Sweet Loving Hate

di Iamthelizardqueen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prima parte ***
Capitolo 2: *** Seconda parte ***



Capitolo 1
*** Prima parte ***


Sweet Loving Hate

Di IamtheLizardQueen
Tradotta da ^Sophie^ in esclusiva per il sito EFP

NdA : Oh, mi fa molto piacere essere tornata! Questo è uno sciocco piccolo racconto basato sulla prima stagione AR (per AR si intende Alternate Reality, NdT) che ho scritto di recente mentre ero in aereo. Ho deciso che per questa volta avevo scritto abbastanza scene drammatiche, ho provato qualcosa di un po’ più nuovo. Tenete conto che ero su un aereo e più fuori di testa del solito. E se la differenza di età tra Usagi e Mamoru vi crea qualche fastidio, fate come me: fate finta che sia tutto solo un grande stereotipo. Oh, Sailor Moon non mi appartiene (davvero? Sì, davvero, è la verità, lo giuro!) Buona lettura!

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Usagi stava vivendo una notevole buona giornata. Era arrivata a scuola in orario, e non importa se per farlo si era precipitata attraverso la porta proprio quando la campanella suonava - ciò sottolinea il fatto che era arrivata in tempo. Aveva superato eccellentemente… ehm, bè… ah, aveva passato il compito di matematica, cosa che le aveva fatto immensamente piacere. Inoltre quello era giorno di paghetta e lei, quella mattina, aveva ricevuto la sua. Niente punizioni, una sala giochi che richiedeva la sua presenza, soldi e nessun senso di colpa. Sì, dopotutto, era proprio una bella giornata.

“Ciao, testolina buffa” disse una voce. Ho parlato troppo presto, pensò Usagi, un’occhiata di disapprovazione attraverso i suoi lineamenti. Se qualcuno poteva rovinare la sua giornata perfetta, quello era Mamoru. L’egocentrico, arrogante, cretino Mamoru Chiba, che si considerava un esperto in tutto - incluso tutto quello che c’era di sbagliato in Usagi.

“Che cosa vuoi?” chiese sospettosamente Usagi.

“Solo farti sapere che ero qui, per darti la possibilità di evitare di piombarmi addosso. Sono un po’ stanco di essere vittima della tua goffaggine” affermò Mamoru. Non poté però resistere dal sorridere in modo compiaciuto. “Sebbene, forse non farebbe alcuna differenza vedere come tu ti butti contro di me di proposito.”

La faccia di Usagi divenne rossa, la collera appena trattenuta. Pestando il piede a terra disse tagliente: “Hai perduto la memoria? Io, venire addosso a te volontariamente? Ah!”

“Dunque… non sarebbe la prima volta che una ragazza si sia infatuata di me. Quindi, dimmi testolina buffa, ho ragione?” Mamoru non infastidiva tutti. Usagi, infatti, era la sola persona con cui parlava quotidianamente, se si considerava ‘conversazioni’ i loro incontri sopra i toni. Lei aveva qualcosa che lo faceva reagire istintivamente. Lui era particolarmente fiero di questo nuovo modo di tormentare - era abbastanza efficace. Si aspettò la sua esplosione da un momento all’altro.

“Tu hai completamente ragione, Mamoru, come al solito” disse Usagi dolcemente, sbattendo le ciglia. L’espressione arrogante di Mamoru sbiadì nell’incredulità e poi nella preoccupazione. “Io ti vengo addosso ogni giorno di proposito.” Il cuore di Mamoru cominciò a battere a intermittenza. La poco impercettibile insinuazione di Usagi ebbe un sorprendente effetto sulle sue emozioni. Usagi vide il cambiamento nell’espressione di Mamoru e comprese che era ora di far scattare la trappola. “Ti venivo addosso sperando che tu avessi la decenza di cadere e morire! Uno di questi giorni, ti colpirò nel punto giusto e forse sarò abbastanza fortunata da vederti uscire fuori della mia vita per sempre! Ora, spostati cretino, ho cose importanti da fare” esclamò trionfalmente Usagi sorpassandolo. Fece due passi, inciampò nelle sue gambe ‘troppo lunghe all’apparenza’ e cadde.

Mamoru si riscosse rapidamente dal suo deluso stupore e rise.

“Qualsiasi cosa tu dica Usagi, crederò solo a quello che voglio credere e tu credi pure a quello che vuoi credere.”

“Arg!” strillò Usagi per il fastidio. Non arrischiò uno sguardo indietro mentre si allontanava da Mamoru. Questi la guardò allontanarsi precipitosamente, prima di girarsi e incamminarsi nella direzione opposta. Che ragazza, pensò Mamoru. La marmocchia viziata non sapeva quanto fosse stata brava e tutto quel potenziale sprecato… Forse se avesse avuto un po’ di incoraggiamento? disse una vocina compassionevole nella sua testa. “Quello di cui ha bisogno è un buon calcio nel didietro” affermò Mamoru ad alta voce. Due anziane signore che passavano di lì trasalirono alle sue parole e lo fissarono come se fosse pazzo. Tu sei pazzo, diventi tutto contento quando pensi che Usagi sia innamorata di te e allo stesso tempo maledicendo il fatto che lei esista. Mamoru decise di andare a casa; era tutto accaldato e seccato a causa della discussione - non sapendo dove altro andare.

Sebbene Usagi non l’avrebbe mai ammesso con nessuno, inclusa se stessa, apprezzava totalmente le sue litigate con Mamoru. L’alterco di quel giorno non aveva avuto eccezione. Amava il fatto di poter scaricare tutte le sue frustrazioni, senza pensarci. Anche quando discuteva con Rei, c’era in lei una parte che si sentiva in colpa e che pensava al fatto che ‘Sailor Moon’ non avrebbe agito in tal modo contro una sua compagna. Ma con Mamoru era diverso, dopo tutto lui non avrebbe potuto avere una opinione più bassa di quella che già aveva su di lei se lei ci provava e, inoltre, non le interessava cosa lui pensasse di lei. L’unico inconveniente alle discussioni era tutta l’energia che aveva quando finivano. Si sentiva sempre così vitale, così speciale e carica in seguito e non sapeva mai abbastanza cosa fare con quel sentimento. Quel giorno il gioco di Sailor V sarebbe stato il fruitore della sua super-condizione.

* * *

“Usagi! Me lo hai promesso su una pila di manga che saresti andata a correre questa mattina, se ti avessi fatto saltare gli allenamenti ieri. Ora alzati!” urlò Luna alla sua protetta, la mattina successiva. Quando Luna non ottenne nuovamente risposta, non ebbe altra scelta che affondare le unghie nel piede di Usagi, che spuntava opportunamente fuori dalle coperte.

“Ouch!” strillò Usagi, facendo un piccolo balzo.

“Finalmente. Ora, vai a correre come avevi detto che avresti fatto. Immagina come ti sentiresti se una delle guerriere fosse colpita a causa della tua mancanza di preparazione” disse Luna con la sua voce altezzosa, che a Usagi risultava sempre particolarmente fastidiosa quando la sentiva prima delle 9 di sabato mattina.

“Andrò a correre, ma perché ci devo andare così presto? Non otterrò gli stessi risultati se vado, diciamo, verso mezzogiorno?”

“Se non ti do fastidio adesso, troverai qualche scusa dopo. Ora alzati o userò la mia zampa sinistra” dichiarò Luna, abbassando la voce drammaticamente. Gli occhi di Usagi si spalancarono per la paura. Luna aveva un’unghia molto lunga e molto affilata nella zampa sinistra Usagi non aveva fretta di conoscerla.

“Okay, okay, sto andando. Shh!” disse Usagi scivolando fuori dal letto. Indossò i vestiti che usava per correre: pantaloncini neri che le fasciavano le gambe toniche, top nero che enfatizzava lo stomaco piatto e il seno sorprendentemente abbondante e felpa grigia che portava slacciata a meno che non fosse freddo. Con i capelli legati nei suoi tradizionali buffi codini, uscì fuori di casa e cominciò a correre con un modesto ritmo in direzione del parco. Nonostante tutte le sue lamentele, le piaceva quasi correre. Era una delle poche cose dell’addestramento che sapeva fare bene e di solito lo poteva fare da sola - era un sollievo non avere il fiato di Luna sul collo per un momento.

L’aria era frizzante ma pulita e Usagi sospirò lievemente, appagata. Allungando il passo entrò nel parco e si diresse verso il lago. Era così concentrata nei suoi pensieri che non notò la presenza di un altro corridore nel parco.

Mamoru aveva da lungo tempo scoperto il piacere di fare una corsa mattutina. (NdA: io stessa non ho mai scoperto questo tipo di gioia. Preferisco il tipico piacere che prevede una ‘tazza fumante di caffè e i cartoni del sabato mattina’. ) Di solito lo faceva sentire in pace con se stesso e quando si viveva un tipo di vita come il suo, la serenità era sempre difficile da raggiungere. Ecco perché fu così contrariato nel vedere Usagi giungere da un sentiero che si univa al suo. Sapeva che era infantile ma gli sembrava come se il parco fosse suo e non avrebbe mai creduto che lei fosse il tipo che faceva jogging. Poi considerando quello che lei mangiava in una giornata-tipo, doveva esercitarsi molto per mantenere quella forma… Quella flessuosa, tonica e totalmente deliziosa figura. L’umore di Mamoru si rabbuiò. Da quando aveva sviluppato tali pensieri su una sciocca, seccante mocciosa viziata come Usagi? Forse perché era senza ragazza da troppo tempo… Beh, non c’era niente da fare: avrebbe dovuto infastidirla. Se il suo giorno era stato rovinato, allora lui si sarebbe maledettamente assicurato che anche quello di lei lo fosse.

“Testolina buffa. Questa è una sorpresa, finalmente sei riuscita a capire quale piede va prima dell’altro?”

“Ci avrei scommesso che non sarei riuscita ad avere un giorno di pace. Cosa vuoi, idiota?”

“Rivoglio il mio parco. È ovvio che tu non sia mai venuta a correre qui prima d’ora.”

“Cosa diavolo te lo fa credere?”

“Beh… voglio dire, basta guardarti. Sarei pronto a scommettere che tu non abbia praticato questa parte dell’allenamento per un po’ di tempo.”

Usagi abbassò brevemente lo sguardo, la sua scarsa fiducia in se stessa la tradì. Nel momento in cui i suoi occhi abbandonarono il sentiero, incespicò e arrossì. NON aveva bisogno di questo tipo fastidio. Aumentò il passo. Per la prima volta in vita sua, fu estremamente contenta delle sue capacità come Sailor Moon; sapeva che avrebbe potuto facilmente distanziare Mamoru e probabilmente anche batterlo in una gara.

Mamoru rise quando lei inciampò e nel momento in cui lei aumentò la velocità, lui la imitò. Il fatto che corresse quasi quotidianamente, sia come in quel momento che nei panni di Tuxedo Kamen, gli fu di grande aiuto. Nonostante il suo dispetto, lei poteva distanziarlo.

“Odio smentirti, ma a meno che tu non sia il sovrano di tutta la Terra, allora questo parco non ti appartiene. Ora sparisci dalla mia vista prima che ti faccia causa per molestia.” Usagi stava ancora bruciando per i suoi insulti e aumentò di nuovo il passo. Va via, pregò Usagi nella sua testa. Se lui avesse continuato, lei molto presto sarebbe scattata e allora Mamoru sarebbe stato vittima della collera di una guerriera Sailor.

Mamoru rimase impressionato quando lei cominciò a correre più forte. Lui la raggiunse, ma stavano tenendo un ritmo molto più veloce di quello che era solito tenere nelle sue corse. Lui non voleva (non poteva) darle la soddisfazione di andare più veloce di lui.

“Molestia? Scusami, ma credo che tu sia l’unica a dar fastidio.”

“Sì… bene e come lo chiami questo? O è normale per te inseguire fanciulle innocenti nel parco e insultarle? Dimmi, sei un idiota dalla nascita o è qualcosa che ti hanno insegnato i tuoi genitori?”

Mamoru vide rosso: nessuno osava menzionare la sua famiglia, non se sapevano cosa era meglio per loro.

“E i tuoi genitori, quanto tempo ci metteranno per ripudiarti vergognandosi per la tua imbarazzante immaturità, il tuo incredibile egocentrismo e la tua assoluta stupidità?” sibilò Mamoru.

Fortunatamente Usagi era già molto arrabbiata sennò avrebbe potuto arrendersi e strillare. Invece, ribatté usando un linguaggio che lei pensava non avrebbe mai usato verso un altro essere umano. Ma dopotutto, ragionò, Mamoru non era umano: era una stupida macchina parlante che camminava.

“Taci, coglione, se non sai cosa è meglio per te. E non rivolgermi MAI più la parola.” Detto ciò, cominciò a correre velocemente, sperando di mettere una certa distanza tra lei e Mamoru e dalle cose che lui aveva detto.

