Nemesi

di war
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** - Prologo - ***
Capitolo 2: *** - Cancer - ***
Capitolo 3: *** - Scorpio - ***
Capitolo 4: *** - E' mio fratello - ***
Capitolo 5: *** - Prima di cena - ***
Capitolo 6: *** - Overture - ***
Capitolo 7: *** Tre di Nove - Parte prima - ***
Capitolo 8: *** - Tre di Nove - Seconda parte ***
Capitolo 9: *** - Due di Quattro - ***
Capitolo 10: *** - Vaghi ricordi - ***
Capitolo 11: *** - Star Hill - ***
Capitolo 12: *** - Desiderio - ***
Capitolo 13: *** - Dopo il danno - ***
Capitolo 14: *** - Acqua contro Fuoco - ***
Capitolo 15: *** - Incarico nell'incarico - Prima parte ***
Capitolo 16: *** Incarco nell'incarico - Seconda parte - ***
Capitolo 17: *** - Incarico nell'incarico - Terza parte ***
Capitolo 18: *** - Qualche spiegazione... - ***
Capitolo 19: *** - Elementale - ***
Capitolo 20: *** - Donne e motori... - ***
Capitolo 21: *** - Doveva essere una cena romantica... - ***
Capitolo 22: *** - Doveva essere una cena romantica - Part two - ***
Capitolo 23: *** Effetto collaterale! ***
Capitolo 24: *** E' assurdo! ***
Capitolo 25: *** - Un passo avanti - ***
Capitolo 26: *** - Uno di Nove - ***
Capitolo 27: *** - La regola del gioco - ***
Capitolo 28: *** - La regola del gioco - Seconda parte ***
Capitolo 29: *** - Frontiers - ***
Capitolo 30: *** Breaking Boundaires ***
Capitolo 31: *** - Betryed - ***
Capitolo 32: *** Niane's seven killings ***
Capitolo 33: *** - Prelude - ***
Capitolo 34: *** Fato e libero arbitrio ***
Capitolo 35: *** - SEELE - ***
Capitolo 36: *** - Who i am - ***
Capitolo 37: *** - Interlude - ***
Capitolo 38: *** - Epilogo - ***



Capitolo 1
*** - Prologo - ***



Non mia; ma entro lo spazio
riemersa, in me tremi,
fatta buio ed altezza.

- Salvatore Quasimodo –


Amo il venerdì.
Lo amo soprattutto dopo le sei; orario in cui smetto di lavorare e il week end ha ufficialmente inizio.
La metrò è affollata come ogni giorno all'orario di punta, sono pigiata nel vagone come una sardina sottosale e il tizio vicino a me ha l'ascella pezzata di sudore e non esattamente profumata.
La ragazza che invece mi sta davanti, seduta sulla scomodissima panchina in legno è concentrata nella lettura di non so che libro... Un adolescente con i pantaloni poggiati sulle anche ascolta della musica dall'i-pod a volume così alto che riesco a sentirla persino io.
Ma la ragione per cui amo il venerdì è anche che a partire dal calare del sole fino al suo sorgere ho il mio meritato, sudatissimo e agognato giorno di riposo, anche per quell'altro tipo di incarico.
Questo vuol dire che posso avere una vita sociale normale.


Quando esco dalla metrò sento il tipico segnale acustico del cellulare che ha ripreso a funzionare e che ha ricevuto un messaggio.
Sorrido iniziando a fischiettare mentre faccio già mente locale su cosa indossare quella sera per il dopocena.
Dato il posto scelto dalle altre immagino che la serata sarà di quelle alcoliche. Le mie papille gustative fremono all'idea del margaridas alla fragola. Lo adoro.
Però sarà meglio che prima mangi qualcosa di sostanzioso se non voglio ritrovarmi ubriaca prima della mezza.


Il complesso che suona dal vivo è decisamente bravo. Il cantante non solo ha una bella voce, ma ha studiato bene la sua parte e mentre esegue una serie di cover degli Aerosmith cambia anche il suo look, imitando parecchio il cantante originale, anche nelle movenze.
- Certo che questo è più carino di Tyler! - dice Lena
- E' anche più giovane... - fa notare Cass mentre gioca con la cannuccia e il ghiaccio nel suo bicchiere.
- Eppure a me non dispiace, anche se ha una bocca enorme... - mi intrometto riferita a Tyler.
- Tu non fai testo! Che hai il gusto dell'orrido è risaputo! - mi prende in giro Lena.
- Stronza! - ribatto facendole la linguaccia.
Il mio cellulare vibra, lo sento chiaramente dalla tasca dei pantaloni.
- Scusate... - dico premendo il tasto di risposta e alzandomi per trovare un posto dove possa, se non altro, sentire il mio interlocutore.



- Chiama qualcun altro! - sbraito poco dopo dentro il piccolo apparecchio.
- Non me ne frega un accidente di niente!!!! E' venerdì, hai presente? Giornata libera... - insisto.
Nathaniel non si fa smuovere. A volte è quadrato come tutti gli Svizzeri e altrettanto fiscale quando si tratta di puntualità e orari.
- Sono le undici e cinquanta!!!!- strillo a mia volta iniziando ad arrabbiarmi.
Non mi piace che mi vengano date missioni che prevedono io debba saltare il mio meritato riposo, soprattutto se mancano dieci schifosi minuti al momento in cui entro ufficialmente nella fase del fuori servizio. Mi faccio appunto mentale che il prossimo venerdì dopo le dieci lo spengo quel cavolo di cellulare.
- Cosa vuol dire che sono già a casa mia!?! Chi cazzo gli ha dato l'indirizzo!?! - strillo come un'aquila mentre un paio di ragazzi mi fissano e ridacchiano.
Disconnetto la chiamata.
Altro appunto mentale, cambiare la serratura di casa in modo che Nat non possa fare il cavolo che vuole nel mio appartamento.
Cerco di ricordare se ho qualcosa fuori posto, tipo mutandine sparse per casa, piatti da lavare, bagno sporco... Non mi sovviene nulla.
Il resto della casa è in ordine. Camera mia invece è un disastro, ma non importa. Non si ricevono gli ospiti in camera da letto... O sbaglio?



Non mi stupisce trovare la luce del soggiorno accesa e non mi prendo nemmeno la briga di bussare. Quella è casa mia, ci mancherebbe altro che mi debba annunciare per entrare!
Nat è seduto a gambe accavallate sulla mia poltrona preferita, nonchè unica poltrona e già questo mi fa incazzare. E' vestito di tutto punto, con la camicia bianca inamidata e la cravatta sobria ed elegante sul vestito blu. Non una piega, persino i capelli biondi, vergognosamente lunghi fin oltre le natiche sembrano appena passati sotto le mani capaci del parrucchiere.
- Carino il look - ammicca con aria di derisione.
Ho voglia di infilargli i dodici centimetri ti tacco rosso pompiere delle mie scarpe su per l'orifizio da cui il corpo elimina sostanze solide. Ma forse potrebbe piacergli, quindi meglio evitare.
Il ragazzo seduto di fianco a lui mi osserva inarcando... E' possibile inarcare due puntini rossi? I suoi occhi verdi si fissano un po' troppo sulle mie gambe, lasciate nude dei pantaloncini che sono più simili ad una mutanda ma che non mi mettono affatto a disagio. Per il locale che stavo frequentando era molto adatto, come pure il top rosso e il giubbettino senza maniche della stessa tinta del pantaloncino di jeans.
- Vedo che hai già fatto gli onori di casa, Nat... Con chi ho il piacere di incontrarmi? - chiedo osservando il ragazzo.
- Pensavo tu già lo sapessi. Di solito ti basta uno sguardo... - ghigna il mio coordinatore. Mi prendo un momento in più e lo osservo davvero.
- Aries Glod Saint - sbuffo alla fine sedendomi sul bracciolo del divano. Non me ne frega se si vedono le mutande bianche che indosso.
Il ragazzo arrossisce ma presto i suoi occhi tornano al tatuaggio che mi si vede sulla spalla. Lo so, che affascina. Perchè è cangiante e ha in se molte sfumature di colore, dal rosso al blu e pare essere qualcosa di vivo sotto la mia pelle. In un certo senso è così.
Quel tatuaggio si incide sui noi dell'Ordine quando diventiamo ufficialmente pronti alle missioni. I Saint di Athena e delle altre divinità si conquistano un'armatura, a noi appare questa cosa. E il potere attira sempre uno o più sguardi.
- Dai Nia non essere scortese; non è il caso di iniziare con il piede sbagliato, dal momento che sarai ospite del Santuario per i prossimi tempi... - mi annuncia il fariseo.
- Quantifica il temine prossimi tempi... - sibilo socchiudendo gli occhi.
Lui sorride e fa un cenno della mano, accavallando le gambe e mettendo in mostra le fibbie lucide delle scarpe di pelle da duecento euro.
-Fa parte del tuo lavoro di osservatrice. Non puoi rifiutare. Lui ha scelto te. - dice affabile.
-Lui o tu? - ho chiesto piegando la testa di lato. Nat sapeva benissimo che era un pessimo segno quando lo facevo.
- Su mio velato suggerimento, ma tu sei una dei migliori e ad Athena serve il meglio. -
- Il vecchio ci ha messo il becco? - ho chiesto di nuovo.
Nat ha sollevato gli occhi al Cielo.
- Zeus ci ha dato il suo beneplacito e anche l'altro non ha fatto troppe storie... E' tutto a posto. Appena recuperi la valigia Mu ti teletrasporterà al Santuario. -
- Che significa recuperare la valigia? - chiedo improvvisamente accarezzata in contropelo.
- Mi sono preso la briga di preparartela io, mentre aspettavamo il tuo arrivo... Carino il tucano, è lui il preferito del mese? Credo che Kiki ci stia ancora giocando... I bambini adorano la tua stanza, forse perchè è adatta a loro... - ghigna malefico lui.
Ho voglia di spedirlo all'Inferno, ma tanto ne uscirebbe subito, quindi non vale la pena di fare tutta quella fatica.
Però se questo bambino si è addormentato nel mio letto e ha sbavato il cuscino lo friggo senza troppe cerimonie.
- Lo sai che potrei denunciarti per violazione della Privacy? Un giorno o l'altro la cambio davvero la serratura! – ringhio andando a prendere la valigia mentre in testa ho già l'idea di rifarmi il guardaroba alle spese di Nat.
Questo si che gli avrebbe fatto davvero male, più di cento pugni!
Ghigno mefistofelicamente, badando bene di dare le spalle ai due e vado a prendere l'occorrente per il mio soggiorno in Grecia.



Sorrido dolcemente all'immagine che mi si para davanti una volta entrata nella mia stanza. Kiki ha le stesse sopracciglia di Mu, ma il volto è quello rotondo dei bambini. I capelli sono rossi come il fuoco e l'espressione che ha dipinta in viso è dolce ma sa anche di piccola peste. Non sono molto portata con i bambini ma con questo credo potrei andare d'accordo per due motivi: Si è tolto le scarpe prima di salire sul mio letto e non sta sbavando.
Gli tocco delicatamente la spalla e lui apre gli occhi assonnati. Sono liquidi e scuri, non ne colgo bene il colore: potrebbero essere blu o verde scuro...
- Ciao, io sono Niane, la proprietaria del letto. - gli dico sorridendo.
Lui arrossisce e si porta una mano chiusa a pungo a sfregarsi gli occhi.
- Scusa... - biascica intontito.
- E' ora di andare a casa - gli dico prendendolo in braccio.
Merda! Pesa un sacco! E mi accorgo anche che non è tanto piccolo!
Lui mi cinge il collo con le braccia e si accoccola meglio contro la mia spalla. Sarà meglio che faccia un discorsetto ad Athena su come si allevano i futuri Saint. Se fanno tutti così all'Oscurità non ci vorrà molto per eliminare i candidati implumi. E dire che il tentativo di Saga di ammazzare la neonata Athena avrebbe dovuto insegnare loro qualcosa... Mah...



- Perdonalo! - Mu si alza in piedi di scatto e allunga le mani per riprendersi il suo accompagnatore chiamando il piccolo.
- Lascia stare, posso portarlo io... A patto che tu mi porti la valigia. - dico rivolgendo a Nat uno sguardo colmo di astio.
- Così sembri davvero una creatura sputata fuori dagli inferi... - mi sussurra il coordinatore prima di andarsene, usando per una volta tanto la porta. Generalmente sparisce in una nube di fumo che ha la stessa puzza dei cerini.



Mu dell'Ariete è un gran bel ragazzo. Sarebbe perfetto se parlasse un pochino di più.. Mi chiedo chi oltre a lui è sopravvissuto alla guerra con Hades. Ho letto qualcosa nei rapporti degli equilibri, tuttavia l'ho fatto in modo molto distratto e svogliato... Mi pare che Shaka della Vergine sia l'altro Cavaliere che aveva raggiunto l'Ottavo senso prima di discendere in Ade e che quindi abbia potuto fare ritorno... E poi diceva qualcosa circa Kanon di Gemini che a quanto pare non è in Ade ma non ha nemmeno fatto ritorno al Santuario o da Poseidon... E poi il mio intuito mi dice che almeno altri due Gold non sono in Ade... Spero che il mio compito sia davvero quello di osservare e basta, non ho voglia di fare il segugio per la cocca di Zeus e meno ancora ho voglia di affrontare uno o più Saint decaduti e corrotti.
La risata di una donna, una dea, mi echeggia in testa.
° Almeno una si diverte ° penso riconoscendo subito quell'emanazione cosmica.

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Capitolo 2
*** - Cancer - ***



Sollevo lo sguardo e sono costretta a socchiudere gli occhi.
Il fuso orario.
Da me era sera, qui è giorno pieno.
Anche con il teletrasporto non posso fregare il jet-lag. Che sfiga.
Però si spiega perché Mu si sia portato dietro l’allievo nonostante la giovane età. Da questa parte del mondo è solo pomeriggio.
Fa un caldo infame, di quelli appiccicaticci, che ti pare di avere colla sulla pelle anziché crema idratante.
Mu osserva per qualche secondo la mia tenuta. Non dice nulla ma percepisco chiaramente che la ritiene inadatta al Santuario. Sicuramente ha ragione, ma nessuno mi ha dato troppo tempo. Né per fare le valigie, né per cambiarmi d’abito.
- Vieni, abbiamo un po’ di tempo prima che Athena ci riceva. – mi dice gentile. Noto con piacere che almeno non usa il lei. Lo odio. Mi fa sentire vecchia.
- Perfetto! – approvo decidendomi a posare a terra Kiki. Lui non dice nulla ed io so che è più che soddisfatto di aver potuto approfittare un po’ per non studiare e non fare i compiti. D’altra parte non posso certo dire di non essere mai stata nella sua stessa situazione. Ho un legame di amore e odio con i libri… Molto più di odio per la verità.
Gli appartamenti che Athena ha messo a disposizione all’Ariete sono grandi, spaziosi e con rifiniture di lusso. Quasi quasi mi vendo alla Dea. Quello che hanno messo a disposizione a me è una mansarda, con la tappezzeria che si stacca e il bagno che fa muffa. Per renderlo decente ci ho investito un po’ di soldi e tanto olio di gomito. Per quasi un anno, nel mio tempo libero diventavo il piccolo muratore felice. E’ per questo che nonostante la mia privacy sia zero, considerando che Nat ha le chiavi e fa di casa mia quello che vuole, non lo lascio. E poi, il fatto che lui paghi tutte le spese mi fa comodo. La divinità che servo non è generosa con il suo stipendio e l’altro lavoro, quello di consulente immobiliare non è che mi faccia navigare nell’oro.
Osservo la vasca da bagno che sarebbe meglio chiamare piscina chiedendomi quanto sia costata dato che non solo è stata scavata nel pavimento, con tanto di comodi gradini per immergersi, ma è persino abbellita da statue che a giudicare dalla manifattura non sono certo calchi di gesso o lavori di artisti di poco talento.
C’è chi può e chi non può. Io sono sempre dalla parte di quelli che non possono.
Cerco di ricordare se ci sia qualche usanza particolare nel fare il bagno. Mi sovviene solo che sono i giapponesi che non saltano nella vasca tutti insaponati ma si lavano fuori, per poi immergersi e rilassarsi.
Ad ogni modo scarto l’idea di gettarmi in piscina. Non vorrei addormentarmici dentro e finire con l’annegare. Bella figura di cacca, ci farei! Meglio una doccia e perdere il resto del tempo a disposizione per farmi piacere uno degli abiti che Nat avrà messo nella mia valigia.
Il suo concetto di eleganza classica è da brivido. Letteralmente. E so che vuole che io mi metta in maschera per impressionare la Kido. Dopotutto è una specie di gioco rituale. Un gioco di cui a me non frega un tubo, ma anche questo fa parte del contratto che ho stipulato. A volte devo proprio dirlo: merda!



L’ancella guarda trasognata il contenuto della mia valigia. Vorrei dirle di pigliarsi tutto e trovarmi un paio di jeans e una maglietta, magari di quelle un po’ trasgressive che portano i metallari, ma non lo faccio. Nat sarebbe capace di scorticarmi viva se faccio fare brutta figura all’Ordine. Ho già detto che odio il mio coordinatore? Bhe, lo ribadisco.
Osservo il vestito che sarebbe più adatto ad una sfilata in abiti d’epoca che non ad una riunione con Athena e lo scarto a priori. La caramella incartata non ci tengo a farla in nessuna occasione, meno ancora quando ci sono trenta gradi all’ombra.
Il secondo è un insieme di veli dalle diverse tonalità del grigio che non ho idea da che parte vadano presi per essere indossati. Grazie ma non ci tengo nemmeno a passare per la regina di Saba.
Il terzo tentativo mi fa arrossire fino alla radice dei capelli, che per fortuna non possono cambiare colore se non con una bella tinta. Il gonnellino di pelle e borchie, il corpetto di cuoio con il rinforzo sul seno, mi mancano solo gli stivali inguinali e le frusta per sembrare la cattiva ragazza di Play Boy. Lo indosserei solo per fare pigliare un colpo alla Kido, ma dato che non posso spostarmi per il Santuario sperando di non incrociare nessuno o accecare tutti quelli che incontro e, la controparte sarebbe di vergognarsi per mesi, decido di lasciare perdere.
Finalmente trovo qualcosa che sia indossabile.
Non è ciò che mi sarei scelta, ma è il meno peggio.
La camicetta bianca senza maniche è piuttosto trasparente ma il vistoso gibeau sul davanti copre abbastanza il reggiseno e quello che regge. Non sono messa male ed è per questo che preferisco evitare di esporre la mercanzia, perché non è carino parlare con qualcuno che non ti guarda quasi mai in faccia ma solo trenta centimetri più sotto. E i Saint sono tutti maschi.
Per un momento mi chiedo se devo indossare la maschera che portano tutte le sacerdotesse ma decido che non è il caso: non sono una servitrice di Athena. Non aspiro al ruolo di Saint, quale che sia l’armatura da indossare: bronzo, argento o oro a me non interessa.
Infilo l’ampia gonna nera che arriva fino a terra e contiene abbastanza tessuto da farci due lenzuola per un letto matrimoniale. Nat non ha badato a spese a quanto pare… Mi chiedo se si sia già trattenuto parte del mio stipendio e se ha fatto emettere la fattura di questi acquisti direttamente al Santuario. Di sicuro ha già trovato il modo per non essere lui quello che apre il portafoglio, perché tra lo sborsare dei soldi extra e il farsi amputare un arto sono cortissima che il mio coordinatore sceglierebbe l’ultima soluzione. A volte sono quasi persuasa che lui serva il Dio Denaro e null’altro. Per intenderci, l’ultima volta che abbiamo bevuto un caffè insieme è stata la sottoscritta a pagare perché al momento di andare in cassa lui s’è defilato con la scusa di recuperare la macchina parcheggiata lontano. E’ raro, ma Nathaniel ha la capacità di lasciarmi senza parole. Più spesso di quello che vorrei.



Sorrido a Mu e lui ricambia il gesto.
Non indossa l’armatura d’oro, il che mi lascia presupporre che sia una riunione meno formale di quello che mi ero aspettata, ma osservandolo meglio realizzo che anche se non è insignito della sua carica, l’abbigliamento è comunque elegante e formale.
- Bella scarpinata – riconosco osservando le scale che portano ai dodici templi successivi e pensando che sotto quel sole battente non sarà un piacere affrontare. Bhè almeno mi si rassoderanno i glutei… Vorrei dire che non ne ho bisogno ma si sa che a noi femmine il nostro aspetto fisico non piace mai completamente.
- E’ la Regola, non si possono prendere scorciatoie. – mi informa Mu.
- Allora andiamo. – accetto.
Per la verità non ne volevo prendere, salire alla Tredicesima passando da tutte le case mi permette di sondare il terreno e iniziare a fare le mie debite valutazioni che Nat di sicuro mi chiederà quanto prima.
L’Ariete è gentile ma riservato. Saliamo pressoché in silenzio; lui non spiega, io non chiedo.
La maggior parte dei templi che abbiamo attraversato sono incustoditi e in fase di restauro e ristrutturazione. La guerra con Hades ha fatto i suoi bei danni, posso solo constatare. Ma non è che l’Ade se la passi meglio. La mia ultima visita me lo ha mostrato ancora più desolato del solito.
Proserpina porta ancora il lutto e non ha tutta questa fretta di ricostruire, quasi non volesse prendersi la responsabilità di fare la regina dei morti. In effetti non piacerebbe nemmeno a me ricoprire quella carica, ma il destino non ce lo scegliamo, ci si incolla addosso alla nascita, come un francobollo con tanto di timbro postale.
Sono davanti all’incarnazione di Athena. Ma non mi sento in soggezione o intimorita dalla vastità del suo cosmo. E’ indubbiamente di origine divina, tuttavia non è come quello delle altre divinità. Dipenderà dal fatto che la Dea, incarnazione dopo incarnazione è divenuta più umana? Non lo so e per il momento non è mio compito appurarlo.
Osservo i suoi capelli violetti, fin troppo lunghi per non stonare sul quel corpo esile. L’abito candido ricorda un po’ i pepli greci e un po’ gli stilisti moderni. Lo scettro di Nike è saldamente tenuto dalla mano piccola e delicata, con le unghie perfettamente curate. Anche il viso, giovane e fresco è abilmente truccato come si addice ad una ragazza. Gli occhi sono azzurri, ma di un colore così intenso e brillante che si intuisce immediatamente non siano del tutto umani. Nel suo insieme è carina, ma nulla di speciale e se esercita del carisma, su di me non sta funzionando.
- Niane Kyle Barber – mi presento accennando un inchino.
Mu ha già il ginocchio posato a terra e il capo chino.
- Saori Kido – risponde lei sottintendendo che il suo ruolo non ha bisogno di presentazioni. Bhe, nemmeno il mio ne ha! Il tatuaggio è bello in mostra e nessuna divinità che si faccia chiamare tale potrebbe non riconoscerlo.
- Il divino Zeus mi ha informata circa la sua venuta. Si consideri nostra ospite, faremo del nostro meglio per metterla a proprio agio e tutti quanti saranno a sua disposizione per qualsiasi necessità. Anche io stessa, compatibilmente con i miei impegni… - esordisce impersonale.
So che lei non è contenta di avermi al Santuario più di quanto io non lo sia di essere qui.
- La ringrazio per la disponibilità e la collaborazione. Spero di concludere il mio compito in breve tempo. Cercherò di essere discreta e di passare il più inosservata possibile… - riconosco.
- Per il suo alloggio invece… Non posso ospitarla alla Tredicesima, ma sono certa che alla Terza, si troverà benissimo. Il suo custode è uno dei migliori Saint al mio servizio. –
Vorrei chiedere se mi è capitato il gemello bastardo ma sano di mente, alias Kanon o l’altro disturbato, alias Saga, e nel caso di quest’ultimo con quale delle due personalità dovrei avere a che fare ma mi mordo la lingua.
- Confido nella saggezza delle sue scelte – rispondo con un sorriso falso come una banconota da mille euro. E gioisco nel constatare che lei lo sa!
Le cose importanti sono state dette, il resto sono formalità.
In sostanza al Santuario non mi ci vorrebbero, e non si fidano di me, quindi mi tengono lontana da Athena e mi affibbiano ad un Saint che mi faccia da cane da guardia. Non è che mi aspettassi molto di diverso, ma almeno una presentazione ufficiale a tutti i Saint. A quanto pare invece le cose già state fatte all’interno del Santuario e la mia presenza non era rilevante.
Mi sento un po’ seccata ma d’altra parte, la mia venuta al Santuario è paragonabile ad un Controllo Fiscale in un’azienda. Io sono una grossa rogna.



- Quanti di voi Gold sono sopravvissuti ad Hades? – mi decido a chiedere a Mu mentre mi sta accompagnando al campo di addestramento dove il Saint dei Gemelli sta dando lezione agli allievi. - Tre di noi. Io, Shaka della Vergine e Kanon dei Gemelli. – mi dice.
Quindi le mie informazioni sono vecchie. Il gemello bastardo ha fatto ritorno al Santuario, ovunque fosse stato spedito durante il suo ritorno dall’Ade. E sarà con lui che avrò a che fare.
Alzo le braccia al cielo, stiracchiandomi. Potrebbe anche essere interessante.
- I Cinque Bronze più famosi della storia non vestiranno quindi Cloth dorati ma si terranno le armature divine, dico bene? – chiedo di nuovo.
- Così desidera Athena. Essi sono la sua personale guardia del corpo… - mi informa Mu pacatamente. Se la cosa abbia destato il lui sorpresa o delusione o anche solo perplessità non lo lascia trasparire. Non sarà facile leggere il cuore di questo Saint. D’altro canto non è che mi fossi aspettata qualcosa di diverso.
Vorrei fare domande su Shaka ma a questo punto sarebbe inutile. Mu non mi direbbe nulla di più di quello che già conosco, e probabilmente non sarebbe troppo meno di quello che lui stesso sa. Shaka non è noto per la loquacità e per il cameratismo.
Il mio lavoro al Santuario potrebbe essere più ostico, e conseguentemente più lungo di quello che pensassi.
Per Kanon non ho fretta. Valuterò da sola fra poco.



Figo.
Molto figo.
Fin troppo figo.
Osservo quello che so essere il Gold che mi da le spalle.
I capelli scuri, meno dei miei che sono completamente e assolutamente neri, sono raccolti in una coda bassa e disordinata. Le spalle sono ampie e possenti, la vita stretta, le gamba fasciate da pantaloni neri mostrano una muscolatura proporzionata secondo i dettami del classicismo. Il torso nudo mostra delle cicatrici che lo rendono solo più virile.
Il naso è dritto, la mascella decisa e gli occhi… Magnetici.
Tutto in lui grida che è uomo e uomo pericoloso.
Il suo stesso naturale atteggiamento lo fa inquadrare immediatamente nella categoria degli stronzi e bastardi, o bastardi & stronzi che tanto è uguale.
L’occhiata sdegnosa di cui mi degna mi elettrizza. Conquistare questo uomo sarebbe una sfida che mi incendierebbe il sangue. Ma non sono qui per questo genere di giochetti, anche se so perfettamente che se si dovesse presentare l’occasione di portarmelo a letto non ci sputerei sopra. Il sesso è una gran bella cosa, se consensuale. E’ liberatorio, appagante e non lascia strascichi.
L’amore invece è una merda: è solo un modo diverso per sanguinare.



Sto completando una serie di difficili e intricati calcoli astrali. Sono molto concentrata nel mio compito, anche se giaccio mezza svaccata sul divano della terza e Kanon, fregandosene del fatto che io sia donna, gironzola in pantaloncini di jeans sfilacciati e strappati che mi permettono di sapere che indossa boxer neri; il resto del corpo è ancora mezzo umido di doccia. In effetti è stato in bagno per quasi un’ora. Peggio di una donna oserei dire, ma quando è rientrato dal campo di addestramento era davvero sporco, di sudore e terra.
Fossi un altro genere di ragazza avrei il naso sanguinate da un pezzo. D’altro canto anche per lui ho la stessa valenza del cuscino bianco che schiaccia quando si lascia cadere in poltrona e mette i piedi sul tavolino, stappando una bottiglietta di birra con i denti. Birra a stomaco vuoto. O vuole ubriacarsi, o vuole ammazzare il suo fegato o semplicemente ha sete e non gliene frega un tubo del resto.
- Siccome nessuno mi ha detto nulla su come funzionano qui le cose, ho cucinato qualcosa. Ti ho aspettato per cenare, ma se preferisci farlo da solo non mi offendo. Io ne ho ancora per un po’ con questa roba. – gli dico senza nemmeno alzare lo sguardo dai conteggi.
Prima che lui risponda mi alzo di scatto, imprecando.
Allargo la mappa stellare sul tavolino di cristallo, sfiorando con l’angolo del foglio i suoi piedi e punto il compasso, tracciando delle tacche ben precise che si intersecano con precisione millimetrica.
- Ne sta tornando un altro! – Lancio uno sguardo all’orologio – Fra dieci minuti… Cazzo! –
- Mollo quello che sto facendo e mi dirigo di corsa verso la porta.
Kanon posa la bottiglietta di birra e mi inchioda con il peso del suo sguardo.
- Che c’è? – chiedo a quel punto smarrita.
- Esci così? – mi domanda lui, come se fossi una ritardata mentale.
Mi stringo nelle spalle. Sono coperta quanto basta… Almeno credo…
Lui sbuffa e si alza dalla sedia, afferra una maglietta nera con lo scollo a V se la infila mentre mi precede sulla porta. A quanto pare verrà con me.
Faccio spallucce chiedendomi di nuovo cosa non va nel mio abbigliamento. Indosso il classico completo short e top che uno mette quando va in palestra… Forse è il fatto che sono scalza… ma se appena appena posso preferisco il contatto con la terra.
Corro su per le scalinate che dalla Terza portano alla Quarta.
Esito un attimo prima di entrare nel Tempio, rivolgendo lo sguardo al cielo e individuando quello che mi interessa.
Al mio fianco Kanon è un po’ ansante ma non dice nulla.
Entro nella Quarta, mi muovo tracciando il percorso immaginario e mi fermo davanti ad un muro, su cui ancora si vedono sia i segni della battaglia che dei volti.
Uno di essi si muove e non è per effetto della debole luce o di qualche riflesso. Lo so.
Poco dopo il volto si delinea meglio e compare anche una mano.
Kanon fa un passo indietro e si mette sulla difensiva.
- Non è nemico del Santuario. Non più di quanto lo sia stato in passato. – gli annuncio osservandolo con la coda dell’occhio.
Sposto rapidamente lo sguardo. Non mi piace che la gente fissi troppo a lungo i miei occhi, ma di solito non c’è bisogno che usi particolari accortezze, sono pochi quelli che mi fissano a lungo. Il Natsume ( che significa Sguardo sugli Inferi) che alberga in fondo al loro nocciola aureo è scoraggiante di per se stesso.
Intanto la figura tenta di emergere dal muro; protende mani e braccia, tutto il suo corpo è in tensione e pare che il muro stesso si avvolga introno alla figura per non lasciarlo libero e per scolpire quel corpo nella sua dura pietra. Ma io so che quel Saint ne verrà fuori.
E’ un discorso di equilibrio. Sono tornati due Saint che appartengono alla Luce. Ne devono tornare due che appartengono al Buio. E immagino che se è tornato Kanon, che ha natura mista, lo dovrebbe fare anche Saga.
Dopo verificherò sulla tabella astrale. Il che significa almeno una nottata a fare conti. Mai una volta che il mio lavoro venga semplificato, tsk!
D’altro canto Hades non governa più il transito delle anime, e Proserpina non fa il suo lavoro. Così tocca noi assicurarci che i demoni non escano in massa, ma sempre in giusta proporzione. E’ un lavoro di palta. Perché non importa se il redivivo è buono o cattivo, se non è il suo momento va eliminato punto e basta.
E adesso c’è quest’ulteriore scocciatura: stanno tornando anime in corpi già adulti, quindi la loro eliminazione è più difficile. Insomma un neonato si elimina con più discrezione… Sono un mostro? E chi ha mai detto di non esserlo?
Se Athena non mi vorrebbe al Santuario non è che non abbia le sue ragioni. Ma anche io ho le mie, o meglio l’Ordine le ha. Ed io, in questo momento sono l’Ordine.
Il tatuaggio continua ad essere cangiante come se avesse vita propria. Quando il blu predomina in esso significa che sono l’ Assistenza. Quando è cangiante vuol dire che sono l’Osservatice, se diventa prevalentemente rosso significa che divento l’Assassino
Il muro esplode e ai miei piedi crolla la figura nuda di un uomo che tossisce e si rannicchia in posizione fetale.
Mi chino su di lui e cerco di sollevarlo. Kanon mi aiuta a metterlo se non altro seduto. Sento sotto le mani gli spasmi e le contrazioni dei muscoli di Death Mask di Cancer.
- Respira – gli suggerisco, ma lui è troppo impegnato a tossire.
Pare abbia in gola sostanze strane che non dovrebbero essere contenute in un corpo umano.
Gli picchio sulla schiena, a mano aperta, ripetendo
- Respira. – il suo volto è paonazzo, le vene del collo e delle tempie gonfie.
Se non respira ci lascerà di nuovo la pelle. I polmoni devono re-imparare a funzionare da soli, ma se lui non li usa…
Gurado solo per conferma il mio tatuaggio.
Blu, azzurro, turchese…
Death Mask è albino. Ha i capelli candidi, piuttosto indomabili per la verità e gli occhi rossi, li vedo chiaramente quando li spalanca in volto prima di contrarre tutto il corpo e irrigidirsi. Se non fosse stato per i riflessi di Kanon mi sarebbe caduto a terra.
- Tsk! – sbuffo afferrando di malagrazia il volto del Saint e incollando le mie labbra alle sue, mentre soffio una generosa quantità d’aria nella sua bocca. °Non sto baciando un uomo, sto gonfiando un palloncino° mi ripeto per placare la vergogna assoluta che sta minacciando di divorarmi. Ma esitare un altro secondo avrebbe significato perderlo. E fare incazzare tremendamente Nathaniel.
Lungi da me tale proposito, e non solo perché è quello che mi paga lo stipendio.
Mi stacco per prendere nuova aria e mentre sto per unire di nuovo le mie labbra con quelle di Cancer una mano mi ferma.
- Sta respirando – mi avvisa Kanon.
Due occhi di rubino fissano un po’ smarriti, poi un ghigno compare sulla bocca arrogante dell’uomo.
- Sta minchia, un bel risveglio… Vuoi approfittarne ancora? Per stavolta sono gratis. – mi chiede leccandosi le labbra e allungando una mano sulla mia natica.
Guardo Kanon allibita.
- Con quella roba che indossi mi stupisce non ti abbiano già stuprata… - fa notare Kanon con un ghigno.
Poco dopo due Saint d’Athena si stano massaggiando il bernoccolo che il cozzare delle loro teste a mia opera gli ha indiscussamente procurato.

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Capitolo 3
*** - Scorpio - ***



Saprai la natura eterea e delle stelle nell'etra tutti
i segni e della pura lucida face del sole
le opere annientanti, e donde provennero-

- Parmenide – Sulla Natura



Sollevo la testa dal piatto quando sento una presenza immobile e piuttosto minacciosa provenire dalla porta alla mia sinistra.
Kanon mi fissa come se volesse ammazzarmi, e credo che se questo non causasse un incidente diplomatico il suo diverrebbe più di un semplice desiderio. Ma il santo dei Gemelli non può sgarrare, lo sa bene. Non gli resta che farsi minaccioso e offensivo. Non che sia poi così facile offendere me; anche questo fa parte del ruolo che ricopro. Spesso mi hanno insultato con tali epiteti che non credevo nemmeno si potessero concepire. Riconosco ai loro ideatori una spiccata e arguta fantasia. Chissà se Kanon farà di meglio?
- Vedo che alla fine ti sei arrangiata con la cena – osserva brusco.
- Ho molto lavoro da fare. Vuoi che ti scaldi la tua parte? – chiedo prendendo la bottiglietta di birra e bevendone un sorso. Lui inarca un sopracciglio.
- Avrei preferito restassi a finire quello che hai iniziato, anziché delegare a me il compito. –
- Per la verità non c’era altro da fare. Death Mask è tornato alla vita come doveva essere, cosa volesse fare poi non è affar mio. – ammetto.
- Allora perché…? – la sua domanda si interrompe bruscamente.
- Portarlo da questa parte della linea era il mio compito, trattenervelo no di certo. – lo informo con scarso entusiasmo.
In effetti, a ben pensarci non devo nessuna spiegazione al Saint d’Athena, tuttavia non sono pentita della mia risposta. Forse ritengo che Kanon abbia diritto di sapere? Sarebbe una sciocchezza e una perdita di imparzialità che non mi posso permettere.
Lui sposta la sedia e prende posto davanti a me. Osserva quello che ho nel piatto con aria critica ma io non faccio altro che portarmi una forchettata di cibo alla bocca e masticare. Se pensa di mettermi a disagio osservandomi mangiare è fuori strada. Ho baciato uno che non avevo nemmeno mai visto, non può davvero credere che mi senta intimorita dai suoi occhi verdemare. Sarebbe stupido e Kanon è tutto tranne che stupido.
- Se vuoi della parmigiana scaldala, altrimenti me la mangio io domani. E adesso, scusami. – dico quando ho finito di mangiare.
Porto le stoviglie al lavandino e apro l’acqua, intenzionata a lasciare le cose che ho usato esattamente come le ho trovare, ovvero pulite!
Lo sento muoversi alle mie spalle e la tentazione è più forte: lo cerco con la coda dell’occhio.
Kanon ha tra le mani la pirofila e il naso freme sopra il suo contenuto. Le labbra si piegano ad un sorrisetto soddisfatto e girando sui tacchi se ne torna al tavolo.
°Non voglio crederci… Ma fa sul serio?!?Ok che ho grigliato le melanzane anziché friggerle, però…° mi domando non appena realizzo che il Saint ha intenzione di mangiare direttamente dalla pirofila. Non è tanto per il gesto non esattamente da re del Bon – ton ma per il fatto che quella è una porzione da pachiderma!!!!



Quando apro la mappa stellare ho ancora davanti agli occhi l’immagine del mio ospite che lavora di ganasce con aria pienamente soddisfatta.
- Buone – riconosce quando sono sull’uscio, già con la mente proiettata al mio immediato futuro.
- Grazie – rispondo prima di farmi avvolgere dal buio del corridoio. Ormai è scesa la notte e a me aspettano ancora ore e ore di calcoli complicati.
Il mio sguardo torna alla mappa e tamburello le dita fra la costellazione dell’Ofiuco e quella dello Scorpione. C’è qualcosa che attira le mie dita proprio in quel punto, ma non sono solita dare credito alle sensazioni. Non sarebbe un atteggiamento consono ad una dell’Ordine, quindi ho smesso molto tempo fa di essere istintiva, in favore di scelte ponderate e calcolate. Tuttavia da quando sono al Santuario è come se una parte di me fosse stufa di essere segregata dalla ragione e tentasse di emergere. E’ una sciocchezza: non posso cambiare quello che sono. Appartenere all’Ordine non è davvero una scelta. Intendo dire, che nessuno è obbligato a militare nelle sue fila e in effetti per entrarvi si stipula un normale contratto giuridico… Come l’acquisto di una casa o un contratto di lavoro… Tuttavia quando appare il tatuaggio prendi davvero consapevolezza di chi sei e cosa devi fare. E’ per questa ragione che nessuno abbandona più le fila dell’Ordine e il tradimento o l’abdicazione non sono mai presi in considerazione… Insomma non puoi rinnegare te stesso, nemmeno se hai un rapporto conflittuale con la tua coscienza o il tuo corpo.
Mi accorgo della divagazione e quindi torno a concentrarmi sulla mappa che ho davanti.
Ofiuco e Scorpione… Cosa li lega? E perché ho pensato ad un legame? Non è molto sensato… Tuttavia se cambiassi prospettiva e non pensassi alla loro valenza astrale, ma a qualcuno che è stato scelto dalle costellazioni?
Shaina e Milo… Ok, stavo pensando cazzate. Impossibile che quei due abbiano un qualsiasi tipo di legame. Shaina sono anni che si rende ridicola correndo dietro a Seiya che non vede che Athena o la Kido, non mi è mai interessato indagare a fondo e Milo… Bhè la sua fama di amatore ha di certo varcato i confini del Santuario, senza contare che lui appartiene ai defunti, quindi non vedo proprio che razza di legame ci potrebbe essere fra quei due. Devo piantarla con queste cose e lavorare con più serietà e diligenza.
E’ il bussare alla porta, non troppo delicato per la verità, ma abbastanza educato che mi strappa dalla mia opera.
Kanon mi fissa dall’uscio con in mano due tazze di… Caffè.
- Ho immaginato non dormissi ancora… Vuoi? – chiede allungando quella di destra.
- Volentieri. Ne ho ancora per un po’ ma una pausa mi serve proprio – riconosco. E vorrei chiedergli perché lui non dorme, ma non sono così indiscreta.
- Spero di non averti disturbato… Non mi pareva di fare troppo rumore. – ammetto. So che ho il bruttissimo vizio di canticchiare mentre sono concentrata in qualcosa ma non mi pareva di farlo a voce troppo alta. E’ vero che abitando da sola ho un po’ dimenticato come si convive… Anche se Nat è peggio di una tassa. Mi fa visita in media ogni due giorni e la maggior parte delle volte non è per cortesia.



Mi trascino fino al letto che mi hanno assegnato e mi ci lascio cadere a peso morto. Ho un sonno mostruoso e fuori già il Cielo si sta rischiarando... L’avevo detto che il jet-lag me l’avrebbe fatta pagare… Non avevo per nulla sonno fino alle cinque della mattina, poi BAM! Come un botta in piena fronte tutta la stanchezza mi è piombata addosso. So che non metterò il naso fuori prima di mezzogiorno e che anche in quel frangente potrei fare concorrenza ad uno zombie. Per fortuna ho più di quindici ore prima che qualcun altro decida di tornare dall’Ade e mi sa che questo Saint avrà bisogno di una mano molto, molto particolare… Le labbra si distendono ad un piccolo ghigno mentre sprofondo nel cuscino.
Apro gli occhi rizzandomi a sedere di scatto.
Seduto sulla modesta scrivania che la camera possiede c’è Nat.
Ha fra le braccia il mio Tucano, lo stesso che si era spupazzato Kiki il giorno che lui e Mu sono venuti a prendermi. Gli sta agitando le piccole e tozze ali e sul suo viso simile a quello di una bambola di finissima porcellana lui continua a fissarmi con un sorriso che mi gela il sangue nelle vene.
- A cosa devo l’onore? – chiedo allontanando le lenzuola con un gesto brusco che tradisce la mia irritazione.
- Buongiorno e bensvegliata, cara! – mi saluta lui senza perdere quel sorriso falsissimo.
Vorrei rispondere che era un buon giorno prima che vedessi lui ma non è il caso di pisciare controvento. Dopotutto è Nat che mi paga, anche se mai con soldi suoi.
- Si, buongiorno… Che ore sono? – chiedo lanciando finalmente uno sguardo all’orologio.
- E’ la una, tranquilla… Non è così tardi. Vedo che non hai perso le cattive abitudini, eh Nia? – appunta lui.
- Ti riferisci al fatto che sono andata a letto vestita, per caso? – chiedo con un sorriso ingannatore come un’assolata mattina di dicembre.
- Non solo a quello. Dovresti davvero badare di più all’etichetta. E dire che te ne ho dati di begli abiti da indossare… -
- Oh, sono uno più bello dell’altro! Quando mi è passata la voglia di mettermene due per volta, uno sopra l’altro mi è venuta la preoccupazione di poterli rovinare, quindi in casa giro comoda. –
- Davvero? O è una scelta dettata dal fatto che dividi la casa di Kanon di Gemini? – chiede lui malizioso.
- Non afferro… - ribatto. Credo che se davvero volessi non sarebbe così impossibile portarmi a letto il Saint senza nemmeno ricorrere troppo agli insulsi stratagemmi femminili della biancheria sexy e delle vestaglie ancora più indecenti che Nat mi ha messo in valigia. Sono pochi gli uomini che rifiutano una notte di sesso senza complicazioni, indipendentemente che la donna sia bella o meno.
- Stai attenta. Lo sai che i gemelli sono una minaccia per te. – mi ricorda il mio capo con aria di chi la sa lunga.
- Fesserie. Non credo a quelle cose. Una profezia emessa ancora prima della mia nascita che valore vuoi che abbia? – ribatto sbuffando.
- Mah, le profezie si avverano per loro stessa natura, lo hai studiato, no? – ironizza lui.
- Ok, allora condividerò la sofferenza di una pena non mia e mi troverò con cuore trafitto e sanguinante da una lama invisibile. – ribatto con il tono di chi non crede per nulla in quello che ha appena detto.
Nat ridacchia e mi si avvicina.
I suoi occhi azzurri sono inquietanti, con il contorno dell’iride dello stesso colore del sangue, ma io ho smesso di temerli da tanto tempo. Dopotutto so che lui è un mezzo demone e l’ho saputo dalla prima volta che l’ho visto, ma questo non mi ha impedito di tenermelo come capo. A parte l’avidità non è così male… Poteva capitarmi di peggio.
- Allora il prossimo a tornare sarà Saga? Lo hai già detto a Kanon? – chiede Nat con un ghigno.
- Sai che non sarà Saga, ma Milo. E a Kanon non ho detto nulla; fino a che non chiede non ha senso esporsi troppo. –
- Però sai che tornerà anche Saga, ho visto i tuoi calcoli. – ammette lui tranquillo.
- E’ una possibilità. Piuttosto alta invero, ma non è ancora certezza lo sai. E’ inutile che tenti di farmi commettere un passo falso. Faccio solo il mio dovere e lo farò fino a che ce ne sarà bisogno. –
- Tuttavia se lui tornasse… Non credo che abbia possibilità di restare in questo mondo. La sua personalità borderline non permette di assegnarlo alle tenebre o alla luce e gli esseri ambivalenti non sono ammessi in questa particolare situazione. Non possiamo commettere leggerezze o errori. – appunta Nat con voce serissima.
- Vuoi insegnarmi il mestiere, Nat? – chiedo con un ghigno mentre senza badare a lui prelevo la biancheria intima e il cambio d’abiti dalla valigia. Per fortuna qualche capo decente è ancora reperibile. So già che al mio ritorno ci sarà solo un po’ di puzzolente zolfo sul tappeto dove all’impiedi, Nat mi stava facendo la ramanzina.



Il Santuario è caldo nel soffio del meriggio, ma tuttavia l’aria che si respira è serena e pacifica. Mi dedico all’esplorazione certa che se dovessi violare qualche taboo ci sarà sicuramente chi mi rimetterebbe a posto.
Nel mio girovagare mi ritrovo davanti al cancello di ferro battuto che delimita il luogo dell’eterno riposo dei Saint. Ed io che credevo fossero tutti seppelliti dentro Star Hill…
Due Sacerdotesse stanno uscendo in quel momento e mi vedono.
- Buongiorno… - saluto educata.
- Chi sei…? Oh, Niane Kyle Barber, immagino – risponde quella col fisico più bello e la maschera d’argento più aggressiva.
- La mia fama mi precede? – ironizzo.
- La divina Athena ci ha informati circa la sua permanenza qui. Possiamo esserle d’aiuto? – chiede quella dai capelli rossi in modo molto più gentile ma per me un po’ irritante dal momento che sta usando il lei e che mi fa sentire vecchia.
- Per la verità si. Potreste venire con me per… Qualche attimo? – chiedo tranquilla.
Loro due si lanciano uno sguardo poi annuiscono.
Durante il tragitto abbiamo fatto le presentazioni, ma per me sono solo formalità, conosco ogni nome di ogni singolo abitante del Santuario e so perfettamente cosa hanno fatto nell’arco delle loro esistenze. Ma ammetterlo mi farebbe passare ancora per più indesiderata, quindi posso fingere di non sapere.
Pochi minuti dopo siamo in spiaggia.
- Quindi? – chiede Shaina con impazienza.
- Un attimo di pazienza… - sorrido.
Ad un tratto la luce del sole cambia. Ecco, è il momento.
Marin soffoca un gemito nella gola, l’Ofiuco si mette in posizione di attacco, con le unghie laccate di viola in bella mostra di se stesse e minacciose. La sabbia ai nostri piedi sembra pietrificarsi o comunque cambiare di consistenza. Poco dopo una mano emerge da essa, poi scompare e la forma, impressa nella sabbia sparisce.
- Che succede!? Ci stanno attaccando?!– chiede di nuovo Marin, agitata.
- Non percepisco alcun cosmo! Che fenomeno è mai questo?! E’ opera tua!? – indaga Shaina.
- No, non mia. – lancio uno sguardo al tatuaggio. Cangiante. Come immaginavo per questa volta sono chiamata a fare da semplice spettatrice. Dalla sabbia prende forma un volto, ma è troppo distorto per essere riconoscibile. Marin si mette in posizione d’attacco ma… La figura emerge dietro a Shaina e l’afferra.
Braccia di sabbia stringono la sua vita sottile.
Lei scatta in avanti, come per tentare di liberarsi, gesto istintivo che aiuta la figura a emergere fin quasi alla coscia.
La mano della ragazza colpisce ripetutamente le braccia che l’avvinghiano e la sabbia si infrange, mostrando che sotto di essa vi è della pelle.
- Che diavolo è!? – strilla Marin colpendo con una serie di calci la schiena dell’aggressore.
- Io la smetterei di bistrattarlo così… E’ già abbastanza traumatico quello che sta vivendo - le suggerisco mezza divertita.
- Fa male! – protesta a quel punto la voce di un uomo, seguita poi dall’emanazione del cosmo di un Gold Saint.
- Milo, Scorpio Gold Saint! – strillano le due ragazze aiutandolo a liberarsi della prigione di sabbia. E pensare che fino a poco tempo prima lo stavano riempiendo di botte!!!!
E anche questa è andata. Ho solo voglia i tornare alla terza e infilarmi sotto la doccia. Sono certa che il prossimo ritorno dall’Ade non sarà tanto semplice da gestire.
° Oh, ma ti aspetta di peggio! Sono così impaziente di vedere come gestirai la faccenda… E ricorda, che lui non deve assolutamente morire fino a che non avrà fatto quello che deve!° ridacchia allegra la divinità che ogni tanto si diverte a parlare nella mia testa.
A questo punto, non mi resta che sperare che lui non torni. Ma se la mia Signora ha dato quell’ordine ormai è certezza che quello farà ritorno dall’Ade. Com’è che si dice? Chi visse sperando, morì cagando?

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Capitolo 4
*** - E' mio fratello - ***



E dimmi, uomo spaccato sulla croce,
e tu dalle mani grosse di sangue,
come risponderò a quelli che domandano?
Ora, ora: prima che altro silenzio
entri negli occhi, prima che altro vento
salga e altra ruggine fiorisca.

- Salvatore Quasimodo - Colore di pioggia e di ferro.



Con aria crucciata osservo di nuovo i calcoli astrali che avevo fatto. Non sono sbagliati, di questo ormai ne ho certezza. Quindi devo prendere le parole della dea che servo come vaticino, perché la matematica si sa, non è un opinione e la statistica nemmeno: ma entrambe non danno certezza in questo caso. Con quegli strumenti, i soli che noi possiamo usare con piena fiducia, il risultato non poteva essere quello rivelatomi.
Anche Nat, portavoce della controparte non sempre amica, mi aveva detto qualcosa che non avrebbe dovuto dirmi.
Constatato che luce e buio non erano concordi su questa nuova rinascita il mio caso poteva ridursi a solo due possibilità:
- le alte sfere di ambo le parti cercavano di fregarsi a vicenda, come facevano da millenni e spetta a me sbolognare la patata bollente o…
- lassù e laggiù ci si annoiava e si voleva creare un po’ di confusione.
Come se la morte di Hades e lo sciopero di Proserpina non ne avesse già recata parecchia… A volte essere umani è davvero difficile e duro!
° Menti sempre a te stessa. Tu non sei umana più di quanto non lo sia Nathaniel.° la dea si è di nuovo presentata nel mio cervello senza preavviso.
Mi sento irritata dalle sue parole, non tanto perché metteno l’accento sulla mia natura mista ma perché mi ha paragonata a quello spilorcio, taccagno e stronzissimo di Nat. Io sono molto diversa da lui e non solo per l’aspetto fisico ma proprio per la mentalità. Sento la risata della dea echeggiare di nuovo nella testa.
°Nat ti è superiore gerarchicamente, ma se tu lo sfidassi potresti ottenerne il posto. Sei più forte di lui e lo sai.° mi ricorda allegra la voce del grillo parlante, o forse la Fata Turchina? Non importa, per Pinocchio sono due rompiballe allo stesso modo.
Essere il sodato semplice non è male.E’ vero che mi capita spesso di dovermi sporcare le mani di sangue anche innocente, è vero che può succedere di prendere un sacco di mazzate e metterci mesi a guarire ma è anche vero che una volta svolto l’incarico posso riprendere la mia vita normale, o quello che ne rimane e restare attaccata alla mia umanità. Non voglio fare la fine di Nat, che nemmeno si ricorda cosa significa ridere e piangere spontaneamente. Lui fa tutto in base alla necessità del caso. L’ho visto versare fiumi di lacrime per qualcosa in cui nemmeno credeva (e io ingenua che mi ero quasi commossa!!!) dato che due minuti dopo ha prenotato una cena in uno dei più cari e lussuosi hotel di New York a spese del Cliente. Io preferisco restare semplicemente me stessa, anche se questo vuol dire magari piangere davvero per notti intere dopo che si è ucciso un neonato. Fino a che posso piangere e ridere vuol dire che posso ancora provare qualcosa e che anche se lavoro per i mostri, in mezzo ai mostri io ancora non lo sono. Sposto lo sguardo di nuovo sulla pianta astrale.
Questo, a Kanon, non sarebbe piaciuto per nulla. Spero solo che non se la prenda con me. Farmi un giretto turistico nell’Another Dimention non è il mio programma per la serata.


Poso davanti a Kanon il piatto contenente il dolce.
Lui osserva la massa tremolate di créme caramel poi guarda me.
- Hai fatto tu anche questo? – chiede afferrando il cucchiaino.
- Certo. Sono una fan dello slow food, te l’ho detto. Mi piace cucinare e visto che qui ho del tempo libero… - sostengo orgogliosa.
- Guarda che sono stato un bugiardo per molto più tempo di te. Credi di potermi raggirare? – chiede lui infilandosi un bocca una cucchiaiata di budino.
Mi sa che questo è più sveglio di quello che mi aspettavo. Sarà per questo che non lega particolarmente con gli altri Saint? Non può davvero risiedere tutto nel suo comportamento passato: ha fatto parecchio male, ma ha fatto anche parecchio bene!
- Buono – approva deglutendo con aria soddisfatta.
- Mi fa piacere – sorrido gentile.
- Come dicevo, hai fatto il dolce per indorarmi la pillola? –
- Magari l’ho fatto per conquistarti. Dopotutto le vie per conquistare un uomo sono due: per la gola o… Là sotto! – gli dico serissima.
- E’ una proposta di sesso? – chiede lui con una strana luce negli occhi chiari.
Oh, mi piacerebbe, eccome se mi piacerebbe!
La mia mente parte per un trip erotico.
Me lo vedo con i pantaloni mezzi slacciati e calati sui fianchi… La linea delle anche che spunta invitante dall’elastico dei boxer neri, i muscoli addominali tesi e perfettamente disegnati, quasi fossero scolpiti nel marmo di una statua troppo perfetta… Mi immagino persino i capezzoli turgidi e i capelli che gli cadono sul petto e lungo la schiena… Lenzuola di raso cremisi… Candele nere all’aroma di oppio…
Vedo la sua mano che si sfiora l’ombelico… Immagino che abbia un tatuaggio sulla spalla che scende sul petto… Un tatuaggio tribale fatto da linee e cerchi….
Vedo le labbra di Kanon che si socchiudono, e l’espressione sorpresa sul suo volto e… Cazzo, questo non è più il mio trip mentale! Questa è la realtà e lui mi sta fissando… Adesso creerà che sono deficiente, nella migliore delle ipotesi. Nella peggiore mi ha catalogata come maniaca!
- No-Non è una proposta di sesso, per quanto mi piacerebbe! – butto fuori un po’ presa da panico. Grande Nia, anche la balbuzie!
Non me lo sarei mai aspettata ma vedo le gote del Saint tingersi di rosso. E solo allora mi rendo conto di cosa ho detto. Vi prego… Si può riavvolgere il nastro? Si può pigiare il tasto di “erase”?! Ma perché devo sempre fare queste miserevoli figure barbine davanti ai bei ragazzi!? Ecco perché a ventiquattro anni sono ancora single! Non è per il secondo lavoro di merda che faccio, è per la sfiga che ho addosso!!!!
Kanon si schiarisce la gola e supera il momento di imbarazzo mettendosi in bocca l’ultima cucchiaiata di dolce.
- Non sei il mio tipo – si decide a dire.
Questa poi! Cosa accidenti vuol dire ‘il suo tipo’? Adesso muoio di curiosità!
- Oh… E com’è il tuo tipo? – chiedo prendendo a mia volta il dolce che avevo lasciato intonso.
Ho capitò che è una specie di sfida verbale e non sarò certo io a tirarmi indietro. - Meno casalingo. – esordisce deciso.
- In che senso, scusa? – questa non me l’aspettavo.
- Le donne che sanno fare il pane in casa, che tengono tutto in ordine e pulito, che hanno come loro massima aspirazione quella di trovare il pollo di turno che le mantiene e che vogliono sfornare almeno mezza dozzina di figli sono quelle dalle quali so bene che è meglio scappare a gambe levate. – sostiene lui.
- Quindi dopo… Due giorni tu hai già capito che il mio futuro è quello della casalinga frustrata… Complimenti! Io in ventiquattro anni non ci ero ancora arrivata! – ribatto leccando il cucchiaino.
- Allora sei di quell’altro tipo. Quello che pensa all’uomo come al personale oggetto di piacere. Anche questa categoria di donne non fa per me. – ammette lui. La discussione di fa davvero interessante…
- C’è anche un altro tipo di donna nella tua selezione? – chiedo divertita. - No. – confessa lui.
- Quindi o puttana o sposa, dico bene? – chiedo facendo tintinnare la posata nel piatto. - Esattamente e nessuna delle due categorie mi entusiasma, sebbene con la seconda possa condividere molto volentieri qualche notte troppo fredda. Ma anche in questo caso, ci sono requisiti che devono essere soddisfatti. –
- Mamma mia, che esigente! E sentiamo, quali requisiti? – mi sto troppo divertendo.
Immischiarsi nella psicologia maschile, quando non vi sono legami sentimentali di mezzo è una cosa spassosa. Un po’ come entrare in un mondo a parte o farsi un giro nella casa degli specchi deformanti…
- Bionda. Su questo non transigo. – ammette lui.
- Sai che il novanta per cento delle bionde sono tinte? – domando cercando una sigaretta dal pacchetto che ho sempre con me, ma aspettando ad accenderla. Per adesso mi accontento di averla per le mani e di annusarne l’aroma.
- Pazienza, dopotutto non me la devo mica sposare, solo scopare. – ammette lui.
Ecco, qui viene fuori il maiale che c’è in ogni uomo.
- Poi? – domando
- Fai troppe domante tu! Ed io come un cretino che ti do pure retta! – sbotta a quel punto alzandosi da tavola.
Oh, non può privarmi in questo modo del mio giochino! Io sono come i bambini, poi fanno i capricci!
- A me piacciono i mori, i biondi sembrano sempre un po’ slavati. E poi mi piacciono quelli grossi, non gli efebici. Quelli che anche senza accorgersene quando ti afferrano lasciano il segno. – ammetto.
Lui si volta vero di me.
- Preferisco un culo a mandolino che le tette grosse. –
Sorrido.
Il gioco va avanti.
- Denti bianchi. – ammetto
- Oh, avanti, puoi dire di meglio! – mi provoca lui.
- Depilato. – ammetto arrossendo.
- Direi che siamo pari. Vuoi del caffè? – chiede lui a quel punto ed io sorrido.
Un pareggio mi va bene. La prossima volta saremo più maliziosi, per adesso il livello di confidenza reciproco non ci permette altro.
Improvvisamente mi rendo conto che sto vedendo un Kanon che nessuno ha mai visto. Con nessun abitante del Santuario lui si sarebbe scoperto tanto.
Ed io sto per fargli male e ferirlo.
Mi sento una merda.



Osservo il caffè nella tazza.
- Va tutto bene? – mi chiede lui dal momento che mi sono zittita da parecchio tempo. - No. Mi dispiace… Mi dispiace davvero, Kanon… -
- Come? – chiede lui senza capire.
Fisso i miei occhi nei suoi.
Mi fa piacere che nonostante il disagio non distolga lo sguardo.
Mi piacciono i suoi occhi. Mi piace anche lui come persona, con tutte le contraddizioni del suo animo che si dispiega davanti a me come un libro aperto. Forse è questa la ragione per cui non ho uno straccio di fidanzato… Vedere negli animi delle persone è uno schifo. Alla fine ne salveresti davvero pochi.
E se penso che qualcuno si è fatto mettere in croce, letteralmente, per salvare questo schifo mi viene il magone.
- Niane… Cosa vuoi dirmi? – mi chiede ad un tratto.
Mi mordo il labbro. E’ raro che qualcuno riesca a leggermi dentro.
- Il prossimo di voi che tornerà… E’ Saga. – sgancio la bomba.
Lui contrae la mascella e serra i pugni fino a farsi sbiancare le nocche.
- Cosa aspettavi a dirmelo? – domanda brusco.
- Di esserne certa e… Non è finita qui. Ascoltami fino alla fine. – gli dico, ma il mio tono incerto sa più di preghiera che di affermazione. Non mi piace affatto. Io sono più dura di così… Oh, cacca!
- Ti ascolto. –
- Saga non dovrebbe tornare. E’ altamente probabile che mi si ordini di mandarlo indietro. – ammetto.
Gli occorre qualche istante per capire il senso delle mie parole.
- Lo ucciderai. – constata lui alla fine.
Annuisco.
- Per rendergli quello che ha fatto a me vorrei essere io ad uccidere lui, ma in verità io l’ho perdonato e non ne sarei capace. Lo sai che dicendomelo… Io non ti permetterò mai di ucciderlo. Perché lui è Saga ed è mio fratello. –
- Lo so. Non mi dispiacerebbe se tu riuscissi a fermarmi, dico davvero… Ma non ci riuscirai. Io… Non sono un Saint, ma sono una dei guerrieri migliori che l’Ordine possiede. – ammetto sinceramente.



- Qui?! – esala Kanon sorpreso.
- Qui. – ammetto fermandomi davanti alle scale che portano alla prigione di Capo Sunion. Non è come lui se lo ricorda. Di notte, senza la minaccia della marea è tranquillo. Il mare è una tavola d’olio e le stelle sono fulgide in cielo. Il profumo di salmastro è gradevole e la brezza estiva dolce.
Inizio a scendere le scale ricavate nella roccia.
Sono scivolose e infime ma per questa notte non tradiranno nessuno di noi.
Oltre ad esse c’è un ballatoio e io lo percorro. L’acqua lambisce le mie gambe. E’ inaspettatamente tiepida.
Kanon si ferma un momento.
- E’ qui che si è risvegliato. Che io l’ho portato alla luce…Con la mia maledizione… - dice in un sussurro colpevole.
- Andiamo – gli rispondo. Non è li, anche se lui lo crede. Non è lì che suo fratello si è perduto.
L’acqua ci arriva alle ginocchia ma quando sorgerà il sole anche il suo livello inizierà a salire con l’invertirsi della marea.
Nella luce incerta della lampada a olio che porto in mano il viso di Kanon mi pare a tratti quello di un angelo e a tratti quello di un demone. Molti sentimenti si avvicendano sul suo viso ed io non voglio sondarli.
E’ già dura in questo modo.
Sento la presenza del Gold al mio fianco. Sento il suo calore corporeo e questo significa che mi è molto, molto vicino.
Varco la soglia ormai distrutta della cella che ha ospitato Kanon.
E’ qui.
Qui Saga ha perduto se stesso. Nel momento che ha condannato a morte il suo stesso sangue. Ma non riesco a dirlo a Kanon. Non me la sento di aumentare le ferite su un cuore che ne è pieno.
Il mio tatuaggio resta cangiante. Per ora è un buon segno.
I miei occhi percepiscono il cambio di luce.
Kanon ci arriva dopo.
- Che succede? – chiede guardandosi intorno.
Il ristagno dell’acqua nella cella è nero ma anche piuttosto riflettente.
La nostra lampada ad olio crea un assurdo raggio di luce.
Mi basta un soffio e la spengo.
Altra luce sopraggiunge.
Sembrano lucciole ma non lo sono.
La lucciola ha un colore bianco: luminoso ma freddo.
Queste sono auree.
Spendono sull’acqua creando un gioco speculare.
- E’ Saga? – mi domanda Kanon, ma in realtà conosce già la risposta.
- Vieni. – gli dico di nuovo.
Siamo in prossimità della parte di prigione che è crollata. Un paio di passi ancora e probabilmente la profondità degli abissi si spalancherà per noi. Procedere al buio poi è una vera follia…. Ma se facciamo luce, può essere che lui non torni.



Qualcosa mi afferra le caviglie.
Mi tira giù, sott’acqua.
Cadendo sbatto le spalle contro le pietre del fondo. Per poco non apro la bocca, perdendo la mia riserva di ossigeno. Qualcosa mi artiglia di nuovo. Sento la mia carne lacerarsi sulle braccia. L’acqua salata brucia.
Bastardo! E’ Saga. Non ho dubbi.
Un massa di capelli che pare un cespuglio di alghe mi si para davanti al viso. Mi fanno il solletico, mi si legano addosso…
Anche nel buio e sott’acqua percepisco gli occhi del demone. Sono rossi e crudeli. Assetati di potere. Conosco quello sguardo, non è la prima volta che lo affronto.
Avverto le sue mani stringermi il collo.
Così non va per niente bene e sento che il tatuaggio non è mutato sulla mia pelle, dentro di me.
Devo forse farmi ammazzare da questo bastardo?
Non ci penso nemmeno!
Riesco a fare presa quanto basta sul fondo di pietra della cella e con un colpo di reni lo allontano dal mio corpo la misura sufficiente per piegare il ginocchio e colpirlo nelle parti basse.
Lui mi lascia andare.
Un’altra mano mi afferra il braccio e mi tira su.
Tossisco sputacchiando acqua e capelli. Miei.
- Niane, tutto bene? – mi chiede Kanon
Sono troppo impegnata a non soffocare per rispondergli ma vengo di nuovo afferrata per le caviglie e strappata via dalla presa di Kanon.
Saga mi ha blindata di nuovo e ha riconquistato in fretta la posizione che gli avevo fatto perdere prima. Se non fosse che la mia dea mi ha ordinato di salvarlo lo avrei già trafitto e ammazzato. Grandioso, o ci lascio le penne strangolata o ce le lascio annegata… Bhe, grazie ma ho altri progetti!
Il mio potere si irradia, come cerchi concentrici sulla superficie dell’acqua.
Ci vuole poco e finalmente mi ritrovo all’asciutto, con una barriera che non permette all’acqua di arrivare a noi ma ho ancora quelle maledette mani strette attorno al collo.
- Figlio di puttana! – sibilo a corto di fiato.
Negli occhi di Saga passa qualcosa. Un lampo fugace che non afferro ma le sue mani smettono di stringere la gola e cadono sulle mie spalle, afferrandosi ad esse.
Stringe ancora forte, come se io fossi il solo punto fermo intorno a lui… Lo sento tossire e respirare, inalando aria in un rantolo.
Anche io non sono messa molto meglio.
Avverto il suo corpo tremare.
Se sta piangendo, le lacrime si mescolano all’acqua di mare che gli gocciola sul viso dai capelli fradici.
Se sta piangendo, io non voglio saperlo.
La mia barriera si ritrae e l’acqua torna padrona del suo territorio.
Kanon si avvicina a noi.
Fuori albeggia e i tratti dei nostri visi sono più nitidi. Lo osservo per un lungo istante. Saga ancora ansima sul mio torace, il volto coperto dai capelli davvero troppo lunghi e le mani ancora contratte sulle mie spalle. Il santo dei Gemelli è inginocchiato davanti a noi, con lo sguardo allucinato e incredulo.
- Non è finita. Proteggilo come puoi – dico a Kanon spingendogli fra le braccia il gemello. La ombre all’interno della prigione si animano, prendono vita.
So chi è e so che lo scontro sarà impegnativo.



Quando faccio a pezzi anche l’ultimo brandello di ombra il mio avversario si rivela. Alla luce dell’alba il mio tatuaggio brilla di ogni sfumatura d’azzurro possibile. Il suo è rosso come il sangue.
Questa Nat me la dovrà spiegare per bene, e se ne esco viva mi dovrà pagare anche un profumato extra!
- A quanto pare c’è disaccordo… - appunta la voce di ragazzo.
- A quanto pare. – riconosco mentre lui si porta alla luce.
E’ più basso di me di una decina di centimetri ed io sono alta solo un metro e settanta. Ha i capelli castano chiaro, portati secondo la moda del momento un po’ sparati in aria. Gli occhi sono turchesi, proprio come le pietre preziose. Il suo fisico è asciutto e perfettamente proporzionato.
- Sei sempre convinta di salvarlo? – mi chiede
- E’ un preciso ordine. – ammetto.
Lui fa spallucce.
Ed è un attimo.
I profumi dell’aria si condensano in pugnali, spade e lance che mi trafiggono. Devo apparire come un puntaspilli.
Wow che figurone, eh?
Kanon strilla qualcosa e lancia un colpo aureo.
Mitja ridacchia fermandolo con una mano e dissolvendolo.
- Ho vinto, adesso me lo riprendo. – dichiara.
Se non avesse il corpo di un quattordicenne sarebbe altrettanto spaventoso quello sguardo demoniaco? Forse si, ma farebbe di certo un’altra impressione.
- No. Sono ancora viva… - ammetto anche se fa un male cane.
- Com’è possibile? – chiede lui stupito.
- In quest’aria ci sono molte cose, non solo gli odori. Ci sono tracce del sangue che ho perso dalle mie ferite, ci sono brandelli degli abiti che indosso, ci sono capelli che appartengono a me, a lui e ad un suo consanguineo… Lo sai come funziona, no? Ciò che ha in se qualcosa di mio o del designato non piò né ferire, né uccidere.-
Le armi si dissolvono in nulla.
Mi rimane una sola ferita addosso, quella al fianco.
Le costole hanno impedito alla lama di colpire un punto vitale, ma la ferita non è cosa da poco. Mi ci vorranno dei punti, quasi sicuramente.
- Ora tocca a me, Mitja – lo avviso.
Apro la mano e lascio fluire il mio potere.
Quando la luce violetta si dissolve, ciò che resta di Mitja è solo la sagoma del suo corpo contro la parete di un colore giallognolo che puzza di zolfo. Per questa volta ho vinto io. Sorriderei se non fosse che c’è poco da stare allegri ferita come sono.



Barcollo su per le scale.
Non voglio chiedere aiuto. E poi Kanon è già occupato a portare Saga…
No, questa è una scusa… Sono troppo orgogliosa per chiedere aiuto. Poi mi sentirei in debito e per una che fa il mio lavoro sentirsi in debito è peggio che avere la lebbra.
Sento qualcuno che si infila sotto il mio braccio desto.
Sposto lo sguardo e vedo gli occhi limpidi e sereni di Kanon.
Sto per dirgli qualcosa ma anche il braccio sinistro mi viene sollevato.
Sono brava a non gridare, nonostante il dolore.
Saga mi sostiene dall’altro lato.
Nei suoi occhi ci sono ancora molte ombre…
- Posso avere una sigaretta? – domando quando sento le gambe cedere di botto e tutto diviene tenebra.

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Capitolo 5
*** - Prima di cena - ***



Se vuoi comprendere te stesso,
devi riuscire a farlo in mezzo a ogni sorta
di confusione e sconvolgimento.
Non commettere l'errore di sederti
immobile tra le ceneri fredde
d'un albero disseccato.

