I figli del re

di Ramiza
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** La porta nel giardino ***
Capitolo 3: *** Lungo la strada ***
Capitolo 4: *** Il mercante e la guardia più un breve estratto dalle Cronache di Cielo, Terra e Mare ***
Capitolo 5: *** L'assassino dagli occhi pieni d'amore ***
Capitolo 6: *** Cavalcando verso Essembra ***
Capitolo 7: *** L'oste, la città e il sogno ***
Capitolo 8: *** Nel nome della Giustizia ***
Capitolo 9: *** Il Consiglio della discordia ***
Capitolo 10: *** Una musica misteriosa ***
Capitolo 11: *** La magia che osserva e la magia che guarisce ***
Capitolo 12: *** La mano e la spada ***
Capitolo 13: *** L'ombra della guerra ***
Capitolo 14: *** Travestimenti e follia ***
Capitolo 15: *** Clangore metallico all'ingresso del tempio ***
Capitolo 16: *** Rivelazioni ***
Capitolo 17: *** L'uomo del destino, più un estratto dalle Cronache di Cielo, Terra e Mare ***
Capitolo 18: *** L'avventuriero d'altri mondi ***
Capitolo 19: *** La quiete che annuncia la tempesta, più un estratto dalle Cronache di Cielo, Terra e Mare ***
Capitolo 20: *** Fuori dalle mura ***
Capitolo 21: *** L'incubo di Isotta ***
Capitolo 22: *** Gli enigmi di Hilbert ***
Capitolo 23: *** Una creatura dai tempi antichi ***
Capitolo 24: *** L'Ombra, l'Infero e l'Aracnide ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


- Prologo -


Mi chiamo Isotta Greenwood, ho 19 anni e troppa fantasia.

Il mondo mi è sempre stato addosso come un vestito troppo stretto.

Avete mai provato questa spiacevole sensazione?

Vi siete mai sentiti dentro a un fiume in piena, in procinto di straripare, ma senza alcuno sbocco?

Se non l'avete mai provato allora non potete capirmi.

Se invece qualche volta avete provato quella che è la condizione costante delle mia esistenza, da che io ricordi, allora forse la mia storia potrà interessarvi.

È una storia lunga e piena di stranezze.

Ci sono draghi, magie e combattimenti.

Qualche volta mi chiedo ancora se l'ho vissuta davvero, o se non sia piuttosto trattato di un sogno, simile a quelli che facevo da bambina e che poi, con il passare del tempo e dell'età, mi hanno lasciato.

Me lo chiedo e tuttavia le mie mani, la mia pelle riarsa al sole e l'esperienza che ho accumulato addosso, mi rispondono inequivocabilmente che non è così.

Come possa essere, non lo so.

Eppure è così e io sono qui a raccontare la mia storia.

Mi chiamo Silen Esiscoll, ho 19 anni e sono una guerriera.

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Capitolo 2
*** La porta nel giardino ***


1. La porta nel giardino


Era il 21 giugno di un'estate calda e afosa.

Avevo addosso l'insofferenza usuale e una strana stanchezza, dovuta probabilmente a quella calotta di umidità che ci pesava addosso.

Avevo rifiutato un invito a uscire, programmando di trascorrere l'intera giornata tra il giardino e la piscina, intervallando la lettura a qualche bagno.

Il telefono, però, continuava a squillare.

Era Kyle che voleva chiarire la discussione della sera prima, ma dal momento che parlare con lui mi avrebbe innervosito ulteriormente rifiutavo di rispondergli.

Lo avrei visto quella sera alla festa di Piper, probabilmente l'evento estivo più significativo di Bringhstaldale.

Kyle era il mio ragazzo, o, almeno, si considerava tale. Da parte mia, provavo per lui un certo interesse e non avevo sentito il bisogno di chiarirgli ulteriormente la mia posizione; in ogni caso, come mi era consueto, tendevo a fare semplicemente quello di cui avevo voglia, a seconda del momento (chi mi conosceva mi definiva lunatica e un po' viziata, determinata, sicura di me e piena di carisma).


Sollevai lo sguardo dal libro quando intravidi una luce argentata provenire dalla fine del giardino, poco prima del bosco che si estende per qualche miglio a nord della villa di compagna dove trascorriamo le vacanze.

Mi alzai senza eccessiva curiosità.


Il ragazzo che trovai lì indossava una veste d'altri tempi, stretta intorno alla vita da una cintola di corda, portava ai piedi calzari antichi e un curioso bracciale.

I suoi occhi scuri mi fissavano con un certo interesse.

«Sei in una proprietà privata» dissi.

«Sei tu Silen, vero?» mi chiese in risposta.

«No – risposi – io sono Isotta e tu sei in casa mia».

«Forse è così che ti chiamano qui, ma è chiaro che sei la persona che sto cercando» disse lui.

«Credo che tu ti stia sbagliando» risposi, tutto sommato incuriosita.

«Ne dubito. Mi sbaglio raramente e questa non è una di quelle volte. Tu sei Silen Esiscoll e io stavo cercando proprio te».

Tacque un istante.

«Stiamo perdendo tempo prezioso, Silen».

«Cosa dovremmo fare?» gli chiesi.

«Andare da nostra madre. Sta morendo e vuole vederti. Probabilmente hai una famiglia, qua, ma non è la tua vera famiglia, immagino che tu lo sappia. Forse non sapevi che i tuoi veri genitori provenissero dal Sidhe, ma è così e c'è poco da discutere».

Dovevo avere un'espressione sconvolta. Come facesse questo strano ragazzo a sapere che Peter Grenwood non era il mio vero padre, era la domanda che mi bussava selvaggiamente alla testa.

Era un argomento di cui non amavo parlare e che, in ogni caso, difficilmente diventava oggetto di conversazione. Non era un segreto nel senso vero e proprio del termine, ma neppure una notizia di dominio pubblico: persino alcuni dei miei amici, probabilmente, lo ignoravano.

«Senti Silen, non è che per me sia stata una notizia semplice da accettare. Tanto più che il viaggio per venire qui mi è costato un sacco di soldi e noi non abbiamo mai navigato nell'oro, tutt'altro».

«Tu invece non te la passi per niente male, vedo - aggiuse guardandosi intorno – per quanto io comprenda poco di questo strano mondo dove vivi».

«Tu sei pazzo – dissi – chiunque tu sia».

«Sono Hilbert – rispose con semplicità - tuo fratello. Fratello gemello, per essere più precisi».

«Tu sei pazzo» ripetei.

«Affatto. Sono piuttosto lucido, invece. Il fatto che ti sembri strano non significa che non è così» rispose.

«Dovrei credere all'esistenza di un altro mondo perché un ragazzo vestito da Medioevo mi si presenta davanti e mi racconta una storia assurda?».

«Non so cosa sia questo Medioevo ma il fatto che tu ci creda o meno è del tutto irrilevante».

Lo guardai di nuovo.

«Non ti accorgi di quanto ci assomigliamo? - mi chiese – non vuoi vedere neppure questo?».

Non dissi nulla, ma mi accorsi improvvisamente che aveva ragione. Avevamo gli stessi capelli, gli stessi occhi, la stessa bocca.

«Come ti ho detto, questo viaggio mi è costato parecchio, in denaro e in tempo. Non sarei venuto fino a qui se non fossi stato assolutamente certo che si trattasse di te. Posso capire che tu sia sorpresa, ma questo non cambia la realtà dei fatti».

Tacque un istante.

«Verrai con me?» disse poi

«Dove esattamente?» chiesi

«Oltre il Sidhe si apre il crocevia dei folletti. Lo attraverseremo e da lì raggiungeremo le Valli. C'è un mondo intero oltre al tuo giardino, Silen. Un mondo di cui tu ignori l'esistenza, proprio come io ignoravo l'esistenza del tuo, prima di scoprire dove ti trovassi. La differenza tra di noi è che io ho visto troppe cos strane per mettere in dubbio la raltà di tutto questo. Il mondo dove noi viviamo è un mondo di maghi e stregoni, di draghi, di dei e di cose straordinarie. L'esistenza di un mondo in più, accessibile soltanto dai crocevia dei folletti, non fa alcuna differenza, capisci?».

Capii.

«Stregoni? Draghi? Magia?» chiesi.

«Proprio così. Non conosci questo mondo, ma lo conoscerai se verrai con me».

«Non posso andarmene senza dire niente a mio padre» obiettai poco convinta.

«Non si accorgerà neppure che sei partita, tornerai qui in un batter d'occhio» rispose.

«Verrò con te» dissi allora.


Non avevo idea di quello che sarebbe successo, tuttavia una sensazione strana mi invadeva i muscoli e la pelle. Avrei potuto definirla “eccitazione”.


Hilbert si voltò e posò una mano sul suo bracciale, poi sussurrò qualcosa in una lingua che non compresi, poche e oscure parole.

Un luce argentea e soffusa apparve accanto a lui.

«Aprici il passaggio, guardiano» disse allora.

Fissai intensamente quel bagliore e vi riconobbi una figura piccola e sottile, i suoi occhi e i suoi capelli splendevano di quella luce vivida che lo avvolgeva completamente, come un mantello. La sua pelle eburnea appariva quasi trasparente sotto ai raggi del sole.

«Oggi è il solstizio d'estate. Uno degli unici quattro giorni di tutto l'anno in cui è concesso il passaggio tra i nostri due mondi» mi spiegò.

Esitai un istante. Forse ebbi paura, poi la luce delineò i confini di una piccola porta, Hilbert mi strinse la mano e disse

«Adesso andiamo. Ti spiegherò ogni cosa lungo il cammino».

È in quel modo che lasciai il giardino di casa mia e varcai il Sidhe per la prima volta.

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Capitolo 3
*** Lungo la strada ***


Lungo la strada


La porta del Sidhe, come Hilbert l'aveva chiamata, scomparve alle nostre spalle senza fare alcun rumore.

Mi guardai intorno.

Quello che vedevo era un mondo verdeggiante, dove la presenza dell'uomo sembrava ridotta a una pallida eco di ciò che conoscevo. Il sentiero su cui posavo i miei piedi si dipanava tra gli alberi che svettavano intorno a noi e i prati che si stendevano a vista d'occhio. Inspirai per la prima volta un profumo nuovo che non avrei saputo descrivere.

«Arriveremo a casa sul far della sera – disse – ma la prima cosa da fare è cambiarsi d'abito».

«Devo cambiarmi?» chiesi.

«Certamente. Ti noteranno tutti se giri vestita in quel modo. Sei piuttosto indecente, a dire la verità».

«Indecente?» ripetei senza capire.

«Indecente, esatto. Sei praticamente nuda. Non so come usi dalle tue parti, ma qui le donne vanno in giro vestite» disse secco.

«Dalle mie parti abbiamo avuto il femminismo e l'affrancamento della donna, per fortuna» risposi.

«Non so di cosa tu stia parlando, ma cerca di cambiarti in fretta. Ho detto sul far della sera ma tutto dipende dalla tua velocità. Avanti di questo passo di vorranno giorni - disse porgendomi un vestito – fortunatamente ho immaginato che dalle tue parti ci fossero usanze diverse e mi sono premunito a dovere».

Presi i vestiti, mi nascosi dientro un cespuglio e mi cambiai.

«Certo, non avrei creduto che mia sorella fosse una tale svergognata» concluse.

«Non sono affatto una svergognata. È così che ci si veste dalle mie parti, come dici tu, quando si scoppia di caldo».

«È un mondo molto strano, allora» disse e capii per lui la conversazione si era conclusa.


Camminammo lungo il sentiero senza scambiarci altre parole fino a quando non lo udii gridare improvvisamente

«Dannazione! Questa non è la strada per Ashabenford! Quel maledetto folletto ci ha spedito nel crocevia sbagliato».

«Che cosa vuol dire sbagliato?» chiesi.

«Cosa vuol dire, a tuo avviso? Sbagliato, errato, non giusto. Non era questa la strada che avremmo dovuto fare».

Cominciavo ad essere stanca della sua acidità continua.

«Magari sei tu ad esserti perso» ribattei.

«Io non mi sono perso – rispose – non mi perdo mai. Non è qui che avremmo dovuto arrivare, ecco tutto».

«Perciò cosa dobbiamo fare?» chiesi.

«Trovare un posto dove passare la notte, direi, e poi capire dove ci troviamo, sperando che non sia troppo lontano da casa».

«Sai cosa si dice dalle mie parti?» chiesi.

«Non sono sicuro che mi interessi saperlo» rispose.

«Che la speranza ha le gambe corte».

«E cosa accidenti vorrebbe dire?»

«Che sperando non si va da nessuna parte. La realtà è la sola cosa che conta» risposi.

Mi guardò schiarendosi lievemente in volto.

«È la prima cosa intelligente che ti sento dire da quando ci siamo incontrati» disse.

«Sei più fortunato di me, allora. Io sto ancora aspettando di sentirtene dire una».


Mentre cercavamo un posto dove passare la notte Hilbert bestemmiava tra i denti, o almeno aveva l'aria di farlo.

I suoi dei avevano nomi strani ed esotici, e il suo accanimento sembrava piuttosto sincero.

Raccogliemmo un po' di legna, poi si apprestò ad accenderla.

«Dannazione! - esclamò vedendo la piccola fiammella spegnersi consumandosi sulla legna – faccio schifo in questo genere di cose. La vita del tagliaboschi non fa per me».

«Dovrei avere un accendino nella tasca del vestito» dissi.

Mi guardò sorpreso.

«Un accendino?».

«Sì. Come una pietra focaia, ma istantaneo» risposi mostrandoglielo.

«E quell'affare può accendere un fuoco?» chiese scettico.

«Può aiutare. Guarda».

Non appena sfiorai la rotella metallica dell'accendino si innalzò davanti ai miei occhi una fiamma gigantesca che si librò nell'aria e rimase immobile davanti a noi.

«Cosa accidenti...?» gridò.

«Non ne ho idea – risposi spaventata – non è così che dovrebbe funzionare».

Quando riuscii a spiegargli cosa intendevo, Hilbert concluse che probabilmente, nel passaggio tra i nostri due mondi, l'accendino (o accendifuoco, come lo chiamava lui) doveva aver modificato alcune delle sue proprietà.

Nel frattempo la fiamma fluttuante si era spenta e tutto sembrava essere tornato alla normalità.

«Prova di nuovo» mi disse.

Tutto si ripeté esattamente come prima, ma poi il fuoco si diresse lentamente verso la legna e lì si infranse, accendendo finalmente l'agognato falò.

«Cos'è successo, adesso?» chiesi sempre più stupita.

«Niente di strano. Ho usato i miei poteri mentali per indirizzarla dove volevamo che andasse».

Non chiesi ulteriori spiegazioni sui suoi poteri mentali. Avevo la strana sensazione che avrei scoperto anche troppo in troppo poco tempo.

Lui comunque parve soddisfatto.

Ci addormentammo così, senza dirci altro, soffocando dentro tutte le domande che avremmo voluto porci.


Mi svegliai con i primi bagliori del sole.

Hilbert dormiva ancora.

Cercai di ricordare se avessi sognato qualcosa, ma mi parve, stranamente, di avere appena vissuto il sonno più sereno della mia vita.

Mi alzai e mi guardai intorno. Per la prima volta mi chiesi se non fosse tutto ciò che stavo vivendo a costituire il vero sogno.

Poi udii delle grida provenire da lontano.


«Che accidenti...?» esclamò Hilbert sussultando.

«Urla» risposi.

«La giornata comincia bene – ribatté – prendiamo tutto e nascondiamoci. Potrebbero essere briganti e voglio evitare incontri spiacevoli».

«Qualcuno potrebbe aver bisogno di aiuto» ribattei.

«Probabilmente sì, ma per fortuna è un problema che non ci riguarda. Prendi le cose e nascondiamoci» disse.

Nel frattempo le grida erano cessate disperdendosi nell'aria chiara con la stessa rapidità con cui erano venute.

«Vedi? Già finite. Muoviti» incalzò.

Mentre lui si chinava a raccogliere lo zaino, mi mossi velocemente in quella direzione.


Lo spettacolo che si spalancò davanti ai miei occhi mi gelò il sangue nelle vene.

Cinque uomini giacevano a terra disposti disordinatamente sul ruvido manto erboso, indossavano una specie di cotta di maglia e dai loro corpi colava un unico rivolo di sangue.

Erano morti.

La mia mente formulò quel pensiero con una calma quasi irreale.

Accanto a loro si trovava una tenda piuttosto sontuosa.

Poi mi sentii afferrare alle spalle, mentre una mano robusta mi tappava la bocca per impedirmi di urlare.

«Chi siete?» sussurrò alla mia schiena una voce chiara e calda.

Rimasi immobile un istante, poi avvertii la presa allentarsi sul mio volto e stringersi intorno al collo.

«Chi siete?» ripeté.

«Mi chiamo Isotta – risposi flebilmente – ho sentito delle grida e mi sono avvicinata».

«Lasciala Arwon! – intimò un'altra voce maschile – Non hai visto che è una donna?».

Mi sciolse da quella stretta e potei voltarmi e guardarli in volto.

«Perdonatemi, mia signora – mi disse in risposta – temo che la paura e l'agitazione mi abbiano spinto a comportarmi da folle». Indossava un'armatura che appariva addosso a lui leggera e sottile, coperta da un mantello di magnifica fattura. I suoi capelli neri, corti e ben curati, incorniciavano un volto sconvolto da un dolore recente e uno sguardo contrito che mi fissava mortificato.

Accanto a lui un ragazzo abbigliato ben più riccamente portava in volto lo stesso sguardo e lo stesso dolore. I capelli scuri e lisci ricadevano disordinatamente sulla fronte pallida e sugli occhi verdissimi e tutto rivelava i segni delle lacrime appena asciugate.

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Capitolo 4
*** Il mercante e la guardia più un breve estratto dalle Cronache di Cielo, Terra e Mare ***


Il mercante e la guardia


Mi accorsi fin dal primo istante che quel ragazzo mi guardava in una strana maniera.

Non appena i suoi occhi si posarono su di me qualcosa in lui sussultò.

Nonostante il dolore rigasse il suo volto, nonostante i segni evidenti della tragedia appena accaduta, spalancò gli occhi e dovette sentire qualcosa di nuovo nel cuore.

Quando allungò la mano e sfiorò la mia per portarsela alla bocca e baciarla lo vidi coprirsi d'un lieve rossore.

«Il mio nome è Edward Maiden, mercante di Misteldale» disse.

«Non dovreste viaggiare sola – disse Arwon - sono posti assai pericolosi, come vedete e non è consigliabile per una donna come voi muoversi senza una scorta adeguata».


L'espressione “una donna come voi” mi rimbombò nella testa.

Mi chiesi cosa volesse intendere esattamente. Era un insulto, un complimento, una constatazione?

I miei amici dicevano qualche volta “un tipo come te”. Alludevano al fatto che spesso vivevo sulle nuvole, che ero distratta, irriverente, dispotica: per evitare di ripetermelo sintetizzavano tutti questi aggettivi in quell'unica frase, “un tipo come te”.

Anche i ragazzi con cui ero uscita, o quelli che avrebbero voluto uscire con me, lo dicevano talvolta, e assai più spesso, ne ero sicura, lo pensavano. Era il loro modo per dire che ero bella, intelligente e indipendente. Quando poi li scaricavo, o li rifiutavo, diventava invece un modo per dire che ero fredda, insensibile e acida.

Ma quella stessa frase, in bocca a un uomo così diverso, e pronunciata con quel misto di ossequiosità e maschilismo arrogante, suonava completamente differente.

Per la prima volta mi resi conto di trovarmi davvero in un mondo straniero. Se fino a quel momento ciò che avevo intorno, e persino la strana di presenza di quello che diceva di essere mio fratello, mi era sembrata naturale e gradevole, improvvisamente provai addosso un senso di disagio e imbarazzo.

Mi venne in soccorso la voce tagliente di Hilbert

«Si può sapere cosa accidenti ti salta in testa?».

Sì avvicinò piuttosto contrariato.

«Vogliate scusare mia sorella» disse senza troppo riguardo.

Parve non prestare la minima attenzione ai cadaveri che avevamo intorno, né alla stranezza di quella situazione.

Mi prese per un braccio e mi tirò verso di sé.

«Sei impazzita?» sussurrò.

Tutto sommato, seppure non lo avrei mai ammesso, gli fui davvero grata per quei modi indisponenti e autoritari.


Arwon e Edward salutarono Hilbert.

«Ce ne andiamo immediatamente, temo che abbiate troppe cose a cui pensare» gli disse.

«Non è prudente! - esclamò Edward – ci sono degli assassini in giro, il Gran Consigliere è stato ucciso!».

Mentre lo udiva pronunciare quelle parole, Arwon mi parve distorcere la bocca in una lieve smorfia di disapprovazione.

Anche Hilbert trasalì, e con meno tatto disse

«Il Gran Consigliere? Ottimo cara Silen! Ci hai appena infilato in un pasticcio colossale».

Seguì un lungo momento di silenzio.

«Ci ha detto di chiamarsi Isotta» scandì lentamente Awon.

Edward mi fissò.

«Isotta e Silen – gli rispose senza scomporsi affatto – è una storia piuttosto lunga. A meno, certamente, che tu non sospetti mia sorella di aver compiuto una tale strage e di essere poi venuta a controllare se tutto era andato bene, trascinandosi dietro il sottoscritto come tutore».

«Perdonalo – interloquì Edward – siamo sconvolti da quello è accaduto»

Il ragazzo arrossì violentemente.

«E così il Gran Consigliere è stato ucciso...» proseguì ignorandoli quasi del tutto.

«Durante la notte» rispose Edward.

«Ma non sono informazioni che dovremmo fornire a degli sconosciuti» si intromise Arwon.

«Giusto! - rispose Hilbert – quindi noi ce ne andiamo da qui. Sento inconfondibilmente odore di guai».

Pochi istanti dopo avvertimmo chiaramente il rumore di zoccoli in avvicinamento.

«Dannazione! - esclamò -dannazione!».


Quello che accadde dopo fu come la piena di un fiume.

I soldati dell'esercito delle Valli ci raggiunsero e ci accusarono di aver ucciso il Gran Consigliere.

Edward tentò di dare loro alcune spiegazioni, da ciò che disse capimmo che doveva trattarsi di una persona importante che aveva goduto della benevolenza del defunto. Le guardie, tuttavia, risposero che avevano ordini precisi.

Quando Edward chiese chi potesse aver dato questi ordini, giacché il Gran Consigliere era morto, risposero che il comando veniva da Lord Gregory Blay, a cui qualcuno aveva riferito ciò che sarebbe accaduto quel giorno. Disgraziatamente, dissero, erano arrivati troppo tardi.

Insieme a Edward e Arwon trascinarono via anche noi.

Dopo circa un'ora di cavalcata arrivammo a Misteldale e fummo rinchiusi nelle prigioni in attesa di giudizio.

La situazione non sembrava né rosea né divertente e tutto sommato cominciavo a rimpiangere l'assolato giardino di casa mia.

In ogni caso, non dissi una sola parola.




Dalle Cronache di Cielo, Terra e Mare.


Nel mese di Lipanj, giorno 22, nel Sidhe si ode per la prima volta il nome di Isotta Greenwood.

È costei una giovane donna biondissima, dai grandi occhi verdi e dal fisico sottile; pur appartenente alla razza umana, pare portare con sé il retaggio di un'antica eredità elfica, forse perduta nel corso dei secoli. Nessun dubbio, tuttavia, che ella appartenga al popolo dei Sidhe.

Molto in futuro verrà narrato di lei, come sa chi scrive.

Non essendo dato, tuttavia, di anticipare ciò che accadrà, ci limitiamo a registrare qui il suo nome, così come ella lo pronunciò al processo per l'omicidio di Lord Alaskar Il Saggio, quarto Gran Consigliere delle Valli, dichiarandosi innocente.

Con lei furono processati, e ugualmente si dichiararono innocenti, Hilbert Esiscoll, Arwon di Monte Scuro, guardia personale del Gran Consigliere, e Edward Maiden, di Mistaldale, fino a quel momento amico personale del Gran Consigliere e da lui designato a succedergli alla guida delle Valli, come egli stesso ebbe modo di apprendere quando il fatto gli fu imputato a movente per l'omicidio.

Questi quattro nomi, come sa chi scrive, resteranno indissolubilmente legati alla storia delle Valli, nei secoli a venire.











Angolo dell'autrice.

Grazie a tutti! Trattandosi di un work in progress, ho dovuto apportare nei capitoli precedenti qualche piccola correzione, ma niente di troppo importante.

Tuttavia sono stata aspramente rimproverata perché «Edward non è ricciolo, ma ha i capelli lisci e solitamente raccolti in una coda!» (ella scena qui descritta, tuttavia, si è appena svegliato e non ha fatto in tempo a legarli).

Questo succede a prendere in prestito personaggi altrui...povera me!


Un grazie speciale poi va a:

Cabol:ho corretto tutti i refusi! Me ne scappano sempre troppi...e non sono nelle fan fic. Ecco qua qualcosa di più sui nuovi arrivati, ma la storia è ancora luuungaaaa (pensa che la campagna va avanti da anni e non è ancora terminata!)

Alies:dunque, disegni non ne ho, per manifesta incapace della sottoscritta in questa nobile arte. Cercherò qualche immagine da postare nei prossimi capitoli. Intanto però ti dico che Isotta/Silen è praticamente uguale alla Eowen del Signore degli Anelli e che Hilbert le somiglia moltissimo. Su Ed sono un po' più in difficoltà, ma chiederò consulenza alla legittima proprietaria. Per quanto riguarda Arwon, infine, il proprietario è momentaneamente disperso, quindi dovrò inventare.


A presto!

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Capitolo 5
*** L'assassino dagli occhi pieni d'amore ***


L'assassino dagli occhi pieni d'amore


La cella era piccola e stretta, faceva caldo.

Per fortuna, dopo un'esitazione iniziale dovuta alla differenza di sesso, ci avevamo rinchiusi tutti e quattro insieme. Tutto sommato avevo apprezzato la conclusione finale “uomini o donne sono sempre assassini. E poi le celle sono tutte piene”.

Evidentemente era un periodo tormentato per la storia di Misteldale.

In ogni caso, seppure non ci scambiassimo nemmeno una parola per la maggior parte del tempo, la loro compagnia mi era di conforto.

Il processo comunque si tenne in fretta e furia il giorno successivo a quello del nostro arresto e fu stato veloce e fasullo, nessuno ci ascoltò, nessuno ci concesse neppure il beneficio del dubbio poiché tutto era già stato deciso.

Ci fu imputato l'omicidio premeditato di Lord Alaskar, organizzato allo scopo di favorire la successione di Edward, che dunque fu presentato come la mente del tutto.

«La donna – dissero – servì probabilmente a distrarre i soldati mentre la guardia personale del Gran Consigliere compiva l'efferato omicidio».

Edward si stupì moltissimo e disse che non sapeva neppure di essere stato designato da Alaskar suo successore, e che in ogni caso non avrebbe mai accettato l'incarico, ma le sue proteste furono praticamente ignorate del tutto.

Dal momento la sentenza fu di morte, tuttavia, acquisimmo il diritto a una nuova udienza che si sarebbe tenuta la settimana successiva.

«Maledetti gli dei!» esclamò Hilbert quando la guardia giunta a comunicarci la notizia fu uscita e tornammo da soli.

«Non bestemmiare - lo redarguì Edward».

Si voltò di scatto, come se avesse udito dire la più grande assurdità del mondo.

«Non bestemmiare? - scandì – non bestemmiare? Ti rendi conto del guaio in cui ci hai messo?»

«Io non c'entro nulla con quello che è successo» si difese debolmente.

««Non ha alcuna importanza!» esclamò.

«Non prendertela con lui» mi intromisi.

Arwon ed Edward mi guardarono sorpresi. Dalle poche conversazioni avute cominciavo a intuire che si stupissero nel vedere una donna rivolgersi così a suo fratello.

Se quella era un'usanza di quel mondo, Hilbert, al contrario, non sembrava farci caso.

«Me la prendo con lui eccome. E anche con te, a dire il vero, cara la mia Silen. Ti avevo ben detto di restarne lontana perché tirava aria di guai» esclamò.

«Beh, caro il mio Hilbert – risposi – se proprio vogliamo dirla tutta, sei stato tu a trascinarmi in questo pasticcio. Io ero nel mio giardino a leggere un libro e stavo piuttosto tranquilla prima del tuo arrivo».

«Te lo concedo - rispose dopo un attimo di riflessione, riprendendo la calma che lo contraddistingueva – ma adesso pensiamo a come uscire di qui».

«È impossibile» risposero quasi all'unisono Edward e Arwon.

«Bene. Dunque cosa pensate di fare? Di aspettare la nuova udienza in attesa di farci ammazzare tutti? Probabilmente tu non c'entri nulla – disse rivolgendosi a Edward – dato che non ti ci vedo proprio con una spada in mano a fare fuori tutte quelle guardie...».

«Alaskar era mio amico!» lo interruppe indignato.

«Il che è commovente ma completamente irrilevante – proseguì – dicevo che se, come sembra, tu sei innocente, e il tuo amico mi pare davvero troppo tonto per aver organizzato una cosa del genere, allora evidentemente c'è qualcuno che vuole incastrarvi, nella qual cosa noi ci siamo trovati coinvolti per puro caso».

Arwon non protestò nemmeno di fronte a quell'insulto.

«È stato fatto tutto così in fretta da far sembrare che si voglia seppellire la vicenda, il prima possibile – dissi – a meno che questa non sia un usanza delle vostre parti».

«Lo è appunto quando si vuole seppellire qualcosa» rispose Hilbert.

«Considerando poi che Edward sarebbe stato il prossimo Gran Consigliere, è probabile che il responsabile sia proprio chi vuole prendere il suo posto. In questo modo si è liberato di due ostacoli in un colpo solo» proseguii.

«Gregory Blay! - esclamò Edward – è arrivato da circa sei mesi e Alaskar non si è mai fidato di lui».

«Ottima prospettiva dunque! - concluse Hilbert – il nostro giudice e il nostro carnefice sono la stessa persona».


Era la notte del nostro quarto giorno di prigionia quando avvertimmo un rumore diverso che ci fece sobbalzare sui nostri miseri giacigli.

L'uomo che ci apparve davanti era alto e slanciato, aveva un fisico muscoloso e asciutto e viso pulito, in cui capelli nerissimi e corti incorniciavano vividi occhi verdi.

«Isotta Greenwood, suppongo» disse.

Annuii dubbiosa.

«Sono venuto per portarti fuori di qui».

«Ottimo e più che altro insperato– interloquì Hilbert - pensi di dare una mano anche a noi?».

L'uomo li guardò impassibile.

«Non vado da nessuna parte senza di loro» dissi.


Appena usciti notammo i corpi distesi degli uomini di guardia.

«Li hai uccisi?» chiesi allarmata.

«È irrilevante» rispose.

Camminammo dietro di lui lungo il corridoio appena illuminato, quando incrociammo due guardie estrasse dei pugnali e le colpì prima che potessero dare l'allarme. Fu sorprendente vedere i suoi pugnali volare, fendere l'aria che ci separava da loro e conficcarsi nelle loro gole con precisione millimetrica.

Pensai che forse la pazzia mi stava cogliendo, dopo quei giorni al buio senza sapere cosa sarebbe stato di me, se notavo cose simili in un momento come quello.

I due uomini, in ogni caso, caddero a terra senza un lamento e lui non prestò loro la minima attenzione.

Accanto a me, Edward compose con le mani uno strano segno.

«Cosa accidenti fai?» sussurrò Hilbert.

«Sono un prete» rispose.

Hilbert sollevò gli occhi al cielo con un'espressione di somma rassegnazione.


L'uomo ci condusse fuori dalle prigioni prima ancora che riuscissimo a rendercene conto.

«Vi condurrò fuori dalla città, da lì dovrete proseguire verso Essembra. Conoscete la strada?»

«La conosco» rispose Arwon.

«Bene. Allora guidala bene e fa' in modo di proteggerla lungo il cammino» disse.

Arwon annuì.

«Mi conosci? - chiesi – io non so chi sei».

«Non ha importanza» rispose.

«Ha importanza, invece. Sapevi il mio nome, come puoi conoscermi se è la prima volta che mi trovo qua?».

«Ho udito il tuo nome al processo – rispose – Ti ho aiutato solo perché mi ricordi una persona conosciuta tanto tempo fa».

«Ottimo Silen – disse Hilbert – questa somiglianza è stata una bella fortuna».


Percorremmo in fretta i piccoli vicoli della città, senza incontrare praticamente nessuno.

Quando raggiungemmo le mura ci disse di aspettarlo e si allontanò scomparendo velocemente dalla nostra vista.

«Non crederai alla sua storia?» chiesi a Hilbert.

«È del tutto inverosimile – rispose – ma non mi sembra questa la situazione per approfondire, ammesso che sia il caso di farlo. È un uomo pericoloso e ho fretta di allontanarmi da qui».

«Un prete – aggiunse poi guardando Edward – e per quale sciocca divinità officeresti?»

«Nessuna sciocca divinità – rispose con orgoglio – sono un prete di Waukeen, la signora del commercio».

«Insomma dell'arricchimento personale. Non ti facevo così scaltro».

Mentre Edward stava per ribattere vedemmo l'uomo avvicinarsi a noi, conducendo con sé due cavalli.

«Dovrete farveli bastare – disse – Isotta, sai cavalcare?».

Annuii.

«Bene – disse allora – proseguite nel bosco tenendovi lontano dal sentiero, ma non perdetelo mai di vista. Io disperderò le vostre tracce. Una volta a Essembra cercate la Locando del Cavallo imbizzarrito e chiedete di Alex Friedman. Ditegli che vi manda Jerkie».

«Jerkie» sussurrai.

Allora lui mi guardò e i suoi occhi guizzarono di calore.

«Abbi cura di te, Isotta».

«Ci rivedremo?» chiesi.

«Chi può dirlo?» rispose.

Lo guardammo un istante mentre si allontanava nel buio e io formulai con coscienza questo pensiero: Jerkie ci aveva salvato, Jerkie era un assassino, ma i suoi occhi erano pieni d'amore.





Spazio autrice:

Innazitutto volevo dirvi che il capitolo precedente ha avuto l'onore di essere commentato dal vero e unico Hilbert...vi invito pertanto a darci un'occhiata.


Poi: quello che ha appena fatto il suo ingresso, vale a dire Jerkie, è stato uno dei grandi amori della mia Isotta, quindi salute a lui!


Infine, ma certamente non ultimo, grazie a:

SharkAttack: dire rompiscatole, ahimé, è riduttivo...non dire niente a noi che dobbiamo sopportarlo ormai da anni. Però ammetto che è sempre stato risolutivo! La storia è ancora molto molto molto lunga...e ne sono successe davvero delle belle da quei primi avvenimenti in cui Isotta era solo una ragazzina. Spero che mi seguirai fino in fondo (e soprattutto spero di riuscire a scrivere questa storia fino in fondo).

Cabol: eheh, a costo di ripetermi, che incubo i refusi! Sai che leggere la tua storia mi ha dato un sacco di imput per scrivere? Insomma, avevo davvero bisogno di una smossa e tu me l'hai data. Immagino che coglierai tutti i riferimenti al Forgotten, sempre presente nella mia testa. È difficile staccarsene...A proposito (anzi, a sproposito) hai seguito i libri (ahimé pessimi, ma per me tanto tanto appassionanti) di Salvatore?

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Capitolo 6
*** Cavalcando verso Essembra ***


Cavalcando verso Essembra


Il bosco era fitto e spaventoso, o almeno, così sembrava durante le ultime ore della notte. Il sole ci era amico e nemico, lo desideravamo con ardore eppure lo temevamo poiché avrebbe reso più difficile la nostra fuga.

La sicurezza con cui Jerkie ci aveva detto

«Disperderò le vostre tracce»

mi suonava tuttavia rincuorante e gradevole.


Arwon, cavaliere sicuro ed esperto, portava Edward conducendo i nostri passi.

Dal momento che Hilbert aveva detto di sapere cavalcare a mala pena, io guidavo l'altro cavallo.

Inizialmente, Arwon si girava di continuo verso di noi, come se temesse di perderci o di distanziarci troppo; io, tuttavia, sebbene l'ansia e il luogo ignoto rendessero la situazione assai più complessa del normale, non faticavo eccessivamente a tenere il suo passo.

Ero salita sul mio primo pony quando avevo cinque anni, a sette ne avevo avuto uno mio. Mio padre adorava l'equitazione e aveva fatto di tutto per trasmettermi quella stessa passione, proprio come aveva insistito per farmi praticare la scherma, l'arrampicata e l'atletica leggera. Praticamente, di tutti gli sport che da brava ricca snob avevo praticato in vita mia, la pallavolo era stato il solo che avessi scelto autonomamente.


«Dove avete imparato a cavalcare così?» mi chiese quando fermammo gli animali per farli bere e riposare qualche minuto.

«Mi ha insegnato mio padre» risposi.

«Portate bene il cavallo – disse con vago sospetto – ma se posso permettermi, lo conducete in maniera più simile a quella di un uomo che di una donna».

Lo guardai chiedendomi cosa avrei dovuto rispondergli.

Nel mio mondo non ci sono differenze”, avrei voluto dirgli, magari gridandoglielo in faccia. Tuttavia, non ero sicura che si trattasse di una buona idea.

In questa situazione già così complessa, una tale rivelazione avrebbe rischiato di essere la goccia che fa traboccare il vaso.

Hilbert taceva e mi guardava, con una certa irritante curiosità.

«Conosco modi per cavalcare bene e modi per cavalcare male, Arwon – dissi poi – io cavalco bene, e nessuno mi aveva mai fatto notare prima che si trattasse di una maniera poco femminile».

Edward fulminò con lo sguardo il mio interlocutore.

«Perdonalo, Isotta – disse – spesso e volentieri non sa quello che dice».

Arwon arrossì violentemente e tacque, io non risposi nulla ma non potei fare a meno di notare che dietro quell'osservazione per me apparentemente sciocca, si nascondevano acume e spirito di osservazione.

Procedemmo così per circa tre ore, durante le quali ogni rumore proveniente dal bosco intorno a noi suonava ostile e sgradevole.

«Non dobbiamo temere ciò che viene dal bosco – disse Arwon – ma ciò che può raggiungerci alle spalle».


Il sole sorse con uno spettacolo meraviglioso.

Non avevo mai visto un'alba così.

Il cielo si inondò lentamente di un rosato caldo, che ad un tratto sfumò poi in un arancio acceso e allegro.

«È meraviglioso» dissi.

«È solo un'alba» rispose Hilbert.

«Ma è un'alba meravigliosa» ripetei quasi ignorandolo.

«Anche la mamma lo avrebbe detto» sussurrò.

Ristetti e sorrisi tra me e me, nascondendo la curiosità che provai e il desiderio di porgli altre domande su di lei.


Pochi istanti dopo, ancora immersi in quei colori e in quell'atmosfera nuova che ci aveva improvvisamente liberato dalle catene pesanti e opprimenti del buio notturno, udimmo davanti a noi una risata sorda e roca.

Davanti ci apparvero cinque orribili creature dall'aspetto solo vagamente umano: i loro volti erano deturpati da cicatrici e sporgenze pustolose, la loro pelle sembrava coriacea come la pietra e appariva, la dove non era coperta dai vestiti laceri e sporchi, di un colore verde che ricordava la putrefazione del cibo.

Era la prima volta che incontravo qualcosa del genere, ma non fu affatto difficile immaginare la loro natura.

«Sono orchi?» chiesi piano a Hilbert.

«Stupidi e disgustosi orchi» rispose.

Fermammo i cavalli per capire cosa sarebbe accaduto.

Ce lo rivelarono l'istante successivo.

«Guardate un po' cosa ci capita di prima mattina – disse uno di loro – viandanti...e persino una bella ragazza con cui divertirci un po'».

Non ebbi tempo per formulare il mio disgusto, con un balzo Arwon scese dal cavallo ed estrasse le sue due spade.

«Non è così che si parla a una signora» disse, poi le calò entrambe su di loro.

Poiché tutti e cinque gli si buttarono addosso, scartò verso un albero e si pose schiena al tronco, così da ridurre i lati attaccabili.

«Dobbiamo aiutarlo» dissi.

«E come? - chiese Hilbert con la solita saccenza – io non so combattere, e anche ammesso che tu sapessi farlo, cosa di cui, se mi permetti, dubito, non ci sono altre spade, a parte le sue».

«Se la caverà – interloquì Edward avvicinandosi a noi – è molto più forte di loro».

Che Arwon fosse più forte di ciascuno di loro, non vi era alcun dubbio.

Forse era persino più forte della somma di tutti loro, ma non ero del tutto sicura che ciò equivalesse a dire che era più forte di tutti loro contemporaneamente.

Per questo quando uno degli orchi, ormai morto, ci rovinò vicino, scesi da cavallo e presi in mano la sua rozza arma.

Pensai che non potesse essere molto diverso dalla scherma.

Non avevo idea di quanto mi stessi sbagliando.


Quella sorta di piccola e rovinata spada mi pesava tra le mani come un macigno. Il solo fatto di sollevarla fu un'impresa titanica.

Avvicinarla alla schiena di una di quella bestie, e piantagliela nella carne dura e resistente, poi, fu quasi un compito disperato.

Lo ferii appena, lui si voltò, mi colpì, io tentai di difendermi come avrei fatto in un incontro.

Arwon gridò.

Edward gridò.

Hilbert ruggì qualche insulto diretto verso di me e la mia stupidità, poi lo vidi appena socchiudere gli occhi e concentrarsi.

La spada dell'orco che mi stava attaccando vibrò tra le sue mani e lui la guardò perplesso.

Mi dissi che non avrei avuto un altro momento, né per colpirlo né per sopravvivere.

Lo colpii e sopravvissi.


«Sei completamente pazza, non c'è altra spiegazione» disse Hilbert quando il combattimento fu concluso e tutti gli orchi giacquero a terra morti per mano di Arwon.

