando
ero stata aggredita, e non sapevano dove fosse.
«Bells,
sono stati quattro giorni
pesantissimi, tesoro», mi disse, qualche ora dopo il mio
risveglio.«Martedì torno a
casa e trovo la porta fatta a
pezzi, nella mia camera e nella tua il caos più totale...
Sembrava un
furto in piena regola, ma stranamente non hanno rubato nulla. Poi
chiama
l’ospedale e mi dice che sei stata aggredita da un animale,
che sei in
gravi condizioni e che ti stavano operando
all’addome…». La
voce gli tremò sulle ultime parole, e io gli strinsi una
mano. Mi
sorrise brevemente, ma la sua espressione si indurì di nuovo.
«Arrivo
e mi ritrovo Edward
Cullen», sbottò, pieno di rabbia. Non seppi che
dire, ma non me ne
preoccupai nemmeno. Lasciai che Charlie si sfogasse. «Io
dico, con quale
coraggio quel ragazzo osa ancora farsi vedere? E dopo tutto quello che
ti ha
fatto! Se Renée non mi avesse fermato, l’avrei
scacciato di qui
senza troppe cerimonie… Ti avviso, Bells, voglio che ti
tieni alla larga
da lui», mi avvertì, guardandomi serio. Io non
dissi nulla.
«Non
gli permetterò di
rovinarti la vita, ora che sei riuscita a ricostruirne una».
La mia
coscienza urlò.
Me
l’ha già rovinata, papà. E me la sono
rovinata io stessa, con le mie mani.
«Se
Jacob fosse qui non so che
gli farebbe…», disse, tra sé, poi mi
guardò. Spostai
lo sguardo, sussultando, cercando di non ascoltare ciò che
stava per
dire. «Ma chissà dov’è
finito, quel ragazzo. Io non
capisco, sembra che Billy si sforzi di essere preoccupato, come se in
realtà sapesse dove si trova suo figlio».
Mi
sfuggì un mugolio addolorato.
Sentii la sua espressione studiarmi, ma non disse una parola.
Probabilmente,
aveva capito che era meglio per me non parlarne.
Furono
tre giorni orrendi, nei quali mi
finsi dolorante solo per trovare sollievo nei sedativi. Volevo dormire
e basta,
annullarmi completamente, anche ora che le mie condizioni fisiche
stavano
migliorando.
Una
notte mi svegliai di soprassalto,
dopo che l’effetto dei tranquillanti era svanito, nella miastanza buia
d’ospedale. Voltai la
testa verso la sveglia che mio padre mi aveva portato, segnava le tre.
Dovevo
andare in bagno, così chiamai un’infermiera, per
farmi aiutare.
Facevo ancora fatica a camminare, a maggior ragione se dovevo portarmi
dietro
la flebo.
Beth
arrivò, accendendo la luce. «Devi andare in bagno,
tesoro?», mi domandò. Ormai lo sapeva: io e lei,
quella simpatica
signora sulla sessantina, avevamo stretto amicizia. Annuii,
sorridendole
leggermente imbarazzata. Mi aiutò a scendere dal letto, e mi
offrì un braccio, spingendo con l’altro il
carrellino della flebo.
Quando uscii dal bagno, mi accorsi di quanto l’aria in quella
stanza
fosse opprimente, perciò chiesi all’infermiera:
«Mi scusi,
non è che potrebbe aprire la finestra? Ho caldo».
Mi diede una
mano a stendermi e a coprirmi, poi annuì vigorosamente col
capo.
«Subito,
cara», disse,
sorridendomi dolcemente e andando a spalancare la finestra.
«Quando ti
sei rinfrescata abbastanza chiamami che vengo a chiudertela»,
si
raccomandò, facendo per uscire.
«Certo,
Beth»,
asserii, sorridendole. Mi salutò con la mano e chiuse la
porta dietro di
sé, uscendo dalla mia stanza. Abbandonai il capo sul
cuscino, guardando
il soffitto e godendomi la frescura che stava entrando dalla finestra.
Era, stranamente,
una sera anche troppo calda per un aprile di Forks, eppure il
venticello che
entrava nella stanza rinfrescandola era piacevole.
Spostai
lo sguardo per scrutare il buio
della notte che riempiva il mondo fuori da quella stanza
d’ospedale,
spezzato solo dalla pallida luce della luna che entrava anche nella mia
camera,
illuminandola appena. Era un’atmosfera strana…
L’aria che continuava ad entrare iniziò a darmi
fastidio e a
procurarmi qualche brivido, ma prima che potessi chiamare Beth
col campanello, le vibrazioni nere del vetro alzato mi spaventarono,
facendomi
immobilizzare dal terrore. Mi scappò un urlo quando vidi
un’ombra
scavalcare il davanzale, e rimasi sorpresa: era la prima volta in una
settimana
di catalessi che qualcosa provocava in me qualche emozione. Ma quel
fatto
strano fu chiarito qualche secondo dopo, quando la luce della luna
rivelò il volto di Jacob, che mi guardava.
Rimasi
immobile, gli occhi sgranati, e
non seppi come sentirmi. Avevo dimenticato cosa significasse essere
felici, ma
mi tornò in mente non appena realizzai che Jake
c’era, che era
lì.
Con la visuale annebbiata dalle lacrime che si erano addensate, provai
ad
alzarmi dal letto, dalla parte della finestra. Poggiai i piedi per
terra, con
Jacob immobile che mi fissava. Provai a mettermi in piedi, ma non
appena mi
staccai dal letto, la testa mi girò e mi sentii cadere.
Due braccia calde avvolsero subito i miei fianchi, e mi sostennero,
impedendomi
di scivolare a terra. Senza pensarci due volte, affondai la testa nel
petto
caldo che mi aspettavo, scoppiando a piangere senza ritegno. I
singhiozzi che
mi scuotevano il petto erano così forti che mi toglievano il
respiro, ma
non me ne importò nulla. Ignorai persino il fastidio
provocato
dall’ago della flebo, che tirava, infilato nel mio braccio
destro. In
quel momento, nulla era più importante che sentire le sue
braccia
stringermi, il suo respiro tra i miei capelli, il suo cuore premuto
contro il
mio orecchio.
Era
lì con me. Non riuscivo a
crederci.
«Sei
qui», rantolai, tra le
lacrime. Aspettavo la sua risposta, come se fosse ossigeno. Come se il
fatto
che fossi lì tra le sue braccia potesse essere reso
più vero
dalle sue parole.
«Sì», disse soltanto, con la voce
spezzata, infilandomi una
mano tra i capelli per stingermi ancora di più a
sé.
A
quella semplice parola, sentii il mio
cuore scoppiare in un botto di sensazioni uniche, in un botto di vita.
Ero di
nuovo viva.
Come
se fosse necessario, istintivo, le
mie labbra si scollegarono del tutto dal mio cervello, cercando quelle
di Jake.
Afferrai i suoi capelli con la mano sinistra e con forza, guidando il
suo viso
verso il mio e premendo le mie labbra contro le sue. Il suo respiro
inondò i miei polmoni, e sospirò selvaggio sulle
mie labbra, ma
si fermò immediatamente.
Quel contatto interrotto così bruscamente fece scoppiare la
mia bolla di
gioia immensa, rispedendomi nella dura realtà in cui mi
trovavo e
ricordandomi un paio di particolari importantissimi: lui mi aveva
lasciato. E
mi aveva lasciato perché l’avevo tradito con
Edward.
Mi
scostai subito da lui, e mi chiesi
con quale coraggio mi ero sentita in diritto di assalirlo in quel modo.
Posai
entrambe le mani sul materasso, tornando ad appoggiarmi al letto, e
chinai la
testa, senza smettere di piangere.
«Bella…»,
sospirò Jacob, poggiando una mano sulla mia spalla. Io
scossi la testa.
«No,
no, hai ragione. Non avevo
diritto di reagire così dopo quello che ti ho
fatto», mi scusai,
provando a scacciare le lacrime. «Il fatto
è… che sono
così felice di vederti», ammisi. Poi alzai lo
sguardo, fissandolo
nei suoi occhi. «Mi sei mancato tanto».
Mi
prese il viso tra le mani, scostando
i capelli che mi si erano incollati alle guance per colpa delle
lacrime.
«Anche
tu, Bella», disse, e
sentii che era sincero. Il suo tono mi lasciò basita, ma
ancora di
più l’espressione che aveva negli occhi, mentre mi
guardava.
Dietro allo strato color onice di dolore, vidi qualcosa che, in quel
contesto e
nella situazione in cui ci trovavamo, non mi sarei mai aspettata: mi
fissava,
rapito, con uno sguardo intenso… inspiegabilmente pieno di
amore.
Notò
il modo insistente col
quale lo stavo studiando. «Che
c’è?», domandò,
continuando a premere i suoi palmi contro le mie guance.
Sgranai
leggermente gli occhi.
«Come fai?», sussurrai, sconvolta.
«Cosa?».
«Come
fai a guardarmi ancora
così dopo tutto quello che ti ho fatto?!»,
sbottai, incredula e
sfiorando l’isteria.
«Sai,
stavo per farti la stessa
domanda», disse, sorridendo ma tornando serio immediatamente.
Rimasi
sorpresa. «Che vuoi
dire?».
«Voglio
dire che trovo assurdo il
modo in cui ti stai comportando!», esclamò,
spalancando gli occhi
e allargando le braccia. Sembrava frustrato, tutto d’un
colpo. Pensai di
aver detto qualcosa di sbagliato. «Bella, tu sei finita su
questo letto
per colpa mia, perché ti ho lasciata da sola in preda a
Victoria! Trauma
cranico, schiena e addome danneggiati, contusioni un po’
ovunque…
Dopo che ti avevo promesso, giurato
che mai ti avrei fatto del male! – Strinse le dita tra i
capelli corvini
– Poi sei tu a sentirti
in
colpa?». Stringeva i pugni, e le mani avevano iniziato a
tremargli.
Gli
posai una mano sul petto nudo,
cercando di calmarlo, non sapendo che dire. Insomma, davvero si sentiva
così in colpa? Che diavolo gli passava per la testa? Stava
odiando se
stesso, lo vedevo, e ciò mi fece infuriare.
«Jake,
spero che tu stia
scherzando! Chi è la totale idiota che non riesce a
staccarsi dal suo ex
e se lo bacia davanti al suo attuale ragazzo? Chi è la
cretina che si
inoltra nel bosco con la stupida convinzione che riuscirà a
correre
dietro a un licantropo che è cento volte più
veloce di
lei?», sibilai, piccata, frustrata da morire. Iniziarono a
salirmi delle
lacrime di rabbia. «Chi è la deficiente che non
riesce a dire
“ti amo” alla persona più
importante della sua vita?!»,
strillai, a quel punto, serrando i pugni. Chiuse gli occhi di scatto e
mi
abbracciò di nuovo. Lasciò che mi sfogassi, senza
dire una
parola, mentre mi baciava i capelli per tranquillizzarmi.
«Sono
un idiota»,
mormorò, basso.
«Sì,
lo sei!»,
sbottai tra le lacrime. «Ma solo se lo hai fatto
perché ti sentivi
in colpa… », aggiunsi poco dopo, borbottando. Se
l’aveva
fatto perché non mi voleva più… non
avrei obiettato.
«Lo ammetto, l’ho fatto per quel motivo. Pensavo
che, se ti avessi
lasciata a lui, forse saresti stata più al sicuro e
più
felice», ammise, stringendomi di più a
sé.
«Jacob»,
mormorai,
guardandolo negli occhi. Volevo aprirgli completamente il mio cuore,
volevo che
sapesse ciò che sentivo e quello che volevo trasmettergli.
«Jake,
io non riesco a essere felice senza di te. Non
più», dissi,
affondando di nuovo il viso nel suo petto. «Questi giorni in
cui sei
stato via… sono stati orribili. Io respiravo, ma non vivevo,
capisci? Il
pensiero che tu fossi lontano da me, che non mi volessi
più…Sarebbe
stato plausibile, dopo tutto il dolore che ti ho recato, e avresti
avuto
ragione a non volermi più vedere…
però…». Non
riuscii più a continuare.
Imprecò
a mezza voce.
«Bells», ringhiò, «come puoi
pensare che non ti voglia
più?».
«Faresti
bene a lasciarmi.
Vivresti più felice e sereno, senza di me che continuo a
recarti
problemi», ribattei, ma il mio cuore si fermò al
solo pensiero.
Però, se avesse deciso di seguire il mio consiglio, avrei
dovuto
abituarmi a quella dilaniante sensazione di vuoto.
Un
suono gutturale, come un ringhio, gli uscì dal petto. Mi
scostò da sé, prendendomi la testa tra le mani e
avvicinando il
suo volto al mio, veloce. «Bella,
vuoi ficcarti in
quella testa dura che ti amo? Che sono stato da schifo
anch’io, in questi
giorni? E, che tu lo voglia o meno, continuerò a rimanerti
vicino, anche
se continuerai a causarmi problemi su problemi?». Lo disse
come una
minaccia, ghignando, ma alle mie orecchie risuonò come la
promessa che
non avevo diritto a desiderare di sentirmi dire.
Una
gioia incredibile esplose dentro di
me, espandendosi e raggiungendo ogni fibra del mio corpo. Sorrisi, come
non
facevo da tanto tempo, felice. Gli avvolsi il collo con le braccia,
mentre lui
si piegava su di me per non farmi affaticare.
Le sue labbra incontrarono le mie, dolci e passionali, irruente e
delicate come
mai erano state prima. E, di nuovo, mi sentii completa. Come se ogni
tassello
del mio cuore fosse ritornato al posto giusto, ogni bolla
d’aria a
circolare nei miei polmoni, rinvigorendomi.
Le braccia di Jacob mi avvolgevano, delicate e attente a non farmi
male, e mi
sentii protetta, al sicuro.
Le
sue labbra scesero a baciarmi il
collo, mentre continuava a mormorare «ti amo Bells,
perdonami».
Strinsi le mani tra i suoi capelli, quasi con rabbia.
«Smettila»,
ringhiai. Lui
si mise a ridere, tornando a occuparsi delle mie labbra. Mi scostai da
lui,
guardandolo negli occhi. Il suo sguardo intenso mi lasciò
senza fiato.
«Ti
amo», dissi, e la
inoppugnabile certezza che quelle parole fossero vere mi
riempì il cervello.
«Nah,
balle», ribatté lui, stampandomi un bacio veloce
sulle labbra, per
poi aggiungere, ghignando sicuro di sé: «ti amo
più
io».
Alzai
gli occhi al cielo, riprendendo a
baciarlo.
Impossibile.
Angolo
autrice.
Stavolta sarò breve.
Questa storia
è
sospesa.
Non
perché mi sono stufata di scriverla o perché non
ho più
idee, anzi. Sono i miei che mi vogliono ritirare il computer, fino a
data da
destinarsi (hanno pure azzardato tre mesi ç_ç)...
Come cavolo farò senza di voi??? T__T Come farò
senza la
scrittura, una delle cose che amo di più al mondo? Non lo so.
Secondo i miei, spreco troppe energie sul pc,
anche
nei momenti liberi... quindi, adesso dovrò studiare 24 su
24. Non
immaginate quanto sono incazzata.
Mi
mancherete da morire, sul serio. JACOB mi mancherà da morire
T.T E scrivere dei miei
due amorini mi mancherà da
morire.
Ma io tornerò, ve lo giuro. E se dovessero ritirarmelo fino
alla fine
della scuola (NUOOOO ç__ç), quest'estate mi
rifarò,
postando un capitolo al giorno e cominciando il sequel, appena mi
ridaranno la
tastiera.
Spero che sarete così in tante anche al mio ritorno
:°)
Intanto,
ringrazio col cuore in mano le 61 persone che hanno aggiunto questa
storia alle
preferite e le 47 alle seguite.
Ovviamente,
un enorme GRAZiE
alle persone che hanno recensito lo scorso capitolo, ovvero _Starlight_(ti voglio troppo bene FVa, mi
mancherai topina <3),marpy,
Rein94,
Marty95,
Kukiness,lalli85(esagerata,
esagerata <3),eiaeStarLight90.
Allora, niente.
A presto, spero.
Un bacione grande grande
e tanti abbracci <3
Bea :3
*se
ne va, piangendo disperata... lasciando il cuore su questa pagina*
Riaprii gli
occhi il mattino successivo, con la sensazione di aver sognato,
semplicemente.
La stanza
era illuminata da un pallido raggio di sole che sorgeva timido tentando
di
farsi strada dietro le nubi… penetrando il vetro della
finestra chiusa.
Ero da
sola, ma riuscivo a sentire ancora il calore di Jake sulla mia pelle.
Di quella
notte ricordavo tutto molto vividamente: le nostre labbra che si
cercavano
incessantemente, i nostri corpi che si sfioravano e le nostre mani che
cercavano l’una il viso dell’altra…
Arrossii al ricordo, sorpresa di quanto
tutto fosse finito tutto così bene.
Però, c’era ancora un dettaglio da sistemare:
dovevo dire definitivamente addio
ad Edward.
Contrariamente
a quanto mi sarei aspettata… nessuna strana “altra
parte di me” aveva protestato
al pensiero di farla finita con lui. Stavo migliorando.
Probabilmente,
sarei crollata non appena se ne fosse andato una volta per tutte, per
sempre…
ma me la sarei cavata. Dovevo liberarmi di quella parte di me che
apparteneva
ancora a lui, e ce l’avrei fatta, lo sapevo. Solo
così avrei potuto iniziare la
mia nuova vita assieme a Jacob. Le promesse di quella notte
sussurravano ancora
al mio orecchio, nitide, come se veramente fosse lì accanto
a me, a
mormorarmele. Promesse che, dette ad alta voce, avrebbero perso la loro
magia.
Il rumore
provocato dalla serratura della porta che si apriva mi distrasse da
quelle
fantasie, e mi ritrovai Edward che avanzava verso il mio letto, con un
sorriso
stampato in volto.
Iniziai a
sudare freddo, nervosa. Come avrei potuto cominciare…?
«Buongiorno
Bella», disse, chinandosi e
stampandomi un bacio in fronte. Stranamente, lo sentii irrigidirsi. Le
sue
labbra diventarono una linea piatta per un secondo, poi tornarono a
sorridere.
«Ciao»,
sussurrai, a disagio. Si sedette sulla
sedia, di fronte a me.
«Vuoi
che ti chiami l’infermiera, così puoi fare
colazione?», domandò, posando una mano sulla mia.
«No,
grazie. Non ho fame». Lui sospirò, e il suo
sguardo si indurì.
«Avanti,
Bella, che succede?».
Sentii il mio corpo gelarsi, come fosse diventato un blocco di
ghiaccio, freddo
come i suoi occhi dorati, che mi fissavano in attesa di una risposta.
«N-niente,
perché?», mentii a stento, abbassando
lo sguardo.
«Bella,
lo sai che come bugiarda non sei un granché.
Avanti, dimmi quello che devi dirmi».
Trasalii, guardandolo in faccia. «Come fai… a
sapere che devo…», tergiversai
balbettando, incapace di continuare.
«L’ho
letto nei tuoi occhi, Bella. E… l’ho
sentito», disse, facendo una smorfia, arricciando il naso. Mi
guardava, triste,
gli occhi incollati ai miei. Non riuscii a sostenere quello sguardo, e
sentii
una fitta improvvisa al cuore, come se si fosse formata una piccola
crepa.
«Edward,
io…». Le parole mi si spensero nuovamente
in gola.
Non potevo
continuare così, dovevo essere forte.
Edward non se lo meritava, dopotutto, e Jacob ancora meno. Dovevo
metter la
parola “fine” a quella storia, non c’era
altra soluzione.
«Edward,
io non posso… non voglio più stare con
te», dissi in un soffio, stringendo la coperta tra le mani.
«Ti
ho
chiesto scusa, Bella…», sussurrò,
affranto. Mi si strinse il cuore.
«Lo
so, e
io ti ho perdonato tutto. Ma non ho intenzione di tornare con te,
Edward»,
dissi, e sentii la mia voce acquistare fermezza poco a poco.
«C’entra
quel cane?»,
domandò con un sibilo,
stringendo gli occhi. Il suo sguardo gelido mi trapassò.
«Jacob», lo corressi, con una
punta di
irritazione nella voce. «Sì, c’entra
lui».
«Bella,
come puoi desiderare di stare con lui dopo tutto quello che ti ha
fatto?», domandò,
lo sguardo che sprizzava scintille e i pugni serrati. Un moto di rabbia
mi salì
dallo stomaco. Da che pulpito…
«Posso
desiderare quello che voglio, posso fare ciò che voglio! E
stare con Jake è
sulla lista, perché tutto quello che è successo
è stato a causa mia! Sono io
che devo domandarmi come potrebbe stare con me dopo tutto quello che
gli ho
fatto… per miracolo, mi vuole ancora e io non mi
tirerò indietro. Lo amo, e
rimarrò al suo fianco!», sbottai, senza staccare
lo sguardo dal suo.
«Ami
anche me», affermò, atono e con la voce tremante.
Un ghigno amaro gli si
dipinse sulle labbra bianche. Il suo sguardo intenso era ancora fisso
nel mio.
«Non
posso negarlo», sussurrai, intimidita. Come spesso accadeva,
quei due pozzi
color topazio mi misero in soggezione. Ma la mia volontà,
quella volta, era di
ferro ed Edward non mi avrebbe smosso di un centimetro. «Ma
amo di più Jake. Mi
dispiace, Edward, ma non posso più stare con te.
L’ho già ferito abbastanza,
non mi va di fargli male di nuovo tornando con te».
«Quindi
lo fai per pietà?», disse lui, spalancando gli
occhi e piegando le labbra in un
sorriso sprezzante. A quel punto mi arrabbiai davvero. Come si
permetteva?
«Che
diavolo stai dicendo, Edward Cullen? Non lo faccio per
pietà, lo faccio perché
è quello che voglio! Io lo amo, è così
difficile da capire? Lo amo, e lo amerò
per sempre. Tutto ciò che voglio è stare con lui
per il resto dei miei
giorni!», dissi, a voce alta, quasi urlando. Una piccola
parte di me si
sorprese: io che urlavo contro quello che era stato il mio angelo, la
mia
ossessione? Se me l’avessero detto qualche mese prima mi
sarei messa a ridere.
Per me Edward era sempre stato intoccabile, da me per prima, e ora mi
faceva
strano usare quel tono di voce con lui. Ma una strana rabbia, in
reazione al
tono duro di Edward, aveva cambiato ogni prospettiva.