Emyo



Kanon mi lancia uno sguardo ironico e derisorio.
Pare mi stia dicendo che sono una povera stupida. Se non fosse che sono mezza rintronata dall’analgesico si alzerei dal divano per prenderlo a calci. Ma non sono tanto sicura di riuscire ad alzarmi da questo divano. Mi sento debole e fiacca; se mi alzassi finire col faccione sul tappeto del salotto sarebbe una probabilità troppo reale. Fare figure di cacca non mi fa mai piacere.
Si sente ancora l’acqua della doccia scrosciare.
Raccolgo le gambe per fare spazio a Kanon su divano. So che si siederà vicino a me. Morirebbe piuttosto che ammetterlo, ma in questo momento non sa che fare.
Lui accetta il tacito invito.
- Stai bene? – me lo chiede in un sussurro che se non fosse per il silenzio in cui la stanza è immersa, avrei faticato a sentire.
- Sono ancora viva. Mitja è potente ma a quanto pare io lo sono stata di più. –
- E’ ancora vivo? –
- E’ immortale, almeno secondo l’umana concezione di questo termine. Certo che è ancora vivo. – ammetto.
Posso sentire le domande affollarsi nella sua mente. Tra quelle che mi aspettavo lui se ne esca con la più improponibile.
- Quindi nemmeno tu sei umana? E’ per questo che al Santuario ti sono tutti ostili? – mi domanda. - Questa è una domanda a cui non risponderò. - lo informo.
Dai Kanon, non girarci introno.
Se vuoi sapere di Saga, allora chiedi.
Lui sta in silenzio. Capisco che è un po’ irritato. Non dal fatto che io non gli abbia voluto rispondere, ma dal fatto di aver domandato. Capisce benissimo che ci sono cose personali che non siamo desiderosi di raccontare. Per me la mia Natura è una di queste. Per lui è il suo passato ad essere tabù e poi i suoi sentimenti verso Saga.
Realizzo che non chiede perché in quel modo pensa di esporsi troppo.
Lo scroscio dell’acqua continua a farci da sottofondo insieme ad un altro suono che entrambi ci ostiniamo ad ignorare.
Ma non lo potemmo fare ancora per troppo tempo. Almeno io non me lo posso permettere. - Cos’è Mitja di preciso? –
- Credi nei demoni? – chiedo a mia volta. So che è piuttosto indisponente rispondere ad una domanda con un’altra domanda.
- Demoni intesi come creature infernali? – chiede lui.
- So benissimo che sei stato in Ade e hai affrontato Specter e quanto altro… No, intendo demoni demoni. Gli esseri che sono nati alle Tenebre, per le Tenebre. Dei oscuri, se preferisci. –
- Mitja è uno di loro? – la sua mente è acuta e brillante. Mi aspettavo che ci arrivasse subito.
- E’ un generale. Il Primo di Nove. Ma non tornerà a tormentare Saga. Per questa vita la sua anima l’ho vinta io. – gli comunico piatta.
Odio parlare di me, ma di più ancora odio parlare del mio lavoro.
- Forse. Ma gli altri otto? – Kanon non può evitare di chiederselo e quel pensiero fiorisce sulle sue labbra prima che egli possa zittirlo.
Sospiro.
- Sta ancora piangendo sotto la doccia. Non dovresti andare da lui? – Il suono fastidioso di sottofondo. Io l’ho detto. Gli ho dato concretezza e adesso nemmeno Kanon è libero di continuare a fingere di non sentirlo.
- Sono l’ultima persona che vorrebbe vedere e che vorrebbe al fianco. Persino tu che sei un estranea andresti meglio. – c’è amarezza nel suo tono.
Mi alzo in piedi facendo una smorfia di dolore.
Il fianco fa male ma quello che mi secca di più è il fatto di sentirmi come ubriaca.
So che è colpa della medicina che ho preso, ma Kanon è stato inoppugnabile. Se non volevo andare all’ospedale per direttissima era meglio se bevevo quella pillola senza fare troppe storie.
Quando mi si è avvicinato minaccioso per un momento ho davvero creduto che arrivasse a tapparmi il naso per farmi aprire la bocca e lanciarci dentro quella roba. Dopodichè la scelta sarebbe stata quella di ingoiare o morire soffocata.
Kanon si appoggia con la schiena contro la parte alta del divano.
I suoi occhi sono chiusi, ma il volto non cela una certa tensione nervosa.
Muovo qualche passo incerto, il pavimento pare ondeggiare sotto i miei piedi.
- Grazie –
Non mi volto a fissarlo.
So che queste parole gli sono costate tanto, sia in termini di orgoglio che di amor proprio.
- Fai qualcosa di utile invece e preparami un caffè. Magari doppio. – gli dico mentre continuo a puntare la porta del corridoio. Quella è la mia meta per il momento. Se ci arrivo senza finire spiaccicata a terra vuol dire che la gelatina che sento al posto delle gambe è solo un effetto collaterale della mia mente.



Busso alla porta del bagno.
Da questa distanza, il suono dei singhiozzi soffocati è molto più nitido.
- Ho quasi fatto! – la voce di Saga è distorta, ma la sua sofferenza permea l’aria come un profumo. A volte odio la parte di me che non è umana.
- Entro – gli annuncio senza esitare e apro la porta con un gesto deciso.
Una nuvola di vapore mi investe.
Pare di essere appena entrati in un bagno turco.
Sullo specchio si potrebbe tranquillamente scrivere.
Le piastrelle del bagno sono bagnate e rivoli d’acqua colano in intricati e linee dal soffitto fino a terra.
La finestra chiusa e le imposte accostate.
Siamo immersi nella penombra.
Da quando sono al Santuario sto collezionando figure di merda su figure di merda.
Bacio uno sconosciuto.
Parlo simpaticamente di preferenze sessuali con il mio ospite che non ha esattamente la nomea di Ms cordialità & socievolezza…
Mi infilo in un bagno con un uomo nudo sotto la doccia… - Che certo, di solito la doccia si fa da vestiti! – mi prendo per il culo da sola…
Vedo la sagoma di Saga attraverso il vetro smerigliato, pieno di vapore e goccioline d’acqua. E’ rannicchiato a terra, con la gambe tirate al petto.
Accartocciato su se stesso.
Per raggiungerlo devo aprire l’anta della doccia.
Se la apro lo vedrò di sicuro come mamma l’ha fatto.
In altre circostanze un pensiero del genere accenderebbe il mio desiderio sessuale.
Caratterialmente possono essere molto diversi, ma fisicamente Kanon e Saga sono identici. E sarebbe bestemmia dire che uno di loro è brutto.
Arrossisco di botto, sentendomi accaldata.
La colpa è solo di carattere ormonale.
Ad ogni modo, col lavoro che faccio non solo ho imparato ad avere una faccia di bronzo che molti si sognano ma ho anche imparato a chiudere sottochiave le mie emozioni. Almeno per un po’.



Il corpo di Saga è bianco. Non abbronzato come quello di Kanon. Però questo non lo sminuisce. Anzi ne risalta le linee armoniose dei muscoli. Per non parlare delle goccioline d’acqua che si infrangono sulla sua pelle, o la accarezzano lascivamente, scorrendo sul sui corpo, suoi suoi capelli… sul suo volto, insieme alle lacrime.
Odio la mia natura mista.
Perché sento l’odore delle lacrime.
Anche se quello dei fiori di Luna del docciaschiuma è molto più intenso. Il caldo tuttavia amplifica ogni odore. Tacerò per senso del pudore su quell’altro che il mio olfatto percepisce benissimo. I capelli, fradici, sono davvero lunghi. Paiono avvolgerlo come una coperta e poi sono sparpagliati sul piatto della doccia.
Afferro lo shampoo e nel farlo il mio braccio finisce inevitabilmente per passare sotto il getto dell’acqua. Ingoio un’esplosione di parolacce e osservo la mia pelle, timorosa di vedervi apparire vescichette bianche, indice di ustione.
Regolo immediatamente il miscelatore su una temperatura più accettabile, e cerco di non guardare in basso, di non guardare il corpo nudo di Saga.
Sono fradicia.
E sono incazzata.
Erano gli ultimi vestiti degni di tale nome che avevo in valigia.
Il resto è roba che vi ha infilato Nat e sarebbe più adatta ad una recita teatrale. Domani giuro che vado ad Atene a fare shopping.
Verso una dose di shampoo nella mano e abbasso lo sguardo.
Saga ha nascosto il volto fra le ginocchia.
Sta tremando ma non per il fatto che ho raffreddato l’acqua.
Si irrigidisce ha uno scarto brusco quando la mia mano si posa sul suo capo. - Tranquillo. – gli sorrido mentre lo tocco di nuovo.
Non si allontana e non mi scaraventa nell’Another Dimension, posso considerarla una vittoria. Dopo un po’ anche lui pare reagire.
Solleva il capo, piegandolo all’indietro, in modo che l’acqua gli piova sul viso.
Solo allora noto le linee rosse lasciate dalle sue stesse unghie, sulle spalle e sulle braccia.
- Non sarò mai pulito… - ammette alla fine.
- Ed è un problema? – chiedo chiudendo l’acqua.
Allungo una mano nella sua direzione.
E’ ora di tirarlo fuori anche da lì.
Ho la certezza che anche in mezzo a tutto il suo smarrimento, Saga non è uomo da cedere alla disperazione. Coi suoi tempi ma troverà il modo di rimettersi in piedi.
Adesso è davvero ora che io smetta di infradiciare la ferita se non voglio che si riapra. Kanon ha detto che lui di cucito non se ne intende e se – testuali parole – quella roba si riapre ti lego come un salame e ti spedisco in ospedale.
Gli occhi di Saga sono tormentati.
Ma la sua mano ha afferrato la mia ed ora si erge all’impiedi davanti a me.
Mi obbligo a non abbassare lo sguardo più in basso delle sue spalle, anche se brucio dal desiderio di vedere come sia fatto là sotto.
Mi concentro nei suoi occhi.
Egli è consapevole del male fatto dal suo lato oscuro, ma diversamente da Kanon non ha voltato pagina. Il suo animo non si perdona e si infligge tormenti. Il mio tatuaggio è più azzurro del solito. Non ho bisogno di guardare per saperlo.
Brutto segno… Significa che sarò io a doverlo aiutare a fare pace con se stesso.
Credo sarebbe più facile far rinunciare a Nat il diritto alla quattordicesima. E ho detto tutto. A proposito di Nat, mi pare strano che non sia venuto in visita.
Di solito quando capitano queste cose si precipita da me a farmi il cazziatone. Mha, forse ha qualche rogna un po’ più grossa fra le mani. Non credo che Mitja sia tornato tranquillo e beato all’ovile con la coda fra le gambe…
A ben pensarci, credo che Nat mi taglierà lo stipendio, questo mese.
In effetti pensare al mio capo mentre Saga si alzava in piedi e si avvolgeva nell’accappatoio mi ha fatto bene. L’ormone è sedato e adesso che lui è coperto, insomma per me è più facile. Posso permettermi di abbassare la guardia…
IMBECILLE!!!!!!!!
MAI ABBASSARE LA GUARDIA!!!!!!
Me lo sto strillando da sola, dentro la testa, ma ormai il danno è fatto.
L’odore delle lacrime di Saga è stato qualcosa di imprevisto e ingestibile.
La mia lingua sta raccogliendo quella perla che è nata nei suoi occhi e abbandonate le ciglia stava per morire sulla sua bocca.
Ha una sapore salato e amaro.
Le braccia di Saga mi stringono. Sono forti e calde, ma anche molto gentili.
Saga è un guerriero, ma è anche un uomo di Potere.
La sua dualità ha un sapore che non ho mai sentito.
Con orrore mi accorgo che l’adoro.
Mi divincolo dalla sua stretta e mi do alla fuga.
E’ da vigliacchi ma non posso fare altro in quel momento.
Saga mi attira, come la luce attira una falena. E questo potrebbe essere non solo problematico per me e per il mio lavoro, ma lo sarebbe anche per me! Gli ibridi non si mescolano mai con gli umani. E’ una legge. Non scritta ma è una legge.
Una risata mi esplode in testa.
°Anche tu sei adorabile! Sentilo come batte il tuo cuoricino… E pensare che eri così orgogliosa di non esserti mai innamorata!° la voce irridente della mia Dea.
°Non sono innamorata! Vai a pigliare per il culo qualcun altro! Non è il momento!° il mio pensiero è un ringhio.
Per fortuna, tra i mille difetti della mia Dea la permalosità non è contemplata. La sento ridacchiare divertita e ritirarsi.
- Ti aspettiamo di la – borbotto, riferendomi a me e Kanon, chiudendomi la porta alle spalle. Noto un ghigno di denti bianchissimi nell’ombra.
Kanon.
Kanon se ne sta appoggiato al muro, come se la parte avesse bisogno di qualcuno che la sostenga.
Le gambe sono incrociate, il piede destro mollemente appoggiato sul sinistro, incrociando le caviglie che spuntano da dei jeans blu sfilacciati.
Le mano sino affondate nelle tasche e i muscoli gonfi delle spalle sono abbracciati da una canotta all’americana di colore bianco.
Non ha i tatuaggi che mi ero immaginata…
E’ la prima cosa che il mio cervello appunta.
- Sei fradicia – mi fa notare.
- Tsk! –
- Che umorino nero… E pensare che ti avevo portato il caffè… - ghigna di nuovo indicandomi una tazza blu che prima mi era sfuggita e che lui ha posato sul mobiletto vicino alla porta del bagno. Prendo la tazza, eslutando al pensiero di un caffè carico e forte.
A momenti non mi scende una lacrimuccia di delusione dall’occhio sinistro.
Perché continuo a credere che i greci lo sappiano fare un caffè degno di tale nome?!?
Questo è quasi peggio della sbobba che rifilano nelle catene di fast food americane.
Sciacquo di piatti. Cicoria. Porcheria.
- Fa schifo – gli faccio notare.
Quello dell’altra notte non era buono, ma nemmeno così terribile. O forse era solo caldo.
Questo è freddo, il che lo rende ancora più scialbo e disgustoso.
- La prossima volta fattelo da sola! – mi dice.
- Oh, stà zitto! Anzi, prestami dei vestiti! – gli ordino.
Il suo ghigno si fa più ampio.
- Non ne hai di tuoi? Mi pare che la tua borsa da viaggio sia piuttosto grossa… -
Vuole la guerra?! Che guerra sia!
- Ottima idea! Dammi una mano a scegliere qualcosa di appropriato o devo credere che tu abbia vergogna? – rispondo a tono.
Con Kanon ogni cosa è naturale. Come se fosse un consanguineo: il fratello maggiore che non ho mai avuto.



Mezz’ora dopo Kanon entra nella mia stanza.
Non ha bussato, ma d’altra parte io ho lasciato la porta aperta, quindi non ve ne era necessità.
- Saranno un po’ larghi… - mi informa passandomi una t-shirt verdemare come i suoi occhi e un paio di pantaloni neri.
- Felice di sapere che i gusti di Nat non incontrano la tua approvazione – rispondo con un sorriso mentre prendo gli abiti che lui mi porge.
- Quella roba non è davvero indossabile. Cosa pensa che sia il Santuario, il tuo capo?! – domanda un po’ irritato.
Mi stringo nelle spalle.
La ferita pulsa e fa male.
Dopo mangiato mi impasticcherò di nuovo.
Se Saga ha bisogno di una veglia notturna come i bambini se ne occuperà Kanon.
- Per Saga… - inizia e so che non vuole pronunciare quel grazie che ha in gola. Non capisco bene le sue ragioni ma non voglio che dica nulla per obbligo o circostanza.
E poi, due ringraziamneti nello stesso giorno nemmeno io potrei reggerli. - Per questa volta ci ho pensato io, ma la prossima tocca a te. – lo precedo,fissandolo negli occhi. Lui non abbassa lo sguardo, ma c’è serenità in essi.
Sono gli occhi di chi ha trovato il suo equilibrio, percorrendo un percorso non esente da sofferenza ma so che Kanon ha trovato qualcosa in più di quello che credeva di aver perso.
- E adesso se non vuoi fare il guardone , esci da qui che mi cambio! – gli dico piegando le labbra ad un ghigno che è un po’ il riflesso del suo.
- Come ti ho già detto, non hai nulla che mi interessi guardare – si prende l’ultima battuta prima di andarsene, trascinando la porta con se e chiudendola dietro le sue ampie spalle.
Pensavo di stare sola per un po’ invece quando sono in mutande e reggiseno sento uno sguardo trapanarmi la nuca.
Mi volto per incontrare lo sguardo furente di Nathaniel.



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Capitolo 6
*** - Overture - ***



Tutti hanno diritto al mattino,
alla notte solo alcuni.
Alla luce dell'aurora
pochi eccelsi privilegiati.

- Emily Dickinson –


Affrontare un Nathaniel con gli occhi iniettati di sangue e l’espressione crudele che distorceva i lineamenti del suo viso non era certo la mia massima aspirazione del momento, ma d’altra parte prima risolvevo questa faccenda, prima avrei potuto riprendere a fare quello che mi aggradava.
- Tu! – sibilò il mio capo fremendo dallo sdegno.
Inarcai un sopracciglio.
“Tu” non era certo quello che mi ero aspettata di sentirgli uscire dalla bocca.
Ero più preparata a minacce di ogni genere, con tanto di punizione corporale e drastica detrazione di stipendio.
< La mia reazione lo fece incazzare ancora di più. In effetti dovevo fare ancora parecchia pratica per divenire una diplomatica degna di tale nome. Se solo non fossi stata quella che ero di certo non sarei finita a fare questo lavoro di palta. Ma si sa, la verità non sempre paga e nel mio essere sincera ho pestato i calli a qualcuno più in alto di me e ho finito per dover spalare merda.
Nat lo sa benissimo.
Sa che in realtà il mio potenziale è molto superiore a quello che mostro e sa che il mio ruolo nell’Ordine non corrisponde al giusto.
Forse per questo, anche se lo vorrebbe tantissimo, si trattiene dal degenerare in uno scontro fisico con me.
In effetti io e Nat ci siamo presi sotto una sola volta e tra i due è lui quello che se l’è vista peggio. In un certo senso mi teme e per questa ragione mi trova simpatica come una spina nel fianco. Una spina nel fianco che tuttavia non può permettersi di togliere.
- Lo sai cosa hai fatto!?! – sibila con gli occhi che da ametista si sono fatti purpurei.
- Ho preso a calci Mitja? – domando ironica sedendomi sul letto.
Se la prende così alla larga, immagino che la discussione si protrarrà per più dei dieci minuti che avevo messo in conto.
Sospira.
Brutto segno.
Se dalla rabbia, Nat passa ai sospiri vuol dire che i guai sono grossi e che nella palta non navigo solo io, ma che anche lui è stato messo con le spalle al muro. Io e Nat non siamo due amiconi, ma condividendo spesso lo stesso fato abbiamo imparato a… Tollerarci. Da questo al non cercare costantemente di fare le scarpe all’altro il passo è stato breve… Si tratta di una questione di equilibrio tra ciò che lui è e ciò che io sono.
- Anche, ma quello è il minore di tuoi problemi. – mi annuncia serafico. Lo scintillio nei suoi occhi mi fa capire che la sua rabbia ha trovato appagamento in quello che fra poco mi verrà a rivelare e che sarà sicuramente qualcosa di molto, molto spiacevole per la sottoscritta. O qualcosa di molto sporco, non dovrei scartare con leggerezza questa possibilità. In ogni caso sarà qualcosa che rovinerà per parecchi giorni il mio umore.
- Il mio tatuaggio era blu e azzurro. – gli comunico.
- E quello di Mitja era rosso e cremisi. In tribunale dovresti trovare argomentazioni più concrete. – mi annuncia con aria saputella.
Se ne sta approfittando, mettendo a dura prova i miei nervi.
Sono stanca, voglio che se ne vada e mi lasci tranquilla a recuperare le mie forze.
Ci sono tante cose che mi irritano, ma essere trattata con sufficienza da chi vale meno di me è davvero un boccone troppo amaro da ingoiare. Sono anni che faccio pratica, ma i risultati sono lo stesso pessimi.
- Volete rimuovermi dall’incarico e sospendermi a tempo indeterminato? – chiedo immaginando che stare lontano dall’Ordine sarebbe doloroso ma nello stesso tempo una parte di me lo desidera così tanto da sentire quasi male.
- Sei a rischio, ma gli Antichi non ti hanno ancora messo per iscritto il tuo ostracismo. Credo vogliano aspettare di scorgere gli sviluppi della faccenda. – mi annuncia.
- Non essere sciocco Nat. Non mi berrò mai una simile panzanata. Io sono Uno di Quattro, non possono allontanarmi dall’Ordine per un periodo tanto lungo ed è la stessa ragione per cui Mitja ha dovuto piegarsi al fatto che l’anima di Saga l’ho vinta io. –
Noto la venuzza sulla mascella pulsare pericolosamente.
- Non sopravvalutare ciò che sei! Credi forse di non essere rimpiazzabile? Ce ne sono molti che sarebbero degni di sostituirti e che ci darebbero molti meno problemi di quelli che ci dai tu! – è scattato Nathaniel.
- E’ perché sono una grossa rogna che occupo ancora questo posto. E dei molti che potrebbero sostituirmi, credi che ci sia davvero qualcuno che desideri farlo? Non ho voglia dei soliti giochetti, Nat. Farò quello che LEI mi chiede di fare. Fine della discussione. – cerco di tagliare corto.
L’antidolorifico ha finito il suo effetto; sebbene io abbia la mente più libera e lucida il fianco mi pulsa dolorosamente. Voglio solo stare in pace, al buio e in silenzio.
- LUI non è d’accordo. – mi annuncia sadicamente contento.
- Quindi ci saranno degli ostacoli imprevisti. Grazie per l’informazione ma non sono così stupida da non averlo messo in conto nel momento in cui ho realizzato quello che LEI mi chiedeva. – scrollo le spalle.
- Vyrzak ha giurato vendetta per quello che hai fatto a Mitja. E questo è tutto. – sbuffa Nathaniel. Ma per un momento mi pare quasi preoccupato.
- Sicchè il fratellone schioderà il suo grosso culone per venire a farmi visita? Magari ce lo avessi anch’io un fratello maggiore da cui andare a frignare quando vengo presa a calci! – sono incazzata.
Perché la ferita mi fa male, perché presto mi troverò a gestire grosse grane e perché almeno questa volta non mi ci sono ficcata io in questa situazione!
- Se ti sentissero ti strapperebbero la lingua con la tenaglia. – sbuffa Nat.
Non è più arrabbiato quanto lo era quando è venuto qui, e sinceramente da lui mi aspettavo qualcosa di più spaventoso… Ma probabilmente sa più di quanto mi ha detto e ciò che mi aspetta nel futuro ha appagato a sufficienza la sua vena sadica e malvagia. Dopotutto Nat lavora per LUI… e forse le dritte che mi ha dato non sono tanto dritte.
- Alla prossima Nathaniel. – ho usato il suo nome per esteso.
Questo significa che per me la discussione si chiude qui.
- L’ultima cosa… Sai che devi pagare pegno per ciò che hai fatto… - Il suo sguardo è inquietante.
Immagino il salasso che devasterà le mie finanze e ho voglia di gemere, ma non gli darò mai questa soddisfazione.
Nathaniel mi si avvicina, mi afferra i polsi e mi ribalta sul letto.
Non so come ci sia riuscito la ma sua mano tiene entrambe le mie braccia, bloccate sopra la mia testa.
Forse se mi ci mettessi d’impegno potrei liberarmi di lui, ma costerebbe molto in termini di fatica ed energia. Lo lascio fare.
Sento la sua mano vagare impaziente sul mio fianco, le sue unghie divenute taglienti come rasoi fare a pezzi il bendaggio e poi le sue labbra sulla mia ferita.
Sono calde e morbide.
La lingua passa rapida e umida, sento la pressione dei denti.
Fa quasi solletico, ma so che ciò che sta facendo Nat non ha nulla di gentile o delicato.
Ci sono due cose di cui Nathaniel è avido: i soldi e il mio sangue.
Per questa volta non mi taglierà lo stipendio.



La porta si spalanca di colpo.
Saga è immobile sull’uscio.
Mi volto a fissarlo.
I suoi occhi verde mare sono sgranati, la sua espressione stupita.
Nathaniel ha sollevato di scatto la testa.
Le sue labbra sono rosse del mio sangue, la sua lingua saetta veloce a raccogliere ogni traccia del prezioso liquido.
Come un ghepardo il mio capo si ritrae dal mio corpo, stando sempre attento e guardingo.
Non si cura di me, ma tutta la sua attenzione è concentrata su Saga…
Lo sta valutando… Ma Saga è uomo d’azione, come lo è Kanon.
Distinguo solo una movimento dell’aria, e un profumo.
Il colpo ha centrato in pieno Nat che viene scaraventato contro la parete.
L’impatto lo fa dissolvere in uno sbuffo di fumo giallognolo dalla schifosissima puzza di zolfo e il muro, un tempo candido ora porta la sagoma di una figura annerita.
- Niane! – esclama a quel punto Saga, sovrastandomi con la sua figura e prenendo le mani sulla ferita che ha ripreso a sanguinare.
- Sto bene – brontolo cercando di sottrarmi al suo tocco.
Mi fa tremare.
Il contatto con Saga mi fa tremare.
- Kanon!!!! Kanon!!!! – ruggisce il guerriero e poco dopo sento i passi concitati del fratello.
- O miei Dei! Che succede!? –
- Porta bende pulite e la cassetta del pronto soccorso! Subito! – gli odina Saga ed io resto stupita di come una personalità forte e decisa come quella di Kanon non si opponga a mi affretti ad obbedire. Dunque è questo quello che rende Saga così pericoloso: la sua attitudine al comando. Il suo carisma. La sua capacità di farsi obbedire.
Sorrido.
Ho proprio una bella gatta da pelare.
- Cosa ridi? Non v’è nulla di divertente in tutto questo! Cosa accidenti era quell’essere? Un vampiro? – chiede il Santo dei Gemelli, fissando ancora con ostilità la parete su cui la sagoma di Nat resterà impressa fino alla prossima tinteggiatura.
- E’ il mio capo – gli annuncio divertita.
- Davvero? – lui non ci crede, pensa che stia sragionando.
- Nathaniel è il mio supervisore. Dato che io appartengo a LEI, posso essere controllata solo da qualcuno che appartiene e LUI. E’ la regola dell’Ordine. –
- Parli per enigmi. – accusa Saga
- Tu hai chiesto ed io ho risposto. Se qualcosa non ti è chiaro, avresti dovuto formulare meglio il tuo quesito. – ribatto serafica.
- Tu sei umana? – chiede allora son fare sospettoso, socchiudendo gli occhi a due fessure sottili. - Non meno di quanto lo sia tu – gli rispondo.
Non pare convinto ma non insiste. Volta il capo di lato e sospira.
Kanon è arrivato con il kit del dottor Khildaire…
Dieci minuti dopo sono fasciata come la mummia di Ramses prima della sepoltura. Lo faccio notare e il gemello più giovane ghigna.
- E’ il meglio che so fare, ingrata! – ribatte
Saga continua a fissarsi le mani sporche del mio sangue.
La battaglia che infuria dentro di lui si riflette sul suo volto. Gli occhi non li vediamo, sono celati dalla lunga frangia di capelli che gli spiovono fin quasi alla punta del naso.
Tocca di nuovo a me.
Mi sento una mamma e la cosa non mi aggrada. Tuttavia, non so perché ma non posso fare a meno di aiutare Saga.
Le mie mani si intrecciano alle sue.
- Saranno per sempre sporche di sangue… - geme.
- Questo è certo. Ma non saranno sole. – gli dico
Avere le dita scivolose e appiccicaticce di sangue freddo e raffermo, soprattutto di sangue mio, è disgustoso. Ci sono azioni dalle quali non mi posso esimere dal compiere e questa era una di esse.
Anche la mano di Kanon si unisce alle nostre.
- E poi, il sangue può sempre essere lavato via. – ci dice prima di indirizzarci tutti verso il bagno. Inizio a credere che nonostante il pessimo incarico che mi sia stato affidato, ci siano dei risvolti positivi che mi dispiacerebbe perdermi.
Peccato che proprio mentre siamo sulla porta del bagno sentiamo quei rumori e quell’insopportabile fetore di cadaveri in decomposizione.
Vyrzak ha deciso di farci visita o ci ha mandato qualcuno dei suoi rot a salutarci. E’ un vero peccato per la Terza casa e per chi la dovrà ripulire dopo che noi avremo allestito il degno comitato di benvenuto.



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Capitolo 7
*** Tre di Nove - Parte prima - ***



Dopo ogni guerra
c'e' chi deve ripulire.
In fondo un po' d'ordine
da solo non si fa.

- Szymborska - La fine e l’inizio



- Questa è la cosa più schifosa che mi sia capitata di affrontare in decenni di battaglie! – sbotta Kanon mentre tenta di evitare un colpo e di non scivolare sul liquame in cui è ridotto il pavimento.
- Benvenuto nel mio mondo! – ribatto arricciando il naso quando uno spruzzo di pus e sangue mi sporca la maglietta. Per fortuna il mio stomaco è forte e a queste scene ci ho fatto il callo.
- Questo fetore è insopportabile! – ringhia Saga spedendo qualche cadavere in putrefazione nell’Another Dimention.
Stanno tentando di accerchiarci ed io so cosa bramano. Il sangue. Il sangue che sporca le mani di Saga, e quelle di Kanon. Lo bramano perché è il mio sangue, ed esso ha potere. Immagino sentano molto anche quello della mia ferita, ed è per questo che sono un po’ più insistenti con la sottoscritta.
Gli scagnozzi di Vyrzak sono in sostanza dei cadaveri. E come tutti i cadaveri hanno un aspetto orribile. Ce ne sono alcuni che sono in avanzato stato di decomposizione e in tal caso il loro putridume è piuttosto asciutto. Puzzolente ma asciutto…
Ci sono invece quelle che possono essere considerate come nuove reclute che hanno una decomposizione liquida… Ecco, non scendo nei dettagli descrittivi ma mettono a dura prova anche lo stomaco di una iena.
- Quanti ce ne saranno ancora?! – chiede Kanon che inizia a non poterne più nemmeno lui.
- Se me li togliete di torno per qualche minuto posso farli sparire… - mi decido a dire mentre con un calcio mando in pezzi uno scheletro che stava tentando di prendermi alla sprovvista giungendo alle mie spalle.
- Perché, scusa, credi che fino adesso abbiamo fatto gli spettatori?! – sbotta Kanon decidendosi a tirare un pugno al suo avversario e dato che era un rot di quelli liquidi si squaglia sul pavimento e sul braccio del ragazzo.
Lo vedo impallidire ma resistere stoicamente. La stima che ho di lui sale.
- Davvero sei in grado di fermarli? – chiede Saga avvicinandosi alla mia schiena e guardandomi le spalle.
- Si. Almeno in teoria. – riconosco.
- Questa non è una grande risposta – si intromette Kanon che ha perso posto al mio fianco.



Una volta terminato di recitare il rito di purificazione che serviva più che altro a sciogliere il legame che Vyrzak aveva creato con i cadaveri in decomposizione non mi rimane altro da fare che rispedire sotto terra i cadaveri che ancora erano integri.
Per gli altri bisogna ripulire.
Non ho nessuna voglia di farlo io.
Ad ogni modo, i rot stanno eseguendo i miei ordini. Ho pagato loro il tributo in energia e mi sento stanca, spero solo di non aver fatto una cazzata e spero che se Vyrzak si presenterà di persona non lo faccia subito.
Ghigno. Presto o tardi dovrò avere un confronto con il Tre di Nove quindi tanto varrebbe levarsi subito il pensiero... Tuttavia è meglio se non mi distraggo troppo, potrei perdere il controllo sugli aggressori.
E’ piuttosto inquietante vederli uscire in una fila ordinata – per quanto lo possa essere una stessa composta da zombie putrescenti… - raggiungere il terreno brullo e sprofondare in esso.
Poiché la mia negromanzia non è molto potente non posso restare lontana più cinquecento metri dai rot altrimenti non avrebbero più sentito i miei ordini e se ne sarebbero andati in giro a vagare per il Santuario.
Sia mai che una di queste adorabili creature finisca nel letto di Athena. Come minimo pretenderebbero la mia testa!
Quando invece i medesimi scagnozzi hanno tentato di infialrsi nella mia di stanza, a casa, la sola consolazione che ho avuto me l'ha annunciata Nat: è stato l'Ordine ad accollarsi il costo dell'impresa di pulizie e dell'imbianchino.
Una volta che gli assalitori sono stati debellati noto la presenza dei gemelli al mio fianco e in un impeto di profonda bastardaggine, dovuta al fatto che fosse colpa di Saga l’avventura merdosa di quella notte – che con mio cordoglio non è ancora finita – prendo il polso di Kanon e lo faccio spostare un po’.
Sottovento, sia la puzza che infesta la Terza Casa, sia quella dei liquami che ci stavano allegramente addosso come decorazioni e profumi sono fuori dalla portata dei nostri fini nasini, o se non altro hanno un livello tollerabile.
Spira un po’ di brezza e Saga commette l’imperdonabile errore di respirare, col naso. Io continuo a farlo dalla bocca e anche Kanon ha capito in fretta l’antifona.
Vediamo il Santo diventare di un colore verdastro gemere uno – scusate – e precipitarsi verso l’angolo della Terza Casa.
- Tranquillo Saga, dopo ciò che abbiamo visto stanotte non sarà un po’ di vomito a impressionarci! – gli urla dappresso Kanon con un sorriso falso come una banconota da mille euro.



Dieci minuti dopo, un Saga pallido come la luna e con la fronte imperlata di sudore ci raggiunge. Non ha l’aria di stare meglio, ma semplicemente quella di chi ha già rigettato anche l’anima.
- Se non riceveremo altre visite mi sa che stanotte ci toccherà di dormire sotto le stelle. La Terza è da ritenersi inaccessibile almeno fino a che non verranno quelli degli spurghi. – annuncio con un ghigno.
- Wow ci faremo mordere il culo dalle zanzare, anche se dubito che con l'olezzo che emaniamo ci si avvicini qualsiasi cosa vivente… - mi risponde Kanon.
- Che linguaggio eerudito! Comunque è un po’ tardi ma... perché non ci facciamo un bagno di mezzanotte? – chiedo osservando la direzione in cui so esserci il mare.
Nno rientrerò in casa a lavarmi ma non resterò nemmeno in questo stato simile ad un bignè glassato...
- Buona idea. Vieni Saga? – domanda il gemello con naturalezza.
- Nh – risponde il diretto interessato seguendoci chiuso in un mutismo assoluto.
Se non fosse per il rumore che i suoi passi producono sull’acciottolato penserei non ci stia seguendo.
Scendiamo in spiaggia attraverso uno stretto sentiero che alla luce della luna pare ancora più ricco di insidie. Per fortuna indosso scarpe basse e comode. Vorrei gemere quando realizzo che grazie a Vyrzak non ho più nulla di decente da mettermi. Un cambio abiti è a lavare e questo… questo potrà solo essere bruciato. Il resto della mia valigia contiene le cose inguardabili che ci ha infialto Nat.
Osservo accigliata il salto che ho davanti a me.
Non riesco a valutare quanto sia alto e l’idea di finire col faccione nella polvere o in mezzo alle ortiche non mi riempie di gioia; ma tanto, mi dico, dopo il modo in cui quello stronzo di un demone mi ha fatta ridurre dalle sue pedine non ho molto da salvare circa la mia reputazione.
Se avevo qualche mira sessuale sui gemelli, bhè ho bruciato tutte le mie carte.
Sospiro a questo pensiero e mi accingo a saltare quando mi sento sollevare di peso.
Mi irrigidisco pensando ad un attacco a sorpresa anche se non ho avvertito nessun senso di minaccia, ma subito dopo realizzo che è Saga ad avermi presa in braccio e a saltare.
Atterra morbidamente nella sabbia e senza una parola mi rimette a terra.
La spiaggia non è buia come credevo. A distanza regolare ci sono delle piccole luci.
Capisco in un secondo momento che si tratta di torce.
- Servono a delimitare i confini del Santuario. La gente comune non le nota nemmeno, ma un Saint sa di essere vicino a casa. – mi informa Kanon.
Saga è sparito verso la massa scura del mare.
- E i nemici? – domando poco convinta
- Le sentinelle fanno bene il loro lavoro. Davvero credi che non si siano già accorti che siamo qui? – risponde lui con un’altra domanda.
- E come mai non intervengono? – chiedo a questo punto mentre inizio a sfilarmi la maglietta.
- Essere Gold Saint ha i suoi vantaggi. Si gode di una certa libertà di azione… Anche quando si è dei traditori redenti come me e mio fratello. – risponde lui lasciando cadere a terra la sua maglietta in un gesto che sa quasi di sfida.
Se pensa che abbia vergogna di mostrarmi in mutande e reggiseno davanti a lui ha perfettamente ragione, ma l’idea che i liquami della putrefazione si solidifichino e si rapprendano sui miei abiti mi fa ancora più senso. Tra i due mali, vada per quello minore.
Lo sguardo di Kanon si sofferma con aria critica sulle mie curve.
Mi piacerebbe avere abbastanza faccia tosta da ricambiare la valutazione in modo così spudorato ma a tutto c’è un limite.
Registro che la sua pelle ha un bellissimo colore dorato, che sul suo ventre ci sono tre cicatrici parallele, quasi fosse stato infilato da un forcone… Poi ricordo il Tridente di Nettuno… Di certo a quest’uomo non manca il coraggio. Le gambe sono lunghe, toniche e muscolose. Io non ho il suo fisico scolpito e scultoreo ma sono felice di ricordare che anche le mie gambe sono lunghe, affusolate e con i muscoli ben definiti. La schiena è messa bene e anche le braccia. Avrei voluto un seno più piccolo, tipo una tavola da surf ma la natura non mi ha accontentata e mi toccano un paio di taglie in più rispetto a quella desiderata.
Col girovita non ci siamo: alla classica misura del 60 mi tocca attaccarci un po’ di centimetri, posso solo ritenermi fortunata che non sia lardo ballonzolante.
- Ho visto di meglio, ma non c’è male. – commenta Kanon carogna fino al midollo.
- Lo prendo come un complimento che tuttavia non mi sento di ricambiare. – beccati questa!
Lui getta indietro la testa e ride.
Un suono profondo, di gola.
- Non è così orribile averti nostra ospite per qualche tempo; sai farmi ridere, ogni tanto. – ammette.
Forse è un complimento?
Non suona molto come tale.
Mi stringo nelle spalle e decido di prendere le parole del gemello come qualcosa di positivo.
Adesso ho solo voglia di lavarmi.
Persino l’odore di pesce e alghe è preferibile a quello che ho addosso.



Kanon osserva con aria afflitta il fumo che sale verso il cielo scuro della notte. Forse rimpiange un po’ i suoi bei vestiti. Si direbbe che il fumo sia nero, tuttavia, nell’oscurità esso assume un tono grigio scuro, quasi antracite che si differenzia dal blu del cielo notturno e che permette di distinguere chiaramente le volute che esso crea.
Saga è seduto al mio fianco, con le ginocchia tirate al petto e il mento appoggiato su di esse. Non ha detto una sola parola, però anche lui si era spogliato prima di entrare in acqua. Siamo ancora piuttosto umidi, ma la notte estiva è piacevole e il fuoco che abbiamo acceso manda abbastanza calore. L’odore di legna bruciata, qualcosa mi dice che abbiamo preso dei rami di pino, pare comunque purificarci. Io tengo sul bastone la mia maglietta - non la toccherei a mani nude per null al mondo! - e sarà la prossima a finire nel fuoco. Solo in questo modo saremmo certi della loro purificazione. Ci mancherebbe solo che qualche rot troppo insistente decida di disseppellirsi di nuovo dopo che l’ho rimesso a nanna...
- Come va la ferita? – domanda Saga ad un tratto, infrangendo il silenzio che si era creato.
Un legnetto scoppietta, alzando una fiamma rossa un pochino più vivace ma subito dopo il fuoco si quieta di nuovo.
- Va bene, va bene… - borbotto osservando il certotto che mi copre il fianco. E’ umidiccio ma è solo grazie a lui che ho la certezza che nulla di estraneo si sia infilato nel mio corpo.
- Adesso che facciamo? – domanda Kanon come se l’aver raccolto le idee non lo abbia aiutato a fare chiarezza su come agire.
- Credo che non tocchi a noi scegliere. Vyrzak ci sta per onorare della sua presenza. – sospiro riconoscendo immediatamente l’aura demoniaca che pervade la spiaggia.
Le tenebre della notte paiono fremere e vorticare.
Dapprima lentamente, poi in modo sempre più frenetico e convulso.
Il Tre di Quattro ci onora della sua presenza.
Lo sguardo che mi rivolge Kanon la dice lunga ed io mi scopro a pregare che sappia tenere la lingua a freno.
- E’ lui? – domanda inarcando un sopracciglio, scettico.
Vorrei sospirare ma mi trattengo.
So che i Saint sono addestrati a percepire il Cosmo degli altri guerrieri, ma l’energia delle Stelle che ognuno di noi racchiude non sempre è il gusto metro di misura per la potenza. Vyrzak non ha un Cosmo possente, ma è un demone di altro grado.
Lo so.
Non si direbbe.
E’ alto a malapena un metro e venti.
Ha perduto un occhio e perciò porta una benda a forma di fiore, in raso azzurro, e il suo viso è… Delicato.
Se fosse un bambino umano sarebbe considerato… grasso.
L’unico occhi azzurro brilla quasi fosse retroilluminato, indossa una vestitino elegante degno della prima comunione di un moccioso del diciottesimo secolo e tiene in mano un lecca lecca, di quelli rossi e bianchi che si vedono anche nei cartoni animati.
Vyrzak saltella sulla sabbia. No, lievita su di essa simulando il saltellare di un bambino. Le sue scarpe di vernice con il plateau – tipicamente gotik lolita – sono immacolate: la sabbia gliele avrebbe se non altro impolverate.
Ha raggiunto Saga e lo sta fissando.
Sento che sta esercitando su di lui il suo potere di coercizione.
- La sua anima è mia. Per tutta la durata naturale di questa vita. – lo informo, ma sono cauta.
- Si, l’ho sentito. – sbuffa gonfiando le gote rosee.
- Non hai nulla da fare qui. – gli faccio notare. Sono nervosa, so che Vyrzak vuole lo scontro e troverà un modo per scatenarlo.
Quello che voglio io è che non trovi una giustificazione plausibile alla sua venuta. Se la trovasse, potrei essere io quella accusata di aver cercato di infrangere o raggirare le regole. Non mi va. E non perché abbia paura a farlo, a volte in passato ci ho davvero provato…
Però non posso concedere nessun vantaggio a nessuno.
- Hai disonorato Mitja. – mi dice facendosi improvvisamente serio.
Il suo volto dolce diviene crudele. E’ abbastanza inquietante, tipo i film dell’orrore che hanno le bambole maligne…
- Mitja ha fatto tutto da solo. Venendo a piangere da te si è dato il colpo di grazia. – ribatto secca.
- E’ giovane e impulsivo, ma imparerà… - sospira Vyrzak.
- Forse. Del destino di Mitja non me ne curo fino a che non attraversa la mia strada. – riconosco.
- Vorrei che tu capissi che non è nulla di personale. Non ce l’ho con te. Anzi, dire che per essere l'Uno di Quattro sei persino simpatica... -
- Certo come, no! Detto da te poi è da prendere come oro colato! - ribatto sarcastica.
- L'onore della Famiglia e del Casato non è da prendere alla leggera. - Vyrzak si è fatto cupo.
- Senti, non credo che girarci attorno con chiacchiere da portinaia cambi la situazione. Tu non hai la certezza assoluta di battermi, altrimenti non mi avresti omaggiata del tuo gentile invito a venire allo scoperto... E se anche tu dovessi perdere contro di me, allora si che la Famiglia e il Casato sarebbe nella merda. Te lo puoi permettere? - non nutro certo la speranza di convincerlo a non sfidare a duello la sottoscritta, ma voglio evitare che ci siano altre ripercussioni se lo dovessi prendere fortunatamente a calci.
- Proposte? - chiede lui inarcando un sopracciglio.
- Per la verità no. - Kanon mi fulmina con lo sguardo, come se i fossi completamente scema.
Saga si alza in piedi e si pone al mio fianco.
- Io ne ho una. - Si decide a dire l'Ex Gran Sacerdote.
Spero si ricordi di come funzionano certi meccanismi. Se ha governato il Santuario per Tredici anni senza che nessuno sospettasse di lui deve essere per forza un buon diplomatico. O tutta la casta dei Saint sono degli imbecilli.



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Capitolo 8
*** - Tre di Nove - Seconda parte ***



In oblivion's garden
Her body's on fire
Writhing towards the angel defiled
To learn how to die
In peace with her God

Dark light
Come shine in her lost heart tonight

- Dark Ligt – HIM




Propongo un errata corrige al mio ultimo pensiero in merito a Saga e ai Saint.
Non sono tutti degli imbecilli, sono dei coglioni. Che puntano al suicidio di massa.
Saga ha catturato l’attenzione di Vyrzak e cosa gli dice?
- Abbi la compiacenza di venire qui di persona e assaggerai quanto male possono fare i miei pugni su quel tuo volto falso e di pessimo gusto. –
Sorvolando sulla parte dove ha fatto la sparata da super macho che le mazzate che il demone gli darà se le merita tutte, ha praticamente offeso a morte Vyrzak. Il sopraccitato principe di quegli altri ci ha messo circa tre secoli per trovare un aspetto fisico che reputasse degno della sua persona e Saga lo ha appena definito di pessimo gusto… Ecco, forse non tutti sanno che i demoni sono la materializzazione della vanità e della permalosità. Non accettano di essere ritenuti brutti. Non so se questo è legato al fatto che un tempo erano bellissimi e splendenti angeli e poi sono divenuti quello che sono, perdendo il loro prestigio. In effetti non conosco un solo demone che sia brutto. Strano magari, perché ha un colore di pelle insolito e inumano, oppure perché ha tatuaggi sul volto e sul corpo o perché ha delle corna fra i capelli… Ma nessuno di loro è davvero brutto.
A parte questa divagazione dei miei pensieri è meglio che mi decida ad intervenire, prima che le manipolazioni mentali di Vyrzak convincano davvero Saga a suicidarsi perché non meritevole di questa seconda opportunità.
Ho il dubbio che lui stesso lo creda…



Combattere in mutande e reggiseno ha i suoi vantaggi. Non molti, ma li ha.
Il primo di essi è che se l’avversario non è un vero guerriero si distrae per cercare di allungare l’occhio sulle forme tipicamente femminili e quindi, davanti ad un nemico distratto è più facile riportare una vittoria.
La seconda è che se l’avversario è un vero guerriero non sarà certo distratto da allusioni sessuali di bassa categoria ma se vuole colpire lo deve fare direttamente, senza avvantaggiarsi afferrando abiti o capelli.
E poi io ho un ulteriore vantaggio quando combatto con pochi abiti addosso, ma questo non conta ai fini tattici e strategici.
Ad ogni modo, mi faccio appunto mentale che fare da balia asciutta a Saga è quanto di più rognoso mi si potesse affibbiare. Devo aver fatto saltare i nervi della mia Dea se aveva accettato di usare me per questa missione. Non vedo altra spiegazione se non quella di una indubbia punizione per essere finita in questo incarico.
Per qualche attimo sono tentata di vedere come se la cava l’uomo dei Gemelli con il Tre di Nove, ma dopo i primi attacchi capisco che non può cavarsela da solo. Non che Saga sia debole o poco preparato alla battaglia… E’ solo che non conosce il modo di combattere di Vyrzak e non è preparato ai suoi attacchi, che non sono devastanti sul piano fisico quanto sono delle vere e proprie bombe nucleari sulla psiche.
Saga non è famoso per avere una personalità stabile.
Vyrzak continua a ripetergli che dove morire e gli ricorda gli innumerevoli motivi per cui quest’atto sia giusto.
Dal tentativo di uccidere Athena, alla rinnegazione di Kanon, all’uccisione di Sion…
Per un momento mi chiedo se anche Kanon riesce a sentire Vyrzak e mi rendo conto che no, lui non lo sente. Credo dipenda dal tipo di potere che abbiamo. Un Cosmo non permette la lettura del pensiero, tranne in qualche raro caso. Buon per il gemello. Si risparmierà qualche graffio dell’anima.



Quando intervengo, noto che lo fa anche Kanon. Spero solo di non dover salvare il culo anche a lui: uno lo posso sopportare, due sono troppi. Glielo faccio notare senza troppa gentilezza e la sua risposta è un del dito medio che svetta davanti al suo viso e ai miei occhi.
Mi piace questa brutale schiettezza del gemello.
Vyrzak ride divertito.
- Hai trovato pane per i tuoi denti, Uno di Quattro. – mi apostrofa.
Odio essere chiamata in quel modo.
Lo odio ma non ci posso fare nulla. E’ la mia carica. Definisce ciò che sono.
- Si, questo è più tosto di Saga. – ammetto dando il mio riconoscimento a Kanon che pare stupito dalle mie parole.
- Quindi se Saga è debole, perché non lo lasci a noi? Sarebbe una zavorra in meno che ti dovresti portare dietro… - suggerisce il demone.
Questo mi fa capire che loro sono ancora molto interessati al Saint dei Gemelli.
- Sfortunatamente la mamma mi ha insegnato che se raccolgo qualcosa dalla strada non ce la posso ributtare… - sospiro fintamente affranta.
Il viso fanciullesco di Vyrzak si fa duro.
E’ arrabbiato per come stanno andando le cose.
Saga è prigioniero delle sue manipolazioni ma non si è ancora spezzato.
In un certo senso, avendo fatta sua la tecnica del Demon Emperor Fist (Mi chiedo perché QUESTI Saint debbano dare nomi così altisonanti a degli attacchi… Forse fa più figo quando si urlano a squarciagola nel mezzo della battaglia? Probabile, deve essere qualcosa che incrementa l’autostima… Io mi sentirei solo una scema…) conosce il modo di innalzare delle barriere nei confronti della volontà di Vyrzak. Eppoi, Saga è tornato dal mondo dei morti ed è a tutti gli effetti vivo, quindi il potere del demone è piuttosto limitato. Se il Saint vale un quarto di quello che penso non cederà.



- Insomma, perché i miei attacchi gli fanno un baffo!? – ringhia Kanon con il fiato corto mentre continua a spendere un sacco di energia fisica nel tentativo di colpire il demone.
- Perché quello che vedi è solo la proiezione astrale di Vyrzak. Il suo corpo non è qui. Ammesso che lo sia mai stato – ribatto con uno sbuffo.
- Dirlo prima, no? – sibila Kanon passando da una posizione di attacco ad una di difesa.
- E perdermi lo spettacolo del tuo corpo con i muscoli gonfi e sudaticci? – ribatto inarcando un sopracciglio con aria di scherno.
Lui sposta lo sguardo su Saga.
Sul suo volto si alternano diverse espressioni, ma quello che fa più impressione è vedere le sue labbra piegate ad un sorriso maligno mentre le sue gote sono bagnate dalle lacrime che gli occhi continuano a buttare fuori.
Per un momento l’espressione del secondo nato si fa sofferente, come se anche a lui provocasse dolore vedere l’incapacità di reazione di Saga o se si sentisse in colpa per non poterlo aiutare, ma è solo una questione di un battito di ciglia e poi Kanon torna a fissare il demone.
- Vieni qui cacasotto, che ti rifilo un pugno di quelli che quando ti risvegli i tuoi abiti saranno preistoria! – lo sfida.
Ecco: mi pareva strano.
I gemelli sono sempre così idioti da fare le stesse cose. Magari uno lo fa con scoppio ritardato, ma è certo che se uno di loro si piglia il raffreddore, lo fa anche l’altro… Se uno prende un brutto voto l’altro gli va dietro. Se uno ruba la marmellata dall’armadietto quell’altro gli ruba il barattolo dalle mani… Cose così, insomma.
Questi due, anche se grandi e grossi non fanno eccezione. Se uno sfida il demone lo fa anche quell’altro. E lo fa in modo più fantasioso, giusto per non essere chiamato copione…



Però a Kanon va il merito di aver fatto saltare i nervi a Vyrzak che si sta manifestando su questo piano fisico. Allora adesso posso usare la mia arma contro di lui e posso portarmi a casa la vittoria. Sento il demone lacerare il confine tenebroso.
Adesso ho la giustificazione e non potrò in nessun modo essere punita.
Che figata!
Sento il calore del fuoco lambirmi, in cerchi concentrici. Nel tatuaggio si concentra il calore, come se venisse richiamato meandri della mia anima. E’ rovente ma non mi brucia.
Vedo la spada fatta di rosse e danzanti fiamme prendere forma , nascere dal palmo aperto della mia mano.
Blaze è il nome con cui è conosciuta.
Il mio modo di combattere non prevede urla belligeranti, ma piuttosto mosse silenziose e fluide. Il movimento crea.
Creare significa intervenire nella realtà.
L’attacco non ha forma definita, ma si plagia sulla necessità.
Vyrzak strilla furioso.
Dal suo corpo di fanciullo si alza del fumo. I suoi abiti si anneriscono.
- Puttana! Sei la sua lurida puttana lesbica! – mi strilla contro l’attimo prima che dalla sua bocca spalancata escano fiamme di luce.
Il divampare del fuoco è rapido.
Il demone pare essere un foglio di carta che ha preso fuoco.
Sparisce in una fiammata rossa e gialla che si leva verso il cielo.



- Mi devi un sacco di spiegazioni! – sbotta Kanon afferrandomi il braccio.
Non faccio in tempo ad avvertirlo.
Lui sobbalza lasciando subito la prese e osservandosi la mano arrossata.
E’ stato abbastanza veloce a mollarmi da non ustionarsi, ma credo che il calore lo abbia sentito eccome!
I suoi occhi verdemare mi fissano accusatori, ma la domanda arriva dalle mie spalle.
- Cosa sei, tu? – ed è stato Saga a chiedere.
Non credo di avere grandi possibilità di darmi alla latitanza.
- Immagino che qualche spiegazione ve la devo… Visto che Vyrzak è tornato a casa con la coda fra le gambe, perché non ci sediamo comodi sulla sabbia? – propongo con l’aria di chi ha intenzione di vuotare il sacco e voglia davvero mettersi comoda perché ha tanto da dire.
- Non mi inganni. Non ci dirai nulla più che lo stretto necessario… - borbotta Saga inchiodandomi con il suo sguardo.
Non sono decisamente gli occhi di un aspirante suicida.
Forse la scommessa che si è fatta su di lui non è tanto folle.
Vorrei chiederlo alla mia Dea, ma dato il suo silenzio immagino che per un po’ voglia restare a guardare quello che faccio.
- Possiamo andare là a parlare – borbotta Kanon.
Là deve essere un posto che conoscono i gemelli.
Saga si acciglia poi annuisce con il capo.
- Almeno ci saranno delle coperte. – riconosce lanciando per la prima volta uno sguardo diretto al mio corpo.
Se arrossico non me lo perdonerò mai!
Devo distrarmi…
Nathaniel.
Basta quel nome per far montare dentro di me la collera.
Quel bastardo lo sapeva! Lo sapeva cosa mi aspettava! Ecco perché gongolava tutto, il fetente!
Seguo Kanon che fa strada masticando le parole molto poco lusinghiere che sto rivolgendo al mio datore di lavoro e Saga è al mio fianco che mi lancia sguardi perplessi e divertiti a seconda di quanto colga delle mie imprecazioni.
Raggiungiamo una piccola costruzione di legno.
Kanon entra con l’aria di chi conosca ogni singola asse di legno di quel posto.
Anche Saga procede a passo sicuro e poco dopo aver sentito dei rumori vedo delle scintille violentare l’oscurità dell’interno della casetta e finalmente la tremula luce di una lampada a olio rischiara l’ambiente.
C’è un tavolo con tre sedie posto davanti a me che sono ferma sull’uscio. Sul fondo della stanza prende forma quello che potrebbe essere un angolo cottura improvvisato e una porta che conduce in un altro ambiente. Al mio fianco c’è una finestra con le imposte chiuse e dall’altro lato un mobile che fa da dispensa.
Saga sparisce oltre la porta e torna poco dopo con quelle che sembrano coperte.
In effetti due di esse lo sono.
L’altro è un lenzuolo azzurro.
Il mio corpo è ancora rovente e dato che Saga mi offre la possibilità di scegliere per prima decido per la cosa più leggera.
Mi accorgo che è un po’ più piccolo delle misure standard, quindi è il lenzuolo di un lettino da bambino. Non importa: per me è sufficiente.
Me lo avvolgo intorno al corpo come se fosse una tunica e basta il nodo sopra la spalla per renderlo un capo di abbigliamento molto più accettabile di certa roba che ho ancora nella valigia.
- E’ davvero piccolo qui – riconosce Kanon prendendo a colpo sicuro due tazze dalla credenza.
- Siamo noi ad essere più grandi – sospira Saga prendendo la tazza senza il manico.
Capisco che è qui che i gemelli hanno trascorso gli anni dell’addestramento.
Kanon di sicuro vi ha vissuto per tutto il tempo che è rimasto al Santuario, prima di finire rinchiuso a Capo Sunion.
- Per fortuna ho fatto un po’ di rifornimento quando sono venuto qui l’altro giorno… Caffè? – svia abilmente la conversazione.
- Qualcosa di più forte? – chiedo speranzosa.
- Ouzu – mi propone lui.
- Grande! – approvo.
Saga ci guarda con rimprovero ma non ci ferma.
Kanon divide con me la sua tazza.
Ha ancora il manico ma è sbeccata. Presto attenzione a dove poso le labbra. Ci mancherebbe solo di tagliarsi mentre ci si da all’alcolismo!

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Capitolo 9
*** - Due di Quattro - ***



Se…riesci, incontrando il Successo e la Sconfitta
a trattare questi due impostori allo stesso modo;

- Rudyard Kipling – SE - ;



Kanon mi guarda come se mi fossero spuntate due teste.
La mia mano si blocca a mezz’aria.
La maionese, raccolta in dose abbondante scivola a causa dell’unto di cui è satura la patatina e cade in una goccia sul fondo del vassoio che ho davanti a me.
- Ti spiace? – sbuffo contrariata.
Lui fa un cenno con la mano poi si decide a dire
- No, è che sei uno spettacolo… - ammette.
So che non è un complimento.
- Lo sfottimento riservalo per tuo fratello, grazie - gli faccio notare infilandomi in bocca il dito con il quale ho raccolto la maionese caduta.
Il cibo non si spreca, me lo hanno insegnato bene, sia i miei genitori che il mio vivere da sola.
Quando non circolano molti soldi nelle tasche si impara molta economia domestica senza aprire nemmeno un libro. Fico, vero?
- Saga non è venuto e dubito che metterà il naso fuori dal Santuario per parecchio tempo ancora. Deve un po’ riabituarsi a vivere… - sentenzia il gemello decidendosi a bere un sorso della sua spremuta di arancia.
- Più che altro deve ancora fare pace con se stesso. In questo tu te la sei cavata meglio. – riconosco affondando i denti nel mio concentrato di grassi saturi noto anche come Mac Bacon.
- Già che c’eri potevi prendere anche delle cipolle fritte… - mi stuzzica lui.
- Non credo che me le avrebbero fatte. Sono le nove di mattina, è un miracolo che Mc Donald sia aperto. – riconosco prendendo un sorso di Coca cola.
- Basta che poi non mi stai male in mezzo alla strada… - continua lo sfottò lui.
- Tranquillo, quando mi aspetta dello shopping mi occorrono un sacco di energie! E poi se penso che andrà tutto in nota spese… E’ la quintessenza della felicità. Quel bastardo di Nat verserà calde lacrime! – dico con un ghigno degno del peggior stronzo in circolazione.
- Sei felice con poco. Ad ogni modo non è carino parlare in quel modo dei tuoi superiori. Nat è il tuo capo, no? –
- Ironia della sorte… Comunque non è che tu ti sia comportato molto meglio di me in passato e anche nel presente non mi sembri troppo asservito ad Athena. - ammetto pulendomi le dita in un tovagliolo di carta così infima che mi chiedo se non sia per caso sgraffignata a qualche toelette dell’albergo di lusso dall’altro lato della strada. Se avessi più confidenza lo direi a Kanon…
- La servo secondo la mia natura. Non posso farlo in altro modo – sostiene lui diventando molto serio.
Lo so che ha ragione, ma non riesco a smettere di pensare alla carta igienica e dal mio viso si deve capire benissimo.
- Che stai pensando? – domanda lui curioso, evidentemente ha capito che del discorso fatto non mi importava poi molto. Era solo un modo per riempire un fastidioso silenzio.
Glielo dico.
Lui scoppia a ridere e si alza, compiendo anche l’elegantissimo gesto di prendere il mio vassoio e gettare il contenuto nell’apposito bidone.
- Adoro i folli – dichiara.
- Grazie – gli dico sorridendo prima di passarmi la borsetta a tracolla e avviarmi verso la strada che finalmente inizia ad animarsi un po’. Sono certa che non mi sarà difficile andare d’accordo con questo Saint, perché fra simili un po’ ci si riconosce.
Mi chiedo se Saga stia aiutando a ripulire la Terza o se sia andato da Athena a raccontare gli schifosi avvenimenti della nottata e mi rendo conto che non mi interessa per nulla quello che fa, a meno che non si tratti di commettere un suicidio.
Insomma, Saga faccia quello che vuole, l’importante è che resti vivo. Almeno fino a che la mia Dea vuole che sia così.
- Certo che non me lo aspettavo da te un simile look – riconosce Kanon prendendo un arancione al semaforo pedonale: dobbiamo correre come due scemi per attraversare la strada senza essere ridotti alla stregua di due schiacciatine.
- Che vuoi dire? – domando perplessa.
- Per come ti comporti e da quello che ho visto alla Terza ti facevo il tipo scarpe da tennis, tuta informe, magliette extra large e jeans… Invece anche con tacco otto corri come una lepre… Deduco che ci sei abituata - riconosce lui
- Si chiama spirito di adattamento… Se ne fossi sprovvista mi sari impiccata al secondo incarico affidatomi da Nat. Comunque è vero: mi piace vestire comoda in casa ma quando esco o quando lavoro cerco di avere un bell’aspetto. Se faccio quell’altro lavoro invece… Bhè penso solo di riportare a casa la pelle, anche se mascherate teatrali a volte si rendono necessarie.- ammetto.
- Pensavo il tuo lavoro segreto fosse tabù e tu non ne volessi parlare… - chiede lui curioso.
Siamo fermi davanti ad una vetrina e finalmente ho visto qualcosa che sia di mio gusto.
- Non è tabù anche se non ne parlo volentieri… Tu lo fai del tuo essere Saint? – chiedo a mia volta.
- Non molto. Non è che non sia convinto della scelta che ho fatto ma… Non è motivo di chiacchiera. – ammette lui.
Sorrido e lo prendo per mano.
- Andiamo, devi farmi da consulente! – gli dico trascinandolo in negozio.



Al suono della campanella posta sulla porta a vetro appare immediatamente la commessa.
E’ una ragazza carina, con i capelli corti e schiariti, gli occhi grandi e scuri e un fisico magro e longilineo. Mi arriva alle spalle, ma è dieci volte più femminile e carina di me.
Senza girarci intorno le chiedo quello che voglio provare.
Kanon si lascia cadere sul piccolo divanetto rosso davanti ai camerini e ignora le occhiate che ogni creatura di sesso femminile gli rivolge. Mi viene da chiedermi se sia possibile stuprare un uomo… Forse il gemellino potrebbe scoprirlo fin troppo presto se non si mette in una posa meno sexy. Mi chiedo se ne sia consapevole, che con la caviglia appoggiata al ginocchio, le mani mollemente abbandonate sulle cosce fasciate da quei jeans chiari un po’ lisi e la camicia bianca con i primi tre bottoni lasciati aperti sul torace e le maniche arrotolate e i capelli che gli ricadono sulla spalla e lungo la parte sinistra del corpo… Capisco che non è una posa casuale. Come non lo è la sua aria imbronciata e severa, per lui dovrebbe un modo per scoraggiare gli altri ad interagire, per le donne in realtà è una cosa che attizza. Se non fosse così bello metterebbe soggezione…
Sparisco dentro il camerino con i miei abiti da provare.
Ne esco poco dopo.
Kanon mi fissa con aria sorpresa.
- Non stai male… - si decide a dire quando lo fisso come se fosse sotto interrogatorio. Non è che mi aspettassi chissà quale complimento ma qualcosa di più caloroso sarebbe stato gradito, giusto per rinfrancare la mia autostima che dopo il trattamento di Vyrzak si è un po’… Come dire… Andata a nascondere!
Rientro in camerino.
Mi guardo con aria critica e decido che invece sto bene.
Jeans chiaro con strass, top monospalla blu notte e una cintura bianca. Sandali gioiello di un bianco candido con sbarluccichi azzurri.
Osservo il secondo abito che ho scelto, di un color sabbia decisamente chiaro.
Questo è un vestitino vero e proprio ma decisamente sobrio. E’ fatto in cotone fresco, ha le spalline sottili e la gonna lunga e ampia che si annoda su un fianco creando un finto spacco. Posso portarlo con un tacco alto o con un infradito di cuoio. Dato che i tacchi li ho scelti per il pantalone opto per l’infradito che richiama i sandali degli schiavi dell’antica Roma.
Quando mi faccio vedere da Kanon scopro che è impegnatissimo a ridere e chiacchierare con la commessa. Senza una parola torno in camerino.
°Ricordati, Niane: se porti un uomo a fare shopping perché vuoi che ti dia un consiglio assicurati che sia omosessuale!° me lo dico davanti allo specchio e sento una risata esplodermi in testa.
La mia Dea ha deciso di rompere il muro del silenzio, a quanto pare
° Due di quattro ti aspetta a mezzogiorno in piazza Sintagma, non dubito che riusciate a trovarvi. Ha cose importanti da dirti, vedi di essere puntuale. °
Certo, come dire ci vogliono esattamente tre secondi a percorrere tutta la via ed arrivare alla piazza del Parlamento... Bhè se Kanon mi carica in spalla e usa la sua super velocità magari ce la facciamo…
Gonfio le gote in uno sbuffo e lo specchio rimanda il mio volto un po’ distorto. Questo mi strappa un sorriso, perché mi piace ridere di me stessa, soprattutto quando conosco l’inevitabilità delle cose e ancora mi ostino a volerle cambiare. Mi sento un po’ Don Chisciotte che combatte contro i mulini a vento, tuttavia mi sta bene. A volte mi sento anche peggio.
Pago il contro gongolando quando vedo la cifra che la cassiera digita. Praticamene è il mio stipendio di un mese. Nat beccati questa, carogna!!!!!
Kanon ha finito di sottostare a diverse profferte sessuali più o meno velate e abbandona il negozio insieme a me.
- Dove vuoi andare adesso? – mi chiede notando che ho le mani colme di sacchetti e l’aria felice.
- Aperitivo in piazza Syntagma poi rientriamo. Mi sa che stanno iniziando a chiedersi dove siamo spariti… - riconosco avviandomi verso il fondo della via.
- Per non essere di Atene ti ci sai muovere bene. – constata lui divertito.
- Di necessità si fa virtù! – ribatto con una scrollata di spalle.



Come aveva detto la mia Dea era impossibile non riconoscere Due di Quattro.
Sospiro sollevando lo sguardo al cielo azzurro di Grecia.
Ci saranno trenta gradi all’ombra ma una sola figura se ne sta seduta sul muretto della piazza, con addosso uno spolverino nero pieno di catene e borchie, i capelli rosso fuoco sono corti e gli cadono in ciocche selvagge attorno al viso di un bianco cadaverico, mentre il lungo codino serpeggia lungo la schiena. Indossa occhiali scuri dalla forma allungata e degli anfibi più simili a corazze che scarpe. Tiene in grembo una chitarra dall’aria vissuta di un improponibile colore viola elettrico e giallo canarino.
Ha un bicchiere di carta davanti a se, come se stesse elemosinando e continua a suonare una melodia che non è scritta da nessuna parte ma che piace. Diverse persone infatti gli fanno semicerchio davanti e lo ascoltano con attenzione.
Un giorno o l’altro lo arresteranno di nuovo.
Nat si infurierà per la cauzione che dovrà pagare e lui senza scomporsi si siederà a terra e ricomincerà a suonare, fregandosene del mondo e del suo scorrere.
Kanon mi segue quando capisce che mi sto avvicinando a quello che ha l’aria di essere un musicista vagabondo. La sua mano mi afferra il braccio.
- Che intenzioni hai? – mi chiede sul chi vive.
- Offrirgli il pranzo – ribatto svincolandomi dalla sua presa.
- Ehi! Ferma! – protesta lui quando me lo lascio indietro.
Fortunatamente prima che Kanon possa dire altro ho già raggiunto Due di Quattro.
Basta che faccio passare la monetina sulle dita della mia mano che lui smette di suonare e alza il capo.
- Aperitivo? Offro io – gli dico.
Lui ghigna.
- Tu o Nat? – domanda.
- Bhe, sai com’è… Il capo ha sempre un certo debito con la sottoscritta… - riconosco con un sorrisone.
- Andiamo – borbotta alzandosi, mettendosi in tasca le monete e riponendo la chitarra nella sua custodia.
Kanon ci fissa senza proferire parola. La sua espressione è molto contrariata.
Quando ci sediamo ad un tavolino che da sulla piazza mi decido a fare le presentazioni
- Kiefer, lui è… -
- Il gemello sbagliato – mi anticipa il mio collega.
- Ehi! – protesta Kanon.
E’ meglio intervenire subito, prima che la cosa degeneri. Kanon è orgoglioso, Kiefer non ha tatto.
- Lui è Kanon e non è il gemello sbagliato, solo non è il mio uomo. – gli dico e solo in quel momento mi accorgo che la frase suona equivoca.
Arrossisco miseramente.
Dannato Saga, anche quando non è presente riesce a mandarmi in confusione!
- E lui lo sa di essere il tuo uomo? – ridacchia Kiefer.
- Fanculizzati. Cosa sei venuto a fare? – chiedi diretta. Conosco un solo modo per levarmi dagli impicci: attaccare.
- Le cose si sono complicate un po’. Possiamo parlarne in privato? – chiede intendendo chiaramente che non dirà una sola parola davanti al Saint.
- So riconoscere quando sono di troppo. Credi di saper ritrovare la strada per il Santuario? – mi chiede il gemello con aria dura e seccata.
- Me la caverò. Scusa… - borbotto.
Kanon sospira. Vorrebbe dire qualcosa, tipo che non ce l’ha con me ma che ne ha le tasche piene di segreti, glielo leggo in faccia, ma non dice nulla. Raccoglie le mie borse e prima di allontanarsi mi comunica
- Alla Terza si cena alle sette, non dimenticarlo. – poi sparisce tra la folla.
- E’ gentile, anche se brusco. – mi dice Kiefer.
- Se lo conoscessi meglio ti piacerebbe… Ma credo ti ammazzerebbe prima che vi possiate apprezzare. – anche io sono brutalmente sincera e diretta.
- E Saga com’è? – mi domanda Due di Quattro
- Non è come noi e non è nemmeno come loro. Desidera essere solo un uomo… - ammetto. Questo è quello che ho capito nel poco tempo che l’ho visto.
- Ma non è solo un uomo. Credi lo accetterà o… - chiede Kiefer
- Non lo so. Ci vorrà tempo e noi non ne abbiamo molto; ma adesso è troppo fragile. Fare pressioni potrebbe… - faccio un cenno della mano.
- Potremmo perderlo. – conclude lui.
- Per ora Vyrzak e Mitja lo lasceranno stare. – gli dico.
- Già. Sei stata brava. Ma presto arriverà ancora qualcuno. E’ per questo che sono qui. Per darti una mano. – ammette lui.
- Verrai al Santuario? –
- No. Ma resterò in zona. – riconosce.
- Sai che sono un individualista… - borbotto.
- Chi di noi non lo è? – ridacchia lui.
- Vedrò cosa posso fare per indirizzarlo nella giusta direzione, ma anche tu sai che la scelta non mi compete. Compete solo a Saga. – ammetto.
- Tu impegnati come hai sempre fatto. Lei ci chiede solo questo, per ora. –
E’ quel “per ora” che mi terrorizza ma bado bene di tenermi la lingua fra i denti.
- Ti ha mai pesato essere ciò che sei? – chiedo in cerca di una conferma o forse di un incoraggiamento.
- Che altro potremmo essere? – mi ritorce contro la domanda.
Sorrido.
- Siamo nati nella luce ma siamo immersi nelle Tenebre. Abbiamo stretto un patto. Un patto insanguinato per guadagnarci il nostro Paradiso. –
- Sei proprio un poeta. – lo sfotto.
- Sono solo un musico da strada… - ridacchia lui prendendo la sua chitarra che aveva posato contro il muro vicino al tavolino e si allontana passando fra gli altri clienti del bar.
Non mi resta che pagare il conto e andarmene. Se ci saranno altri incontri o la mia Dea o Kiefer troveranno un modo per farmelo sapere.

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Capitolo 10
*** - Vaghi ricordi - ***



L'anima è un cristallo
di sale
il cuore
balla il flamenco
attorno ad un fantasma
di sogni.

- Giovanni Formaggio -



Ritrovare la strada per il Santuario è meno complesso del previsto. D’altro canto se non sono in grado di muovermi con cognizione di causa quando si tratta di quei lavori che non vanno esattamente fatti alla luce del sole, avrei molto di cui vergognarmi.
Cerco di sentire la presenza di Due di Quattro ma nulla. Sembra essersi volatilizzato anche se so benissimo che non è così.
A volte questa cosa è irritante.
Fa parte del patto, lo so benissimo, ma è scomoda.
Come la telepatia.
Non mi ha mai fatto piacere che qualcuno si introduca nei miei pensieri e ci si diverta.
Insomma ognuno di noi ha i suoi cari segreti e sapere, che chicchessia, ce li possa carpire in un nanosecondo fa tutto tranne che piacere.
Per fortuna la mia Dea si è sempre rivelata molto discreta e molto tollerante su questo fronte. Non so perché ma i miei colleghi che hanno tentato di penetrare la mia mente ci hanno sempre rimediato una feroce emicrania.
E con feroce intendo qualcosa che non sparisce per diversi giorni nemmeno mangiandosi aspirine come fossero caramelle.
Sono giunta alle porte del Santuario ma vorrei dedicare ancora qualche attimo ai ricordi, per tale ragione esito ad annunciare al mia presenza.