«Non avreste dovuto rischiare tanto» disse lui.

«Sei ferita?» mi chiese Edward.

Gli sorrisi.

«Al braccio – risposi – non è niente di grave, ma ho bisogno di una benda».

«Non occorre – bisbigliò lui a mezza voce – lascia fare a me», poi salmodiò qualche parola e posò la mano sulla mia ferita che in pochi secondi si rimarginò del tutto.

«Ma cosa...?» balbettai incredula.

«Ti ho ben detto che sono un prete - rispose allegro e soddisfatto– stai bene, adesso?».

Annuii.

«Ma credo che Arwon sia ferito» aggiunsi.

«Roba di conto» rispose lui schivo. Edward esitò.

«I tuoi tagli sono più profondi dei miei» dissi esaminandoli velocemente.

Arwon arrossì, Edward parve rassegnarsi e ripeté su di lui ciò che aveva fatto con me.


«Dunque è questo quello che fa un prete, da queste parti?» chiesi a Hilbert quando fummo rimontati in sella e riprendemmo il cammino.

«Avresti potuto farti ammazzare» ribatté ignorando la mia domanda, con uno stile che stavo ormai imparando a conoscere, e ad ignorare a mia volta.

«È magia? Voglio dire, è la stessa che usi tu?» chiesi.

«Io non uso magia. Ti ho già detto che si tratta di poteri mentali, è una cosa completamente differente dalla magia. Non ho bisogno di alcuna intercessione esterna, tutto ciò che faccio proviene soltanto da me» sbottò.

«D'accordo – acconsentii – ma la sua è magia?».

«Favori divini. Puoi chiamarla magia, se vuoi, anche se è di un tipo differente da quella usata dagli stregoni».

«E che differenza c'è?» chiesi incuriosita.

«Se la tua intenzione è quella di farti ammazzare– disse – rimanda almeno a dopo l'incontro con nostra madre. Fino a lì devo portartici intera».

Scossi il capo e sollevai gli occhi.

Hilbert, mio fratello o chiunque fosse, era davvero insopportabile.

A questo si aggiunse poi un altro pensiero, tutto sommato piuttosto divertente.

Molte delle persone che conoscevo, avrebbero detto che mi assomigliava molto.





Spazio autrice.

Carissimi miei, non posso non ringraziarvi ancora perché questa storia è stata a lungo nella mia testa, incapace di uscirne, e la vostra lettura le sta dando la spinta per uscire fuori.

Un grazie speciale

Alies: no, non un elfa, ma qualcosa ci ha senz'altro riconosciuto! Il suo passato e il suo mistero si chiarirà, seppure non subitissimo. Quanto ho amato quel personaggio! Grazie a te, mi raccomando, non farti beccare...

Cabol: sui refusi taccio. Li correggo e basta. Mi ci vorrebbe un correttore così anche per gli scritti scientifici...la mia povera tesi dottorale ne era cosparsa, una fatica terribile per rimediare!

Veniamo alla storia, quando il master ci ha presentato Jerkie ha glossato “l'assassino più letale del Faerun”. Al che ho pensato “figuriamoci, quello è Artemis Entreri!” e mi sono pure indispettita un po'. Però poi l'ho amato tantissimo e spero di riuscire a descriverlo così come lo vedo io, e come il mio meraviglioso master lo ha creato.


Baci a tutti.

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Capitolo 7
*** L'oste, la città e il sogno ***


L'oste, la città e il sogno


Da bambina facevo sempre strani sogni.

Gli amici mi prendevano in giro e mi chiamavano “Isotta nel Paese delle Meraviglie”.

Sognavo pianure sconfinate e una città bellissima che non potevo fare a meno di amare profondamente.

Nei miei sogni c'erano elfi e nani, draghi, stregoni, dei buoni e dei malvagi. Tra tutti il mio preferito era però colui che chiamavo il Cavaliere.

Il Cavaliere indossava una bellissima armatura d'argento e al suo fianco pendeva una spada luminosa come il sole, il suo volto, tuttavia, rimaneva sempre nascosto dietro all'elmo e riuscivo a scorgere solo il verde sconfinato dei suoi occhi.

Il Cavaliere combatteva sempre per cause buone e scappava via, volando sul suo meraviglioso drago, un attimo prima che le persone che aveva salvato potessero ringraziarlo.

Ogni volta che mi svegliavo giuravo a me stessa che da grande avrei sposato un uomo come lui.

Quando compii 12 anni, però, nel mio sogno, venne un uomo freddo e distante. Indossava un vestito bianco come la neve, ma i suoi occhi non erano buoni.

Combatteva impugnando una grande catana ed era il guerriero migliore del mondo, così sconfisse il cavaliere ed io mi sentii piena di tristezza.

Poco prima di sferrare il colpo mortale, tuttavia, l'uomo bianco guardò il cavaliere e il suo sguardo cambiò, riempiendosi improvvisamente d'amore.

Allora gli sfilò l'elmo e vidi che questi era in realtà una ragazza dai capelli biondi che mi somigliava in modo straordinario, sebbene mi sembrasse assai più grande di me.

Poi mi svegliai, e da allora non li sognai mai più.


Mentre camminavamo per le strade di Essembra illuminate dal sole chiaro del primo pomeriggio quel sogno mi tornò improvvisamente alla mente.

Otto anni dopo quel giorno, ne rivissi uno per uno i dettagli e i particolari, e ritrovai in Essembra quella città bellissima che aveva accompagnato i miei anni infantili, durante la notte.

Ristetti e tacqui.


La locanda del Cavallo Imbizzarrito sembrava, vista da fuori un luogo anonimo.

Un grosso portone di legno, appena socchiuso, ne sbarrava l'ingresso e l'insegna si confondeva tra le molte di quella stessa via.

La trovammo facilmente. Tutti, in città, sembravano conoscerla.


Prima di entrare, tuttavia, strinsi il bracco di Hilbert

«Siamo sicuri di volerlo fare?» chiesi.

«Affatto. Non è qui che dovremmo essere» mi rispose.

«Ma allora?» domandai.

«Allora è comunque meglio alloggiare qui che non per strada, non credi? Nel giro di qualche giorno si saranno dimenticati completamente di noi – si fermò posando lo sguardo su Edward e Arwon – almeno di te e di me, che evidentemente non facevamo parte del loro piano iniziale» concluse sorridendo.

Eward lo guardò a sua volta con cipiglio.

«Mi dispiace amico mio, ma temo che impiegheranno più tempo a dimenticarsi di voi. Ragion per cui metteremo al più presto un po' di distanza tra noi».

«Ma...» balbettò Edward.

«Oh, ve la caverete. Il tuo amico è un ottimo combattente» concluse.

Edward non rispose nulla. Si limitò a guardarmi e ad arrossire lievemente.


Una volta entrati ci dirigemmo verso il bancone.

«Buondì, oste» salutò Arwon, che pareva conoscere alla perfezione questo genere di rito, rivolgendosi a un uomo alto e robusto che avrà avuto all'incirca una sessantina d'anni.

«Benvenuti viaggiatori – rispose lui – in cosa posso servirvi?».

«Qualche birra e un po' d'acqua per la signora» disse.

L'oste mi scrutò, poi si rivolse al giovane ragazzo che gli era vicino e lo incitò a preparare le bevande.

Arwon distribuì le tre birre, il ragazzo mi portò personalmente l'acqua, sorridendomi in maniera equivoca.

«Stiamo cercando Alex Friedman» disse poi Arwon.

«E perché lo cercate, ragazzi miei?» ci chiese con lieve malizia.

«Non lo sappiamo di preciso, Jerkie ci ha detto di rivolgerci a lui». Parlò con sicurezza e tranquillità, guardandolo negli occhi.

L'uomo passò una mano tra i corti capelli brizzolati, ma il suo volto non tradì alcuna emozione.

Rimase in silenzio per diversi secondi, poi riprese allegramente

«Bene. Non sembrate abbastanza folli per millantare una tale conoscenza, dunque, amici miei, in cosa posso servirvi?».

Avvertii per un attimo un brivido percorrermi la schiena.


Alex Friedman ci fece sedere e ci servi un pasto caldo. Non ci fece domande.

Immagino che preferisse non entrare troppo a fondo nelle faccende che riguardavano Jerkie. Non lo nominò più, tuttavia qualcosa dal suo volto e dai suoi modi lasciava trasparire che l'assassino si trovava ancora tra i suoi pensieri.

Poi ci offri due stanze.

«Qualunque cosa sia accaduta, qui potrete trovare dei letti e del cibo. Potete fermarvi fino a quando lo riterrete opportuno, a patto che non combinate guai» disse.

«Non è nostra intenzione» rispose Arwon.

«Ottimo allora» rispose sorridendo.


Io ebbi naturalmente diritto a una stanza singola: Arwon e Erward furono categorici su questo, Hilbert, al contrario, mi diede l'impressione che, costretto a scegliere, avrebbe preferito la mia compagnia alla loro e che in ogni caso ritenesse la comodità di una stanza doppia, piuttosto che di una doppia usata come tripla, superiore a qualunque convenzione sociale.

Alla fine comunque si arrese, forse per non dover discutere.

Crollai sul mio letto sfinita dal sonno.

Quando mi svegliai era sera inoltrata.

Mi lavai con la tinozza che avevo in camera. Davanti a miei occhi oscillavano l'immagine di Jerkie e quella del guerriero vestito di bianco, mi chiesi per un attimo se potessero essere la stessa persona. Avevano la stessa freddezza in volto e una corporatura simile, ma non riuscivo a sovrapporre le loro figure.

Si somigliavano, forse, ma in qualcosa differivano profondamente.

No. Se quel guerriero esisteva da qualche parte, non lo avevo ancora incontrato.


«Dobbiamo trovare qualche soldo per il viaggio» disse Hilbert quando fummo insieme nella taverna.

«Mi hanno preso tutto durante la perquisizione» risposi.

«Anche a me – ammise lui – proprio tutto».

La sua voce si interruppe un istante prima di pronunciare quelle ultime parole, ebbi una strana sensazione, ma la lasciai correre senza approfondire.

«Non potete partire senza soldi» dichiarò Edward. Il suo tono tradiva una certa speranza.

«Non possiamo neppure rimanere qui – ribatté Hilbert – nostra madre è malata e noi abbiamo già perso troppo tempo. Ci vorranno giorni a cavallo...».


In quel momento un uomo piccolo e grassoccio entrò dalla porta senza curarsi affatto di non fare rumore.

«Alex! - gridò eccitato – Alex!».

L'oste si sporse dalla cucina.

«Grandi novità, amico mio» esclamò.

«Tutti i miei avventori del momento fremono per saperle» gli rispose, dopo aver aspettato qualche istante di silenzio, probabilmente volto a creare un po' di attesa da parte di quel buffo signore.

«Essembra avrà l'onore di ospitare il Consiglio delle Valli - dichiarò poi con solennità – convocato d'urgenza in seguito all'assassinio di Lord Alaskar il saggio. Lo hanno appena deciso».


A quelle parole Hilbert trasalì.

«Dannazione! - esclamò – tra tutte le città delle Valli...»

«Non è necessariamente un male» interloquì Edward.

«Ah no? E cosa ci vedi di positivo, se posso permettermi?» chiese ironicamente.

Dopo un attimo di silenzio Edward disse

«Io avrei un'idea, se ve la sentite di rischiare».

Ci voltammo verso di lui che si schiarì la voce e proseguì

«Lord Ilmeth, il governatore di questa Valle, era un caro amico di Alaskar. Io stesso l'ho conosciuto e ho avuto a che fare con lui in diverse occasioni. Potrei parlargli e spiegargli la situazione. È ovvio che ci sia qualcosa di molto strano in quello che è successo».

«Puoi parlare con chi vuoi e farti arrestare nuovamente – rispose Hilbert – ma dubito che la cosa riguardi me e mia sorella».

«Potrebbe riguardarvi, invece. Hai detto che il luogo dove dovete andare è piuttosto distante» disse.

«Sì» ammise.

«Bene – ribatté soddisfatto – io credo che Lord Ilmeth crederebbe alla mia storia e che come risarcimento per ciò che è accaduto vi troverebbe un passaggio per questo luogo misterioso dove dovete andare».

Hilbert parve rifletterci su.

«E se non dovesse crederti? Ripetiamo la scena dall'inizio attendendo un'altra volta un assassino miracoloso che ci tiri fuori dai guai per qualche sconosciuto motivo?» chiese poi.

«Mi crederà, se voi testimonierete con me» affermò sicuro.

«Sta a sentire. Dietro tutta questa storia c'è un qualche piano strano, che non conosco e non mi interessa conoscere, ma per quello che ne sappiamo il tuo caro Lord Ilmeth potrebbe anche farne parte».

«Lord Ilmeth è incorruttibile» ribatté con decisione.

«Tutti sono corruttibili» rispose Hilbert.

«Questo non è affatto vero» disse.

«Io credo che dovremmo tentare – dissi – e comunque non possiamo lasciare Edward e Arwon a risolvere da soli questa faccenda».

Hilbert mi guardò esterrefatto, ancora una volta come se mi avesse udito dire la più grande sciocchezza del mondo.





Spazio autrice.

Grazie a tutti i lettori!

In particolar modo, come sempre, a chi commenta.

Shark Attack: vero, i personaggi si stanno definendo, ma molti ne dovranno ancora entrare, assolutamente fondamentali per la storia. Su Isotta, poi, c'è moltissimo da sapere...eheh, davvero sono troppo veloce? Dipenderà dal fatto che sono anni che aspetto di mettere per iscritto questa storia?

Cabol:uff, i refusi c'erano, ogni volta che leggo li trovo...e vabbé. Davvero la descrizione del combattimento è riuscita bene? In questo genere di cose sono un disastro, quelle sono le parti che dovrebbero toccare al mio coautore latitante (ma presentissimo per quanto riguarda la trama, giusto ieri sera ne abbiamo discusso abbondantemente...). Il prossimo capitolo sarà cruciale per quanto riguarda lo svolgimento di questa prima parte.


Via, un bacio a tutti!

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Capitolo 8
*** Nel nome della Giustizia ***


NEL NOME DELLA GIUSTIZIA

«D'accordo – disse Hilbert alla fine – ma tu andrai a parlargli da solo. Se non ti crede, come suppongo, voglio un po' di tempo per andarcene, perciò dovrai dire che tu e il tuo amico siete qui da soli»

Edward lo guardò a lungo.

«Come puoi essere sicuro che non vi tradirò, dato che sostiene che tutti siano corruttibili?» chiese poi.

Lo guardai sorridendo.

Hilbert soppesò le sue parole

«Perché sei pazzo di mia sorella e dato che sei un romantico ingenuo non la metteresti mai nei guai» disse.

Edward avvampò, Hilbert lo guardò soddisfatto.

«Io vengo con voi» disse Arwon.


«Li arresteranno» affermò Hilbert appena lasciarono la locanda.


Edward e Arwon tuttavia rientrarono nel pomeriggio, diverse ore dopo.

Edward guardò Hilbert con aria compiaciuta

«Mi ha creduto e vuole vederci tutti» disse.

«E come sappiamo che non ha mentito?» gli chiese.

«Perché era già convinto che stesse accadendo qualcosa di strano prima di vedere noi. La nostra storia ha solo confermato i suoi sospetti e vuole che testimoniano al Consiglio delle Valli».

«Sei più strambo di quanto sembri se credi che accetteremo di venire là» rispose con estrema calma.

«Non parlare per me» protestai.

«Cosa ti interessa di questo posto? Questa non è casa tua».

«Tu mi hai portato qui» esclamai.

«Vero, ma non per questo»

Nella stanza scese un attimo di silenzio.

«Se lo farete Ilmeth vi darà il passaggio magico che vi serve e vi metterà a disposizione tutti i suoi mezzi per curare vostra madre» si intromise improvvisamente Edward.

Hilbert si voltò.

«Non te l'ha detto» esclamò.

«Ma lo farà. Vi aiuterà senz'altro se voi aiuterete le Valli» rispose.

«Forse. Ma non voglio essere coinvolto in questa storia».

«Se tua – mi intromisi – nostra madre sta morendo, il suo aiuto potrebbe essere decisivo».

Hilbert tacque nuovamente.

«Ho già contattato dei chierici. Sono venuti, l'hanno visitata e non hanno risolto niente. A parte il fatto che mi sono costati un sacco di soldi in viaggi» rispose poi.

«Lord Ilmeth è un uomo potente, ha conoscenza che tu nemmeno immagini» disse Edward.

«Proviamoci» insistetti.

«Non mi fido per nulla degli uomini potenti. Anzi, più potenti sono, meno mi fido, è un teorema semplice ma non sbaglia mai».

Ancora silenzio.

«Vale lo stesso se vengo da sola? - chiesi – Lord Ilmeth avrà comunque un testimone».

Edward e Arwon mi guardarono sorpresi.

«Se vostro fratello decide di andare dovrete seguirlo» disse il guerriero.

«Mio padre ha smesso di dirmi quello che devo e non devo fare quando avevo quattordici anni» risposi.

La loro espressione divenne improvvisamente esterrefatta. Hilbert, al contrario, mi guardò incuriosito.

«Io ci andrò» dissi.

Hilbert scrollò le spalle.

«Testarda che non sei altro» boffonchiò, ma la sua espressione mi sembrò velare un sorrisetto soddisfatto.


Lord Ilmeth era un uomo robusto e non molto alto, dall'aria austera e distinta.

Aveva due vividi occhi scuri, intelligenti e profondi, i capelli, tagliati corti e tenuti con cura, cominciavano a mostrare i segni dell'età.

Ci accolse con volto sorridente, ma evidentemente preoccupato.

Edward e Arwon si inchinarono non appena gli furono davanti, io tentai di imitarli, Hilbert, al contrario, accennò appena un saluto col capo.

L'uomo non diede di segno di aver notato il suo gesto.

«Entrate e accomodatevi – disse – grazie per essere venuti».

«Temo che siate rimaste coinvolti in un intrigo assai troppo grande – proseguì – e me ne rammarico profondamente. Non sono certo queste le Valli dove ci piacerebbe far vivere e prosperare la nostra gente».

«Mi dispiace deludervi – rispose Hilbert, calmo come sempre – ma la vostra gente non prospera affatto. Se fosse così non sarei stato costretto a venire qui, contro la mia volontà, per ottenere un favore in cambio della mia testimonianza. Se così fosse... - si interruppe un istante – avrei semplicemente avuto abbastanza denaro da potermi permettere ciò che mi occorre».

Edward arrossì di vergogna per le sue parole, ma Lord Ilmeth mantenne tutta la sua compostezza.

«Capisco. Stai parlando del passaggio magico che Edward mi ha chiesto per voi?».

«Non solo. A quello avrei potuto rimediare con un viaggio a cavallo. Mia madre sta morendo ed Edward sostiene che voi disponiate i migliori chierici delle Valli» disse.

Lui soppesò le sue parole, poi rispose

«Te li metterò a disposizione se accetterai di testimoniare».

Edward sorrise.

«Il destino delle Valli per la vita di mia madre» sussurrò Hilbert, come parlando a se stesso.


«Ciò che vi è accaduto è terribile – dichiarò Lord Ilmeth dopo aver ascoltato nuovamente la nostra storia – ma ancora più terribile è perché porta il segno indelebile della corruzione che sta divorando le Valli. Da tempo l'avvertivo. Molte cose sono accadute. Ad Elisdale, dove governano le Tre Spade, sono avvenuti fatti misteriosi, e taluni mormorano persino che almeno uno di loro sia deceduto. A Brightdale si è sollevata un'ondata di violenza e la popolazione chiede a gran voce un cambio di governo. E infine il terribile omicidio del nostro Gran Consigliere, con l'assurda accusa a vostro riguardo e così la possibilità di tagliare Edward fuori dai giochi. Lord Blay è un uomo strano...».

«Alaskar non si fidava affatto di lui» precisò Edward.

«E aveva visto bene, suppongo. A questo punto mi chiedo solo chi o cosa sia dietro a questa catena di avvenimenti» proseguì.

«Già. Un dettaglio di poco conto, in fondo - interloquì Hilbert – il punto fondamentale della questione è che qualcuno sta cercando di sottrarvi il potere che avete accumulato e la cosa vi dispiace assai».

«Impudente!» tuonò Edward.

«Il nostro è un governo democraticamente eletto – rispose tranquillamente Lord Ilmeth – non è sicuramente perfetto, ma ci sforziamo continuamente per migliorarlo. Ciò che sta accadendo è sintomo di altro. Capiremo chi sta tramando nell'ombra e porremo fine ai suoi intrighi. Edward occuperà il posto che gli spetta, se la popolazione apprezzerà la scelta di Lord Alaskar».

Edward arrossì vistosamente.

«Testimonierete al Consiglio delle Valli?» ci chiese poi.

«Non mi importa di chi siede al governo. Non fa alcuna differenza pratica, per quelli come noi che non sguazzano propriamente nell'oro. Ma testimonieremo, se ci garantite protezione e aiuto per nostra madre» disse Hilbert.

«Non appena il Consiglio sarà terminato, qualunque ne sia l'esito, raggiungerete vostra madre insieme ai miei chierici migliori – dichiarò allungando la mano a sfiorare l'elsa della sua spada – vi do la mia parola sul nome di Triskell».

«Se sarà un dio a garantirci, allora staremo tranquilli e dormiremo sogni profondi» concluse Hilbert.

Lord Ilmeth gli lanciò un'unica occhiata glaciale, prima di riprendere il suo discorso per spiegarci esattamente come si sarebbe svolto il Consiglio delle Valli e quando ci avrebbe chiesto di parlare.

Io, tuttavia, ascoltai assai poco. Il nome che aveva pronunciato, Triskell, e che Hilbert aveva associato a un dio, continuava a risuonarmi nella mente. Avevo la sensazione di averlo già udito, molto, moltissimo tempo prima, ma non riuscivo a ricordare se si fosse trattato di un episodio della mia vita reale oppure di uno dei miei usuali sogni. Niente, d'altra parte, avrebbe potuto stupirmi dopo ciò che era già accaduto.

Quando lasciammo la Torre bianca che il governatore della Valle aveva eletto a sua dimora, anch'essa già svettante nelle mie notti infantili, notai, proprio di fronte alla massiccia porta di bronzo da cui stavamo uscendo, una piccola struttura di pietra esagonale. Era solida e ben piantata sulla terra, priva di orpelli e fronzoli, fatta eccezione per un bassorilievo che campeggiava sulla grossa entrata squadrata, priva di qualunque sbarramento fisico: raffigurava due mani, la prima, sulla sinistra, a palmo aperto e teso, la seconda, sulla destra, stretta in un pugno serrato; al centro si trovava l'immagine di una spada verso cui entrambe le mani si protraevano.

«Come avrai capito, l'intera regione è dedica al culto della Triade» mi disse Edward sorridendo. Capii che era qualcosa di talmente noto che chiunque avrebbe dovuto conoscere.

Mi limitai ad annuire, riproponendomi di chiedere a Hilbert qualche ulteriore spiegazione.


Mi fornì quelle spiegazioni prima che dovessi porgli qualunque domanda.

«Il culto della Triade. Non ho mai sentito tante sciocchezze tutte in una volta!» esclamò aprendo di soprassalto la porta di camera mia.

«Avrei potuto essere nuda!» esclamai di rimando, seccata per la sua intrusione.

«E allora? Sei mia sorella gemella - rispose come se fosse la cosa più naturale del mondo, poi proseguì – ma l'hai sentito? Ha giurato su Triskell, come se dovesse valere qualcosa».

«Chi è Triskell? E la Triade?» chiesi.

«Si può sapere perché vuoi testimoniare? - domandò lui sedendosi sul mio letto – ci metteremo in un mare di guai»

«Ti ho fatto una domanda» obbiettai.

«Dovremmo andarcene» proseguì.

«Hilbert! - gridai – ti ho fatto una domanda. Vuoi degnarti di rispondermi?».

«Non agitarti – rispose – non ti ho risposto perché non ne vale la pena, credimi. Triskall è il cosiddetto dio della giustizia, la Triade è composta da lui, Oghman, il dio buono, protettore di tutti i disperati, e Luanis, signore della battaglia, dello sterminio e di altre cose di questo tipo. Solo soltanto dei».

«Tu non credi agli dei?» azzardai.

«Cosa vuol dire?» mi chiese confuso.

«Non credi alla loro esistenza?» precisai.

«Esistono, disgraziatamente. Tu non ci credi?».

«È differente, nel mio mondo» risposi.

«Già» ammise.

«Comunque esistono. Solo che mi sono poco simpatici, o più precisamente mi sono poco simpatici i loro preti. Sono soltanto dei nomi con cui loro fregano gli altri, ottenendo potere e ricchezza per se stessi a danno dei disperati e degli ingenui». Hilbert parlava con una voce diversa dal solito. Era scomparso tutto il suo cinismo, rimaneva solo una certa nota di rassegnazione e disgusto.

In quel momento, avrei dato chi sa cosa per sapere quale tipo di vita avesse condotto fino a quel momento Hilbert, mio fratello.





Nota autrice.


Grazie a tutti!


Cabol: beh, ci commentiamo a vicenda...come sono poco seguite questa storie fantasy originali, vero? Grazie come sempre per il commento...Isotta, beh, Isotta è un personaggio che ho amato e amo tantissimo, ma devo dire che tutti, in questo gruppo, sono adorabili! E tanti dei migliori devono ancora arrivare...


Raukath: vero tutto quello che dici, che ne pensi, chiedo a Cabol? Lui si che scrive...non come il mio coautore...a cui però oggi non posso proprio rimproverare nulla, dato il bellissimo capitolo che mi ha inviato. E poi, senza di lui, nemmeno ci sarebbe questa storia (ma vediamo di non drammatizzarla troppo, che è già tragica così...).



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Capitolo 9
*** Il Consiglio della discordia ***


Il Consiglio della Discordia


Due giorni dopo, come previsto, Lord Ilmeth ci fece scortare nel luogo dove si sarebbe svolto il Consiglio delle Valli.

Il governatore di Irondale aveva scelto per l'evento che avrebbe determinato le sorti della sua terra il grande tempio di Triskall che sorgeva nel centro esatto di Essembra.

Come quello che avevo visto di fronte alla Torre Bianca, anche questo era sobrio e discreto, ma immensamente più maestoso e possente nel suo diametro immenso e nella sua struttura gigantesca. Al suo interno si poteva ammirare un unico affresco, di fattura perfetta, raffigurante una battaglia: al centro si ergeva una figura di immensa bellezza e splendore, privo di corazza ma armata di una spada luminosa, che indovinai essere essere Triskall stesso.

«È stato realizzato con la magia» mi sussurrò Edward vedendomi assorta nella sua contemplazione.

Non risposi limitandomi a sorridere: dal momento stesso in cui avevo mosso il mio primo passo all'interno del tempio avevo avvertito intorno a me un calore innaturale e una strana sensazione di pace pervadermi l'anima.

Non mi abbandonò neppure quando la folla cominciò a entrare riversandosi nella zona preparata appositamente, con clamore e confusione nonostante lo zelo delle guardie che tentavano di richiamarli alla calma.


Poi cominciò il Consiglio.

Lord Ilmeth, in qualità di governatore della città ospitante, fu il primo a parlare, introdusse brevemente la situazione, ripetendo le stesse cose che aveva detto a noi, poi si rivolse agli altri governatori.

«Non so esprimere a parole il cordoglio che provo per la perdita di Lord Alaskar, il Saggio. La sua scomparsa è una disgrazia terribile per le Valli, e più ancora è perché avviene in un momento di grave crisi politica – cominciò – Lord Gregory Blay, momentaneamente reggente di Misteldale dopo il gravissimo lutto – mi parve sottolineare con particolare enfasi quelle parole, quasi a voler rimarcare il carattere temporaneo di quella carica – ha richiesto questo Consiglio aperto, e Irondale ha avuto l'onore di organizzarlo. Tuttavia nella mia Valle Triskall ha vegliato con occhio benevolo e non vi sono stati ad oggi particolari problemi – Hilbert boffonchiò la sua disapprovazione - pertanto lascio a voi la parola perché possiate descriverci ciò che accaduto» concluse rivolgendosi ai sei uomini che avevano preso posto attorno a lui, seduti a una tavola circolare.

Tra loro Lord Gregory Blay, l'uomo che ci aveva accusato e giudicato, sedeva tronfio e superbo come già lo avevamo veduto. Naturalmente egli non poté notarci tra la folla agitata e bisbigliante, né avrebbe potuto, probabilmente, se non avessimo indossato per prudenza i mantelli che ci nascondevano il volto.

Ebbi tuttavia la sensazione che assai più che su di lui, lo sguardo profondo di Lord Ilmeth si concentrasse sulla figura incappucciata e mascherata che sedeva silenziosamente su uno degli scranni.

A turno i governatori parlarono, descrivendo la situazione delle proprie terra: il primo fu Lord Valeant Narsell, governatore di Shadowdale, un uomo energico e vigoroso che rifiutò di ammettere qualunque problema di sicurezza, poi fu il turno di Lord Simous Tanar, governatore di Fairydale, piccolo e gobbo. Di lui Edward ci disse che manipolava la trama e che era particolarmente inviso a Lord Alaskar; Fairydale era una Valle esposta al pericolo, poiché terra di confine, e l'uomo chiese sicurezza e forza nella risposta. Lord Janus Sionn, governatore di Brightdale, parlò per terzo, descrivendo la situazione di guerriglia civile che la sua Valle stava attraversando da circa un mese: il sollevamento popolare si era verificato a causa della siccità che avrebbe portato un pessimo raccolto e, come Lord Ilmeth ci aveva detto, chiedeva a gran voce un cambio di governo. Quindi fu il turno della Spada di Elisdale, il più enigmatico e laconico dei presenti. Non rivelò il suo nome né scoprì il cappuccio che celava il suo volto e la sua identità, ma confermò le voci che volevano la morte di due Spade accusando ignoti omicidi che ambivano al potere. Lord Taresk Nionn fu il quinto a prendere la parola, parlava con voce concitata e alta ripetendo ciò che Lord Tanar aveva già detto: come Fairydale, infatti, anche Waterdale si trovava nel cerchio più esterno e sarebbe stata la prima vittima di eventuali attacchi. Prese infine la parola Lord Gregory Blay che narrò addolorato e al colmo di un'emozione che mi apparve falsa e ingannevole dell'efferato omicidio del Gran Consigliere, del processo e dell'esecuzione dei prigionieri.

Trasalimmo nell'udire la sua menzogna.

Allora Lord Ilmeth parlò, come se avesse atteso quel momento fin dall'inizio.

«Avete liquidato ciò che è avvenuto con estrema celerità, Lord Blay» disse.

«Le circostanze lo richiedevano e non vi era alcun dubbio sull'identità dei colpevoli» rispose.

«Tuttavia tra di essi avete individuato, e condannato, un uomo nei cui confronti Lord Alaskar riponeva la massima fiducia, a tal punto da proporlo come suo successore» proseguì.

«Assai fuori luogo, se mi consentite. Lord Alaskar si era forse lasciato accecare da un affetto che non ha trovato corrispondenza» confermò.

Edward strinse i bugni e digrignò la bocca.

«Eppure spero che converrete con me sul fatto che Lord Alaskar era tutt'altro che un uomo sprovveduto» precisò Ilmeth.

«Non ne sarei così convinto, in questo caso. La sua proposta ce lo conferma: aveva scelto come suo possibile successore un giovane di non più di venticinque anni che, seppure non fosse stato, come invece è stato, un crudele omicida senza scrupoli assetato di potere, si sarebbe rivelato sicuramente troppo inesperto per un ruolo di tale responsabilità» rispose con arroganza.

«Voi dite, Lord Blay? Io suppongo invece che Lord Alaskar non credesse affatto di lasciarci così presto e che per questo motivo ritenesse di potersi concedere il lusso di insegnare al suo pupillo ciò che sapeva, avviandolo lentamente e con la sua usuale saggezza alla vita politica, crescendolo, insomma, nell'ambiente in cui egli stesso lavorava e viveva. Non la definirei affatto la scelta di un uomo sprovveduto» ribatté tranquillamente.

«Si è allevato una serpe in seno! - esclamò con forza – quello è l'uomo che l'ha ucciso».

«Questo è ciò che ci avete detto» rispose.

«Mi state accusando di qualcosa?» domandò concitato.

«Sto solo dicendo che non approvo il modo in cui avete agito» ribatté.

«Non è affar vostro la maniera in cui gestiamo i nostri processi e i nostri affari interni. Non mettete il becco nelle faccende di Mistaldale, Lord Ilmeth».

«Mi dispiace contraddirvi ancora, Lord Blay, ma l'omicidio del Gran Consigliere non può affatto considerarsi una questione interna» precisò.

«Ha ragione! - tuonò Lord Narsell – avreste dovuto informare tutti del processo e invitarci a partecipare».

«Le circostanze richiedevano una presa di posizione» rispose Lord Blay cercando di riacquistare la calma che stava perdendo.

«Avevate catturato i vostri sospetti e li avevate messi nella condizione di non nuocere. Non c'era nessuna circostanza particolare» disse ancora Lord Narsell.

«Io temo – sibilò Lord Tanar – che Lord Blay si sia fatto prendere dalla fretta, tuttavia non possiamo biasimarlo, non credete? Nessuno di voi vorrà negare, spero, che le circostanze in questione fosse davvero eccezionali» la sua voce suonava calma e suadente, quasi una litania in mezzo a quella confusione.

La folla parve acconsentire con mugolii di approvazione, Lord Ilmeth lo fissò con disappunto.


«Lord Ilmeth dovrebbe chiamarci a momenti» sussurrò Arwon.

«Non aspetto altro che di porre fine a questa pagliacciata» rispose Edward con una rabbia che non gli era consueta.

«Temo che questa pagliacciata sia appena cominciata» ribatté Hilbert. Il suo tono tradiva una vaga desolata rassegnazione.


Poi, mentre la discussione proseguiva ancora e l'agitazione della folla cresceva, vidi gli occhi di Ilmeth tornare improvvisamente a posarsi sulla Spada, come se avesse intuito ciò che stava per accadere.

Pochi istanti dopo, infatti, l'uomo si alzò in piedi e cominciò a parlare, per la seconda volta da quando il Consiglio aveva avuto inizio.

«Circostanze eccezionali, voi dite. Sì, ciò che è accaduto è eccezionale, ma solo perché ci siamo fatti cogliere alla sprovvista. Quanti segni abbiamo avuto? Quanti avvertimenti?» chiese.

«Di cosa state parlando?» chiese concitato Lord Narsell.

«Delle minacce che ci assalgono da ogni parte mentre noi qui, divisi e deboli, continuiamo a litigare: gli elfi scuri che muovono dal Bosco dei Lupi, i Vaalani senza scrupoli da Sud, il Deserto Sconfinato e i suoi oscuri misteri ad Est, ma più di ogni altro, e voi tutti lo conoscete bene, il pericolo dei Gensai viene da Nord, da Ovest, e presto giungerà da ogni parte – rispose – oppure credete davvero che ciò che ci sta accadendo non abbia nulla a che vedere con questo?».

«State parlando di un complotto?» chiese Lord Nionn pieno di apprensione.

«Sto parlando di divisione e debolezza e di nemici che la sanno sfruttare. E Waterdale sarà la prima a cadere». Lord Nionn tremò vistosamente.

«Le Valli sapranno difendersi!» esclamò allora il governatore di Brigtdale.

«Proprio voi parlate che non sapete mantenere la pace a una minuscola terra che vi è stata affidata? - l'uomo arrossì vistosamente – come credete di poter garantire quella della Valli intere?».

«E quale soluzione propone il governatore di Elisdale?» chiese mellifluo Lord Tanar.

Tutti i presenti si voltarono a fissare la Spada, come incantati.

«Uniamoci, e fronteggiamo insieme le minacce, diamo vita ad un nuovo periodo nella storia delle Valli» esclamò, come se non avesse atteso altro. Invece di rivolgersi ai governatori, tuttavia, l'uomo si era adesso voltato verso la folla e verso di noi, aveva sollevato le braccia e il suo volto era carico di trasporto.

«Che follia è mai questa?» gridò Lord Narsell.

«Follia? Follia è la divisione! - rispose con rabbia crescente – follia è nascondere a questa gente il pericolo terribile che sta correndo. Follia è sacrificare le Valli per garantirsi un briciolo di potere!».

Lord Ilmeth lo fissava esterrefatto, mentre tra la folla, lentamente, cominciavano a serpeggiare grida di approvazione.


Allora la Spada salì in piedi sul grosso tavolo.

«Vi richiamo all'ordine!» tuonò Ilmeth.

«Ordine? Quale ordine? Quello che voi sapete garantire? - chiese, poi proseguì, rivolgendosi nuovamente alla folla – è questo l'ordine che volete? Tasse esorbitanti, povertà e soprattutto una guerra lunga e straziante che vi strapperà i vostri cari e vi porterà via tutto ciò che avete costruito?».

«No» gridò la folla unanime e convinta.

«E allora dobbiamo unirci in un unico regno. Unirci per garantire la pace e la prosperità».

«Sì» gridarono ancora.

I presenti, ormai numerosissimi, lo ascoltavano rapiti, trasportati sull’onda delle sue parole, scaraventati prima in mezzo ad una guerra sanguinosa ed atroce, che giungeva da ogni parte, come lui aveva descritto, ed infine cullata tra le dolci braccia di una pace che aveva promesso. Quindi l’ultima delle Spade calò il cappuccio che celava la sua identità, e tolse la maschera che proteggeva il suo segreto.

Un uomo sulla quarantina, alto e muscoloso, dai capelli biondicci e dagli occhi azzurri e infantili, apparve davanti a noi. Il suo carisma era percepibile.

«Il mio nome è Albert e se lo voi lo volete io vi guiderò verso la pace! - gridò ancora – io sarò re Albert I, delle Valli unite sotto a un'unica felice egida!».

«Albert, Albert, Albert» risposero deliranti.

A un cenno di Ilmeth le guardie si erano mosse verso di lui, ma altri uomini armati sembrarono emergere improvvisamente dalla folla tumultuosa e festante.

«Fermali, se non vuoi dare inizio a una strage» affermò la voce infida di Lord Tanar.

Ilmeth parve riflettere un secondo, poi fermò i suoi uomini.

I Consiglieri si erano divisi e stavano lasciando la sala scortati ciascuno dalle proprie guardie. Lord Narsel gridava insulti nella direzione della Spada, ormai protetto dalla folla. Solo Lord Ilmeth rimase immobile, mentre Albert e la sua infiammata platea si spostavano all'esterno del tempio. Lui sciorinava tra il misticheggiante e il folle sul bene del popolo e sulla sua sicurezza tra grida inneggianti, mani tese e occhi colmi di emozione.

Aveva carisma da vendere e un fascino decisamente innegabile.


«Che sta succedendo?» chiese Edward.

«Che i nodi stanno venendo al pettine, caro mio. Lord Ilmeth voleva sapere chi si celava dietro tutto questo. Ebbene, adesso lo sa, e mi chiedo come potrà mai porvi rimedio - rispose Hilbert – a meno, naturalmente, che non intervenga Triskall in persona a garantire il suo protetto»

«Tu credi che sia stato lui a pianificare tutto?» chiese Arwon ignorando la sua provocazione.

«No di certo, Arwon. L’assassinio del Gran Consigliere sarà di sicuro stata una coincidenza, come anche il fatto che ne sia stato accusato l’uomo che lui aveva indicato come successore. Ah, e come dimenticare che uno dei governatori, guarda caso, che strano, l'unico che nessuno aveva mai visto in volto prima, si sia proposto come re per tutta la baracca? Le coincidenze sono una cosa meravigliosa, manifestazioni dell'onnipotenza divina, non credete?» disse.

«Non fare l’idiota» lo rimproverai.

«La sola coincidenza che vedo è il nostro coinvolgimento in tutto questo - concluse guardandomi negli occhi e tornando improvvisamente serio – sapevo che non avremmo dovuto rimanere».

Due guardie, le stesse che ci avevano tenuto sott'occhio durante tutto il Consiglio, si avvicinarono a noi.

«Lord Ilmeth vi prega di seguirci a palazzo» sussurrarono.

Scivolammo silenziosamente fuori dal tempio, mentre altri guerrieri armati ma composti cercavano di mantenere un minimo di ordine evitando eccessivi guai all'interno del Tempio.

Poco prima che riuscissimo a defilarci, tuttavia, mi voltai e guardai quel pazzo un'ultima volta, accanto a lui si trovava in piedi, impassibile e immobile, un guerriero vestito di bianco, al cui fianco pendeva una grossa catana lucente.


Spazio autrice.


Bene, ho realizzato una piccola e pessima mappa (sono negata anche per il disegno elettronico) tanto per darvi un'idea di quel pezzetto del Sidhe.Appena capisco come la pubblico.

Per qualunque informazione sono a disposizione, anzi, mi aiuterebbero a capire cosa non è chiaro.

Capitolo difficilissimo da scrivere, i commenti sui personaggi li lascio a voi, come pure le deduzioni sulla conclusione.

Un bacio a tutti!


Ringrazio poi, e di cuore come sempre:


Shark Attack:cara, è sempre bello ritrovarti. Il titolo precedente era CRONACHE DEL CIELO, DELLA TERRA E DEL MARE. Spero davvero di non mollare, soprattutto adesso che il mio coautore è tornato all'opera...d'altra parte, con gioco di ruolo siamo davvero avanti mentre la storia è solo all'inizio, ne avremo di cose da raccontare. Ma finché c'è qualcuno che segue scriverò senz'altro. I nodi, è vero, cominciano a sciogliersi, ma ne arriveranno moltissimi altri. Spero che continuerai ad esserci. Baci.


Cabol: oh mamma, questo capitolo sarà zeppo di refusi, ma giuro, era troppo complicato. Non sono brava come te con scene di questo tipo (sovraffollate e un po' giallistiche nell'atmosfera). I tasselli, sì, vanno un po' per volta al posto giusto, ma considera che ormai giochiamo questa campagna da anni, e sempre con gli stessi pg. Non so come farò a farci stare tutto! Un bacio e grazie per l'incoraggiamento continuo.