«Capisco
perfettamente. – Il suo sguardo si indurì
– Peccato che per lui sarà un altro
paio di maniche», sussurrò cupo, guardando da
un’altra parte.
«Cosa
intendi dire?», domandai perplessa, incrociando le braccia
sul petto.
«Che
un
giorno lui ti lascerà, Bella. Sarà costretto a
farlo», mormorò atono, fissando
il pavimento. Ebbi un attimo di smarrimento, ma poi capii. Il ricordo
mi colpì
in pieno, provocandomi un dolore che mi tolse il fiato.
Imprinting.
D’un tratto gli occhi mi si riempirono di lacrime, e il mio
cuore si sgretolò
al pensiero che tutte le promesse che Jacob mi aveva fatto quella notte
non
sarebbero più contate nulla, una volta subita la magia.
Io non ero giusta per lui, non ero il suo imprinting, la sua anima
gemella.
Eppure, vedevo tutta la forza dell’amore di Jake per me,
quando mi guardava.
Sembrava impossibile che, ora come ora, avesse potuto innamorarsi di
un’altra e
dimenticarmi… ma l’imprinting, come ben sapevo,
era un istinto incontrollabile
e, se a Jacob fosse successo, né io né lui
avremmo potuto farci nulla.
All’improvviso
mi sentii così male che non ebbi neppure la forza di
arrabbiarmi con Edward per
aver giocato così sporco.
«Lo
amo
abbastanza da voler che sia felice», sussurrai, senza forze e
senza guardarlo.
Sentii la
sua mano toccare il mio braccio, ma lo scansai, brusca.
«Bella,
se avrai bisogno, quel giorno... Io ci sarò. Ricordalo
sempre», promise.
«Vattene.
Hai già fatto abbastanza», dissi con la voce
fredda e roca di un automa,
tenendo lo sguardo fisso sulla finestra.
Lo sentii
alzarsi. «Perdonami,
Bella e ricordati che ti amo. Ti auguro
tutta la felicità di questo mondo», disse,
tormentato. Arrabbiata e ferita
com’ero, il suo augurio di essere felice mi sembrò
soltanto una presa in giro.
Mi guardò un’ultima volta, prima di uscire dalla
camera e andarsene. Per
sempre.
Fu facile
dimenticare l’amarezza di quella mattina
quando, dopo la visita giornaliera del dottor Brown, Jacob mi venne a
trovare.
Il cuore iniziò a battermi forte quando lo vidi fare il suo
ingresso in camera
mia, un sorriso più luminoso del sole stampato sul volto. «Jake!»,
esclamai,
balzandomi a sedere troppo velocemente. Pessima idea. Un giramento mi
colse
improvviso, e prima che potessi accasciarmi sul cuscino, un braccio
caldo mi
sostenne per la schiena.
«Attenta, imbranata», sussurrò
ridacchiando, prima di baciarmi la fronte.
Aggrottai le sopracciglia, sporgendo il labbro inferiore, come per
tenere il
broncio. Guidò la mia schiena sul cuscino, con molta
cautela, quasi fossi un
vaso di cristallo. Emisi un suono di disappunto. «Guarda
che ricordo
come ci si stende, Jake. Non fare il fenomeno», lo
rimbrottai, incrociando le
braccia al petto. Lui scoppiò a ridere, sedendosi sulla
poltrona, vicino a me.
Si guardò intorno, annusando l’aria. Strinse gli
occhi, sospettoso.
«Il nemico è già stato qui?»,
domandò, serio, ma notai una nota scherzosa nella
sua voce.
Io mi
incupii. «Sì,
Edward è già stato qui, stamattina», lo
informai. Il
tono in cui lo dissi catturò la mia attenzione.
«Gli ho detto che tra noi è
finita».
Jacob annuì, concentrato, poi studiò la mia
espressione.
«Stai
bene?», domandò, preoccupato. Probabilmente
pensava che il mio malumore fosse
causato dalla mancanza di Edward, ma sapevo che non era
così. Però non mi
andava di assillare Jake caricandolo delle mie paranoie riguardo
l’imprinting. L’avrei
fatto soffrire e basta, perciò cercai di sorridere.
«No»,
sussurrai, posandogli una mano sulla guancia e attirando il suo viso al
mio. Premetti
una volta le labbra contro le sue, calde, morbide. «Sto da
dio», aggiunsi poco
dopo, prima che Jake si avventasse sulla mia bocca divertito e
passionale.
Fummo
interrotti dal rumore della porta della stanza che si apriva, e ci
voltammo
verso l’ingresso. Jacob ringhiò, mentre io rimasi
di sale.
Erano Alice, Carlisle ed Esme, che avanzavano verso di noi, sorridenti.
Mi si
riempirono gli occhi di lacrime, e capii quanto mi erano mancati. La
gola mi si
attorcigliò in un nodo che bloccò le parole non
riuscivo pronunciare. Veramente
non sapevo cosa dire.
«Bella!», esclamò Alice, fiondandosi al
mio capezzale e abbracciandomi.
Ovviamente, il tutto avvenne col sottofondo di ringhi di Jacob. Alice,
mentre
mi teneva ancora stretta tra le sue braccia, lanciò
un’occhiataccia a Jake. Io
mi misi a ridere per alleggerire la tensione, gli occhi pieni di
lacrime,
mentre Esme e Carlisle raggiungevano la mia migliore amica.
«È
una
gioia vedere che ti sei finalmente ripresa, Bella», disse
Esme, sorridendomi
dolcemente e carezzandomi una guancia.
«Sì,
ci hai
fatto stare in pensiero», si unì Carlisle,
posandomi una mano sul capo con fare
paterno. Alice accentuò la presa attorno a me come ad
assentire.
«Grazie
a
tutti, davvero», mormorai, leggermente imbarazzata.
«S-siete
arrabbiati?», domandai poi, intimidita, e lanciai uno sguardo
a Jake, incollato
al muro a braccia incrociate, che monitorava la situazione. Aveva il
naso
arricciato. Mi sentii in colpa: forse non gli aveva fatto piacere
vedere il
calore con cui avevo accolto i miei amici vampiri. Sperai di non averlo
ferito.
«In
che
senso, Bella?», domandò Carlisle, sorpreso. Esme e
Alice mi lanciarono un’occhiata
interrogativa.
«Sì,
insomma… che io abbia lasciato Edward», precisai,
abbassando lo sguardo, a
disagio.
Alice mi
arruffò i capelli. «Ma certo che no, Bella! Le
questioni tra te e Edward non ci
riguardano… noi ti vogliamo bene comunque»,
esclamò convinta, abbagliandomi con
un sorriso celestiale.
«Ovviamente,
tesoro», annuì Esme, alzando una busta rosa
shocking e porgendomela. «Anzi,
questo è per te». Un fiocco enorme e fucsia
svettava sulla confezione,
avvolgendo uno dei due manici della borsa.
Io la
fissai, a bocca aperta e occhi spalancati e il mio sguardo corse subito
ad
Alice. Non poteva che essere stata opera sua.
Lei mi abbagliò con un altro sorriso e, vedendo che non ero
in grado di
prendere in mano il regalo, me lo posò sullo stomaco. La
incenerii con lo
sguardo.
«Che.
Cosa.
Hai-», provai a potestare.
«È
un
piccolo regalo d’addio», disse esasperata,
gonfiando le guance. Io mi bloccai.
«Cosa? Come
“d’addio”?», domandai, facendo
correre il mio sguardo da lei a
Carlisle ed Esme, che mi guardavano tristi.
«Ora
abitiamo in Alaska, Bella. Siamo venuti qui per te, ma non abbiamo
intenzione
di restare», disse Alice, mogia. Sembrava stesse per
piangere. «Siamo venuti a
salutarti, dato che l’altra volta non l’abbiamo
fatto».
Con un sospiro, cacciai indietro le lacrime. Dopotutto, era giusto
così.
Probabilmente si erano già ricostruiti una vita altrove, da
quando avevano
lasciato Forks… mi sembrava inopportuno fare storie.
Però mi dispiaceva… Alice
era come una sorella per me, e Carlisle ed Esme erano come un stati
come padre
e una madre, nelle tante giornate che avevo trascorso a casa Cullen.
«Ah,
questo è da parte di Emmett», si
ricordò Alice, poco prima di stringermi – ma con
cautela – in uno dei tipici abbracci di Emmett.
«È in Africa con Rosalie,
adesso, altrimenti sarebbe venuto volentieri a salutarti».
Io annuii, sorridendo divertita. «Allora ringrazialo, e digli
che sarà sempre
il mio orso preferito», mi raccomandai, stringendole la mano.
«Salutami anche
Rosalie. E, ti prego, dì a Jasper che non sono arrabbiata
con lui per quello
che è successo al mio compleanno».
Mi
sembrò
così strano parlarne… in quel momento mi
sembrò un ricordo appartenente a una
vita totalmente differente. E passata.
«Certo»,
disse, sorridendo. Poi tirò fuori un pacco di medie
dimensioni dalla borsa e me
lo porse. «Avanti, apri il tuo regalo».
Io
sbuffai, e mi apprestai all’apertura del regalo, che
consisteva solamente nel sollevare
il coperchio della scatola di cartone, rosa come la borsa.
All’interno, vi era
uno di quei cellulari all’ultimo grido, che non si limitavano
solo a mandar
messaggi o a telefonare.
Rimasi sbalordita, a fissare l’oggettino argenteo che
spiccava tra il cotone
rosa. Esagerato.
«Ti
piace?», trillò Alice, battendo le mani. Senza
darmi il tempo di rispondere,
aggiunse: «Abbiamo pensato che ti sarebbe potuto servire per
tenerti comunque
in contatto con noi». Lo prese in mano e lo accese, poi me lo
mise davanti al
naso e iniziò a scorrere la rubrica. I nomi erano in ordine
alfabetico: Alice,
Carlisle, Edward… A quel
punto storsi
il naso, lanciandole un’occhiataccia.
Lei
alzò
gli occhi al cielo. Aveva capito tutto.
«Su,
Bella, non fare tante storie… cerca di essere comprensiva
con lui», sbuffò, sorridendo
per metà. Non mi andava di litigare con lei prima di dirci
addio, ma non potei
fare a meno di emettere un suono stizzito. Lei, Esme e Carlisle
ridacchiarono.
Jacob
continuava a osservarci in silenzio.
«Comunque è bellissimo… anche se ci
metterò secoli per imparare ad usarlo»,
dissi ridacchiando, abbracciandola forte. Scivolai dalle sue braccia,
sporgendomi verso i suoi genitori.
«Carlisle, Esme… grazie di cuore, per
tutto», mormorai sorridente,
abbracciandoli entrambi.
«Figurati,
bambina mia», soffiò Esme al mio orecchio. Le
sfuggì un singhiozzo.
Alice
iniziò a farsi irrequieta, accanto a me. «Forse
è meglio se andiamo», borbottò,
la voce spezzata. Sentii le lacrime salirmi, al pensiero che avrei
dovuto dirle
addio.
Mi tuffai
nuovamente tra le sue braccia. «Verrai a trovarmi ogni tanto,
vero?», domandai,
singhiozzando e stringendola a me più che potevo.
«Sì.
Ti voglio
bene, Bella», mormorò, le parole spezzate da un
pianto invisibile.
«Anche
io, Alice. Sarai per sempre la mia migliore amica e la mia sorella
pazzoide
fissata con lo shopping», promisi, cercando di ridere tra le
lacrime. Troppo
presto, mi lasciò andare.
Esme le circondò la vita con un braccio, e Carlisle si fece
vicino a loro.
«Allora
tanti auguri Bella. Sii felice, piccola mia», mi
augurò il dottore,
sorridendomi. Sorrisi a mia volta, annuendo, e sentii il braccio di
Jacob avvolgermi
le spalle.
Alice
ghignò, incrociando le braccia al petto e guardandolo con
sfida. «Mi raccomando
cane, prenditi cura di lei».
Jacob
ghignò a sua volta, divertito. «Tsk, non mi faccio
dare ordini da una come te, piccola succhiasangue. Comunque, sai bene
che lo
farò ugualmente».
Esme e Carlisle alzarono gli occhi al cielo, scoppiando a ridere
assieme a me.
«Addio, Bella. Ti voglio bene», disse Alice,
sorridendomi e mandandomi un
bacio. La salutai con la mano, rispondendole.
Si girò e, assieme ad Esme e a Carlisle, sparì
oltre la porta della mia stanza,
in un battito di ciglia.
Angolo
Autrice.
Anche questa volta sarò breve. E’ un miracolo, un
vero miracolo che sia
riuscita ad aggiornare… probabilmente, è questo
l’ultimo aggiornamento prima
della punizione, perché domani consegnano le pagelle e io ho
alcune
insufficienze çwç
Spero comunque che, una volta che i
miei si saranno calmati, potrò trovare un compromesso per
usare il computer
solo a orari prestabiliti… Meglio che niente, va
là =.=
Ringrazio, come sempre, tutte le persone che mi seguono e che
dimostrano così
tanto affetto per la mia storia <3 Siete fantastici, sul serio!
Una
settimana dopo, sabato quattordici aprile, venni finalmente dimessa
dall’ospedale. Il dottor Brown mi raccomandò di
riposare un paio
di giorni e tornare a scuola il mercoledì successivo, dato
che ero stata
ridotta piuttosto male.
In quei
tre giorni di convalescenza fui coccolata come una bambina.
Renée rimase
con me fino lunedì e poi tornò a Jacksonville,
dando disposizioni
a Jacob e a Charlie in modo che si prendessero cura di me nel miglior
modo
possibile. Era tutto… troppo.
Charlie mi portava la colazione a letto tutte le mattine, e mi promise
di
occuparsi lui delle faccende domestiche. Tentai di oppormi,
ricordandogli
quanto fosse pessimo in cucina, ma lui non desistette, assicurandomi
che se la
sarebbe cavata.
E, con Jacob, era anche peggio: sembrava che stessero cospirando contro
di me.
Non mi
facevano salire o scendere, a seconda, le scale da sola: ogni mattina
mio padre
mi obbligava a restare a letto fin quando non fosse arrivato Jake. A
lui,
infatti, spettava il compito di portarmi al piano di sotto prendendomi
in
braccio. Il precario equilibrio col quale madre natura mi aveva
equipaggiata,
si era giustificato Jacob, sarebbe stato un pericolo per me nelle mie
condizioni.
Concluso
il teatrino del mio trasporto da un piano della casa
all’altro, mi
piazzavano sul divano per tutto il giorno, e Jake non mi mollava un
secondo.
Insomma, mi faceva davvero piacere stare con lui, ovvio,
però tutta
quella storia mi sembrava quantomeno esagerata.
Una volta mi vennero a far visita Sam ed Emily, un’altra
Embry e Quil.
Sembravano tutti contenti del fatto che stessi bene… ma
ancora di
più del fatto che fossi assieme a Jake.
Ormai
sentivo di far parte davvero della loro piccola famiglia… ed
era una
sensazione che riempiva il mio cuore di calore, ogni volta che ci
pensavo.
Ogni
giorno, anche quello più uggioso, era illuminato dal sole
splendente,
almeno ai miei occhi.
Era
incredibile quanto la mia vita si fosse riempita di felicità
autentica.
Soprattutto grazie a Jacob. Con lui era tutto fantastico e, a parte
qualche
saltuario e stupido battibecco, le cose tra di noi andavano alla
grande. Ero
felicissima della scelta che avevo preso, nessun rimpianto. E adesso
che ero
riuscita ad esternare i miei sentimenti, sembrava che la nostra
relazione fosse
salita a un altro livello. Nulla ci avrebbe separati.
O meglio,
una cosa c’era, ma riuscivo a non pensarci, perché
la maggior
parte del mio cervello e del mio cuore ruotavano tutti intorno a
Jake.
Non
riuscii nemmeno a essere scontenta quando, mercoledì
mattina, mi
toccò alzarmi presto per andare a scuola… forse
perché era
Jacob ad accompagnarmi.
«Jake…
Victoria è stata eliminata», gli
ricordai, allusiva, mentre eravamo sul pick-up, lui al volante.
«Lo
so. E allora?», disse, facendo spallucce.
«Qui
c’è qualcuno che deve tornare a scuola,
ora che il pericolo è passato. Il soggetto in questione me
l’aveva
promesso», sbottai, con fare accusatorio.
«Dai,
Bells… tanto ormai ho deciso che mi faccio
bocciare. Non ha senso, ho perso più della metà
del
programma». Ne parlava tranquillamente, come se non gli
importasse.
«Non
è un buon motivo per mollare, asino!»,
protestai, colpendolo dietro la nuca.
«Dai
Bells, non rompere… davvero, non c’è
problema. A Billy va bene. Sai che anche Rachel è stata
bocciata, in
terza?». Gli lanciai un’occhiataccia.
«Ti
prego, Jake, provaci almeno! Cerca di rimetterti in
pari», lo supplicai. «Se vuoi ti aiuto».
Lui
mi avvolse le spalle con un braccio e mi avvicinò a se,
stampandomi un bacio sulla nuca.
«Non
ci provare. Ora devi pensare a recuperare le due
settimane che hai perso e prepararti per la
maturità», disse,
emulando un tono serio e responsabile.
Già,
la maturità. Con gli avvenimenti
dell’ultimo periodo, la scuola e il fatto che stessi per
diplomarmi mi
erano totalmente passati di mente; perciò, già da
quel
pomeriggio, iniziai a lavorare sodo per mettermi in pari col programma
e,
nonostante mancassero due mesi, iniziai a studiare per
l’esame. Passai
interi pomeriggi chiusa in casa, immersa nei libri: Jacob veniva da me
durante
i giorni della settimana e mi faceva compagnia mentre studiavo,
interrogandomi
di tanto in tanto, mentre i week end – ovvero, i miei giorni
di pausa
– li passavo a La Push, con Jake o col branco. Mi sentivo a
mio agio con
loro: quando eravamo tutti insieme, aleggiava tra noi
quell’atmosfera
semplice e familiare, che adoravo. Mi stavo affezionando ad ognuno di
loro e,
incredibilmente, avevo iniziato anche a instaurare una sorta di
amicizia con
Leah, che si era unita al branco con suo fratello, Seth. Ogni volta che
la
guardavo, mi chiedevo come potesse riuscire a stare nel branco assieme
a Sam,
e, ancora peggio, come potesse sopportare di dividere i pensieri con
lui.
Doveva essere molto forte, e io la ammiravo davvero.
Così
quei due mesi, tra Jake, studio e La Push, volarono.
Jacob mi accompagnò a scuola la mattina della prima sessione
d’esame. Ero leggermente ansiosa, e, ovviamente, ne
approfittò per
prendermi in giro.
«Bells,
amore, mi stai maciullando una mano», disse,
sbottando a ridere, mentre eravamo fuori dalla scuola, appoggiati al
mio
pick-up. Il mio sguardo si posò subito sulle nostre mani
intrecciate, e
mi resi conto di quanto forte stessi stringendo la sua.
«Oddio»,
dissi, lasciandola immediatamente.
«Scusami, Jake. Sono un fascio di nervi», dissi,
torturandomi una
ciocca di capelli, arrotolandomela al dito. Da dove veniva fuori tutta
quell’ansia?
Jacob
mi abbracciò. «Non preoccuparti, piccola. Hai
passato due mesi sui libri, dannazione! Non farai così
schifo,
no?». Mi diede un bacio nei capelli. «Cerca di fare
del tuo meglio,
e pensa a quando sarai libera da compiti, scuola…».
Lo interruppi, incollando le mie labbra alle sue: era quello
l’unico
antidoto allo stress. Gli circondai il collo con le braccia,
tuffandomi
in quel bacio con tutta me stessa, incurante del fatto che ci vedessero
tutti.
Lui
si staccò dopo un po’, ridendo.
«Bells,
lo sai che quando sei nervosa baci davvero
bene?».
Gli
tirai un pugno sulla nuca, ridendo a mia volta. Ovviamente non
gli feci nulla.
«Tu
non hai bisogno di essere nervoso per baciare da dio,
amore», sussurrai, riappropriandomi di quelle labbra calde e
morbide.
Saremmo andati avanti per sempre, ma il suono della campanella che
proveniva
dall’edificio spezzò l’incantesimo.
A poco a poco mi scostai da lui, cercando di controllare
l’ansia.
«Io
vado», dissi deglutendo. Mi voltai per entrare, ma
Jake mi tirò per un braccio facendomi scontrare col suo
petto.
«In
bocca al
licantropo», disse, roco. Si abbassò un
poco e mi morse il
lobo dell’orecchio. Fui scossa da un brivido violento, e
sobbalzai, col
cuore che galoppava. Ero sicuramente arrossita fino alla punta delle
orecchie.
Balbettai
un «grazie» e mi voltai, camminando sulle
mie gambe di gelatina.
«Torna
vincitrice, Cappuccetto Rosso!», gridò,
incoraggiante.
Risi tra me, ancora rossa, e, spalancando la porta
dell’atrio, entrai,
pronta ad andare incontro al mio destino.
Alla
fine, la maturità non fu così spaventosa come
temevo. Il secondo giorno di esami passò in maniera molto
più
rilassata del precedente: sperai solo di aver fatto tutto giusto.
Il week end, ovviamente, lo trascorsi a La Push, come sempre, e
lunedì
arrivo il giorno della consegna dei diplomi.
La
mattina mi svegliai con addosso una strana malinconia,
probabilmente era pessimismo dovuto alla fine della scuola e della mia
“carriera” di studentessa di liceo.
Accidenti,
sto invecchiando,
pensai, ridendo tra me e me, mentre scendevo
le scale. Charlie era già sveglio, ed era impegnato ad
armeggiare ai
fornelli.
«Papà,
che stai facendo?», domandai, entrando
in cucina. Lui arrossì.
«Buongiorno,
diplomata», mi salutò, sorridendo
imbarazzato. Mi avvicinai a lui.
«Mi
devo ancora diplomare», gli feci notare. «Ma
stai cucinando?», domandai, sorpresa. Evidentemente, Charlie
non si era
ancora arreso alla ritrosia che la cucina provava per lui.
«Sto
provando a farti un paio di frittelle, dato che
stamattina sei tu la festeggiata… credo di ricordare come si
fa».
Alzai
gli occhi al cielo, intenerita. «Papà,
è
davvero carino da parte tua, ma riesco benissimo da sola,
grazie», dissi,
stampandogli un bacio veloce sulla tempia e togliendoli la padella di
mano.
Lui
borbottò qualcosa e si sedette a tavola, prendendo in
mano il giornale. Rimanemmo in un silenzio complice, mentre la cucina
cominciava a riempirsi del profumo di frittelle.