Mamoru fu sorpreso di sentirla imprecare, doveva aver colpito un punto delicato. Ne fu contento, lei se lo meritava. Con un po’ di fatica, la raggiunse di nuovo. Questa volta non le disse niente, corse solamente al suo fianco per un momento prima di accelerare di nuovo e sorpassarla.

Usagi non voleva essere da meno. Lo raggiunse e la gara ebbe inizio. Le due persone più cocciute che esistevano sulla faccia della Terra stavano correndo fianco a fianco, a una velocità che non tutti sarebbero capaci di mantenere, ognuno tentava di superare l’altro. Era una questione di orgoglio, era uno scontro di volontà ed era un esercizio di… stupidità. Usagi aveva la sensazione che presto sarebbe svenuta, ma questo l’avrebbe fermata? Certamente no. Stava sudando e i battiti del cuore le martellavano nelle orecchie, ma si rifiutò di lasciar vincere Mamoru. Sarebbe morta piuttosto che lasciargli quella soddisfazione. Doveva solo pregare che non le venisse un colpo.

Mamoru lanciò un’occhiata furtiva alla sua ‘partner’ di corsa, sperando che lei mostrasse qualche segno di cedimento. Lei stava respirando affannosamente, come lui, ma sul volto era stampato uno sguardo determinato che lui era abituato a vedere solo sul volto di una certa guerriera vestita alla marinaretta. Usagi non sembrava avere la minima intenzione di mollare e una parte di lui rimase affascinata dalla resistenza che lei stava dimostrando, mentre lui era vicino alla spossatezza. Un’altra parte di lui era esasperata. Perché non mollava? Lui aveva già corso il doppio del percorso che era solito fare e tre volte più veloce e in qualche modo sapeva già che la colpa era tutta di lei. Avrebbe solo dovuto mollare, ma lui sarebbe morto piuttosto che lasciare che la regina dei goffi lo superasse. Regina dei goffi? Questo mi fa venire in mente un’idea, pensò Mamoru. Certo, non era molto sportivo, ma se lui non avesse fatto qualcosa per fermare quella folle gara, avrebbero entrambi rischiato di essere colpiti da un attacco cardiaco. Così le diede una spallata. Usagi gli lanciò un’occhiata adirata mentre usciva brevemente fuori dal sentiero, ma vi ritornò e lo spinse. Mamoru incespicò, la riprese di nuovo e la spinse un po’ più forte. Si trovavano sulla cima di una collina, sull’altro lato del sentiero c’era un dolce pendio erboso e questa volta quando Usagi fu spinta, in qualche modo i suoi piedi si ingarbugliarono tra loro. Sapendo dalle numerose esperienze passate che stava per cadere si aggrappò al braccio di Mamoru, determinata a farlo cadere insieme a lei.

Se Usagi era sul punto di ridere, lo avrebbe sicuramente fatto alla vista dell’espressione di Mamoru mentre cadeva insieme a lei per terra. Non dovevano essersi fatti niente - se non altro per il fatto che erano su un pendio e che avevano avuto un forte slancio nel momento della caduta. Cominciarono a rotolare sempre più veloci, fino a che, raggiunto il basso, si fermarono bruscamente e Mamoru si ritrovò sopra. Le loro teste cozzarono tra loro con un rumoroso tonfo. Per un momento furono troppo confusi per fare qualsiasi cosa tranne che fare profondi respiri e cercare di prevenire lo stordimento. Poi ripresero la litigata.

“Guarda cosa hai fatto! Tu sei la ragazza più fastidiosa, priva di tatto e influenzabile che abbia mai conosciuto!”

“Non posso credere che tu stia incolpando me per questo! E non riesco a credere che tu mi abbia spinta! Eccomi, mi stavo godendo un sabato mattina perfettamente normale, quando ti presenti tu, come uno di quei folli sergenti addestratori dell’esercito, e poi, quando tu non ce la fai più, mi spingi! È incredibile. E guarda la mia testa! Avrò di sicuro un orribile bernoccolo enorme dopo aver sbattuto contro la tua testa dura. Tu sei veramente il più grande leccapiedi che io abbia mai incontrato, e nella mia vita ho conosciuto parecchie cose strane. Non so cosa…” continuò Usagi con i suoi forti e urlanti vaneggiamenti che alla fine Mamoru dovette smorzare o rischiava che il suo udito rimanesse danneggiato per sempre.

“Non stai mai zitta?” le gridò Mamoru. Usagi continuò a parlare.

“Eccoti costringermi a terra e non chiedermi neanche se sto bene. Potrei avere delle ossa rotte o una commozione cerebrale, lo sai… e… ehi, ma tu non vuoi diventare dottore o cosa?”

Mamoru riuscì a pensare ad una sola maniera per fermare la sua tirata, ma anche se si accinse a metterla in pratica, una parte di lui si stava meravigliando delle sue motivazioni. Stava agendo totalmente spinto dall’istinto e questo non era il modo in cui era solito prendere decisioni, ma ciò non lo fermò.

La baciò. Non incontrò i suoi occhi, né le chiese il permesso. Focalizzò solamente la sua attenzione sulle sue labbra e fermò il loro movimento con la pressione della sua bocca. Usagi era così scioccata che perse completamente il filo dei suoi pensieri. Forse era a causa della loro discussione e della corsa, ma lei improvvisamente si sentì viva anche se il suo non era più sangue ma adrenalina pura e lei ricambiò il suo bacio. Lui era il nemico, ma in qualche modo stava tentando di auto-convincersi che il Mamoru che lei conosceva e il Mamoru il cui corpo e le cui labbra erano premute contro di lei fossero due entità separate. Ciò significava che era giusto far scorrere le sue dita fra i capelli di lui e lasciarlo far scivolare le mani lungo il suo corpo.

Senza dubbio è la mancanza prolungata di una ragazza. Voglio dire, questa è Usagi, la ragazza che riesco a malapena a sopportare? E allora che importa se lei è vestita succintamente, se i suoi seni premono contro di me ad ogni respiro profondo e se ogni centimetro della sua pelle scoperta è tonica e lucida di sudore? Aspetta, dove sto andando con questi pensieri? Ah, a chi diavolo interessa? Mamoru la baciò rudemente, come se tentasse di dividere con lei un po’ della sua frustrazione che stava provando e cercò di farsi strada con la lingua nella sua bocca. Se avesse avuto qualche illusione che quello significava qualcosa più di una semplice attrazione fisica, questa svanì nel momento in cui le loro lingue si incontrarono. Lei lo mordicchiò poco gentilmente e lui premette così duramente dentro la sua bocca che non ci fu alcuna possibilità per le labbra di lei di non rimanere contuse. Quando la sua mano sfiorò la sua vita, non provò alcun rimorso a stringerla un po’ più strettamente, proprio come lei non provò alcuna colpa nel dargli pugni sulla spalla quando lui accidentalmente fece pressione sui suoi capelli.

“Ehi, ragazzi! Questo è un parco pubblico per le famiglie. Non potete fare quel tipo di cose qui!” urlò un oltraggiato genitore dal sentiero. Mamoru e Usagi si separarono, fissando prima l’uomo poi l’un l’altra. L’improvvisa consapevolezza di ciò che era accaduto tra loro fece impallidire Usagi e corrugare di disgusto la faccia di Mamoru.

“Togliti di dosso, porco!” scattò Usagi, spingendo via Mamoru e alzandosi in piedi. Mamoru strofinò una mano sulle labbra, come se all’improvviso quel sapore fosse disgustoso. Desiderò che ciò fosse vero, ma i suoi occhi erano già corsi a cercare le labbra tumide di lei, volendola baciare di nuovo.

Usagi stava cercando di fingere di non aver freddo ora che era lontana dalle braccia di Mamoru. Si agitò quando lui la fissò senza dire nulla e decise di andarsene.

“Ci si vede in giro, testolina buffa. E cerca di non gettarti ai miei piedi la prossima volta che ci vediamo, okay?” borbottò Mamoru alla sua figura che si allontanava.

“Come, scusa?” disse Usagi furiosa. “Tu mi hai baciata e non viceversa. In realtà dovresti imparare a tenere sotto controllo i tuoi ormoni, capito?”

Prima che Mamoru potesse replicare, Usagi se ne andò, correndo il più veloce possibile. Dentro di lei si sentiva come una gelatina tremolante e sebbene avrebbe dovuto sentirsi completamente spossata dopo quella maratona, trovò comunque abbastanza energia per tornare a casa senza rallentare. Luna era ancora rannicchiata sul letto di Usagi. Si stiracchiò quando Usagi entrò.

“Deve essere stata una lunga corsa, Usagi. Forse stai imparando a prendere le cose più seriamente, sono orgogliosa di te.”

Usagi dovette mordersi il labbro per non ridere. Si domandò quanto orgogliosa sarebbe stata Luna se avesse saputo che stava quasi per fare l’amore con Mamoru in un luogo pubblico. Entrò nella doccia e cercò di dimenticare l’intera faccenda, ma il segno di una mano sul seno le ricordò che le cose molto probabilmente non sarebbero ma più state le stesse.

* * *

Qualche giorno dopo, alla sala giochi, Mamoru stava lentamente sorbendo il suo caffè e leggendo il giornale. Stava deliberatamente evitando di pensare a Usagi e al fatto che lui l’aveva baciata. Ed era stato lui ad incoraggiare quel bacio, non importa quello che aveva detto a Usagi. Inoltre, lei aveva scelto di ricambiare quel bacio e altri ancora. Dio, poteva ancora sentire come era la sua pelle: tonica e calda al tatto. Mamoru accavallò le gambe bruscamente per prevenire i suoi capricciosi pensieri, quando un turbine biondo sbatté contro di lui, facendogli rovesciare il caffè su tutto il giornale.

“Fa’ attenzione, testolina buffa!” disse aspramente.

“Sei stato tu a rovesciarlo” gli rispose a tono Usagi, girandosi per guardarlo.

“Questo perché tu mi sei appena venuta addosso” spiegò Mamoru arcignamente.

“Allora, scuuuusami” disse Usagi, alzando gli occhi al cielo. Fece per andarsene quando Mamoru le afferrò il polso.

“No, non penso che ti scuserò. Hai rovinato il mio giornale, proprio come hai rovinato la mia corsa l’altra mattina e proprio come rovini tutto ciò che tocchi.”

“Io rovino tutto? Oh, e suppongo che tu sia perfetto? Sai, alcune persone penserebbero che maltrattare una ragazza sia una cosa poco carina da fare.”

“Oh, sta’ zitta! La tua voce sta diventando nociva” le gridò Mamoru. Il suo tono era così alto che tutti, nell’affollata sala giochi, smisero immediatamente di fare quello che stavano facendo per capire che cosa era tutta quella agitazione. In un istante tutto si acquietò così che tutti poterono sentire quando una cannuccia di plastica rotolò sul tavolo e cadde sul pavimento.

Usagi sorrise. “Penso che il nostro pubblico abbia appena appurato che la tua voce è acuta almeno quanto la mia.”

“Ci state ENTRAMBI facendo diventare matti, a me e tutti gli altri! Onestamente, se state per litigare, e credo che sia inevitabile, potreste utilizzare la stanza sul retro. Anche solo per la salvezza del mio locale” disse Motoki, interrompendo la coppia che stava bisticciando.

Usagi e Mamoru si voltarono per guardarlo, i volti arrossati dalla mortificazione.

“Vedi cosa hai fatto? Hai fatto arrabbiare il povero Motoki” lo rimproverò Usagi, incapace (poco propensa a?) di lasciare cadere la discussione.

“Io? Lui è mio amico” rispose Mamoru.

Motoki non li interruppe una seconda volta. Al contrario, condusse i due attaccabrighe su e attraverso la cucina, fino in fondo all’edificio dove c’era una piccola stanza, poco più grande di un ripostiglio, con una pesante porta. Li spinse dentro e chiuse la porta sbattendola. Quando ritornò nella sala giochi, Motoki fu accolto da un amichevole applauso per aver sistemato i due ‘guastafeste’.

Usagi e Mamoru registrarono appena il cambio di stanza. Il litigio continuò.

“Avrei pensato fosse impossibile venir sbattuti fuori da una sala giochi, ma… Congratulazioni, ci sei riuscita” disse Mamoru sarcasticamente.

“Sta zitto, Mamoru, anche tu sei qui. Infatti è tutta colpa tua” gridò Usagi facendo un passo verso di lui. Stava respirando affannosamente e si sentiva accaldata ed eccitata. Quella stava per diventare una delle migliori litigate che loro avessero mai avuto. La migliore? Non intendeva la peggiore? Vero, gli insulti erano stati rapidi e pesanti, ma anche se dava sfogo alla sua rabbia, una parte di lei stava usando quell’energia trasformandola in qualcos’altro. Qualcosa simile alla passione… cominciò a perdere il filo del discorso quando certi altri elementi acquisirono importanza. Ad esempio come gli occhi scuri di Mamoru si fossero fatti più scuri e profondi e come fossero vicine le sue labbra quando lui si chinò in avanti per urlarle in faccia. O come il costante scorrere delle sue dite fra i suoi capelli meravigliosi e soffici lo facessero apparire sensualmente scarmigliato.