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Capitolo 10
*** Una musica misteriosa ***


Una musica misteriosa


«Sei improvvisamente impallidita» mi disse Edward premuroso come sempre, non appena rientrammo alla Torre Bianca.

«Forse si sarà resa conto anche lei di quanto sia stato assurdo rimanere qui!» esclamò Hilbert.

«Lord Ilmeth manterrà comunque la sua promessa» rispose Edward.

«Non è questo» dissi io. Si voltarono a guardarmi.

«Accanto a quel pazzo delirante c'era un uomo, un guerriero vestito di bianco, che portava al fianco una grossa catana» proseguii.

«La cosa ci tange in qualche modo?» mi chiese Hilbert con poco interesse.

«Non a te, forse – risposi seccata– ma per quanto mi riguarda quel guerriero è comparso in uno dei sogni più strani che abbia fatto da ragazzina e la cosa mi sorprende eccome».

«Si tratterà di una vaga...» cominciò.

Lo interruppi bruscamente.

«Non è una vaga somiglianza. È lui. Stesso vestito, stessa arma, stessa corporatura, stessi capelli...».

«D'accordo, il concetto è chiaro» concluse.

«Solo gli occhi...non sono riuscita a vedere i suoi occhi» ammisi.

«Sono così importanti? - domandò Arwon con dolcezza – se tutto il resto corrisponde, probabilmente non sono necessarie ulteriori conferme».

Annuii.

Sapevo bene che se volevo vedere i suoi occhi c'era un motivo preciso, piuttosto imbarazzante da spiegare a loro.

Così preferii soprassedere.

«Che significa? Avevo già visto Essembra e anche quel guerriero, ma non ne capisco il senso» dissi poi.

«Forse ti è stato aperto uno squarcio sul futuro» disse Edward.

«E probabilmente ciò significa che il tuo legame con tutto questo è assai più forte di quanto non sarebbe il caso – aggiunse Hilbert – il che comincia seriamente a farmi preoccupare».


Poco dopo Lord Ilmeth ci raggiunse nella sala dove lo stavamo attendendo.

Era sorridente, ma alquanto impensierito.

«Miei cari ragazzi – cominciò – temo di aver decisamente sottovalutato la situazione. Il Consiglio non si è svolto come speravo. Non vi ho chiamato a testimoniare perché non avrei fatto altro che farvi correre rischi inutili, con la folla così sobillata e le posizioni dei consiglieri completamente incerte».

«Non mi sembravano affatto incerte» ribatté Hilbert.

L'uomo lo guardò con un certo interesse, che invitava a proseguire il discorso.

«Lord Blay, oltre al dettaglio di aver gestito materialmente la pianificazione dell'omicidio del Gran Consigliere, ha convocato un consiglio aperto, cosicché colui che si è spacciato per una delle Spade potesse approfittarne. È evidente che sapeva di ottenere un tale effetto sulla gente che lo ascoltava.. La loro posizione dunque è chiarissima. Lord Tanar ha contribuito in qualche modo con i suoi poteri ad amplificare il naturale carisma di quell'uomo, e quindi anche la sua posizione è chiara. Lord Sionn è un inetto, incapace di gestire persino i problemi interni, ma chiaramente non ha preso parte a questo complotto...» disse con estrema calma.

«Come puoi esserne così sicuro? Potrebbe aver finto, non credi?» chiese sorridendo.

«Il suo imbarazzo non era fasullo» dichiarò.

«Prosegui dunque. Cosa pensi di Lord Narsell e di Lord Nionn?».

«Lord Narsell è un guerriero – interloquii io – non mi pare avvezzo a un tale genere di raggiro. E sembrava sinceramente infastidito da quanto stava accadendo».

«Per quanto riguarda Lord Nionn... – riprese Hilberth – l'impressione è che fosse piuttosto spaventato».

«È vero – confermai – ma non tanto come chi ha paura di un ricatto o di una minaccia».

«Precisamente – concluse Hilbert – direi piuttosto come uno che si è lasciato convincere dai deliri di un pazzo farneticante. Che poi, a volerla dire tutta, non sono precisamente deliri. Non ha inventato nulla elencando i pericoli che le Valli devono fronteggiare, né riguardo alla situazione di debolezza politica che stanno attraversando».

«Avete un acuto spirito d'osservazione» si complimentò Ilmeth.

«Gli dei ci hanno dato gli occhi per guardare, suppongo» rispose Hilbert, non senza lasciar trasparire un sorrisetto nemmeno troppo vagamente ironico.

«Bene – concluse il governatore – vi farò accompagnare da vostra madre, come promesso. Partirete domani mattina».

«Voi cosa intendete fare?» chiese poi rivolgendosi a Edward e Arwon.

Edward tacque un istante.

«Vorrei andare a fondo a questa storia, Lord Ilmeth. Alaskar era un mio carissimo amico e il mio nome è stato coinvolto in maniera feroce» disse Edward.

«Lo capisco e lo approvo – rispose – inoltre spero che, quando tutto ritornerà alla normalità, potremmo indire delle regolari elezioni per discutere la tua candidatura a Gran Consigliere».

«Vi ringrazio, ma non sono sicuro che quel ruolo mi competa. Forse se, come voi avete detto, Alaskar avesse terminato il suo lavoro di insegnamento, avrei davvero potuto assumermi questa responsabilità. Ma non ha potuto farlo e adesso io desidero solo che abbia giustizia» disse, dai suoi occhi traspariva la commozione che cercava di reprimere.

Lord Ilmeth annuii comprensivo.

«Tuttavia – disse ancora Edward, parlando adesso più velocemente e con maggiore ansia – vorrei poter accompagnare Hilbert e Isotta in questo viaggio, se me lo consentite».

«Naturalmente» rispose lui.

«E poi non ditemi che non ho sempre ragione» commentò Hilbert guardandolo con un misto di commiserazione e di noia.


«Mi chiedo perché ce l'abbia tanto con i Gensai» disse Hilbert quando fummo da soli.

«Qualunque persona di buon senso odia i Gensai» ribatté Arwon.

«E lui ti sembra avere buon senso?» concluse sarcastico.

«Chi sono i Gensai?» chiesi.

Arwon e Edward si voltarono stupefatti verso di me.

Hilbert mi rispose tranquillamente

«Un'organizzazione di esaltati che opera in tutto l'Est del Sidhe, e probabilmente anche oltre. Il loro banale sogno è quello di instaurare una dittatura totale, insomma, il dominio completo. Una sciocchezza».

«Seguono i dettami di Olisdul» interloquì Edward.

«La faccia meno ipocrita di Triskell - precisò Hilbert sotto allo sguardo esterrefatto di Edward – in ogni caso sarebbe davvero interessante saperlo».

«Cosa?» chiesi.

«Perché il nostro Albert ce l'ha così tanto con i Gensai».

«Non potrebbe semplicemente aver citato un nemico a caso, tanto per convincere la folla?» chiese Arwon.

«Potrebbe – risposi – ma hai fatto caso hai suoi occhi mentre ne parlava? Ribollivano di rabbia».

«E brava Silen. Ci vedi anche tu, allora. Cominciavo a pensare di essere l'unico» interloquì Hilbert.

«Come potremmo scoprirlo?» chiese Edward.

«La cosa non è affar nostro – rispose Hilbert – tuttavia forse potremmo tornare al Tempio, prima di lasciare definitivamente Essembra. Chissà che non mi aiuti a riflettere» concluse.

La strana espressione che gli si dipinse sul volto mi suggerì che in quella sua insolita richiesta ci fosse qualcosa di più di quello che diceva, tuttavia l'idea non mi dispiacque affatto.


A Essembra tutto era tornato tranquillo.

La folla della mattina si era completamente dispersa, ritornando probabilmente alle solite occupazioni dopo quel bagno di emozione e adrenalina.

Quella calma appariva tuttavia innaturale e strana, come la quiete prima della tempesta.

Il Tempio di Triskall ci accolse benevolo e tranquillizzante. Quasi ogni traccia di ciò che era avvenuto era stata cancellata, alcuni inservienti, tuttavia, erano ancora affaccendati a sistemare le ultime cose. Nuovamente avvertii un confortante calore pervadermi lo spirito e il corpo, e una musica lieve si insinuò nella mia mente.

La seguii fino a raggiungere il grosso tavolo intorno al quale, poche ore prima, i consiglieri avevano seduto.

Non vidi l'anziano prete avvicinarsi a me e quasi non lo udii rivolgermi la parola.

Seppi solo che avrei dovuto chinarmi e raccogliere un piccolo brandello di stoffa, rimasto a terra, e seppi, senza comprendere il motivo, che quel brandello di stoffa apparteneva al mantello di Albert.

A quel punto la sua voce mi raggiunse.

«Benvenuti nel Tempio di Triskall – ci disse dolcemente, ma con vigore – che l'occhio della Giustizia vegli sempre su di voi».

«E su di tutti voi, fratello» rispose solennemente Edward.

«E sull'intero Sidhe» precisò Hilbert senza mostrare nella voce alcuna traccia di scherno.

L'uomo accennò un inchino, poi si allontanò invitandoci a rivolgerci a lui per qualunque necessità.

Mostrai a Hilbert la piccola porzione di stoffa che stringevo tra le mani.

«Cos'è?» chiese.

«Quello che stavi cercando, suppongo. Apparteneva al vestito di Albert, deve essersi strappato quando la folla gli si è stretta attorno» risposi distrattamente.

Lui mi guardò sorpreso, poi scosse la testa e allungò la mano per prenderlo.

«Adesso devo restare solo per qualche minuto» disse.

«Nel Tempio?» domandò Edward senza capirlo.

«Conosci un luogo più accogliente?» ribatté.


Quando dopo non molto ci raggiunse all'esterno aveva in volto un sorriso soddisfatto.

«Non so ancora perché odia i Gensai – disse – tuttavia so che non è stato lui ad uccidere la Spada a cui ha sottratto questo bel mantello decorato».

«Come lo sai?» chiese Arwon.

«Lo so e basta. Prima di arrivare in suo possesso è passato tra le mani più giovani di un guerriero. È stato questo guerriero a trafiggere il suo precedente proprietario con una bella arma affilata e curva, tipo... una catana – disse simulando emozione – Poi l'ha ceduto spontaneamente all'arringatore folle. Entrambi, pensate un po', sono molto cattivi».

Sottolineò con enfasi forzata la parola “molto”.

«Ma quello che è più importante mia cara Silen – proseguì – è che il tuo guerriero onirico deve saperla davvero lunga per essere riuscito a far fuori una Spada, o ancor meglio, tutte e tre. Non sono combattenti da niente se l'elezione viene realizzata al termine di un torneo della durata di un mese».


Mi addormentai nella Torre Bianca, dove Lord Ilmeth insistette per ospitarci.

La musica e quella strana sensazione che avevo provato non mi abbandonarono, ma preferii non parlarne poiché io per prima non avrei saputo trovarvi una spiegazione.

Quando Hilbert mi chiese come avessi fatto a capire ciò che intendeva fare, scrollai le spalle.

Lui non insistette oltre.

Solo, prima di lasciarmi, disse

«Ci sono troppe cose poco chiare. Non mi piace affatto lasciare che sia il destino a decidere dove dobbiamo andare».

Tacqui un istante.

«Da nostra madre – dissi poi – è lì che dobbiamo andare, non è vero?».

Annuì silenziosamente.

«Se davvero quei preti potranno curarla, allora forse sarà valsa la pena lasciar decidere al destino» ribatté.

La sua voce mi risuonò alle orecchie carica di una dolcezza sincera e totalmente nuova.




Angolo autrice.

Grazie a tutti! A disposizione per qualunque chiarimento, fatemi notare se le cose non sono chiare.


In particolare, grazie devo però dirlo a Raukath, tornato con me in questa avventura della scrittura dopo un po' di tempo, con cui ho concepito questa trama e di cui presto posterò capitoli o parte degli stessi. È lui che ha inventato tutti i personaggi non protagonisti (vale a dire quelli che sono Isy, Hilbert, Ed e Arwon).

Ed è lui che ha cominciato tutto.

Dunque grazie.

Perché scrivere è la cosa più divertente che si può fare da soli, ma è ancora meglio da farsi in due.

Perché mi è mancato tanto scrivere insieme a lui.

Perché senza di lui non sarebbe lo stesso.


E grazie naturalmente a:

Cabol: a parte il fatto che attendo con ansia il tuo aggiornamento, qualche refuso c'era...sarà l'età che avanza o commovente pietà per la sottoscritta? Sono felice che il capitolo precedente risultasse lineare, sono sempre il bilico tra il creare troppa confusione e lo spiegare in eccesso. Questo, comunque, dovrebbe fornire qualche indicazione in più. Che combinerà Isy? Uh, delle belle. La situazione si sta davvero complicando, e pensare che lei se ne stava tranquilla a leggere il suo libro in giardino. E adesso questo pazzo di Albert guarda cosa va a combinare...e per giunta c'è il guerriero di bianco vestito...


Shark Attak: bravissima!!! Sono proprio contenta. Eh, sapevo che il capitolo sarebbe risultato un po' confuso. Ci sono un sacco di nomi, hai ragione...ma di tutti, com'è ovvio, Albert è quello da tenere d'occhio...e poi quel guerrieruccio di passaggio, che piace tanto alla sottoscritta. Isy avrà un bel da fare a districarsi in tutte questa storie, pensa che dopo tre anni di gioco a cadenza settimanale non c'è ancora riuscita!


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Capitolo 11
*** La magia che osserva e la magia che guarisce ***


La magia che osserva e la magia che guarisce


Come Lord Ilmeth ci aveva promesso, la mattina successiva tutto era pronto per il nostro viaggio.

«Che tipo di passaggio ci procurerà Lord Ilmeth?» chiesi.

Edward mi spiegò pazientemente che si trattava di una magia arcana, vale a dire una manipolazione della trama, che avrebbe spostato i nostri corpi in un altro luogo, nel tempo di pochi secondi. Disse che si chiamava “teletrasporto”.

Tra me e me pensai che fosse straordinario come, “dalle mie parti”, si stesse ancora cercando di inventarlo, eppure lo si chiamasse con lo stesso nome.

Poi aggiunse che lo aveva già utilizzato un paio di volte, in vita sua, e che avrei dovuto stare tranquilla perché non vi era assolutamente nulla di pericoloso. Hilbert, che dall'inizio del discorso si stava mordicchiando le labbra, non poté più esimersi dall'intervenire buttando lì battutine acide sulla magia e sui suoi manipolatori, preti o maghi che fossero. Nonostante ciò, tuttavia, sembrava abbastanza allegro.

Poi però, sollevò gli occhi verso il soffitto, con un gesto improvviso.

«Ma che accidenti!» esclamò.

Edward e Arwon si guardarono perplessi.

«Che succede?» chiesero.

«Possibile che non vi siate accorti di niente?» ribatté bruscamente.

«È una strana sensazione» risposi io.

«Allora te ne sei accorta» proseguì.

«È come se qualcuno ci stesse osservando. Non è la prima volta che mi capita, ma credevo si trattasse di un'impressione» risposi.

«Non è per niente un'impressione. È stramaledetta magia, invece».

«Uno scrutamento?» interloquì Edward.

«Non ho idea di come lo chiamiate voi preti, e il nome è del tutto ininfluente. Qualcuno crea un sensore che gli permette di spiare qualcun altro» rispose.

«Scrutamento» confermò.

«Di sicuro ci sta scrutando – concluse Hilbert con un certo sarcasmo – sebbene voi non lo aveste notato».

«Quando ti è capitato?» mi chiese poi.

«Almeno in un paio di occasioni, verso sera» risposi.

«Sei sempre stata da sola?» domandò.

Annuii.

«Quindi è te che vuole vedere» proseguì.

«Per quale motivo qualcuno vorrebbe osservarmi?» chiesi stupita e un po' preoccupata.

«Non ne ho idea. Forse sperava di trovarti nuda» rispose con sarcasmo.

«Hilbert! - esclamò Edward in tono di rimprovero, arrossendo lievemente per l'imbarazzo – ti prego, è una faccenda seria»

«Certo che lo è, ma di sicuro non la risolveranno le vostre facce accigliate e contrariate, a meno naturalmente che non spaventino il nostro misterioso e non invitato osservatore» disse.

«Dobbiamo riferirlo a Lord Ilmeth» disse Arwon.

«No – affermò con decisione Hilbert – non adesso. Prima andremo da nostra madre, poi ci penseremo».

«Potrebbe essere importante» protestò Ed.

«Lo è di sicuro, ma è altrettanto sicuro che nella mia scaletta personale viene almeno dopo la vita di mia madre. Tempo ne abbiamo già perso abbastanza» concluse.

Nessuno se la sentì di ribattere nulla.


Lord Ilmeth si presentò dopo una mezzora accompagnato da due uomini di circa 60 anni, uno di loro lo riconobbi immediatamente come il prete che ci aveva accolto al tempio, la sera precedente. Anche lui parve ricordarsi di noi e ci salutò sorridendo. L'altro indossava una lunga tunica verde e aveva esattamente l'aspetto che la mia fantasia avrebbe potuto attribuire a un mago.

«Saranno loro ad accompagnarvi da vostra madre» ci disse il Governatore.

Lo ringraziai con calore e sincerità, nonostante, o forse proprio per l'ansia che mi cresceva dentro al pensiero di quell'intorno. Hilbert si limitò a spiegare loro dove avremmo dovuto andare, gli fornì una descrizione del posto e coordinate geografiche più precise possibili che capii sarebbero state necessarie perché il teletrasporto andasse a buon fine.

Poi il mago cominciò a muovere lentamente le mani, pronunciando poche parole in una lingua che non riuscii a comprendere: la magia ci avvolse e penetrò velocemente dentro di noi, mi sentii quasi sbalzare via ed ebbi la tentazione di gridare. L'urlo, tuttavia, mi morì in gola e quando riaprii gli occhi, cercando di riprendere la regolarità di respiro che avevo perso, avevo compiuto il mio primo viaggio magico. Edward mi stringeva la mano, senza guardarmi.

«Ci avete quasi azzeccato!» esclamò Hilbert

«Cosa significa: quasi?» ribatté contrariato il mago.

«Che siamo arrivati a circa un chilometro di distanza dalla mia casa – rispose – ma mi sembra già abbastanza per un banale incantesimo di teletrasporto».

«Evidentemente la tua descrizione non era sufficientemente precisa» replicò l'uomo.

«Oh, perdonatemi. Deve essere che in tutto questo squallore generale è difficile distinguere tra povertà e povertà». Nonostante il sarcasmo usuale, la sua voce risuonava squillante e felice.

Mi guardai attorno. Ciò che aveva detto era vero. Capanne, campi, alcuni attrezzi da lavoro riposti in semplici rastrelliere, recinti costruiti alla bella e meglio: ogni traccia dell'uomo intorno a noi, in mezzo a quella natura sterminata e selvaggia, nonostante i maldestri tentativi di addomesticarla, portava il colore di una povertà opprimente

Gli camminammo dietro fino a raggiungere una piccola casa in rudimentale muratura, il tetto era accomodato in più punti e una sterpaglie indistinta cresceva tutto intorno.

«Bah – sbuffò Hilbert – e dire che sono stato via solo pochi giorni».

«È questa?» domandò gentilmente il chierico.

«Sì – rispose – ma voi dovrete restare fuori. Prima entriamo io e mia sorella».

Lo guardarono sorpresi.

«La spaventereste – mentì – volete lasciarci il tempo di spiegarle? Sono sicuro che non faticherete a trovare un luogo dove riposare le vostre eccellenti persone».

Naturalmente, a perdita d'occhio, non vi era assolutamente nulla dove avrebbero potuto sedersi.

Il mago sbuffò impaziente, poi richiamò a sé la sua magia e quattro comode poltrone apparvero davanti a noi.

Hilbert, tuttavia, non prestava loro più alcuna attenzione, si avvicinò alla porta e la aprì con dolcezza, poi si voltò verso di me sussurrando

«Vieni, Silen».


Una donna robusta e alta abbigliata da contadina, che doveva avere all'incirca sessant'anni ci venne incontro.

«Chi accidenti è adesso?» domandò astiosa.

«Posso tornare a casa mia senza dover chiedere il permesso?» ribatté lui con lo stesso tono.

«Dei del cielo, Hilbert!» esclamò allora felice.

«Lascia gli dei al loro posto» rispose con più allegria, poi si lasciò abbracciare, quasi soffocando nel suo abbraccio.

Dopo pochi istante, tuttavia, la donna parve riacquistare padronanza di sé e sollevò lo sguardo nella mia direzione.

«E lei...?» sussurrò appena.

«Silen» spiegò lui.

«Dei del cielo, è uguale a Eleonor!» proruppe.

«Ti ho detto di lasciar stare gli dei, Asana» la rimbrottò.

Arrossii lievemente e seguii Hilbert attraverso la piccola porta che avevamo di fronte, mentre lei mi guardava esterrefatta, continuando a ripetere tra sé la mia somiglianza con Eleonor.


Capii ciò che voleva dire non appena la vidi.

Era sdraiata a letto e aveva in volto i segni della sofferenza provocati da una lunga ed estenuante malattia, i capelli biondi erano raccolti in una coda spettinata, i suoi occhi semi chiusi erano stanchi e circondati da occhiaie profonde, ciononostante la donna che avevo di fronte mi assomigliava in una maniera incredibile.

Rimasi a fissarla incredula, come se improvvisamente tutta la realtà che Hilbert mi aveva prospettato e che fino a quel momento mi si era snodata davanti come una specie di sogno troppo reale, fosse diventata la sola possibile.

Lei sgranò gli occhi e scandì il mio nome in un sussurro appena percettibile

«Silen»

poi aggiunse

«Sapevo che Hilbert ce l'avrebbe fatta».

Lui si avvicinò lentamente al letto.

«È qui mamma – disse – te l'ho portata», poi l'abbracciò ed ebbi la sensazione di vederlo tremare mentre la stringeva, lei così esile e fragile, tra le mani insicure.

Quando la lasciò rialzandosi, Eleonor allungò faticosamente una mano nella mia direzione.

«Vieni da me, Silen, te ne prego» implorò.

Mi accostai a mia volta e la vidi sciogliersi in un pianto silenzioso.

«Non devi piangere – le disse Hilbert con estrema dolcezza – Silen è qui, e il prete che ho portato ti guarirà. Non devi piangere più».

Improvvisamente, m resi conto che io e Hilbert non avevamo parlato praticamente di nulla.

Mi chiesi come fosse possibile, perché non gli avessi posto delle domande o chiesto delle spiegazioni, e realizzai allora che avevo davvero vissuto tutto questo come se si fosse trattato di un lungo sogno.

Avevo lasciato la mia famiglia, la mia casa, mio padre e sua moglie, mia sorella, i miei amici.

Hilbert mi aveva detto che sarei tornata a casa prima ancora che potessero accorgersi della mia assenza, ma i giorni erano trascorsi e io non mi ero più posta alcuna domanda, né avevo cercato alcuna risposta.

Ero lì, forse, come se quello fosse esattamente il posto in cui avrei dovuto trovarmi, con estrema naturalezza.

Niente mi aveva sconvolto davvero: né il viaggio magico, né l'arresto, né il misterioso assassino che ci aveva liberato dalla prigionia, né la prigionia stessa o la prospettiva della morte. Non mi aveva sconvolto davvero prendere in mano una vera spada, né trafiggere un orco, né essere curata da Edward. Neppure scoprire che i sogni che facevo da bambina non erano altro che una visione del passato, o del futuro, o di un altro mondo.

Poi, tutti quei pensieri mi abbandonarono con la stessa rapidità con cui erano venuti.

Guardai ancora la donna e sfiorai la sua mano.

Lei disse soltanto

«Perdonami» e le sue parole scivolarono nella mia mente come portate dal vento.


Fu in quel modo che ritrovai mia madre e le parlai per la prima volta.

Fu in quel modo che scoprii, percependolo tra i suoi sussurri dolorosi, che aveva dovuto abbandonarmi perché non era in grado di prendersi cura di due figli. Aveva scelto me perché non avrebbe mai saputo provvedere alla mia dote e mi avrebbe condannato a una vita di stenti e di infelicità.

Non disse altro.

Io la ascoltai in silenzio, fino a quando non fu troppo stanca per parlare ancora.

Poi Hilbert uscì per chiamare il prete, rientrando con lui poco dopo, l'uomo ci chiese di lasciarli soli.

«Non ha idea del fatto che tu abbia vissuto in un mondo diverso da questo» mi disse Hilbert prima che raggiungessimo gli altri.

Scoppiai a piangere, Edward si avvicinò e mi strinse tra le braccia, accarezzandomi i capelli.

«Siete la coppia dell'anno» rise Hilbert.

«Sei un'idiota» lo insultai senza staccarmi da Ed.


Quando il prete uscì con l'aria perplessa e preoccupata tutta l'allegria di mio fratello svanì.

«Non ho idea di come sia possibile, ma la sua malattia sfugge alla mia magia» disse.

«Siano dannati tutti gli dei» esclamò Hilbert.

«Triskell ha forse altri progetti per lei» lo ammonì.

«E allora sia dannato lui, prima degli altri».

Il prete non rispose nulla, forse non lo udì neppure, troppo impegnato a cercare di comprendere cosa fosse accaduto.

Solo il mago volse lo sguardo in un gesto di rimprovero stizzito, ma tacque di fronte all'evidenza del fallimento.


Quando il prete si offrì di portarla a Essembra, tuttavia, Hilbert chiese qualche minuto per riflettere. Si ritirò dentro casa e ne uscì poco dopo.

«Torneremo con voi – disse – non abbiamo nulla da perdere».

Ancora una volta, Edward mi abbracciò, sussurrandomi piano che avremmo trovato una soluzione.

Io non capivo bene cosa sarebbe accaduto, tutto ciò che sapevo era che non avrei potuto tornare a casa fino a quando non avessi visto con i miei occhi che Eleonor, mia madre, stava bene e non fossi riuscita a parlare con lei davvero. Sapevo anche, in qualche modo, che Hilbert sapeva ciò che stava facendo.

Perciò mi limitai ad annuire, attendendo il momento in cui la magia ci avrebbe avvolto di nuovo.



Spazio autrice.

Cari tutti, grazie di cuore.

Il capitolo propone diverse questioni...spero ci siate incuriositi a sufficienza.

In particolare, come sempre, grazie ai miei amati lettori/scrittori

Shark Attack: vero, più grande è meglio. Adesso che ho scoperto l'editor sul sito vado alla grande. Sei troppo buona. Il mio coautore tornato dalla latitanza sostiene che io sia decisamente carente in descrizioni...riferirò quanto dici con soddisfazione. Il momento, in effetti, è importantissimo. Da ora in avanti, almeno per un po', sarà decisamente un crescendo di momenti importanti. Il nostro Ed, poi, si sta dando da fare, no? Vedremo... intanto un bacio e a prestissimo con la tua splendida storia!

Cabol: vedrai nel prossimo che combina Isy...e Hilbert, beh, sicuramente è il più sagace del gruppo. Ne sa una più dei diavoli (quelli dei 666 piani dell'abisso, come si vedrà). In compenso, mi convinco sempre di più che Blackwind dovrebbe fare una comparsata da queste parti...sarebbe bellissimo! Magari potremmo tirar giù un cross over...adoro il tuo personaggio, giuro, sono innamoratissima! Se stessi dalle mie parti ti chiederi di venirlo a giocare nella campagna che masterizzo...Vabbè, saluti e baci in attesa del tuo (attesissimo) aggiornamento, e grazie per recensione a Bedivere, hai centrato precisamente il punto.

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Capitolo 12
*** La mano e la spada ***


La mano e la spada


Se mi avessero chiesto perché avevo pianto, non avrei saputo rispondere.

Forse era stato per una donna che neppure conoscevo e che pure aveva pianto per me fino a crollare esausta.

Forse, invece, semplicemente perché ero esausta a mia volta e stentavo, adesso, a capire cosa mi stava accadendo.

Quando il mio secondo viaggio magico terminò, quei pensieri andavano e venivano, quasi cullati nel vortice della magia che ci aveva trasportato.

Intorno a noi, in tutto la sua imponenza, vidi il tempio di Triskell. Edward mi stringeva ancora la mano, Arwon mi era accanto con atteggiamento protettivo e dolce, Hilbert stringeva Eleonor tra le braccia, leggera e piccola come una bambina.

Forse, più di ogni altra cosa, fu quella vista a commuovermi.


Il mago si congedò immediatamente, il prete ci invitò a seguirlo oltre la piccola porta che si apriva sulla sinistra, poco prima dell'altare.

«Puoi lasciare a noi tua madre – disse a Hilbert – parlerò con gli altri chierici e...».

Hilbert lo interruppe bruscamente.

«Direi di no».

«Sii ragionevole – intervenne Edward – non può accaderle nulla di male, qui».

«Dubito che possa accaderle anche qualcosa di bene» rispose.

«Allora perché hai accettato di venire?» gli chiese.

«Perché Essembra è comunque meglio della capanna umida dove viviamo. Ma è escluso che la lasci qui da sola» ribadì posandola dolcemente sull'ampio divano di una delle salette interne.

«Chiamerò gli altri chierici» disse il prete con tono vagamente rassegnato.

«Diversi incompetenti invece di uno solo» proruppe Hilbert non appena fu uscito dalla porta.


Rientrò una decina di minuti dopo accompagnato da altri tre uomini.

Uno di loro doveva essere evidentemente uno dei decani dell'ordine, lo si intuiva dalle vesti più sontuose, dall'anzianità del volto e dalla reverenza con cui gli altri gli si rivolgevano.

Eleonor dormiva ancora.


«Il sommo Arabeth Olannain è qui per tua madre» disse con enfasi il prete che ci aveva accompagnato e in quel momento realizzai che non sapevo neppure quale fosse il suo nome.

Hilbert lo squadrò con distacco, l'uomo ci fissò a sua volta, come se attendesse qualcosa da noi.

Furono Edward e Arwon i primi a capire cosa, gli si avvicinarono inginocchiandosi e baciando la mano che porse loro.

Poi tornò a fissarci.

«Dobbiamo farlo anche noi perché altrimenti non guarirà nostra madre?» chiese Hilbert con sarcasmo.

«Dovete farlo perché siete di fronte a un sommo maestro della chiesa del divino Triskell» ribatté uno dei preti.

«Che mi mostri di saper guarire mia madre, allora, poi mi inginocchierò di fronte alla sua grandezza» rispose.

«Stai bestemmiando!» proruppero.

«Ilmeth mi ha promesso di guarire mia madre – disse ancora – e la cosa non è ancora stata fatta. Io ho dato a lui ciò che voleva, lui non l'ha ancora dato a me. Quindi, o il vostro divino Triskell non parla per bocca di Ilmeth, e di conseguenza, dato che lo riconoscete come vostro campione, tutto questo è una buffonata, oppure, sempre il vostro divino Triskell, ci ha ingannato, e di conseguenza tutto questo è una buffonata. In nessuno dei due casi mi sembra sussistano le ragioni per inginocchiarmi di fronte a voi».

Lo ascoltarono esterrefatti.

Uno provò a ribattere qualcosa, ma l'uomo più anziano lo fermò.

«Poiché Lord Ilmeth ha promesso, osserva la potenza di Triskell, bestemmiatore» disse avvicinandosi a Eleonor.

Salmodiò parole arcane, poi una luce intensa scaturì dalla sua mano aperta. Tuttavia, nulla accadde.

«Com'è possibile?» balbettò lui. Su tutti i loro volti si dipinse un'espressione di sgomento e impotenza.

«Forse è stata maledetta» disse uno dei preti.

Hilbert rise amaramente.

«Non esiste maledizione che Triskell non sappia rimuovere» rispose Olannain.

Insieme alla sua risata, però, un altro suono si confuse nella mia mente: udii nuovamente la musica che mi aveva guidato la sera prima, ma più intensa e più dolce. Lasciai che il mio corpo incredulo si muovesse da solo fino al letto di Eleonor e che la mia mano si levasse ad accarezzarle il volto che, un attimo dopo, si distese in un sorriso dolce, abbandonando l'espressione di dolore che lo stravolgeva.

I miei occhi, in quel momento, non vedevano nient'altro che lei.

Quando mi riscossi da quel momentaneo torpore, notai meravigliata che tutti, intorno a me, mi osservavano con sguardo attonito e incredulo. Solo Hilbert aveva invece un'espressione divertita, quasi ironica.

«Mi chiedo come giustificherete questo» disse rivolto ai preti, avvicinandosi a Eleonor.

«Cos'è successo?» chiesi.

«Avete... - rispose Arwon – avete guarito vostra madre».


«Chiamate Lord Ilmeth – proruppe poi Arabeth Olannain – ditegli che venga immediatamente».


«Non capisco» dissi quando, lasciata Eleonor a riposare, si spostammo tutti insieme, nella sala centrale del tempio. Anche Lord Ilmeth ci aveva raggiunto e mi fissava con volto indagatore.

«Non ho la minima idea di come possa essere accaduto» continuai.

«Se si trattava davvero di una maledizione – sussurrò uno dei preti – allora la ragazza potrebbe avere contatti con dei malvagi, e potrebbe per questo essere riuscita a...».

«Taci, stolto! - lo rimproverò aspramente Olannain – credi che Triskell consentirebbe una cosa del genere qui, nel suo tempio? E credi che una ragazzina possa avere nelle mani più potere di quanto non ne possieda io, seppure la sua fonte fosse differente dalla mia?».

«Non per contraddirvi, sommo Olannain – si intromise allegramente Hilbert – ma qualunque ne sia la spiegazione, pare proprio che le cose stiano come avete appena detto».

«Adesso basta! - tuonò in risposta con rabbia – la tua insolenza mi ha stancato e non intendo tollerarla oltre».

«Tuttavia, Eccellenza, non possiamo non ammettere che qualcosa di straordinario sia accaduto, se una ragazzina ha potuto più del sommo chierico di Triskell» osservò Ilmeth, guardandomi con un sorriso.

Da parte mia, avevo la sensazione che tutto ciò che stava accadendo non fosse reale. Quei discorsi e quelle parole non riuscivano ad attecchire nella mia mente, vi transitavano, invece, come un vento leggero che non lascia traccia.

«Sono certo che via sia una spiegazione» ribatté l'uomo.

«Ne sono certo anch'io» rispose Ilmeth con tranquillità.

«Bene. Questi ragazzi non abbandoneranno il Tempo fino a quando non l'avremo trovata» riprese.

«Dobbiamo dunque considerarci dei prigionieri?» chiese Hilbert, sarcastico come sempre.

«Potete considerarvi come preferite, la sola cosa certa è che non lascerete il Tempio» rispose freddamente.

«Dunque è così, Lord Ilmeth, che ricompensate chi vi rende il favore che chiedete?» ribatté lui.

Lord Ilmeth tacque un istante e parve cercare in sé una risposta a quella domanda. In sé, o forse altrove, dove nessuno di noi poteva seguirlo.

«Non siete affatto prigionieri, non ve n'è alcuna ragione. Se come credo, Triskell ha dei piani su di voi, sarete voi stessi a voler restare. Altrimenti, siete liberi di fare ciò che credete» disse poi.

«No! - tuonò Olannain – Non ve ne andrete da qui fino a quando non avrò capito ciò che è accaduto».

«Se tutto dipende dalla vostra perspicacia, temo allora che dovremmo metterci comodi» arguì Hilbert.

Mentre il governatore col volto accigliato stava per ribattere qualcosa che avrebbe probabilmente scatenato uno scontro acceso, accadde qualcosa.

Di nuovo la musica si fece viva nella mia testa.

Mi alzai e la seguii. Non ero obbligata a farlo, semplicemente, lo desideravo poiché era una musica meravigliosa che generava nel mio spirito solo emozioni positive.

A pochi passi da me, sopra un piccolo altare laterale, custodita in una teca d'argento e cristallo, si trovava una spada di meravigliosa fattura. Udii appena la voce di Edward che mi chiamava, chiedendomi cosa stessi facendo, e il rimprovero aspro dei chierici che mi intimavano di non avvicinarmi alla spada.

Aprii la teca, mentre alle mie spalle loro cominciavano a gridare.

Non appena fu aperta, la spada brillò d'una luce argentea e quasi accecante che tuttavia io riuscii a fissare senza alcuna difficoltà, poi allungai la mano e la strinsi sollevandola a me.


«Non ha senso» balbettò la voce di Olannain.

«Eppure è ciò che accaduto. Mi rifiuto di non vederlo» rispose Ilmeth.

«È una donna!» ribatté il prete.

«È il volere di Triskell, prima di ogni altra cosa - concluse il governatore. Poi si avvicinò a me e proseguì – Vedi Isotta, a nessuno è stato concesso di stringere quella spada senza bruciarsi, da molto tempo».

Lo guardai senza capire.

«È una spada benedetta, qualcuno crede che Triskell stesso l'abbia utilizzata quando discese sul Sidhe per scontrarsi contro Olisdul. Ed oggi tu la stringi senza alcuna difficoltà!».

«Una musica mi ha guidato – risposi – proprio come è stato quando ho... quando ho sentito di dover sfiorare il volto di Eleonor. L'avevo udita altre volte, in questo Tempio».

«Perché questo è il volere di Triskell» mi disse dolcemente.

«È una donna, Ilmeth. Come può una donna impugnare una spada?» chiese il prete con incredulità e disprezzo.

«Isotta sa combattere, mio signore» si intromise Arwon, arrossendo in volto per quella che dovette sembrargli una mancanza di rispetto.

Ilmeth lo guardò sorpreso.

«Ha già combattuto, mentre percorrevamo la strada per Essembra. Almeno, ha dimostrato che non è la prima volta che stringe una spada, seppure forse non era abituata al peso della spada di un goblin».

Ancora una volta, lo spirito di osservazione di Arwon mi sorprese.

«È così?» mi chiese Ilmeth.

«Ho già combattuto prima – ammisi – ma mai con una spada di quel peso».

«Menti! Nessuna donna combatte, ma se è vero, mostraci come la maneggi!» gridò Olannain con rinnovata rabbia.

«Io non mento» risposi, alzandomi in piedi.

Tra le mie mani la spada era leggera come una piuma, simile ai fioretti che avevo impugnato tante volte.

Anche Ilmeth si alzò.

«Non ho alcun dubbio sulla tua sincerità, Isotta. Permettimi di aiutarti in questa inutile dimostrazione» disse estraendo a sua volta l'arma che gli pendeva al fianco e guardandomi ancora una volta con volto gentile e rassicurante.

Seguii i suoi movimenti lenti e mi mossi secondo le regole della scherma, che conoscevo a memoria. Nella mia testa non vi era più alcuna musica. Se anche l'emozione mi fece commettere alcuni errori, e seppure Lord Ilmeth fosse un guerriero assai superiore a me, dimostrai ciò che volevano.

«Avete ancora dei dubbi, Eccellenza?» chiese Ilmeth con risentimento.

Il prete non rispose nulla.

Edward mi guardava stupefatto e affascinato, Arwon aveva l'aria soddisfatta di chi aveva già capito come stavano le cose, Hilbert scosse le spalle, con la solita espressione indifferente, e disse

«Di sicuro con questa storiella Triskell ha acquistato in simpatia».

Quando ci voltammo verso di lui, un po' perplessi, concluse ridacchiando

«Bisogna riconoscergli dell'ironia per aver scelto una donna per la sua spada benedetta!»


In quel momento una guardia entrò trafelata nel tempio

«Lord Ilmeth, mio signore» ansimò.

«Avevo detto che non volevo essere disturbato» rispose lui.

«Sì signore, ma... è accaduto qualcosa...» disse.

«Dimmi di cosa si tratta, allora» invitò.

«Lord Albert, la Spada, signore... alcuni dei suoi uomini sono venuti alla Torre per parlarvi, gli abbiamo detto che eravate al tempio e che non volevate essere disturbato, ma... stanno venendo qui e...» proseguì.

«Al di là dell'impertinenza del loro agire, perché la cosa ti ha allarmato tanto?» chiese calmo.

«Perché, signore... portano... una dichiarazione di guerra» affermò con voce rotta e titubante.

«Cosa?» esclamò furente.

Pochi istanti dopo, dalla porta del Tempio entrarono tre figure: una donna di bellezza incredibile e sensuale, abbigliata con una veste rossa che ne metteva in risalto le forme sinuose e invitanti, un guerriero robusto, dall'aspetto non del tutto umano e non del tutto orchesco, e in mezzo a loro, dritto, sicuro ed elegante, il guerriero vestito di bianco.


Spazio autrice.

Carissimi, un altro capitolo denso di avvenimenti e emozione.

E dal prossimo, finalmente, compariranno i tre personaggi appena introdotti, fondamentali nell'economia del racconto.

Dunque, continuate a leggere e grazie di tutto. Rinnovo anche l'invito ad esprimere perplessità, se qualcosa non fosse chiaro, soprattutto sul sistema-mondo da noi creato.


Grazie poi a

Cabol: grazie dei complimenti e della preferenza espressa. Sì, i guai sono appena all'inizio. I prossimi avranno il volto di questi tre tipi, di molti altri, e soprattutto degli avvenimenti che si abbatteranno su di loro come un fiume in piena. Un po' di sostegno ci voleva, no (quello di Triskell, intendo)?

Shark Attack: grazie dei complimenti, delle osservazioni e dell'appunto. L'inizio di questo capitolo l'ho inserito proprio pensando alla tua recensione, mi piace tantissimo poter scrivere sfruttando i commenti e i suggerimenti...vero anche quello che dici all'inizio, il fatto è che, da adesso in poi, le cose si complicheranno parecchio. Isy, in ogni caso, sente un istintivo sentimento di familiarità con il mondo del Sidhe, e ha tutte le intenzioni di capire come può essersi ritrovata in un altro mondo, se era nata lì.

Baci baci.



 

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Capitolo 13
*** L'ombra della guerra ***


L'ombra della guerra


Furono pochi i secondi che Ilmeth impiegò per riprendersi dalla sorpresa.