«Bells,
tra poco vado a prendere tua madre e Phil
all’aeroporto. Vieni anche tu?»,
domandò. Misi la colazione
in tavola, aggiungendo un cartone di succo d’arancia.
«No,
mi devo preparare. Saluto la mamma quando la porti
qui», dissi.
Charlie
iniziò a mangiare. «Ti metti il completo che
ti ha regalato Alice?», domandò, alludendo al
regalo di diploma
che Alice mi aveva spedito per posta.
«Già,
anche se non si vedrà molto a causa
della toga», mugugnai, pensando alla toga gialla che avrei
dovuto
indossare. Se Alice l’avesse vista, me l’avrebbe
strappata da dosso
a morsi. In quel momento, lo squillo del mio cellulare interruppe il
nostro
dialogo, e corsi verso il ripiano della cucina per rispondere.
Era
Alice. Risposi, interrompendo il fracasso della canzone rock
che Jacob aveva scelto come tono di chiamata. Sembrava quasi che quel
cellulare
fosse suo: i primi tempi ci scattava un sacco di foto di noi due e lo
usava
molto più di me. Forse perché era più
capace della
sottoscritta per quel che riguardava i “bonus”. A
me serviva
soltanto a telefonare.
«Auguri, Bella!», trillò. Era come un
dolce scampanellio che
mi bucò il timpano, ma ormai ci ero abituata. Come ci
eravamo
ripromesse, io e il folletto ci sentivamo molto spesso.
Sorrisi
tra me. «Grazie, Alice. E grazie anche per avermi
spedito l’abito per la cerimonia. Ti sarò grata a
vita!».
La
sua risata squillante irruppe nella conversazione.
«Figurati. Il fatto è che ricordavo bene quanto
poco gusto hai per
la moda! Non potevo certo lasciare che ti mettessi in jeans e
maglietta»,
disse, la voce che svelava l’orrore che probabilmente stava
provando al
solo pensiero. Scossi la testa, divertita.
«Grazie di cuore, Alice, davvero. Ti adoro!»,
cinguettai, grata.
«Anche
io, Bella. Ah, la famiglia Cullen al completo ti fa
le più sentite congratulazioni»,
esclamò, e dalla voce
capii che stava sorridendo. «Ci piacerebbe davvero molto
essere lì
con te».
Sospirai. «Sai che farebbe piacere anche a me... dico sul
serio ».
Di sicuro, la loro assenza si sarebbe sentita… Dopotutto gli
volevo bene,
erano un po’ come la mia terza famiglia.
Sospirò
anche lei, ma si ravvivò subito.
«Magari ti vengo a trovare durante le vacanze
estive», propose,
squillante.
Mi
illuminai. «Nulla mi farebbe più piacere,
Alice».
«Ottimo!
Ora vado Bella, Jasper vuole andare a caccia…
ci sentiamo presto, piccola», mi salutò, dolce.
«Sì.
Ciao Alice, ti voglio bene. Salutami
l’Alaska e la tua famiglia, ovviamente», risposi,
ridacchiando.
«Sicuro»,
asserì lei, ridendo, poi riattaccò.
Charlie
uscì una ventina di minuti dopo, e io rimasi in
casa da sola, immersa nella tranquillità. Con calma,
sparecchiai la
tavola e sistemai la cucina, poi mi diressi al piano di sopra per
prepararmi. Feci
una doccia e mi piazzai davanti allo specchio, arrovellandomi il
cervello per
come avrei potuto sistemare i capelli. Non avevo voglia di qualcosa di
complicato, perciò, alla fine, decisi di lasciarli sciolti,
ma ben
pettinati e un po’ più lisci del solito.
Sul letto mi aspettavano i vestiti di Alice, e sperai di essere
all’altezza di ciò che aveva scelto. Tutto sommato
non mi stavano
tanto male, anzi. Mi trovavo più carina del solito.
Mia
madre arrivò assieme a Phil dopo una decina di minuti e
iniziò a soffocarmi di baci e abbracci non appena mi vide.
Quando
riuscii a staccarmi da lei, corsi al piano di sopra per recuperare toga
e
cappello: tra poco sarebbe arrivato Jacob a prendermi, con la sua Golf.
Non
c’era abbastanza spazio nell’auto di Charlie
perché
potessimo salire tutti.
Mi precipitai fuori di casa non appena sentii l’auto di Jacob
nel
cortile. Feci attenzione, nel correre, a non inciampare nella toga, che
possedeva una lunghezza capace di farmi cadere. In
prossimità della sua
auto, inciampai, ma due braccia forti mi sostennero.
Rise
al mio orecchio, stringendomi a sé.
«Congratulazioni, canarino», sussurrò
ghignando, alludendo
probabilmente al giallo brillante che avevo addosso.
Lo
ignorai, baciandolo e ridendo. Mi scostai da lui, per
squadrarlo da capo a piedi. Aveva una camicia da boscaiolo che tendeva
al blu,
sbottonata, con le maniche arrotolate fino ai gomiti, e sotto indossava
una
maglietta bianca che metteva in risalto i pettorali scolpiti. Portava
un paio
di jeans chiari, ai piedi scarpe da ginnastica bianche. Sembravano
nuove.
«Ehi Bells, che c’è? Mi sono vestito
troppo poco
elegante?», domandò, girando su se stesso per
controllare.
Probabilmente aveva frainteso.
«No,
Jake», soffiai. «Stai da dio. Veramente,
stai da dio», balbettai ripetendomi, esterrefatta. Diamine,
come faceva
ad essere così bello?! Aveva soltanto sedici anni,
maledizione!
Lui
rise, notando la mia espressione da pesce lesso.
«Scommetto
che stai molto meglio tu… se solo non
avessi addosso quella buccia di banana gigante e
fosforescente!», mi
prese in giro, abbracciandomi. Io sbuffai, mentre lui mi baciava i
capelli.
«Non
vedo l’ora che ti togli questa maledetta toga di
dosso per vedere come ti stanno i vestiti che ti ha regalato
Alice»,
disse sorridente, salendo in macchina.
Entrai nell’auto, accoccolandomi al sedile del passeggero.
Feci
una smorfia. «Di sicuro starebbero molto meglio a
lei», mi lagnai, allacciandomi la cintura.
Jake mise in moto e partì. «Lascia giudicare a
me»,
ribatté, alzando gli occhi al cielo.
Mi
misi a ridere, rilassandomi e godendomi il viaggio, una mano
stretta in quella calda di Jake.
Quando arrivammo davanti al liceo di Forks, una folla gialla riempiva
l’ingresso della palestra, e tra la moltitudine di studenti e
familiari,
riuscii a notare anche i miei amici.
Charlie, Renée e Phil ci raggiunsero poco dopo, e mia madre
salutò Jacob, abbracciandolo come se fosse suo figlio. Si
era
affezionata molto a lui nel periodo della mia convalescenza, anche se,
forse,
provava già simpatia per quel ragazzo che aveva riportato
sua figlia a
vivere.
Gongolava
ogni volta che ci vedeva insieme, ed era felicissima per
me.
Dovetti
lasciare la mia famiglia per unirmi agli altri studenti.
Diedi un bacio veloce a Jacob e mi tuffai nella ressa di parenti e
ragazzi, raggiungendo
Angela, Jessica, Ben e Mike.
Ci disposero in gruppi a seconda dell’iniziale del cognome.
Ero nel
gruppo esse, assieme a Jessica, che aveva gli occhi lucidi: piangeva,
asciugandosi le lacrime con la manica della toga. Mi fece tenerezza.
Eric
Yorke salì
sul palco
allestito per l’occasione e si mise accanto al preside
Greene, iniziando
a leggere il discorso che avrebbe inaugurato la cerimonia. Le consegne
dei
diplomi cominciarono e in un batter d’occhio fu il mio turno.
Mi alzai e
mi diressi verso gli scalini, sistemandomi ansiosa il cappello,
pregando di non
inciampare. Salii sul palco, mentre in “platea”
imperversavano gli
applausi, e ciò non mi rese meno nervosa. Mi avvicinai al
signor Greene,
che mi strinse la mano e mi consegnò il diploma,
complimentandosi con un
«congratulazioni, signorina Swan».
Nello tornare tra gli altri, notai Jacob tra la folla, che mi salutava.
Arrossii di botto, senza motivo.
Jessica mi aspettava al nostro posto, e mi abbracciò stretta
non appena
mi avvicinai. Stava ancora piangendo. «Oh, Bella,
congratulazioni!
È così incredibile che sia già tutto
finito, vero?
È pazzesco! Sembra ieri che sei arrivata qui, che ci siamo
conosciute! E
adesso, io vado in California, e tu…?».
Mi staccai da lei, ridendo per il suo sguardo interrogativo.
«Io
resterò nelle vicinanze. Ho spedito una richiesta di
ammissione
all’Università di Washington, e mi hanno
accettato.
Frequenterò il corso di Educazione Infantile»,
confessai.
Effettivamente, in pochi sapevano che avrei frequentato
l’Università
a Seattle. In quei mesi avevo avuto altro per la testa, che enunciare i
miei
piani per il mio – indefinito e incerto – futuro.
Jessica
mi guardò sorpresa. «Oh, sul serio? Vuoi
diventare maestra? È fantastico, Bella! Anche che tu rimanga
vicino a
casa, così potremmo vederci ogni volta che verrò
qui in
vacanza».
Sorrisi.
«Mi farebbe piacere».
Jessica esibì un sorriso, poi il suo sguardo
gravitò oltre la mia
spalla. Alzò le braccia, gridando «Lauren!»,
e sparì in un batter d’occhio.
Decisi di tornare dalla mia famiglia e da Jacob, pronta ad essere
assalita.
Infatti, quando mi scorsero tra la folla, mi corsero incontro,
circondandomi e
riempiendomi di abbracci e di congratulazioni. Ero imbarazzatissima:
non mi
piaceva essere al centro dell’attenzione, perciò
fu un sollievo
quando Jacob mi prese tutta per sé e mi nascose tra le sue
braccia.
«Di
nuovo, congratulazioni amore», sussurrò
dolcemente al mio orecchio. Sospirai.
«Grazie…
Sai, mi sento vecchia», borbottai,
stringendomi di più a lui.
«Vecchiaccia»,
sibilò lui, sogghignando.
Gli infilai una mano sotto la camicia, all’altezza dei
fianchi, e
affondai le unghie nella carne.
Lo guardai in volto, incenerendolo con lo sguardo.
«Asino!»,
lo rimbrottai, alludendo ai suoi tre debiti
in matematica, fisica e inglese. Alla fine non era stato bocciato,
perché lo avevo aiutato nei momenti liberi dalla
preparazione alla
maturità, ed eravamo riusciti a salvare il
salvabile… ma per
l’insalvabile – ovvero le materie con le
insufficienze più
gravi – non c’era stato niente da fare.
Lui
capì. «Bells, tesoro, è una settimana
che
vai avanti con questo “soprannome”. Ormai
è vecchio…
come te», mi sbeffeggiò, scoppiando a ridere
sguaiatamente.
Intanto, i miei genitori e Phil si erano diretti fuori dalla palestra,
e ci
aspettavano per andare al Lodge,
il ristorante dove
avevamo prenotato per il mio piccolo pranzo di diploma. Dovevamo andare
a
prendere anche Billy, perciò, io e Jacob, ci affrettammo a
raggiungerli.
Salutai, abbracciandoli e baciandoli, ancora una volta Jessica, poi
Angela, Ben
e Mike – col quale avevo fatto pace –.
Contro
quest’ultimo, Jacob sprizzò scintille dagli
occhi quando l’abbraccio che ci stavamo scambiando sembrava
durare
più del dovuto. Non appena sciolse la presa, il braccio del
mio ragazzo
tornò a prendere posto attorno ai miei fianchi.
Alzai gli occhi al cielo. Sempre il solito cucciolo geloso,
pensai,
divertita.
Così,
dopo essere andati a La Push per dare un passaggio a
Billy, ci recammo al Lodge.
Era particolarmente pieno
quel giorno, e non rimasi sorpresa quando vi trovai Angela e Ben.
Passammo un
bel pomeriggio, tutto sommato, e il brutto pensiero di quanto fossi
diventata
“vecchia” si dissolse del tutto.
Tra
una chiacchierata e l’altra, ci alzammo da tavola verso
le cinque, pieni come uova. Charlie tornò a La Push per
riportare a casa
Billy, e Jake riaccompagnò me.
Quando,
arrivati a casa mia, scendemmo dall’auto, lui fece
il giro della macchina e aprì il baule, tirandone fuori un
pacco
rettangolare enorme. Quando entrammo in casa me lo porse.
«Tieni Bells, è per te»,
annunciò, sorridendo
impaziente. Aveva proprio l’aria di essere un regalo.
«E…
questo?», domandai, gli occhi sgranati. Non
mi sembrava di aver chiesto regali per il diploma. No, non mi sembrava
per
niente.
Sondò
i miei pensieri, aiutato dall’espressione che
esibivo.
«È
per te», ripeté, rispondendo alla mia
domanda. Alzò gli occhi al cielo. «Da parte di
Emily e del
branco», specificò, poco dopo.
Sospirai,
affranta. Se l’avessi rifiutato, probabilmente si
sarebbero offesi. «E va bene», borbottai,
esasperata anche
dall’espressione da cucciolo di Jake. Lo appoggiai sul tavolo
della
cucina e sollevai il coperchio, sbirciando dentro. Allibita, ne tirai
fuori un
vestito da sera: era nero e sembrava lunghissimo, con le spalline
sottili. Sotto
la cucitura del seno, partiva un sottile filo di pailette cucite, che
arrivava
a formare un rombo dietro la schiena, probabilmente lasciandola
scoperta.
Sembrava uno di quei vestiti che si vedevano solo nelle riviste di moda.
Impallidii. «Jake, ma è…
bellissimo!», mormorai, senza
fiato. Questa volta avevano davvero esagerato…
«Sono
contento che ti piaccia così
tanto…», disse, baciandomi. Poi si
scostò da me, ghignando,
furbo. Il suo sorriso non mi piacque per niente. «Muoio dalla
voglia di
vedere come ti starà questa sera. Sarai un
incanto»,
sussurrò, baciandomi il collo.
Mi allontanai da lui, allarmata. «Stasera?!».
Lui
mi guardò, scrutandomi con innocenza. Assolutamente
fasulla. «Certo. Lo indosserai alla festa».
Sorrise,
angelico.
Abbassai
lo sguardo verso il pavimento, cercando di controllarmi,
e strinsi i pugni.
«Di.
Quale. Festa. Stai. Parlando?», sibilai, senza
guardarlo.
«Della
festa di diploma», rispose Jake, scrollando le
spalle. Feci per aprire bocca, ma lui mi interruppe.
«E
se te lo stai chiedendo, Miss Spelling,», aggiunse
poco dopo, beffardo, «quando parlo di festa di diploma
intendo la tua.
Quella che si terrà stasera a casa di Emily».
Provai
a ringhiare, per esprimere il mio disappunto, ma ne
uscì un suono distorto che rasentava il ridicolo. Infatti,
Jacob
scoppiò a ridere.
«No,
ma seriamente, Jacob! Perché mi fate questo?
Pensavo che mi conoscessi bene, e che sapessi quanto mal sopporto le
feste!
Odio ballare, odio vestirmi elegante e odio essere al centro
dell’attenzione!»,
gridai, isterica ed esasperata.
Lui
mi strinse, tentando di calmarmi, ma non riuscì a
trattenere l’ondata di ilarità che lo aveva
travolto.
«Ah
ah ah, Bells, sei
fantastica
quando ti arrabbi!», esclamò, dandomi un bacio
sulla fronte. Io
sbuffai, borbottando, contrariata, qualcosa di incomprensibile.
«Comunque, dì quel che ti pare, io ti
conosco… e so che non
ti piace offendermi», sussurrò sensuale,
prendendomi il volto fra
le mani e lo avvicinò al suo, iniziando a fissarmi
insistentemente con
uno sguardo implorante.
«Giochi
davvero sporco», sussurrai, furiosa, prima di
avvolgergli il collo con le braccia e incollare le labbra le sue.
Mi
baciò con passione, togliendomi il fiato, poi si
staccò da me, continuando a stringermi.
«Allora,
ci vieni stasera alla festa? Con me?», domandò,
languido. Glielo leggevo negli occhi che sapeva già cosa
avrei risposto.
Sbuffai,
infastidita. «Sì», berciai,
«Verrò
a quella maledetta festa».
Lui
esultò, sollevandomi per i fianchi e facendo una
giravolta, ridendo. Come facevo a rimanere arrabbiata se era
così
carino?
«Bene
benebene!
Prometto che dopo questa non ce ne sarà
nessun’altra», promise,
stampandomi un bacio sulle labbra. «Almeno, non fino al tuo
compleanno»,
aggiunse poco dopo.
Grugnii,
alzando scocciata gli occhi al cielo. «Ti odio»,
borbottai, spostando lo sguardo dal suo.
«No,
non è vero», replicò lui
sorridendo, premendo le labbra contro le mie e lasciandomi andare. Si
voltò in direzione della porta. «Ora vado ad
aiutare Emily con gli
ultimi preparativi. Ti passo a prendere verso le otto,
perciò vola a
prepararti», si raccomandò.
Prima
di uscire, si girò di nuovo verso di me. «Ah,
quando Renée torna ti acconcia i capelli»,
aggiunse, sorridendo
divertito.
«A
dopo, amore!», si congedò allegro, prima di uscire
di casa, chiudendosi la porta alle spalle.
Angolo
Autrice.
Nooo cioè, è un vero miracolo che io sia qui!
*__* SANTO JACOB!
*ç*
“Grazie” a
1)
La pochissima ispirazione di cui sono stata provvista di questi
ultimi tempi
e
2)
I miei genitori rompiballe che mi stanno sempre col fiato sul
collo
pensavo
che questo aggiornamento non sarebbe mai arrivato! **
Invece,
quando la “situazione PC” si è fatta
stabile, mi sono subbbito
messa a scrivere… e mi è venuto un lavoro di sei
pagine
°-° E sarebbe andato avanti ancora, vi giuro!
Perciò, per non annoiarvi troppo e per “postare il
seguito”,
ho pensato di finirla qui.
E poi in questo accadono cosette quotidiane di poco conto, mentre nel
prossimo
capitolo (che posterò oggi o domani! *_*) ci saranno due
avvenimenti
importantissimi nella vita (e per la vita) dei nostri piccioncini. So,
stay tune! <3
Purtroppo,
non posso rispondere nemmeno in questo alle vostre
recensioni (che sono sempre troppo belle e troppo gradite çwç
<3). Ma vi ringrazio col cuore in mano, davvero! Anche a chi
legge e a chi
inserisce la storia tra preferite/seguite <3
«Amore
mio, guardati, sei uno splendore!»,
cinguettò entusiasta mia madre, battendo le mani.
Osservai
il mio riflesso allo specchio del bagno, imbarazzata:
effettivamente, le sue due ore di trucco e hairstylingavevano dato i loro
frutti. I capelli
ondulati scendevano sulle spalle come turaccioli di mogano, e i due
ciuffi di
capelli intrecciati dietro alla nuca davano un tocco più
elegante
all’acconciatura. Forse un po’ troppo elegante.
Sul
volto, un velo di trucco appena accennato, ma che faceva
ugualmente effetto e illuminava il mio viso pallido.
«Mamma…
sei una maga», dissi, continuando a
fissarmi, incredula.
«No
tesoro mio, sei tu che sei bellissima», disse,
dandomi un bacio sulla nuca. Arrossii e sorrisi al pensiero di come
avrebbe
reagito Jake, e Renée sembrò leggermi nel
pensiero.
«Credo
che Jacob rimarrà senza fiato quando ti
vedrà», ipotizzò, ridacchiando
soddisfatta. Alzai gli occhi
al cielo, chiedendomi piuttosto come si sarebbe vestito lui. Forse ero
io
quella che sarebbe rimasta senza fiato…
«Bene,
è ora di indossare il vestito!»,
esclamò, sparendo dietro la porta del bagno, e
tornò poco dopo
con l’abito che Emily e il branco mi avevano regalato. Se lo
rigirò un attimo tra le mani, per ammirarlo.
«Accidenti,
tesoro, sono stati davvero gentili. Questo
vestito è bellissimo! Ne avrei voluto anche io uno
così, per il
mio diploma», sospirò, fingendosi abbattuta. La
mia cara
mamma…
«Dammi»,
dissi, sconfortata, allungando una mano verso
di lei. Non ero impaziente di indossarlo. Era bellissimo, fantastico,
meraviglioso e tutti gli aggettivi che mia madre non aveva fatto che
ripetere
da quando lo aveva visto, ma aveva tanto l’aria di essere
troppo scollato
e troppo lungo. Non ideale, insomma, per una persona timida e incapace
di non
inciampare su una superficie lineare come me.
Mia
madre me lo porse, ridacchiando, e uscì dal bagno per
permettermi di indossarlo. Quello che vidi allo specchio, finita la mia
vestizione, non mi piacque per nulla: troppo scavato davanti, stoffa
completamente inesistente dietro. E poi troppo lungo, come avevo
previsto: non
sarei riuscita a fare nemmeno mezzo passo senza inciampare!
Praticamente, uno strumento suicida.
Renée rientrò per controllare che stessi bene,
dato che ero rimasta
dentro al bagno a fissarmi contrariata per un buon quarto
d’ora, tempo
decisamente lungo per infilare un vestito.
Mi coprii le orecchie, appena in tempo per non udire il gridolino di
mia madre
alla mia vista.
«Tesoro
mio, sei una meraviglia! Quel vestito ti sta
d’incanto, Bella! Farai impazzire il tuo Jake, credimi
amore»,
esclamò girandomi attorno per ammirarmi, mentre il mio viso
– un
po’ per l’irritazione da vestito poco
“consono” e per
l’imbarazzo – prendeva la colorazione di un bel
rosso brillante.
«Questo
vestito mi ucciderà!», sbottai contro
mia madre, innervosita. «I vestiti servono per coprirsi, no?
Beh, a me
sembra che questo non mi copra per niente! Ed è
esageratamente lungo!
Inciamperò, sbatterò la testa e
morirò», affermai
isterica.
Mia madre scoppiò a ridere, abbracciandomi. «Su,
tesoro, non
esagerare! Non puoi vestirti sempre in jeans e maglietta…
per le
occasioni speciali ci vogliono vestiti speciali»,
replicò, dandomi
un bacio sulla guancia.