“Sei egoista. Sei golosa” continuò Mamoru, mentre la mente di Usagi vagava.

“Scusa, cosa hai detto?” domandò educatamente Usagi.

Mamoru la guardò fissamente, incredulo. “Incredibile, la tua concentrazione non riesce nemmeno a coprire l’arco di una intera discussione!”

“Beh… è solo colpa tua. Tu sei troppo dannatamente attraente!” gridò frustrata Usagi, mentre l’avversione e l’autocontrollo lasciavano il posto al desiderio sfrenato. Mamoru ebbe solo un momento per registrare il suo commento prima che Usagi gli si avventasse addosso. Le braccia di lei circondarono il suo collo con fare esperto, le sue labbra coprirono il grugnito di sorpresa, unica immediata risposta di Mamoru a quella situazione. Caddero sul pavimento per la forza dello slancio di Usagi.

Mamoru pensò di essere arrabbiato per l’incerimoniosa discesa sul pavimento, ma la caduta aveva sollevato graziosamente la gonna già corta di Usagi, così decise di trarre il meglio da quella situazione. (NdA: che vita difficile, la sua! ) Le loro lingue lottarono con più forza di quella che probabilmente era necessaria, affondando e mordicchiando con tutta l’energia che il litigio aveva fomentato. La mano di Usagi si fece strada sotto la sua camicia e si spostò avanti e indietro, passando da una carezza delicata all’affondare le sue unghie nella sua pelle. Lui non le piaceva, ricordò a se stessa, ma doveva ammettere che le piaceva come lui la faceva sentire dentro. Era chiaro che lei amava odiarlo.

Nella testa di Mamoru, cinque voci diverse stavano discutendo riguardo a quello che avrebbe dovuto fare. La prima voce: lei è tua nemica giurata… liberati di lei e sciacquati la bocca. La seconda voce: sei nel retro di una sala giochi… il posto migliore per qualsiasi cosa tu decida di fare. La terza voce: liberati di lei… tu non hai fatto niente altro che lamentarti di lei da quel giorno al parco. La quarta voce: anche se la odi, non hai alcuna scusante per trattarla in questo modo… la stai praticamente maltrattando. La quinta voce: lei è favolosa, è single ed è consenziente… perché diavolo ci stai ascoltando?

Mamoru (NdA: sorpresa, sorpresa) diede retta all’ultima voce. Le sue mani cominciarono ad accarezzare la pelle morbida delle sue gambe nude e poté sentire i suoi seni premere contro il suo petto, attraverso la camicetta. Le sue mani dovevano essere elettriche: qualsiasi punto in cui lei lo toccava, lui rabbrividiva e si contorceva. Senza sosta, le loro bocche si muovevano insieme in una costante lotta tra supremazia e desiderio. Lui adorava il suo sapore, anche quando odiava quella bocca che di solito gli riversava addosso insulti. Il loro amplesso quasi violento e certamente intenso fu interrotto bruscamente da un bussare alla porta.

Gli occhi di Usagi si spalancarono e corsero a incontrare quelli di Mamoru, le implicazioni della sua situazione le piovvero addosso come un’ondata fredda. E se Motoki fosse entrato direttamente e li avesse visti? Lei non lo avrebbe mai più dimenticato.

“Se il silenzio indica che avete smesso di litigare, adesso, ragazzi potete venire fuori” disse Motoki da dietro la porta.

“Oh, mio Dio, ci scoprirà” mormorò Usagi con veemenza.

“Cosa pensi che stesse per succedere? O eri così disperata di possedermi che ti sei scagliata contro di me senza pensare?” borbottò Mamoru di ritorno, un sorriso compiaciuto ingentilì i suoi lineamenti.

“Disperata? Scagliata?” cercò di capire Usagi incredula. Il pomello della porta tremò prima che Usagi potesse rispondere a tono e si alzò in piedi. Sistemò la camicetta e raddrizzò la gonna proprio prima che Motoki entrasse nella stanza.

“Cosa succede?” domandò Motoki, vedendo Mamoru sul pavimento e Usagi agitata e forse anche un po’ imbarazzata.

“Testolina buffa è una cannonata, letteralmente” disse Mamoru. “Mi domando cosa ci sia che non va in una persona per renderla così violenta.”

“Usagi, è la verità? Lo hai spinto?” chiese Motoki incredulo.

“Ma io… ma lui… è stato…” tentò di difendersi, ma non riuscì a trovare un’altra scusa ragionevole per spiegare perché Mamoru fosse sul pavimento. Guardò Mamoru e anche nella penombra avrebbe potuto dire che lui stava ridendo della sua situazione. “Tu, piccolo bastardo!” urlò per la frustrazione.

“Whoa! Calmati Usagi. È già a terra. Su, Mamoru, lascia che ti aiuti ad alzarti” propose Motoki. Mamoru impallidì, realizzando che non poteva fare avvicinare Motoki o, buio o non buio, l’amico avrebbe notato la… ehm… ‘crescente’ attrazione di Mamoru per Usagi. Questa notò la sua espressione, lanciò una veloce occhiata per confermare i suoi sospetti, prima di sorridere con diabolico divertimento. Con voce vellutata, lei disse: “Oh, io non mi preoccuperei Motoki. Mamoru si ‘alzerà’ un pezzo alla volta.” Usagi rise prima di girare i tacchi e uscire dalla stanza. Mamoru era proprio eccitato.

“Cosa voleva dire?” domandò Motoki, non capendo ancora cosa Usagi volesse dire.

“Come posso supporre di sapere cosa passa nel cervellino di quella sciocca?” disse Mamoru, teso. Soprattutto, Motoki non doveva scoprire che ho quasi fatto l’amore con Usagi per la seconda volta. Lui non ne sarebbe mai venuto a conoscenza.

“Allora vieni?” chiese Motoki, visto che Mamoru non accennava ad alzarsi.

“Tra un minuto. Prima voglio essere sicuro che se ne sia andata.”

“Paura di un nuovo scontro?” si informò Motoki, ridendo al pensiero che qualcuno potesse essere spaventato da un soldo di cacio come Usagi.

“Qualcosa del genere” concordò Mamoru con un sorriso. Tu non hai idea di quanto possa essere pericolosa. Mentre sedeva là, Mamoru cominciò a pianificare il prossimo incontro con Usagi. Doveva essere qualcosa capace di provocare una discussione (che tra loro poteva avere come oggetto anche il nulla) perché quello sembrava essere il catalizzatore e doveva succedere in un posto in cui Usagi fosse l’unica a venire sconfitta. Era consapevole che i suoi piani lo stavano facendo sorridere come un idiota, ma attribuì la reazione alla promessa di vendetta e non all’opportunità di essere di nuovo con Usagi. Lei avrebbe pagato per la dolorosa, sebbene piacevole, posizione in cui si trovava.

* * *

La settimana che trascorse vide Usagi e Mamoru molto più agitati del solito. Tentarono di giustificare le loro recenti azioni in maniera razionale, per scoprire che era piuttosto difficile. Una volta poteva essere liquidata come un semplice errore di giudizio, la seconda implicava che c’era qualcosa un pochino più profondo che li stava avvicinando. E vedendo come Mamoru e Usagi aspettavano la discussione successiva, significava qualcosa, di nuovo. Usagi stava affrontando quella non richiesta attrazione per Mamoru nel suo solito modo: lo ignorava sperando che svanisse. (NdA: questo è il modo che preferisco anch’io per affrontare i problemi!) Mamoru fece tutto quello che poteva per liberarsi del suo eccesso di energia e uscì perfino con una che gli aveva consigliato Motoki. La donna risultò essere bellissima, intelligente e completamente innamorata cotta, ma lui non provò nulla nei suoi confronti. Il calore, la passione, l’eccitazione allo stato puro, che provava quando era con Usagi, semplicemente mancavano. Ahh, Usagi. Stava realizzando che lei, e solo lei, soddisfaceva una parte di lui che aveva a lungo ignorato. Lussuria, Mamoru ammise prontamente, ma forse era qualcosa di più? Simili pensieri mettevano a disagio Mamoru così cercò di ricacciarli nel profondo della sua mente.

Il mattino dopo Usagi si svegliò come di consueto. “Sono in ritardo! Ooh, perché nessuno mi ha svegliato prima?” strillò Usagi, correndo giù per le scale. Afferrò la cartella, il pranzo e mise in bocca un muffin, prima di correre fuori casa e salutare i suoi genitori.

“Dovremmo dirle che è in anticipo di mezz’ora?” chiese suo padre pigramente, riempiendo di nuovo la tazza di caffè.

“Ormai è troppo tardi. Almeno per una volta sarà puntuale, sebbene io non approvi il tuo scherzo, Shingo. Assicurati di mettere l’ora giusta sull’orologio, prima di domani” disse la madre di Usagi, tuttavia i suoi occhi ridenti tradirono il fatto che trovasse lo scherzo divertente.

Usagi guardò per caso l’orologio a metà strada della sua folle corsa e quasi svenne quando lesse l’ora. Comunque, prima che avesse il tempo di confermare che era indubbiamente in anticipo e di rallentare, girò l’angolo e si scontrò con quello che a lei sembrò essere un solido muro di muscoli.

“Ma non ti stanchi mai di venirmi addosso, testolina buffa?”

“E tu non ti stanchi mai di essere colpito? Perché non ti sposti mai dalla mia traiettoria? E il mio nome non è testolina buffa, cretino” disse Usagi, molto offesa.

“Non posso credere che tu ti sia offesa. Sono io la vittima qui e tu ti scusi mai dopo avermi colpito? No, non lo fai. Lo sai, qualcuno dovrebbe davvero insegnarti le buone maniere.”

“Tu mi stai gridando in faccia nel mezzo di una strada pubblica, facendo una scenata. Non penso dovresti essere tu ad ammonirmi sulla mia educazione” affermò Usagi malignamente.

“Arg!” urlò Mamoru, infastidito. Era determinato a vincere almeno una discussione e ci sarebbe riuscito senza il beneficio del pubblico che lo stava guardando con curiosità. Afferrò il suo polso e la spinse rudemente attraverso una vicina siepe. Si ritrovarono in un luogo relativamente isolato: celati alla vista della casa, sulla cui proprietà si trovavano, da una fila di alberi alti, impossibili da vedere dalla strada a causa degli fitti cespugli. “Tu mi vieni addosso tutte le volte, hai qualche idea di quello che mi fai?”

“Suppongo che me lo dirai” disse Usagi, incrociando le braccia al petto e sollevando il mento in aria. Era un modo per apparire fredda e altera, ma in realtà Usagi non voleva guardarlo negli occhi nel caso lei gli fosse saltata addosso di nuovo. Davvero, cosa c’era di sbagliato in lei? Le ragazze normali non si fermavano per amoreggiare con i loro nemici mentre stavano andando a scuola, non è vero?

Gli occhi di Mamoru erano incollati sulla faccia accaldata e sulla piega elegante del collo di Usagi quando sollevò il mento. Poteva praticamente vedere come stava correndo il suo battito, nonostante i suoi tentativi di sembrare calma. Come faceva a sembrare adorabile e innocente un momento e spaventosamente sensuale quello dopo? Stava per perdere un’altra discussione.

“No, non te lo dirò” disse con voce roca. “Te lo mostrerò.”

Prima che Usagi potesse sbattere le palpebre, Mamoru la stava premendo contro di sé; modellando la sua dura figura contro la sua. Usagi emise un sussulto di spavento mentre la bocca di Mamoru coprì la sua in un bacio selvaggio e appassionato. La sua cartella cadde trascurata dalle sue mani, le sue gambe si allacciarono istintivamente attorno ai suoi fianchi quando lui la sollevò, senza sforzo, così che lei potesse proprio sentire quanto lui aveva bisogno di lei. Con fluida grazia, Mamoru cadde sulle ginocchia e con attenzione sistemò Usagi sulla soffice terra prima di piegarsi di nuovo su di lei. “Visto? Questo è quello che succede quando tu mi tocchi. Ogni volta che tu mi vieni addosso, noi litighiamo e io comincio a sentirmi vivo o altro, ma poi tu scappi via e mi lasci tutto… confuso. Poi tutto il giorno, tutto quello che posso fare è pensare a te e chiedermi che cosa di te mi faccia diventare così matto” disse Mamoru senza fiato. Baciò Usagi prima che lei potesse rispondere e il bacio fu rude e sembrò essere al tempo stesso sia una punizione per ogni volta che lei era scappata via, sia un ringraziamento per sbattergli contro. Interruppe il suo assalto per dirigere i suoi baci lungo la mascella e il collo.