Pochi silenziose secondi, ma interminabili sotto lo sguardo di quel guerriero vestito di bianco.

Poi la voce del governatore di Irondale ruppe il silenzio.

Non osate entrare nel Tempio” intimò a gran voce ed i tre si fermarono sulla soglia.

Vi aspetteremo qua fuori allora - rispose suadente la donna lasciando vagare lo sguardo all'interno - Tanto l'arredamento di questo luogo non incontra il mio gusto” concluse soffermandosi a osservare Edward, lui, di rimando, mi parve irrigidirsi in maniera quasi eccessiva.

Il nostro signore vi aspetta all'esterno” aggiunse l'imponente essere che Hilbert mi sussurrò essere un Mezzorco. Prima di varcare la soglia, lo sguardo del guerriero bianco indugiò a lungo su di me e sulla spada che stringevo. Ebbi la sensazione che un sorriso increspasse le sue labbra.

Una volta che furono usciti, Ilmeth ci disse preoccupato che dovevamo nasconderci, sempre che non fosse già troppo tardi. Poi uscì, accompagnato da Arabeth Olannain. Un'ombra sembrava seguire i loro passi.

Appena la porta del Tempio fu chiusa, Hilbert scattò verso uno dei mosaici.

Ehi dove vai?” chiese Arwon.

A sentire ciò che succede” replicò secco.

Ma Lord Ilmeth ci ha detto...”

Non affiderei neanche una pentola rotta a quei due. I loro occhi e le loro orecchie sono troppo pieni di...” si fermò a cercare le parole, “presenza divina, per rendersi conto di quello che succede. D'altronde quando i misericordiosi Dei ci scelgono come loro favoriti le cose non possono che...”

Hilbert basta!” mi sentii gridare, senza capirne il motivo.

Purtroppo le divinità non seguono solo Ilmeth e Olannain” sussurrò Edward, quasi impercettibilmente. Lo guardai. Il suo volto era cinereo e le mani scosse da un leggero tremolio.

Va tutto bene?” gli chiesi avvicinandomi.

Per tutta risposta egli scosse la testa, serrando le labbra.

Cosa succede?” si preoccupò anche Arwon.

Quella donna...” rispose senza guardarci.

Sì, molto bella e sensuale. Ma non ti puoi innamorare di qualunque gonnella tu veda!” lo schernì Hilbert mentre si stava arrampicando goffamente su un finestrone.

Hilbert!” lo ammonii.

Vedo che sei già gelosa - riprese lui tranquillamente - e ne hai ottime ragioni. Era davvero eccezionalmente sensuale.”

Sei uno stupido!” risposi seccata.

No, non è quello.” riprese Edward senza neanche aver sentito il nostro alterco.

E cosa allora?” incalzò ridendo Hilbert.

Ho sentito il potere dell'Ombra scorrere impetuoso in quella donna.”

Il sorriso morì dalle labbra di mio fratello.

Questa non è una buona notizia” sentenziò.

Cosa significa?” chiesi, ricevendo gli sguardi stupiti di Arwon ed Edward.

Te lo spiego dopo sorella mia - mi rispose - Ora, anche se non posso vederli, fammi almeno sentire cosa dicono. Non disturbatemi”, concluse sedendosi spalle al mosaico. Chiuse gli occhi e si perse in concentrazione. Sembrava quasi non essere più lì, come se stesse vagando in altri luoghi, mentre un leggero vento era comparso dal nulla a muovergli le vesti. Noi rimanemmo in silenzio ad attendere.

Dopo alcuni minuti rinvenne da quello stato di trance. Il bel volto era carico di preoccupazione.

Cosa hanno detto?” chiesi impaziente.

Te lo riferirà Ilmeth direttamente. Stanno rientrando.”

Infatti dopo alcuni istanti le porte del Tempio si spalancarono e un furente Olannain entrò precedendo il suo governatore. Si fermò dinnanzi a me.

Avete portato solo guai!” tuonò prima di proseguire oltre l'altare ed uscire, con una rabbia tale da lasciarci in silenzio.

Ilmeth avanzò lentamente e si sedette sui gradini vicino a noi.

Signore? - lo interpellò Edward - Cosa è successo?”

In quel momento il governatore di Irondale mi apparve anziano e stanco. I suoi occhi erano spenti.

Siamo in guerra.” mormorò.

Come è possibile...” incominciai io, ma Lord Ilmeth mi interruppe rialzandosi.

Questo non importa. Ora dobbiamo organizzarci. Chiamerò a consiglio i governatori a noi amici e valuteremo insieme la situazione. Edward - gli si rivolse poi - vorrei che tu fossi presente, in quanto legittimo governatore di Misteldale. E credo che anche la presenza di tutti voi sarà necessaria.”

Tutti noi annuimmo ed Hilbert, stranamente, non aggiunse altro.

Ora mi aspettano alcune cose. Stasera al tramonto terremo l'incontro. Per la vostra sicurezza, vi chiedo di rimanere qui al Tempio” concluse uscendo.

Una volta che se ne fu andato e rimanemmo da soli, una stanchezza sconfinata mi assalì. Sentii stringere la mia mano e, voltandomi, incontrai gli occhi di Edward che mi guardavano pieni di dolcezza.

Andrà tutto bene” mi sussurrò ed io appoggiai la testa sulla sua spalla.

Hilbert sbuffò la sua disapprovazione.


Avevo detto io che non dovevamo immischiarci in questa dannata faccenda!” tuonò nervosamente poco dopo, mentre eravamo soli io e lui.

Calmati Hilbert! Forse si può ancora scongiurare la guerra” intervenne Edward.

Figuriamoci! Quelli non aspettavano altro e non si fermeranno - fece una pausa e mi guardò quasi analizzando la mia espressione - E noi siamo stati il loro pretesto per la guerra!”

Cosa?” trasalii.

Proprio così. Ilmeth è stato davvero gentile a non dire nulla, ma io ho sentito la conversazione tra lui e quell'Albert. Noi siamo in grande pericolo sorellina mia.” il suo tono era sempre sarcastico, ma non riusciva a mascherare una profonda preoccupazione.

Per quale motivo? Cosa gli ha detto?”

Hilbert sospirò e mi spinse in una stanza vuota, chiudendo la porta dietro di sé.

Dunque - iniziò, - come io avevo detto, venire qui e rivelarci a Ilmeth si è rivelato un grande errore. Probabilmente quei tizi hanno qualche spia infiltrata tra tutti questi preti, che gli ha rivelato la nostra presenza.”

Improvvisamente capii.

Quindi è come se Lord Ilmeth ci stesse proteggendo” dissi.

Esatto. E sai perché?”

Perché...” le parole successive mi morirono in gola.

Sì sorellina mia. Perché Ilmeth voleva morto il buon Alaskar”

Ma è assurdo!” protestai.

Tutta questa situazione è assurda. Ma purtroppo reale. Hanno girato la colpa dell'assassinio di Alaskar su Irondale ed hanno creato il pretesto per entrare in guerra. Naturalmente bastava accendere una piccola fiamma per far divampare l'incendio, visto che avevano già preparato tutto.”

E noi, rifugiandoci qui, abbiamo messo nei guai Lord Ilmeth” confermò Ed.

Albert era con gli altri governatori e ha chiesto di consegnarci per l'esecuzione. Ovviamente Ilmeth si è rifiutato.”

Ma Gregory Blay al Consiglio ha detto di aver giustiziato i prigionieri” disse Arwon.

Ha ritrattato, dicendo che per ragioni di sicurezza pubblica ha dovuto dichiarare l'esecuzione, sebbene i prigionieri siano in realtà fuggiti - rispose Hilbert, precisando poi - Aiutati dagli uomini di Irondale”

Come può dire questo?” ribattei.

Fornendo prove false, ovviamente.”

Rimasi in silenzio a riflettere. Mi sembrava tutto così impossibile. Sentii il freddo acciaio della spada toccarmi la pelle. In una qualche maniera ne fui tranquillizzata.

Ora noi prendiamo nostra madre e ce ne andiamo da questo luogo di pazzi - riprese Hilbert - Tu riporta la spada dei miracoli nella teca e...”

No” risposi istintivamente, sorpresa quanto mio fratello della fermezza della mia voce. Di nessuna delle decisioni prese anche in seguito nella mia vita, fui mai così certa come quella volta. Edward con la sua dolcezza, Arwon con la sua forza e soprattutto Lord Ilmeth con il suo coraggio credevano in me ciecamente. Non potevo abbandonarli così.

Devo almeno sentire cosa ha da dire Lord Ilmeth” aggiunsi lieve per placare le proteste di mio fratello.

Fai come vuoi” borbottò allontanandosi.


Al tramonto un giovane apprendista del Tempio ci venne a prendere per portarci nel luogo del consiglio. Eravamo solo io, Edward e Arwon. Hilbert non si era più fatto vedere dalla nostra discussione. Senza la sua presenza mi sentivo estremamente vulnerabile, ma avevo deciso e non potevo tirarmi indietro: come mio padre mi avrebbe detto, ero davvero troppo orgogliosa.

La stanza che ospitava l'incontro era di modeste dimensioni, arredata con un semplice tavolo di legno e spartane sedie. Credo che rappresentasse perfettamente lo spirito del signore di Irondale. Ilmeth ci venne incontro salutandoci con un sorriso e ci presentò agli altri governatori presenti: Valeant Narsell di Shadowdale, Janus Sionn e Taresk Nionn che portava chiari sul volto i segni della paura per ciò che stava succedendo. Tutti e tre mi squadrarono con una certa diffidenza che non passò inosservata al mio ospite.

Potete fidarvi ciecamente di questi tre ragazzi - disse loro – ti prego, Isotta, mostra ai nostri alleati l'arma sacra”

Un'emozione fortissima sorse in me mentre sfoderavo la spada di Triskell e il suo bagliore innondava la stanza. I tre governatori si inginocchiarono deferenti. Ilmeth mi sorrise ancora più radioso.

Alzatevi alzatevi miei cari - li esortò - Perdonate il colpo ad effetto, ma volevo solo che anche voi sapeste che Triskell è con noi in questa battaglia, poiché la Giustizia stessa è dalla nostra parte.”

Speriamo lo sia anche la vittoria” concluse Lord Narsell, stendendo sul tavolo una mappa delle Valli. Per la prima volta vedevo come era la geografia di quel mondo. Di nuovo mi sembrò strano che ci fossero così tante cose a me ignote e di cui non avessi ancora chiesto nulla. Tuttavia, non era certamente quello il momento per farlo.

Waterdale non ha la possibilità di affrontare una guerra ora. Siamo troppo deboli” stava dicendo Lord Nionn.

Purtroppo io a Brightdale ho grandissime difficoltà, come vi ho già informato” intervenne Janus. “Il popolo vuole la mia testa. I soldati sono impegnati a cercare di mantenere l'ordine”

Ilmeth fissò corrucciato la mappa.

Capite bene che noi non possiamo affrontare questa battaglia da soli” disse infine.

Temo che la Spada di Elisdale abbia organizzato la faccenda lasciandoci poche vie di scampo” riprese Janus.

Ma non possiamo spodestare Gregory Blay da Mistledale?” chiesi. “In fondo è salito illegittimamente al potere. Il vero successore è Edward!” conclusi con foga indicandolo. Ebbi la sensazione che se avesse saputo farlo, sarebbe diventato invisibile immediatamente.

Purtroppo non è così facile.” mi rispose Ilmeth

Ma perché? Ci dev'essere un tribunale superiore a cui appellarsi!” insistetti.

Se voi rientraste a Mistledale, sareste uccisi all'istante. L'esercito è con quel guerrafondaio di Blay ed il ragazzo non è purtroppo ancora abbastanza conosciuto.” concluse.

Da parte nostra, mio Lord - gli si rivolse Valeant - potete contare su tutto l'appoggio di cui necessitate. Il problema è riuscire a farvi arrivare le truppe. Per farlo dovremmo attraversare appunto Mistledale e non credo che sarà cosa semplice.”

Guardai la mappa. In effetti Irondale occupava una posizione centrale e aveva come cintura Elisdale, Fairydale, Mistledale e Brightdale, cioè tre Valli nemiche ed una che non aveva la forza di aiutarla. Un alta montagna, senza passaggi valicabili chiamata Monte Inverno, copriva poi una parte di confine. La situazione appariva davvero complessa.

A lungo i quattro governatori parlarono per trovare una soluzione. Anche noi tre intervenimmo, Arwon in particolare, grazie alla sua esperienza di guardaboschi, conosceva perfettamente diverse zone e fu estremamente utile alla discussione. Mi resi conto che avevamo improvvisamente acquistato una grande importanza in quella storia: Edward era il successore designato da Alaskar, e io impugnavo la spada sacra del dio della giustizia, tutto ciò valeva per loro assai più della nostra apparente estraneità. Quando a notte fonda ci separammo, tuttavia, non era stato raggiunto nessun accordo. Ci salutammo con calore e mi sentii sollevata notando come ormai si fosse sciolta la diffidenza iniziale.

Vai a riposare, ragazza mia. Dev'essere stata una giornata terribile per te” mi disse Lord Ilmeth, stravolto dalla stanchezza e dalla preoccupazione.

Beh, abbastanza” minimizzai.

Avremo tempo domani di riflettere con più calma. Che Triskell ti benedica” mi augurò. Per la prima volta l'idea di un dio che seguisse benevolo i miei passi mi entrò nella mente diffondendovi pace e calore. Non erano più vuote parole: le avvertivo adesso come cariche di un significato profondo, che pure dovevo ancora comprendere pienamente.

Che benedica voi” risposi prima di incamminarmi verso la mia stanza.



Spazio autori.

Noterete la lieve, eppur significativa, differenza: AUTORI e non più AUTRICE. Ciò significa che il mio coautore ha scritto il suo PRIMO capitolo (seppure, come ho sempre detto, ha partecipato alla stesura di tutta la trama e, ancor più importante, masterizza la storia che l'ha generata).

Dunque date il benvenuto a Raukath e rivolgete anche a lui critiche, suggerimenti, riflessioni! Per quanto riguarda lo stile, cerchiamo di mantenere la massima uniformità, da ora in poi, dunque, gli autori saremo indifferentemente noi due.


Grazie a tutti, di cuore, e soprattutto, come sempre, a

Shark Attack: ne ho bisogno eccome (dei tuoi suggerimenti), scrivi tutto ciò che ti viene in mente! Sto già cercando di attenermici usando anche questo nel prossimo capitolo che mi toccherà. Ahah, Hilbert è insopportabile, purtroppo, e peggiorerà sempre nel corso della storia (non dirlo a Isy, che l'altra sera ha rischiato di ucciderlo), però ha un'ironia sopraffina, a mio avviso. Isy sta imparando a cavarsela da sola, vedrai cosa le riserverà il futuro!

Cabol: E con una spada sacra, per giunta! Mi fa proprio piacere sapere di riuscire a rendere Hilbert almeno un po' come vorrei, nel gioco è davvero impagabile. Il seguito sarà piuttosto movimentato, in effetti... con l'ingresso di un altro personaggio essenziale (e adorabile).

Baci a tutti!


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Capitolo 14
*** Travestimenti e follia ***


Travestimenti e follia


Quando rientrai nella mia camera avvertii improvvisamente il peso della stanchezza, tutto ciò che desideravo era sdraiarmi e dormire.

Oh finalmente sei arrivata!”

Sobbalzai sentendo una voce provenire dal buio.

Chi c'è?” chiesi allarmata.

Sono io, Hilbert” mi rispose mentre accendeva una candela.

Ma sei matto?” gli urlai contro. “Mi hai fatto prendere un colpo! E poi cosa ci fai in camera mia?”

Mi riposavo” disse tranquillo.

E non hai una tua camera dove farlo?”

Non farla tanto lunga. Non è a me che hai dei segreti da nascondere.” concluse.

Lo guardai arrabbiata. Il suo comportamento era davvero irritante.

Non sei venuto al Consiglio” lo accusai.

Generalmente evito di sprecare il mio tempo, stando a sentire discorsi che già conosco”

Ah sì? E allora dimmi sapientone, che cosa avremmo detto?” incalzai acida. Feci estrema fatica a mantenere il medesimo tono, dopo che mio fratello ebbe analizzato perfettamente tutti i problemi sorti e le soluzioni proposte, impiegando pochi minuti per arrivare alle conclusioni a cui noi eravamo giunti dopo ore.

Bene, mi complimento con te” borbottai ricevendo in cambio il suo sorriso sarcastico.

Era davvero solo tempo sprecato” aggiunse scuotendo la testa.

Beh, allora dimmi tu come hai impiegato il tuo tempo prezioso?”

Sono stato da nostra madre”

Quelle poche parole spazzarono via tutta la rabbia che provavo per lui.

Come sta?” chiesi a mezza voce.

Un po' meglio. Vorrebbe tanto rivederti” aggiunse poi. In fondo non ero poi così tanto stanca.

Vado da lei” dissi avvicinandomi alla porta.

Esco con te” ribatté lui.

Oh, molto gentile da parte tua” imitando il suo stesso sarcasmo.

Ah... Hilbert...” aggiunsi poi “ho avuto nuovamente quella sensazione. Qualcuno mi stava scrutando”.


Dopo essermi fatta spiegare dove fosse la stanza di Eleonor, mi incamminai attraverso i freddi corridoi di quel palazzo. Decisamente, in quel mondo non avevano molte delle comodità cui ero abituata. Passai davanti all'entrata di quella che doveva essere una sorta di cappella dedicata al culto di Triskell. Scorsi lì dentro con la coda dell'occhio un chierico seduto a gambe incrociate che stava armeggiando con qualcosa.

Tutto bene?” domandai dalla soglia. L'uomo sobbalzò lievemente ma subito si ricompose.

Certo che va tutto bene! Come potrebbe essere diversamente per il Sommo Chierico di Triskell nella casa di Triskell?” e riconobbi la voce dell'odioso Arabeth Olannain. “Scusate” risposi senza però farmi intimorire. “E' molto tardi e non credevo di trovarvi in preghiera a quest'ora”

E' sempre l'ora della preghiera” si girò guardandomi sdegnato e rendendosi perciò ancora più insopportabile.

Bene allora vi lascio alle vostre faccende” conclusi. Lui parve come vedermi per la prima volta e rimase a fissarmi a lungo.

Rimani ti prego” disse infine porgendomi le mani. “Sono stato troppo brusco con te oggi, ma la situazione era davvero delicata”

Non sapevo esattamente dove volesse arrivare, tuttavia mi sembrava estremamente scortese rifiutare quell'offerta di riappacificazione.

Non preoccupatevi. È stata una giornata pesante per tutti” aggiunsi sperando invano che cogliesse il tentativo di commiato. Al contrario egli mi prese le mani avvicinandomi a sé; uno strano odore di erbe salì alle mie narici nauseandomi.

Mia cara, sono solo i componenti degli incantesimi” mi spiegò accorgendosi della mia espressione disgustata. “Ora vieni e raccontami come hai potuto prendere la spada.”

Dovetti narrargli nuovamente della musica sentita e delle sensazioni provate, mentre lui sbriciolava con minuzia e attenzione alcune erbe dalla strana consistenza in una lunga pipa tirata fuori dalle vesti.

Queste sono erbe sacre al nostro dio” disse incrociando il mio sguardo, prima di prendere una lunghissima boccata. “Dovresti celebrare anche tu la sua gloria” mi incitò passandomi la pipa. La situazione era davvero strana e il Sommo Chierico appariva lievemente diverso da come lo avevo ricordato, quasi inebriato da quel fumo che rassomigliava a un qualche tipo di droga. Rifiutai la sua offerta e mentre lui ne prendeva un'altra boccata.

Sommo Arabeth state bene?” chiesi vedendolo barcollare.

Mia giovane eletta come posso stare bene? Tutti questi tragici accadimenti pesano sulle mie spalle come macigni! E solo la comunione con Triskell può donarmi un qualche sollievo.” fece una lunga pausa come a cercare la risposta del Dio. “Potrei tenere un momento la tua spada?” mi chiese.

La domanda, così a bruciapelo, mi infastidì moltissimo. Se avessi agito di impulso come spesso mi accadeva, me ne sarei andata immediatamente, ma quello non era il mio mondo e il tizio che avevo di fronte era il capo di una chiesa importante. Così mi trattenni.

No” risposi semplicemente.

Perché figliola?”

Non sapevo dare una risposta precisa. Sentivo che la spada era mia e non volevo separarmene.

Non ti fidi forse di me?” mi incalzò sorridendo. “O del volere di Triskell?”

No, non è questo” risposi un po' imbarazzata.

E allora figliola, concedi a questo povero vecchio un piccolo momento di gloria”

Non sono mai stata una persona facile alla pena, ma Arabeth Olannain era riuscito ad ispirarmene talmente tanta che acconsentii alla sua richiesta e gli porsi la spada. I suoi occhi brillarono nel momento in cui stava per afferrare l'elsa, ma subito si contrassero in una smorfia di dolore. Io stessa sentii come una leggera scossa attraversarmi il braccio destro.

Riponila nel fodero” rispose al mio sguardo interrogativo mentre riprendeva a fumare. “Evidentemente il volere di Triskell non era questo” concluse affranto e di nuovo provai una stretta al cuore nel vederlo ingobbirsi.

Non è detto che non venga il momento in cui sarete voi ad impugnarla” dissi cercando di consolarlo, senza neanche rendermi conto dell'assurdità della situazione.

Ah povero me. I poteri che il mio dio mi concedeva stanno scemando” si lamentò ancora. “Ma prima non era così. Ah no! Io ero grande tra gli uomini!” disse, per narrarmi poi la sua vita, colma di avventura, fede, coraggio e virtù varie. Io ascoltai, stupita del cambiamento avvenuto. Lo ascoltai rapita e affascinata.

Ma sai cosa mi è sempre mancato?” mi domandò infine.

Che cosa?”

L'amore” rispose. “L'amore. Ma ora anche quello è giunto. Nei panni di una splendida giovane donna dai capelli dorati e dall'animo puro, nei cui occhi verdi come prati di montagna sbocciano rose purpuree dal profumo inebriante”

Senza che me ne fossi accorta, mi aveva preso la mano e si era avvicinato notevolmente. Cercai di scostarmi ma la sua presa era forte.

Io... io sono lusingata da tutto questo ma...” cercai di difendermi.

Non devi dire ma. Solamente sì” mi interruppe e mi infilò un anello con incastonato un gigantesco diamante al dito.

No! - esclamai - non voglio...” cercai di divincolarmi.

Non senti forse la musica che ti chiama a me?” domandò vago.

Voi siete pazzo! Lasciatemi!” urlai. Edward e due guardie entrarono proprio mentre Arabeth cercava di baciarmi. Appena li vide, mi lasciò e corse verso la finestra incalzato dai soldati.

Isotta! Stai bene?” mi abbracciò Edward.

Abbastanza” mormorai sollevata.

Lasciatemi! Lasciatemi andare! Io sono Arabeth Olannain, Sommo Chierico di Triskell! Ve lo ordino!”

No sei un impostore!” gli gridò contro Edward. “Abbiamo ricevuto la notizia che Arabeth manca da giorni da casa”

Io ero sempre più sballottata e confusa. Vidi quasi come in un sogno il finto Arabeth divincolarsi agilmente dalle guardie e lanciarsi verso la finestra aperta.

Nessuno cattura Xanadis!” sentenziò con un timbro di voce totalmente diverso prima di fare il movimento di gettarsi. Movimento che però non portò mai a termine.

Ah!” urlò invece. “Ma come è alto qui! Non ci si può mica gettare da queste altezze! Ma siamo matti? Meglio la prigione della morte!” concluse facendosi docilmente catturare. E passandomi vicino, mentre lo portavano via, mi sussurrò: “Mi dispiace averti spezzato il cuore. Rifatti una vita, lo capirò.”

Una volta che furono fuori, Edward mi raccontò cosa fosse accaduto, spiegandomi con la sua solita dolcezza che un domestico personale di Arabeth era giunto ad avvertire che il suo signore mancava da casa da parecchi giorni e che non aveva dato più notizia di sé.

Ilmeth lo ha rassicurato dicendogli che il Sommo Chierico era qui al Tempio, ma io non mi sono fidato. Ho il timore che ci sia di mezzo anche l'Ombra con tutto quello che sta succedendo e non credo di sbagliarmi. Non in questo caso quantomeno” concluse arrossendo. Rossore che diventò ancora più acceso quando io lo ringraziai con un bacio sulla guancia.

Beh, di niente” minimizzò lui.

E ora che accadrà a quell'impostore?” chiesi.

Verrà interrogato subito. Bisogna scoprire dove è tenuto prigioniero Arabeth. Pregando gli dei che sia ancora vivo.”

Posso assistere all'interrogatorio?”

Credo che non ci saranno problemi. Anche se non sarà un bello spettacolo” mi rispose.

Effettivamente Edward non aveva torto. Ci recammo in una stanza situata ai piani inferiori del palazzo, molto fredda e molto sporca. Lì, oltre ad alcune guardie, trovammo ad attenderci Arwon, piuttosto preoccupato, Hilbert, che sembrava divertito, e Ilmeth, completamente furente. Insieme a loro naturalmente si trovava il prigioniero che, privo del travestimento e legato mani e piedi con delle solide manette, era un semplice uomo sulla trentina, con vivaci occhi neri guizzanti in ogni direzione. Il suo viso aveva tratti fini e la carnosa bocca era continuamente atteggiata in smorfie diverse. Xanadis era il suo nome.

Che pessimo arredamento” stava dicendo mentre entrammo.

Rispondi a me impostore” gli si rivolse duro il governatore di Irondale, dopo averci salutato.

Ve l'ho già detto. Non ho niente da dire. A parte delle sonore critiche al trattamento riservatomi”

Dicci tutto quello che sai di questo folle piano!” tuonò Ilmeth.

Non caverete da me neanche una parola!” rispose ancora.

Allora...” si avvicinò minaccioso.

No! Vi prego basta dico tutto” urlò lo strano uomo.

Hilbert rise di gusto alla vista di Xanadis che, liberatosi in qualche modo dalle manette, supplicava in ginocchio Ilmeth giungendo le mani in preghiera.

Abbiate pietà di me!” continuava a piagnucolare. “Fatelo per tutte le ore di studio al tempio passate insieme. Guardate dentro al vostro cuore e cercate nella misericordia di Triskell il perdono e l'amore” concluse accorato.

Ilmeth lo fissò impassibile e severo.

Non bestemmiare” gli disse.

Non mi sognerei mai di farlo!” rispose indignato. “La mia fede in Triskell è salda e...”

Smettila!” gridò l'altro.

Non ti crede nessuno” rincarò Edward.

Ma la misericordia e il perdono...” riprese.

Quelle sono priorità per il culto di Oghman il Buono!” tuonò ancora Ilmeth. “E se tu ti fossi mai anche solo avvicinato ad un Tempio lo sapresti!”

Ah” rispose Xanadis e per un attimo mi sembrò sul punto di zittirsi. Ma solo per un attimo. “E l'amore?” aggiunse infatti in modo estremamente melodrammatico. Mi ricordava un personaggio di quelle soap opera che la mia governante guardava sempre.

E la falsità?” gli ribatté Edward.

Ma tu non è che ti puoi fare i fatti tuoi?” gli chiese.

In realtà” intervenne divertito Hilbert, “quest'uomo in un tempio c'è stato eccome! Anzi, è stato il capo della Chiesa di Triskell per alcuni giorni. Chiaro segno che chiunque può ricoprire simili cariche.”

Non è il momento” gli sussurrai io.

Infatti infatti” si mise a saltellare Xanadis, dopo essersi liberato in qualche ignota maniera anche dalle catene che gli tenevano i piedi. “Ed è stato proprio là che ho ricevuto la chiamata!”

La chiamata?” ripeté Lord Ilmeth sull'orlo di dare completamente in escandescenza.

Sì! Triskell mi ha parlato!”

E cosa ti avrebbe detto?” disse esasperato Edward.

Di farmi catturare. Che era una cosa fondamentale perché trionfasse la Giustizia!”

Ti ha detto altro?” intervenne nuovamente Hilbert.

Sì! Che dopo essere stato catturato, sarei stato liberato da un uomo giusto e retto. Un uomo che avrebbe apprezzato il mio spirito di sacrificio e il mio coraggio.” concluse poi felice.

Il governatore di Irondale lo osservò a lungo. Il suo volto era contratto e imperscrutabile. Poi parlò e l'autorità che trasudava dalla sua voce mi fece correre dei brividi lungo la schiena.

Adesso dimmi dove tenete prigioniero Arabeth Olannain” disse.

Lui intuì forse di non avere altra scelta, ma non rinunciò del tutto alle sue follie: si riallacciò le manette ai piedi e alle mani e iniziò a giocherellarci, aprendole e chiudendole in continuazione.

E va bene. Vi dirò quello che so” si decise infine. “Ma lasciatevi dire che alla chiesa di Olisdul sono più simpatici”. Olisdul era il nemico giurato e la nemesi di Triskell.

Hilbert rise. Edward impallidì per lo sgomento e Ilmeth non riuscì più a trattenerersi: lo colpì con uno schiaffo poderoso e in quell'istante io mi resi conto che quel mondo non era il mio e che, sebbene si fosse sempre dimostrato gentile e pacato, Lord Ilmeth era un cavaliere e un guerriero che poteva anche essere spietato.

Non bestemmiare più qui dentro!” gli urlò contro, tirandolo su per il collo della camicia.

Perché, all'esterno posso?” rispose sorridente Xanadis ricevendo un altro pugno in risposta.

Quel tipo è matto” mi sussurrò Arwon.

Completamente” concordai.

Quando, due ore dopo, uscimmo dalla cella eravamo tutti stremati, assai più del nostro prigioniero. A turno avevano cercato di ottenere le informazioni che servivano, ma in cambio avevamo ricevuto risposte confuse e fuorvianti. Un chierico di Triskell usò anche una magia per impedirgli di mentire, ma se funzionò, risultò comunque inutile. Fu solo grazie ad Edward, entratogli per qualche ragione in simpatia, non ricambiata, a causa dei continui complimenti che Xanadis mi rivolgeva, che scoprimmo dove era tenuto prigioniero Arabeth Olannain.

Partirò subito per liberarlo” disse deciso Ilmeth.

Non sarà pericoloso lasciare Irondale adesso?” chiese preoccupato Arwon.

Farò in fretta e comunque ora la priorità è salvare Arabeth. Il suo aiuto è determinante. Vado a prepararmi” aggiunse poi allontanandosi. “Mi scuso con voi per aver perso la pazienza e che gli Dei vi proteggano” ci salutò.

Che Triskell sia con voi” ribattei io quasi stupendomi della facilità con cui avevo parlato.

Dopo che se ne fu andato, Edward si accasciò su una sedia.

Non abbiamo cavato un ragno dal buco” sospirò affranto.

Consolati” lo rincuorò Hilbert. “Non credo che sapesse molto di più. D'altronde, quale individuo sensato affiderebbe a quel matto delle informazioni importanti?”

Già. Eppure è stato straordinario nel fingersi questo Arabeth se nessuno qui al Tempio se n'è accorto” feci notare.

Ha persino cercato di guarire nostra madre!” si rese improvvisamente conto Hilbert.

E fallendo ha permesso ad Isotta di ricevere la sua vocazione! Gli Dei operano in maniere imprevedibili.” concluse Edward.

Soprattutto quando sono dei ladri folli a capeggiare le loro Chiese” sottolineò divertito mio fratello. Continuarono a battibeccare per alcuni minuti, ma io non li ascoltai più. Il mio pensiero corse agli ultimi avvenimenti di quei giorni: alla magia che avevo operato, alla spada che portavo al fianco, alla guerra che incombeva, a quei nemici terribili e ancora oltre, dove forse neanche io volevo che andasse.




Spazio autori.

E così avete finalmente conosciuto, e speriamo apprezzato, uno dei nostri personaggi prediletti, le cui apparizioni nella storia, ovviamente, non si concluderanno così.

Dopo il divertimento, preparatevi a un capitolo assai più drammatico...

Intanto grazie a tutti, a chi segue, a chi sfoglia, a chi legge e in particolare a


Cabol: dovevo averti già accennato a Xanadis e alla sua abilità nei travestimenti, commentando il tuo BW. Ovviamente Xan non c'è di cervello... ma in questo ha una sua particolare genialità. Sempre graditissimi i tuoi complimenti. Speriamo di non deludere.


Shark Attack: eh sì, giochiamo ancora. Dal 2005 fanno almeno 5 anni di gioco e Hilbert è peggiorato notevolmente. Le evoluzioni di Isy, al contrario, sono state davvero imprevedibili (persino per me che la gioco) e anche Ed non ha scherzato affatto. Però non esistono link, il gioco è Dungeons and Dragons, ma è tutto nella nostra mente (in particolare in quella di Raukath, il mio coautore, che ci masterizza). Riuardo all'azione: giusto, vediamo di metterne un po' di più. Il prossimo capitolo dovrebbe accontentarti (sarà fondamentale per l'andamento della storia).


Grazie di tutto!


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Capitolo 15
*** Clangore metallico all'ingresso del tempio ***


Clangore metallico all'ingresso del tempio


Prima di partire alla ricerca di Arabeth Olannain, Lord Ilmeth ci aveva raccomandato di fare attenzione. A me in particolare aveva chiesto di non allontanarmi dalla Torre Bianca e di lasciare sempre, qualunque cosa fosse accaduta, che alcuni uomini si occupassero della mia sicurezza.

Non avevo fatto obiezioni, ma forse per la prima avevo sentito nascere in me il desiderio prepotente di tornare a casa.

Lo dissi a Hilbert poco dopo, non appena fummo da soli nella mia stanza.

«Adesso che Eleonor sta bene, non c'è più ragione per rimanere».

«E la chiamata di Triskell? E la musica che ti frullava in testa? Ti sei già dimenticata tutto?» mi chiese con foga.

Lo guardai un istante e improvvisamente colsi un dettaglio che, tempo prima, la mia mente non aveva registrato.

«Non hai più il bracciale!» gridai.

«Ho provato a dire alle guardie che mi serviva, quando ci hanno catturato per colpa della tua curiosità, ma è stato inutile - rispose simulando un distacco che non stava provando – in ogni caso le porte sono ormai chiuse da tempo. Ti avevo ben detto che sarebbero rimaste aperte per pochi giorni».

«Che tu sia stramaledetto Hilbert Esyscoll!» gridai.

«E da chi? Da Triskell? Da Olysdull? Da Waukeen?» rispose.

Lo guardai carica d'odio.

«Ti sei solo tolta il problema di prendere una decisione – disse poi – non ti saresti mai perdonata se ci avessi abbandonato adesso».

«Tu non mi conosci, non sai niente di me! - risposi con rabbia – ed è soltanto colpa tua quello che è successo. Tu mi hai trascinata qui!».

«Io ti avrei portato da nostra madre se tu non avessi sentito la necessità di giocare all'eroina» ribatté stizzito.

«Ti detesto!» conclusi come una bambina, uscendo precipitosamente dalla stanza.

Non appena aprii la porta, le quattro guardie a cui Ilmeth mi aveva affidato si mossero con me.

«Posso chiedervi dove intendete andare, Lady Isotta?» mi chiese timidamente uno di loro.

Lo guardai stralunata. Non ne avevo affatto idea.

«Al Tempio» risposi poi, più per non dare l'impressione di essere completamente folle che non per reale desiderio.

Quando raggiunsi il tempio deserto e ne varcai la soglia, tuttavia, la solita rassicurante sensazione di pace si impadronì di me.


Nel momento stesso in cui avvertii il primo rumore metallico provenire dall'ingresso capii che qualcosa di terribile stava accadendo. Strinsi per un attimo la spada, ferma sul mio fianco, poi mi diressi verso l'uscita.

Chiusi gli occhi un istante di fronte alle tre guardie che giacevano. Una quarta, ferita e debole, combatteva ancora contro il guerriero vestito di bianco, immagine vivida e bruciante del mio ultimo sogno.

«Lady Isotta – gridò la guardia – andate via! Andate via!». La sua voce dolorosa e accorata suonava quasi come un'ultima preghiera. In quel momento, il guerriero lo trafisse al cuore senza alcuna pietà. Mentre osservavo quell'uomo morire e preoccuparsi per me con i suoi ultimi respiri, il mio sguardo rimaneva incollato ai movimenti perfetti del guerriero, ai suoi affondi e alle sue parate, alla grazia sublime con cui impugnava e muoveva la catana.

«Consegnami la spada» mi disse poi.

Avvertii le lacrime riempire i miei occhi e la paura crescermi dentro, poi, con la coda dell'occhio, scorsi il piccolo tempio di Triskell, solido e rassicurante, davanti alla Torre Bianca e

«No» dissi, sentendo chiara e tranquilla la mia voce.

«Non metterti sulla mia strada – ribatté lui con il tono di chi sta avvertendo un'ultima volta – Albert vuole quella spada. Non desidero uccidere una donna senza che ve ne sia motivo, consegnamela e torna alla tua vita di prima, lontano da questa guerra e da questo orrore».

«Se tu a cercare ciò che mi appartiene – risposi impugnando l'arma con tutta la forza che possedevo – non ti consegnerò la spada».

Nei suoi scuri e freddi, scorsi per un attimo il bagliore d'una subitanea curiosità, disse poi

«Se è da guerriero che vuoi morire, è da guerriero che ti darò la morte. Preparati».

Le sue parole, le parole che avrebbero probabilmente decretato la fine della mia vita, non mi apparvero crudeli o inutilmente solenni, al contrario, senza comprenderne il motivo, vi intravidi un significato che non sapevo cogliere pienamente.

Per un istante le gambe cedettero al mio peso e la mano tremò intorno all'elsa, davanti agli le immagini si confusero in un disegno sbiadito e sfocato. Poi tutto tornò alla normalità.

«Sono pronta» scandii, e attesi.

La sua catana, sollevata su di me, era terribile e spaventosa e io mi sentii piccola e fragile sotto a quel peso. Ebbi tuttavia la strana impressione che la spada tentasse di guidare i miei movimenti, come se desiderasse dirigere la mia mano.

Fu così che parai due dei suoi colpi, poi, troppo lenta per poter reggere il ritmo di quella danza, caddi a terra priva di forze e di difese.

«Consegnamela» disse.

La guardai ancora.

Era bella come non avrei creduto possibile. Era la mia spada e forse la sola speranza di Irondale.

Speranza” pensai, è così che ti chiamerei se ne avessi il tempo.

«No» risposi, poi il mondo si fermò davanti a me senza che trovassi il tempo per formulare un solo pensiero d'addio.


Vidi appena il piccolo coltello che, fendendo velocemente l'aria, si infrangeva sulla lama ormai prossima al mio petto, ma sentii chiaramente la voce profonda di Jerkie e non faticai a riconoscerla sebbene l'avessi udita una sola volta prima di allora.

«Allontanati da lei» disse.

«Cosa fai qui, assassino, e perché ti interessi a questa ragazza?» chiese freddamente.

«Non conosci la storia di quella spada, Vosg'na? Neppure la sua morte ti permetterà di averla e lei ti ha ben dimostrato di essere disposta a morire per difenderla» rispose.

Così appresi il nome del guerriero vestito di bianco e seppi che non lo avrei mai dimenticato.

«Non hai risposto alle mie domande» riprese.

«Perché la risposta non ti riguarda, guerriero» rispose con altrettanta sicurezza.

«Vuoi combattere per lei? – chiese allora – sai di non potermi battere».

«Non ci siamo mai messi alla prova e non desidererei farlo ora, tuttavia, sì, combatterò per lei se sarà necessario e tu sai altrettanto bene che se esiste nel Sidhe qualcuno in grado di batterti, io sono quella persona» disse.

«So che non credi di spaventarmi perché non sei così sciocco, assassino. Dunque dimmi cosa vorresti da me e per quale motivo dovrei dartelo» ingiunse.

«Perché tu non uccidi se non ne hai ragione e in questo caso non ne hai alcuna. Come ti ho detto, la sua morte, ammesso che tu riesca nel tuo intento, non ti consegnerà la spada. Solo se te la cedesse spontaneamente potresti averla» rispose calmo.

Vosg'na tacque un istante, poi rinfoderò la catana e

«Albert avrà quella spada» disse.

«Gli dei non sono onnipotenti, lo sappiamo entrambi, guerriero. Ma nemmeno Albert lo è, e tu sembri dimenticarlo, talvolta» rispose Jerkie.

Vosg'na si stava già allontanando e non si voltò neppure.


Portai la mano alla spalla a toccarmi la ferita e guardai il sangue fluire lentamente sul mio petto.

Non provavo dolore.

Era come se niente mi appartenesse.

Cercai di riprendere un respiro regolare, mentre Jerkie mi si avvicinava velocemente e scioglieva il volto, fino a quel momento impassibile, in una smorfia di preoccupazione e ansia.

«Sei una sciocca – esordì chinandosi su di me – credi davvero che valga la pena morire per una spada?». Le sue parole erano dure e fredde, ma il suo tono tradiva dolcezza e calore.

«Mi hai salvata di nuovo» dissi, sentendomi lontana, quasi estranea.

«Immaginavo che ti saresti cacciata in qualche guaio, ma ho la sensazione di essere stato troppo ottimista» disse, sollevandomi tra le braccia come se avessi avuto il peso di una piuma.

«Non tornerà?» chiesi appena sussurrando.

«Forse – rispose – chi mai può comprendere i pensieri di quell'uomo? Ma non devi preoccupartene, adesso».

Poi sorrise. Lo vidi distendere il viso e la bocca, scorsi nei suoi occhi così caldi il bagliore lieve d'una luce e

«Sei stata una sciocca – disse – ma non ho mai visto una sciocca tanto coraggiosa».

Sorrisi a mia volta, poi il mio sguardo si soffermò sui corpi inermi delle guardie e i miei occhi si riempirono di lacrime, questa volta senza alcuna possibilità di ricacciarle indietro. Jerkie lasciò che piangessi e cominciò a camminare.