«Se
tutti i vestiti speciali sono così, mi vestirò
jeans e maglietta a vita», borbottai. Poi mi resi conto che
mi stavo
comportando da stupida. Probabilmente era solo nervosismo…
avevo lo
stomaco attanagliato ed ero in un certo senso in fibrillazione. Forse
era la
voglia di vedere Jake che mi giocava brutti scherzi, ma avvertivo una
strana
sensazione. Aveva uno sfondo piacevole.
«Su,
Bella, un vestito da sera non ha mai ucciso
nessuno», disse mia madre, trascinandomi in camera.
«Avanti, sono
quasi le otto. Jacob sarà qui a minuti», mi
ricordò, con un
sorriso.
A quel pensiero, il cuore iniziò a battermi forte e
sorridere fu
spontaneo.
Mi
infilai, senza nascondere una certa ritrosia, le scarpe col tacco
– non
troppo alto, ovviamente – che Alice mi aveva regalato quando
ero andata
al ballo di fine anno, un anno prima, accorgendomi che, dopotutto,
dovevo solo
prestare più attenzione del solito a non inciampare. La voce
di Charlie
irruppe dal piano di sotto: «Bells,
è
arrivato Jake!».
Mia
madre mi guardò, lo sguardo complice.
«Stendilo,
splendore!», mi incoraggiò,
stampandomi un bacio sulla fronte e aiutandomi a scendere le scale.
Riuscii
ad arrivare al piano di sotto tutta intera, perciò,
quando fui sicura di riuscire a stare in piedi, cercai Jacob con lo
sguardo. La
sua visione mi colse impreparata: indossava una
camicia bianca,
tenuta fuori dai pantaloni, sotto la giacca nera; il nodo della
cravatta
allentato gli donava un’aria da ribelle e i pantaloni
– che
sembravano un paio di jeans - stretti e neri gli fasciavano le gambe
lunghe e
toniche. Ero rimasta a bocca aperta, incapace di emettere anche il
più
insignificante suono. Quando spostai lo sguardo sul viso di Jacob, mi
sembrò di essere davanti ad uno specchio: aveva la mia
stessa
espressione stampata sul volto.
Rimanemmo
a fissarci, senza dire una parola. Ero così persa nel nero
dei suoi
occhi che mi accorsi a malapena di Renée che ci spingeva
fuori casa,
mettendomi la giacca sulle spalle e salutandoci con un caloroso «divertitevi,
ragazzi!».
Feci
a malapena in tempo a sentire il rumore della porta che si
richiudeva, che Jake mi strinse tra le braccia.
«Accidenti,
signorina Swan, vuole farmi venire un infarto?
È davvero uno splendore stasera, meravigliosa!»,
disse, quasi
imprecando. Risi, divertita.
«Lo
stesso si può dire di lei, signor Black»,
risposi, appoggiando la testa al suo petto e beandomi del suo abbraccio
caldo.
Rise, e mi
trascinò a
bordo della sua Golf, dandomi un lungo bacio prima di mettere in moto e
partire
alla volta di La Push.
In pochi
minuti – Jacob
guidava troppo veloce! – arrivammo a casa di Emily. Mi sentii
leggermente
nervosa… di lì a poco, sarei sicuramente stata al
centro
dell’attenzione.
«Bells,
cos’è quella
faccia?», domandò Jacob, mentre scendevamo
dall’auto. Mi
affiancò in un battito di ciglia, circondandomi le spalle
con un braccio.
Mi strinsi a lui, rabbrividendo.
«Ma
niente… è che non so se
sono pronta ad affrontare una cosa del genere», ammisi,
borbottando. Lui
scoppiò a ridere, baciandomi i capelli.
«Bells,
sei davvero assurda. È
soltanto una festa di diploma tutta per te, cosa vuoi che sia? Sei
bellissima,
così bella che dovrò fare i salti mortali per far
tenere a Paul
le mani a posto», scherzò, poi si fece
più serio. «Se
noti che ti fissa troppo, dimmelo».
Feci
una smorfia. «Dubito che
vorrà vedersela con te… che sei più
forte di lui l’ha
già appurato», gli ricordai.
Lui
ghignò, sospingendomi verso
l’ingresso. «Sì, è vero, ma
meglio prevenire che
curare… e in questo caso, mi riferisco ai lividi che si
porterà a
casa se non tiene le mani lontane dalla mia donna».
Risi,
dandogli un bacio. Eravamo arrivati
davanti alla porta, e Jacob bussò. Feci un respiro profondo,
e, quando
Emily spalancò la porta, avevo un sorriso stampato in
faccia, per
nascondere il nervosismo.
C’erano
tutti, vestiti in modo
abbastanza formale: non con i soliti jeans e T-shirt. Mi sorridevano,
calorosi.
Sul tavolo del cucinotto c’erano due torte enormi –
entrambe
avevano scritto sulla superficie “Congratulazioni!”
- che ne
occupavano quasi tutta la superficie, ma riuscivano comunque a starci
patatine
e altri snack da aperitivo. Sul ripiano cucina c’erano le
bibite gassate
e del punch.
«Congratulazioni,
Bells!»,
esclamò la Emily, abbracciandomi calorosamente. Arrossii,
ricambiando
l’abbraccio.
«G-Grazie,
Emily», balbettai,
imbarazzata. «Grazie a tutti».
I ragazzi si limitarono a sorridermi di rimando, mentre le fugaci
occhiate di
Jared e Paul si stanziavano sulle vivande. Erano impazienti di
abbuffarsi,
evidentemente. Leah, anche lei, come Emily, in abito da sera, mi
raggiunse,
abbracciandomi.
«Stai
da dio, Bells», disse,
sorridendomi. Rimasi qualche secondo a fissarla, sbalordita: lei stava molto meglio di me in abito da sera,
altroché.
Non
seppi che rispondere, abbassando lo
sguardo, a disagio. Fischi di apprezzamento e battute si levarono
quando Jacob
mi tolse, in un gesto galante, la giacca.
A nessuno sfuggì il ringhio che il mio ragazzo aveva
indirizzato a Paul,
e io mi misi a ridere, tentando di alleggerire la tensione. Jacob era
nero,
perciò gli posai una mano sul petto, per calmarlo.
Dopo
quella piccola
“incomprensione”, la festa proseguì
tranquilla, e mi
divertii, assieme alla mia famiglia. Tagliammo le torte giganti, mentre
continuavo ringraziarli per tutto quello che avevano fatto per me, e ce
la
gustammo, chiacchierando in salotto, tutti insieme: Emily, ancora una
volta,
aveva dato l’indiscutibile prova della sua bravura in cucina.
Capii
perché aveva cucinato due dolci quando i ragazzi
cominciarono al
chiedere “il bis” due o tre volte, finendo per
sbafarsi entrambe le
torte.
Dopo, fu l’ora delle danze. Ballai con tutti, sotto gli occhi
circospetti
di Jacob, particolarmente
circospetti
quando finii tra le braccia di Paul.
Quando mi riprese tra le braccia, sospirò sollevato.
«La
tortura è finita»,
disse, guardandosi attorno. Eravamo un po’ più
separati dagli
altri, quasi volessero lasciarci un po’ di privacy.
«Sei
troppo geloso, Jake. Lo sai che amo
solo te. Non preoccuparti», gli ricordai, mentre dondolavamo
a ritmo di
un lento.
«Certo che lo so, Bells», mi assicurò,
dandomi un leggero
bacio sulle labbra. «Ma te l’ho già
detto che adoro fare la
parte del fidanzato geloso», mi ricordò,
ridacchiando.
Mi unii a lui. «L’avevo dimenticato»,
sussurrai, avvicinando
le labbra alle sue e baciandolo. Ovviamente, Jacob riuscì a
trasformare
un bacetto casto in qualcosa di assolutamente unico.
Quando le farfalle mi avevano già invaso lo stomaco, Jake si
staccò bruscamente da me, prendendomi la mano.
«Vieni
Bells, ho una sorpresa per
te», disse con un sorriso a trentadue denti stampato in
faccia. Mi
trascinò verso la porta, tra le occhiate complici e le
risatine dei
presenti, mentre mi sembrava quasi di sentire i punti interrogativi che
mi
assillavano levitare sulla mia testa.
«Jake,
ma che stai facendo? Dove mi stai
portando?».
«Lo vedrai, piccola», sussurrò a pochi
centimetri dalle mie
labbra, ghignando. Uscimmo nel fresco di una notte di giugno, e Jacob
mi
sospinse verso la sua auto.
«Ma Jake, che fai? Andiamo già via? Non li ho
nemmeno
salutati!», protestai indicando la casa di Emily con un cenno
della testa,
lasciando la sua mano.
Ridacchiò.
«Non importa, sono
dalla mia parte», disse. Circospetto, sparì alle
mie spalle in un
secondo, nello stesso istante in cui vedevo la mia visuale diventare
nera
all’improvviso.
Jacob mi aveva legato una benda, coprendomi gli occhi.
«Jake,
ma che…?», provai a
dire, ma mi mise un dito sulle labbra.
«Vieni
amore, ti aiuto a salire in
macchina», disse soltanto, poggiando le mani sulle mie spalle
e facendomi
compiere qualche passo. Mi sistemò in auto e
partì, destinazione
sconosciuta.
Non
vedevo nulla, ed ero leggermente in ansia.
Chissà cosa aveva combinato, quello zuccone.
Evitai
di fare domande durante il viaggio, che
durò una ventina di minuti, perché probabilmente
mi stava
preparando una sorpresa.
Quando ci fermammo, rimasi sorpresa: sentivo, anche se non molto
chiaramente,
il rumore del mare, e avvertivo l’essenza della salsedine.
Eravamo a
First Beach?
Jake
mi fece scendere dalla macchina,
tenendomi sempre le spalle e guidandomi verso una meta sconosciuta.
«Jacob, dove siamo? Sento il mare…»,
dissi, stringendogli una
mano.
«Resisti
Bells, ci siamo quasi»,
mormorò, nella voce uno strano tono emozionato. Ci fermammo
dopo qualche
passo, e finalmente lo sentii slegare il nodo della benda.
Quando riuscii a vedere di nuovo, rimasi sbalordita. Mi trovavo davanti
a un
piccolo cottage di legno, attorniato ai lati da qualche pino, e la
notte
– stranamente – stellata e limpida gli faceva da
sfondo. Sembrava
la casetta di Biancaneve.
Jake
notò la mia espressione stranita,
e, ridendo soddisfatto, mi circondò le spalle, aprendo la
porta della
casetta e accendendovi la luce all’interno.
Era
tutto arredato e quasi tutto in legno,
assomigliava alla casa di Jacob. L’arredamento era semplice
ma curato sin
nei minimi dettagli, e l’ambiente profumava di legno e fiori
freschi; il
salottino era grazioso, così come il cucinotto, e sul tavolo
da pranzo
spiccava un vaso di fiori colorati. Vi era un corridoio, nella parte
sinistra
della casa, con tre porte affacciate.
Provai
a parlare, deglutendo più volte
per cercare di rimuovere il nodo che avevo in gola.
«J-Jake,
cos’è tutto
questo?», dissi, a voce bassissima. La sorpresa traspariva
chiaramente
dalle mie parole appena sussurrate.
Jacob
si chinò su di me, accostando le labbra al mio
orecchio. «Questa è casa nostra, Bells».
Sgranai gli occhi, guardandomi intorno di nuovo, come a voler dare un
senso
alle sue parole. «Casa nostra?!», ripetei,
allibita.
Lui rise notando la mia espressione, e mi abbracciò da
dietro.
«Certo»,
sussurrò, baciandomi il collo.
Ero
senza parole.
«Ma… Jake… io mi sono diplomata
oggi… Non ho un lavoro
e non so nemmeno cosa fare della mia vita, adesso che ho finito la
scuola…», mormorai, nel panico.
Avere Jacob con me ventiquattro ore su ventiquattro sarebbe stato un
sogno che
avrei realizzato volentieri… Ma cosa potevo offrirgli? Non
avevo soldi e
lui doveva studiare…
«Non
dobbiamo fare tutto subito, Bells! Sarò in grado
di aspettare, e non voglio metterti fretta. Prima andrai
all’università e deciderai cosa vuoi fare della
tua vita,
parleremo di questo con Charlie e decideremo. Non siamo costretti a
venirci
subito. Questa è soltanto la prova che serve a farti capire
quanto desideri
un futuro assieme a te». Fece spallucce, sorridendomi dolce.
Sorrisi, felice, e lo baciai con passione.
«Era
un modo per dire “Anche io voglio un futuro con
te, Jacob”?», mugugnò velocemente,
contro le mie labbra.
Gli
strinsi le braccia attorno al collo, annuendo vigorosamente.
«Sì. Ti amo, asino», dissi,
ridacchiando, e feci per
baciarlo di nuovo.
Lui sobbalzò, come se gli fosse venuto in mente qualcosa.
«E poi
pensa… se viviamo assieme, potrai controllarmi a bacchetta
con lo studio
e fare in modo che non venga bocciato di nuovo!»,
affermò,
sollevando gli occhi verso l’altro, come per pensare.
Risi
di cuore, tirandolo a me e facendoci cadere sul divanetto,
che si trovava poco distante dall’entrata. Ritrovai Jacob
sopra di me, le
mani ai lati della mia testa per sollevarsi e non schiacciarmi. Mi
guardava
negli occhi, quasi concentrato. Era… incredibile il modo in
cui mi
fissava, disarmante. Mi sentii definitivamente sciogliere e, per non
sentirmi
distruggere, lo strinsi a me. Avevo troppo bisogno di lui.
Jacob
ruggì, roco, affondando il viso nell’incavo
della mia spalla, iniziando a baciarmi il collo. Sentii la sua mano
percorrere
la mia coscia e sollevare a poco a poco il lembo del vestito. Fui
scossa da un
brivido violento, ma quella volta, ne ero certa,non l’avrei fermato.
Il
mio corpo, dopo pochi secondi di rigidità, si
sbloccò, e le mie mani si infilarono sotto la sua camicia,
percorrendo
la linea della sua schiena calda. Poi scivolarono, scendendo ad
accarezzare i
pettorali scolpiti. Intanto, la sua bocca lasciava scie di fuoco sul
mio collo
e sulle guance, arrivando alle mie labbra. Il suo palmo caldo si era
fermato
sulla mia pancia, e copriva la cicatrice dell’intervento allo
stomaco che
avevo subito pochi mesi prima. Sperai che, vedendolo, non ci stesse
troppo male.
Si staccò da me, ansimando, e mi guardò negli
occhi.
«B-Bells…»,
sussurrò, con la voce tremante. Non aggiunse altro. Il suo
sguardo
sembrava voler chiedere il permesso per continuare.
Gli
presi il viso tra le mani, portandolo a pochi centimetri dal
mio.
«Jacob,
ti amo. Jacob, ti
voglio», dissi in un sussurro. Il tono basso col
quale lo dissi
poteva far credere che non lo volessi davvero.
Infatti, lo sguardo di Jacob si fece dubbioso.
«Bells… ne sei
sicura? Non voglio che ti senti obbligata. Se non te la senti, dimmelo
e mi
fermo», promise, chiudendo gli occhi e baciandomi la fronte.
«Se
provi a fermarti ti uccido», lo minacciai, senza
fiato. Lui rise, squadrandomi con un’espressione tra il
sorpreso e il
meravigliato. Arrossii fino alla punta dei capelli.
«Perché
mi guardi così?!», borbottai,
imbarazzata, sfuggendo al suo sguardo adorante.
«Perché
sei bellissima, e ti amo. E perché
anche io ti voglio, Bella. Ti desidero con tutto me stesso»,
confessò. Nelle sue parole piene di dolcezza, avvertii una
crepa di imbarazzo.
Ridacchiai, pensando – con sollievo –che, se non altro, non ero
l’unica
a disagio… e che non aveva la minima idea di cosa si dovesse
fare.
All’improvviso,
vidi Jacob saltare giù dal divano e,
in un battito di ciglia, mi ritrovai tra le sue braccia, sollevata a
più
di un metro da terra.
«Che stai facendo?», domandai, sorpresa.
Jacob ridacchiò. «Ti porto in un posto
più comodo»,
rispose, sorridendo. Iniziò a muoversi e, dopo pochi passi,
ci
ritrovammo davanti a una porta. Jacob abbassò la maniglia e
aprì,
poi accese la luce. Era una stanza di media grandezza –
più
spaziosa del soggiorno – e sarebbe stata completamente vuota,
se non per
il fatto che vi era un letto matrimoniale bianco, con la struttura in
noce,al centro
della camera. Scesi dalle braccia
di Jacob, e mi guardai in torno. Una finestra enorme mostrava il
paesaggio
notturno, e mi ci accostai, guardando fuori. I raggi della luna
illuminavano il
buio mostrando i contorni dello steccato che circondava il retro della
casa.
Dopo il recinto si trovava uno strapiombo e, più in basso,
una duna.
Poi, la distesa nera del mare. Mi sembrava di vivere in una favola.
Jacob
mi raggiunse, prendendomi le mani tra le sue. Il suo viso
alla luce della luna acquistava un qualcosa di magico: il suo colorito
si
schiariva e i suoi occhi si illuminavano di argento. Era
così bello che
il cuore mi fece male.
Allacciò lo sguardo al mio. «Ti amo,
Bella».
Mi feci più vicina a lui, decisa a strappargli una promessa
che, lo
sapevo, forse un giorno sarebbe stata infranta. Ma in quel momento non
mi
importava: volevo soltanto sentire uscire quelle parole da quelle
labbra che
erano il mio paradiso. Volevo arrivare ad essere felice fino in fondo,
almeno
per quella notte.
Gli
presi il volto tra le mani, guardandolo intensamente negli
occhi.
«Per
sempre?», domandai.
«Per
sempre», rispose senza esitazione, baciandomi.
«Per sempre»,
ripetei io, avvolgendogli le spalle con le braccia e facendomi forza
per
stringermi a lui più che potevo. Mi strinse per i fianchi e
mi
sollevò, prendendomi in braccio.
Passavo le mani sul suo viso, sul suo collo, sul suo petto, senza
smettere di
baciarlo. Improvvisamente mi sentii cadere sul materasso morbido, e le
mie
dita, tremanti, scivolarono sul primo bottone della sua camicia, e lo
aprirono.
Presi fiato, staccandomi da lui un secondo per respirare, poi
ricominciai a
sbottonargli la camicia. Quando finii la mia opera, lo sentii alzarsi e
mettersi in ginocchio sul letto, mentre mi baciava il collo. Lo seguii,
alzandomi per liberarmi del tutto della camicia. Per quanto gli stesse
bene,
non era nulla comparabile alla bellezza del suo petto nudo, bruno e
caldo.
Avvertii un brivido, rendendomi conto di quanto fosse bello, di quanto
fosse mio.
Quando
sentii la sua mano sulla mia schiena, capii che si era
alzato per aprire la cerniera del vestito; mi strinsi a lui mentre
l’abbassava, imbarazzata.
Si
chinò su di me, riprendendo a baciarmi un po’
ovunque – sulle labbra, sulle guance, sulle spalle, sul collo
– e
infilò le mani sotto il bordo dell’abito, toccando
la pelle dei
miei fianchi, per sfilarmelo.
Quando
mi resi conto di essere rimasta solo in biancheria intima,
arrossii di botto, senza sapere dove guardare. Lui sondò il
mio
nervosismo, accarezzandomi col naso nell’incavo della spalla,
come se
avesse intenzione di farmi il solletico.
«Bells,
piccola… sei bellissima. Te lo giuro, sei la
cosa più bella che abbia mai visto»,
mormorò, dolce.
Affondai
le mani nei suoi capelli, scostando il suo volto dal mio
petto, per poterlo guardare bene negli occhi.
«Se
dici questo, allora vuol dire che non ti sei mai visto
allo specchio», replicai in un soffio, guardandolo adorante.
Feci
scivolare una mano sul suo collo, per accarezzargli il petto e farla
scendere
fino all’addome. Gli baciai il collo.
Gli
sfuggì un gemito, e fremette.
«Non
dovresti alimentare così il mio
narcisismo», ansimò a fatica, scendendo col volto
per baciarmi
sulla pancia.
Quelle
furono le ultime parole che aleggiarono in quella stanza,
per quella notte. Il resto dei suoni che uscirono dalle nostre labbra
fu un
susseguirsi di gemiti e sospiri, alimentati dall’eccitazione
e dalla
passione che ci avevano travolti con impeto, il tutto condito da un
amore
impossibile e troppo immenso da spiegare a parole.
Mentre
continuava ad esplorare il mio corpo con le labbra e con le
mani, delicate, mi alzai per liberarmi dei suoi pantaloni. Man mano che
il
tempo passava e la meta si faceva sempre più vicina, i miei
gesti
diventavano sempre più decisi, e la timidezza diminuiva poco
a poco.
Avvertii
Jacob rabbrividire nello stesso istante in cui le mie
dita avevano toccato la pelle dei suoi fianchi, e mi aiutò a
sfilarsi i
pantaloni, rimanendo in boxer.
Fu nuovamente sopra di me, e mentre incollava le labbra alle mie,
abbassò la spallina del mio reggiseno, posando le labbra su
quel
centimetro di pelle. Rabbrividii, circondandogli la nuca con un braccio
per
stringerlo al mio petto ansante. Le sue labbra stavano iniziando a
darmi alla
testa, ogni contatto mi provocava brividi; mi sentivo bruciare.
Inarcai la schiena per permettergli di togliermi il reggiseno; quando
se ne fu
liberato, mi accarezzò dolcemente i seni. Mi
sfuggì un gemito di
piacere, e in un impeto di passione mi rimpossessai nuovamente delle
sue
labbra, che dopo poco scesero fino all’inguine, mordicchiando
di tanto in
tanto la mia pelle. Sentii le sue dita infilarsi sotto
l’elastico dei
miei slip, per poi sfilarmeli.
Mi
alzai svelta e lo abbracciai, mugugnando imbarazzata. Sentivo
il cuore andare a mille, il fuoco sulle guance e il respiro accelerato.
Lui mi
baciò dolcemente per tranquillizzarmi, e mi sorrise, senza
dire nulla.
Mi fece stendere sul materasso, con delicatezza, e avvertii le sue
labbra sulle
mie, leggere, che scesero poi lungo in mio corpo. Mi sfuggì
un gemito
quando baciarono la mia intimità, e con una mano stinsi il
lembo del
lenzuolo, imbarazzatissima e incapace di contenere le emozioni; con
l’altra, graffiai, senza volere, la schiena di Jake.