Il cielo è ancora azzurro, tuttavia la feroce calura pomeridiana è scemata e spira una leggera brezza che non è ancora fresca ma che resta piacevole. Anche i raggi del sole colpiscono la terra con una diversa inclinazione che si riflette sui colori, rendendoli più morbidi.
Apprezzo questo momento della giornata.
Per la verità apprezzo quasi tutti i momenti del giorno, ma il tramonto e l’alba sono quelli che preferisco.
Ovviamente se l’alba non l’ho dovuta vedere per necessità lavorative, ma questo è un discorso a parte.
Ho bisogno di mettere insieme le idee per trovare le parole adatte per aiutare Saga in quello che lo aspetta.
Non è che io non capisca come si sente, tuttavia per la mia stessa natura, per ciò che sono io non nutro i suoi scrupoli morali. Forse non li ho mai nutriti. O forse mento solo a me stessa, perché così è più facile. Se ti ripeti che una cosa non fa male, alla fine te ne convinci. E’ così che ho lavorato sulla mia psicologia e in qualche modo ha funzionato e continua a funzionare. Per ora mi basta questo.
Parlare dell’Ordine è difficile, perché quello che non è ovvio è segreto.
Anche l’Ordine ha le sue regole ma quelle vengono imposte dopo.
In realtà non è che si faccia un vero e proprio addestramento, come succede per i Saint…
All’Ordine si appartiene per nascita. E una volta che ci si è risvegliati come appartenenti ad esso non è più possibile lasciarlo, perché l’Ordine e la propria essenza sono la medesima cosa.
La scoperta di appartenere a Lei o a Lui è unica e diversa per ognuno.
Per me è stato come essere colpita da un fulmine a ciel sereno.
Ed è stato Kiefer a risvegliarmi.
Lo odio per questo, ma nello stesso tempo non smetterò mai di ringraziarlo.
Lui lo sa.
Credo che sia così per ognuno di noi Quattro.
Per i nostri ierofanti abbiamo un rapporto di amore e odio che non può essere mutato da nulla.
Trattengo i ricordi giusto il tempo per salutare la guardia che è venuta ad accogliermi dopo avermi notata dalle mura del Santuario e avermi fissata con un misto di diffidenza e timore.
La mia reputazione qui deve essere più pessima che altrove.
D’altra parte sapevo che recandomi al cospetto di Athena sarebbe stato un po’ come accostare il Diavolo all’acquasanta.
Inizio il percorso in salita che porta alle Tredici Case, sapendo che fortunatamente la mia meta è all’inizio. Mi domando solo se alla terza Kanon e Saga mi aspetteranno per cenare o se mi ignoreranno.
Probabilmente Kanon vorrebbe estorcermi parecchie informazioni circa Kiefer ma non credo che per stasera mi metterà sotto torchio. Ha il suo bel da fare con in gemello, verso il quale nutre un grande affetto che però non sa dimostrare.



Mi pare di sentire nell’aria, con il frinire delle cicale e dei grilli anche un diverso suono.
Quella che io chiamo la melodia incatenate. Enchained Melody suona meglio, anche perché Kiefer le rare volte che canta lo fa in inglese. Forse sta suonando quella roba, da qualche parte.
Il problema è che quella roba fa vibrare la mia anima.
Sospiro lasciando liberi i ricordi.
Che vengano pure come un flusso di coscienza, sconclusionati e poco chiari.



All’epoca dovevo avere intorno ai quindici anni. Kiefer ne ha quattro più di me, ma anche allora era difficile inquadrarlo e dargli un’età definita.
Ricordo che avevano dato il film “Il Corvo” nel parco del Comune vicino. D’estate i vari comuni dei paeselli di campagna erano soliti organizzare di questi eventi. Cinema all’aperto, serata danzante, grigliate, festa dell’amicizia… Quel genere di cose. Occasioni per stare insieme e divertirsi.
Ricordo anche lo scassone del mio motorino, che ogni tre per due mi lasciava a piedi, ma quella sera non pareva volesse fare i capricci ed era persino partito al primo colpo!
Casa mia non era molto lontana, quattro chilometri, metro più, metro meno e per tale ragione non mi davo pensiero all’idea di andare da sola. Ero in motorino, e anche se percorrevo strade circondate da campi molto difficilmente avrei potuto essere vittima di un aggressore. E poi contavo che col motorino potevo fuggire in mezzo allo sterrato godendo di un certo vantaggio nei confronti di una macchina.
Dopo aver salutato gli amici che avevano preso ognuno la loro direzione di casa ricordo di aver dato gas e di aver inchiodato di colpo.
A momenti non stavo per mettere sotto…
Cos’era?
Un esaltato del Corvo?
Commisi la leggerezza di guardarlo negli occhi.
E fu come se l’universo si fermasse, prendesse posizione e ricominciasse a scorrere.
Era come se tutto fosse andato improvvisamente a posto.
Identificazione.
Presa di consapevolezza.
- Ascolta – mi disse semplicemente Kiefer, con una voce che non stonava affatto su di lui ma che non era quella che mi sarei aspettata uscire dalle sue labbra. Troppo dolce e troppo suadente. Prese la chitarra, si sedette a terra, lì in mezzo al parcheggio e iniziò a suonare.
Quando ebbe terminato io sapevo.


Il tatuaggio mi apparve l’anno successivo.
La settimana dopo mi venne affidato il primo incarico.


Non fu una bella esperienza.
In quell’occasione fui l’Assasino.
Sono rimasta inconsolabile per giorni fino a quando Kiefer è intervenuto di nuovo.


- Tu sei l’Uno di Quattro. – mi aveva detto, sedendosi sul mio letto.
Avevo provato il desiderio di scacciarlo con un calcio, ma non lo avevo fatto.
- E’ colpa tua! – lo avevo accusato.
- No, e lo sai. – mi aveva risposto lui, facendosi scivolare di dosso la mia rabbia e il mio dolore.
- Non voglio più farlo. Non me ne frega nulla di ciò che sono! Fanculo anche l’Ordine e Lei e Lui e tutto il resto! – avevo sbottato troppo ferita dagli avvenimenti per realizzare che stavo solo dicendo sciocchezze.
Kiefer aveva sospirato, come se dovesse raccogliere tutta la sua pazienza.
- C’è un solo modo per non essere quello che sei. – mi aveva detto serio
- Quale? – avevo chiesto iniziando a nutrire una speranza. Speranza che lui mi tolse subito.
- Non puoi essere così stupida da non averlo capito. –
Uccidermi.
Se mi fossi uccisa non sarei più stata l’Uno di Quattro.
Ma uccidermi era non solo un gesto vigliacco era proprio tradire. Tradire me, la mia vita.
- Se muoio nulla sarà compiuto… - avevo mormorato.
- Esatto. Gli dei non salvano, non ci consolano e non perdonano. Ci usano e null’altro. – aveva detto Kiefer stringendo i pugni.
In quel momento capii.
Anche lui aveva dovuto affrontare quella battaglia.
Anche a lui quelle cose bruciavano dentro, perché si potevano accettare e si poteva imparare a conviverci, ma facevano comunque male.
- Siamo… - avevo chiesto cercando le parole adatte ma non trovandole
- I due volti della stessa medaglia. Possiamo essere angeli che uccidono o demoni che salvano. Siamo al servizio di Lei, quindi siamo nati in una brillante luce. Ma siamo anche i soli che possono tingersi di Oscurità senza smarrirci in essa. Siamo bastardi, figli illegittimi della luce, venuti al mondo per compiere quegli atti impuri che sono necessari all’equilibrio. Lo sai, e lo hai già accettato o il tatuaggio non si sarebbe mostrato. –



L’Uno di Quattro.
Io sono l’Uno di Quattro.
Colei che ha il potere del fuoco.
Il fuoco che illumina, che riscalda, che purifica…
Il fuoco che distrugge, che brucia, che annerisce…


Kiefer è il Due di Quattro.
Colui che ha il potere dell’Aria.
L’aria che si respira, l’aria che abbraccia, l’aria che protegge
L’aria che manca, l’aria che frusta, l’aria che spazza via…


Iris è Tre di Quattro.
Colei che ha il potere dell’Acqua.
Lei è la più indefinibile.
Perché proprio come il suo elemento può assumere svariate forme senza tuttavia mai rinnegare ciò che è.
L’acqua più gorgogliare in un percorso ostacolato da rocce, può allargarsi in un placido lago, può divenire un’onda anomala… Ma l’acqua resta acqua.


Rigel è Quattro di Quattro.
Colui che ha il potere della Terra.
Credo di conoscerlo solo per fama. Non l’ho mai visto in volto perché sta ancora scontando la sua condanna. Lui, ha preteso che perdesse il diritto ad avere forma umana dopo uno scontro in cui il buono – in teoria – ha perso un po’ troppo il controllo. Dicono sia un bellissimo lupo bianco con gli occhi neri.


Noi siamo i quattro Alfieri della Luce.


Le Tenebre ne hanno a disposizione ben Nove.
Due dei quali ho già avuto l’onore di prendere a calci dall’inizio di questo incarico.
Per fortuna Cinque di Nove e Sette di Nove sono posti vacanti.
Rigel li ha praticamente distrutti circa trent’anni fa e ne sta ancora pagando lo scotto… Vorrei evitare di finire come lui perciò sto ben attenta che i miei atti, sebbene ai limiti del lecito non varchino mai certe soglie che non sono nette, ma insomma, si possono intuire…



Interrompo il flusso di ricordi quando vedo la figura che mi aspetta davanti all’ingresso della Terza. In un primo momento penso sia Kanon, invece non appena esce dall’ombra della colonna mi accorgo che si tratta di Saga.
Il mio cuore fa un battito strano.
Forse mi sono affaticata troppo con la camminata da Atene al Santuario e poi su per l’erta.
- Non credevo tornassi. – mi dice lui serio.
Vorrei fare una battuta di spirito ma con lui non ci riesco.
Non è come con Kanon.
- Non abbandono una missione – gli rispondo.
Per un istante il suo volto ha un’espressività strana, che non riesco a cogliere. - Fra poco si cena. Se vuoi farti una doccia ti conviene farla dopo. – mi dice voltandomi le spalle a sparendo dentro casa.
Resto some una scema a chiedermi che senso abbia avuto aspettarmi fuori…
Uomini, non credo che li capirò mai, nemmeno con un manuale di istruzioni per l’uso!
Per fortuna mi riprendo più celermente del previsto.
- Saga! – lo richiamo seguendolo rapidamente dentro casa.
Lui si volta appena verso di me.
- Da qualche parte dobbiamo iniziare. – non ho bisogno di spiegargli iniziare cosa, lui ha capito benissimo perché lo vedo impallidire e stringere le labbra in una linea sottile.
- Più tardi mi puoi trovare ai piedi di Star Hill. – mi dice prima di sparire dietro l’angolo del corridoio.
Mi faccio appunto mentale di chiedere a Kanon come si raggiunge Star Hill e di sottolineare che lui non è invitato. Non ne sarà entusiasto ma sono certa che capirà.
- Ehi è arrivata la nostra ospite?! – domanda qualcuno poco dopo e riconosco la voce di Kanon e quella di Saga che lo manda a farsi benedire (non propriamente a benedire, comunque…)
Poi sento la risata di un terzo uomo.
Spero non sia Death Mask, ho ancora qualcosa da sistemare con la mia coscienza prima di trovarmelo di nuovo faccia a faccia…

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Capitolo 11
*** - Star Hill - ***





Ogni istante della tua vita impone una scelta.
Segui il tuo Io
Non il tuo Ego.

- Frase Theravada -




Qualche tempo fa, era in voga una certa espressione…
E’ proprio il momento adatto per rispolverarla e ricordare che…
La fortuna è cieca ma la sfiga ci vede benissimo!!!!
Ho appena varcato la soglia della cucina che l’uomo mi trafigge con i suoi occhi rossi.
Non mi impressionano, perché abituata come sono alle stramberie dei demoni, questa cosa mi sa persino di normale, ma il mio corpo si irrigidisce.
Lo avevo detto che non ero riuscita ancora a pacificare il mio animo…
- Thò chi si rivede! – esclama Death Mask alzandosi dalla sedia con un movimento fluido e al contempo spavaldo.
- Alla fine sei rimasto da questa parte, eh? – se mi sento punzecchiata non sono in grado di far altro che punzecchiare a mia volta. Non è per nulla diplomatico ma mi evita un sacco di gastrite.
- E’ stato migliore l’altro tuo saluto. – mi dice con un ghigno degno del gatto che si è appena ingoiato il canarino in un solo boccone.
Mi stringo nelle spalle impedendomi con la sola forza di volontà di fare un solo impercettibile movimento all’indietro.
Se Death Mask ha solo un vago sentore che io mi senta imbarazzata o intimidita da lui per me sarebbe la fine.
So perfettamente come scollegare le emozioni dal mio cervello; se non lo avessi saputo fare sarei morta almeno un milione di volte.
Il Cancro si avvicina tanto da farmi sentire che il suo alito tiepido sulla gota: inaspettatamente sa di mentine.
Inaspettatamente perché lo facevo tipo da birra, vino e sigarette.
Non credo di essermi sbagliata a questo proposito, solo che… Il suo sguardo di rubino è leggermente cambiato.
Meno feroce.
La sua mano mi solleva il mento per potermi fissare meglio.
Non mi piace questa cosa.
- Almeno non sei una racchia – sospira lasciandomi andare e tornandosene seduto al tavolo. Come dovrei prenderla?
Non sono vanitosa o permalosa, ma detto in quel modo sa davvero di offensivo.
- Non credo ti capiterà mai più nella tua vita di baciare qualcuna carina come me! – rispondo scrollandomi le spalle
Kanon ghigna alla grande.
- Cosa?! – raggelo al suono di una voce, quella voce, alle mie spalle.
Mi volto giusto in tempo per vedere l’espressione di Saga e capire che non sono solo le parole che possono far male.
Nel suo sguardo marino c’è una buona dose di disprezzo e di disgusto per la sottoscritta.
Mi irrita perché non è la prima volta che vengo guardata in quel modo e di certo più della metà dei residenti al Santuario mi considerano anche peggio dell’ultima merda che hanno avuto la sfortuna di calpestare camminando per strada, ma è il fatto che sia Saga a disprezzarmi che mi ferisce.
Il che sarebbe ridicolo, se non facesse male.
Saga non è niente per me. Un prefetto estraneo.
E non crederò mai e poi mai a quel grimorio che mi lega all’uomo dei Gemelli.
Figuriamoci se una maledizione - o quello che è - lanciata secoli e secoli fa da qualcuno che nemmeno mi conosceva possa avere un qualche effetto!
E non sia mai che io mi innamori di qualcuno… Ma siamo realisti!!! Dopo tutto lo schifo di cui è fatto il mondo e che ho avuto l’onore di toccare con mano e in certi casi ho pure contribuito, ci mancherebbe solo di continuare a credere nell’amore!
L’ho già detto quello che penso di questo sentimento.
E’ una grossa fregatura e solo un modo diverso per continuare a sanguinare.
Questa missione è sempre più uno schifo.
- Tsk – sibilo allontanandomi dalla cucina, che tanto di mangiare mi è passata completamente la voglia.



Se avessi un umore meno nero a quest’ora starei cercando qualcosa di decente e di carino da mettermi, rovistando nell’armadio e fra le cose che Nat mi ha dato in eredità.
Se avessi un umore migliore forse troverei anche qualcosa di passabile fra le atrocità che Nat cataloga come abiti sensuali.
Siccome rasento lo skazzo totale sono ancora in mutande e reggiseno, svaccata sul letto, con i capelli umidi che stanno rendendo il cuscino l’habitat ideale delle zanzare.
Se non fosse che diverrei per l’ennesima volta la pietra miliare dello scandalo mi presenterei così a Star Hill, giusto per vedere Saga strabuzzare gli occhi.
Merda!
Il pensiero del suo sguardo ancora mi ferisce.
- Vaffanculo! – sbotto in un ringhio alzandomi dal letto con uno scatto talmente brusco che quasi rischio di finire faccia sul pavimento.
Apro l’anta dell’armadio e afferro una maglietta che di solito uso per andare a dormire. Nat lo sa e credo sia per questa ragione che l’ha messa nella valigia degli orrori, di certo non si aspetta che io l’indossi per svolgere il mio ruolo di guida al Saint di Athena che per tredici anni ha gestito la reggenza del Santuario.
- Tutto bene? – la voce di Kanon mi raggiunge dalla porta chiusa.
Mi chiedo perché non sia entrato.
Non mi pare affatto il tipo che si faccia questo genere di problema.
Con lunghe falcate raggiungo la porta e la spalanco.
- Sono pronta – ringhio.
Lui pare stupito, poi la bella bocca si piega ad un ghigno.
- Ed io che credevo lo shopping servisse per Saga! Credevo stessi ancora incipriandoti il naso… - mi provoca.
- Mai dare le perle ai porci. – sentenzio acida.
- Oh, avanti, il mio gemellino è un gran figo, non a caso assomiglia tutto a me! – dichiara lui prendendo una posa da bastardo e irresistibile.
- Certo, l’importante è crederci. A proposito, tu non sei il benvenuto stasera. Uno basta e avanza! – non volevo essere così maleducata nel dargli questa notizia ma il fatto di essere arrabbiata mi porta a dimenticarmi completamente che, altro modo di dire, ferisce più la lingua della spada.
Kanon si stringe nelle spalle.
- Non è mia abitudine interferire negli incontri romantici al chiaro di luna del mio fratellino.-
Vorrei dirgli che non sarà per niente un incontro romantico, anzi sarà la cosa più lontana da esso che si possa immaginare…
Ma non lo faccio.
Primo perché non voglio dare la soddisfazione a Kanon di fargli sapere in cosa consiste il mio compito e secondo perché se lui ha l’amena convinzione che io e Saga ci divertiremo non mi dispiace lasciarglielo credere, magari ne è un po’ geloso.
Do per scontato che non sia geloso di me, ma di suo fratello.
Fra i gemelli, anche questo sentimento è abbastanza comune.
Credo sia la ragione che spinge l’uno a imitare le cose che fa l’altro.
Certo, rapporto simbiotico nell’infanzia, ma poi secondo me subentra anche una certa dose di rivalità e di gelosia. Per le cose che uno fa, ha già fatto o farà.
Nessuno dei due vuole sentirsi inferiore all’altro.
E da qui, un sacco di guai.
Ad ogni modo dato che un po’ bastard inside lo sono anch’io, mi stuzzica l’idea di pensare che a Kanon infastidisca quello che Saga potrebbe fare o non fare con me.
Dal canto mio, se il gemello ci provasse si prenderebbe il più storico calcio nelle palle che si sia mai sentito. A lui meno di tutti è concesso avvicinarsi troppo a me e per come si è comportato finora, credo di poter dormire sonni tranquilli.
Essere una dell’Ordine è una rottura di palle anche perle questioni amorose.
Fino a che si tratta di sano e salutare sesso non c’è problema... Un corpo attraente, un particolare interessante, sono sufficienti.
Ma quando due anime creano la risonanza fra di loro allora è tutto un gran casino… E la mia vita è già drammatica di suo, non c’è bisogno di dargli il carico da dieci.



La mia natura non è particolarmente romantica e ringrazio la mia Dea per questo, ma la notte di Athene si sta veramente adoperando per rendere il tutto da melenso film d’amore…
La luna è grande e argentea, le stelle sono fulgide e adornano come gioielli un cielo di velluto blu, l’aria e dolce e satura del profumo degli stefanotti – gelsomini in qualsiasi altra lingua non sia il greco – i grilli cantano la loro armoniosa canzone.
Quasi quasi sono pentita di non aver prestato più cura nel vestirmi…
Scuoto la testa scacciando quel pensiero.
I jeans al ginocchio, tutti pieni di strappi vanno benissimo e la maglietta con Will il Coyote che regge le posate e un gigantesco bavaglio al collo è perfetta.
Vanno bene anche i capelli ancora umidi che hanno un riccio definito ma non vaporoso; non dubito che una volta asciutti si gonfieranno ma per adesso hanno ancora una forma accettabile.
Ovviamente non potevano mancare le scarpe da tennis, di quelle massiccie, da giocatore di basket. Saga cammina davanti a me.
Non ha detto una sola parola da quando abbiamo lasciato il Tempio dei Gemelli.
Sto facendo di tutto per non fissare con la bava alla bocca la sua schiena ma è davvero difficile. Le spalle ampie, la schiena dritta che parla di un carattere fiero e battagliero… I muscoli che guizzano sotto il cotone leggero della canotta bianca e le gambe, infilate in un paio di jeans scuri che gli fanno da seconda pelle, per non parlare dell’effetto che fanno sul sedere. Un culo da dieci e lode e bacio accademico.
Evviva l’ormone impazzito!
- Lo hai baciato sul serio? – domanda ad un tratto.
Grande Nia!
Ho inciampato nei miei stessi piedi facendo la figura dell’idiota all’ennesima potenza.
Negare mi farebbe perdere ancora di più la faccia.
- Si. Ad ogni modo la cosa non dovrebbe interessarti. – gli dico secca.
- Death Mask può essere… Pericoloso. Vorrei non… Sarebbe increscioso se ci fosse un incidente diplomatico. A tutti gli effetti sei al Santuario e quindi sotto la benevola protezione della Dea Athena. – Quindi si tratta di questo.
Perché ci rimango quasi male, nel realizzare che non v’è nemmeno il minimo sentore di gelosia in lui?
Insomma non sono cose che mi riguardano.
Lui è solo un incarico che mi è stato affidato.
- Tranquillo, conosco perfettamente le regole a cui devo sottostare. Baciare o essere baciata da Death Mask in quell’occasione è stato ok. –
Detta così la questione non mi mette sotto la luce migliore, ma non mi posso certo permettere di spiegare a Saga i segreti dell’Ordine e le sue regole con le infinite sfumature che esse hanno. Lui si volta a fissarmi.
- E’ poco serio. – mi rimprovera.
- Al contrario. E’ stato molto, molto serio. – di una necessità quasi vitale ma non voglio dirglielo.
Non so perché.
Anzi lo so benissimo.
Se lui mi crede una poco di buono si guarderà bene dall’avvicinarsi troppo…
E questo mi mette al sicuro.
Dannazione a me e a questa cosa che mi rende così poco convinta delle mie capacità di resistere ad una tentazione. Ho persino respinto il Demone della lussuria, perché dev’essere quest’uomo a farmi vacillare? Sono sempre più arrabbiata, con me stessa e con lui.
- Io ti ho avvisata. Death Mask non è uomo con cui costruire un futuro. –
- Nessun Saint lo è, se vogliamo essere pignoli. – ribatto pungente.
Lui sospira.
- Non intendevo quello. Siamo votati ad Athena, siamo pronti a morire per lei in ogni istante della nostra vita. Una donna che non lo sappia accettare non è nemmeno degna di essere la nostra compagna. E’ solo che… Ci sono Saint migliori di altri, più degni e meritevoli. – sostiene lui ed io capisco che pala anche di se stesso.
- Sai che appartengo all’Ordine, no? Credi davvero io sia innocente? – domando con fin troppo sprezzo.
Non mi piace confessare le mie colpe.
Saga sospira.
- So quello che ci è stato insegnato e ciò che viene narrato nei Libri Segreti, a cui ho potuto accedere quando ero l’usurpatore e fingevo di essere il Grande Sacerdote di Athena… L’esperienza tuttavia mi ha insegnato che la realtà può essere assai più complessa. –
- Posso dirti che i Libri Segreti non mentono. Possiamo essere salvatori di anime, divoratori di peccati o brutali assassini. –
- Non hai il volto dell’assassino… - borbotta lui.
- Ma lo sono. Guardami negli occhi e saprai che non mento. – gli dico.
Una parte della mia anima grida perché non vorrebbe che lui vedesse, l’altra parte desidera che lui comprenda e mi tema.
Pensavo di aver risolto questi conflitti dualistici molto tempo fa.
Il Natsume, che giace nei fondo dei miei occhi dalla sfumatura aurea si sta muovendo.
Percepisco Saga ritrarsi e il suo sguardo si abbassa.
Adesso sa.



- Non vado matta per le scalate, ma me la sono sempre cavata bene – rispondo a Saga che osserva, naso alle stelle, il promontorio sul quale bene presti inizieremo a salire come due bei bruchini che assaltano il gambo di un fiore.
- Buon per te – borbotta lui iniziando a cercare gli appigli migliori sulla parete di roccia.
Poco dopo anche le mie scarpe finiscono legate nel passante dei jeans ed io inizio la risalita aiutandomi con le mani nude e con le dita dei piedi, che mi auguro, per l’occasione, essere più prensili del solito.
Certo che un sacchettino di gesso avrebbe fatto decisamente comodo!
Quasi un’ora dopo mi decido a chiedere
- Ma non c’era una via più pratica? –
L’arrampicata inizia ad essere non solo impegnativa ma faticosa.
Saga è aggrappato alla roccia al massimo un braccio sopra di me e si volta a fissarmi.
- Star Hill è un luogo sacro. Solo i meritevoli vi possono accedere. –
- Vuoi dire che se non ho il permesso di entrare in questo famoso Star Hill me ne dovrò stare aggrappata alla parete di roccia come un koala in attesa che tu ti faccia i tuoi comodi? – chiedo aggressiva.
- Vuol dir che se non ne sei degna precipiterai di sotto. – ghigna lui abbassando lo sguardo. Lo faccio anch’io.
Non voglio essergli da meno!
E meno male che non soffro di vertigini!!!
- Non era più intelligente usare delle corde? – ghigno ricominciando a salire.
Mi concentro solo sulla parete.
Annullo il resto che mi circonda e il mio scopo diviene solo quello di avanzare.
Presa dopo presa.
Ad un tratto la mano di Saga mi afferra e l’ultimo metro lo faccio semplicemente trascinata da lui.


Una volta messo piede su Star Hill percepisco tutta l’energia e la sacralità del luogo.
Bene, se non altro sono ancora viva.
Saga guarda una piccola cappellina costruita a ridosso della roccia.
I suoi occhi sono pieni di dolore e sensi di colpa.
So che per questa notte non entrerà in quel luogo.
Lui non è ancora pronto ad affrontare quella parte del suo passato.
Mi chiedo cosa ci siamo mai venuti a fare fin quassù quando lo vedo stendersi nel prato.
Mi rifiuto di imitarlo.
- Le stelle sono la lavagna degli dei – mi dice.
Non credo a queste cose.
- Davvero? –
- In esse il nostro destino è già scritto e compiuto. – mi informa lui.
- E tu le sai leggere? – domando.
- Certo. E’ prerogativa di ogni Gran Sacerdote. E dato che io e Micene aspiravamo a quel titolo ci è stato insegnato a farlo. –
- Allora dovevi essere un lettore di stelle mediocre, se non hai saputo leggere il tuo futuro. – gli dico
- Non ho saputo oppormi al mio lato malvagio, ne sono divenuto succube…Ma così era scritto. Sono l’uomo dall’angelo in viso e dal demone nel cuore. Nemmeno adesso sono molto diverso da allora. Anche se non miro più alla vita di Athena; ora voglio solo proteggerla. Le mie mani sono sporche come la mia anima e nessuno delle due tornerà mai pulita. –
- La bassa manovalanza è necessaria. Non è diverso per l’Ordine… Le azioni devono essere compiute, siano esse malvagie o buone. A decretarne il peso non sono i giudizi degli uomini e nemmeno gli Dei. L’Ordine accetta l’esistenza di Lui e di Lei come principi assoluti, ma loro non sono il fine, sono il tramite. Negli schemi di impostazione militare, quindi anche quelli del Santuario la gerarchia è più o meno questa: il Corpo, la Patria, Dio. Per noi non è così. Serviamo qualcosa superiore e basta. –
- Non ti facevo così propensa a parlare della tua casta – mi fa notare lui.
- L’Ordine non è una casta. L’Ordine è, punto. So che non riesco a farmi comprendere, nemmeno io comprendevo all’inizio… E nemmeno ora posso dire di aver raggiunto la comprensione e l’identificazione, ma ho fatto dei passi avanti e quindi il bosco mi pare meno fitto. –
- Sei qui per me, dunque? Cosa vuoi o cosa speri di ottenere? – mi chiede Saga diretto.
- Sono qui per te. Per proteggerti, come hai visto. Per il resto, prenderò quello che hai da offrire. – ammetto
- Non ho nulla da offrire! Solo colpa, dolore e … Confusione. – sbotta lui
Trema, ma non so dire se di rabbia o se per la battaglia che sta conducendo con il suo essere interiore.
Saga ha bisogno di tempo.
Ed io cercherò di fargliene avere quanto più possibile.
- Allora, per adesso, mi prenderò questo. – sorrido alzando a mia volta il viso al Cielo.
Sapere che la Via è scritta in esso è un pensiero che suona confortante, anche se riconosco essere solo illusione.
Canticchierei quella vecchia melodia se sono non avessi la consapevolezza che sono tanto stonata da far sanguinare le orecchie a chiunque abbia la sfortuna di sentirmi!
Portate con il vento giungono fino a noi le note di una chitarra e poi, lontanissimo… Un ululato.


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Capitolo 12
*** - Desiderio - ***



Couldn’t save you from the start
Love you so it hurts my soul
Can you forgive me for try again
Your silence
Make me hold my breath


Within Temptation – Forgiven
-



Lancio uno sguardo al mio orologio da polso con lancette fluorescenti. Tre ore e venti.
Tre ore e venti che le mie chiappe posano a terra, su fili d’erba saturi di rugiada che stanno trasmettendo impulsi reumatici alle mie ossa e il terreno che pare fatto da milioni di sassolini aguzzi che si infilano nella carne del mio deretano.
Per fortuna peso poco più di cinquanta chili o a quest’ora starei sanguinando e avrei il bacino sdrenato.
Basta, non ne posso più!!!!
Voglio alzarmi, voglio dare tregua e soddisfazione ai miei muscoli che gridano orripilati per l’inezia!
Sposto lo sguardo verso Saga.
Ha ancora il naso puntato al Cielo.
Ci è forse collassato in quella posizione?
Eppure non posso che ammirare affascinata il suo profilo, così armonioso e deciso…
Quel profilo che la luce delle stelle ridisegna solo per me.
Le ciglia lunghe sono illuminate d’argento, come se si fosse dato una passata di mascara, i capelli brillano come seta lucida e cangiante e anche la pelle, alabastrina pare non avere nessuna imperfezione.
Tutto è semplicemente liscio e prefetto, come la porcellana delle bambole…
In un impeto di malignità vendicativa penso che dato che alla Terza per il momento cucino io, nel prossimo pasto vedrò di mettere una serie di grassi e di porcate che facciano almeno spuntare un brufolo o un punto nero… Che so, qualcosa del genere ecco!
Basta, ho deciso!
Mi alzo in piedi.
Le gambe ringraziano per il momentaneo sollievo per poi protestare violentemente informicolandosi da cima a fondo. Sento il sangue scorrere e posso descrivere minuziosamente ogni millimetro che percorre nelle mie vene.
Saga non si è mosso.
Non mi ha nemmeno degnata di uno sguardo.
Si è forse addormentato?
Mi chino su di lui solo dopo che ho la certezza che le mie gambe non siano gelatina ma che siano tornate completamente a posto.
Ho un momento di esitazione.
Andargli così vicino accende il mio desiderio e potrei trovarmi con le labbra premute contro le sue per un evento fortuito e per nulla premeditato (credereci!)… La mia mente si prepara in difesa. Per fortuna oserei dire. Mi viene in mente la cena. Abbiamo (o meglio hanno, dato che io ero troppo incazzata per farlo!) mangiato della pasta al pesto, nella quale c’è l’aglio. Mi è già successo di cercare di baciare un ragazzo dopo una cena al lume di candela durante la quale lui non aveva usato accortezza nella scelta dei cibi.
Il tanfo d’aglio mi aveva ributtata indietro. Erano occorsi tre cocktail molto alcolici e una decina di sigarette per distruggere quanto bastava il mio senso del gusto e farmi superare il blocco dell’alitosi. E a dirla tutta non ne era neppure valsa la pena.
Cazzo!
Cerco di demolire l’aura di fichezza di Saga e mi rendo conto che sono a due centimetri dalla sua bocca e che lui, il maledetto, non solo è ancora più bello ma che dell’alitosi non ha mai nemmeno sentito parlare!
La sua pelle ha un profumo muschiato e caldo che ricorda un po’ l’ambra grigia, i suoi capelli sanno di shampoo e i suoi abiti conservano traccia del dopobarba che ha usato. Sono attratta, sono schifosamente attratta da lui.
- Sono stanco… - sussurra Saga, muovendo le labbra e rischiando che collidano con le mie. Apre piano gli occhi e mi fissa.
Non dice nulla, solo mi fissa.
C’è uno strano riflesso in essi ma quando scruto con più attenzione non scorgo nulla.
Fingendo indifferenza riguadagno la posizione eretta.
Vorrei solo sprofondare dalla vergogna perché sono certa che lui SA del mio desiderio sessuale.
Merda!
- Saga, c’è una cosa che devi sapere… - inizio. Mi detesto per non saper trovare la parole più adatte. Non sono mai stata portata per dare le cattive notizie. Sono toppo diretta e brutale. Insomma al povero malcapitato pare di essere stato investito da un Tir in corsa quando sono io a dire le cose… Perché nemmeno con Saga riesco ad indorare un po’ la pillola? Lei si starà facendo un sacco di risate per queste mie seghe mentali.
- Quando sei tornato dall’Ade… - lo vedo sussultare, evidentemente di questo non è ancora pronto a discuterne ma non mi resta che forzare un po’ la mano… Forse devo prenderla un po’ più alla lontana…
- Dopo la Battaglia alle Dodici case quando tu… Ti sei suicidato ai piedi di Athena… - da come mi guarda nemmeno questa volta ci ho preso molto, ma, al diavolo! Non posso andare troppo per il sottile per non traumatizzarlo!
- Vaffanculo Saga! Gli effetti dello Scudo di Athena non sono più attivi su di te, non da quando sei morto e risorto! – ecco, ho sganciato la bomba nucleare.
Gli occhi di Saga diventano due pentolini.
Mi aspetto che da un momento all’altro gli si rovescino nel cranio e che inizi a sbavare, svenendo.
Poi l’idea che si alzi di colpo e decida di fare un bel tuffo carpiato dal promontorio di Star Hill mi colpisce con la forza di un pugno nello stomaco.
Se questo si ammazza saltando dalla prima scogliera che gli capita a tiro, qui non ha che l’imbarazzo della scelta! E io come lo racconto il fallimento alla mia Dea?
Sento di nuovo l’ululato in lontananza.
Pare mi voglia mettere in guardia…
Grandioso, davvero grandioso!
In Grecia e soprattutto in questa zona i lupi non ci dovrebbero essere, quindi o qualche eccentrico riccastro li ha fatti importare o Quattro di Quattro sta venendo qui.
Bene, a quanto pare la patata è più bollente di quello che sembra se Lei ci ha schierati tutti quanti. In verità manca Iris, ma lei fa sempre un po’ come gli pare e poi non è che acqua e fuoco vadano così a braccetto…
E poi Saga di nuovo.
Il suo corpo privo di vita.
Il suo volto sporco di sangue…
Lo stomaco mi si aggroviglia.
Non voglio.
Assolutamente no!
Non gli permetterò mai di morire, anche se fosse ciò che lui desidera maggiormente!
Saga interrompe la sua immobilità.
Con la mente ancora invasa dalle immagini della sua morte – tutte ad opera della mia fantasia naturalmente – compio un gesto avventato.
Mi getto letteralmente su di lui.



Sgrano gli occhi sbigottita quando la sua mano affonda nei miei capelli, si lega ad essi e mi strattona indietro la testa.
Fa piuttosto male ma è anche piacevole.
Mi piace che l’uomo sia a tratti rude.
La sua bocca cala sulla mia, rapace. Sento la sua luce e le sue tenebre.
Cercano disperatamente le mie.
Merda!
Merda!!
Merda!!!
Sono fottuta!
Il desiderio che ho di lui ruggisce nelle mie vene.
Maledetti vestiti!
Voglio il contatto delle nostre pelli. Voglio sentire tutto il suo corpo contro il mio. Anelo la sua forza, i suoi muscoli guizzanti, la sua passione.
Lo voglio interamente, anche la sua oscurità.
Mi ritrovo stesa a terra, con la sua mano che cerca freneticamente di liberarmi dei pantaloncini di jeans, tirandoli con forza. Se fossero meno resistenti si sarebbero strappati…
E poi, finalmente mi tocca.
Tremo perché non posso fare altro.
Lui è inaspettatamente delicato.
Eppure sono certa che il desiderio scorra nelle sue vene esattamente come scorre nelle mie.
E’ la prima volta che sperimento la risonanza ma so riconoscerla.
Non pronunciamo una sola parola, solo gemiti e mugolii più o meno coerenti.
Quando siamo riusciti a spogliarci?
Non me lo ricordo.
Sono consapevole solo delle sue mani che accarezzano i miei seni, della sua bocca che divora la mia. La lingua seduce e abbandona la mia bocca, corre sulle mie labbra, lungo il collo… Titilla un capezzolo duro da far quasi male… E la mia bocca fa lo stesso con i suoi, assestando un lieve morso che lo fa irrigidire e gemere più forte.
Le mie dita scorrono su quel segno solo più bianco della sua già nivea pelle, quel segno che l’emblema di Nike ha lasciato. Quel marchio imposto da Saga stesso, al suo corpo, per Athena…
Il mio tatuaggio brucia… Sposto lo sguardo solo un attimo… Si sta diffondendo anche sulla punta delle dita. Ormai ha divorato tutto il braccio e parte della spalla…
Non sono una vergine inesperta.
Non ci fermeremo.
Non ne siamo più capaci.
Lui si inginocchia fra le mie gambe aperte, per accoglierlo.
La sua mano mi regala l’ennesima carezza là sotto. Chiudo gli occhi e mi irrigidisco per poi rilasciare un gemito di puro piacere quando avverto la sua lingua e i suoi capelli solleticarmi la pancia.
Saga si sdraia su di me.
Mi schiaccia al suolo.
Il suo respiro è corto, spezzato.
So cosa significa.
Gli occorre qualche attimo per controllarsi o tutto finirebbe prima di iniziare.
Gli accarezzo piano i capelli della nuca.
Lo voglio in me.
Lui ancora esita.
- Non sono vergine, non mi farai male… - gli sussurro all’orecchio.
Le barriere si sono spezzate.
Non è come fare sesso.
Non è nemmeno fare l’amore.
E’ qualcosa di diverso e di più grande.
E’ come fondersi con il principio creatore stesso.
Il piacere avviluppa i nostri corpi e i nostri cervelli.
Nessun altro potrà mai più darci questa emozione e questa sensazione.
Il suo cosmo esplode dentro di me, inondando di luce galassie sconosciute che però ci appartengono e l’oscurità viene illuminata a giorno per poi riprendere i suoi spazi.
Il mio cervello non riesce connettere.
Saga è dentro di me, sotto la mia pelle, piantato nel mio cuore, indissolubilmente legato alla mia anima.
So perfettamente la composizione della sua epidermide, so quante rotture ha in corpo, so quanti capelli ha in testa…
So ogni cosa di lui.
Probabilmente anche lui sa ogni cosa di me.
E sono così felice…



Finalmente i neuroni della mia testa fanno massa in modo corretto.
NON DOVEVA SUCCEDERE!!!!!!
L’orrore, la paura, il senso di essere in trappola mi invadono.
Il mio respiro si agita. Sto iperventilando, me ne rendo conto ma non sono in grado di evitarlo.
Saga si solleva dal mio corpo.
Il desiderio brucia infondo ai suoi occhi, ma le sue parole….
- Sei una… mi fai schifo! –
Non lo ha detto, ma la parola ‘troia’ è stata chiarissima, ha rimbombato nella mia testa…
Non posso far altro che osservare la sua maestosa figura nuda che raccoglie sommariamente i suoi abiti e le sue spalle allontanarsi, mentre regge i vestiti in una mano e infligge graffi sanguinanti alla sua anima già a brandelli.
La mia mente capisce che se è stato così devastante per me, che tuttavia vi ero in qualche modo preparata, per lui deve essere stato tremendo.
Quasi come se gli avessi stuprato la mente, anche se non era intenzionale o volontario…
Però fra di noi non può che essere così, perché le nostre anime creano la risonanza… Io appartengo all’Ordine e questa è una delle sue leggi non scritte.
Ho solo voglia di piangere.
Non risolverà nulla, ma ne ho davvero un disperato bisogno.



Non so quanto tempo sia trascorso prima che i miei rubinetti si chiudessero.
Ho sentito la presenza emotiva di Due di Quattro, ma lui è stato così delicato da non farsi vedere.
Sto rincasando, passando per una vietta interna che Kanon mi ha mostrato quando vedo qualcuno fermo davanti a me.
Ci metto qualche istante prima di riconoscere il cavaliere di Scorpio.
- Bagordi notturni? – mi chiede lui con aria maliziosa.
- Nh… - rispondo facendo spallucce.
La brezza mi porta al naso l’odore dell’anice e quello di un profumo scadente di qualche donna di bassa categoria. In poche parole è andato a donnine allegre.
In un altro momento forse gli farei la morale, ma adesso non me la sento proprio…
- Hai sonno? – mi chiede di nuovo lui.
- No. – rispondo.
Figuriamoci, dopo quello che è accaduto con Saga non dormirò per almeno una settimana fustigandomi mentalmente.
Lui era un incarico, solo un incarico…
Perché cazzo ho complicato le cose in questo modo!?!?!
Scommetto che la mia Dea è incazzata a livelli stratosferici con me! Anzi mi stupisce che non mi abbia già folgorata o grattugiata e data in pasto ai pesci…
- Bene, allora andiamo! – mi dice Milo prendendomi la mano e trascinandomi con se.
Il mio cervello reagisce a scoppio ritardato. Di bene in meglio! Ormai lo sto seguendo, opporre resistenza ora non ha senso.
Riconosco L’Ottava solo quando me la trovo davanti.
- Non credo che sia una buona idea. – gli dico molto seria.
- Oh, avanti, non ci proverò con te… Dopo Camus, Kanon è la sola persona che io senta davvero come amica, non gli farei mai un torto simile, sei la sua donna no? Anche se sono ubriaco a certe cose ancora ci arrivo… E poi… Per stanotte i miei ormoni si sono già sfogati… - ammette lui accendendo la luce dell’ingresso.
- Non appartengo a Kanon, appartengo a Saga – glielo dico. Tanto non ho nulla da perdere. Non so perchè gli uomini ragionino in questa maniera primitiva… ma dire che sono la donna di Tizio o Caio fa di me una specie di proprietà privata e quindi inviolabile. Se dichiaro di appartenere a me stessa, gli uomini si sentono quasi in dovere di provarci. Sono davvero contorti.
Milo fa un cenno della mano come a scacciare una mosca fastidiosa.
- Saga? Non è per niente credibile! – borbotta rovistando in un armadietto.
Vorrei chiedergli il perché ma lui mi precede di nuovo.
- Vanno bene questi? – mi dice Milo, passandomi due bicchieri con delle ciliegie disegnate sopra. Per sbronzarsi va bene ogni cosa, anche i bicchieri di plastica o il collo della bottiglia… Anche una tazza sbeccata (merda!)- … Tengo per me questi pensieri annuendo semplicemente.
Due bottiglie dopo la testa è un’esplosione cosmica, rido quando dovrei solo piangere e cosa ancora più devastante mi chiedo se ci arriverò alla Terza o se collasserò sulle scalinate del Tempio. Che mi ritrovi qualche inserviente all’alba, riversa sulle scale, che puzzo di ouzu e magari contornata dal mio vomito non sarebbe per nulla gratificante. E di figure di cacca ne ho già una collezione intera…
- Milo, sei vivo? – chiedo quando vedo che non si decide a rialzare la testa.
Lui geme, poi si decide a muoversi.
Il mento poggia sui polsi incrociati, le braccia sono incollate al tavolo e i capelli gli cascano in ciocche disordinate davanti agli occhi azzurri ormai irrimediabilmente arrossati.
Ha l’aria di un fattone, ma io non credo di essere da meno. Per fortuna il Santuario non è un posto pubblico e la vigilanza notturna non fa la ronda o ci saremmo ritrovati tutti e due agli arresti… Magari un poliziotto particolarmente pietoso ci avrebbe portati all’ospedale per una lavanda gastica….
- Io la amo. La amo! E quella non lo capisce! E’ scema, tonta! Idiota! Imbecille! Non ha occhi che per quel ronzino alato del cazzo! Se la filasse almeno di striscio! – sbotta con gli occhi particolarmente lucidi.
Eh no!
Ci mancherebbe solo di dovermi sorbire le pene d’amore di un altro sfigato come la sottoscritta!
- Chi è che ami, tu? Chi è il ronzino alato? – domando
Milo getta indietro la testa e grida, perché non si può dire che stia cantando…
- Passerotto non andare viaAAAAAAAAA!!!!!!! Nei tuoi occhi il sole muore giàA’A’A’A’A!!!! Scusa se la colpa è anche un poco miaAAAAAAAAA!!!!!!! –
-Claudio Baglioni – Passerotto -
No! Le canzoni d’amore da devasto, no!
Potremmo concluderla con un suicidio di massa e poi penserebbero ad un gesto estremo di due innamorati e allora… Allora questo dolore sarebbe stato inutile! Shaina non saprebbe mai dell’amore di Milo e io… Cazzo perchè Saga? Con tutti gli esseri umani di sesso maschile esistenti perché lui? Quello che mai e poi mai mi sarei dovuta permettere di… Quello che non avrei mai dovuto… Quello che per me era oltre l’impossibile e l’intoccabile! Cazzo!!!
- Chi cazzo è quella che ami!!?! – strillo per sovrastare il suo canto e il grido di dolore del mio cuore.
- Shaina!!!! E’ quella stronza di ShainaAAAAAA!!!!!! – strilla lui per poi attaccare con un’altra di quelle canzoni che ti portano a desiderare di tagliarti le vene.
L’Ofiuco? Ecco perché la loro carta stellare mi risultava legata… Ma sono troppo stordita per pensarci ora…
E lui continua a ululate il suo dolore alla luna con la canzone che fa più o meno…
- E un'altra storia va a puttaneEEEEEEEE!!!!! Sapessi andarci ioOOOOO!!!!!!!! –
- Claudio Baglioni – Mille giorni di te e di me -
Su questo non ho molti dubbi... Mi pare sia appena tornato da una specie di Puttantour…
Non mi va di sentire oltre quelle dannate canzoni e così mi metto a strillare anch’io, ovviamente in inglese, che mi pare di essere meno stonata.
- I wanna kiss you but you lisp are Venomous Poison!!! You are Poison running Throgh my veins!!!!! –
- Alice Cooper – Poison
La porta della cucina si spalanca di colpo.
Il mio cuore manca un battito prima di realizzare che la furia che si è precipitata dentro non è Saga ma Kanon.
- Che cazzo state facendo!?! – ringhia notando poco dopo il nostro stato da celebrolesi.
- Shaina non mi calcola proprio!!!! Quella grandissima stronza!!!! Ma io la amOOOOOO - Piagnucola Milo.
- Ho concupito Saga…. – butto fuori prima di mettermi a piangere come una fontana.
Smetto solo quando realizzo che Milo, per lo shock è caduto dalla sedia e Kanon sta cercando di rimetterlo in piedi.
- Oddio…. – sbotta ad un tratto in Saint dello Scorpione portandosi una mano davanti alla bocca.
- Eh no! No, no, no no!!! Non qui, Milo! – urla Kanon trascinando di peso il suo amico al lavandino. Il danno è scongiurato.
- Ma porco…. – Il bestemmione che sgancia il gemello mi fa capire che forse ho esultato troppo presto.
Sento l’acqua scorrere prima che Milo si pieghi violentemente in avanti, aggrappandosi con una mano al bordo del lavandino e con l’altra alla maglietta del suo amico.
- Attento al rubinetto… Come non detto, tanto lo avevi già preso… Su, da bravo, butta fuori tutto… - constata l’unico sano passando gentilmente una mano sulla schiena curva di Milo.
Non me la aspettavo tanta gentilezza da uno come lui…
Kanon si volta verso di me con sguardo assassino.
- Non ti azzardare a vomitare per la prossima mezz’ora! – mi ordina.
Alzo le mani in gesto di resa e faccio segno di no con la testa.
Per ora il mio stomaco ha la situazione sotto controllo… Almeno me lo auguro!



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Capitolo 13
*** - Dopo il danno - ***



You speak of my love like
You have experienced like mine before
But this is not allowed
You're uninvited
An unfortunate slight

- Alanise Morrisette - Uninvited
-



Resto immobile sulla soglia della camera da letto di Milo.
Non so perché mi aspettavo qualcosa di diverso.
Qualcosa tipo la camera di Kiefer, per intenderci.
La chitarra nell’angolo, un pila disordinata di libri, un letto mezzo sfatto da una piazza e mezza e cd ovunque, oltre al mobilio standard.
Poster in stile gotico alle pareti.
La camera di Milo invece è sorprendentemente ordinata.
Luminosa, con la porta finestra che da sul mare e il soffitto alto dipinto di azzurro, a ricordare il cielo di Atene. La cornice della finestra è fatta di colonne scanalate, con i capitelli sporgenti e sopra di essi vi sono dei fiori simili alle orchidee.
Il letto è lineare di legno chiaro come il ciliegio…
La sola cosa un po’ inquietante è lo specchio a grandezza quattro ante di armadio che da direttamene sul letto.
Persino i quadri di nudo sono delicati e non volgari.
Kanon fa stendere Milo, prestando attenzione che la testa del ragazzo posi delicatamente sul cuscino. Poi lo lascia e si dirige verso di me.
Ogni traccia di gentilezza è sparita dal suo volto.
Mi afferra di malagrazia il gomito e mi trascina per l’Ottava, verso l’uscita.
Deve essere incazzato nero.
Una volta fuori, nella luce che precede l’alba lui si volta a fissarmi.
E’ serio, molto serio.
-Come stai? Sei in grado di sostenere una conversazione? – mi domanda.
-Ho bevuto, ma non sono ai livelli del tuo amico. – gli faccio notare.
- Alza un piede. – mi ordina.
Cosa?!
Non vorrà farmi il test della sbronza!?!
Gonfio le gote in uno sbuffo e faccio quello che mi ha detto.
Ringrazio i suoi riflessi eccellenti o mi sarei ritrovata stesa a terra con un bernoccolo in testa.
- Non ho la vocazione del crocerossino… - borbotta fra i denti mentre io gli sono ancora spalmata addosso.
Anche se è praticamente identico a Saga, grazie agli Dei per una volta non ce l’hanno con me!, Kanon non mi fa effetto.
E’ piacevole il suo calore ma nulla che desti gli appetiti sessuali in quel modo ingestibile.
Sento che mi solleva, in braccio e poi inizia a scendere i gradini, con passo deciso e fermo.
- Ok sono più sbronza di quanto mi piaccia pensare… - borbotto.
- Che è successo tra te e Saga? – chiede a quel punto lui.
- Secondo te? Vuoi i dettagli? – ribatto in un mezzo ringhio.
- Tranquilla, dopo le confidenze di Milo c’è ben poco che io non abbia già udito. E ti ricordo che non sono un’educanda, ho fatto la mia parte. – mi informa con un ghigno.
- Oh certo. Solo che la controparte non era il tuo gemellino! Ti assicuro che è diverso quando si tratta di qualcuno che conosci! E’ schifosamente imbarazzante! – ribatto fissandolo in viso. - Ci ho fatto il bagno insieme mille volte! Da piccolo gli affogavo anche la paperella… Non c’è nulla che io non sappia di lui e del suo corpo… - insiste Kanon.
Vino veritas, dicono.
E dato che la cosa volge a mie spese è schifosamente vero.
- Quindi se ti dico che… - mi impongo una censura per motivi etici ma dopo la prima frase Kanon esclama
- Taci! Nno voglio sapere più nulla! – e anche nel buio il suo viso è decisamente rosso.
- Uomo avvisato… - borbotto.
- Ti proibisco di bere qualsiasi cosa sia più alcolica di una gazzosa! E adesso abbassa il volume che siamo quasi arrivati alla Terza e Saga era già abbastanza isterico di suo quando è rincasato.
- Strano, di solito scopare rilassa… - ribatto.
- Dovresti fare i gargarismi con la candeggina – mi punzecchia lui.
- Nh. – so che a volte posso essere l’enciclopedia vivente delle volgarità… E’ per questo che non ho mai creduto di poter interessare davvero ad un uomo, ed è per questo che ho puntato tutto…
Troppo, sul fatto che Saga mi avrebbe respinta, qualsiasi tonteria io avessi fatto. Alla faccia di essere una calcolatrice. Mi sa che ho bisogno di una revisione alle batterie…
- Sediamoci – sbuffa lui poggiandomi gentilmente sui gradini del retro della Terza.
Passano parecchi attimi in cui stiamo in silenzio.
- Ne è valsa la pena? – chiede lui ad un tratto.
Credo di essere diventata un neon e di aver brillato di luce propria in una frazione di secondo.
Kanon sorride, un po’ meno bastardamente del solito. Ma il suo sopracciglio inarcato indica che attende una risposta.
- E’ stato unico.- riconosco tirandomi le ginocchia al petto per posarvi sopra il mento.
- Allora… Voglio dire… Saga è normale… - chiede lui.
Alzo la testa di scatto.
Ma è scemo o cosa!? Ho appena detto che è stato unico!!!
Non lo fulmino con un occhiataccia solo perché mi gira la testa e devo aspettare qualche secondo perché le immagini tornino a fuoco.
Promemoria: non fare movimenti bruschi.
Poi mi si accende una lampadina…
- Che cazzo vuol dire che è normale!? – chiedo
Stavolta è lui ad arrossire, imbarazzato.
- No è che… Saga non ha mai parlato di… Donne. E non si è nemmeno mai particolarmente interessato alle mie di esperienze in quel campo… -
- Alt un attimo. Vuoi dirmi che ho sverginato Saga? – chiedo mettendomi le mani nei capelli. Peggio di così!!!!
- Non parlare come Milo! Fa impressione dal momento che sei una donna! – borbotta lui.
- Non posso dire deflorato, è tecnicamente scorretto perché lui non ha… non ha… - annaspo.
- Smettila! Ho capito perfettamente! - ringhia lui.
- No! Tu non capisci!!!! Tu non capisci!!!! – sbotto alzandomi in piedi e portandomi direttamente davanti a lui.
- Perché cazzo non mi hai avvertito che Saga era vergine?! Dei del Cielo così è persino peggio!!!! – il mio tono schizza in su di due ottave.
- E come potevo immaginare che tu te lo saresti portato a letto!?! Tu non mi pari assolutamente quel tipo di donna e poi… Persino adesso mi pare una fesseria! Io credevo che Saga fosse gay! – sbotta Kanon
- Dunque, con calma… - cerco di razionalizzare. – Sapevo che una fottutissima profezia mi legava all’Uomo dei Gemelli. Per annullarla serviva solo che non me ne sentissi attratta. Era facile, una cazzata! Non lo conoscevo nemmeno questo uomo! E poi era già morto!!! Qualcuno, un figlio di puttana qualunque, rimescola le carte in tavola e mi piomba tra capo e collo questo incarico di merda. L’Uomo dei Gemelli non è più cadavere. Saga è… E’… Da farsi ammazzare di sesso! Inizio dei guai, per me. Però sono certa che con tutte le seghe mentali da cui è sommerso non ha tempo per i miei ormoni impazzinti; quindi anche qui è piuttosto gestibile… Basta solo evitare il più possibile i contatti e non gli salterò addosso, che un po’ di dignità mi è rimasta... Ho anche la certezza che se lo facessi lui mi respingerebbe, quindi va bene… - ricapitolo.
Kanon mi fissa dapprima perplesso, poi gli si accende la lampadina e nei suoi occhi brilla la curiosità.
- Star Hill. La prima occasione di iniziare il discorso su quello che aspetta Saga. Sul fatto che da quando è tornato in vita ha di nuovo le sue due personalità. Non c’è nulla di sessualmente eccitante in tutto questo! NIENTE!!! E’ la situazione meno romantica del mondo! Il mio compito era semplicemente quello di indirizzarlo nella giusta direzione affinché la tragedia di quindici anni fa non si ripeta… Fare accettare a Saga l’altro se stesso. Non è facile ma è fattibile, con un po’ di tempo a disposizione e poi... Dato che anche Lui lo vuole, Lei mi ha ordinato di proteggerlo. Ma non mi ha ordinato di farmelo!!!!! E sul sacro suolo di Star Hill per giunta!!!! Dulcis in fodus era pure illibato!!!!!– la mia voce si è alzata, isterica.
Vorrei sfondare a craniate un colonna e procurarmi un trauma cranico che mi lasci in coma per qualche secolo.
Mi sono di nuovo messa le mani nei capelli prima di…
Se qualcuno accenna solo ad un sorriso per la mia immensa sfiga non gli permetterò di reincarnarsi per i prossimi mille anni!
- La pianti di gridare ai quattro venti quelle indecenze?! – il ringhio alle mie spalle mi fa voltare di scatto.
Saga.
Saga in boxer, incazzato nero.
Ma Saga in boxer.
Se gli salto di nuovo addosso Kanon mi fermerà?
- Chi cazzo ha mai detto che sono vergine?! – ringhia.
Devo assicurarmi di non sbavare… Un attimo… Smettila di volerlo vedere sotto!… Focalizza quello che ha detto…
- Vuoi dire che non sei vergine? Cioè non sono stata io la prima? – chiedo intravedendo un filo di speranza. Se tutto non è come dice la profezia magari riesco ad eluderla! E’ assurdo che io debba essere felice di questo… Me tapina.
- Ho trent’anni – fa notare lui cupo.
- Con chi l’hai fatto, fratello? – si intromette inappropriatamente Kanon.
Il cosmo dotrato di Saga si agita. Facciamo appena in tempo a scappare che la Galaxian Explosion apre un bel buco sulle scale.
- Non chiedergli più niente! – ringhio a Kanon.
- Ok… - approva lui con una faccia sconvolta.
- Crepate Bastardi!!!! – ci augura un Saga fuori dalle grazie prima di sparire di nuovo dentro la Terza.
Io e Kanon ci fissiamo per qualche attimo.
- Quanto credi che abbia sentito di quello che dicevamo? – domando.
Se fosse per me mi precipiterei dietro a Saga per ripetere l’esperienza di Star Hill almeno un altro paio di volte. Devo piantarla subito!!!! La presenza di Kanon è paragonabile a quella dell’angelo della Salvezza. Lui non mi permetterà mai di fare altre follie.
- Tutto, forse? – risponde il gemello alzando un sopracciglio. Non mi piace quando fa così. Dice il vero ma pare ti stia pigliando per i fondelli…
- Sarà prudente entrare in casa? – chiedo dubbiosa.
Spero che non lo sia. Controllarsi adesso è un dramma e averlo vicino non aiuta. Avre la scusa per stargli lontano mi serve proprio.
Il cosmo di Saga è ancora attivo e molto, molto turbato.
- Secondo me ci smarriremmo in qualche dimensione che ha creato per non essere trovato… - mi fa notare il gemello.



Poco dopo siamo tornati nella casetta di legno, al stessa della notte in cui abbiamo combattuto contro Vyrzak. Quei momenti mi paiono lontani anni luce.
- Qui siamo al confine del Santuario. E’ il luogo in cui ho vissuto per anni, quando ero solo un fantasma, l’ombra di Saga… Quando ero una persona diversa. – sospira lui.
- Non eri una persona diversa, Kanon. Solo erano le tue azioni a non armonizzarsi con i tuoi sentimenti, ma di questo ne parleremo un'altra volta… - gli dico sollevando una mano ad interrompere la sua protesta.
Qualcuno bussa alla porta.
Kanon va ad aprire.
- Sei un incapace! – ringhia la voce di una ragazza.
E’ una voce dolce e melodiosa, di chi è abituata a trattare con la gente un po’ tanto strana… Però io ho la capacità di farla scomporre.
Mi ci diverto troppo e lei lo odia. Forse è proprio per questo che a me gusta tanto.
- Ciao Iris, a cosa devo la sgradevole vista del tuo grugno? – chiedo ironica.
- Chiudi quella ciabatta, disastro umano! – sbuffa prima di avanzare nella stanza.
Sento il suono dei tacchetti sul pavimento.
Non ho bisogno di guardarla per sapere che pare una top model.
Mi sento ancora più sciatta al suo confronto e mi chiedo come cazzo possa essere successo che io abbia… Abbia traviato Saga! Insomma lui è bellissimo e strafigo io invece… Com’è che mi aveva definita Nat? Ugly?
Iris picchia a terra un piede, con decisione poi avanza verso di me, sposta la sedia e mi si para davanti.
Ha i capelli castano chiaro acconciati in morbidi boccoli, il viso solo lievemente tuccato per mettere in risalto il color azzurro dalle sfumature blu degli occhi grandi ed espressivi. La bocca a forma di cuore denota una certa gentilezza e dolcezza anche il naso dritto e la mascella più ovale parlano invece di carattere.
- Non avrai per caso indossato qualcosa che Nat ti ha messo in valigia vero? Perché ti ricordo che dovevi proteggerlo non sedurlo! – mi dice senza mezza misure.
- Quelle cose non sedurrebbero nessuno, tranne un vecchio impotente con la mente perversa! – sbotto a mia volta. Sto per incazzarmi.
- E su di te sarebbero ridicole! – afferma lei annuendo col capo dopo averci pensato un attimo. La mia autostima incassa il colpo basso.
Però questo lato di Iris mi piace. Ho sempre adorato la schiettezza. Anche se sono convinta che il suo continuo lavorare coi matti le abbia fatto fondere qualche venerdì… Magari anche il giovedì non è in buono stato…
- Non mi sono ancora cambiata da quando è successo il fattaccio… - le ringhio contro.
Detesto quando si atteggia ad adesso che si sono io sistemo tutto! Però riconosco che lei è una delle poche che i casini li sistema davvero…
- Lo hai drogato? – mi domanda lei brusca.
- Vaffanculo Iris! – le rispondo.
I miei occhi sprizzano scintille, i suoi pure.
Come dicevo, lei è dolce, ma non priva di spina dorsale.
- I tuoi feromoni sono ancora impazziti – mi fa notare lei annusando l’aria.
- Colpa della risonanza, credo… - borbotto tornando nella mia depressione.
- COSA!?!? Tu e SAGA?!!?! – strilla lei.
Che gioia farle perdere la compostezza! Anche se avrei voluto fosse un casino meno grosso quello che la manda in agitazione.
- Ma si sono bevuti tutti quanti il cervello ai piani alti!?! Come hanno potuto darti questo incarico!? E’ ovvio che non saresti stata in grado di svolgerlo! –
- Ecco , grazie, persevera nell’offendermi e nel ribadire quanto incapace sono! Però ti faccio presente che senza la sottoscritta Mitja prima e Virzak dopo se lo sarebbero preso come niente il prezioso Saga! – qui ne va della mia professionalità in campo lavorativo. Su quella non transigo. Lei pare rendersi conto di essersi espressa in modo equivoco.
- Non era quello che intendevo. Mi riferivo alla risonanza. Non vi è modo di sottrarsi ad essa. Cosa pensano che tu sia? Un robot o una stronza senza cuore? – sbuffa lei
Questo è il massimo della solidarietà che mi aspetto da lei.
E detto fra noi, non è poca!!!
I membri dell’Ordine sono tutti dei solitari e si aiutano malvolentieri gli uni con gli altri.
- Qualcuno si diverte a complicare le nostre vite, la mia in particolare, come se non fosse già abbastanza uno schifo! –
- Non fare la vittima, abbiamo tutti la nostra dose. – sbuffa lei adesso più calma.
- Spiegate le cose anche a me? – si intromette Kanon prendendo posto al tavolo.
- Questo è l’altro Uomo dei Gemelli? – chiede lei ammiccando verso il Saint.
- Già. –
Vedo Iris prestare attenzione a Kanon. E vedo il ragazzo muoversi imbarazzato sulla sedia… Sento un eco della risonanza, ma si spegne subito. E’ stata come una scintilla, innocua. Lo scintillio negli occhi di Tre di Quattro mi fa capire che apprezza e molto.
- Wow. E Saga gli somiglia? – chiede.
- Fisicamente parlando è praticamente uguale. Tranquillo Kanon la risonanza e quindi quel desiderio incontrollabile riguarda le anime non il corpo. Tu non mi fai rincoglionire. – ammetto.
- La tua eleganza verbale fa spavento. – appunta Iris.
Alla sottoscritta non sugge il sorriso dolce che rivolge a Kanon, quasi volesse scusarsi con lui per il mio modo di essere…
- Ho altre qualità. – mi sento in dovere di difendermi.
- Comunque ancora non mi capacito di come tu possa essere coinvolta in una risonanza con un uomo del calibro di Saga… – parla come se stesse facendo delle semplici constatazioni. Delle verità assolute, tipo che l’acqua è bagnata… Vorrei sparecchiarle la faccia. Passi il fatto che io non sia una Venere Imperiale ma che abbia anche la personalità di un cetriolo è davvero troppo!
- Quando ha finito di insultarmi, chiamami, io ho bisogno di dormire. – annuncio alzandomi in piedi e sparendo nella stanza dove so che ci sono i letti.
L’ho detto che il suo lavoro l’ha condotta su una brutta strada. Se fa così con i suoi malati prima o poi si troverà un tagliacarte piantato nella schiena…
O forse no.
Iris è dannatamente in gamba.
Quando si impegna è irresistibile, sia per capacità di persuasione che per i modo incredibili che ha di condurre per mano verso le soluzioni che lei ben conosce…
Due letti, un po’ piccoli per la verità, ma non vado per il sottile…
Mi sdraio su uno a caso…
Non so se è il letto o il mio corpo che è ancora intriso dell’odore di Saga.
Mi rannicchio in posizione fetale e desidero che tutto questo sia solo un sfottuto incubo.



La mia pace, ad opera della perdita di coscienza causata dal sonno dura poco più di un ora. Ftosor, Due di Nove, ha deciso di farci visita.



NDWar: Qualcuno si riconosce almeno un poco in Iris? ^___^

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Capitolo 14
*** - Acqua contro Fuoco - ***



Till everything burns
While everyone screams
Burning in their lies
Burning my dreams
All of this hate
And all of this pain
I'll burn it all down
As my anger reigns

- Everything burns – Anastacia -




Ftosor è un demone un po’ atipico.
O forse è solo un demone che ha fatto altre scelte stilistiche di vita.
Ad ogni modo tra i Nove, esclusi i due…il termine appropriato sarebbe ‘eliminati’ da Quattro di Quattro, è quello di aspetto più piacevole.
Nat è abbastanza umano da passare come tale, malgrado gli occhi viola e la bellezza superiore alla media… Ftosor invece, nonostante gli occhi castani e i capelli quasi neri è di una bellezza che fa quasi male guardare.
Indossa una camicia rossa, con il collo alto e il davanti pieno di volants. Ovviamente porta i primi tre bottoni slacciati e il candore della sua pelle è uno spettacolo in tutto quel rosso.
E’ alto, oltre il metro e novanta e longilineo.
Ha la grazia eterea di un ballerino di danza classica nelle movenze, ma ogni gesto esprime al contempo vigore.
Per secoli è stato lui al comando dei Nove, ma poi… Non so per quale diatriba con gli altri e con Lui, si è ritirato dalla scena.
In un certo senso Ftosor è sempre stato come la Svizzera: territorio neutrale.
Anche se Lui lo ha marchiato.
O forse è solo un demone che anela la pensione.
Dopotutto è uno dei più antichi.
Il fatto che sia qui mi sconcerta.
Iris è immobile sulla soglia di casa.
Kanon è al suo fianco, l’espressione perplessa di chi non ha capito un tubo di quello che sta succedendo, ma che resta comunque vigile e guardingo. Anzi, forse proprio perché è all’oscuro di tante cose sta ancora più in guardia.
- Niane! Non si può certo dire che tu sia una gioia per gli occhi come la cara Iris… - mi saluta con un sorriso cordialissimo.
- Se vuoi potresti… - faccio un cenno vago della mano, come a creare un illusione – ed io sarei la più bella del creato. – gli dico con un ghigno. Ringrazio chiunque mi abbia creata di essersi dimenticato di aggiungere la vanità agli elementi che mi compongono.
- Ma la qualcosa non ti interesserebbe minimamente… - ribatte lui con un sorriso che sa di lussuria allo stato puro.
Faccio spallucce.
Questi sono solo i convenevoli, so che presto arriveremo al sodo della questione. Ftosor non è uno a cui piaccia girare introno alla questione.
- Non è prudente da parte tua lasciare solo… Il tuo protetto. – mi informa ad un tratto, seccamente.
- Visto l’umore con cui l’ho lasciato se qualcuno gli si avvicina troppo potrebbe diventare il suo personale pung-ball e sinceramente non è nei miei progetti. Meglio se si sfoga con qualcuno di voi. – ribatto scrollando le spalle.
Prottetto dal labirinto Oscuro della Terza Casa so per certo che Saga non si farà trovare da nessuno, a meno che non voglia essere trovato, cosa di cui al momento dubito fortemente.
- In effetti abbiamo già subito qualche perdita ad opera sua… - il volto del demone diviene una maschera di contrizione.
Kanon si irrigidisce al mio fianco.
So che vorrebbe precipitarsi da Saga.
- Credo che gli interessati alla conversazione siamo solo io e Iris… Quindi, lui potrebbe anche andarsene, che ne dici? – chiedo indicando con un cenno del capo Kanon.
- I Saint di Athena non mi interessano, a meno che non mi ostacolino il cammino… - approva Ftosor.
Spero che Kanon sia abbastanza intelligente da ingoiarsi il suo dannato orgoglio e andarsene…
Ebbene, lo è.



Iris pare la tranquillità fatta a persona mentre si accomoda al tavolino e versa del profumato tea alle rose nelle tazze.
- Scusa la porcellana non eccellente… - dice rivolta al demone con molta serietà. Ovviamente è una presa per i fondelli, ma così velata che lui non se ne accorge.
- Ogni cosa diviene tale se servita da una bella donna – ribatte lui con un sorriso che è di nuovo lussuria allo stato puro.
Resto in silenzio.
Voglio vedere il seguito di questa recita teatrale.
Meglio se posso farlo come comparsa di sfondo.
- Lei lo vuole. Lui sì è incapricciato di non lasciarglielo… A noi tocca combattere. – il sunto della situazione attuale non fa una grinza.
- Già e la faccenda potrebbe andare per le lunghe. Anche se noi siamo un po’ in meno rispetto al passato, voi siete solo tre. Il Lupo non conta più, è fuori dai giochi. – ci illumina lui.
- Se il Lupo è fuori o meno spetta solo lui deciderlo ad ogni modo, siamo numericamente inferiori. – ammetto.
- Quindi una lunga battaglia vi è svantaggiosa… Perché non troviamo una soluzione che accontenti tutti? – chiede lui persuasivo come non mai.
Il bastardo sta intessendo il suo incantesimo di Charme!
Se non stiamo in guardia finiremo con l’assecondare ogni stronzata che lui dice, troppo affascinate e coinvolte da lui… Un momento…
Se me ne sono accorta vuol dire che su di me non ha questo grande effetto… O forse non sono nel suo mirino? Sta solo tentando di soggiogare solo Iris? A che pro?
Merda, cammino in un campo minato…
- Potremmo semplicemente togliere di mezzo l’oggetto della contesa… - suggerisce.
- Ho ricevuto l’ordine di proteggere Saga e impedire che morisse. – faccio notare.
Spero di non muovermi in modo errato… Spero di dire le cose giuste al momento giusto… Ftosor sta cercando di soggiogarmi oppure no? Sono certa che sa che ho percepito la sua magia muoversi… Mi sottovaluta? Mi sopravvaluta?
Non mi piace avere paura, e lui me la sta facendo provare.
- Oh, potremmo lasciarlo vivo, non preoccuparti – mi sorride lui. Sento più magia.
Ok, sta cercando di circuirmi con il suo potere.
Forse se gli lascio credere di avercela fatta, posso avere maggiori possibilità dopo di inchiappettarlo.
- In che modo? – cerco di insinuare il dubbio nella mia voce.
La risposta avrebbe dovuto essere un no secco, ma voglio vedere fino dove vuole spingersi.
- In realtà basta farlo crollare psicologicamente… Un perfetto demente non interesserebbe più ne a Lui e ne a Lei e tu, Niane non avresti fatto proprio nulla che contravvenga il tuo dovere. Basta solo che calchi un po’ su quello che lui è tornato ad essere e un conflitto fra le sue due personalità lo ridurrebbe ad un vegetale. Questa volta la Luce ha più forza che in passato, almeno in lui.
- Questo però vorrebbe dire assecondare le Tenebre… Sai che non posso farlo… Sono comunque sotto osservazione. – rispondo.
E’ vero.
Lo sanno tutti.
A causa dei miei metodi di azione mi sono spinta troppo spesso sulla linea di confine e quindi il mio operato viene ogni volta passato ai raggi X.
- In questo caso, una spintarella potrebbe darla Iris, allora? – chiede lui bello come il sole.
E’ con orrore interno che vedo la ragazza annuire.
Ftosor termina il suo tea con una lunga sorsata.
- E’ stato un piacere conversare con voi. – ci dice prima di andarsene.
Poi ha un ripensamento e torna sui suoi passi.
Me lo trovo così vicino che desidero solo fare un balzo indietro ma mi impongo di restare immobile sul posto.
- Tutto sommato non sei così male – mi sussurra leccandomi l’orecchio.
Che schifo! Che schifo!! Che schifo!!!
Struscia le labbra lungo la mia mandibola e sono io, voltando la testa deliberatamente, a far collidere le nostre labbra. Almeno questo strazio avrà presto fine.
Lui sorride soddisfatissimo, poi riserva lo stesso trattamento a Iris.
Studio le reazioni di lei ma non capisco nulla.
E’ sotto incantesimo?
Non riesco a capirlo!
Potrei provare a chiedere qualcosa, per sondare il terreno, ma lei potrebbe mentire perché nutri i miei stessi dubbi…
- Andiamo, a chiudere questa missione – mi dice a quel punto lei.
- Andiamo – rispondo.
Al solito, sono in una situazione che fa schifo.