Quando ci avvicinammo alla Torre Bianca due guerrieri ci si fecero incontro.

«Lady Isotta! Cos'è accaduto?» chiesero.

«Lasciateci passare» disse Jerkie in un sussurro che apparve così minaccioso da fargli sguainare le spade.

«No! - gridai, troppo stanca per vedere altri combattimenti – non ce n'è bisogno».

Poi precisai

«Non è lui il nemico. Lui mi ha salvato» e nuovamente mi chiesi perché lo avesse fatto, cosa mai potesse legarlo a me al punto da correre quel rischio. Non dissi nulla, ma mi adagiai tra le sue braccia che mi fecero sentire protetta e sicura come quelle di mio padre.


Edward si precipitò nella stanca, pallido come non l'avevo mai visto. Prima di dire qualunque cosa, si affrettò a curarmi, poi, ancora in silenzio, mi strinse a sé accarezzandomi i capelli.

«Scenetta commovente, Eddie, come sempre quando ti avvicini a mia sorella - borbottò Hilbert entrando, poi aggiunse – e così il guerriero voleva la spada».

«Vosg'na» precisai, poi raccontai loro ciò che era accaduto. Mentre parlavo mi rendevo conto di quanto il susseguirsi di quegli avvenimenti fosse incredibile e assurdo.

«Perciò Jerkie ti ha salvato di nuovo – continuò guardandolo con un certo interesse – sarebbe forse il caso che ci spiegassi perché».

«Non credo che tu sia nelle condizioni di chiedermi spiegazioni, giovane Hilbert» ribatté tranquillamente lui.

«Per quale motivo?» chiese.

«Perché avete un disperato bisogno del mio aiuto, qualunque sia la ragione per la quale ve lo sto offrendo» rispose.

«Ne avremmo bisogno, è vero, e per questo credi che lo accetteremmo comunque? - chiese senza sarcasmo, sinceramente sorpreso – per come la vedo io, è preferibile correre dei rischi al farsi manipolare qualcuno senza saperne le ragioni».

Guardai mio fratello e poi Jerkie. Mi fidavo istintivamente di quell'uomo, ma le parole di Hilbert mi colpirono come una freccia.

«È la seconda volta che mi salvi la vita e io voglio saperne il motivo» dissi.

«Tu vuoi molte cose, Isotta, ma come tuo fratello non sei nelle condizioni di pretenderne nessuna» rispose.

«Allora vattene e non tornare» dissi.

«Come pensi che potrai cavartela, la prossima volta, senza di me?» chiese senza superbia.

Tacqui un istante.

«In qualche modo. In ogni caso, sono pienamente d'accordo con quello che ha detto Hilbert» conclusi poi.

«Voglio solo aiutarti - disse dopo un attimo di silenzio – che importanza ha il motivo per cui lo faccio?».

«Tu sei assai coinvolto in questa storia, Jerkie - ribatté Hilbert – conosci Vosg'na, sapevi esattamente dove si trovava Isotta e quando ci hai liberato hai rivelato di non avere alcuno scrupolo nell'uccidere».

Ricordai silenziosamente che Vosg'na lo aveva chiamato assassino.

«Potrei persino ipotizzare che sia stato tu a spiarla attraverso la magia» proseguì.

«Lo scrutamento!» ricordò Edward.

«Mi meravigli davvero, ragazzo. Ero già sufficientemente sorpreso dal fatto che tu e Isotta vi foste accorti di me, ma questa ultima deduzione mi impressiona veramente – disse senza alcuna ironia – Sì, sono stato io. Come ho già detto a lei, avevo il serio timore che rimanesse coinvolta in qualche guaio».

«Dunque cosa saresti? Una specie di guardia del corpo?» chiese ancora Hilbert.

«Potrebbe vedermi così, in fondo» ammise.

«Sono tra le migliori che avrebbero potuto capitarle – proseguì senza alcuna piaggeria - seppure Vosg'na sia forse un avversario superiore persino alle mie forze».

«Eppure se n'è andato – ribatté Arwon – perché avrebbe dovuto farlo se non per timore di iniziare lo scontro?».

Jerkie lo guardò sorridendo e rispose

«Temo, mio giovane guardaboschi, che Vosg'na non abbia paura di me, né di alcun altro essere che cammini nel Sidhe. Non conosce la paura né la pietà, il solo sentimento che lo distingue è la devozione verso Albert».

«Ha un suo codice, tuttavia, e non uccide se non vi è motivo di farlo. Ciò che gli interessava era la spada e ha probabilmente creduto alle mie parole» proseguì.

«Hai detto la verità?» chiese Edward.

«Naturalmente. Una verità che forse, almeno in parte, stava intuendo da solo. Inoltre credo, Isotta, che sia in qualche modo rimasto impressionato dal tuo coraggio» aggiunse.

«Incoscienza – precisò Hilbert – cerchiamo di chiamare le cose col proprio nome: faciliterebbe la comunicazione».

«Si direbbe che tu lo conosca piuttosto bene» interloquì Arwon.

«È così – ammise – ho girovagato con loro, per qualche tempo».

Lo guardammo sempre più sorpresi.

«Non credo tuttavia che sia il caso di parlarne adesso – continuò – Isotta deve riposare».

«Non...» cominciai.

«Hai la mia parola che mi troverai qui, quando ti sarai ripresa. Non ho alcuna intenzione di lasciarti in questo guaio. Allora riprenderemo la conversazione».

Edward lo guardò con lieve disappunto, tuttavia disse

«Ha ragione. Devi riposare».

«Lasciami indovinare, Ed... tu le farai compagnia... » squittì Hilbert con una certa allegria. Prima di uscire dalla stanza, tuttavia, notai la preoccupazione che gli aleggiò sul bel viso ed ebbi la sensazione che si preoccupato per me assai più di quando non avesse voluto ammettere.



Spazio autori.


Con questo vi presentiamo un capitolo che abbiamo amato molto: vi fa il suo ingresso un personaggio fondamentale per la storia e ve ne ritorna, con una certa classe a nostro avviso, un altro altrettanto importante, che mancherà di portare con sé conseguenze importantissime per la storia.

Anzi, vi preannuncio a brevissimo la prima vera svolta della trama.

Grazie a tutti quelli che leggono anche queste ahimé dimenticate storie originali, grazie a chi gli dedica tempo e naturalmente soprattutto a chi ci fa sapere cosa ne pensa.


In particolare dunque a


Cabol: Xanadis è divertente, vero? Fa ridere molto anche me, quando lo si gioca, poi, finiamo sempre con il fare del casino. Molto più serio questo capitolo (seppure l'ironia di Hilbert non può mancare), la faccenda, insomma, si fa complessa: dovrà intervenire BW per risolverla senza troppa violenza? E ci sono scappati altri 4 morti, Isy è un po' frastornata. In più, credimi, si è fatta male davvero. Alla prossima....


Shark Attack: bravissima. Sì, anch'io cerco di reggere il ritmo del tuo capolavoro. Detto questo: sono contenta che Xan ti sia piaciuto, piace moltissimo anche a me (è anche discretamente bello, tra l'altro). Dell'azione che ne dici? E di questo scontro Vosg'na/Jerkie? Ti dirò che lo trovo abbastanza appassionante. Un bacio.



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Capitolo 16
*** Rivelazioni ***


Rivelazioni


Quando la mattina dopo mi svegliai, tuttavia, Jerkie non era più lì.

«Stai meglio?» mi chiese Edward seduto su una poltrona accanto al mio letto.

Annuii. La spalla era ancora indolenzita e la testa mi faceva male, ma il dolore del giorno prima sembrava solo un ricordo lontano.

«Sei rimasto tutta la notte?».

«Naturalmente» rispose serio, quasi offeso per la domanda assurda che gli avevo fatto.

«Dov'è Jerkie?» chiesi.

«Se n'è andato – rispose con una certa freddezza – ti dispiace così tanto?».

«Mi ha salvato la vita e non so perché lo abbia fatto» puntualizzai.

«Forse... - cominciò con titubanza, dopo un attimo di silenzio – non hai mai pensato che potrebbe essersi innamorato di te?».

«Dico sul serio, Ed» minimizzai, nonostante il sussulto che le sue parole provocarono in me.

«Anch'io sto dicendo sul serio. Quali altri ragioni potrebbero spingerlo? Inoltre ho visto bene come ti guarda» ribatté.

Sorrisi.

«Non credo davvero che si tratti di questo» dissi.

Esitò ancora, poi mi porse un piccolo bauletto ligneo.

«Ha lasciato questo per te. Forse è la sua dichiarazione d'amore» precisò.

Lo aprii senza avere nessuna idea di ciò che avrebbe potuto contenere. All'interno vi trovai un anello lavorato semplicemente, su cui brillava un piccolo zaffiro, e una breve lettera vergata in una grafia nitida e precisa, senza fronzoli o orpelli di alcun genere.


So bene che avevo promesso di rimanere e ti chiedo perdono per quella che ti apparirà forse come una fuga.

Tale però non è: tornerò presto e ti darò le spiegazioni che cerchi.

Nel frattempo, indossa quell'anello e chiama il mio nome se avrai bisogno di me prima del mio ritorno: ovunque mi troverò potrò sentirti e di raggiungerò.

J.


Lessi ad alta voce il suo contenuto, quasi a voler dimostrare a Edward che non avevo nulla da nascondergli.

«Sembra una lettera d'amore» commentò ancora.

«Sciocchezze – risposi convinta – sono altri i motivi che lo spingono e forse li conosceremo al suo ritorno».

Tacqui un istante, valutando l'idea che mi stava passando per la testa, poi dissi

«Chiama Arwon, per favore. C'è una cosa che voglio raccontarvi».

Prima che uscisse dalla stanza aggiunsi quasi senza rendermene conto

«In ogni caso, Ed, io preferisco te».

Lo vidi sussultare a sua volta e immaginai il rossore che doveva avergli colorato il viso.


Raccontai a Edward e ad Arwon tutto sul mio mondo e sul modo in cui ero giunta lì. Parlai con calma e risposi alle loro domande, stanca di portare un simile segreto e senza una ragione per nasconderlo ancora.

Mano a mano che sciorinavo loro la verità, li osservavo guardarmi come se improvvisamente molti dei tasselli di quello scombinato puzzle fossero tornati al loro posto.

Il turbamento per la mia assurda rivelazione sembrava meno forte rispetto all'inaspettata spiegazione di tanti miei comportamenti.

«Sembrate sollevati» notai con un certo fastidio.

«È la verità – rispose Ed con dolcezza – abbiamo sempre immaginato che ci nascondessi qualcosa. Il fatto che tu abbia deciso di dircelo, significa che finalmente ti fidi di noi e la cosa non può che farci piacere».

Mi sentii quasi in colpa, ma i loro volti sorridenti mi trasmisero tranquillità e sicurezza.


Lord Ilmeth rimase lontano dalla Torre Bianca quattro giorni, durante i quali la nostra vita parve trascorrere quasi avvolta in una sorta di sogno. Insieme a Hilbert, trascorsi molto tempo accanto a Eleonor che sembrava riprendersi velocemente, sebbene non fosse ancora in grado d'alzarsi.

Quando tuttavia si fu riposata abbastanza per riuscire a parlare senza troppa fatica, volle raccontarmi il motivo per cui mi aveva abbandonato.

«Quando conobbi tuo padre, me ne innamorai perdutamente – disse – e lasciai la mia famiglia per seguirlo nel suo girovagare. Poi rimasi incinta e dovetti fermarmi: lui disse che in quel momento più che mai avevamo bisogno di denaro e ripartì in cerca di fortuna promettendomi che sarebbe tornato presto. All'inizio tornò davvero, poi lo vidi sempre più raramente e nel giro di un anno scomparve completamente dalla nostra vita. Allora mi ritrovai a dover provvedere a voi da sola, senza soldi e con la difficoltà di lavorare e di badare a due bambini piccoli. Venne un momento, poi, in cui vi guardai e mi sentii disperata. Da giorni avevamo pochissimo da mangiare, piangevate senza sosta e io non avevo nulla da offrirvi: se anche foste sopravvissuti a quella crisi non avrei potuto garantirvi un futuro. Fu per questo motivo e con questa disperazione in cuore che ti portai sulla Via dei Faccendieri: di lì passavano continuamente carovane di commercianti ricchissimi, mi convinsi che una bambina sarebbe stata assai più gradita di un maschio da parte di uomini che non avrebbero avuto alcun problema a provvedere alla sua dote e che tu, dunque, avresti avuto più possibilità di essere raccolta rispetto a tuo fratello».

Eleonor parlò con voce strozzata e piena di dolore, ma senza interrompersi mai e senza versare più una sola lacrima, con la consapevolezza di dovermi una spiegazione e quella vaga rassegnazione che ha solo chi non aspetta perdono, perché non può averne da se stesso. La ascoltai in silenzio stringendole la mano piccola e sottile.

Poi mi fece una sola domanda

«Sei felice con la tua famiglia?»

«Sì» risposi, chiedendomi ancora una volta quali sentimenti potessero turbinare nel cuore di mio padre a causa della mia sparizione.


«Quando si è ammalata ho tentato di farla curare – disse Hilbert quando uscimmo per lasciarla riposare – ma dopo i primi tentativi si è rassegnata all'idea di una fine inevitabile. Mi ha detto che non avrei dovuto perdere altro tempo e altro denaro nel cercare di guarirla, perché il suo unico desiderio era quello di rivederti prima di morire. Allora ho capito che non voleva guarire e che nessuno avrebbe mai potuto curarla fino a quando lei stessa non lo avesse voluto».

«Come hai scoperto dove mi trovavo?» chiesi, sorpresa di non avergli posto prima quella domanda, ma giustificata dalla quasi totale assenza di momenti di tranquillità e di intimità tra noi.

«Ho impiegato diversi mesi e tutto il denaro che avevo messo da parte per lei. Sono partito dal luogo dove ti aveva abbandonata: i miei poteri mentali mi consentono di rivivere sentimenti particolarmente intensi che sono stati provati in un determinato luogo e mi mostrano alcune immagini connesse ai fatti che li hanno generati. Ho rivisto lei e poi un uomo incappucciato che si avvicinava alla tua piccola culla di paglia, la raccoglieva e ti portava via».

«Chi era?» domandai dopo un attimo di silenzio.

«Peter Greenwood, suppongo» rispose.

Lo guardai al colmo dello stupore.

«Conosci mio padre?» chiesi sbigottita.

«No di certo. L'uomo che ho visto era quasi completamente celato dietro al suo mantello – proseguì – tuttavia si muoveva con sicurezza e non sembrava affatto sorpreso dall'averti trovato di lì. Inoltre i sentimenti che provava erano ben definiti, come se avesse già riflettuto sul da farsi. Preoccupazione, amore, determinazione e un certo senso di colpa. Sapeva esattamente cosa cercare e dove cercarlo. Chiesi a mia madre chi fosse stato a conoscenza della sua decisione e lei rispose che un caro amico l'aveva accompagnata fino alla Via dei Faccendieri. Il suo nome era Peter Greenwood».

«Non capisco – ammisi – significa che mio padre appartiene a questo mondo?».

«Non credo. Da quello che ho potuto capire era un viaggiatore: possedeva un bracciale come il mio ed era in grado di andare a venire tra i mondi» rispose con ovvietà.

«Perché non me lo hai detto prima?» chiesi senza trattenere il risentimento.

«Perché non ce n'era ragione. Credevo davvero che ti avrei riaccompagnato a casa in un tempo breve – disse e tono della sua voce si fece improvvisamente più sommesso – poi, quando tutto è andato in maniera diversa da come avevo programmato, ho pensato che ti avrei solo agitato maggiormente, parlandoti di tuo padre».

«Capisco – acconsentii, convinta dalla sua giustificazione, o più ancora dal fatto che ne avesse espressa una, lui che era così insolito a quel modo di procedere – come hai scoperto dove mi trovavo?».

«Ho qualche contatto in un'organizzazione segreta. Ho lavorato per loro, di quando in quando, perché avevano bisogno di qualcuno con le mie capacità, che praticasse una specie di magia senza dover ricorrere alla trama – mi spiegò – da parte loro, costituiscono uno dei più grandi serbatoi di conoscenza dell'intero Sidhe. Peter Grenwood è un nome famoso, se si sa dove cercare».

«Conoscono mio padre?» chiesi ancora.

«Ma non sai dire altro?- esclamò – Alcuni di loro lo hanno conosciuto, sì. Deve averne combinate delle belle, in gioventù!».

«Allora dovrai portarmi da loro, se non riuscirò a tornare a casa a breve – aggiunsi - Deve trattarsi di un'organizzazione davvero potente per averti fornito quelle informazioni, su un evento che si era verificato così tanto tempo prima».

«I Raminghi? Lo sono. Nonostante questo, l'essere riuscito a mettere insieme tutti quei pezzi ha stupito anche me, te lo confesso» ammise, aggiungendo poi divertito

«O magari gli dei, Triskell per primo, ti volevamo qui sorellina».

Lo guardai tra il perplesso e il confuso, poi mi allontanai, sentendo dietro di me la sua voce che concludeva

«La mamma, come ti ho detto, non sa niente di tuo padre».

Quando tornai in camera, piena di domande e di dubbi, aprii il baule e mi rigirai l'anello tra le mani, poi lo indossai ma non cedetti alla tentazione di verificare se ciò che Jerkie mi aveva scritto fosse vero.

Mi limitai, invece, ad attendere il suo ritorno.


Fu Lord Ilmeth, tuttavia, a ritornare per primo. Udimmo le trombe che annunciavano il suo arrivo la sera del quarto giorno, ma non lo incontrammo. Ci convocò invece la mattina successiva, nel suo studio. Il suo volto era più scuro di una notte senza stelle.

«Avete liberato il Sommo Arabeth?» chiese Edward con appresione.

Ilmeth annuì.

«Come sta?» chiese ancora.

«Tutto sommato bene. Era però ad un passo dal lasciarci. Ora i chierici stanno curando le sue ferite. Quelle dell'animo prima ancora di quelle del corpo» rispose in tono grave.

«Tuttavia qualcosa vi preoccupa più di questo» sentenziò Hilbert.

«Tu sei sempre molto perspicace ragazzo - replicò il governatore - Ciò che è accaduto al Sommo Chierico è assai grave, ma egli è vivo e ciò che ho visto in quella grotta dove lo tenevano prigioniero è fonte di una disperazione che non ha confronto».

«Non dovrei neanche parlarne in questo luogo» disse poi parlando quasi a se stesso, prima di aggiungere in un sussurro appena percettibile

«La non vita».

L'effetto delle sue parole sui miei compagni fu devastante. Tutti loro, persino Hilbert, impallidirono dal terrore, Edward barcollò prima di crollare sulla sedia. Guardai mio fratello per avere una spiegazione, ma lui, come suo solito, mi fece cenno di aspettare.

Mentre tutti erano immersi in silenzio nei nostri pensieri, come se il solo nominare la non vita ne avesse invocato l'osceno fantasma, e io tentavo di immaginarne le fattezze e le conseguenze, confuse, nella mia mente, con le immagini dei film di Romero, una guardia entrò trafelata.

«Signore – disse – signore».

«Cosa succede?» chiese Ilmeth notando il suo affanno.

«Lord Albert, signore. È qui e... desidera parlare con voi» rispose.

«Che attenda» sentenziò con rabbia.

«Quell'uomo... - aggiunse poi rivolgendosi a noi – è lui che ha ordinato e orchestrato il rapimento di Olannain, sebbene non possiamo accusarlo di ciò».

«È lui che ha portato la non vita nelle Valli!» tuonò.

In quel momento si udirono nel corridoio dei passi veloci e pesanti.

«”Desiderare” non mi sembra il termine adatto per definire la sua irruenza» notò Hilbert.

Ilmeth colpì violentemente la scrivania, poi uscì dalla stanza. Udimmo allora la sua voce forte

«Non ti hanno insegnato le buone maniere, Albert? Tu chiedi udienza, io decido se e quando concedertela».

«È proprio per simili idiozie burocratiche che siamo a un passo dalla distruzione – rispose – non ho tempo da perdere in simili sciocchezze, posso concederti al massimo cinque minuti».

«Tu non mi concedi un accidenti di niente! Sei in casa mia, nella Valle dove io governo» ruggì.

«Ancora per poco» dichiarò.

La rabbia di Ilmeth si percepiva chiaramente.

«Tu! - gridò – e il tuo guerriero! Avete violato ogni codice. Avete rapito il Sommo chierico, avete attaccato chi era sotto la mia protezione, nella casa di Triskell».

Rabbrividii nell'udire quelle parole: significavano che Vosg'na era con Albert? Che lo avrei rivisto nuovamente? Non ero sicura di essere pronta, mi guardai intorno piena di apprensione e sussurrai tra le labbra semi chiuse il nome di Jerkie.

«Non puoi dimostrarlo. Io non ho violato alcun codice: semmai sono qui per scriverne uno nuovo. Comunque sono venuto in pace, solo per parlarti prima di partire e per fare l'estremo tentativo di scongiurare questa guerra» rispose Albert in un tono che voleva essere conciliante.

«Tu hai voluto questa guerra, folle che non sei altro» gridò ancora Ilmeth al colmo dell'esasperazione.

«La tua testardaggine e la tua ottusità la vogliono, non io. Follia è perseverare in quesa divisione - ribadì con tranquillità – non farmi perdere altro tempo, adesso. Preparati e concedimi quest'udienza, giacché ti piace utilizzare queste cerimonie».

Ilmeth tacque un istante, quindi, quasi tentando di riprendere il controllo perduto, disse, i

«Conduci Lord Albert e il suo accompagnatore in una stanza e assicurati della loro comodità. Farò in fretta, Albert – proseguì poi – così come richiede il tuo nuovo codice. Non intendo tollerare la tua presenza alla Torre Bianca un secondo più di quanto non sia strettamente necessario».

Poi rientrò nella stanza.


«Siete pronti a incontrare Albert?» ci chiese.

«Affatto – rispose Hilbert – è troppo nervoso per i miei gusti, senza contare che a quanto abbiamo capito si trova adesso con il tizio che ha cercato di uccidere mia sorella».

Poiché ci chiese spiegazioni, gli narrai ciò che era accaduto.
Ricordarlo sapendo di avere Vosg'na a pochi passi da me, protetta solo da un muro fragile e inutile, mi fece quasi rabbrividire.
Ilmeth rispose al mio breve racconto con un'espressione carica di sdegno e di disprezzo.

Ilmeth annui.

«Non oserà sfiorarti, in questa situazione» affermò poi.

«E chi lo fermerà se dovesse provarci? - chiese Hilbert con più preoccupazione che ironia– la volontà di Triskell?».

«Sì – rispose il governatore con sicurezza– tramite le mie mani e la mia spada».

«Anch'io sono pronto» aggiunse Edward stringendo il simbolo sacro. Hilbert si lasciò sfuggire una risatina di scherno.

«E anch'io» interloquì Arwon toccando le due spade al suo fianco.

«Non abbiamo più nulla da temere, allora – concluse Hilbert, dando sfogo questa volta a tutto il suo sarcasmo – quanto a me, cercherò di preparare la via di fuga».

«Non ci sarà alcun bisogno di fuggire» sentenziò la voce profonda di Jerkie risuonata improvvisamente nella stanza, mentre la sua figura si materializzava dal nulla davanti ai nostri sguardi.

Socchiusi gli occhi. L'accelerato battito del mio cuore tornò lentamente a normalizzarsi mentre scioglievo la preoccupazione in un lieve sorriso.






Spazio autori.

Carissimi, speriamo che abbiate apprezzato le importanti rivelazioni di questo capitolo e la nuova apparizione di Albert, in tutto il suo splendore. Fateci sapere, se vi va, cosa ne pensate. Speriamo di riuscire a fornire sia a lui che a Ilmeth la necessaria caratterizzazione, sebbene in maniera diversa sono entrambi due grandi personaggi.

Vosg'na, poi, è di nuovo qui, il che ha richiamato anche la presenza di Jerkie un tantino preoccupato, e a ragione, di come potrebbero andare le cose.

Si preannunciano capitoli ricchissimi di avvenimenti: se avete voglia di azzardare, fatelo. Siamo poi aperti a tutti i tipi di suggerimenti.

Nel frattempo, come sempre, grazie, perché non potrebbe esserci scrittura se non ci fossero lettori a darle forza.

In particolare:

Cabol: mentre qualche importante dettaglio sul perché e il percome Isy si trovi lì comincia a emergere, la possibilità di un suo ritorno imminente si allontana ancora di più e la faccenda si fa sempre più scottante. Ipotesi, è vero, ce ne sono moltissime, piano piano sveleremo la nostra... d'altra parte non siamo bravi come te nella scrittura giallistica (magari ricorreremo a qualche suggerimento :-) ). Grazie per aver segnalato la storia tra le letture consigliate! A presto, spero con un tuo nome capolavoro.

Dust_and_diesel: grazie davvero per aver lasciato questa traccia del tuo passaggio, attendiamo ansiosi pareri più definitivi. I nostri poveri quattro (e diciamocelo) sfigati non sono davvero atti alle imprese eroiche: Arwon è un bravo guerriero, ma va bene per fare la guardia o per prendere ordini, e qui non c'è nessuno che sia in grado di darglieli, Edward è un prete-mercante e l'avventura non scorre davvero nel suo sangue, Hilbert è intelligente e acuto, ma vorrebbe restare fuori da qualunque problema, Isy, infine... beh, che dire, lei è (quasi) una ragazza normale. A presto.

Shark Attack: in bocca al lupo e grazie per aver ugualmente trovato un po' di tempo da dedicarci! Sì, Vosg'na è il guerriero di bianco vestito che Isotta aveva sognato a 12 anni. Ecco qua Jerkie, salvatore provvidenziale tornato anche questa volta nel momento del bisogno (con Vosg'na e Albert non si sa mai). Quanto al parlare forbito: grazie! Cerchiamo di unire semplicità di scena e di vissuto a un tocco epico che trasfiguri il tutto in un fantasy senza tempo. Speriamo di riuscirci! Un abbraccio.


E un bacio a tutti!


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Capitolo 17
*** L'uomo del destino, più un estratto dalle Cronache di Cielo, Terra e Mare ***


Dalle Cronache di Cielo, di Terra e di Mare


Nel freddo mese di Torulj, giorno 15, nel Sidhe in un piccolo villaggio di frontiera situato nel territorio di Waterdale, si registra la più umiliante sconfitta mai subita nella sanguinosa storia degli Gensai.

Sono costoro una potente organizzazione , ispirata dal culto del dio Olysdul e guidata dal suo luogotenente in terra Lord Jonas Kudrakin, con mire imperialiste di conquista ed espansione del proprio territorio che si estende nella parte orientale del Sidhe. Profondamente il loro destino è stato, è e sarà legato a quello delle Valli, come sa chi scrive. Su di essi non si ritiene di dover dire altro, poiché molto è già stato detto in codeste Cronache e non ci è dato di anticipare ciò che accadrà.

Chi scrive si limiterà pertanto a riportare la storia di codesto avvenimento, così come è stata narrata da Greg il bardo che ne fu testimone. Degno di evidenza in questa vicenda è un uomo che, come sa chi scrive, plasmerà il futuro di molti.

Di seguito “L'assedio dei Gensai”, ms. TdS, 1040:


«...le ultime braci si stavano ormai arrendendo all'oscurità della notte. Ancora gli uomini e le donne del piccolo villaggio di Loranford stavano discutendo sulle decisioni da prendere. A questi poveri e miseri contadini era stato chiesto di pagare un immenso tributo alle forze dei Gensai, pena la morte e la distruzione del villaggio. L'atmosfera, di solito pregna della tranquillità di una vita semplice, era carica di tensione e paura.

La verità è che non abbiamo tutto ciò che ci hanno chiesto” ammise il capo del villaggio, un anziano che aveva parlamentato con il Capitano dei Gensai.

E allora cosa possiamo fare?” venne per l'ennesima volta ripetuto, senza però che nessuno dei presenti sapesse rispondere.

Una voce potente ed imperiosa giunse dall'oscurità a rompere il silenzio.

Dovete combattere”

Dalle tenebre emerse la figura di un uomo e al suo solo avvicinarsi parve ai presenti che le fiamme ormai spente guizzassero di nuova vita. Biondi erano i suoi capelli e marroni i suoi occhi, deciso il suo giovane incedere ma vigoroso come quello di un antico Re. Al suo fianco pendeva un vecchio spadone.

Chi sei straniero e perché sei qui?”

Il mio nome è Albert. E sono qui per sconfiggere i Gensai. Proprio come voi”

Lo sconcerto sorse immediato, ma, così come il Sole cede alla Luna, lentamente poi tramontò. Albert parlò a lungo; della vita e della morte, del coraggio e della guerra, di se stesso e delle Valli intere. E alla fine del suo discorso quelle parole avevano trasformato semplici contadini in guerrieri ed eroi, pronti a tutto pur di sconfiggere i propri nemici.

Domani andrò io a parlamentare con quei bifolchi”, concluse prima di scegliere un fienile dove andare a riposare.

Il giorno successivo egli andò come promesso a parlare con i Gensai e grande fu la sorpresa di questi ultimi nel trovarsi di fronte non l'anziano contadino ma un guerriero giovane e sfrontato. Io andai con lui e lo ascoltai discutere una resa che non era la nostra, ma la loro, e chiedere infine un pedaggio per poter lasciare senza perdite quel territorio.

Cosa pensi di poter fare con quattro zappatori di terra, da solo e persino senza cavallo?” lo derise il Capitano.

Egli non rispose subito, ma fisso negli occhi ciascuno di loro. Erano trenta. Trenta abili guerrieri abituati a combattimenti e razzie. Trenta volti che lo stavano guardando di rimando con chiare espressioni di scherno.

Infine parlò. La sua voce trasudava un'invisibile forza e la sua statura pareva ergersi a sovrastare ogni cosa.

Il mio nome è Albert. Ripetetelo e imprimetelo nella vostra memoria. Poiché questo è il nome di chi vi ucciderà.”

Detto questo si girò e, mentre stava tornando indietro, aggiunse senza più guardarli:

I miei uomini sono pronti. Attaccate quando volete”

Tornato al campo approntò le difese ed infiammò ancora gli animi dei difensori, a cui ormai sembrava impossibile essere battuti.

La battaglia esplose il giorno seguente. Tutti i Gensai furono trucidati, tranne uno a cui fu concesso di tornare indietro perché riferisse della sconfitta.

I contadini acclamarono Albert chiamandolo “l'uomo del destino”»



L'uomo del destino


A lungo Ilmeth si soffermò a fissare Jerkie. Pensai in quel momento all'epiteto con cui Vosg'na lo aveva apostrofato, “assassino”.

Il tuo cuore è oscuro” disse infine il governatore.

L'oscurità è la via più sicura per coprire le proprie azioni ignobili” gli rispose.

Ma ora una flebile fiamma è stata accesa - aggiunse guardandomi - Non permettete che si spenga”.

Mi ha salvato la vita già una volta. Le sue intenzioni sono buone” intervenni.

Parleremo dopo di questo. Per ora rimani - sentenziò Ilmeth - Anche se non ci saranno combattimenti oggi. Non oseranno alzare le loro armi qui nella mia casa”.


Quando varcammo la soglia della stanza dove i due uomini ci attendevano, avvertii la paura crescere nuovamente in me.

La figura di Vosg'na, apparentemente fragile eppure sicura e possente come nessuno che avessi veduto, era immobile e diritta. Albert camminava freneticamente in lungo e in largo.

Finalmente! - esordì al nostro ingresso, bloccandosi poi quando vide Jerkie al mio fianco.

E tu cosa diavolo ci fai qui?” gli chiese brusco.

La stessa cosa che ci fa lui - rispose indicando il guerriero al suo fianco - e il contrario di ciò che tu vuoi fare”.

Albert lo fulminò con un'occhiata furente. Ebbi l'impressione che, se avesse potuto, lo avrebbe attaccato lì, nella Torre Bianca. Fu Vosg'na però a parlare per primo.

Allora assassino - disse senza tradire alcuna emozione - rimaniamo in silenzio al fianco di coloro che abbiamo giurato di proteggere” e come se parlando avesse lanciato una sorta di incantesimo, nella stanza scese improvvisamente un silenzio irreale. La tensione che attraversava gli sguardi inquieti dei presenti era palpabile. Istintivamente mi avvicinai a Edward, quasi a cercare la sua protezione.

Albert - esordì infine Lord Ilmeth, - hai già conosciuto coloro che sono stati ingiustamente accusati dell'assassinio del Gran Consigliere, tra cui si trova il suo legittimo successore, Edward di Ashabenford? Oppure la donna che hai ordinato di uccidere allo scopo di sottrarle la spada benedetta?”

No - rispose con inutile solennità, indugiando su Jerkie - ma conosco bene l'uomo che ha ucciso il Gran Consigliere”.

Ilmeth e noi tutti rivolgemmo verso Jerkie gli sguardi esterrefatti, ma il suo volto impassibile, come quello di Vosg'na non tradì alcuna emozione. Solo, nei suoi occhi, passò fugace l'ombra di un pensiero che non riuscii a cogliere.

Non gli avevi narrato le tue imprese da assassino, Jerkie? Forse la chiesa di Triskell potrebbe obiettare qualcosa prima di accoglierti tra le sue file - incalzò Albert – quanto all'accusa che mi hai mosso, Ilmeth, mi pare che la tua protetta sia viva e in possesso della sua spada. Ti assicuro che se Vosg'na avesse voluto ucciderla non sarebbe stata qui, adesso”.

Di nuovo, un brivido gelido mi attraversò la schiena e il mio pensiero corse al sogno dei miei dodici anni. Forse quello era l'uomo destinato a uccidermi, ma il motivo di quell'ultimo sguardo che gli avevo scorto in volto non potevo comprenderlo.

Il tuo guerriero ha ucciso quattro delle mie guardie, dopo essere penetrato qui!” esclamò il governatore furente.

Rivolgeremo una preghiera a Triskell per la loro anima allora” ribatté.

Avvampai di rabbia di fronte a quell'affermazione sconsiderata. Come se mio fratello avesse compreso ciò che stavo per fare, mi afferrò un braccio costringendomi a voltarmi verso di lui.

Non intrometterti. È troppo rischioso” mi sussurrò.

Socchiusi gli occhi e tentai di mantenere il controllo.

Ti ripeto che non ti puoi permettere di venire qui a insultarmi” riprese Ilmeth sull'orlo di perdere completamente la poca calma che gli era rimasta.

Non era questa la mia intenzione. Come non è mia intenzione iniziare una lunga guerra” ribatté con tranquillità Albert.

Ma se sei stato tu a volerla!” gridò Edward completamente fuori di sé.

E questo bambino chi sarebbe?” chiese Albert sorpreso.

Io sono, anzi ero, amico di Alaskar il Gran Consigliere. Prima che tu lo uccidessi!” ribatté ancora Edward rosso in volto.

Come ti ho detto è stato Jerkie a ucciderlo. In ogni caso mi dispiace per la tua perdita, ma non sono qui per parlare di ciò che è stato. Solo i deboli rimuginano sul passato. Ora noi dobbiamo guardare al futuro. È questa la nostra priorità” rispose accorato. Il suo carisma era percepibile e tuttavia, a ogni parola che gli udivo pronunciare, avvertivo una furia cieca crescermi dentro. La stessa che osservavo in Alaskar e in Edward: quell'uomo era come la scintilla che riaccende le bracci sopite, come il lampo che squarcia il cielo sereno, come il coltello piantato nella carne viva.

Che ipocrita” mormorò Hilbert, ma il suo tono mi parve tradire una sorta di vaga ammirazione.

Nel futuro che tu hai voluto - riprese cupo Ilmeth, - ci sono guerra e distruzione. C'è la morte. E qualcosa di ancora peggiore di essa”.

Hai ragione Governatore - rispose l'altro - della morte è estremamente peggiore la sofferenza. E io eviterò con tutti i mezzi che il mio popolo debba patirla”.


Mentre le loro volontà si sfidavano silenziosamente, la porta della stanza iniziò lentamente ad aprirsi. Come ipnotizzati, rimanemmo a osservare Xanadis, il matto che era stato imprigionato per aver impersonato Arabeth, sgusciare dentro la stanza richiudendo la porta alle sue spalle. Non appena si girò, l'espressione di soddisfazione che aveva dipinta sul volto, mutò in sorpresa, terrore e infine in una completa vacuità.

Xanadis!” tuonò Albert per primo.

L'impostore ruotò il collo nella sua direzione, mantenendo dritto il busto.

Io non essere Xanadis - disse con voce tremante e affettata - Ma il suo spirito”

La situazione era talmente assurda che non potei fare a meno di sorridere. Albert lo fissò furibondo e quello continuò

Xanadis è morto e ora io sono qui per dirvi che lui vi ha perdonato. Che non vi porta rancore ma vi proteggerà dal Regno degli Dei dove ora è asceso”.

Lord Ilmeth, a sua volta, lo osservava esterrefatto.

Non so come tu abbia potuto liberarti dalle prigioni, ma vi tornerai immediatamente” sentenziò infine - Accompagnalo e assicuratevi che non fugga ancora” aggiunse rivolgendosi alle guardie.

Occorsero diverse schermaglie prima di riuscire ad acciuffarlo, Arwon lo immobilizzò quando aveva già infilato la via della fuga, l'ennesima e lo trascinò via, mentre ancora quello stava gridando, con voce assai meno mistica,

Ricordatevi...il perdono. Perdono. Perdono”. Una strana eco si formò nell'aria.


Notò che ammetti la sua conoscenza, Albert” interloquì Ilmeth non appena quell'assurda parentesi si fu chiusa.

Conosco tanta gente, Ilmeth, non è questo il punto. Io sono venuto a chiedere la tua resa e la tua collaborazione. Aiutami a rendere le Valli un regno unito e forte. Triskell è pur sempre preferibile agli altri dei malvagi” rispose con noncuranza.

Sei... sei...” sibilò il governatore tra i denti.

Sì può sapere chi diavolo sei?” sbottò poi esasperato.

Non l'hai ancora capito, Ilmeth?” chiese.


Sono l'uomo del destino”.




Spazio autori.
Eccolo qui: finalmente Albert si fa vedere in tutta la sua strordinaria strafottenza.
E una piccola apparizione di Xan è una parentesi comica da cui non potevamo esimerci, in mezzo a questa tragedia, e che speriamo apprezzeret.
Un bacio a tutti.

Graziedi cuore a
Cabol: la tua costante presenza è quanto mai gratificante. Hilbert è senz'altro anche uno dei nostri personaggi preferiti, contiamo di rivelare qualcosa di più sul mistero di Isy nel prossimo capitolo... grazie ancora e... a quando il tuo prossimo capolavoro? Sarò ripetitiva ma mi mancano terribilmente le tue storie.
Dust_and_diesel
: che dire? grazie di cuore per tutte queste recensioni. Sono graditissime... con il tempo i misteri si sveleranno, molte cose sono già chiare nella nostra testa e aspettano solo di essere scritte (e lette). Grazie davvero... speriamo che continuerai a seguirci e a lasciare tracce di te, così preziose per noi che scriviamo.

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Capitolo 18
*** L'avventuriero d'altri mondi ***


L'avventuriero d'altri mondi


A lungo rimanemmo in quella stanza a sentire Albert parlare e straparlare del bene del popolo, della necessità di essere uniti per fronteggiare i veri nemici e di altri simili vaneggiamenti. La convinzione con cui portava avanti le proprie idee era travolgente, così come travolgente era la superbia con cui liquidava tutti i crimini commessi, ritenendoli semplicemente piccoli contrattempi necessari al raggiungimento del proprio scopo. Ilmeth non poteva accettare alcuna delle condizioni proposte - oscillanti tra la resa incondizionata e la proposta di una nomina a comandante dell'esercito o a capo spirituale del nuovo Regno -, leggevamo però sul suo volto la preoccupazione nata dalla certezza di dover affrontare un avversario capace non solo capace di architettare con astuzia i propri piani, ma soprattutto di infiammare il cuore del popolo e di guidare l'esercito in battaglia come pochi altri condottieri.

«La fama delle imprese dell'invincibile Capitano dei Figli di Aenar è cosa nota a tutti, Albert – disse infine Ilmeth – tuttavia non credere di incutermi timore. Combatteremo per la libertà che stai cercando di sottrarci e vinceremo».

«Stai facendo un grosso errore Ilmeth» ripeté lui ormai sulla soglia.

«Gli errori li stai facendo tu. Placa gli alleati che hai convocato. Non hai bisogno di ricorrere a simili empie forze» rispose il governatore.

«L'unica cosa di cui ho bisogno è la vittoria. E me la prenderò, costi quel che costi» la sua voce risuonò sicura e tremenda.

«Non c'è vittoria nel cammino che hai intrapreso. Solo dannazione» affermò il governatore con altrettanta sicurezza..

Albert gli si avvicinò lentamente, tornando sui suoi passi con atteggiamento fermo e minaccioso.

«Dannazione? - sibilò - Puoi farmi maledire dal tuo dio. Puoi chiamare a raccolta tutto il Pantheon per maledirmi! - tuonò poi imperioso - A me non interessa un bel niente! Andrò avanti lo stesso. Nessuno mi potrà fermare, sia esso uomo, donna o bestia, sia esso vivo, morto oppure un mucchio di ossa tenute insieme dalla magia. Andrò avanti e sai perché? - esitò un istante squadrandoci a uno a uno, la sua determinazione era tale da lasciare senza fiato - Perché esiste qualcosa di più grande della famiglia, dell'amore, della guerra e della vita stessa. C'è qualcosa che noi tutti inseguiamo follemente e a cui siamo pronti a sacrificare tutto. Parlo del sogno. Il sogno che ci dà forza e ci tormenta, che ci fa vivere e ci uccide. Il sogno che dona senso alle nostre esistenze. Per questo io andrò avanti e non mi fermerò sino a quando non lo avrò realizzato. Andrò avanti sino a quando non ne sarò completamente padrone» concluse sbattendo la porta alle sue spalle e liberandomi nel contempo dalla presenza terribile e silenziosa di Vosg'na.