Ansimante, rimasi
con gli occhi fissi al soffitto di legno, mentre mi accorgevo a
malapena che
Jacob si stava sfilando i boxer, finché non fu sopra di me.
Il momento
era arrivato.
Allacciò lo sguardo profondo al mio, gli
occhi in fiamme*,
accarezzandomi una guancia e
dandomi un bacio. Mi strinsi a lui, affondando il viso nella sua
spalla, mentre
sentivo il suo respiro accelerato e caldo vicino al mio orecchio.
Ero finalmente pronta ad accoglierlo, e accadde tutto in un secondo. Un
battito
di ciglia e diventammo una cosa sola.
Mi scappò dalle labbra un lamento provocato dal dolore nel
bassoventre,
ma era sopportabilissimo. Jake, come a scusarsi, mi baciò
delicato il
collo, e cominciò a muoversi piano dentro di me.
Le
emozioni che esplosero nel mio cuore in quegli attimi mi
travolsero, violenti come un fiume in piena. Mi sentivo completa, viva,
felice
come non lo ero mai stata, completamente annullata da una gioia
così
intensa. Tutto, tutto sparì e la mia mente si
svuotò, cancellando
tutto e tutti: Charlie, Renée, i Cullen, Alice, Edward,
Emily, Leah, il
branco, La Push, quella casa, quella stanza, il mondo.
Non c’era più nulla, se non io, Jacob e
l’amore immenso,
impossibile e inspiegabile che sentivo di provare nei suoi confronti.
Lo
amavo, lo amavo con tutta me stessa e riuscii a rendermene
veramente conto soltanto mentre facevamo l’amore tra quelle
lenzuola
candide, la Luna unica silenziosa testimone di quella gioia infinita.
«T-ti amo Jake, ti
amo…», continuavo a ripetergli, la voce spezzata.
Sentivo che stavo
per arrivare al limite…
«Anche io Bells… da m-morire», rispose a
fatica. Era sul
punto di perdere il controllo.
Alla
fine, raggiungemmo il paradiso insieme, e dovetti premere le
labbra contro la pelle della sua spalla per non gridare, mentre lui
soffocò un urlo baciandomi il collo con ardore.
Tornammo
ad essere due anime separate, mentre i nostri cuori
battevano ancora, irregolari, celebrando la nostra unione. Rotolammo,
invertendo le posizioni, e mi ritrovai tra le sue braccia, ansante e
sfinita.
L’ultima
cosa che sentii furono le sue labbra che baciavano dolcemente il mio
naso,
mentre mi abbandonavo tra le braccia di Morfeo, stremata ma
felicissima.
Sapevo
che, quella notte, nessun sogno sarebbe stato più
meraviglioso di quello
che io e Jacob avevamo appena vissuto.
Angolo
autrice.
Okay,
no comment XD
Sono troppo imbarazzata per le cose che ho scritto… Jacob e
Bella hanno
fatto zun-zun (cori
Angelici: AAAALLELUJA)…
accidenti, non mi è mai capitato di descrivere scene del
genere,
perciò spero di non aver combinato dei disastri çwç
Ai posteri (voi <3) l’ardua sentenza
ù_ù
Comunque, sostanzialmente i fatti importanti a cui accennavo la scorsa
volta
erano appunto Don Rodrigo e Lucia che si danno alla pazza gioia e che
andranno
a vivere insieme in un palazzotto sul lago di Como *__* Ehm, no, ho
sbagliato
storia… hahah
FVa, mi condizioniii!
XD
Ci
avviciniamo davvero alla fine, gente…
Cinque capitoli e sarò costretta a mettere
“sì” sulla
casella “completa?” di questa storia…
*sospira*
* Eyes On Fire
= occhi in fiamme. Muahahah
*Q*
Ringrazio
di cuore le 67 persone che hanno
aggiunto Eyes On Fire ai preferiti e i 49 che l’hanno
aggiunta alle
seguite :D Grazieee!
<3
E adesso (ve l’avevo promesso!) finalmente passo a rispondere
alle
recensioni… non lo faccio da un po’, scusatemi
ç///ç
Rein94:
Sì, pare proprio che la Tonna… no, no, ora
è
diventata Carpa! *_* Comunque, pare che Bella quel brillantino se lo
sia
completamente levato dal cervello, ed è un bene! Comunque,
non avevo
dubbi… Stare con Jake le fa troppo bene, e dopo quello che
hanno
combinato in questo capitolo… Hahaha
:P
Però rimane l’insidioso problema
dell’imprinting… Non
preoccuparti, nel prossimo capitolo ogni dubbio sarà
svelato! Grazie di
cuore per aver continuato a seguirmi <3 Un bacioooo
:3
Lea__91:
Oddio,
mi sono fatta un’immagine mentale di Jake che trascina,
mezzo nudo e tutto sudato (OMG :Q__), un sacco della spazzatura
nero… con
dentro Bella fatta a pezzi *_*
Ehm, creepy
°-° Comunque, tu sei sempre
troppo carina! *.* Cara Leuccia
:3 Spero che tu abbia
gradito questo capitolo un po’, ehm, HOT *_* Ma non certo
quanto Jake!
:Q___
Un bacione, carissima, e grazie per tutto! <3
lalli85:
Il
tuo discorso dove hai messo a confronto le due situazioni del diploma
di Bella mi hanno fatto riflettere, e mi sono ritrovata a darti
completamente
ragione! Insomma, come diavolo fai a rinunciare a una cosa
così facile
come la vita assieme a Jake per qualcosa di creepy
(perdonatemi, stasera ce l’ho con questo verbo =.=) e
angosciante come
un’esistenza eterna accanto a un ghiacciolo geneticamente
modificato?! O_O Bah,
misteri delle Tonne(Sì,
perché la Bella del libro è e rimarrà
sempre tonna u_u)!
E
i pampini…
*_* Ci saranno sicuramente, almeno nella mia storia, prometto
*ç* Jake picciniiiii
*strippa* Okay,
finiamola qui ù_ù Come sempre, ti ringrazio col
cuore in mano,
sempre troooppo gentile
çwç
I tuoi commenti mi fanno sempre un piacere immenso, perché
adoro le tue
storie *.* Spero che leggere dei nostri piccioncini che se la spassano
ti abbia
fatto piacere *-* Un bacione <3
_Starlight_:
CE
L’HA FATTA! LUCIA SWANELLA CE L’HA FATTA A
DARGLIELA!
*___*
*si ricompone* No, seriamente, a questo punto ti dedico sto capitolo
intero, amove mio! *-* Daiiii la tua
recensione “Twilight Love TrianglegoesPromessi
Sposi” version
mi ha fatto rotolareeee
X°°° Cioè, non so contare
quante volte la mia prof di italiano mi ha detto su l’altro
giorno,
perché mi venivano sempre in mente dei fatti assurdi quando
nominavamo
Renzo, Lucia e Don Rodrigo… quando siamo passati alla Monaca
poi X°D
Il
crocifisso-palla
d’argento è una genialata
*__* ma
è ovvio,perché tu sei un genio v.v E io ti adoVo
troppo, topinaaa
<3 Spero che la parte dove i nostri due
beniamini si danno da fare ti abbia accesso gli ormoni, almeno per quel
che
riguarda il nostro bel Don Rodrigo *o* Poi però non venire a
prendertela
con me se nella verifica sui PS (Promessi Sposi XD) disegni Jacob
ignudo col
cappello da bravo ù_ù *Q*
Ti voglio bèèène
<3
__cory__:
Ma
grazie cara! Spero che anche questo sia stato di tuo gradimento :3
Jake è troppo sexy oltre che fantastico, te lo dico io! *W*
Grazie mille
per la recensione! Un bacione <3
drakina94:
Beh,
direi che insieme la festa di diploma l’hanno
passata…
altroché XD
Grazie mille per la recensione :3 Mi auguro che ti sia piaciuto anche
questo
capitolo ^w^ Un bacione! <3
Niente
và, anche per stavolta ho finito
di tediarvi :D
Vi lascio alle vostre *immaginare, come le mie del resto XD* notti di
sesso
sfrenato con Jacob Black v.v
La
mattina seguente fui svegliata da tocchi brevi, caldi e
leggermente umidi che puntellavano sulla pelle del mio viso. Aprii gi
occhi a
fatica, cercando di focalizzare bene l’ambiente che mi
circondava, per accertarmi
che non fosse stato tutto un meraviglioso sogno.
Guardai
verso l’alto, e trovai Jake che mi baciava sulle
labbra e sulle guance. Un sorriso a trentadue denti spuntò
sul mio viso,
senza che potessi farci nulla. Lui assunse uno sguardo colpevole, ma la
felicità non si era dissolta dai suoi occhi scuri.
«Ops,
ti ho svegliato», mormorò, sfiorandomi
una guancia col naso.
«Sembra
che non ti dispiaccia», risposi con falso tono
accusatorio. Lui ghignò, impertinente.
«Infatti
non mi dispiace per niente», confessò,
baciandomi il collo.
«Bene,
nemmeno a me», aggiunsi, incollando
febbrilmente le labbra alle sue.
Jacob rise, stendendosi accanto a me e tenendomi tra le sue braccia.
«Buongiorno
Bells», sussurrò, premendo le
labbra contro la mia fronte. Sospirai, abbandonando il viso contro il
suo petto
caldo. Gli diedi un bacio dove sentivo battere il suo cuore.
«Buongiorno»,
sussurrai, godendo del suo calore.
All’improvviso, tutto ciò che era successo la
notte precedente mi
tornò in mente e mi sentii avvampare. Oltre
l’imbarazzo –
che raddoppiò quando mi resi conto che eravamo ancora
entrambi nudi
–, riuscivo facilmente a cogliere la gioia profonda che quei
ricordi
portavano con sé… ero diventata una donna, avevo
fatto l’amore
con Jacob ed era stato qualcosa di assolutamente unico e meraviglioso.
Quella
notte sarebbe stata, sicuramente, la notte più bella della
mia vita.
«Che
ore saranno?», domandò pigramente,
grattandosi dietro la testa e guardandosi intorno, come se potesse
trovare la
risposta da qualche parte nella stanza. Non sembrava molto interessato
alla
risposta.
Io lo ero, perché mi era appena tornata in mente una
questione
fondamentale: Charlie e Renée. Quella notte non ero tornata
a casa a
dormire…
Balzai a sedere sul letto. «Charlie!
Renée!», esclamai,
fissando Jacob, concitata. Iniziai frenetica a guardarmi intorno, in
cerca dei
miei vestiti.
Si
saranno strappati i
capelli dalla preoccupazione! Charlie avrà chiamato
l’FBI, i
servizi segreti…,
pensai, allarmata.
Jake
interruppe quella sfilza di pensieri confusi.
«Bells,
che ti prende?», domandò, guardandomi
come se fossi pazza.
«I
miei genitori non sanno che sono qui!», gli dissi,
sperando che arrivasse al nocciolo della questione da solo.
Si
alzò, poggiando la schiena al muro. «Beh, visto il
fatto che siamo nudi nello stesso letto, dico che è una
fortuna che non
lo sappiano», sbottò Jacob, sollevato.
«Charlie mi
ammazzerebbe».
«Charlie
ti ammazzerà lo stesso perché ieri
sera non mi hai riportato a casa», ribattei, coprendomi col
lenzuolo e
aggrottando le sopracciglia.
Jake
liberò una risata, sfiorandomi la schiena. «Non
preoccuparti Bells. Ho chiesto ad Emily di avvertire Charlie che
saresti
rimasta a dormire da lei, perché troppo stanca per alzarti
dal divano
sul quale ti saresti ipoteticamente addormentata», mi
spiegò,
sogghignando.
Sospirai, sollevata, e mi rituffai tra le sue braccia. «Avete
organizzato
tutto nei minimi dettagli», osservai ridacchiando,
accarezzandogli il
petto.
Jacob
mi alzò il mento con un dito per far specchiare le
sue iridi nelle mie. «Emily e i ragazzi hanno ricoperto la
parte di
complici, ma l’idea è stata mia. Non ti ho fatto
un regalo
materiale per il diploma, è vero, ma…».
«Questa
casa non è materiale, Jake? È anche troppo materiale!», lo
interruppi,
strabuzzando gli occhi.
Lui
sbuffò, come a sminuire la cosa. «Questo cottage
è solo un cimelio – virgolettò la
parola con le dita
– della famiglia Black. Apparteneva a mio nonno…
ma non è
questo il punto».
Fece
una pausa e mi sorrise. Poi continuò.
«Quello
che ti stavo dicendo è che, anche se non ti
ho regalato qualcosa di tangibile per il tuo diploma, questa
meravigliosa notte
che abbiamo passato insieme voleva essere il mio regalo per te.
Qualcosa che
non avresti mai dimenticato», spiegò, piegando
leggermente la
testa sulla spalla destra.
Lo
baciai, stringendomi a lui. «Non potevi regalarmi nulla
di più meraviglioso, Jake, sul serio. È stato il
regalo
più bello che abbia mai ricevuto».
Mi guardò intensamente. «Beh, la cosa bella di
questo tipo di
regalo…», proferì, chinandosi su di me
in maniera molto
eloquente, «è che puoi riceverlo tutte le volte
che vuoi,
piccola».
Fu
un sussurrò così basso, roco e sensuale che mi
fece rabbrividire.
«Me gusta»,
mormorai, mordicchiandogli il collo. Jacob ridacchiò,
iniziando a
baciarmi ovunque, come solo lui sapeva fare.
Mentre,
con un insolito sole che splendeva fuori dalla finestra
della nostra casa, avveniva una replica esatta di ciò che
era successo
quella notte, la seconda volta non riuscii a non pensare quanto sarebbe
stato
straziante dover dire addio a tutto questo, un giorno.
Jacob
che sussurrava il mio nome, che mi toccava, mi baciava e mi
faceva sentire la donna più felice del mondo… Mi
chiesi,
addolorata, quanta forza avrei dovuto tirar fuori per riuscire ad
andare avanti
senza di lui.
La
risposta non arrivò, ma il dolore sì e lo sentii
eccome. Bruciava come fuoco sulla pelle e acido nelle ferite e le
lacrime che
uscirono dai miei occhi rovinarono la magia che si era creata tra me e
Jacob
quella seconda volta. Sentii il sapore dell’acqua salata che
mi era
scivolata dagli occhi sul suo petto Stupida Bella.
«Amore,
che succede?», mi domandò allarmato
Jacob, asciugando le mie guance bagnate. «Ti ho fatto
male?».
Scossi
la testa, singhiozzando. «N-No», risposi a
fatica, affondando il volto nel suo petto.
«Bella»,
mi chiamò, scuotendomi per le spalle.
«Bella, cos’hai?».
Tentai
di calmare il respiro, per non preoccuparlo. Perfetto,
avevo rovinato tutto. Ero davvero irrecuperabile… Sfregai il
dorso della
mano contro gli occhi, per far sparire le lacrime. Deglutii.
«N-niente
Jake, scusami, non volevo… Va tutto bene».
Mi
scostai da lui per riprendere a respirare regolarmente e
inspirai profondamente per tre volte, cercando di calmarmi e riprendere
il
controllo di me stessa.
La
mia paura nascosta gravava sul mio cuore come un peso di cento
chili, insopportabile. Sentivo un gran bisogno di buttar fuori tutto
quello che
provavo, ma non volevo ferire Jake o farlo star male…
Si
avvicinò a me, cauto, sedendosi. Mi diede un buffetto
sulla guancia.
«Ehi,
Bells, vuoi spiegarmi cosa ti è preso?»,
domandò a bassa voce, quasi volesse rassicurarmi. Abbassai
lo sguardo,
imbarazzata, e rimasi in silenzio.
«Allora?»,
mi incitò, stringendomi una mano
nella sua.
«Ecco,
io…», iniziai, titubante. Lo sguardo
incoraggiante che mi lanciò mi spinse ad andare avanti.
Presi fiato ed
iniziai a parlare velocemente, spedita. «Io…
pensavo a quanto
sarà difficile quando… avrai
l’imprinting e mi lascerai. A
quanto mi mancherà tutto q-questo…».
Avevo tenuto sempre gli occhi bassi mentre parlavo, perciò
mi resi conto
dell’espressione stralunata di Jacob solo quando si riflesse
nella mia.
«Bella,
che diavolo stai dicendo?!», esclamò,
allibito.
Lo
guardai, senza capire, e mi incupii.
«Dell’imprinting», precisai, atona.
«Insomma, tu non
l’hai avuto con me, perciò prima o poi
succederà anche a
te. So che saresti in grado di affrontarlo e batterlo, così
come
potresti non averlo… Però non voglio che tu lo
faccia. Quando
troverai la donna giusta per te, la tua anima gemella, quella
vera…». A quel punto mi bloccai, e le lacrime
tornarono ad inondare
in mio viso. Strinsi gli occhi, cercando di ignorare il dolore che mi
bruciava
nel petto. «Voglio che vivrai la tua vita con quella persona,
perché è quella più giusta…
per te… quella che
ti farà d-davvero felice…».
Non riuscii a finire quella frase singhiozzata che Jake mi avvolse in
un
abbraccio caldissimo.
«Bells,
si può sapere che stronzate stai sparando?
Prima di tutto, sei tu la donna giusta per me, nessun’altra.
Dovresti
saperlo», sussurrò al mio orecchio, quasi con
rabbia. Non riuscivo
a capire.
«Secondo,
ti amo, e dovresti sapere già anche questo.
E terzo…», esitò leggermente,
«beh, io ti ho mentito.
Sia sulla storia dell’imprinting che su quella della forza
necessaria a
batterlo», disse, con tono colpevole.
Mi allontanai da lui, guardandolo bene in faccia, incredula.
«Cosa?!».
Prese
un respiro profondo e parlò, tenendomi la mano.
Sembrava quasi che avesse paura di guardarmi in faccia, che temesse la
mia
reazione.
«Vedi
Bella, quella storia dell’alfa purosangue che
riesce a contrastare l’imprinting è una bugia, una
balla che mi
sono inventato…». Si zittì, ma non
dissi nulla. Avevo capito
che c’era dell’altro.
Improvvisamente, si girò di scatto verso di me, piantando lo
sguardo di
onice liquido nel mio; sentii qualcosa contorcermi stomaco.
«Bella,
io l’ho avuto l’imprinting», disse
velocemente, e appena il mio cervello rielaborò quelle
parole, i miei
occhi si inumidirono. Quasi non me ne accorsi.
Lui si accorse di quello che mi stava succedendo e mi sorrise
dolcemente,
posando una mano sulla mia guancia e intensificando il suo sguardo nero.
«Ho
avuto l’imprinting con te», disse, chiudendo
gli occhi e sorridendo soddisfatto, come se si fosse tolto un peso dal
cuore.
Per qualche secondo, ebbi la netta impressione di aver capito male, e
rimasi a
fissarlo, in silenzio, totalmente sconvolta.
Cosa stava dicendo? Aveva avuto l’imprinting con me? Non era
possibile… Un sacco di caratteri appartenenti
all’imprinting con
coincideva per niente a quello che era successo a noi. Per
niente.
«L-Lo
stai dicendo solo…».
«Non
sto mentendo Bella. Non stavolta. Io ho davvero avuto
l’imprinting con te, e l’ho capito dal primo
momento che ti ho
visto», disse, una strana luce di sicurezza e certezza negli
occhi.
«D-Dopo la trasformazione?», chiesi in un sussurro,
sbigottita.
«Certo»,
asserì, sorridendomi compiaciuto. A
quel punto, ritornai in me, e mi accorsi di essere arrabbiata con lui.
«Perché
non mi hai mai detto nulla?! Lo sai quanto ci
sono stata male?!», sbottai, allargando le braccia.
Lui rise divertito, lanciandomi un’occhiata di scuse. Mi
abbracciò, tentando di calmarmi.
«Mi
dispiace, amore, se ti ho fatto soffrire… Ma se in
quel periodo ti avessi detto una cosa del genere ti avrei sicuramente
persa», disse, e il suo tono di voce si incupì.
«Persa?».
«Sì,
insomma, eri confusa, ancora innamorata di
Cullen… Già quel discorso che avevo fatto
sull’imprinting mi
sembrava ti avesse terrorizzato, figuriamoci se ti avessi detto che
provavo un
sentimento del genere nei tuoi confronti! Ti avrei oppresso e
basta»,
disse, baciandomi una guancia.
Il
pensiero di quanto Jacob, in un qualche modo, si fosse
sacrificato per me fece nascere nel mio cuore un moto di commozione ed
emozione… Però c’era ancora qualcosa
che non mi tornava.
Oltre al fatto, ovviamente, che era tutto troppo bello per essere vero.
Nel mio
mondo, la perfezione e la gioia erano sempre stati due caratteri
temporanei,
che spesso avevano lasciato posto a qualcosa di totalmente negativo e
opposto.
«Jake,
ma se davvero tu avessi avuto l’imprinting con
me… Non avrei dovuto saper subito del tuo segreto lo stesso
pomeriggio in
cui sono venuta a darti una strigliata?», domandai, concitata.
Lui mi guardò, arricciando le labbra carnose.
«Questo è
vero. Però dimentichi che l’oggetto
dell’imprinting è
assolutamente vitale e prezioso per colui al quale il destino lo ha
affidato. I
suoi bisogni e soprattutto la sua sicurezza vengono prima di ogni altra
cosa.
Mi ero trasformato da poco, Bella, e non riuscivo ancora a controllarmi
del
tutto… Se ti avessi fatto del male non me lo sarei mai
perdonato. Per
questo non ti ho detto nulla», spiegò, sorridendo
sereno.
Una
gioia indescrivibile esplose dentro di me, impetuosa e
sconvolgente. Non dovevo più temere il destino,
perché quel
destino ero io: ero io l’anima gemella di Jake,
così come lui era
la mia. Eravamo fatti per stare insieme.
«Oh,
Jake», sussurrai, emozionata, guardandolo negli
occhi e gettandogli le braccia al collo. Atterrammo sul materasso, lui
sotto e
io sopra. «Sono così…
f-felice…», mormorai sulle
sue labbra, che avevano già trovato le mie. Ero pronta ad
approfondire
quel bacio, ma lui mi interruppe.
«Però,
Bells, voglio chiarire una cosa
importante», proferì, sistemandomi una ciocca di
capelli dietro
l’orecchio, guardandomi intensamente. «Bells, io ho
avuto
l’imprinting con te, è vero… Ma anche
se non l’avessi
mai avuto, non sarei mai riuscito ad amare nessun’altra. A
quanto so, si
può davvero contrastare la magia se si ha la forza di
volontà che
serve. Può sembrare sdolcinato… ma il mio amore
per te è
così immenso che avrei battuto l’imprinting senza
sforzo. Non
sarebbe cambiato nulla, nel nostro rapporto. Diciamo che questa
è solo
una sicurezza in più, ma ti avrei amata quanto ti amo
ora».