“Almeno sai che la tua influenza su di me è forte proprio come per te. Non posso dirti il numero di volte che ho sbattuto contro di te mentre andavo a scuola e le conseguenti punizioni scolastiche che ho preso, perché stavo fantasticando di averti causato qualche dolore. È diventato anche peggio dopo, invece del solito fantasticare sul progettare la tua orribile morte, pensavo a… bè fare quello che stiamo facendo.”

Mamoru alzò la sua testa per guardarla, colpito dal suo commento. Usagi arrossì, come se, avere avuto pensieri su di lui, fosse peggio delle attuali azioni, e ciò fece ridere sommessamente Mamoru.

“Almeno tu non devi gironzolare il resto della giornata con la gente che pensa tu sia una ragazzina arrapata. Penso che Motoki sospetti qualcosa, non ti ho mai ringraziato per avermi lasciato là sul pavimento.”

“Quindi tu te lo meritavi” dichiarò Usagi. Mamoru avvicinò il volto a quello di lei fino a che non furono naso contro naso e poi tentò di apparire minaccioso. “Voglio dire, mi dispiace?” squittì Usagi.

“Non è sufficiente. Mi chiedo cosa dirà la gente quando arriverai a scuola completamente scarmigliata” domandò retoricamente Mamoru, abbassando la bocca per assaporare le sue labbra di nuovo e allentare il fiocco della sua uniforme scolastica. Usagi lottò brevemente e con poca determinazione, sapendo che, se non se ne fosse andata presto, sarebbe arrivata in ritardo a scuola, ma subito scoprì che lasciare Mamoru era anche più difficile che lasciare il suo letto quella mattina. Infatti, niente le sembrava giusto come il trovarsi tra le braccia di Mamoru. Sentì la mano di Mamoru lasciar stare il suo fiocco e cominciare a scivolare giù lungo i suoi fianchi fino all’orlo della sua gonna. Abilmente, quella mano cominciò il suo viaggio indietro lungo la sua gamba, questa volta lungo la sua pelle sensibile.

Improvvisamente, Usagi si paralizzò: ogni muscolo si bloccò quando scorse due paia di scarpe dall’altra parte del cespuglio che li nascondeva. Pratiche scarpe, modello Mary-Jane, dal tacco basso, perfettamente lucide, che potevano appartenere solo a Ami, e un altro paio di bassi mocassini marroni con la punta consumata che appartenevano a Makoto - quella ragazza non aveva bisogno di tacchi, era già alta a sufficienza. Oh, Dio, due delle mie migliori amiche sono ferme a non più di mezzo metro da qui. Avrebbero scoperto qualsiasi suono e tutto il vergognoso segreto di ‘dormire col nemico’.

Mamoru si preoccupò di essere probabilmente andato troppo oltre (aveva le sue ragioni per detestare Usagi, ma non significava che avrebbe dovuto forzarla a fare qualcosa), prima di notare il suo sguardo fisso. Quindi aveva paura della punizione, non è vero? Bene, probabilmente dopo si sarebbe pentito di questo, ma era una opportunità troppo succulenta per passarci sopra. Con l’indice tracciò delicatamente una linea lungo la pelle molto sensibile dell’interno coscia. Usagi strillò per la sorpresa e tutte e due le paia di scarpe si girarono nella direzione da cui giunse il rumore. Usagi chiuse gli occhi, aspettandosi di essere scoperta da un momento all’altro, quando la campanella della scuola suonò e le sue amiche se ne andarono. Nel momento in cui il brusio degli studenti che entravano a scuola cessò, Usagi allontanò Mamoru e si rialzò instabile sui piedi.

“Come hai potuto fare questo? Quelle erano le mie amiche. Ci avrebbero scoperto. Oh cavoli, ora arriverò tardi in classe” realizzò Usagi. Scavalcò il prono Mamoru e si guardò intorno alla ricerca della cartella. Mamoru si alzò, recuperò la borsa e finse di passargliela. Quando lei la sfiorava, lui la sollevava sopra la sua testa.

“Pensavo tu fossi abituata ad arrivare in ritardo.”

“Abituata, sì, ma ciò non significa che mi piaccia. Sono abbastanza nei guai senza doverlo fare di proposito. Posso avere la mia borsa, per favore?”

Il suo tono disperato e sommesso colse di sprovvista Mamoru. Era facile dimenticare qualche volta che Usagi aveva una vita al di fuori delle loro discussioni. Si ritrovò a domandarsi che tipo di cose le piaceva fare quando lei non era con lui. In realtà, lui non conosceva molto di quello che la riguardava - non gli interessava superare la definizione di egoista, fastidiosa mocciosa che le aveva dato.

“Sì, scusa. Ecco” disse Mamoru passandole la cartella gentilmente e poi riallacciandole il fiocco dell’uniforme. Usagi rimase là ferma a guardare Mamoru come se gli fosse cresciuta un’altra testa. “Cosa?”

“Niente, è solo che tu non ti sei mai scusato con me prima d’ora” spiegò Usagi. Questo semplice atto di cortesia era più sconcertante di qualsiasi altra cosa accaduta prima. All’inizio, aveva pensato che la sua attrazione per Mamoru fosse puramente fisica e poi aveva cominciato veramente a non vedere l’ora di rivederlo, e ora questo. Improvvisamente lei stava osservando un lato completamente nuovo di Mamoru che era decisamente difficile da detestare.

“Allora, scommetto che ci rivedremo venerdì?” domandò Mamoru annoiato. Adesso stavano entrando in acque inesplorate.

“Huh?” esclamò Usagi, confusa. Aveva dimenticato qualcosa che avevano pianificato?

“Noi litighiamo sempre di venerdì: tu finisci presto a scuola e io non ho le lezioni del pomeriggio, il venerdì. Quindi cos’altro dovremmo fare?”

“Quindi continueremo ancora a discutere, anche se noi… uh…”

“Smettere di fare gli stupidi? Certo, mi immagino che le nostre discussioni siano una parte della nostra routine, il nostro M.O. (modus operandi). Non avere l’uno senza l’altro. E io preferisco piuttosto questa nuova aggiunta al nostro schema abituale.”

“Sì, anch’io” confessò Usagi, osando incontrare gli occhi di lui. Sospirò: “Io non posso fare niente normale, vero? Allora d’accordo, Idiota, devo andare subito a scuola e prendere la mia punizione. Ci si vede!”

“A presto testolina buffa!” disse Mamoru, andandosene nella direzione opposta - ma non prima di aver visto l’istintivo contrarsi delle spalle di Usagi al suono di quel nomignolo.

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Per favore leggete e commentate. Ho così poco per cui essere impaziente… nel prossimo capitolo, Usagi e Mamoru scopriranno le rispettive identità segrete.

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Capitolo 2
*** Seconda parte ***


Sweet Loving Hate

di IamtheLizardQueen

Okay, ecco la seconda e ultima parte. Credo… Comunque, grazie mille a tutti quelli che hanno commentato la prima parte. Ero così commossa! Ho cercato davvero strenuamente in questa parte di essere all’altezza delle aspettative, quindi per favore fatemi sapere se ho fallito o se ci sono riuscita. Il rating è ancora R, e non NC-17, perché non penso di essere stata molto esplicita, ma sì, è vero questa storia è principalmente basata sul sesso. Usagi e Mamoru hanno l’età che voi preferite, non è realmente importante per la storia. Io non ho diritti su Sailor Moon, sfortunatamente. Buona lettura!

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Usagi non riusciva a credere quanto tempo ci volesse perché venerdì arrivasse. Certamente venerdì sembrò sempre impiegarci il tempo necessario, ma quella settimana fu particolarmente frustrante. Era sciocco, lo sapeva, essere così impaziente di un confronto con il cosiddetto nemico, ma una parte di lei era ottimista: se le cose continuavano a procedere in quel modo, non sarebbero stati nemici ancora per molto. E benché negasse che lo voleva, le piaceva l’idea di avere Mamoru nella sua vita in pianta stabile.

Tali deliziosi pensieri fluttuavano nella sua testa, mentre Usagi ficcava i libri più o meno con successo dentro quel caos che era il suo armadietto.

“Hey, Usagi. Pronta per andare o hai una punizione?” domandò Makoto, avvicinandosi a Usagi.

“Nessuna punizione. Miss H odia darle quando la scuola finisce prima. Dov’è Amy?”

“Probabilmente ci starà aspettando fuori. Andiamo tutte quante alla sala giochi allora?”

“Sì. E poi da Rei.”

Il trio se ne andò con il morale alto, quello di Usagi era il migliore di tutti. Stava per vedere Mamoru e per il momento era sufficiente avere una buona discussione.

* * *

Mamoru pensò che venerdì non sarebbe più arrivato. Avrebbe potuto giurare che c’erano stati tre martedì e almeno due mercoledì. (NdA: mai avuto una di quelle settimane?) Ma finalmente il venerdì arrivò. E, quando l’ultima lezione del giorno terminò, si lasciò sfuggire un atipico applauso, saltò fuori della sedia e fu il primo ad uscire dalla porta. Corse al suo appartamento, gettò i suoi libri sul tavolo e fece una doccia. Poco dopo, stava di nuovo uscendo per sorvegliare la sala giochi. E anche se pensò che fosse strano essere in trepidante attesa di una discussione, in quel momento non si lasciò preoccupare. Si sarebbe divertito (particolarmente) più avanti, era intenzionato a lasciare che la natura continuasse il suo corso. Si sedette e si preparò ad aspettare.

La porta della sala giochi tintinnò e la testa di Mamoru si alzò di scatto come se fosse una marionetta. Non aveva neppure bisogno di vederla per sapere che Usagi era nella stanza - gli altri suoi sensi lo avevano avvertito delle sua presenza, come se lei fosse stata uno sbalzo di elettricità. La sua faccia assunse l’abituale sorriso sardonico ed era già pronto per accusarla di un numero di cose orribili, quando vide la faccia di lei. Era triste, le lacrime erano sgorgate dai suoi occhi e camminava come se si stesse trascinando dietro un pianoforte. Lui era già quasi in piedi, pronto a prenderla tra le braccia e consolarla per qualsiasi problema lei avesse, prima di ricordarsi che erano ‘nemici’. Non poteva fare niente di tutto ciò, almeno non di fronte a degli spettatori.

“Cosa è successo a Usagi?” domandò Motoki a Makoto.

“Oh, un tizio ha cominciato a importunarla e lei è rimasta turbata. Solo ieri questo tizio le aveva chiesto un appuntamento e lei gli aveva detto no, perché si vedeva già con qualcun altro. Poi lui ha scoperto che lei non stava vedendo nessun altro ed è diventato cattivo. Avrei voluto colpirlo, ma lui stava gridando dal finestrino di una macchina ed è andato via sgommando quando mi sono avvicinata.”

“Che balordo, Usagi. Ma non capisco perché è sconvolta. Voglio dire… tu sai quel tipo è un idiota, perché ti infastidisce sentirlo?” disse Motoki.

“Dunque, lui l’ha definita una orribile, bugiarda… uh… ‘femmina di cane’? E poi ha quasi cominciato a… uh… parlare rabbiosamente” spiegò Amy. Mamoru era in fermento. Ok, forse lui non era migliore riguardo all’infastidirla prima, ma almeno lui non si sarebbe spostato per ricevere il meglio di quello che dava. Poi gli venne una idea.

“Questo spiega tutto allora. Sei sconvolta perché quel tipo ti ha detto la verità. Vorrei averci pensato di farlo anni fa” disse Mamoru, sperando di attirare l’attenzione di Usagi.

“Hey, dalle una tregua, Mamoru.”

“Sì, non ho veramente voglia di trattare con te ora” disse lei, recuperando abbastanza coraggio per urlare contro Mamoru.

“Sei sicura? Forse è ora che tu senta quello che realmente penso di te” gridò Mamoru, cercando per tutto il tempo di comunicarle con gli occhi il vero messaggio.

Usagi guardò Mamoru. Sicuro, avrebbero discusso, ma colpirla mentre lei era giù di morale sembrava un po’ duro. Lo fissò duramente in quei suoi occhi blu scuro e notò il gentile, implorante sguardo che era celato in quelle profondità. Improvvisamente, tutto ebbe un senso. Era così allarmata che le era difficile continuare con quella sciarada.

“Uh… sì, forse dovrei ascoltare quello che hai da dirmi. È tempo che io impari la lezione, e altre cose. Magari, dovremmo andare fuori per urlarci contro?” domandò Usagi, gridando ancora, nonostante le sue parole quasi da conversazione.

“Penso che sia proprio un’ottima idea!” esclamò Mamoru. Il suo tono di voce sottolineava una certa rabbia, ma era completamente incongruente con la sua affermazione. Mamoru prese Usagi per mano e i due lasciarono la sala giochi in una forma indistinta in movimento. Gli sbalorditi testimoni li osservarono attraverso i vetri fino a quando non scomparvero alla vista.