Lui ci lasciò e noi rimanemmo lì a chiederci quanta follia e quanta ragione fossero presenti in quell'uomo. Ilmeth si accasciò su di una sedia allo stremo delle forze. Mi apparve allora come un anziano signore, sul cui cuore gravavano troppe responsabilità. La guerra, la non morte e tutta quella serie di efferati delitti che gli avevano portato via vecchi amici e collaboratori. Guardai Edward, che così tanto aveva perso in così poco tempo e provai un istintivo moto di affetto per quel ragazzo fragile che tuttavia aveva dentro di sé coraggio e forza. Poi mi ricordai di Jerkie e di quello che aveva detto Albert. Un simile dubbio non poteva albergare nel mio animo.

«Sei stato davvero tu?» chiesi tra le labbra serrate.

Jerkie rispose senza guardare. I suoi occhi, persi oltre la finestra della stanza, sembravano vagare lontano, alla ricerca di qualcosa che non avrei saputo dire.

«Si – rispose – sono stato io».

Edward si portò istintivamente le mani alla testa, in un gesto di disperazione e dolore, Arwon gli passò un braccio intorno alla spalla: era la prima volta che lo vedevo sciogliersi in un atteggiamento di reale dolcezza, fuori dagli schemi e dai ruoli che la società aveva loro imposto.

Ilmeth lo guardò con sospetto.

«Per quale motivo sei tornato indietro e hai chiesto di seguirci da Albert, allora? Non hai pensato che ci avrebbe rivelato tutto? Non hai avuto timore di ciò che sarebbe accaduto? Oppure sei talmente superbo da ritenere di poter sfuggire alle mie guardie e a me, all'esercito di Irondale e al corpo scelto della Torre Bianca?» chiese scandendo ogni parola.

«Sapevo che lo avrebbe rivelato. Lo ho saputo fin dal momento in cui ho dovuto affrontare Vosg'na e per quanto io sia sicuro di me e delle mie capacità, no, non sono così vanesio da considerarmi invincibile. Nessuno lo è. Ma nello stesso modo, no, non ho timore di ciò che potrebbe accadere, la mia sola paura è che Isotta mi guardi con disprezzo e con odio» rispose con tranquillità innaturale.

«Tu la ami!» esplose Edward.

«Amarla? - ribatté con sorpresa - intendi dire come un uomo ama una donna? Intendi dire come tu la ami?».

La sua voce era sincera e lievemente accorata, adesso, non rivelava sarcasmo né cinismo.

Edward arrossì violentemente.

«Sono un buon osservatore – precisò sorridendo, e il suo sorriso mi parve strano ma bellissimo in quel momento d'angoscia – no, Edward. Non è quel tipo d'amore che provo per Isotta. Qualcosa di diverso mi lega a lei, qualcosa di più antico, di indissolubile per me».

Allora, prevenendo ogni mia domanda, mi si rivolse con un'espressione carica di dolcezza, che non gli avevo mai veduto in volto.

«Oh, Isotta! Che straordinario avventuriero era tuo padre!» esclamò, come se a lungo avesse trattenuto quelle parole e d'improvviso esse gli fossero sfuggite dalla bocca, come se avesse provato la necessità impellente di pronunciarle, infine.

«Un avventuriero d'altri mondi, e uno degli uomini più incredibili che il Sidhe abbia mai conosciuto».

Tutti noi sgranammo gli occhi di stupore ed egli intese la domanda che si celava nei nostri sguardi.

«L'ho seguito per anni nel suo vagabondare e l'ho amato come un signore e come un padre a mia volta – proseguì, poi esitò un istante, – se sapesse ciò che sono adesso, mi ucciderebbe con le sue stesse mani».

La sua voce suonava adesso carica di rassegnazione e di consapevolezza.

«Peter Greenwood era il principe dei viaggi tra i mondi ed è stato il viaggiatore più irriverente e folle che il Sidhe abbia conosciuto, Isotta. Quando lo incontrai avevo 16 anni e sopravvivevo lavorando per una gilda di ladri e assassini controllata dai Vaalani nel territorio di Elisdale. Tutto avvenne per caso, lui aveva circa 10 anni più di me e cambiò radicalmente la mia vita. Il suo spirito, la sua completa irrazionalità e la sua allegria la cambiarono. Lo seguii a lungo. Peter viaggiava per il solo gusto dell'avventura».

Lo ascoltavo incantata, come avrei ascoltato una favola o una leggenda.

«Amava il rischio, il pericolo e la sensazione di euforia che solo il pericolo stesso può generare. I sei anni che trascorremmo insieme furono probabilmente i più felici della mia vita. Di quando in quando, Peter ritornava nel Mondo Altro, ma non si fermava mai a lungo. Il desiderio del ritorno era in lui più forte di qualunque altra cosa».

Esitò ancora, forse per raccogliere le idee, forse per cominciare un racconto più doloroso.

«Poi sparì per alcuni giorni, e quando ritornò aveva in braccio una bellissima bambina bionda, minuscola tra le sue braccia enormi. Disse che si sarebbe chiamata Isotta, come una grande eroina leggendaria del Mondo Altro, e che lì l'avrebbe portata. Disse che era la figlia di una donna che amava e che lui l'avrebbe cresciuta poiché lei non poteva farlo. Disse che avrebbe sistemato le cose affinché un giorno, i suoi familiari, sua madre e suo fratello, potessero ritrovarla. Disse che un giorno questa bambina sarebbe tornata per conoscere il mondo dove era nata... Poi mi chiese di seguirlo».

Nei suoi occhi si accese una fiamma di sofferenza.

«Rifiutai per orgoglio e lo insultai per la scelta che aveva fatto. Mi sentii tradito e abbandonato. Lo derisi poiché preferiva crescere una insignificante bambina mai veduta prima agli anni di avventura e divertimento che avremmo avuto davanti. Lui scosse la testa e disse che un giorno avrei capito».

Chinò lo sguardo e parve farsi più piccolo e fragile.

«Ero ubriaco di rabbia quando scelsi questa strada, o quando lasciai che questa strada scegliesse me. Poi non seppi o non volli tornare indietro. Bruciavo di dolore perché avrei voluto raggiungere Peter e chiedergli di tenermi con sé, ma il mio orgoglio non me lo avrebbe permesso. Alla fine mi abituai al punto di trovarlo naturale e smisi di pensarci».

Mi fissò a lungo.

«Quando udii il tuo nome al processo credetti di essere impazzito. Ero lì per assicurarmi che tutto si fosse svolto come stabilito, avevo ricevuto ordini precisi da Albert e un ottimo pagamento. Non riuscivo a crederci. Ti osservai e ti ascoltai, tutto di te tradiva la stranezza della tua provenienza».

«Così decidesti di liberare coloro che avevi fatto ingiustamente accusare?». La voce di Ilmeth era autoritaria e forte.

«Il mio compito era quello di far accusare Edward e la guardia di Lord Alaskar, nient'altro. Sì, lo decisi quando udii il suo nome. Li liberai, poi dissi loro di raggiungere Essembra e continuai a osservarla. Non avevo idea di quali fossero i piani di Albert, non me n'ero interessato affatto fino a quel momento, altrimenti avrei scelto un luogo più sicuro».

«Come lo hai conosciuto?» chiese il governatore.

«Parlate di Albert? Molto tempo fa. Peter me lo presentò e girovagammo con lui, per un certo periodo».

«Mio padre conosce quell'uomo?» esclamai esterrefatta.

Jerkie annuì.

«Rimanemmo con lui all'incirca un anno e mezzo, tra una cosa e l'altra. Dei suoi compagni di oggi, solo il mezzorco era con lui a quel tempo. Lo accompagnavano poi due uomini: Patrick e Theokasus, un guerriero e un mago. Insieme eravamo una bella squadra e avremmo potuto compiere qualunque impresa. Poi Peter e Albert cominciarono a litigare. Talvolta discutevano furiosamente, Peter è sempre stato il solo in grado di tenergli testa ma noi tutti avevamo l'impressione che fosse accaduto qualcosa di diverso, che nessuno dei due desiderava raccontare. Alla fine Peter disse che non poteva più rimanere e ce ne andammo insieme, proprio come eravamo venuti».

«Capisco. Ma tu hai continuato a lavorare per lui?» chiese ancora Ilmeth.

«Mi ha contattato talvolta, quando ha avuto bisogno di me. Dopo la partenza di Peter non mi sono più unito ad un gruppo né ho più cercato la compagnia di nessuno».

Si voltò, guardò Edward e gli disse

«Ti chiedo perdono per il dolore di cui sono responsabile. Lo chiedo a tutti voi. Non ho giustificazioni per le scelte fatte e non ne cerco alcuna. Vi chiedo di concedermi il tempo che rimane all'equinozio d'autunno, il tempo per assicurarmi che Isotta possa tornare a casa e per proteggerla fino a quando ciò non avverrà».

Le sue parole mi suonarono alle orecchie come un rombo assordante.

Tornare a casa...

«Dunque Isotta non appartiene a questo mondo, e tuttavia ha ricevuto in dono la spada benedetta del mio Signore. Forse ella non vorrà ritornare a casa, forse un'altra è la strada che Triskell ha scelto per lei» disse Ilmeth.

Triskell...

La spada...

Questo mondo...

«Non consentirò che alcuno scelga per lei, si tratti di uomo o dio» ribatté con tranquillità Jerkie.

«Anche perché nel caso di un dio, sappiamo benissimo che la scelta avrebbe ben poco senso» intervenne mio fratello quasi meccanicamente.

«Credo che sia meglio prenderci qualche giorno per riflettere. Soprattutto per Isotta» chiosò Ed. La sua voce tradiva una lieve emozione e tentava di sembrare composta.

«Credo anch'io che sia la scelta migliore» sentenziò infine Ilmeth.


Quando ci separammo, Jerkie mi disse

«Tornerò a fare ciò che avevo cominciato in questi giorni. Troverò un modo per consentirti di tornare nel Mondo Altro».

«Io...» cominciai.

«So che non sei sicuro di volerlo fare. Tutto quello che desidero è che tu ne abbia la possibilità, se deciderai di farlo» mi interruppe. Poi sorrise.

«Non esiste perdono per le mie azioni» ripeté con tristezza.

Esitai, poi mi avvicinai a lui.

«Hai una vita davanti per trovarlo. Quanto a me, Jerkie, mi hai salvato la vita due volte. Non sono io a poterti giudicare».

«Peter mi strozzerà con le sue mani, quando saprà ciò che ho fatto» proseguì.

«Oppure sarà semplicemente felice di rivederti. Anch'io devo raccontarti qualcosa di lui».

Annuì.

«Tornerò presto» disse.

Quando lo vidi allontanarsi, seppi che avrebbe mantenuto quella promessa.


Appena mi ritrovai sola, però, cercai Hilbert nella sua stanza.

«Sapevo che saresti venuta» disse.

«Sai sempre tutto... - risposi, poi sussurrai - Sono sconvolta».

«Immagino che non debba essere piacevole trovarsi nella tua posizione. Cosa farai?».

«Tu cosa consigli, signore della conoscenza?» chiesi con ironia, ma desiderosa nel contempo di avere quella risposta.

«Ritengo che, dato che per tornare nel tuo mondo devi aspettare alcuni mesi, questo sia per ora il posto migliore dove farlo. Soprattutto con le Valli sul piede di guerra - disse con la solita calma - Dovremo però valutare di nuovo la situazione se dovessero attaccare proprio qui. Ma nel tal caso faremo sempre in tempo ad andarcene».

Allora mi squadrò con attenzione e diffidenza e dovette trovare sul mio volto un'espressione che gli piacque poco, perché aggiunse subito

«Noi ce ne vogliamo andare, vero Silen?».

«Non lo so. Tutta questa storia di Triskell e della spada...» incominciai.

«No aspetta - mi interruppe con foga e sorpresa - Tu vuoi rimanere qui a combattere! E lo vuoi fare per Triskell!»

«E per tutti gli altri, Lord Ilmeth, Edward, Arwon» risposi titubante.

«Cioè per un rimbambito, un allocco e uno scimmione!»

«Loro credono in me» risposi.

«Già già, tu sei la prescelta» borbottò e io annuii in risposta, col risultato di farlo arrabbiare ancora di più.

«Ma non capisci che Triskell ha scelto te proprio perché non sei di questo mondo e non sai valutare i reali problemi!»

«Mi credi una sciocca?» chiesi irritandomi a mia volta.

«No, ma Triskell sicuramente sì. E forse ha ragione. Qualunque altra persona sana di mente avrebbe lasciato la spada a quel Vosg'na!» ribatté.

Esitai di fronte alle sue parole: l'incontro odierno non aveva fatto che rinvigorire in me il ricordo terribile dello scontro con Vosg'na e ancor rabbrividivo al solo pensiero. Vi era della verità in ciò che Hilbert diceva, e non riuscivo a ignorarla.

«Ho chiesto un po' in giro e quel che ho saputo di lui farebbe rabbrividire anche un drago! È spietato, freddo come il ghiaccio ed oltretutto, cosa ancora peggiore, invincibile. Ma tutto l'esercito di Albert è formato da guerrieri veterani senza scrupoli. Senza contare Albert stesso, che risulta essere un condottiero in grado di sconfiggere anche i demoni dell'Inferno. E tu non sei preparata ad affrontare tutto ciò» concluse accorato.

Come sempre Hilbert aveva la sua parte di ragione. C'era tuttavia qualcosa che non avrei saputo come definire, che mi suggeriva l'esistenza di una speranza legata a me e alla mia presenza in quel mondo.

«È inutile pensarci adesso – dissi – anche tu sei d'accordo sulla necessità di rimanere adesso, per cui non c'è alcuna ragione di discutere tra noi».

Hilbert mi guardò con occhi torvi ed ebbi la certezza che avesse compreso esattamente tutto ciò che attraversava la mia mente in quel momento, forse meglio persino di come io stessa sapessi comprenderlo.

«Stai prendendo tempo, perché non sai deciderti. Sei una sciocca testarda, dannazione!» sbuffò esasperato uscendo dalla stanza.

Rientrò un attimo dopo.

«Stavolta sei tu che devi uscire dato che questa è camera mia» aggiunse irritato strappandomi l'ultimo sorriso di quella incredibile giornata.






Spazio autori


Carissimi, grazie a tutti voi che leggete e ci seguite. Perdonate il ritardo, per farci perdonare abbiamo già pronto il capitolo successivo e lo posteremo prestissimo.

Speriamo che apprezzerete il vorticoso susseguirsi di fatti e rivelazioni qui cominciato!


In particolare, a


Cabol: il nostro recensore n° 1. Albert riceve pareri contrastanti, chi lo adora e chi lo odia (oh mamma, sarà davvero troppo simile a LUI?). Comunque preannuncio che è un personaggio molto più complesso di come appare. Quanto a Xan, ne ha ancora parecchie da fare e nemmeno noi sappiamo bene se ci è o ci fa. Accidenti: che lunga attesa per la tua nuova originale... almeno si sa che ne varrà la pena!


Shark Attack: hai visto quanti rimescolamenti adesso? E chi ci capisce più niente... e altri ancora ne sono in arrivo. Confessiamo che Albert è probabilmente anche il nostro personaggio preferito, dunque siamo proprio contenti di essere riusciti a trasmettere quello che vorremmo.


Valerie_Lachettes: quante bellissime recensioni, che bello! Non possiamo rispondere a tutte, ma è stato un vero piacere leggere un commento a ciascun capito. Vero, Isy è coraggiosa (o incosciente, come dice Hilbert) e Edward è estremamente pacato (ma tirerà prestissimo fuori un lato di sé davvero inaspettato).

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Capitolo 19
*** La quiete che annuncia la tempesta, più un estratto dalle Cronache di Cielo, Terra e Mare ***


La quiete che annuncia la tempesta


Poi venne la quiete.

Per un lungo mese la guerra sembrò lontana e irreale come uno spettro.

Vorrei insegnarti a combattere con una spada” mi disse Arwon. E io presi la spada e mi allenai con lui al tempio di Triskell.

Conobbi gli uomini e i ragazzi che avevano intrapreso al strada della Giustizia, come Ilmeth la chiamò.

Essi mi guardarono dapprima con stupore, poiché il loro dio aveva concesso a una donna di impugnare la sua arma benedetta, poi con diffidenza, poiché pur essendo una donna sapevo come impugnarla e imparavo in fretta, e quindi con ammirazione, quando seppero che avevo preferito la morte al cedere Speranza.

Venne infine il momento in cui scorsi nei loro volti lo sguardo dell'amicizia e lo ricambiai con gioia.

Arwon mi condusse per mano lungo la strada dei primi allenamenti. Mi insegnò con pazienza e devozione e io imparai da lui con gratitudine.

Jerkie veniva talvolta a visitarmi senza mai avvertire, ma sapevo che vegliava su di me in ogni momento. Nei suoi occhi caldi scorgevo adesso senza discontinuità quell'amore che vi avevo prima intravisto come una scintilla fugace.

Tutti, non io sola, paremmo quasi dimenticare l'atrocità che aveva compiuto, come se essa appartenesse a una vita precedente da cui lui si era ormai liberato.

Eleonor si riprese completamente. Hilbert le raccontò di come mi aveva trovato, io le narrai come e dove avevo vissuto, di mio padre e del mio mondo. Lei, a sua volta, mi parlò dell'uomo che aveva amato e di cui non conosceva la sorte, così udii per la prima volta il nome di Julian Esyscoll.

Edward e io ci avvicinammo ogni giorno di più; trovavo in lui una dolcezza e una sincerità che non avevo mai scorto in un uomo e mi scoprii all'improvviso come non avevo creduto di essere, innamorandomi di lui senza accorgermene pienamente.

Quando infine lo baciai, una sera stellata e bellissima, lui disse

Oh Isy, sono io che avrei dovuto farlo!” poi rise di una risata imbarazzata e perfetta.

Intanto si avvicinava l'equinozio di autunno, il giorno in cui avrei potuto tornare a casa, ma con esso si avvicinava la guerra.

Jerkie rifiutava l'idea che potessi combattervi, Ilmeth sosteneva che Triskell avesse per me progetti che i mortali non potevano comprendere, Hilbert ribatteva che quei dati mortali non potessero comprendere alcunché.

Il mio cuore non ammetteva di partire e non accettava di restare: non poteva sopportare di non rivedere mio padre e di dargli altro dolore, né poteva sopportare di lasciare Edward, Hilbert, Arwon e Jerkie o di abbandonare Ilmeth in questo momento di necessità e bisogno.

Lentamente ma inesorabilmente comprendevo per quale motivo il Mondo Altro, come diceva Jerkie, mi fosse sempre stato stretto.

Come se anche il mio corpo avesse finalmente trovato la sua dimensione vera, come se nell'altra fosse stato solo un ospite di passaggio, abbandonava il pallore che lo aveva sempre caratterizzato e si abbronzava forse per la prima volta al sole estivo.

Con il tempo che trascorreva, perdevo almeno un po' dell'algidità che mi contraddistingueva e il ricordo di casa mia – della casa in cui ero cresciuta, dove avevo giocato, pianto, riso, amato – si allontanava gradualmente dalla mia mente. I miei amici, la festa di Piper a cui non ero andata, Kyle con cui avevo una quasi relazione, ma anche Ellen, la compagna di mio padre, e Stella, sua figlia. Persino mio padre, in qualche modo, perché all'uomo che conoscevo andavo forse sostituendo – parte in maniera inconscia e parte più consapevolmente – l'immagine che Eleonor e soprattutto Jerkie avevano dipinto con le loro parole.

Un avventuriero irriverente, un viaggiatore che mal accettava i limiti, un uomo che aveva sempre vissuto sul filo della lama, facendosi beffe della sorte e irridendo il destino. Scoprivo una persona diversa da quella tranquilla e forse spesso un po' triste dei miei ricordi, intravedevo adesso le ragioni di certi suoi atteggiamenti che mi erano parsi un tempo incomprensibili, tra tutti quelle scintille di rabbia e passione che gli balenavano improvvisamente negli occhi spenti quando leggeva o narrava storie di mondi lontani.


Così vissi un intero mese.


Poi venne la tempesta.

Il cielo fu squarciato dal cristallino e frenetico suono delle trombe. Inequivocabile era il messaggio che volevano trasmettere: eravamo sotto attacco. Quasi ipnotizzata da quel suono, strinsi a me Speranza e mi precipitai fuori dalla Torre Bianca, incrociando Lord Ilmeth, che si ergeva tra gli uomini in preda al panico.

Sino a quel momento, nonostante la minaccia e le dichiarazioni di Albert, nessun segnale di guerra imminente era stato percepito e quell'annuncio giungeva adesso inatteso e foriero di sventure.

Calmatevi!” tuonò il Governatore ristabilendo un minimo d'ordine e iniziando a impartire precisi comandi, mentre anche Arwon mi raggiunse.

Arwon! - gridai - Ci stanno attaccando!”

Lui scosse la testa, tranquillamente.

No, purtroppo - rispose quasi dispiaciuto, tradendo la sua indole di guerriero sempre alla ricerca dello scontro - Qualsiasi cosa sia successa è già avvenuta. Non sento rumori di battaglia o di esercito in movimento”.

Realizzai improvvisamente che ciò aveva detto corrispondeva a verità: all'esterno regnava un silenzio innaturale e l'acuto squillo di tromba che doveva sovrastare canti, grida e clangori metallici, risuonava tetro e solitario.

Che è successo allora?” chiesi incapace di trovare una spiegazione.

Andiamo a scoprirlo” disse cupo.

Uscimmo allora seguendo Ilmeth e altri guerrieri. La gente ci avvicinava e ci indicava spaventata la caserma vicino al tempio, sussurrando di un diavolo bianco. Affrettammo il passo e quello che vedemmo appena entrati nell'edificio ci colpì come una freccia nel petto, imprimendosi per sempre nei miei incubi. Una cinquantina tra soldati e chierici giaceva a terra priva di vita; i loro corpi erano percorsi dai precisi squarci di una lama affilatissima e alcune teste erano state recise di netto. Io rimasi lì, impietrita di fronte a quella carneficina, terrorizzata e nauseata, ma senza riuscire a staccarne gli occhi. Arwon mi strinse il braccio ma non riuscì a dire nulla.

Lord Ilmeth, signore - chiamò una guardia - qui c'è un uomo ancora vivo!”

Subito il governatore accorse e mormorò alcune parole ponendo la mano sul petto del sopravvissuto, il cui respiro si fece più regolare.

Come ti chiami ragazzo?” gli chiese tradendo la sua commozione.

Lucas” rispose in un soffio.

Dimmi prode Lucas - esortò – che cosa è successo?”

Il ragazzo sospirò profondamente, quasi come se il ricordo gli potesse infliggere nuovamente terribili ferite. Poi parlò, ancora in preda allo sgomento

Abbiamo sentito rumori all'ingresso e ci siamo recati a vedere chi fosse. Un uomo vestito di bianco è avanzato sino a guadagnare il centro della navata e poi ha detto semplicemente di preparare le armi perché avremmo dovuto combattere e il nostro avversario sarebbe stato lui. Noi capimmo che era una minaccia vera e ci lanciammo all'attacco. Solo allora lui estrasse la sua catana”, un brivido mi attraversò la schiena.

Noi eravamo in tanti, ma forse troppo inesperti e lui sembrava essere ovunque - continuò poi rivivendo l'agonia di quegli attimi - ci uccideva come fossimo mosche e neanche le invocazioni dei chierici a Triskell avevano effetto. È durato tutto pochi minuti. Ho visto i miei compagni morire uno ad uno e quel demonio andarsene via senza neanche un graffio. Mi ha lasciato sopravvivere perché potessi riferire ciò che era accaduto. Ma preferirei essere morto con loro” concluse scosso dai singhiozzi. Ilmeth gli accarezzò il capo.

Devi essere sempre grato per il dono della vita - lo rincuorò - Triskell ha probabilmente altri disegni per te figliolo. Come li ha per tutti noi.”

Si alzò allora e mestamente iniziò a benedire ogni cadavere nella stanza. Ci raggiunsero altri chierici, tra cui il sommo Arabeth Olannain, e pure mio fratello ed Edward. I loro volti erano maschere di terrore e preoccupazione.

Andiamo via - mi sussurrò Hilbert, ma io scossi la testa, mi avvicinai a Ilmeth e con lui pregai per l'anima di quei soldati, di quei ragazzi con cui fino a poche ore prima mi ero allenata, che avevo imparato a conoscere, ad apprezzare nonostante le profonde differenze che ci distinguevano, uniti forse da un ideale comune, o forse semplicemente da qualcosa che non avrei esitato a chiamare amicizia. Avevo sempre utilizzato quella parola con estrema cautela, raramente l'avevo applicata alle persone che conoscevo e spesso, anche in quei casi, lo avevo fatto più per convenzione sociale che non per reale convinzione: a quei ragazzi mi aveva legato tuttavia, in quel mese brevissimo ed eterno, un filo invisibile di condivisione e rispetto reciproco che, nel momento stesso in cui mi avevano accettato tra loro, essi stessi avevano teso.

Per questo pregai per loro.

Pregai per i loro occhi che non avrebbero rivisto un'altra alba.

Pregai per le loro mani che non avrebbero più impugnato alcuna spada.

E pregai per poterli vendicare: per potere un giorno uccidere Vosg'na.





Dalle Cronache di Cielo, di Terra e di Mare


Nel mese di Gutary, giorno 10, si registra nel Sidhe, nel piccolo villaggio di Gerichot, il primo incontro tra il condottiero Albert e il giovanissimo guerriero Vosg'na.


Grandi cambiamenti questa unione porterà nel futuro della Valli, come sa chi scrive.


Non essendo dato tuttavia di anticipare ciò che sarà, ci limitiamo a registrare quegli avvenimenti così come li narra il bardo Greg, che ne fu testimone per aver seguito
Albert nelle sue avventure come condottiero del gruppo dei Figli di Aenar.

Era a quel tempo presente nel gruppo anche Groosh il Mezzorco, inseparabile e fedele compagno di Albert, come il futuro confermerà.


Di seguito “Il Capitano ed il bambino”, ms. TdS, 1040:


Cavalcavamo da ore sotto il sole cocente.

Eravamo partiti ben prima di mezzogiorno ed era ormai pomeriggio inoltrato.

Noi tutti, guerrieri, cavalli ed io, inesperto bardo, eravamo esausti: persino Groosh il Mezzorco tradiva sul volto i segni della fatica, mascherati dietro alla consueta espressione truce.

Albert era il solo a non provare stanchezza: nell'unico momento di pausa concesso per far abbeverare i cavalli, lo avevamo veduto camminare nervosamente, imprecando contro lo scorrere inevitabile del tempo. Avevamo cercato di fargli capire che non saremmo mai arrivati in tempo, ma non aveva voluto sentire ragioni, al contrario aveva imposto un ritmo di marcia esasperato nella frenetica rincorsa ai Gensai. Eravamo infatti stati informati che essi avevano intenzione di attaccare un villaggio a Nord, privo di difese e facile preda dei loro colpi.

La distanza che, a cavallo, ci separava da quel luogo, l'avevamo stimata in una settimana circa. Alla sera del terzo giorno, tuttavia, stavamo ormai per raggiungere la nostra meta.

Era questa un'altra delle imprese straordinarie di quell'uomo: se anche essa non sarebbe mai stata consacrata in un poema, poiché finito era il tempo della poesia, noi tutti ci rendevamo conto di vivere qualcosa di irripetibile. Un fuoco sembrava ardere il suo spirito per poi propagarsi ad incendiare tutto ciò che lo circondava.

Non provammo perciò alcuna sorpresa quando lui per primo, mentre il sole stava tramontando, fermò il cavallo e ci indicò in fondo alla valle un gruppo di case arse dalle fiamme. Dei riflessi metallici guizzavano tra il fumo e grida di battaglia venivano portate a noi da un caldo vento estivo.

Siamo finalmente giunti - tuonò Albert con voce irata e profonda - ristoriamoci adesso con il sangue delle loro vene!”.

Aspettiamo Capitano - interloquì Fredrik, uno dei veterani - Non sappiamo quanti sono né che armi hanno”.

Quanti sono? - ripeté folle di furore. - Non ne rimarrà neanche uno, dopo che avremo calato le nostre spade su di loro! E nude saranno le loro mani quando le loro armi cadranno a terra! Ecco quello che dobbiamo sapere!” urlò rabbioso. Poi si lanciò al galoppo verso il villaggio.

Per le Valli!” gridò.

E dietro di lui, come sempre, tutti i suoi uomini si mossero, ammaliati dal senso di onnipotenza che la sua vicinanza generava.

Per Albert!” tuonarono in coro.

In un attimo fummo sul villaggio e cruenta esplose la battaglia. I nostri avversari erano maggiori in numero, ma la velocità dell'attacco, la forza del braccio di Groosh e il furore di Albert pareggiarono ben presto la situazione.

I Gensai, tuttavia, erano valenti guerrieri e, rivenutisi dalla sorpresa iniziale, tornarono a combattere con ferocia ed abilità. Ogni angolo del villaggio divenne territorio di scontro, dal fienile alle case, dalle piazze all'interno di un piccolo tempio. E il nostro Capitano pareva essere ovunque, come una scheggia impazzita dopo un'esplosione. Io cercavo di seguirlo, attento a non farmi ammazzare e aiutando come potevo con la mia musica. Cantavo per ispirare coraggio nei miei compagni, per aiutarli, ispirato a mia volta dalle loro gesta.

A un tratto però ciò che vidi mi costrinse a smettere di cantare. Tra le macerie di una capanna crollata su se stessa, un ragazzino, poco più di un bambino per la verità, stava combattendo con una spada alta quasi quanto lui contro un soldato Gensai che esitava nell'attacco. Ai piedi del bambino giacevano i corpi di due soldati nemici.

Gridai, ma la voce mi morì in gola, travolta da tre guerrieri avvinghiati in lotta che mi rovinarono addosso, trascinandomi a terra. Mentre ancora stavo cercando di rialzarmi, scorsi Albert spezzare il collo a uno dei due avversari, mentre l'altro fuggiva via. Volsi lo sguardo verso il bambino che, forse distratto da quanto accaduto, aveva perso la spada.

Il bambino” sibilai con fatica.

Albert si voltò e, troppo lontano per intervenire, sollevò il cadavere dell'uomo appena ucciso scagliandolo contro il Gensai che, colpito in pieno, rovinò a terra a sua volta. Poi gli si lanciò sopra e, prima che potesse rialzarsi, gli tagliò la gola. Il bambino osservò la scena in silenzio, dipinta sul suo volto vi era più ammirazione che paura. Mi rialzai con lentezza e dolore. I rumori della battaglia stavano cessando sovrastati dalle grida di gioia degli abitanti del villaggio sopravvissuti.

Guardando torvo i due cadaveri ai suoi piedi, Albert si avvicinò al bambino, che doveva avere all'incirca una decina d'anni.

Hai ucciso tu questi uomini?” chiese semplicemente.

Sì signore” gli rispose deciso.

E con che cosa hai colpito?”

Il bambino si chinò a raccogliere la lunga spada che gli avevo visto usare. Il Capitano mi guardò e io annuì in risposta.

Qual'è il tuo nome?” chiese poi

Vosg'na”

Ben fatto Vosg'na” si complimentò allontanandosi.

Signore! - lo chiamò ancora il bambino e Albert si fermò, voltandosi - Posso venire con voi?”

Quella semplice domanda lo fece sorridere come non l'avevo mai visto e mai più lo avrei veduto. Poi si voltò di nuovo e si incamminò verso il centro del villaggio.

Verrai con noi - disse infine – ma dovrai trovarti una spada più piccola”

A quelle parole il volto del bambino, incrostato di sangue e polvere, si illuminò in un largo sorriso...



Spazio autori.

Il capitolo è un po' particolare nell'economia del racconto, d'altra parte sentivamo di dover dire certe cose (per es. l'innamoramento di Isy) ma non volevamo trasformare il fantasy in un armony.
Molto altro dovrà avvenire
, vi preannunciamo capitoli assai densi.
Apprezziamo tantissimo il fatto che esprimate preferenze sui personaggi, ce li fa sentire più vivi e veri.
Grazie di cuore a tutti quelli che leggono, e, al solito, a

Cabol: accadrà davvero di tutto, grosse sorprese si annunciano all'orizzonte. Tornerà Xan, emergeranno nuovi personaggi e le informazioni date fino a qui... sono solo un piccolo assaggio! Quanto allo stile, grazie mille, speriamo soprattutto che risulti uniforme, scrivendo in due. Ps. Io attendo, spero che la turbolenza passi, di ai tuoi capi che ci sono i fans che attendono!

Shark Attack: e le sorprese sul passato non finiscono qui, vedrai! A nostro avviso, da qui in poi, si preannuncia la parte più avvincente della storia. Pienamente d'accordo sul rimbtotto stilistico, scrivendo in due a volte è difficile mantenere l'uniformità. Hai fatto benissimo a segnalarlo, lo correggeremo al più presto!

Valerie_Laichettes
: accidenti, stai davvero recensendo tutti i capitoli! Che onore! Che meraviglia! Grazie mille. E grazie per l'apprezzamento a Isy e a Hilbert, che ne dici di questi sviluppi? La situazione, in effetti, è tutt'altro che rose e fiori ma si preannunciano grandi cambiamenti.

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Capitolo 20
*** Fuori dalle mura ***


Fuori dalle mura


Essembra pareva velata da una tristezza profonda e tangibile, improvvisamente aveva cessato di essere il luogo vivace e onirico che mi era parso sino a quel momento. Provai acuta e pungente la nostalgia di casa, come ancora non era stato sino ad allora. Contemporaneamente, più ancora che dopo lo scontro con Vosg'na, più ancora che davanti ad Albert, vibrante di sdegno e di rabbia, sentivo dentro di me una profonda frustrazione acutizzata dal desiderio di intervenire in qualche modo e dall'impossibilità di farlo.

Dobbiamo dare l'allarme fuori dalle mura della città” disse improvvisamente Ilmeth.

Questo non servirà ad altro che a diffondere il panico, minando la fiducia nelle nostre capacità” ribatté freddamente Arabeth Olannain.

Niente che non sia reale Sommo Chierico! - rispose infuriato l'altro battendo il pugno sul tavolo del suo studio dove eravamo tutti ritornati – Ci siamo fatti sorprendere come degli ingenui e molti miei ragazzi hanno pagato il prezzo di questo errore con la vita”

Molti soldati, buon governatore - lo corresse – Non dovete dimenticare che stiamo parlando di questo. Di una guerra e di militari che la combattono”

Cosa state dicendo?” chiese sul punto di perdere il controllo.

Sto solo dicendo che dobbiamo piangere e pregare per l'anima di quegli uomini che sono morti nella gloria del nostro dio, ma che non ci dobbiamo dimenticare che abbiamo la responsabilità di salvaguardare l'immagine della Chiesa di Triskell come garante di giustizia e coraggio.”

Ed è ciò per cui tutti i giorni mi sveglio, mio signore” affermò Ilmeth scuro in volto.

Questo non è in discussione, infatti. Il punto è che non possiamo mostrare paura verso chi commette crimini e atrocità, poiché siamo noi quelli che vengono chiamati a punire simili misfatti e non quelli che fuggono via alle prime difficoltà.”

Osservai il volto del governatore colorarsi del rosso di un passionale tramonto. Lo sforzo che stava facendo per trattenersi era davvero ammirevole.

Io ne ho avuto abbastanza” sentenziò mio fratello avvicinandosi alla porta.

Hilbert!” lo chiamai leggermente imbarazzata, ma lui in risposta scosse il capo e uscì.

Il ragazzo non ha interesse in questioni politiche, evidentemente – sentenziò compiaciuto Arabeth Olannain – e comunque non ha nessun motivo per essere coinvolto in questa storia. Proprio come non ci sono motivi per per cui voi dobbiate rimanere” concluse guardandoci.

Con il dovuto rispetto – interloquii infastidita prima che Ilmeth potesse dire qualunque cosa – temo che ci siano anche troppi motivi per rimanere”.

So bene che impugni la lama sacra di Triskell e la vedo pendere al tuo fianco, ragazza mia. Tuttavia sono sicuro che anche per questo vi sia una spiegazione ragionevole” disse ancora.

Una spiegazione...? - sibilai tra i denti, trattenendo a mia volta l'urlo che premeva per uscire, poi scandii ogni sillaba – la sola spiegazione, sommo Olannain, è che Triskell me ne abbia concesso il potere e che questo sia il suo desiderio. Non avrei rischiato la mia vita per altre possibili e vaghe spiegazioni, per quanto ragionevoli potessero essere”.

Detto questo seguii mio fratello fuori dalla stanza.

Lo trovai appoggiato al muro di fronte, abbandonato a un sorriso sornione.

Stavo giusto scommettendo con me stesso su quanto tempo ci avresti messo a raggiungermi”

Troppo” sbuffai.

Io preferivo quello farlocco. Perlomeno non era un prete”.

Abbozzai un sorrisetto concorde.


Quando anche gli altri lasciarono la stanza, Edward ci annunciò che Lord Ilmeth aveva deciso di proclamare lo stato d'allerta, invitando i contadini e quanti vivevano fuori dalle mura a rientrare in città.

Era convinto che Albert avrebbe approfittato di quel momento di difficoltà per sferrare un altro affondo e non voleva farsi cogliere nuovamente impreparato.

Considerata la perdita che ha subito il suo esercito – disse ancora – ho pensato che potremmo svolgere noi questo compito. Così lui avrebbe il tempo per riorganizzare i guerrieri e non dovrebbe preoccuparsi di altro. Insomma, vorrei rendermi utile”.

Saresti più utile se imparassi a tacere” rispose Hilbert.

Non farci caso. Mio fratello parla per dare aria al cervello e comunque non deve necessariamente seguirci. Basteremmo noi tre per questo” dissi sorridendo.


Ovviamente anche Hilbert volle venire con noi.

Brontolò qualcosa, sbuffò, ma alla fine concluse che senza di lui ci saremmo sicuramente cacciati in un guaio peggiore e che oltretutto avremmo finito col portarglielo dritto addosso. Quindi tanto valeva che si unisse direttamente a noi.


Salimmo a cavallo nel primo pomeriggio e percorremmo tutto il perimetro della mura di Essembra, spingendoci all'esterno per qualche chilometro, come Ilmeth ci aveva detto fornendoci una piccola mappa degli insediamenti extra urbani e il censimento delle famiglie, realizzato appena qualche anno prima.

Il vessillo del governatore, che ci annunciava pendendo dai nostri cavalli e dal ciondolo che Edward portava al collo, ci garantì ascolto e tranquillità. Poiché potevamo offrire loro un alloggio nelle case predisposte a tali emergenze pattugliamenti regolari e controlli contro un eventuale sciacallaggio – incredibile, mi dissi, come anche cambiando si ritrovavamo certe disgustose abitudini – la maggior parte di loro non protestarono troppo. Era sorprendente la cura con cui Lord Ilmeth, pur nella sicurezza goduta dalla sua Valle fino a quel momento, aveva predisposto ogni dettaglio per un eventuale battaglia, ed essi stessi parevano talvolta meravigliarsene, glorificando per questo il loro campione divino. Con i più restii, contadini abituati a una vita di poco agio e di molta fatica, fu Arwon a trattare con una certa semplice efficacia, convincendoli in breve tempo a spostarsi. Solo un paio di uomini si rifiutarono categoricamente, affermando che neppure la discesa del grande Drago Rosso li avrebbe convinti a lasciare il proprio raccolto.


Poi ci apprestammo al rientro.


Arwon si fermò qualche minuto dopo, scendendo velocemente da cavallo.

Guardate queste tracce” disse.

Sono tracce. Qualcuno sarà passato di qui – rispose Hilbert – non mi risulta che si tratti di una strada privata”.

Sono impronte pesanti. Il cavallo che le ha lasciate portava un grosso carico, probabilmente un uomo in armatura” riprese Arwon.

E con ciò? Passano milioni di avventurieri per le Valli” ribatté.

Ma in questa situazione è piuttosto sospetto che uno di loro si sia avvicinato alla città. Oltretutto le impronte non conducono alla Porta. Al contrario, sembrano seguire una traccia di ricognizione” disse ancora Arwon.

Pensi che possa trattarsi di una spia?” chiese Edward.

Di qualcuno in avanscoperta, più che altro. Se quello che pensa Lord Ilmeth fosse giusto, potrebbe essere collegato all'imminente attacco di Albert” rispose.

Splendido!” esclamò Hilbert, poi scese a sua volta da cavallo.

Cosa fai?” chiesi.

Cerco di capire di cosa si tratta, tanto non mi consentirete di tornare in città fino a quando non ne sapremo di più”.


Lo vedemmo socchiudere gli occhi e riversare il capo all'indietro, lo guardammo stupiti, ma ormai consci dei suoi strani poteri.

Qualche minuto dopo ritornò improvvisamente alla realtà.

Cosa hai visto?” chiese Edward.

Un grosso uomo, molto grosso – rispose con cipiglio – Arwon aveva ragione, da come si muoveva dava proprio l'idea di essere in missione di ricognizione”.

Allora dobbiamo trovarlo” conclusi.


Da questa parte” incitò Arwon.

Non sono convinto che sia una buona idea. Anzi, sono convinto che non lo sia affatto. Non stuzzicare il drago che dorme, si dice dalle mie parti: non vorrei che questo nostro eccesso di zelo ci portasse altri guai” ribatté Hilbert.

Come un segugio che fiuta la preda, tuttavia, Arwon si era già mosso verso la direzione indicata.

Muoviti, Hil” sussurrai.

Non mi piace affatto – rispose incamminandosi al mio fianco – tutta questa storia è cominciata con te che, di testa tua, come sempre, hai voluto intrometterti in affari che non ci riguardavano”.

Lo guardai un istante.

Se non fosse stato per la mia testa dura...” cominciai.