La casa dei Gemelli pare tranquilla.
Intanto è già mattina e io mi sono persa un’altra notte di sonno…
Quando finisco qui pretendo di avere almeno dieci giorni di ferie.
Entriamo annunciandoci e poco dopo Kanon viene a riceverci nell’ingresso.
Indossa i soliti jeans a brandelli e una maglia verde acqua con laccetti che lo rende schifosamente sexy e una bandana gli ferma i capelli sulla nuca.
- Accomodiamoci fuori, sul balcone, fra poco ci raggiungerà anche Saga. – ci dice facendoci strada. Vedo che la tavola è apparecchiata per quattro.
Al profumo di pane fresco e brioches il mio stomaco esulta rumorosamente.
Il gomito di Iris mi finisce accidentalmente fra la terza e quarta costola…
Il cielo è sereno, vediamo il mare in lontananza, non fa ancora così caldo da scoppiare e siamo in compagnia di due esemplari maschili molto belli… Potrebbe essere qualcosa che si avvicina alla mia idea di Paradiso.
Spero solo l’ormone non impazzisca all’arrivo di Saga…
Sarebbe un guaio.
- Scusate l’attesa – si annuncia l’oggetto dei miei pensieri raggiungendoci con passo lento ed elegante.
Indossa dei pantaloni di lino color corda, morbidissimi e semitrasparenti… Sopra porta la camicia con il collo alla coreana di un paio di toni più chiara dei pantaloni, con i polsini slacciati in modo che si vedano benissimo gli avambracci muscolosi e i primi bottoni aperti… Si vedono i pettorali scolpitissimi e persino l’areola più scura del capezzolo.
E’ da strapazzare di baci e altro…
Mi costringo a inghiottire un bolo di saliva e faccio esplodere una bomba al napal sulla mia libido. La risonanza è esattamente dove doveva essere… Merda!
Noto le gote di Saga arrossarsi un po’ e i suoi occhi brillare quando si fermano nei miei e poi vedo la rabbia serpeggiare in essi.
Thò, che bello.
Eccito il mio predestinato e nello stesso momento, perché lo eccito, lo faccio incazzare…
- Accomodatevi pure, stavamo per fare colazione – chi dice Kanon spostando una sedia in favore di Iris.
Mi chiedo da dove nasca questo gesto cavalleresco del ragazzo che di solito è di un rozzo da farmi ampiamente concorrenza…
Anche Saga pare sorpreso da quel gesto ma si limita a scrollare le spalle. Ha altri problemi adesso che non riguardano certo la sua metà terrena.
Iris si siede con un sorriso gentile e si mette in tovagliolo sulle ginocchia, in un gesto elegante e fluido.
Abbasso lo sguardo sulla mia maglietta di Will il Coyote, che ha visto tempi migliori soprattutto in fatto di pulizia e reprimo un sospiro. D’altra parte non è che avessi con me una boutique di alta moda, non dopo quello che aveva infilato Nat nella mia valigia.
Mi chiedo perché quell’arrivista non si sita facendo vedere, ma la presenza piuttosto costante di qualcuno dei Nove deve averlo innervosito quanto bastava per tenerlo lontano.
Fondamentalmente il mio capo un vigliacco, a meno che non gli si tocchi il portafoglio, allora diviene un leone.
Mi chiedo se mi giudicherebbero una cloaca solo un attimo prima di cedere alla tentazione…
Due secondi dopo sto condendo una Greek Salad, senza cipolle con l’aria di chi ha fatto il colpo grosso.
- Sei inguardabile – sospira Iris passando una pellicola semitrasparente di marmellata su una fetta biscottata. Vorrei dirle che se avesse usato anche lei il potere del fuoco sentirebbe esattamente la mia stessa voragine nello stomaco ma mi limito a riempirmi la bocca.
Parlare a bocca piena è da maleducati quindi posso evitare delle risposte.
I pomodori e la feta sono qualcosa di sublime.



Dopo la colazione, io e Iris andiamo a farci una doccia che ne abbiamo decisamente bisogno e dato che la ragazza appartiene all’Ordine ed è considerata una mia compagna devo ospitarla nella stanza che occupo.
Per cortesia lascio a lei l’uso del bagno.
Ne esce dopo mezz’ora abbondante, con il telo di spugna avvolto attorno al corpo e l’aria rilassata di chi è appena tornato dal centro benessere. Odio questa sua capacità di recupero e il fatto che sia sempre in ordine. Vorrei spettinarla, solo per farla sclerale… Ma non è tempo di bambinate.
Afferro un cambio di biancheria intima e mi chiudo in bagno.
La doccia si porta via buona parte dello sporco e della stanchezza.
La mia mente si schiarisce e riprende a funzionare a ritmo veloce e preciso.
Ne sono felice.
Dopo la risonanza mi pareva di avere il cervello un po’ ovattato. Non che fosse stordito, ma appesantito.
Esco dal bagno e lancio solo una fugace occhiata alla mia compagna. Indossa dei pantaloncini violetto, corti e morbidi, tipo a palloncino e un top bianco con un fiocco di raso violetto che evidenzia la vita sottile.
Mi chiedo per un attimo dove avesse quei vestiti e mi rendo conto che li ha presi dalla mia valigia… In effetti non credo di averli mai tenuti in considerazione anche se visti indossati da Iris sembrano accettabili.
Ho affettato un top rosso ma la mano della ragazza mi ferma.
- Non quello. – mi dice
- Perché? –
- Il rosso denota aggressività. Meglio l’azzurro – mi spiega.
Gonfio le gote.
- Ma a me il rosso piace! – protesto
- Non importa, per questa volta dai retta a me. – la voce è pacata e gentile.
Ribellarmi mi farebbe passare da stronza. Non che io non lo sia però… Esserlo gratuitamente non mi piace.
- Ok – firmo la mia condanna.
Iris è stata… Gentile.
Ha scelto abiti che non mi ridicolizzano, anche se io li considero un po’ troppo… Eleganti e non nel mio stile.
Indosso quegli orribili pantaloni con il cavallo basso, fermati sotto il ginocchio da una fascia elastica alta quindici centimetri di un colore turchese brillante, mentre il resto del pantalone è nero. Sopra ho un top che si allaccia dietro il collo, con il davanti tutto ricamato con perline colorate gialle, azzurre, verdi e rosse e che ricordano il disegno di una collana Maya. Personalmente lo reputo pacchiano ma devo riconoscere che non mi sta così male.
Saga e Kanon ci attendono in giardino per discutere l’intera faccenda.



Davanti al giardino della Terza mi accogo di aver lasciato un documenti in camera, dico a Iris di andare pure avanti, che tanto già vediamo Kanon salutarci con un cenno del braccio e faccio dietro front.
Sono quasi arrivata alla mia camera che mi imbatto in Saga.
Il suo corpo schiaccia il mio contro il muro.
Sento ogni parte di lui.
Lo sento addosso e lo sento anche sotto la mia stessa pelle…
Con rabbia realizzo di essere completamente in sua balia.
Qualsiasi cosa mi dovesse chiedere, anche se protestando, so che finirei per farla.
Non va bene!
Le sue labbra sono di nuovo contro le mie.
- Hai baciato di nuovo qualcuno che non sono io! – ringhia un secondo dopo afferrandomi per il collo.
Sto per tirargli un calcio nelle palle quando la sua voce cambia un po’.
- Lui è mio e tu sei di troppo… Prima o poi ti eliminerò, sgualdrina! – sibila al mio orecchio prima di mordermi con forza il collo.
Che cazzo è? La seconda personalità di Saga è un vampiro!?
La lingua lambisce i segni dei denti, poi le labbra si chiudono di nuovo sul mio collo e iniziano a succhiare.
Realizzo quello che sta facendo e lo spingo via… So che l’ho fatto troppo tardi.
- Quello dovrebbe ricordare a tutti, ma soprattutto a te, a chi appartieni! – mi annuncia prima di andarsene.
Le ginocchia mi cedono ed io mi ritrovo seduta a terra, con il cuore che minaccia di saltellare sul marmo del corridoio, il fiato mozzato in gola e una voglia pazzesca di piangere. La mia mano sale a coprirsi il collo, mentre spero, con quel gesto inutile, di cancellare le tracce di quelli che è appena successo…



Dei passi mi costringono a sollevare la testa.
Per un momento penso che sia Saga che sia tornato indietro ma la figura è troppo minuta per appartenere a lui.
Gli occhi di Iris cono vitrei.
Sapevo che Ftosor aveva fatto qualcosa di losco.
Lo sapevo ma non ero preparata a questo!
Iris mi attacca con il suo colpo più potente.
Faccio appena in tempo a innalzare un muro di fiamme per difendermi. Ho rischiato di farmi travolgere da un maremoto.
Per fortuna il calore del fuoco fa evaporare l’acqua, ma adesso sono praticamente immersa in una nebbia che si può tagliare come un panetto di burro tanto è densa e fitta.
Io e Iris abbiamo le stesse potenzialità, per cui, in uno scontro equo non saprei proprio dire chi possa portare a casa la pelle.
Per un attimo l’idea di lasciarmi colpire, e chiudere, in un modo o nell’altro questa merdosa faccenda mi sfiora i pensieri, ma l’istante successivo sento il peso del tradimento alla mia Dea e tutto il mio essere si ribella.
Il tatuaggio brilla di luce propria, da Blu sta volgendo al Rosso.
Scommetto che Anche Iris riesce a vederlo.
Sento un pensiero agitato e spaventato permeare l’aria, trasportata più che dall’etere dalle particelle di vapore.
Fai bene, cara, fai bene ad avere paura d me!
Il colpo fra le scapole mi manda a sbattere contro il muro.
Iris è veloce… Molto veloce. E l’acqua, anche nella sua forma gassosa la protegge.
Non posso che giocare in difesa, almeno fino a quando non riesco a riequilibrare un po’ il suo vantaggio.
L’atto istintivo che mi ha portato ad innalzare la barriera di fiamme si è rivelato un’arma a doppio taglio che mi si è rivoltata contro…
Blaze scivola lentamente fuori dalla mia mano.
Il calore della sua elsa fa vorticare la nebbia intorno…
Le fiamme, ed il fuoco in generale, ha un solo vantaggio sull’acqua.
In linea teorica il caldo non conosce limiti di espansione verso l’alto.
Se arrovento l’aria intorno a me quanto basta posso disidratare persino la nebbia.
Non ho mai tentato nulla di simile.
Non so nemmeno se il mio corpo possa sopportare una cosa del genere… Ma se non dovessi avere alternative, per salvare Saga non esiterei.
- Niane , Iris! Che succede!?! – la voce di Kanon interrompe l’irreale silenzio in cui siamo sprofondati.
Rispondergli significherebbe dare all’altra la possibilità di un attacco pericoloso e deleterio. Io non risponderò e Iris è troppo intelligente per farlo.
- Kanon vattene!!! – la voce di Saga ci raggiunge, sofferente.
Devo muovere violenza su me stessa per non precipitarmi in quella direzione, ma se non è un inganno, allora so da che parte si trova il ragazzo e so quale zona devo proteggere.
Un guizzo nel vapore.
La reminescenza di qualcosa di violetto…
Non mi scappi!
La voce di Iris si leva acuta.
Un attimo dopo la nebbia cala, deponendosi in uno strato di umidità che ci arriva fino alle ginocchia.
Vedo Saga che si stringe un braccio ferito, con la schiena appoggiata contro una colonna e i tratti del volto contratti in una smorfia di colore.
Kanon è al suo fianco, apparentemente illeso e Iris è tre o quattro metri davanti a loro, con la spalla trafitta da un dardo di fuoco, mentre un secondo dardo minaccia la sua gola.
Basta un movimento ed esso si conficcherà nella tenera carne del collo, uccidendola.
Vedo già la sua pelle delicata rossa e gonfia. Bolle piene d’acqua si stanno formando sia sulla spalla che sul collo.
I dardi di fuoco si spengono fino ad estinguersi.
Lei mi fissa, con gli occhi chiari sgranati sul bel viso.
- Niane… -
- Scusa le ustioni… - borbotto notando che il suo sguardo è di nuovo presente a se stesso.
- Ftosor? – domanda lei con un brivido che non riesce a celare. Le braccia e le gambe nude tradiscono i brividi che prova, manifestando la comunissima pelle d’oca.
- E’ un abile ammaliatore. – ribatto facendo spallucce.
- Ma tu gli hai resistito… - questo è un complimento da parte sua.
Devo segnarmi la data sul calendario.
Ma io amo anche il vero.
- Non è solo merito mio… A quanto pare la risonanza ha anche un paio di vantaggi. – riconosco.
Lei sgrana gli occhi, stupita. Poi posso percepire la sua mente fare rapidi ragionamenti su come volgere questa cosa in nostro favore, ma soprattutto in suo.
Adesso però è tempo di occuparci dei gemelli.
E’ con grande rammarico che lascio Saga alle cure di Tre di Quattro.
- Sei sicura? – chiede Kanon ostile alla ragazza.
- Si. E’ con noi…Lo è sempre stata. Se voleva davvero uccidere Saga, lo avremmo trovato annegato nella vasca da bagno prima di colazione. Iris governa l’acqua, non ha bisogno di essere fisicamente presente in una stanza per agire. – ammetto. Non dico che l’ho sorvegliata psichicamente come un falco da quando Ftosor è apparso nel nostro campo visivo ma l’ho fatto. Non avrebbe mai potuto colpire Saga senza che io lo sapessi e la contrastassi.
Lancio uno sguardo alla ragazza e lei sa che se dovesse succedere una cosa qualsiasi a Saga, anche lo spezzarsi un unghia, io riterrei lei la diretta responsabile e questa volta non mi limiterei a qualche superficiale ustione.
Saga mi sposta i capelli dal collo, osservando il suo marchio.
Tremo quando le sue dita sfiorano la mia pelle e catturano i miei capelli.
- Mi dispiace… - borbotta contrito.
- Oh, non sarà così brutto, no? – rispondo facendo spallucce e allontanandomi da lui.
Devo tenere le distanze, prima che quella dannata risonanza finisca per dominarmi di nuovo!
Mi porto davanti allo specchio…
No, non è brutto… E’ terribile!!!!!!
Anzi, di più!!!!
Sul mio collo c’è una macchia violacea, grossa come un’ albicocca e dei minuscoli trattini neri che indicano il segno dei denti. Ho praticamente la copia del calco dentale del Saint dei Gemelli stampato nel collo.
- Wow che passione! – scheza Kanon sciogliendo il nodo della bandana che gli trattiene i capelli e mettendomela al collo, per nascondere il disastro.

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Capitolo 15
*** - Incarico nell'incarico - Prima parte ***



Mai, non saprete mai come m'illumina
L'ombra che mi si pone a lato, timida,
Quando non spero più...

- Ungaretti –



Kanon sospira mentre io faccio di tutto pur di sembrare tranquilla.
Con tutto il casino che hanno fatto quegli scellerati c’era da aspettarselo che Athena in persona mi convocasse ad udienza. E il portavoce del messaggio è Milo.
Se non altro è un volto amico e solidale nelle pene d’amore.
- Niane, ti vedo in ottima forma! – esclama allungando un po’ troppo lo sguardo sulla sciarpa di chiffon che porto al collo.
In effetti l’argento laminato non è il colore più discreto del mondo ma era la sola che avevo in valigia e sorvolo a che cosa avei dovuto abbinarla se avessi assecondato i gusti barbari di Nathaniel nel vestire.
Sinceramente io speravo che lo sguardo di Milo e di tutti gli altri venisse attratto più dallo spacco dell’abito azzurro o in alternativa anche dalla profonda scollatura a V che mi lascia la schiena praticamente nuda, più che da una banalissima sciarpa.
Ma forse attira così tanto l’attenzione perché fuori fa un caldo infame e solo un malato di mente se la metterebbe.
La mano di Milo si allunga verso il mio collo.
Due secondi dopo, più che dall’aver realmente sentito il suo gesto, è il suo ghigno che mi conferma che lo ha visto.
- Un demone? – domanda con pochissima convinzione.
- Possiamo anche chiamarlo così. – tento di non sbilanciarmi.
- Saga – annuncia Kanon piuttosto fiero.
Mi viene da chiedermi da che parte sta!
Sicuramente non dalla mia!
So che sono arrossita fino alla radice dei capelli.
- Saga? – chiede Milo stupito.
Non capisco perché è così difficile credere che anche il Saint dei Gemelli abbia una vita sessuale attiva…
Lo incenerisco con uno sguardo minaccioso ma lui non se ne cura.
- Allora è vero che lo hai concupito!!!! –
- Per essere stato sbronzo hai una memoria eccellente! – ringhio.
- No è che la cosa mi aveva così sconvolto che mi è rimasta impressa… - borbotta lui.
Forse non lo fa intenzionalmente ma ci mette il carico da dieci!
- Possiamo parlare d’altro che non siano le mie sfighe? – chiedo inarcando un sopracciglio.
Dubito che mi diano retta.
- E a quanto pare è stato un grande, il mio gemellino! – come volevasi dimostrare Kanon chioccia un po’ in merito alle prestazioni del fratello.
Prestazioni che di certo non ha sentito da me, visto che mi ha tappato la bocca dopo la prima frase, ma è piuttosto la sua fantasia malata a suggerire.
- Approfittatene adesso perché poi col cavolo che potete avere quest’atteggiamento scanzonato! Athena voi punirebbe, ecco! -
Loro due si osservano per un momento poi scoppiano a ridere insieme.
E’ bello vedere Kanon ridere.
E’ bello perché ha lo stesso volto di Saga, ma so che su di lui la risata non sarebbe mai questa.
Comunque mi piace sentire la risata dei due ragazzi, anche se è fatta a mie spese.
Sono proprio messa male.



Athena non è per niente contenta di come stanno andando le cose. Glielo si legge in faccia e a chiare lettere. Sorrido al pensiero che a volte, la mia Dea si diverte proprio a farci essere la spina nel fianco delle altre divinità. Peccato che lo scotto finiamo sempre per pagarlo noi.
La cosa che non mi piace per nulla è che nella sala delle udienza è già presente anche Nat. D’altra parte lui è il mio capo e il moderatore dell’Oridne. Sicuramente è qui nella sua seconda veste… No, dal ghigno malefico che ha stampato in volto deduco subito che ha qualche rogna schifosa da affibbiarmi.
Dopo la ramanzina a cui Athena ci sottopone provo un moto di gioia nel sentire il mio capo zittirla a dovere.
- Non vedo la ragione di tanto malcontento, Lady Saori. Dopotutto nessuno dei vostri è mai stato coinvolto direttamente in uno scontro. I residenti della Terza casa non fanno testo, ovviamente. Sappiamo tutti benissimo che Niane si trova qui perché qualcuno vuole riprendersi l’anima di Saga. Chiunque gli stia vicino è a rischio di attacco, perciò… -
- Niane non è la sola estranea al Santuario ad esservi ospite. E l’atra presenza non si è nemmeno degnata di venire a presentarsi. – sbuffa la giovane.
- Due di Quattro è solo in visita ad una collega. Prima di sera se ne sarà già andata. – faccio notare piatta.
- Dopotutto se i Nove si sono mossi c’era da aspettarselo che lo facessero anche i Quattro. – conferma Nat candidamente. Se non sapessi chi è in realtà lo troverei innocente come un angelo. Lady Saori si porta una mano alla fronte.
Le sue eleganti dita stringono la radice del naso.
Immagino gli stia per scoppiare una feroce emicrania.
Per la prima volta sono felice che il mio dono sia diverso dal Cosmo e che nessuno dei presenti ne possa sentire il turbamento.
Mi chiedo se e quanto Athena sospetti o sappia di quello che è accaduto tra me e Saga.
Non capisco perché me ne debba vergognare… E in effetti non me ne vergogno ma mi da tremendamente fastidio che venga messo in piazza.
Un conto sono le amene chiacchiere fra amici che posso aver scambiato con Kanon e Milo… Ma rendere noto il mio amplesso anche ad Athena mi pare eccessivo. Dopotutto non mi faccio illusioni. Saga ha ben altro a cui pensare che non la sottoscritta e il suo colpo di fulmine.
So di mentire a me stessa. La risonanza non è un colpo di fulmine.
La risonanza è a vita.
- Ad ogni modo, Iris potrebbe restare un poco di più al Santuario e sono certo che più tardi le farà visita, Athena. Deve capire che ci siamo trovati in una situazione di disperata emergenza… E c’è un compito che solo Niane può assolvere… Ecco perché la mia subordinata si assenterà per un paio di giorni. – annuncia a quel punto Nathaniel con uno scintillio malsano negli occhi.
- Ehi! Un solo lavoro di quell’altro tipo per volta! Erano i patti! – sbotto indignata.
- I patti sono fatti per essere infranti… - fa spallucce lui
- Ma non erano le regole? Che fai? Adatti i modi di dire a tuo uso e consumo? – lo provoco.
- Sono due testoni Niane. Due testoni nelle casse dell’ordine e il tre per cento nelle tue. – mi informa
- Me ne frego! Non sono io l’avarizia in persona! Un solo lavoro alla volta! – insisto e non mi interessa che vi siano Athena e i suoi Saint ad assistere alla nostra contrattazione.
- Quatto per cento. E’ la mia ultima offerta. – dichiara Nat.
Non ha ancora capito che non è una questione di soldi.
Non voglio lasciare Saga.
E realizzarlo mi sconvolge ma non posso darlo a vedere.
Non voglio che la vita di Saga sia difesa da qualcun’ altro oltre me.
Merda, lo scintillio negli occhi di Nat non lascia dubbi sul fatto che ha capito.
Sono fregata.
Lo so, ma non gliela darò vinta così facilmente!
- Puoi portarti dietro Saga. Che ne dici? – chiede lui colpendo nel segno.
Berrei acido muriatico piuttosto che fargli capire che ha fatto centro.
- No. –
- E’ un lavoretto facile facile. Una come te ci impiega mezz’ora a farlo… - mi sussurra lui mellifluo.
- Ho detto no! Fattelo da solo! – sbotto.
Arriccia il naso disgustato.
Se Nat non fosse quello che è, ovvero un vigliacco, mi avrebbe già licenziata da anni. Ma io gli servo.
Perché faccio il lavoro sporco.
Perché sono la migliore.
Posso permettermi di dettare qualche regola, ogni tanto.
Il mio sguardo dice che non cederò di una virgola, o almeno lo spero!
- Va bene, il cinque per cento! Mi stai strappando un pezzo di cuore! – geme come se lo avessi davvero colpito.
Se è stato disposto a salire a tanto, uno spilorcio come lui, vuol dire che dei due testoni il trenta per cento è suo.
So che non dovrei farmi tentare… Tuttavia una parte di me pensa che se Saga mi vede all’opera... Se Saga mi vede per quella che sono fuggirà il più lontano possibile da me come persona, ma non avrà più dubbi sul rimettere nelle mie mani la sua vita.
Non voglio che lui veda il mostro che alberga in me.
Non voglio che mi disprezzi e che provi ribrezzo vedendomi.
Ma non ho altra scelta.
L’ Io che è la mia essenza non vuole essere celato, ingannato o smembrato.
- E sia, ma sulla tua vita devi giurarmi che questa è al prima e ultima volta che mi dai due incarichi contemporaneamente. – richiedo.
- Un demone non giura sulla sua vita… - si difende lui.
Se giurasse e diventasse spergiuro perderebbe i suoi poteri per un centinaio di anni.
- Vuoi che lo faccia o no? – chiedo inarcando un sopracciglio.
- Va bene, va bene… Lo giuro… - sbuffa lui alzando le mani per mostrare che non sta barando. So che sta barando, da qualche parte.
Non capisco dove, e dato che non mi è possibile smascherarlo, non mi resta che accettare il suo inganno.
Come sempre, in queste cose, Nat è avanti anni luce rispetto alla sottoscritta.



Saga mi osserva serio e tranquillo.
A quanto pare la notizia che domani partirà con me per una missione non lo ha minimamente scalfito. Per fortuna anche la ferita al braccio si è dimostrata una cosa da nulla ed è bastato un bendaggio per sistemare la situazione. Sono un po’ risentita con Iris che lo ha potuto toccare e vedere a torso nudo e mi do della cretinata sola per questi sentimenti che non avrebbero ragione di essere.
Che io sia innamorata di Saga ci può stare tutto, che lui o gli altri debbano per questo comportarsi in modo diverso è una fesseria.
Milo è curioso come una scimmia e sta facendo uno sforzo enorme per non mettere Saga sotto interrogatorio. Il suo sguardo continua a spostarsi verso il ragazzo che sta in piedi al tavolo della cucina e maneggia un grosso coltello con grande abilità.
Gli avevo chiesto di tagliare la pancetta a striscioline ma pare che ne stia facendo un battuto… Forse non è tranquillo come vuole mostrare.
- E’ agitato, è agitato… - mi sussurra Milo mentre solleva uno spaghetto dalla pentola.
- Zitto prima che ci spedisca a spasso fra le dimensioni… E poi l’ho buttata cinque minuti fa quella pasta, è ancora cruda! – lo informo.
- Ma io ho fame… E tu gli piacci! -
Avvampo.
- Vai a grattugiare il formaggio! – sbuffo.
- No, è noioso… Non posso andare a sbirciare cosa fanno Iris e Kanon? – chiede allungando il collo verso la finestra per assicurarsi che i due non siano i giardino e a portata di sguardo.
- No! – ringhio.
Non voglio assolutamente restare da sola con Saga.
Finirebbe che ci trovano a fare sesso sfrenato sul tavolo della cucina e il pranzo in fumo… E magari o mi troverei anche un paio di coltelli piantati nel corpo da quell’altra personalità del Saint…
Eppure non riesco a tener la mente lontana dai suoi capezzoli turgidi e sporchi di maionese che io gli lecco con gusto…
Infilerei una mano nell’acqua della pasta solo per essere certa che il dolore fisico elimini questi pensieri! Maledetti, maledetti , stramaledetti ormoni!
- Ehm… Niane, ho esagerato? – chiede Saga mostrandomi un trito di pancetta.
Si, ha esagerato ma non glielo dirò mai!
- E’ prefetto! – dico.
Sono una pessima bugiarda e Milo non è uno che sta zitto.
- Si, perfetto per un omogeneizzato! –
Saga pare a disagio.
Il suo volto innocente è qualcosa che fa male al cuore.
- Non sono bravo ai fornelli… - ammette con candore.
Nessun problema cucinerò io per te! Per tutta la vita!
Mi mordo l’interno della guancia.
Poi ritrono abbastanza in me da dire
- Portami la pancetta che iniziamo a farla rosolare… - e preparo la pentola con qualche spezia. Saga si avvicina, con il tagliere in mano e l’aria curiosa.
Lo strapazzerei di coccole e baci.
Devo darmi una regolata.
Non posso continuare in questo stato per molto…
L’odore del cibo non copre affatto quello della sua pelle.
Sa di giusto.
Mi concentro sulle padelle.
- Arrivo con la pasta! – esclama Milo allegro.
Se si è accorto di qualcosa sta facendo finta di nulla…
Dovrei ringraziarlo.
- Prendo le uova! – annuncia Saga allungandosi verso la terrina in cui le avevo precedentemente sbattute con sale e pepe e formaggio grattugiato.
- Aspetta un attimo… - gli dico mentre faccio saltare la pasta e fermo il fuoco.
- Vai butta dentro! – ordino.
Saga obbedisce.
Il suo volto è sereno…
Le sue dita lunghe e da pianista si sono sporcate di uovo.
Me ne accorgo troppo tardi.
Quando lo realizzo, la mia lingua sta già lambendo il suo indice in un gesto sensuale.
Un gemito strozzato sfugge dalla gola di Saga.
Socchiude gli occhi, che si sono fatti lucidi e bruciano di un sentimento inespresso che si avvicina molto al piacere o alla lussuria…
Milo ci fissa a occhi sgranati.
- Vado a chiamare gli altri! – annuncia il Saint dei Gemelli, l’espressione accigliata.
Ha i pugni contratti e le spalle rigide quando lascia la cucina.



- Magari facessi questo effetto a Shaina! Ce profumo usi? – mi domanda Milo annusandomi il collo.
- Piantala scemo! – sbuffo allontanandogli il capo con una mano.
- E’ magnifico vedervi interagire… Siete meglio di un film! – mi annuncia allegro.
- Vai a cagare! – mi nasce dal cuore.
Poco dopo Kanon entra in cucina. - Litigate? – chiede curioso osservando il grosso piatto di carbonara davanti al quale io e Milo discutevamo.
- No, la stavo solo… Invidiando, per l’effetto che ha su Saga. Magari lo avessi io su tu sai chi!- ammette Milo.
I Saint di Athena hanno tutti una gran bella qualità: sono piattamente sinceri!
Kanon ghigna
- Vuoi la sola che non ti cagherà mai… E’ colpa tua che ti sei fissato con il miele, ma ti garantisco che anche lo zucchero, la marmellata e la cioccolata sono altrettanto dolci e buone! –
- Non voglio sentire altro! – li avviso cercando di farmi minacciosa.
So come finiscono questi discorsi, quando iniziano e un tour nella psicologia maschile non è quello che mi va di affrontare a stomaco vuoto.
Pranziamo inizialmente in silenzio. Solo il ticchettio delle posate infrange il silenzio perfetto della sala da pranzo. E’ quasi come mangiare da soli. Poi milo prende la parola e da allora si trasforma in animatore del pranzo.
Ho sonno.
E ci credo!
Non ho dormito un benemerito niente!
Sento gli occhi che si chiudono e sarei finita con la faccia nel piatto se qualche buon samaritano non me lo avesse impedito.
- E’ esausta – informa Iris.
La sua voce mi giunge da lontano.
Le palpebre sono troppo pesanti per essere sollevate.
Lo sapevo che avrei finito per crollare… Non si può non dormire e combattere i demoni pe tre giorni filati.



Il sogno è indistinto.
Ma già dai toni delle nebbie che mi avviluppano so che non sarà qualcosa di piacevole.
Questo è il modo in cui Nat mi sta comunicando il mio incarico.
Odio quando fa così.
Non mi piacciono quei sogni che sanno di film dell’orrore…
Quei sogni da cui non riesci a svegliarti fino a che non hai visto tutto quello che dovevi vedere e sapere.
Vorrei che la mia Dea usasse un altro metodo.
Un telegramma?
Una mail?
Un messaggio che si autodristugge tipo 007?
No.
I buoni, vecchi sogni precognitivi.
Anche se tecnicamente non è corretto chiamarli così.
Però ci sono immersa.
Ma mi tocca viverlo.
La stanza si tinge di giallo.
Il sole entra da delle grandi finestre…
C’è un odore famigliare, ma che non ho mai particolarmente amato.
Odore di carta, di tempere, di matite di cuoio, di legno e di ferro… Odore di inchiostro e di gesso…
Una scuola…
Schiamazzi di ragazzini.
Una scuola elementare…
L’intervallo è finito.
I bambini si siedono ai loro banchi e poi…
Sangue.
Sangue ovunque.
Macerie e corpi sepolti.
Sotto un albero un ragazzo, di quindici, sedici anni al massimo osserva tutto con occhi esultanti. E’ fiero di ciò che ha fatto.
Vuole rifarlo al più presto…
Venti classi.
Sono quelle che ho contato e per le quali la scena è stata la stessa, con differenza di orario, di anni o di modalità di esplosione.
Uno zaino, un cestino per il pranzo, un tubo per i fogli da disegno…
E ogni volta ho fallito.
Non ho mai sventato il colpo.
Grido di frustrazione.
Vorrei piangere. So che è un sogno ma fa mal lo stesso sapere di non aver potuto fare nulla per salvare degli innocenti.
E’ questa sensazione e il ricordo di ciò che ho visto e che posso scongiurare a darmi la forza di fare quello che dovrò fare.
Gli uomini migliori pensano che nessuno ha il diritto di uccidere un proprio simile perché questo causerebbe dolore a qualcun altro… Io non sono giusta secondo la legge degli uomini.
Io lo sono secondo la Sua legge, ma esserlo, fa male.



- Niane! – qualcuno ha gridato il mio nome.
Spalanco gli occhi di colpo.
Sono stesa nel letto.
Il letto che occupo alla Terza Casa e una presenza grava su di me, tenendomi le spalle.
Dei capelli mi fanno solletico, sulle braccia e sul viso.
La vista è ancora prigioniera del sogno, ma fra poco si schiarirà.
- Niane! – il richiamo è più pressante.
- Sto bene… - borbotto mentre le immagini paiono distorcersi davanti a me e sono costretta a battere le palpebre.
- Ti ho sentita gemere e gridare… - la voce è dolce e bassa.
- Sto bene – ripeto convinta.
Il mio cuore batte furioso nel petto.
La mano mi accarezza piano il viso.
Una fronte calda si posa sulla mia.
Labbra morbide come seta sfiorano le mie ad ogni parola che pronunciano.
- Meno male… - e realizzo che è Saga a parlare.

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Capitolo 16
*** Incarco nell'incarico - Seconda parte - ***



increata
per eccellenza e uso:
eternità sempre disposta
un giorno a scomparire.

- Lingua – Iacyr -



Svegliarsi con il volto di Saga a poca distanza dal mio mi fa quasi dimenticare completamente il mio incubo.
Quasi.
I suoi occhi sono così diversi da quelli di Kanon che se mi limitassi a osservare quelli non direi affatto che sono gemelli.
Però è bello annegare nel verdemare delle sue iridi.
E’ bello sentire il calore delle sue labbra che sfiorano le mie.
Consapevolezza.
Si allontana da me di un paio di passi.
Credo che abbia percepito anche lui quella maledetta risonanza risvegliarsi e bussare alla porta della sua libido. Il lampo che ha attraversato il suo sguardo me lo ha confermato e sono certa di non avere avuto le traveggole.
Comunque Saga è abilissimo a nascondere il tutto.
- Sto bene. Solo un sogno... – borbotto, ripetendomi forse, e sollevandomi su un gomito.
I rimasugli della visione continuano a permeare l'occhio della mia mente ma riesco a nasconderlo quanto basta per non destare sospetti in Saga.
Vorrei riprendere a dormire ma qualcosa mi suggerisce che non è più tempo.
Quando tutto questo casino sarà finito e se io porterò a casa la pelle vorrei fare due chiacchiere con la mia Dea. Soprattutto circa il ritmo che impone quando sono in servizio. Se facessi uno sciopero otterrei qualche diritto in più?
Me lo chiedo con ironia, so che per chi fa il mio secondo lavoro non esistono i sindacati e tutte quelle belle altre cose che invece esistono per i normali dipendenti.
La presenza di Saga mi rende particolarmente ricettiva ma per il momento la mia libido pare essersi chetata.
Posso sperare che la situazione perduri?
Non mi sento tanto fortunata.
° Durerà qualche tempo. La risonanza esiste ed è un dato di fatto, ma imparare a gestirla richiede un po' di tempo e di pratica. Scoprirai che ha i suoi vantaggi ° la voce della mia Dea mi esplode in testa.
Ormai non mi spavento nemmeno più.
E' diventata una cosa piuttosto naturale. Ogni tanto una voce aliena mi parla. Se lo raccontassi mi chiuderebbero in una casa di cura per malattie mentali e mi imbottirebbero di chissà quali sostanze rintronanti.
Dovrei preoccuparmi di questa cosa, ma, francamente non la ritengo così importante da dedicargli più di un ironico pensiero.
Saga sospira e tiene la distanza di sicurezza.
- Quando partiamo? - mi domanda alla fine.
- Oh, partiremo appena avrò finito di fare i bagagli... Prendi un pigiama e un cambio d'abito informali. Jeans e camicia o maglietta, come preferisci. - lo avviso gettando indietro il lenzuolo e alzandomi dal letto.
Nonostante non abbia davvero riposato il mio corpo è pronto e fresco.
Le visioni sono una seccatura perchè non permettono il riposo celebrale ma almeno quello fisico non ne risente. Questa è una nota positiva.



I raggi del sole prendono la tonalità arancione che annuncia l'arrivo del tramonto. Considerando il periodo dell'anno in cui siamo abbiamo ancora un paio d'ore di luce prima che le prime luci della sera inizino ad accendersi.
Non dobbiamo andare molto lontano da dove siamo in verità, ma dato che useremo il treno come mezzo di trasporto potremmo impiegare più tempo del previsto.
La stazione di Atene è piena di gente e considerando che si tratta di un giorno feriale la cosa mi sorprende un po'. Mi aspettavo di trovarla quasi deserta.
- Da Giungo a Settembre molti turisti prendono di mira la nostra capitale. - mi informa Saga.
Evidentemente quello che ho pensato mi si è dipinto sul volto, d'altro canto non ho fatto molto per nasconderlo.
Scendiamo nel sottopassaggio per raggiungere il binario sette, che è quello da cui prenderemo il treno che ci interessa. Noto con un piccolo ghigno che tutti i sottopassi sembrano uguali. Poco illuminati, con la palsticaccia a pallini neri come pavimento e decisamente sporchi.
Puzzano di urina e altre cose che non voglio identificare.
Noto un fagotto di stracci appollaiato ad un bivio. La luce che filtra alle spalle della figura mi fa capire che dietro quella svolta ci sono le scale che portano in superficie, sul binario.
Riconosco i capelli rossi e la chitarra viola.
Kiefer pizzica svogliatamente le corde ma nonostante tutto ne trae una melodia che lascia qualcosa, dentro.
Non solleva la testa al mio passaggio, i suoi occhi restano chiusi, come se stesse osservando un mondo tutto suo e tutto speciale che sta lontano anni luce da noi; in verità sta solo cercando di capire se siamo seguiti da qualcuno dei Nove.
Per un attimo sono tentata di lasciare cadere qualche spicciolo nel cilindro che ha davanti alle sue gambe incrociate. Sempre eccentrico nella scelta dei cappelli.
Anche in quella delle calze non posso evitare di appuntarmi quando realizzo che indossa calze di cotone gialle e viola, in tinta perfetta con le scarpe da tennis zozze.
Il suo sguardo mi trafigge per un secondo.
- Burns - le sue labbra hanno formato quella parola ma nessun suono è scaturito da esse.
Stringo il pugno e mi allontano a passo deciso.
Non è trascorso più di qualche secondo e Saga mi sta seguendo tranquillo. Se ha notato qualcosa sta fingendo di non sapere.
Quanto mi posso fidare a dare le spalle a un uomo del genere?
Se fosse tornato solo il suo lato devoto ad Athena non mi farei di questi problemi,ma so che non è così.
Lui lo vuole proprio per la sua intrinseca oscurità.
In realtà lui vorrebbe anche noi quattro alfieri, ma non ci può avere.
Non senza perdere i suoi Nove e questo resta un prezzo inaccettabile da pagare.
Certo che per Saga deve essere un passaggio del tipo dalle stelle alle stalle. Quando era usurpatore e Grand Sacerdote di sicuro non viaggiava in seconda classe, insieme alla gente comune. Il nostro scopartimento è vuoto, così posso accaparrarmi il posto al finestrino.
Mi piace osservare il mondo che scorre davanti ai miei occhi.
Dopotutto a volte è esattamente questa l'impressione che ho quando tento di tirare i fili della mia vita.
Solo l'osservare il flusso delle vite altrui,senza possederne una davvero tutta mia.
So che non è così, ma a volte la sensazione che se ne ricava, facendo il mio lavoro è esattamente questa.
Mi siedo comoda, con le gambe un po' larghe, come di solito fanno i ragazzi; tanto indosso jeans sdruciti, una camicia senza maniche a quadretti bianchi rossi e blu e della scarpe da tennis rosse. Le famose All-Star.
Le scarpe che si contendono la nomea di scarpe antiladro con le Superga.
Perchè?
Avete provato a toglierle in un luogo chiuso, tipo la vostra stanza, dopo averle indossate per dodici ore?
Vi assicuro che se non venite meno per le esalazioni tossiche siete delle creature geneticamente modificate, con una resistenza ai gas superiore alla media.
Secondo il mio parere sono armi batteriologiche improprie.
Ma tornano utili se si vuole tenere lontano visitatori indesiderati, soprattutto taluni demoni che hanno il nasino molto sensibile a certi odori.
- Possiamo sederci? - la voce di una ragazza mi distrae da questi intelligentissimi pensieri. Sollevo lo sguardo e faccio un sorriso.
Spero risulti sincero.
- Ma certo! - rispondo in un inglese un po' meno pulito del suo.
- Grazie - sorride lei accomodandosi vicino al corridoio mentre il suo ragazzo sistema i loro bagagli sopra le nostre teste.
Lei è la classica inglese, con i capelli biondorossicci, una spruzzata di lentiggini e gli occhi azzurro cielo. Deve avere tra i diciotto e i vent'anni. Lui deve essere un coetaneo, con i riccioli scuri dalla vaga sfumatura rossa e gli occhi di un azzurro inquinato dal grigio.
- Vacanza? - chiedo notando che la prima cosa che sta facendo lui è quella di levarsi le scarpe, mostrando calzettoni di spugna che un tempo erano bianco candido e adesso sono grigini.
- Già e la prossima meta sono le rovine di Micene. - annuncia lei entusiasta.
Lui prende la guida turistica e inizia a sfogliarla come se fosse la Bibbia di un religioso. A quanto pare non ha molta voglia di fare conversazione. Lei guarda con una certa insistenza Saga.
Mentirei se dicessi di non capirla.
E' questo che da fastidio al suo tipo?
Probabile.
- E voi? - chiede lei curiosa.
- Siamo ricercatori dell'università di Atene e abbiamo un compito da assolvere a Micene - dice Saga.
Il suo sguardo è limpido e se non sapessi che si tratta di una bugia gli crederei senza esitazioni.
Devo guardarmi da lui.
Ma dopotutto, per uno che è stato usurpatore per tredici anni e non si è fatto beccare, questa cose devono essere normale amministrazione.
- Wow! Che bello! - esclama tutta contenta.
Penso che gli manchi una rotella o forse vuole fare colpo su Saga e finge entusiasmo per un lavoro che ti fa stare giorni e giorni china sui libri e non ti da la certezza di trovare quello che stai cercando.
Il suo ragazzo grugnisce qualcosa.
- Studio archeologia a Yale. E vi assicuro che Indiana Jones centra ben poco con la realtà dell'archeologo ma amo comunque questa professione - ci informa lei entusiasta.
- Io sono assistente di laboratorio, è lai che sta ancora studiando. - Saga informa la ragazza ammiccando verso di me.
Stronzo.
Io ho un diploma di scuola superiore e basta.
- Vado a prendere da bere. Volete qualcosa? - chiedo per levarmi dagli impicci.
- Il solito - sorride Saga.
Devo evitare di sciogliermi davanti ad un sorriso falso come una banconota da diecimila euro... Però... Dea!
Finalmente il pensiero guizza alla più pressante realtà: cosa diavolo è il solito per lui!?! Nella mia mente si formano due parole.
Aranciata amara.
Mi pare di sentirla sulle papille gustative, assaporandola e apprezzandola in un modo che io non ho apprezzato mai. Devo ammettere che amo le bibite più dolci.
Quindi la risonanza è anche questo?
Potrebbe avere i suoi vantaggi.
- Vengo con te - dice il ragazzo inglese chiudendo di colpo la guida turistica e alzandosi in piedi.


Percorriamo il corridoio in silenzio.
Evidentemente lui non è di troppe parole e io non ho voglia di conversare di cose di cui non me ne frega assolutamente nulla. Poi ci sono le criptiche parole di Due di Quattro.
Cosa voleva dire con brucia?
Raggiungiamo il vagone ristorante pochi minuti dopo e mentre siamo appoggiati al bancone in attesa che il barman ci degni della sua attenzione e finalmente lui parla.
- Mi chiamo Jacob -
- Niane. Piacere - rispondo.
- Bello il tatuaggio. - mi dice.
Lo guardo un attimo.
- Vorrei fosse meno vistoso ma ormai è fatta. - ammetto.
E' grosso. Più di quanto mi sarebbe piaciuto che fosse, ma d'altra parte il marchio dell'Ordine non è qualcosa che si sceglie. Esso fa già parte di noi e appare nel momento in cui prendiamo coscienza del nostro io più intimo.
A Iris è andata meglio, il suo le circonda la vita e basta che non indossi un mini top che nessuno nota nulla.
Io ho deciso di trattarlo come un normale tatuaggio e ho smesso di volerlo nascondere a tutti i costi. In effetti per i tatuaggi funziona esattamente in questo modo: dopo anni che fanno parte di noi e della nostra pelle, semplicemente ci si dimentica di averli.
Io non posso dimenticarmene ma posso fingere di averlo fatto.
E' un'altro compromesso che mi permette di vivere fra i miei simili.
- Tu e il tuo accompagnatore... State insieme? - chiede titubante.
- In un certo senso...- arrossisco un po'.
Non posso negare che mi abbia fatto dannatamente piacere sentire che per qualcuno io e Saga possiamo davvero sembrare una coppia. Sarebbe bene che non prendessi per il culo me stessa. Se non fosse per via della risonanza che gli scatena l'ormone lui non mi degnerebbe nemmeno di uno sguardo. Devo essere realista per riuscire poi a raccattare tutti i pezzi del mio cuore.
Non ho dubbi che Saga me lo spezzerà, ma vorrei limitare i danni.
Il barista ci chiede cosa desideriamo e la conversazione termina lì.
Per mia fortuna.
Però posso capire il senso di gelosia che invade Jacob.
- Una Red Bull, un aranciata amara e... - mi volto verso il ragazzo
- Un te alla pesca e un altra Red Bull.- termina l'ordinazione.
Offro io dicendo che metterò tutto in conto all'Uni.
Non è vero ma con lo stipendio che Nat mi passa posso ancora permettermi quattro lattine.



Torniamo verso il nostro scompartimento e imbuchiamo una galleria.
All'improvviso le luci hanno uno sfarfallio e poi PUFF....
Buio totale.
Mi irrigidisco aspettandomi che il ragazzo mi venga addosso, spingendomi in avanti e minando il mio equilibrio.
Non succede.
Strano...
Sento lo sferragliare del treno amplificato dall'eco di un posto chiuso ma in esso vi è qualcosa di stonato...
E' come una specie di eco che va spegnendosi...
Di nuovo le luci sfarfallano.
Offrono lampi su una realtà che mi circonda ma che appare e scompare, come se esistesse e non esistesse nello stesso tempo.
Poi entrano in azione le lampade di emergenza.
Hanno un tono freddo e verdastro.
I volti dei passeggeri hanno qualcosa di alieno e spettrale.
Capisco cosa non va.
Il tempo si è fermato.
Jacob sta cadendo. Ha un piede alzato, le mani portate in avanti come a parare il colpo che prenderà con il suolo e le lattine sono sospese a una trentina di centimetri dal suolo. Allungo una mano e le afferro.
La nota positiva è che riesco a prenderle.
Quella negativa è che non le posso spostare.
Non ci metto molto a realizzare che tutto questo è opera di uno dei Nove.
Mi chiedo Saga come stia messo e non appena formulo quel pensiero me lo vedo apparire dal fondo del corridoio.
- Niane! -
- Saga! Tutto bene? -
- Che succede? - chiede corrugando la fronte.
- Qualche demone ci sta rallentando o almeno ci prova... -
- Attaccherà qui? - chiede lui allertandosi.
- No, vuole solo precederci... - borbotto scontenta.
Noto un finestrino abbassato e mi appresto a saltare fuori da esso.
so che una volta abbandonato il treno il demone ritirerà l'incantesimo ed io rischierò di finire carne trita sulle rotaie ma se non me ne vado lo stallo non verrà spezzato.
- Che fai!? - sbotta Saga affacciandosi al finestrino e saltando fuori anche lui.
Mi sento spingere contro la parete sporca della galleria e poco dopo il risucchio della'ria rischia di farmi cadere a terra.
Il corpo di Saga è un fascio di nervi e muscoli e mi trattiene con una forza incredibile.
Solo quando i fanalini di coda del treno sono due puntolini rossi sento le mani di Saga afferrarmi le spalle.
Con quale dei due avrò a che fare?
La parte che vuole uccidermi o quella che...
Se fosse la parte oscura mi avrebbe scaraventato sotto il treno... O ci avrebbe provato...
I suoi occhi esprimono tante cose ma nessuna raggiunge le sue labbra, semplicemente mi lascia andare.



- Che ci facciamo qui? - chiede Saga ad un tratto quando nota che mi sono fermata davanti all'ospedale cittadino.
Essendo una piccola cittadella anche l'edificio pubblico non è una struttura imponente e maestosa.
- Lavoro - borbotto
- All'ospedale? Sono le undici e mezza di sera, non ci faranno entrare... - la voce dell'innocenza e dell'ingenuità.
- L'idea era quella di non farsi vedere... - gli annuncio con un ghigno.
- Ma che dobbiamo fare? - chiede lui perplesso.
Se gli dicessi omicidio o meglio infanticidio gli verrebbe un colpo.
Ad ogni modo lo scoprirà presto...
Il tatuaggio è rovente e rosso come il sangue.
- Andiamo - sbuffo iniziando ad arrampicarmi su un canale di scolo dell'acqua piovana per raggiungere le finestre del terzo piano.
Per fortuna per le strutture pubbliche lo Stato tende sempre a risparmiare e questo ospedale non fa accezione.
Le finestre hanno la chiusura a wasistas di plastica dura. La plastica si scioglie prima del metallo e soprattutto basta il calore di un accendino e non quello di una fiamma ossidrica. in effetti giustificare la fusione del metallo può dare qualche problema e se ci beccano in ospedale nonostante il Santuario e la Kido possano insabbiare parecchi fatti e aprire molte porte con il denaro non credo che Athena, tantomeno poi la sua reincarnazione, sarebbe propensa a darmi una mano soprattutto se dovesse sapere cosa ero venuta a fare.
Sempre situazioni di merda.
- Pediatria? - mi sussurra Saga all'orecchio con un nota di grande preoccupazione.
- No. Maternità - gli annuncio.
Non ho molto tatto e il fatto che lui sia impallidito me lo ricorda.
Raggiungiamo la stanza della caposala.
La porta è socchiusa ma al suo interno si sente un lieve russare.
Per fortuna che i familiari a casa sono convinti che i pazienti siano debitamente accuditi durante le ore notturne.
Ci infiliamo come due ombre silenziose nella corsia.
Ci sono diverse culle; più rosa che azzurre.
L'ultima sulla sinistra pare circondata da ombre dense e scure.
Mi avvicino silenziosamente.
Gli occhi che mi fissano sono saturi di odio.
Il bambino non strilla.
Mi odia e basta.
In verità odia tutto il mondo.
Non dovrebbe essere qui.
Lui lo sa, ma vuole restarci.
E il mio compito è rimandarlo indietro.

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Capitolo 17
*** - Incarico nell'incarico - Terza parte ***



Anima invasa da beati inganni,
milite sacro ad una santa guerra
milite già vincente ed a trenteanni
posto sotterra!

- Iginio Ugo Tarchetti – Epigrafe –



Il tatuaggio è completamente rosso.
Brucia sulla e nella mia pelle.
Lancio uno sguardo a Saga.
Pare impietrito, con le pupille dilatate e la bocca appena socchiusa.
Immagino quale momento della sua vita stia rivivendo.
Mi pare di vederlo, con l’anima lacerata mente si avvicina ad una culla diversa in un luogo diverso.
Percepisco il grido del suo cuore.
Fa male.
Ho l’impressione che se dicessi qualcosa, dalle labbra uscirebbe solo sangue.
Per un attimo le immagini di passato e presente si sovrappongono nella mia mente e davanti ai miei occhi.
Questo non va bene.
Il braccio fa un male bastardo.



Il luogo è illuminato dalla debole luce delle torce a muro.
Il luogo è illuminato dalle luci di cortesia della corsia di ospedale.

La bambina dorme serena.
Il bambino mi fissa con odio.

Il mio tatuaggio è rosso brillante.
Il braccio è appesantito da una corta daga aurea.

Sono un distruttore che vorrebbe salvare.
Sono un salvatore che vorrebbe distruggere.

Nella mia mente cerco freneticamente una soluzione alternativa.
Nella mia mente cerco disperatamente un modo per fermarmi.

Conosco il mio dovere e non posso non compierlo. Non ho bisogno di qualcuno che me lo ricordi o di qualcuno che cerchi di fermarmi.
La mia anima supplica che qualcuno la fermi. Che qualcuno ci fermi. Me e l’altro me stesso che io da tempo non sono più in grado di governare.

Non voglio essere fermata.
Voglio essere fermato.

Alzo la mano, pronta a tracciare i simboli che daranno inizio allo scontro.
Alzo il braccio armato di intento omicida, pronto a colpire la Dea che ho giurato di servire e proteggere, ma è troppo tardi. Questo corpo appartiene a lui.

Il mio cuore è carico di angoscia.
Il mio cuore è carico di angoscia.

Traccio il simbolo.
Calo la daga

Sorpresa e sconcerto.

Qualcuno ha sottratto l’infante al suo Destino.

Fisso gli occhi battaglieri e aggressivi di Saga.
Fisso gli occhi di un mio pari. Aliolos del Sagittario.

Il sovrapporsi di eventi presenti e passati , con le relative emozioni cessa.
Grazie miei Dei!
Fisso Saga con aria seria e dura.
- Mettilo giù. – ho sibilato.
Sono incazzata come una biscia e non perché quell’idiota ha cercato di salvare una vita ma perché adesso anche lui è coinvolto in questo schifo.
- Mai! Non ti permetterò mai di compiere un simile atto di malvagità. Fino a che sarò vivo proteggerò a vita di questo bambino. – ringhia lui.
- Troppo tardi, merda! – sbotto facendo un balzo indietro.
Le ombre si sono fatte più dense e scure.
- Che succede? – domanda Saga, sul volto dipinta un’espressione di puro stupore.
- Ha già stretto il patto con Lui! Merda, così sarà ancora più difficile! – gli annuncio facendo comparire Blaze nella mia mano.
La luce emessa dalla mia spada di fuoco riesce a tenere le ombre lontano dal mio corpo.
Fino a che resterà nella mia mano io sarò protetta, ma anche Saga deve entrare presto nel cerchio di luce o le ombre potranno disporre di lui a loro piacere.
- Se mi avvicino ucciderai il bambino – il suo tono è tranquillo, perché lui ha già deciso. Non entrerà nel circolo protettivo.
Una risata permea l’aria.
Saga abbassa il volto e resta sconvolto da ciò che vede.
Le sue braccia cedono e l’infante finirebbe a terra se non fosse per i tentacoli neri che si sono avvinti al corpo del saint e che hanno la loro origine proprio da quell’anima malvagia e nera.
- Non può essere… - mormora più a se stesso che a me.
- Davvero, idiota? – ringhio.
- Ma che significa tutto questo? – chiede lui.
- Tsk! Cerca almeno di non intralciarmi! – gli dico partendo all’attacco.
So che questo farà parecchio male a Saga.
Ma è la sola cosa che posso fare.
Prima che quello stronzo prenda possesso del suo corpo e lo manovri contro di me.
Battere il Saint dei Gemelli non sarebbe impresa facile, nemmeno per me!
Il colpo cala veloce e fulmineo ma fende l’aria.
Cazzo, avevo dimenticato gli spostamenti alla velocità dalla luce.



Il panico mi invade.
Ma so che non è mio.
Sta succedendo come prima, per i ricordi di Saga.
Sicuramente questo è uno degli effetti della risonanza che c’è fra le nostre anime.
Saga si sente invadere, come da una marea nera che cerca di offuscagli la mente. Si sente cacciare in un angolo, relegato a semplice spettatore delle azioni che il suo corpo sta per compiere.
Gli è già successo e non vuole che accada di nuovo.
Posso vedere lacrime di sangue sul suo volto, ma so che non sono reali.
Vorrei dirgli che andrà tutto bene, ma non sono una bugiarda.
Non so come andrà.
Non so se sono abbastanza potente da contrastare il cosmo di un Gold Saint.
Di nuovo quella risata fastidiosa.
La rabbia è utile per alimentare le fiamme della spada, ma non deve ottenebrare la mia razionalità.
MERDACCIA!!!!!


- Demon Emperor Fist - la voce di Saga è distorta.
E io sono lenta.
Sento la sua tecnica iniziare ad agire su di me.
Adesso è nella mia testa ma è ben diverso rispetto a quando succede per opera della risonanza.
Adesso è l’invasore e la sua intromissione è dolorosa.
Mi chiedo se mi friggerà il cervello.
Di certo non sono ben disposta a piegarmi alla sua manipolazione.



- Ora sei completamente e assolutamente in mio potere. – la voce di Saga mi accarezza le orecchie.
- Ti farò vivere il peggior incubo della tua esistenza. Voglio sentirti gridare di dolore, la tua disperazione sarà fonte della mia gioia… La tua pazzia il mio diletto… - non credo sia Saga a parlare, o forse si, non so fino a che punto si possa spingere la sua parte malvagia…
Vorrei indirizzargli un medio ma non riesco a sollevare il braccio.
Il cervello mi esplode dal dolore, altro che emicrania feroce!
Paralizzata dal dolore, che bello schifo!
Certo della sua potenza e della sua tecnica si è avvicinato a me.
Anche lui percepisce l’inquietudine del bambino ad entrare nel cerchio di luce.
Devo svuotare la mente da ogni pensiero.
Devo annullare ogni cosa.
Nel Nulla nessun pensiero, nessuna coercizione può prendere forma e può controllare alcunché.
°Mia Dea… Che sia ciò che deve essere.° prego fervidamente, con il cuore pieno di fiducia, annientando ogni angoscia o pensiero negativo. Credere il LEI è il unico e solo dogma.
° Il solito coglione!° non so a chi appartenga questo pensiero ma pare irradiarsi da Saga, frantumando il dolore e l’angoscia della sua anima per un istante. Provando quasi… Soddisfazione.
Chiudo gli occhi.
Ci penserò dopo.
La mia mente si spegne.



E’ il cessare del dolore alla testa e il sentire il tatuaggio rovente che mi convince che qualcosa è accaduto e cambiato.
Apro gli occhi.
Saga è a terra in un lago di sangue.
Suo sangue.
I tentacoli di tenebra si contorcono al suolo, come serpenti a cui sia stata spaccata la spina dorsale. L’infante ha gli occhi spalancati e ancora pieni di odio.
Mi fissa inerme.
Le mie gambe tremano.
Ordino loro di non cedere.
Non adesso.
Mi avvicino a Saga e gli sollevo la maglia.
Con sollievo scopro che il tentacolo, detto anche cordone ombelicale delle Tenebre gli ha aperto un solo buco nella pancia.
Ok, non è una scemenza ma questo significa che se morirà non sarà a causa di questo.
- Scusa… - mormoro e lui apre gli occhi.
Sono limpidi ma pieni di dolore. E non di dolore fisico.
- Niane… -
Afferro una spugna pulita, dal ripiano sopra le nostre teste e giela porgo dicendogli
- Mordila - perché so che non si concederà il lusso di svenire.
Lui mi guarda preoccupato poi annuisce.
- Farò una cosa accurata e precisa. – gli dico.
- Lo so – risponde lui.
Sento il tatuaggio espandersi.
Vedo che ha raggiunto il mio polso in pochi istanti.
Ne controllo l’espansione fino a farlo arrivare alla punta del mio indice.
- Perdonami… - dico guardando gli occhi verdemare di Saga e sentendomi una merda.
Infilo le dita nella sua ferita.
La testa del Saint scatta all’indietro, il suo corpo si contrae, in preda al dolore.
Non posso fermarmi.
Il mio tatuaggio sta penetrando nel corpo di Saga.
Ripercorre il percorso fatto dal cordone ombelicale delle Tenebre e lo purifica.
Rigenera i tessuti, elimina la materia nera che resterebbe come un virus nel corpo del Saint.
Io so quale oscurità è da eliminare e quale appartiene a Saga.
Se non lo sapessi non sarei l’Uno di Quattro.
La mano di Saga scatta verso qualcosa da afferrare.
E’ la sbarra di metallo di una barella.
Si piega sotto l’intensità della sua stretta.
Dopo un tempo che mi pare interminabile, sfilo le mie dita rese vischiose dal sangue.
Lui ha il respiro mozzato.
- Saga? – lo chiamo per sapere se è cosciente.
- Sto… Dammi… Un… Atti…Mo – ansima.
Questo mi basta.



Adesso tocca a noi, anima immonda!
Il neonato scalcia e strilla ma non ha voce.
Ha perso.
Il suo passaggio in questo mondo non è concesso.
Mi inginocchio vicino a quel corpicino che è innocente.
Un’altra via, eh?
La sto ancora cercando.
Per ora questo è il meglio che posso fare.
Fa male, ma dopo un po’ ci si abitua.
Ferirsi al polso brucia solo un pochino.
Il tributo di sangue che voglio pagare per questa cosa.
So che potrei usare quello che Saga ha versato sul pavimento ma non voglio.
Quello che è il mio lavoro deve essere fatto solo ed esclusivamente da me.
Il tatuaggio è rosso come lo è stato per tutta la sera.
Inizio a tracciare i simboli.
Questa volta nessuno li interromperà.
Mormoro la preghiera che è dovuta.
Traccio il cerchio, la stella e l’infinito sul corpicino del neonato.
I simboli diventano luminosi.
L’anima nera viene separata dalla carne.
Qualcuno verrà presto a prenderla.
Non ci vuole molto.
L’odio, il rancore e la rabbia invadono la stanza .
Dura poco.
L’anima semplicemente sparisce.
Chi doveva è venuto a prenderla.
Io non l’ho mai visto, ma so che esiste.
Saga si è rimesso in piedi e sta alle mie spalle.
- E’ morto? – chiede sofferente.
Alzo lo sguardo su di lui.
- Non lo so. – ammetto.
- Tu cosa sei? – chiede a quel punto.
- Uno di Quattro. L’Alfiere – rispondo meccanicamente.
- E che significa? – chiede di nuovo.
Mi stringo nelle spalle.
Non voglio piangere davanti a lui ma sento che le lacrime oscurano la mia vista.
La porta alle nostre spalle si apre.
L’attimo si congela, diventando immobile.
Ci hanno beccati?
Poi vedo le orribili scarpe gialle e viola.
Kiefer.
- Hai vinto? – mi chiede.
Annuisco perché non mi fido della mia voce.
Lui si osserva intorno, poi sospira.
- Sei sempre troppo tenera di cuore tu. Potevi decapitarlo e chiuderla in fretta. – mi dice avvicinandosi a me.
Gli mando un medio mentre le lacrime rigano le mie gote.
Kiefer affonda la mano nei miei capelli e li scompiglia.
Sono patetica, lo so.
Eppure mentre abbraccio le sue ginocchia e affondo il volto nella stoffa ruvida, un po’ puzzolente e nemmeno tanto pulita dei suoi jeans, sento che con le lacrime e i singhiozzi se ne va anche il dolore. °Vorrei esserci io a consolarla…° è il pensiero di Saga che mi colpisce.
Un lieve borbottio mi fa alzare la testa di scatto.
Saga si avvicina al bambino.
- E’ vivo! – esclama; il suo volto si illumina di gioia mentre si china a raccoglierlo dal pavimento gelido e a cullarlo.
Pare ci sappia fare…
Forse era lui che si occupava di Athena prima… Bhe, prima di tentare di ammazzarla…
L’infante resta un attimo indeciso se piangere o meno.
Se lo facesse ci metterebbe nei cazzi.
Poi decide che è comunque coccolato a sufficienza ed emette un lieve versetto prima che Kiefer gli infili il ciuccio in bocca.
- Teghiamo prima che qualcuno si accorga di noi e ci spacchi il culo. – ci dice prendendo il bambino dalle braccia di Saga e deponendolo nella culla.
Io e Saga ci fissiamo per un lungo attimo in silenzio.
Lui è incerto e imbarazzato.
Lo sono anch’io.
- La ferita? – chiedo
- Ne ho ricevute di peggiori. – mi risponde lui.
Molto resta in sospeso, nell’aria.
Cose non dette.
Domande non fatte.
Kiefer apre la finestra e poco dopo saltiamo da essa.
Una volta lontani dall’ospedale , con gli abiti sporchi e un po’ provati, è solo il sorgere del sole che mi rivela che Due di Quattro ha affrontato una dura battaglia.
Il suo volto ne porta chiari i segni.
E improvvisamente realizzo che il demone che aveva fermato il treno non si è intromesso.
- Grazie Kiefer… - gli dico e basta uno sguardo fra noi per chiarire ogni cosa.
- Se mi hanno fottuto la chitarra che ho dovuto abbandonare alla stazione me la ricompri nuova! E la pretendo viola e gialla dovessi metterti tu a dipingerla! – sibila scontento.
Sorrido.
Kiefer è rude ma questo è il suo modo per dirci che gli fa piacere che siamo ancora tutti interi.

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Capitolo 18
*** - Qualche spiegazione... - ***



Stand out on the edge of the earth
Dive into the center of fate
Walk right in the sight of a gun
Look into this new future's face

- 30 second to Mars – Edge of the Earth –



Per mia fortuna, ogni tanto ci vuole!, la chitarra di Kiefer è esattamente dove lui l’aveva lasciata.
- Ha un nuovo graffio – borbotta il mio amico, mentre si abbraccia allo strumento musicale come se fosse un’amante a lungo cercata.
- Te la fa più vissuta… perché non chiedi a Nathaniel di comprartene una nuova? Sono certa che hai il giusto tatto per farlo… - ghigno a mia volta.
- Spiritosa. Piuttosto che parlare con quello spilorcio mi arrangio! – ribatte lui sedendosi a gambe incrociate a terra e iniziando a provare gli accordi.
L’ultima volta che Nat e Kiefer sono rimasti nella stessa stanza, la cosa è durata ben ventuno minuti e poi il primo è fuggito pallido come un cencio minacciando denuncie legali di vario genere. La minaccia di morte credo che sia stata la più carina e meno spaventosa che Due di Quattro gli abbia fatto.
D’altra parte Nat è la garanzia della controparte che noi non strafacciamo nei nostri incarichi e quindi, ci piaccia o meno è lui il supervisore.
E’ solo quando mi siedo sulla panca in legno della sala di aspetto che mi rendo conto di quanto sono realmente stanca.
Saga non ha detto una parola e pare non abbia intenzione di dirne.
So che dovrei forzare un po’ i tempi ma non me la sento proprio. Mi riprometto di parlare con lui non appena rientreremo al Santuario, lasciare in sospeso queste questioni non è mai producente.
Mi chiedo cosa volesse dire Kiefer quando mi ha dato il consiglio di bruciare, prima che prendessimo il treno. Non mi pare che abbia dovuto ricorrere al potere del fuoco per mettere fine a questa contesa…
Vorrei chiederglielo ma il ragazzo inizia a suonare una bella melodia che ci rilassa.
Scivolo più giù, sulla panca.
Saga si volta a fissarmi.
I suoi occhi, forse per riflesso delle luci che ci sono fuori, sui binari della stazione, hanno una stranissima colorazione violetto.
- Tutto bene? – mi domanda con una voce profonda e sensualissima.
Echeccazzo! La risonanza no! Non adesso!
Mi alzo di scatto dalla panca, come se mi avesse morso una tarantola, guadagnandomi l’occhiata perplessa del Saint di Gemini e il ghigno di chi la sa lunga di Kiefer.
- Ho fame – annuncio prima di dirigermi a grandi passi verso il piccolo panettiere che ha ancora i battenti chiusi ma che è indubbiamente all’opera dato il profumo che si sente nell’aria.
Mi tasto la tasca posteriore dei jeans e scopro con piacere che i miei soldi sono ancora tutti al loro posto. Ci mancava solo di aver perso il contante nella battaglia che avevo affrontato quella notte e allora si che avrei avuto una crisi isterica in piena regola!
Torno la bellezza di dieci minuti dopo e noto con piacere che i due non si sono scannati a vicenda, anzi si ignorano bellamente. Saga pare concentratissimo nel suo monologo interiore di cui sono ben volentieri esclusa e Kiefer pare essersi addormentato profondamente. Ci manca solo che dalla bocca socchiusa gli coli un filo di bava e poi la sua immagine di emarginato sociale è perfetta.
Eppure, quando si ripulisce per bene è uno dei più bei ragazzi che io abbia mai visto. Per sua fortuna, nella società moderna, si bada solo alle apparenze e per la strada, o nelle piazze dove è solito fermarsi per osservare il mondo nessuno lo degna più che una fugace e ostile occhiata. Se ci si soffermasse un attimo sui suoi lineamenti, o nella profondità del suo sguardo allora lo si vedrebbe per quello che in realtà è.
Mi siedo di nuovo vicino a Saga.
Non è che non ci sono altri posti liberi, anzi ne abbondano, ma il mio corpo lo vuole vicino. E per quanto la mia mente si sia opposta le mie azioni hanno comunque dichiarato la sconfitta della ragione.
Prendo una brioches dal sacchetto e basta questo rumore a far tornare Kiefer alla realtà. Da persona estremamente educata e galante mi strappa il cibo dalle mani e lo divora voracemente per poi ringhiare un
- Che cazzo c’è dentro? E’ salata! – in veemente protesta al fatto che si aspettasse il ripieno di marmellata.
Saga lo fissa ad occhi sgranati, non so dire se per il suo linguaggio forbito e oxfordiano o se per il suo modo di fare.
- Formaggio e proscuitto e se tu avessi chiesto o mi avessi dato il tempo di dirtelo, anziché ingozzarti come una cloaca, ti avrei passato quella al cioccolato! –
- Tsk! Non vado così per il sottile! Un’altra! – ribatte Due di Quattro allungando la mano.
Gli passo una seconda brioches, stavolta dolce e poi guardo Saga.
- Ti consiglio di prenderne una, perché fra poco rimarrai senza… - lo avviso candidamente ma lui fa un cenno con la mano, ad indicare che non ne vuole.
Poco dopo lavoro di ganasce in un modo tale che faccio concorrenza al mio collega.
Io e Kiefer ci lanciamo uno sguardo in stile mezzogiorno di fuoco quando realizziamo contemporaneamente che nel sacchetto, delle nove brioches che c’erano all’inizio ne è rimasta una sola.
- Metà… - patteggio
- Un terzo – ribatte lui.
- Siete abominevoli… - borbotta Saga facendoci voltare nella sua direzione.
Ahi, ahi…
Mi chiedevo quanto riavrebbe messo a sbottare…
Si è alzato in piedi, i pugni contratti fino a farsi sbiancare le nocche delle mani, le braccia con i muscoli in rilevo che tremano appena…
Il suo volto è una maschera inespressiva ma i suoi occhi ardono come fuoco, divorati dai mille e più dubbi e tormenti che gli divorano l’animo. Ecco perché quando si spacciava per il Gran Sacerdote si è sempre guardato bene dal mostrare i suoi occhi e il suo volto in genere. Si certo, non poteva permettersi di venire riconosciuto, ma improvvisamente realizzo che i suoi occhi non erano in grado di mentire.
E di nuovo per via della risonanza so che quando era Arles odiava vedersi riflesso in uno specchio, non tanto perché l’immagine gli palesasse cosa fosse diventato ma perché non poteva sopportare quella sofferenza che lo sguardo non era in grado di celare. Non si può scindersi in due e credere che la coscienza più nascosta non emerga da qualche particolare. Lo so bene anche io.
- Come potete? Come potete stare qui, calmi e tranquilli dopo quello che avete appena fatto stanotte!? – esplode lui in un ringhio.
- Tsk, non fare l’isterico, Saga. – sbuffa Due di Quattro precedendomi in toto.
- Isterico? – sibila lui.
Non credo sia questo il modo migliore di prendere il Saint dei Gemelli quando è in quello stato, ma nemmeno io sono molto più diplomatica di Kiefer quindi se si menano fra loro io mi risparmio qualche livido…
- Isterico – conferma il musico.
- Vi siete introdotti in un ospedale pubblico e avete cercato di ammazzare un neonato! – la sua indignazione è a livelli stratosferici.
- Che vuoi che ti dica? Questo non era certo una dea! – ribatte il rosso.
Ecco, queste erano decisamente le parole da NON dire.
Prima che possa intervenire i due maschi della situazione stanno rotolando sul pavimento sporco della sala di attesa della stazione riempiendosi la faccia di cazzotti.
Vorrei interromperli ma non lo farò.
Non perché ritengo il loro atteggiamento giusto, ma solo perché so che Saga ha davvero un disperato bisogno di sfogarsi e che se avesse avuto intenzioni ostili verso di noi non si sarebbe limitato ai pugni, ma avrebbe dispiegato il suo Cosmo.
Per quanto egli sia stato un traditore e un rinnegato, la potenza che ha raggiunto l’ha raggiunta e nessuno, Dio o Demone che sia, ha mai avuto il diritto di togliergliela. Se ci sono dei limiti che Saga non prevarica nell’ uso del suo Cosmo sono limiti che egli stesso si è imposto. Magari alcuni più consapevolmente di altri, ma ad ogni modo sono confini che lui ha deciso e stabilito. Lui e nessun’altro.