Makoto guardò Amy, Amy fissò Motoki, Motoki si girò alla ricerca di qualcuno che potesse spiegare, ma, siccome erano solo loro tre, fu costretto a concludere che erano tutti ugualmente disorientati.

“C’è qualcun altro che pensa che sia strano?” domandò Motoki alla fine.

“Strano? Era veramente bizzarro. Stavano discutendo o andando d’accordo?” chiese Amy.

“Non lo so, ma per l’interesse della mia salute mentale, farò finta che non sia successo niente” disse Makoto e prese un lungo sorso del suo frullato. Amy e Motoki annuirono concordi con il saggio consiglio di Makoto.

Mamoru stava ancora tenendo la mano di Usagi mentre la trascinava lungo la strada. Avevano già raggiunto il parco quando Usagi parlò.

“Mamoru, dove stiamo andando?” Mamoru si fermò così bruscamente che Usagi si schiantò contro la sua schiena. Lui la tenne in equilibrio, mentre la faceva girare in modo che fossero faccia a faccia.

“Lo sai, non ne ho idea? Volevo solo tirarti su di morale e non potevo farlo con i tuoi amici intorno” disse Mamoru, un sorriso languido sul volto. Usagi rise. Anche Mamoru si mise a ridere prima di chiedere cosa c’era di così divertente. “Cosa?”

“È solo che il mio nemico, il ragazzo che mi importuna spietatamente, si è accanito per farmi stare meglio perché un altro tizio si è preso gioco di me.”

“Oh, sì, capisco il tuo punto di vista. È ipocrita da parte mia essere con te ora, forse non avrei dovuto cercare di prendermi cura di te?”

“No, sono contenta tu l’abbia fatto. Mi sento già meglio” disse Usagi, avvicinandosi.

“Non dirlo. Stavo pianificando di baciarti meglio” la stuzzicò Mamoru, circondandola con le braccia.

“In questo caso, mi sento proprio male” affermò Usagi, sorridendo teneramente. Mamoru stese la mano e la appoggiò delicatamente sulla guancia di lei, inclinandole verso l’alto la testa. Lui abbassò la testa con deliberata lentezza e le loro labbra si incontrarono molto teneramente, come il vento attraverso un sogno. Era il primo bacio delicato che avessero mai condiviso. Si fece più profondo naturalmente e leggiadramente e fu colmo della stessa passione e desiderio degli altri loro baci, solo che questa volta c’era un significato dietro questo. Cercarono di stare il più vicino possibile. Braccia che sostenevano, sollevavano e li univano insieme.

Usagi non riuscì a capire quanto fosse buono il suo profumo. Doveva aver fatto una doccia perché l’odore del sapone indugiava ancora sul suo corpo, accentuando il suo naturale profumo. Lui era così solido e coi piedi per terra; si sentiva completamente protetta tra le sue braccia. Era una sensazione così forte che si sentiva sul punto di annegare, solo che era l’impressione più fantastica che avesse mai provato. Era così sconvolgente e bella che credeva quasi di essere sul punto di piangere.

Caldo e morbido, delicato e invitante, queste e molti altri pensieri ancora circolavano nella testa di Mamoru, mentre stringeva Usagi al suo corpo. Lei si adattava perfettamente tra le sue braccia, nella sua vita, come se lui l’avesse aspettata perché lo completasse. Non riusciva a ricordare come aveva vissuto prima di incontrarla. Non voleva neanche. Voleva solo continuare a stringerla rinchiudere se stesso in quel soffice calore che la seguiva in ogni suo movimento.

La mano di Mamoru sfiorò il suo collo e Usagi ridacchiò. Il bacio terminò e gli occhi di Usagi si aprirono. “Scusami. Soffro il solletico, soprattutto intorno al collo.”

“Solletico? Davvero…” disse Mamoru, un diabolico sorriso sulle labbra.

“Oh no, per favore no” esclamò Usagi ritraendosi dal suo abbraccio con simulata paura. Mamoru fece un passo verso di lei e prima che lei potesse scappare la stava solleticando dappertutto. Usagi fece una risata stridula e tentò frettolosamente e senza successo di allontanarsi dalle erranti mani di Mamoru. Si raggomitolò sull’erba per sottrarvisi, ma il solletico continuò, fino a che Usagi non riuscì più a resistere. Era sicura che presto avrebbe finito l’aria.

“Per favore, non riesco a respirare!” ansimò Usagi tra uno scoppio di risa e l’altro.

“Bene, lo riprenderemo più tardi” disse Mamoru. Restarono distesi fianco a fianco sull’erba facendo respiri profondi. Mamoru si mise a sedere per primo e accostò Usagi a sé. Il sole si trovava proprio sopra il lago - una luccicante sfera arancione. Gli occhi di Usagi si crogiolarono di fronte a quel fantastico scenario e Mamoru si crogiolò alla vista di lei. Il leggero sollevarsi e abbassarsi del suo petto, il lungo arco del suo collo, la brillante frangia dorata che minacciava di rovesciarsi dentro i suoi occhi blu mare. Cominciò a sfiorare gentilmente col naso il suo collo, appena sotto l’orecchio.

Usagi sospirò pensando che niente poteva essere perfetto come quel momento. Quelle carezze sul collo la eccitarono, specialmente quando sentì la lingua di Mamoru che toccava la sua pelle sensibile di tanto in tanto.

“Mamoru, che stai facendo?” domandò Usagi dopo diversi minuti. Stava cominciando a preoccuparsi dei gusti di Mamoru - che avesse una predilezione per il collo o qualcosa di simile?

“Oggi mi è venuto in mente, quando hai detto che quell’altro ragazzo ti aveva chiesto di uscire, che altri uomini probabilmente ti guarderanno e ti desidereranno, perché… ehi… chi non lo farebbe? E ho pensato che sarebbe fare qualcosa per far sapere agli altri che tu sei già prenotata.” Usagi si beò del complimento per un istante, prima di realizzare quello che Mamoru aveva fatto. Si voltò e fissò lo sguardo su di lui.

“Mamoru Chiba… per caso mi hai appena fatto un succhiotto?” chiese lei con disapprovazione.

Infatti Mamoru arrossì. Non era quel tipo di ragazzo da essere così allegro, ma qualcosa che la riguardava lo faceva sentire completamente a proprio agio. E lui aveva sempre voluto lasciare un succhiotto ad una ragazza, quindi era quasi orgoglioso quando lo ammise. “Sì.”

“Come hai potuto? Come farò a nasconderlo ai ragazzi a scuola, alle mie amiche, a… oh Dio… alla mia famiglia” disse Usagi, gli occhi si spalancarono al pensiero di suo padre che riconosceva quel livido.

“Digli che sei inciampata in un aspirapolvere” affermò Mamoru.

“Sai qual è la peggior cosa di questa scusa? Tutti crederanno che sono abbastanza goffa da tenere un aspirapolvere appoggiato al collo e poi si domanderanno cosa stavo facendo con un aspirapolvere. Non sono esattamente famosa per le mie abilità domestiche” ammise Usagi.

“Scusami se cerco di apparire sorpreso” esclamò Mamoru.

“Idiota” borbottò Usagi. Allora le venne in mente una cosa. “Ti rendi conto che questa volta non abbiamo lottato come prima cosa? Cosa pensi che significhi?”

Mamoru si fermò a pensare, non sicuro di essere pronto ad ammettere che era felice in sua compagnia, con o senza discussioni.

“Io… non lo so. Potrebbe solo essere stato un caso fortuito, noi che ci baciamo senza litigare. Voglio dire… io non ti piaccio, vero?”

“Oh no” disse Usagi, un po’ troppo affrettatamente per essere convincente. “Tu mi disprezzi ancora. Giusto?”

“Certo” replicò Mamoru, in maniera non convincente.

“Bene allora. Resterò qui” disse Usagi, alzandosi in piedi. “Tu resterai là e ci diremo qualcosa di offensivo e tutto tornerà alla normalità. Se si può ancora definire normale tutto questo…”

Mamoru guardò Usagi e non riuscì a pensare a niente da dirle che fosse odioso. Fortunatamente furono interrotti da una voce che chiamava Usagi.

“È Rei” spiegò Usagi. Dovevo incontrarmi con lei e le altre ragazze dopo essere stata alla sala giochi. Avrei dovuto tenerne conto.” Usagi cominciò ad andare incontro alle amiche, quando pensò a qualcosa da dire. “Solo a titolo informativo. La prossima volta, ho deciso di discutere sul fatto che io non sono una tua proprietà, quindi tu non mi puoi marchiare quando ti pare. Davvero, che comportamento tipicamente maschile!”

Usagi se ne andò velocemente, mentre Mamoru borbottava: “Quando cerchi di fare qualcosa di carino…” Era contento che lei se ne fosse andata perché si sarebbe arrabbiato con lei e avrebbero scampato appena per un pelo la minaccia di avere una vera relazione altruista. Certamente, lui era comicamente felice che lei avesse stabilito che si sarebbero incontrati un’altra volta.

* * *

La sera seguente, Usagi era di nuovo nel parco, solo che questa volta era lì per una ragione diversissima. Una mostruosa creatura simile ad un tostapane estremamente ben dotata e malamente vestita stava attaccando un gruppo di passanti. Sailor Mars, Sailor Mercury e Sailor Jupiter le si muovevano intorno velocemente schivando giganteschi pezzi di toast fumanti. Sailor Moon era a terra, fumante di rabbia. Odio veramente quando queste cose sprecano il cibo.

Alzandosi in piedi, attivò la sua tiara e la scagliò contro il mostro. Riuscì a tagliarle un braccio, ma il mostro non si polverizzò. Emise un altro grido oltraggiato e lanciò un altro giro di toast, o meglio bagel, nella loro direzione.

“Questo è troppo! Sono Sailor Moon, la paladina dell’amore e della giustizia e non ti permetterò di sprecare del cibo in questo modo” disse Usagi rabbiosamente. Aveva di nuovo la tiara in mano, ma il suo discorso aveva dato abbastanza tempo al mostro di sparare direttamente a lei. Prima ancora di avere il tempo di pensare a muoversi, un paio di braccia la spinsero rapidamente a terra. Era Tuxedo Kamen e sebbene Usagi ne fu sollevata, non riuscì a capire perché non si eccitò come le altre volte in cui il suo focoso salvatore faceva la sua comparsa. Poteva essere possibile che lei fosse più interessata al suo scocciatore Mamoru che al suo ‘perfetto’ rivale Tuxedo Kamen? All’inizio, il pensiero fu così assurdo che lei lo accantonò, ma poi ci pensò un po’ di più e realizzò che Tuxedo Kamen era sempre stato più un ragazzo da sogno che uno reale. Lei non riusciva a immaginarsi di stare con lui in momenti diversi da quello che stavano vivendo ora. Lei aveva bisogno di qualcuno che avesse bisogno di lei. Qualcuno reale, come Mamoru.

“Finiscilo! Il mostro ti ha voltato le spalle” esclamò Tuxedo Kamen, mettendola giù. Mamoru si meravigliò che la ragazza dei suoi sogni, Sailor Moon, sembrava improvvisamente aver assunto meno importanza ai suoi occhi. Un piacevole sogno. Gli piaceva essere in grado di salvarla e ammirava la sua determinazione e la sua passione, ma non riusciva a vedersi con lei in modo permanente. È proprio impensabile chiedere ad un supereroe un appuntamento e non poteva neanche figurarsi di mettere su famiglia con una persona irreale come Sailor Moon. Lui voleva qualcuno che non trovasse necessario fare ooh e ahh ad ogni sua mossa, qualcuno che esprimesse la propria opinione e lo facesse stare sulle spine. Qualcuno come Usagi.

E fu proprio in quel momento che lo vide. Il collarino di Sailor Moon era scivolato leggermente rivelando un livido ovale di media misura proprio sotto l’orecchio sinistro. Mamoru era così sorpreso che dimenticò come si faceva a sbattere le ciglia. Non poteva essere una coincidenza.

“Ah! Moon Tiara stardust!” gridò Usagi trionfalmente, inconsapevole del fatto che la sua identità segreta era appena stata scoperta. Si affrettò a controllare le sue amiche.

Una volta affievolito lo shock iniziale, Mamoru cominciò a sorridere e poi a ridere. Era troppo perfetto: non solo aveva parecchie ragioni per stare con Usagi, ma aveva anche Sailor Moon come bonus aggiuntivo. Infatti, se avesse creduto a quelle cose, avrebbe pensato fosse opera del fato. Pensò anche che i loro litigi fossero solo un ultimo espediente di chiunque fosse incaricato di farli stare insieme. Ben fatto, Fato, ben fatto.

Usagi salutò le sue compagne e si diresse verso casa. Una figura in nero uscì fuori dall’oscurità così improvvisamente che lei sussultò leggermente per la sorpresa. Era Tuxedo Kamen, ma sembrava diverso. Aveva un sorriso soddisfatto sul volto come se avesse saputo qualcosa.