Sì, sì, lo so. La mamma non sarebbe mai guarita. Ci è andata bene, fino ad ora, ma non vedo il bisogno di rimenare ancora la sorte”

Tutto questo, ormai, ci riguarda eccome” risposi.

Mio fratello scosse la testa.


Ci eravamo addentrati nel bosco da non più di dieci minuti quando Arwon si fermò.

Cosa succede?” chiese Ed.

Di chiunque si tratti, lo abbiamo quasi raggiunto” rispose lui.

Eliminiamo la distanza che rimane, allora” conclusi.


La figura umanoide di una creatura grossa quasi il doppio di noi ci si presentò davanti agli occhi poco dopo, distante circa un centinaio di metri, seminascosta da alberi e cespugli.

Il mezzorco che accompagna Albert” sussurrò Arwon.

Groosh” aggiunsi, ricordando le parole di Jerkie e meditando tra me il pensiero che lui e mio padre dovevano, un tempo, aver cavalcato insieme in questa stesse terre.

A quanto pare c'era una possibilità che non avevi considerato, caro Arwon” esordì mio fratello. Lo guardammo perplessi.

Che il cavallo portasse sì qualcuno di pesante, ma senza alcuna armatura – proseguì spiegandoci con aria infastidita, come se fossimo stati dei bambini che non capivano nulla - comunque non vedo la necessità di salutarlo di persona, gli manderemo i nostri saluti per interposta persona. Adesso che abbiamo visto di chi si tratta, possiamo tornarcene a casa”.

Il tono della sua voce, come sempre, era distaccato e ironico, nonostante le sue parole non tradiva alcuna paura, ma solo la scocciatura provata di fronte all'ennesimo guaio che avrebbe potuto presentarcisi.

Non ci ricapiterà un'occasione del genere” rispose Arwon.

L'occasione per farci ammazzare? Ti sbagli – ribadì Hilbert – ne avrai a caterve, da adesso in poi. Solo, ti pregherei di non coinvolgere me e mia sorella”

L'occasione di incontrarlo solo – ribatté Arwon, senza dare alcun peso al suo sarcasmo – e io non me la sento di rinunciarci. Tornate verso Essembra, lo affronterò io”.

Sei pazzo – sbottò Edward – se credi che te lo lasceremo fare”.

Non guardare me – disse ancora Hilbert aprendo le mani – io non ho nulla in contrario. Sono assolutamente liberale, se ha deciso di sacrificarsi per il bene comune non posso oppormi”.

Io...” cominciai.

Fui interrotta dal rumore sordo di passi pesanti.

Il volto di Groosh, sfigurato da una lunga cicatrice che gli attraversava lo zigomo sinistro e da un'altra all'altezza dell'orecchio destro, si compose davanti ai nostri occhi.


Voi seguite” disse con una voce gutturale e incerta.

Istintivamente balzammo all'indietro, ma altrettanto istintivamente io e Arwon sguainammo le spade.

Lui ci indicò con un dito.

Io conosce – asserì distendendosi per un attimo in un'espressione soddisfatta – voi uomini di Ilmeth”.

E donna – aggiunse rivolto a me – tu donna di spada”.

Ci stringemmo più vicini, vinti dal terrore che incuteva la sua possente e brutale figura, stemperato appena dal suo linguaggio strano, quasi primitivo.

Noi combatte” estraendo un'ascia il cui solo peso avrebbe potuto schiacciarci e sollevandola tra le sue mani enormi senza alcuna difficoltà.

No, no, ma che combatte! - esclamò mio fratello – qui si tratta solo di un malinteso. Mia sorella non sa nemmeno maneggiarla, quella spada. Non vedi che è solo una donna? Cosa vuoi che ne capisca una donna di armi?”.

Lei combattuto Vosg'na. Lui detto lei sa. Lui detto lei coraggiosa e muore per spada” rispose.

E si sarà sbagliato – proseguì Hilbert piuttosto seccato – era solo scena”.

Vosg'na mai sbaglia” rispose, mentre ancora le parole che aveva pronunciato prima mi rimbombavano sorde nella mente. L'idea che un simile guerriero avesse detto tali cose di me avrebbe forse potuto riempirmi d'orgoglio, se la sua immagine non avesse evocato con sé la strage del tempio e la morte di ragazzi e uomini che mi erano stati cari. Rabbrividii di angoscia e di rabbia.

Vuoi combattere? - intervenne Arwon – allora smetti di parlare e fammi saggiare la reale potenza della tua ascia. Il tuo avversario sono io”.

Ecco finalmente una buona idea! - esclamò Hilbert – allora noi cominciamo ad avviarci”

Se vuoi combattere, dovrai scontrarti anche con me” aggiunsi, rivolgendomi a Groosh.

Ed ecco l'idea pessima” boffonchiò mio fratello schioccando le mani sui fianchi.

Io combatte tutti voi insieme. Questo no problema. Io grosso, voi piccoli. Leale sembra” rispose coprendo con due passi la distanza che ci separava e sferrando il suo primo attacco.

La sua ascia sibilò nell'aria con inaspettata rapidità verso il corpo di Arwon che tuttavia, con altrettanta agilità, si lasciò cadere al suolo scartando di lato, per poi rialzarsi un attimo dopo, pronto a colpirlo a sua volta. Come lui mi aveva insegnato mi posizionai sull'altro fianco.

Il metallo delle nostre armi che si infrangevano rimbombava nell'aria e scuoteva il mio corpo.

Quando Arwon lo ferì al fianco e il sangue sgorgò zampillante dalla ferita, Groosh non emise un solo lamento e mentre con l'ascia si difendeva dai miei colpi, ancora troppo deboli per poter superare la sua difesa, colpì a sua volta Arwon con un pugno possente in pieno petto che lo travolse scaraventandolo contro al tronco di un albero poco distante.

Dannazione!” sbottò Hilbert.

Allora il mezzorco si voltò verso di me.

Jerkie! Chiama Jerkie!” gridò Edward al colmò della disperazione, avvicinandosi ad Arwon ancora troppo stordito per potersi rialzare.

In quel momento osservai il movimento feroce delle mani di Groosh e la sua ascia che mi aveva quasi raggiunto.

Sta tranquilla Isotta - bisbigliò una voce dolcissima nella mia testa – segui me e andrà tutto bene”, e io chiusi gli occhi un istante lasciandomi guidare da Speranza. La impugnai con entrambe le mani e sollevai la lama verso quella del mio avversario.

Non appena esse si incontrarono, sospese nell'aria che ci separava, le mie braccia tremarono scosse da un brivido atroce e le gambe crollarono vinte da quell'insopportabile dolore.

Della terribile arma del mezzorco, tuttavia, rimaneva tra le sue mani solo un bastone ligneo, sulla cui sommità sporgeva un frammento metallico e lucente.

Speranza, al contrario, non pareva aver subito il minimo danno.

Mi accasciai al suolo cadendo in ginocchio e chiedendomi cosa sarebbe accaduto adesso che non avevamo più difese. Sul mio dito brillava l'anello di Jerkie, nella mia mente il pensiero che avrei dovuto fare ciò che Edward mi aveva detto quando ancora ne avrei avuto il tempo.

Groosh, ferito e disarmato, ma ancora in piedi e in possesso della sua forza, mi sovrastava incredulo.

Udii il grido di Edward che chiamava il mio nome e lo vidi frapporsi tra me e lui, fragile ma determinato a proteggermi a qualunque costo.

Dovrai passare sul mio corpo prima di toccarla” scandì.

Il mezzorco lo guardò perplesso.

Io allora passa” rispose ancora stordito ma tranquillo non considerandolo evidentemente. Avanzò d'un passo e lo afferrò per la veste pronto a scaraventarlo via, ma si bloccò a metà del movimento, come noi distratto dal rumore di legno spezzato che proveniva dalla nostra sinistra: un grosso tronco d'albero ci stava cadendo addosso. Afferrai con le poche forze che mi restavano la mano di Edward e lo trascinai a terra con me, poi chiusi gli occhi, aspettandomi quasi di essere schiacciata da quel peso. Sentii un grido profondo e quindi più niente: solo rami spezzati e un pesante tonfo.

Stai bene?” mi domandò Edward allarmato. Sorrisi e ringraziai Triskell per le nostre vite.

Sì, credo. Tu?”

Mi sembra sia tutto a posto. L'albero ci ha solo sfiorato” rispose rialzandosi e sollevandomi con sé. A pochi centimetri da noi il tronco di un grande pino era franato a terra, mancandoci miracolosamente, ma schiacciando il mezzorco che ora era sdraiato a terra immobile, il volto rivolto al cielo e l'albero sopra al petto.

Ringraziamo la benevola Natura, poiché ha pensato di fare diventare fragili gli alberi” disse felice mio fratello, emergendo da dietro un cespuglio con le braccia allargate e rivolte al cielo. Vederlo così, raggiante e tranquillo, mi fece esplodere in una collera improvvisa.

Tu! - gli urlai contro – Sei stato tu!”

Qualcuno doveva pur salvarvi” rispose saccente.

Hai rischiato di ammazzarci!” intervenne Edward.

Non più di quanto non abbiate fatto voi stessi - ribatté stizzito – con le vostre folli idee. E comunque era un rischio accettabile, visto che ora Groosh è morto”

Stavo per protestare ancora, allibita dall'apparente disinteresse che mio fratello mostrava per la nostra vita, ma una voce mi bloccò.

Io no morto” disse il mezzorco e noi trasalimmo vedendogli muovere testa e braccia.

Ma come è possibile?” domandò Hilbert quasi più a se stesso.

Io grosso” spiegò l'altro, quasi compiaciuto.

Comunque sia - esordì Arwon avvicinandosi lentamente – il combattimento è finito. Liberiamolo e portiamolo a Essembra come prigioniero.”

Tu sei tutto scemo! - esplose mio fratello – Se lo liberiamo questo si alza e ci uccide tutti!”

Groosh scosse la testa.

Combattimento finito è. Nessun vincitore è, lei no combatte più ma spezzato arma ha – disse, poi proseguì rivolgendosi a me - Vosg'na mai sbaglia, io aveva detto. Tu coraggiosa e io dice tu brava guerriero. Pochi me disarmato, prima. Io no capisce molto come tu ha fatto, ma tu ha fatto. Io vede”.

Lo guardai stupita e confusa, mentre Edward mi stringeva a sé sorreggendomi.

Non ti crede nessuno! – sentenziò ancora Hilbert – direi che l'unica cosa da fare sia lasciarlo qui e andarcene per la nostra strada”.

Ma...” protestò Arwon.

Senti, è troppo pericoloso. Non avremmo neanche dovuto seguirlo. E ora andiamocene in fretta prima che arrivino rinforzi” concluse mio fratello.

Riconoscevo la verità delle sue parole, qualcosa tuttavia mi impediva di muovermi.

Ragazza – mi chiamò la voce soffocata di Groosh, scuotendomi dal dubbio – tu può chiamare Jerkie? Io sentito ha”.

Esitai un attimo, chiedendomi se qualcosa si nascondesse dietro a quella domanda.

Avrei potuto farlo” risposi poi.

Sul volto di Groosh si dipinse un'espressione pensierosa.

Tu deve dire che lui no deve fare affari di Albert. Lui simpatico me, io dispiace se noi combatte”.

Disse questo con voce sincera e partecipe, suscitando in me un moto improvviso di simpatia e tutto lo stupore che ne conseguì. Tacqui un istante, poi gli domandai avvicinandomi e suscitando gli sbuffi di disapprovazione di Hilbert

Tu hai conosciuto Peter Greenwood?”.

Il mezzorco socchiuse gli occhi per un istante.

Io conosciuto ha. Molto tempo fa è stato - rispose poi – io no vede lui molto tempo. Tu conosce?”.

È mio padre” dichiarai, senza interrogarmi troppo su ciò che mi stava spingendo a quella rivelazione. Non ebbi il tempo di chiedermi se rivelarlo fosse stata o meno una buona idea, un rumore di passi proveniente dal bosco alle nostre spalle ci costrinse a voltarci. Tra i rami imporporati dal sole ormai morente non scorgemmo nessuno.

Cosa malvagia c'è – disse Groosh – molto pericolosa.”

La natura era diventata immobile e silenziosa, irreale, mentre un pungente freddo si era insinuato intorno a noi, permeando l'aria.

Voi andare via!” urlò il mezzorco, riscuotendoci.

E tu come farai?” chiese Arwon balbettando.

Io pensa non c'è problema per me – rispose, mentre iniziava a spingere il tronco – Io odia non morti. Meglio se rende morti”

Improvvisamente il suo volto si deformo in un'espressione di ira feroce, i muscoli delle sue braccia si gonfiarono ingrossandosi in maniera impressionante e il torace crebbe in circonferenza.

Voi va!” ci ordinò con una voce in cui la rabbia faticava a trovare contenimento. Cominciammo a correre più velocemente possibile, sorreggendoci a vicenda, terrorizzati. Mi voltai ancora un istante, in tempo per vedere il mezzorco rialzarsi e gettare di lato il tronco e poi urlare con potenza immane. In risposta ricevette un grido stridulo che gelò il sangue nelle nostre vene.

Non ha più un'arma” obiettò Arwon ansante.

Non credo che gliene serva una” risposi aumentando ancora di più il passo lasciando il pensiero e l'immaginazione su Groosh e sul combattimento che stava per intraprendere.




SPAZIO AUTORI


Carissimi, il capitolo è, come avrete forse notato, decisamente più lungo dei precedenti e ci ha per questo portato via tempo e fatica. Abbiamo inoltre dovuto compiere alcune scelte fondamentali per la trama, speriamo siano state quelle giuste. In ogni caso finalmente l'abbiamo concluso.

Speriamo apprezziate il Groosh che ne emerge, noi lo troviamo adorabile.


Invitiamo tutti a un piccolo sondaggio, vale a dire a esprimere una preferenza tra i vari personaggi:

CHI È IL VOSTRO PERSONAGGIO PREFERITO? E QUALE QUELLO CHE ODIATE DI PIÙ?

Se avete voglia fateci sapere!


Detto questo, un grazie speciale, come al solito, va a:


Cabol: che recensioni bellissima, ci siamo quasi commossi! Davvero sai...in poche parole hai dimostrato di aver colto lo spirito che abbiamo cercato di infondere nel capitolo. E poi quelle parole finali: “un'autentica epopea”...che dire... grazie davvero!


Shark_Attack: siamo felici perché quello che abbiamo cercato di fare con le cronache è dare a questi due personaggi, soprattutto al glaciale Vosg'na, un volto decisamente più umano che hai dimostrato di cogliere e apprezzare. Isy per il momento non ha modo di tornare, ma l'equinozio si avvicina e certi avvenimenti... certo però che adesso è proprio innamorata! Vedi com'è amoroso Ed? Che deve fare, povera stella? Grazie di cuore.


Valerie: accidenti, sei quasi in pari! Che dire, grazie di cuore per esserti presa la briga dir recensire tutti i capitoli, ancora una voglia vogliamo dirti quanto piacere ci fa! Siamo felici anche che tu sappia apprezzare tutti i personaggi, pur nella grande diversità di ciascuno speriamo di riuscire a creare una galleria in cui ognuno mostra qualcosa di buono e qualcosa di cattivo, suscitando alternativamente simpatie e antipatie. Ah, grazie per le segnalazioni, provvederemo a correggere.


Dust_and_Diesel: bello trovare addirittura tre recensioni, grazie! Cerchiamo saltuariamente di far emergere queste differenze, soprattutto attraverso l'ironia di Hilbert e, sì, ci piace l'idea di dare un tocco di attualità a certe riflessioni: grazie per averlo notato. Aspettiamo altri commenti e opinioni.


Baci e grazie a tutti!


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Capitolo 21
*** L'incubo di Isotta ***


isy 20 L'incubo di Isotta


Arrivammo ad Essembra trafelati. I nostri cavalli erano fuggiti non appena avevano udito il suono atroce emesso dalla creatura uscita dal bosco; più ancora di noi erano stati permeati dal terrore innaturale che essa aveva generato.
Ci precipitammo verso la Torre Bianca e riferimmo a Lord Ilmeth ciò che era accaduto, senza tralasciare alcun dettaglio.
Persino mio fratello sembrava impressionato e scosso.
Il governatore cercò di rassicurarci, sebbene una nube di preoccupazione e ansia oscurasse il suo volto stanco.

Non so dirvi di preciso cosa potesse essere – rispose alle nostre domande – esistono molti tipi di esseri legati alla non vita. Tutti terribili ed empi per loro stessa natura. Ciò che posso dirvi, dunque, è che quel folle di Albert sta portando su Essembra e sulle Valli la più atroce delle maledizioni: se i suoi piani, e Triskell non lo voglia, dovessero mai realizzarsi, dovrà renderne conto, un giorno, alle folle che lo acclamano ignare”.
Ma io farò tutto ciò che è in mio potere, ed inventerò ciò che ancora non lo è, pur di fermarlo” aggiunse risoluto e sicuro.
Ci congedammo per concederci un po' di riposo.

Il riposo, tuttavia, non mi raggiunse e inquieta uscii dalla Torre Bianca sotto alla volta stellata, non inquinata dalle luci artificiali così normali nel mio mondo.
Volevo respirare aria fresca e godere del profumo che emanava ovunque.
Volevo scacciare dalla mia mente le immagini del Tempio il suono atroce emesso dal non morto, orrori che mi sembravano in quel momento troppo grandi per poterli sopportare.
Mi sentivo stanca e debole.

Mentre camminavo avvertii nuovamente la strana sensazione di essere osservata, che Hilbert aveva definito “scrutamento”.
Chi sei?” mormorai stringendo Speranza tra le mani.
La figura di una donna bellissima e sensuale si compose davanti ai miei occhi, apparendo dal nulla.

Buonasera mia cara – sussurrò – riponi la tua spada, ti prego. Non desidero farti alcun male”.
Ti ho veduto al Tempio – dissi – tu sei la compagna di Albert”.
Mi fa piacere che tu mi riconosca, così potremmo evitare le spiegazioni - rispose sorridendo con una certa malizia – il mio nome è Kathreena”.
Cosa vuoi da me?” chiesi rabbiosa.
Oh, mia cara Isotta! Tranquillizzati! Quell'espressione non si addice affatto al tuo splendido volto – proseguì – Albert desidera incontrarti, sono qui per condurti da lui”.
Mentre mi parlava avvertii qualcosa di sottile e insidioso, a cui non avrei saputo dare un nome, penetrare nella mia mente e tentare di vincere ogni barriera di resistenza. Per un attimo provai un'istintiva e incomprensibile simpatia per quella donna meravigliosa.
Poi, la rabbia suscitata dalle sue parole affettate e dai suoi sensuali sorrisi ritornò più forte di prima.

Qualunque cosa tu stia cercando di fare con me – dissi – non sta funzionando, Kathreena”
La vidi socchiudere gli occhi e squadrarmi con attenzione.

Albert vuole solo parlarti, mia cara - riprese poi con fare suadente – non credi che possa tornare utile anche a voi un incontro?”.
Riflettei sulle sue parole un solo istante, poi mormorai una preghiera a Triskell e dissi

Portami da lui”.

Il mio terzo viaggio magico si svolse esattamente come gli altri due.
Quando terminò non sapevo esattamente cosa avevo in testa, né avevo chiaro il motivo per cui avevo accettato quell'incontro.
Così vidi per la prima volta un accampamento militare: soldati indaffarati si muovevano con sicurezza anche a quell'ora della notte, impegnati nelle ronde di guardia o in semplici mansioni; altri ancora giocavano a dadi ridendo e imprecando, come giovani ragazzi che non fossero affatto sul punto di rischiare la propria vita. Seguii la donna attraverso il campo e rabbrividii passando accanto a una zona di particolare oscurità, in cui il buio sembrava più intenso della notte stessa. Scorsi figure scure muoversi tra le tende, silenziose come ombre.
Kathreena mi condusse infine in una grande tenda. Mentre aspettavo di incontrare Albert, tuttavia, avvertivo crescere in me una sensazione di inquietudine e ansia e dubitavo di aver fatto la scelta migliore.

Quando lo vidi avanzare di fronte a me, accompagnato dalla figura bianca e odiosa di Vosg'na, poi, sentii le forze venire meno e desiderai con tutto il mio cuore essere altrove.
Mi imposi tuttavia di non abbassare lo sguardo.

Sei tu Isotta Greenwood?” mi chiese.
Sono io – risposi – e non capisco cosa tu voglia da me”.
Hai detto a Groosh di essere la figlia di Peter” proseguì ignorandomi.
È così” dissi ancora trattenendo a stento l’agitazione, poi sobbalzai quando Albert colpì violentemente il tavolo che aveva davanti.
Kathreena gli si avvicinò con dolcezza, ma lui l'allontanò bruscamente.
Allora, nonostante la paura che mi gelava il sangue, chiesi con sarcasmo

Non ti era simpatico?”.
Albert mi si avvicinò minaccioso, i suoi occhi erano furenti, il suo volto esprimeva tutta la sua ira. Mi afferrò il collo con una mano e lo strinse tra le dite possenti, ancora una volta guardai l'anello e ancora una volta, senza saperne esattamente il motivo, frenai in me l'impulso di utilizzarlo.

Tuo padre è un infido traditore” ringhiò.
Cercai di allontanarlo, ma la stretta che mi mozzava il fiato era troppo forte e troppo dolorosa, afferrai con entrambe le mani il suo braccio per cercare di allentarne la presa. “Bastardo senza onore” sibilai.

Non sono io, Isotta. Ti ha mai raccontato, tuo padre, di come ha tradito il nostro patto d'amicizia, cercando di rubarmi la moglie?”.
Mentre il fiato, e con esso le forze, cominciavano ad abbandonarmi, le sue parole mi colpirono al cuore come un fulmine. Improvvisamente, senza che me ne rendessi pienamente conto, ogni tassello di quell'assurdo puzzle trovò una sua collocazione.

Julian Esyscoll” mormorai con un filo di voce.
Albert allentò improvvisamente la stretta.

Ti ha parlato di me, allora!” esclamò.
Mi piegai su me stessa per cercare di regolarizzare il respiro e rimasi in silenzio, incapace di dire qualunque cosa.

Non può essere - balbettai poi, quasi fuori di me, quasi piangendo, quasi implorando di sbagliarmi – non puoi essere tu il marito di Eleonor”.
Lo sono invece. Peter non è riuscito a portamela via” rispose fieramente.
Mi lasciai scivolare al suolo, mentre lui mi guardava improvvisamente con più attenzione.

Le somigli in maniera straordinaria” disse poi impallidendo. Fissavo il vuoto davanti a me, alla ricerca disperata di un possibile appiglio per riemergere da quell'incubo che mi aveva inghiottito improvvisamente.
Cosa diavolo mi stai nascondendo? - tuonò al colmo della rabbia – tu sei la figlia di Peter ed Eleonor?”.
Gridando mi si avvicinò di nuovo, mi afferrò per un braccio e mi tirò a sé.

Mi piacerebbe – risposi distante, socchiudendo gli occhi e desiderando solo che le braccia forti di mio padre mi stringessero – ma la realtà non si modificherà secondo i miei desideri”.
Voglio sapere la verità” gridò stringendo con più forza.
La rabbia e il rancore si fecero più insistenti e assordanti e alla fine urlai fuori di me

Quale verità, Albert, Julian, o comunque tu ti chiami? Non conosci già quella verità? La verità di un uomo che ha abbandonato sua moglie e i suoi figli?”.
Istintivamente Albert si ritrasse.

Cosa...” cominciò incredulo.
Allora lo guardai con disprezzo e tornai a mettere a fuoco l'intero spazio della tenda e ciò che vi accadeva. Vidi Kathreena vicino a lui che gli chiedeva disperata spiegazioni, Vosg'na, al contrario, impassibile e freddo era rimasto in un angolo.

Tu...” disse ancora.
Isotta Greenwood. Eleonor e Hilbert mi chiamano Silen – scandii – ma adesso più che mai odio questo nome”.
No! - esclamò – i miei figli sono morti. Io stesso li ho visti morire, uccisi dai Gensai! Li ho vendicati ma loro sono morti”
Ed è bene che continuino ad esserlo, per te. Forse proprio per questo hai cercato di farci condannare a morte, al processo” risposi freddamente, ormai rientrata in possesso del mio autocontrollo, mentre il suo volto mutava colore e espressione.
Cosa stai dicendo? - esclamò ancora – Tu non puoi essere Silen! Non puoi essere mia figlia!”.
Non lo sono, infatti. Peter Greenwood è mio padre”.
In quel momento una giovane guardia entrò nella tenda e parve non accorgersi neppure della mia presenza.

Albert, capitano, il Necromante desidera parlarti” disse. Il suo volto e il tono della sua voce tradivano una turbata sofferenza.
Che aspetti! Ha tutta l'eternità per farlo” rispose secco.
Ma capitano, il Necromante ha detto...” riprese il ragazzo.
"Non mi interessa! - gridò adesso rabbioso – Attenda o prenda la sua marmaglia e torni nell'Abisso! Ma non mi disturbi adesso”.
Ascoltai le sue parole con interesse e apprensione, avrei forse voluto ribattere qualcosa, ma mi sentii improvvisamente stanca e spossata, incapace di compiere persino un passo, come se tutta la fatica di quella conversazione estenuante fosse improvvisamente riemersa e caddi al suolo, priva di sensi.

Quando aprii gli occhi mi ritrovai adagiata su un piccolo giaciglio, all'interno di un'altra confortevole tenda. Non avrei saputo dire quanto tempo fosse trascorso.
Poco distanti, Groosh e Kathreena parlavano tra loro e la donna tradiva sul volto un'espressione colma di dolore e apprensione. Di Albert e Vosg'na non vi era più alcuna traccia.
Prima di qualunque altra cosa, allungai la mano a cercare Speranza. Quando la trovai al mio fianco controllai la presenza dell'anello al mio dito, quindi, sollevata, mi alzai in piedi.
Immediatamente, entrambi si voltarono verso di me.
Il mezzorco distorse il volto in un largo e affettuoso sorriso.

Io capito qualcosa di strano – ridacchiò soddisfatto – io detto Albert, lui no voleva credere, ma io ragione”.
Rise ancora.

Questa volta Vosg'na no accorto. Io accorto” disse ancora battendosi una mano sul petto.
Fai piano, mia cara – sussurrò Kathreena – sei svenuta e devi essere molto stanca. Dovresti riposare”.
Voglio andare a casa” risposi risoluta.
Puoi andare quando vuoi” disse.
Bene, allora addio” ribattei con freddezza. Poi, con più dolcezza, aggiunsi
Ciao Groosh. Ci vedremo al prossimo scontro”.
No scontri – rispose lui – io no combatte figlia di Albert. Io dispiace combattuto ha. No doveva”.
Scossi la testa.
Kathreena si lasciò cadere su una seggiola.

Albert avrebbe voluto rimanere, ma Vosg'na l'ha convinto a calmarsi prima di parlarti ancora” sussurrò.
Riferiscigli allora che non ho intenzione di parlargli di nuovo. Quello che ci siamo detti è più che abbastanza, per me” risposi glaciale.
Ma non per lui – ribatté sconsolata – lui non si fermerà fino a quando non avrà capito tutto. Ti incontrerà di nuovo, incontrerà tuo fratello e forse persino vostra madre. Si riprenderà la vita che gli appartiene”.
La sua voce esprimeva l'afflizione che ciò le avrebbe procurato, il dolore che già immaginava di dover vivere. Tutto tradiva l'amore che nutriva per quell'uomo e forse, per un attimo, provai compassione per lei.
Poi risi.

È buffo che adesso sia io a dover tranquillizzare te, Kathreena, ma puoi essere certa che non ci riuscirà”.
Non lo conosci” rispose laconica.
Per quanto mi riguarda, lo conosco anche troppo. Non desidero avere con lui alcun rapporto, se non quello che ci metterà di fronte su un campo di battaglia” conclusi.
Lei mi guardò perplessa, se vi fosse nel suo volto più speranza o più timore non avrei saputo dirlo, poi mi incamminai verso l'uscita.

Non puoi andare da sola. Dovrò accompagnarti con la magia, così come ti ho condotto qui” disse ancora.
Quanto ci troviamo lontano da Essembra?” chiesi.
Un paio d'ore a cavallo” rispose.
Allora non mi occorre alcun aiuto”.
Tu no cavallo” intervenne Groosh.
Vorrà che dire che impiegherò più tempo” risposi.
Non puoi...” cominciò Kathreena.
Posso eccome. Sono rimasta anche troppo” ribadii uscendo dalla tenda.

Mi allontanai dall'accampamento a passo fermo e veloce, nonostante il tumulto che si agitava nel mio spirito.
Qualche soldato fece per avvicinarsi a me con aria vagamente minacciosa, ma prima che mi raggiungesse la voce potente di Groosh li redarguì dietro alle mie spalle

Voi no tocca, no guarda e no parla. Se fa, io mangia” scandì strappandomi un fugace e imprevisto sorriso.
Quelli si fermarono quasi pietrificati.

Tu prende cavallo - mi si rivolse poi – lungo andare a piedi”.
Lo guardai un istante mentre mi raggiungeva.

Prende questo” aggiunse disarcionando con un braccio una guardia che si avvicinava al passo e porgendomi le briglie del cavallo. Mentre l'uomo a terra si lamentava sommessamente del trattamento ricevuto, la bestia scalciò nitrendo. Il mezzorco si accostò al muso del cavallo, fin quasi a sfiorarlo, lo fissò negli occhi e mormorò qualcosa che non compresi. Quello si calmò e mi si avvicinò più docile.
Grazie” mormorai sorpresa.
Io pensa tu sa” disse ancora.
Annuii e salii in groppa, poi lo spronai senza voltarmi indietro, avvertii gli occhi di Groosh seguirmi fino a quando non dovetti scomparire dalla sua vista.
Quando l'ampia distesa della radura si spalancò davanti a miei occhi, silenziosa e illuminata solo dalla luce della luna e delle stelle, lanciai il cavallo in un folle galoppo desiderando solamente di essere a casa, senza però sapere più quale luogo definirsi tale.

Arrivata a Essembra, le guardie stupite mi spalancarono le porte della città e io mi precipitai verso la Torre Bianca.
Esitai un istante davanti alla stanza di mio fratello, raccolsi i pensieri e le forze, quindi la aprii silenziosamente.
Hilbert sedeva immobile sul letto, guardando nella mia direzione.

Hilbert...” cominciai.
Sollevò il viso, mi fissò un istante e disse

Dobbiamo parlare”.

spazio autori

si potrebbe dire che abbiamo postato il capitolo più importante della storia fino ad ora. Siete sconvolti? Dovreste, la povera Isy lo è. Vi invitiamo a soffermarvi sulla figura del Necromante che molte emozioni avrà a regalarci in futuro. Per quanto riguarda il nostro sondaggio pare che Hilbert sia decisamente il personaggio più popolari. Noi comunque amiamo tutti nello stesso modo.

grazie a tutti come sempre e in particolare a:

Cabol: Groosh ha preso vita da solo tra le nostre mani ed è un personaggio crediamo molto originale. cerchiamo di dedicare a tutti uguale spazio, sebbene confessiamo che anche noi a volte abbiamo dei preferiti. Speriamo di essere riusciti a far emergere qui Kaath, personaggio complesso che avrà ancora molto da dire. Correggeremo senz'altro l'html, l'errore più che altro è scappato al programmino! ps. sei più libero al lavoro? Aspettiamo con ansia!

Shark Attack: confessiamo che quello è uno dei nostri punti preferiti nel capitolo, anche in questo Groosh regala qualche perla che speriamo apprezzerai. L'amore...sì ma quanto dovrà patire il povero Ed, tu non immagini quanto! ( anch'io sono un po' impegnata ma recensirò prestissimo il tuo bellissimo capitolo )

Valerie_Laichettes: grazie per le preziose segnalazioni che correggeremo al più presto e grazie per aver risposto al sondaggio. In realtà crediamo che i veri personaggi malvagi stiano per arrivare e faremo di tutto per farveli odiare per bene - tipo la tua Eris! - ( ma ahimé abbiamo la tendenza a mettere qualcosa di buono in ogni malvagio ). Ti auguriamo allora buone vacanze ( beata te! ) e torna presto con le tue recensioni!

baci e abbracci a tutti

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Capitolo 22
*** Gli enigmi di Hilbert ***


isy 21

Gli enigmi di Hilbert


Albert è nostro padre?” chiese a bruciapelo mio fratello.
Rimasi immobile a fissarlo.

Come lo sai?” domandai allibita.
Allora è vero” sospirò.
Annuii.

L'ho intuito – proseguì – Stavo per addormentarmi, quando ho cominciato a vedere delle cose. All'inizio ho pensato che si trattasse solo di un sogno, ma ho capito quasi subito che era qualcosa di più. Qualcosa di vero. Non mi era mai successo prima, non con questa forza. È stato come se tra di noi si fosse stabilita una connessione: ti ho vista lì, mentre parlavi con Albert, e anche se non sentivo le vostre parole percepivo chiaramente i tuoi sentimenti e le tue emozioni. Lo stupore prima, poi la disperazione e infine la rabbia. Ho interpretato questo e le espressioni sui vostri volti e poi... poi, a dire il vero, non si è trattato solo della mia solita perspicacia – ridacchiò tra sé - Improvvisamente l'ho intuito, come se la verità mi si fosse spalancata davanti agli occhi, come se qualcuno avesse improvvisamente squarciato il velo che la copriva”.
Era lui Hil, era lui il marito di Eleonor” sbottai quasi in lacrime.
Sì, l'uomo che ha costretto me e mia madre a una vita d'inferno” confermò con astio.
Quasi mi vergognai di non aver ancora riflettuto su questo aspetto della questione, troppo presa da me stessa e dai miei problemi.

Hilbert... mi dispiace” sussurrai posandogli una mano sulla spalla.
Non importa - replicò stringendomela un solo istante – quel che è stato è stato e il futuro è tutto da scrivere, ma questo cambia decisamente le cose e il mio coinvolgimento personale in tutta la faccenda. A questo punto il buon Triskell può vantare il primo alleato col cervello e io devo riconoscergli di aver avuto la vista lunga e almeno un po' di ironia”.
Lo guardai perplessa per il suo improvviso cambiamento di tono e umore.

Non trovi ci sia dell'ironico nell'averti prescelto per la guerra contro nostro padre? - mi chiese con il solito sorriso sornione – Albert credeva di aver previsto tutto, ma considerata la sua reazione, direi che gli era sfuggito qualcosa di grosso. Vedremo come se la caverà adesso”.
Parlammo ancora a lungo su ciò che doveva essere fatto e di quello che era già accaduto, non mi ero mai sentita tanto vicina a lui come in quel momento. Ci chiedemmo cosa avremmo dovuto dire a Eleonor e come avrebbe potuto reagire, ancora debilitata dalla malattia. Trascorremmo così quasi tutta la notte.
Alle prime luci dell'alba, una guardia trafelata bussò tre volte alla porta.

Messer Hilbert, lady Isotta è qui con voi?” chiese l'uomo.
Sono qui - risposi aprendogli – cosa succede?”
È Albert – quasi balbettò – voglio dire Lord Albert”
Il futuro re Albert” precisò mio fratello, tra l'astioso e il divertito.
No, intendo dire sì, lui. È alle porte della città e sta scatenando un pandemonio urlando che vuol parlare con voi. Lord Ilmeth si sta precipitando là e mi ha ordinato di avvertivi” concluse riprendendo fiato.
Guardai Hilbert, quasi a cercare una risposta alle domande che mi si componevano in testa.

Ottimo Silen - esclamò lui soddisfatto, battendomi una mano sulla schiena – Andiamo a sentire cosa ha da dirci. Si prospetta una mattinata interessante”.
Faticavo a comprendere il suo ottimismo, ma dovevo ammettere di trovarlo rassicurante.


Perché sei qua?” domandai ad Albert con voce aspra e sprezzante, non appena me lo trovai davanti, imponente e sicuro, ma meno spocchioso e arrogante del solito.
Per parlarti - rispose lui - La nostra conversazione non può finire così”.
Quella conversazione è già terminata, non te ne sei accorto?”.
Perché quegli idioti ti hanno lasciata andare, dannazione. Avrebbero dovuto trattenerti!” mi interruppe con foga.
Con la forza? È così che credevi di potermi parlare? Obbligandomi a restare?” incalzai.
No di certo – sbottò sorprendendomi – avevo ordinato loro di non toccarti e di non operare su di te alcuna magia. Ma avrebbero dovuto trattenerti”.
Rimasi un istante a fissarlo perplessa e stordita dalla sua carica vitale travolgente, che nulla pareva poter fermare, da quella sua attitudine per la quale non vi era niente di impossibile e tutto doveva essere fatto, in un modo o nell'altro.

Dimentica quello che ti ho detto – dissi poi – dimentica tutto, come hai sempre fatto, non hai alcun motivo per ripensarvi adesso”.
Non ho mai dimenticato, come puoi dirlo? Tu non sai, tu non puoi sapere quale sia stato il mio dolore. Io vi ho visto morire, vi ho visto bruciati vivi e non ho potuto impedirlo, non ho potuto fare altro che cercare una vendetta tardiva che non mi ha portato alcuna consolazione. Non ho mai dimenticato, nemmeno per un istante” rispose, il suo tono si era fatto improvvisamente più pacato, la sua espressione pensierosa.
Io non so nulla, e non voglio sapere. Tu hai deciso che così fosse, tu hai scelto per tutti, per te, per Eleonor, per Hilbert e per me. Cosa sai tu dei pensieri che hanno angosciato noi, in questi anni? Della solitudine di Eleonor, o del dolore di Hilbert? Cosa sai tu di un ragazzo che ha dovuto crescere troppo in fretta, e badare a sua madre in una terra avara di tutto, fuorché di pericoli? E cosa sai di tu degli occhi di Eleonor, quando mi ha visto, ed ha cercato di spiegarmi perché non mi era stata vicina in questi anni, e della sofferenza atroce che le distruggeva lo spirito mentre mi parlava, mentre vedeva i miei occhi estranei e sconosciuti? Dovrei esserti grata per ciò che hai fatto, e lo sarei, se si trattasse soltanto di me. Ti ringrazierei per avermi abbandonata, per avermi dato la possibilità di vivere accanto a mio padre Peter anni meravigliosi. Non posso però, per Eleonor, per Hilbert, e per ciò che ci hai fatto in questi ultimi mesi. Vattene via, io non voglio vederti, non voglio vederti mai più, se non sul campo della battaglia che stai scatenando. Lì ci vedremo, lì ci incontreremo di nuovo e forse sarà l’ultima volta” dissi mentre le lacrime che avrei voluto trattenere mi rigavano il volto.
Tu non capisci, dannazione! - gridò Albert - Tu non vuoi capire”
Abbiamo capito tutto, invece” interloquì improvvisamente Hilbert.
Beh, per lo meno io” precisò poi accennando una delle solite smorfie.
Albert lo fissò con meraviglia.

Tu...” balbettò.
Sì, sì – lo interruppe mio fratello, roteando svogliatamente la mano – sono Hilbert. Risparmiamoci altre scene da ritrovamento, per favore. Io e Silen siamo venuti qua perché pensavamo che tu avessi qualcosa di interessante da dirci”.
Figlio mio!” esclamò invece Albert con voce rotta dall'emozione, improvvisamente e contro ogni logica.
Non ti sembra vagamente tardi per atteggiarti a padre amorevole?” rispose lui con tranquillità.
Allora Albert cadde in ginocchio, i lunghi capelli biondi coprivano il suo volto nascondendone l'espressione per attimi che mi parvero interminabili.

Non c'è perdono per il dolore che ti ho arrecato” cominciò.
Effettivamente ne dubito, ma non si può mai sapere. Hai qualche proposta interessante per noi?” lo interruppe.
Faticavo a comprendere se la sua domanda celasse ironia o verità.
Albert si rialzò.

Vi credevo morti. Credevo di non poter rivedere più i miei adorati figli. Credevo di non avere più un erede per il regno che costruirò... perché questo è ciò che tu sei, figlio mio, il principe delle Valli” disse con voce solenne.
Una carriera luminosa e subitanea – rispose mio fratello – Stando così le cose, potremmo quasi cominciare a discuterne”.
Non c'è niente da discutere. Io sarò re, tu principe e lei principessa delle Valli” riprese indicandomi.
Mentre Ilmeth ci guardava con espressione confusa e preoccupata e Hilbert rispondeva

Ti ripeto. Così potremmo discuterne”
fu come se improvvisamente un'emozione non mia mi penetrasse il cuore e lo spirito: qualcosa di glaciale, ambiguo, distante. Non ne compresi esattamente il senso, ma ebbi la sensazione che ciò derivasse dai pensieri di mio fratello. Come se i nostri pensieri e le nostre emozioni si stessero compenetrando. Ciò che avvertivo provenire da lui, tuttavia, era assai più complesso e contorto di ciò che stava mostrando con le sue parole secche e quasi divertite.
Lo guardai incerta, non ne ebbi in risposta che un vago indistinto sorriso.


In quel momento un leggero fumo verdastro si levò davanti ai nostri occhi, fino ad allora assorti da altro. Le figure di Groosh e Kaathreena si composero improvvisamente a pochi passi da noi.
Per gli abissi, Albert! Non credi di abusare della mia pazienza portando qui i tuoi scagnozzi? Se ho tollerato fin'ora le tue assurdità è stato solo per il rispetto di un codice d'onore di cui a te non pare importi molto” esclamò Ilmeth, più che mai turbato dal susseguirsi improvviso degli avvenimenti.
Albert non lo ascoltò neppure. Si voltò invece verso il mezzorco e la donna urlando

Cosa diavolo fate qua? - la possente figura di Groosh parve quasi rimpicciolire sotto al peso delle sue parole – vi avevo ordinato chiaramente di rimanere al campo! Non vi basta il danno che avete già procurato?”.
Albert! - esclamò Kaathreena piena di apprensione e ansia – noi eravamo preoccupati per te”.
I suoi occhi tradivano assai più di quanto le sue parole non ammettessero, Albert continuava a fissarli e l'espressione pareva essersi caricata d'odio, come se in qualche modo egli avesse riversato sui suoi compagni colpe che macchiavano lui, e lui solo.
Quell'immagine mi esasperò ulteriormente.