Quando i due smettono di picchiarsi, ci hanno guadagnato qualche graffio in più sul volto e il fiato corto.
Sono tutti e due stesi a terra, con le braccia e le gambe allargate, nella posizione dell’uomo vitruviano di Leonardo Da Vinci. Mi appollaio sui miei talloni, fra di loro. La mia testa ciondola di lato mentre li guardo con un misto di ironia e superiorità.
- I miei complimenti, a tutti e due! - annuncio
Gli occhi di Saga mi trapassano.
Sono pieni di interrogativi.
Quelli di Kiefer sono scazzati. Non gli piace che sia io a fargli la ramanzina. Dato che è lui che mi ha… Risvegliata… si considera una specie di mio mentore. E lo è, anche se nella gerarchia io sono più avanti di lui. Ma il mio cuore cerca sempre di lui quando qualcosa lo turba. Non avrei potuto piangere abbracciando le ginocchia di nessun altro. E basta quel fugace attimo di sguardi per confermalo a lui e a me stessa.
- Se hai domande da fare, Saga, falle. E’ inutile che spremi le meningi in congetture. Senza riscontri nella realtà le congetture restano tali e spesso possono essere più sbagliate di quanto tu creda. – le mie mani ciondolano fra le mie gambe, sfiorando quasi il pavimento.
- Risponderai con la verità? – mi chiede a sua volta il Saint con l’espressione di chi non si fidi per nulla della persona che ha davanti.
- La Verità, a volte non riesce ad essere compresa. Per trovarla davvero bisogna cercarla. Ad ogni modo… Il mio compito, come Uno di Quattro è quello di amministrare il transito delle anime in questo mondo e fare in modo che vi sia sempre un certo equilibrio fra… concetti astratti come Bene e Male. A volte, capita che un’anima cerchi di reincarnarsi prima del suo tempo, puntando a disequilibrare la situazione che esiste in questo mondo. Sta a noi non permettere che questo accada. Lui e Lei stanno giocando dalla notte dei tempi questa partita a scacchi, ma è proprio grazie al loro gioco che questo mondo esiste. – Kiefer si schiarisce la voce lasciandomi intendere che non devo dare altre spiegazioni su questo fronte. Sospiro per poi proseguire
- Molto spesso rimandare indietro un anima significa ammazzare il nascituro. – Saga sgrana gli occhi: al momento più stupito che orripilato. L’orrore arriverà dopo, quando avrà assimilato il significato di queste parole, o forse no… Forse capirà… Ma credo che questa sia solo la stupida illusione del mio cuore innamorato.
- E’ anche il modo più rapido per concludere una missione. Se si arriva prima che l’anima abbia stretto il suo Patto con la Tenebre o con la Luce non importa, basta decapitare il furbastro e tutto finisce lì. Se si giunge dopo che il Patto è stato sigillato allora è un po’ più difficile. Il contraente può avvalersi di alcuni dei poteri dei demoni e se sconfigge l’Alfiere ha diritto a reclamare per se la sua vita. Se il Patto si è concluso con la Luce allora è l’Alfiere a mettersi a disposizione del furbastro e a combattere per la sua anima contro i demoni e a reclamarla per se. Le anime posso essere reclamate una sola volta dalla stessa persona. Se perde lo scontro deve rinunciare e basta. Violare questa regola comporta la perdita immediata della propria vita, si sia Alfieri o Demoni. – spiega Kiefer mettendosi a sedere a gambe incrociate.
Anche Saga è seduto nella stessa posizione.
- Ma tu hai fatto qualcosa di diverso, con quel bambino… - fa notare Saga puntando lo sguardo direttamente su di me.
- Tsk! Perché lei ha il cuore di gelatina! – sbuffa Due di Quattro.
- Ho scoperto… Che se sconfiggi l’anima dopo che ha stretto il suo patto… Non sempre il corpo che si trova in questo mondo muore. Talvolta per reincarnarsi le anime prendono possesso di un corpo che aveva già la sua essenza dentro di se… Quando succede questo e si sconfigge l’intruso, la vita di quel corpo continua, con la sua anima originale e lo sconfitto viene ‘preso’ da un ‘entità che nessuno ha mai visto ma che chiamiamo… - guardo Kiefer per sapere se posso pronunciare quel nome oppure no, perché non sono certa di poterlo rivelare ma lui mi precede
- Il Divoratore. – immagino che questo vada bene.
- Se invece il corpo resta senza anima… Muore. – termino in un sussurro.
Saga ha bisogno di tempo, per assimilare quello che gli è appena stato detto ma sfortunatamente una risata folle e acuta riempie l’aria.
Di tutti i demoni che potevo incontrare in quel momento Sette di Nove è quella che meno mi sarebbe piaciuto. Se non fosse così maledettamente forte mi piacerebbe ridurla ad una frittata.
- Burn – mi sorride Kiefer con aria angelica.
Stronzo!

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Capitolo 19
*** - Elementale - ***



Now we have lived this full
Always we had nothing to prove!
What the soul hides, blood tells!

- Moonspell – Blood Tells



Lancio uno sguardo di puro risentimento a Kiefer.
Quel ‘brucia’ ha tanti significati, che adesso mi appaiono in tutta la loro chiarezza.
Odio quando le parole possono essere così ambivalenti.
Saga pare un po’ spaesato.
Non credo che abbia davvero capito chi lo sta minacciando, o meglio chi minaccia la sua anima. Mi chiedo se dirglielo servirebbe a qualcosa, ma non credo.
Lui è profondamente convinto di essere votato ad Athena.
Forse per certe questione era meglio avere a che fare con quell’altro Saga. Mi pare si facesse chiamare Arles o qualcosa del genere.
La figura prende forma dietro i vetri della porta.
Sebbene nulla sia mutato nello spazio attorno a noi io so che è lei.
E’ come una carezza elettrostatica, una perversa carezza in contropelo.
Non so perché detesto così tanto Otto di Nove. Forse mi ha fatto un grave torto in una delle mie vite passate, in una di quelle che non ricordo.
Perché anche noi Alfieri non abbiamo memoria dei nostri trascorsi. E’ solo che il percorso che abbiamo fatto si imprime nei nostri geni e quando rinasciamo abbiamo maggiori conoscenze e consapevolezze. Ma in realtà non ricordiamo affatto di come abbiamo appreso quelle lezioni. Anche questo fa parte del Patto.
E la meretrice – per non usare il più comune e più offensivo termine che mi era balenato in mente – fa il suo ingresso.
Kiefer se la sta mangiando con gli occhi.
Se non fosse che la sua presenza potrebbe rivelarsi utile per difendere Saga gli avrei sicuramente già tirato un calcio nelle palle.
So che mi si è dipinta in viso una smorfia ostile.
So che lei lo sa e ne gode.
Forse è proprio questo che mi fa sclerare.
I capelli sono una massa vaporosa di onde simili all’infuocato sole de tramonto, gli occhi sono chiarissimi di un grigio sporcato solo leggermente di azzurro e i tratti del viso sono qualcosa di assolutamente perfetto. Le sopracciglia sono solo un cenno sottile, quasi inesistenti e forse sono proprio loro a dare quel senso di incompletezza al suo viso… Le curve sono quelle dove ogni uomo vorrebbe sbandare e il modo succinto in cui è vestita di certo non propende a suscitare pensieri casti.
D’altra parte sua madre è la lussuria perciò… Non è che ci si potesse aspettare qualcosa di diverso! Sono un po’ in tensione quando sposto lo sguardo su Saga.
Ecco, lo sapevo che avrebbe fatto male.
Il desiderio che per un attimo ha acceso il suo sguardo mi ha fatto male.
L’ho già detto ma amare è davvero solo un modo diverso di ferirsi e sanguinare.
- Niane… Sei più sciatta del solito. – mi saluta Otto di Nove con un sorriso perfetto, da bambolina di porcellana.
Vorrei risponderle con un acidata delle mie ma mi limito a stringermi nelle spalle.
Sono certa che ci sarà tempo fra poco per assestare qualche calcio e qualche pugno al suo faccino perfetto. Vorrei proprio vedere lei dopo la notte che è toccata a me che razza di aspetto potesse aver conservato! Di certo il suo abito(!?) di pizzo bianco non sarebbe così candido.
Spero che quello che si intravede sotto la stoffa non sia la sua pelle ma una qualche sottana color carne…
- Toglie sempre il fiato – mormora Kiefer avvicinandosi alla sottoscritta.
Non ne so molto, ma credo che anche lui un tempo si sia fatto soggiogare dall’avvenenza della demone. Ad ogni modo è una faccenda personale di Due di Quattro ed io non volgio metterci il becco.
- Se ti piacciono le conigliette di Play Boy… Credo che Nat sia il suo stilista ufficiale. – borbotto.
- La tua è solo invidia. – sorride la demone – perché certi abiti io me li posso permettere e tu no –
- Se cos’ ti piace credere… - il mio tono pacato è una bella stoccata al suo amor proprio.
- Eppure sotto le mie carezze gemevi di piacere, me lo ricordo bene. – mi sorride melliflua. Credo di essere dello stesso colore dei suoi capelli ma non ho certo intenzione di farmi mettere in fuga o in soggezione dalle sue offensive insinuazioni.
- Mai negato che l’atto in se sia stato molto più che piacevole… - le riconosco
- Ma? – chiede lei percependo il sottointeso inespresso.
- Dopo quasi sette anni ancora non hai capito? Mi stupisco di te! – ribatto con un ghigno. Lei si avvicina, con un sorriso da gatta.
Non ho il tempo di reagire, la sua bocca divora la mia, le sue mani vagano su tutto il mio corpo, tanto che mi viene da chiedermi quante cazzo di braccia abbia… Il suo profumo mi stordisce… Lei sa esattamente dove e come toccarmi per farmi vibrare di desiderio… Tuttavia…
Al confronto con il tocco di Saga il suo perde ogni valore.
Resto passiva sotto il suo assalto.
Lei si allontana di un passo e piega la testa di lato.
- Oh, giusto, stavo dimenticandomene… Forse questo aspetto ti piace di più? – mi domanda. L’aria intorno a lei pare tremolare un po’ e farsi più densa. La sua sagoma perde di definizione per poi ritornare a fuoco.
Kiefer mi sta fissando con un piccolo ghigno.
L’altro Kiefer, quello vero sgrana gli occhi, stupito.
Saga mi si avvicina di un passo.
Sembra intenzionato a proteggermi.



Al tempo in cui sono stata vittima di Exilya avevo appena finito la mia vita di studentessa delle superiori. A differenza di quasi tutte le mie coetanee non ero molto avanti nelle relazioni con l’altro sesso e per dirla tutta nemmeno mi interessava esserlo. L’Ordine mi assorbiva quasi completamente e non perché vi credessi di più o in modo diverso rispetto ad ora ma perché a quel tempo, la mia formazione come Alfiere non era fatta solo di incarichi più o meno piacevoli, ma c’era anche un sacco di teoria da studiare.
Kiefer, come ho già detto, è quello che mi ha aperto gli occhi e per molto tempo una parte di me aveva la profonda convinzione di essere innamorata di lui. Probabilmente lo sono anche stata ma lui non ha mai varcato quel confine… Tranne una sera.
Una sera in cui io ero appena rientrata da una missione difficile, in cui avevo perso non solo l’anima che dovevo salvare ma anche il compagno che mi era stato assegnato. I novellini escono in coppia, è il solo periodo della nostra vita in cui non siamo individualisti incalliti… Bhè tranne quando la montagna di merda da spalare è davvero enorme e allora può succedere che ad uno stesso incarico vengano assegnati due o più appartenenti all’Ordine.
Ad ogni modo, terminato in un modo vergognoso l’incarico di quella volta ero furiosa, con me stessa e con il mondo. Ma ero anche infinitamente triste, quasi disperata.
Vivendo ancora in casa non me la sentivo proprio di mostrarmi con quell’espressione perché di certo mia madre avrebbe capito al volo che mi era successo qualcosa di brutto e mi avrebbe dato il tormento per scoprire cosa fosse e allora… Allora sarebbe potuta finire in modo poco piacevole per tutti.
Mi ero così rintanata in un capanno per gli attrezzi che stava poco lontano da casa mia, in compagnia di una torcia, una bottiglia di Batida de Cocco, un pacchetto nuovo di sigarette e un mazzo di carte.
Non ci misi molto ad ubriacarmi… e per la verità ho ancora ricordi confusi di quello che è accaduto con esattezza. Ricordo che sentivo la musica in testa, che tutto il mondo girava e che io volevo solo dissolvermi in qualche spazio dove non vi fosse coscienza, ricordi e pensieri. Poi ricordo che qualcuno era entrato nel capanno.
Kiefer.
Gli ero letteralmente saltata addosso, strappandogli gli abiti di dosso, con frenesia, con rabbia e con dolore.
Volevo solo una stasi.
Lui mi aveva allontanata da se e aveva detto qualcosa che non mi sarei mai più dimenticata. - Non si fa l’amore quando si è nella tua condizione… -
- Non me ne frega niente! Voglio solo una stasi, un attimo di oblio! Scopami o riempimi di botte, se la mia mente si sconnette vanno bene entrambe le cose! – avevo gridato il lacrime e poi era successo.
Avevo dato la mia verginità a Kiefer.
Salvo poi realizzare, poche ore dopo, che Kiefer era Exilya, Otto di Nove. Lo stesso demone che aveva ucciso il mio collega e che si era preso l’anima che io avrei dovuto salvare… Lo stesso demone che mirava a prendersi la mia vita.
Mi sono sempre chiesta perchè avesse deciso di fare sesso con me piuttosto che uccidermi. Se mi avesse picchiata a morte, non credo che avrei reagito... Soprattutto perché la credevo Kiefer…



Saga mi guarda, con un misto di stupore e incredulità.
Forse nei suoi occhi passa anche un lampo di gelosia ma non ne sono certa e non mi voglio illudere inutilmente.
- Le illusioni sono illusioni, Exilya. Tuttavia ancora mi domando perché, dato che ne avei l’opportunità, non mi hai uccisa? Hai preferito prendere l’aspetto di Kiefer e ... – inizio ma lei fa un cenno della mano interrompendomi poi con le sue parole
- Prendere la verginità di Uno di Quattro è stato molto meglio che prendersi la sua vita. Alle persone come te è molto più bello schiacciare l’orgoglio e distruggerle moralmente e psicologicamente che non ucciderle. Cadere sotto i colpi che l’avversario vi infligge vi renderebbe un onore che non voglio vi sia attribuito. –
Se non mente, cosa di cui non posso ritenermi certa, al momento non mirerà alle nostre vite.
- Eppure, avresti dovuto prevedere che non sarei rimasta a piangermi addosso per tutta la vita e che prima o poi ti avrei incontrato di nuovo. – le faccio notare.
- Per la verità non avevo previsto nemmeno che tu divenissi un problema di questa portata per noi… Sei stata meglio di quanto potessi sperare. Erano secoli che non mi divertivo così! – ridacchia sguaiatamente riprendendo le sembianze di donna.
- Questa me la devi spiegare! Sei stata a letto con lei!?! – sbotta Saga che deve aver finalmente compreso quello che era già chiaro come il sole.
Mi chiedo perché i neuroni maschili ci mettano un po’ ad assimilare le cose un po’ anticonvenzionali? Chissà se è stato Arles a dare un suggerimento o se i tredici anni di governo del Santuario sono stati solo un caso fortuito dovuto al fatto che i suoi interlocutori erano semplicemente meno svegli di lui (il che la dice lunga sull’intelligenza dei sottoposti altrui…) ?
- Non ti riguarda, Saga! – sibilo.
I suoi occhi da azzurro passano ad una sfumatura violetta.
- Tu sei mia! – ringhia con una voce molto, molto virile, strattonandomi per un braccio e stringendomi contro il suo corpo.
- Non ho firmato nessun atto di compravendita! – ribatto ma sono così felice di averglielo sentito dire! Sto così bene spalmata su di lui…
- Tsk! Dopo ciò che mi hai fatto solo io posso decidere se e quando devi morire! – sbuffa ancora lui e a questo punto non ho dubbi che sia l’altra personalità ad agire.
Mi detesta e mi vorrebbe morta, ma nello stesso tempo è possessivo nei miei confronti… E’ affascinante.
- Another Dimension -
Lo scontro ha inizio.



Conosco il modo di combattere di Exilya, so che è molto forte. Se non lo fosse, non avrebbe mai raggiunto l’Ottava posizione in graduatoria. Solo Nove di Nove potrebbe batterla e non ci scommetterei che non debba sudare sette camicie.
Il fatto che noi siamo in tre non conta un fico secco.
Ho paura di lei e questo non riesco ad accettarlo.
Per il mio orgoglio è inammissibile.
Però per la mia ragione so che faccio bene ad aver paura. Se non l’avessi sarei cadavere già da un sacco di tempo.
Exilya in realtà è una creatura ermafrodita. Non so se per scelta sua o volere del Fato, ma ho sempre più la certezza che per i demoni il sesso, inteso come distinzione fisica tra maschio e femmina, non significhi granchè. Nell’altro senso invece il discorso cambia completamente. Resta un dato di fatto che molti di loro sono asessuati, e altrettanti sono entrambe le cose. Questo genera un po’ di confusione, qualche volta…
Ad ogni modo dopo pochi scambi di colpi ci troviamo tutti e tre a terra, più pesti di quello che eravamo prima di iniziare lo scontro e ognuno in un angolo diverso.
A Saga si sono riaperte le ferite.
La mano con cui si stringe l’addome è rossa del suo stesso sangue…
E quel liquido cremisi ha un odore particolare…
La demone si lecca le labbra rosse come ciliegie mature e altrettanto lucide.
- Sei delizioso… - mormora avvicinandosi pericolosamente a Saga.
Deve averlo sentito di certo il potere che il suo sangue racchiude… E lo vuole.
Non permetterò che se lo prenda.
Cerco Kiefer con lo sguardo, più che altro per essere certa che dopo il mio attacco lui riesca a reggersi in piedi e guadagnare un po’ di tempo…
Mi scaglio contro l’avversario e come ho previsto non sono nemmeno in grado di vedere il colpo che mi centra in pieno sterno.
Penso che nella migliore delle ipotesi mi abbia incrinato un paio di costole e intorpidito il braccio.
Exilya si sta chinando su Saga, fra poco infilerà le dita nella sua ferita, ne tirerà fuori le budella e se le mangerà… O magari partirà direttamente dal cuore, sfondandogli la cassa toracica con un pugno.
Il Saint in questo momento non può nemmeno contare sulla sua Cloth…
Kiefer la colpisce in testa, fracassando la sua chitarra.
Io mi sono in qualche modo rimessa in piedi. Sfortunatamente il braccio destro pende al mio fianco inutilizzabile.
Mi preparo ad un altro assalto solo che sono preceduta sul tempo.



Ai piedi del nemico cade un rosario, con i grani rossi come chicchi di melograno.
Centootto grani.
Un rosario buddista.
Poco dopo due Cosmi si manifestano.
Uno lo riconosco, appartiene a Milo.
L’altro è di Shaka, lo so per intuizione ed esclusione.
Credo che la nazionalità indiana di Shaka sia dovuta al fatto che sia nato in tale Paese, non certo derivata da discendenza biologica. I capelli biondissimi, l’incarnato pallido… I tratti cesellati del volto quasi aristocratico… No, non ha nulla di Indiano, tranne il chacra scarlatto in fronte che fanno di lui un uomo di grande Saggezza. La reincarnazione del Buddah.
Tiene gli occhi chiusi ma si muove come se ci vedesse benissimo. E’ aggraziato ed elegante in ogni gesto che compie, un po’ come lo sono tutti gli orientali con una certa cultura.
Milo è il Milo di sempre.
Solo più sobrio rispetto all’ultima volta che l’ho visto.
Mi fa l’occhiolino, con una buona dose di malizia e fascino.
Exilya non esita ad attaccare e a nulla serve Antares o il Tenbu Hourini che i due Saint scagliano.
Basta un calcio del demone e finisco tutti e due come quadretti sulla parete.
Devo chiudere in fretta questa battaglia.
Kiefer me lo aveva suggerito prima di aggregarsi a noi.
Penso che in tre possano guadagnarsi i due minuti che mi occorrono per compiere il tutto e su questa certezza, data più dalla mia fiducia in loro che d un reale e calibrato calcolo, inizio il processo.
All’inizio, come ogni volta, è piuttosto doloroso.
Si ha sempre l’impressione di venire rovesciati come un calzino. Pare che il sangue fluisca in senso inverso nelle vene del corpo e che ogni singola cellula protesti per questo.
Poi vi è il gelo assoluto.
Poi inizia lentamente ad emergere un po’ di calore.
Una scintilla.
Lentamente, quasi timidamente, come una fiammella che abbia appena attecchito il calore si diffonde.
E poi le fiamme che ardono.
Allegre, selvagge e prive di controllo.
Fiamme affamate che non si fermano davanti a nulla.
Il fuoco, il potere del fuoco.
Imprevedibile, indomabile, ingestibile.
Il fuoco che non conosce limiti di espansione nella sua exalation…
Io sono fuoco.
Il mio stesso sangue me lo svela.
Percepisco gli altri dal loro calore corporeo, perché in realtà non li vedo più.
Gli umani sono piccole fiammelle rosse, arancioni ed infine gialle. Come se fossero fatti a strati. Il demone è una massa unica. Generalmente nera o blu. Qualche rara volta azzurra.
Sono fiamma che guizza, che lambisce, che ridescrive le forme secondo la propria volontà. Non posso spingermi troppo oltre, potrei rischiare di non essere più in grado di far regredire il processo. Potrei diventare una Sconfinata. In tal caso passerei alle dipendenze di Lui.
Nove di Nove, a quanto raccontano, era prima Tre di Quattro.
Prima che vi fosse Iris.



La massa nera diminuisce sotto i miei attacchi e poi, ad un tratto sparisce.
E’ ora di far regredire il processo.
Non so che devo essere apparsa ai ragazzi, non ho mai avuto modo di vedermi quando sono in quello stato.
Mi è capitato di vedere Tre di Quattro nella sua forma Elementale ma non era spaventosa. Io non l’ho trovata tale. Insolita forse, ma comunque sempre bellissima.
Vedo le mani fatte di fuoco che stanno lentamente riprendendo la loro forma originale. Le fiamme che avvolgono le dita si stanno spegnendo. Restano solo dei tizzoni incandescenti su cui iniziano a distinguersi le unghie, le nocche…
Ho di nuovo le mie mani.
Ma per il momento, la mia pelle è ancora bollente.
Mi accorgo che sto stingendo convulsamente quella che era una manica di pizzo bianco.
Apro le dita e la stoffa, ormai cotta si sfalda.
Kiefer sta prestando i primi soccorsi a Saga.
Anche Milo è chino sul suo compagno d’arme mentre Shaka mi sta fissando.
Occhi azzurro cielo.
Calmi, sereni e tranquilli.
Non ho mai visto occhi più consapevoli e più belli di quelli.
- Stai bene? – mi chiede dubbioso.
Apro la bocca per rispondere ma le gambe mi cedono di colpo. Non percepisco nemmeno la vaga sensazione di cadere.
Solo buio.

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Capitolo 20
*** - Donne e motori... - ***




Cars are crashing every night
I drink n’drive everything’s in sight

- It’s so easy – Guns n’Roses -



La sensazione di galleggiare è alterata da un movimento differente. Qualcosa che si insinua nel pensiero con una certa ritmicità.
Sento le palpebre tremolare, rifiutandosi do obbedire al mio perentorio ordine di sollevarsi.
Evidentemente il mio corpo non è affatto in sintonia con quello che il mio cervello gli comanda. Ma si sa, io sono una gran testarda.
La prima cosa che realizzo, quando le palpebre si sollevano con una lentezza esasperante è che ho il volto premuto contro dell’oro.
Riconosco poi un coprisaplla e dei capelli biondi come l’oro, che profumano di saggezza antica e incensi preziosi.
Spostando lo sguardo riconosco il volto di Shaka, il Gold Saint della Vergine.
I suoi occhi sono chiusi, ma nulla cambia il suo regale incedere.
Effettivamente è proprio simile ad una divinità.
- Sei un Ashura? – domando e lui corruga la fronte.
No, non credo che questo paragone gli sia gradito.
Però è un guerriero, per quanto lo nasconda dietro ad un aspetto pacato e contemplativo.
Forse la divinità più simile ad un demone a cui l’ho paragonato non è la sua preferita… Tuttavia, il suo ardente cosmo di guerriero, i suoi capelli biondi simili a fili di seta pregiata, i suoi occhi che racchiudono i colori e la consapevolezza del Cielo e il suo aspetto ambiguo fanno di lui la perfetta reincarnazione dell’Ashura che ha preso forma nel mio immaginario.
- Ti consiglio di non muoverti – mi informa lui quando nota che sto cercando di sporgere la testa oltre la sua spalla, alla ricerca di Saga e Milo.
So che Kiefer se n’è andato non appena ha concluso la sua missione di supporto.
A quelle parole lo realizzo all’improvviso: sono nuda come un verme.
Quando ho assunto la mia forma Elementare ho letteralmente incenerito il mio vestiario…
Il mio cuore inizia a battere furiosamente nel petto.
Se va vanti così collasserò di certo; il mio corpo è già molto provato e non ha bisogno di impennate di qualsiasi sostanza ormonale le emozioni scatenino dentro di lui…
Poi percepisco del tessuto sulla mia pelle.
Forse non sono nuda come un verme…
Questo pensiero mi tranquillizza un po’, quello che basta per non entrare in iperventilazione.
Poi percepisco anche quell’odore sgradevole che i capelli di Shaka avevano nascosto.
Non si tratta di quello dolciastro e ferroso del sangue.
O meglio, c’è anche quello ma non è il solo ad essere tanto ripugnante.
E’ la puzza di sudore stantio, di vestiario non lavato… di sporco…
Arriccio il naso, capendo da dove proviene e vergognandomi come una ladra.
- Scusa… - borbotto chiudendo gli occhi.
- Nh – è la risposta di Shaka.
Maledetto Kiefer! Poteva almeno lasciarmi la sua maglia pulita e non quella usata!!!! Lo so, lo so che dovevo ringraziare che non mi avesse mollata nuda in balia di tre aitanti giovanotti ma… e che cacchio, il mio orgoglio!!!!!
Riapro gli occhi perché voglio vedere Saga, voglio vederlo con i miei occhi come sta.
Mi pare di sentire Shaka emettere un lieve sospiro al mio nuovo tentativo di vedere oltre la sua spalla ma non fa nulla per dissuadermi.



Il braccio di Saga passa attorno al collo di Milo.
La sua maglietta è zuppa di sangue, come lo sono i jeans, che essendo scuri nascondono meglio il misfatto.
Milo ha il capo chino, come un bambino a cui abbiano appena rifilato una tirata colossale. Il volto del Saint di Gemini è inespressivo come una maschera ma i suoi occhi stanno ancora lanciando fulmini celesti.
Mi appoggio meglio alla spalla di Virgo.
- Che è successo fra quei due? – chiedo in un sussurro.
E’ chiaro come il sole che Milo ha soggezione se non quasi paura di Saga.
- Nulla. – risponde Shaka troppo precipitosamente.
Inarco un sopracciglio per nulla convinta.
Non so come faccia ma il Gold di Virgo percepisce il mio scetticismo.
- Saga ha promesso a Milo di cavargli gli occhi se solo osa voltarsi nella tua direzione. Milo non è cattivo ma quando si tratta di donne diventa… Come dire… Focoso oltre ogni dire. –
- Milo è un coglione – ribatto.
Fino a che non cambia questo atteggiamento dubito fortemente che Shaina possa anche solo prenderlo in considerazione. Esistenza di Pegasus o meno.
Forse, quando starò meglio darò qualche dritta allo Scorpione.
Dopotutto oggi mi sento in vena di magnanimità.



Quando arriviamo alla Terza è Kanon che ci accoglie con aria preoccupata che si dilegua non appena capisce cha stiamo tutti bene. Se non altro le nostre ferite non sono mortali.
- Nia… Ma quanto puzzi? – mi domanda quando avvicinatosi per abbracciarmi si trova costretto a fare un passo indietro.
- Vai a cagare! – sibilo dirigendomi a grandi passi verso il bagno.
Voglio annegare nel profumo!!!
Scaravento la maglia in lavatrice usando una dose di detersivo che sarebbe bastata a fareilbucato di tutto il Santuario e poi mi infilo sotto la doccia strofinando la pelle con la spugna fino ad arrossarla. Resto in bagno per tutti i sessantadue minuti che occorrono alla lavatrice per terminare il ciclo di lavaggio.
Quando ne esco profumo di muschio bianco.
Kanon solleva il capo dalla rivista di motori che sta leggendo con le caviglie incrociate e i piedi appoggiati al tavolino di cristallo del salotto.
- Tutto bene? – mi domanda aspettandosi di essere di nuovo mandato a quel paese.
- Sono stanca morta! – gli dico lasciandomi cadere a peso morto al suo fianco.
- Racconta, racconta… - mi incita invece lui con la curiosità che gli brilla negli occhi.
- Prima tu. Dov’è Iris? – chiedo seria.
- Gli hanno dato una missione da compiere, ma dovrebbe tornare nei paraggi domani o dopo. – non è quello che volevo sentirmi dire.
Allora nemmeno io dirò a lui quello che vorrebbe sentirsi dire.
A metà del mio racconto anche Saga fa la sua apparizione.
Come me, ha i capelli ancora umidi e si lascia cadere a peso morto sul divano.
Così mi trovo in mezzo ai due gemelli.
La tensione su divano diventa palpabile.
Sarebbe una gran bella mossa quella di alzarsi e sparire dentro la mia camera.
Le mie gambe non si vogliono muovere.
La mano di Saga si allunga fino a toccare la mia mano, che giace come morta sulla mia gamba.
Le sue dita si intrecciano alle mie e la sua voce riprende il racconto da dove io l’avevo interrotto.
Non ho idea di cosa significhi questo gesto ma il mio cuore batte all’impazzata e non posso impedire al mio viso di arrossire. Questa è la ragione per cui spingo il mento contro lo sterno e lascio che i capelli mi cadano in avanti, come un velo.
Non so come sia accaduto e meno ancora so quando, ma la voce di Saga che cullai miei pensieri mi ha fatta sprofondare nel sonno profondo.



Lo scenario intorno a me è cupo.
Mai una volta che faccia un sogno di quelli giusti, uffa!
Lo sfondo nero degli alberi dai rami spogli pare fondersi con il blu della notte. Quei rami rinsecchiti tendono verso una luna argentea come mani che chiedano disperatamente aiuto. L’acqua del lago è scura densa davanti a me e riflette in modo tetro il chiarore di quella stessa luna remota e distante.
Fredda.
Nell’aria c’è un odore strano.
Un odore che dovrei riconoscere ma che non riesco ad afferrare.
La stessa sensazione che si prova quando si ha una parola sulla punta della lingua ma non si riesce a pronunciarla.
E’ fastidioso.
Abbasso lo sguardo sui miei piedi nudi.
Ecco, mai che in questo genere di sogni io indossi qualcosa di decente.
L’abito è bianco e in mezzo a tutto quel nero deve farmi apparire più fantasmagorica di quello che in realtà sono.
I pizzi mi sfiorano la pelle delle gambe e mi danno un senso di prurito misto a fastidio.
Le spalle sono scoperte, il busto fasciato da stecche come gli abiti che andavano tanto di moda nel secolo passato che facevano apparire le dame con dei vitini da vespa.
Se non fosse un sogno avrei grossi problemi respiratori.
L’acqua si increspa davanti a me.
Una figura sta emergendo.
Mi avvicino di qualche passo.
L’acqua è calda.
Come quella che di solito uso nella vasca da bagno, solo un po’ più densa.
Ha una consistenza oleosa.
Intanto la figura è emersa davanti a me.
I capelli neri gli si appiccicano al cranio e riflettono i raggi lunari.
Le ciglia bagnate paiono brillare, umide di perle d’argento.
Ed io mi ritrovo a fissare il mio stesso volto.
Le labbra si piegano ad un sorriso crudele e due piccole zanne d’avorio premono sul labbro inferiore.
No, quella non sono io.
Le gocce d’acqua sono diventate sangue…
Abbassando lo sguardo noto che sono in piedi in un lago di sangue e il mio abito bianco, laddove si è bagnato è purpureo.
L’ennesimo sogno di merda.
- Lui sarà mio – dice l’altra me stessa prima di sparire, risprofondando nello stesso luogo da cui era giunta.



Mi sveglio di soprassalto.
La sveglia sul mio comodino segna le diciassette e diciassette.
Che orario schifoso.
Qualcuno bussa alla porta della mia stanza
- Avanti – rispondo.
Poco dopo Kanon fa il suo ingresso.
- Ciao Nia, dormito bene? -
- Una meraviglia - rispondo sarcastica.
Il gemello sorride.
- Stasera cena ad Atene. Ho organizzato tutto io! Tu e Saga avete bisogno di distrarvi e ho sudato sette camicie per scucire alla Kido il premesso, quindi non accetto un no come risposta! – mi dice sedendosi sul mio letto.
- Cos’è un appuntamento? – chiedo incurvando le labbra ad un ghigno.
- Non con me di certo! –
- Scusa? Ho perso un pezzo… - chiedo frastornata.
- Non hai perso nulla! Sono così magnanimo da prestarti pesino la mia auto però… Niente sesso sul sedile posteriore! Ci tengo al mio gioiellino, quasi come tengo alle mie gambe! – mi informa evitando grazie alla sua velocità il cuscino che gli ho lanciato contro.
Sorrido come una scema.
Una cena da sola con Saga è quanto di meglio io possa desiderare anche se…
Cosa mi metto!?!?
Panico da primo appuntamento?
Chi, moi?



- Perché non venite anche tu e Milo? – chiede Saga quando Kanon lo spinge fuori casa con le chiavi della sua macchina strette nel pugno e la faccia di chi sia in pieno panico. Mi chiedo se anche Arles farebbe tante storie… Mi sa di no. Arles… Probabilmente mi avrebbe già fatto saltare la cena per passare ad un dopocena molto più carnale e forse sanguigno.
- Perché Milo ha da fare stasera e io non terrò il moccolo! – sibila Kanon
- Ma che dici!? – sbotta Saga imbarazzato.
- Posso guidare io? – chiedo cercando di rendere le chiavi dalla mano di Saga.
- Ehi, Aspetta… - dicono in coro i gemelli.
- Che c’e? – chiedo osservandoli con un sopracciglio inarcato.
- Sai sicura di saper guidare? – Kanon è preoccupato per la sua auto.
- Con quelle scarpe poi! – rincara Saga.
Osservo i miei sandali di strass con il plateau di due centimetri e il tacco dodici.
Non è la prima volta che guido con scarpe scomode e non mi è mai successo niente! Non so se sentirmi offesa per la mancanza di fiducia di quei due…
- Tsk! – rispondo avviandomi giù per le scale.
Indosso una minigonna bianca con una grossa bocca rossa dipinta sul lato destro e una catena che pende dal fianco sinistro e produce un leggero tintinnio quando mi muovo. Sopra ho un top monospalla rosso che mi fascia come una seconda pelle.
I capelli neri sono una massa di riccioli selvaggi attorno al mio capo e si intonano perfettamente all’eyeliner che ho usato per truccare gli occhi come se fossi un’egizia.
Il rossetto è di un rosso cupo e scuro che ridisegna la linea delle mie labbra dando loro una piega quasi secca.
Saga si siede al mio fianco e si allaccia la cintura di sicurezza. Non pare infastidito dal fatto che possa stropicciarsi la camicia bianca che indossa. Anche i jeans, così informali su di lui hanno un fascino del tutto differente.
- Sai dove andare? – mi chiede quando iniziamo la discesa verso Atene.
- Me lo ha spiegato Kanon… Sempre che non mi abbia presa in giro. – ammetto.
Ad un tratto dopo una curva, sulla strada sbuca un ragazzino con la bicicletta.
Pianto un’inchiodata degna di un pilota di formula uno e sterzo violentemente per non metterlo sotto.
Sento una botta al fianco sinistro della macchina e quando mi fermo ho le mani contratte sul volante.
Stringo talmente forte che le dita sono sbiancate.
- Oh mia Dea! – le parole scivolano fuori dalle labbra di Saga. Il suo viso è mortalmente pallido.
- Aspetta qui! – dico scendendo dalla vettura per andare a constatare il genere di danno che ho fatto.
A volte sono un’assassina di professione ma investire un ragazzino distratto è tutta un’altra faccenda.
La bicicletta giace riversa sul ciglio della strada.
La ruota posteriore sta ancora girando.
Il ragazzino è steso poco più avanti.
E’ buio e non distinguo bene i colori…
Da dove sono riesco a vedere solo i pantaloncini corti, le scarpe da tennis con le calze di spugna e una informe maglietta a righe.
Mi pare che il suo torace si alzi e si abbassi ma non posso dirlo con certezza da quella distanza. Solo quando sono vicino al ragazzino capisco l’inganno e la trappola.
Nessun umano ha la pelle grigia a squame!!!!
- Scappa Saga! – grido mettendomi a correre all’indietro.
Mai dare le spalle al nemico!
Mai!
- Niane! – lui è frastornato…
Afferro la portiera, ringraziando che ho lasciato le chiavi nel quadro e il motore acceso…
Salto in macchina un attimo prima che al portiera mi venga diventa dalla mano e io possa vederla precipitare davanti alla macchina con un rumore metallico e un’insieme di vetri in frantumi e lamiera accartocciate.
L’attimo dopo un demone simile ad un Gargoyle, con ali di pipistrello e coda a triangolo piomba sul cofano, sfondandolo.
L’irrazionale pensiero che mi attraversa al mente è…
°Chi lo dice a Kanon che la sua macchina è da rottamare?°
e non sono certa che sia farina del mio sacco!

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Capitolo 21
*** - Doveva essere una cena romantica... - ***




you fall...a victim of his spell
to the witchery of fright
as the gargoyle's eyes ablaze
like the fire in your heart
the anthem of the damned
entombed in the sands of time
never to return,
a beast right out of hell


- The Gargoyle – Raventhorne -



Il mostriciattolo ci fissa un istante. Come se fosse indeciso su chi dei due attaccare. Ha il muso che ricorda quello di uno psterodattilo, ma se lo tiene abbassato, su di esso vi è come disegnata la bozza di un volto umano.
Gli abiti sono solo brandelli che penzolano da un corpo squamoso di rettile dalla pelle grigio marmo. La coda fende l’aria con lentezza o forse è semplicemente la mia percezione di tempo ad essersi dilatata a dismisura.
Gli occhietti, neri come la pece, che invadono tutta la cavità oculare, continuano a saettare da me a Saga.
La fortuna, quando si ha a che fare con questi servi demoniaci, è che essi sono completamente scemi. Se si fugge tendono ad attaccare con violenza distruttiva ma se si resta immobili, pare che essi non sappiano più che pesci pigliare. A meno che qualcuno non impartisca un ordine ben preciso.
Allora non c’è nulla che si possa fare: non mollano fino a che non hanno portato a compimento l’ordine o non vengono distrutti.
- Non lo fissare e se non ti muovi, andrà tutto per il meglio – avviso Saga.
- Definisci ‘per il meglio’ – chiede chiarimenti il Saint.
- Non ci attaccherà e probabilmente si stuferà di starsene lì a chiedersi chi di noi due è la sua possibile preda. –
- Come? –
- Non è un essere intelligente, Saga. Non aspettarti troppo da lui! E’ tendenzialmente un necrofago, ovvero si nutre di carogne ma adora cacciare. Lo esalta. Se scappi o ti muovi o lo fissi con aria di sfida, lui pensa tu sia automaticamente la sua preda. I demoni sono contradditoriamente complessi nella loro semplicità… -
- Non intendo restare qui, immobile davanti a questo coso! Sono un guerriero io! – sbotta Saga incazzato.
Basta lo sguardo belligerante che il guerriero ha per convincere il demone ad attaccare.
Ho parlato al vento…
Se non fosse che fra poco Saga dovrà dare il meglio di se lo prenderei a calci nelle palle.
Ma perchè, perché non sono capace di farmi obbedire e rispettare!?!
Eppure sono l’Uno di Quattro!
Con un fulmineo colpo di coda che manda in pezzi il parabrezza, il demone fa piovere su di noi tintinnanti cristalli sbarluccicosi, fortunatamente non troppo taglienti.
La mano artigliata del coso sta cercando di acchiappare Saga che con aria seccata continua a deviare quei goffi tentativi con semplici colpi di mano o semplicemente spostando la testa.
Lui è illeso, il sedile in compenso sta perdendo gommapiuma e spugna come i cani perdono pelo ai primi caldi.
Con un verso irritato il gargoyle afferra il bordo superiore della macchina, quello che costituisce il finale del tetto e con un poderoso colpo di ali apre la vettura come se fosse una scatoletta di acciughe.
Kanon sarà oltre l’ira quando gli porteremo ciò che resta della sua macchina.
Cena romantica, eh?
Mi chiedo: se avessi fatto richiesta in carta bollata sarebbe cambiato qualcosa?
Con la sfiga che ci vede benissimo, soprattutto quando si tratta di me, ne dubito.
- Demon Emperor Fist – ringhia Saga.
Da quello che ne so, quel tipo di attacco serve per manipolare la mente del nemico, fargli vivere delle illusioni e costringerlo a combattere contro qualcuno o persino contro se stessi.
Gli effetti di tale colpo svaniscono solo quando ci scappa il morto o il quasi morto.
Se il sapientone non avesse la presunzione di essere un grande macho e mi fosse stato a sentire si sarebbe di certo risparmiato questa figura penosa.
La mia irritazione sta salendo a livelli piuttosto ingenti. Fra poco il limite di guardia verrà travalicato.
Sono certa che chiunque mi sia stato a sentire ha capito perfettamente che il demone ha l’intelligenza di una rapa… Cercare di fargli vivere un incubo avrebbe senso se il gargoyle non fosse una creatura infernale e non fosse la versione demoniaca di un piccione!!!!
Quale cavolo di incubo tremendo puoi scatenare nel cervello di un piccione?
Vermi giganti?
Si preparerebbe per farne indigestione!!!!
Tradimento?
Dubito che sappia cosa voglia dire avere qualcuno…
Morte?
Ad una statua di pietra, che è tale per… diciamo venti ore al giorno gliene può mai fregare qualcosa di finire in pezzi?
E’ abituata ad essere cavalcata da mocciosi, riempita di scritte da adolescenti innamorati o incazzati con il mondo…



- Non riesco a penetrare la sua mente… - constata Saga quando il demone riesce ad afferrarlo per la gola e sbatacchiarlo contro il sedile come volevo fare io già da un po’.
Quasi quasi mi godo lo spettacolo dell’Uomo più potente del Santuario trattato come uno straccio per la polvere, almeno non sono sempre io a fare le figure di merda!
- Non puoi penetrare quello che non c’è! Te l’ho detto che il mostriciattolo è un completo idiota! – gli faccio presente con aria saputella.
Questo dovrebbe dargli parecchio fastidio…
E mentre sogghigno una parte di me si compatisce.
Perché non vi è nulla di più stupido e ridicolo di agire come una mocciosa petulante per tenere a distanza la persona che so benissimo di amare.
Saga sta lottando contro due braccia di pietra che tentano di soffocarlo, o di spezzargli il collo. Non è il caso che io continui con questo atteggiamento stupido oltre ogni dire.
Mi da fastidio, ma scapicollarmi ogni volta in suo aiuto, non è solo un incarico che ho accettato: è anche un genuino desiderio del mio cuore.
E non sono così masochista da mentire a me stessa troppo a lungo.
La scomoda realtà è la sola questione che io debba fronteggiare.
Approfittando del fatto che il gargoyle sia interamente concentrato su Saga mi sposto per essere più efficace con il mio colpo e l’stante successivo reggo fra le mani una piccola sfera nera come la pece.
Il demone lancia uno strillo spaventoso verso il Cielo e l’attimo dopo scompare con un frullare d’ali simile a quello di un pollo scacciato dalla sua aia.
Saga ha il fiato corto e mi fissa con un misto di rabbia e incredulità mentre io mi rigiro quello che era l’occhio del demone fra le dita.
E’ liscio e levigato, come un sasso che sia stato a lungo sul fondo del mare.
E’ anche tiepido e unto, o almeno io lo sento come tale perché è la magia oscura che opera in quel corpo ed io la precepisco sempre come qualcosa di tiepido e… unto.
- Gli hai cavato un occhio! – la voce di Saga è roca e sa di rimprovero.
- Un modo come un altro per levarcelo di torno. – faccio notare.
- E’… E’… -
- Poco sportivo? – chiedo inarcando un sopracciglio.
- Non è per nulla onorevole! – sbotta trovando le parole adatte.
- Onorevole? – ribatto francamente sorpresa.
Insomma, al Santuario sono vista come la Bestia Nera e Saga, mi viene a parlare d’onore!?!
Che accidenti ne sa lui dell’onore?
Che ne sa del Patto che io ho stretto!?
Stupido sputasentenze dei miei stivali!
Come se la sua di condotta fosse sempre stata irreprensibile!
Non mi aspetto certo che mi ringrazi per salvargli il culo ogni volta ma…
Diamine!!!!
Mettere in fuga un demone non è una questione di onore!!!!!
E’ questione di potare o meno a casa la pelle, ed io ci tengo a questa vita!
E’ la sola che possiedo!
E anche se non sempre è quello che vorrei fosse… Non lascerò mai nulla di intentato per tenermela più stretta che posso e più a lungo che posso!
- Ascoltami bene Saga: tu non sei quello che può permettersi di dire qualcosa su quello che io ritenga sia il meglio da farsi. Tu non hai la mia esperienza in demonologia e lo hai ampiamente dimostrato! Sarai il Saint più potente del Santuario, sarai anche il più carismatico e quello più bello… Però in questa guerra hai l’esperienza di un bambino di cinque anni! Quindi la prossima volta che ti dico di fare una cosa tu la fai e basta! – sbotto incarognita.
- Cosa? – la sua espressione assolutamente incredula sarebbe magnifica se io non fossi così furibonda.
Poteva finire tutto in vacca se al Gargolye fosse stato dato un ordine diverso da quello di testarci. E così Uno di Nove ha una chiara idea delle potenzialità di Saga.
Sono così arrabbiata esattamente per questa ragione.
E lo sono anche con me stessa, per non essere intervenuta prima.
So che Saga non è la persona tranquilla che mostra di essere tuttavia…
Cosa mi aspettavo?
Che si lasciasse salvare da me come una principessa?
Mia Dea, questa risonanza è davvero un castigo!
O forse lo è il mio non essere per nulla femminile e non riuscire a ragionare come tale…
Aveva ragione mia madre quando mi diceva che dovevo smetterla di pensare come un uomo, e che a Carnevale non potevo andare in giro mascherata da cow-boy o da Zorro…
Però anche lui, che diamine!
Può anche smetterla di fare l’uomo tutto d’un pezzo quando io so benissimo che i frantumi in cui è ridotta la sua anima restano assemblati per miracolo!
- Tsk! – sibilo con disprezzo, scendendo dal rottame in cui è ridotta la macchina di Kanon e dirigendomi da sola verso le luci di Atene.
Non ho intenzione di saltare la cena solo perché il mio ipotetico commensale è un… E’ un… E’ un povero pirla!
Il fatto che io ami Saga non significa che debba avere le fette di prosciutto sugli occhi come pare abbiano tutte le ragazze innamorate di questo mondo!



Con mia sorpresa, il ragazzo mi ha seguita.
Certo la sua espressione farebbe invia al boa che rilasciava la lama della ghigliottina ma insomma, non posso certo pretendere troppo, no?
Osserva per un attimo me, poi osserva se stesso e alla fine mi apre la porta del locale, sfoggiando un sorriso freddo e impersonale ma che farebbe tremare le ginocchia di più di una ragazza.
La gelosia è davvero un mostro verde infingardo e traditore e mi sa che stasera mi toccherà farmi mordere più spesso di quanto io sia disposta ad ammettere.
L’ambiente è caldo e accogliente.
Intimo.
Devo fare i complimenti a Kanon per la scelta.
La ragazza, che non ha ancora smesso di mangiarsi con gli occhi il Saint, ci accompagna sulla balconata esterna.
Noto che ogni tavolo ha la sua intimità, data da dei sperare fatti di canne di bambolo attorno alle quali sono stati fatti arrampicare dei fiori… Glicini, rose, edera, gelsomini, persino dell’uva. Per fortuna veniamo messi in quello che ha dell’edera. Non amo mangiare con i profumi troppo intensi sotto il naso.
La tovaglia è bianca, con dei delicati ricami in azzurro.
Al centrotavola c’è un candelabro in argento con le candele accese.
Dalla balconata si vede il mare.
Profumo di salsedine, sciabordio delle onde… Luna argentea nel cielo.
Ripensandoci, questo posto è più da Milo che non da Kanon.
Quel favore con Shaina glielo devo proprio a questo punto.
Mi chiedo solo se riusciremo a cenare per davvero o finiremo con il mangiarci a vicenda!
Io opterei per la seconda opzione, ma sis a: certe cose bisogna essere in due a farle…



NdWar: Chiedo scusa per non aver risposto alle recensioni come si conviene, ma ho un periodo un po’ incasinato… E’ già tanto che riesco a pubblicare I capitoli!!!!!
Grazie a tutti per continuare a seguire la storia!
Siete la mia personale ricarica!!!

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Capitolo 22
*** - Doveva essere una cena romantica - Part two - ***



He's magic and myth
As strong as what I believe
A tragedy with
More damage than a soul should see
And do I try to change him?
So hard not to blame him
Hold on tight

- Kelly Clarkson – Beautiful Disaster -



Mentre mi verso un bicchiere di vino dal colore rubino nel calice di cristallo mi chiedo per la millesima volta perchè i miei appuntamenti galanti vadano sempre a finire in un disastro.
Sono in un locale che è l'inno al romanticismo con un ragazzo che è tutto quanto possa desiderare di avere e...
Esatto!
Lui ha un muso lungo almeno un paio di chilometri mentre io affondo il coltello nella bistecca alla griglia come se stessi smembrando un cadavere.
Lancio spesso occhiate guardinghe verso il mare per capire se verremo attaccati da mamma gargoyle, inferocita per il trattamento che ho riservato al suo piccolo!
Insomma non è che io chieda chissà quale miracolo quando esco con un uomo, ma che la serata si concluda... Senza situazioni che sono inverosimili sarebbe una buona, anzi ottima cosa!
L'ultima cena al lume di candela che ho avuto il piacere di consumare, se si esclude il Balck out che ha colpito la mia via quella sera che Nath si è presentato a casa mia senza preavviso scroccando il pasto (maledetto, con quello che guadagna e non mi paga!) è finita in una tragicommedia.
Ok, ammetto che la colpa è anche un poco mia...
L'essere l'Uno di Quattro e governare il fuoco mi porta a subirne fin troppo il fascino...
La fiamma della candela è qualcosa di irresistibile.
Come le ciliegie: una tira l'altra...
Come la Nutella...
Come la sigaretta dopo il caffè...
Morale della favola, mi sono messa a giocare dapprima con la cera fusa giusto perchè degli indici di borsa sciorinati dal mio accompagnatore non me ne poteva fregare di meno!
Guadagno uno stipendio che mi permette di vivere discretamente, ma di certo non avanzo soldi per giocarmeli in borsa o nelle azioni o in qualsiasi altra speculazione finanziaria!
Dalla cera alla fiamma il passo è stato breve...
Che ne sapevo io che i fiori di stoffa del centrotavola erano altamente infiammabili?
E che ne sapeva lui che nel mio bicchiere dell'aperitivo c'era ancora il gin intonso?
Non l'avevo ancora smazzato con l'acqua tonica...
E' stato memorabile il mio mezzo incendio ma più ancora la fiammata che ha quasi toccato il soffitto quando lui, in preda al panico, ha rovesciato il liquore sulle fiamme per spegnerle!!!!
Ancora ridevo come una scema quando ci hanno sbattuti fuori dal locale e quando lui, furioso ha chiamato un taxi e mi ha mollata lì, in sul marciapiedi da sola.
I fanalini rossi dell'auto che si allontanavano sulla strada si sfocavano per via delle lacrime che il gran ridere mi costringeva a versare.



L'altra volta che un temerario ha avuto l'ardire di portarmi fuori a cena, in un locale di lusso e a lume di candela... Bhè, se non altro non siamo stati sbattuti fuori ops, pardon... Gentilmente accompagnati all'uscita!
Ad ogni modo la serata era iniziata alla grande, ero persino riuscita a raccapezzarmi fra le cinque o sei forchette che c'erano a disposizione e gli altrettanti coltelli e arrivare indenne i primi che...
Esatto!
La chiamata di Nathaniel.
Un lavoro che si contende il primato, in fatto di casini, con quello che sto svolgendo adesso. L’anima di una donna assetata di vendetta sullo stile della vedova nera…
Ovviamente ho dovuto mollare il tipo al tavolo e siccome sono una signora gli ho persino lasciato la mia parte di soldini sul tavolo.
Sfortunatamente il maschilista non l'ha presa come avrebbe dovuto e ha iniziato ad inveire che lo volevo umiliare e diecimila altre paturnie che mi sarei volentieri risparmiata, tant'è che me ne sono andata mentre ancora lui parlava.
La nostra storia si è chiusa ancora prima di partire e dire che lui era ricco sfondato!
L'ho sempre detto che io dalla vita non ho mai capito un cazzo!
Saga mi osserva mentre mangio il piatto migliore della serata.
Una torta di pan di spagna farcita con fragole e panna e cioccolato.
Se non mi conoscessi mi farei schifo da sola.
IL mio partner invece ha deciso di dismettere il broncio che ha tenuto per tutta la serata e mi fissa con tanto d'occhi.
- Che c'è? - domando.
Non mi piace quando mi guardano come se fossi una rarità...
so che la mia espressione non è severa come vorrei che fosse perchè quando si tratta di dolci tendo a perdere la ragione e a sentirmi in un luogo di beatitudine.
Kiefer parla di orgasmo alimentare...
Credo abbia ragione.
- Hai un espressione lussuriosa. - mi informa Saga piegando le labbra ad un piccolo ghigno che gli fa prendere di botto cento punti in sex appeal...
- Tsk - ribatto infilandomi in bocca una cucchiaiata di panna e polvere di cacao.
La lingua di Saga saetta ad inumidirsi le labbra...
La risonanza fra noi trilla.
Ed io la mando a fanculizzarsi.
Non mi perderò il piacere del dolce perchè i miei ormoni si mettono a fare gli equini selvaggi! E' una questione di principio.
- Smettila! - sibila Saga
- Guarda altrove. - gli ribatto a tono
- Non posso. -
- Tsk, come se ci credessi! -
- Non so cosa diamine è questa cosa che mi si scatena dentro ma... Semplicemente non posso! Smettila di fare quella faccia o non rispondo di me! - mi avvisa lui
- Non ci provare. Sto mangiando il dolce! Quando ho finito puoi anche strapparmi di dosso tutti gli abiti e farmi tua su questo tavolo ma adesso sto mangiando IL DOLCE! - ribatto infilandomi in bocca la fragola...
Saga emette un gemito di chi è stato appena sconfitto, dopo una lunga ed estenuante battaglia interiore.
Si alza di scatto e mi afferra bruscamente la nuca, per impedirmi di fuggire.
Nella mia bocca il sapore dolce e aspro delle fragole si mischia con il suo.
Anche io potrei non rispondere di me.
Il cucchiaino cade rumorosamente nel piatto e le mie mani sono salite ad afferrare il suo braccio, accarezzandolo e sondando, curiosamente ogni muscolo in tensione.
Il duello fra le nostre lingue non accenna a diminuire di intensità nemmeno quando il respiro inizia a venire meno.
Non so se per lui è la stessa cosa, ma per quello che mi riguarda non me ne frega nulla del posto in cui siamo: voglio solo sentirlo completamente e totalmente mio. La sua mano si infila nella scollatura della mia maglietta.
La mia mano risale lungo la sua coscia.
La tovaglia è tutta sghemba e i piatti rischiano di finire sul pavimento...
A me non interessa.
Credo nemmeno a lui...
Fra le sue gambe la virilità eretta è qualcosa di duro come pietra...
Lui fa un balzo indietro, riprendendo contatto con la realtà e la consapevolezza incupisce per un momento i suoi occhi.
Quasi si fosse sentito colpevole o sporco per quello che stava provando.
- Vado a pagare il conto - annuncia abbandonandomi al tavolo.
Sorrido per questa sua caduta di stile.
Se Saga fosse in se non avrebbe mai detto che andava a pagare il conto e non avrebbe avuto tutta quella fretta di andarsene, perchè il suo agire da esattamente l'idea di una fuga precipitosa.
Da me o dai suoi stessi sentimenti?
Voglio saperlo ma non oso chiedere.
Non è che io sia del tutto insensibile, è solo che a volte ci sono priorità da rispettare e dare retta alla parte che dice di fare delle buone azioni non è sempre la cosa migliore quando si vuole portare a casa la pelle.



Dopo il ristorante, saremo dovuti tornare al Santuario con la macchina di Kanon che al momento è... un insieme contorto di lamiere e schegge di vetro.
Mi domando se è il caso di prendere qualche mezzo pubblico o di farla a piedi ma Saga mi precede, chiamando un taxi e aprendomi gentilmente la portiera.
Mi siedo e lo fisso per qualche istante.
Mi viene il dubbio che non voglia salire.
- Non sali? - chiedo per conferma.
Lui esita poi fa un cenno col capo e sale dall'altra parte.
Da un indirizzo che sicuramente è molto vicino al Santuario e si chiude per l'ennesima volta in quel silenzio colmo di dolore e autocastrazione che sto iniziando a detestare.
Il suo volto è una maschera seria e impassibile.
Il suo cuore grida di dolore ed io non riesco a non sentirlo.
Di nuovo, maledetta risonanza!
E maledetta profezia!
Il cuore trafitto da un dolore non mio... Tsk!
In questo momento vorrei davvero non sentire la pena di Saga, perchè è vero: fa male anche a me. Il suo dolore è il mio dolore, anche se io non voglio e lui non vuole. Credo che se solo lo sospettasse, quando a fondo posso sentire tutto il suo essere, lui fuggirebbe lontano da me anni luce.
Eppure non posso fare a meno di cercarlo con lo sguardo.
E perdermi nella sua inconsapevole bellezza.
Bhe no. Non credo che non sappia quanto è affascinante e quanto potere ha il suo carisma sugli altri. Pare che lo ignori deliberatamente, ma ai miei occhi questa cosa sa un po' di forzatura.
Forse teme di comportarsi come faceva Arles, che sfruttava tutto quello che possedeva per raggiungere i suoi scopi...
Quando capirà che Saga e Arles sono la stessa persona?
Quando abbraccerà le tenebre che ci sono nella sua anima e imparerà ad essere una persona completa?
E' questo che dovrei spiegargli.
Questo che dovrei mostrargli.
E' sue questa via che dovrei condurlo per mano...
Torno al suo viso.
Solo i suoi occhi si muovono seguendo il paesaggio fuori dal finestrino e nell'oscurità dell'abitacolo mi paiono lucidi e neri come macchie di petrolio.
Il tassista sta passando in rassegna la musica tradizionale greca.
Non è che non apprezzi ma... Sentito un sirtaki sentiti tutti!
- Siete sposini? - chiede ad un tratto l'uomo baffuto.
La mascella di Saga si contrae.
- No, siamo amici! - dico cercando di essere il più naturale possibile.
Credo che persino le mie orecchie sono viola.
Per fortuna è tutto buio.
- Oh, al giorno d'oggi si dice così... Il termine fidanzato o moroso è passato di moda! - si lamenta ridacchiando l'uomo.
- Siamo parenti da parte di madre - lo fredda Saga con voce profonda.
Un silenzio imbarazzato ci avvolge.
Il tassista alza un po' la radio e cessa ogni tentativo di instaurare una conversazione.



Stiamo salendo le scale che portano al Santuario.
Non siamo ancora giunti in prossimità della porta di ingresso presidiata dalle sentinelle ed io non ho fatto altro che ammirare le spalle del Saint che a passo deciso e sicura avanza dinnanzi a me.
Poi qualcosa di strano accade.
Non vedo più la camicia che indossa, ma la sua schiena nuda...
I muscoli che guizzano e si contraggono sotto la pelle tirata...
E...
Una sfumatura?
Qualcosa di sbiadito che sta cercando di riemergere da sotto la sua pelle...
si muove come dotato di vita propria.
Poi lo distinguo chiaramente...
Mia Dea!
Che significa tutto questo!?!
Ha il tatuaggio dell'Ordine!?
Può essere?
Un Saint di Athena?
Scuoto la testa e l’immagine scompare.
Vorrei dare la colpa all'alcol ma non ho bevuto tanto e quindi non si tratta di allucinazioni... O almeno lo spero! Va bene che i demoni non mi hanno dato tregua ma sono un po' giovane per un cedimento neurale.
Finire in manicomio con la bava alla bocca perchè mi rincoglioniscono con i sedativi non è nei miei progetti a breve termine.
Una risata sguaiata dietro di noi mi fa voltare di scatto.
Riconoscerei fra mille la figura che sta correndoci incontro, salendo le scale due a due.
Mi chiedo solo...
Cosa ci fa anche Kanon con Milo!?
- Ehi! Belli! Siete tornati presto!- Milo mi stampa un bacio sulla guancia per poi farmi un giro intorno e dichiarare che il mio abbigliamento è di suo gradimento.
- Dov'è la mia macchina? - chiede Kanon a Saga.
L'attimo è da zero assoluto.
Vorrei dirgli che ha qualche graffio ma nemmeno io posso dire una bugia così colossale.
Saga si fissa l’orlo dei pantaloni, muto.
Milo allunga un angolo delle labbra.
- Te lo avevo detto che era la tua macchina quella specie di scatoletta per sardine che abbiamo visto sul ciglio della strada mentre scendevamo ad Atene! – se ne esce a sproposito lo scorpione celeste.
°Milo, te lo ricordi il piacere che volevo farti a proposito di Shaina? SCORDATELO!!!!! ° è la sola cosa che mi viene da pensare quando vedo l’espressione di Kanon.

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Capitolo 23
*** Effetto collaterale! ***





When you feel your life ain't worth living
you've got to stand up and
take a look around you then a look way up to the sky

- Blind Melon - Change



Un suono, simile allo stridio del gesso sulla lavagna spezza l’attimo.
Alzo di scatto la testa verso il cielo scuro e lo scruto con attenzione.
Anche Saga ha smesso di fissarsi le scarpe e si guarda attorno sospettoso.
Kanon si è portato le mani alle orecchie, evidentemente infastidito più di noi tutti da quel suono. Milo pare perplesso e si guarda attorno alla ricerca di chi o che cosa possa aver fatto quel rumore.
- Se ti azzardi solo a pensare che finire fra le fauci di mamma Gargoyle è meno peggio che affrontare l’incazzatura di tuo fratello ti prendo a calci laddove non batte mai il sole! – informo Saga.
- Tsk – risponde lui seguendo il mio sguardo.
Poco dopo fa la mia stessa scoperta.
- Più che mamma Gargoyle direi che il piccolo si è tirato dietro tutta la famiglia… Gli dovevi proprio cavare un occhio? –
- Tu hai fatto, cosa? – si interessa Milo
- Milo, non penserai che io guidi in modo così spaventoso da poter distruggere in quel modo una macchina! – mi sento offesa dalle sue parole. Come se avessimo fatto noi un incidente di proposito!
- Pensavo guidasse Saga – ammette lui innocente.
- Crepa Milo! – il gemellino sta sfoderando le unghiette, buona cosa, almeno non continuerà a tormentarsi… Sfogarsi sugli altri, almeno a parole, sebbene non nobile è un atto estremamente liberatorio.
- Vuoi dire che sono stati quei cosi a distruggere la mia auto? – Kanon è un po’ scettico ma forse ha trovato dove indirizzare la sua ira.
- Ti ricordo che cercavano di catturare me. – sostiene Saga.
Ma allora ditelo!
E’ deficiente!
Il mio uomo, che ancora non sa di essere mio, è un deficiente!
Doveva proprio puntualizzare che il gargoyle cercava di prendere lui e la macchina ne ha fatto le spese?
Le omissioni non sono delle vere bugie, quindi per come la vedo io poteva tenersi la lingua fra i denti!
- Sparate masochistiche a parte, che ne dite se li facciamo fuori in fretta? Basta cavare loro gli occhi… Tutti e due gli occhi, con uno solo non funziona, e tornano statue di pietra. – annuncio loro per indirizzarli sulla giusta via.
- E che ci vorrà mai? Noi siamo quaggiù e loro lassù! – Milo rimarca le sue parole indicando prima i gradini che portano al Santuario e poi il Cielo.
- Tranquillo, scenderanno a prenderci! – sorrido
- O possiamo abbatterli… Saga posso spararti lassù come un proiettile? – chiede Kanon che evidentemente non ha affatto esaurito il suo risentimento nei confronti del gemello.
- Se vuoi ti ci mando io in orbita… - ribatte il Siant.
Se questo è l’idillio famigliare di avere fratelli, non ringrazierò mai abbastanza chi mi ha fatta nascere figlia unica!
Gli assalti in picchiata di quei mostriciattoli non sono così facili da evitare, soprattutto perché sono più numerosi di quello che mi ero immaginata.
In effetti i Gargoyles sono molto diffusi in Francia e in Spagna… Insomma sono diffusi laddove ci sono molte costruzioni gotiche perché per loro è molto più facile nascondersi con le statue vere che abbelliscono le linee tendenti all’alto di quello stile architettonico…
Esiste forse una qualche cattedrale nei dintorni? Perché se così fosse avrei trovato anche il posto da dove Uno di Nove li comanda.
Il tatuaggio sul mio braccio si è ingrandito di nuovo.
Ma questa volta brilla di un rosso vivo.
Quindi per qualcuno, stanotte sarò l’assassina…
Un artiglio mi penetra nella carne.
La carogna mi ha presa alle spalle.
Sul momento fa meno male di quello che pensavo ma poi…
Gli effetti del colpo si fanno sentire.
Mi sembra di avere l’arto disarticolato e non riesco a muovere il braccio che mi penzola lungo il fianco completamente inutile.



Dannazione, da quando mi hanno affibbiato questo incarico non faccio altro che prenderle e diventare un peso.
Mi spingo vicino ad una colonna, per potermi dare un po’ di protezione e non costringere gli altri a fare più sforzi per stare dietro a me.
- Cobra Incantatore! – un fulmine viola mi passa a fianco e poco dopo, uno di quegli affari esplode in volo.
Peccato che fra poco si rigenererà, ma va bene anche guadagnare un po’ di tempo. Devo istruire il nuovo arrivato.
Mi volto in tempo per vedere Shaina che si prepara ad attaccare di nuovo.
- Nemici del Santuario? – chiede mancando di poco il gargoyle orbo.
- Nha, ce l’hanno con me e Saga. Se non gli cavi gli occhi non li elimini mica.– le spiego lanciando le mie lingue di fiamma che sciolgono la testa dell’ennesimo nemico.
Si, anche liquefare i loro occhi ha lo sesso effetto, ma tanto i Saint non possono usar questa tecnica, quindi spiegarlo loro è inutile.
- Oh… Bhe, fa niente. Ormai sono in ballo. E poi fare il turno di notte è una tale rottura! – si giustifica lei scrollando le spalle.
In quel momento mi accorgo del pericolo in cui si trova Saga.
I Gargoyles sono scemi e hanno il cervello come un piccione ma… anche quei piccioni infernali hanno avuto una buona pensata!
Visto che non possono batterci se ci affrontano a caso si sono organizzati e hanno puntato su uno di noi.
Nel caso specifico: Saga.
Mi lancio verso di lui, decisa a fargli da scudo con il mio corpo, per proteggerlo da quelli che lo stanno assalendo da dietro, per quelli che fronteggia, credo che i suoi pugni che frantumano le rocce siano sufficienti e in quell’attimo lo realizzo.
Può essere?
Può davvero essere quello che ho intuito?
- Golden Triangle! – il colpo di Kanon ci investe in pieno, spedendoci a galleggiare fra le dimensioni.



Lo stupore sul volto del gemello mi si è impresso a fuoco nella mente.
Era stupito perché non aveva considerato di colpire anche me o era stupito di averci colpiti?
Scarto subito la seconda ipotesi.
Kanon ha lanciato deliberatamente quel colpo contro Saga.
Perché lo ha fatto?
Accantono quel pensiero, al momento la mia priorità è trovare Saga e poi uscire insieme da qui. Sono certa che lui ha una mezza idea di come si potrebbe fare… L’importante è non perderci. Mi osservo attorno, alla ricerca di qualcosa che mi possa dare degli indizi ma francamente non capisco.
E’ come se tutto il mondo fosse stato immerso nell’inchiostro nero.
Mi accorgo che inizio anche a non avere una chiara percezione di me stessa e del mio corpo. Tutto arriva come deformato… Mi sento più…
Grande non è la parola adatta.
Diluita.
Mi sento come se fossi stata diluita nell’acqua.
Potessi almeno trovar qualcosa di solido a cui aggrapparmi…
Un punto da usare come base per costruire tutto il resto…
Invece non vi è nulla.
No, ho sbagliato.
Nella tenebra brillano frammenti di luce. Avete presente gli smalti perlati? Ecco, la stessa cosa.
Realizzo che quelli sono microcosmi.
Mondi.
Galassie.
Universi…
Qualcosa mi passa attraverso.
Era piuttosto grosso… Cerco di capire cosa fosse e vedo un asteroide.
Assomiglia agli asteroidi che ho visto al planetario quindi immagino che lo sia, dato che non ne ho mai visitato uno per davvero…



Ok, o il Gargoyle ha qualche allucinogeno nei suoi artigli ed io non l’ho mai saputo e adesso sono in viaggio per un trip psichedelico o qui la faccenda è un po’ più complessa di quello che pensavo. Lo spazio viene di nuovo distorto.
Avete mai provato ad entrare in una stanza dove le pareti non sono dritte ma storte e il pavimento è inclinato?
Se non avete rincorso il vostro stomaco dopo i primi dieci secondi e siete riusciti a muovere qualche passo conoscete la sensazione.
Pare di essere sul punto di cadere in ogni istante e nello stesso tempo pare di essere travolti da una spirale…
Devo trovare presto Saga.
Qualcosa mi sfiora.
Riconosco la presenza.
Mia Dea!
Vorrei gridarlo ma non ho la gola e le corde vocali.
Tuttavia lei conosce la mia invocazione.
Nello spazio attorno a me si delineano due occhi.
Sono giganteschi.
Al loro confronto, quello che percepisco di me stessa è paragonabile ad una ciglia.
Gli occhi sono aurei, ma hanno un riflesso che non saprei identificare meglio. Le ciglia sono lunghe e addolciscono la severità del taglio… Vedo anche del trucco… rosa, verde, giallo… che sfuma nello spazio nel quale sono circoscritta.
Non so come sia possibile ma ho trovato Saga.
In realtà non l’avevo mai perduto.
Lui è… me.
Siamo legati.
Come i due nastri di DNA.
Cosa mi vuole dire la mia Dea?
Perché non comprendo?
Forse dovrei provare ad allargare il quadro generale…
Ma gli occhi sono scomparsi e di nuovo, galleggio nell’immensità del cielo senza riuscire ad avvicinarmi a nulla.
Talvolta un intero sistema stellare mi trapassa ma non è doloroso e pare che non vi sia nessuna ripercussione quando accade.
Come se io non esistessi.
Probabilmente è vero.
In quella realtà non esistiamo.
Siamo fantasmi.



- Ti tirerò fuori… - la voce di Saga mi attraversa.
Come le onde sonore che passano attraverso i muri.
- Stai bene? – la mia preoccupazione è per lui.
- Non ti riguarda. – è scontroso.
Una volta miele e una fiele. Devono essere gli effetti della sua personalità spaccata. Lo so che lui è legato a me in modo indissolubile.
Siamo di nuovo tornati ad essere due?
Non riesco a stabilirlo ma ormai la cosa non mi preoccupa troppo.
Quello che ci lega me lo aveva già rivelato la risonanza e ora me lo ha rivelato anche questo stato di cose.
- Per quanti sforzi tu faccia non puoi liberarti di me. Non so come è iniziata questa faccenda ma è così. – ammetto.
- Lo so! Mi credi scemo? –
- Allora dov’è il problema? – chiedo
- Sono un traditore. Sono un demone dal volto di angelo. Ho ucciso il mio migliore amico perché mi ha impedito di uccidere la reincarnazione della dea che servo e che si presume dovrei amare sopra ogni cosa. Ho governato in Santuario della Giustizia, sporcandolo con la mia giustizia personale, infamandolo…Ho rinnegato e messo a morte il mio stesso sangue… - il tormento della sua anima è doloroso da sopportare.
Con poche parole io ho rivissuto tutte le sue esperienze, come se le avessi compiute io stessa. Ogni singola parola dipingeva in me miriadi di ricordi, racchiudeva mondi…
Tuttavia io non fuggirò.
- Quindi? – chiedo mesta
- Ma sei stupida o cosa?! Io non merito nulla! –
- Oh Saga! Siamo tutti mostri ma non per questo non meritiamo di essere amati o di amare! –
- Vaneggi! -
- Se guardi meglio, puoi vedere quanto anche io sono mostruosa. Guarda pure. Non rinnego ciò che sono. Non l’ho mai fatto. Non da quando ho preso consapevolezza. –
- Non… Non voglio… Non voglio sapere! – protesta lui
- Oh, ma tu già sai. – e non ho mentito.
- No! Mai! – si intestardisce nella negazione.
- Lo sai. E sai anche che io ti amo. -
- E’ ora di fare un passo avanti – la voce della mia Dea scuote il quel piano astrale. La metafisica non è mai stata il mio forte ma adesso che la sto vivendo qualcosa mi diventa più chiaro.
Una piccola sfera ci si precipita contro ad una velocità che è persino più elevata di quella della luce.
Siamo noi a rimpicciolire o lei ad ingigantirsi in modo esponenziale?
Ha la forma della Terra ma non è la Terra.
E’ azzurra e verde. Più verde forse.
Cadiamo nel suo cielo come una meteorite.