“Sailor Moon, sei stupenda come sempre” disse Mamoru con voce strascicata. Usagi era nervosa. Di solito Tuxedo Kamen non si intratteneva mai in giro dopo una battaglia. Cosa voleva? “O forse, dovrei dire Usagi.”

“Prego?”

“So chi sei, Sailor Moon. Tu sei Usagi Tsukino, frequenti la Juuban High e la sala giochi.”

La bocca di Usagi si aprì e Mamoru non riuscì a trarsi d’impaccio. Lei era così adorabilmente confusa che lui fosse a conoscenza della verità e fu davvero un’opportunità di tutta una vita. La fece indietreggiare fino a un albero, piazzò le braccia su entrambe i lati, bloccandole così ogni via di fuga, e la baciò avidamente. Non era veramente sicuro di quello che sarebbe accaduto, ma sicuramente si stupì quando lei lo colpì in faccia. Duramente.

Preoccupandosi di non essersi rotto il naso, reclinò il viso tra le mani. La maschera e il cappello erano caduti a terra per la forza del colpo.

“Ber guale bannato botivo hai faddo guesdo?”

“Cosa?” chiese Usagi. Mamoru alzò il volto e la guardò.

“Ho detto: per quale dannato motivo hai fatto questo?”

Gli occhi di Usagi si spalancarono. Brillanti occhi blu mezzanotte su un volto che lei conosceva così bene. Perché non aveva mai notato la somiglianza prima? Mamoru era Tuxedo Kamen. Poteva avere il suo posato, stupendo e stimolante Mamoru, e ora poteva anche condividere con lui tutte le cose che le accadevano nei panni di Sailor Moon. Era una situazione perfetta. Allora notò che Mamoru stava ancora sanguinando.

“Oh, mi dispiace tanto! Pensavo che tu fossi… beh, tu sei… ma pensavo che tu non eri tu e non volevo che accadesse.”

“Usagi, non ha alcun senso” disse Mamoru, ancora un po’ di malumore. Non riusciva a credere che lei l’avesse colpito abbastanza forte da farlo sanguinare.

“Non volevo che nessun altro tranne Mamoru Chiba mi baciasse e questo includeva anche Tuxedo Kamen. Non sapevo proprio che tu fossi Tuxedo Kamen.” Mamoru si rianimò un po’. Come era lusinghiero il fatto che lei arrivasse a questo punto per conservarsi per lui solamente. “Mi viene da pensare… da quanto tempo sai che sono Sailor Moon? Come hai potuto non dirmi che tu eri Tuxedo Kamen?” disse Usagi, la voce che si faceva più alta. Sciolse la trasformazione e ritornò ad indossare la lunga gonna e la camicetta che indossava prima dello scontro.

“Ho visto il segno sul tuo collo. E perché tu non mi hai detto che eri Sailor Moon?” chiese Mamoru, seguendo il suo esempio e tornando al suo precedente abbigliamento, pantaloni kaki e camicia bianca.

“Non posso proprio andare in giro a dire alla gente chi sono. Non è questa una delle caratteristiche dell’identità segreta? Che deve rimanere segreta? Duh” esclamò Usagi bruscamente.

“Bene e perché per me deve essere diverso? Non mi aggrada l’idea che i mostri si presentino alla porta del mio appartamento. Sei totalmente irrazionale” disse Mamoru ad alta voce. Cominciò a camminare in direzione di casa sua. Usagi lo raggiunse.

“Io? Irrazionale? D’accordo, accusa la donna isterica. Tu sei davvero impegnativo, lo sai?”

“Sei tu quella che sta discutendo senza alcuna ragione apparente. Cos’è che ti dà fastidio?”

“Non lo so!” strillò Usagi. Veramente non lo sapeva. Era quasi fastidioso che per tutto il tempo in cui erano stati insieme, non erano stati in grado di parlare riguardo alle tensioni di una vita da supereroe, ma inoltre che lei effettivamente era davvero felice.

“Sei incredibile. Solo qualcuno con un cervello eccezionalmente piccolo poteva dimenticare il motivo delle sue urla contro qualcun altro” affermò Mamoru, alzando gli occhi al cielo. In quel momento si trovavano davanti all’entrata del complesso residenziale di Mamoru. Lo spazio tra loro era drammaticamente poco, i loro occhi erano più avvinti tra loro che su dove stavano andando.

“Non so neanche dove diavolo mi stai portando” disse Usagi, mentre Mamoru si faceva strada fino all’ascensore.

“Non ti sto portando da nessuna parte, sei tu che mi stai seguendo perché non sopporti l’idea di lasciarmi concludere vittorioso una discussione!” urlò Mamoru.

“No, mi rifiuto solo di farmi dare della stupida da te e fartela passare liscia.”

“Allora ci vorrà molto più di questa camminata per convincermi della tua intelligenza. Quindi suppongo che ti debba invitare nel mio appartamento, visto che sei qui?”

“Non devi fare niente, dimmi solo che non pensi che io sia una stupida!”

“Bene, tu non sei una stupida, solo non ti concentri mai su una cosa per volta. Ora vuoi salire?” disse Mamoru rabbiosamente, mentre le porte dell’ascensore si aprivano. Usagi non disse nulla, entrò solamente e incrociò le braccia al petto. Quando le porte si chiusero di nuovo, gli si avvicinò.

“Quindi fammi capire, Mamoru, adoro ancora discutere con te, ma qualche volta andiamo troppo oltre” disse. La sua faccia era rossa, respirava affannosamente e i suoi occhi erano accesi da un fuoco interiore. Mamoru la guardò con uno sguardo da predatore, apprezzando l’intensità del momento.

“Sono d’accordo. Non dovrei dire cose che non penso veramente” replicò Mamoru, scostandole alcune ciocche dietro la schiena. “Ora pensi che abbiamo avuto abbastanza preliminari per stasera?”

“Assolutamente” confermò Usagi, lasciandosi stringere nel suo forte abbraccio. Le labbra erano incatenate da un’energia forte e innegabile. Lottarono per uscire dall’ascensore al piano giusto, dato che non riuscivano a staccarsi neanche per una frazione di secondo. Mamoru spinse Usagi fin contro la porta del suo appartamento dove cercò goffamente le chiavi. Un vicino uscì dall’appartamento dall’altra parte del corridoio e fissò a bocca aperta la coppia di innamorati, prima che Mamoru riuscisse a notare lo spettatore. Fissò il suo penetrante sguardo sull’uomo per non permettergli di guardare la sua Usagi con niente di meno del completo rispetto e l’uomo prontamente si rifugiò nella sicurezza del proprio appartamento. Finalmente la porta si aprì e la coppia passandoci attraverso incespicò.

Mamoru la trasportò con facilità al centro del soggiorno. Le fece appoggiare i piedi sul pavimento e piazzò le mani sulle reni di lei. Le mani di Usagi erano unite intorno al suo collo, tenendo delicatamente la sua testa a posto sopra la sua. Lei fece scivolare le mani lungo il suo petto timidamente, prima di osare togliere uno dei bottoni. Una mano di Mamoru salì a coprire le sue e farle capire che era d’accordo a continuare. Slacciò un altro bottone, seguito da un altro fino a che il petto di lui non fu scoperto. La prima cosa che lei fece fu mettere il suo palmo sopra il suo cuore. Poteva sentire le forti mani di Mamoru attraverso il leggero tessuto della sua gonna, che sprigionavano il loro calore lungo tutta la spina dorsale quando lui l’accarezzò gentilmente.

Il telefono suonò insistentemente, facendoli trasalire. Mamoru brontolò sulla sua bocca prima di staccarsi per andare a rispondere. “Probabilmente è il lavoro, devo rispondere” mormorò a mo’ di scusa. Rispose al telefono in cucina e Usagi poté capire dal suo tono che sarebbe stata probabilmente una lunga conversazione.

L’interruzione le diede il tempo di analizzare la situazione. Che amasse Mamoru non c’erano dubbi, ma doveva ancora scoprire se lui ricambiava questo sentimento. Che gli piacesse era evidente, poteva essere sufficiente? Magari lei doveva solo fare quello che il suo corpo voleva così chiaramente e sperare che Mamoru si decidesse alla fine. Ooh, era tutto così confuso. Niente in tutta la sua vita era mai stato normale, quindi come faceva a sapere qual’era la cosa giusta da fare?

Usagi cominciò a prendere nota dell’ambiente che la circondava. C’era veramente poco da vedere e nulla le poteva dire niente riguardo alla personalità di Mamoru. Tutto era pulito, ordinato e... poco. C’erano solo un paio di immagini sulla parete, ma erano solo stampe di vari famosi quadri impressionisti, nessuna fotografia. I libri sugli scaffali erano tutti manuali con titoli che lei non riusciva a capire. La voce di Mamoru proveniva ancora dalla cucina, così arrischiò una veloce occhiata dentro la sua camera, ma scoprì che era fredda proprio come il soggiorno. Solo il fatto che il letto non era stato rifatto, dava l’impressione che qualcuno abitasse in quella casa.

Quello e un vaso di rose sul cassettone. Ancora nessuna foto, niente libri molto consunti e spiegazzati o nessun maglione preferito. Il bagno era in disordine, grazie a Dio, almeno questo ragazzo non era completamente un patito del pulito, ma in conclusione, l’appartamento mancava di calore.

Ritornò in soggiorno contemporaneamente a Mamoru. Si guardarono l’un l’altra quasi con circospezione, prima che a Mamoru sfuggisse un sospiro come se fosse stanco e cadde sul pavimento. Incrociò con noncuranza le braccia dietro la testa, la camicia aperta, e posò il suo sguardo su Usagi attraverso gli occhi parzialmente socchiusi.

“Il tuo appartamento è particolare. Dimmi, escludi deliberatamente la vita da questo posto?”

“Cosa intendi dire?”

“Cosa voglio dire? Significa che questo posto è così impersonale. Come puoi vivere in questo modo, dove sono tutte le tue cose?”

“Oh sì, posso proprio immaginare come deve essere la tua stanza. Coperta dal soffitto al pavimento di rosa, pieno di trine, cianfrusaglie e un assoluto disordine. Si dà il caso che a me piace mantenere un po’ di autocontrollo.”

“L’autocontrollo è un grande problema per te, non è vero?” domandò Usagi.

“Lo considero una virtù, sì” rispose lui.

“Quindi non c’è mai stato niente che tu volevi davvero e di cui non potevi privarti?”

“Credo di essere abbastanza forte da resistere alla maggior parte delle tentazioni. Perché tutte queste domande?”

“Solo curiosità” rispose Usagi, con uno sguardo eccessivamente innocente sul volto. Mentre Mamoru guardava, lei si tolse con calma i sandali e li mise da una parte. Lentamente, raggiunse la chiusura lampo su retro della gonna. Mostrando solo un fianco a un Mamoru con gli occhi fuori dalle orbite, fece scivolare giù la zip. Esitando solo per un momento lasciò cadere la gonna che si raggruppò intorno alle sue caviglie. Spinse via l’indumento col piede e notò con soddisfazione che Mamoru si era fatto decisamente molto quieto. All’incirca da metà coscia in su era coperta dalla sua camicetta, ma questo non gli impedì di fissare le sue belle e lunghe gambe.

Usagi posizionò i piedi accanto ai fianchi di Mamoru e lentamente si abbassò. La pelle morbida dell’interno coscia di lei sfiorò la pelle nuda di Mamoru, proprio sopra la cintura dei pantaloni, facendogli emettere un sospiro piuttosto strozzato.

Mentre Mamoru guardava, lei raggiunse i codini e li disfece, lasciando cadere i suoi capelli in una cascata dorata che solleticò il suo stomaco e gli fece desiderare di poterci far scorrere le dita. Effettivamente, era impossibile resistere e arrotolò alcune delicate ciocche attorno alle dita.

Usagi stava cominciando ad avere dei dubbi, ma non pensò minimamente alla possibilità di fermarsi in quel momento. Se solo fosse riuscita a fargli ammettere che lui teneva a lei… le sue mani raggiunsero il primo bottoncino della camicetta, immensamente grata del fatto di indossare il suo nuovo reggiseno bianco piuttosto che uno di quelli pieni di buchi. Lo slacciò e passò a quello poco più sotto. Ancora quattro bottoni. Mamoru rischiava di avere un infarto o come minimo i suoi occhi sarebbero schizzati fuori dalle orbite.

Usagi saltò deliberatamente i due bottoni nel mezzo, con sommo disappunto di Mamoru, e sbottonò quello più in basso. Mamoru serrò i pugni lungo i fianchi; non voleva rispondere, non voleva cedere… lui SAREBBE impazzito se lei non fosse andata più veloce con quei dannati bottoncini. E anche il quarto venne slacciato. La vista di Mamoru cominciò a vacillare: non sbatteva le palpebre da quando lei aveva cominciato. Con il quinto bottoncino Usagi ebbe dei problemi perché le tremavano molto le mani. E quello era l’ultimo. Lui poteva già praticamente vedere tutto di lei, ma non era quello il punto ed entrambi lo sapevano. Lei si chinò in avanti lentamente e mormorò: “Penso che lascerò quest’ultimo, a meno che tu non voglia fare qualcosa a riguardo.”