Adesso basta! - gridai – perché non te ne vai? Perché non ve ne andate tutti? Tu, Albert, stai farneticando se credi davvero che potrei seguirti nella tua follia, quanto alle vostre faccende personali, alle gelosie della tua donna e quanto ne consegue, non ci riguardano affatto”.
Allora parve riscuotersi dalla rabbia che si era improvvisamente impossessata di lui, come se la mia voce fosse stata sufficiente a distoglierlo da quel sentimento così forte.

Non riguardano neanche me – sentenziò – quello che mi riguarda siete voi due, i miei figli perduti che ora ho ritrovato”.
La gelosia è donna – esordì Hilbert – al massimo potrebbe riguardare la mamma”.
Eleonor” sussurrò con voce profonda.
Dovrebbero essercene altre?” chiese mio fratello con stupore.
Vidi Kathreena impallidire, le gambe parvero cederle e si sostenne alla spalla di Groosh.

Non esiste nessun altra” dichiarò.
Ma capitano non... ” cominciò Groosh prima di essere zittito dal grido perentorio di Albert che gli intimava silenzio.
Dove si trova?” chiese poi a noi con più dolcezza.
Non ti riguarda affatto” risposi.
Perché no? - domandò mio fratello – è sempre sua moglie, in fondo. Ti accompagno”.
Ancora una volta quella strana sensazione mi prese, non riuscivo a capire quali emozioni provasse Hilbert e forse fu per questo che tacqui.

Non puoi entrare in città. Siamo in guerra. Non costringermi a intervenire con l'esercito” intervenne Ilmeth.
Tu, schifoso bigotto, se non mi farai passare lo rimpiangerai per l'eternità. Non permetterò a nessuno di frapporsi tra me e la mia famiglia” rispose Albert, avvicinandosi rabbioso al governatore.
Vuoi combattere? - chiesi quasi rasserenata estraendo Speranza – non aspetto altro. Fa' un altro passo e i miei desideri saranno esauditi”.
Le mie parole non sortirono tuttavia l'effetto che immaginavo. La sua ira fremente si distese in un largo sorriso.

Ah – sospirò – sei impulsiva proprio come tua madre”. Poi mi abbracciò lasciandomi impietrita ed esterrefatta. Quasi la spada mi scivolò tra le mani davanti a quel gesto privo di senso e di qualunque logica.

Oh, ecco il condottiero invincibile - boffonchiò Hilbert mentre un'esplosione di disgusto e soddisfazione mi investiva – sia lode a Triskell per la sua lungimiranza”.
La famiglia è quasi riunita” esclamò poi felice e soddisfatto.
Proprio così – riprese Albert – faremo come vuole Silen, allora. Aspetto voi ed Eleonor al nostro campo. Quando volete, ma non fatemi attendere troppo” poi si rivolse a Kaathreena e le impartì un solo ordine
Riportami là”

Quando scomparvero dalla nostra vista, ci guardammo tutti sbigottiti e sconvolti.
Avete qualche spiegazione da darmi” disse Ilmeth.
Annuii preoccupata.

Oh, è molto semplice. Ieri sera Albert ha mandato la sua donna, o ex donna, insomma, a chiamare mia sorella perché voleva parlarle di suo padre. Di Peter Greenwood, intendo – spiegò Hilbert – Lei, impulsiva come nostra madre, ha accettato l'invito, ma durante la conversazione ha dimostrato un po' di sagacia e ha intuito che Albert è niente di meno che il nostro padre perduto, il quale, a quanto pare, ci credeva morti”.
Per quale motivo non mi avete detto nulla? Ho dovuto scoprirlo in questo modo assurdo” esclamò il governatore.
Se permettete – proseguì mio fratello – per quanto Silen rispetti la vostra autorità assai più di me, ha ritenuto di doverne prima parlare con il sottoscritto, che è leggermente più coinvolto di voi nella faccenda”.
Vi siete... anzi, ti sei mostrato possibilista nei confronti delle sue proposte!” proruppe.
Io sono possibilista di natura, figuriamoci riguardo a una vita da re. Ma non preoccupatevi, è altrettanto vero che dimentico raramente. Molto raramente” concluse.
Iilmeth dovette come me trovarsi a valutare quelle parole, soppesandole e tentando di attribuire loro il significato più corretto.

Quando raccontai a Edward e ad Arwon ciò che era accaduto e quello che avevo scoperto mi rimproverarono per aver accettato l'invito di Albert.
É stata una sciocchezza – disse Ed accorato – avrebbe potuto essere molto pericoloso” poi mi abbracciò.
Non importa affatto chi è tuo padre, Isy. Quell'uomo è solo uno sconosciuto per te, e per quanto questa scoperta possa averti sconvolto non cambierà assolutamente nulla”.
Tentai di sorridere e annuii.

Mi sembra una grossa assurdità – precisò mio fratello tendenzialmente disgustato da quelle manifestazioni d'affetto – è ovvio che qualcosa cambia. Non fosse altro il fatto che adesso mia sorella lo odia molto di più”.
E tu? - chiese Arwon – tu non lo odi più di prima?”.
Questi sono affari miei. Dubito che potreste comprendere quello che mi passa per la testa” boffonchiò irritato da quell'intromissione.
Arwon ridacchiò.

Piuttosto, Silen, dovremmo parlarne con nostra madre” riprese Hilbert.
Non sono sicura che dirglielo sia una buona idea” ribattei.
Ma dovremmo farlo per forza se vogliamo portarla al campo” disse ancora lui.
Vuoi davvero andarci?” chiesi turbata.
Certamente” rispose con ovvietà.
Beh, vuoi o non vuoi vincere questa guerra, liberare Essembra, salvare le Valli e bla bla bla, issando il glorioso vessillo dell'ironico Triskell?” domandò.
Annuii.

Spero per le vostre intelligenze che vi rendiate tutti conto della fortuna che ci è capitata. È ovvio che voglio andare al campo: voglio andarci e capire che intenzioni ha Albert. Per quanto mi riguarda, è del tutto indifferente chi regna sulle Valli, uno o l'altro mi cambia poco. Ma il fatto che questo specifico futuro re si sia costruito il suo futuro di gloria alle mie spalle, se permettete, mi infastidisce lievemente. Quindi lasciatemi fare. Prima capisco, prima elaboro un piano”.
Il tono di Hilbert era sicuro e tranquillo, dette così le cose sembravano davvero ovvie come lui aveva detto.
Non ci restava che parlarne con Eleonor. Poi mi guardai l'anello al dito. E con Jerkie, ovviamente.

Spazio autori:

un altro capitolo di rivelazioni. Presto si entrerà nel vivo dell'azione e ci sarà decisamente più movimento! Siamo felicissimi che la figura di Groosh stia piacendo! Ci teniamo un sacco!
Ringraziamo tutti quelli che ci seguono e ci leggono, in particolare:

Cabol:sì, in effetti stiamo finendo in un vortice di parentele che ci avvicina molto ai migliori episodi di Beautiful! Promettiamo però che Ridge non arriverà! Ti ringraziamo per le tue preziosissime e graditissime recensioni!

Shark Attack: ci dispiace ma non siamo riusciti ad aggiornare in tempo prima della tua partenza! Ti aspettiamo a Settembre allora, sperando di aver postato nuovi capitoli! Per quanto riguarda lo stile, cerchiamo sempre di mantenerlo uniforme, anche se a volte, scrivendo in due, può essere più difficile. Per quanto riguarda la trama... ci sno ancora tante sorprese e rivelazioni. Vedrai!

Valerie_Laichettes: tranquilla, i super cattivoni stanno per arrivare! Anche se saranno sempre figure molto particolari! Ti ringraziamo per aver trovato il tempo di leggerci! In effetti, povera Isy, è un po' mal presa, ma saprà cavarsela!

Un grazie poi anche a tutti quelli che hanno iniziato a leggere la nostra lunga storia dall'inizio e specialmente a Ebony e La_Ari che hanno anche recensito!

Un bacio a tutti! A presto!

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Capitolo 23
*** Una creatura dai tempi antichi ***


Una creatura dei tempi antichi

Una creatura dai tempi antichi


Quando raccontai a Jerkie l’accaduto, ebbi la sensazione che improvvisamente fosse diventato davvero reale.
Forse fu per via del fatto che lui conosceva così bene mio padre Peter, o semplicemente per quella prima risposta che mi diede

Ora capisco”.
Era vero.
Mio padre aveva conosciuto Albert quando ancora portava il nome di Julian Esyscoll, poi si era innamorato di sua moglie Eleonor. Aveva taciuto quel sentimento con tutti e aveva continuato la sua vita e i suoi viaggi tra i mondi. Dopo aver incontrato Jerkie, per un certo periodo e per motivi sconosciuti, aveva ripreso l'avventura con Julian, ormai diventato Albert, ma aveva cominciato a discutere con lui quando aveva intuito la sua intenzione di abbandonare Eleonor e i suoi figli. Poi se n'era andato.
Per un certo periodo, probabilmente di nascosto da tutti, aveva continuato a frequentare Eleonor e l'aveva aiutata come poteva, finché lei non aveva deciso di abbandonarmi e lui non mi aveva preso con sé, tornandosene definitivamente nel suo mondo.
Questa fu la ricostruzione che mi propose Jerkie, poi mi fissò e mi disse

So che sei sconvolta da quello che hai scoperto. Ma credimi, per quanto la realtà possa essere scioccante o terribile, è comunque preferibile all'ignoranza”.
Così, improvvisamente, anch'io capii molte cose.
Mi fu chiaro il motivo per cui avevo rivelato ad Albert la verità, per esempio. Fino a quel momento avevo creduto di aver sbagliato, di aver commesso uno sciocco errore dettato dallo sconvolgimento che avevo provato. Poi Hilbert mi aveva proposto una soluzione utilitaristica, illustrandomi il vantaggio di averlo messo a parte dei fatti. Adesso mi rendevo conto che non avrebbe avuto alcun senso tacergli la verità, poiché la sua reazione, per quanto assurda, immotivata e illogica, era comunque parte dei fatti, di ciò che lui era e forse, in parte, persino di ciò che era stato. Niente avrebbe cambiato la realtà.

Sai Isy – aggiunse – forse qualcuno potrebbe dirti che la realtà è solo quella che noi rendiamo tale, e che dunque se tu non avessi saputo di Albert, se tutti aveste continuato a ignorare, avresti potuto vivere come se ciò non fosse vero. Non posso dire che sia irragionevole. Per quanto mi riguarda, tuttavia, la realtà esiste a prescindere dalle nostre percezioni e dai nostri desideri, e io preferisco esserne a conoscenza nella maniera più obiettiva possibile, perché solo così posso prendere decisioni veramente coscienti e razionali”.
Sorrisi.

Non devi aver timore di ciò che accadrà” disse poi e tacque un istante.
Sono parole assurde, pronunciate dalla bocca di un assassino – proseguì accarezzandomi il volto – ma io sono accanto a te, per proteggerti, e lo farò fino alla fine. Fino a quando non ti avrò riportata a casa, tra le braccia di Peter. Isotta, io ti vedo e mi sento nascere di nuovo. Rivivo l'incontro con tuo padre e la salvezza che lui mi ha offerto, capisco, e finalmente depongo l'odio che ho coltivato dentro per tutti questi anni. La rabbia. Il rancore. Tutto ciò che ha avvelenato la mia vita. È bastato un nome, il tuo nome udito a un processo” si fermò di nuovo.
Non è vero. Sto mentendo. È la possibilità che tu mi hai offerto, tu e i tuoi amici, nonostante ciò che sono e ciò che ho fatto. È il tuo sguardo che si posa su di me senza sospetto, senza paura, pur sapendo chi sono. È la fiducia che mi stai offrendo, proprio come allora me la offrì Peter” parlò con un filo di voce che mi penetrò nel cuore, profonda come un coltello.

Hilbert entrò nella mia stanza senza bussare, come gli era abitudine.
Ben arrivato Jerkie” salutò allegramente.
Ti trovo di ottimo umore” gli rispose.
Non dovrei forse? - ribatté sorridendo – ho appena scoperto di essere figlio di un re! E di un re pazzo, per giunta”.
Non capisco se la notizia ti rallegri veramente” obiettai.
Vuoi scherzare, sorellina? È ovvio che mi rallegra - rispose – oh, so che tu non capisci. Per te è tutto o bianco o nero, mentre per me esistono milioni di sfumature. Ma nostro padre è un re! O lo sarà quantomeno. E noi siamo in guerra contro di lui”.
Continuo a non capire dove si trovi la buona notizia” sbottai cominciando a spazientirmi.
Tuo fratello pensa a molte possibilità, Isotta. E in ogni strada che percorre vi vede sempre una fine positiva” interloquì pacatamente Jerkie.
Siamo di opinioni differenti allora – proseguì allibita – non pensi a Eleonor?”
Sì, questo è un problema in effetti, e dovremo affrontarlo. Ma non è da escludersi che anche lei vi vedrà del buono. E dovresti vedercelo anche tu. Le sorti di una guerra già persa si sono improvvisamente ribaltate, Silen, questo non ti rende almeno un po' allegra? Dopotutto era la tua battaglia assai più di quanto non fosse la mia”.
Beh, non dico che la vittoria sia nostra. C'è ancora molto lavoro da fare, ma siamo sulla strada buona. Dobbiamo solo... - riprese, interropendosi poi a riflettere – dobbiamo solo scoprire qualcosa di più sull'amabile padre. Arrivare preparati all'incontro, diciamo”.
Preparati a cosa?” chiesi sempre più sorpresa.
A fotterlo” rispose sorridente.
Mi portai una mano alla testa. Mio fratello era una sorpresa senza fine.

Hilbert ha ragione – disse Jerkie – se sei ancora dell'idea di combattere questa guerra...”.
Lo sono” lo interruppi.
Allora dovrete prepararvi. Accumulare informazioni. Conoscere il vostro nemico” proseguì.
Bene Jerkie, vedo che ci capiamo – disse Hilbert – allora, facendo il punto, direi che abbiamo due preziose fonti di informazioni: nostra madre e te”.
Ne stai dimenticando una, Hilbert” rispose lui.
Di chi stiamo parlando?” chiesi.
Di una persona che sa molto di lui e che l'ha già affrontato in passato. Della sola persona che io conosca che abbia saputo affrontarlo, in effetti” proseguì.
Stiamo giocando agli indovinelli, Jerkie? Potrebbe essere divertente, ma...” cominciò mio fratello, interropendosi improvvisamente e allargando la bocca in un largo sorriso.
Stai pensando di portare qui Peter Greenwood!” esclamò poi improvvisamente.
Mio padre?” balbettai.
Affrontare Albert non sarà uno scherzo, Isotta. Proverà a portarvi dalla sua parte, e se non ci riuscirà... non ho la minima idea di quello che succederebbe. È un uomo totalmente imprevedibile. Adesso avete un vantaggio, ma potrebbe decidere di assediare Essembra domani, o stanotte persino. E non è solo. Al suo fianco cammina uno dei guerrieri più potenti che il Sidhe abbia mai conosciuto, un uomo disposto ad eseguire qualunque ordine pur di compiacere il suo signore” rispose Jerkie strappandomi una smorfia di disgusto.
E poi ci sono i non morti - riprese dopo un attimo di silenzio – non sappiamo chi li comanda, ma sappiamo che non può essere Albert. Non possiede tali poteri. È un uomo di spada e non pratica l'arte”.
La chierica?” suggerì Hilbert con poca convinzione.
No – rispose – l'Ombra non concede tali poteri. Si tratta di una magia ancora più oscura, di una magia di morte. Solo alcune creature la governano”.
I Necromanti? Non credevo esistessero davvero” disse mio fratello quasi distrattamente.
Sono assai rari, giovane Hilbert, ma esistono, e la loro presenza è foriera di disgrazia più di quella di chiunque altro. Sono esseri che hanno votato la propria esistenza a carpire i segreti della morte, essi conoscono ciò che accade quando l'ultimo respiro viene esalato e sanno piegare la volontà di ogni creatura”.
Mentre parlava, la sua voce si fece cupa e profonda. Un brivido percorse l'aria intorno a noi.

Tu credi che tuo padre sia ancora in grado di combattere?” mi chiese mio fratello rompendo la tensione che si era creata nella stanza.
Esitai un istante, richiamando alla memoria l'uomo che mi aveva insegnato a schermare, a cavalcare, a nuotare, a scalare e fare qualunque altra cosa fossi adesso in grado di fare. Richiamai alla memoria i suoi occhi verdi, il suo volto stanco, la sua espressione troppo spesso assente e, soprattutto, le storie che mi narrava quando ero bambina. Mi chiesi cosa mai avrebbe potuto fare trovandosi di fronte Albert Esiscoll e il mio volto si lasciò sfuggire un sorriso pensando a tutto ciò che mi aveva nascosto.

Puoi esserne sicuro” risposi poi.

Partimmo la mattina successiva, protetti dalla più genuina inconsapevolezza.
Non sapevamo, nessuno di noi, che quel viaggio avrebbe cambiato ogni cosa, e ciò sarebbe stato per sempre.
Camminavamo rassicurati dalla presenza di Jerkie che, sapevo bene perché potevo leggerlo nei suoi occhi, tranquillizzava persino mio fratello. Ormai avevo smesso persino di interrogarmi sull'ironia della sorte: se chi ci faceva questo effetto era stato uno dei più letali assassini del Sidhe non aveva importanza, la sola cosa importante era che lui
camminasse con noi, adesso, e che il nostro viaggio ci stesse conducendo da mio padre.
Essembra sbiadì lentamente alle nostre spalle, come sabbia che scorre nella clessidra e per un attimo avvertii nel petto un dolore lieve, ma profondo. Le verdeggianti pianure che circondavano la città erano uno spettacolo meraviglioso, trafitte dai primi raggi del sole.
Sapevamo che in un paio d’ore di marcia avremmo potuto scorgere in lontananza i fuochi del campo di Albert, lo sapevamo e aspettavamo. Quando le colonne di fumo si levarono all’orizzonte Hilbert sorrise

Che festeggi fin che può” scandì con la solita allegria.
Quando scese la sera eravamo già lontani dal mondo che conoscevamo.
Jerkie aveva previsto di raggiungere la Stella di Fanathir il quinto giorno. Era la Stella un crocevia di fate e folletti, il più potente che si fosse mai conosciuto nel Sidhe e il solo che consentisse un passaggio perenne nel Mondo Altro; nessuno ne conosceva l’esatta locazione, poiché viveva tra il mondo del Sidhe e il Mondo Altro, tra la realtà dei due mondi e qualcosa che realtà non era, né di qua, né di là, vi era perciò un solo modo per raggiungerlo: una bussola magica, incantata dagli gnomi molti secoli or sono, e la benevolenza del popolo basso.
Senza di essa, ci disse Jerkie, neppure la bussola avrebbe potuto aiutarci. Avevamo dunque rifiutato qualunque trasporto magico perché fate e folletti ci avrebbero accolto con più simpatia se avessimo portato addosso l’odore dei boschi e della terra bagnata.

Il primo giorno di viaggio volò via senza lasciarci addosso alcun segno.

Fu poco dopo il tramonto del secondo giorno che Jerkie si fermò.
Qualcosa non va” sussurrò.
Ci stanno osservando, non è vero?” bisbigliò Hilbert di rimando.
Jerkie annuì, Arwon portò la mano alla spada.

Non ti servirà a nulla” lo schernì una voce fredda e sottile, poco distante.
Un brivido di gelo e paura ci penetrò la pelle e le ossa, ed esterrefatti e increduli osservammo le tre creature comparse improvvisamente davanti a noi.
La loro pelle era bianca come la neve, d'un pallore innaturale e malato, i loro occhi rossi come una fiamma ardente. I capelli corvini scendevano sulle spalle a incorniciare tre volti aguzzi e taglienti, belli d'una bellezza oscena.
Si assomigliavano tra loro, ma colui che aveva parlato troneggiava nel mezzo, potente e crudele.
Due immonde ali incorniciavano la sua figura demoniaca.
Questo è ciò che vedremo” rispose Arwon.
Al mio fianco Speranza scintillò d'una luce calda e confortante.

I due ragazzi: vivi – ordinò lui ruggendo – con gli altri pasteggeremo più tardi”.
Almeno siamo fuori dal menù” commentò mio fratello scrollando le spalle.
Jerkie li fissava in silenzio.
Non aveva ancora allungato la mano a brandire il suo piccolo stocco.

Io sono Ezequiel – tuonò quindi la creatura più grossa - ricordate il mio nome, ridicoli umani, perché è l'ultimo che sentirete”.
Hilbert sbuffò.

Ma quanta teatralità” boffonchiò tra sé.
Ho udito raccontare di te e delle tue gesta - scandì Jerkie, inclinando lievemente il capo – lascia dunque che anch’io mi presenti, poiché suppongo che anche voi abbiate udito il mio nome prima. Sono Jerkie della Valle perduta e sarò il tuo avversario, Ezequiel della Runa infuocata”.
Il vampiro lo guardò impassibile, ma il tono della sua voce tradì la sorpresa che lo aveva travolto nell’udire il suo nome.

Sono una creatura del buio e del profondo, e vengo da tempi antichi. Pensi di potermi affrontare da solo, per quanto sia grande la fama che ti accompagna? – insinuò – Non so cosa tu faccia con questi ragazzi, ma lasciare il campo è la sola cosa saggia che potresti fare”.
Eppure ho udito narrare di qualcuno che ti ha sconfitto” gli rispose.
Il volto dei nostri nemici, allora, si distorse in un ghigno rabbioso. Ezequiel ruggì ed estraendo l’enorme falchion che pendeva al suo fianco, gli si scagliò addosso furente, imitato dalle due creature che lo accompagnavano.

Mi occuperò di lui – mi sussurrò Jerkie – ma vattene se il combattimento dovesse volgere a suo vantaggio”, quindi saettò nell'aria, leggero come una farfalla, evitando i loro fendenti; Arwon si lanciò su di loro intercettandone i colpi.
In quel momento avvertii nella mia mente un sussurro lieve e seppi che Speranza mi stava chiamando, la impugnai e avanzai verso i nemici. Il combattimento avvampò furioso come una fiamma assetata di distruzione. L'aria vibrava al clangore delle spade, che cozzavano le une contro le altre senza sosta. Mi lasciai guidare dal solo istinto, mentre ogni azione accelerava in un turbinoso vortice si parate, schivate, affondi. Mentre combattevo volgevo l’occhio a cercare i miei compagni: Jerkie era impegnato a schivare i potenti colpi di Ezequiel, Arwon si stava misurando con l’altro vampiro, mentre non v’era più alcuna traccia di mio fratello. Poi qualcosa mi sconvolse e mi terrorizzò. Fu la visione di Edward, completamente immobile, le mani giunte e gli occhi socchiusi, assente a tutto quello che gli stava accadendo intorno. Provai a chiamarlo, ma le sue labbra vibravano mosse da sconosciute parole. Anche il vampiro che mi affrontava si rese conto della situazione e, approfittando della mia distrazione, si mosse rapido verso di lui, scansandomi con un pericoloso fendente. Gridai per avvertirlo con quanto fiato avevo in gola, inseguendo disperatamente il nemico, senza speranza di raggiungerlo in tempo. Improvvisamente il simbolo sacro di Edward illuminò la notte, investendo il buio con un fulgido raggio di splendente luce turchese, che colpì in pieno il vampiro e lo polverizzò in un istante. Un urlo, il suo urlo di dolore, esplose nell'aria con tale intensità da mozzarmi il respiro e da bloccare ogni altra azione. Ed crollò svenuto al suolo. I nostri avversari parvero come noi tutti travolti dallo stupore. Solo Jerkie sembrò mantenere il controllo di sé e, con sovrannaturale rapidità, lanciò tre coltelli che colpirono in pieno petto il vampiro che combatteva contro Arwon, poi gli gridò di colpirlo alla testa.
E fu rapido il giovane ranger a reciderla incrociando le spade all'altezza del collo.

Sei rimasto solo ora” disse poi l'assassino al vampiro demoniaco.
Potrei bastare lo stesso per voi pezzenti - rispose sprezzante, ma riponendo il falchion – Quello scontro è stato segnato del caso, non dalla sua superiorità. Ma per oggi basta così. Ci sarà tempo. Tempo per tutto – sentenziò - anche per noi due” concluse gettandomi un'occhiata lasciva e perversa, prima di svanire dalla nostra vista.
Ce la siamo vista brutta!” commentò Arwon, strappandomi un sorriso che subito si tramutò in una smorfia di preoccupazione vedendo le molte ferite che aveva riportato.
Non preoccuparti, sto bene” mi rassicurò ancora prima che potessi parlare. “Edward piuttosto”
È solo svenuto - ci tranquillizzò Jerkie, sul cui braccio destro si apriva una larga ferita a cui lui sembrava non dare alcun peso - si riprenderà in fretta. È stato attraversato da un potere ancora troppo grande per lui da gestire”.
Poi la voce di mio fratello ci interruppe

Troppo fervido nella fede il ragazzo”.
Dove diavolo eri finito?” gli gridai contro, accecata dalla rabbia e ancora scossa dall’adrenalina del combattimento.
Mi sono distratto a vedere la vegetazione. Quella è una rara rosa...” rispose sorridendo.
Avremmo potuto morire e tu non hai fatto nulla per aiutarci” ribadii.
Non avevo alcun dubbio che ve la sareste cavata. E infatti così è andata. Cattivoni sconfitti e nessun danno per noi.” mi rispose pacato e stupito che non ci arrivassi da sola.
Mentre cercavo invano le parole adatte a rispondergli, Arwon mi chiamò per avvertirmi del risveglio di Edward.


La sera, accoccolati intorno al fuoco, il combattimento e la paura provata parevano solo un ricordo distante e irreale. Le ferite sembravano esserne le uniche, solitarie testimoni.
Torneranno - disse poi Jerkie con voce sommessa, come se temesse di rompere quell’incanto – e dovremo essere pronti”.
Oh, già. A quanto pare qualcun’altro, oltre al caro papà, tiene molto alla nostra compagnia” chiosò Hilbert, poi, ai nostri sguardi interrogativi, proseguì spazientito come sempre
Ovviamente non l’avrete notato, ma questo Ezequies o come si chiama, non aveva idea della presenza di Jerkie tra noi. Ne deduco che non sia venuto qui per ordine del dolce genitore”.
Forse non lo abbiamo notato perché eravamo troppo impegnati a combattere, cosa che a quanto pare non ha coinvolto te” risposi.
Già. Beh, qualcuno deve pur continuare a pensare, non credi? - ribatté tranquillamente –e, a proposito Jerkie, perché non ci dici chi ha sconfitto Ezequiet, prima di oggi” aggiunse poi.
Vosg’na – mi intromisi quasi senza volerlo – è stato lui, non è vero?”.
Uno scontro che molti bardi hanno narrato, mia piccola Isotta” annuì Jerkie.
Non disse altro. Le parole e i ricordi rimasero ad aleggiare nell’aria fino a quando non ci colse il sonno.

angolo autori:

Eccoci di nuovo tornati! Ci scusiamo con tutti quanti per l'enorme ritardo! Ci faremo perdonare entrando nel cuore della storia...i prossimi capitoli saranno estremamente ricchi da ogni punto di vista. Come sempre ringraziamo di cuore tutti quelli che ci seguono, recensiscono e preferiscono. I nostri personaggi abbiamo piacere che diventino anche i vostri e ci riempie di gioia vedere che vi piace quello che stiamo scrivendo e creando.

Un grazie di cuore a tutti quanti!

a presto!






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Capitolo 24
*** L'Ombra, l'Infero e l'Aracnide ***


 

L’aria era fredda, nonostante la stagione. Il tempo era cambiato improvvisamente, senza darne alcuna avvisaglia.

Camminavamo senza parlare più di quello che era accaduto il giorno prima. Solo Edward, di tanto in tanto, tornava sull’argomento mostrando tutta la sua sorpresa per ciò che aveva fatto.

“E’ stato per proteggerti” disse passandosi una mano sulla testa, con aria imbarazzata. Ripensai ai ragazzi che avevo avuto nella mia vita normale, a Kyle che avevo lasciato senza dargli la possibilità di un chiarimento, a tutti quelli che mi avevano corteggiato e a quelli che avevo corteggiato io. Mi sembrava incredibile, adesso, anche solo aver pensato di provare per loro qualcosa di vero; adesso che c’era quest’uomo, così fragile e forte nello stesso tempo, così distante da qualunque cosa avrei potuto immaginare prima. Era forse lo stesso tipo di pensieri che poteva aver attraversato la mente di mio padre quando aveva conosciuto Eleonor, e lo stesso tipo che gli aveva impedito, una volta tornato a casa, di innamorarsi di nuovo.

Finalmente riuscivo a capirlo. Dopo tanto tempo e dopo tanti sforzi, in un istante, riuscivo alla fine a capire mio padre e provavo un vago senso di paura all’idea di poter seguire la sua strada.

“Che succederà quando dovrò tornare a casa?” chiesi a Edward improvvisamente. Le parole mi sfuggirono dalla bocca senza che riuscissi a controllarle. Mi guardò con dolcezza.

“Hai intenzione di tornare?” chiese.

“C’è mio padre là” risposi.

“E non è lui che stiamo andando a cercare, per portarlo con noi?” domandò ancora.

Annuii.

“Ma cosa accadrà poi?”.

“Non so cosa accadrà, Isy. Ma se tu volessi, potrei seguirti in cima al mondo, quindi non preoccupartene adesso” disse sorridendo.

 

Il quarto giorno di cammino, come Jerkie aveva previsto, la bussola cominciò ad indicarci la strada con maggiore precisione. Il quinto giorno ci rivelò che eravamo vicini. Poco dopo, si spalancò davanti ai nostri occhi una radura fiorita attraversata da un fiume cristallino.

“Non era poi così difficile da trovare” esordì Hilbert.

“Perché la bussola ci ha condotto bene, amico mio. Credimi, se essa non ci avesse indicato il cammino non avremmo mai potuto giungere fino a qui” rispose.

“Cosa dobbiamo fare, adesso?” chiese Arwon.

“Scenderemo sotto al fiume e affronteremo quello che ci si parerà davanti” continuò Jerkie.

“Detto così, sembra avere un suono piuttosto inquietante” arguì Hilbert.

“Deve averlo, in effetti. I crocevia dei folletti, normalmente, sono preceduti da strade pericolose e non sappiamo cosa potrebbe aspettarci là” rispose.

“Non importa. Di qualunque cosa si tratti, possiamo farcela!” esclamò Arwon.

Hilbert lo guardò storcendo la bocca.

"A onor del vero, anche questo ha un suono piuttosto inquietante" lasciò scivolare nell'aria prima di rimettersi in marcia.

 

Il fiume, che scorreva velocemente, non trasportava con sé né i sassi né i fili d'erba, al contrario sembrava accarezzarli con dolcezza, quasi intimorito all'idea di infastidirli. Intorno a una roccia più lucente delle altre, quasi fosse stata fatta d'argento vivo, si inarcava in un'ansa e lì, improvvisamente, si calmava, come se dormisse. Nello stesso punto saltavano dalla superficie quieta piccoli pesci dorati. L'acqua si colorava dei loro bagliori.

"È lì che dobbiamo scendere" disse Jerkie.

"Scendere? - chiede Edward - non vedo scale o discese".

"È normale, non preoccuparti - interloquì Hilbert - nessuno si aspetta che i tuoi occhi da prete distinguano la strada che parte al di là del naso".

"Sei un idiota" gli rispose, ma mio fratello si era già immerso nelle acque delle fiume e aveva cominciato lentamente a sparire davanti a noi.

Lo seguimmo senza dire altro. Ci si aprì davanti una strada argentea e irreale.

"Come lo sapevi?" domandai.

"Diciamo che il tuo fidanzato non è il solo che riserva sorprese - rispose strizzando l'occhio - e che la realtà sta cominciando a farmisi più chiara davanti, al di là delle illusioni che la nascondono".

"Oh, non preoccuparti Hilbert. Tu sei una sorpresa continua e nessuno può batterti in questo" sottolineai.

 

Davanti a noi si stagliava una grande porta dorata. Su di essa brillava uno strano simbolo: due mani, dotate ciascuna soltanto di tre dita, si intrecciavano tra di loro.

"Sapete di cosa si tratta?" chiesi.

"Non ne ho idea - rispose Jerkie - ma suppongo che non sarà facile aprirla".

"Solo perché è completamente priva di qualunque cosa possa somigliare a una serratura? Andiamo Jerkie, non ti facevo così pessimista" ridacchiò mio fratello.

"Non per quello, Hilbert. Non è la mancanza di una serratura a rendere una porta difficile da aprire. Sono le protezioni magiche che la circondano e le centinaia di trappole che ci sono state costruite sopra" rispose mentre le osservava con attenzione, lasciando scorrere le mani a pochi millimetri dalla sua superficie, senza sfiorarla.

"Proseguiamo - aggiunse - chissà che la strada non ci riveli qualcosa di utile"

Avanzammo per qualche minuto fino a quando Jerkie non si fermò di scatto. Prima che potessimo chiedergli qualcosa disse

"Un passaggio segreto".

Si avvicinò alla parete rocciosa e la toccò con i palmi aperti. Poco dopo una piccola porta si aprì davanti ai nostri occhi increduli.

"Bravo Jerkie! - esclamò mio fratello - ci sai fare direi". La strada, tuttavia, si interruppe improvvisamente dopo una lieve curva, costringendoci a tornare indietro e a riprendere la via maestra.

"Che senso può mai avere un passaggio segreto che conduce su un muro?" chiesi. Nessuno ripose. Incontrammo altri sei passaggi di quel tipo, in cui quello schema si ripeteva costantemente. Dopo circa mezz'ora, tuttavia, la strada principale ci ricondusse davanti alla porta.

"Un gioco interessante" arguì Hilbert.

"Un gioco?" chiesi.

"Un gioco di cui dobbiamo trovare la soluzione" ripeté Jerkie.

"Non sono mai stato troppo bravo in questo genere di cose - proseguì - tuo padre era il genio in questo. Gli bastava poco per risolvere anche le sciarade più difficili".

"Credete davvero che si tratti di una sciarada?" chiesi.

"Di qualcosa del genere. È probabile che si tratti dell'anticamera di qualche mago. Scelgono i crocevia dei folletti perché sono difficili da trovare e hanno protezioni magiche naturali, poi ve ne costruiscono altre a ulteriore difesa. I folletti li lasciano fare, a condizione che non utilizzino la loro magia per danneggiare la natura, perché ne hanno il loro vantaggio. Sono ulteriormente protetti e traggono forza dalla magia che li circonda".

"E mio padre era esperto in questo genere di cose?" domandai.

"Oh Isotta, tuo padre si faceva beffe dell'intelligenza dei maghi ed era amato dai folletti di ogni crocevia. Credo che li abbia attraversati quasi tutti. Albert lo adorava per questo, anche se non l'avrebbe mai ammesso. Lui non è il tipo di persona che può farsi amici i folletti, né certamente possiede la pazienza necessaria per risolvere indovinelli... Piuttosto avrebbe cercato di sfondare la porta, in una situazione come questa" rispose, perdendosi quasi nei suoi pensieri.

"È la prima volta che ti sento parlare di Albert con simpatia" disse Hilbert, senza la malizia che accompagnava di solito le sue parole.

"È stato un periodo fantastico, quello in cui eravamo tutti insieme" disse senza guardarci.

Ripercorremmo la strada diverse volte.

Alla fine Hilbert disse

"Dovremmo disegnare il percorso. Sono sicuro che sia qui la chiave di tutto".

"Non abbiamo pergamene ne inchiostro" rispose Edward.

"Ma io ho una penna, e credo anche qualche foglietto" sorrisi divertita.

"Anche Peter li portava sempre con sé" disse Jerkie.

"Il Mondo Altro riserva deliziose sorprese" esclamò mio fratello prendendomele di mano.

Quando, dopo l'ennesimo giro, terminò la sua mappa, un sorrisetto ironico gli si dipinse sul volto un po' stanco

"A quanto pare il nostro amico è un amante dei ragni" rivelò.

Osservammo lo schema che aveva tracciato e che rappresentava, fuori da ogni possibile dubbio, un enorme ragno: la strada principale ne disegnava il corpo tondeggiante, i piccoli se tiri aperti da Jerkie ne tracciavano le sei zampe.

"Come puoi aiutarci saperlo?" chiese Arwon.

"Ora ricordo! - esclamò Edward - avevo visto quel simbolo da qualche parte, e adesso ricordo dove".

"In un antico libro sull'Ombra. Non è più utilizzato da secoli, forse da millenni. Si riferisce al tempo in cui l'Ombra e i demoni strinsero la loro alleanza" proseguì.

"Un momento assai buio per questo mondo" commentò Jerkie.

"Non più dei precedenti, o dei successivi, direi. Tutto è nero quando ci sono di mezzo gli dei - aggiunse mio fratello- come si concluse quella storia? Forse potrebbe aiutarci e, come avrete intuito, io non sono esattamente un esperto di religioni".

"L'alleanza si ruppe quando i demoni manifestarono la loro volontà di invadere il Sidhe. Non era ciò che interessava all'Ombra. Un mondo di violenza non è il luogo dove essa avrebbe potuto tessere i suoi inganni e i suoi malefici sotterfugi. Vi fu un breve periodo di lotta e poi tutto tornò come prima, l'Ombra a vomitare inganni e i demoni e generare violenza- spiegò Ed - non so dirvi di più. Non ne viene fatto che qualche accenno, durante gli studi. È considerato una parentesi chiusa da tempo e priva di conseguenze reali".

"A parte il nostro caso diretto, ovviamente. Ma non mi aspetto che gli insegnamenti di un prete possano avere una qualunque utilità pratica, naturalmente" disse Hilbert distrattamente.

"E forse questa volta sbagli - intervenne Jerkie - ricordi la parola con cui fu sigillata l'alleanza, Edward?".

"Credi che possa servire?" chiesi.

"Immagino di sì" rispose.

"È la lingua antica - disse Edward - 'l'Ombra e l'Infero generarono l'osceno aracnide senza tempo' ". Poi pronunciò oscure parole di morte.

In quel momento la porta si aprì, rivelando un'enorme stanza rotonda, troppo buia per vedere qualunque cosa al suo interno.

"Procediamo con cautela. Diffido dei maghi e ancora più di chiunque abbia connessioni con l'Ombra" sussurrò Jerkie.

"Come la giovane amante del caro papà. Credi che le due cose siano connesse?" chiese Hilbert.

"Non lo so, ma non mi sento affatto tranquillo" rispose.

Un odore nauseabondo, un suono stridulo e gracchiante e due occhi gialli e biliosi confermarono le sue supposizioni.

"Questo tipo è veramente ossessionato dai sei zampe!" sibilò Hilbert infastidito.

Al mio fianco Speranza brillò, Jerkie estrasse lo stocco, Arwon lasciò sibilare nell'aria le sue due spade. Poi una zampata possente tagliò l'aria davanti a noi e udimmo il rumore metallico delle armi che si infrangevano sulla nera armatura della bestia.

Quando, pochi istanti dopo, Edward generò una luce magica, scorsi intorno a noi i corpi decomposti di quelli che ci avevano preceduto, divorati in parte da quella creatura e in parte lasciati marcire al tempo.

In fondo alla stanza si stagliava una grossa apertura. Qualche istante dopo un rumore sordo e uno scricchiolio ci avvertirono che qualcos'altro stava accadendo. Un muro di pietra spesso e solido aveva cominciato a scendere per serrarla.

La bestia ci sovrastava e si muoveva con una velocità che la sua mole non avrebbe lasciato immaginare, impedendoci di oltrepassarla.

"È furiosa!" gridò Arwon.

"Nemmeno io sarei troppo cordiale se avessi quell'aspetto e quell'odore" rispose Hilbert mentre ansimante correva ai lati della stanza.

"Non riusciremo mai a passare senza affrontarla" dissi.

"Andate avanti - esclamò Jerkie roteando lo stocco - penserò a lei e poi vi raggiungerò".

"Come, se la porta si sarà chiusa? Non scambiarmi per un sentimentale, Jerkie, ma preferisco non continuare senza di te" rispose.

"Allora dovremmo fare in fretta" arguì. Mentre in una mano stringeva lo stocco, estrasse con l'altra un pugnale. Come già in passato, ce ne accorgemmo quando lo vedemmo volare nell'aria, per conficcarsi nell'occhio del ragno. Il grido inumano e atroce della creatura si sparse nell'aria come un'entità concreta e tangibile, mentre lei si agitava furiosamente dimenandosi su se stessa.

Poi corremmo con tutta la forza che avevamo, scivolando nel poco spazio che rimaneva tra il muro e il pavimento.

 

Il mondo che si aprì davanti a noi quando la porta si chiuse aveva i colori lievi e delicati della primavera. L'odore terribile dei corpi morti era scomparso, sostituito dal profumo di fiori e erba. Nonostante fossimo sottoterra, un vento gradevole ci soffiava tra i capelli sudati.

Ci sentimmo improvvisamente rinfrescati e tranquilli.

"Una passeggiata" esclamò allegramente Hilbert.

Lo guardammo attoniti.

"E' stato una passeggiata, tutto sommato" precisò.

"Arwon aveva ragione a dire che non ci sarebbe stato niente da temere" aggiunse assestandogli una pacca sulla spalla.

"Non gioire troppo presto, Hilbert - intervenne Jerkie - temo che il nostro viaggio non sia ancora finito".

Rimanemmo immobile a fissare il prodigio che avevamo davanti.

 

 


Nota autrice.

Dopo una lunga assenza, sono tornata. E' stato difficile e lo sarà ancora, ma tengo troppo a questo progetto per abbandonarlo. Lo continuo con un po' di malinconia, ma lo continuo. Un abbraccio a tutti quelli che hanno aspettato!


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