Capii
le sue intenzioni: voleva assicurarmi che non si sentiva
obbligato ad amarmi o a stare con me; che per lui, imprinting o non
imprinting,
il suo posto sarebbe stato sempre e comunque accanto a me. Lo capii, e
lo amai
ancora di più.
«Ti amo», gli dissi, stringendolo a me.
«Ho
fame», rispose lui, ridendo. L’avevo capito
che voleva solo farmi arrabbiare, così decisi di stare al
gioco.
«J-Jake…
è la cosa più romantica che tu
mi abbia mai detto!», mormorai, fingendomi commossa. Jacob mi
fece la
linguaccia, alzandosi dal letto dopo avermi dato un bacio sulla fronte.
Quando
lo vidi completamente nudo davanti a me, avvampai, spostando lo sguardo
altrove. Dovevo ancora abituarmi, evidentemente…
«Che
palle, devo rimettermi lo smoking», si
lagnò, chinandosi per raccogliere i suoi vestiti, sparsi un
po’
ovunque per terra. Anche la mia roba aveva fatto la stessa fine, ma ero
troppo
in imbarazzo per alzarmi e raccoglierla da sola.
«Jake, mi passi i miei vestiti?», domandai,
ostentando
disinvoltura.
Lui
mi sorrise e annuì, senza fare commenti. Non ero sicura
che avesse notato il mio imbarazzo a uscire da quelle
coperte… forse
l’aveva capito ma voleva risparmiarmi le sue battutine
maliziose.
Raccolse
il mio vestito e la mia biancheria, dandomi le spalle,
mentre io guardavo fuori dalla finestra, contemplando il sole nascosto
dalle
nuvole sottili.
Sentii la stoffa arrivarmi in faccia, e Jacob che scoppiava a ridere.
Guardandolo indispettita, mi accorsi che aveva indossato i pantaloni,
ma era
rimasto a petto nudo.
«Molto
gentile», borbottai, iniziando a vestirmi con
movimenti veloci. Quando fui abbastanza coperta, mi alzai per
rimettermi il
vestito, ma mentre ero sul punto di indossarlo, notai qualcosa che
dondolava da
una delle spalline.
Guardai da vicino l’oggettino: era un bracciale scuro, di
pelle
intrecciata in maniera complicata, ma molto graziosa; al centro esatto
dell’intreccio spiccava un ciondolo che sembrava
d’oro bianco, e la
forma ricordava il simbolo dell’infinito.
Sentii il mento di Jake appoggiarsi sulla mia spalla, e le sue mani
calde
cingermi leggere i fianchi.
«Altro
piccolo regalo», sussurrò al mio
orecchio, baciandomi una guancia.
«È…
bellissimo, amore», balbettai,
stupita ed emozionata. Era veramente grazioso e mi piacque davvero
tanto.
«Sono
felice che ti piaccia», disse, con un tono che
sembrava quasi sollevato. Rigirai il bracciale tra le mie mani.
«Pensavi
che non mi sarebbe piaciuto? Jake, dovresti sapere
che amo qualunque cosa ti riguardi», lo rimproverai, voltando
la testa in
modo da vederlo negli occhi.
Lui
ridacchiò, chiudendo gli occhi. «Pensavo che lo
avresti ritenuto esagerato. La casa, la festa, il vestito, me… Credevo che ti saresti
lamentata per tutto ciò che
hai ricevuto».
Feci
spallucce, sorridendo. «Credevi male», ribattei,
spensierata, poi mi voltai del tutto, parandomi di fronte a lui.
Gli
porsi il bracciale. «Mi aiuti a metterlo?», gli
chiesi, impaziente.
Lui
lo osservò per qualche secondo e arricciò le
labbra. Sembrava indeciso, incerto. Non fece né disse nulla.
«Jake,
che ti prende?», gli domandai dopo un minuto di
silenzio.
I suoi occhi scuri e seri affondarono nei miei. «Bella, prima
di metterti
questo bracciale, vorrei precisare una cosa»,
proferì, spostando
lo sguardo da me all’oggettino che avevo in mano.
«Per essere
corretti», aggiunse poco dopo, vedendo che non parlavo.
Gli feci cenno di continuare, e lui fece un respiro profondo.
«Vedi
Bella, ai tuoi occhi questo potrebbe sembrare un
semplice e banale bracciale di pelle… ma non è
così. Nella
mia tribù conserva un significato molto più
profondo: incarna il
giuramento di amore eterno che viene sigillato tra due persone quando
l’uomo lo regala alla sua donna», mi
spiegò guardandomi
negli occhi.
Mi
schiarii la voce, emozionata. «Beh… ha un
significato bellissimo Jake…», commentai, sincera.
Lui
abbassò lo sguardo, imbarazzato.
«Ecco,
ora viene la parte peggiore…»,
sussurrò, pianissimo. Lo fissai con insistenza per farlo
continuare,
senza capire la sua affermazione.
Deglutì,
e sentii il suo sbuffo sibilare tra i denti
digrignati. «Questo affarino, tra la mia gente, corrisponde
al vostro
anello di fidanzamento», sbottò, senza guardarmi.
«Però non voglio che tu ci veda qualcosa che non
c’è… insomma, non ti sto chiedendo di
sposarmi o roba simile
– I suoi occhi tornarono ad incatenarsi ai miei
–… ecco,
questo è solo l’ennesimo modo per dirti che voglio
passare il
resto della mia vita con te. Tutto qui».
Mi
fissò, incerto e imbarazzato, in attesa di una mia
risposta.
«Jake,
ma se equivale ad un anello di fidanzamento…
Questa è una proposta di matrimonio», osservai,
senza tradire
alcuna emozione.
Lui
grugnì, irritato. «Ti ho detto che non la devi
vedere così», protestò, secco.
«Ma
è lampante!», ribattei, aggrottando le
sopracciglia. Volevo torturarlo ancora un po’.
Jacob
alzò gli occhi al cielo: sembrava sul punto di
perdere la pazienza.
«Se
non lo vuoi, Bella, basta dirlo», disse,
arrabbiato.
«Non
ti ho detto che non lo voglio, scemo! Mi da fastidio
però che cerchi di nascondere ciò che in
realtà
è», lo rimbrottai, sporgendo il labbro inferiore e
incrociando le
braccia al petto, il bracciale ancora chiuso nella mia mano. Mi sforzai
di non
ridere: adoravo farlo arrabbiare.
«Non
sto nascondendo niente! Ti sto solo dicendo di non
prendere tutto troppo sul serio».
«Ah,
allora non devo prendere sul serio il fatto che vuoi
stare con me per sempre?», esclamai, fingendomi offesa.
Alzò
gli occhi al cielo, esasperato. «Non intendevo
quello, Bella. Parlavo del matrimonio».
«Allora
non mi sposeresti un giorno? Buono a sapersi»,
commentai, acida.
«Dannazione,
perché sei così
testarda?!».
«E
perché tu ti arrampichi così sugli specchi?
Se mi vuoi sposare basta dirlo!».
«Ma
io non ti voglio sposare!», gridò, infine.
Stava stringendo i pugni e sembrava parecchio arrabbiato,
perciò non
presi la sua affermazione sul serio. Probabilmente aveva detto
così per
mettere fine al discorso.
A
quel punto mi avvicinai a lui, circondandogli il collo con le
braccia. Iniziò a calmarsi, e mi guardò perplesso.
«Beh,
è un vero peccato che tu non mi voglia sposare,
Jake…», sussurrai fingendomi delusa –
era evidente che stavo
bluffando -, vicinissima alle sue labbra. Ci fissammo per qualche
secondo: io
lo sguardo furbo, lui interrogativo.
«…Perché
ti avrei detto sì»,
aggiunsi poco dopo, posando le labbra sulle sue e baciandolo con
trasporto.
Si
staccò da me, poco dopo, guardandomi qualche secondo
negli occhi, quasi per accertarsi che non stessi scherzando. Quando fu
sicuro
delle mie intenzioni, il sorriso che gli si aprì sulle
labbra mi lasciò
senza fiato. Mi baciò di nuovo, esultante.
«È
proprio quello che volevo sentirmi dire»,
sussurrò vicino al mio orecchio, stringendomi a
sé e cullandomi
dolcemente. Avvertii, dentro di me, la stessa gioia che traspariva
dalle sue
parole.
«Però
dovremo andarci piano…», provai a
dire, tentennando. Lui mi guardò, interrogativo.
«Ecco,
è sempre per la questione di sistemarsi con
l’università, il lavoro... Poi tu sei minorenne,
Jake. Credo che
dovremmo aspettare un po’», conclusi, sospirando. Lui annuì e mi sorrise. «Non
c’è problema, Bells.
Sistemeremo le cose un po’ per volta». Mi
baciò i capelli,
abbracciandomi. «Di tempo ne abbiamo».
Mi
staccai da lui, emozionata. «Allora», proferii,
porgendogli il braccialetto. «Vuoi procedere?».
Lui
ridacchiò, prendendolo in mano e mettendosi in
ginocchio, senza mai smettere di sorridere.
Avvampai.
«In ginocchio no…», mi lamentai,
mentre attirava lentamente verso di sé il mio braccio
sinistro,
sogghignando.
«Bella,
io ti amo, lo sai. Voglio stare per sempre con te, e
sai anche questo. Vorresti diventare mia moglie e appartenere per
sempre a
questo adorabile cucciolo?», propose, facendomi
l’occhiolino.
Risi, tra le lacrime. «S-Sì», risposi,
mentre un misto di
emozioni incontenibili mi esplodeva nel cuore.
Il
suo volto si illuminò, mentre la felicità si
impadroniva del suo sguardo. Aprì l’allacciatura
del bracciale e
lo agganciò al mio polso, baciando poi il ciondolo.
Si
rialzò appena in tempo perché potessi gettargli
le braccia al collo e baciarlo con passione. Mentre le sue labbra si
fondevano
con le mie, ripensai immediatamente a quella bizzarra proposta di
matrimonio:
Jake a petto nudo con indosso soltanto un paio di pantaloni eleganti, e
io in
biancheria intima, i capelli arruffati dopo una notte di
“lotta”.
Risi contro le sue labbra, di cuore, e lui si staccò,
guardandomi,
estasiato.
«Che
c’è, Bells?», chiese, stringendomi
per i fianchi.
Scossi la testa. «Niente. Sono felice. E ti amo».
Riavvicinò
il volto al mio, guardandomi intensamente negli
occhi.
«Ti
amo, signora Black».
«Ti amo, signor Black».
Legai
il mio sguardo al suo, stretta tra le sue braccia: nei suoi
occhi di pece liquida, oltre a un amore sconfinato, non vidi altro che
il mio
futuro.
Angolo
Autrice.
Finalmente
la questione imprinting chiarita! +_+ E si sono pure
fidanzati. Cioè, dai, sono stata troppo buona con la Carpa
v.v Mi
dispiace di aver deluso chi si aspettava un imprinting catastrofico che
avrebbe
mandato in crisi Bella e Jake, ma non potevo, non potevo farlo!
A) Perché sono così felici che mi dispiace
mandare tutto
all’aria
B)
Perché poi avrei dovuto inventarmi chissà cosa
per farli tornare insieme… e questa fan fiction si
è già
prolungata abbastanza XD Sono certa che non ne potete più di
me!
Mi
piacerebbe scrivere “Evviva, meno quattro capitoli e vi
libererete di me!”, ma non posso :] Perché, finita
questa storia
(sigh T_T) e finito il post betaggio sempre di questa storia (quanti
errori ho
scovato in giro nei capitoli °_°) arriva il sequel/what
if, Eternal
Moonglow.
Dato che fanno parte della stessa “saga”,
sposterò Eyes On
Fire nella sezione “Serie”, e
pubblicherò là anche
Eternal Moonglow. Perciò non preoccupatevi se non le vedete
sulla mia
pagina autore XD
(E
chi si preoccupa? NdTutti v.v) (Cattivi T_T NdMe)
Uffi,
io odio ripetermi! Però devo xD Grazie di cuore alle
69 people che hanno aggiunto EOF alle preferite e le 48 people che
l’hanno aggiunta alle seguite :3 Vi adoro!
E ora passiamo alle recensioni v.v
Lea__91: La tua sfilza di aggettivi riguardanti
questa storia mi ha fatto un piacere immenso *__* sei troppo coccolosa,
cucciola, davvero! <3 Come al solito ti ringrazio tantissimo,
non mi merito
tutto questo >< Ma Jake sì *Q*
Altroché! <3 Spero che
anche questo capitolo ti sia piaciuto… eh eh eh
*ç* Un bacione
<3
Rein94:
Trovo giustissimo tutto quello che hai detto… è
un problema
che mi sono posta anche io, quando ho deciso di scrivere una
Jacob/Bella. Bella
passa un periodo di “purificazione imposta” in New
Moon, e instaura
un rapporto speciale con Jacob… solo in quel momento avrebbe
potuto (e
magari sarebbe anche riuscita) a ricominciare daccapo, senza Edward. E
se quel
maledetto telefono non avesse suonato… Grrrr che rabbia!
èwé
Cioè, credimi che quando ho letto “l’unica
e la migliore Jake/Bella” avevo un sorriso che
mi andava da orecchio a orecchio! Veramente gentilissima ed esagerata
XD Grazie
di cuoreee <3 Spero di non averti deluso per come ho risolto la
storia
dell’imprinting… ma davvero non ce
l’avrei fatta a portare
questa storia oltre XD Un bacione e ancora grazie di tutto <3
_Starlight_:No, cioè… la tua recensione mi ha
lasciato senza
parole Fva! Questa volta hai davvero superato te stessa *O* A te va il
premio
per la migliore recensione, davvero! Ho riso come una dannata per un
quarto
d’ora, dannazione X°°°Ti
giuro, mi ha
disarmata X°D Sei tropo fantastica Fvaaaa *w* Come farei senza
di te?
>w< Spero che ti sia goduta questo capitolo…
chissà che
dirai su alla Carpa stavolta *-* Attendo con trepidazione! Un bacione,
ti
voglio bèèène <333 (E la Capra
Bella??? Hahahahaha XD)
MihaChan:Perdonata, ovvio! v.v Sììì,
accipigna, era
ora che Bella si lasciasse andare nel vortice della passione con Jacob
*w*
Mwahahaha XD Gentilissima come sempre *w* Grazie di cuore! Un bacione
<3
marpy:
Marpiuccia cara, le tue parole mi confortano! *w* Sai che mi hanno
persino chiesto se ho scritto quella parte basandomi su esperienze
personali?
°_° Hahah, fantastico XD (Avviso per chi legge: IO SONO
VERGINE! Ho
solo 15 anni, cribbio u_u).
Yep, il delirio dello scrittore mi ha già presa, tranquilla
XD Ho tante
cosucce carine in cantiere, che spero apprezzerai *w* Grazie, sei
sempre
carinissima <3 Un bacione! <3
Maharet:
Ho dovuto concentrare tutto sulle emozioni dei personaggi…
perché non sono molto brava a scrivere certe cose troppo
spinte XD E poi
sinceramente non mi piace tanto scendere in particolari
troppo…
“piccanti”. Ti ringrazio per i complimenti, sono
contenta che la
storia ti piaccia *_* E spero che tu abbia apprezzato anche questo
capitolo (:
Grazie di cuore <3 Un bacione <3
Sei_Nel_Anima
2oo9:
Eh, i vestiti, questi killer
insospettabili… Messi addosso a Bella però
potrebbero anche
diventare armi che minacciano il quieto vivere… ma grazie a
dio è
riuscita a rimanere in piedi XD
E a me piace la tua recensione v.v Yep :P Un bacione e grazie! <3
Anche
questa volta ce l’ho fatta,
superate le recensioni! Stato: Indenne ù_ù
Ora vado a nanna che sono stanchissima… glom =w=
Buonanotte
e grazie a tutti!
Un bacione grande grande <3
«Credi
che a Charlie e a Renée lo dovremmo dire che siamo
ufficialmente fidanzati?», domandò Jacob
sovrappensiero, mentre guidava verso
Forks. Eravamo appena passati a casa sua per far sì che si
cambiasse: se si fosse
presentato da Charlie con gli stessi vestiti della sera precedente, mio
padre
si sarebbe insospettito. Avevo insistito, perché non volevo
drammi.
Perciò
quando me lo chiese pensai – sperai
– che stesse scherzando.
Lo
guardai, gli occhi spalancati. «Come?!».
Jacob
sbuffò. «Dai Bells, hai capito. Odio
ripetermi», rispose,
seccato.
Scossi
la testa, interdetta. «No… Jake, no non se ne
parla!».
Affilò
lo sguardo, quasi offeso. «Come non se ne parla?»,
berciò,
aggrottando le sopracciglia. «Perché?».
«Non
avevamo detto che ci saremmo andati con molta calma?», dissi,
ignorando le sue domande, allarmata.
Alzò
gli occhi al cielo, emettendo un suono infastidito. «Bella,
non gli andiamo a dire che ci sposiamo domani. Gli facciamo solo sapere
che
abbiamo intenzione di sposarci, in futuro, e che ci siamo impegnati
seriamente», precisò, stringendomi una mano.
«Forse
non ti ho ancora messo al corrente di un paio di cosette,
Jacob Black», mugugnai, immusonendomi. «Mia madre
è patologicamente allergica
al matrimonio e l’ha sempre disegnato ai miei occhi come
qualcosa di terribile…
Come pensi che reagirà quando verrà a sapere che
la sua figlia diciottenne e
diplomata da meno di ventiquattrore si è già
fidanzata?», esclamai, alzando la voce nelle ultime parole.
Jake provò a
rispondere, ma non gliene diedi il tempo. «E Charlie? Pensavo
che gli volessi
bene! Vuoi fargli venire una sincope?!», sbottai infine,
isterica.
Jacob
si mise a ridere. «Su, Bells, sono sicuro non la prenderanno
così male».
Spalancai
gli occhi. «Jacob, loro non sono come Billy!», gli
feci
presente, nervosa. Mi tornò in mente la reazione compiaciuta
del padre di Jake
quando aveva visto il bracciale al mio polso. Ci aveva sorriso, quasi
estasiato, dicendo che era felice per noi. Tra l’imbarazzo e
un sorriso di
gratitudine, gli avevo chiesto di non dire nulla a Charlie, almeno per
il
momento. Lui, con aria di chi la sa lunga, aveva promesso, sorridendomi
complice.
Billy
aveva capito, eppure suo figlio aveva deciso di mettersi a
fare storie.
Jake
parcheggiò l’auto davanti a casa mia, ma me ne
accorsi a
malapena.
«Secondo
me stai esagerando», affermò ghignando e
arruffandomi i
capelli. «È soltanto una delle tue solite
paranoie, piccola».
Grugnii
al suo tono canzonatorio. «Voglio vedere se mi definirai
ancora paranoica quando Charlie tirerà fuori il
fucile», borbottai, incrociando
le braccia al petto e gonfiando le guance.
Jacob scoppiò a ridere, avvolgendomi le spalle con un
braccio e stringendomi a
sé. Mi baciò i capelli, inspirando il mio profumo.
«Sei
troppo pessimista, amore», mi prese in giro, ridacchiando.
«No, sono realista. Mi sembra già di sentirli:
“Bella, siete troppo giovani.
State insieme solo da quattro mesi… Ve ne pentirete!
È troppo presto!”», mi
lamentai, imitando il tono di mio padre e talvolta quello di mia madre.
Mi
squadrò, arricciando le labbra. «Sono cose che
dicono tutti i
genitori, Bells. Billy è fuori dagli schemi, un discorso a
parte, e… - fece una
pausa – Renée la pensa così
perché non ha sposato un Jacob Black»,
dichiarò,
chiudendo gli occhi e alzando il mento, altezzoso. Scoppiai a ridere,
mio
malgrado.
«Secondo
me non è una buona idea. Dovremmo aspettare»,
affermai,
poco prima che le mie risate scemassero, disperdendosi in un mare di
pessimismo.
«Invece
no. Bella, hai idea di quanto si sentiranno messi da parte
se, in un futuro, venissero a sapere che abbiamo cospirato contro di
loro per
così tanto tempo?», domandò, in maniera
teatrale, sforzandosi di mostrarsi
disperato. «Tua madre penserà che non vuoi che
prenda parte alla tua vita… E
povero Charlie! Ferirai sicuramente i suoi sentimenti»,
proseguì, continuando
con la sua recita.
«Tu
guardi troppi telefilm», mugugnai, scostandomi da lui.
La
sua finta maschera di dispiacere gli svanì dal volto, e si
mise
a ridere di cuore. «Può darsi. Però,
davvero, mi sembra più corretto dirglielo
ora».
Lo
guardai, scettica, sollevando un sopracciglio. Alzò le mani,
come a difendersi.
«No,
Bells, dico sul serio!», esclamò, annuendo con
convinzione.
Sbottai a ridere, allungandomi verso di lui per dargli un bacio a fior
di
labbra.
«Ti
credo, ti credo», lo rassicurai, passandogli le mani sul
viso,
il suo respiro tra le mie dita.
«Bells»,
sussurrò, facendosi più vicino a me e baciandomi
i polsi.
I suoi tratti bellissimi e familiari continuavano a passarmi sotto i
polpastrelli, mentre i nostri sguardi erano allacciati.
«Diciamoglielo,
Bells», mormorò, le labbra sul mio collo, e una
cascata di brividi che mi scuotevano la spina dorsale.
Capii
le sue intenzioni: mi stava fregando, ancora una volta, per
ottenere ciò che voleva. E che sapeva avrebbe ottenuto.
Eppure, cercai comunque
di opporre resistenza.
«N-no», dissi, la voce
malferma, mentre
appoggiavo la fronte contro la sua guancia e inspiravo il suo profumo.
«E
dai, Bells. Ne saranno felici. Io
ne sarò felice. Sarà tutto più facile
se glielo diciamo ora»,
soffiò sul mio collo, sfiorandomi una coscia. Fremetti,
arpionandogli la
maglia.
«Sei
un…», provai a insultarlo, ma persi le parole
quando le sue
labbra si posarono sulle mie. Cercai di concentrarmi per spingerlo via.