“Dannazione” borbottò mentre tutto il suo autocontrollo andava in fumo. Raggiunse e slacciò il bottoncino con forza, poi fece scivolare le sue mani lungo la pelle esposta. Le sue mani girarono intorno al petto di lei, le sue dita accarezzarono il suo ventre e lui sollevò la testa per baciarla con tutte le emozioni che aveva tenuto celate dentro di sé.

“Dillo” disse Usagi, staccandosi dal bacio per un momento. Lei doveva sapere cosa lui provava. Quel bacio sembrava voler dire che non solo lui teneva a lei ma che l’amava. Lei però aveva bisogno di udirlo. Altrimenti tutto quello era un errore.

Mamoru non stava pensando lucidamente, mai in tutta la sua vita era stato così confuso. Che amasse Usagi, non c’erano dubbi, ma non voleva che quella fosse solo una cosa temporanea. Ma se avesse confessato e lei non ricambiava? L’avrebbe mai rivista? Non avrebbero più neanche avuto le loro litigate che li faceva stare insieme, quando lei avrebbe saputo che nessuno dei suoi insulti aveva un qualche fondamento.

“Bene, lo dirò. Non ho autocontrollo quando si tratta del tuo corpo, testolina buffa” disse Mamoru dispettosamente. Era un modo sicuro per rispondere, non è vero? Apparentemente no. Usagi si allontanò da lui come se fosse stata picchiata. Silenziosamente si alzò in piedi e trovò la sua gonna indossandola con facilità. Con dita tremanti cercò di riallacciare i bottoni della camicia ma non li poteva vedere, perché le lacrime le offuscavano la vista. Mamoru si alzò, incerto su quello che stava accadendo e turbato allo stesso tempo. Le scostò le mani e le riallacciò i bottoni. Appoggiò le mani sulle spalle di lei quando finì, ma Usagi non volle guardarlo negli occhi.

“Mi dispiace” disse lei. “Ho appena scoperto di essere una sgualdrina.”

A Mamoru la parola ‘sgualdrina’ non era mai piaciuta e sentirla pronunciare dall’amore della sua vita e in riferimento a lei era orribile.

“Non dirlo… non dirlo MAI più! Mi hai sentito?”

“Come altro definiresti una ragazza che sta per fare… con un ragazzo che mai una volta l’ha chiamata con il suo nome?” domandò Usagi con rimpianto, sollevando finalmente il volto rigato dalle lacrime a incontrare lo sguardo di Mamoru. Lui asciugò una lacrima dal suo viso, ma non sapeva cosa rispondere. Aveva mandato tutto all’aria. Se adesso le avesse detto che l’amava, sarebbe suonato come se lui lo stesse facendo solo per portarla a letto. Ma se lui non glielo diceva…

“Non è così tra noi, giusto?”

“Vorrei saperlo” rispose Usagi, staccandosi dal suo vigoroso abbraccio. “Devo proprio andare.”

“No” esclamò Mamoru risolutamente. Lei, più di qualunque, non lo poteva abbandonare. “Non lasciarmi.”

“Non so…”

“Guardami, non faremo nulla stanotte. Noi… uh… stringeremo una tregua per stanotte. Tu puoi rimanere e noi ci comporteremo proprio come se io fossi una delle tue amiche” supplicò Mamoru.

“Tu vuoi guardare ‘Dirty Dancing’, parlare di ragazzi e mangiare schifezze?” domandò Usagi scettica, pensando a tutti i pigiama party che aveva fatto con le amiche. In realtà, il pensiero di Mamoru che si comportava proprio come una delle ‘ragazze’ la fece sorridere. Mamoru lo vide e ciò gli diede speranza.

“Beh… di sicuro possiamo fare l’ultima cosa. Deve esserci del cibo qui intorno, da qualche parte. Allora resterai, Usagi?” chiese lui, assicurandosi di pronunciare il nome di lei in maniera chiara.

“Ehi, chi sono io per rifiutare del cibo gratis?” disse lei capitolando.

Seguì Mamoru in cucina e per un istante un silenzio teso scese tra i due.

“Ok, lo confesso” esclamò Mamoru, quando il silenzio si fece insopportabile. “Ho veramente pochi amici e nessuno di loro è mai stato qui. Non ho idea di quello che si debba fare.”

“Ben detto, noi siamo amici o avrei già fatto qualche simpatico commento sul perché tu non abbia amici.”

“Usagi” disse Mamoru minacciosamente, un sorriso aleggiava sul suo volto.

“Va bene. Scusa. Le vecchie abitudini sono dure a morire. Ma sei fortunato, sono un’esperta riguardo tutte le cose divertenti e sciocche, che non puoi trovare in un libro. Sarò la tua mentore stasera e tu imparerai come fare le cose che la maggior parte delle persone ‘normali’ fanno.”

“Non mi sembra uno scambio equo, cosa ne ricaverai?”

“Ti dirò una cosa, tu puoi aiutarmi per il compito di matematica della prossima settimana. Non stasera però” disse Usagi velocemente, temendo un sabato sera all’insegna dello studio.

“Ok, affare fatto. Allora cosa facciamo per prima cosa?”

Usagi aprì tutti gli sportelli della cucina di Mamoru e ne ricavò un vasto assortimento di cioccolato. Mamoru prese delle ciotole che Usagi riempì con gelato al cioccolato. Poi ci versarono sopra sciroppo al cioccolato, polvere di cacao, scaglie di cioccolato e Usagi vietò l’uso dei cucchiai. Avrebbero usato i biscotti con gocce di cioccolato al posto dei cucchiai.

“Vedi, se tu li sgranocchi in questo modo, puoi far diventare i biscotti dei grandi cucchiai” esclamò Usagi, concentrandosi fortemente.

“Non ci ammaleremo con tutto questo zucchero?”

“Uno, tu non puoi mai assumere troppo zucchero. Due, questo non è neanche molto zucchero secondo i miei standard” replicò Usagi, ammiccando. Mamoru rise e finì per mangiarsi cinque biscotti perché non riusciva a comprendere a fondo la tecnica di fabbricazione del cucchiaio.

Misero le ciotole nel lavello e Usagi ammonì Mamoru quando lui si apprestò a lavarle. Quello poteva aspettare fino al mattino dopo. Tornarono nel soggiorno dove Mamoru si sedette pesantemente sul divano.

“Non riesco a credere che tu riesca a mangiare regolarmente così tanto” affermò Mamoru, strofinandosi la pancia.

“Essere Sailor Moon è un gran spreco di energie. Adesso abbiamo bisogno della musica, hai niente oltre a questi tre cd?” domandò Usagi, prendendo un cd di Bach, uno di Mozart e uno di Enya. Non che ci fosse niente di sbagliato in quei tre cd, ma era difficile creare un’adeguata atmosfera festosa con quelli. E inoltre… chi possiede solo tre cd, quando si ha un sistema così all’avanguardia?

“Non penso. No, aspetta! Il precedente inquilino ha lasciato una scatola di ciarpame. Penso ci fosse anche della musica” disse Mamoru, andando a cercare la scatola. Tornò coperto di polvere e starnutendo, ma trionfante. Usagi ridacchiò e cercò di togliergli la polvere dai capelli.

“ABBA. Questo andrà bene” disse Usagi, rovistando dentro la scatola e venendone fuori con una musicassetta. L’allegra musica pop riempì l’appartamento. “Hmm… ora non sono sicura sul da farsi. Di solito con le mie amiche o guardiamo un film o giochiamo a ‘verità o penitenza’ che si trasforma sempre in una chiacchierata su chi piace a chi.”

“Interessante. Nessuna lotta con solletico in biancheria intima?”

“Mi dispiace deluderti” disse lei, roteando gli occhi. “Sebbene, qualche volta ci acconciamo i capelli e ci trucchiamo. Vuoi che renda i tuoi occhi misteriosi e le tue labbra carnose?”

“No, per carità” disse Mamoru ridendo.

“Guastafeste” borbottò Usagi, ridacchiando a sua volta. Poi tremò e si massaggiò le braccia per sbarazzarsi della pelle d’oca. Mamoru lo notò e le andò a prendere una maglia.

“Tieni” disse, lasciando cadere un pesante maglione sul suo grembo. Lei lo indossò e poi fece delle smorfie quando i suoi capelli si attorcigliarono.

“Ora capisci il motivo delle ‘polpette’” disse lei, cercando di dare un po’ di ordine ai suoi capelli.

“Ecco, se vuoi ci provo io” propose Mamoru, tentando di non sembrare troppo entusiasta. Usagi si sedette sul pavimento ai piedi del divano, con Mamoru alle spalle. “Ok, cibo-spazzatura, fatto. Musica, fatto. Incasinarmi con i tuoi capelli, fatto. Cosa c’è ora, o mia mentore?”

Usagi stava proprio apprezzando la sensazione delle dita di lui sulla sua cute, che sollevavano il peso dei suoi capelli rendendo la sua testa meravigliosamente leggera. Ma si sforzò di non pensarci, dopotutto erano solo amici, giusto?

“Parliamo. Colore, animale, cibo e celebrità che preferisci?” domandò Usagi.

“Umm, probabilmente nero o rosso, in realtà non ho un animale preferito, cioccolata ovviamente e Sailor Moon.”

“Bah! Io non sono una celebrità” esclamò lei, sorridendo tuttavia compiaciuta.

“Okay, ora è il mio turno. Tutta la tua famiglia ha i capelli biondi e gli occhi azzurri?” Usagi cominciò a ridere. “Cosa c’è di così divertente?”

“Solo che non assomiglio per niente alla mia famiglia. I miei genitori sono alti, mio padre ha capelli castano chiari e mia madre viola e tutti e due hanno gli occhi marroni. E ho un fastidioso fratellino che assomiglia un sacco a mio padre. Una volta pensavo di essere stata adottata.”

“Una volta?”

“Beh… dopo aver scoperto di essere Sailor Moon, ho riflettuto che i miei tratti probabilmente hanno a che fare con quello.”

“Ha senso. Ecco, ti ho risistemato i capelli. Abbastanza disordinatamente, temo, ma dopotutto sono un principiante” disse Mamoru, rilassandosi di nuovo contro il divano. Usagi fece scorrere le mani tra i capelli e fu soddisfatta. Esitò nel porre la domanda successiva, ma voleva che Mamoru avesse fiducia in lei.

“Cos’è successo alla tua famiglia, Mamoru?” domandò con gentilezza. All’inizio pensò che lui non le avrebbe risposto ma poi lui rispose dolcemente: “Sono rimasti uccisi in un incidente stradale quando ero piccolo. C’ero anch’io nell’auto, ma persi solamente la memoria. Non ricordo niente di loro.”

“Mi dispiace, deve essere stato veramente difficile. Dovresti parlare con Makoto ogni tanto. I suoi genitori sono morti in un incidente aereo un paio di anni fa.” Mamoru rimase un po’ stupito dal fatto che lei non gli avesse offerto le solite insincere condoglianze, o peggio, la sua compassione. In realtà, fu molto sensibile - lei aveva ovviamente sperimentato moltissimo nell’interazione con le sue amiche.

“Non è poi così male, ma a volte mi sento solo. Specialmente durante le feste” disse Mamoru.

“Sì, come il giorno di San Valentino” disse Usagi con simulato orrore, visto che quel giorno si stava avvicinando in fretta.

“Oh per favore, tu probabilmente avrai avuto centinaia di ragazzi che ti hanno chiesto di uscire” la prese in giro Mamoru.

“No. Non sono mai stata… solo perché non sono normale e la gente continua per la sua strada. Forse è per questo che mi piace molto discutere con te. Tu mi tratti come una persona normale.”

“Cosa intendi per ‘non normale’?”

“Da un lato sono un supereroe che corre in giro ad ogni ora della notte. Ma mi sono sempre contraddistinta, anche dalle altre guerriere. Non so certa del perché, ma ci sono sempre io e poi ci sono le guerriere. E non sono brava in niente, come se non avessi uno specifico talento e non sono intelligente. Anche quando mi impegno veramente, non riesco a prendere buoni voti. Anche questa cosa con te è strana. Tu sei qualcuno che io… ecco io sono qui che ti racconto cose che non ho mai detto a nessuno, anche quando prima ti ho urlato contro. La vita… qualche volta dispero di fare mai bene.” Se Mamoru non fosse già stato innamorato di lei, si sarebbe innamorato in quel momento.

“Ci credevo prima quando ho detto che non sei stupida. E se ti può aiutare, non credo che esista una vita normale. Tu sei chi sei e io ammiro ciò” disse Mamoru.

“Grazie. Mi dispiace averti detto che non hai personalità. Ce l’hai, ma cerchi disperatamente di tenerla nascosta. Posso capire perché, ma sono una tua amica e non avrei mai voluto ferirti in quel modo.”