Quando apro gli occhi una luce fredda li colpisce.
Per un attimo sono costretta a strizzarli.
Sollevo una mano per toccarmi la fronte e realizzo che ho un corpo.
Devo solo capire di quale corpo si tratti.
Non dovrebbe essere difficile…
Al massimo sono diventata un Avatar.
Mi dico che guardo troppo fantasy.
C’è qualcosa di diverso in me…
Ho due gambe che vedo bene tese davanti a me.
Ho due braccia, due mani… Ho i capelli decisamente molti più lunghi di quello che ho di solito… E sono di un pallore quasi lunare.
Ma questo forse è dovuto alla luce che i tre soli emettono.
Dopodichè noto che sono su una foglia gigantesca. Una di quelle larghe e piatte tipo quelle delle ninfee negli stagni.
Mi guardo subito le spalle ma nessuna protuberanza sospetta. Niente ali, grazie alla Dea!
Mi sposto verso il bordo della foglia.
Sento lo sciabordio dell’acqua.
Sotto di me vedo effettivamente dell’acqua ma lo stagno? il lago? l’oceano? Pare non avere fondo. Vedo solo le radici curvilinee dalle piante acquatiche che si perdono in grovigli che da verdi prendono i tono del blu scuro man mano che scompaiono verso chissà quale profondità o quale nucleo o quale fondo…
Sento una presenza che si inginocchia al mio fianco.
Intravedo un riflesso come in uno specchio.
La mia mente suggerisce che è stonato.
Mi trovo ribaltata sulla schiena.
La figura è in controluce e non la vedo bene…
C’è un urgenza disperata, quasi frenetica nei suoi gesti.
Si china su di me e mi bacia.
E’ stato come dare fuoco alla miccia.
Non mi fermerò fino a che non mi sentirò paga.
E’ un modo di fare sesso… No, di fare l’amore che non ho mai sperimentato prima.
Possono i fantasmi amoreggiare?
Penso che lo scoprirò presto.
Qualcosa guizza nell’acqua sotto di a noi. La foglia viene scossa come da un terremoto.
All’improvviso veniamo investiti da una cascata di acqua che pare pioggia…
E con essa arrivano le visoni di come è cominciato tutto.
L’esistenza della mia Dea che veniva minacciata dalla nascita del Dio suo oppositore. La creazione di Quattro Alfieri.
L’esercito dei Nove.
La nascita dell’Assolutore di anime, generato da una scissione dell’Uno di Quattro…
La nascita della Divoratrice di anime generato dalla scissione di Uno di Nove…
Gli Egizi dovevano conoscere qualcosa di questa storia perché nel loro giudizio delle Anime, seppure con nomi diversi, e con un po’ più di scenografia venivano citati alcune delle esistenze che avevano attorniato il Dio e la Dea.
Eppure come la storia stessa insegna, ciò che non è utile viene dimenticato per poi essere riscoperto quando ci sarà di nuovo bisogno di quella conoscenza.



- Saga! Niane! – qualcosa ci afferra e ci strappa via.
Perdo il senso di quello che sto vedendo.
Non vorrei dimenticare ma non posso fare altro che lasciare andare ciò che stavo conquistando…
Saga!
Allungo la mano per afferrare concretamente la persona che mi sta a fianco.
Forse non è nemmeno fattibile una cosa del genere ma gli istinti sono duri a morire.
Sgrano gli occhi sconvolta.
Questa è follia!!!!



Di nuovo lo spazio collassa su se stesso, implode in un buco nero enorme…



Quando riapro gli occhi sono sdraiata sulle scale del Santuario.
Alcuni Gargoyle, tornati pietra giacciono infranti sul marmo delle scale, altri hanno rovinato le scale stesse… Ne riesco a contare otto prima ruotare il capo.
Il volto di Milo e quello mascherato di Shaina sono sopra il mio.
Alzo di nuovo la mano e di nuovo qualcosa mi dice che non va bene. Qualcosa è stonato…
Un urlo di donna.
Sconvolto e angosciato.
- Rimetti le cose a posto! Rimetti le cose a posto! – ripete incessantemente in modo isterico.
Mi alzo di scatto, per vedere oltre a Milo e quasi gli rifilo una poderosa craniata.
Saga… No, quello è Kanon sta cercando di difendersi dai pugni di una ragazza furibonda…
Un momento…
Capelli ricci e neri… Minigonna bianca con una bocca rossa… Monospalla rosso… Sandali con una zeppa vertiginosa… Tatuaggio che le ricopre spalla e quasi mezzo bicipite dai colori cangianti…
Ma quella sono IO!
Io?
Un attimo…
Se io sono là…
Cioè qui….
- Non muoverti così in fretta. Devi aver battuto la testa quando Kanon vi ha strappato fuori in malo modo dal Golden Triangle… Sei pallido come un cencio, Saga. -

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Capitolo 24
*** E' assurdo! ***



Bruci la città
Crolli il grattacielo
Rimani tu da solo
Nudo sul mio letto.


- Bruci la città – Irene Grandi



Milo mi osserva torvamente.
I suoi occhi azzurri sono assottigliati e spuntano da sopra la stoffa a fiori di un asciugamano. Ha smesso di ridere quando gli ho mollato un pugno alla mascella.
Adesso ci sta tenendo il ghiaccio sopra.
Devo imparare a fare i conti con la forza fisica di questo corpo.
E’ decisamente più della mia.
Shaina, che si è premurata di preparare l’improvvisata medicazione a Milo ha deciso poi di battere in ritirata, con la scusa di dover relazionare la battaglia appena avvenuta, quando ha notato che l’unghia venefica che contiene Antares non aveva intenzione di sparire dal dito dello Scorpione. - Sto morendo dalla voglia di bucherellarti il culo – mi informa.
- Ti ho già chiesto scusa! Non pensavo di colpirti così forte… E poi, ti avevo ben avvertito di smetterla di ridere! – mi difendo.
Dal corridoio sentiamo il battere incessante dei pugni di Kanon contro la porta sbarrata della stanza che avevano riservato a me. Evidentemente i nostri corpi conservano traccia delle azioni abitudinarie… Credo.
- Dai, aprimi! Giuro che non rido più… Fratello…. - supplica ogni tanto ma credo che Saga, con il mio corpo non aprirà quella porta per molto tempo ancora.
- Ma com’è successo? Voglio dire… Non è mai accaduto che dopo un viaggio fra le dimensioni ci fosse uno scambio di corpi… - chiede Milo che sebbene ancora irritato non vuole rinunciare a fare un po’ di chiarezza.
- Non lo so. Sono una sega in fisica quantistica, astronomia, astrofisica… So solo che mi sono risvegliata nel corpo di Saga… - sospiro rassegnata.
- E lui nel tuo… - a Milo scappa di nuovo un mezzo sorriso che si tramuta in smorfia di dolore quando il taglio che ha sulle labbra si tende. Per fortuna non ha ripreso a sanguinare.
I colpi nel corridoio cessano e poco dopo Kanon si siede a tavola con noi.
Ha l’aria preoccupata ma anche divertita.
- Non ridere. E’ tutta colpa tua! Perché cazzo hai lanciato il Golden Triangle? Già che c’eri potevi passare all’Another Dimention direttamente! –
- E’ più facile uscire dal Golden Triangle. Si tratta di una sola dimensione e non di universi multipli. Ho pensato che non potevo spazzare via tutti i nemici e quindi far sparire Saga sarebbe stato più pratico. Lui sa come funziona quel colpo ci avrebbe messo pochissimo a venirne fuori… Ma ho calcolato male il raggio di azione e ti ho accidentalmente coinvolta… -
- Sei un completo deficiente! - sbotto
Gli occhi verdemare si sgranano e si puntano sul mio viso.
- Che c’è? – ringhio.
- No è che… Fa impressione sentire Saga parlare come Niane… -
- Io SONO Niane! – puntualizzo l’ovvio.
- Ma sei nel corpo di Saga – evidentemente ci piace a tutti mettere i puntini sulle i.
Fra noi cala un lungo attimo di silenzio.
- Idee? – chiedo ad un tratto sentendomi la testa completamente vuota.
- Perché non ci facciamo tutti una sana dormita? Magari quando saremo più riposati… No so. La cosa ci sembrerà meno complessa? – suggerisce Milo.
- Certo. Peccato che Saga mi ha occupato la stanza ed io non intendo occupare la sua. E’ già abbastanza inquietante essere in lui! – ammetto
- Tranquilla ti cedo il mio letto. Ho sempre pensato che la stanza di Saga è più bella della mia! - ammette Kanon.
- Se sei spaventata dormo io con te… - si offre Milo, per poi sbiancare di colpo. – No, ci ho ripensato, anche se sei una donna… Adesso non lo sembri affatto! –
- Questo è una delle ragioni per cui Shaina ti darà sempre picche! – sbotto.
- Che vuoi dire? – si informa lui.
Sospiro.
Avevo giurato di non aiutarlo ma…
Insomma prima glielo dovevo, poi mi ha messa nei guai con Kanon che grazie al cielo non sta più pensando alla sua macchina ma al fatto di avere un gemello nel corpo di una donna e infine gli ho mollato quel pugno, rifacendogli mezza faccia… Forse sono di nuovo in debito con lui visto che non mi ha ridotta ad un colabrodo con Antares…
- Senti Milo… Se a te interessasse una ragazza ma… Lei fosse distratta da altro… - inizio ma lui mi interrompe
- Ti ricordo che Shiana è innamorata di Pegasus. Non è una semplice distrazione! –
- Ok. Perché è innamorata di Pegasus? –
- Perché?! – sbotta lui.
- Oh andiamo! Non è che ci si innamora senza nemmeno un perché. Non quando è una cosa seria! – insisto
- Senti ha rischiato tre o quattro volte di morire per proteggere quel ronzino alato… Non è che si faccia una cosa del genere per chiunque, sai? –
- Allora sei senza speranza. Certo è che, te lo dico da donna, anche se avessi a mia disposizione il più figo del pianeta e questo fosse interessato ad ogni sottana che vede non lo prenderei mai in considerazione nemmeno per una botta e via, figurati per una cosa più seria! –
- Quindi con Saga la cosa è seria? Almeno da parte tua… - si intromette Kanon.
Divento viola.
- Wow! – esclama Milo.
- E’ impagabile, vero? – chiede Kanon iniziando a ghignare inquietantemente.
- Cosa state macchinando? – un pensiero mi sfiora e passo rapidamente lo sguardo dall’uno all’altro.
- Non ho mai visto Saga arrossire – ammette Milo.
- Chissà cos’altro può mostrarci Niane… - Kanon avanza verso di me allungandosi sul tavolo come una serpe che svolga le sue spire.
- Quell’espressione non mi piace! Cos’hai in mente Kanon? – chiedo ritraendomi sulla sedia per puro istinto.
- Tranquilla, tranquilla si un uomo, no? – sussurra il gemello.
Credo che il serpente dell’Eden avesse esattamente lo stesso tono quando circuì Eva.
- Facciamo un bagno tutti insieme? Nella megapiscina di Saga… E’ ottima contro lo stress. Praticamente una vasca termale su misura! –
- No! Non ho alcun interesse a vedere i vostri battacchi al vento! – ribatto.
- - Mmmmhhh Io però sono curioso di sapere se certe cose fanno ancora effetto a Saga… - sussurra Kanon allungando la mano e pizzicandomi un capezzolo.
Un brivido mi corre lungo la schiena mentre sento immediatamente inturgidirsi la parte interessata.
Boccheggio avvampando.
Perdonami Saga!
Sto demolendo la tua immagine!
- Wow! Com’è bello! Adesso capisco perché lo paragonano ad una divinità. Se non fosse sempre così serio e imbronciato avrebbe migliaia di donne ai suoi piedi – Milo sgrana gli occhi.
- Garda che ha il mio stesso volto! – gli fa notare Kanon
- Um… Si e no. Il tuo è… Come dire… Più stronzo. –
- Fanculizzati Milo! –



- Smettetela immediatamente! E Tu , vieni con me! SUBITO! – la voce di ragazza ci gela sul posto. Dal rettangolo della porta sto avanzando io, cioè, il mio corpo.
Incede in modo deciso e regale, con una fierezza che non mi appartiene di certo.
I riccioli neri sono ancora pieni di polvere, gli abiti sporchi ma gli occhi non sfuggono gli sguardi. L’oro del Natsume è inquietante ma devo ammettere con me stessa che non sono la racchia che ho sempre creduto di essere. O forse sono Gli occhi di Saga che mi mostrano… Carina?
E’ preoccupante vedere che una ragazza trascina per la Terza casa il Santo dei Gemelli come se fosse una bambola di pezza… Però è così bello lasciasi guidare da quella mano calda che stringe il mio polso…
- Saga! – ritrova la voce Kanon che fa per seguirci.
- Stanne fuori, hai già fatto abbastanza danni! – gli ringhia contro la ragazza con un tono decisamente da uomo. E uomo che è abituato a comandare e a vedere eseguite le sue richieste in modo veloce e senza proteste.
Poco dopo Saga mi spinge dentro il bagno.
- Lavati con cura, che non mi posso vedere così sporco! – mi dice infilandomi fra le mani un paio di barattoli dicendo: - Bagnoschiuma, shampoo e crema per capelli. Cerca di non rendermi pelato prima del tempo! – poi mi lascia sola in bagno piazzandosi di guardia alla porta.
Posso vedere dalla lavorazione in vetro della stessa la sua sagoma all’esterno.
Decisamente una volta che mi sono ripulita le cellule stesse di quel corpo paiono ringraziarmi.
Siccome i capelli sono veramente lunghi decido di toglierli di mezzo legandoli in due trecce piuttosto folte.
- Hai finito lì dentro? – sbotta irritata la mia voce, cioè quella che era la mia voce… Oh, al diavolo! Mi avvolgo la savvietta in testa modello turbante ed esco dal bagno.
- Aspettami qui! Faccio in un attimo. –
Venti minuti dopo sento il phono accendersi e qualche attimo dopo una colorita sequela di insulti provenire dal bagno.
Mi sa che anche i nervi di Saga hanno ceduto.
Kanon fa la sua comparsa nel corridoio.
Indossa solo boxer neri e cammina a piedi nudi sul pavimento freddo. Credo sia per questo che ha i capezzoli turgidi.
- Che succede? – mi chiede.
- Non so. Mi ha ordinato di lavarmi e poi mi ha detto di aspettare qui circa venti minuti fa. Adesso sta tirando giù tutti gli Dei dall’Olimpo. – relaziono
- Ti conviene toglierti quella savvietta umida dalla testa se non vuoi che ti venga un raffreddore – mi consiglia il gemello.
- Oh, non ci avevo pensato – ammetto liberando i capelli che ricadono in due trecce ai lati del viso.
Kanon scoppia a ridere talmente forte e talmente tanto che deve reggersi allo stipite della porta.
- Ahahha!!!! Nemmeno Phro ha mai osato tanto…. Ahahahah!!!!!! –
Mi tocco i capelli.
- Perché non sono carine? Mi stanno male? – chiedo non capendo.
- Ti prego… - A Kanon si piegano le ginocchia. E’ paonazzo.
La porta del bagno si spalanca di colpo.
Saga ha la spazzola inglobata dai miei ricci, che sono… un gomitolo passato sotto le zampe di un gattino sarebbe comunque meno aggrovigliato… Per un attimo penso che l’unica soluzione sarebbe tagliare. Un attimo… Tagliare i miei capelli!? Giammai!!!!
Quasi contemporaneamente Saga realizza come sono pattinata io e all’unisono esplodiamo in un
-Cosa accidenti hai fatto ai miei capelli!?!?! – decisamente inferocito.
La cosa finisce a spintoni nel corridoio, prima che io, incazzata nera mi chiuda in camera di Saga.


Ecco, adesso ci starebbe davvero bene un attacco di qualche demone. Almeno avrei qualcuno su cui sfogare rabbia e frustrazione. Ma quando servirebbero a qualcosa, quei rompipalle non si fanno vedere.
Lascio cadere a terra l’accappatoio e spalanco l’anta dell’armadio.
Un bagliore attira la mia attenzione.
DEA! Perché mi vuoi punire così severamente?!!?
Lo specchio a figura intera non lascia nulla di celato.
E i miei occhi divorano ogni cosa.
Ok, le treccine sono ridicole ma… il resto Arf!!!!
Pensieri peccaminosi mi passano per la mente mentre uno solo è l’imperativo:
Toccati!
Saga non lo saprà mai… suggerisce il mio lato lussurioso
Le mani prudono dal desiderio di farlo ma stringo con forza i pugni.
Non posso farlo.
Sarebbe peggio di una violenza fisica.
Appoggio la testa allo specchio.
E’ freddo contro la mia pelle.
Mi esce un sospiro che sa di rimpianto.
Le mani mi tremano mentre mi costringo a concentrarmi sui vestiti.
Opto per dei boxer bianchi e una maglietta dello stesso colore.
Mi stendo a letto e l’odore di Saga mi avvolge.
Maledetto feromone!!!!
Mi passo le trecce sotto il naso, magari l’odore dello shampoo mi distrae. Tutto il mio mondo è lì.
Un corpo semi nudo raggomitolato in posizione fetale su un letto troppo grande persino per uno della stazza di Saga.
Sento le lacrime scorrere sul viso, ma sono certa di non essere io quella che piange.



Quei rompicoglioni degli uccellini cinguettano a tutto spiano, interrompendo il mio sonno.
Auguro loro un diarrea fulminante prima di aprire gli occhi e fissare un soffitto sconosciuto. Ci metto qualche istante a ricostruire gli accadimenti della notte precedente e mi lascio sfuggire un sospiro rassegnato. Sarebbe gradito un chiarimento da parte della mia Dea ma a quanto pare sul fronte telepatia tutto tace.
Getto indietro le lenzuola per vincere la tentazione di infilarci sotto la testa, modello struzzo e fingere di essere piombata in un sonno eterno per evitare Kanon, Milo, tutti gli altri e soprattutto la doverosa spiegazione ad Athena.
Che cazzo ho appena fatto?!?!
Spalanco gli occhi incredula e osservo le mie dita – le dita di Saga – che ancora si grattano i testicoli, mentre il minime fa l’alzabandiera.
Mi precipito nella mia stanza – cioè quella di Niane – travolgendo Kanon che sta uscendo dal bagno proprio in quel momento e ha la disgrazia di trovarsi nel posto sbagliato a momento sbagliato.
Spalanco la porta rumorosamente e osservo me stessa dormire abbracciata al peluches a forma di tucano.
Sembro piccola e indifesa, abbandonata al sonno fra le lenzuola bianche. Anche il tatuaggio del mio braccio pare meno brutto del solito…
Oh, chissenefrega!
Strappo le coperte dal corpo dormiente e noto con orrore che Saga – io mi sarei amputata le mani da sola prima di compiere un simile gesto – ha indossato una delle camicie da notte che Nat mi ha messo in valigia.
E’ la parodia sexy di una sottana del settecento, ne sono certa!
- Saga! – ho sforato di qualche decibel.
Vedo il mio corpo scattare e mettersi seduto, abbracciando stretto il tucano. Gli occhi castano sono immensi e si guardano attorno spaventati.
- Kanon? – chiede fissandomi.
- No, sono Niane! – gli annuncio
Sbatte le ciglia un paio di volte, cercando di fare chiarezza.
- Oh, già ricordo… - borbotta.
- Ricordo un cazzo! Fallo smettere, subito! – sibilo.
- Smettere? Cosa? – chiede lui.
- Questo! – ringhio afferrandogli la mano e piazzandola sulla mia – sua – erezione.
Kanon si gode la scena dalla porta e la risata in cui scoppia la dice lunga sul suo pensiero del momento.
- Pianta di ridere bastardo! – impreca Saga ritraendo di scatto la mano e pulendosela nelle lenzuola come se avesse toccato qualcosa di sporco. – Dea! Che impressione disgustosa toccare le parti intime di un uomo! –
- Come se non ti fossi mai fatto una sega prima! – ribatto ghignando.
Uno scappelloto mi colpisce la nuca
- Che linguaggio è mai questo! Sulla mia persona poi! E togli quelle trecce orribili! –
- Oh scusa tanto se sporco la tua boccuccia profumata di roselline! Adesso dimmi come far tornare a dormire il tuo minime o elimino il problema alla radice con un colpo deciso di forbici! –
- Non ti azzardare o io… o io… - Abbassa lo sguardo sui miei seni ma li ha poco da fare poi trova una soluzione - Dico a Death Mask che vuoi essere il suo oggetto sessuale! –
- Carogna! – protesto indignata.
La sua mano intanto è passata a sciogliermi le trecce, evidentemente non le sopporta più…
I suoi occhi – i miei occhi – si fanno improvvisamente aurei.
Non ditemelo!
Con tutto questo trambusto non ho più controllato le carte astrali degli altri Saint e adesso uno di loro sta tornando!
Il tatuaggio assume tutte le sfumature del blu.
Bhe, se non altro Saga non deve fare la parte dell’Assassino… Anche se mi sa che avrà comunque delle difficoltà a fare quella dell’Osservatore…
- Saga concentrati… Chi dei tuoi compagni sta tornando? – chiedo afferrandolo per le spalle.
Accidenti o questo qui ha le mani che sono due tenaglie o le mie spalle sono esili…
- Shura… - mormora prima di accasciarmisi contro.
- Shura?! Chi è Shura? Dai che non è il momento di fare la nanna! Alza il culo e andiamo! – gli sbraito contro trascinandolo di peso fuori dal letto.
Lui inciampa nei suoi stessi piedi e finisce a terra.
Se ammacca il mio corpo mi vendicherò ammaccando il suo, lo giuro!
- Dammi un momento, sono smarrito… - mi informa lui portandosi una mano alla testa.
- Non c’è tempo! Dove si sta radunando il suo Cosmo? – chiedo.
- Nella Decima Casa – risponde lui.
- Ok! – sostengo gettando il mio stesso corpo di traverso sulle mi nuove ampie spalle e partendo di corsa alla volta della Decima.



Speravo di attraversare la Quarta come un lampo e invece Death Mask che sta fumando una sigaretta in veranda con in mano una tazza di caffè, ci intrattiene con un paio di domande a cui avrei volentieri risposto con un calcio nei suoi gioielli di famiglia.
- Vuoi passare da casa mia? – chiede l’ovvio.
- Te ne sarei grato, Cancer – spero di essere credibile nei panni del vero Saga.
Sento il suo corpo tendersi per il nervosismo sulle mie spalle.
- Che ha fatto la mocciosa? – a quanto pare Death è in vena di chiacchiere.
- Mi ha mancato di rispetto. Ne voglio discutere con Athena.– Si, credo che Saga usi questa terminologia erudita.
- Oh Saga! Sei sempre così rigido e formale! A volte sembri quel rottinculo di Virgo. –
Devo fare una faccia disgustata per le volgarità? In realtà mi viene da sorridere…
- Posso passare o no? – fingo di essere spazientito.
- Gliela hai data la seconda ripassatina a quella? Ha un culo che parla da solo, con quella roba addosso poi… Fosse nella mia casa la scoperei fino a farle chiedere pietà -
Saprei ben io che ripassata darti, troglodita, maniaco, porco maiale!
Ed io l’ho pure baciato per riportalo in vita… Puah!
Lo fumino con lo sguardo.
Se ne dice un’ altra ce lo mando per direttissima, senza nemmeno passare dal via.
I suoi occhi rossi brillano però di malcelata ammirazione quando fissano Saga – me.
- L’omo cummana ‘a fimmina ubbidiri! – commenta alzando il pollice verso il cielo.
- Col cazzo zotico burino! – non posso soprassedere alla provocazione. Lascio cadere Niane a terra come un sacco di patate – Se pensi che gli immondi insulti di un caprone in calore mi mettano in fuga sei fuori strada di brutto! A te il mio culo non è concessi nemmeno di sognarlo! E azzardati a fare un solo pensiero sconcio sulla mia persona che ti lancerò una maledizione tale per cui nemmeno il viagra portà fare qualcosa per la penducolite del tuo orgoglio! Mi sono spiegata Death Mask!? – Dea che impressione minacciare un uomo, con quel tipo di minaccia poi!, con la voce da uomo!
Cancer diventa bianco come un cendio poi sbotta
- Niane? E allora lei chi è? – chiede indicandomi, o meglio indicando il mio corpo.
- Saga – sospira affranta la ragazza.
Le gote di Mask si gonfiano paurosamente e lui diventa viola.
- Passate pure… - la voce gli esce strozzata.
Siamo quasi arrivati alla casa del Leone ma ancora sentiamo la risata del Cancro e Saga è attorniato da una nuvola mortifera.
Per fortuna Milo sa già tutta la faccenda ed io conto molto sulla discrezione di Virgo.



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Capitolo 25
*** - Un passo avanti - ***



Deeper into our heavenly suffering
Our fragile souls are falling
It's heartache every moment
Baby with you

Heartache Every Moment - HIM



Shaka indugia solo qualche istante prima di manifestare la sua presenza all’ingresso della Sesta Casa. Ci accoglie con addosso una tunica rossa tipica dei monaci buddisti. I suoi capelli biondi sono più lucenti che mai e la sua espressione imperturbabile come se non avesse più molto di umano. Avanza verso di noi a passo lento ed elegante.
Noto che è scalzo.
Forse abbiamo interrotto la sua meditazione.
Con lentezza si decide ad aprire gli occhi e osservarci.
Sono solo infinitamente azzurri.
Belli, anzi bellissimi.
E non certo perché sono occhi puri, ma perché sono occhi che hanno visto e compreso.
Sono occhi di chi non ha distolto lo sguardo per paura e vigliaccheria, ma sono gli occhi di chi ha continuato a guardare, anche attraverso il dolore e che hanno imparato come amare.
Non l’amore egoistico che generalmente unisce un uomo con una donna, ma quell’amore così puro che abbraccia il mondo intero, pur conservando la consapevolezza di quanto possa essere profonda la miseria dell’animo umano.
Sono certe che se c’è un Saint che può abbracciare Saga e accettarlo per quello che è, ebbene, costui è proprio Shaka.
Ma so che il Saint di Virgo non compierà mai un simile gesto se non gli viene espressamene richiesto.
Non perché lui sia arrogante o si ritenga essere superiore, ma perché proprio per la sua intima natura non farebbe mai nulla che possa anche solo parere… Non desiderato o inadeguato.
Gli sorrido.
Anche se questo non è da Saga.
So che non ho bisogno di metter su nessuna recita.
Lui ha già capito ogni cosa.
- Se c’è qualche cosa che posso fare… - ci dice ad un tratto, con una voce cristallina e limpida che pare abbia in se il potere di scacciare le tenebre.
- Grazie. – mi sento in dovere di dire e resto un po’ confusa dal timbro basso e virile che essa ha.
Non è facile abituarsi ad essere nel corpo di un uomo. Continuo a pensare a me come alla donna che sono.
- Per il momento non v’è soluzione a questo inconveniente – riconosce Saga con la mia voce. Shaka lo fissa per un lungo istante, in silenzio, poi gli si avvicina.
Immagino che sia un po’ imbarazzante per Saga dover sollevare la testa per guardare il suo pari negli occhi. Di solito sono glia altri a dover sollevare lo sguardo, data la sua altezza.
La reincarnazione di Buddah emette un piccolo sospiro, quasi impercettibile poi fa un passo indietro. Mi pare che stia ritrattando la sua offerta. Come se avesse teso la mano in un gesto d’amicizia e sia stato respinto.
La sensibilità di Shaka è qualcosa di incomprensibile ai più.
Ma io posso vedere.
E’ la prerogativa di essere l’Uno di Quattro.
Penso che verrò presa a calci, da tutti e due.
Virgo è poco più basso del mio corpo attuale, ma decisamente più sottile.
Le sue spalle sono esili e rivestite da pelle e muscolo.
Ma il suo corpo è caldo e il suo profumo è… Pulito e buono.
Anche il corpo di Saga gioisce di questo abbraccio. Ne aveva un disperato bisogno, me ne accorgo solo mentre sento le braccia del Saint della Sesta posarsi piano sulle spalle ampie.
- Grazie per il tuo perdono. Il vero proprietario di questo corpo non te lo direbbe mai e forse tu non te lo vuoi sentire dire, ma le parole determinano gli eventi e danno loro consistenza quindi sono necessarie. –
Un calcio negli stinchi mi fa intendere che Saga non ha gradito affatto.
Ringrazio che è rinchiuso nel mio corpo, così non può usare il suo Cosmo o credo che mi sarei trovata a vagare in universi paralleli per il resto della mia esistenza.
- Andate – ordina Virgo, dandoci le spalle e sparendo dietro a un grosso portene di legno scuro che si è dischiuso giusto il tempo per farlo passare.
Dietro di esso mi è parso di intravedere un giardino fiorito, ma forse mi sono sbagliata, come sicuramente mi sono sbagliata nel reputare le sue orecchie più rosee del solito.
- Occupati di Shura, per favore! – esclamo a quel punto, ma le porte che danno sulla stanza del mistero si sono già chiuse.
- Lo farò. – la voce del Saint della Sesta ci raggiunge comunque.



Allungo la mano per prendere quella di Saga, cioè la mia e resto raggelata.
Il suo sguardo è spaventoso e se lo dico io che ho fronteggiato parecchi demoni, dovete credermi sulla parola! Davvero posso essere così priva di emozioni? Davvero posso essere così morta dentro? Saga mi ucciderebbe senza provare nulla. Né rimorso, né rimpianto,né orrore. Saga è un mostro. Un assassino che non si cura troppo da che parte stia la ragione. E’ qualcuno o qualcosa che ha le sue regole ben precise, ma esse sono poche e sono molto diverse da quello che è il senso comune.
Appartiene ad Athena?
Lui lo crede.
Ma ciò che lui crede non è necessariamente la verità.
O forse quello sguardo e quelle espressioni sono le mie.
Sono io che non appartengo ad Athena e sono sempre io che posso essere mostruosa quanto un demone, perché osteggiandoli per tanti anni ho imparato non solo a pensare come loro, ma a volte a comportarmi da mostro, proprio come loro.
Lascio perdere e mi avvio verso l’uscita della Sesta casa, decisa comunque a raggiungere la Decima, ad aiutare Shura e poi a chiedere udienza a d Athena. Ho bisogno del suo aiuto per fare chiarezza in merito a quello che è accaduto a me e a Saga. Forse una Dea sa come sistemare il pasticcio o forse ha gli agganci necessari per scoprirlo.
Non voglio soggiornare in questo corpo più di quanto saga desideri trovarsi nel mio.
- Al cospetto di Athena lascia parlare me. E’ già umiliante in questo modo, non c’è bisogno che tu ci metta del tuo. – mi dice non appena entriamo nell’ Ottava.
Milo ci lascia passare senza fare domande o commenti inopportuni e con questo si guadagna tutta la mia gratitudine.
In realtà non so quanto la cosa sia disinteressata, il suo labbro mostra ancora i segni della mia reazione un po’ troppo violenta ma il suo sguardo pare non serbare rancore. Forse una buona dormita gli è servita a farsi passare l’incazzatura nei miei confronti o forse è lo sguardo che l’ospite del mio corpo gli rivolge ad indurlo a lasciare perdere ogni velleità e a ritirarsi mestamente dopo averci accordato il permesso di transito.
Continuo a sentirmi una merda per come l’ho trattato. Prometto di nuovo a me stessa che gli darò qualche dritta per far colpo su Shaina. Non conosco il Saint dell’Ofiuoco così bene da potermi ritenere sua amica ma per me è piuttosto facile leggere gli animi di coloro che mi stanno attorno e so che la ragazza, sotto la sua aggressività in realtà è dolce e generosa. D’altra parte non posso certo dire di non capirla. In un mondo esclusivamente e prettamente maschilista come quello del Santuario se non si tirano fuori le unghie e tutte le palle di cui si dispone, per una donna è inevitabile fare la fine di una frittella.
Marin si è difesa in un modo diverso, ma Marin è felice di servire la Dea preparando i giovani virgulti a diventare Santi, mentre a Shaina questo non basta. Non è che non compia il suo dovere di Master ma è anche quella che non esita a scendere in campo e a sporcarsi le mani quando necessario. Per questo suo modo di essere ha dovuto scontrarsi assai più spesso di Marin contro l’imperante mentalità maschilista. Conosco l’ambiente e so che anche se non ne hai una gran voglia, quando hai a che fare con gli uomini è sempre una gara a chi piscia più lontano.
Un ghigno mi taglia il volto.
La prossima volta che devo fare pipì non si siederò sulla tavola del water, ma troverò un bell’urinatoio e magari farò anche dei disegnini sulla ceramica. E’ infantile e sciocco, lo so ma ne ho bisogno per salvaguardare la mia sanità mentale.
E’ una specie di rivincita nei confronti dei sessisti e Nath è il primo iscritto alla lista del partito.



Giungiamo alla Decima pressoché in silenzio.
All’inizio il carattere taciturno del gemello mi metteva a disagio, adesso ho imparato a apprezzare. Saga non dice mai nulla di troppo o di eccessivo e riflette molto sulle questioni.
Ho come la sensazione che quando arriveremo da Athena lui abbia già una soluzione da proporre.
Che sia efficace o meno è da stabilire ma non mi pare uomo a cui si debba preparare la pappa.
- Sbrighiamoci o la nostra richiesta di udienza potrebbe venire rigettata per oggi. – mi dice.
- Come preferisci, ma adesso dobbiamo fare qualcosa, qui. Ho bisogno che tu la faccia per me. - riconosco prendendo consapevolezza che in corpo di Saga non sa percepire il ritorno dell’anima di Shura come invece è in grado di fare il mio.
- Niane, perché sto andando in questa direzione? – chiede Saga, sempre imprigionato nel mio corpo, fissando con sconcerto i suoi piedi che si muovono verso un lato oscuro del corridoio della Decima.
- Perché il mio corpo sa che ho del lavoro da fare. Non ostacolarlo. – gli suggerisco affiancandolo.
- Non mi piace per nulla. – ringhia Saga.
Gli poso una mano sulla spalla.
- Stai tranquillo. Non ti lascerò solo. Andrà tutto benissimo. – lo rassicuro mente entriamo in una stanza.
La sua mano colpisce la mia, allontanandola con stizza.
Pare una stanza di un castello medioevale, fatta in mattoni di tufo bianco e priva di ogni ornamento. C’è solo un arazzo rosso come il sangue su una parete e la luce filtra da finestrelle lunghe e strette. Tutta la sala ha una forma circolare e il soffitto termina a cupola.
Al centro della stanza vi è una roccia, scura.
Credo si tratti di granito.
Confitta in essa vi è una spada.
Excalibur.
Di certo sarebbe stato molto più scenografico trovarla nel bel mezzo della foresta di Broceliande, come raccontano le leggende celtiche di Mago Merlino e Re Artù, della Dama del Lago e del Piccolo Popolo Fatato…
Un lupo dal pelo candido come la neve avanza verso di noi.
La sua coda si muove lentamente e sfiora quasi il pavimento.
I suoi occhi sono semplicemente neri. Non vi è distinzione tra le pupille e l’iride.
Rigel.
Si accuccia sulle terga posteriori ed emette quello che potrebbe essere a tutti gli effetti uno sbadiglio.
Denti aguzzi e lingua rosea fanno nella mostra della loro potenziale pericolosità.
- Non riesco a sentirlo, Saga… Dov’è concentrata l’essenza di Shura? – chiedo fissando il mio corpo che non distoglie gli occhi di dosso al lupo, come se si aspettasse di venire attaccato da un momento all’altro.
Le orecchie pelose si muovono avanti e indietro, come se Rigel stesse captando tutte le vibrazione dell’etere.
- Saga, lascia stare quel lupo che è dei nostri e, concentrati per capire dov’è Shura. – gli chiedo cercando di essere paziente.
Il lupo bianco pare ghignare mentre si solleva e con la zampa posteriore si gratta esattamente dietro l’orecchio.
Non conosco l’aspetto umano di Quattro di Quattro ma non ho dubbi che abbia una gran faccia da schiaffi.
Saga, o meglio il mio corpo, chiude gli occhi.
Per coloro che non hanno la preparazione adatta chiudere gli occhi quando viene richiesto di sentire qualcosa è abbastanza normale. Il problema è che se lo fai mentre stai cercando di percepire un demone vuol dire passare direttamente a miglior vita.
- Nella spada… - mi informa dopo qualche tempo la mia voce.
Il muso del lupo si volta di scatto in quella direzione.
Con il cambio di forma e la punizione inflitta a Rigel anche gran parte dei suoi poteri se ne sono andati da qualche parte. Ma sono certa che è ancora perfettamente in grado di assistere ad una resurrezione.
- Ok, andiamo. – dico afferrando Saga-me per un polso e trascinandolo verso la spada. Lui pare un po’ reticente.
Per fortuna ho un corpo che ha il doppio della sua forza e posso avere ragione di lui facilmente anche perché lui non è per niente in grado di usare il potere del Fuoco.
Forse non tutti i mali vengono per nuocere!
- Niane!!! – Strilla Saga quando passo il suo polso sulla lama di Exclaibur, o almeno di quello che ne spunta dalla roccia.
Immediatamente il sangue scorre sul filo lucido della spada e va a bagnare la pietra nella quale è confitta.
Quando il tributo di sangue è stato pagato permetto a Saga- Niane di liberarsi dalla mia presa.
La mia mano si è sporcata di sangue e lui stringe il polso con forza, per fermare l’emorragia. - Non preoccuparti si fermerà da solo… - gli dico.
I miei occhi castani sono sbarrati e poi mi si piantano in viso.
- Ma sei scema!? – sbotta.
E’ interessante vedere Saga, anche se nel mio corpo, perdere la sua compostezza.
- To ho detto che è tutto ok – insisto. – Adesso lasciamo il resto a Rigel e andiamo da Athena. Avevi fretta, no? -
Non ne comprendo le ragioni ma do che questa è la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Capisco che qualcosa si è spezzato nell’anima di Saga.
Credo di aver accidentalmente pigiato quell’interruttore che fino a qualche istante prima si era disperatamente sforzato di non sfiorare nemmeno per sbaglio.
So che la faccenda non può essere conclusa a modo mio ma che si sarebbe dovuto fare a modo suo. Il tutto si riduce a qualcosa di molto semplice: Saga non avrebbe più esitato.
La prossima battaglia, il prossimo scontro lo avrebbe affrontato scendendo in campo con l’istinto omicida. Non si sarebbe più detto che le vite erano preziose, che andavano preservate, che la Sua Dea chiedeva solo sacrifici giusti.
Posso sentire la sua determinazione, come un peso gelido dentro il torace.
Una certezza che lo rende più forte ma anche più solo.
Mi mordo nervosamente un labbro.
Mi sono chiesta parecchie volte perché io riesca a capire meglio degli altri tre i demoni e i mostri.
Ho finalmente trovato la risposta anche se non mi piace per nulla: perché anche io sono un mostro.
E quello che ho fatto a Saga è solo la riconferma di quanto io stessa stia degenerando moralmente.



Saga ha smesso di tenersi il polso ferito e il sangue, che non ha smesso di uscire cade in piccole gocce rosse sul pavimento immacolato. Sembrano petali di rosa. Non è il caso di dipingere queste immagini pittoresche con la mia fantasia.
So che gli devo almeno mezza spiegazione ma non sono pronta a dargliene.
Mi avvio verso le scale che portano all’Undicesima e lui mi segue.
Rallento il passo perché anche se mi secca ammetterlo so che le gambe di Niane sono più corte di quelle che possiedo adesso.
- Come può, una come te che non ha cura nemmeno del suo stesso corpo… Come puoi capire l’importanza di una vita quando non te ne frega niente nemmeno della tua!? – sbotta irosa la voce di donna.
- E’ solo una ferita Saga. – gli faccio notare con voce atona.
- Solo… solo una ferita!? Il tuo corpo è pieno di cicatrici! Oh, certo si vedono poco perché hai la pelle chiara e perché tendi a fartele in punti dove si mascherano meglio ma credi che non le abbia viste!? - sta urlando.
- Di cosa ti preoccupi. Con il lavoro che faccio, credi che non lo sappia che morirò di morte violenta probabilmente prima dei trent’anni? Cosa vuoi che me ne fregi se il mio corpo ha una ferita in più o in meno!? – adesso mi sto arrabbiando. Non devo giustificarmi per quello che sono.
- Se la pensi così faresti bene a ficcarti una pistola in bocca e premere il grilletto! – ringhia lui.
- Morire è una realtà concreta per chi come noi serve gli Dei nei panni del guerriero. – rispondo secca.
- Ma aumentare tali rischi è da incoscienti! – mi aggredisce lui.
- E che dire del tuo corpo invece? Forse ha qualche segno in meno del mio ma ti ricordo che è morto per ben tre volte! Non hai il diritto di fare la predica a me! –
- La mia vita appartiene ad Athena e la brucerò ogni volta che la mia Dea lo riterrà necessario! –
- Stronzate! La tua prima morte non è stato un sacrificio richiesto da Athena. Sei stato tu a volerlo e lei non ha potuto fare altro che chinare il capo davanti ai capricci di un moccioso ferito! – anche i miei nervi sono saltati.
- Non osare! – tuona lui
- Per quello che riguarda me ho deciso già da tempo che se morte deve essere che sia almeno utile. E’ per questo che non prenderò mai in considerazione l’idea del suicidio, anzi che reputo tale pratica non solo disonorevole e da vigliacchi ma anche una soluzione di comodo riprovevole! – sono arrabbiata e le parole che dico feriscono come pugnali. Lo so ma non posso tenere la lingua fra i denti.
- Ti sbagli… Il suicidio è… Un modo diverso per proteggere chi ami. – risponde lui chinando il capo.
- Proteggerli? Puah! Questa è la scusa per la tua coscienza! In realtà sai benissimo che uccidendoti li hai feriti, hai ferito Kanon e la tua Dea molto più di quanto lo abbia fatto il tuo tradimento. -
Saga fa un passo indietro, come se lo avessi schiaffeggiato.
Lo afferro bruscamente per le spalle.
Non avrò mai più una simile opportunità.
In questo momento, essendo lui nel mio corpo è fisicamente più debole e posso costringerlo a starmi a sentire e ad affronta quello che è.
Mi faccio schifo da sola per essere così sleale nei suoi confronti.
Per la prima volta, eseguire gli ordini della mia Dea è una cosa che davvero vorrei non fare.
Ma i tempi stringono e Saga deve muoversi, in una direzione o nell’altra.
Allo stato attuale delle cose io sono la sola che può lasciargli il libero arbitrio di scegliere quale strada percorrere. Se Uno di Nove lo dovesse catturare o soggiogare, lui non avrebbe alcuna possibilità di scelta.
E’ una vera merda che noi buoni dobbiamo sottostare a un sacco di regole che i demoni non hanno. D’altro canto se così non fosse non vi sarebbe differenza tra noi e loro.
- Non ti permetto di scappare come un vigliacco! Hai iniziato questa cosa e adesso la finisci! Che altro vuoi dirmi, bastardo?! – gli sibilo addosso.
- Pensala come vuoi! Io continua a credere di averli protetti dal me stesso malvagio. Come cazzo credi che si possa proteggere qualcuno che ami quando il pericolo sei tu stesso?! Eh? COME?!?! - le sue unghie si infilano nei muscoli dei miei avambracci.
- Combattendo, magari? – rispondo ferocemente sardonica.
- So cosa ho fatto, non mi serve il fottuto perdono Kanon o della mia Dea! Non mi serve il perdono di nessuno! Tu, maledetta carogna intrigante! Guarda che in razza di situazione mi ha messo! Sarebbe stato meglio non averti mai incontrato! –
- Questo dovrei dirlo io, non tu! Finora non hai fatto altro che farti salvare il culo! – non lo penso davvero, o forse si… Non vorrei ferire la sua anima che è già fragile come cristallo ma non sono in grado di tenermi la lingua fra i denti.
- Non ti ho chiesto io di salvarmi! Non ho chiesto io di tornare in vita! – le lacrime scorrono sul mio volto.
La mia rabbia si dissolve.
Lo stringo a me.
I suoi pugni mi colpiscono il torace, ma non fanno male. D’altro canto Saga è nel corpo di una ragazza che per quanto sia tosta combatte una guerra in modo diverso da un Saint.
Lo abbraccio ancora più stretto, impedendogli di continuare a colpirmi.
La sua testa mi arriva appena sotto il mento.
Affondo il viso nei suoi capelli, che sono poi i miei e cerco l’orecchio con le mie labbra.
- Andrà bene, metteremo a posto ogni cosa… Fidati di me. – gli sussurro.
Lo amo.
Lo amo così tanto che condivido il suo stesso dolore…
Ma proprio perchè lo amo non posso restare a guardare mentre si autodistrugge.
Lo allontano quanto basta per fissarlo negli occhi.
Sono così concentrata a tenere gli occhi fissi nei suoi- miei che il resto del mondo è sparito.
Gravissimo errore.
Un dolore alla nuca e poi tutto buio.
Mente cado mi chiedo come cazzo ha fatto Uno di Nove a varcare i confini del Santuario e a tenderci questo agguato senza che nessuno se ne accorgesse.

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Capitolo 26
*** - Uno di Nove - ***



Sick with justice.
I just wanna feel you
I’m your angel, only a ring away
You make me violate you no matter who you are.

- Black Lagoon – Opening Theme –



Quando riapro gli occhi un forte dolore alla nuca mi fa ricordare bruscamente quello che era successo sulle scalinate del Santuario.
Merda!
Navighiamo in un mare, anzi in un oceano di liquami da fossa biologica.
Mi chiedo come ho potuto non accorgermi di nulla e poi realizzo che con il corpo di Saga il mio stesso sentire è addormentato. Non perché io non abbia più le mie capacità ma perchè questo corpo non sa come sfruttarle e gestirle. E’ come indossare l’abito sbagliato.
La testa mi fa dannatamente male.
Vorrei sapere se sto sanguinando ma mi rendo conto che sono incaprettata e quindi non posso muovere né mani né piedi se non voglio strangolarmi prima del tempo.
Forse potrebbe essermi di qualche aiuto studiare l’ambiente in cui sono…
Pietra sotto di me. Fredda e umida.
La volta del soffitto è alta, come nelle cattedrali gotiche.
La luce proviene da fessure sottili sui lati del muro.
C’è un odore strano nell’aria.
Non è ancora sgradevole ma ci va vicino.
Devono essere delle erbe ma di sicuro non è incenso.
Il mio stomaco si torce.
Mi gira la testa.
Bene, i sintomi di un bel trauma cranico ci sono tutti.
Se vomito mi ammazzo.
E non è un modo di dire.
Ironicamente mi chiedo quanto tempo posso metterci ad autostrangolarmi…
E’ meglio se penso a fare respiri profondi e a placare il senso di nausea.
Davvero, non posso permettermi di stare male.
Qualcuno sopraggiunge alle mie. Le mani che mi toccano hanno qualcosa di strano.
Ma non sono Gargoyles, ne sono certa.
Per quanto fredda e leggermente unta, come se fosse stata appena passata della crema o della vaselina, la mano che mi tocca è fatta di pelle.
La corda cede di colpo.
Ho sempre mani e piedi legati ma adesso non rischio di strangolarmi se mi muovo un poco.
La prima cosa che faccio è stendermi lentamente.
Il corpo ringrazia, mentre sento il sangue rifluire in quei punti in cui prima, a causa della posizione faticava ad arrivare. Il tutto si traduce con una serie di innumerevoli formicolii che mi paralizzano. L’essere che mi ha liberata si sposta davanti a me, permettendomi di realizzare che non sono stesa sul pavimento come credevo all’inizio ma sono stesa su una lastra di pietra… Gli arrivo poco sopra la vita. Se fossimo in una chiesa direi che sarebbe l’altare o qualcosa che ci va molto vicino.
Resto a bocca spalancata davanti a quello che vedo.
La creatura ha occhi umani, di un marrone misto a verde, ma sono infossati nelle orbite.
La bocca è cucita con dello spago nero.
Non ha i genitali, anch’essi sostituiti dalla slabbratura di una cucitura fatta con del filo rosso.
Sembra il lavoro di una sarta incapace.
C’è qualcosa che non va…
Lo realizzo nel momento in cui vedo le mani e i polsi.
Fanno lo stesso difetto che possono fare i guati di lattice quando non sono perfettamente aderenti. La creatura, che forse un tempo era un essere umano adesso sta indossando una pelle umana.
- Che vuoi fare?! – la voce di ragazza mi fa spostare la testa, con cautela.
Vedo che Saga non è stato allontanato da me, nonostante lo scambio di corpi.
Posso sperare che il nemico non lo abbia capito?
Sarebbe troppa grazia avere questo vantaggio?
Lei viene caricata sulle spalle di un secondo demone che è praticamente la fotocopia di quello che mi sta davanti, fatta eccezione per la corporatura più minuta, ma non poi molto.
Quando la creatura si sposta per la stanza e il mio sguardo può vederla un po’ meglio non posso fare a meno di tremare.
Giuro che non guarderò mai più Ciccobello nello stesso modo e semmai avrò un figlio gli comprerò altri giochi.
Nella pelle della schiena c’è una lunga zip.
Quei demoni indossano la pelle umana come fosse un vestito. E quella pelle appartiene sicuramente a delle vittime che sono state scuoiate.
Il mio viso – quello di Niane – ondeggia contro quell’orrore.
Immagino sia troppo anche per Saga.
Chiudo gli occhi per non vedere, ma i rumori sono inconfondibili.
Sta vomitando.
Vaffanculo Saga!
Non sono mai stata così indifesa davanti a delle creature che appartengono a Lui.
Provateci voi a combattere quando tutto il vostro corpo è disperatamente preso dal tentativo di evitare che lo stomaco gli esca dalla bocca… E’ impossibile. Davvero.
Se ci volevano morti quella era la loro occasione d’oro.
Ma sono ancora viva.
Gola irritata a parte.
La creatura carica anche me, come un sacco di patate, sulle sue spalle e inizia il trasporto verso un altro luogo.
Non tento nemmeno di ribellarmi; sarebbe inutile dato che siamo legati e in minoranza. Non vedo tutti i demoni ma ne percepisco la presenza e sono parecchi. Se questo cambio di luogo mi può dare un po’ di tempo per elaborare un piano o anche solo per scoprire dove ci troviamo non vedo perché non sfruttarlo.
Con il lavoro che faccio, quello non ufficiale, ho presto scoperto che guadagnare tempo molto spesso significa anche portare a casa la pelle.
Cerco disperatamente di memorizzare la strada che stiamo facendo.
Non è molta e scendiamo in quella che ha l’aria di essere una cripta o una stanza delle torture.
No, è una stanza delle torture.
Mi chiedo se siano i films dell’orrore a dare qualche ispirazione ai demoni e se siano loro ad ispirare i primi.
Sta di fatto che siamo immersi in un mondo da incubo.



Dal soffitto pendono due catene che terminano in un grosso anello.
Veniamo legati ad esse.
Sono sollevata per il fatto che non ci abbiano ancora separati, ma non conto troppo su questa fortuna.
- Non svenire – sibilo a Saga.
La ragazza si volta a fissarmi con lo sguardo spiritato.
- Non sono così debole! Ho già visto l’Ade! – mi confessa.
Vorrei ribattere che poco fa non ha dato prova di grande forza mostrando a tutti cosa aveva mangiato per colazione ma non voglio infierire. Dopotutto non gli sono stata da meno…
- Questo non è l’Ade. E non è nemmeno l’Inferno. Questo è il degrado e la corruzione dell’animo umano. – gli dico.
Lei si guarda attorno.
- Non può essere. – dichiara infine.
Passo anche io in rassegna , piuttosto velocemente, il contenuto di quella stanza e ringrazio che il mio stomaco si è già svuotato.
Ci sono diversi corpi accatastati in un angolo e a giudicare da quello che si può vedere sono stati scuoiati. Probabilmente sono alcuni proprietari delle pelli che abbiamo visto addosso alle creature che ci fanno da guardia.
Sono immobili vicino ad una porta di metallo, fatta prevalentemente di borchie e incisioni.
La loro immobilità perfetta non lascia spazio a dubbi: sono morti. Quello che li anima è solo la magia. Non è il temine appropriato, ma essendo un campo in cui le mie competenze sono limitate non posso entrare più nello specifico.
Sulla parete davanti a noi vi è una specie di quadro astratto… Una clessidra, dei fiori appassiti, delle stoffe pregiate come sete e lini… E ossa. Uno scheletro che mi rendo conto ben presto essere composto da ossa umane appartenenti a diversi individui. Le costole, innanzi tutto non hanno la medesima lunghezza… Le ossa del bacino anche, una è femminile ma l’altra è maschile e non combaciano come dovrebbero, creando un immagine distorta che mi procura più angoscia che ribrezzo.
Anche i denti che sono stati usati per simulare della pioggia o forse pei petali che cadono dal ramo contorto di un albero…
Insomma quella parete è come un gigantesco dipinto fatto non solo di colori ma anche di materiali organici prevalentemente umani.
Un gemito mi fa voltare verso l’angolo opposto della stanza.
Sento le lacrime scorrermi sulle gote.
Mentire a se stessi non è mai positivo.
Ma per qualche altro istante vorrei continuare a farlo.
Mery Shelly non si è spinta così oltre quando ha ideato il mostro di Frankenstein.
Mi chiedo come possa esservi la scintilla della vita in una cosa simile.
Una mano deforme si protende verso di me, da una massa di carne, grasso, arti , occhi spalancati, palpebre che sbattono, lingue che fremono e intestini che si ritorcono come serpenti a cui sia stata fracassata la spina dorsale e non hanno più la consueta fluidità di movimento.
- A…U…O… - il suono pare provenire da una distanza infinita.
E’ cavernoso e ricorda cose che non dovrebbero appartenere a questo mondo.
So cosa ha chiesto.
Ha chiesto aiuto.
Fare a pezzi e bruciare un simile abominio sarebbe…
Un atto di misericordia.
Per un attimo mi chiedo se Saga possa capire questa cosa o se vedrebbe nel gesto solo un omicidio.
Vorrei non aver capito, ma ho capito che cosa è successo.
E so chi ha fatto tutto questo.
Uno di Nove.
Devono essere i suoi malriusciti tentativi per creare corpi che possano ospitare le anime di coloro che vogliono tornare quando non è ancora il loro tempo.
- Mentimi e dimmi che stiamo avendo le allucinazioni! – la voce di donna è implorante.
- Sai che non è vero. Questa è la realtà. Prima l’accetti, prima potrai decidere come agire. Non è il momento di distogliere lo sguardo. Non ci è più concesso. Né a te e né a me. – dico.
- Questo non può essere il mondo umano! – sbotta la ragazza.
- E’ menzogna e lo sai. Ciò che vedi è reale ed è stato un uomo a farlo. Sai fino a dove può arrivare l’abbiettitudine e la malvagità di un cuore tradito e ferito. E’ per questo che fa ancora più orrore. Perché ciò che stiamo vedendo, ciò che si compie ogni giorno nel mondo non è la malvagità assoluta e perfetta dei demoni, ma è quella imperfetta degli uomini. – gli dico di nuovo.
Una voce maschile ride da dietro la porta.
Poco dopo i battenti si discostano e appare lui. Uno di Nove.



- Sacrosante parole, Niane – dice Yezebel avanzando nella stanza.
I suoi capelli sono simili a fili d’argento, anche se ha a malapena passato la trentina.
I suoi occhi sono un lago in cui si riflette il pallore della luna e la sua pelle è bianca come la più fine porcellana.
La sua figura è elegante e veste un completo grigio scuro con una camicia bianca dai bottoni di madreperla.
Potrebbe essere un medico o un avvocato.
- La malvagità demoniaca non sarebbe neppure compresa dalla mente umana. E per questa ragione non ci spaventerebbe come invece dovrebbe. Eppure noi la possiamo comprendere, ricordi? – mi chiede.
Merda!
Lo scambio di corpi non lo ha confuso o tratto in inganno…
- E’ il Patto, no? Siamo noi, quelli che non sono né carne, né pesce che fanno il lavoro sporco. – riconosco.
- Ricordi il sapore del sangue di demone che hai bevuto? – mi chiede curioso.
E Yezebel è bello.
Bello quanto folle.
Non si tratta del classico prototipo dello scienziato pazzo, al contrario. La sua lucidità di pensiero è impressionante. Il fatto è che… Il suo elemento è il vuoto.
Lui è vuoto.
Potrebbe ammazzarci con il sorriso più dolce che un amante riserva alla sua donna… Potrebbe strapparmi il cuore sorridendo.
Potrebbe piangere mente mi accarezza…
Ma nessuna di quelle emozioni sarebbe vera.
- Credo che il mio corpo non se lo dimenticherà mai quel sapore, ma la mia memoria non ricorda. O forse la mia mente ha rimosso per non impazzire e schiantarsi. Quanto avevo quando è successo? Un anno? Qualcosa meno? – non ha senso mentire con lui.
- Non ti piacerebbe riassaggiarlo? Non ne vorresti ancora? Di più? – chiede con una luce che potrebbe essere fraintesa per brama negli occhi.
- Sai che ho avuto più di una occasione per farlo, se lo avessi voluto. Qualche demone l’ho eliminato anch’io. – ammetto.
Lui sorride.
- Sei ancora così politicamente corretta… Così pura e leale… Prendere il sangue di demone dona molto più potere e annienterebbe definitivamente quella parte di angelo che c’è in te. – mi sussurra come se fosse un segreto o una confessione importante.
- Non mi interessa avere più potere. Quello che ho mi basta per svolgere i miei incarichi… Per il resto… Per quanti demoni io ammazzi, per quanto sangue demoniaco possa bere non cambierà quello che sono. Siamo bastardi, figli illegittimi partoriti dalla luce e dalle tenebre, esistiamo per fare quello che nessun altro farebbe. Siamo ibridi. Più umani, almeno nei sentimenti, che angeli o angeli decaduti. Ma non saremmo mai né l’uno né l’altro. Cos’hai guadagnato tradendo Lei? – chiedo provocatoria.
La sua mano mi schiaffeggia.
- Così non c’è gusto… - ringhia prima di mormorare una litania.



Di nuovo la sensazione di essere entrata in una casa storta…
Maledetto figlio di puttana!
E’ stato lui!
La vista si oscura.
Quando riapro gli occhi sto fissando il soffitto e le mani che vedo legate da catene pesanti e massicce sono quelle delicate di una ragazza.
Batto un momento le palpebre e finalmente sento di nuovo me stessa, il mio corpo…
Alzo il capo di botto, provocandomi una sorda e dolorosa protesta dei muscoli delle mie spalle e delle mie braccia, ma non me ne frega niente.
E’ tempo di combattere.
Voglio prendere a calci nel culo Uno di Nove fino a farlo scoppiare!
La mia bocca resta chiusa, nonostante vorrei riempirlo di insulti. Sto diventando intelligente? Magari solo un pochino più furba.


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Capitolo 27
*** - La regola del gioco - ***



A bright world without sound
As in silently fades away into the night
The night consumes my
Thoughts in need to escape
But now a new era has begun
- Eden – For to Destination –



Uno degli scuoiati mi libera i polsi.
Le mie braccia ringraziano per la cessata trazione.
Yezebel pare incuriosito da quello che poteri fare.
In realtà ho deciso di non fare nulla.
Sono incazzata a livelli stratosferici con lui ma non sono ancora così vittima dei miei sentimenti da compiere una sconsideratezza.
Cerco di non guardare verso Saga.
Non voglio dare loro l’impressione che io tenga in modo esagerato alla sua persona. Se lo facessi, sono certa che Uno di Nove rigirerebbe la cosa a suo favore e per il momento hanno già abbastanza vantaggio.
- Vieni, Niane – mi invita gentilmente lo scienziato, facendo un elegante cenno della mano ad indicarmi la stanza celata dietro la porta dalla quale è venuto.
Resto seria e ferma al mio posto.
- Hai la mia parola che nulla verrà fatto a Saga. –
- La tua parola è quella di un traditore e nulla conta – ribatto.
Capisco dall’irrigidirsi della sua mascella che non è stata risposta migliore che potevo dare ma ho sempre sostenuto che la verità è un dato di fatto oggettivo e negarla sarebbe follia.
Uno di Nove sogghigna.
- I fili sono stati intrecciati dall’alba dei tempi. Il Santo che ha due Volti e l’Alfiere delle Fiamme…. Sai cosa significa la Profezia? –
- Un cumulo di fesserie dette da uno a cui il cervello era entrato in sciopero. – ribatto irritata. Non ho mai voluto credere alle criptiche parole di quell’assurda sentenza che ha in pugno il mio destino e continuerò a non crederci e a non accettarla.
Questa è una certezza.
Questo è uno dei miei dogmi.
Yezebel si lascia andare ad una risata.
Calda e sensuale.
- Oh, sei così passionale! Proprio come il fuoco che domini… Ma dimmi, sei tu a dominare lui o è lui ad averti fatta sua schiava? – chiede diventando serio.
Il riflesso delle lenti degli occhiali che porta non mi permette di fissarlo negli occhi ma sono certa che non farebbe molta differenza.
Nulla trapelerebbe da quei riflessi di luna.
Come ho già detto, Yezebel appartiene al vuoto.
- Cosa vuoi da noi? – chiede Saga fermo e deciso.
E’ bellissimo sentire la sua voce.
Mi volto a fissarlo.
Anche imprigionato non perde nulla della suo fascino e sfortunatamente il fascino non è una cosa che si può discutere: si subisce a basta.
Non fare l’eroe, Saint. Questo è un mondo di cui non fai parte. – la voce di Uno di Nove mette i brividi.
Non ha minacciato o gridato… Però mi ha messo lo stesso i brividi.
- Basta così. Verrò con te – mi intrometto.
Non voglio assolutamente che quel pazzo debosciato punti la sua attenzione sul Saint di Athena. Saga non è ancora psicologicamente pronto per affrontare quello a cui Yezebel potrebbe metterlo difronte.
Non è mancanza di fiducia nei suoi confronti, ma aver posseduto il suo corpo per qualche tempo mi ha permesso di vedere in lui con molta chiarezza.
Conosco ogni menzogna che si è costruito attorno come difesa.
Conosco ogni suo singolo senso di colpa.
Conosco il suo orgoglio di Saint e di uomo.
Conosco lo sforzo che strafacendo per gettarsi il passato alle spalle e ricominciare.
- Niane! Non sei obbligata a farlo! – sbotta Saga.
Le sue gote sono arrossate, probabilmente dalla collera.
So che non sopporta l’idea di essere salvato da una donna.
Stupido orgoglio maschile.
- Non farti idee sbagliate, Saga. Non lo faccio per salvare te. Lo faccio perché alla fine credo che sia quello che devo fare e che tutta questa faccenda, dallo scambio di corpi alle continue aggressioni, sia accaduto per condurmi qui. Non sei ancora coinvolto in questo cerchio del destino. Ne sei ancora fuori e ti conviene restarci. – gli dico. E lo penso davvero.



Nella stanza in cui entriamo c’è una stana luce.
Pare filtrata da qualcosa che non riesco a definire…
Se fossimo in uno shojo manga sarebbe il momento in cui il tratto si fa più morbido e dolce.
Ma qui siamo nell’anticamera dell’inferno e quello che mi aspetta sarà qualcosa che mi cambierà per sempre.
Mi fermo quasi di botto.
Sento Yezebel dietro di me.
Il suo corpo è caldo.
Ha un odore strano.
Di disinfettante e di sangue.
Ma anche di caramelle e confetti.
La sua mano si posa sulla mia spalla.
Un tocco delicato che si trasforma ben presto in una carezza lungo il braccio.
- Comprendi ciò che vedi? – mi chiede.
Distolgo lo sguardo.
E mi odio per questo.
La mano di Yezebel mi afferra bruscamente i capelli e mi strattona la testa verso l’alto, obbligandomi a guardare.
- Non distogliere lo sguardo. Questa è una verità che puoi comprendere e accettare in pochi istanti se non ti comporti da vigliacca. –
Sento le lacrime scivolare lungo le mie gote, ma lui ha ragione.
Yezebel mi lascia andare.
Sospira.
Mi volto a fissarlo.
Questa volta è diverso.
Non ho distolto lo sguardo perché non volevo sapere, l’ho distolto perché ho accettato e adesso voglio porre delle domande.
Il suo volto mi pare diverso.
Più bello perché più umano.
C’è qualcosa… Una specie di piega di amara tristezza nel taglio della sua bocca, nella piega delle sue labbra.
- E’ questo ciò che hai fatto? – chiedo
- Tu che ne dici? – ritorce lui.
- E’ questo quello che ci si aspetta io faccia? – ritento.
- E’ una scelta solo tua. Conosci le regole. – mi risponde.
- Equilibrio. Si riduce tutto a questo. – ribatto.
- Non lo pensare. Non si avvererà mai. – mi consiglia lui e per un attimo credo che mi abbia davvero letto nel pensiero.
- Ma lui non è come noi. – faccio notare.
- Non importa. Nemmeno tu sei come noi. Fra tutti e Tredici sei la sola che abbia sangue demoniaco e sangue angelico che le scorre in corpo. –
- Come è potuto succedere? Voglio dire… Tu lo sai? –
Yezebel si stringe nelle spalle.
- Non ho certezze, solo teorie. –
- E da buon uomo di scienza non puoi accettare una teoria senza averla verificata… -
- Posso solo dirti che tu è lui vi equivalete. Siete fatti della stessa sostanza, anche se è stata ottenuta con due procedimenti diversi. –
- Grandioso, davvero grandioso… - borbotto voltando le spalle a quella che è, a tutti gli effetti una scacchiera.



Uno di Nove non mi segue.
Torno da Saga e scopro che è stato liberato anche lui.
Evidentemente quello che doveva essere fatto è stato fatto.
- Andiamocene – butto fuori in un soffio
- Che è successo? Come sarebbe a dire, andiamocene? – per la prima volta lo vedo curioso e pronto a fare domande.
Peccato io non sia in vena di dare risposte.
Nessuno tenta di fermarci mentre ripercorriamo un po’ alla cieca la strada che abbiamo fatto per arrivare fino in quel posto.
Se Saga ha delle domande da fare, e sono certa che ne abbia, è dannatamente bravo a tenere a freno al lingua.
Ad un certo punto mi fermo.
E’ inutile continuare a vagare dal momento che non ho la più pallida idea di dove andare.
Saga, che mi ha seguita ad un solo passo dietro di me si fa avanti.
La sua mano è grande e calda e avvolge la mia.
- Alla Terza Casa… Come difesa del presidio a cui sono posto, ho imparato a creare un labirinto che riconduce sempre al punto di partenza. Forse qui c’è qualcosa di simile… E se così fosse io posso superarlo. –
- Allora mi affido a te – gli dico muovendo la mia mano nella sua fino ad intrecciare le dita. Saliamo delle scale, che paiono fatte di tenebra.
Lo facciamo con cautela, eclissandoci negli gli angoli bui delle stanze o dietro le colonne che sorreggono un soffitto fatto di volte a crociera.
Non voglio pensare a nulla.
Mi godo solo la vicinanza fisica con il Saint dei Gemelli.
Tutto questo presto finirà.
Lo so: è stata la mia scelta.
Lo sa anche Uno di Nove.
Per questo ci lascia liberi di girovagare nei suoi domini.
Non capisco bene dove voglia arrivare ma ho la chiara percezione che ci lascerà davvero uscire da questo posto solo quando si riterrà soddisfatto di come sono andate le cose.



Dopo una svolta veniamo immessi in un salone enorme, di stampo medioevale.
Un gigantesco tavolo di legno scuro è perfettamente apparecchiato.
Due coperti sono posti ai rispettivi capitavola e ogni pietanza è già in tavola, pronta per essere mangiata.
La luce proviene da un lampadario grande quanto un letto a due piazze e non mi prendo nemmeno la briga di contare le candele che vi sono accese sopra.
Il mio stomaco brontola.
Il profumo del cibo è troppo inviante.
Saga mi strattona all’indietro.
- Non fidarti… - mi suggerisce.
- Proserpina è finita nell’Ade per un chicco di melograno, ma te l’ho già detto… Per noi le regole sono altre. – rispondo
Mi chiedo se ho ancora il diritto di sentirmi parte dell’Ordine.
Non ho ancora compiuto quell’azione ma… Ho deciso di compierla. Che differenza comporta tutto questo. Mai come adesso vorrei sentire la voce delle mia Dea…
Fa freddo.
Senza avere la mia mano allacciata a quella di Saga sento freddo.
Mi siedo ad uno dei capitavola e inizio a servirmi quello che mi ingolosisce di più.
Il Saint mi fissa come se fossi pazza poi scrolla le spalle e quando realizza che non stramazzo avvelenata prende posto di fronte a me.
La conversazione è interdetta a meno che non si abbia a portata di mano un megafono.
Ma il cibo è buono e il mio corpo ringrazia, sentendosi finalmente più ritemprato ma anche più desideroso di riposo.
Quando riprendiamo a muoverci, lascio ancora il comando a Saga.
Lo negherò per orgoglio ma mi piace essere condotta e non condurre.
Di solito sono io quella che sta in prima linea, assumendosi il peso delle decisioni e delle responsabilità anche con gli altri tre Alfieri.
Siamo tutti molto indipendenti è vero, ma l’Uno di Quattro ha il compito di essere un riferimento. Saga apre una porta e…
WOW.
- Niane! – c’è una profonda disapprovazione nel tono del Saint.
Lo ignoro mentre salto sul materasso ad acqua, di forma circolare che fa bella mostra di se in una camera da letto degna di un Re… o una Regina.
Il letto è meravigliosamente tiepido e col mio salto ho sollevato una nuvola di rossi petali di rosa. Saga sospira, poi si viene a sedere al mio fianco.
- D’accordo, riposiamo un po’. Ma poi dobbiamo seriamente uscire di qui. Al Santuario saranno tutti in ansia per noi. Dobbiamo fare loro sapere che stiamo bene e siamo vivi… La mia Dea ha bisogno di me e non posso più stare lontano dalla mia casa. –
- Ok. Vedo se dietro quella porta c’è una stanza anche per me. – annuncio alzandomi dal letto e facendolo ondeggiare.
E’ strano e piacevole.
Non vorrei andarmene.
Vorrei solo dimenticare chi sono e fare l’amore con la persona che amo.
Ma non credo che questo mi sia concesso.
Sarebbe un po’ come volere la luna per colazione.
Non c’è nessuno al mondo che te la servirebbe.
- Questo letto è abbastanza grande per tutti e due. Se non c’è qualche particolare motivo per cui tu non voglia stenderti con me… - le parole di Saga sono come una doccia fredda.
Poi il calore si diffonde in tutto il mio corpo.
- Nessun motivo. Solo pensavo… Preferissi non avermi intorno. –
- Per via di quello che chiami risonanza? – chiede lui.
- Già.- ammetto arrossendo.
Con uno scatto brusco lui mi abbraccia e finiamo stesi nel letto tiepido.
La camera diventa improvvisamente buia.
Sono acutamente consapevole di dove i nostri corpi si toccano.
- Saga… Cosa…? – inizio con le domande ma la mia mente è confusa. O forse solo troppo piena di lui.
- La risonanza non è così terribile. – le sue labbra sfiorano la mia tempia e io posso sentire che sta sorridendo.
- Mi prendi per il culo? –
Lo sento ridere.
Una risata leggera e gentile.
Come la pioggia di aprile.
Fa male al cuore e mi salgono le lacrime agli occhi, ma non sono mai stata così felice.

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Capitolo 28
*** - La regola del gioco - Seconda parte ***



I tried so hard and got so far
But in the end it doesn't even matter
I had to fall to lose it all
But in the end it doesn't even matter

- In the End – Linkin Park



Le mie mani sono ovunque sul corpo di Saga.
Le sue sono più timide e quasi imbarazzate.
Nella luce incerta che entra dalla finestra di quel mondo che è reale ma nello stesso tempo non lo è, i suoi occhi hanno una meravigliosa sfumatura viola.
Può un essere umano avere un simile colore d’occhi?
Forse no.
Forse quella è la prova che qualcosa in lui non è del tutto umano.
Però lui è un Saint di Athena.
Anche se in passato ha tradito, cedendo al suo lato oscuro… Non commetterà di nuovo questo errore.
E’ una certezza che ho in me.
Ed è strano, perché io non ho mai creduto in nessun altro che non sia io stessa.
Come si suol dire, dai nemici mi guardi Dio, che dagli amici mi guardo io!
Vorrei davvero sentire la voce della mia Dea.
Vorrei sapere cosa ne pensa di quello che ho in proposito di fare.
Sono sciocca a nutrire questo desiderio.
Se la mia Dea non mi contatta è perché non approva il mio operato.
Non avrei mai creduto possibile una cosa del genere.
Quando ho abbracciato la fede dell’Ordine è stato come abbracciare la mia stessa anima.
E adesso…
Adesso c’è solo Saga.
E il suo corpo.
E il mio.