«V-va bene, ho capito. Okay, ci
scaveremo la tomba. Se per te il concetto di “per
sempre” equivale a vivere da
fidanzati ufficiali qualche minuto e poi gettarci in pasto a Charlie e
Renée,
okay», esclamai, esasperata e ancora leggermente tremante. Mi
passai una mano
tra i capelli, cercando di calmare cuore e respiro.
Jacob
esibì un gran sorriso, soddisfatto, mentre lo fulminavo con
lo sguardo.
«Vedrai
Bells», disse, mentre scendevamo dall’auto,
«Ne sarai
felice anche tu».
«Certo»,
mugugnai cupa, mentre mi prendeva per mano.
«Ciao
ragazzi», ci salutò Charlie distogliendo lo
sguardo dalla
TV, quando entrammo in casa. Il cuore mi balzò in gola,
nello stesso istante in
cui il nervosismo mi si riversava addosso come una doccia gelata.
«Bells,
dov’eri finita? Pensavo che non saresti più
tornata a casa», disse, con una
leggera nota di rimprovero nella voce. Sembrava che avesse creduto alla
frottola di Emily; pensava che quella notte fossi rimasta a dormire da
lei.
Deglutii rumorosamente, mentre sentivo il bracciale stringersi attorno
al mio
polso in una morsa ferrea. «M-Mi dispiace di averti fatto
preoccupare»,
balbettai, mentre sentivo Jake spingermi verso il divano e aiutarmi a
sedermi.
Probabilmente pensava che non ne fossi in grado.
«Beh,
è tornata in albergo, ieri sera», rispose,
guardandomi con
espressione interrogativa. «Perché?».
Presi
fiato, stringendo la mano di Jake con tutta la forza
possibile. «Avrei bisogno di parlarle. Di parlare a tutti e
due», dissi
pianissimo, indicando Charlie col gesto di una mano. Il suo sguardo
dubbioso
passò da me a Jacob, mentre aggrottava le sopracciglia.
«Posso
chiamarla», propose Charlie, indicando la cucina, dove si
trovava il telefono.
Mi
alzai di scatto, rigida. «No, ci penso io»,
proferii, mentre mi
dirigevo a passo spedito in cucina. Avrei anche potuto chiamarla dal
cellulare,
dato che lo avevo dimenticato sul tavolino del salotto… Ma
se mio padre mi
avesse visto così in ansia si sarebbe insospettito. Sentii
la risata di Jake in
risposta alla domanda di Charlie: «Ma che le
prende?».
«Bah,
donne. Chi le capisce è bravo», udii esclamare
Jacob. Mi
parve di sentire anche il rumore di una pacca sulla spalla.
«Ha
combinato qualcosa?», chiese Charlie, ancora più
dubbioso.
Pregai che Jake non si tradisse dicendo qualcosa di avventato, facendo
venire
un infarto in tronco a mio padre. Rimasi immobile davanti al telefono,
in
attesa della risposta.
«Nah, niente di tragico. Credo
che te lo
dirà lei», rispose Jacob, sbottando in una risata
che non prometteva nulla di
buono per chi, come Charlie, non sapeva.
Grugnii,
furiosa. Me l’avrebbe pagata. Un giorno, me le avrebbe
pagate tutte.
Chiamai
Renée, cercando di non dilungarmi troppo, dicendole che
era importante. Voleva saperne di più al
telefonò, ma la convinsi e promise di
venire subito.
Approfittai
dei venti minuti che avrebbe impiegato mia madre per
arrivare per cambiarmi: l’ansia mi faceva sembrare
quell’abito scomodo e
stretto. Salii al piano di sopra, lasciando mio padre e Jake da soli in
salotto, sperando, di nuovo, che Jacob non dicesse qualcosa di troppo.
Mi
tolsi l’abito e lo stesi sul letto, rimanendo in biancheria;
poi aprii l’armadio e tirai fuori la tuta che di solito
indossavo per stare in
casa.
Mi
rintanai nel bagno, decisa a farmi una doccia veloce, giusto
per rinfrescarmi. Mentre tentavo di rilassarmi sotto il getto bollente
– il
braccialetto l’avevo lasciato sulla mensola del lavandino
– sentii bussare alla
porta, poi il rumore della maniglia che scattava.
«Bells,
sono venuto a controllare che stessi bene», mi
avvertì la
voce di Jake, dietro il vetro della cabina-doccia. Arrossi
improvvisamente,
sobbalzando.
«Cosa
diavolo dovrebbe succedermi qui, Jacob?», sbottai, acida.
Finii di sciacquarmi e afferrai l’asciugamano, avvolgendomelo
attorno al corpo.
«Pensavo
che un mostro fosse sbucato dalla cornetta della doccia e
ti avesse mangiato», rispose facendo spallucce, mentre uscivo
dalla cabina.
«Sono
dentro da cinque minuti», gli feci presente, guardando da
un’altra parte, mentre lui seguitava a fissarmi, malizioso.
Si avvicinò a me,
posando le mani sui miei fianchi, mentre tenevo il bordo
dell’asciugamano
stretto al petto, preda di un immotivato disagio.
Mi
baciò le spalle umide, mentre sentivo la sua lingua
asciugare
le gocce sulla mia pelle. Iniziava a fare troppo caldo, lì
dentro. Tra il
vapore della doccia e il corpo enorme di Jacob c’era da
morire…
«Perché
sei qui?», domandai, aggrappandomi alla sua maglia,
cercando di respirare.
Mi
guardò di sbieco, senza capire.
«Charlie»,
soffiai, socchiudendo gli occhi
quando sentii la sua mano sulla mia coscia e le dita che scorrevano
verso il
mio bacino, sollevando il bordo dell’asciugamano.
«T-Ti ha fatto salire?»,
balbettai, riferendomi allo strano fatto che mio padre avesse lasciato
che Jake
entrasse in bagno mentre mi facevo la doccia. Jake mi strinse un
po’ più a sé,
facendoci girare e spingendomi contro il bordo del lavandino. Le mie
mani si
insinuarono sotto la sua maglia, e avvertii una sottile patina di
sudore sulla
sua schiena, mentre il suo respiro iniziava ad accelerare, la sua bocca
bramosamente incollata alla mia.
Una
piccolissima parte di me notò che non mi aveva risposto, ma
mi
resi conto che non mi importava. Per raggiungere il livello di Jake,
fissai una
mano sul bordo del lavandino e mi feci forza per sedermi sopra di esso.
Jacob
mi aiutò, ma mi spinse indietro con troppa foga, facendomi
scontrare con lo
spigolo della mensola, mentre una mia mano stringeva i suoi capelli e
gli
circondavo i fianchi con le gambe.
Era
incredibile come ogni suo tocco mi facesse stringere lo
stomaco e avvertire come delle piccole scosse, sparse un po’
per tutto il corpo.
La
mia mano, quasi senza accorgermene, scivolò in basso, lungo
il
suo torace, arrivando a sbottonargli i jeans e ad abbassare la
cerniera. Un
ringhio eccitato gli uscì dalle labbra, premute contro il
mio collo.
E
così, con Charlie al piano di sotto e Renée
prossima all’arrivo
in casa Swan, provai ancora una volta la gioia di sentirmi unita a Jake
con corpo, anima e cuore.
Fu
breve, ma intenso da togliere il fiato, nel caldo infernale del
mio bagno.
Riuscimmo
per tempo a tornare due corpi separati, poco prima di
udire Charlie che ci chiamava di sotto. Rossa in viso, col cuore
galoppante e
il fiato corto, mi vestii in tutta fretta, sotto lo sguardo soddisfatto
ed
estasiato di Jacob. Mi chiesi con quale faccia stranita i miei mi
avrebbero
visto dare la notizia del matrimonio, e morii al pensiero di esibire
un’espressione da completa idiota. O, forse, da innamorata
persa, totalmente
andata e in preda a tempeste ormonali.
Scesi
le scale cercando di sostenermi al meglio sulle mie gambe
tremanti, la mano stretta a quella di Jake e il braccialetto al mio
polso
sinistro.
Scorsi
Renée non appena feci capolino in salotto, e quando
incontrò il mio sguardo mi regalò un gran
sorriso. Mi venne incontro.
«Buongiorno
tesoro!», disse abbracciandomi, poi si voltò verso
Jacob, che non aveva lasciato la mia mano. «Ciao, Jake. Vi
siete divertiti ieri
sera, ragazzi?», domandò mia madre, accarezzandomi
le guance.
Jacob
sorrise. «Sì, Renée. È stata
una bella serata», rispose,
lanciandomi uno sguardo malizioso che sperai Renée non
intercettasse.
«Già»,
ripetei, cercando di sorridere, poi mi scostai da lei.
«Mamma, ti devo dire una cosa importante. Ti prego, puoi
sederti vicino al
papà?», domandai, provando a controllare
l’ansia. Il respiro iniziava a
mancarmi, e sentivo il cuore agitarsi nel petto.
Renée
arricciò le labbra, lanciandomi uno sguardo preoccupato, che
non era diverso da quello di Charlie. «È successo
qualcosa, Bella?», mi chiese,
dirigendosi verso il divano.
Le
feci segno di sedersi accanto a Charlie, mentre io e Jacob prendevamo
posto sulla poltrona, io in braccio a lui.
Inspirai
ed espirai profondamente, stringendo forte la mano di
Jake, quasi stritolandogliela. Non sapevo da che parte iniziare e non
sapevo
nemmeno come iniziare, perciò cercai un po’ di
coraggio negli occhi di Jake. Il
suo viso era disteso in un’espressione calma e tranquilla,
che purtroppo non
riuscì a trasmettermi.
«Bells,
vuoi dirci che succede o no? Sembra qualcosa di grave»,
disse Charlie, dopo due minuti interminabili di silenzio. Lo sguardo di
Renée
faceva intendere che fosse d’accordo con lui.
«No,
papà, davvero, non è niente di grave!»,
mi affrettai a
rassicurarli, gesticolando frenetica con le mani.
«I-Io… semplicemente, non so
da che parte iniziare». Jacob mi scoccò
un’occhiataccia, come se si sentisse
escluso.
«Forza,
tesoro, non ti mangiamo mica», mi assicurò
Renée,
sorridendomi dolce.
«Ecco—».
«Ci
sposiamo».
Nell’istante
preciso in cui quelle parole riempirono l’aria, mi
voltai di scatto verso Jake, allibita.
Delicatezza
zero!,
gli gridai contro,
nella mia testa. Lui se ne stava tranquillo a guardarmi compiaciuto, e
quando
gli lanciai un’occhiata che avrebbe potuto avvelenarlo,
alzò gli occhi al
cielo.
Poi mi voltai verso i miei genitori, terrorizzata.
Il viso di Charlie tendeva pericolosamente a una tonalità
paonazza, e teneva
gli occhi spalancati, fissi su me e Jacob; Renée era
impallidita e non sapeva
dove guardare.
Aspettai
che si calmassero, e rimasi a fissarli, lo sguardo
implorante.
Dopo
un lasso di tempo che mi sembrò lunghissimo e interminabile,
Charlie buttò fuori l’aria che gli aveva riempito
le guance e riprese a
respirare, mentre Renée fece un piccolo sbuffo, storcendo le
labbra.
«Che
storia è questa?!», sbottò mio padre,
aggrottando le
sopracciglia. Non seppi che rispondere, ma ringraziai il cielo che il
suo cuore
avesse resistito al colpo e mi preparai alla sfuriata.
«Ci
siamo fidanzati, Charlie. Tutto qui», rispose Jacob,
spensierato, alzando le spalle. Charlie lo guardò, truce.
«Tutto
qui?! Figliolo, ti rendi conto…?». Mio padre non
si
preoccupò nemmeno di finire la domanda. «Insomma,
il matrimonio non è una cosa
da prendere così alla leggera, Jacob! È una
responsabilità enorme, non è un
gioco».
Nonostante
Charlie gli stesse letteralmente urlando contro, Jake
non smise di sorridere nemmeno per un secondo, mentre io e mia madre
guardavamo
Charlie, preoccupate.
«Lo
so, Charlie, lo so. Ma io sono pronto ad assumermela. E anche
Bella lo è», replicò Jake, serio.
Charlie
strabuzzò gli occhi, fissandoli su di me e talvolta su
Jacob. «Sei minorenne, porca miseria, e Bella si è
diplomata ieri!». Bingo.
Come da copione, mio padre aveva detto tutto quello che mi ero
aspettata.
«Renée, di’ qualcosa a questi
due!».
Mia
madre ci guardò, incerta. «Sinceramente, non credo
che sia una
buona idea… Secondo me è troppo presto.
– Si rivolse a me con lo sguardo –
Bella, amore, sai come la penso al riguardo… Il matrimonio
non è facile come
fanno vedere in televisione, spesso finisce male, soprattutto se ci si
sposa
così giovani». Scambiò
un’occhiata malinconica con Charlie. «Insomma, come
fate
a sapere che non vorrete stare con nessun altro? Le cose
cambiano».
«Ma
il mio amore per Bella no», disse Jacob, sorridendo sicuro.
Lo
guardai, lo stomaco pieno di farfalle. Che dolce…
«Renée,
Charlie… Io amo vostra figlia con tutto il cuore, e non
riesco a immaginare un futuro senza di lei. Capisco che possa risultare
come
qualcosa di azzardato, detto da un ragazzino, ma fidatevi di Bella,
almeno. Lei
sa cosa provo», concluse, e mi guardò, come a
incitarmi di continuare il
discorso.
«Non
voglio stare con nessun altro», dissi in un sussurro flebile,
legando il mio sguardo a quello di Jacob. Tentai di riprendermi, e mi
rivolsi
ai miei genitori, cercando di tenere un discorso serio e convincente.
«Mamma,
papà, io amo davvero Jacob, e ho già deciso che
voglio
passare il resto della mia vita con lui. Per ora ci siamo solo promessi di sposarci, ma abbiamo deciso
che ci andremo con calma, e non faremo nulla di affrettato»,
promisi, e alle
mie parole parvero tranquillizzarsi. Sembravano molto sollevati.
Guardai Jake,
lanciandogli uno sguardo complice.
«Proprio
così», continuò sorridendo, e parve
animarsi. «Bella
andrà all’università, mentre io
finirò la scuola, poi mi cercherò un lavoro, e
quando ci saremo sistemati ci sposeremo. Ma prima, come di consueto, mi
piacerebbe avere il vostro consenso».
Lo sguardo di Jacob si fece intenso, vero. «Charlie,
Renée, mi date il permesso
di sposare, un giorno, vostra figlia?».
Trattenni il respiro, concentrandomi sull’espressione seria e
decisa di Jake.
Con la coda dell’occhio, vidi la lunga occhiata che si
scambiarono Charlie e
Renée, che poi spostarono i loro occhi su di noi.
«Avrete
la nostra benedizione… ad una condizione», disse
Charlie,
smorzando l’ euforia mia e di Jake che aveva accompagnato
l’inizio del suo
avvertimento.
Mi
sembrò quasi che mia madre ridesse, ma probabilmente
l’avevo
immaginato. Deglutii.
«Quale?».
«Avrete
la nostra benedizione a patto che non facciate follie del
tipo, che so, scappare un week end in Messico e tornare
sposati», disse Renée,
sorridendoci. «Vorremmo che ci coinvolgeste».
Sentii
il mio cuore leggero come una piuma, scoppiando di
felicità, e il bracciale non stringeva più
così tanto. Mi alzai e mi lanciai
contro i miei genitori, abbracciandoli sul divano.
«Promesso!»,
dicemmo io e Jake in coro, scambiandoci uno sguardo
pieno di gioia. Charlie si alzò e strinse la mano al mio
ragazzo – non volevo
usare ancora la parola “fidanzato”
-,
dandogli una pacca sulla spalla, mentre mia madre continuava ad
abbracciarmi.
«Mi
raccomando figliolo, prenditi cura della mia bambina,
altrimenti…», lo minacciò bonario,
scherzando, ma avvertii una nota di serietà
nella sua voce.
«Sissignore»,
promise Jacob mostrando di stare al gioco, ma anche
nella sua voce notai quell’inflessione di chi sta parlando
seriamente.
«Billy
che ne dice?», chiese poi mio padre, guardando Jacob
dubbioso, ma lui gli rispose con un gran sorriso.
«Billy
è felicissimo. Ha fatto meno storie di voi»,
rispose,
scoppiando a ridere, e io lo incenerii con lo sguardo. Mio padre lo
guardò
male, giusto il tempo che Jacob impiegò per rendersi conto
di aver detto
troppo. Guardo Charlie come a volersi scusare, ma il mio vecchio
scoppiò a
ridere.
«Non
preoccuparti, Jake, hai ragione. Ammettilo, che Billy si è
messo a ballare», esclamò Charlie, dando
un’altra pacca sulla spalla di Jacob.
«C’è
mancato poco», disse Jacob ridendo, e si avvicinò
a me,
circondandomi i fianchi con un braccio, con fare protettivo. Posai la
fronte
contro il suo petto, estasiata, e mi strinsi a lui.
Jake
si abbassò, avvicinando le labbra al mio orecchio.
«Ti
amo», disse, la voce emozionata.
Alzai
lo sguardo verso il suo, immergendomi nel nero dei suoi
occhi.
«Anche
io», dissi, e lo baciai, incurante del fatto che
Renée e
Charlie ci stavano guardando, commossi, quasi soddisfatti.
Jacob
ci aveva preso, ancora una volta: i miei genitori erano
stati felici per noi e, dopo un inizio un po’ travagliato, ci
avevano dato la
loro benedizione, condividendo con noi la gioia di una nostra futura,
eterna
unione.
In
quel momento assolutamente perfetto, pensai che non si sarebbe
potuti essere più felici di come lo eravamo io e Jacob, che
ci stavamo per
affacciare alla nostra lunga e gioiosa vita insieme.
Come futuri Mister e Miss Black.
Angolo
autrice.
Okay,
perdonate l’immane ritardo di quasi due settimane, ma sto
capitolo è stato un parto! Davvero, non avevo la minima idea
di come far
reagire Charlie e Renée nel modo più IC
possibile… Spero di aver centrato ciò
che mi ero prefissata :]
Insomma, Charlie ride, ma perché Jake ha fatto una battuta e
perché è
relativamente contento, non come in Breaking Dawn che sbraita come un
dannato
°_° Mi ha veramente spaventato X°D
Beh,
che dire, la fine si fa sempre più vicina… Uuuh, a proposito, fate gli
auguri a questa storia, che il
tre febbraio ha compiuto un anno *_* Deeh,
e io l’ho
abbandonata proprio per il suo compleanno çwç
Ho
un regalino, comunque, sia per voi amate lettrici che per la
mia storiella **
Il
nuovo trailer [rimasterizzato e migliorato **] di Eyes On Fire
:3
Spero
vi piaccia <3
http://www.youtube.com/watch?v=kvPBepW-lHo
RAGAZZEEEEE!
Stavo quasi per scordarmi! Hanno inserito Eyes On
Fire tra le storie scelte! Quando mi è arrivata la mail non
ci potevo credereeeeeee
*____*
*stappa
champagne e fa il trenino*
Questo
traguardo è tutto per voi! Perché sono stati i
vostri
commenti e la vostra vicinanza a farmi continuare ed arrivare dove
sono… Perciò
GRAZIE DI CUORE, VI ADORO! <3
Babbè,
stop al televoto! Cioè, stop agli scleri v.v
Passiamo
ai ringraziamenti e robbe
varie,
ja!
•
Un grazie immenzo alle
75 persone che
hanno inserito questa storia tra i preferiti e i 58 alle seguite :D e
anche ai
3835 che l’hanno letta **
•
Grazie di cuore alle dodici giuoie
che
hanno recensito lo scorso capitolo! ** Non avevo mai ricevuto
così tante
recensioni in un capitolo solo *ç* Waaa ci piaaaace! <3
__cory__:
Sì, Jacob è adorabile! Assieme a Bella ancora di
più ^w^ Grazie per la
recensione <3
Lea__91:
Non è proprio un seguito di Eyes On Fire… Per
dire, non è che racconto
la loro vita (magari coi loro bambini) dopo questa storia. La loro vita
finisce
quando finisce questo racconto. Il sequel è più
che altro un riavvolgimento,
dove in un certo punto della storia tutto cambia, portando Jake e Bella
a un
destino diversissimo. Spero che apprezzerai ^^
Però
non preoccuparti: i guai per Jake e
Bells in questa storia sono ufficialmente finiti :] Ora mi
limiterò solo a
raccontare avvenimenti importanti nella loro relazione…
Sarà tutto molto
pacifico, quasi noioso XD
Sei
sempre troppo carina, mi fai sempre
sorridere come un’ebete >< Un bacione tesoro!
<3
MihaChan:
Giààà
i nostri piccioncini si sposeranno ** E
rimarranno insieme per sempre, senza stupide imprintingate
a rovinare tutto quanto >< Grazie mille per la
recensione! Spero che
questo capitolo ti sia piaciuto… Tutto sommato sono stati
bravi Charlie e
Renée, no? ;) Un bacio!
Sei_Nel_Anima
2oo9:
Beh, cara, a me sembri tanto del Team Switzerland
;) Condivido quando dici che Edward è noioso (BOOORiNG!
<.<), ma non so come dissipare i tuoi dubbi su chi
preferire tra Edward e
Jacob, perché è un “cruccio”
che non ho mai avuto, essendo Team Jacob da una
vita XD Possono piacerti tutti e due, Svizzerina
cara! XD Una cosa in comune ce l’hanno: zerbini di Bella!
Ancora una volta ti
do ragione v.v Hahah, grazie per la
recensione XD Spero che ti sia
piaciuto il capitolo ;) Un bacione <3
Rein94:
Ecco, lo sapevo che ti avrei deluso! Mi dispiace, ma non avrei davvero
saputo come far avvenire la catastrofe e poi risolverla
ç_ç Spero che comunque
sia riuscita a perdonarmi e a comprendermi… Ci conto :D Bwhahaha
XD
Grazie di cuore <3 Kisssssxxx
_Starlight_:
Io penso che alla tonnotta,
cioè CARPA (le
abitudini sono davvero dure a morire XD) Jake abbia fatto una purga cervellare mentre essa
dormiva… altrimenti, come cavolo
sarebbe riuscita a cogliere in modo così preciso la sua VERA
essenza??? *___*
Ancora una volta, SANTO JACOB! <3
"E
così il lupo
propose alla stolta capra carpata
di averla in
moglie. La favola insegna che le ragazze stupide hanno un culone
della madonna ^^ (Esopo)" Cioè,
io ti amooo *_* Mia
piccola erede di Esopo! Daiii,
sei troppo geniale X°°° DOVRESTI VERGOGNARTI DA
QUANTO SEI GENIALE, tu, altroché io! Che scrivo solo quattro
cazzate in croce
non facendo altro che annoiare tutti con le pare mentali di Padella
Swan
<.<
Ti
amo, davvero <3
Grazie di cuore per tutto :3 Un bacionèèèèèèFva<3
Ps:
Spero che tu abbia apprezzato la scena di sesso selvaggio nel
bagno *_* POTEVE AL POVNOOOOOO! \m/
HopeToSave:
Sai già cos’ho pensato della tua (apprezzatissima)
critica :] Per il fatto di Edward OOC non so davvero come rimediare XD
ma alle
ripetizioni e agli errori provvederò presto. Tremateeeeeee!