Mamoru la sollevò e la strinse in un forte abbraccio. Si adagiarono sul divano, avvolti nell’abbraccio dell’altro. Usagi adagiò la testa sulla spalla di lui.

“Odio deluderti, ma questa è una cosa che non faccio con le mie amiche” scherzò Usagi.

“Dannazione. Ecco svanita un’altra delle mie fantasie” disse Mamoru. Usagi lo colpì scherzosamente sulla spalla. “Sto solo scherzando. Adesso Usagi dimmi qual è il tuo secondo nome?”

E il botta e risposta continuò per tutta la notte, mentre la coppia scopriva tutto quello che c’era da sapere riguardo all’altro. Alcune cose erano serie e altre meno, ma ogni momento fu prezioso. Loro avevano affrontato questa relazione in modo totalmente sbagliato, praticamente all’inverso, ma il risultato finale fu lo stesso. Finché finalmente poterono ammettere quel fastidioso sentimento d’amore…

Usagi si svegliò a un’ora imprecisata della mattina successiva, ancora accoccolata nell’abbraccio di Mamoru. Si mosse leggermente e le sue braccia si strinsero attorno a lei, tenendola al suo posto. Sospirò contenta e il rumore strappò Mamoru al suo sonno. La sua schiena protestò per essere stata nella stessa posizione tutta la notte, ma fu piacevole sentire il rassicurante peso di Usagi premere contro di lui. Per la prima volta. da quando poteva ricordare, si era svegliato senza la familiare sensazione di solitudine. Abbassò lo sguardo e vide gli occhi di Usagi fissare i suoi. Un timido sorriso sulle labbra, lei era così adorabilmente in disordine che la baciò delicatamente. Il sorriso di Usagi si allargò.

“Lo sai che è mattina e che la nostra tregua è finita?” disse lei.

“Ne abbiamo ancora bisogno?”

“Non lo so, dovremmo?”

“Ma devi sempre rispondere a tutte le mie domande con altre domande?”

“Dici? Vuoi la colazione?”

“Sì” disse Usagi allegramente, prima di realizzare che si era dimenticata di rispondere con una domanda e quindi aveva perso quella mini-lotta. “Usi il cibo per ingannarmi, che crudele!” disse, prima di sghignazzare. Condivisero una semplice colazione e tennero una conservazione leggera, ma per tutto il tempo si preoccuparono che il tempo per dirsi l’un l’altra quello che realmente sentivano si stava esaurendo.

“I tuoi genitori si chiederanno dove sei?”

“Nah… ho ideato un sistema con le altre guerriere per coprirci quando una di noi è fuori per un certo tempo. È necessario quando stiamo combattendo in qualche altra dimensione. Ciò nonostante, probabilmente dovrei andare” disse esitando.

“Immagino di sì, se devi” disse Mamoru, non proprio in modo convincente. La accompagnò alla porta e rimase a guardarla mentre aspettava davanti alle porte dell’ascensore. Si guardarono a lungo e Mamoru raccolse il suo coraggio.

“Usagi, io…”

“Sì?” chiese lei speranzosa.

“Io… mi piacciono davvero le tue scarpe” disse incapace di affrontare l’argomento. Lui si maledì.

“Oh. Mamoru? Amo…”

“Sì?” disse lui, gli occhi aperti per l’anticipazione.

“… che tu mi abbia preparato la colazione” affermò lei e poi batté il piede seccata per non avergli detto quello che realmente voleva. Le porte dell’ascensore si aprirono e Usagi gettò un ultimo sguardo verso Mamoru prima di entrarvi dentro.

“Ciao Usagi” esclamò Mamoru e l’ascensore si mosse. “Ti amo” disse al corridoio vuoto. Lo stesso uomo del giorno prima uscì dal suo appartamento nello stesso momento e fu colpito dalle parole di Mamoru. Mamoru arrossì per essere stato sorpreso e fissò l’uomo prima di rientrare nel suo appartamento e chiudere sbattendo la porta. Il vicino decise che si sarebbe fatto installare uno spioncino così che non avrebbe più dovuto incontrare quel matto di un ragazzo.

Perché non sono riuscita a dirglielo? Tre piccole parole - tu pensavi che ce l’avresti fatta. E ora che tipo di scusa mi inventerò per vederlo di nuovo? Oh, mi manca già. Usagi stava borbottando a se stessa lungo la via di casa. Attraversò il portone d’ingresso e fu sollevata nel constatare che la sua famiglia era ancora addormentata - era domenica dopotutto. Chiamò le sue amiche e scoprì che Makoto l’aveva coperta.

“Sì, tua mamma ha chiamato e ha chiesto se eri qui. Le ho detto che c’eri, ma che stavi già dormendo. Non mi è sembrata molto sorpresa…”

“Grazie Makoto, ti devo un favore” disse Usagi. Era ancora nei guai per non aver chiamato lei stessa la madre, ma non sarebbe stato troppo brutto.

“Puoi ripagarmi dicendomi dov’eri” domandò Makoto timidamente.

“Non mi crederesti neanche se te lo dicessi. Ma seriamente, possiamo parlare di questo più tardi?”

“Sicuro. Ci vediamo a scuola domani?”

“Sfortunatamente sì” affermò Usagi, già irritata al pensiero della scuola. “A presto.”

“Sì. Ciao” disse Makoto e riagganciò.

Usagi salì al piano di sopra e si fece una lunga doccia. Rifece i codini e indossò degli abiti casual, un paio di jeans e una t-shirt. Realizzò di aver preso la maglia di Mamoru inavvertitamente, quindi indossò anche quella. Aveva il suo profumo e le ricordò ogni estatico istante della notte appena trascorsa. Doveva ridargli il suo maglione… e allora prese la sua decisione. Gliela avrebbe riportata subito e gli avrebbe detto che lo amava più di qualsiasi altra cosa. Non avrebbe aspettato un altro secondo senza sapere cosa lui provava e se non avesse funzionato avrebbe dovuto conviverci. In quel momento lei voleva solo stare con lui.

Mamoru non riusciva a capire cosa c’era che non andava nel suo appartamento dopo che Usagi se n’era andata. Gli sembrava freddo e vuoto. È perché lei non è qui, deficiente. Avresti potuto dirle quello che sentivi ma… no… tu dovevi diventare timido così all’improvviso. Puoi gridarle insulti, ma non riesci a dirle tre semplici parole? Io ti amo. Non è così difficile, vero? I pensieri di Mamoru continuarono ad insultarlo per averla lasciata andare via e in quel momento decise. Lui doveva vederla subito. Le avrebbe detto nei minimi dettagli quanto l’amava e non l’avrebbe fatta andare via fino a che lei non gli avesse dato una risposta. Mamoru afferrò la giacca e uscì fuori dalla porta.

Per andare da Mamoru, Usagi prese la scorciatoia attraverso il parco. Stava ancora pensando a come si sarebbe dichiarata quando fu fermata dalla comparsa di una creatura del Dark Kingdom.

“Oh sicuro… doveva succedere ora” disse Usagi. Si trasformò dietro un albero e ne uscì per fronteggiare un disgustante mostro verde a forma di palla. Era alto tre volte più di lei e largo tre metri e più, ma lei notò che ad ogni palla gelatinosa che lanciava diventava più piccolo. Le poche persone sfortunate a sufficienza da essere coperte dalla melma perdevano energia. Sailor Moon girò attorno al mostro costringendolo a fargli lanciare più gelatina possibile, così che potesse raggiungere una misura accettabile.

Mamoru stava camminando attraverso il parco per andare da Usagi quando udì il putiferio e si precipitò sul luogo. Quando vide Sailor Moon, si trasformò in Tuxedo Kamen e si chiese come poteva aiutarla. Sembrava, comunque, che lei avesse tutto sotto controllo. Era però così concentrato sui progressi di lei che non vide la sostanza appiccicosa dirigersi verso di lui. Improvvisamente fu ricoperto da una melma fredda e verdognola. La vita di un supereroe non era sempre affascinante.

“Come osi!” gridò Usagi al mostro. Sapeva che se lei avesse distrutto il mostro, quella bava appiccicosa avrebbe smesso di risucchiare energie alla gente, incluso Mamoru. La rabbia riempì il suo attacco (NdA: scegliete il vostro attacco preferito) e distrusse il nemico in un colpo, ma sfortunatamente il mostro non si disintegrò come al solito. Esplose e gettò melma verde dappertutto. Usagi ne fu ricoperta dalla testa alla punta dei piedi, ma riuscì comunque a farsi strada attraverso il campo di battaglia verso Mamoru. Scivolò sull’erba ricoperta di bava. Mamoru si alzò in piedi, passandosi una mano sul volto con disgusto. Vide Sailor Moon camminare verso di lui e le andò incontro. Anche lui instabile sui piedi a causa del terreno scivoloso.

“Stravagante incontrarti qui” disse Usagi. Lei era proprio accanto a lui, ma in quel momento scivolò e cominciò a cadere. Mamoru la raggiunse, ma anche lui scivolò ed entrambi si accasciarono facendo un forte sguish. Usagi si mise a ridere e poi sciolse la trasformazione, solo per scoprire che era ancora sporca. Tuxedo Kamen riprese le sembianze di Mamoru e rise a lungo con Usagi per la loro ridicola posizione.

“Sai, ho avuto centinaia di possibilità per dirtelo e tutte quante in luoghi più suggestivi di questo e non ero neanche ricoperto di bava, ma io ti amo, Usagi. Non perché tu sei perfetta, ma perché sei tu.”

“Ti amo anch’io, stavo appunto venendo da te per dirtelo. Ti amo.”

“Voglio baciarti, ma sono ricoperto di…” cominciò a dire Mamoru. Non riuscì a finire perché Usagi premette le sue labbra contro quelle di lui, ignorando tutto tranne il fatto che lui amava lei.

“Stavo anche riportandoti la tua maglia, ma è un po’ in disordine ora. Stupido mostro” disse Usagi.

“Sì, stupida cosa a sfera. Ma sai una cosa? Penso che mi piace lottare più contro di quello che contro di te.”

“Mi sento rinvigorita, come di solito mi sento dopo una discussione con te” affermò Usagi spudoratamente. Il cuore di Mamoru si mise a correre all’impazzata.

“Da te o da me?”

“Da te. A meno che tu non voglia che il mio gatto ci guardi” rispose Usagi. Tornarono all’appartamento di Mamoru e, dopo essersi fatti entrambi una doccia e liberati dalla gelatina, fecero buon uso dell’adrenalina provocata dalla battaglia.

Mamoru guardò l’altro lato del letto dove si trovava Usagi. Lei era supina con gli occhi chiusi e lui si domandò a cosa stesse pensando.

“Usagi? Tutto ok?… voglio dire… non vorrei averti fatto del male, te ne ho fatto?” chiese nervosamente. Usagi lo lasciò preoccuparsi per un instante prima di rispondere e aprire gli occhi.

“Mamoru, proprio questo pomeriggio ho combattuto un mostro che era tre volte me. Credimi, posso sopportare le attenzioni di un misero mortale” lo stuzzicò lei. Mamoru sorrise e l’abbracciò di nuovo. Le sussurrò all’orecchio: “Dovrò fare qualcosa riguardo quel commento sul ‘misero mortale’, mi capisci? Posso discuterne con te o magari dovrei provarti che sono un supereroe?”

“E in che modo me lo dimostreresti?”

Mamoru la baciò e poi si inclinò su di lei fino a che lei non si ritrovò schiacciata tra lui e il materasso. “Noi supereroi abbiamo una straordinaria resistenza.”

“Questo dovrebbe essere interessante” disse Usagi. “Non posso aspettare a raccontare questa ghiotta notizia alle ragazze.”

“Non lo farai” esclamò lui.

“Sì che lo farò.”

“Non sarò mai più in grado di guardarle negli occhi di nuovo.”

“Sicuro che lo farai.”

“Vuoi davvero discutere ora?”

“Veramente no.”

“Bene. Ti amo, Usagi” disse Mamoru dolcemente. “Non voglio amare nessun altra tranne che te, ti sei intrufolata nel mio cuore attraverso la porta secondaria. Pensavo di odiarti così non ti ho visto entrare.”

“Ti amo, Mamoru” mormorò Usagi. “Pensavo che se mi fossi comportata come mio solito nessuno mi avrebbe voluto più bene, ma con te sapevo che non era importante. E neanche adesso, mi ami per quello che sono.”

Alcune cose fanno ancora discutere Usagi e Mamoru e qualche volta si prendono in giro senza alcuna ragione. Ma non importa quante opinioni differenti possono avere o quante volte rifiutino di vedere con attenzione un argomento, loro sanno cosa significano per loro. L’amore era qualcosa per cui loro non avrebbero mai discusso.

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Spero leggerete altre mie cose; non sono tutte così ‘lemon’. Per favore recensite!

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