- I tuoi occhi paiono aurei. – mi sussurra lui, baciandomi con gentilezza un punto pericolosamente vicino alle labbra ma non ancora su di esse.
- E’ il Natsume. Lo sguardo sugli Inferi – gli dico.
E’ l’eredità che il sangue del demone mi ha lasciato.
- E’ un brutto modo per definirlo. – mi dice con le labbra sul mio collo.
- E’ quello che è. – sospiro di piacere.
- Forse non dovremmo… - mi fa notare.
- Perché no? – chiedo corrugando la fronte.
- Siamo prigionieri del nemico… Anche se in effetti dopo Yezebel non ho più visto nessuno. – ammette
- Il fatto che non li vediamo non significa che non ci siano. Se facessimo qualcosa che non aggrada loro ce lo farebbero sapere immediatamente. Ma credo che Yezebel sia solo curioso di scoprire quello che faremo e quindi non farà altro che stare a guardare lo svolgersi dei fatti. – ammetto.
Non mi piace pensare che qualcuno stia spiando questa nostra incresciosa intimità, ma potrebbe davvero essere l’ultima volta che posso avere Saga in questo modo, perciò preferisco pensare che Yezebel ci stia dando la giusta intimità per quello che probabilmente sarà l’epilogo fra noi.
Sul volto di Saga si scrive il piacere che sta provando per quello che la mia mano sta esplorando fra le sue gambe.
Per un momento il suo corpo si fa teso, come se fosse preoccupato che una mossa sbagliata, una stretta troppo decisa o una carezza troppo forte possano portare con se il dolore, ma subito si rilassa, quando capisce che so esattamente come accarezzarlo. C’è una strana gioia nel dare il piacere.
Non è certo come sentirlo sul e nel proprio corpo, ma è comunque eccitante.
Lo bacio a lungo, soffocando ogni sua protesta e ogni suo gemito.
Quando è arrivato il momento mi giro e dandogli le spalle mi metto a cavalcioni, vicinissima ma non ancora sul suo inguine.
Un colpo veloce di lingua.
Saga rabbrividisce poi le sue emozioni mi investono.
E’ quasi devastante.
Lampi di piacere inaspettato, sensazioni tumultuose che sono quasi troppo.
Troppo da sopportare.
Troppo per restare lucidi.
La sua mano fra le mie scapole mi spinge in avanti.
Assecondo il movimento.
Sgrano gli occhi mentre un gemito semisoffocato rimbalza contro il soffitto della stanza.
La sua lingua, calda e un po’ ruvida, mi sta esplorando completamente.
Siamo così vicini al punto di non ritorno che il non abbandonarsi mi costa un sforzo. So che per lui è lo stesso.
La Risonanza è una gran rottura di palle, ma a volte è davvero utile.
Basta un cambio di posizione per vincere quell’attimo che avrebbe ridotto in cenere la nostra passione.
Vederlo in volto è molto meglio.
Stavolta mi posizioni per riceverlo completamente.
E’ frastornante come tramite la Risonanza io possa sentire in me la pienezza del mio uomo e sentimi accogliere dal calore del mio ventre.
Saga geme e invoca il mio nome.
Le sue mani corrono rapide ai miei seni, ma presto si spostano sui fianchi a dettare un ritmo non frenetico ma profondo.
Le mie unghie si conficcano nel suo torace, lasciando scie rosse dei pettorali e sulle tartarughe dell’addome.
Vorrei mordergli i capezzoli che sono turgidi e indicano il soffitto con aria severa e impertinente.
All’ennesima discesa sento uno slancio che mi costringe ad inarcare la schiena mente il tremito mi scuote nel profondo.
Lui si inarca, spingendo la testa indietro, sui cuscini, mostrandomi il collo niveo, il triangolo del mento mentre viene.
Mi lascio cadere al suo fianco e lui sposta la testa per darmi l’ennesimo bacio. Un delicato tocco a stampo.
Siamo troppo a corto di fiato per un bacio vero.
Resto così, ansante e immobile al suo fianco mentre lui rotola sul fianco e fronteggiandomi mi passa con fare possessivo un braccio attorno alla vita.
Vorrei che il tempo si fermasse, per rotto incanto.
Vorrei poterlo guardare fuggire via dalla finestra aperta senza preoccuparmi di averlo perduto.
Purtroppo non è possibile.
Siamo chiamati a vivere e a fare quello che nessun altro farebbe al posto nostro. Mi alzo, abbandonando il fianco di Saga e raccattando i vestiti sparsi tra il letto e il pavimento.



Passando l’ennesima porta arriviamo in un luogo che mi è molto famigliare.
- Che posto è questo? – chiede Saga perplesso.
- Il retrobottega del panificio all’angolo – borbotto.
- Come? –
- Siamo vicino a casa mia, andiamo… - gli dico.
Dovevo aspettarmelo.
Insomma è una di quelle leggi non scritte che ci sono tra Lei e Lui.
Nessuno ha mai davvero un reale vantaggio sull’altro.
Passiamo di fianco ai vassoi neri che contengono brioches appena sfornate.
Si vede il rosso del forno e la figura del panettiere.
Ha braccia nerborute ed è completamente calvo.
Potrebbe sembrare minaccioso se non sapessi che è buono come le delizie che sforna.
- Niane! Era un po’ che mancavi… Chi è lui? Il tuo ragazzo? –
- Se dicessi quello che mi porto a letto? – ribatto con un ghigno
- Ragazzaccia! – ride lui mentre Saga borbotta qualcosa fra i denti circa il dare una ripulita al mio linguaggio.
Poi si presenta come un mio collega della sede Greca.
Per fortuna sono sempre stata molto vaga e generica circa il mio lavoro, spiegando solo che la ditta è una multinazionale.
- Ce le hai le ciambelle con la glassa al cioccolato? – chiedo avviciandomi all’uomo.
- Hai bisogno del pieno di energie, eh? – scherza lui afferrando due dolci dal vassoio alle sue spalle e porgendoceli.
Affondo i denti in qualcosa di veramente unico ed è questo il motivo per cui so che siamo fuori dalle illusioni create da Yezebel.
Nessuno è in grado di imitare le ciambelle di Nando.



Per fortuna ho una copia delle chiavi di casa attaccata con del nastro isolante sul fondo di un anonimo vaso di fiori mezzi rinsecchiti che stanno fuori dall’uscio di casa mia.
- Preparo un caffè – dico a Saga facendogli cenno di accomodarsi pure. Lui si guarda attorno.
Casa mia a volte spiazza, lo so.
Ho un angolo cottura che pare il bancone del bar, con il tavolino alto e gli sgabelli di un azzurro intenso.
La parete attrezzata è in noce scuro, mente i pianali, modernissime piastre ad induzione sono color sabbia, come il lavandino e il pianale.
Non ho un divano ma dei giganteschi puff marrone scuro, stesi su un tappeto ocra e una serie di cuscini di varie dimensioni dai colori più disparati. Ne ho persino uno nero, di pelo sintetico arruffatissimo con una coda, due orecchie a punta e due occhi triangolari di un giallo canarino. Sembra un gatto urfido, ma a me piace.
Oltre questo ho il classico bagno in cui tre persone non ci entrano se non a gomitate e la camera da letto.
Un letto Queen Size in ferro battuto, con il copriletto che ha lo skyline dei grattacieli di NY al tramonto e una decina di peluches di varie dimensioni che capeggiano sulla sedia a dondolo e che si contendono il posto al mio fianco nel letto. Manca il mio preferito del momento, che è rimasto alla Terza Casa.
L’armadio è alto fino al soffitto, con la maggior parte delle ante fatte a specchio.
Non ho tende alle finestre perché i vetri sono inclinati e arrivano fino a terra; essendo una mansarda non ho la vista interrotta dal balcone.
Sono certa che Saga ha ispezionato tutto mentre io curo il caffè che verso in due tazze nere dall’interno rosso.
- Se vuoi farti un bagno… Domani, anzi, fra poche ore cercheremo un volo economico per tornare in Grecia… O se vuoi contattare il Santuario… - dico indicando uno stravagante telefono a forma di porcellino rosa.
- Grazie – dice lui bevendo un sorso di caffè.
Fa una faccia strana quando lo trova completamente amaro ma almeno non mi accusa di volerlo ammazzare come ha fatto Nath la prima volta che è venuto a scrocco a casa mia. C’è da dire che da allora non mi ha più chiesto di fargli un caffè…
Mi rendo conto che mi mancheranno da morire tutte queste cose.
- Qualcosa non va? – mi domanda Saga
- No, nulla. – sospiro prendendo una sigaretta dal cassetto dove ne tengo un pacchetto di scorta.
Attraverso la camera da letto, seguita da Saga e apro la finestra che se non fosse per le dimensioni potrei definire lucernario.
Poco dopo siedo sulle tegole del tetto.
Sono ancora tiepide, nonostante la notte sia già scesa e la luna brilli alta nel cielo. Il panorama è una serie di tetti e luci, inframmezzati dallo sbarluccichio dei grattacieli che si vedono in lontananza e che essendo fatti da vetrate riflettono le luci e l’oscurità del cielo.
- Attento a non scivolare – consiglio al Saint, ma non ho dubbi che anche se cadesse non si farebbe troppo male.
- E’ bello, qui. – ammette lui – Mi fa sentire… Sereno. –
- Più che al Santuario, immagino –
- Già. Qui è come se fossi… A casa. Ed è strano da dire, perché la mia sola casa è sempre stata il Santuario. –
- Forse è questo il tuo problema maggiore. Tu non hai mai davvero scelto. – suggerisco.
- Non dire assurdità! Ho scelto di servire la mia Dea! – si mette sulla difensiva. Agito una mano nell’aria, come se volessi scacciare quelle parole che mi aleggiano introno alla testa.
- Sai Saga, per noi dell’Ordine, ma credo che per ogni guerriero… Combattere è come perdere un granello, un briciolo della propria anima. Alla fine ci si ritrova con la coscienza come un gruviera. Tuttavia, ad un certo punto scopri che non è importante perdere un pezzo della propria anima, ma è importante stabilire quale pezzo puoi perdere e quale invece devi preservare ad ogni costo. – condisco questa verità con dell’ironia.
Lui mi fissa, di nuovo con quegli occhi violetto.
Credo siano essi il segno tangibile del suo mutamento.
Forse a lui non apparirà mai un tatuaggio come il mio, ma la sua coscienza ora è consapevole. Mentirà e se stesso e se lo nasconderà, ma alla fine dovrà solo prenderne atto.
Perché alla fine nulla conta.
Solo ciò che sei.



Il sole di Grecia è caldo.
Il cielo azzurro intenso.
Nessuna nuvola si vede all’orizzonte.
Ai piedi del Santuario, sotto la scalinata di marmo, con il cielo che si tuffa nel mare, o il mare che sale ad abbracciare il cielo osservo quelli che erano i miei ex compagni. Due di Quattro ha lo sguardo freddo e ostile.
So che se potesse mi fracasserebbe la sua chitarra sulla testa.
Tre di Quattro è fredda e impersonale come una statua di ghiaccio.
Sono entrambe posti ai lati di Saga.
Quattro di Quattro invece, nella sua forma di lupo, è in mezzo, a dividere me e Saga.
Mi mostra i denti, in un ringhio basso e profondo quando faccio per avvicinarmi al Saint dei Gemelli.
Quindi il mio saluto va fatto qui.
- Torneranno anche gli altri, Saga. E tu li aiuterai a farlo nel migliore dei modi. Anche loro ti aiuteranno – indico con un cenno del capo i miei ex compagni. Quattro di Quattro ringhia più forte.
Due di Quattro stringe convulsamente i pugni.
- E tu? – chiede Saga.
- Io vi ostacolerò come posso. La prossima volta che ci vedremo saremo nemici. – ammetto.
- Che stai dicendo, Niane?! – sbotta Saga incredulo.
Volto loro le spalle e me ne vado, percorrendo la strada in discesa che porta Rodorio, da li chiamerò un taxi.
Alzo la mano e faccio un cenno di saluto con due dita tese che dalla mia tempia si aprono verso l’esterno.
Le mie labbra si piegano ad un sorriso illusorio e falso come una soleggiata mattinata di dicembre, ma sono anche consapevole delle lacrime che premono agli angoli dei miei occhi.
Come se mi mancasse l’aria, come se non potessi fare altro, mi volto di scatto.
Saga è sul portone che lo porterà ai suoi doveri, dalla sua Dea, al suo mondo: il Santuario.
- Ti amo!!!! – lo grido senza avere la certezza che le mie parole possano raggiungerlo.
Però averlo detto mi fa sentire infinitamente meglio.
Nella mia mente si ricompone l’immagine di ciò che ho visto nella stanza segreta di Yezebel.
Pezzi trasparenti pieni di fumo nero, che vortica, arroccati intorno ad un solo Re, privo della sua Regina e costretto a giocare in difesa, tenendo prigioniero un Re Bianco.
Pezzi trasparenti pieni di fumo bianco, che disegna volute, disposti in linea davanti a una regina e tre alfieri che tengono sotto scacco la Regina Nera.
Il desiderio si fa strada dentro di me, scavando con unghie roventi.
Non posso che assecondarlo…
Nella mia mente faccio esplodere la scacchiera.
Ogni cosa termina in una pioggia di bianco e nero.
Yezebel mi aspetta alla fermata dell’autobus.
Sorride venendomi incontro.

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Capitolo 29
*** - Frontiers - ***





Now your pictures that you left behind
Are just memories of a different life
Some that made us laugh, some made us cry
One that made you have to say goodbye

- Always – Bon Jovy -



Aspetto.
Sapevo che questo giorno sarebbe infine giunto.
Sono passati due anni.
C’è trepidazione nel mio cuore.
Non dovrebbe essere così, ma lo è.
Le ombre scure del vicolo celano la mia presenza a sguardi indiscreti e sconosciuti.
Conosco praticamente ogni singola mattonella del pavè su cui sono ferma.
Conosco ogni cono di luce che produce il lampione infondo alla strada.
Conosco il colore delle tende delle finestre del primo piano, le abitudini della coppia al secondo piano, le manie della vecchietta del terzo…
Sorrido notando che la mansarda nel sottotetto ha la luce accesa.
Non l’avrei mai detto, ma dopo che sono passata a servire Lui, una delle cose che rimpiangevo di più era il mio appartamento.
Nath aveva l’aria afflitta quando gli ho comunicato che lo lasciavo e mi continuava a fissare con un grande timore misto ad un grande… Rispetto.
Adesso ricopro una posizione decisamente autorevole fra le fila dei Nove.
Stare da questo lato della barricata è un po’ diverso, ma alla fine nemmeno tanto.
Anche i Nove sono dei solitari.
Un’ombra si affaccia alla finestra del mio ex appartamento.
La luce che proviene dalle sue spalle non mi permette di vedere troppo bene.
E’ solo una sagoma in controluce.
Ma il mio cuore batte furioso nel petto.
Dopotutto ero venuta giusto per assicurarmi che quella voce fosse vera.
Adesso so che lo è.
Quindi Saga, dopo aver assistito al ritorno di tutti gli altri Saint suoi pari, ha abbandonato il Santuario.
Se abita nella mia casa significa anche che ha raccolto l’eredità che io gli ho lasciato. Mi chiedo solo se adesso lui è davvero l’Uno di Quattro.
Se lo ha accettato interamente o se… Non fa altro che interpretare un ruolo e ha cessato per sempre di essere una persona.
Non avrei mai creduto che potesse lasciare il Santuario, eppure lo ha fatto.
Non avrei mai creduto di tradire la mia Dea, eppure l’ho fatto.
Di nuovo mi torna alla mente la scacchiera.
Di nuovo sento la risata divertita di Lui scuotermi il cervello, penetrando nei miei gangli nervosi.
Stringo le dita a pugno.
La vedremo!
Io non mi sono ancora arresa!
La finestra si apre e l’uomo si affaccia.
Mi ritiro di più nelle ombre.
Non credo mi possa vedere, ma non voglio rischiare.
Qualcosa di rosso brilla vicino alla sua faccia.
Brilla ad intermittenza.
Realizzo che si tratta della brace della sigaretta accesa.
Sono stupita.
Mi aspettavo che Kanon potesse iniziare a fumare, ma non certo Saga.
Chissà, magari se lo frequentassi ora non mi direbbe nulla.
Forse i miei sentimenti per lui sono… Finiti.
Magari amo solo il ricordo di lui e non più lui…
Mi sento trapassare da uno sguardo.
Ho la certezza che lui non possa vedermi, eppure sento i suoi occhi su di me, come se sapesse esattamente dove sono e chi sono.
Un brivido mi percorre la schiena.
No, non amo il suo ricordo.
Amo lui.
Se così non fosse non terrei duro nella scelta che ho compiuto.
Tremo.
Non mi resta che sparire nelle ombre.
Come aveva previsto Yezebel, ho perso.
Su tutta la linea.
Alzo il calice di vino, un chiaretto italiano prodotto da dei vitigni della zona del lago di Garda, nella Franciacorta. Il chiaretto di Bardolino.
Yezebel sospira accennando ad un muto brindisi, poi posa il calice senza aver assaporato il vino.
- Sei andata da lui - non è un’ accusa, suona come una constatazione.
- Ho sbagliato? – gli faccio eco.
- Solo tu puoi stabilirlo.-
- Allora non è stato un errore. – ammetto decisa
Yezebel si alza e getta altri due pezzi di legno nel camino acceso.
Si, l’attuale Uno di Nove è un tipo molto romantico.
A modo suo.
Di certo sa come impostare una serata e far sentire l’ospite al centro dell’attenzione.
Credo che lui e Kiefer avrebbero potuto essere amici se fossero stati schierati dalla stessa parte del campo.
Per quello che mi riguarda è stato lui ad istruirmi su come muovermi al servizio di Lui.
Certo, ciò che mi ha rivelato e che io ho fatto a seguito delle sue ‘dritte’ ha finito per agevolarlo parecchio ma personalmente non me ne curo.
Ho un solo obbiettivo e lo raggiungerò.
Yezebel si siede di nuovo a tavola.
- Hai cambiato idea? – chiede lo scienziato con lo sguardo perso nei riflessi del vino nel bicchiere.
- No. – ammetto.
- Ma ormai lo hai perso… Voglio dire, tu sei di qua, lui di là. E probabilmente ti odia. –
- Lo so. Ma quello che ti dissi quel giorno è ancora vero. – ammetto.
- Che lo ami? – chiede lui corrugando la fronte.
Yezebel ha conosciuto l’amore, forse.
Ma questo sentimento lo ha ferito in un modo così profondo e così inesplicabile che lui ha semplicemente smesso di crederci e ha votato tutto se stesso alla ricerca di risposte scientifiche che escludano quella parte umana così irrazionale che è la sfera emotiva.
Per lui le lacrime sono la lubrificazione degli occhi.
Un’emozione solo una lettura sbagliata di un messaggio elettromagnetico.
E non so perché ma io gli piaccio.
- Che lui è il mio mondo. E per proteggere il mio mondo, distruggerò ogni minaccia. – ammetto.
Yezebel sospira di nuovo.
- Di un po’, sei mai pentita di aver tradito? – chiede
Non è una domanda a cui io possa rispondere con un semplice si o no.
E’ complesso.
- E tu? Quella volta… Avresti davvero voluto che ti uccidessi? – ritorco.
Lui chiude gli occhi e si abbandona sulla sedia.
Con le fiamme rosse del fuoco del camino che si riflettono sui suoi capelli d’argento e quell’aria dimessa pare proprio il protagonista tormentato di un romanzo romantico.
Eppure non posso distogliere lo sguardo dal suo volto così… Bello.
So che Yezebel sta ricordando e anche io mi abbandono a quei ricordi.


Sono trascorsi cinque giorni da quando ho abbandonato Saga e la mia fazione all’ingresso del Santuario.
Cinque giorni durante i quali non ho fatto altro che stare seduta davanti alla finestra aperta della stanza che mi hanno dato.
Non importa che sia giorno o notte, che abbia fame o sete.
Fisso il cielo senza dire una parola.
Mi limito a bere quando mi pare di impazzire per la sete.
Forse è vero, mi sto lasciando morire.
La mia anima si è spansa.
O mi ha abbandonata.
La mia dea non mi parla più.
I miei obbiettivi sono crollati.
Come un castello di carte.
Troppo fragili.
Yezebel veniva ogni tanto.
Spesso.
Spesso è più vicino al vero.
Mi chiede perché nei miei occhi c’è quel desiderio di morte.
Non ho mai saputo rispondere.
Non desidero morire.
Solo annullarmi.
Forse ciò che vede nel mio sguardo è il Natsume.
L’ ho sempre contrastato. Cercando di tenerlo rinchiuso.
Adesso ho smesso.
Non è più una porta socchiusa.
E’ un portone spalancato.



- Tutto ciò che ho tentato di fare è finito in un disastro. Ho dato davvero ogni singola cosa che potessi dare. Ormai non ho più nulla. Sono vuota. – ho risposto un giorno.
La gola mi fa male. Vibra. Troppo a lungo non ho detto una parola.
- Sei il fuoco Niane. Il fuoco lotta sempre, anche quando è destinato alla sconfitta. Torna sul campo di battaglia. Lì ritroverai te stessa e le tue ragioni. – Yezebel ha la voce suadente.
Pare raccontare profonde vertità.
- No – ho ribattuto con disprezzo.
Disprezzo ciò che sono.
Tornare sul campo di battaglia significa vivere con il disprezzo e l’odio di colui che amo e di coloro che erano amici sinceri, considerati alla stregua di fratelli…
Semplicemente, no.
- Sciocca. Sei un essere umano. E come ogni uomo sei sola. La tua anima ne ha paura, il tuo cuore trema davanti a questo pensiero. Sei solo una vigliacca! –
Una volta, la mia Dea – continuo a chiamala così anche se ne ho perduto ogni diritto, tanto ormai non penso proprio di poterla far infuriare oltre – mi aveva detto che la Verità spezzava molte persone, ma io non ero fra queste.
La voce della mia anima si leva, proclamando di essere rassegnata alla dimenticanza, dove tutto era silenzio. Dove non c’erano amore e dolore. Il migliore fra gli Dei non mi ha trattata meglio del peggiore fra gli uomini…
Rabbia.
La voce della mia anima, così… priva di spina dorsale mi fa incazzare.
Il fuoco esplode dentro di me, cancellando ogni cosa.
Sono due braccia umane che mi avvolgono in un abbraccio che spengono la mia ira. E’ per quell’abbraccio che imbriglio di nuovo il potere del fuoco che alberga in me. Quando torno in me al mio fianco c’è Yezebel.
La stanza è ridotta in cenere.
Le pietre del pavimento sono nere, carbonizzate.
Il volto di Yezebel ustionato e i capelli bruciacchiati.
Il camice bianco, ingrigito.
Prende il pacchetto di sigarette dal taschino sul petto.
Se ne mette una in bocca.
Le labbra sono gonfie e piene di vesciche.
Me ne pone una.
L’accetto e l’accendo con il fuoco che sta sulla punta del mio dito indice.
Lui usa l’accendino poi si lascia cadere al mio fianco.
Siamo schiena contro schiena, e lui è sorprendentemente caldo.
Umanamente caldo.
Non l’ustione del fuoco…
Solo caldo.
Mi volto a fissarlo.
La sua espressione mi dice che gli dispiace.
Gli dispiace di essere ancora vivo.
Questa volata ci aveva sperato.
Lo aveva creduto possibile.
Possibile che le mie fiamme divenissero nere e divorassero persino quella sua vita semi - immortale.
Lui voleva morire.
Inconsciamente invece io mi sono fermata.
Ho voluto salvarlo.
Egoista insensibile.
Realizzo che è difficile comprendere un altro essere umano.
Realizzo che credendo di fare la cosa giusta non è vero che sempre la facciamo.
Realizzo che… Anche le azioni fatte con le migliori intenzioni feriscono più delle peggiori intenzioni.
All’improvviso piango.
Per tutto quello che è successo, per tutto quello che ho fatto e che farò, per Saga e per me stessa.
- A noi umani, gli dei hanno fatto dono delle lacrime per rendere più sopportabile il dolore. Trovo affascinante che tu riesca ancora a piangere. Io non ne sono più capace.-
Vorrei dirgli che non è vero, ma sarebbe menzogna.
Il suo dolore è divenuto cancrena e gli ha devastato il cuore o quale che sia il luogo da cui nascono i sentimenti.
Yezebel… Lui, davvero, non è che non voglia piangere ma ha dimenticato come si fa. Mi chiedo se potrebbe impararlo di nuovo…
No.
Fino a che le posizioni di quella maledetta scacchiera resteranno le attuali nessuno di noi potrà fare nulla.
E finalmente la trovo.
La mia Verità.
Ora ho un nuovo scopo.
Non posso odiare o dimenticare Saga, nemmeno se mi strappassi il cuore dal petto pezzo dopo pezzo… Per ora posso solo continuare ad amare Saga controvoglia, perché sarà proprio lui a farmi male. Più di chiunque altro al mondo.
E sarò io a togliergli quella felicità che gli ho sempre augurato, dal profondo del mio cuore.
Quella felicità che io non posso avere e che non posso concedere nemmeno a lui, per quanto io lo desideri.
- La prossima mossa è iniziata. Se tu diventerai Due di Nove, io diverrò Uno di Nove. Ci stai? – la sigaretta orami consumata di Yezebel va a fare compagnia alla cenere che imbratta il pavimento.
- Due anni. Non dedicherò più di due anni alla scalata gerarchica. – annuncio.
- Due anni sono più che sufficienti per una con il tuo talento. – ghigna lui.
- E adesso guarisciti quella faccia, che sei inguardabile. –
- Già, ma il dolore che provo adesso… Mi ricorda che sono vivo ed è così… Piacevole… - sospira Yezebel accarezzandosi il volto ustionato con le dita che non sono da meno.
Questo è accaduto quasi due anni fa.




- E’ quasi ora – mi dice lo scienziato riemergendo nel presente.
- Già – riconosco stiracchiandomi.
- Chissà se sarà un incontro romantico…? – sfotte
- Dipende dal concetto di romantico. –
- Molti troverebbero bello morire per mano della persona che amano –
- Altri preferirebbero uccidere la persona che amano –
- E tu, Niane? Quale sei fra le due parti? –
- Se te lo dico, ti tolgo il gusto della sorpresa! – ribatto con un ghigno demoniaco.



NDWar: Che l’Anno Nuovo vi porti alla realizzazione dei vostri desideri così come voi li volete vedere realizzati.

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Capitolo 30
*** Breaking Boundaires ***



It’s not just my eyes you stole
But you also took my heart and soul
You’re nothing more then a stranger
And all you bring to me is a danger
An so much pain…

- Prisoner in Paradise – Fuwa Sho – Skip Beat – Traduzione in inglese.
Original Lyrics Mamoru Miyano -




Il mostriciattolo verde si sta precipitando a rotta di collo lungo il salone che conduce all’uscita del Tempio di Lui.
I suoi arti, mollicci fanno un rumore simile allo straccio bagnato che sbatte sul pavimento.
Per certi versi mi ricorda Slimer, l’ectoplasma che figurava nei Goshtbuster degli anni novanta o giù di lì.
Yezebel alza gli occhi al cielo spazientito.
Non ha mai capito, e nemmeno io a dire il vero, perché Lui si ostini ad usarlo come messaggero per noi Nove.
Forse perché alla fine nessuno si metterebbe a prendere a calci un budino. Figura troppo barbina.
E così il mostriciattolo può darci tutte le notizie che vuole, anche le più infami e non rischiare la vita… Oh, bhe, una volta qualcuno lo ha fulminato ma a quanto pare non ha riportato troppi danni.
Non rallenta il passo nemmeno quando si rende conto che ci siamo fermati ad aspettarlo.
Considerano da cosa è fatto dubito che possa fermarsi se non addosso a qualcuno di noi.
Mi premuro di fare un passo a lato, per essere certa di stare fuori dalla sua traettoria. Yezebel mi fissa con rimprovero.
Faccio spallucce.
L’essere verde allunga quelle che dovrebbero essere braccia e che sembrano più i tentacoli di una medusa verso le gambe dello scienziato.
Immagino già le chiazze sui suoi bei pantaloni beige e se non sapessi che poi me la farebbe pagare, ghignerei.
Con un balzo aggraziato e dell’ultimo istante, Yeze salta il mezzo metro di budino verde che finisce con lo spiaccicarsi su una mezza colonna che porta una grossa sfera.
- Carogna!!!!! – strilla una vocetta acuta, su genere della Voce Bianca, mentre la massa verde inizia a ricomporsi.
- Non sono il tuo freno personale – ribatte lo scienziato in modo così privo di espressione che indurrebbe chiunque a troncare ogni discussione.
- Lasciamo stare… Lui ha dato un contrordine. La Vostra missione di oggi è annullata. –
Io e Yezebel ci fissiamo perplessi.
A volte succede che ci siano cambi di programmi e che siano piuttosto repentini. E’ anche normale prassi che le ragioni e le spiegazioni non vengano date, anche perché i demoni di solito non ne chiedono…
Però quando succede è perché Lui ha delle riserve sulla fiducia accordata agli incaricati.
Questo mi irrita.
E’ come aver fatto sei o sette passi indietro rispetto alla posizione che credevo di aver consolidato.
Visto il cambio di programma e dato che hai la serata libera… Perché non giochiamo un po’ io e te? – mi sussurra Yezebel all’orecchio.
- Sporcaccioni! – strilla la brutta copia di Slimer prima di cambiare letteralmente colore e diventare un rosso acceso.
- Dai tesoro, ci sono i bambini! – miagolo strusciandomi contro il torace dell’uomo. Come sempre sa di dolce e di medicinali.
Il mostriciattolo si porta i tentacoli sugli occhi e se ne va borbottando chissà cosa circa gli ormoni di chi non ha la fortuna di essere nato asessuato.



- Davvero interessante! – esclamo sollevando il naso da un libro polveroso che lo scienziato mi ha fatto vedere.
- Già, chissà se sei in grado di completare un evocazione simile… - insinua.
- No grazie. Non intendo fare l’esperimento solo per soddisfare la tua curiosità. Se sbaglio ci finisco io come un hamburger! – faccio notare.
Lui getta indietro il capo e ride.
Una risata priva di qualsiasi sentimento, ma sono comunque la sola che riesca a strappargliela.
- Allora, hai deciso cosa mangiare stasera? –
- E’ un invito a cena? – chiedo
- No. So quanto mangi. Volevo suggerire… Un posto vicino a casa tua… Pardon, ex casa tua. – insinua lui.
- Non intendo tornare da Saga. – ribatto.
- Oh, avanti, muori dal desiderio di rivederlo –
Lo odio.
Lo odio perché ha ragione.
- Non complicarmi le cose. – sbuffo.
- Sai qual è il miglior modo per resistere ad una tentazione? –
- Non voglio saperlo, se viene da te! – voglio essere scortese, tanto Yezebel non ci bada.
O meglio non gli importa.
- Cedervi! – mi sussurra di nuovo.
- Tsk! –
- Ti aspetterò con la bottiglia di Cognac francese invecchiata tredici anni per un dettagliato resoconto… - annuncia spostandosi verso il suo acquario.
Questo è uno spettacolo a cui non mi abituerò mai e che non sono interessata a vedere…
Ci sono tre pesci dalla forma tondeggiante, dai colori vivaci e brillanti che nuotano pacificamente in tondo.
Yezebel prende una costata con tanto di osso e la lascia cadere in acqua.
I pesi paiono letteralmente tagliarsi in due mentre file aguzze di denti simili a quelli degli squali fanno la loro apparizione.
Mi chiedo dove abbiamo stomaco e intestino quei cosi…
L’acqua ribolle, manco ci fosse un intero branco di pirana a divorare un bue…
Cazzo, la carne non ha nemmeno fatto in tempo a sporcare di rosa l’acqua!
- Crescono che è una meraviglia.. – appunta lo scienziato.
I pesci hanno ripreso a nuotare pacificamente nell’acquario e sono belli come lo erano prima di mangiare.
- Sono disgustosi… Vado prima che mi passi del tutto la fame! – borbotto.
- Ok, ci vediamo dopo… E… Sei convinta di quello che fai? –
- Lo sono sempre stata, Yezebel. Lo sono sempre stata. – sarà ridondante ma meglio ripeterlo una volta in più.



Per un momento, mentre ho fatto il mio acquisto dal McDonald, ho pensato di compare un doppio menù e di suonare il campanello della mia vecchia casa, aspettare che Saga mi apra e sorridergli chiedendogli se possiamo cenare insieme.
Sarebbe una bella mossa se non avessi la certezza che lui mi spedirebbe dritta dritta in qualche Dimensione oscura e remota.
Rimpiango un sacco di cose che avrei potuto fare con lui.
Cose quotidiane.
Come bersi un caffè.
Svegliarsi la mattina nello stesso letto.
Fare una battaglia con i cuscini.
Riparare una tubo rotto.
Fare la spesa con la calcolatrice in mano per non sforare il budget…
Pago il conto e con il sacchetto del take away mi dirigo verso l’angolo in ombra del vicolo dal quale posso vedere il mio appartamento.
Per un attimo sono stata tentata di salire sul tetto del palazzo di fronte ma so che è più basso e se Saga guardasse con attenzione non potrei nascondermi.
La luce del soggiorno è accesa.
Quindi nemmeno lui è andato in missione…
O forse l’ha solo dimenticata?
Mi pare di vedere qualcosa, forse un’ombra che passa davanti alla luce.
Allora c’è qualcuno in casa…
Se non avessi la certezza di essere scoperta sonderei con il pensiero, per vedere se si tratta davvero di lui.
Ma sono già stata qui ieri.
Farlo anche oggi è stata davvero una mossa avventata.
Devo essere ancora più prudente…
Scuoto la testa.
No, devo andarmene e basta.
Stringo il sacchetto di carta fra le dita.
Scricchiola.
Raddrizzo le spalle e mi incammino.
Davanti all’ingresso del mio palazzo vedo la figura di un uomo.
Per un attimo mi sembra Aiolia.
Ma non lo è.
Gli somiglia, ma questo ha i capelli più scuri e gli occhi…
Più saggi.
Si potrebbe dire che questa persona risplenda.
Ha una luce interiore che si riflette sul suo stesso corpo.
La pelle è abbronzata e porta con se un profumo di legno pregiato e calore.
I nostri sguardi si incrociano per un attimo.
Lui fa un passo di lato, tenendomi la porta aperta, in un gesto galante di altri tempi.
- Non abito qui. – sorrido imbarazzata.
- L’ho vista ferma nell’ombra all’angolo… Pensavo non osasse avvicinarsi a me… - ammette sereno.
- Oh, no. Ho abitato qui anni fa… Mi ero solo fatta prendere dalla nostalgia. – sorrido.
La verità, seppure con qualche omissione resta sempre la soluzione migliore.
- Allora… Arrivederci – mi saluta lui
- Arrivederci. – rispondo allontanandomi.
Ho capito di chi si tratta. Aiolos, Sagittarius Gold Saint.
Non so se sentirmi triste o felice, che Saga abbia riavuto il suo vecchio amico.
Il suo compagno d’arme che ha tradito.
Sono contenta che tra i due ci sia stata la possibilità di un chiarimento.
Sono contenta che Saga abbia potuto chiedere scusa e perdono.
Sono contenta che Aiolos lo abbia perdonato, perché se così non fosse non sarebbe qui in visita, giusto?
Però tutto questo mi fa anche male, perché pone ancora di più l’accento sulla distanza che ormai mi separa dalla persona che amo.
Sono immersa in questi pensieri che ho le difese completamente abbassate.
Una mano mi tappa la bocca e l’istante dopo sono sbattuta violentemente contro il muro.
Un braccio mi passa sotto il collo, se mi muovo finisco strozzata, la mano mi chiude naso e bocca, tanto che fatico a respirare.
Due occhi violetto mi fissano duri come ametiste.
- Due anni. Due fottuti stramaleddeti anni! Lo sapevo che eri tu, ieri sera! – Saga sta ringhiando.
No, non è più un Saint di Athena.
Non combatte più con la sua oscurità, ci convive.
Come fanno gli Alfieri.
- Soffoco… - mi vergogno di rantolare ma sto davvero soffocando. Eppure so che non vuole uccidermi.
Non ora e non così.
Lui allenta la presa, ma è ancora furioso.
La sua oscurità pare avvolgermi e inchiodarmi.
E’ soggiogante.
- Saga… -
- Mi devi un sacco di spiegazioni Niane! E togliti dalla testa che io sia tipo da morire per mano della persona che amo! – mi annuncia.
Sorrido.
Perchè nulla è mutato fra noi.
Questi due anni, gli schieramenti opposti…
Non contano nulla in quello che io e lui siamo.
- Nemmeno io sono tipo da farmi uccidere dalla persona che amo, potrebbe essere un problema… - ghigno.
Lui mi lascia andare.
Mi tiene comunque sotto controllo, con quegli occhi violetti unici.
Scommetto che ora nessuno lo confonde più con Kanon.
Prende dalla tasca dell’impermeabile nero un pacchetto di sigarette.
Solo adesso noto il suo abbigliamento.
Dark.
Decisamente Dark.
Ma bello.
Bello da mozzare il fiato.
Jeans neri aderentissimi, anfibi che arrivano al ginocchio, con diversi lacci metallici, camicia bordeaux dal collo importante potata aperta fino al petto, girocollo in pelle con un ciondolo a forma di a forma di croce e una fedina, molto semplice all’anulare sinistro.
Cintura nera con fibbia importante, ma non di metallo, che rifletterebbe troppo qualsiasi luce.
Ha l’aspetto di un predatore.
Come me porta l’accendino direttamente nel pacchetto di sigarette.
Me ne porge una.
Non ha dubbi che io non abbia smesso di fumare.
Resto stupita quando noto che sono le stesse che fumo io.
Mi basta prendere la sigaretta sfiorando le sue dita per sapere che ha iniziato quando ha trovato il mio pacchetto nella Terza.
E’ stato il suo modo per non lasciarmi andare.
Pensa a me ogni volta che fuma.
Pensa e me e a quel ‘ti amo’ senza senso che gli ho detto tradendolo.
- Hai ospiti – gli annuncio.
- Aiolos è cocciuto. Più di Kanon. Ci sono altri posti dive parlare. Dove vivi? – chiede facendomi intender che lascerà il Saint ad aspettare anche tutta la notte.
- Non vivo da sola. – lo blocco sul nascere.
Lui inarca un sopracciglio e mi fissa con astio.
Non gli piace quest’idea.
Io non intendo fare l’accondiscendente.
- Allora non ci resta che un motel. – ghigna.
- O il sedile posteriore della tua auto. – ribatto sorridendo. – I viveri li ho! – dico alzando la mano sinistra dove ancora stringo il sacchetto del McDonald.
- Non ho l’auto. Solo una moto e nemmeno nuova –
Anche questo non me lo aspettavo. Non da Saga.
Però ora lui non è più il Saga del pre tradimento di Athena.
Ora lui è il perfetto connubio tra Saga e Arles
. E che gli Dei mi perdonino ma vorrei solo farci l’amore fino alla fine del tempo!



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Capitolo 31
*** - Betryed - ***




if it wasn't for love
we'd have faded away
if it wasn't for hate, baby
i'd have lost out today

I'm killing everything you know

If it wasn’t for hate, We be dead by now – Lost Proprhet -




Io e Saga ci fissiamo a lungo, in silenzio.
Un vicolo buio non è certo il posto ideale per fare quello che vorrei fare.
Lui lo sa.
Anche se…
L’idea di essere presa, così, selvaggiamente contro un muro scrostato, col rischio che un passante qualunque ci scorga mi fa sentire un po’ decadente e… Mi eccita.
- Dovrei essere furioso con te –
- Credo tu lo sia stato. Per un tempo molto ragionevole. –
- Dovrei ammazzarti, adesso. –
- Non ce lo hanno ancora ordinato, per il momento –
- E’ per questo che mi hai evitato finora_? –
No.
E’ la prima e istintiva risposta che vorrei dare e che mi è salita alle labbra.
Mi proibisco di dirlo.
Anche se è vero.
No.
Non ho atteso per paura della sua reazione.
Non ho atteso per senso di colpa.
Non ho evitato lui e tutti gli altri per quella ragione fin troppo riduttiva.
Li avrei affrontati, decisa a sconfiggerli e mettendo in campo tutta me stessa se mi fosse stato chiesto.
Lo fisso in quegli occhi violetto.
Ritorna prepotente la certezza che lui sia davvero se stesso.
Non ci sono più due parti in lotta per il predominio, ma solo un complicato equilibrio.
Equilibrio che so Saga si è conquistato combattendo con tutto il suo coraggio.
Combattendo la sola battaglia che poteva renderlo più forte.
Quella contro se stesso.
Adesso Saga è forte.
Forte come non lo è mai stato in tutto il suo passato.
Nessuno, nessuno mai potrà più confonderlo con Kanon.
Ora ho davanti il vero Saga.
Non l’uomo dominato dal desiderio di conquista e di potere.
Non l’uomo bramoso di imperare sul mondo, soggiogando gli Dei.
Non il fedele servo di Athena.
Non il cieco Saint, abbagliato dalla luce e incapace di scorgere le tenebre.
Non il ruolo da essere così perfetto da non parere nemmeno umano.
Non l’essere distrutto dal dolore e dai rimorsi.
Finalmente fronteggio una persona consapevole di se stessa.
Colui che ha scrutato e si è immerso negli abissi del suo cuore corrotto dalle tenebre e si è innalzato nella purezza del suo animo.
Semplicemente Saga.
Con tutti i suoi chiaroscuri.



L’uomo sospira e fa un passo indietro.
Ormai sa che non darò nessuna risposta.
Però sa anche, che prima o poi, continuando a cercare, le risposte arriveranno…
- Così hai lasciato il Santuario… Come l’hanno presa? – mi azzardo a chiedere.
Non tenuto a rispondermi e forse non lo farà.
Lui mi trafigge con lo sguardo.
- Secondo te? –
- Aiolos mi pareva piuttosto amichevole mentre veniva a trovarti - constato.
- Aiolos è amichevole di natura. E poi ancora crede che io possa cambiare idea. –
- Perché, non è così? – ribatto.
- Non coglierò la tua provocazione. Lo sai che ruolo rivesto. Lo sai di cosa mi sono fatto carico. - è un’ ammissione, fatta con tranquilla serenità.
E’ il mio turno di sospirare.
Chiedere scusa è inutile.
- Hai preso il posto che una volta era mio e che io ho abbandonato. Tradendo – lo specifico.
Non voglio che lui si faccia la minima illusione sul fatto che anche io possa ancora cambiare idea.
- Ho raccolto la tua eredità. Quella che mi hai lasciato. Ma ancora non mi riesce di pensare a te come ad un nemico. –
- Cosa devo fare per convincerti che lo sono? – chiedo.
Se la pensa così, se mi vedrà come il nemico, sarà più facile per lui combattermi mettendo in campo tutto se stesso.
Non so dire se voglio morire per mano sua o se preferirei ucciderlo con le mie mani piuttosto che pensare che cadrà sotto i colpi di un altro dei Nove.
Per la verità la sola cosa che vorrei è infrangere i ruoli che ci hanno assegnato e nei quali ci tocca recitare.
Non ho mai davvero preferito un Dio o una Dea.
Ho semplicemente amato l’idea di essere nel Giusto e di combattere per il bene.
Me giusto e sbagliato non esistono.
Esistono punti di vista.
Esiste l’equilibrio, come principio fondatore del Creato.
E l’equilibrio è ottenuto da contrasti, da opposti che si scontrano con la medesima forza.
Distruggere per rigenerare.
Infrangere per riunire.
Morire per vivere.
Vivere per morire.
Libertà.
Non so se questo è un modo malsano e folle di amare, ma io desidero che Saga sia libero.
Da ogni imposizione.
Divina o meno.
Voglio che sia il fautore del suo Domani e che lo crei come piace a lui.
Anche se imperfetto.
Vorrei crearlo con lui questo Domani.
Con le nostre sole forze.
Ma soprattutto voglio che lui abbia la possibilità di farlo.
Per questo sono disposta a morire.
Per dare la libertà a Saga.
Lasciarlo liberto di compiere le sue scelte, le sue azioni, di seguire una strada piuttosto che un’altra, di commettere i suoi errore, di ravvedersene e di porvi rimedio.
Saga mi accarezza il volto con la mano.
E’ grande e calda.
Sarebbe facile chiudere gli occhi e abbandonarsi a quella carezza.
- Nulla mi mostrerà qualcosa di diverso da ciò che sei. Io ti sento . Ricordi? La Risonanza. – mormora lui.
- Potrei dimenticarla? – sospiro quasi di piacere.
Il suo tocco ha questo effetto.
Non importa quante amanti abbia avuto, o quanti ne abbia avuti io ma fra noi è così.
Oltre la chimica e oltre il cuore.
- Niane… Poni ancora domande? – non lo dice ma le reputa inutili.
Sorrido un po’ crudelmente.
- Ma non riesci ad andare oltre. Senti la mia anima ma non leggi le mie intenzioni. Se pensassi che ucciderti sarebbe qualcosa di fatto per il tuo bene tu non avvertiresti in me la minaccia omicida e non sentiresti il mio istinto omicida. E dire che sei il migliore manipolatore di menti sulla piazza! - lo sfotto e noto che sulla sua mano, che ho afferrato, sto lasciando impressi i segni delle mie unghie.
Lui sorride, in un modo che mi spezza il cuore.
- Starò più attento in futuro. –
La sua lingua lecca le piccole gocce di sangue che sono nate dai miei graffi.
I suoi occhi viola dicono che potrebbe scipparmi il cervello in ogni momento ma non vuole farlo.
- Credi di non esserne all’altezza o non vuoi per qualche strana forma di denigrante maschilismo? –
Lui sospira e distoglie lo sguardo.
- Non so perché ma non funziona. Non con te. Ci ho provato anche ora… - ammette
- Interessante… - mormoro.
- Punti di vista. Adesso rispondi tu alle mie domande. – ordina.
- Impegnati per fare quelle giuste. – sorrido.
- Possiamo mangiare quella roba prima che diventi definitivamente spazzatura congelata? – chiede indicando il sacchetto di Mc Donald che è finito a terra, sul marciapiede, sa solo il Cielo quando.
Mi stringo nelle spalle e mi lascio cadere a terra, con le gambe incrociate, lui mi imita.
Mi piace il Saga che non si formalizza.
- Quanto è vero quel ‘ti amo’ che mi hai detto l’ultima volta che ci siamo visti al Santuario? – Colpita e affondata.
Sento le orecchie incendiarsi e non ci penso proprio di menzionare le gote.
Penso che strozzarmi con il boccone che sto masticando sia un’idea grandiosa!
Invece rispondo.
- Non è rilevante. -
Saga sogghigna.
- Certo che dovevi proprio tornare a rovinarmi la vita… Bastarda, ti odio! – mi annuncia prendendo la Coca cola e infilandosi la cannuccia in bocca.
Il bicchiere di plastica rotolò sul marciapiedi, allontanato da un colpo secco della mia mano.
Saga non ha il tempo di reagire, gli sono addosso.
La mia bocca divora la sua.
Sa di coca cola e katkup…
Le sue braccia mi circondano il collo.
La sia mano mi sorregge la nuca e il pollice accarezza piano la mia cute.
E’ tutto tranne che passivo al mio assalto.
Sicuramente c’è stata sorpresa all’inizio ma poi…
E’ solo piacere e unione.
Mi stacco da lui per respirare.
- Non mi piace essere aggredito in questo modo. – appunta secco.
- Non direi. Non ti sei nemmeno tirato indietro! – lo provoco.
E’ il suo turno di coinvolgermi in una bacio che sa di impeto passionale.
Bhe, io sono due anni che lo desidero ed ora che ho la mia opportunità non intendo sprecarla.
Domani nulla sarà più così.
Gioco una partita che so già essere persa, ma voglio giocarla.
Non importa di finire con il cuore spezzato.
Ho deciso di gettarlo via il mio cuore.
L’ho deciso quando sono passata dall’altra parte del campo.



- Niane, Niane, possibile ci dobbiamo comportare come due stupidi, qui sul marciapiedi? Non c’è rimasto un briciolo di onore e di dignità? – chiede.
E’ come ricevere una staffilata in pieno stomaco.
Onore e Dignità.
Sono ancora questi i valori in cui crede.
Sono queste due cose che lui non intende più tradire.
Non ha capito niente.
Niente.
Non ho nulla da dire.
Mi volto e inizio a correre.
Ben presto sparisco fra le ombre, che sono le mie alleate.
Saga non ha alcuna possibilità di ritrovarmi, anche se può aggirarsi per diverse dimensioni.
Con le ombre funziona in modo diverso.
Fa male.
Ma cosa mi aspettavo?
Che capisse?
Che fosse mio alleato?
Erano così alte le aspettative inconsce che nutrivo su di lui?
Sono in collera.
In collera con me stessa.
Passo una mano fra i capelli. L’idea del cognac di Yezebel è sempre più allettante.
Lo sento ancora addosso; il suo corpo, il suo sguardo, le sue labbra…
Il mio cuore e la mia anima sono solo suoi.
Io vivo in lui.
Ma la mia ragione, che voleva solo lenire il cuore continua a dirmi che in realtà non ho bisogno di lui, ma solo di quella parte di me che ho messo in lui e che quella, posso riprendermela quando voglio.
Chino il capo, sconfitta.
Sarò un soggetto di studio interessante per Yezebel.
Mi sento persa.



I miei occhi devono essere grandi come due uova al tegamino.
Fra poco rotoleranno sul tappeto di Yeze.
Il suo Maxi schermo sta trasmettendo qualcosa che mi ha gelato il sangue nelle vene e poi mi ha sparato la pressione in orbita.
Non so chi sia quella troia bionda che si sta rotolando nel mio letto,(ok ex letto- bastardi figlio di una iena sifilicata poteva almeno cambiare il mio mobilio!) con il mio uomo (ben non in via ufficiale…), alias Saga.
Sta di fatto che gliela cucirò non appena… Non appena…
Anzi, la farò a pezzetti piccoli piccoli e la scioglierò nella soda caustica.
Quella baldracca!
Quella cagna!
Quella grandissima zoccola!
Gode a trastullarsi il mio uomo.
Mi sembra di impazzire.
Yezebel aveva messo un demone alle mie calcagna, convinto che io e Saga saremmo finiti a letto insieme e lui avrebbe fatto il voyeur.
A volte lo fa, anche se dice che è per i suoi studi io non gli credo troppo.
Secondo me gli piace ficcanasare nelle guerriglie fra le lenzuola altrui.
Sono sempre stata tranquilla, perché in questi due anni la mia vita sessuale ha registrato un cardiogramma piatto.
Poi me la pagherà anche lui per questo tentativo di spionaggio, ma adesso…
Afferro la bottiglia di cognac e trangugio il liquore come se fosse acqua.
- Ehi! E’ francese e costa un botto! – protesta Uno di Nove.
- Fottiti! – ringhio.
- No, direi che quei due fottono… E lo fanno alla grande… - rigira il coltello nella piaga.
Rispondo con una sequela di insulti che spaziano in ogni lingua a me conosciuta. Il rosario di imprecazioni procede in un diapason crescente fino a raggiungere i limiti della mia voce.
Yezebel interrompe la trasmissione, non certo per pietà nei miei confronti ma perché vuole ridurre al minimo i disastri che le mia esplosione di rabbia provocherà di sicuro.
E’ certo che non mi calmerò con facilità. Poco ma sicuro.
Non che tra me e Saga ci fosse un accordo qualsiasi genere o nello specifico un accordo di non avere altre frequentazioni, ma…
Immaginarlo è un conto, vederselo sbattuto sotto gli occhi è un altro!
E per sbattuto intendo dire anche nell’altro senso.
Quello di scopato per intenderci.
La mia collera mi terrorizzerebbe se non fosse così totalizzante.
Mi conviene sfruttarne la scia fin che posso perché poi sarà solo disperazione.
Con Saga, ormai, ho perso su tutta la linea.

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Capitolo 32
*** Niane's seven killings ***



Come break me down
Bury me, bury me
I am finished with you, you, you.
Look in my eyes
You're killing me, killing me
All I wanted was you

- 30 Second to Mars – THE KILL –



Stringo al petto il volume che ho trafugato dalla biblioteca.
Non è che i demoni si diano particolare cure nell’essere istruiti, ma in quel posto vi sono custoditi segreti che farebbero davvero tremare le basi dell’universo.
E’ per questa ragione che nessun volume deve lasciare la biblioteca.
E nessun demone è abbastanza folle da portare fuori qualcosa da quel posto.
In effetti io non sono un demone.
Mi chiedo quanto ci metteranno i bibliotecari a scoprire il maltolto e a dare l’allarme.
Perché quello è il tempo che ho a mia disposizione prima di essere trovata e fatta a pezzi.
Grandioso.
Ammetto con me stessa che mi piace.
Questa sfida.
Adesso che non ho davvero più nulla da perdere…
Adesso che ho davvero reciso ogni cosa mi tenesse legata al mondo…
O meglio alla mia umanità..
Quello che voglio compiere mi elettrizza.
Lo so, prima volevo farlo per Saga e per me.
Per darci una possibilità.
Adesso so che non potrà mai essere così.
Noi, quella possibilità non ce l’abbiamo.
E allora, lo faccio per lui.
Per quella remota speranza che forse, uno di noi due può semplicemente essere quello che è e non quello che il fato o che dei annoiati e bizzarri hanno deciso di farci diventare.
Questa sfida impossibile mi accende i sensi.
Per ora mi basta questo.
Voglio una ragione qualsiasi che mi mantenga in vita.
Non mi interessa se è giusta o sbagliata.
Solo non voglio morire prima di aver mandato a puttane la partita che Lui e Lei stanno giocando.



La copertina del libro che porto nascosto sotto le pieghe della veste è calda contro la mia pelle.
Sento il potere che contengono le pagine trasferirsi, quasi per un processo osmotico, dall’inchiostro a me.
Mi rendo conto che quel libro non è scritto con inchiostro.
Ma con sangue.
Di demone.
E di angelo.
Chissà come è potuto accadere che qualcosa del genere stesse nel mondo demoniaco…
Forse sono solo le conoscenze e il sapere che gli angeli decaduti hanno portato con loro.
Dopotutto il Clero demoniaco è principalmente composto da angeli decaduti.
Fuori dal palazzo è ancora notte fonda.
Dicono che il Cielo degli Inferi abbia Centootto stelle.
Centootto stelle che appartengono ai soldati di Hades.
Cazzate.
Il Cielo degli inferi, quello vero, non esiste.
E’ solo tenebra.
Per muoversi fuori dal palazzo dovrei avere una vista ai raggi x.
O forse un sensore infrarossi.
O meglio ancora un dispositivo per la visione notturna, come si vede che hanno i militari in taluni films.
Sogghigno pensando che evo davvero piantarla di guardate tutta quella Tv.
Mi fa pensare che posso fare cose impossibili.
Però è bello crederci.
Dopo qualche tempo che si avanza nelle tenebre assolute, si perde un po’ il senso dell’orientamento e dello spazio.
Devo trovare un modo per non perdermi.
La copertina del libro è ruvida sotto il tocco delle mie dita.
La accarezzo, perché in questo momento il solo senso che mi può essere di qualche aiuto è il tatto.
Le mie mani si muovono, sfogliando pagine che non vedo.
Le dita continuano a cercare.
Mi accorgo che qualcos’altro mi aiuta.
L’olfatto.
Ogni pagina ha un odore diverso.
Il sangue con cui è stato scritto il libro non è sempre lo stesso.
In molti hanno pagato il tributo.
Non so se sono tutti morti, ma riconosco il potere che ogni singola goccia di sangue usata racchiude.
Forse questa è l’amplificazione del mio dono.
Forse esso si è affinato durante questi due anni, quando mi sono macchiata di parecchi crimini e quando molto sangue ha sporcato le mie mani.
Ho sempre creduto che una volta lavato via, basta; era tutto a posto.
Non è mai stato così.
Yezebel lo sapeva, forse…
Però non ha mai voluto infrangere la mia illusione.
Yezebel…
Erano le sue mani quelle che aiutavano le mie a ripulirsi, quando io ero troppo stanca o sconvolta per farlo.
In questo mondo da incubo, lui è stato il solo a cui ho sempre guardato come al meno peggio che c’era.
So che mi ha usata per i suoi scopi.
So che se non mi ha uccisa è perché vuole studiarmi.
O forse solo perché lo diverto.
O lo incuriosisco.
So che Yeze mi potrebbe ammazzarmi in ogni momento gliene venga la fantasia, ma dubito che sarebbe in grado di farlo.
Nutro una discreta fiducia nella mia forza.



Le mie dita, che hanno passato centinaia di parole insanguinate adesso mi paiono lisce e quasi levigate, ma adesso conosco ogni segreto era custodito in quel libro.
Adesso è ora di agire, sul serio.



Non mi occorrono occhi, braccia, gambe o qualsiasi altra cosa ha il mio corpo.
Le azioni che compio sono fatte con qualcosa di diverso.
Con il dono di Sangue.



Ftosor.
Lui è il primo a cadere.
E’ anche il più debole dei Nove.
Da quando ha abbandonato il suo ruolo, per ritirarsi a vita più tranquilla è come se gran parte del suo potere se ne sia andato.
Quando mi nutro di lui so che non è così.
Ftosor è ancora uno dei demoni più potenti.
Sarebbe in grado di uccidere l’attuale Uno di Nove e riottenere la sua posizione, semplicemente non è interessato a farlo.
Ftosor aveva perduto ogni interesse per il mondo in cui esisteva.
E’ morto, o meglio estinto, quindi va bene parlare di lui al passato.
Adesso la sua potenza è in me.
Il suo sangue me l’ha data.
Piango per lui.
Non ho mostrato alcun segno di pietà, compassione o misericordia mentre lo uccidevo.
E lui lo sapeva che ero lì per ucciderlo.
Ma non gli interessava.
Poteva rendermela difficile.
Poteva sconfiggermi.
Ma non lo ha fatto.
Attraverso il suo sangue ho sentito anche qual’era l’eredità che mi lasciava.
° Poni fine a questa maledetta partita. Che tu possa averne la forza necessaria. Io oltre questo non posso fare. Divieni la distruzione che ci annienta°



Otto di Nove.
Con lei ho un debito, da saldare.
Una verginità sottratta con l’inganno.
Un piacere di cui non sapevo l’esistenza.
Che mi ha messa in un mare di guai.
Una Risonanza di merda che ha distrutto tutto ciò che ero.
Perché se lei non mi avesse rivelato il piacere, probabilmente non avrei mai capito cos’era la Risonanza. E so che non è vero, ma ho bisogno dei miei motivi.
Anche se non sono i migliori.
Per un attimo la mia mano ha esitato.
Penso che se se si fosse limitata a fissarmi con gli occhi pieni di terrore e il volto una maschera sciolta di trucco mi sarei limitata a prenderle un po’ di sangue e andarmene.
Ma lei ha iniziato a strillare.
Ad insultarmi…
La verità però è che erano le sue urla ad irritarmi.
Più gridava e più desideravo che smettesse.
E i pensieri non belli che mi si dipingevano in volto la stavano facendo impazzire dalla paura.
Perché sapeva che ero io la più forte e non mi sarebbe sopravvissuta.
Non so come ho fatto, ma ho visto la sua testa rotolare sul pavimento, staccata dal corpo.
Sono certa che non avevo spade con me.



Sette di Nove.
Nessuno riveste quella carica.



Axthel.
Sei di Nove.
Mi ha staccato entrambe le braccia prima che io potessi ucciderlo.
Mi chiedo cosa sto diventando se nemmeno questo riesce a spaventarmi.
Se nemmeno questo mi fa esitare.
Il suo sangue è molto diverso da quello degli altri.
Era un demone giovane e ambizioso.
Il suo sangue è più simile a quello degli uomini.
Il suo sangue ha potere sui morti.
Perché può ridare loro la vita.



Cinque di Nove.
Con lui la battaglia è stata orribile.
Paura.
Per tutto il tempo ho avuto paura.
Di non farcela.
Perché il suo poter era così diverso e così superiore al mio.
Perché ha fatto fare al mio corpo quello che lui voleva.
Il corpo umano è composto da duecentoquindici ossa.
Lui me ne ha fratturate più della metà.
Mi ha ridotta a qualcosa di strisciante.
Il mio corpo faceva lo stesso rumore che faceva Sadako in The Ring quando si muoveva.
Ma scommetto che a lei non faceva così male.
Mi ha inchiodata al pavimento come se fossi una farfalla in bacheca.
Eppure ho vinto io.
Perché la guerra, quella vera, non l’hanno combattuta i nostri corpi, ma le nostre volontà.
Ha cercato di strappare il segreto della mia esistenza.
Continuava a gridare perché non morivo.
Continuava a gridare che dovevo morire.
Ancora adesso non so che rispondergli.
Ha ragione.
Dovrei essere morta.
Anche se ho assorbito tutto quel sangue demoniaco, resto pur sempre umana.
Sono nata come tale.
Anche se due pezzi di merda hanno poi pasticciato con il mio sangue.
Ritengo altrettanto colpevole il Demone e l’Angelo.
Carogne, adesso dovrete schiodare quel culo d’avorio o di ossidiana che avere e venire qui a fermarmi.
Ma vi giuro che farò del mio meglio per spaccarvelo a calci quel deretano!
Voglio potere.
Voglio tutto il potere che posso raccogliere.
E spedirvi in culo all’universo.
Tutti e due.
Adesso non è più per me e Saga.
Non è più nemmeno per Saga.
Adesso è solo per me.



Mitja.
Mitja è una vecchia conoscenza.
E non riesce a credere che sia io.
A quanto pare che qualcuno ha trafugato un libro dalla biblioteca e che quattro di Nove sono estinti è una voce che si è diffusa.
- Lo fai per Saga? – mi chiede fissandomi attraverso l’incrocio di due grosse spade.
- No. – ammetto.
- Come hai fatto a degenerare tanto? Eri la migliore dei Quattro. – mi chiede di nuovo.
Forse spera che facendomi parlare io mi distragga.
- Non sono mai davvero stata l’Uno di Quattro. – riconosco.
- Oh, avanti! Lo eri eccome! E ne eri così fiera… -
- Si, ne ero fiera. La fierezza degli stolti. – ghigno amara.
- Cosa sei diventata, Niane? Eravamo nemici, ma ti ho sempre ammirata… - ammette Mitja.
Lo so.
Con alcuni di loro ero nemica, ma non ci si odiava.
- Non sono diventata nulla, Mitja. Mi sono solo risvegliata. – ammetto
Fa male.
Perché è come dire che sono un mostro.
Ma è vero.
Sono qualcosa di mostruoso.
Qualcosa che non doveva essere creato.
Quando chiudo gli occhi di Mitja, che fissano ormai privi di ogni scintilla vitale il soffitto della sua stanza, sento sotto le mie dita l’umore delle sue lacrime.
- Grazie Mitja. Grazie per aver pianto per me. Non credo che ci sarà nessun altro a farlo. – sussurro.
Non voglio sapere che espressione ho in viso, ma se riflette anche un solo decimo del dolore che provo… sarebbe comunque insopportabile.



Tre di Nove.
Vyrzak mi fissa serio.
E’ vestito di tutto punto.
Con l’immancabile lecca lecca stretto nel suo piccolo pugno.
Le scarpe di vernice nere con la zeppa.
Le calze bianche con i nastrini azzurri.
I pantaloncini corti, come usano i bambini giapponesi di altri tempi.
La camicia azzurra con i volants. E la cravatta blu.
La benda sull’occhio in tinta con l’abbigliamento.
- Ormai sei oltre la portata di qualsiasi demone. Sei quasi troppo persino per gli Angeli. Ormai sei una divinità – mi dice
- No, non lo sono. – riconosco.
- Non rovinarmi troppo i vestiti… - sogghigna lui.
- Non voglio ucciderti. Davvero – ammetto.
- Lo so. Vuoi solo il mio potere. –
Annuisco.
- Senza il mio potere non sono nulla. –
Chiudo un attimo gli occhi.
Questo lo spaventa più della morte, lo so.
- Però potresti… ricominciare. –
Ti prego Vyrzak, ti supplico, cogli questa possibilità che ti lascio e che io non ho mai avuto….
Lui ride.
Una risata fresca.
Da bambino innocente.
E un rot mi pianta un pugnale nella schiena.
La battaglia ha inizio.
Quando termina, Vyrzak è un mucchietto di cubetti di carne sulla seduta del suo trono.
Il suo sangue cola sul marmo in cui è intagliato.
Non me ne serve molto.
Mi basta leccare l’elsa della spada con cui l’ho fatto a pezzi.
Quando sarà il mio momento, avrò il coraggio di morire anch’io con la stessa dignità?
Combatterò fino all’ultimo mio respiro senza chiedere tregua o perdono?
Chiudo di nuovo gli occhi.
Non ho nessun Dio e nessuna Dea da pregare.
Non più.
Posso chiederlo solo a me stessa.
Di non mollare.
Mai.



Uno di Nove.
Mi attende.
Lo so.
E’ nella stanza dalle Porte Cremisi.
E’ nella stanza della scacchiera.
E’ con Lui.
Presto, credo, arriverà anche Lei.
L’attimo che si dilata nelle sua molteplici possibilità.
Il mio corpo freme.
Saturo di energia.
La mia anima non è mai stata così consapevole e così salda in un proposito.
Il mio cuore batte furioso in petto.
Sono eccitata.
Sto ardendo.
Mi perderò nel mio fuoco?
Non vedo l’ora di iniziare, ma soprattutto…
Non vedo l’ora che tutto questo, in un modo o nell’altro, per me, finisca.
Saga.
Vorrei davvero vedere il suo volto prima di morire.
Vorrei che fosse lui quello che vedrò prima di smettere di esistere.
Sarebbe bello.
Ma, come ho detto prima, non ho nessuno da pregare perché questo accada.



NDWar: Bentrovati lettori carissimi!!! Spero che il capitolo vi sia piaciuto! Io sono ancora agonizzante per il traumatico rientro dal Messico dopo essermi sposata…
Mare blu vs Grigiume esteso
Sole vs Freddo nebbia e pioggia
Relax Vs Stress
Meglio non proseguire o rischio la depressione e dati i tono di questo capitolo già molto dark non è proprio il caso!!!!

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Capitolo 33
*** - Prelude - ***



Follow Victor to the sacred place,
This ain't a dream, I can't escape,
Molars and fangs, the clicking of bones,
Spirits moaning among the tombstones,
And the night, when the moon is bright,
Someone cries, something ain't right.

- Pet Cemetery – Ramones



Le Porte Cremisi.
Ormai mi aspetto che anche queste siano state tinteggiate di quel colore così simile al sangue umano da esserlo.
Dopotutto io percepisco solo l’odore del sangue che ha potere e quello degli uomini non sempre ce l’ha.
Soprattutto se sono molto… giovani.
O piccoli.



Mente mi avvicino ad esse scorgo la mia immagine riflessa in qualcosa dalla superficie lucida e riflettente.
Non è uno specchio.
Parrebbe di più un disco, o uno scudo di ossidiana.
Sta appeso ad una parete, in bella vista, perciò non è un oggetto di valore.
Eppure alla mia immagine manca qualcosa.
Osservo i capelli spettinati.
Ammazzare sei demoni difensori delle Tenebre in una notte non è che ti premetta di essere fresca come una rosa e parruccata di fresco…
Ghigno al pensiero che non ho parso la mia ironia, nemmeno quando la rivolgo contro me stessa.
Forse qualcosa di Niane è rimasto.
Ma molto è cambiato.
Osservo la fascia di raso nero che mi cinge il collo sottile, il luccichio del metallo che il pendente che posa fra i miei seni emette.
Osservo la tunica nera, semitrasparente che mi avvolge e il pettorale in cuoio nero con le borchie.
I guanti di raso arrivano fino ai gomiti ma lasciano le dita libere.
Il tatuaggio è così esteso, sul mio braccio, che non posso più nasconderlo, nemmeno se lo volessi.
La mia attenzione è attirata da qualcosa che sta sopra lo scudo nel quale mi stavo osservando.
E’ qualcosa di strano.
Un’arma che non avevo mai visto ma che so appartenermi.
Bhe, magari era appartenuta in passato a qualcuno dei demoni che ho ucciso e di cui mi sono nutrita.
Le mie dita l’afferrano, con sicurezza.
Brilla nella mia mano, come se all’improvviso fosse tornata viva.
Di certo è tornata nuova.
Pare una croce, con la base più lunga, come quelle latine.
Prima della altre punte, parte una lama sottile che compie un cerchio esatto sopra l’impugnatura.
Al centro del cerchio vi è una seconda croce, con le quattro braccia simmetriche.
Adesso posso sentire la presenza dei sei demoni che ho ucciso aleggiare intorno a me.
Non credo siano davvero loro, poiché ormai sono estinti…
Credo di più siano i residui che del potere del loro sangue che non riesco ad assimilare perché non mi servono e il mio corpo li proietta fuori da me stessa.
Dalla superficie a specchio dello scudo mi pare di vedere le sei figure incappucciate, alle mie spalle in ordine sparso.
Solo una è talmente vicina da sfiorarmi.
Ciò che posso intuire da essa è che il volto rugoso è davvero antico e che la bocca sporca di sangue sta ghignando soddisfatta.



Apro la Porta Cremisi con un calcio.
Fa figo e non impegna.
E poi, vaffanculo, sono qui per fare un po’ il culo a tutti non per essere eletta Miss Educazione!



Oltre la porta ci sono coloro che mi aspettavo ci fossero e anche qualche sorpresa.



Kanon indossa l’armatura dei Gemelli, ha l’aria incazzata.
Nemmeno per un nanosecondo ho pensato si trattasse di Saga.
Milo è serio e composto. Cosa strana per un tipo come lui.

Death Mask ha scritto in volto che fra poco manderà tutti a farsi sodomizzare e si accenderà almeno una sigaretta.
E’ proprio il gemello a iniziare il dialogo.
- Hai reso mio fratello per l’ennesima volta un traditore. –
Le sue parole sanno di accusa.
Vorrei chinare il capo e dire che mi dispiace.
Perché infondo mi dispiace aver infranto i sogni e le illusioni di molti.
Ma non lo faccio.
Non ha senso.
- E raccogli quella lingua, coglione! Se ti vede Shaina questa volta ti castra sul serio! – sbotta Death Mask rifilando uno scappellotto a Milo.
Sto sogghignando.
- Certo che Athena, non che questi siano affari suoi, ma ha proprio scelto i più diplomatici! – commento.
- Scema sei!? Ti pare che siamo qui con il consenso di Athena? – ribatte il Cancro.
- No? – chiedo inarcando un sopraciglio.
Milo sbuffa.
- Siamo qui per farti ragionare! Anche a suon di sculaccioni! – si intromette Milo.
Yezebel scoppia in una risata.
Ma non pare intenzionato a far nulla di offensivo.
In nessun senso.
Non dirà nulla di sconveniente e non inizierà la battaglia.
Me lo dice il suo volto inespressivo, che per me così inespressivo non è più, e a conferma di questo c’è anche il suo odore.
Quello del suo sangue.
Che parla di sospetto e curiosità. Forse anche un pizzico di timore, che rende il tutto più eccitante ma non vi è l’ardore della battaglia.
- Lei ragiona fin troppo. Per quello che ci riguarda potete parlarle quanto volete, ma non otterrete nulla. Questa faccenda deve finire nel sangue. –
- Perché dal sangue è nata – ribatto a Uno di Nove.
Lo vedo sussultare, come se lo avessi schiaffeggiato.
- I tuoi occhi… - mormora.
- E la progenie di Kayano, il Vuoto, spegnerà sette delle Nove potenze al Servizio di Lui
La non esistenza genrerà l’ingenerato Fuoco.
Del Portatore di fiamme sarà la successione
- cita Yeze
- Sacro e Profano non avranno alcun senso o valore nell’erede del Fuoco
A causa dell’Uomo dei Gemelli
condividerà la sofferenza di una pena non sua
e il suo cuore trafitto da una lama invisibile cesserà di battere
per la razza a cui appartiene

Finiamola con queste stronzate. Lui dov’è nascosto? – chiedo.
- Arriverà quando il tempo sarà propizio. Sei davvero sicura di non voler scambiare due parole con loro? Hanno fatto molto per essere qui. –
Mi volto di nuovo verso i Saint di Athena.
- Non è la vostra battaglia. – annuncio



La risata di Yezebel sfuma riecheggiando, segno che sta lasciando la stanza.
- C’è della birra, per chi la sa trovare! – sono le parole con cui ci lascia.