*rivolta alle dimenticanze e errori di distrazione*.
Grazie. Davvero, non so che altro dirti. Adoro le recensioni
così lunghe piene
di impressioni e pareri articolati, anche se non so mai come rispondere
XD
Spero che me ne scriverai un’altra :D Se hai tempo ovvio ^^
Non
ti insulto per il tuo parere sulla
saga, anzi, mi trovi d’accordo ;D Salvo solo Jacob in quei
quattro libri pieni
di cazzata EdwardBellosi
=.= Sì, è una stronzata.
Un
bacione! <3
Piccolo
Fiore del
Deserto:
Per colpa di questa
commercializzazione del cavolo ho passato davvero un brutto periodo con
questa
storia: vedevo Twilight
dappertutto e cominciava a
stancarmi, mandando pure la mia ispirazione a farsi friggere =.=
Anche
io non sono una di quelle bimbeminkia
che si dichiara fan della saga solo perché è
piena di bonazzi
e perché c’è Robberto Pappinson, perciò
sono contenta
di avere una fan di vecchia data come te **
Sono
contentissima che questa storia ti piaccia! *__* Davvero, non
sopportavo di vedere Jacob soffrire così, povero amore T_T
Ho voluto scrivere
una storia in cui riuscisse a riscattarsi, e sono felice che tu
l’abbia
apprezzata :]
Spero
che il capitolo sia stato di tuo gradimento, e rinnovo:
grazie di cuore! <3 Un bacione :3
Faffina:
Waaa mi hai
scritto troppe lodi, non mi fanno bene XD Di solito sono una che si
imbarazza e
non sa come rispondere quando le vengono fatti tutti questi
complimenti, ma
ammetto che mi ha fatto spaventosamente piacere leggere di essere
migliorata
dall’inizio °_° Ti giuro che a volte leggo i
capitoli vecchi e mi vorrei
sparare XD Non mi piacciono >< e mi sento in colpa per
aver sottoposto i
lettori a torture simili XD
Sei
troppo carina e gentileee
** Cara, se ti avessi qui ti abbraccerei! Scusa se ci ho messo
così tanto ad
aggiornare (mettendo a dura prova la tua pazienza… PERDONO!
^^’’)… spero saprai
scusarmi e che il capitolo ti piaccia J
Ancora grazie di cuore *stritola* Un bacione! <3
marpy:
Quando ho letto il tuo parere su Jacob eroe mi si sono illuminati gli
occhi, e poi taaaaaanti
viaggi mentali ** Ora che ci
penso… sono commossa! Daiii
ma quanto è stato dolce e
innamorato Jake?? Ç_çAmoreee!
:°)
Vedi, voi lettori siete eccezionali… mostrate a chi scrive
particolare che
durante la stesura non vengono nemmeno in mente! E ti ringrazio di
cuore per
questo <3 E per avermi seguito dall’inizio…
Marpiuccia cara :3
Grazie
mille, per tutto <3 Un bacio
:*
MissClouds___:
Amo troppo Bella & Jacob insieme per tenerli separati çwç
Soprattutto, se ci inserissi un’altra ragazza la
odierei troppo, almeno quanto la odiereste voi X°D
Comunque
sono contenta che apprezzi lo
stesso la storia *_* Mwahahaha
quando si tratta di
soffrire Bella però sono ben disposta anche io! XD
Spero ti sia piaciuto il capitolo ^^ Un bacione <3
Kekkaxxx:
No, cioè, davvero… quante cose assurde ha scritto
la Meyer in BD?
°_° Sul serio, mi ha lasciata senza parole, e
non in maniera positiva. L’imprinting
è… disgustoso .-.
Mi piace la trasformazione di Bella, ma poi penso che si dia troppa
merda, che
se la tiri… E la battaglia?? O_O
Okay, no comment che
è meglio =.=
JAKEEEE
<3 Mìamorrrrr *sclera*
Ehm,
okay <.<
Grazie
cara, mi hai fatto arrossire XD
Troppo carina, davvero *ç* Spero che ti sia piaciuto anche
questo capitolo… din
don dan *campane
nuziali*
Bwahaha
XD Un bacione :*
Oddio… sono stremata XD Rispondere alle recensioni
è stancante =ç=
*collassa sulla scrivania*
Tolgo il disturbo e vado a stravaccarmi sul divano (niente compiti per
domani…
laboratori di attività durante la mattinata per cinque
giorni *ç* Laboratorio
di Cucina, aspettami! **).
Bye!
^ç^
Xoxo
Bea
:3
*Messaggio
Paranormale altrimenti detto
Subliminale* LEGGETE
SHiVER Di MEGGiESTiEFVATER.
E’ UN ORDiNE.
FATELO!!
Questo
è
per te, Fva.
Lo so che è un modo schifoso per ringraziarti di tutto
e per dirti che ti voglio bene… ma spero mi perdonerai.
Ah, sei un asso nei calcoli di matematica. Ti adovo <3
«Sarah
e Marie Black, è pronta la colazione. Se non scendete entro
tre secondi vi vengo a prendere e vi trascino giù di
peso!», strillai, ai piedi
delle scale, rivolta al piano di sopra. Tornai in cucina borbottando.
Una
risata giunse alle mie orecchie, e mi voltai in direzione del tavolo,
incenerendo mio marito con lo sguardo.
«Amore,
sai benissimo che non ne saresti capace», mi derise Jacob,
facendo emergere il volto dal giornale che stava leggendo. Emisi un
verso
stizzito, smuovendo l’aria con una mano sotto i miei capelli
corti.
«Fai
poco il fenomeno. Ormai non sei più tanto forte nemmeno
tu»,
ribattei, alludendo a un fatto ben preciso.
«Non
sarò più un licantropo Bells, ma un po’
di forza mi è
rimasta. E, sicuramente, è ancora superiore alla tua, viso
pallido del mio
cuore». Feci una smorfia, versandogli il caffè
nella tazza.
Lui
mi ringraziò lanciandomi un bacio, e nella fretta di berlo
ne
versò alcune gocce sul tavolo.
«Due
anni in meno perché sei il solito pasticcione»,
esclamai,
additandolo con un ghigno.
Lui
alzò gli occhi al cielo, poi mi guardò con
tenerezza. Gonfiai
le guance, imbarazzata, mentre afferravo lo strofinaccio per pulire il
tavolo.
«Sei
davvero assurdo, Jacob. Perché ad ogni anniversario diventi
così… docile?», gli domandai, esibendo
un mezzo sorriso e sedendomi accanto a
lui per bere il mio caffè.
«Bells,
ti do il tormento trecentosessantaquattro giorni
l’anno…
per oggi posso anche fare il maritino perfetto», disse,
accarezzandomi una
guancia. Voltai la testa e gli baciai la mano, stringendola poi nella
mia.
«Sono
quasi vent’ anni che ti sopporto, Jake… ormai ci
sono
abituata. Così tanto che se fai il cucciolo quando mi
arrabbio non c’è gusto.
Ci rimango quasi male», dissi, ridendo. Posò una
mano sulla mia guancia,
attirando il mio viso verso il suo.
«Quindici
anni che siamo sposati», sussurrò a pochi
centimetri
dalle mie labbra. «Auguri, signora Black».
Chiusi
gli occhi. «Auguri, signor Black», mormorai, prima
che le
nostre labbra si unissero. Lo stomaco mi si strinse, come ogni volta.
Passai il
palmo sulla sua barba corta e ispida, ed emisi un lamento basso quando
mi punse
una guancia. Lo sentii ridacchiare, mentre mi costringeva ad alzarmi in
piedi,
per stringermi a sé.
«Mamma,
papà, la volete piantare con queste smancerie?!».
La
voce disgustata di Marie interruppe quella piccola magia, e ci
costrinse a ritornare coi piedi per terra.
«Sei
gelosa della tua mamma, piccola?», domandò Jacob,
avanzando a
grandi falcate verso nostra figlia e prendendola in braccio senza
problemi. Le
schioccò un bacio sulla guancia. «Vuoi il tuo
papà tutto per te?».
La
bambina gonfiò le guance, sfregando la mano sul punto in cui
Jake l’aveva baciata. «Non sono piccola!».
Jacob
rise, arruffandole i capelli. «No, hai ragione. A otto anni
sei già una donnina!»,
l’accontentò sghignazzando, poi la mise
giù.
L’abbracciai, dandole un bacio sulla fronte.
«Su,
Marie, siediti che è pronta la colazione.
Dov’è tua
sorella?».
La
bambina afferrò la forchetta e infilzò una
frittella, iniziando
a mangiare senza troppe cerimonie. «Non trofafa il fideogioco
che le ha
prestato Kiowa», disse a bocca piena, alludendo al figlio di
Sam ed Emily,
grande amico di Sarah.
«Così
farà tardi a scuola», mi lamentai, scuotendo la
testa e
sedendomi a tavola. «Devo anche passare da Charlie per
riportargli la camicia
che gli ho rammendato, prima di andare al liceo».
«Se
vuoi la porto io Sarah, a scuola, tanto oggi ho chiuso
l’officina», si offrì Jake. Lo faceva
ogni anno, per il nostro anniversario,
nel caso avessi avuto giornata libera da scuola – infatti ero
professoressa di
lettere al liceo di Forks –, cosa che, purtroppo,
quell’anno non era avvenuto.
Ma, fortunatamente, quella mattina avevo soltanto quattro ore.
«Penso
che le farà piacere», dissi a Jacob, sorridendo.
«Soprattutto se la porti in moto… ieri si
è lamentata perché dice che è da
tanto che non le fai fare un giro».
Era incredibile quanto Sarah, nonostante fosse –
all’apparenza – una normale
ragazzina di quindici anni, somigliasse a suo padre: la passione per le
moto
era il tratto che condividevano per la maggiore. Inoltre amava portare
i
capelli corti, giocare ai videogiochi e fare surf. Tra le sue amiche
aveva la
fama di “maschiaccio”… e ne sembrava
piuttosto fiera.
«Sì,
papà, se non mi porti a scuola in moto ti terrò
il muso a
vita», esclamò Sarah, facendo capolino in cucina.
Si avvicinò a Jacob e gli
tirò una guancia, prima di sedersi accanto a Marie e
versarsi del latte nella
tazza.
«Ehi,
ragazzina, minaccia poco! È già tanto se domenica
ti lascio
andare a Port Angeles con le tue amichette, dopo quel votaccio che hai
preso in
chimica», la riprese Jacob, aggrottando le sopracciglia.
Sarah alzò gli occhi
al cielo.
«Neanche
tu eri una cima, Jake», lo punzecchiai, sorseggiando il
mio caffè con aria furba.
Mio
marito spalancò gli occhi, esibendo un’espressione
indignata.
«Non
dovresti contraddirmi davanti a nostra figlia, Isabella! Che ne
è della mia autorità, poi?», si
lamentò in maniera teatrale, incrociando le
braccia al petto, mentre io ridevo per come mi aveva chiamata. Vedevo
la fatica
di Sarah nel contenersi dal ridere, perché sapevamo entrambe
che, sotto certi
aspetti, Jacob era più bambino di lei.
La
colazione proseguì serena fin quando non fu il momento di
separarsi. Uscii di casa assieme a Marie per portarla a scuola, poi
passai da
Charlie che, come al solito, mi chiese come stavano le sue adorate
nipotine. Le
mie figlie lo adoravano.
Infine, arrivai a scuola. Mi veniva da ridere quando ripensavo ai primi
tempi
in cui mi ero ritrovata al liceo di Forks non più come
studentessa ma come
insegnante. E la sorpresa quando ritrovavo i figli dei miei vecchi
compagni di
scuola. Amavo il mio lavoro anche per quello, sebbene – me lo
dicevano in
molti, i primi tempi – quella di insegnante non potesse
considerarsi una
professione adatta a me, timida com’ero. Eppure ero riuscita
a cavarmela.
Uscii
da scuola e tornai a casa in tutta fretta, e mi sentii una
ragazzina, col cuore che pulsava e le guance che si infiammavano
all’idea di
restare da sola con Jacob, di avere una giornata tutta per noi.
Risi
tra me, provando a darmi un contegno, mentre guidavo a bordo
della mia Mini. Purtroppo, il pick-up aveva cessato di vivere pochi
anni
indietro, e, con la morte nel cuore, avevo dovuto necessariamente
cambiare
macchina, perché davvero non c’era più
nulla da fare. Invece, la Golf di Jacob
aveva retto benissimo allo scorrere del tempo.
Parcheggiai
davanti alla nostra casetta a La Push ed entrai.
«Jake?
Ci
sei?», domandai, posando a terra la tracolla e appendendo la
giacca. Un
secondo, e qualcosa di caldo mi avvolse.
«Sì», sussurrò, vicino al mio
orecchio. Gli circondai il collo con le braccia,
mettendomi in punta di piedi per affondare il volto contro la sua
spalla. Si
allontanò un poco da me, per riuscire a baciarmi con
trasporto.
«C-Che
programmi abbiamo per oggi?», sussurrai, a poca distanza
dalle sue labbra, dopo
un tempo infinito.
«Giornata nella nostra casetta e tramonto a First Beach? Come
sempre», propose,
sfiorando il suo naso col mio.
«Come
sempre», asserii, baciandolo di nuovo. «Ho chiesto
a Charlie se pensava lui
alle bambine, oggi…».
«Perfetto»,
mormorò, infilando una mano sotto la mia camicia. Iniziai a
retrocedere verso
la porta di ingresso, per uscire di casa. Avremmo usato la mia
macchina, visto
che le mani di Jacob sembravano essere troppo impegnate per prendere le
chiavi
della sua.
«Fai
il
bravo», dissi ridacchiando, quando fummo fuori casa, vicino
alla mia auto.
Scostò le labbra dal mio collo, sfilandomi le chiavi di mano
e lanciandomi uno
sguardo eloquente che mi fece avvampare.
Impiegammo poco a raggiungere la nostra casetta sulla scogliera. Ci
avevamo
abitato i primi sette anni di matrimonio, assieme a Sarah, ma poi
avevamo
dovuto trasferirci con l’arrivo di Marie. In quattro era
decisamente troppo
stretta, però ci piaceva tornarci, ogni tanto, soprattutto
in situazioni come
quella, quando volevamo stare un po’ da soli.
Fu
una giornata meravigliosa, come tutte le volte, e mi ricordava
i primi tempi quando, da giovani, andavamo per sfogare il nostro amore,
lontano
dalle orecchie indiscrete di Charlie.
Adoravamo le nostre figlie con tutto il cuore, ma un giorno
all’anno ci piaceva
prenderci una giornata tutta per noi… e, sinceramente, non
credevo che sarei
mai riuscita a fare a meno di quel tempo passato insieme, da soli, dove
Jacob
sfogava la sua passione e il suo amore senza alcun riserbo. E lo stesso
facevo
io.
Quando
fu quasi l’ora del tramonto, presi una coperta e richiusi
di nuovo la casetta a chiave, senza celare un sospiro. Jacob mi
guardò
ridacchiando, e mi prese la mano. «Andiamo?»,
mi
chiese, sorridendomi.
Lo
guardai negli occhi. «Sì».
First
Beach non era molto distante dal cottage, perciò ci
impiegammo poco ad
arrivare. E il cuore mi si riempì di gioia quando avvistai
il nostro tronco,
che non si era mai mosso da lì. Era ancora più
bello illuminato dalle sfumature
arancioni e rossastre del tramonto di aprile.
C’era sempre il sole in quella data, il quindici aprile,
tutti gli anni.
Stendemmo la nostra coperta vicino al tronco, e Jacob vi
posò la schiena
contro, prendendomi poi tra le sue braccia. Rimanemmo in silenzio,
ascoltando
in pace lo sciabordio delle onde color oro. Era un’abitudine
che non avevamo
perso: vicini col corpo, lontani con la mente.
Mentre sentivo il respiro caldo di Jake al mio orecchio, esplorai
l’orizzonte
con gli occhi, facendo scorrere i pensieri.
La mia
era una vita felice: ero circondata da persone che amavo e che mi
amavano;
Jacob e le mie figlie erano il fulcro della mia esistenza, ed ogni
singolo
giorno passato con loro mi faceva sentire completa. I ragazzi di La
Push
arricchivano il nostro quadretto familiare, assieme a Charlie, a Billy
e a Sue.
Era come se facessimo parte di un’unica grande famiglia.
C’erano anche i momenti difficili o dolorosi, ma il legame
che ci univa ci
portava sempre un passo più avanti, dandoci modo di superare
il destino
avverso.
A volte
provavo a immaginare come sarebbe stato far parte di un’altra
famiglia, quella
dei Cullen. Non era un pensiero che mi recava dolore o rimorso,
perché non
avevo nessun rimpianto, ma non potevo fare a meno di pensarci, con un
sorriso,
però. Una sera mi ero ritrovata persino a parlarne
apertamente con Jacob.
Aveva detto che, in quel momento, probabilmente sarei stata un pezzo di
ghiaccio tra braccia altrettanto ghiacciate, reduce
dell’ennesimo
trasferimento, senza marmocchi rompiscatole che giravano per casa.
Quell’immagine, confrontata con la mia vita frenetica e
movimentata, mi sembrò
triste e monotona. Quando espressi questo pensiero, Jacob
scoppiò a ridere,
mentre io mi beavo del calore delle sue braccia forti strette attorno
il mio
corpo, e mi rendevo conto di una cosa che, prima di allora, non ero
riuscita a
cogliere.
Sentivo
lo scorrere del tempo e ciò mi cambiava: i miei trentotto
anni ne erano una
prova.
Eppure, quando guardavo Jacob mi sembrava sempre di essere rimasta
ferma ai
diciotto anni.
Forse
perché qualche volta ci concedevamo ancora di comportarci da
“irresponsabili”,
consumando qualche chilometro con la moto di Jake – la mia mi
aveva abbandonato
pochi anni prima; forse perché nello stare insieme non
eravamo cambiati,
“beccandoci” e scherzando come due ragazzini.
O, molto semplicemente, era l’amore che mi legava a Jacob a
farmi sentire più
giovane: ogni suo tocco, la sua voce,suoi baci, i suoi sorrisi... le emozioni che scatenavano
in me avevano
un’intensità tale che mi sembrava sempre di
provarle per la prima volta. E il
sentimento che provavo nei suoi confronti non si era affatto
affievolito con lo
scorrere del tempo, anzi, cresceva inarrestabile, giorno dopo giorno.
Non ero bellissima, indistruttibile, speciale; non avevo nessun dono
particolare e, soprattutto, non ero eterna.
Ma
nonostante sapessi che il tempo di vivere quella vita che ogni giorno
mi
regalava emozioni e soddisfazioni sempre nuove prima o poi sarebbe
scaduto –
speravo sempre il più tardi possibile – non
riuscivo ad essere triste o a
rimpiangere la scelta che avevo fatto.
Sapevo
che Sarah e Marie avrebbero sicuramente ereditato
l’opportunità di vivere per sempre, se
è vero che buon sangue non mente. Ed ero
felice che fosse così, anche se l’idea di non
poter restare loro accanto e
amarle per tutto quel tempo rendeva triste sia me che Jacob.
Ma, nonostante tutto, ci consolava l’assoluta certezza che,
qualunque cosa ci
aspettasse alla fine delle nostre vite, ci avrebbe trovati insieme.
«Jake»,
lo chiamai, alzando il viso verso il suo.
«Sì?»,
rispose, sorridendomi dolcemente.
«Ti
amo».
«Anche
io
ti amo, Bells».
Rimanemmo
in silenzio qualche secondo, entrambi gli occhi fissi
all’orizzonte rosso
fuoco.
«Per
sempre», sussurrammo insieme, legando nuovamente i nostri
sguardi.
Per sempre,
Jacob e
Bella.
–The End
–
Angolo
autrice.
Io non so davvero cosa ci faccio qui. E’ vero che
c’erano altri capitoli prima
della fine, ma la mancanza di tempo e ispirazione mi hanno portato a
pubblicare
l’epilogo. Fatico a crederci, sinceramente…
Non so
nemmeno che parole usare, veramente .-. è…
difficile?
Volevo
solo dirvi che so che non è un granché come
epilogo… ma penso che non mi
sarebbe uscito niente di meglio. E’ una semplice occhiata
alla vita di Jacob e
Bella, come adulti sposati e genitori. Spero vi concentrerete
soprattutto sulle
ultime righe, perché in teoria sono il nocciolo della storia
:) Bella è vecchia, ma
l’amore di Jacob
la rende “ciovane” per i motivi indicati sopra XD
Eh… beh, niente. Ho già scritto da qualche parte
che, più avanti, pubblicherò i
missing moments di questa storia, ma i contenuti per ora sono segreti,
muahahah!
E’
giunto
il momento dei ringraziamenti finali… Vi ringrazio tutti,
uno ad uno, di cuore,
per avermi seguito e avermi tenuto compagnia per più di un
anno. Quando sono
partita non sapevo che sarei arrivata fin qui, e sono grata a questa
storia per
avermi fatto conoscere delle persone davvero stupende <3 GRAZIE DI CUORE A TUTTI!
Alle 77
persone che hanno inserito questa storia alle preferite, le 3 che
l’hanno
ricordata e le 61 che la seguono <3 Inoltre un grazie immenso
alle 12
persone che mi hanno messo tra gli autori preferiti.
Grazie a Rein94,Kekkaxxx,
kandy_angel,
Faffina,
_Starlight_,
Lea__91,
Saorio,
HopeToSave,
MizzRini96_13,lalli85,
marpyemissrikottinache
hanno recensito lo scorso capitolo, riempendomi come sempre di lodi
che non merito affatto.
Mi
sa che ora è davvero finita… o forse
no. C’è sempre Eternal Moonglow, no? ;D
Ci si becca là, tesole! Spero di poterlo postare il
più presto possibile, sperom…
A presto, allora :)