Kanon è di nuovo il primo a prendere la parola.
- Ho immaginato mille volte questo momento. E per mille volte mi sono detto che ti avrei presa a schiaffi a due a due fino a che diventavano dispari. –
- Bella prospettiva! – appunto inarcando un sopracciglio
- Hai idea di quanto sono incazzato con te? –
- Comincio a farmela? – chiedo notando che il suo Cosmo è tutto tranne che stabile.
Milo poggia una mano sulla spalla del ragazzo, come se volesse dargli solidarietà e appoggio. E’ bello vedere questo cameratismo maschile, significa che molte cose sono state perdonate e molte altre sono sbocciate e vengono coltivate.
- E anche tu Nia, non lo provocare… - sospira lo Scorpione.
- Vestita così provoca eccome! – si intromette Death Mask, dandosi una grattatina ai gioielli di famiglia.
- Ti consiglio di tenere a bada gli ormoni scalpitanti… Te l’ho già detto una volta cosa potrei farti e ti giuro che non minaccio mai a vuoto. –
- Tsk! Così me lo fai ammosciare… - borbotta infilandosi in bocca una sigaretta.
- Tranquillo, ho un cuore forte che non si suiciderà per questo!-
Mi piace il Cancro ma il su modo di fare mi porta a non ricordarmi di essere una donna e di non potermi permettere certi… Francesismi.
- Bene, visto che per queste cose non sono tagliato facciamo in fretta. – sbuffa il Saint della Quarta
- Odio essere in debito. Non accetto di essere in debito con una donna. Però mi ci sono ritrovato. Quindi, per questa volta… Ma bada bene, solo per questa volta, se vuoi un aiutino… Bhe… E che minchia l’hai capito no!?! –
Sgrano gli occhi stupita.
- Non fare quella faccia che sembri una triglia andata a male! –
Se non fosse che sono certa lui la prenderebbe troppo a modo suo lo abbraccerei.
Ma tengo all’onore delle mie tette e del mio sedere.
Milo si gratta il capo imbarazzato.
- Anche io ho un debito con te… Non grosso come quello di Death Mask… Però… Insomma… Se sto con Shaina è anche merito della tua dritta… -
Anche questa è una bella notizia.
Se non fosse che fra poco mi farò ridurre a pezzi mi piacerebbe fare un po’ di gossip.
Però sono davvero felice per Milo.
Perché sono certa che lui sa come fare felice una donna in molti sensi.
Si, maliziosi e non!
Kanon pare un po’ più calmo e padrone di se.
- Ti odio, perché sei una stronza e una bastarda come me. Ti odio perché per il tuo obbiettivo sei stata disposta a calpestare tutto o tutti. Anche i tuoi stessi sentimenti, come me. Ti odio per tutte le lacrime che hai fatto versare a Saga. Ti odio perché lo hai abbandonato. Ti odio perché lo hai reso un traditore ai miei occhi, a quelli del Santuario e a quelli di Athena. –
Evviva! Che belle parole!
Non posso evitare di pensarlo.
- Quando Saga mi ha svegliato in piena notte, trascinandomi di peso nell’atrio della Terza, quando mi ha consegnato il Cloth di Gemini… Quando mi ha detto che se ne andava… Ho creduto di averlo perso una volta ancora... Puoi solo immaginare quello che ho provato? –
No. Non lo immagino.
Perché io Saga l’ho perso davvero.
E se non l’avessi perduto adesso sarei ancora a rivestire la carica di Uno di Quattro e tutto sarebbe…
Uguale a prima.
E sarebbe solo una soluzione di comodo.
E sarebbe come indossare un abito troppo piccolo.
O vivere una vita non tua.
- No – questa verità gliela devo.
Kanon sospira.
- Ho pianto quando Saga se ne è andato. Ho pianto perché per la prima volta ho visto sul suo volto il sorriso. Quel sorriso che aveva quando eravamo bambini e tutto erano giochi e via. Ha sorriso DAVVERO. E per questo… io… Io non ti ringrazierò mai abbastanza. Perché ho perso un Saint di Athena ma ho ancora mio fratello. –
Sento le lacrime inumidirmi gli occhi.
Ed io, cretina, che pensavo di essere solo un mostro senza più cuore…
Lo avevo sperato…
Per non provare rimpianti,
per non provare dolore,
per non dover dire addio a coloro che ami…
- Kanon sei il più grande figlio di puttana della storia! Ti odio anch’io! – lo accuso, cercando di fermare le lacrime con il pugno chiuso.
Il suo corpo è uguale a quello di Saga quando mi stringe.
Anche il suo abbraccio avvolgente è così simile…
Ma non è il suo.
Gli manca…
L’odore giusto.
L’odore del sangue, sebbene siano gemelli, non è lo stesso.
- Io… Non ho più un Dio o una Dea a cui chiedere miracoli o a cui rivolgere suppliche e preghiere. Posso contare solo su ciò che scorre nelle mie vene. E poiché questo è un atto di libero arbitrio posso prometterti che farò del mio meglio affinché possiate restare illesi durante questo scontro. Ma non posso assicurarti che questo sia sufficiente. Però, se dovresti rivederlo… Se dovresti in un qualsiasi futuro incontrare Saga, digli che lo amo. Non importa cosa io sia, Angelo o Demone o essere che non doveva esistere… Ciò che amo, resta ciò che amo. – ho il volto affondato nel petto del Saint dei Gemelli ma sono certa che lui ha capito ogni singola parola.
Lo so da come è cambiata la forza che ha messo nel suo abbraccio.

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Capitolo 34
*** Fato e libero arbitrio ***



Place me on your scene and lie fate
Staring at the scenery, wait 'til, just wait 'til
Well everything that you ever said to me
No, it wasn't just words
(No, it wasn't just words)
(Staring at the scenery)
Day after day after day I called out
- FATE - Lydia



Che ci fosse una qualche gabola nascosta lo avevo immaginato. Che si trattasse di quella … Bhè era difficile essere preparati.



Lui ha fatto la sua entrata in scena.
Si è scelto un gran bel corpo. (Avete presente Tiky Mikk di D.Gray Man? Ecco qualcosa di simile)
Sfortunatamente, per me, la bellezza non conta.
Se contasse credo che mi sarei piegata alla sua volontà.
O forse, solo, non avrei dovuto conoscere la Risonanza.
E Saga.
Ironia della sorte è vestito di banco e azzurro.
Tuttavia non ha nulla di luminoso.
I capelli sono neri come il petrolio e gli occhi sono il blu di una notte senza stelle.
Anche la pelle è scura, quasi come se fosse abbronzata.
Ha messo su un’espressione che è un po’ da schiaffi, ma probabilmente sono solo io a vederla in questo modo.
Yezebel al suo fianco ha l’aria di chi se ne freghi di tutto.
Ma è solo finzione.
Ubbidirà al suo ordine, qualunque esso sia.
Anche se fosse quello di scendere in campo e sporcarsi le mani.
Finora Uno di Nove ha sempre lasciato l’onore a me.
Mi viene da ridere.
Sembrano la Luna e la Notte.
Si, so che non vi è niente da ridere in questa situazione, ma davvero, il capo e il suo braccio destro sono come agli antipodi.
- A quanto pare non ci siamo ancora tutti… Lei ti ha fregato la scena? – chiedo ironica.
- Sai che Lei non verrà. – mi informa Lui
Faccio spallucce.
Immagino che la mia rivolta, da sedare nel sangue ovviamente, sia considerata come un piccolo incidente di percorso nelle schiere nemiche.
Grandioso, così non solo mi sottovalutano, ma mi sminuiscono anche!
Tsk!
- Delusa? – mi chiede Yezebel inarcando un sopracciglio, con fare mordace.
- Per la verità non me ne frega niente – ammetto.
Ed è vero.
Di Lui, di Lei non mi importa più.
Tutto ciò che voglio è distruggere quella sottospecie di scacchiera sulla quale le pedine sono le nostre esistenze.
Per me.
Perché questo è il mio desiderio e la mia volontà.
- Stai diventando atea? Eppure tu più di chiunque altro sa dell’esistenza divina. – mi dice Lui
- Affatto. Non sto rinnegando la vostra esistenza. – rispondo.
- Allora non sei impazzita del tutto. Ti hanno forse convinta i tuoi amici? – chiede Yezebel ammiccando verso i tre Saint che stanno in posizione di difesa ma per il momento non intervengono.
- No. Per la verità credo che loro siano qui perché voi lo volete. Cos’è? Fa parte del patto o è una delle regole da soddisfare? – chiedo ironica.
Efettivamente non le conosco tutte queste maledette regole.
Però mi sono impegnata per infrangerne il più possibile!
- Bhe, sai com’è… I requisiti da rispettare sono seccanti ma non se ne può fare a meno. – risponde Lui sedendosi su un trono che ha materializzato non so bene da dove.
Di certo non poteva averlo in tasca.
Solo allora noto un secondo scranno.
Più piccolo a dire il vero, e anche più in basso.
Penso sia di Uno di Nove ma mi ricredo subito.
Uno strano odore, come di aria fresca a pulita ha invaso la stanza.
Lui si porta una mano davanti alla bocca, ma ho visto il modo in cui ha arricciato il naso, come se provasse fastidio o avesse avvertito una puzza tremenda.



Sto per scoppiare a ridere.
Cerco di non farlo.
Per non aggravare la mia posizione già precaria…
Ma poi, che mi frega?
Scoppio in una sonora risata.
Lady Saori mi fissa risentita.
Pardon, Athena.
Il suo Cosmo è evidente alle spalle della giovane donna.
E’ vestita di tutto punto.
Si è pure presa il disturbo di mettere la sua Kamui e di portarsi la paletta, cioè lo scettro di Nike. Visto che i tre indisciplinati sono qui con me, le ho rovinato l’ingresso con i suoi bei Dodici soldatini dorati.
-Accomodati Athena – dice Lui per poi volgere lo sguardo sui tre che mi accompagnano.
- E grazie a voi che l’avete… Persuasa a venire fin qui, con la vostra sparizione. - termina.
La dea fissa lo scranno come se fosse qualcosa di sporco.
Mi aspetto che tiri fuori un fazzolettino e si metta a pulirlo…
No, più probabile che lo ordini a qualcuno dei suoi…
Ecco appunto, Shura si è tolto il mantello e ha coperto il trono.
- Patetico – non me lo risparmio di certo.
Il gomito di Kanon mi punzecchia le costole mentre il Capricorno mi fulmina con un’occhiataccia.
- Che c’è? – sbuffo.
- Siamo Gold Saint… Le siamo fedeli… - mi dice Milo.
- Ok. Mi sta bene che le siate fedeli. – lo Scorpione pare rilassarsi mentre Death Mask parla al posto mio.
- Ma essere i suoi zerbini non è esattamente ciò che io intendo per fedele. I cani sono fedeli, io sono qualcosa di diverso. Superiore di certo.–
Mu e Aphrodite alzano gli occhi al Cielo come se se lo aspettassero.
Aldebaran sorride appena.
Ioria ringhia.
Shaka ha aperto gli occhi e ci fissa con gelido rimpovero.
Libra pare deciso a mantenersi neutrale, come Camus.
Aiolos posa una mano sull’avambraccio di Shura.
- Libero arbitrio? Hai capito il concetto? Tu? – chiedo al Cancro.
- Ehi! Guarda che gli ci sono voluti tre anni o giù di lì! – mi informa Kanon
- Taci gemello brutta copia! – ringhia Death Mask risentito.
- E non sai che fatica ha fatto il sottoscritto per spiegarglielo! – sorride Milo.
- Immagino, immagino… Comunque il seme ce lo avevo messo io, quando gli ho dato quel famoso bacio! – non rinuncerò ai miei meriti.
- E quella roba tu la chiami bacio!? Tsk! Manco i bambini dell’asilo o le educande! – manifesta il suo scontento.
- Sarà un peccato estinguere la tua esistenza – mi dice Lui, ponendo fine alla quisquiglie semiserie.
- Per ora sono qui, tutt’altro che estinta. Anzi, direi che sono proprio una gran rottura di palle per te! – ribatto senza incertezze.
Yezebel sospira.
- Sono arrivati anche loro – ci informa.



Il mio cuore perde un battito dentro il petto.
Saga apre la fila.
Dietro di lui c’è Kiefer, con la sua immancabile chitarra e quell’aria sciatta da mendicante.
Eppure i suoi capelli rossi sono lucidi e puliti e i suoi occhi danno l’impressione di vedere ogni cosa.
Il mio primo amore. L’infatuazione giovanile…
Il mio gerofante.
Chissà, se non ci fosse stato lui, magari non sarei mai giunta fino qui.
Vorrei ringraziarlo, perchè non c’è nulla che io mi penta di avere fatto.
Tutte le mie scelte sono state fatte, tutte le decisione prese sulla base di quello che avevo a mia disposizione per prenderle.
Ho fatto del mio meglio.
Giusto o sbaglaito che sia stato, è comunque stato il mio meglio.
Iris è diventata proprio bella e la solita grazia elegante la distingue.
Potrebbe sembrare la dirigente di una multinazionale e in quanto a classe non ha nulla da invidiare nemmeno a Lady Saori.
La mia prima vera amica.
O qualcosa che ci sia andata molto, molto vicino.
Non importa quante volte ci siamo prese sotto e quante altre abbiamo gridato di non sopportarci e di detestarci.
Se non ci fosse stata lei, molte cose non sarei stata in grado di farle.
Rigel continua a mantenere la sua forma di lupo dal pelo candido e dagli occhi aurei.
Mi pare più possente e più grosso rispetto all’ultima volta che l’ho visto.
Lui è quello che mi ha dato meno, o forse più di tutti.
E’ quello che si è preso cura di Saga quando ha abbandonato il Santuario.
Un lupo come guida…
Mi è bastato guardare nei suoi occhi aurei per saperlo.
Continuo a non voler guardare Saga.
Ma non posso rimandare in eterno.
Fa male al cuore vederlo.
Perché è tutto ciò che vorrei e che so essere oltre la mia portata.
Sarebbe una bella difesa l’opzione della fuga?
No non lo sarebbe.
Mi costerebbe… Tutto.
Osservo le fibbie di metallo che gli cingono la gola, luccicando attraverso i suoi capelli sciolti. La maglietta senza maniche a collo alto è una sua seconda pelle. Nessun muscolo è nascosto e l’immaginazione deve lavorare molto poco.
Vedo quelle mani che lo accarezzano.
Mani di donna.
Ma mani non mie.
Fa male.
Perché deve essere così?
Chiudo un secondo solo gli occhi.
Quelle immagini devono cancellarsi.
Mi sembra di sentirli i suoi gemiti di piacere, mischiati al suo respiro.
Vaffanculo, Saga.
Vaffanculo!



Si ferma davanti a me, mi guarda con quegli incredibili occhi viola.
La sua espressione muta in profonda tristezza.
Abbassa di poco il capo.
- Fino a questo punto? Era qui che volevi arrivare? – mi chiede.
- No. Questo è solo l’inizio… - ammetto.
- Ormai non sei più umana. Sei un demone – mi dice.
- No, sbagli di nuovo. – sorrido con una tristezza speculare alla sua.
- Non sei umana – ripete lui.
- Questo si. Il mio sangue non lo è mai stato. Non del tutto. –
- Sai che toccherà a me, vero? - chiede.
Avrei voluto che così non fosse.
Ma non posso farci nulla.
Immaginavo che sarebbe toccato a lui eliminarmi.
- Immagino… Che dovessi saperlo. Lei, come si chiama? – mi odio per questo. Parlo come una ragazzina ferita.
O forse no.
Forse voglio sapere il nome della carogna che me lo ha portato via, per andare a tormentarla…
Seh, dopo questo scontro di me non resterà nulla!
Lui sgrana gli occhi.
Ti stupisce che lo sappia, Saga?
Lui fa segno di no con il capo.
Io annuisco.
- Non le farò del male. – Probabilmente fra qualche ora non esisterò nemmeno più.
- Lo so. – Vorrebbe forse dirmi che non ne ho motivo?
Tsk.
Sono ridicola.
Vuole solo dirmi che mi ucciderà.
Lui batte le mani.
- Athena e i suoi Saint saranno da testimoni. Questo scontro si deve concludere nel sangue. Niane, ammesso che lo sia mai stata non è più umana, non è un demone e non è un angelo. E’ nata in corpo mortale, ha avuto in dono sangue di Angelo perché lo era uno dei suoi genitori. Ha ricevuto anche il sangue di demone perché io l’ho voluto. Ora che i suoi poteri si sono quasi del tutto risvegliati nessuno di noi la può più controllare. La sua esistenza minaccia tutto il mondo e quindi va eliminata. –
- Insomma gigantesca testa di cazzo sono un tuo esperimento fallito!? – ringhio.
Rabbia.
Da questo prenderò la forza.
E quando non basterà, attingerò dal dolore.
Poi si vedrà quale sentimento si farà avanti per essere spremuto.
- Grande Nia! – sussurra nemmeno troppo Death Mask.
Ok, il mio linguaggio fa arrossire anche gli scaricatori di porto ma quando ci vuole ci vuole! E tanto poi sarò morta fra breve figuriamoci cosa mi interessa rispettare o meno una divinità! Lui ha la decenza di imbarazzarsi.
- Il grimorio prevedeva che potessi farlo… Anche se i patti con Lei erano che non avrei dovuto… Se lo avessi fatto, c’era la possibilità che il Mondo si annientasse. - ammette.
- Adesso più che mai ho voglia di prenderti a calci in culo fino a farti scoppiare e chissenefrega di tutto il resto! – sbotto.
- Il Dardo è Tratto. – annuncia Lui.



Yezebel scende in campo.
Quindi, alla fine dovrò uccidere anche lui.
Non ho dubbi sul fatto di poterci riuscire.
Probabilmente mi costerà molto caro, ma di certo non sarà lui quello che porrà fine alla mia vita.
- Sei stato un buon compagno – gli dico mentre la mia arma emette un suono strano e improvvisamente mi sento inondare dal potere del fuoco.
Di solito a questo stadio ero già divenuta un elementale, ma a quanto pare ora no.
Ho ancora il mio corpo di donna.
- Mi mancherai. Davvero – sospira Yezebel e mi pare sincero.
Sorrido e con un balzo sono sulla scacchiera.
Le pedine si sbriciolano, finendo i mille pezzi.
Ho solo distrutto la loro materializzazione con il mio potere, ma le nostre vite, le nostre esistenze sono ancora tutte incatenate al loro ruolo.
La vera battaglia ha inizio solo ora.
- Non resterò a guardare! – sbotta Kanon parandosi davanti a Yezebel.
- Sei solo uno spettatore. Ed in ogni caso, sei troppo debole per me, umano. – lo avvisa.
- Lascia stare, Kanon, ha ragione – gli dico.
So che questo gli costerà un po’ del suo orgoglio, ma meglio l’orgoglio ammaccato che qualcosa di assai peggiore.
- Ma lui non è solo – annuncia Death Mask ponendosi al fianco di Kanon.
- Ne parlavamo prima: libero arbitrio. Aiutare un amico in difficoltà non è tradire la mia Dea, ma seguirne l’esempio e gli insegnamenti. Indipendentemente da come la vedano gli altri, questa è la mia verità e la seguirò. – sorride Milo sistemandosi l’elmo del suo Cloth.
- Allora con te, sarò costretto ad iniziare io. – e con queste parole, Saga entra nella scacchiera.
Non posso uccidere l’uomo che amo.
Ma non posso nemmeno farmi uccidere, perché sennò tutto quello che ho fatto finora non avrebbe senso.
Sennò nulla potrebbe cambiare.
Sennò sarebbe stato meglio non esistere affatto.
Invece io voglio che la mia esistenza sia servita a qualcosa.
Voglio che ci sia qualcuno a cui tutto questo possa portare qualcosa.
Un cambiamento.
In questo mondo, non esistono le coincidenze.
Solo il libero arbitrio e le invitabili conseguenze.
Quando sarò morta…
Ti ricorderai di me, Saga?
Quando sarai uomo libero, e non più pedina…
Anche solo ogni tanto…
Anche solo per pochi fugaci attimi…
Ti ricorderai di me?

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Capitolo 35
*** - SEELE - ***



I’d give it all to you
Letting go of me
Reaching as I fall
I know it’s already over now
Nothing left to lose
Loving you again.

Take all you want from me
Breaking slowly
I give it all to you
I’d offer up my soul.

- Already Over – RED –



Non capisco.
Non capisco cosa passi nella mente di Saga.
I suoi occhi violetto sono solo una superficie lucida che riflette il vuoto abissale di un’anima che forse non esiste più.
Se scendessi da questa scacchiera che è poi il nostro campo di battaglia…
Se abbandonassi…
Potrei riaverlo indietro?
Non riesco ad evitare di chiedermelo.
Ed è stupido.
Perché so che io non scenderò da qui.
Anche se tutti mi odieranno per questo.
Anche se nessuno saprà mai perchè lo sto facendo.
Anche se nessuno lo capirà mai.
Va bene così.
Perché è quello che io ho deciso per me.
Perché le mie scelte e le mie azioni vanno bene a me.
Tenterò.
Tenterò di spezzare i fili invisibili che gli dei hanno usato per imprigionare le nostre esistenze.
Tenterò fino alla mia disfatta.
O al mio successo.
Ti amo, Saga.
Vorrei che te lo ricordassi.
Ma i tuoi occhi parlano solo di vuoto.
Se l’Uno di Quattro, Saga.
Sono il Due di Nove, almeno su carta.
Hai ereditato anche il mio elemento?
Sei fuoco, Saga?
Te lo chiedo.
- Vuoi bruciare, Saga? Arderai nel fuoco per essere Luce? –
Le sue labbra si schiudono appena.
Non sono certa che voglia rispondere, forse è solo uno sbuffo annoiato.
- Non sono il Fuoco. Quello sei tu. – mi dice.
Quindi lui cos’è diventato?
Quale materializzazione di…
La consapevolezza mi attraversa con la subitanea brutalità di un fulmine a ciel sereno.
Gli elementi naturali, secondo la divisione fatta dalla tradizione ellenica, sono quattro: terra, aria, fuoco, acqua.
Aristotele ne aveva introdotto un quinto; l’Etere.
Il filosofo credeva che l'etere fosse eterno, immutabile, senza peso e trasparente. Proprio per l'eternità e l'immutabilità dell'etere, il cosmo era un luogo immutabile, in contrapposizione al nostro mondo luogo di cambiamento. Non aveva sbagliato di molto…
Semplicemente il Quinto Elemento non era l’Etere, ma il Vuoto.
Senza il Vuoto nulla può essere riempito e quindi generato.
Sei dunque il Vuoto, Saga?
Le labbra della persona che amo si piegano ad un sorriso tagliente.
- Sapevo che ci saresti arrivata. Ti ho sempre ritenuta intelligente. –
- Avrei preferito mi considerassi bellissima – ribatto con lo stesso ghigno mefistofelico.
Lui sbatte le palpebre, impreparato.
Sarebbe stata una buona occasione per colpirlo, ma non posso farlo.



E’ follia.
Scendere in campo, combattere sapendo che non si avrà mai abbastanza coraggio da colpire a morte il proprio avversario.
E’ follia.
Ed è follia ancora maggiore farlo con la certezza che non si permetterà all’avversario di ucciderci.
Uno scontro in questi termini…
Non avrà mai un vincitore.
E’ quello che penso mentre schivo il colpo di Saga.
Sono sotto il suo braccio teso, ho la possibilità di colpirlo al fianco sguarnito.
Mi trovo dal alto del cuore.
Il mio colpo potrebbe trapassarglielo, frantumando le costole della cassa toracica.
Eppure, rotolo semplicemente via…
Il suo pugno mi colpisce in pieno stomaco.
Fa male.
Ma non finirò in ginocchio.
Non posso permettermelo.
Non ti farò vincere, Saga.
Ma ti amo, perciò non posso ucciderti.
So che sotto la scacchiera Yezebel sta ingaggiando furiosa battaglia con i tre Saint di Athena che gli si sono contrapposti.
So che gli altri, loro compagni, non approvano il loro operato.
So che Athena non li richiamerà.
Lei è stata chiamata a presenziare in quanto giudice dello scontro.
Poiché Dea di Giustizia la sua sentenza non potrà che essere inappellabile.
Lui non è contento della cosa.
Preferiva una Dea più malleabile, o forse dovrei dire corruttibile.
Ma Lei non avrebbe accettato nulla di meno, anzi avrebbe addirittura preferito Nemesi.
Lo so.
Quello che non so è perché Nemesi non ha potuto essere.
Forse la Dea dell’Equilibrio non si interessa a questa vicenda… Eppure dovrebbe.
Perché con il nostro agire lo stiamo minacciando questo equilibrio…
Ad ogni modo, Athena ha lasciato liberi i suoi Saint di scegliere, e questo, per come conosco io gli Dei è molto più di quanto mi aspettassi.
Saga stringe i pugni.
Un colpo di tosse scappa dalla sua gola.
Ha il capo piegato in avanti, i capelli nascondono il viso come un velo…
Gocce di sangue…
Tre grosse e due più piccole.
Sembrano rose rosse sbocciate sul manto candido di un prato innevato.
Sono brutali nella loro bellezza.
Resto immobile, gambe divaricate. I miei piedi posano sulle tessere nere, la bianca sta nel mezzo.
Dovrei attaccarlo con rinnovato vigore, non dargli il tempo di rifiatare….



Saga mi ha colpita.
E’ stato bravo.
Ha anticipato la mia mossa.
Riesco a fermarmi sull’orlo della scacchiera.
Non so perchè ma ho la certezza che cadere non sarebbe una buona cosa.
- Milo!!!!!!! – L’urlo disperato di Kanon mi distrae.
Yezebel la il braccio infilato nel costato del Saint dello Scorpione.
E’ qualcosa di spaventoso e di affascinante nello stesso tempo…
MERDA!
Sto cadendo.
I miei piedi si sono staccati dalla scacchiera…
Un fiotto di sangue erutta davanti ai miei occhi.
Gocce vermiglie si aprono a ventaglio, poi attirate dalla forza di gravità precipitano verso il suolo.
Alcune imbrattano la scacchiera, altre il mio volto.
Ci metto un po’ a realizzarlo.
Lui mi ha colpita alle spalle.
Quel sangue è il mio.
Poiché non ho la sensazione di dolore non so dire quanto è grave la mia ferita.
Molto, immagino.
Troppo per portare a casa la pelle.
So che LUI non aspettava altro.
Da quando ha capito che non avrei mai ucciso Saga.
Non è che non me lo aspettassi.
E mentirei se dicessi che non mi va bene così…



Sto cadendo ma la mia mente registra una cosa.
No!
Non posso morire!
Non ancora, non adesso, non così!
Il sangue…
Il sangue dentro di me sta ruggendo.
Precipito a terra.
Fa male.
Non ci vuole un genio per capire che questo corpo non è più in grado di muoversi.
Lui non ha lanciato un solo colpo.
Ma almeno nove.
E’ come se mi avessero piantato nove proiettili in corpo.
Posso dire di essere un colabrodo…
Tsk!.
I miei occhi hanno visto.
Laddove il mio sangue è caduto.
Gli invisibili fili che imprigionano l’anima.
Una forza che non è mia mi rimette in piedi.
Un balzo, che non avrei mai potuto compiere mi riporta sulla scacchiera.
Adesso lo capisco.
E’ il sangue.
Angelico e demoniaco….
Non conta.
Il sangue vuole tornare libero.
Il sangue dei demoni che ho ucciso.
Il sangue degli angeli che i demoni che io ho ucciso e che loro hanno ucciso.
Cielo, che ragionamento contorto e folle…
Credo che presto le mie facoltà mentali mi abbandoneranno.



Saga boccheggia.
- Niane! – sbotta, abbandonando la sua posizione combattiva.
Me lo ritrovo vicinissimo.
Gli occhi viola pieni di sentimenti inespressi.
- Ho capito… E’ il mio sangue… - cerco di svelargli la mia scoperta.
E’ il mio sangue, che può spezzare i fili delle esistenze ridotte a marionette.
Ecco perché Lui mi voleva fra le sue fila, per potermi controllare.
Ma il fuoco non è incontrollabile o imprigionabile.
Ecco perché Lei non voleva lasciarmi andare.
Pensava che Saga fosse la catena con cui trattenermi.
Nessuno di loro ha immaginato che il mio guinzaglio fosse anche la ragione che mi spingesse all’azione.
Perché nessuno di loro è umano.
Nessuno di loro due può capire il cuore di una donna.
O di un uomo.
Nessuno di loro capisce il sentimento dell’amore.
Quello che da senza ricevere.
Quello che esiste, mutuamente fra gli uomini.
Forse Athena, a causa delle sue innumerevoli reincarnazione in una fanciulla umana ne ha una vaga idea, ma è ancora piuttosto lontana dal comprenderlo appieno.
Anche se lo ha provato sulla sua stessa pelle.
Bhe, in effetti, nemmeno io lo avevo capito appieno, prima di viverlo.
E’ quell’amore trascendentale che ha spinto un uomo, che era anche il figlio di un Dio assoluto, a farsi crocefiggere.
Il mio amore è molto più piccolo ed egoista.
Ma è amore.
Non teme quindi il sacrificio.
- Sssthh, me lo dirai dopo… - mi dice indeciso su dove afferrarmi per sostenermi e stupito che io riesca ancora a stare in piedi.
- Non fermarmi. La mia coscienza… Mi sta lasciando, ma il mio corpo… Il mio sangue sa cosa fare… - gli dico.
- No! No Niane! Guardami! Continua a guardarmi. Resta con me! – le sue mani mi cingono il volto. Sono delicate e tremano leggermente.
So che ha paura di farmi male.
No, forse teme di vedermi finire in pezzi davanti ai suoi occhi.
Si, questo è più vicino al vero.
Vedo i suoi occhi viola.
Posso ancora vedere i suoi occhi viola.
Sono l’immagine più bella che possa conservare del mio addio alla vita.
Non so perché la Risonanza non funziona, ma ti amo Saga.
Ti amo.
La mia mano destra si posa sulla sua.
- Lasciami andare, Saga. – è quasi supplica.
- No mai! - il suo sguardo amorevole si vela di lacrime.
- Ti hai lei, che ti aspetta a casa… - gli faccio notare.
Ma porca puttana, nemmeno in questo momento posso essere schifosamente egoista!!?
- No… Io non so cosa tu abbia visto… Non so cosa ti abbiano detto ma… Nessuno mi aspetta a casa. –
- E’ gentile da parte tua… Ma se lei può farti felice… A me va bene. – gli dico.
- Niane… -
- Davvero Saga. Non ho perso nulla amandoti. Per questo… Continuo a farlo. – stavolta riesco anche a sorridergli.
- Vaffanculo Niane! Tu sei la mia casa! – sbotta lui, fregandosene delle lacrime che scendono dai suoi occhi. Piangere è considerato un atto da deboli.
Eppure mai come ora Saga mi è parso virile.
- Ma c’è anche lei… - gli faccio notare. Sono insistente su questo punto…
A me basta essere ricordata ogni tanto.
Ma se per essere felice dovesse dimenticarmi e gettarsi tra le braccia di un’altra…
Farebbe immensamente male, ma me lo farei andare bene.
E comunque non sarei lì a vederlo.
- Lei è una che ho pagato per una notte di oblio. Credi sia stata la sola?! E’ che a volte avevo un disperato bisogno di un corpo caldo che mi accogliesse, anche se desideravo altre mani, altro occhi, altri capelli e ben altro piacere! Resta. Non ho nulla da offrire, tranne l’uomo imperfetto che sono. Ma resta… -
Immagino che per lui quest’ammissione sia umiliante e dolorosa.
Perchè farla, allora?
Mi chiedo perché continua a guardami come se fossi la cosa più preziosa che lui abbia.
- Non posso. Prendi pure tutto ciò che vuoi da me, ma adesso… Lasciami andare. -
Mi chiedo il significato di quelle lacrime.
Ormai io non lo capisco più.
Anche i suoi occhi viola sono qualcosa che sta sfumando…
Quella che era la coscienza di Niane viene messa da parte...



Come spettatrice estranea vedo il mio sangue credere come pioggia ad ogni movimento che faccio.
Quando mi sono tagliata i polsi?
Come se non stessi già sanguinando abbastanza, tsk!
Vedo i fili divini divenire rossi intrisi della mia linfa vitale…
Li vedo spezzarsi, cadere sulla scacchiera e sciogliersi, lasciando solo materiale scintillante che si disperde nell’etere.
Cinque litri.
Forse qualcosa di più e tutto il sangue che un corpo umano ha a disposizione.
Perderne la metà equivale a morire.
Io ne devo aver perso già la metà ma ancora continuo a muovermi.
Sento di nuovo le sei figure demoniache circondarmi.
Pare mi dicano che sono con me.
Pare stiano dando al mio corpo quella forza che di certo non dovrebbe avere e che non ha.
Ci sono cose peggiori della morte?
Probabilmente si.
Anche se non le conosco.
E’ consolante sapere che anche se non compresa, la mia vita possa aver fatto tanto.
Per lui.
Per tutti loro.
Ho paura, ma come ho detto a Saga, va bene così.
La paura è qualcosa di mio, che devo gestire da sola.
E quando anche l’ultimo legame è reciso, la scacchiera, quel maledetto grimorio, finalmente esplode in mille pezzi.
Finalmente posso lasciare andare…



Quello che vedo attraverso occhi che non riconosco nemmeno come miei è solo una sala poco illuminata.
Lui ha detto qualcosa e poi sparito, dissolto.
Lei non si è presentata, ma lo avevo immaginato.
Capelli d’argento mi sfiorano la gota.
Athena mi si avvicina.
E’ strano che nonostante non si sia genuflessa abbiamo il volto quasi alla sessa altezza.
Realizzo che qualcuno mi sta tenendo in braccio, perché di certo non ho la facoltà di levitare.
Gli occhi della Dea sono pieni di lacrime.
Vorrei sorriderle e dirle che va tutto bene. Che andrà tutto per il meglio.
Che il futuro non è già deciso ma che saranno gli uomini di volontà a costruirlo.
Però, immagino che lei, in qualche modo lo sappia.
O lo abbia capito.
Vedo la Dea chiudere gli occhi e abbassare il capo, facendo segno di no con la testa mente le lacrime bagnano le sue gote di fanciulla.



La prospettiva cambia…
O forse è solo chi mi porta ad essersi mosso.
E lo vedo.
Il trono dell’Anima.
La Seele.
Non è tanto male come fine, no?
Sento urla rabbiose.
Qualcuno mi strappa dalle braccia che mi stanno sostenendo.
L’odore del sangue di Saga.
L’odore di Saga.
Si, decisamente questo è un posto migliore del Trono dell’Anima.
Il posto dove morire…
Che io stessa mi sarei scelta.



- CREDIT: il titolo del capitolo ha preso ispirazione da Neon Genesis Evangelion. Credo che nella versione italiana il titolo fosse SEELE: Il Trono dell'Anima. Ed è fra le prime puntate

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Capitolo 36
*** - Who i am - ***



The good and the bad
Times, we’ve been through
Them all
You make me rise
When I fall
- Everytime we touch – Cascada -



Edificante.
Davvero edificante farsi un viaggio nell’oscuro universo con la voce di Lei che mi ammazza il cervello.
Dove cazzo è finita la beata dimenticanza?
E dell’oblio?
Ne vogliamo parlare?
Perché devo farmi triturare le palle anche quando per me tutto è finito?
Non posso semplicemente, morire?


Torna


Lei è una presenza immensa.
Galassie intere sono racchiuse nella sua essenza, come se ne fossero la pelle.
Molte forme di vita guardano a Lei.
E’ Dea.
Anzi, la DEA.
E mi sta parlando.
Ma io non voglio sentire.
Uno sbuffo.
Ed è come se il vento siderale spazzasse l’infinito.
Immagino vi sia un solo modo per far cessare tutto questo…



Torna, ti amo


- E sia! Ti ascolto! – ringhio.
- Finalmente! – so che sorride materna, Lei.
Oddio, non che lo veda, dato che ne sento solo la presenza, ma non pare in collera.
Nemmeno io lo sono.
Arrabbiata, intendo.
Forse da questa storia sono quella che ha perso più di tutti…
Ma ho fatto esattamente quello che volevo fare.
Va bene così.
L’ho detto anche a Saga.
Non ho perso nulla amandolo.
Per questo continuerò a farlo.
E forse, in un altro dove e in un altro quando, le nostre esistenze si incroceranno di nuovo.
Io lo aspetterò.
O forse andrò a cercarlo.
So di certo che prima o poi lo ritroverò.
E’ solo che adesso, sono così stanca…
Di tutto.
Voglio solo riposare…
- Sei ancora distratta – mi rimprovera bonaria Lei.
- Sai com’è, mi è difficile parlare con universi multipli. – ironizzo.
Fra le stelle prende forma una figura umana.


Torna, ti aspetto


- Così è meglio? – chiede.
- Sa di sogno, ma è meglio di prima – riconosco.
- Eppure tu e lui siete già stati qui, ricordi? –
- Come no, poi mi sono risvegliata con qualcosa di troppo fra le gambe! – sbotto.
- Qualcosa di troppo? Oh, certo… Voi mortali date così tanta importanza al sesso… -
Importanza al sesso?
Diciamo importanza la mio corpo di carne e sangue, che sarebbe più vicino al vero!
Mi chiedo se ci sia o ci faccia…
No, credo ci sia.
Dopotutto Lei è qualcosa che trascende la fisicità e l’aspetto umano, anche se a volte, come ora, se ne serve per comodità.
O per la pace della mia mente così vicina al collasso.
- I tuoi irriverenti pensieri sono sempre così… Spontanei! Mi sono mancati. –
- Bhe, non ti ho certo obbligata io a startene per i fatti tuoi. –
Lei ride.
Una risata che sa di campanellini d’argento accarezzati dal vento.
- Faceva parte delle condizioni. Però non pensavo ce l’avresti fatta… -
- Lusingata per la fiducia! – ho ringhiato, lo so.
- Non te la prendere. A volte anche io devo chinare il capo davanti all’inevitabile. Ci sei in qualche modo passata anche tu, quindi sai come vanno questo genere di cose. –
- Certo, è una gioia saperlo. Quanto vi ci vorrà a riprendere il vostro giochino con la scacchiera? – chiedo mordace.
- Almeno mille anni mortali. Per noi non sono molti, ma per ciò che eri puoi considerarlo un grande risultato. –
- Allora ero davvero umana. – è confortante saperlo.


Torna, ti prego… Non ho mai pregato nessuno oltre la mia Dea


Lei ride di nuovo.
- Bhè, lo era il tuo cuore, non bastava? – la detesto quando fa così.
Sbuffo.
- Hai fatto la cosa migliore, e l’hai fatta al meglio delle tue capacità… Li hai salvati tutti. –
- Si, ma in verità volevo solo salvare Saga. Gli altri sono stati solo… Un riflesso. – ammetto.
- No. E lo sai. Volevi salvarli tutti, anche i demoni. –
- Non essere ridicola. Non posso essere un distruttore che salva. –
- Davvero? –
- Davvero. – ammetto.


Torna, è così dura senza te


- Vieni, ti mostrerò qualcosa. – la voce di Lei è suadente.
So che non vuole mostrarmi qualcosa, vuole solo che io…
Ricordi.


Torna


Io non ero buona e basta.
Non ero nemmeno cattiva e basta.
Ho fatto cose buone e cose cattive.
Ho perdonato e ho commesso peccati.
C’è un lato di me che è profondamente oscuro.
C’è un lato di me che è luce.
Un angelo demoniaco
Un demone angelico.
Sacro e profano si fondono in me.
Se elimino le tenebre che ci sono in me… Di riflesso elimino anche la luce.
Non posso essere scissa.


Torna


Figlia di Oceano e Notte.
Nata come dispensatrice di equilibrio.
Nel mondo non esiste il bene assoluto.
Nel mondo non esiste male assoluto.
Ricorda chi sei.
Ricorda perché sei.
Figlia dell’Oscurità e portatrice di Luce.



Torna
- Si -


Spalanco gli occhi di colpo.
Dove sono?
Odore di sangue.
Freddo.
Peso.
Solletico.
Cerco di mettere a fuoco un soffitto che non c’è più.
Un tempio in rovina?
Di sicuro ci sono le colonne greche.
Doriche direi, data la lavorazione del capitello.
Un profumo famigliare si insinua nelle mie narici.



Dolci e medicine.
Yezebel!!!
Il capo di Uno di Nove posa tra la mia spalla e il mio seno.
Le lunghe ciglia d’argento ombreggiano appena le gote bianchissime.
I capelli simili al pallore lunare sono sporchi di sangue rappreso.
La bella bocca è socchiusa e la curva è dolce e armoniosa.
E’ morto?
Non riesco a sentire se respira…
Mi muovo con la lentezza di un bradipo.
Le ciglia di Yeze fremono…
O forse è solo un effetto della luce?
No, non mi sono sbagliata.
Poco dopo due occhi grigi mi fissano seri.
- Niane. –
- Yezebel… -
- Bentornata. – mi sorride.
- Quindi sono ancora parte di questo mondo? – chiedo confusa.
Lui amplia il sorriso.
- Sei Nemesi, dopotutto. –
- Oh… Perché mi sa tanto di fregatura? – chiedo.
E’ bello sentirlo ridere.
Anche se i suoi occhi sono sempre freddi e remoti.
Ciò che ha perso… Quello a che lui ha sacrificato non può più essere reso.
Non so se ne valesse la pena o meno, ma spero per lui di si.
Questo non è qualcosa che posso stabilire io.
Perché io non sono lui.
Io ho scelto quello che di me era sacrificabile per me.
Non sono pentita.
Non rimpiango nulla.
Ed è più di quanto molti altri stringono fra le dita.
- Lui… Dov’è? – chiedo
- A leccarsi le ferite del suo orgoglio. –
- No, l’altro lui… Saga. – specifico.
- Dorme nell’altra stanza. Poveraccio si è ridotto uno straccio per tentare di riportarti in vita. E’ stato per ore a spasso fra le dimensioni, tanto che a un certo punto lo stavamo dando tutti per disperso… Non si è mai arreso, Niane. Ti ha cercata come un dannato. Non ha mai dubitato un solo istante del fatto che ti avrebbe riabbracciata. Che tu saresti tornata. Ti ama. –
Il mio cuore si gonfia di gioia a tali parole.
- Posso andare…? –
Yezebel si alza dal mio corpo con un movimento fluido, ma a me non sfugge la smorfia di dolore che per un attimo gli attraversa il volto.
Allora lo realizzo.
- Che hai fatto? Pazzo! – sbotto afferrandogli i polsi dove i bendaggi sono sporchi di sangue.
Il mio potere si increspa.
I tagli si sono chiusi, ma non posso rendere ciò che ho sottratto.
Cerco di sostenere il più possibile Uno di Nove e lo faccio stendere con quanta più cura posso al mio posto.
- Niane… -
- Non ti permetto di morire. Non contrarrai un tale debito con me! – gli dico.
- Non morirò. E’ che sono così stanco… E poi… Nessun debito Niane. Ho tradito ciò che ero per poter fare quello che tu hai fatto. Desideravo distruggere quella maledetta scacchiera da anni, ma non ne ho mai avuto la forze e le capacità. E’ stato… Tremendo realizzarlo e doverlo accettare… Non sarei mai stato libero. Poi sei arrivata tu. –
- Lascia stare, Yeze. –
- No, voglio che tu lo sappia. Ti ho sfruttata, ti ho usata e ho cercato di indirizzarti su quella strada che io non ho osato percorrere. Per un mio egoistico desiderio perché volevo che tu lo facessi per me. –
- Lo sapevo, Yeze. Sapevo che mi stavi usando, ma te l’ho lasciato fare. Perché non mi importava. Quella strada era la mia strada, fino a che non mi fossi stato d’intralcio andava bene tutto. Mi spiace non averlo fatto per te, ma per me. – ammetto anch’io.
- Comunque… Grazie. Non eri tenuta a dare tanto. Potevi anche solo liberare l’esistenza di Saga. – mi fa notare lui.
- No. Io non ragiono così. Il torto non era solo fatto a Saga, ma a tutti quanti. E anche se ho dovuto scavalcare diversi cadaveri… Va bene. L’ho scelto io. E’ la mia giustizia. –
- Fammi riposare. Non riesco più a tenere gli occhi aperti. – ammette lui sprofondando nel sonno.


Ormai non mi chiedo più perché Athena è stata scelta come giudice.
A quanto pare Nemesi non era disponibile, anzi era la ribelle.
Mille anni di relativa pace, eh?
Non male, non male davvero Nia!
E adesso…



Saga.
Saga è oltre la porta.
La mia mano trema mentre abbassa la maniglia.
Entro in punta di piedi.
Ho paura.
Che se allungo troppo la mano, lui possa svanire o scoppiare, come una bolla di sapone.
I capelli scuri sono sparsi sul cuscino, come onde, la pelle del viso è chiara come fine porcellana.
La sua espressione è dolce nell’abbandono del sonno.
E’ bello, bello da mozzare il fiato.
Vorrei solo baciare quelle labbra carnose, vorrei affondare le mani in quei capelli seratini e ripercorrere ogni linea che i muscoli del suo corpo dipingono.
Vorrei imprimere nelle mie mani ogni singola piega di quel fisico scolpito da anni di duro allenamento.
Sono una stupida.
Solo una stupida.
E quel che è peggio, sono una stupida innamorata…
E’ una lacrima sfuggita al mio controllo quella che cade sul viso di Saga...



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Capitolo 37
*** - Interlude - ***



Just tonight I will stay
And we’ll throw it all away
When the light hits your eyes
It’s telling me I’m right
And if I, I am through
And it’s all because of you

- Just tonight – The Pretty Reckless -



Saga emette un sospiro, solo più profondo.
Mi mordo le labbra.
Fortunatamente non si è svegliato.
Perché fortunatamente?
Perché nella foga del momento mi sono completamente dimenticata qual è la mia condizione.
Sporca, con gli abiti mezzi laceri e con il sangue di Yezebel che disegna simboli magici sul mio corpo.
Una doccia non mi avrebbe fatto di certo male.
E poi…
So che Saga è li.
So che mi sta aspettando.
So che sta bene.
Posso anche prendermi il tempo che serve per presentarmi a lui almeno pulita.



L’acqua scorre sul mio corpo.
E’ calda al punto giusto.
Il profumo di frangipane riempie il piccolo abitacolo della doccia.
L’acqua ai miei piedi ha un colorito rosato.
Il mio corpo sta tornando pulito.
I capelli mi si appiccicano al volto e alle spalle.
Non mi danno fastidio.
E’ bello risentire ogni parte del proprio corpo.
E’ bello sapere di averlo ancora un corpo.
Esco dalla doccia accompagnata da uno nuvola di vapore.
La prima cosa che vedo è lo specchio sopra al lavandino e il mio riflesso in esso.
Gli occhi hanno mantenuto la sfumatura aurea, anzi direi che si sono come schiariti.
Adesso hanno la stessa tonalità dell’ambra.
I capelli sono neri.
Come petrolio.
Il viso ha mantenuto la stessa linea di sempre.
Davvero sono la reincarnazione di Nemesi?
A quanto pare così è.
Eppure non mi sento affatto diversa.
Mi piacciono le stesse cose di prima.
Sorrido al mio stesso volto che pare un po’ spaesato.



Indosso un paio di pantaloni corti di lino color sabbia e una canotta marrone che ben si abbina a quello che ho scelto.
Ho optato per dei sandali di cuoio alti fino al ginocchio e fatti di listelli.
Sono comodi.
Il sole sta tramontando dietro l’orizzonte.
Tutto è acceso di rosso e arancione.
Il paesaggio fuori dalla finestra è quello della dimora di Uno di Nove.
Questo significa che i danni subiti dalla distruzione della scacchiera non hanno riguardato la materialità delle cose, ma solo le nostre ‘anime’.
E’ bello saperlo.
Mi perdo un attimo nei riflessi del pavimento di granito rosa.
Sembra in qualche modo più brillante, più vivo…
E intanto fuori stanno calando le tenebre.
Il mio cuore ha un tuffo.
Saga.
Saga siede sul davanzale del balcone fatto a colonnato.
Il cielo alle sue spalle è acceso di riflessi rosa, viola e blu.
Il sole è ormai tramontato.
E lui ha l’aria così… Sola.
Mi umetto le labbra e attendo, indecisa su cosa fare.
Lui pare così etereo… Potrebbe davvero sparire dalla mia vista come un sogno al mattino?
La sua triste solitudine mi ha fatto venire un groppo alla gola.
E mi sento irritata.
Ultimamente non faccio che piangere.
Dovrei vergognarmi.
Senza più esitare raggiungo Saga.
Se deve essere scontro, se devono essere insulti, che siano.
Poi cercherò di fare del mio meglio per salvare il salvabile.
Non credo che la sua prima reazione rivedendomi possa essere molto diversa da quella di Kanon che mi voleva prendere a schiaffoni e mi ha insultata per bene.
Non che non me lo sarei meritato però…
Non è stato piacevole.
Saga è così immerso nei suoi rumorosi pensieri che non mi ha sentita arrivare alle sue spalle.
Non è così che si dovrebbe comportare il Leader dei Quattro.
Ma forse non lo è più.
Siamo liberi.
Però penso che ciò che siamo stati ci si sia incollato addosso come un’ etichetta.
Ci vorrà un po’ a rimuoverla.
Non ci ho ancora pensato, ma io mi sento ancora il Due di Nove?
Sogghigno di me stessa.
Non mi sono mai sentita il due di Nove.
Quella carica mi serviva per realizzare il mio scopo.
A quel tempo avrei accettato qualsiasi ruolo e qualsiasi cosa.
Non sono pentita di averlo fatto, l’ho già detto molte volte.
Il mio cuore perde un battito per poi accelerare il ritmo pazzamente.
Cerco disperatamente una frase da dire, una cosa qualsiasi ma le parole si sono ammutinate.
E’ lui a parlare.
- Ti ho vista… Versare il tuo sangue fino a dissanguarti. – la sua voce è bassissima e piena di angoscia.
Vorrei abbracciarlo, ma non so come reagirebbe e scopro che questo mi spaventa.
Cerco i suoi occhi violetto.
Il naufragar m’è dolce…
Com’era quella poesia?
Che pensiero dannatamente imbecille!
Lui è pallido e muove di nuovo le labbra, ma non produce alcun suono.
- Sono tornata… - sussurro così piano che mi chiedo se sia riuscito a sentirmi.
Lo scatto di Saga è così violento e così veloce che non ho nemmeno fatto in tempo a vederlo.
Mi abbraccia così forte e così intensamente che il respiro si è mozzato nei miei polmoni.
- Anche se sei uno spirito venuto a tormentarmi per la mia inettitudine ti chiedo di non andartene! Amore mio! –
- Non sono uno spirito ma lo diventerò presto se non mi lasci respirare! – protesto
Lui allenta la stretta ma non pare intenzionato a lasciarmi andare.
- Sai di frangipane. Sai di sale e sangue… - dice annusandomi i capelli e il collo.
- Meno male che non puzzo di sudore- ribatto ironica.
- Deficiente! Deficiente!!!!! DEFICIENTE!!!!!!!! – sbotta lui in un grido simile ad un ruggito.



Abbiamo gridato.
Ci siamo detti, in moto tutt’altro che diplomatico, tutto quello che era in sospeso e che c’era da dire.
Mi sono presa la mia parte di colpe.
Saga ha fatto lo stesso.
E dopo la tempesta è arrivata la pace.
So che Saga è geloso di Yezebel.
Gli è grato per avermi salvata, ma è arrabbiato perché non ha potuto essere lui a farlo.
Quando ho voltato le spalle a Lei, lui si è sentito tradito.
Ma soprattutto si è sentito abbandonato.
Come se io, che avevo promesso di proteggerlo e di stargli a fianco, non lo volessi più.
Ci ha messo un po’ a capire.
Quando voleva odiarmi, c’era quel “ti amo” che gli avevo detto prima di andare via.
- Tu per me sei insostituibile. Ma soprattutto sei la sola cosa a cui io tenessi veramente in tutto quello schifo. –
- Davvero? –
- Non sei obbligato a credermi. Quello che provo per te te l’ho già detto. Non lo ripeterò di nuovo. Dirlo spesso lo priva del suo vero significato. Ho iniziato tutto questo per te e per me. Per darci una possibilità. Poi quando ho capito che un noi non era permesso, l’ho fatto per te. Per rendere libero almeno te. E quando le cose sono diventate davvero dure, quando ho visto che hai condiviso… Il tuo corpo… -
- Sesso, solo sesso – mi interrompe lui
Faccio un cenno della mano come per accantonare l’interruzione
- Allora l’ho fatto per me. Non mi interessava sopravvivere. Volevo solo spezzare quelle catene che ci erano state messe senza che ci venisse chiesto. Non è stata una scelta, non è stato libero arbitrio. A noi nessuno ha chiesto nulla. Siamo solo divenute pedine di un gioco di potere fra una Dea e un Demone. E quando sono stata là sopra… Non è stato più nemmeno solo per me. Ma per tutti quelli che erano nella mia condizione. –
- Si, lo immaginavo. Tu sei fatta così… - sospira lui.
- Non volevo allora e non voglio nemmeno ora interferire con le tue decisioni e le tue scelte. Sono abbastanza matura da accettare un rifiuto, almeno credo. Forse Athena è davvero colei che vuoi seguire per tutta la tua vita… Non devi sentirti vincolato da quella che è stata una decisione solo mia. Ho pensato che fosse la cosa giusta da fare e l’ho fatta, quindi anche tu devi fare altrettanto. Sei libero, Saga. Davvero libero. –
- So anche questo. – sorride lui.
Restiamo in silenzio.
Lui seduto sul letto con i gomiti poggiati sulle cosce leggermente aperte.
Io sono al davanzale, con il fumo della sigaretta che sfuoca i contorni del paesaggio di tetti illuminati.
Saga si alza e mi prende la sigaretta dalle dita.
Aspira una generosa boccata di fumo e la trattiene un attimo nei polmoni prima di lasciare uscire la nuvoletta grigia dalle sue labbra socchiuse.
- Dal mio ritorno in questo mondo… Sono successe moltissime cose. E’ stato frastornante. Un tempo credevo di avere cose che mi sono state tolte, ma in compenso ne ho avute altre. Ho preso delle posizioni che non intendo rinnegare. Io non me la sento di fare promesse che durino l’eternità, ma fino a quando mi vorrai… Io sarò al tuo fianco. Questo è il solo punto fermo che sono in grado di mettere ora. –
Sorrido.
Allungo le mani verso il suo torace, per aprirgli la camicia.
I bottoni saltano uno ad uno sotto il tocco delle mie dita.
E quando vedo il suo torno, nudo, i bottoncini dei capezzoli che paiono irridermi… Vedo altre mani.
Altre mani di donna.
Esito.
Saga afferra saldamente il mio polso.
- Non posso cancellarlo. Sono un uomo e come ti ho detto ho cercato qualcosa in altre donne, quando ero così… Non so, quando mi sembrava di non poter nemmeno respirare… -
- Quante dopo di me? – non mi piacerà la risposta. Lo so anche prima di chiedere, ma non mi sono potuta esimere.
Lui ci pensa un poco.
- Tre. Quattro se quello che dice Milo è vero. Ero troppo sbronzo per ricordare. – ammette, poi passa al contrattacco. – E tu? Quanti dopo di me? –
- E’ un insulto solo il fatto che tu lo chieda! – protesto.
- Più di quattro? – lui ha gli occhi sgranati.
- Ma sei scemo!? – sbotto, poi mentre arrossisco miseramente, ammetto .- Nessuno –
- Fai l’amore con me. Cancella dal mio corpo ogni ricordo di qualsiasi altra donna, anche se si tratta di divinità. – chiede lui.
- Lo sono anch’io, una divinità, intendo… -
- Ti senti tale? – chiede lui.
- No. Mi sento solo Niane Kyle Barber. E come tale desidero vivere in questo mondo. –
La mano di Saga mi ha afferrato i capelli sulla nuca, mi costringe a piegare indietro la testa, con ferma sollecitudine.
- Baciami, stupida! –
E poi sono solo labbra calde e morbide e timide lingue che si rincorrono.
La passione verrà dopo.

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Capitolo 38
*** - Epilogo - ***



If you just look past your scars
You will see it's not that far
Don't close your mind
Let God inside
Begin to breathe, Start to fly
Start to fly

- Start to Fly – Plus One -
-



L’ultimo accordo di chitarra si spegne.
Non sono tornata nel mio vecchio appartamento.
Non sono nemmeno rimasta nel palazzo che avevo quando appartenevo alle forze di Lui.
Ho preso una nuova casa.
Tutta mia.
A Saga ho lasciato la mia vecchia mansarda, ma lui è tornato al Santuario.
Non so se definitivamente o meno.
Sono trascorsi sei mesi da quando vi è andato.
Non è certo la scelta che mi ero augurata che facesse.
Però è la sua scelta e io la rispetterò.
Anche se vuol dire vivere in due mondi diversi.
Due mondi che raramente si incroceranno di nuovo.
Dopotutto è quello che molti volevano, no?
Riavere il loro Saga.
Il Sanit di Athena.
Il compagno d’arme.
Forse Kanon è il solo ad essere scontento quanto me di questa cosa.
Ma per motivi diversi.
Ad ogni modo non interferirà.
Per ora, so da Milo e Shaina che il Cloth dei Gemelli rifiuta di essere indossato sia da Kanon che da Saga.
Ho detto loro che il Cloth fa i capricci perché non vi è alcuna minaccia, ma che se le cose dovessero cambiare, allora farà la sua scelta.
Ma questo genere di cosa non mi interessa e non mi riguarda più.
Ho deciso di vivere come un essere umano qualsiasi.



- Ti piace qui? – chiede Kiefer voltandosi a fissarmi.
- Si. – ammetto sorridendo.
- Lo immaginavo. Questo posto… Sa di te, più di tutti gli altri in cui hai vissuto. –
Mi volto un attimo.
Siamo su quello che è il balcone dell’attico dei poveri.
E’ ampio, circa venti metri quadri.
Lui siede sull’angolo di cemento, con i piedi a penzoloni nel vuoto.
Per fortuna non soffre di vertigini.
Siamo al trentesimo piano.
E’ uno dei grattacieli più vecchi della città e per questo anche uno dei più bassi.
Le mattonelle di cotto del balcone sono di un azzurro intenso.
Fanno pensare al cielo sereno di Grecia.
Ma qui non siamo in Grecia.
Siamo alla fine dell’estate e l’aria inizia ad essere piacevolmente fresca.
Non ci sono fiori veri.
Non ho mai avuto il pollice verde.
Solo qualche pianta di plastica a dare un po’ di colore.
Dentro, la casa, è di un bianco totale e assoluto.
Dieci centimetri sotto il soffitto c’è un bordo, nero con ghirigori argento.
I mobili sono tutti in venghè, nero e cristallo, le maniglia in acciaio.
Il divano è di pelle nera.
Uno schifo nelle giornate afose, la pelle delle gambe si appiccica ai cuscini.
La camera da letto ha il soffitto blu, dipinte a mano con vernice bianca fluorescente, delle stelle.
Una riproduzione del cielo.
Il bagno è piccolo e molto moderno, con acciaio e bianco.
Il pavimento grigio chiaro e le pareti color tortora glitterato.
Le tende della cucina sono bordeaux scuro.
Quelle della sala non ci sono.
Un’ ampia vetrata composta da otto vetri riflettenti non ha bisogno di ulteriori decori.
La tv da cinquantacinque pollici occupa mezza parete davanti al divano.
Non ho tavolo e sedie per le cene con gli amici.



- Quattro di Quattro si sta riabituando alla sua forma umana? – chiedo divertita.
- Migliora, anche se ulula ancora alla luna e mangia carne cruda, strappandola a morsi. –
- Almeno non alza la gamba per pisciare su ogni albero che incontra per strada… -
Sorrido immaginandomi le reazioni di disapprovazione di Iris, per tutte le cose che Ryan faceva e avrebbe continuato a fare per qualche tempo
- So perché ghigni in quel modo. A volte vorrei chiuderli nello sgabuzzini tutti e due insieme e lasciarceli per ore. Ma credo si scannerebbero dopo i primi dieci minuti. –
- Pensavo che Kanon l’avesse ammorbidita… - ammetto.
- Non necessariamente innamorarsi vuol dire diventare budini. –
Mi stringo nelle spalle.
Da tutta questa storia ho solo avuto la conferma che l’amore è una merda.
Ma come ho detto, lo sapevo già.
MA spero che per Iris e Kanon sia diverso, meglio.
- Nathaniel come se la passa? – chiedo.
Il mio ex capo è terrorizzato da me e dal mio potere. O dal potere che mi ha attribuito.
Dopo la battaglia per la distruzione della scacchiera non ho più tentato nulla, ma se sono davvero la reincarnazione di una Dea, credo che nella gerarchia sopra di me ci siano solo Lui e Lei. E il Fato.
Ma a quello siamo tutti assoggettati, in un modo o nell’altro.
E’ la clausola a cui si deve sottostare per vivere in questo mondo.
- Sta addestrando il potenziale prossimo Uno di Quattro. E sta dando di matto. Ha perfino detto che preferiva riavere Te a ricoprire quella carica. –
- Allora è del tutto esaurito. Quanti ne ha da ‘educare’? – chiedo incuriosita.
- Tre – ammette Kiefer di malavoglia.
- Non sono molti… - realizzo perplessa.
- Forse, ma se presi singolarmente sono già delle catastrofi, puoi immaginarti cosa siano messi tutti insieme? – ghigna lui soddisfatissimo.
Non ha mai sopportato Nath.
- E tu? – chiedo seria.
- Sto bene. – ammette accarezzando di nuovo le corde della chitarra.
- No, non stai bene. Tiri a campare, ma non stai bene. – non sono una stupida e lo conosco.
Nei suoi occhi ho letto molte più cose di quelle che mi ha detto.
- Yezebel… Non mi disturba, davvero. – ammette interrompendo gli accordi che stava facendo.
No, non lo disturba. Lo fa soffrire. Perché Yezebel è stato il suo gerofante prima di tradire, ma è stato anche il suo primo e forse unico amore. Anche se Yezebel amava qualcun altro… O forse no? Ad ogni modo, è Kiefer che dovrebbe porre le domande, ma non a me.
- Yezebel… Ti piace? – chiedo diretta.
Lui si aggrappa al bordo di cemento.
La Chitarra scivola dal suo grembo alle sue spalle.
Per qualche istante la sua figura trema poi crolla all’interno, sul balcone.
- Che cazzo di domande fai?!? Potevo precipitare di sotto! – ringhia mettendosi seduto. Sorrido.
- L’amore è una merda. – dichiaro.
- Un autentico schifo. Ti fa fare solo follie. – ammette.
- Già. –
- Sei ancora innamorata anche tu? –
- Lo sono e lo sarò sempre. Ma vado avanti. E qualche volta faccio follie. Come stasera. – ammetto.
Lui corruga la fronte. Certo di ricorda di Exilya e di quello che ha detto, ma sa per certo che non ci proverei mai con lui. Non perchè non ne sia stata infatuata, ma perché quel tempo è passato ed è così lontano…
Il sole è tramontato.
Il cielo è ancora azzurro scuro e le stelle sono poco luminose.
Indosso dei pantaloncini di Jeans sfilacciati e una maglietta a quadretti bianchi e blu e azzurri piuttosto fini che mi lascia tutta la schiena scoperta.
Basta che io mi concentri un attimo e…
Sento l’esclamazione di stupore di Kiefer.
Le mie ali, sono lucide e nere. Le piume della parte superiore sono d’argento, come una lama che fende la notte, le piume primarie sono blu elettrico.
Sfiorano quasi terra.
Sono ali adatte alla notte.
- Hai le lai? – il fiato di Kiefer è mozzo.
- Già. Vuoi toccarle? – chiedo.
Le ho scoperte per caso, una notte mentre in preda agli incubi devo aver attivato qualcosa del mio potere.
Ho chiesto a Yezebel se c’era un modo per sigillare tutto ma lui ha detto di no.
Siamo quello che siamo.
Ma possiamo scegliere che maschera indossare.
Ha detto esattamente questo.
Forse Saga lo ha capito prima di me, per questo è tornato al Santuario.
Forse per tutto questo tempo non ho fatto altro che rinnegare me stessa…
So che non è così.
E’ che per ora siamo in pace.
Non ho bisogno di interferire e di agire.
Posso vivere come desidero.
Ma so, che davanti alla prossima minaccia sarò lì.
Dove devo essere.
Farò quello che dovrò fare.
Quello che solo io potrò fare.



Salgo con un balzo sul cemento del parapetto.
E’ alto.
Non ho mai avuto paura dell’altezza.
L’aria si è raffreddata di più ancora.
Il cielo si è fatto più scuro.
Le stelle più brillanti.
L’aria attraversa le mie piume facendole frusciare come seta.
Apro le braccia e mi lascio cadere nel vuoto.
- NIANE!!!! – strilla Kiefer precipitandosi contro il bordo del balcone.
Vedo il suo viso sconvolto sopra di me.
Le ali si sono già allargate, prendendo il vento, interrompendo la caduta.
Basta un paio di colpi con esse e sono di nuovo al livello del ragazzo.
Resto in stallo davanti a lui.
Allungo una mano nella sua direzione.
- Vieni? – chiedo sorridendo.
- Sei sicura di sapere come si vola? Sei sicura di poter portare anche me? –
- Paura? – lo provoco.
La sua mano afferra saldamente la mia.
Non devo nemmeno strattonarlo oltre il balcone: Kiefer ha saltato da solo.
Per qualche attimo sbando, priva di equilibrio e precipitiamo di qualche piano, ma poi mi assesto e inizio davvero a volare.
La mia coscienza sa come fare.
Basta non pensare e il corpo fa tutto da solo.
Sorvoliamo la città.
Facciamo tre ampi cerchi sopra di essa, poi torniamo a quello che è il mio attico.
Rotoliamo sul pavimento azzurro e ci fermiamo contro il muro, in un groviglio di braccia e gambe.
- Manovra perfetta – mi prende per il culo Kiefer.
- Senti, è la prima volta che atterro… E che volo con le mie ali in genere… - ammetto.
- Niane… Mi hai fatto fare la cavia!? Avremmo davvero potuto sfracellarci a terra?!?! – sbotta lui rosso di rabbia.
- Siamo sopravvissuti, no? – sorrido.
- Vaffanculo! – ribadisce lui.
- Mi stai schiacciando l’ala. – ammetto.
Lui si irrigidisce, schizza di lato ma poi si concede una lunga e lenta carezza.
E’ piacevole.
Come l’abbraccio di un amico.
- Sembrano seta. –
- Sono piume –
- Già. Ma sono Ali della Notte. –
Non ci siamo mai potuti permettere di combattere nella Luce, non potevano che essere così. Sorrido di nuovo
- Siamo nati nella luce ma siamo immersi nelle Tenebre. Abbiamo stretto un patto. Un patto insanguinato per guadagnarci il nostro Paradiso. –
- Mi hai fatto il verso, Niane? – Sorride anche Kiefer.



Qualcuno suona al mio campanello.
Io e Due di Quattro ci fissiamo perplessi.
Non aspetto visite.
Non dopo le dieci di sera, almeno.
Le ali sono sparite.
Apro la porta di casa.
Un mazzo di rose.
Bianche.
Una sola rosso intenso, vellutato.
Quasi il colore del sangue.
Due occhi violetto mi fissano seri e decisi.
Il mio cuore minaccia di saltellare giù dalle scale.
Saga.
Il suo sopracciglio si inarca.
Mi faccio di lato per farlo entrare.
E mentre lui entra in sala, Kiefer rientra dal Balcone chiedendo
- Chi è? –
I due ragazzi si fissano seri.
Saga si fa più cupo e fissa di nuovo me, poi lui, con aria dura e severa.
- Che avete fatto? – chiede.
Noi ci fissiamo perplessi e solo allora lo realizzo.
Kiefer sbarluccica.
Mi guardo le gambe e le braccia nude.
Sbarluccico anche io.
- Non dirmelo! – esclama il rosso precipitandosi davanti allo specchio.
La mascella gli tocca terra.
- Puoi farti una doccia… - azzardo.
- Se non tornerò come prima… Giuro che ti spenno come un pollo! – ringhia il ragazzo infilandosi nel mio bagno.
Guardo Saga.
Ha molte domande sulla punta della lingua, sta solo organizzando le idee in merito a quale fare per prime ma io lo distraggo.
- Per me? – chiedo indicando i fiori.
Me li porge.
- Oh, al Diavolo! – borbotta lui sedendosi sul divano. – Volevo farti una sorpresa, ma forse avrei dovuto telefonare prima… -
- Sei sempre il benvenuto, te l’ho già detto. –
- Pensavo fosse una frase di circostanza… Sai… Credevo tu fossi furiosa e delusa. –
- Perché? –
- Per… Bhe, io lo sarei stato… -
- Hai fatto la tua scelta. E l’hai fatta liberamente. Non avrei mai potuto essere arrabbiata con te. Certo non è quello che mi ero augurata tu scegliessi… Ma… -
- Aspetta. Non è come credi… Ho preso degli impegni con il Santuario. Non posso e nemmeno voglio venirci meno. –
- Lo so, lo capisco. –
- No, non lo sai. – mi interrompe brusco lui. E’ molto serio e continua - Non mi piace sapere che sei in casa da sola con un uomo che non sono io. Non mi piace non sapere niente di quello che fai. Non mi piace starti lontano. Non mi piace andare avanti senza di te. Posso farlo, me lo sono dimostrato, ma non mi piace. – Le gote di Saga sono un po’ più rosee.
I suoi occhi brillano ma forse è solo l’effetto dei faretti che ho acceso e che si riflettono sul violetto delle sue iridi.
Indossa pantaloni neri dal taglio elegante, e una camicia grigia.
E’ più uomo, meno ragazzo e meno guerriero.
- Sai che voglio vivere come Niane. Sai che vivo qui. Hai il mio numero di cellulare e il mio indirizzo mail. Sai che per te quella porta non sarà mai chiusa… Ma credimi, questo è tutto quello che posso darti. Non sono…. Il Santuario non è casa mia. Non è il mio posto. –
- Lo so. Non è nemmeno il mio. L’ho detto a tutti. Anche Athena ha dovuto ammettere che è vero, io non appartengo più a quel luogo. Questo però non significa che non combatterò più per la Dea in cui ho deciso di credere. Due anni. E’ il tempo che mi occorre e che occorre ad Athena per avere un nuovo Gran Sacerdote che possa guidare i suoi Saint. Dopodichè sarò libero. Me li puoi dare altri due anni? –
- Sono parecchi. – ammetto – E di cose ne possono cambiare tante. –
- Lo so. Dammi la mano –
Magicamente nella sua mano appare qualcosa e poi, scivola sul mio dito.
Le sue dita sono lunghe e calde.
Quando mi lascia andare, con una languida carezza noto l’anello al dito.
Resto a bocca aperta.
- Vorrei tu lo indossassi. Se prima dello scadere dei due anni, me lo restituirai, capirò. Ma se lo terrai… Vorrei che poi diventasse una fede. –
Adesso sbatto fuori Kiefer dal bagno e mi faccio una doccia gelata…
Credo di aver preso un colpo di sole.
O sono effetti collaterali del volo…
- Saga… Puoi darmi uno schiaffo? – chiedo. Giusto per essere certa di non essere addormentata o chiassà dove.
- Preferirei baciarti. – ammette lui alzandosi in piedi.
Le sua braccia mi circondano…
- Aspetta! – sbotto fermando le sue labbra che sono vicinissime alle mie.
- Cosa? – lui pare contrariato.
- C’è una cosa che devi… Emh… Vedere… - azzardo.
- Cosa? –
- Seguimi –
Lo trascino fuori, sul bordo del balcone.
Siamo sospesi sull’abisso.
- Ti fidi di me? –
- Certo. Ma non mi pare il caso di fare conversazione in un luogo così… Poco sicuro. – ammette lui
- Salta, Saga. –
Lui mi fissa come se fossi scema.
Sotto di noi la strada è un serpente maculato di oro e rosso che si snoda tra le case.
I palazzi di vetro sono lucide superfici nere che riflettono violenti azzurri, viola, verdi e rossi.
Le luci sono aloni che cambiano e ridefiniscono i contorni delle cose.
E’ un bello spettacolo.
Macchie di colori pulsanti che si sovrappongono nello sfondo nero.
Una creatura astratta, pulsante di vita e di mistero.
- Senti, posso darti una diversa prova d’amore… - riconosce.
- Mi chiedi due anni di vita in attesa Saga, e poi tutti quelli che restano. Te li ho concessi ma… Salta –
I suoi occhi sono pieni di gioia. Mi accarezza il volto e poi fissa l’abisso.
Non ha paura, non l’aveva nemmeno prima.
Non per se stesso, ad ogni modo.
L’aria accarezza le mie ali.
Lui sta per saltare, lo so.
Crede nella causa di Athena, ma crede in me come persona.
Le mie dita si intrecciano alle sue.
Il baratro ci accoglie.
Cadiamo per qualche metro, poi restiamo sospesi.
Saga non ha mai lasciato i miei occhi con i suoi.
- Ma…. Cosa…?! –
So osserva attorno, e le vede. Le sue pupille si dilatano dallo stupore.
- Anche se vivo come da umana, resto una Dea. E ti amo. –
Lui ride, getta indietro la testa e ride.
Sincero, spontaneo, di gusto.
- Ti amo. Voglio il mio bacio, adesso. –
Le mie ali che si muovono nell’aria lo stanno riempiendo di quella polverina luminosa.
Atterriamo sul balcone con molta grazia, ormai so come funziona. Le ali restano avvolte attorno a noi, a creare un bozzolo protettivo.
Il bacio non accenna a interrompersi o a raffreddarsi.
Due anni…
Sono tanti.
Ma so che creeremo occasioni di vederci piuttosto spesso.
Occasioni come questa, e anche di migliori.
Due anni.
Forse non sono così tanti…
Dopotutto se posso volare io, perché non potrebbe farlo anche il tempo?



- Fine -



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